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RASSEGNA STAMPA gennaio - giugno 2020
IL PICCOLO - MARTEDI', 30 giugno 2020
Primi esuberi della Ferriera in arrivo alla città dei cantieri
Rispettato l'accordo assunto con il ministro allo sviluppo economico
Patuanelli e la Regione che avvierà i corsi di formazione necessari
Si conteranno sulle dita di una mano, ma le prime assunzioni degli esuberi
della Ferriera arriveranno nelle prossime settimane, con alcuni lavoratori
interinali dello stabilimento di Servola destinati a essere ingaggiati da
Fincantieri. Altri verranno avviati verso percorsi di formazione e a giorni sarà
diramato l'invito a tutti i 66 somministrati con il contratto scaduto a
presentarsi ai Centri per l'impiego per costruire un percorso di ricollocamento.
Prende corpo così il percorso avviato a gennaio dalla direzione Lavoro della
Regione, anche se tanto il colosso della cantieristica quanto Piattaforma
logistica Trieste non ritengono i tempi maturi per rispondere ora all'appello
con cui il ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli ha chiesto alle
due società di stipulare un accordo con i sindacati per mettere nero su bianco
la disponibilità ad assorbire manodopera. Per la prima volta, però, da
Fincantieri arriva la conferma alla disponibilità a fare la propria parte:
«Fincantieri - fanno sapere dall'ufficio del personale - conferma con forza
l'impegno assunto per dare concretezza e farsi parte attiva alla soluzione dei
problemi occupazionali che interessano alcuni lavoratori ex Ferriera. Su questo
stiamo già collaborando con l'assessorato del Lavoro della Regione», che
assicurerà i corsi di formazione necessari per preparare gli esuberi
all'eventuale passaggio verso Fincantieri o verso le ditte esterne, che saranno
spesso la reale destinazione finale. Come noto, i lavoratori non coperti
dall'Accordo di programma sono 163 su 580, tra 97 tempi indeterminati in cassa
integrazione e 66 interinali, cui non è stato rinnovato il contratto e che non
sono dunque coperti da ammortizzatori sociali.
D. Da.
MUGGIA - Oggi in Consiglio l'esame della rete delle "bike lanes" - la seduta
d'aula
Oggi, nel Consiglio comunale di Muggia, si discuterà tra le altre cose una
mozione presentata da Marco Finocchiaro relativa alle "bike lanes". Sulla
questione interviene subito la Fiab con il coordinatore locale Federico Zadnich:
«Ci siamo impegnati per disegnare una rete portante di "bike lanes", cioè le
corsie ciclabili rese possibili dalle modifiche al Codice della strada
introdotte dal Dl Rilancio»: quasi 14 chilometri di percorsi sul territorio
rivierasco che, insiste Zadnich, «costeranno meno di 60 mila euro» e che, se
realizzate, «cambieranno in meglio la mobilità cittadina per tutti. A
beneficiarne saranno infatti soprattutto quelli che non possono, o non vogliono,
rinunciare al veicolo privato a motore».
(lu.pu.)
Alle 10 - Orti Urbi et Horti - Preparazione teorica
Formazione e accompagnamento in campo oggi, per la conoscenza e preparazione all'uso corretto ed ergonomico degli attrezzi da giardino. La concimazione e l'uso degli insetti utili per la tutela delle piante. Accompagnati dal maestro contadino Roberto Marinelli e Daniela Delle Vedove. Per Info Tiziana : 3287908116, orticomunitrieste@gmail.com.
IL PICCOLO - LUNEDI', 29 giugno 2020
Odori Siot e traffico in aula a San Dorligo - LA SEDUTA DI DOMATTINA
SAN DORLIGO DELLA VALLE. Si svolgerà domattina, con inizio alle 9.30 e con
la modalità della videoconferenza, il consiglio comunale di san Dorligo della
Valle. Due i punti principali all'ordine del giorno della seduta:
l'aggiornamento del programma triennale delle opere pubbliche e l'adozione della
variante generale al Piano regolatore. Facile prevedere che si coglierà
l'occasione anche per parlare della recente relazione, prodotta dai tecnici,
sull'emissione di cattivi odori nella zona occupata dagli stabilimenti della
Siot e del questionario che è stato distribuito, nelle scorse settimane,
all'intera popolazione, per conoscere le opinioni dei residenti sul traffico e
le eventuali indicazioni sulle modalità per migliorare la circolazione nel
Comune.
u. sa.
Fiato sospeso e sguardo fisso nel tunnel per godersi la danza magica delle
lucciole
Decine di triestini ogni sera si radunano nel sottopasso di San Giuseppe
lungo la ciclabile illuminato da un mare di insetti
Trieste. Ogni sera, dopo le 22, il sottopasso di San Giuseppe sulla pista
ciclabile, si riempie di decine e decine di triestini. Persone che si danno
appuntamento per ammirare l'emozionante spettacolo dell'apparizione delle
lucciole. Quasi una magia che, per poco più di un paio d'ore, vede migliaia e
migliaia di questi coleotteri della famiglia delle Lampyridae trasformare la
zona in una sorta di bosco incantato. Una scena da film immortalata anche in
alcuni scatti suggestivi. Erano anni che non si vedevano così tante lucciole.
Per troppo tempo, a causa di urbanizzazione, uso eccessivo di pesticidi,
inquinamento luminoso e altri fattori, era raro vedere il loro luccichio.
Invece, da un po' di tempo, questa specie di insetti si sta ripopolando. E
questa estate sta raggiungendo il suo culmine per la gioia appunto di decine di
appassionati. E ci sono anche gruppi di triestini che organizzano delle piccole
escursioni, a piedi o in bici, per assistere alla favola che ogni sera si
accende sulla Cottur, con giochi di luce e effetti particolari proprio
all'altezza di quel sottopassaggio. «Ce ne sono certamente di più rispetto ad
anni precedenti, - costata Nicola Bressi, zoologo della Società italiana di
Scienze naturali -. È un buon segnale per l'ambiente e non è un caso in quel
punto sulla ciclabile se ne vedano molte. Le lucciole sono degli spietati
carnivori e si nutrono specialmente di lumache presenti, come è noto,
soprattutto in luoghi molto umidi come, appunto quel punto della ciclabile». La
ricrescita della loro popolazione «è dovuta, oltre che ad una normale
oscillazione di una popolazione animale, ad una maggiore sensibilità nell'uso
dei pesticidi da parte dell'uomo. Fino a non molto tempo fa si usavano
lumachicidi anche quando non serviva, e le lucciole che si nutrono di lumache,
mangiandole, si avvelenavano. Ora invece c'è maggior cautela e esiste in
commercio un lumachicida a base di ossido di ferro innocuo per le altre specie
animali». Bressi invita chi usa insetticidi «a fare attenzione, perché non ne
esistono di specifici che colpiscono un unico animale, e i danni sono
devastanti». La causa principale del declino delle lucciole, dunque, è stato
l'uomo, come nella maggior parte dei fenomeni di estinzione, «tranne che per le
specie che dall'uomo traggono vantaggio come zanzare, cinghiali, ratti e
cornacchie». La danza di luce delle lucciole a Trieste viene segnalata anche in
altre zone della città, come in molti giardini privati. Le lucciole illuminano
le notti estive solo in età adulta e non allo stato larvale. La loro
caratteristica di emettere luce è strettamente legata alla fase riproduttiva.
Grazie ai segnali luminosi, infatti, gli insetti riescono a incontrarsi durante
la stagione degli accoppiamenti. La loro danza luminosa prende il via nelle
prime sere calde tra maggio e giugno. Una raccomandazione:«Osservatele e
fotografatele ma - raccomanda Bressi - non cercate di prenderle tra le mani:
sono delicatissime».
Laura Tonero
Iscritti al Collegio del Mondo unito di Duino - Gli studenti "bloccati" si
offrono come volontari per ripulire l'Ermada
DUINO AURISINA. Si improvviseranno tutori dell'ambiente, pulendo, a titolo
di volontariato, i tracciati del monte Ermada, situati sopra Duino. Comincia
domani la nuova e inedita avventura degli studenti del Collegio del Mondo unito
dell'Adriatico rimasti a Duino. Si tratta di una quindicina di ragazzi che, a
differenza dei loro colleghi i quali, vista la sospensione delle lezioni causa
coronavirus, sono tornati ai loro Paesi d'origine, non hanno trovato voli per
poter prendere a loro volta la strada di casa. E così, nell'attesa della ripresa
delle lezioni, hanno deciso di rendersi utili alla comunità che li ospita.
Grazie all'organizzazione congiunta della Società agricola Kohisce, che ogni
anno dà vita alla marcia primaverile sul monte Ermada, ovviamente sospesa
quest'anno, e alla Fondazione Pietro Pittini, oltre che alla disponibilità del
Collegio, è stato definito un progetto che prevede il loro coinvolgimento in
un'attività di pulizia e mantenimento dei tracciati. L'obiettivo non è solo
quello di far conoscere i dintorni, contribuendo al contempo alla salvaguardia e
alla tutela di luoghi bellissimi, ma anche di offrire, grazie al prezioso
supporto assicurato dal Centro didattico naturalistico di Basovizza, momenti di
approfondimento sulle peculiarità di questa terra, con particolare attenzione
alla conoscenza degli ecosistemi dell'area carsica, oltre che alle tracce che la
Prima Guerra Mondiale. Il progetto, che avrà una durata di qualche settimana, si
inserisce nell'ambito delle attività curriculari di volontariato, che sono parte
integrante del percorso didattico degli studenti del Collegio. In sostanza, si è
cercato, da parte di tutti i soggetti coinvolti nell'organizzazione, di
trasformare un'emergenza che obbliga gli studenti a rimanere al Collegio senza
poter proseguire nel percorso didattico, in un'opportunità di servizio e di
condivisione con la comunità del territorio. Un ruolo da protagonisti lo hanno
svolto la famiglia Pahor, che gestisce l'Azienda agricola Kohisce e una parte
degli spazi sul monte Ermada, e che ha sempre dimostrato estrema attenzione al
tema della conservazione del territorio e delle sue comunità e la Fondazione
Pittini, che ha tra i suoi obiettivi il sostegno ai giovani.
Ugo Salvini
IL PICCOLO - DOMENICA, 28 giugno 2020
Siglata la storica intesa sulla Ferriera di Servola «Inizia una nuova era»
Con le firme sull'Accordo di programma, chiusa da istituzioni e imprese
la partita per la riconversione. Un coro dal governo fino alla Regione:
«Obiettivo raggiunto»
TRIESTE. Un incontro ufficiale per rivendicare davanti alla città la
conduzione della trattativa che ha portato alla stipula dell'Accordo di
programma della Ferriera di Servola. Il ministro triestino Stefano Patuanelli ha
voluto che i rappresentanti di istituzioni e imprese si ritrovassero in
Prefettura a Trieste per apporre la propria firma davanti a taccuini e
telecamere. Nella sede del governo, è stato il responsabile dello Sviluppo
economico a fare da padrone di casa, accanto al presidente della Regione
Massimiliano Fedriga, al sindaco di Trieste Roberto Dipiazza, al commissario
dell'Autorità portuale Mario Sommariva e al presidente di Icop Vittorio Petrucco.
Assenti invece i dirigenti del gruppo Arvedi, che lascia la stipula all'avvocato
Giovanni Borgna. Sono i protagonisti di un anno di trattative sulla
riconversione del sito, sottoscritta anche dai ministeri di Ambiente e
Infrastrutture, dall'Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro e
dall'Agenzia del Demanio. Tutti a mettere la faccia al cospetto dei triestini:
quelli che per vent'anni hanno sperato nello spegnimento dell'altoforno e nella
riduzione delle emissioni; quelli che temono per i lavoratori in esubero, che si
sommano a quelli già falcidiati dalle tante crisi industriali del territorio.
Difficile trovare invece qualcuno che non riconosca il potenziale
dell'operazione per lo sviluppo del porto. «Sono state spesso vicende tumultuose
e tortuose - ha detto il prefetto Valerio Valenti - ma che chiudono un percorso
e ne aprono un altro. Continueremo a essere vigili, soprattutto per gli sviluppi
occupazionali anche alla luce delle perplessità che alcune organizzazioni, come
la Fiom, hanno sollevato». Via dunque al nuovo corso (finanziato con oltre 300
milioni fra risorse private e fondi pubblici), che in cinque anni promette di
ottenere la dismissione degli impianti ormai spenti, la messa in sicurezza dei
terreni, il raddoppio del laminatoio, l'ingresso in campo di Piattaforma
logistica Trieste e la realizzazione di un terminal di terra a servizio del
futuro Molo VIII. Il tutto col promesso assorbimento degli esuberi da parte di
Plt e Fincantieri. «È un momento storico per la città», ha esordito un
emozionato Patuanelli, secondo cui «è stato raggiunto un importante risultato
per tutto il Friuli Venezia Giulia, attraverso un intenso lavoro di squadra.
Oggi si chiude una fase cominciata oltre cento anni fa e si apre un percorso
nuovo, anche grazie all'uso di risorse pubbliche ingenti». L'esponente M5s ha
sottolineato la possibilità di «realizzare nell'area della Ferriera una
produzione ecosostenibile, che punta alla decarbonizzazione, al rilancio delle
attività di logistica e alla salvaguardia dei lavoratori. L'accordo potrà
diventare un modello per analoghi processi di riconversione industriale previsti
nel nostro Paese». Per Fedriga, «la chiusura dell'area a caldo segna l'avvio di
una nuova era per Trieste. Il raggiungimento dell'obiettivo storico è uno degli
impegni che la giunta si è assunta nei confronti dei cittadini e in due anni
abbiamo sbloccato una situazione ferma da venti». Il presidente ha ringraziato
gli assessori Fabio Scoccimarro e Alessia Rosolen, per aver rispettivamente
avviato la trattativa con Arvedi ed essersi battuta per un aumento delle
garanzie occupazionali da parte dei privati. «Garantiamo - ha continuato il
governatore - la salute dei cittadini, l'occupazione e opportunità di sviluppo
in ambito logistico. Spero che ora presto possa sbloccarsi anche il regime
extradoganale per i capannoni di FreeEste». Esulta anche Dipiazza: «Dopo quattro
campagne elettorali nel segno della Ferriera, abbiamo chiuso un'area inquinante,
che creava disagi a chi abita a Servola e a chi vi lavorava. La Piattaforma è
una grande opportunità per rilanciare il porto». Il commissario dell'Autorità
portuale Mario Sommariva ha evidenziato che «l'Adp va inteso come il passaggio
epocale verso una fase di nuova industrializzazione del territorio, attraverso
il recupero di aree importanti all'utilizzo per i traffici portuali e
l'infrastrutturazione ferroviaria. Mi auguro che l'Adp sia un accordo pilota
rispetto ai tempi delle autorizzazioni del ministero dell'Ambiente e spero che
entro due o tre anni si possano cominciare a vedere risultati». Sarà Icop a
occuparsi della messa in sicurezza dei terreni dell'area a caldo, «dove - ha
spiegato il presidente Petrucco - verrà sviluppato il raccordo ferroviario,
presupposto essenziale per sviluppare il Molo VIII: oggi compiamo il primo passo
di un percorso che durerà una decina d'anni». Alla passerella manca solo l'ad di
Arvedi Mario Caldonazzo, rappresentato dai propri legali. L'azienda siderurgica
evita ogni tipo di dichiarazione: per il gruppo cremonese la chiusura dell'area
a caldo voluta dalla politica è una ferita che difficilmente si potrà
rimarginare.
Diego D'Amelio
I sindacati subito in pressing per la copertura degli esuberi
Incontro fra il rappresentante del governo e le sigle appena chiusa la
cerimonia della sottoscrizione. La Fiom e le altre si ritrovano sulla tutela dei
posti
TRIESTE. Il ministro Stefano Patuanelli convoca le segreterie provinciali in
Prefettura subito dopo la firma, per ringraziare i sindacati favorevoli alla
riconversione e cercare di stemperare le tensioni con la Fiom. Le sigle
ascoltano, ma restano della loro opinione (e spaccate): i metalmeccanici della
Cgil sono convinti che l'Accordo di programma abbia troppe lacune, mentre Fim
Cisl, Uilm, Failms e Usb sposano il percorso, pur annunciando la volontà di
attuare un monitoraggio minuzioso, che non perdoni nulla ai promotori della
chiusura dell'area a caldo della Ferriera, che nessuna delle parti sociali ha
mai voluto. L'unità si ritrova su un punto: la richiesta di mettere al più
presto nero su bianco gli impegni di Icop e Fincantieri per l'assorbimento degli
esuberi. I sindacati del sì esprimono «un giudizio positivo per la conclusione
di un percorso lungo e non privo di rallentamenti e momenti di scoramento», dice
Antonio Rodà (Uil), secondo cui «ora bisogna rispettare gli impegni su
occupazione e investimenti. Il sindacato intende lavorare da subito sui tavoli
di monitoraggio, per verificare tempi e modi, facendo sì che tutto fili liscio.
In Italia di accordi sulle riconversioni se ne sono fatti molti e non sempre
hanno portato risultati, ma il ministro ha dato disponibilità per un confronto
costante». Rodà chiede che «gli impegni annunciati siano messi in campo, a
cominciare dagli accordi per l'assorbimento degli esuberi, che sono ancora da
scrivere con Fincantieri e Icop. L'accordo sindacale è stato firmato nella
cornice delle garanzie istituzionali, che ora Mise, Regione, Comune e Autorità
portuale devono rispettare. Ma il primo punto in agenda è incontrare l'ad Mario
Caldonazzo, per definire gli aspetti sindacali del piano industriale di Arvedi».
La posizione della Cgil resta di aperta contrarietà. «Patuanelli dice che è
legittimo avere visioni differenti - commenta Michele Piga - ma chiede al
sindacato di condividere il percorso di riconversione, pur riconoscendo che ci
sono ancora problemi da risolvere su occupazione e mantenimento dei livelli
salariali. Il ministro rivendica la volontà di avere rapporti sempre positivi
con i sindacati, ma il nostro è un giudizio di merito su un accordo specifico e
in questo accordo manca un pezzo: gli interinali non sono coperti e chiediamo
perciò di favorire quanto prima un accordo sindacale su base rappresentativa con
Fincantieri e Icop». Piga critica inoltre l'Adp perché «non guarda a tutta
l'area di crisi complessa: bene su logistica e intermodalità, ma non si parla di
risorse e procedure per la bonifica del Sito inquinato, che darebbe lavoro a
molti, a cominciare dai 50 lavoratori che faranno la messa in sicurezza dei
terreni dell'area a caldo».
D.D.A.
«Ha vinto la volontà dei cittadini - Mai visto un cielo così a Servola» - L'INTERVISTA
Il ministro "di casa" Patuanelli si gode il momento ma guarda già avanti:
«L'occupazione? Ricordo l'impegno di Fincantieri e Icop ad assorbire manodopera
e ritengo si possa ragionare su accordi sindacali con le due società»
TRIESTE. «Non venivo a casa da tanto e vedo l'aria sopra Servola pulita come
non l'avevo mai vista». Il ministro Stefano Patuanelli si gode la firma che ha
portato al superamento dell'area a caldo dopo una battaglia ambientalista che il
M5s triestino ha iniziato dalla fondazione e che ora passa per la tutela dei
posti di lavoro. Chi o cosa ha chiuso la Ferriera? La volontà dei cittadini, le
grandi manifestazioni e il dibattito apertosi anche fra chi si è reso conto che
investimenti e impegno della proprietà non sono bastati a ridurre l'impatto
dello stabilimento. Porta a conclusione una battaglia cominciata 15 anni
fa.Assieme a quella contro il rigassificatore. In questo caso centriamo
l'obiettivo con un piano che tutela l'occupazione e prevede una riconversione
che darà linfa al porto. Settanta milioni a fondo perduto: ha fatto tutto il
Mise? Come normale che fosse, vista la possibilità di reperire risorse, tanto
più in un momento di difficoltà per le casse degli enti locali. Giusto mettere
danaro pubblico per chiudere un ramo produttivo che rispettava i limiti di
emissioni e ha assunto più del previsto? Siamo in un periodo di grandi
transizioni industriali, che vanno indirizzate verso la sostenibilità
ambientale, purché ci sia la sostenibilità economica e sociale, garantita
appunto dalle risorse pubbliche. Trieste può permettersi di perdere altra
industria? Oggi l'industria locale produce meno del 10% del Pil complessivo e
bisogna invertire la tendenza, risolvendo anzitutto lo storico problema della
mancanza di spazio: dobbiamo ridurre la perimetrazione del Sito inquinato e
rendere le pratiche meno lunghe e costose. Bisogna poi attrarre investimenti: so
che il risultato ancora non c'è, ma ribadisco l'impegno a convincere il Mef
sull'extradoganalità di Trieste. La siderurgia è ancora strategica in Italia?
Sì, perché abbiamo filiere come l'auto motive e la cantieristica. Ma oggi
possiamo incidere sulla tutela dell'ambiente attraverso percorsi di totale
decarbonizzazione. Arvedi avrebbe chiuso in ogni caso l'area a caldo? Domanda da
rivolgere al cavaliere. Ma così abbiamo gestito la chiusura, tenendo da conto il
nodo occupazione. Rassicuri i lavoratori: sarà riconversione a esuberi zero? La
riconversione non prevede licenziamenti collettivi e ci sarà grande attenzione
sulla riqualificazione professionale durante la realizzazione delle opere.
Ricordo poi l'impegno di Fincantieri e Icop ad assorbire manodopera e ritengo si
possa ragionare su accordi sindacali con le due società. Fincantieri si è
impegnata tramite ditte esterne. Soluzione precaria? Soluzione che riguarda una
filiera che dà garanzie e alcuni addetti potranno essere assunti direttamente. I
sindacati restano spaccati: cos'ha detto loro? Che spaccare non è mai stato il
mio obiettivo. Tutte le sigle hanno preso atto di una soluzione che non era da
loro voluta. Ringrazio chi ha creduto lo stesso alla riconversione e
sottoscritto l'accordo sindacale, ma anche la Fiom, perché il pensiero unico non
esiste. Dismissione, messa in sicurezza e nuovi asset: ce la farete in cinque
anni? Non possiamo permetterci di non rispettare le scadenze. Quanto sono
inquinati i terreni sotto l'area a caldo? Difficilmente si può pensare di
trovare un'area più inquinata. Basterà metterci sopra una colata di
calcestruzzo? L'area viene restituita all'industria, non a una scuola. Il
confinamento è una delle pratiche più utilizzate per la messa in sicurezza
operativa e permanente, che sarà seguita dal ministero dell'Ambiente. Poi c'è il
barrieramento a mare, ma i 41 milioni di Invitalia sono fermi da sei anni...Un
ritardo che va superato e che dimostra quanto la semplificazione sia
indispensabile. Quanto conta l'Adp per il porto? Il nostro porto ha grande
valore per la sua infrastruttura ferroviaria. Questo intervento la rafforza e
crea nuovi spazi per lo stoccaggio di merci. È l'uso naturale dell'area che
sorge accanto alla Piattaforma logistica e al futuro Molo VIII. Preferisce
investitori cinesi o europei per la Piattaforma? Preferisco buone soluzioni. Il
caso D'Agostino. L'emendamento "salva Zeno" passerà? Che ne pensa della
decisione dell'Anac sulla decadenza? Sono ottimista e ribadisco che Zeno è la
miglior guida per il porto di Trieste. Non critico una norma che vuole evitare
conflitti d'interesse e corruzione, ma il testo porta anche ad applicazioni
distorte. La stessa Anac segnala l'opportunità di intervenire. L'alleanza
giallorossa approda anche in Fvg sull'asse Patuanelli-Serracchiani? Esiste un
governo sostenuto da M5s, Pd e altre forze. Normale l'interlocuzione con Debora
anche sull'emendamento. Ma le elezioni sono lontane e le alleanze non definite
nemmeno nelle regioni che votano fra pochi mesi. Vuole davvero fare il sindaco?
Non sono più candidabile nel M5s per la regola dei due mandati. Ho fatto una
boutade sui social per dire che il Movimento c'è, tanto più alla luce del lavoro
che stiamo facendo a Roma, come mostra la riconversione della Ferriera. A firme
fatte, ha un sassolino nella scarpa? Sotto la Prefettura avrei voluto vedere
anche quei comitati che per anni hanno chiesto la chiusura e accusato la
politica di non mantenere le promesse. Ora quelle promesse sono realtà.
D.D.A.
Una trentina di attivisti in piazza per festeggiare - Il sit-in davanti al
teatro verdi "trainato" dal M5S
Trieste. Dopo anni di promesse e annunci, il giorno tanto atteso è
finalmente giunto e chi si è battuto per il suo raggiungimento può finalmente
festeggiare. Ieri mattina, in contemporanea con la firma in prefettura
dell'accordo di programma per la riconversione della Ferriera, si sono ritrovati
in piazza Verdi una ventina di attivisti del Movimento 5 Stelle assieme a
un'altra decina di appartenenti all'associazione No Smog e al comitato 5
Dicembre. «Una giornata storica», la definisce il consigliere comunale Paolo
Menis del Movimento 5 Stelle. «In meno di un anno, Stefano Patuanelli ha chiuso
un accordo che in vent'anni i partiti non erano mai riusciti nemmeno ad
abbozzare e che risolve il più grande problema ambientale di Trieste,
rilanciando la nostra città», afferma il consigliere Menis. A proposito delle
prospettive future dell'area, la consigliera Cristina Bertoni del M5s sottolinea
che ora si dovrà procedere entro i prossimi cinque anni con il percorso di
riconversione dell'area per puntare sullo sviluppo del porto. Esultano anche gli
attivisti delle associazioni che in questi anni si sono battuti per la chiusura
dello stabilimento. «Per noi, questa è la dimostrazione che scendere in piazza
per i nostri diritti e la nostra salute non è inutile, ma ha portato a questo
grande risultato per Trieste. Ci auguriamo possa servire da sprone anche per gli
amici di Taranto», commenta Barbara Belluzzo del comitato 5 Dicembre. Più cinica
ma altrettanto soddisfatta la reazione di Alda Sancin, la presidente
dell'associazione No Smog: «Era una conclusione a cui si sarebbe dovuti arrivare
anni fa, se si fosse dato retta ai problemi sanitari e ambientali, mentre alla
fine hanno saputo ascoltare solo ora quelli economici. Ma va bene anche così».Il
segretario Adriano Tasso aggiunge che la conclusione è andata oltre le più rosee
aspettative, perché si è raggiunto sia l'obiettivo ambientale che di tutela dei
lavoratori, e ne riconosce il merito al ministro Stefano Patuanelli e al
presidente regionale Massimiliano Fedriga. Nonostante i risultati raggiunti,
l'associazione No Smog ricorda che resta ancora da risolvere il problema
dell'inquinamento del suolo e promette di restare vigile sul processo di
riconversione della Ferriera.
Simone Modugno
Bike sharing tra disagi e lamentele - E il Comune "bacchetta" il gestore
Lettera formale del Municipio alla Bicincittà di Torino. Richiesti più
mezzi e manutenzioni quotidiane
Piovono lamentele e critiche verso il servizio di bike sharing a Trieste,
inaugurato a febbraio, e il Comune scrive all'azienda che se ne occupa, la
Bicincittà srl di Torino, chiedendo una manutenzione più attenta e costante, e
un'implementazione dei mezzi a disposizione. Tra i disagi più sentiti dagli
utenti c'è la difficoltà di sganciare la due ruote dai supporti, in tante
stazioni presenti in città. Dopo aver correttamente aperto l'applicazione, con i
propri dati, le persone ricevono il via libera a utilizzare la bici, ma non
riescono a sbloccare il fermo. In più c'è chi segnala danni, piccoli o grandi, e
la collegata necessità di riparazioni o sostituzioni di pezzi, mentre non si
trovano più in giro i mezzi a pedalata assistita, inseriti nella dotazione
iniziale. «Il 21 giugno abbiamo inviato una formale segnalazione all'azienda,
perché i disagi riscontrati sono tanti - spiega l'assessore comunale
all'Urbanistica Luisa Polli - e abbiamo ricevuto molte proteste, nei mesi scorsi
e anche nelle ultime settimane. Anch'io personalmente. Tra le richieste
evidenziate nella mail spedita, quella di poter contare sulla presenza di
manutentori quotidianamente, e non ogni due giorni come accadeva finora. E
ancora serve sostituire subito le biciclette rotte, provvedere ai
malfunzionamenti esistenti e inoltre abbiamo sottolineato la necessità di
implementare il parco mezzi in tempi brevi, passando dagli attuali 50 a 90. Non
è la prima volta - sottolinea l'assessore - che segnaliamo queste esigenze.
Capisco la situazione post Covid-19 - aggiunge - e anche il fatto che talvolta
capitino disagi dovuti a comportamenti poco corretti o a usi impropri delle
bici, ma credo che, in generale, ci sia bisogno di potenziare e migliorare il
servizio quanto prima». Sui social c'è chi racconta di aver provato a sbloccare
il meccanismo per prelevare il mezzo più volte e in diversi punti della città,
senza successo, e di essersi trovato insieme ad altre persone con lo stesso
problema. Per utilizzare la bicicletta, la via più semplice è quella della app,
con la quale si cerca la stazione sulla mappa e si seleziona la colonnina dalla
quale si vuole prelevare la bici. Si attendono alcuni "bip" lenti e poi dei "bip"
rapidi, prima di estrarre la due ruote. Ma è a questo punto che spesso qualcosa
va storto, ed è molto difficile, se non impossibile, staccarla dal supporto. Tra
gli utenti poi qualcuno scrive come sia necessario sostituire anche alcuni
pezzi, come le luci, spesso non funzionanti. Ci sono poi da considerare anche
gli atti vandalici: gomme a terra, parafanghi divelti, batterie dei modelli
elettrici staccate, situazioni segnalate più volte nei mesi scorsi, anche sui
social, e capitate fin dai primi giorni di avvio della novità. Per scongiurare
questi comportamenti il Comune, così come molti utenti, si appella al buon senso
di tutti, per evitare ulteriori disagi e intoppi. Tanti auspicano comunque che i
disguidi possano trovare una rapida soluzione, alla luce del numero sempre
crescente di triestini che ormai abitualmente si muovono pedalando, oltre ai
turisti, che anche prima dell'emergenza Covid avevano usufruito con successo del
bike sharing. Atteso anche un ritorno dei modelli con la pedalata assistita, per
ora introvabili, e inizialmente inseriti appunto nel parco mezzi. «Al momento in
alcune stazioni funziona una bici su cinque - racconta Diego Manna, appassionato
di bici e referente dell'associazione Bora.la -. Peccato, perché il servizio
resta una rivoluzione per Trieste, ma va sicuramente sistemato. In più - ricorda
- sono sparite le bici elettriche».
Micol Brusaferro
A confronto con le associazioni anche sulle corsie bus "ciclabili"
Esordio del tavolo tecnico attivato tra amministrazione e proponenti il
piano per la mobilità post-Covid. «Un primo riscontro positivo»
Prima seduta del tavolo tecnico attivato tra il Comune e le associazioni che
hanno proposto il "piano per la mobilità post-Covid": Tryeste, Fiab, Uisp,
Legambiente, Fridays For Future, Bora.La, Zeno, Link, Spiz e Cammina Trieste.
Presentate alcune richieste potenzialmente di immediata realizzazione. Il
Comune, fanno sapere i vari sodalizi, ha mostrato disponibilità in merito a
diverse iniziative, in particolare sulla rimozione dei parcheggi dai marciapiedi
nei pressi delle scuole e dei ricreatori, sull'estensione delle chiusure festive
di alcune arterie secondarie e delle esperienze di progettazione partecipata dei
pedibus. E ancora sull'ampliamento di alcuni marciapiedi tramite segnaletica
orizzontale, sull'installazione di nuovi stalli per le bici, sull'avvio
dell'iter per l'apertura alle bici delle corsie bus in via Carducci e lungo
l'asse Conti-D'Azeglio-Tarabocchia. «Si tratta di un primo riscontro positivo -
sottolineano le associazioni in un testo congiunto - che è arrivato grazie
all'impegno di molte persone, per una mobilità più sostenibile, inclusiva e
attiva nella fase 3. Per quanto riguarda la realizzazione di "bike lanes" lungo
gli assi principali di scorrimento della città, l'amministrazione ha espresso
perplessità tecniche che tuttavia le associazioni si impegnano a chiarire a
stretto giro, al fine di rimuovere qualsiasi ostacolo alla realizzazione di
questa importante misura per la mobilità ciclabile. Le associazioni
continueranno a collaborare, a partire dalla prossima seduta del tavolo
convocata per il 9 luglio, e soprattutto a vigilare perché le aperture espresse
dal Comune si traducano in azioni concrete».
mi.b.
Bus "scomodi" verso la città - L'altipiano ha una settimana per preparare il
dossier
Incontro con il sindaco Dipiazza e il presidente circoscrizionale De
Luisa - Decisa una raccolta di osservazioni da sottoporre al gestore del
servizio
TRIESTE. Una settimana di tempo per raccogliere i suggerimenti dei residenti
dell'altipiano e per formulare una serie di proposte finalizzate al
miglioramento del servizio di trasporto pubblico sul Carso. È questo il termine
concordato fra il sindaco di Trieste Roberto Dipiazza e il presidente della
Circoscrizione Altipiano Est Marko De Luisa, con l'obiettivo di arrivare a una
sintesi sul problema esploso dopo l'avvento del nuovo gestore del trasporto
pubblico regionale, il consorzio Tpl Fvg, sorto dalla fusione fra Apt, Atap, Saf
e Trieste trasporti. Appena entrato in vigore il nuovo orario estivo, infatti,
le centinaia di persone che quotidianamente raggiungono il centro città partendo
dal Carso e viceversa hanno iniziato a lamentarsi, definendo i cambiamenti
«evidenti peggioramenti nel servizio». Di questo disagio si è fatto portavoce lo
stesso De Luisa, in particolare nel corso di un incontro che, oltre a Dipiazza,
l'altro giorno ha visto presenti l'assessore Luisa Polli, Michele Scozzai,
responsabile della comunicazione per conto della Trieste trasporti, e Diego
Pangher, rappresentante del gruppo "Vivere Opicina e l'altipiano"'. «I problemi
sono molteplici - così De Luisa - a cominciare dal fatto che non ci sono più
linee dirette per raggiungere il centro città, fatto che obbliga i residenti a
cambiare linea. Fra le richieste che certamente faremo ci saranno il ripristino
della linea che attraversava tutto il Carso e la razionalizzazione del sistema
delle coincidenze, oggi molto complesso e per certi versi incomprensibile. Il
nuovo meccanismo prevede infatti anche le cosiddette "coincidenze mobili", che
costringono gli utenti a verificare di volta in volta, in base alla fascia
oraria prescelta, la fermata in cui si dovrà attendere l'arrivo del bus per la
seconda tratta». Dipiazza ha osservato che «davanti a un aumento del
chilometraggio complessivo, come affermato dalla Trieste trasporti, non è
possibile che il servizio provochi tante critiche. Evidentemente qualcosa
bisognerà cambiare».Scozzai ha infine garantito che la «Trieste trasporti sarà
disponibile ad ascoltare osservazioni, indicazioni e suggerimenti. Una volta
ultimata dalla circoscrizione la raccolta dei pareri, si valuteranno eventuali
correzioni, nell'ambito di un confronto con tutti i soggetti interessati». Tutti
coloro che fossero interessati a inviare appunto considerazioni, proposte e
idee, sono invitati a scrivere all'indirizzo di posta elettronica
secondacircoscrizione@comune.trieste.it.--U.SA.
Ogni anno 200 milioni di mozziconi a terra: Barcola sfida l'inciviltà
Giovedì pomeriggio l'associazione sportiva All Sail lancia la raccolta
"Basta cicche" tra lungomare Croce e pineta
Si stima siano oltre 200 milioni i mozziconi di sigarette che ogni anno
vengono gettati a terra a Trieste. Un dato, stimato da AcegasApsAmga, che mette
in evidenza l'enorme impatto di questo di rifiuto. Stimolata da questa criticità
che contribuisce a danneggiare pesantemente ambiente e decoro urbano, il
prossimo giovedì 2 luglio l'Associazione sportivo dilettantistica All Sail, al
grido di "Basta cicche", organizza la raccolta dei mozziconi di sigarette
disseminati sul lungomare Benedetto Croce e nella Pineta di Barcola. «Il nostro
vuole essere un impegno, un segnale in grado di servire da monito per quanti,
con distrazione e poca sensibilità, non rispettano l'ambiente, gettando a terra
ogni giorno i mozziconi delle loro sigarette», osserva Diego Errico, dirigente
di All Sail, realtà che offre in zona affitti e lezioni di sup e kajac: «Noi,
amanti dello sport e dell'ambiente, assieme a quanti vorranno partecipare,
mireremo a ripulire questa zona, che è vicina alla nostra sede e all'area dove
operiamo. Speriamo che il nostro gesto stimoli i fumatori a una maggiore
responsabilità, a una maggiore attenzione, ma anche altre realtà associative e
gruppi a organizzare altre raccolte di resti di sigarette in altri punti della
città». Coloro che sono interessati a partecipare all'iniziativa "Basta Cicche
"sono chiamati dunque a raccolta il prossimo giovedì dalle 18 alle 20 davanti
alla sede dell'associazione, in viale Miramare 70. «Basterà presentarsi con una
bottiglia di plastica da due litri e una maglietta blu - spiegano ancora da All
Sail - e noi forniremo i guanti monouso. Verranno rispettate le distanze di
sicurezza e, nei casi non sia possibile, la mascherina. Finita la raccolta, i
mozziconi raccolti nelle bottiglie verranno gettati nei cassonetti del secco non
riciclabile, mentre le bottiglie vuote in quelli riservati alla raccolta della
plastica». L'obiettivo sarà anche quello di coinvolgere i bagnanti che a
quell'ora, di solito, si godono gli ultimi raggi di sole e che, incuriositi
dall'iniziativa, potrebbero ritenere utile dare una mano rendendo più gradevole
e pulita l'area. I mozziconi di sigaretta sono il rifiuto singolo più
abbandonato in città e più abbondante sulla Terra, ancora di più della plastica:
su scala globale, ogni giorno, ne vengono dispersi nell'ambiente più di 10
miliardi. Il problema è che poi impiegano anni a decomporsi e molti di questi
finiscono nei nostri mari diventando facilmente consumabili dalla fauna marina,
causando danni irreparabili. A nulla sono valse le tante sanzioni comminate
finora dalla Polizia locale di Trieste a chi viene pizzicato a gettare a terra i
mozziconi. E neppure le campagne di sensibilizzazione messe in atto
dall'amministrazione comunale e dalla stessa AcegasApsAmga per convincere tanti
fumatori a comportarsi correttamente. Sono stati installati anche contenitori
appositi e altri dedicati alla raccolta dei rifiuti indifferenziati con
posacenere integrati in diversi punti della città proprio per incentivare i
cittadini a spegnere lì le proprie sigarette. La battaglia però, da quanto si
nota tra le vie cittadine, è ancora lunga.
Laura Tonero
Dieci percorsi a caccia di natura in Carso e Costiera grazie al Wwf
Da oggi ad agosto un ciclo di visite gratuite aperte a tutti nel
"Sentiero della Biosfera"
Un programma di 10 escursioni, tra giugno e agosto attraverso il "Sentiero
della Biosfera", ideale tragitto che riunisce i diversi itinerari che percorrono
longitudinalmente la Riserva MaB di Miramare, dal Belvedere Weiss all'Obelisco
di Opicina (senza tralasciare le "incursioni" verso il mare dei sentieri Natura
e dei Pescatori), inseriti in una cartoguida storico-naturalistica realizzata
dal Wwf Area Marina Protetta per promuovere e valorizzare il territorio a
cavallo tra il mare e il Carso tutelato dall'Unesco. La nuova mappa
escursionistica, corredata da quasi 50 punti di interesse, che accompagnerà i
visitatori in un percorso a tappe ad anelli con descrizioni botaniche e
faunistiche e approfondimenti sulla storia e le tradizioni dei luoghi e sui
paesaggi naturali e antropici, verrà distribuita gratuitamente a tutti i
partecipanti alle escursioni e sarà disponibile anche al BioMa per i visitatori
del museo. «Per inaugurare il nuovo strumento di visita - spiegano all'Amp -
abbiamo ideato delle escursioni e passeggiate guidate, gratuite grazie al
sostegno della Regione - servizio Biodiversità, alla scoperta di un territorio
che, per tutta l'estate, percorreremo in lungo e in largo, dall'alba al
tramonto, a piedi o con le pinne, a "caccia" di natura, biodiversità, ma anche
di storie, cultura e tradizioni».Nel corso delle esplorazioni della costiera
triestina e del ciglione carsico, lo staff del Wwf accompagnerà piccoli gruppi
di visitatori alla scoperta di alcuni dei percorsi che compongono il lungo
sentiero. Il primo appuntamento è in programma oggi con un'escursione mattutina.
«Guidati dall'ornitologo Paolo Utmar, ci addentreremo tra i sentieri della zona
di Monte Grisa, tra rupi, pinete, boscaglie e lande carsiche, alla ricerca delle
ultime specie di uccelli ancora intente nelle nidificazioni, per proseguire poi
durante l'estate con passeggiate botaniche e faunistiche, osservazioni
astronomiche al chiaro di luna ed escursioni a tema geologico e
storico-paesaggistico. E anche per chi non potrà partecipare alle escursioni, la
cartoguida costituirà un ottimo strumento per esplorare in autonomia questo
peculiare territorio. L'auspicio - commenta il direttore dell'Amp Miramare
Maurizio Spoto - è che anche questo nuovo strumento d'identità visiva della
Riserva MaB contribuisca a far conoscere le ricchezze e le potenzialità di
questo territorio». Prenotazione obbligatoria allo 040/224147, interno 3, da
lunedì a venerdì 10-13 o scrivendo a
info@riservamarinamiramare.it.
G.T.
Passeggiata nella lavanda - ore 9.00
Nicoletta Perco, guida naturalistica del Friuli Venezia Giulia, ed Elena Perco, artista illustratrice, ripropongono per oggi due appuntamenti nella natura con escursione e un laboratorio artistico sul Carso tra i campi di lavanda in fiore. Ritrovo alle 9 o alle 16 a Gorjansko nel parcheggio di fronte al cimitero civile. Per informazioni e prenotazioni sola camminata telefonare al numero 3475292120; per il laboratorio artistico telefonare al cellulare 334 3510910.10
In occasione della ricorrenza il sodalizio triestino ricorderà anche Marino
Vianello
Una conferenza sulla didattica nelle scuole e una tavola rotonda
sull'inquinamento delle grotte con relativo censimento. Queste le iniziative in
cantiere per festeggiare i 75 anni di attività speleo-alpinistica del Club
Alpinistico Triestino, nato il il 24 maggio 1945, quando, a guerra appena
finita, alcuni ex soci del Cai, amanti della montagna si ritrovarono per fondare
un sodalizio, con lo scopo, oltre che sportivo, come recita l'articolo 2 dello
Statuto sociale «di coltivare l'alpinismo con cognizione teorica e pratica della
montagna, per la salvaguardia dei fenomeni carsici in ogni loro aspetto». La
ricorrenza cadeva a maggio, ma, a causa dei noti eventi che hanno paralizzato
l'intera attività, compresi i tradizionali corsi di primo livello di
progressione su corda, non è stato possibile celebrarla e ancora non si sa
esattamente quando si potrà festeggiare l'importante traguardo.«L'unica certezza
è che le iniziative previste per il 75ennale verranno portare a compimento,
confidiamo il prima possibile», spiega il presidente, Moreno Tommasini. Ma con
l'allentamento delle misure, la programmazione sta cominciando a riprendere.
Oltre a quello di fondazione, quest'anno ricorre pure l'anniversario del tragico
incidente che 50 anni fa costò la vita a Marino Vianello, a cui l'abisso teatro
della tragedia è stato intitolato. «Per commemorarlo - rivela Tommasini - ad
agosto sul Canin effettueremo una discesa».Prosegue intanto anche l'attività del
campo speleo alla Grotta Virgilio, le cui esplorazioni proseguono da 4 anni e
nel 2018 hanno coinvolto una ventina di soci. Il Cat inoltre è impegnato anche
sul fronte scolastico: oltre alla didattica speleologica in aula, l'attività
educativa, anche di natura ambientale, prevede pure l'accompagnamento in grotta
ad andamento orizzontale. A fine mese ripartiranno pure le visite guidate alla
Kleine Berlin, che il Cat ha in concessione da 20 anni dal Comune, che verranno
svolte in base alle disposizioni anti-Covid. Infine il 3 e 4 ottobre saranno
celebrate le Giornate Nazionali della Speleologia, annuale appuntamento
organizzato dalla Società Speleologica Italiana a cui il Cat è affiliato che
consente di avvicinarsi al mondo sotterraneo, grazie a iniziative di
divulgazione aperte al pubblico. Attualmente, l'organico del club conta 100 soci
che volontariamente e con grande passione portano avanti l'attività, chi
dedicandosi alla didattica chi alla speleologia.
Gianfranco Terzoli
Tornano le escursioni a passo d'asino con la guida speciale "Rebecca" -
weekend
Dopo mesi di interruzione forzata ritornano le escursioni a passo d'asino
per bambini e adulti. In compagnia della guida naturalistica Alice Sattolo e
della sua dolce asinella Rebecca si andrà a esplorare un caratteristico angolo
del Carso Triestino: i boschi della Riserva naturale del Monte Lanaro. Partendo
dal borgo storico di Rupinpiccolo/Repnic, con ritrovo alla fermata del bus 46,
si salirà dolcemente insieme a Rebecca all'ombra del bosco, per arrivare allo
stagno Tretji Kal e alla radura dove viveva Efa, la storica eremita del Monte.
Quindi si scenderà verso Sagrado/Zagradez, per fare ritorno al punto di
partenza. Il percorso è un facile anello di circa 5 chilometri, con 140 metri di
dislivello, perciò adatto a tutti: si consiglia soltanto un abbigliamento adatto
all'escursione, con scarpe da trekking leggero. Insieme alla guida e in presenza
della piccola Rebecca, che i partecipanti potranno condurre da terra durante la
passeggiata, si scoprirà qualcosa di più sulla storia e sull'etologia degli
asini. Pur essendo tra gli animali domestici più utili, storicamente noti perché
si prestano allo svolgimento di attività molto faticose per l'essere umano, gli
asini sono stati infatti per secoli denigrati e stereotipati come stupidi e
testardi: attraverso le spiegazioni della guida si potrà scoprire tutta un'altra
storia su questi mammiferi. Una passeggiata a passo d'asino è un'esperienza
insolita per tutta la famiglia: per gli adulti è un invito a riscoprire i pregi
della lentezza, dell'ascolto, dell'osservazione; per i bambini un'occasione per
conoscere un nuovo amico a quattro zampe, che insegna la pazienza e la dolcezza.
Per partecipare all'escursione, che sarà svolta nel rispetto delle vigenti norme
anti Covid-19, è indispensabile iscriversi (telefonando o scrivendo al
3289287073 oppure via mail ad alicesattolo@gmail.com). L'escursione durerà fino
alle 20 circa e si terrà l'11 luglio, il primo e il 22 agosto.
Giulia Basso
IL PICCOLO - SABATO, 27 giugno 2020
Ferriera di Servola - Il futuro è oggi: si firma l'Accordo da 300 milioni
In Prefettura l'atto finale che dà il via alla riconversione dell'area a
caldo in chiave logistica. Tutti i dettagli dell'intesa
Oltre trecento milioni tra risorse private e fondi pubblici, per chiudere
una pagina secolare dell'industria a Trieste e aprire un nuovo capitolo dello
sviluppo del porto. Istituzioni e imprese sottoscriveranno stamani nella sede
della Prefettura l'Accordo di programma, che darà il via alla riconversione
della Ferriera di Servola e che anticipiamo su queste pagine nella sua versione
definitiva. L'impegno finanziario del gruppo Arvedi, di Icop-Plt e del Mise darà
gambe al piano che prevede lo smantellamento dell'area a caldo con relativa
messa in sicurezza dei terreni, la creazione di un terminal portuale
all'avanguardia da parte di Icop-Plt e il raddoppio del laminatoio a freddo e la
riqualificazione della centrale elettrica posseduti da Arvedi. Altoforno e
cokeria sono spenti dal 9 aprile, quando sono giunti al capolinea 123 anni di
vita dell'acciaieria. La passerella di oggi è stata preceduta da un confronto
cominciato l'estate scorsa fra Regione e gruppo Arvedi, sfociato da ottobre
negli incontri coordinati dal ministro dello Sviluppo economico Stefano
Patuanelli. Un percorso difficile e non privo di intoppi, segnato dal sollievo
della maggioranza dei triestini per la chiusura dello stabilimento ma anche
dalla preoccupazione per il destino di 580 lavoratori, per i quali Mise,
Regione, Comune e Autorità portuale si sono impegnati su un iter a «esuberi
zero». Il gruppo Arvedi chiude il ciclo di produzione di ghisa a Trieste e si
impegna con un piano industriale da duecento milioni, di cui 142 per Servola:
meno dei 180 milioni annunciati nei mesi di trattativa, ma l'onere della messa
in sicurezza è stato assunto alla fine in gran parte da Icop-Plt. I restanti
sessanta milioni a carico di Arvedi saranno spesi per il sito di Cremona. A
parziale copertura, la società incasserà dal Mise settanta milioni a fondo
perduto: 45 per Trieste (inclusi i 15 stanziati anni fa per l'area di crisi
complessa di Trieste) e 25 per Cremona. Al tavolo della trattativa, l'ad Mario
Caldonazzo ha d'altronde sempre posto la questione del sostegno pubblico per
mantenere occupati 417 dipendenti. Fermi da anni, sono infine a disposizione
altri 41 milioni di fondi statali, assegnati a Invitalia per produrre il
barrieramento a mare dei terreni inquinati da benzene. Il programma di Arvedi è
inserito nella strategia di decarbonizzazione del gruppo, che punta a creare un
ciclo produttivo basato sempre meno sulla ghisa e sempre più sul reimpiego di
rottami. L'investimento maggiore sono gli 86 milioni per smantellare gli
impianti dell'area a caldo e potenziare il laminatoio, che accoglierà quasi
duecento lavoratori finora in forza alla produzione di ghisa: nell'area a freddo
verranno installate una linea di zincatura e verniciatura, ma per il futuro c'è
pure l'ipotesi di una nuova linea di ricottura continua. Altri 56 milioni
serviranno per sostituire la turbina della centrale elettrica, che funzionerà a
metano e non più con i gas del ciclo siderurgico. Arvedi utilizzerà la banchina
a ridosso del laminatoio per far arrivare ghisa e rottami da spedire in treno
alla volta di Cremona e per far partire via nave i coils di metallo lavorato. La
banchina è oggi in concessione all'azienda lombarda, ma sarà data in gestione a
Icop-Plt, che svolgerà queste operazioni per conto dell'acciaieria. Si tratta
solo di un dettaglio dell'accordo da venti milioni sulla compravendita dei
terreni mediato dall'allora presidente dell'Authority Zeno D'Agostino e da
Patuanelli. Alla fine di un complicato percorso di permute, sdemanializzazioni e
demanializzazioni fra terreni privati e statali, l'intesa vedrà i terminalisti
della Piattaforma logistica subentrare nel controllo dei centomila metri
quadrati dell'attuale area a caldo. Vi sorgerà un terminal portuale a servizio
della Piattaforma logistica e del Molo VIII, il cui primo lotto potrebbe essere
realizzato entro il 2030, con la partecipazione di nuovi investitori stranieri
in trattativa con Plt. Proprio le indiscrezioni sull'avvio della stima del
valore dei terreni da parte dell'Autorità portuale avevano accelerato
nell'agosto scorso il confronto sulla riconversione. Icop-Plt ne è rimasta
estranea fino a marzo, quando la società friulana ha chiuso l'accordo con Arvedi
e si è seduta al tavolo dell'Accordo di programma, intenzionata a realizzare
spazi per lo stoccaggio delle merci, accanto a una nuova stazione. La
compravendita da venti milioni fa parte del pacchetto da 130 milioni che
Icop-Plt investirà per la realizzazione (in cinque anni) della messa in
sicurezza dei terreni e di un terminal per container e rimorchi. Se ne occuperà
il costruttore Vittorio Petrucco, che con la sua Icop ha fondato la società
Piattaforma logistica Trieste assieme allo spedizioniere Francesco Parisi. I
progetti la chiamano "Grande stazione di Servola": ampi piazzali, un folto
fascio di binari e il collegamento con la viabilità autostradale, che fanno
dell'area la pietra di volta per lo sviluppo del Molo VIII. L'ultimo nodo dovrà
essere sciolto dopo la firma dell'Adp e riguarda il ruolo di Rete ferroviaria
italiana e Anas, coinvolte nella realizzazione della stazione e dello svincolo
autostradale, ma con cui non risultano patti sottoscritti. Il terminal occuperà
29 ettari tra piazzali, allungamento della banchina della Piattaforma logistica
e ammodernamento di altri 350 metri di attracco vicino al laminatoio per le
attività logistiche legate alla siderurgia. Secondo le previsioni di Icop-Plt,
il complesso dei moli ottenuti in concessione per 26 anni produrrà ricavi per 23
milioni all'anno, movimentando 120 mila container, 12 mila tank container, 50
mila ro-ro e le rinfuse per l'attività di Arvedi.
Diego D'Amelio
Smantellamento di altoforno e cokeria entro febbraio, poi la messa in sicurezza - le tempistiche e il risanamento ambientale.
Approvazione di progetti, emissione di decreti ministeriali, autorizzazioni, riassetti societari, sdemanializzazioni, rogiti, subentro nelle concessioni e una potenziale grandinata di conferenze dei servizi per organizzare lo smantellamento dell'area a caldo e la messa in sicurezza dei terreni. La riconversione della Ferriera ha un traguardo fissato nel 2025 ma, tra numero di soggetti coinvolti e italica burocrazia, il tempo è l'oggetto misterioso dell'Accordo di programma. Gli allegati prevedono la dismissione di altoforno e cokeria entro febbraio e la conclusione della messa in sicurezza entro novembre 2021. E in questo primo anno di lavori, il risanamento ambientale sarà protagonista quanto il nodo occupazionale. Icop-Plt si è data un lustro per arrivare in fondo. A demolire le strutture penserà Arvedi, che rimuoverà anche i residui ferrosi, mentre i rifiuti restanti saranno gestiti da Icop-Plt, che utilizzerà parte dei detriti per costruire le massicciate di strade e binari. La concessionaria della Piattaforma procederà poi alla pavimentazione dei terreni con il calcestruzzo, che eviterà il diffondersi di sostanze inquinanti. Su tutto vigileranno ministero dell'Ambiente e Arpa. Icop-Plt rientrerà in parte dei 25 milioni per il risanamento, grazie al temporaneo azzeramento dei canoni da parte dell'Autorità portuale. Arvedi incasserà invece settanta milioni per condurre fra Trieste e Cremona un piano di riqualificazione produttiva basato sulla decarbonizzazione. Risorse pubbliche a fondo perduto, che sono state argomento convincente per anticipare la chiusura dell'altoforno, che sarebbe probabilmente stata decisa comunque entro il 2026 per la scarsa convenienza di produrre ghisa in Italia. Ai settanta si sommano i 41 milioni stanziati sempre dallo Stato nel precedente Adp: dotazione mai spesa, che permetterà a Invitalia di procedere al barrieramento a mare e alla realizzazione di un impianto di depurazione delle acque di falda, per arginare gli sversamenti di sostanze inquinanti dal sottosuolo, attraverso il consolidamento di due chilometri di costa. Si tratta dell'unica opera che il vecchio Adp assegnava alla parte pubblica, mentre Giovanni Arvedi ha sempre sottolineato di aver rispettato tutte le prescrizioni ambientali, come riconosciutogli anche nella lettera con cui l'assessore Fvg Fabio Scoccimarro ha avviato la trattativa sulla riconversione. Il cavaliere si è sentito accusato da una parte della politica e dalla maggioranza della città, nonostante la riduzione delle emissioni, 254 milioni investiti a Servola e duecento assunzioni in più del previsto. L'unico impegno non rispettato dal gruppo è l'ormai abortita costruzione delle coperture dei parchi minerali. I grandi capannoni sarebbero costati oltre trenta milioni e avrebbero ridotto gli episodi di spolveramento nei giorni di vento, ma la produzione di ghisa è finita e non ce ne sarà più bisogno.
Le garanzie della politica per tutti i 580 lavoratori - Ma nei patti scritti
mancano 163 addetti
Ministero dello Sviluppo economico e Regione Fvg hanno ottenuto da
Fincantieri e Piattaforma logistica Trieste l'impegno a intervenire
La politica promette che la riconversione produrrà più posti di lavoro di
quelli attuali, ma la firma dell'Accordo di programma tiene col fiato sospeso
580 persone, che sono coperte da tre anni di cassa integrazione ma si domandano
se tutti i tasselli dei piani industriali andranno al loro posto in tempo.
Mentre le diverse visioni sulle prospettive future hanno spaccato il fronte
sindacale, l'intesa fra gruppo Arvedi e sigle favorevoli tutela il posto di 417
dipendenti. Le incognite maggiori riguardano i 163 lavoratori esclusi, per i
quali Mise e Regione hanno aranzie di assorbimento rispettivamente da
Fincantieri e Piattaforma logistica. La fotografia della Ferriera scattata dall'Adp
al momento dello spegnimento vede 310 addetti nell'area a caldo, 51 nel
personale di staff, 140 nel laminatoio, 41 nella centrale elettrica e 38 in
banchina. La proprietà si è impegnata per 417 di essi: a operazione conclusa, il
laminatoio raddoppiato conterà 338 dipendenti, 18 il personale di staff, 25 la
centrale e 36 la banchina, destinata a passare sotto Plt. Rimangono 163 esuberi:
97 tempi indeterminati e 66 interinali cui non è stato rinnovato il contratto.
Arvedi ha proposto pensionamenti anticipati (calcolando 58 lavoratori con
requisiti), il trasferimento a Cremona, la buonuscita da 28 mila euro lordi o il
passaggio a società terze. Ma le promesse assunzioni da parte del Csn di San
Giorgio di Nogaro sono sfumate ed è solo un'ipotesi l'apertura di una linea di
ricottura nel laminatoio, che darebbe lavoro a cinquanta esuberi. E proprio
cinquanta di essi verranno intanto impiegati per un anno nei lavori di
dismissione dell'area a caldo, senza avere garanzie successive.Nell'accordo
sindacale, Fim Cisl, Uilm, Failms e Usb hanno fatto inserire un riferimento agli
impegni della politica sulla difesa di tutti gli occupati. Da una parte, il
ministro Stefano Patuanelli ha ribadito anche nell'ultima riunione ufficiale la
disponibilità dell'ad di Fincantieri Giuseppe Bono ad assorbire le eccedenze
attraverso ditte esterne in appalto. Dall'altra, il presidente
Massimiliano Fedriga e l'assessore Alessia Rosolen sono intervenuti su
Piattaforma logistica Trieste. Pur sollecitato da Mise e Regione, il gruppo
Arvedi non ha accettato di ritoccare i numeri del piano industriale. Nel caso di
Fincantieri e Plt gli accordi non sono ancora scritti e ciò porta la Fiom Cgil a
criticare duramente chiusura dell'impianto e garanzie dell'Adp. E se il
referendum interno ha visto una fabbrica stanca e poco propensa alla
mobilitazione spaccarsi tra il 59% dei dipendenti pro riconversione e il 41%
contrario, fra i sindacati è in atto una frattura che rischia di protrarsi per
anni, dopo mesi di accuse tra le sigle del sì e la Fiom. Plt erediterà le
maestranze della banchina e conta di fare settanta nuove assunzioni (53
operativi, 10 tecnici e 7 amministrativi). La società avrebbe voluto selezionare
personale formato, ma ha accettato di reclutare alcune decine di esuberi più
giovani, che per due anni seguiranno percorsi di formazione retribuita con fondi
della Regione. Potrebbe toccare a una parte degli interinali, che sono i più
esposti perché non coperti dalla cassa integrazione. In assenza della ricottura,
una quota di lavoratori di mezza età potrebbe invece finire nell'appalto
Fincantieri dopo aver concluso la bonifica. Al momento sono garantiti da 24 mesi
(più 12) di cigs a rotazione, che Arvedi ha maggiorato con 346 euro lordi al
mese, assicurando pure un'integrazione per i prepensionandi da 1.175 euro lordi
ogni mese di Naspi. Durante la cassa i lavoratori saranno riqualificati per le
nuove mansioni, sperando che la riconversione avvenga nei tempi: per ampliare il
laminatoio ci vorranno ad esempio due anni dall'ordine dei macchinari.
d.d.a
«No al pirogassificatore - Monfalcone fa scuola» - il gruppo "salute e
ambiente" di Duino Aurisina
DUINO AURISINA«Se l'impianto proposto dalla Nord Composites Italia Srl non
può essere realizzato, perché si trova a meno di 500 metri dal centro abitato,
alla stessa stregua non può essere edificato il pirogassificatore nell'area
della cartiera Burgo». È questa la conclusione cui è arrivato Danilo Antoni,
portavoce del Gruppo "Salute e Ambiente" di Duino Aurisina, dopo aver letto la
motivazione con la quale il Comune di Monfalcone ha detto no, appunto, al
progetto della Nord Composites Srl. «Secondo quanto stabilito dai criteri
localizzativi regionali degli impianti di recupero e smaltimento dei rifiuti
fissati per garantire la tutela della popolazione - precisa lo stesso Antoni -
l'impianto a Monfalcone non si può fare. Lo stesso criterio deve valere a San
Giovanni di Duino, perché le distanze sono simili e ci batteremo per far
rispettare questa logica. Troppo spesso si fanno progetti senza approfondire i
dettagli».
u.sa.
Domani - Passeggiata nella lavanda
Nicoletta Perco, guida naturalistica del Friuli Venezia Giulia, ed Elena Perco, artista illustratrice, ripropongono per domani due appuntamenti nella natura con escursione e un laboratorio artistico sul Carso tra i campi di lavanda in fiore. Ritrovo alle 9 o alle 16 a Gorjansko nel parcheggio di fronte al cimitero civile. Per informazioni e prenotazioni sola camminata telefonare al numero 3475292120; per il laboratorio artistico telefonare al cellulare 334 3510910.
Alla scoperta del Timavo con una gita tra natura storia e spunti letterari
Ultimo scalo della stagione primaverile, tra natura e letteratura. Il cartellone di "Piacevolmente Carso" propone per domani una versione riveduta e arricchita dell'escursione targata "La Cernizza, il Timavo e San Giovanni in Tuba", una delle gite più agevoli e popolari ideata quest'anno dalla cooperativa Curiosi di Natura. Invariata la durata, dalle 9.30 alle 13 circa, con ritrovo alle 9.10 al Villaggio del Pescatore, zona capolinea del bus 44, e invariato anche il livello dell'escursione,alla portata realmente di tutti. Il percorso si tinge di passaggi pianeggianti, attraverso boschi e prati, sino all'approdo alle risorgive del Timavo e alla chiesa di San Giovanni in Tuba, regalando così un itinerario denso di spunti non solo naturalistici ma legati a citazioni letterarie, una delle cifre che caratterizzano il progetto "Piacevolmente Carso". Sì, perché parlare del Timavo conduce non solo al racconto delle sue caratteristiche geologiche ma rievoca anche le esplorazioni e le fonti di versi, miti e leggende del territorio, tra cui l'epica di Giasone e dei suoi Argonauti, che da queste parti vissero passaggi fondamentali nell'arco della saga del Vello d'Oro. E che dire delle vestigia dell'antica chiesa di San Giovanni in Tuba? Luogo di culto risalente al 1483 e testimonianza delle costruzioni paleocristiane. A dare impulso alla narrazione in movimento ci penseranno la guida turistica Rina Anna Rusconi e la naturalista Barbara Bassi. Anche l'appuntamento di domani propone poi l'epilogo attorno ad una tavola imbandita, grazie ai buoni sconto del 10% offerti ai partecipanti e validi nei locali aderenti a "Sapori del Carso". Informazioni e prenotazioni scrivendo a curiosidinatura@gmail.com o telefonando al 3405569374.
F.C.
IL PICCOLO - VENERDI', 26 giugno 2020
I tappi di sughero si trasformano in aiuto concreto per i bambini
Arriva a Trieste il progetto "Tappo divino" per destinare fondi ai più piccoli in difficoltà
Si chiama "Tappo divino" ed è un progetto che unisce tutela ambientale e solidarietà. Animato e promosso da Roberta Masat, ha già riscosso grande successo in Friuli e nel vicino Veneto ed ora, grazie alla collaborazione del Circolo Verdeazzurro di Legambiente Trieste e di NH Hotel Trieste, arriva per la prima volta anche nella città giuliana. E' una campagna, presentata ieri in conferenza stampa, rivolta a tutti i cittadini, ai gruppi, alle associazioni e soprattutto agli esercenti di locali pubblici (bar, trattorie, ristoranti). Mira al recupero di una risorsa naturale preziosa come il sughero usato per la fabbricazione di tappi, che attualmente finisce nella raccolta indifferenziata. Questo materiale invece può essere vantaggiosamente riciclato e reimpiegato per la realizzazione di pannelli isolanti per la bioedilizia. Non solo: il guadagno della vendita di grandi quantità di tappi con "Tappo divino" viene destinato a iniziative decisamente provvidenziali, organizzate dalle onlus che operano nel territorio. Nel caso specifico di Trieste tutto il ricavato della campagna di raccolta e riciclo dei tappi di sughero verrà devoluto alla Fondazione Luchetta Ota D'Angelo Hrovatin e all'Associazione Onlus Bambini del Danubio, impegnate da anni nelle attività d'aiuto e solidarietà a persone in difficoltà e in particolare ai bambini che necessitano di cure mediche oncologiche. "Questo progetto, che è partito nel 2013 da Pordenone, oggi è supportata da più di 350 volontari, conta 1400 esercizi commerciali aderenti, e porta fondi a 9 realtà che si occupano principalmente di aiutare i piccoli malati oncologici - racconta Roberta Masat -. In questi anni abbiamo raccolto e riciclato quasi 21 milioni di tappi e donato 80 mila euro. Chiediamo un piccolo gesto, quello di non buttare i tappi di sughero usati, che sono riciclabili al 100%, ma di conservarli e conferirli nei punti che collaborano con noi alla raccolta". Nel nuovo sito web del progetto (tappodivino.it) è possibile visionare nel dettaglio quali sono gli esercizi commerciali aderenti, quanti sono i fondi ricavati dall'iniziativa e come sono stati distribuiti alle associazioni. Si può anche aiutare il progetto come volontari o semplicemente diffondere la notizia. A Trieste per la raccolta si può fare riferimento all'NH Hotel, punto di raccolta aperto 24 ore su 24, o al Circolo Verdeazzurro di Legambiente (https://www.legambientetrieste.it/). Finora in città sono 18 gli esercizi commerciali che hanno deciso di aderire al progetto, ora si conta su ulteriori adesioni.
Giulia Basso
Nuova centrale a gas naturale Il ministero dà il nulla osta
Dettate le condizioni che consentiranno ad Arvedi di convertire l'impianto di Servola dopo la chiusura dell'area a caldo della Ferriera: sarà operativo a partire dal 2022
Passo avanti importante per la realizzazione del progetto di Arvedi che, con la dismissione dell'area a caldo della Ferriera di Servola, trasformerà la precedente centrale termoelettrica alimentata per anni dai gas siderurgici in un impianto a metano in grado di produrre energia da distribuire sul mercato gestito da Terna. Il ministero dell'Ambiente ha infatti concesso l'esclusione del progetto proposto da Arvedi dalla procedura di valutazione dell'impatto ambientale. La società dovrà comunque rispettare una serie di condizioni ambientali per l'esercizio dell'impianto indicate dalla commissione tecnica ministeriale, a cominciare da un adeguato piano di monitoraggio delle emissioni (anche per la fase di cantiere) da concordare con l'Arpa, ma l'iter tecnico-burocratico che porterà alla trasformazione della centrale a questo punto può accelerare verso il traguardo finale. L'obiettivo, dal punto di vista della tempistica, è il 2022. Arvedi ha infatti già partecipato alla prima asta per il nuovo mercato dell'energia, il cui anno di consegna è proprio il 2022. Si tratta del cosiddetto "mercato della capacità": il meccanismo con cui Terna Spa, gestore della rete di trasmissione, si approvvigionerà di capacità di energia elettrica con contratti di fornitura a lungo termine, aggiudicati attraverso aste. I partecipanti si impegnano a garantire energia quando "chiamati a produrre", ovvero quando la rete ne ha più bisogno e si registrano dei picchi di domanda, il tutto in cambio di una remunerazione annua fissa. Nel caso di Arvedi l'aggiudicazione è avvenuta sulla base di una remunerazione fissa di 75 mila euro a megawatt, per un totale di 103 megawatt annui, il tutto per un periodo di 15 anni. Si prevede che l'impianto funzionerà per circa 4 mila ore all'anno. La commissione ministeriale afferma che il funzionamento della nuova centrale «dall'esame della simulazione modellistica sulla stima di ricaduta delle emissioni in atmosfera presentata dalla società, non determinerà impatti significativi sulla qualità dell'aria». Secondo la commissione, data la concomitanza della chiusura dell'area a caldo, si determinerà «un miglioramento del quadro ambientale per il comparto aria» Il progetto sarà realizzato utilizzando l'area pavimentata già esistente, senza necessità di ulteriore consumo di suolo. Inoltre è previsto un miglioramento rispetto alla situazione precedente per quanto riguarda l'impatto acustico e il consumo idrico. In assenza dei gas siderurgici da smaltire, il progetto prevede la modifica dell'attuale impianto a ciclo combinato da 380 MWt passando a un nuovo ciclo combinato di potenza nominale di circa 220 MWt. L'impianto, nell'assetto a ciclo combinato, consentirà di produrre una potenza elettrica pari a 120 MW. La nuova turbina ad alto rendimento sarà alimentata esclusivamente a gas naturale. Per quanto riguarda gli altri impianti ausiliari, verranno riutilizzati quelli già esistenti nella centrale: produzione di aria compressa, sistemi antincendio, produzione e accumulo dell'acqua demineralizzata, acqua di raffreddamento. Intanto, è stata fissata per domani alle 10.30, in Prefettura, la cerimonia ufficiale della firma dell'Accordo di programma per l'attuazione del progetto integrato di messa in sicurezza, riconversione industriale, sviluppo economico e produttivo dell'area della Ferriera. Parteciperanno il ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli, il presidente della Regione Massimiliano Fedriga, il sindaco Roberto Dipiazza, il commissario dell'Autorità portuale Mario Sommariva e gli altri firmatari dell'Accordo di programma.
Piero Tallandini
Dal Municipio 800 mila euro per allestire il centro congressi
La cifra servirà a pagare gli impianti necessari al funzionamento "da remoto" e non comporta variazioni dell'assetto del project financing in Porto vecchio
Alla fine il Comune "si sostituisce" alle Generali e provvede a pagare gli impianti necessari al funzionamento "da remoto" del Centro congressi in Porto vecchio. Lo farà con un contributo di 800.000 euro provenienti dall'avanzo di esercizio. Dal punto di vista tecnico il Municipio approverà la seconda perizia di variante, che passerà al vaglio del Consiglio comunale. La dazione - assicurano in largo Granatieri - non pregiudica l'assetto del project financing, poiché il Comune resta sotto la soglia del 49%. Un epilogo un po' improvviso, che comunque sblocca l'impasse gestionale e finanziario di Tcc (Trieste convention center), la società privata che ha in concessione il nascente compendio espositivo-convegnistico. La decisione è stata presa dal sindaco Roberto Dipiazza in seguito a un recente sopralluogo ai Magazzini 27-28-28 bis, che andranno a costituire la struttura congressuale. La mossa di Dipiazza pare sia stata sollecitata dallo stesso referente di Fit-Esof a Trieste, Stefano Fantoni, preoccupato dal fatto che ai primi di settembre si inaugurerà la manifestazione scientifica Esof2020 ma continua ad aleggiare una preoccupante incertezza sull'allestimento dei tre hangar. Il nuovo presidente di Tcc, Paolo Marchesi, che un mese fa aveva preso il posto di Diego Bravar, era stato esplicito nel sottolineare come il futuro di Tcc era appeso al rispetto dell'equilibrio finanziario. Tcc ha un'esposizione di 7,5 milioni di euro nei confronti del sistema creditizio (Bpm, Bcc Staranzano, Frie, Civibank, Mps, Unicredit, Intesa San Paolo, Cassa rurale Fvg), denari che - ha rimarcato Marchesi - andranno restituiti. A questi soldi avrebbero dovuto/potuto aggiungersi 3 milioni "prestati" dalle Generali, che sono una delle tre principali azioniste della società insieme alla Trieste Valley di Bravar e alla Illycaffè, tutte e tre dotate di una share attorno al 12%. La compagnia pareva poco propensa a intervenire durante il periodo-Bravar, per cui si riteneva che l'arrivo di Marchesi, ritenuto vicino al Leone e a Illy, agevolasse l'operazione di finanziamento. Per la verità Marchesi si era espresso con molta prudenza su questo punto, evidenziando come anche i 3 milioni delle Generali dovessero poi essere restituiti. Già, restituiti: ma quando? Con quali oneri? Con quali introiti e da quale mercato, nel momento in cui il settore espositivo-convegnistico è uno dei più colpiti dalle ripercussioni economiche dell'epidemia?La questione rischiava di incartarsi e così Dipiazza ha tagliato il più classico dei nodi gordiani. Un esito molto triestino, nel quale la mano pubblica sopperisce a timidezze e ritrosie del settore privato. Non va dimenticato che il Municipio ha già scommesso 5 milioni sul centro congressi, pari al 42% del project financing, e paga il ponte di vetro (80.000 euro) che collegherà i tre magazzini. Un ponte con qualche sospiro
Massimo Greco
Il Comune incassa dalla Regione la "tutela" dello sportello edilizio - l'esame della riforma urbanistica in piazza Oberdan
«Auspichiamo di non dover ripartire da zero sullo Sportello unico per l'edilizia (il Sue, ndr) e di poter proseguire invece con quanto fatto finora, al fine anche di non avere ulteriori costi». L'assessore all'Urbanistica Luisa Polli, nel corso dell'audizione davanti alla Quarta commissione del Consiglio regionale, ha rivolto ieri un appello preciso ai rappresentanti dell'aula di piazza Oberdan, impegnati nell'approvazione del disegno di legge 96 proposto dalla giunta Fedriga in tema di urbanistica ed edilizia. Il documento, alla fine, è stato licenziato con i soli voti della maggioranza e con l'assessore alle Infrastrutture Graziano Pizzimenti che ha chiarito che «la proposta mantiene le competenze dei Suap già attivi e le funzioni degli sportelli per la gestione telematica delle pratiche edilizie. Inoltre, verranno tutelate le esperienze positive già avviate, ad esempio dai comuni di Trieste (dove il Sue è attivo già da oltre un anno, ndr), Pordenone e Monfalcone». Il ddl punta a semplificare le procedure e a mettere ordine nelle competenze tra Regione e comuni con l'entrata in vigore del Piano paesaggistico regionale (Ppr). «Le attività di adeguamento sono in corso», ha proseguito Pizzimenti: «È urgente dare un assetto definitivo alla ripartizione di competenze tra Regione e comuni ampliando la sfera di competenza di questi ultimi, atteso che il Ppr guida la discrezionalità amministrativa dei medesimi. Strettamente correlata al rafforzamento delle competenze comunali, è la proposta di consentire ai comuni di prevedere un'indennità di presenza per i componenti esterni delle commissioni locali del paesaggio che coadiuvano i comuni nelle funzioni paesaggistiche». Non sono mancate polemiche per un emendamento di maggioranza nel quale vengono concesse deroghe su interventi di riqualificazione di strutture e aree destinate ad attività turistico-ricettive e di somministrazione, anche se ricadenti in zona impropria. Proprio l'uso del termine "improprio" ha scatenato la dura reazione delle opposizioni con Furio Honsell (Open) che ha parlato di deriva pericolosa. Diego Moretti e Mariagrazia Santoro (Pd) hanno aggiunto che «è un vergognoso tentativo della Lega di scavalcare le regole, permettendo di costruire e cementificare in deroga ai piani regolatori, senza alcuna visione di prospettiva e urbanistica». Massimo Moretuzzo (Patto) ha a sua volta parlato apertamente di «far west amministrativo. La Lega è il partito del cemento e delle norme con nome e cognome».In Sesta commissione, invece, l'assessore all'Istruzione Alessia Rosolen ha ottenuto il via libera all'unanimità all'aggiornamento delle linee guida in materia di diritto allo studio legate all'emergenza Covid. Una delle novità, anticipata dal governo, potrebbe essere la necessità di rendere singole le camere dedicate agli studenti. A Trieste molti alloggi hanno camere doppie e triple e dunque è verosimile una riduzione dei posti letto.
Andrea Pierini
Strada per Lazzaretto diventa "zona 30" a tutela dei bagnanti
Entrano in vigore lunedì le nuove limitazioni della velocità tra l'ex Bagno della Polizia e Ligon, vicino alla Base logistica
MUGGIA. Da lunedì prossimo entra in vigore la nuova "zona 30" in Strada per Lazzaretto, nel tratto compreso tra l'ex Bagno della Polizia e località Ligon, in zona Base logistica. È una novità finalizzata non solo a prevenire possibili situazioni di pericolo in una delle aree più frequentate dai bagnanti durante la bella stagione, ma anche a rendere in generale la città più vivibile e a misura di cittadini e turisti, accrescendo la sicurezza di pedoni, podisti e ciclisti.«È una zona vasta - spiega il sindaco Laura Marzi - e percorsa ogni giorno da pedoni, podisti, ciclisti e automobilisti. Una convivenza che nel periodo estivo diviene più difficile a causa dell'incremento dell'affluenza e che necessita di essere gestita con tutte le attenzioni del caso. Per questo abbiamo deciso, dopo un attento studio tecnico, di introdurre, proprio come altre zone sensibili della città, una zona 30». «Il Comune ha avviato un processo di riqualificazione del tratto costiero da Porto San Rocco sino alla località di Lazzarett», evidenzia ancora Mari: «Un processo che è stato recepito nella variante 31 al Piano regolatore e che sta trovando attuazione con linee di finanziamento che stanno portando, dopo il ripristino del tratto costiero tra il Molo a "T" e Punta Olmi, alla messa in sicurezza dell'interramento del Terrapieno Acquario, con particolare attenzione al contenimento del traffico veicolare e a percorsi ciclopedonali prima inesistenti». «Le diverse emergenze a cui il nostro territorio ha dovuto far fronte quest'anno - aggiunge l'assessore Stefano Decolle - hanno inevitabilmente ritardato la tabella di marcia dei lavori di Acquario, che noi auspicavamo fosse già riconsegnato alla città in questa stagione». Inoltre, il perdurare del restringimento della carreggiata e l'incremento dei fruitori della costa ha portato a una serie di riflessioni su come affrontare nell'immediato la questione: «Dopo approfondite valutazioni anche sull'ipotetica trasformazione della strada in un senso unico con ciclabile annessa - osserva lo stesso Decolle - gli importanti costi di realizzazione ne hanno dimostrato la difficile fattibilità. Non avendo dubbi sulla necessità di limitare la velocità di quella che è una strada a servizio della balneazione e del tempo libero in genere, la miglior risposta per tutelare la sicurezza di tutti coloro che frequentano quotidianamente la nostra costa è risultata pertanto essere l'istituzione di una zona 30».
Luigi Putignano
COMUNICATO STAMPA - GIOVEDI', 25 giugno 2020
Presentata a Trieste l'iniziativa “Tappodivino” “Insieme per trasformare i
tappi di sughero in solidarietà”
ANCHE A TRIESTE LA CAMPAGNA PER LA RACCOLTA E IL RICICLO DEI TAPPI DI
SUGHERO. IL RICAVATO VA INTERAMENTE ALLA “FONDAZIONE LUCHETTA OTA D'ANGELO
HROVATIN” E ALLA “ASSOCIAZIONE ONLUS BAMBINI DEL DANUBIO”
E' stato presentato oggi, presso l'Hotel NH Trieste, il progetto “Tappodivino”,
promosso e coordinato da Roberta Masat, che si avvale della collaborazione del
Circolo Verdeazzurro di Legambiente Trieste.
L'iniziativa unisce due obiettivi, di valore ambientale e morale, in una unica
campagna che si rivolge a tutti i cittadini e soprattutto agli esercenti di
locali pubblici, bar, trattorie, ristoranti, ma anche associazioni e gruppi di
cittadini: si tratta di non sprecare una risorsa naturale preziosa, il sughero –
che attualmente a Trieste finisce nella raccolta indifferenziata – e destinare
il guadagno della vendita dei tappi a due associazioni triestine da tempo
impegnate in attività di aiuto e solidarietà.
Nella conferenza stampa, introdotta dal presidente di Legambiente Trieste,
Andrea Wehrenfennig, la coordinatrice dell'associazione Tappodivino, Roberta
Masat, ha ricordato i successi raggiunti in Veneto e Friuli nella raccolta dei
tappi di sughero a fini benefici, dichiarandosi certa che anche a Trieste i
cittadini e gli esercenti risponderanno a questa campagna. Il direttore di NH
Trieste, Patrizia Bortolotto, ha assicurato il sostegno dell'Hotel NH Trieste
all'iniziativa. I rappresentanti delle associazioni destinatarie dei guadagni
dalla vendita dei tappi, Viviana Taberni per la Fondazione Luchetta Ota D'Angelo
Hrovatin e Klaudia Krizek per l'Associazione Onlus Bambini del Danubio, hanno
espresso il loro apprezzamento per questa iniziativa, che sarà destinata
specificamente ai bambini che necessitano di cure mediche oncologiche. Infine,
il segretario di Legambiente Trieste, Ettore Calandra, ha illustrato le modalità
di svolgimento della campagna, che è già iniziata con la creazione di diversi
punti di raccolta, che si possono trovare sul sito www.tappodivino.it e sul sito
di Legambiente Trieste www.legambientetrieste.it , augurandosi che a questi si
aggiungano molti altri punti per incrementare la raccolta.
Infatti per poter raccogliere fondi significativi occorre raccogliere molti
tappi, per cui i promotori invitano i cittadini e i gestori dei locali ad
aderire, facendo da punto di raccolta dei tappi: i volontari di Legambiente e
quanti vorranno collaborare al progetto si incaricheranno di prelevare
regolarmente i tappi dai box collocati nei vari locali, per poi trasmetterli
all'azienda che ne ricaverà pannelli isolanti.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 25 giugno 2020
Ferriera, c'è la firma "virtuale" sull'intesa
Compiuto l'ultimo passaggio in vista della definitiva approvazione
dell'Accordo di programma fissata per sabato a Trieste
La data, questa volta, è certa. L'atteso Accordo di programma sulla
riconversione della Ferriera di Servola verrà siglato ufficialmente sabato a
Trieste, nel palazzo della Prefettura. Attorno al tavolo gli attori che, per
mesi, hanno discusso dello sviluppo industriale di quell'area. Attori pubblici e
privati, cioè vertici del Gruppo Arvedi e di Icop-Plt e rappresentanti delle
istituzioni: dal ministro Stefano Patuanelli al governatore Massimiliano
Fedriga, dal sindaco Roberto Dipiazza al neocommissario del Porto Mario
Sommariva. Gli stessi che, nelle ultime ore, hanno apposto la loro firma
digitale alla versione finale del testo dell'intesa caricato sui server del
ministero dello Sviluppo economico, tra cui i rappresentanti dei ministeri
dell'Ambiente e dei Trasporti, dell'Agenzia nazionale per le politiche attive
del Lavoro e l'Agenzia del Demanio. Tra gli ultimi a firmare, ieri mattina,
Vittorio Petrucco, presidente di Icop. Come noto l'Accordo di programma darà il
via al percorso finalizzato alla realizzazione di un polo industriale con oltre
400 occupati, costituito dall'attività siderurgica a freddo gestita dal gruppo
Arvedi, e una piattaforma logistica collegata gestita da Icop-Plt. Nell'ex area
a caldo della Ferriera, dipenta lo scorso marzo, sorgerà un polo logistico,
favorito dalla realizzazione di un nuovo snodo ferroviario e dall'allargamento
della banchina portuale. Un processo al quale parteciperà anche Fincantieri:
l'ad Giuseppe Bono ha confermato la disponibilità a ricollocare la parte degli
esuberi ex Arvedi (in tutto 163 operai) non assorbita da Icop-Plt. L'operazione
infatti, come più volte ribadito dai rappresentanti istituzionali, dovrà essere
ad "esuberi zero".«In due anni di mandato abbiamo condotto in porto
un'operazione di vitale importanza per la città di Trieste e per l'intero
sistema logistico regionale, garantendo peraltro non solo la piena tutela dei
livelli occupazionali ma, ben di più, prospettive di sviluppo che porteranno
alla creazione di nuovi posti di lavoro - ha dichiarato Fedriga, commentando il
passaggio della firma "virtuale" -. Sono particolarmente soddisfatto perchè dopo
decenni di improduttivo dibattito, nell'arco di appena un biennio siamo riusciti
nell'intento di coniugare gli aspetti lavorativo, ambientale e sanitario e di
addivenire a una soluzione che ha trovato la massima condivisione di tutte le
parti pubbliche e private interessate». «Dietro a questo accordo di programma
non ci sono decenni di nulla- ribatte a distanza la deputata Pd Debora
Serracchiani -. Se c'è industria e logistica, se ci sono banchina, binari,
risanamento ambientale, tutto questo non è caduto dal cielo ma è arrivato perché
qualcuno ha lavorato per far arrivare un soggetto industriale che ora dà lavoro,
per trovare fondi per le bonifiche e per l'infrastrutturazione ferroviaria.
Arrivano da Roma anche i 15 milioni che ha in pancia la Regione, la quale da
parte sua mette 200mila euro».
red.cro.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 24 giugno 2020
Rilancio del Porto vecchio al traguardo: il giorno della variante che lo
ridisegna
Piano regolatore: oggi in giunta il via libera ai documenti. A settembre
firma con Regione e Authority, poi le prime gare
Il sindaco Roberto Dipiazza è in vena di accostamenti evocativi sul futuro
del Porto vecchio: «Sembrerà Barcellona» suggerisce, pensando al progettato
lungomare che unirà le Rive a Barcola e su cui si affacceranno anche strutture
residenziali. E non mancherà anche un pizzico di California, grazie ai previsti
insediamenti di attività ad alto contenuto tecnologico: «tipo la Silicon Valley»
garantisce il primo cittadino. Propositi ambiziosi, certo, ma che da oggi
potranno davvero cominciare a trovare un'attuazione concreta. L'iter per la
riqualificazione dell'area di Porto vecchio è arrivato infatti a un passo dal
traguardo. VARIANTE E VAS: oggi in giunta - Questa mattina approda in giunta
comunale la delibera, a firma dello stesso Dipiazza, per il via libera alla
proposta di variante al Piano regolatore e al documento con la Valutazione
ambientale strategica (Vas) contenente le verifiche di sostenibilità. A quel
punto si aprirà un periodo di 60 giorni entro i quali cittadini ed enti potranno
presentare eventuali osservazioni. Una volta trascorsi i due mesi, mancherà
soltanto la firma "triplice" che coinvolgerà anche Regione e Authority portuale
sull'accordo di programma. Quello sarà il traguardo finale, che secondo il
sindaco potrà essere raggiunto in settembre. «A quel punto - sottolinea Dipiazza
-, gli interessati potranno presentare le offerte per acquisire le strutture,
insediare attività e realizzare progetti nel Porto vecchio». Gare per
aggiudicare le strutture - Braccio operativo il nuovo Consorzio per la
valorizzazione dell'area, finora denominato "Ursus", che raccoglierà le offerte.
Del Porto vecchio, oltre ai 5 moli, fanno parte ben 23 grandi edifici tra
hangar, magazzini e depositi risalenti alla seconda metà del XIX Secolo. Per
ogni struttura disponibile saranno effettuate delle gare e prevarrà l'offerta
più alta. Per stabilire le valutazioni di partenza di ogni struttura sarà
possibile rivolgersi all'Agenzia delle Entrate. «Ricorderei - puntualizza
Dipiazza - che il Porto vecchio mi è stato consegnato di fatto non prima del
giugno 2017 e adesso, dopo tre anni, portiamo in giunta la delibera che
costituisce il passaggio determinante per completare l'iter. Ci abbiamo messo il
massimo impegno e ci tengo a ringraziare gli uffici tecnici del Comune che hanno
continuato a lavorare senza sosta anche durante il lockdown. Con la
riqualificazione del Porto vecchio si apriranno per Trieste delle grandi
opportunità».dagli hotel alle imprese hi tech - Decisamente variegate le
destinazioni d'uso per il nuovo Porto vecchio previste nella variante, documento
sottoscritto dal direttore del Dipartimento Team (Territorio Economia Ambiente
Mobilità) Giulio Bernetti, affiancato da Roberto Prodan, Paolo Cernivani, Luca
Kerstich, Mauro Pennone e Andrea Zacchigna. Uso residenziale, servizi, attività
alberghiere, direzionale, commercio al dettaglio (non centri commerciali),
parcheggi e autorimesse. Sarà favorito l'insediamento di imprese produttive: non
industria pesante, ma attività ad alto contenuto tecnologico e operanti
nell'ambito dell'Ict (le tecnologie dell'informazione e della comunicazione).
Incentivata anche la presenza di attività legate alla sfera delle industrie
culturali e creative, a sostegno del comparto turistico, nautico, congressuale e
del sistema museale. parco, spazi pedonali e ciclabili - Per quanto riguarda le
opere di urbanizzazione è prevista la realizzazione di un parco lineare pedonale
e ciclabile, di aree verdi diversificate a seconda della specifica vocazione
della zona e della destinazione d'uso degli edifici. In questo contesto si
inserisce anche il nuovo collegamento con cabinovia tra Molo IV e Carso. La
riqualificazione del Porto vecchio passa attraverso una valorizzazione della
mobilità sostenibile, dai bus-navetta al bike sharing. Il recupero storico - Gli
interventi di ristrutturazione dovranno valorizzare gli edifici di rilevanza
storico-culturale, gli elementi architettonici, i materiali e le eventuali
attrezzature tecnologiche (gru, elevatori e montacarichi) che li caratterizzano,
oltre a individuare e recuperare le pavimentazioni in masegno o in altri
materiali lapidei di valore storico. Centro congressi e magazzino 26 - «Ci sono
grandi progetti già in fase avanzata - ricorda Dipiazza -, come il Centro
congressi (in project financing ndr) e l'Immaginario Scientifico al Magazzino
26». Quest'ultimo diventerà anche la sede del nuovo Museo del Mare e ospiterà le
masserizie degli esuli istriano-dalmati. Il Magazzino 20 è stato intanto dato
alla Sovrintendenza in comodato. Nel frattempo è stato completato il primo lotto
per quanto riguarda le infrastrutture e la viabilità, e ora toccherà al secondo.
«Sono soddisfatto - aggiunge il sindaco - di quello che siamo riusciti a fare
per quanto riguarda viabilità e parcheggi, a cominciare dal Park Bovedo».
Quartiere residenziale - Tra gli indirizzi della variante c'è la valorizzazione
degli spazi fronte mare, riservando aree per la fruizione pubblica, affacci,
zone di svago e divertimento tali da favorire anche gli insediamenti
commerciali. Ancora da esplorare le potenzialità del Porto vecchio sotto il
profilo residenziale. In funzione della variante sono stati effettuati dei
calcoli basati sulle previsioni demografiche per non creare squilibri e solo
alcune delle strutture potranno essere destinate all'uso abitativo: le più
appetibili, in questo senso, potranno diventare quelle con vista mare. Quanti
residenti potrà ospitare Porto vecchio? Si prevede al momento un tetto massimo
di 1.100 persone.
Piero Tallandini
Ufficiale l'interesse di Invimit per l'acquisto di palazzo Carciotti
Entro settembre comunicherà le sue decisioni. Intanto il Comune s'impegna
a non avviare trattative
I firmatari della petizione contraria alla vendita di palazzo Carciotti
trattengano il respiro: in dissolvenza sul Canal Grande appare un potenziale
acquirente... Ma no, in realtà è assolutamente prematuro parlarne: comunque
Invimit, confermando quanto riportato lo scorso 20 marzo, ha confermato
l'interesse per il grande edificio neoclassico. Buona conoscitrice di Trieste
(vedi palazzi Artelli e Dettelbach), ha chiesto di fatto un "congelamento" di
eventuali trattative che si dovessero manifestare in questi mesi, perché entro
metà settembre la "sgr" afferente al ministero dell'Economia e delle Finanze
farà sapere al Comune le proprie decisioni riguardo l'acquisto o meno
dell'immobile. A dimostrare che l'istituto di via Quattro Novembre, a due passi
dal Quirinale, intende far sul serio, nel pomeriggio di ieri l'altro si è svolto
un lungo sopralluogo al Carciotti, al quale hanno partecipato alcuni esperti
provenienti dalla Capitale, allo scopo di verificare in diretta gli elementi di
attrazione e di criticità relativi a un asset tanto affascinante quanto
impegnativo. Il Comune, reduce dall'infelice quaterna di aste andate deserte, ha
raccolto la proposta della "sgr" e ne attenderà il responso. Gli investimenti
Invimit debbono caratterizzarsi per una ricaduta "sociale", quindi l'opzione
alberghiera, che finora è stata la più battuta (a parole), non è affatto
scontata. Il trimestre estivo sarà utilizzato per comprendere in quali termini
potrà essere interpretata la riconversione dello stabile, che, nato alla fine
del XVIII come residenza e magazzinaggio, è divenuto nel tempo un contenitore di
pubblici uffici. E quale può essere un investimento immobiliare non
esclusivamente speculativo, tale da contenere una finalità "sociale"? Ci sono
due tendenze, di origine britannica, che vanno di moda in questa stagione: una
destinazione a "studentato" di fascia medio-alta, che riesca a soddisfare non
solo il giovanotto discente ma anche il ricercatore/docente in temporanea
trasferta; una destinazione a struttura residenziale per anziani dotati di buon
reddito, nella quale, accanto agli appartamenti, verrebbero organizzati servizi
medici, fisioterapeutici, palestre, ecc. Di riffe o di raffe, tra una cosa e
l'altra, la "resurrezione" del Carciotti è difficile che scenda sotto i 50
milioni. Lorenzo Giorgi, in qualità di assessore all'Immobiliare, segue con
attenzione la vicenda. Sulla quale fissa la prioritaria coordinata
dell'amministrazione: «Ho mandato dal sindaco Dipiazza di non scendere sotto
l'attuale quotazione di 14,9 milioni di euro. Ricordo che nell'estate del 2018
eravamo partiti da una stima di 22,7 milioni. In autunno, quando il Piano del
centro storico verrà approvato, il proprietario del Carciotti avrà a
disposizione uno strumento urbanistico più flessibile, che consentirà un
maggiore livello di intervento nella ristrutturazione degli interni. E che
accrescerà il valore del palazzo». Avviso ai naviganti: non tiriamo sul prezzo.
Dipiazza aveva scommesso già due anni fa sulla vendita e la messa a rendita
dell'intero palazzo, mentre il predecessore Roberto Cosolini, pur promuovendo
l'alienazione del bene, l'aveva condizionata a un parziale utilizzo museale (la
facciata anteriore). Un anno fa la Soprintendenza, su richiesta dello stesso
Comune, aveva dettato alcune prescrizioni per chi avesse intenzione di mettervi
mano: pavimenti lignei e lapidei, stucchi, stufe, camini, opere artistiche di
Antonio Bosa e di Giuseppe Bernardino Bison.
Massimo Greco
Operazione trasparenza sul 5G - Regione e Arpa in prima linea - dati e
notizie aggiornate online
Dati, notizie e spiegazioni sulle fake news più comuni. Regione Fvg e Arpa
lanciano l'operazione "massima trasparenza" sul 5G, con l'obiettivo di informare
il più possibile i cittadini su come stanno evolvendo le nuove tecnologie e il
loro impatto sul territorio. Gli unici rischi, rilevati dal mondo scientifico,
sono legati al possibile aumento della temperatura corporea di un grado, a patto
però di essere sottoposti a una potenza di 3 mila volt metro. In Europa il
limite di legge è fissato a 60 volt metro e in Italia a 20. L'assessore
regionale all'Ambiente Fabio Scoccimarro, rispondendo alle preoccupazioni di
alcuni cittadini, ha voluto avviare l'operazione trasparenza creando una
apposita sezione sul sito internet di Arpa. «Attualmente - ha precisato - in
base agli studi pubblicati non vi sono evidenze scientifiche su eventuali rischi
particolari per la salute collegati alla tecnologia del 5G. Auspichiamo da parte
dell'Organizzazione mondiale della sanità una maggiore chiarezza e non posizioni
imprecise come avvenuto nel caso del Covid. In questa fase quindi non ci
sentiamo sollevati nell'esercizio del nostro ruolo, perché ogni singolo atto di
questa giunta va in direzione di una tutela estrema del cittadino. Smentisco
categoricamente, inoltre, qualsiasi forma di accondiscendenza nei confronti
degli operatori, peraltro quasi tutti stranieri». L'assessore ha anche evitato
ogni possibile polemica con i sindaci che hanno vietato il 5G: «Sono scelte
politiche legittime su cui non posso entrare». Il direttore di Arpa, Stelio
Vatta, ha invece elencato i numeri: «Al momento è stato chiesto il parere
obbligatorio per l'installazione di 191 antenne. Solamente quattro sono attive,
due in Friuli, una nell'Isontino e una nel Pordenonese, con la frequenza 3.700
mhz visto che la 700 mhz potrà essere attivata nel 2022. Le misurazioni
effettuate da Arpa, 511 dal 1° gennaio al 10 giugno, hanno evidenziato come il
95% dei dati ambientali veda un valore inferiore a 3 volt metro, di questi l'83%
è sotto il volt metro. In ogni caso agiremo su tre pilastri: monitoraggio,
informazione e comunicazione ed educazione ambientale». Infine Scoccimarro ha
annunciato la volontà di raggiungere con cinque anni di anticipo, entro il 2045,
gli obiettivi del Green new deal promosso dalla Commissione europea. «Per questo
- ha spiegato - realizzeremo un percorso con le opposizioni con lo scopo di
arrivare a un documento in grado di dare prosecuzione al lavoro durante le
prossime legislature».
Andrea Pierini
IL PICCOLO - MARTEDI', 23 giugno 2020
Tripcovich, Dipiazza cambia: niente Tar e soluzione politica
La dirigenza municipale ha sconsigliato la strada della giustizia amministrativa, perché l'esito della causa sarebbe incerto
Tre mesi per cambiare idea su come affrontare il cornutissimo caso Tripcovich. A mente fredda, consigliato dalla dirigenza comunale, Roberto Dipiazza preferisce lasciar perdere la pista-Tar e sceglie di manovrare a livello politico-istituzionale per radere al suolo l'odiata sala. Forse approfitterà anche del 13 luglio, quando i presidenti Mattarella e Pahor confluiranno a Trieste, per spiegare che la sua ragionevolezza sul Balkan merita di essere premiata. Il management della civica amministrazione, dai lavori pubblici all'avvocatura, ha manifestato un esplicito scetticismo sull'esito di un ricorso alla giustizia amministrativa riguardo al "no" ministeriale sull'abbattimento della sala in largo Città di Santos. E anche qualora il Tar si esprimesse a favore delle posizioni comunali, ci sarebbero ottime possibilità che il dossier ritorni nuovamente al ministero dei Beni Culturali, con buone chance di risultare becchi & mazziati. Dipiazza, che è un uomo pratico, ha abbozzato e ha rivisto la posizione assunta lo scorso 19 marzo, quando era stata resa nota la lettera della direzione generale ministeriale che recava il secondo "no" all'abbattimento, avendo replicato al ricorso amministrativo presentato in febbraio dal Comune. Allora Dipiazza, per il quale l'abbattimento della sala è diventato un "must" semi-programmatico, si era arrabbiato e aveva annunciato il ricorso al Tar.Tra l'altro in questo momento non ci sarebbero neanche i soldi per le ruspe, in quanto gli 800.000 euro, appostati per abbattere l'ex stazione dei pullman anni Trenta, sono stati trasferiti su un'altra voce allo scopo di rimpolpare i 5 milioni del caso Nostini-Rossetti.Quindi sulla vicenda Tripcovich si apre un nuovo capitolo, che rinnova radicalmente i contenuti delle pagine precedenti. Fino a marzo il Comune aveva sperato di risolvere la diatriba vedendosela a quattr'occhi con San Michele in Ripa, il bellissimo complesso sul Tevere che ospita la Direzione generale arti-architettura-paesaggio del MiBact. Aveva creduto che l'abbinata con il soprintendente Simonetta Bonomi supportasse la causa triestina, ma la dura lettera dell'11 dicembre 2019, spedita dal direttore Federica Galloni, aveva gelato le aspettative. L'«appello» di febbraio non aveva migliorato le cose. Bisogna prenderla larga, ha pensato infine Dipiazza, cui piacerebbe venire a capo di alcune "incompiute" triestine con una sola, abile mossa. Roma permettendo.
Massimo Greco
Deraglia treno con 22 passeggeri Linea Trieste-Monfalcone fuori uso
Una frana la causa dell'incidente. Illesi viaggiatori e personale. Ripercussioni sul traffico ferroviario
Una frana sulla ferrovia, nei pressi di Aurisina. Due ruote di una carrozza che escono dai binari. Il deragliamento. E l'intero tratto tra Monfalcone e Trieste bloccato. Uno stop che oggi si protrarrà per tutta la giornata: in altre parole, nel capoluogo non si arriva e nemmeno si parte fino a nuove indicazioni. Non c'è però nessun ferito, fortunatamente, tra le 22 persone a bordo del treno Udine-Trieste, diretto in Stazione centrale, che nel tardo pomeriggio di ieri è rimasto coinvolto nell'incidente. Ma due passeggeri, il capotreno e il macchinista sono stati comunque accompagnati all'ospedale per accertamenti. L'episodio si è verificato alle 18.40 poco dopo il Bivio di Aurisina, appena superata la galleria, all'altezza del chilometro 12, nel territorio del Comune di Trieste in prossimità di Miramare. Il treno è un Etr 563, il regionale 20989: un Caf spagnolo, uno dei convogli acquistati dalla Regione e affidati a Trenitalia. Più che deragliamento vero e proprio, stando a quanto si apprende, tecnicamente si è trattato di uno "sviamento": sono infatti uscite le prime due ruote della carrozza di testa. Il treno era appena partito dalla Stazione del Bivio di Aurisina, quindi la velocità era ancora contenuta. Probabile che ciò abbia consentito di evitare esiti peggiori. Sul posto hanno operato la Polizia ferroviaria e le squadre dei Vigili del fuoco di Trieste e di Opicina. È intervenuto anche il personale del 118 con un elicottero. Una presenza a scopo puramente precauzionale, questa, visto che non si è fatto male nessuno. I pompieri hanno provveduto ad assistere i passeggeri trasportandoli con i mezzi fuoristrada fino a un piazzale. Lì erano attesi dal personale sanitario e da quello di Rfi. Pesanti i disagi per i viaggiatori, come si può immaginare. Il tratto Trieste-Monfalcone, come detto, ieri sera è rimasto interrotto a oltranza. Tutti i convogli diretti al capoluogo, tra cui vari Intercity e regionali, sono stati bloccati a Monfalcone. I viaggiatori a bordo del treno deragliato sono stati portati a destinazione con 6 taxi. Per i passeggeri degli altri treni in arrivo a Trieste, Trenitalia si è invece attrezzata con un servizio bus sostitutivo. Le cause della frana sono in corso di accertamento. E non è ancora chiaro quanto terreno e quante pietre siano effettivamente precipitati sui binari. Ma ieri, a tarda sera, fonti riferivano di una quantità "importante" che renderà necessario un intervento di ripristino e messa in sicurezza della parete sovrastante. Forse le piogge degli ultimi giorni hanno reso il terreno più friabile. Le operazioni oggi impegneranno l'intera giornata; i treni pertanto, va ribadito, anche oggi saranno sostituiti con i bus-navetta per i collegamenti tra Monfalcone e Trieste. I convogli in partenza dal capoluogo sono invece tutti soppressi.
Gianpaolo Sarti
La tranquillità del lockdown fa rifiorire le oasi delle trezze - campagna di immersioni nel golfo
Sono delle e formazioni rocciose diffuse nell'Alto Adriatico, in grado di creare un complesso mosaico di affioramenti isolati, sparsi tra i 10 e i 40 m di profondità. Sono le "trezze", affascinanti e strutture biogeniche che contengono aree dominate da alghe, organismi filtratori, specie perforatrici e fauna di fondo molle che vive nei sedimenti depositati in cavità e buche. Le trezze rappresentano cioè vere e proprie oasi di vita ricche di biodiversità. Nell'ambito della missione nazionale "Il mare al tempo del Coronavirus", promossa dai nuclei subacquei di Carabinieri, Guardia Costiera, della Polizia e dalla Divisione sub di Marevivo, che ha scandagliato i mari della nostra Penisola, in maggio una squadra di sommozzatori del nucleo subacqueo della Polizia e alcuni membri della delegazione sub di Marevivo Fvg si è immersa nelle acque del golfo di Trieste, all'altezza del Sic (sito di interesse comunitario) San Pietro, per documentare lo stato delle trezze. «I mesi di lockdown hanno portato una sensibile riduzione delle attività in mare, da quelle ricreative ai trasporti fino alla pesca - spiega Maria Cristina Pedicchio, presidente della Delegazione Marevivo Friuli Venezia Giulia e membro del cda di Ogs -. Abbiamo voluto verificare l'impatto che questo periodo prolungato di tranquillità ha avuto sull'ecosistema marino». Il "trezze San Pietro" è un sito di interesse comunitario inserito nella rete Natura 2000. Le specie ittiche più abbondanti nell'area sono il sarago sparaglione, la sogliola pelosa, varie specie di scarpene, il pagello, i merluzzetti, e molte altre ancora. Le trezze forniscono inoltre rifugio, nursery e rappresentano aree di riproduzione per molte specie bersaglio della pesca come calamari, cappesante e astici. fa tra le altre. «Monitorare la situazione in un momento così particolare era importante per valutare la risposta degli organismi marini», - spiega Paola Del Negro, direttore generale di Ogs. Durante le immersioni, per effetto del crollo dell'inquinamento acustico di origine antropica, è stato possibile registrare la "voce" di aragoste, corvine, cernie e saraghi che sui fondali. Le rilevazioni effettuate, invece, sulla trezza San Pietro hanno evidenziato ampi banchi di merluzzetti, di labridi, di sparidi e, nelle cavità, una notevole abbondanza di astici e gronghi.
Il Valentinis rifugio di cigni e uccelli "ibridi" E agli Alberoni nidifica il corvo imperiale
Il canale si è popolato di esemplari alla ricerca di cibo e spazi, ma anche di protezione dagli agguati delle volpi
Lungo il Valentinis le imbarcazioni da diporto hanno ripreso il loro andirivieni, mentre i rimorchiatori, attraccati sul lato del cantiere navale, non si sono mai fermati in questi mesi. Nello specchio di mare che entra nel cuore di Monfalcone nelle ultime settimane ha però veleggiato anche una famiglia di cigni, composta dalla coppia di adulti e da 5 piccoli. Una presenza inedita, provocata più che dalla quiete post lockdown dalla ricerca di zone tranquille e sicure, protette da eventuali predatori, come spiega l'ornitologo e guida naturalistica Paolo Utmar. «I cigni si spostano parecchio - ricorda -, soprattutto se alcune aree sono diventate insicure per la siccità o per la presenza di predatori, come le volpi, che si stanno dimostrando un disturbo per l'avifauna».Anche per gli esemplari di volpoca (un anatide di discrete dimensioni e facilmente riconoscibile dalla sua livrea), che sono sì numerosi, ma solo in un caso certo hanno allevato i loro pulli. Le volpi pattugliano tutte le zone emerse, stando a Utmar, che ne ha visto un esemplare percorrere la diga del tratto della cassa di colmata del porto ormai trasformatosi in uno stagno ricco di avifauna. «Il canale Valentinis è un luogo ottimo per alimentarsi per dei cigni e i loro piccoli - afferma l'ornitologo -, meno per fare il nido». Un occhio più attento, o forse solo più curioso, tra le barche ormeggiate ha avuto modo di scoprire in queste settimane, confusa tra le decine di germani reali, anche una coppia di uccelli acquatici difficilmente identificabile. Alla testa scura e al becco di un grigio antracite si sommano un petto color tabacco, mentre le penne remiganti alla base terminano con uno specchio alare quasi turchese. «In effetti sono un ibrido - continua Utmar - tra una casarca, che negli ultimi anni ha preso casa lungo il Valentinis, e un germano reale. I due esemplari sono di genere diverso, ma non sappiamo se siano in grado di riprodursi». Anche la zona umida del Cavana, tra Marina Julia e Marina Nova, sta vivendo un aumento di presenze, pure in questo caso per motivi slegati dall'assenza quasi totale dell'uomo nel corso del lockdown imposto dal contenimento del Covid-19. «In realtà si è trattato di un periodo troppo breve per aver influenzato in modo sostanziale i comportamenti della fauna - afferma l'ornitologo -. Invece la chiusura dell'uscita del Cavana a mare e la riduzione dell'ingresso di acqua marina sta incidendo sull'espansione del canneto e quindi sulla comparsa di specie di Silvidi raramente osservabili, come la Falciaiola». La zona umida, dove sta recuperando anche la vegetazione di Falasco, accoglie non solo oche selvatiche, folaghe e tuffetti, ma anche il falco di palude, che potrebbe avervi trovato l'ambiente ideale per nidificare. C'è comunque un altro predatore che si sta insediando poco distante, agli Alberoni, in base alle osservazioni dell'ornitologo: il corvo imperiale. «La popolazione del corvo imperiale è aumentata molto sul Carso e la specie sta quindi cercando spazio in pianura, caso unico in tutta Italia - sottolinea Utmar -. Il corvo imperiale ha nidificato a Belvedere e probabilmente anche agli Alberoni». Pure la popolazione di poiana gode di ottima salute, ma in città pare abbia nidificato anche una coppia di sparvieri. «Molto più elusivi, ma basta guardare la reazione dei piccioni e delle tortore per rendersi conto del loro passaggio», dice Utmar.
Laura Blasich
Obi dona all'associazione Bioest 180 alberi invenduti - Adottati in un solo giorno
L'associazione Bioest ha ricevuto 180 alberi in regalo dal negozio triestino di bricolage e giardinaggio (Obi) riuscendo in una sola giornata a farli "adottare". «Gli alberelli era rimasti invenduti e sarebbero andati al macero, ma i gestori hanno provato a chiedere alla nostra associazione, in qualità di organizzatrice di orti urbani a Trieste, se fosse interessata al prodotto», riferisce Tiziana Cimolino, coordinatrice dell'iniziativa. «Abbiamo lanciato allora una serie di di appelli ai nostri contadini e la cosa si è immediatamente allargata. In appena una mattinata ne abbiamo fatti adottare ben 180. All'iniziativa di adozione hanno aderito scuole, ricreatori e semplici privati amanti del verde. Forse siamo un po' avanti con la stagione e bisognerà curare e stimolare un po' di più queste creature verdi - conclude Cimolino - ma certo ne è valsa la pena. Grazie alla sensibilità del negozio Obi e di tanti cittadini - conclude - stiamo costruendo la "foresta commestibile" in città».
Niente visite d'estate e ticket unico Il Giardino Viatori apre in autunno
La Fondazione Carigo prosegue con la riqualificazione e attende il circuito "GO Musei"
Alla domanda che circola da qualche tempo, su quando riaprirà il Giardino Viatori, se n'è aggiunta da pochi giorni un'altra, che, come la precedente, è emersa con più di qualche richiesta: perché uno degli incanti, una delle mete che, a Gorizia, ottengono ogni anno migliaia di visitatori, non rientra nel biglietto unico che partirà il prossimo mese? "GO Musei", questo il titolo dell'iniziativa, vedrà infatti, al prezzo di 12 euro (6 euro per i ridotti), l'ingresso al Castello, alle sedi cittadine dei Musei provinciali (Borgo Castello e Palazzo Attems Petzenstein), al Palazzo e al Parco Coronini Cronberg, alla Sinagoga. Ma non al Giardino Viatori.La sua gratuità non c'entra: pure il Parco Coronini e la Sinagoga si possono sempre vedere senza sborsare un centesimo. Perché, allora, il Giardino non rientra nel biglietto unico, visto che il principale scopo di "GO Musei" consiste non nel fare cassa, ma nel promuovere, anche e soprattutto a fini turistici, le mete cittadine più frequentate? La Carigo ha fatto sentire la propria voce per ottenere l'inserimento nell'iniziativa?Andiamo con ordine. «Il Giardino Viatori riaprirà in autunno e sarà in ordine sotto ogni aspetto - anticipa Roberta Demartin, numero uno della Fondazione Carigo -. Al momento, sono ancora in corso lavori di ordine strutturale che coinvolgono anche quella che era l'abitazione del professor Lucio. Questi lavori, che sono cominciati da tempo, hanno dovuto subire una brusca interruzione a causa del diffondersi del coronavirus, ma ora sono a buon punto. Senza l'esplosione del Covid-19, il giardino sarebbe stato regolarmente aperto a fine marzo o, al massimo, i primi di aprile, per il periodo delle fioriture», fioriture che non ci saranno certamente nei mesi freddi. «Per i prossimi anni, tuttavia, è nostra intenzione aprirne le porte per un numero di mesi superiore a quello consueto - continua la presidente -. Anche per questo motivo abbiamo pensato a quella serie di interventi che il coronavirus ha costretto al ritardo».Invece, per quanto riguarda il non inserimento nel biglietto unico? «Per ora non siamo stati coinvolti, ma, mi auguro che già nei prossimi mesi, si possa far rientrare il giardino nell'iniziativa - dice, sul punto, Demartin -. Anzi, trovo giusto che l'offerta culturale del territorio venga messe in rete e promossa congiuntamente. Tra l'altro, reputo i temi dell'ambiente e del verde di notevole importanza ed esiste già un progetto di valorizzazione comune del parco Coronini e del giardino Viatori, anche in considerazione del fatto che Lucio Viatori aveva a lungo collaborato pure con la Fondazione di viale XX settembre prestando la sua grande esperienza in fatto di botanica. Inoltre, la Fondazione Carigo ha già provveduto a finanziare quei progetti che andavano a mettere in rete i giardini di Gorizia. Da parte nostra, quindi, siamo certamente disponibili che il giardino Viatori venga compreso nel pacchetto».
A. P.
IL PICCOLO - LUNEDI', 22 giugno 2020
Mobilità sostenibile - Il Pd incalza Dipiazza sulle piste per due ruote
«A pochi giorni dalla seduta della VI Commissione consiliare, in cui abbiamo
audito le associazioni Tryeste, Fiab, Uisp, Legambiente, Friday For Future,
Bora.La, Zeno, Link e Spiz proporre un Piano per la mobilità urbana post Covid,
arriva da Roma il decreto che stanzia 137,2 milioni di euro da destinare alla
progettazione e realizzazione di ciclovie urbane, ciclostazioni e di altri
interventi per la sicurezza della circolazione ciclistica cittadina (alla nostra
Regione sono destinati 525.561 euro nel 2020 e 876.540 euro nel 2021): ci
auguriamo che sia un ulteriore stimolo per l'amministrazione Dipiazza a
recuperare il tempo perduto sulla ciclabilità e a stringere i tempi su questioni
come la ciclabile sulle Rive e la tratta park Bovedo-piazza Libertà». Così i i
consiglieri comunali del Partito Democratico Fabiana Martini e Marco Toncelli.
Il parco di pale eoliche nel mare di Rimini che scatenza la lite tra gli ambientalisti.
Polemica sul progetto da un miliardo di euro a 22 chilometri dalla costa. Italia Nostra contraria, Legambiente favorevole.
Rimini. Si fa presto a dire energia pulita: il progetto di un maxi impianto eolico al largo di Rimini, con 59 pale da 215 metri alla loro punta massima (i piloni da soli ne misurano 125), sta spaccando le associazioni ambientaliste. E così, mentre Legambiente è disponibile a considerare l'operazione, valutandola come «un possibile elemento importante per il settore energetico del territorio», Italia Nostra ha lanciato una campagna contraria durissima: «La realizzazione di una infrastruttura così impattante sul paesaggio pregiudicherebbe per sempre e in modo irreversibile l'attrattività turistica della Riviera, con grave danno per tutti, dalle strutture ricettive alla pesca».Un allarme dai toni apocalittici per un progetto per cui, fino al 4 luglio, si potranno depositare le osservazioni, prima che l'incartamento sia spedito al governo per la valutazione di impatto ambientale e per gli altri passi procedurali. Intanto, Italia Nostra, per rafforzare la sua posizione, sottolinea come l'altezza dei manufatti a pale dispiegate sarebbe più del doppio del grattacielo di Rimini, dunque rischierebbe di sfregiare il panorama in modo irrimediabile. Guardando le soluzioni presenti nei rendering elaborati dalla società di scopo Energia Wind 2000, solo i primi pilastri sarebbero a una decina di chilometri dalla riva, mentre gli altri verrebbero collocati più distanti, fino a una lontananza di 22 chilometri. Difficile immaginare come si presenterebbe lo skyline dell'Adriatico una volta che l'intervento fosse portato a termine. Ci vorrà tempo, ma la discussione infiamma anche gli enti locali: la provincia di Rimini è interessata alle fonti d'energia rinnovabile e sembra favorevole all'idea, pur riservandosi di esprimersi in conferenza dei servizi. Chi non vuole proprio saperne è la sindaca di Riccione, Renata Tosi, che ha dichiarato guerra al progetto: «Abbiamo presentato un ordine del giorno sul parco eolico, terremo un consiglio comunale aperto alla cittadinanza e soprattutto convocheremo un referendum consultivo a settembre per chiedere ai riccionesi che cosa ne pensano».Anche lei vede il progetto come il fumo negli occhi e teme uno snaturamento del territorio: «Vogliono trasformare una zona turistica in una zona di finta produzione di energia elettrica. Dico finta perché non siamo certo una terra di grandi venti, dunque si rischia di piantare pale eoliche senza un motivo reale». Tosi teme che i vantaggi dell'operazione siano «più di pochi soggetti che della comunità» e insiste sul fatto che «qui sono contrari albergatori e bagnini perché si rischia di rovinare l'economia della costa senza che ci siano vantaggi. E siamo venuti a conoscenza del progetto e della possibilità di presentare osservazioni con una mail di posta certificata il 4 giugno».Il presidente della Provincia di Rimini, Santi Riziero, spiega invece che l'idea del parco eolico off shore, così come gli studi sull'efficacia di un impianto del genere, risale a diversi anni fa: «Nel 2010 ci siamo fatti promotori di uno studio, e poi di un piano, che ha appurato che esistono le condizioni per far funzionare un impianto eolico di questo tipo: c'è vento a sufficienza perché le pale producano energia. La competenza poi spetta a ministri delle Infrastrutture e dell'Ambiente, ma noi siamo favorevoli all'eolico». Dal punto di vista paesaggistico, Riziero precisa che «le nostre richieste tenderanno a un minor impatto possibile: già il progetto ha diverse ipotesi di dislocazione delle pale, con la possibilità di allontanarle dalla costa e di disporle in posizione obliqua». Poi risponde a chi esprime dei "no" a prescindere: «Oggi si punta sull'effetto-cartolina e si dice che le pale sono un elemento di disturbo: l'opera ha un costo, ma bisogna valutare cosa significhi non avere un'alternativa al combustibile fossile. Noi invece vogliamo capire ed entrare nel merito del progetto». Sul fronte ambientalista, le crepe sono più profonde. Italia Nostra attacca frontalmente un'opera capace di generare una potenza di 330 megawatt: «L'ambiente e il paesaggio sono beni inalienabili, specie per chi si propone sul mercato globale del turismo e questa infrastruttura è una pietra tombale sulle prospettive turistiche di Rimini». Una posizione intransigente cui si contrappongono le considerazioni di Legambiente, che ricorda anche la presenza nello stesso tratto di mare di attività estrattive più impattanti: «Ben vengano le proposte sulle rinnovabili, purché si facciano le necessarie valutazioni sul paesaggio e sull'ecosistema marino». L'invito però è a non formare un fronte di contrarietà netta, ma a valutare limiti e possibilità di miglioramento».
Franco Giubilei
Scadenze - Domanda Servizio civile
Scade il 26 giugno il termine per presentare la domanda per la selezione di ragazzi tra i 16 ed i 18 anni (non compiuti) da impiegare nei progetti di Servizio civile solidale 2020 proposti dalla Regione Fvg, e sono 32 i posti disponibili nei 9 progetti con Arci Servizio Civile nel Friuli Venezia Giulia. L'impegno è di 360 ore distribuite nell'arco dell'anno, ed è previsto un riconoscimento economico. Si inizia in settembre.
IL PICCOLO - DOMENICA, 21 giugno 2020
Cantanti e artisti, 40 star schierate a difesa dei fiumi - La campagna contro dighe e centrali
Non solo cittadini, attivisti e Ong. Ora anche il mondo della musica e dell'arte scende in campo per difendere i fiumi. Accade nei vicini Balcani, dove oltre quaranta artisti hanno deciso di sostenere pubblicamente la campagna "Salvate il cuore blu d'Europa", lanciata da Ong internazionali come Riverwatch ed Euronatur per denunciare e porre un freno alla costruzione di centinaia e centinaia di mini-dighe, sbarramenti e piccole centrali idroelettriche su torrenti e fiumi della regione, spesso non violati dall'intervento dell'uomo e fondamentali per flora, fauna e popolazioni locali. Ad alzare la voce sono stati cantanti e artisti famosissimi nella regione, come Rambo Amadeus, un'icona in Serbia, Montenegro e in tutti i Balcani e oltre. «Sostengo la campagna Save the Blue Heart of Europe perché non voglio un giorno vergognarmi davanti ai miei nipoti, quando mi chiederanno cosa ho fatto quando si distruggeva sistematicamente la natura», ha spiegato il musicista e cantante nato a Cattaro. A schierarsi è stato anche il celebre cantante rock croato - oltreché poeta, attore e cantautore - Darko Rundek, che ha denunciato l'idea malsana di «incanalare in tubazioni» fiumi e torrenti di montagna, «distruggendo così la natura». Dura contro le mini dighe anche la cantante bosniaca Jelena Milusic, che ha stigmatizzato l'idea di «stare in silenzio a guardare» la distruzione di gioielli naturali. «Rimaniamo uniti e diciamo no alle centrali idroelettriche sui nostri fiumi, perché meritiamo di vivere la nostra vita, la nostra sopravvivenza è a rischio».A favore della campagna si sono espressi tanti altri artisti notissimi nei Balcani, tra cui Srdjan Jevdjevic (Kultur Shock) e Haris Pasovic, regista teatrale attualmente direttore artistico del Mittelfest. «Siamo felici che così tanti artisti vogliano far sentire la loro voce» contro le mini-dighe, «abbiamo bisogno di loro per sensibilizzare sempre più persone», ha affermato Ulrich Eichelmann, coordinatore della campagna. Secondo attivisti e Ong, sono circa tremila gli sbarramenti che incombono sui fiumi balcanici.
st.g.
LO DICO AL PICCOLO - Si tutelino gli alberi della pineta dietro l'Ospedale di Cattinara
Scrivo la presente per vedere se è possibile conoscere perché all'improvviso la bellissima pineta posta dietro il posteggio dell'ospedale di Cattinara sia stata recintata e chiusa al pubblico ,senza nessun cartello di indicazioni sulla tipologia dell'intervento che evidentemente verrà realizzato a breve.Nella speranza che almeno gli alberi vengano risparmiati, considerando che oltre al beneficio che apportano all'intera comunità i loro alti fusti sono da oltre 60 anni un elemento tipico che caratterizza il paesaggio di questa nostra bella località.Diego Skamperle
IL PICCOLO - SABATO, 20 giugno 2020
Ferriera, prime firme digitali sull'accordo - L'iter di riconversione dello stabilimento
Regione, Comune e Autorità Portuale hanno sottoscritto l'intesa. Il ministero al lavoro per l'incontro finale: ipotesi sabato 27.
Le firme con la penna si faranno probabilmente sabato prossimo nel campo neutro della Prefettura, scelto dal ministro Stefano Patuanelli come teatro del momento storico che segnerà la conclusione della vicenda della Ferriera di Servola. Le firme digitali sono arrivate invece quasi tutte ieri, dopo che il ministero dello Sviluppo economico ha caricato sui propri server la versione definitiva dell'Accordo di programma per la riconversione dello stabilimento, consentendo agli attori pubblici e privati di sottoscrivere l'intesa. Sulla base del testo, l'area a caldo sarà smantellata, messa in sicurezza e trasformata in un terminal portuale e ferroviario a servizio del futuro Molo VIII, mentre sul fronte industriale ci saranno il rafforzamento dell'attuale laminatoio a freddo e la riconversione della centrale elettrica all'utilizzo di gas metano. Tutto a esuberi zero, se saranno rispettati gli impegni assunti dalle istituzioni e dai privati nei confronti dei 580 lavoratori presenti: il gruppo Arvedi assicura futuro per 417 dipendenti, Icop-Plt dovrebbe provvedere all'assorbimento di una quarantina di unità e Fincantieri assumere la parte restante attraverso le imprese del suo indotto, come ribadito nuovamente da Patuanelli nella riunione che nei giorni scorsi ha dato il via libera alla firma. Il fronte sindacale è ormai irreparabilmente spaccato ma, dopo l'avvenuto spegnimento di altoforno e cokeria, le parti coinvolte nell'Adp procedono e ieri la giunta Fedriga ha approvato la delibera che autorizza la Regione alla firma, subito effettuata in digitale. Lo stesso hanno fatto il Comune e l'Autorità portuale, che non ha avuto bisogno di convocare il Comitato di gestione per consentire al commissario straordinario Mario Sommariva di sottoscrivere l'Accordo. Tutti gli attori evitano di rilasciare dichiarazioni in un momento considerato ancora molto delicato, con il rischio che una singola parola fuori posto possa portare uno dei soggetti a irrigidirsi nell'ambito di una trattativa chiusa, ma rimasta difficile fino all'ultimo. Probabile che i rubinetti dei commenti e dei comunicati ufficiali si aprano alla fine della prossima settimana, con il Mise che starebbe tentando di organizzare per sabato l'incontro finale in Prefettura. -
Diego D'Amelio
Mervic rilancia la ciclopedonale Sistiana-Duino
Secondo il consigliere comunale ora ci sono tutti i presupposti per realizzare un progetto atteso da vent'anni: «Utile per il turismo e la sicurezza»
Duino Aurisina. Una pista ciclo pedonale parallela al tratto stradale che unisce Sistiana a Duino. È questa la proposta che arriva dal consigliere comunale di Duino Aurisina, Vladimiro Mervic (Lista per il Golfo), alla vigilia dell'estate post Covid. «È da vent'anni che si parla di questo progetto - esordisce Mervic - e a maggior ragione oggi offrire ai turisti un motivo in più per venire nel nostro territorio mi sembra una buona idea. Si tratterebbe dell'azione più opportuna da attuare, in quanto unirebbe i due poli turistici più importanti del territorio». «Bisogna inoltre considerare - aggiunge - che decine di migliaia di visitatori, che annualmente percorrono il sentiero Rilke in una direzione, per ritornare al punto di partenza scelgono la "14", che collega le due località, e questo percorso si svolge quasi interamente sulla strada asfaltata, a stretto contatto con le vetture che sfrecciano, superando spesso i limiti di velocità, creando una situazione di notevole pericolo». «Con l'allentamento delle misure anti Covid-19 - precisa Mervic - si è vista una notevole crescita della vendita di biciclette elettriche e non. Ciò significa che l'aumento del numero di cicli sulle strade sarà considerevole». «La realizzazione di una ciclabile pedonale - insiste - sarebbe un segnale molto positivo di ulteriore sviluppo del nostro turismo, basato negli ultimi anni su una considerevole parte di vacanzieri che ricercano nel contatto con la natura il senso della loro villeggiatura».Con la deliberazione datata 11 maggio di quest'anno sono stati destinati alla realizzazione della ciclabile fra Duino e il Villaggio del Pescatore 194 mila euro. Una realizzazione che Mervic considera «utile, ma di importanza secondaria rispetto a quella che potrebbe collegare Duino e Sistiana, non solo dal punto di vista turistico, ma anche della sicurezza».
Ugo Salvini
Staranzano approva la manutenzione all'isola della Cona con nuovi sentieri
Il percorso sarà raccordato a quelli esistenti, oltre alle reti sarà piantato un arbusto speciale e realizzato uno stagno
STARANZANO. Via libera del Comune alla manutenzione straordinaria dell'ex area faunistica e di un tratto della sentieristica del percorso ad anello nell'ambito della Riserva naturale Foce Isonzo, affidata alla Cooperativa Rogos che opera nella gestione operativo-funzionale, didattico-educativa e turistico-commerciale della Riserva naturale regionale della Foce dell'Isonzo. I lavori proposti dall'operatore scientifico Matteo De Luca, referente della Stazione Biologica Isola della Cona, prevedono fra l'altro il tracciamento e la realizzazione di un sentiero in ghiaia lungo 70 di metri da raccordare a quelli esistenti, lo smantellamento e smaltimento delle strutture già dedicate al confinamento di animali, recinzioni in rete metallica e struttura portante in pali di legno, un telo per ripristinare le zone umide e per la realizzazione di uno stagno didattico, quindi la creazione di una siepe sul lato settentrionale dell'area, a mascheramento della recinzione con pali metallici, la messa a dimora di alcuni alberi. Poi un bypass in legno nelle zone periodicamente allagate lungo il sentiero ad anello e infine la creazione di siepe sul perimetro esterno del recinto del bombolone. Sarà usato un arbusto a foglia caduca (Cornus sanguinea) e rami che in autunno-inverno assumono una colorazione rossastra. Per queste opere spesa complessiva pari a 6.648 euro, dovranno concludersi entro il 31 dicembre di quest'anno, mentre la rendicontazione della somma dovrà essere trasmessa entro il 31 marzo 2021 al Servizio biodiversità della Regione, per rendere conto delle risorse messe a disposizione con deliberazione della Giunta Regionale a ottobre 2019. L'importo massimo ammissibile a rendiconto dell'intera gestione annuale messo a disposizione dalla Regione per la Riserva Foce Isonzo è pari 130. 000 euro. Le opere hanno ottenuto il via libera dall'organo gestore che ha espresso parere favorevole alla programmazione di interventi, alla pianificazione e alle spese di manutenzione straordinaria proposti nella recente seduta. L'organo è costituito dall'associazione dei Comuni di Fiumicello-Villa Vicentina, Grado, San Canzian d'Isonzo e Staranzano dove il Comune di Staranzano è individuato quale referente dell'Associazione dei Comuni e dove il sindaco medesimo, Riccardo Marchesan, è il legale rappresentante, in base all'accordo sottoscritto ai sensi dell'articolo 15 della legge 241/1990, in cui viene dato mandato al Comune di Staranzano di svolgere le attività preventivate secondo la priorità ritenuta preminente, garantendo il rispetto delle finalità di conservazione dell'ambiente naturale e delle sue risorse.
Ciro Vitiello
Monte Sabotino, torna il camoscio dopo l'arrivo delle pecore carsoline - avvistato alle porte di Gorizia
GORIZIA. Uno splendido camoscio che si staglia sullo sfondo delle rocce, degli arbusti, del cielo terso sopra la vetta. Un'immagine che gli appassionati di escursionismo e di natura in generale sono soliti poter ammirare (quantomeno i più fortunati) in alta montagna, lontano da tutto e da tutti. Ma che, da qualche tempo, è sempre meno raro poter vedere (e in molti non lo penserebbero mai) a pochi minuti dal centro di Gorizia, alle porte della città, sulle pendici del monte Sabotino. Proprio sull'altura "transfrontaliera", infatti, Alena Trubkina e Marco Cavallin hanno immortalato qualche giorno fa con la loro macchina fotografica l'esemplare che vedete in questa pagina, e se questo è stato possibile il merito va anche all'affascinante progetto di tutela e valorizzazione del Sabotino condotto dall'associazione E.Wi.M.A. di Gorizia. «Sappiamo che in un passato lontano i camosci erano presenti sul monte, e va detto che, ascoltando le testimonianze dei cacciatori, anche in tempi più recenti i loro avvistamenti non erano cosa impossibile - racconta l'assessore comunale all'Ambiente, Francesco Del Sordi -, ma resta cosa piuttosto rara e certamente poco nota il fatto di poter fotografare un camoscio a due passi dalla città. Il ritorno di questi animali in numero significativo è legato anche a ciò che l'associazione E.Wi.M.A. sta facendo con il ripristino dei pascoli e dei prati che un tempo ricoprivano tutta la cima, e che via via sono scomparsi con l'abbandono del monte, inghiottiti dalla boscaglia selvaggia». Proprio così. Dopo i conflitti mondiali il Sabotino è diventato in gran parte servitù militare, e dunque non poteva più essere vissuto e frequentato come un tempo. Anche una volta cadute le servitù, pastori e contadini non sono tornati, e la vegetazione è cresciuta incontrollata, finendo per "soffocare" molte delle specie animali e vegetali che caratterizzavano da sempre il Sabotino. Un ecosistema peraltro straordinario e quasi unico, visto che vi si possono trovare circa 800 delle 1.300 specie di piante presenti in regione, con un insieme di flora alpina, flora mediterranea e flora balcanica. Ed è in questo contesto che si inserisce l'azione del sodalizio goriziano. «L'Ispettorato forestale ci ha concesso una zona demaniale di circa 15 ettari sulla parte sommitale del monte, tra la casermetta e la chiesetta di San Valentino per intenderci - spiega Paolo Vasca, vicepresidente di E.Wi.M.A., acronimo di European Wildlife Management Association -, e nel 2018 abbiamo iniziato con il servizio antincendio portando sul Sabotino le pecore di razza Carsolina che già allevavamo a Gorizia. Parliamo di una razza antica considerata in via di estinzione, come la Alpagotta e la Plezzana, ma che è particolarmente adatta ad un ambiente così roccioso e selvaggio. Mangiando gli arbusti, le pecore diradano la vegetazione e non permettono la diffusione del fuoco in caso di incendio. Poi nel 2019, sfruttando le misure del Piano di sviluppo rurale, abbiamo iniziato a ripristinare gli antichi pascoli, restituendo un po' alla volta anche quella biodiversità che rendeva e rende unico il monte».
Marco Bisiach
Il blitz negli aeroporti che libera lepri e gheppi - l'attività naturalista
L'associazione European Wildlife Management Association (E.Wi.M.A.) è un sodalizio formato da una ventina di soci, ognuno con il proprio differente lavoro e con varie specializzazioni (dagli ornitologi ai cacciatori, dai laureati in scienze forestali ai botanici) uniti da un forte legame con la natura. E.Wi.M.A., che ha sede in via Buffolini 12 ed è guidata dalla presidente Cristina Comuzzo, ha come scopo la diffusione della cultura naturalistica e delle attività di ricerca, studio, formazione e promozione del territorio, che lavora per tutelare e valorizzare. Il tutto, collaborando con altre realtà private ma pure con enti pubblici.Così ad esempio sul Sabotino, al di là del servizio antincendio e del pascolo con le pecore Carsoline, E.Wi.M.A. ha da tempo iniziato a organizzare percorsi didattici o gite in accompagnamento a gruppi di studenti e turisti. Non solo. L'associazione si occupa anche di organizzare conferenze e approfondimenti sui temi naturalistici, e spesso viene coinvolta in progetti di più ampia portata. Ad esempio negli anni scorsi anche E.Wi.M.A. ha collaborato al prelievo dei gheppi che con la loro presenza mettevano a rischio se stessi e il traffico aereo sulla pista di atterraggio dell'aeroporto di Ronchi dei legionari. Furono catturati e liberati poi altrove. Proprio come le lepri, sempre a Ronchi, o i caprioli dell'aeroporto Duca d'Aosta, liberati poi assieme al personale del Corpo forestale.
M.B.
IL PICCOLO - VENERDI', 19 giugno 2020
Tesoretto per il Parco del mare blindato dal vertice camerale
Cassate le richieste di politici e associazioni di destinare i fondi ai
commercianti - Circa 8 i milioni accantonati. Paoletti: «Si va avanti».
Cosolini: «Non ha senso»
La Camera di Commercio della Venezia Giulia non destinerà altrove i fondi accantonati per il Parco del Mare, poiché non rinuncia all'idea di costruire un acquario in Sacchetta. «Il progetto c'è, sta andando avanti e a tempo debito diremo quale sarà il prossimo passo», è la laconica nota del presidente della Cciaa, Antonio Paoletti, in risposta alle richieste di impiegare quei soldi a sostegno dei commercianti, giunte in questi giorni da parti politiche e di società civile. La Camera ha accantonato infatti una cifra di circa otto milioni di euro che dovrebbe servire da base di partenza per un project financing da 45 milioni in totale. Un sogno accarezzato dal 2004 e finora mai tradotto in realtà. Dopo tanto tempo, l'emergenza Covid e la crisi economica incombente non fanno deflettere l'ente dal suo obiettivo. La valutazione negli ambienti camerali è che la realizzazione dell'opera potrebbe rivelarsi un motore per tutto il commercio cittadino negli anni duri che potrebbero arrivare. La cifra accantonata, secondo il palazzo della Borsa, non avrebbe un'entità tale da meritare una redistribuzione sui 31 mila iscritti né, evidentemente, per altre iniziative. Non giungono però ancora nuove su quale sia il destino dell'opera al momento, visto che dall'anno scorso il progetto è fermo in qualche cassetto ministeriale, in attesa che venga valutatala possibilità di derogare a un decreto del 1961 che limitava le volumetrie realizzabili in Sacchetta. Anche a palazzo Cheba non sono giunte nuove sull'Acquario. L'ultimo capitolo della vicenda è l'incontro dello scorso gennaio fra il sindaco Roberto Dipiazza, il presidente regionale Massimiliano Fedriga e lo stesso Paoletti. Da quel confronto il primo cittadino e il governatore uscirono confermando uno stringato appoggio alla prosecuzione del progetto. Da allora però non si è saputo più nulla, laddove nel 2018 il via ai cantieri sembrava imminente. Ed è possibile che il coronavirus non abbia accelerato l'iter in corso al ministero. Ancora all'inizio di aprile un gruppo di associazioni composto dal Comitato La Lanterna, CamminaTrieste, Triestebella, Legambiente, Wwf e Un'altra città aveva chiesto di abbandonare il Parco del Mare e destinare i fondi «a sostegno delle categorie economiche in estrema difficoltà in questo momento» e per ricostruire la piscina terapeutica. La stessa richiesta viene rilanciata da diversi esponenti politici cittadini, come l'ex sindaco e consigliere regionale dem Roberto Cosolini, o la consigliera comunale di Open Fvg Sabrina Morena. Dice quest'ultima: «In tempi di crisi è importante che quei soldi vengano usati altrimenti, a sostegno del commercio». L'invito di Morena alla Cciaa si inserisce in una critica complessiva all'opera: «Bisogna abbandonare i progetti faraonici e badare ai bisogni effettivi. Non so se siano stati valutati in modo equilibrato i costi di gestione e l'impatto sull'ambiente di un'opera simile, ma ora meno che mai possiamo permetterci un acquario che impiegheremmo chissà quanto a realizzare, magari soltanto per aprirlo già obsoleto. Si pensi piuttosto ad aiutare i piccoli commercianti».L'ex sindaco Cosolini, le cui perplessità al riguardo son di vecchia data, spiega la sua: «Lo dico senza vena polemica, ma penso sia ormai un progetto datato nei contenuti e sempre più incerto nella redditività. Il Parco del Mare richiederebbe centinaia di migliaia di visitatori per funzionare, e gli acquari sono sempre meno strutture in grado di attrarre turisti. È cambiata la sensibilità, soprattutto verso gli animali. Acquari e zoo rendono sempre meno». Alla luce di queste considerazioni, Cosolini ritiene che «i bisogni delle imprese avrebbero giustificato un utilizzo, anche parziale, di quei soldi per investimenti che garantiscano una redditività più rapida».L'ex primo cittadino chiude su due osservazioni tecniche. La prima: «Inizialmente la Cciaa poteva contare su una decina di milioni che la Fondazione CRTrieste aveva stanziato, per affiancarli ai suoi. Da quando la Fondazione si è sfilata, però, non abbiamo saputo più nulla su chi mette quei soldi, e sarebbe bene saperlo». La seconda: «Quando ero sindaco avevo insistito perché oltre alla Sacchetta considerassero anche il Porto vecchio. Mi si disse che per il Porto vecchio ci sarebbe voluto troppo tempo. Quel che vedo ora - conclude Cosolini - è che nel vecchio scalo si sta facendo un centro congressi, mentre in Sacchetta è tutto fermo».
Giovanni Tomasin
Ecco gli alieni, a rischio la pesca della frittura
La laguna invasa da "bufole" o "noci di mare" provenienti dal Mar Nero:
altamente voraci danneggiano anche le reti
MARANO. Compromessa la pesca della "frittura": allarme di Fedagripesca
Fvg.Questo tipo di attività rappresenta l'80 per cento del pesce pescato nella
Laguna di Marano e Grado. Il mondo scientifico, in particolare l'Ogs di Trieste,
è allertato e sta studiando il fenomeno, ma le imprese del settore hanno bisogno
di un sostegno immediato, in attesa di capire cosa si possa fare per evitare che
una pesca e un prodotto tipico delle marinerie regionali possano continuare a
sopravvivere. Nuova grana per i pescatori del Friuli Venezia Giulia: in anticipo
sulla stagione, sono arrivate le "bufole", o "noci di mare", organismi
gelatinosi predatori che da alcuni anni invadono, in estate, le nostre acque.
Sono organismi alieni, arrivati dal Mar Nero, dove hanno messo in ginocchio la
pesca. I dati in possesso di Fedagripesca Fvg, confermati anche dall'Ogs di
Trieste, indicano la loro presenza sul territorio, in modo massivo, almeno dal
2016. Gli ctenofori sono altamente dannosi per la pesca per due motivi:
galleggiano nell'acqua e sono voracissimi, predando tutto quello che è alla loro
portata (plancton, uova e larve di pesce e di molluschi) creando un grave
problema ecologico che si ripercuote su tutto il comparto ittico. Inoltre,
facendosi portare dalle correnti, finiscono nelle reti, in particolare nei
cogolli dove, con la loro consistenza gelatinosa, ostruiscono i fori e riempiono
il cogollo rendendolo inservibile. Questo succede in particolare con i "cogoi
fissi", a maglie molto strette, che servono per la cattura del latterino e del
gambero di laguna, ingredienti tipici delle fritture e che costituiscono l'80%
del pesce pescato nella laguna. La pesca con i "grasiui" è fra le più
tradizionali della pesca lagunare, ricca di storia e adattatasi all'ambiente,
tanto da essere a impatto ambientale nullo o quasi.Proprio questi pescatori sono
i più colpiti dall'invasione degli ctenofori: negli anni hanno visto ridursi il
reddito da latterino di circa il 60% raggiungendo, per il gambero, riduzione di
oltre il 70%. Le noci di mare diventano numerose con il caldo, a luglio-agosto,
ma quest'anno sono già presenti in maniera massiva, tanto che i pescatori stanno
pensando a riportare a casa le reti, essendo impossibile lavorare.-
Francesca Artico
Centinaia di sanzioni per rifiuti abbandonati e cibo dato ai cinghiali
Primo bilancio dell'attività del Nucleo Guardie ambientali - Tra le
priorità la guerra ai "trasfertisti della differenziata"
Polo verde, pantaloni blu, cinturone bianco e cappellino. È la divisa delle
nuove guardie ambientali, costituite in via sperimentale nel 2017 e
istituzionalizzate nel febbraio scorso. A presentare il bilancio dell'attività
svolta nei primi mesi di servizio ufficiale sono stati ieri il vicesindaco Paolo
Polidori e il Comandante della Polizia Locale Walter Milocchi. Fra le operazioni
svolte finora dal nuovo corpo - che fa comunque riferimento al dipartimento
Polizia locale, Sicurezza e Protezione Civile - l'attenzione maggiore è stata
riservata al contrasto del degrado urbano in materia di abbandono dei rifiuti
ingombranti, con operazioni di prevenzione e repressione delle norme relative ai
regolamenti comunali, leggi regionali e statali in tema di rifiuti. Nella
fattispecie dall'inizio dell'anno ad oggi, le guardie ambientali hanno comminato
692 sanzioni per conferimenti errati di rifiuti, 177 per mancata iscrizione
all'anagrafe di animali domestici e per la presenza di cani senza guinzaglio nei
parchi pubblici. Sono state 10, invece, le contravvenzioni elevate a causa della
presenza di cani in aree gioco riservate ai bimbi e una invece per aggressione
di persona da parte di un cane. Da segnalare anche 8 multe fatte ad altrettante
persone sorprese a dare cibo agli animali selvatici. In tema di rifiuti, infine,
sono state elevate 23 sanzioni per abbandono di rifiuti speciali e pericolosi.
Le guardie ambientali non hanno solamente potere sanzionatorio nell'ambito della
tutela dell'ambiente: come ha sottolineato Milocchi, alcuni componenti del
nucleo hanno anche la facoltà di applicare le norme del codice della strada. In
tal senso sono state 1208 le sanzioni comminate dalle "giacche verdi" per
divieto di sosta, 57 quelle per sosta su stalli riservati agli invalidi e
quattro per inosservanza della recente quarantena. «Quella relativa
all'istituzione del Nucleo guardie ambientali - ha sottolineato Polidori -
risponde a una richiesta portata avanti dalla Lega nel 2017. Oggi sono entrati a
pieno servizio sei elementi, ma abbiamo già in progetto di potenziarli
nell'immediato futuro. Grazie a loro, per esempio, a Borgo San Sergio è quasi
sparita l'affluenza dei "pendolari della differenziata", cioè il via via di
persone residenti in altri comuni che vengono qui a buttare l'immondizia. Una
pratica inaccettabile anche perché va ad aumentare la quota Tari che il Comune
di Trieste stabilisce ogni anno per coprire le spese di gestione dei rifiuti
solidi urbani del Comune». La cifra dei proventi da sanzioni del regolamento di
igiene urbana del Comune, da quando è partito il progetto di guardie ambientali,
sfiora i 200 mila euro.
Lorenzo Degrassi
LA PROTESTA - «La pineta non si tocca» Cattinara sulle barricate per i suoi
storici alberi
Un grido di protesta sale da Cattinara: «Giù le mani dalla pineta!».
L'ipotesi di un futuro parcheggio sotterraneo, a quanto è dato sapere, minaccia
infatti la cinquantina di pini marittimi che arricchiscono i paraggi del polo
cardiologico, un «tesoro verde» molto caro agli abitanti della zona. Ma
ripercorriamo la vicenda. Senza preavviso, da un giorno all'altro, viene
interdetto l'accesso al parco, con alte transenne intorno al perimetro. «Lavori
in corso»: ma nessuno sa nulla, gli interrogativi sono tanti e le spiegazioni
per questo cantiere non si trovano. Perciò alcuni residenti si rivolgono al
sindaco Roberto Dipiazza, «sin da subito dimostratosi sensibile sulla
questione». «Si parla di costruire un parcheggio sotterraneo, effettueranno dei
carotaggi», la prima spiegazione al telefono del primo cittadino ai portavoce
degli abitanti: «Io non ne so nulla, ma indagherò». Ne nasce, allora, un
comitato di protesta, pronto a tutto per salvare quelle storiche piante. I
residenti si dicono esasperati perché, «ancora una volta, è stato completamente
ignorato l'interesse pubblico di un paese depredato, ingannato e sfruttato». «Ci
incateneremo agli alberi se necessario, questa è la goccia che ha fatto
traboccare il vaso», fanno sapere i promotori della protesta. I risentimenti
degli abitanti partono infatti da lontano, dalla costruzione dell'ospedale, che
ha rivoluzionato la realtà della frazione periferica, rendendola sicuramente più
trafficata. Poi si sono aggiunti i lavori per la costruzione della superstrada e
delle gallerie: «Più di due anni di lavori, con grandi frese in azione "h 24"
nel sottosuolo. I disagi sono stati enormi». Inoltre, l'assenza di risarcimenti
per alcuni danni strutturali dovuti alle operazioni sottoterra e la mancata
costruzione di adeguate barriere antirumore, hanno ulteriormente infastidito i
residenti che, stavolta, hanno detto appunto «basta». Ha abbracciato la causa
verde del comitato, fanno sapere i portavoce, già un migliaio di persone. Per
ora spiccano i più «giovani intraprendenti», uniti tutti dall'affetto per questa
pineta, e forse anche da un senso di scarsa attenzione a lungo percepito verso
quest'angolo di Trieste.
Stefano Cerri
IL PICCOLO - GIOVEDI', 18 giugno 2020
Intesa sul futuro degli operai della Ferriera - Esuberi assorbiti da
Fincantieri e Icop-Plt
Dopo Piattaforma logistica spa anche il Gruppo navale conferma l'impegno
ad assumere ex dipendenti di Arvedi
Ora manca solo la firma. Ieri mattina è stata trovata l'intesa sull'Accordo
di programma per la tutela e la riconversione industriale dell'area della
Ferriera nel corso del tavolo presieduto in videoconferenza dal ministro dello
Sviluppo economico Stefano Patuanelli. Decisivo il colloquio, prima della
riunione, tra lo stesso Patuanelli e l'amministratore delegato di Fincantieri
Giuseppe Bono, in cui «è stata confermata la disponibilità dell'azienda a
individuare, anche attraverso il coinvolgimento di società fornitrici del Gruppo
- ha annunciato in una nota il Mise -, una soluzione concreta al futuro
occupazionale dei lavoratori che potrebbero non rientrare nel perimetro delle
attività previste dal piano di chiusura dell'area a caldo». Fincantieri,
insomma, è pronta a farsi carico di una parte (per ora non si possono dare
numeri precisi) dei 163 lavoratori in esubero, 66 dei quali interinali con
contratto scaduto. Altri esuberi saranno assorbiti da Piattaforma logistica
Trieste. Icop-Plt, che assumerà 70 dipendenti per il nuovo terminal portuale,
all'inizio pensava di attingere dal mercato del lavoro ricorrendo ad addetti già
formati, ma le pressioni di ministero e Regione hanno consentito di ottenere la
disponibilità ad impiegare un certo numero di esuberi in uscita dalla Ferriera,
previo percorso di formazione. L'unica condizione posta da Icop-Plt è che si
tratti di giovani. Al momento nessuno sa quanti dei 163 lavoratori rimasti fuori
dal piano industriale di Arvedi, che prevede non più di 417 addetti, abbiano
optato per il pensionamento (si tratterebbe comunque di un numero ridotto) o
trovato per conto proprio un'alternativa occupazionale, ma per tutti gli altri,
dunque, le prospettive saranno due: l'assunzione da parte di Icop-Plt per
lavorare nel nuovo comprensorio logistico al servizio del porto o il
riassorbimento in Fincantieri, in primis negli stabilimenti di Monfalcone, anche
in questo caso previo percorso di formazione garantito dalla Regione. La
riqualificazione funzionale ai settori della cantieristica e della logistica è
parte integrante dell'accordo sottoscritto tra Arvedi e i sindacati. Senza
dimenticare l'impiego di 50 lavoratori (che durerà almeno un anno) per le
attività di smantellamento e bonifica dell'ex area a caldo.Uno scenario che
coinciderebbe con quell'impegno a «non lasciare a casa nessuno» più volte
ribadito dalle istituzioni, ma che fino a ieri non era ancora stato mantenuto
del tutto, come confermato dalla dura lettera inviata martedì al ministero e
sottoscritta da una parte degli operai interinali della Ferriera, col supporto
della Nidil Cgil. In questo senso Patuanelli ieri ha rimarcato che «la tutela di
tutti i lavoratori della Ferriera è un punto fondamentale dell'Accordo di
programma, che ha visto tutte le parti coinvolte, pubbliche e private,
protagoniste di un grande lavoro di squadra». «In questi mesi - ha aggiunto il
ministro triestino - è stato portato avanti un percorso intenso e costruttivo,
per garantire a Trieste e a tutta la regione uno sviluppo industriale che tenga
conto delle esigenze ambientali, sociali e occupazionali».All'incontro di ieri
c'erano il governatore Massimiliano Fedriga, gli assessori regionali Alessia
Rosolen e Fabio Scoccimarro, il sindaco Roberto Dipiazza, il commissario
dell'Autorità portuale Mario Sommariva e i rappresentanti dei ministeri
dell'Ambiente e delle Infrastrutture, del Gruppo Arvedi, di Icop, Invitalia,
Anpal e dell'Agenzia del Demanio. Domani l'accordo riceverà il via libera
formale dalle giunte regionale e comunale. Poi, nei prossimi giorni verrà
sottoscritto da tutte le parti coinvolte. A breve verrà formalizzata anche
l'intesa Patuanelli-Bono, che tecnicamente non fa parte dell'Accordo di
programma. Da ricordare che sono 55 i milioni di euro stanziati dal Mise a
sostegno della riconversione dell'area servolana (più 25 assegnati per lo
stabilimento Arvedi di Cremona) a fronte di un business plan da 180 milioni di
euro.«Siamo soddisfatti, sono state accolte le nostre richieste di tutela dei
lavoratori, sia con le attività di smantellamento e bonifica, sia con il piano
industriale di Icop - ha dichiarato Fedriga -. C'è il nostro impegno a garantire
le risorse e i percorsi formativi necessari per i lavoratori interessati dalla
riconversione. Ringrazio Patuanelli per l'importante lavoro svolto, compreso
l'essersi assunto l'onere di interloquire con Fincantieri per ampliare le
opportunità di collocamento». «Abbiamo raggiunto il massimo risultato possibile
- ha sottolineato Rosolen - e non dimentichiamo che nell'Adp è incluso un
passaggio in cui gli investitori privati affermano di prevedere importanti
incrementi occupazionali nei prossimi anni».
Piero Tallandini
Ma i sindacati restano prudenti «Attendiamo il testo definitivo»
Uil e Cgil non si sbilanciano visti i precedenti. «Di promesse finora ne
abbiamo sentite tante...». Serracchiani rivendica i meriti di Roma
Permane ancora un pizzico di diffidenza negli ambienti sindacali dopo
l'ufficializzazione della fumata bianca sull'Accordo di programma per la
riconversione della Ferriera. «È positivo il fatto che si sia arrivati al
traguardo di questo lungo percorso e che Fincantieri sia tornata sulla scena
promettendo di assorbire parte dei lavoratori in esubero - ha premesso Antonio
Rodà della Uilm -, ma attendiamo ancora di leggere il testo dell'Adp per capire
i dettagli sui contenuti occupazionali e industriali». «Ora - ha aggiunto -
comincia la fase più difficile, che è quella di mettere in pratica gli impegni
presi». «Finora di promesse ne abbiamo sentite tante - ha affermato il
segretario provinciale della Cgil Nidil, Nicola Dal Magro -, adesso vorremmo
certezze anzitutto sui numeri di coloro che potranno essere effettivamente
riassorbiti e sui concreti percorsi occupazionali. Andranno anche valutati
l'inquadramento e i livelli di retribuzione. Noi, intanto, ribadiamo la
richiesta di integrare anche nell'accordo sindacale i lavoratori somministrati,
che sono una cinquantina». Tornando alla politica, la deputata del Partito
democratico Debora Serracchiani ha anzitutto sottolineato che «il Governo, con
il ministro Patuanelli ha guidato bene il percorso verso la riconversione
dell'area, alla quale avremmo voluto giungere in modo parzialmente diverso». «Si
investiranno ingenti risorse pubbliche - ha continuato la parlamentare - che
serviranno a mantenere attivo un sito di produzione industriale e a tutelare i
posti di lavoro su cui, comunque, noi vigileremo, e si darà impulso a una
vocazione logistica per la quale avevamo gettato le basi negli anni scorsi».
Auspicando che «sia ritrovata l'unità sindacale incrinata», Serracchiani ha
aggiunto che «va riconosciuto l'impegno di Fincantieri a collaborare per evitare
che dei lavoratori siano espulsi da un processo di riconversione e sviluppo che
richiede comunque tempo e riqualificazione professionale»
P.T.
Meno bus diretti verso la città, Carso in rivolta
La revisione delle linee impone inediti percorsi a tappe. La replica: «Ma
la nuova 64 Rive-Opicina risolverà certe criticità»
Trieste . Monta la protesta, sull'altipiano, contro le novità riguardanti i
mezzi pubblici che hanno accompagnato l'avvento del nuovo gestore regionale del
trasporto pubblico, Tpl Fvg, il consorzio sorto dalla recente fusione fra Apt,
Atap, Saf e Trieste Trasporti. Con l'introduzione del nuovo orario estivo, in
scia anche alla riorganizzazione del servizio voluta dal neocostituito
consorzio, i residenti del Carso si sono sentiti infatti improvvisamente
isolati. L'orario predisposto da Tpl Fvg prevede solo pochissime linee dirette
di collegamento fra l'altipiano e il centro città e viceversa. E così gran parte
degli abitanti delle numerose frazioni del Carso si sono trovati di colpo
costretti a studiare percorsi a tappe, prendendo almeno due linee diverse, per
raggiungere il posto di lavoro. «Ci sentiamo isolati e trascurati», urlano in
tanti, anche attraverso i social: le proteste fioccano da Opicina a Gropada, da
Banne a Trebiciano. «Non c'è più la linea diretta che porta dalla nostra
frazione in centro città - spiega Diego Pangher, della Comunella di Banne - e
questo cambiamento, a nostro avviso, è stato fatto senza criterio. Certo, ci è
stato spiegato che sono state previste coincidenze per favorire l'utilizzo di
più linee per arrivare a destinazione, ma bisogna pensare a quando riapriranno
le scuole e magari farà freddo e tutti saranno costretti, una volta scesi dal
primo bus, ad aspettare alla fermata l'arrivo dell'altro. Almeno nelle ore di
punta, cioè al mattino e all'ora di pranzo, quando lavoratori e studenti si
muovono, bisognerebbe aumentare le frequenze». Sulla stessa lunghezza d'onda
anche Marko De Luisa, presidente della Circoscrizione Altipiano Est: «Con questo
nuovo orario - osserva - tutto diventa più difficile. Non si può modificare un
orario senza tener conto delle esigenze dei fruitori del servizio di trasporto
pubblico. Per esempio, la linea 39, che collegava direttamente Trebiciano con
Trieste e viceversa, non raggiungerà più la frazione carsica perché il suo
percorso è stato ridotto. E potrei fare numerosi altri esempi dello stesso
genere».«È normale che un cambiamento di abitudini possa provocare disagi e un
po' di spaesamento - è la replica di Michele Scozzai, responsabile della
comunicazione per conto di Trieste trasporti - ma è anche vero che i
collegamenti fra altopiano e città sono aumentati e aumenteranno ancora, quando
entrerà in servizio la nuova linea 64 fra piazza Tommaseo e Opicina. Nella
compilazione e nella comunicazione dei nuovi orari della linea 51 e in parte
della linea 39, in effetti, abbiamo commesso qualche errore, ma li stiamo
correggendo e a breve li pubblicheremo corretti sul sito. Le coincidenze fra le
linee 39 e 51 sono state studiate per compensare il nuovo percorso della 39 e i
tempi per arrivare in città non sono aumentati. Purtroppo il periodo di
emergenza sanitaria non ha reso agevole il confronto con gli utenti ma ora
ascolteremo le indicazioni, i suggerimenti e le richieste che ci saranno fatte
e, insieme, valuteremo eventuali correzioni».
Ugo Salvini
Il Qatar prenota il metano del rigassificatore di Veglia
Siglato con una società di Doha il contratto pluriennale per l'acquisto
di oltre 10 miliardi di metri cubi. La struttura off-shore pronta a partire a
inizio 2021
VEGLIA. Buone notizie per il rigassificatore di Veglia. La società
Powerglobe Qatar Llc - ha reso noto Hrvoje Krhen, direttore di Lng Hrvatska,
l'azienda pubblica croata alla quale è stata affidata la gestione dell'impianto
galleggiante isolano - ha firmato con la parte croata un contratto per
l'acquisto di oltre dieci miliardi di metri cubi di metano. Si tratta di un
passaggio rilevante per il terminal della località di Castelmuschio che entrerà
in servizio all'inizio del prossimo anno: «Grazie al nuovo contratto - ha fatto
sapere Krhen - il nostro impianto Lng piazzerà tutta la sua produzione dei
prossimi tre anni. Ricordo che il rigassificatore ha la capacità massima di
movimentazione di 2 miliardi e 600 milioni di metri cubi all'anno: pertanto fino
al 2024 potremo dormire sonni tranquilli».L'affare siglato con la società che ha
sede a Doha, ha spiegato nel dettaglio il numero uno di Lng Hrvatska (azienda
fondata dalle croate Ina e Plinacro), riguarda i prossimi 15 anni, coprendo un
arco temporale che arriva al 2035, secondo questo schema: fino al 2025 sarà
ceduta a Powerglobe una quota di 468 milioni di metri cubi all'anno, quota che a
partire dal 2025 e fino al 2030 ammonterà a 624 milioni all'anno; nel periodo
fra il 2030 e il 2035 infine verranno erogati 936 milioni di metri cubi di
metano allo stato gassoso all'anno. Fino a qualche tempo fa, ha ripercorso lo
stesso Khren, si nutrivano dubbi sulla sostenibilità economica dell'operazione
rigassificatore, per il cui metano la domanda era rimasta a lungo a una quota
troppo bassa. Poi «la situazione è andata via via migliorando, in primo luogo
grazie alla compagnia petrolifera croata Ina e all'Azienda elettrica statale che
hanno rilevato mezzo miliardo di metri cubi per il prossimo triennio». Dopo le
due aziende croate si sono fatte avanti le ungheresi Met Croatia Energy Trade e
Mfgk Croatia, prenotando rispettivamente mezzo miliardo e 6,75 miliardi di metri
cubi. Ora dunque arriva l'affare con la società del Qatar che "blinda" la
sostenibilità economica dell'investimento di Zagabria venuto a costare un totale
di 234 milioni di euro, cifra di cui quasi la metà - 101,4 milioni di euro - è
stata assicurata dall'Unione europea a fondo perduto.«Tutte queste
partecipazioni - ha commentato Krhen - hanno contribuito alla redditività del
terminal isolano, che in poco tempo ha superato di slancio il quantitativo
minimo di produzione di 1,1 miliardi, sotto il quale va corrisposta l'indennità
per la sicurezza dell'approvvigionamento. È una indennità di cui si sarebbero
fatte carico tutte le utenze croate». Secondo il direttore dei Lng Hrvatska
l'impianto di Veglia si porrebbe ora come «un temibile concorrente per gli altri
canali di rifornimento del gas, principalmente per quelli concernenti la Russia.
Il costo basso del nostro metano ha fatto aumentare l'interesse nei riguardi del
terminal di Castelmuschio».Mentre la nave da adattare a struttura galleggiante
Fsru per rigassificazione off-shore, la Viking (costo 160 milioni di euro),
dovrebbe arrivare di fronte a Castelmuschio a ottobre, ieri il ministro croato
dell'Ambiente ed Energia, Tomislav Coric, ha affermato che nei prossimi cinque
anni Lng Hrvatska riuscirà ad incassare circa 100 milioni di euro. «Grazie al
piazzamento nei prossimi anni di quasi tutta la produzione che si avrà a Veglia,
il prezzo del gas in Croazia potrebbe subire una diminuzione. Grazie a questo
progetto, portato brillantemente a termine dal nostro governo, la Croazia - ha
aggiunto il ministro - si è così posizionata sulla mappa energetica
dell'Europa».Intanto però non è venuta meno l'opposizione al progetto da parte
delle municipalità dell'isola nonché della Regione quarnerino-montana, che
ritengono il terminal ad alto rischio per l'ambiente nonché per l'industria
turistica.
Andrea Marsanich
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 17 giugno 2020
Area Greensisam, spunta una nuova pista: uffici della Regione dentro due
magazzini
Triangolazione aperta con il Comune. L'ipotesi di lavoro prevede che a
Maneschi restino i due edifici più vicini al mare
Il Comune proroga fino al termine del 2020 i tempi di risposta che
Greensisam deve fornire sulle opere di urbanizzazione da realizzare nella zona
dove insistono i 5 magazzini in concessione 99ennale alla società oggi guidata
da Antonio Maneschi, erede di Pierluigi. Una così lunga proroga per verificare
l'attuabilità di un'operazione a tre Regione-Comune-Greensisam finalizzata a
creare nuove opportunità di utilizzo della porzione di Porto vecchio più vicina
alla città. E ad alleggerire nel contempo l'impegno della società immobiliare
che paga oltre 500.000 euro di affitto all'anno senza finora averne ricavato
alcunchè. Ne stanno discutendo Daniela Iuri e Franco Milan, al vertice della
struttura amministrativa regionale, con Santi Terranova e Giulio Bernetti, che
in Municipio sono rispettivamente segretario generale e direttore
dell'Urbanistica. Stando a fonti regionali, l'ipotesi di lavoro, appena agli
albori di un iter che si preannuncia piuttosto lungo, è la seguente. La Regione
Fvg è interessata a una migliore e più razionale organizzazione del personale
impiegato a Trieste, oltre 1500 dipendenti sparsi nelle varie sedi assessorili.
L'eventuale disimpegno di numerosi asset (corso Cavour, riva Nazario Sauro, via
Milano, via del Lavatoio, via Udine, via San Francesco) permetterebbe inoltre
alla Regione di mettere sul mercato un cospicuo campionario immobiliare. Data
questa premessa, si comprende come la Regione abbia posto lo sguardo su Porto
vecchio in cerca di soluzioni adottabili per le due esigenze suesposte. Allora
il Comune ha intravvisto la possibilità di sbloccare l'impasse Greensisam. La
concessione, rilasciata nel 2005 dall'Autorità portuale, interessa 5 magazzini,
posizionati su tre file. Nella fila più vicina al mare abbiamo il 3 e l'1A;
nella fila mediana sono schierati il 2 e il 4; più vicino al varco di piazza
Libertà è il 2A.Il "riparto" ipotizzato lascerebbe a Greensisam i due edifici
prossimi al mare, più facilmente collocabili dal punto di vista
dell'appetibilità commerciale. La Regione si prenderebbe i due stabili mediani.
La quinta struttura "spaiata" potrebbe interessare a Trieste terminal passeggeri
(Ttp) allo scopo di realizzarvi un parcheggio indoor, così da chiudere il
contenzioso con il Comune (pendente al Consiglio di Stato) per la locazione
degli stalli al Molo IV. Naturalmente Comune e Greensisam, qualora questo
"switch" andasse a buon fine, dovrebbero rivedere l'attuale strumento
concessorio, perchè il Comune avrebbe la disponibilità (oltre che la proprietà)
di tre edifici. Tanto per cominciare, il mezzo milione di canone annuo, oggi
sborsato da Greensisam, si ridurrebbe di oltre la metà. Poi la Regione e Ttp
ragionerebbero se acquistare o affittare i magazzini di competenza: la strada
giuridica non è stata ancora esplorata, essendo i colloqui Comune-Regione
iniziati da poche settimane. Sullo sfondo l'attenzione dell'Autorità portuale,
azionista di minoranza di Ttp.Perchè non va dimenticato che le cifre incassate
dal Comune per le vendite in Porto vecchio debbono essere girate all'Autorità.
La "cittadella Greensisam", nella sua interezza, era stata valutata 16 milioni e
andrà all'asta con un diritto di prelazione esercitabile dalla concessionaria.
Massimo Greco
Ex caserma di via Rossetti, tramonta l'ipotesi permuta Il Comune tratta l'acquisto
La proposta da cassa depositi e prestiti attesa la prossima settimana
Roberto Dipiazza non vuole chiudere il suo terzo mandato senza aver
perlomeno impostato la partita che verte sulla riconversione scolastica dell'ex
caserma Vittorio Emanuele III in via Rossetti. Lunedì pomeriggio, insieme al
direttore dei Lavori Pubblici Enrico Conte, si è collegato in video-conferenza
con il vertice di Cdp sgr, la società di gestione risparmio di Cassa depositi e
prestiti che possiede nel suo grande patrimonio anche l'ex struttura castrense
triestina. Da Roma hanno colloquiato con il sindaco l'ad Marco Doglio, il
direttore generale Marco Sangiorgio, il responsabile dell'urbanistica Stefano
Brancaccio. Le parti sono rimaste d'accordo che la prossima settimana Cdp sgr
formulerà una proposta al Comune sulla quale aprire la trattativa. Non si
parlerà più di scambi immobiliari, come in passato quando si ipotizzava un
risiko affollato dal Carciotti, dall'ex Manifattura Tabacchi, dall'area di Campo
Marzio oggi occupata dal Mercato ortofrutticolo. Si parlerà invece in termini di
contante: Cdp stima i 12 ettari dell'ex caserma attorno ai 17 milioni di euro,
Dipiazza rilancia a 13. Cdp ha proposto un affitto annuo di 800.000 euro, su cui
il sindaco è parso molto freddo. Ma via Versilia ha anche prospettato l'idea di
un acquisto della grande area finanziato a mutui convenienti dalla stessa sgr.Comunque,
finquando Roma non trasmetterà il suo orientamento, è difficile fare illazioni e
sarà necessario verificare le compatibilità di bilancio in una fase critica come
l'attuale. A Dipiazza piace il campus capace di ospitare 7.000 studenti: gli
piace il progetto e gli piace anche l'opportunità di liberare un po' di immobili
sul mercato, qualora i ragazzi fossero trasferiti dalle attuali sedi
scolastiche. Ha inoltre ricordato a Cdp di avere 5 milioni della Regione Fvg da
impiegare nella riconversione della vecchia struttura militare. A proposito di
operazioni immobiliari, Dipiazza ha ripreso in mano anche il business di Campo
Marzio: dopo qualche tentennamento, sembra essersi orientato definitivamente per
il trasloco dell'Ortofrutta all'ex Duke in zona industriale, acquistata per 1,1
milioni dall'Ezit in liquidazione. Anzi, classifica "prioritario" lo spostamento
del mercato, per ottenere la disponibilità di una delle più interessanti aree
urbane, quotata dagli uffici comunali 26 milioni di euro, più facili da chiedere
che da ottenere. Dipiazza ha circa 10 mesi per provarci.
Magr.
Mobilità sostenibile: in arrivo due tavoli Comune-associazioni - l'apertura
della giunta. tryeste: «si faccia presto»
Due tavoli tecnici con gli uffici comunali e le associazioni del settore per
elaborare interventi a breve e lungo termine per la mobilità sostenibile di
Trieste. È l'idea dell'assessore all'Urbanistica Luisa Polli, emersa ieri
mattina nel corso della Sesta commissione del Consiglio comunale, alla quale
hanno partecipato anche i rappresentanti di alcune associazioni promotrici di un
piano per la mobilità post-Covid, nato grazie agli oltre mille contributi
pervenuti durante il percorso di progettazione partecipata organizzato da
Tryeste, Fiab, Uisp, Legambiente, Friday For Future, Bora.La, Zeno, Link e Spiz.
Spedito al Comune il 18 maggio, il piano è suddiviso in quattro aree di
intervento per contrastare l'aumento del traffico e per promuovere le cosiddette
"forme di mobilità attiva": pedonalità, ciclabilità, trasporto pubblico e
mobility management. Polli si è detta disponibile appunto all'apertura di un
tavolo tecnico per esaminare gli interventi urgenti da portare in Consiglio
Comunale e, poi, di un altro tavolo in cui discutere della pianificazione a
lungo termine, in vista della redazione del Piano urbano della mobilità
sostenibile. Da parte di Paolo Menis del M5s sono giunte però critiche rispetto
al ritardo di tale scelta mentre Fabiana Martini del Pd ha chiesto un
cronoprogramma preciso sulle tempistiche degli interventi. «Per rispondere
all'esigenza di costruire risposte all'altezza in tempi brevi, il tavolo va
necessariamente convocato a strettissimo giro e con un mandato operativo su
soluzioni realizzabili entro settembre», afferma a riguardo Riccardo Laterza di
Tryeste. Nei giorni scorsi, le associazioni proponenti hanno elaborato le stime
dei costi per la realizzazione di "bike lane" su alcune arterie stradali di
Trieste: 3.500 euro per il tratto tra Corso Italia e Corso Saba, 5.700 per via
Battisti, 5.900 per viale D'Annunzio e 19. 800 per via Flavia. Sempre secondo
tali stime, il complesso di questi interventi peserebbe per circa lo 0,3%
rispetto al "tesoretto" di 12 milioni del Comune.
Simone Modugno
La Slovenia dà il via libera all'uccisione di altri 115 orsi - caos
legislativo in materia
LUBIANA. Le famiglie di cacciatori e i gestori di terreni di riserve di
caccia potranno uccidere fino a 115 esemplari di orsi. La scorsa settimana,
infatti, l'Agenzia ambientale della Repubblica di Slovenia (Arso) ha rilasciato
un'autorizzazione per la ripresa della caccia, che è valida fino alla fine di
settembre in diverse aree del Paese, che sono state determinate in base
all'aumentata densità locale di orsi e dei conflitti causati dagli orsi stessi
all'interno dei singoli gruppi. Ricordiamo che la questione dell'abbattimento di
orsi e lupi in Slovenia è oggetto di aspre polemiche tra animalisti e governo
già da alcuni anni. Il problema comunque esiste e potrebbe diventare
ingestibile, per colpa dell'uomo ovviamente. Nel 2015 il numero di orsi presenti
in Slovenia era stimato a 599 unità, mentre nel 2020 la popolazione totale è
salita a quota 990. La legge di intervento per l'abbattimento di orsi e lupi
selvatici è stata adottata dall'Assemblea nazionale nel giugno dello scorso anno
e la sua attuazione è scaduta il 30 aprile (per gli orsi) e scadrà invece il 30
settembre (per i lupi). La legge prevedeva l'uccisione di 175 orsi e 11 lupi.
Finora sono stati abbattuti 172 orsi e tutti i lupi della quota prevista. La
proposta di modifica della legge di intervento, presentata al Consiglio
nazionale il 17 febbraio di quest'anno da Branko Tomazic, rappresentante della
Camera per l'agricoltura e la silvicoltura in questo organo e membro del Partito
popolare (Sls), è stata adottata dal Consiglio nazionale il 26 febbraio. La
proposta nel periodo dal 1 maggio di quest'anno al 30 aprile 2021 (per gli orsi)
o fino al 31 gennaio 2021 (per i lupi) propone l'abbattimento di 240 orsi e 30
lupi, e il Parlamento la prenderà in considerazione nel corso di una procedura
abbreviata. Il ministero dell'Ambiente ha scritto che sostiene la soluzione
legale del Consiglio Nazionale «perché stabilisce un equilibrio tra la
coesistenza di carnivori e umani in un modo che garantisca la sicurezza
dell'uomo e delle sue proprietà, e perché ha una base professionale e un più
ampio sostegno da parte degli esperti del settore». Nelle more che i lavori
parlamentari prendano in considerazione la proposta di legge sopra illustrata
l'Agenzia per l'ambiente ha però, motu proprio (si fa per dire vista la grande
forza politica trasversale da parte della lobby dei cacciatori), preso la
decisione di permettere la caccia all'orso, seppure in determinate aree del
Paese e per mano, o meglio, per doppietta delle famiglie di cacciatori.
M. MAN
AGRICOLTURA IN REGIONE - Le prime vespe samurai contro la cimice asiatica
UDINE. È stato liberato ieri a Pozzuolo del Friuli, in un uliveto campione
di proprietà dell'Ersa, il primo centinaio di esemplari di "Trissolcus japonicus",
detta Vespa samurai: altri cinquemila esemplari saranno immessi in natura a
breve in tutta la regione, dal Carso alla Carnia. Si concretizza così - ha detto
l'assessore regionale Stefano Zannieri - «il risultato di un lungo lavoro di
ricerca, ma anche di adeguamento normativo, che la Regione tramite l'Ersa ha
svolto assieme al Crea, e ha portato finalmente alla individuazione di un
insetto antagonista della cimice asiatica». Quest'ultima infatti negli ultimi
quattro anni ha causato danni ingenti all'agricoltura regionale. La "samurai",
insetto innocuo per l'uomo, dalle dimensioni inferiori a due millimetri e privo
di pungiglione, impedirà lo sviluppo delle uova della cimice, riducendone la
presenza nell'ambiente e nelle campagne.
IL PICCOLO - MARTEDI', 16 giugno 2020
Cattivi odori a San Dorligo - Pronto il report dei tecnici
Per gli esperti coordinati dall'Arpa la causa è riconducibile
all'evaporazione dei residui dalle pareti dei serbatoi Siot quando i "tappi"
mobili scendono
SAN DORLIGO. L'evaporazione di ciò che fuoriesce dal sistema di tenuta
perimetrale e dei residui liquidi che si depositano sulle pareti interne del
serbatoio quando il tetto mobile scende. È questa, con ogni probabilità, la
causa dei cattivi odori che si avvertono nel territorio di San Dorligo della
Valle, in particolare nell'area che circonda la Siot. A dirlo sono i risultati
di un approfondito studio, completato in questi giorni e reso noto dal Comune
dopo circa un anno di analisi, a cura del gruppo di esperti coordinato dall'Arpa
Fvg nell'ambito del percorso avviato dal Comune di San Dorligo per trovare una
soluzione al problema delle "molestie olfattive", legate al deposito di oli
minerali in zona, riconducibili a emissioni di composti organici volatili. Del
gruppo hanno fatto parte esperti individuati all'interno del Sistema nazionale
delle agenzie per la protezione dell'ambiente (Snpa) e del Dipartimento di
Ingegneria e Architettura dell'Università, che si sono costantemente confrontati
con la Seconda Commissione Ambiente di San Dorligo, oltre che con la Direzione
dello stabilimento. Il tutto grazie a un finanziamento della Regione. Lo studio
è partito dalla verifica dello stato di conservazione dei serbatoi, apparso
buono esternamente, mentre internamente si sono evidenziate diffuse tracce di
ruggine e la presenza di alcuni punti di erosione. È stato altresì rilevato che
il tipo di tenuta perimetrale, a pattino metallico, garantisce in genere buoni
risultati, ma risulta al tempo stesso poco efficace in presenza di accentuate
irregolarità del fasciame, riconducibili alla deformazione delle lamiere durante
la saldatura o a cordoni di saldatura sporgenti. Conclusione, questa, tratta al
termine di accurate visite effettuate dagli esperti all'interno di alcuni
serbatoi, che sono del tipo "a tetto galleggiante esterno a fondo singolo", e
consistono in un recipiente cilindrico aperto, in acciaio saldato, ad asse
verticale, dotato appunto di un tetto in grado di galleggiare sul pelo libero
del liquido stoccato. A conclusione degli approfondimenti, gli esperti hanno
così formulato una proposta di intervento, partendo dalla considerazione che le
emissioni di cattivi odori sono associabili alla presenza di composti organici
volatili e che il loro abbattimento potrebbe ridurre significativamente il
disagio. In sostanza, sarebbero necessari interventi finalizzati a ridurre
l'adesione del petrolio alle pareti del serbatoio, evitando che il greggio, in
seguito all'abbassamento del tetto "flottante", rimanga per troppo tempo esposto
all'aria e sia soggetto all'evaporazione. Un risultato che si potrebbe ottenere
applicando sul rivestimento interno del fasciame uno prodotto a bassa adesività,
sostituendo il sistema di tenuta a pattino metallico ora adottato ed eseguendo
un trattamento di pulizia e sabbiatura delle pareti dei serbatoi. Gli esperti
hanno suggerito una prima sperimentazione su un singolo serbatoio. La Direzione
della Siot, viene fatto sapere, pur esprimendo apprezzamento per la qualità
dell'elaborato redatto dal gruppo di lavoro, ha comunque evidenziato alcune
perplessità sulle conclusioni tratte, ritenendo in ogni caso doverosa, nei
confronti della cittadinanza, la diffusione del documento. Inizialmente era
stata prevista una conferenza stampa di presentazione dei risultati, ma
l'emergenza Covid l'ha di fatto cancellata. Il Comune ha stabilito di pubblicare
sul proprio sito www.comune.san- dorligo-della-valle.ts.it un riassunto del
documento, per renderlo così accessibile a tutti. Chi inoltre farà formale
richiesta di accesso atti al Municipio, potrà consultare il report nella sua
versione originale.
Ugo Salvini
Le cozze allevate in riviera tornano commestibili - Ultimi dati nella norma:
lo stop sarà revocato
MUGGIA. «I dati sono confortanti, cioè conformi. Sto procedendo alla
riapertura». Così Paolo Demarin, del Dipartimento di prevenzione dell'Asugi,
riguardo la cosiddetta "zona 02TS", dedicata a produzione, raccolta e
stabulazione dei "pedoci" muggesani, che presto torneranno dunque sul mercato,
liberi dallo stop deciso dall'Asugi. Il blocco era stato deciso a suo tempo a
causa della presenza, nei campioni prelevati, di quantità fuori norma di
benzo(a)pyrene, oltre che di biotossine, quest'ultime riscontrate peraltro a
diverse riprese in tutte le zone della costa triestina. Con la prossima revoca
dell'ordinanza relativa alla chiusura della zona ripartirà, quindi, la
commercializzazione. Resta però ancora da chiarire la provenienza
dell'idrocarburo allora rilevato nelle cozze di Muggia.
LU.PU.
BIOEST - Corsi di orti in via Grego
Ricominciano oggi gli incontri di orticoltura pratiche organizzate dal gruppo Urbi et Horti Bioest. Con i maestri contadini, all'aperto e in sicurezza, si potrà assistere e anche fare vera e propria pratica in orto. Si parlerà di metodo biologico, sinergico, biodinamico. Proveremo a costruire una vera zona di coltivazione . Il primo incontro si terrà oggi nel campo di via Grego (lato "case dei puffi"). Per partecipare telefonare al 3287908116.
Scadenze - Domanda Servizio civile
Scade il 26 giugno il termine per presentare la domanda per la selezione di ragazzi tra i 16 ed i 18 anni (non compiuti) da impiegare nei progetti di Servizio civile solidale 2020 proposti dalla Regione Fvg, e sono 32 i posti disponibili nei 9 progetti con Arci Servizio Civile nel Friuli Venezia Giulia. L'impegno è di 360 ore distribuite nell'arco dell'anno, ed è previsto un riconoscimento economico. Si inizia in settembre.
IL PICCOLO - LUNEDI', 15 giugno 2020
Riempiti di rifiuti 50 sacchi ai Laghetti delle Noghere
Si tratta perlopiù di vestiti, scarpe e resti di cibo lasciati dai migranti: il materiale raccolto dai volontari di Alta e associazione Val Rosandra
Muggia. Una cinquantina di sacchi neri per la raccolta delle immondizie, pieni di pantaloni, giacche, scarpe, residui di contenitori di cibi e bevande. Il tutto riconducibile al passaggio dei migranti. È questo il risultato di una nuova operazione, inserita nel più ampio progetto denominato "Carso pulito", portata a termine nel fine settimana, nella zona dei Laghetti delle Noghere, nel territorio di Muggia, dai volontari che fanno parte della sezione triestina del Reparto sportivo dell'Associazione lagunari truppe anfibie (Alta), presieduta da Gianfranco Drioli, assieme a quelli dell'associazione Val Rosandra. Al termine, i sacchi sono stati depositati nei contenitori messi a disposizione per l'occasione dall'amministrazione di Muggia per il loro successivo smaltimento. «Il sindaco, Laura Marzi - ha spiegato il direttore dell'operazione "Carso pulito", Aljosa Cazzador - si era dichiarata molto disponibile alla vigilia dell'intervento e, una volta visto il risultato ottenuto, ci ha ringraziato per il lavoro svolto, promettendo che alla prossima occasione ci accompagnerà personalmente». I volontari hanno anche ascoltato la testimonianza di alcuni residenti della zona, i quali hanno parlato di «un transito di migranti pacifico, ma pressoché costante». «Qualcuno - hanno precisato - ci ha anche chiesto informazioni stradali». Nei fine settimana precedenti, i volontari dell'Alta e dell'associazione Val Rosandra avevano effettuato operazioni simili nell'area di Bottazzo, la piccola frazione situata alla fine della Val Rosandra, a Draga Sant'Elia e nei pressi di Pese, nel territorio comunale di San Dorligo della Valle. «I migranti - ha ricordato Cazzador - sanno di doversi cambiare non appena arrivano in territorio italiano, perché così eliminano ogni prova che possa confermare il fatto che arrivano dalla Slovenia». Sabato prossimo i volontari di "Carso pulito" torneranno a Bottazzo, perché sembra che, nelle poche settimane trascorse dall'ultima operazione, l'area sia di nuovo piena di vestiti e calzature dismessi.
u. s.
IL PICCOLO - DOMENICA, 14 giugno 2020
Tornano i corsi dei maestri contadini per imparare a curare gli orti in città - da martedì
I metodi biologici per seminare, trapiantare, irrigare e raccogliere i frutti della terra insegnati dal vivo in un orto, e a distanza di sicurezza. Ricominciano anche quest'anno gli incontri di orticoltura organizzati dal gruppo Urbi et Horti e riapre anche lo Sportello Ambiente di via XXX Ottobre 8/a, dove potersi recare per le iscrizioni e le informazioni sui corsi e per ottenere consigli utili e risposte a quesiti su educazione ambientale, raccolta differenziata, mobilità sostenibile, casa ecologica ed efficienza energetica. Da martedì riprenderanno poi le lezioni pratiche di orticoltura in campo con i maestri contadini. «Parleremo - anticipa la naturalista Tiziana Cimolino di Urbi et Horti - di metodo biologico, sinergico e biodinamico. Con i maestri contadini potremmo assistere a dimostrazioni sul campo e anche fare pratica in orto. Proveremo a costruire una zona di coltivazione e vedremo come seminare, trapiantare, irrigare. Ogni partecipante dovrà dotarsi di dispositivi di protezione individuale e di una sedia. È consigliato indossare scarpe e abiti da lavoro. Il primo incontro si terrà nel campo di via Grego, lato "case dei puffi". «Inizieremo parlando della qualità del terreno, del tipo di verdure da coltivare a seconda delle stagioni e visiteremo qualche orto già in avanzato stato di coltivazione per verificare l'andamento stagionale degli ortaggi. Il corso proseguirà con degli incontri sulle erbe del nostro territorio per i quali ci avvarremo dell'esperienza dei nostri insegnati di oleoliti». Per iscriversi: telefonare al 3287908116 o recandosi direttamente allo Sportello aperto il martedì e venerdì 9-12.
G.T.
Inquinamento del mare e depuratore di Grado Tutti assolti gli imputati
Il direttore di Irisacqua Lanari con Gabrielcig, già dirigente della Provincia, erano stati accusati di danneggiamento
GRADO. La Procura li aveva accusati per aver causato un inquinamento del mare, in qualità di gestori, dal 2009, del depuratore di Grado. Paolo Lanari, 70 anni, direttore generale di Irisacqua, e Flavio Gabrielcig, 59 anni, all'epoca al vertice della Direzione Sviluppo territoriale e Ambiente della provincia di Gorizia, a processo, iniziato nel giugno 2017, hanno dovuto rispondere di danneggiamento in concorso. Sono stati rappresentati rispettivamente dai difensori avvocati Riccardo Cattarini e Francesco Donolato. Entrambi sono stati assolti dal Tribunale di Gorizia perché il fatto non sussiste. Nel procedimento si è costituito parte civile il Comune di Grado, con l'avvocato Francesco Debenedittis, a fronte di una richiesta di risarcimento di oltre 100 mila euro. Un processo durato tre anni e per il quale ora si attendono le motivazioni alla sentenza. I fatti risalgono al gennaio 2009. La Procura aveva eseguito ampie verifiche avvalendosi dei Carabinieri, della Guardia di finanza e della Guardia costiera, coinvolgendo anche Arpa e funzionari della Provincia. Erano state acquisite decine di migliaia di copie di atti amministrativi ed era stata disposta una consulenza. Irisacqua aveva avuto in consegna l'impianto, a fronte di contributi erogati da Aato, poi trasformatosi in Cato, di oltre 500 mila euro per la ristrutturazione del depuratore. La Procura aveva contestato il danneggiamento in concorso, attraverso comportamenti commissivi ed omissivi, del corpo recettore ricevente gli scarichi dell'impianto del Comune, peraltro privo di autorizzazione allo scarico, effettuando dal 1999 scarichi «oltre i limiti di legge» (azoto ammoniacale, tensioattivi totali, Escherichia Coli), e producendo un danno anche al fondo e sottofondo marino circostante lo scarico del depuratore, nonché allo specchio di mare antistante. Al dottor Lanari, dal primo gennaio procuratore speciale e responsabile della conduzione tecnica dell'impianto gradese, la pubblica accusa, con il pm Valentina Bossi, aveva contestato l'aver consentito, ossia non impedito, lo scarico dei reflui inquinati derivanti dalla depurazione urbana. All'ingegner Gabrielcig era stato imputato il fatto di non essere intervenuto in via sostitutiva, essendo competente all'emanazione dei provvedimenti autorizzativi allo scarico, oltreché direttore generale Aato, al fine di verificare il corretto funzionamento dell'impianto. A fronte del contributo di oltre 500 mila euro per la ristrutturazione del depuratore, sempre secondo l'accusa, non aveva provveduto a controllare che gli interventi andassero a buon fine e che comunque i valori limite degli scarichi fossero rispettati. L'avvocato Cattarini aveva sostenuto che a Irisacqua era stato consegnato l'impianto in condizioni molto critiche, rapidamente risolte poiché l'inquinamento precedente era stato eliminato. La società, per il legale, aveva fatto di tutto per evitare che i difetti riscontrati al momento dell'acquisizione dell'impianto proseguissero nel tempo. Così come l'ingegner Gabrielcig, secondo l'avvocato Donolato, era estraneo all'inquinamento, e il nuovo impianto sarebbe stato autorizzato all'esercizio una volta completato. Cattarini ha osservato: «Ancora una volta le accuse del pubblico ministero nei confronti di un'azienda che rappresenta un'eccellenza del nostro territorio come Irisacqua, si sono rivelate infondate quando vengono giudicate dal Tribunale. Sono intervenute parecchie assoluzioni, una di seguito all'altra. Accuse così mettono in crisi per anni l'operatività dell'azienda, preoccupando inutilmente il personale che è di grande livello». Donolato ha affermato: «Il processo ha confermato che Gabrielcig ha ben operato, nel rispetto delle leggi e dell'interesse della comunità. L'istruttoria e il Tribunale hanno riconosciuto l'estraneità dell'ingegnere all'ipotesi di reato contestata». Infine, l'avvocato Debenedittis: «Attendiamo di leggere le motivazioni alla sentenza per decidere cosa fare e cosa deciderà la Procura».
Laura Borsani
Salite a 5 le tartarughe morte
La più piccolina ha appena 30 centimetri ed è stata trovata ieri spiaggiata a Pineta, ma un'altra tartaruga di 58 centimetri è stata rinvenuta ieri mattina senza testa (forse tranciata da un'elica) all'inizio della Costa azzurra. Salgono a 5 gli esemplari trovati morti in pochi giorni. A scoprirle persone che passeggiavano sul bagnasciuga o il personale degli stabilimenti balneari. A occuparsene è l'ufficio circondariale marittimo di Grado che ha anche sentito l'istituto zooprofilattico di Padova, mentre lo smaltimento spetta al Comune.
AN. BO.
IL PICCOLO - SABATO, 13 giugno 2020
Salgono a quota 133 i treni regionali ma Frecce per Roma solo da Udine
Trieste penalizzata. Da domani invece più collegamenti locali: ok a promozioni e abbinata binario-bici
Udine. Tornano i treni regionali, ma sono dimezzati i Frecciarossa direzione Roma. Annunciati, con il nuovo orario, solo su Udine, non su Trieste, dove invece, già da inizio giugno, era ricomparso il collegamento veloce su Milano. Le stime di riempimento dei convogli non rendono invece per adesso conveniente per Trenitalia la ripartenza delle Frecce dal capoluogo regionale verso la capitale. Una penalizzazione per gli utenti triestini che durerà, ben che vada, per tutto giugno. «L'offerta delle Frecce - precisa la compagnia - viene valutata in base alle esigenze di mobilità del territorio e nel giro di qualche settimana le frequenze verranno aumentate sicuramente».Una doccia gelata anche per l'assessore regionale ai Trasporti Graziano Pizzimenti: «Sono sorpreso e fortemente dispiaciuto per l'assenza di risposte alle nostre richieste, anche sul fronte dei voli, con Alitalia che ancora non ufficializza la ripresa della tratta Ronchi-Roma. Non c'è dubbio che farò immediate pressioni per le Frecce Trieste-Roma, tanto più determinanti dopo mesi in cui sono mancati i collegamenti di lunga percorrenza».Le buone notizie arrivano invece sul fronte dei treni locali. Con l'orario estivo presentato ieri da Trenitalia, al via da domani 14 giugno, in Friuli Venezia Giulia si muoveranno 133 treni regionali nei giorni feriali, un netto incremento rispetto ai 99 della fase 2 dell'emergenza Covid. Un'offerta più ampia (durante il lockdown si era scesi al 30%) che soddisfa innanzitutto i pendolari. «La gente sta tornando a viaggiare in treno - commenta Andrea Palese, storico attivista del comitato Alto Friuli -. Già adesso, rispetto al 15% della fase 1, la presenza è del 30-40%, con punte del 50%». I 133 treni annunciati dall'amministratore delegato di Fs Gianfranco Battisti e, per Trenitalia, dal presidente Tiziano Onesti e dall'ad Orazio Iacono, significano una copertura dell'80% rispetto a un orario estivo pre-Covid. Nel "pacchetto" ci sono anche 11 conferme dell'orario invernale, «per scongiurare l'eventualità di sovraffollamenti», informa la compagnia. Una risposta anche alle richieste dei pendolari, che avevano sollecitato il ripristino del R6005 in partenza da Tarvisio alle 6.45 e arrivo a Trieste alle 9.08, del R21000 delle 7.28 da Trieste e di alcune altre corse della fascia oraria 15-16, oltre al mantenimento del R6038 delle 18.35 da Udine direzione Carnia, e sono stati accontentati. «Con l'emergenza - osserva ancora Palese - sono caduti certi tabù. Ringraziamo Fs e Trenitalia per avere accolto a stretto giro le nostre proposte».Molta attenzione anche sull'abbinata treno-bici. «Una combinazione vincente», la sintesi di Pizzimenti ieri a Trieste Centrale alla presentazione di due carrozze rinnovate e attrezzate per il trasporto di 64 due ruote ciascuna e attive sempre dal 14 giugno con rastrelliere, cinghie di sicurezza e prese di corrente per la ricarica delle biciclette elettriche. Circoleranno tutti i sabati e le domeniche sui regionali 21000 Trieste (7.28) - Tarvisio (10.07) e 6049 Tarvisio (15.53) - Trieste (18.08). Tra le offerte, oltre alla "promo Weekend Fvg" (sconto del 20% nel fine settimana), spuntano anche "Estate Insieme" (dal 24 giugno, tra le 12 del venerdì e le 12 del lunedì, biglietto unico a 49 euro per quattro weekend senza limiti di destinazione in regione), "Estate Insieme XL" (149 euro per tutti i weekend d'estate), "Promo Junior" (regionali gratis per gli under 15) e "Plus 3 e Plus 5" (tariffe da 40 o 60 euro per tour personalizzati di 3 o 5 giorni).
Marco Ballico
IL PICCOLO - VENERDI', 12 giugno 2020
Finiscono in archivio attese, cantieri e disagi Piazza Libertà è pronta
L'area rinnovata con un progetto da 5 milioni "battezzata" da Dipiazza: «Ora non vedo più difetti tranne la Tripcovich»
«Questa piazza è destinata a diventare un bellissimo biglietto da visita per chi arriva in città». Parola del sindaco Roberto Dipiazza, che ha presenziato ieri "in loco" alla conferenza stampa di fine lavori e di contestuale inaugurazione ufficiale della rinnovata piazza Libertà. Si chiude infatti il complesso iter di riqualificazione iniziato nell'autunno del 2018 e completato, a mini-lotti, in poco più di un anno e mezzo. «È stato fatto un ottimo lavoro in relativamente poco tempo - ha sottolineato il sindaco - e, a parte la perdurante presenza della Sala Tripcovich, non posso dire di trovare dei difetti a questa nuova piazza». È un progetto covato a lungo, quello della riqualificazione dell'area, che risale come è noto ai primi anni Duemila ed è rimasto sottotraccia tra le polemiche fino al 2016, quando la terza amministrazione Dipiazza riprese in mano il vecchio disegno datato 2007 e lo integrò per adeguarlo alle necessità più attuali e moderne della zona. L'importo totale dell'opera sfiora i cinque milioni (quattro milioni e 937 mila euro per l'esattezza), ed è stato finanziato per 2,3 milioni dal ministero delle Infrastrutture e per 1,5 milioni dalla Regione, mentre il restante milione è stato stanziato dallo stesso Comune e da AcegasApsAmga. I lavori erano già stati ultimati nei primi due mesi dell'anno ma, a causa della quarantena, l'inaugurazione è stata spostata rispetto alla data stabilita inizialmente. Ciò che salta agli occhi a un osservatore "neutro" è la rinnovata viabilità del quadrilatero veicolare che, unita ai nuovi stalli per gli autobus presenti sul lato Sud, costituiscono le principali novità della piazza. Aspetti già conosciuti ai più, in realtà, per effetto degli interventi eseguiti a lotti nel corso di questo ultimo anno e mezzo, forieri di inevitabili disagi. I cambiamenti più recenti riguardano il sottosuolo: con l'ultimazione delle ultime finiture, nel giro di pochi giorni verrà finalmente riaperto pure il sottopassaggio, la cui principale novità sarà costituita dalla chiusura notturna. «Sarà un modo per contenere spiacevoli assembramenti notturni - ha spiegato l'assessore ai Lavori pubblici Elisa Lodi - e per mantenere al meglio un percorso maggiormente esposto al rischio danneggiamenti». Il sottopassaggio non rappresenterà più l'unico modo per raggiungere la stazione, avendo il rinnovamento della piazza "istituzionalizzato" il fenomeno dell'attraversamento, un tempo selvaggio, di fronte all'uscita della stessa. Ora l'attraversamento pedonale frontale esterno è garantito infatti da un passaggio pedonale a raso regolato da impianto semaforico. Non solo viabilità, però, nell'intervento firmato Mari & Mazzaroli, Rosso e Riccesi Holding. Sono stati messi a dimora anche 17 nuovi alberi fra il centro della piazza e i nuovi capolinea degli autobus. Infine, nella riorganizzazione del perimetro, sono stati pure rinnovati gli impianti di illuminazione, con tanto di percorsi tattili-plantari in aiuto agli ipovedenti, e inseriti nuovi stalli dedicati al bike sharing, oltre a quelli già presenti davanti alla stazione ferroviaria.
Lorenzo Degrassi
Finita l'era di Trieste Trasporti Arrivano orari e percorsi nuovi
Iniziata ieri la gestione del consorzio Tpl Fvg. Da domenica in vigore le tabelle estive con cambiamenti per alcune linee, a partire dalla 30. Giovedì possibili disagi per uno sciopero
Il servizio di trasporto pubblico cittadino cambia nella forma. E, in parte, anche nella sostanza. Ieri, infatti, il consorzio Tpl Fvg è subentrato nella gestione degli autobus in tutta la regione, inglobando in sé anche Trieste Trasporti. Da domenica prossima, 14 giugno, nel capoluogo giuliano entreranno inoltre n vigore i nuovi orari estivi. La concomitanza dei due eventi comporta parecchie novità, ma per adesso i prezzi rimangono invariati. E, nel frattempo, benché per altre ragioni, i sindacati sono già sul piede di guerra: giovedì prossimo ci sarà in effetti uno sciopero nazionale del settore. Per quanto riguarda i biglietti, quelli nuovi sono già in vendita non solo in provincia, bensì sull'intero territorio regionale, e non riportano il costo del viaggio ma un codice: le tariffe complete sono pubblicate sul sito del nuovo consorzio (www.tplfvg. it), e sono visibili a bordo dei mezzi e nelle rivendite. Al momento non risultano, per l'appunto, maggiorazioni. C'è inoltre tempo fino al 31 dicembre per smaltire i titoli di viaggio con la sigla di Trieste Trasporti: a partire dal 2021 i vecchi biglietti perderanno dunque ogni validità e non potranno più essere usati, né sostituiti, né rimborsati. Analogamente gli abbonamenti e i tesserini identificativi, emessi dal precedente gestore, rimarranno validi fino alla loro naturale scadenza, senza bisogno di sostituirli. Oltre che al già citato portale web di Tpl Fvg, ci si può comunque rivolgere all'apposito numero verde 800 052 040, attivo ogni giorno dalle 6 alle 22. Il consorzio ha anche una propria app Android e Apple, dove si possono pianificare e pagare gli spostamenti, mentre quella di Trieste Trasporti non è più in funzione. Domenica, intanto, scatteranno come detto poi le "tabelle" estive: in questo caso gli orari completi si trovano ancora sul consueto sito di Trieste Trasporti (www. triestetrasporti.it). Alle fermate non sarà più indicato l'orario di partenza dal capolinea bensì quello programmato di passaggio. Ulteriori cambiamenti riguardano innanzitutto la linea 30: da lunedì a sabato, fino alle 21, transiterà per corso Cavour in entrambe le direzioni, fermando in piazza Duca degli Abruzzi. Nelle stesse giornate, dalle 21 alle 24, passerà per corso Cavour verso via Locchi e per via Filzi in direzione di piazza della Libertà. Nei festivi correrà infine per via Roma e per via Filzi, in ambo le direzioni. La 51, a propria volta, partirà da piazza Libertà dalle 6 a mezzanotte, ogni 15 minuti negli orari di punta e ogni 30 in quelli meno critici, garantendo la comunicazione con i campus di Area Science Park di Padriciano e Basovizza. La 39 non passerà per città ma collegherà le località dell'altipiano lungo la direttrice Basovizza - Villa Carsia (Grozzana, San Lorenzo, Draga, Gropada e Banne). La 1 non toccherà più le vie Reti e Imbriani ma, attraverso via Carducci e Ponte della Fabra, entrerà in piazza Goldoni: qui la sua fermata sarà di conseguenza trasferita nell'isola spartitraffico, dove già si fermano la 15 e la 16. A Muggia saranno intensificate le linee 7, 19 e 31: quest'ultima assorbirà in sé la 50. Allo stesso modo tutte le "X" saranno assorbite negli altri servizi di linea esistenti. L'Usb Fvg Trasporti fa sapere infine che aderirà allo stop di giovedì 18 giugno contro provvedimenti di prevenzione della salute ritenuti «inadeguati». A Trieste il personale viaggiante sciopererà dalle 9 alle 13, mentre quello tecnico-amministrativo si asterrà dal lavoro nelle ultime quattro ore di turno: saranno dunque possibili disagi sia alle fermate e sui bus che agli sportelli.-
Lilli Goriup
Luoghi Comuni - Mobilità sostenibile: il 18 dibattito su Fb
"La mobilità a Trieste: il bivio tra passato e futuro" è il titolo della diretta Fb in agenda il 18 giugno alle 18 sulla pagina dell'associazione Luoghi Comuni. Scopo della diretta: lanciare un dibattito con Tryeste, Fiab, Uisp, Legambiente, Frydays for Future, Bora.La, Zeno, Link e Spiz, le realtà che durante il lockdown hanno preparato una proposta di mobilità sostenibile per la città. Introdurrà la professoressa Elena Marchigiani, già assessore in Comune.
Consegnate 484 firme anti-Pecol dei Lupi - Scontro con Isambiente - la petizione arrivata a Trieste
CORMONS. Il Comitato "No riapertura discarica Pecol dei Lupi" ha presentato in Consiglio regionale la raccolta firme contro il riutilizzo della discarica alle porte di Borgnano. Una rappresentanza del gruppo fondato da 17 cittadini cormonesi è stata accolta e supportata dai consiglieri regionali di opposizione Tiziano Centis, Ilaria Dal Zovo, Furio Honsell, Massimo Morettuzzo e Diego Moretti. La petizione, 484 le adesioni raccolte, è stata consegnata nelle mani del presidente dell'assemblea Pier Mauro Zanin.«Il presidente e i consiglieri hanno ringraziato il Comitato - sottolinea la delegazione - per aver fatto vivere un momento di democrazia diretta e auspicato che la petizione, e quindi la spinosa questione di Pecol, venga discussa quanto prima nella IV commissione consiliare che si occupa di temi ambientali». Lo stesso Comitato intende inoltre rispondere alle dichiarazioni del presidente di Isambiente Tavella: «Siamo rimasti sconcertati da come Tavella descriva il progetto di un nuovo ingente conferimento di rifiuti come se fosse la panacea risolutiva del problema, dimostrando di non tenere in considerazione le perplessità espresse dai cittadini che vivono nei dintorni della discarica, attualmente sotto sequestro».Il Comitato inoltre aggiunge: «Isambiente continua a non fare cenno pubblicamente né del documento del 2015 in cui sosteneva come per la chiusura definitiva del sito non fosse necessario alcun conferimento esterno, né del fatto che a febbraio aveva parlato di 35 mila metri cubi da riempire mentre il progetto attuale conta oltre 47 mila metri cubi, una cifra enormemente più grande». Del tema-Pecol si è parlato anche nel Consiglio comunale dell'altra sera a Cormons, con l'opposizione che ha portato le posizioni anti-conferimento del Comitato, ma sull'argomento la maggioranza ha ribadito come la propria idea sia quella di giungere sì a una chiusura del sito, ma attraverso il conferimento del secco residuo necessario. «Mi fido dei tecnici del settore», la posizione espressa dal sindaco Roberto Felcaro.
M. F.
La rarissima medusa dei record intercettata al largo di Miramare
Avvistato vicino alla Riserva un esemplare di Drymonema dalmatinum: può arrivare fino a un metro
La più grande e rara medusa del Mediterraneo è stata avvistata due giorni fa nelle acque del golfo da Saul Ciriaco e Marco Segarich, ricercatori dell' Area Marina Protetta di Miramare, immortalata anche in un video, pubblicato ieri su Facebook. Una presenza definita eccezionale, della Drymonema dalmatinum, urticante, della classe delle scifomeduse, che può arrivare fino a un metro di diametro. L'esemplare, di circa 50 centimetri, nuotava al largo della Riserva protetta di Miramare. «Stavamo effettuando uno dei consueti monitoraggio della zona, che realizziamo ogni settimana, legati a diversi progetti - spiega Saul Ciriaco - quando ci siamo imbattuti nella medusa e Marco è riuscito a effettuare il video. Spesso ci capitano piacevoli sorprese, la volta scorsa è stato il turno di una grande tartaruga. E tutto viene registrato, soprattutto quando si tratta di rarità come questa. A Trieste - sottolinea - è sicuramente la prima volta che viene segnalata: era capitato nel 2014 a Lignano e qualche tempo dopo a Pirano. Sono gli unici casi che conosciamo finora». La medusa è stata descritta per la prima volta in Dalmazia nel 1880 dal naturalista Ernst Haeckel, e successivamente è stata avvistata pochissime volte. «L'esemplare ripreso a Trieste è più piccolo degli altri, notati in passato - dicono ancora gli esperti - e tra i suoi folti tentacoli si possono intravvedere due polmoni di mare (Rhizostoma pulmo). Non le stanno facendo compagnia, però: la Drymonema è una divoratrice di altre meduse, e ha una caratteristica molto particolare, la sua fase polipoide, ovvero la fase del ciclo biologico in cui rimane attaccata al fondo, può durare anche alcuni decenni. Ecco spiegati gli avvistamenti così rari. Talmente rari da non destare alcuna preoccupazione per il suo rinvenimento al largo delle nostre coste. Se mai la incontrerete - avvisano ancora - tenetevi alla larga, certo, ma consideratevi dei privilegiati».Insomma meglio non avvicinarsi troppo e soprattutto non toccarla, considerando il rischio di dermatiti, visto il potere urticante. La notizia, e il video di ieri, hanno fatto rapidamente il giro del web e dei social, con centinaia di condivisioni in tutta Italia. E nel frattempo restano nel golfo di Trieste anche le meduse "Aurelia Aurita", più piccoline, viste le scorse settimane in gran numero da tante persone nei porticcioli di Barcola e Grignano, sulle Rive e anche all' interno del canale di Ponterosso. Conosciute anche come "meduse quadrifoglio", perché dotate di quattro cerchi sulla parte dell' ombrello, sono state spinte vicino alla costa da venti e mareggiate e lì sono rimaste intrappolate. Anche in questo caso meglio non avvicinarsi troppo visto il loro potere urticante.
Micol Brusaferro
IL PICCOLO - GIOVEDI', 11 giugno 2020
Il Magazzino 26 riapre i cantieri per il super polo della cultura
Appaltati lavori per oltre tre milioni per preparare gli spazi a
Immaginario, masserizie degli esuli e Museo del mare
Un doppio cantiere all'interno del Magazzino 26. L'edificio contenitore del
Porto vecchio, uno dei più grandi magazzini emporiali d'Europa (42 mila metri
quadrati), si prepara a ospitare l'Immaginario scientifico (in arrivo da
Grignano), le collezioni del vecchio Museo del mare di Campo Marzio e le
masserizie degli esuli depositate al Magazzino 18 (attese per fine anno). Si
tratta di altri tre tasselli che si aggiungono al puzzle del Magazzino 26 (che
ospita già la mostra permanente "Lloyd depositi a vista", la mostra sulla pesca,
il visitor center e la sala Lelio Luttazzi) in attesa della realizzazione, nella
parte a Sud, proprio del nuovo Museo del mare, firmato dall'archistar di
Siviglia Guillermo Vazques Consuegra «Abbiamo dato avvio in questi giorni ai
primi due cantieri della durata di tre mesi. Uno da due milioni di euro dedicato
all'Immaginario scientifico e uno da un milione per il Museo del mare e le
masserizie degli esuli», spiega l'assessore ai Lavori pubblici Elisa Lodi: «È un
altro tassello nella riqualificazione del Porto vecchio che si aggiunge al
progetto più importante, che vedrà la luce nei prossimi anni. Stiamo, infatti,
già lavorando alla progettazione esecutiva del nuovo Museo del mare che verrà
realizzato sempre al Magazzino 26. Si tratta di un'opera dal grande impatto
internazionale ed economico: 33 milioni di euro. Una delle opere più grosse
dell'attuale amministrazione».Il primo cantiere all'intero del Magazzino 26,
appaltato all'impresa Di Betta di Udine, finanziato con due milioni e 105 mila
euro dalla Regione, vedrà quindi la realizzazione dei locali al piano rialzato e
al primo piano del Magazzino 26 destinati alla nuova sede dell'Immaginario
scientifico, attualmente ospitato a Grignano. I lavori, iniziati lo scorso 21
maggio, si articolano in due fasi: la prima, della durata di tre mesi,
permetterà all'Immaginario di partecipare a Esof 2020 slittato da luglio a
settembre (a causa dell'emergenza Covid); la seconda, di sei mesi, porterà al
completamento del trasferimento dell'importante istituzione di divulgazione
scientifica. Il secondo intervento all'interno del Magazzino 26, appaltato all'Ati
triestina Balsamini Impianti e Innocente & Stipanovich, finanziato con un
milione dal Comune di Trieste, prevede il recupero dei due piani soprastanti: il
secondo piano ospiterà le masserizie degli esuli oggi presenti al Magazzino 18,
mentre l'attuale Museo del mare di Campo Marzio (chiuso da oltre un anno) verrà
relegato al terzo piano. I lavori, iniziati lunedì scorso, comprendono tutte le
opere impiantistiche di climatizzazione e gli impianti elettrici e antincendio
oltre alle finiture interne. «Abbiamo già la mostra del Lloyd Triestino e
l'infopoint turistico ora chiuso per l'emergenza coronavirus. Il Magazzino 26,
assieme al nuovo Centro congressi, sarà il punto di partenza per la
trasformazione del Porto vecchio. Un'operazione che avviene attraverso un
investimento di 70 milioni di soldi pubblici E non avrebbe potuto essere
altrimenti», rileva Giorgio Rossi, l'assessore alla Cultura.«Con il trasloco
delle collezioni di Campo Marzio creiamo una specie di museo intermedio
collocato al terzo piano per arrivare poi al nuovo grande Museo del mare»,
osserva Laura Carlini Fanfogna, la direttrice dei Civici musei. Un passo di
avvicinamento al «grande attrattore culturale transfrontaliero», come la chiama
con una certa enfasi l'assessore Rossi', che da solo vale almeno 200 mila
visitatori all'anno.
Fabio Dorigo
L'hangar da 180 mila metri cubi in grado di contenere di tutto
Fu costruito tra 1891 e 1894 dalla Geiringer Vallon & C, la società che a
Trieste realizzò anche il palazzo delle Generali e la tramvia di Opicina
Il Magazzino 26 è il più grande edificio del Porto vecchio. Con la sua
architettura imponente ne rappresenta il simbolo. È largo 35 metri e lungo 250:
sviluppa i suoi 180 mila metri cubi su cinque livelli: un piano seminterrato, un
pianterreno rialzato e tre piani soprastanti, ciascuno di circa 8.500 metri
quadrati per complessivi 42.500 metri quadrati. Con queste dimensioni è chiaro
che il Magazzino può contenere di tutto. È ubicato parallelamente rispetto al
Bacino I e in seconda fila dietro ai magazzini 24 e 25. Il Magazzino 26 fa parte
di un lotto di edifici costruiti fra il 1891 e il 1894 dalla Geiringer Vallon &
C. dell'ingegnere triestino Eugenio Geiringer, che ha progetto tra gli altri lo
storico palazzo delle Assicurazioni Generali e la tramvia di Opicina. Il
progetto del Magazzino 26 richiama i caratteri stilistici neogotici e
neoromanici dei magazzini della Speichestadt e della Kesselhaus di Brema.
L'edificio, caratterizzato dalle balconate coperte con strutture in ghisa,
appare nel complesso rigoroso, austero e solenne. È uno dei pochi magazzini
storici del Porto vecchio a essere stato oggetto di un restauro conservativo. Le
parti esterne vennero risistemate nell'ambito del progetto "Porto città" poi
naufragato. Nell'occasione è stato anche effettuato un intervento limitato di
adeguamento funzionale, con la ristrutturazione completa relativa alla testata
Nord dell'edificio e la realizzazione di una sala conferenze e di alcuni
ambienti espositivi.I lavori sono stati ultimati il 24 ottobre 2008 e il
collaudo è stato rilasciato il 21 febbraio 2011. Così il Magazzino 26 ha potuto
ospitare la sede della "Biennale Diffusa"di Vittorio Sgarbi in occasione della
Biennale di Venezia del 2011.
Fa.Do.
Via Trento, la nuova segnaletica annuncia le pedonalizzazioni
Automobilisti "traditi" in queste ore dai divieti appena installati tra
via Machiavelli e via Valdirivo: in realtà la chiusura al traffico scatterà
soltanto nei prossimi giorni
Scatta la pedonalizzazione di una parte di via Trento. È imminente infatti
la chiusura al traffico di due isolati dell'arteria del Borgo Teresiano,
destinata a diventare una nuova area dedicata al passeggio e, si può presumere,
alla movida. Sono stati appena installati i nuovi segnali che indicano come il
tratto tra via Machiavelli e via Torrebianca e quello tra la stessa via
Torrebianca e via Valdirivo diventino di pertinenza esclusiva dei pedoni, con le
uniche eccezioni per i mezzi di emergenza e i residenti, gli unici che potranno
continuare ad usufruire del passaggio a quattro ruote. Momenti di confusione,
pertanto, si stanno vivendo in queste ore di "rivoluzione" annunciata. È
successo soprattutto nella mattinata di ieri, quando alcuni automobilisti,
abituati a cercare parcheggio nel groviglio di vie del Borgo Teresiano per
andare al lavoro in zona, si sono trovati la strada formalmente impraticabile a
causa della nuova segnaletica. Un'impasse superata ben presto una volta appurato
che, anche se ancora per poco, la situazione è in realtà ancora uguale a quella
dei giorni scorsi. Il divieto di transito sarà effettivo a giorni. L'intervento
riguardante questa parte di via Trento era stato annunciato già nello scorso
autunno, con il via ai lavori per il nuovo selciato che dovevano partire tra
gennaio e febbraio. Poi il rinvio, legato inizialmente alla decisione della
giunta di prolungare in via Trento l'edizione 2020 di Piazza Europa, in modo da
rendere immediatamente viva l'area. L'evento si sarebbe dovuto tenere alla fine
di aprile e il processo di pedonalizzazione era stato spostato appunto per
evitare che l'arteria si trovasse nel pieno dei lavori proprio nel clou della
manifestazione fieristica. Poi l'arrivo della pandemia, che ha costretto al
rinvio a data da destinarsi l'avvio dell'intervento, con le imprese di
costruzioni costrette a rifare il piano della sicurezza per i propri lavoratori
che avrebbero dovuto operare nei cantieri. Ora, di fatto, le pedonalizzazioni
diventano realtà prima ancora dello svolgimento del cantiere stesso. La
trasformazione della via a uso esclusivo dei pedoni aveva fin da subito trovato
la piena soddisfazione di commercianti ed esercenti della zona, che attendono la
pedonalizzazione di via Trento per poter poi ottimizzare e rilanciare da par
loro l'intera area. «L'obiettivo della giunta, con la chiusura al traffico di
parte di via Trento, è chiaramente la valorizzazione del Borgo Teresiano in
chiave turistica - il commento dell'assessore all'Urbanistica Luisa Polli -
attraverso la creazione di una sorta di centro allargato rispetto a quello
"classico" qual è l'area attorno a piazza Unità, che con la "nuova" via Trento
arriverà fino alla rinnovata piazza Libertà. In attesa della ripavimentazione
vera e propria abbiamo deciso di optare per una soluzione emergenziale e
alternativa, vale a dire procedere alla chiusura definitiva al traffico di parte
della via in modo da poter valorizzare il prima possibile il tratto di percorso
che va dal Canale a via Ghega e le vie attigue».
Lorenzo Degrassi
Ed è imminente anche il ritorno del passaggio sotto il "palazzo rosso" - il cantiere targato Generali
Aria nuova attorno al Canal Grande. Sta per essere riaperto, infatti, il tratto di via Rossini sotto il "palazzo rosso" delle Generali: un'operazione che libererà di conseguenza alla circolazione pedonale un tratto di strada importante per l'area attorno a via Trento e lungo il canale stesso. Motivo della riapertura: l'ultimazione dei lavori all'interno dell'edificio di proprietà delle Generali, progettato negli anni Venti da Arduino Berlam e oggetto di un profondo restauro iniziato nel 2015. Una volta inaugurato, lo scorso ottobre, mancava ancora la conclusione di alcuni lavori di contorno rispetto all'edificio, per lo svolgimento dei quali l'azienda affidataria dei lavori aveva utilizzato proprio lo spazio fra il canale e l'immobile, sede del Leone, per crearvi una sorta di cantiere di "servizio". Finiti tali lavori, la stessa azienda ha dovuto provvedere alla ripavimentazione della via, per renderla uniforme al resto del percorso che dalle Rive risale il canale fino a Ponterosso. «Quando l'amministrazione comunale aveva riqualificato le vie attorno a Ponterosso - fanno sapere dal Comune - fra il 2017 e il 2018 il tratto a fianco del "palazzo rosso" non era stato toccato perché all'epoca fervevano i lavori di rinnovamento dello stesso». Allora le Generali si erano impegnate a uniformare la pavimentazione mancante una volta concluso per l'appunto il cantiere dedicato al restauro dello storico edificio. Il tutto per evitare un doppio lavoro, scongiurando in tal modo costi eccessivamente onerosi. Entro pochi giorni, quindi, diverrà realtà l'apertura di quel tratto di strada, che permetterà ai pedoni di evitare un tedioso allungamento del percorso per chi proviene ad esempio da corso Cavour e si vuole dirigere verso Sant'Antonio Nuovo, con un doppio attraversamento del canale. La riapertura del tratto in questione arriva con qualche mese di ritardo a causa, anche in questo caso, come per via Trento, del blocco dei lavori in epoca di quarantena. Completata la pavimentazione, dunque, l'impresa incaricata sta portando avanti rapidamente il laborioso smantellamento del cantiere. Per consentire di ultimarlo appunto in tempi brevi, nei giorni scorsi è arrivata anche dall'Autorità Portuale l'autorizzazione allo scarico del materiale attraverso il canale.
lo.de.
Più bici, meno auto: impegno bipartisan per la mobilità
Il Consiglio comunale di Muggia ha approvato all'unanimità la mozione,
presentata dal consigliere del Gruppo misto Marco Finocchiaro, sulle azioni da
svolgere per realizzare un piano emergenziale della mobilità urbana post-Covid.
Per Finocchiaro «le misure imposte dalle autorità sul distanziamento sociale
imporranno scelte sulla mobilità sostenibile improcrastinabili e urgenti per la
ripresa delle attività produttive, ma soprattutto per la riapertura delle scuole
a settembre». Questi gli interventi, a basso costo, che, come recita la mozione,
potrebbero essere attuati mutuando, come esempio, quanto realizzato nella vicina
Isola d'Istria: "zone 30" per la condivisione degli spazi stradali, corsie
riservate alle biciclette in carreggiata riducendo quelle utilizzate dagli
autoveicoli, sensi unici che consentano il riutilizzo di metà carreggiata a
favore della realizzazione di piste ciclopedonali in carreggiata, allargamento
dei percorsi pedonali, delle zone pedonali e delle Ztl, nuovi parcheggi su aree
non utilizzate per autoveicoli semistanziali e una zona di intermodalità con i
mezzi pubblici.
(lu.pu.)
Tolto il contenitore del verde "scambiato" per una discarica
Rimossa dal Comune di Muggia la benna di Darsella San Bartolomeo dedicata
alle ramaglie: dentro e fuori era diventata un ricettacolo di rifiuti di ogni
genere
MUGGIA. La benna per la raccolta del verde collocata nel 2018 in località
Darsella di San Bartolomeo è stata rimossa. Il contenitore, nel corso degli
anni, era diventato infatti un ricettacolo di rifiuti di ogni tipo a causa
dell'abitudine, incivile e assolutamente deprecabile di alcuni cittadini, di
scaricare lì ogni sorta d'immondizia: al suo interno ma soprattutto a cornice
della benna stessa, venivano abbandonati, nella migliore delle situazioni,
sacchetti di rifiuti indifferenziati, cartoni, inerti come mattonelle e
ceramiche, materiali ferrosi, ma anche mobili usati, divani sfondati, tv e
elettrodomestici. Insomma: tutti quei rifiuti che, è bene ricordarlo, possono
essere conferiti gratuitamente nella piazzola ecologica comunale o che,
altrettanto gratuitamente, possono essere ritirati a domicilio (servizio che,
invece, in alcuni altri comuni è a pagamento, a volte nella sua totalità e a
volte dopo aver superato un esiguo numero annuo di ritiri). Ma ciò che ha fatto
sì che la decisione di rumuovere la benna, già nell'aria, fosse ormai
improcastinabile è stato il ritrovamento, lo scorso 16 maggio, di due bombole di
gas, con tanto di intervento dei Vigili del fuoco per la loro messa in sicurezza
temporanea e per permettere alla ditta incaricata dal Comune, la Italspurghi
Ecologia di San Dorligo della Valle, il recupero, il trasporto e lo smaltimento
delle due bombole. Intervento, questo, che è venuto a costare 732 euro. A carico
della collettività. La benna di Darsella San Bartolomeo pochi mesi fa era stata
oggetto di un intervento operato sempre dai Vigili del fuoco a causa di un
incendio sviluppatosi al suo interno e che aveva coinvolto anche i rifiuti
abbandonati intorno. «L'abbandono di materiale infiammabile e potenzialmente
esplosivo, all'interno peraltro di una benna preposta al conferimento del verde,
è un gesto scellerato che mette in pericolo tutti coloro che vivono nella zona
prossima al contenitore di raccolta», stigmatizza il sindaco di Muggia Laura
Marzi: «Non si parla più, pertanto, solo di inciviltà, ma anche purtroppo di
criminalità. Siamo ben consapevoli delle necessità degli utenti per quel che
riguarda il conferimento di verde e ramaglie, ma dovendo agire in via
prioritaria a tutela della sicurezza dei cittadini è stato assolutamente
necessario intervenire con la rimozione della benna di Darsella di San
Bartolomeo». Intanto ai residenti è stata confermata la possibilità di usufruire
del servizio di ritiro a casa del verde, e in alternativa del conferimento nella
piazzola ecologica di Vignano o in altre benne del territorio. Contenitori che
tra aprile e maggio del 2018, oltre a quello appena rimosso, erano stati
collocati nelle vicinanze della chiesa di Santa Barbara, nel piazzale antistante
lo stadio "Zaccaria", a Zaule, nelle vicinanze della "stazione acquedotto" e nel
parcheggio ex Enel di via XXV aprile.
Luigi Putignano
Cessa l'incubo Pecol dei Lupi - Discarica verso la soppressione
Tavella (Isambiente) difende la scelta di colmare lo spazio residuo con
nuovi rifiuti «Progetto portato avanti con buon senso». Previsti controlli
periodici dell'Arpa
«Il nostro è un progetto portato avanti cum grano salis. Con tempi di
attuazione certi e con la massima attenzione per la tutela dell'ambiente e della
salute».Giulio Tavella, amministratore unico di Isontina Ambiente, illustra gli
ultimi sviluppi che porteranno alla soppressione della discarica cormonese di
Pecol dei Lupi, un incubo autentico in tutti questi anni. «Nel marzo scorso, la
Giunta regionale ha concesso a titolo gratuito a Isa l'utilizzo della discarica.
Il tutto è finalizzato a garantire il ripristino e la sicurezza ambientale
dell'area, mediante l'attuazione della procedura di chiusura e di gestione
post-operativa della discarica stessa, per un periodo di 30 anni con decorrenza
dalla data di sottoscrizione della concessione sopra citata. A febbraio 2020 -
scandisce Tavella - l'assemblea dei soci di Isontina Ambiente ha approvato
all'unanimità il progetto di ripristino presentato dalla nostra società.
Tecnicamente va chiarito che Pecol dei Lupi si sviluppa su tre lotti: il lotto 0
ormai esaurito e chiuso, il lotto 1 (ormai pieno ma non ancora "baulato") e il
lotto 2 con uno spazio ancora da colmare quantificabile in circa 47.000 metri
cubi. Il progetto prevede, appunto, di colmare il volume residuo per giungere
alla baulatura definitiva dei lotti 1 e 2 con rifiuto secco residuo prodotto dal
territorio di riferimento di Isontina Ambiente mantenendo in situ i rifiuti già
presenti in sopraelevazione sul lotto 1».Ci sono vari punti a favore del
progetto. A elencarli lo stesso Tavella: rapidità e tempi certi nelle operazioni
di riempimento necessarie alla baulatura definitiva (massimo 18 mesi dalla
concessione dell'Aia); eliminazione del rischio di possibili impatti derivanti
dalla diffusione di polveri e odori durante le operazioni di movimentazione e
ricollocazione dei rifiuti già messi a dimora. «Questo è un aspetto
fondamentale: i 47000 metri cubi potrebbero diventare 32.000 circa se venissero
utilizzati i circa 15.000 di rifiuto della cosiddetta "cima Brandolin", una
sopraelevazione autorizzata a suo tempo dalla Provincia che ha modificato,
rialzandolo, il profilo superiore del lotto. Ebbene: smantellare e spostare tale
sopraelevazione renderebbe incerti i tempi dei lavori di chiusura».C'è, poi,
l'implementazione, nella nuova configurazione del profilo finale, di una
copertura (baulatura) più performante di quella del progetto originario,
comprensiva di uno strato che garantisce maggiore impermeabilità alla
protezione.
Francesco Fain
Val Rosandra, 30 giorni per i "reclami" al piano - la procedura urbanistica
SAN DORLIGO DELLA VALLE. È iniziato ieri, con il deposito nella Segreteria comunale di San Dorligo della Valle della delibera di adozione del Consiglio comunale e dei relativi elaborati, il periodo di 30 giorni entro i quali gli interessati potranno presentare osservazioni sul Piano di Conservazione e sviluppo della Riserva naturale regionale della Val Rosandra. Nella più recente seduta del Consiglio, svoltasi online causa l'emergenza sanitaria, è stato infatti approvato questo fondamentale documento che riguarda il futuro della Val Rosandra.La legge regionale numero 42 del 1996 stabilisce in proposito che gli atti di questa natura siano obbligatoriamente depositati nella Segreteria generale del Comune e che di tale deposito sia data notizia sul Bollettino della Regione, in modo che chiunque possa prenderne visione ed eventualmente presentare osservazioni, rispettando però il termine di 30 giorni. In sostanza, gli interessati avranno tempo fino al 10 luglio. Gli elaborati sono disponibili anche sul sito internet dell'ente. Chi invece preferisse recarsi di persona alla Segreteria comunale è invitato a telefonare preventivamente al numero 040 8329231, oppure a scrivere all'indirizzo mail mojca.svab@sandorligo-dolina.it. E sempre entro il 10 luglio, i proprietari degli immobili vincolati dal Piano di conservazione e sviluppo potranno far pervenire eventuali opposizioni ad hoc.
u.sa.
CIO' CHE NON VA - Danno ecologico in Costiera, anche stavolta controlli tardivi
Ennesimo scempio ecologico in Costiera come successo solo pochi anni fa quando era stata costruita un'ampia strada, senza permessi, deturpando il paesaggio, con la scusa delle difficoltà motorie dell'intestataria della proprietà. Anche stavolta le verifiche sono state effettuate quando ormai il danno è compiuto pur essendo stato evidente l'impatto dei lavori a chiunque avesse percorso la Costiera da qualche mese. Arriverà il prossimo condono a sanare la furbizia dei costruttori? Segnalo anche come il Comune renda impossibile l'accesso agli atti in questi casi, non permettendo la funzione civica di controllo ai cittadini. Leggo anche come siano previste nuove costruzioni a Barcola, dove si aprono nuovi fronti franosi ogni anno e le responsabilità del Piano regolatore si scaricano di amministrazione in amministrazione.
Sergio Palmisano
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 10 giugno 2020
Tredici sì in aula: così passa il piano per le nuove palazzine di Barcola
«Atto dovuto» approvato tra non partecipazioni al voto e astensioni, in
maggioranza e all'opposizione
È passato con un pugno di voti, per l'esattezza 13, il Piano attuativo
comunale di iniziativa privata (Pac) per la costruzione di un nuovo insediamento
abitativo a Barcola. Se ieri il via libera del Municipio al progetto è stato un
«atto dovuto», la maggior parte dei consiglieri ha tuttavia manifestato
simbolicamente la propria perplessità, non partecipando al voto (è il caso di
tutti i Cinque Stelle nonché dei forzisti Michele Babuder, Guido Apollonio e
Andrea Cavazzini) oppure astenendosi: così hanno agito la Lista civica Dipiazza,
Italia Viva, Pd, Cittadini, Open, Progetto Fvg nonché il capogruppo azzurro
Alberto Polacco. L'aula ha in questo modo dato l'ok definitivo alla possibilità
di costruire due palazzine, per un totale di 10 unità abitative, in quell'area
verde nei pressi della Salita di Miramare che si trova dietro l'Old Wild West.
Così facendo ha dato seguito alle previsioni del Piano regolatore vigente, che
risale al 2015, sotto la giunta Cosolini: per questo, se ieri il Pac non fosse
stato approvato, i soggetti attuatori avrebbero avuto la possibilità di adire in
giudizio nei confronti dello stesso Consiglio comunale. Il progetto definitivo
prevede l'accoglimento parziale delle osservazioni presentate a partire dal 2019
dal comitato di residenti "Barcolaverde" nonché da alcuni consiglieri, in primis
Babuder e il pentastellato Paolo Menis. I proprietari si sono infatti impegnati
a realizzare anche alcune opere di rilevanza pubblica, nella stessa zona, tra
cui un parcheggio accessibile alla cittadinanza e la ripiantumazione di
vegetazione autoctona. «Un atto dovuto da parte del Consiglio - ha commentato
l'assessore a Urbanistica e Territorio, Luisa Polli -. L'atto discrezionale è
infatti avvenuto nel 2015. Mai io avrei aggiunto zone C di espansione, ovvero
nuove edificazioni, in una città come Trieste: andrebbe valorizzato il
patrimonio architettonico esistente. Tuttavia dura lex sed lex». La dem Laura
Famulari ha puntualizzato: «Nel 2015 nemmeno noi avevamo la bacchetta della
retroattività, proprio come ora l'assessore. Questo il quadro in cui è avvenuta
la nostra scelta». Ma Everest Bertoli (Lega) le ha risposto: «Nel 2015 gli
emendamenti per eliminare le zone C, presentati da me e altri all'opposizione,
furono bocciati. Chi votò quel piano si assuma la responsabilità delle sue
scelte». «All'epoca sono mancati coraggio e volontà politica - gli ha fatto eco
Menis -. Se non si interviene quando si fa il Piano regolatore, allora quando?».
Così Babuder: «Se alcuni non si fossero impegnati a far passare questo atto per
il Consiglio, ci sarebbero state forse meno possibilità di dare attenzione alle
osservazioni dei residenti. Bene dunque che ci sia stato un confronto diretto
con i proponenti, ma fatico a ritenere che sia un intervento migliorativo».
Lilli Goriup
Il metano e il rigassificatore fa gola agli ungheresi di Mvm
Veglia. Affondo ungherese nella corsa all'acquisto del metano
commercializzato dal rigassificatore offshore di Castelmuschio (Omisalj), nell'
isola di Veglia. L'azienda statale Lng Hrvatska (gestisce il progetto vegliota)
ha annunciato che che la Mfgk Croatia, di proprietà del distributore magiaro di
gas ed elettricità Mvm, ha rilevato per il periodo di sette anni ben 6 miliardi
e 750 milioni di metri cubi di gas, operazione che ha così dissipato ogni nube
sulla futura attività dell'impianto isolano, il quale dovrebbe entrare in
funzione tra circa 6 mesi. Da quanto annunciato da Lng Hrvatska, gli ungheresi
hanno acquistato 666 milioni di metri cubi per lo spazio di tempo che va dal
primo gennaio di quest'anno al prossimo 30 settembre, mentre fino al 2026 la
quota annuale riservata all'Mvm sarà di 1 miliardo e 14 milioni di metri cubi. I
conti sono presto fatti: grazie alla quota triennale acquistata in precedenza
dalle croate Ina e azienda elettrica croata (mezzo miliardo di metri cubi) e
dall'ungherese Met Croatia Energy trade (un identico quantitativo), la struttura
galleggiante si è vista assorbire 2 miliardi dei 2 miliardi e 600 milioni di
metri cubi che riuscirà a movimentare annualmente. Come detto, il futuro del
rigassificatore nordadriatico è ora sicuramente più roseo dopo i dubbi e timori
espressi gli anni scorsi da Lng Hrvatska e dal governo croato a causa del
mancato interesse verso l'impianto metanifero. L'acquisto di almeno 2 miliardi
di metri cubi l'anno ha definitivamente cancellato l' ipotesi del pagamento del
cosiddetto indennizzo Sos.Parliamo della penale per la sicurezza dell'
approvvigionamento, prevista in caso di acquisto annuale di metano dal terminal
vegliota non superiore al miliardo e 100 milioni di metri cubi. La penale
sarebbe stata così versata da tutti i consumatori di gasi in Croazia, in base al
provvedimento varato dal Parlamento croato, il Sabor, nel luglio di due anni fa.
L' 1,1 miliardi di metri cubi, secondo gli esperti, è il livello minimo di
redditività per il rigassificatore di Castelmuschio. É stato calcolato che i
costi di esercizio toccheranno in un anno in media i 13 milioni di euro, mentre
per la produzione inferiore al citato miliardo e 100 milioni porterebbe ad un
passivo annuale valutato intorno ai 6 milioni di euro.
a.m.
Bagnaria Arsa - Una lupa s'aggira nella Bassa - Avvistata da quattro persone
BAGNARIA ARSA. È stata segnalata, nei giorni scorsi, la presenza di un
animale di grossa taglia, probabilmente un lupo, nel territorio di Bagnaria
Arsa. Quattro gli avvistamenti raccolti dal sindaco Cristiano Tiussi che, dopo
le opportune verifiche, ha informato le autorità competenti. «Ho parlato -
spiega - con tre dei quattro concittadini che hanno avvistato l'animale venerdì.
Sulla base delle loro indicazioni, il Comune ha fatto sabato una segnalazione
alla stazione forestale di Cervignano e domenica ha inoltrato una pec alla
Direzione centrale risorse agroalimentari forestali e ittiche della Regione e al
Servizio Foreste e corpo forestale». Gli avvistamenti sono avvenuti, tutti nella
giornata di venerdì, tra le 12.30 e le 16, in via Roma a Sevegliano, in via
Valussi e nella campagna all'altezza di via Palmanova a Bagnaria Arsa e al
confine con Cervignano. Le foto scattate e un'orma ritrovata nell'area di
avvistamento hanno fatto pensare che possa effettivamente trattarsi di un lupo,
forse una femmina, «anche se - precisa il responsabile dell'Osservatorio di
Biodiversità regionale, Umberto Fattori - l'assoluta certezza al momento non
c'è. Potrebbe infatti trattarsi, ad esempio, anche di un cane lupo cecoslovacco
che presenta caratteristiche morfologiche simili. Solo l'analisi di reperti
biologici potrebbe confermare che l'esemplare avvistato sia realmente un
lupo».Spiega ancora Fattori che la presenza del lupo in Regione risale almeno al
2013 ed è assodato che possa trovarsi anche in contesti di pianura. Quella del
lupo è una specie territoriale e un branco (4-6 individui) presidia un
territorio di circa 250 chilometri quadrati. I giovani esemplari devono
spostarsi alla ricerca di un nuovo territorio. «Non sappiamo - conclude - se
l'esemplare avvistato sia insediato sul territorio o sia un giovane in
dispersione». Quanto alla pericolosità del lupo, Fattori rimarca che,
contrariamente alla sua fama nelle favole, non è un animale aggressivo e, negli
ultimi cent'anni, nel contesto occidentale, non si hanno notizie di aggressioni
all'uomo. Tuttavia è bene che l'uomo non gli si avvicini, non gli dia da
mangiare, non lo disturbi. Il cibo prediletto dal lupo è il cinghiale, ma si
adatta anche ad altri animali, compresi gli animali allevati. «Tuttavia -
conclude Fattori - se questi sono ben custoditi e si prendono alcune precauzioni
(per le quali ci sono anche appositi finanziamenti regionali) non si ravvisano,
in genere, particolari problematiche».
Monica Del Mondo
Trieste Solidale - Il ruolo degli alberi nella storia e nella vita in sette
conferenze
L'albero, silenzioso amico dell'uomo, è protagonista del progetto "Lignum
Amicus" ideato e realizzato da Trieste Solidale. In collaborazione con il
Seminario Vescovile e Civibank vedrà, tra la fine di giugno e settembre, sette
conferenze. Saranno tutte alle 17, al chiostro del Seminario, in via Besenghi, a
ingresso gratuito su prenotazione sino a esaurimento posti (3488042240 -
triestesolidale@gmail.com). «Trieste - sottolinea Fabio Avanzini, presidente di
Trieste Solidale - è la sesta città d'Italia per il rapporto tra il numero di
abitanti e il patrimonio arboreo, con 3 Parchi, 45 giardini e 200mila alberi. La
finalità del progetto è far conoscere il contributo del patrimonio verde alla
qualità della vita e contribuire a educare la cittadinanza alla sostenibilità
ambientale». La prima conferenza, "L'albero nella Bibbia", si terrà il 25
giugno, a cura di Monsignor Ettore Malnati, Vicario episcopale per il laicato e
la cultura della Diocesi di Trieste. Il 3 luglio il tema sarà "L'albero nella
storia delle religioni" con Don Samuele Cecotti, direttore della Biblioteca del
Seminario. Il 10 luglio vedrà al centro "L'utilità dell'albero urbano", con
Francesco Panepinto, responsabile dell'Unità tecnica alberature e parchi del
Servizio strade e verde pubblico del Comune di Trieste. Il 17 luglio sarà la
volta di "Come curare l'albero in maniera naturale" con l'agronoma Maria
Carlino. Il 4 settembre il botanico Elvio Toselli parlerà de "La natura segreta
degli alberi e i benefici per l'uomo", mentre l'11 settembre l'erborista e
farmacista Giuliano Ponis della "Pelle dell'albero: utilizzi della corteccia".
Il 18 settembre, con la pittrice Carolina Franza, il tema sarà "L'albero nella
visione artistica". E, proprio nell'ottica interdisciplinare, nell'atrio della
Camera di Commercio, il 20 novembre, alle 17, verrà inaugurata la mostra "Lignum
Amicus: arte a Trieste". Esporranno Luisa De Santi, Carolina Franza, Giuliana
Griselli, Monica Korchmayr, Lucia Krasovec, Maria Pia Mucci, Anna Negrelli,
Marta Potenzieri Reale e Paola Sbisa.
Annalisa Perini
IL PICCOLO - MARTEDI', 9 giugno 2020
Strada e muretti abusivi sotto la Costiera - Per il giudice le prove sono
"schiaccianti"
Il gip sposa la tesi del pm e ritiene la convalida del sequestro, da lui
firmata, l'unico modo per fermare l'illecito ambientale
"Vi è prova certa dei fatti di reato". Lo scrive il gip Giorgio Nicoli
nell'atto di convalida del sequestro disposto sul terreno che circonda la villa
in Costiera su cui sono scattate le indagini per abuso edilizio. Si tratta della
villa al civico 196, la "ex Ostuni", che si trova nei pressi del ristorante
"Tenda rossa". È una casa in riva al mare con annesso porticciolo, ora di
proprietà della cinquantacinquenne russa Galina Lazareva. Sul caso sta indagando
il pm Federico Frezza.La Polizia locale ha accertato che la strada di
collegamento tra la Costiera e l'abitazione è stata costruita durante i lavori
di ristrutturazione della villa e del porticciolo, ma senza alcuna
autorizzazione: è un percorso in sterrato largo circa 4,5 metri, a tornanti, che
scende verso la spiaggia. Stesso discorso per i dieci muri di contenimento
eretti ai lati: hanno lunghezze che variano dai sette ai 43 metri, con
un'altezza da 1,70 a 4,20 metri. Pure questi sarebbero stati edificati senza i
permessi necessari. L'area, vista la sua bellezza e la sua posizione, è
sottoposta a rigidi vincoli paesaggistici. Gli inquirenti sono convinti che
l'opera rappresenti un vero e proprio accesso all'abitazione in riva al mare e
non un semplice "passaggio provvisorio" per il cantiere. Per costruire i muri e
la stradina è stata abbattuta la vegetazione e asportato il terreno. Un vero e
proprio deturpamento: è questa l'accusa mossa dal pm Frezza. Una contestazione
che il gip Nicoli ha accolto. Il giudice, nel documento di convalida, ritiene
infatti che sussistano elementi indiziari validi. "Vi è prova certa dei fatti di
reato", annota il giudice, evidenziando come soltanto il sequestro preventivo
possa fermare l'illecito in corso. Il giudice ha decretato anche il divieto di
accesso all'intera area. Il pm Frezza ha iscritto nel registro degli indagati
sette persone. Oltre a Lazareva, proprietaria dell'immobile e committente
dell'opera, figura il titolare della ditta esecutrice dei lavori, il
trentasettenne Faruk Kormakoski, residente a Trieste. Così il direttore dei
lavori, il cinquantottenne triestino Alessandro Zerbo. E, ancora, la
cinquantunenne russa Elena Nikiforova, legale rappresentante della società "Avolare
srl", delegata dal committente, nonché il sessantacinquenne Giuseppe D'Ambra,
socio della ditta e incaricato dei lavori. Nell'inchiesta risulta coinvolto
anche il trentanovenne Pietro Micucci, residente a Trieste, titolare
dell'impresa "Pef costruzioni", esecutrice della strada sterrata. E, infine, c'è
il quarantasettenne triestino Guido Prizzon, titolare dell'omonima società,
anch'essa esecutrice della strada. «Il percorso sterrato che abbiamo costruito è
funzionale al cantiere della villa. Altrimenti l'unico accesso possibile per il
trasporto del materiale, necessario ai lavori nell'abitazione e nel porticciolo,
è il mare», afferma D'Ambra. «È una strada cantierabile - aggiunge - che serve a
terminare i lavori in corso. Il trasporto dei materiali via mare costa molto.
Quando sarà concluso l'intervento di ristrutturazione rimuoveremo tutto». Ma
sarà possibile ripristinare l'ambiente e il paesaggio così come si presentava in
precedenza? «Pianteremo ulivi e renderemo il terreno agricolo», ribatte D'Ambra:
«Ci saranno centinaia di essenze arboree così come si vedevano decenni fa».
L'imprenditore precisa che i percorsi cantierabili «sono previsti da una
normativa regionale», sottolinea: «Ci risulta strano che, nonostante la legge lo
consenta, l'area sia stata sequestrata. Non è una strada di collegamento alla
villa, ripeto, questo lo smentiamo categoricamente. Ma serve a concludere i
lavori che sono in corso»
Gianpaolo Sarti
Palazzine della discordia a Barcola verso il via libera definitivo in aula
Il progetto residenziale dietro l'Old Wild West otterrà oggi l'ok
nonostante le proteste dei residenti
La discussa costruzione di un nuovo insediamento abitativo nell'area verde
della salita di Miramare, va verso l'ok definitivo dell'aula. Dopo essere
passato la scorsa settimana in Sesta commissione, il Piano attuativo comunale di
iniziativa privata (Pac) oggi approda infatti in Consiglio. Stiamo parlando di
quella fetta di territorio alle spalle dell'Old Wild West, tra lungomare e
ciglione carsico, dove in futuro potrebbero sorgere due palazzine residenziali.
La possibilità di costruirvi risale al 2015, in virtù del Piano regolatore
generale approvato durante l'allora giunta Cosolini. Quando l'aula ha poi
adottato il Pac, nel novembre 2019, i consiglieri comunali Michele Babuder (Fi)
e Paolo Menis (M5s) si sono opposti al progetto. Lo stesso hanno fatto i
residenti della zona, fondando il comitato "Barcolaverde" e presentando
all'attuale amministrazione diverse osservazioni. Osservazioni che sono state
parzialmente accolte: «La principale novità è che le unità abitative scenderanno
da 12 a 10 - afferma Luisa Polli, assessore comunale a Urbanistica e Ambiente -.
Il 50 % dei tetti sarà a verde e saranno realizzati giardini sospesi. È prevista
inoltre la ripiantumazione di vegetazione autoctona (una tamerice e tre arbusti
di ibisco, ndr), al posto di quella invasiva». E non finisce qui: «Il parcheggio
esterno (dalla capacità di 12 posti auto, ndr) sarà pubblico, sempre con
elementi verdi e pavimentazioni in materiale drenante». I soggetti attuatori si
sono in sostanza impegnati a realizzare a proprio carico opere di urbanizzazione
di pubblica rilevanza: ci sarà pure un allargamento stradale in località Salita
di Miramare, all'altezza della curva all'inizio della strada privata, che a sua
volta dovrà essere costeggiata da un collegamento pedonale. Spiega ancora Polli:
«Il territorio di Trieste mi pare sufficientemente urbanizzato: io forse non
avrei aggiunto ulteriori zone C di espansione per nuove edificazioni. All'epoca
c'era però un contenzioso aperto tra privati, una situazione particolare: non
dubito che l'amministrazione Cosolini abbia fatto un ragionamento». Adesso si
potrebbe tornare indietro? «Nel 2015 i residenti non hanno presentato
opposizione al Piano regolatore - prosegue l'assessore -. Una volta approvato,
per modificarlo servirebbero una variante con costi a carico del Comune e un
iter di anni. In questo momento l'approvazione del Pac è un atto dovuto da parte
del Consiglio: in difetto i proponenti potrebbero adire in giudizio nei
confronti dell'aula, in quanto il loro diritto deriva dai contenuti del vigente
Piano regolatore. I proponenti peraltro che si sono dimostrati ben disponibili a
venire incontro alle sensibilità ambientali». «Approvando il Piano regolatore,
nel 2015, ci siamo trovati in una situazione analoga - precisa la consigliera Pd
Laura Famulari -. Anche noi, per scelte pregresse della variante 66, abbiamo
dovuto ratificare piccole aree di completamento dell'edificato, in tutto una
decina. Abbiamo ridimensionato ciò che si poteva, tutelando zone prima
suscettibili di edificazione». «Apprezzo che il confronto con i residenti abbia
portato all'accoglimento di alcune osservazioni - commenta Babuder - che
diverranno prescrizioni volte a limitare l'impatto ambientale. Ma si tratta pur
sempre di nuova edificazione, che fatico a vedere come migliorativa». Il
pentastellato Menis fa eco al forzista: «Bene che si siano recepite alcune
osservazioni, ma l'impatto sul verde rimane, così come la mia posizione
critica».
Lilli Goriup
Giù il vecchio magazzino delle Ferrovie - L'area di riva Traiana cambia volto
Quasi completata la demolizione del deposito inutilizzato da anni. Al suo
posto nuovi binari per i collegamenti con il porto
Una maxi demolizione, iniziata a maggio, porterà all'eliminazione del grande
magazzino merci di Riva Traiana 2, a pochi metri dall' ingresso del porto. Il
cantiere nei giorni scorsi ha attirato la curiosità di tante persone, che si
sono fermate a osservare i lavori, ormai in fase avanzata. E il volto della zona
si trasformerà completamente. Al posto dell'edificio verranno realizzati nuovi
binari, utili ai traffici su rotaia del vicino scalo. Gli interventi, come
ricorda anche la tabella posta sul cancello che delimita l'area, sono iniziati
il 18 maggio, per una durata complessiva di 90 giorni, commissionati da Rfi,
Rete Ferroviaria Italiana, che così precisa le coordinate dell'intervento.
«Demolizione propedeutica alla realizzazione dell'allungamento delle aste di
manovra "parenzana" a servizio del varco 2 del Porto».Al posto dell'edificio ora
si notano cumuli di macerie, tra pietre, legno, ferraglia, mattoni e sacchi
bianchi, che contengono materiali già pronti per essere rimossi. «Il magazzino
era inutilizzato da anni, un tempo venivano conservate le merci, ma ormai era
mal messo, in pessime condizioni. In pratica - spiega Roberto Carollo, ingegnere
ferroviario - non serviva più. Era un classico esempio di interscambio modale
tra gomma e ferrovia. Inoltre non era vincolato e non aveva una valenza storica.
Ecco il motivo degli interventi attuali. La zona sarà modificata, per la posa di
binari tronchi, che serviranno come aste di manovra, in pratica per spostare un
treno da un binario all' altro».Il fabbricato, che si trovava nella parte
rivolta verso Riva Traiana, era prima caratterizzato da una lunga serie di
finestre e di accessi per i tir, per scaricare le merci. Saracinesche chiuse da
una ventina d'anni, tanto che davanti erano stati disposti una cinquantina di
posti auto, attualmente non più disponibili. Con l' avvio del cantiere infatti è
stata creata una recinzione proprio su quel tratto, per consentire il regolare
svolgimento degli interventi. Al momento quasi tutto l'edificio è stato
abbattuto, manca solo l'ultima parte, verso via Ottaviano Augusto, dove resta
ancora in piedi una parte della grande tettoia e i muri perimetrali. Non verrà
toccata invece la palazzina all'angolo, confinante con il magazzino, che una
volta ospitava l'ex scuola professionale delle ferrovie, e che risulta in
vendita da qualche mese, come si legge su un noto sito di annunci online: «In
posizione centrale con affaccio sul mare, proponiamo in vendita ampia struttura
di 1.450 metri quadrati. L'immobile, sito in Via Ottaviano Augusto 22 - prosegue
l'annuncio -, può essere interessante oltre che per una destinazione commerciale
anche per la realizzazione di una struttura ricettiva data la vicinanza al
centro e al trasporto pubblico, oltre a godere di una vista impagabile sul golfo
di Trieste. Trattativa riservata».
Micol Brusaferro
E la vicina stazione in fase di restyling mostra i primi risultati - il museo
di Campo Marzio
È iniziato lo smontaggio di alcune impalcature alla stazione di Campo
Marzio, interessata dai lavori per la ristrutturazione del museo ferroviario. Si
notano, nella parte alta dell'edifico, alcune parti risistemate, nella fase che
interessa intanto il restauro architettonico esterno. Resta comunque in piedi
ancora gran parte della struttura, compresa la "gabbia", montata mesi fa, che
racchiude l'ingresso principale. Dopo il lockdown gli interventi sono ripresi a
pieno ritmo, secondo il programma già annunciato lo scorso anno. Alla parte
esterna seguirà poi la fase di interventi all'interno, tra pavimenti, pareti e
altri servizi, e quindi, quando sarà concluso il cantiere che porterà al
ripristino dei vari ambienti, si passerà all'allestimento della mostra
permanente, dedicata alla storia e alle curiosità del mondo dei treni,
attualmente chiusa al pubblico. Il cantiere era iniziato dopo la firma, da parte
della Regione, del Protocollo d'intesa datato 18 luglio 2017, con cui è stato
definito il percorso di riqualificazione del complesso, con un documento
sottoscritto da Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo,
Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, Ferrovie dello Stato Italiane, Rete
Ferroviaria Italiana, Fondazione FS Italiane e rappresentanti del Comune di
Trieste.
mI.B.
Quanto conosciamo i mari? Lo svela l'indagine dell'Ogs
Lo studio, realizzato a livello nazionale da Swg, fotografa luci e ombre.
I rischi della plastica sono noti all'81% degli italiani ma solo il 25% fa
attenzione ai rumori
L'emergenza Coronavirus ha accresciuto la consapevolezza della stretta
connessione tra salute del mare e salute umana: l'84% degli italiani è ben
consapevole dei rischi che l'attività antropica comporta per l'integrità dei
nostri mari. Ma mentre il pericolo per i nostri oceani rappresentato dalle
microplastiche e dai rifiuti è ben chiaro alla stragrande maggioranza delle
persone (l'81%), gli effetti dei cambiamenti climatici vengono ritenuti un
problema solo dal 60% dell'opinione pubblica. Sono alcuni dei risultati
dell'indagine "Gli italiani e la tutela del mare e dell'ambiente", promossa
dall'Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale - OGS e
realizzata da SWG su un campione rappresentativo di cittadini di tutt'Italia.Lo
studio, realizzato in tempi record, è il primo di una serie di sondaggi su
questo tema che coinvolgeranno vari Paesi dell'Ue e i risultati ottenuti sono
stati già trasmessi alle autorità europee competenti: nel prossimo programma
quadro settennale Horizon Europe si punta a un coinvolgimento sempre più
importante dei cittadini. L'indagine è stata presentata ieri a Trieste, in
occasione della Giornata Mondiale degli Oceani 2020, con una conferenza stampa
cui hanno partecipato l'assessore regionale Alessia Rosolen, il direttore
generale di Ogs Paola Del Negro, Cristina Pedicchio, membro del CdA di OGS e
presidente di Marevivo Fvg, e Maurizio Pessato, vicepresidente di SWG. I
risultati ottenuti dal sondaggio fotografano un'Italia a luci e ombre per quanto
riguarda la conoscenza delle tematiche legate alla tutela dei nostri mari: meno
della metà degli intervistati, il 47%, dichiara un buon livello di conoscenza
del mare. Tra i pericoli per la salute dei nostri mari sono ancora poco
percepiti quelli legati alla presenza di specie aliene (31%), che per esempio
per il nostro golfo hanno un peso importante, o quelli causati dal rumore
provocato dall'uomo (25%). Di positivo c'è che l'opinione pubblica è ormai ben
consapevole dell'urgenza di tutelare il mare: la rilevanza media data al tema è
di 8,7 punti su una scala da 0 a 10. I cittadini hanno ben compreso anche il
ruolo delle aree marine protette per la salvaguardia delle acque: il 35% degli
intervistati si dice favorevole a una loro estensione. Anche l'importanza
dell'economia del mare è chiara ai cittadini: il 71% si dichiara d'accordo nel
sostenerne lo sviluppo, a patto che tuteli l'ambiente e le biodiversità (58%) e
che utilizzi un approccio sostenibile (54%). C'è un 52% degli intervistati che
sosterrebbe la creazione di un ministero del Mare e un 66% che vorrebbe
un'apposita Agenzia europea. Si sa ben poco invece di ricerca marina, sia per
quanto riguarda l'Italia - il 47% non sa dell'esistenza della Laura Bassi, la
nuova nave rompighiaccio dell'OGS che i triestini hanno potuto ammirare durante
Trieste Next -, sia per il ruolo giocato dall'Europa in questo settore: la
conoscenza delle politiche Ue è davvero scarsa. «La nostra regione è un
territorio ideale per le ricerche e lo sviluppo dell'economia del mare», ha
dichiarato Rosolen, annunciando insieme a Ogs e Swg un futuro studio che si
concentrerà sui cittadini del Fvg.
Giulia Basso
IL PICCOLO - LUNEDI', 8 giugno 2020
Sequestro in Costiera sopra la super villa - Strada e muri abusivi. E piante
abbattute
Sigilli della Procura attorno alla ex "Ostuni", dove è in corso un
cantiere per l'accesso alla residenza. Sette gli indagati
Maxi sequestro in Costiera. La Procura ha messo i sigilli attorno al terreno di
una villa. È la ex "Ostuni", affacciata sul mare con annesso porticciolo
privato, passata nelle mani di una facoltosa famiglia russa. Il sospetto è che i
lavori per costruire la strada di collegamento tra la Costiera e l'abitazione
siano del tutto privi dei permessi necessari. Un abuso edilizio, in buona
sostanza. Il cantiere è ben visibile dalla stessa Costiera, passando si nota: si
trova al civico 196, a pochi metri dal ristorante "Tenda Rossa", sul lato destro
della strada per chi proviene da Sistiana in direzione Trieste. In quel punto,
in prossimità del guard rail, si apre un percorso in sterrato, a tornanti, che
scende verso la spiaggia. Ci sono una scavatrice e altri strumenti edili. Il
caso è finito sulla scrivania del pubblico ministero Federico Frezza, il
magistrato titolare dell'indagine, in seguito a una segnalazione. Qualcuno,
insomma, si è insospettito su quel viavai di operai e camion e sulla regolarità
dell'opera: il terreno asportato, la vegetazione abbattuta. E, soprattutto, la
strada in sterrato e i muri già realizzati. Adesso la proprietà è delimitata dal
nastro rosso e bianco della Polizia locale. È la municipale, dunque, che è
andata sul posto a chiudere la zona. E che evidentemente, come polizia
giudiziaria, in queste settimane sta affiancando il pm Frezza nell'attività di
accertamento, sia normativo che sul campo. Sui nastri sono appesi anche i
cartelli di avviso della Procura: "Area posta sotto il vincolo del sequestro
penale". Sono sette le persone iscritte nel registro degli indagati. Nell'elenco
compare innanzitutto la cinquantacinquenne Galina Lazareva, residente a Verona,
proprietaria dell'immobile e committente dell'opera. Stando a quanto si è
saputo, si tratterebbe della figlia di un magnate russo che avrebbe acquistato
anche alcuni appartamenti a Portopiccolo. Ma non ci sono conferme precise in
questo senso. Risultano indagati anche il titolare della ditta esecutrice dei
lavori, il trentasettenne di origini macedoni Faruk Kormakoski, residente a
Trieste e il direttore dei lavori, il cinquantottenne triestino Alessandro Zerbo.
E poi, ancora, la cinquantunenne russa Elena Nikiforova, residente a Treviso,
legale rappresentante della società "Avolare srl", nonché un socio della ditta,
il sessantacinquenne catanese Giuseppe D'Ambra, domiciliato a Portopiccolo:
Nikiforova è la delegata dal committente mentre D'Ambra è l'incaricato dei
lavori. Queste persone, secondo l'accusa mossa dal pm, hanno eseguito o fatto
eseguire opere edili abusive su un'area notoriamente posta a vincolo
paesaggistico. La Procura in questo caso contesta la costruzione di dieci muri
di contenimento di pastino, con lunghezze che variano dai sette ai 43 metri, con
altezze da 1,70 a 4,20 metri. Ma non è finita qui. Già, perché nel mirino del pm
c'è in particolare la strada sterrata che dalla Costiera adesso conduce alla
villa. Un percorso spuntato dal nulla. Per la sua costruzione sono stati
inevitabilmente intaccati la vegetazione, il terreno e dunque il paesaggio. Per
questa opera, nello specifico, sono chiamati a rispondere oltre che gli stessi
Lazareva, (proprietaria e committente appunto), Zerbo (come direttore dei
lavori) e D'Ambra (come socio della ditta incaricata), pure il trentanovenne
Pietro Micucci, residente a Trieste, titolare dell'impresa individuale "Pef
costruzioni", esecutrice della strada sterrata, e ancora il quarantasettenne
triestino Guido Prizzon, titolare dell'impresa individuale "Prizzon Guido", pure
questa esecutrice della strada. Il percorso è sterrato e segue un andamento
curvilineo a tornanti. Ha una larghezza media di 4,5 metri. Anche questa strada
sarebbe del tutto abusiva. Dagli accertamenti fin qui disponibili, è emerso che
le autorizzazioni paesaggistiche non sono state rilasciate, ma neppure
richieste. Sarebbe stato concesso soltanto il via libera di Fvg Strade per
tagliare il guard rail della Costiera. L'area, insomma, sarebbe stata deturpata.
Questo è il termine usato dall'autorità giudiziaria. La giustificazione che
sarebbe stata addotta dagli indagati - secondo cui il nuovo percorso in sterrato
è solo funzionale al cantiere, cioè alla ristrutturazione della casa e del
porticciolo, come consentito dalla normativa regionale - non ha convinto affatto
la Procura. Il motivo? Anche un intervento provvisorio necessita di
autorizzazioni e comunque deturpa il paesaggio. D'altro canto, viste le
dimensioni dell'intervento e gli sbancamenti (le asportazioni del terreno)
eseguiti, come sarebbe stato possibile ripristinare l'ambiente naturale
originario non appena conclusi i lavori? Gli inquirenti sono convinti che il
percorso realizzato rappresenti invece un vero e proprio ingresso alla villa
dalla Costiera, finora accessibile con comodità soltanto dal mare.
Gianpaolo Sarti
Le arnie distrutte diventeranno spazio didattico
Il consorzio apicoltori: «Le foto della struttura incenerita hanno fatto
il giro del mondo». Intesa con il Comune per avviare progetti dedicati alle
scuole
San Lorenzo. Coinvolgere in progetti didattici le scuole di San Lorenzo. È
uno degli obiettivi che si prefiggono il Comune e la Società agricola Landa
Carsica-Kraska Gmajna di Doberdò, proprietaria delle 21 arnie andate distrutte
in una sola notte il 10 maggio scorso a causa di un incendio doloso. Insieme le
due realtà intendono cogliere dalla triste vicenda verificatasi un mese fa
un'opportunità, e cioè insegnare il valore della natura ed in particolare
l'importanza delle api alle nuove generazioni. E così, mentre nel sito dove si è
verificato l'incendio sorgerà un nuovo apiario che sarà solidale con il
territorio e la popolazione locale, la presidente della società Sara Devetak, il
vice presidente Pietro Lombardo, l'apicoltore Dario Visintin, il presidente del
Consorzio degli apicoltori della provincia di Gorizia Pierantonio Belletti e il
sindaco Ezio Clocchiatti hanno posto le basi di tutta una serie di progetti. I
rappresentanti della Società Landa Carsica hanno spiegato che, anche alla luce
delle numerosissime attestazioni di vicinanza e solidarietà ricevute, la
risposta a un simile gesto non poteva che essere quella di costituire un apiario
che sia solidale con il territorio e con la sua gente. Con questo spirito la
Società Landa Carsica e il Consorzio degli apicoltori presenteranno quindi
all'amministrazione comunale di San Lorenzo una serie di proposte quali, ad
esempio, la possibilità di poter entrare nelle scuole per spiegare agli alunni
il mondo delle api, di organizzare delle uscite didattiche in apiario, o visite
organizzate attraverso la creazione di un tunnel in prossimità dell'apiario
all'interno del quale si potrà osservare il lavoro delle api in assoluta
sicurezza per i visitatori. Il sindaco Clocchiatti ha accolto con entusiasmo le
proposte degli apicoltori assicurando anche «un adeguato supporto per
contribuire al ripristino del patrimonio apistico e anche ai progetti solidali
che la società Landa Carsica e il Consorzio degli apicoltori stanno cercando di
promuovere». Il presidente del Consorzio degli apicoltori Belletti ha spiegato:
«Le immagini dell'apiario devastato dell'incendio hanno fatto il giro del
mondo».
Matteo Femia
IL PICCOLO - DOMENICA, 7 giugno 2020
Indumenti abbandonati nei boschi della Val Rosandra - Nuova pulizia dei
volontari
Una cinquantina i sacchi raccolti da due associazioni intervenute - Il
sindaco Klun sui passaggi di migranti: «La situazione è pesante»
SAN DORLIGO. Una cinquantina di sacchi per le immondizie, pieni di
pantaloni, giacche, scarpe, residui di contenitori di cibi e bevande. Il tutto
riconducibile al passaggio dei migranti lungo la cosiddetta "rotta balcanica",
fenomeno che, nelle ultime settimane, ha conosciuto una robusta ripresa. È
questo il risultato dell'operazione portata a termine ieri, dal mattino al primo
pomeriggio, dai volontari che fanno parte della sezione triestina del Reparto
sportivo dell'Associazione lagunari truppe anfibie (Alta), assieme a quelli
dell'associazione Val Rosandra. Una ventina di persone, che hanno completato un
percorso iniziato nelle boscaglie di Draga e Pese, esauritosi nei pressi di
Basovizza, con il dichiarato intento di pulire una zona in cui transitano
migranti. «Ma abbiamo trovato anche immondizie che sono frutto del comportamento
incivile di nostri concittadini - ha spiegato Giorgio Calcara, uno dei volontari
- come un vecchio televisore, pezzi di plastica di varie dimensioni e colori,
addirittura una parte del motore di uno scooter». I volontari dell'Alta e
dell'associazione Val Rosandra avevano effettuato un'operazione simile anche una
settimana fa, concentrandosi sulla zona di Bottazzo, la piccola frazione situata
alla fine della Val Rosandra, sempre nel territorio comunale di San Dorligo.
«Anche in quel caso - ha ricordato il presidente della sezione triestina
dell'Alta, Alioscia Cazzador - avevamo riempito una cinquantina di sacchi, che
poi provvediamo a lasciare, sulla base di un preciso accordo, nei pressi del
Centri di raccolta, dove sono le aziende incaricate dell'asporto rifiuti a
procedere per la fase successiva. I migranti - ha aggiunto - sanno di doversi
cambiare non appena arrivano in territorio italiano, perché così eliminano ogni
prova che possa confermare il fatto che arrivino dalla Slovenia». Entrambe le
operazioni si sono svolte d'intesa con l'amministrazione comunale di San
Dorligo, ormai da tempo alle prese con il fenomeno dell'abbandono di vestiti
nelle boscaglie da parte dei migranti. «Ringrazio questi volontari - ha
sottolineato il sindaco, Sandy Klun - perché questa situazione sta diventando
pesante. Nelle ultime settimane abbiamo constatato che i sentieri che percorrono
sono sempre più lontani dalle abitazioni e dalle vie di passaggio. Evidentemente
stanno cercando varchi finora sconosciuti - ha concluso - per mettere in
difficoltà le forze dell'ordine».
U. SA.
Dopo il delfino trovata spiaggiata a Grado anche una tartaruga
GRADO. Stessa spiaggia stesso mare, ma in questo caso non c'è nulla da
cantare né da ballare. L'altro ieri un delfino, ieri una tartaruga della specie
caretta caretta. Gli animali morti spiaggiati sono stati rinvenuti poco dopo
l'alba sulla battigia della spiaggia della Costa Azzurra, vicino alla scogliera
nel tratto di arenile libero. Per competenza è intervenuto Circomare che a sua
volta ha fatto intervenire gli operai del Comune per lo sgombero della carcassa
della tartaruga.Non è raro, anzi è piuttosto frequente, rinvenire a riva
tartarughe morte (l'altro giorno una anche a Sistiana); raro invece il
rinvenimento di un delfino. In questo caso si dovrà attendere l'esito dell'esame
cui l'animale è stato sottoposto all'istituto zooprofilattico di Padova. I
delfini sono una piacevole presenza al largo di Grado e ne sanno qualcosa i
passeggeri del Delfino Verde spesso deliziati dai salti gioiosi di questi amici
molto... umani.
IL PICCOLO - SABATO, 6 giugno 2020
Alberi della pineta di Barcola, entra nel vivo il piano potature
Al via gli interventi messi in agenda in primavera e poi
sospesi causa lockdown. Osservati speciali centinaia di pini e conifere ritenuti
dai tecnici bisognosi di cure
Scatterà nei prossimi giorni l'operazione di "restyling" delle
alberature della pineta di Barcola. Un piano di manutenzione inizialmente
previsto per l'inizio della primavera e in seguito posticipato di un paio di
mesi dall'amministrazione comunale a causa del blocco dei cantieri imposto
dall'emergenza coronavirus. Rendendosi necessario recuperare il tempo perduto,
l'operazione "taglio alberi" avrà inizio entro l'inizio della prossima
settimana, quando i tecnici del servizio comunale verde pubblico provvederanno a
sfrondare le chiome delle piante che presentano le situazioni di maggiore
pericolo. Si tratta di una spesa che sfiora i 50 mila euro e che ha avuto
l'approvazione della giunta comunale soltanto pochi giorni fa. «È un'operazione
relativa alla manutenzione periodica dei rami che non comporterà abbattimenti di
alberi - sottolinea l'assessore ai lavori pubblici Elisa Lodi - ma è solo volta
a mettere in sicurezza l'area, molto frequentata nel periodo estivo.
Un'operazione che partirà nei prossimi giorni, accelerando i tempi
dell'intervento in modo da garantire maggiore tranquillità ai fruitori della
pineta». Gli interventi di potatura fanno seguito al lavoro di censimento
operato lo scorso autunno dallo stesso servizio strade e verde pubblico. In
quella circostanza i tecnici comunali avevano provveduto a valutare la stabilità
e lo stato di salute degli alberi presenti all'interno della pineta. La
relazione finale aveva permesso di censire la presenza di quasi 900 alberi in
una parte di terreno relativamente modesto. Si tratta quasi esclusivamente di
pini, ma vi sono presenti anche altre conifere, comunque alberi che presentano
numerosi rami secchi di varie dimensioni, alcuni però cresciuti notevolmente nel
corso degli ultimi mesi. I pini, fanno sapere dal Comune, hanno la particolarità
di effettuare una sorta di auto-potatura, che consiste nel distaccamento dei
rami più bassi e secchi. Un fenomeno da queste parti accelerato a causa dei
venti di bora e che possono comportare anche episodi spiacevoli, come la caduta
accidentale di rami addosso alle persone che in questo periodo sono solite
stendersi all'ombra dei pini barcolani. Oltre alla potatura ordinaria degli
alberi, il Comune ha poi riservato parte delle risorse a disposizione per
eventuali interventi di potatura a chiamata, su segnalazioni o come conseguenza
di particolari eventi meteorologici, da eseguire in emergenza entro 24 ore
dall'avvenuta comunicazione.
Lorenzo Degrassi
«Zona 30 a Opicina, modalità sbagliate» - i perché della protesta
OPICINA. «Non siamo contrari alla Zona 30, ma alle modalità attraverso le
quali il Comune intende attuarla». È questa la precisazione che arriva
dall'associazione per la Difesa di Opicina e dal consorzio "Insieme a Opicina",
all'indomani della replica dell'amministrazione alle proteste giunte dai
residenti sul progetto che punta alla rimodulazione del traffico nella frazione
dell'altipiano e, più precisamente, nell'area che va da via Carsia al capolinea
del tram. «Prevedere un limite di velocità per i mezzi in transito - sottolinea
Mauro Drioli, portavoce della protesta - è una soluzione più che giusta.
Giudichiamo invece cervellotica e sbagliata la scelta che implica la costruzione
di un marciapiede lungo un lato della via della Vena, che porterebbe soltanto
disagi. Il tutto - aggiunge - quando sull'altro lato ne esiste già uno in ottime
condizioni, che basterebbe completare. Quello che ci trova contrari - conclude
Drioli - è proprio l'idea che sta alla base del progetto, che verrebbe a
snaturare e a penalizzare una zona di Opicina che invece necessita di quei
parcheggi che, in base all'idea del Comune, sparirebbero».
u.sa.
MESSAGGERO VENETO - VENERDI', 5 giugno 2020
«Zero emissioni gas serra» La svolta green della Regione
Otto mesi per predisporre la prima bozza di programma e un anno per concretizzare un confronto ufficiale con Unione Europea, Stato e autorità finanziarie. Infine, entro 18 mesi, la stesura del documento definitivo con la valutazione delle risorse e delle modalità di reperimento dei fondi europei necessari per avviare la candidatura del Friuli Venezia Giulia al ruolo di Regione pilota nel campo della sperimentazione verso un'economia a emissioni zero di gas a effetto serra. Queste le tempistiche prospettate dall'assessore regionale all'Ambiente, Fabio Scoccimarro, davanti alla quarta Commissione consiliare, presieduta da Mara Piccin (Fi). Un obiettivo, quello auspicato da Scoccimarro, legato al grande progetto del Green Deal europeo, insieme di iniziative politiche portate avanti dalla Ce per raggiungere la neutralità climatica in Europa entro il 2050. «Si tratta di una candidatura e non di un bando - ha specificato l'assessore - che segue la decisione favorevole da parte della Giunta in merito all'operatività del progetto». Progetto lungo 25 anni «e perciò - ha detto Scoccimarro - serve l'adesione di tutte le forze sociali e politiche, indipendentemente dall'orientamento di chi sarà chiamato a governare. E saranno coinvolti tutti gli assessorati». Se la candidatura andrà a buon fine «il Fvg si impegnerà a conseguire gli obiettivi della neutralità in tempi più ristretti rispetto gli altri Paesi. Quindi, è necessario avviare quanto prima il processo che consentirebbe di predisporre il documento da sottoporre alla Commissione Europea». L'obiettivo è quello di pervenire progressivamente alla neutralità delle emissioni attraverso una media annua pari almeno al -4% rispetto quelle attuali. I temi chiave per convincere la Ce, invece, sono due: l'adattamento ai cambiamenti climatici e l'educazione dei cittadini all'adozione di comportamenti virtuosi».
CRISI SANITARIA È CRISI CLIMATICA
Ci sono alcune similitudini tra le due crisi sanitaria e climatica: sia il virus, sia i gas ad effetto serra travalicano i confini nazionali, rendendo la crisi globale; in entrambi le crisi, i soggetti colpiti si trovano sovente tra i gruppi sociali più deboli e vulnerabili, mentre ricchezza e censo contribuiscono ad attraversare le emergenze relativamente illesi. La differenza fondamentale, invece, che dovremmo ricordare ogni giorno, sta nel fatto che il Covid- 19, con una letalità stimata intorno all'1%, non pone enormi rischi significativi alla sopravvivenza della popolazione mondiale. Al contrario, l'inazione climatica può far saltare i meccanismi di regolazione globale del clima sulla Terra, portando a danni irreversibili per la popolazione umana e la biosfera. Le due crisi inoltre interagiscono tra di loro. A livello mondiale, fermare ampi settori portanti dell'economia come industrie, mobilità, commerci, ha portato nell'aprile 2020, secondo l'Agenzia Internazionale per l'Energia, a una riduzione del 17% delle emissioni di gas serra rispetto allo stesso periodo nel 2019. La stessa Agenzia si spinge oltre, prevedendo che nel 2020, a causa dell'impatto del Covid- 19 sull'economia, vi sarà una riduzione di circa il 7% delle emissioni industriali rispetto al 2019, la più grande caduta di emissioni climalteranti dalla seconda guerra mondiale. Tuttavia, anche con un fermo di tali proporzioni e su scala globale, inimmaginabile come scelta di responsabilità climatica in assenza della pandemia, questa riduzione è di gran lunga ancora insufficiente per ridurre il riscaldamento globale. I piani di salvataggio o bail out con denaro, pubblico, europeo e nazionale sono un'eccellente leva per reindirizzare settori come l'aviazione, l'industria automobilistica, quella energetica e quella alimentare. Non bisogna confondere la - dannosa - recessione con la benefica riduzione di produzioni insostenibili e ripartire mettendo in discussione il nostro sistema socio-economico. Serve un bail out massiccio per la Terra. Non sprechiamo questa occasione, che potrebbe essere l'ultima.
Silvia Antonelli esperta nazionale già nella Commissione europea per le tematiche agricoltura, foreste e clima
IL PICCOLO - VENERDI', 5 giugno 2020
Ambiente: la mappa che porta dall'inferno al paradiso
«La terra è un paradiso, l'inferno è non accorgersene»: l'aforisma di Jorge Luis Borges è tanto più vero oggi, Giornata mondiale dell'Ambiente, proprio mentre viviamo nel tempo sospeso dalla pandemia. L'ambiente, ciò che ci circonda - è infatti il participio presente ambiens del latino ambire che significa appunto circondare - svuotato dalla nostra pesante presenza si è ben presto ripreso il suo spazio. Lo spazio della nostra assenza lo ha ripopolato di animali e piante, una presenza che prima si nascondeva, fino addirittura a sparire. La perdita continua di biodiversità, ovvero la scomparsa di molte specie vegetali e animali, ci ricorda la tragica combinazione fra la presenza dell'uomo e l'assenza del mondo vegetale e animale. È bastato un attimo, se contato con la metrica dell'evoluzione, e ribaltare la presenza con l'assenza per ripopolare quello spazio perso. Nel 2020, anno bisesto e funesto, siamo tuttavia a un punto di svolta obbligato: paradiso oppure inferno? Se il riscaldamento globale dovesse continuare con il ritmo attuale, entro la fine del secolo scatterà - spiegano gli scienziati che si occupano del fenomeno - un allarme estinzione per il 73 per cento delle specie animali e vegetali di tutto il mondo. Una scoperta però è confortante, anche se non è ancora il paradiso: la parola "ambiente" esce finalmente da qualsiasi concetto astratto ed entra con gradita prepotenza nel lessico delle priorità della nostra vita. Ben sette italiani su dieci (il 68%, per la precisione) sanno correttamente spiegare la "biodiversità" come «una molteplicità di specie animali, vegetali e microorganismi» e con altrettanta precisione quattro italiani su dieci collegano la perdita di biodiversità e l'alterazione degli equilibri ed ecosistemi a conseguenze rilevanti se non addirittura catastrofiche per l'abitabilità terrestre, come la pandemia Covid-19.Solo un italiano su dieci (il 9%) ritiene che non valga la pena preoccuparsi, e che la perdita di biodiversità sia fisiologica nell'evoluzione degli ecosistemi, ma nell'insieme oltre i 3/4 dell'opinione pubblica hanno colto la serietà delle condizioni. Sono i dati del nuovo Rapporto #Biodiversità, I care 2020 dell'Osservatorio Waste Watcher di Last Minute Market/Swg, appena diffusi da Fondazione Fico con la campagna Spreco Zero. L'indagine è stata condotta dal 27 al 29 maggio su 1000 soggetti in tutta Italia, secondo un campione statistico. Preservare la biodiversità, quindi, ma come? Secondo un italiano su due (50%) sono necessari e urgenti prodotti e detersivi a basso impatto ambientale, mentre per il 42% degli intervistati la strada è privilegiare la varietà di prodotti agroalimentari del territorio attraverso la spesa della famiglia. Soluzioni che dimostrano la comprensione dei pericoli in atto, e non di difficile attuazione. Molto resta da fare in vista degli Obiettivi di sviluppo dell'Agenda 2030, ed è questo il momento per uno scatto decisivo... verso il paradiso.
Andrea Segrè presidente della Fondazione Fico e fondatore di Spreco Zero
Ferriera, accordo in stand by La Regione rassicura gli operai
Fedriga e Rosolen ricevono Fim, Uilm, Failms e Usb e garantiscono lo sblocco Oggi scende in piazza la Fiom. Il caso D'Agostino alimenta nuovi interrogativi
Una giornata «positiva», al netto delle incognite sulla decadenza del presidente dell'Autorità portuale Zeno D'Agostino sentenziata dall'Anticorruzione, di cui si è saputo in serata. Questo in sintesi il commento delle sigle sindacali Fim, Uilm, Failms e Usb al termine del duplice incontro avvenuto ieri al mattino con il prefetto e nel tardo pomeriggio sia con il governatore Massimiliano Fedriga che con l'assessore regionale al Lavoro Alessia Rosolen. Il tema, caldo, riguardava ancora una volta la data per la firma dell'accordo di programma sulla Ferriera di Servola. Indicata una prima volta per il venerdì della scorsa settimana e poi rinviata a data da destinarsi. Spostamento che aveva fatto nascere nei sindacati malumori e più di qualche dubbio, tanto che oggi la Fiom, unica sigla a non aver sostenuto l'accordo scenderà in piazza per protestare contro i ritardi.«La preoccupazione è forte e l'ansia tra i lavoratori ancora di più - avevano esternato in una voce unica i rappresentanti sindacali ieri all'uscita dall'incontro con il prefetto - e abbiamo paura di entrare in un punto di non ritorno. Il clima disteso dei giorni scorsi è sempre più difficile da mantenere». In serata, dopo l'incontro con i rappresentanti del governo regionale, l'inversione di marcia in senso positivo. «Fedriga e Rosolen ci hanno confermato che l'accordo di programma non è in discussione - il commento delle quattro sigle sindacali al termine dell'incontro - ma in questi giorni il lavoro si è concentrato sul fissare quelle ulteriori garanzie occupazionali previste in aggiunta a quanto già stipulato nell'ambito dell'accordo sindacale del 20 gennaio scorso. In tal senso riteniamo l'impegno assunto dalla Regione positivo e in piena coerenza con i dettami sanciti da tale accordo. Lo stesso presidente Fedriga - si legge sempre nella nota emessa dalle quattro sigle sindacali del metalmeccanico - ha affermato che la settimana prossima è programmato un'ulteriore incontro con i soggetti privati coinvolti nell'accordo propedeutico alla conclusione dello stesso». Un passo in avanti verso la firma, dunque, anche se ora si aggiunge un altro rebus: chi firmerà l'accordo per l'Autorità portuale dopo che in serata si è saputo della decadenza dall'incarico di D'Agostino? E ciò influirà sui tempi? La decisione di chiedere un incontro con le istituzioni, da parte di Fim, Uilm, Failms e Usb, era sorta ieri l'altro nel corso di un'assemblea online organizzata dai lavoratori della Ferriera. E sempre in ambito Ferriera, proprio ieri è uscita una nota sulla Gazzetta Ufficiale, nella quale si rende noto l'aggiornamento dell'autorizzazione ambientale integrata alla centrale termoelettrica "Cet" di Servola. «Questa proroga è un'altra notizia positiva - sottolinea il segretario provinciale Uilm Antonio Rodà - e rappresenta un senso di continuità per il percorso di conversione intrapreso».
Lorenzo Degrassi
«No alla Zona 30» Abitanti ed esercenti in rivolta a Opicina
«Meno posti auto, più rischi: pronti a bloccare il traffico» Comune e Circoscrizione «Piano già condiviso in passato»
OPICINA. «Siamo pronti a dare vita a un sit-in e a bloccare il traffico se dovesse servire, perché quello che si sta facendo in alcune delle nostre strade è un autentico scempio». Sono sul piede di guerra molti residenti e commercianti di Opicina, rappresentati in questo frangente dall'associazione per la Difesa di Opicina e dal consorzio "Insieme a Opicina". A scatenare la loro vivace reazione, l'avvio del cantiere, inserito nel più ampio contesto della realizzazione della "Zona 30" nell'area situata fra via Carsia e il capolinea del tram. In particolare, contestano il progetto che prevede, in via della Vena, la nascita di un marciapiede lungo il lato destro della strada in direzione del ricreatorio. «È un'idea sbagliata - hanno detto ieri Nadia Bellina e Dario Vremec, presidenti rispettivamente del consorzio e dell'associazione, e Mauro Drioli, rappresentante dei residenti nella via - perché il marciapiede da utilizzare, in buona parte già realizzato e in ottime condizioni, sarebbe quello sul lato opposto, cioè a sinistra in direzione del ricreatorio. Intervenire sul lato destro - hanno sottolineato - comporterebbe la scomparsa di parcheggi utili a tutti, obbligherebbe i bambini che escono dalla scuola e vanno al ricreatorio ad attraversare più volte la carreggiata e metterebbe in difficoltà i proprietari delle case che insistono su quel lato, perché situate più in basso rispetto al livello stradale. In caso di pioggia, l'acqua diventerebbe un problema». Immediata la replica del Comune e della Circoscrizione. «Il progetto risale all'epoca della giunta Cosolini e noi lo abbiamo portato avanti con modeste correzioni - ha detto l'assessore Luisa Polli - perciò si tratta di un'idea trasversale, che ha trovato il riscontro in due esecutivi di segno diverso, a conferma della sua bontà. Ricordo - ha proseguito - che la Zona 30 è il risultato di un attento e moderno studio, basato sui migliori criteri di mobilità». Anche Marko De Luisa, presidente della Circoscrizione, concorda: «Il progetto Zona 30 è stato più volte affrontato dalla Consulta, davanti ai residenti di Opicina - ha ricordato - e discusso nel corso di una pubblica assemblea, alla presenza dell'assessore Polli, senza suscitare proteste». Rispondendo poi a chi, qualche giorno fa, aveva proposto i dossi in luogo dei restringimenti per garantire il rispetto del limite a 30 all'ora, De Luisa ha spiegato che «essi sono pericolosi per motociclisti e ciclisti, oltre che rappresentare un problema per i mezzi di emergenza». Massi (Lega) invoca l'utilizzo dei filmati contro la sosta selvaggia Il sindaco Klun: «Ma prima va completato l'iter riguardante le Ztl»
Ugo Salvini
«Si usino le telecamere esistenti per multare i furbetti a Bagnoli»
SAN DORLIGO DELLA VALLE. «Le telecamere ci sono, basta usare i filmati e mandare le multe a chi se le merita. È il Comune a essere carente su questo fronte». L'accusa è di Roberto Massi, capogruppo della Lega in seno al Consiglio comunale di San Dorligo. Accusa che arriva pochi giorni dopo la concitata giornata di domenica quando, per salvare un 17enne caduto nel torrente Rosandra, i mezzi di soccorso hanno trovato notevoli difficoltà, perché la strada di accesso alla Valle era intasata da vetture. Tutte in sosta vietata. «È notorio da anni che, nel tratto fra la piazza di Bagnoli e Bagnoli superiore cioè lungo la strada che porta alla Valle - sottolinea Massi - sono in vigore sia il divieto di transito sia quello di sosta. Sono state sistemate in vari punti anche le telecamere per rilevare le violazioni - aggiunge - perciò non capisco perché l'amministrazione non provveda. Si profila anche l'ipotesi di un danno erariale - continua l'esponente leghista - in quanto le multe rappresenterebbero entrate da utilizzare per opere pubbliche o comunque per interventi a favore dell'intera collettività. Non dimentichiamo - conclude - che le conseguenze per un eventuale mancato o ritardato intervento di soccorso, dovuto a presenze di automobili non autorizzate, potrebbe originare responsabilità anche penali». «Per poter usare i filmati - replica il sindaco di San Dorligo, Sandy Klun - bisognerebbe aver già predisposto la normativa delle cosiddette Zone a traffico limitato, operazione non semplice. Certo, c'è un sistema da integrare e correggere e ci stiamo lavorando, ma i risultati non si possono raggiungere in poco tempo. Ricordo inoltre che esistono anche le contestazioni alle multe comminate attraverso l'uso dei filmati e in quel caso le complicazioni sarebbero notevoli. Posso però garantire - conclude il sindaco - che nella zona sono molto attivi i Carabinieri, che stanno elevando numerose multe e che, a breve, avremo il quarto vigile urbano in dotazione alla nostra Polizia locale, perciò saremo più presenti».
«Bonus bici per tutti» - Appello pure da Muggia
MUGGIA. C'è anche la consigliera comunale di Muggia Anna Demarchi tra i dieci consiglieri di altrettanti Comuni del Friuli Venezia Giulia che chiedono alla Regione di estendere all'intero territorio regionale il "bonus bici". Muggia, 15.mo comune più popoloso del Fvg, stando a quanto previsto dal "Decreto Rilancio", è tagliato fuori, in quanto non capoluogo di provincia e con meno di 50 mila residenti. «Il "bonus bici" previsto dal "Decreto Rilancio" - così, all'unisono, i dieci consiglieri - è una misura molto positiva per costruire un nuovo modello di mobilità». Ma proprio per questo i consiglieri "ribelli" chiedono che «la Regione intervenga con un proprio provvedimento per estendere in maniera lungimirante il bonus a livello regionale». L'invito dei "dieci" a tutti gli altri consiglieri comunali e alla cittadinanza è di firmare la petizione online su www.change.org/p/massimiliano-fedriga-estendere-il-bonus-bici-in-fvg.
MESSAGGERO VENETO - VENERDI', 5 giugno 2020
Dieci comuni chiedono di ampliare il bonus bici
I consiglieri di 10 Comuni (Campoformido, Cervignano, Cividale, Codroipo, Cormons, Monfalcone, Muggia, San Vito al Tagliamento, Tavagnacco, Tolmezzo) lanciano una richiesta al presidente Massimiliano Fedriga: estendere il "Bonus bici" a tutta la Regione Friuli Venezia Giulia. E per farlo promuovono anche una raccolta firme. «Il "bonus bici" previsto dal Decreto Rilancio è una misura molto positiva per costruire un nuovo modello di mobilità, di cui oggi, anche dopo questa emergenza sanitaria, c'è davvero un grande bisogno», scrivono in una nota i dieci consiglieri comunali. «È ora infatti di puntare sulla mobilità sostenibile, mettendo al centro mezzi alternativi come la bicicletta, ripensando tutto in termini di spostamenti e sicurezza quotidiana. D'altra parte la bicicletta è un veicolo a tutti gli effetti e le piste ciclabili, in base alla legge 2/2018, hanno la stessa dignità di strade, autostrade e ferrovie». «Il "bonus bici" del Decreto Rilancio (un massimo di 500 euro per coprire fino al 60% dell'acquisto di un nuovo mezzo) porterà effettivamente nei Comuni tante biciclette adatte a sostituire l'auto, come quelle a pedalata assistita. La platea di Comuni della nostra Regione per cui è previsto l'incentivo, però, è ristretta ai soli capoluoghi di provincia, escludendo così un numero importante di centri abitati», sottolineano ancora i consiglieri. «Per questo, ritenendo la misura nazionale positiva per la strada intrapresa, chiediamo che la Regione Friuli Venezia Giulia intervenga con un proprio provvedimento per estendere in maniera lungimirante il bonus a livello regionale. Il nostro auspicio è davvero che venga esteso a tutti i Comuni in modo da favorire un cambiamento nella mobilità quotidiana a vantaggio di tutti i cittadini e di ogni territorio della nostra Regione». «Invitiamo tutti gli altri consiglieri comunali e i cittadini a unirsi a noi in questa semplice richiesta dal valore strategico», dicono ancora i promotori dell'iniziativa. E per raccogliere le adesioni hanno lanciato anche una raccolta firme on line. Chiunque volesse sottoscrivere la loro proposta al presidente Fedriga può firmare al seguente indirizzo: https://www.change.org/p/massimiliano-fedriga-estendere-il-bonus-bici-in-fvg.
IL PICCOLO - VENERDI', 5 giugno 2020
Il termovalorizzatore della discordia Possibile verdetto l'11 giugno a Trieste
MONFALCONE. Potrebbe arrivare forse già la prossima settimana il "verdetto" sul termovalorizzatore che Nord Composites Italia srl, fabbrica di 25 mila metri quadrati impiantata al civico 61 di via Timavo, in zona Lisert, sta provando a costruire per abbattere l'incidenza dei costi di smaltimento dei rifiuti liquidi residui di lavorazione, cioè l'acqua di esterificazione. Dopo che il progetto è stato bersagliato dalle osservazioni di associazioni e Comuni, nel momento in cui l'azienda ha depositato lo scorso novembre in Regione (Servizio tutela da inquinamento atmosferico, acustico ed elettromagnetico) l'istanza di rilascio del Paur, propedeutico all'ottenimento di Aia e Via, la direzione ha completato le sue risposte, inviandole all'ente sovraordinato nei termini, a metà aprile, quando il Paese era da capo a piedi immerso nell'emergenza sanitaria del Covid-19. L'iter, insomma, è andato avanti e la prossima settimana, giovedì alle 10, è prevista a Trieste l'attesa Conferenza dei servizi, dalla quale forse già uscirà il responso sulla procedibilità della realizzazione. L'appuntamento però, per le misure restrittive dettate dal contenimento dei contagi, sarà solo a distanza, vale a dire in videoconferenza. Da quella sede, comunque, potrebbe uscire un definitivo parere oppure l'ulteriore richiesta di integrazione, con la convocazione di una seconda seduta, non più riaggiornabile, ma con decisivo ed esplicito responso. L'azienda monfalconese realizza fino a 350 tipi di resine sintetiche, poliestere ed alchidiche, per una produzione annua che - fino a prima del coronavirus - superava le 28 mila tonnellate di resine sintetiche, poliestere ed alchidiche, su una capacità massima di 34 mila, un terzo composta da materiale non pericoloso (8 mila ton). E un fatturato di 45 milioni, l'1% appunto eroso nella movimentazione e smaltimento dei rifiuti liquidi, 50-60 mila chili di scarti a settimana in transito su autocisterna. Che invece l'azienda vorrebbe bruciare con il nuovo termovalorizzatore, del valore di un milione di euro. Nel lockdown, in possesso dei codici Ateco per la filiera essenziale, Nord Composites ha continuato a lavorare, rimanendo sempre aperta. Ha anche riconvertito la sua produzione creando gel per la sanificazione, che ora continua a sfornare a uso interno. È stata fatta la richiesta di cassa integrazione per i 52 dipendenti a causa della diminuzione dei volumi, ma per ora non applicata. Lo riferisce il direttore Morris Cernic: «Si sta facendo ruotare il personale nei turni e si è ricorso all'utilizzo delle ferie individuali e congedi parentali per sopperire al calo produttivo, stimato sul 30%». Conseguenza soprattutto del fatto che le attività in Italia per tre mesi di fila si sono congelate. «Ora c'è stato il riavvio - conclude Cernic - ma la ripresa è lenta e stimo che si tornerà ai livelli pre Covid appena verso fine anno. Se producevamo 2.500 tonnellate al mese ora viaggiamo invece sulle 1700 ton».
Tiziana Carpinelli
Presto in Regione le 500 firme che dicono no a Pecol dei Lupi
Il Comitato le consegnerà in piazza Oberdan accompagnato da cinque consiglieri Alla base della protesta c'è il conferimento di 47 mila metri cubi di secco residuo
Cormons .Arriverà nei prossimi giorni in Consiglio regionale la battaglia del Comitato No Pecol per impedire il conferimento di nuovo materiale secco residuo nella discarica alle porte di Borgnano. La prossima settimana, infatti, la petizione promossa dal Comitato verrà portata all'attenzione di piazza Oberdan, sostenuta anche da cinque consiglieri regionali di opposizione: Tiziano Centis (Cittadini), Diego Moretti (Partito democratico), Furio Honsell (Gruppo Misto), Ilaria Dal Zovo (Cinquestelle) e Massimo Morettuzzo (Patto per l'Autonomia).Nel testo della raccolta si parla di 443 firme, ma il numero negli ultimi giorni è ulteriormente lievitato sfiorando quota 500: non solo, oltre a quelle cartacee ce ne sono anche 356 online (sebbene molte di queste siano di persone che hanno firmato anche quella cartacea) sul sito Change.org. La petizione "Chiusura della discarica Pecol dei Lupi senza nuovi conferimenti" ha Claudio Bertos, tra i promotori del Comitato, come primo firmatario e nasce per ribellarsi all'idea di altro materiale secco residuo che possa essere immesso nel sito alle porte di Borgnano una volta dissequestrato dalla magistratura. L'area è ancora off-limits a causa di una disposizione giudiziaria, ma il piano studiato da Isontina Ambiente prevede di riempire il buco ancora esistente con 47 mila metri cubi circa di secco residuo (cifra superiore ai 35 mila metri cubi inizialmente supposti).«Proprio le cifre ci preoccupano - commenta Bertos, residente a Borgnano - perché questo continuo ballo di numeri non ci fa ben sperare: nei mesi scorsi l'azienda non ci aveva mai parlato, durante gli incontri pubblici, di 47 mila metri cubi, ma di una quota molto inferiore. Poi, ci siamo ritrovati nel progetto questo volume da riempire, e la cosa ci sconcerta parecchio. Noi ci battiamo contro ogni tipo di conferimento, la salute pubblica deve essere messa davanti a tutto: la discarica si può chiudere così com'è, non servono nuovi conferimenti. Abbiamo ricevuto un appoggio molto ampio, se si pensa che tra cartaceo e online abbiamo messo insieme circa 850 firme in pieno periodo pandemico, e dunque senza la possibilità di muoverci a raccogliere consensi come avremmo voluto si può capire la grande presa che la nostra battaglia ha avuto nella nostra comunità. Solo qualche anno fa una simile raccolta firme a Borgnano aveva infatti raccolto circa 200 adesioni». La lotta del Comitato non si fermerà all'incontro in Regione: «Stiamo predisponendo - aggiunge Bertos - una lettera aperta ai cittadini in cui rendiamo conto di quanto successo in tutto quest'ultimo periodo. La popolazione deve essere informata dei dettagli: siamo molto preoccupati anche per la situazione relativa ai pozzi, dei quali non si conoscono i dati di Arpa». Nel testo inviato in Regione, i promotori dell'iniziativa scrivono come «sia nostra intenzione impedire che il Comune di Cormons diventi di nuovo la discarica dell'Isontino». Chiedono inoltre che «vengano attentamente vagliate proposte alternative per la chiusura definitiva» nonché «maggiore trasparenza nella gestione di Pecol e nella pubblicazione dei dati ambientali». Il Comitato evidenzia inoltre come gli aspetti per esso più significativi siano «salute e ambiente». Il gruppo di cittadini aderenti all'iniziativa pretende inoltre «un intervento che non sia dettato unicamente da motivi economici e di rapidità».
Matteo Femia
Altri nidi a Porto San Rocco La "casa" delle rondini è qui
Installate nuove dimore artificiali dalla onlus Liberi di Volare tra i portici del borgo L'amministratore Pacini: «La legge tutela la specie dal calo demografico»
MUGGIA. Porto San Rocco sempre più casa delle rondini. Ieri mattina lungo i portici del borgo muggesano sono state messe a dimora, con l'ausilio del socio dell'associazione onlus Liberi di Volare, Fabio Strolego, altre due casette - due erano già state installate nel pomeriggio del giorno prima - per questi utilissimi volatili. Il montaggio dei due nuovi nidi, sul lato dei portici che si affaccia lungo l'ex bacino di carenaggio dello storico ex cantiere muggesano, è stato l'occasione per vedere come le rondini abbiano eletto a dimora prediletta questo angolo di Adriatico settentrionale. Basta passeggiare per i vialetti per imbattersi in questi velocissimi uccelli, che sfrecciano in direzione dei nidi che l'associazione Liberi di Volare, onlus che tutela e protegge questi splendidi piccoli viaggiatori che ogni anno ritornano a casa, ha contribuito, nel corso degli anni, a installare. «Una rondine - ha spiegato la presidente dell'associazione, Silvana di Mauro - compie ogni anno una migrazione di ben 14 mila chilometri per tornare al suo luogo natio e riprodursi, e il suo nido è per la vita, come è anche per la vita il suo compagno o la sua compagna con cui far famiglia».E infaticabili appaiono nel portare al nido numerosissimi insetti che, trasformati in bolo custodito nelle guance durante il volo, vengono portati direttamente ai voraci beccucci dei piccoli. Oltre ai nidi si è posta l'attenzione anche alla sicurezza di questi simpatici uccelli: ieri sono state installate anche alcune lastre sagomate in plexiglas che, al posto degli spuntoni metallici antipiccioni, pericolosissimi per questi animali, non permettono la sosta sulle plafoniere, proteggendole. «Siamo riusciti a installarne alcune - ha proseguito di Mauro - ma le plafoniere sono tante e abbiamo bisogno di un aiuto finanziario per arrivare a ricoprirle tutte». Ma pare che non tutti abbiano la stessa sensibilità al riguardo. Le rondini purtroppo, come spiegato da Marco Pacini, amministratore immobiliare che conosce a fondo la realtà di Porto San Rocco e che da anni sostiene il progetto sul ripopolamento del borgo da parte delle rondini portato avanti dall'associazione, «sono in notevole decremento demografico, ecco perché la legge le tutela. E chi danneggia i loro nidi incorre in un reato penale. Purtroppo la situazione nel corso degli anni non sempre è stata delle migliori per i volatili di Porto San Rocco: «Anni fa - sempre Pacini - in occasione dei lavori di rifacimento e ristrutturazione delle facciate furono distrutti alcuni nidi naturali». Fortunatamente le rondini non si sono arrese e al ritorno dalla migrazione hanno continuato a dimorare grazie soprattutto ai nidi artificiali nel frattempo installati. Nel borgo ci sono anche dei nidi naturali, in posizioni, tra l'altro, davvero particolari: una famiglia ha deciso di costruire il proprio nido su di un faretto di una fotocellula, un'altra ha deciso di usare come base per il proprio nido una telecamera di sorveglianza. «Tutelare gli habitat di questi "pendolari del cielo" - ha concluso di Mauro - significa tutelare anche la nostra specie e la nostra salute. Una rondine, ogni giorno, arriva a divorare circa 6 mila insetti e un rondone più di 10 mila. Si tratta di veri spazzini dell'aria, che potrebbero limitare di molto i pesticidi per la nostra agricoltura». l'iniziativa dei consiglieri di dieci comuni della regione
Luigi Putignano
Risiko del gas, Serbia e Bulgaria accelerano sul Balkan Stream
Sarà collegato all'impianto turco e attingerà alle fonti russe e a quelle azere E otto capitali dell'Est bussano a Bruxelles: obiettivo, l'uscita dal carbone
Belgrado. Accelerazione su importantissime opere la cui costruzione era stata rallentata dalla pandemia, ma che devono essere completate entro l'anno. E piani congiunti per creare un fronte comune puntando tutto sul gas come fonte di approvvigionamento. Gas che sarà la parola-chiave nel prossimo futuro, a Est e nei vicini Balcani, regione dove il tema energia ha ripreso forza, con complicati giochi di potere che si stanno sviluppando nell'area. Lo scenario è confermato da evoluzioni inequivocabili, come il piede sull'acceleratore che Serbia e Bulgaria hanno premuto per il completamento del gasdotto Balkan Stream, succeduto al defunto South Stream affossato dai veti Ue e dall'opposizione Usa, opera fortemente sostenuta da Mosca per bypassare l'Ucraina. Il gasdotto trasporterà gas russo - ma è aperto anche a quello azero - nel cuore dei Balcani, dopo aver attraversato il Mar Nero via esistente TurkStream. L'opera ha subito forti ritardi anche causa pandemia, ma ora si fa sul serio. «Speriamo di lasciarci alle spalle questi mesi di ritardo», ha detto il premier bulgaro Boyko Borisov, che ha incontrato il presidente serbo Aleksandar Vucic per fare il punto sui lavori. Borisov ha promesso che il tratto bulgaro sarà completato entro l'anno, nel rispetto delle regole Ue. È «un'opera essenziale per la crescita dell'economia e dell'industria», gli ha fatto eco Vucic, presidente di quella Serbia che già a dicembre ha terminato la posa delle tubazioni nella sua sezione. E pure l'Ungheria attende con ansia il gas del Balkan Stream. Budapest ha infatti annunciato che, grazie al metano in arrivo da Sud e a un accordo ad hoc con Gazprom, potrà triplicare la capacità dell'interconnettore con la Slovacchia, andando a rifornire anche l'Europa centrale a partire dal 2021. Ma non ci sono solo Serbia, Bulgaria e Ungheria. In un'Europa dell'Est che deve risolversi ad abbandonare il carbone come fonte di energia, sta nascendo una grande coalizione di Stati che vuole puntare sul gas come "ponte" per la neutralità climatica. Lo rivela un documento condiviso da otto capitali Ue - Budapest, Sofia, Praga, Atene, Vilnius, Varsavia, Bucarest e Bratislava - che hanno chiesto a Bruxelles di non opporsi all'uso di «gas naturale» e biometano nel processo di decarbonizzazione, tappa obbligata prima del passaggio a energia più verde entro il 2050. Per questo - è la petizione dei Paesi dell'area - è di «cruciale importanza» che l'Ue sostenga anche «finanziariamente lo sviluppo dell'infrastruttura del gas».Dietro la corsa al gas si combatte anche una sotterranea guerra tra grandi potenze, interessate ad aumentare la propria influenza nella regione usando l'energia come cavallo di Troia. Se serve gas, sarà necessario infatti pomparlo nei gasdotti. E così Mosca - con l'appoggio della Turchia - potrebbe rafforzare il suo ruolo nella regione anche via TurkStream e soprattutto Balkan Stream, che «congeleranno sotto la solida egemonia della Russia gran parte del Sud-est Europa», ha avvisato il portale specializzato Natural Gas World. Il portale ha ricordato che al momento solo «Gazprom beneficia infatti del progetto», dato che nessun altro fornitore sarebbe interessato a offrire gas per il metanodotto. Gli Usa intanto hanno già stretto accordi con la Polonia per rifornimenti di gas liquido e mirano a fare lo stesso in altre aree dell'Est. Ma non mancano nemmeno le polemiche sul fronte dell'ambiente. «Investire in gasdotti per tagliare le emissioni», ha attaccato Tara Connolly, di Friends of Earth Europe, «è come comprare sigarette al mentolo per smettere di fumare». Quelle infrastrutture rimarranno per decenni obbligando la regione a restare legata al gas, hanno avvertito altri ecologisti; Climate Action Network ha fatto appello «affinché non un centesimo sia speso per sostenere i combustibili fossili».
Stefano Giantin
«Sossi uomo onesto Tanti scontri fra noi ma ci rispettavamo»
Il sindaco Dipiazza ricorda commosso lo storico sindacalista: «Persona onesta e per bene». L'omaggio bipartisan del mondo politico
Ha commosso di fatto la città intera la notizia della morte di Marino Sossi. Complice il lockdown, in pochi erano al corrente di quel male che lui aveva scoperto pochi mesi fa. Ieri si sono moltiplicati i ricordi di quell'uomo educato, ironico, ma con una forte determinazione, anzitutto come sindacalista della Cigl, nel non guardare in faccia nessuno quando serviva difendere i più fragili. A dedicargli un pensiero, rivolgendo un abbraccio alla sua famiglia, è stato anche Roberto Dipiazza. «Mi dispiace veramente molto», la commozione del sindaco: «Un uomo gentile e determinato, sempre coerente con i propri valori che hanno caratterizzato la sua vita ed il suo impegno politico. Una persona per bene, onesta. Negli anni con lui mi sono confrontato e scontrato su diversi temi, ma sempre con grande rispetto reciproco, perché entrambi sapevamo che le nostre posizioni, anche quando divergenti, erano sempre animate dalla volontà di fare l'interesse della comunità cittadina». Antonella Grim è stata assessore all'Educazione quando Sossi sedeva sui banchi del Consiglio Comunale come capogruppo di Sel. «Sei stato un consigliere trasparente, limpido, puntuto, da cui ho imparato tanto. Mi mancherai», ha scritto l'esponente di Italia Viva. Pubblicando una bella foto di Sossi sorridente, Sabrina Morena, consigliera comunale di Sel lo ricorda come «anima battagliera, grande conoscitore della macchina comunale. Ci siamo divisi in politica, ma recentemente ci eravamo visti seguendo insieme un progetto. Un percorso di dialogo che si era aperto e ora interrotto, ma che idealmente comunque continua». Vincenzo Rescigno della Lista Dipiazza lo indica come «politico con idee diametralmente opposte alle mie che stimavo e salutavo con grande rispetto, sempre».
Laura Tonero
IL PICCOLO - GIOVEDI', 4 giugno 2020
«Ferriera, troppi silenzi» L'assemblea online prepara il presidio Fiom - domani la protesta sotto il palazzo regionale
Si prospetta un notevole seguito per la manifestazione promossa per domani alle 10 dalla Fiom-Cgil in piazza Unità per manifestare contro «il silenzio sull'Accordo di programma» riguardante la Ferriera. In questa occasione, si terrà un incontro ufficiale con il presidente della Regione, Massimiliano Fedriga, e l'assessore regionale al Lavoro, Alessia Rosolen. Le due iniziative sono state annunciate ieri sera nel corso dell'assemblea online organizzata dai lavoratori della Ferriera, alla quale hanno partecipato un'ottantina di persone tra le quali anche Marco Relli e Thomas Trost della Fiom e Michele Piga, il segretario provinciale della Cgil. La manifestazione si svolgerà in maniera statica sotto il palazzo della Regione, garantendo la distanza interpersonale di un metro per rispettare le normative anti-Covid. «Di concreto non è arrivato nulla. Siamo esasperati e non lo tolleriamo più, perché è ora di finire di fare proclami a vuoto», ha denunciato Trost. «Andremo a chiedere quello che ci era stato promesso, cioè che nessun posto di lavoro sarebbe andato perso. Siamo in attesa da dieci giorni delle carte ufficiali promesse dal ministro Patuanelli per sapere dove finiranno i lavoratori», ha detto Relli della Fiom. «Abbiamo detto da sempre che prima bisogna avere le tutele per i lavoratori e poi- ha aggiunto Relli- si può procedere con la riconversione». «Dipiazza, Fedriga e Patuanelli hanno deciso che la Ferriera deve chiudere e non è stato a causa di una crisi di mercato, quindi le paghe devono essere garantite. Dal nostro punto di vista queste istituzioni devono garantire una risposta occupazionale, perché chi rompe i cocci li deve riparare», ha sottolineato Piga. Se non dovesse bastare la manifestazione di domani, il segretario provinciale della Cgil ha assicurato che le proteste continueranno fino a quando non si otterranno delle risposte certe sull'occupazione. Sempre durante la riunione, è stato reso noto che dal primo giugno è scaduta la "cassa integrazione Covid", cioè gli ammortizzatori dati dal governo all'azienda per "accompagnare" il lockdown, ed è scattata quella straordinaria (Cigs), che ha una durata massima di 24 mesi. Infine, è emerso che è stato chiuso un secondo reparto della fabbrica e che i suoi lavoratori sono stati trasferiti in un altro, poiché attualmente gli ordini sarebbero a zero e la produzione della fabbrica sarebbe quindi ai suoi minimi storici.
Simone Modugno
Patto fra Eni e Fincantieri per dire addio al carbone
Dalle navi alimentate a gas naturale allo sviluppo di tecnologie rinnovabili nel settore off-shore. Le nuove frontiere tecnologiche verso l'energia pulita
TRIESTE. Non ci sono solo i grandi piani di alleanze europee come lo sbarco in Francia (ancora in attesa dell'ok Antitrust Ue) nel futuro produttivo di Fincantieri. Il gruppo triestino sta cercando di immaginare il domani della cantieristica che, come sta accadendo nel settore auto, dovrà fare i conti con i nuovi scenari di un'economia eco-sostenibile. E quindi non solo auto elettriche, ma anche navi elettriche e a energia pulita. Il Ceo Bono ha ricordato che Fincantieri realizzerà a Monfalcone le più grandi navi da crociera "green" mai costruite in Italia. Nell'ambito di questi progetti industriali si inserisce il Memorandum of Understanding siglato dall'amministratore delegato del gruppo triestino e da quello di Eni, Claudio Descalzi, che estende la collaborazione nel campo della ricerca e sviluppo avviata tra le due società nel 2017, includendo fra gli ambiti di applicazione anche l'approccio verso nuove frontiere tecnologiche. Fulcro del rinnovo delle intese, infatti - si legge in una nota - saranno «le attività di valutazione congiunta delle opportunità di sviluppo di iniziative innovative in ambito di decarbonizzazione e di economia circolare. Le attività si concentreranno prevalentemente sui temi di waste to energy (produzione di energia da scarti e rifiuti), sulla produzione e trasporto di vettori energetici come il gas naturale, il metanolo o l'idrogeno, sulle applicazioni di fuel cells e sullo sviluppo e utilizzo di tecnologie rinnovabili off-shore». Eni e Fincantieri stanno da tempo costruendo un disegno strategico industriale assieme: «Il percorso di ricerca che stiamo tracciando con un gruppo del calibro di Eni ha già portato alla nascita di molteplici progetti in grado di consolidare il primato tecnologico che ha permesso alle nostre società di ottenere affermazioni importanti a livello globale», ha detto ieri Bono. Basti pensare all'accordo fra i due gruppi e la Cassa depositi e prestiti dove i due gruppi uniscono le forze per creare nuovi impianti in grado di trasformare i rifiuti in bio combustibili e acqua. Nel corso del triennio relativo al precedente accordo, Eni e Fincantieri hanno collaborato fattivamente allo sviluppo di diversi concept relativi a piattaforme galleggianti per produzione off-shore, applicando un brevetto Fincantieri.«Grazie alle sinergie sviluppate, Fincantieri ed Eni possono supportare in maniera decisiva lo sviluppo sostenibile del Paese. Questo accordo si inquadra perfettamente nella strategia di lungo termine che abbiamo disegnato», ha detto l'ad di Eni Claudio Descalzi. In sostanza i due gruppi stanno lavorando alla transizione energetica fornendo energia in maniera redditizia e, al contempo, ottenendo un'importante riduzione dell'impronta carbonica. Nel mix produttivo di Eni il gas, la fonte di energia fossile a più basso impatto emissivo, rappresenterà una componente crescente nei prossimi anni: il 60% nel 2025 e addirittura l'85% nel 2050: «In questo percorso Fincantieri rappresenta un partner di eccellenza strategica con il quale continuiamo a ricercare e sviluppare tecnologie e sistemi innovativi», sostiene Descalzi. «Siamo convinti che il successo di questa partnership sia un'ottima notizia per il Paese perché esplora un ambito come quello dello sviluppo sostenibile», aggiunge Bono.
Piercarlo Fiumanò
DARK FUTURE - Isontino, un clima impazzito spazzerà via boschi e campi
Il collasso dell'ambiente, costringerà gli abitanti a vivere di stenti e in mezzo a mille difficoltà. Unici fortunati quelli protetti dalla cupola della Zona Alta
Il mondo in cui Luca si trovava a dover vivere non era come quello in cui era cresciuto. Era nato solo pochi decenni prima, eppure in quel lasso di tempo la Terra era profondamente cambiata, sconvolgendo le vite dei suoi abitanti. Il 2063 non era assolutamente come se l'era immaginato da piccolo, quando si dilettava a fantasticare su come sarebbe stato il futuro. Mentre raggiungeva cupo il suo posto di lavoro, Luca pensava proprio al mondo che s'era lasciato dietro, quello della sua infanzia, dove tutto era abbondante e nulla sembrava mai mancare a nessuno. Dove una volta c'erano boschi, campi e piccoli paesi rurali non rimanevano che tristi rovine. Da anni infatti continui cataclismi affliggevano il mondo senza placarsi mai, in un continuo alternarsi di alluvioni e inondazioni, siccità, tremendi incendi e violente trombe d'aria. Le distruzioni causate dal quel tremendo succedersi di eventi aveva costretto l'uomo ad abbandonare vecchie abitudini e comunità d'origine, strappandogli in un lampo il controllo su terre che per millenni aveva dominato, sfruttandole e piegandole alla sua volontà. Ormai, di quell'antico strapotere che riempiva gli umani d'orgoglio, non rimanevano che le tristi conseguenze. Il continuo sfruttamento delle risorse del pianeta, il costante inquinamento e la noncuranza con cui l'umanità aveva perseverato nel suo stile di vita mostravano infine i loro devastanti effetti. Il clima, ormai impazzito e incontrollabile, era mutato tanto da rendere la Terra un ecosistema inospitale per l'umanità, che da specie dominante si stava rapidamente trasformando in una reliquia del passato, avvinghiata disperatamente alla propria esistenza. Questi erano i mesti pensieri su cui rimuginava al mattino, quando attraversava, strascicando i piedi, la baraccopoli di catapecchie in legno e lamiera dove abitava, chiamata da tutti la "Zona Bassa". Le case, addossate le une sulle altre come persone chiuse in uno spazio troppo stretto, erano malconce e tremolanti. Le strade, coperte come al solito d'immondizia e detriti, erano fangose e ancora allagate dall'ultima inondazione, e le poche persone che le percorrevano mostravano tutte la stessa faccia: il volto della sofferenza. Al di sopra di quel desolato paesaggio, abbarbicata in cima ad una grigia collina, si stagliava contro il cielo l'imponente profilo della "Zona Alta".Luca la fissava imbronciato, mentre vi si avvicinava lentamente, con l'acqua alle ginocchia, pensando a come potesse essere la vita lassù. Circondata da un'enorme diga e interamente coperta da una gigantesca cupola trasparente, la "Zona Alta" era la risposta finale dell'umanità al clima impazzito che si era ritrovata a dover fronteggiare, l'ultimo baluardo concepito dalla tecnologia per assicurare la sopravvivenza della specie. Quella del Collio non era molto grande, né molto popolata, ma ce n'erano tante altre in giro per il mondo. Al loro interno, si potevano trovare ampie zone verdi e case lussuose, oltre che preziosissime coltivazioni e frutteti, il tutto perfettamente protetto dai cataclismi grazie a elaboratissimi sistemi di sicurezza. Eppure, per quanto fortificate fossero quelle bolle paradisiache, i loro abitanti raramente riuscivano a mantenerle in funzione con le loro sole forze, ragion per cui erano molto spesso circondate da centri abitati come la "Zona Bassa", dove viveva lui. Gli abitanti della cupola fornivano ai lavoratori energia, cibo e li difendevano parzialmente dagli elementi. Anche se la protezione che offrivano non era assolutamente completa, impedivano a tempeste e incendi di decimare la popolazione ogni mese. In cambio, le persone che vivevano ai piedi delle cupole vi prestavano servizio come forza lavoro, mantenendo in funzione la miriade di sistemi che le componevano, coltivandone campi e frutteti, e facendo da servitù. Per anni, questo sistema si era mantenuto relativamente stabile, ma Luca era convinto che quell'equilibrio fosse sul punto di venir meno. Le riserve alimentari da mesi scarseggiavano, la produzione era calata e si erano fatti più rari anche i convogli di approvvigionamento che solitamente giungevano dalle poche terre coltivabili nel Nord Europa. Le medicine stavano diventando introvabili e, nella "Zona Bassa", costantemente esposta agli elementi, le malattie dilagavano. Per completare il quadro, il clima si stava facendo sempre più duro e feroce. Luca sapeva che non si sarebbe potuto continuare così a lungo. Il sistema era al collasso, e bisognava agire prima che questo accadesse. Quelli che governavano dall'alto della cupola tenevano il coltello dalla parte del manico, certo, grazie al controllo esercitato su tutte le risorse della zona, ma senza i lavoratori della "Zona Bassa" non potevano sopravvivere, né potevano continuare a proteggere solo se stessi e i loro concittadini della "Zona Alta". Lo status quo doveva cambiare, e se nessuno era disposto a prendersi il rischio di lottare per quel cambiamento, toccava a lui farlo. O si salvavano tutti assieme, o non si sarebbe salvato nessuno. Questo racconto introduce il percorso Collio 2063 / Dark Future, ambientato in un Collio del futuro, parte di un mondo che non ha saputo e voluto, a livello nazionale e internazionale, fornire con coraggio risposte concrete a livello globale per preservare l'ambiente e l'intero pianeta. S'ispira liberamente alle ricerche scientifiche svolte da ARPA FVG e raccolte nello Studio conoscitivo dei cambiamenti climatici e di alcuni loro impatti in Friuli Venezia Giulia/2018. Il percorso è legato agli obiettivi 6, 7, 8, 10, 13 dell'Agenda ONU per lo Sviluppo Sostenibile.
ANTONIO DEGRASSI
Addio a Sossi, il sindacalista dei più deboli
Morto a 72 anni lo storico esponente della Cgil. Dal 2011 al 2016 sedette in Consiglio comunale tra i banchi di Sel (articolo originale)
Un sindacalista "verace". Una persona per bene, semplice, che si schierava sempre dalla parte dei più deboli e che spesso, quando parlava di quelli che «non ce la fanno, con la voce roca, si emozionava. La notizia della morte di Marino Sossi, ieri, ha colpito e commosso trasversalmente il mondo politico e quello sindacale di Trieste. Perché questo settantaduenne discreto dall'incedere lento, con gli occhi vispi, la battuta pronta e il sorriso sotto i baffi, godeva del rispetto e della simpatia di tutti. I suoi interventi in aula tra i banchi della sinistra - era stato eletto nel 2011 con Sel, rimanendo in Consiglio comunale per cinque anni - e prima ancora quelli come storico segretario della Cgil Funzione pubblica venivano sempre ascoltati con rispetto. Negli ultimi anni, in particolare, Sossi aveva abbracciato la battagli degli uomini e delle donne che pagano sulla loro pelle lo spietato sistema degli appalti al ribasso. Diplomato al Nautico, Sossi era stato assunto come impiegato dall'amministrazione comunale. Da pensionato non aveva abbandonato le sue battaglie. Amico sincero, padre affettuoso innamorato della figlia Nina, condivideva l'impegno sindacale con la sua compagna di vita Rossana Giacaz con la quale si era sposato pochi anni fa. «Era un uomo tutto d'un pezzo, un sindacalista duro e puro - commenta commosso Waldy Catalano, amico e compagno di tante battaglie - che non si tirava indietro quando c'era da alzare una voce fuori dal coro. Un coerente, che soffriva per il contatto che la sinistra aveva perso con la gente». I due amici negli anni hanno condiviso tante esperienze. «Quando negli anni '70 io sono entrato nella Cgil - ricorda Catalano - lui era già impegnato come delegato. Poi abbiamo vissuto insieme, con entusiasmo, la prima fase di Sel e negli ultimi anni ci eravamo ritrovati nella Lega Nordest della Spi, il sindacato pensionati». Catalano ricorda di aver visto Sossi pochi giorni prima che scoppiasse l'emergenza coronavirus. «Quando poi ci siamo risentiti al telefono - spiega - avevo percepito che qualcosa non andava per il verso giusto. Se n'è andata una bella persona» Sensibile ai temi del lavoro e dell'ambiente, Sossi nei cinque anni della giunta Cosolini era stato consigliere di Sel. Alle ultime elezioni comunali, invece, si era candidato a sindaco per la lista civica "Sì - Sinistra per Trieste". Tanti ieri i messaggi sui social alla notizia della sua morte. «Sinceramente e tenacemente dalla parte dei più deboli. Insomma, un compagno», così l'ex sindaco e oggi consigliere regionale Pd Roberto Cosolini. «Mi mancherai Marino - il ricordo dell'assessore Carlo Grilli - e mi mancheranno i tuoi ragionamenti antichi, sempre attuali. Mi mancherà la tua vena ironica. Mi mancherà il tuo rispetto per gli avversari, il tuo essere persona, prima ancora che politico. Fai buon viaggio». Un affettuoso messaggio è stato pubblicato anche dal pentastellato Paolo Menis che riportando una frase che sempre gli ribadiva lo storico sindacalista - «Ghe vol sempre le cinque lire de "mona" in scarsela» -ricorda «le tante riflessioni e risate fatte insieme». «Hai sempre creduto con tenacia in tutte le cose che hai detto e che hai fatto - sottolinea in un altro post il dem Marco Toncelli - anche quando queste, lo sai, non mi trovavano d'accordo, e ci costringevano a lunghe discussioni e litigate. Hai sempre dimostrato coerenza e caparbietà».
Laura Tonero
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 3 giugno 2020
Ferriera, l'Accordo in stand-by - Nuova assemblea dei lavoratori
Ancora nessuna data ufficiale per la firma dell'intesa chiave sulla
riconversione. E oggi addetti riuniti a distanza. La Cgil invita tutti a
scendere in piazza venerdì
Sulla firma dell'Accordo di programma ancora non si muove foglia e i
lavoratori della Ferriera si autoconvocano in una nuova assemblea organizzata al
di fuori dei sindacati. Il confronto si terrà oggi pomeriggio e il primo punto
all'ordine del giorno è la manifestazione indetta per venerdì mattina dalla Cgil
sotto la sede della Regione in piazza Unità. Il sindacato è l'unico a essersi
schierato contro l'accordo firmato da tutte le altre sigle con il gruppo Arvedi
e punta a un'ultima mobilitazione prima che arrivi il via libera all'Adp.
L'assemblea è stata organizzata ancora una volta su piattaforme digitali per
consentire la massima partecipazione e permettere ai lavoratori di esprimersi
senza l'emozione di intervenire davanti a qualche centinaio di persone. La
manifestazione di venerdì sarà argomento principale, ma aggiornamenti saranno
dati anche sull'avvio della cassa integrazione, dopo che l'azienda si è servita
degli ammortizzatori del governo per accompagnare il lockdown. A dare la carica
per il presidio in piazza è il segretario provinciale della Cgil Michele Piga,
che invita tutto lo stabilimento a mobilitarsi: «Arvedi e Icop non danno
sufficienti garanzie sul fronte dell'occupazione. Almeno da quanto dice la
stampa, visto che nell'ultimo incontro in Prefettura il ministro Patuanelli
aveva annunciato che avrebbe consegnato a stretto giro la bozza definitiva dell'Adp,
ma stiamo ancora aspettando dopo dieci giorni. Vogliamo incontrare il ministro e
il presidente Fedriga per avere garanzie sulla piena occupazione promessa, che
deve essere un obiettivo di tutte le sigle sindacali. A più riprese è stato
detto che la riconversione sarebbe stata unita a filo doppio con il mantenimento
dei livelli occupazionali, ma non sta avvenendo. E noi parliamo anche degli
interinali e di tutto un indotto in cassa integrazione». Per l'esponente Cgil,
«un processo guidato da una marea di soldi pubblici, non può concludersi
lasciando un solo disoccupato in strada. Le promesse vanno mantenute per tutti e
fino in fondo». Piga interpreta la manifestazione non solo come una battaglia
per la Ferriera: «La visione va allargata a tutta la difficile situazione del
comparto produttivo triestino, tanto più davanti agli effetti pesanti che il
coronavirus avrà sull'economia». Con la fine dell'area a caldo si perderà un
punto percentuale di quel già magro 9,5% che le attività industriali
rappresentano sul prodotto interno lordo realizzato annualmente a Trieste. Ecco
allora che secondo Piga, «per l'area di crisi complessa serve manifattura e non
solo logistica, perché solo l'industria genera vera occupazione. La
riconversione doveva comprendere anche nuova industria connessa al porto, ma non
si vede alcuna prospettiva». E qui spunta ancora una volta il convitato di
pietra di ogni discorso riguardante le prospettive di sviluppo della città. Quel
regime di porto franco che l'Autorità portuale e i terminalisti invocano da anni
per attirare in città industrie che permettano alle merci di fermarsi a Trieste
per le trasformazioni. È lo stesso Zeno D'Agostino ad aver sempre detto che, con
il lavoro portuale sempre più automatizzato, è la manifattura a generare
occupazione, mentre il ministro Stefano Patuanelli ha dichiarato che proprio
sull'introduzione del regime di esenzioni fiscali si misurerà l'efficacia della
sua azione nei confronti di Trieste. Sul porto franco la posizione della Cgil è
allineata ma tagliente: «Lo sviluppo passa da qui, ma finora si sono sentiti
solo tanti impegni e tante promesse», dice Piga.
Diego D'Amelio
«Le istituzioni possono rispettare gli impegni?» - LA UILM IN PRESSING
È stato tra i promotori dell'accordo sindacale sulla Ferriera, ma la misura
comincia a essere colma anche per lui. Il segretario provinciale della Uilm
Antonio Rodà si appella al ministro Patuanelli: «Gli ricordo che al tavolo della
Prefettura aveva parlato di firma entro venerdì scorso. La data andava
rispettata o si doveva spiegare cosa la blocca, dopo che era stata dichiarata
piena convergenza tra Mise, Regione e imprese». Rodà non nasconde la
preoccupazione: «Le istituzioni avevano o no in mano la reale possibilità di
rispettare i loro impegni sul pieno mantenimento dell'occupazione? Patuanelli
diceva addirittura di avere in tasca un accordo con Fincantieri per ricollocare
possibili esuberi». Parole molto simili a quelle della Cgil, ma i sindacati del
sì venerdì non saranno in piazza: «La manifestazione della Fiom non è stata
concertata. Uilm, Fim, Failms e Usb hanno scelto un percorso di confronto con le
istituzioni. Siamo in attesa del riscontro ma, se non dovesse pervenire,
valuteremo le azioni da mettere in campo». Al "ve l'avevamo detto" della Cgil,
Rodà contrappone la difesa dell'accordo sindacale sulla riconversione: «È stato
firmato davanti alla volontà politica di Regione, Mise e Comune di chiudere
l'area a caldo. Sapevamo che tale chiusura avrebbe creato un problema di
equilibrio occupazionale, ma le istituzioni continuavano a sbandierare che
nessuno sarebbe stato lasciato indietro. E noi nell'accordo abbiamo messo per
iscritto quell'impegno preso sulla piena occupazione».
D.D.A.
I residenti in "rivolta" contro le antenne 5G tra Rozzol e Montebello -
avviata una raccolta firme
Torna il mal di pancia nei confronti delle antenne 5G. Alcuni residenti
nella zona di via dei Tominz hanno mal digerito la presenza di nuove
installazioni, montate nel corso degli ultimi mesi, sui tetti di alcuni
condomini dell'area, tanto da spingere alcuni di essi a iniziare una raccolta
firme da indirizzare sia alla Regione che all'Ater - proprietaria di alcuni
degli edifici dove sono state montate - per manifestare la loro contrarietà a
queste antenne, sottolineandone l'estrema pericolosità. Un allarme, quello sulle
nuove antenne 5G, che dilaga strisciante in tutta la città, esternato anche sui
social su due gruppi Fb, che assieme contano più di 1. 500 iscritti. Dal canto
suo la Regione, attraverso l'Arpa, sottolinea come le misurazioni del campo
elettromagnetico effettuate sulle nuove antenne evidenzino valori molto
inferiori a quelli di attenzione previsti dalla normativa. «Ciononostante -
rassicura l'assessore regionale all'ambiente Fabio Scoccimarro - ritengo che
vada compiuto un ulteriore sforzo su questo tema, e per questo ho chiesto ad
Arpa di avviare una nuova serie di monitoraggi». I cui risultati saranno
presentati la prossima settimana, assieme alle nuove strategie della Regione su
un tema che sta a cuore a una fetta importante della cittadinanza.
Lorenzo Degrassi
San Dorligo, un "referendum" per il nuovo Piano del traffico - la
consultazione cittadina
SAN DORLIGO della Valle. Coinvolgere i residenti, per renderli parte attiva
nella predisposizione del futuro assetto del traffico sull'intero territorio
comunale. Muove da questo presupposto l'iniziativa del Comune di San Dorligo
della Valle che, a partire da oggi, inviterà la popolazione a compilare un
questionario, scaricabile dal sito del Municipio, per esprimere esigenze,
raccomandazioni, proposte, soluzioni e idee che andranno appunto a costituire
l'ossatura del futuro Piano del traffico. «I risultati - precisa l'assessore ad
Ambiente, Territorio, Urbanistica e Trasporti Davide Stokovac - saranno poi
fondamentali nella redazione delle future norme che regoleranno la mobilità nel
nostro Comune. Il traffico e la sicurezza stradale negli ultimi anni sono
diventati oggetto di particolare attenzione. Il traffico influisce sulle nostre
vite in più modi. Dobbiamo considerare che un terzo dell'energia consumata in
Europa è utilizzata proprio nel settore dei trasporti, mentre il traffico è
responsabile di un quarto delle emissioni di gas che alterano il clima. Quindi,
se vogliamo lasciare alle giovani generazioni un mondo idoneo alla vita,
dobbiamo prendere coscienza di tutto ciò». Un ragionamento che non può
prescindere dalla sicurezza sulle strade. «In Italia - riprende l'assessore - vi
sono circa venti incidenti stradali ogni ora e ogni tre ore si perde una vita
sull'asfalto. Analogamente, in Slovenia, ogni mese otto persone perdono la vita
sulla strada. In base alle statistiche, le strade urbane sono in assoluto le più
pericolose e l'incidente stradale è il primo motivo di morte per i giovani tra i
15 ed i 44 anni d'età». Una combinazione di "elementi" che l'amministrazione ha
deciso di affrontare, dando così la parola alla popolazione, anche perché in
prospettiva c'è da considerare un inevitabile aumento del traffico pesante sul
territorio comunale, dopo l'insediamento del Punto franco nell'area ex Wärtsilä.
«Oggi - rileva ancora Stokovac - le strade sono di dominio delle macchine e il
diritto al loro utilizzo da parte dei pedoni è stato in gran parte perso.
Affinché le strade ridiventino uno spazio adatto alla vita - conclude
l'assessore - abbiamo intrapreso, assieme al sindaco Sandy Klun, che sul tema è
particolarmente sensibile, la redazione del Piano del traffico, che vuole essere
lo strumento con il quale conciliare le necessità di movimento con il diritto
alla sicurezza, alla comodità e alla dignità degli abitanti». Parallelamente
rispetto alla predisposizione del Piano urbano del traffico, l'amministrazione
ha voluto intraprendere anche l'iter per la redazione del "Biciplan comunale",
il piano propedeutico all'accesso ai finanziamenti regionali per la
realizzazione di percorsi ciclabili, uno dei principali strumenti di tutela
delle utenze "deboli" della strada. I questionari potranno essere consegnati
entro il 30 giugno.
U.SA.
ISTRIA - Morìa di Pinna nobilis nel Sud della Penisola - BIVALVE PROTETTO
Pola - Il killer della Pinna nobilis (o nacchera), specie rara e protetta
nell'Adriatico, è apparso nel mare dell'Istria meridionale. Le supposizioni
effettuate dai biologi marini, dopo che diversi esemplari del bivalve erano
stati ritrovati senza vita nei pressi della località di Promontore, sono state
ora confermate dal laboratorio dell'Istituto veterinario di Zagabria.
L'esistenza della Pinna nobilis è dunque ora seriamente minacciata anche dal
parassita protozoo dal nome scientifico Haplosporidium pinnae, che si aggiunge a
vari altri fattori a partire dall'inquinamento dei mari. Nel Mediterraneo il
parassita ha già provocato una fortissima morìa di questa fragile specie marina.
Il protozoo killer si espande, favorito dalle correnti marine, per circa 300
chilometri all'anno, e la temperatura che gli è più confacente è quella
superiore ai 14 gradi. Già tempo fa, dopo le notizie di morìa di Pinna nobilis
arrivate da altre aree del Mediterraneo, gli studiosi dell'Aquario di Verudella
avevano però ottenuto delle autorità competenti il permesso di raccogliere dal
mare circa 300 pinne nobili - sane - per trasferirle in alcune vasche nelle
quali era stato ricreato il loro habitat naturale. Nello stesso ambiente viene
prodotto pure il fitoplancton del quale il bivalve si nutre. «Ora stiamo creando
i presupposti - spiega Milena Micic, alla quale fa capo l'Aquario - per la
riproduzione della Pinna in un ambiente sano e sicuro, con un'operazione che
confidiamo di portare a termine».
P.R.
IL PICCOLO - MARTEDI', 2 giugno 2020
Scontro viticoltori-agricoltori sui piani di rilancio del Carso
I produttori di vino sconfessano l'Assocoltivatori Fvg sulla tutela del
territorio: «Il Protocollo sulla Dop è carta straccia. Meglio lavorare con
Regione e Gal»
TRIESTE. Il Protocollo d'intesa per la valorizzazione della "Doc" Prosecco è
«carta straccia» e «ha rappresentato, per la viticoltura locale, un momento di
grandi aspettative che si sono trasformate in una cocente delusione. Meglio
agire in diretta collaborazione con Regione, PromoTurismo Fvg e altri soggetti
operanti sul territorio, come ad esempio il Gal Carso».Sul futuro sviluppo
dell'agricoltura locale è drastica la presa di posizione dell'Associazione
Viticoltori del Carso, che si schiera su un fronte di fatto contrapposto a
quello in cui ha recentemente dichiarato invece di ritrovarsi l'Associazione
degli Agricoltori del Friuli Venezia Giulia, da mesi impegnata -partendo dalla
necessità di riqualificare e mettere in sicurezza una serie di pastini del
ciglione carsico - proprio nella forte richiesta di ridare vigore e attualità al
contenuto del Protocollo d'intesa, documento sottoscritto più di una decina di
anni fa e scaduto nel 2016. «Oggi possiamo affermare - si legge in un comunicato
diffuso dalla stessa Associazione Viticoltori del Carso - che il Protocollo
d'intesa è stato scritto male, non conteneva le giuste priorità e le giuste
garanzie, e quindi alla fine si è rivelato un documento da buttare.
Successivamente - prosegue la nota - la faccenda è stata gestita ancor peggio e
non ha portato l'atteso significativo contributo allo sviluppo della viticoltura
carsica». Chiari anche i propositi dell'Associazione Viticoltori per il futuro:
«Siccome non intendiamo ripetere gli stessi errori del passato perché la firma
del Protocollo è stata di per sé un clamoroso errore - annuncia l'associazione -
preferiamo attivare linee di stretta collaborazione con quelle realtà assieme
alle quali abbiamo già fatto grossi passi avanti in merito ai vincoli sulle Zone
di protezione speciale e sui Siti di importanza comunitaria, ai disciplinari e
ai progetti di sviluppo, comunicazione e marketing. In buona sostanza -
concludono i Viticoltori del Carso - preferiamo sottoporre a queste istituzioni
progetti concreti, e poi agire di conseguenza». Per l'Associazione Viticoltori
in ogni caso rimane prioritaria «la promozione dei prodotti del Carso e il
rafforzamento della collaborazione fra tutte le componenti che operano sul e per
il territorio».«Nel Protocollo d'intesa - è la replica di Edi Bukavec,
componente dell'esecutivo regionale dell'Associazione degli Agricoltori del
Friuli Venezia Giulia - esiste un masterplan che prevede uno stanziamento di 15
milioni di euro a favore dell'intero comparto agricolo che non va abbandonato.
Inoltre - aggiunge lo stesso Bukavec - esiste un fondo, che complessivamente
ammonta a 25 milioni di euro, finora solo parzialmente utilizzati, che potrebbe
essere finalizzato al sostegno e al rilancio dell'agricoltura locale, per
esempio attraverso il recupero di una parte del costone carsico».Costone carsico
che, conclude Bukavec, «rappresenta uno straordinario patrimonio per l'intera
economia locale, però esso va salvaguardato e ristrutturato, proprio per
renderlo funzionale alle attività agricole».
Ugo Salvini
Emergenza cinghiali - Il Collio vuole un sito per la macellazione
L'appello dei sindaci per stoccare la carne e tenerla in frigo - La
Forestale ha abbattuto 120 animali fra Gorizia e Trieste
Cormons. Un numero sempre più alto di cinghiali sul territorio del Collio e
una legislazione nazionale in materia di abbattimenti incapace di soddisfare le
esigenze di un mondo agricolo in sofferenza a causa delle scorribande degli
ungulati. Sono in sintesi questi i temi affrontati ieri mattina in sala civica a
Cormons durante l'incontro organizzato dalla giunta Felcaro, che ha visto
confrontarsi sull'argomento l'assessore regionale all'Agricoltura Stefano
Zannier, i sindaci del territorio, i tecnici della Forestale e della Regione, i
rappresentanti del mondo agricolo e il consigliere regionale Diego Bernardis.
Due ore di approfondimenti in cui non sono mancate le proposte per superare
l'impasse: le più concrete sono arrivate dai sindaci di Capriva e Medea, ossia
di due delle comunità più colpite dalla massiccia presenza di cinghiali, Daniele
Sergon e Igor Godeas, che hanno chiesto la creazione di centri sul territorio
dove «raccogliere e pulire l'animale abbattuto fornendo così ai cacciatori un
luogo di riferimento al quale rivolgersi per immettere poi nella filiera
commerciale il capo».Un problema pratico emerso ieri, infatti, riguarda la
difficoltà per i singoli cacciatori di smaltire le carni degli ungulati
cacciati: «Il Collio - ha chiesto ancora Sergon - diventi area di
sperimentazione regionale per quanto riguarda l'immissione in filiera. Si
trovino incentivi anche indiretti per i cacciatori affinché possano aumentare i
numeri relativi agli abbattimenti e si superino gli ostacoli concreti: basti
pensare che un cacciatore caprivese di media abbatta all'anno circa 12-15
cinghiali. Non c'è poi una filiera dove smaltirli: quando il cacciatore ha
finito gli amici a cui girare la carne e inizia ad avere il frigo pieno, gli
abbattimenti si fermano perché non sa più dove mettere i resti dell'animale. Per
questo servono più centri di raccolta e smistamento. Il problema a Capriva è
talmente sentito che "l'altro giorno abbiamo avuto i cinghiali in via Battisti
51, ossia accanto alla chiesa in pieno centro».Ma oltre ai problemi di sicurezza
annessi, ci sono enormi disagi dovuti ai danni causati sui raccolti: «E le
soluzioni sono difficili - ha allargato le braccia Zannier - perché ci
scontriamo puntualmente con una legislazione nazionale ferma in materia al 1992:
non c'è la volontà a Roma di portare le necessarie modifiche perché in
Parlamento non c'è una maggioranza disponibile ad affrontare il tema. Da due
anni e mezzo abbiamo scritto, noi assieme ad altre Regioni, al ministro
dell'Agricoltura per discutere seriamente sul tema-cinghiali. Non abbiamo mai
ricevuto risposte, eppure anche le associazioni ambientaliste sono disponibili
al confronto. E senza una modifica alla legge nazionale, del tutto inadeguata
alla situazione attuale, abbiamo sostanzialmente le mani legate. I cinghiali
negli ultimi decenni sono aumentati talmente tanto che anche se mettessimo tutti
i nostri 300 forestali a fare solo abbattimenti, il problema non verrebbe
risolto».Ecco quindi alcuni numeri che rendono bene l'idea delle dimensioni del
problema sulla proliferazione dei cinghiali. Tra le province di Gorizia e
Trieste nel trimestre marzo-aprile-maggio 2019 la Forestale ha abbattuto 50
cinghiali, mentre nello stesso periodo del 2020 ne ha uccisi 120. I cacciatori
in regione erano 12 mila dieci anni fa: oggi sono 8 mila, e il numero è
destinato a decrescere ancora a causa di un difficile ricambio generazionale.
Ciononostante, nel Distretto Collio che va da Plessiva a Gorizia da cinque anni
ci sono circa 650 prelievi annui.
Matteo Femia
Dalle Rive a Barcola, mare triestino invaso dalle "meduse quadrifoglio"
Piccole, viola e urticanti: occhio in caso di tuffi. «Portate qui da
vento e correnti, ma spariranno presto»
Piccole. Viola. E, soprattutto, urticanti. Sono le meduse notate in gran
numero in questi giorni sotto costa, all'interno dei porticcioli, nel canale di
Ponterosso, davanti alle Rive e a Barcola. In molti le hanno subito immortalate
con il telefonino, pubblicandone le immagini sui social e chiedendone agli
esperti le caratteristiche e gli eventuali rischi, in particolare per i bagnanti
che hanno iniziato a frequentare in questo periodo il lungomare. Un boom di
esemplari, insomma, arrivati - a quanto è dato sapere dagli esperti - sotto la
spinta delle correnti e del vento. Il che però non rappresenta un fenomeno del
tutto eccezionale. Un fenomeno destinato peraltro a esaurirsi, probabilmente, in
pochi giorni. Ma nel frattempo meglio prestare attenzione, soprattutto se si
opta per un tuffo o una nuotata. Il contatto dei tentacoli con la pelle può
causare infatti fastidiose irritazioni. «Si tratta della "Aurelia Aurita" -
spiega Maurizio Spoto, direttore dell'Area marina protetta di Miramare - e
diversi esemplari di questa specie sono presenti in questa fase anche a
Grignano. È conosciuta anche come "medusa quadrifoglio", perché ha quattro
cerchi sulla parte dell'ombrello, che corrispondono alla maturazione delle
gonadi. Ci sono sia individui maturi che altri in formazione. Con il vento dei
giorni scorsi sono state spinte nei porticcioli o nel canale, dove rimangono
prigioniere. Poi, magari con le maree, torneranno a breve al largo. Non si
tratta comunque di un fenomeno irripetibile: in questo periodo può capitare. Non
vanno certo toccate perché sono urticanti, possono causare dermatiti, ma c'è
pure un aspetto positivo. Sono un cibo ghiotto per le tartarughe del golfo,
quindi sono un ottimo nutrimento. Spesso, purtroppo, essendo trasparenti, le
tartarughe le scambiano con i sacchetti di nylon, rimanendone soffocate. Ciò ci
deve far riflettere, in particolare quando si adottano comportamenti sbagliati,
che mettono a rischio il nostro mare e la natura in generale». E sull'argomento
Spoto rivolge un accorato appello ai triestini: «Vedo spesso in questi giorni
mucchi di bicchieri di plastica, sacchetti e guanti gettati a terra, soprattutto
nella zona di piazza Venezia e via Torino e anche sul molo Audace. Risultato,
probabilmente, della movida. Ricordo a tutti che basta una folata di vento e
finiscono in acqua. Auspico ci siano interventi mirati di pulizia, ma l'invito è
anzitutto a essere più educati e rispettosi, gettando i rifiuti negli appositi
contenitori. Sempre. Perché possono venir ingeriti da tanti animali che popolano
il nostro golfo. E le conseguenze sono immediate, anche per noi, perché la
plastica finisce, e già sta accadendo, nella catena alimentare. E, quindi, nei
nostri piatti».
Micol Brusaferro
Diciotto cigni scomparsi tra rio Ospo e via Caboto: la pista del mercato nero
- LA DENUNCIA DI UNA CITTADINA
MUGGIA. Dal clamore per i nuovi piccoli cigni che scorrazzavano lungo il rio
Ospo alla scomparsa, nei giorni successivi, di 18 esemplari, 16 anatroccoli e
due adulti, fra l'Ospo e il Canale navigabile. Continua, purtroppo, come già
accaduto nel corso degli ultimi anni, la scomparsa di questi affascinanti
volatili che hanno deciso di metter su famiglia lungo le sponde dell'Ospo e del
Canale navigabile o a Lazzaretto. Non è escluso che il tanto clamore suscitato
per l'ennesima cucciolata abbia attirato le mire di personaggi poco
raccomandabili. Sta di fatto che la questione non è passata inosservata ad
alcuni amanti di questi delicati esemplari, come Vesna Visentin, da tutti
conosciuta come "Rosi", ex parrucchiera di Borgo San Sergio, che a Muggia passa
molto tempo in compagnia dei suoi candidi amici, e ne conosce la travagliata
storia. «La notte tra il 19 e il 20 maggio - racconta "Rosi" - sono scomparsi
nove piccoli cigni della coppia di adulti di oltre 15 anni che si sono stabiliti
sull'Ospo, e altri sette piccoli più il padre della famigliola che da anni ha
eletto a dimora il Canale navigabile, lato via Caboto. Ora la femmina del canale
navigabile si aggira disorientata tra via Caboto e la foce dell'Ospo. Tre giorni
fa, inoltre, è sparito anche il maschio della coppia storica dell'Ospo. Ho
segnalato all'Enpa e ai Carabinieri l'accaduto e spero si riesca a farne luce,
ma soprattutto l'auspicio è che ci sia maggiore tutela per questi meravigliosi
uccelli». Di sparizioni e uccisioni di esemplari giovani e adulti è piena la
storia dei cigni "made in Muggia": «Ricordo con orrore e tanta rabbia - così
"Rosi" - uno splendido esemplare femmina a cui, il 4 marzo 2016, a Lazzaretto,
era stato tagliato il collo». Infine non è peregrina l'idea che dietro le
sparizioni potrebbe esserci un mercato illegale: «Una mia amica di Udine venuta
a Muggia in vacanza mi aveva raccontato di aver letto di cigni messi in vendita
a Treviso a 800 euro».-
Luigi Putignano
Escursione guidata in Val Rosandra - ore 9.30
Oggi, dalle 9.30 alle 13, si terrà un'escuriosne guidata in Val Rosandra organizzata dalla cooperativa Curiosi di Natura, per il programma "Piacevolmente Carso". Il ritrovo è alle 9.10 in piazza di Bagnoli della Rosandra, alla fermata dei bus numero 40 e 41 da Trieste. Per informazioni e prenotazioni scrivere a curiosidinatura@gmail.com o chiamare il numero 3405569374. Il percorso è di 6,5 chilometri su dislivello di 200 metri, con un primo tratto più impegnativo che poi si fa più pianeggiante.
Al via a Miramare i centri estivi del Wwf con il Museo storico - dal 15
giugno
Attività all'aperto, immersioni tra riserva marina e parco botanico e
socializzazione in sicurezza. Anche quest'anno, il 15 giugno, a fine anno
scolastico, partiranno i tradizionali centri estivi dell'Area marina protetta di
Miramare che, per tutta l'estate, accoglierà circa 300 bambini e ragazzi per
riportarli finalmente a ricongiungersi con la natura proponendo escursioni
quotidiane di seawatching, uscite in barca fino alle mitilicolture e tante
attività teoriche e pratiche, giochi e laboratori su biologia marina, ecologia,
conservazione e tutela dell'ambiente e del mare. Uno scenario naturale sarà
rappresentato quest'anno dal parco botanico: l'edizione 2020 vede infatti una
forte collaborazione del Wwf con il Museo storico e il Parco del Castello di
Miramare, che metterà a disposizione dei centri alcuni spazi aggiuntivi nei
pressi delle Serre nuove. Nel giardino di Massimiliano ogni giorno i piccoli
partecipanti trascorreranno qualche ora al fresco tra passeggiate naturalistiche
e cacce al tesoro botaniche, osservando i tanti animali che popolano il
promontorio. «Garantire anche quest'anno l'apertura dei centri estivi - commenta
Maurizio Spoto, direttore dell'Amp - ha assunto per noi un'importanza
particolare: dopo un lungo periodo di reclusione in casa, poter garantire ai
bambini e ragazzi un ritorno alla vita all'aria aperta e alla, seppur
controllata, socializzazione con i coetanei, credo varrà lo sforzo dei tanti
adempimenti burocratici e organizzativi che stiamo affrontando. In ottemperanza
alle norme anti contagio - aggiunge - potremo purtroppo accogliere un numero
minore di ragazzi, non potremo garantire il servizio di accompagnamento con i
bus di linea e ogni bambino dovrà portarsi l'attrezzatura personale per lo
snorkeling. Per il resto sono convinto che il ricco programma settimanale e
l'entusiasmo con cui lo staff si sta preparando alla riapertura regaleranno
anche quest'anno esperienze indimenticabili». Iscrizioni aperte allo 040/224147
interno 3, da lunedì a venerdì, dalle 10 alle 13 o via mail a
info@riservamarinamiramare.it.
G.T
L'alleanza tra Covid-19 e inquinamento da Pm10
Una task force, di cui fanno parte anche l'Università di Trieste e Asugi,
per verificare questa correlazione su campioni d'aria di Bergamo
Una task force internazionale di ricercatori indagherà sulle possibili
correlazioni tra nuovo coronavirus e inquinamento dell'aria: si chiama Rescop e
coinvolge studiosi di prestigiose università di tutto il mondo. Dopo le prime
evidenze della presenza del Sars-Cov-2 sul particolato atmosferico, risultato di
analisi svolte da ricercatori dell'Università di Trieste in collaborazione con i
laboratori dell'Asugi, ora con il coordinamento della Società Italiana di
Medicina Ambientale (Sima) le ricerche si allargheranno su scala globale. Oltre
a Milano, Bergamo e Napoli, sono già in corso test indipendenti a Madrid,
Barcellona, Bruxelles, Londra e New York. Sono ricerche di team
multidisciplinari che puntano in una prima fase a verificare la presenza del
virus nel particolato, con l'idea di testarne poi l'infettività e la virulenza:
per farlo si sfrutterà anche il laboratorio di virologia dell'Icgeb diretto da
Alessandro Marcello. Le prime evidenze provengono da analisi eseguite su
campioni di Pm10 in aria ambiente di siti industriali della provincia di
Bergamo, raccolti con due diversi campionatori d'aria dal 21 febbraio al 13
marzo scorsi. I campioni sono stati analizzati dall'Università di Trieste in
collaborazione con i laboratori dell'Asugi, che hanno verificato la presenza del
virus in almeno 8 delle 22 giornate prese in esame. Questo risultato è
supportato da ricerche precedenti, che correlano l'incidenza dei casi di
infezione virale con le concentrazioni di particolato atmosferico. Quest'ultimo
può fungere da "carrier", ovvero da vettore di trasporto, per il virus. Lo
studio, che verrà pubblicato sulla rivista scientifica Environmental Research, è
stato portato avanti da un team di varie università italiane, con una forte
componente triestina: «Su 15 autori quattro sono dell'Università di Trieste e
tre di Asugi: per effettuare questa ricerca abbiamo unito preziose competenze
sul territorio», spiega il chimico di UniTs Pierluigi Barbieri, esperto in
scienza dell'aerosol e particolato atmosferico. Oltre a lui il gruppo include
Alberto Pallavicini e Valentina Torboli, esperti in genetica ambientale, il
biostatistico Massimo Borelli, gli ospedalieri Maurizio Ruscio, Francesco
Fontana e Libera Clemente. ««La nascita della task force internazionale è
un'ottima notizia, che dimostra la bontà della nostra intuizione e servirà a
capire meglio il comportamento del virus all'aperto - dice, concludendo,
Barbieri -. Noi stessi proseguiremo la ricerca con ulteriori studi
sperimentali».
Giulia Basso
IL PICCOLO - LUNEDI', 1 giugno 2020
Arnie incendiate a San Lorenzo - Nasce l'apiario della solidarietà
Nel rogo doloso dell'11 maggio distrutte 21, ma ora la Landa Carsica di
Doberdò lancia un progetto didattico per la comunità: «Così ricambiamo gli aiuti
ricevuti»
San Lorenzo. Dalla strage di api nasce l'idea di un progetto didattico. Dopo
il rogo che a San Lorenzo Isontino ha mandato in cenere 21 arnie, gli apicoltori
della società agricola Landa Carsica di Doberdò del Lago sono rimasti colpiti
dalle testimonianze di affetto ricevute dalla comunità locale e dagli aiuti
concreti giunti da tutta Italia e per questo proporranno al sindaco del paese
d'istituire un "apiario della solidarietà".L'iniziativa è semplice: mettere la
struttura a disposizione dei chiunque voglia capire l'importante ruolo che
giocano le api nel contesto ambientale. Pietro Lombardo, amministratore del sito
andato distrutto la mattina dell'11 maggio, oltre che vicepresidente del
Consorzio apicoltori di Gorizia, parla di dovere morale. «Di solito gli apiari
vengono spostati da un luogo all'altro in base alle esigenze del momento,
questo, anziché utilizzarlo come società agricola Landa Carsica, vorremmo
posizionarlo su un terreno del comune e metterlo al servizio della comunità.
Vorremmo che da qualcosa di negativo, potesse nascere un qualcosa di positivo
per tutti. È l'impegno che ci prendiamo».Alla fine, in termini strettamente
economici, tra arnie distrutte dalle fiamme e mancato guadagno, è stato
calcolato che il danno provocato dall'incendio ammonta a circa 15 mila euro.
Questo però secondo Lombardo rappresenta il dato meno significativo della
vicenda. «La questione è un'altra e riguarda ciò che è stato fatto. Non si è
trattato di un incidente. La modalità è stata chiaramente dolosa. Non è bruciata
un'arnia, ne sono bruciate 21 e chi ha agito, sapeva bene quello che stava
facendo. Non poteva lasciare scampo nemmeno a mezza ape. È stato un gesto che è
andato oltre a ogni immaginazione».Per illustrare il progetto dell'apiario
solidale, gli apicoltori della società agricola Landa Carsica sperano di poter
incontrare il sindaco Ezio Clocchiatti già nel corso di questa settimana. «In
qualche modo l'apiario siamo riusciti a riportarlo allo stadio originario e
questo è merito di chi ci ha sostenuto dopo l'incendio. C'è chi ha raccolto dei
fondi e chi ci ha donato delle api. Gli aiuti sono arrivati da Udine come da
Napoli ed è lo spirito delle api: che vivono per salvaguardare la specie»,
osserva Lombardo spiegando che tra i primi di aprile e la fine di maggio (o al
massimo l'inizio di giugno) le api sciamano per formare nuove famiglie. «Mandano
via la vecchia regina con mezza comunità e poi con la nuova regina, che depone
tra le 2 mila e le 2.500 uova al giorno, la comunità si ripopola. Noi in qualche
modo controlliamo lo sciame per poi recuperare la divisione». Le uova si
schiudono tre giorni dopo la deposizione e, a seconda dell'alimentazione, le
larve diventeranno regina, ape operaia o fuco. In questo modo la colonia riesce
a programmare la sopravvivenza della comunità e della specie. Intanto sul fronte
delle indagini, prosegue l'attività investigativa dei carabinieri che hanno
chiesto alle compagnie telefoniche di avere i tabulati delle celle presenti
nella zona dell'incendio per analizzarli e verificare chi fosse nelle vicinanze
delle arnie la mattina dell'11 maggio
Stefano Bizzi
Un insetto protetto responsabile delle impollinazioni
Le api sono protette dalla legge e nel caso si dovesse trovare un alveare è
necessario contattare un apicoltore per farlo rimuovere. Diverso dalle api è il
caso delle vespe. Con la stagione estiva sono sempre più frequenti e numerose le
chiamate al centralino dei vigili del fuoco per chiedere di intervenire per
rimuovere i nidi di vespe. I vigili del fuoco però dovrebbero intervenire solo
in caso di pericolo. I nidi di vespe si distinguono da quelli delle api perché
hanno una consistenza simile al cartone. Di norma vengono costruiti in zone
protette, possibilmente calde e secche.
Tornano i gabbiani e vanno all'attacco di Città Giardino e Costa Azzurra
Colpita anche la zona di Valle Le Cove dove i gradesi sono in rivolta per
le deiezioni e l'impossibilità di usare i terrazzi
GRADO. Sono tornati i gabbiani sull'Isola di Grado, ma a quanto pare, pur
rimanendo fissa sempre una loro presenza in centro, ma a quanto pare un più
limitata rispetto al passato, adesso hanno preso di mira alcune zone di Grado.
Maggiormente la zona della Colmata e della spiaggia della Costa Azzurra, ma
soprattutto Città Giardino e in particolar modo l'area dinnanzi a Valle Le Cove
dove c'è il camposanto e ci sono i magazzini comunali. E la gente torna a
lamentarsi perché gli escrementi oltre che a sporcare le strade finiscono anche
nei terrazzi. Ma c'è di più: famelici come sono, arrivano come falchi in
picchiata a prendersi da mangiare tutto ciò che trovano incustodito proprio nei
terrazzi, dal cibo ai sacchetti della spazzatura. Ci sono alcuni residenti che
abitano proprio dinnanzi a Valle Le Cove e che protestano vivacemente perché per
loro è come non avessero la terrazza dato che non la possono utilizzare. C'era
stato un periodo che sembrava che i gabbiani fossero spariti pressoché del tutto
ma in realtà non avevano mai abbandonato la zona di Città Giardino verso pineta,
la Sacca e Valle Goppion. I gabbiani si erano in parte anche trasferiti in
particolare sul Banco d'Orio per nidificare e oggi evidentemente stanno
tornando. E probabilmente se ne aggiungeranno ancora degli altri. L'effetto
coronavirus ha in ogni modo contribuito , almeno fino ad ora quando a Grado
c'erano pressoché solamente i gradesi, nel senso che lo smaltimento dei rifiuti
si è svolto regolarmente e che all'esterno dei cassonetti non è stato
abbandonato nulla tanto che i gabbiani che prima stazionavano proprio accanto ai
cassonetti stradali erano spariti. La questione è sempre la stessa: da una parte
più che giustamente la gente è stufa ed esasperata (oltre ai danni materiali ci
sono anche quelli legati all'igiene che lascia decisamente molto a desiderare);
dall'altra ci sono gli animalisti che si schierano contro qualsiasi iniziativa
vessatoria contro gli stessi gabbiani. Correttamente peraltro perché far del
male agli animali è, come si dice, pari a far del male a se stessi. Non importa
se ti piombano addosso ferendo le dita della mano di un piccolo in carrozzina
che sta per mangiarsi un dolce (fatto realmente accaduto)o se non puoi mangiare
in pace nemmeno un trancio di pizza in spiaggia (fatto questo accaduto più
volte) e non importa ancora se non si può mangiare in tranquillità sul proprio
terrazzo. Ricordiamo che c'è un ordinanza in vigore che vieta di dar da mangiare
a colombi e gabbiani ma che c'è sempre qualcuno che lo fa ugualmente rischiando
una bella sanzione.
Antonio Boemo
"Job in country" in Fvg piace: incrocia domanda e offerta nel mondo agricolo
Sta dando i suoi frutti anche in Friuli Venezia Giulia "Job in country", una
piattaforma telematica di intermediazione tra domanda e offerta di lavoro della
Confederazione nazionale Coldiretti che offre a imprese del mondo agricolo e
lavoratori uno strumento e un luogo di incontro. Job in country si pone
l'obiettivo di far incontrare, nei singoli territori, i bisogni delle aziende in
cerca di manodopera con quelli dei cittadini che aspirino a nuove opportunità di
inserimento lavorativo, in un quadro di assoluta trasparenza e legalità. Questo
progetto ha come obiettivi principali quelli di preservare l'approvvigionamento
alimentare e soddisfare la richiesta dei consumatori; dare lavoro a chi ha
subito gli effetto della crisi; evitare l'aumento dei prezzi. L'attività è
svolta direttamente per singole provincie e ognuno può iscriversi all'ambito di
appartenenza. In regione gli ambiti sono Udine, Pordenone e Trieste-Gorizia
insieme. Ci sono già più di 200 iscrizioni. Sul sito è possibile trovare
inoltre, in maniera trasparente e facile, indicazioni più specifiche sulle
modalità di lavoro, sulla retribuzione o sull'esperienza richiesta. «Si parla di
contratti regolari a termine che sono già partiti spiegano dall'associazione
Bioest -. Possono accedervi disoccupati, ma anche sottooccupati e coloro che
sono cassaintegrati. Molte delle persone che hanno partecipato ai nostri corsi,
organizzati da Urbi et Horti e Bioest negli anni, hanno trovato poi degli
sbocchi nel mondo lavorativo, oltre a concretizzare una formazione per
l'auto-produzione di ortaggi. Oggi si apre quindi un'altra bella opportunità non
solo per gli studenti, ma per tutti coloro che amano l'attività all'aperto:
correttamente retribuita, a contatto con il verde e magari temporanea, in un
momento di incertezza economica in attesa di tempi migliori».
IL PICCOLO - DOMENICA, 31 maggio 2020
La "Terrazza a mare" sul lungomare di Barcola si prepara all'apertura -
Cantiere ultimato a metà giugno
Piccoli dettagli e Tam (Terrazza a mare, nata sulla macerie della Voce della
Luna) aprirà le sue porte. Chi passeggia sul lungomare di Barcola ha già preso
familiarità con la nuova struttura. Il progetto firmato dallo studio Metroarea
degli architetti Tazio di Pretoro e Giulio Paladini, ha preso forma e non lascia
più spazio solo all'immaginazione. La struttura si dividerà in tre aree
funzionali: la sala, le terrazze, il belvedere. La sala ospiterà il bar, il
ristorante e la gelateria. Le terrazze saranno adibite alla balneazione, in
parte alla ristorazione e a ospitare eventi e spettacoli. Sulla copertura del
locale si troverà il belvedere, un'area destinata a solarium ma attrezzata per
organizzare anche iniziative ed eventi, non appena l'emergenza in corso lo
renderà possibile. Una struttura multifunzionale, dunque, che si trasformerà di
ora in ora nel corso della giornata e dove sarà possibile bere un aperitivo,
prendere il sole, pranzare, cenare, assistere ad iniziative culturali o vedere
un film all'aperto. Il locale resterà aperto tutto l'anno. Non solo l'estate.
Sull'inaugurazione della nuova realtà che animerà il lungomare cittadino, pesa
la situazione contingente dettata dall'emergenza Covid 19 che, ad oggi, non
consente ancora l'organizzazione di una festa che dia un meritato avvio. Il
cantiere sarà ultimato per la metà del mese di giugno, poi verranno valutate le
possibilità, tenendo conto dei limiti e dalle normative imposte dalla linee
guida in essere, per la conduzione di una simile struttura. Il personale che ci
lavorerà è già stato selezionato. Nelle prossime due settimane le ditte che
stanno lavorando sulla struttura interverranno per terminare alcuni aspetti
legati dell'illuminazione e dell'impianto audio.
L.T.
SEGNALAZIONI - Parco del Mare - Progetto da riconsiderare
Ritengo sia davvero il momento di riconsiderare seriamente il progetto del Parco del mare, e destinare altrimenti le risorse accantonate a quello scopo: lo dice una organizzazione rappresentativa delle imprese artigiane, la Confederazione nazionale artigianato (Cna), mettendo in luce quanto forte sia stato l'impatto della pandemia Covid-19 su una parte importante del mondo del lavoro cittadino. L'Associazione Trieste Bella ha nei mesi scorsi chiesto l'accantonamento del progetto per una lunga serie di motivi, fra i quali fin dall'inizio era presente l'esigenza di sostenere in modo adeguato l'economia cittadina con azioni efficaci. Lo scenario del dopo Covid-19 penso debba chiamare tutte le componenti della comunità cittadina ad analisi disincantate della realtà, comportamenti responsabili, contributi concreti per la rinascita, idee e proposte per utilizzare al meglio un accantonamento di risorse da spostare urgentemente e in modo definitivo dall'idea di un progetto superato dagli eventi.
Glauco Rigo, Associazione Trieste Bella
Romania, non sarà Pechino a fornire due reattori nucleari - cancellato
l'accordo su pressioni usa
BUCAREST. Il governo rumeno ha chiesto alla società statale Nuclearelectrica,
che gestisce la centrale nucleare di Cernavoda, di interrompere i negoziati con
il suo partner cinese China General Nuclear Power Corporation, Gcnpc, relativi
alla costruzione dei reattori nucleari 3 e 4 a Cernavoda. Il governo ha
affermato che Nuclearelectrica deve trovare nuovi partner per il progetto. Nel
novembre 2015 è stato firmato un protocollo d'intesa tra Nuclearelectrica e
Gcnoc per costruire i due reattori. Secondo il documento, le due parti avrebbero
costituito una joint venture in cui la società cinese avrebbe detenuto una
partecipazione di almeno il 51% delle azioni. Nel maggio 2019, il ministero
dell'Energia sotto l'ex primo ministro socialdemocratico Viorica Dancila ha
firmato un altro documento con la società cinese, riguardante un investimento di
200 milioni di euro all'anno da parte della Gcnpc. Ma l'attuale primo ministro,
Ludovic Orban, ha denunciato l'accordo nel gennaio di quest'anno. «Mi è chiaro
che non funzionerà con i cinesi ... Vedremo con quale partner saranno costruiti
i reattori. Si tratta di partner e di finanziamenti», ha dichiarato Orban in
un'intervista per Hotnews. Nel gennaio 2020, il ministro dell'Economia Virgil
Popescu ha affermato che la Nuclearelectrica potrebbe costruire da sola il
reattore 3 a Cernavoda e ha aggiunto che un nuovo progetto congiunto con un
partner Nato è uno scenario più praticabile. La Romania è uno stretto alleato
degli Stati Uniti e il suo allontanamento dagli accordi chiave con Pechino è
stato probabilmente influenzato dal drammatico raffreddamento dei legami
Usa-Cina da quando Donald Trump è entrato in carica a Washington.
M. MAN.
Focus sugli squali con Mare Nordest
Oggi alle 18 (e fino alle 19.30) si terrà l'incontro conclusivo dell'iniziativa virtuale Mare Nordest. Sono previsti gli interventi di Sara Andreotti, biologa marina, con focus su ricerche in tema di squalo bianco; Patrizia Maiorca, apneista e Stella d'oro al merito sportivo del Coni, responsabile dell'Amp del Plemmirio; Eleonora De Sabata, giornalista scientifica, ideatrice del progetto europeo Clean Sea Life. Verrà inotlre presentato il libro "Il Trieste" (Italo Svevo) con l'editore Alberto Gaffi e l'autore Enrico Halupca. Il saluto finale spetterà all'assessore ai Grandi eventi del Comune di Trieste Francesca De Santis. Per seguire l'appuntamento: sul sito web dell'evento, https://www.marenordest.it/, oppure sui canali social facebook (https://www.facebook.com/Mare-Nordest-Trieste-694493867279347/) e youtube /(https://www.youtube.com/channel/UCHi8VKAP_1_5PWFAIElfysg). Per informazioni sulla manifestazione si può contattare l'organizzazione scrivendo all'indirizzo info@marenordest.it.
Replica escursione in Val Rosandra - Martedì
Considerato l'alto numero di richieste per l'escursione in programma oggi in Val Rosandra, la cooperativa Curiosi di Natura organizza un bis dopodomani. L'uscita, prevista dal programma di "Piacevolmente Carso", verrà quindi riproposta fuori calendario martedì, dalle 9.30 alle 13 (ritrovo alle 9.10 in piazza di Bagnoli della Rosandra, alla fermata dei bus numero 40 e 41 da Trieste). È richiesta la prenotazione alla mail curiosidinatura@gmail.com o al cellulare 3405569374. L'uscita è in una delle località naturalistiche più belle di Trieste, in una valle ricca di storia e biodiversità. Un percorso di 6,5 chilometri su dislivello di 200 metri, con un primo tratto più impegnativo che poi si fa più pianeggiante. L'escursione è organizzata nel rispetto delle norme di sicurezza anti-coronavirus, con possibilità di degustazioni nei ristoratori di "Sapori del Carso".
Dopo mesi di chiusura riapre l'oasi di Valle Cavanata tra mille divieti per i
visitatori
GRADO. Dopo il lungo periodo di chiusura obbligatoria a causa dell'epidemia
per il Covid 19, ha riaperto, soltanto da un paio di giorni, il centro visite
dell'oasi della Valle Cavanata. Ci sono tuttavia, come accade dappertutto nei
luoghi pubblici se si vuole riaprire le strutture alle visite, da rispettare
diverse prescrizioni imposte in considerazione dell'epidemia e soprattutto per
evitare la diffusione di altri contagi. La gestione fa capo sempre alla
cooperativa Rogos alla quale il Comune ha affidato l'oasi naturale e alla quale
ha imposto anche le varie disposizioni di sicurezza. Sono previste, tra l'altro,
anche le chiusure degli osservatori Sabbia e Pagoda (non è possibile rispettare
le misure minime di distanza in queste strutture) che saranno peraltro
accessibili soltanto su prenotazione. Sinteticamente, come spiega la Rogos
(ricordiamo pertanto che alcuni degli obblighi previsti per l'accesso ai
sentieri e alle strutture è stato severamente regolamentato), i visitatori sono
innanzitutto invitati a seguire strettamente le indicazioni esposte in modo da
non incrociare altri visitatori in entrata e di non oltrepassare i punti dove
sono stati posizionati i divieti. Fermo restando che chi ha più di 37, 5° di
temperatura al controllo o risulta essere positivo al Covid-19 non può accedere.
Prima della visita c'è inoltre l'invito a utilizzare la soluzione idroalcolica e
di indossare sempre la mascherina. L'accesso al Centro Visite è consentito fino
ad un numero massimo di 6 persone o gruppi famigliari (in caso di numeri
superiori è necessario attendere il turno all'esterno della struttura).I servizi
igienici non sono accessibili al pubblico ma se c'è un'urgenza è necessario
rivolgersi al personale. È garantito invece il noleggio gratuito delle
biciclette mentre quello dei binocoli è sospeso e, come detto gli osservatori
del Sabbia e la Pagoda rimangono chiusi (saranno accessibili solo una preventiva
prenotazione via mail all'indirizzo info. educazioneacavanata@gmail. com).Ovviamente
vanno anche rispettati la distanza di sicurezza di almeno un metro ed evitati
gli assembramenti. Per ridurre al minimo contatti fisici l'informazione non
prevede la distribuzione di materiali cartacei o su altro supporto ma sarà di
tipo digitale. Il protocollo predisposto dal Comune stabilisce inoltre che la
visita può avvenire con prenotazione per fruire di particolari servizi presenti
nell'area protetta quali una guida naturalistica o l'accesso a strutture come il
centro visite, l'osservatorio faunistico Sabbia, la Pagoda (come detto solo su
prenotazione) e in generale l'ingresso in luoghi o strutture chiuse o
semichiuse. Senza prenotazione sarà possibile fruire esclusivamente di spazi
aperti o effettuando il mero attraversamento di spazi chiusi o semichiusi senza
soste. Fino al 31 ottobre l'apertura del Centro visite è giornaliera dalle 10
alle 18 con turno di chiusura il giovedì.
An. Bo.
IL PICCOLO - SABATO, 30 maggio 2020
Tavoli e vetrine su marciapiedi e posti auto - Scatta la chiusura di 4 strade
nei weekend
Esperimento nei fine settimana fino al 31 ottobre in via Cadorna, via
della Fornace, salita Promontorio e via San Cilino
Chiusa per cena. Il Comune si è accordato con le associazioni di categoria
per sperimentare l'adozione di divieti di transito in alcune strade cittadine:
tavoli e sedie di bar e ristoranti, espositori di negozi potranno essere
allestiti sui marciapiedi e sugli stalli di sosta liberi. Da ieri sera fino a
sabato 31 ottobre. L'ordinanza è firmata dal capo dell'Urbanistica municipale,
Giulio Bernetti, ma si collega a una delibera portata dagli assessori leghisti
Luisa Polli e Serena Tonel, pensata per dare una mano al mondo del commercio e
della somministrazione food & beverage colpito da quasi tre mesi di forzata
astinenza. Un modo per guadagnare all'esterno gli spazi persi all'interno dei
locali causa le misure di distanziamento. La procedura è sicuramente innovativa
per Trieste e - pare - all'avanguardia persino nel panorama nazionale: sono
previste quattro strade dove dal venerdì sera alla domenica sera gli esercenti,
autorizzati dal Municipio, possono sistemare una transenna e limitare il
passaggio automobilistico. Debbono però rispettare le vetture già in sosta,
permettendo a esse di andarsene, e consentire l'accesso alle rimesse da parte di
chi vi possiede un parcheggio. Naturalmente va garantita una corsia per le
emergenze. Scatta un divertente divieto di transito pedonale, per cui i pedoni
non possono camminare laddove una coppia è in procinto di approcciare una
romantica busara: si accomoderanno allora sulla carreggiata stradale, prestando
attenzione a che non sfrecci un'ambulanza. Una volta che alla mezzanotte
domenicale cali il coprifuoco, le masserizie debbono essere evacuate. Le strade
coinvolte in questa inedita operazione sono via Cadorna, salita al Promontorio,
via della Fornace, via San Cilino. La particolarità di questo on the road
tergestino spinge Luisa Polli ad appellarsi a commercianti, baristi, osti
affinchè si rivolgano ai funzionari comunali addetti all'occupazione di suolo
pubblico per ottenere ogni delucidazione. Perchè l'applicazione pratica di
questa opportunità commerciale implica da parte di tutti - esercenti,
automobilisti, residenti - uno sforzo di buon senso, merce di non scontato
reperimento. E adesso focus sulle vie prescelte nel confronto tra Municipio,
Fipe, Confcommercio ecc. Orari: dalle 20 del venerdì alle 24 della domenica. Via
Cadorna da piazza Venezia a via San Giorgio. Salita al Promontorio da via
Lazzaretto Vecchio a Riva Grumula. Via della Fornace conferisce la sua parte
finale dove s'intreccia con Scala Winckelmann e via dei Pallini. A San Giovanni
c'è via San Cilino nella porzione tra via alle Cave (piscina) e via Damiano
Chiesa. Solo via Cadorna, nella tratta tra via Felice Venezian e via del Mercato
vecchio, sarà transennabile dalle 20 del sabato alle 24 della domenica.
L'opzione "marciapiede libero e autogestito" è reiterabile nelle giornate
festive infrasettimanali, qualora ve ne fossero (Ferragosto cade di
sabato).Caratteristiche delle zone individuate per questo esperimento. È
evidente che l'epicentro è via Cadorna, interessata in due tratte,
centralissima, vicina a due punti-chiave dell'aperitivo e del digestivo come via
Torino e Cavana. Suggestivo il campione di via della Fornace, a fondo cieco,
sotto San Giusto e dietro la Croce Rossa. L'unica apertura sulle Rive sono i 55
metri dell'estuario di Salita Promontorio. La periferia è rappresentata da via
San Cilino.
Massimo Greco
Slitta la firma decisiva sul post-Ferriera - Il nodo è l'occupazione -
l'accordo di programma
La firma dell'Accordo di programma slitta quanto meno alla prossima
settimana. I rinvii dopo i ripetuti annunci sono un'abitudine nella partita
della riconversione della Ferriera e stavolta dipendono dalla necessità di
trovare una mediazione definitiva sui livelli occupazionali. Gli enti hanno
inoltre bisogno di qualche giorno per deliberare l'autorizzazione a firmare: un
passaggio ineludibile per Regione, Comune e Autorità portuale. Le parti si
riaggiorneranno all'inizio della prossima settimana e intanto la Cgil convoca
una mobilitazione per venerdì: l'unica sigla contraria all'accordo sindacale
chiede anche un incontro con Fedriga. Due giorni fa il ministro Stefano
Patuanelli ha scritto alle parti per dichiarare concluso il percorso di
scrittura dell'Adp. La Regione vorrebbe tuttavia un ultimo incontro, nella
convinzione che sia necessario ridurre gli esuberi previsti: alla luce della
pioggia di milioni che Arvedi incasserà dalla mano pubblica, la giunta Fedriga è
convinta che l'acciaieria debba esporsi con chiarezza sul futuro dei 50 operai
che saranno impiegati nella bonifica, senza avere collocazione assicurata a
riconversione conclusa. Intanto la Cgil convoca per venerdì prossimo un presidio
davanti alla Regione in piazza Unità. Per la Fiom «a una settimana dalle
rassicurazioni del ministro Patuanelli e del presidente Fedriga, che entro oggi
(ieri, ndr) sarebbe stato firmato l'Adp, i lavoratori registrano che l'accordo
non è stato ancora firmato. A quasi due mesi dalla chiusura dell'area a caldo, i
lavoratori della Ferriera e degli appalti continuano a non aver garanzie. Arvedi
ha inoltre dato disposizioni affinché non si proceda a ulteriore proroga nei
confronti dei lavoratori in somministrazione e anche le promesse su una
ricollocazione tramite centro per l'impiego o Fincantieri sono svanite nel
nulla». La Nidil definisce «risibile» l'accordo sindacale firmato dalle altre
sigle ed evidenzia che «Icop non ha intenzione di sottostare ad alcun tipo di
vincolo con riferimento al riassorbimento dei lavoratori che ancora qualcuno si
ostina a non definire "esuberi"».
d.d.a.
«Palazzo Carciotti patrimonio di tutti» - Al via la petizione contro la
vendita
Lettera-appello al sindaco per rivedere il piano di alienazione «La
destinazione dell'immobile dovrebbe restare pubblica»
«Salviamo Palazzo Carciotti». È partita ieri una raccolta di firme che
durerà per tutta l'estate per chiedere alle istituzioni di dichiarare
inalienabile il capolavoro dell'architettura neoclassica firmato da Matteo
Pertsch. Dopo quattro aste andare deserte potrebbe essere un esito inevitabile.
La petizione ("Firma anche tu! Perchè non venga venduto e resti patrimonio della
città di Trieste") è stata presentata ieri su YouTube. Il destinatario è il
sindaco Roberto Dipiazza a cui è rivolta una lettera-appello: «Trieste per
fortuna non ha sofferto un danno irreparabile e le esprimiamo il nostro sollievo
per il fatto che le aste di vendita del palazzo non hanno avuto assegnatari».È
stata infatti l'attuale amministrazione, appena insediata nel 2016, a varare una
delibera per mettere sul mercato l'intero Carciotti al prezzo base di 22,7
milioni (scesi a 14,9 nell'ultima asta) per 12 mila metri quadrati (40 metri di
larghezza e 100 di lunghezza per più livelli). «Poiché uno dei più importanti e
amati monumenti di Trieste è dunque ancora patrimonio di tutti i cittadini, le
chiediamo di mantenere ferma la proprietà del bene, che deve restare della
città, e prevedere una destinazione pubblica del palazzo. Pensiamo infatti che
questa vendita non avvenuta segni l'importante momento nel quale lei può
decidere una rifunzionalizzazione dell'edificio come bene pubblico e può far
porre allo studio una intelligente progettazione dei suoi contenuti che ne
disponga l'uso al servizio della collettività», si legge nella lettera al
sindaco. «Il Carciotti è un bene comune di Trieste e non deve essere alienato. È
l'icona dell'identità multiculturale della città», ha spiegato nella
presentazione l'architetto Giuliana Carbi Jesurun. Le firme raccolte il primo
giorno sono già a quota cento. Tra i primi firmatari e promotori ci sono:
Roberto Canziani, Giuliana Carbi Jesurun, Roberto Dambrosi, Diana De Rosa, Anna
Laura Govoni, Elvio Guagnini, Alexandra Hagemann, Wissal Houbabi, Lucia
Krasovec-Lucas, Marko Kravos, Emanuela Marassi, Marija Mitrovic, Roberto Paci
Dalò, Massimo Premuda, Livia Rossi, Dubravka Santolic Cherubini, Marcela Serli,
Davide Skerlj, Marko Sosic, Nicoletta Zanni e Maila Zarattini. «Questo palazzo è
molto amato dai triestini. È sito sulle rive di Trieste, a conclusione a mare
del Canal Grande, asse centrale dello storico Borgo Teresiano (la città nuova
estesa a metà Settecento oltre alla cinta medioevale e su preesistenti saline
per volere di Maria Teresa d'Austria). Non solo è una immagine-icona della
città, ma è una vera e propria immersione nella storia e nell'identità dei
triestini», spiegano ancora i promotori. Palazzo Carciotti ha ospitato nel 1831
la prima sede delle Assicurazioni Generali, come riporta lapide sulla facciata.
In seguito fu proprietà della Capitaneria di porto e dell'Acegat, l'ex azienda
comunale di elettricità, gas, acqua e tranvie, come riporta invece l'insegna
sulla facciata di via Genova. Mettere in vendita Palazzo Carciotti, insoma, per
i promotori è come mettere in vendita l'anima di Trieste. «E un bene comune,
qualcosa di cui dobbiamo occuparci e prenderci cura», spiega l'architetto Lucia
Krasovec-Lucas. Con la petizione (e l'auspicata fiumana di firme) si spera così
di poter riconvertire la scelta dell'attuale amministrazione portata avanti
dall'assessore al Patrimonio Lorenzo Giorgi. «Stiamo parlando di un gioiello
dell'architettura neoclassica europea, non solo triestina», così la storica
dell'arte Nicoletta Zanni. L'architetto Roberto Dambrosi immagina anche di
creare all'interno una sorta di piazza aperta al pubblico utilizzata a
"quadrati". La petizione si può firmare su www.palazzocarciotti.org.
Fabio Dorigo
Tornano in Carso le visite guidate alla scoperta di storia e natura
Ripartono domani le gite della domenica promosse dalla cooperativa
Curiosi di Natura
A spasso per la Val Rosandra, respirando la natura, le biodiversità e magari
anche le tipiche proposte enogastronomiche. "Piacevolmente Carso", il programma
di escursioni organizzato dalla cooperativa "Curiosi di Natura", riapre i
cancelli del cartellone 2020 con l'appuntamento di domani, il primo dei quattro
scali ideati per animare la ripresa post emergenza coronavirus.Si riparte quindi
dalla Riserva naturale della Val Rosandra, esplorandola in un tragitto
complessivo di circa 6,5 chilometri, caratterizzato da un dislivello di 200
metri e da un primo tratto leggermente impervio (un chilometro appena) seguito
poi da una distesa pianeggiante. Insomma, una gita a portata di tutti, tra rupi,
un torrente, una cascata e diverse testimonianze legate alle antiche aree di
transito commerciale. Il ritrovo è fissato alle 9.10 nella piazza di Bagnoli
della Rosandra, all'altezza delle fermate dei bus 40 e 41. Si parte alle 9.30 e
il ritorno è previsto attorno alle 13. Un consiglio da parte degli
organizzatori: munirsi di scarpe antiscivolo. Il copione di "Curiosi di Natura"
si dota naturalmente delle attuali misure in termini di sicurezza ma conferma le
classiche credenziali del suo format, proponendo una serie di gite domenicali
curate da guide qualificate in grado di illustrare i temi fondamentali dei
luoghi in chiave naturalistica, storico e sociale, abbinando le escursioni a
letture a tema e alla possibilità di fruire delle convenzioni con i ristoratori
del circuito "Sapori del Carso". Il secondo appuntamento è datato domenica 7
giugno (9.30 - 13) e la zona questa volta è Duino, nel tratto del fiume Timavo,
attraversando boschi, sorgive e prati, sino all'approdo alla Chiesa di San
Giovanni in Tuba. Qui il ritrovo è alle 9.10 al Villaggio del Pescatore, nei
pressi della fermata del bus 44. La terza proposta si discosta dalla mappa
abituale e sbarca nel centro città. Succede domenica 14 giugno (10-12) in un
viaggio alla ricerca delle tracce di torrenti, corsi fluviali e antichi
acquedotti, una escursione urbana che ha il suo raduno alle 9.40 in Largo
Bonifacio, inizio del viale XX Settembre. Ultima puntata il 21 giugno, da
Basovizza al Monte Spaccato, con ritrovo alle 9.10 al parcheggio-fermata del
Sincrotrone (bus 39). Informazioni e adesioni scrivendo a curiosidinatura@gmail.com
o visitando
www.curiosidinatura.it.
Francesco Cardella
La Riserva della Val Rosandra riapre e guarda alle scuole
Un altro piccolo passo verso la "normalità": ha riaperto i battenti il
Centro visite della Riserva naturale regionale della Val Rosandra, meta di
escursioni e passeggiate, anche in bici, di speleologi, rocciatori e geologi.
«L'emergenza sanitaria però - spiegano i gestori del centro della società
cooperativa Rogos - non è finita, quindi per poter accedere alla riserva è
necessario il rispetto di alcune regole». In attesa di poter organizzare anche
delle visite guidate, il centro visite offre già alcuni servizi. «Come ad
esempio - spiega la presidente, Tina Klanjscek - la vendita di libri e
pubblicazioni sia a carattere naturalistico che storico, mappe del territorio,
dei libricini in distribuzione gratuita sulla Val Rosandra a disposizione del
pubblico e oggettistica varia e gadget targati val Rosandra. A breve allestiremo
un info corner attrezzato con porta-depliant e volantini di tutte le riserve
naturalistiche della regione, anche alla luce delle indicazioni che
intenderebbero incentivare per la prossima estate il turismo interno e in
particolare quello all'aria aperta». Ed è proprio al tema delle escursioni e
visite guidate che lo staff della riserva sta guardando con particolare
attenzione, in attesa delle direttive che stabiliranno le modalità di apertura.
L'obiettivo è di poter riaprire prima possibile. «È probabile - rivela Tina
Klanjscek - che verrà attivata un'offerta per le scuole a partire dal prossimo
anno scolastico, in quanto la riserva ben si presta a ospitare attività
alternative a quelle in aula e può offrire ampi spazi all'aperto e attività
didattiche istruttive e al contempo divertenti. Al momento l'orario di apertura
è 9-17 da lunedì a venerdì e il sabato, la domenica e i festivi dalle 9 alle 18.
L'ingresso al centro visite è contingentato e limitato a un massimo di 6
persone/gruppi famigliari contemporaneamente. Viene richiesto a tutti i
visitatori l'utilizzo di mascherine e il rispetto della distanza interpersonale
di un metro. Informazioni al 3291286325, alla casella info@riservavalrosandra-glinscica.it
e su www.riservavalrosandra-glinscica.it. --
Gianfranco Terzoli
La Cona pronta per le visite con un capanno "anti-Covid"
STARANZANO. A una settimana dalla riapertura, l'Isola della Cona rimasta
chiusa oltre due mesi per l'emergenza, da questo weekend si presenta ai
visitatori con un nuovo servizio per i birdwatcher. È operativo, infatti, per
l'osservazione degli uccelli un capanno adeguato al rispetto delle regole
emanate anti-Covid-19. Oltre alle aperture sulla parete frontale, finestre
mimetizzate per guardare all'esterno, il capanno è dotato di pannelli e separé,
tendaggi sostenuti da canne palustri che aumentano la sicurezza degli utenti
soprattutto per il distanziamento sociale richiesto per evitare il passaggio del
virus. La struttura è attrezzata per l'avvistamento della fauna selvatica ma in
particolare dei "gruccioni", uccelli di straordinaria bellezza dalle piume
multicolori che arrivano dall'Africa, avendo trovato nella Riserva un posto
ideale per nidificare. Il noleggio del capanno organizzato in quattro
postazioni, è possibile per la giornata intera al costo di venti euro a persona.
Per informazioni e prenotazioni ci si potrà rivolgere al personale del Centro
visite o scrivere via mail all'indirizzo info@rogos.it. La Rogos, che ha in
gestione la riserva, in occasione della riapertura, ha emanato una serie di
regole. Fra queste quella di non presentarsi se si accusa 37, 5° o più di
febbre, poi di usare la soluzione idroalcolica a disposizione prima di iniziare
la visita e per accedere al punto di ristoro e agli osservatori, di indossare la
mascherina. L'accesso ai sentieri è stato regolamentato in modo da non
incrociare altri visitatori in entrata e di non oltrepassare i punti dove sono
stati posizionati divieti. Si può andare, inoltre, nell'osservatorio della
Marinetta soltanto per spostarsi dal piano inferiore a quello superiore. La
sosta non è consentita. L'accesso è possibile fino ad un massimo di 3 persone o
gruppi famigliari contemporaneamente per piano, in caso di numeri superiori
bisogna attendere all'esterno. È chiuso l'osservatorio di Punta Spigolo. Si può
entrare nel Museo della Papera soltanto per percorrere l'anello indicato dalle
frecce e osservare la distanza di sicurezza di un metro ed evitare
assembramenti. È sempre attiva, inoltre, la "sanificazione" delle aree aperte al
pubblico, cioè i musei, il bar, il parco giochi per bambini e i servizi
igienici.
Ciro Vitiello
IL PICCOLO - VENERDI', 29 maggio 2020
L'opposizione boccia l'ovovia dei "sogni" - Maggioranza in trincea
Centrosinistra e M5s: «Costi pubblici enormi. E il tram?» - Lega e Fi:
«Ma al Comune non costerebbe un soldo»
La bora della polemica soffia sull'ovovia. La maggioranza fa quadrato
attorno al sindaco Roberto Dipiazza e alla sua proposta , mentre l'opposizione
dubita della realizzabilità dell'opera, del suo senso. L'idea trova scettici
centrosinistra e 5 Stelle. Così il dem Giovanni Barbo: «L'idea non è certo di
Dipiazza, risale almeno a Bandelli via De Gioia, ma qualcuno crede che il
sindaco la farà? Il tram è fermo dal 2016, da allora il Mercato ittico avrebbe
dovuto esser pronto da tempo, l'Ortofrutticolo non si sa dove vada, la Maddalena
è letteralmente un buco nero. Sarebbe meglio concludere quelli». Dice il
pentastellato Paolo Menis: «Da quanto visto finora non mi convince. Condivido
l'obiettivo di una mobilità sostenibile ma spendere 45 milioni mi sembra uno
sproposito. Anche se non sono del Comune, è pur sempre denaro pubblico». Il
consigliere M5s pone dei dubbi sulle stime di gestione - «da analizzare con
estrema attenzione» - e sui disboscamenti necessari al parcheggio da 800 posti a
Opicina: «Inaccettabili». Maria Teresa Bassa Poropat dei Cittadini dichiara:
«All'inizio ho pensato a una battuta. Se si vuol fare mobilità sostenibile
bisognerebbe concludere le aree ciclopedonali in tutta la città, piuttosto che
fare un secondo mezzo alternativo con gli stessi punti di partenza e di arrivo
del tram di Opicina, tuttora fermo. Sarebbe meno costoso e non avrebbe costi di
gestione esorbitanti». Così Antonella Grim di Italia Viva: «Ci confrontiamo
seriamente sui collegamenti Carso - Porto vecchio o è solo l'ennesimo caso di "annuncite"
che allungherà la lista delle incompiute di Trieste? La situazione economica è
drammatica. Ma poi come andrebbe a inserirsi in una visione complessiva della
mobilità? Cosa ne sarebbe del tram di Opicina? Non sono per dare giudizi a
priori, ma serve serietà e visione complessiva». A Sabrina Morena di Open «pare
invece che alla giunta Dipiazza piaccia fare annunci di opere faraoniche e
roboanti senza un piano organico della mobilità. Del Pums si doveva discutere a
dicembre. Invece escono progetti dubbi da molti punti di vista. Si pensi
piuttosto a far dare i 10 milioni accantonati per il Parco del Mare ai
negozianti in difficoltà». Dubbi anche da Roberto De Gioia di Progetto Fvg, che
per primo in questa tornata aveva rilanciato l'idea: «La città dovrebbe avere
un'ovovia. Ma da sempre era quella che va a Monte Grisa, con la sua balconata
eccezionale sul golfo e il parcheggio già pronto, a due passi dall'autostrada. A
Campo romano cosa c'è?». La maggioranza sostiene però la giunta e la proposta.
Così il forzista Alberto Polacco: «Giusto aver partecipato al bando, è un'opera
su cui il Comune non spenderebbe un euro. Chiaro, va visto in un'ottica di
infrastrutture complessiva. Sappiamo bene che le urgenze per il bilancio del
Comune saranno altre, ma così non le intaccheremmo di un centesimo». Afferma il
leghista Radames Razza: «Bisogna riqualificare Porto vecchio e incentivare la
mobilità sostenibile. Ben venga un progetto innovativo, a costo zero in caso di
vincita del bando, che attrarrà turisti favorendo gli spostamenti con il Carso.
La visione dell'amministrazione comunale è una visione lungimirante in un'ottica
di sviluppo e innovazione di tutta l'area urbana, della quale a breve entrerà a
far parte a pieno titolo anche la zona di Porto vecchio»
Giovanni Tomasin
IL PICCOLO - GIOVEDI', 28 maggio 2020
Dal tubone a Barcola beach - I tanti sogni irrealizzati nel cassetto della
città
Tra i progetti mai decollati anche il maxi campus di via Rossetti in cui
riunire tutti i licei cittadini e il Parco del mare previsto prima a Barcola,
poi a Campo Marzio e infine in attesa in Sacchetta
Fanno tenerezza quelle illustrazioni del primo Novecento, in cui le città
del Duemila sono ritratte come paesaggi futuristici in cui la gente va a spasso
su aggeggi volanti. Fa un effetto simile, nel nostro presente, pensare a come
sarebbe Trieste se in questi decenni si fossero realizzate le opere ipotizzate,
proposte, proclamate o promesse dalla classe politica e dagli amministratori
cittadini. Vedremo il destino dell'ultimo prodotto di questo ideificio, l'ovovia
che il sindaco Roberto Dipiazza lancia in un momento di difficoltà per Trieste,
volgendo lo sguardo al futuro e alla campagna elettorale. Il gasometro - Un
sogno nel cassetto che potremmo definire ricorrente è il centenario gasometro di
via d'Alviano. Ai tempi della giunta Illy ci fu chi propose di farne una "sala
rock", poi per molto tempo si vagheggiò di realizzare un planetario all'interno
della grande cupola (con molti scettici sulla sostenibilità dell'operazione),
più di recente una palestra d'arrampicata. All'inizio del 2020 l'assessore al
Patrimonio Lorenzo Giorgi era tornato alle origini annunciando delle serate
disco per la primavera, «al fine di attrarre investitori come in Porto vecchio».
I mesi seguenti, come in un buon racconto di fantascienza, hanno reso poco
praticabile l'idea. Il Parco del mare - Se ne parla ormai dal 2004 e per i
triestini è quasi uno di famiglia. Il Parco del Mare ideato dal presidente della
Cciaa Antonio Paoletti, e da lui sempre invocato, in questi anni ha incontrato
il mutevole sostegno delle giunte marcate Dipiazza e un certo scetticismo in era
Cosolini. Ora è fermo nel mezzo di una pratica romana che dovrebbe farcene
conoscere la fattibilità nella sua ultima destinazione, l'area della Sacchetta.
Ma prima di approdare alla lanterna, l'idea di un grande acquario triestino che
faccia da contraltare ai cugini-rivali genovesi ha girato qua e là lungo le rive
e oltre. Inizialmente s'era pensato al terrapieno di Barcola: inquinato. Poi
Campo Marzio, Magazzino vini, area ex Bianchi. Ad un certo punto Dipiazza
propose di mettere una grande vasca nel mezzo dell'ex Pescheria. Ora ha
raggiunto il luogo dell'ultimo riposo all'ombra della Lanterna: spetta a Roma
dire se si potrà anche costruire, e alle realtà economiche triestine se ci sono
i soldi per farlo. Il centro città - Il centro di Trieste ha assistito a una
lunga rassegna di idee mai realizzate. A due passi dal Parco del Mare, per
attenerci alla cronaca recente, la «tensostruttura» che il sindaco Dipiazza
dichiarava di voler realizzare poco dopo il crollo dell'Acquamarina. Poi di
recente ha sposato la tesi di farne una ex novo in orto vecchio. Ma proseguendo
sulle Rive vediamo le linee di tram immaginate dalla giunta di Roberto Cosolini,
che da Opicina avrebbero dovuto tornare a ramificarsi nel resto della città,
come ai tempi della gallina bicefala. S'è visto poi com'è andata in questi anni,
col tram. Un altro sogno irrealizzato del centro città è il "tubone
sottomarino", ovvero il tunnel che nelle ambizioni dell'esecutivo di Riccardo
Illy avrebbe far passare il traffico auto dal Porto vecchio a Campo Marzio
ricorrendo a un'avveniristica struttura subacquea. Da allora va detto che si è
riusciti a ottenere i semafori sincronizzati sulle Rive. Sempre alla giunta Illy
si deve l'idea di un cimitero monumentale nella Cava Faccanoni, visibile la
notte da tutta la città. Anche di ovovia, in realtà, si parla da moltissimo
tempo, ora verso Monte Grisa, ora verso l'Altipiano. Una menzione particolare la
merita lo "Stream", l'autobus magnetico voluto dal sindaco Illy, perché non
rimase un sogno nel cassetto: fu realizzato e abbandonato. Tornando a tempi più
recenti la città ancora attende i prossimi risvolti sul super campus di via
Rossetti, che il primo cittadino in carica intende realizzare al posto
dell'attuale caserma in disarmo, convogliando lì tutti gli istituti superiori
cittadini. Una fortezza della conoscenza, al momento teorica. Il Porto vecchio -
Più che un cassetto, l'antico scalo è un forziere di sogni riposti. Dovessimo
attenerci soltanto agli annunci degli ultimi anni, secondo il sindaco Dipiazza
lì dovremmo avere investitori russi, cinesi, arabi praticamente con i soldi in
mano. Pare pure un serbo. Ma prima di tutto ciò abbiamo visto apparire e sfumare
tante altre fate morgane: un quartier generale di Generali, reso impossibile da
complicanze tecniche in seguito alle quali il gruppo spostò la sede per l'Italia
a Mogliano Veneto. Ma anche il progetto di Portocittà, che avrebbe dovuto
portare a una riqualificazione di tutta l'area (in cambio di una serie di
condomini in zona Barcola) e che almeno portò al recupero del Magazzino 26. Un
altro annuncio recente è quello del Mercato ittico, che secondo il primo
cittadino a inizio terzo mandato avrebbe trovato lì una sede ideale, e ora è
stato dirottato altrove. Resta ancora un annuncio da parte del Comune la volontà
di realizzare una città sportiva accettando la proposta del manager Leo Bassi
nella parte finale dello scalo, a partire dalla già citata Piscina terapeutica
la cui fattibilità è al vaglio in questi giorni. Si potrebbe continuare a lungo,
citando ad esempio la "Barcola Beach" in stile Copacabana vagheggiata dal
candidato alle primarie dem Francesco Russo, 5 anni fa, con tanto di spiagge
color dell'oro. Oppure, volendo chiudere in grande, il progetto romano di far
attraversare tutto l'altipiano carsico da un tunnel Tav destinato a pigliare il
canyon della val Rosandra come un tornante. La politica, si dirà, è fatta anche
di proposte e annunci, e oltre a idee accantonate, ci sono progetti realizzati.
Ce li godremo dall'alto dell'ovovia. Forse.
Giovanni Tomasin
Ovovia Molo IV-Opicina - Bora e costi esorbitanti non frenano il Comune
La giunta accelera sulla realizzazione del maxi impianto da 30 milioni di
euro - Polli: «Perfetto per chi vuole andare in osmiza senza muovere la
macchina»
Un dato è certo: all'ambizioso progetto dell'ovovia tra Molo IV e Opicina
l'amministrazione comunale ci crede davvero. Lo dimostra la rapidità con cui sta
portando avanti l'operazione, annunciata un po' a sorpresa in piena emergenza
sanitario-economica da Covid-19. Già approdata in giunta nei giorni scorsi la
delibera per partecipare al bando del ministero delle Infrastrutture e dei
Trasporti sulla mobilità sostenibile, e ottenere quindi i fondi necessari a
coprire le consistenti spese di realizzazione dell'opera. Il costo
dell'operazione è di 30 milioni di euro, che verrebbero interamente coperti dai
finanziamenti destinati ai sistemi di Trasporto rapido di massa ad impianti
fissi, se Trieste risultasse tra i vincitori della gara. «A mio avviso abbiamo
buone possibilità - commenta l'assessore all'Urbanistica Luisa Polli -, anche
perché non ci sarà, pare, molta concorrenza».Già definite anche le coordinate
logistiche dell'impianto che, secondo le previsioni comunali, una volta a regime
dovrebbe dare lavoro ad una trentina di persone tra macchinisti e tecnici.
L'itinerario innanzitutto: partenza dal Molo IV, fermate intermedie all'altezza
della Centrale idrodinamica, nella zona del polo museale, al Bovedo, dove c'è il
parcheggio di interscambio, e poi su fino a Campo Romano. Tempo di percorrenza
del tragitto 13 minuti, capacità di 2 mila persone all'ora.Ma gli scenari
immaginati dall'amministrazione non finiscono qui. «Prevediamo un'ovovia che
giri continuamente e che consenta a chi si sposta in bici di caricarsela sulla
cabina. La bellezza di questo impianto sta nel fatto che si può raggiungere il
Carso senza muovere l'auto (come si poteva fare quando era regolarmente in
funzione il tram, fa notare più di qualcuno sui social e non solo, ndr).
L'orario nei fine settimana verrà ricalibrato diversamente da quello dei bus, in
base al rapporto costi-benefici, per consentire ad esempio chi vuole andare ad
esempio in osmiza (peccato che la maggior parte delle "frasche" disti parecchio
dal centro di Opicina, ndr), e chi decide di andare in città per cena, di
rientrare a casa senza guidare. Alla stazione di arrivo ci saranno delle navette
per chi vuole andare in pellegrinaggio a Montegrisa». Lo studio di fattibilità,
senza «un progetto di dettaglio», è già stato concepito dagli uffici del
dipartimento Territorio e Mobilità (direttore Giulio Bernetti), che Polli
ringrazia per aver colto l'idea da lei accarezzata già ai tempi in cui lavorava
in Regione. Il progetto rientrerà nel piano urbano della mobilità sostenibile e
nella riqualificazione del Porto vecchio. «Abbiamo già preventivamente fatto un
passaggio anche con la Soprintendenza - specifica l'esponente della giunta
Dipiazza. Ad esempio, quando l'ovovia si muoverà in orizzontale sopra i
magazzini del Porto vecchio, l'intervisibilità prevista dal Piano paesaggistico
non verrà intaccata. Quando invece procederà da park Bovedo verso l'alto, non
passerà sopra le case. Le cabine saranno in vetro, eccetto il pavimento e quindi
l'impatto visivo sarà minimo. Inoltre, è già stato considerato il problema
geologico e quello della bora: gli uffici hanno eseguito dei calcoli ed è emerso
che l'impianto terrà fino a 75 chilometri di raffiche». Una soglia che, secondo
le valutazioni dei tecnici, viene superata circa 30 volte l'anno, e non è detto
che si chiuda l'impianto solo per una raffica. Quindi, al massimo l'impianto si
fermerà per un periodo massimo di un mese l'anno. Un ostacolo evidentemente non
sufficiente a scoraggiare il Comune che si spinge addirittura ad immaginare gli
step successivi in caso di vittoria del bando. «Sono solo un paio le società a
livello mondiale che si occupano di questo settore - conclude Polli -, il che
permetterebbe di procedere celermente nella gara. Se tutto fila liscio, si
potrebbero iniziare i lavori già a ottobre 2021».
red. cr.
Monfalconese ricco di piste ciclabili fuori dal bici bonus - Rabbia dei
venditori
Granzon: «Un incentivo magari più basso, ma a tutti» - Artuso: «Siamo
discriminati». Bolzan: «Servirebbe molto»
MONFALCONE. Bonus bici ma non per tutti, il Monfalconese è tra gli esclusi.
Il Decreto Rilancio, fra le tante agevolazioni, dà l'opportunità ai cittadini di
utilizzare un buono mobilità per comprare biciclette, anche a pedalata
assistita, monopattini e altri dispositivi simili. Il bonus copre il 60% della
spesa sull'acquisto fino a un valore massimo di 500 euro. Un incentivo dunque
per ridurre l'inquinamento, inducendo le persone ad abbandonare la propria
autovettura, e per evitare gli assembramenti sui mezzi di trasporto pubblici ai
tempi del Covid-19. Ma quali sono i requisiti di accesso? Essere residenti in
una città con almeno 50 mila abitanti o in un capoluogo di provincia. Ecco
dunque che città più piccole, come Monfalcone, Ronchi dei Legionari e Staranzano
e i comuni ancora minori che costituiscono non solo buona parte del Friuli
Venezia Giulia ma dell'Italia stessa, sono state escluse da questa grande
opportunità. Un'occasione che sarebbe stata ben accolta dagli abitanti di
piccoli centri che di solito sono più portati a spostarsi in bicicletta. «I
requisiti per usufruire del bonus bici sono discriminanti - afferma il sindaco
di Monfalcone Anna Maria Cisint -. Non vedo perché il residente triestino debba
avere più agevolazioni di quello monfalconese. Non è corretto inoltre nei
confronti dei commercianti dei centri più piccoli che con il bonus potevano
avere l'opportunità di vendere più bici. Infine sono soldi pubblici, quindi
tutti gli italiani dovranno pagare le tasse per coprire questo buono di cui alla
fine non tutti potranno usufruirne». Le belle giornate e la possibilità di
muoversi di nuovo dopo il lungo lockdown hanno indotto molti monfalconesi a far
aggiustare la propria bici o a comprarne una nuova. Per quanto gli affari del
negozio Cicli Granzon di Luca Granzon stiano andando bene, sia per quel che
riguarda la riparazione che l'acquisto di una nuova bicicletta, anche il
proprietario reputa la scelta del Governo discriminante. «Il bonus bici è una
bella iniziativa da replicare e allargare a più comuni - spiega Granzon -.
Abbassando la somma del buono si potrebbe dare la possibilità a più persone di
usufruirne». Della stessa opinione è anche Gianluca Pocar del negozio inBici di
Ronchi dei Legionari. «È un'iniziativa fatta per agevolare solo certe zone -
replica Pocar - come se esistessero i cittadini di serie A e quelli di serie B.
La gente è arrabbiata, viene in negozio a chiedermi del buono che non può essere
utilizzato in quasi tutto il Friuli Venezia Giulia. Cerco allora di applicare
sconti a chi non può usufruirne». Gli esercenti possono comunque rilasciare la
fattura a chi abita in un capoluogo di provincia. Sarà poi il cliente a dover
inserire i dati su un'applicazione web del Ministero dell'Ambiente per
richiedere il rimborso. Il negozio Cicli Moto K&G a Ronchi ha riscontrato invece
negli ultimi anni un calo delle vendite dovute anche alla concorrenza dei
supermercati. «Abbiamo più richieste di riparazione che di vendita di biciclette
- spiega Antonella, la moglie del titolare Demetrio Artuso -. Anche chi di
solito non se lo può permettere avrebbe potuto comprare con il buono una bici di
qualità, ma le piccole città sono state discriminate». Anche a Staranzano
Roberto Bolzan ha già informato i cittadini che nel suo negozio non potranno
usufruire del bonus. «Il mio negozio si occupa di riparazioni e vende solo
biciclette per girare in città - spiega Bolzan -, ma il bonus avrebbe agevolato
soprattutto l'acquisto di biciclette elettriche che costano migliaia di euro».
Beatrice Branca
«Meglio dirottare risorse sullo sviluppo delle ciclovie» - il parere
dell'associazione Bisiachiinbici
TURRIACO. A Turriaco, il centro della Bisiacaria dove negli ultimi tre anni
si è investito di più nei collegamenti ciclabili, si comprende la logica del
bonus bici e quindi l'esclusione dei centri più piccoli, dove le due ruote già
si usano, ma si sarebbero preferite altre misure a sostegno della mobilità su
due ruote. «L'obiettivo avrebbe dovuto essere quello di finanziare gli
spostamenti casa-lavoro e quindi sarebbe stato sufficiente un incentivo più
basso e da estendere alla manutenzione - afferma Nicola Pieri, assessore ai
Lavori pubblici e già presidente dell'associazione Fiab Bisiachinbici -. Un
bonus così elevato rischia invece di essere usato per comprare biciclette per
fare attività sportiva o ricreativa, non per gli spostamenti di ogni giorno». A
Turriaco si sarebbe poi preferito che i fondi andassero ai Comuni per la
realizzazione di infrastrutture e l'attivazione di servizi, come bike sharing
più evoluti. «Pensando solo al nostro territorio si sente l'esigenza di un
collegamento sicuro con Monfalcone o almeno con il Polo intermodale», spiega
l'assessore. «Pensando poi alle grandi realtà su cui il bonus è tarato, Milano
sta facendo qualcosa, ma Roma no - prosegue Pieri -. Senza che ci sia la
possibilità di spostarsi in sicurezza e un cambio di mentalità a monte è
difficile che le persone si spostino in ambito urbano usando la bicicletta. E'
questo il vulnus di questo bonus». Pieri si augura che la Regione possa
compensare finanziando, come fatto finora, la redazione dei biciplan comunali e
la realizzazione di connessioni ciclabili. «Sarebbe pericoloso dirottare i fondi
e mi auguro che la Regione continui a finanziare pianificazione e
infrastrutture», conclude l'assessore, che per quest'estate ha programmato un
tour in bici del Friuli Venezia Giulia assieme alla famiglia. A livello
nazionale Fiab ha fatto parte del gruppo di lavoro con il ministero, ma a
livello locale, dove gli incentivi peraltro non arriveranno, il prodotto della
concertazione non è che entusiasmi.«L'operazione ha un suo senso, ma per noi era
meglio impiegare le risorse per le infrastrutture, che fanno l'uso - afferma
Francesco Furlan, presidente di Fiab Bisiachinbici, con sede a Monfalcone -. Per
andare a lavorare basta una bici vecchia. Resta da capire poi la ricaduto sui
rivenditori di bici, visto che si può tranquillamente acquistare anche on line».
In alternativa alle infrastrutture Bisiachinbici avrebbe visto come più utile la
misura che l'Emilia Romagna si appresta a introdurre: l'assegnazione di
finanziamenti ai datori di lavori che poi ritorna dei soldi in busta paga ai
dipendenti che arrivano in azienda in bici». L'altra questione aperta e da
risolvere è quella dell'itermodalità. «Prendo la bici con il bonus e poi magari
non posso caricarla in treno o metropolitana - sottolinea Furlan -. Anche in Fvg
questa possibilità andrebbe ampliata, al di là dello scopo turistico». Mentre a
livello mandamentale serve una pianificazione allargata, quanto meno ai tre
Comuni maggiori, e in grado di individuare i collegamenti tra diversi centri
urbani.
Laura Blasich
«Nidi di rondine distrutti di continuo in centro a Muggia»
Denunciate nuove demolizioni delle "case" degli esemplari tutelati per
legge in piazza Marconi. Intanto borgo San Rocco si sta ripopolando
MUGGIA. Il ritorno delle rondini e dei rondoni a Muggia sollevano nuovamente
il tema della convivenza, non sempre felice, con questi iperprotetti e
utilissimi uccelli. Utilissimi perché una rondine, ogni giorno, arriva a
divorare circa 6 mila insetti (un rondone addirittura oltre 10 mila).
Iperpotetti perché si tratta di volatili i cui nidi sono tutelati per legge e
per la cui distruzione si incorre in un reato penalmente perseguibile. Eppure,
sono costanti le testimonianze di persone che assistono alla distruzione
sistematica di nidi: uno di questi è il muggesano Danilo Bisiac, che tre anni fa
aveva assistito alla rimozione e distruzione dei nidi collocati sotto la
grondaia di un edificio che si affaccia nella centralissima piazza Marconi, «in
pieno giorno e con l'ausilio di una motoscala». Distruzioni che, sempre a detta
di Bisiac, «proseguono indisturbate ancora oggi, in quanto si notano sotto la
grondaia dello stesso edificio due soli nidi superstiti di quelli realizzati
l'anno scorso e numerosi altri distrutti». Questo scenario, fino a pochi anni
fa, si presentava anche a borgo San Rocco, da sempre colonia privilegiata di
questi affascinanti volatili: «Purtroppo - racconta Silvana Di Mauro, presidente
dell'associazione di volontariato Liberi di Volare - risale a due anni fa la
distruzione di quasi tutti i nidi di rondine. Lo scorso anno abbiamo messo a
dimora venti nuovi nidi e quest'anno altri ancora. Inoltre - conclude Di Mauro -
un'altra importante modifica sarà quella che attueremo prossimamente sui
portalampade sotto i portici del borgo, con le punte d'acciaio dei dissuasori
per i piccioni che verranno ricoperte da una lastra sagomata in plexiglas».
Luigi Putignano
Stagno di Banne e arnie nell'Isontino, due gravi danni ambientali - la lettera del giorno di Tiziana Cimolino (Medici per l'ambiente)
Negli scorsi giorni ben due atti di vandalismo ambientale si sono verificati, anzi sono stati compiuti da ignoti. Sono stati devastati lo stagno di Banne (Trieste) e l'apiario in provincia di Gorizia. Atti di vandalismo che hanno provocato la moria di salamandre, insetti, lumache e girini nello stagno ma anche inquinato per parecchio tempo il sito con lo sversamento - pare - di olii esausti o altro rendendolo putrido e maleodorante. Due milioni di api sono state invece uccise volontariamente nell'apiario di San Lorenzo Isontino (Gorizia). Hanno chiuso le porte per non farle uscire e hanno dato fuoco con le fascine alle arnie, bruciando vivi i suoi ospiti. Un danno ambientale ed economico enorme (si parla di circa 15 mila euro solo per le api), ma è la parte ambientale e civile che riguarda tutti noi il danno più grave. Le api sono a rischio estinzione e il loro ruolo nell'impollinazione è risaputo. Credo che questi atti debbano essere considerati non come episodi di semplice vandalismo ma come veri atti di "danno ambientale" come da norma di legge, in quanto azioni che ledono acque e terreni, contaminando e creando un rischio significativo di effetti nocivi per animali e ambiente, come anche per insetti in estinzione e quindi da proteggere maggiormente come elemento di biodiversità utile per tutto l'ecosistema.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 27 maggio 2020
Da Campi Elisi a Porto vecchio: piano ciclabili al via in autunno
In agenda una serie di interventi per agevolare gli spostamenti in bici,
a partire da un ponticello a Sant'Andrea per evitare l'attraversamento della
strada
Il Comune annuncia un piano di interventi per le ciclabili, in agenda a
partire da settembre. Dall'opposizione, però, si reclamano soluzioni provvisorie
per l'estate. È quanto emerso nella seduta della Sesta commissione del Consiglio
comunale competente in materia di urbanistica e mobilità, svoltasi ieri in
modalità telematica, alla quale hanno partecipato anche l'assessore Luisa Polli
e il dirigente Giulio Bernetti. Per quanto riguarda la ciclabile che da Campo
Marzio si sviluppa verso Ponziana, è stata annunciata la realizzazione di un
ponticello nei pressi dell'imbocco della Gvt, tra via delle Fiamme Gialle e
largo Irneri, che permetterà di proseguire il percorso più "in basso", lato
mare, lungo la ferrovia, senza quindi dover attraversare la strada come accade
ora. Avvicinandosi al centro, come ha riferito a questo proposito l'ingegner
Bernetti, sta procedendo positivamente il dialogo tra il Comune e l'Autorità
portuale per tracciare una pista ciclabile al posto di una porzione degli
attuali parcheggi lungo le rive. In Porto vecchio, invece, è stato confermato
che è prevista l'installazione di altre due postazioni di bike sharing ed è
stato comunicato nel contempo che il secondo lotto dei lavori è stato già
finanziato e partirà dopo Esof, rendendo possibile il collegamento della
ciclabile da piazza Libertà alla rotatoria di viale Miramare, con l'obiettivo
poi di allungarla fino al park Bovedo. Rimanendo in zona, è stato precisato che
il progetto dell'ovovia prevede pure la possibilità di trasportare le biciclette
all'interno delle cabinovie dirette in Carso. L'assessore Polli ha anche
anticipato il contenuto di due ordinanze alle quali sta lavorando il Comune: una
permetterà l'uso da parte dei ciclisti delle corsie preferenziali dei bus in via
Ghega e via Carducci (come già succede in via Mazzini) e l'altra stabilirà delle
deroghe nelle aree adiacenti al mare perché i cittadini abbiano la possibilità
di parcheggiare più liberamente le bici. E sempre in occasione della Sesta
commissione di ieri, è stata presentata una mozione, prima firma Sabrina Morena
di Open, che chiede la progettazione di una ciclabilità provvisoria in vista
dell'estate, quando si ipotizza che molte persone decideranno di usufruire della
bici per diminuire il rischio di contagio da coronavirus. In particolare, la
proposta di Morena è quella di creare un tratto ciclabile temporaneo in corso
Cavour (dietro il Magazzino delle Idee) per consentire il passaggio agevole e
sicuro di chi proviene dalle Rive ed è diretto in Porto vecchio.
Simone Modugno
Lo stagno di Banne avvelenato da olio e rifiuti decomposti
I risultati delle analisi dell'Arpa confermano che la morte di girini,
tritoni, lumache e insetti è stata causata dallo sversamento di residui di
frittura e materiale per il compostaggio
TRIESTE. Lo stagno di Banne, "Stari kal", è stato avvelenato perché
utilizzato come una discarica. Le analisi dell'Arpa hanno sciolto ogni dubbio
sulla disdicevole vicenda che circa due settimane fa ha coinvolto il piccolo ma
rigoglioso specchio d'acqua situato in via di Basovizza, a pochi passi dalla
scuola elementare "Julius Kugy". I girini, le lumache di stagno, i tritoni
crestati e punteggiati e tutti gli insetti (soprattutto api) trovati privi di
vita all'interno delle acque dello stagno di Banne sono morti per anossia, ossia
per mancanza di ossigeno, un fenomeno dovuto all'improvvido sversamento di
materiale organico vegetale, che una volta andato in decomposizione, ha causato
la morte di centinaia di animali. Nell'acqua erano stati infatti trovati diversi
resti di melanzane e ciliegie, elementi naturali che non hanno nulla a che
vedere con l'ambiente attorno allo stagno. «Vogliamo consolarci con il fatto che
non c'è qualcuno che volontariamente va ad avvelenare gli stagni? Possiamo
farlo, sì, ma resta il fatto che c'è qualche "sciocco", che ha ben pensato di
svuotare il proprio bidone del compostaggio pieno di residui organici che
assieme a qualche probabile residuo di olio di frittura ha provocato
l'avvelenamento dello stagno di Banne», racconta Nicola Bressi, zoologo del
Museo di Storia naturale di Trieste, tra i primi, assieme ai Tutori stagni, ad
effettuare un sopralluogo domenica 10 maggio, il giorno in cui la Stazione
forestale di Trieste, guidata dall'ispettore Lucio Ulian, decise di recintare
per precauzione l'area. Una volta ottenuto il responso da parte dell'Arpa, la
Forestale ha provveduto ieri mattina a versare 27 metri cubi di acqua nello
stagno e togliere il divieto di accesso. Negli ultimi giorni la situazione del
piccolo bacino lacustre carsolino è parsa migliorata. «Quanto accaduto ha
sicuramente compromesso quasi ogni forma di vita dello stagno. La speranza è che
qualche tritone si sia salvato perché in quei giorni non presente in acqua. Il
danno quindi c'è stato, ed un nuovo ecosistema dovrà riformarsi. Il Museo di
Storia naturale di Trieste sicuramente vigilerà sul processo di rinaturazione
con nuove piante e zooplancton», spiega Bressi. Lo stagno artificiale, risalente
al Medioevo, uno dei più antichi del Carso, è curato dalla Comunella di Banne
presieduta da Neva Hussu. «Quanto accaduto spero possa insegnare che non solo lo
Stari kal, ma tutta la natura va rispettata. Questo specchio d'acqua è da sempre
uno dei punti di riferimento per i nostri paesani oltre che per gli studenti
delle scuole di Banne. Uno stagno che speriamo possa presto tornare a pulsare di
vita».
Riccardo Tosques
IL PICCOLO - MARTEDI', 26 maggio 2020
Cinque anni e 130 milioni per il polo della logistica al posto dell'area a
caldo
Ecco il piano industriale di Icop-Plt che sarà allegato all'Accordo di
programma sulla riconversione della Ferriera di Servola. In previsione 70 nuove
assunzioni
Un investimento da 130 milioni di euro e 70 nuovi assunti, per trasformare
in cinque anni l'ormai ex area a caldo della Ferriera di Servola in un
comprensorio logistico a servizio del porto. L'Accordo di programma si avvicina
alla firma e vi sarà allegato anche il piano industriale di Icop, impresa di
costruzioni socia di Piattaforma logistica srl e suo braccio operativo in questa
fase di trattative sui terreni confinanti. Spetterà a Icop-Plt gestire di
concerto con il gruppo Arvedi la messa in sicurezza dei terreni e realizzare i
piazzali per creare un moderno terminal portuale che si porrà a servizio del
Molo VIII. Il futuro comincia ora - L'Adp non riguarda solo la dismissione
dell'area a caldo e il rafforzamento del laminatoio. La discesa in campo di
Icop-Plt avvia infatti la trasformazione logistica del comprensorio, ponendo le
basi per il successivo sviluppo del Molo VIII, di cui la zona oggi occupata da
cokeria e altoforno diventerà snodo su ferro e su gomma. Da qui le merci
arriveranno e partiranno alla volta dell'Europa centrale, grazie alla
costruzione della cosiddetta Grande stazione di Servola e di uno snodo
autostradale diretto sulla Grande viabilità. L'area è insomma la pietra di volta
per lo sviluppo del Molo VIII e forse sarà proprio la firma dell'Adp a fornire
la spinta necessaria per chiudere l'intesa che Piattaforma logistica srl sta
cercando da oltre due anni con possibili partner, che possano garantire forza
economica e presenza di navi tali da rendere possibile la costruzione dei primi
lotti del Molo VIII e garantirne la sostenibilità grazie alla deviazione di
traffici sul porto di Trieste. Una prospettiva che secondo gli estensori del
business plan garantirà centinaia di posti di lavoro. Il piano industriale -
Icop ha articolato in tre fasi il suo apporto nell'ex stabilimento siderurgico,
per un costo rispettivo di 57,5, 20,2 e 20,7 milioni. Il totale fa 98,4 milioni,
ma bisogna aggiungere i 21 milioni che vale complessivamente l'operazione con
cui i costruttori rileveranno da Arvedi i terreni di proprietà nella complessa
operazione di scambio delle aree, che vede il coinvolgimento dell'Agenzia del
demanio. Le risorse saranno messe a disposizione interamente da Icop, che sta
valutando varie ipotesi sul tappeto. Solo l'accordo industriale con un partner
di peso dirà poi quale potenza di fuoco potrà dare manforte agli imprenditori
Vittorio Petrucco e Francesco Parisi. Per completare il quadro, vanno infine
aggiunti 7 milioni, per l'acquisto di due gru e attrezzature destinate alla
movimentazione di merci tra navi, piazzali e ferrovia. Il tutto richiederà
cinque anni: se la demolizione degli impianti esistenti e la graduale
realizzazione della messa in sicurezza ambientale e delle pavimentazioni
dureranno fino al 2025, già nel 2021-2022 si rimuoveranno i cumuli di terreno e
rifiuti che occupano il cosiddetto "Nasone" e si realizzeranno le nuove
banchine. Ne risulterà un'area in cui i terreni saranno messi in sicurezza dalla
possibile diffusione di sostanze inquinanti attraverso una pavimentazione in
calcestruzzo sui terreni di cokeria e altoforno. I piazzali (in grigio sulla
mappa) serviranno a sistemare container e rimorchi, mentre su una sezione
passeranno il nuovo fascio di binari e lo svincolo autostradale, che correranno
paralleli fino alla Piattaforma logistica, in fase di ultimazione. Le banchine -
Il progetto occuperà 29 ettari: 14 per movimentazione e deposito di container e
rimorchi; 2 per la realizzazione presso il cosiddetto "Nasone" di una nuova
banchina da 219 metri proprio accanto alla Piattaforma per l'attracco di
portacontainer e traghetti ro-ro; 7 per attrezzare nei pressi del laminatoio
altri 350 metri di banchina dedicata ad attività logistiche per la siderurgia; 3
per gli spazi necessari a far passare i tracciati di ferrovia e svincolo
autostradale; 3 adibiti a parcheggi. Il "Nasone" costituirà un prolungamento
della Piattaforma logistica e, come questa, svolgerà attività legate a container
e ro-ro. Più a sud, nei pressi del laminatoio, sarà realizzata un'altra linea di
attracco per funzioni siderurgiche. Entrambe le infrastrutture avranno una
concessione di 26 anni e si affiancheranno alla Piattaforma, consentendo secondo
il piano di Icop-Plt di ottenere ricavi totali per 23 milioni all'anno: 12,5
milioni per la movimentazione di 120 mila container e 12 mila tank container, 5
milioni per il traffico di 50 mila ro-ro e 5 milioni per le attività della parte
siderurgica. Tra le due banchine, Invitalia procederà infine al consolidamento
dell'attuale fascia costiera, con quel barrieramento necessario a bloccare lo
sversamento di inquinanti in mare: i piani di Icop prevedono in futuro di unire
con una banchina il Nasone al terminal siderurgico, ma per questo serviranno gli
investimenti del partner straniero, con i quali proprio da qui partirà il
graduale allungamento verso il mare del Molo VIII, il cui primo lotto potrebbe
essere pronto nel 2030. Il nodo occupazionale - Il piano di Icop-Plt prevede due
attività portuali distinte. Nella banchina siderurgica, Parisi e Petrucco
erediteranno 33 dei 38 dipendenti attualmente impiegati da Arvedi e gestiranno
per suo conto un servizio basato da una parte sull'arrivo a Servola di rottami,
ghisa e minerali di ferro da trasportare a Cremona per le successive lavorazioni
e, dall'altra, sulla partenza da Trieste dei coils di laminato che usciranno
dall'area a freddo. Gli accordi attuali prevedono che Icop-Plt segua per i primi
quattro anni il traffico per conto di Arvedi e che, dopo questa fase, il gruppo
lombardo subentri in proprio o rinnovi la modalità vigente. Piattaforma
logistica e nuova banchina del "Nasone" svolgeranno invece attività di carico e
scarico di navi container, feeder e traghetti ro-ro. In questo caso il piano
prevede 70 nuovi assunti (53 operativi, 10 tecnici e 7 amministrativi), ma qui
rimane una divergenza di vedute con la Regione. La giunta Fedriga chiede
all'impresa di dare priorità nelle assunzioni agli esuberi della Ferriera, ma
Icop-Plt non pare disposta ad accettare vincoli, volendo puntare su competenze
più specifiche in ambito logistico. Il business plan guarda peraltro in avanti e
ben oltre l'Adp, sottolineando che «la realizzazione del Molo VIII e
l'occupazione di alcune centinaia di addetti rappresentano una delle prospettive
di lavoro più rilevanti per la città di Trieste».
Diego D'Amelio
L'atteso ok del Demanio allo scambio dei terreni per il decollo della firma
Fra i nodi che rimangono da sciogliere anche le clausole di "garanzia"
chieste dalla realtà cremonese e la questione occupazionale
Il ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli assicura che la
firma dell'Accordo di programma arriverà non oltre il fine settimana. Lo spazio
per nuove modifiche pare esaurito, ma la tempistica resta incerta, perché
l'Agenzia del demanio deve ancora esprimersi sul via libera allo scambio delle
aree che renderà possibile la compravendita dei terreni tra Arvedi e Icop-Plt.
Il pronunciamento è necessario per autorizzare il passaggio a costo zero fra i
terreni oggi di proprietà di Arvedi (in rosso sulla mappa a sinistra) e quelli
dell'Autorità portuale (in verde). Si tratta di due aree perfettamente
equivalenti: quella privata verrebbe demanializzata e assegnata all'Authority,
mentre quella pubblica sarebbe ceduta ad Arvedi, lasciando all'Autorità portuale
solo una sottile striscia di costa perché il fronte mare deve essere sempre di
competenza del Demanio. Se questo darà il suo assenso, Arvedi creerà una nuova
società per ottenere la concessione dei terreni finora di sua proprietà. A quel
punto Icop-Plt rileverà la Newco per una cifra attorno ai venti milioni,
garantendo un guadagno al gruppo siderurgico. I privati non arriveranno comunque
alla firma dell'Adp con un preliminare di compravendita in tasca e la
definizione finale del valore della Newco rappresenta un'altra incognita, anche
se le parti si dicono convinte di poter limare i dettagli in tempi rapidi.
L'ultima impuntatura da superare è quella del gruppo cremonese, che ha chiesto
di inserire pesanti clausole sospensive dell'Adp, qualora il quadro normativo
mutasse e con esso la convenienza dell'operazione. Una spada di Damocle
inaccettabile per Patuanelli, che sta lavorando per arrivare a un testo che
impedisca all'azienda di far saltare magari fra qualche anno un quadro costruito
in mesi di trattative. Da chiarire resta pure la definitiva versione
dell'Accordo sui livelli occupazionali. Si dovrà capire se imprese e Regione
troveranno una mediazione sul destino degli esuberi della Ferriera: 163
dipendenti su 581 non trovano collocazione nel piano industriale di Arvedi, tra
66 interinali in scadenza e 97 lavoratori (di cui 50 da impiegare solo nella
bonifica) per cui la società prevede il trasferimento a Cremona o in aziende
terze (Patuanelli ha parlato più volte di Fincantieri), pensionamento o esodo
incentivato. La giunta Fedriga chiede che nell'Adp Arvedi e Icop aumentino il
numero dei 417 lavoratori con un futuro assicurato. L'ultimo nodo dovrà essere
sciolto dopo la firma e riguarda il ruolo di Rete ferroviaria italiana e Anas,
coinvolte nella realizzazione della Grande stazione di Servola e dello svincolo
autostradale, ma con cui non risultano accordi già sottoscritti. Senza i
collegamenti infrastrutturali via terra, la Piattaforma logistica e il terminal
che sorgerà al posto dell'area a caldo non avrebbero tuttavia polmoni per
respirare.
D.D.A.
Dal Mise 80 milioni ad Arvedi per le partite Trieste-Cremona
La quota "giuliana" è pari a 55, di cui 15 dal fondo per l'area di
crisi industriale complessa, soldi trasferiti da Roma gestiti dalla Regione
Una pioggia di danaro pubblico per sostenere i progetti industriali del
gruppo Arvedi a Trieste e a Cremona. Sono servite decine di milioni, tutti
provenienti dal governo, per sbloccare la partita dello spegnimento dell'area a
caldo. L'Accordo di programma relativo a Servola prevede lo stanziamento di 40
milioni da parte del Mise e 15 dal fondo per l'area di crisi industriale
complessa (soldi gestiti dalla Regione ma trasferiti sempre dal Mise), che
andranno tutti a beneficio del gruppo Arvedi per il potenziamento del laminatoio
e la riconversione a gas della centrale elettrica. Ma non basta, perché la
società siderurgica potrà contare su altri 25 milioni per gli impianti lombardi.
Il totale relativo a Trieste vale 55 milioni (cui si aggiungono i 41 che
Invitalia userà invece per consolidare la linea di costa), che il cavalier
Giovanni Arvedi potrà mettere a bilancio per riconvertire un'area a caldo che,
con ogni probabilità, sarebbe stata comunque chiusa entro il 2026 per la scarsa
convenienza di produrre ghisa in Italia. E l'azienda potrà inoltre introitare
altri 20 milioni per la cessione di parte dei terreni a Icop. Arvedi è poi
riuscito a strappare al Mise altri 25 milioni a fondo perduto da spendere a
Cremona. I fondi verranno utilizzati per favorire un approccio sostenibile
basato sull'economia circolare, attraverso la creazione di un brevetto per la
produzione di acciaio tramite rottami. Per quanto riguarda Cremona, il ministero
tratterà successivamente il coinvolgimento finanziario della Regione Lombardia.
D.D.A
Piscina terapeutica in Porto vecchio, il Comune ora lancia una consultazione
La "proposta Monticolo" non convince piazza Unità che ne teme
l'onerosità. Si riparte da un project financing
Il Comune assume l'iniziativa sulla piscina terapeutica in Porto vecchio. O
meglio, se è concesso il gioco di parole, assume l'iniziativa per stimolare
l'iniziativa: l'albo pretorio dovrebbe tra non molto pubblicare l'avviso per una
consultazione di mercato. Cercasi costruttore e gestore di un impianto
polifunzionale composto da 2-3 vasche, una delle quali dedicata agli utenti
disabili. Accanto al polo natatorio funzionerebbe una "spa" e sopra di esso un
ristorante panoramico, tipo quello che si pensava di fare al Magazzino 30, se
fosse andata a buon fine l'idea di un fishmarket.Il sito individuato è il
cosiddetto "magazzino Ford" immediatamente alle spalle del 28 bis, la nuova
struttura edificata nell'ambito del compendio espositivo-congressuale Tcc. La
portata finanziaria dell'operazione - il documento è ancora in via di
definizione - oscilla tra i 10 e i 15 milioni di euro, rispetto ai quali
l'impegno del Municipio potrebbe attestarsi attorno ai 5 milioni. La modalità
contrattuale realizzativa è un project financing di iniziativa privata,
strumento simile a quello adottato per il vicino centro congressi. Gli uffici
comunali non concederanno molto tempo per ottenere risposte e disponibilità:
vorrebbero raccogliere gli umori immobiliari-sportivi-finanziari della piazza
entro il 30 giugno. La mossa comunale non intende essere antagonistica rispetto
alla recente "proposta Monticolo & Foti", anzi l'auspicio è che l'invito possa
essere accolto anche dall'azienda triestina qualora essa ripensi i termini del
suo interesse per la piscina. E siamo al punto dirimente che ha convinto il
Comune a promuovere la consultazione. La "proposta Monticolo" vede partecipare
il Mediocredito Trentino-Alto Adige come finanziatore, la Sgm consulting come
progettista, il Policlinico Triestino e la Triestina Nuoto come gestori. Il
finanziamento - il cui importo non è stato precisato in quanto legato alle
opzioni comunali - verrebbe rimborsato dal Municipio nell'arco di un ventennio a
partire dal 2023. Il "Theresianum", come s'intitola il progetto, presenta tre
variabili operative (una o più vasche), prospettate da Andrea Monticolo sia ai
dirigenti comunali che alle associazioni maggiormente interessate all'utilizzo
dell'impianto. Ma la tecnica finanziaria, su cui s'impernia questa proposta, non
ha convinto Enrico Conte e Vincenzo Di Maggio, i manager comunali che seguono il
dossier. Non li ha convinti perché temono l'onerosità dell'impegno richiesto
alla cassa pubblica. Lo hanno fatto presente al sindaco Dipiazza, che ha preso
atto di queste preoccupazioni, tanto più che sul Municipio si è abbattuta la
tegola dei 5 milioni di euro da pagare per il ventennale contenzioso sui lavori
al teatro Rossetti. E comunque sarà necessario riprendere in mano anche il
vecchio fascicolo di Acquamarina, dove il tetto crollò improvvisamente nel
luglio dello scorso anno. Da allora l'impianto in Sacchetta risulta sotto
sequestro dell'autorità giudiziaria. La vicenda giuridica della piscina è molto
complicata: il sedime appartiene al demanio marittimo, che concesse il terreno
al Comune, il quale costruì la struttura con un finanziamento della Fondazione
CRTrieste e la diede in gestione esterna. La domanda è se/quando Foro Ulpiano
sbloccherà i sigilli e cosa vorranno fare del rudere i pubblici soggetti
coinvolti.
Massimo Greco
E per il Magazzino 27b una volta recuperato un futuro da parking - dietro al
centro congressi
L'idea è quella di andare avanti, ove possibile e con le risorse reperibili,
nella riqualificazione dell'archeologia portuale nell'ex Punto franco vecchio.
Il cosiddetto "quartiere Ford", risalente agli anni Venti del secolo scorso,
s'interpone tra il polo culturale-espositivo-congressuale e la futura area
ludico-ricreativa di Barcola Bovedo.Uno dei primi edifici, che il visitatore
incontra entrando in Porto vecchio dalla rotatoria di viale Miramare, è il
Magazzino 27b, subito alle spalle di quel "27" facente parte del compendio
fieristico-convegnistico Tcc. I Lavori pubblici comunali stanno pensando di
trasformarlo in un parking, con il duplice obiettivo di salvaguardarne
l'esistenza e di metterlo a reddito. Lo scopo estetico-logistico è di evitare
che l'area venga sommersa dalle vetture in sosta, mentre invece un recupero
dell'edificio consentirebbe di creare un utile contenitore di auto al servizio
del Tcc e del confinante polo museale. Lo spunto è ancora classificabile al
rango di qualificata ipotesi. La trasformazione in una grande rimessa non
dovrebbe confliggere con il vincolo che la Soprintendenza sembra intenzionata ad
apporre allo stabile, che si sviluppa su un piano dove - scriveva recentemente
la sezione triestina di Italia Nostra - «si riconoscono all'interno
l'applicazione del sistema Hennebique e nella facciata posteriore i caratteri
stilistici della Wagnerschule", riferimenti a tecniche adottate in Europa tra
fine '800 e inizio '900.L'asse di attenzione comunale si sta dunque spostando
verso nord, in direzione di Barcola. Il "quartiere Ford" in origine raccoglieva
i magazzini 27, 27b, 28, 31, 32, 33, 133: in parte è assorbito da Tcc, in parte
ospiterà il nuovo polo natatorio in sostituzione di Acquamarina, in parte
costituirà il supporto logistico dell'area museale-congressuale. Le officine,
volute da Henry Ford che aveva personalmente scelto la base triestina,
funzionarono solo alcuni anni dal 1923 al 1931, perché la prospettiva di una
forte concorrente non piaceva alla Fiat di Giovanni Agnelli, che intervenne su
Mussolini.
Magr
Accordo sul Prosecco, agricoltori del Carso in pressing per il bis
L'associazione di categoria incalza le istituzioni sul rinnovo del
protocollo. Sollecitate anche più tutele per il comparto
DUINO AURISINA. Rinnovare il Protocollo d'intesa, finalizzato al
coordinamento degli interventi per la valorizzazione della nuova Doc
interregionale "Prosecco", scaduto nel 2016, e controfirmare l'impegno per lo
sviluppo dell'agricoltura locale. Sono queste le richieste formulate con forza
dal segretario dell'Associazione agricoltori del Friuli Venezia Giulia, Edi
Bukavec, intervenuto alla recente seduta online della Circoscrizione
dell'altipiano Ovest, su espresso invito della presidente, Maja Tenze. «In un
capoverso dell'articolo 4 del Protocollo d'intesa - ha ricordato Bukavec - si
legge che "esso potrà essere rinnovato con le stesse modalità con le quali è
stato sottoscritto inizialmente". Mi chiedo allora come mai non si sia già
proceduto in tale direzione. Avremmo poi piacere - ha aggiunto - che il Comune
di Trieste prestasse maggiore attenzione al settore agricolo, come fanno invece
gli altri Comuni del territorio. La Casa del Prosecco è stata ultimata, ma
l'edificio può promuovere non solo vino, ma vari prodotti agricoli, di alta
qualità, di nicchia, va perciò meglio utilizzato. È poi necessario - ha concluso
Bukavec - provvedere alla revisione e alla semplificazione dei vincoli di
carattere ambientale, territoriale e urbanistico inerenti le zone di speciale
conservazione (Zps) e i siti di interesse comunitario (Sic)». Il presupposto del
ragionamento di Bukavec, con il quale Tenze si è dichiarata d'accordo, è
rappresentato dal Decreto ministeriale del 17 luglio del 2009, con il quale fu
conferito il formale riconoscimento alla Denominazione di origine controllata,
la cosiddetta "Doc", ai vini "Prosecco", in cambio della sistemazione fondiaria,
della realizzazione di infrastrutture irrigue e della bonifica dei costoni
carsici, per permettere il recupero delle aree a vocazione agricola presenti sul
Carso. «Siamo sempre in prima linea nella tutela degli agricoltori di queste
zone - ha detto Tenze - e chiediamo la sistemazione di quel costone carsico che
rappresenta un notevole potenziale per queste attività. Il Consiglio
circoscrizionale - ha continuato la presidente - auspica che il Comune di
Trieste assuma le necessarie iniziative nei confronti della Regione, a sostegno
del rinnovo del Protocollo d'intesa, per la realizzazione della zona
interregionale per il vino Prosecco doc, che rappresenterebbe una grande
opportunità per i giovani agricoltori locali».
Ugo Salvini
Raduni di ciclisti: così può ripartire il turismo in città - la proposta di
De Gioia
Promuovere il cicloturismo come opportunità per rilanciare l'economia della
città attraverso l'organizzazione di un raduno internazionale. È la proposta del
consigliere comunale Roberto De Gioia (Progetto Fvg), confluita in una mozione
presentata ieri mattina nel corso della terza commissione consiliare. Viste le
previsioni poco rosee per il turismo cittadini e le difficoltà nell'attrarre
ospiti stranieri, De Gioia ritiene opportuno orientarsi alla ricerca di
iniziative promozionali dai costi contenuti e tendenzialmente di prossimità.
Iniziative cioè di portata nazionale da far poi sviluppare anche fuori confine.
In quest'ottica, a suo giudizio, il turismo su due ruote potrebbe rappresentare
un buon bilanciamento tra l'esigenza di far ripartire il settore dell'ospitalità
e quella di garantire il rispetto dei protocolli per la sicurezza sanitaria
attualmente in vigore, visto che i viaggi in due ruote si svolgono all'aperto e
a distanza, oltre a essere sostenibili da un punto di vista ambientale. Inoltre,
l'area triestina si trova all'incrocio tra due importanti direttrici come l'Alpe
Adria e la Parenzana.Certo, attualmente manca una pista ciclabile che unisca
Monfalcone a Trieste e poi Trieste a Muggia. Nulla di grave tuttavia secondo De
Gioia, poiché esistono comunque dei collegamenti tramite il treno e il Delfino
Verde. Il consigliere propone quindi di elaborare degli itinerari
cicloturistici, che valorizzino le peculiarità del territorio, e di indire un
"Raduno internazionale cicloturistico" della durata di tre o più giorni da
tenersi a Trieste entro questo autunno, in collaborazione con le associazioni
del settore come Fiab. «Abbiamo visto negli anni frotte di ciclisti passare in
città e penso che dovremmo conquistare la leadership in questo settore prima che
ci arrivino gli altri», conclude.
s.m.
Arci va a caccia di nuovi volontari per progetti sociali di Servizio civile
Sono sei le iniziative a disposizione dei ragazzi che devono avere tra i
16 e i 18 anni
Come impegnarsi in campo sociale, collaborando per un anno all'interno di
progetti culturali. Un appello che arriva dalla sede di Trieste dell'Arci
Servizio civile, sigla che ha ufficializzato il nuovo bando di reclutamento per
i giovani, dai 16 ai 18 anni (non compiuti), da impiegare nel quadro delle
attività del Servizio Civile Solidale 2020, con avvio dal mese di settembre.
Sono sei i progetti a disposizione dei nuovi volontari dell'Arci, a partire da
un classico come "Monte Analogo", dove il coinvolgimento prevede il supporto a
"Pop Mountain", caratterizzato da laboratori, incontri e allestimenti nel segno
della cultura di montagna. Per chi dovesse invece optare per un impegno nel
campo della disabilità, Arci Servizio Civile propone l'adesione a "Oltre quella
Sedia", associazione di Promozione Sociale sorta nel 2002 sulla base del "Teatro
Sperimentale".Il ventaglio di progetti annovera inoltre "Crescere Insieme",
targato anch'esso Arci, ideato in chiave di iniziative per un "doposcuola
multiculturale". Un frammento bilingue si lega invece a "Mare di
creatività-Morje ustvarjalnosti", progetto a carattere multimediale concertato
con l'Unione dei circoli culturali sloveni (Zskd). Il tema della "Cittadinanza
attiva", una delle cifre più consolidate dall'Arci Trieste, trova spazio
quest'anno in "Città Attiva", mentre lo sport si traduce in "Sportivamente",
progetto a cura della Zssdi e anche esso tracciato all'interno della sfera
dell'associazionismo della minoranza slovena. L'impegno del volontario prevede
360 ore distribuite nell'arco dell'anno, 7 ore settimanali, con un rimborso di
poco meno di 900 euro (netti) annui: «Gli accenti sono come sempre rivolti
all'impegno sociale e sulla partecipazione attiva dei giovani - sottolinea
Giuliano Gelci, presidente dell'Arci Servizio Civile Fvg -. Temi attualmente
divenuti ancor più rilevanti». I moduli per la domanda sono scaricabili dal sito
www.arciserviziocivilefvg.org e vanno consegnati entro le ore 14 del 26 giugno,
in chiave telematica o direttamente alla sede di via Fabio Severo 31. Le
selezioni per i 24 posti a disposizione sono previste con una serie di colloqui
programmati nel mese di agosto. Ulteriori informazioni scrivendo a
friuliveneziagiulia@ascmail.it o telefonando ai numeri 3355279319 e 040/761683.
Francesco Cardella
IL PICCOLO - LUNEDI', 25 maggio 2020
Mozione per accelerare il recupero dell'area della caserma di Banne - l'iniziativa della consigliera dem Repini
Avviare l'iter per il recupero e il riutilizzo dell'ex caserma di Banne attraverso la definizione delle condizioni di sdemanializzazione e la realizzazione di uno studio di fattibilità sui costi di bonifica e riqualificazione dell'area, valutando le opportunità di finanziamento con l'eventuale reperimento di fondi europei. È quanto chiede al Comune, e segnatamente alla giunta, la mozione a prima firma della consigliera Valentina Repini del Pd, presentata l'altro giorno nel corso della Quarta commissione consiliare competente in materia di Lavori pubblici e presieduta dal forzista Michele Babuder. Coi suoi 28 fabbricati su un'area di oltre 17 ettari e una seconda area boschiva di ulteriori 34 ettari, la caserma Monte Cimone è stata dismessa dai suoi usi militari già nei primi anni '90 ed è stata lasciata all'incuria anche dopo il suo trasferimento dal Demanio militare all'Agenzia del Demanio per la sua collocazione sul mercato. Oltre all'aspetto naturalistico di valore in caso di recupero e valorizzazione, il sito si caratterizza anche per la presenza di testimonianze storiche, tra cui la chiesetta di San Floriano, che fu costruita nel 1753 come cappella della famiglia Ustia. Negli ultimi anni si è succeduta una serie di proposte per la riqualificazione dell'ex caserma, di cui l'ultima, recentemente elaborata da una giovane architetta e condivisa dalla comunità di Banne, punta principalmente sulla valorizzazione e sulla fruizione degli spazi verdi. «Un primo passo verso la risoluzione dell'abbandono in cui l'area versa da molti anni, e per la grande importanza che ha per il contesto del verde del Carso che la circonda, sarebbe quello di poter restituire almeno la parte boschiva all'uso pubblico», spiega la stessa consigliera Repini. La mozione chiede infine di informare entro due mesi la Seconda circoscrizione dell'Altopiano Est in merito alle iniziative assunte.
Simone Modugno
IL PICCOLO - DOMENICA, 24 maggio 2020
Intesa sul lavoro nella "nuova" Ferriera - «Garanzie per tutti i 580 addetti
attuali»
Valenti: «Tutele pure per assunti a tempo determinato e interinali».
Fedriga e Rosolen: vincoli nell'Accordo di programma
Il sindacato attende di accompagnare il percorso, e di capire le modalità di
tutela dei lavoratori, ma il confronto di ieri con governo, giunta regionale e
prefettura ha prodotto più di una certezza sull'occupazione nella Ferriera
riconvertita dopo la chiusura dell'area a caldo. Anzi, è proprio il prefetto
Valerio Valenti a ufficializzare che dal vertice sono emerse garanzie «per tutti
i lavoratori, compresi i tempi determinati e gli interinali». Garanzie da
inserire in queste ore nella bozza di Accordo di programma che si firmerà tra
giovedì e venerdì della prossima settimana in prefettura. «Mi pare si stia
cogliendo un risultato storico con piena soddisfazione delle esigenze dei
lavoratori del territorio - commenta Valenti -, in una prospettiva di rilancio
sia sotto il profilo industriale che, appunto, occupazionale». Anche la Regione,
in videoconferenza con il governatore Massimiliano Fedriga e l'assessore al
Lavoro Alessia Rosolen, vede il traguardo vicino dopo aver richiesto che
l'Accordo contenga il piano industriale di Icop-Plt e che in esso si individui
esplicitamente l'incremento potenziale di occupati legato a futuri investimenti
ed espansioni infrastrutturali, come il terminal ferroviario e il Molo VIII. «Lo
stanziamento di ingenti risorse pubbliche per la riconversione della Ferriera
mira non solo alla salvaguardia dei livelli occupazionali - dichiarano Fedriga e
Rosolen -, ivi compresa quella dei lavoratori con contratti a termine e dei
somministrati, ma all'assunzione di precisi impegni da parte di tutti i soggetti
privati sottoscrittori dell'Accordo di programma sul fronte degli investimenti e
della creazione di nuovi posti di lavoro». Focus dunque non solo sull'esistente,
sottolinea Rosolen, «ma anche sulle potenzialità future del sito». Di qui dunque
l'insistenza per inserire nel documento «precisi vincoli per i contraenti
affinché, al mantenimento degli addetti, si affiancassero prospettive concrete
di sviluppo economico e lavorativo». A questo punto non resta che monitorare
quello che effettivamente verrà scritto nell'Accordo di programma sui tavoli
romani del governo, presente ieri con il ministro dello Sviluppo economico
Stefano Patuanelli («Ai sindacati abbiamo dato certezze rispetto ai lavoratori
che escono dall'area a caldo», ha dichiarato a fine confronto). Il punto di
partenza, sul fronte lavoro, sono i 580 dipendenti pagati al momento della
chiusura dell'altoforno: 361 nell'area a caldo, 140 nel laminatoio, 41 nella
centrale elettrica e 38 nella logistica. Di qui la richiesta nei giorni scorsi
di Rosolen a Patuanelli di prevedere un aumento di garanzie rispetto ai 417
lavoratori previsti in una prima versione, vale a dire sui rimanenti 163, di cui
66 interinali cui non verrà rinnovato il contratto a fine maggio e 97 (50 dei
quali lavoreranno nelle opere di smantellamento e bonifica) per cui si dovranno
trovare «soluzioni diverse». A quanto pare il percorso è dunque avviato per dare
risposta a tutti i 580 addetti. Anche se, a quattro-cinque giorni da una firma
che, oltre a governo, Regione, Comune, Demanio e Autorità portuale, coinvolgerà
naturalmente i privati Arvedi e Icop-Plt, la giunta si aspetta un'altra riunione
prima dell'intesa e mantiene per adesso prudenza. «Riteniamo possa trovare
risposta la richiesta di garantire la convergenza tra lavoro, sviluppo e
ambiente - concludono Fedriga e Rosolen -: tre obiettivi imprescindibili e
inscindibili, ai quali sono legate crescenti aspettative per il futuro della
città di Trieste e del Friuli Venezia Giulia». In un clima di serenità rientrano
anche le posizioni del sindacato, che ha fatto il punto in una successiva
videoconferenza con Antonio Rodà, segretario della Uilm Uil di Trieste, a
trasmettere una sintesi all'Usb: «Il ritardo di cui ci eravamo lamentati è stato
spiegato dal ministro Patuanelli come conseguenza dell'ingresso nella partita di
Icop, un fatto che ha rallentato l'iter. L'Accordo è stato dunque rivisto in una
sua parte, ma quello che conta è che si sia inserito nel ragionamento
dell'accordo sindacale. Ci muoviamo con circospezione perché vogliamo vedere ora
i dettagli, ma il messaggio ai lavoratori è sicuramente positivo».
Marco Ballico
L'Usb plaude al dialogo: «Così si tengono insieme occupazione e salute» -
valutazione positiva del vertice
È stato un incontro importante quello avuto, anche se solo in
videoconferenza, dai sindacati con il ministro dello Sviluppo economico Stefano
Patuanelli, il presidente della Regione Fvg Massimiliano Fedriga, l'assessore
regionale al Lavoro Alessia Rosolen e il prefetto Valerio Valenti. Ed è positivo
il commento di Sasha Colautti, a nome di Usb Lavoro privato: «Diversamente dal
passato - ha affermato - l'Accordo di programma attuale non è nato senza che ci
fosse lo spazio anche per un importante accordo sindacale. Ciò ha consentito di
tutelare i lavoratori dando garanzie sia all'azienda che a chi ci lavora». Il
precedente accordo vedeva, infatti, come priorità quella aziendale. Senza
l'intesa sindacale del 20 gennaio scorso molti aspetti non sarebbero stati
considerati né soppesati nel modo giusto: alcuni nodi, come quello degli
ammortizzatori sociali, avrebbero potuto passare in second'ordine. «È stato
senz'altro un percorso complicato - ha continuato Colautti - che però vede oggi
tutte le organizzazioni sindacali unite, ad eccezione d'una, con un esito fino a
qui soddisfacente». Al momento mancano alcuni dettagli su cui il ministro
Patuanelli non s'è soffermato, ma ogni sigla si è detta abbastanza ottimista. «È
dimostrato che la sfida "salute e lavoro" può essere vinta - ha concluso il
rappresentante di Usb Lavoro privato - e che i due temi possono essere tenuti
insieme. Così facendo siamo riusciti a restare dentro il percorso che volevamo
intraprendere». Alla fine ci sono quindi maggiori garanzie, soprattutto dal
punto di vista occupazionale: «Icop-Plt s'occuperà dell'ex area a caldo e, a
detta di Rosolen, esistono garanzie per tutti i lavoratori».
Lorenzo Mansutti
Ospo, schiusa da record - La coppia di cigni reali si coccola ora 13 piccoli
- le STAR della riviera
MUGGIA. Annata fortunata, praticamente da record, per la coppia di cigni
reali del rio Ospo. Avvistati da qualche giorno nelle acque del torrente
muggesano, i due anatidi diventati la rinnovata attrazione naturalistica di
Muggia e dei muggesani, sono stati visti in compagnia della prole, mai così
numerosa. Ben 13 i baby che stanno seguendo mamma e papà nei primi passi della
loro vita. «Non è cosa comune vedere un numero così elevato di piccoli tutto
assieme. La schiusa delle uova, che arrivano al massimo a 14, è stata
decisamente fortunata. Non ci sono stati forti temporali ed evidentemente i
predatori sono rimasti a bocca vuota», il commento dell'ornitologo Enrico
Benussi. Sul sito internet del Piccolo è stato pubblicato il video del
naturalista Nicola Bressi che ritrae la famiglia di cigni reali muggesani al
gran completo. Uno spettacolo da godere anche dal vivo, ma sempre da lontano,
senza disturbare la magia della natura.
Riccardo Tosques
Monfalcone - Ambientalisti contro il 5G in città «Mancano dati, l'ente si
astenga»
Lettera dell'associazione Rosmann per frenare la connessione mobile -
Stando ai verdi mancano dati certi sui rischi per la salute delle persone
Gli ambientalisti chiedono lo stop al 5G in attesa di dati certi. Con una
missiva inoltrata all'amministrazione monfalconese dall'associazione Eugenio
Rosmann di via Valentinis viene richiesta l'applicazione del principio di
precauzione nell'introduzione dell'ultimo sistema di connessione mobile. «Si
ritiene infatti - argomenta il sodalizio - che per comprendere eventuali
conseguenze negative sulla salute pubblica e sull'ambiente di questa nuova
tecnologia sarà necessario un periodo di sperimentazione e monitoraggio. Al
momento, in presenza di numerosi studi con risultati non univoci, la valutazione
del rischio non è ancora determinabile con certezza, rientrando perciò appieno
nelle fattispecie previste dall'articolo 191 del Trattato sul funzionamento
dell'Unione europea sul principio di precauzione».«Risulta già programmato in
Friuli Venezia Giulia un piano per raggiungere una copertura dell'80% entro
luglio 2025 - prosegue - e del 99, 4% entro gennaio 2027. Si raccomanda alle
amministrazioni comunale e regionale di mantenere gli attuali limiti di
esposizione previsti dalla legge nazionale del 2003, senza prevedere deroghe o
adeguamenti per il nuovo sistema 5G e verificarne puntualmente il rispetto».Gli
ambientalisti sollecitano che «l'Arpa Fvg verifichi il costante rispetto
dell'attuale valore di attenzione e obiettivi di qualità, in particolare dei
siti sensibili come ospedali e scuole, e tutti i luoghi dove le persone
permangono per più di quattro ore al giorno». L'esposizione al campo
elettromagnetico «dev'essere calcolata non sulla singola antenna, ma sulla rete
esistente, considerato che con il 5G il singolo utente potrà essere raggiunto da
tre diversi punti di emissione, e tenendo conto di altre eventuali fonti diverse
dalle telecomunicazioni»; per evitare accumuli «andranno eliminate
progressivamente le antenne funzionanti con i sistemi precedenti (3G e
successive)». «Si considera - conclude l'associazione Rosmann - che per il
citato principio di precauzione vadano assunti, prima di autorizzare l'avvio del
nuovo 5G, ulteriori dati in merito alle possibili conseguenze dell'esposizione
ai campi elettromagnetici di diversa frequenza sulla salute umana e in
particolare delle categorie più fragili. Si fa riferimento in particolare al
documento "Statement on emerging healt and environmental issues (2018)" del
Comitato Scientifico sui rischi sanitari ambientali ed emergenti dell'Unione
Europea, dove a proposito del 5G "evidenzia criticità sconosciute sui problemi
di salute e sicurezza"».
IL PICCOLO - SABATO, 23 maggio 2020
Bandiere blu alle darsene di Porto San Vito e Hannibal
Sono ben otto i riconoscimenti ai marina dell'area di Lignano per la
qualità dei servizi offerte ai diportisti. C'è anche la Lega Navale di Trieste
LIGNANO. L'eccellenza delle marine del litorale che va da Grado a Lignano
resta una garanzia per gli utenti, diportisti e appassionati del mare .Sono otto
quelle del territorio della Bassa insignite della "bandiera blu" per gli approdi
turistici. Il prestigioso riconoscimento europeo che certifica la qualità dei
servizi e dell'ambiente dei porti turistici, sventolerà nel 2020 in particolare
nelle darsene di Porto turistico Marina Uno, Marina Punta Verde, Darsena Porto
Vecchio e Marina Punta Faro a Lignano Sabbiadoro, Marina Punta Gabbiani, Darsena
Aprilia Marittima e Marina Capo Nord ad Aprilia Marittima, Marina Sant'Andrea a
San Giorgio di Nogaro.Su 75 bandiere blu assegnate agli approdi italiani, ben 11
potranno sventolare in Fvg (premiate anche Porto San Vito a Grado e il Marina
Hannibal di Monfalcone, oltre alla sezione della Lega navale italiana di
Trieste). Un riconoscimento del resto che i marina del Fvg ricevono ogni anno a
conferma della qualità dell'offerta. In regione sono 20 le marine dislocate sul
litorale Adriatico, per una capacità complessiva di 7 mila posti barca (fonte
Fvg Marinas). La bandiera blu è un riconoscimento internazionale istituito nel
1987. Oggi viene assegnato ogni anno in ben 60 Paesi, con il supporto di due
agenzie Onu: l'Unep (programma delle Nazioni Unite per l'ambiente) e l'Untwo
(organizzazione mondiale del turismo). Con tali agenzie la Fee, federazione che
gestisce le "bandiere blu", ha sottoscritto un protocollo di partnership
globale. Marco Da Re, proprietario di Punta Gabbiani sottolinea che «in un
momento di difficoltà come questo è quanto mai necessario avere fiducia in chi
ci ospita. Quest'anno abbiamo effettuato interventi di sanificazione e
protocolli anti assembramenti. Ogni posto barca, inoltre, è collegato a una
colonnina per lo svuotamento delle acque di bordo. L'inglese Gold Anchor
Association ci ha assegnato 5 ancore d'oro, per la struttura e
l'ambiente».Giorgio Ardito, dirigente del Marina Uno e presidente delle Marine
di Lignano, commenta con soddisfazione il riconoscimento, «molto apprezzato
all'estero. Per tutti noi è anche e soprattutto un importante veicolo di
promozione delle nostre strutture. Non è una certificazione, ma ci si avvicina,
in quanto per ottenerla bisogna superare severi controlli. Sono stati premiati i
servizi che offriamo al cliente».Fortunato Moratto del Sant'Andrea ricorda che
«la nostra marina è l'unica struttura dell'Alto Adriatico a essere completamente
autosufficiente dal punto di vista energetico, grazie a un impianto fotovoltaico
che utilizza solo energia pulita».
Francesca Artico
Parcheggi e ciclabili, il progetto di Grado del nuovo turismo senza
automobili
Il problema delle soste è il nodo principale dell'Isola d'Oro che ha poco
spazio. I collegamenti con Fossalon e la Bassa
GRADO. Valorizzare i parcheggi, più ciclabili, rotatorie e ponti di
collegamento verso la Bassa all'altezza di Fossalon. Sono alcuni degli obiettivi
che si è prefissa l'amministrazione comunale per rendere il più possibile
sostenibile il territorio comunale. In parte si tratta di opere già fatte o in
corso d'opera mentre alcune, tra l'altro parecchio onerose, sono solamente alla
fase progettuale o di assegnazione dell'intervento. Il tutto nel contesto del
Piano Urbano della Mobilità Sostenibile (Pums), già adottato dal consiglio
comunale nel 2019, troverà pieno compimento con l'approvazione definitiva nel
2020. Lo precisa l'amministrazione comunale inserendo uno speciale capitolo
nella relazione al bilancio comunale che è previsto per la prossima
settimana.«L'indirizzo strategico - si legge - comprende lo sviluppo delle
politiche a sostegno di una maggiore qualità e sostenibilità ambientale e di
riqualificazione urbana. Inoltre, s'intende avvantaggiare una politica di
mobilità sostenibile, di valorizzazione della parte rurale del territorio e di
sviluppo di un'adeguata politica ambientale».Tuttavia, come è sempre precisato,
l'obiettivo principale è di evitare che il grosso dei flussi veicolari investa
il centro di Grado, individuando al contempo le idonee aree per la sosta dei
veicoli.«Il problema della sosta dei veicoli rappresenta la principale criticità
del territorio che si ripercuote sull'appetibilità turistica stessa della
cittadina. Era pertanto necessario pensare a una nuova mobilità per il trasporto
delle merci e delle persone e in quest'ottica l'amministrazione comunale ha
avviato un percorso di analisi e studio della problematica con il Politecnico di
Milano».Ci sono voluti tre anni tra analisi, indagini, interviste e incontri
pubblici con la comunità. Naturalmente le intenzioni ci sono ma come è precisato
nel documento «si cercherà di trovare risorse finanziarie derivanti da fondi
europei, statali e regionali al fine di provvedere alla riqualificazione urbana,
avvantaggiando il pedone».Analizzando il territorio anche per Grado la
problematica maggiore, come spiega sempre l'amministrazione comunale, la risorsa
più limitata è lo spazio e questo va utilizzato nel modo più efficiente
possibile.«Ciò significa potersi muovere soprattutto a piedi, in bicicletta o
con i mezzi pubblici» a vantaggio del turismo e del commercio, della cultura,
dei servizi e della qualità della vita sia per i residenti che per gli ospiti.
Tra queste, l'amministrazione intende valorizzare il parcheggio di interscambio
sito in Sacca dei Moreri, anche tramite l'affidamento all'esterno della sua
gestione. È poi prevista la realizzazione di cartellonistica dinamica che
indirizzi l'automobilista verso i parcheggi liberi. In realtà questo intervento
è stato sostituito con l'automatizzazione di due parcheggi per il 2020 e troverà
compimento nelle annualità successive. Prevista inoltre la realizzazione
dell'automazione dei parcheggi restanti e la creazione di nuovi parcheggi e
riqualificazione di quelli esistenti: il nuovo parcheggio di Viale Martiri della
Libertà angolo viale del Sole (ottavo ingresso spiaggia) ormai in fase di
ultimazione, il nuovo parcheggio Terme presso l'ex Piscina Italia: attualmente
c'è quello a raso mentre quello definitivo del quale se ne parla ormai da 4 anni
non ha ancora completato l'iter. A proposito di questo giova ricordare che è in
ballo ancora la problematica della destinazione d'uso che in parte la regione
vorrebbe, come peraltro era sin dall'inizio previsto, esclusivamente a favore
delle Terme Marine ma che il Comune non intende invece cedere. Proseguendo c'è
anche la riqualificazione del parcheggio di Piazza del Lavoro in Schiusa (anche
questo in avanzata fase di lavoro), quello che sarà il nuovo parcheggio su una
porzione del campo sportivo della Schiusa e la riqualificazione del parcheggio
di fronte al Palazzo dei Congressi.
Antonio Boemo
Da risolvere i nodi degli incroci pericolosi
GRADO. Tra le altre iniziative previste dal Piano Urbano della Mobilità
Sostenibile, è prevista anche la soluzione delle criticità dei percorsi
ciclabili (l'esempio è quello della corsia ciclabile oggi esistente
indubbiamente molto pericolosa che si snoda tra via Galilei e via Carducci) e
l'interconnessione della rete ciclabile secondaria. E' previsto inoltre il
completamento della ciclabile sulla provinciale per Monfalcone con il tratto di
collegamento che manca e che sarà realizzato all'interno di Pineta lungo viale
dei Pesci. Grazie ai contributi Uti, il piano prevede anche la realizzazione di
tre nuove rotatorie lungo la stessa provinciale: due agli ingressi di Pineta (i
lavori dovrebbero iniziare presumibilmente a fine stagione) e quella
indubbiamente più importante testata sull'ingresso di Valle Goppion. Nella
relazione programmatica legata al bilancio che dovrà essere approvato dalla
massima assise cittadina, sono indicati anche due ponti di collegamento dalla
provinciale all'altezza di Fossalon verso la pianura friulana con direzione
Boscat.
Argini e dighe, il bel Danubio blu si è accorciato di 134 chilometri
L'impatto dell'intervento umano sul secondo fiume più lungo d'Europa - I
risultati di uno studio tedesco attuato col sostegno finanziario della Ue
Non solo più trafficato e inquinato da scarichi cittadini e industriali
spesso fuori controllo, com'è in particolare nei Balcani, ma anche più corto e
assai meno ampio, causa l'impatto umano. È il destino toccato al secondo fiume
più lungo d'Europa dopo il Volga, quel Danubio che due secoli fa toccava i
tremila chilometri dalle sorgenti al Mar Nero, nel suo fluire attraverso
Germania, Austria, Ungheria e Balcani. Danubio che, 200 anni dopo, si è ridotto
di ben 134 chilometri, fino agli attuali 2.850.La stima dell'accorciamento del
Donau, Duna, Dunav o Dunarea che dir si voglia arriva da uno studio messo a
punto dal ministero bavarese per l'Ambiente col sostegno finanziario della Ue e
di nove Paesi attraversati dal fiume. I ricercatori hanno studiato il corso
attuale e quello storico del fiume, in particolare per capire le dinamiche del
trasporto dei sedimenti. Oggi, ha svelato l'analisi, solo un decimo del corso
del Danubio conserva «uno stato naturale» simile a quello originario: il
restante 90% ha subito severamente l'intervento umano. Intervento che si è
tradotto in particolare in opere di «irreggimentazione», protezione dalle
esondazioni con grandi argini e opere collegate e «costruzione di barriere»
artificiali, in grandi dighe per la produzione di energia elettrica - come tra
Serbia e Romania - sbarramenti e sistemi di chiuse, ma anche opere di
«raddrizzamento» del corso originario, progettate in particolare per facilitare
la navigazione.Il risultato, oltre all'accorciamento e riduzione dell'ampiezza
del suo corso, è stato anche il calo massiccio dei sedimenti trasportati dal
fiume, preziosi per habitat e agricoltura, diminuiti dai 40-60 milioni originari
agli attuali 15-20 calcolati al delta di un fiume che, in due secoli, da
imponente corso d'acqua è divenuto una grande "autostrada blu", pensata più per
il trasporto e la produzione di energia che per l'agricoltura e soprattutto per
flora e fauna.Si può tornare indietro? In teoria sì. Per i ricercatori una
soluzione potrebbe essere smantellare argini non necessari. E eliminare centrali
idroelettriche che sfruttano l'acqua del Danubio, operazione sicuramente
costosissima e poco efficace nelle ricadute economiche, almeno a oggi.
ST.
IL PICCOLO - VENERDI', 22 maggio 2020
Post Ferriera a Servola, via al pressing sul Mise per tutelare più lavoratori
La bozza dell'Accordo di programma quantifica in 417 gli operai attivi
dopo la fine della riconversione. La Regione chiede che quel numero salga
Trieste. Le garanzie occupazionali contenute nell'intesa raggiunta nei mesi
scorsi tra Arvedi e sindacati non bastano. La bozza di Accordo di programma
quantifica in 417 i lavoratori attivi alla fine del percorso di riconversione
della Ferriera, ma la Regione chiede al ministero dello Sviluppo economico di
garantire un incremento dei posti di lavoro previsti, considerando non solo le
attività che il gruppo manterrà a Servola, ma anche quelle che saranno
realizzate da Piattaforma logistica Trieste. Massimiliano Fedriga spiega che «è
volontà della Regione tutelare l'occupazione, come abbiamo sempre detto fin
dall'inizio». E mentre la firma dell'Adp si avvicina, l'assessore al Lavoro
Alessia Rosolen ha scritto al ministro Stefano Patuanelli per chiedere che
nell'intesa si preveda esplicitamente un aumento rispetto ai 417 lavoratori
attualmente previsti. Prima della chiusura dell'altoforno lo stabilimento dava
da mangiare a 580 persone: 361 nell'area a caldo, 140 nel laminatoio, 41 nella
centrale elettrica e 38 nella logistica. A riconversione finita, l'Adp prevede
338 dipendenti nell'area a freddo e cifre invariate su centrale e banchina. Un
calo di 163 persone: 66 interinali cui non sarà rinnovato il contratto a fine
maggio e 97 per cui si dovranno trovare «soluzioni diverse» (trasferimento a
Cremona o in aziende terze, pensionamento, esodi incentivati), 50 dei quali
lavoreranno nelle opere di smantellamento e bonifica, senza garanzie per la fase
successiva. Con la lettera a Patuanelli, la Regione chiede non un generico
aumento dei livelli occupazionali ma la salvaguardia di una parte dei 163:
«Servono chiarezza e maggiori garanzie», dice Fedriga, secondo cui la «priorità
va data ai lavoratori che già lavoravano in Ferriera rimasti esclusi
dall'accordo sindacale. La negoziazione deve coinvolgere tutti i soggetti
privati e non soltanto Arvedi». La giunta vuole allora che l'Adp contenga il
piano industriale di Icop-Plt e che in esso si individui esplicitamente
l'incremento potenziale di occupati legato a futuri investimenti ed espansioni
infrastrutturali, come il terminal ferroviario e il Molo VIII.
d.d.a.
Ambiente - Slovenia al top nell'Ue per aree terrestri protette
La Slovenia ha la più alta percentuale di aree terrestri protette tra tutti
gli Stati membri dell'Unione Europea. Lo segnalano nuovi dati diffusi da
Eurostat. L'Ue, ha ricordato Eurostat, ha una vasta rete coordinata di aree
protette, nota come Natura 2000, composta da circa 27.000 siti terrestri e
marini. Nel 2019, i siti Natura 2000 rappresentavano il 20% o più della
superficie terrestre totale in dodici paesi dell'Ue, con le quote più elevate
registrate in Slovenia (38% o 7.700 km2), Croazia (37% o 20.700 km2) e Bulgaria
(35 %, 38.700 km2), ha segnalato l'ufficio statistico dell'Ue. Una quota
superiore alla media Ue, ora al 18%, è stata osservata anche in Slovacchia (29%)
e in Grecia (27%).
IL PICCOLO - GIOVEDI', 21 maggio 2020
"Minivalzer" di dirigenti - L'Ambiente cambia capo
In pensione Caputi dopo 37 anni di servizio: al suo posto Cortese che lascia l'edilizia scolastica al "nuovo" Fantini. I sindacati contestano l'operazione
Avvicendamento alla dirigenza di un servizio comunale abituato ai fascicoli scottanti: dopo 21 anni di onorata milizia alla guida dell'Ambiente l'ingegnere Gianfranco Caputi ha salutato la platea al centro del campo e ha raggiunto gli spogliatoi pensionistici. L'atmosfera ancora rarefatta del Municipio non ha al momento consentito una "ola" di saluto a un manager che ha sempre coltivato un profilo defilato e atteggiamenti all'insegna di una particolare cautela. Prenderà il suo posto il collega ingegnere Enrico Cortese, 62 anni in novembre, che si stava occupando di edilizia scolastica-sportiva dopo aver maturato una notevole esperienza sul sistema viario triestino: a sua volta è prossimo alla quiescenza. Ma lo switch dirigenziale prevede un'ulteriore casella, come si evince dal verbale di concertazione in video-conferenza datato 21 aprile 2020, natale di Roma. Il terzo ingegnere di questa lotteria, Luigi Fantini, friulano, 57 anni a settembre, uno degli ultimi acquisti del management municipale e finora incaricato dell'edilizia scolastica "superiori", subentra a Cortese negli edifici scolastico-sportivi. Di fatto Fantini non abbandona alcuna postazione, poichè le scuole superiori, per le quali era stato reclutato un anno fa in previsione di una competenza comunale, restano in carico alla Regione Fvg. Quindi, per farla breve, il Comune non deve fare ulteriore campagna acquisti e risparmia una paga. Anche se, per non penalizzare la minore pesatura del nuovo incarico, lascia a Cortese il compito di seguire la galleria Montebello-Foraggi e ne rafforza la "delega" alla Ferriera, conguagliando con 12.000 euro lordi fino al termine del Dipiazza 3° e il semestre successivo. Caputi si è ritirato dal servizio venerdì 8 maggio, 75° della resa del Reich, il giorno dopo aver compiuto 67 anni. Il curriculum documenta l'ingresso in Comune avvenuto 37 anni fa nell'agosto 1983, durante l'effimera giunta del listaiolo Deo Rossi, che durò da maggio a ottobre, quando divenne sindaco il democristiano Franco Richetti. Sembra sia passato un secolo. Laureato in ingegneria civile, Caputi assunse la direzione delle fognature e degli interventi per l'edilizia. All'Ambiente approdò nella primavera 1999 quando Riccardo Illy viveva il suo secondo mandato. Ma la Triplice comunale non ha firmato il verbale di concertazione riguardante lo switch Cortese-Fantini. Alla video-conferenza erano presenti Angelo Ruggero Giglio (Cgil), Walter Giani (Cisl), Maurizio Petronio (Uil); la Direl, sindacato dei dirigenti, schierava Luigi Leonardi, attuale responsabile del Patrimonio, e Corina Sferco, indimenticabile ragioniere-capo della civica amministrazione. Per la parte datoriale Santi Terranova e il capo-personale Manuela Sartore. I dirigenti hanno detto sì, chiedendo però di rivedere funzioni/pesature delle posizioni e sollecitando soluzioni per i colleghi a tempo determinato. Uil e Cisl hanno co-firmato una nota allegata al verbale, che contesta le modalità del valzerino dirigenziale, in quanto sarebbe bastato mantenere Cortese all'edilizia scolastico-sportiva e mettere Fantini all'Ambiente. Duro il giudizio di Maurizio Petronio (Uil) verso la gestione Terranova: «Molto reattiva quando si parla di dirigenti, assai meno quando si parla di lavoro "agile" non regolamentato, di orari serali protratti, di 100 euro di bonus Covid ancora non pagati alla Polizia Locale e al personale delle case di riposo».
Massimo Greco
Sì al "piano regolatore" della Val Rosandra con 52 idee di sviluppo
Spiccano nell'agenda il restyling della stazione di Draga, il rilancio dell'area di Bottazzo e il recupero delle ghiacciaie
SAN DORLIGO. Un Piano ricco di 52 idee-progetto, che vanno dal recupero delle ghiacciaie al rilancio di Bottazzo, dalla ristrutturazione della vecchia stazione ferroviaria di Draga Sant'Elia alla valorizzazione della fonte Oppia e della rocca di Moccò. Le idee-progetto verranno suddivise nell'ambito di tre filoni: ambientale, primario, turistico. Il primo guarderà alla predisposizione di misure per la conservazione della flora e della fauna autoctone, il secondo allo sviluppo agricolo e forestale, il terzo alla promozione del territorio. Dopo una dozzina d'anni di attesa, la Val Rosandra ha finalmente un proprio Piano di conservazione e sviluppo. Lo ha approvato ieri mattina, all'unanimità, il Consiglio comunale di San Dorligo della Valle, riunitosi online per la prima volta nella sua storia. A illustrarlo è stato l'assessore per l'Ambiente e il Territorio, Davide Stokovac: «Nella redazione del Piano - ha detto l'esponente dell'Unione Slovena - abbiamo tratto spunto dai principi contenuti nell'Agenda 21, il programma scaturito dalla conferenza Onu su ambiente e sviluppo del 1992, che costituisce una sorta di manuale per lo sviluppo sostenibile del pianeta. I nostri obiettivi infatti - ha aggiunto - sono quelli di garantire la conservazione di un bene preziosissimo, come la Val Rosandra, coniugandola con uno sviluppo compatibile e rispettoso dell'ambiente. Va precisato - ha sottolineato Stokovac - che alla realizzazione del Piano hanno contribuito numerosi soggetti portatori d'interesse, dai privati alle associazioni locali, alle Comunelle. Inoltre va ricordato che buona parte dell'area della Valle rientra nell'ambito di queste ultime». L'assessore ha poi sottolineato che il Piano ricade anche nell'ambito del sistema "Natura 2000", «il principale strumento della politica dell'Unione europea per la conservazione della biodiversità. Si tratta di una rete ecologica - ha aggiunto - istituita ai sensi della Direttiva "Habitat", che ha l'obiettivo di garantire il mantenimento degli habitat naturali e delle specie di flora e fauna minacciati o rari». In sostanza, l'assemblea di San Dorligo della Valle ha dotato la Val Rosandra di una sorta di Piano regolatore ambientale. «Abbiamo previsto una divisione in zone - ha ripreso Stokovac - perché ogni singola area avrà una propria funzione nel contesto generale. Si tratterà di predisporre le misure atte a difendere la flora e la fauna tipiche della valle dalle invasioni di elementi che le sono estranei - ha evidenziato - di assicurare la manutenzione dei prati, favorendo, soprattutto nella parte alta del versante che sale verso San Lorenzo, le attività di coltivazione del terreno, di dotare l'intera area della necessaria segnaletica per agevolare l'arrivo di turisti e visitatori». In questa prospettiva, sono state individuate tre zone: la Rn, che sarà caratterizzata dalla massima tutela naturalistica, e che riguarderà per esempio la Gola del torrente Rosandra; la Rg, nella quale la difesa dell'ambiente andrà fatta convivere con le attività agricole; la Rp, che ospiterà le strutture funzionali alla Riserva, come le strade e gli accessi. Idee chiare anche per quanto riguarda i finanziamenti: «Siamo aperti a interventi sia pubblici, sia privati, sia misti - ha concluso Stokovac - ma contiamo soprattutto sui progetti europei. Fondamentale era avere pronti nel cassetto i 52 progetti da sottoporre a chiunque sia seriamente interessato a realizzarli». Il sindaco, Sandy Klun, si è detto «molto soddisfatto per l'approvazione del Piano, che ha visto unite le forze della maggioranza e quelle di opposizione, a conferma che questo documento rappresenta una svolta per il nostro territorio».
Ugo Salvini
Apre il parco della Cona sanificati i due musei e le aree pubbliche
STARANZANO. Riapre domani la riserva naturale della foce Isonzo-Isola della Cona dopo l'adeguamento e la messa in sicurezza alle nuove normative in vigore per l'emergenza coronavirus. Si è provveduto alla sanificazione delle aree aperte al pubblico, cioè i due musei, il bar, il parco giochi per bambini, i servizi igienici, gli osservatori principali della Marinetta, del Cioss e di Punta Spigolo, oltre ai capanni utilizzati dai birdwatcher per l'osservazione ornitologica degli uccelli nonché all'ascolto e il riconoscimento dei loro canti e richiami. La Rogos che ha in gestione l'area protetta, si è presa qualche giorno in più per la ripresa per preparare un protocollo nel rispetto delle norme e consegnarlo al Comune, nel quale è indicato in che modo verrà regolamentata la presenza dei visitatori in questa delicata fase di emergenza sanitaria. L'imminente apertura è stata assicurata da Letizia Kozlan, operatrice della Rogos. «Credo - afferma - che saremo pronti sicuramente per domani e accogliere nel fine settimana gli ospiti che hanno una gran voglia di immergersi nella natura e godere di tutte le novità degli ultimi due mesi. Abbiamo stabilito nei sentieri anche percorsi obbligati segnalati dai cartelli, raccomandando nel contempo di rispettare le regole imposte per la sicurezza di tutti».Il sindaco Marchesan sottolinea che fino a oggi non era possibile dare il via all'ingresso dei visitatori. «Il non poter utilizzare le strutture chiuse di centro visite, servizi, osservatori faunistici origini delle proteste nei giorni scorsi - ha detto Marchesan - si era reso necessario in quanto il quadro normativo in merito alla fruibilità e alla modalità di sanificazione delle stesse non era ancora chiaro. Quindi, in via prudenziale, visto anche quanto indicato secondo interpretazioni dal servizio biodiversità, si era optato per questa scelta sino a nuove indicazioni».
Gemini la "curiosa" - Ecco l'Ibis eremita di casa in zona Siot - l'identikit dell'esemplare avvistato di recente
S. DORLIGO. È una femmina, si chiama Gemini e ha 5 anni. L'ibis eremita che da alcune settimane sta gravitando attorno alla Siot di San Dorligo della Valle ha un identikit. Il raro animale fa parte del progetto per la Reintroduzione della specie in Europa promosso dall'associazione austriaca Waldrappteam come ha spiegato Nicoletta Perco, referente italiana del Progetto Life+ per la reintroduzione dell'ibis eremita in Europa: «La specie impara la rotta di migrazione dall'Austria alla Toscana seguendo i genitori umani che guidano lo stormo fino al sito di svernamento. Poi da adulti gli ibis migrano da soli e tramandano la rotta appresa ai loro figli». Gemini è un soggetto particolarmente curioso. Nel marzo dello scorso anno il volatile si fece apprezzare essendosi fermato sul davanzale di una finestra dell'ospedale di Pordenone dove cercava attenzioni sulle vetrate del reparto di Pediatria. «Per questo motivo era stata tolta dal gruppo di migratori, tuttavia quest'anno, rimasta con gli altri ad Orbetello, si è mossa verso nord - racconta Perco - frequenta per lo più gli altri ibis nell'Oasi dei Quadris, a Fagagna, ed ogni tanto si fa vedere in zona San Dorligo. Difficilmente andrà più a nord». Ciò significa che Gemini potrebbe decidere di rimanere ancora nel nostro territorio, motivo in più dunque, come raccomandato dalla ornitologa, di non avvicinarla né disturbarla. Ancora una curiosità per gli appassionati. Gli ibis del Progetto Life+ possono essere virtualmente seguiti sul cellulare scaricando la App Animal Tracker oppure attraverso la pagina @Bentornato Ibis ed il sito www. waldrapp. eu.
Riccardo Tosques
Una bomba ecologica alle porte di Gorizia Fumi velenosi in caso di un incendio
Stabili i rifiuti plastici sequestrati, ma un rogo sarebbe devastante. Il sito scelto perché ben collegato e vicino al confine
Sono stabili e al momento non rappresentano un pericolo per la salute pubblica le 4.500 tonnellate di rifiuti stoccate e sequestrate nel capannone di Mossa nell'ambito dell'operazione del Nucleo investigativo del Comando carabinieri di Gorizia coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Trieste, ma il rischio potenziale rimane, e non soltanto perché si attende ancora il risultato della caratterizzazione delle "ecoballe" da parte dei tecnici dell'Agenzia regionale per l'ambiente. Il materiale scaricato nell'Isontino dai camion giunti da Veneto e Slovenia è all'apparenza plastico e come tale non è soggetto a sversamento, diventerebbe però un pericolo in caso di combustione. Il calore libererebbe nell'aria una nube tossica incontrollata di diossine, furani e policlorobifenili e il rilascio di queste sostanze comprometterebbe l'ambiente anche a chilometri di distanza. Per azzerare ogni rischio, è quindi necessario operare la bonifica in tempi quanto più rapidi possibili. Non è da escludere che i responsabili dell'operazione criminale che ha portato il gip Antonio Miggiani ad emettere sei misure di custodia cautelare avessero in mente di dare tutto alle fiamme. Una volta saturato il magazzino, non avrebbero più avuto interesse a tenerlo e per far sparire le prove a loro carico, avrebbero potuto dare fuoco ai rifiuti stoccati. Non sarebbe la prima volta che accade. Ne sarebbe venuto fuori un incendio di dimensioni colossali e le conseguenze sarebbero state incalcolabili per Mossa, ma anche per le comunità limitrofe. A seconda dei venti, da Gorizia al Collio, fino a Gradisca, ogni area sarebbe stata a rischio. La zona artigianale di Mossa sarebbe stata scelta perché facilmente raggiungibile dall'uscita autostradale di Sant'Andrea. Che i camion arrivassero dall'impianto di recupero del Bellunese o che arrivassero dall'area dismessa di Borovnica, oltreconfine, una volta imboccata la rotonda, si trovavano praticamente già a destinazione. Si trattava solo di percorrere la 56 Bis e alla seconda rotonda svoltare alla prima uscita. A quel punto a separarli dal cancello dell'ex Bertolini c'erano solo 300 metri di asfalto e una curva a sinistra. Era un percorso di pochi minuti e sicuro. Difficilmente il carico sarebbe stato intercettato da una pattuglia. Il piano era ben studiato e, infatti, per un po' ha funzionato. Poi però il via vai di mezzi pesanti è stato notato e le indagini sono partite. Per controllare quanto accadeva al di là del recinto dell'ex Bertolini gli investigatori si sono avvalsi anche di un drone. Secondo gli inquirenti anche se il legame con le ecomafie campane non è così evidente, per le chiare affinità con le dinamiche criminali dell'area campana, potrebbe esserci un collegamento con la criminalità organizzata di stampo mafioso.
Stefano Bizzi
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 20 maggio 2020
Maxi finanziamento da 96 milioni di euro per riconvertire l'area della
Ferriera
A stanziare le poste ministero, Regione ed Invitalia. Metà budget per il
piano Arvedi su laminatoio e centrale elettrica
Aiuti pubblici per quasi cento milioni. Tanto vale il finanziamento che il
ministero dello Sviluppo economico e la Regione metteranno a disposizione della
riconversione della Ferriera di Servola. La cifra è ancora da mettere nero su
bianco, ma filtra nel corso delle trattative sull'Accordo di programma: il Mise
stanzierà 40 milioni, cui si aggiungeranno i 15 milioni in possesso della
Regione per il rilancio dell'area di crisi industriale complessa di Trieste e i
41 che Invitalia attende di spendere da anni per la messa in sicurezza
ambientale del sito. Si tratta di 96 milioni, 55 dei quali destinati a sostenere
il piano industriale del gruppo Arvedi per il rafforzamento del laminatoio e la
riqualificazione della centrale elettrica. Dopo lo spegnimento dell'altoforno e
lo stop alle trattative coinciso con l'emergenza coronavirus, il dialogo fra
istituzioni e imprese sull'Accordo di programma è ripreso, ma i sindacati
incalzano perché si arrivi alla firma. Per chiudere mancano però alcuni
tasselli, anche se l'intesa sui finanziamenti pubblici trovata fra governo e
Regione rappresenta un importante elemento di spinta. La bozza di Adp non cita
espressamente le cifre e anzi rimanda la loro fissazione a un'intesa successiva,
ma dalle parti del Mise si assicura che i numeri sono scolpiti nella pietra e
che il posticipo dipende dalla necessità di coinvolgere successivamente la
Regione Lombardia, perché altri fondi pubblici andranno parallelamente allo
sviluppo dello stabilimento Arvedi di Cremona. Patuanelli assicurerà 40 milioni
del ministero, che andranno interamente a sostenere il processo contenuto nel
business plan di Arvedi, così come i 15 milioni della Regione. Complessivamente
l'aiuto vale quasi un terzo del piano da 180 milioni presentato
dall'imprenditore dell'acciaio. La dotazione proveniente da Roma fa parte di uno
stanziamento più ampio apprestato dal ministro nell'ultima legge di stabilità a
supporto delle riconversioni in tutta Italia, mentre le risorse regionali
rappresentano la totalità del fondo ricevuto nel 2017 sempre dal Mise per
rivitalizzare l'area ex Ezit, ma rimasto inutilizzato finora, nonostante gli
annunci di bandi dedicati alle imprese da parte dell'assessore alle Attività
produttive Sergio Bini. Risorse fresche piazza Unità non potrà metterne, almeno
per ora: la giunta Fedriga ha sempre frenato nei mesi addietro su un impegno
economico ex novo e la batosta sul bilancio dovuto alla crisi Covid toglie ogni
possibilità di manovra, a eccezione di 200 mila euro aggiuntivi che saranno
versati per cofinanziare la fase progettuale della riqualificazione. I 55
milioni daranno gambe alla parte industriale dell'Adp, mentre altri 41 risalgono
all'Accordo precedente e potranno essere spesi dopo essere rimasti a propria
volta fermi per molto: si tratta della dotazione con cui Invitalia avrebbe
dovuto procedere al cosiddetto barrieramento a mare, necessario per arginare gli
sversamenti in acqua delle sostanze inquinanti contenute nel sottosuolo del sito
produttivo, attraverso il consolidamento di quasi due chilometri di costa. Si
trattava dell'unica opera ambientale che il vecchio Adp assegnava alla parte
pubblica e della sola realizzazione mancata, mentre Arvedi ha sempre
sottolineato di aver rispettato tutte le prescrizioni, tranne l'ormai abortita
costruzione delle coperture dei parchi minerali.
Diego D'Amelio
Mobilitazione in vista «Risposte entro lunedì o scendiamo in piazza» - operai
in video assemblea
Se non arriveranno risposte entro la fine di questa settimana, i lavoratori
della Ferriera si mobiliteranno per scendere in piazza. È quanto emerso ieri
sera nel corso dell'assemblea in teleconferenza autorganizzata dagli operai,
alla quale ha preso parte quasi un centinaio di persone, e che ha visto anche la
partecipazione dei rappresentanti di alcune sigle sindacali. Sigle che, in
maniera unitaria, durante la mattinata di ieri avevano incontrato il prefetto
Valerio Valenti, per chiedergli di sollecitare le istituzioni per avere
indicazioni sul completamento dell'accordo di programma. «Chiediamo da tempo un
incontro in grado di fare chiarezza, ma senza risultato. Se entro lunedì non
arriveranno novità in questo senso, decideremo quali iniziative assumere», ha
riferito Marco Relli della Fiom.«Quello del virus è stato un alibi buono fornito
a chi deve fare qualcosa a livello istituzionale per insabbiare la questione»,
ha dichiarato Umberto Salvaneschi della Cisl. «In questo momento è di assoluta
importanza tenere sotto pressione le istituzioni coinvolte nei ritardi, che
iniziano a essere eccessivi e portano pensieri poco felici nella testa dei
lavoratori che non sanno cosa succederà», ha affermato Gianluca Castelli
dell'Usb. I sindacalisti hanno puntualizzato che, nel caso in cui si deciderà di
organizzare una manifestazione, si farà il possibile per rientrare nella
legalità ed evitare di incorrere in sanzioni. Tra i lavoratori della Ferriera
che hanno preso la parola durante l'assemblea, in molti hanno chiesto di
scendere in piazza il prima possibile per ottenere delle risposte certe sul loro
futuro.
Simone Modugno
Indagini su un traffico illecito di rifiuti: sei arresti fra Gorizia, Grado e
Belluno
Stoccate in un capannone dismesso a Mossa 4.500 tonnellate di ecoballe.
Spazzatura proveniente da Veneto e Slovenia
GORIZIA. Sei arresti fra Gorizia, Grado e Belluno con l'accusa di traffico
illecito di rifiuti a carattere transnazionale. L'indagine, partita dal Comando
provinciale dei carabinieri di Gorizia cui ha collaborato anche la Guardia di
finanza di Trieste ha portato, all'alba di ieri, all'esecuzione delle misure di
custodia cautelare disposte dal Gip di Trieste, su richiesta di Antonio Miggiani
della locale Direzione distrettuale antimafia (Dda). I sei coinvolti sono ai
domiciliari. L'antefatto del 2019Un camion targato Capodistria fermo con la
motrice e una parte del rimorchio fuori dal grande capannone. L'automobile dei
carabinieri messa di traverso a sbarrargli la strada. E, ancora, verifiche e
controlli su tutti i dettagli. Il nastro bianco e rosso a tenere lontani i
curiosi nell'ex stabilimento Bertolini di Mossa. Sono alcuni degli elementi del
blitz che scattò nel marzo di un anno fa nella zona artigianale di Mossa.
All'interno erano stoccate diverse centinaia di ecoballe. L'ipotesi di reato
era, allo stato dei fatti, "discarica abusiva" e "deposito incontrollato di
rifiuti". Pareva una pagina chiusa ma le indagini, iniziate dal tenente
colonnello Pasquale Starace, allora numero uno del Nucleo investigativo di
Gorizia e oggi comandante del Gruppo carabinieri per la tutela dell'ambiente di
Napoli, hanno avuto importanti sviluppi. Gli arresti odierni - Le verifiche,
avviate con il sequestro del capannone industriale stracolmo di rifiuti da parte
dell'Arma di Gorizia e condotte dai carabinieri del Nucleo investigativo del
Comando provinciale del capoluogo isontino, assieme al personale del Ros e ai
finanzieri del Gico di Trieste e dello Scico di Roma, hanno consentito di dare
riscontro alla nuova ipotesi investigativa. Ai domiciliari sono finiti così il
gradese Giuliano Di Nardo, 48 anni, i goriziani Piero Pellizzon, 39 anni,
Claudio Paoluzzi, 56 anni, Fiorenzo Giorgio Cammarata, 56 anni e i bellunesi
Remo Dalla Santa, 51 anni e Alessio Dalla Santa, 44 anni. Secondo l'accusa,
avevano smaltito illecitamente circa 4.500 tonnellate di rifiuti speciali,
costituiti da "balle reggiate", di un metro cubo l'una, di rifiuti plastici. La
spazzatura proveniva essenzialmente da un impianto di recupero di una società
del Bellunese e da un'area dismessa sita a Borovnica in Slovenia, ed era stata
stoccata all'interno del capannone industriale ex Bertolini di Mossa, di
proprietà di due società con sede a Napoli e a Gorizia. La struttura era stata
«adattata - spiegano i carabinieri di Gorizia - con un varco d'accesso laterale
ricavato appositamente per effettuare gli scarichi abusivi al riparo da sguardi
indiscreti. Il trasporto a Mossa dei rifiuti avveniva utilizzando i camion messi
a disposizione da alcune aziende di trasporto slovene compiacenti».Il sequestro
dei beni - Carabinieri e Fiamme gialle hanno proceduto anche al sequestro
preventivo di beni nella disponibilità degli indagati, per un valore pari a
circa un milione di euro, «profitto del reato», individuato quale danno
ambientale arrecato dagli indagati al Comune di Mossa con l'abbandono dei
rifiuti. Nel corso delle indagini gli investigatori hanno documentato inoltre la
ricerca da parte degli indagati, una volta sequestrato il capannone di Mossa, di
siti alternativi sul territorio friulano (si parla di una struttura a San
Giorgio di Nogaro) ove continuare la presunta attività illecita. L'attività
investigativa è stata condotta anche con l'ausilio di un drone che ha consentito
di monitorare numerosi scarichi di rifiuti da parte delle persone coinvolte, per
lo più nelle prime ore dell'alba, allo scopo di sottrarsi allo sguardo
indiscreto di curiosi o ai controlli delle forze dell'ordine. Nonostante le
difficoltà, l'attività di osservazione portata avanti dagli inquirenti ha
permesso di seguire ogni movimento degli automezzi: dal loro ingresso in Italia
sino al capannone di smaltimento finale dei rifiuti a Mossa. Le perquisizioni in
Campania - Nelle ultime ore si sono svolte numerose perquisizioni in Friuli
Venezia Giulia, Veneto e Campania. L'obiettivo? Recuperare la documentazione
necessaria a ricostruire l'esatta provenienza dei rifiuti e le tappe intermedie
toccate dai mezzi pesanti prima di giungere nell'area ex Bertolini. Il Gip, nel
motivare le esigenze cautelari ha, inoltre, ricollegato la vicenda «al diffuso
fenomeno delle ecomafie», parlando di «presenza di criminalità organizzata e di
un particolare livello di pericolosità, emersi nel corso delle indagini, per le
evidenti affinità dell'accaduto con dinamiche criminali tipiche dell'area
napoletana», concludono carabinieri e Guardia di finanza.
Francesco Fain
Scontro a Muggia tra M5s e giunta sulla tassa rifiuti
Il grillino Romano rilancia la tariffa puntuale - Marzi: «Equità fra i
contribuenti da tutelare»
MUGGIA. «Non è giusto che un esercizio chiuso paghi il servizio rifiuti».
Emanuele Romano, consigliere comunale del M5S di Muggia, in occasione
dell'ultima riunione dei capigruppo consiliari della cittadina rivierasca, torna
con forza su uno dei cavalli di battaglia dei grillini: il costo dei
rifiuti.«Sono anni che chiediamo una tariffa "puntuale" - ha proseguito Romano -
che senza alcun aggravio per gli uffici consentirebbe, oggi, a chi non produce
rifiuti di non pagare il servizio. Gli allagamenti, la fine precoce del
Carnevale e ora il Covid-19 - ha proseguito il consigliere pentastellato - hanno
messo a dura prova l'economia degli esercizi del centro storico e richiedono
risposte immediate, e la Tari puntuale doveva partire con la differenziata
spinta». Il consigliere, infine, ha proposto di avviare in questo mese «una
sperimentazione per poi modificare la Tari del prossimo anno, sfruttando ogni
opportunità di semplificazione che le norme sull'emergenza forniranno, perché
non vorremmo che l'amministrazione perdesse anche questa opportunità per rendere
più equa la tariffa». Non si è fatta attendere la risposta del sindaco Laura
Marzi: «Convinti che non è giusto che un esercizio chiuso paghi l'imposta piena,
si è da subito cominciato a lavorare sulle modalità concrete con cui venire
incontro agli esercenti che hanno dovuto chiudere prevedendo una riduzione della
Tari ma cercando, al contempo, modo e maniera che ciò non vada a gravare sugli
altri contribuenti. La riduzione della tassa è assolutamente possibile anche in
base all'attuale sistema di tariffazione, senza ricorrere al sistema della
tariffazione "puntuale"». Su quest'ultima, «pur condividendo il principio del
"chi inquina paga", vi è stata - ha proseguito Marzi - da subito la
preoccupazione di procedere facendo scelte ben ponderate», dato anche che
«numerosi comuni, anche della nostra provincia, l'hanno e poi abbandonata».
Sulla sperimentazione proposta dal M5S, secondo Marzi, «il consigliere Romano
sembra peccare ancora di semplicismo quando ipotizza un avvio a maggio e quando
dice che il sistema potrebbe essere avviato rapidamente e senza aggravi per gli
uffici e per l'utenza. Si tratterebbe di improntare un nuovo sistema che
richiederebbe un adeguato periodo di sperimentazione su un campione di utenze.
Il tutto con un aggiornamento della dotazione tecnica. Inoltre - conclude Marzi
- senza i giusti correttivi, gli effetti prodotti dal nuovo sistema di
tariffazione potrebbero produrre situazioni di dubbia "giustizia". Un esempio?
Una famiglia di 5 persone in una casa Ater potrebbe trovarsi a pagare quanto una
famiglia di pari numero di componenti in una ampia villa di lusso».
Luigi Putignano
Ibis eremita avvistato alle porte di San Dorligo - Su Fb è subito una star -
il raro esemplare
San DORLIGO. "Cavelada" resa impertinente dalle raffiche di bora e muso
perplesso. Si è presentato così l'ibis eremita immortalato ieri mattina nella
zona industriale di San Dorligo della Valle. Il video è stato postato sulla
pagina Facebook di Misteri & Meraviglie del Carso, gestita da Doro Balkan, che
già in passato ha funto da ottimo veicolo per divulgare foto, video e
informazioni sulla natura del nostro territorio. «Parliamo di un animale raro,
una specie che in Europa è salva solo grazie agli zoo che li stanno rieducando a
vivere liberi», il commento del naturalista Nicola Bressi. Si è appreso in
effetti che l'animale è monitorato tramite Gps dal Waldrappteam, gruppo di
austriaci, tedeschi e italiani che si occupa della reintroduzione di questa
specie migratrice in pericolo di estinzione. Già ad inizio maggio un esemplare
era stato avvistato in zona: che l'ibis stia pensando di prendere la residenza?
Riccardo Tosques
Quasi sessanta gradesi pronti a fare guerra al nuovo sistema 5G - comitato
contro le onde elettromagnetiche
GRADO. Sono quasi sessanta le persone che al momento hanno sottoscritto
un'iniziativa popolare di contrasto all'installazione di impianti di diffusione
delle onde elettromagnetiche 5G il nuovo sistema che verrà diffuso per le
comunicazioni con i cellulari di nuova generazione. Anche a Grado, come sta
accadendo in molte altre città, è partita, infatti, una iniziativa di contrasto
all'installazione del sistema 5G. Il comitato NO 5G Grado (GO) sorto
recentemente e spontaneamente sulla piattaforma Facebook - sta mettendo in atto
una serie di azioni di sensibilizzazione della cittadinanza sugli effetti
potenzialmente negativi derivanti dall'adozione di questa nuova tecnologia.
Precisano i referenti dell'iniziativa che il comitato gradese, ispirandosi
all'azione di comitati analoghi sorti in tutta Italia, attivi nell' Alleanza
Italiana Stop 5G ha recentemente chiesto un incontro al sindaco Dario Raugna,
come responsabile della salute e della sicurezza locale, per approfondire e per
definire con l'amministrazione una posizione di cautela e di precauzione
sull'argomento.«Sono stati coinvolti anche - precisa il Comitato - alcuni
consiglieri comunali che hanno manifestato adesione alle iniziative del
comitato, predisponendo una mozione per una moratoria del 5G che verrà trattata
nella prossima seduta del Consiglio comunale».Spiegano ancora i referenti del
Comitato che da parte della comunità tecnico-scientifica l'introduzione della
tecnologia 5G viene considerata una opportunità ma anche un potenziale problema,
per gli eventuali rischi per la salute umana e per l'ambiente.«Preoccupazioni
comprensibili, considerata la quantità sempre maggiore di onde elettromagnetiche
cui siamo sottoposti ogni giorno».Infine la precisazione che sono ormai quasi
400 i Comuni italiani (recentemente anche quello di Udine) che, in attesa di
conferma sull'innocuità della tecnologia 5G da parte del mondo
accademico-scientifico, si sono dichiarati contrari agli attuali obiettivi in
atto (su tutto il territorio nazionale) per la modifica delle correnti
condizioni di diffusione dei campi elettromagnetici.
AN. BO.
IL PICCOLO - MARTEDI', 19 maggio 2020
I sindacati della Ferriera: «Troppi silenzi»
Chiesto un intervento del prefetto sulle istituzioni per avere informazioni su riconversione dell'area e futuro occupazionale
Il confronto sull'Accordo di programma per la riconversione dell'area caldo della Ferriera è ripartito, ma i sindacati non si fidano e invocano chiarezza su tempi e contenuti. Dopo la spaccatura delle rappresentanze dei lavoratori in occasione del referendum di inizio anno sull'accordo stretto con l'azienda, le sigle si ricompattano e chiedono alla Prefettura di farsi garante dei livelli occupazionali davanti al silenzio delle istituzioni. La preoccupazione serpeggia tra i lavoratori, che nel tardo pomeriggio di oggi terranno un'inedita assemblea in teleconferenza, autorganizzata al di fuori della Rsu. Ma intanto dalla Regione, l'assessore al Lavoro Alessia Rosolen annuncia che l'occupazione non solo sarà difesa, ma incrementata con nuove assunzioni. Enti pubblici e imprese hanno ricominciato a discutere la scorsa settimana i termini dell'Adp, ma non tutti i nodi sono sciolti e i sindacati lamentano di non ricevere aggiornamenti ufficiali da tempo. Fiom Cgil, Fim Cisl, Uilm, Failms e Usb hanno così chiesto e ottenuto un confronto con il prefetto Valerio Valenti per esprimere al rappresentante del governo i timori rispetto a un'intesa che, causa anche il coronavirus, continua a slittare. «Gli impianti dell'area a caldo - scrivono i cinque sindacati in una nota congiunta - sono fermi da quasi due mesi e la gran parte dei lavoratori in cassa integrazione. Mentre dell'Adp si sa ancora troppo poco». Le segreterie dei metalmeccanici lamentano il silenzio del ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli e del presidente della Regione Massimiliano Fedriga, entrambi destinatari di una richiesta di incontro urgente spedita ormai il 29 aprile. «Ma da parte loro non è arrivato nessun feedback - lamentano le sigle - e le uniche informazioni sono quelle apparse sul giornale: questo non va assolutamente bene». A Valenti è stato così domandato di richiamare le istituzioni a riaprire un canale di comunicazione con le parti sociali, «per permetterci di informare i lavoratori, che attendono con ansia l'avvio della reindustrializzazione del sito e di riqualificazione delle maestranze». Per i sindacati vanno chiariti due punti: «I tempi di chiusura dell'Adp e le garanzie occupazionali che le istituzioni hanno più volte assicurato e che dovranno aggiungersi a quelle fissate nell'accordo sindacale». A discuterne saranno anche i lavoratori, che oggi si sono dati appuntamento su una piattaforma per teleconferenze, con un'iniziativa che non vede le segreterie provinciali come organizzatrici ma fra gli invitati. Una prima rassicurazione arriva dall'assessore Rosolen, che prevede un incremento occupazionale come esito della riconversione dell'area a caldo in zona logistico-portuale: «L'iter dell'Adp sta andando avanti nel confronto fra tutti i soggetti sottoscrittori e la Regione ha sciolto ormai tutte le sue riserve». Alla premessa segue l'impegno dell'esponente della giunta Fedriga: «Non mollerò nemmeno un metro sul fatto che i soldi pubblici messi sull'Accordo siano impiegati per il mantenimento dell'occupazione. L'accordo sindacale prevede 417 occupati futuri e, per quanto ci riguarda, è il numero minimo da cui partire. Chiederò di inserire espliciti riferimenti nell'intesa agli importanti soggetti che ne fanno parte» e cioè gruppo Arvedi e Piattaforma logistica Trieste. Secondo Rosolen, infatti, «417 è un numero prudenziale, perché il numero di lavoratori previsti nei piani industriali dei soggetti privati sottoscrittori è superiore e fa sperare che gli occupati saranno molti di più».
Diego D'Amelio
Due ruote sanificate e piattaforma attiva: torna il bike sharing
Da giovedì il servizio sarà nuovamente utilizzabile in città Raccomandazioni sull'uso di guanti e distanziamento
BiTS, il servizio di bike sharing a Trieste, riprenderà giovedì, il 21 maggio. Una buona notizia per i tanti amanti delle due ruote che già si erano iscritti e lo utilizzavano abitualmente per spostarsi in città. A inizio aprile tutto era stato sospeso per la situazione generale di emergenza sanitaria. Riattivati già il sito e l'app, e via libera alla sanificazione di tutte le strutture, per ricominciare in sicurezza. La società che gestisce i mezzi ricorda però alcune raccomandazioni, tra le quali l'utilizzo dei guanti monouso e il distanziamento adeguato dai pedoni o dagli altri ciclisti. Ieri a tutti gli utenti registrati è arrivata una mail. «Non vedevamo l'ora di dirtelo: BiTS riparte! I nostri operatori - si legge - hanno già cominciato le operazioni di sanificazione e messa in sicurezza del sistema, e le nostre piattaforme web e app sono nuovamente in funzione. Solo pochi giorni di pazienza e potremo ricominciare a pedalare insieme: a partire da giovedì 21 maggio il servizio di bike sharing sarà nuovamente fruibile al 100%. Ti informiamo inoltre che, insieme al Comune di Trieste, stiamo mettendo a punto le future tariffe del servizio e valutando eventuali "ricompense" per il periodo di chiusura forzata. Appena possibile ti comunicheremo le decisioni prese tramite e-mail e tramite i canali social. Prima di salutarci - aggiungono - ti chiediamo di prestare attenzione a queste brevi ma importanti raccomandazioni per la tua salute e per quella degli altri utenti di BiTS: utilizza la bicicletta solo per gli spostamenti consentiti dalle direttive nazionali, se non è necessario uscire rimani a casa; utilizza se possibile dei guanti monouso e comunque lava accuratamente le mani prima e dopo l'utilizzo delle biciclette - e ancora - la bici condivisa è il mezzo pubblico che più si adatta al distanziamento sociale: ricorda comunque di rispettare le distanze pedalando non troppo vicino ad altri ciclisti o pedoni. Buone pedalate!». Ieri la notizia è rimbalzata rapidamente sui social, accolta positivamente dagli appassionati di bici, ma anche da tanti triestini che hanno ripreso a pedalare proprio a fine lockdown, quando è stata consentita l'attività sportiva all'aperto. Nelle ultime settimane tanti hanno rispolverato le biciclette, per spostamenti brevi o più lunghi, auspicando però la ripresa rapida del bike sharing, per sfruttare BiTS al meglio, dopo aver riscoperto il piacere di muoversi in modalità lenta. «Avevamo concordato insieme ai responsabili del servizio di ricominciare in concomitanza con la riapertura di molte attività - ricorda l'assessore comunale al Territorio e Ambiente Luisa Polli -. Ci vorrà solo qualche giorno per consentire al personale di sistemare le bici e riposizionarle negli stalli. Prego tutti di rispettare i consigli suggeriti - sottolinea - come l'uso dei guanti, e di disinfettare il manubrio. Credo che questo sia un segnale importante verso il ritorno alla normalità e verso una libertà di movimento in città. Ricordo poi - aggiunge - che il servizio sarà ulteriormente arricchito da due postazioni, previste all'interno del Porto vecchio. Le tempistiche di realizzazione dipendono dal prosieguo del cantiere, che aveva subito un stop durante l'emergenza, ma ultimati i lavori per gli accessi all'area dell'antico scalo una stazione sarà collocata vicino al Magazzino 26 e una accanto alla rotonda di viale Miramare».
Micol Brusaferro
Il Mandracchio libero dalle auto dal primo giugno divide Muggia
Favorevoli gli esercenti della zona a caccia di spazi, ma preoccupa la rivoluzione del traffico verso salita delle Mura. Marzi: «Non chiudiamo "h24" né tutti i giorni»
MUGGIA. Dal primo giugno il Mandracchio diventa pedonale. Ma non si tratterà certamente di una chiusura "tout court". «Nei prossimi giorni verranno decise le modalità e gli orari di chiusura, ma con certezza posso dire che il Mandracchio non sarà chiuso tutti i giorni tutto il giorno», la risposta del sindaco Laura Marzi a chi aveva chiesto lumi sull'utilizzo del senso unico alternato in galleria. Ma più di questo per ora non trapela dal Municipio. Sta di fatto che il lancio sulla pagina Facebook del Comune ha stuzzicato la curiosità dell'utenza social della cittadina rivierasca, curiosa di sapere e capire quali alternative verranno messe in campo per aggirare il centro storico e per arrivare sul lungomare Venezia e riprendere la strada costiera. Certamente si tratta di misure che non riguarderanno solo il suggestivo scorcio del Mandracchio ma anche altre aree della cittadina istroveneta, all'interno delle quali si potranno concedere i 20 metri quadrati gratuiti di dehors. Soluzioni certamente non agevoli in quanto so dovrà fare i conti, come spiegato da Marzi, con «la conformazione della città e del centro storico in particolare, che rende la gestione degli spazi ancora più complessa». Per questo motivo, sempre per il sindaco «agli operatori per i quali non sarà possibile concedere o ampliare lo spazio adiacente alla sede della propria attività, verranno messe a disposizione aree comunali di analoga metratura, dando la precedenza in primis a quei soggetti che ad oggi non dispongono di spazi esterni». Ritornando alla chiusura - anche se ancora non chiara - ha incontrato il parere favorevole degli esercizi che sul porticciolo si affacciano: «Sicuramente - ha detto Andreina Camozzi, titolare della trattoria Due Leoni - si tratta di un'iniziativa positiva per dare ossigeno alle attività del centro storico in generale e delle rive in particolare. Abbiamo compilato la modulistica per fare richiesta di ampliamento ed è andata a buon fine». Stesso discorso vale per Paolo Lavince della trattoria Al Porto per il quale «si tratta di un aiuto importantissimo» anche se «sarebbe meglio aprire solo la sera per non danneggiare le altre attività. Veniamo da un periodo allucinante che ha visto prima il maltempo con l'acqua alta che ha fatto tanti danni ai miei concittadini e poi questo virus. Siamo tutti nella stessa barca». Meno soddisfatti alcuni cittadini che, attraverso la pagina ufficiale del Comune, sono preoccupati per la possibile deviazione del traffico veicolare verso salita delle Mura, cosa che non rappresenta comunque una novità in quanto in vigore durante le consuete chiusure estive del Mandracchio, propendendo, invece, sul ripristino del senso unico alternato in galleria.
Luigi Putignano
Il Pd plaude senza riserve Più cauti i Cinquestelle - le reazioni
MUGGIA. «La delibera adottata dalla Giunta raccoglie la manifestazione di indirizzo espressa dal circolo del Pd di Muggia per il tramite dei propri rappresentanti». Massimiliano Micor, segretario del Pd di Muggia, plaude alla chiusura veicolare del Mandracchio. «L'estate che ci aspetta - ha proseguito - sarà particolare ma riteniamo che l'unico modo per affrontarla sia quello di cercare soluzioni innovative come, ad esempio, l'attivazione di un percorso unico e sostenibile per pedoni e biciclette che da Felszegi passi per il centro storico fino a raggiungere la costa». D'accordo ma con riserva Emanuele Romano del M5S: «Siamo favorevoli alla pedonalizzazione del Mandracchio soprattutto per venire incontro alle istanze degli esercenti muggesani, ma occorre tenere presente che ci sono realtà, come il campeggio, che non vanno penalizzate da una viabilità alternativa ancora da scoprire».
Legambiente: «La salute ora viaggia su due ruote» - la videoconferenza
Come cambiare il nostro modo di muoverci in città? A chiederselo è Legambiente che cercherà di rispondere oggi alle 18 nel corso di una videoconferenza a cui parteciperà l'architetto urbanista Matteo Dondé, esperto in pianificazione della mobilità ciclistica, moderazione del traffico e riqualificazione degli spazi pubblici. «Nello scenario post pandemico, ripensare la mobilità ha anche il fine di rispettare le misure per prevenire il contagio. Questo elemento, se gestito in modo sostenibile, può aiutare a preservare parallelamente salute pubblica e ambiente», nota Legambiente. La videoconferenza si potrà seguire sulla pagina Fb: LegambienteFvg (www.facebook.com/legambientefvg/).Dondé ha partecipato alla progettazione di diversi Piani Urbani della Mobilità Sostenibile e Zone 30. Recentemente ha redatto per Bikeitalia.it "Piano Emergenziale della Mobilità Urbana post-Covid: il manuale d'uso".
IL PICCOLO - LUNEDI', 18 maggio 2020
«La priorità della giunta? Demolire la Tripcovich» spendendo una follia» - La
presa di posizione dei Cinque stelle
«In piena emergenza coronavirus, la priorità del centrodestra è
l'abbattimento della sala Tripcovich». I consiglieri comunali del Movimento 5
stelle Cristina Bertoni e Elena Danielis hanno denunciato la mozione della
maggioranza di centrodestra fatta propria martedì scorso in Consiglio comunale
dall'assessore al patrimonio Lorenzo Giorgi. «Siamo in piena emergenza Covid-19
con migliaia di famiglie immerse in problemi quotidiani come l'instabilità del
posto di lavoro, la gestione dei figli a casa da scuola, la povertà rapidamente
crescente, la gestione della mobilità e dei flussi, l'organizzazione del
telelavoro dei dipendenti comunali. E ancora situazioni di grande disagio per i
disabili e i cittadini con difficoltà motorie a seguito del crollo del tetto
dell'Acquamarina, le problematiche della sicurezza degli anziani in casa di
riposo, la mancanza cronica di mascherine anche per i dipendenti comunali, la
crisi di turismo e ristorazione e delle piccole attività commerciali e
artigianali. Ebbene - attaccano Bertoni e Danielis -, in tutto questo la
maggioranza di centrodestra si pone come priorità quella di spendere 600.000
euro per abbattere la Sala Tripcovich, dopo due dinieghi da parte del ministero
dei Beni e le attività culturali e dopo che più volte è stata paventata la
presenza di amianto nell'edificio, cosa che se fosse confermata ne aumenterebbe
ulteriormente i costi».La morale della storia? «Queste sono le priorità della
giunta Dipiazza - concludono i consiglieri Cinque Stelle -. Ai cittadini rimane
solo da chiedersi: ma queste persone hanno la percezione del momento che stiamo
vivendo e delle priorità che il coronavirus ci impone?».
«Ovovia di Monte Grisa autentica presa in giro» . Lo sfogo di De Gioia
L'ovovia che scaccia la cabinovia. E Opicina che spodesta Monte Grisa. «Fa
specie l'annuncio a effetto dell'assessore Luisa Polli, accompagnata dal
sindaco, di collegare il Porto vecchio a Opicina con una ovovia, non tanto per
l'idea che può essere anche presa in considerazione, quanto per il metodo non
proprio corretto nei confronti del Consiglio comunale che si apprestava a
discutere a breve un altro progetto di collegamento in cabinovia, altrettanto
affascinante, come quello tra Barcola e Monte Grisa». Roberto de Gioia,
consigliere comunale di Progetto Fvg, si sente preso in giro dall'attuale
giunta. «Alcuni mesi fa, senza inventare nulla ma richiamandosi a tutte le
proposte che in 40 anni sono state avanzate sull'idea di collegare mare e Carso,
ho presentato una mozione che invitava l'amministrazione comunale a rivedere i
vecchi progetti già pervenuti da privati (chi non ricorda il fervore di Angelo
Ritossa sulla Barcola-Monte Grisa) e sulla scia di questi avviare uno studio di
fattibilità, visto il momento di grazia del turismo e del Porto vecchio». La
cosa comica è che i "capigruppo di tutte le forze politiche, ritenendola
importante e di attualità, hanno voluto tutti sottoscrivere la mozione". E
l'assessore Polli, in commissione, fatto "orecchio da mercante" prima di andare
in televisione e tirare fuori dal cilindro l'ovovia del secolo».
Treni e alta velocità - Sindaci in rivolta: «Comuni esclusi, Rfi dia
risposte» - dopo la presentazione del progetto
A prescindere dal passaggio attraverso il Carso, la nuova linea ad alta
velocità, di cui si è tornato a parlare da fine aprile, rischia di avere impatti
pesantissimi nel territorio del Basso Isontino. Monfalcone e Ronchi dei
Legionari vogliono vederci chiaro e ottenere delle risposte da Rete ferroviaria
italiana. «Da quanto siamo riusciti a capire, visto che Rfi non ha pensato
assolutamente di coinvolgere i Comuni interessati - afferma il sindaco di San
Canzian d'Isonzo Claudio Fratta -, il nuovo ponte ferroviario sull'Isonzo
dovrebbe passare più a monte verso Turriaco, proseguendo vicino o sopra il
cimitero di Pieris, dopo aver attraversato la zona artigianale di Turriaco. In
buona sostanza, al tracciato dovrebbero essere sacrificate anche delle aziende e
delle abitazioni e non solo una porzione del camposanto, fatto di per sé
grave».A monte dello sfogo del sindaco di San Canzian la riunione della IV
commissione del Consiglio regionale in cui è stata presentata da Rfi l'ipotesi
di potenziamento e velocizzazione del collegamento Venezia Mestre-Trieste, in
assenza delle amministrazioni comunali interessate, e l'incontro ottenuto
(perché richiesto) con la società dai Comuni di Monfalcone e Ronchi dei
Legionari. «Come amministrazione di San Canzian d'Isonzo ringraziamo quindi Rete
ferroviaria italiana per il coinvolgimento e la disponibilità dimostrati nei
confronti della nostra comunità - afferma Fratta, non nascondendo un accento
ironico - in merito alle problematiche e le ricadute che subirà il nostro
territorio in seguito ai lavori derivanti dal potenziamento e velocizzazione del
collegamento Venezia Mestre-Trieste, tenendoci all'oscuro di tutto».Il sindaco
di San Canzian chiede quindi un pieno coinvolgimento di tutte le municipalità
coinvolte dal progetto. «Vogliamo ricordare che nella prima fase, per altro
accettata da quasi tutti i soggetti, e ci riferiamo alla fase di velocizzazione
della linea ferroviaria dalla stazione dell'aeroporto di Ronchi dei Legionari a
Venezia - afferma Fratta -, il nostro territorio viene interessato per una
lunghezza di circa 2 mila metri, con un'opera altamente impattante come il ponte
sull'Isonzo e lo sdoppiamento dei binari presso il cavalcavia di Begliano. Il
comune di Ronchi dei legionari viene invece interessato per 600 metri, mentre il
comune di Monfalcone in questa fase non è minimamente interessato dall'opera
stessa».Al tavolo richiesto tramite l'assessore regionale alle Infrastrutture
Graziano Pizzimenti il sindaco di Monfalcone Anna Cisint spiega di aver
sollecitato un pieno coinvolgimento di tutti gli enti locali del territorio.
Laura Blasich
I cigni sono tornati sul Rio Ospo a 4 anni dall'allarme tossina
Un'intera famigliola ha fatto in questi giorni la comparsa nelle acque
del torrente - Nel 2016 cinque esemplari morirono avvelenati assieme a 30
germani reali
Muggia. Ritornano i cigni sull'Ospo. Il rio muggesano ospita da un po' di
tempo una piccola colonia di cigni con i loro splendidi piccoli. E il loro
arrivo non è passato inosservato. Sulla pagina Facebook "Te son de Muja se..."
in tanti hanno fotografato la famigliola di cigni e commentato sulla loro
bellezza, dispensando consigli su cosa dare o non dare da mangiare. Buona norma
sarebbe non dare da mangiare agli animali selvatici, soprattutto è fondamentale
non dare pane, come sottolineato da vari utenti intervenuti, consigliando, in
maniera corretta di dare loro, se proprio non se ne può fare a meno, la lattuga,
che è un buon alimento. I cigni, infatti, sono erbivori e si nutrono di alghe,
piante acquatiche o erba collocata lungo le sponde. La presenza di questi
splendidi volatili con i loro piccoli al seguito non è una novità per l'area. E
purtroppo non sempre tutto è filato liscio. Nel 2016, dopo aver gravitato per
tutto l'inverno nelle acque di Lazzaretto, una famigliola con sei baby cigni
reali aveva deciso di trasferirsi lungo le sponde dell'Ospo, diventando subito,
soprattutto i piccoli, le nuove star della cittadina rivierasca, con tanto di
toto-nome con cui battezzare i componenti della bellissima famigliola. Pochi
mesi dopo cominciò una moria terribile di uccelli acquatici che gravitavano
proprio lungo il rio Ospo, tra i quali, oltre a una trentina di germani reali,
persero la vita anche cinque giovani cigni reali. Si pensò dapprima a un
diserbante utilizzato sul posto. Gli esemplari più colpiti furono numerosi
germani reali, ma la morte dei cinque giovani cigni reali destò rabbia a
sgomento nella comunità muggesana, forse anche per il fatto che pochi mesi prima
i piccoli scorrazzavano lungo il corso d'acqua muggesano. Responsabile della
morte dei volatili, come appurato dalle analisi condotte su campioni fisiologici
degli animali, fu il clostridium botulinum, una neurotossina potenzialmente
mortale. Sul rio Ospo arriveranno poi una serie di divieti, tra i quali pescare
e dar da mangiare agli animali, attuati dal Comune di Muggia con un'ordinanza
valida fino a quando le condizioni climatiche, ossia le temperature elevate e lo
scarso ricambio delle acque nel rio Ospo, avrebbero scongiurato l'allora elevato
rischio di sviluppo della neurotossina. Una brutta storia che forse è rimasta
nella memoria dei cittadini di Muggia e forse anche per questo tra gli utenti
della seguita pagina social sono in tanti quelli che sperano che alla nuova
famigliola del Rio Ospo non accada nulla di grave, e che ai baby cigni sia data
la possibilità di vivere in tranquillità e senza l'intrusione, spesso
ingombrante, dell'uomo.
Luigi Putignano
IL PICCOLO - DOMENICA, 17 maggio 2020
E il sindaco lancia il progetto per un'ovovia Molo IV-Opicina - LA PROPOSTA
ILLUSTRATA DA DIPIAZZA
Una ovovia dal Molo IV a Opicina. Questo il progetto annunciato
pubblicamente ai cittadini, ancora alle prese con l'emergenza sanitaria da
Covid-19 e provati da tre mesi di lockdown, dal sindaco Roberto Dipiazza l'altra
sera nel corso di "Ring", trasmissione tv di Telequattro. Qualcosa di simile era
stato ideato già negli anni '30, anche se la meta finale era Monte Grisa. A ogni
tornata elettorale - in tempi più recenti - il rilancio della proposta, sempre
con protagonista il collegamento al tempio mariano, e lo scorso anno il
consigliere comunale Roberto De Gioia aveva presentato pure una mozione in
proposito in Consiglio. Il progetto dell'ovovia rientrerà nel piano urbano della
mobilità sostenibile e nella riqualificazione del Porto vecchio. Questi i
dettagli: partenza dal Molo IV, fermate intermedie all'altezza della Centrale
idrodinamica, nella zona del polo museale, al Bovedo dove c'è il parcheggio di
interscambio, e poi su fino a Campo Romano. Tempo di percorrenza del tragitto 13
minuti, capacità di 2 mila persone all'ora e altezza finestre dei magazzini, non
oltre. Finisce definitivamente in archivio il trenino del centrosinistra per
Porto vecchio e il centrodestra rilancia con un collegamento sospeso che, è
stato garantito, non influenzerà skyline e vista dalle case. Costo
dell'operazione 30 milioni, zero per il Comune a patto di vincere la gara del
governo per la mobilità sostenibile, e l'impianto darà addirittura 30 posti di
lavoro oltre a mantenersi con l'incasso dei biglietti. La reazione dei
telespettatori è stata per la verità abbastanza fredda e non è mancato il tipico
morbin triestino nei messaggi passati in sovrimpressione: «Ma posso andare con
gli sci a Opicina?», «E prolungarla fin Pramollo?». Ieri è arrivata la presa di
posizione di Sabrina Morena (Open Fvg): «Ma l'ovovia è venuta in mente al
sindaco perché fa rima con pandemia? Voleva tirarci su di morale ed essere
spiritoso in un momento così drammatico per l'Italia intera? Abbiamo bisogno di
posti di lavoro, non di grandi opere inutili a spot, e - ha concluso - di una
visione prospettica per il futuro della città».
Andrea Pierini
Maxi tunnel in Carso: ambientalisti già pronti a petizioni e sit-in
«Costi folli, natura devastata: protesteremo in ogni modo» - In campo per
il "no" gli esponenti delle opposizioni locali
DUINO AURISINA. Il loro "no" è secco e, per ribadirlo, sono pronti a dare
vita a un sit-in e a organizzare una raccolta di firme. È ferma e decisa la
reazione degli ambientalisti locali - e degli esponenti delle opposizioni che
siedono nel Consiglio comunale di Duino Aurisina - alla proposta, ribadita in
questi giorni da Rfi Rete ferroviaria italiana, di realizzare sul Carso un
tunnel lungo oltre venti chilometri per rendere più veloce la tratta
Trieste-Venezia. I dirigenti di Rfi hanno presentato il progetto in Regione,
senza comunque suscitare, a quanto è dato sapere, particolari entusiasmi verso
un piano che - ricordano ora gli oppositori - la Commissione di Via del
ministero dell'Ambiente ha peraltro bocciato due volte il pian, motivando tale
diniego sulla base del pessimo rapporto fra danaro da spendere, circa 900
milioni per il tunnel sulla tratta Aurisina-Ronchi, e il risultato in termini di
riduzione dei tempi di percorrenza, dato che si guadagnerebbe al massimo una
ventina di minuti sulla Trieste-Venezia. «Le comunità locali e le
amministrazioni comunali - tuona Igor Gabrovec, consigliere regionale e
capogruppo della Lista Insieme nell'aula di Duino Aurisina - hanno sempre
espresso il loro parere contrario. A fronte di un recupero, in termini di tempi
di percorrenza, di pochi minuti, si andrebbe a intraprendere lo scavo di una
galleria del costo di quasi un miliardo di euro. Senza parlare - aggiunge
Gabrovec - del grave danno ambientale, originato da un traforo di decine di
chilometri in un'area che ha innumerevoli cavità. Meglio pensare a un
ammodernamento dell'attuale tratta che, con investimenti di pochi milioni,
potrebbe comunque migliorare le proprie capacità». «I guadagni di tempo -
evidenziano a propria volta Danilo Antoni del Gruppo Salute e Ambiente e il
consigliere comunale Vladimiro Mervic, della Lista per il golfo - sono irrisori.
E in cambio avremmo la devastazione delle zone di superficie, come pure delle
località carsiche caratterizzate da un delicatissimo ecosistema. Senza
dimenticare - concludono Antoni e Mervic - alle migliaia di viaggi di autotreni
impegnati a trasportare materiale da scavo. Attueremo, se necessario -
promettono - tutte le forme di protesta lecite». Il consigliere del M5s Lorenzo
Celic annuncia infine di aver presentato una mozione, in cui si chiede che
sindaco e giunta di Duino Aurisina «si impegnino a prendere posizione in ogni
sede contro la progettazione e la realizzazione della costosissima variante
Aurisina-Ronchi, che causerebbe pesanti danni all'ecosistema carsico».
Ugo Salvini
Piano salva Isonzo nel vivo - Il fiume tornerà balneabile
Irisacqua ha approvato il bilancio. Azienda in salute, utile vicino ai
700 mila euro - Il direttore generale Lanari: «Ammontano a 6 milioni di euro i
lavori eseguiti»
Un bilancio solido quello di Irisacqua. Che chiude con un utile d'esercizio
di 680.385 euro dopo aver contabilizzato ammortamenti per 4.503.748 euro e, al
netto del carico fiscale, pari a 647.282 euro. Nell'esercizio appena concluso
sono stati, inoltre, realizzati investimenti per complessivi 5.843.501 euro. Il
2019, poi, è stato un anno importante che ha visto la positiva conclusione del
lungo iter avviato dalla società per la conferma e il mantenimento delle linee
di credito esistenti sottoscritte nel 2008 e per il reperimento delle risorse
finanziarie aggiuntive. «Un risultato positivo nei numeri, ma ancor più
nell'attenzione all'ambiente e alla qualità del servizio - il commento del dg
Paolo Lanari -: 6 milioni di lavori eseguiti, 100 di lavori completati e 180 da
eseguire. Le qualità morali e le professionalità di tutti i collaboratori hanno
consentito a Irisacqua di mantenere e migliorare questi risultati».La partita
più grossa riguarda l'operazione «Isonzo pulito». Finalmente balneabile. Grazie
alla realizzazione della "dorsale" che prevede la centralizzazione del sistema
depurativo dell'intero Ato (fatta eccezione per 5 Comuni della provincia di
Gorizia) al depuratore di Staranzano. L'obiettivo? Ottimizzare il sistema
fognario in gestione ad Irisacqua e salvaguardare dal punto di vista ambientale
il fiume Isonzo e la baia di Panzano, in quanto rientranti nell'area sensibile
"Bacino drenante acque costiere e laguna di Marano e Grado". L'intervento è
suddiviso in tre lotti: il primo riguarda l'adeguamento e l'ampliamento del
depuratore di Staranzano (depuratore unico); il lotto 2 porterà alla
realizzazione della dorsale fognaria da Staranzano a Gradisca d'Isonzo (dorsale
Sud); il lotto 3 concerne la costruzione della dorsale fognaria da Gradisca
d'Isonzo a Gorizia (Dorsale Nord).Per quanto riguarda il lotto 1, si prevede che
nella seconda metà del 2020 si possa dare corso ai lavori. Relativamente al
lotto 2, verrà indetta una conferenza dei servizi per poter ottenere tutte le
autorizzazioni e tutti i pareri del caso in modo tale da avviare l'iter di
verifica del progetto definitivo, completato il quale si procederà con
l'approvazione del progetto definitivo. Si prevede quindi di dare l'avvio alla
progettazione esecutiva entro il 2020. Nella seconda parte del 2019 è stato
affidato, infine, l'incarico per la progettazione del lotto 3. Entro il primo
semestre del 2020 verrà consegnato il progetto definitivo. Dopo di che verrà
indetta una conferenza dei servizi per poter ottenere tutte le autorizzazioni e
tutti i pareri del caso in modo tale da avviare l'iter di verifica del progetto
definitivo, completato il quale si procederà con l'approvazione del progetto
definitivo. Si prevede di dare avvio alla progettazione esecutiva all'inizio del
2021.
Francesco Fain
La figura di Fornasir rivive nel cuore di Porto vecchio - Le idee di Italia
Nostra a un anno dalla morte
Una seria opera di rilancio filologico di diversi "angoli" del Porto vecchio
sulla scia dei progetti portati avanti dall'architetto Barbara Fornasir, «perché
restino la memoria e la testimonianza di una donna che ha svolto la sua
professione con particolare riguardo alla bioarchitettura, all'arte, agli arredi
interni, al restauro degli edifici storici e al Porto vecchio».La sezione di
Trieste di Italia Nostra riprende dunque la "campagna" dedicata appunto al Porto
vecchio, e lo fa, come si legge in un comunicato firmato dalla vicepresidente
Giulia Giacomich, ribadendo, nel primo anniversario della scomparsa
dell'architetto Fornasir, venuta a mancare il 18 maggio 2019, l'impegno a
«realizzare, nelle sue iniziative future in Porto vecchio, la traccia dei
progetti che lei ha curato per gli edifici storici minori: l'ex locanda, la
rimessa storica delle locomotive, il magazzino XI e le vecchie espositure
doganali». Iniziative su cui stanno lavorando tra gli altri l'architetto Lucia
Krasovec-Lucas e la storica dell'arte Giuliana Carbi, a partire dagli atelier
per artisti da realizzare nel magazzino XI, e l'architetto Giorgio Zaninovich
per il progetto (H)all nell'ex locanda piccola. E sempre su iniziativa di Italia
Nostra, ricorda la nota, «in collaborazione con l'associazione Biennale
internazionale donna, Antonella Caroli ha dedicato un intero anno a questa cara
amica non solo con una pubblicazione, "I sogni di Barbara" (Luglio), ma anche
con la raccolta in numerosi faldoni di tutto il materiale recuperato nel suo
studio, consegnato all'Archivio di Stato di Trieste, dove è stato creato il
fondo Sergio e Barbara Fornasir grazie al soprintendente archivistico Viviano
Iazzetti.
IL PICCOLO - SABATO, 16 maggio 2020
In treno a Venezia in un'ora e un quarto: la linea veloce sarà pronta nel 2031
Ecco il piano di Rfi che accelera i tempi soprattutto sulla tratta Ronchi-Mestre. Variante di 23 chilometri in galleria sul Carso
TRIESTE. Da un minimo di 7 a un massimo di 20 minuti. È il risparmio temporale che Rete Ferroviaria Italiana ha prospettato alla Regione nell'ambito del progetto di potenziamento e velocizzazione del collegamento ferroviario Trieste-Venezia, un'operazione da 1,8 miliardi, la metà dei quali per la Ronchi-Aurisina, con attivazione prevista nel 2031 e variante di 23 chilometri in Carso, quasi totalmente in galleria. La simulazione presentata a Palazzo in videoaudizione dai tecnici della società statale parte dalla situazione attuale per i treni a lunga percorrenza, un viaggio che dura 1 ora e 34 minuti da Trieste a Venezia-Mestre e che verrebbe ridotto di 7 minuti con lavori di potenziamento tecnologico, di 10 minuti con l'aggiunta della velocizzazione e di 16-20 minuti appunto con la variante di Ronchi-Aurisina. In quest'ultimo scenario, spesi tutti i 1.800 milioni (di cui, al momento, risultano stanziati non più di 200), ci si metterebbe tra i 15 e i 19 minuti per arrivare a Ronchi e altri 59 fino a Mestre. Un totale di 1 ora e 14 minuti, meno di adesso, ma comunque non quell'ora di tempo o poco più che era stata prospettata dall'ad di Rfi Maurizio Gentile nel 2015, al via del progetto. Se il risparmio per quel che riguarda i treni regionali è di poco meno di 3 minuti rispetto a oggi (da 1 ora 10 minuti 33 secondi a 1 ora 7 minuti 40 secondi), è proprio la Ronchi-Mestre il collegamento in cui i lavori consentirebbero di migliorare decisamente il servizio per quel riguarda invece i mezzi ad alta velocità. Tra l'altro con costi molto inferiori, attorno a 800 milioni tra potenziamento tecnologico, soppressione di 23 passaggi a livello e le varianti di tracciato a Portogruaro, Latisana e sul fiume Isonzo. A cantieri chiusi, un treno no stop in partenza da Trieste Airport, con velocità fino a 200 chilometri orari (non la Tav, in sostanza) fermerebbe a Mestre dopo 42 minuti con il potenziamento tecnologico della linea e dopo 38 nel caso in cui si aggiungessero opere di velocizzazione, 11 minuti meno dei 49 minuti attuali. I tempi di realizzazione? L'agenda di Rfi parla del 2023-24 per il potenziamento, del 2023-26 per l'eliminazione dei passaggi a livello e il nuovo Posto di movimento a San Donà di Piave, del 2029 per le tre varianti. Con il solo potenziamento, spiega Rfi, aumenterebbe la capacità della linea del 25% con riduzione del distanziamento treni da 8 a 6 minuti e garanzia di una cadenza di un treno regionale veloce, uno lento e uno ad alta velocità no stop all'ora. Quanto alla velocità si passerebbe da 150 a 200 km/h nei tratti di linea che presentano già un tracciato in rettifilo. Se poi si guarda anche alla variante Ronchi-Aurisina, già ritornata al centro del dibattito politico, ma che in realtà pare non volere nessuno, Rfi informa intanto che «sarà redatto un nuovo progetto di fattibilità tecnica economica sulla scorta degli esiti della Via del 2003 e del 2016 del progetto Av Ronchi-Trieste». Già disponibile inoltre «uno studio di fattibilità di un collegamento tra Trieste Airport e la stazione di Aurisina, che prevede un'interconnessione con l'attuale linea Aurisina-Bivio di Aurisina, per arrivare a Trieste centrale attraverso la linea storica».
Marco Ballico
Dubbi dei pentastellati sul nuovo tracciato - i riflessi sull'aeroporto: Marano vede la svolta
TRIESTE. Il più soddisfatto dello scenario prospettato da Rfi in direzione Veneto è il presidente di Trieste Airport Antonio Marano. Il risparmio di tempo con potenziamento e velocizzazione della linea esistente riguarda soprattutto il collegamento da Ronchi a Mestre, «un'opportunità straordinaria che la politica dovrebbe sposare da subito: ci sono tutti i motivi per fare in fretta e agganciare il nostro territorio all'alta velocità». Il polo intermodale «viene riconosciuto come snodo di tutte la modalità di trasporto. Tra l'altro senza che Rfi ci chieda investimenti, se non un adeguamento dell'accoglienza passeggeri. Il resto c'è già». La sollecitazione di Marano alla politica trova riscontro, ma con il distinguo sulla Ronchi-Trieste. Se anche il M5S spinge per realizzare nel più breve tempo possibile il potenziamento tecnologico della tratta, l'avvertimento del consigliere regionale Cristian Sergo è a farlo «affrontando con i territori percorsi partecipativi». Il nodo chiave è però la Ronchi-Aurisina. «Se la Regione nulla dice sul tema - incalza il grillino -, significa che è d'accordo. Al contrario, si dovrebbe prendere posizione in ogni sede contro un'opera già bocciata due volte dalla commissione di Via del ministero dell'Ambiente, che costerebbe un miliardo e senza i significativi risparmi di tempo prospettati». I pentastellati avevano pronta una mozione da far votare in Consiglio, ma Lega e Fi, «solo a parole sono contrari alla galleria in Carso. Di fronte al nostro testo, che abbiamo poi ritirato perché sarebbe stato stravolto, ci è stato proposto di sondare le intenzioni del governo e ribadito che ce lo chiede l'Europa. A conferma che la specialità regionale si tira in ballo solo quando comoda». All'attacco del centrodestra anche il Pd con Diego Moretti e Mariagrazia Santoro: «Sul tracciato dell'alta velocità ferroviaria Trieste-Venezia, la giunta Fedriga è rimasta assente».
m.b.
Un no bipartisan alla mega galleria per l'Alta velocità «Rovina il Carso»
Il progetto dell'alta velocità-alta capacità ferroviaria non si farà certamente in questi anni, ci vorranno ancora decenni e come ribadisce il sindaco Anna Cisint «non ci sono nemmeno i soldi per la progettazione». Intanto in maniera trasversale la politica dice no all'ipotesi avanzata da Rfi di continuare sul progetto della galleria tra Ronchi e Trieste: «Novecento milioni per devastare il Carso sotterraneo e per risparmiare 6 minuti non sono giustificati». Lo sostengono in maniera univoca i consiglieri regionali Giuseppe Nicoli di Forza Italia, quello del Pd Diego Moretti. E un intervento sul tema arriva anche dal consigliere della Lega Antonio Calligaris. «Ribadisco la mia contrarietà all'ipotesi di variante Aurisina-Ronchi presentata da Rfi nell'ambito della velocizzazione della ferrovia Venezia-Trieste. Una simile ipotesi, impattante per il territorio quanto inutile ai fini della velocizzazione, va scartata sul nascere. Avviamo invece un tavolo permanente sulle infrastrutture, ferrovie comprese, tra Regione, Rfi e gli altri soggetti che si occupano delle infrastrutture del territorio». Secondo Nicoli l'impatto sul Carso sarebbe devastante per velocizzare i convogli di una manciata di minuti. «Meglio pensare, invece, a velocizzare il resto della tratta - conclude - con il minor impatto possibile sul territorio, anche a beneficio del traffico merci soprattutto in ingresso e uscita dai porti, nonché a eliminare i passaggi a livello che causano disagi al traffico e ai mezzi di soccorso (vedasi proprio il caso di Ronchi dei Legionari) e a innalzare le barriere antirumore ai margini dei binari che attraversano i centri abitati». «Sul tracciato dell'alta velocità ferroviaria - dice Moretti - la giunta Fedriga è rimasta ferma ai titoli, totalmente assente e senza alcuna idea sulla programmazione. Scelte di tale portata vanno chiarite ora, non quando le cose saranno già chiuse. Lo stesso sindaco di Monfalcone, anziché accusarci, come al solito, di allarmismo o di poca responsabilità con il solito scaricabarile, adesso o nei prossimi mesi dica come la pensa, perché dopo potrebbe essere tardi. Ha senso sventrare il Carso per risparmiare 6 minuti? Ha una logica? Il Pd dice di no». Secondo Calligaris infine «se il M5S ritiene che RFI debba fermarsi per non spendere milioni per una progettazione che poi non verrà fatta, posso concordare, ma credo che il tema debba essere correttamente posto al ministero dei Trasporti e non alla Regione. Per questo motivo ho presentato un emendamento, mantenendo intatte le premesse ed i ragionamenti dei M5S, con cui si impegnava la Regione a chiedere al Governo di chiarire la propria posizione».
G. G.
Il Comune accelera sul progetto della nuova piscina terapeutica da costruire nell'area di Porto vecchio - la riunione operativa
Parlare di fumata bianca è ancora prematuro, ma alla fine dell'incontro di ieri tra i promotori del "Theresianum" - il progetto della struttura sportivo-riabilitativa da realizzare in Porto vecchio - e il Comune di Trieste, a trapelare è un cauto ottimismo. La prima fase per la costruzione della nuova piscina terapeutica pensata per sostituire l'Acquamarina, il cui tetto come noto ha ceduto lo scorso agosto, potrebbe completarsi il 30 giugno con la consegna del progetto di fattibilità e di quello economico e finanziario. Nel 2021 si potrebbe quindi avviare il cantiere con il taglio del nastro nel 2022. Davanti ai tecnici degli uffici comunali di Lavori pubblici e Bilancio si sono seduti i rappresentanti di Medio Credito del Trentino Alto Adige, i progettisti della Sgm Consulting, già impegnata nel Trieste Convention Center, il costruttore Monticolo&Foti e il Policlinico triestino che ne sarà, in caso di via libera, il gestore insieme alla Triestina Nuoto.«C'è ottimismo - spiega l'architetto Daniele Alberico -, siamo sul pezzo e stiamo affrontando gli elementi tecnici di dettaglio. Ci rivedremo all'inizio della prossima settima per poi, se tutto dovesse andare per il meglio, avviare la fase definitiva della progettazione che richiederà uno sforzo importante. Il Comune sta lavorando con grande attenzione a ogni piccolo dettaglio e per questo siamo fiduciosi».La superficie della futura piscina terapeutica è stimata in 5 mila metri quadrati, il doppio di Acquamarina. L'impianto dovrebbe sorgere tra il Centro Congressi e l'area destinata alla creazione della cittadella dello sport verso Barcola. "Theresianum", ricordano i proponenti, è un progetto legato al sociale nel quale verranno creati spazi per persone con disabilità e soggetti che necessitano di un percorso terapeutico: dagli sportivi ai cittadini impegnati in un percorso di riabilitazione. Da limare, al momento, è la possibilità di aggiungere quanti più servizi possibili e in questo senso si sta lavorando alla realizzazione anche di un bar in grado di fornire pasti. La formula immaginata è quella del project leasing con fondi del Medio Credito del Trentino Alto Adige. In sostanza il Comune inizierebbe a pagare dal 2023 un onere ventennale comprensivo dei costi di gestione ordinaria e straordinaria arrivando poi a diventare proprietario dell'immobile.
Andrea Pierini
Legambiente su A2A: «Stop al gas in centrale, ora tavolo scientifico» - l'accordo con i sindacati bocciato
Legambiente, regionale e locale, boccia l'accordo stretto da A2A con i sindacati per la riconversione a gas della centrale termoelettrica di Monfalcone. L'associazione ambientalista lo fa a fronte dell'attuale situazione del mercato energetico italiano e delle strategie di lungo periodo dell'Unione europea. Legambiente chiede quindi che torni a operare un tavolo tecnico-scientifico coordinato dalla Regione, «garantendo il protagonismo anche delle organizzazioni della società civile, per definire un Piano territoriale di riconversione industriale innovativo che non preveda l'uso di fossili e si ispiri a un vero Green new deal». A testimonianza «dell'inadeguatezza della proposta di A2a» l'associazione chiama i dati della domanda di energia elettrica nel primo bimestre del 2020 (in calo e non ancora intaccata dall'emergenza Covid-19) che «è stata soddisfatta per un terzo dalla produzione di fonti rinnovabili, con un trend in progressivo aumento nel futuro prossimo».«La Strategia climatica europea di lungo termine, proposta dalla Commissione europea, prevede inoltre uno scenario a emissioni zero di CO2 nel 2050 - aggiunge Legambiente -, adottando obiettivi di decarbonizzazione coerenti con il contenimento del riscaldamento globale entro 1, 5 gradi».Un recente studio di Legambiente prevede di raggiungere l'obiettivo nel 2040, adottando una serie di azioni orientate a semplificare le autorizzazioni, ad aprire alle comunità energetiche e all'integrazione del fotovoltaico in agricoltura, spingere sui sistemi di accumulo, sull'efficienza energetica, l'elettrificazione delle città, il potenziamento di reti e interconnessioni, e a imprimere una spinta al biometano e l'eolico galleggiante.
LA. BL.
IL PICCOLO - VENERDI', 15 maggio 2020
Accordo di programma sulla Ferriera: riparte il confronto per la riconversione
Gruppo Arvedi e Piattaforma logistica hanno intanto trovato l'intesa sui compiti nella fase di smantellamento dell'impianto
La fase 2 comincia anche per la Ferriera di Servola, che ieri ha visto riprendere il confronto sulla stesura dell'Accordo di programma, oggetto di una teleconferenza fra tutti i soggetti pubblici e privati interessati. La principale novità è che il gruppo Arvedi e la società Piattaforma logistica hanno trovato un'intesa definitiva sui rispettivi compiti nella fase di smantellamento dell'impianto e successiva messa in sicurezza, anche se le parti devono ancora trovare il punto di caduta per la compravendita dei terreni. Resta inoltre in sospeso la quantificazione delle risorse economiche che governo e Regione metteranno a disposizione per sostenere la riconversione per uso portuale e industriale. L'area a caldo è spenta da settimane, ma quando arriverà la firma dell'Adp è difficile dirlo. Dalle parti della Regione filtra comunque ottimismo, tanto che si ritiene possibile arrivare a una versione definitiva del testo già la prossima settimana. Vero è tuttavia che, stando agli annunci del ministro Stefano Patuanelli e della proprietà dello stabilimento, la stipula sarebbe dovuta avvenire entro dicembre e dunque l'esperienza consiglia cautela. Al confronto ancora in corso tra i privati sulla cessione dei terreni si somma infatti la necessità di dirimere il punto delle clausole sospensive che questi pretendono di inserire nel testo, ma che il Mise considera inaccettabili, perché renderebbero incerto il destino della riconversione. Arvedi e Piattaforma logistica (che in questa fase siede al tavolo attraverso la società costruttrice Icop) chiedono di poter revisionare i patti che verranno sottoscritti, in caso di successive modifiche al quadro normativo che potrebbero rendere l'operazione meno conveniente sul piano economico. La fumata bianca si è invece avuta sui compiti che Arvedi e Icop assumeranno nel corso delle opere di riconversione. Il confronto su questi aspetti ha richiesto settimane ma l'esito è ora inserito nella bozza di Adp e attende il favore del ministero dell'Ambiente. Spetterà al gruppo siderurgico lo smantellamento dell'impianto e il riutilizzo successivo delle parti e dei rottami, mentre sarà Icop a occuparsi della pavimentazione dei terreni dell'area a caldo e a compartecipare alle spese di gestione dell'impianto di trattamento delle acque che sarà realizzato dalla parte pubblica. Come noto, nella zona oggi occupata da cokeria e altoforno sorgerà un terminal ferroviario, la cui costruzione sarà affidata a Rfi nell'ambito del piano di sviluppo del porto già finanziato a parte. Resta tuttavia ancora da delineare il ruolo nella partita dell'Agenzia del demanio, posto che l'accordo dei privati prevede un complicato scambio di terreni con il coinvolgimento dell'Autorità portuale, perché le aree sono in parte di proprietà dei privati e in parte date in concessione dall'Authority. Sta tutta qui dentro la questione dell'intesa economica tra Arvedi e Piattaforma logistica, che potrebbe essere formalizzata dopo la firma dell'Adp, non essendo intervenuto per ora nessun atto formale tra le parti. Anche su questo c'è tuttavia ottimismo, tanto più che la firma dell'Accordo impegnerà i privati con numerosi e onerosi adempimenti e dunque sono impensabili retromarce sulla compravendita dei terreni, che potrebbe costare a Piattaforma logistica una ventina di milioni, che potrebbero essere messi dal player internazionale interessato a entrare in Plt per partecipare poi alla realizzazione del Molo VIII.
Diego D'Amelio
Grado conserva il record - È di nuovo Bandiera Blu
Il riconoscimento assegnato per la 32.a volta. E subito dietro c'è Lignano E sono ben undici gli approdi turistici regionali che si piazzano in classifica
GRADO. L'Isola del Sole continua a guidare la particolare classifica nazionale delle località balneari che hanno ricevuto il maggior numero di Bandiere Blu: con quella annunciata ieri sono ben 32. Anche quest'anno, dunque il prestigioso vessillo blu sarà issato sulla città e sulle spiagge dell'isola. Ed si tratta, come si diceva, un record. Grado guida, infatti, questa classifica nazionale assieme alla località ligure di Moneglia in provincia di Genova. In ogni caso proprio subito dietro, in classifica c'è Lignano che ieri ha ricevuto il riconoscimento per la 31ma volta. Insomma le due importanti spiagge balneari del Friuli Venezia Giulia sono ai vertici di questa graduatoria nazionale della quale quest'anno fanno parte 195 località ossia 12 in più dello scorso anno. Complessivamente potranno issare la Bandiera Blu anche 75 approdi turistici italiani. Fra questi ci sono anche gli 11 approdi del Friuli Venezia Giulia che sono quello della Lega Navale di Trieste, Porto San Vito di Grado, l'Hannibal di Monfalcone oltre al Porto Turistico Marina Uno, Marina Punta Verde, Marina Punta Faro, Darsena Porto Vecchio di Lignano; Marina Punta Gabbiani, Darsena Aprilia Marittima e Marina Capo Nord di Aprilia Marittima; e la Marina Sant'Andrea di San Giorgio di Nogaro. Quindi confermati tutti gli approdi del Friuli Venezia Giulia che anche lo scorso anno hanno fatto sventolare la Bandiera Blu. I parametri previsti dal regolamento della Fee, Foundation for Environmental Education ovvero Fondazione per l'Educazione Ambientale, sono sempre più rigorosi. Fra questi ci sono il rispetto della massima vigilanza e cura ambientale e soprattutto della purezza delle acque (fanno testo i dati elaborati dal Ministero della Salute in base alle analisi effettuate dall'Arpa) ma anche della vivibilità di una città. Vivibilità intesa anche come pulizia, funzionalità e capacità dell'impianto di depurazione. Complessivamente si tratta di 32 criteri che quest'anno, proprio per le difficoltà legate alla questione Covid-19, hanno fatto lavorare ancor di più e con maggior difficoltà i componenti della specifica commissione. Il presidente di Fee Italia Claudio Mazza ha sottolineato che «quest'anno la Bandiera Blu sarà strumento di ripresa e di rilancio dell'immagine del Paese» e «insieme ai Comuni, gli stabilimenti balneari avranno un ruolo fondamentale in termini di presidio delle spiagge nel rispetto delle regole di sicurezza». Intanto l'amministratore unico della Git, Alessandro Lovato, si prepara a una inaugurazione forzatamente sotto tono della stagione turistica: «Siamo più forti del coronavirus e vogliamo dimostrare la nostra capacità di attrezzare la spiaggia con una chiara volontà di ripartenza. Bisogna lanciare il cuore oltre l'ostacolo». Le ultime due stagioni la stagione dell'isola d'oro era iniziata con una grande esibizione delle Frecce Tricolori. Domani ci sarà una inaugurazione, sia pure nel clima di incertezza attuale con la presentazione di un video promozionale in italiano e tedesco per superare a questi momenti di difficoltà, ma anche di ripartenza: «Un contributo personalizzato motivato dalla precisa volontà di aiutare il comparto turistico di questa località. Immagini dal forte impatto emozionale, con la regia di Tommaso Lessio, costruito con la partecipazione della gente di Grado.
Antonio Boemo
Le spiagge "promosse" quest'anno sono 12 in piu' - In tutta Italia
ROMA. Aumentano quest'anno in Italia le Bandiere Blu, i riconoscimenti ai comuni marinari e lacustri con le acque più pulite e il maggior rispetto dell'ambiente. Sono 195 i Comuni italiani che le hanno ottenute nel 2020, 12 in più rispetto ai 183 dell'anno scorso. I nuovi ingressi sono 12, e non c'è nessuna uscita. Le 12 new entry per i comuni sono Gozzano (Piemonte), Diano Marina (Liguria), Sestri Levante (Liguria), Montignoso (Toscana), Porto Tolle (Veneto), Vico Equense (Campania), Isole Tremiti (Puglia), Melendugno (Puglia), Rocca Imperiale (Calabria), Tropea (Calabria), Siderno (Calabria), Alì Terme (Sicilia). Fra gli approdi arrivano quest'anno Cala Cravieu (Celle Ligure, Liguria), Vecchia Darsena Savona (Savona, Liguria), Cala Gavetta (La Maddalena, Sardegna), Marina Porto Azzurro (Porto Azzurro, Toscana), Porto degli Aragonesi (Casamicciola, Ischia, Campania). Perdono la Bandiera Blu nel 2020 il Porto turistico Marina di Policoro (Policoro, Basilicata) e la Marina del Nettuno (Messina, Sicilia).La Liguria sale a 32 località, con due nuovi ingressi, e guida la classifica nazionale. Segue la Toscana con 20 località (un nuovo ingresso). La Campania raggiunge le 19 Bandiere con un nuovo ingresso. Con 15 località seguono le Marche. La Puglia conquista due nuove località mentre la Sardegna riconferma le sue 14 località. Anche la Calabria va a quota 14 con tre nuovi ingressi, mentre l'Abruzzo resta a 10. Il Lazio conferma le 9 bandiere, così come 9 sono quelle del Veneto, che segna un nuovo ingresso. L'Emilia Romagna conferma le sue 7 località, mentre la Sicilia ne guadagna una, passando a 8 Bandiere. La Basilicata conferma le sue 5 località. Il Molise rimane con una Bandiera.
Trieste Trasporti - Al via da lunedì le prime corse a bordo dei bus «a chiamata»
Dopo le navette point-to-point riservate ai dipendenti delle imprese che ne abbiano fatto richiesta, partono dalla settimana prossima a Trieste anche i servizi di trasporto a chiamata. Una sperimentazione che, in linea con le indicazioni regionali, permetterà su determinate direttrici di prenotare l'autobus avendo la certezza di viaggiare mantenendo il distanziamento sociale a bordo. Tre i percorsi lungo i quali il servizio sarà inizialmente attivato: il primo è fra via Svevo e piazza della Libertà (corrispondente al percorso della linea 1), il secondo fra corso Italia e palazzo Ferdinandeo in via De Marchesetti (corrispondente al percorso della linea 11) e il terzo fra piazza Tommaseo e via Alfonso Valerio (corrispondente al percorso della linea 17).«Quelli che stiamo vivendo - dice Graziano Pizzimenti, assessore regionale ai Trasporti - sono giorni difficilissimi: l'emergenza sta condizionando profondamente le nostre abitudini e anche i trasporti, inevitabilmente, ne escono segnati. Insieme con i gestori dei servizi, la Regione ha reso operativa una cabina di regia che, fin dal primo giorno, sta provando a monitorare la situazione, a ridurre i disagi e a rispondere adeguatamente alla trasformazione della domanda».Insieme con il servizio a chiamata, Trieste Trasporti attiverà da lunedì anche un call center dedicato, che risponderà al numero 0409720003: gli operatori saranno a disposizione della clientela sia per ricevere prenotazioni e sia per dare informazioni sul normale servizio di trasporto pubblico, in giorni in cui si moltiplicano le domande, le paure e i dubbi delle persone. «Abbiamo fatto tesoro dell'esperienza maturata sull'altopiano - dice Aniello Semplice, ad di Trieste Trasporti e del consorzio Tpl Fvg - e oggi trasponiamo in città, in un contesto e in una fase storica molto diversi, quella stessa tecnologia. Gli autobus a chiamata si muoveranno lungo i percorsi indicati e potranno essere prenotati, fino a mezz'ora prima dell'effettuazione della corsa, dal call center o dal sito internet di Trieste Trasporti: in presenza di una corsa disponibile, si riceverà dopo pochi istanti un sms e una mail di conferma, con l'indicazione dell'orario e della fermata di partenza e della fermata di destinazione. Il biglietto costerà come una corsa semplice e il pagamento potrà essere effettuato sia con carta di credito e sia con borsellino elettronico ricaricabile. Per gli abbonati la prenotazione e il viaggio saranno gratuiti».
MONFALCONE - Il sindaco assicura: «Dell'alta velocità sul Carso si riparlerà non prima del 2030»
È l'esito di un confronto con l'assessore regionale Pizzimenti «Semmai i lavori interesseranno la tratta Venezia-Ronchi»
A scanso di equivoci: l'amministrazione di Monfalcone non vuole il Carso-groviera. Ma di qui a dire che il progetto dell'alta velocità è materia attuale, di odierno dibattito ce ne passa. Ci fosse mai questa possibilità, stando al sindaco Anna Cisint, se ne parlerebbe dopo il 2030. Lei senz'altro non sarà più nelle stanze dei bottoni di piazza della Repubblica, ma cosa accadrà di qui a dieci anni è comunque materia oscura. L'interessamento del Comune, che ha avuto un recente confronto sul punto con i tecnici di Rete ferroviaria italiana e la Regione, sorge dopo l'allarme lanciato giorni fa dal democratico Fabio Delbello, dal suo segretario provinciale Diego Moretti e pure dal consigliere regionale della Slovenska Skupnost Igor Gabrovec su queste colonne. Tra l'altro Delbello, oltre alla Lega, tirava per le orecchie pure i suoi a livello nazionale, citando «l'ennesimo assalto del partito trasversale del cemento e dell'acciaio» e preannunciando la mobilitazione della società civile per scongiurare la realizzazione di una tratta di 23 chilometri dallo Zochet, fino alle grotte di Slivia. Riferendosi al collegamento fra il bivio di San Polo e la stazione di Aurisina, Cisint rileva che «al momento non c'è alcuna base su cui discutere o fare ragionamenti: se ne parlerà nel 2030 e Rfi non ha ipotizzato finora nemmeno uno studio di fattibilità, men che meno un progetto preliminare». «In questo contesto - sottolinea - gettare allarmi e minacciare sfracelli come hanno fatto Moretti e Del Bello è solo un segno di poca responsabilità». Stando a Cisint «lo stato dell'arte è il seguente: da qui al 2025 saranno fatti miglioramenti tecnologici sul tratto da Venezia a Ronchi e saranno predisposte le progettualità che riguardano tre opere che interessano il territorio: il nuovo ponte ferroviario sull'Isonzo e l'eliminazione di due passaggi a livello cruciali per la nostra viabilità fra Monfalcone e la cittadina dell'aeroporto, in area San Polo». Stando al sindaco il tutto avverrebbe con il «diretto coinvolgimento» degli enti, come «convenuto nell'incontro avuto assieme a Livio Vecchiet con i vertici tecnici di Rfi, presente pure l'assessore regionale Graziano Pizzimenti». La versione di Cisint è: «Da qui al 2030 non c'è altro, né risultano ulteriori finanziamenti disponibili, a eccezione di quelli per la progettualità della prima tranche di opere e i miglioramenti tecnologici fino al terminal aeroportuale». Ovvero: «Nulla che riguardi il tratto da Ronchi ad Aurisina, per il quale non ci sono neppure i fondi per le spese di progettazione». Eppure se ne discute. «L'ipotesi del tunnel da realizzare sotto il carso fra Monfalcone e Aurisina fa parte delle progettualità del passato di una vicenda che è iniziata nel 2003, diciassette anni fa - scandisce la prima cittadina -. Pensare che questa possa trovare ascolto acriticamente e senza discussione da parte della nostra amministrazione è fuori da ogni realtà, anche perché un investimento di tal genere, invasivo e costosissimo, avrebbe come risultato quello di ridurre la percorrenza dei treni in modo puramente simbolico di qualche minuto, senza coerenza e conformità, a mio avviso, di un rapporto costi-benefici». In questo caso un pensiero evidentemente sovrapponibile a quello del centrosinistra e dei grillini. Ma Cisint prosegue: «I tecnici di Rfi stanno raccogliendo idee nella prospettiva del 2030: naturalmente siamo pronti a confrontarci e a dire la nostra su ipotesi realmente in campo, ma sul nulla, a differenza di altri, non è serio farlo». Per l'amministrazione si è trattato a ogni modo di un incontro costruttivo, poiché ha consentito di apprendere informazioni sui programmi delle ferrovie e di «attivare una metodologia che in passato è mancata». «Ho ottenuto - conclude - che a breve ci possa essere un nuovo incontro nel merito concreto delle questioni che toccano gli aspetti del nostro territorio: i collegamenti portuali e i problemi dello sviluppo della rete e delle infrastrutture. È stato, infine, stabilito con l'impegno della Regione il protagonismo dei Comuni per tutte le scelte e gli interventi che incidono sulla comunità. Questi sono i fatti, rispetto ad un'opposizione invece priva di proposte».
Tiziana Carpinelli
Sos Carso in azione - Liberata la cavernetta della Strada romana - volontari impegnati sotto il monte spaccato
TRIESTE. Uno scaldabagno, un boiler, un neon, un bidone di ferro, quattro vecchi schermi da pc e oltre settanta sacchi neri di rifiuti vari. Anche in tempo di lockdown, Sos Carso non è riuscita a starsene con le mani in mano. Due volontari dell'associazione ambientalista hanno svolto un lavoro di pulizia lungo la Strada romana, all'altezza del cippo eretto nel 1939, a lato dell'ex strada camionale, sotto il Monte Spaccato. Prima che venisse posizionato il guardrail, l'area era spesso utilizzata come discarica da persone senza scrupolo. I vecchi lasciti ritrovati da Sos Carso lo testimoniano tristemente. Una pulizia non programmata, ma emersa durante una passeggiata. In un paio di uscite i volontari, con tanto di mascherina regolamentare e rispettando sempre le distanze previste dalla legge, hanno raccolto la spazzatura abbandonata impunemente da ignoti, ripulendo anche la cosiddetta cavernetta del valico romano. La strada romana in questione, come ricordava qualche anno fa lo storico e giornalista Bernardino de Hassek, nasce a Trieste, si inerpica lungo via Damiano Chiesa, incrociando la strada statale per Basovizza, poco dopo le cave Faccanoni. Per molti anni, dalla fine dell'Ottocento fino al secondo dopoguerra, l'arteria fu meta di frequenti escursioni dei triestini per raggiungere il Monte Spaccato, Padriciano e il Bosco Bazzoni. Nel 1939, su progetto dell'architetto Arduino Berlam, venne posto all'inizio della strada un grande cippo con un'iscrizione che ricordava il momento in cui la strada fu realizzata dai legionari romani, poi fatto saltare nel 1945 ma ancora oggi rintracciabile circa 200 metri sotto. Terminata questa pulizia i volontari di Sos Carso stanno già progettando i prossimi interventi. Il primo riguarderà la grotta sopra Longera, situata nel bosco Salzer a Padriciano, piena di ferraglia e rifiuti vari. Il secondo, più impegnativo, sarà la riqualificazione della vedetta Alice, un progetto ambizioso che farà seguito alla rimessa a nuovo della vedetta Slataper e della vedetta Italia.
Riccardo Tosques
MESSAGGERO VENETO - VENERDI', 15 maggio 2020
Gli esperti di Tlc e i timori per il 5G «Nessun danno per la salute»
UDINE La smentita arriva dall'Istituto superiore di sanità: l'introduzione del 5G non comporterà danni per la salute della popolazione. E un ombrello a eventuali effetti derivanti dall'esposizione ai campi elettromagnetici, comunque, c'è: linee guida internazionali sui limiti cautelativi «valutati e fissati sulla base di evidenze scientifiche». Tra le voci di chi, all'indomani della decisione della giunta guidata dal sindaco Pietro Fontanini di non autorizzare l'estensione del 5G su tutto il territorio comunale, cerca di arginare la fisiologica paura di pagare un prezzo troppo alto al progresso tecnologico, c'è anche quella di Asstel, che nel sistema di Confindustria rappresenta la filiera delle Tlc. «Tutte le frequenze utilizzate dal 5G, incluse le onde millimetriche, ricadono ampiamente all'interno di quelle considerate dalle linee guida», fa sapere. Anche perché a imporre rigorosi paletti sono prima di tutto le leggi. «Né - aggiunge - esistono ragioni scientifiche o logiche per prevedere effetti diversi da quelli legati alle precedenti tecnologie: gli effetti dei campi elettromagnetici sui biosistemi sono stati studiati da Icnirp per bande di frequenza fino a 300 Ghz, comprese quelle utilizzate o che lo saranno dalle tecnologie delle telecomunicazioni radio-mobili di tutte le generazioni dal 2G al 5G». Fin qui i dati tecnici. Poi ci sono le reazioni del mondo politico, che nel caso del vicesegretario del Pd regionale e già presidente della commissione d'inchiesta sulla digitalizzazione nella pubblica amministrazione, Paolo Coppola, arrivano da chi della materia è per definizione competente. «Fontanini smentisce la Commissione consiliare speciale sull'inquinamento elettromagnetico istituita dal suo assessore, Giovanni Barillari, dimostra di non fidarsi dell'Arpa Fvg, manca di rispetto agli esperti e soprattutto danneggia inutilmente il futuro di Udine», commenta. Tanto più dopo che l'assessore regionale all'Ambiente, Fabio Scoccimarro, ha ricordato essere attiva da tempo l'Agenzia regionale per la difesa dell'ambiente «per disporre di un monitoraggio concreto sull'eventuale diffusione a titolo sperimentale dei ripetitori». Per Coppola, allora, «sarebbe incredibile se il sindaco di Udine dubitasse dei monitoraggi di un ente terzo come l'Arpa. Non bisogna sfruttare le paure per scopi elettorali - la sua conclusione -, ma avere la pazienza di ascoltare gli esperti».
Luana de Francisco
IL PICCOLO - GIOVEDI', 14 maggio 2020
Impianti e più occupati ad A2A - Intesa sul gas con Cgil, Cisl e Uil
Il progetto prevede oltre alla creazione del nuovo polo energetico, la
costruzione di un sistema fotovoltaico e di accumulo per mantenere il numero di
addetti
Mantenimento della connotazione industriale del sito della centrale
elettrica A2A di Monfalcone, salvaguardia dei livelli occupazionali, produzione
di energia con il massimo rispetto dell'ambiente. Accordo pieno tra sindacati e
A2A per il rilancio e la trasformazione della centrale elettrica monfalconese.
Un passo importante in un momento di gravità assoluta per l'economia locale e
italiana che sta tentando di uscire dal tunnel di chiusure per la pandemia da
corona virus e per riavviare le attività commerciali e industriali per limitare
i danni economici e occupazionali. Nei giorni scorsi c'è stato un incontro tra
le segreterie provinciali di Cgil Cisl Uil e le organizzazioni di categoria
Filtcem Cgil, Flaei Cisl, Uiltec Uil, le RSU di stabilimento e A2A Energie
Future. Tema dell'incontro la prevista riconversione del sito A2A di Monfalcone
e l'ampia analisi fatta sul tavolo di confronto tra azienda e sindacati,
confermano gli stessi rappresentanti dei lavoratori, ha fornito una
«preoccupante panoramica sulla fase attuale di crisi del mercato delle fonti di
energia a carbone».La società, confermano Cgil, Cisl e Uil, si è detta
«disponibile ad una riconversione del sito a gas, operazione questa che
porterebbe alla salvaguardia del sito di Monfalcone ed, attraverso mirati ed
ulteriori investimenti in altre tipologie industriali ed ambientali, alla
salvaguardia dei posti di lavoro».E proprio in questa prospettiva, sottolineano
Cgil, Cisl e Uil, è stata raggiunta una importante intesa tra le organizzazioni
sindacali e la società A2A che prevede il mantenimento della connotazione
industriale del sito, la salvaguardia occupazionale ed il rispetto
dell'ambiente. Il progetto si articolerà in diversi punti. Innanzitutto la
creazione di un polo energetico a gas (il nuovo impianto porterà benefici
sensibili alla qualità dell'aria) per 850 MWe, investimento pari a 350 milioni
euro e 50 addetti. Ma ci sarà anche un impianto fotovoltaico 2 milioni euro.
Previsti poi «compensatori sincroni» con un investimento di 25 milioni euro e 10
addetti. Infine è previsto un sistema di accumulo energetico da 8 milioni di
euro che darà lavoro a 5 addetti. «A2A ha anche dato disponibilità ad effettuare
ulteriori investimenti in economie circolari e retroportualità per il
raggiungimento di ulteriori posti di lavoro - spiegano Cgil, Cisl e Uil - fino
oltre un centinaio in relazione, vincolati dalla possibilità di effettuare gli
investimenti stessi in accordo con il territorio » . E ci sarà la demolizione
del sito attuale comprensiva di gruppi ed abbattimento della ciminiera (per un
costo di circa 16,5 milioni di euro).I sindacati giudicano «positivamente gli
impegni sottoscritti con A2A», ed allo stesso tempo ritengono «improcrastinabile
un analogo impegno delle istituzioni, affinchè questo importante progetto di
sviluppo veda finalmente il via. Ulteriori ritardi rischierebbero di vedere
svanire l'investimento, magari a favore di altri siti, compromettendo
definitivamente il sito di Monfalcone, non salvaguardandone i livelli
occupazionali e non fornendo al territorio l'opportunità di vedere smantellati
la centrale e la relativa ciminiera».
Giulio Garau
Discarica a due passi dalla casa dei dinosauri - Reti e boe abbandonate
Cumuli di rifiuti nautici nei pressi del sito paleontologico - È il
secondo caso dopo quello emerso alla baia di Sistiana
DUINO. Una vera e propria discarica di vecchio materiale nautico a pochi
metri dal sito paleontologico del Villaggio del Pescatore. È quanto si staglia
all'occhio nudo di chiunque si rechi nei paraggi della "casa" dei dinosauri
Antonio e Bruno. Decine di boe alte più di un metro, altrettanti bidoni
cilindrici in vetroresina, metri su metri di cime, reti da pesca, qualche
copertone, pezzi di plastica sparsi: tutto abbandonato a pochi metri da riva.
Quello che potrebbe essere un piccolo angolo di paradiso, dove lo sguardo spazia
dalle foci dell'Isonzo al castello di Duino, passando per le cime dell'Istria
interna in lontananza, è lasciato all'incuria, con la presenza di rifiuti di
ogni foggia. La denuncia arriva da alcuni abitanti della zona, infastiditi per
la situazione in cui è lasciato un territorio che vorrebbe innalzare l'offerta
turistica della provincia, in considerazione del sito paleontologico lì presente
e dell'offerta dei noti ristoranti di pesce del paesino istriano. «È un peccato
che questo territorio non venga valorizzato», spiega Anna Maria, un'abitante del
posto: «Hanno colonizzato questa ex cava con sporcizie di ogni tipo, tanto che
alcuni materiali sono diventati un tutt'uno con la vegetazione. Pensare che
basterebbe poco per mettere a posto l'area e trasformarla in una spiaggia con
vista Castello». Sogni di nuovi lidi a parte, ancora più utopici in un periodo
come questo, quando anche le spiagge già esistenti faranno fatica a svolgere la
loro funzione, l'area in questione dimostra tutta la sua desolazione. «Spiace
non si parli mai del tema ambientale delle nostre coste - commenta laconicamente
un pescatore della zona - mentre qui siamo di fronte a un vero e proprio danno
ambientale, seppur piccolo, del quale nessuno dice nulla e, soprattutto, non fa
nulla per porvi rimedio». Trattandosi di rifiuti in vetroresina e in alcuni casi
anche metallici, infatti, gli stessi non sono biodegradabili e pertanto il danno
per l'ambiente, se non si interviene, rischia di diventare notevole. Un
problema, quello dei rifiuti nautici nelle zone costiere del comune di Duino
Aurisina, già portato alla luce nei mesi scorsi da altri operatori del mare che
avevano lanciato un analogo allarme nella frequentatissima baia di Sistiana. Una
situazione di degrado che fa il paio con quantosi può trovare al Villaggio del
Pescatore. E che si protrae da anni, e alla quale, almeno all'apparenza, nessuno
sembra interessarsi.
Lorenzo Degrassi
«Lo stagno avvelenato ha infranto i sogni dei bambini di Banne» - la lettera
dei genitori sull'area off-limits
TRIESTE L'area rimane ancora recintata e off-limits poiché l'esito delle
analisi delle acque dello Stari kal, lo stagno di Banne, non è ancora pervenuto.
Lo specchio acqueo di via di Basovizza è in attesa di sapere cosa ha provocato
la moria di tritoni, girini, lumache, api ed altri insetti che domenica scorsa
hanno indotto la Stazione Forestale di Trieste a isolare la zona. Oli esausti
oppure altri agenti chimici. La causa dell'avvelenamento dello stagno non è
stata ancora chiarita, ma dalle testimonianze raccolte successivamente alla
divulgazione della notizia, è cresciuta la tesi del gesto improvvido, criminale,
da parte di qualche sconsiderato che ha deciso di svuotare uno o più bidoni
utilizzati per il compostaggio, contenente olio esausto o altra sostanza liquida
che ha provocato la morte di centinaia, forse migliaia, di animali. In attesa
della risposta definitiva che verrà fornita dall'Arpa forse già domani, lo
sdegno provocato dallo stupro ambientale di uno dei luoghi più amati del Carso
triestino si è propagato velocemente. Tra le tante attestazioni di affetto nei
confronti dell'amena località carsolina, il Comitato genitori scuole di Banne ha
pubblicato una lettera particolarmente toccante. «Chiamare lo "Stari kal" uno
stagno è riduttivo: da almeno tre generazioni questa piccola zona è stata l'aula
verde del plesso scolastico di Banne. È stato per decenni il luogo dove i bimbi
potevano osservare le trasformazioni della nostra Amica Natura, dove non serviva
youtube per vedere come il girino si trasforma in rana, dove si facevano i primi
passi verso il rispetto dell'ambiente e dove l'acqua diventava reale fonte di
vita. Ci sono stati anni, ormai lontanissimi, in cui i bimbi nuotavano in questo
stagno. Ricevere la notizia della morte di questo piccolo mondo - prosegue il
Comitato - non può che provocare una enorme tristezza perché per i bambini della
scuola di Banne lo stagno era un luogo di vita e di gioia, parole che negli
ultimi mesi sono state quasi cancellate dal nostro vocabolario. Il pensiero dei
bambini, insegnanti e genitori di Banne va alla persona che, al tempo del
Covid-19, è uscita di casa per distruggere un ambiente, le sue creature ed i
sogni di tanti bambini».
Riccardo Tosques
All'Isola della Cona un nuovo inquilino, è il gatto selvatico solitario e
notturno
Avvistato dal naturalista e operatore scientifico De Luca - Una femmina
era stata investita sulla strada del Brancolo
STARANZANO. Una stagione primaverile da incorniciare e ricca di sorprese
nella riserva naturale regionale della Foce Isonzo a Staranzano. Dopo il festoso
evento della nascita a fine aprile di tre puledrini Camargue, qualche giorno fa,
durante una sessione di fototrappolaggio finalizzata a ricercare la "puzzola",
per gli operatori un'altra bella scoperta: ha fatto la sua comparsa all'Isola
della Cona quello che gli esperti faunistici chiamano gatto selvatico, mentre il
termine scientifico è Felis silvestris. La notizia dell'avvistamento è stata
diffusa con grande soddisfazione da Matteo De Luca, naturalista e operatore
scientifico della Sbic, la Stazione Biologica della Cona. «Innanzitutto -
afferma De Luca - il gatto selvatico è il primo che vediamo in un contesto
costiero. Per noi inoltre si tratta di un osservazione notevole, la seconda per
la nostra riserva in tempi recenti. La prima volta era un esemplare femmina
trovato purtroppo investito lungo la strada del canale Brancolo e che tempo fa
ho recuperato personalmente. I dati precedenti della sua presenza in quest'area
sono riferiti addirittura alla fine del 1800. Il gatto selvatico - aggiunge De
Luca - è una specie di straordinaria bellezza, molto elusivo e di abitudini
prevalentemente notturne. In regione è diffuso in tutta la pedemontana e nei
colli orientali e Carso. Recentemente abbiamo assistito a una discesa nelle zone
di pianura in particolare lungo gli assi fluviali». Per tutti gli appassionati
che lo desiderano, è anche possibile vedere il filmato registrato dalla Sbic
dell'avvistamento del "gatto selvatico", sul profilo facebook digitando: https://www.facebook.com/RiservaNaturaleFoceIsonzo/videos/211041583524443/.
Anche se al profano potrebbe sembrare un'osservazione che rientra nella
normalità per la grande passione di tanti per il gatto "domestico", per i
naturalisti e gli appassionati della fauna selvatica, l'osservazione e la
presenza dell'animale rappresenta invece un importante passo in avanti nella
biodiversità degli elementi che si trovano nella Riserva naturale. Si tratta,
infatti, di un esempio di come alcune specie anche rare stanno colonizzando o
ricolonizzando nuovi territori fino a questo momento inesplorati. A tale
proposito, lo stesso De Luca, ricorda che nell'ambito di queste osservazioni
nell'area della Riserva naturale, merita segnalare pure la lontra la cui
presenza è stata accertata lungo l'Isonzo fino alla confluenza con il Vipacco e
che verosimilmente in un futuro molto prossimo arriverà sino all'Isola della
Cona. L'unico rammarico che rimane è proprio per i birdwatcher che dovranno
ancora attendere per godere di questo meraviglioso spettacolo naturale
all'aperto a causa dell'emergenza sanitaria, e ammirare la quantità di uccelli
che sono arrivati, compreso il "gruccione" giunto dall'Africa a nidificare.
Ciro Vitiello /
Arnie date alle fiamme - Gli apicoltori pronti a ripartire da lunedì
Il sito verrà ripopolato grazie alla solidarietà dei colleghi - La
Società Landa carsica: «Mai ricevute intimidazioni»
San Lorenzo. «Ripartiremo già dalla prossima settimana grazie all'aiuto di
colleghi apicoltori di altre zone d'Italia e anche esteri, ma resta il danno
sociale e morale ancor più che economico». Masticano amaro Pietro Lombardo e i
suoi soci, ma guardano avanti dopo aver sporto denuncia, martedì pomeriggio, per
il fuoco appiccato a una ventina di arnie nelle campagne di San Lorenzo.
Quell'atto, ancora tutto da chiarire è costato la vita ad almeno un milione e
mezzo di api. Un disastro naturale che, secondo Lombardo, non è da rubricare
come una bravata. «Assolutamente no - commenta - qui c'è stata evidentemente la
mano di qualcuno che sapeva bene cosa stesse facendo: il fuoco è stato appiccato
all'ingresso di ogni arnia, e solo l'ultima, la ventunesima, è stata risparmiata
evidentemente perché il combustibile era finito. Quindi non si tratta di un
gruppo di sbandati: questo atto è stato realizzato da qualcuno che era venuto
per fare apposta del male, con l'obiettivo preciso di sterminare tutte le api».
Minacce o episodi in passato che possano dare qualche indicazione su chi possa
essere stato? «Nulla, non eravamo mai stati presi di mira in alcun modo -
aggiunge Lombardo - alle forze dell'ordine abbiamo chiesto che si indaghi sulle
celle telefoniche della zona: in piena campagna, in orario notturno, quanti
telefonini saranno stati agganciati a quell'area? Già così si potrebbe fare una
scrematura di chi si trovava in quella zona: purtroppo non c'erano fototrappole
o telecamere, essendo la zona piuttosto isolata, ma magari attraverso le
indicazioni delle celle telefoniche qualcosa in più si riuscirà a sapere. Le
nostre api si trovavano lì temporaneamente, perché l'area è piena di acacie: le
avremmo poi riportate in un secondo momento sul Carso». Previste delle
iniziative: «Abbiamo già parlato col Comune di San Lorenzo - dice - vorremmo
realizzare qualcosa assieme al sindaco in modo che si evidenzi il valore
naturale e sociale di questi insetti che svolgono un ruolo fondamentale per
l'ecosistema. Nei prossimi giorni, inoltre, ci riuniremo come Consorzio
Apicoltori e faremo il punto della situazione per capire come ripartire dopo
questo dramma. Grazie alla solidarietà di molti colleghi a breve, già dalla
prossima settimana, ripopoleremo il sito», conclude Lombardo. Intanto prende
posizione anche il sindaco di San Lorenzo Ezio Clocchiatti: «Assieme alla giunta
decideremo quali iniziative prendere a supporto degli apicoltori. Mi auguro che
gli autori di tutto ciò vengano individuati e pesantemente puniti. Invito tutti
coloro che nel bosco vanno a passeggiare, in bicicletta o a cavallo, a segnalare
eventuali presenze di autoveicoli sospetti. L'unione fa la forza, aiutiamoci a
vicenda in difesa del nostro ambiente».
Matteo Femia
In bici in viale fino al 20 giugno - Grado diventa un'isola ciclabile
L'obiettivo è favorire questo tipo di mobilità a favore di residenti e
dei turisti nel progetto di vivibilità urbana. Divieto solo in centro storico e
sulla diga
GRADO. Prorogata fino a fine giugno la possibilità di circolare in alcune
zone pedonali che durante la bella stagione sono assolutamente vietate. L'isola
detiene indubbiamente un bel numero di piste e corsie ciclabili, alcune delle
quali in via di realizzazione e altre che devono ancora decollare ma che sono
già state approvate. Ciò perché è stato rilevato che non solo i gradesi ma anche
buona parte dei turisti ama spostarsi in bicicletta. Addirittura ci sono quelli
che arrivano direttamente dall'Austria (quest'estate sarà impossibile, i confini
sono chiusi a tempo indeterminato) in bicicletta attraverso la ciclovia Alpe
Adria che collega Salisburgo e arriva a Grado dopo aver attraversato gli ultimi
suggestivi 5 chilometri che da Belvedere collegano l'isola transitando
attraverso la laguna. Che il flusso delle biciclette sia davvero significativo
durante la bella stagione è fuor di dubbio ma anche durante i mesi più freddi i
gradesi si spostano comunque in parte con la due ruote a pedali. Ecco così che
sperimentalmente alcuni mesi fa è stato deciso di far circolare durante
l'inverno le bici anche in alcune aree normalmente vietate. Ed ecco così che
oggi, considerata anche la problematica Covid-19 che ha frenato e sta
continuando a rallentare notevolmente il flusso di gente, che con un'ordinanza
del comandante della Polizia Locale con l'indicazione dell'amministrazione
comunale, è stata decisa la deroga con la possibilità di circolazione che è
valida sino alla fine del prossimo mese di giugno. L'obiettivo
dell'Amministrazione comunale, come è precisato nell'ordinanza, è, infatti
quella di «migliorare la percezione della vivibilità urbana e che per realizzare
tale progetto si intende anche sviluppare la pedonalità, a favore degli utenti
deboli della strada, recuperando così il ruolo di aggregazione sociale delle
aree pedonali». Tuttavia considerasti gli effetti della pandemia Covid 19 è
stata decisa la proroga dell'efficacia dell'ordinanza dello scorso 20 febbraio
2020 sino al giorno 30 giugno prossimo. Rimangono a ogni modo escluse sempre
alcune aree dove si può transitare unicamente a piedi. Il riferimento è
evidentemente per tutto il centro storico delimitato dal cosiddetto anello
(piazza Duca d'Aosta, via Gradenigo, piazza Biagio Marin, via Marina, via
Orseolo, piazzetta San Marco) dove è possibile circolare liberamente e divieto
assoluto di circolazione in bicicletta anche lungo la passeggiata a mare che va
dal confine con la spiaggia gestita dalla Git e fino alla spiaggia della Costa
Azzurra. Ciò significa che fino al 20 giugno prossimo è ancora possibile
transitare anche lungo i viali pedonali.
Antonio Boemo
Il tratto fino alle Cove frenato dal marciapiedi I rischi di Città Giardino -
i nodi ancora aperti per le due ruote
GRADO. Ci sono ancora alcune problematiche che riguardano piste esistenti e
che andrebbero risolti prima possibile per la sicurezza di tutti. Primo
riferimento per il tratto di ciclabile che va dal ponte Bullesi (ex ponte
bianco) sino all'incrocio di valle Le Cove. Lungo questo tratto ci sono alcuni
ingressi indicati anche con le strisce a terra ma c'è il marciapiedi della
ciclabile che non consente un diretto ingresso alla stessa. Fatto sta che lungo
la trafficata, e quindi pericolosa, una tangenziale, i ciclisti sono obbligati a
scendere di sella e a salire a piedi con la bici a mano sulla ciclabile. C'è poi
l'ingresso alla ciclabile che arriva in via Vespucci e passa poi davanti al
palacongressi per arrivare fino al Parco delle Rose. Ebbene arrivando dal
centrale e importante viale Italia di Città Giardino, per immettersi nella
ciclabile l'incrocio è decisamente alquanto pericoloso. C'è, però, la
possibilità di un ingresso diverso e più sicuro pochi metri prima di arrivare
all'incrocio che dovrebbe diventare tale. Altro problema quello della ciclabile
che corre lungo viale del Sole che essendo in ombra rispetto al lato opposto, è
quasi sempre frequentata anche da pedoni. E i vicendevoli rimbrotti e anche
insulti fra ciclisti e pedoni certamente non mancano. E a proposito di questo
c'è da dire che ancora più caotica è la promiscuità nel tratto di viale Dante
che poi va a raccordarsi con viale Regina Elena. Naturalmente ci sarebbero poi
da "limare" le gibbosità e sistemare meglio alcuni tratti della ciclabile
provinciale per Monfalcone. Senza contare, poi, che il tratto che corre lungo
l'argine di Fossalon va messo in sicurezza. --
AN. BO.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 13 maggio 2020
Il nuovo servizio bike sharing "sconfinerà" a Nova Gorica
Il noleggio delle biciclette pubbliche riparte venerdì con il sistema
tradizionale -È allo studio una applicazione per smartphone dal respiro
transfrontaliero
A partire da metà maggio riparte il servizio comunale di bike sharing
"Gorizia in bici". Si va verso una nuova versione del progetto iniziale, dopo
diverse manutenzioni e integrazioni di biciclette e lo stop causato
dall'emergenza sanitaria. I lavori per ripristinare le postazioni e i mezzi sono
stati completati nel corso del 2019. Il tutto in vista di una gestione 2020
sempre più automatizzata e connessa, con la ventilata possibilità di una
esternalizzazione del servizio e della manutenzione delle biciclette e delle
relative stazioni. I mezzi si potranno noleggiare da venerdì. Ma per il momento
lo si potrà fare ancora come avveniva in precedenza, ossia con una procedura
cartacea considerata non troppo pratica dall'utenza - soprattutto da quella
turistica -. Bisognerà cioé recarsi ancora in un ufficio apposito, aperto solo
in determinati giorni e fasce orarie. Ma come spiega una recente delibera della
Giunta comunale, e come meglio specifica l'assessore a Strade e mezzi comunali
Francesco Del Sordi, presto si dovrebbe poter ricorrere a una app per smartphone
dal profilo transfrontaliero.La parte ambiziosa del progetto vede coinvolta
anche Nova Gorica, con la quale si ipotizza un servizio congiunto per le due
città. Tutto però è ancora da vedere e perfezionare. «Dopo il fermo a causa del
lockdown e i lavori si riparte a giorni. Stiamo cercando di farlo con moltissima
fatica, in mezzo a mille problemi più urgenti. L'utilizzo della nuova
applicazione è diventato un obiettivo strategico del progetto, ma deve essere
definito con precisione. In particolare dovremo valutare l'eventuale
coordinamento con Nova Gorica», osserva Del Sordi. L'incertezza in merito alla
app espressa dall'assessore è dovuta al fatto che «dall'altra parte del confine
il bike sharing è stato organizzato in base a un bando molto moderno che segue
criteri del 2020». «Il nostro risale al 2007 e dovremo capire meglio come
integrarci», conclude l'esponente della giunta Ziberna. Confermati invece i
prezzi (gli stessi dal 2012), oltre alle vecchie modalità di iscrizione. Per
quanto riguarda le tariffe, prevedono una quota minima di abbonamento annuale ed
una tariffa oraria, in modo da scoraggiare l'indebito trattenimento delle
biciclette a sfavore del principio su cui si fonda il bike sharing: la
condivisione. Il noleggio prevede il pagamento, all'atto dell'iscrizione, di una
quota annuale di 10 euro (gratuita per i residenti nel territorio comunale).
Bisogna poi sommare 5 euro per la cauzione della tessera/card e la stessa cifra
per il lucchetto, oltre a 5 euro di ricarica minima per l'utilizzo del servizio.
Il costo orario è così articolato: da 0 a 15 minuti gratuito; da 16 a 30 minuti
20 centesimi; da 31 a 60 minuti 30 centesimi; da 61 a 90 minuti 1 euro; da 91 a
120 minuti 2 euro; oltre alle 2 ore e per un massimo di 3 ore 4 euro; per ogni
frazione in più, oltre alle 3 ore 5 euro. Per i turisti le condizioni sono
migliori. Con soli 5 euro si può utilizzare una bicicletta del Comune per tutta
la giornata. Nella delibera si esplicita infine che, in un'ottica di
razionalizzazione ed efficientamento del servizio, non si esclude
l'esternalizzazione, preferibilmente con il coinvolgimento di enti di promozione
turistica, associazioni di categoria ed operatori nel settore del turismo.
Emanuela Masseria
Le novità - Più postazioni e possibilità di ricarica elettrica
Le postazioni per il bike sharing attualmente sono 8, di cui 4 con la
possibilità di ricaricare le bici elettriche, identificate con la lettera E. Le
vecchie postazioni figuravano inizialmente in piazza Municipio, nei pressi della
stazione ferroviaria, in piazza Vittoria e in via Diaz. Ora il quadro include le
nuove strutture che si trovano al Parco della Rimembranza, nel parcheggio in via
Manzoni, in via Boccaccio (zona mercato) e in via Alviano, nei pressi
dell'Università. In tutto sono a disposizione 8 biciclette a pedalata assistita
e 21 normali. Il tutto per favorire una mobilità sostenibile a misura di
cittadino e di turista.
E. M.
Bandiere blu, Grado punta al record del 32.o vessillo
Domani in via telematica il conferimento dei riconoscimenti che premiano
non solo la qualità della località ma anche la promozione
GRADO Il record potrebbe raggiungere quota 32. Stiamo parlando della Bandiera Blu che Grado ha già ottenuto per 31 volte (le ultime trenta consecutive). A differenza del solito causa le note problematiche legate all'epidemia di Covid-19, quest'anno la conferenza di presentazione dei nuovi risultati non sarà fatta in pompa magna a Roma con la presenza dei rappresentanti dei vari Comuni, ma sarà tenuta per via telematica.L'appuntamento per conoscere quelle che sono le località (e anche gli approdi) che potranno issare il prestigioso vessillo blu, è per la mattinata di domani. Ma se per Grado si tratterebbe di ricevere la trentaduesima Bandiera Blu (record assoluto in Italia assieme a Moneglia, una località della Liguria, per la cugina Lignano sarebbe la trentunesima. Il significato di questo riconoscimento assegnato dalla Fee ovvero dalla Foundation for Enviromental Education in Italia presieduta da Claudio Mazza, è quello della conferma del rispetto non solamente della massima vigilanza e cura ambientale e soprattutto della purezza delle acque (fanno testo i dati elaborati dal Ministero della Salute), ma anche della vivibilità di una città. Intesa anche come pulizia, funzionalità e capacità dell'impianto di depurazione. Altro aspetto significativo che viene valutato è la promozione di tutti questi valori ai giovani.In queste giornate che precedono l'annuncio ufficiale ci sono tante località italiane che danno per certa l'avvenuta assegnazione a loro favore. Ma non è detto. Sino all'ultimo è impossibile sapere l'esito e di sorprese negli ultimi anni ce ne sono state, anche con la mancata inclusione di importanti località balneari.
AN.BO.
Merende "bestiali" e cacce al tesoro per scoprire piante e animali
Il Wwf di Miramare lancia da domani un ciclo di incontri virtuali
gratuiti sino a fine mese
Incontri virtuali per scoprire le specie animali e vegetali marino-costiere
e imparare a riconoscerle partendo dagli uccelli marini, corsi sull'avifauna, ma
anche workshop per i docenti. E per i bambini, dei tutorial (su Youtube) per
imparare a disegnare gli organismi marini, merende "bestiali" e pure una caccia
al tesoro. Maggio è il mese della biodiversità - il 22 si celebra la Giornata
mondiale - e lo staff Wwf dell'Area Marina Protetta di Miramare la festeggia
proponendo un ricco calendario di iniziative di divulgazione scientifica da
fruire con un clic. Un mese intero di incontri "a distanza" sulla piattaforma
Zoom - a partecipazione libera e gratuita grazie al sostegno della Regione
servizio Biodiversità - per imparare a conoscere e riconoscere le specie animali
e vegetali che compongono il mosaico di biodiversità del golfo e della costiera
triestina, Riserva riconosciuta dall'Unesco; dai pesci pelagici agli uccelli
costieri, dai crostacei alla fauna terrestre del promontorio, dai vegetali
marini alle specie floreali del ciglione carsico. Si parte con "Tra cielo, mare
e terra", corso di avvicinamento all'avifauna marina e costiera con dei webinar
a cura degli ornitologi dell'Amp Miramare il 14, 18 e 21 maggio alle 18 in
diretta su Zoom (dettagli per l'accesso su wwwriservamarinamiramare.it). Dal 18
al 24 maggio, alle 18, i biologi e naturalisti dell'Amp (con un cameo di Nicola
Bressi, conservatore del Museo civico di Storia naturale) accompagneranno il
pubblico in un "viaggio virtuale" alla scoperta di habitat e specie faunistiche
e botaniche del golfo e della fascia costiera. Il 24 si celebrerà la Festa delle
Oasi Wwf e il 28 alle 17 si svolgeranno un workshop ("I regali della Natura" sui
servizi ecosistemici) e un progetto educativo per gli insegnanti, ai quali verrà
presentato un kit di materiali gratuiti da proporre nel prossimo anno
scolastico. «Dopo mesi di reclusione - spiega Maurizio Spoto, direttore dell'Amp
- abbiamo un grandissimo desiderio di ritornare in natura, per le sensazioni di
benessere e serenità che essa ci dà: è uno dei benefici (servizi ecosistemici,
li chiamano gli esperti) che ci fornisce la biodiversità, quella straordinaria
ricchezza e varietà di ecosistemi, animali, piante e microorganismi che
costituiscono il nostro pianeta. Gli eventi che abbiamo ideato hanno proprio
questo obiettivo: ricordarci quanto sia meravigliosa, ma soprattutto
fondamentale per le nostra stessa sopravvivenza». Ulteriori informazioni allo
040/224147 e scrivendo a: info@riservamarinamiramare.it.
Gianfranco Terzoli
IL PICCOLO - MARTEDI', 12 maggio 2020
Grignano, verdesca tra le barche ferme in porticciolo - l'avvistamento:
squalo di un metro e mezzo
«Dopo molti avvistamenti di origine ignota e alcune fake accertate,
diventate virali come presunte osservazioni eccezionali durante il lockdown, è
di questa mattina il reale avvistamento da parte dei nostri ricercatori di una
bellissima elegante verdesca nel porticciolo di Grignano». Così l'Area marina
protetta di Miramare ha annunciato ieri la presenza dell'animale su Fb,
testimoniata anche in un video, girato da Marco Segarich, che ha rapidamente
fatto il giro del web. L'esemplare, come viene precisato sempre sui social, di
circa un metro e mezzo di lunghezza, si è aggirato a lungo tra le barche
ormeggiate, prima di sparire alla vista degli osservatori, che hanno comunque
avuto il tempo e la possibilità di realizzare le immagini poi condivise. «Lo
squalo azzurro è un abituale frequentatore del nostro golfo, essendo l'Alto
Adriatico la sua zona di riproduzione, dove purtroppo è anche intensamente
pescato. Non sono osservazioni fuori dal comune - commenta il direttore della
Riserva Maurizio Spoto - ma avvengono in condizioni certamente particolari in
cui, ad esempio, l'assenza di rumore sotto costa rende gli animali più
confidenti e più propensi ad entrare nei porti e lungo i moli per cacciare
facilmente le prede. Il temporaneo fermo delle barche nelle baie, lungo i fiumi
e nelle lagune ha creato poi delle condizioni di trasparenza innaturali,
svelando la biodiversità che da sempre popola i nostri mari».E in attesa di
riprendere la piena attività, l'Area marina continua con le iniziative di
divulgazione proprio sui social. Ieri pomeriggio spazio a "Di cielo, di terra e
di mare", una conferenza online con partecipazione libera e gratuita sugli
uccelli marini, insieme a Davide Scridel, nel primo dei quattro incontri con
l'avifauna marino-costiera del golfo.
Micol Brusaferro
Arnie devastate dalle fiamme - Il rogo uccide due milioni di api
Certa l'origine dolosa dell'incendio al sito della Società agricola Landa
carsica - L'allarme lanciato da un passante che ha notato il fumo. Indagano i
carabinieri
San Lorenzo. Trenta arnie nel mirino dei piromani. È stata una strage di api
quella registrata la scorsa notte tra San Lorenzo Isontino e Capriva del Friuli
nell'apiario della società agricola Landa carsica di Doberdò del Lago. Secondo
le stime si calcola che nel rogo che ha ridotto in cenere 19 alveari,
danneggiandone altri due, siano morte tra il milione e mezzo e i due milioni di
api. Il numero fa impressione e dà l'idea di quanto il danno ecologico sia
enorme e incalcolabile. A livello economico, invece, la stima è più contenuta
(ma non per questo meno importante): si parla di circa 600 euro per arnia, più
la postazione e il mancato guadagno legato alla produzione del miele. L'allarme
è scattato ieri mattina quando una persona che si trovava a passeggiare nella
zona ha notato il fumo tra le arnie e ha allertato i vigili del fuoco che sono
accorsi per salvare il salvabile. La gran parte dell'apiario, però, era già
andata in cenere. Sull'origine dolosa non sembrano esserci dubbi. Chi ha agito
ha messo del pagliericcio all'ingresso delle singole arnie per poi dare fuoco
all'erba secca e fuggire. Il piano ha però funzionato solo in parte. «Basta una
scintilla per innescare la cera», osserva sconsolato Pietro Lombardo,
vicepresidente del Consorzio apicoltori di Gorizia e amministratore del sito
distrutto. «Hanno dato fuoco arnia per arnia bruciando tutte le api: nessuna è
sopravvissuta - aggiunge -. Per fortuna alcune arnie si sono salvate: deve esser
finito il combustibile». La consolazione però è minima. Il prezzo è altissimo. È
lo stesso Lombardo a fare la conta delle vittime di questa assurda strage di
insetti; una conta che può essere solo approssimativa, ma che - per quanto
indicativa - conta numeri spaventosi. «Ci sono circa 80 mila api per arnia, qui
sono state distrutte 21 famiglie. Il conto è presto fatto: parliamo di oltre un
milione e mezzo di esemplari, forse quasi due. È una cosa incredibile. Non è
rimasto niente. A parte gli elementi in lamiera è tutto carbonizzato. Le
temperature sono state talmente alte che sono scoppiati anche gli elementi in
cemento». In certi punti i sostegni armati si sono letteralmente sgretolati
lasciando a vista l'anima in ferro. Per il momento non è possibile fare ipotesi
sull'autore (o gli autori) del gesto e sui motivi di tale azione, ma
sull'episodio stanno indagando i carabinieri della Compagnia di Gorizia.La
società agricola Landa carsica riunisce una quindicina di apicoltori
dell'Isontino con arnie dislocate in varie zone del nostro territorio, ma la
comunità è molto più ampia. A livello provinciale il Consorzio apicoltori
goriziano raccoglie circa 170 soci e conta intorno ai 5 mila alveari.
Stefano Bizzi
IL PICCOLO - LUNEDI', 11 maggio 2020
Via Trento, imminente l'ampliamento dell'area "mezzi free" nel borgo
teresiano
«Imminente». Giulio Bernetti, direttore dell'Urbanistica tergestina,
risponde senza indugio: la zona pedonale di via Trento, che coinvolge gli
isolati compresi tra via Machiavelli e via Valdirivo, non si farà attendere.
Anche perché indirizzo della giunta Dipiazza è quello di creare quante più
opportunità all'aperto per i locali bisognosi di incassare dopo oltre due mesi
di astinenza. Con il prolungamento del pedonale, si amplierà la T formata dalla
stessa via Trento e dal lungocanale Rossini, sia dalla parte di palazzo
Gopcevich che da quella gremita di caffè. A dimostrare che si fa sul serio,
l'ingegnere ha emanato un'ordinanza che detta le regole per la via Trento del
futuro. Tanto per cominciare, saranno posizionati dissuasori di sosta per
delimitare la zona interessata e per evidenziare i varchi ingresso/uscita: si
entrerà da via Torrebianca e si uscirà da via Valdirivo. Entreranno solo
emergenze, velocipedi, veicoli operativi (Comune, Acegas, Telecom),
proprietari/utilizzatori di box-garage-rimesse, utilizzatori dell'autorimessa
delle Generali, specifici permessi rilasciati dal Municipio. Chi ha il parking
nel tratto pedonalizzato, deve munirsi di un contrassegno dalla biennale
validità, anch'esso a cura degli uffici comunali. L'ordinanza precisa che in via
Machiavelli sarà realizzato un attraversamento zebrato e saranno ricavati tre
posti-auto dedicati a persone con limitate capacità motorie. E in via
Torrebianca avanti con un nuovo attraversamento zebrato e uno spazio riservato
alla "Pro Senectute".Interessante la premessa del documento, che riepiloga la
vicenda amministrativa alle spalle della pedonalizzazione: c'è il programma di
riqualificazione "borgo Teresiano" (Dipiazza 2°), c'è l'adozione del Pisus
(Cosolini) con la ciclabile. Un'attenzione non casuale, legata alla funzione di
collegamento che via Trento svolge tra il Canale e piazza Libertà finalmente
riportata alla dignità. E che ha motivato i due provvedimenti del giugno e del
novembre 2019, con i quali un'altra porzione, dopo quella dove si eleva
l'assessorato regionale alle Attività Produttive, è riservata al pedone.
magr
«Stagno di Banne ucciso» - Olio o detersivi nell'acqua: morti api, girini e tritoni - le analisi dell'ARPA chiariranno la causa
TRIESTE. Lo "Stari Kal", lo stagno di Banne, in questo momento, è morto. Api, girini, lumache, tritoni galleggiano inermi, privi di vita. Una scena orribile, soprattutto per gli amanti della natura e del Carso in particolare. Ma cosa è successo: morte naturale oppure c'è lo zampino dell'essere umano? Il dubbio è perdurato per diverse ore ieri mattina quando Stazione Forestale di Trieste, tutori stagni e Comunella di Banne hanno effettuato un sopralluogo congiunto nell'area vicina alla scuola elementare "Julius Kugy", in via di Basovizza.Nel primo pomeriggio il naturalista del Museo di Storia naturale di Trieste Nicola Bressi, recatosi in loco, ha sciolto le riserve, con un esito estremamente amaro. «Ho visto oltre 200 api morte sul pelo dell'acqua, girini e lumache di stagno senza vita, tritoni crestati e punteggiati immobili, stecchiti. Speravo si potesse trattare di un fenomeno di anossia (insufficienza di ossigeno nell'ambiente, ndr) ma qui di naturale non c'è proprio nulla. C'è stato uno sversamento di liquami tossici. Secondo me oli esausti», racconta preoccupato e arrabbiato Bressi. In attesa che l'Arpa - ci vorranno un paio di giorni - fornisca l'esito delle analisi dei campioni di acqua prelevati, l'area è stata transennata dal comandante della Stazione Forestale di Trieste Lucio Ulian. Per diverse ore questo stillicidio del fragile ecosistema carsolino ero stato attribuito ad un evento naturale. Nello specifico si era ipotizzato il fatto che, in seguito alla scarsa presenza di acqua e con le temperature piuttosto elevate di questo periodo, si fosse venuta a creare una intossicazione della flora presente nello stagno. La memoria riportava al clamoroso caso del rio Ospo del 2016, quando decine e decine di germani reali morirono a causa della neurotossina botulinica di tipo C autoprodottasi all'interno del torrente muggesano.«L'odore proveniente dall'acqua, la presenza di foglie di ciliegie che non sono presenti nel verde attorno allo stagno e il numero spropositato di api morte sono stati i chiari segnali che non qualcosa, ma qualcuno ha ucciso questo splendido stagno», spiega Bressi. La prima ipotesi conduce, nel "migliore" dei casi, allo svuotamento di un bidone, magari utilizzato per il compost, nel quale era stato versato anche dell'olio o qualche altra sostanza liquida, che ha prodotto una proliferazione batterica che a sua volta ha creato una trappola mortale sia per gli insetti, che allo Stari Kal vengono ad abbeverarsi, ed è il caso delle api, sia per gli animali che stanzialmente popolano lo specchio acqueo, come girini, lumache e tritoni. L'altra ipotesi è che vi sia stato uno sversamento di agenti inquinanti, ad esempio detersivi: per avere una risposta bisognerà attendere l'esito delle analisi dell'Arpa.Lo stagno artificiale, risalente al Medioevo, è uno dei più antichi del Carso. Dopo essersi completamente prosciugato negli anni Sessanta, attorno alla metà degli anni Novanta la comunità di Banne, assieme al Comune di Trieste e ai bambini e ai genitori della scuola "Kugy", avevano ridato vita all'ecosistema, colpito ora a morte da ignoti.
Riccardo Tosques
Area Science Park e Ogs svelano ai ragazzi i segreti del clima e del dna
Via a una serie di webinar gratuiti per le scuole - I ricercatori
illustreranno i progetti innovativi
Ci sono anche Area Science Park e Istituto nazionale di Oceanografia e di
Geofisica sperimentale (Ogs) di Trieste tra i 20 enti pubblici di ricerca
italiani che, fino al 31 maggio, si aprono al mondo della scuola, offrendo a
tutti gli studenti, dalle primarie alle superiori, dei webinar gratuiti. Nel
corso degli incontri, i progetti più innovativi e le attività di ricerca
condotte saranno illustrati attraverso storie ed esperienze raccontate in prima
persona dai ricercatori, ai quali potranno essere rivolte delle domande. Le due
importanti realtà scientifiche triestine organizzeranno eventi su sequenziamento
del genoma, economica circolare, cambiamenti climatici e studio del passato per
creare modelli previsionali per il futuro. E si parlerà pure di covid-19. Negli
oltre 350 contributi messi a disposizione su scala nazionale si parlerà anche di
genetica, onde gravitazionali, biodiversità, robotica, cibo, chimica, virus,
Marte e la Luna, ma pure di Salvador Dalì e Einstein. Si potrà accedere dal sito
http://www.indire.it/webinar-per-gli-studenti-a-cura-degli-enti-pubblici-di-ricerca/
negli orari indicati. Il 15 maggio alle 10 la ricercatrice dell'Ogs Florence
Colleoni spiegherà perché lo studio del clima del passato è così importante per
creare modelli previsionali per il nostro futuro, mentre il 22 maggio alle 15
Danilo Licastro, ricercatore di Area Science Park, risponderà ai quesiti sul
sequenziamento del dna. «Ogs - spiega il presidente, Nicola Casagli - ha aderito
con entusiasmo all'invito di mettere a disposizione materiale didattico a uso
delle scuole. Abbiamo raccolto una dozzina di videolezioni e documentari che
avevamo già preparato ed erano sparsi su varie piattaforme online: si va dagli
effetti dei cambiamenti climatici alla pesca sostenibile, approfondendo studi e
affinando tecniche e modalità per programmare le attività umane così da
sfruttare le risorse marine salvaguardando gli ecosistemi». «Area - afferma il
presidente, Sergio Paoletti - ha risposto mettendo a disposizione contenuti
legati a due filoni: il primo riguarda il sequenziamento genomico e l'insieme di
strumenti e competenze che vanno sotto il nome di piattaforma genomica, che ha
tra i pilastri un sequenziatore di prossima generazione con una capacità di
elaborazione enorme. La nostra macchina, in collaborazione con Icgeb e Asugi, ha
sequenziato il ceppo del Sars-Cov-2 isolato in regione che ha origine dalla
Germania e si è diffuso a Codogno e nel Nord Italia».
Gianfranco Terzoli
IL PICCOLO - DOMENICA, 10 maggio 2020
Dai serramenti alle scale anti incendio - Restyling da 6 milioni in asili e
scuole
Entra nel vivo il piano manutenzioni all'interno degli istituti comunali.
Interessati dai cantieri anche i ricreatori e le palestre
Dopo la lunga lontananza forzata da scuole, palestre e ricreatori, gli
alunni troveranno al loro rientro dopo l'estate, quando cioè sarà possibile
riprendere le lezioni, spazi risistemati, funzionali e più sicuri. Il Comune di
Trieste ha avviato una lunga serie di interventi, per complessivi 6 milioni di
euro, tra opere edili e manutenzione ordinarie e straordinarie. Alcuni lavori
erano già partiti prima della situazione di emergenza, con lo stop obbligato
durante il lockdown e la ripresa da qualche settimana, altri si sono aggiunti di
recente, con il nuovo via libera all'attività dei cantieri. «Per i lotti
generici di manutenzione - spiega l'assessore comunale ai Lavori Pubblici Elisa
Lodi - si tratta di vari lavori nei ricreatori, nelle palestre e in diverse
scuole per un totale di 2,5 milioni di euro. Ci sono poi alcuni progetti più
consistenti, in particolare all'asilo Tuttibimbi di via Caboro è stato stanziato
un milione di euro, stessa cifra anche per la Morpurgo e mentre alla scuola di
via Forlanini a Melara sono previsti interventi per 1,5 milioni. Abbiamo
riavviato i cantieri per l'edilizia scolastica appena possibile - sottolinea -
perché è un settore al quale, come amministrazione, teniamo molto, con
investimenti importanti già effettuati negli ultimi anni e destinati a
continuare». Anche perché, come sottolineato varie volte anche in passato, molti
edifici scolastici cittadini sono datati e hanno bisogno di cure costanti e di
un monitoraggio attento. Nel dettaglio, in questo periodo, per via Caboro la
riqualificazione riguarda tutto l'asilo, per le altre strutture i lavori si
concentrano su determinati settori. Ad esempio per la primaria Sauro e la scuola
d'infanzia Spaccini, si sta procedendo con l'adeguamento alle norme antincendio.
A Melara si attende l'arrivo dei serramenti nuovi, per montarli sulle finestre.
Operai al lavoro con cantieri meno impegnativi poi alla scuola Bergamas e alla
Duchi D'Aosta, e anche alle scuole De Tommasini-Kosovel di Opicina e alla scuola
Venezian-Levstik di Prosecco, dove si sta completando la copertura delle rampe
delle scale. «Siamo soddisfatti della ripartenza dei vari lotti - aggiunge la
Lodi - sia perché in questo momento di emergenza sanitaria siamo riusciti a
realizzare la manutenzione necessaria in tanti punti già previsti, sia perché
abbiamo consentito all' economia cittadina di ripartire, almeno in parte,
attraverso il via libera fornito alle varie imprese, per ricominciare a operare
nel settore dell'edilizia scolastica, dove sappiamo ci sono tante persone
coinvolte, che finora erano ferme, e con loro, di conseguenza, anche tante
famiglie». Quando sarà il momento di rientrare nelle aule, probabilmente a
settembre, tutti gli interventi saranno ormai completati ovunque. Spazi quindi
riqualificati per le lezioni, ma anche nelle varie palestre e negli ambienti
ricreativi, dove i bambini trascorrono il tempo libero nel pomeriggio. Classi e
luoghi abituali mancano agli alunni, come raccontano spesso i genitori sui
social, riportando le considerazioni dei più piccoli. E fuori dal cancello
dell'Istituto comprensivo Campi Elisi è apparso anche un disegno con un
messaggio rivolto alla scuola. «Ci manchi tanto. A presto». Firmato Francesco e
Nicolò.
Micol Brusaferro
La raccolta dell'umido non deve comportare altri oneri agli utenti - la lettera del giorno di Cristiano Prezzi
Ho visto sul nostro quotidiano del 5 maggio scorso l'estratto bando di gara di AcegasApsAmga per il "Servizio di ricevimento e recupero della frazione organica dei rifiuti solidi urbani". Penso che ai cittadini contribuenti interesserebbe sapere se la gestione del così detto "umido" costa più del conferimento al termovalorizzatore. Mi sarei aspettato che, fatto salvo il maggior costo per la gestione dei cassonetti dedicati e relativo svuotamento, la collettività non debba sostenere ulteriori costi. È infatti noto che da detti rifiuti si ricava biogas da utilizzare per la produzione di energia elettrica oltre alla produzione di concimi, per cui mi sarei aspettato che la ditta che si occupa di tali produzioni ritiri gratuitamente tali rifiuti o magari paghi qualcosa e non certo che debba essere pagata. In caso contrario tanto varrebbe che AcegasApsAmga si doti di un impianto per la produzione di biogas e relativi motori per la produzione di energia elettrica smaltendo il residuo nel termovalorizzatore dato che, da quanto ne so, l'offerta dei concimi derivanti dai rifiuti "umidi" è superiore alla domanda deprimendo di conseguenza il prezzo. Non ritengo del resto molto ecologico trasportate tali rifiuti in impianti lontani dalla nostra città.
IL PICCOLO - SABATO, 9 maggio 2020
Tutti pazzi per le due ruote - E le officine appena aperte iniziano con il
piede giusto
Da articoli dimenticati in soffitta a oggetto del desiderio per persone
di tutte le età
Le bici vivono un momento d'oro grazie anche al bonus da 500 euro promesso da
Roma
Da oggetto dimentica in soffitta ad "amico" inseparabile per triestini di
tutte le età. La bicicletta sta vivendo una fase di seconda giovinezza. Merito
della voglia di tornare all'aria aperta e fare movimento dopo tante settimane di
vita domestica basta farsi un giro lungo la pista ciclabile in viale Miramare,
sempre piena di persone. Di questo rinnovato interesse per le due ruote sperano
di poter beneficare anche i negozi di biciclette che, dopo l'ampliamento delle
attività autorizzate ad operare in questo semi lockdown deciso dal governo, da
lunedì hanno riaperto le officine. Stefano Bevilacqua di Track & Field a
Basovizza ha alzato la serranda ieri: «Nel commercio sarà dura riprendersi dopo
questa crisi - commenta -. A me non sono arrivati ancora i 600 euro e se mia
moglie avesse avuto un negozio di parrucchiera o una bar non so come saremmo
andati avanti. In questi giorni di riapertura registro un certo entusiasmo,
speriamo duri. Diciamo che la bici, sui rulli, ha aiutato molti a non uscire di
testa in questi due mesi». Ad auspicare un impegno concreto per il settore è Edi
Kosuta titolare di 360bikestore al centro Lanza di Prosecco: «In questi primi
giorni molti clienti sono entrati attirati anche dal bonus annunciato dal
ministero dei Trasporti. Al momento non sappiamo nulla di concreto se non che
sarà un contributo di 500 euro tanto per le bici a pedalata assistita quanto per
quelle normali. Chiediamo di creare procedure il più semplici possibili: abbiamo
perso il periodo migliore della stagione da febbraio a inizio maggio, ora
servono aiuti. Avevo tre dipendenti in cassa integrazione e non hanno ricevuto
ancora un euro, io ho provato a fare domanda per i 25 mila euro di finanziamento
garantiti dallo Stato e non ho avuto una risposta. In altri Paesi queste cose
non succedono. Poi servono le piste ciclabili, ma questa non è una novità». Uno
dei punti vendita più storici in centro città è Cottur in via Crispi dove, a
breve, arriveranno i monopattini elettrici, compresi negli incentivi. «Abbiamo
riaperto rispettando tutte le limitazioni imposte dalla legge - spiega Giovanni,
erede di Giordano Cottur -, è importante esserci soprattutto per garantire la
sicurezza di chi usa le biciclette le quali, se poco utilizzate, richiedono
manutenzione. Una due ruote è come una macchina o un motorino: cercare il prezzo
più basso al momento dell'acquisto spesso significa rinunciare alla qualità e
alla durata. Attenzione poi alla taglia del mezzo e all'abbigliamento, tutti
aspetti da non sottovalutare». Negli ultimi anni stanno andando sempre più di
moda le bici con pedalata assistita o elettrica «attraverso le quali - spiega
Kosuta - è possibile andare al lavoro senza sudare, facendo quel minimo
esercizio che aiuta a stare bene». «Sono mezzi sempre più evoluti - aggiunge
Cottur - e semplici da usare». Per quanto riguarda i costi, secondo tutti e tre
i rivenditori, il prezzo giusto per una Mountain bike - il modello più versatile
rispetto ai telai da corsa o da città - parte dai 500 euro, sull'elettrico da
circa 1.700 euro. La manutenzione ordinaria, al netto di lavori più importanti,
è intorno ai 25 euro se il mezzo viene usato e controllato regolarmente.
Andrea Pierini
Cona proibita agli ambientalisti «Pesca sì, birdwatching no»
Benedetti: «Non c'è scritto da nessuna parte nei decreti che non si
possono osservare i volatili. Il sindaco Marchesan riveda le sue posizioni»
STARANZANO «Perché pescare si può e osservare gli uccelli no?». Gli
ambientalisti si scagliano contro il sindaco di Staranzano Riccardo Marchesan il
quale, dopo gli ultimi decreti, ha deciso di vietare ancora l'ingresso al centro
visite della riserva naturale regionale della Foce Isonzo. La polemica è stata
sollevata dal presidente dell'associazione Co.Na. (conservazione della natura)
Graziano Benedetti, in quanto innanzitutto la sede si trova proprio al centro
visite della riserva naturale, poi ribadisce che il provvedimento adottato non è
chiaro e non è scritto da nessuna parte nei decreti del divieto di osservare gli
uccelli per evitare la diffusione del contagio. «L'ordinanza n.15 del 7 maggio
del sindaco di Staranzano - sottolinea Benedetti - afferma infatti che c'è un
ordine perentorio della chiusura fino a nuove disposizioni degli osservatori e
dei capanni dell'Isola della Cona». E ciò sembra eccessivo. Per questo motivo
l'associazione Co.Na., che fra l'altro ha la sede legale proprio all'Isola della
Cona, «protesta vivamente a nome di tutti i soci e degli amanti della natura
poiché chiedendo di rivedere tale decisione anche perché non si spiega il perché
del permesso alla pesca sportiva lungo il canale del Brancolo e del fiume
Isonzo, ma non il birdwatching alla Cona. Non sembra che perché la pratica
dell'osservazione degli uccelli possa essere pericolosa ai fini della diffusione
del coronavirus, specie se si rispettano tutte le normative in vigore. Pertanto
- aggiunge il presidente Benedetti - chiediamo al sindaco di rivedere questa
decisione che potrebbe essere una forzatura nell'interpretazione dei decreto del
Presidente del Consiglio dei Ministri in materia di contenimento e gestione
dell'emergenza epidemiologica da Covid-19». Il riferimento del divieto del
sindaco Marchesan richiama inoltre l'ordinanza urgente n.12 del 3 maggio scorso
del Presidente della Regione, Massimiliano Fedriga in quanto riferisce che
«ritenuto che in base al Dpcm è consentito l'accesso del pubblico ai parchi,
ville e giardini pubblici, condizionato al rigoroso rispetto di evitare ogni
forma di assembramento di persone, non che della distanza di sicurezza
interpersonale di almeno un metro».
Ciro Vitiello
Bioest lancia la "fiera virtuale" - I produttori in vetrina sul web
Il coronavirus fa saltare anche l'edizione 2020 di Bioest, in programma dal
6 al 7 giugno, ma la cura del verde e l'amore per le piante non si fermano: si
spostano online. Gli organizzatori puntano infatti a trasferire alcune delle
iniziative sul we, puntando così a realizzare una vera e proprio fiera virtuale
green. Nell'attesa di ritrovarsi nel 2012, come di consueto, al Parco di San
Giovanni, per l'evento "reale", il Consiglio direttivo dell'associazione
organizzatrice, Bioest, spiega: «Com'era da aspettarsi, anche noi abbiamo dovuto
cedere alla realtà contingente. Abbiamo sperato fino all'ultimo in una
evoluzione della situazione più favorevole, ma purtroppo così non è stato.
L'associazione intende comunque permettere alle attività che avrebbero dovuto
partecipare a Bioest di essere comunque presenti, sia pure virtualmente, sui
canali informativi e le pagine sociale di Bioest. L'idea - spiegano ancora gli
organizzatori - è quella di utilizzare la pagina e i contatti dell'associazione
per offrire agli interessati una vetrina virtuale dei partecipanti alla
manifestazione». Il progetto prevede l'allestimento di un tour virtuale tra i
produttori e le associazioni, permettendo un successivo contatto diretto tra
espositori e visitatori. Tutti gli interessati sono invitati a contattare
l'associazione per autorizzare il proprio inserimento in questa "fiera
virtuale", dove potranno essere presenti con i propri dati, recapiti e modalità
di contatto, foto e un breve video con la presentazione dell'attività.
IL PICCOLO - VENERDI', 8 maggio 2020
Bike sharing al palo, già 400 firme per farlo ripartire e potenziarlo
L'assessore Polli: «Il ripristino entro il 18 maggio». Ad Arezzo lo
stesso servizio è attivo da mercoledì
Trieste riparte senza bike sharing. La fase 2 non prevede per ora la
"bicicletta in condivisione". "BiTs", il servizio di bike sharing inaugurato il
3 febbraio, è stato sospeso a inizio aprile in piena emergenza coronavirus e a
lockdown in corso. Le biciclette, a parte qualcuna, sono state tolte dagli
stalli delle 10 stazioni cittadine e ora riposano in qualche magazzino. Intanto
altre due stazioni sono già in via di realizzazione nell'area di Porto vecchio.
Il problema più grosso riguarda i costi di sanificazione che si aggiungo a
quelli già onerosi di manutenzione. Un vero peccato visto che le cifre del primo
mese di utilizzo raccontano di un vero fenomeno: quattromila abbonati per più di
200 utilizzi al giorno. Alla faccia di chi sostiene che "Trieste non xé per
bici". E si sta parlando di un mese invernale che non è il più indicato per
l'uso della bicicletta, soprattutto nella città della bora. Ma quanto tornerà il
bike sharing? Ad Arezzo, stesso gestore di Trieste (Bicincitta), il bike sharing
è ripartito dal 6 maggio. Il sindaco Roberto Dipiazza, in una diretta Facebook
del 2 maggio, ha detto di sperare di poter riaprire tutto nel giro di una
settimana. «Il problema è che bisognerebbe pulire le biciclette di volta in
volta», ha spiegato il primo cittadino: «Il bike sharing è una soluzione
intelligente che consente di andare in giro senza grossi problemi».La riapertura
alle pedalate condivise (e in alcuni casi assistite) per l'11 maggio non è una
certezza e per ora resta nelle mani della Regione. «Non c'è una data certa
ancora», spiega l'assessore all'Urbanistica Luisa Polli: «Dobbiamo ancora capire
come comportarci. Trattandosi di mezzi a uso promiscuo bisogna capire quali
protocolli di sicurezza vanno applicati. Alla peggio si potrà ripartire 18
maggio assieme altre attività economiche. A meno che il governatore Fedriga non
riesca a sbloccare la situazione prima». La sospensione del servizio, che ormai
ha superato un mese, sarà recuperata allungando il periodo sperimentale e
gratuito di sei mesi. La scadenza del 3 agosto dovrebbe essere dunque prorogata
a settembre. «Gli abbonamenti sottoscritti - assicura Polli - saranno
allungati»Su Change.org, intanto, è in corso intanto una raccolta di firme
promossa da Ciclomonones (Diego Manna) e indirizzata al Comune per far ripartire
e ampliare il bike sharing a Trieste: «Il servizio, visto il successo, oltre a
essere ripristinato al più presto dovrebbe essere potenziato, con nuove stazioni
a servizio di zone ora escluse, come Barriera, via Giulia, San Giovanni, Campi
Elisi, Roiano». Le firme sono vicine a quota 400. Nell'attesa ci si interroga su
come sarà la mobilità post Covid-19. BicinCittà, la società torinese che
gestisce il bike sharing triestino, ha promosso un sondaggio tra i quattromila
abbonati triestini. Tra le domande una rassicurazione: «Sei a conoscenza del
fatto che i veicoli del bike sharing seguono regolarmente delle procedure di
igienizzazione e di sanificazione ambientale?».
Fabio Dorigo
IL PICCOLO - GIOVEDI', 7 maggio 2020
Piano per la mobilità urbana post Covid: scatta la caccia ai suggerimenti sul
web
Da Tryeste alla Fiab, dall'Uisp a Legambiente: idee da integrare con le
proposte che arriveranno in rete e da consegnare poi in Municipio
TRIESTE. Le associazioni si appellano al Comune affinché si doti di un piano
d'emergenza per la mobilità urbana post-coronavirus. E non solo. Per portarsi
avanti con il lavoro stanno pure preparando alcune idee da proporre al sindaco
Roberto Dipiazza: la più gettonata è quella che vorrebbe istituire una rete
ciclabile emergenziale, aprendo alle bici le corsie preferenziali dei bus da un
lato e, dall'altro, creando spazi riservati a chi va a pedali (ad esempio lungo
le Rive, l'asse via Battisti-Giulia e quello Carducci-D'Annunzio-Flavia-Muggia).
Fino al 12 maggio si potrà contribuire al brain storming, collegandosi al link "bit.ly/mobilitacovidts"
e partecipando al questionario oppure scrivendo direttamente all'indirizzo email
info@triestesecoloquarto.eu. Trascorso questo periodo, un comitato tecnico
formato da alcuni membri delle realtà promotrici (ovvero Tryeste, Fiab, Uisp,
Legambiente, Fridays for Future, Bora.La, Zeno, Link Trieste e Spiz)
sintetizzerà le proposte ricevute in un documento, che il giorno 15 maggio sarà
recapitato al sindaco Dipiazza e al contempo pubblicato sul web. Tra le altre
esigenze registrate finora c'è quella di raddoppiare mezzi e stazioni del bike
sharing - da subito amatissimo dai triestini - aggiungendovi magari ulteriori
stalli dove poter parcheggiare le biciclette private. L'iniziativa nasce dal
timore che il distanziamento sociale finisca per determinare un crollo
dell'utilizzo del trasporto pubblico anche nel lungo periodo. Ciò a sua volta
causerebbe un'impennata del traffico automobilistico, con conseguente aumento
dell'inquinamento e congestione delle strade cittadine. Per contribuire alla
fase di progettazione, oltre a partecipare secondo le modalità già descritte, è
infine possibile commentare un documento tecnico già predisposto ( "bit.ly/docmobilitacovidts")
oppure segnalare luoghi che presentano criticità su un'apposita mappa
interattiva ("bit. ly/mappamobilitacovidts").
Lilli Goriup
ORTI E GIARDINI - Per gli ortaggi del balcone scegliere vasi capienti e profondi.
Ci piace ricordare che la conduzione di un piccolo orto o una micro coltivazione sul balcone è motivo di grande soddisfazione: un piacevole passatempo all'aria aperta, attività fisica e, al primo posto per importanza, la raccolta di prodotti buoni e sani!Nelle prime giornate di maggio è necessario dedicarsi ai trapianti delle colture estive: peperoni, pomodori, melanzane della famiglia delle solanacee e poi cucurbitacee quali cetrioli, zucchine, meloni e angurie. Inutile anticiparne la messa a dimora sperando di ottenere delle "primizie", questi ortaggi amano il caldo e le piante soffrono se aria e terreno hanno ancora temperature troppo basse. La scelta varietale innanzi tutto: in un vivaio ben fornito (anche di piantine bio), sarà possibile trovare varietà particolari, antiche, sicuramente più rustiche e resistenti alle malattie rispetto all'ultima novità sementiera. Prediligiamo il gusto, il sapore e non la resistenza alle manipolazioni e ai trasporti tipiche di un prodotto per la Gdo! Pomodoro ligure, cuore di bue, ciliegino e datterino, melanzana bianca (nella foto) e melanzana violetta, peperone a corno di bue e le diverse varietà di peperoncino più o meno piccante. Ampia scelta anche per cetrioli e zucchine e non dimentichiamoci delle zucche, che troveranno ottima collocazione in prossimità dello spazio dedicato al compostaggio. Nel terreno già preparato le piantine potranno essere messe a dimora ad una distanza di 40-50 cm circa, mentre si arriverà ai 50-70 cm per zucchine, meloni, angurie e zucche che, difficili da contenere, si faranno comunque strada tra gli altri ortaggi. Nella buca pronta ad accogliere la piantina va sistemata una buona manciata di compost o un miscuglio di compost/terriccio/stallatico per assicurare una pronta partenza. Per gli ortaggi sul balcone sarà bene utilizzare vasi capienti e profondi dove le radici possano trovare buona terra e sufficiente spazio e scegliere piantine di pomodoro ciliegino o datterino e peperoni dal frutto piccolo, dolce o piccante.
AIAB FVG - Associazione per l'agricoltura biologica
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 6 maggio 2020
Rispunta il progetto del tunnel nel Carso Gabrovec dice "No"
In Regione l'audizione dei rappresentanti Rfi sulla temuta galleria
ferroviaria sotterranea
DUINO AURISINA. Anche il consigliere comunale di Duino Aurisina Igor
Gabrovec, capogruppo della lista "Insieme-Skupaj", si schiera contro l'ipotesi
della galleria ferroviaria di decine di chilometri da realizzare nel ventre del
Carso, tra Monfalcone e Aurisina, per ridurre di pochi minuti i tempi di
percorrenza sulla linea Trieste-Venezia. Gabrovec ha partecipato in Consiglio
regionale, come esponente dell'Unione slovena, all'audizione dei rappresentanti
di Rfi, che hanno riproposto la variante sotterranea del Carso.«Le comunità
locali - scrive Gabrovec in una nota - così come le amministrazioni comunali
hanno sempre espresso, negli anni, il loro parere contrario a tale progetto,
motivandolo con argomenti di natura geomorfologica ed economici. A fronte di un
recupero in termini di tempi di percorrenza nell'ordine di poco più di cinque
minuti - osserva - si andrebbe a intraprendere lo scavo di una galleria del
costo stimato in quasi un miliardo di euro. Non meno grave - prosegue il
consigliere - sarebbe il danno ambientale per un traforo di decine di
chilometri, in un'area contraddistinta da innumerevoli cavità conosciute e altre
ancora celate, con ripercussioni sui centri abitati sovrastanti, o comunque
vicini, e sul delicato e tutt'ora sconosciuto sistema dei corsi d'acqua
sotterranei, da cui si alimentano i bacini di captazione idrica per gli
acquedotti. Comuni e Regione rispondano nuovamente con un sonoro e unitario
diniego alla riproposizione di soluzioni folli che non fanno che ritardare un
più che necessario ammodernamento dell'attuale tratta ferroviaria. Con
investimenti di pochi milioni di euro, la rete potrebbero reggere e migliorare
di gran lunga le proprie capacità, sia in termini di qualità, sia di quantità
delle merci veicolate. Senza dimenticare - conclude - le barriere
fonoassorbenti, altra nota che trova sorde le orecchie dell'amministrazione
ferroviaria».
u.s.
Mobilitazione contro l'alta velocità - Pd, M5S e Verdi: «Giù le mani dal
Carso»
Delbello: «Faremo tutto ciò che serve per contrastare i 23 km di rotaia
dallo Zochet alle cave di Aurisina». Pin: «Aberrante»
Ventitré chilometri di rotaia non sono molti, coprono a spanne la linea di
estensione sulla fascia costiera di Monfalcone, ma paiono sufficienti a
diventare un serio problema. Perché quella lanciata ieri dal consigliere
democratico Fabio Delbello, componente della segreteria cittadina, è a tutti gli
effetti una dichiarazione di guerra, diretta non solo alla Lega, ma allo stesso
Pd, rivolgendosi a Regione e Governo, interlocutori politici di Rfi per il mai
sopito progetto dell'alta velocità: «Faremo tutto ciò che serve per salvare il
Carso della nostra città e di Duino». Per «proteggere le colline dallo Zochet
alle Cave di Aurisina, con le Grotte di Slivia». Da chi? Dall'«ennesimo assalto
del partito trasversale del cemento e dell'acciaio», dice. Infatti
«riorganizzeremo rapidamente un movimento della società civile per fare - lo
ribadisce Delbello - tutto ciò che serve». Verdi, anime ambientaliste, la
sinistra in ordine sparso e la coscienza grillina sono della partita. Un fronte
che, nel corso degli anni, si è sempre ricompattato all'occorrenza, dalla Snam
ad A2A. «Non siamo né sprovveduti né complici - sottolinea Delbello - se Rete
ferroviaria italiana ha riproposto in sede regionale la realizzazione di una
tratta di ben 23 chilometri da Ronchi-aeroporto, e più precisamente dallo Zochet,
fino ad Aurisina in realtà gli interlocutori politici sono segnatamente Lega e
Pd, in cui è ben presente soprattutto a livello nazionale il mai domo "partito
trasversale" dell'alta velocità. Che è ottima e sostenibilissima tra Milano,
Napoli e Bari, nonché tra Torino e Venezia, ma del tutto inutile tra Venezia e
Trieste. La ferrovia transpadana, che parte da Torino Porta Nuova attraverso
Milano centrale Verona Porta Nuova e Mestre, termina sui respingenti di Trieste
centrale. La minuscola Slovenia infatti è del tutto disinteressata all'alta
velocità e la conclamata super tratta ferroviaria Lione-Kiev, l'ex Corridoio 5,
è una bufala per creduloni». «Qui da noi - precisa - serve l'alta capacità
ferroviaria per il sistema portuale e quindi la risagomatura della galleria
esistente ad Aurisina e il potenziamento del bivio di San Polo. Poi c'è già la
rinnovata Pontebbana che ci proietta verso i Tauri ed il Semmering nel cuore
della Mitteleuropa». Altra battaglia storica: «Serve - incalza il dem - la
liberalizzazione della tratta autostradale Lisert-Redipuglia, circonvallazione
della conurbazione monfalconese, che a dispetto del provincialismo e populismo
locali costituisce più una città comune delle dimensioni demografiche ed
economiche di Mantova che la somma di tre enti storicamente deboli da un punto
di vista politico e in balia dei poteri forti dell'economia, come pure in questo
caso». Una tirata d'orecchi agli esiti del referendum 2016. Quindi la
conclusione tranchant: «Ognuno faccia i passi in casa sua: se entro un paio di
mesi non avremo dal Pd nazionale rettifiche e precisazioni sapremo bene come
ricalibrare la nostra presenza alle prossime comunali del 2022». E se non è una
minaccia questa...Fin qui il Pd, ma c'è pure il composito mondo grillino, con
Pin a scandire: «Sulla salvaguardia del Carso c'è uno schieramento trasversale
ben più ampio di quello visto con Snam e centrale. Per quanto riguarda il M5S,
siamo sempre stati contro lo spreco e lo sfregio ambientale, contro la Tav a
favore di opere sostenibili». «I 23 chilometri di rotaia nel Carso - conclude -
sono un'aberrazione. Dove dovrebbe passare questa porcheria c'è anche la
captazione dell'acquedotto che gestisce la Slovenia del sud. Il bacino
dell'Isonzo arriva fin sotto la frangia carsica. Sarebbe un disastro di
proporzioni terribili». Ma il primo a levare un grido sulla variante ferroviaria
tra Ronchi e Aurisina era stato, il 1° maggio, il capogruppo regionale forzista
Giuseppe Nicoli, che l'aveva definita «ingiustificata e inutile», raccogliendo
peraltro il plauso di Diego Moretti, segretario provinciale Pd. Un'opera di tal
portata «andrebbe a interessare l'ecosistema carsico con sovrappassi e
sottopassi ferroviari altamente impattanti per geologia e ambiente: tutto per
diminuire il tempo di percorrenza tra le stazioni di Trieste Airport e Trieste
centrale di 6-8 minuti, a fronte però di centinaia di milioni di euro di spesa».
Tiziana Carpinelli
Avvio del cantiere previsto tra un anno Costo 1,8 miliardi - i dettagli fin
qui emersi
Si concluderanno nel 2025. Rfi lo aveva già asserito e lo ha confermato due
settimane fa: i lavori per la velocizzazione della linea Venezia-Trieste, che
consentiranno a un treno passeggeri di collegare le due città in poco più di
un'ora, termineranno in un lustro. I cantieri non sono nemmeno iniziati, ma Rfi
stessa ha fissato nel 2021 l'avvio. Nel cassetto c'è l'ipotesi di tre fermate in
Fvg: Latisana, Ronchi e Trieste. Il potenziamento della linea ferroviaria,
secondo una sintesi della relazione dei tecnici di Rfi, passa attraverso
interventi nel breve e medio periodo, in particolare quelli sulla tratta
Mestre-Ronchi Sud, con la possibilità di velocizzare fino a 200 km/h la linea
esistente e la soppressione di 23 passaggi a livello. Si parla di 160 milioni
disponibili, la prima tranche di quel miliardo e 800 milioni che è la stima del
capitale necessario complessivamente. «L'idea quantomeno bizzarra di scavare una
galleria tra Monfalcone e Aurisina ricorda molto la fenomenologia dei fiumi
carsici: all'improvviso scompare, per riaffiorare nuovamente ogni qualvolta le
Ferrovie si mettono a narrare i loro progetti per il futuro», commenta Igor
Gabrovec, esponente regionale di Slovenska Skupnost. «Non meno grave - conclude
- il danno ambientale per un traforo di decine di chilometri in un'area
contraddistinta da innumerevoli cavità conosciute e altre ancora celate, con
ripercussioni sui centri abitati vicini e sul delicato e tutt'ora sconosciuto
sistema dei corsi d'acqua sotterranei da cui si alimentano i bacini di
captazione idrica per gli acquedotti».
Si prepara a rivivere la storica ghiacciaia sotto Draga Sant'Elia
I FONDI UE PER 139 MILA EURO AL COMUNE DI SAN DORLIGO
SAN DORLIGO DELLA VALLE. Il ripristino di una delle più grandi ghiacciaie
della Val Rosandra e la sistemazione del vicino stagno. Sarà questo l'intervento
effettuato nel territorio di San Dorligo della Valle nell'ambito del progetto "Engreen",
inserito nel progetto di cooperazione Interreg V-A Italia-Slovenia 2014-2020,
che mira ad attuare «soluzioni intelligenti, capaci di rispondere alle sfide
territoriali nei campi dell'innovazione, dell'economia a basse emissioni di
carbonio, dell'ambiente, delle risorse naturali e culturali e dello sviluppo
delle capacità istituzionali». Sono quattro gli assi prioritari, il progetto "Engreen"
rientra nel terzo, intitolato "Protezione e promozione delle risorse naturali e
culturali", i cui partner sono l'Ente gestore del Parco delle Grotte di San
Canziano, il Comune di San Dorligo della Valle, l'Università del Litorale di
Capodistria e il Gal della Venezia Orientale di Portogruaro. Sono 16 le azioni
pilota previste, fra le quali appunto il recupero della "jazera" della Val
Rosandra, sotto Draga Sant'Elia, che circa un secolo fa, quando i frigoriferi
non esistevano, riforniva di ghiaccio molti pubblici esercizi della città. Il
Comune di San Dorligo - che, oltre che della gestione della propria parte del
progetto, sarà responsabile della preparazione della strategia di comunicazione
e della gestione della comunicazione dell'intero progetto - beneficerà di un
contributo di 139.030 euro, così suddivisi: l'85% arriverà dal Fondo europeo di
sviluppo regionale e il restante 15% da un contributo nazionale. La ghiacciaia
(sei metri e mezzo di larghezza e cinque di profondità) è ben conservata, però
necessita di un restauro per essere riportata al suo aspetto originale. Gli
abitanti usavano tagliare il ghiaccio che si era accumulato negli stagni e
impilarlo in doline murate e coperte. I blocchi di venivano ricoperti di
fogliame di faggio secco per impedire loro di scogliere. Il ghiaccio rimaneva
poi nelle ghiacciaie fino all'estate, per essere trasportato a Trieste e
rifornire locande, macellerie, mercati ittici e birrifici.
u.sa.
GORIZIA - Legambiente e Fiab chiedono piste ciclabili da Sant'Andrea al Corso
Un migliore collegamento ciclabile tra centro città e stazione ferroviaria,
e pure nuove piste, complete e riparate, per raggiungere il quartiere di
Sant'Andrea e dirigersi verso Savogna d'Isonzo, dove proprio in questi anni si
sta lavorando all'ultimazione di nuovi percorsi riservati specificatamente alle
due ruote. Sono gli spunti di lavoro e le richieste al Comune di Gorizia
formulate da Legambiente e dalla Fiab (Federazione italiana ambiente e
bicicletta) di Gorizia, che partono proprio dalle riflessioni offerte da questo
momento di emergenza che sta rivoluzionando le abitudini di tutti noi. In molti,
infatti, stanno scoprendo una mobilità differente e potrebbero scegliere anche
in futuro di spostarsi maggiormente in sella alla bicicletta, e per questo è
necessario, secondo ambientalisti e amanti del pedale, potenziare la rete di
percorsi ciclabili sicuri presente sul territorio comunale.«Sappiamo che a breve
verranno appaltati i lavori per la realizzazione di un collegamento ciclabile
tra via del Carso ed il corso, sulle previsioni del lontanissimo piano del
traffico - si legge in una nota congiunta di Legambiente e Fiab -. Piste
ciclabili sui marciapiedi, meglio identificabili come ciclopedonali. Si dice che
a "caval donato non si guarda in bocca", ma per dare un minimo contributo si
vuol sottolineare che sarebbe importante realizzare meglio il collegamento dal
corso verso la stazione ferroviaria, in piazzale Saba, senza costringere il
ciclista ad andare fino al distributore di via Aquileia e poi farlo risalire».
Un'altra richiesta riguarda la realizzazione di una rampa adeguata per le bici,
o uno scivolo, dove la scalinata risale da via Aquileia verso la stazione, e
«manca, in ogni caso, un collegamento adeguato e sicuro con Sant'Andrea e, da
lì, con Savogna d'Isonzo». La richiesta è di prestare maggiore attenzione alle
bici.
M.B.
IL PICCOLO - MARTEDI', 5 maggio 2020
Mascherine e guanti in lattice, campagna "buttali nel secco"
Parte sui social l'offensiva per mettere fine al vizio di gettare in strada i presidi protettivi. «È un problema sanitario oltre che di decoro»
"Mascherine e guanti: buttali nel secco". È questo il titolo della campagna social lanciata da Comune e AcegasApsAmga per promuovere il corretto smaltimento di guanti e mascherine, che accompagneranno la vita di tutti nei prossimi mesi. Un modo per risolvere un problema ambientale e sanitario ormai sempre più sentito, spiegano i promotori del progetto.«Nei giorni scorsi, con il rapido e progressivo impiego di presìdi di protezione, in città hanno cominciato purtroppo a verificarsi anche fenomeni di abbandono a terra di guanti e mascherine usati - scrive in una nota la multiutility -. Il fenomeno non costituisce solo un problema ambientale e di decoro, ma anche sanitario, dal momento che tali oggetti potrebbero, potenzialmente, essere contaminati». Ecco allora che il Comune, in collaborazione con AcegasApsAmga, ha deciso di attivare una campagna istantanea, destinata soprattutto a web e canali social, per sensibilizzare i cittadini allo smaltimento corretto delle protezioni individuali. Il messaggio veicolato dalla campagna non solo raccomanda di evitare l'abbandono a terra, ma ricorda come guanti e mascherine debbano essere conferiti nel rifiuto indifferenziato (il cosiddetto secco) e non avviati a recupero tramite altre raccolte differenziate, ad esempio plastica.«Si tratta di un'iniziativa importante che richiede la collaborazione di tutti - afferma Luisa Polli, assessore a Città territorio, urbanistica e ambiente del Comune di Trieste -. L'utilizzo di questi dispositivi in questa fase cruciale è fondamentale: l'iniziativa nasce per ricordare l'importanza della tutela del decoro della nostra città, ma anche e soprattutto dell'aspetto sanitario».Sempre AcegasApsAmga, ieri, ha comunicato anche la riapertura dei i centri di raccolta per rifiuti ingombranti e speciali presenti sul territorio di Trieste. L'accesso contingentato agli utenti sarà consentito nel rispetto delle misure adottate in materia di contenimento e gestione dell'emergenza Covid-19 e verrà disciplinato dagli addetti dei centri. L'ingresso potrà essere effettuato solo indossando guanti e mascherine, mantenendo una distanza interpersonale di almeno un metro tra i presenti. AcegasApsAmga ricorda poi che sono pienamente operativi tutti i servizi di raccolta domiciliare su prenotazione (come ritiro ingombranti e raccolta verde). Per informazioni rimane disponibile il numero verde Servizi Ambientali al numero verde 800.955.988 (gratuito anche da telefono cellulare).
Zanzare in "agguato" Muggia alza la guardia
Nel vivo le attività stagionali di disinfestazione delle larve I cittadini chiamati a evitare ristagni dai sottovasi ai secchi
MUGGIA. Con l'arrivo della bella stagione e il conseguente innalzamento delle temperature, anche a Muggia si torna a trattare il "tema" zanzare. Proprio in questo periodo, infatti, si stanno concretizzando le periodiche azioni sinergiche messe in campo da Azienda sanitaria e Comune per la prevenzione delle cosiddette "arbovirosi", ovvero le malattie trasmesse dalle zanzare, come la febbre del Nilo. Quelli che si stanno compiendo in questi giorni sono interventi programmati di disinfestazione attraverso la collocazione di pastiglie antilarvali o di un liquido speciale a base di silicone nelle caditoie delle aree pubbliche, prevalentemente nelle zone del centro storico, dove più che altrove si può registrare il ristagno di acqua, e presso il nido "Iacchia", che ospita (anche se non attualmente per la nota emergenza coronavirus) un'utenza "sensibile". Tali interventi vengono realizzati appunto da primavera fino a ottobre, con cadenza trisettimanale nei periodi più freddi e bisettimanale in quelli più caldi. È una problematica, questa, da anni all'attenzione dell'amministrazione rivierasca. «La disinfestazione - evidenzia l'assessore all'Ambiente Laura Litteri - va effettuata in questo periodo con prodotti antilarvali nei potenziali focolai, costituiti da raccolte d'acqua di vario genere». Resta comunque assodato che, sottolinea sempre l'assessore, «la migliore arma è la prevenzione attraverso tutte quelle azioni che ciascuno di noi può mettere in campo per impedire o per lo meno rallentare il proliferare delle zanzare». Ma quali sono, nello specifico, le indicazioni dell'Asugi per affrontare il problema? Si va dallo svuotamento e dalla pulizia accurata e periodica (almeno una volta a settimana) dei contenitori di uso comune, come sottovasi, abbeveratoi per animali e annaffiatoi, per eliminare eventuali uova, fino all'attenzione nell'evitare, nelle aree contigue alle case come giardini, terrazzi e orti, la formazione di raccolte d'acqua, con la rimozione di ogni sorta di potenziale contenitore per lo sviluppo delle larve, come ad esempio secchi, bacinelle e bidoni, anche di piccola dimensione. Inoltre i contenitori d'acqua "inamovibili", come vasche in cemento, bidoni e fusti per l'irrigazione degli orti, vanno coperti con strutture rigide, teli di plastica o zanzariere. Infine, nelle fontane da giardino, vanno introdotti pesci "larvivori", dai pesci rossi alle "gambusie". Accorgimenti che sono in parte già inseriti nei regolamenti comunali: «Nel nostro Regolamento sulla tutela del benessere animale - ricorda Litteri - allo scopo di contenere la diffusione della zanzara tigre ogni cittadino è tenuto periodicamente, che significa almeno ogni 10-15 giorni, allo svuotamento e alla pulizia di sottovasi da fiori, secchi, ciotole e piccoli contenitori di acqua stagnante. È inoltre raccomandata la pulizia di qualsiasi punto di raccolta delle acque meteoriche delle grondaie».-
Luigi Putignano
Zecca e morbo di Lyme: come riconoscere un'eventuale infezione - LE INDICAZIONI DELL'ASUGI
TRIESTE. Azienda sanitaria in prima linea nella Giornata mondiale sul morbo di Lyme, in occasione della quale l'Associazione Lyme Italia ha organizzato un evento di sensibilizzazione ora caricato su Fb, cui è intervenuta la dottoressa Katiuscia Nan, responsabile dell'Ambulatorio Lyme della Clinica Dermatologica dell'Asugi gestita dalla professoressa Iris Zalaudek. La borreliosi di Lyme, è stato spiegato, può determinare un'infezione a carico di cute, articolazioni e diversi altri apparati, e può essere trasmessa all'uomo alla fine del "pasto" ematico della zecca, attraverso il rigurgito. Per questo motivo la zecca deve rimanere attaccata a lungo, si ritiene almeno 24 ore, prima che avvenga la trasmissione. Il morso è indolore. La borreliosi si manifesta entro 30 giorni dopo il morso di zecca infetta, con una chiazza omogenea di color rosso, oppure costituita da anelli concentrici, che si allarga. Un adeguato trattamento antibiotico è risolutivo. Chi frequenta il Carso dovrebbe indossare indumenti possibilmente di colore chiaro. Nei bambini è indicato anche l'uso di un cappello. Utili i repellenti di Dietiltoluamide (Deet) sulla cute, o Permetrina all'1% per i tessuti. Una volta a casa il corpo va controllato: attenzione, nei bambini, alle zone vicine a orecchie e nuca. In caso di zecca, essa va rimossa con pinze adeguate (in commercio), ruotando delicatamente e tirando. Quindi bisogna disinfettare la zona. È controindicato l'utilizzo di creme, olii e altre sostanze, in quanto vi è un alto rischio che rigurgiti e quindi trasmetta batteri se infetta. Importante poi monitorare attentamente la zona: se compare dopo 7-30 giorni una lesione che si allarga va contattato il medico.
Dalle Canarie a Trieste, i droni a vela arancioni in navigazione per scoprire i segreti del mare
L'Ogs fra le 12 istituzioni europee coinvolte assieme a una società americana nel progetto di rilevazione di dati oceanografici e atmosferici
Nei giorni scorsi quella presenza a sud del mar Ligure, in acque internazionali nel triangolo fra il nord della Corsica e la costa da Genova a La Spezia, aveva messo in allerta molti marinai, che avevano segnalato un "battello fantasma arancione" battente "bandiera americana" che, privo di un identificativo radio, si spostava a bassa velocità sempre in una stessa zona. Poi l'enigma, di cui ha scritto il quotidiano Il Tirreno, è stato svelato. La coppia di droni a vela avvistata nello specchio di mare davanti alla Liguria e alla Toscana è il braccio operativo della missione Atlantico-Mediterraneo (Atl2Med), una campagna internazionale per il rilevamento e la raccolta di una grande mole di dati oceanografici e atmosferici, utili per rispondere alle molte domande aperte in tema di riscaldamento globale e del suo influsso sulle acque degli oceani e dei mari e sulla vita sottomarina. La campagna è un ottimo esempio di collaborazione tra pubblico e privato, perché riunisce una società californiana, la Saildrone, che produce questi droni a vela, e un network di 12 istituzioni europee di sette Paesi: per l'Italia c'è in prima linea Trieste con l'Ogs - Istituto nazionale di oceanografia e geofisica sperimentale - e un po' della galassia Cnr, con l'Istituto di scienze marine e l'Istituto sui sistemi intelligenti per l'Automazione. Per gli altri Stati ci sono l'Helmholtz centre for Ocean research, The Oceanic platform of the Canary islands, il Laboratoire océanographique Villefranche, il Centre nationale de la recherche scientifique (Cnrs), l'Università della Sorbona e altri ancora. L'attività è svolta inoltre in collaborazione con l'infrastruttura europea Icos - Otc (Integrated carbon observing system - Ocean thematic centre).Di cosa si tratta? Invece di utilizzare le tradizionali navi oceanografiche, con costi di decine di migliaia di dollari al giorno, equipaggi imponenti e non propriamente ecologiche, la campagna Atl2Med impiega una coppia di droni arancio lunghi e alti sei metri che si muovono molto lentamente, a una velocità che varia da 3 a 5 nodi, in qualsiasi condizione di mare. Sono veicoli senza equipaggio, dotati di numerosi sensori per vari tipi di misurazione, ed estremamente ecologici perché alimentati a energia eolica e solare: come vela sfruttano una superficie al cui interno sono custodite le batterie per l'alimentazione. Possono eseguire missioni di durata fino a un anno, nelle condizioni oceaniche più difficili e senza disturbare l'ecosistema marino che stanno sorvegliando. Sono già stati sperimentati in Alaska, nello Stretto di Bering, e in altri test negli oceani del pianeta. Per il progetto Atl2Med i due droni a vela sono partiti lo scorso ottobre dal molo del minuscolo porto di Taliarte, nella parte orientale dell'isola di Gran Canaria. Da lì si sono diretti a sud ovest per raggiungere Capo Verde, di fronte alle coste del Senegal, quindi sono risaliti verso nord per inserirsi, attraverso lo stretto di Gibilterra, nel mar Mediterraneo, passando a sud delle Baleari e giungendo nel mar Ligure. Nei prossimi giorni proseguiranno la navigazione passando davanti alle coste toscane, per poi scendere a sud e risalire l'Adriatico fino a concludere la missione a Trieste.«Grazie a questi droni, pilotati dalla sede di Saildrone in California, potremo raccogliere dati di tipo biogeochimico (Co2, pressione parziale, pH, e così via), fisico, ecologico e di controllo (biomassa/idroacustica) - spiega Vanessa Cardin, una dei tre responsabili della campagna per Ogs -. Con questo sistema è possibile il monitoraggio da remoto di siti molto distanti tra loro». Saildrone ritiene che l'aumento dei dati "in situ" contribuirà a una migliore comprensione dei processi, degli ecosistemi e delle condizioni che hanno un impatto sulle comunità costiere nell'Atlantico, nel Mediterraneo e a livello globale.
Giulia Basso
Arrivo a fine mese, poi il raffronto con gli elementi raccolti a terra
Vanessa Cardin, fra le responsabili del progetto nel capoluogo giuliano: «L'obiettivo è contribuire alle strategie contro i cambiamenti climatici»
«Quando i due droni arriveranno a Trieste, a fine maggio, speriamo di poterli festeggiare adeguatamente. Perché avranno concluso un viaggio di 3200 miglia nautiche durante le quali, grazie ai loro sensori, avranno raccolto una grandissima quantità di dati, per la prima volta anche ad alta risoluzione e rilevanti dal punto di vista geospaziale. In questa campagna l'Italia, con Ogs e Cnr, è coinvolta in maniera importante», spiega Vanessa Cardin, responsabile per Ogs del progetto, insieme a Michele Giani ed Elena Mauri. «Il ruolo nostro e dei ricercatori del Cnr sarà confrontare i dati in tempo reale ottenuti con i droni a vela con quelli che stanno misurando i nostri siti osservativi fissi, composti da boe dotate di sensori. Sono quattro le stazioni osservative fisse italiane: c'è quella nel Mar Ligure, dove attualmente si trovano i droni a vela, monitorata dal Cnr, ce n'è una nel Sud Adriatico di cui sono responsabile io per Ogs, e ancora due a Trieste: una del Cnr, al centro del Golfo, e una a Miramare, di Ogs».La ricercatrice, che è stata coinvolta nel progetto fin dalla fase di progettazione, si è occupata anche di ottenere i permessi e gestire la comunicazione tra la società californiana Saildrone e la Marina militare italiana.«Questa missione si propone di contribuire con i dati raccolti ai programmi e alle strategie per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile fissati dalle Nazioni Unite e in particolare all'obiettivo 13, per l'adozione di misure urgenti per la lotta contro i cambiamenti climatici e i loro impatti e all'obiettivo 14, che mira alla conservazione e all'utilizzo sostenibile delle risorse marine e della vita sottomarina», conclude Cardin.
G.B.
IL PICCOLO - LUNEDI', 4 maggio 2020
Pastini crollati e niente acqua, Sos dal Carso
Si riaggrava la situazione di chi coltiva i terreni sul ciglione. Il
richiamo alle istituzioni: «Manutenzione e rete idrica assenti»
TRIESTE. Pastini che continuano a cedere, muretti interpoderali che
crollano, impianti d'irrigazione, per i terreni adibiti a coltivazione, che
tardano a essere realizzati. È sempre più precaria la situazione sul ciglione
carsico. A denunciarne la gravità è ancora una volta la presidente della
Circoscrizione Altipiano Ovest Maja Tenze. «Recentemente - spiega - sono
crollati ben tre muri, sui sentieri di Prosecco, Santa Croce e Contovello,
quest'ultimo nel tratto che va dal laghetto al nucleo storico della frazione,
oltre alla ringhiera della scalinata che da Santa Croce porta a Sonik, mentre
nessuno si occupa di sistemare la sempre più fitta boscaglia che sta crescendo a
dismisura lungo l'antico sentiero che collega Prosecco a Sk'denc. In uno stato
di fatto di questo tipo, diventa difficilissimo per i coltivatori della zona
dedicarsi con profitto alle loro attività. Sull'area in passato sono stati fatti
investimenti e altri ne sono stati annunciati per dare impulso a tali attività ,
ma senza reali interventi di ripristino a poco serviranno». Non è comunque
questo l'unico problema per gli imprenditori agricoli del costone. Manca anche
un allacciamento con la rete idrica, capace di fornire con regolarità acqua a
chi coltiva i terreni. «Nell'ultimo incontro con il Consorzio di bonifica della
pianura isontina che risale oramai all'agosto del 2018 - riprende Tenze - ci era
stato comunicato che, entro un semestre, sarebbero stati ultimati i lavori
relativi ai collegamenti idrici e ai sistemi di raccolta delle acque piovane,
come previsto nel piano di lavoro, comprendendo l'avvio della fase 2 sotto
l'abitato di Prosecco. A oggi non è stato fatto nulla. La mancanza di
precipitazioni sta provocando ulteriori gravi danni all'agricoltura, alla
viticoltura e alle altre colture pregiate, considerando che poi vi è un alto
rischio di incendi». Una soluzione per questo problema, a Santa Croce, sembrava
possibile: era stata fatta richiesta alla locale Comunella di costruire sul
Monte Babica un serbatoio idrico per poi prolungare un acquedotto esistente.
«Anche di questo progetto - chiosa Tenze - non si è fatto nulla. Chiedo perciò
che siano portati a termine i lavori annunciati ma anche di definire e
programmare al meglio il futuro del territorio a favore delle giovani
generazioni dei nostri agricoltori».
Ugo Salvini /
IL PICCOLO - DOMENICA, 3 maggio 2020
L'asse green dice no agli scavi sotto la linea
Aurisina-Ronchi
La galleria di 23 chilometri incassa il niet dei consiglieri Celic (5S) e
Mervic (Lista Golfo) Contrarietà anche di Antoni del gruppo "Salute e Ambiente"
DUINO AURISINA «Ci opporremo con tutte le nostre forze alla realizzazione di
un "mostro" che andrebbe a lacerare e ferire mortalmente un territorio di una
bellezza unica». Decisa levata di scudi degli ambientalisti locali e di una
parte dell'opposizione che siede in consiglio comunale a Duino Aurisina contro
la proposta di Rete ferroviaria italiana (Rfi), riemersa in questi giorni,
riguardo la realizzazione di una galleria sotterranea, della lunghezza di 23
chilometri, sulla tratta Aurisina-Ronchi che nello specifico andrebbe ad
invadere la Grotta delle Torri di Slivia. «Questa variante ferroviaria -
scrivono in un comunicato i consiglieri comunali Lorenzo Celic (M5S) e Vladimiro
Mervic (Lista per il Golfo) e Danilo Antoni, portavoce del gruppo "Salute e
Ambiente" - è stata bocciata già due volte a livello di "Via" sia nel 2005 che
nel 2016. Evidentemente Rfi non demorde - aggiungono - perciò è opportuno
ricordare che l'opera, inserita nel progetto Alta Velocità/Alta Capacità tra
Venezia e Trieste, comporterebbe costi elevatissimi, tali da sfiorare un
miliardo di euro, e porterebbe a un risibile risparmio di tempo, da un minimo di
6 a un massimo di 10 minuti, per i treni di lunga percorrenza». Ma il costo
maggiore sarebbe un altro: «Parliamo della devastazione che subirebbero le zone
coinvolte e le località carsiche con il loro delicatissimo ecosistema. L'impatto
ambientale e sociale risulterebbe poi di proporzioni impensabili - insistono
Celic, Mervic e Antoni - con migliaia di viaggi di autotreni impegnati a
trasportare e depositare materiale da scavo. Senza contare le continue
vibrazioni dovute al passaggio dei treni che, a opera finita, si
ripercuoterebbero sulle abitazioni dei molti paesi delle vicinanze. Siamo
convinti che il nostro territorio debba cominciare a limitare il più possibile
gli interventi infrastrutturali, energetici e industriali. È infine
incomprensibile - concludono - che queste notizie le si debba sempre apprendere
dalla carta stampata e non da chi ci amministra. Auspichiamo una rapida presa di
posizione del Comune».
Ugo Salvini
IL PICCOLO - VENERDI', 1 maggio 2020
Debutta in centro a Trieste la formula "bus a chiamata"
L'opzione rientra tra le misure allo studio per ridurre l'affollamento
dei mezzi - Entro fine mese previsto il via alla app per prenotare il posto su
tutte le linee
Trieste. Una app per prenotare il posto a bordo. L'estensione anche al
centro città del servizio "smart bus" (una sorta un bus a chiamata tramite
call-center o web, che consente di scegliere fermate di partenza e arrivo oltre
a alla fascia oraria del tragitto). E ancora l'attivazione di una serie di corse
riservate al personale delle varie aziende. Trieste Trasporti si prepara ad
affrontare la fase 2 adottando misure in grado di rispettare le disposizioni
emanate dal governo per ridurre il rischio di contagio da Covid-19. Misure che,
inevitabilmente, continueranno ad avere una ricaduta sotto il profilo economico:
da marzo, dopo l'inizio del lockdown, Trieste Trasporti ha perso l'85% dei
ricavi. Il confronto tra aprile 2019 e 2020 parla di incassi crollati da 2,2
milioni a 700 mila euro. «Con queste cifre possiamo pensare di reggere pochi
mesi - spiega l'amministratore delegato Aniello Semplice -. Sappiamo della
volontà di attivare un fondo nazionale da 800 milioni, che potrebbe
concretizzarsi già con il prossimo dpcm. Di questi dovrebbero arrivarne a
Trieste circa 4/5 milioni. Un aiuto che consentirebbe di mitigare la
situazione».Nel prossimo decreto nazionale dovrebbe anche essere prevista
l'estensione di alcuni mesi dei soli abbonamenti annuali e scolastici. Sul fonte
anti-contagio al momento il governo vorrebbe un'occupazione dei mezzi al massimo
del 20%: dei 160 posti presenti negli autobus snodati da 18 metri ne saranno
disponibili solo 30. «Un numero che renderebbe insostenibile il trasporto
pubblico locale - aggiunge Semplice -. Per questo stiamo mediando con il governo
per arrivare al 50%. Il vero banco di prova sarà poi a settembre, quando
inizieranno le scuole e dovremo gestire mediamente 150 mila persone al giorno.
Con queste regole, pur avendo 271 mezzi, sarà impossibile garantire il servizio
se non verranno rimodulati gli orari di ingresso degli studenti - oggi il 99%
inizia alla stessa ora -, e degli uffici. In questo senso l'assessore regionale
ai Trasporti Graziano Pizzimenti con il suo ufficio sta facendo un lavoro molto
importante».Dal 4 maggio verranno create delle linee dedicate alle aziende alle
quali si potrà accedere solo attraverso l'esposizione del tesserino di lavoro e
del titolo di viaggio. Un esempio sono le tre corse verso Cattinara e due per la
Sissa. Le imprese interessate possono contattare TT per la creazione di un
servizio ad hoc. Entro l'11 maggio, dopo la sperimentazioni in Carso, partirà
poi come detto il servizio smart bus anche in centro città su tre direttrici:
piazza Libertà via Svevo, piazza Tommaseo San Cilino e Corso Italia Ferdinandeo.
Infine dal 15 maggio è previsto il via alla sperimentazione di una app in grado
di garantire la prenotazione del posto sulle linee normali. Se il test dovesse
andare a buon fine, il servizio potrebbe essere operativo da giugno. Al momento
a bordo dei mezzi rimane l'obbligo di indossare la mascherina. Gli spazi interni
saranno delimitati con degli appositi adesivi da lunedì prossimo. In caso di
necessità verranno avviate delle corse aggiuntive in tempo reale. A controllare
il rispetto delle norme sarà il personale delle forze dell'ordine e non quello
di Trieste Trasporti. L'azienda ha già comunicato le diverse iniziative al
Comune. L'assessore alle Partecipazioni societarie Francesca De Santis parla di
«situazione difficile sia per l'azienda che per cittadini, lavoratori e
studenti. L'invito è di avere pazienza e attenersi alle disposizioni».
Andrea Pierini
Già rotta la "tregua pandemica" bipartisan in Consiglio comunale
Pd e Open contro la giunta: «Boccia il nostro sostegno
agli alberghi» - FI rivendica la mozione sui migranti. M5S: «Ora mobilità
alternativa»
Prosegue il dibattito sulla scia del Consiglio comunale di martedì:
incrinato il clima di collaborazione, l'opposizione accusa la giunta di ignorare
le categorie economiche, mentre il centrodestra rivendica l'approvazione di una
mozione in materia di rotta balcanica. La consigliera e segretaria dem Laura
Famulari attacca: «Dipiazza si riempie la bocca di turismo ma poi il
centrodestra si rifiuta di aiutare gli albergatori. È inspiegabile e
ingiustificabile che la maggioranza abbia detto "no" all'urgenza per la mozione
con cui chiediamo di differire la scadenze per il versamento dell'imposta di
soggiorno dal 30 aprile al 31 luglio 2020, che in alcuni casi avrebbe consentito
di anticipare la cassa integrazione per i dipendenti». Al fianco di Famulari si
schiera anche la consigliera di Open Fvg Sabrina Morena, che martedì ha lasciato
l'aula assieme ai colleghi del Pd in segno di protesta per la bocciatura della
mozione.Dal canto suo il capogruppo di Forza Italia Alberto Polacco rivendica
una mozione, cofirmata da Lega, Fratelli d'Italia e Lista Dipiazza e fatta
propria dalla giunta in cui chiede il blocco del confine: «Il testo invita il
comune, anche a mezzo del Prefetto di Trieste, affinché si provveda al blocco
degli ingressi irregolari provenienti dalla rotta balcanica, tenuto conto della
criticità assoluta che tale situazione sta generando in relazione alla possibile
diffusione del coronavirus e non solo e garantire la stabile presenza anche dei
militari in supporto alle forze dell'ordine per il monitoraggio della fascia
confinaria».La capogruppo M5S Elena Danielis lamenta la bocciatura di una lor
mozione sulla mobilità alternativa: «Al termine del lockdown potremmo ritrovarci
con un traffico urbano completamente diverso rispetto al passato. Occorre quindi
creare degli spazi sicuri per chi è disponibile a usare la bicicletta. La bici è
infatti il mezzo di trasporto che più di ogni altro potrà limitare la vicinanza
tra le persone, da un lato, e contribuire alla riduzione dell'inquinamento,
dall'altro».
Giovanni Tomasin
Rete ciclabile transfrontaliera - Sì al progetto da 1,7
milioni
La realizzazione nel parco dell'Isonzo è curata dal Gect e finanziata
dall'Ue - Prevista anche un'area verde con stalli per camper e percorsi pedonali
Prosegue senza intoppi l'iter per arrivare alla realizzazione, entro la
prossima primavera, dell'itinerario ciclabile e pedonale del parco
transfrontaliero sull'Isonzo promosso nell'ambito del Gect Go. In questi giorni
è stato approvato il progetto definitivo relativo al lotto 4, cofinanziato dal
programma di cooperazione territoriale Interreg V-A Italia-Slovenia 2014-2020.A
predisporlo è stata una rete temporanea di professionisti del gruppo Stradivarie
architetti associati di Trieste, per una spesa complessiva di 1.727.797,97 euro.
In una delibera del Comune sono indicati tutti i pareri favorevoli ottenuti in
questi mesi da parte di un gran numero di enti, come la Regione, l'Acegas Aps
Amga, il Consorzio di bonifica "Pianura isontina", l'Insiel, la Soprintendenza,
la Forestale e le principali compagnie telefoniche. Complesso infatti il piano
dei lavori che prevede diverse concessioni e espropri. Come è noto, l'iniziativa
porterà all'attesa rete transfrontaliera comune di percorsi ciclabili e pedonali
lungo l'Isonzo che formerà un parco urbano tra Gorizia, Sempeter-Vrtojba e Nova
Gorica, con la predisposizione di infrastrutture ricreative che valorizzeranno
il territorio anche dal punto di vista turistico. Entro il 2021 verranno
realizzati consistenti lavori infrastrutturali che miglioreranno la fruibilità
dell'area per i cittadini e per i cicloturisti. I lavori previsti all'interno
del progetto Isonzo-Soca sono divisi in quattro lotti. Il primo ha portato alla
realizzazione di un'area verde attrezzata con parcheggi per i camper a Vrtojba.
Il secondo, in corso di svolgimento, riguarda invece la costruzione di una
passerella sul fiume Isonzo a Salcano e a delle piste ciclabili di collegamento
con la ciclabile proveniente da Salcano-Plave. Questo percorso proseguirà fino
al confine di San Mauro. Il lotto 3 riguarda invece un itinerario ciclabile e
pedonale tra Salcano, via degli Scogli e Kolodvorska pot, ancora sul lato
sloveno. Questo tratto attraverserà la piazza della Transalpina per estendersi
fino alla Erjavceva cesta di Nova Gorica e a via San Gabriele. Il lotto 4
prevede, infine, percorsi pedonali e ciclabili lungo l'Isonzo da via degli
Scogli al Parco di Piuma e fino a Straccis, oltre che lungo l'asse trasversale
dallo stesso Parco a via San Gabriele. Si tratta di un itinerario ciclopedonale
lungo l'Isonzo e di uno trasversale che collega via San Gabriele al Ponte del
Torrione.
Emanuela Masseria
«Ingiustificata e inutile la variante ferroviaria tra
Aurisina e Ronchi» - il consigliere regionale Nicoli (FI)
RONCHI«È ingiustificata e inutile la variante ferroviaria tra Aurisina e
Ronchi dei Legionari, prevista tra gli interventi nel lungo periodo dal progetto
di potenziamento e velocizzazione del collegamento Venezia Mestre-Trieste,
presentato da Rete ferroviaria italiana nella IV commissione consiliare». Lo
afferma il presidente del gruppo consiliare regionale di Forza Italia, Giuseppe
Nicoli. Un'opera di tal portata, dice, «andrebbe a interessare l'ecosistema
carsico con sovrappassi e sottopassi ferroviari altamente impattanti per la
geologia e l'ambiente. Tutto ciò per diminuire il tempo di percorrenza tra le
stazioni di Trieste Airport e Trieste centrale di 6-8 minuti, a fronte di
centinaia di milioni di euro di spesa». Per Nicoli, l'opera è inutile per l'alta
velocità riferita al trasporto passeggeri, che va ottimizzato tra Venezia e
Trieste nell'ambito della pianura, anche grazie «agli interventi decritti da
Rfi, che dovrebbero partire a breve e concludersi nel 2025». La variante «non
risolve nemmeno i problemi dell'alta capacità per il trasporto merci da e per i
porti di Trieste e Monfalcone. Problemi sul tavolo da tempo, che vedono nei
colli di bottiglia di Aurisina e bivio San Polo i principali nodi da risolvere.
Rfi - continua - è un esecutore tecnico delle direttive impartite dal ministero
referente e a questo dovremo rivolgere le nostre proposte e perplessità». Nicoli
ricorda i problemi irrisolti: «Il posizionamento delle barriere antirumore,
previste da un decreto ministeriale del 2000 non ancora messe in cantiere. I
Comuni poi sono in difficoltà a concedere permessi in deroga alle norme sui
rumori per cantieri ferroviari a ridosso delle abitazioni. Resta il problema dei
passaggi a livello (come quello sulla statale 305 a Ronchi) e vanno ammodernate
le stazioni (barriere architettoniche tra un marciapiede e l'altro)». Per la
stazione di Monfalcone, Nicoli ritiene sia necessario anche riqualificare il
piazzale esterno: «La stazione potrebbe diventare inoltre luogo di attrazione
storico-culturale vista l'immediata contiguità con il parco tematico della
grande guerra».
Ex Fiera, la Regione fissa gli ultimi paletti: tetto
agli spazi commerciali e tutele green
Pronte le indicazioni che consentiranno alla variante urbanistica di
divenire esecutiva in vista del mega progetto della Mid
Non si potrà incrementare la superficie totale coperta del centro
commerciale. Per la riqualificazione poi di piazzale De Gasperi sarà necessario
utilizzare un manto che sia permeabile per rispettare il criterio di
sostenibilità. Ecco alcune delle indicazioni vincolanti, dettate dalla Regione,
da inserire nella variante 4 al piano regolatore, approvata dal Municipio lo
scorso gennaio, per la realizzazione del futuro centro commerciale dell'Ex Fiera
della carinziana Mid, proprietaria da oltre due anni del complesso. Passaggi
questi necessari e ordinari che gli enti regionali sono tenuti a espletare per
verificare la coerenza dei piani regolatori comunali con il piano urbanistico
regionale e le norme del settore. Le indicazioni, che non erano state recepite
dal Comune, sono state adottate automaticamente attraverso la giunta regionale,
che ieri su questo argomento ha approvato una delibera presentata dall'assessore
alle Infrastrutture e al Territorio Graziano Pizzimenti. Si tratta di misure
ovviamente «concordate sempre con il Municipio stesso», precisa l'assessore, che
specifica: «Il Comune di Trieste ha superato praticamente tutte le riserve che
avevamo già presentato, salvo alcuni elementi di dettaglio. È stato necessario
perciò introdurre alcune integrazioni alla documentazione della Variante
urbanistica e al Piano di settore del Commercio, per superare tutte le
osservazioni formulate e consentire alla variante di divenire esecutiva». Ma
quali sono queste integrazioni per la futura costruzione compresa tra via
Revoltella, via Rossetti, via Sette fontane? Innanzitutto non è previsto un
aumento della superficie complessiva coperta dedicata al centro commerciale.
Allo stesso tempo però «questa superficie - evidenzia Pizzimenti - potrà essere
invece ridotta per favorire l'inserimento di altre attività non legate al centro
commerciale». Questo vuol dire che per realizzare ad esempio una palestra
bisognerà ridurre lo spazio dedicato ai negozi. Una nota all'insegna della
sostenibilità riguarda il materiale che dovrà essere utilizzato per la
riqualificazione di piazzale De Gasperi. L'intervento rientra infatti tra gli
oneri di urbanizzazione di questa area, che saranno comunque da definire in una
fase successiva. La superficie calpestabile della zona, sottolinea la Regione,
dovrà essere dunque permeabile: si tratta di una specifica indirizzata al
risparmio del consumo di suolo. Quali sono i materiali da utilizzare in questo
senso? Si potrà ricorrere a una pavimentazione drenante o realizzando una zona
verde. Tra le ultime indicazioni poi emerge anche la necessità di limitare le
destinazioni d'uso ammesse per l'ex Fiera per mantenere i parametri stabiliti
del volume di traffico. Ovvero, nel caso in cui il privato esprima l'esigenza di
realizzare spazi direzionali o dedicati a servizi e attrezzature collettive,
artigianali, alberghieri o a parcheggi, sarà necessaria «una nuova verifica di
sostenibilità dell'impatto viabilistico che escluda incrementi dei volumi di
traffico». Con la variante 4 completa, lo step successivo riguarda il piano
particolareggiato. La proprietaria Mid sta elaborando in questo periodo, grazie
al confronto settimanale con gli uffici del dipartimento Territorio, Economia,
Ambiente e Mobilità (direttore Giulio Bernetti), la seconda fase, che dovrà
essere approvata dal Comune e che permetterà al privato di ottenere i permessi
per iniziare l'opera edilizia. Nel frattempo, già dallo scorso gennaio, sono
iniziati i primi lavori di demolizione. In totale saranno rasi al suolo 130 mila
metri cubi di cemento, in gran parte macinati sul posto per fornire materia
prima alla futura realizzazione. Si potrà ora passare a mettere a punto il
progetto dell'architetto monfalconese Francesco Morena, prevede un investimento
complessivo di 100 milioni di euro voluto dall'imprenditore carinziano Walter
Mosser, leader della Mid che ha a Klagenfurt il quartier generale. In un'area di
15mila metri quadrati l'imprenditore intende infatti realizzare negozi, botteghe
artigianali, studi professionali, bar, ristoranti ma anche attività di wellness,
fitness e saune.
Benedetta Moro
Alloggi hi-tech, park e palestra nella villa secolare
di Opicina - IL PIANO DI RECUPERO
In via Ermada, a Opicina, in una villa d'inizio Novecento, nascerà un nuovo
complesso abitativo, che sarà affiancato da altre due costruzioni. Il progetto
di riqualificazione iniziale, firmato dallo studio Marzi & Sterni e realizzato
dall'impresa edile Monticolo & Foti, prevedeva la realizzazione di 15 "aparthotel".
Ma l'attuale emergenza ha spinto a un ripensamento della destinazione d'uso in
corso d'opera. Il committente è Villa Wisteria, srl di cui è amministratore
unico Edi Kraus, l'ex assessore allo Sviluppo economico e allo Sport della
giunta Cosolini. Con un investimento di quasi quattro milioni di euro totali,
verranno quindi realizzati nove appartamenti con 11 parcheggi sotterranei, più
altri esterni, da affittare o vendere. La società aveva acquisito la villa nel
2008. «Due anni fa - spiega Kraus - ho deciso di fare quest'investimento, perché
gli indici di turismo stavano aumentando. Sul Carso e a Opicina non c'erano
strutture simili». La casa ha una sua storia: è stata costruita nel 1902, quando
Opicina è stata collegata con il tram, diventando così luogo di villeggiatura
estiva. «Le ville più belle vennero costruite vicino alla stazione del tram»,
sottolinea Kraus: «Grazie poi ai proprietari che si sono succeduti, questa
dimora è rimasta uguale da un punto di vista architettonico». Gli esterni sono
stati salvaguardati, mentre la parte interna è stata completamente sventrata e
sarà ricostruita da zero. La palazzina, dotata già di adeguamento antisismico,
sarà affiancata da altre due abitazioni moderne. «Sono stati adottati gli
attuali criteri di costruzione - evidenzia ancora Kraus - con un impianto
geotermico e pannelli solari fotovoltaici che alimentano gli impianti
tecnologici, tutti molto avanzati. Inoltre ci sarà anche una piccola palestra».
Il cantiere ripartirà lunedì e dovrebbe terminare alla fine dell'anno. «In
questo cantiere abbiamo realizzato con il mio socio Luca Foti un lavoro davvero
particolare», sottolinea Andrea Monticolo, ad dell'impresa e vicepresidente
nazionale, al terzo mandato, dell'Associazione costruttori d'impianti, aderente
a Confindustria: «Adesso siamo pronti a ripartire, ma per i cantieri si palesano
grandi criticità dopo quest'emergenza. Pensiamo alla difficoltà negli
spostamenti, in quanto sarà permesso di muoversi con due persone per
autovettura, oppure ai dipendenti, che dovranno lasciare a casa i propri figli:
con chi staranno? Il governo deve provvedere a risolvere queste criticità».
be.mo.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 30 aprile 2020
A Bosc di Sot 35 specie protette - L'area del laghetto
va tutelata
Legambiente evidenzia la presenza di fauna selvatica d'interesse
comunitario - Chiesto un monitoraggio prima di concedere variazioni al piano
regolatore
Cormons. Nel laghetto di Bosc di Sot ci sono specie protette di anfibi e
uccelli. Lo stabilisce uno studio effettuato da Legambiente Gorizia che,
attraverso l'occhio di due scienziati naturali, ha osservato a distanza quali
siano gli animali stanziati ormai da tempo all'interno dell'area verde non
distante dalle strutture delle Fornaci Giuliane. La relazione di Legambiente,
firmata dai naturalisti Michele Tofful e Davide Roviani, è stata consegnata a
Regione e Comune e identifica la presenza di 35 specie di fauna selvatica
vertebrata: 8 sono inserite nella Direttiva Europea sulla protezione degli
uccelli, mentre sono quattro le tipologie di anfibi inseriti nella Direttiva
"Habitat" d'interesse comunitario. «L'area di Bosc di Sot - si legge nella
relazione - si trova all'interno di un sistema collinare utilizzato da molti
anni per l'estrazione di argilla. La zona umida è composta da un bacino di circa
60 mila metri quadrati e da una zona palustre sopraelevata, formatosi
nell'ultimo lotto di estrazione dell'argilla, di circa 8 mila mq. Il vasto
bacino si è formato nel corso degli ultimi due anni, in seguito all'abbandono
dell'attività estrattiva, e si è rapidamente riempito d'acqua». È lì che Tofful
e Roviani, pur non potendo accedere all'area, sono riusciti ad accertare la
presenza di 35 specie di fauna selvatica vertebrata: si tratta di 6 anfibi, 24
uccelli e 5 mammiferi. Come uccelli sono stati osservati il tarabuso, la casarca,
il marangone minore e ben 210 oche grigie. «Tra gli uccelli ben otto sono
elencati nell'allegato I della Direttiva Europea sulla protezione degli uccelli
79/409/CEE, recentemente sostituita dalla Direttiva 2009/147/CE. La Direttiva
impone agli Stati membri di tutelare tali zone umide». Il tarabuso in
particolare è una specie di airone che in Italia è piuttosto raro. «Per quanto
riguarda gli anfibi finora rilevati - proseguono i due studiosi - la specie di
maggior pregio è la rana di Lataste, un anfibio endemico della pianura padana. È
una specie prettamente boschiva e si riproduce nelle piccole pozze d'acqua che
si creano ai lati di un torrente o negli avvallamenti. La Rana di Lataste è
inclusa nell'Allegato II della Direttiva 92/43/CEE "Habitat" ed è quindi specie
d'interesse comunitario la cui conservazione richiede la designazione di Zone
Speciali di Conservazione (Zsc). Quattro specie, sul totale delle sei rilevate,
sono invece incluse nell'Allegato IV della stessa Direttiva; rana di Lataste,
rospo smeraldino, rana agile e raganella italiana». È fatto divieto di
«catturare o uccidere esemplari di tali specie nell'ambiente naturale,
perturbare tali specie, in particolare durante tutte le fasi del ciclo
riproduttivo, distruggere o raccogliere le uova e i nidi nell'ambiente naturale,
danneggiare o distruggere i siti di riproduzione o le aree di sosta». Secondo i
ricercatori, dunque, l'area umida di neo formazione risulta essere «un ambiente
ad elevato interesse naturalistico». In conclusione, sostengono: «Prima di
concedere qualsiasi autorizzazione o effettuare delle modifiche al Piano
regolatore comunale è necessario attuare una serie di monitoraggi di flora e
fauna presenti».
Matteo Femia
Petrolio ancora sotto zero: «Addio all'energia pulita» - Secondo l'analisi di Generali Investments
«Gli investitori obbligazionari hanno qualcosa da dire agli operatori del mercato petrolifero: benvenuti nel club! I prezzi del petrolio sono scesi sotto zero!»: Vincent Chaigneau, Head of Research di Generali Investments analizza sul sito della compagnia l'era del petrolio sotto zero. Secondo Moody's i prezzi resteranno bassi quest'anno sia per il West Texas Intermediate sia per il Brent, rispettivamente a circa 30 e 35 dollari al barile.«La carenza di strutture di stoccaggio e i costi complessivi di un'interruzione della produzione hanno portato a questa anomalia. Ma la causa principale è il calo della domanda provocato dai lockdown. Il taglio del 10% della produzione deciso in aprile si è rivelato ampiamente insufficiente».Ora i prezzi sono tornati positivi, ma i future restano sotto i 30 dollari per il resto dell'anno: «Sono livelli insostenibili -continua l'economista del Leone-e il numero di impianti di trivellazione negli Usa sta già diminuendo. Neanche i produttori più efficienti possono sopravvivere: il pareggio di bilancio per l'Arabia Saudita è sopra gli 80 dollari al barile».Previsioni? «I prezzi dovranno risalire, ma probabilmente non lo faranno a breve. Il presidente Trump vuole usare il denaro dei contribuenti per sostenere l'industria petrolifera statunitense. Sarebbe chiaramente un'allocazione impropria di quelle risorse. I produttori americani avevano guadagnato quote di mercato: gli Usa guidano ora la classifica mondiale dei paesi produttori. Ciò è ridicolo se si considera che il loro costo di produzione è più alto di quasi tutti gli altri. Tenere in vita queste compagnie non farebbe che aggravare l'eccesso di offerta e mantenere i prezzi più bassi più a lungo».A cosa ci condurrà questo processo? «Purtroppo il prezzo basso ritarderà la transizione verso l'energia pulita, in un momento in cui i piani per contrastare il cambiamento climatico sono già messi a rischio dalle implicazioni della crisi per i conti pubblici. Parliamo di un deficit di bilancio Usa pari a circa il 20% del Pil».
L'orso bruno catturato tra i monti - La trappola dopo
mesi di libertà
Dopo la fuga del luglio 2019, il giovane maschio M49 è ricomparso. In
Trentino convivenza impossibile con l'esemplare
Non è una buona notizia quella della cattura appena avvenuta dell'orso
Papillon (odiosamente marcato con la sigla M49, quasi a indicare un ineludibile
destino da recluso) nella zona delle Giudicarie. E non ha molte spiegazioni,
almeno da un punto di vista scientifico e contingente. Non risultano infatti,
dopo l'ibernazione, attacchi o comportamenti pericolosi verso gli uomini (e
nemmeno verso il patrimonio zootecnico) e anche quelli indicati in passato non
permettevano una sicura connotazione di pericolo per quell'orso. In definitiva,
Papillon è tutt'al più da considerarsi un orso problematico, visti i danni
economici ad alcune attività produttive, peraltro favoriti dalla mancata
adozione di strumenti di prevenzione adeguati. Ma la sua pericolosità per le
persone è ancora da dimostrare. Tutt'al più possiamo definirla 'potenziale'.Non
è una buona notizia perché dimostra che in Italia riesce difficile la convivenza
con quel mondo naturale, e con i suoi abitanti non umani, che, a parole, molti
dicono di auspicare. Proprio mentre siamo tutti sorpresi dalla forza e dalla
ricchezza della vita naturale che prorompe nelle aree cittadine e nei paesi in
cui le persone sono obbligate in casa per via della pandemia. Ci piace osservare
quella reazione naturalistica, purché non ci riguardi troppo da vicino o non sia
prolungata nel tempo. L'orso è una specie protetta sia da Direttive
internazionali che da leggi nazionali (Legge 157/92), e eventuali interventi di
cattura e captivazione di un individuo devono rispettare alcune fondamentali e
comprovate condizioni di necessità. Inoltre non sembra un'ottima idea quella di
rinchiuderlo nella stessa recinzione del Casteller, mostratasi, nel migliore dei
casi, totalmente inadeguata in occasione della fuga precedente. Come l'orso sia
riuscito a scappare, nel luglio 2019, da un recinto alto più di quattro metri e
per di più elettrificato fino a 7000 volts, visto che gli orsi ancora non hanno
sviluppato la capacità di volare, resta un mistero non chiarito dalle autorità
locali. E valgono le considerazioni fatte già a suo tempo a proposito del fatto
che circa un milione di italiani, in Trentino, dove la densità di popolazione è
di 79 abitanti per kmq, non riescono proprio a convivere con questo orso bruno
lasciandolo libero. E neanche con qualche decina di suoi compari sparsi nelle
Alpi orientali. Quando non ci sono evidenze di problemi per l'incolumità di chi
va a fare una passeggiata e nemmeno danni soverchi alle attività produttive.
Nella vicinissima Slovenia, si convive abbastanza tranquillamente con 450 orsi
(da noi sono una cinquantina), con rare catture e ancor più rari abbattimenti in
condizioni estreme, registrando, di media, un caso pericoloso di aggressione
l'anno. Dimostrando che sono l'informazione e l'educazione gli elementi per la
convivenza. Inoltre ricordiamo che è sempre necessario il parere positivo dello
Stato, e la dimostrazione concreta che non esistano valide soluzioni
alternative, nel deprecato caso in cui si volesse optare per l'abbattimento. Ma
da questa storia usciamo tutti sconfitti e vediamo prevalere l'ignoranza delle
questioni naturalistiche oppure gli interessi di parte. L'orso è una
"specie-ombrello", che garantisce la sopravvivenza anche di altre specie. Ma è
anche una "specie-critica", che espleta una seria di funzioni fondamentali per
l'intero ecosistema. Infine è una "specie-bandiera", perché amato dalle persone
e dai turisti e catalizzatore di interesse. Cioè a dire che, se si è
intelligenti, si può addirittura sfruttare in senso positivo la libertà di cui
gode in territori che così si gioverebbero dell'imprimatur di "intatti" e dunque
degni di visita e residenza. In questo quadro l'eventuale danno, sempre limitato
per definizione, in quanto la dieta dell'orso è vegetariana al 70%, al
patrimonio zootecnico è rimediabile e di importanza secondaria. Semmai è chiara
la necessità di investire sempre più energie e risorse nella prevenzione dei
danni, per lavorare per la convivenza con l'uomo e evitare che simili episodi si
ripetano, considerato anche che la popolazione trentina di orsi è in continua
espansione spaziale e numerica. Gli orsi sono esseri magici, una mescolanza di
uomini, dei e animali. Ricordiamo che la ninfa dell'Arcadia Callisto fu
trasformata in orsa per avere trasgredito il suo voto di castità. Peraltro
Callisto lo tradì con Zeus, che, dopo averne approfittato, non impedì che fossa
punita dagli dei. Per farsi perdonare, però, la trasformò in costellazione
(insieme con il figlio Arcade). E in cielo abbiamo almeno due orse, una maggiore
e una minore. Ribadiamo che l'orso ci somiglia da vicino, per questo lo abbiamo
inserito nel mito: abbiamo iniziato insieme la nostra parabola da animali a dei,
solo che noi non siamo più in capaci di una convivenza armonica.
Mario Tozzi
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 29 aprile 2020
Via al bando di gara per l'installazione di 30 boe
ecologiche nel golfo di Panzano
Messe a disposizione dei diportisti che vanno a fare il bagno per evitare
l'uso dell'ancora che erode i fondali marini
Avviata la gara per la sistemazione di trenta boe ecologiche nel golfo di
Panzano. A causa dell'emergenza virus Covid-19 non si sa se si riuscirà a fare
vacanza quest'anno e se vanno avanti così le cose nemmeno l'anno prossimo, non
si sa neppure se sarà possibile spostare la barca. Quello che è certo è che se
non si riuscirà ad andare in Croazia per qualche anno si potrà almeno godere
delle bellezze naturali locali e ormeggiane nel golfo di Panzano in maniera
ecologica al largo dell'isola dei bagni. È stata avviata infatti dal Comune la
procedura di gara pubblica per la fornitura di 30 boe ecologiche. Entra nella
fase finale il piano di intervento per la tutela del litorale da Panzano alla
Cona nell'ambito del progetto europeo Saspas che ha già visto la piantumazione
in mare delle fanerogame. «Quello dell'erosione della linea di costa e dei
fondali è l'effetto più evidente dei cambiamenti climatici in corso - ricorda il
sindaco Anna Cisint - che stanno trasformando in modo irreversibile le comunità
marino costiere distruggendone gli ecosistemici. Un tema rilevanti per il nostro
territorio nel quale ci sono circa 4 mila posti barca e importanti siti
naturalistici». L'unico rimedio è ripristinare la flora marina attraverso
piantumazioni di fanerogame e con ormeggi per i diportisti per evitare di calare
l'ancora quando si staziona davanti alla costa e non provocare danni. Le
praterie di fanerogame sono habitat importanti per la biodiversità, sono le
nursery per molte specie ittiche anche di interesse commerciale abbattendo la
CO2 , come fanno le foreste. L'Ue come è noto ha accolto il progetto di
sperimentazione di questo modello nel territorio. E proprio Monfalcone è
l'ultima riserva per alcune tipologie di flora e fauna marina sparite
dall'intero golfo di Trieste e dall'Adriatico. Il progetto diventerà una buona
pratica per altri contesti.Il Comune, a cui è stato concesso un finanziamento di
oltre 2 milioni di euro, fa da battistrada e capofila di un progetto che
riguarda anche altre aree come le Incoronate, la laguna di Venezia e il parco
marino di Brindisi. Anche Esof 2020 nel panel dei propri incontri scientifici ha
previsto un incontro di presentazione visto il valore dell'iniziativa, che il
Comune riproporrà nel nuovo programma dell'esposizione dedicata alla scienza.Il
corona virus non ha fermato il progetto Saspas. In questi giorni gli uffici
hanno rimodulato il piano delle attività e conseguentemente il budget,
prevedendo una proroga di 9 mesi al completamento dei lavori e stanno avviando
diverse procedure di gara per i relativi affidamenti. Già effettuato quello che
ha dato il via alla collaborazione scientifica con la società Shoreline, che
gestisce il parco marino di Miramare, ora è aperto l'affidamento per la
fornitura, installazione e funzionamento dei sistemi di ancoraggio "environmental-friendly"
che possono ridurre significativamente l'impatto sui prati di piante marine
causato dall'ancoraggio di imbarcazioni da diporto o da altre cause.Si prevede
il posizionamento di 30 gavitelli nella baia di Panzano per favorire l'ormeggio
giornaliero dei diportisti che escono in barca per fare il bagno, in una zona
lontana dalle aree colonizzate da praterie a fanerogame marine e per contenere
il fenomeno dell'estirpazione della vegetazione. L'intervento riguarderà le
prossime due stagioni balneari estive, ma a seconda dell'emergenza potrebbe
essere richiesta la proroga di un anno per il completamento del servizio, che
comprende anche la predisposizione di cartelli e adesivi informativi circa
l'utilizzo delle stesse boe, che avranno forma sferica o semi-sferica e
dimensioni minime di cm 55 di diametro e altezza sull'acqua di circa 60 cm.
Giulio Garau
Nuovi arrivi alla Cona i puledri di Camargue - Delfino
a Marina Julia
Nella riserva sull'Isonzo sono nati tre cavallini ed è atteso un quarto -
Belle sorprese per festeggiare le passeggiate lungo il litorale
STARANZANO. Cresce la famiglia dei cavalli Camargue all'Isola della Cona. In
una decina di giorni sono nati, infatti, tre puledrini, due maschi e una femmina
curati dalle "mamme" e protetti da "papà Tomo. Se i calcoli degli operatori sono
giusti ne a breve ne dovrebbe arrivare un quarto. Una bella notizia per questi
giorni molto particolari. La famigliole sono state avvistate a brucare l'erba
nell'area del "ripristino" di fronte al finestrone del "Museo della papera",
poiché il branco in genere vive allo stato brado in prossimità della foce
lontano dal centro visite. Sono scene familiari emozionanti che purtroppo non
sono alla portata dei fruitori e dai birdwatcher perché la riserva è ancora off
limits ai visitatori. Anche se i lieti eventi erano già nell'aria, per gli
operatori della riserva si è trattata ugualmente di una bella sorpresa scoperta
durante il quotidiano giro di perlustrazione dell'area. I Camargue rappresentano
da sempre una delle attrazioni più caratteristiche dell'Isola della Cona per
bambini e adulti, specie nelle escursioni estive utilizzando quelli addestrati
che hanno un carattere mite, sono addomesticati e pronti per essere cavalcati.
La festa delle nascite dovrebbe continuare secondo gli operatori Matteo De Luca,
Silvano Candotto della Stazione biologica della Cona (Sbic) e Letizia Kozlan
domatrice dei Camargue e vicepresidente della Rogos che ha in gestione la
riserva, poiché erano quattro le cavalle che dovevano dare alla luce altrettanti
puledri. Tre sono già arrivati e se ne attende un altro. «I puledrini, che hanno
il pelo scuro da piccoli, sono nati a distanza di pochi giorni l'uno dall'altro
probabilmente all'alba - ha spiegato ieri Matteo de Luca - poiché ho visto le
famigliole attorno alle 6 mentre albeggiava durante il consueto giro di
monitoraggio per gli uccelli. Le cavalle che erano "in attesa" si vedevano a
mangiare l'erba nei giorni scorsi nei pascoli davanti al bar della Cona. Non
appena sarà riaperta la fruizione della riserva potranno essere facilmente
osservati. Tra il 10 ed il 15 aprile - aggiunge De Luca - sono nati invece altri
due puledrini Camargue anche nella vicina Riserva di Val Stagnon a Capodistria,
con la quale collaboriamo da anni nelle attività scientifiche».Non resta che
trovare i nomi ai nuovi arrivati che in base al regolamento, comincerà con la
"K" ("K" indica appunto l'anno 2020) e dovrà essere anche l'iniziale di un
sostantivo che richiama elementi della natura o anche fenomeni naturali. La
tradizione prevede, secondo quanto riferisce Letizia Kozlan, un concorso
pubblico che verrà attivato in rete già nei prossimi giorni. Chi vuole
partecipare può farlo comunicando le sue proposte o votando i nomi presenti sul
profilo Facebook dell'isola della Cona. Avvistato inoltre al largo di Marina
Julia un delfino come attesta la foto inviata dal lettore Andrea Cristin, che
spiega: «Stavo passeggiando una pinna scura ha destato la mia attenzione.
Fortuna ha voluto che avessi la macchina fotografica e dopo un po' di pazienza
sono riuscito a scattare qualche foto della splendida creatura che faceva
capolino tra le onde a meno di 70 metri dalla battigia».
Ciro Vitiello
«Discarica davanti al cimitero, scempio senza
giustificazioni»
Si scatena il fuoco incrociato contro l'amministrazione di Duino Aurisina
accusata di non aver vigilato a sufficienza nei pressi delle tombe di Visogliano
DUINO AURISINA. Commenti molto severi da parte dei residenti. Accuse sia a
chi ha eseguito i lavori sia all'amministrazione municipale, che «avrebbe dovuto
controllarne l'operato». E, in generale, un forte senso di disagio in tutta la
comunità. Ha suscitato grande eco, a Visogliano e nell'intero territorio
comunale di Duino Aurisina, la notizia della discarica a cielo aperto a ridosso
del muro di cinta del cimitero della piccola frazione carsica. Le spiegazioni
dell'assessore Massimo Romita, che ieri ha confermato che «l'ammasso è il
risultato di una serie di demolizioni di tombe eseguite a febbraio, nell'ambito
del periodico intervento di esumazioni, e poi lasciato sul posto perché nel
frattempo è scattata l'emergenza da coronavirus», non sono dunque state ritenute
sufficienti. A puntare il dito per primi verso l'esecutivo municipale sono stati
ovviamente gli esponenti dell'opposizione.«È palpabile quanto comprensibile e
giustificata - ha detto a questo proposito Igor Gabrovec, capogruppo della Lista
Insieme-Skupaj - l'indignazione dei cittadini nel vedere una discarica, per
quanto definita provvisoria, a fianco del cimitero, un luogo sacro e, in quanto
tale, caro alla sensibilità di ciascuno di noi. Per non parlare della
legislazione - ha aggiunto Gabrovec - giustamente severa e inflessibile quando
si tratta di terre e rocce da scavo. Ci aspettiamo risposte e rassicurazioni
chiare e inequivocabili da parte dell'amministrazione comunale già in occasione
della prossima riunione dei capigruppo (che è in programma oggi pomeriggio,
ndr), affinché scene come quella di Visogliano non vengano più a ripetersi». Di
«spettacolo ignobile, con giustificazioni che rasentano il ridicolo» ha parlato
a sua volta il capogruppo della Lista per il golfo Vladimiro Mervic. «I residui
dello scavo andavano portati via subito - ha sottolineato Mervic - e non
lasciati davanti all'ingresso del cimitero. Capitò la stessa cosa l'anno scorso
al cimitero di San Giovanni di Duino e la discarica rimase sul posto per mesi».
«Ritengo che questa sgradevole situazione - ha commentato Lorenzo Celic (M5s) -
non sia solo una pessima immagine per il territorio, ma anche il risultato di
una grave svista da parte di chi, in Comune, dovrebbe controllare che i lavori
siano eseguiti a regola d'arte. Questo stato di fatto è irrispettoso di ogni
forma e di ogni norma sulla sicurezza. Spero che gli assessori competenti - ha
concluso l'esponente grillino - prendano in mano la questione con la massima
urgenza». «Se non si provvederà rapidamente allo spostamento di quei materiali -
ha osservato infine Elena Legisa (Rifondazione comunista) - si rischia di veder
crescere quell'ammasso di rifiuti, perché le persone potrebbero essere portate a
lasciare altre immondizie sul posto. In ogni caso, era ed è compito del Comune
vigilare».
Ugo Salvini
IL PICCOLO - MARTEDI', 28 aprile 2020
«Mobilità urbana da ripensare per evitare il collasso
da auto»
Nove associazioni chiedono un Consiglio comunale straordinario
Trieste. Una mobilità urbana completamente da ripensare a Trieste alla luce
dell'emergenza Covid-19. A partire dalla fase 2. Nove associazioni (Tryeste,
Fiab, Uisp, Legambiente, Fridays For Future, Bora.La, Zeno, Link e Spiz) hanno
chiesto un Consiglio comunale straordinario «per iniziare un percorso e mettere
a sistema una serie di proposte per far sì che la tanto attesa fase 2 possa
diventare il momento per sperimentare soluzioni che agevolino la mobilità,
rendano maggiormente appetibile il mezzo pubblico, in un contesto di maggior
sicurezza per i pedoni e i ciclisti». L'occasione è offerta dalla ripartenza
prevista per lunedì prossimo. «Dal 4 maggio l'allentamento delle restrizioni per
il contrasto della diffusione del Covid-19 porterà progressivamente alla
riapertura delle attività produttive e commerciali. Per farlo però dovrà essere
ancora mantenuto per lungo tempo un distanziamento sociale tra le persone -
spiega Federico Zadnich, portavoce della nove associazioni -. In questa
situazione è verosimile che l'uso del trasporto pubblico, che a Trieste copriva
il 20% degli spostamenti urbani, sarà fortemente ridotto».Gli effetti del
distanziamento sociale rischiano di portare a Trieste il traffico al collasso.
«In assenza di un Piano emergenziale per la mobilità urbana Post-Covid è facile
prevedere che chi abbandonerà il trasporto pubblico avrà come unica alternativa
per raggiungere il posto di lavoro e muoversi in città l'automobile - spiega
Zadnich -. Se questo dovesse avvenire ci troveremmo di fronte a un aumento
rilevante del traffico, con danni per la sicurezza, la salute, l'ambiente». A
confermare questa preoccupazione ci sono i dati della provincia del Wuhan, in
Cina, dove nella fase post Covid l'uso privato dell'auto è passato dal 34% al
66% degli spostamenti urbani mentre quello del trasporto pubblico è crollato dal
56% al 24%. Per questo bisogna intervenire subito «prendendo decisioni utili a
gestire questa fase transitoria rafforzando la mobilità alternativa all'auto».
Città come Budapest, Bogotà, Philadelphia, Vancouver, Calgary, Vienna, Città del
Messico, Berlino e Londra e in questi giorni anche Milano, Roma e Torino si
stanno attivando. Si pone dunque il problema di garantire anche a Trieste altre
forme di mobilità alternative all'auto attraverso la realizzazione di un Piano
emergenziale per la mobilità urbana Post-Covid che preveda «una serie di
contromisure per mitigare gli effetti dello sbilanciamento dell'offerta di
mobilità sulle auto». Possibili azioni di questo piano emergenziale sono
ampliamento degli spazi pedonali per dirottare su questa forma di mobilità gli
spostamenti urbani inferiori a 3 chilometri e per gli spostamenti dai 3 ai 10
chilometri la realizzazione di una rete ciclabile di emergenza con corsie
dedicate alle bici, realizzate con semplice segnaletica orizzontale lungo le
principali strade di scorrimento di Trieste e il potenziamento del servizio di
bikesharing.
Fa.Do.
SEGNALAZIONI - Limiti di velocità - I 30 all'ora adatti a Trieste
Su Internet leggo: "Milano, la fase 2: limite di velocità a 30 l'ora e spazio alle bici. Tavolini nei posti auto". Questi provvedimenti potrebbero essere estesi a tutte le città, Trieste compresa. La velocità media di un'automobile, in condizioni di scarso traffico in centro, non supera i 25 km/h. Lo scorso 25 aprile, 10.30, con Google Maps ho controllato il percorso Stazione centrale-piazza Perugino: 2,8 km in 8 minuti, velocità media stimata 21 km/h. Quindi il limite di 30 all'ora è pienamente compatibile con le esigenze della circolazione automobilistica urbana, con benefici effetti per tutti: meno inquinamento, meno stress per automobilisti e autisti di Trieste Trasporti, ciclisti in carreggiata e non sui marciapiedi. Che ne pensano i nostri amministratori?
Bruno Spanghero - ciclista urbano
IL PICCOLO - LUNEDI', 27 aprile 2020
"Resto a casa e curo le piante" - Tutorial online per pollici verdi.
Io resto a casa e...curo le piante. In casa, sul balcone, nel giardino o nell'orto. È questa infatti la stagione giusta per prendersi cura delle piante e in questo periodo sarebbero dovuti iniziare pure gli annuali corsi di ortocultura urbana a cura del Gruppo Urbi et Horti, anche con uscite pratiche nei campi, cosa purtroppo attualmente impossibile. Ma la natura non attende la fine della pandemia. Quindi, ecco l'idea delle lezioni a distanza. Con consigli utili, aneddoti, curiosità e anche qualche fiaba per i bambini che in questi giorni sono a casa o qualche piccola attività pensata apposta per loro. Per proseguire l'attività in modalità "smart" in questo particolare momento e offrire preziosi consigli, anche se a distanza, l'associazione Bioest, che da anni ormai organizza corsi di orticultura per contadini urbani nell'ambito del progetto "Urbi et Horti", ha pensato di dare il via a una serie di incontri giornalieri su facebook rivolti a tutti coloro che hanno voglia di iniziare un'attività di giardinaggio biologico in casa o sul balcone. «In questo periodo infatti - spiega la referente, Tiziana Cimolino - bisogna invasare e rinvasare le nostre piante, poiché siamo al cambio di stagione, mettere graticci, sostegni, ripararle e dal freddo e imparare a coltivare, fare un po' di semenzario, prendersi cura delle piccole piantine». «Ogni giorno sul profilo di Bioest o di "orticomunitrieste", ma anche sulla mia pagina personale - prosegue la naturalista - sarà possibile seguire dei mini video di tutoraggio su piccole attività di giardinaggio casalingo. Sono tanti - prosegue Cimolino - i motivi per coltivare una pianta sul proprio balcone: da quelli estetici alla necessità di passare il tempo immergendoci in un'attività coinvolgente. Grazie alle lezioni in pillole - piccoli video dove imparare tecniche orticole, curiosità e notizie dal mondo verde -, sarà possibile partecipare attivamente alle attività proposte direttamente da casa». Impareremo quindi a pulire la pianta dai rami secchi e foglie marcite e a fare una talea.
Gianfranco Terzoli
Potature in tree climbing e gli alberi tornano
protagonisti
L'alleggerimento delle chiome restituisce la bellezza del viale dei
lecci e permette di leggere in profondità lo spazio
Il Parco di Miramare è un complesso paesistico costituito da molteplici
ambiti che vogliono essere scoperti, guardati e visti da plurimi punti di
osservazione collocati lungo i suoi percorsi. Essi permettono una visita
articolata e trasportano, chi li percorre, a trovarsi "casualmente" a godere di
coni ottici sul mare ritagliati nei belvedere dei suoi percorsi in quota,
camminare nelle fresche ombre degli alberi per poi allargare lo sguardo nella
luce dei parterre che consentono, nuovamente, di traguardare il mare, il golfo
di Trieste e il vicino castello, consentendo così di orientarsi in un microcosmo
di bellezza e natura in cui l'artificio è sempre celato. Come è noto il progetto
formale del Parco si articola a partire da alcuni punti salienti oltre i quali
si snoda in una serie di episodi che, anche a seguito delle operazioni di
svelamento e manutenzione che sono in corso in questo periodo propizio ai lavori
boschivi, i nostri ospiti sono invitati a scoprire. Nell'ambito del vasto
programma di manutenzione del parco storico, il piano delle potature è volto a
perseguire una triplice finalità: garantire la sicurezza degli utenti,
valorizzare il nostro giardino ed assicurare ogni cura al patrimonio vegetale.
Si tratta di potature di selezione e di trasparenza realizzate in tree climbing.
Tale scelta è stata dettata dalla conformazione del sito che, per le sue
caratteristiche intrinseche (posizione, accessibilità, pendenza dei versanti)
consente un esiguo uso di piattaforme aeree. A metà gennaio molti dei nostri
visitatori hanno visto procedere giorno per giorno l'avanzamento delle potature
sul viale dei Lecci: dapprima con curiosità, poi fermandosi ad osservare le
lavorazioni eseguite da questi operatori che, arrampicandosi apparentemente
senza fatica, curavano e alleggerivano le chiome dei lecci seguendo le nostre
indicazioni. Lo scopo è stato quello di ritagliare e focalizzare in modo preciso
lo sguardo, favorendo così una lettura di profondità dello spazio attraverso
operazioni di selezione e contenimento. Il risultato che volevamo ottenere era
quello di avanzare di un passo nel processo intrapreso, ossia il passaggio da
bosco a giardino: ora infatti possiamo leggere ogni elemento che forma la volta
ombrosa del viale dei lecci, gli alberi si definiscono uno ad uno come attori su
un palcoscenico accompagnati dai coprotagonisti: i percorsi superiori in quota,
l'articolazione delle rocailles, i belvedere, i gazebo. I prossimi lavori
coinvolgeranno l'area del Lago dei loti e il versante a monte del Bagno Ducale,
anche qui la potatura di trasparenza sarà occasione per poter tornare a
traguardare il mare e il castello. Il tutto volto a confermare che ciascun
ambito del Parco si presenta con la sua personalità, e nell'insieme esso
racconta un grande amore per la natura.
IL PICCOLO - DOMENICA, 26 aprile 2020
E ora in città rispunta pure la volpe - Avvistamento in
zona San Vito
Esemplare "immortalato" vicino a Villa Necker. L'esperto: «È un ottimo
derattizzatore naturale»
E dopo i falsi lupi vennero le volpi. Quelle vere. Complice lo scarso
traffico e le poche persone in giro, sono stati diversi nell'ultimo mese gli
avvistamenti di animali, sia nei quartieri più periferici che nel centro città.
Dopo il cane lupo cecoslovacco, visto nei giorni scorsi fra Bagnoli e San
Giuseppe della Chiusa, ora è il caso della volpe, vista aggirarsi attorno al
giardino di Villa Necker, tra via Belpoggio e salita al Promontorio. Solo,
svagato e dal passo incerto, l'animale è stato ripreso da un lettore nel suo
viavai proprio in cima al muretto divisorio fra i giardini del comprensorio
appartenente all'Esercito e le due strade cittadine, colto molto probabilmente
nell'atto di andare a caccia di cibo. Una presenza, quella di animali come la
volpe, alla quale non eravamo abituati, ma che, come spiega lo zoologo ed ex
direttore dei musei scientifici del Comune, Nicola Bressi, non rappresenta
assolutamente una novità per una città come Trieste. «È scorretto dire che nelle
città tornano a fare la loro comparsa animali come le volpi - spiega Bressi -
questi animali in realtà sono sempre stati presenti, ma la presenza dell'uomo ha
sempre fatto da deterrente alle loro apparizioni. Ora, a causa del confinamento
collettivo, semplicemente escono allo scoperto con più facilità». Il parco di
Villa Necker, inoltre, si è trasformato in habitat privilegiato per molte delle
specie animali solitamente osservabili nei boschi del Carso. «Trattandosi del
parco di una struttura militare non più frequentata come invece accadeva fino a
qualche tempo fa - prosegue Bressi - negli anni là dentro si è creata una specie
di oasi verde che non ha paragoni con quelle di altri parchi o giardini presenti
in città. Proprio perché trattandosi di struttura militare, vi accedono
pochissime persone e ciò ha contribuito a questa "urbanizzazione" delle volpi».
Una zona piena di verde vicinissima al centro cittadino nella quale,
probabilmente, non sarà così difficile incontrarne anche in futuro. Cosa fare in
quei casi? «L'importante, se ne incontrassimo una - ammonisce Bressi - è non
dare loro da mangiare. La volpe è un animale carnivoro, ma abituato a mangiare
un po' di tutto. Se la abituassimo a non procacciarsi il cibo scombussoleremmo
il suo regime alimentare abituandola alla vita cittadina». Al contrario questo
bell'animale dal pelo rossiccio è da sempre considerato un animale efficace per
la caccia ai ratti. «È un ottimo derattizzatore naturale - conclude Bressi -
infatti le volpi, al contrario dei gatti che si nutrono di soli topini, riescono
a cacciare anche i ratti più astuti e veloci». Che sia la volpe, quindi, la
risposta definitiva per debellare l'odiosa presenza dei ratti in città?
Lorenzo Degrassi
Qualità delle acque: da domani i monitoraggi - le analisi dell'ARPA
L'epidemia non ferma i monitoraggi Arpa sulle aree balneabili. Domani i campionamenti verranno effettuati nella fascia di costa tra Lignano e Monfalcone, oltre che su Natisone, Arzino, Tagliamento e lago di Cavazzo. Martedì toccherà alla fascia tra Duino e Muggia. I controlli riguardano i parametri microbiologici di derivazione fecale, cianobatteri, macroalghe e fitoplancton marino. «Anche per le aree balneabili - sottolinea l'assessore all'Ambiente Fabio Scoccimarro - la Regione si sta adoperando per garantire una ripresa sicura e un ritorno alla normalità per i gestori degli stabilimenti».
IL PICCOLO - SABATO, 25 aprile 2020
Sars-Cov-2 sulle polveri sottili: conferma dalle analisi triestine.
Esaminati nei laboratori dell'Università giuliana e dell'Asugi campioni provenienti da Bergamo per tracciare la relazione fra inquinamento da particolato atmosferico e diffusione del virus.
I sospetti c'erano già. E adesso è arrivata la conferma, grazie ad analisi realizzate dall'Università di Trieste in collaborazione con i laboratori dell'Asugi: il coronavirus Sars-Cov-2 è stato ritrovato sul particolato (Pm). Ad annunciarlo è la Società italiana di medicina ambientale (Sima), che già un mese fa aveva pubblicato sul proprio sito una relazione nella quale si ipotizzava una correlazione tra l'effetto dell'inquinamento da particolato atmosferico e la diffusione del virus nella popolazione. Per confermare questa ipotesi è stato avviato uno studio con l'obiettivo di ricercare la presenza dell'Rna del Sars-CoV-2 sul particolato atmosferico. Vi hanno partecipato, oltre a Sima, ricercatori delle Università di Bari, Bologna, Trieste e della Cattedra Unesco dell'ateneo di Napoli Federico II. Le prime evidenze provengono da analisi eseguite su 34 campioni di Pm10 in aria ambiente di siti industriali della provincia di Bergamo, raccolti con due diversi campionatori d'aria per un periodo continuativo di tre settimane, dal 21 febbraio al 13 marzo. I campioni sono stati analizzati appunto dall'Ateneo triestino in collaborazione con i laboratori dell'Azienda ospedaliera Giuliano Isontina, che hanno verificato la presenza del virus in almeno 8 delle 22 giornate prese in esame.«Mi è stato chiesto di analizzare una serie di filtri di campionamento che provengono dalla bergamasca e normalmente vengono utilizzati per quantificare le polveri sottili», spiega Alberto Pallavicini, biologo e genetista esperto in analisi di Dna ambientale che ha portato avanti i test in collaborazione con il chimico Pierluigi Barbieri, esperto in contaminanti ambientali. «Ho utilizzato la strategia di estrazione degli acidi nucleici da matrici ambientali "complicate", seguito da un sistema di diagnostica molecolare approvato dall'Oms: dalle prime analisi ho riscontrato una presenza importante di Rna virale del Sars-CoV-2, che poi è stata confermata in misura minore da una seconda tranche di analisi effettuata nei laboratori dell'Ospedale Maggiore».Questo risultato è supportato da evidenze precedenti: c'è una solida letteratura scientifica riguardo alla diffusione dei virus nella popolazione che correla l'incidenza dei casi di infezione virale con le concentrazioni di particolato atmosferico. È noto che il particolato atmosferico funziona da carrier, ovvero da vettore di trasporto, per molti contaminanti chimici e biologici, inclusi i virus, che si "attaccano" al Pm, che costituisce così un substrato che può permettere al virus di rimanere nell'aria in condizioni vitali per un certo tempo. «Sono in corso ulteriori studi di conferma di queste prime prove sulla possibilità di considerare il Pm come carrier di nuclei contenenti goccioline virali, ricerche che dovranno spingersi fino a valutare la vitalità e soprattutto la virulenza del Sars-CoV-2 adeso al particolato», conclude Alessandro Miani, presidente Sima e coordinatore del gruppo di ricerca insieme ai professori Leonardo Setti e Gianluigi De Gennaro.Se dunque resta per ora tutto da dimostrare che vi sia una via di contagio attraverso il particolato, intanto quanto alla situazione dell'aria a Trieste, Barbieri rassicura: «Le polveri possono avere un ruolo di carrier solo in particolari condizioni di stagnazione atmosferica, come quelle che stagionalmente si possono verificare nel bacino padano, che per certi versi somigliano a un ambiente indoor con poco ricambio d'aria. All'aperto, con la ventilazione e il bel tempo che abbiamo nelle condizioni attuali a Trieste e in Friuli Venezia Giulia, la dispersione e diluizione atmosferica di virus e inquinanti è ben maggiore rispetto a quella invernale lombarda, veneta ed emiliano romagnola, e il distanziamento, a due metri o più, e l'impiego di mascherine filtranti forniscono una ragionevole tutela rispetto al possibile contagio».Oltre all'elemento polveri sottili, che certamente impatta a livello epidemiologico anche perché compromette la salute polmonare, un'altra ricerca italiana condotta da esperti della Società italiana di allergologia, asma e immunologia clinica (Siaaic), punta il dito sulla densità abitativa: più che lo smog, sostiene la ricerca, sarebbe la maggiore densità di popolazione ad avere avuto un ruolo decisivo nei contagi in Lombardia, Emilia Romagna e Veneto.
G.B.
Centro congressi in Porto vecchio - in arrivo un'iniezione da 1 milione.
Il presidente Bravar portera' la delibera in cda: la cifra servira' a completare i lavori entro i primi di luglio
Centro congressi in Porto vecchio, giovedì 30 aprile una delibera da 1 milione di euro sarà portata dal presidente e amministratore delegato Diego Bravar all'attenzione del consiglio di amministrazione Tcc (Trieste convention center) con l'obiettivo di finanziare il completamento dei lavori edile-impiantistico-logistici.In modo che già il 1° luglio la società possa consegnare a Fit/Esof le chiavi dell'inaugurando compendio: l'attuale disponibilità finanziaria, gli stretti tempi condizionati dall'emergenza sanitaria non consentono di arredare la struttura, soprattutto il Magazzino 28 bis dove si concentrano i quasi 1900 posti dove si accomoderanno i futuri convegnisti. Esof, primo cliente di Tcc, provvederà in proprio con il noleggio degli allestimenti mediante gara. Entro fine settembre, quando Fit/Esof avrà disallestito la manifestazione e Tcc sarà tornato in possesso del centro, la società riprenderà l'iniziativa per l'acquisto degli arredi, confidando che nel frattempo Generali abbia concesso il prestito da 3 milioni. Ricordiamo che Generali è il secondo azionista di Tcc con il 12%, superato solo dalla TriesteValley di Diego Bravar, mentre al terzo posto si classifica la Illy: i tre soci maggiori rappresentano un terzo abbondante del capitale sociale, per il resto costituito dagli apporti di 60 azionisti. Tra questi il più grande dei più piccoli è il mobiliere friulano Alessandro Calligaris. Intanto ieri mattina l'assemblea, svoltasi in forma telematica, ha approvato il bilancio 2019, che ha chiuso con una perdita pari a poco più di 230.000 euro, perdita preventivata causa l'assenza di ricavi, essendo il cespite-base ancora in costruzione. La struttura finanziaria dell'operazione - riepiloga una nota - è costituita da 14,5 milioni, di cui 2 di capitale sociale, 5 di contributo del Comune triestino, 7,5 di mutui contratti con Bpm, Bcc Staranzano e Villesse, Fruie, Civibank, Mps, Unicredit, Intesa San Paolo, Cassa rurale Fvg. In consiglio siedono, oltre a Bravar, Cristiana Fiandra, Paco Ferrante, Claudio Sambri, Roberto Morelli, Simone Mocchiutti, Adrio Maria de Carolis, Aldo Minucci.
Massimo Greco
IL PICCOLO - VENERDI', 24 aprile 2020
«Mobilità urbana, serve un Consiglio straordinario» -
l'appello di nove realtà
Bus, ciclabili, bikesharing, marciapiedi: «Nella fase 2 va ripensata la
mobilità urbana». È l'appello di Tryeste, Fiab, Uisp, Legambiente, Friday For
Future, Bora.La, Zeno, Link e Spiz al Comune: «Il distanziamento sociale rischia
di portare il traffico al collasso», scrivono le nove associazioni, che
reclamano «un Consiglio straordinario».
Avanti con la Trieste-Venezia ma è scontro su stazioni
e fondi
Rfi conferma la realizzazione della linea ferroviaria veloce entro cinque
anni senza però spegnere le perplessità. Fermate solo a Latisana e Ronchi, è
rebus
Rete Ferroviaria Italiana lo aveva ribadito mesi fa: i lavori per la
velocizzazione della linea ferroviaria Venezia- Trieste, che consentiranno a un
treno passeggeri di collegare le due città in poco più di un'ora, si
concluderanno nel 2025. Quei lavori non sono nemmeno iniziati, ma ieri - dopo
l'audizione in videoconferenza nella Quarta commissione del Consiglio regionale,
su sollecitazione del gruppo 5 Stelle, che ha consentito di svelare almeno gli
studi di fattibilità di Rfi - già presentati o in fase di redazione - Rfi stessa
ha fissato nel 2021 l'avvio dei cantieri e l'assessore regionale ai Trasporti
Graziano Pizzimenti lo ha ripetuto: tra cinque anni l'opera sarà completata.
L'opposizione non si accontenta, il Pd non trova risposte sul numero delle
stazioni (l'assessorato evita di entrare nel merito, ma nel cassetto c'è
l'ipotesi di tre fermate in Fvg: Latisana, Ronchi e Trieste), il M5s evoca il
«bluff di chi parla di alta velocità», ma Pizzimenti tira dritto e dichiara che
il progetto, da 1,8 miliardi, «è propedeutico» alla Tav (che, nel caso, costerà
quattro-cinque volte di più). Anzi, «o i lavori si fanno pensando all'alta
velocità in futuro oppure è meglio non farli». Dibattito aperto, e anche acceso.
Ma per adesso non resta che prendere atto di quello che c'è. Le slide di Rfi
sono una prima informazione dopo anni di soli annunci. Il potenziamento della
linea Venezia-Trieste, informa una nota di Palazzo che riassume la relazione dei
tecnici della società statale, passa attraverso una serie di interventi da
realizzarsi soprattutto nel breve e medio periodo, in particolare quelli
relativi alla tratta Mestre- Ronchi Sud, con la possibilità di velocizzare fino
a 200 chilometri all'ora la linea esistente e la soppressione di 23 passaggi a
livello. I vantaggi? Stabilità degli orari, regolarità dell'esercizio e tempi di
percorrenza ridotti, insieme ad affidabilità e aumento della velocità. Le
cronache raccontano di un primo stanziamento di 200 milioni del ministero Delrio
nel 2016. Nel comunicato della Regione si parla però ora di 160 milioni
disponibili, «la prima tranche di quel miliardo e 800 milioni che è la stima del
capitale necessario per l'intero intervento». Il resto delle risorse? Nulla più
che un auspicio: «In seguito se ne potranno aggiungere di nuove». Pizzimenti si
mostra fiducioso: «Si comincia a ragionare su un tracciato ben preciso e su una
lunga serie di particolari relativi sia al trasporto di passeggeri che a quello
delle merci». Ma non nasconde le criticità, «soprattutto nelle varianti di
Latisana, dove è prevista la realizzazione di una nuova stazione, esterna al
centro abitato, del fiume Isonzo e della tratta Ronchi- Trieste. Importanti
saranno la massima trasparenza e l'interazione con il territorio, continuando
nell'ottica della condivisione e individuando soluzioni che non precludano
l'alta velocità». Il Pd, però, attacca. «Sul tracciato dell'alta velocità
ferroviaria Trieste-Venezia, la giunta Fedriga è rimasta ferma ai titoli,
assente e in totale confusione, senza andare oltre a quanto vagamente annunciato
nel programma elettorale», dice Mariagrazia Santoro. «L'audizione è stata utile
per il confronto con Rfi - aggiunge Diego Moretti - ma del tutto interlocutoria
per quanto riguarda la giunta. Sono mancati in particolare chiari indirizzi
sulla variante Ronchi-Aurisina, opera molto impattante dal punto di vista
ambientale, e sul tema stazioni». E sulla Ronchi-Aurisina interviene anche il
pentastellato Cristian Sergo: «Non vorremmo si spendessero altri milioni in
progettazione di opere simili a quelle che sono già state bocciate due volte
dalla Commissione Via». Per Massimo Moretuzzo del Patto per l'Autonomia la Tav
«è opera anacronistica», mentre il capogruppo di Fi Giuseppe Nicoli chiede un
tavolo permanente tra Regione, Rfi, comuni e territorio.
Marco Ballico
Pronta nel 2025 l'alta velocità Trieste-Venezia
La stazione di Latisana e il nodo di Ronchi i maggiori dubbi progettuali
Rete Ferroviaria Italiana lo aveva ribadito mesi fa: i lavori per la
velocizzazione della linea ferroviaria Venezia- Trieste, che consentiranno a un
treno passeggeri di collegare le due città in poco più di un'ora, si
concluderanno nel 2025.Quei lavori non sono nemmeno iniziati, ma ieri - dopo
l'audizione in videoconferenza nella Quarta commissione del Consiglio regionale,
su sollecitazione del gruppo 5 Stelle, che ha consentito di svelare almeno gli
studi di fattibilità di Rfi - già presentati o in fase di redazione - Rfi stessa
ha fissato nel 2021 l'avvio dei cantieri e l'assessore regionale ai Trasporti
Graziano Pizzimenti lo ha ripetuto: tra cinque anni l'opera sarà completata.
L'opposizione non si accontenta, il Pd non trova risposte sul numero delle
stazioni (l'assessorato evita di entrare nel merito, ma nel cassetto c'è
l'ipotesi di tre fermate in Fvg: Latisana, Ronchi e Trieste), il M5s evoca il
«bluff di chi parla di alta velocità», ma Pizzimenti tira dritto e dichiara che
il progetto, da 1,8 miliardi, «è propedeutico» alla Tav (che, nel caso, costerà
quattro-cinque volte di più). Le slide di Rfi sono una prima informazione dopo
anni di soli annunci. Il potenziamento della linea Venezia-Trieste, informa una
nota di Palazzo che riassume la relazione dei tecnici della società statale,
passa attraverso una serie di interventi da realizzarsi soprattutto nel breve e
medio periodo, in particolare quelli relativi alla tratta Mestre-Ronchi Sud, con
la possibilità di velocizzare fino a 200 chilometri all'ora la linea esistente e
la soppressione di 23 passaggi a livello.Le cronache raccontano di un primo
stanziamento di 200 milioni del ministero Delrio nel 2016. Nel comunicato della
Regione si parla però ora di 160 milioni disponibili, «la prima tranche di quel
miliardo e 800 milioni che è la stima del capitale necessario per l'intero
intervento». Il resto delle risorse? Nulla più che un auspicio. Pizzimenti si
mostra fiducioso: «Si comincia a ragionare su un tracciato ben preciso e su una
lunga serie di particolari relativi sia al trasporto di passeggeri che a quello
delle merci». Ma non nasconde le criticità, «soprattutto nelle varianti di
Latisana, dove è prevista la realizzazione di una nuova stazione, esterna al
centro abitato, del fiume Isonzo e della tratta Ronchi- Trieste».Il Pd, però,
attacca. «Sul tracciato dell'alta velocità ferroviaria Trieste-Venezia, la
giunta Fedriga è rimasta ferma ai titoli, assente e in totale confusione, senza
andare oltre a quanto vagamente annunciato nel programma elettorale», dice
Mariagrazia Santoro. «L'audizione è stata utile per il confronto con Rfi -
aggiunge Diego Moretti - ma del tutto interlocutoria per quanto riguarda la
giunta. Sono mancati in particolare chiari indirizzi sulla variante
Ronchi-Aurisina, opera molto impattante dal punto di vista ambientale, e sul
tema stazioni». E sulla Ronchi-Aurisina interviene anche il pentastellato
Cristian Sergo: «Non vorremmo si spendessero altri milioni in progettazione di
opere simili a quelle che sono già state bocciate due volte dalla Commissione
Via».
Marco Ballico
IL PICCOLO - GIOVEDI', 23 aprile 2020
Trieste e Muggia "lontane" - Il collegamento ciclabile
con la Parenzana traballa
L'amministrazione Dipiazza punta a un by-pass via mare ma quella
rivierasca non ci sta «Nulla osta però non può escludere un'opera via terra»
MUGGIA. La ciclabile da Trieste a Muggia, per mettere in connessione la
Parenzana con il capoluogo regionale, è ferma ai box. Tra i motivi della stasi
del progetto ci sono questioni squisitamente tecniche, come il nodo
dell'attraversamento della galleria di Montebello, punto di partenza della
ciclabile: senza partenza dei lavori riguardanti quella galleria, niente
ciclabili. Ma le questioni sono anche politiche: nell'affaire ciclabile è da
Trieste che arrivano delle novità sul percorso: «Noi stiamo procedendo - le
parole dell'assessore all'Urbanistica del capoluogo Luisa Polli - per quel che
ci compete con la pista lungo la galleria di Montebello, e poi con Uti e Regione
per la parte relativa al collegamento Flavia - Muggia. Attualmente è all'esame
il superamento del problema della ferrovia, che ora serve al Porto». Tutto nella
norma, se non fosse per la seconda "porzione" delle dichiarazioni dell'assessore
della giunta Dipiazza: «La ciclabile non si farà in via Flavia, stiamo studiando
alternative alla luce dello sviluppo economico dell'ex zona Ezit. Un'opportunità
che sto valutando con l'assessore regionale Pizzimenti è quella di potenziare i
collegamenti per bici via mare». Pronta la risposta da Muggia: «Il potenziamento
dei servizi bici via mare è senz'altro auspicabile, ma non come alternativa a un
collegamento via terra», così il vicesindaco e assessore alla Viabilità della
cittadina rivierasca Francesco Bussani. «Le piste ciclabili devono poter
consentire una mobilità lenta intercomunale. È quindi importante finalizzare una
volta per tutte lo sviluppo delle direttrici su cui ci si è già confrontati in
questi anni con l'Uti», taglia corto Bussani a proposito delle novità
dell'ultima ora. Si tratta insomma di una ciclabile che da anni deve fare i
conti con dei veri e propri "colli di bottiglia". Uno di questi, per quel che
riguarda il territorio muggesano, è rappresentato dall'attraversamento del rio
Ospo, dove si trova anche il punto di partenza della Parenzana stessa. «Il ponte
alla foce dell'Ospo - spiega Bussani - è riconosciuto da tutti come uno dei
punti più pericolosi per la mobilità lenta dell'intera ex provincia, tanto che
l'Uti ha già realizzato degli interventi sulla segnaletica per garantire per
quanto possibile una maggior sicurezza». La soluzione trovata, come riconosciuto
dal vice Marzi, consisterebbe nel «realizzare una pedana ciclopedonale parallela
al ponte attuale, che andrebbe ad allacciarsi alla ciclabile di prossima
realizzazione che dalla rotonda si svilupperà verso Muggia. L'alternativa, più
onerosa, sarebbe che la Regione riportasse a galla il vecchio progetto della
Provincia, che prevedeva il rifacimento totale del ponte, come secondo lotto
rispetto alla realizzazione della rotonda. La speranza è che la soluzione
"minore" trovi nella progettualità e nella realizzazione della ciclabile
Trieste-Muggia una motivazione sufficiente per essere finalmente realizzata».
Infine da Bussani arriva pure una suggestione: «Dal punto di vista turistico
sarebbe un'ottima cosa realizzare anche il collegamento ciclabile tra Muggia e
San Dorligo della Valle, consentendo lo spostamento in sicurezza dal nostro mare
alle bellezze del Val Rosandra».
Luigi Putignano
Video "green" sul nuovo sito di Mediatecambiente FVG.
È online la nuova versione di www.mediatecambiente.it, uno spazio web che raccoglie progetti, sperimentazioni e novità che riguardano l'educazione ambientale attraverso l'audiovisivo. Mediatecambiente è un progetto nato nel 2007 grazie alla collaborazione tra l'Arpa Fvg-Laboratorio regionale di educazione ambientale (LaRea) e il Sistema regionale delle mediateche del Friuli Venezia Giulia (di cui fanno parte la mediateca Pordenone di Cinemazero, la Mario Quargnolo di Udine, la Ugo Casiraghi di Gorizia e La Cappella Underground di Trieste). Nel sito sono raccolti tutti i progetti svolti negli ultimi anni e quelli in corso; inoltre sono disponibili più di 60 video, tra spot realizzati con le scuole, minidoc, tutorial e documentari. Una delle sezioni più ricche del sito è quella dedicata agli spot realizzati con le scuole secondarie di secondo grado e con le università. In particolare, durante i laboratori audiovisivi della durata di circa 20 ore, gli studenti scelgono uno o più aspetti chiave legati al tema ambientale trattato, per sviluppare un'idea e trasformarla in uno spot video, legando così conoscenze tecniche del montaggio audiovisivo all'approfondimento della tematica ambientale con un esperto dell'Arpa Fvg. Un altro format audiovisivo sul quale ha puntato il progetto Mediatecambiente è quello dei documentari quali veicolo culturale per sviluppare sul territorio riflessioni e progettualità volte alla sostenibilità. A tal proposito, dopo il successo di "Un paese di primule" e "Caserme" del 2014, dedicato al recupero delle caserme abbandonate in Friuli Venezia Giulia, sono stati prodotti tre documentari sugli aspetti socio-culturali legati ai fenomeni meteo e il documentario "Binari", sull'abbandono e recupero delle linee ferroviarie per promuovere progettualità legate al turismo lento e alla mobilità sostenibile. Nel sito è visualizzabile anche un catalogo tematico per ricercare audiovisivi e progetti su tematiche inerenti l'ambiente e la sostenibilità. Sempre dal sito è possibile verificare quali film sono disponibili nelle diverse mediateche della regione. Dal 2007, grazie alla collaborazione tra Arpa Fvg e il Sistema regionale delle mediateche del Fvg, sono state organizzate più di 250 manifestazioni tra proiezioni cinematografiche e altri eventi per le scuole e il pubblico in regione. Mediatecambiente si rivolge ad appassionati di cinema e di ambiente, può essere utile agli studenti per approfondire tematiche ambientali in modo informale, agli educatori per progettare dei percorsi di educazione ambientale attraverso l'audiovisivo e ai videomaker per promuovere i loro progetti.
Le Aree tutelate - Arato un prato stabile di Lucinico -
Legambiente chiede il ripristino
Un prato stabile di tre ettari stravolto dall'aratro e trasformato in un
campo coltivato come tutti gli altri. Un autentico sfregio ad un ambiente
naturale prezioso che, in seguito all'allarme lanciato dagli ambientalisti,
dovrà essere in qualche modo sanato, sperando che la natura possa presto
riprendersi ciò che le è stato tolto. È accaduto a Lucinico, in un'area in
prossimità del corso dell'Isonzo, dove Legambiente ha denunciato alla Regione -
e nello specifico al Servizio biodiversità - la distruzione di un prato stabile
della superficie di circa tre ettari: di qui l'azione degli uomini della
stazione forestale di Gorizia e l'attivazione di una procedura che porterà il
Comune a emettere un'ordinanza di ripristino. Quel prato era tutelato in quanto
inserito nell'inventario regionale con tipologia "magredo a forasacco", ed è uno
dei tanti prati stabili che arricchiscono il territorio regionale,
rappresentando autentici scrigni di biodiversità. In molti casi, ad esempio,
ospitano specie rare come le orchidee. «Questo tipo di prati stabili sono
sottoposti ad una protezione rigorosa proprio per questo motivo - spiega in una
nota Legambiente, il cui comitato goriziano è guidato dal presidente Luca Cadez,
e che punta in futuro ad organizzare iniziative di divulgazione ed escursioni
per far conoscere meglio i prati stabili alla cittadinanza -: ospitano fino a
settanta specie diverse di piante per ogni 100 metri quadrati, ma anche tanti
animali, insetti e le api così preziose per l'ecosistema». I prati stabili però
oggi sono a rischio, anche perché le mutate condizioni economiche degli ultimi
decenni stanno portando a fenomeni differenti. Da un lato i prati spariscono
perché non vengono più sfalciati con regolarità, e dunque si riempiono di
cespugli e arbusti. Dall'altro, invece, i proprietari ignorano o violano la
legge e li arano per poi coltivarli, causando però in questo modo un danno
immenso all'ambiente. Non solo. Accanto a comportamenti poco attenti ci sono
anche atti vandalici più volte segnalati dagli ambientalisti, per non parlare
delle scorribande di alcuni praticanti di motocross che spesso attraversano e,
dunque, danneggiano anche aree tutelate. «La riduzione dei prati stabili sta
portando alla perdita di numerosi servizi propri dell'ecosistema - l'allarme
lanciato da Legambiente -, tra cui l'impollinazione. Il rapporto con la natura e
l'ambiente è fondamentale per il benessere umano, e ce ne stiamo rendendo conto
mai come in questo periodo segnato dal coronavirus, e anche per questo motivo è
importante preservare ecosistemi come i prati stabili». La legge poi parla
chiaro. Fin dal 2005 la Regione ha tutelato i prati stabili prevedendo in caso
di danneggiamenti, oltre all'obbligo del ripristino, anche sanzioni fino a mille
euro per ogni mille metri quadrati rovinati. Esistono poi anche incentivi (fino
a 250 euro all'ettaro) per i proprietari dei prati chiamati ad eseguire lo
sfalcio, che possono presentare richiesta di contributo entro il 30 giugno.
Marco Bisiach
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 22 aprile 2020
Acegas dichiara guerra ai rumori prodotti dal
depuratore di Servola
Completata l'installazione di moderni impianti di insonorizzazione per
eliminare i disagi per i residenti
Il depuratore di Servola diventerà super silenzioso e non arrecherà più
disturbo alla cittadinanza. Parola di AcegasApsAmga che ha reso nota ieri la
conclusione dei lavori per l'installazione di nuovi sistemi di insonorizzazione
durati una scorsa settimana. Lo scopo principale dell'intervento è stato quello
di integrare l'impianto di depurazione con l'area circostante. AcegasApsAmga
definisce con soddisfazione l'impianto di Servola «come uno dei più innovativi
al mondo nel campo della depurazione». E ora anche uno dei più silenziosi grazie
alla scelta di minimizzare ogni rumore così da rientrare nei limiti previsti
dalle normative in materia di inquinamento acustico. «Un depuratore che dialoga
con il mare - si legge nella nota della multiutility-, rimanendo muto come un
pesce». Il progetto è stato realizzato attraverso il partner francese Veolia ed
il Gruppo Hera, avvalendosi della collaborazione di Arpa e Comune di Trieste. I
sistemi d'insonorizzazione ed i pannelli fonoassorbenti impiegati contro le
emissioni acustiche hanno portato «quindi molto al di sotto dei limiti
normativi, mirando all'impronta zero». Un monitoraggio accurato ha evidenziato
subito il fatto che alcune delle emissioni avrebbero comunque «potuto essere
percepite dalle abitazioni circostanti, in particolare ai piani più alti di via
Svevo». Ecco allora la decisione dell'ex municipalizzata di intervenire
direttamente per evitare ogni possibile fastidio acustico. La posizione del
depuratore di Servola è particolare rispetto ad altri: la vicinanza alla città è
un dato di cui s'è tenuto conto fino dalla costruzione. Per questo motivo
AcegasApsAmga ha stabilito «di realizzare un impianto completamente chiuso: in
particolare nella galleria tecnica, vero cuore del depuratore, sono stati
alloggiati i macchinari potenzialmente più rumorosi, impedendo in questo modo
che le emissioni acustiche vengano percepite all'esterno». Secondo i rilievi due
erano le fonti acustiche sul tetto del depuratore che avrebbero potuto causare
emissioni impattanti: una tubazione e l'estrattore d'aria. Una scatola
fonoisolante e fonoassorbente è stata individuata come la soluzione ideale per
bloccare i rumori in uscita dall'estrattore. La tubazione è stata invece chiusa
grazie ad alcuni pannelli (fonoisolanti e fonoassorbenti) lunghi quasi 23 metri
e di 2 metri all'incirca d'altezza. Tra tetto e tubazione sono poi stati posti
blocchi capaci di contenere eventuali onde sonore. Gli ultimi lavori effettuati
da AcegasApsAmga seguono altri compiuti sui miscelatori nel 2019: in
quell'occasione «per ridurre il suono proveniente dalle vasche di miscelazione»
era stata fatta una copertura «con lastre in fibrocemento integrate con un
pannello fonoisolante». Anche i motori dei miscelatori sul tetto del depuratore
avevano avuto copertura tramite «scatolari appositamente creati in materiale
fonoassorbente».
Lorenzo Mansutti
L'Ogs a caccia del virus nell'acqua di mare per
assicurare una balneazione sicura
La direttrice Paola Del Negro: «Un lavoro complesso per la diversità
dell'ambiente marino, è presto per i primi risultati»
TRIESTE. Come saranno le nostre vacanze estive al mare? Saremo ancora
ostaggio del coronavirus o liberi di nuotare in acque limpide e sicure? Tutto
dipende se il Covid-19 sopravvive nell'acqua del mare. Proprio per dare evidenza
scientifica e una risposta a questi interrogativi l'Ogs, (Istituto Nazionale di
Oceanografia e di Geofisica Sperimentale con diverse sedi a Trieste e Udine), ha
appena avviato una precisa ricerca. Un verdetto in tempi brevi non sarà
possibile, ma è quello che chiedono anche i tavoli di lavoro regionali sul
turismo che si svolgono settimanalmente in questo periodo. L'indagine dell'Ogs,
infatti, è nata in concomitanza alla richiesta degli operatori del turismo
regionali che cercano di metterci nelle condizioni più sicure per trascorrere
l'estate al mare.«Assieme al Dipartimento di Scienze della vita dell'Università
di Trieste - spiega il direttore generale dell'Ogs Paola Del Negro - stiamo
lavorando a un protocollo che adatti all'ambiente marino i sistemi attualmente
usati per la rilevazione del virus. L'acqua del mare, come ci si può immaginare,
ha caratteristiche del tutto particolari». Nella fattispecie, il team di
ricercatori messo in campo sta cercando di capire se e come il virus può trovare
le condizioni per sopravvivere e, soprattutto, se possa essere infettivo
nell'acqua del mare. La sabbia, infatti, può essere pulita e disinfettata con
regolarità, in qualche modo le distanze di sicurezza possono essere rispettate
sia nei ristori e nei bar sia in spiaggia ma, nell'acqua del mare, il problema
della diffusione del virus si complica. C'è chi è molto ottimista, e si spinge a
dichiarare che in acqua stiamo al sicuro, preannunciando bagni senza alcuna
limitazione. La maggioranza degli esperti sostiene la tesi secondo la quale il
coronavirus con le temperature estive perderà forza. È però di questi giorni la
notizia che un laboratorio in Francia, alle porte di Parigi, ha scoperto tracce
"minime" del virus in diversi punti della rete idrica non potabile utilizzata in
particolare per lavare le strade (il suo RNA in quantità minime in 4 dei 27
punti idrici testati). Un'analisi analoga non è ancora stata svolta per l'acqua
del mare.«Abbiamo appena iniziato ad occuparci di questa ricerca - spiega ancora
il direttore Del Negro - e non abbiamo ancora alcun risultato, benché le risorse
messe in campo e le collaborazioni avviate siano davvero autorevoli proprio per
l'urgenza e l'importanza di avere risposte attendibili. L'ambiente marino è
molto diverso da quello che si può riscontrare nelle matrici analizzate in un
laboratorio sanitario, su un tampone o su un espettorato. È complesso, come
cercare una goccia nell'oceano. Va considerata la presenza del sale e di molti
altri microrganismi che potrebbero interagire sulla determinazione genetica del
coronavirus. Questioni diverse, inoltre, sono la possibile sopravvivenza del
virus, e soprattutto la sua infettività, cioè capire se il segnale virale
corrisponde ad un effettivo rischio, tutti fattori che vanno attentamente
valutati se si rilevasse la presenza di tracce di RNA virale nell'acqua marina».
Anche per l'Ogs, che si occupa generalmente dei batteri presenti in mare e della
funzionalità dell'ecosistema marino, è una prova considerevole, pur avendo le
competenze, tecnica e strumentazioni adeguate a coniugare la conoscenza delle
dinamiche oceanografiche con l'individuazione delle componenti biologiche. Per
questo, con UniTs che è partner scientifico dell'Ogs, ha attivato anche una
collaborazione con la San Diego State University e la Colorado State University,
per avere il massimo supporto nello studio dei virus nell'ambiente marino.
Isabella Franco
Il Friuli Venezia Giulia incluso nel maxi studio su
smog e lockdown - il Progetto europeo
L'Emilia-Romagna e il bacino padano, fino alla Slovenia, saranno un grande
«laboratorio a cielo aperto» per conoscere e misurare nel dettaglio gli effetti
che le misure di lockdown, previste per l'emergenza Covid-19, e la drastica
riduzione del traffico hanno avuto sulla qualità dell'aria. Al via un maxi
progetto di ricerca guidato da Regione Emilia-Romagna e Arpae nell'ambito del
piano europeo Prepair che coinvolgerà l'area del bacino nord-adriatico incluso
il territorio del Friuli Venezia Giulia.
IL PICCOLO - MARTEDI', 21 aprile 2020
A Trieste guanti e mascherine buttati in aiuole e
marciapiedi
C'è chi ha preso la pessima abitudine di gettare a terra le protezioni
fuori dai negozi. Il monito dei vigili
Trieste. Mascherine e guanti gettati a terra in diverse zone di Trieste. Le
segnalazioni arrivano dai cittadini, anche attraverso foto pubblicate sui
social. Tra il verde delle aiuole, sotto le panchine o le auto in sosta. E
ancora sulle strade o accanto ai bidoni delle immondizie. C'è chi si libera di
questi rifiuti un po' ovunque, senza troppi pensieri. Spesso fuori dai
supermercati o dai negozi di alimentari. Tra i guanti gettati a terra molti sono
quelli in lattice, ma tanti anche quelli abitualmente a disposizione nei reparti
di frutta e verdura, che alcune persone indossano nei supermercati, talvolta
messi a disposizione dagli stessi punti vendita all'ingresso. Parecchi clienti
hanno evidentemente preso la cattiva abitudine di liberarsene all'esterno una
volta conclusa la spesa, ma senza poi conferirli correttamente. E per le
mascherine il discorso è simile. Tra strade, marciapiedi e aree verdi sono tante
quelle abbandonate, in particolare quelle di tipo chirurgico. Ma cosa rischia
chi getta a terra le protezioni usate? «La sanzione prevista dal regolamento
della gestione dei rifiuti è di 100 euro - spiega il comandante della Polizia
Locale Walter Milocchi - perché sono dispositivi utilizzati da privati e non
possiamo considerarli rifiuti sanitari. Da parte nostra finora non abbiamo
ricevuto segnalazioni, tranne una telefonata giunta nei giorni scorsi dalla sala
operativa». L'appello comunque è al buon senso e al rispetto dell'ambiente.
Anche perché con l'arrivo del vento nelle scorse ore la situazione potrebbe
peggiorare. Mascherine e guanti vanno gettati nei contenitori
dell'indifferenziata. Disposizioni diverse invece nel caso di rifiuti, di tutti
i tipi, che appartengono a persone risultate positive. AcegasApsAmga, in
collaborazione con la Regione e la Protezione Civile già nelle scorse settimane
ha comunicato le linee guida sulla raccolta rifiuti urbani, predisposte
dall'Istituto Superiore di Sanità nell'ambito delle direttive delle Autorità
Competenti volte al contenimento del Covid19. Per i nuclei familiari dove siano
presenti una o più persone risultate positive o soggette a quarantena
obbligatoria, tra le indicazioni, si ricorda che i rifiuti urbani prodotti
nell'abitazione non devono più essere differenziati, ma raccolti nello stesso
contenitore utilizzato per i rifiuti indifferenziati. Vanno usati due o più
sacchetti, posizionati uno dentro l'altro, all'interno del contenitore per
l'indifferenziata. I fazzoletti, la carta assorbente da cucina, le mascherine, i
guanti e i teli monouso vanno sempre nell'indifferenziata. I sacchetti devono
essere chiusi con cura, indossando guanti monouso, utilizzando i lacci di
chiusura o nastro adesivo ed evitando di schiacciarli. Meglio poi lavarsi subito
le mani. E sempre in caso di abitazioni con persone positive, gli animali da
compagnia presenti, non devono entrare in contatto con i rifiuti. Qualora la
famiglia fosse impossibilitata a conferire le immondizie autonomamente, può
richiedere al Comune di Trieste l'assistenza per tale mansione, nell'ambito dei
servizi già messi a disposizione.
Micol Brusaferro
«Surreale vedere la città così vuota - Noi rischiamo
per tenerla pulita»
La pandemia non ha modificato i ritmi dei quasi 100 addetti dei Servizi
ambientali di Acegas «Ogni giorno in strada con le protezioni necessarie. La
paura c'è ma non ci si tira indietro»
Sono tra i pochissimi a muoversi dal tramonto all'alba, quando Trieste
addormentata è ormai completamente deserta e irriconoscibile rispetto a prima.
Ma si vedono in giro anche durante il giorno, quando può capitare che a seguito
di un incontro fortuito qualcuno li ringrazi per quello che fanno. Stiamo
parlando dei circa cento operatori dei Servizi ambientali di AcegasApsAmga, i
netturbini ma non solo, che rappresentano una delle categorie rimaste in prima
linea, nelle nostre città, durante l'intero corso dell'emergenza sanitaria. E
tra mascherine in spogliatoio, guanti e camion disinfettati più e più volte al
giorno, anche tra di loro c'è chi assicura di non aver mai vissuto nulla di
simile in quarant'anni di carriera.«Pure noi andiamo a lavorare con un po' di
preoccupazione da un lato e, dall'altro, un grande senso di responsabilità -
spiega ad esempio Stefano Riosa -. Tutti abbiamo qualcuno a casa, vuoi un
genitore anziano, vuoi un bimbo piccolo. Il più grande cambiamento, nella nostra
routine, è rappresentato dall'adozione di tutta una serie di misure di
sicurezza. Per il resto si continua a lavorare». Le sue giornate lavorative,
così come quelli dei suoi colleghi, iniziano negli spogliatoi della centrale
operativa, dove «ci cambiamo nel minor tempo possibile, indossando guanti e
mascherine - prosegue Stefano -. Siamo spalmati su tre turni in modo da evitare
assembramenti appunto negli spogliatoi nonché nell'autoparco. Poi ci si prepara
alla partenza: prima di salire a bordo di un furgone lo si sanifica. E una volta
tornati in sede si ripete l'operazione, per far trovare il veicolo nelle
migliori condizioni possibili ai colleghi del turno successivo». A bordo di quel
mezzo gli operatori ambientali si aggirano per la città che può essere deserta o
semideserta, a seconda dei momenti della giornata. Se si lavora in orario
diurno, può capitare infatti di incontrare qualcuno sceso a gettare la
spazzatura: «A volte le persone ci ringraziano - continua l'operatore -. Se
prima il rapporto con l'utenza era parte della nostra quotidianità, adesso
chiaramente c'è meno gente in giro. Ma nonostante tutto quello che sta
accadendo, la città continua a essere tenuta in maniera decorosa e pulita: le
persone lo percepiscono».Esistono poi anche i turni al buio: quello che inizia
alle 5, prima dell'alba, e quello che dalle 22 prosegue nel cuore della notte.
In quelle ore i netturbini sono tra i pochissimi esseri umani che hanno il
permesso di percorrere le nostre strade: «Osservare Trieste così vuota è
surreale e un po' si fatica ad abituare l'occhio - conclude l'operatore del'ex
municipalizzata -. Di solito stiamo in mezzo al traffico, vediamo
l'affaccendarsi della città che si addormenta e che si sveglia. Il cambiamento è
stato davvero repentino». Gli operatori in prima linea, proprio come Stefano
Riosa, in questo momento sono circa un centinaio. Si cerca di mantenere un
atteggiamento positivo e di continuare a fare il proprio dovere come prima,
nella consapevolezza di svolgere un servizio di pubblica utilità. «Si lavora a
pieno regime anche adesso - spiega il loro coordinatore, Fulvio Macoratti -. In
queste giornate particolari ci rendiamo ancora più conto di quanto sia
fondamentale il nostro lavoro. Non ci si può fermare». Del gruppo fa parte anche
Roberto De Santis. «In quarant'anni di lavoro - chiarisce - non avevo mai
vissuto un'emergenza simile». Nonostante tutto, comunque, De Santis non si
abbatte. «Io sono e rimango ottimista. Tutto questo finirà». Stesi turni e
identiche preoccupazioni anche per Edi Apollonio, il quale sottolinea come «in
questo periodo il carico di lavoro sia aumentato notevolmente. Garantire la
continuità dei servizi - aggiunge Apolonio - diventa allora fondamentale, a
maggior ragione».«Operare in questo periodo non è facile, anche perché si
respirano timore e tensione fra la gente - commenta un altro operatore dei
Servizi Ambientali, Gaetano Minenna -. Ma so che il nostro lavoro è essenziale e
questo mi dà motivazione».
Lilli Goriup
Balene al largo di Sebenico nel mare pulito e senza
navi
L'assenza di traffico marino causa Covid-19 ha indotto i grandi cetacei a
risalire anche l'Adriatico. Delfini si esibiscono in danze spettacolari davanti
a Spalato
SPALATO. Negli anni passati erano decine di migliaia le imbarcazioni che
solcavano ogni giorno le acque croate dell'Adriatico durante i mesi estivi
(cifre ufficiose indicavano la presenza quotidiana di 200 mila natanti), mentre
oggigiorno il traffico marittimo - complice la serrata da coronavirus - è
rarefatto neanche fossimo durante la Seconda Guerra Mondiale. E allora i grandi
animali marini si sono reimpossessati del loro habitat naturale, ringalluzziti
dall'assenza di imbarcazioni da diporto, pescherecci, traghetti, mercantili,
navi cisterna e d'altro tipo, situazione che ha permesso al mare di godersi un
po' di tregua e ai suoi abitanti, quelli di notevole taglia, di uscire allo
scoperto. A tre anni di distanza dagli ultimi avvistamenti, in questi giorni si
sono potute ammirare non poche balene, notate (e filmate) da pescatori
dilettanti e diportisti. Il via allo spettacolo è stato dato tre miglia al largo
di Rogosnizza, località di villeggiatura della Regione di Sebenico. I
pescasportivi spalatini Tomislav Copic e Marin Nozina sono rimasti strabiliati
dalle performance di un gruppo di cetacei: «Le balene sono apparse intorno alle
11 del mattino - ha raccontato Copic al Dalmatinski portal - ed è stato qualcosa
di fantastico. Non ho mai visto in vita mia questi grandi mammiferi marini, per
giunta a poche decine di metri dalla nostra imbarcazione. Le loro evoluzioni
sono durate alcuni minuti e poi sono spariti dalla nostra vista».Il suo collega
Nozina si è pure emozionato nel vedere i giganti: «Sentire il rumore degli
sfiatatoi e vedere emergere le balene in superficie è qualcosa di
indescrivibile. È come vedere un autoarticolato. Solo allora capisce quanto l'
uomo sia piccolo di fronte a simili colossi». Durante lo scorso weekend, un
branco di balene è stato visto nelle acque del canale tra le isole di Solta e
Lissa, sempre in Dalmazia. La notizia è stata comunicata da una fonte
autorevole, il biologo Alen Soldo del Dipartimento Studi del Mare dell'Ateneo di
Spalato: «Ci ha fatto visita un numero imprecisato di balenottere comuni, specie
tutelata in Croazia e che non va importunata, pena severe ammende - spiega il
biologo - non sono autoctone in Adriatico perché il nostro mare non assicura
sufficiente cibo per questi grandi cetacei. Succede che le balenottere si
spingano nelle nostre acque dal Mediterraneo e magari perdano l' orientamento
trattandosi di un bacino chiuso. A quel punto non è raro che possano arenarsi.
L'ultima volta sono state viste nel 2017 di fronte a Lussinpiccolo. Non sono
pericolose per le barche, ma possono diventarlo per chi le riprende durante le
immersioni».Domenica scorsa a beneficiare di un autentico spettacolo sono state
le persone che passeggiavano nel parco boschivo del Monte Mariano, l' altura che
sovrasta Spalato: a poche decine di metri dalla costa, otto delfini hanno dato
vita a giochi, salti e spruzzi, che hanno entusiasmato gli occasionali
spettatori. Raramente, hanno raccontato gli spalatini, si erano visti in questo
braccio di mare. Dinanzi alla sede dell'Istituto oceanografico spalatino, si è
poi visto in pochi centimetri d' acqua un esemplare di Lepre di mare (Aplysia
fasciata), mollusco estremamente raro da queste parti. Non era così fino a 30-40
anni fa, ma evidentemente il "disimpegno umano", definiamolo così, ha giovato a
tante specie animali, in mare, sulla terraferma e nel cielo.
Andrea Marsanich
"Salute e ambiente" s'appella al governo contro l'A2A
bis
Ennesimo "no" al progetto di modifica della centrale termoelettrica del
Lisert nella dettagliata lettera inviata dall'associazione al ministero
DUINO AURISINA Nuovo secco no al progetto della A2A, che prevede la modifica
della Centrale termoelettrica del Lisert (Monfalcone). A pronunciarlo è il
gruppo "Salute e ambiente", attraverso il proprio rappresentante, Danilo Antoni,
che ha inviato al Ministero per l'Ambiente le osservazioni riguardanti lo Studio
di impatto ambientale. «La proposta della A2A Energiefuture - scrive Antoni -
non è compatibile con il contesto ambientale, paesaggistico e culturale nel
quale dovrebbe essere realizzato, in quanto è evidente l'obsolescenza dei
riferimenti programmatici in materia di lotta ai cambiamenti climatici.
Altrettanto palese - aggiunge - la mancata trattazione di aspetti rilevanti
sotto il profilo delle emissioni inquinanti. Incompatibile poi la realizzazione
del metanodotto di collegamento tra la centrale in progetto e la rete di Snam
ReteGas, in considerazione della vulnerabilità ambientale di alcune aree
attraversate». Risulta poi importante, «in senso negativo - sottolinea il
tecnico del gruppo - la mancata definizione del futuro delle aree occupate dalla
centrale termoelettrica esistente, ma non interessate dalla costruzione della
centrale proposta, che creerebbe un'ulteriore elemento dequalificante della
fruizione paesaggistica di Monfalcone e del suo contesto. Molto rimane infatti -
continua - nell'area interessata, in termini di storia e archeologia e di
vocazione turistica. In sostanza, la già avvenuta perdita definitiva e
irreversibile dei valori culturali e paesaggistici di questa parte di territorio
- conclude Antoni - è in palese contrasto con i dati di fatto e lo spirito delle
strategie della gestione territoriale regionale e statale di valorizzazione e
tutela, sostenuta dalla cittadinanza».
U.SA.
UNA CRISI EPOCALE CHE CI DÀ L'OCCASIONE DI CAMBIARE
ROTTA
L'appello di tre eminenti accademici triestini che osservano gli
sconquassi di Covid-19 senza perdere la lucidità: «Situazione limite da cui
l'umanità può trarre la forza per consegnare un mondo migliore a figli e nipoti»
Lo scenario - Esistono un mondo prima e un mondo dopo la crisi pandemica del Coronavirus Covid-19. Per le nostre generazioni, che non hanno vissuto la guerra in prima persona, questa crisi è un punto di svolta senza precedenti. Non è solo una crisi epidemiologica e sanitaria, ma anche, e forse soprattutto, una crisi economica e sociale, che ha drammaticamente messo in evidenza le vulnerabilità della struttura socioeconomica su cui si fonda la nostra società. Molti dicono che ci vorrà tempo prima di tornare a una vita normale, a una vita "come prima". Ma è davvero questo quello che vogliamo? Oppure si può utilizzare questo punto di svolta, questa ripartenza, per costruire un mondo migliore? L'esperienza del passato - Già nel 1912 il triestino Giacomo Ciamician aveva raccontato al mondo che «... se alla civiltà del carbone, nera e nervosa dell'epoca nostra dovesse far seguito una civiltà più tranquilla basata sull'uso dell'energia solare non sarebbe male per il progresso e la felicità umana». Più recentemente nel 2009 John Beddington aveva predetto per il 2030 la tempesta perfetta di eventi globali dovuta alla scarsità di acqua, cibo ed energia, mescolati a un livello di inquinamento insostenibile. In fondo al tunnel - Il pianeta è ancora attanagliato dalla crisi pandemica, con miliardi di persone chiuse in casa, e con attività di ogni tipo ancora ferme. Stiamo attraversando una delle crisi economiche più gravi e dirompenti della storia, che probabilmente avrà ripercussioni drammatiche sulla vita di molti per anni a venire. Però si comincia a intravedere una "luce alla fine del tunnel", almeno nei Paesi che hanno avuto il coraggio, la tenacia e la coscienza civile di seguire, spesso con enormi sacrifici, le indicazioni della comunità scientifica sull'unica arma che oggi abbiamo per combattere il virus, e cioè il distanziamento sociale. Uno di questi Paesi, uno dei primi e dei più coraggiosi, infatti, è l'Italia. Cominciamo a parlare di ripartenza, di quante centinaia, forse migliaia, di miliardi saranno necessari a far ripartire l'economia. Ma come saranno spesi questi miliardi? Rifaremo gli stessi errori che sono stati alla base della crisi in atto, o quantomeno dei danni provocati da questa crisi? Non è finita - In queste settimane abbiamo praticamente solo sentito parlare di Coronavirus, e questo è sicuramente legittimo e importante. Però non dobbiamo dimenticare che ci sono altre crisi, con ogni probabilità ben peggiori, che ci aspettano dietro l'angolo se qualcosa non cambierà. La crisi dei cambiamenti climatici: il 2019, dopo il 2016, è stato il secondo anno più caldo da quando si prendono misure su scala globale, mentre durante gli ultimi mesi abbiamo assistito a eventi climatici di entità inaudita, come le ondate di calore che hanno alimentato i devastanti incendi in Australia o lo scioglimento senza precedenti dei ghiacci della Groenlandia. Anche in Italia, l'alluvione di Venezia dello scorso anno (perché chiamarla "acqua alta" è certamente un eufemismo) o la tempesta Vaia, che ha distrutto intere foreste delle Dolomiti. E poi la crisi dell'inquinamento atmosferico, che secondo studi recenti causa nel mondo da 5 a 7 milioni di morti premature all'anno (più di 40 mila in Italia), diminuendo la nostra aspettativa di vita di 2-3 anni; il degrado del suolo e la perdita di fertilità; la scarsezza di acqua a causa di siccità più frequenti e dello scioglimento dei ghiacciai; l'inquinamento degli oceani, in primis a causa delle plastiche; la perdita di biodiversità, che per molti è uno dei veicoli che facilita lo svilupparsi di epidemie come quella del Covid-19; l'urbanizzazione selvaggia e il degrado delle megalopoli urbane. E questa lista di eventi estremi potrebbe continuare, a lungo. Tutte queste crisi però, in ultima analisi, sono figlie di un unico problema: lo sfruttamento indiscriminato, eccessivo e iniquo delle risorse limitate del pianeta. Non perdere l'opportunità - La crisi Covid-19 ci offre l'occasione di cambiare rotta, un'occasione storica che non dobbiamo perdere, anche perché le soluzioni sono già qui, alla nostra portata. Facciamo alcuni esempi. L'energia: oggi circa l'80% dell'energia che utilizziamo è derivata dall'uso di combustibili fossili, uso che porta all'emissione di gas serra e di particolato atmosferico che modificano il clima globale e inquinano aria e acqua. Cosa ancora peggiore, sprechiamo circa il 60% dell'energia prodotta. Ma già oggi sappiamo di avere le tecnologie per produrre la maggior parte del nostro fabbisogno energetico da fonti rinnovabili, come il solare, l'eolico, l'idroelettrico e il geotermico, e per ridurre gli sprechi tramite politiche di elettrificazione delle attività produttive e di maggiore efficienza energetica. Quindi sarebbe logico spendere quei miliardi per incentivare le energie rinnovabili, l'uso di auto elettriche e di una mobilità più sostenibile, cosa che non solo aiuta l'ambiente, ma anche l'economia (i costi per la produzione di energia elettrica rinnovabile che sono oggi pari a quelli delle fonti fossili, saranno nel brevissimo ben inferiori a quest'ultimi). E l'occupazione. Questa direzione, incidentalmente, renderebbe l'Italia indipendente dal punto di vista energetico. Economia circolare - Altro esempio: economia circolare e a chilometro zero. È sorprendente che a due mesi dall'inizio della pandemia non siano ancora disponibili mascherine per tutti, perché non riusciamo a produrle e dobbiamo importarle dalla Cina o dalla Russia, come tanti altri beni che potrebbero facilmente essere prodotti qui da noi, anche se magari con un minore profitto. Con quei miliardi valorizziamo le nostre risorse ed eccellenze, come l'artigianato, l'agricoltura, l'enogastronomia di pregio, le inestimabili bellezze paesaggistiche e culturali; l'offerta turistica; i nostri marchi conosciuti in tutto il mondo (come la moda, o la Ferrari). E con quei miliardi incentiviamo lo sviluppo dell'alta tecnologia e della economia digitale, che sono la via del futuro. Queste sono tutte azioni che non richiedono una rivoluzione tecnologica, ma una rivoluzione culturale, incentrata non sul Pil, ma sulla qualità della vita. Questa rivoluzione culturale però ha bisogno di alcune basi come l'educazione e la ricerca. Oggi capiamo quanto la scienza e la cultura siano importanti per salvaguardare la società, eppure l'Italia è uno dei Paesi che spende meno fra quelli industrializzati per educazione, ricerca e sviluppo, anzi questi sono tradizionalmente fra i primi settori a essere tagliati nei casi di riduzione di disponibilità finanziarie. E poi la riduzione delle disparità socioeconomiche e dell'accentramento delle ricchezze. Oggi circa il 50% della ricchezza globale è detenuto dall'1% della popolazione, qualcosa di assolutamente innaturale, perché dal punto di vista ecosistemico la natura stessa ci insegna che l'accentramento eccessivo delle risorse insieme a una estesa povertà, e quindi debolezza, aumenta la vulnerabilità di un sistema e la sua capacità di reagire alle crisi. In un sistema naturale la condivisione delle risorse è forza determinante. Le virtù della globalizzazione - E infine la cooperazione internazionale. La crisi del Coronavirus ci sta insegnando che, in un mondo ormai globalizzato, se tutti i Paesi non si coordinano nella risposta a una crisi, non se ne esce fuori facilmente. Non basta che sia l'Italia ad adottare delle determinate politiche se ciò non viene fatto anche dagli altri Paesi, europei o di altri continenti. Non serve erigere muri o chiudere confini, anzi bisogna agire in maniera condivisa. E ovviamente a nulla servono gli accordi internazionali e le direttive se non c'è l'impegno del singolo cittadino a rispettarle, proprio come nel caso dei cambiamenti climatici. Le immagini dallo spazio - In questo aprile 2020 lo stato dell'ambiente non è mai stato così positivo, immagini satellitari ci mostrano come l'inquinamento sia stato abbattuto; dalle pianure dell'India si vede l'Himalaya; le acque dei canali di Venezia e di tutte le coste sono limpide e ricche di pesci, l'inquinamento acustico e ottico sono diminuiti. Eppure la società sembra in frantumi. Questo paradosso deriva dal fatto che la nostra società si è completamente disconnessa dall'ambiente in cui vive, anzi in Italia spesso si esprime l'assurda opinione che l'ambiente si opponga al benessere e al "progresso". Potremmo magari chiederlo a quei bambini che hanno solo ambienti degradati e inquinati in cui giocare. Tutti quei soldi - E allora noi chiediamo che quelle centinaia di miliardi non siano spesi per tornare a come le cose erano prima, ma per costruire un'Italia e un mondo migliore, più equo, più resiliente, più solidale verso tutti, e più in sintonia con il pianeta che è la nostra casa. Chiediamo che quei miliardi vengano spesi ascoltando le richieste di milioni di ragazzi, di nostri figli, che come i Fridays for Future, ormai da tempo reclamano il diritto a un futuro migliore, perché ricordiamo che questo è il loro secolo e che questo è il loro pianeta. Uno degli elementi che hanno prodotto la crisi Covid-19 è stata l'impreparazione del sistema socioeconomico e sanitario ad affrontarla, perché non la conoscevamo. Ma la scienza conosce molto sulle crisi ambientali a cui andiamo incontro, come l'emergenza dei cambiamenti climatici, ed è da tempo che manda i suoi avvertimenti. Sarà doveroso e necessario porre maggiore enfasi sulla prevenzione e preparazione di crisi ambientali, ivi incluse anche possibili nuove pandemie, dovute agli sconvolgimenti ambientali derivanti dal riscaldamento globale e da altre pressioni sull'ambiente. Queste crisi non possono essere affrontate con l'impreparazione con cui è stata affrontata l'attuale pandemia. Pensiamoci finché siamo in tempo e agiamo subito.
Filippo Giorgi (climatologo Premio Nobel per la pace 2007come membro Ipcc),
Maurizio Fermeglia e Alessandro Massi Pavan (docenti dell'Universitàdi Trieste)
IL PICCOLO - LUNEDI', 20 aprile 2020
Il futuro centro congressi in Porto vecchio riparte dal
"cappotto" esterno a tre colori
Scelti due grigi e il giallo-oro: cantiere riaperto da Cmr e Metecno per
il rivestimento urgente dei Magazzini 27, 28 e 28-bis
Il cantiere del Centro congressi (Tcc) in Porto vecchio ha ripreso
l'attività martedì scorso, il giorno dopo Pasquetta. E ha ripreso con lavori che
cambieranno l'attuale, dimesso aspetto dei Magazzini 27-28, cui si è aggiunto il
28-bis, la novità saliente nella realizzazione del compendio congressuale.
Infatti le aziende Cmr e Metecno, entrambe pordenonesi, stanno provvedendo al
montaggio dei rivestimenti esterni, quelli definiti in gergo il "cappotto". La
prima fase prevede il posizionamento di strutture metalliche, sulle quali
saranno poi inseriti i pannelli colorati: tre le tinte scelte, due tonalità di
grigio e una giallo-oro. Tra un mese - sostengono i tecnici - l'effetto sarà
gradevolmente visibile. Questo intervento, sul quale opera una squadra di 3-5
addetti, ha rivestito il carattere di estrema urgenza, per consentire che fosse
rispettato l'appuntamento di lunedì 13 luglio, quando il cantiere sarà
consegnato a Esof, in vista della manifestazione scientifica spostata a
settembre causa coronavirus. Perché il resto dei lavori sarà ripreso - salvo
diversa disposizione governativa - lunedì 4 maggio. «Ma prima della sospensione
- spiega Andrea Monticolo, imprenditore in prima linea - eravamo ormai al 90%
del programma». Per cui c'è un prudente ottimismo sul rispetto delle
tempistiche: nel menu la rifinitura dell'impiantistica con quadri elettrici,
condizionatori d'aria, ecc.Ma c'è anche consapevolezza che si dovrà lavorare in
condizioni di massima sicurezza. Monticolo ricordava che in certi giorni, prima
della sospensione di fine marzo, il cantiere arrivava a mobilitare persino una
settantina di addetti, ma adesso l'altolà agli assembramenti inciderà anche sul
Tcc. Per questo la ripresa delle attività non potrà avere un ritmo frenetico,
dovranno essere rispettate le distanze tra i lavoratori, sarà prestata
attenzione ai fornitori, si procederà a sanificare il sito. L'organizzazione
della ripresa non potrà prescinderne, tecnici e imprese non vogliono giungere a
luglio con apprensione. Diego Bravar, presidente della società Tcc, queste cose
le sa bene e sembra sicuro del contesto: «Lavori secondo previsione, le due
settimane di stop saranno recuperate». Giovedì prossimo si terrà un consiglio di
amministrazione, che valuterà la situazione a due mesi e mezzo dallo showdown
con Esof. L'idea è che Tcc proceda con la propria disponibilità finanziaria fino
dove possibile, perché una parte degli arredi non potrà essere allestita in
tempo per la manifestazione e allora sarà lo stesso Esof a provvedere con
noleggi. Una volta smontato Esof, Tcc riprenderà in mano la struttura
congressuale per completarne gli interni. Nell'auspicio che le Generali
confermino l'intervento a supporto.
Massimo Greco
Il ponte tra gli hangar sarà rifatto in vetro - Avanti
con bar e cucine
Qualche passo in avanti "estetico" il Centro congressi lo sta compiendo e il
presidente di Tcc Diego Bravar ci tiene a sottolinearlo. A cominciare dai nuovi
accessi vetrati e dai nuovi serramenti, che consentono alla luce di rischiarare
l'interno del "27". Ma uno dei maggiori progressi nella veste esterna riguarderà
il ponte tra i Magazzini 27 e 28, anch'esso destinato a svestire l'attuale
aspetto per assumere un più leggiadro rivestimento in vetro. Tcc conta inoltre
di procedere nella logistica interna, per esempio nell'organizzazione del bar e
delle cucine che serviranno al catering di Esof. A fine opera, la superficie del
Tcc si estenderà per 9000 metri quadrati, cui si aggiungeranno 4500 metri
quadrati di parcheggio. Un investimento rilevante di 12 milioni, sostenuto al
58% da Tcc e al 42% dal Comune, nel quadro di un project financing di iniziativa
privata. Il clou della realizzazione è il "28/bis", costruito su un'unica
campata di 40 metri, che conterrà un auditorium da 1848 posti. Gli attempati
"27" e "28" avranno una caratterizzazione più espositiva. Il Comune ha concesso
a Tcc il diritto di superficie sulle aree, in base a un canone annuo di 80.000
euro corrisposto in 5000 euro di numerario e in 5 giornate di utilizzo delle
strutture congressuali.
Magr
IL PICCOLO - DOMENICA, 19 aprile 2020
Guerra delle antenne usate per il 5G - Parte la diffida
contro il Comune
Una richiesta di moratoria al Comune di Trieste per bloccare la costruzione
di antenne per la navigazione a 5G in per la presunta pericolosità degli
impianti sulla salute dell'uomo. Pericolosità che, però, viene smentita
dall'Arpa. L'avvocato Alessandra Devetag per conto del presidente del Circolo
Miani, ha inviato la diffida al sindaco Roberto Dipiazza nei giorni scorsi: «Nel
documento - spiega la legale - abbiamo riportato numerose ricerca tra cui lo
studio effettuato dall'Istituto Ramazzini di Bologna, uno dei centri più
importanti nel campo oncologico. Anche il Comitato scientifico sulla salute
della Commissione europea nel 2018 specificava come mancassero studi certi sul
tema. Fino a quando non verrà fatta chiarezza attraverso una ricerca eseguita da
un istituto indipendente sulla sicurezza per l'uomo riteniamo che questi
impianti non dovrebbero venir installati».Il Circolo Miani ricorda che 220
comuni in Italia, oltre alla Svizzera e alla Slovenia hanno al momento vietato
l'uso del 5G. «La vicenda ricorda quella dell'amianto - rincara Devetag -: per
anni nel caso dell'eternit è stato usato materiale con effetti cancerogeni
gravissimi e in molti ne erano a conoscenza». Il presidente del Circolo,
Maurizio Fogar, in ogni caso si dice pessimista: «Mi pare problematico trovare
una interlocuzione con questa amministrazione, temo dovremo proseguire con
l'azione legale cui è associata una richiesta di accesso agli atti su nuove
installazioni». Non è esclusa neanche una manifestazione pubblica quando
l'emergenza Covid-19 sarà rientrata. L'amministrazione comunale preferisce non
ribattere ed evitare di entrare nel caso specifico essendoci un procedimento in
corso. Dal Municipio però si precisa che non vi sono al momento richieste di
installazione di impianti 5G sul territorio e che non è nemmeno prevista la
costruzione di nuove antenne: gli attuali lavori in corso segnalati da alcuni
cittadini servono esclusivamente per la predisposizione degli impianti.
Dall'amministrazione ricordano inoltre la sentenza della Corte Costituzionale
nella quale le antenne vengono indicate come «servizio essenziale» e dunque
impossibile da vietare. Il Comune precisa poi che, nel momento in cui arriverà
una richiesta relativa al 5G, verrà fatta un conferenza dei servizi con Arpa,
Azienda Sanitaria e gli enti preposti e la decisione verrà presa su base
scientifica. Dal canto suo Arpa inoltre conferma come non vi siano impianti 5G
attivi a Trieste, precisando che però sono arrivate delle richieste di parere
per 19 impianti da installare su strutture già esistenti. Sul discorso salute
viene inoltre specificato come lo studio dell'Istituto Ramazzini sia stato
bocciato dall'Icnirp, la Commissione Internazionale per la Protezione dalle
Radiazioni Non Ionizzanti, organismo non governativo riconosciuto dall'Oms che
definisce lo studio non in grado di fornire evidenze coerenti e affidabili per
intervenire sulle attuali linee guida. Quanto alla pericolosità delle frequenze,
si fa notare che la maggiore ha 26Ghz, vale a dire una potenza 10 mila volte
meno elevata rispetto alla luce visibile, anch'essa una radiazione magnetica.
Andrea Pierini
A Muggia la raccolta di cozze rimane proibita
Da gennaio la presenza di benzo(a)pirene nei molluschi tiene sotto scacco
anche la vendita. Disco verde per le altre zone
MUGGIA. Pedoci muggesani ancora off-limits. Prosegue la sospensione della
raccolta e il divieto di immissione sul mercato dei molluschi bivalvi allevati
nelle acque antistanti il territorio muggesano (Ts 02). Revocata invece la
sospensione per le zone di produzione di Santa Croce (Ts 06), Canovella (08),
Duino (10) e Villaggio del Pescatore (11) perché almeno due campioni, analizzati
dall'Istituto zooprofilattico delle Venezie, hanno riportato parametri conformi.
Una chiusura, quella muggesana, che va avanti da gennaio a causa soprattutto
dell'incertezza relativa alla questione del rilevamento di benzo (a)pirene. Pare
invece sia stato superato, almeno per gli allevamenti di mitili a nord di
Trieste, la questione della presenza oltre i limiti consentiti di biotossina
algale liposolubile Dsp, acronimo di Diarrethic Shellfish poisoning, oltre che
di un elevato tenore di acido okadaico, che era stata riscontrata praticamente
lungo tutta la costa triestina interessata dagli allevamenti.«Per quel che
concerne le biotossine - ha spiegato Paolo Demarin, direttore del dipartimento
di prevenzione della struttura complessa di igiene degli alimenti di origine
animale di Asugi - le ultime analisi sono conformi», invece per la presenza
dell'idrocarburo «proseguiamo ancora e aspettiamo le evidenze delle analisi e le
valutazioni generali degli enti preposti alla tutela ambientale». Il
Dipartimento di Gorizia dell'Asugi è il centro di riferimento regionale per le
biotossine algali, è in stretta connessione con il centro di riferimento
nazionale per le biotossine marine di Cesenatico per la vigilanza della qualità
dei molluschi nell'Alto Adriatico, e controlla dal 1989 il fenomeno evolutivo
delle alghe marine tossiche e potenzialmente tossiche ed esegue sui molluschi
bivalvi la ricerca di tossine.
Luigi Putignano
IL PICCOLO - SABATO, 18 aprile 2020
Consigli preziosi per pollici verdi dall'anteprima web
di Horti Tergestini
La tradizionale rassegna ospitata nel parco dell'ex Opp slitta in autunno
ma regala intanto dritte green online
Horti Tergestini, la rassegna dedicata a fiori e piante, diventa virtuale.
La kermesse, che da 15 anni si svolge nel Parco di San Giovanni, inizialmente
prevista in questo week end, slitta fisicamente in autunno e regala intanto agli
appassionati del verde una speciale anteprima online. Sul sito www.montepanta.it
e sul canale YouTube collegato, 32 aziende si presentano e illustrano i loro
prodotti, pronte a spedirli in tutta Italia e a dispensare informazioni utili.
Già online anche l'intervento di Franco Rotelli, ex direttore generale
dell'Azienda sanitaria, che ricorda l'avvio della manifestazione e la rinascita
del parco. «Con Horti Tergestini abbiamo voluto valorizzare San Giovanni -
racconta Giancarlo Carena, della Cooperativa Agricola Monte San Pantaleone - e
anno dopo anno è diventato un appuntamento sempre più amato, e che anche a
livello economico si rivela un'iniziativa importante. E inoltre - sottolinea -
abbiamo dato un nostro originalissimo contributo per costruire una cultura del
verde a Trieste».Sul web gli appassionati di giardinaggio possono trovare tanti
consigli utili per prendersi cura delle proprie piante, grazie ai suggerimenti
delle varie realtà, con le clip già pubblicate da ieri sul sito di riferimento.
In un momento dove la cura di fiori e piante diventa anche una terapia. «Certo
chi in questa situazione di emergenza, chi ha un balcone o un giardino può
ritenersi fortunato - prosegue Carena - ma ci si può dedicare comunque a una
piantina aromatica, ad esempio, o si può osare, acquistando qualcosa di nuovo.
Io non ho un balcone, eppure i miei davanzali non sono mai stati così rigogliosi
e amati. Basta una finestra appunto o prendersi cura anche delle piante
d'interno. E non servono grandi spazi. Credo ci sia un generale riavvicinamento
al verde, che fa sicuramente bene a tutti». E in attesa di ritornare a
passeggiare tra i vari stand di Horti Tergestini, seguendo anche laboratori,
letture e altre iniziative collaterali, la soluzione può essere quella di
scegliere una piantina nei negozi aperti in città. «Un'aromatica, o qualche seme
da piantare - dice ancora Carena - sono soluzioni semplici. Anch'io ho scoperto
un'agraria sotto la mia abitazione e ne ho approfittato per scegliere proprio
alcuni semi. In questo periodo credo che tanti stiano apprezzando i punti
vendita di prossimità, vicini a casa, che prima magari non si frequentavano».
Horti Tergestini dunque continuerà ad aggiornare tutti online. Nelle ultime
edizioni l'evento ha registrato 10mila visitatori ed è cresciuto grazie alla
tenacia e alla determinazione della cooperativa sociale Agricola Monte San
Pantaleone, che in questi anni ha promosso numerose iniziative per valorizzare
l'ex ospedale psichiatrico, e grazie alla competenza e passione
dell'Associazione orticola del Fvg "Tra Fiori e Piante". Ogni anno migliaia di
persone camminano tra un tripudio di fiori profumati, arbusti da frutto e tante
curiosità, portandosi a casa piante di tutti i tipi, o partecipando alle
conferenze e ai momenti di approfondimento, organizzati nelle diverse giornate.
«L' appuntamento, sostenuto anche dalla Fondazione Cassa di Risparmio di
Trieste, per ora è a portata di click e consentirà a chiunque in qualunque
momento di restare in contatto con tanti imprenditori, che coprono tutte le
regioni d'Italia, fino alla capitale e si spingono oltre il confine con la
Slovenia, che hanno messo per un attimo da parte gli arnesi da giardinaggio -
concludono i promotori - per accendere una telecamera e condividerla con gli
amanti del pollice verde».
Micol Brusaferro
Aziende e professionisti a portata di un clic - la
formula
Conoscere i protagonisti di Horti Tergestini 2020 è molto semplice. Dopo
essersi collegati sul sito, è necessario selezionare l'area in alto, che indica
l'anteprima della manifestazione, ed ecco la piantina, con una serie di numeri
collegati alle varie aziende presenti. Cliccando sulle varie postazioni si apre
un video, che permette di effettuare un viaggio virtuale tra serre, splendidi
giardini, fiori coloratissimi, descritti dai professionisti del settore. E sulla
pagina web un ringraziamento da parte degli organizzatori dell'evento va a chi
si è cimentato dietro l'obiettivo di una camera o semplicemente di un
telefonino.«Mai come ora possiamo dire che la rete fa rete e annulla le
distanze, anche quelle imposte per proteggerci. Grazie a tutti quelli che
credono che la bellezza non conosce confini e hanno accettato di togliere per un
attimo le mani dalla terra o dal cioccolato e metterle dietro una telecamera -
si legge nel ringraziamento -, per condividere i frutti del proprio lavoro».
TriesteCafe.it - VENERDI', 17 aprile 2020
In Fvg è permesso andare a fare attività in orto: lo riferisce il Gruppo Urbi et Horti citando le parole del sindaco di Pontebba
Fare orto si può. E' permesso infatti andare a fare
attività in orto. "Finalmente - spiega Tiziana Cimolino di Bioest e Urbi et
Horti - tutti i nostri orticoltori urbani potranno riprendere la loro attività.
Il 13 aprile scorso il presidente della Regione Fvg ha emanato una nuova
ordinanza che parla anche della “manutenzione del verde su aree pubbliche e
private” permesse dalla data 14 aprile, ma non si precisa se l'attività può
essere fatta anche dal privato possessore di orto distante da casa.
Sull'argomento è intervenuto però il sindaco di Pontebba (Udine) che ha riferito
che, a una sua precisa domanda in tal senso, la Protezione civile regionale del
Fvg ha risposto che:“per quanto riguarda la coltivazione dell’orto, si ritiene
che questa attività costituisca una forma di approvvigionamento alimentare e che
come tale rientri nei casi di necessità che giustificano lo spostamento”.
"Sono consentiti - riporta il sindaco sul proprio profilo facebook - gli
spostamenti all'interno del territorio comunale per l'esecuzione delle attività
agricole anche non professionali, nel rispetto delle norme in vigore
relativamente alle autocertificazioni ed al distanziamento sociale".
"Quindi - afferma Cimolino - muoversi all’interno del proprio comune di
residenza per coltivare l’orto è consentito. Si riprende quindi l'attività dei
nostri contadini urbani".
"In questo periodo in cui tutti stiamo a casa - rileva ancora Cimolino - abbiamo
pensato di rivitalizzare i nostri “social” inserendo una serie di contenuti
riguardanti i temi dell'orticoltura, cura delle piante, informazioni sul verde e
la natura.
Quest'anno però come Gruppo Urbi et Horti non riusciremo ad organizzare i nostri
consueti corsi e quindi invitiamo tutti coloro che negli anni hanno partecipato
alle nostre attività a connettersi tramite facebook (orticomunitrieste e Bioest)
per partecipare attivamente, condividendo anche contenuti propri, per creare un
gruppo di condivisione che potrà proseguire nella consueta attività anche dopo
questo difficile periodo.
In questo periodo in cui tutti stiamo a casa, abbiamo pensato infatti di
rivitalizzare i nostri “social” inserendo una serie di contenuti riguardanti i
temi dell'orticoltura, cura delle piante, informazioni sul verde e la natura.
I social verranno aggiornati giornalmente e le brevi lezioni di orticoltura
potranno essere seguite due o tre volte alla settimana.
"Abbiamo ottenuto - prosegue Cimolino - la collaborazione di un'agronomo, Mattia
Viti, dell'architetto Luciana Boschin, del veterinario Alessandro Paronuzzi e di
Livio Dorigo, già insegnanti dei nostri corsi, di Marco De Donà, collaboratore
di comunicazione, Roberto Marinelli maestro contadino, Elena Toncelli
naturalista e tanti altri amici che da tempo lavorano con noi.
"Vi aspettiamo sui social" conclude la naturalista, che ricorda che "è sempre
attiva la proposta “vuoi un orto?, hai un orto?” con posti ancora disponibili
anche in centro città ancora liberi.".
IL PICCOLO - VENERDI', 17 aprile 2020
Scatta il taglio degli alberi vicini all'alta tensione
La concessionaria nazionale Terna pronta alla messa in sicurezza
stagionale dei cavi aerei degli elettrodotti sul Carso
DUINO AURISINA. Il territorio di Duino Aurisina sarà interessato, nelle
prossime settimane, dal taglio delle piante e dei rami che possono risultare
pericolosi, in virtù della loro crescita primaverile, a causa della vicinanza ai
fili dell'alta tensione gestiti da Terna rete Italia spa. Può accadere infatti
che rami e cime possano allungarsi a tal punto da andare a pesare sulle
condutture aeree fino a spezzarle o comunque a provocare danni che potrebbero
generare interruzioni nel servizio di fornitura di energia elettrica. Si tratta
di un intervento che Terna, società che opera in concessione dallo Stato per
portare l'energia elettrica alle società di gestione territoriali, che sono a
loro volta a contatto con i consumatori finali, effettua ogni anno, avvalendosi
in alcuni casi di personale proprio, in altri di aziende che operano in
subappalto. In particolare, sull'altipiano Terna invita i proprietari dei fondi
che possono essere interessati, in questo periodo, alla raccolta della legna
tagliata, a verificare all'albo del Comune tempi e modi dell'operazione che sarà
effettuata appunto dalla concessionaria. In ogni caso, Terna invita al tempo
stesso «la popolazione a non procedere con il taglio della vegetazione in
prossimità degli elettrodotti, che sono da considerare sempre in tensione. Siamo
disponibili - aggiunge la spa - a definire, con i proprietari che ne avessero la
necessità, le modalità operative dell'intervento». Il taglio degli alberi non
riguarderà solo le aree più vicine ai tralicci, ma anche la cosiddetta fascia di
rispetto, cioè l'area sottostante gli elettrodotti e che si allarga per qualche
metro da ambo i lati. Stesso discorso vale anche per i sentieri di accesso ai
sostegni delle linee elettriche di proprietà della stessa società
concessionaria. Terna attualmente gestisce poco meno di 74.500 chilometri di
linee ad alta tensione, distribuite in tutto il Paese. Le origini dell'azienda
sono datate 1962, quando per legge si sancì la nazionalizzazione del settore,
affidando a Enel tutte le fasi della filiera elettrica, fino ad allora private.
Successivamente l'Unione Europea favorì il processo di riliberalizzazione del
settore, e, nel 1999, furono costituite due società: la stessa Terna,
proprietaria della rete di trasmissione nazionale, e il Gestore della Rete di
trasmissione nazionale.
Ugo Salvini
Chiusa la trafila burocratica Aurisina dà il disco
verde alla nuova piazza senz'auto
Ok in giunta al progetto definitivo da quasi un milione e mezzo per la
rivitalizzazione dell'area ai piedi della chiesa di San Rocco
Il rifacimento della piazza di Aurisina è finalmente ai blocchi di partenza.
È stato approvato infatti dalla giunta di Duino Aurisina il progetto definitivo
del primo lotto. Si è così completato il primo passo formale di un percorso
molto atteso dall'intera comunità dell'altipiano, che vede, nella piazza che si
allunga davanti alla chiesa di San Rocco, uno dei simboli del territorio. Il
primo lotto, che vale 1.461.308,10 euro, prevede una vera rivoluzione. In
particolare, la viabilità sarà fortemente limitata, essendo riservata solo alle
operazioni di carico e scarico, mentre la fermata dell'autobus sarà spostata
all'esterno della piazza, lungo la strada provinciale. Il capolinea troverà una
nuova collocazione nella piazza del Municipio, ad Aurisina Cave. Un'operazione
molto importante, quest'ultima, nella gestione del traffico, perché così la
piazza potrà beneficiare di una più ampia fruibilità pedonale, in quanto
spariranno le auto in sosta, proprio perché lasciate in loco dai proprietari per
utilizzare l'autobus e raggiungere la città.La pavimentazione sarà sostituita
con un massiccio impiego di pietra locale: Aurisina carsica, fiorello e
granitello, e Repen. Vi sarà inoltre un importante richiamo storico all'acqua,
per ricordare che, originariamente, in piazza la cisterna riforniva tutto il
paese. Il progetto prevede, a questo proposito, un'apertura sopra la cisterna
stessa e due vasche, mentre di fronte sarà collocata la vecchia fontana, oggi
decentrata sul retro della piazza. Per dare un'impronta di verde, saranno
posizionati tre tigli e 17 lecci, oltre ad altre aree "green" e fioriere, tra le
quali quella del monumento, che rimarrà nella stessa posizione attuale ma sarà
rivisitata. Infine saranno installate pure cinque colonne per le prese
elettriche a scomparsa per gli allacci in caso di eventi e manifestazioni. Tutta
l'illuminazione sarà sostituita utilizzando impianti a luce led a risparmio
energetico. «Sono soddisfatta - così il sindaco Daniela Pallotta - perché,
nonostante il difficile momento, possiamo proseguire con questo progetto, che
ridarà vita alla piazza di Aurisina, negli ultimi anni abbandonata, con riflessi
negativi anche per le realtà commerciali, che così ora speriamo di richiamare.
Non siamo in grado oggi di dare una tempistica precisa, ma ci piacerebbe
tagliare il nastro entro fine mandato». «Arrivare a questo punto - sottolinea
l'assessore Lorenzo Pipan - è stato impegnativo, perché l'iter si era arenato».--U.SA.
Porto vecchio, via al recupero della banchina storica
crollata
Bando da quasi 300 mila euro per la riqualificazione dell'area
dell'ormeggio 15 tra la sede dei pompieri e l'Adriaterminal, vincolata peraltro
dalle Belle arti
Verrà messa in sicurezza e ricostruita a partire da quest'estate la banchina
del Porto vecchio ceduta nella zona dell'ormeggio 15, poco distante
dall'Adriaterminal. L'intervento è - in questo momento - oggetto di gara da
parte dell'Autorità portuale, che ha pubblicato sul sito il bando da 297 mila
euro. L'aggiudicazione è prevista sulla base del massimo ribasso e il termine
per presentare la domanda è mezzogiorno del 22 maggio prossimo. L'area
interessata dal cantiere si trova nel bacino compreso tra il molo dove hanno
base i Vigili del fuoco e le attuali banchine dell'Adriaterminal all'interno
della zona del Punto franco. Ad aver ceduto - recentemente - è stato un tratto
non eccessivamente lungo proprio nell'area prospiciente il Magazzino 9. Tutta la
zona entra nel "sistema moli", uno dei quattro sistemi previsti dal Comune per
la riqualificazione del Porto vecchio. Gli altri sistemi sono: ludico e
sportivo; museale, scientifico e congressuale; misto. Sull'area grava comunque
il vincolo di tutela delle Belle arti, che impedisce l'abbattimento dei
magazzini 6, 7, 9 e 10, la cui riqualificazione è però aperta a ogni possibile
destinazione. Pure per quanto concerne l'Adriaterminal, oggi in concessione a
Steinweg-Gmt, le ipotesi sono plurime e non è escluso uno sviluppo legato al
mondo delle crociere, con la creazione di una stazione marittima e il lancio di
attività collegate. Al momento però sono tutte ipotesi: di certo c'è il
completamento del polo congressuale pronto per ospitare Esof2020, evento
slittato a causa dell'emergenza coronavirus al prossimo settembre. I lavori sono
quasi in dirittura d'arrivo, con il collegamento stradale attraverso la
rotatoria di viale Miramare, il parcheggio del Bovedo e la "promenade", che
verrà completata più avanti con la pista ciclabile e un collegamento su rotaia
per arrivare fino alla zona della stazione. Tornando all'attualità e al bando
dell'Authority, sono previste nel dettaglio la messa in sicurezza e la
ricostruzione del tratto storico della banchina. La partenza del cantiere è
programmata per questa estate, visto che la gara - per l'appunto- si chiuderà il
22 maggio e ci sono dei tempi tecnici di legge per l'assegnazione del cantiere.
L'intervento edile non dovrebbe comunque avere problemi qualora dovesse
proseguire il "lockdown" per l'emergenza Covid-19 in quanto si tratta di un'area
con accesso fortemente limitato nella quale è difficile che si possano
verificare degli assembramenti di persone, magari di quelle interessate a
seguire il cantiere. Inoltre i lavori saranno in parte subacquei e non è
un'opera nella quale peraltro si prevede un'elevata concentrazione di operai.
Dall'Autorità portuale fanno inoltre sapere che, anche grazie al telelavoro,
l'iter burocratico sta procedendo normalmente dal momento che le procedure di
gara vengono espletate in maniera telematica e dunque senza rischi per
partecipanti e dipendenti. Viene infine rilevata, in questo momento, una
partecipazione importante ai diversi bandi rispetto al solito: la motivazione
potrebbe essere legata proprio all'attuale blocco dei cantieri e quindi a
un'attenzione maggiore, da parte delle imprese, alle diverse occasioni offerte
dalle pubbliche amministrazioni.
Andrea Pierini
IL PICCOLO - GIOVEDI', 16 aprile 2020
Strade, aiuole e giardini, il piano alberi entra nel
vivo
Irrigazioni, potature e taglio periodico dei rami rientrano tra gli
interventi a tutela della pubblica incolumità. Nell'elenco dei lavori clou
quello di viale D'Annunzio
Non si fermano le potature e gli interventi per la cura del verde pubblico,
avviati come ogni anno dal Comune di Trieste in questo periodo. Solo alcuni
lavori, non ritenuti urgenti e necessari, sono stati sospesi. I manutentori sono
dunque in azione nei principali parchi della città, ma anche in altre zone dove,
alla luce della prolungata assenza di pioggia, è stato necessario mettere in
funzione i sistemi di irrigazione, e in altre zone ancora, dove è stato
effettuato un taglio dei rami già programmato, come ad esempio nel caso di viale
D'Annunzio. Ripulito anche il laghetto del giardino pubblico di via Giulia. «In
riferimento alle misure di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica
Covid-19 con particolare riguardo alla sospensione delle attività produttive non
essenziali - spiega l'assessore ai Lavori pubblici Elisa Lodi - abbiamo valutato
con i tecnici di mantenere operativi alcuni appalti nell'ambito della gestione
del patrimonio verde ornamentale, ricorrendo i presupposti della pubblica
utilità, previa comunicazione alla Prefettura. Si è infatti ritenuto necessario
garantire l'operatività delle varie imprese appaltatrici, ai fini
dell'esecuzione di interventi urgenti di potatura e di interventi di messa in
sicurezza di rami e alberi pericolanti, il tutto a tutela della pubblica
incolumità. Inoltre è stata garantita la presenza delle ditte anche per le
irrigazioni di soccorso ai più di 130 alberi recentemente messi a dimora e per
la messa in funzione di altri impianti, per evitare che l'attuale andamento
climatico possa causare la morte di alberi e arbusti, con conseguente danno
patrimoniale per il Comune. Ulteriore continuità è stata assicurata per quanto
riguarda i controlli di stabilità degli alberi, a cura di un professionista
esterno». Su un totale di 12 appalti, ne sono così stati sospesi quattro, che
non presupponevano manutenzioni urgenti. Tutti gli altri sono regolarmente al
lavoro. Tra le opere più consistenti le consuete potature dei grandi rami degli
alberi di viale D'Annunzio, immortalate sui social anche da qualche residente
nei giorni scorsi. E poi ci sono le aree verdi al momento chiuse al pubblico
dove, proprio grazie all'assenza di frequentatori, il Comune ha deciso di
avviare anche una serie di manutenzioni straordinarie, approfittando del
momento. «In questo periodo di chiusura dei parchi anche il personale delle
squadre dei manutentori comunali dei giardini sta ugualmente operando
all'interno dei parchi di villa Sartorio, villa Revoltella e villa Engelmann
oltre che in alcune aiuole del centro cittadino - prosegue Lodi - per piccole
potature degli alberi, riordino degli arbusti, verifica e riparazione degli
impianti di irrigazione, lavori nelle zone prive di impianto automatico, diserbi
attorno alle piante e primi tagli dei prati». Personale in azione anche al
giardino pubblico Muzio de Tommasini, dopo i danni causati di recente dalla
forte bora, dove è stato appunto ripulito anche il laghetto, grazie
all'intervento di Acegasapsamga in accordo con l'Ente nazionale di protezione
animale.
Micol Brusaferro
Alcuni esemplari "schermati" per gli scavi Acegas - IL
CANTIERE PARALLELO
In viale D'Annunzio, teatro di uno degli interventi più importanti, il
protocollo prevede anche che alcuni alberi siano protetti, con assi di legno,
per consentire la sostituzione delle condotte gas in ghisa grigia, nell'ambito
di un più ampio progetto che riguarda anche altre zone della città. La rete gas
triestina, vecchia di quasi un secolo, necessita di ammodernamenti per
rispondere alla normativa vigente, e per garantire la sicurezza dei cittadini.
AcegasApsAmga sta infatti procedendo alla totale sostituzione dei tratti
rimasti, con tubazioni in polietilene ad alta densità. In viale D'Annunzio, in
particolare, si tratta di un intervento che permetterà la riqualificazione di
circa 310 metri di condotte, da largo Mioni a piazza Foraggi. I lavori in
questione, partiti a inizio 2020, dovrebbero concludersi nel corso dell'estate.
(mi.br.)
«Una metropolitana Trieste già ce l'ha ed è la
Transalpina» - Il progetto di "Podemo"
A Trieste esiste già una metropolitana leggera. Dai tempi dell'Austria. A
ricordarlo è il neonato gruppo politico "Podemo" che, nato in seno ai movimenti
indipendentisti triestini, vuole presentarsi alle comunali del 2021. «Il tratto
della Ferrovia Transalpina che collega Campo Marzio con Opicina, via San Giacomo
e Rozzol, è da poco tornato in attività e, oltre ad essere in grado di aumentare
la capienza ferroviaria da e per il nostro porto, con convogli già in transito,
può rappresentare uno dei tasselli di un sistema di ferrovia metropolitana
leggera in grado di risolvere la stragrande maggioranza dei problemi di
trasporto pubblico oggi presenti», si spiega in un comunicato stampa. Le
stazioni coinvolte da questa linea sono: Campo Marzio, San Giacomo, Rozzol,
Guardiella (con possibile collegamento all'Università), Sissa, Opicina e Sesana.
«Esiste uno studio articolato, denominato "Adria A", realizzato da varie
università e presentato nel 2014, che è però stato frettolosamente messo in un
cassetto dalla politica locale», dichiara il direttivo di "Podemo": «Si tratta,
semplificando, di uno studio per creare un sistema di ferrovia metropolitana
leggera in grado di unire varie zone di Trieste a Capodistria, Sesana e
Monfalcone, utilizzando in stragrande maggioranza infrastrutture tuttora
esistenti, come il tratto riaperto di recente». La riattivazione della
Transalpina è al centro del progetto di Trieste «città allargata che si sviluppa
a partire dall'aeroporto di Ronchi fino a Portorose».«I vantaggi di una vera
integrazione di tutta quest'area sono evidenti: fare sistema significherebbe
aumentare il bacino d'utenza e il potenziale di crescita per qualsiasi azienda e
associazione esistente. E genererebbe condizioni migliori per intraprendere
nuove iniziative», prosegue "Podemo": «I blocchi su questo progetto sono, ad
oggi, solo ed esclusivamente politici, trattandosi di una realizzazione dai
costi relativamente bassi, in quanto basata su infrastrutture esistenti che, in
molti casi, come quello della linea Transalpina e della stazione di Campo
Marzio, sono state realizzate dall'Austria più di un secolo fa». La morale?
«Mentre le città di mezzo mondo stanno spendendo in questo momento miliardi su
miliardi per creare questo tipo di infrastrutture - conclude "Podemo" - noi che
le abbiamo a disposizione per una frazione del costo non le stiamo utilizzando,
se non in minima parte».
Fa.Do.
Maxi sequestro di ricci di mare e oloturie
Oltre 1700 chilogrammi di molluschi, pescati irregolarmente in Croazia,
intercettati a bordo di un furgone diretto in Puglia
Guidavano un furgone con cinquecento chili di ricci privi della
documentazione di rintracciabilità, tutti stipati in cassette di plastica, e
1260 chili di oloturie, i cosiddetti cetrioli di mare, molluschi di cui sono
vietati la pesca, il trasporto e la commercializzazione. Due autotrasportatori
italiani non sono sfuggiti ai controlli, nelle scorse notti, del personale del
Nucleo pesca della Capitaneria di porto che, durante un'attività congiunta con i
militari della Tenenza di Muggia della Guardia di Finanza, ha intercettato, in
prossimità del confine di Rabuiese, un camion proveniente dalla Croazia e
diretto in Puglia. Nonostante l'emergenza del coronavirus, infatti, continuano
le ispezioni sulla filiera della pesca che, pur avendo registrato un sensibile
calo dell'attività in mare e della commercializzazione del prodotto, rappresenta
ancora un elemento di interesse, soprattutto per i transiti ai valichi di
frontiera. Il mezzo è stato subito scortato al Mercato ittico per procedere
all'ispezione della merce. I ricci, come detto, non erano accompagnati da una
documentazione che provasse la loro rintracciabilità. I commercianti clandestini
di questi frutti di mare cercano di reperirli in Croazia perché «vengono
acquistati a un prezzo inferiore rispetto a quello italiano - spiega il 1°
maresciallo Nicola Bavila, ispettore comunitario e vice capo del Nucleo
regionale, che ha condotto l'operazione -. E inoltre in Puglia non sono presenti
in grandi quantità. Peraltro, a livello nazionale, da maggio a 30 giugno, vige
il divieto di raccolta, poiché è il periodo in cui i ricci si riproducono». Gli
stessi ispettori poi, esaminando meglio il furgone, hanno individuato un doppio
fondo al quale si accedeva dall'impianto refrigeratorio situato sul tetto. È qui
che hanno scoperto, nascosti in parte in bidoni chiusi, le oloturie. «Si tratta
di una specie di lombrico, come quello di terra, che serve per l'ossigenazione
dell'ambiente marino e di cui sono vietati pesca e commercializzazione sia in
Italia sia in Croazia. In Puglia, in particolare, è stata emanata un'ordinanza
regionale, che equipara la la pesca di questo prodotto itti al reato per
disastro ambientale». Non in Europa, ma in Oriente, spiega sempre Bavila, è
reputata una prelibatezza. In Paesi come Cina e Giappone le oloturie vengono in
particolare vendute essiccate: il prezzo si aggira tra i 10 e i 600 dollari al
chilo fino ad arrivare, per alcune specie particolari, a 3 mila. I due
autotrasportatori sono stati dunque multati con una sanzione amministrativa di
1.500 euro per la mancata rintracciabilità dei ricci e denunciati per il
trasporto di oloturie, mentre il prodotto ittico è stato requisito assieme al
furgone. Il sequestro è stato convalidato dalla Procura della Repubblica diretta
da Carlo Mastelloni. I ricci e le oloturie, dopo che i veterinari hanno
verificato che fossero ancora vivi, sono stati rigettati in mare dagli uomini
della Capitaneria.
Benedetta Moro
Inquinamento meno 40% nel Nord Italia per il blocco
Roma. La Rete italiana ambiente e salute, a cui partecipano esperti del
Sistema sanitario nazionale (Ssn) e del Sistema nazionale per la protezione
dell'ambiente (Snpa) ha pubblicato un documento su Scienzainrete sulle
correlazioni fra inquinamento ambientale e Covid19. Indagando su tre aspetti.
Primo: il virus tende a diffondersi di più nelle aree molto inquinate? Per il
report è «un'ipotesi che non sembra avere alcuna plausibilità biologica.
Infatti, pur riconoscendo al Pm la capacità di veicolare particelle biologiche
(batteri, spore, pollini, virus, funghi, alghe, frammenti vegetali), appare
implausibile che i coronavirus possano mantenere intatte le loro caratteristiche
morfologiche e le loro proprietà infettive anche dopo una permanenza più o meno
prolungata nell'ambiente outdoor». Secondo: le restrizioni decise per arginare
il contagio hanno prodotto una riduzione significativa dell'inquinamento
atmosferico? Sì. Dal 9 marzo i livelli di NO2, diossido di azoto, a Milano e in
altre parti del nord Italia sono diminuiti di circa il 40%. Occorrerà studiare
meglio le ragioni, ma è plausibile una responsabilità alla drastica diminuzione
del traffico e delle attività industriali. Terzo: la crisi economica da Covid19
aprirà la strada a politiche di abbassamento dei vincoli ambientali e di ritorno
al passato? Il rischio c'è. La crisi economica potrebbe avere conseguenze
disastrose per la transizione energetica globale perché l'impoverimento a
livello mondiale determinerà una minore disponibilità di risorse da investire in
fonti di energia alternativa. Occorrerà vigilare.
Alfredo De Girolamo
Nuovi progetti. Giovani volontari in azione si confrontano sul clima.
Al via il primo hub tematico del progetto finanziato dalla Regione Fvg "Giovani volontari in azione", che stimola i ragazzi all'azione su diversi fronti. Il prossimo incontro si terrà oggi alle 14.30 sulla piattaforma Zoom ed è aperto sia ai ragazzi che ai rappresentati di enti e istituzioni o aziende. "Giovani Volontari in Azione" è un progetto nato, per idea dell'Associazione Mondo 2000 e di altri undici partner del Terzo settore regionale, dall'esperienza di "Open Door. Conosco, Capisco, Imparo: percorso di avvio al volontariato di giovani tra i 16 e i 19 anni", finanziato dal ministero del Lavoro. Oggi "Giovani Volontari in Azione" intende portare a conoscenza dei giovani della nostra regione le diverse realtà nelle quali vivono, stimolando quel desiderio di intervento nella soluzione di problemi legati ai loro territori. Come? Con l'attivazione di alcuni hub tematici, appunto, intesi come incubatori di idee. Ciascuno è articolato in tre o quattro incontri, nel corso dei quali i ragazzi, assieme a degli esperti e a un coordinatore, trattano alcuni temi e trovano dei modi per sviluppare una soluzione a delle problematiche. Ogni tema è affrontato per step: presentazione dell'argomento, brain storming pilotato con la partecipazione e predisposizione del progetto. La modalità originaria di svolgimento degli hub era dal vivo, ma le necessità imposte dal covid hanno ridisegnato i modi di incontro, spostandoli su Zoom. Il primo hub è dedicato al clima: il secondo incontro si terrà oggi alle 14.30. Per partecipare si può inviare la richiesta a mondo2000@uwcad.it. Ha già dato la sua adesione Andrea Cicogna, dell'Arpa Fvg, che darà un contributo su "Clima e cambiamento climatico in Fvg: evidenze e possibili impatti". Gli spunti provenienti dalle riflessioni dei ragazzi e dagli interventi degli ospiti sono condivisi sulla pagina Facebook "Giovani Volontari in Azione" e sul profilo Instagram "@giovanivolontariinazione".
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 15 aprile 2020
Lettura delle targhe e "conta persone" - Telecamere hi-tech pronte allo
sbarco
L'appalto, vinto dalla ditta Calzavara, fa parte del progetto Civitas
Portis sulla mobilità urbana sostenibile in città
Ironia della sorte. Trieste avrà a breve un sistema di telecamere di analisi
di flusso pedonale e del tipo a lettura targhe per il monitoraggio dei flussi di
traffico. In questi giorni di città vuota per l'emergenza sanitaria del
coronavirus c'è stata l'aggiudicazione in via definitiva della fornitura e della
posa in opera di questo doppio sistema di telecamere inserite nel progetto
europeo "Civitas Portis" (Porti-cities: innovation for sustainability), lo
stesso che ha regalato alla città il bike sharing, le biciclette in
condivisione, anch'esso fermato ora dal Covid-19. Quasi un paradosso, ora che
c'è poco o nulla da misurare in termini di mobilità e ora che i flussi turistici
si sono completamente arrestati. Un sistema che tornerà utile, si spera in
futuro quando Trieste potrà accarezzare di nuovo un milione di presenze nei
musei e alle mostre e magari l'arrivo di 400 mila crocieristi. Intanto è
aggiudicato l'appalto delle telecamere all'impresa Calzavara spa di Roma, per il
costo totale di 44.597 euro (iva inclusa). Il progetto Civitas Portis,
finanziato dalla Commissione europea, ha preso avvio a Trieste il 6 settembre
2016: prevede la realizzazione di un piano urbano della mobilità sostenibile per
organizzare i collegamenti tra Porto nuovo, Porto vecchio e il centro urbano. Il
piano europeo coinvolge sei realtà portuali internazionali destinate a diventare
"città laboratorio": Trieste in Italia, Aberdeen nel Regno Unito, Costanza in
Romania, Klaipeda in Lituania, Anversa (coordinatrice dell'iniziativa) in Belgio
e Ningbo, porto affacciato sul mar cinese orientale. Il Comune di Trieste, tra
le altre cose, si è impegnato a realizzare la misura sul controllo degli accessi
urbani ("Controlling urban accesses"). È qui che si inserisce il doppio sistema
delle telecamere da attivare. «La misura "Controlling urban accesses" - si legge
nella determina firmata dall'ingegner Giulio Bernetti - prevede un sistema di
controllo degli accessi urbani atto al monitoraggio dei flussi di traffico (sia
di automobili che di veicoli pesanti) attraverso i principali punti di accesso
in città e l'implementazione di un progetto pilota al fine di monitorare aree
pedonali e zone a traffico limitato del centro città». A Venezia, per esempio,
esiste dal Carnevale di quest'anno un sistema di rilevazione dei flussi pedonali
attraverso telecamere e barriere laser e appositi algoritmi di videoanalisi. Nel
caso di Trieste si prevede «espressamente l'acquisto di telecamere, sistemi di
rilevazione e altra strumentazione necessaria a garantire l'implementazione del
sistema di controllo». La scelta della ditta Calzavara consente al Comune anche
un certo risparmio. È stata prenotata la somma complessiva di 70 mila euro
(contributo europeo). Si tratta di una «spesa urgente, dal momento che il
mancato rispetto del cronoprogramma del progetto Portis comporta la perdita di
contributi europei, con conseguente danno per il Comune». La Calzavara Spa, che
ha la direzione e la sede amministrativa a Basiliano (Udine), è un'azienda
italiana che progetta, costruisce e vende in tutto il mondo strutture per le
telecomunicazioni. La specialità è la progettazione e installazione di
infrastrutture di telecomunicazione integrate nel contesto urbano. «In oltre 50
anni di attività - fa sapere l'azienda romano-friulana - abbiamo reinventato i
pali per le telecomunicazioni, prima mascherandoli sotto le sembianze di finti
alberi - pini, palme e cipressi - e diminuendone l'impatto visivo sul paesaggio,
poi trasformandoli in strutture di arredo urbano e di design, idonee per
installazioni in contesti urbani di alto profilo».
Fabio Dorigo
IL PICCOLO - MARTEDI', 14 aprile 2020
Strada a due corsie, pista ciclabile e luci - Via in Porto vecchio a 9
milioni di lavori
Entro un mese il bando di gara per il lotto 2. Dall'affidamento
dell'appalto un anno di cantiere: l'obiettivo è autunno 2021
Nove milioni di euro per rifare i 20.000 metri quadrati che si allungano tra
il varco Silos in largo Città di Santos e la parte retrostante del Magazzino 26.
Strada, ciclabile, pedonali, illuminazione pubblica, sottoservizi relativi ad
acqua e gas. Il Comune si accinge a scrivere il secondo capitolo del Porto
vecchio post-sdemanializzazione: entro il 30 aprile Giulio Bernetti, direttore
del dipartimento Team (territorio-economia-ambiente-mobilità), licenzierà il
progetto del lotto 2 ed entro la metà di maggio conta di bandire una ricca gara
europea perché sopra soglia. Una volta affidati i lavori all'impresa vincitrice,
Bernetti calcola un anno di cantiere coordinato tra Municipio e AcegasApsAmga:
insomma, taglio del nastro nell'autunno 2021. La documentazione dovrà ottenere
il benestare della Soprintendenza. Il Lotto 1, finanziato da circa 5 milioni di
euro, è quasi terminato con la sua dose di infrastrutturazione urbana e con la
rotatoria che smista il traffico da/per viale Miramare, per cui può partire la
seconda fase dell'operazione Pfv incentrata sull'area culturale-espositiva.
L'obiettivo è collegare Magazzino 26-Centrale idrodinamica-Centro congressi con
piazza Libertà. Collegamento per auto, biciclette, mezzi di San Francesco (pedibus
calcantibus), trasporto pubblico che nelle aspirazioni comunali andrà ben oltre
l'attuale "81". La prossima area di lavoro si svolgerà dal lato B del "26", dove
si allarga il parking per pullman, per proseguire lungo la cosiddetta
"bretella", che costeggia il muro divisorio dalla zona ferroviaria. La
soluzione, predisposta dai progettisti comunali a partire dall'elaborato di
fattibilità tecnico-economica risalente all'ottobre 2018, si sovrappone in parte
al tracciato esistente: sarà una carreggiata a due corsie di marcia,
accompagnata dalla ciclabile che correrà lungo il muro confinario con il sedime
Fs.Il sistema viario così ottenuto andrà a congiungersi con il nuovo tronco
stradale che separa i Magazzini 27 e 28, entrambi coinvolti nel Centro
congressi. Dal punto di vista tecnico si pensa a una pavimentazione in
conglomerato bituminoso; le lastre di arenaria, presenti sotto l'attuale
asfaltatura, saranno riutilizzate nell'immenso altrove dell'ex punto franco. A
chi è capitato di transitare a piedi/ciclo/auto nella "bretella", avrà notato la
presenza di numerose rotaie - le triestinissime "sine" -, retaggio dell'antica
logistica al servizio del Porto vecchio, prima che lo scalo ammuffisse. I binari
saranno "tutelati" negli spazi pedonali e nelle aree che saranno attrezzate a
verde da alberi, arbusti, piante stagionali. Dove il binario triste e solitario
caro a Claudio Villa intralcerà la costruzione della nuova carreggiata, sarà
invece rimosso ed eventualmente ricollocato in qualche anfratto del Porto
vecchio desideroso di arredi urbani originali. Si cercherà di garantire il
transito pedonale a fianco della pista, realizzando rampe di raccordo tra
marciapiedi e sede stradale. Allo scopo di ridare sicurezza e visibilità
all'attuale spettrale habitat, un nuovo impianto di illuminazione correderà
l'asse viario: in programma pali artistici e corpi "a goccia".Certo la
"bretella" ha veramente bisogno di brusca & striglia. Sporcizia sparsa sul lato
ferrovia. Dove nell'ex palazzina 117 il Comune farà formazione, un migrante fa
merenda all'ombra della vegetazione che non vede da tempo pietose potature. Ci
sono ancora i parcheggi dell'Istituto di cultura marittimo-portuale liquidato
nel 2014. Scalcinati dissuasori dissuadono soprattutto i ciclisti che non siano
affetti da disturbi masochisti. Alcuni ruderi sembrano elemosinare il piccone
risanatore. Un vagone solitario, dipinto da imbianchini contemporanei, reclama
un locomotore misericordioso.
Massimo Greco
I dossier inesplosi dell'area tra marina e fishmarket - in attesa di tempi
migliori
A un anno dal termine del Terzo Dipiazza, accanto ai lavori conclusi e
quelli in rampa di lancio (vedi sopra), nella zona di Porto vecchio restano
alcuni importanti dossier da disinnescare. Due di essi si specchiano - o quasi -
nel Bacino 0: sono i Magazzini 24-25 e il Magazzino 30. Le prime citate sono le
strutture utilizzate fino agli anni Novanta come terminal animali vivi, come
risulta da una veloce osservazione degli interni. Sembrava ci fosse un
interessamento di Fincantieri, ma da tempo non se ne ha notizia. Poi era
spuntata una cordata, al cui interno c'è il dinamico Monticolo, attratta
dall'idea di realizzarvi un albergo e una marina ma pare che il progetto si sia
arenato nella fase del crowdfunding. L'architetto Vazquez Consuegra, incaricato
di realizzare il Museo del mare al Magazzino 26, vuole inserire la prua della
marconiana Elettra nel pertugio divisorio dei due hangar. E vuole ormeggiare il
sommergibile "Fecia di Cossato" dove ora languono in attesa di compratori le
residue unità dell'ex flotta Napp.Più spostato verso il mare si acquatta nella
sua rosea tinta il "30", che pareva destinato a un vivace destino di fishmarket,
con annesso ristorante panoramico e corner per la musica jazz: anche in questo
caso si attendono tempi migliori. Eataly, contattata, ritiene che la zona sia
ancora troppo selvaggia. Il Centro congresso ha tempo alcuni mesi per chiudere
il cantiere, visto che Esof slitterà a settembre. Tutto da meditare alle sue
spalle il futuro del cosiddetto "quartiere Ford", dove i magazzini (27b, 31, 32,
33 133) rimandano a ruggenti primi dopoguerra. Fermi i cantieri di manutenzione
e sicurezza al Magazzino 26, affidati a Cp e Walter Pittini.Il Magazzino 20
aspetta 1,5 milioni del MiBac per farsi bello. Infine, auguri pasquali dalla
"cittadella Greensisam".
Magr
Muggia, ipotesi via D'Annunzio per la "ciclabile dei bambini"
Il vicesindaco Bussani non esclude lo spostamento del futuro percorso
previsto lungo viale XXV Aprile. E sulle polemiche della Fiab: «Stop
strumentalizzazioni»
MUGGIA. La "ciclabile dei bambini" ancora fa discutere. Dallo scorso 30
settembre, giorno in cui il Consiglio comunale ha respinto le mozioni presentate
in primis da Roberta Tarlao, consigliera comunale della lista civica Mejo Muja
e, a ruota, dall'ex Pd, diventato tale dopo la risposta ricevuta, Marco
Finocchiaro, sulla realizzazione del progetto della ciclabile in viale XXV
aprile, ne è passata di acqua sotto i ponti. Eppure la partita non è terminata.
Anche perché l'amministrazione comunale della cittadina rivierasca sta nel
frattempo cercando una soluzione alla "vexata quaestio". E spunta l'opzione di
via D'Annunzio. Ma andiamo a ritroso. «Abbiamo avuto l'opportunità - racconta
Finocchiaro - nei lavori di parziale riasfaltatura di viale XXV Aprile di
mettere in atto quanto previsto nella variante 31 al Piano regolatore, ovvero
realizzare un percorso ciclopedonale che servisse gli impianti sportivi e le
scuole, riorganizzando i parcheggi della zona, ma la maggioranza ha preferito
mettere la testa sotto la sabbia, consolidando dei parcheggi fuori norma che non
garantiscono nemmeno la transitabilità su detta via ai mezzi adibiti al
trasporto pubblico locale e ai mezzi d'emergenza». Rincara la dose la Fiab
Ulisse per voce del suo presidente, Federico Zadnich, secondo cui «manca ancora
tra chi amministra Muggia una visione e la volontà di sviluppare una mobilità a
misura di persona. Negli ultimi anni si sono fatti passi indietro invece che
avanti. Dopo la bocciatura della mozione da parte della Giunta Marzi non ci sono
state novità positive. La mozione chiedeva la realizzazione di un percorso
ciclabile lungo viale XXV Aprile dove ci sono scuole, campi sportivi e palestre
raggiunti ogni giorno da centinaia di bambini e ragazzi. Un progetto che avrebbe
dato ai giovani una importante occasione di crescita in autonomia e la
promozione della ciclabilità e di stili di vita