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RASSEGNA STAMPA  gennaio - giugno 2020

 

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 30 giugno 2020

 

 

Primi esuberi della Ferriera in arrivo alla città dei cantieri
Rispettato l'accordo assunto con il ministro allo sviluppo economico Patuanelli e la Regione che avvierà i corsi di formazione necessari
Si conteranno sulle dita di una mano, ma le prime assunzioni degli esuberi della Ferriera arriveranno nelle prossime settimane, con alcuni lavoratori interinali dello stabilimento di Servola destinati a essere ingaggiati da Fincantieri. Altri verranno avviati verso percorsi di formazione e a giorni sarà diramato l'invito a tutti i 66 somministrati con il contratto scaduto a presentarsi ai Centri per l'impiego per costruire un percorso di ricollocamento. Prende corpo così il percorso avviato a gennaio dalla direzione Lavoro della Regione, anche se tanto il colosso della cantieristica quanto Piattaforma logistica Trieste non ritengono i tempi maturi per rispondere ora all'appello con cui il ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli ha chiesto alle due società di stipulare un accordo con i sindacati per mettere nero su bianco la disponibilità ad assorbire manodopera. Per la prima volta, però, da Fincantieri arriva la conferma alla disponibilità a fare la propria parte: «Fincantieri - fanno sapere dall'ufficio del personale - conferma con forza l'impegno assunto per dare concretezza e farsi parte attiva alla soluzione dei problemi occupazionali che interessano alcuni lavoratori ex Ferriera. Su questo stiamo già collaborando con l'assessorato del Lavoro della Regione», che assicurerà i corsi di formazione necessari per preparare gli esuberi all'eventuale passaggio verso Fincantieri o verso le ditte esterne, che saranno spesso la reale destinazione finale. Come noto, i lavoratori non coperti dall'Accordo di programma sono 163 su 580, tra 97 tempi indeterminati in cassa integrazione e 66 interinali, cui non è stato rinnovato il contratto e che non sono dunque coperti da ammortizzatori sociali.

D. Da.

 

 

MUGGIA - Oggi in Consiglio l'esame della rete delle "bike lanes" - la seduta d'aula
Oggi, nel Consiglio comunale di Muggia, si discuterà tra le altre cose una mozione presentata da Marco Finocchiaro relativa alle "bike lanes". Sulla questione interviene subito la Fiab con il coordinatore locale Federico Zadnich: «Ci siamo impegnati per disegnare una rete portante di "bike lanes", cioè le corsie ciclabili rese possibili dalle modifiche al Codice della strada introdotte dal Dl Rilancio»: quasi 14 chilometri di percorsi sul territorio rivierasco che, insiste Zadnich, «costeranno meno di 60 mila euro» e che, se realizzate, «cambieranno in meglio la mobilità cittadina per tutti. A beneficiarne saranno infatti soprattutto quelli che non possono, o non vogliono, rinunciare al veicolo privato a motore».

(lu.pu.)

 

 

Alle 10 - Orti Urbi et Horti - Preparazione teorica

Formazione e accompagnamento in campo oggi, per la conoscenza e preparazione all'uso corretto ed ergonomico degli attrezzi da giardino. La concimazione e l'uso degli insetti utili per la tutela delle piante. Accompagnati dal maestro contadino Roberto Marinelli e Daniela Delle Vedove. Per Info Tiziana : 3287908116, orticomunitrieste@gmail.com.

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 29 giugno 2020

 

 

Odori Siot e traffico in aula a San Dorligo - LA SEDUTA DI DOMATTINA
SAN DORLIGO DELLA VALLE. Si svolgerà domattina, con inizio alle 9.30 e con la modalità della videoconferenza, il consiglio comunale di san Dorligo della Valle. Due i punti principali all'ordine del giorno della seduta: l'aggiornamento del programma triennale delle opere pubbliche e l'adozione della variante generale al Piano regolatore. Facile prevedere che si coglierà l'occasione anche per parlare della recente relazione, prodotta dai tecnici, sull'emissione di cattivi odori nella zona occupata dagli stabilimenti della Siot e del questionario che è stato distribuito, nelle scorse settimane, all'intera popolazione, per conoscere le opinioni dei residenti sul traffico e le eventuali indicazioni sulle modalità per migliorare la circolazione nel Comune.

u. sa.

 

 

Fiato sospeso e sguardo fisso nel tunnel per godersi la danza magica delle lucciole
Decine di triestini ogni sera si radunano nel sottopasso di San Giuseppe lungo la ciclabile illuminato da un mare di insetti
Trieste. Ogni sera, dopo le 22, il sottopasso di San Giuseppe sulla pista ciclabile, si riempie di decine e decine di triestini. Persone che si danno appuntamento per ammirare l'emozionante spettacolo dell'apparizione delle lucciole. Quasi una magia che, per poco più di un paio d'ore, vede migliaia e migliaia di questi coleotteri della famiglia delle Lampyridae trasformare la zona in una sorta di bosco incantato. Una scena da film immortalata anche in alcuni scatti suggestivi. Erano anni che non si vedevano così tante lucciole. Per troppo tempo, a causa di urbanizzazione, uso eccessivo di pesticidi, inquinamento luminoso e altri fattori, era raro vedere il loro luccichio. Invece, da un po' di tempo, questa specie di insetti si sta ripopolando. E questa estate sta raggiungendo il suo culmine per la gioia appunto di decine di appassionati. E ci sono anche gruppi di triestini che organizzano delle piccole escursioni, a piedi o in bici, per assistere alla favola che ogni sera si accende sulla Cottur, con giochi di luce e effetti particolari proprio all'altezza di quel sottopassaggio. «Ce ne sono certamente di più rispetto ad anni precedenti, - costata Nicola Bressi, zoologo della Società italiana di Scienze naturali -. È un buon segnale per l'ambiente e non è un caso in quel punto sulla ciclabile se ne vedano molte. Le lucciole sono degli spietati carnivori e si nutrono specialmente di lumache presenti, come è noto, soprattutto in luoghi molto umidi come, appunto quel punto della ciclabile». La ricrescita della loro popolazione «è dovuta, oltre che ad una normale oscillazione di una popolazione animale, ad una maggiore sensibilità nell'uso dei pesticidi da parte dell'uomo. Fino a non molto tempo fa si usavano lumachicidi anche quando non serviva, e le lucciole che si nutrono di lumache, mangiandole, si avvelenavano. Ora invece c'è maggior cautela e esiste in commercio un lumachicida a base di ossido di ferro innocuo per le altre specie animali». Bressi invita chi usa insetticidi «a fare attenzione, perché non ne esistono di specifici che colpiscono un unico animale, e i danni sono devastanti». La causa principale del declino delle lucciole, dunque, è stato l'uomo, come nella maggior parte dei fenomeni di estinzione, «tranne che per le specie che dall'uomo traggono vantaggio come zanzare, cinghiali, ratti e cornacchie». La danza di luce delle lucciole a Trieste viene segnalata anche in altre zone della città, come in molti giardini privati. Le lucciole illuminano le notti estive solo in età adulta e non allo stato larvale. La loro caratteristica di emettere luce è strettamente legata alla fase riproduttiva. Grazie ai segnali luminosi, infatti, gli insetti riescono a incontrarsi durante la stagione degli accoppiamenti. La loro danza luminosa prende il via nelle prime sere calde tra maggio e giugno. Una raccomandazione:«Osservatele e fotografatele ma - raccomanda Bressi - non cercate di prenderle tra le mani: sono delicatissime».

Laura Tonero

 

 

Iscritti al Collegio del Mondo unito di Duino - Gli studenti "bloccati" si offrono come volontari per ripulire l'Ermada
DUINO AURISINA. Si improvviseranno tutori dell'ambiente, pulendo, a titolo di volontariato, i tracciati del monte Ermada, situati sopra Duino. Comincia domani la nuova e inedita avventura degli studenti del Collegio del Mondo unito dell'Adriatico rimasti a Duino. Si tratta di una quindicina di ragazzi che, a differenza dei loro colleghi i quali, vista la sospensione delle lezioni causa coronavirus, sono tornati ai loro Paesi d'origine, non hanno trovato voli per poter prendere a loro volta la strada di casa. E così, nell'attesa della ripresa delle lezioni, hanno deciso di rendersi utili alla comunità che li ospita. Grazie all'organizzazione congiunta della Società agricola Kohisce, che ogni anno dà vita alla marcia primaverile sul monte Ermada, ovviamente sospesa quest'anno, e alla Fondazione Pietro Pittini, oltre che alla disponibilità del Collegio, è stato definito un progetto che prevede il loro coinvolgimento in un'attività di pulizia e mantenimento dei tracciati. L'obiettivo non è solo quello di far conoscere i dintorni, contribuendo al contempo alla salvaguardia e alla tutela di luoghi bellissimi, ma anche di offrire, grazie al prezioso supporto assicurato dal Centro didattico naturalistico di Basovizza, momenti di approfondimento sulle peculiarità di questa terra, con particolare attenzione alla conoscenza degli ecosistemi dell'area carsica, oltre che alle tracce che la Prima Guerra Mondiale. Il progetto, che avrà una durata di qualche settimana, si inserisce nell'ambito delle attività curriculari di volontariato, che sono parte integrante del percorso didattico degli studenti del Collegio. In sostanza, si è cercato, da parte di tutti i soggetti coinvolti nell'organizzazione, di trasformare un'emergenza che obbliga gli studenti a rimanere al Collegio senza poter proseguire nel percorso didattico, in un'opportunità di servizio e di condivisione con la comunità del territorio. Un ruolo da protagonisti lo hanno svolto la famiglia Pahor, che gestisce l'Azienda agricola Kohisce e una parte degli spazi sul monte Ermada, e che ha sempre dimostrato estrema attenzione al tema della conservazione del territorio e delle sue comunità e la Fondazione Pittini, che ha tra i suoi obiettivi il sostegno ai giovani.

Ugo Salvini

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 28 giugno 2020

 

 

Siglata la storica intesa sulla Ferriera di Servola «Inizia una nuova era»
Con le firme sull'Accordo di programma, chiusa da istituzioni e imprese la partita per la riconversione. Un coro dal governo fino alla Regione: «Obiettivo raggiunto»
TRIESTE. Un incontro ufficiale per rivendicare davanti alla città la conduzione della trattativa che ha portato alla stipula dell'Accordo di programma della Ferriera di Servola. Il ministro triestino Stefano Patuanelli ha voluto che i rappresentanti di istituzioni e imprese si ritrovassero in Prefettura a Trieste per apporre la propria firma davanti a taccuini e telecamere. Nella sede del governo, è stato il responsabile dello Sviluppo economico a fare da padrone di casa, accanto al presidente della Regione Massimiliano Fedriga, al sindaco di Trieste Roberto Dipiazza, al commissario dell'Autorità portuale Mario Sommariva e al presidente di Icop Vittorio Petrucco. Assenti invece i dirigenti del gruppo Arvedi, che lascia la stipula all'avvocato Giovanni Borgna. Sono i protagonisti di un anno di trattative sulla riconversione del sito, sottoscritta anche dai ministeri di Ambiente e Infrastrutture, dall'Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro e dall'Agenzia del Demanio. Tutti a mettere la faccia al cospetto dei triestini: quelli che per vent'anni hanno sperato nello spegnimento dell'altoforno e nella riduzione delle emissioni; quelli che temono per i lavoratori in esubero, che si sommano a quelli già falcidiati dalle tante crisi industriali del territorio. Difficile trovare invece qualcuno che non riconosca il potenziale dell'operazione per lo sviluppo del porto. «Sono state spesso vicende tumultuose e tortuose - ha detto il prefetto Valerio Valenti - ma che chiudono un percorso e ne aprono un altro. Continueremo a essere vigili, soprattutto per gli sviluppi occupazionali anche alla luce delle perplessità che alcune organizzazioni, come la Fiom, hanno sollevato». Via dunque al nuovo corso (finanziato con oltre 300 milioni fra risorse private e fondi pubblici), che in cinque anni promette di ottenere la dismissione degli impianti ormai spenti, la messa in sicurezza dei terreni, il raddoppio del laminatoio, l'ingresso in campo di Piattaforma logistica Trieste e la realizzazione di un terminal di terra a servizio del futuro Molo VIII. Il tutto col promesso assorbimento degli esuberi da parte di Plt e Fincantieri. «È un momento storico per la città», ha esordito un emozionato Patuanelli, secondo cui «è stato raggiunto un importante risultato per tutto il Friuli Venezia Giulia, attraverso un intenso lavoro di squadra. Oggi si chiude una fase cominciata oltre cento anni fa e si apre un percorso nuovo, anche grazie all'uso di risorse pubbliche ingenti». L'esponente M5s ha sottolineato la possibilità di «realizzare nell'area della Ferriera una produzione ecosostenibile, che punta alla decarbonizzazione, al rilancio delle attività di logistica e alla salvaguardia dei lavoratori. L'accordo potrà diventare un modello per analoghi processi di riconversione industriale previsti nel nostro Paese». Per Fedriga, «la chiusura dell'area a caldo segna l'avvio di una nuova era per Trieste. Il raggiungimento dell'obiettivo storico è uno degli impegni che la giunta si è assunta nei confronti dei cittadini e in due anni abbiamo sbloccato una situazione ferma da venti». Il presidente ha ringraziato gli assessori Fabio Scoccimarro e Alessia Rosolen, per aver rispettivamente avviato la trattativa con Arvedi ed essersi battuta per un aumento delle garanzie occupazionali da parte dei privati. «Garantiamo - ha continuato il governatore - la salute dei cittadini, l'occupazione e opportunità di sviluppo in ambito logistico. Spero che ora presto possa sbloccarsi anche il regime extradoganale per i capannoni di FreeEste». Esulta anche Dipiazza: «Dopo quattro campagne elettorali nel segno della Ferriera, abbiamo chiuso un'area inquinante, che creava disagi a chi abita a Servola e a chi vi lavorava. La Piattaforma è una grande opportunità per rilanciare il porto». Il commissario dell'Autorità portuale Mario Sommariva ha evidenziato che «l'Adp va inteso come il passaggio epocale verso una fase di nuova industrializzazione del territorio, attraverso il recupero di aree importanti all'utilizzo per i traffici portuali e l'infrastrutturazione ferroviaria. Mi auguro che l'Adp sia un accordo pilota rispetto ai tempi delle autorizzazioni del ministero dell'Ambiente e spero che entro due o tre anni si possano cominciare a vedere risultati». Sarà Icop a occuparsi della messa in sicurezza dei terreni dell'area a caldo, «dove - ha spiegato il presidente Petrucco - verrà sviluppato il raccordo ferroviario, presupposto essenziale per sviluppare il Molo VIII: oggi compiamo il primo passo di un percorso che durerà una decina d'anni». Alla passerella manca solo l'ad di Arvedi Mario Caldonazzo, rappresentato dai propri legali. L'azienda siderurgica evita ogni tipo di dichiarazione: per il gruppo cremonese la chiusura dell'area a caldo voluta dalla politica è una ferita che difficilmente si potrà rimarginare.

Diego D'Amelio

 

I sindacati subito in pressing per la copertura degli esuberi
Incontro fra il rappresentante del governo e le sigle appena chiusa la cerimonia della sottoscrizione. La Fiom e le altre si ritrovano sulla tutela dei posti
TRIESTE. Il ministro Stefano Patuanelli convoca le segreterie provinciali in Prefettura subito dopo la firma, per ringraziare i sindacati favorevoli alla riconversione e cercare di stemperare le tensioni con la Fiom. Le sigle ascoltano, ma restano della loro opinione (e spaccate): i metalmeccanici della Cgil sono convinti che l'Accordo di programma abbia troppe lacune, mentre Fim Cisl, Uilm, Failms e Usb sposano il percorso, pur annunciando la volontà di attuare un monitoraggio minuzioso, che non perdoni nulla ai promotori della chiusura dell'area a caldo della Ferriera, che nessuna delle parti sociali ha mai voluto. L'unità si ritrova su un punto: la richiesta di mettere al più presto nero su bianco gli impegni di Icop e Fincantieri per l'assorbimento degli esuberi. I sindacati del sì esprimono «un giudizio positivo per la conclusione di un percorso lungo e non privo di rallentamenti e momenti di scoramento», dice Antonio Rodà (Uil), secondo cui «ora bisogna rispettare gli impegni su occupazione e investimenti. Il sindacato intende lavorare da subito sui tavoli di monitoraggio, per verificare tempi e modi, facendo sì che tutto fili liscio. In Italia di accordi sulle riconversioni se ne sono fatti molti e non sempre hanno portato risultati, ma il ministro ha dato disponibilità per un confronto costante». Rodà chiede che «gli impegni annunciati siano messi in campo, a cominciare dagli accordi per l'assorbimento degli esuberi, che sono ancora da scrivere con Fincantieri e Icop. L'accordo sindacale è stato firmato nella cornice delle garanzie istituzionali, che ora Mise, Regione, Comune e Autorità portuale devono rispettare. Ma il primo punto in agenda è incontrare l'ad Mario Caldonazzo, per definire gli aspetti sindacali del piano industriale di Arvedi». La posizione della Cgil resta di aperta contrarietà. «Patuanelli dice che è legittimo avere visioni differenti - commenta Michele Piga - ma chiede al sindacato di condividere il percorso di riconversione, pur riconoscendo che ci sono ancora problemi da risolvere su occupazione e mantenimento dei livelli salariali. Il ministro rivendica la volontà di avere rapporti sempre positivi con i sindacati, ma il nostro è un giudizio di merito su un accordo specifico e in questo accordo manca un pezzo: gli interinali non sono coperti e chiediamo perciò di favorire quanto prima un accordo sindacale su base rappresentativa con Fincantieri e Icop». Piga critica inoltre l'Adp perché «non guarda a tutta l'area di crisi complessa: bene su logistica e intermodalità, ma non si parla di risorse e procedure per la bonifica del Sito inquinato, che darebbe lavoro a molti, a cominciare dai 50 lavoratori che faranno la messa in sicurezza dei terreni dell'area a caldo».

D.D.A.

 

«Ha vinto la volontà dei cittadini - Mai visto un cielo così a Servola» - L'INTERVISTA

Il ministro "di casa" Patuanelli si gode il momento ma guarda già avanti: «L'occupazione? Ricordo l'impegno di Fincantieri e Icop ad assorbire manodopera e ritengo si possa ragionare su accordi sindacali con le due società»
TRIESTE. «Non venivo a casa da tanto e vedo l'aria sopra Servola pulita come non l'avevo mai vista». Il ministro Stefano Patuanelli si gode la firma che ha portato al superamento dell'area a caldo dopo una battaglia ambientalista che il M5s triestino ha iniziato dalla fondazione e che ora passa per la tutela dei posti di lavoro. Chi o cosa ha chiuso la Ferriera? La volontà dei cittadini, le grandi manifestazioni e il dibattito apertosi anche fra chi si è reso conto che investimenti e impegno della proprietà non sono bastati a ridurre l'impatto dello stabilimento. Porta a conclusione una battaglia cominciata 15 anni fa.Assieme a quella contro il rigassificatore. In questo caso centriamo l'obiettivo con un piano che tutela l'occupazione e prevede una riconversione che darà linfa al porto. Settanta milioni a fondo perduto: ha fatto tutto il Mise? Come normale che fosse, vista la possibilità di reperire risorse, tanto più in un momento di difficoltà per le casse degli enti locali. Giusto mettere danaro pubblico per chiudere un ramo produttivo che rispettava i limiti di emissioni e ha assunto più del previsto? Siamo in un periodo di grandi transizioni industriali, che vanno indirizzate verso la sostenibilità ambientale, purché ci sia la sostenibilità economica e sociale, garantita appunto dalle risorse pubbliche. Trieste può permettersi di perdere altra industria? Oggi l'industria locale produce meno del 10% del Pil complessivo e bisogna invertire la tendenza, risolvendo anzitutto lo storico problema della mancanza di spazio: dobbiamo ridurre la perimetrazione del Sito inquinato e rendere le pratiche meno lunghe e costose. Bisogna poi attrarre investimenti: so che il risultato ancora non c'è, ma ribadisco l'impegno a convincere il Mef sull'extradoganalità di Trieste. La siderurgia è ancora strategica in Italia? Sì, perché abbiamo filiere come l'auto motive e la cantieristica. Ma oggi possiamo incidere sulla tutela dell'ambiente attraverso percorsi di totale decarbonizzazione. Arvedi avrebbe chiuso in ogni caso l'area a caldo? Domanda da rivolgere al cavaliere. Ma così abbiamo gestito la chiusura, tenendo da conto il nodo occupazione. Rassicuri i lavoratori: sarà riconversione a esuberi zero? La riconversione non prevede licenziamenti collettivi e ci sarà grande attenzione sulla riqualificazione professionale durante la realizzazione delle opere. Ricordo poi l'impegno di Fincantieri e Icop ad assorbire manodopera e ritengo si possa ragionare su accordi sindacali con le due società. Fincantieri si è impegnata tramite ditte esterne. Soluzione precaria? Soluzione che riguarda una filiera che dà garanzie e alcuni addetti potranno essere assunti direttamente. I sindacati restano spaccati: cos'ha detto loro? Che spaccare non è mai stato il mio obiettivo. Tutte le sigle hanno preso atto di una soluzione che non era da loro voluta. Ringrazio chi ha creduto lo stesso alla riconversione e sottoscritto l'accordo sindacale, ma anche la Fiom, perché il pensiero unico non esiste. Dismissione, messa in sicurezza e nuovi asset: ce la farete in cinque anni? Non possiamo permetterci di non rispettare le scadenze. Quanto sono inquinati i terreni sotto l'area a caldo? Difficilmente si può pensare di trovare un'area più inquinata. Basterà metterci sopra una colata di calcestruzzo? L'area viene restituita all'industria, non a una scuola. Il confinamento è una delle pratiche più utilizzate per la messa in sicurezza operativa e permanente, che sarà seguita dal ministero dell'Ambiente. Poi c'è il barrieramento a mare, ma i 41 milioni di Invitalia sono fermi da sei anni...Un ritardo che va superato e che dimostra quanto la semplificazione sia indispensabile. Quanto conta l'Adp per il porto? Il nostro porto ha grande valore per la sua infrastruttura ferroviaria. Questo intervento la rafforza e crea nuovi spazi per lo stoccaggio di merci. È l'uso naturale dell'area che sorge accanto alla Piattaforma logistica e al futuro Molo VIII. Preferisce investitori cinesi o europei per la Piattaforma? Preferisco buone soluzioni. Il caso D'Agostino. L'emendamento "salva Zeno" passerà? Che ne pensa della decisione dell'Anac sulla decadenza? Sono ottimista e ribadisco che Zeno è la miglior guida per il porto di Trieste. Non critico una norma che vuole evitare conflitti d'interesse e corruzione, ma il testo porta anche ad applicazioni distorte. La stessa Anac segnala l'opportunità di intervenire. L'alleanza giallorossa approda anche in Fvg sull'asse Patuanelli-Serracchiani? Esiste un governo sostenuto da M5s, Pd e altre forze. Normale l'interlocuzione con Debora anche sull'emendamento. Ma le elezioni sono lontane e le alleanze non definite nemmeno nelle regioni che votano fra pochi mesi. Vuole davvero fare il sindaco? Non sono più candidabile nel M5s per la regola dei due mandati. Ho fatto una boutade sui social per dire che il Movimento c'è, tanto più alla luce del lavoro che stiamo facendo a Roma, come mostra la riconversione della Ferriera. A firme fatte, ha un sassolino nella scarpa? Sotto la Prefettura avrei voluto vedere anche quei comitati che per anni hanno chiesto la chiusura e accusato la politica di non mantenere le promesse. Ora quelle promesse sono realtà.

D.D.A.

 

Una trentina di attivisti in piazza per festeggiare - Il sit-in davanti al teatro verdi "trainato" dal M5S
Trieste. Dopo anni di promesse e annunci, il giorno tanto atteso è finalmente giunto e chi si è battuto per il suo raggiungimento può finalmente festeggiare. Ieri mattina, in contemporanea con la firma in prefettura dell'accordo di programma per la riconversione della Ferriera, si sono ritrovati in piazza Verdi una ventina di attivisti del Movimento 5 Stelle assieme a un'altra decina di appartenenti all'associazione No Smog e al comitato 5 Dicembre. «Una giornata storica», la definisce il consigliere comunale Paolo Menis del Movimento 5 Stelle. «In meno di un anno, Stefano Patuanelli ha chiuso un accordo che in vent'anni i partiti non erano mai riusciti nemmeno ad abbozzare e che risolve il più grande problema ambientale di Trieste, rilanciando la nostra città», afferma il consigliere Menis. A proposito delle prospettive future dell'area, la consigliera Cristina Bertoni del M5s sottolinea che ora si dovrà procedere entro i prossimi cinque anni con il percorso di riconversione dell'area per puntare sullo sviluppo del porto. Esultano anche gli attivisti delle associazioni che in questi anni si sono battuti per la chiusura dello stabilimento. «Per noi, questa è la dimostrazione che scendere in piazza per i nostri diritti e la nostra salute non è inutile, ma ha portato a questo grande risultato per Trieste. Ci auguriamo possa servire da sprone anche per gli amici di Taranto», commenta Barbara Belluzzo del comitato 5 Dicembre. Più cinica ma altrettanto soddisfatta la reazione di Alda Sancin, la presidente dell'associazione No Smog: «Era una conclusione a cui si sarebbe dovuti arrivare anni fa, se si fosse dato retta ai problemi sanitari e ambientali, mentre alla fine hanno saputo ascoltare solo ora quelli economici. Ma va bene anche così».Il segretario Adriano Tasso aggiunge che la conclusione è andata oltre le più rosee aspettative, perché si è raggiunto sia l'obiettivo ambientale che di tutela dei lavoratori, e ne riconosce il merito al ministro Stefano Patuanelli e al presidente regionale Massimiliano Fedriga. Nonostante i risultati raggiunti, l'associazione No Smog ricorda che resta ancora da risolvere il problema dell'inquinamento del suolo e promette di restare vigile sul processo di riconversione della Ferriera.

Simone Modugno

 

Bike sharing tra disagi e lamentele - E il Comune "bacchetta" il gestore
Lettera formale del Municipio alla Bicincittà di Torino. Richiesti più mezzi e manutenzioni quotidiane
Piovono lamentele e critiche verso il servizio di bike sharing a Trieste, inaugurato a febbraio, e il Comune scrive all'azienda che se ne occupa, la Bicincittà srl di Torino, chiedendo una manutenzione più attenta e costante, e un'implementazione dei mezzi a disposizione. Tra i disagi più sentiti dagli utenti c'è la difficoltà di sganciare la due ruote dai supporti, in tante stazioni presenti in città. Dopo aver correttamente aperto l'applicazione, con i propri dati, le persone ricevono il via libera a utilizzare la bici, ma non riescono a sbloccare il fermo. In più c'è chi segnala danni, piccoli o grandi, e la collegata necessità di riparazioni o sostituzioni di pezzi, mentre non si trovano più in giro i mezzi a pedalata assistita, inseriti nella dotazione iniziale. «Il 21 giugno abbiamo inviato una formale segnalazione all'azienda, perché i disagi riscontrati sono tanti - spiega l'assessore comunale all'Urbanistica Luisa Polli - e abbiamo ricevuto molte proteste, nei mesi scorsi e anche nelle ultime settimane. Anch'io personalmente. Tra le richieste evidenziate nella mail spedita, quella di poter contare sulla presenza di manutentori quotidianamente, e non ogni due giorni come accadeva finora. E ancora serve sostituire subito le biciclette rotte, provvedere ai malfunzionamenti esistenti e inoltre abbiamo sottolineato la necessità di implementare il parco mezzi in tempi brevi, passando dagli attuali 50 a 90. Non è la prima volta - sottolinea l'assessore - che segnaliamo queste esigenze. Capisco la situazione post Covid-19 - aggiunge - e anche il fatto che talvolta capitino disagi dovuti a comportamenti poco corretti o a usi impropri delle bici, ma credo che, in generale, ci sia bisogno di potenziare e migliorare il servizio quanto prima». Sui social c'è chi racconta di aver provato a sbloccare il meccanismo per prelevare il mezzo più volte e in diversi punti della città, senza successo, e di essersi trovato insieme ad altre persone con lo stesso problema. Per utilizzare la bicicletta, la via più semplice è quella della app, con la quale si cerca la stazione sulla mappa e si seleziona la colonnina dalla quale si vuole prelevare la bici. Si attendono alcuni "bip" lenti e poi dei "bip" rapidi, prima di estrarre la due ruote. Ma è a questo punto che spesso qualcosa va storto, ed è molto difficile, se non impossibile, staccarla dal supporto. Tra gli utenti poi qualcuno scrive come sia necessario sostituire anche alcuni pezzi, come le luci, spesso non funzionanti. Ci sono poi da considerare anche gli atti vandalici: gomme a terra, parafanghi divelti, batterie dei modelli elettrici staccate, situazioni segnalate più volte nei mesi scorsi, anche sui social, e capitate fin dai primi giorni di avvio della novità. Per scongiurare questi comportamenti il Comune, così come molti utenti, si appella al buon senso di tutti, per evitare ulteriori disagi e intoppi. Tanti auspicano comunque che i disguidi possano trovare una rapida soluzione, alla luce del numero sempre crescente di triestini che ormai abitualmente si muovono pedalando, oltre ai turisti, che anche prima dell'emergenza Covid avevano usufruito con successo del bike sharing. Atteso anche un ritorno dei modelli con la pedalata assistita, per ora introvabili, e inizialmente inseriti appunto nel parco mezzi. «Al momento in alcune stazioni funziona una bici su cinque - racconta Diego Manna, appassionato di bici e referente dell'associazione Bora.la -. Peccato, perché il servizio resta una rivoluzione per Trieste, ma va sicuramente sistemato. In più - ricorda - sono sparite le bici elettriche».

Micol Brusaferro

 

A confronto con le associazioni anche sulle corsie bus "ciclabili"
Esordio del tavolo tecnico attivato tra amministrazione e proponenti il piano per la mobilità post-Covid. «Un primo riscontro positivo»
Prima seduta del tavolo tecnico attivato tra il Comune e le associazioni che hanno proposto il "piano per la mobilità post-Covid": Tryeste, Fiab, Uisp, Legambiente, Fridays For Future, Bora.La, Zeno, Link, Spiz e Cammina Trieste. Presentate alcune richieste potenzialmente di immediata realizzazione. Il Comune, fanno sapere i vari sodalizi, ha mostrato disponibilità in merito a diverse iniziative, in particolare sulla rimozione dei parcheggi dai marciapiedi nei pressi delle scuole e dei ricreatori, sull'estensione delle chiusure festive di alcune arterie secondarie e delle esperienze di progettazione partecipata dei pedibus. E ancora sull'ampliamento di alcuni marciapiedi tramite segnaletica orizzontale, sull'installazione di nuovi stalli per le bici, sull'avvio dell'iter per l'apertura alle bici delle corsie bus in via Carducci e lungo l'asse Conti-D'Azeglio-Tarabocchia. «Si tratta di un primo riscontro positivo - sottolineano le associazioni in un testo congiunto - che è arrivato grazie all'impegno di molte persone, per una mobilità più sostenibile, inclusiva e attiva nella fase 3. Per quanto riguarda la realizzazione di "bike lanes" lungo gli assi principali di scorrimento della città, l'amministrazione ha espresso perplessità tecniche che tuttavia le associazioni si impegnano a chiarire a stretto giro, al fine di rimuovere qualsiasi ostacolo alla realizzazione di questa importante misura per la mobilità ciclabile. Le associazioni continueranno a collaborare, a partire dalla prossima seduta del tavolo convocata per il 9 luglio, e soprattutto a vigilare perché le aperture espresse dal Comune si traducano in azioni concrete».

mi.b.

 

Bus "scomodi" verso la città - L'altipiano ha una settimana per preparare il dossier
Incontro con il sindaco Dipiazza e il presidente circoscrizionale De Luisa - Decisa una raccolta di osservazioni da sottoporre al gestore del servizio
TRIESTE. Una settimana di tempo per raccogliere i suggerimenti dei residenti dell'altipiano e per formulare una serie di proposte finalizzate al miglioramento del servizio di trasporto pubblico sul Carso. È questo il termine concordato fra il sindaco di Trieste Roberto Dipiazza e il presidente della Circoscrizione Altipiano Est Marko De Luisa, con l'obiettivo di arrivare a una sintesi sul problema esploso dopo l'avvento del nuovo gestore del trasporto pubblico regionale, il consorzio Tpl Fvg, sorto dalla fusione fra Apt, Atap, Saf e Trieste trasporti. Appena entrato in vigore il nuovo orario estivo, infatti, le centinaia di persone che quotidianamente raggiungono il centro città partendo dal Carso e viceversa hanno iniziato a lamentarsi, definendo i cambiamenti «evidenti peggioramenti nel servizio». Di questo disagio si è fatto portavoce lo stesso De Luisa, in particolare nel corso di un incontro che, oltre a Dipiazza, l'altro giorno ha visto presenti l'assessore Luisa Polli, Michele Scozzai, responsabile della comunicazione per conto della Trieste trasporti, e Diego Pangher, rappresentante del gruppo "Vivere Opicina e l'altipiano"'. «I problemi sono molteplici - così De Luisa - a cominciare dal fatto che non ci sono più linee dirette per raggiungere il centro città, fatto che obbliga i residenti a cambiare linea. Fra le richieste che certamente faremo ci saranno il ripristino della linea che attraversava tutto il Carso e la razionalizzazione del sistema delle coincidenze, oggi molto complesso e per certi versi incomprensibile. Il nuovo meccanismo prevede infatti anche le cosiddette "coincidenze mobili", che costringono gli utenti a verificare di volta in volta, in base alla fascia oraria prescelta, la fermata in cui si dovrà attendere l'arrivo del bus per la seconda tratta». Dipiazza ha osservato che «davanti a un aumento del chilometraggio complessivo, come affermato dalla Trieste trasporti, non è possibile che il servizio provochi tante critiche. Evidentemente qualcosa bisognerà cambiare».Scozzai ha infine garantito che la «Trieste trasporti sarà disponibile ad ascoltare osservazioni, indicazioni e suggerimenti. Una volta ultimata dalla circoscrizione la raccolta dei pareri, si valuteranno eventuali correzioni, nell'ambito di un confronto con tutti i soggetti interessati». Tutti coloro che fossero interessati a inviare appunto considerazioni, proposte e idee, sono invitati a scrivere all'indirizzo di posta elettronica secondacircoscrizione@comune.trieste.it.--U.SA.

 

 

Ogni anno 200 milioni di mozziconi a terra: Barcola sfida l'inciviltà
Giovedì pomeriggio l'associazione sportiva All Sail lancia la raccolta "Basta cicche" tra lungomare Croce e pineta
Si stima siano oltre 200 milioni i mozziconi di sigarette che ogni anno vengono gettati a terra a Trieste. Un dato, stimato da AcegasApsAmga, che mette in evidenza l'enorme impatto di questo di rifiuto. Stimolata da questa criticità che contribuisce a danneggiare pesantemente ambiente e decoro urbano, il prossimo giovedì 2 luglio l'Associazione sportivo dilettantistica All Sail, al grido di "Basta cicche", organizza la raccolta dei mozziconi di sigarette disseminati sul lungomare Benedetto Croce e nella Pineta di Barcola. «Il nostro vuole essere un impegno, un segnale in grado di servire da monito per quanti, con distrazione e poca sensibilità, non rispettano l'ambiente, gettando a terra ogni giorno i mozziconi delle loro sigarette», osserva Diego Errico, dirigente di All Sail, realtà che offre in zona affitti e lezioni di sup e kajac: «Noi, amanti dello sport e dell'ambiente, assieme a quanti vorranno partecipare, mireremo a ripulire questa zona, che è vicina alla nostra sede e all'area dove operiamo. Speriamo che il nostro gesto stimoli i fumatori a una maggiore responsabilità, a una maggiore attenzione, ma anche altre realtà associative e gruppi a organizzare altre raccolte di resti di sigarette in altri punti della città». Coloro che sono interessati a partecipare all'iniziativa "Basta Cicche "sono chiamati dunque a raccolta il prossimo giovedì dalle 18 alle 20 davanti alla sede dell'associazione, in viale Miramare 70. «Basterà presentarsi con una bottiglia di plastica da due litri e una maglietta blu - spiegano ancora da All Sail - e noi forniremo i guanti monouso. Verranno rispettate le distanze di sicurezza e, nei casi non sia possibile, la mascherina. Finita la raccolta, i mozziconi raccolti nelle bottiglie verranno gettati nei cassonetti del secco non riciclabile, mentre le bottiglie vuote in quelli riservati alla raccolta della plastica». L'obiettivo sarà anche quello di coinvolgere i bagnanti che a quell'ora, di solito, si godono gli ultimi raggi di sole e che, incuriositi dall'iniziativa, potrebbero ritenere utile dare una mano rendendo più gradevole e pulita l'area. I mozziconi di sigaretta sono il rifiuto singolo più abbandonato in città e più abbondante sulla Terra, ancora di più della plastica: su scala globale, ogni giorno, ne vengono dispersi nell'ambiente più di 10 miliardi. Il problema è che poi impiegano anni a decomporsi e molti di questi finiscono nei nostri mari diventando facilmente consumabili dalla fauna marina, causando danni irreparabili. A nulla sono valse le tante sanzioni comminate finora dalla Polizia locale di Trieste a chi viene pizzicato a gettare a terra i mozziconi. E neppure le campagne di sensibilizzazione messe in atto dall'amministrazione comunale e dalla stessa AcegasApsAmga per convincere tanti fumatori a comportarsi correttamente. Sono stati installati anche contenitori appositi e altri dedicati alla raccolta dei rifiuti indifferenziati con posacenere integrati in diversi punti della città proprio per incentivare i cittadini a spegnere lì le proprie sigarette. La battaglia però, da quanto si nota tra le vie cittadine, è ancora lunga.

Laura Tonero

 

 

Dieci percorsi a caccia di natura in Carso e Costiera grazie al Wwf
Da oggi ad agosto un ciclo di visite gratuite aperte a tutti nel "Sentiero della Biosfera"
Un programma di 10 escursioni, tra giugno e agosto attraverso il "Sentiero della Biosfera", ideale tragitto che riunisce i diversi itinerari che percorrono longitudinalmente la Riserva MaB di Miramare, dal Belvedere Weiss all'Obelisco di Opicina (senza tralasciare le "incursioni" verso il mare dei sentieri Natura e dei Pescatori), inseriti in una cartoguida storico-naturalistica realizzata dal Wwf Area Marina Protetta per promuovere e valorizzare il territorio a cavallo tra il mare e il Carso tutelato dall'Unesco. La nuova mappa escursionistica, corredata da quasi 50 punti di interesse, che accompagnerà i visitatori in un percorso a tappe ad anelli con descrizioni botaniche e faunistiche e approfondimenti sulla storia e le tradizioni dei luoghi e sui paesaggi naturali e antropici, verrà distribuita gratuitamente a tutti i partecipanti alle escursioni e sarà disponibile anche al BioMa per i visitatori del museo. «Per inaugurare il nuovo strumento di visita - spiegano all'Amp - abbiamo ideato delle escursioni e passeggiate guidate, gratuite grazie al sostegno della Regione - servizio Biodiversità, alla scoperta di un territorio che, per tutta l'estate, percorreremo in lungo e in largo, dall'alba al tramonto, a piedi o con le pinne, a "caccia" di natura, biodiversità, ma anche di storie, cultura e tradizioni».Nel corso delle esplorazioni della costiera triestina e del ciglione carsico, lo staff del Wwf accompagnerà piccoli gruppi di visitatori alla scoperta di alcuni dei percorsi che compongono il lungo sentiero. Il primo appuntamento è in programma oggi con un'escursione mattutina. «Guidati dall'ornitologo Paolo Utmar, ci addentreremo tra i sentieri della zona di Monte Grisa, tra rupi, pinete, boscaglie e lande carsiche, alla ricerca delle ultime specie di uccelli ancora intente nelle nidificazioni, per proseguire poi durante l'estate con passeggiate botaniche e faunistiche, osservazioni astronomiche al chiaro di luna ed escursioni a tema geologico e storico-paesaggistico. E anche per chi non potrà partecipare alle escursioni, la cartoguida costituirà un ottimo strumento per esplorare in autonomia questo peculiare territorio. L'auspicio - commenta il direttore dell'Amp Miramare Maurizio Spoto - è che anche questo nuovo strumento d'identità visiva della Riserva MaB contribuisca a far conoscere le ricchezze e le potenzialità di questo territorio». Prenotazione obbligatoria allo 040/224147, interno 3, da lunedì a venerdì 10-13 o scrivendo a info@riservamarinamiramare.it.

G.T.

 

Passeggiata nella lavanda - ore 9.00

Nicoletta Perco, guida naturalistica del Friuli Venezia Giulia, ed Elena Perco, artista illustratrice, ripropongono per oggi due appuntamenti nella natura con escursione e un laboratorio artistico sul Carso tra i campi di lavanda in fiore. Ritrovo alle 9 o alle 16 a Gorjansko nel parcheggio di fronte al cimitero civile. Per informazioni e prenotazioni sola camminata telefonare al numero 3475292120; per il laboratorio artistico telefonare al cellulare 334 3510910.10

 

In occasione della ricorrenza il sodalizio triestino ricorderà anche Marino Vianello
Una conferenza sulla didattica nelle scuole e una tavola rotonda sull'inquinamento delle grotte con relativo censimento. Queste le iniziative in cantiere per festeggiare i 75 anni di attività speleo-alpinistica del Club Alpinistico Triestino, nato il il 24 maggio 1945, quando, a guerra appena finita, alcuni ex soci del Cai, amanti della montagna si ritrovarono per fondare un sodalizio, con lo scopo, oltre che sportivo, come recita l'articolo 2 dello Statuto sociale «di coltivare l'alpinismo con cognizione teorica e pratica della montagna, per la salvaguardia dei fenomeni carsici in ogni loro aspetto». La ricorrenza cadeva a maggio, ma, a causa dei noti eventi che hanno paralizzato l'intera attività, compresi i tradizionali corsi di primo livello di progressione su corda, non è stato possibile celebrarla e ancora non si sa esattamente quando si potrà festeggiare l'importante traguardo.«L'unica certezza è che le iniziative previste per il 75ennale verranno portare a compimento, confidiamo il prima possibile», spiega il presidente, Moreno Tommasini. Ma con l'allentamento delle misure, la programmazione sta cominciando a riprendere. Oltre a quello di fondazione, quest'anno ricorre pure l'anniversario del tragico incidente che 50 anni fa costò la vita a Marino Vianello, a cui l'abisso teatro della tragedia è stato intitolato. «Per commemorarlo - rivela Tommasini - ad agosto sul Canin effettueremo una discesa».Prosegue intanto anche l'attività del campo speleo alla Grotta Virgilio, le cui esplorazioni proseguono da 4 anni e nel 2018 hanno coinvolto una ventina di soci. Il Cat inoltre è impegnato anche sul fronte scolastico: oltre alla didattica speleologica in aula, l'attività educativa, anche di natura ambientale, prevede pure l'accompagnamento in grotta ad andamento orizzontale. A fine mese ripartiranno pure le visite guidate alla Kleine Berlin, che il Cat ha in concessione da 20 anni dal Comune, che verranno svolte in base alle disposizioni anti-Covid. Infine il 3 e 4 ottobre saranno celebrate le Giornate Nazionali della Speleologia, annuale appuntamento organizzato dalla Società Speleologica Italiana a cui il Cat è affiliato che consente di avvicinarsi al mondo sotterraneo, grazie a iniziative di divulgazione aperte al pubblico. Attualmente, l'organico del club conta 100 soci che volontariamente e con grande passione portano avanti l'attività, chi dedicandosi alla didattica chi alla speleologia.

Gianfranco Terzoli

 

Tornano le escursioni a passo d'asino con la guida speciale "Rebecca" - weekend
Dopo mesi di interruzione forzata ritornano le escursioni a passo d'asino per bambini e adulti. In compagnia della guida naturalistica Alice Sattolo e della sua dolce asinella Rebecca si andrà a esplorare un caratteristico angolo del Carso Triestino: i boschi della Riserva naturale del Monte Lanaro. Partendo dal borgo storico di Rupinpiccolo/Repnic, con ritrovo alla fermata del bus 46, si salirà dolcemente insieme a Rebecca all'ombra del bosco, per arrivare allo stagno Tretji Kal e alla radura dove viveva Efa, la storica eremita del Monte. Quindi si scenderà verso Sagrado/Zagradez, per fare ritorno al punto di partenza. Il percorso è un facile anello di circa 5 chilometri, con 140 metri di dislivello, perciò adatto a tutti: si consiglia soltanto un abbigliamento adatto all'escursione, con scarpe da trekking leggero. Insieme alla guida e in presenza della piccola Rebecca, che i partecipanti potranno condurre da terra durante la passeggiata, si scoprirà qualcosa di più sulla storia e sull'etologia degli asini. Pur essendo tra gli animali domestici più utili, storicamente noti perché si prestano allo svolgimento di attività molto faticose per l'essere umano, gli asini sono stati infatti per secoli denigrati e stereotipati come stupidi e testardi: attraverso le spiegazioni della guida si potrà scoprire tutta un'altra storia su questi mammiferi. Una passeggiata a passo d'asino è un'esperienza insolita per tutta la famiglia: per gli adulti è un invito a riscoprire i pregi della lentezza, dell'ascolto, dell'osservazione; per i bambini un'occasione per conoscere un nuovo amico a quattro zampe, che insegna la pazienza e la dolcezza. Per partecipare all'escursione, che sarà svolta nel rispetto delle vigenti norme anti Covid-19, è indispensabile iscriversi (telefonando o scrivendo al 3289287073 oppure via mail ad alicesattolo@gmail.com). L'escursione durerà fino alle 20 circa e si terrà l'11 luglio, il primo e il 22 agosto.

Giulia Basso

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 27 giugno 2020

 

 

Ferriera di Servola - Il futuro è oggi: si firma l'Accordo da 300 milioni
In Prefettura l'atto finale che dà il via alla riconversione dell'area a caldo in chiave logistica. Tutti i dettagli dell'intesa
Oltre trecento milioni tra risorse private e fondi pubblici, per chiudere una pagina secolare dell'industria a Trieste e aprire un nuovo capitolo dello sviluppo del porto. Istituzioni e imprese sottoscriveranno stamani nella sede della Prefettura l'Accordo di programma, che darà il via alla riconversione della Ferriera di Servola e che anticipiamo su queste pagine nella sua versione definitiva. L'impegno finanziario del gruppo Arvedi, di Icop-Plt e del Mise darà gambe al piano che prevede lo smantellamento dell'area a caldo con relativa messa in sicurezza dei terreni, la creazione di un terminal portuale all'avanguardia da parte di Icop-Plt e il raddoppio del laminatoio a freddo e la riqualificazione della centrale elettrica posseduti da Arvedi. Altoforno e cokeria sono spenti dal 9 aprile, quando sono giunti al capolinea 123 anni di vita dell'acciaieria. La passerella di oggi è stata preceduta da un confronto cominciato l'estate scorsa fra Regione e gruppo Arvedi, sfociato da ottobre negli incontri coordinati dal ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli. Un percorso difficile e non privo di intoppi, segnato dal sollievo della maggioranza dei triestini per la chiusura dello stabilimento ma anche dalla preoccupazione per il destino di 580 lavoratori, per i quali Mise, Regione, Comune e Autorità portuale si sono impegnati su un iter a «esuberi zero». Il gruppo Arvedi chiude il ciclo di produzione di ghisa a Trieste e si impegna con un piano industriale da duecento milioni, di cui 142 per Servola: meno dei 180 milioni annunciati nei mesi di trattativa, ma l'onere della messa in sicurezza è stato assunto alla fine in gran parte da Icop-Plt. I restanti sessanta milioni a carico di Arvedi saranno spesi per il sito di Cremona. A parziale copertura, la società incasserà dal Mise settanta milioni a fondo perduto: 45 per Trieste (inclusi i 15 stanziati anni fa per l'area di crisi complessa di Trieste) e 25 per Cremona. Al tavolo della trattativa, l'ad Mario Caldonazzo ha d'altronde sempre posto la questione del sostegno pubblico per mantenere occupati 417 dipendenti. Fermi da anni, sono infine a disposizione altri 41 milioni di fondi statali, assegnati a Invitalia per produrre il barrieramento a mare dei terreni inquinati da benzene. Il programma di Arvedi è inserito nella strategia di decarbonizzazione del gruppo, che punta a creare un ciclo produttivo basato sempre meno sulla ghisa e sempre più sul reimpiego di rottami. L'investimento maggiore sono gli 86 milioni per smantellare gli impianti dell'area a caldo e potenziare il laminatoio, che accoglierà quasi duecento lavoratori finora in forza alla produzione di ghisa: nell'area a freddo verranno installate una linea di zincatura e verniciatura, ma per il futuro c'è pure l'ipotesi di una nuova linea di ricottura continua. Altri 56 milioni serviranno per sostituire la turbina della centrale elettrica, che funzionerà a metano e non più con i gas del ciclo siderurgico. Arvedi utilizzerà la banchina a ridosso del laminatoio per far arrivare ghisa e rottami da spedire in treno alla volta di Cremona e per far partire via nave i coils di metallo lavorato. La banchina è oggi in concessione all'azienda lombarda, ma sarà data in gestione a Icop-Plt, che svolgerà queste operazioni per conto dell'acciaieria. Si tratta solo di un dettaglio dell'accordo da venti milioni sulla compravendita dei terreni mediato dall'allora presidente dell'Authority Zeno D'Agostino e da Patuanelli. Alla fine di un complicato percorso di permute, sdemanializzazioni e demanializzazioni fra terreni privati e statali, l'intesa vedrà i terminalisti della Piattaforma logistica subentrare nel controllo dei centomila metri quadrati dell'attuale area a caldo. Vi sorgerà un terminal portuale a servizio della Piattaforma logistica e del Molo VIII, il cui primo lotto potrebbe essere realizzato entro il 2030, con la partecipazione di nuovi investitori stranieri in trattativa con Plt. Proprio le indiscrezioni sull'avvio della stima del valore dei terreni da parte dell'Autorità portuale avevano accelerato nell'agosto scorso il confronto sulla riconversione. Icop-Plt ne è rimasta estranea fino a marzo, quando la società friulana ha chiuso l'accordo con Arvedi e si è seduta al tavolo dell'Accordo di programma, intenzionata a realizzare spazi per lo stoccaggio delle merci, accanto a una nuova stazione. La compravendita da venti milioni fa parte del pacchetto da 130 milioni che Icop-Plt investirà per la realizzazione (in cinque anni) della messa in sicurezza dei terreni e di un terminal per container e rimorchi. Se ne occuperà il costruttore Vittorio Petrucco, che con la sua Icop ha fondato la società Piattaforma logistica Trieste assieme allo spedizioniere Francesco Parisi. I progetti la chiamano "Grande stazione di Servola": ampi piazzali, un folto fascio di binari e il collegamento con la viabilità autostradale, che fanno dell'area la pietra di volta per lo sviluppo del Molo VIII. L'ultimo nodo dovrà essere sciolto dopo la firma dell'Adp e riguarda il ruolo di Rete ferroviaria italiana e Anas, coinvolte nella realizzazione della stazione e dello svincolo autostradale, ma con cui non risultano patti sottoscritti. Il terminal occuperà 29 ettari tra piazzali, allungamento della banchina della Piattaforma logistica e ammodernamento di altri 350 metri di attracco vicino al laminatoio per le attività logistiche legate alla siderurgia. Secondo le previsioni di Icop-Plt, il complesso dei moli ottenuti in concessione per 26 anni produrrà ricavi per 23 milioni all'anno, movimentando 120 mila container, 12 mila tank container, 50 mila ro-ro e le rinfuse per l'attività di Arvedi.

Diego D'Amelio

 

Smantellamento di altoforno e cokeria entro febbraio, poi la messa in sicurezza - le tempistiche e il risanamento ambientale.

Approvazione di progetti, emissione di decreti ministeriali, autorizzazioni, riassetti societari, sdemanializzazioni, rogiti, subentro nelle concessioni e una potenziale grandinata di conferenze dei servizi per organizzare lo smantellamento dell'area a caldo e la messa in sicurezza dei terreni. La riconversione della Ferriera ha un traguardo fissato nel 2025 ma, tra numero di soggetti coinvolti e italica burocrazia, il tempo è l'oggetto misterioso dell'Accordo di programma. Gli allegati prevedono la dismissione di altoforno e cokeria entro febbraio e la conclusione della messa in sicurezza entro novembre 2021. E in questo primo anno di lavori, il risanamento ambientale sarà protagonista quanto il nodo occupazionale. Icop-Plt si è data un lustro per arrivare in fondo. A demolire le strutture penserà Arvedi, che rimuoverà anche i residui ferrosi, mentre i rifiuti restanti saranno gestiti da Icop-Plt, che utilizzerà parte dei detriti per costruire le massicciate di strade e binari. La concessionaria della Piattaforma procederà poi alla pavimentazione dei terreni con il calcestruzzo, che eviterà il diffondersi di sostanze inquinanti. Su tutto vigileranno ministero dell'Ambiente e Arpa. Icop-Plt rientrerà in parte dei 25 milioni per il risanamento, grazie al temporaneo azzeramento dei canoni da parte dell'Autorità portuale. Arvedi incasserà invece settanta milioni per condurre fra Trieste e Cremona un piano di riqualificazione produttiva basato sulla decarbonizzazione. Risorse pubbliche a fondo perduto, che sono state argomento convincente per anticipare la chiusura dell'altoforno, che sarebbe probabilmente stata decisa comunque entro il 2026 per la scarsa convenienza di produrre ghisa in Italia. Ai settanta si sommano i 41 milioni stanziati sempre dallo Stato nel precedente Adp: dotazione mai spesa, che permetterà a Invitalia di procedere al barrieramento a mare e alla realizzazione di un impianto di depurazione delle acque di falda, per arginare gli sversamenti di sostanze inquinanti dal sottosuolo, attraverso il consolidamento di due chilometri di costa. Si tratta dell'unica opera che il vecchio Adp assegnava alla parte pubblica, mentre Giovanni Arvedi ha sempre sottolineato di aver rispettato tutte le prescrizioni ambientali, come riconosciutogli anche nella lettera con cui l'assessore Fvg Fabio Scoccimarro ha avviato la trattativa sulla riconversione. Il cavaliere si è sentito accusato da una parte della politica e dalla maggioranza della città, nonostante la riduzione delle emissioni, 254 milioni investiti a Servola e duecento assunzioni in più del previsto. L'unico impegno non rispettato dal gruppo è l'ormai abortita costruzione delle coperture dei parchi minerali. I grandi capannoni sarebbero costati oltre trenta milioni e avrebbero ridotto gli episodi di spolveramento nei giorni di vento, ma la produzione di ghisa è finita e non ce ne sarà più bisogno.

 

Le garanzie della politica per tutti i 580 lavoratori - Ma nei patti scritti mancano 163 addetti
Ministero dello Sviluppo economico e Regione Fvg hanno ottenuto da Fincantieri e Piattaforma logistica Trieste l'impegno a intervenire
La politica promette che la riconversione produrrà più posti di lavoro di quelli attuali, ma la firma dell'Accordo di programma tiene col fiato sospeso 580 persone, che sono coperte da tre anni di cassa integrazione ma si domandano se tutti i tasselli dei piani industriali andranno al loro posto in tempo. Mentre le diverse visioni sulle prospettive future hanno spaccato il fronte sindacale, l'intesa fra gruppo Arvedi e sigle favorevoli tutela il posto di 417 dipendenti. Le incognite maggiori riguardano i 163 lavoratori esclusi, per i quali Mise e Regione hanno aranzie di assorbimento rispettivamente da Fincantieri e Piattaforma logistica. La fotografia della Ferriera scattata dall'Adp al momento dello spegnimento vede 310 addetti nell'area a caldo, 51 nel personale di staff, 140 nel laminatoio, 41 nella centrale elettrica e 38 in banchina. La proprietà si è impegnata per 417 di essi: a operazione conclusa, il laminatoio raddoppiato conterà 338 dipendenti, 18 il personale di staff, 25 la centrale e 36 la banchina, destinata a passare sotto Plt. Rimangono 163 esuberi: 97 tempi indeterminati e 66 interinali cui non è stato rinnovato il contratto. Arvedi ha proposto pensionamenti anticipati (calcolando 58 lavoratori con requisiti), il trasferimento a Cremona, la buonuscita da 28 mila euro lordi o il passaggio a società terze. Ma le promesse assunzioni da parte del Csn di San Giorgio di Nogaro sono sfumate ed è solo un'ipotesi l'apertura di una linea di ricottura nel laminatoio, che darebbe lavoro a cinquanta esuberi. E proprio cinquanta di essi verranno intanto impiegati per un anno nei lavori di dismissione dell'area a caldo, senza avere garanzie successive.Nell'accordo sindacale, Fim Cisl, Uilm, Failms e Usb hanno fatto inserire un riferimento agli impegni della politica sulla difesa di tutti gli occupati. Da una parte, il ministro Stefano Patuanelli ha ribadito anche nell'ultima riunione ufficiale la disponibilità dell'ad di Fincantieri Giuseppe Bono ad assorbire le eccedenze attraverso ditte esterne in  appalto. Dall'altra, il presidente Massimiliano Fedriga e l'assessore Alessia Rosolen sono intervenuti su Piattaforma logistica Trieste. Pur sollecitato da Mise e Regione, il gruppo Arvedi non ha accettato di ritoccare i numeri del piano industriale. Nel caso di Fincantieri e Plt gli accordi non sono ancora scritti e ciò porta la Fiom Cgil a criticare duramente chiusura dell'impianto e garanzie dell'Adp. E se il referendum interno ha visto una fabbrica stanca e poco propensa alla mobilitazione spaccarsi tra il 59% dei dipendenti pro riconversione e il 41% contrario, fra i sindacati è in atto una frattura che rischia di protrarsi per anni, dopo mesi di accuse tra le sigle del sì e la Fiom. Plt erediterà le maestranze della banchina e conta di fare settanta nuove assunzioni (53 operativi, 10 tecnici e 7 amministrativi). La società avrebbe voluto selezionare personale formato, ma ha accettato di reclutare alcune decine di esuberi più giovani, che per due anni seguiranno percorsi di formazione retribuita con fondi della Regione. Potrebbe toccare a una parte degli interinali, che sono i più esposti perché non coperti dalla cassa integrazione. In assenza della ricottura, una quota di lavoratori di mezza età potrebbe invece finire nell'appalto Fincantieri dopo aver concluso la bonifica. Al momento sono garantiti da 24 mesi (più 12) di cigs a rotazione, che Arvedi ha maggiorato con 346 euro lordi al mese, assicurando pure un'integrazione per i prepensionandi da 1.175 euro lordi ogni mese di Naspi. Durante la cassa i lavoratori saranno riqualificati per le nuove mansioni, sperando che la riconversione avvenga nei tempi: per ampliare il laminatoio ci vorranno ad esempio due anni dall'ordine dei macchinari.

d.d.a

 

 

«No al pirogassificatore - Monfalcone fa scuola» - il gruppo "salute e ambiente" di Duino Aurisina
DUINO AURISINA«Se l'impianto proposto dalla Nord Composites Italia Srl non può essere realizzato, perché si trova a meno di 500 metri dal centro abitato, alla stessa stregua non può essere edificato il pirogassificatore nell'area della cartiera Burgo». È questa la conclusione cui è arrivato Danilo Antoni, portavoce del Gruppo "Salute e Ambiente" di Duino Aurisina, dopo aver letto la motivazione con la quale il Comune di Monfalcone ha detto no, appunto, al progetto della Nord Composites Srl. «Secondo quanto stabilito dai criteri localizzativi regionali degli impianti di recupero e smaltimento dei rifiuti fissati per garantire la tutela della popolazione - precisa lo stesso Antoni - l'impianto a Monfalcone non si può fare. Lo stesso criterio deve valere a San Giovanni di Duino, perché le distanze sono simili e ci batteremo per far rispettare questa logica. Troppo spesso si fanno progetti senza approfondire i dettagli».

u.sa.

 

 

Domani - Passeggiata nella lavanda

Nicoletta Perco, guida naturalistica del Friuli Venezia Giulia, ed Elena Perco, artista illustratrice, ripropongono per domani due appuntamenti nella natura con escursione e un laboratorio artistico sul Carso tra i campi di lavanda in fiore. Ritrovo alle 9 o alle 16 a Gorjansko nel parcheggio di fronte al cimitero civile. Per informazioni e prenotazioni sola camminata telefonare al numero 3475292120; per il laboratorio artistico telefonare al cellulare 334 3510910.

 

Alla scoperta del Timavo con una gita tra natura storia e spunti letterari

Ultimo scalo della stagione primaverile, tra natura e letteratura. Il cartellone di "Piacevolmente Carso" propone per domani una versione riveduta e arricchita dell'escursione targata "La Cernizza, il Timavo e San Giovanni in Tuba", una delle gite più agevoli e popolari ideata quest'anno dalla cooperativa Curiosi di Natura. Invariata la durata, dalle 9.30 alle 13 circa, con ritrovo alle 9.10 al Villaggio del Pescatore, zona capolinea del bus 44, e invariato anche il livello dell'escursione,alla portata realmente di tutti. Il percorso si tinge di passaggi pianeggianti, attraverso boschi e prati, sino all'approdo alle risorgive del Timavo e alla chiesa di San Giovanni in Tuba, regalando così un itinerario denso di spunti non solo naturalistici ma legati a citazioni letterarie, una delle cifre che caratterizzano il progetto "Piacevolmente Carso". Sì, perché parlare del Timavo conduce non solo al racconto delle sue caratteristiche geologiche ma rievoca anche le esplorazioni e le fonti di versi, miti e leggende del territorio, tra cui l'epica di Giasone e dei suoi Argonauti, che da queste parti vissero passaggi fondamentali nell'arco della saga del Vello d'Oro. E che dire delle vestigia dell'antica chiesa di San Giovanni in Tuba? Luogo di culto risalente al 1483 e testimonianza delle costruzioni paleocristiane. A dare impulso alla narrazione in movimento ci penseranno la guida turistica Rina Anna Rusconi e la naturalista Barbara Bassi. Anche l'appuntamento di domani propone poi l'epilogo attorno ad una tavola imbandita, grazie ai buoni sconto del 10% offerti ai partecipanti e validi nei locali aderenti a "Sapori del Carso". Informazioni e prenotazioni scrivendo a curiosidinatura@gmail.com o telefonando al 3405569374.

F.C.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 26 giugno 2020

 

 

I tappi di sughero si trasformano in aiuto concreto per i bambini

Arriva a Trieste il progetto "Tappo divino" per destinare fondi ai più piccoli in difficoltà

Si chiama "Tappo divino" ed è un progetto che unisce tutela ambientale e solidarietà. Animato e promosso da Roberta Masat, ha già riscosso grande successo in Friuli e nel vicino Veneto ed ora, grazie alla collaborazione del Circolo Verdeazzurro di Legambiente Trieste e di NH Hotel Trieste, arriva per la prima volta anche nella città giuliana. E' una campagna, presentata ieri in conferenza stampa, rivolta a tutti i cittadini, ai gruppi, alle associazioni e soprattutto agli esercenti di locali pubblici (bar, trattorie, ristoranti). Mira al recupero di una risorsa naturale preziosa come il sughero usato per la fabbricazione di tappi, che attualmente finisce nella raccolta indifferenziata. Questo materiale invece può essere vantaggiosamente riciclato e reimpiegato per la realizzazione di pannelli isolanti per la bioedilizia. Non solo: il guadagno della vendita di grandi quantità di tappi con "Tappo divino" viene destinato a iniziative decisamente provvidenziali, organizzate dalle onlus che operano nel territorio. Nel caso specifico di Trieste tutto il ricavato della campagna di raccolta e riciclo dei tappi di sughero verrà devoluto alla Fondazione Luchetta Ota D'Angelo Hrovatin e all'Associazione Onlus Bambini del Danubio, impegnate da anni nelle attività d'aiuto e solidarietà a persone in difficoltà e in particolare ai bambini che necessitano di cure mediche oncologiche. "Questo progetto, che è partito nel 2013 da Pordenone, oggi è supportata da più di 350 volontari, conta 1400 esercizi commerciali aderenti, e porta fondi a 9 realtà che si occupano principalmente di aiutare i piccoli malati oncologici - racconta Roberta Masat -. In questi anni abbiamo raccolto e riciclato quasi 21 milioni di tappi e donato 80 mila euro. Chiediamo un piccolo gesto, quello di non buttare i tappi di sughero usati, che sono riciclabili al 100%, ma di conservarli e conferirli nei punti che collaborano con noi alla raccolta". Nel nuovo sito web del progetto (tappodivino.it) è possibile visionare nel dettaglio quali sono gli esercizi commerciali aderenti, quanti sono i fondi ricavati dall'iniziativa e come sono stati distribuiti alle associazioni. Si può anche aiutare il progetto come volontari o semplicemente diffondere la notizia. A Trieste per la raccolta si può fare riferimento all'NH Hotel, punto di raccolta aperto 24 ore su 24, o al Circolo Verdeazzurro di Legambiente (https://www.legambientetrieste.it/). Finora in città sono 18 gli esercizi commerciali che hanno deciso di aderire al progetto, ora si conta su ulteriori adesioni.

Giulia Basso

 

 

Nuova centrale a gas naturale Il ministero dà il nulla osta

Dettate le condizioni che consentiranno ad Arvedi di convertire l'impianto di Servola dopo la chiusura dell'area a caldo della Ferriera: sarà operativo a partire dal 2022

Passo avanti importante per la realizzazione del progetto di Arvedi che, con la dismissione dell'area a caldo della Ferriera di Servola, trasformerà la precedente centrale termoelettrica alimentata per anni dai gas siderurgici in un impianto a metano in grado di produrre energia da distribuire sul mercato gestito da Terna. Il ministero dell'Ambiente ha infatti concesso l'esclusione del progetto proposto da Arvedi dalla procedura di valutazione dell'impatto ambientale. La società dovrà comunque rispettare una serie di condizioni ambientali per l'esercizio dell'impianto indicate dalla commissione tecnica ministeriale, a cominciare da un adeguato piano di monitoraggio delle emissioni (anche per la fase di cantiere) da concordare con l'Arpa, ma l'iter tecnico-burocratico che porterà alla trasformazione della centrale a questo punto può accelerare verso il traguardo finale. L'obiettivo, dal punto di vista della tempistica, è il 2022. Arvedi ha infatti già partecipato alla prima asta per il nuovo mercato dell'energia, il cui anno di consegna è proprio il 2022. Si tratta del cosiddetto "mercato della capacità": il meccanismo con cui Terna Spa, gestore della rete di trasmissione, si approvvigionerà di capacità di energia elettrica con contratti di fornitura a lungo termine, aggiudicati attraverso aste. I partecipanti si impegnano a garantire energia quando "chiamati a produrre", ovvero quando la rete ne ha più bisogno e si registrano dei picchi di domanda, il tutto in cambio di una remunerazione annua fissa. Nel caso di Arvedi l'aggiudicazione è avvenuta sulla base di una remunerazione fissa di 75 mila euro a megawatt, per un totale di 103 megawatt annui, il tutto per un periodo di 15 anni. Si prevede che l'impianto funzionerà per circa 4 mila ore all'anno. La commissione ministeriale afferma che il funzionamento della nuova centrale «dall'esame della simulazione modellistica sulla stima di ricaduta delle emissioni in atmosfera presentata dalla società, non determinerà impatti significativi sulla qualità dell'aria». Secondo la commissione, data la concomitanza della chiusura dell'area a caldo, si determinerà «un miglioramento del quadro ambientale per il comparto aria» Il progetto sarà realizzato utilizzando l'area pavimentata già esistente, senza necessità di ulteriore consumo di suolo. Inoltre è previsto un miglioramento rispetto alla situazione precedente per quanto riguarda l'impatto acustico e il consumo idrico. In assenza dei gas siderurgici da smaltire, il progetto prevede la modifica dell'attuale impianto a ciclo combinato da 380 MWt passando a un nuovo ciclo combinato di potenza nominale di circa 220 MWt. L'impianto, nell'assetto a ciclo combinato, consentirà di produrre una potenza elettrica pari a 120 MW. La nuova turbina ad alto rendimento sarà alimentata esclusivamente a gas naturale. Per quanto riguarda gli altri impianti ausiliari, verranno riutilizzati quelli già esistenti nella centrale: produzione di aria compressa, sistemi antincendio, produzione e accumulo dell'acqua demineralizzata, acqua di raffreddamento. Intanto, è stata fissata per domani alle 10.30, in Prefettura, la cerimonia ufficiale della firma dell'Accordo di programma per l'attuazione del progetto integrato di messa in sicurezza, riconversione industriale, sviluppo economico e produttivo dell'area della Ferriera. Parteciperanno il ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli, il presidente della Regione Massimiliano Fedriga, il sindaco Roberto Dipiazza, il commissario dell'Autorità portuale Mario Sommariva e gli altri firmatari dell'Accordo di programma.

Piero Tallandini

 

 

Dal Municipio 800 mila euro per allestire il centro congressi

La cifra servirà a pagare gli impianti necessari al funzionamento "da remoto" e non comporta variazioni dell'assetto del project financing in Porto vecchio

Alla fine il Comune "si sostituisce" alle Generali e provvede a pagare gli impianti necessari al funzionamento "da remoto" del Centro congressi in Porto vecchio. Lo farà con un contributo di 800.000 euro provenienti dall'avanzo di esercizio. Dal punto di vista tecnico il Municipio approverà la seconda perizia di variante, che passerà al vaglio del Consiglio comunale. La dazione - assicurano in largo Granatieri - non pregiudica l'assetto del project financing, poiché il Comune resta sotto la soglia del 49%. Un epilogo un po' improvviso, che comunque sblocca l'impasse gestionale e finanziario di Tcc (Trieste convention center), la società privata che ha in concessione il nascente compendio espositivo-convegnistico. La decisione è stata presa dal sindaco Roberto Dipiazza in seguito a un recente sopralluogo ai Magazzini 27-28-28 bis, che andranno a costituire la struttura congressuale. La mossa di Dipiazza pare sia stata sollecitata dallo stesso referente di Fit-Esof a Trieste, Stefano Fantoni, preoccupato dal fatto che ai primi di settembre si inaugurerà la manifestazione scientifica Esof2020 ma continua ad aleggiare una preoccupante incertezza sull'allestimento dei tre hangar. Il nuovo presidente di Tcc, Paolo Marchesi, che un mese fa aveva preso il posto di Diego Bravar, era stato esplicito nel sottolineare come il futuro di Tcc era appeso al rispetto dell'equilibrio finanziario. Tcc ha un'esposizione di 7,5 milioni di euro nei confronti del sistema creditizio (Bpm, Bcc Staranzano, Frie, Civibank, Mps, Unicredit, Intesa San Paolo, Cassa rurale Fvg), denari che - ha rimarcato Marchesi - andranno restituiti. A questi soldi avrebbero dovuto/potuto aggiungersi 3 milioni "prestati" dalle Generali, che sono una delle tre principali azioniste della società insieme alla Trieste Valley di Bravar e alla Illycaffè, tutte e tre dotate di una share attorno al 12%. La compagnia pareva poco propensa a intervenire durante il periodo-Bravar, per cui si riteneva che l'arrivo di Marchesi, ritenuto vicino al Leone e a Illy, agevolasse l'operazione di finanziamento. Per la verità Marchesi si era espresso con molta prudenza su questo punto, evidenziando come anche i 3 milioni delle Generali dovessero poi essere restituiti. Già, restituiti: ma quando? Con quali oneri? Con quali introiti e da quale mercato, nel momento in cui il settore espositivo-convegnistico è uno dei più colpiti dalle ripercussioni economiche dell'epidemia?La questione rischiava di incartarsi e così Dipiazza ha tagliato il più classico dei nodi gordiani. Un esito molto triestino, nel quale la mano pubblica sopperisce a timidezze e ritrosie del settore privato. Non va dimenticato che il Municipio ha già scommesso 5 milioni sul centro congressi, pari al 42% del project financing, e paga il ponte di vetro (80.000 euro) che collegherà i tre magazzini. Un ponte con qualche sospiro

Massimo Greco

 

 

Il Comune incassa dalla Regione la "tutela" dello sportello edilizio -  l'esame della riforma urbanistica in piazza Oberdan

«Auspichiamo di non dover ripartire da zero sullo Sportello unico per l'edilizia (il Sue, ndr) e di poter proseguire invece con quanto fatto finora, al fine anche di non avere ulteriori costi». L'assessore all'Urbanistica Luisa Polli, nel corso dell'audizione davanti alla Quarta commissione del Consiglio regionale, ha rivolto ieri un appello preciso ai rappresentanti dell'aula di piazza Oberdan, impegnati nell'approvazione del disegno di legge 96 proposto dalla giunta Fedriga in tema di urbanistica ed edilizia. Il documento, alla fine, è stato licenziato con i soli voti della maggioranza e con l'assessore alle Infrastrutture Graziano Pizzimenti che ha chiarito che «la proposta mantiene le competenze dei Suap già attivi e le funzioni degli sportelli per la gestione telematica delle pratiche edilizie. Inoltre, verranno tutelate le esperienze positive già avviate, ad esempio dai comuni di Trieste (dove il Sue è attivo già da oltre un anno, ndr), Pordenone e Monfalcone». Il ddl punta a semplificare le procedure e a mettere ordine nelle competenze tra Regione e comuni con l'entrata in vigore del Piano paesaggistico regionale (Ppr). «Le attività di adeguamento sono in corso», ha proseguito Pizzimenti: «È urgente dare un assetto definitivo alla ripartizione di competenze tra Regione e comuni ampliando la sfera di competenza di questi ultimi, atteso che il Ppr guida la discrezionalità amministrativa dei medesimi. Strettamente correlata al rafforzamento delle competenze comunali, è la proposta di consentire ai comuni di prevedere un'indennità di presenza per i componenti esterni delle commissioni locali del paesaggio che coadiuvano i comuni nelle funzioni paesaggistiche». Non sono mancate polemiche per un emendamento di maggioranza nel quale vengono concesse deroghe su interventi di riqualificazione di strutture e aree destinate ad attività turistico-ricettive e di somministrazione, anche se ricadenti in zona impropria. Proprio l'uso del termine "improprio" ha scatenato la dura reazione delle opposizioni con Furio Honsell (Open) che ha parlato di deriva pericolosa. Diego Moretti e Mariagrazia Santoro (Pd) hanno aggiunto che «è un vergognoso tentativo della Lega di scavalcare le regole, permettendo di costruire e cementificare in deroga ai piani regolatori, senza alcuna visione di prospettiva e urbanistica». Massimo Moretuzzo (Patto) ha a sua volta parlato apertamente di «far west amministrativo. La Lega è il partito del cemento e delle norme con nome e cognome».In Sesta commissione, invece, l'assessore all'Istruzione Alessia Rosolen ha ottenuto il via libera all'unanimità all'aggiornamento delle linee guida in materia di diritto allo studio legate all'emergenza Covid. Una delle novità, anticipata dal governo, potrebbe essere la necessità di rendere singole le camere dedicate agli studenti. A Trieste molti alloggi hanno camere doppie e triple e dunque è verosimile una riduzione dei posti letto.

Andrea Pierini

 

 

Strada per Lazzaretto diventa "zona 30" a tutela dei bagnanti

Entrano in vigore lunedì le nuove limitazioni della velocità tra l'ex Bagno della Polizia e Ligon, vicino alla Base logistica

MUGGIA. Da lunedì prossimo entra in vigore la nuova "zona 30" in Strada per Lazzaretto, nel tratto compreso tra l'ex Bagno della Polizia e località Ligon, in zona Base logistica. È una novità finalizzata non solo a prevenire possibili situazioni di pericolo in una delle aree più frequentate dai bagnanti durante la bella stagione, ma anche a rendere in generale la città più vivibile e a misura di cittadini e turisti, accrescendo la sicurezza di pedoni, podisti e ciclisti.«È una zona vasta - spiega il sindaco Laura Marzi - e percorsa ogni giorno da pedoni, podisti, ciclisti e automobilisti. Una convivenza che nel periodo estivo diviene più difficile a causa dell'incremento dell'affluenza e che necessita di essere gestita con tutte le attenzioni del caso. Per questo abbiamo deciso, dopo un attento studio tecnico, di introdurre, proprio come altre zone sensibili della città, una zona 30». «Il Comune ha avviato un processo di riqualificazione del tratto costiero da Porto San Rocco sino alla località di Lazzarett», evidenzia ancora Mari: «Un processo che è stato recepito nella variante 31 al Piano regolatore e che sta trovando attuazione con linee di finanziamento che stanno portando, dopo il ripristino del tratto costiero tra il Molo a "T" e Punta Olmi, alla messa in sicurezza dell'interramento del Terrapieno Acquario, con particolare attenzione al contenimento del traffico veicolare e a percorsi ciclopedonali prima inesistenti». «Le diverse emergenze a cui il nostro territorio ha dovuto far fronte quest'anno - aggiunge l'assessore Stefano Decolle - hanno inevitabilmente ritardato la tabella di marcia dei lavori di Acquario, che noi auspicavamo fosse già riconsegnato alla città in questa stagione». Inoltre, il perdurare del restringimento della carreggiata e l'incremento dei fruitori della costa ha portato a una serie di riflessioni su come affrontare nell'immediato la questione: «Dopo approfondite valutazioni anche sull'ipotetica trasformazione della strada in un senso unico con ciclabile annessa - osserva lo stesso Decolle - gli importanti costi di realizzazione ne hanno dimostrato la difficile fattibilità. Non avendo dubbi sulla necessità di limitare la velocità di quella che è una strada a servizio della balneazione e del tempo libero in genere, la miglior risposta per tutelare la sicurezza di tutti coloro che frequentano quotidianamente la nostra costa è risultata pertanto essere l'istituzione di una zona 30».

Luigi Putignano

 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - GIOVEDI', 25 giugno 2020

 

 

Presentata a Trieste l'iniziativa “Tappodivino” “Insieme per trasformare i tappi di sughero in solidarietà”
ANCHE A TRIESTE LA CAMPAGNA PER LA RACCOLTA E IL RICICLO DEI TAPPI DI SUGHERO. IL RICAVATO VA INTERAMENTE ALLA “FONDAZIONE LUCHETTA OTA D'ANGELO HROVATIN” E ALLA “ASSOCIAZIONE ONLUS BAMBINI DEL DANUBIO”
E' stato presentato oggi, presso l'Hotel NH Trieste, il progetto “Tappodivino”, promosso e coordinato da Roberta Masat, che si avvale della collaborazione del Circolo Verdeazzurro di Legambiente Trieste.
L'iniziativa unisce due obiettivi, di valore ambientale e morale, in una unica campagna che si rivolge a tutti i cittadini e soprattutto agli esercenti di locali pubblici, bar, trattorie, ristoranti, ma anche associazioni e gruppi di cittadini: si tratta di non sprecare una risorsa naturale preziosa, il sughero – che attualmente a Trieste finisce nella raccolta indifferenziata – e destinare il guadagno della vendita dei tappi a due associazioni triestine da tempo impegnate in attività di aiuto e solidarietà.
Nella conferenza stampa, introdotta dal presidente di Legambiente Trieste, Andrea Wehrenfennig, la coordinatrice dell'associazione Tappodivino, Roberta Masat, ha ricordato i successi raggiunti in Veneto e Friuli nella raccolta dei tappi di sughero a fini benefici, dichiarandosi certa che anche a Trieste i cittadini e gli esercenti risponderanno a questa campagna. Il direttore di NH Trieste, Patrizia Bortolotto, ha assicurato il sostegno dell'Hotel NH Trieste all'iniziativa. I rappresentanti delle associazioni destinatarie dei guadagni dalla vendita dei tappi, Viviana Taberni per la Fondazione Luchetta Ota D'Angelo Hrovatin e Klaudia Krizek per l'Associazione Onlus Bambini del Danubio, hanno espresso il loro apprezzamento per questa iniziativa, che sarà destinata specificamente ai bambini che necessitano di cure mediche oncologiche. Infine, il segretario di Legambiente Trieste, Ettore Calandra, ha illustrato le modalità di svolgimento della campagna, che è già iniziata con la creazione di diversi punti di raccolta, che si possono trovare sul sito www.tappodivino.it e sul sito di Legambiente Trieste www.legambientetrieste.it , augurandosi che a questi si aggiungano molti altri punti per incrementare la raccolta.
Infatti per poter raccogliere fondi significativi occorre raccogliere molti tappi, per cui i promotori invitano i cittadini e i gestori dei locali ad aderire, facendo da punto di raccolta dei tappi: i volontari di Legambiente e quanti vorranno collaborare al progetto si incaricheranno di prelevare regolarmente i tappi dai box collocati nei vari locali, per poi trasmetterli all'azienda che ne ricaverà pannelli isolanti.

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 25 giugno 2020

 

 

Ferriera, c'è la firma "virtuale" sull'intesa
Compiuto l'ultimo passaggio in vista della definitiva approvazione dell'Accordo di programma fissata per sabato a Trieste
La data, questa volta, è certa. L'atteso Accordo di programma sulla riconversione della Ferriera di Servola verrà siglato ufficialmente sabato a Trieste, nel palazzo della Prefettura. Attorno al tavolo gli attori che, per mesi, hanno discusso dello sviluppo industriale di quell'area. Attori pubblici e privati, cioè vertici del Gruppo Arvedi e di Icop-Plt e rappresentanti delle istituzioni: dal ministro Stefano Patuanelli al governatore Massimiliano Fedriga, dal sindaco Roberto Dipiazza al neocommissario del Porto Mario Sommariva. Gli stessi che, nelle ultime ore, hanno apposto la loro firma digitale alla versione finale del testo dell'intesa caricato sui server del ministero dello Sviluppo economico, tra cui i rappresentanti dei ministeri dell'Ambiente e dei Trasporti, dell'Agenzia nazionale per le politiche attive del Lavoro e l'Agenzia del Demanio. Tra gli ultimi a firmare, ieri mattina, Vittorio Petrucco, presidente di Icop. Come noto l'Accordo di programma darà il via al percorso finalizzato alla realizzazione di un polo industriale con oltre 400 occupati, costituito dall'attività siderurgica a freddo gestita dal gruppo Arvedi, e una piattaforma logistica collegata gestita da Icop-Plt. Nell'ex area a caldo della Ferriera, dipenta lo scorso marzo, sorgerà un polo logistico, favorito dalla realizzazione di un nuovo snodo ferroviario e dall'allargamento della banchina portuale. Un processo al quale parteciperà anche Fincantieri: l'ad Giuseppe Bono ha confermato la disponibilità a ricollocare la parte degli esuberi ex Arvedi (in tutto 163 operai) non assorbita da Icop-Plt. L'operazione infatti, come più volte ribadito dai rappresentanti istituzionali, dovrà essere ad "esuberi zero".«In due anni di mandato abbiamo condotto in porto un'operazione di vitale importanza per la città di Trieste e per l'intero sistema logistico regionale, garantendo peraltro non solo la piena tutela dei livelli occupazionali ma, ben di più, prospettive di sviluppo che porteranno alla creazione di nuovi posti di lavoro - ha dichiarato Fedriga, commentando il passaggio della firma "virtuale" -. Sono particolarmente soddisfatto perchè dopo decenni di improduttivo dibattito, nell'arco di appena un biennio siamo riusciti nell'intento di coniugare gli aspetti lavorativo, ambientale e sanitario e di addivenire a una soluzione che ha trovato la massima condivisione di tutte le parti pubbliche e private interessate». «Dietro a questo accordo di programma non ci sono decenni di nulla- ribatte a distanza la deputata Pd Debora Serracchiani -. Se c'è industria e logistica, se ci sono banchina, binari, risanamento ambientale, tutto questo non è caduto dal cielo ma è arrivato perché qualcuno ha lavorato per far arrivare un soggetto industriale che ora dà lavoro, per trovare fondi per le bonifiche e per l'infrastrutturazione ferroviaria. Arrivano da Roma anche i 15 milioni che ha in pancia la Regione, la quale da parte sua mette 200mila euro».

red.cro.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 24 giugno 2020

 

 

Rilancio del Porto vecchio al traguardo: il giorno della variante che lo ridisegna
Piano regolatore: oggi in giunta il via libera ai documenti. A settembre firma con Regione e Authority, poi le prime gare
Il sindaco Roberto Dipiazza è in vena di accostamenti evocativi sul futuro del Porto vecchio: «Sembrerà Barcellona» suggerisce, pensando al progettato lungomare che unirà le Rive a Barcola e su cui si affacceranno anche strutture residenziali. E non mancherà anche un pizzico di California, grazie ai previsti insediamenti di attività ad alto contenuto tecnologico: «tipo la Silicon Valley» garantisce il primo cittadino. Propositi ambiziosi, certo, ma che da oggi potranno davvero cominciare a trovare un'attuazione concreta. L'iter per la riqualificazione dell'area di Porto vecchio è arrivato infatti a un passo dal traguardo. VARIANTE E VAS: oggi in giunta - Questa mattina approda in giunta comunale la delibera, a firma dello stesso Dipiazza, per il via libera alla proposta di variante al Piano regolatore e al documento con la Valutazione ambientale strategica (Vas) contenente le verifiche di sostenibilità. A quel punto si aprirà un periodo di 60 giorni entro i quali cittadini ed enti potranno presentare eventuali osservazioni. Una volta trascorsi i due mesi, mancherà soltanto la firma "triplice" che coinvolgerà anche Regione e Authority portuale sull'accordo di programma. Quello sarà il traguardo finale, che secondo il sindaco potrà essere raggiunto in settembre. «A quel punto - sottolinea Dipiazza -, gli interessati potranno presentare le offerte per acquisire le strutture, insediare attività e realizzare progetti nel Porto vecchio». Gare per aggiudicare le strutture - Braccio operativo il nuovo Consorzio per la valorizzazione dell'area, finora denominato "Ursus", che raccoglierà le offerte. Del Porto vecchio, oltre ai 5 moli, fanno parte ben 23 grandi edifici tra hangar, magazzini e depositi risalenti alla seconda metà del XIX Secolo. Per ogni struttura disponibile saranno effettuate delle gare e prevarrà l'offerta più alta. Per stabilire le valutazioni di partenza di ogni struttura sarà possibile rivolgersi all'Agenzia delle Entrate. «Ricorderei - puntualizza Dipiazza - che il Porto vecchio mi è stato consegnato di fatto non prima del giugno 2017 e adesso, dopo tre anni, portiamo in giunta la delibera che costituisce il passaggio determinante per completare l'iter. Ci abbiamo messo il massimo impegno e ci tengo a ringraziare gli uffici tecnici del Comune che hanno continuato a lavorare senza sosta anche durante il lockdown. Con la riqualificazione del Porto vecchio si apriranno per Trieste delle grandi opportunità».dagli hotel alle imprese hi tech - Decisamente variegate le destinazioni d'uso per il nuovo Porto vecchio previste nella variante, documento sottoscritto dal direttore del Dipartimento Team (Territorio Economia Ambiente Mobilità) Giulio Bernetti, affiancato da Roberto Prodan, Paolo Cernivani, Luca Kerstich, Mauro Pennone e Andrea Zacchigna. Uso residenziale, servizi, attività alberghiere, direzionale, commercio al dettaglio (non centri commerciali), parcheggi e autorimesse. Sarà favorito l'insediamento di imprese produttive: non industria pesante, ma attività ad alto contenuto tecnologico e operanti nell'ambito dell'Ict (le tecnologie dell'informazione e della comunicazione). Incentivata anche la presenza di attività legate alla sfera delle industrie culturali e creative, a sostegno del comparto turistico, nautico, congressuale e del sistema museale. parco, spazi pedonali e ciclabili - Per quanto riguarda le opere di urbanizzazione è prevista la realizzazione di un parco lineare pedonale e ciclabile, di aree verdi diversificate a seconda della specifica vocazione della zona e della destinazione d'uso degli edifici. In questo contesto si inserisce anche il nuovo collegamento con cabinovia tra Molo IV e Carso. La riqualificazione del Porto vecchio passa attraverso una valorizzazione della mobilità sostenibile, dai bus-navetta al bike sharing. Il recupero storico - Gli interventi di ristrutturazione dovranno valorizzare gli edifici di rilevanza storico-culturale, gli elementi architettonici, i materiali e le eventuali attrezzature tecnologiche (gru, elevatori e montacarichi) che li caratterizzano, oltre a individuare e recuperare le pavimentazioni in masegno o in altri materiali lapidei di valore storico. Centro congressi e magazzino 26 - «Ci sono grandi progetti già in fase avanzata - ricorda Dipiazza -, come il Centro congressi (in project financing ndr) e l'Immaginario Scientifico al Magazzino 26». Quest'ultimo diventerà anche la sede del nuovo Museo del Mare e ospiterà le masserizie degli esuli istriano-dalmati. Il Magazzino 20 è stato intanto dato alla Sovrintendenza in comodato. Nel frattempo è stato completato il primo lotto per quanto riguarda le infrastrutture e la viabilità, e ora toccherà al secondo. «Sono soddisfatto - aggiunge il sindaco - di quello che siamo riusciti a fare per quanto riguarda viabilità e parcheggi, a cominciare dal Park Bovedo». Quartiere residenziale - Tra gli indirizzi della variante c'è la valorizzazione degli spazi fronte mare, riservando aree per la fruizione pubblica, affacci, zone di svago e divertimento tali da favorire anche gli insediamenti commerciali. Ancora da esplorare le potenzialità del Porto vecchio sotto il profilo residenziale. In funzione della variante sono stati effettuati dei calcoli basati sulle previsioni demografiche per non creare squilibri e solo alcune delle strutture potranno essere destinate all'uso abitativo: le più appetibili, in questo senso, potranno diventare quelle con vista mare. Quanti residenti potrà ospitare Porto vecchio? Si prevede al momento un tetto massimo di 1.100 persone.

Piero Tallandini

 

Ufficiale l'interesse di Invimit per l'acquisto di palazzo Carciotti
Entro settembre comunicherà le sue decisioni. Intanto il Comune s'impegna a non avviare trattative
I firmatari della petizione contraria alla vendita di palazzo Carciotti trattengano il respiro: in dissolvenza sul Canal Grande appare un potenziale acquirente... Ma no, in realtà è assolutamente prematuro parlarne: comunque Invimit, confermando quanto riportato lo scorso 20 marzo, ha confermato l'interesse per il grande edificio neoclassico. Buona conoscitrice di Trieste (vedi palazzi Artelli e Dettelbach), ha chiesto di fatto un "congelamento" di eventuali trattative che si dovessero manifestare in questi mesi, perché entro metà settembre la "sgr" afferente al ministero dell'Economia e delle Finanze farà sapere al Comune le proprie decisioni riguardo l'acquisto o meno dell'immobile. A dimostrare che l'istituto di via Quattro Novembre, a due passi dal Quirinale, intende far sul serio, nel pomeriggio di ieri l'altro si è svolto un lungo sopralluogo al Carciotti, al quale hanno partecipato alcuni esperti provenienti dalla Capitale, allo scopo di verificare in diretta gli elementi di attrazione e di criticità relativi a un asset tanto affascinante quanto impegnativo. Il Comune, reduce dall'infelice quaterna di aste andate deserte, ha raccolto la proposta della "sgr" e ne attenderà il responso. Gli investimenti Invimit debbono caratterizzarsi per una ricaduta "sociale", quindi l'opzione alberghiera, che finora è stata la più battuta (a parole), non è affatto scontata. Il trimestre estivo sarà utilizzato per comprendere in quali termini potrà essere interpretata la riconversione dello stabile, che, nato alla fine del XVIII come residenza e magazzinaggio, è divenuto nel tempo un contenitore di pubblici uffici. E quale può essere un investimento immobiliare non esclusivamente speculativo, tale da contenere una finalità "sociale"? Ci sono due tendenze, di origine britannica, che vanno di moda in questa stagione: una destinazione a "studentato" di fascia medio-alta, che riesca a soddisfare non solo il giovanotto discente ma anche il ricercatore/docente in temporanea trasferta; una destinazione a struttura residenziale per anziani dotati di buon reddito, nella quale, accanto agli appartamenti, verrebbero organizzati servizi medici, fisioterapeutici, palestre, ecc. Di riffe o di raffe, tra una cosa e l'altra, la "resurrezione" del Carciotti è difficile che scenda sotto i 50 milioni. Lorenzo Giorgi, in qualità di assessore all'Immobiliare, segue con attenzione la vicenda. Sulla quale fissa la prioritaria coordinata dell'amministrazione: «Ho mandato dal sindaco Dipiazza di non scendere sotto l'attuale quotazione di 14,9 milioni di euro. Ricordo che nell'estate del 2018 eravamo partiti da una stima di 22,7 milioni. In autunno, quando il Piano del centro storico verrà approvato, il proprietario del Carciotti avrà a disposizione uno strumento urbanistico più flessibile, che consentirà un maggiore livello di intervento nella ristrutturazione degli interni. E che accrescerà il valore del palazzo». Avviso ai naviganti: non tiriamo sul prezzo. Dipiazza aveva scommesso già due anni fa sulla vendita e la messa a rendita dell'intero palazzo, mentre il predecessore Roberto Cosolini, pur promuovendo l'alienazione del bene, l'aveva condizionata a un parziale utilizzo museale (la facciata anteriore). Un anno fa la Soprintendenza, su richiesta dello stesso Comune, aveva dettato alcune prescrizioni per chi avesse intenzione di mettervi mano: pavimenti lignei e lapidei, stucchi, stufe, camini, opere artistiche di Antonio Bosa e di Giuseppe Bernardino Bison.

Massimo Greco

 

 

Operazione trasparenza sul 5G - Regione e Arpa in prima linea - dati e notizie aggiornate online
Dati, notizie e spiegazioni sulle fake news più comuni. Regione Fvg e Arpa lanciano l'operazione "massima trasparenza" sul 5G, con l'obiettivo di informare il più possibile i cittadini su come stanno evolvendo le nuove tecnologie e il loro impatto sul territorio. Gli unici rischi, rilevati dal mondo scientifico, sono legati al possibile aumento della temperatura corporea di un grado, a patto però di essere sottoposti a una potenza di 3 mila volt metro. In Europa il limite di legge è fissato a 60 volt metro e in Italia a 20. L'assessore regionale all'Ambiente Fabio Scoccimarro, rispondendo alle preoccupazioni di alcuni cittadini, ha voluto avviare l'operazione trasparenza creando una apposita sezione sul sito internet di Arpa. «Attualmente - ha precisato - in base agli studi pubblicati non vi sono evidenze scientifiche su eventuali rischi particolari per la salute collegati alla tecnologia del 5G. Auspichiamo da parte dell'Organizzazione mondiale della sanità una maggiore chiarezza e non posizioni imprecise come avvenuto nel caso del Covid. In questa fase quindi non ci sentiamo sollevati nell'esercizio del nostro ruolo, perché ogni singolo atto di questa giunta va in direzione di una tutela estrema del cittadino. Smentisco categoricamente, inoltre, qualsiasi forma di accondiscendenza nei confronti degli operatori, peraltro quasi tutti stranieri». L'assessore ha anche evitato ogni possibile polemica con i sindaci che hanno vietato il 5G: «Sono scelte politiche legittime su cui non posso entrare». Il direttore di Arpa, Stelio Vatta, ha invece elencato i numeri: «Al momento è stato chiesto il parere obbligatorio per l'installazione di 191 antenne. Solamente quattro sono attive, due in Friuli, una nell'Isontino e una nel Pordenonese, con la frequenza 3.700 mhz visto che la 700 mhz potrà essere attivata nel 2022. Le misurazioni effettuate da Arpa, 511 dal 1° gennaio al 10 giugno, hanno evidenziato come il 95% dei dati ambientali veda un valore inferiore a 3 volt metro, di questi l'83% è sotto il volt metro. In ogni caso agiremo su tre pilastri: monitoraggio, informazione e comunicazione ed educazione ambientale». Infine Scoccimarro ha annunciato la volontà di raggiungere con cinque anni di anticipo, entro il 2045, gli obiettivi del Green new deal promosso dalla Commissione europea. «Per questo - ha spiegato - realizzeremo un percorso con le opposizioni con lo scopo di arrivare a un documento in grado di dare prosecuzione al lavoro durante le prossime legislature».

Andrea Pierini

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 23 giugno 2020

 

 

Tripcovich, Dipiazza cambia: niente Tar e soluzione politica

La dirigenza municipale ha sconsigliato la strada della giustizia amministrativa, perché l'esito della causa sarebbe incerto

Tre mesi per cambiare idea su come affrontare il cornutissimo caso Tripcovich. A mente fredda, consigliato dalla dirigenza comunale, Roberto Dipiazza preferisce lasciar perdere la pista-Tar e sceglie di manovrare a livello politico-istituzionale per radere al suolo l'odiata sala. Forse approfitterà anche del 13 luglio, quando i presidenti Mattarella e Pahor confluiranno a Trieste, per spiegare che la sua ragionevolezza sul Balkan merita di essere premiata. Il management della civica amministrazione, dai lavori pubblici all'avvocatura, ha manifestato un esplicito scetticismo sull'esito di un ricorso alla giustizia amministrativa riguardo al "no" ministeriale sull'abbattimento della sala in largo Città di Santos. E anche qualora il Tar si esprimesse a favore delle posizioni comunali, ci sarebbero ottime possibilità che il dossier ritorni nuovamente al ministero dei Beni Culturali, con buone chance di risultare becchi & mazziati. Dipiazza, che è un uomo pratico, ha abbozzato e ha rivisto la posizione assunta lo scorso 19 marzo, quando era stata resa nota la lettera della direzione generale ministeriale che recava il secondo "no" all'abbattimento, avendo replicato al ricorso amministrativo presentato in febbraio dal Comune. Allora Dipiazza, per il quale l'abbattimento della sala è diventato un "must" semi-programmatico, si era arrabbiato e aveva annunciato il ricorso al Tar.Tra l'altro in questo momento non ci sarebbero neanche i soldi per le ruspe, in quanto gli 800.000 euro, appostati per abbattere l'ex stazione dei pullman anni Trenta, sono stati trasferiti su un'altra voce allo scopo di rimpolpare i 5 milioni del caso Nostini-Rossetti.Quindi sulla vicenda Tripcovich si apre un nuovo capitolo, che rinnova radicalmente i contenuti delle pagine precedenti. Fino a marzo il Comune aveva sperato di risolvere la diatriba vedendosela a quattr'occhi con San Michele in Ripa, il bellissimo complesso sul Tevere che ospita la Direzione generale arti-architettura-paesaggio del MiBact. Aveva creduto che l'abbinata con il soprintendente Simonetta Bonomi supportasse la causa triestina, ma la dura lettera dell'11 dicembre 2019, spedita dal direttore Federica Galloni, aveva gelato le aspettative. L'«appello» di febbraio non aveva migliorato le cose. Bisogna prenderla larga, ha pensato infine Dipiazza, cui piacerebbe venire a capo di alcune "incompiute" triestine con una sola, abile mossa. Roma permettendo.

Massimo Greco

 

 

Deraglia treno con 22 passeggeri Linea Trieste-Monfalcone fuori uso

Una frana la causa dell'incidente. Illesi viaggiatori e personale. Ripercussioni sul traffico ferroviario

Una frana sulla ferrovia, nei pressi di Aurisina. Due ruote di una carrozza che escono dai binari. Il deragliamento. E l'intero tratto tra Monfalcone e Trieste bloccato. Uno stop che oggi si protrarrà per tutta la giornata: in altre parole, nel capoluogo non si arriva e nemmeno si parte fino a nuove indicazioni. Non c'è però nessun ferito, fortunatamente, tra le 22 persone a bordo del treno Udine-Trieste, diretto in Stazione centrale, che nel tardo pomeriggio di ieri è rimasto coinvolto nell'incidente. Ma due passeggeri, il capotreno e il macchinista sono stati comunque accompagnati all'ospedale per accertamenti. L'episodio si è verificato alle 18.40 poco dopo il Bivio di Aurisina, appena superata la galleria, all'altezza del chilometro 12, nel territorio del Comune di Trieste in prossimità di Miramare. Il treno è un Etr 563, il regionale 20989: un Caf spagnolo, uno dei convogli acquistati dalla Regione e affidati a Trenitalia. Più che deragliamento vero e proprio, stando a quanto si apprende, tecnicamente si è trattato di uno "sviamento": sono infatti uscite le prime due ruote della carrozza di testa. Il treno era appena partito dalla Stazione del Bivio di Aurisina, quindi la velocità era ancora contenuta. Probabile che ciò abbia consentito di evitare esiti peggiori. Sul posto hanno operato la Polizia ferroviaria e le squadre dei Vigili del fuoco di Trieste e di Opicina. È intervenuto anche il personale del 118 con un elicottero. Una presenza a scopo puramente precauzionale, questa, visto che non si è fatto male nessuno. I pompieri hanno provveduto ad assistere i passeggeri trasportandoli con i mezzi fuoristrada fino a un piazzale. Lì erano attesi dal personale sanitario e da quello di Rfi. Pesanti i disagi per i viaggiatori, come si può immaginare. Il tratto Trieste-Monfalcone, come detto, ieri sera è rimasto interrotto a oltranza. Tutti i convogli diretti al capoluogo, tra cui vari Intercity e regionali, sono stati bloccati a Monfalcone. I viaggiatori a bordo del treno deragliato sono stati portati a destinazione con 6 taxi. Per i passeggeri degli altri treni in arrivo a Trieste, Trenitalia si è invece attrezzata con un servizio bus sostitutivo. Le cause della frana sono in corso di accertamento. E non è ancora chiaro quanto terreno e quante pietre siano effettivamente precipitati sui binari. Ma ieri, a tarda sera, fonti riferivano di una quantità "importante" che renderà necessario un intervento di ripristino e messa in sicurezza della parete sovrastante. Forse le piogge degli ultimi giorni hanno reso il terreno più friabile. Le operazioni oggi impegneranno l'intera giornata; i treni pertanto, va ribadito, anche oggi saranno sostituiti con i bus-navetta per i collegamenti tra Monfalcone e Trieste. I convogli in partenza dal capoluogo sono invece tutti soppressi.

Gianpaolo Sarti

 

 

La tranquillità del lockdown fa rifiorire le oasi delle trezze  - campagna di immersioni nel golfo

Sono delle e formazioni rocciose diffuse nell'Alto Adriatico, in grado di creare un complesso mosaico di affioramenti isolati, sparsi tra i 10 e i 40 m di profondità. Sono le "trezze", affascinanti e strutture biogeniche che contengono aree dominate da alghe, organismi filtratori, specie perforatrici e fauna di fondo molle che vive nei sedimenti depositati in cavità e buche. Le trezze rappresentano cioè vere e proprie oasi di vita ricche di biodiversità. Nell'ambito della missione nazionale "Il mare al tempo del Coronavirus", promossa dai nuclei subacquei di Carabinieri, Guardia Costiera, della Polizia e dalla Divisione sub di Marevivo, che ha scandagliato i mari della nostra Penisola, in maggio una squadra di sommozzatori del nucleo subacqueo della Polizia e alcuni membri della delegazione sub di Marevivo Fvg si è immersa nelle acque del golfo di Trieste, all'altezza del Sic (sito di interesse comunitario) San Pietro, per documentare lo stato delle trezze. «I mesi di lockdown hanno portato una sensibile riduzione delle attività in mare, da quelle ricreative ai trasporti fino alla pesca - spiega Maria Cristina Pedicchio, presidente della Delegazione Marevivo Friuli Venezia Giulia e membro del cda di Ogs -. Abbiamo voluto verificare l'impatto che questo periodo prolungato di tranquillità ha avuto sull'ecosistema marino». Il "trezze San Pietro" è un sito di interesse comunitario inserito nella rete Natura 2000. Le specie ittiche più abbondanti nell'area sono il sarago sparaglione, la sogliola pelosa, varie specie di scarpene, il pagello, i merluzzetti, e molte altre ancora. Le trezze forniscono inoltre rifugio, nursery e rappresentano aree di riproduzione per molte specie bersaglio della pesca come calamari, cappesante e astici. fa tra le altre. «Monitorare la situazione in un momento così particolare era importante per valutare la risposta degli organismi marini», - spiega Paola Del Negro, direttore generale di Ogs. Durante le immersioni, per effetto del crollo dell'inquinamento acustico di origine antropica, è stato possibile registrare la "voce" di aragoste, corvine, cernie e saraghi che sui fondali. Le rilevazioni effettuate, invece, sulla trezza San Pietro hanno evidenziato ampi banchi di merluzzetti, di labridi, di sparidi e, nelle cavità, una notevole abbondanza di astici e gronghi.

 

 

Il Valentinis rifugio di cigni e uccelli "ibridi" E agli Alberoni nidifica il corvo imperiale

Il canale si è popolato di esemplari alla ricerca di cibo e spazi, ma anche di protezione dagli agguati delle volpi

Lungo il Valentinis le imbarcazioni da diporto hanno ripreso il loro andirivieni, mentre i rimorchiatori, attraccati sul lato del cantiere navale, non si sono mai fermati in questi mesi. Nello specchio di mare che entra nel cuore di Monfalcone nelle ultime settimane ha però veleggiato anche una famiglia di cigni, composta dalla coppia di adulti e da 5 piccoli. Una presenza inedita, provocata più che dalla quiete post lockdown dalla ricerca di zone tranquille e sicure, protette da eventuali predatori, come spiega l'ornitologo e guida naturalistica Paolo Utmar. «I cigni si spostano parecchio - ricorda -, soprattutto se alcune aree sono diventate insicure per la siccità o per la presenza di predatori, come le volpi, che si stanno dimostrando un disturbo per l'avifauna».Anche per gli esemplari di volpoca (un anatide di discrete dimensioni e facilmente riconoscibile dalla sua livrea), che sono sì numerosi, ma solo in un caso certo hanno allevato i loro pulli. Le volpi pattugliano tutte le zone emerse, stando a Utmar, che ne ha visto un esemplare percorrere la diga del tratto della cassa di colmata del porto ormai trasformatosi in uno stagno ricco di avifauna. «Il canale Valentinis è un luogo ottimo per alimentarsi per dei cigni e i loro piccoli - afferma l'ornitologo -, meno per fare il nido». Un occhio più attento, o forse solo più curioso, tra le barche ormeggiate ha avuto modo di scoprire in queste settimane, confusa tra le decine di germani reali, anche una coppia di uccelli acquatici difficilmente identificabile. Alla testa scura e al becco di un grigio antracite si sommano un petto color tabacco, mentre le penne remiganti alla base terminano con uno specchio alare quasi turchese. «In effetti sono un ibrido - continua Utmar - tra una casarca, che negli ultimi anni ha preso casa lungo il Valentinis, e un germano reale. I due esemplari sono di genere diverso, ma non sappiamo se siano in grado di riprodursi». Anche la zona umida del Cavana, tra Marina Julia e Marina Nova, sta vivendo un aumento di presenze, pure in questo caso per motivi slegati dall'assenza quasi totale dell'uomo nel corso del lockdown imposto dal contenimento del Covid-19. «In realtà si è trattato di un periodo troppo breve per aver influenzato in modo sostanziale i comportamenti della fauna - afferma l'ornitologo -. Invece la chiusura dell'uscita del Cavana a mare e la riduzione dell'ingresso di acqua marina sta incidendo sull'espansione del canneto e quindi sulla comparsa di specie di Silvidi raramente osservabili, come la Falciaiola». La zona umida, dove sta recuperando anche la vegetazione di Falasco, accoglie non solo oche selvatiche, folaghe e tuffetti, ma anche il falco di palude, che potrebbe avervi trovato l'ambiente ideale per nidificare. C'è comunque un altro predatore che si sta insediando poco distante, agli Alberoni, in base alle osservazioni dell'ornitologo: il corvo imperiale. «La popolazione del corvo imperiale è aumentata molto sul Carso e la specie sta quindi cercando spazio in pianura, caso unico in tutta Italia - sottolinea Utmar -. Il corvo imperiale ha nidificato a Belvedere e probabilmente anche agli Alberoni». Pure la popolazione di poiana gode di ottima salute, ma in città pare abbia nidificato anche una coppia di sparvieri. «Molto più elusivi, ma basta guardare la reazione dei piccioni e delle tortore per rendersi conto del loro passaggio», dice Utmar.

Laura Blasich

 

 

Obi dona all'associazione Bioest 180 alberi invenduti - Adottati in un solo giorno

L'associazione Bioest ha ricevuto 180 alberi in regalo dal negozio triestino di bricolage e giardinaggio (Obi) riuscendo in una sola giornata a farli "adottare". «Gli alberelli era rimasti invenduti e sarebbero andati al macero, ma i gestori hanno provato a chiedere alla nostra associazione, in qualità di organizzatrice di orti urbani a Trieste, se fosse interessata al prodotto», riferisce Tiziana Cimolino, coordinatrice dell'iniziativa. «Abbiamo lanciato allora una serie di di appelli ai nostri contadini e la cosa si è immediatamente allargata. In appena una mattinata ne abbiamo fatti adottare ben 180. All'iniziativa di adozione hanno aderito scuole, ricreatori e semplici privati amanti del verde. Forse siamo un po' avanti con la stagione e bisognerà curare e stimolare un po' di più queste creature verdi - conclude Cimolino - ma certo ne è valsa la pena. Grazie alla sensibilità del negozio Obi e di tanti cittadini - conclude - stiamo costruendo la "foresta commestibile" in città».

 

Niente visite d'estate e ticket unico Il Giardino Viatori apre in autunno

La Fondazione Carigo prosegue con la riqualificazione e attende il circuito "GO Musei"

Alla domanda che circola da qualche tempo, su quando riaprirà il Giardino Viatori, se n'è aggiunta da pochi giorni un'altra, che, come la precedente, è emersa con più di qualche richiesta: perché uno degli incanti, una delle mete che, a Gorizia, ottengono ogni anno migliaia di visitatori, non rientra nel biglietto unico che partirà il prossimo mese? "GO Musei", questo il titolo dell'iniziativa, vedrà infatti, al prezzo di 12 euro (6 euro per i ridotti), l'ingresso al Castello, alle sedi cittadine dei Musei provinciali (Borgo Castello e Palazzo Attems Petzenstein), al Palazzo e al Parco Coronini Cronberg, alla Sinagoga. Ma non al Giardino Viatori.La sua gratuità non c'entra: pure il Parco Coronini e la Sinagoga si possono sempre vedere senza sborsare un centesimo. Perché, allora, il Giardino non rientra nel biglietto unico, visto che il principale scopo di "GO Musei" consiste non nel fare cassa, ma nel promuovere, anche e soprattutto a fini turistici, le mete cittadine più frequentate? La Carigo ha fatto sentire la propria voce per ottenere l'inserimento nell'iniziativa?Andiamo con ordine. «Il Giardino Viatori riaprirà in autunno e sarà in ordine sotto ogni aspetto - anticipa Roberta Demartin, numero uno della Fondazione Carigo -. Al momento, sono ancora in corso lavori di ordine strutturale che coinvolgono anche quella che era l'abitazione del professor Lucio. Questi lavori, che sono cominciati da tempo, hanno dovuto subire una brusca interruzione a causa del diffondersi del coronavirus, ma ora sono a buon punto. Senza l'esplosione del Covid-19, il giardino sarebbe stato regolarmente aperto a fine marzo o, al massimo, i primi di aprile, per il periodo delle fioriture», fioriture che non ci saranno certamente nei mesi freddi. «Per i prossimi anni, tuttavia, è nostra intenzione aprirne le porte per un numero di mesi superiore a quello consueto - continua la presidente -. Anche per questo motivo abbiamo pensato a quella serie di interventi che il coronavirus ha costretto al ritardo».Invece, per quanto riguarda il non inserimento nel biglietto unico? «Per ora non siamo stati coinvolti, ma, mi auguro che già nei prossimi mesi, si possa far rientrare il giardino nell'iniziativa - dice, sul punto, Demartin -. Anzi, trovo giusto che l'offerta culturale del territorio venga messe in rete e promossa congiuntamente. Tra l'altro, reputo i temi dell'ambiente e del verde di notevole importanza ed esiste già un progetto di valorizzazione comune del parco Coronini e del giardino Viatori, anche in considerazione del fatto che Lucio Viatori aveva a lungo collaborato pure con la Fondazione di viale XX settembre prestando la sua grande esperienza in fatto di botanica. Inoltre, la Fondazione Carigo ha già provveduto a finanziare quei progetti che andavano a mettere in rete i giardini di Gorizia. Da parte nostra, quindi, siamo certamente disponibili che il giardino Viatori venga compreso nel pacchetto».

A. P.

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 22 giugno 2020

 

 

Mobilità sostenibile - Il Pd incalza Dipiazza sulle piste per due ruote
«A pochi giorni dalla seduta della VI Commissione consiliare, in cui abbiamo audito le associazioni Tryeste, Fiab, Uisp, Legambiente, Friday For Future, Bora.La, Zeno, Link e Spiz proporre un Piano per la mobilità urbana post Covid, arriva da Roma il decreto che stanzia 137,2 milioni di euro da destinare alla progettazione e realizzazione di ciclovie urbane, ciclostazioni e di altri interventi per la sicurezza della circolazione ciclistica cittadina (alla nostra Regione sono destinati 525.561 euro nel 2020 e 876.540 euro nel 2021): ci auguriamo che sia un ulteriore stimolo per l'amministrazione Dipiazza a recuperare il tempo perduto sulla ciclabilità e a stringere i tempi su questioni come la ciclabile sulle Rive e la tratta park Bovedo-piazza Libertà». Così i i consiglieri comunali del Partito Democratico Fabiana Martini e Marco Toncelli.

 

 

Il parco di pale eoliche nel mare di Rimini che scatenza la lite tra gli ambientalisti.

Polemica sul progetto da un miliardo di euro a 22 chilometri dalla costa. Italia Nostra contraria, Legambiente favorevole.

Rimini. Si fa presto a dire energia pulita: il progetto di un maxi impianto eolico al largo di Rimini, con 59 pale da 215 metri alla loro punta massima (i piloni da soli ne misurano 125), sta spaccando le associazioni ambientaliste. E così, mentre Legambiente è disponibile a considerare l'operazione, valutandola come «un possibile elemento importante per il settore energetico del territorio», Italia Nostra ha lanciato una campagna contraria durissima: «La realizzazione di una infrastruttura così impattante sul paesaggio pregiudicherebbe per sempre e in modo irreversibile l'attrattività turistica della Riviera, con grave danno per tutti, dalle strutture ricettive alla pesca».Un allarme dai toni apocalittici per un progetto per cui, fino al 4 luglio, si potranno depositare le osservazioni, prima che l'incartamento sia spedito al governo per la valutazione di impatto ambientale e per gli altri passi procedurali. Intanto, Italia Nostra, per rafforzare la sua posizione, sottolinea come l'altezza dei manufatti a pale dispiegate sarebbe più del doppio del grattacielo di Rimini, dunque rischierebbe di sfregiare il panorama in modo irrimediabile. Guardando le soluzioni presenti nei rendering elaborati dalla società di scopo Energia Wind 2000, solo i primi pilastri sarebbero a una decina di chilometri dalla riva, mentre gli altri verrebbero collocati più distanti, fino a una lontananza di 22 chilometri. Difficile immaginare come si presenterebbe lo skyline dell'Adriatico una volta che l'intervento fosse portato a termine. Ci vorrà tempo, ma la discussione infiamma anche gli enti locali: la provincia di Rimini è interessata alle fonti d'energia rinnovabile e sembra favorevole all'idea, pur riservandosi di esprimersi in conferenza dei servizi. Chi non vuole proprio saperne è la sindaca di Riccione, Renata Tosi, che ha dichiarato guerra al progetto: «Abbiamo presentato un ordine del giorno sul parco eolico, terremo un consiglio comunale aperto alla cittadinanza e soprattutto convocheremo un referendum consultivo a settembre per chiedere ai riccionesi che cosa ne pensano».Anche lei vede il progetto come il fumo negli occhi e teme uno snaturamento del territorio: «Vogliono trasformare una zona turistica in una zona di finta produzione di energia elettrica. Dico finta perché non siamo certo una terra di grandi venti, dunque si rischia di piantare pale eoliche senza un motivo reale». Tosi teme che i vantaggi dell'operazione siano «più di pochi soggetti che della comunità» e insiste sul fatto che «qui sono contrari albergatori e bagnini perché si rischia di rovinare l'economia della costa senza che ci siano vantaggi. E siamo venuti a conoscenza del progetto e della possibilità di presentare osservazioni con una mail di posta certificata il 4 giugno».Il presidente della Provincia di Rimini, Santi Riziero, spiega invece che l'idea del parco eolico off shore, così come gli studi sull'efficacia di un impianto del genere, risale a diversi anni fa: «Nel 2010 ci siamo fatti promotori di uno studio, e poi di un piano, che ha appurato che esistono le condizioni per far funzionare un impianto eolico di questo tipo: c'è vento a sufficienza perché le pale producano energia. La competenza poi spetta a ministri delle Infrastrutture e dell'Ambiente, ma noi siamo favorevoli all'eolico». Dal punto di vista paesaggistico, Riziero precisa che «le nostre richieste tenderanno a un minor impatto possibile: già il progetto ha diverse ipotesi di dislocazione delle pale, con la possibilità di allontanarle dalla costa e di disporle in posizione obliqua». Poi risponde a chi esprime dei "no" a prescindere: «Oggi si punta sull'effetto-cartolina e si dice che le pale sono un elemento di disturbo: l'opera ha un costo, ma bisogna valutare cosa significhi non avere un'alternativa al combustibile fossile. Noi invece vogliamo capire ed entrare nel merito del progetto». Sul fronte ambientalista, le crepe sono più profonde. Italia Nostra attacca frontalmente un'opera capace di generare una potenza di 330 megawatt: «L'ambiente e il paesaggio sono beni inalienabili, specie per chi si propone sul mercato globale del turismo e questa infrastruttura è una pietra tombale sulle prospettive turistiche di Rimini». Una posizione intransigente cui si contrappongono le considerazioni di Legambiente, che ricorda anche la presenza nello stesso tratto di mare di attività estrattive più impattanti: «Ben vengano le proposte sulle rinnovabili, purché si facciano le necessarie valutazioni sul paesaggio e sull'ecosistema marino». L'invito però è a non formare un fronte di contrarietà netta, ma a valutare limiti e possibilità di miglioramento».

Franco Giubilei

 

 

Scadenze - Domanda Servizio civile

Scade il 26 giugno il termine per presentare la domanda per la selezione di ragazzi tra i 16 ed i 18 anni (non compiuti) da impiegare nei progetti di Servizio civile solidale 2020 proposti dalla Regione Fvg, e sono 32 i posti disponibili nei 9 progetti con Arci Servizio Civile nel Friuli Venezia Giulia. L'impegno è di 360 ore distribuite nell'arco dell'anno, ed è previsto un riconoscimento economico. Si inizia in settembre.

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 21 giugno 2020

 

 

Cantanti e artisti, 40 star schierate a difesa dei fiumi - La campagna contro dighe e centrali

Non solo cittadini, attivisti e Ong. Ora anche il mondo della musica e dell'arte scende in campo per difendere i fiumi. Accade nei vicini Balcani, dove oltre quaranta artisti hanno deciso di sostenere pubblicamente la campagna "Salvate il cuore blu d'Europa", lanciata da Ong internazionali come Riverwatch ed Euronatur per denunciare e porre un freno alla costruzione di centinaia e centinaia di mini-dighe, sbarramenti e piccole centrali idroelettriche su torrenti e fiumi della regione, spesso non violati dall'intervento dell'uomo e fondamentali per flora, fauna e popolazioni locali. Ad alzare la voce sono stati cantanti e artisti famosissimi nella regione, come Rambo Amadeus, un'icona in Serbia, Montenegro e in tutti i Balcani e oltre. «Sostengo la campagna Save the Blue Heart of Europe perché non voglio un giorno vergognarmi davanti ai miei nipoti, quando mi chiederanno cosa ho fatto quando si distruggeva sistematicamente la natura», ha spiegato il musicista e cantante nato a Cattaro. A schierarsi è stato anche il celebre cantante rock croato - oltreché poeta, attore e cantautore - Darko Rundek, che ha denunciato l'idea malsana di «incanalare in tubazioni» fiumi e torrenti di montagna, «distruggendo così la natura». Dura contro le mini dighe anche la cantante bosniaca Jelena Milusic, che ha stigmatizzato l'idea di «stare in silenzio a guardare» la distruzione di gioielli naturali. «Rimaniamo uniti e diciamo no alle centrali idroelettriche sui nostri fiumi, perché meritiamo di vivere la nostra vita, la nostra sopravvivenza è a rischio».A favore della campagna si sono espressi tanti altri artisti notissimi nei Balcani, tra cui Srdjan Jevdjevic (Kultur Shock) e Haris Pasovic, regista teatrale attualmente direttore artistico del Mittelfest. «Siamo felici che così tanti artisti vogliano far sentire la loro voce» contro le mini-dighe, «abbiamo bisogno di loro per sensibilizzare sempre più persone», ha affermato Ulrich Eichelmann, coordinatore della campagna. Secondo attivisti e Ong, sono circa tremila gli sbarramenti che incombono sui fiumi balcanici.

st.g.

 

 

LO DICO AL PICCOLO - Si tutelino gli alberi della pineta dietro l'Ospedale di Cattinara

Scrivo la presente per vedere se è possibile conoscere perché all'improvviso la bellissima pineta posta dietro il posteggio dell'ospedale di Cattinara sia stata recintata e chiusa al pubblico ,senza nessun cartello di indicazioni sulla tipologia dell'intervento che evidentemente verrà realizzato a breve.Nella speranza che almeno gli alberi vengano risparmiati, considerando che oltre al beneficio che apportano all'intera comunità i loro alti fusti sono da oltre 60 anni un elemento tipico che caratterizza il paesaggio di questa nostra bella località.Diego Skamperle

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 20 giugno 2020

 

 

Ferriera, prime firme digitali sull'accordo - L'iter di riconversione dello stabilimento

Regione, Comune e Autorità Portuale hanno sottoscritto l'intesa. Il ministero al lavoro per l'incontro finale: ipotesi sabato 27.

Le firme con la penna si faranno probabilmente sabato prossimo nel campo neutro della Prefettura, scelto dal ministro Stefano Patuanelli come teatro del momento storico che segnerà la conclusione della vicenda della Ferriera di Servola. Le firme digitali sono arrivate invece quasi tutte ieri, dopo che il ministero dello Sviluppo economico ha caricato sui propri server la versione definitiva dell'Accordo di programma per la riconversione dello stabilimento, consentendo agli attori pubblici e privati di sottoscrivere l'intesa. Sulla base del testo, l'area a caldo sarà smantellata, messa in sicurezza e trasformata in un terminal portuale e ferroviario a servizio del futuro Molo VIII, mentre sul fronte industriale ci saranno il rafforzamento dell'attuale laminatoio a freddo e la riconversione della centrale elettrica all'utilizzo di gas metano. Tutto a esuberi zero, se saranno rispettati gli impegni assunti dalle istituzioni e dai privati nei confronti dei 580 lavoratori presenti: il gruppo Arvedi assicura futuro per 417 dipendenti, Icop-Plt dovrebbe provvedere all'assorbimento di una quarantina di unità e Fincantieri assumere la parte restante attraverso le imprese del suo indotto, come ribadito nuovamente da Patuanelli nella riunione che nei giorni scorsi ha dato il via libera alla firma. Il fronte sindacale è ormai irreparabilmente spaccato ma, dopo l'avvenuto spegnimento di altoforno e cokeria, le parti coinvolte nell'Adp procedono e ieri la giunta Fedriga ha approvato la delibera che autorizza la Regione alla firma, subito effettuata in digitale. Lo stesso hanno fatto il Comune e l'Autorità portuale, che non ha avuto bisogno di convocare il Comitato di gestione per consentire al commissario straordinario Mario Sommariva di sottoscrivere l'Accordo. Tutti gli attori evitano di rilasciare dichiarazioni in un momento considerato ancora molto delicato, con il rischio che una singola parola fuori posto possa portare uno dei soggetti a irrigidirsi nell'ambito di una trattativa chiusa, ma rimasta difficile fino all'ultimo. Probabile che i rubinetti dei commenti e dei comunicati ufficiali si aprano alla fine della prossima settimana, con il Mise che starebbe tentando di organizzare per sabato l'incontro finale in Prefettura. -

Diego D'Amelio

 

 

Mervic rilancia la ciclopedonale Sistiana-Duino

Secondo il consigliere comunale ora ci sono tutti i presupposti per realizzare un progetto atteso da vent'anni: «Utile per il turismo e la sicurezza»

Duino Aurisina. Una pista ciclo pedonale parallela al tratto stradale che unisce Sistiana a Duino. È questa la proposta che arriva dal consigliere comunale di Duino Aurisina, Vladimiro Mervic (Lista per il Golfo), alla vigilia dell'estate post Covid. «È da vent'anni che si parla di questo progetto - esordisce Mervic - e a maggior ragione oggi offrire ai turisti un motivo in più per venire nel nostro territorio mi sembra una buona idea. Si tratterebbe dell'azione più opportuna da attuare, in quanto unirebbe i due poli turistici più importanti del territorio». «Bisogna inoltre considerare - aggiunge - che decine di migliaia di visitatori, che annualmente percorrono il sentiero Rilke in una direzione, per ritornare al punto di partenza scelgono la "14", che collega le due località, e questo percorso si svolge quasi interamente sulla strada asfaltata, a stretto contatto con le vetture che sfrecciano, superando spesso i limiti di velocità, creando una situazione di notevole pericolo». «Con l'allentamento delle misure anti Covid-19 - precisa Mervic - si è vista una notevole crescita della vendita di biciclette elettriche e non. Ciò significa che l'aumento del numero di cicli sulle strade sarà considerevole». «La realizzazione di una ciclabile pedonale - insiste - sarebbe un segnale molto positivo di ulteriore sviluppo del nostro turismo, basato negli ultimi anni su una considerevole parte di vacanzieri che ricercano nel contatto con la natura il senso della loro villeggiatura».Con la deliberazione datata 11 maggio di quest'anno sono stati destinati alla realizzazione della ciclabile fra Duino e il Villaggio del Pescatore 194 mila euro. Una realizzazione che Mervic considera «utile, ma di importanza secondaria rispetto a quella che potrebbe collegare Duino e Sistiana, non solo dal punto di vista turistico, ma anche della sicurezza».

Ugo Salvini

 

 

Staranzano approva la manutenzione all'isola della Cona con nuovi sentieri

Il percorso sarà raccordato a quelli esistenti, oltre alle reti sarà piantato un arbusto speciale e realizzato uno stagno

STARANZANO. Via libera del Comune alla manutenzione straordinaria dell'ex area faunistica e di un tratto della sentieristica del percorso ad anello nell'ambito della Riserva naturale Foce Isonzo, affidata alla Cooperativa Rogos che opera nella gestione operativo-funzionale, didattico-educativa e turistico-commerciale della Riserva naturale regionale della Foce dell'Isonzo. I lavori proposti dall'operatore scientifico Matteo De Luca, referente della Stazione Biologica Isola della Cona, prevedono fra l'altro il tracciamento e la realizzazione di un sentiero in ghiaia lungo 70 di metri da raccordare a quelli esistenti, lo smantellamento e smaltimento delle strutture già dedicate al confinamento di animali, recinzioni in rete metallica e struttura portante in pali di legno, un telo per ripristinare le zone umide e per la realizzazione di uno stagno didattico, quindi la creazione di una siepe sul lato settentrionale dell'area, a mascheramento della recinzione con pali metallici, la messa a dimora di alcuni alberi. Poi un bypass in legno nelle zone periodicamente allagate lungo il sentiero ad anello e infine la creazione di siepe sul perimetro esterno del recinto del bombolone. Sarà usato un arbusto a foglia caduca (Cornus sanguinea) e rami che in autunno-inverno assumono una colorazione rossastra. Per queste opere spesa complessiva pari a 6.648 euro, dovranno concludersi entro il 31 dicembre di quest'anno, mentre la rendicontazione della somma dovrà essere trasmessa entro il 31 marzo 2021 al Servizio biodiversità della Regione, per rendere conto delle risorse messe a disposizione con deliberazione della Giunta Regionale a ottobre 2019. L'importo massimo ammissibile a rendiconto dell'intera gestione annuale messo a disposizione dalla Regione per la Riserva Foce Isonzo è pari 130. 000 euro. Le opere hanno ottenuto il via libera dall'organo gestore che ha espresso parere favorevole alla programmazione di interventi, alla pianificazione e alle spese di manutenzione straordinaria proposti nella recente seduta. L'organo è costituito dall'associazione dei Comuni di Fiumicello-Villa Vicentina, Grado, San Canzian d'Isonzo e Staranzano dove il Comune di Staranzano è individuato quale referente dell'Associazione dei Comuni e dove il sindaco medesimo, Riccardo Marchesan, è il legale rappresentante, in base all'accordo sottoscritto ai sensi dell'articolo 15 della legge 241/1990, in cui viene dato mandato al Comune di Staranzano di svolgere le attività preventivate secondo la priorità ritenuta preminente, garantendo il rispetto delle finalità di conservazione dell'ambiente naturale e delle sue risorse.

Ciro Vitiello

 

 

Monte Sabotino, torna il camoscio dopo l'arrivo delle pecore carsoline - avvistato alle porte di Gorizia

GORIZIA. Uno splendido camoscio che si staglia sullo sfondo delle rocce, degli arbusti, del cielo terso sopra la vetta. Un'immagine che gli appassionati di escursionismo e di natura in generale sono soliti poter ammirare (quantomeno i più fortunati) in alta montagna, lontano da tutto e da tutti. Ma che, da qualche tempo, è sempre meno raro poter vedere (e in molti non lo penserebbero mai) a pochi minuti dal centro di Gorizia, alle porte della città, sulle pendici del monte Sabotino. Proprio sull'altura "transfrontaliera", infatti, Alena Trubkina e Marco Cavallin hanno immortalato qualche giorno fa con la loro macchina fotografica l'esemplare che vedete in questa pagina, e se questo è stato possibile il merito va anche all'affascinante progetto di tutela e valorizzazione del Sabotino condotto dall'associazione E.Wi.M.A. di Gorizia. «Sappiamo che in un passato lontano i camosci erano presenti sul monte, e va detto che, ascoltando le testimonianze dei cacciatori, anche in tempi più recenti i loro avvistamenti non erano cosa impossibile - racconta l'assessore comunale all'Ambiente, Francesco Del Sordi -, ma resta cosa piuttosto rara e certamente poco nota il fatto di poter fotografare un camoscio a due passi dalla città. Il ritorno di questi animali in numero significativo è legato anche a ciò che l'associazione E.Wi.M.A. sta facendo con il ripristino dei pascoli e dei prati che un tempo ricoprivano tutta la cima, e che via via sono scomparsi con l'abbandono del monte, inghiottiti dalla boscaglia selvaggia». Proprio così. Dopo i conflitti mondiali il Sabotino è diventato in gran parte servitù militare, e dunque non poteva più essere vissuto e frequentato come un tempo. Anche una volta cadute le servitù, pastori e contadini non sono tornati, e la vegetazione è cresciuta incontrollata, finendo per "soffocare" molte delle specie animali e vegetali che caratterizzavano da sempre il Sabotino. Un ecosistema peraltro straordinario e quasi unico, visto che vi si possono trovare circa 800 delle 1.300 specie di piante presenti in regione, con un insieme di flora alpina, flora mediterranea e flora balcanica. Ed è in questo contesto che si inserisce l'azione del sodalizio goriziano. «L'Ispettorato forestale ci ha concesso una zona demaniale di circa 15 ettari sulla parte sommitale del monte, tra la casermetta e la chiesetta di San Valentino per intenderci - spiega Paolo Vasca, vicepresidente di E.Wi.M.A., acronimo di European Wildlife Management Association -, e nel 2018 abbiamo iniziato con il servizio antincendio portando sul Sabotino le pecore di razza Carsolina che già allevavamo a Gorizia. Parliamo di una razza antica considerata in via di estinzione, come la Alpagotta e la Plezzana, ma che è particolarmente adatta ad un ambiente così roccioso e selvaggio. Mangiando gli arbusti, le pecore diradano la vegetazione e non permettono la diffusione del fuoco in caso di incendio. Poi nel 2019, sfruttando le misure del Piano di sviluppo rurale, abbiamo iniziato a ripristinare gli antichi pascoli, restituendo un po' alla volta anche quella biodiversità che rendeva e rende unico il monte».

Marco Bisiach

 

Il blitz negli aeroporti che libera lepri e gheppi - l'attività naturalista

L'associazione European Wildlife Management Association (E.Wi.M.A.) è un sodalizio formato da una ventina di soci, ognuno con il proprio differente lavoro e con varie specializzazioni (dagli ornitologi ai cacciatori, dai laureati in scienze forestali ai botanici) uniti da un forte legame con la natura. E.Wi.M.A., che ha sede in via Buffolini 12 ed è guidata dalla presidente Cristina Comuzzo, ha come scopo la diffusione della cultura naturalistica e delle attività di ricerca, studio, formazione e promozione del territorio, che lavora per tutelare e valorizzare. Il tutto, collaborando con altre realtà private ma pure con enti pubblici.Così ad esempio sul Sabotino, al di là del servizio antincendio e del pascolo con le pecore Carsoline, E.Wi.M.A. ha da tempo iniziato a organizzare percorsi didattici o gite in accompagnamento a gruppi di studenti e turisti. Non solo. L'associazione si occupa anche di organizzare conferenze e approfondimenti sui temi naturalistici, e spesso viene coinvolta in progetti di più ampia portata. Ad esempio negli anni scorsi anche E.Wi.M.A. ha collaborato al prelievo dei gheppi che con la loro presenza mettevano a rischio se stessi e il traffico aereo sulla pista di atterraggio dell'aeroporto di Ronchi dei legionari. Furono catturati e liberati poi altrove. Proprio come le lepri, sempre a Ronchi, o i caprioli dell'aeroporto Duca d'Aosta, liberati poi assieme al personale del Corpo forestale.

M.B.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 19 giugno 2020

 

 

Tesoretto per il Parco del mare blindato dal vertice camerale
Cassate le richieste di politici e associazioni di destinare i fondi ai commercianti - Circa 8 i milioni accantonati. Paoletti: «Si va avanti». Cosolini: «Non ha senso»

La Camera di Commercio della Venezia Giulia non destinerà altrove i fondi accantonati per il Parco del Mare, poiché non rinuncia all'idea di costruire un acquario in Sacchetta. «Il progetto c'è, sta andando avanti e a tempo debito diremo quale sarà il prossimo passo», è la laconica nota del presidente della Cciaa, Antonio Paoletti, in risposta alle richieste di impiegare quei soldi a sostegno dei commercianti, giunte in questi giorni da parti politiche e di società civile. La Camera ha accantonato infatti una cifra di circa otto milioni di euro che dovrebbe servire da base di partenza per un project financing da 45 milioni in totale. Un sogno accarezzato dal 2004 e finora mai tradotto in realtà. Dopo tanto tempo, l'emergenza Covid e la crisi economica incombente non fanno deflettere l'ente dal suo obiettivo. La valutazione negli ambienti camerali è che la realizzazione dell'opera potrebbe rivelarsi un motore per tutto il commercio cittadino negli anni duri che potrebbero arrivare. La cifra accantonata, secondo il palazzo della Borsa, non avrebbe un'entità tale da meritare una redistribuzione sui 31 mila iscritti né, evidentemente, per altre iniziative. Non giungono però ancora nuove su quale sia il destino dell'opera al momento, visto che dall'anno scorso il progetto è fermo in qualche cassetto ministeriale, in attesa che venga valutatala possibilità di derogare a un decreto del 1961 che limitava le volumetrie realizzabili in Sacchetta. Anche a palazzo Cheba non sono giunte nuove sull'Acquario. L'ultimo capitolo della vicenda è l'incontro dello scorso gennaio fra il sindaco Roberto Dipiazza, il presidente regionale Massimiliano Fedriga e lo stesso Paoletti. Da quel confronto il primo cittadino e il governatore uscirono confermando uno stringato appoggio alla prosecuzione del progetto. Da allora però non si è saputo più nulla, laddove nel 2018 il via ai cantieri sembrava imminente. Ed è possibile che il coronavirus non abbia accelerato l'iter in corso al ministero. Ancora all'inizio di aprile un gruppo di associazioni composto dal Comitato La Lanterna, CamminaTrieste, Triestebella, Legambiente, Wwf e Un'altra città aveva chiesto di abbandonare il Parco del Mare e destinare i fondi «a sostegno delle categorie economiche in estrema difficoltà in questo momento» e per ricostruire la piscina terapeutica. La stessa richiesta viene rilanciata da diversi esponenti politici cittadini, come l'ex sindaco e consigliere regionale dem Roberto Cosolini, o la consigliera comunale di Open Fvg Sabrina Morena. Dice quest'ultima: «In tempi di crisi è importante che quei soldi vengano usati altrimenti, a sostegno del commercio». L'invito di Morena alla Cciaa si inserisce in una critica complessiva all'opera: «Bisogna abbandonare i progetti faraonici e badare ai bisogni effettivi. Non so se siano stati valutati in modo equilibrato i costi di gestione e l'impatto sull'ambiente di un'opera simile, ma ora meno che mai possiamo permetterci un acquario che impiegheremmo chissà quanto a realizzare, magari soltanto per aprirlo già obsoleto. Si pensi piuttosto ad aiutare i piccoli commercianti».L'ex sindaco Cosolini, le cui perplessità al riguardo son di vecchia data, spiega la sua: «Lo dico senza vena polemica, ma penso sia ormai un progetto datato nei contenuti e sempre più incerto nella redditività. Il Parco del Mare richiederebbe centinaia di migliaia di visitatori per funzionare, e gli acquari sono sempre meno strutture in grado di attrarre turisti. È cambiata la sensibilità, soprattutto verso gli animali. Acquari e zoo rendono sempre meno». Alla luce di queste considerazioni, Cosolini ritiene che «i bisogni delle imprese avrebbero giustificato un utilizzo, anche parziale, di quei soldi per investimenti che garantiscano una redditività più rapida».L'ex primo cittadino chiude su due osservazioni tecniche. La prima: «Inizialmente la Cciaa poteva contare su una decina di milioni che la Fondazione CRTrieste aveva stanziato, per affiancarli ai suoi. Da quando la Fondazione si è sfilata, però, non abbiamo saputo più nulla su chi mette quei soldi, e sarebbe bene saperlo». La seconda: «Quando ero sindaco avevo insistito perché oltre alla Sacchetta considerassero anche il Porto vecchio. Mi si disse che per il Porto vecchio ci sarebbe voluto troppo tempo. Quel che vedo ora - conclude Cosolini - è che nel vecchio scalo si sta facendo un centro congressi, mentre in Sacchetta è tutto fermo».

Giovanni Tomasin

 

 

Ecco gli alieni, a rischio la pesca della frittura
La laguna invasa da "bufole" o "noci di mare" provenienti dal Mar Nero: altamente voraci danneggiano anche le reti
MARANO. Compromessa la pesca della "frittura": allarme di Fedagripesca Fvg.Questo tipo di attività rappresenta l'80 per cento del pesce pescato nella Laguna di Marano e Grado. Il mondo scientifico, in particolare l'Ogs di Trieste, è allertato e sta studiando il fenomeno, ma le imprese del settore hanno bisogno di un sostegno immediato, in attesa di capire cosa si possa fare per evitare che una pesca e un prodotto tipico delle marinerie regionali possano continuare a sopravvivere. Nuova grana per i pescatori del Friuli Venezia Giulia: in anticipo sulla stagione, sono arrivate le "bufole", o "noci di mare", organismi gelatinosi predatori che da alcuni anni invadono, in estate, le nostre acque. Sono organismi alieni, arrivati dal Mar Nero, dove hanno messo in ginocchio la pesca. I dati in possesso di Fedagripesca Fvg, confermati anche dall'Ogs di Trieste, indicano la loro presenza sul territorio, in modo massivo, almeno dal 2016. Gli ctenofori sono altamente dannosi per la pesca per due motivi: galleggiano nell'acqua e sono voracissimi, predando tutto quello che è alla loro portata (plancton, uova e larve di pesce e di molluschi) creando un grave problema ecologico che si ripercuote su tutto il comparto ittico. Inoltre, facendosi portare dalle correnti, finiscono nelle reti, in particolare nei cogolli dove, con la loro consistenza gelatinosa, ostruiscono i fori e riempiono il cogollo rendendolo inservibile. Questo succede in particolare con i "cogoi fissi", a maglie molto strette, che servono per la cattura del latterino e del gambero di laguna, ingredienti tipici delle fritture e che costituiscono l'80% del pesce pescato nella laguna. La pesca con i "grasiui" è fra le più tradizionali della pesca lagunare, ricca di storia e adattatasi all'ambiente, tanto da essere a impatto ambientale nullo o quasi.Proprio questi pescatori sono i più colpiti dall'invasione degli ctenofori: negli anni hanno visto ridursi il reddito da latterino di circa il 60% raggiungendo, per il gambero, riduzione di oltre il 70%. Le noci di mare diventano numerose con il caldo, a luglio-agosto, ma quest'anno sono già presenti in maniera massiva, tanto che i pescatori stanno pensando a riportare a casa le reti, essendo impossibile lavorare.-

Francesca Artico

 

 

Centinaia di sanzioni per rifiuti abbandonati e cibo dato ai cinghiali
Primo bilancio dell'attività del Nucleo Guardie ambientali - Tra le priorità la guerra ai "trasfertisti della differenziata"
Polo verde, pantaloni blu, cinturone bianco e cappellino. È la divisa delle nuove guardie ambientali, costituite in via sperimentale nel 2017 e istituzionalizzate nel febbraio scorso. A presentare il bilancio dell'attività svolta nei primi mesi di servizio ufficiale sono stati ieri il vicesindaco Paolo Polidori e il Comandante della Polizia Locale Walter Milocchi. Fra le operazioni svolte finora dal nuovo corpo - che fa comunque riferimento al dipartimento Polizia locale, Sicurezza e Protezione Civile - l'attenzione maggiore è stata riservata al contrasto del degrado urbano in materia di abbandono dei rifiuti ingombranti, con operazioni di prevenzione e repressione delle norme relative ai regolamenti comunali, leggi regionali e statali in tema di rifiuti. Nella fattispecie dall'inizio dell'anno ad oggi, le guardie ambientali hanno comminato 692 sanzioni per conferimenti errati di rifiuti, 177 per mancata iscrizione all'anagrafe di animali domestici e per la presenza di cani senza guinzaglio nei parchi pubblici. Sono state 10, invece, le contravvenzioni elevate a causa della presenza di cani in aree gioco riservate ai bimbi e una invece per aggressione di persona da parte di un cane. Da segnalare anche 8 multe fatte ad altrettante persone sorprese a dare cibo agli animali selvatici. In tema di rifiuti, infine, sono state elevate 23 sanzioni per abbandono di rifiuti speciali e pericolosi. Le guardie ambientali non hanno solamente potere sanzionatorio nell'ambito della tutela dell'ambiente: come ha sottolineato Milocchi, alcuni componenti del nucleo hanno anche la facoltà di applicare le norme del codice della strada. In tal senso sono state 1208 le sanzioni comminate dalle "giacche verdi" per divieto di sosta, 57 quelle per sosta su stalli riservati agli invalidi e quattro per inosservanza della recente quarantena. «Quella relativa all'istituzione del Nucleo guardie ambientali - ha sottolineato Polidori - risponde a una richiesta portata avanti dalla Lega nel 2017. Oggi sono entrati a pieno servizio sei elementi, ma abbiamo già in progetto di potenziarli nell'immediato futuro. Grazie a loro, per esempio, a Borgo San Sergio è quasi sparita l'affluenza dei "pendolari della differenziata", cioè il via via di persone residenti in altri comuni che vengono qui a buttare l'immondizia. Una pratica inaccettabile anche perché va ad aumentare la quota Tari che il Comune di Trieste stabilisce ogni anno per coprire le spese di gestione dei rifiuti solidi urbani del Comune». La cifra dei proventi da sanzioni del regolamento di igiene urbana del Comune, da quando è partito il progetto di guardie ambientali, sfiora i 200 mila euro.

Lorenzo Degrassi

 

 

LA PROTESTA - «La pineta non si tocca» Cattinara sulle barricate per i suoi storici alberi
Un grido di protesta sale da Cattinara: «Giù le mani dalla pineta!». L'ipotesi di un futuro parcheggio sotterraneo, a quanto è dato sapere, minaccia infatti la cinquantina di pini marittimi che arricchiscono i paraggi del polo cardiologico, un «tesoro verde» molto caro agli abitanti della zona. Ma ripercorriamo la vicenda. Senza preavviso, da un giorno all'altro, viene interdetto l'accesso al parco, con alte transenne intorno al perimetro. «Lavori in corso»: ma nessuno sa nulla, gli interrogativi sono tanti e le spiegazioni per questo cantiere non si trovano. Perciò alcuni residenti si rivolgono al sindaco Roberto Dipiazza, «sin da subito dimostratosi sensibile sulla questione». «Si parla di costruire un parcheggio sotterraneo, effettueranno dei carotaggi», la prima spiegazione al telefono del primo cittadino ai portavoce degli abitanti: «Io non ne so nulla, ma indagherò». Ne nasce, allora, un comitato di protesta, pronto a tutto per salvare quelle storiche piante. I residenti si dicono esasperati perché, «ancora una volta, è stato completamente ignorato l'interesse pubblico di un paese depredato, ingannato e sfruttato». «Ci incateneremo agli alberi se necessario, questa è la goccia che ha fatto traboccare il vaso», fanno sapere i promotori della protesta. I risentimenti degli abitanti partono infatti da lontano, dalla costruzione dell'ospedale, che ha rivoluzionato la realtà della frazione periferica, rendendola sicuramente più trafficata. Poi si sono aggiunti i lavori per la costruzione della superstrada e delle gallerie: «Più di due anni di lavori, con grandi frese in azione "h 24" nel sottosuolo. I disagi sono stati enormi». Inoltre, l'assenza di risarcimenti per alcuni danni strutturali dovuti alle operazioni sottoterra e la mancata costruzione di adeguate barriere antirumore, hanno ulteriormente infastidito i residenti che, stavolta, hanno detto appunto «basta». Ha abbracciato la causa verde del comitato, fanno sapere i portavoce, già un migliaio di persone. Per ora spiccano i più «giovani intraprendenti», uniti tutti dall'affetto per questa pineta, e forse anche da un senso di scarsa attenzione a lungo percepito verso quest'angolo di Trieste.

Stefano Cerri

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 18 giugno 2020

 

 

Intesa sul futuro degli operai della Ferriera - Esuberi assorbiti da Fincantieri e Icop-Plt
Dopo Piattaforma logistica spa anche il Gruppo navale conferma l'impegno ad assumere ex dipendenti di Arvedi
Ora manca solo la firma. Ieri mattina è stata trovata l'intesa sull'Accordo di programma per la tutela e la riconversione industriale dell'area della Ferriera nel corso del tavolo presieduto in videoconferenza dal ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli. Decisivo il colloquio, prima della riunione, tra lo stesso Patuanelli e l'amministratore delegato di Fincantieri Giuseppe Bono, in cui «è stata confermata la disponibilità dell'azienda a individuare, anche attraverso il coinvolgimento di società fornitrici del Gruppo - ha annunciato in una nota il Mise -, una soluzione concreta al futuro occupazionale dei lavoratori che potrebbero non rientrare nel perimetro delle attività previste dal piano di chiusura dell'area a caldo». Fincantieri, insomma, è pronta a farsi carico di una parte (per ora non si possono dare numeri precisi) dei 163 lavoratori in esubero, 66 dei quali interinali con contratto scaduto. Altri esuberi saranno assorbiti da Piattaforma logistica Trieste. Icop-Plt, che assumerà 70 dipendenti per il nuovo terminal portuale, all'inizio pensava di attingere dal mercato del lavoro ricorrendo ad addetti già formati, ma le pressioni di ministero e Regione hanno consentito di ottenere la disponibilità ad impiegare un certo numero di esuberi in uscita dalla Ferriera, previo percorso di formazione. L'unica condizione posta da Icop-Plt è che si tratti di giovani. Al momento nessuno sa quanti dei 163 lavoratori rimasti fuori dal piano industriale di Arvedi, che prevede non più di 417 addetti, abbiano optato per il pensionamento (si tratterebbe comunque di un numero ridotto) o trovato per conto proprio un'alternativa occupazionale, ma per tutti gli altri, dunque, le prospettive saranno due: l'assunzione da parte di Icop-Plt per lavorare nel nuovo comprensorio logistico al servizio del porto o il riassorbimento in Fincantieri, in primis negli stabilimenti di Monfalcone, anche in questo caso previo percorso di formazione garantito dalla Regione. La riqualificazione funzionale ai settori della cantieristica e della logistica è parte integrante dell'accordo sottoscritto tra Arvedi e i sindacati. Senza dimenticare l'impiego di 50 lavoratori (che durerà almeno un anno) per le attività di smantellamento e bonifica dell'ex area a caldo.Uno scenario che coinciderebbe con quell'impegno a «non lasciare a casa nessuno» più volte ribadito dalle istituzioni, ma che fino a ieri non era ancora stato mantenuto del tutto, come confermato dalla dura lettera inviata martedì al ministero e sottoscritta da una parte degli operai interinali della Ferriera, col supporto della Nidil Cgil. In questo senso Patuanelli ieri ha rimarcato che «la tutela di tutti i lavoratori della Ferriera è un punto fondamentale dell'Accordo di programma, che ha visto tutte le parti coinvolte, pubbliche e private, protagoniste di un grande lavoro di squadra». «In questi mesi - ha aggiunto il ministro triestino - è stato portato avanti un percorso intenso e costruttivo, per garantire a Trieste e a tutta la regione uno sviluppo industriale che tenga conto delle esigenze ambientali, sociali e occupazionali».All'incontro di ieri c'erano il governatore Massimiliano Fedriga, gli assessori regionali Alessia Rosolen e Fabio Scoccimarro, il sindaco Roberto Dipiazza, il commissario dell'Autorità portuale Mario Sommariva e i rappresentanti dei ministeri dell'Ambiente e delle Infrastrutture, del Gruppo Arvedi, di Icop, Invitalia, Anpal e dell'Agenzia del Demanio. Domani l'accordo riceverà il via libera formale dalle giunte regionale e comunale. Poi, nei prossimi giorni verrà sottoscritto da tutte le parti coinvolte. A breve verrà formalizzata anche l'intesa Patuanelli-Bono, che tecnicamente non fa parte dell'Accordo di programma. Da ricordare che sono 55 i milioni di euro stanziati dal Mise a sostegno della riconversione dell'area servolana (più 25 assegnati per lo stabilimento Arvedi di Cremona) a fronte di un business plan da 180 milioni di euro.«Siamo soddisfatti, sono state accolte le nostre richieste di tutela dei lavoratori, sia con le attività di smantellamento e bonifica, sia con il piano industriale di Icop - ha dichiarato Fedriga -. C'è il nostro impegno a garantire le risorse e i percorsi formativi necessari per i lavoratori interessati dalla riconversione. Ringrazio Patuanelli per l'importante lavoro svolto, compreso l'essersi assunto l'onere di interloquire con Fincantieri per ampliare le opportunità di collocamento». «Abbiamo raggiunto il massimo risultato possibile - ha sottolineato Rosolen - e non dimentichiamo che nell'Adp è incluso un passaggio in cui gli investitori privati affermano di prevedere importanti incrementi occupazionali nei prossimi anni».

Piero Tallandini

 

Ma i sindacati restano prudenti «Attendiamo il testo definitivo»
Uil e Cgil non si sbilanciano visti i precedenti. «Di promesse finora ne abbiamo sentite tante...». Serracchiani rivendica i meriti di Roma
Permane ancora un pizzico di diffidenza negli ambienti sindacali dopo l'ufficializzazione della fumata bianca sull'Accordo di programma per la riconversione della Ferriera. «È positivo il fatto che si sia arrivati al traguardo di questo lungo percorso e che Fincantieri sia tornata sulla scena promettendo di assorbire parte dei lavoratori in esubero - ha premesso Antonio Rodà della Uilm -, ma attendiamo ancora di leggere il testo dell'Adp per capire i dettagli sui contenuti occupazionali e industriali». «Ora - ha aggiunto - comincia la fase più difficile, che è quella di mettere in pratica gli impegni presi». «Finora di promesse ne abbiamo sentite tante - ha affermato il segretario provinciale della Cgil Nidil, Nicola Dal Magro -, adesso vorremmo certezze anzitutto sui numeri di coloro che potranno essere effettivamente riassorbiti e sui concreti percorsi occupazionali. Andranno anche valutati l'inquadramento e i livelli di retribuzione. Noi, intanto, ribadiamo la richiesta di integrare anche nell'accordo sindacale i lavoratori somministrati, che sono una cinquantina». Tornando alla politica, la deputata del Partito democratico Debora Serracchiani ha anzitutto sottolineato che «il Governo, con il ministro Patuanelli ha guidato bene il percorso verso la riconversione dell'area, alla quale avremmo voluto giungere in modo parzialmente diverso». «Si investiranno ingenti risorse pubbliche - ha continuato la parlamentare - che serviranno a mantenere attivo un sito di produzione industriale e a tutelare i posti di lavoro su cui, comunque, noi vigileremo, e si darà impulso a una vocazione logistica per la quale avevamo gettato le basi negli anni scorsi». Auspicando che «sia ritrovata l'unità sindacale incrinata», Serracchiani ha aggiunto che «va riconosciuto l'impegno di Fincantieri a collaborare per evitare che dei lavoratori siano espulsi da un processo di riconversione e sviluppo che richiede comunque tempo e riqualificazione professionale»

P.T.

 

 

Meno bus diretti verso la città, Carso in rivolta
La revisione delle linee impone inediti percorsi a tappe. La replica: «Ma la nuova 64 Rive-Opicina risolverà certe criticità»
Trieste . Monta la protesta, sull'altipiano, contro le novità riguardanti i mezzi pubblici che hanno accompagnato l'avvento del nuovo gestore regionale del trasporto pubblico, Tpl Fvg, il consorzio sorto dalla recente fusione fra Apt, Atap, Saf e Trieste Trasporti. Con l'introduzione del nuovo orario estivo, in scia anche alla riorganizzazione del servizio voluta dal neocostituito consorzio, i residenti del Carso si sono sentiti infatti improvvisamente isolati. L'orario predisposto da Tpl Fvg prevede solo pochissime linee dirette di collegamento fra l'altipiano e il centro città e viceversa. E così gran parte degli abitanti delle numerose frazioni del Carso si sono trovati di colpo costretti a studiare percorsi a tappe, prendendo almeno due linee diverse, per raggiungere il posto di lavoro. «Ci sentiamo isolati e trascurati», urlano in tanti, anche attraverso i social: le proteste fioccano da Opicina a Gropada, da Banne a Trebiciano. «Non c'è più la linea diretta che porta dalla nostra frazione in centro città - spiega Diego Pangher, della Comunella di Banne - e questo cambiamento, a nostro avviso, è stato fatto senza criterio. Certo, ci è stato spiegato che sono state previste coincidenze per favorire l'utilizzo di più linee per arrivare a destinazione, ma bisogna pensare a quando riapriranno le scuole e magari farà freddo e tutti saranno costretti, una volta scesi dal primo bus, ad aspettare alla fermata l'arrivo dell'altro. Almeno nelle ore di punta, cioè al mattino e all'ora di pranzo, quando lavoratori e studenti si muovono, bisognerebbe aumentare le frequenze». Sulla stessa lunghezza d'onda anche Marko De Luisa, presidente della Circoscrizione Altipiano Est: «Con questo nuovo orario - osserva - tutto diventa più difficile. Non si può modificare un orario senza tener conto delle esigenze dei fruitori del servizio di trasporto pubblico. Per esempio, la linea 39, che collegava direttamente Trebiciano con Trieste e viceversa, non raggiungerà più la frazione carsica perché il suo percorso è stato ridotto. E potrei fare numerosi altri esempi dello stesso genere».«È normale che un cambiamento di abitudini possa provocare disagi e un po' di spaesamento - è la replica di Michele Scozzai, responsabile della comunicazione per conto di Trieste trasporti - ma è anche vero che i collegamenti fra altopiano e città sono aumentati e aumenteranno ancora, quando entrerà in servizio la nuova linea 64 fra piazza Tommaseo e Opicina. Nella compilazione e nella comunicazione dei nuovi orari della linea 51 e in parte della linea 39, in effetti, abbiamo commesso qualche errore, ma li stiamo correggendo e a breve li pubblicheremo corretti sul sito. Le coincidenze fra le linee 39 e 51 sono state studiate per compensare il nuovo percorso della 39 e i tempi per arrivare in città non sono aumentati. Purtroppo il periodo di emergenza sanitaria non ha reso agevole il confronto con gli utenti ma ora ascolteremo le indicazioni, i suggerimenti e le richieste che ci saranno fatte e, insieme, valuteremo eventuali correzioni».

Ugo Salvini

 

 

Il Qatar prenota il metano del rigassificatore di Veglia
Siglato con una società di Doha il contratto pluriennale per l'acquisto di oltre 10 miliardi di metri cubi. La struttura off-shore pronta a partire a inizio 2021
VEGLIA. Buone notizie per il rigassificatore di Veglia. La società Powerglobe Qatar Llc - ha reso noto Hrvoje Krhen, direttore di Lng Hrvatska, l'azienda pubblica croata alla quale è stata affidata la gestione dell'impianto galleggiante isolano - ha firmato con la parte croata un contratto per l'acquisto di oltre dieci miliardi di metri cubi di metano. Si tratta di un passaggio rilevante per il terminal della località di Castelmuschio che entrerà in servizio all'inizio del prossimo anno: «Grazie al nuovo contratto - ha fatto sapere Krhen - il nostro impianto Lng piazzerà tutta la sua produzione dei prossimi tre anni. Ricordo che il rigassificatore ha la capacità massima di movimentazione di 2 miliardi e 600 milioni di metri cubi all'anno: pertanto fino al 2024 potremo dormire sonni tranquilli».L'affare siglato con la società che ha sede a Doha, ha spiegato nel dettaglio il numero uno di Lng Hrvatska (azienda fondata dalle croate Ina e Plinacro), riguarda i prossimi 15 anni, coprendo un arco temporale che arriva al 2035, secondo questo schema: fino al 2025 sarà ceduta a Powerglobe una quota di 468 milioni di metri cubi all'anno, quota che a partire dal 2025 e fino al 2030 ammonterà a 624 milioni all'anno; nel periodo fra il 2030 e il 2035 infine verranno erogati 936 milioni di metri cubi di metano allo stato gassoso all'anno. Fino a qualche tempo fa, ha ripercorso lo stesso Khren, si nutrivano dubbi sulla sostenibilità economica dell'operazione rigassificatore, per il cui metano la domanda era rimasta a lungo a una quota troppo bassa. Poi «la situazione è andata via via migliorando, in primo luogo grazie alla compagnia petrolifera croata Ina e all'Azienda elettrica statale che hanno rilevato mezzo miliardo di metri cubi per il prossimo triennio». Dopo le due aziende croate si sono fatte avanti le ungheresi Met Croatia Energy Trade e Mfgk Croatia, prenotando rispettivamente mezzo miliardo e 6,75 miliardi di metri cubi. Ora dunque arriva l'affare con la società del Qatar che "blinda" la sostenibilità economica dell'investimento di Zagabria venuto a costare un totale di 234 milioni di euro, cifra di cui quasi la metà - 101,4 milioni di euro - è stata assicurata dall'Unione europea a fondo perduto.«Tutte queste partecipazioni - ha commentato Krhen - hanno contribuito alla redditività del terminal isolano, che in poco tempo ha superato di slancio il quantitativo minimo di produzione di 1,1 miliardi, sotto il quale va corrisposta l'indennità per la sicurezza dell'approvvigionamento. È una indennità di cui si sarebbero fatte carico tutte le utenze croate». Secondo il direttore dei Lng Hrvatska l'impianto di Veglia si porrebbe ora come «un temibile concorrente per gli altri canali di rifornimento del gas, principalmente per quelli concernenti la Russia. Il costo basso del nostro metano ha fatto aumentare l'interesse nei riguardi del terminal di Castelmuschio».Mentre la nave da adattare a struttura galleggiante Fsru per rigassificazione off-shore, la Viking (costo 160 milioni di euro), dovrebbe arrivare di fronte a Castelmuschio a ottobre, ieri il ministro croato dell'Ambiente ed Energia, Tomislav Coric, ha affermato che nei prossimi cinque anni Lng Hrvatska riuscirà ad incassare circa 100 milioni di euro. «Grazie al piazzamento nei prossimi anni di quasi tutta la produzione che si avrà a Veglia, il prezzo del gas in Croazia potrebbe subire una diminuzione. Grazie a questo progetto, portato brillantemente a termine dal nostro governo, la Croazia - ha aggiunto il ministro - si è così posizionata sulla mappa energetica dell'Europa».Intanto però non è venuta meno l'opposizione al progetto da parte delle municipalità dell'isola nonché della Regione quarnerino-montana, che ritengono il terminal ad alto rischio per l'ambiente nonché per l'industria turistica.

Andrea Marsanich

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 17 giugno 2020

 

 

Area Greensisam, spunta una nuova pista: uffici della Regione dentro due magazzini
Triangolazione aperta con il Comune. L'ipotesi di lavoro prevede che a Maneschi restino i due edifici più vicini al mare
Il Comune proroga fino al termine del 2020 i tempi di risposta che Greensisam deve fornire sulle opere di urbanizzazione da realizzare nella zona dove insistono i 5 magazzini in concessione 99ennale alla società oggi guidata da Antonio Maneschi, erede di Pierluigi. Una così lunga proroga per verificare l'attuabilità di un'operazione a tre Regione-Comune-Greensisam finalizzata a creare nuove opportunità di utilizzo della porzione di Porto vecchio più vicina alla città. E ad alleggerire nel contempo l'impegno della società immobiliare che paga oltre 500.000 euro di affitto all'anno senza finora averne ricavato alcunchè. Ne stanno discutendo Daniela Iuri e Franco Milan, al vertice della struttura amministrativa regionale, con Santi Terranova e Giulio Bernetti, che in Municipio sono rispettivamente segretario generale e direttore dell'Urbanistica. Stando a fonti regionali, l'ipotesi di lavoro, appena agli albori di un iter che si preannuncia piuttosto lungo, è la seguente. La Regione Fvg è interessata a una migliore e più razionale organizzazione del personale impiegato a Trieste, oltre 1500 dipendenti sparsi nelle varie sedi assessorili. L'eventuale disimpegno di numerosi asset (corso Cavour, riva Nazario Sauro, via Milano, via del Lavatoio, via Udine, via San Francesco) permetterebbe inoltre alla Regione di mettere sul mercato un cospicuo campionario immobiliare. Data questa premessa, si comprende come la Regione abbia posto lo sguardo su Porto vecchio in cerca di soluzioni adottabili per le due esigenze suesposte. Allora il Comune ha intravvisto la possibilità di sbloccare l'impasse Greensisam. La concessione, rilasciata nel 2005 dall'Autorità portuale, interessa 5 magazzini, posizionati su tre file. Nella fila più vicina al mare abbiamo il 3 e l'1A; nella fila mediana sono schierati il 2 e il 4; più vicino al varco di piazza Libertà è il 2A.Il "riparto" ipotizzato lascerebbe a Greensisam i due edifici prossimi al mare, più facilmente collocabili dal punto di vista dell'appetibilità commerciale. La Regione si prenderebbe i due stabili mediani. La quinta struttura "spaiata" potrebbe interessare a Trieste terminal passeggeri (Ttp) allo scopo di realizzarvi un parcheggio indoor, così da chiudere il contenzioso con il Comune (pendente al Consiglio di Stato) per la locazione degli stalli al Molo IV. Naturalmente Comune e Greensisam, qualora questo "switch" andasse a buon fine, dovrebbero rivedere l'attuale strumento concessorio, perchè il Comune avrebbe la disponibilità (oltre che la proprietà) di tre edifici. Tanto per cominciare, il mezzo milione di canone annuo, oggi sborsato da Greensisam, si ridurrebbe di oltre la metà. Poi la Regione e Ttp ragionerebbero se acquistare o affittare i magazzini di competenza: la strada giuridica non è stata ancora esplorata, essendo i colloqui Comune-Regione iniziati da poche settimane. Sullo sfondo l'attenzione dell'Autorità portuale, azionista di minoranza di Ttp.Perchè non va dimenticato che le cifre incassate dal Comune per le vendite in Porto vecchio debbono essere girate all'Autorità. La "cittadella Greensisam", nella sua interezza, era stata valutata 16 milioni e andrà all'asta con un diritto di prelazione esercitabile dalla concessionaria.

Massimo Greco

 

 

Ex caserma di via Rossetti, tramonta l'ipotesi permuta Il Comune tratta l'acquisto

La proposta da cassa depositi e prestiti attesa la prossima settimana
Roberto Dipiazza non vuole chiudere il suo terzo mandato senza aver perlomeno impostato la partita che verte sulla riconversione scolastica dell'ex caserma Vittorio Emanuele III in via Rossetti. Lunedì pomeriggio, insieme al direttore dei Lavori Pubblici Enrico Conte, si è collegato in video-conferenza con il vertice di Cdp sgr, la società di gestione risparmio di Cassa depositi e prestiti che possiede nel suo grande patrimonio anche l'ex struttura castrense triestina. Da Roma hanno colloquiato con il sindaco l'ad Marco Doglio, il direttore generale Marco Sangiorgio, il responsabile dell'urbanistica Stefano Brancaccio. Le parti sono rimaste d'accordo che la prossima settimana Cdp sgr formulerà una proposta al Comune sulla quale aprire la trattativa. Non si parlerà più di scambi immobiliari, come in passato quando si ipotizzava un risiko affollato dal Carciotti, dall'ex Manifattura Tabacchi, dall'area di Campo Marzio oggi occupata dal Mercato ortofrutticolo. Si parlerà invece in termini di contante: Cdp stima i 12 ettari dell'ex caserma attorno ai 17 milioni di euro, Dipiazza rilancia a 13. Cdp ha proposto un affitto annuo di 800.000 euro, su cui il sindaco è parso molto freddo. Ma via Versilia ha anche prospettato l'idea di un acquisto della grande area finanziato a mutui convenienti dalla stessa sgr.Comunque, finquando Roma non trasmetterà il suo orientamento, è difficile fare illazioni e sarà necessario verificare le compatibilità di bilancio in una fase critica come l'attuale. A Dipiazza piace il campus capace di ospitare 7.000 studenti: gli piace il progetto e gli piace anche l'opportunità di liberare un po' di immobili sul mercato, qualora i ragazzi fossero trasferiti dalle attuali sedi scolastiche. Ha inoltre ricordato a Cdp di avere 5 milioni della Regione Fvg da impiegare nella riconversione della vecchia struttura militare. A proposito di operazioni immobiliari, Dipiazza ha ripreso in mano anche il business di Campo Marzio: dopo qualche tentennamento, sembra essersi orientato definitivamente per il trasloco dell'Ortofrutta all'ex Duke in zona industriale, acquistata per 1,1 milioni dall'Ezit in liquidazione. Anzi, classifica "prioritario" lo spostamento del mercato, per ottenere la disponibilità di una delle più interessanti aree urbane, quotata dagli uffici comunali 26 milioni di euro, più facili da chiedere che da ottenere. Dipiazza ha circa 10 mesi per provarci.

Magr.

 

 

Mobilità sostenibile: in arrivo due tavoli Comune-associazioni - l'apertura della giunta. tryeste: «si faccia presto»
Due tavoli tecnici con gli uffici comunali e le associazioni del settore per elaborare interventi a breve e lungo termine per la mobilità sostenibile di Trieste. È l'idea dell'assessore all'Urbanistica Luisa Polli, emersa ieri mattina nel corso della Sesta commissione del Consiglio comunale, alla quale hanno partecipato anche i rappresentanti di alcune associazioni promotrici di un piano per la mobilità post-Covid, nato grazie agli oltre mille contributi pervenuti durante il percorso di progettazione partecipata organizzato da Tryeste, Fiab, Uisp, Legambiente, Friday For Future, Bora.La, Zeno, Link e Spiz. Spedito al Comune il 18 maggio, il piano è suddiviso in quattro aree di intervento per contrastare l'aumento del traffico e per promuovere le cosiddette "forme di mobilità attiva": pedonalità, ciclabilità, trasporto pubblico e mobility management. Polli si è detta disponibile appunto all'apertura di un tavolo tecnico per esaminare gli interventi urgenti da portare in Consiglio Comunale e, poi, di un altro tavolo in cui discutere della pianificazione a lungo termine, in vista della redazione del Piano urbano della mobilità sostenibile. Da parte di Paolo Menis del M5s sono giunte però critiche rispetto al ritardo di tale scelta mentre Fabiana Martini del Pd ha chiesto un cronoprogramma preciso sulle tempistiche degli interventi. «Per rispondere all'esigenza di costruire risposte all'altezza in tempi brevi, il tavolo va necessariamente convocato a strettissimo giro e con un mandato operativo su soluzioni realizzabili entro settembre», afferma a riguardo Riccardo Laterza di Tryeste. Nei giorni scorsi, le associazioni proponenti hanno elaborato le stime dei costi per la realizzazione di "bike lane" su alcune arterie stradali di Trieste: 3.500 euro per il tratto tra Corso Italia e Corso Saba, 5.700 per via Battisti, 5.900 per viale D'Annunzio e 19. 800 per via Flavia. Sempre secondo tali stime, il complesso di questi interventi peserebbe per circa lo 0,3% rispetto al "tesoretto" di 12 milioni del Comune.

Simone Modugno

 

 

La Slovenia dà il via libera all'uccisione di altri 115 orsi - caos legislativo in materia
LUBIANA. Le famiglie di cacciatori e i gestori di terreni di riserve di caccia potranno uccidere fino a 115 esemplari di orsi. La scorsa settimana, infatti, l'Agenzia ambientale della Repubblica di Slovenia (Arso) ha rilasciato un'autorizzazione per la ripresa della caccia, che è valida fino alla fine di settembre in diverse aree del Paese, che sono state determinate in base all'aumentata densità locale di orsi e dei conflitti causati dagli orsi stessi all'interno dei singoli gruppi. Ricordiamo che la questione dell'abbattimento di orsi e lupi in Slovenia è oggetto di aspre polemiche tra animalisti e governo già da alcuni anni. Il problema comunque esiste e potrebbe diventare ingestibile, per colpa dell'uomo ovviamente. Nel 2015 il numero di orsi presenti in Slovenia era stimato a 599 unità, mentre nel 2020 la popolazione totale è salita a quota 990. La legge di intervento per l'abbattimento di orsi e lupi selvatici è stata adottata dall'Assemblea nazionale nel giugno dello scorso anno e la sua attuazione è scaduta il 30 aprile (per gli orsi) e scadrà invece il 30 settembre (per i lupi). La legge prevedeva l'uccisione di 175 orsi e 11 lupi. Finora sono stati abbattuti 172 orsi e tutti i lupi della quota prevista. La proposta di modifica della legge di intervento, presentata al Consiglio nazionale il 17 febbraio di quest'anno da Branko Tomazic, rappresentante della Camera per l'agricoltura e la silvicoltura in questo organo e membro del Partito popolare (Sls), è stata adottata dal Consiglio nazionale il 26 febbraio. La proposta nel periodo dal 1 maggio di quest'anno al 30 aprile 2021 (per gli orsi) o fino al 31 gennaio 2021 (per i lupi) propone l'abbattimento di 240 orsi e 30 lupi, e il Parlamento la prenderà in considerazione nel corso di una procedura abbreviata. Il ministero dell'Ambiente ha scritto che sostiene la soluzione legale del Consiglio Nazionale «perché stabilisce un equilibrio tra la coesistenza di carnivori e umani in un modo che garantisca la sicurezza dell'uomo e delle sue proprietà, e perché ha una base professionale e un più ampio sostegno da parte degli esperti del settore». Nelle more che i lavori parlamentari prendano in considerazione la proposta di legge sopra illustrata l'Agenzia per l'ambiente ha però, motu proprio (si fa per dire vista la grande forza politica trasversale da parte della lobby dei cacciatori), preso la decisione di permettere la caccia all'orso, seppure in determinate aree del Paese e per mano, o meglio, per doppietta delle famiglie di cacciatori.

M. MAN

 

AGRICOLTURA IN REGIONE - Le prime vespe samurai contro la cimice asiatica
UDINE. È stato liberato ieri a Pozzuolo del Friuli, in un uliveto campione di proprietà dell'Ersa, il primo centinaio di esemplari di "Trissolcus japonicus", detta Vespa samurai: altri cinquemila esemplari saranno immessi in natura a breve in tutta la regione, dal Carso alla Carnia. Si concretizza così - ha detto l'assessore regionale Stefano Zannieri - «il risultato di un lungo lavoro di ricerca, ma anche di adeguamento normativo, che la Regione tramite l'Ersa ha svolto assieme al Crea, e ha portato finalmente alla individuazione di un insetto antagonista della cimice asiatica». Quest'ultima infatti negli ultimi quattro anni ha causato danni ingenti all'agricoltura regionale. La "samurai", insetto innocuo per l'uomo, dalle dimensioni inferiori a due millimetri e privo di pungiglione, impedirà lo sviluppo delle uova della cimice, riducendone la presenza nell'ambiente e nelle campagne.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 16 giugno 2020

 

 

Cattivi odori a San Dorligo - Pronto il report dei tecnici
Per gli esperti coordinati dall'Arpa la causa è riconducibile all'evaporazione dei residui dalle pareti dei serbatoi Siot quando i "tappi" mobili scendono
SAN DORLIGO. L'evaporazione di ciò che fuoriesce dal sistema di tenuta perimetrale e dei residui liquidi che si depositano sulle pareti interne del serbatoio quando il tetto mobile scende. È questa, con ogni probabilità, la causa dei cattivi odori che si avvertono nel territorio di San Dorligo della Valle, in particolare nell'area che circonda la Siot. A dirlo sono i risultati di un approfondito studio, completato in questi giorni e reso noto dal Comune dopo circa un anno di analisi, a cura del gruppo di esperti coordinato dall'Arpa Fvg nell'ambito del percorso avviato dal Comune di San Dorligo per trovare una soluzione al problema delle "molestie olfattive", legate al deposito di oli minerali in zona, riconducibili a emissioni di composti organici volatili. Del gruppo hanno fatto parte esperti individuati all'interno del Sistema nazionale delle agenzie per la protezione dell'ambiente (Snpa) e del Dipartimento di Ingegneria e Architettura dell'Università, che si sono costantemente confrontati con la Seconda Commissione Ambiente di San Dorligo, oltre che con la Direzione dello stabilimento. Il tutto grazie a un finanziamento della Regione. Lo studio è partito dalla verifica dello stato di conservazione dei serbatoi, apparso buono esternamente, mentre internamente si sono evidenziate diffuse tracce di ruggine e la presenza di alcuni punti di erosione. È stato altresì rilevato che il tipo di tenuta perimetrale, a pattino metallico, garantisce in genere buoni risultati, ma risulta al tempo stesso poco efficace in presenza di accentuate irregolarità del fasciame, riconducibili alla deformazione delle lamiere durante la saldatura o a cordoni di saldatura sporgenti. Conclusione, questa, tratta al termine di accurate visite effettuate dagli esperti all'interno di alcuni serbatoi, che sono del tipo "a tetto galleggiante esterno a fondo singolo", e consistono in un recipiente cilindrico aperto, in acciaio saldato, ad asse verticale, dotato appunto di un tetto in grado di galleggiare sul pelo libero del liquido stoccato. A conclusione degli approfondimenti, gli esperti hanno così formulato una proposta di intervento, partendo dalla considerazione che le emissioni di cattivi odori sono associabili alla presenza di composti organici volatili e che il loro abbattimento potrebbe ridurre significativamente il disagio. In sostanza, sarebbero necessari interventi finalizzati a ridurre l'adesione del petrolio alle pareti del serbatoio, evitando che il greggio, in seguito all'abbassamento del tetto "flottante", rimanga per troppo tempo esposto all'aria e sia soggetto all'evaporazione. Un risultato che si potrebbe ottenere applicando sul rivestimento interno del fasciame uno prodotto a bassa adesività, sostituendo il sistema di tenuta a pattino metallico ora adottato ed eseguendo un trattamento di pulizia e sabbiatura delle pareti dei serbatoi. Gli esperti hanno suggerito una prima sperimentazione su un singolo serbatoio. La Direzione della Siot, viene fatto sapere, pur esprimendo apprezzamento per la qualità dell'elaborato redatto dal gruppo di lavoro, ha comunque evidenziato alcune perplessità sulle conclusioni tratte, ritenendo in ogni caso doverosa, nei confronti della cittadinanza, la diffusione del documento. Inizialmente era stata prevista una conferenza stampa di presentazione dei risultati, ma l'emergenza Covid l'ha di fatto cancellata. Il Comune ha stabilito di pubblicare sul proprio sito www.comune.san- dorligo-della-valle.ts.it un riassunto del documento, per renderlo così accessibile a tutti. Chi inoltre farà formale richiesta di accesso atti al Municipio, potrà consultare il report nella sua versione originale.

Ugo Salvini

 

 

Le cozze allevate in riviera tornano commestibili - Ultimi dati nella norma: lo stop sarà revocato
MUGGIA. «I dati sono confortanti, cioè conformi. Sto procedendo alla riapertura». Così Paolo Demarin, del Dipartimento di prevenzione dell'Asugi, riguardo la cosiddetta "zona 02TS", dedicata a produzione, raccolta e stabulazione dei "pedoci" muggesani, che presto torneranno dunque sul mercato, liberi dallo stop deciso dall'Asugi. Il blocco era stato deciso a suo tempo a causa della presenza, nei campioni prelevati, di quantità fuori norma di benzo(a)pyrene, oltre che di biotossine, quest'ultime riscontrate peraltro a diverse riprese in tutte le zone della costa triestina. Con la prossima revoca dell'ordinanza relativa alla chiusura della zona ripartirà, quindi, la commercializzazione. Resta però ancora da chiarire la provenienza dell'idrocarburo allora rilevato nelle cozze di Muggia.

LU.PU.

 

 

BIOEST - Corsi di orti in via Grego

Ricominciano oggi gli incontri di orticoltura pratiche organizzate dal gruppo Urbi et Horti Bioest. Con i maestri contadini, all'aperto e in sicurezza, si potrà assistere e anche fare vera e propria pratica in orto. Si parlerà di metodo biologico, sinergico, biodinamico. Proveremo a costruire una vera zona di coltivazione . Il primo incontro si terrà oggi nel campo di via Grego (lato "case dei puffi"). Per partecipare telefonare al 3287908116.

 

Scadenze - Domanda Servizio civile

Scade il 26 giugno il termine per presentare la domanda per la selezione di ragazzi tra i 16 ed i 18 anni (non compiuti) da impiegare nei progetti di Servizio civile solidale 2020 proposti dalla Regione Fvg, e sono 32 i posti disponibili nei 9 progetti con Arci Servizio Civile nel Friuli Venezia Giulia. L'impegno è di 360 ore distribuite nell'arco dell'anno, ed è previsto un riconoscimento economico. Si inizia in settembre.

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 15 giugno 2020

 

 

Riempiti di rifiuti 50 sacchi ai Laghetti delle Noghere

Si tratta perlopiù di vestiti, scarpe e resti di cibo lasciati dai migranti: il materiale raccolto dai volontari di Alta e associazione Val Rosandra

Muggia. Una cinquantina di sacchi neri per la raccolta delle immondizie, pieni di pantaloni, giacche, scarpe, residui di contenitori di cibi e bevande. Il tutto riconducibile al passaggio dei migranti. È questo il risultato di una nuova operazione, inserita nel più ampio progetto denominato "Carso pulito", portata a termine nel fine settimana, nella zona dei Laghetti delle Noghere, nel territorio di Muggia, dai volontari che fanno parte della sezione triestina del Reparto sportivo dell'Associazione lagunari truppe anfibie (Alta), presieduta da Gianfranco Drioli, assieme a quelli dell'associazione Val Rosandra. Al termine, i sacchi sono stati depositati nei contenitori messi a disposizione per l'occasione dall'amministrazione di Muggia per il loro successivo smaltimento. «Il sindaco, Laura Marzi - ha spiegato il direttore dell'operazione "Carso pulito", Aljosa Cazzador - si era dichiarata molto disponibile alla vigilia dell'intervento e, una volta visto il risultato ottenuto, ci ha ringraziato per il lavoro svolto, promettendo che alla prossima occasione ci accompagnerà personalmente». I volontari hanno anche ascoltato la testimonianza di alcuni residenti della zona, i quali hanno parlato di «un transito di migranti pacifico, ma pressoché costante». «Qualcuno - hanno precisato - ci ha anche chiesto informazioni stradali». Nei fine settimana precedenti, i volontari dell'Alta e dell'associazione Val Rosandra avevano effettuato operazioni simili nell'area di Bottazzo, la piccola frazione situata alla fine della Val Rosandra, a Draga Sant'Elia e nei pressi di Pese, nel territorio comunale di San Dorligo della Valle. «I migranti - ha ricordato Cazzador - sanno di doversi cambiare non appena arrivano in territorio italiano, perché così eliminano ogni prova che possa confermare il fatto che arrivano dalla Slovenia». Sabato prossimo i volontari di "Carso pulito" torneranno a Bottazzo, perché sembra che, nelle poche settimane trascorse dall'ultima operazione, l'area sia di nuovo piena di vestiti e calzature dismessi.

u. s.

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 14 giugno 2020

 

 

Tornano i corsi dei maestri contadini per imparare a curare gli orti in città - da martedì

I metodi biologici per seminare, trapiantare, irrigare e raccogliere i frutti della terra insegnati dal vivo in un orto, e a distanza di sicurezza. Ricominciano anche quest'anno gli incontri di orticoltura organizzati dal gruppo Urbi et Horti e riapre anche lo Sportello Ambiente di via XXX Ottobre 8/a, dove potersi recare per le iscrizioni e le informazioni sui corsi e per ottenere consigli utili e risposte a quesiti su educazione ambientale, raccolta differenziata, mobilità sostenibile, casa ecologica ed efficienza energetica. Da martedì riprenderanno poi le lezioni pratiche di orticoltura in campo con i maestri contadini. «Parleremo - anticipa la naturalista Tiziana Cimolino di Urbi et Horti - di metodo biologico, sinergico e biodinamico. Con i maestri contadini potremmo assistere a dimostrazioni sul campo e anche fare pratica in orto. Proveremo a costruire una zona di coltivazione e vedremo come seminare, trapiantare, irrigare. Ogni partecipante dovrà dotarsi di dispositivi di protezione individuale e di una sedia. È consigliato indossare scarpe e abiti da lavoro. Il primo incontro si terrà nel campo di via Grego, lato "case dei puffi". «Inizieremo parlando della qualità del terreno, del tipo di verdure da coltivare a seconda delle stagioni e visiteremo qualche orto già in avanzato stato di coltivazione per verificare l'andamento stagionale degli ortaggi. Il corso proseguirà con degli incontri sulle erbe del nostro territorio per i quali ci avvarremo dell'esperienza dei nostri insegnati di oleoliti». Per iscriversi: telefonare al 3287908116 o recandosi direttamente allo Sportello aperto il martedì e venerdì 9-12.

G.T.

 

 

Inquinamento del mare e depuratore di Grado Tutti assolti gli imputati

Il direttore di Irisacqua Lanari con Gabrielcig, già dirigente della Provincia, erano stati accusati di danneggiamento

GRADO. La Procura li aveva accusati per aver causato un inquinamento del mare, in qualità di gestori, dal 2009, del depuratore di Grado. Paolo Lanari, 70 anni, direttore generale di Irisacqua, e Flavio Gabrielcig, 59 anni, all'epoca al vertice della Direzione Sviluppo territoriale e Ambiente della provincia di Gorizia, a processo, iniziato nel giugno 2017, hanno dovuto rispondere di danneggiamento in concorso. Sono stati rappresentati rispettivamente dai difensori avvocati Riccardo Cattarini e Francesco Donolato. Entrambi sono stati assolti dal Tribunale di Gorizia perché il fatto non sussiste. Nel procedimento si è costituito parte civile il Comune di Grado, con l'avvocato Francesco Debenedittis, a fronte di una richiesta di risarcimento di oltre 100 mila euro. Un processo durato tre anni e per il quale ora si attendono le motivazioni alla sentenza. I fatti risalgono al gennaio 2009. La Procura aveva eseguito ampie verifiche avvalendosi dei Carabinieri, della Guardia di finanza e della Guardia costiera, coinvolgendo anche Arpa e funzionari della Provincia. Erano state acquisite decine di migliaia di copie di atti amministrativi ed era stata disposta una consulenza. Irisacqua aveva avuto in consegna l'impianto, a fronte di contributi erogati da Aato, poi trasformatosi in Cato, di oltre 500 mila euro per la ristrutturazione del depuratore. La Procura aveva contestato il danneggiamento in concorso, attraverso comportamenti commissivi ed omissivi, del corpo recettore ricevente gli scarichi dell'impianto del Comune, peraltro privo di autorizzazione allo scarico, effettuando dal 1999 scarichi «oltre i limiti di legge» (azoto ammoniacale, tensioattivi totali, Escherichia Coli), e producendo un danno anche al fondo e sottofondo marino circostante lo scarico del depuratore, nonché allo specchio di mare antistante. Al dottor Lanari, dal primo gennaio procuratore speciale e responsabile della conduzione tecnica dell'impianto gradese, la pubblica accusa, con il pm Valentina Bossi, aveva contestato l'aver consentito, ossia non impedito, lo scarico dei reflui inquinati derivanti dalla depurazione urbana. All'ingegner Gabrielcig era stato imputato il fatto di non essere intervenuto in via sostitutiva, essendo competente all'emanazione dei provvedimenti autorizzativi allo scarico, oltreché direttore generale Aato, al fine di verificare il corretto funzionamento dell'impianto. A fronte del contributo di oltre 500 mila euro per la ristrutturazione del depuratore, sempre secondo l'accusa, non aveva provveduto a controllare che gli interventi andassero a buon fine e che comunque i valori limite degli scarichi fossero rispettati. L'avvocato Cattarini aveva sostenuto che a Irisacqua era stato consegnato l'impianto in condizioni molto critiche, rapidamente risolte poiché l'inquinamento precedente era stato eliminato. La società, per il legale, aveva fatto di tutto per evitare che i difetti riscontrati al momento dell'acquisizione dell'impianto proseguissero nel tempo. Così come l'ingegner Gabrielcig, secondo l'avvocato Donolato, era estraneo all'inquinamento, e il nuovo impianto sarebbe stato autorizzato all'esercizio una volta completato. Cattarini ha osservato: «Ancora una volta le accuse del pubblico ministero nei confronti di un'azienda che rappresenta un'eccellenza del nostro territorio come Irisacqua, si sono rivelate infondate quando vengono giudicate dal Tribunale. Sono intervenute parecchie assoluzioni, una di seguito all'altra. Accuse così mettono in crisi per anni l'operatività dell'azienda, preoccupando inutilmente il personale che è di grande livello». Donolato ha affermato: «Il processo ha confermato che Gabrielcig ha ben operato, nel rispetto delle leggi e dell'interesse della comunità. L'istruttoria e il Tribunale hanno riconosciuto l'estraneità dell'ingegnere all'ipotesi di reato contestata». Infine, l'avvocato Debenedittis: «Attendiamo di leggere le motivazioni alla sentenza per decidere cosa fare e cosa deciderà la Procura».

Laura Borsani

 

 

Salite a 5 le tartarughe morte

La più piccolina ha appena 30 centimetri ed è stata trovata ieri spiaggiata a Pineta, ma un'altra tartaruga di 58 centimetri è stata rinvenuta ieri mattina senza testa (forse tranciata da un'elica) all'inizio della Costa azzurra. Salgono a 5 gli esemplari trovati morti in pochi giorni. A scoprirle persone che passeggiavano sul bagnasciuga o il personale degli stabilimenti balneari. A occuparsene è l'ufficio circondariale marittimo di Grado che ha anche sentito l'istituto zooprofilattico di Padova, mentre lo smaltimento spetta al Comune.

AN. BO.

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 13 giugno 2020

 

 

Salgono a quota 133 i treni regionali ma Frecce per Roma solo da Udine

Trieste penalizzata. Da domani invece più collegamenti locali: ok a promozioni e abbinata binario-bici

Udine. Tornano i treni regionali, ma sono dimezzati i Frecciarossa direzione Roma. Annunciati, con il nuovo orario, solo su Udine, non su Trieste, dove invece, già da inizio giugno, era ricomparso il collegamento veloce su Milano. Le stime di riempimento dei convogli non rendono invece per adesso conveniente per Trenitalia la ripartenza delle Frecce dal capoluogo regionale verso la capitale. Una penalizzazione per gli utenti triestini che durerà, ben che vada, per tutto giugno. «L'offerta delle Frecce - precisa la compagnia - viene valutata in base alle esigenze di mobilità del territorio e nel giro di qualche settimana le frequenze verranno aumentate sicuramente».Una doccia gelata anche per l'assessore regionale ai Trasporti Graziano Pizzimenti: «Sono sorpreso e fortemente dispiaciuto per l'assenza di risposte alle nostre richieste, anche sul fronte dei voli, con Alitalia che ancora non ufficializza la ripresa della tratta Ronchi-Roma. Non c'è dubbio che farò immediate pressioni per le Frecce Trieste-Roma, tanto più determinanti dopo mesi in cui sono mancati i collegamenti di lunga percorrenza».Le buone notizie arrivano invece sul fronte dei treni locali. Con l'orario estivo presentato ieri da Trenitalia, al via da domani 14 giugno, in Friuli Venezia Giulia si muoveranno 133 treni regionali nei giorni feriali, un netto incremento rispetto ai 99 della fase 2 dell'emergenza Covid. Un'offerta più ampia (durante il lockdown si era scesi al 30%) che soddisfa innanzitutto i pendolari. «La gente sta tornando a viaggiare in treno - commenta Andrea Palese, storico attivista del comitato Alto Friuli -. Già adesso, rispetto al 15% della fase 1, la presenza è del 30-40%, con punte del 50%». I 133 treni annunciati dall'amministratore delegato di Fs Gianfranco Battisti e, per Trenitalia, dal presidente Tiziano Onesti e dall'ad Orazio Iacono, significano una copertura dell'80% rispetto a un orario estivo pre-Covid. Nel "pacchetto" ci sono anche 11 conferme dell'orario invernale, «per scongiurare l'eventualità di sovraffollamenti», informa la compagnia. Una risposta anche alle richieste dei pendolari, che avevano sollecitato il ripristino del R6005 in partenza da Tarvisio alle 6.45 e arrivo a Trieste alle 9.08, del R21000 delle 7.28 da Trieste e di alcune altre corse della fascia oraria 15-16, oltre al mantenimento del R6038 delle 18.35 da Udine direzione Carnia, e sono stati accontentati. «Con l'emergenza - osserva ancora Palese - sono caduti certi tabù. Ringraziamo Fs e Trenitalia per avere accolto a stretto giro le nostre proposte».Molta attenzione anche sull'abbinata treno-bici. «Una combinazione vincente», la sintesi di Pizzimenti ieri a Trieste Centrale alla presentazione di due carrozze rinnovate e attrezzate per il trasporto di 64 due ruote ciascuna e attive sempre dal 14 giugno con rastrelliere, cinghie di sicurezza e prese di corrente per la ricarica delle biciclette elettriche. Circoleranno tutti i sabati e le domeniche sui regionali 21000 Trieste (7.28) - Tarvisio (10.07) e 6049 Tarvisio (15.53) - Trieste (18.08). Tra le offerte, oltre alla "promo Weekend Fvg" (sconto del 20% nel fine settimana), spuntano anche "Estate Insieme" (dal 24 giugno, tra le 12 del venerdì e le 12 del lunedì, biglietto unico a 49 euro per quattro weekend senza limiti di destinazione in regione), "Estate Insieme XL" (149 euro per tutti i weekend d'estate), "Promo Junior" (regionali gratis per gli under 15) e "Plus 3 e Plus 5" (tariffe da 40 o 60 euro per tour personalizzati di 3 o 5 giorni).

Marco Ballico

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 12 giugno 2020

 

 

Finiscono in archivio attese, cantieri e disagi Piazza Libertà è pronta

L'area rinnovata con un progetto da 5 milioni "battezzata" da Dipiazza: «Ora non vedo più difetti tranne la Tripcovich»

«Questa piazza è destinata a diventare un bellissimo biglietto da visita per chi arriva in città». Parola del sindaco Roberto Dipiazza, che ha presenziato ieri "in loco" alla conferenza stampa di fine lavori e di contestuale inaugurazione ufficiale della rinnovata piazza Libertà. Si chiude infatti il complesso iter di riqualificazione iniziato nell'autunno del 2018 e completato, a mini-lotti, in poco più di un anno e mezzo. «È stato fatto un ottimo lavoro in relativamente poco tempo - ha sottolineato il sindaco - e, a parte la perdurante presenza della Sala Tripcovich, non posso dire di trovare dei difetti a questa nuova piazza». È un progetto covato a lungo, quello della riqualificazione dell'area, che risale come è noto ai primi anni Duemila ed è rimasto sottotraccia tra le polemiche fino al 2016, quando la terza amministrazione Dipiazza riprese in mano il vecchio disegno datato 2007 e lo integrò per adeguarlo alle necessità più attuali e moderne della zona. L'importo totale dell'opera sfiora i cinque milioni (quattro milioni e 937 mila euro per l'esattezza), ed è stato finanziato per 2,3 milioni dal ministero delle Infrastrutture e per 1,5 milioni dalla Regione, mentre il restante milione è stato stanziato dallo stesso Comune e da AcegasApsAmga. I lavori erano già stati ultimati nei primi due mesi dell'anno ma, a causa della quarantena, l'inaugurazione è stata spostata rispetto alla data stabilita inizialmente. Ciò che salta agli occhi a un osservatore "neutro" è la rinnovata viabilità del quadrilatero veicolare che, unita ai nuovi stalli per gli autobus presenti sul lato Sud, costituiscono le principali novità della piazza. Aspetti già conosciuti ai più, in realtà, per effetto degli interventi eseguiti a lotti nel corso di questo ultimo anno e mezzo, forieri di inevitabili disagi. I cambiamenti più recenti riguardano il sottosuolo: con l'ultimazione delle ultime finiture, nel giro di pochi giorni verrà finalmente riaperto pure il sottopassaggio, la cui principale novità sarà costituita dalla chiusura notturna. «Sarà un modo per contenere spiacevoli assembramenti notturni - ha spiegato l'assessore ai Lavori pubblici Elisa Lodi - e per mantenere al meglio un percorso maggiormente esposto al rischio danneggiamenti». Il sottopassaggio non rappresenterà più l'unico modo per raggiungere la stazione, avendo il rinnovamento della piazza "istituzionalizzato" il fenomeno dell'attraversamento, un tempo selvaggio, di fronte all'uscita della stessa. Ora l'attraversamento pedonale frontale esterno è garantito infatti da un passaggio pedonale a raso regolato da impianto semaforico. Non solo viabilità, però, nell'intervento firmato Mari & Mazzaroli, Rosso e Riccesi Holding. Sono stati messi a dimora anche 17 nuovi alberi fra il centro della piazza e i nuovi capolinea degli autobus. Infine, nella riorganizzazione del perimetro, sono stati pure rinnovati gli impianti di illuminazione, con tanto di percorsi tattili-plantari in aiuto agli ipovedenti, e inseriti nuovi stalli dedicati al bike sharing, oltre a quelli già presenti davanti alla stazione ferroviaria.

Lorenzo Degrassi

 

 

Finita l'era di Trieste Trasporti Arrivano orari e percorsi nuovi

Iniziata ieri la gestione del consorzio Tpl Fvg. Da domenica in vigore le tabelle estive con cambiamenti per alcune linee, a partire dalla 30. Giovedì possibili disagi per uno sciopero

Il servizio di trasporto pubblico cittadino cambia nella forma. E, in parte, anche nella sostanza. Ieri, infatti, il consorzio Tpl Fvg è subentrato nella gestione degli autobus in tutta la regione, inglobando in sé anche Trieste Trasporti. Da domenica prossima, 14 giugno, nel capoluogo giuliano entreranno inoltre n vigore i nuovi orari estivi. La concomitanza dei due eventi comporta parecchie novità, ma per adesso i prezzi rimangono invariati. E, nel frattempo, benché per altre ragioni, i sindacati sono già sul piede di guerra: giovedì prossimo ci sarà in effetti uno sciopero nazionale del settore. Per quanto riguarda i biglietti, quelli nuovi sono già in vendita non solo in provincia, bensì sull'intero territorio regionale, e non riportano il costo del viaggio ma un codice: le tariffe complete sono pubblicate sul sito del nuovo consorzio (www.tplfvg. it), e sono visibili a bordo dei mezzi e nelle rivendite. Al momento non risultano, per l'appunto, maggiorazioni. C'è inoltre tempo fino al 31 dicembre per smaltire i titoli di viaggio con la sigla di Trieste Trasporti: a partire dal 2021 i vecchi biglietti perderanno dunque ogni validità e non potranno più essere usati, né sostituiti, né rimborsati. Analogamente gli abbonamenti e i tesserini identificativi, emessi dal precedente gestore, rimarranno validi fino alla loro naturale scadenza, senza bisogno di sostituirli. Oltre che al già citato portale web di Tpl Fvg, ci si può comunque rivolgere all'apposito numero verde 800 052 040, attivo ogni giorno dalle 6 alle 22. Il consorzio ha anche una propria app Android e Apple, dove si possono pianificare e pagare gli spostamenti, mentre quella di Trieste Trasporti non è più in funzione. Domenica, intanto, scatteranno come detto poi le "tabelle" estive: in questo caso gli orari completi si trovano ancora sul consueto sito di Trieste Trasporti (www. triestetrasporti.it). Alle fermate non sarà più indicato l'orario di partenza dal capolinea bensì quello programmato di passaggio. Ulteriori cambiamenti riguardano innanzitutto la linea 30: da lunedì a sabato, fino alle 21, transiterà per corso Cavour in entrambe le direzioni, fermando in piazza Duca degli Abruzzi. Nelle stesse giornate, dalle 21 alle 24, passerà per corso Cavour verso via Locchi e per via Filzi in direzione di piazza della Libertà. Nei festivi correrà infine per via Roma e per via Filzi, in ambo le direzioni. La 51, a propria volta, partirà da piazza Libertà dalle 6 a mezzanotte, ogni 15 minuti negli orari di punta e ogni 30 in quelli meno critici, garantendo la comunicazione con i campus di Area Science Park di Padriciano e Basovizza. La 39 non passerà per città ma collegherà le località dell'altipiano lungo la direttrice Basovizza - Villa Carsia (Grozzana, San Lorenzo, Draga, Gropada e Banne). La 1 non toccherà più le vie Reti e Imbriani ma, attraverso via Carducci e Ponte della Fabra, entrerà in piazza Goldoni: qui la sua fermata sarà di conseguenza trasferita nell'isola spartitraffico, dove già si fermano la 15 e la 16. A Muggia saranno intensificate le linee 7, 19 e 31: quest'ultima assorbirà in sé la 50. Allo stesso modo tutte le "X" saranno assorbite negli altri servizi di linea esistenti. L'Usb Fvg Trasporti fa sapere infine che aderirà allo stop di giovedì 18 giugno contro provvedimenti di prevenzione della salute ritenuti «inadeguati». A Trieste il personale viaggiante sciopererà dalle 9 alle 13, mentre quello tecnico-amministrativo si asterrà dal lavoro nelle ultime quattro ore di turno: saranno dunque possibili disagi sia alle fermate e sui bus che agli sportelli.-

Lilli Goriup

 

Luoghi Comuni - Mobilità sostenibile: il 18 dibattito su Fb

"La mobilità a Trieste: il bivio tra passato e futuro" è il titolo della diretta Fb in agenda il 18 giugno alle 18 sulla pagina dell'associazione Luoghi Comuni. Scopo della diretta: lanciare un dibattito con Tryeste, Fiab, Uisp, Legambiente, Frydays for Future, Bora.La, Zeno, Link e Spiz, le realtà che durante il lockdown hanno preparato una proposta di mobilità sostenibile per la città. Introdurrà la professoressa Elena Marchigiani, già assessore in Comune.

 

 

Consegnate 484 firme anti-Pecol dei Lupi - Scontro con Isambiente - la petizione arrivata a Trieste

CORMONS. Il Comitato "No riapertura discarica Pecol dei Lupi" ha presentato in Consiglio regionale la raccolta firme contro il riutilizzo della discarica alle porte di Borgnano. Una rappresentanza del gruppo fondato da 17 cittadini cormonesi è stata accolta e supportata dai consiglieri regionali di opposizione Tiziano Centis, Ilaria Dal Zovo, Furio Honsell, Massimo Morettuzzo e Diego Moretti. La petizione, 484 le adesioni raccolte, è stata consegnata nelle mani del presidente dell'assemblea Pier Mauro Zanin.«Il presidente e i consiglieri hanno ringraziato il Comitato - sottolinea la delegazione - per aver fatto vivere un momento di democrazia diretta e auspicato che la petizione, e quindi la spinosa questione di Pecol, venga discussa quanto prima nella IV commissione consiliare che si occupa di temi ambientali». Lo stesso Comitato intende inoltre rispondere alle dichiarazioni del presidente di Isambiente Tavella: «Siamo rimasti sconcertati da come Tavella descriva il progetto di un nuovo ingente conferimento di rifiuti come se fosse la panacea risolutiva del problema, dimostrando di non tenere in considerazione le perplessità espresse dai cittadini che vivono nei dintorni della discarica, attualmente sotto sequestro».Il Comitato inoltre aggiunge: «Isambiente continua a non fare cenno pubblicamente né del documento del 2015 in cui sosteneva come per la chiusura definitiva del sito non fosse necessario alcun conferimento esterno, né del fatto che a febbraio aveva parlato di 35 mila metri cubi da riempire mentre il progetto attuale conta oltre 47 mila metri cubi, una cifra enormemente più grande». Del tema-Pecol si è parlato anche nel Consiglio comunale dell'altra sera a Cormons, con l'opposizione che ha portato le posizioni anti-conferimento del Comitato, ma sull'argomento la maggioranza ha ribadito come la propria idea sia quella di giungere sì a una chiusura del sito, ma attraverso il conferimento del secco residuo necessario. «Mi fido dei tecnici del settore», la posizione espressa dal sindaco Roberto Felcaro.

M. F.

 

 

La rarissima medusa dei record intercettata al largo di Miramare

Avvistato vicino alla Riserva un esemplare di Drymonema dalmatinum: può arrivare fino a un metro

La più grande e rara medusa del Mediterraneo è stata avvistata due giorni fa nelle acque del golfo da Saul Ciriaco e Marco Segarich, ricercatori dell' Area Marina Protetta di Miramare, immortalata anche in un video, pubblicato ieri su Facebook. Una presenza definita eccezionale, della Drymonema dalmatinum, urticante, della classe delle scifomeduse, che può arrivare fino a un metro di diametro. L'esemplare, di circa 50 centimetri, nuotava al largo della Riserva protetta di Miramare. «Stavamo effettuando uno dei consueti monitoraggio della zona, che realizziamo ogni settimana, legati a diversi progetti - spiega Saul Ciriaco - quando ci siamo imbattuti nella medusa e Marco è riuscito a effettuare il video. Spesso ci capitano piacevoli sorprese, la volta scorsa è stato il turno di una grande tartaruga. E tutto viene registrato, soprattutto quando si tratta di rarità come questa. A Trieste - sottolinea - è sicuramente la prima volta che viene segnalata: era capitato nel 2014 a Lignano e qualche tempo dopo a Pirano. Sono gli unici casi che conosciamo finora». La medusa è stata descritta per la prima volta in Dalmazia nel 1880 dal naturalista Ernst Haeckel, e successivamente è stata avvistata pochissime volte. «L'esemplare ripreso a Trieste è più piccolo degli altri, notati in passato - dicono ancora gli esperti - e tra i suoi folti tentacoli si possono intravvedere due polmoni di mare (Rhizostoma pulmo). Non le stanno facendo compagnia, però: la Drymonema è una divoratrice di altre meduse, e ha una caratteristica molto particolare, la sua fase polipoide, ovvero la fase del ciclo biologico in cui rimane attaccata al fondo, può durare anche alcuni decenni. Ecco spiegati gli avvistamenti così rari. Talmente rari da non destare alcuna preoccupazione per il suo rinvenimento al largo delle nostre coste. Se mai la incontrerete - avvisano ancora - tenetevi alla larga, certo, ma consideratevi dei privilegiati».Insomma meglio non avvicinarsi troppo e soprattutto non toccarla, considerando il rischio di dermatiti, visto il potere urticante. La notizia, e il video di ieri, hanno fatto rapidamente il giro del web e dei social, con centinaia di condivisioni in tutta Italia. E nel frattempo restano nel golfo di Trieste anche le meduse "Aurelia Aurita", più piccoline, viste le scorse settimane in gran numero da tante persone nei porticcioli di Barcola e Grignano, sulle Rive e anche all' interno del canale di Ponterosso. Conosciute anche come "meduse quadrifoglio", perché dotate di quattro cerchi sulla parte dell' ombrello, sono state spinte vicino alla costa da venti e mareggiate e lì sono rimaste intrappolate. Anche in questo caso meglio non avvicinarsi troppo visto il loro potere urticante.

Micol Brusaferro

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 11 giugno 2020

 

 

Il Magazzino 26 riapre i cantieri per il super polo della cultura
Appaltati lavori per oltre tre milioni per preparare gli spazi a Immaginario, masserizie degli esuli e Museo del mare
Un doppio cantiere all'interno del Magazzino 26. L'edificio contenitore del Porto vecchio, uno dei più grandi magazzini emporiali d'Europa (42 mila metri quadrati), si prepara a ospitare l'Immaginario scientifico (in arrivo da Grignano), le collezioni del vecchio Museo del mare di Campo Marzio e le masserizie degli esuli depositate al Magazzino 18 (attese per fine anno). Si tratta di altri tre tasselli che si aggiungono al puzzle del Magazzino 26 (che ospita già la mostra permanente "Lloyd depositi a vista", la mostra sulla pesca, il visitor center e la sala Lelio Luttazzi) in attesa della realizzazione, nella parte a Sud, proprio del nuovo Museo del mare, firmato dall'archistar di Siviglia Guillermo Vazques Consuegra «Abbiamo dato avvio in questi giorni ai primi due cantieri della durata di tre mesi. Uno da due milioni di euro dedicato all'Immaginario scientifico e uno da un milione per il Museo del mare e le masserizie degli esuli», spiega l'assessore ai Lavori pubblici Elisa Lodi: «È un altro tassello nella riqualificazione del Porto vecchio che si aggiunge al progetto più importante, che vedrà la luce nei prossimi anni. Stiamo, infatti, già lavorando alla progettazione esecutiva del nuovo Museo del mare che verrà realizzato sempre al Magazzino 26. Si tratta di un'opera dal grande impatto internazionale ed economico: 33 milioni di euro. Una delle opere più grosse dell'attuale amministrazione».Il primo cantiere all'intero del Magazzino 26, appaltato all'impresa Di Betta di Udine, finanziato con due milioni e 105 mila euro dalla Regione, vedrà quindi la realizzazione dei locali al piano rialzato e al primo piano del Magazzino 26 destinati alla nuova sede dell'Immaginario scientifico, attualmente ospitato a Grignano. I lavori, iniziati lo scorso 21 maggio, si articolano in due fasi: la prima, della durata di tre mesi, permetterà all'Immaginario di partecipare a Esof 2020 slittato da luglio a settembre (a causa dell'emergenza Covid); la seconda, di sei mesi, porterà al completamento del trasferimento dell'importante istituzione di divulgazione scientifica. Il secondo intervento all'interno del Magazzino 26, appaltato all'Ati triestina Balsamini Impianti e Innocente & Stipanovich, finanziato con un milione dal Comune di Trieste, prevede il recupero dei due piani soprastanti: il secondo piano ospiterà le masserizie degli esuli oggi presenti al Magazzino 18, mentre l'attuale Museo del mare di Campo Marzio (chiuso da oltre un anno) verrà relegato al terzo piano. I lavori, iniziati lunedì scorso, comprendono tutte le opere impiantistiche di climatizzazione e gli impianti elettrici e antincendio oltre alle finiture interne. «Abbiamo già la mostra del Lloyd Triestino e l'infopoint turistico ora chiuso per l'emergenza coronavirus. Il Magazzino 26, assieme al nuovo Centro congressi, sarà il punto di partenza per la trasformazione del Porto vecchio. Un'operazione che avviene attraverso un investimento di 70 milioni di soldi pubblici E non avrebbe potuto essere altrimenti», rileva Giorgio Rossi, l'assessore alla Cultura.«Con il trasloco delle collezioni di Campo Marzio creiamo una specie di museo intermedio collocato al terzo piano per arrivare poi al nuovo grande Museo del mare», osserva Laura Carlini Fanfogna, la direttrice dei Civici musei. Un passo di avvicinamento al «grande attrattore culturale transfrontaliero», come la chiama con una certa enfasi l'assessore Rossi', che da solo vale almeno 200 mila visitatori all'anno.

Fabio Dorigo

 

L'hangar da 180 mila metri cubi in grado di contenere di tutto
Fu costruito tra 1891 e 1894 dalla Geiringer Vallon & C, la società che a Trieste realizzò anche il palazzo delle Generali e la tramvia di Opicina
Il Magazzino 26 è il più grande edificio del Porto vecchio. Con la sua architettura imponente ne rappresenta il simbolo. È largo 35 metri e lungo 250: sviluppa i suoi 180 mila metri cubi su cinque livelli: un piano seminterrato, un pianterreno rialzato e tre piani soprastanti, ciascuno di circa 8.500 metri quadrati per complessivi 42.500 metri quadrati. Con queste dimensioni è chiaro che il Magazzino può contenere di tutto. È ubicato parallelamente rispetto al Bacino I e in seconda fila dietro ai magazzini 24 e 25. Il Magazzino 26 fa parte di un lotto di edifici costruiti fra il 1891 e il 1894 dalla Geiringer Vallon & C. dell'ingegnere triestino Eugenio Geiringer, che ha progetto tra gli altri lo storico palazzo delle Assicurazioni Generali e la tramvia di Opicina. Il progetto del Magazzino 26 richiama i caratteri stilistici neogotici e neoromanici dei magazzini della Speichestadt e della Kesselhaus di Brema. L'edificio, caratterizzato dalle balconate coperte con strutture in ghisa, appare nel complesso rigoroso, austero e solenne. È uno dei pochi magazzini storici del Porto vecchio a essere stato oggetto di un restauro conservativo. Le parti esterne vennero risistemate nell'ambito del progetto "Porto città" poi naufragato. Nell'occasione è stato anche effettuato un intervento limitato di adeguamento funzionale, con la ristrutturazione completa relativa alla testata Nord dell'edificio e la realizzazione di una sala conferenze e di alcuni ambienti espositivi.I lavori sono stati ultimati il 24 ottobre 2008 e il collaudo è stato rilasciato il 21 febbraio 2011. Così il Magazzino 26 ha potuto ospitare la sede della "Biennale Diffusa"di Vittorio Sgarbi in occasione della Biennale di Venezia del 2011.

Fa.Do.

 

 

Via Trento, la nuova segnaletica annuncia le pedonalizzazioni
Automobilisti "traditi" in queste ore dai divieti appena installati tra via Machiavelli e via Valdirivo: in realtà la chiusura al traffico scatterà soltanto nei prossimi giorni
Scatta la pedonalizzazione di una parte di via Trento. È imminente infatti la chiusura al traffico di due isolati dell'arteria del Borgo Teresiano, destinata a diventare una nuova area dedicata al passeggio e, si può presumere, alla movida. Sono stati appena installati i nuovi segnali che indicano come il tratto tra via Machiavelli e via Torrebianca e quello tra la stessa via Torrebianca e via Valdirivo diventino di pertinenza esclusiva dei pedoni, con le uniche eccezioni per i mezzi di emergenza e i residenti, gli unici che potranno continuare ad usufruire del passaggio a quattro ruote. Momenti di confusione, pertanto, si stanno vivendo in queste ore di "rivoluzione" annunciata. È successo soprattutto nella mattinata di ieri, quando alcuni automobilisti, abituati a cercare parcheggio nel groviglio di vie del Borgo Teresiano per andare al lavoro in zona, si sono trovati la strada formalmente impraticabile a causa della nuova segnaletica. Un'impasse superata ben presto una volta appurato che, anche se ancora per poco, la situazione è in realtà ancora uguale a quella dei giorni scorsi. Il divieto di transito sarà effettivo a giorni. L'intervento riguardante questa parte di via Trento era stato annunciato già nello scorso autunno, con il via ai lavori per il nuovo selciato che dovevano partire tra gennaio e febbraio. Poi il rinvio, legato inizialmente alla decisione della giunta di prolungare in via Trento l'edizione 2020 di Piazza Europa, in modo da rendere immediatamente viva l'area. L'evento si sarebbe dovuto tenere alla fine di aprile e il processo di pedonalizzazione era stato spostato appunto per evitare che l'arteria si trovasse nel pieno dei lavori proprio nel clou della manifestazione fieristica. Poi l'arrivo della pandemia, che ha costretto al rinvio a data da destinarsi l'avvio dell'intervento, con le imprese di costruzioni costrette a rifare il piano della sicurezza per i propri lavoratori che avrebbero dovuto operare nei cantieri. Ora, di fatto, le pedonalizzazioni diventano realtà prima ancora dello svolgimento del cantiere stesso. La trasformazione della via a uso esclusivo dei pedoni aveva fin da subito trovato la piena soddisfazione di commercianti ed esercenti della zona, che attendono la pedonalizzazione di via Trento per poter poi ottimizzare e rilanciare da par loro l'intera area. «L'obiettivo della giunta, con la chiusura al traffico di parte di via Trento, è chiaramente la valorizzazione del Borgo Teresiano in chiave turistica - il commento dell'assessore all'Urbanistica Luisa Polli - attraverso la creazione di una sorta di centro allargato rispetto a quello "classico" qual è l'area attorno a piazza Unità, che con la "nuova" via Trento arriverà fino alla rinnovata piazza Libertà. In attesa della ripavimentazione vera e propria abbiamo deciso di optare per una soluzione emergenziale e alternativa, vale a dire procedere alla chiusura definitiva al traffico di parte della via in modo da poter valorizzare il prima possibile il tratto di percorso che va dal Canale a via Ghega e le vie attigue».

Lorenzo Degrassi

 

Ed è imminente anche il ritorno del passaggio sotto il "palazzo rosso" - il cantiere targato Generali

Aria nuova attorno al Canal Grande. Sta per essere riaperto, infatti, il tratto di via Rossini sotto il "palazzo rosso" delle Generali: un'operazione che libererà di conseguenza alla circolazione pedonale un tratto di strada importante per l'area attorno a via Trento e lungo il canale stesso. Motivo della riapertura: l'ultimazione dei lavori all'interno dell'edificio di proprietà delle Generali, progettato negli anni Venti da Arduino Berlam e oggetto di un profondo restauro iniziato nel 2015. Una volta inaugurato, lo scorso ottobre, mancava ancora la conclusione di alcuni lavori di contorno rispetto all'edificio, per lo svolgimento dei quali l'azienda affidataria dei lavori aveva utilizzato proprio lo spazio fra il canale e l'immobile, sede del Leone, per crearvi una sorta di cantiere di "servizio". Finiti tali lavori, la stessa azienda ha dovuto provvedere alla ripavimentazione della via, per renderla uniforme al resto del percorso che dalle Rive risale il canale fino a Ponterosso. «Quando l'amministrazione comunale aveva riqualificato le vie attorno a Ponterosso - fanno sapere dal Comune - fra il 2017 e il 2018 il tratto a fianco del "palazzo rosso" non era stato toccato perché all'epoca fervevano i lavori di rinnovamento dello stesso». Allora le Generali si erano impegnate a uniformare la pavimentazione mancante una volta concluso per l'appunto il cantiere dedicato al restauro dello storico edificio. Il tutto per evitare un doppio lavoro, scongiurando in tal modo costi eccessivamente onerosi. Entro pochi giorni, quindi, diverrà realtà l'apertura di quel tratto di strada, che permetterà ai pedoni di evitare un tedioso allungamento del percorso per chi proviene ad esempio da corso Cavour e si vuole dirigere verso Sant'Antonio Nuovo, con un doppio attraversamento del canale. La riapertura del tratto in questione arriva con qualche mese di ritardo a causa, anche in questo caso, come per via Trento, del blocco dei lavori in epoca di quarantena. Completata la pavimentazione, dunque, l'impresa incaricata sta portando avanti rapidamente il laborioso smantellamento del cantiere. Per consentire di ultimarlo appunto in tempi brevi, nei giorni scorsi è arrivata anche dall'Autorità Portuale l'autorizzazione allo scarico del materiale attraverso il canale.

lo.de.

 

Più bici, meno auto: impegno bipartisan per la mobilità
Il Consiglio comunale di Muggia ha approvato all'unanimità la mozione, presentata dal consigliere del Gruppo misto Marco Finocchiaro, sulle azioni da svolgere per realizzare un piano emergenziale della mobilità urbana post-Covid. Per Finocchiaro «le misure imposte dalle autorità sul distanziamento sociale imporranno scelte sulla mobilità sostenibile improcrastinabili e urgenti per la ripresa delle attività produttive, ma soprattutto per la riapertura delle scuole a settembre». Questi gli interventi, a basso costo, che, come recita la mozione, potrebbero essere attuati mutuando, come esempio, quanto realizzato nella vicina Isola d'Istria: "zone 30" per la condivisione degli spazi stradali, corsie riservate alle biciclette in carreggiata riducendo quelle utilizzate dagli autoveicoli, sensi unici che consentano il riutilizzo di metà carreggiata a favore della realizzazione di piste ciclopedonali in carreggiata, allargamento dei percorsi pedonali, delle zone pedonali e delle Ztl, nuovi parcheggi su aree non utilizzate per autoveicoli semistanziali e una zona di intermodalità con i mezzi pubblici.

(lu.pu.)

 

 

Tolto il contenitore del verde "scambiato" per una discarica
Rimossa dal Comune di Muggia la benna di Darsella San Bartolomeo dedicata alle ramaglie: dentro e fuori era diventata un ricettacolo di rifiuti di ogni genere
MUGGIA. La benna per la raccolta del verde collocata nel 2018 in località Darsella di San Bartolomeo è stata rimossa. Il contenitore, nel corso degli anni, era diventato infatti un ricettacolo di rifiuti di ogni tipo a causa dell'abitudine, incivile e assolutamente deprecabile di alcuni cittadini, di scaricare lì ogni sorta d'immondizia: al suo interno ma soprattutto a cornice della benna stessa, venivano abbandonati, nella migliore delle situazioni, sacchetti di rifiuti indifferenziati, cartoni, inerti come mattonelle e ceramiche, materiali ferrosi, ma anche mobili usati, divani sfondati, tv e elettrodomestici. Insomma: tutti quei rifiuti che, è bene ricordarlo, possono essere conferiti gratuitamente nella piazzola ecologica comunale o che, altrettanto gratuitamente, possono essere ritirati a domicilio (servizio che, invece, in alcuni altri comuni è a pagamento, a volte nella sua totalità e a volte dopo aver superato un esiguo numero annuo di ritiri). Ma ciò che ha fatto sì che la decisione di rumuovere la benna, già nell'aria, fosse ormai improcastinabile è stato il ritrovamento, lo scorso 16 maggio, di due bombole di gas, con tanto di intervento dei Vigili del fuoco per la loro messa in sicurezza temporanea e per permettere alla ditta incaricata dal Comune, la Italspurghi Ecologia di San Dorligo della Valle, il recupero, il trasporto e lo smaltimento delle due bombole. Intervento, questo, che è venuto a costare 732 euro. A carico della collettività. La benna di Darsella San Bartolomeo pochi mesi fa era stata oggetto di un intervento operato sempre dai Vigili del fuoco a causa di un incendio sviluppatosi al suo interno e che aveva coinvolto anche i rifiuti abbandonati intorno. «L'abbandono di materiale infiammabile e potenzialmente esplosivo, all'interno peraltro di una benna preposta al conferimento del verde, è un gesto scellerato che mette in pericolo tutti coloro che vivono nella zona prossima al contenitore di raccolta», stigmatizza il sindaco di Muggia Laura Marzi: «Non si parla più, pertanto, solo di inciviltà, ma anche purtroppo di criminalità. Siamo ben consapevoli delle necessità degli utenti per quel che riguarda il conferimento di verde e ramaglie, ma dovendo agire in via prioritaria a tutela della sicurezza dei cittadini è stato assolutamente necessario intervenire con la rimozione della benna di Darsella di San Bartolomeo». Intanto ai residenti è stata confermata la possibilità di usufruire del servizio di ritiro a casa del verde, e in alternativa del conferimento nella piazzola ecologica di Vignano o in altre benne del territorio. Contenitori che tra aprile e maggio del 2018, oltre a quello appena rimosso, erano stati collocati nelle vicinanze della chiesa di Santa Barbara, nel piazzale antistante lo stadio "Zaccaria", a Zaule, nelle vicinanze della "stazione acquedotto" e nel parcheggio ex Enel di via XXV aprile.

Luigi Putignano

 

Cessa l'incubo Pecol dei Lupi - Discarica verso la soppressione
Tavella (Isambiente) difende la scelta di colmare lo spazio residuo con nuovi rifiuti «Progetto portato avanti con buon senso». Previsti controlli periodici dell'Arpa
«Il nostro è un progetto portato avanti cum grano salis. Con tempi di attuazione certi e con la massima attenzione per la tutela dell'ambiente e della salute».Giulio Tavella, amministratore unico di Isontina Ambiente, illustra gli ultimi sviluppi che porteranno alla soppressione della discarica cormonese di Pecol dei Lupi, un incubo autentico in tutti questi anni. «Nel marzo scorso, la Giunta regionale ha concesso a titolo gratuito a Isa l'utilizzo della discarica. Il tutto è finalizzato a garantire il ripristino e la sicurezza ambientale dell'area, mediante l'attuazione della procedura di chiusura e di gestione post-operativa della discarica stessa, per un periodo di 30 anni con decorrenza dalla data di sottoscrizione della concessione sopra citata. A febbraio 2020 - scandisce Tavella - l'assemblea dei soci di Isontina Ambiente ha approvato all'unanimità il progetto di ripristino presentato dalla nostra società. Tecnicamente va chiarito che Pecol dei Lupi si sviluppa su tre lotti: il lotto 0 ormai esaurito e chiuso, il lotto 1 (ormai pieno ma non ancora "baulato") e il lotto 2 con uno spazio ancora da colmare quantificabile in circa 47.000 metri cubi. Il progetto prevede, appunto, di colmare il volume residuo per giungere alla baulatura definitiva dei lotti 1 e 2 con rifiuto secco residuo prodotto dal territorio di riferimento di Isontina Ambiente mantenendo in situ i rifiuti già presenti in sopraelevazione sul lotto 1».Ci sono vari punti a favore del progetto. A elencarli lo stesso Tavella: rapidità e tempi certi nelle operazioni di riempimento necessarie alla baulatura definitiva (massimo 18 mesi dalla concessione dell'Aia); eliminazione del rischio di possibili impatti derivanti dalla diffusione di polveri e odori durante le operazioni di movimentazione e ricollocazione dei rifiuti già messi a dimora. «Questo è un aspetto fondamentale: i 47000 metri cubi potrebbero diventare 32.000 circa se venissero utilizzati i circa 15.000 di rifiuto della cosiddetta "cima Brandolin", una sopraelevazione autorizzata a suo tempo dalla Provincia che ha modificato, rialzandolo, il profilo superiore del lotto. Ebbene: smantellare e spostare tale sopraelevazione renderebbe incerti i tempi dei lavori di chiusura».C'è, poi, l'implementazione, nella nuova configurazione del profilo finale, di una copertura (baulatura) più performante di quella del progetto originario, comprensiva di uno strato che garantisce maggiore impermeabilità alla protezione.

Francesco Fain

 

 

Val Rosandra, 30 giorni per i "reclami" al piano - la procedura urbanistica

SAN DORLIGO DELLA VALLE. È iniziato ieri, con il deposito nella Segreteria comunale di San Dorligo della Valle della delibera di adozione del Consiglio comunale e dei relativi elaborati, il periodo di 30 giorni entro i quali gli interessati potranno presentare osservazioni sul Piano di Conservazione e sviluppo della Riserva naturale regionale della Val Rosandra. Nella più recente seduta del Consiglio, svoltasi online causa l'emergenza sanitaria, è stato infatti approvato questo fondamentale documento che riguarda il futuro della Val Rosandra.La legge regionale numero 42 del 1996 stabilisce in proposito che gli atti di questa natura siano obbligatoriamente depositati nella Segreteria generale del Comune e che di tale deposito sia data notizia sul Bollettino della Regione, in modo che chiunque possa prenderne visione ed eventualmente presentare osservazioni, rispettando però il termine di 30 giorni. In sostanza, gli interessati avranno tempo fino al 10 luglio. Gli elaborati sono disponibili anche sul sito internet dell'ente. Chi invece preferisse recarsi di persona alla Segreteria comunale è invitato a telefonare preventivamente al numero 040 8329231, oppure a scrivere all'indirizzo mail mojca.svab@sandorligo-dolina.it. E sempre entro il 10 luglio, i proprietari degli immobili vincolati dal Piano di conservazione e sviluppo potranno far pervenire eventuali opposizioni ad hoc.

u.sa.

 

 

CIO' CHE NON VA - Danno ecologico in Costiera, anche stavolta controlli tardivi

Ennesimo scempio ecologico in Costiera come successo solo pochi anni fa quando era stata costruita un'ampia strada, senza permessi, deturpando il paesaggio, con la scusa delle difficoltà motorie dell'intestataria della proprietà. Anche stavolta le verifiche sono state effettuate quando ormai il danno è compiuto pur essendo stato evidente l'impatto dei lavori a chiunque avesse percorso la Costiera da qualche mese. Arriverà il prossimo condono a sanare la furbizia dei costruttori? Segnalo anche come il Comune renda impossibile l'accesso agli atti in questi casi, non permettendo la funzione civica di controllo ai cittadini. Leggo anche come siano previste nuove costruzioni a Barcola, dove si aprono nuovi fronti franosi ogni anno e le responsabilità del Piano regolatore si scaricano di amministrazione in amministrazione.

Sergio Palmisano

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 10 giugno 2020

 

 

Tredici sì in aula: così passa il piano per le nuove palazzine di Barcola
«Atto dovuto» approvato tra non partecipazioni al voto e astensioni, in maggioranza e all'opposizione
È passato con un pugno di voti, per l'esattezza 13, il Piano attuativo comunale di iniziativa privata (Pac) per la costruzione di un nuovo insediamento abitativo a Barcola. Se ieri il via libera del Municipio al progetto è stato un «atto dovuto», la maggior parte dei consiglieri ha tuttavia manifestato simbolicamente la propria perplessità, non partecipando al voto (è il caso di tutti i Cinque Stelle nonché dei forzisti Michele Babuder, Guido Apollonio e Andrea Cavazzini) oppure astenendosi: così hanno agito la Lista civica Dipiazza, Italia Viva, Pd, Cittadini, Open, Progetto Fvg nonché il capogruppo azzurro Alberto Polacco. L'aula ha in questo modo dato l'ok definitivo alla possibilità di costruire due palazzine, per un totale di 10 unità abitative, in quell'area verde nei pressi della Salita di Miramare che si trova dietro l'Old Wild West. Così facendo ha dato seguito alle previsioni del Piano regolatore vigente, che risale al 2015, sotto la giunta Cosolini: per questo, se ieri il Pac non fosse stato approvato, i soggetti attuatori avrebbero avuto la possibilità di adire in giudizio nei confronti dello stesso Consiglio comunale. Il progetto definitivo prevede l'accoglimento parziale delle osservazioni presentate a partire dal 2019 dal comitato di residenti "Barcolaverde" nonché da alcuni consiglieri, in primis Babuder e il pentastellato Paolo Menis. I proprietari si sono infatti impegnati a realizzare anche alcune opere di rilevanza pubblica, nella stessa zona, tra cui un parcheggio accessibile alla cittadinanza e la ripiantumazione di vegetazione autoctona. «Un atto dovuto da parte del Consiglio - ha commentato l'assessore a Urbanistica e Territorio, Luisa Polli -. L'atto discrezionale è infatti avvenuto nel 2015. Mai io avrei aggiunto zone C di espansione, ovvero nuove edificazioni, in una città come Trieste: andrebbe valorizzato il patrimonio architettonico esistente. Tuttavia dura lex sed lex». La dem Laura Famulari ha puntualizzato: «Nel 2015 nemmeno noi avevamo la bacchetta della retroattività, proprio come ora l'assessore. Questo il quadro in cui è avvenuta la nostra scelta». Ma Everest Bertoli (Lega) le ha risposto: «Nel 2015 gli emendamenti per eliminare le zone C, presentati da me e altri all'opposizione, furono bocciati. Chi votò quel piano si assuma la responsabilità delle sue scelte». «All'epoca sono mancati coraggio e volontà politica - gli ha fatto eco Menis -. Se non si interviene quando si fa il Piano regolatore, allora quando?». Così Babuder: «Se alcuni non si fossero impegnati a far passare questo atto per il Consiglio, ci sarebbero state forse meno possibilità di dare attenzione alle osservazioni dei residenti. Bene dunque che ci sia stato un confronto diretto con i proponenti, ma fatico a ritenere che sia un intervento migliorativo».

Lilli Goriup

 

 

Il metano e il rigassificatore fa gola agli ungheresi di Mvm
Veglia. Affondo ungherese nella corsa all'acquisto del metano commercializzato dal rigassificatore offshore di Castelmuschio (Omisalj), nell' isola di Veglia. L'azienda statale Lng Hrvatska (gestisce il progetto vegliota) ha annunciato che che la Mfgk Croatia, di proprietà del distributore magiaro di gas ed elettricità Mvm, ha rilevato per il periodo di sette anni ben 6 miliardi e 750 milioni di metri cubi di gas, operazione che ha così dissipato ogni nube sulla futura attività dell'impianto isolano, il quale dovrebbe entrare in funzione tra circa 6 mesi. Da quanto annunciato da Lng Hrvatska, gli ungheresi hanno acquistato 666 milioni di metri cubi per lo spazio di tempo che va dal primo gennaio di quest'anno al prossimo 30 settembre, mentre fino al 2026 la quota annuale riservata all'Mvm sarà di 1 miliardo e 14 milioni di metri cubi. I conti sono presto fatti: grazie alla quota triennale acquistata in precedenza dalle croate Ina e azienda elettrica croata (mezzo miliardo di metri cubi) e dall'ungherese Met Croatia Energy trade (un identico quantitativo), la struttura galleggiante si è vista assorbire 2 miliardi dei 2 miliardi e 600 milioni di metri cubi che riuscirà a movimentare annualmente. Come detto, il futuro del rigassificatore nordadriatico è ora sicuramente più roseo dopo i dubbi e timori espressi gli anni scorsi da Lng Hrvatska e dal governo croato a causa del mancato interesse verso l'impianto metanifero. L'acquisto di almeno 2 miliardi di metri cubi l'anno ha definitivamente cancellato l' ipotesi del pagamento del cosiddetto indennizzo Sos.Parliamo della penale per la sicurezza dell' approvvigionamento, prevista in caso di acquisto annuale di metano dal terminal vegliota non superiore al miliardo e 100 milioni di metri cubi. La penale sarebbe stata così versata da tutti i consumatori di gasi in Croazia, in base al provvedimento varato dal Parlamento croato, il Sabor, nel luglio di due anni fa. L' 1,1 miliardi di metri cubi, secondo gli esperti, è il livello minimo di redditività per il rigassificatore di Castelmuschio. É stato calcolato che i costi di esercizio toccheranno in un anno in media i 13 milioni di euro, mentre per la produzione inferiore al citato miliardo e 100 milioni porterebbe ad un passivo annuale valutato intorno ai 6 milioni di euro.

a.m.

 

 

Bagnaria Arsa - Una lupa s'aggira nella Bassa - Avvistata da quattro persone
BAGNARIA ARSA. È stata segnalata, nei giorni scorsi, la presenza di un animale di grossa taglia, probabilmente un lupo, nel territorio di Bagnaria Arsa. Quattro gli avvistamenti raccolti dal sindaco Cristiano Tiussi che, dopo le opportune verifiche, ha informato le autorità competenti. «Ho parlato - spiega - con tre dei quattro concittadini che hanno avvistato l'animale venerdì. Sulla base delle loro indicazioni, il Comune ha fatto sabato una segnalazione alla stazione forestale di Cervignano e domenica ha inoltrato una pec alla Direzione centrale risorse agroalimentari forestali e ittiche della Regione e al Servizio Foreste e corpo forestale». Gli avvistamenti sono avvenuti, tutti nella giornata di venerdì, tra le 12.30 e le 16, in via Roma a Sevegliano, in via Valussi e nella campagna all'altezza di via Palmanova a Bagnaria Arsa e al confine con Cervignano. Le foto scattate e un'orma ritrovata nell'area di avvistamento hanno fatto pensare che possa effettivamente trattarsi di un lupo, forse una femmina, «anche se - precisa il responsabile dell'Osservatorio di Biodiversità regionale, Umberto Fattori - l'assoluta certezza al momento non c'è. Potrebbe infatti trattarsi, ad esempio, anche di un cane lupo cecoslovacco che presenta caratteristiche morfologiche simili. Solo l'analisi di reperti biologici potrebbe confermare che l'esemplare avvistato sia realmente un lupo».Spiega ancora Fattori che la presenza del lupo in Regione risale almeno al 2013 ed è assodato che possa trovarsi anche in contesti di pianura. Quella del lupo è una specie territoriale e un branco (4-6 individui) presidia un territorio di circa 250 chilometri quadrati. I giovani esemplari devono spostarsi alla ricerca di un nuovo territorio. «Non sappiamo - conclude - se l'esemplare avvistato sia insediato sul territorio o sia un giovane in dispersione». Quanto alla pericolosità del lupo, Fattori rimarca che, contrariamente alla sua fama nelle favole, non è un animale aggressivo e, negli ultimi cent'anni, nel contesto occidentale, non si hanno notizie di aggressioni all'uomo. Tuttavia è bene che l'uomo non gli si avvicini, non gli dia da mangiare, non lo disturbi. Il cibo prediletto dal lupo è il cinghiale, ma si adatta anche ad altri animali, compresi gli animali allevati. «Tuttavia - conclude Fattori - se questi sono ben custoditi e si prendono alcune precauzioni (per le quali ci sono anche appositi finanziamenti regionali) non si ravvisano, in genere, particolari problematiche».

Monica Del Mondo

 

 

Trieste Solidale - Il ruolo degli alberi nella storia e nella vita in sette conferenze
L'albero, silenzioso amico dell'uomo, è protagonista del progetto "Lignum Amicus" ideato e realizzato da Trieste Solidale. In collaborazione con il Seminario Vescovile e Civibank vedrà, tra la fine di giugno e settembre, sette conferenze. Saranno tutte alle 17, al chiostro del Seminario, in via Besenghi, a ingresso gratuito su prenotazione sino a esaurimento posti (3488042240 - triestesolidale@gmail.com). «Trieste - sottolinea Fabio Avanzini, presidente di Trieste Solidale - è la sesta città d'Italia per il rapporto tra il numero di abitanti e il patrimonio arboreo, con 3 Parchi, 45 giardini e 200mila alberi. La finalità del progetto è far conoscere il contributo del patrimonio verde alla qualità della vita e contribuire a educare la cittadinanza alla sostenibilità ambientale». La prima conferenza, "L'albero nella Bibbia", si terrà il 25 giugno, a cura di Monsignor Ettore Malnati, Vicario episcopale per il laicato e la cultura della Diocesi di Trieste. Il 3 luglio il tema sarà "L'albero nella storia delle religioni" con Don Samuele Cecotti, direttore della Biblioteca del Seminario. Il 10 luglio vedrà al centro "L'utilità dell'albero urbano", con Francesco Panepinto, responsabile dell'Unità tecnica alberature e parchi del Servizio strade e verde pubblico del Comune di Trieste. Il 17 luglio sarà la volta di "Come curare l'albero in maniera naturale" con l'agronoma Maria Carlino. Il 4 settembre il botanico Elvio Toselli parlerà de "La natura segreta degli alberi e i benefici per l'uomo", mentre l'11 settembre l'erborista e farmacista Giuliano Ponis della "Pelle dell'albero: utilizzi della corteccia". Il 18 settembre, con la pittrice Carolina Franza, il tema sarà "L'albero nella visione artistica". E, proprio nell'ottica interdisciplinare, nell'atrio della Camera di Commercio, il 20 novembre, alle 17, verrà inaugurata la mostra "Lignum Amicus: arte a Trieste". Esporranno Luisa De Santi, Carolina Franza, Giuliana Griselli, Monica Korchmayr, Lucia Krasovec, Maria Pia Mucci, Anna Negrelli, Marta Potenzieri Reale e Paola Sbisa.

Annalisa Perini

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 9 giugno 2020

 

 

Strada e muretti abusivi sotto la Costiera - Per il giudice le prove sono "schiaccianti"
Il gip sposa la tesi del pm e ritiene la convalida del sequestro, da lui firmata, l'unico modo per fermare l'illecito ambientale
"Vi è prova certa dei fatti di reato". Lo scrive il gip Giorgio Nicoli nell'atto di convalida del sequestro disposto sul terreno che circonda la villa in Costiera su cui sono scattate le indagini per abuso edilizio. Si tratta della villa al civico 196, la "ex Ostuni", che si trova nei pressi del ristorante "Tenda rossa". È una casa in riva al mare con annesso porticciolo, ora di proprietà della cinquantacinquenne russa Galina Lazareva. Sul caso sta indagando il pm Federico Frezza.La Polizia locale ha accertato che la strada di collegamento tra la Costiera e l'abitazione è stata costruita durante i lavori di ristrutturazione della villa e del porticciolo, ma senza alcuna autorizzazione: è un percorso in sterrato largo circa 4,5 metri, a tornanti, che scende verso la spiaggia. Stesso discorso per i dieci muri di contenimento eretti ai lati: hanno lunghezze che variano dai sette ai 43 metri, con un'altezza da 1,70 a 4,20 metri. Pure questi sarebbero stati edificati senza i permessi necessari. L'area, vista la sua bellezza e la sua posizione, è sottoposta a rigidi vincoli paesaggistici. Gli inquirenti sono convinti che l'opera rappresenti un vero e proprio accesso all'abitazione in riva al mare e non un semplice "passaggio provvisorio" per il cantiere. Per costruire i muri e la stradina è stata abbattuta la vegetazione e asportato il terreno. Un vero e proprio deturpamento: è questa l'accusa mossa dal pm Frezza. Una contestazione che il gip Nicoli ha accolto. Il giudice, nel documento di convalida, ritiene infatti che sussistano elementi indiziari validi. "Vi è prova certa dei fatti di reato", annota il giudice, evidenziando come soltanto il sequestro preventivo possa fermare l'illecito in corso. Il giudice ha decretato anche il divieto di accesso all'intera area. Il pm Frezza ha iscritto nel registro degli indagati sette persone. Oltre a Lazareva, proprietaria dell'immobile e committente dell'opera, figura il titolare della ditta esecutrice dei lavori, il trentasettenne Faruk Kormakoski, residente a Trieste. Così il direttore dei lavori, il cinquantottenne triestino Alessandro Zerbo. E, ancora, la cinquantunenne russa Elena Nikiforova, legale rappresentante della società "Avolare srl", delegata dal committente, nonché il sessantacinquenne Giuseppe D'Ambra, socio della ditta e incaricato dei lavori. Nell'inchiesta risulta coinvolto anche il trentanovenne Pietro Micucci, residente a Trieste, titolare dell'impresa "Pef costruzioni", esecutrice della strada sterrata. E, infine, c'è il quarantasettenne triestino Guido Prizzon, titolare dell'omonima società, anch'essa esecutrice della strada. «Il percorso sterrato che abbiamo costruito è funzionale al cantiere della villa. Altrimenti l'unico accesso possibile per il trasporto del materiale, necessario ai lavori nell'abitazione e nel porticciolo, è il mare», afferma D'Ambra. «È una strada cantierabile - aggiunge - che serve a terminare i lavori in corso. Il trasporto dei materiali via mare costa molto. Quando sarà concluso l'intervento di ristrutturazione rimuoveremo tutto». Ma sarà possibile ripristinare l'ambiente e il paesaggio così come si presentava in precedenza? «Pianteremo ulivi e renderemo il terreno agricolo», ribatte D'Ambra: «Ci saranno centinaia di essenze arboree così come si vedevano decenni fa». L'imprenditore precisa che i percorsi cantierabili «sono previsti da una normativa regionale», sottolinea: «Ci risulta strano che, nonostante la legge lo consenta, l'area sia stata sequestrata. Non è una strada di collegamento alla villa, ripeto, questo lo smentiamo categoricamente. Ma serve a concludere i lavori che sono in corso»

Gianpaolo Sarti

 

Palazzine della discordia a Barcola verso il via libera definitivo in aula
Il progetto residenziale dietro l'Old Wild West otterrà oggi l'ok nonostante le proteste dei residenti
La discussa costruzione di un nuovo insediamento abitativo nell'area verde della salita di Miramare, va verso l'ok definitivo dell'aula. Dopo essere passato la scorsa settimana in Sesta commissione, il Piano attuativo comunale di iniziativa privata (Pac) oggi approda infatti in Consiglio. Stiamo parlando di quella fetta di territorio alle spalle dell'Old Wild West, tra lungomare e ciglione carsico, dove in futuro potrebbero sorgere due palazzine residenziali. La possibilità di costruirvi risale al 2015, in virtù del Piano regolatore generale approvato durante l'allora giunta Cosolini. Quando l'aula ha poi adottato il Pac, nel novembre 2019, i consiglieri comunali Michele Babuder (Fi) e Paolo Menis (M5s) si sono opposti al progetto. Lo stesso hanno fatto i residenti della zona, fondando il comitato "Barcolaverde" e presentando all'attuale amministrazione diverse osservazioni. Osservazioni che sono state parzialmente accolte: «La principale novità è che le unità abitative scenderanno da 12 a 10 - afferma Luisa Polli, assessore comunale a Urbanistica e Ambiente -. Il 50 % dei tetti sarà a verde e saranno realizzati giardini sospesi. È prevista inoltre la ripiantumazione di vegetazione autoctona (una tamerice e tre arbusti di ibisco, ndr), al posto di quella invasiva». E non finisce qui: «Il parcheggio esterno (dalla capacità di 12 posti auto, ndr) sarà pubblico, sempre con elementi verdi e pavimentazioni in materiale drenante». I soggetti attuatori si sono in sostanza impegnati a realizzare a proprio carico opere di urbanizzazione di pubblica rilevanza: ci sarà pure un allargamento stradale in località Salita di Miramare, all'altezza della curva all'inizio della strada privata, che a sua volta dovrà essere costeggiata da un collegamento pedonale. Spiega ancora Polli: «Il territorio di Trieste mi pare sufficientemente urbanizzato: io forse non avrei aggiunto ulteriori zone C di espansione per nuove edificazioni. All'epoca c'era però un contenzioso aperto tra privati, una situazione particolare: non dubito che l'amministrazione Cosolini abbia fatto un ragionamento». Adesso si potrebbe tornare indietro? «Nel 2015 i residenti non hanno presentato opposizione al Piano regolatore - prosegue l'assessore -. Una volta approvato, per modificarlo servirebbero una variante con costi a carico del Comune e un iter di anni. In questo momento l'approvazione del Pac è un atto dovuto da parte del Consiglio: in difetto i proponenti potrebbero adire in giudizio nei confronti dell'aula, in quanto il loro diritto deriva dai contenuti del vigente Piano regolatore. I proponenti peraltro che si sono dimostrati ben disponibili a venire incontro alle sensibilità ambientali». «Approvando il Piano regolatore, nel 2015, ci siamo trovati in una situazione analoga - precisa la consigliera Pd Laura Famulari -. Anche noi, per scelte pregresse della variante 66, abbiamo dovuto ratificare piccole aree di completamento dell'edificato, in tutto una decina. Abbiamo ridimensionato ciò che si poteva, tutelando zone prima suscettibili di edificazione». «Apprezzo che il confronto con i residenti abbia portato all'accoglimento di alcune osservazioni - commenta Babuder - che diverranno prescrizioni volte a limitare l'impatto ambientale. Ma si tratta pur sempre di nuova edificazione, che fatico a vedere come migliorativa». Il pentastellato Menis fa eco al forzista: «Bene che si siano recepite alcune osservazioni, ma l'impatto sul verde rimane, così come la mia posizione critica».

Lilli Goriup

 

Giù il vecchio magazzino delle Ferrovie - L'area di riva Traiana cambia volto
Quasi completata la demolizione del deposito inutilizzato da anni. Al suo posto nuovi binari per i collegamenti con il porto
Una maxi demolizione, iniziata a maggio, porterà all'eliminazione del grande magazzino merci di Riva Traiana 2, a pochi metri dall' ingresso del porto. Il cantiere nei giorni scorsi ha attirato la curiosità di tante persone, che si sono fermate a osservare i lavori, ormai in fase avanzata. E il volto della zona si trasformerà completamente. Al posto dell'edificio verranno realizzati nuovi binari, utili ai traffici su rotaia del vicino scalo. Gli interventi, come ricorda anche la tabella posta sul cancello che delimita l'area, sono iniziati il 18 maggio, per una durata complessiva di 90 giorni, commissionati da Rfi, Rete Ferroviaria Italiana, che così precisa le coordinate dell'intervento. «Demolizione propedeutica alla realizzazione dell'allungamento delle aste di manovra "parenzana" a servizio del varco 2 del Porto».Al posto dell'edificio ora si notano cumuli di macerie, tra pietre, legno, ferraglia, mattoni e sacchi bianchi, che contengono materiali già pronti per essere rimossi. «Il magazzino era inutilizzato da anni, un tempo venivano conservate le merci, ma ormai era mal messo, in pessime condizioni. In pratica - spiega Roberto Carollo, ingegnere ferroviario - non serviva più. Era un classico esempio di interscambio modale tra gomma e ferrovia. Inoltre non era vincolato e non aveva una valenza storica. Ecco il motivo degli interventi attuali. La zona sarà modificata, per la posa di binari tronchi, che serviranno come aste di manovra, in pratica per spostare un treno da un binario all' altro».Il fabbricato, che si trovava nella parte rivolta verso Riva Traiana, era prima caratterizzato da una lunga serie di finestre e di accessi per i tir, per scaricare le merci. Saracinesche chiuse da una ventina d'anni, tanto che davanti erano stati disposti una cinquantina di posti auto, attualmente non più disponibili. Con l' avvio del cantiere infatti è stata creata una recinzione proprio su quel tratto, per consentire il regolare svolgimento degli interventi. Al momento quasi tutto l'edificio è stato abbattuto, manca solo l'ultima parte, verso via Ottaviano Augusto, dove resta ancora in piedi una parte della grande tettoia e i muri perimetrali. Non verrà toccata invece la palazzina all'angolo, confinante con il magazzino, che una volta ospitava l'ex scuola professionale delle ferrovie, e che risulta in vendita da qualche mese, come si legge su un noto sito di annunci online: «In posizione centrale con affaccio sul mare, proponiamo in vendita ampia struttura di 1.450 metri quadrati. L'immobile, sito in Via Ottaviano Augusto 22 - prosegue l'annuncio -, può essere interessante oltre che per una destinazione commerciale anche per la realizzazione di una struttura ricettiva data la vicinanza al centro e al trasporto pubblico, oltre a godere di una vista impagabile sul golfo di Trieste. Trattativa riservata».

Micol Brusaferro

 

E la vicina stazione in fase di restyling mostra i primi risultati - il museo di Campo Marzio
È iniziato lo smontaggio di alcune impalcature alla stazione di Campo Marzio, interessata dai lavori per la ristrutturazione del museo ferroviario. Si notano, nella parte alta dell'edifico, alcune parti risistemate, nella fase che interessa intanto il restauro architettonico esterno. Resta comunque in piedi ancora gran parte della struttura, compresa la "gabbia", montata mesi fa, che racchiude l'ingresso principale. Dopo il lockdown gli interventi sono ripresi a pieno ritmo, secondo il programma già annunciato lo scorso anno. Alla parte esterna seguirà poi la fase di interventi all'interno, tra pavimenti, pareti e altri servizi, e quindi, quando sarà concluso il cantiere che porterà al ripristino dei vari ambienti, si passerà all'allestimento della mostra permanente, dedicata alla storia e alle curiosità del mondo dei treni, attualmente chiusa al pubblico. Il cantiere era iniziato dopo la firma, da parte della Regione, del Protocollo d'intesa datato 18 luglio 2017, con cui è stato definito il percorso di riqualificazione del complesso, con un documento sottoscritto da Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, Ferrovie dello Stato Italiane, Rete Ferroviaria Italiana, Fondazione FS Italiane e rappresentanti del Comune di Trieste.

mI.B.

 

 

Quanto conosciamo i mari? Lo svela l'indagine dell'Ogs
Lo studio, realizzato a livello nazionale da Swg, fotografa luci e ombre. I rischi della plastica sono noti all'81% degli italiani ma solo il 25% fa attenzione ai rumori
L'emergenza Coronavirus ha accresciuto la consapevolezza della stretta connessione tra salute del mare e salute umana: l'84% degli italiani è ben consapevole dei rischi che l'attività antropica comporta per l'integrità dei nostri mari. Ma mentre il pericolo per i nostri oceani rappresentato dalle microplastiche e dai rifiuti è ben chiaro alla stragrande maggioranza delle persone (l'81%), gli effetti dei cambiamenti climatici vengono ritenuti un problema solo dal 60% dell'opinione pubblica. Sono alcuni dei risultati dell'indagine "Gli italiani e la tutela del mare e dell'ambiente", promossa dall'Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale - OGS e realizzata da SWG su un campione rappresentativo di cittadini di tutt'Italia.Lo studio, realizzato in tempi record, è il primo di una serie di sondaggi su questo tema che coinvolgeranno vari Paesi dell'Ue e i risultati ottenuti sono stati già trasmessi alle autorità europee competenti: nel prossimo programma quadro settennale Horizon Europe si punta a un coinvolgimento sempre più importante dei cittadini. L'indagine è stata presentata ieri a Trieste, in occasione della Giornata Mondiale degli Oceani 2020, con una conferenza stampa cui hanno partecipato l'assessore regionale Alessia Rosolen, il direttore generale di Ogs Paola Del Negro, Cristina Pedicchio, membro del CdA di OGS e presidente di Marevivo Fvg, e Maurizio Pessato, vicepresidente di SWG. I risultati ottenuti dal sondaggio fotografano un'Italia a luci e ombre per quanto riguarda la conoscenza delle tematiche legate alla tutela dei nostri mari: meno della metà degli intervistati, il 47%, dichiara un buon livello di conoscenza del mare. Tra i pericoli per la salute dei nostri mari sono ancora poco percepiti quelli legati alla presenza di specie aliene (31%), che per esempio per il nostro golfo hanno un peso importante, o quelli causati dal rumore provocato dall'uomo (25%). Di positivo c'è che l'opinione pubblica è ormai ben consapevole dell'urgenza di tutelare il mare: la rilevanza media data al tema è di 8,7 punti su una scala da 0 a 10. I cittadini hanno ben compreso anche il ruolo delle aree marine protette per la salvaguardia delle acque: il 35% degli intervistati si dice favorevole a una loro estensione. Anche l'importanza dell'economia del mare è chiara ai cittadini: il 71% si dichiara d'accordo nel sostenerne lo sviluppo, a patto che tuteli l'ambiente e le biodiversità (58%) e che utilizzi un approccio sostenibile (54%). C'è un 52% degli intervistati che sosterrebbe la creazione di un ministero del Mare e un 66% che vorrebbe un'apposita Agenzia europea. Si sa ben poco invece di ricerca marina, sia per quanto riguarda l'Italia - il 47% non sa dell'esistenza della Laura Bassi, la nuova nave rompighiaccio dell'OGS che i triestini hanno potuto ammirare durante Trieste Next -, sia per il ruolo giocato dall'Europa in questo settore: la conoscenza delle politiche Ue è davvero scarsa. «La nostra regione è un territorio ideale per le ricerche e lo sviluppo dell'economia del mare», ha dichiarato Rosolen, annunciando insieme a Ogs e Swg un futuro studio che si concentrerà sui cittadini del Fvg.

Giulia Basso

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 8 giugno 2020

 

 

Sequestro in Costiera sopra la super villa - Strada e muri abusivi. E piante abbattute
Sigilli della Procura attorno alla ex "Ostuni", dove è in corso un cantiere per l'accesso alla residenza. Sette gli indagati
Maxi sequestro in Costiera. La Procura ha messo i sigilli attorno al terreno di una villa. È la ex "Ostuni", affacciata sul mare con annesso porticciolo privato, passata nelle mani di una facoltosa famiglia russa. Il sospetto è che i lavori per costruire la strada di collegamento tra la Costiera e l'abitazione siano del tutto privi dei permessi necessari. Un abuso edilizio, in buona sostanza. Il cantiere è ben visibile dalla stessa Costiera, passando si nota: si trova al civico 196, a pochi metri dal ristorante "Tenda Rossa", sul lato destro della strada per chi proviene da Sistiana in direzione Trieste. In quel punto, in prossimità del guard rail, si apre un percorso in sterrato, a tornanti, che scende verso la spiaggia. Ci sono una scavatrice e altri strumenti edili. Il caso è finito sulla scrivania del pubblico ministero Federico Frezza, il magistrato titolare dell'indagine, in seguito a una segnalazione. Qualcuno, insomma, si è insospettito su quel viavai di operai e camion e sulla regolarità dell'opera: il terreno asportato, la vegetazione abbattuta. E, soprattutto, la strada in sterrato e i muri già realizzati. Adesso la proprietà è delimitata dal nastro rosso e bianco della Polizia locale. È la municipale, dunque, che è andata sul posto a chiudere la zona. E che evidentemente, come polizia giudiziaria, in queste settimane sta affiancando il pm Frezza nell'attività di accertamento, sia normativo che sul campo. Sui nastri sono appesi anche i cartelli di avviso della Procura: "Area posta sotto il vincolo del sequestro penale". Sono sette le persone iscritte nel registro degli indagati. Nell'elenco compare innanzitutto la cinquantacinquenne Galina Lazareva, residente a Verona, proprietaria dell'immobile e committente dell'opera. Stando a quanto si è saputo, si tratterebbe della figlia di un magnate russo che avrebbe acquistato anche alcuni appartamenti a Portopiccolo. Ma non ci sono conferme precise in questo senso. Risultano indagati anche il titolare della ditta esecutrice dei lavori, il trentasettenne di origini macedoni Faruk Kormakoski, residente a Trieste e il direttore dei lavori, il cinquantottenne triestino Alessandro Zerbo. E poi, ancora, la cinquantunenne russa Elena Nikiforova, residente a Treviso, legale rappresentante della società "Avolare srl", nonché un socio della ditta, il sessantacinquenne catanese Giuseppe D'Ambra, domiciliato a Portopiccolo: Nikiforova è la delegata dal committente mentre D'Ambra è l'incaricato dei lavori. Queste persone, secondo l'accusa mossa dal pm, hanno eseguito o fatto eseguire opere edili abusive su un'area notoriamente posta a vincolo paesaggistico. La Procura in questo caso contesta la costruzione di dieci muri di contenimento di pastino, con lunghezze che variano dai sette ai 43 metri, con altezze da 1,70 a 4,20 metri. Ma non è finita qui. Già, perché nel mirino del pm c'è in particolare la strada sterrata che dalla Costiera adesso conduce alla villa. Un percorso spuntato dal nulla. Per la sua costruzione sono stati inevitabilmente intaccati la vegetazione, il terreno e dunque il paesaggio. Per questa opera, nello specifico, sono chiamati a rispondere oltre che gli stessi Lazareva, (proprietaria e committente appunto), Zerbo (come direttore dei lavori) e D'Ambra (come socio della ditta incaricata), pure il trentanovenne Pietro Micucci, residente a Trieste, titolare dell'impresa individuale "Pef costruzioni", esecutrice della strada sterrata, e ancora il quarantasettenne triestino Guido Prizzon, titolare dell'impresa individuale "Prizzon Guido", pure questa esecutrice della strada. Il percorso è sterrato e segue un andamento curvilineo a tornanti. Ha una larghezza media di 4,5 metri. Anche questa strada sarebbe del tutto abusiva. Dagli accertamenti fin qui disponibili, è emerso che le autorizzazioni paesaggistiche non sono state rilasciate, ma neppure richieste. Sarebbe stato concesso soltanto il via libera di Fvg Strade per tagliare il guard rail della Costiera. L'area, insomma, sarebbe stata deturpata. Questo è il termine usato dall'autorità giudiziaria. La giustificazione che sarebbe stata addotta dagli indagati - secondo cui il nuovo percorso in sterrato è solo funzionale al cantiere, cioè alla ristrutturazione della casa e del porticciolo, come consentito dalla normativa regionale - non ha convinto affatto la Procura. Il motivo? Anche un intervento provvisorio necessita di autorizzazioni e comunque deturpa il paesaggio. D'altro canto, viste le dimensioni dell'intervento e gli sbancamenti (le asportazioni del terreno) eseguiti, come sarebbe stato possibile ripristinare l'ambiente naturale originario non appena conclusi i lavori? Gli inquirenti sono convinti che il percorso realizzato rappresenti invece un vero e proprio ingresso alla villa dalla Costiera, finora accessibile con comodità soltanto dal mare.

Gianpaolo Sarti

 

 

Le arnie distrutte diventeranno spazio didattico
Il consorzio apicoltori: «Le foto della struttura incenerita hanno fatto il giro del mondo». Intesa con il Comune per avviare progetti dedicati alle scuole
San Lorenzo. Coinvolgere in progetti didattici le scuole di San Lorenzo. È uno degli obiettivi che si prefiggono il Comune e la Società agricola Landa Carsica-Kraska Gmajna di Doberdò, proprietaria delle 21 arnie andate distrutte in una sola notte il 10 maggio scorso a causa di un incendio doloso. Insieme le due realtà intendono cogliere dalla triste vicenda verificatasi un mese fa un'opportunità, e cioè insegnare il valore della natura ed in particolare l'importanza delle api alle nuove generazioni. E così, mentre nel sito dove si è verificato l'incendio sorgerà un nuovo apiario che sarà solidale con il territorio e la popolazione locale, la presidente della società Sara Devetak, il vice presidente Pietro Lombardo, l'apicoltore Dario Visintin, il presidente del Consorzio degli apicoltori della provincia di Gorizia Pierantonio Belletti e il sindaco Ezio Clocchiatti hanno posto le basi di tutta una serie di progetti. I rappresentanti della Società Landa Carsica hanno spiegato che, anche alla luce delle numerosissime attestazioni di vicinanza e solidarietà ricevute, la risposta a un simile gesto non poteva che essere quella di costituire un apiario che sia solidale con il territorio e con la sua gente. Con questo spirito la Società Landa Carsica e il Consorzio degli apicoltori presenteranno quindi all'amministrazione comunale di San Lorenzo una serie di proposte quali, ad esempio, la possibilità di poter entrare nelle scuole per spiegare agli alunni il mondo delle api, di organizzare delle uscite didattiche in apiario, o visite organizzate attraverso la creazione di un tunnel in prossimità dell'apiario all'interno del quale si potrà osservare il lavoro delle api in assoluta sicurezza per i visitatori. Il sindaco Clocchiatti ha accolto con entusiasmo le proposte degli apicoltori assicurando anche «un adeguato supporto per contribuire al ripristino del patrimonio apistico e anche ai progetti solidali che la società Landa Carsica e il Consorzio degli apicoltori stanno cercando di promuovere». Il presidente del Consorzio degli apicoltori Belletti ha spiegato: «Le immagini dell'apiario devastato dell'incendio hanno fatto il giro del mondo».

Matteo Femia

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 7 giugno 2020

 

 

Indumenti abbandonati nei boschi della Val Rosandra - Nuova pulizia dei volontari
Una cinquantina i sacchi raccolti da due associazioni intervenute - Il sindaco Klun sui passaggi di migranti: «La situazione è pesante»
SAN DORLIGO. Una cinquantina di sacchi per le immondizie, pieni di pantaloni, giacche, scarpe, residui di contenitori di cibi e bevande. Il tutto riconducibile al passaggio dei migranti lungo la cosiddetta "rotta balcanica", fenomeno che, nelle ultime settimane, ha conosciuto una robusta ripresa. È questo il risultato dell'operazione portata a termine ieri, dal mattino al primo pomeriggio, dai volontari che fanno parte della sezione triestina del Reparto sportivo dell'Associazione lagunari truppe anfibie (Alta), assieme a quelli dell'associazione Val Rosandra. Una ventina di persone, che hanno completato un percorso iniziato nelle boscaglie di Draga e Pese, esauritosi nei pressi di Basovizza, con il dichiarato intento di pulire una zona in cui transitano migranti. «Ma abbiamo trovato anche immondizie che sono frutto del comportamento incivile di nostri concittadini - ha spiegato Giorgio Calcara, uno dei volontari - come un vecchio televisore, pezzi di plastica di varie dimensioni e colori, addirittura una parte del motore di uno scooter». I volontari dell'Alta e dell'associazione Val Rosandra avevano effettuato un'operazione simile anche una settimana fa, concentrandosi sulla zona di Bottazzo, la piccola frazione situata alla fine della Val Rosandra, sempre nel territorio comunale di San Dorligo. «Anche in quel caso - ha ricordato il presidente della sezione triestina dell'Alta, Alioscia Cazzador - avevamo riempito una cinquantina di sacchi, che poi provvediamo a lasciare, sulla base di un preciso accordo, nei pressi del Centri di raccolta, dove sono le aziende incaricate dell'asporto rifiuti a procedere per la fase successiva. I migranti - ha aggiunto - sanno di doversi cambiare non appena arrivano in territorio italiano, perché così eliminano ogni prova che possa confermare il fatto che arrivino dalla Slovenia». Entrambe le operazioni si sono svolte d'intesa con l'amministrazione comunale di San Dorligo, ormai da tempo alle prese con il fenomeno dell'abbandono di vestiti nelle boscaglie da parte dei migranti. «Ringrazio questi volontari - ha sottolineato il sindaco, Sandy Klun - perché questa situazione sta diventando pesante. Nelle ultime settimane abbiamo constatato che i sentieri che percorrono sono sempre più lontani dalle abitazioni e dalle vie di passaggio. Evidentemente stanno cercando varchi finora sconosciuti - ha concluso - per mettere in difficoltà le forze dell'ordine».

U. SA.

 

 

Dopo il delfino trovata spiaggiata a Grado anche una tartaruga
GRADO. Stessa spiaggia stesso mare, ma in questo caso non c'è nulla da cantare né da ballare. L'altro ieri un delfino, ieri una tartaruga della specie caretta caretta. Gli animali morti spiaggiati sono stati rinvenuti poco dopo l'alba sulla battigia della spiaggia della Costa Azzurra, vicino alla scogliera nel tratto di arenile libero. Per competenza è intervenuto Circomare che a sua volta ha fatto intervenire gli operai del Comune per lo sgombero della carcassa della tartaruga.Non è raro, anzi è piuttosto frequente, rinvenire a riva tartarughe morte (l'altro giorno una anche a Sistiana); raro invece il rinvenimento di un delfino. In questo caso si dovrà attendere l'esito dell'esame cui l'animale è stato sottoposto all'istituto zooprofilattico di Padova. I delfini sono una piacevole presenza al largo di Grado e ne sanno qualcosa i passeggeri del Delfino Verde spesso deliziati dai salti gioiosi di questi amici molto... umani.

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 6 giugno 2020

 

 

Alberi della pineta di Barcola, entra nel vivo il piano potature
Al via gli interventi messi in agenda in primavera e poi sospesi causa lockdown. Osservati speciali centinaia di pini e conifere ritenuti dai tecnici bisognosi di cure
Scatterà nei prossimi giorni l'operazione di "restyling" delle alberature della pineta di Barcola. Un piano di manutenzione inizialmente previsto per l'inizio della primavera e in seguito posticipato di un paio di mesi dall'amministrazione comunale a causa del blocco dei cantieri imposto dall'emergenza coronavirus. Rendendosi necessario recuperare il tempo perduto, l'operazione "taglio alberi" avrà inizio entro l'inizio della prossima settimana, quando i tecnici del servizio comunale verde pubblico provvederanno a sfrondare le chiome delle piante che presentano le situazioni di maggiore pericolo. Si tratta di una spesa che sfiora i 50 mila euro e che ha avuto l'approvazione della giunta comunale soltanto pochi giorni fa. «È un'operazione relativa alla manutenzione periodica dei rami che non comporterà abbattimenti di alberi - sottolinea l'assessore ai lavori pubblici Elisa Lodi - ma è solo volta a mettere in sicurezza l'area, molto frequentata nel periodo estivo. Un'operazione che partirà nei prossimi giorni, accelerando i tempi dell'intervento in modo da garantire maggiore tranquillità ai fruitori della pineta». Gli interventi di potatura fanno seguito al lavoro di censimento operato lo scorso autunno dallo stesso servizio strade e verde pubblico. In quella circostanza i tecnici comunali avevano provveduto a valutare la stabilità e lo stato di salute degli alberi presenti all'interno della pineta. La relazione finale aveva permesso di censire la presenza di quasi 900 alberi in una parte di terreno relativamente modesto. Si tratta quasi esclusivamente di pini, ma vi sono presenti anche altre conifere, comunque alberi che presentano numerosi rami secchi di varie dimensioni, alcuni però cresciuti notevolmente nel corso degli ultimi mesi. I pini, fanno sapere dal Comune, hanno la particolarità di effettuare una sorta di auto-potatura, che consiste nel distaccamento dei rami più bassi e secchi. Un fenomeno da queste parti accelerato a causa dei venti di bora e che possono comportare anche episodi spiacevoli, come la caduta accidentale di rami addosso alle persone che in questo periodo sono solite stendersi all'ombra dei pini barcolani. Oltre alla potatura ordinaria degli alberi, il Comune ha poi riservato parte delle risorse a disposizione per eventuali interventi di potatura a chiamata, su segnalazioni o come conseguenza di particolari eventi meteorologici, da eseguire in emergenza entro 24 ore dall'avvenuta comunicazione.

Lorenzo Degrassi

 

 

«Zona 30 a Opicina, modalità sbagliate» - i perché della protesta
OPICINA. «Non siamo contrari alla Zona 30, ma alle modalità attraverso le quali il Comune intende attuarla». È questa la precisazione che arriva dall'associazione per la Difesa di Opicina e dal consorzio "Insieme a Opicina", all'indomani della replica dell'amministrazione alle proteste giunte dai residenti sul progetto che punta alla rimodulazione del traffico nella frazione dell'altipiano e, più precisamente, nell'area che va da via Carsia al capolinea del tram. «Prevedere un limite di velocità per i mezzi in transito - sottolinea Mauro Drioli, portavoce della protesta - è una soluzione più che giusta. Giudichiamo invece cervellotica e sbagliata la scelta che implica la costruzione di un marciapiede lungo un lato della via della Vena, che porterebbe soltanto disagi. Il tutto - aggiunge - quando sull'altro lato ne esiste già uno in ottime condizioni, che basterebbe completare. Quello che ci trova contrari - conclude Drioli - è proprio l'idea che sta alla base del progetto, che verrebbe a snaturare e a penalizzare una zona di Opicina che invece necessita di quei parcheggi che, in base all'idea del Comune, sparirebbero».

u.sa.

 

 

 

 

MESSAGGERO VENETO - VENERDI', 5 giugno 2020

 

 

«Zero emissioni gas serra» La svolta green della Regione

Otto mesi per predisporre la prima bozza di programma e un anno per concretizzare un confronto ufficiale con Unione Europea, Stato e autorità finanziarie. Infine, entro 18 mesi, la stesura del documento definitivo con la valutazione delle risorse e delle modalità di reperimento dei fondi europei necessari per avviare la candidatura del Friuli Venezia Giulia al ruolo di Regione pilota nel campo della sperimentazione verso un'economia a emissioni zero di gas a effetto serra. Queste le tempistiche prospettate dall'assessore regionale all'Ambiente, Fabio Scoccimarro, davanti alla quarta Commissione consiliare, presieduta da Mara Piccin (Fi). Un obiettivo, quello auspicato da Scoccimarro, legato al grande progetto del Green Deal europeo, insieme di iniziative politiche portate avanti dalla Ce per raggiungere la neutralità climatica in Europa entro il 2050. «Si tratta di una candidatura e non di un bando - ha specificato l'assessore - che segue la decisione favorevole da parte della Giunta in merito all'operatività del progetto». Progetto lungo 25 anni «e perciò - ha detto Scoccimarro - serve l'adesione di tutte le forze sociali e politiche, indipendentemente dall'orientamento di chi sarà chiamato a governare. E saranno coinvolti tutti gli assessorati». Se la candidatura andrà a buon fine «il Fvg si impegnerà a conseguire gli obiettivi della neutralità in tempi più ristretti rispetto gli altri Paesi. Quindi, è necessario avviare quanto prima il processo che consentirebbe di predisporre il documento da sottoporre alla Commissione Europea». L'obiettivo è quello di pervenire progressivamente alla neutralità delle emissioni attraverso una media annua pari almeno al -4% rispetto quelle attuali. I temi chiave per convincere la Ce, invece, sono due: l'adattamento ai cambiamenti climatici e l'educazione dei cittadini all'adozione di comportamenti virtuosi».

 

CRISI SANITARIA È CRISI CLIMATICA

Ci sono alcune similitudini tra le due crisi sanitaria e climatica: sia il virus, sia i gas ad effetto serra travalicano i confini nazionali, rendendo la crisi globale; in entrambi le crisi, i soggetti colpiti si trovano sovente tra i gruppi sociali più deboli e vulnerabili, mentre ricchezza e censo contribuiscono ad attraversare le emergenze relativamente illesi. La differenza fondamentale, invece, che dovremmo ricordare ogni giorno, sta nel fatto che il Covid- 19, con una letalità stimata intorno all'1%, non pone enormi rischi significativi alla sopravvivenza della popolazione mondiale. Al contrario, l'inazione climatica può far saltare i meccanismi di regolazione globale del clima sulla Terra, portando a danni irreversibili per la popolazione umana e la biosfera. Le due crisi inoltre interagiscono tra di loro. A livello mondiale, fermare ampi settori portanti dell'economia come industrie, mobilità, commerci, ha portato nell'aprile 2020, secondo l'Agenzia Internazionale per l'Energia, a una riduzione del 17% delle emissioni di gas serra rispetto allo stesso periodo nel 2019. La stessa Agenzia si spinge oltre, prevedendo che nel 2020, a causa dell'impatto del Covid- 19 sull'economia, vi sarà una riduzione di circa il 7% delle emissioni industriali rispetto al 2019, la più grande caduta di emissioni climalteranti dalla seconda guerra mondiale. Tuttavia, anche con un fermo di tali proporzioni e su scala globale, inimmaginabile come scelta di responsabilità climatica in assenza della pandemia, questa riduzione è di gran lunga ancora insufficiente per ridurre il riscaldamento globale. I piani di salvataggio o bail out con denaro, pubblico, europeo e nazionale sono un'eccellente leva per reindirizzare settori come l'aviazione, l'industria automobilistica, quella energetica e quella alimentare. Non bisogna confondere la - dannosa - recessione con la benefica riduzione di produzioni insostenibili e ripartire mettendo in discussione il nostro sistema socio-economico. Serve un bail out massiccio per la Terra. Non sprechiamo questa occasione, che potrebbe essere l'ultima.

Silvia Antonelli esperta nazionale già nella Commissione europea per le tematiche agricoltura, foreste e clima

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 5 giugno 2020

 

Ambiente: la mappa che porta dall'inferno al paradiso

«La terra è un paradiso, l'inferno è non accorgersene»: l'aforisma di Jorge Luis Borges è tanto più vero oggi, Giornata mondiale dell'Ambiente, proprio mentre viviamo nel tempo sospeso dalla pandemia. L'ambiente, ciò che ci circonda - è infatti il participio presente ambiens del latino ambire che significa appunto circondare - svuotato dalla nostra pesante presenza si è ben presto ripreso il suo spazio. Lo spazio della nostra assenza lo ha ripopolato di animali e piante, una presenza che prima si nascondeva, fino addirittura a sparire. La perdita continua di biodiversità, ovvero la scomparsa di molte specie vegetali e animali, ci ricorda la tragica combinazione fra la presenza dell'uomo e l'assenza del mondo vegetale e animale. È bastato un attimo, se contato con la metrica dell'evoluzione, e ribaltare la presenza con l'assenza per ripopolare quello spazio perso. Nel 2020, anno bisesto e funesto, siamo tuttavia a un punto di svolta obbligato: paradiso oppure inferno? Se il riscaldamento globale dovesse continuare con il ritmo attuale, entro la fine del secolo scatterà - spiegano gli scienziati che si occupano del fenomeno - un allarme estinzione per il 73 per cento delle specie animali e vegetali di tutto il mondo. Una scoperta però è confortante, anche se non è ancora il paradiso: la parola "ambiente" esce finalmente da qualsiasi concetto astratto ed entra con gradita prepotenza nel lessico delle priorità della nostra vita. Ben sette italiani su dieci (il 68%, per la precisione) sanno correttamente spiegare la "biodiversità" come «una molteplicità di specie animali, vegetali e microorganismi» e con altrettanta precisione quattro italiani su dieci collegano la perdita di biodiversità e l'alterazione degli equilibri ed ecosistemi a conseguenze rilevanti se non addirittura catastrofiche per l'abitabilità terrestre, come la pandemia Covid-19.Solo un italiano su dieci (il 9%) ritiene che non valga la pena preoccuparsi, e che la perdita di biodiversità sia fisiologica nell'evoluzione degli ecosistemi, ma nell'insieme oltre i 3/4 dell'opinione pubblica hanno colto la serietà delle condizioni. Sono i dati del nuovo Rapporto #Biodiversità, I care 2020 dell'Osservatorio Waste Watcher di Last Minute Market/Swg, appena diffusi da Fondazione Fico con la campagna Spreco Zero. L'indagine è stata condotta dal 27 al 29 maggio su 1000 soggetti in tutta Italia, secondo un campione statistico. Preservare la biodiversità, quindi, ma come? Secondo un italiano su due (50%) sono necessari e urgenti prodotti e detersivi a basso impatto ambientale, mentre per il 42% degli intervistati la strada è privilegiare la varietà di prodotti agroalimentari del territorio attraverso la spesa della famiglia. Soluzioni che dimostrano la comprensione dei pericoli in atto, e non di difficile attuazione. Molto resta da fare in vista degli Obiettivi di sviluppo dell'Agenda 2030, ed è questo il momento per uno scatto decisivo... verso il paradiso.

Andrea Segrè presidente della Fondazione Fico e fondatore di Spreco Zero

 

 

Ferriera, accordo in stand by La Regione rassicura gli operai

Fedriga e Rosolen ricevono Fim, Uilm, Failms e Usb e garantiscono lo sblocco Oggi scende in piazza la Fiom. Il caso D'Agostino alimenta nuovi interrogativi

Una giornata «positiva», al netto delle incognite sulla decadenza del presidente dell'Autorità portuale Zeno D'Agostino sentenziata dall'Anticorruzione, di cui si è saputo in serata. Questo in sintesi il commento delle sigle sindacali Fim, Uilm, Failms e Usb al termine del duplice incontro avvenuto ieri al mattino con il prefetto e nel tardo pomeriggio sia con il governatore Massimiliano Fedriga che con l'assessore regionale al Lavoro Alessia Rosolen. Il tema, caldo, riguardava ancora una volta la data per la firma dell'accordo di programma sulla Ferriera di Servola. Indicata una prima volta per il venerdì della scorsa settimana e poi rinviata a data da destinarsi. Spostamento che aveva fatto nascere nei sindacati malumori e più di qualche dubbio, tanto che oggi la Fiom, unica sigla a non aver sostenuto l'accordo scenderà in piazza per protestare contro i ritardi.«La preoccupazione è forte e l'ansia tra i lavoratori ancora di più - avevano esternato in una voce unica i rappresentanti sindacali ieri all'uscita dall'incontro con il prefetto - e abbiamo paura di entrare in un punto di non ritorno. Il clima disteso dei giorni scorsi è sempre più difficile da mantenere». In serata, dopo l'incontro con i rappresentanti del governo regionale, l'inversione di marcia in senso positivo. «Fedriga e Rosolen ci hanno confermato che l'accordo di programma non è in discussione - il commento delle quattro sigle sindacali al termine dell'incontro - ma in questi giorni il lavoro si è concentrato sul fissare quelle ulteriori garanzie occupazionali previste in aggiunta a quanto già stipulato nell'ambito dell'accordo sindacale del 20 gennaio scorso. In tal senso riteniamo l'impegno assunto dalla Regione positivo e in piena coerenza con i dettami sanciti da tale accordo. Lo stesso presidente Fedriga - si legge sempre nella nota emessa dalle quattro sigle sindacali del metalmeccanico - ha affermato che la settimana prossima è programmato un'ulteriore incontro con i soggetti privati coinvolti nell'accordo propedeutico alla conclusione dello stesso». Un passo in avanti verso la firma, dunque, anche se ora si aggiunge un altro rebus: chi firmerà l'accordo per l'Autorità portuale dopo che in serata si è saputo della decadenza dall'incarico di D'Agostino? E ciò influirà sui tempi? La decisione di chiedere un incontro con le istituzioni, da parte di Fim, Uilm, Failms e Usb, era sorta ieri l'altro nel corso di un'assemblea online organizzata dai lavoratori della Ferriera. E sempre in ambito Ferriera, proprio ieri è uscita una nota sulla Gazzetta Ufficiale, nella quale si rende noto l'aggiornamento dell'autorizzazione ambientale integrata alla centrale termoelettrica "Cet" di Servola. «Questa proroga è un'altra notizia positiva - sottolinea il segretario provinciale Uilm Antonio Rodà - e rappresenta un senso di continuità per il percorso di conversione intrapreso».

Lorenzo Degrassi

 

 

«No alla Zona 30» Abitanti ed esercenti in rivolta a Opicina

«Meno posti auto, più rischi: pronti a bloccare il traffico» Comune e Circoscrizione «Piano già condiviso in passato»

OPICINA. «Siamo pronti a dare vita a un sit-in e a bloccare il traffico se dovesse servire, perché quello che si sta facendo in alcune delle nostre strade è un autentico scempio». Sono sul piede di guerra molti residenti e commercianti di Opicina, rappresentati in questo frangente dall'associazione per la Difesa di Opicina e dal consorzio "Insieme a Opicina". A scatenare la loro vivace reazione, l'avvio del cantiere, inserito nel più ampio contesto della realizzazione della "Zona 30" nell'area situata fra via Carsia e il capolinea del tram. In particolare, contestano il progetto che prevede, in via della Vena, la nascita di un marciapiede lungo il lato destro della strada in direzione del ricreatorio. «È un'idea sbagliata - hanno detto ieri Nadia Bellina e Dario Vremec, presidenti rispettivamente del consorzio e dell'associazione, e Mauro Drioli, rappresentante dei residenti nella via - perché il marciapiede da utilizzare, in buona parte già realizzato e in ottime condizioni, sarebbe quello sul lato opposto, cioè a sinistra in direzione del ricreatorio. Intervenire sul lato destro - hanno sottolineato - comporterebbe la scomparsa di parcheggi utili a tutti, obbligherebbe i bambini che escono dalla scuola e vanno al ricreatorio ad attraversare più volte la carreggiata e metterebbe in difficoltà i proprietari delle case che insistono su quel lato, perché situate più in basso rispetto al livello stradale. In caso di pioggia, l'acqua diventerebbe un problema». Immediata la replica del Comune e della Circoscrizione. «Il progetto risale all'epoca della giunta Cosolini e noi lo abbiamo portato avanti con modeste correzioni - ha detto l'assessore Luisa Polli - perciò si tratta di un'idea trasversale, che ha trovato il riscontro in due esecutivi di segno diverso, a conferma della sua bontà. Ricordo - ha proseguito - che la Zona 30 è il risultato di un attento e moderno studio, basato sui migliori criteri di mobilità». Anche Marko De Luisa, presidente della Circoscrizione, concorda: «Il progetto Zona 30 è stato più volte affrontato dalla Consulta, davanti ai residenti di Opicina - ha ricordato - e discusso nel corso di una pubblica assemblea, alla presenza dell'assessore Polli, senza suscitare proteste». Rispondendo poi a chi, qualche giorno fa, aveva proposto i dossi in luogo dei restringimenti per garantire il rispetto del limite a 30 all'ora, De Luisa ha spiegato che «essi sono pericolosi per motociclisti e ciclisti, oltre che rappresentare un problema per i mezzi di emergenza». Massi (Lega) invoca l'utilizzo dei filmati contro la sosta selvaggia Il sindaco Klun: «Ma prima va completato l'iter riguardante le Ztl»

Ugo Salvini

 

«Si usino le telecamere esistenti per multare i furbetti a Bagnoli»

SAN DORLIGO DELLA VALLE. «Le telecamere ci sono, basta usare i filmati e mandare le multe a chi se le merita. È il Comune a essere carente su questo fronte». L'accusa è di Roberto Massi, capogruppo della Lega in seno al Consiglio comunale di San Dorligo. Accusa che arriva pochi giorni dopo la concitata giornata di domenica quando, per salvare un 17enne caduto nel torrente Rosandra, i mezzi di soccorso hanno trovato notevoli difficoltà, perché la strada di accesso alla Valle era intasata da vetture. Tutte in sosta vietata. «È notorio da anni che, nel tratto fra la piazza di Bagnoli e Bagnoli superiore cioè lungo la strada che porta alla Valle - sottolinea Massi - sono in vigore sia il divieto di transito sia quello di sosta. Sono state sistemate in vari punti anche le telecamere per rilevare le violazioni - aggiunge - perciò non capisco perché l'amministrazione non provveda. Si profila anche l'ipotesi di un danno erariale - continua l'esponente leghista - in quanto le multe rappresenterebbero entrate da utilizzare per opere pubbliche o comunque per interventi a favore dell'intera collettività. Non dimentichiamo - conclude - che le conseguenze per un eventuale mancato o ritardato intervento di soccorso, dovuto a presenze di automobili non autorizzate, potrebbe originare responsabilità anche penali». «Per poter usare i filmati - replica il sindaco di San Dorligo, Sandy Klun - bisognerebbe aver già predisposto la normativa delle cosiddette Zone a traffico limitato, operazione non semplice. Certo, c'è un sistema da integrare e correggere e ci stiamo lavorando, ma i risultati non si possono raggiungere in poco tempo. Ricordo inoltre che esistono anche le contestazioni alle multe comminate attraverso l'uso dei filmati e in quel caso le complicazioni sarebbero notevoli. Posso però garantire - conclude il sindaco - che nella zona sono molto attivi i Carabinieri, che stanno elevando numerose multe e che, a breve, avremo il quarto vigile urbano in dotazione alla nostra Polizia locale, perciò saremo più presenti».

 

«Bonus bici per tutti» - Appello pure da Muggia

MUGGIA. C'è anche la consigliera comunale di Muggia Anna Demarchi tra i dieci consiglieri di altrettanti Comuni del Friuli Venezia Giulia che chiedono alla Regione di estendere all'intero territorio regionale il "bonus bici". Muggia, 15.mo comune più popoloso del Fvg, stando a quanto previsto dal "Decreto Rilancio", è tagliato fuori, in quanto non capoluogo di provincia e con meno di 50 mila residenti. «Il "bonus bici" previsto dal "Decreto Rilancio" - così, all'unisono, i dieci consiglieri - è una misura molto positiva per costruire un nuovo modello di mobilità». Ma proprio per questo i consiglieri "ribelli" chiedono che «la Regione intervenga con un proprio provvedimento per estendere in maniera lungimirante il bonus a livello regionale». L'invito dei "dieci" a tutti gli altri consiglieri comunali e alla cittadinanza è di firmare la petizione online su www.change.org/p/massimiliano-fedriga-estendere-il-bonus-bici-in-fvg.

LU.PU.

 

MESSAGGERO VENETO - VENERDI', 5 giugno 2020

Dieci comuni chiedono di ampliare il bonus bici

I consiglieri di 10 Comuni (Campoformido, Cervignano, Cividale, Codroipo, Cormons, Monfalcone, Muggia, San Vito al Tagliamento, Tavagnacco, Tolmezzo) lanciano una richiesta al presidente Massimiliano Fedriga: estendere il "Bonus bici" a tutta la Regione Friuli Venezia Giulia. E per farlo promuovono anche una raccolta firme. «Il "bonus bici" previsto dal Decreto Rilancio è una misura molto positiva per costruire un nuovo modello di mobilità, di cui oggi, anche dopo questa emergenza sanitaria, c'è davvero un grande bisogno», scrivono in una nota i dieci consiglieri comunali. «È ora infatti di puntare sulla mobilità sostenibile, mettendo al centro mezzi alternativi come la bicicletta, ripensando tutto in termini di spostamenti e sicurezza quotidiana. D'altra parte la bicicletta è un veicolo a tutti gli effetti e le piste ciclabili, in base alla legge 2/2018, hanno la stessa dignità di strade, autostrade e ferrovie». «Il "bonus bici" del Decreto Rilancio (un massimo di 500 euro per coprire fino al 60% dell'acquisto di un nuovo mezzo) porterà effettivamente nei Comuni tante biciclette adatte a sostituire l'auto, come quelle a pedalata assistita. La platea di Comuni della nostra Regione per cui è previsto l'incentivo, però, è ristretta ai soli capoluoghi di provincia, escludendo così un numero importante di centri abitati», sottolineano ancora i consiglieri. «Per questo, ritenendo la misura nazionale positiva per la strada intrapresa, chiediamo che la Regione Friuli Venezia Giulia intervenga con un proprio provvedimento per estendere in maniera lungimirante il bonus a livello regionale. Il nostro auspicio è davvero che venga esteso a tutti i Comuni in modo da favorire un cambiamento nella mobilità quotidiana a vantaggio di tutti i cittadini e di ogni territorio della nostra Regione». «Invitiamo tutti gli altri consiglieri comunali e i cittadini a unirsi a noi in questa semplice richiesta dal valore strategico», dicono ancora i promotori dell'iniziativa. E per raccogliere le adesioni hanno lanciato anche una raccolta firme on line. Chiunque volesse sottoscrivere la loro proposta al presidente Fedriga può firmare al seguente indirizzo: https://www.change.org/p/massimiliano-fedriga-estendere-il-bonus-bici-in-fvg.

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 5 giugno 2020

 

Il termovalorizzatore della discordia Possibile verdetto l'11 giugno a Trieste

MONFALCONE. Potrebbe arrivare forse già la prossima settimana il "verdetto" sul termovalorizzatore che Nord Composites Italia srl, fabbrica di 25 mila metri quadrati impiantata al civico 61 di via Timavo, in zona Lisert, sta provando a costruire per abbattere l'incidenza dei costi di smaltimento dei rifiuti liquidi residui di lavorazione, cioè l'acqua di esterificazione. Dopo che il progetto è stato bersagliato dalle osservazioni di associazioni e Comuni, nel momento in cui l'azienda ha depositato lo scorso novembre in Regione (Servizio tutela da inquinamento atmosferico, acustico ed elettromagnetico) l'istanza di rilascio del Paur, propedeutico all'ottenimento di Aia e Via, la direzione ha completato le sue risposte, inviandole all'ente sovraordinato nei termini, a metà aprile, quando il Paese era da capo a piedi immerso nell'emergenza sanitaria del Covid-19. L'iter, insomma, è andato avanti e la prossima settimana, giovedì alle 10, è prevista a Trieste l'attesa Conferenza dei servizi, dalla quale forse già uscirà il responso sulla procedibilità della realizzazione. L'appuntamento però, per le misure restrittive dettate dal contenimento dei contagi, sarà solo a distanza, vale a dire in videoconferenza. Da quella sede, comunque, potrebbe uscire un definitivo parere oppure l'ulteriore richiesta di integrazione, con la convocazione di una seconda seduta, non più riaggiornabile, ma con decisivo ed esplicito responso. L'azienda monfalconese realizza fino a 350 tipi di resine sintetiche, poliestere ed alchidiche, per una produzione annua che - fino a prima del coronavirus - superava le 28 mila tonnellate di resine sintetiche, poliestere ed alchidiche, su una capacità massima di 34 mila, un terzo composta da materiale non pericoloso (8 mila ton). E un fatturato di 45 milioni, l'1% appunto eroso nella movimentazione e smaltimento dei rifiuti liquidi, 50-60 mila chili di scarti a settimana in transito su autocisterna. Che invece l'azienda vorrebbe bruciare con il nuovo termovalorizzatore, del valore di un milione di euro. Nel lockdown, in possesso dei codici Ateco per la filiera essenziale, Nord Composites ha continuato a lavorare, rimanendo sempre aperta. Ha anche riconvertito la sua produzione creando gel per la sanificazione, che ora continua a sfornare a uso interno. È stata fatta la richiesta di cassa integrazione per i 52 dipendenti a causa della diminuzione dei volumi, ma per ora non applicata. Lo riferisce il direttore Morris Cernic: «Si sta facendo ruotare il personale nei turni e si è ricorso all'utilizzo delle ferie individuali e congedi parentali per sopperire al calo produttivo, stimato sul 30%». Conseguenza soprattutto del fatto che le attività in Italia per tre mesi di fila si sono congelate. «Ora c'è stato il riavvio - conclude Cernic - ma la ripresa è lenta e stimo che si tornerà ai livelli pre Covid appena verso fine anno. Se producevamo 2.500 tonnellate al mese ora viaggiamo invece sulle 1700 ton».

Tiziana Carpinelli

 

Presto in Regione le 500 firme che dicono no a Pecol dei Lupi

Il Comitato le consegnerà in piazza Oberdan accompagnato da cinque consiglieri Alla base della protesta c'è il conferimento di 47 mila metri cubi di secco residuo

Cormons .Arriverà nei prossimi giorni in Consiglio regionale la battaglia del Comitato No Pecol per impedire il conferimento di nuovo materiale secco residuo nella discarica alle porte di Borgnano. La prossima settimana, infatti, la petizione promossa dal Comitato verrà portata all'attenzione di piazza Oberdan, sostenuta anche da cinque consiglieri regionali di opposizione: Tiziano Centis (Cittadini), Diego Moretti (Partito democratico), Furio Honsell (Gruppo Misto), Ilaria Dal Zovo (Cinquestelle) e Massimo Morettuzzo (Patto per l'Autonomia).Nel testo della raccolta si parla di 443 firme, ma il numero negli ultimi giorni è ulteriormente lievitato sfiorando quota 500: non solo, oltre a quelle cartacee ce ne sono anche 356 online (sebbene molte di queste siano di persone che hanno firmato anche quella cartacea) sul sito Change.org. La petizione "Chiusura della discarica Pecol dei Lupi senza nuovi conferimenti" ha Claudio Bertos, tra i promotori del Comitato, come primo firmatario e nasce per ribellarsi all'idea di altro materiale secco residuo che possa essere immesso nel sito alle porte di Borgnano una volta dissequestrato dalla magistratura. L'area è ancora off-limits a causa di una disposizione giudiziaria, ma il piano studiato da Isontina Ambiente prevede di riempire il buco ancora esistente con 47 mila metri cubi circa di secco residuo (cifra superiore ai 35 mila metri cubi inizialmente supposti).«Proprio le cifre ci preoccupano - commenta Bertos, residente a Borgnano - perché questo continuo ballo di numeri non ci fa ben sperare: nei mesi scorsi l'azienda non ci aveva mai parlato, durante gli incontri pubblici, di 47 mila metri cubi, ma di una quota molto inferiore. Poi, ci siamo ritrovati nel progetto questo volume da riempire, e la cosa ci sconcerta parecchio. Noi ci battiamo contro ogni tipo di conferimento, la salute pubblica deve essere messa davanti a tutto: la discarica si può chiudere così com'è, non servono nuovi conferimenti. Abbiamo ricevuto un appoggio molto ampio, se si pensa che tra cartaceo e online abbiamo messo insieme circa 850 firme in pieno periodo pandemico, e dunque senza la possibilità di muoverci a raccogliere consensi come avremmo voluto si può capire la grande presa che la nostra battaglia ha avuto nella nostra comunità. Solo qualche anno fa una simile raccolta firme a Borgnano aveva infatti raccolto circa 200 adesioni». La lotta del Comitato non si fermerà all'incontro in Regione: «Stiamo predisponendo - aggiunge Bertos - una lettera aperta ai cittadini in cui rendiamo conto di quanto successo in tutto quest'ultimo periodo. La popolazione deve essere informata dei dettagli: siamo molto preoccupati anche per la situazione relativa ai pozzi, dei quali non si conoscono i dati di Arpa». Nel testo inviato in Regione, i promotori dell'iniziativa scrivono come «sia nostra intenzione impedire che il Comune di Cormons diventi di nuovo la discarica dell'Isontino». Chiedono inoltre che «vengano attentamente vagliate proposte alternative per la chiusura definitiva» nonché «maggiore trasparenza nella gestione di Pecol e nella pubblicazione dei dati ambientali». Il Comitato evidenzia inoltre come gli aspetti per esso più significativi siano «salute e ambiente». Il gruppo di cittadini aderenti all'iniziativa pretende inoltre «un intervento che non sia dettato unicamente da motivi economici e di rapidità».

Matteo Femia

 

 

Altri nidi a Porto San Rocco La "casa" delle rondini è qui

Installate nuove dimore artificiali dalla onlus Liberi di Volare tra i portici del borgo L'amministratore Pacini: «La legge tutela la specie dal calo demografico»

MUGGIA. Porto San Rocco sempre più casa delle rondini. Ieri mattina lungo i portici del borgo muggesano sono state messe a dimora, con l'ausilio del socio dell'associazione onlus Liberi di Volare, Fabio Strolego, altre due casette - due erano già state installate nel pomeriggio del giorno prima - per questi utilissimi volatili. Il montaggio dei due nuovi nidi, sul lato dei portici che si affaccia lungo l'ex bacino di carenaggio dello storico ex cantiere muggesano, è stato l'occasione per vedere come le rondini abbiano eletto a dimora prediletta questo angolo di Adriatico settentrionale. Basta passeggiare per i vialetti per imbattersi in questi velocissimi uccelli, che sfrecciano in direzione dei nidi che l'associazione Liberi di Volare, onlus che tutela e protegge questi splendidi piccoli viaggiatori che ogni anno ritornano a casa, ha contribuito, nel corso degli anni, a installare. «Una rondine - ha spiegato la presidente dell'associazione, Silvana di Mauro - compie ogni anno una migrazione di ben 14 mila chilometri per tornare al suo luogo natio e riprodursi, e il suo nido è per la vita, come è anche per la vita il suo compagno o la sua compagna con cui far famiglia».E infaticabili appaiono nel portare al nido numerosissimi insetti che, trasformati in bolo custodito nelle guance durante il volo, vengono portati direttamente ai voraci beccucci dei piccoli. Oltre ai nidi si è posta l'attenzione anche alla sicurezza di questi simpatici uccelli: ieri sono state installate anche alcune lastre sagomate in plexiglas che, al posto degli spuntoni metallici antipiccioni, pericolosissimi per questi animali, non permettono la sosta sulle plafoniere, proteggendole. «Siamo riusciti a installarne alcune - ha proseguito di Mauro - ma le plafoniere sono tante e abbiamo bisogno di un aiuto finanziario per arrivare a ricoprirle tutte». Ma pare che non tutti abbiano la stessa sensibilità al riguardo. Le rondini purtroppo, come spiegato da Marco Pacini, amministratore immobiliare che conosce a fondo la realtà di Porto San Rocco e che da anni sostiene il progetto sul ripopolamento del borgo da parte delle rondini portato avanti dall'associazione, «sono in notevole decremento demografico, ecco perché la legge le tutela. E chi danneggia i loro nidi incorre in un reato penale. Purtroppo la situazione nel corso degli anni non sempre è stata delle migliori per i volatili di Porto San Rocco: «Anni fa - sempre Pacini - in occasione dei lavori di rifacimento e ristrutturazione delle facciate furono distrutti alcuni nidi naturali». Fortunatamente le rondini non si sono arrese e al ritorno dalla migrazione hanno continuato a dimorare grazie soprattutto ai nidi artificiali nel frattempo installati. Nel borgo ci sono anche dei nidi naturali, in posizioni, tra l'altro, davvero particolari: una famiglia ha deciso di costruire il proprio nido su di un faretto di una fotocellula, un'altra ha deciso di usare come base per il proprio nido una telecamera di sorveglianza. «Tutelare gli habitat di questi "pendolari del cielo" - ha concluso di Mauro - significa tutelare anche la nostra specie e la nostra salute. Una rondine, ogni giorno, arriva a divorare circa 6 mila insetti e un rondone più di 10 mila. Si tratta di veri spazzini dell'aria, che potrebbero limitare di molto i pesticidi per la nostra agricoltura».  l'iniziativa dei consiglieri di dieci comuni della regione

Luigi Putignano

 

 

Risiko del gas, Serbia e Bulgaria accelerano sul Balkan Stream

Sarà collegato all'impianto turco e attingerà alle fonti russe e a quelle azere E otto capitali dell'Est bussano a Bruxelles: obiettivo, l'uscita dal carbone

Belgrado. Accelerazione su importantissime opere la cui costruzione era stata rallentata dalla pandemia, ma che devono essere completate entro l'anno. E piani congiunti per creare un fronte comune puntando tutto sul gas come fonte di approvvigionamento. Gas che sarà la parola-chiave nel prossimo futuro, a Est e nei vicini Balcani, regione dove il tema energia ha ripreso forza, con complicati giochi di potere che si stanno sviluppando nell'area. Lo scenario è confermato da evoluzioni inequivocabili, come il piede sull'acceleratore che Serbia e Bulgaria hanno premuto per il completamento del gasdotto Balkan Stream, succeduto al defunto South Stream affossato dai veti Ue e dall'opposizione Usa, opera fortemente sostenuta da Mosca per bypassare l'Ucraina. Il gasdotto trasporterà gas russo - ma è aperto anche a quello azero - nel cuore dei Balcani, dopo aver attraversato il Mar Nero via esistente TurkStream. L'opera ha subito forti ritardi anche causa pandemia, ma ora si fa sul serio. «Speriamo di lasciarci alle spalle questi mesi di ritardo», ha detto il premier bulgaro Boyko Borisov, che ha incontrato il presidente serbo Aleksandar Vucic per fare il punto sui lavori. Borisov ha promesso che il tratto bulgaro sarà completato entro l'anno, nel rispetto delle regole Ue. È «un'opera essenziale per la crescita dell'economia e dell'industria», gli ha fatto eco Vucic, presidente di quella Serbia che già a dicembre ha terminato la posa delle tubazioni nella sua sezione. E pure l'Ungheria attende con ansia il gas del Balkan Stream. Budapest ha infatti annunciato che, grazie al metano in arrivo da Sud e a un accordo ad hoc con Gazprom, potrà triplicare la capacità dell'interconnettore con la Slovacchia, andando a rifornire anche l'Europa centrale a partire dal 2021. Ma non ci sono solo Serbia, Bulgaria e Ungheria. In un'Europa dell'Est che deve risolversi ad abbandonare il carbone come fonte di energia, sta nascendo una grande coalizione di Stati che vuole puntare sul gas come "ponte" per la neutralità climatica. Lo rivela un documento condiviso da otto capitali Ue - Budapest, Sofia, Praga, Atene, Vilnius, Varsavia, Bucarest e Bratislava - che hanno chiesto a Bruxelles di non opporsi all'uso di «gas naturale» e biometano nel processo di decarbonizzazione, tappa obbligata prima del passaggio a energia più verde entro il 2050. Per questo - è la petizione dei Paesi dell'area - è di «cruciale importanza» che l'Ue sostenga anche «finanziariamente lo sviluppo dell'infrastruttura del gas».Dietro la corsa al gas si combatte anche una sotterranea guerra tra grandi potenze, interessate ad aumentare la propria influenza nella regione usando l'energia come cavallo di Troia. Se serve gas, sarà necessario infatti pomparlo nei gasdotti. E così Mosca - con l'appoggio della Turchia - potrebbe rafforzare il suo ruolo nella regione anche via TurkStream e soprattutto Balkan Stream, che «congeleranno sotto la solida egemonia della Russia gran parte del Sud-est Europa», ha avvisato il portale specializzato Natural Gas World. Il portale ha ricordato che al momento solo «Gazprom beneficia infatti del progetto», dato che nessun altro fornitore sarebbe interessato a offrire gas per il metanodotto. Gli Usa intanto hanno già stretto accordi con la Polonia per rifornimenti di gas liquido e mirano a fare lo stesso in altre aree dell'Est. Ma non mancano nemmeno le polemiche sul fronte dell'ambiente. «Investire in gasdotti per tagliare le emissioni», ha attaccato Tara Connolly, di Friends of Earth Europe, «è come comprare sigarette al mentolo per smettere di fumare». Quelle infrastrutture rimarranno per decenni obbligando la regione a restare legata al gas, hanno avvertito altri ecologisti; Climate Action Network ha fatto appello «affinché non un centesimo sia speso per sostenere i combustibili fossili».

Stefano Giantin

 

 

«Sossi uomo onesto Tanti scontri fra noi ma ci rispettavamo»

Il sindaco Dipiazza ricorda commosso lo storico sindacalista: «Persona onesta e per bene». L'omaggio bipartisan del mondo politico

Ha commosso di fatto la città intera la notizia della morte di Marino Sossi. Complice il lockdown, in pochi erano al corrente di quel male che lui aveva scoperto pochi mesi fa. Ieri si sono moltiplicati i ricordi di quell'uomo educato, ironico, ma con una forte determinazione, anzitutto come sindacalista della Cigl, nel non guardare in faccia nessuno quando serviva difendere i più fragili. A dedicargli un pensiero, rivolgendo un abbraccio alla sua famiglia, è stato anche Roberto Dipiazza. «Mi dispiace veramente molto», la commozione del sindaco: «Un uomo gentile e determinato, sempre coerente con i propri valori che hanno caratterizzato la sua vita ed il suo impegno politico. Una persona per bene, onesta. Negli anni con lui mi sono confrontato e scontrato su diversi temi, ma sempre con grande rispetto reciproco, perché entrambi sapevamo che le nostre posizioni, anche quando divergenti, erano sempre animate dalla volontà di fare l'interesse della comunità cittadina». Antonella Grim è stata assessore all'Educazione quando Sossi sedeva sui banchi del Consiglio Comunale come capogruppo di Sel. «Sei stato un consigliere trasparente, limpido, puntuto, da cui ho imparato tanto. Mi mancherai», ha scritto l'esponente di Italia Viva. Pubblicando una bella foto di Sossi sorridente, Sabrina Morena, consigliera comunale di Sel lo ricorda come «anima battagliera, grande conoscitore della macchina comunale. Ci siamo divisi in politica, ma recentemente ci eravamo visti seguendo insieme un progetto. Un percorso di dialogo che si era aperto e ora interrotto, ma che idealmente comunque continua». Vincenzo Rescigno della Lista Dipiazza lo indica come «politico con idee diametralmente opposte alle mie che stimavo e salutavo con grande rispetto, sempre».

Laura Tonero

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 4 giugno 2020

 

 

«Ferriera, troppi silenzi» L'assemblea online prepara il presidio Fiom - domani la protesta sotto il palazzo regionale

Si prospetta un notevole seguito per la manifestazione promossa per domani alle 10 dalla Fiom-Cgil in piazza Unità per manifestare contro «il silenzio sull'Accordo di programma» riguardante la Ferriera. In questa occasione, si terrà un incontro ufficiale con il presidente della Regione, Massimiliano Fedriga, e l'assessore regionale al Lavoro, Alessia Rosolen. Le due iniziative sono state annunciate ieri sera nel corso dell'assemblea online organizzata dai lavoratori della Ferriera, alla quale hanno partecipato un'ottantina di persone tra le quali anche Marco Relli e Thomas Trost della Fiom e Michele Piga, il segretario provinciale della Cgil. La manifestazione si svolgerà in maniera statica sotto il palazzo della Regione, garantendo la distanza interpersonale di un metro per rispettare le normative anti-Covid. «Di concreto non è arrivato nulla. Siamo esasperati e non lo tolleriamo più, perché è ora di finire di fare proclami a vuoto», ha denunciato Trost. «Andremo a chiedere quello che ci era stato promesso, cioè che nessun posto di lavoro sarebbe andato perso. Siamo in attesa da dieci giorni delle carte ufficiali promesse dal ministro Patuanelli per sapere dove finiranno i lavoratori», ha detto Relli della Fiom. «Abbiamo detto da sempre che prima bisogna avere le tutele per i lavoratori e poi- ha aggiunto Relli- si può procedere con la riconversione». «Dipiazza, Fedriga e Patuanelli hanno deciso che la Ferriera deve chiudere e non è stato a causa di una crisi di mercato, quindi le paghe devono essere garantite. Dal nostro punto di vista queste istituzioni devono garantire una risposta occupazionale, perché chi rompe i cocci li deve riparare», ha sottolineato Piga. Se non dovesse bastare la manifestazione di domani, il segretario provinciale della Cgil ha assicurato che le proteste continueranno fino a quando non si otterranno delle risposte certe sull'occupazione. Sempre durante la riunione, è stato reso noto che dal primo giugno è scaduta la "cassa integrazione Covid", cioè gli ammortizzatori dati dal governo all'azienda per "accompagnare" il lockdown, ed è scattata quella straordinaria (Cigs), che ha una durata massima di 24 mesi. Infine, è emerso che è stato chiuso un secondo reparto della fabbrica e che i suoi lavoratori sono stati trasferiti in un altro, poiché attualmente gli ordini sarebbero a zero e la produzione della fabbrica sarebbe quindi ai suoi minimi storici.

Simone Modugno

 

 

Patto fra Eni e Fincantieri per dire addio al carbone

Dalle navi alimentate a gas naturale allo sviluppo di tecnologie rinnovabili nel settore off-shore. Le nuove frontiere tecnologiche verso l'energia pulita

TRIESTE. Non ci sono solo i grandi piani di alleanze europee come lo sbarco in Francia (ancora in attesa dell'ok Antitrust Ue) nel futuro produttivo di Fincantieri. Il gruppo triestino sta cercando di immaginare il domani della cantieristica che, come sta accadendo nel settore auto, dovrà fare i conti con i nuovi scenari di un'economia eco-sostenibile. E quindi non solo auto elettriche, ma anche navi elettriche e a energia pulita. Il Ceo Bono ha ricordato che Fincantieri realizzerà a Monfalcone le più grandi navi da crociera "green" mai costruite in Italia. Nell'ambito di questi progetti industriali si inserisce il Memorandum of Understanding siglato dall'amministratore delegato del gruppo triestino e da quello di Eni, Claudio Descalzi, che estende la collaborazione nel campo della ricerca e sviluppo avviata tra le due società nel 2017, includendo fra gli ambiti di applicazione anche l'approccio verso nuove frontiere tecnologiche. Fulcro del rinnovo delle intese, infatti - si legge in una nota - saranno «le attività di valutazione congiunta delle opportunità di sviluppo di iniziative innovative in ambito di decarbonizzazione e di economia circolare. Le attività si concentreranno prevalentemente sui temi di waste to energy (produzione di energia da scarti e rifiuti), sulla produzione e trasporto di vettori energetici come il gas naturale, il metanolo o l'idrogeno, sulle applicazioni di fuel cells e sullo sviluppo e utilizzo di tecnologie rinnovabili off-shore». Eni e Fincantieri stanno da tempo costruendo un disegno strategico industriale assieme: «Il percorso di ricerca che stiamo tracciando con un gruppo del calibro di Eni ha già portato alla nascita di molteplici progetti in grado di consolidare il primato tecnologico che ha permesso alle nostre società di ottenere affermazioni importanti a livello globale», ha detto ieri Bono. Basti pensare all'accordo fra i due gruppi e la Cassa depositi e prestiti dove i due gruppi uniscono le forze per creare nuovi impianti in grado di trasformare i rifiuti in bio combustibili e acqua. Nel corso del triennio relativo al precedente accordo, Eni e Fincantieri hanno collaborato fattivamente allo sviluppo di diversi concept relativi a piattaforme galleggianti per produzione off-shore, applicando un brevetto Fincantieri.«Grazie alle sinergie sviluppate, Fincantieri ed Eni possono supportare in maniera decisiva lo sviluppo sostenibile del Paese. Questo accordo si inquadra perfettamente nella strategia di lungo termine che abbiamo disegnato», ha detto l'ad di Eni Claudio Descalzi. In sostanza i due gruppi stanno lavorando alla transizione energetica fornendo energia in maniera redditizia e, al contempo, ottenendo un'importante riduzione dell'impronta carbonica. Nel mix produttivo di Eni il gas, la fonte di energia fossile a più basso impatto emissivo, rappresenterà una componente crescente nei prossimi anni: il 60% nel 2025 e addirittura l'85% nel 2050: «In questo percorso Fincantieri rappresenta un partner di eccellenza strategica con il quale continuiamo a ricercare e sviluppare tecnologie e sistemi innovativi», sostiene Descalzi. «Siamo convinti che il successo di questa partnership sia un'ottima notizia per il Paese perché esplora un ambito come quello dello sviluppo sostenibile», aggiunge Bono.

Piercarlo Fiumanò

 

 

DARK FUTURE - Isontino, un clima impazzito spazzerà via boschi e campi

Il collasso dell'ambiente, costringerà gli abitanti a vivere di stenti e in mezzo a mille difficoltà. Unici fortunati quelli protetti dalla cupola della Zona Alta

Il mondo in cui Luca si trovava a dover vivere non era come quello in cui era cresciuto. Era nato solo pochi decenni prima, eppure in quel lasso di tempo la Terra era profondamente cambiata, sconvolgendo le vite dei suoi abitanti. Il 2063 non era assolutamente come se l'era immaginato da piccolo, quando si dilettava a fantasticare su come sarebbe stato il futuro. Mentre raggiungeva cupo il suo posto di lavoro, Luca pensava proprio al mondo che s'era lasciato dietro, quello della sua infanzia, dove tutto era abbondante e nulla sembrava mai mancare a nessuno. Dove una volta c'erano boschi, campi e piccoli paesi rurali non rimanevano che tristi rovine. Da anni infatti continui cataclismi affliggevano il mondo senza placarsi mai, in un continuo alternarsi di alluvioni e inondazioni, siccità, tremendi incendi e violente trombe d'aria. Le distruzioni causate dal quel tremendo succedersi di eventi aveva costretto l'uomo ad abbandonare vecchie abitudini e comunità d'origine, strappandogli in un lampo il controllo su terre che per millenni aveva dominato, sfruttandole e piegandole alla sua volontà. Ormai, di quell'antico strapotere che riempiva gli umani d'orgoglio, non rimanevano che le tristi conseguenze. Il continuo sfruttamento delle risorse del pianeta, il costante inquinamento e la noncuranza con cui l'umanità aveva perseverato nel suo stile di vita mostravano infine i loro devastanti effetti. Il clima, ormai impazzito e incontrollabile, era mutato tanto da rendere la Terra un ecosistema inospitale per l'umanità, che da specie dominante si stava rapidamente trasformando in una reliquia del passato, avvinghiata disperatamente alla propria esistenza. Questi erano i mesti pensieri su cui rimuginava al mattino, quando attraversava, strascicando i piedi, la baraccopoli di catapecchie in legno e lamiera dove abitava, chiamata da tutti la "Zona Bassa". Le case, addossate le une sulle altre come persone chiuse in uno spazio troppo stretto, erano malconce e tremolanti. Le strade, coperte come al solito d'immondizia e detriti, erano fangose e ancora allagate dall'ultima inondazione, e le poche persone che le percorrevano mostravano tutte la stessa faccia: il volto della sofferenza. Al di sopra di quel desolato paesaggio, abbarbicata in cima ad una grigia collina, si stagliava contro il cielo l'imponente profilo della "Zona Alta".Luca la fissava imbronciato, mentre vi si avvicinava lentamente, con l'acqua alle ginocchia, pensando a come potesse essere la vita lassù. Circondata da un'enorme diga e interamente coperta da una gigantesca cupola trasparente, la "Zona Alta" era la risposta finale dell'umanità al clima impazzito che si era ritrovata a dover fronteggiare, l'ultimo baluardo concepito dalla tecnologia per assicurare la sopravvivenza della specie. Quella del Collio non era molto grande, né molto popolata, ma ce n'erano tante altre in giro per il mondo. Al loro interno, si potevano trovare ampie zone verdi e case lussuose, oltre che preziosissime coltivazioni e frutteti, il tutto perfettamente protetto dai cataclismi grazie a elaboratissimi sistemi di sicurezza. Eppure, per quanto fortificate fossero quelle bolle paradisiache, i loro abitanti raramente riuscivano a mantenerle in funzione con le loro sole forze, ragion per cui erano molto spesso circondate da centri abitati come la "Zona Bassa", dove viveva lui. Gli abitanti della cupola fornivano ai lavoratori energia, cibo e li difendevano parzialmente dagli elementi. Anche se la protezione che offrivano non era assolutamente completa, impedivano a tempeste e incendi di decimare la popolazione ogni mese. In cambio, le persone che vivevano ai piedi delle cupole vi prestavano servizio come forza lavoro, mantenendo in funzione la miriade di sistemi che le componevano, coltivandone campi e frutteti, e facendo da servitù. Per anni, questo sistema si era mantenuto relativamente stabile, ma Luca era convinto che quell'equilibrio fosse sul punto di venir meno. Le riserve alimentari da mesi scarseggiavano, la produzione era calata e si erano fatti più rari anche i convogli di approvvigionamento che solitamente giungevano dalle poche terre coltivabili nel Nord Europa. Le medicine stavano diventando introvabili e, nella "Zona Bassa", costantemente esposta agli elementi, le malattie dilagavano. Per completare il quadro, il clima si stava facendo sempre più duro e feroce. Luca sapeva che non si sarebbe potuto continuare così a lungo. Il sistema era al collasso, e bisognava agire prima che questo accadesse. Quelli che governavano dall'alto della cupola tenevano il coltello dalla parte del manico, certo, grazie al controllo esercitato su tutte le risorse della zona, ma senza i lavoratori della "Zona Bassa" non potevano sopravvivere, né potevano continuare a proteggere solo se stessi e i loro concittadini della "Zona Alta". Lo status quo doveva cambiare, e se nessuno era disposto a prendersi il rischio di lottare per quel cambiamento, toccava a lui farlo. O si salvavano tutti assieme, o non si sarebbe salvato nessuno. Questo racconto introduce il percorso Collio 2063 / Dark Future, ambientato in un Collio del futuro, parte di un mondo che non ha saputo e voluto, a livello nazionale e internazionale, fornire con coraggio risposte concrete a livello globale per preservare l'ambiente e l'intero pianeta. S'ispira liberamente alle ricerche scientifiche svolte da ARPA FVG e raccolte nello Studio conoscitivo dei cambiamenti climatici e di alcuni loro impatti in Friuli Venezia Giulia/2018. Il percorso è legato agli obiettivi 6, 7, 8, 10, 13 dell'Agenda ONU per lo Sviluppo Sostenibile.

ANTONIO DEGRASSI

 

 

Addio a Sossi, il sindacalista dei più deboli

Morto a 72 anni lo storico esponente della Cgil. Dal 2011 al 2016 sedette in Consiglio comunale tra i banchi di Sel   (articolo originale)

Un sindacalista "verace". Una persona per bene, semplice, che si schierava sempre dalla parte dei più deboli e che spesso, quando parlava di quelli che «non ce la fanno, con la voce roca, si emozionava. La notizia della morte di Marino Sossi, ieri, ha colpito e commosso trasversalmente il mondo politico e quello sindacale di Trieste. Perché questo settantaduenne discreto dall'incedere lento, con gli occhi vispi, la battuta pronta e il sorriso sotto i baffi, godeva del rispetto e della simpatia di tutti. I suoi interventi in aula tra i banchi della sinistra - era stato eletto nel 2011 con Sel, rimanendo in Consiglio comunale per cinque anni - e prima ancora quelli come storico segretario della Cgil Funzione pubblica venivano sempre ascoltati con rispetto. Negli ultimi anni, in particolare, Sossi aveva abbracciato la battagli degli uomini e delle donne che pagano sulla loro pelle lo spietato sistema degli appalti al ribasso. Diplomato al Nautico, Sossi era stato assunto come impiegato dall'amministrazione comunale. Da pensionato non aveva abbandonato le sue battaglie. Amico sincero, padre affettuoso innamorato della figlia Nina, condivideva l'impegno sindacale con la sua compagna di vita Rossana Giacaz con la quale si era sposato pochi anni fa. «Era un uomo tutto d'un pezzo, un sindacalista duro e puro - commenta commosso Waldy Catalano, amico e compagno di tante battaglie - che non si tirava indietro quando c'era da alzare una voce fuori dal coro. Un coerente, che soffriva per il contatto che la sinistra aveva perso con la gente». I due amici negli anni hanno condiviso tante esperienze. «Quando negli anni '70 io sono entrato nella Cgil - ricorda Catalano - lui era già impegnato come delegato. Poi abbiamo vissuto insieme, con entusiasmo, la prima fase di Sel e negli ultimi anni ci eravamo ritrovati nella Lega Nordest della Spi, il sindacato pensionati». Catalano ricorda di aver visto Sossi pochi giorni prima che scoppiasse l'emergenza coronavirus. «Quando poi ci siamo risentiti al telefono - spiega - avevo percepito che qualcosa non andava per il verso giusto. Se n'è andata una bella persona» Sensibile ai temi del lavoro e dell'ambiente, Sossi nei cinque anni della giunta Cosolini era stato consigliere di Sel. Alle ultime elezioni comunali, invece, si era candidato a sindaco per la lista civica "Sì - Sinistra per Trieste". Tanti ieri i messaggi sui social alla notizia della sua morte. «Sinceramente e tenacemente dalla parte dei più deboli. Insomma, un compagno», così l'ex sindaco e oggi consigliere regionale Pd Roberto Cosolini. «Mi mancherai Marino - il ricordo dell'assessore Carlo Grilli - e mi mancheranno i tuoi ragionamenti antichi, sempre attuali. Mi mancherà la tua vena ironica. Mi mancherà il tuo rispetto per gli avversari, il tuo essere persona, prima ancora che politico. Fai buon viaggio». Un affettuoso messaggio è stato pubblicato anche dal pentastellato Paolo Menis che riportando una frase che sempre gli ribadiva lo storico sindacalista - «Ghe vol sempre le cinque lire de "mona" in scarsela» -ricorda «le tante riflessioni e risate fatte insieme». «Hai sempre creduto con tenacia in tutte le cose che hai detto e che hai fatto - sottolinea in un altro post il dem Marco Toncelli - anche quando queste, lo sai, non mi trovavano d'accordo, e ci costringevano a lunghe discussioni e litigate. Hai sempre dimostrato coerenza e caparbietà».

Laura Tonero

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 3 giugno 2020

 

 

Ferriera, l'Accordo in stand-by - Nuova assemblea dei lavoratori
Ancora nessuna data ufficiale per la firma dell'intesa chiave sulla riconversione. E oggi addetti riuniti a distanza. La Cgil invita tutti a scendere in piazza venerdì
Sulla firma dell'Accordo di programma ancora non si muove foglia e i lavoratori della Ferriera si autoconvocano in una nuova assemblea organizzata al di fuori dei sindacati. Il confronto si terrà oggi pomeriggio e il primo punto all'ordine del giorno è la manifestazione indetta per venerdì mattina dalla Cgil sotto la sede della Regione in piazza Unità. Il sindacato è l'unico a essersi schierato contro l'accordo firmato da tutte le altre sigle con il gruppo Arvedi e punta a un'ultima mobilitazione prima che arrivi il via libera all'Adp. L'assemblea è stata organizzata ancora una volta su piattaforme digitali per consentire la massima partecipazione e permettere ai lavoratori di esprimersi senza l'emozione di intervenire davanti a qualche centinaio di persone. La manifestazione di venerdì sarà argomento principale, ma aggiornamenti saranno dati anche sull'avvio della cassa integrazione, dopo che l'azienda si è servita degli ammortizzatori del governo per accompagnare il lockdown. A dare la carica per il presidio in piazza è il segretario provinciale della Cgil Michele Piga, che invita tutto lo stabilimento a mobilitarsi: «Arvedi e Icop non danno sufficienti garanzie sul fronte dell'occupazione. Almeno da quanto dice la stampa, visto che nell'ultimo incontro in Prefettura il ministro Patuanelli aveva annunciato che avrebbe consegnato a stretto giro la bozza definitiva dell'Adp, ma stiamo ancora aspettando dopo dieci giorni. Vogliamo incontrare il ministro e il presidente Fedriga per avere garanzie sulla piena occupazione promessa, che deve essere un obiettivo di tutte le sigle sindacali. A più riprese è stato detto che la riconversione sarebbe stata unita a filo doppio con il mantenimento dei livelli occupazionali, ma non sta avvenendo. E noi parliamo anche degli interinali e di tutto un indotto in cassa integrazione». Per l'esponente Cgil, «un processo guidato da una marea di soldi pubblici, non può concludersi lasciando un solo disoccupato in strada. Le promesse vanno mantenute per tutti e fino in fondo». Piga interpreta la manifestazione non solo come una battaglia per la Ferriera: «La visione va allargata a tutta la difficile situazione del comparto produttivo triestino, tanto più davanti agli effetti pesanti che il coronavirus avrà sull'economia». Con la fine dell'area a caldo si perderà un punto percentuale di quel già magro 9,5% che le attività industriali rappresentano sul prodotto interno lordo realizzato annualmente a Trieste. Ecco allora che secondo Piga, «per l'area di crisi complessa serve manifattura e non solo logistica, perché solo l'industria genera vera occupazione. La riconversione doveva comprendere anche nuova industria connessa al porto, ma non si vede alcuna prospettiva». E qui spunta ancora una volta il convitato di pietra di ogni discorso riguardante le prospettive di sviluppo della città. Quel regime di porto franco che l'Autorità portuale e i terminalisti invocano da anni per attirare in città industrie che permettano alle merci di fermarsi a Trieste per le trasformazioni. È lo stesso Zeno D'Agostino ad aver sempre detto che, con il lavoro portuale sempre più automatizzato, è la manifattura a generare occupazione, mentre il ministro Stefano Patuanelli ha dichiarato che proprio sull'introduzione del regime di esenzioni fiscali si misurerà l'efficacia della sua azione nei confronti di Trieste. Sul porto franco la posizione della Cgil è allineata ma tagliente: «Lo sviluppo passa da qui, ma finora si sono sentiti solo tanti impegni e tante promesse», dice Piga.

Diego D'Amelio

 

«Le istituzioni possono rispettare gli impegni?» - LA UILM IN PRESSING
È stato tra i promotori dell'accordo sindacale sulla Ferriera, ma la misura comincia a essere colma anche per lui. Il segretario provinciale della Uilm Antonio Rodà si appella al ministro Patuanelli: «Gli ricordo che al tavolo della Prefettura aveva parlato di firma entro venerdì scorso. La data andava rispettata o si doveva spiegare cosa la blocca, dopo che era stata dichiarata piena convergenza tra Mise, Regione e imprese». Rodà non nasconde la preoccupazione: «Le istituzioni avevano o no in mano la reale possibilità di rispettare i loro impegni sul pieno mantenimento dell'occupazione? Patuanelli diceva addirittura di avere in tasca un accordo con Fincantieri per ricollocare possibili esuberi». Parole molto simili a quelle della Cgil, ma i sindacati del sì venerdì non saranno in piazza: «La manifestazione della Fiom non è stata concertata. Uilm, Fim, Failms e Usb hanno scelto un percorso di confronto con le istituzioni. Siamo in attesa del riscontro ma, se non dovesse pervenire, valuteremo le azioni da mettere in campo». Al "ve l'avevamo detto" della Cgil, Rodà contrappone la difesa dell'accordo sindacale sulla riconversione: «È stato firmato davanti alla volontà politica di Regione, Mise e Comune di chiudere l'area a caldo. Sapevamo che tale chiusura avrebbe creato un problema di equilibrio occupazionale, ma le istituzioni continuavano a sbandierare che nessuno sarebbe stato lasciato indietro. E noi nell'accordo abbiamo messo per iscritto quell'impegno preso sulla piena occupazione».

D.D.A.

 

 

I residenti in "rivolta" contro le antenne 5G tra Rozzol e Montebello - avviata una raccolta firme
Torna il mal di pancia nei confronti delle antenne 5G. Alcuni residenti nella zona di via dei Tominz hanno mal digerito la presenza di nuove installazioni, montate nel corso degli ultimi mesi, sui tetti di alcuni condomini dell'area, tanto da spingere alcuni di essi a iniziare una raccolta firme da indirizzare sia alla Regione che all'Ater - proprietaria di alcuni degli edifici dove sono state montate - per manifestare la loro contrarietà a queste antenne, sottolineandone l'estrema pericolosità. Un allarme, quello sulle nuove antenne 5G, che dilaga strisciante in tutta la città, esternato anche sui social su due gruppi Fb, che assieme contano più di 1. 500 iscritti. Dal canto suo la Regione, attraverso l'Arpa, sottolinea come le misurazioni del campo elettromagnetico effettuate sulle nuove antenne evidenzino valori molto inferiori a quelli di attenzione previsti dalla normativa. «Ciononostante - rassicura l'assessore regionale all'ambiente Fabio Scoccimarro - ritengo che vada compiuto un ulteriore sforzo su questo tema, e per questo ho chiesto ad Arpa di avviare una nuova serie di monitoraggi». I cui risultati saranno presentati la prossima settimana, assieme alle nuove strategie della Regione su un tema che sta a cuore a una fetta importante della cittadinanza.

Lorenzo Degrassi

 

 

San Dorligo, un "referendum" per il nuovo Piano del traffico - la consultazione cittadina
SAN DORLIGO della Valle. Coinvolgere i residenti, per renderli parte attiva nella predisposizione del futuro assetto del traffico sull'intero territorio comunale. Muove da questo presupposto l'iniziativa del Comune di San Dorligo della Valle che, a partire da oggi, inviterà la popolazione a compilare un questionario, scaricabile dal sito del Municipio, per esprimere esigenze, raccomandazioni, proposte, soluzioni e idee che andranno appunto a costituire l'ossatura del futuro Piano del traffico. «I risultati - precisa l'assessore ad Ambiente, Territorio, Urbanistica e Trasporti Davide Stokovac - saranno poi fondamentali nella redazione delle future norme che regoleranno la mobilità nel nostro Comune. Il traffico e la sicurezza stradale negli ultimi anni sono diventati oggetto di particolare attenzione. Il traffico influisce sulle nostre vite in più modi. Dobbiamo considerare che un terzo dell'energia consumata in Europa è utilizzata proprio nel settore dei trasporti, mentre il traffico è responsabile di un quarto delle emissioni di gas che alterano il clima. Quindi, se vogliamo lasciare alle giovani generazioni un mondo idoneo alla vita, dobbiamo prendere coscienza di tutto ciò». Un ragionamento che non può prescindere dalla sicurezza sulle strade. «In Italia - riprende l'assessore - vi sono circa venti incidenti stradali ogni ora e ogni tre ore si perde una vita sull'asfalto. Analogamente, in Slovenia, ogni mese otto persone perdono la vita sulla strada. In base alle statistiche, le strade urbane sono in assoluto le più pericolose e l'incidente stradale è il primo motivo di morte per i giovani tra i 15 ed i 44 anni d'età». Una combinazione di "elementi" che l'amministrazione ha deciso di affrontare, dando così la parola alla popolazione, anche perché in prospettiva c'è da considerare un inevitabile aumento del traffico pesante sul territorio comunale, dopo l'insediamento del Punto franco nell'area ex Wärtsilä. «Oggi - rileva ancora Stokovac - le strade sono di dominio delle macchine e il diritto al loro utilizzo da parte dei pedoni è stato in gran parte perso. Affinché le strade ridiventino uno spazio adatto alla vita - conclude l'assessore - abbiamo intrapreso, assieme al sindaco Sandy Klun, che sul tema è particolarmente sensibile, la redazione del Piano del traffico, che vuole essere lo strumento con il quale conciliare le necessità di movimento con il diritto alla sicurezza, alla comodità e alla dignità degli abitanti». Parallelamente rispetto alla predisposizione del Piano urbano del traffico, l'amministrazione ha voluto intraprendere anche l'iter per la redazione del "Biciplan comunale", il piano propedeutico all'accesso ai finanziamenti regionali per la realizzazione di percorsi ciclabili, uno dei principali strumenti di tutela delle utenze "deboli" della strada. I questionari potranno essere consegnati entro il 30 giugno.

U.SA.

 

 

ISTRIA - Morìa di Pinna nobilis nel Sud della Penisola - BIVALVE PROTETTO
Pola - Il killer della Pinna nobilis (o nacchera), specie rara e protetta nell'Adriatico, è apparso nel mare dell'Istria meridionale. Le supposizioni effettuate dai biologi marini, dopo che diversi esemplari del bivalve erano stati ritrovati senza vita nei pressi della località di Promontore, sono state ora confermate dal laboratorio dell'Istituto veterinario di Zagabria. L'esistenza della Pinna nobilis è dunque ora seriamente minacciata anche dal parassita protozoo dal nome scientifico Haplosporidium pinnae, che si aggiunge a vari altri fattori a partire dall'inquinamento dei mari. Nel Mediterraneo il parassita ha già provocato una fortissima morìa di questa fragile specie marina. Il protozoo killer si espande, favorito dalle correnti marine, per circa 300 chilometri all'anno, e la temperatura che gli è più confacente è quella superiore ai 14 gradi. Già tempo fa, dopo le notizie di morìa di Pinna nobilis arrivate da altre aree del Mediterraneo, gli studiosi dell'Aquario di Verudella avevano però ottenuto delle autorità competenti il permesso di raccogliere dal mare circa 300 pinne nobili - sane - per trasferirle in alcune vasche nelle quali era stato ricreato il loro habitat naturale. Nello stesso ambiente viene prodotto pure il fitoplancton del quale il bivalve si nutre. «Ora stiamo creando i presupposti - spiega Milena Micic, alla quale fa capo l'Aquario - per la riproduzione della Pinna in un ambiente sano e sicuro, con un'operazione che confidiamo di portare a termine».

P.R.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 2 giugno 2020

 

 

Scontro viticoltori-agricoltori sui piani di rilancio del Carso
I produttori di vino sconfessano l'Assocoltivatori Fvg sulla tutela del territorio: «Il Protocollo sulla Dop è carta straccia. Meglio lavorare con Regione e Gal»
TRIESTE. Il Protocollo d'intesa per la valorizzazione della "Doc" Prosecco è «carta straccia» e «ha rappresentato, per la viticoltura locale, un momento di grandi aspettative che si sono trasformate in una cocente delusione. Meglio agire in diretta collaborazione con Regione, PromoTurismo Fvg e altri soggetti operanti sul territorio, come ad esempio il Gal Carso».Sul futuro sviluppo dell'agricoltura locale è drastica la presa di posizione dell'Associazione Viticoltori del Carso, che si schiera su un fronte di fatto contrapposto a quello in cui ha recentemente dichiarato invece di ritrovarsi l'Associazione degli Agricoltori del Friuli Venezia Giulia, da mesi impegnata -partendo dalla necessità di riqualificare e mettere in sicurezza una serie di pastini del ciglione carsico - proprio nella forte richiesta di ridare vigore e attualità al contenuto del Protocollo d'intesa, documento sottoscritto più di una decina di anni fa e scaduto nel 2016. «Oggi possiamo affermare - si legge in un comunicato diffuso dalla stessa Associazione Viticoltori del Carso - che il Protocollo d'intesa è stato scritto male, non conteneva le giuste priorità e le giuste garanzie, e quindi alla fine si è rivelato un documento da buttare. Successivamente - prosegue la nota - la faccenda è stata gestita ancor peggio e non ha portato l'atteso significativo contributo allo sviluppo della viticoltura carsica». Chiari anche i propositi dell'Associazione Viticoltori per il futuro: «Siccome non intendiamo ripetere gli stessi errori del passato perché la firma del Protocollo è stata di per sé un clamoroso errore - annuncia l'associazione - preferiamo attivare linee di stretta collaborazione con quelle realtà assieme alle quali abbiamo già fatto grossi passi avanti in merito ai vincoli sulle Zone di protezione speciale e sui Siti di importanza comunitaria, ai disciplinari e ai progetti di sviluppo, comunicazione e marketing. In buona sostanza - concludono i Viticoltori del Carso - preferiamo sottoporre a queste istituzioni progetti concreti, e poi agire di conseguenza». Per l'Associazione Viticoltori in ogni caso rimane prioritaria «la promozione dei prodotti del Carso e il rafforzamento della collaborazione fra tutte le componenti che operano sul e per il territorio».«Nel Protocollo d'intesa - è la replica di Edi Bukavec, componente dell'esecutivo regionale dell'Associazione degli Agricoltori del Friuli Venezia Giulia - esiste un masterplan che prevede uno stanziamento di 15 milioni di euro a favore dell'intero comparto agricolo che non va abbandonato. Inoltre - aggiunge lo stesso Bukavec - esiste un fondo, che complessivamente ammonta a 25 milioni di euro, finora solo parzialmente utilizzati, che potrebbe essere finalizzato al sostegno e al rilancio dell'agricoltura locale, per esempio attraverso il recupero di una parte del costone carsico».Costone carsico che, conclude Bukavec, «rappresenta uno straordinario patrimonio per l'intera economia locale, però esso va salvaguardato e ristrutturato, proprio per renderlo funzionale alle attività agricole».

Ugo Salvini

 

 

Emergenza cinghiali - Il Collio vuole un sito per la macellazione
L'appello dei sindaci per stoccare la carne e tenerla in frigo - La Forestale ha abbattuto 120 animali fra Gorizia e Trieste
Cormons. Un numero sempre più alto di cinghiali sul territorio del Collio e una legislazione nazionale in materia di abbattimenti incapace di soddisfare le esigenze di un mondo agricolo in sofferenza a causa delle scorribande degli ungulati. Sono in sintesi questi i temi affrontati ieri mattina in sala civica a Cormons durante l'incontro organizzato dalla giunta Felcaro, che ha visto confrontarsi sull'argomento l'assessore regionale all'Agricoltura Stefano Zannier, i sindaci del territorio, i tecnici della Forestale e della Regione, i rappresentanti del mondo agricolo e il consigliere regionale Diego Bernardis. Due ore di approfondimenti in cui non sono mancate le proposte per superare l'impasse: le più concrete sono arrivate dai sindaci di Capriva e Medea, ossia di due delle comunità più colpite dalla massiccia presenza di cinghiali, Daniele Sergon e Igor Godeas, che hanno chiesto la creazione di centri sul territorio dove «raccogliere e pulire l'animale abbattuto fornendo così ai cacciatori un luogo di riferimento al quale rivolgersi per immettere poi nella filiera commerciale il capo».Un problema pratico emerso ieri, infatti, riguarda la difficoltà per i singoli cacciatori di smaltire le carni degli ungulati cacciati: «Il Collio - ha chiesto ancora Sergon - diventi area di sperimentazione regionale per quanto riguarda l'immissione in filiera. Si trovino incentivi anche indiretti per i cacciatori affinché possano aumentare i numeri relativi agli abbattimenti e si superino gli ostacoli concreti: basti pensare che un cacciatore caprivese di media abbatta all'anno circa 12-15 cinghiali. Non c'è poi una filiera dove smaltirli: quando il cacciatore ha finito gli amici a cui girare la carne e inizia ad avere il frigo pieno, gli abbattimenti si fermano perché non sa più dove mettere i resti dell'animale. Per questo servono più centri di raccolta e smistamento. Il problema a Capriva è talmente sentito che "l'altro giorno abbiamo avuto i cinghiali in via Battisti 51, ossia accanto alla chiesa in pieno centro».Ma oltre ai problemi di sicurezza annessi, ci sono enormi disagi dovuti ai danni causati sui raccolti: «E le soluzioni sono difficili - ha allargato le braccia Zannier - perché ci scontriamo puntualmente con una legislazione nazionale ferma in materia al 1992: non c'è la volontà a Roma di portare le necessarie modifiche perché in Parlamento non c'è una maggioranza disponibile ad affrontare il tema. Da due anni e mezzo abbiamo scritto, noi assieme ad altre Regioni, al ministro dell'Agricoltura per discutere seriamente sul tema-cinghiali. Non abbiamo mai ricevuto risposte, eppure anche le associazioni ambientaliste sono disponibili al confronto. E senza una modifica alla legge nazionale, del tutto inadeguata alla situazione attuale, abbiamo sostanzialmente le mani legate. I cinghiali negli ultimi decenni sono aumentati talmente tanto che anche se mettessimo tutti i nostri 300 forestali a fare solo abbattimenti, il problema non verrebbe risolto».Ecco quindi alcuni numeri che rendono bene l'idea delle dimensioni del problema sulla proliferazione dei cinghiali. Tra le province di Gorizia e Trieste nel trimestre marzo-aprile-maggio 2019 la Forestale ha abbattuto 50 cinghiali, mentre nello stesso periodo del 2020 ne ha uccisi 120. I cacciatori in regione erano 12 mila dieci anni fa: oggi sono 8 mila, e il numero è destinato a decrescere ancora a causa di un difficile ricambio generazionale. Ciononostante, nel Distretto Collio che va da Plessiva a Gorizia da cinque anni ci sono circa 650 prelievi annui.

Matteo Femia

 

Dalle Rive a Barcola, mare triestino invaso dalle "meduse quadrifoglio"
Piccole, viola e urticanti: occhio in caso di tuffi. «Portate qui da vento e correnti, ma spariranno presto»
Piccole. Viola. E, soprattutto, urticanti. Sono le meduse notate in gran numero in questi giorni sotto costa, all'interno dei porticcioli, nel canale di Ponterosso, davanti alle Rive e a Barcola. In molti le hanno subito immortalate con il telefonino, pubblicandone le immagini sui social e chiedendone agli esperti le caratteristiche e gli eventuali rischi, in particolare per i bagnanti che hanno iniziato a frequentare in questo periodo il lungomare. Un boom di esemplari, insomma, arrivati - a quanto è dato sapere dagli esperti - sotto la spinta delle correnti e del vento. Il che però non rappresenta un fenomeno del tutto eccezionale. Un fenomeno destinato peraltro a esaurirsi, probabilmente, in pochi giorni. Ma nel frattempo meglio prestare attenzione, soprattutto se si opta per un tuffo o una nuotata. Il contatto dei tentacoli con la pelle può causare infatti fastidiose irritazioni. «Si tratta della "Aurelia Aurita" - spiega Maurizio Spoto, direttore dell'Area marina protetta di Miramare - e diversi esemplari di questa specie sono presenti in questa fase anche a Grignano. È conosciuta anche come "medusa quadrifoglio", perché ha quattro cerchi sulla parte dell'ombrello, che corrispondono alla maturazione delle gonadi. Ci sono sia individui maturi che altri in formazione. Con il vento dei giorni scorsi sono state spinte nei porticcioli o nel canale, dove rimangono prigioniere. Poi, magari con le maree, torneranno a breve al largo. Non si tratta comunque di un fenomeno irripetibile: in questo periodo può capitare. Non vanno certo toccate perché sono urticanti, possono causare dermatiti, ma c'è pure un aspetto positivo. Sono un cibo ghiotto per le tartarughe del golfo, quindi sono un ottimo nutrimento. Spesso, purtroppo, essendo trasparenti, le tartarughe le scambiano con i sacchetti di nylon, rimanendone soffocate. Ciò ci deve far riflettere, in particolare quando si adottano comportamenti sbagliati, che mettono a rischio il nostro mare e la natura in generale». E sull'argomento Spoto rivolge un accorato appello ai triestini: «Vedo spesso in questi giorni mucchi di bicchieri di plastica, sacchetti e guanti gettati a terra, soprattutto nella zona di piazza Venezia e via Torino e anche sul molo Audace. Risultato, probabilmente, della movida. Ricordo a tutti che basta una folata di vento e finiscono in acqua. Auspico ci siano interventi mirati di pulizia, ma l'invito è anzitutto a essere più educati e rispettosi, gettando i rifiuti negli appositi contenitori. Sempre. Perché possono venir ingeriti da tanti animali che popolano il nostro golfo. E le conseguenze sono immediate, anche per noi, perché la plastica finisce, e già sta accadendo, nella catena alimentare. E, quindi, nei nostri piatti».

Micol Brusaferro

 

Diciotto cigni scomparsi tra rio Ospo e via Caboto: la pista del mercato nero - LA DENUNCIA DI UNA CITTADINA
MUGGIA. Dal clamore per i nuovi piccoli cigni che scorrazzavano lungo il rio Ospo alla scomparsa, nei giorni successivi, di 18 esemplari, 16 anatroccoli e due adulti, fra l'Ospo e il Canale navigabile. Continua, purtroppo, come già accaduto nel corso degli ultimi anni, la scomparsa di questi affascinanti volatili che hanno deciso di metter su famiglia lungo le sponde dell'Ospo e del Canale navigabile o a Lazzaretto. Non è escluso che il tanto clamore suscitato per l'ennesima cucciolata abbia attirato le mire di personaggi poco raccomandabili. Sta di fatto che la questione non è passata inosservata ad alcuni amanti di questi delicati esemplari, come Vesna Visentin, da tutti conosciuta come "Rosi", ex parrucchiera di Borgo San Sergio, che a Muggia passa molto tempo in compagnia dei suoi candidi amici, e ne conosce la travagliata storia. «La notte tra il 19 e il 20 maggio - racconta "Rosi" - sono scomparsi nove piccoli cigni della coppia di adulti di oltre 15 anni che si sono stabiliti sull'Ospo, e altri sette piccoli più il padre della famigliola che da anni ha eletto a dimora il Canale navigabile, lato via Caboto. Ora la femmina del canale navigabile si aggira disorientata tra via Caboto e la foce dell'Ospo. Tre giorni fa, inoltre, è sparito anche il maschio della coppia storica dell'Ospo. Ho segnalato all'Enpa e ai Carabinieri l'accaduto e spero si riesca a farne luce, ma soprattutto l'auspicio è che ci sia maggiore tutela per questi meravigliosi uccelli». Di sparizioni e uccisioni di esemplari giovani e adulti è piena la storia dei cigni "made in Muggia": «Ricordo con orrore e tanta rabbia - così "Rosi" - uno splendido esemplare femmina a cui, il 4 marzo 2016, a Lazzaretto, era stato tagliato il collo». Infine non è peregrina l'idea che dietro le sparizioni potrebbe esserci un mercato illegale: «Una mia amica di Udine venuta a Muggia in vacanza mi aveva raccontato di aver letto di cigni messi in vendita a Treviso a 800 euro».-

Luigi Putignano

 

 

Escursione guidata in Val Rosandra - ore 9.30

Oggi, dalle 9.30 alle 13, si terrà un'escuriosne guidata in Val Rosandra organizzata dalla cooperativa Curiosi di Natura, per il programma "Piacevolmente Carso". Il ritrovo è alle 9.10 in piazza di Bagnoli della Rosandra, alla fermata dei bus numero 40 e 41 da Trieste. Per informazioni e prenotazioni scrivere a curiosidinatura@gmail.com o chiamare il numero 3405569374. Il percorso è di 6,5 chilometri su dislivello di 200 metri, con un primo tratto più impegnativo che poi si fa più pianeggiante.

 

Al via a Miramare i centri estivi del Wwf con il Museo storico - dal 15 giugno
Attività all'aperto, immersioni tra riserva marina e parco botanico e socializzazione in sicurezza. Anche quest'anno, il 15 giugno, a fine anno scolastico, partiranno i tradizionali centri estivi dell'Area marina protetta di Miramare che, per tutta l'estate, accoglierà circa 300 bambini e ragazzi per riportarli finalmente a ricongiungersi con la natura proponendo escursioni quotidiane di seawatching, uscite in barca fino alle mitilicolture e tante attività teoriche e pratiche, giochi e laboratori su biologia marina, ecologia, conservazione e tutela dell'ambiente e del mare. Uno scenario naturale sarà rappresentato quest'anno dal parco botanico: l'edizione 2020 vede infatti una forte collaborazione del Wwf con il Museo storico e il Parco del Castello di Miramare, che metterà a disposizione dei centri alcuni spazi aggiuntivi nei pressi delle Serre nuove. Nel giardino di Massimiliano ogni giorno i piccoli partecipanti trascorreranno qualche ora al fresco tra passeggiate naturalistiche e cacce al tesoro botaniche, osservando i tanti animali che popolano il promontorio. «Garantire anche quest'anno l'apertura dei centri estivi - commenta Maurizio Spoto, direttore dell'Amp - ha assunto per noi un'importanza particolare: dopo un lungo periodo di reclusione in casa, poter garantire ai bambini e ragazzi un ritorno alla vita all'aria aperta e alla, seppur controllata, socializzazione con i coetanei, credo varrà lo sforzo dei tanti adempimenti burocratici e organizzativi che stiamo affrontando. In ottemperanza alle norme anti contagio - aggiunge - potremo purtroppo accogliere un numero minore di ragazzi, non potremo garantire il servizio di accompagnamento con i bus di linea e ogni bambino dovrà portarsi l'attrezzatura personale per lo snorkeling. Per il resto sono convinto che il ricco programma settimanale e l'entusiasmo con cui lo staff si sta preparando alla riapertura regaleranno anche quest'anno esperienze indimenticabili». Iscrizioni aperte allo 040/224147 interno 3, da lunedì a venerdì, dalle 10 alle 13 o via mail a info@riservamarinamiramare.it.

G.T

 

 

L'alleanza tra Covid-19 e inquinamento da Pm10
Una task force, di cui fanno parte anche l'Università di Trieste e Asugi, per verificare questa correlazione su campioni d'aria di Bergamo
Una task force internazionale di ricercatori indagherà sulle possibili correlazioni tra nuovo coronavirus e inquinamento dell'aria: si chiama Rescop e coinvolge studiosi di prestigiose università di tutto il mondo. Dopo le prime evidenze della presenza del Sars-Cov-2 sul particolato atmosferico, risultato di analisi svolte da ricercatori dell'Università di Trieste in collaborazione con i laboratori dell'Asugi, ora con il coordinamento della Società Italiana di Medicina Ambientale (Sima) le ricerche si allargheranno su scala globale. Oltre a Milano, Bergamo e Napoli, sono già in corso test indipendenti a Madrid, Barcellona, Bruxelles, Londra e New York. Sono ricerche di team multidisciplinari che puntano in una prima fase a verificare la presenza del virus nel particolato, con l'idea di testarne poi l'infettività e la virulenza: per farlo si sfrutterà anche il laboratorio di virologia dell'Icgeb diretto da Alessandro Marcello. Le prime evidenze provengono da analisi eseguite su campioni di Pm10 in aria ambiente di siti industriali della provincia di Bergamo, raccolti con due diversi campionatori d'aria dal 21 febbraio al 13 marzo scorsi. I campioni sono stati analizzati dall'Università di Trieste in collaborazione con i laboratori dell'Asugi, che hanno verificato la presenza del virus in almeno 8 delle 22 giornate prese in esame. Questo risultato è supportato da ricerche precedenti, che correlano l'incidenza dei casi di infezione virale con le concentrazioni di particolato atmosferico. Quest'ultimo può fungere da "carrier", ovvero da vettore di trasporto, per il virus. Lo studio, che verrà pubblicato sulla rivista scientifica Environmental Research, è stato portato avanti da un team di varie università italiane, con una forte componente triestina: «Su 15 autori quattro sono dell'Università di Trieste e tre di Asugi: per effettuare questa ricerca abbiamo unito preziose competenze sul territorio», spiega il chimico di UniTs Pierluigi Barbieri, esperto in scienza dell'aerosol e particolato atmosferico. Oltre a lui il gruppo include Alberto Pallavicini e Valentina Torboli, esperti in genetica ambientale, il biostatistico Massimo Borelli, gli ospedalieri Maurizio Ruscio, Francesco Fontana e Libera Clemente. ««La nascita della task force internazionale è un'ottima notizia, che dimostra la bontà della nostra intuizione e servirà a capire meglio il comportamento del virus all'aperto - dice, concludendo, Barbieri -. Noi stessi proseguiremo la ricerca con ulteriori studi sperimentali».

Giulia Basso

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 1 giugno 2020

 

 

Arnie incendiate a San Lorenzo - Nasce l'apiario della solidarietà
Nel rogo doloso dell'11 maggio distrutte 21, ma ora la Landa Carsica di Doberdò lancia un progetto didattico per la comunità: «Così ricambiamo gli aiuti ricevuti»
San Lorenzo. Dalla strage di api nasce l'idea di un progetto didattico. Dopo il rogo che a San Lorenzo Isontino ha mandato in cenere 21 arnie, gli apicoltori della società agricola Landa Carsica di Doberdò del Lago sono rimasti colpiti dalle testimonianze di affetto ricevute dalla comunità locale e dagli aiuti concreti giunti da tutta Italia e per questo proporranno al sindaco del paese d'istituire un "apiario della solidarietà".L'iniziativa è semplice: mettere la struttura a disposizione dei chiunque voglia capire l'importante ruolo che giocano le api nel contesto ambientale. Pietro Lombardo, amministratore del sito andato distrutto la mattina dell'11 maggio, oltre che vicepresidente del Consorzio apicoltori di Gorizia, parla di dovere morale. «Di solito gli apiari vengono spostati da un luogo all'altro in base alle esigenze del momento, questo, anziché utilizzarlo come società agricola Landa Carsica, vorremmo posizionarlo su un terreno del comune e metterlo al servizio della comunità. Vorremmo che da qualcosa di negativo, potesse nascere un qualcosa di positivo per tutti. È l'impegno che ci prendiamo».Alla fine, in termini strettamente economici, tra arnie distrutte dalle fiamme e mancato guadagno, è stato calcolato che il danno provocato dall'incendio ammonta a circa 15 mila euro. Questo però secondo Lombardo rappresenta il dato meno significativo della vicenda. «La questione è un'altra e riguarda ciò che è stato fatto. Non si è trattato di un incidente. La modalità è stata chiaramente dolosa. Non è bruciata un'arnia, ne sono bruciate 21 e chi ha agito, sapeva bene quello che stava facendo. Non poteva lasciare scampo nemmeno a mezza ape. È stato un gesto che è andato oltre a ogni immaginazione».Per illustrare il progetto dell'apiario solidale, gli apicoltori della società agricola Landa Carsica sperano di poter incontrare il sindaco Ezio Clocchiatti già nel corso di questa settimana. «In qualche modo l'apiario siamo riusciti a riportarlo allo stadio originario e questo è merito di chi ci ha sostenuto dopo l'incendio. C'è chi ha raccolto dei fondi e chi ci ha donato delle api. Gli aiuti sono arrivati da Udine come da Napoli ed è lo spirito delle api: che vivono per salvaguardare la specie», osserva Lombardo spiegando che tra i primi di aprile e la fine di maggio (o al massimo l'inizio di giugno) le api sciamano per formare nuove famiglie. «Mandano via la vecchia regina con mezza comunità e poi con la nuova regina, che depone tra le 2 mila e le 2.500 uova al giorno, la comunità si ripopola. Noi in qualche modo controlliamo lo sciame per poi recuperare la divisione». Le uova si schiudono tre giorni dopo la deposizione e, a seconda dell'alimentazione, le larve diventeranno regina, ape operaia o fuco. In questo modo la colonia riesce a programmare la sopravvivenza della comunità e della specie. Intanto sul fronte delle indagini, prosegue l'attività investigativa dei carabinieri che hanno chiesto alle compagnie telefoniche di avere i tabulati delle celle presenti nella zona dell'incendio per analizzarli e verificare chi fosse nelle vicinanze delle arnie la mattina dell'11 maggio

Stefano Bizzi

 

Un insetto protetto responsabile delle impollinazioni
Le api sono protette dalla legge e nel caso si dovesse trovare un alveare è necessario contattare un apicoltore per farlo rimuovere. Diverso dalle api è il caso delle vespe. Con la stagione estiva sono sempre più frequenti e numerose le chiamate al centralino dei vigili del fuoco per chiedere di intervenire per rimuovere i nidi di vespe. I vigili del fuoco però dovrebbero intervenire solo in caso di pericolo. I nidi di vespe si distinguono da quelli delle api perché hanno una consistenza simile al cartone. Di norma vengono costruiti in zone protette, possibilmente calde e secche.

 

Tornano i gabbiani e vanno all'attacco di Città Giardino e Costa Azzurra
Colpita anche la zona di Valle Le Cove dove i gradesi sono in rivolta per le deiezioni e l'impossibilità di usare i terrazzi
GRADO. Sono tornati i gabbiani sull'Isola di Grado, ma a quanto pare, pur rimanendo fissa sempre una loro presenza in centro, ma a quanto pare un più limitata rispetto al passato, adesso hanno preso di mira alcune zone di Grado. Maggiormente la zona della Colmata e della spiaggia della Costa Azzurra, ma soprattutto Città Giardino e in particolar modo l'area dinnanzi a Valle Le Cove dove c'è il camposanto e ci sono i magazzini comunali. E la gente torna a lamentarsi perché gli escrementi oltre che a sporcare le strade finiscono anche nei terrazzi. Ma c'è di più: famelici come sono, arrivano come falchi in picchiata a prendersi da mangiare tutto ciò che trovano incustodito proprio nei terrazzi, dal cibo ai sacchetti della spazzatura. Ci sono alcuni residenti che abitano proprio dinnanzi a Valle Le Cove e che protestano vivacemente perché per loro è come non avessero la terrazza dato che non la possono utilizzare. C'era stato un periodo che sembrava che i gabbiani fossero spariti pressoché del tutto ma in realtà non avevano mai abbandonato la zona di Città Giardino verso pineta, la Sacca e Valle Goppion. I gabbiani si erano in parte anche trasferiti in particolare sul Banco d'Orio per nidificare e oggi evidentemente stanno tornando. E probabilmente se ne aggiungeranno ancora degli altri. L'effetto coronavirus ha in ogni modo contribuito , almeno fino ad ora quando a Grado c'erano pressoché solamente i gradesi, nel senso che lo smaltimento dei rifiuti si è svolto regolarmente e che all'esterno dei cassonetti non è stato abbandonato nulla tanto che i gabbiani che prima stazionavano proprio accanto ai cassonetti stradali erano spariti. La questione è sempre la stessa: da una parte più che giustamente la gente è stufa ed esasperata (oltre ai danni materiali ci sono anche quelli legati all'igiene che lascia decisamente molto a desiderare); dall'altra ci sono gli animalisti che si schierano contro qualsiasi iniziativa vessatoria contro gli stessi gabbiani. Correttamente peraltro perché far del male agli animali è, come si dice, pari a far del male a se stessi. Non importa se ti piombano addosso ferendo le dita della mano di un piccolo in carrozzina che sta per mangiarsi un dolce (fatto realmente accaduto)o se non puoi mangiare in pace nemmeno un trancio di pizza in spiaggia (fatto questo accaduto più volte) e non importa ancora se non si può mangiare in tranquillità sul proprio terrazzo. Ricordiamo che c'è un ordinanza in vigore che vieta di dar da mangiare a colombi e gabbiani ma che c'è sempre qualcuno che lo fa ugualmente rischiando una bella sanzione.

Antonio Boemo

 

 

"Job in country" in Fvg piace: incrocia domanda e offerta nel mondo agricolo
Sta dando i suoi frutti anche in Friuli Venezia Giulia "Job in country", una piattaforma telematica di intermediazione tra domanda e offerta di lavoro della Confederazione nazionale Coldiretti che offre a imprese del mondo agricolo e lavoratori uno strumento e un luogo di incontro. Job in country si pone l'obiettivo di far incontrare, nei singoli territori, i bisogni delle aziende in cerca di manodopera con quelli dei cittadini che aspirino a nuove opportunità di inserimento lavorativo, in un quadro di assoluta trasparenza e legalità. Questo progetto ha come obiettivi principali quelli di preservare l'approvvigionamento alimentare e soddisfare la richiesta dei consumatori; dare lavoro a chi ha subito gli effetto della crisi; evitare l'aumento dei prezzi. L'attività è svolta direttamente per singole provincie e ognuno può iscriversi all'ambito di appartenenza. In regione gli ambiti sono Udine, Pordenone e Trieste-Gorizia insieme. Ci sono già più di 200 iscrizioni. Sul sito è possibile trovare inoltre, in maniera trasparente e facile, indicazioni più specifiche sulle modalità di lavoro, sulla retribuzione o sull'esperienza richiesta. «Si parla di contratti regolari a termine che sono già partiti spiegano dall'associazione Bioest -. Possono accedervi disoccupati, ma anche sottooccupati e coloro che sono cassaintegrati. Molte delle persone che hanno partecipato ai nostri corsi, organizzati da Urbi et Horti e Bioest negli anni, hanno trovato poi degli sbocchi nel mondo lavorativo, oltre a concretizzare una formazione per l'auto-produzione di ortaggi. Oggi si apre quindi un'altra bella opportunità non solo per gli studenti, ma per tutti coloro che amano l'attività all'aperto: correttamente retribuita, a contatto con il verde e magari temporanea, in un momento di incertezza economica in attesa di tempi migliori».

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 31 maggio 2020

 

 

La "Terrazza a mare" sul lungomare di Barcola si prepara all'apertura - Cantiere ultimato a metà giugno
Piccoli dettagli e Tam (Terrazza a mare, nata sulla macerie della Voce della Luna) aprirà le sue porte. Chi passeggia sul lungomare di Barcola ha già preso familiarità con la nuova struttura. Il progetto firmato dallo studio Metroarea degli architetti Tazio di Pretoro e Giulio Paladini, ha preso forma e non lascia più spazio solo all'immaginazione. La struttura si dividerà in tre aree funzionali: la sala, le terrazze, il belvedere. La sala ospiterà il bar, il ristorante e la gelateria. Le terrazze saranno adibite alla balneazione, in parte alla ristorazione e a ospitare eventi e spettacoli. Sulla copertura del locale si troverà il belvedere, un'area destinata a solarium ma attrezzata per organizzare anche iniziative ed eventi, non appena l'emergenza in corso lo renderà possibile. Una struttura multifunzionale, dunque, che si trasformerà di ora in ora nel corso della giornata e dove sarà possibile bere un aperitivo, prendere il sole, pranzare, cenare, assistere ad iniziative culturali o vedere un film all'aperto. Il locale resterà aperto tutto l'anno. Non solo l'estate. Sull'inaugurazione della nuova realtà che animerà il lungomare cittadino, pesa la situazione contingente dettata dall'emergenza Covid 19 che, ad oggi, non consente ancora l'organizzazione di una festa che dia un meritato avvio. Il cantiere sarà ultimato per la metà del mese di giugno, poi verranno valutate le possibilità, tenendo conto dei limiti e dalle normative imposte dalla linee guida in essere, per la conduzione di una simile struttura. Il personale che ci lavorerà è già stato selezionato. Nelle prossime due settimane le ditte che stanno lavorando sulla struttura interverranno per terminare alcuni aspetti legati dell'illuminazione e dell'impianto audio.

L.T.

 

SEGNALAZIONI - Parco del Mare - Progetto da riconsiderare

Ritengo sia davvero il momento di riconsiderare seriamente il progetto del Parco del mare, e destinare altrimenti le risorse accantonate a quello scopo: lo dice una organizzazione rappresentativa delle imprese artigiane, la Confederazione nazionale artigianato (Cna), mettendo in luce quanto forte sia stato l'impatto della pandemia Covid-19 su una parte importante del mondo del lavoro cittadino. L'Associazione Trieste Bella ha nei mesi scorsi chiesto l'accantonamento del progetto per una lunga serie di motivi, fra i quali fin dall'inizio era presente l'esigenza di sostenere in modo adeguato l'economia cittadina con azioni efficaci. Lo scenario del dopo Covid-19 penso debba chiamare tutte le componenti della comunità cittadina ad analisi disincantate della realtà, comportamenti responsabili, contributi concreti per la rinascita, idee e proposte per utilizzare al meglio un accantonamento di risorse da spostare urgentemente e in modo definitivo dall'idea di un progetto superato dagli eventi.

Glauco Rigo, Associazione Trieste Bella

 

 

Romania, non sarà Pechino a fornire due reattori nucleari - cancellato l'accordo su pressioni usa
BUCAREST. Il governo rumeno ha chiesto alla società statale Nuclearelectrica, che gestisce la centrale nucleare di Cernavoda, di interrompere i negoziati con il suo partner cinese China General Nuclear Power Corporation, Gcnpc, relativi alla costruzione dei reattori nucleari 3 e 4 a Cernavoda. Il governo ha affermato che Nuclearelectrica deve trovare nuovi partner per il progetto. Nel novembre 2015 è stato firmato un protocollo d'intesa tra Nuclearelectrica e Gcnoc per costruire i due reattori. Secondo il documento, le due parti avrebbero costituito una joint venture in cui la società cinese avrebbe detenuto una partecipazione di almeno il 51% delle azioni. Nel maggio 2019, il ministero dell'Energia sotto l'ex primo ministro socialdemocratico Viorica Dancila ha firmato un altro documento con la società cinese, riguardante un investimento di 200 milioni di euro all'anno da parte della Gcnpc. Ma l'attuale primo ministro, Ludovic Orban, ha denunciato l'accordo nel gennaio di quest'anno. «Mi è chiaro che non funzionerà con i cinesi ... Vedremo con quale partner saranno costruiti i reattori. Si tratta di partner e di finanziamenti», ha dichiarato Orban in un'intervista per Hotnews. Nel gennaio 2020, il ministro dell'Economia Virgil Popescu ha affermato che la Nuclearelectrica potrebbe costruire da sola il reattore 3 a Cernavoda e ha aggiunto che un nuovo progetto congiunto con un partner Nato è uno scenario più praticabile. La Romania è uno stretto alleato degli Stati Uniti e il suo allontanamento dagli accordi chiave con Pechino è stato probabilmente influenzato dal drammatico raffreddamento dei legami Usa-Cina da quando Donald Trump è entrato in carica a Washington.

M. MAN.

 

 

Focus sugli squali con Mare Nordest

Oggi alle 18 (e fino alle 19.30) si terrà l'incontro conclusivo dell'iniziativa virtuale Mare Nordest. Sono previsti gli interventi di Sara Andreotti, biologa marina, con focus su ricerche in tema di squalo bianco; Patrizia Maiorca, apneista e Stella d'oro al merito sportivo del Coni, responsabile dell'Amp del Plemmirio; Eleonora De Sabata, giornalista scientifica, ideatrice del progetto europeo Clean Sea Life. Verrà inotlre presentato il libro "Il Trieste" (Italo Svevo) con l'editore Alberto Gaffi e l'autore Enrico Halupca. Il saluto finale spetterà all'assessore ai Grandi eventi del Comune di Trieste Francesca De Santis. Per seguire l'appuntamento: sul sito web dell'evento, https://www.marenordest.it/, oppure sui canali social facebook (https://www.facebook.com/Mare-Nordest-Trieste-694493867279347/) e youtube /(https://www.youtube.com/channel/UCHi8VKAP_1_5PWFAIElfysg). Per informazioni sulla manifestazione si può contattare l'organizzazione scrivendo all'indirizzo info@marenordest.it.

 

Replica escursione in Val Rosandra - Martedì

Considerato l'alto numero di richieste per l'escursione in programma oggi in Val Rosandra, la cooperativa Curiosi di Natura organizza un bis dopodomani. L'uscita, prevista dal programma di "Piacevolmente Carso", verrà quindi riproposta fuori calendario martedì, dalle 9.30 alle 13 (ritrovo alle 9.10 in piazza di Bagnoli della Rosandra, alla fermata dei bus numero 40 e 41 da Trieste). È richiesta la prenotazione alla mail curiosidinatura@gmail.com o al cellulare 3405569374. L'uscita è in una delle località naturalistiche più belle di Trieste, in una valle ricca di storia e biodiversità. Un percorso di 6,5 chilometri su dislivello di 200 metri, con un primo tratto più impegnativo che poi si fa più pianeggiante. L'escursione è organizzata nel rispetto delle norme di sicurezza anti-coronavirus, con possibilità di degustazioni nei ristoratori di "Sapori del Carso".

 

Dopo mesi di chiusura riapre l'oasi di Valle Cavanata tra mille divieti per i visitatori
GRADO. Dopo il lungo periodo di chiusura obbligatoria a causa dell'epidemia per il Covid 19, ha riaperto, soltanto da un paio di giorni, il centro visite dell'oasi della Valle Cavanata. Ci sono tuttavia, come accade dappertutto nei luoghi pubblici se si vuole riaprire le strutture alle visite, da rispettare diverse prescrizioni imposte in considerazione dell'epidemia e soprattutto per evitare la diffusione di altri contagi. La gestione fa capo sempre alla cooperativa Rogos alla quale il Comune ha affidato l'oasi naturale e alla quale ha imposto anche le varie disposizioni di sicurezza. Sono previste, tra l'altro, anche le chiusure degli osservatori Sabbia e Pagoda (non è possibile rispettare le misure minime di distanza in queste strutture) che saranno peraltro accessibili soltanto su prenotazione. Sinteticamente, come spiega la Rogos (ricordiamo pertanto che alcuni degli obblighi previsti per l'accesso ai sentieri e alle strutture è stato severamente regolamentato), i visitatori sono innanzitutto invitati a seguire strettamente le indicazioni esposte in modo da non incrociare altri visitatori in entrata e di non oltrepassare i punti dove sono stati posizionati i divieti. Fermo restando che chi ha più di 37, 5° di temperatura al controllo o risulta essere positivo al Covid-19 non può accedere. Prima della visita c'è inoltre l'invito a utilizzare la soluzione idroalcolica e di indossare sempre la mascherina. L'accesso al Centro Visite è consentito fino ad un numero massimo di 6 persone o gruppi famigliari (in caso di numeri superiori è necessario attendere il turno all'esterno della struttura).I servizi igienici non sono accessibili al pubblico ma se c'è un'urgenza è necessario rivolgersi al personale. È garantito invece il noleggio gratuito delle biciclette mentre quello dei binocoli è sospeso e, come detto gli osservatori del Sabbia e la Pagoda rimangono chiusi (saranno accessibili solo una preventiva prenotazione via mail all'indirizzo info. educazioneacavanata@gmail. com).Ovviamente vanno anche rispettati la distanza di sicurezza di almeno un metro ed evitati gli assembramenti. Per ridurre al minimo contatti fisici l'informazione non prevede la distribuzione di materiali cartacei o su altro supporto ma sarà di tipo digitale. Il protocollo predisposto dal Comune stabilisce inoltre che la visita può avvenire con prenotazione per fruire di particolari servizi presenti nell'area protetta quali una guida naturalistica o l'accesso a strutture come il centro visite, l'osservatorio faunistico Sabbia, la Pagoda (come detto solo su prenotazione) e in generale l'ingresso in luoghi o strutture chiuse o semichiuse. Senza prenotazione sarà possibile fruire esclusivamente di spazi aperti o effettuando il mero attraversamento di spazi chiusi o semichiusi senza soste. Fino al 31 ottobre l'apertura del Centro visite è giornaliera dalle 10 alle 18 con turno di chiusura il giovedì.

An. Bo.

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 30 maggio 2020

 

 

Tavoli e vetrine su marciapiedi e posti auto - Scatta la chiusura di 4 strade nei weekend
Esperimento nei fine settimana fino al 31 ottobre in via Cadorna, via della Fornace, salita Promontorio e via San Cilino
Chiusa per cena. Il Comune si è accordato con le associazioni di categoria per sperimentare l'adozione di divieti di transito in alcune strade cittadine: tavoli e sedie di bar e ristoranti, espositori di negozi potranno essere allestiti sui marciapiedi e sugli stalli di sosta liberi. Da ieri sera fino a sabato 31 ottobre. L'ordinanza è firmata dal capo dell'Urbanistica municipale, Giulio Bernetti, ma si collega a una delibera portata dagli assessori leghisti Luisa Polli e Serena Tonel, pensata per dare una mano al mondo del commercio e della somministrazione food & beverage colpito da quasi tre mesi di forzata astinenza. Un modo per guadagnare all'esterno gli spazi persi all'interno dei locali causa le misure di distanziamento. La procedura è sicuramente innovativa per Trieste e - pare - all'avanguardia persino nel panorama nazionale: sono previste quattro strade dove dal venerdì sera alla domenica sera gli esercenti, autorizzati dal Municipio, possono sistemare una transenna e limitare il passaggio automobilistico. Debbono però rispettare le vetture già in sosta, permettendo a esse di andarsene, e consentire l'accesso alle rimesse da parte di chi vi possiede un parcheggio. Naturalmente va garantita una corsia per le emergenze. Scatta un divertente divieto di transito pedonale, per cui i pedoni non possono camminare laddove una coppia è in procinto di approcciare una romantica busara: si accomoderanno allora sulla carreggiata stradale, prestando attenzione a che non sfrecci un'ambulanza. Una volta che alla mezzanotte domenicale cali il coprifuoco, le masserizie debbono essere evacuate. Le strade coinvolte in questa inedita operazione sono via Cadorna, salita al Promontorio, via della Fornace, via San Cilino. La particolarità di questo on the road tergestino spinge Luisa Polli ad appellarsi a commercianti, baristi, osti affinchè si rivolgano ai funzionari comunali addetti all'occupazione di suolo pubblico per ottenere ogni delucidazione. Perchè l'applicazione pratica di questa opportunità commerciale implica da parte di tutti - esercenti, automobilisti, residenti - uno sforzo di buon senso, merce di non scontato reperimento. E adesso focus sulle vie prescelte nel confronto tra Municipio, Fipe, Confcommercio ecc. Orari: dalle 20 del venerdì alle 24 della domenica. Via Cadorna da piazza Venezia a via San Giorgio. Salita al Promontorio da via Lazzaretto Vecchio a Riva Grumula. Via della Fornace conferisce la sua parte finale dove s'intreccia con Scala Winckelmann e via dei Pallini. A San Giovanni c'è via San Cilino nella porzione tra via alle Cave (piscina) e via Damiano Chiesa. Solo via Cadorna, nella tratta tra via Felice Venezian e via del Mercato vecchio, sarà transennabile dalle 20 del sabato alle 24 della domenica. L'opzione "marciapiede libero e autogestito" è reiterabile nelle giornate festive infrasettimanali, qualora ve ne fossero (Ferragosto cade di sabato).Caratteristiche delle zone individuate per questo esperimento. È evidente che l'epicentro è via Cadorna, interessata in due tratte, centralissima, vicina a due punti-chiave dell'aperitivo e del digestivo come via Torino e Cavana. Suggestivo il campione di via della Fornace, a fondo cieco, sotto San Giusto e dietro la Croce Rossa. L'unica apertura sulle Rive sono i 55 metri dell'estuario di Salita Promontorio. La periferia è rappresentata da via San Cilino.

Massimo Greco

 

 

Slitta la firma decisiva sul post-Ferriera -  Il nodo è l'occupazione - l'accordo di programma
La firma dell'Accordo di programma slitta quanto meno alla prossima settimana. I rinvii dopo i ripetuti annunci sono un'abitudine nella partita della riconversione della Ferriera e stavolta dipendono dalla necessità di trovare una mediazione definitiva sui livelli occupazionali. Gli enti hanno inoltre bisogno di qualche giorno per deliberare l'autorizzazione a firmare: un passaggio ineludibile per Regione, Comune e Autorità portuale. Le parti si riaggiorneranno all'inizio della prossima settimana e intanto la Cgil convoca una mobilitazione per venerdì: l'unica sigla contraria all'accordo sindacale chiede anche un incontro con Fedriga. Due giorni fa il ministro Stefano Patuanelli ha scritto alle parti per dichiarare concluso il percorso di scrittura dell'Adp. La Regione vorrebbe tuttavia un ultimo incontro, nella convinzione che sia necessario ridurre gli esuberi previsti: alla luce della pioggia di milioni che Arvedi incasserà dalla mano pubblica, la giunta Fedriga è convinta che l'acciaieria debba esporsi con chiarezza sul futuro dei 50 operai che saranno impiegati nella bonifica, senza avere collocazione assicurata a riconversione conclusa. Intanto la Cgil convoca per venerdì prossimo un presidio davanti alla Regione in piazza Unità. Per la Fiom «a una settimana dalle rassicurazioni del ministro Patuanelli e del presidente Fedriga, che entro oggi (ieri, ndr) sarebbe stato firmato l'Adp, i lavoratori registrano che l'accordo non è stato ancora firmato. A quasi due mesi dalla chiusura dell'area a caldo, i lavoratori della Ferriera e degli appalti continuano a non aver garanzie. Arvedi ha inoltre dato disposizioni affinché non si proceda a ulteriore proroga nei confronti dei lavoratori in somministrazione e anche le promesse su una ricollocazione tramite centro per l'impiego o Fincantieri sono svanite nel nulla». La Nidil definisce «risibile» l'accordo sindacale firmato dalle altre sigle ed evidenzia che «Icop non ha intenzione di sottostare ad alcun tipo di vincolo con riferimento al riassorbimento dei lavoratori che ancora qualcuno si ostina a non definire "esuberi"».

d.d.a.

 

 

«Palazzo Carciotti patrimonio di tutti» - Al via la petizione contro la vendita
Lettera-appello al sindaco per rivedere il piano di alienazione «La destinazione dell'immobile dovrebbe restare pubblica»
«Salviamo Palazzo Carciotti». È partita ieri una raccolta di firme che durerà per tutta l'estate per chiedere alle istituzioni di dichiarare inalienabile il capolavoro dell'architettura neoclassica firmato da Matteo Pertsch. Dopo quattro aste andare deserte potrebbe essere un esito inevitabile. La petizione ("Firma anche tu! Perchè non venga venduto e resti patrimonio della città di Trieste") è stata presentata ieri su YouTube. Il destinatario è il sindaco Roberto Dipiazza a cui è rivolta una lettera-appello: «Trieste per fortuna non ha sofferto un danno irreparabile e le esprimiamo il nostro sollievo per il fatto che le aste di vendita del palazzo non hanno avuto assegnatari».È stata infatti l'attuale amministrazione, appena insediata nel 2016, a varare una delibera per mettere sul mercato l'intero Carciotti al prezzo base di 22,7 milioni (scesi a 14,9 nell'ultima asta) per 12 mila metri quadrati (40 metri di larghezza e 100 di lunghezza per più livelli). «Poiché uno dei più importanti e amati monumenti di Trieste è dunque ancora patrimonio di tutti i cittadini, le chiediamo di mantenere ferma la proprietà del bene, che deve restare della città, e prevedere una destinazione pubblica del palazzo. Pensiamo infatti che questa vendita non avvenuta segni l'importante momento nel quale lei può decidere una rifunzionalizzazione dell'edificio come bene pubblico e può far porre allo studio una intelligente progettazione dei suoi contenuti che ne disponga l'uso al servizio della collettività», si legge nella lettera al sindaco. «Il Carciotti è un bene comune di Trieste e non deve essere alienato. È l'icona dell'identità multiculturale della città», ha spiegato nella presentazione l'architetto Giuliana Carbi Jesurun. Le firme raccolte il primo giorno sono già a quota cento. Tra i primi firmatari e promotori ci sono: Roberto Canziani, Giuliana Carbi Jesurun, Roberto Dambrosi, Diana De Rosa, Anna Laura Govoni, Elvio Guagnini, Alexandra Hagemann, Wissal Houbabi, Lucia Krasovec-Lucas, Marko Kravos, Emanuela Marassi, Marija Mitrovic, Roberto Paci Dalò, Massimo Premuda, Livia Rossi, Dubravka Santolic Cherubini, Marcela Serli, Davide Skerlj, Marko Sosic, Nicoletta Zanni e Maila Zarattini. «Questo palazzo è molto amato dai triestini. È sito sulle rive di Trieste, a conclusione a mare del Canal Grande, asse centrale dello storico Borgo Teresiano (la città nuova estesa a metà Settecento oltre alla cinta medioevale e su preesistenti saline per volere di Maria Teresa d'Austria). Non solo è una immagine-icona della città, ma è una vera e propria immersione nella storia e nell'identità dei triestini», spiegano ancora i promotori. Palazzo Carciotti ha ospitato nel 1831 la prima sede delle Assicurazioni Generali, come riporta lapide sulla facciata. In seguito fu proprietà della Capitaneria di porto e dell'Acegat, l'ex azienda comunale di elettricità, gas, acqua e tranvie, come riporta invece l'insegna sulla facciata di via Genova. Mettere in vendita Palazzo Carciotti, insoma, per i promotori è come mettere in vendita l'anima di Trieste. «E un bene comune, qualcosa di cui dobbiamo occuparci e prenderci cura», spiega l'architetto Lucia Krasovec-Lucas. Con la petizione (e l'auspicata fiumana di firme) si spera così di poter riconvertire la scelta dell'attuale amministrazione portata avanti dall'assessore al Patrimonio Lorenzo Giorgi. «Stiamo parlando di un gioiello dell'architettura neoclassica europea, non solo triestina», così la storica dell'arte Nicoletta Zanni. L'architetto Roberto Dambrosi immagina anche di creare all'interno una sorta di piazza aperta al pubblico utilizzata a "quadrati". La petizione si può firmare su www.palazzocarciotti.org.

Fabio Dorigo

 

 

Tornano in Carso le visite guidate alla scoperta di storia e natura
Ripartono domani le gite della domenica promosse dalla cooperativa Curiosi di Natura
A spasso per la Val Rosandra, respirando la natura, le biodiversità e magari anche le tipiche proposte enogastronomiche. "Piacevolmente Carso", il programma di escursioni organizzato dalla cooperativa "Curiosi di Natura", riapre i cancelli del cartellone 2020 con l'appuntamento di domani, il primo dei quattro scali ideati per animare la ripresa post emergenza coronavirus.Si riparte quindi dalla Riserva naturale della Val Rosandra, esplorandola in un tragitto complessivo di circa 6,5 chilometri, caratterizzato da un dislivello di 200 metri e da un primo tratto leggermente impervio (un chilometro appena) seguito poi da una distesa pianeggiante. Insomma, una gita a portata di tutti, tra rupi, un torrente, una cascata e diverse testimonianze legate alle antiche aree di transito commerciale. Il ritrovo è fissato alle 9.10 nella piazza di Bagnoli della Rosandra, all'altezza delle fermate dei bus 40 e 41. Si parte alle 9.30 e il ritorno è previsto attorno alle 13. Un consiglio da parte degli organizzatori: munirsi di scarpe antiscivolo. Il copione di "Curiosi di Natura" si dota naturalmente delle attuali misure in termini di sicurezza ma conferma le classiche credenziali del suo format, proponendo una serie di gite domenicali curate da guide qualificate in grado di illustrare i temi fondamentali dei luoghi in chiave naturalistica, storico e sociale, abbinando le escursioni a letture a tema e alla possibilità di fruire delle convenzioni con i ristoratori del circuito "Sapori del Carso". Il secondo appuntamento è datato domenica 7 giugno (9.30 - 13) e la zona questa volta è Duino, nel tratto del fiume Timavo, attraversando boschi, sorgive e prati, sino all'approdo alla Chiesa di San Giovanni in Tuba. Qui il ritrovo è alle 9.10 al Villaggio del Pescatore, nei pressi della fermata del bus 44. La terza proposta si discosta dalla mappa abituale e sbarca nel centro città. Succede domenica 14 giugno (10-12) in un viaggio alla ricerca delle tracce di torrenti, corsi fluviali e antichi acquedotti, una escursione urbana che ha il suo raduno alle 9.40 in Largo Bonifacio, inizio del viale XX Settembre. Ultima puntata il 21 giugno, da Basovizza al Monte Spaccato, con ritrovo alle 9.10 al parcheggio-fermata del Sincrotrone (bus 39). Informazioni e adesioni scrivendo a curiosidinatura@gmail.com o visitando www.curiosidinatura.it.

Francesco Cardella

 

La Riserva della Val Rosandra riapre e guarda alle scuole
Un altro piccolo passo verso la "normalità": ha riaperto i battenti il Centro visite della Riserva naturale regionale della Val Rosandra, meta di escursioni e passeggiate, anche in bici, di speleologi, rocciatori e geologi. «L'emergenza sanitaria però - spiegano i gestori del centro della società cooperativa Rogos - non è finita, quindi per poter accedere alla riserva è necessario il rispetto di alcune regole». In attesa di poter organizzare anche delle visite guidate, il centro visite offre già alcuni servizi. «Come ad esempio - spiega la presidente, Tina Klanjscek - la vendita di libri e pubblicazioni sia a carattere naturalistico che storico, mappe del territorio, dei libricini in distribuzione gratuita sulla Val Rosandra a disposizione del pubblico e oggettistica varia e gadget targati val Rosandra. A breve allestiremo un info corner attrezzato con porta-depliant e volantini di tutte le riserve naturalistiche della regione, anche alla luce delle indicazioni che intenderebbero incentivare per la prossima estate il turismo interno e in particolare quello all'aria aperta». Ed è proprio al tema delle escursioni e visite guidate che lo staff della riserva sta guardando con particolare attenzione, in attesa delle direttive che stabiliranno le modalità di apertura. L'obiettivo è di poter riaprire prima possibile. «È probabile - rivela Tina Klanjscek - che verrà attivata un'offerta per le scuole a partire dal prossimo anno scolastico, in quanto la riserva ben si presta a ospitare attività alternative a quelle in aula e può offrire ampi spazi all'aperto e attività didattiche istruttive e al contempo divertenti. Al momento l'orario di apertura è 9-17 da lunedì a venerdì e il sabato, la domenica e i festivi dalle 9 alle 18. L'ingresso al centro visite è contingentato e limitato a un massimo di 6 persone/gruppi famigliari contemporaneamente. Viene richiesto a tutti i visitatori l'utilizzo di mascherine e il rispetto della distanza interpersonale di un metro. Informazioni al 3291286325, alla casella info@riservavalrosandra-glinscica.it e su www.riservavalrosandra-glinscica.it. --

Gianfranco Terzoli

 

La Cona pronta per le visite con un capanno "anti-Covid"
STARANZANO. A una settimana dalla riapertura, l'Isola della Cona rimasta chiusa oltre due mesi per l'emergenza, da questo weekend si presenta ai visitatori con un nuovo servizio per i birdwatcher. È operativo, infatti, per l'osservazione degli uccelli un capanno adeguato al rispetto delle regole emanate anti-Covid-19. Oltre alle aperture sulla parete frontale, finestre mimetizzate per guardare all'esterno, il capanno è dotato di pannelli e separé, tendaggi sostenuti da canne palustri che aumentano la sicurezza degli utenti soprattutto per il distanziamento sociale richiesto per evitare il passaggio del virus. La struttura è attrezzata per l'avvistamento della fauna selvatica ma in particolare dei "gruccioni", uccelli di straordinaria bellezza dalle piume multicolori che arrivano dall'Africa, avendo trovato nella Riserva un posto ideale per nidificare. Il noleggio del capanno organizzato in quattro postazioni, è possibile per la giornata intera al costo di venti euro a persona. Per informazioni e prenotazioni ci si potrà rivolgere al personale del Centro visite o scrivere via mail all'indirizzo info@rogos.it. La Rogos, che ha in gestione la riserva, in occasione della riapertura, ha emanato una serie di regole. Fra queste quella di non presentarsi se si accusa 37, 5° o più di febbre, poi di usare la soluzione idroalcolica a disposizione prima di iniziare la visita e per accedere al punto di ristoro e agli osservatori, di indossare la mascherina. L'accesso ai sentieri è stato regolamentato in modo da non incrociare altri visitatori in entrata e di non oltrepassare i punti dove sono stati posizionati divieti. Si può andare, inoltre, nell'osservatorio della Marinetta soltanto per spostarsi dal piano inferiore a quello superiore. La sosta non è consentita. L'accesso è possibile fino ad un massimo di 3 persone o gruppi famigliari contemporaneamente per piano, in caso di numeri superiori bisogna attendere all'esterno. È chiuso l'osservatorio di Punta Spigolo. Si può entrare nel Museo della Papera soltanto per percorrere l'anello indicato dalle frecce e osservare la distanza di sicurezza di un metro ed evitare assembramenti. È sempre attiva, inoltre, la "sanificazione" delle aree aperte al pubblico, cioè i musei, il bar, il parco giochi per bambini e i servizi igienici.

Ciro Vitiello

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 29 maggio 2020

 

 

L'opposizione boccia l'ovovia dei "sogni" - Maggioranza in trincea
Centrosinistra e M5s: «Costi pubblici enormi. E il tram?» - Lega e Fi: «Ma al Comune non costerebbe un soldo»
La bora della polemica soffia sull'ovovia. La maggioranza fa quadrato attorno al sindaco Roberto Dipiazza e alla sua proposta , mentre l'opposizione dubita della realizzabilità dell'opera, del suo senso. L'idea trova scettici centrosinistra e 5 Stelle. Così il dem Giovanni Barbo: «L'idea non è certo di Dipiazza, risale almeno a Bandelli via De Gioia, ma qualcuno crede che il sindaco la farà? Il tram è fermo dal 2016, da allora il Mercato ittico avrebbe dovuto esser pronto da tempo, l'Ortofrutticolo non si sa dove vada, la Maddalena è letteralmente un buco nero. Sarebbe meglio concludere quelli». Dice il pentastellato Paolo Menis: «Da quanto visto finora non mi convince. Condivido l'obiettivo di una mobilità sostenibile ma spendere 45 milioni mi sembra uno sproposito. Anche se non sono del Comune, è pur sempre denaro pubblico». Il consigliere M5s pone dei dubbi sulle stime di gestione - «da analizzare con estrema attenzione» - e sui disboscamenti necessari al parcheggio da 800 posti a Opicina: «Inaccettabili». Maria Teresa Bassa Poropat dei Cittadini dichiara: «All'inizio ho pensato a una battuta. Se si vuol fare mobilità sostenibile bisognerebbe concludere le aree ciclopedonali in tutta la città, piuttosto che fare un secondo mezzo alternativo con gli stessi punti di partenza e di arrivo del tram di Opicina, tuttora fermo. Sarebbe meno costoso e non avrebbe costi di gestione esorbitanti». Così Antonella Grim di Italia Viva: «Ci confrontiamo seriamente sui collegamenti Carso - Porto vecchio o è solo l'ennesimo caso di "annuncite" che allungherà la lista delle incompiute di Trieste? La situazione economica è drammatica. Ma poi come andrebbe a inserirsi in una visione complessiva della mobilità? Cosa ne sarebbe del tram di Opicina? Non sono per dare giudizi a priori, ma serve serietà e visione complessiva». A Sabrina Morena di Open «pare invece che alla giunta Dipiazza piaccia fare annunci di opere faraoniche e roboanti senza un piano organico della mobilità. Del Pums si doveva discutere a dicembre. Invece escono progetti dubbi da molti punti di vista. Si pensi piuttosto a far dare i 10 milioni accantonati per il Parco del Mare ai negozianti in difficoltà». Dubbi anche da Roberto De Gioia di Progetto Fvg, che per primo in questa tornata aveva rilanciato l'idea: «La città dovrebbe avere un'ovovia. Ma da sempre era quella che va a Monte Grisa, con la sua balconata eccezionale sul golfo e il parcheggio già pronto, a due passi dall'autostrada. A Campo romano cosa c'è?». La maggioranza sostiene però la giunta e la proposta. Così il forzista Alberto Polacco: «Giusto aver partecipato al bando, è un'opera su cui il Comune non spenderebbe un euro. Chiaro, va visto in un'ottica di infrastrutture complessiva. Sappiamo bene che le urgenze per il bilancio del Comune saranno altre, ma così non le intaccheremmo di un centesimo». Afferma il leghista Radames Razza: «Bisogna riqualificare Porto vecchio e incentivare la mobilità sostenibile. Ben venga un progetto innovativo, a costo zero in caso di vincita del bando, che attrarrà turisti favorendo gli spostamenti con il Carso. La visione dell'amministrazione comunale è una visione lungimirante in un'ottica di sviluppo e innovazione di tutta l'area urbana, della quale a breve entrerà a far parte a pieno titolo anche la zona di Porto vecchio»

Giovanni Tomasin

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 28 maggio 2020

 

 

Dal tubone a Barcola beach - I tanti sogni irrealizzati nel cassetto della città
Tra i progetti mai decollati anche il maxi campus di via Rossetti in cui riunire tutti i licei cittadini e il Parco del mare previsto prima a Barcola, poi a Campo Marzio e infine in attesa in Sacchetta
Fanno tenerezza quelle illustrazioni del primo Novecento, in cui le città del Duemila sono ritratte come paesaggi futuristici in cui la gente va a spasso su aggeggi volanti. Fa un effetto simile, nel nostro presente, pensare a come sarebbe Trieste se in questi decenni si fossero realizzate le opere ipotizzate, proposte, proclamate o promesse dalla classe politica e dagli amministratori cittadini. Vedremo il destino dell'ultimo prodotto di questo ideificio, l'ovovia che il sindaco Roberto Dipiazza lancia in un momento di difficoltà per Trieste, volgendo lo sguardo al futuro e alla campagna elettorale. Il gasometro - Un sogno nel cassetto che potremmo definire ricorrente è il centenario gasometro di via d'Alviano. Ai tempi della giunta Illy ci fu chi propose di farne una "sala rock", poi per molto tempo si vagheggiò di realizzare un planetario all'interno della grande cupola (con molti scettici sulla sostenibilità dell'operazione), più di recente una palestra d'arrampicata. All'inizio del 2020 l'assessore al Patrimonio Lorenzo Giorgi era tornato alle origini annunciando delle serate disco per la primavera, «al fine di attrarre investitori come in Porto vecchio». I mesi seguenti, come in un buon racconto di fantascienza, hanno reso poco praticabile l'idea. Il Parco del mare - Se ne parla ormai dal 2004 e per i triestini è quasi uno di famiglia. Il Parco del Mare ideato dal presidente della Cciaa Antonio Paoletti, e da lui sempre invocato, in questi anni ha incontrato il mutevole sostegno delle giunte marcate Dipiazza e un certo scetticismo in era Cosolini. Ora è fermo nel mezzo di una pratica romana che dovrebbe farcene conoscere la fattibilità nella sua ultima destinazione, l'area della Sacchetta. Ma prima di approdare alla lanterna, l'idea di un grande acquario triestino che faccia da contraltare ai cugini-rivali genovesi ha girato qua e là lungo le rive e oltre. Inizialmente s'era pensato al terrapieno di Barcola: inquinato. Poi Campo Marzio, Magazzino vini, area ex Bianchi. Ad un certo punto Dipiazza propose di mettere una grande vasca nel mezzo dell'ex Pescheria. Ora ha raggiunto il luogo dell'ultimo riposo all'ombra della Lanterna: spetta a Roma dire se si potrà anche costruire, e alle realtà economiche triestine se ci sono i soldi per farlo. Il centro città - Il centro di Trieste ha assistito a una lunga rassegna di idee mai realizzate. A due passi dal Parco del Mare, per attenerci alla cronaca recente, la «tensostruttura» che il sindaco Dipiazza dichiarava di voler realizzare poco dopo il crollo dell'Acquamarina. Poi di recente ha sposato la tesi di farne una ex novo in orto vecchio. Ma proseguendo sulle Rive vediamo le linee di tram immaginate dalla giunta di Roberto Cosolini, che da Opicina avrebbero dovuto tornare a ramificarsi nel resto della città, come ai tempi della gallina bicefala. S'è visto poi com'è andata in questi anni, col tram. Un altro sogno irrealizzato del centro città è il "tubone sottomarino", ovvero il tunnel che nelle ambizioni dell'esecutivo di Riccardo Illy avrebbe far passare il traffico auto dal Porto vecchio a Campo Marzio ricorrendo a un'avveniristica struttura subacquea. Da allora va detto che si è riusciti a ottenere i semafori sincronizzati sulle Rive. Sempre alla giunta Illy si deve l'idea di un cimitero monumentale nella Cava Faccanoni, visibile la notte da tutta la città. Anche di ovovia, in realtà, si parla da moltissimo tempo, ora verso Monte Grisa, ora verso l'Altipiano. Una menzione particolare la merita lo "Stream", l'autobus magnetico voluto dal sindaco Illy, perché non rimase un sogno nel cassetto: fu realizzato e abbandonato. Tornando a tempi più recenti la città ancora attende i prossimi risvolti sul super campus di via Rossetti, che il primo cittadino in carica intende realizzare al posto dell'attuale caserma in disarmo, convogliando lì tutti gli istituti superiori cittadini. Una fortezza della conoscenza, al momento teorica. Il Porto vecchio - Più che un cassetto, l'antico scalo è un forziere di sogni riposti. Dovessimo attenerci soltanto agli annunci degli ultimi anni, secondo il sindaco Dipiazza lì dovremmo avere investitori russi, cinesi, arabi praticamente con i soldi in mano. Pare pure un serbo. Ma prima di tutto ciò abbiamo visto apparire e sfumare tante altre fate morgane: un quartier generale di Generali, reso impossibile da complicanze tecniche in seguito alle quali il gruppo spostò la sede per l'Italia a Mogliano Veneto. Ma anche il progetto di Portocittà, che avrebbe dovuto portare a una riqualificazione di tutta l'area (in cambio di una serie di condomini in zona Barcola) e che almeno portò al recupero del Magazzino 26. Un altro annuncio recente è quello del Mercato ittico, che secondo il primo cittadino a inizio terzo mandato avrebbe trovato lì una sede ideale, e ora è stato dirottato altrove. Resta ancora un annuncio da parte del Comune la volontà di realizzare una città sportiva accettando la proposta del manager Leo Bassi nella parte finale dello scalo, a partire dalla già citata Piscina terapeutica la cui fattibilità è al vaglio in questi giorni. Si potrebbe continuare a lungo, citando ad esempio la "Barcola Beach" in stile Copacabana vagheggiata dal candidato alle primarie dem Francesco Russo, 5 anni fa, con tanto di spiagge color dell'oro. Oppure, volendo chiudere in grande, il progetto romano di far attraversare tutto l'altipiano carsico da un tunnel Tav destinato a pigliare il canyon della val Rosandra come un tornante. La politica, si dirà, è fatta anche di proposte e annunci, e oltre a idee accantonate, ci sono progetti realizzati. Ce li godremo dall'alto dell'ovovia. Forse.

Giovanni Tomasin

 

Ovovia Molo IV-Opicina - Bora e costi esorbitanti non frenano il Comune
La giunta accelera sulla realizzazione del maxi impianto da 30 milioni di euro - Polli: «Perfetto per chi vuole andare in osmiza senza muovere la macchina»
Un dato è certo: all'ambizioso progetto dell'ovovia tra Molo IV e Opicina l'amministrazione comunale ci crede davvero. Lo dimostra la rapidità con cui sta portando avanti l'operazione, annunciata un po' a sorpresa in piena emergenza sanitario-economica da Covid-19. Già approdata in giunta nei giorni scorsi la delibera per partecipare al bando del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti sulla mobilità sostenibile, e ottenere quindi i fondi necessari a coprire le consistenti spese di realizzazione dell'opera. Il costo dell'operazione è di 30 milioni di euro, che verrebbero interamente coperti dai finanziamenti destinati ai sistemi di Trasporto rapido di massa ad impianti fissi, se Trieste risultasse tra i vincitori della gara. «A mio avviso abbiamo buone possibilità - commenta l'assessore all'Urbanistica Luisa Polli -, anche perché non ci sarà, pare, molta concorrenza».Già definite anche le coordinate logistiche dell'impianto che, secondo le previsioni comunali, una volta a regime dovrebbe dare lavoro ad una trentina di persone tra macchinisti e tecnici. L'itinerario innanzitutto: partenza dal Molo IV, fermate intermedie all'altezza della Centrale idrodinamica, nella zona del polo museale, al Bovedo, dove c'è il parcheggio di interscambio, e poi su fino a Campo Romano. Tempo di percorrenza del tragitto 13 minuti, capacità di 2 mila persone all'ora.Ma gli scenari immaginati dall'amministrazione non finiscono qui. «Prevediamo un'ovovia che giri continuamente e che consenta a chi si sposta in bici di caricarsela sulla cabina. La bellezza di questo impianto sta nel fatto che si può raggiungere il Carso senza muovere l'auto (come si poteva fare quando era regolarmente in funzione il tram, fa notare più di qualcuno sui social e non solo, ndr). L'orario nei fine settimana verrà ricalibrato diversamente da quello dei bus, in base al rapporto costi-benefici, per consentire ad esempio chi vuole andare ad esempio in osmiza (peccato che la maggior parte delle "frasche" disti parecchio dal centro di Opicina, ndr), e chi decide di andare in città per cena, di rientrare a casa senza guidare. Alla stazione di arrivo ci saranno delle navette per chi vuole andare in pellegrinaggio a Montegrisa». Lo studio di fattibilità, senza «un progetto di dettaglio», è già stato concepito dagli uffici del dipartimento Territorio e Mobilità (direttore Giulio Bernetti), che Polli ringrazia per aver colto l'idea da lei accarezzata già ai tempi in cui lavorava in Regione. Il progetto rientrerà nel piano urbano della mobilità sostenibile e nella riqualificazione del Porto vecchio. «Abbiamo già preventivamente fatto un passaggio anche con la Soprintendenza - specifica l'esponente della giunta Dipiazza. Ad esempio, quando l'ovovia si muoverà in orizzontale sopra i magazzini del Porto vecchio, l'intervisibilità prevista dal Piano paesaggistico non verrà intaccata. Quando invece procederà da park Bovedo verso l'alto, non passerà sopra le case. Le cabine saranno in vetro, eccetto il pavimento e quindi l'impatto visivo sarà minimo. Inoltre, è già stato considerato il problema geologico e quello della bora: gli uffici hanno eseguito dei calcoli ed è emerso che l'impianto terrà fino a 75 chilometri di raffiche». Una soglia che, secondo le valutazioni dei tecnici, viene superata circa 30 volte l'anno, e non è detto che si chiuda l'impianto solo per una raffica. Quindi, al massimo l'impianto si fermerà per un periodo massimo di un mese l'anno. Un ostacolo evidentemente non sufficiente a scoraggiare il Comune che si spinge addirittura ad immaginare gli step successivi in caso di vittoria del bando. «Sono solo un paio le società a livello mondiale che si occupano di questo settore - conclude Polli -, il che permetterebbe di procedere celermente nella gara. Se tutto fila liscio, si potrebbero iniziare i lavori già a ottobre 2021».

red. cr.

 

Monfalconese ricco di piste ciclabili fuori dal bici bonus - Rabbia dei venditori
Granzon: «Un incentivo magari più basso, ma a tutti» - Artuso: «Siamo discriminati». Bolzan: «Servirebbe molto»
MONFALCONE. Bonus bici ma non per tutti, il Monfalconese è tra gli esclusi. Il Decreto Rilancio, fra le tante agevolazioni, dà l'opportunità ai cittadini di utilizzare un buono mobilità per comprare biciclette, anche a pedalata assistita, monopattini e altri dispositivi simili. Il bonus copre il 60% della spesa sull'acquisto fino a un valore massimo di 500 euro. Un incentivo dunque per ridurre l'inquinamento, inducendo le persone ad abbandonare la propria autovettura, e per evitare gli assembramenti sui mezzi di trasporto pubblici ai tempi del Covid-19. Ma quali sono i requisiti di accesso? Essere residenti in una città con almeno 50 mila abitanti o in un capoluogo di provincia. Ecco dunque che città più piccole, come Monfalcone, Ronchi dei Legionari e Staranzano e i comuni ancora minori che costituiscono non solo buona parte del Friuli Venezia Giulia ma dell'Italia stessa, sono state escluse da questa grande opportunità. Un'occasione che sarebbe stata ben accolta dagli abitanti di piccoli centri che di solito sono più portati a spostarsi in bicicletta. «I requisiti per usufruire del bonus bici sono discriminanti - afferma il sindaco di Monfalcone Anna Maria Cisint -. Non vedo perché il residente triestino debba avere più agevolazioni di quello monfalconese. Non è corretto inoltre nei confronti dei commercianti dei centri più piccoli che con il bonus potevano avere l'opportunità di vendere più bici. Infine sono soldi pubblici, quindi tutti gli italiani dovranno pagare le tasse per coprire questo buono di cui alla fine non tutti potranno usufruirne». Le belle giornate e la possibilità di muoversi di nuovo dopo il lungo lockdown hanno indotto molti monfalconesi a far aggiustare la propria bici o a comprarne una nuova. Per quanto gli affari del negozio Cicli Granzon di Luca Granzon stiano andando bene, sia per quel che riguarda la riparazione che l'acquisto di una nuova bicicletta, anche il proprietario reputa la scelta del Governo discriminante. «Il bonus bici è una bella iniziativa da replicare e allargare a più comuni - spiega Granzon -. Abbassando la somma del buono si potrebbe dare la possibilità a più persone di usufruirne». Della stessa opinione è anche Gianluca Pocar del negozio inBici di Ronchi dei Legionari. «È un'iniziativa fatta per agevolare solo certe zone - replica Pocar - come se esistessero i cittadini di serie A e quelli di serie B. La gente è arrabbiata, viene in negozio a chiedermi del buono che non può essere utilizzato in quasi tutto il Friuli Venezia Giulia. Cerco allora di applicare sconti a chi non può usufruirne». Gli esercenti possono comunque rilasciare la fattura a chi abita in un capoluogo di provincia. Sarà poi il cliente a dover inserire i dati su un'applicazione web del Ministero dell'Ambiente per richiedere il rimborso. Il negozio Cicli Moto K&G a Ronchi ha riscontrato invece negli ultimi anni un calo delle vendite dovute anche alla concorrenza dei supermercati. «Abbiamo più richieste di riparazione che di vendita di biciclette - spiega Antonella, la moglie del titolare Demetrio Artuso -. Anche chi di solito non se lo può permettere avrebbe potuto comprare con il buono una bici di qualità, ma le piccole città sono state discriminate». Anche a Staranzano Roberto Bolzan ha già informato i cittadini che nel suo negozio non potranno usufruire del bonus. «Il mio negozio si occupa di riparazioni e vende solo biciclette per girare in città - spiega Bolzan -, ma il bonus avrebbe agevolato soprattutto l'acquisto di biciclette elettriche che costano migliaia di euro».

Beatrice Branca

 

«Meglio dirottare risorse sullo sviluppo delle ciclovie» - il parere dell'associazione Bisiachiinbici
TURRIACO. A Turriaco, il centro della Bisiacaria dove negli ultimi tre anni si è investito di più nei collegamenti ciclabili, si comprende la logica del bonus bici e quindi l'esclusione dei centri più piccoli, dove le due ruote già si usano, ma si sarebbero preferite altre misure a sostegno della mobilità su due ruote. «L'obiettivo avrebbe dovuto essere quello di finanziare gli spostamenti casa-lavoro e quindi sarebbe stato sufficiente un incentivo più basso e da estendere alla manutenzione - afferma Nicola Pieri, assessore ai Lavori pubblici e già presidente dell'associazione Fiab Bisiachinbici -. Un bonus così elevato rischia invece di essere usato per comprare biciclette per fare attività sportiva o ricreativa, non per gli spostamenti di ogni giorno». A Turriaco si sarebbe poi preferito che i fondi andassero ai Comuni per la realizzazione di infrastrutture e l'attivazione di servizi, come bike sharing più evoluti. «Pensando solo al nostro territorio si sente l'esigenza di un collegamento sicuro con Monfalcone o almeno con il Polo intermodale», spiega l'assessore. «Pensando poi alle grandi realtà su cui il bonus è tarato, Milano sta facendo qualcosa, ma Roma no - prosegue Pieri -. Senza che ci sia la possibilità di spostarsi in sicurezza e un cambio di mentalità a monte è difficile che le persone si spostino in ambito urbano usando la bicicletta. E' questo il vulnus di questo bonus». Pieri si augura che la Regione possa compensare finanziando, come fatto finora, la redazione dei biciplan comunali e la realizzazione di connessioni ciclabili. «Sarebbe pericoloso dirottare i fondi e mi auguro che la Regione continui a finanziare pianificazione e infrastrutture», conclude l'assessore, che per quest'estate ha programmato un tour in bici del Friuli Venezia Giulia assieme alla famiglia. A livello nazionale Fiab ha fatto parte del gruppo di lavoro con il ministero, ma a livello locale, dove gli incentivi peraltro non arriveranno, il prodotto della concertazione non è che entusiasmi.«L'operazione ha un suo senso, ma per noi era meglio impiegare le risorse per le infrastrutture, che fanno l'uso - afferma Francesco Furlan, presidente di Fiab Bisiachinbici, con sede a Monfalcone -. Per andare a lavorare basta una bici vecchia. Resta da capire poi la ricaduto sui rivenditori di bici, visto che si può tranquillamente acquistare anche on line». In alternativa alle infrastrutture Bisiachinbici avrebbe visto come più utile la misura che l'Emilia Romagna si appresta a introdurre: l'assegnazione di finanziamenti ai datori di lavori che poi ritorna dei soldi in busta paga ai dipendenti che arrivano in azienda in bici». L'altra questione aperta e da risolvere è quella dell'itermodalità. «Prendo la bici con il bonus e poi magari non posso caricarla in treno o metropolitana - sottolinea Furlan -. Anche in Fvg questa possibilità andrebbe ampliata, al di là dello scopo turistico». Mentre a livello mandamentale serve una pianificazione allargata, quanto meno ai tre Comuni maggiori, e in grado di individuare i collegamenti tra diversi centri urbani.

Laura Blasich

 

 

«Nidi di rondine distrutti di continuo in centro a Muggia»
Denunciate nuove demolizioni delle "case" degli esemplari tutelati per legge in piazza Marconi. Intanto borgo San Rocco si sta ripopolando
MUGGIA. Il ritorno delle rondini e dei rondoni a Muggia sollevano nuovamente il tema della convivenza, non sempre felice, con questi iperprotetti e utilissimi uccelli. Utilissimi perché una rondine, ogni giorno, arriva a divorare circa 6 mila insetti (un rondone addirittura oltre 10 mila). Iperpotetti perché si tratta di volatili i cui nidi sono tutelati per legge e per la cui distruzione si incorre in un reato penalmente perseguibile. Eppure, sono costanti le testimonianze di persone che assistono alla distruzione sistematica di nidi: uno di questi è il muggesano Danilo Bisiac, che tre anni fa aveva assistito alla rimozione e distruzione dei nidi collocati sotto la grondaia di un edificio che si affaccia nella centralissima piazza Marconi, «in pieno giorno e con l'ausilio di una motoscala». Distruzioni che, sempre a detta di Bisiac, «proseguono indisturbate ancora oggi, in quanto si notano sotto la grondaia dello stesso edificio due soli nidi superstiti di quelli realizzati l'anno scorso e numerosi altri distrutti». Questo scenario, fino a pochi anni fa, si presentava anche a borgo San Rocco, da sempre colonia privilegiata di questi affascinanti volatili: «Purtroppo - racconta Silvana Di Mauro, presidente dell'associazione di volontariato Liberi di Volare - risale a due anni fa la distruzione di quasi tutti i nidi di rondine. Lo scorso anno abbiamo messo a dimora venti nuovi nidi e quest'anno altri ancora. Inoltre - conclude Di Mauro - un'altra importante modifica sarà quella che attueremo prossimamente sui portalampade sotto i portici del borgo, con le punte d'acciaio dei dissuasori per i piccioni che verranno ricoperte da una lastra sagomata in plexiglas».

Luigi Putignano

 

 

Stagno di Banne e arnie nell'Isontino, due gravi danni ambientali - la lettera del giorno di Tiziana Cimolino (Medici per l'ambiente)

Negli scorsi giorni ben due atti di vandalismo ambientale si sono verificati, anzi sono stati compiuti da ignoti. Sono stati devastati lo stagno di Banne (Trieste) e l'apiario in provincia di Gorizia. Atti di vandalismo che hanno provocato la moria di salamandre, insetti, lumache e girini nello stagno ma anche inquinato per parecchio tempo il sito con lo sversamento - pare - di olii esausti o altro rendendolo putrido e maleodorante. Due milioni di api sono state invece uccise volontariamente nell'apiario di San Lorenzo Isontino (Gorizia). Hanno chiuso le porte per non farle uscire e hanno dato fuoco con le fascine alle arnie, bruciando vivi i suoi ospiti. Un danno ambientale ed economico enorme (si parla di circa 15 mila euro solo per le api), ma è la parte ambientale e civile che riguarda tutti noi il danno più grave. Le api sono a rischio estinzione e il loro ruolo nell'impollinazione è risaputo. Credo che questi atti debbano essere considerati non come episodi di semplice vandalismo ma come veri atti di "danno ambientale" come da norma di legge, in quanto azioni che ledono acque e terreni, contaminando e creando un rischio significativo di effetti nocivi per animali e ambiente, come anche per insetti in estinzione e quindi da proteggere maggiormente come elemento di biodiversità utile per tutto l'ecosistema.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 27 maggio 2020

 

 

Da Campi Elisi a Porto vecchio: piano ciclabili al via in autunno
In agenda una serie di interventi per agevolare gli spostamenti in bici, a partire da un ponticello a Sant'Andrea per evitare l'attraversamento della strada
Il Comune annuncia un piano di interventi per le ciclabili, in agenda a partire da settembre. Dall'opposizione, però, si reclamano soluzioni provvisorie per l'estate. È quanto emerso nella seduta della Sesta commissione del Consiglio comunale competente in materia di urbanistica e mobilità, svoltasi ieri in modalità telematica, alla quale hanno partecipato anche l'assessore Luisa Polli e il dirigente Giulio Bernetti. Per quanto riguarda la ciclabile che da Campo Marzio si sviluppa verso Ponziana, è stata annunciata la realizzazione di un ponticello nei pressi dell'imbocco della Gvt, tra via delle Fiamme Gialle e largo Irneri, che permetterà di proseguire il percorso più "in basso", lato mare, lungo la ferrovia, senza quindi dover attraversare la strada come accade ora. Avvicinandosi al centro, come ha riferito a questo proposito l'ingegner Bernetti, sta procedendo positivamente il dialogo tra il Comune e l'Autorità portuale per tracciare una pista ciclabile al posto di una porzione degli attuali parcheggi lungo le rive. In Porto vecchio, invece, è stato confermato che è prevista l'installazione di altre due postazioni di bike sharing ed è stato comunicato nel contempo che il secondo lotto dei lavori è stato già finanziato e partirà dopo Esof, rendendo possibile il collegamento della ciclabile da piazza Libertà alla rotatoria di viale Miramare, con l'obiettivo poi di allungarla fino al park Bovedo. Rimanendo in zona, è stato precisato che il progetto dell'ovovia prevede pure la possibilità di trasportare le biciclette all'interno delle cabinovie dirette in Carso. L'assessore Polli ha anche anticipato il contenuto di due ordinanze alle quali sta lavorando il Comune: una permetterà l'uso da parte dei ciclisti delle corsie preferenziali dei bus in via Ghega e via Carducci (come già succede in via Mazzini) e l'altra stabilirà delle deroghe nelle aree adiacenti al mare perché i cittadini abbiano la possibilità di parcheggiare più liberamente le bici. E sempre in occasione della Sesta commissione di ieri, è stata presentata una mozione, prima firma Sabrina Morena di Open, che chiede la progettazione di una ciclabilità provvisoria in vista dell'estate, quando si ipotizza che molte persone decideranno di usufruire della bici per diminuire il rischio di contagio da coronavirus. In particolare, la proposta di Morena è quella di creare un tratto ciclabile temporaneo in corso Cavour (dietro il Magazzino delle Idee) per consentire il passaggio agevole e sicuro di chi proviene dalle Rive ed è diretto in Porto vecchio.

Simone Modugno

 

 

Lo stagno di Banne avvelenato da olio e rifiuti decomposti
I risultati delle analisi dell'Arpa confermano che la morte di girini, tritoni, lumache e insetti è stata causata dallo sversamento di residui di frittura e materiale per il compostaggio
TRIESTE. Lo stagno di Banne, "Stari kal", è stato avvelenato perché utilizzato come una discarica. Le analisi dell'Arpa hanno sciolto ogni dubbio sulla disdicevole vicenda che circa due settimane fa ha coinvolto il piccolo ma rigoglioso specchio d'acqua situato in via di Basovizza, a pochi passi dalla scuola elementare "Julius Kugy". I girini, le lumache di stagno, i tritoni crestati e punteggiati e tutti gli insetti (soprattutto api) trovati privi di vita all'interno delle acque dello stagno di Banne sono morti per anossia, ossia per mancanza di ossigeno, un fenomeno dovuto all'improvvido sversamento di materiale organico vegetale, che una volta andato in decomposizione, ha causato la morte di centinaia di animali. Nell'acqua erano stati infatti trovati diversi resti di melanzane e ciliegie, elementi naturali che non hanno nulla a che vedere con l'ambiente attorno allo stagno. «Vogliamo consolarci con il fatto che non c'è qualcuno che volontariamente va ad avvelenare gli stagni? Possiamo farlo, sì, ma resta il fatto che c'è qualche "sciocco", che ha ben pensato di svuotare il proprio bidone del compostaggio pieno di residui organici che assieme a qualche probabile residuo di olio di frittura ha provocato l'avvelenamento dello stagno di Banne», racconta Nicola Bressi, zoologo del Museo di Storia naturale di Trieste, tra i primi, assieme ai Tutori stagni, ad effettuare un sopralluogo domenica 10 maggio, il giorno in cui la Stazione forestale di Trieste, guidata dall'ispettore Lucio Ulian, decise di recintare per precauzione l'area. Una volta ottenuto il responso da parte dell'Arpa, la Forestale ha provveduto ieri mattina a versare 27 metri cubi di acqua nello stagno e togliere il divieto di accesso. Negli ultimi giorni la situazione del piccolo bacino lacustre carsolino è parsa migliorata. «Quanto accaduto ha sicuramente compromesso quasi ogni forma di vita dello stagno. La speranza è che qualche tritone si sia salvato perché in quei giorni non presente in acqua. Il danno quindi c'è stato, ed un nuovo ecosistema dovrà riformarsi. Il Museo di Storia naturale di Trieste sicuramente vigilerà sul processo di rinaturazione con nuove piante e zooplancton», spiega Bressi. Lo stagno artificiale, risalente al Medioevo, uno dei più antichi del Carso, è curato dalla Comunella di Banne presieduta da Neva Hussu. «Quanto accaduto spero possa insegnare che non solo lo Stari kal, ma tutta la natura va rispettata. Questo specchio d'acqua è da sempre uno dei punti di riferimento per i nostri paesani oltre che per gli studenti delle scuole di Banne. Uno stagno che speriamo possa presto tornare a pulsare di vita».

Riccardo Tosques

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 26 maggio 2020

 

 

Cinque anni e 130 milioni per il polo della logistica al posto dell'area a caldo
Ecco il piano industriale di Icop-Plt che sarà allegato all'Accordo di programma sulla riconversione della Ferriera di Servola. In previsione 70 nuove assunzioni
Un investimento da 130 milioni di euro e 70 nuovi assunti, per trasformare in cinque anni l'ormai ex area a caldo della Ferriera di Servola in un comprensorio logistico a servizio del porto. L'Accordo di programma si avvicina alla firma e vi sarà allegato anche il piano industriale di Icop, impresa di costruzioni socia di Piattaforma logistica srl e suo braccio operativo in questa fase di trattative sui terreni confinanti. Spetterà a Icop-Plt gestire di concerto con il gruppo Arvedi la messa in sicurezza dei terreni e realizzare i piazzali per creare un moderno terminal portuale che si porrà a servizio del Molo VIII. Il futuro comincia ora - L'Adp non riguarda solo la dismissione dell'area a caldo e il rafforzamento del laminatoio. La discesa in campo di Icop-Plt avvia infatti la trasformazione logistica del comprensorio, ponendo le basi per il successivo sviluppo del Molo VIII, di cui la zona oggi occupata da cokeria e altoforno diventerà snodo su ferro e su gomma. Da qui le merci arriveranno e partiranno alla volta dell'Europa centrale, grazie alla costruzione della cosiddetta Grande stazione di Servola e di uno snodo autostradale diretto sulla Grande viabilità. L'area è insomma la pietra di volta per lo sviluppo del Molo VIII e forse sarà proprio la firma dell'Adp a fornire la spinta necessaria per chiudere l'intesa che Piattaforma logistica srl sta cercando da oltre due anni con possibili partner, che possano garantire forza economica e presenza di navi tali da rendere possibile la costruzione dei primi lotti del Molo VIII e garantirne la sostenibilità grazie alla deviazione di traffici sul porto di Trieste. Una prospettiva che secondo gli estensori del business plan garantirà centinaia di posti di lavoro. Il piano industriale - Icop ha articolato in tre fasi il suo apporto nell'ex stabilimento siderurgico, per un costo rispettivo di 57,5, 20,2 e 20,7 milioni. Il totale fa 98,4 milioni, ma bisogna aggiungere i 21 milioni che vale complessivamente l'operazione con cui i costruttori rileveranno da Arvedi i terreni di proprietà nella complessa operazione di scambio delle aree, che vede il coinvolgimento dell'Agenzia del demanio. Le risorse saranno messe a disposizione interamente da Icop, che sta valutando varie ipotesi sul tappeto. Solo l'accordo industriale con un partner di peso dirà poi quale potenza di fuoco potrà dare manforte agli imprenditori Vittorio Petrucco e Francesco Parisi. Per completare il quadro, vanno infine aggiunti 7 milioni, per l'acquisto di due gru e attrezzature destinate alla movimentazione di merci tra navi, piazzali e ferrovia. Il tutto richiederà cinque anni: se la demolizione degli impianti esistenti e la graduale realizzazione della messa in sicurezza ambientale e delle pavimentazioni dureranno fino al 2025, già nel 2021-2022 si rimuoveranno i cumuli di terreno e rifiuti che occupano il cosiddetto "Nasone" e si realizzeranno le nuove banchine. Ne risulterà un'area in cui i terreni saranno messi in sicurezza dalla possibile diffusione di sostanze inquinanti attraverso una pavimentazione in calcestruzzo sui terreni di cokeria e altoforno. I piazzali (in grigio sulla mappa) serviranno a sistemare container e rimorchi, mentre su una sezione passeranno il nuovo fascio di binari e lo svincolo autostradale, che correranno paralleli fino alla Piattaforma logistica, in fase di ultimazione. Le banchine - Il progetto occuperà 29 ettari: 14 per movimentazione e deposito di container e rimorchi; 2 per la realizzazione presso il cosiddetto "Nasone" di una nuova banchina da 219 metri proprio accanto alla Piattaforma per l'attracco di portacontainer e traghetti ro-ro; 7 per attrezzare nei pressi del laminatoio altri 350 metri di banchina dedicata ad attività logistiche per la siderurgia; 3 per gli spazi necessari a far passare i tracciati di ferrovia e svincolo autostradale; 3 adibiti a parcheggi. Il "Nasone" costituirà un prolungamento della Piattaforma logistica e, come questa, svolgerà attività legate a container e ro-ro. Più a sud, nei pressi del laminatoio, sarà realizzata un'altra linea di attracco per funzioni siderurgiche. Entrambe le infrastrutture avranno una concessione di 26 anni e si affiancheranno alla Piattaforma, consentendo secondo il piano di Icop-Plt di ottenere ricavi totali per 23 milioni all'anno: 12,5 milioni per la movimentazione di 120 mila container e 12 mila tank container, 5 milioni per il traffico di 50 mila ro-ro e 5 milioni per le attività della parte siderurgica. Tra le due banchine, Invitalia procederà infine al consolidamento dell'attuale fascia costiera, con quel barrieramento necessario a bloccare lo sversamento di inquinanti in mare: i piani di Icop prevedono in futuro di unire con una banchina il Nasone al terminal siderurgico, ma per questo serviranno gli investimenti del partner straniero, con i quali proprio da qui partirà il graduale allungamento verso il mare del Molo VIII, il cui primo lotto potrebbe essere pronto nel 2030. Il nodo occupazionale - Il piano di Icop-Plt prevede due attività portuali distinte. Nella banchina siderurgica, Parisi e Petrucco erediteranno 33 dei 38 dipendenti attualmente impiegati da Arvedi e gestiranno per suo conto un servizio basato da una parte sull'arrivo a Servola di rottami, ghisa e minerali di ferro da trasportare a Cremona per le successive lavorazioni e, dall'altra, sulla partenza da Trieste dei coils di laminato che usciranno dall'area a freddo. Gli accordi attuali prevedono che Icop-Plt segua per i primi quattro anni il traffico per conto di Arvedi e che, dopo questa fase, il gruppo lombardo subentri in proprio o rinnovi la modalità vigente. Piattaforma logistica e nuova banchina del "Nasone" svolgeranno invece attività di carico e scarico di navi container, feeder e traghetti ro-ro. In questo caso il piano prevede 70 nuovi assunti (53 operativi, 10 tecnici e 7 amministrativi), ma qui rimane una divergenza di vedute con la Regione. La giunta Fedriga chiede all'impresa di dare priorità nelle assunzioni agli esuberi della Ferriera, ma Icop-Plt non pare disposta ad accettare vincoli, volendo puntare su competenze più specifiche in ambito logistico. Il business plan guarda peraltro in avanti e ben oltre l'Adp, sottolineando che «la realizzazione del Molo VIII e l'occupazione di alcune centinaia di addetti rappresentano una delle prospettive di lavoro più rilevanti per la città di Trieste».

Diego D'Amelio

 

L'atteso ok del Demanio allo scambio dei terreni per il decollo della firma
Fra i nodi che rimangono da sciogliere anche le clausole di "garanzia" chieste dalla realtà cremonese e la questione occupazionale
Il ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli assicura che la firma dell'Accordo di programma arriverà non oltre il fine settimana. Lo spazio per nuove modifiche pare esaurito, ma la tempistica resta incerta, perché l'Agenzia del demanio deve ancora esprimersi sul via libera allo scambio delle aree che renderà possibile la compravendita dei terreni tra Arvedi e Icop-Plt. Il pronunciamento è necessario per autorizzare il passaggio a costo zero fra i terreni oggi di proprietà di Arvedi (in rosso sulla mappa a sinistra) e quelli dell'Autorità portuale (in verde). Si tratta di due aree perfettamente equivalenti: quella privata verrebbe demanializzata e assegnata all'Authority, mentre quella pubblica sarebbe ceduta ad Arvedi, lasciando all'Autorità portuale solo una sottile striscia di costa perché il fronte mare deve essere sempre di competenza del Demanio. Se questo darà il suo assenso, Arvedi creerà una nuova società per ottenere la concessione dei terreni finora di sua proprietà. A quel punto Icop-Plt rileverà la Newco per una cifra attorno ai venti milioni, garantendo un guadagno al gruppo siderurgico. I privati non arriveranno comunque alla firma dell'Adp con un preliminare di compravendita in tasca e la definizione finale del valore della Newco rappresenta un'altra incognita, anche se le parti si dicono convinte di poter limare i dettagli in tempi rapidi. L'ultima impuntatura da superare è quella del gruppo cremonese, che ha chiesto di inserire pesanti clausole sospensive dell'Adp, qualora il quadro normativo mutasse e con esso la convenienza dell'operazione. Una spada di Damocle inaccettabile per Patuanelli, che sta lavorando per arrivare a un testo che impedisca all'azienda di far saltare magari fra qualche anno un quadro costruito in mesi di trattative. Da chiarire resta pure la definitiva versione dell'Accordo sui livelli occupazionali. Si dovrà capire se imprese e Regione troveranno una mediazione sul destino degli esuberi della Ferriera: 163 dipendenti su 581 non trovano collocazione nel piano industriale di Arvedi, tra 66 interinali in scadenza e 97 lavoratori (di cui 50 da impiegare solo nella bonifica) per cui la società prevede il trasferimento a Cremona o in aziende terze (Patuanelli ha parlato più volte di Fincantieri), pensionamento o esodo incentivato. La giunta Fedriga chiede che nell'Adp Arvedi e Icop aumentino il numero dei 417 lavoratori con un futuro assicurato. L'ultimo nodo dovrà essere sciolto dopo la firma e riguarda il ruolo di Rete ferroviaria italiana e Anas, coinvolte nella realizzazione della Grande stazione di Servola e dello svincolo autostradale, ma con cui non risultano accordi già sottoscritti. Senza i collegamenti infrastrutturali via terra, la Piattaforma logistica e il terminal che sorgerà al posto dell'area a caldo non avrebbero tuttavia polmoni per respirare.

D.D.A.

 

Dal Mise 80 milioni ad Arvedi per le partite Trieste-Cremona
La quota "giuliana" è pari  a 55, di cui 15 dal fondo per l'area di crisi industriale complessa, soldi trasferiti da Roma gestiti dalla Regione
Una pioggia di danaro pubblico per sostenere i progetti industriali del gruppo Arvedi a Trieste e a Cremona. Sono servite decine di milioni, tutti provenienti dal governo, per sbloccare la partita dello spegnimento dell'area a caldo. L'Accordo di programma relativo a Servola prevede lo stanziamento di 40 milioni da parte del Mise e 15 dal fondo per l'area di crisi industriale complessa (soldi gestiti dalla Regione ma trasferiti sempre dal Mise), che andranno tutti a beneficio del gruppo Arvedi per il potenziamento del laminatoio e la riconversione a gas della centrale elettrica. Ma non basta, perché la società siderurgica potrà contare su altri 25 milioni per gli impianti lombardi. Il totale relativo a Trieste vale 55 milioni (cui si aggiungono i 41 che Invitalia userà invece per consolidare la linea di costa), che il cavalier Giovanni Arvedi potrà mettere a bilancio per riconvertire un'area a caldo che, con ogni probabilità, sarebbe stata comunque chiusa entro il 2026 per la scarsa convenienza di produrre ghisa in Italia. E l'azienda potrà inoltre introitare altri 20 milioni per la cessione di parte dei terreni a Icop. Arvedi è poi riuscito a strappare al Mise altri 25 milioni a fondo perduto da spendere a Cremona. I fondi verranno utilizzati per favorire un approccio sostenibile basato sull'economia circolare, attraverso la creazione di un brevetto per la produzione di acciaio tramite rottami. Per quanto riguarda Cremona, il ministero tratterà successivamente il coinvolgimento finanziario della Regione Lombardia.

D.D.A

 

 

Piscina terapeutica in Porto vecchio, il Comune ora lancia una consultazione
La "proposta Monticolo" non convince piazza Unità che ne teme l'onerosità. Si riparte da un project financing
Il Comune assume l'iniziativa sulla piscina terapeutica in Porto vecchio. O meglio, se è concesso il gioco di parole, assume l'iniziativa per stimolare l'iniziativa: l'albo pretorio dovrebbe tra non molto pubblicare l'avviso per una consultazione di mercato. Cercasi costruttore e gestore di un impianto polifunzionale composto da 2-3 vasche, una delle quali dedicata agli utenti disabili. Accanto al polo natatorio funzionerebbe una "spa" e sopra di esso un ristorante panoramico, tipo quello che si pensava di fare al Magazzino 30, se fosse andata a buon fine l'idea di un fishmarket.Il sito individuato è il cosiddetto "magazzino Ford" immediatamente alle spalle del 28 bis, la nuova struttura edificata nell'ambito del compendio espositivo-congressuale Tcc. La portata finanziaria dell'operazione - il documento è ancora in via di definizione - oscilla tra i 10 e i 15 milioni di euro, rispetto ai quali l'impegno del Municipio potrebbe attestarsi attorno ai 5 milioni. La modalità contrattuale realizzativa è un project financing di iniziativa privata, strumento simile a quello adottato per il vicino centro congressi. Gli uffici comunali non concederanno molto tempo per ottenere risposte e disponibilità: vorrebbero raccogliere gli umori immobiliari-sportivi-finanziari della piazza entro il 30 giugno. La mossa comunale non intende essere antagonistica rispetto alla recente "proposta Monticolo & Foti", anzi l'auspicio è che l'invito possa essere accolto anche dall'azienda triestina qualora essa ripensi i termini del suo interesse per la piscina. E siamo al punto dirimente che ha convinto il Comune a promuovere la consultazione. La "proposta Monticolo" vede partecipare il Mediocredito Trentino-Alto Adige come finanziatore, la Sgm consulting come progettista, il Policlinico Triestino e la Triestina Nuoto come gestori. Il finanziamento - il cui importo non è stato precisato in quanto legato alle opzioni comunali - verrebbe rimborsato dal Municipio nell'arco di un ventennio a partire dal 2023. Il "Theresianum", come s'intitola il progetto, presenta tre variabili operative (una o più vasche), prospettate da Andrea Monticolo sia ai dirigenti comunali che alle associazioni maggiormente interessate all'utilizzo dell'impianto. Ma la tecnica finanziaria, su cui s'impernia questa proposta, non ha convinto Enrico Conte e Vincenzo Di Maggio, i manager comunali che seguono il dossier. Non li ha convinti perché temono l'onerosità dell'impegno richiesto alla cassa pubblica. Lo hanno fatto presente al sindaco Dipiazza, che ha preso atto di queste preoccupazioni, tanto più che sul Municipio si è abbattuta la tegola dei 5 milioni di euro da pagare per il ventennale contenzioso sui lavori al teatro Rossetti. E comunque sarà necessario riprendere in mano anche il vecchio fascicolo di Acquamarina, dove il tetto crollò improvvisamente nel luglio dello scorso anno. Da allora l'impianto in Sacchetta risulta sotto sequestro dell'autorità giudiziaria. La vicenda giuridica della piscina è molto complicata: il sedime appartiene al demanio marittimo, che concesse il terreno al Comune, il quale costruì la struttura con un finanziamento della Fondazione CRTrieste e la diede in gestione esterna. La domanda è se/quando Foro Ulpiano sbloccherà i sigilli e cosa vorranno fare del rudere i pubblici soggetti coinvolti.

Massimo Greco

 

E per il Magazzino 27b una volta recuperato un futuro da parking - dietro al centro congressi
L'idea è quella di andare avanti, ove possibile e con le risorse reperibili, nella riqualificazione dell'archeologia portuale nell'ex Punto franco vecchio. Il cosiddetto "quartiere Ford", risalente agli anni Venti del secolo scorso, s'interpone tra il polo culturale-espositivo-congressuale e la futura area ludico-ricreativa di Barcola Bovedo.Uno dei primi edifici, che il visitatore incontra entrando in Porto vecchio dalla rotatoria di viale Miramare, è il Magazzino 27b, subito alle spalle di quel "27" facente parte del compendio fieristico-convegnistico Tcc. I Lavori pubblici comunali stanno pensando di trasformarlo in un parking, con il duplice obiettivo di salvaguardarne l'esistenza e di metterlo a reddito. Lo scopo estetico-logistico è di evitare che l'area venga sommersa dalle vetture in sosta, mentre invece un recupero dell'edificio consentirebbe di creare un utile contenitore di auto al servizio del Tcc e del confinante polo museale. Lo spunto è ancora classificabile al rango di qualificata ipotesi. La trasformazione in una grande rimessa non dovrebbe confliggere con il vincolo che la Soprintendenza sembra intenzionata ad apporre allo stabile, che si sviluppa su un piano dove - scriveva recentemente la sezione triestina di Italia Nostra - «si riconoscono all'interno l'applicazione del sistema Hennebique e nella facciata posteriore i caratteri stilistici della Wagnerschule", riferimenti a tecniche adottate in Europa tra fine '800 e inizio '900.L'asse di attenzione comunale si sta dunque spostando verso nord, in direzione di Barcola. Il "quartiere Ford" in origine raccoglieva i magazzini 27, 27b, 28, 31, 32, 33, 133: in parte è assorbito da Tcc, in parte ospiterà il nuovo polo natatorio in sostituzione di Acquamarina, in parte costituirà il supporto logistico dell'area museale-congressuale. Le officine, volute da Henry Ford che aveva personalmente scelto la base triestina, funzionarono solo alcuni anni dal 1923 al 1931, perché la prospettiva di una forte concorrente non piaceva alla Fiat di Giovanni Agnelli, che intervenne su Mussolini.

Magr

 

 

Accordo sul Prosecco, agricoltori del Carso in pressing per il bis
L'associazione di categoria incalza le istituzioni sul rinnovo del protocollo. Sollecitate anche più tutele per il comparto
DUINO AURISINA. Rinnovare il Protocollo d'intesa, finalizzato al coordinamento degli interventi per la valorizzazione della nuova Doc interregionale "Prosecco", scaduto nel 2016, e controfirmare l'impegno per lo sviluppo dell'agricoltura locale. Sono queste le richieste formulate con forza dal segretario dell'Associazione agricoltori del Friuli Venezia Giulia, Edi Bukavec, intervenuto alla recente seduta online della Circoscrizione dell'altipiano Ovest, su espresso invito della presidente, Maja Tenze. «In un capoverso dell'articolo 4 del Protocollo d'intesa - ha ricordato Bukavec - si legge che "esso potrà essere rinnovato con le stesse modalità con le quali è stato sottoscritto inizialmente". Mi chiedo allora come mai non si sia già proceduto in tale direzione. Avremmo poi piacere - ha aggiunto - che il Comune di Trieste prestasse maggiore attenzione al settore agricolo, come fanno invece gli altri Comuni del territorio. La Casa del Prosecco è stata ultimata, ma l'edificio può promuovere non solo vino, ma vari prodotti agricoli, di alta qualità, di nicchia, va perciò meglio utilizzato. È poi necessario - ha concluso Bukavec - provvedere alla revisione e alla semplificazione dei vincoli di carattere ambientale, territoriale e urbanistico inerenti le zone di speciale conservazione (Zps) e i siti di interesse comunitario (Sic)». Il presupposto del ragionamento di Bukavec, con il quale Tenze si è dichiarata d'accordo, è rappresentato dal Decreto ministeriale del 17 luglio del 2009, con il quale fu conferito il formale riconoscimento alla Denominazione di origine controllata, la cosiddetta "Doc", ai vini "Prosecco", in cambio della sistemazione fondiaria, della realizzazione di infrastrutture irrigue e della bonifica dei costoni carsici, per permettere il recupero delle aree a vocazione agricola presenti sul Carso. «Siamo sempre in prima linea nella tutela degli agricoltori di queste zone - ha detto Tenze - e chiediamo la sistemazione di quel costone carsico che rappresenta un notevole potenziale per queste attività. Il Consiglio circoscrizionale - ha continuato la presidente - auspica che il Comune di Trieste assuma le necessarie iniziative nei confronti della Regione, a sostegno del rinnovo del Protocollo d'intesa, per la realizzazione della zona interregionale per il vino Prosecco doc, che rappresenterebbe una grande opportunità per i giovani agricoltori locali».

Ugo Salvini

 

 

Raduni di ciclisti: così può ripartire il turismo in città - la proposta di De Gioia
Promuovere il cicloturismo come opportunità per rilanciare l'economia della città attraverso l'organizzazione di un raduno internazionale. È la proposta del consigliere comunale Roberto De Gioia (Progetto Fvg), confluita in una mozione presentata ieri mattina nel corso della terza commissione consiliare. Viste le previsioni poco rosee per il turismo cittadini e le difficoltà nell'attrarre ospiti stranieri, De Gioia ritiene opportuno orientarsi alla ricerca di iniziative promozionali dai costi contenuti e tendenzialmente di prossimità. Iniziative cioè di portata nazionale da far poi sviluppare anche fuori confine. In quest'ottica, a suo giudizio, il turismo su due ruote potrebbe rappresentare un buon bilanciamento tra l'esigenza di far ripartire il settore dell'ospitalità e quella di garantire il rispetto dei protocolli per la sicurezza sanitaria attualmente in vigore, visto che i viaggi in due ruote si svolgono all'aperto e a distanza, oltre a essere sostenibili da un punto di vista ambientale. Inoltre, l'area triestina si trova all'incrocio tra due importanti direttrici come l'Alpe Adria e la Parenzana.Certo, attualmente manca una pista ciclabile che unisca Monfalcone a Trieste e poi Trieste a Muggia. Nulla di grave tuttavia secondo De Gioia, poiché esistono comunque dei collegamenti tramite il treno e il Delfino Verde. Il consigliere propone quindi di elaborare degli itinerari cicloturistici, che valorizzino le peculiarità del territorio, e di indire un "Raduno internazionale cicloturistico" della durata di tre o più giorni da tenersi a Trieste entro questo autunno, in collaborazione con le associazioni del settore come Fiab. «Abbiamo visto negli anni frotte di ciclisti passare in città e penso che dovremmo conquistare la leadership in questo settore prima che ci arrivino gli altri», conclude.

s.m.

 

 

Arci va a caccia di nuovi volontari per progetti sociali di Servizio civile
Sono sei le iniziative a disposizione dei ragazzi che devono avere tra i 16 e i 18 anni
Come impegnarsi in campo sociale, collaborando per un anno all'interno di progetti culturali. Un appello che arriva dalla sede di Trieste dell'Arci Servizio civile, sigla che ha ufficializzato il nuovo bando di reclutamento per i giovani, dai 16 ai 18 anni (non compiuti), da impiegare nel quadro delle attività del Servizio Civile Solidale 2020, con avvio dal mese di settembre. Sono sei i progetti a disposizione dei nuovi volontari dell'Arci, a partire da un classico come "Monte Analogo", dove il coinvolgimento prevede il supporto a "Pop Mountain", caratterizzato da laboratori, incontri e allestimenti nel segno della cultura di montagna. Per chi dovesse invece optare per un impegno nel campo della disabilità, Arci Servizio Civile propone l'adesione a "Oltre quella Sedia", associazione di Promozione Sociale sorta nel 2002 sulla base del "Teatro Sperimentale".Il ventaglio di progetti annovera inoltre "Crescere Insieme", targato anch'esso Arci, ideato in chiave di iniziative per un "doposcuola multiculturale". Un frammento bilingue si lega invece a "Mare di creatività-Morje ustvarjalnosti", progetto a carattere multimediale concertato con l'Unione dei circoli culturali sloveni (Zskd). Il tema della "Cittadinanza attiva", una delle cifre più consolidate dall'Arci Trieste, trova spazio quest'anno in "Città Attiva", mentre lo sport si traduce in "Sportivamente", progetto a cura della Zssdi e anche esso tracciato all'interno della sfera dell'associazionismo della minoranza slovena. L'impegno del volontario prevede 360 ore distribuite nell'arco dell'anno, 7 ore settimanali, con un rimborso di poco meno di 900 euro (netti) annui: «Gli accenti sono come sempre rivolti all'impegno sociale e sulla partecipazione attiva dei giovani - sottolinea Giuliano Gelci, presidente dell'Arci Servizio Civile Fvg -. Temi attualmente divenuti ancor più rilevanti». I moduli per la domanda sono scaricabili dal sito www.arciserviziocivilefvg.org e vanno consegnati entro le ore 14 del 26 giugno, in chiave telematica o direttamente alla sede di via Fabio Severo 31. Le selezioni per i 24 posti a disposizione sono previste con una serie di colloqui programmati nel mese di agosto. Ulteriori informazioni scrivendo a friuliveneziagiulia@ascmail.it o telefonando ai numeri 3355279319 e 040/761683.

Francesco Cardella

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 25 maggio 2020

 

 

Mozione per accelerare il recupero dell'area della caserma di Banne - l'iniziativa della consigliera dem Repini

Avviare l'iter per il recupero e il riutilizzo dell'ex caserma di Banne attraverso la definizione delle condizioni di sdemanializzazione e la realizzazione di uno studio di fattibilità sui costi di bonifica e riqualificazione dell'area, valutando le opportunità di finanziamento con l'eventuale reperimento di fondi europei. È quanto chiede al Comune, e segnatamente alla giunta, la mozione a prima firma della consigliera Valentina Repini del Pd, presentata l'altro giorno nel corso della Quarta commissione consiliare competente in materia di Lavori pubblici e presieduta dal forzista Michele Babuder. Coi suoi 28 fabbricati su un'area di oltre 17 ettari e una seconda area boschiva di ulteriori 34 ettari, la caserma Monte Cimone è stata dismessa dai suoi usi militari già nei primi anni '90 ed è stata lasciata all'incuria anche dopo il suo trasferimento dal Demanio militare all'Agenzia del Demanio per la sua collocazione sul mercato. Oltre all'aspetto naturalistico di valore in caso di recupero e valorizzazione, il sito si caratterizza anche per la presenza di testimonianze storiche, tra cui la chiesetta di San Floriano, che fu costruita nel 1753 come cappella della famiglia Ustia. Negli ultimi anni si è succeduta una serie di proposte per la riqualificazione dell'ex caserma, di cui l'ultima, recentemente elaborata da una giovane architetta e condivisa dalla comunità di Banne, punta principalmente sulla valorizzazione e sulla fruizione degli spazi verdi. «Un primo passo verso la risoluzione dell'abbandono in cui l'area versa da molti anni, e per la grande importanza che ha per il contesto del verde del Carso che la circonda, sarebbe quello di poter restituire almeno la parte boschiva all'uso pubblico», spiega la stessa consigliera Repini. La mozione chiede infine di informare entro due mesi la Seconda circoscrizione dell'Altopiano Est in merito alle iniziative assunte.

Simone Modugno

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 24 maggio 2020

 

 

Intesa sul lavoro nella "nuova" Ferriera - «Garanzie per tutti i 580 addetti attuali»
Valenti: «Tutele pure per assunti a tempo determinato e interinali». Fedriga e Rosolen: vincoli nell'Accordo di programma
Il sindacato attende di accompagnare il percorso, e di capire le modalità di tutela dei lavoratori, ma il confronto di ieri con governo, giunta regionale e prefettura ha prodotto più di una certezza sull'occupazione nella Ferriera riconvertita dopo la chiusura dell'area a caldo. Anzi, è proprio il prefetto Valerio Valenti a ufficializzare che dal vertice sono emerse garanzie «per tutti i lavoratori, compresi i tempi determinati e gli interinali». Garanzie da inserire in queste ore nella bozza di Accordo di programma che si firmerà tra giovedì e venerdì della prossima settimana in prefettura. «Mi pare si stia cogliendo un risultato storico con piena soddisfazione delle esigenze dei lavoratori del territorio - commenta Valenti -, in una prospettiva di rilancio sia sotto il profilo industriale che, appunto, occupazionale». Anche la Regione, in videoconferenza con il governatore Massimiliano Fedriga e l'assessore al Lavoro Alessia Rosolen, vede il traguardo vicino dopo aver richiesto che l'Accordo contenga il piano industriale di Icop-Plt e che in esso si individui esplicitamente l'incremento potenziale di occupati legato a futuri investimenti ed espansioni infrastrutturali, come il terminal ferroviario e il Molo VIII. «Lo stanziamento di ingenti risorse pubbliche per la riconversione della Ferriera mira non solo alla salvaguardia dei livelli occupazionali - dichiarano Fedriga e Rosolen -, ivi compresa quella dei lavoratori con contratti a termine e dei somministrati, ma all'assunzione di precisi impegni da parte di tutti i soggetti privati sottoscrittori dell'Accordo di programma sul fronte degli investimenti e della creazione di nuovi posti di lavoro». Focus dunque non solo sull'esistente, sottolinea Rosolen, «ma anche sulle potenzialità future del sito». Di qui dunque l'insistenza per inserire nel documento «precisi vincoli per i contraenti affinché, al mantenimento degli addetti, si affiancassero prospettive concrete di sviluppo economico e lavorativo». A questo punto non resta che monitorare quello che effettivamente verrà scritto nell'Accordo di programma sui tavoli romani del governo, presente ieri con il ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli («Ai sindacati abbiamo dato certezze rispetto ai lavoratori che escono dall'area a caldo», ha dichiarato a fine confronto). Il punto di partenza, sul fronte lavoro, sono i 580 dipendenti pagati al momento della chiusura dell'altoforno: 361 nell'area a caldo, 140 nel laminatoio, 41 nella centrale elettrica e 38 nella logistica. Di qui la richiesta nei giorni scorsi di Rosolen a Patuanelli di prevedere un aumento di garanzie rispetto ai 417 lavoratori previsti in una prima versione, vale a dire sui rimanenti 163, di cui 66 interinali cui non verrà rinnovato il contratto a fine maggio e 97 (50 dei quali lavoreranno nelle opere di smantellamento e bonifica) per cui si dovranno trovare «soluzioni diverse». A quanto pare il percorso è dunque avviato per dare risposta a tutti i 580 addetti. Anche se, a quattro-cinque giorni da una firma che, oltre a governo, Regione, Comune, Demanio e Autorità portuale, coinvolgerà naturalmente i privati Arvedi e Icop-Plt, la giunta si aspetta un'altra riunione prima dell'intesa e mantiene per adesso prudenza. «Riteniamo possa trovare risposta la richiesta di garantire la convergenza tra lavoro, sviluppo e ambiente - concludono Fedriga e Rosolen -: tre obiettivi imprescindibili e inscindibili, ai quali sono legate crescenti aspettative per il futuro della città di Trieste e del Friuli Venezia Giulia». In un clima di serenità rientrano anche le posizioni del sindacato, che ha fatto il punto in una successiva videoconferenza con Antonio Rodà, segretario della Uilm Uil di Trieste, a trasmettere una sintesi all'Usb: «Il ritardo di cui ci eravamo lamentati è stato spiegato dal ministro Patuanelli come conseguenza dell'ingresso nella partita di Icop, un fatto che ha rallentato l'iter. L'Accordo è stato dunque rivisto in una sua parte, ma quello che conta è che si sia inserito nel ragionamento dell'accordo sindacale. Ci muoviamo con circospezione perché vogliamo vedere ora i dettagli, ma il messaggio ai lavoratori è sicuramente positivo».

Marco Ballico

 

L'Usb plaude al dialogo: «Così si tengono insieme occupazione e salute» - valutazione positiva del vertice
È stato un incontro importante quello avuto, anche se solo in videoconferenza, dai sindacati con il ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli, il presidente della Regione Fvg Massimiliano Fedriga, l'assessore regionale al Lavoro Alessia Rosolen e il prefetto Valerio Valenti. Ed è positivo il commento di Sasha Colautti, a nome di Usb Lavoro privato: «Diversamente dal passato - ha affermato - l'Accordo di programma attuale non è nato senza che ci fosse lo spazio anche per un importante accordo sindacale. Ciò ha consentito di tutelare i lavoratori dando garanzie sia all'azienda che a chi ci lavora». Il precedente accordo vedeva, infatti, come priorità quella aziendale. Senza l'intesa sindacale del 20 gennaio scorso molti aspetti non sarebbero stati considerati né soppesati nel modo giusto: alcuni nodi, come quello degli ammortizzatori sociali, avrebbero potuto passare in second'ordine. «È stato senz'altro un percorso complicato - ha continuato Colautti - che però vede oggi tutte le organizzazioni sindacali unite, ad eccezione d'una, con un esito fino a qui soddisfacente». Al momento mancano alcuni dettagli su cui il ministro Patuanelli non s'è soffermato, ma ogni sigla si è detta abbastanza ottimista. «È dimostrato che la sfida "salute e lavoro" può essere vinta - ha concluso il rappresentante di Usb Lavoro privato - e che i due temi possono essere tenuti insieme. Così facendo siamo riusciti a restare dentro il percorso che volevamo intraprendere». Alla fine ci sono quindi maggiori garanzie, soprattutto dal punto di vista occupazionale: «Icop-Plt s'occuperà dell'ex area a caldo e, a detta di Rosolen, esistono garanzie per tutti i lavoratori».

Lorenzo Mansutti

 

 

Ospo, schiusa da record - La coppia di cigni reali si coccola ora 13 piccoli - le STAR della riviera
MUGGIA. Annata fortunata, praticamente da record, per la coppia di cigni reali del rio Ospo. Avvistati da qualche giorno nelle acque del torrente muggesano, i due anatidi diventati la rinnovata attrazione naturalistica di Muggia e dei muggesani, sono stati visti in compagnia della prole, mai così numerosa. Ben 13 i baby che stanno seguendo mamma e papà nei primi passi della loro vita. «Non è cosa comune vedere un numero così elevato di piccoli tutto assieme. La schiusa delle uova, che arrivano al massimo a 14, è stata decisamente fortunata. Non ci sono stati forti temporali ed evidentemente i predatori sono rimasti a bocca vuota», il commento dell'ornitologo Enrico Benussi. Sul sito internet del Piccolo è stato pubblicato il video del naturalista Nicola Bressi che ritrae la famiglia di cigni reali muggesani al gran completo. Uno spettacolo da godere anche dal vivo, ma sempre da lontano, senza disturbare la magia della natura.

Riccardo Tosques

 

 

Monfalcone - Ambientalisti contro il 5G in città «Mancano dati, l'ente si astenga»
Lettera dell'associazione Rosmann per frenare la connessione mobile - Stando ai verdi mancano dati certi sui rischi per la salute delle persone
Gli ambientalisti chiedono lo stop al 5G in attesa di dati certi. Con una missiva inoltrata all'amministrazione monfalconese dall'associazione Eugenio Rosmann di via Valentinis viene richiesta l'applicazione del principio di precauzione nell'introduzione dell'ultimo sistema di connessione mobile. «Si ritiene infatti - argomenta il sodalizio - che per comprendere eventuali conseguenze negative sulla salute pubblica e sull'ambiente di questa nuova tecnologia sarà necessario un periodo di sperimentazione e monitoraggio. Al momento, in presenza di numerosi studi con risultati non univoci, la valutazione del rischio non è ancora determinabile con certezza, rientrando perciò appieno nelle fattispecie previste dall'articolo 191 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea sul principio di precauzione».«Risulta già programmato in Friuli Venezia Giulia un piano per raggiungere una copertura dell'80% entro luglio 2025 - prosegue - e del 99, 4% entro gennaio 2027. Si raccomanda alle amministrazioni comunale e regionale di mantenere gli attuali limiti di esposizione previsti dalla legge nazionale del 2003, senza prevedere deroghe o adeguamenti per il nuovo sistema 5G e verificarne puntualmente il rispetto».Gli ambientalisti sollecitano che «l'Arpa Fvg verifichi il costante rispetto dell'attuale valore di attenzione e obiettivi di qualità, in particolare dei siti sensibili come ospedali e scuole, e tutti i luoghi dove le persone permangono per più di quattro ore al giorno». L'esposizione al campo elettromagnetico «dev'essere calcolata non sulla singola antenna, ma sulla rete esistente, considerato che con il 5G il singolo utente potrà essere raggiunto da tre diversi punti di emissione, e tenendo conto di altre eventuali fonti diverse dalle telecomunicazioni»; per evitare accumuli «andranno eliminate progressivamente le antenne funzionanti con i sistemi precedenti (3G e successive)». «Si considera - conclude l'associazione Rosmann - che per il citato principio di precauzione vadano assunti, prima di autorizzare l'avvio del nuovo 5G, ulteriori dati in merito alle possibili conseguenze dell'esposizione ai campi elettromagnetici di diversa frequenza sulla salute umana e in particolare delle categorie più fragili. Si fa riferimento in particolare al documento "Statement on emerging healt and environmental issues (2018)" del Comitato Scientifico sui rischi sanitari ambientali ed emergenti dell'Unione Europea, dove a proposito del 5G "evidenzia criticità sconosciute sui problemi di salute e sicurezza"».

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 23 maggio 2020

 

 

Bandiere blu alle darsene di Porto San Vito e Hannibal
Sono ben otto i riconoscimenti ai marina dell'area di Lignano per la qualità dei servizi offerte ai diportisti. C'è anche la Lega Navale di Trieste
LIGNANO. L'eccellenza delle marine del litorale che va da Grado a Lignano resta una garanzia per gli utenti, diportisti e appassionati del mare .Sono otto quelle del territorio della Bassa insignite della "bandiera blu" per gli approdi turistici. Il prestigioso riconoscimento europeo che certifica la qualità dei servizi e dell'ambiente dei porti turistici, sventolerà nel 2020 in particolare nelle darsene di Porto turistico Marina Uno, Marina Punta Verde, Darsena Porto Vecchio e Marina Punta Faro a Lignano Sabbiadoro, Marina Punta Gabbiani, Darsena Aprilia Marittima e Marina Capo Nord ad Aprilia Marittima, Marina Sant'Andrea a San Giorgio di Nogaro.Su 75 bandiere blu assegnate agli approdi italiani, ben 11 potranno sventolare in Fvg (premiate anche Porto San Vito a Grado e il Marina Hannibal di Monfalcone, oltre alla sezione della Lega navale italiana di Trieste). Un riconoscimento del resto che i marina del Fvg ricevono ogni anno a conferma della qualità dell'offerta. In regione sono 20 le marine dislocate sul litorale Adriatico, per una capacità complessiva di 7 mila posti barca (fonte Fvg Marinas). La bandiera blu è un riconoscimento internazionale istituito nel 1987. Oggi viene assegnato ogni anno in ben 60 Paesi, con il supporto di due agenzie Onu: l'Unep (programma delle Nazioni Unite per l'ambiente) e l'Untwo (organizzazione mondiale del turismo). Con tali agenzie la Fee, federazione che gestisce le "bandiere blu", ha sottoscritto un protocollo di partnership globale. Marco Da Re, proprietario di Punta Gabbiani sottolinea che «in un momento di difficoltà come questo è quanto mai necessario avere fiducia in chi ci ospita. Quest'anno abbiamo effettuato interventi di sanificazione e protocolli anti assembramenti. Ogni posto barca, inoltre, è collegato a una colonnina per lo svuotamento delle acque di bordo. L'inglese Gold Anchor Association ci ha assegnato 5 ancore d'oro, per la struttura e l'ambiente».Giorgio Ardito, dirigente del Marina Uno e presidente delle Marine di Lignano, commenta con soddisfazione il riconoscimento, «molto apprezzato all'estero. Per tutti noi è anche e soprattutto un importante veicolo di promozione delle nostre strutture. Non è una certificazione, ma ci si avvicina, in quanto per ottenerla bisogna superare severi controlli. Sono stati premiati i servizi che offriamo al cliente».Fortunato Moratto del Sant'Andrea ricorda che «la nostra marina è l'unica struttura dell'Alto Adriatico a essere completamente autosufficiente dal punto di vista energetico, grazie a un impianto fotovoltaico che utilizza solo energia pulita».

Francesca Artico

 

 

Parcheggi e ciclabili, il progetto di Grado del nuovo turismo senza automobili
Il problema delle soste è il nodo principale dell'Isola d'Oro che ha poco spazio. I collegamenti con Fossalon e la Bassa
GRADO. Valorizzare i parcheggi, più ciclabili, rotatorie e ponti di collegamento verso la Bassa all'altezza di Fossalon. Sono alcuni degli obiettivi che si è prefissa l'amministrazione comunale per rendere il più possibile sostenibile il territorio comunale. In parte si tratta di opere già fatte o in corso d'opera mentre alcune, tra l'altro parecchio onerose, sono solamente alla fase progettuale o di assegnazione dell'intervento. Il tutto nel contesto del Piano Urbano della Mobilità Sostenibile (Pums), già adottato dal consiglio comunale nel 2019, troverà pieno compimento con l'approvazione definitiva nel 2020. Lo precisa l'amministrazione comunale inserendo uno speciale capitolo nella relazione al bilancio comunale che è previsto per la prossima settimana.«L'indirizzo strategico - si legge - comprende lo sviluppo delle politiche a sostegno di una maggiore qualità e sostenibilità ambientale e di riqualificazione urbana. Inoltre, s'intende avvantaggiare una politica di mobilità sostenibile, di valorizzazione della parte rurale del territorio e di sviluppo di un'adeguata politica ambientale».Tuttavia, come è sempre precisato, l'obiettivo principale è di evitare che il grosso dei flussi veicolari investa il centro di Grado, individuando al contempo le idonee aree per la sosta dei veicoli.«Il problema della sosta dei veicoli rappresenta la principale criticità del territorio che si ripercuote sull'appetibilità turistica stessa della cittadina. Era pertanto necessario pensare a una nuova mobilità per il trasporto delle merci e delle persone e in quest'ottica l'amministrazione comunale ha avviato un percorso di analisi e studio della problematica con il Politecnico di Milano».Ci sono voluti tre anni tra analisi, indagini, interviste e incontri pubblici con la comunità. Naturalmente le intenzioni ci sono ma come è precisato nel documento «si cercherà di trovare risorse finanziarie derivanti da fondi europei, statali e regionali al fine di provvedere alla riqualificazione urbana, avvantaggiando il pedone».Analizzando il territorio anche per Grado la problematica maggiore, come spiega sempre l'amministrazione comunale, la risorsa più limitata è lo spazio e questo va utilizzato nel modo più efficiente possibile.«Ciò significa potersi muovere soprattutto a piedi, in bicicletta o con i mezzi pubblici» a vantaggio del turismo e del commercio, della cultura, dei servizi e della qualità della vita sia per i residenti che per gli ospiti. Tra queste, l'amministrazione intende valorizzare il parcheggio di interscambio sito in Sacca dei Moreri, anche tramite l'affidamento all'esterno della sua gestione. È poi prevista la realizzazione di cartellonistica dinamica che indirizzi l'automobilista verso i parcheggi liberi. In realtà questo intervento è stato sostituito con l'automatizzazione di due parcheggi per il 2020 e troverà compimento nelle annualità successive. Prevista inoltre la realizzazione dell'automazione dei parcheggi restanti e la creazione di nuovi parcheggi e riqualificazione di quelli esistenti: il nuovo parcheggio di Viale Martiri della Libertà angolo viale del Sole (ottavo ingresso spiaggia) ormai in fase di ultimazione, il nuovo parcheggio Terme presso l'ex Piscina Italia: attualmente c'è quello a raso mentre quello definitivo del quale se ne parla ormai da 4 anni non ha ancora completato l'iter. A proposito di questo giova ricordare che è in ballo ancora la problematica della destinazione d'uso che in parte la regione vorrebbe, come peraltro era sin dall'inizio previsto, esclusivamente a favore delle Terme Marine ma che il Comune non intende invece cedere. Proseguendo c'è anche la riqualificazione del parcheggio di Piazza del Lavoro in Schiusa (anche questo in avanzata fase di lavoro), quello che sarà il nuovo parcheggio su una porzione del campo sportivo della Schiusa e la riqualificazione del parcheggio di fronte al Palazzo dei Congressi.

Antonio Boemo

 

Da risolvere i nodi degli incroci pericolosi
GRADO. Tra le altre iniziative previste dal Piano Urbano della Mobilità Sostenibile, è prevista anche la soluzione delle criticità dei percorsi ciclabili (l'esempio è quello della corsia ciclabile oggi esistente indubbiamente molto pericolosa che si snoda tra via Galilei e via Carducci) e l'interconnessione della rete ciclabile secondaria. E' previsto inoltre il completamento della ciclabile sulla provinciale per Monfalcone con il tratto di collegamento che manca e che sarà realizzato all'interno di Pineta lungo viale dei Pesci. Grazie ai contributi Uti, il piano prevede anche la realizzazione di tre nuove rotatorie lungo la stessa provinciale: due agli ingressi di Pineta (i lavori dovrebbero iniziare presumibilmente a fine stagione) e quella indubbiamente più importante testata sull'ingresso di Valle Goppion. Nella relazione programmatica legata al bilancio che dovrà essere approvato dalla massima assise cittadina, sono indicati anche due ponti di collegamento dalla provinciale all'altezza di Fossalon verso la pianura friulana con direzione Boscat.

 

 

Argini e dighe, il bel Danubio blu si è accorciato di 134 chilometri
L'impatto dell'intervento umano sul secondo fiume più lungo d'Europa - I risultati di uno studio tedesco attuato col sostegno finanziario della Ue
Non solo più trafficato e inquinato da scarichi cittadini e industriali spesso fuori controllo, com'è in particolare nei Balcani, ma anche più corto e assai meno ampio, causa l'impatto umano. È il destino toccato al secondo fiume più lungo d'Europa dopo il Volga, quel Danubio che due secoli fa toccava i tremila chilometri dalle sorgenti al Mar Nero, nel suo fluire attraverso Germania, Austria, Ungheria e Balcani. Danubio che, 200 anni dopo, si è ridotto di ben 134 chilometri, fino agli attuali 2.850.La stima dell'accorciamento del Donau, Duna, Dunav o Dunarea che dir si voglia arriva da uno studio messo a punto dal ministero bavarese per l'Ambiente col sostegno finanziario della Ue e di nove Paesi attraversati dal fiume. I ricercatori hanno studiato il corso attuale e quello storico del fiume, in particolare per capire le dinamiche del trasporto dei sedimenti. Oggi, ha svelato l'analisi, solo un decimo del corso del Danubio conserva «uno stato naturale» simile a quello originario: il restante 90% ha subito severamente l'intervento umano. Intervento che si è tradotto in particolare in opere di «irreggimentazione», protezione dalle esondazioni con grandi argini e opere collegate e «costruzione di barriere» artificiali, in grandi dighe per la produzione di energia elettrica - come tra Serbia e Romania - sbarramenti e sistemi di chiuse, ma anche opere di «raddrizzamento» del corso originario, progettate in particolare per facilitare la navigazione.Il risultato, oltre all'accorciamento e riduzione dell'ampiezza del suo corso, è stato anche il calo massiccio dei sedimenti trasportati dal fiume, preziosi per habitat e agricoltura, diminuiti dai 40-60 milioni originari agli attuali 15-20 calcolati al delta di un fiume che, in due secoli, da imponente corso d'acqua è divenuto una grande "autostrada blu", pensata più per il trasporto e la produzione di energia che per l'agricoltura e soprattutto per flora e fauna.Si può tornare indietro? In teoria sì. Per i ricercatori una soluzione potrebbe essere smantellare argini non necessari. E eliminare centrali idroelettriche che sfruttano l'acqua del Danubio, operazione sicuramente costosissima e poco efficace nelle ricadute economiche, almeno a oggi.

ST.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 22 maggio 2020

 

 

Post Ferriera a Servola, via al pressing sul Mise per tutelare più lavoratori
La bozza dell'Accordo di programma quantifica in 417 gli operai attivi dopo la fine della riconversione. La Regione chiede che quel numero salga
Trieste. Le garanzie occupazionali contenute nell'intesa raggiunta nei mesi scorsi tra Arvedi e sindacati non bastano. La bozza di Accordo di programma quantifica in 417 i lavoratori attivi alla fine del percorso di riconversione della Ferriera, ma la Regione chiede al ministero dello Sviluppo economico di garantire un incremento dei posti di lavoro previsti, considerando non solo le attività che il gruppo manterrà a Servola, ma anche quelle che saranno realizzate da Piattaforma logistica Trieste. Massimiliano Fedriga spiega che «è volontà della Regione tutelare l'occupazione, come abbiamo sempre detto fin dall'inizio». E mentre la firma dell'Adp si avvicina, l'assessore al Lavoro Alessia Rosolen ha scritto al ministro Stefano Patuanelli per chiedere che nell'intesa si preveda esplicitamente un aumento rispetto ai 417 lavoratori attualmente previsti. Prima della chiusura dell'altoforno lo stabilimento dava da mangiare a 580 persone: 361 nell'area a caldo, 140 nel laminatoio, 41 nella centrale elettrica e 38 nella logistica. A riconversione finita, l'Adp prevede 338 dipendenti nell'area a freddo e cifre invariate su centrale e banchina. Un calo di 163 persone: 66 interinali cui non sarà rinnovato il contratto a fine maggio e 97 per cui si dovranno trovare «soluzioni diverse» (trasferimento a Cremona o in aziende terze, pensionamento, esodi incentivati), 50 dei quali lavoreranno nelle opere di smantellamento e bonifica, senza garanzie per la fase successiva. Con la lettera a Patuanelli, la Regione chiede non un generico aumento dei livelli occupazionali ma la salvaguardia di una parte dei 163: «Servono chiarezza e maggiori garanzie», dice Fedriga, secondo cui la «priorità va data ai lavoratori che già lavoravano in Ferriera rimasti esclusi dall'accordo sindacale. La negoziazione deve coinvolgere tutti i soggetti privati e non soltanto Arvedi». La giunta vuole allora che l'Adp contenga il piano industriale di Icop-Plt e che in esso si individui esplicitamente l'incremento potenziale di occupati legato a futuri investimenti ed espansioni infrastrutturali, come il terminal ferroviario e il Molo VIII.

d.d.a.

 

 

Ambiente - Slovenia al top  nell'Ue per aree terrestri protette
La Slovenia ha la più alta percentuale di aree terrestri protette tra tutti gli Stati membri dell'Unione Europea. Lo segnalano nuovi dati diffusi da Eurostat. L'Ue, ha ricordato Eurostat, ha una vasta rete coordinata di aree protette, nota come Natura 2000, composta da circa 27.000 siti terrestri e marini. Nel 2019, i siti Natura 2000 rappresentavano il 20% o più della superficie terrestre totale in dodici paesi dell'Ue, con le quote più elevate registrate in Slovenia (38% o 7.700 km2), Croazia (37% o 20.700 km2) e Bulgaria (35 %, 38.700 km2), ha segnalato l'ufficio statistico dell'Ue. Una quota superiore alla media Ue, ora al 18%, è stata osservata anche in Slovacchia (29%) e in Grecia (27%).

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 21 maggio 2020

 

 

"Minivalzer" di dirigenti - L'Ambiente cambia capo

In pensione Caputi dopo 37 anni di servizio: al suo posto Cortese che lascia l'edilizia scolastica al "nuovo" Fantini. I sindacati contestano l'operazione

Avvicendamento alla dirigenza di un servizio comunale abituato ai fascicoli scottanti: dopo 21 anni di onorata milizia alla guida dell'Ambiente l'ingegnere Gianfranco Caputi ha salutato la platea al centro del campo e ha raggiunto gli spogliatoi pensionistici. L'atmosfera ancora rarefatta del Municipio non ha al momento consentito una "ola" di saluto a un manager che ha sempre coltivato un profilo defilato e atteggiamenti all'insegna di una particolare cautela. Prenderà il suo posto il collega ingegnere Enrico Cortese, 62 anni in novembre, che si stava occupando di edilizia scolastica-sportiva dopo aver maturato una notevole esperienza sul sistema viario triestino: a sua volta è prossimo alla quiescenza. Ma lo switch dirigenziale prevede un'ulteriore casella, come si evince dal verbale di concertazione in video-conferenza datato 21 aprile 2020, natale di Roma. Il terzo ingegnere di questa lotteria, Luigi Fantini, friulano, 57 anni a settembre, uno degli ultimi acquisti del management municipale e finora incaricato dell'edilizia scolastica "superiori", subentra a Cortese negli edifici scolastico-sportivi. Di fatto Fantini non abbandona alcuna postazione, poichè le scuole superiori, per le quali era stato reclutato un anno fa in previsione di una competenza comunale, restano in carico alla Regione Fvg. Quindi, per farla breve, il Comune non deve fare ulteriore campagna acquisti e risparmia una paga. Anche se, per non penalizzare la minore pesatura del nuovo incarico, lascia a Cortese il compito di seguire la galleria Montebello-Foraggi e ne rafforza la "delega" alla Ferriera, conguagliando con 12.000 euro lordi fino al termine del Dipiazza 3° e il semestre successivo. Caputi si è ritirato dal servizio venerdì 8 maggio, 75° della resa del Reich, il giorno dopo aver compiuto 67 anni. Il curriculum documenta l'ingresso in Comune avvenuto 37 anni fa nell'agosto 1983, durante l'effimera giunta del listaiolo Deo Rossi, che durò da maggio a ottobre, quando divenne sindaco il democristiano Franco Richetti. Sembra sia passato un secolo. Laureato in ingegneria civile, Caputi assunse la direzione delle fognature e degli interventi per l'edilizia. All'Ambiente approdò nella primavera 1999 quando Riccardo Illy viveva il suo secondo mandato. Ma la Triplice comunale non ha firmato il verbale di concertazione riguardante lo switch Cortese-Fantini. Alla video-conferenza erano presenti Angelo Ruggero Giglio (Cgil), Walter Giani (Cisl), Maurizio Petronio (Uil); la Direl, sindacato dei dirigenti, schierava Luigi Leonardi, attuale responsabile del Patrimonio, e Corina Sferco, indimenticabile ragioniere-capo della civica amministrazione. Per la parte datoriale Santi Terranova e il capo-personale Manuela Sartore. I dirigenti hanno detto sì, chiedendo però di rivedere funzioni/pesature delle posizioni e sollecitando soluzioni per i colleghi a tempo determinato. Uil e Cisl hanno co-firmato una nota allegata al verbale, che contesta le modalità del valzerino dirigenziale, in quanto sarebbe bastato mantenere Cortese all'edilizia scolastico-sportiva e mettere Fantini all'Ambiente. Duro il giudizio di Maurizio Petronio (Uil) verso la gestione Terranova: «Molto reattiva quando si parla di dirigenti, assai meno quando si parla di lavoro "agile" non regolamentato, di orari serali protratti, di 100 euro di bonus Covid ancora non pagati alla Polizia Locale e al personale delle case di riposo». 

Massimo Greco

 

Sì al "piano regolatore" della Val Rosandra con 52 idee di sviluppo

Spiccano nell'agenda il restyling della stazione di Draga, il rilancio dell'area di Bottazzo e il recupero delle ghiacciaie

SAN DORLIGO. Un Piano ricco di 52 idee-progetto, che vanno dal recupero delle ghiacciaie al rilancio di Bottazzo, dalla ristrutturazione della vecchia stazione ferroviaria di Draga Sant'Elia alla valorizzazione della fonte Oppia e della rocca di Moccò. Le idee-progetto verranno suddivise nell'ambito di tre filoni: ambientale, primario, turistico. Il primo guarderà alla predisposizione di misure per la conservazione della flora e della fauna autoctone, il secondo allo sviluppo agricolo e forestale, il terzo alla promozione del territorio. Dopo una dozzina d'anni di attesa, la Val Rosandra ha finalmente un proprio Piano di conservazione e sviluppo. Lo ha approvato ieri mattina, all'unanimità, il Consiglio comunale di San Dorligo della Valle, riunitosi online per la prima volta nella sua storia. A illustrarlo è stato l'assessore per l'Ambiente e il Territorio, Davide Stokovac: «Nella redazione del Piano - ha detto l'esponente dell'Unione Slovena - abbiamo tratto spunto dai principi contenuti nell'Agenda 21, il programma scaturito dalla conferenza Onu su ambiente e sviluppo del 1992, che costituisce una sorta di manuale per lo sviluppo sostenibile del pianeta. I nostri obiettivi infatti - ha aggiunto - sono quelli di garantire la conservazione di un bene preziosissimo, come la Val Rosandra, coniugandola con uno sviluppo compatibile e rispettoso dell'ambiente. Va precisato - ha sottolineato Stokovac - che alla realizzazione del Piano hanno contribuito numerosi soggetti portatori d'interesse, dai privati alle associazioni locali, alle Comunelle. Inoltre va ricordato che buona parte dell'area della Valle rientra nell'ambito di queste ultime». L'assessore ha poi sottolineato che il Piano ricade anche nell'ambito del sistema "Natura 2000", «il principale strumento della politica dell'Unione europea per la conservazione della biodiversità. Si tratta di una rete ecologica - ha aggiunto - istituita ai sensi della Direttiva "Habitat", che ha l'obiettivo di garantire il mantenimento degli habitat naturali e delle specie di flora e fauna minacciati o rari». In sostanza, l'assemblea di San Dorligo della Valle ha dotato la Val Rosandra di una sorta di Piano regolatore ambientale. «Abbiamo previsto una divisione in zone - ha ripreso Stokovac - perché ogni singola area avrà una propria funzione nel contesto generale. Si tratterà di predisporre le misure atte a difendere la flora e la fauna tipiche della valle dalle invasioni di elementi che le sono estranei - ha evidenziato - di assicurare la manutenzione dei prati, favorendo, soprattutto nella parte alta del versante che sale verso San Lorenzo, le attività di coltivazione del terreno, di dotare l'intera area della necessaria segnaletica per agevolare l'arrivo di turisti e visitatori». In questa prospettiva, sono state individuate tre zone: la Rn, che sarà caratterizzata dalla massima tutela naturalistica, e che riguarderà per esempio la Gola del torrente Rosandra; la Rg, nella quale la difesa dell'ambiente andrà fatta convivere con le attività agricole; la Rp, che ospiterà le strutture funzionali alla Riserva, come le strade e gli accessi. Idee chiare anche per quanto riguarda i finanziamenti: «Siamo aperti a interventi sia pubblici, sia privati, sia misti - ha concluso Stokovac - ma contiamo soprattutto sui progetti europei. Fondamentale era avere pronti nel cassetto i 52 progetti da sottoporre a chiunque sia seriamente interessato a realizzarli». Il sindaco, Sandy Klun, si è detto «molto soddisfatto per l'approvazione del Piano, che ha visto unite le forze della maggioranza e quelle di opposizione, a conferma che questo documento rappresenta una svolta per il nostro territorio».

Ugo Salvini

 

Apre il parco della Cona sanificati i due musei e le aree pubbliche

STARANZANO. Riapre domani la riserva naturale della foce Isonzo-Isola della Cona dopo l'adeguamento e la messa in sicurezza alle nuove normative in vigore per l'emergenza coronavirus. Si è provveduto alla sanificazione delle aree aperte al pubblico, cioè i due musei, il bar, il parco giochi per bambini, i servizi igienici, gli osservatori principali della Marinetta, del Cioss e di Punta Spigolo, oltre ai capanni utilizzati dai birdwatcher per l'osservazione ornitologica degli uccelli nonché all'ascolto e il riconoscimento dei loro canti e richiami. La Rogos che ha in gestione l'area protetta, si è presa qualche giorno in più per la ripresa per preparare un protocollo nel rispetto delle norme e consegnarlo al Comune, nel quale è indicato in che modo verrà regolamentata la presenza dei visitatori in questa delicata fase di emergenza sanitaria. L'imminente apertura è stata assicurata da Letizia Kozlan, operatrice della Rogos. «Credo - afferma - che saremo pronti sicuramente per domani e accogliere nel fine settimana gli ospiti che hanno una gran voglia di immergersi nella natura e godere di tutte le novità degli ultimi due mesi. Abbiamo stabilito nei sentieri anche percorsi obbligati segnalati dai cartelli, raccomandando nel contempo di rispettare le regole imposte per la sicurezza di tutti».Il sindaco Marchesan sottolinea che fino a oggi non era possibile dare il via all'ingresso dei visitatori. «Il non poter utilizzare le strutture chiuse di centro visite, servizi, osservatori faunistici origini delle proteste nei giorni scorsi - ha detto Marchesan - si era reso necessario in quanto il quadro normativo in merito alla fruibilità e alla modalità di sanificazione delle stesse non era ancora chiaro. Quindi, in via prudenziale, visto anche quanto indicato secondo interpretazioni dal servizio biodiversità, si era optato per questa scelta sino a nuove indicazioni».

 

 

Gemini la "curiosa" - Ecco l'Ibis eremita di casa in zona Siot - l'identikit dell'esemplare avvistato di recente

S. DORLIGO. È una femmina, si chiama Gemini e ha 5 anni. L'ibis eremita che da alcune settimane sta gravitando attorno alla Siot di San Dorligo della Valle ha un identikit. Il raro animale fa parte del progetto per la Reintroduzione della specie in Europa promosso dall'associazione austriaca Waldrappteam come ha spiegato Nicoletta Perco, referente italiana del Progetto Life+ per la reintroduzione dell'ibis eremita in Europa: «La specie impara la rotta di migrazione dall'Austria alla Toscana seguendo i genitori umani che guidano lo stormo fino al sito di svernamento. Poi da adulti gli ibis migrano da soli e tramandano la rotta appresa ai loro figli». Gemini è un soggetto particolarmente curioso. Nel marzo dello scorso anno il volatile si fece apprezzare essendosi fermato sul davanzale di una finestra dell'ospedale di Pordenone dove cercava attenzioni sulle vetrate del reparto di Pediatria. «Per questo motivo era stata tolta dal gruppo di migratori, tuttavia quest'anno, rimasta con gli altri ad Orbetello, si è mossa verso nord - racconta Perco - frequenta per lo più gli altri ibis nell'Oasi dei Quadris, a Fagagna, ed ogni tanto si fa vedere in zona San Dorligo. Difficilmente andrà più a nord». Ciò significa che Gemini potrebbe decidere di rimanere ancora nel nostro territorio, motivo in più dunque, come raccomandato dalla ornitologa, di non avvicinarla né disturbarla. Ancora una curiosità per gli appassionati. Gli ibis del Progetto Life+ possono essere virtualmente seguiti sul cellulare scaricando la App Animal Tracker oppure attraverso la pagina @Bentornato Ibis ed il sito www. waldrapp. eu. 

Riccardo Tosques

 

 

Una bomba ecologica alle porte di Gorizia Fumi velenosi in caso di un incendio

Stabili i rifiuti plastici sequestrati, ma un rogo sarebbe devastante. Il sito scelto perché ben collegato e vicino al confine

Sono stabili e al momento non rappresentano un pericolo per la salute pubblica le 4.500 tonnellate di rifiuti stoccate e sequestrate nel capannone di Mossa nell'ambito dell'operazione del Nucleo investigativo del Comando carabinieri di Gorizia coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Trieste, ma il rischio potenziale rimane, e non soltanto perché si attende ancora il risultato della caratterizzazione delle "ecoballe" da parte dei tecnici dell'Agenzia regionale per l'ambiente. Il materiale scaricato nell'Isontino dai camion giunti da Veneto e Slovenia è all'apparenza plastico e come tale non è soggetto a sversamento, diventerebbe però un pericolo in caso di combustione. Il calore libererebbe nell'aria una nube tossica incontrollata di diossine, furani e policlorobifenili e il rilascio di queste sostanze comprometterebbe l'ambiente anche a chilometri di distanza. Per azzerare ogni rischio, è quindi necessario operare la bonifica in tempi quanto più rapidi possibili. Non è da escludere che i responsabili dell'operazione criminale che ha portato il gip Antonio Miggiani ad emettere sei misure di custodia cautelare avessero in mente di dare tutto alle fiamme. Una volta saturato il magazzino, non avrebbero più avuto interesse a tenerlo e per far sparire le prove a loro carico, avrebbero potuto dare fuoco ai rifiuti stoccati. Non sarebbe la prima volta che accade. Ne sarebbe venuto fuori un incendio di dimensioni colossali e le conseguenze sarebbero state incalcolabili per Mossa, ma anche per le comunità limitrofe. A seconda dei venti, da Gorizia al Collio, fino a Gradisca, ogni area sarebbe stata a rischio. La zona artigianale di Mossa sarebbe stata scelta perché facilmente raggiungibile dall'uscita autostradale di Sant'Andrea. Che i camion arrivassero dall'impianto di recupero del Bellunese o che arrivassero dall'area dismessa di Borovnica, oltreconfine, una volta imboccata la rotonda, si trovavano praticamente già a destinazione. Si trattava solo di percorrere la 56 Bis e alla seconda rotonda svoltare alla prima uscita. A quel punto a separarli dal cancello dell'ex Bertolini c'erano solo 300 metri di asfalto e una curva a sinistra. Era un percorso di pochi minuti e sicuro. Difficilmente il carico sarebbe stato intercettato da una pattuglia. Il piano era ben studiato e, infatti, per un po' ha funzionato. Poi però il via vai di mezzi pesanti è stato notato e le indagini sono partite. Per controllare quanto accadeva al di là del recinto dell'ex Bertolini gli investigatori si sono avvalsi anche di un drone. Secondo gli inquirenti anche se il legame con le ecomafie campane non è così evidente, per le chiare affinità con le dinamiche criminali dell'area campana, potrebbe esserci un collegamento con la criminalità organizzata di stampo mafioso.

Stefano Bizzi

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 20 maggio 2020

 

 

Maxi finanziamento da 96 milioni di euro per riconvertire l'area della Ferriera
A stanziare le poste ministero, Regione ed Invitalia. Metà budget per il piano Arvedi su laminatoio e centrale elettrica
Aiuti pubblici per quasi cento milioni. Tanto vale il finanziamento che il ministero dello Sviluppo economico e la Regione metteranno a disposizione della riconversione della Ferriera di Servola. La cifra è ancora da mettere nero su bianco, ma filtra nel corso delle trattative sull'Accordo di programma: il Mise stanzierà 40 milioni, cui si aggiungeranno i 15 milioni in possesso della Regione per il rilancio dell'area di crisi industriale complessa di Trieste e i 41 che Invitalia attende di spendere da anni per la messa in sicurezza ambientale del sito. Si tratta di 96 milioni, 55 dei quali destinati a sostenere il piano industriale del gruppo Arvedi per il rafforzamento del laminatoio e la riqualificazione della centrale elettrica. Dopo lo spegnimento dell'altoforno e lo stop alle trattative coinciso con l'emergenza coronavirus, il dialogo fra istituzioni e imprese sull'Accordo di programma è ripreso, ma i sindacati incalzano perché si arrivi alla firma. Per chiudere mancano però alcuni tasselli, anche se l'intesa sui finanziamenti pubblici trovata fra governo e Regione rappresenta un importante elemento di spinta. La bozza di Adp non cita espressamente le cifre e anzi rimanda la loro fissazione a un'intesa successiva, ma dalle parti del Mise si assicura che i numeri sono scolpiti nella pietra e che il posticipo dipende dalla necessità di coinvolgere successivamente la Regione Lombardia, perché altri fondi pubblici andranno parallelamente allo sviluppo dello stabilimento Arvedi di Cremona. Patuanelli assicurerà 40 milioni del ministero, che andranno interamente a sostenere il processo contenuto nel business plan di Arvedi, così come i 15 milioni della Regione. Complessivamente l'aiuto vale quasi un terzo del piano da 180 milioni presentato dall'imprenditore dell'acciaio. La dotazione proveniente da Roma fa parte di uno stanziamento più ampio apprestato dal ministro nell'ultima legge di stabilità a supporto delle riconversioni in tutta Italia, mentre le risorse regionali rappresentano la totalità del fondo ricevuto nel 2017 sempre dal Mise per rivitalizzare l'area ex Ezit, ma rimasto inutilizzato finora, nonostante gli annunci di bandi dedicati alle imprese da parte dell'assessore alle Attività produttive Sergio Bini. Risorse fresche piazza Unità non potrà metterne, almeno per ora: la giunta Fedriga ha sempre frenato nei mesi addietro su un impegno economico ex novo e la batosta sul bilancio dovuto alla crisi Covid toglie ogni possibilità di manovra, a eccezione di 200 mila euro aggiuntivi che saranno versati per cofinanziare la fase progettuale della riqualificazione. I 55 milioni daranno gambe alla parte industriale dell'Adp, mentre altri 41 risalgono all'Accordo precedente e potranno essere spesi dopo essere rimasti a propria volta fermi per molto: si tratta della dotazione con cui Invitalia avrebbe dovuto procedere al cosiddetto barrieramento a mare, necessario per arginare gli sversamenti in acqua delle sostanze inquinanti contenute nel sottosuolo del sito produttivo, attraverso il consolidamento di quasi due chilometri di costa. Si trattava dell'unica opera ambientale che il vecchio Adp assegnava alla parte pubblica e della sola realizzazione mancata, mentre Arvedi ha sempre sottolineato di aver rispettato tutte le prescrizioni, tranne l'ormai abortita costruzione delle coperture dei parchi minerali.

Diego D'Amelio

 

Mobilitazione in vista «Risposte entro lunedì o scendiamo in piazza» - operai in video assemblea
Se non arriveranno risposte entro la fine di questa settimana, i lavoratori della Ferriera si mobiliteranno per scendere in piazza. È quanto emerso ieri sera nel corso dell'assemblea in teleconferenza autorganizzata dagli operai, alla quale ha preso parte quasi un centinaio di persone, e che ha visto anche la partecipazione dei rappresentanti di alcune sigle sindacali. Sigle che, in maniera unitaria, durante la mattinata di ieri avevano incontrato il prefetto Valerio Valenti, per chiedergli di sollecitare le istituzioni per avere indicazioni sul completamento dell'accordo di programma. «Chiediamo da tempo un incontro in grado di fare chiarezza, ma senza risultato. Se entro lunedì non arriveranno novità in questo senso, decideremo quali iniziative assumere», ha riferito Marco Relli della Fiom.«Quello del virus è stato un alibi buono fornito a chi deve fare qualcosa a livello istituzionale per insabbiare la questione», ha dichiarato Umberto Salvaneschi della Cisl. «In questo momento è di assoluta importanza tenere sotto pressione le istituzioni coinvolte nei ritardi, che iniziano a essere eccessivi e portano pensieri poco felici nella testa dei lavoratori che non sanno cosa succederà», ha affermato Gianluca Castelli dell'Usb. I sindacalisti hanno puntualizzato che, nel caso in cui si deciderà di organizzare una manifestazione, si farà il possibile per rientrare nella legalità ed evitare di incorrere in sanzioni. Tra i lavoratori della Ferriera che hanno preso la parola durante l'assemblea, in molti hanno chiesto di scendere in piazza il prima possibile per ottenere delle risposte certe sul loro futuro.

Simone Modugno

 

 

Indagini su un traffico illecito di rifiuti: sei arresti fra Gorizia, Grado e Belluno
Stoccate in un capannone dismesso a Mossa 4.500 tonnellate di ecoballe. Spazzatura proveniente da Veneto e Slovenia
GORIZIA. Sei arresti fra Gorizia, Grado e Belluno con l'accusa di traffico illecito di rifiuti a carattere transnazionale. L'indagine, partita dal Comando provinciale dei carabinieri di Gorizia cui ha collaborato anche la Guardia di finanza di Trieste ha portato, all'alba di ieri, all'esecuzione delle misure di custodia cautelare disposte dal Gip di Trieste, su richiesta di Antonio Miggiani della locale Direzione distrettuale antimafia (Dda). I sei coinvolti sono ai domiciliari. L'antefatto del 2019Un camion targato Capodistria fermo con la motrice e una parte del rimorchio fuori dal grande capannone. L'automobile dei carabinieri messa di traverso a sbarrargli la strada. E, ancora, verifiche e controlli su tutti i dettagli. Il nastro bianco e rosso a tenere lontani i curiosi nell'ex stabilimento Bertolini di Mossa. Sono alcuni degli elementi del blitz che scattò nel marzo di un anno fa nella zona artigianale di Mossa. All'interno erano stoccate diverse centinaia di ecoballe. L'ipotesi di reato era, allo stato dei fatti, "discarica abusiva" e "deposito incontrollato di rifiuti". Pareva una pagina chiusa ma le indagini, iniziate dal tenente colonnello Pasquale Starace, allora numero uno del Nucleo investigativo di Gorizia e oggi comandante del Gruppo carabinieri per la tutela dell'ambiente di Napoli, hanno avuto importanti sviluppi. Gli arresti odierni - Le verifiche, avviate con il sequestro del capannone industriale stracolmo di rifiuti da parte dell'Arma di Gorizia e condotte dai carabinieri del Nucleo investigativo del Comando provinciale del capoluogo isontino, assieme al personale del Ros e ai finanzieri del Gico di Trieste e dello Scico di Roma, hanno consentito di dare riscontro alla nuova ipotesi investigativa. Ai domiciliari sono finiti così il gradese Giuliano Di Nardo, 48 anni, i goriziani Piero Pellizzon, 39 anni, Claudio Paoluzzi, 56 anni, Fiorenzo Giorgio Cammarata, 56 anni e i bellunesi Remo Dalla Santa, 51 anni e Alessio Dalla Santa, 44 anni. Secondo l'accusa, avevano smaltito illecitamente circa 4.500 tonnellate di rifiuti speciali, costituiti da "balle reggiate", di un metro cubo l'una, di rifiuti plastici. La spazzatura proveniva essenzialmente da un impianto di recupero di una società del Bellunese e da un'area dismessa sita a Borovnica in Slovenia, ed era stata stoccata all'interno del capannone industriale ex Bertolini di Mossa, di proprietà di due società con sede a Napoli e a Gorizia. La struttura era stata «adattata - spiegano i carabinieri di Gorizia - con un varco d'accesso laterale ricavato appositamente per effettuare gli scarichi abusivi al riparo da sguardi indiscreti. Il trasporto a Mossa dei rifiuti avveniva utilizzando i camion messi a disposizione da alcune aziende di trasporto slovene compiacenti».Il sequestro dei beni - Carabinieri e Fiamme gialle hanno proceduto anche al sequestro preventivo di beni nella disponibilità degli indagati, per un valore pari a circa un milione di euro, «profitto del reato», individuato quale danno ambientale arrecato dagli indagati al Comune di Mossa con l'abbandono dei rifiuti. Nel corso delle indagini gli investigatori hanno documentato inoltre la ricerca da parte degli indagati, una volta sequestrato il capannone di Mossa, di siti alternativi sul territorio friulano (si parla di una struttura a San Giorgio di Nogaro) ove continuare la presunta attività illecita. L'attività investigativa è stata condotta anche con l'ausilio di un drone che ha consentito di monitorare numerosi scarichi di rifiuti da parte delle persone coinvolte, per lo più nelle prime ore dell'alba, allo scopo di sottrarsi allo sguardo indiscreto di curiosi o ai controlli delle forze dell'ordine. Nonostante le difficoltà, l'attività di osservazione portata avanti dagli inquirenti ha permesso di seguire ogni movimento degli automezzi: dal loro ingresso in Italia sino al capannone di smaltimento finale dei rifiuti a Mossa. Le perquisizioni in Campania - Nelle ultime ore si sono svolte numerose perquisizioni in Friuli Venezia Giulia, Veneto e Campania. L'obiettivo? Recuperare la documentazione necessaria a ricostruire l'esatta provenienza dei rifiuti e le tappe intermedie toccate dai mezzi pesanti prima di giungere nell'area ex Bertolini. Il Gip, nel motivare le esigenze cautelari ha, inoltre, ricollegato la vicenda «al diffuso fenomeno delle ecomafie», parlando di «presenza di criminalità organizzata e di un particolare livello di pericolosità, emersi nel corso delle indagini, per le evidenti affinità dell'accaduto con dinamiche criminali tipiche dell'area napoletana», concludono carabinieri e Guardia di finanza.

Francesco Fain

 

Scontro a Muggia tra M5s e giunta sulla tassa rifiuti
Il grillino Romano rilancia la tariffa puntuale - Marzi: «Equità fra i contribuenti da tutelare»
MUGGIA. «Non è giusto che un esercizio chiuso paghi il servizio rifiuti». Emanuele Romano, consigliere comunale del M5S di Muggia, in occasione dell'ultima riunione dei capigruppo consiliari della cittadina rivierasca, torna con forza su uno dei cavalli di battaglia dei grillini: il costo dei rifiuti.«Sono anni che chiediamo una tariffa "puntuale" - ha proseguito Romano - che senza alcun aggravio per gli uffici consentirebbe, oggi, a chi non produce rifiuti di non pagare il servizio. Gli allagamenti, la fine precoce del Carnevale e ora il Covid-19 - ha proseguito il consigliere pentastellato - hanno messo a dura prova l'economia degli esercizi del centro storico e richiedono risposte immediate, e la Tari puntuale doveva partire con la differenziata spinta». Il consigliere, infine, ha proposto di avviare in questo mese «una sperimentazione per poi modificare la Tari del prossimo anno, sfruttando ogni opportunità di semplificazione che le norme sull'emergenza forniranno, perché non vorremmo che l'amministrazione perdesse anche questa opportunità per rendere più equa la tariffa». Non si è fatta attendere la risposta del sindaco Laura Marzi: «Convinti che non è giusto che un esercizio chiuso paghi l'imposta piena, si è da subito cominciato a lavorare sulle modalità concrete con cui venire incontro agli esercenti che hanno dovuto chiudere prevedendo una riduzione della Tari ma cercando, al contempo, modo e maniera che ciò non vada a gravare sugli altri contribuenti. La riduzione della tassa è assolutamente possibile anche in base all'attuale sistema di tariffazione, senza ricorrere al sistema della tariffazione "puntuale"». Su quest'ultima, «pur condividendo il principio del "chi inquina paga", vi è stata - ha proseguito Marzi - da subito la preoccupazione di procedere facendo scelte ben ponderate», dato anche che «numerosi comuni, anche della nostra provincia, l'hanno e poi abbandonata». Sulla sperimentazione proposta dal M5S, secondo Marzi, «il consigliere Romano sembra peccare ancora di semplicismo quando ipotizza un avvio a maggio e quando dice che il sistema potrebbe essere avviato rapidamente e senza aggravi per gli uffici e per l'utenza. Si tratterebbe di improntare un nuovo sistema che richiederebbe un adeguato periodo di sperimentazione su un campione di utenze. Il tutto con un aggiornamento della dotazione tecnica. Inoltre - conclude Marzi - senza i giusti correttivi, gli effetti prodotti dal nuovo sistema di tariffazione potrebbero produrre situazioni di dubbia "giustizia". Un esempio? Una famiglia di 5 persone in una casa Ater potrebbe trovarsi a pagare quanto una famiglia di pari numero di componenti in una ampia villa di lusso».

Luigi Putignano

 

 

Ibis eremita avvistato alle porte di San Dorligo - Su Fb è subito una star - il raro esemplare
San DORLIGO. "Cavelada" resa impertinente dalle raffiche di bora e muso perplesso. Si è presentato così l'ibis eremita immortalato ieri mattina nella zona industriale di San Dorligo della Valle. Il video è stato postato sulla pagina Facebook di Misteri & Meraviglie del Carso, gestita da Doro Balkan, che già in passato ha funto da ottimo veicolo per divulgare foto, video e informazioni sulla natura del nostro territorio. «Parliamo di un animale raro, una specie che in Europa è salva solo grazie agli zoo che li stanno rieducando a vivere liberi», il commento del naturalista Nicola Bressi. Si è appreso in effetti che l'animale è monitorato tramite Gps dal Waldrappteam, gruppo di austriaci, tedeschi e italiani che si occupa della reintroduzione di questa specie migratrice in pericolo di estinzione. Già ad inizio maggio un esemplare era stato avvistato in zona: che l'ibis stia pensando di prendere la residenza?

Riccardo Tosques

 

 

Quasi sessanta gradesi pronti a fare guerra al nuovo sistema 5G - comitato contro le onde elettromagnetiche
GRADO. Sono quasi sessanta le persone che al momento hanno sottoscritto un'iniziativa popolare di contrasto all'installazione di impianti di diffusione delle onde elettromagnetiche 5G il nuovo sistema che verrà diffuso per le comunicazioni con i cellulari di nuova generazione. Anche a Grado, come sta accadendo in molte altre città, è partita, infatti, una iniziativa di contrasto all'installazione del sistema 5G. Il comitato NO 5G Grado (GO) sorto recentemente e spontaneamente sulla piattaforma Facebook - sta mettendo in atto una serie di azioni di sensibilizzazione della cittadinanza sugli effetti potenzialmente negativi derivanti dall'adozione di questa nuova tecnologia. Precisano i referenti dell'iniziativa che il comitato gradese, ispirandosi all'azione di comitati analoghi sorti in tutta Italia, attivi nell' Alleanza Italiana Stop 5G ha recentemente chiesto un incontro al sindaco Dario Raugna, come responsabile della salute e della sicurezza locale, per approfondire e per definire con l'amministrazione una posizione di cautela e di precauzione sull'argomento.«Sono stati coinvolti anche - precisa il Comitato - alcuni consiglieri comunali che hanno manifestato adesione alle iniziative del comitato, predisponendo una mozione per una moratoria del 5G che verrà trattata nella prossima seduta del Consiglio comunale».Spiegano ancora i referenti del Comitato che da parte della comunità tecnico-scientifica l'introduzione della tecnologia 5G viene considerata una opportunità ma anche un potenziale problema, per gli eventuali rischi per la salute umana e per l'ambiente.«Preoccupazioni comprensibili, considerata la quantità sempre maggiore di onde elettromagnetiche cui siamo sottoposti ogni giorno».Infine la precisazione che sono ormai quasi 400 i Comuni italiani (recentemente anche quello di Udine) che, in attesa di conferma sull'innocuità della tecnologia 5G da parte del mondo accademico-scientifico, si sono dichiarati contrari agli attuali obiettivi in atto (su tutto il territorio nazionale) per la modifica delle correnti condizioni di diffusione dei campi elettromagnetici.

AN. BO.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 19 maggio 2020

 

 

I sindacati della Ferriera: «Troppi silenzi»

Chiesto un intervento del prefetto sulle istituzioni per avere informazioni su riconversione dell'area e futuro occupazionale

Il confronto sull'Accordo di programma per la riconversione dell'area caldo della Ferriera è ripartito, ma i sindacati non si fidano e invocano chiarezza su tempi e contenuti. Dopo la spaccatura delle rappresentanze dei lavoratori in occasione del referendum di inizio anno sull'accordo stretto con l'azienda, le sigle si ricompattano e chiedono alla Prefettura di farsi garante dei livelli occupazionali davanti al silenzio delle istituzioni. La preoccupazione serpeggia tra i lavoratori, che nel tardo pomeriggio di oggi terranno un'inedita assemblea in teleconferenza, autorganizzata al di fuori della Rsu. Ma intanto dalla Regione, l'assessore al Lavoro Alessia Rosolen annuncia che l'occupazione non solo sarà difesa, ma incrementata con nuove assunzioni. Enti pubblici e imprese hanno ricominciato a discutere la scorsa settimana i termini dell'Adp, ma non tutti i nodi sono sciolti e i sindacati lamentano di non ricevere aggiornamenti ufficiali da tempo. Fiom Cgil, Fim Cisl, Uilm, Failms e Usb hanno così chiesto e ottenuto un confronto con il prefetto Valerio Valenti per esprimere al rappresentante del governo i timori rispetto a un'intesa che, causa anche il coronavirus, continua a slittare. «Gli impianti dell'area a caldo - scrivono i cinque sindacati in una nota congiunta - sono fermi da quasi due mesi e la gran parte dei lavoratori in cassa integrazione. Mentre dell'Adp si sa ancora troppo poco». Le segreterie dei metalmeccanici lamentano il silenzio del ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli e del presidente della Regione Massimiliano Fedriga, entrambi destinatari di una richiesta di incontro urgente spedita ormai il 29 aprile. «Ma da parte loro non è arrivato nessun feedback - lamentano le sigle - e le uniche informazioni sono quelle apparse sul giornale: questo non va assolutamente bene». A Valenti è stato così domandato di richiamare le istituzioni a riaprire un canale di comunicazione con le parti sociali, «per permetterci di informare i lavoratori, che attendono con ansia l'avvio della reindustrializzazione del sito e di riqualificazione delle maestranze». Per i sindacati vanno chiariti due punti: «I tempi di chiusura dell'Adp e le garanzie occupazionali che le istituzioni hanno più volte assicurato e che dovranno aggiungersi a quelle fissate nell'accordo sindacale». A discuterne saranno anche i lavoratori, che oggi si sono dati appuntamento su una piattaforma per teleconferenze, con un'iniziativa che non vede le segreterie provinciali come organizzatrici ma fra gli invitati. Una prima rassicurazione arriva dall'assessore Rosolen, che prevede un incremento occupazionale come esito della riconversione dell'area a caldo in zona logistico-portuale: «L'iter dell'Adp sta andando avanti nel confronto fra tutti i soggetti sottoscrittori e la Regione ha sciolto ormai tutte le sue riserve». Alla premessa segue l'impegno dell'esponente della giunta Fedriga: «Non mollerò nemmeno un metro sul fatto che i soldi pubblici messi sull'Accordo siano impiegati per il mantenimento dell'occupazione. L'accordo sindacale prevede 417 occupati futuri e, per quanto ci riguarda, è il numero minimo da cui partire. Chiederò di inserire espliciti riferimenti nell'intesa agli importanti soggetti che ne fanno parte» e cioè gruppo Arvedi e Piattaforma logistica Trieste. Secondo Rosolen, infatti, «417 è un numero prudenziale, perché il numero di lavoratori previsti nei piani industriali dei soggetti privati sottoscrittori è superiore e fa sperare che gli occupati saranno molti di più».

Diego D'Amelio

 

 

Due ruote sanificate e piattaforma attiva: torna il bike sharing

Da giovedì il servizio sarà nuovamente utilizzabile in città Raccomandazioni sull'uso di guanti e distanziamento

BiTS, il servizio di bike sharing a Trieste, riprenderà giovedì, il 21 maggio. Una buona notizia per i tanti amanti delle due ruote che già si erano iscritti e lo utilizzavano abitualmente per spostarsi in città. A inizio aprile tutto era stato sospeso per la situazione generale di emergenza sanitaria. Riattivati già il sito e l'app, e via libera alla sanificazione di tutte le strutture, per ricominciare in sicurezza. La società che gestisce i mezzi ricorda però alcune raccomandazioni, tra le quali l'utilizzo dei guanti monouso e il distanziamento adeguato dai pedoni o dagli altri ciclisti. Ieri a tutti gli utenti registrati è arrivata una mail. «Non vedevamo l'ora di dirtelo: BiTS riparte! I nostri operatori - si legge - hanno già cominciato le operazioni di sanificazione e messa in sicurezza del sistema, e le nostre piattaforme web e app sono nuovamente in funzione. Solo pochi giorni di pazienza e potremo ricominciare a pedalare insieme: a partire da giovedì 21 maggio il servizio di bike sharing sarà nuovamente fruibile al 100%. Ti informiamo inoltre che, insieme al Comune di Trieste, stiamo mettendo a punto le future tariffe del servizio e valutando eventuali "ricompense" per il periodo di chiusura forzata. Appena possibile ti comunicheremo le decisioni prese tramite e-mail e tramite i canali social. Prima di salutarci - aggiungono - ti chiediamo di prestare attenzione a queste brevi ma importanti raccomandazioni per la tua salute e per quella degli altri utenti di BiTS: utilizza la bicicletta solo per gli spostamenti consentiti dalle direttive nazionali, se non è necessario uscire rimani a casa; utilizza se possibile dei guanti monouso e comunque lava accuratamente le mani prima e dopo l'utilizzo delle biciclette - e ancora - la bici condivisa è il mezzo pubblico che più si adatta al distanziamento sociale: ricorda comunque di rispettare le distanze pedalando non troppo vicino ad altri ciclisti o pedoni. Buone pedalate!». Ieri la notizia è rimbalzata rapidamente sui social, accolta positivamente dagli appassionati di bici, ma anche da tanti triestini che hanno ripreso a pedalare proprio a fine lockdown, quando è stata consentita l'attività sportiva all'aperto. Nelle ultime settimane tanti hanno rispolverato le biciclette, per spostamenti brevi o più lunghi, auspicando però la ripresa rapida del bike sharing, per sfruttare BiTS al meglio, dopo aver riscoperto il piacere di muoversi in modalità lenta. «Avevamo concordato insieme ai responsabili del servizio di ricominciare in concomitanza con la riapertura di molte attività - ricorda l'assessore comunale al Territorio e Ambiente Luisa Polli -. Ci vorrà solo qualche giorno per consentire al personale di sistemare le bici e riposizionarle negli stalli. Prego tutti di rispettare i consigli suggeriti - sottolinea - come l'uso dei guanti, e di disinfettare il manubrio. Credo che questo sia un segnale importante verso il ritorno alla normalità e verso una libertà di movimento in città. Ricordo poi - aggiunge - che il servizio sarà ulteriormente arricchito da due postazioni, previste all'interno del Porto vecchio. Le tempistiche di realizzazione dipendono dal prosieguo del cantiere, che aveva subito un stop durante l'emergenza, ma ultimati i lavori per gli accessi all'area dell'antico scalo una stazione sarà collocata vicino al Magazzino 26 e una accanto alla rotonda di viale Miramare».

Micol Brusaferro

 

Il Mandracchio libero dalle auto dal primo giugno divide Muggia

Favorevoli gli esercenti della zona a caccia di spazi, ma preoccupa la rivoluzione del traffico verso salita delle Mura. Marzi: «Non chiudiamo "h24" né tutti i giorni»

MUGGIA. Dal primo giugno il Mandracchio diventa pedonale. Ma non si tratterà certamente di una chiusura "tout court". «Nei prossimi giorni verranno decise le modalità e gli orari di chiusura, ma con certezza posso dire che il Mandracchio non sarà chiuso tutti i giorni tutto il giorno», la risposta del sindaco Laura Marzi a chi aveva chiesto lumi sull'utilizzo del senso unico alternato in galleria. Ma più di questo per ora non trapela dal Municipio. Sta di fatto che il lancio sulla pagina Facebook del Comune ha stuzzicato la curiosità dell'utenza social della cittadina rivierasca, curiosa di sapere e capire quali alternative verranno messe in campo per aggirare il centro storico e per arrivare sul lungomare Venezia e riprendere la strada costiera. Certamente si tratta di misure che non riguarderanno solo il suggestivo scorcio del Mandracchio ma anche altre aree della cittadina istroveneta, all'interno delle quali si potranno concedere i 20 metri quadrati gratuiti di dehors. Soluzioni certamente non agevoli in quanto so dovrà fare i conti, come spiegato da Marzi, con «la conformazione della città e del centro storico in particolare, che rende la gestione degli spazi ancora più complessa». Per questo motivo, sempre per il sindaco «agli operatori per i quali non sarà possibile concedere o ampliare lo spazio adiacente alla sede della propria attività, verranno messe a disposizione aree comunali di analoga metratura, dando la precedenza in primis a quei soggetti che ad oggi non dispongono di spazi esterni». Ritornando alla chiusura - anche se ancora non chiara - ha incontrato il parere favorevole degli esercizi che sul porticciolo si affacciano: «Sicuramente - ha detto Andreina Camozzi, titolare della trattoria Due Leoni - si tratta di un'iniziativa positiva per dare ossigeno alle attività del centro storico in generale e delle rive in particolare. Abbiamo compilato la modulistica per fare richiesta di ampliamento ed è andata a buon fine». Stesso discorso vale per Paolo Lavince della trattoria Al Porto per il quale «si tratta di un aiuto importantissimo» anche se «sarebbe meglio aprire solo la sera per non danneggiare le altre attività. Veniamo da un periodo allucinante che ha visto prima il maltempo con l'acqua alta che ha fatto tanti danni ai miei concittadini e poi questo virus. Siamo tutti nella stessa barca». Meno soddisfatti alcuni cittadini che, attraverso la pagina ufficiale del Comune, sono preoccupati per la possibile deviazione del traffico veicolare verso salita delle Mura, cosa che non rappresenta comunque una novità in quanto in vigore durante le consuete chiusure estive del Mandracchio, propendendo, invece, sul ripristino del senso unico alternato in galleria.

Luigi Putignano

 

Il Pd plaude senza riserve Più cauti i Cinquestelle - le reazioni

MUGGIA. «La delibera adottata dalla Giunta raccoglie la manifestazione di indirizzo espressa dal circolo del Pd di Muggia per il tramite dei propri rappresentanti». Massimiliano Micor, segretario del Pd di Muggia, plaude alla chiusura veicolare del Mandracchio. «L'estate che ci aspetta - ha proseguito - sarà particolare ma riteniamo che l'unico modo per affrontarla sia quello di cercare soluzioni innovative come, ad esempio, l'attivazione di un percorso unico e sostenibile per pedoni e biciclette che da Felszegi passi per il centro storico fino a raggiungere la costa». D'accordo ma con riserva Emanuele Romano del M5S: «Siamo favorevoli alla pedonalizzazione del Mandracchio soprattutto per venire incontro alle istanze degli esercenti muggesani, ma occorre tenere presente che ci sono realtà, come il campeggio, che non vanno penalizzate da una viabilità alternativa ancora da scoprire».

 

Legambiente: «La salute ora viaggia su due ruote» - la videoconferenza

Come cambiare il nostro modo di muoverci in città? A chiederselo è Legambiente che cercherà di rispondere oggi alle 18 nel corso di una videoconferenza a cui parteciperà l'architetto urbanista Matteo Dondé, esperto in pianificazione della mobilità ciclistica, moderazione del traffico e riqualificazione degli spazi pubblici. «Nello scenario post pandemico, ripensare la mobilità ha anche il fine di rispettare le misure per prevenire il contagio. Questo elemento, se gestito in modo sostenibile, può aiutare a preservare parallelamente salute pubblica e ambiente», nota Legambiente. La videoconferenza si potrà seguire sulla pagina Fb: LegambienteFvg (www.facebook.com/legambientefvg/).Dondé ha partecipato alla progettazione di diversi Piani Urbani della Mobilità Sostenibile e Zone 30. Recentemente ha redatto per Bikeitalia.it "Piano Emergenziale della Mobilità Urbana post-Covid: il manuale d'uso". 

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 18 maggio 2020

 

 

«La priorità della giunta? Demolire la Tripcovich» spendendo una follia» - La presa di posizione dei Cinque stelle
«In piena emergenza coronavirus, la priorità del centrodestra è l'abbattimento della sala Tripcovich». I consiglieri comunali del Movimento 5 stelle Cristina Bertoni e Elena Danielis hanno denunciato la mozione della maggioranza di centrodestra fatta propria martedì scorso in Consiglio comunale dall'assessore al patrimonio Lorenzo Giorgi. «Siamo in piena emergenza Covid-19 con migliaia di famiglie immerse in problemi quotidiani come l'instabilità del posto di lavoro, la gestione dei figli a casa da scuola, la povertà rapidamente crescente, la gestione della mobilità e dei flussi, l'organizzazione del telelavoro dei dipendenti comunali. E ancora situazioni di grande disagio per i disabili e i cittadini con difficoltà motorie a seguito del crollo del tetto dell'Acquamarina, le problematiche della sicurezza degli anziani in casa di riposo, la mancanza cronica di mascherine anche per i dipendenti comunali, la crisi di turismo e ristorazione e delle piccole attività commerciali e artigianali. Ebbene - attaccano Bertoni e Danielis -, in tutto questo la maggioranza di centrodestra si pone come priorità quella di spendere 600.000 euro per abbattere la Sala Tripcovich, dopo due dinieghi da parte del ministero dei Beni e le attività culturali e dopo che più volte è stata paventata la presenza di amianto nell'edificio, cosa che se fosse confermata ne aumenterebbe ulteriormente i costi».La morale della storia? «Queste sono le priorità della giunta Dipiazza - concludono i consiglieri Cinque Stelle -. Ai cittadini rimane solo da chiedersi: ma queste persone hanno la percezione del momento che stiamo vivendo e delle priorità che il coronavirus ci impone?».

 

 

«Ovovia di Monte Grisa autentica presa in giro» . Lo sfogo di De Gioia
L'ovovia che scaccia la cabinovia. E Opicina che spodesta Monte Grisa. «Fa specie l'annuncio a effetto dell'assessore Luisa Polli, accompagnata dal sindaco, di collegare il Porto vecchio a Opicina con una ovovia, non tanto per l'idea che può essere anche presa in considerazione, quanto per il metodo non proprio corretto nei confronti del Consiglio comunale che si apprestava a discutere a breve un altro progetto di collegamento in cabinovia, altrettanto affascinante, come quello tra Barcola e Monte Grisa». Roberto de Gioia, consigliere comunale di Progetto Fvg, si sente preso in giro dall'attuale giunta. «Alcuni mesi fa, senza inventare nulla ma richiamandosi a tutte le proposte che in 40 anni sono state avanzate sull'idea di collegare mare e Carso, ho presentato una mozione che invitava l'amministrazione comunale a rivedere i vecchi progetti già pervenuti da privati (chi non ricorda il fervore di Angelo Ritossa sulla Barcola-Monte Grisa) e sulla scia di questi avviare uno studio di fattibilità, visto il momento di grazia del turismo e del Porto vecchio». La cosa comica è che i "capigruppo di tutte le forze politiche, ritenendola importante e di attualità, hanno voluto tutti sottoscrivere la mozione". E l'assessore Polli, in commissione, fatto "orecchio da mercante" prima di andare in televisione e tirare fuori dal cilindro l'ovovia del secolo».

 

 

Treni e alta velocità - Sindaci in rivolta: «Comuni esclusi, Rfi dia risposte» - dopo la presentazione del progetto
A prescindere dal passaggio attraverso il Carso, la nuova linea ad alta velocità, di cui si è tornato a parlare da fine aprile, rischia di avere impatti pesantissimi nel territorio del Basso Isontino. Monfalcone e Ronchi dei Legionari vogliono vederci chiaro e ottenere delle risposte da Rete ferroviaria italiana. «Da quanto siamo riusciti a capire, visto che Rfi non ha pensato assolutamente di coinvolgere i Comuni interessati - afferma il sindaco di San Canzian d'Isonzo Claudio Fratta -, il nuovo ponte ferroviario sull'Isonzo dovrebbe passare più a monte verso Turriaco, proseguendo vicino o sopra il cimitero di Pieris, dopo aver attraversato la zona artigianale di Turriaco. In buona sostanza, al tracciato dovrebbero essere sacrificate anche delle aziende e delle abitazioni e non solo una porzione del camposanto, fatto di per sé grave».A monte dello sfogo del sindaco di San Canzian la riunione della IV commissione del Consiglio regionale in cui è stata presentata da Rfi l'ipotesi di potenziamento e velocizzazione del collegamento Venezia Mestre-Trieste, in assenza delle amministrazioni comunali interessate, e l'incontro ottenuto (perché richiesto) con la società dai Comuni di Monfalcone e Ronchi dei Legionari. «Come amministrazione di San Canzian d'Isonzo ringraziamo quindi Rete ferroviaria italiana per il coinvolgimento e la disponibilità dimostrati nei confronti della nostra comunità - afferma Fratta, non nascondendo un accento ironico - in merito alle problematiche e le ricadute che subirà il nostro territorio in seguito ai lavori derivanti dal potenziamento e velocizzazione del collegamento Venezia Mestre-Trieste, tenendoci all'oscuro di tutto».Il sindaco di San Canzian chiede quindi un pieno coinvolgimento di tutte le municipalità coinvolte dal progetto. «Vogliamo ricordare che nella prima fase, per altro accettata da quasi tutti i soggetti, e ci riferiamo alla fase di velocizzazione della linea ferroviaria dalla stazione dell'aeroporto di Ronchi dei Legionari a Venezia - afferma Fratta -, il nostro territorio viene interessato per una lunghezza di circa 2 mila metri, con un'opera altamente impattante come il ponte sull'Isonzo e lo sdoppiamento dei binari presso il cavalcavia di Begliano. Il comune di Ronchi dei legionari viene invece interessato per 600 metri, mentre il comune di Monfalcone in questa fase non è minimamente interessato dall'opera stessa».Al tavolo richiesto tramite l'assessore regionale alle Infrastrutture Graziano Pizzimenti il sindaco di Monfalcone Anna Cisint spiega di aver sollecitato un pieno coinvolgimento di tutti gli enti locali del territorio.

Laura Blasich

 

 

I cigni sono tornati sul Rio Ospo a 4 anni dall'allarme tossina
Un'intera famigliola ha fatto in questi giorni la comparsa nelle acque del torrente - Nel 2016 cinque esemplari morirono avvelenati assieme a 30 germani reali
Muggia. Ritornano i cigni sull'Ospo. Il rio muggesano ospita da un po' di tempo una piccola colonia di cigni con i loro splendidi piccoli. E il loro arrivo non è passato inosservato. Sulla pagina Facebook "Te son de Muja se..." in tanti hanno fotografato la famigliola di cigni e commentato sulla loro bellezza, dispensando consigli su cosa dare o non dare da mangiare. Buona norma sarebbe non dare da mangiare agli animali selvatici, soprattutto è fondamentale non dare pane, come sottolineato da vari utenti intervenuti, consigliando, in maniera corretta di dare loro, se proprio non se ne può fare a meno, la lattuga, che è un buon alimento. I cigni, infatti, sono erbivori e si nutrono di alghe, piante acquatiche o erba collocata lungo le sponde. La presenza di questi splendidi volatili con i loro piccoli al seguito non è una novità per l'area. E purtroppo non sempre tutto è filato liscio. Nel 2016, dopo aver gravitato per tutto l'inverno nelle acque di Lazzaretto, una famigliola con sei baby cigni reali aveva deciso di trasferirsi lungo le sponde dell'Ospo, diventando subito, soprattutto i piccoli, le nuove star della cittadina rivierasca, con tanto di toto-nome con cui battezzare i componenti della bellissima famigliola. Pochi mesi dopo cominciò una moria terribile di uccelli acquatici che gravitavano proprio lungo il rio Ospo, tra i quali, oltre a una trentina di germani reali, persero la vita anche cinque giovani cigni reali. Si pensò dapprima a un diserbante utilizzato sul posto. Gli esemplari più colpiti furono numerosi germani reali, ma la morte dei cinque giovani cigni reali destò rabbia a sgomento nella comunità muggesana, forse anche per il fatto che pochi mesi prima i piccoli scorrazzavano lungo il corso d'acqua muggesano. Responsabile della morte dei volatili, come appurato dalle analisi condotte su campioni fisiologici degli animali, fu il clostridium botulinum, una neurotossina potenzialmente mortale. Sul rio Ospo arriveranno poi una serie di divieti, tra i quali pescare e dar da mangiare agli animali, attuati dal Comune di Muggia con un'ordinanza valida fino a quando le condizioni climatiche, ossia le temperature elevate e lo scarso ricambio delle acque nel rio Ospo, avrebbero scongiurato l'allora elevato rischio di sviluppo della neurotossina. Una brutta storia che forse è rimasta nella memoria dei cittadini di Muggia e forse anche per questo tra gli utenti della seguita pagina social sono in tanti quelli che sperano che alla nuova famigliola del Rio Ospo non accada nulla di grave, e che ai baby cigni sia data la possibilità di vivere in tranquillità e senza l'intrusione, spesso ingombrante, dell'uomo.

Luigi Putignano

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 17 maggio 2020

 

 

E il sindaco lancia il progetto per un'ovovia Molo IV-Opicina - LA PROPOSTA ILLUSTRATA DA DIPIAZZA
Una ovovia dal Molo IV a Opicina. Questo il progetto annunciato pubblicamente ai cittadini, ancora alle prese con l'emergenza sanitaria da Covid-19 e provati da tre mesi di lockdown, dal sindaco Roberto Dipiazza l'altra sera nel corso di "Ring", trasmissione tv di Telequattro. Qualcosa di simile era stato ideato già negli anni '30, anche se la meta finale era Monte Grisa. A ogni tornata elettorale - in tempi più recenti - il rilancio della proposta, sempre con protagonista il collegamento al tempio mariano, e lo scorso anno il consigliere comunale Roberto De Gioia aveva presentato pure una mozione in proposito in Consiglio. Il progetto dell'ovovia rientrerà nel piano urbano della mobilità sostenibile e nella riqualificazione del Porto vecchio. Questi i dettagli: partenza dal Molo IV, fermate intermedie all'altezza della Centrale idrodinamica, nella zona del polo museale, al Bovedo dove c'è il parcheggio di interscambio, e poi su fino a Campo Romano. Tempo di percorrenza del tragitto 13 minuti, capacità di 2 mila persone all'ora e altezza finestre dei magazzini, non oltre. Finisce definitivamente in archivio il trenino del centrosinistra per Porto vecchio e il centrodestra rilancia con un collegamento sospeso che, è stato garantito, non influenzerà skyline e vista dalle case. Costo dell'operazione 30 milioni, zero per il Comune a patto di vincere la gara del governo per la mobilità sostenibile, e l'impianto darà addirittura 30 posti di lavoro oltre a mantenersi con l'incasso dei biglietti. La reazione dei telespettatori è stata per la verità abbastanza fredda e non è mancato il tipico morbin triestino nei messaggi passati in sovrimpressione: «Ma posso andare con gli sci a Opicina?», «E prolungarla fin Pramollo?». Ieri è arrivata la presa di posizione di Sabrina Morena (Open Fvg): «Ma l'ovovia è venuta in mente al sindaco perché fa rima con pandemia? Voleva tirarci su di morale ed essere spiritoso in un momento così drammatico per l'Italia intera? Abbiamo bisogno di posti di lavoro, non di grandi opere inutili a spot, e - ha concluso - di una visione prospettica per il futuro della città».

Andrea Pierini

 

 

Maxi tunnel in Carso: ambientalisti già pronti a petizioni e sit-in
«Costi folli, natura devastata: protesteremo in ogni modo» - In campo per il "no" gli esponenti delle opposizioni locali
DUINO AURISINA. Il loro "no" è secco e, per ribadirlo, sono pronti a dare vita a un sit-in e a organizzare una raccolta di firme. È ferma e decisa la reazione degli ambientalisti locali - e degli esponenti delle opposizioni che siedono nel Consiglio comunale di Duino Aurisina - alla proposta, ribadita in questi giorni da Rfi Rete ferroviaria italiana, di realizzare sul Carso un tunnel lungo oltre venti chilometri per rendere più veloce la tratta Trieste-Venezia. I dirigenti di Rfi hanno presentato il progetto in Regione, senza comunque suscitare, a quanto è dato sapere, particolari entusiasmi verso un piano che - ricordano ora gli oppositori - la Commissione di Via del ministero dell'Ambiente ha peraltro bocciato due volte il pian, motivando tale diniego sulla base del pessimo rapporto fra danaro da spendere, circa 900 milioni per il tunnel sulla tratta Aurisina-Ronchi, e il risultato in termini di riduzione dei tempi di percorrenza, dato che si guadagnerebbe al massimo una ventina di minuti sulla Trieste-Venezia. «Le comunità locali e le amministrazioni comunali - tuona Igor Gabrovec, consigliere regionale e capogruppo della Lista Insieme nell'aula di Duino Aurisina - hanno sempre espresso il loro parere contrario. A fronte di un recupero, in termini di tempi di percorrenza, di pochi minuti, si andrebbe a intraprendere lo scavo di una galleria del costo di quasi un miliardo di euro. Senza parlare - aggiunge Gabrovec - del grave danno ambientale, originato da un traforo di decine di chilometri in un'area che ha innumerevoli cavità. Meglio pensare a un ammodernamento dell'attuale tratta che, con investimenti di pochi milioni, potrebbe comunque migliorare le proprie capacità». «I guadagni di tempo - evidenziano a propria volta Danilo Antoni del Gruppo Salute e Ambiente e il consigliere comunale Vladimiro Mervic, della Lista per il golfo - sono irrisori. E in cambio avremmo la devastazione delle zone di superficie, come pure delle località carsiche caratterizzate da un delicatissimo ecosistema. Senza dimenticare - concludono Antoni e Mervic - alle migliaia di viaggi di autotreni impegnati a trasportare materiale da scavo. Attueremo, se necessario - promettono - tutte le forme di protesta lecite». Il consigliere del M5s Lorenzo Celic annuncia infine di aver presentato una mozione, in cui si chiede che sindaco e giunta di Duino Aurisina «si impegnino a prendere posizione in ogni sede contro la progettazione e la realizzazione della costosissima variante Aurisina-Ronchi, che causerebbe pesanti danni all'ecosistema carsico».

Ugo Salvini

 

 

Piano salva Isonzo nel vivo - Il fiume tornerà balneabile
Irisacqua ha approvato il bilancio. Azienda in salute, utile vicino ai 700 mila euro - Il direttore generale Lanari: «Ammontano a 6 milioni di euro i lavori eseguiti»
Un bilancio solido quello di Irisacqua. Che chiude con un utile d'esercizio di 680.385 euro dopo aver contabilizzato ammortamenti per 4.503.748 euro e, al netto del carico fiscale, pari a 647.282 euro. Nell'esercizio appena concluso sono stati, inoltre, realizzati investimenti per complessivi 5.843.501 euro. Il 2019, poi, è stato un anno importante che ha visto la positiva conclusione del lungo iter avviato dalla società per la conferma e il mantenimento delle linee di credito esistenti sottoscritte nel 2008 e per il reperimento delle risorse finanziarie aggiuntive. «Un risultato positivo nei numeri, ma ancor più nell'attenzione all'ambiente e alla qualità del servizio - il commento del dg Paolo Lanari -: 6 milioni di lavori eseguiti, 100 di lavori completati e 180 da eseguire. Le qualità morali e le professionalità di tutti i collaboratori hanno consentito a Irisacqua di mantenere e migliorare questi risultati».La partita più grossa riguarda l'operazione «Isonzo pulito». Finalmente balneabile. Grazie alla realizzazione della "dorsale" che prevede la centralizzazione del sistema depurativo dell'intero Ato (fatta eccezione per 5 Comuni della provincia di Gorizia) al depuratore di Staranzano. L'obiettivo? Ottimizzare il sistema fognario in gestione ad Irisacqua e salvaguardare dal punto di vista ambientale il fiume Isonzo e la baia di Panzano, in quanto rientranti nell'area sensibile "Bacino drenante acque costiere e laguna di Marano e Grado". L'intervento è suddiviso in tre lotti: il primo riguarda l'adeguamento e l'ampliamento del depuratore di Staranzano (depuratore unico); il lotto 2 porterà alla realizzazione della dorsale fognaria da Staranzano a Gradisca d'Isonzo (dorsale Sud); il lotto 3 concerne la costruzione della dorsale fognaria da Gradisca d'Isonzo a Gorizia (Dorsale Nord).Per quanto riguarda il lotto 1, si prevede che nella seconda metà del 2020 si possa dare corso ai lavori. Relativamente al lotto 2, verrà indetta una conferenza dei servizi per poter ottenere tutte le autorizzazioni e tutti i pareri del caso in modo tale da avviare l'iter di verifica del progetto definitivo, completato il quale si procederà con l'approvazione del progetto definitivo. Si prevede quindi di dare l'avvio alla progettazione esecutiva entro il 2020. Nella seconda parte del 2019 è stato affidato, infine, l'incarico per la progettazione del lotto 3. Entro il primo semestre del 2020 verrà consegnato il progetto definitivo. Dopo di che verrà indetta una conferenza dei servizi per poter ottenere tutte le autorizzazioni e tutti i pareri del caso in modo tale da avviare l'iter di verifica del progetto definitivo, completato il quale si procederà con l'approvazione del progetto definitivo. Si prevede di dare avvio alla progettazione esecutiva all'inizio del 2021.

Francesco Fain

 

 

La figura di Fornasir rivive nel cuore di Porto vecchio - Le idee di Italia Nostra a un anno dalla morte
Una seria opera di rilancio filologico di diversi "angoli" del Porto vecchio sulla scia dei progetti portati avanti dall'architetto Barbara Fornasir, «perché restino la memoria e la testimonianza di una donna che ha svolto la sua professione con particolare riguardo alla bioarchitettura, all'arte, agli arredi interni, al restauro degli edifici storici e al Porto vecchio».La sezione di Trieste di Italia Nostra riprende dunque la "campagna" dedicata appunto al Porto vecchio, e lo fa, come si legge in un comunicato firmato dalla vicepresidente Giulia Giacomich, ribadendo, nel primo anniversario della scomparsa dell'architetto Fornasir, venuta a mancare il 18 maggio 2019, l'impegno a «realizzare, nelle sue iniziative future in Porto vecchio, la traccia dei progetti che lei ha curato per gli edifici storici minori: l'ex locanda, la rimessa storica delle locomotive, il magazzino XI e le vecchie espositure doganali». Iniziative su cui stanno lavorando tra gli altri l'architetto Lucia Krasovec-Lucas e la storica dell'arte Giuliana Carbi, a partire dagli atelier per artisti da realizzare nel magazzino XI, e l'architetto Giorgio Zaninovich per il progetto (H)all nell'ex locanda piccola. E sempre su iniziativa di Italia Nostra, ricorda la nota, «in collaborazione con l'associazione Biennale internazionale donna, Antonella Caroli ha dedicato un intero anno a questa cara amica non solo con una pubblicazione, "I sogni di Barbara" (Luglio), ma anche con la raccolta in numerosi faldoni di tutto il materiale recuperato nel suo studio, consegnato all'Archivio di Stato di Trieste, dove è stato creato il fondo Sergio e Barbara Fornasir grazie al soprintendente archivistico Viviano Iazzetti.

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 16 maggio 2020

 

 

In treno a Venezia in un'ora e un quarto: la linea veloce sarà pronta nel 2031

Ecco il piano di Rfi che accelera i tempi soprattutto sulla tratta Ronchi-Mestre. Variante di 23 chilometri in galleria sul Carso

TRIESTE. Da un minimo di 7 a un massimo di 20 minuti. È il risparmio temporale che Rete Ferroviaria Italiana ha prospettato alla Regione nell'ambito del progetto di potenziamento e velocizzazione del collegamento ferroviario Trieste-Venezia, un'operazione da 1,8 miliardi, la metà dei quali per la Ronchi-Aurisina, con attivazione prevista nel 2031 e variante di 23 chilometri in Carso, quasi totalmente in galleria. La simulazione presentata a Palazzo in videoaudizione dai tecnici della società statale parte dalla situazione attuale per i treni a lunga percorrenza, un viaggio che dura 1 ora e 34 minuti da Trieste a Venezia-Mestre e che verrebbe ridotto di 7 minuti con lavori di potenziamento tecnologico, di 10 minuti con l'aggiunta della velocizzazione e di 16-20 minuti appunto con la variante di Ronchi-Aurisina. In quest'ultimo scenario, spesi tutti i 1.800 milioni (di cui, al momento, risultano stanziati non più di 200), ci si metterebbe tra i 15 e i 19 minuti per arrivare a Ronchi e altri 59 fino a Mestre. Un totale di 1 ora e 14 minuti, meno di adesso, ma comunque non quell'ora di tempo o poco più che era stata prospettata dall'ad di Rfi Maurizio Gentile nel 2015, al via del progetto. Se il risparmio per quel che riguarda i treni regionali è di poco meno di 3 minuti rispetto a oggi (da 1 ora 10 minuti 33 secondi a 1 ora 7 minuti 40 secondi), è proprio la Ronchi-Mestre il collegamento in cui i lavori consentirebbero di migliorare decisamente il servizio per quel riguarda invece i mezzi ad alta velocità. Tra l'altro con costi molto inferiori, attorno a 800 milioni tra potenziamento tecnologico, soppressione di 23 passaggi a livello e le varianti di tracciato a Portogruaro, Latisana e sul fiume Isonzo. A cantieri chiusi, un treno no stop in partenza da Trieste Airport, con velocità fino a 200 chilometri orari (non la Tav, in sostanza) fermerebbe a Mestre dopo 42 minuti con il potenziamento tecnologico della linea e dopo 38 nel caso in cui si aggiungessero opere di velocizzazione, 11 minuti meno dei 49 minuti attuali. I tempi di realizzazione? L'agenda di Rfi parla del 2023-24 per il potenziamento, del 2023-26 per l'eliminazione dei passaggi a livello e il nuovo Posto di movimento a San Donà di Piave, del 2029 per le tre varianti. Con il solo potenziamento, spiega Rfi, aumenterebbe la capacità della linea del 25% con riduzione del distanziamento treni da 8 a 6 minuti e garanzia di una cadenza di un treno regionale veloce, uno lento e uno ad alta velocità no stop all'ora. Quanto alla velocità si passerebbe da 150 a 200 km/h nei tratti di linea che presentano già un tracciato in rettifilo. Se poi si guarda anche alla variante Ronchi-Aurisina, già ritornata al centro del dibattito politico, ma che in realtà pare non volere nessuno, Rfi informa intanto che «sarà redatto un nuovo progetto di fattibilità tecnica economica sulla scorta degli esiti della Via del 2003 e del 2016 del progetto Av Ronchi-Trieste». Già disponibile inoltre «uno studio di fattibilità di un collegamento tra Trieste Airport e la stazione di Aurisina, che prevede un'interconnessione con l'attuale linea Aurisina-Bivio di Aurisina, per arrivare a Trieste centrale attraverso la linea storica».

Marco Ballico

 

Dubbi dei pentastellati sul nuovo tracciato - i riflessi sull'aeroporto: Marano vede la svolta

TRIESTE. Il più soddisfatto dello scenario prospettato da Rfi in direzione Veneto è il presidente di Trieste Airport Antonio Marano. Il risparmio di tempo con potenziamento e velocizzazione della linea esistente riguarda soprattutto il collegamento da Ronchi a Mestre, «un'opportunità straordinaria che la politica dovrebbe sposare da subito: ci sono tutti i motivi per fare in fretta e agganciare il nostro territorio all'alta velocità». Il polo intermodale «viene riconosciuto come snodo di tutte la modalità di trasporto. Tra l'altro senza che Rfi ci chieda investimenti, se non un adeguamento dell'accoglienza passeggeri. Il resto c'è già». La sollecitazione di Marano alla politica trova riscontro, ma con il distinguo sulla Ronchi-Trieste. Se anche il M5S spinge per realizzare nel più breve tempo possibile il potenziamento tecnologico della tratta, l'avvertimento del consigliere regionale Cristian Sergo è a farlo «affrontando con i territori percorsi partecipativi». Il nodo chiave è però la Ronchi-Aurisina. «Se la Regione nulla dice sul tema - incalza il grillino -, significa che è d'accordo. Al contrario, si dovrebbe prendere posizione in ogni sede contro un'opera già bocciata due volte dalla commissione di Via del ministero dell'Ambiente, che costerebbe un miliardo e senza i significativi risparmi di tempo prospettati». I pentastellati avevano pronta una mozione da far votare in Consiglio, ma Lega e Fi, «solo a parole sono contrari alla galleria in Carso. Di fronte al nostro testo, che abbiamo poi ritirato perché sarebbe stato stravolto, ci è stato proposto di sondare le intenzioni del governo e ribadito che ce lo chiede l'Europa. A conferma che la specialità regionale si tira in ballo solo quando comoda». All'attacco del centrodestra anche il Pd con Diego Moretti e Mariagrazia Santoro: «Sul tracciato dell'alta velocità ferroviaria Trieste-Venezia, la giunta Fedriga è rimasta assente».

m.b. 

 

Un no bipartisan alla mega galleria per l'Alta velocità «Rovina il Carso»

Il progetto dell'alta velocità-alta capacità ferroviaria non si farà certamente in questi anni, ci vorranno ancora decenni e come ribadisce il sindaco Anna Cisint «non ci sono nemmeno i soldi per la progettazione». Intanto in maniera trasversale la politica dice no all'ipotesi avanzata da Rfi di continuare sul progetto della galleria tra Ronchi e Trieste: «Novecento milioni per devastare il Carso sotterraneo e per risparmiare 6 minuti non sono giustificati». Lo sostengono in maniera univoca i consiglieri regionali Giuseppe Nicoli di Forza Italia, quello del Pd Diego Moretti. E un intervento sul tema arriva anche dal consigliere della Lega Antonio Calligaris. «Ribadisco la mia contrarietà all'ipotesi di variante Aurisina-Ronchi presentata da Rfi nell'ambito della velocizzazione della ferrovia Venezia-Trieste. Una simile ipotesi, impattante per il territorio quanto inutile ai fini della velocizzazione, va scartata sul nascere. Avviamo invece un tavolo permanente sulle infrastrutture, ferrovie comprese, tra Regione, Rfi e gli altri soggetti che si occupano delle infrastrutture del territorio». Secondo Nicoli l'impatto sul Carso sarebbe devastante per velocizzare i convogli di una manciata di minuti. «Meglio pensare, invece, a velocizzare il resto della tratta - conclude - con il minor impatto possibile sul territorio, anche a beneficio del traffico merci soprattutto in ingresso e uscita dai porti, nonché a eliminare i passaggi a livello che causano disagi al traffico e ai mezzi di soccorso (vedasi proprio il caso di Ronchi dei Legionari) e a innalzare le barriere antirumore ai margini dei binari che attraversano i centri abitati». «Sul tracciato dell'alta velocità ferroviaria - dice Moretti - la giunta Fedriga è rimasta ferma ai titoli, totalmente assente e senza alcuna idea sulla programmazione. Scelte di tale portata vanno chiarite ora, non quando le cose saranno già chiuse. Lo stesso sindaco di Monfalcone, anziché accusarci, come al solito, di allarmismo o di poca responsabilità con il solito scaricabarile, adesso o nei prossimi mesi dica come la pensa, perché dopo potrebbe essere tardi. Ha senso sventrare il Carso per risparmiare 6 minuti? Ha una logica? Il Pd dice di no». Secondo Calligaris infine «se il M5S ritiene che RFI debba fermarsi per non spendere milioni per una progettazione che poi non verrà fatta, posso concordare, ma credo che il tema debba essere correttamente posto al ministero dei Trasporti e non alla Regione. Per questo motivo ho presentato un emendamento, mantenendo intatte le premesse ed i ragionamenti dei M5S, con cui si impegnava la Regione a chiedere al Governo di chiarire la propria posizione».

G. G.

 

 

Il Comune accelera sul progetto della nuova piscina terapeutica da costruire nell'area di Porto vecchio - la riunione operativa

Parlare di fumata bianca è ancora prematuro, ma alla fine dell'incontro di ieri tra i promotori del "Theresianum" - il progetto della struttura sportivo-riabilitativa da realizzare in Porto vecchio - e il Comune di Trieste, a trapelare è un cauto ottimismo. La prima fase per la costruzione della nuova piscina terapeutica pensata per sostituire l'Acquamarina, il cui tetto come noto ha ceduto lo scorso agosto, potrebbe completarsi il 30 giugno con la consegna del progetto di fattibilità e di quello economico e finanziario. Nel 2021 si potrebbe quindi avviare il cantiere con il taglio del nastro nel 2022. Davanti ai tecnici degli uffici comunali di Lavori pubblici e Bilancio si sono seduti i rappresentanti di Medio Credito del Trentino Alto Adige, i progettisti della Sgm Consulting, già impegnata nel Trieste Convention Center, il costruttore Monticolo&Foti e il Policlinico triestino che ne sarà, in caso di via libera, il gestore insieme alla Triestina Nuoto.«C'è ottimismo - spiega l'architetto Daniele Alberico -, siamo sul pezzo e stiamo affrontando gli elementi tecnici di dettaglio. Ci rivedremo all'inizio della prossima settima per poi, se tutto dovesse andare per il meglio, avviare la fase definitiva della progettazione che richiederà uno sforzo importante. Il Comune sta lavorando con grande attenzione a ogni piccolo dettaglio e per questo siamo fiduciosi».La superficie della futura piscina terapeutica è stimata in 5 mila metri quadrati, il doppio di Acquamarina. L'impianto dovrebbe sorgere tra il Centro Congressi e l'area destinata alla creazione della cittadella dello sport verso Barcola. "Theresianum", ricordano i proponenti, è un progetto legato al sociale nel quale verranno creati spazi per persone con disabilità e soggetti che necessitano di un percorso terapeutico: dagli sportivi ai cittadini impegnati in un percorso di riabilitazione. Da limare, al momento, è la possibilità di aggiungere quanti più servizi possibili e in questo senso si sta lavorando alla realizzazione anche di un bar in grado di fornire pasti. La formula immaginata è quella del project leasing con fondi del Medio Credito del Trentino Alto Adige. In sostanza il Comune inizierebbe a pagare dal 2023 un onere ventennale comprensivo dei costi di gestione ordinaria e straordinaria arrivando poi a diventare proprietario dell'immobile.

Andrea Pierini

 

 

Legambiente su A2A: «Stop al gas in centrale, ora tavolo scientifico» - l'accordo con i sindacati bocciato

Legambiente, regionale e locale, boccia l'accordo stretto da A2A con i sindacati per la riconversione a gas della centrale termoelettrica di Monfalcone. L'associazione ambientalista lo fa a fronte dell'attuale situazione del mercato energetico italiano e delle strategie di lungo periodo dell'Unione europea. Legambiente chiede quindi che torni a operare un tavolo tecnico-scientifico coordinato dalla Regione, «garantendo il protagonismo anche delle organizzazioni della società civile, per definire un Piano territoriale di riconversione industriale innovativo che non preveda l'uso di fossili e si ispiri a un vero Green new deal». A testimonianza «dell'inadeguatezza della proposta di A2a» l'associazione chiama i dati della domanda di energia elettrica nel primo bimestre del 2020 (in calo e non ancora intaccata dall'emergenza Covid-19) che «è stata soddisfatta per un terzo dalla produzione di fonti rinnovabili, con un trend in progressivo aumento nel futuro prossimo».«La Strategia climatica europea di lungo termine, proposta dalla Commissione europea, prevede inoltre uno scenario a emissioni zero di CO2 nel 2050 - aggiunge Legambiente -, adottando obiettivi di decarbonizzazione coerenti con il contenimento del riscaldamento globale entro 1, 5 gradi».Un recente studio di Legambiente prevede di raggiungere l'obiettivo nel 2040, adottando una serie di azioni orientate a semplificare le autorizzazioni, ad aprire alle comunità energetiche e all'integrazione del fotovoltaico in agricoltura, spingere sui sistemi di accumulo, sull'efficienza energetica, l'elettrificazione delle città, il potenziamento di reti e interconnessioni, e a imprimere una spinta al biometano e l'eolico galleggiante.

LA. BL.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 15 maggio 2020

 

 

Accordo di programma sulla Ferriera: riparte il confronto per la riconversione

Gruppo Arvedi e Piattaforma logistica hanno intanto trovato l'intesa sui compiti nella fase di smantellamento dell'impianto

La fase 2 comincia anche per la Ferriera di Servola, che ieri ha visto riprendere il confronto sulla stesura dell'Accordo di programma, oggetto di una teleconferenza fra tutti i soggetti pubblici e privati interessati. La principale novità è che il gruppo Arvedi e la società Piattaforma logistica hanno trovato un'intesa definitiva sui rispettivi compiti nella fase di smantellamento dell'impianto e successiva messa in sicurezza, anche se le parti devono ancora trovare il punto di caduta per la compravendita dei terreni. Resta inoltre in sospeso la quantificazione delle risorse economiche che governo e Regione metteranno a disposizione per sostenere la riconversione per uso portuale e industriale. L'area a caldo è spenta da settimane, ma quando arriverà la firma dell'Adp è difficile dirlo. Dalle parti della Regione filtra comunque ottimismo, tanto che si ritiene possibile arrivare a una versione definitiva del testo già la prossima settimana. Vero è tuttavia che, stando agli annunci del ministro Stefano Patuanelli e della proprietà dello stabilimento, la stipula sarebbe dovuta avvenire entro dicembre e dunque l'esperienza consiglia cautela. Al confronto ancora in corso tra i privati sulla cessione dei terreni si somma infatti la necessità di dirimere il punto delle clausole sospensive che questi pretendono di inserire nel testo, ma che il Mise considera inaccettabili, perché renderebbero incerto il destino della riconversione. Arvedi e Piattaforma logistica (che in questa fase siede al tavolo attraverso la società costruttrice Icop) chiedono di poter revisionare i patti che verranno sottoscritti, in caso di successive modifiche al quadro normativo che potrebbero rendere l'operazione meno conveniente sul piano economico. La fumata bianca si è invece avuta sui compiti che Arvedi e Icop assumeranno nel corso delle opere di riconversione. Il confronto su questi aspetti ha richiesto settimane ma l'esito è ora inserito nella bozza di Adp e attende il favore del ministero dell'Ambiente. Spetterà al gruppo siderurgico lo smantellamento dell'impianto e il riutilizzo successivo delle parti e dei rottami, mentre sarà Icop a occuparsi della pavimentazione dei terreni dell'area a caldo e a compartecipare alle spese di gestione dell'impianto di trattamento delle acque che sarà realizzato dalla parte pubblica. Come noto, nella zona oggi occupata da cokeria e altoforno sorgerà un terminal ferroviario, la cui costruzione sarà affidata a Rfi nell'ambito del piano di sviluppo del porto già finanziato a parte. Resta tuttavia ancora da delineare il ruolo nella partita dell'Agenzia del demanio, posto che l'accordo dei privati prevede un complicato scambio di terreni con il coinvolgimento dell'Autorità portuale, perché le aree sono in parte di proprietà dei privati e in parte date in concessione dall'Authority. Sta tutta qui dentro la questione dell'intesa economica tra Arvedi e Piattaforma logistica, che potrebbe essere formalizzata dopo la firma dell'Adp, non essendo intervenuto per ora nessun atto formale tra le parti. Anche su questo c'è tuttavia ottimismo, tanto più che la firma dell'Accordo impegnerà i privati con numerosi e onerosi adempimenti e dunque sono impensabili retromarce sulla compravendita dei terreni, che potrebbe costare a Piattaforma logistica una ventina di milioni, che potrebbero essere messi dal player internazionale interessato a entrare in Plt per partecipare poi alla realizzazione del Molo VIII.

Diego D'Amelio

 

 

Grado conserva il record - È di nuovo Bandiera Blu

Il riconoscimento assegnato per la 32.a volta. E subito dietro c'è Lignano E sono ben undici gli approdi turistici regionali che si piazzano in classifica

GRADO. L'Isola del Sole continua a guidare la particolare classifica nazionale delle località balneari che hanno ricevuto il maggior numero di Bandiere Blu: con quella annunciata ieri sono ben 32. Anche quest'anno, dunque il prestigioso vessillo blu sarà issato sulla città e sulle spiagge dell'isola. Ed si tratta, come si diceva, un record. Grado guida, infatti, questa classifica nazionale assieme alla località ligure di Moneglia in provincia di Genova. In ogni caso proprio subito dietro, in classifica c'è Lignano che ieri ha ricevuto il riconoscimento per la 31ma volta. Insomma le due importanti spiagge balneari del Friuli Venezia Giulia sono ai vertici di questa graduatoria nazionale della quale quest'anno fanno parte 195 località ossia 12 in più dello scorso anno. Complessivamente potranno issare la Bandiera Blu anche 75 approdi turistici italiani. Fra questi ci sono anche gli 11 approdi del Friuli Venezia Giulia che sono quello della Lega Navale di Trieste, Porto San Vito di Grado, l'Hannibal di Monfalcone oltre al Porto Turistico Marina Uno, Marina Punta Verde, Marina Punta Faro, Darsena Porto Vecchio di Lignano; Marina Punta Gabbiani, Darsena Aprilia Marittima e Marina Capo Nord di Aprilia Marittima; e la Marina Sant'Andrea di San Giorgio di Nogaro. Quindi confermati tutti gli approdi del Friuli Venezia Giulia che anche lo scorso anno hanno fatto sventolare la Bandiera Blu. I parametri previsti dal regolamento della Fee, Foundation for Environmental Education ovvero Fondazione per l'Educazione Ambientale, sono sempre più rigorosi. Fra questi ci sono il rispetto della massima vigilanza e cura ambientale e soprattutto della purezza delle acque (fanno testo i dati elaborati dal Ministero della Salute in base alle analisi effettuate dall'Arpa) ma anche della vivibilità di una città. Vivibilità intesa anche come pulizia, funzionalità e capacità dell'impianto di depurazione. Complessivamente si tratta di 32 criteri che quest'anno, proprio per le difficoltà legate alla questione Covid-19, hanno fatto lavorare ancor di più e con maggior difficoltà i componenti della specifica commissione. Il presidente di Fee Italia Claudio Mazza ha sottolineato che «quest'anno la Bandiera Blu sarà strumento di ripresa e di rilancio dell'immagine del Paese» e «insieme ai Comuni, gli stabilimenti balneari avranno un ruolo fondamentale in termini di presidio delle spiagge nel rispetto delle regole di sicurezza». Intanto l'amministratore unico della Git, Alessandro Lovato, si prepara a una inaugurazione forzatamente sotto tono della stagione turistica: «Siamo più forti del coronavirus e vogliamo dimostrare la nostra capacità di attrezzare la spiaggia con una chiara volontà di ripartenza. Bisogna lanciare il cuore oltre l'ostacolo». Le ultime due stagioni la stagione dell'isola d'oro era iniziata con una grande esibizione delle Frecce Tricolori. Domani ci sarà una inaugurazione, sia pure nel clima di incertezza attuale con la presentazione di un video promozionale in italiano e tedesco per superare a questi momenti di difficoltà, ma anche di ripartenza: «Un contributo personalizzato motivato dalla precisa volontà di aiutare il comparto turistico di questa località. Immagini dal forte impatto emozionale, con la regia di Tommaso Lessio, costruito con la partecipazione della gente di Grado.

Antonio Boemo

 

Le spiagge "promosse" quest'anno sono 12 in piu' - In tutta Italia

ROMA. Aumentano quest'anno in Italia le Bandiere Blu, i riconoscimenti ai comuni marinari e lacustri con le acque più pulite e il maggior rispetto dell'ambiente. Sono 195 i Comuni italiani che le hanno ottenute nel 2020, 12 in più rispetto ai 183 dell'anno scorso. I nuovi ingressi sono 12, e non c'è nessuna uscita. Le 12 new entry per i comuni sono Gozzano (Piemonte), Diano Marina (Liguria), Sestri Levante (Liguria), Montignoso (Toscana), Porto Tolle (Veneto), Vico Equense (Campania), Isole Tremiti (Puglia), Melendugno (Puglia), Rocca Imperiale (Calabria), Tropea (Calabria), Siderno (Calabria), Alì Terme (Sicilia). Fra gli approdi arrivano quest'anno Cala Cravieu (Celle Ligure, Liguria), Vecchia Darsena Savona (Savona, Liguria), Cala Gavetta (La Maddalena, Sardegna), Marina Porto Azzurro (Porto Azzurro, Toscana), Porto degli Aragonesi (Casamicciola, Ischia, Campania). Perdono la Bandiera Blu nel 2020 il Porto turistico Marina di Policoro (Policoro, Basilicata) e la Marina del Nettuno (Messina, Sicilia).La Liguria sale a 32 località, con due nuovi ingressi, e guida la classifica nazionale. Segue la Toscana con 20 località (un nuovo ingresso). La Campania raggiunge le 19 Bandiere con un nuovo ingresso. Con 15 località seguono le Marche. La Puglia conquista due nuove località mentre la Sardegna riconferma le sue 14 località. Anche la Calabria va a quota 14 con tre nuovi ingressi, mentre l'Abruzzo resta a 10. Il Lazio conferma le 9 bandiere, così come 9 sono quelle del Veneto, che segna un nuovo ingresso. L'Emilia Romagna conferma le sue 7 località, mentre la Sicilia ne guadagna una, passando a 8 Bandiere. La Basilicata conferma le sue 5 località. Il Molise rimane con una Bandiera.

 

 

Trieste Trasporti - Al via da lunedì le prime corse a bordo dei bus «a chiamata»

Dopo le navette point-to-point riservate ai dipendenti delle imprese che ne abbiano fatto richiesta, partono dalla settimana prossima a Trieste anche i servizi di trasporto a chiamata. Una sperimentazione che, in linea con le indicazioni regionali, permetterà su determinate direttrici di prenotare l'autobus avendo la certezza di viaggiare mantenendo il distanziamento sociale a bordo. Tre i percorsi lungo i quali il servizio sarà inizialmente attivato: il primo è fra via Svevo e piazza della Libertà (corrispondente al percorso della linea 1), il secondo fra corso Italia e palazzo Ferdinandeo in via De Marchesetti (corrispondente al percorso della linea 11) e il terzo fra piazza Tommaseo e via Alfonso Valerio (corrispondente al percorso della linea 17).«Quelli che stiamo vivendo - dice Graziano Pizzimenti, assessore regionale ai Trasporti - sono giorni difficilissimi: l'emergenza sta condizionando profondamente le nostre abitudini e anche i trasporti, inevitabilmente, ne escono segnati. Insieme con i gestori dei servizi, la Regione ha reso operativa una cabina di regia che, fin dal primo giorno, sta provando a monitorare la situazione, a ridurre i disagi e a rispondere adeguatamente alla trasformazione della domanda».Insieme con il servizio a chiamata, Trieste Trasporti attiverà da lunedì anche un call center dedicato, che risponderà al numero 0409720003: gli operatori saranno a disposizione della clientela sia per ricevere prenotazioni e sia per dare informazioni sul normale servizio di trasporto pubblico, in giorni in cui si moltiplicano le domande, le paure e i dubbi delle persone. «Abbiamo fatto tesoro dell'esperienza maturata sull'altopiano - dice Aniello Semplice, ad di Trieste Trasporti e del consorzio Tpl Fvg - e oggi trasponiamo in città, in un contesto e in una fase storica molto diversi, quella stessa tecnologia. Gli autobus a chiamata si muoveranno lungo i percorsi indicati e potranno essere prenotati, fino a mezz'ora prima dell'effettuazione della corsa, dal call center o dal sito internet di Trieste Trasporti: in presenza di una corsa disponibile, si riceverà dopo pochi istanti un sms e una mail di conferma, con l'indicazione dell'orario e della fermata di partenza e della fermata di destinazione. Il biglietto costerà come una corsa semplice e il pagamento potrà essere effettuato sia con carta di credito e sia con borsellino elettronico ricaricabile. Per gli abbonati la prenotazione e il viaggio saranno gratuiti».

 

 

MONFALCONE - Il sindaco assicura: «Dell'alta velocità sul Carso si riparlerà non prima del 2030»

È l'esito di un confronto con l'assessore regionale Pizzimenti «Semmai i lavori interesseranno la tratta Venezia-Ronchi»

A scanso di equivoci: l'amministrazione di Monfalcone non vuole il Carso-groviera. Ma di qui a dire che il progetto dell'alta velocità è materia attuale, di odierno dibattito ce ne passa. Ci fosse mai questa possibilità, stando al sindaco Anna Cisint, se ne parlerebbe dopo il 2030. Lei senz'altro non sarà più nelle stanze dei bottoni di piazza della Repubblica, ma cosa accadrà di qui a dieci anni è comunque materia oscura. L'interessamento del Comune, che ha avuto un recente confronto sul punto con i tecnici di Rete ferroviaria italiana e la Regione, sorge dopo l'allarme lanciato giorni fa dal democratico Fabio Delbello, dal suo segretario provinciale Diego Moretti e pure dal consigliere regionale della Slovenska Skupnost Igor Gabrovec su queste colonne. Tra l'altro Delbello, oltre alla Lega, tirava per le orecchie pure i suoi a livello nazionale, citando «l'ennesimo assalto del partito trasversale del cemento e dell'acciaio» e preannunciando la mobilitazione della società civile per scongiurare la realizzazione di una tratta di 23 chilometri dallo Zochet, fino alle grotte di Slivia. Riferendosi al collegamento fra il bivio di San Polo e la stazione di Aurisina, Cisint rileva che «al momento non c'è alcuna base su cui discutere o fare ragionamenti: se ne parlerà nel 2030 e Rfi non ha ipotizzato finora nemmeno uno studio di fattibilità, men che meno un progetto preliminare». «In questo contesto - sottolinea - gettare allarmi e minacciare sfracelli come hanno fatto Moretti e Del Bello è solo un segno di poca responsabilità». Stando a Cisint «lo stato dell'arte è il seguente: da qui al 2025 saranno fatti miglioramenti tecnologici sul tratto da Venezia a Ronchi e saranno predisposte le progettualità che riguardano tre opere che interessano il territorio: il nuovo ponte ferroviario sull'Isonzo e l'eliminazione di due passaggi a livello cruciali per la nostra viabilità fra Monfalcone e la cittadina dell'aeroporto, in area San Polo». Stando al sindaco il tutto avverrebbe con il «diretto coinvolgimento» degli enti, come «convenuto nell'incontro avuto assieme a Livio Vecchiet con i vertici tecnici di Rfi, presente pure l'assessore regionale Graziano Pizzimenti». La versione di Cisint è: «Da qui al 2030 non c'è altro, né risultano ulteriori finanziamenti disponibili, a eccezione di quelli per la progettualità della prima tranche di opere e i miglioramenti tecnologici fino al terminal aeroportuale». Ovvero: «Nulla che riguardi il tratto da Ronchi ad Aurisina, per il quale non ci sono neppure i fondi per le spese di progettazione». Eppure se ne discute. «L'ipotesi del tunnel da realizzare sotto il carso fra Monfalcone e Aurisina fa parte delle progettualità del passato di una vicenda che è iniziata nel 2003, diciassette anni fa - scandisce la prima cittadina -. Pensare che questa possa trovare ascolto acriticamente e senza discussione da parte della nostra amministrazione è fuori da ogni realtà, anche perché un investimento di tal genere, invasivo e costosissimo, avrebbe come risultato quello di ridurre la percorrenza dei treni in modo puramente simbolico di qualche minuto, senza coerenza e conformità, a mio avviso, di un rapporto costi-benefici». In questo caso un pensiero evidentemente sovrapponibile a quello del centrosinistra e dei grillini. Ma Cisint prosegue: «I tecnici di Rfi stanno raccogliendo idee nella prospettiva del 2030: naturalmente siamo pronti a confrontarci e a dire la nostra su ipotesi realmente in campo, ma sul nulla, a differenza di altri, non è serio farlo». Per l'amministrazione si è trattato a ogni modo di un incontro costruttivo, poiché ha consentito di apprendere informazioni sui programmi delle ferrovie e di «attivare una metodologia che in passato è mancata». «Ho ottenuto - conclude - che a breve ci possa essere un nuovo incontro nel merito concreto delle questioni che toccano gli aspetti del nostro territorio: i collegamenti portuali e i problemi dello sviluppo della rete e delle infrastrutture. È stato, infine, stabilito con l'impegno della Regione il protagonismo dei Comuni per tutte le scelte e gli interventi che incidono sulla comunità. Questi sono i fatti, rispetto ad un'opposizione invece priva di proposte».

Tiziana Carpinelli

 

 

Sos Carso in azione - Liberata la cavernetta della Strada romana - volontari impegnati sotto il monte spaccato

TRIESTE. Uno scaldabagno, un boiler, un neon, un bidone di ferro, quattro vecchi schermi da pc e oltre settanta sacchi neri di rifiuti vari. Anche in tempo di lockdown, Sos Carso non è riuscita a starsene con le mani in mano. Due volontari dell'associazione ambientalista hanno svolto un lavoro di pulizia lungo la Strada romana, all'altezza del cippo eretto nel 1939, a lato dell'ex strada camionale, sotto il Monte Spaccato. Prima che venisse posizionato il guardrail, l'area era spesso utilizzata come discarica da persone senza scrupolo. I vecchi lasciti ritrovati da Sos Carso lo testimoniano tristemente. Una pulizia non programmata, ma emersa durante una passeggiata. In un paio di uscite i volontari, con tanto di mascherina regolamentare e rispettando sempre le distanze previste dalla legge, hanno raccolto la spazzatura abbandonata impunemente da ignoti, ripulendo anche la cosiddetta cavernetta del valico romano. La strada romana in questione, come ricordava qualche anno fa lo storico e giornalista Bernardino de Hassek, nasce a Trieste, si inerpica lungo via Damiano Chiesa, incrociando la strada statale per Basovizza, poco dopo le cave Faccanoni. Per molti anni, dalla fine dell'Ottocento fino al secondo dopoguerra, l'arteria fu meta di frequenti escursioni dei triestini per raggiungere il Monte Spaccato, Padriciano e il Bosco Bazzoni. Nel 1939, su progetto dell'architetto Arduino Berlam, venne posto all'inizio della strada un grande cippo con un'iscrizione che ricordava il momento in cui la strada fu realizzata dai legionari romani, poi fatto saltare nel 1945 ma ancora oggi rintracciabile circa 200 metri sotto. Terminata questa pulizia i volontari di Sos Carso stanno già progettando i prossimi interventi. Il primo riguarderà la grotta sopra Longera, situata nel bosco Salzer a Padriciano, piena di ferraglia e rifiuti vari. Il secondo, più impegnativo, sarà la riqualificazione della vedetta Alice, un progetto ambizioso che farà seguito alla rimessa a nuovo della vedetta Slataper e della vedetta Italia.

Riccardo Tosques

 

 

MESSAGGERO VENETO - VENERDI', 15 maggio 2020

 

 

Gli esperti di Tlc e i timori per il 5G «Nessun danno per la salute»

UDINE La smentita arriva dall'Istituto superiore di sanità: l'introduzione del 5G non comporterà danni per la salute della popolazione. E un ombrello a eventuali effetti derivanti dall'esposizione ai campi elettromagnetici, comunque, c'è: linee guida internazionali sui limiti cautelativi «valutati e fissati sulla base di evidenze scientifiche». Tra le voci di chi, all'indomani della decisione della giunta guidata dal sindaco Pietro Fontanini di non autorizzare l'estensione del 5G su tutto il territorio comunale, cerca di arginare la fisiologica paura di pagare un prezzo troppo alto al progresso tecnologico, c'è anche quella di Asstel, che nel sistema di Confindustria rappresenta la filiera delle Tlc. «Tutte le frequenze utilizzate dal 5G, incluse le onde millimetriche, ricadono ampiamente all'interno di quelle considerate dalle linee guida», fa sapere. Anche perché a imporre rigorosi paletti sono prima di tutto le leggi. «Né - aggiunge - esistono ragioni scientifiche o logiche per prevedere effetti diversi da quelli legati alle precedenti tecnologie: gli effetti dei campi elettromagnetici sui biosistemi sono stati studiati da Icnirp per bande di frequenza fino a 300 Ghz, comprese quelle utilizzate o che lo saranno dalle tecnologie delle telecomunicazioni radio-mobili di tutte le generazioni dal 2G al 5G». Fin qui i dati tecnici. Poi ci sono le reazioni del mondo politico, che nel caso del vicesegretario del Pd regionale e già presidente della commissione d'inchiesta sulla digitalizzazione nella pubblica amministrazione, Paolo Coppola, arrivano da chi della materia è per definizione competente. «Fontanini smentisce la Commissione consiliare speciale sull'inquinamento elettromagnetico istituita dal suo assessore, Giovanni Barillari, dimostra di non fidarsi dell'Arpa Fvg, manca di rispetto agli esperti e soprattutto danneggia inutilmente il futuro di Udine», commenta. Tanto più dopo che l'assessore regionale all'Ambiente, Fabio Scoccimarro, ha ricordato essere attiva da tempo l'Agenzia regionale per la difesa dell'ambiente «per disporre di un monitoraggio concreto sull'eventuale diffusione a titolo sperimentale dei ripetitori». Per Coppola, allora, «sarebbe incredibile se il sindaco di Udine dubitasse dei monitoraggi di un ente terzo come l'Arpa. Non bisogna sfruttare le paure per scopi elettorali - la sua conclusione -, ma avere la pazienza di ascoltare gli esperti».

Luana de Francisco

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 14 maggio 2020

 

 

Impianti e più occupati ad A2A - Intesa sul gas con Cgil, Cisl e Uil
Il progetto prevede oltre alla creazione del nuovo polo energetico, la costruzione di un sistema fotovoltaico e di accumulo per mantenere il numero di addetti
Mantenimento della connotazione industriale del sito della centrale elettrica A2A di Monfalcone, salvaguardia dei livelli occupazionali, produzione di energia con il massimo rispetto dell'ambiente. Accordo pieno tra sindacati e A2A per il rilancio e la trasformazione della centrale elettrica monfalconese. Un passo importante in un momento di gravità assoluta per l'economia locale e italiana che sta tentando di uscire dal tunnel di chiusure per la pandemia da corona virus e per riavviare le attività commerciali e industriali per limitare i danni economici e occupazionali. Nei giorni scorsi c'è stato un incontro tra le segreterie provinciali di Cgil Cisl Uil e le organizzazioni di categoria Filtcem Cgil, Flaei Cisl, Uiltec Uil, le RSU di stabilimento e A2A Energie Future. Tema dell'incontro la prevista riconversione del sito A2A di Monfalcone e l'ampia analisi fatta sul tavolo di confronto tra azienda e sindacati, confermano gli stessi rappresentanti dei lavoratori, ha fornito una «preoccupante panoramica sulla fase attuale di crisi del mercato delle fonti di energia a carbone».La società, confermano Cgil, Cisl e Uil, si è detta «disponibile ad una riconversione del sito a gas, operazione questa che porterebbe alla salvaguardia del sito di Monfalcone ed, attraverso mirati ed ulteriori investimenti in altre tipologie industriali ed ambientali, alla salvaguardia dei posti di lavoro».E proprio in questa prospettiva, sottolineano Cgil, Cisl e Uil, è stata raggiunta una importante intesa tra le organizzazioni sindacali e la società A2A che prevede il mantenimento della connotazione industriale del sito, la salvaguardia occupazionale ed il rispetto dell'ambiente. Il progetto si articolerà in diversi punti. Innanzitutto la creazione di un polo energetico a gas (il nuovo impianto porterà benefici sensibili alla qualità dell'aria) per 850 MWe, investimento pari a 350 milioni euro e 50 addetti. Ma ci sarà anche un impianto fotovoltaico 2 milioni euro. Previsti poi «compensatori sincroni» con un investimento di 25 milioni euro e 10 addetti. Infine è previsto un sistema di accumulo energetico da 8 milioni di euro che darà lavoro a 5 addetti. «A2A ha anche dato disponibilità ad effettuare ulteriori investimenti in economie circolari e retroportualità per il raggiungimento di ulteriori posti di lavoro - spiegano Cgil, Cisl e Uil - fino oltre un centinaio in relazione, vincolati dalla possibilità di effettuare gli investimenti stessi in accordo con il territorio » . E ci sarà la demolizione del sito attuale comprensiva di gruppi ed abbattimento della ciminiera (per un costo di circa 16,5 milioni di euro).I sindacati giudicano «positivamente gli impegni sottoscritti con A2A», ed allo stesso tempo ritengono «improcrastinabile un analogo impegno delle istituzioni, affinchè questo importante progetto di sviluppo veda finalmente il via. Ulteriori ritardi rischierebbero di vedere svanire l'investimento, magari a favore di altri siti, compromettendo definitivamente il sito di Monfalcone, non salvaguardandone i livelli occupazionali e non fornendo al territorio l'opportunità di vedere smantellati la centrale e la relativa ciminiera».

Giulio Garau

 

 

Discarica a due passi dalla casa dei dinosauri - Reti e boe abbandonate
Cumuli di rifiuti nautici nei pressi del sito paleontologico - È il secondo caso dopo quello emerso alla baia di Sistiana
DUINO. Una vera e propria discarica di vecchio materiale nautico a pochi metri dal sito paleontologico del Villaggio del Pescatore. È quanto si staglia all'occhio nudo di chiunque si rechi nei paraggi della "casa" dei dinosauri Antonio e Bruno. Decine di boe alte più di un metro, altrettanti bidoni cilindrici in vetroresina, metri su metri di cime, reti da pesca, qualche copertone, pezzi di plastica sparsi: tutto abbandonato a pochi metri da riva. Quello che potrebbe essere un piccolo angolo di paradiso, dove lo sguardo spazia dalle foci dell'Isonzo al castello di Duino, passando per le cime dell'Istria interna in lontananza, è lasciato all'incuria, con la presenza di rifiuti di ogni foggia. La denuncia arriva da alcuni abitanti della zona, infastiditi per la situazione in cui è lasciato un territorio che vorrebbe innalzare l'offerta turistica della provincia, in considerazione del sito paleontologico lì presente e dell'offerta dei noti ristoranti di pesce del paesino istriano. «È un peccato che questo territorio non venga valorizzato», spiega Anna Maria, un'abitante del posto: «Hanno colonizzato questa ex cava con sporcizie di ogni tipo, tanto che alcuni materiali sono diventati un tutt'uno con la vegetazione. Pensare che basterebbe poco per mettere a posto l'area e trasformarla in una spiaggia con vista Castello». Sogni di nuovi lidi a parte, ancora più utopici in un periodo come questo, quando anche le spiagge già esistenti faranno fatica a svolgere la loro funzione, l'area in questione dimostra tutta la sua desolazione. «Spiace non si parli mai del tema ambientale delle nostre coste - commenta laconicamente un pescatore della zona - mentre qui siamo di fronte a un vero e proprio danno ambientale, seppur piccolo, del quale nessuno dice nulla e, soprattutto, non fa nulla per porvi rimedio». Trattandosi di rifiuti in vetroresina e in alcuni casi anche metallici, infatti, gli stessi non sono biodegradabili e pertanto il danno per l'ambiente, se non si interviene, rischia di diventare notevole. Un problema, quello dei rifiuti nautici nelle zone costiere del comune di Duino Aurisina, già portato alla luce nei mesi scorsi da altri operatori del mare che avevano lanciato un analogo allarme nella frequentatissima baia di Sistiana. Una situazione di degrado che fa il paio con quantosi può trovare al Villaggio del Pescatore. E che si protrae da anni, e alla quale, almeno all'apparenza, nessuno sembra interessarsi.

Lorenzo Degrassi

 

«Lo stagno avvelenato ha infranto i sogni dei bambini di Banne» - la lettera dei genitori sull'area off-limits
TRIESTE L'area rimane ancora recintata e off-limits poiché l'esito delle analisi delle acque dello Stari kal, lo stagno di Banne, non è ancora pervenuto. Lo specchio acqueo di via di Basovizza è in attesa di sapere cosa ha provocato la moria di tritoni, girini, lumache, api ed altri insetti che domenica scorsa hanno indotto la Stazione Forestale di Trieste a isolare la zona. Oli esausti oppure altri agenti chimici. La causa dell'avvelenamento dello stagno non è stata ancora chiarita, ma dalle testimonianze raccolte successivamente alla divulgazione della notizia, è cresciuta la tesi del gesto improvvido, criminale, da parte di qualche sconsiderato che ha deciso di svuotare uno o più bidoni utilizzati per il compostaggio, contenente olio esausto o altra sostanza liquida che ha provocato la morte di centinaia, forse migliaia, di animali. In attesa della risposta definitiva che verrà fornita dall'Arpa forse già domani, lo sdegno provocato dallo stupro ambientale di uno dei luoghi più amati del Carso triestino si è propagato velocemente. Tra le tante attestazioni di affetto nei confronti dell'amena località carsolina, il Comitato genitori scuole di Banne ha pubblicato una lettera particolarmente toccante. «Chiamare lo "Stari kal" uno stagno è riduttivo: da almeno tre generazioni questa piccola zona è stata l'aula verde del plesso scolastico di Banne. È stato per decenni il luogo dove i bimbi potevano osservare le trasformazioni della nostra Amica Natura, dove non serviva youtube per vedere come il girino si trasforma in rana, dove si facevano i primi passi verso il rispetto dell'ambiente e dove l'acqua diventava reale fonte di vita. Ci sono stati anni, ormai lontanissimi, in cui i bimbi nuotavano in questo stagno. Ricevere la notizia della morte di questo piccolo mondo - prosegue il Comitato - non può che provocare una enorme tristezza perché per i bambini della scuola di Banne lo stagno era un luogo di vita e di gioia, parole che negli ultimi mesi sono state quasi cancellate dal nostro vocabolario. Il pensiero dei bambini, insegnanti e genitori di Banne va alla persona che, al tempo del Covid-19, è uscita di casa per distruggere un ambiente, le sue creature ed i sogni di tanti bambini».

Riccardo Tosques

 

 

All'Isola della Cona un nuovo inquilino, è il gatto selvatico solitario e notturno
Avvistato dal naturalista e operatore scientifico De Luca - Una femmina era stata investita sulla strada del Brancolo
STARANZANO. Una stagione primaverile da incorniciare e ricca di sorprese nella riserva naturale regionale della Foce Isonzo a Staranzano. Dopo il festoso evento della nascita a fine aprile di tre puledrini Camargue, qualche giorno fa, durante una sessione di fototrappolaggio finalizzata a ricercare la "puzzola", per gli operatori un'altra bella scoperta: ha fatto la sua comparsa all'Isola della Cona quello che gli esperti faunistici chiamano gatto selvatico, mentre il termine scientifico è Felis silvestris. La notizia dell'avvistamento è stata diffusa con grande soddisfazione da Matteo De Luca, naturalista e operatore scientifico della Sbic, la Stazione Biologica della Cona. «Innanzitutto - afferma De Luca - il gatto selvatico è il primo che vediamo in un contesto costiero. Per noi inoltre si tratta di un osservazione notevole, la seconda per la nostra riserva in tempi recenti. La prima volta era un esemplare femmina trovato purtroppo investito lungo la strada del canale Brancolo e che tempo fa ho recuperato personalmente. I dati precedenti della sua presenza in quest'area sono riferiti addirittura alla fine del 1800. Il gatto selvatico - aggiunge De Luca - è una specie di straordinaria bellezza, molto elusivo e di abitudini prevalentemente notturne. In regione è diffuso in tutta la pedemontana e nei colli orientali e Carso. Recentemente abbiamo assistito a una discesa nelle zone di pianura in particolare lungo gli assi fluviali». Per tutti gli appassionati che lo desiderano, è anche possibile vedere il filmato registrato dalla Sbic dell'avvistamento del "gatto selvatico", sul profilo facebook digitando: https://www.facebook.com/RiservaNaturaleFoceIsonzo/videos/211041583524443/. Anche se al profano potrebbe sembrare un'osservazione che rientra nella normalità per la grande passione di tanti per il gatto "domestico", per i naturalisti e gli appassionati della fauna selvatica, l'osservazione e la presenza dell'animale rappresenta invece un importante passo in avanti nella biodiversità degli elementi che si trovano nella Riserva naturale. Si tratta, infatti, di un esempio di come alcune specie anche rare stanno colonizzando o ricolonizzando nuovi territori fino a questo momento inesplorati. A tale proposito, lo stesso De Luca, ricorda che nell'ambito di queste osservazioni nell'area della Riserva naturale, merita segnalare pure la lontra la cui presenza è stata accertata lungo l'Isonzo fino alla confluenza con il Vipacco e che verosimilmente in un futuro molto prossimo arriverà sino all'Isola della Cona. L'unico rammarico che rimane è proprio per i birdwatcher che dovranno ancora attendere per godere di questo meraviglioso spettacolo naturale all'aperto a causa dell'emergenza sanitaria, e ammirare la quantità di uccelli che sono arrivati, compreso il "gruccione" giunto dall'Africa a nidificare.

Ciro Vitiello /

 

Arnie date alle fiamme - Gli apicoltori pronti a ripartire da lunedì
Il sito verrà ripopolato grazie alla solidarietà dei colleghi - La Società Landa carsica: «Mai ricevute intimidazioni»
San Lorenzo. «Ripartiremo già dalla prossima settimana grazie all'aiuto di colleghi apicoltori di altre zone d'Italia e anche esteri, ma resta il danno sociale e morale ancor più che economico». Masticano amaro Pietro Lombardo e i suoi soci, ma guardano avanti dopo aver sporto denuncia, martedì pomeriggio, per il fuoco appiccato a una ventina di arnie nelle campagne di San Lorenzo. Quell'atto, ancora tutto da chiarire è costato la vita ad almeno un milione e mezzo di api. Un disastro naturale che, secondo Lombardo, non è da rubricare come una bravata. «Assolutamente no - commenta - qui c'è stata evidentemente la mano di qualcuno che sapeva bene cosa stesse facendo: il fuoco è stato appiccato all'ingresso di ogni arnia, e solo l'ultima, la ventunesima, è stata risparmiata evidentemente perché il combustibile era finito. Quindi non si tratta di un gruppo di sbandati: questo atto è stato realizzato da qualcuno che era venuto per fare apposta del male, con l'obiettivo preciso di sterminare tutte le api». Minacce o episodi in passato che possano dare qualche indicazione su chi possa essere stato? «Nulla, non eravamo mai stati presi di mira in alcun modo - aggiunge Lombardo - alle forze dell'ordine abbiamo chiesto che si indaghi sulle celle telefoniche della zona: in piena campagna, in orario notturno, quanti telefonini saranno stati agganciati a quell'area? Già così si potrebbe fare una scrematura di chi si trovava in quella zona: purtroppo non c'erano fototrappole o telecamere, essendo la zona piuttosto isolata, ma magari attraverso le indicazioni delle celle telefoniche qualcosa in più si riuscirà a sapere. Le nostre api si trovavano lì temporaneamente, perché l'area è piena di acacie: le avremmo poi riportate in un secondo momento sul Carso». Previste delle iniziative: «Abbiamo già parlato col Comune di San Lorenzo - dice - vorremmo realizzare qualcosa assieme al sindaco in modo che si evidenzi il valore naturale e sociale di questi insetti che svolgono un ruolo fondamentale per l'ecosistema. Nei prossimi giorni, inoltre, ci riuniremo come Consorzio Apicoltori e faremo il punto della situazione per capire come ripartire dopo questo dramma. Grazie alla solidarietà di molti colleghi a breve, già dalla prossima settimana, ripopoleremo il sito», conclude Lombardo. Intanto prende posizione anche il sindaco di San Lorenzo Ezio Clocchiatti: «Assieme alla giunta decideremo quali iniziative prendere a supporto degli apicoltori. Mi auguro che gli autori di tutto ciò vengano individuati e pesantemente puniti. Invito tutti coloro che nel bosco vanno a passeggiare, in bicicletta o a cavallo, a segnalare eventuali presenze di autoveicoli sospetti. L'unione fa la forza, aiutiamoci a vicenda in difesa del nostro ambiente».

Matteo Femia

 

 

In bici in viale fino al 20 giugno - Grado diventa un'isola ciclabile
L'obiettivo è favorire questo tipo di mobilità a favore di residenti e dei turisti nel progetto di vivibilità urbana. Divieto solo in centro storico e sulla diga
GRADO. Prorogata fino a fine giugno la possibilità di circolare in alcune zone pedonali che durante la bella stagione sono assolutamente vietate. L'isola detiene indubbiamente un bel numero di piste e corsie ciclabili, alcune delle quali in via di realizzazione e altre che devono ancora decollare ma che sono già state approvate. Ciò perché è stato rilevato che non solo i gradesi ma anche buona parte dei turisti ama spostarsi in bicicletta. Addirittura ci sono quelli che arrivano direttamente dall'Austria (quest'estate sarà impossibile, i confini sono chiusi a tempo indeterminato) in bicicletta attraverso la ciclovia Alpe Adria che collega Salisburgo e arriva a Grado dopo aver attraversato gli ultimi suggestivi 5 chilometri che da Belvedere collegano l'isola transitando attraverso la laguna. Che il flusso delle biciclette sia davvero significativo durante la bella stagione è fuor di dubbio ma anche durante i mesi più freddi i gradesi si spostano comunque in parte con la due ruote a pedali. Ecco così che sperimentalmente alcuni mesi fa è stato deciso di far circolare durante l'inverno le bici anche in alcune aree normalmente vietate. Ed ecco così che oggi, considerata anche la problematica Covid-19 che ha frenato e sta continuando a rallentare notevolmente il flusso di gente, che con un'ordinanza del comandante della Polizia Locale con l'indicazione dell'amministrazione comunale, è stata decisa la deroga con la possibilità di circolazione che è valida sino alla fine del prossimo mese di giugno. L'obiettivo dell'Amministrazione comunale, come è precisato nell'ordinanza, è, infatti quella di «migliorare la percezione della vivibilità urbana e che per realizzare tale progetto si intende anche sviluppare la pedonalità, a favore degli utenti deboli della strada, recuperando così il ruolo di aggregazione sociale delle aree pedonali». Tuttavia considerasti gli effetti della pandemia Covid 19 è stata decisa la proroga dell'efficacia dell'ordinanza dello scorso 20 febbraio 2020 sino al giorno 30 giugno prossimo. Rimangono a ogni modo escluse sempre alcune aree dove si può transitare unicamente a piedi. Il riferimento è evidentemente per tutto il centro storico delimitato dal cosiddetto anello (piazza Duca d'Aosta, via Gradenigo, piazza Biagio Marin, via Marina, via Orseolo, piazzetta San Marco) dove è possibile circolare liberamente e divieto assoluto di circolazione in bicicletta anche lungo la passeggiata a mare che va dal confine con la spiaggia gestita dalla Git e fino alla spiaggia della Costa Azzurra. Ciò significa che fino al 20 giugno prossimo è ancora possibile transitare anche lungo i viali pedonali.

Antonio Boemo

 

Il tratto fino alle Cove frenato dal marciapiedi I rischi di Città Giardino - i nodi ancora aperti per le due ruote
GRADO. Ci sono ancora alcune problematiche che riguardano piste esistenti e che andrebbero risolti prima possibile per la sicurezza di tutti. Primo riferimento per il tratto di ciclabile che va dal ponte Bullesi (ex ponte bianco) sino all'incrocio di valle Le Cove. Lungo questo tratto ci sono alcuni ingressi indicati anche con le strisce a terra ma c'è il marciapiedi della ciclabile che non consente un diretto ingresso alla stessa. Fatto sta che lungo la trafficata, e quindi pericolosa, una tangenziale, i ciclisti sono obbligati a scendere di sella e a salire a piedi con la bici a mano sulla ciclabile. C'è poi l'ingresso alla ciclabile che arriva in via Vespucci e passa poi davanti al palacongressi per arrivare fino al Parco delle Rose. Ebbene arrivando dal centrale e importante viale Italia di Città Giardino, per immettersi nella ciclabile l'incrocio è decisamente alquanto pericoloso. C'è, però, la possibilità di un ingresso diverso e più sicuro pochi metri prima di arrivare all'incrocio che dovrebbe diventare tale. Altro problema quello della ciclabile che corre lungo viale del Sole che essendo in ombra rispetto al lato opposto, è quasi sempre frequentata anche da pedoni. E i vicendevoli rimbrotti e anche insulti fra ciclisti e pedoni certamente non mancano. E a proposito di questo c'è da dire che ancora più caotica è la promiscuità nel tratto di viale Dante che poi va a raccordarsi con viale Regina Elena. Naturalmente ci sarebbero poi da "limare" le gibbosità e sistemare meglio alcuni tratti della ciclabile provinciale per Monfalcone. Senza contare, poi, che il tratto che corre lungo l'argine di Fossalon va messo in sicurezza. --

AN. BO.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 13 maggio 2020

 

 

Il nuovo servizio bike sharing "sconfinerà" a Nova Gorica
Il noleggio delle biciclette pubbliche riparte venerdì con il sistema tradizionale -È allo studio una applicazione per smartphone dal respiro transfrontaliero
A partire da metà maggio riparte il servizio comunale di bike sharing "Gorizia in bici". Si va verso una nuova versione del progetto iniziale, dopo diverse manutenzioni e integrazioni di biciclette e lo stop causato dall'emergenza sanitaria. I lavori per ripristinare le postazioni e i mezzi sono stati completati nel corso del 2019. Il tutto in vista di una gestione 2020 sempre più automatizzata e connessa, con la ventilata possibilità di una esternalizzazione del servizio e della manutenzione delle biciclette e delle relative stazioni. I mezzi si potranno noleggiare da venerdì. Ma per il momento lo si potrà fare ancora come avveniva in precedenza, ossia con una procedura cartacea considerata non troppo pratica dall'utenza - soprattutto da quella turistica -. Bisognerà cioé recarsi ancora in un ufficio apposito, aperto solo in determinati giorni e fasce orarie. Ma come spiega una recente delibera della Giunta comunale, e come meglio specifica l'assessore a Strade e mezzi comunali Francesco Del Sordi, presto si dovrebbe poter ricorrere a una app per smartphone dal profilo transfrontaliero.La parte ambiziosa del progetto vede coinvolta anche Nova Gorica, con la quale si ipotizza un servizio congiunto per le due città. Tutto però è ancora da vedere e perfezionare. «Dopo il fermo a causa del lockdown e i lavori si riparte a giorni. Stiamo cercando di farlo con moltissima fatica, in mezzo a mille problemi più urgenti. L'utilizzo della nuova applicazione è diventato un obiettivo strategico del progetto, ma deve essere definito con precisione. In particolare dovremo valutare l'eventuale coordinamento con Nova Gorica», osserva Del Sordi. L'incertezza in merito alla app espressa dall'assessore è dovuta al fatto che «dall'altra parte del confine il bike sharing è stato organizzato in base a un bando molto moderno che segue criteri del 2020». «Il nostro risale al 2007 e dovremo capire meglio come integrarci», conclude l'esponente della giunta Ziberna. Confermati invece i prezzi (gli stessi dal 2012), oltre alle vecchie modalità di iscrizione. Per quanto riguarda le tariffe, prevedono una quota minima di abbonamento annuale ed una tariffa oraria, in modo da scoraggiare l'indebito trattenimento delle biciclette a sfavore del principio su cui si fonda il bike sharing: la condivisione. Il noleggio prevede il pagamento, all'atto dell'iscrizione, di una quota annuale di 10 euro (gratuita per i residenti nel territorio comunale). Bisogna poi sommare 5 euro per la cauzione della tessera/card e la stessa cifra per il lucchetto, oltre a 5 euro di ricarica minima per l'utilizzo del servizio. Il costo orario è così articolato: da 0 a 15 minuti gratuito; da 16 a 30 minuti 20 centesimi; da 31 a 60 minuti 30 centesimi; da 61 a 90 minuti 1 euro; da 91 a 120 minuti 2 euro; oltre alle 2 ore e per un massimo di 3 ore 4 euro; per ogni frazione in più, oltre alle 3 ore 5 euro. Per i turisti le condizioni sono migliori. Con soli 5 euro si può utilizzare una bicicletta del Comune per tutta la giornata. Nella delibera si esplicita infine che, in un'ottica di razionalizzazione ed efficientamento del servizio, non si esclude l'esternalizzazione, preferibilmente con il coinvolgimento di enti di promozione turistica, associazioni di categoria ed operatori nel settore del turismo.

Emanuela Masseria

 

Le novità - Più postazioni e possibilità di ricarica elettrica
Le postazioni per il bike sharing attualmente sono 8, di cui 4 con la possibilità di ricaricare le bici elettriche, identificate con la lettera E. Le vecchie postazioni figuravano inizialmente in piazza Municipio, nei pressi della stazione ferroviaria, in piazza Vittoria e in via Diaz. Ora il quadro include le nuove strutture che si trovano al Parco della Rimembranza, nel parcheggio in via Manzoni, in via Boccaccio (zona mercato) e in via Alviano, nei pressi dell'Università. In tutto sono a disposizione 8 biciclette a pedalata assistita e 21 normali. Il tutto per favorire una mobilità sostenibile a misura di cittadino e di turista.

E. M.

 

 

Bandiere blu, Grado punta al record del 32.o vessillo
Domani in via telematica il conferimento dei riconoscimenti che premiano non solo la qualità della località ma anche la promozione

GRADO Il record potrebbe raggiungere quota 32. Stiamo parlando della Bandiera Blu che Grado ha già ottenuto per 31 volte (le ultime trenta consecutive). A differenza del solito causa le note problematiche legate all'epidemia di Covid-19, quest'anno la conferenza di presentazione dei nuovi risultati non sarà fatta in pompa magna a Roma con la presenza dei rappresentanti dei vari Comuni, ma sarà tenuta per via telematica.L'appuntamento per conoscere quelle che sono le località (e anche gli approdi) che potranno issare il prestigioso vessillo blu, è per la mattinata di domani. Ma se per Grado si tratterebbe di ricevere la trentaduesima Bandiera Blu (record assoluto in Italia assieme a Moneglia, una località della Liguria, per la cugina Lignano sarebbe la trentunesima. Il significato di questo riconoscimento assegnato dalla Fee ovvero dalla Foundation for Enviromental Education in Italia presieduta da Claudio Mazza, è quello della conferma del rispetto non solamente della massima vigilanza e cura ambientale e soprattutto della purezza delle acque (fanno testo i dati elaborati dal Ministero della Salute), ma anche della vivibilità di una città. Intesa anche come pulizia, funzionalità e capacità dell'impianto di depurazione. Altro aspetto significativo che viene valutato è la promozione di tutti questi valori ai giovani.In queste giornate che precedono l'annuncio ufficiale ci sono tante località italiane che danno per certa l'avvenuta assegnazione a loro favore. Ma non è detto. Sino all'ultimo è impossibile sapere l'esito e di sorprese negli ultimi anni ce ne sono state, anche con la mancata inclusione di importanti località balneari.

AN.BO.

 

 

Merende "bestiali" e cacce al tesoro per scoprire piante e animali
Il Wwf di Miramare lancia da domani un ciclo di incontri virtuali gratuiti sino a fine mese
Incontri virtuali per scoprire le specie animali e vegetali marino-costiere e imparare a riconoscerle partendo dagli uccelli marini, corsi sull'avifauna, ma anche workshop per i docenti. E per i bambini, dei tutorial (su Youtube) per imparare a disegnare gli organismi marini, merende "bestiali" e pure una caccia al tesoro. Maggio è il mese della biodiversità - il 22 si celebra la Giornata mondiale - e lo staff Wwf dell'Area Marina Protetta di Miramare la festeggia proponendo un ricco calendario di iniziative di divulgazione scientifica da fruire con un clic. Un mese intero di incontri "a distanza" sulla piattaforma Zoom - a partecipazione libera e gratuita grazie al sostegno della Regione servizio Biodiversità - per imparare a conoscere e riconoscere le specie animali e vegetali che compongono il mosaico di biodiversità del golfo e della costiera triestina, Riserva riconosciuta dall'Unesco; dai pesci pelagici agli uccelli costieri, dai crostacei alla fauna terrestre del promontorio, dai vegetali marini alle specie floreali del ciglione carsico. Si parte con "Tra cielo, mare e terra", corso di avvicinamento all'avifauna marina e costiera con dei webinar a cura degli ornitologi dell'Amp Miramare il 14, 18 e 21 maggio alle 18 in diretta su Zoom (dettagli per l'accesso su wwwriservamarinamiramare.it). Dal 18 al 24 maggio, alle 18, i biologi e naturalisti dell'Amp (con un cameo di Nicola Bressi, conservatore del Museo civico di Storia naturale) accompagneranno il pubblico in un "viaggio virtuale" alla scoperta di habitat e specie faunistiche e botaniche del golfo e della fascia costiera. Il 24 si celebrerà la Festa delle Oasi Wwf e il 28 alle 17 si svolgeranno un workshop ("I regali della Natura" sui servizi ecosistemici) e un progetto educativo per gli insegnanti, ai quali verrà presentato un kit di materiali gratuiti da proporre nel prossimo anno scolastico. «Dopo mesi di reclusione - spiega Maurizio Spoto, direttore dell'Amp - abbiamo un grandissimo desiderio di ritornare in natura, per le sensazioni di benessere e serenità che essa ci dà: è uno dei benefici (servizi ecosistemici, li chiamano gli esperti) che ci fornisce la biodiversità, quella straordinaria ricchezza e varietà di ecosistemi, animali, piante e microorganismi che costituiscono il nostro pianeta. Gli eventi che abbiamo ideato hanno proprio questo obiettivo: ricordarci quanto sia meravigliosa, ma soprattutto fondamentale per le nostra stessa sopravvivenza». Ulteriori informazioni allo 040/224147 e scrivendo a: info@riservamarinamiramare.it.

Gianfranco Terzoli

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 12 maggio 2020

 

 

Grignano, verdesca tra le barche ferme in porticciolo - l'avvistamento: squalo di un metro e mezzo
«Dopo molti avvistamenti di origine ignota e alcune fake accertate, diventate virali come presunte osservazioni eccezionali durante il lockdown, è di questa mattina il reale avvistamento da parte dei nostri ricercatori di una bellissima elegante verdesca nel porticciolo di Grignano». Così l'Area marina protetta di Miramare ha annunciato ieri la presenza dell'animale su Fb, testimoniata anche in un video, girato da Marco Segarich, che ha rapidamente fatto il giro del web. L'esemplare, come viene precisato sempre sui social, di circa un metro e mezzo di lunghezza, si è aggirato a lungo tra le barche ormeggiate, prima di sparire alla vista degli osservatori, che hanno comunque avuto il tempo e la possibilità di realizzare le immagini poi condivise. «Lo squalo azzurro è un abituale frequentatore del nostro golfo, essendo l'Alto Adriatico la sua zona di riproduzione, dove purtroppo è anche intensamente pescato. Non sono osservazioni fuori dal comune - commenta il direttore della Riserva Maurizio Spoto - ma avvengono in condizioni certamente particolari in cui, ad esempio, l'assenza di rumore sotto costa rende gli animali più confidenti e più propensi ad entrare nei porti e lungo i moli per cacciare facilmente le prede. Il temporaneo fermo delle barche nelle baie, lungo i fiumi e nelle lagune ha creato poi delle condizioni di trasparenza innaturali, svelando la biodiversità che da sempre popola i nostri mari».E in attesa di riprendere la piena attività, l'Area marina continua con le iniziative di divulgazione proprio sui social. Ieri pomeriggio spazio a "Di cielo, di terra e di mare", una conferenza online con partecipazione libera e gratuita sugli uccelli marini, insieme a Davide Scridel, nel primo dei quattro incontri con l'avifauna marino-costiera del golfo.

Micol Brusaferro

 

Arnie devastate dalle fiamme - Il rogo uccide due milioni di api
Certa l'origine dolosa dell'incendio al sito della Società agricola Landa carsica - L'allarme lanciato da un passante che ha notato il fumo. Indagano i carabinieri
San Lorenzo. Trenta arnie nel mirino dei piromani. È stata una strage di api quella registrata la scorsa notte tra San Lorenzo Isontino e Capriva del Friuli nell'apiario della società agricola Landa carsica di Doberdò del Lago. Secondo le stime si calcola che nel rogo che ha ridotto in cenere 19 alveari, danneggiandone altri due, siano morte tra il milione e mezzo e i due milioni di api. Il numero fa impressione e dà l'idea di quanto il danno ecologico sia enorme e incalcolabile. A livello economico, invece, la stima è più contenuta (ma non per questo meno importante): si parla di circa 600 euro per arnia, più la postazione e il mancato guadagno legato alla produzione del miele. L'allarme è scattato ieri mattina quando una persona che si trovava a passeggiare nella zona ha notato il fumo tra le arnie e ha allertato i vigili del fuoco che sono accorsi per salvare il salvabile. La gran parte dell'apiario, però, era già andata in cenere. Sull'origine dolosa non sembrano esserci dubbi. Chi ha agito ha messo del pagliericcio all'ingresso delle singole arnie per poi dare fuoco all'erba secca e fuggire. Il piano ha però funzionato solo in parte. «Basta una scintilla per innescare la cera», osserva sconsolato Pietro Lombardo, vicepresidente del Consorzio apicoltori di Gorizia e amministratore del sito distrutto. «Hanno dato fuoco arnia per arnia bruciando tutte le api: nessuna è sopravvissuta - aggiunge -. Per fortuna alcune arnie si sono salvate: deve esser finito il combustibile». La consolazione però è minima. Il prezzo è altissimo. È lo stesso Lombardo a fare la conta delle vittime di questa assurda strage di insetti; una conta che può essere solo approssimativa, ma che - per quanto indicativa - conta numeri spaventosi. «Ci sono circa 80 mila api per arnia, qui sono state distrutte 21 famiglie. Il conto è presto fatto: parliamo di oltre un milione e mezzo di esemplari, forse quasi due. È una cosa incredibile. Non è rimasto niente. A parte gli elementi in lamiera è tutto carbonizzato. Le temperature sono state talmente alte che sono scoppiati anche gli elementi in cemento». In certi punti i sostegni armati si sono letteralmente sgretolati lasciando a vista l'anima in ferro. Per il momento non è possibile fare ipotesi sull'autore (o gli autori) del gesto e sui motivi di tale azione, ma sull'episodio stanno indagando i carabinieri della Compagnia di Gorizia.La società agricola Landa carsica riunisce una quindicina di apicoltori dell'Isontino con arnie dislocate in varie zone del nostro territorio, ma la comunità è molto più ampia. A livello provinciale il Consorzio apicoltori goriziano raccoglie circa 170 soci e conta intorno ai 5 mila alveari.

Stefano Bizzi

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 11 maggio 2020

 

 

Via Trento, imminente l'ampliamento dell'area "mezzi free" nel borgo teresiano
«Imminente». Giulio Bernetti, direttore dell'Urbanistica tergestina, risponde senza indugio: la zona pedonale di via Trento, che coinvolge gli isolati compresi tra via Machiavelli e via Valdirivo, non si farà attendere. Anche perché indirizzo della giunta Dipiazza è quello di creare quante più opportunità all'aperto per i locali bisognosi di incassare dopo oltre due mesi di astinenza. Con il prolungamento del pedonale, si amplierà la T formata dalla stessa via Trento e dal lungocanale Rossini, sia dalla parte di palazzo Gopcevich che da quella gremita di caffè. A dimostrare che si fa sul serio, l'ingegnere ha emanato un'ordinanza che detta le regole per la via Trento del futuro. Tanto per cominciare, saranno posizionati dissuasori di sosta per delimitare la zona interessata e per evidenziare i varchi ingresso/uscita: si entrerà da via Torrebianca e si uscirà da via Valdirivo. Entreranno solo emergenze, velocipedi, veicoli operativi (Comune, Acegas, Telecom), proprietari/utilizzatori di box-garage-rimesse, utilizzatori dell'autorimessa delle Generali, specifici permessi rilasciati dal Municipio. Chi ha il parking nel tratto pedonalizzato, deve munirsi di un contrassegno dalla biennale validità, anch'esso a cura degli uffici comunali. L'ordinanza precisa che in via Machiavelli sarà realizzato un attraversamento zebrato e saranno ricavati tre posti-auto dedicati a persone con limitate capacità motorie. E in via Torrebianca avanti con un nuovo attraversamento zebrato e uno spazio riservato alla "Pro Senectute".Interessante la premessa del documento, che riepiloga la vicenda amministrativa alle spalle della pedonalizzazione: c'è il programma di riqualificazione "borgo Teresiano" (Dipiazza 2°), c'è l'adozione del Pisus (Cosolini) con la ciclabile. Un'attenzione non casuale, legata alla funzione di collegamento che via Trento svolge tra il Canale e piazza Libertà finalmente riportata alla dignità. E che ha motivato i due provvedimenti del giugno e del novembre 2019, con i quali un'altra porzione, dopo quella dove si eleva l'assessorato regionale alle Attività Produttive, è riservata al pedone.

magr

 

 

«Stagno di Banne ucciso» - Olio o detersivi nell'acqua: morti api, girini e tritoni - le analisi dell'ARPA chiariranno la causa

TRIESTE. Lo "Stari Kal", lo stagno di Banne, in questo momento, è morto. Api, girini, lumache, tritoni galleggiano inermi, privi di vita. Una scena orribile, soprattutto per gli amanti della natura e del Carso in particolare. Ma cosa è successo: morte naturale oppure c'è lo zampino dell'essere umano? Il dubbio è perdurato per diverse ore ieri mattina quando Stazione Forestale di Trieste, tutori stagni e Comunella di Banne hanno effettuato un sopralluogo congiunto nell'area vicina alla scuola elementare "Julius Kugy", in via di Basovizza.Nel primo pomeriggio il naturalista del Museo di Storia naturale di Trieste Nicola Bressi, recatosi in loco, ha sciolto le riserve, con un esito estremamente amaro. «Ho visto oltre 200 api morte sul pelo dell'acqua, girini e lumache di stagno senza vita, tritoni crestati e punteggiati immobili, stecchiti. Speravo si potesse trattare di un fenomeno di anossia (insufficienza di ossigeno nell'ambiente, ndr) ma qui di naturale non c'è proprio nulla. C'è stato uno sversamento di liquami tossici. Secondo me oli esausti», racconta preoccupato e arrabbiato Bressi. In attesa che l'Arpa - ci vorranno un paio di giorni - fornisca l'esito delle analisi dei campioni di acqua prelevati, l'area è stata transennata dal comandante della Stazione Forestale di Trieste Lucio Ulian. Per diverse ore questo stillicidio del fragile ecosistema carsolino ero stato attribuito ad un evento naturale. Nello specifico si era ipotizzato il fatto che, in seguito alla scarsa presenza di acqua e con le temperature piuttosto elevate di questo periodo, si fosse venuta a creare una intossicazione della flora presente nello stagno. La memoria riportava al clamoroso caso del rio Ospo del 2016, quando decine e decine di germani reali morirono a causa della neurotossina botulinica di tipo C autoprodottasi all'interno del torrente muggesano.«L'odore proveniente dall'acqua, la presenza di foglie di ciliegie che non sono presenti nel verde attorno allo stagno e il numero spropositato di api morte sono stati i chiari segnali che non qualcosa, ma qualcuno ha ucciso questo splendido stagno», spiega Bressi. La prima ipotesi conduce, nel "migliore" dei casi, allo svuotamento di un bidone, magari utilizzato per il compost, nel quale era stato versato anche dell'olio o qualche altra sostanza liquida, che ha prodotto una proliferazione batterica che a sua volta ha creato una trappola mortale sia per gli insetti, che allo Stari Kal vengono ad abbeverarsi, ed è il caso delle api, sia per gli animali che stanzialmente popolano lo specchio acqueo, come girini, lumache e tritoni. L'altra ipotesi è che vi sia stato uno sversamento di agenti inquinanti, ad esempio detersivi: per avere una risposta bisognerà attendere l'esito delle analisi dell'Arpa.Lo stagno artificiale, risalente al Medioevo, è uno dei più antichi del Carso. Dopo essersi completamente prosciugato negli anni Sessanta, attorno alla metà degli anni Novanta la comunità di Banne, assieme al Comune di Trieste e ai bambini e ai genitori della scuola "Kugy", avevano ridato vita all'ecosistema, colpito ora a morte da ignoti.

Riccardo Tosques

 

 

Area Science Park e Ogs svelano ai ragazzi i segreti del clima e del dna
Via a una serie di webinar gratuiti per le scuole - I ricercatori illustreranno i progetti innovativi
Ci sono anche Area Science Park e Istituto nazionale di Oceanografia e di Geofisica sperimentale (Ogs) di Trieste tra i 20 enti pubblici di ricerca italiani che, fino al 31 maggio, si aprono al mondo della scuola, offrendo a tutti gli studenti, dalle primarie alle superiori, dei webinar gratuiti. Nel corso degli incontri, i progetti più innovativi e le attività di ricerca condotte saranno illustrati attraverso storie ed esperienze raccontate in prima persona dai ricercatori, ai quali potranno essere rivolte delle domande. Le due importanti realtà scientifiche triestine organizzeranno eventi su sequenziamento del genoma, economica circolare, cambiamenti climatici e studio del passato per creare modelli previsionali per il futuro. E si parlerà pure di covid-19. Negli oltre 350 contributi messi a disposizione su scala nazionale si parlerà anche di genetica, onde gravitazionali, biodiversità, robotica, cibo, chimica, virus, Marte e la Luna, ma pure di Salvador Dalì e Einstein. Si potrà accedere dal sito http://www.indire.it/webinar-per-gli-studenti-a-cura-degli-enti-pubblici-di-ricerca/ negli orari indicati. Il 15 maggio alle 10 la ricercatrice dell'Ogs Florence Colleoni spiegherà perché lo studio del clima del passato è così importante per creare modelli previsionali per il nostro futuro, mentre il 22 maggio alle 15 Danilo Licastro, ricercatore di Area Science Park, risponderà ai quesiti sul sequenziamento del dna. «Ogs - spiega il presidente, Nicola Casagli - ha aderito con entusiasmo all'invito di mettere a disposizione materiale didattico a uso delle scuole. Abbiamo raccolto una dozzina di videolezioni e documentari che avevamo già preparato ed erano sparsi su varie piattaforme online: si va dagli effetti dei cambiamenti climatici alla pesca sostenibile, approfondendo studi e affinando tecniche e modalità per programmare le attività umane così da sfruttare le risorse marine salvaguardando gli ecosistemi». «Area - afferma il presidente, Sergio Paoletti - ha risposto mettendo a disposizione contenuti legati a due filoni: il primo riguarda il sequenziamento genomico e l'insieme di strumenti e competenze che vanno sotto il nome di piattaforma genomica, che ha tra i pilastri un sequenziatore di prossima generazione con una capacità di elaborazione enorme. La nostra macchina, in collaborazione con Icgeb e Asugi, ha sequenziato il ceppo del Sars-Cov-2 isolato in regione che ha origine dalla Germania e si è diffuso a Codogno e nel Nord Italia».

Gianfranco Terzoli

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 10 maggio 2020

 

 

Dai serramenti alle scale anti incendio - Restyling da 6 milioni in asili e scuole
Entra nel vivo il piano manutenzioni all'interno degli istituti comunali. Interessati dai cantieri anche i ricreatori e le palestre
Dopo la lunga lontananza forzata da scuole, palestre e ricreatori, gli alunni troveranno al loro rientro dopo l'estate, quando cioè sarà possibile riprendere le lezioni, spazi risistemati, funzionali e più sicuri. Il Comune di Trieste ha avviato una lunga serie di interventi, per complessivi 6 milioni di euro, tra opere edili e manutenzione ordinarie e straordinarie. Alcuni lavori erano già partiti prima della situazione di emergenza, con lo stop obbligato durante il lockdown e la ripresa da qualche settimana, altri si sono aggiunti di recente, con il nuovo via libera all'attività dei cantieri. «Per i lotti generici di manutenzione - spiega l'assessore comunale ai Lavori Pubblici Elisa Lodi - si tratta di vari lavori nei ricreatori, nelle palestre e in diverse scuole per un totale di 2,5 milioni di euro. Ci sono poi alcuni progetti più consistenti, in particolare all'asilo Tuttibimbi di via Caboro è stato stanziato un milione di euro, stessa cifra anche per la Morpurgo e mentre alla scuola di via Forlanini a Melara sono previsti interventi per 1,5 milioni. Abbiamo riavviato i cantieri per l'edilizia scolastica appena possibile - sottolinea - perché è un settore al quale, come amministrazione, teniamo molto, con investimenti importanti già effettuati negli ultimi anni e destinati a continuare». Anche perché, come sottolineato varie volte anche in passato, molti edifici scolastici cittadini sono datati e hanno bisogno di cure costanti e di un monitoraggio attento. Nel dettaglio, in questo periodo, per via Caboro la riqualificazione riguarda tutto l'asilo, per le altre strutture i lavori si concentrano su determinati settori. Ad esempio per la primaria Sauro e la scuola d'infanzia Spaccini, si sta procedendo con l'adeguamento alle norme antincendio. A Melara si attende l'arrivo dei serramenti nuovi, per montarli sulle finestre. Operai al lavoro con cantieri meno impegnativi poi alla scuola Bergamas e alla Duchi D'Aosta, e anche alle scuole De Tommasini-Kosovel di Opicina e alla scuola Venezian-Levstik di Prosecco, dove si sta completando la copertura delle rampe delle scale. «Siamo soddisfatti della ripartenza dei vari lotti - aggiunge la Lodi - sia perché in questo momento di emergenza sanitaria siamo riusciti a realizzare la manutenzione necessaria in tanti punti già previsti, sia perché abbiamo consentito all' economia cittadina di ripartire, almeno in parte, attraverso il via libera fornito alle varie imprese, per ricominciare a operare nel settore dell'edilizia scolastica, dove sappiamo ci sono tante persone coinvolte, che finora erano ferme, e con loro, di conseguenza, anche tante famiglie». Quando sarà il momento di rientrare nelle aule, probabilmente a settembre, tutti gli interventi saranno ormai completati ovunque. Spazi quindi riqualificati per le lezioni, ma anche nelle varie palestre e negli ambienti ricreativi, dove i bambini trascorrono il tempo libero nel pomeriggio. Classi e luoghi abituali mancano agli alunni, come raccontano spesso i genitori sui social, riportando le considerazioni dei più piccoli. E fuori dal cancello dell'Istituto comprensivo Campi Elisi è apparso anche un disegno con un messaggio rivolto alla scuola. «Ci manchi tanto. A presto». Firmato Francesco e Nicolò.

Micol Brusaferro

 

 

La raccolta dell'umido non deve comportare altri oneri agli utenti - la lettera del giorno di Cristiano Prezzi

Ho visto sul nostro quotidiano del 5 maggio scorso l'estratto bando di gara di AcegasApsAmga per il "Servizio di ricevimento e recupero della frazione organica dei rifiuti solidi urbani". Penso che ai cittadini contribuenti interesserebbe sapere se la gestione del così detto "umido" costa più del conferimento al termovalorizzatore. Mi sarei aspettato che, fatto salvo il maggior costo per la gestione dei cassonetti dedicati e relativo svuotamento, la collettività non debba sostenere ulteriori costi. È infatti noto che da detti rifiuti si ricava biogas da utilizzare per la produzione di energia elettrica oltre alla produzione di concimi, per cui mi sarei aspettato che la ditta che si occupa di tali produzioni ritiri gratuitamente tali rifiuti o magari paghi qualcosa e non certo che debba essere pagata. In caso contrario tanto varrebbe che AcegasApsAmga si doti di un impianto per la produzione di biogas e relativi motori per la produzione di energia elettrica smaltendo il residuo nel termovalorizzatore dato che, da quanto ne so, l'offerta dei concimi derivanti dai rifiuti "umidi" è superiore alla domanda deprimendo di conseguenza il prezzo. Non ritengo del resto molto ecologico trasportate tali rifiuti in impianti lontani dalla nostra città.

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 9 maggio 2020

 

 

Tutti pazzi per le due ruote - E le officine appena aperte iniziano con il piede giusto
Da articoli dimenticati in soffitta a oggetto del desiderio per persone di tutte le età

Le bici vivono un momento d'oro grazie anche al bonus da 500 euro promesso da Roma
Da oggetto dimentica in soffitta ad "amico" inseparabile per triestini di tutte le età. La bicicletta sta vivendo una fase di seconda giovinezza. Merito della voglia di tornare all'aria aperta e fare movimento dopo tante settimane di vita domestica basta farsi un giro lungo la pista ciclabile in viale Miramare, sempre piena di persone. Di questo rinnovato interesse per le due ruote sperano di poter beneficare anche i negozi di biciclette che, dopo l'ampliamento delle attività autorizzate ad operare in questo semi lockdown deciso dal governo, da lunedì hanno riaperto le officine. Stefano Bevilacqua di Track & Field a Basovizza ha alzato la serranda ieri: «Nel commercio sarà dura riprendersi dopo questa crisi - commenta -. A me non sono arrivati ancora i 600 euro e se mia moglie avesse avuto un negozio di parrucchiera o una bar non so come saremmo andati avanti. In questi giorni di riapertura registro un certo entusiasmo, speriamo duri. Diciamo che la bici, sui rulli, ha aiutato molti a non uscire di testa in questi due mesi». Ad auspicare un impegno concreto per il settore è Edi Kosuta titolare di 360bikestore al centro Lanza di Prosecco: «In questi primi giorni molti clienti sono entrati attirati anche dal bonus annunciato dal ministero dei Trasporti. Al momento non sappiamo nulla di concreto se non che sarà un contributo di 500 euro tanto per le bici a pedalata assistita quanto per quelle normali. Chiediamo di creare procedure il più semplici possibili: abbiamo perso il periodo migliore della stagione da febbraio a inizio maggio, ora servono aiuti. Avevo tre dipendenti in cassa integrazione e non hanno ricevuto ancora un euro, io ho provato a fare domanda per i 25 mila euro di finanziamento garantiti dallo Stato e non ho avuto una risposta. In altri Paesi queste cose non succedono. Poi servono le piste ciclabili, ma questa non è una novità». Uno dei punti vendita più storici in centro città è Cottur in via Crispi dove, a breve, arriveranno i monopattini elettrici, compresi negli incentivi. «Abbiamo riaperto rispettando tutte le limitazioni imposte dalla legge - spiega Giovanni, erede di Giordano Cottur -, è importante esserci soprattutto per garantire la sicurezza di chi usa le biciclette le quali, se poco utilizzate, richiedono manutenzione. Una due ruote è come una macchina o un motorino: cercare il prezzo più basso al momento dell'acquisto spesso significa rinunciare alla qualità e alla durata. Attenzione poi alla taglia del mezzo e all'abbigliamento, tutti aspetti da non sottovalutare». Negli ultimi anni stanno andando sempre più di moda le bici con pedalata assistita o elettrica «attraverso le quali - spiega Kosuta - è possibile andare al lavoro senza sudare, facendo quel minimo esercizio che aiuta a stare bene». «Sono mezzi sempre più evoluti - aggiunge Cottur - e semplici da usare». Per quanto riguarda i costi, secondo tutti e tre i rivenditori, il prezzo giusto per una Mountain bike - il modello più versatile rispetto ai telai da corsa o da città - parte dai 500 euro, sull'elettrico da circa 1.700 euro. La manutenzione ordinaria, al netto di lavori più importanti, è intorno ai 25 euro se il mezzo viene usato e controllato regolarmente.

Andrea Pierini

 

 

Cona proibita agli ambientalisti «Pesca sì, birdwatching no»
Benedetti: «Non c'è scritto da nessuna parte nei decreti che non si possono osservare i volatili. Il sindaco Marchesan riveda le sue posizioni»
STARANZANO «Perché pescare si può e osservare gli uccelli no?». Gli ambientalisti si scagliano contro il sindaco di Staranzano Riccardo Marchesan il quale, dopo gli ultimi decreti, ha deciso di vietare ancora l'ingresso al centro visite della riserva naturale regionale della Foce Isonzo. La polemica è stata sollevata dal presidente dell'associazione Co.Na. (conservazione della natura) Graziano Benedetti, in quanto innanzitutto la sede si trova proprio al centro visite della riserva naturale, poi ribadisce che il provvedimento adottato non è chiaro e non è scritto da nessuna parte nei decreti del divieto di osservare gli uccelli per evitare la diffusione del contagio. «L'ordinanza n.15 del 7 maggio del sindaco di Staranzano - sottolinea Benedetti - afferma infatti che c'è un ordine perentorio della chiusura fino a nuove disposizioni degli osservatori e dei capanni dell'Isola della Cona». E ciò sembra eccessivo. Per questo motivo l'associazione Co.Na., che fra l'altro ha la sede legale proprio all'Isola della Cona, «protesta vivamente a nome di tutti i soci e degli amanti della natura poiché chiedendo di rivedere tale decisione anche perché non si spiega il perché del permesso alla pesca sportiva lungo il canale del Brancolo e del fiume Isonzo, ma non il birdwatching alla Cona. Non sembra che perché la pratica dell'osservazione degli uccelli possa essere pericolosa ai fini della diffusione del coronavirus, specie se si rispettano tutte le normative in vigore. Pertanto - aggiunge il presidente Benedetti - chiediamo al sindaco di rivedere questa decisione che potrebbe essere una forzatura nell'interpretazione dei decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da Covid-19». Il riferimento del divieto del sindaco Marchesan richiama inoltre l'ordinanza urgente n.12 del 3 maggio scorso del Presidente della Regione, Massimiliano Fedriga in quanto riferisce che «ritenuto che in base al Dpcm è consentito l'accesso del pubblico ai parchi, ville e giardini pubblici, condizionato al rigoroso rispetto di evitare ogni forma di assembramento di persone, non che della distanza di sicurezza interpersonale di almeno un metro».

Ciro Vitiello

 

 

Bioest lancia la "fiera virtuale" - I produttori in vetrina sul web
Il coronavirus fa saltare anche l'edizione 2020 di Bioest, in programma dal 6 al 7 giugno, ma la cura del verde e l'amore per le piante non si fermano: si spostano online. Gli organizzatori puntano infatti a trasferire alcune delle iniziative sul we, puntando così a realizzare una vera e proprio fiera virtuale green. Nell'attesa di ritrovarsi nel 2012, come di consueto, al Parco di San Giovanni, per l'evento "reale", il Consiglio direttivo dell'associazione organizzatrice, Bioest, spiega: «Com'era da aspettarsi, anche noi abbiamo dovuto cedere alla realtà contingente. Abbiamo sperato fino all'ultimo in una evoluzione della situazione più favorevole, ma purtroppo così non è stato. L'associazione intende comunque permettere alle attività che avrebbero dovuto partecipare a Bioest di essere comunque presenti, sia pure virtualmente, sui canali informativi e le pagine sociale di Bioest. L'idea - spiegano ancora gli organizzatori - è quella di utilizzare la pagina e i contatti dell'associazione per offrire agli interessati una vetrina virtuale dei partecipanti alla manifestazione». Il progetto prevede l'allestimento di un tour virtuale tra i produttori e le associazioni, permettendo un successivo contatto diretto tra espositori e visitatori. Tutti gli interessati sono invitati a contattare l'associazione per autorizzare il proprio inserimento in questa "fiera virtuale", dove potranno essere presenti con i propri dati, recapiti e modalità di contatto, foto e un breve video con la presentazione dell'attività.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 8 maggio 2020

 

 

Bike sharing al palo, già 400 firme per farlo ripartire e potenziarlo
L'assessore Polli: «Il ripristino entro il 18 maggio». Ad Arezzo lo stesso servizio è attivo da mercoledì
Trieste riparte senza bike sharing. La fase 2 non prevede per ora la "bicicletta in condivisione". "BiTs", il servizio di bike sharing inaugurato il 3 febbraio, è stato sospeso a inizio aprile in piena emergenza coronavirus e a lockdown in corso. Le biciclette, a parte qualcuna, sono state tolte dagli stalli delle 10 stazioni cittadine e ora riposano in qualche magazzino. Intanto altre due stazioni sono già in via di realizzazione nell'area di Porto vecchio. Il problema più grosso riguarda i costi di sanificazione che si aggiungo a quelli già onerosi di manutenzione. Un vero peccato visto che le cifre del primo mese di utilizzo raccontano di un vero fenomeno: quattromila abbonati per più di 200 utilizzi al giorno. Alla faccia di chi sostiene che "Trieste non xé per bici". E si sta parlando di un mese invernale che non è il più indicato per l'uso della bicicletta, soprattutto nella città della bora. Ma quanto tornerà il bike sharing? Ad Arezzo, stesso gestore di Trieste (Bicincitta), il bike sharing è ripartito dal 6 maggio. Il sindaco Roberto Dipiazza, in una diretta Facebook del 2 maggio, ha detto di sperare di poter riaprire tutto nel giro di una settimana. «Il problema è che bisognerebbe pulire le biciclette di volta in volta», ha spiegato il primo cittadino: «Il bike sharing è una soluzione intelligente che consente di andare in giro senza grossi problemi».La riapertura alle pedalate condivise (e in alcuni casi assistite) per l'11 maggio non è una certezza e per ora resta nelle mani della Regione. «Non c'è una data certa ancora», spiega l'assessore all'Urbanistica Luisa Polli: «Dobbiamo ancora capire come comportarci. Trattandosi di mezzi a uso promiscuo bisogna capire quali protocolli di sicurezza vanno applicati. Alla peggio si potrà ripartire 18 maggio assieme altre attività economiche. A meno che il governatore Fedriga non riesca a sbloccare la situazione prima». La sospensione del servizio, che ormai ha superato un mese, sarà recuperata allungando il periodo sperimentale e gratuito di sei mesi. La scadenza del 3 agosto dovrebbe essere dunque prorogata a settembre. «Gli abbonamenti sottoscritti - assicura Polli - saranno allungati»Su Change.org, intanto, è in corso intanto una raccolta di firme promossa da Ciclomonones (Diego Manna) e indirizzata al Comune per far ripartire e ampliare il bike sharing a Trieste: «Il servizio, visto il successo, oltre a essere ripristinato al più presto dovrebbe essere potenziato, con nuove stazioni a servizio di zone ora escluse, come Barriera, via Giulia, San Giovanni, Campi Elisi, Roiano». Le firme sono vicine a quota 400. Nell'attesa ci si interroga su come sarà la mobilità post Covid-19. BicinCittà, la società torinese che gestisce il bike sharing triestino, ha promosso un sondaggio tra i quattromila abbonati triestini. Tra le domande una rassicurazione: «Sei a conoscenza del fatto che i veicoli del bike sharing seguono regolarmente delle procedure di igienizzazione e di sanificazione ambientale?».

Fabio Dorigo

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 7 maggio 2020

 

 

Piano per la mobilità urbana post Covid: scatta la caccia ai suggerimenti sul web
Da Tryeste alla Fiab, dall'Uisp a Legambiente: idee da integrare con le proposte che arriveranno in rete e da consegnare poi in Municipio
TRIESTE. Le associazioni si appellano al Comune affinché si doti di un piano d'emergenza per la mobilità urbana post-coronavirus. E non solo. Per portarsi avanti con il lavoro stanno pure preparando alcune idee da proporre al sindaco Roberto Dipiazza: la più gettonata è quella che vorrebbe istituire una rete ciclabile emergenziale, aprendo alle bici le corsie preferenziali dei bus da un lato e, dall'altro, creando spazi riservati a chi va a pedali (ad esempio lungo le Rive, l'asse via Battisti-Giulia e quello Carducci-D'Annunzio-Flavia-Muggia). Fino al 12 maggio si potrà contribuire al brain storming, collegandosi al link "bit.ly/mobilitacovidts" e partecipando al questionario oppure scrivendo direttamente all'indirizzo email info@triestesecoloquarto.eu. Trascorso questo periodo, un comitato tecnico formato da alcuni membri delle realtà promotrici (ovvero Tryeste, Fiab, Uisp, Legambiente, Fridays for Future, Bora.La, Zeno, Link Trieste e Spiz) sintetizzerà le proposte ricevute in un documento, che il giorno 15 maggio sarà recapitato al sindaco Dipiazza e al contempo pubblicato sul web. Tra le altre esigenze registrate finora c'è quella di raddoppiare mezzi e stazioni del bike sharing - da subito amatissimo dai triestini - aggiungendovi magari ulteriori stalli dove poter parcheggiare le biciclette private. L'iniziativa nasce dal timore che il distanziamento sociale finisca per determinare un crollo dell'utilizzo del trasporto pubblico anche nel lungo periodo. Ciò a sua volta causerebbe un'impennata del traffico automobilistico, con conseguente aumento dell'inquinamento e congestione delle strade cittadine. Per contribuire alla fase di progettazione, oltre a partecipare secondo le modalità già descritte, è infine possibile commentare un documento tecnico già predisposto ( "bit.ly/docmobilitacovidts") oppure segnalare luoghi che presentano criticità su un'apposita mappa interattiva ("bit. ly/mappamobilitacovidts").

Lilli Goriup

 

 

ORTI E GIARDINI - Per gli ortaggi del balcone scegliere vasi capienti e profondi.

Ci piace ricordare che la conduzione di un piccolo orto o una micro coltivazione sul balcone è motivo di grande soddisfazione: un piacevole passatempo all'aria aperta, attività fisica e, al primo posto per importanza, la raccolta di prodotti buoni e sani!Nelle prime giornate di maggio è necessario dedicarsi ai trapianti delle colture estive: peperoni, pomodori, melanzane della famiglia delle solanacee e poi cucurbitacee quali cetrioli, zucchine, meloni e angurie. Inutile anticiparne la messa a dimora sperando di ottenere delle "primizie", questi ortaggi amano il caldo e le piante soffrono se aria e terreno hanno ancora temperature troppo basse. La scelta varietale innanzi tutto: in un vivaio ben fornito (anche di piantine bio), sarà possibile trovare varietà particolari, antiche, sicuramente più rustiche e resistenti alle malattie rispetto all'ultima novità sementiera. Prediligiamo il gusto, il sapore e non la resistenza alle manipolazioni e ai trasporti tipiche di un prodotto per la Gdo! Pomodoro ligure, cuore di bue, ciliegino e datterino, melanzana bianca (nella foto) e melanzana violetta, peperone a corno di bue e le diverse varietà di peperoncino più o meno piccante. Ampia scelta anche per cetrioli e zucchine e non dimentichiamoci delle zucche, che troveranno ottima collocazione in prossimità dello spazio dedicato al compostaggio. Nel terreno già preparato le piantine potranno essere messe a dimora ad una distanza di 40-50 cm circa, mentre si arriverà ai 50-70 cm per zucchine, meloni, angurie e zucche che, difficili da contenere, si faranno comunque strada tra gli altri ortaggi. Nella buca pronta ad accogliere la piantina va sistemata una buona manciata di compost o un miscuglio di compost/terriccio/stallatico per assicurare una pronta partenza. Per gli ortaggi sul balcone sarà bene utilizzare vasi capienti e profondi dove le radici possano trovare buona terra e sufficiente spazio e scegliere piantine di pomodoro ciliegino o datterino e peperoni dal frutto piccolo, dolce o piccante.

AIAB FVG - Associazione per l'agricoltura biologica

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 6 maggio 2020

 

 

Rispunta il progetto del tunnel nel Carso Gabrovec dice "No"

In Regione l'audizione dei rappresentanti Rfi sulla temuta galleria ferroviaria sotterranea
DUINO AURISINA. Anche il consigliere comunale di Duino Aurisina Igor Gabrovec, capogruppo della lista "Insieme-Skupaj", si schiera contro l'ipotesi della galleria ferroviaria di decine di chilometri da realizzare nel ventre del Carso, tra Monfalcone e Aurisina, per ridurre di pochi minuti i tempi di percorrenza sulla linea Trieste-Venezia. Gabrovec ha partecipato in Consiglio regionale, come esponente dell'Unione slovena, all'audizione dei rappresentanti di Rfi, che hanno riproposto la variante sotterranea del Carso.«Le comunità locali - scrive Gabrovec in una nota - così come le amministrazioni comunali hanno sempre espresso, negli anni, il loro parere contrario a tale progetto, motivandolo con argomenti di natura geomorfologica ed economici. A fronte di un recupero in termini di tempi di percorrenza nell'ordine di poco più di cinque minuti - osserva - si andrebbe a intraprendere lo scavo di una galleria del costo stimato in quasi un miliardo di euro. Non meno grave - prosegue il consigliere - sarebbe il danno ambientale per un traforo di decine di chilometri, in un'area contraddistinta da innumerevoli cavità conosciute e altre ancora celate, con ripercussioni sui centri abitati sovrastanti, o comunque vicini, e sul delicato e tutt'ora sconosciuto sistema dei corsi d'acqua sotterranei, da cui si alimentano i bacini di captazione idrica per gli acquedotti. Comuni e Regione rispondano nuovamente con un sonoro e unitario diniego alla riproposizione di soluzioni folli che non fanno che ritardare un più che necessario ammodernamento dell'attuale tratta ferroviaria. Con investimenti di pochi milioni di euro, la rete potrebbero reggere e migliorare di gran lunga le proprie capacità, sia in termini di qualità, sia di quantità delle merci veicolate. Senza dimenticare - conclude - le barriere fonoassorbenti, altra nota che trova sorde le orecchie dell'amministrazione ferroviaria».

u.s.

 

Mobilitazione contro l'alta velocità - Pd, M5S e Verdi: «Giù le mani dal Carso»
Delbello: «Faremo tutto ciò che serve per contrastare i 23 km di rotaia dallo Zochet alle cave di Aurisina». Pin: «Aberrante»
Ventitré chilometri di rotaia non sono molti, coprono a spanne la linea di estensione sulla fascia costiera di Monfalcone, ma paiono sufficienti a diventare un serio problema. Perché quella lanciata ieri dal consigliere democratico Fabio Delbello, componente della segreteria cittadina, è a tutti gli effetti una dichiarazione di guerra, diretta non solo alla Lega, ma allo stesso Pd, rivolgendosi a Regione e Governo, interlocutori politici di Rfi per il mai sopito progetto dell'alta velocità: «Faremo tutto ciò che serve per salvare il Carso della nostra città e di Duino». Per «proteggere le colline dallo Zochet alle Cave di Aurisina, con le Grotte di Slivia». Da chi? Dall'«ennesimo assalto del partito trasversale del cemento e dell'acciaio», dice. Infatti «riorganizzeremo rapidamente un movimento della società civile per fare - lo ribadisce Delbello - tutto ciò che serve». Verdi, anime ambientaliste, la sinistra in ordine sparso e la coscienza grillina sono della partita. Un fronte che, nel corso degli anni, si è sempre ricompattato all'occorrenza, dalla Snam ad A2A. «Non siamo né sprovveduti né complici - sottolinea Delbello - se Rete ferroviaria italiana ha riproposto in sede regionale la realizzazione di una tratta di ben 23 chilometri da Ronchi-aeroporto, e più precisamente dallo Zochet, fino ad Aurisina in realtà gli interlocutori politici sono segnatamente Lega e Pd, in cui è ben presente soprattutto a livello nazionale il mai domo "partito trasversale" dell'alta velocità. Che è ottima e sostenibilissima tra Milano, Napoli e Bari, nonché tra Torino e Venezia, ma del tutto inutile tra Venezia e Trieste. La ferrovia transpadana, che parte da Torino Porta Nuova attraverso Milano centrale Verona Porta Nuova e Mestre, termina sui respingenti di Trieste centrale. La minuscola Slovenia infatti è del tutto disinteressata all'alta velocità e la conclamata super tratta ferroviaria Lione-Kiev, l'ex Corridoio 5, è una bufala per creduloni». «Qui da noi - precisa - serve l'alta capacità ferroviaria per il sistema portuale e quindi la risagomatura della galleria esistente ad Aurisina e il potenziamento del bivio di San Polo. Poi c'è già la rinnovata Pontebbana che ci proietta verso i Tauri ed il Semmering nel cuore della Mitteleuropa». Altra battaglia storica: «Serve - incalza il dem - la liberalizzazione della tratta autostradale Lisert-Redipuglia, circonvallazione della conurbazione monfalconese, che a dispetto del provincialismo e populismo locali costituisce più una città comune delle dimensioni demografiche ed economiche di Mantova che la somma di tre enti storicamente deboli da un punto di vista politico e in balia dei poteri forti dell'economia, come pure in questo caso». Una tirata d'orecchi agli esiti del referendum 2016. Quindi la conclusione tranchant: «Ognuno faccia i passi in casa sua: se entro un paio di mesi non avremo dal Pd nazionale rettifiche e precisazioni sapremo bene come ricalibrare la nostra presenza alle prossime comunali del 2022». E se non è una minaccia questa...Fin qui il Pd, ma c'è pure il composito mondo grillino, con Pin a scandire: «Sulla salvaguardia del Carso c'è uno schieramento trasversale ben più ampio di quello visto con Snam e centrale. Per quanto riguarda il M5S, siamo sempre stati contro lo spreco e lo sfregio ambientale, contro la Tav a favore di opere sostenibili». «I 23 chilometri di rotaia nel Carso - conclude - sono un'aberrazione. Dove dovrebbe passare questa porcheria c'è anche la captazione dell'acquedotto che gestisce la Slovenia del sud. Il bacino dell'Isonzo arriva fin sotto la frangia carsica. Sarebbe un disastro di proporzioni terribili». Ma il primo a levare un grido sulla variante ferroviaria tra Ronchi e Aurisina era stato, il 1° maggio, il capogruppo regionale forzista Giuseppe Nicoli, che l'aveva definita «ingiustificata e inutile», raccogliendo peraltro il plauso di Diego Moretti, segretario provinciale Pd. Un'opera di tal portata «andrebbe a interessare l'ecosistema carsico con sovrappassi e sottopassi ferroviari altamente impattanti per geologia e ambiente: tutto per diminuire il tempo di percorrenza tra le stazioni di Trieste Airport e Trieste centrale di 6-8 minuti, a fronte però di centinaia di milioni di euro di spesa».

Tiziana Carpinelli

 

Avvio del cantiere previsto tra un anno Costo 1,8 miliardi - i dettagli fin qui emersi
Si concluderanno nel 2025. Rfi lo aveva già asserito e lo ha confermato due settimane fa: i lavori per la velocizzazione della linea Venezia-Trieste, che consentiranno a un treno passeggeri di collegare le due città in poco più di un'ora, termineranno in un lustro. I cantieri non sono nemmeno iniziati, ma Rfi stessa ha fissato nel 2021 l'avvio. Nel cassetto c'è l'ipotesi di tre fermate in Fvg: Latisana, Ronchi e Trieste. Il potenziamento della linea ferroviaria, secondo una sintesi della relazione dei tecnici di Rfi, passa attraverso interventi nel breve e medio periodo, in particolare quelli sulla tratta Mestre-Ronchi Sud, con la possibilità di velocizzare fino a 200 km/h la linea esistente e la soppressione di 23 passaggi a livello. Si parla di 160 milioni disponibili, la prima tranche di quel miliardo e 800 milioni che è la stima del capitale necessario complessivamente. «L'idea quantomeno bizzarra di scavare una galleria tra Monfalcone e Aurisina ricorda molto la fenomenologia dei fiumi carsici: all'improvviso scompare, per riaffiorare nuovamente ogni qualvolta le Ferrovie si mettono a narrare i loro progetti per il futuro», commenta Igor Gabrovec, esponente regionale di Slovenska Skupnost. «Non meno grave - conclude - il danno ambientale per un traforo di decine di chilometri in un'area contraddistinta da innumerevoli cavità conosciute e altre ancora celate, con ripercussioni sui centri abitati vicini e sul delicato e tutt'ora sconosciuto sistema dei corsi d'acqua sotterranei da cui si alimentano i bacini di captazione idrica per gli acquedotti».

 

 

Si prepara a rivivere la storica ghiacciaia sotto Draga Sant'Elia
I FONDI UE PER 139 MILA EURO AL COMUNE DI SAN DORLIGO
SAN DORLIGO DELLA VALLE. Il ripristino di una delle più grandi ghiacciaie della Val Rosandra e la sistemazione del vicino stagno. Sarà questo l'intervento effettuato nel territorio di San Dorligo della Valle nell'ambito del progetto "Engreen", inserito nel progetto di cooperazione Interreg V-A Italia-Slovenia 2014-2020, che mira ad attuare «soluzioni intelligenti, capaci di rispondere alle sfide territoriali nei campi dell'innovazione, dell'economia a basse emissioni di carbonio, dell'ambiente, delle risorse naturali e culturali e dello sviluppo delle capacità istituzionali». Sono quattro gli assi prioritari, il progetto "Engreen" rientra nel terzo, intitolato "Protezione e promozione delle risorse naturali e culturali", i cui partner sono l'Ente gestore del Parco delle Grotte di San Canziano, il Comune di San Dorligo della Valle, l'Università del Litorale di Capodistria e il Gal della Venezia Orientale di Portogruaro. Sono 16 le azioni pilota previste, fra le quali appunto il recupero della "jazera" della Val Rosandra, sotto Draga Sant'Elia, che circa un secolo fa, quando i frigoriferi non esistevano, riforniva di ghiaccio molti pubblici esercizi della città. Il Comune di San Dorligo - che, oltre che della gestione della propria parte del progetto, sarà responsabile della preparazione della strategia di comunicazione e della gestione della comunicazione dell'intero progetto - beneficerà di un contributo di 139.030 euro, così suddivisi: l'85% arriverà dal Fondo europeo di sviluppo regionale e il restante 15% da un contributo nazionale. La ghiacciaia (sei metri e mezzo di larghezza e cinque di profondità) è ben conservata, però necessita di un restauro per essere riportata al suo aspetto originale. Gli abitanti usavano tagliare il ghiaccio che si era accumulato negli stagni e impilarlo in doline murate e coperte. I blocchi di venivano ricoperti di fogliame di faggio secco per impedire loro di scogliere. Il ghiaccio rimaneva poi nelle ghiacciaie fino all'estate, per essere trasportato a Trieste e rifornire locande, macellerie, mercati ittici e birrifici.

u.sa.

 

 

GORIZIA - Legambiente e Fiab chiedono piste ciclabili da Sant'Andrea al Corso
Un migliore collegamento ciclabile tra centro città e stazione ferroviaria, e pure nuove piste, complete e riparate, per raggiungere il quartiere di Sant'Andrea e dirigersi verso Savogna d'Isonzo, dove proprio in questi anni si sta lavorando all'ultimazione di nuovi percorsi riservati specificatamente alle due ruote. Sono gli spunti di lavoro e le richieste al Comune di Gorizia formulate da Legambiente e dalla Fiab (Federazione italiana ambiente e bicicletta) di Gorizia, che partono proprio dalle riflessioni offerte da questo momento di emergenza che sta rivoluzionando le abitudini di tutti noi. In molti, infatti, stanno scoprendo una mobilità differente e potrebbero scegliere anche in futuro di spostarsi maggiormente in sella alla bicicletta, e per questo è necessario, secondo ambientalisti e amanti del pedale, potenziare la rete di percorsi ciclabili sicuri presente sul territorio comunale.«Sappiamo che a breve verranno appaltati i lavori per la realizzazione di un collegamento ciclabile tra via del Carso ed il corso, sulle previsioni del lontanissimo piano del traffico - si legge in una nota congiunta di Legambiente e Fiab -. Piste ciclabili sui marciapiedi, meglio identificabili come ciclopedonali. Si dice che a "caval donato non si guarda in bocca", ma per dare un minimo contributo si vuol sottolineare che sarebbe importante realizzare meglio il collegamento dal corso verso la stazione ferroviaria, in piazzale Saba, senza costringere il ciclista ad andare fino al distributore di via Aquileia e poi farlo risalire». Un'altra richiesta riguarda la realizzazione di una rampa adeguata per le bici, o uno scivolo, dove la scalinata risale da via Aquileia verso la stazione, e «manca, in ogni caso, un collegamento adeguato e sicuro con Sant'Andrea e, da lì, con Savogna d'Isonzo». La richiesta è di prestare maggiore attenzione alle bici.

M.B.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 5 maggio 2020

 

 

Mascherine e guanti in lattice, campagna "buttali nel secco"

Parte sui social l'offensiva per mettere fine al vizio di gettare in strada i presidi protettivi. «È un problema sanitario oltre che di decoro»

"Mascherine e guanti: buttali nel secco". È questo il titolo della campagna social lanciata da Comune e AcegasApsAmga per promuovere il corretto smaltimento di guanti e mascherine, che accompagneranno la vita di tutti nei prossimi mesi. Un modo per risolvere un problema ambientale e sanitario ormai sempre più sentito, spiegano i promotori del progetto.«Nei giorni scorsi, con il rapido e progressivo impiego di presìdi di protezione, in città hanno cominciato purtroppo a verificarsi anche fenomeni di abbandono a terra di guanti e mascherine usati - scrive in una nota la multiutility -. Il fenomeno non costituisce solo un problema ambientale e di decoro, ma anche sanitario, dal momento che tali oggetti potrebbero, potenzialmente, essere contaminati». Ecco allora che il Comune, in collaborazione con AcegasApsAmga, ha deciso di attivare una campagna istantanea, destinata soprattutto a web e canali social, per sensibilizzare i cittadini allo smaltimento corretto delle protezioni individuali. Il messaggio veicolato dalla campagna non solo raccomanda di evitare l'abbandono a terra, ma ricorda come guanti e mascherine debbano essere conferiti nel rifiuto indifferenziato (il cosiddetto secco) e non avviati a recupero tramite altre raccolte differenziate, ad esempio plastica.«Si tratta di un'iniziativa importante che richiede la collaborazione di tutti - afferma Luisa Polli, assessore a Città territorio, urbanistica e ambiente del Comune di Trieste -. L'utilizzo di questi dispositivi in questa fase cruciale è fondamentale: l'iniziativa nasce per ricordare l'importanza della tutela del decoro della nostra città, ma anche e soprattutto dell'aspetto sanitario».Sempre AcegasApsAmga, ieri, ha comunicato anche la riapertura dei i centri di raccolta per rifiuti ingombranti e speciali presenti sul territorio di Trieste. L'accesso contingentato agli utenti sarà consentito nel rispetto delle misure adottate in materia di contenimento e gestione dell'emergenza Covid-19 e verrà disciplinato dagli addetti dei centri. L'ingresso potrà essere effettuato solo indossando guanti e mascherine, mantenendo una distanza interpersonale di almeno un metro tra i presenti. AcegasApsAmga ricorda poi che sono pienamente operativi tutti i servizi di raccolta domiciliare su prenotazione (come ritiro ingombranti e raccolta verde). Per informazioni rimane disponibile il numero verde Servizi Ambientali al numero verde 800.955.988 (gratuito anche da telefono cellulare).

 

 

Zanzare in "agguato" Muggia alza la guardia

Nel vivo le attività stagionali di disinfestazione delle larve I cittadini chiamati a evitare ristagni dai sottovasi ai secchi

MUGGIA. Con l'arrivo della bella stagione e il conseguente innalzamento delle temperature, anche a Muggia si torna a trattare il "tema" zanzare. Proprio in questo periodo, infatti, si stanno concretizzando le periodiche azioni sinergiche messe in campo da Azienda sanitaria e Comune per la prevenzione delle cosiddette "arbovirosi", ovvero le malattie trasmesse dalle zanzare, come la febbre del Nilo. Quelli che si stanno compiendo in questi giorni sono interventi programmati di disinfestazione attraverso la collocazione di pastiglie antilarvali o di un liquido speciale a base di silicone nelle caditoie delle aree pubbliche, prevalentemente nelle zone del centro storico, dove più che altrove si può registrare il ristagno di acqua, e presso il nido "Iacchia", che ospita (anche se non attualmente per la nota emergenza coronavirus) un'utenza "sensibile". Tali interventi vengono realizzati appunto da primavera fino a ottobre, con cadenza trisettimanale nei periodi più freddi e bisettimanale in quelli più caldi. È una problematica, questa, da anni all'attenzione dell'amministrazione rivierasca. «La disinfestazione - evidenzia l'assessore all'Ambiente Laura Litteri - va effettuata in questo periodo con prodotti antilarvali nei potenziali focolai, costituiti da raccolte d'acqua di vario genere». Resta comunque assodato che, sottolinea sempre l'assessore, «la migliore arma è la prevenzione attraverso tutte quelle azioni che ciascuno di noi può mettere in campo per impedire o per lo meno rallentare il proliferare delle zanzare». Ma quali sono, nello specifico, le indicazioni dell'Asugi per affrontare il problema? Si va dallo svuotamento e dalla pulizia accurata e periodica (almeno una volta a settimana) dei contenitori di uso comune, come sottovasi, abbeveratoi per animali e annaffiatoi, per eliminare eventuali uova, fino all'attenzione nell'evitare, nelle aree contigue alle case come giardini, terrazzi e orti, la formazione di raccolte d'acqua, con la rimozione di ogni sorta di potenziale contenitore per lo sviluppo delle larve, come ad esempio secchi, bacinelle e bidoni, anche di piccola dimensione. Inoltre i contenitori d'acqua "inamovibili", come vasche in cemento, bidoni e fusti per l'irrigazione degli orti, vanno coperti con strutture rigide, teli di plastica o zanzariere. Infine, nelle fontane da giardino, vanno introdotti pesci "larvivori", dai pesci rossi alle "gambusie". Accorgimenti che sono in parte già inseriti nei regolamenti comunali: «Nel nostro Regolamento sulla tutela del benessere animale - ricorda Litteri - allo scopo di contenere la diffusione della zanzara tigre ogni cittadino è tenuto periodicamente, che significa almeno ogni 10-15 giorni, allo svuotamento e alla pulizia di sottovasi da fiori, secchi, ciotole e piccoli contenitori di acqua stagnante. È inoltre raccomandata la pulizia di qualsiasi punto di raccolta delle acque meteoriche delle grondaie».-

Luigi Putignano

 

Zecca e morbo di Lyme: come riconoscere un'eventuale infezione - LE INDICAZIONI DELL'ASUGI

TRIESTE. Azienda sanitaria in prima linea nella Giornata mondiale sul morbo di Lyme, in occasione della quale l'Associazione Lyme Italia ha organizzato un evento di sensibilizzazione ora caricato su Fb, cui è intervenuta la dottoressa Katiuscia Nan, responsabile dell'Ambulatorio Lyme della Clinica Dermatologica dell'Asugi gestita dalla professoressa Iris Zalaudek. La borreliosi di Lyme, è stato spiegato, può determinare un'infezione a carico di cute, articolazioni e diversi altri apparati, e può essere trasmessa all'uomo alla fine del "pasto" ematico della zecca, attraverso il rigurgito. Per questo motivo la zecca deve rimanere attaccata a lungo, si ritiene almeno 24 ore, prima che avvenga la trasmissione. Il morso è indolore. La borreliosi si manifesta entro 30 giorni dopo il morso di zecca infetta, con una chiazza omogenea di color rosso, oppure costituita da anelli concentrici, che si allarga. Un adeguato trattamento antibiotico è risolutivo. Chi frequenta il Carso dovrebbe indossare indumenti possibilmente di colore chiaro. Nei bambini è indicato anche l'uso di un cappello. Utili i repellenti di Dietiltoluamide (Deet) sulla cute, o Permetrina all'1% per i tessuti. Una volta a casa il corpo va controllato: attenzione, nei bambini, alle zone vicine a orecchie e nuca. In caso di zecca, essa va rimossa con pinze adeguate (in commercio), ruotando delicatamente e tirando. Quindi bisogna disinfettare la zona. È controindicato l'utilizzo di creme, olii e altre sostanze, in quanto vi è un alto rischio che rigurgiti e quindi trasmetta batteri se infetta. Importante poi monitorare attentamente la zona: se compare dopo 7-30 giorni una lesione che si allarga va contattato il medico.

 

 

Dalle Canarie a Trieste, i droni a vela arancioni in navigazione per scoprire i segreti del mare

L'Ogs fra le 12 istituzioni europee coinvolte assieme a una società americana nel progetto di rilevazione di dati oceanografici e atmosferici

Nei giorni scorsi quella presenza a sud del mar Ligure, in acque internazionali nel triangolo fra il nord della Corsica e la costa da Genova a La Spezia, aveva messo in allerta molti marinai, che avevano segnalato un "battello fantasma arancione" battente "bandiera americana" che, privo di un identificativo radio, si spostava a bassa velocità sempre in una stessa zona. Poi l'enigma, di cui ha scritto il quotidiano Il Tirreno, è stato svelato. La coppia di droni a vela avvistata nello specchio di mare davanti alla Liguria e alla Toscana è il braccio operativo della missione Atlantico-Mediterraneo (Atl2Med), una campagna internazionale per il rilevamento e la raccolta di una grande mole di dati oceanografici e atmosferici, utili per rispondere alle molte domande aperte in tema di riscaldamento globale e del suo influsso sulle acque degli oceani e dei mari e sulla vita sottomarina. La campagna è un ottimo esempio di collaborazione tra pubblico e privato, perché riunisce una società californiana, la Saildrone, che produce questi droni a vela, e un network di 12 istituzioni europee di sette Paesi: per l'Italia c'è in prima linea Trieste con l'Ogs - Istituto nazionale di oceanografia e geofisica sperimentale - e un po' della galassia Cnr, con l'Istituto di scienze marine e l'Istituto sui sistemi intelligenti per l'Automazione. Per gli altri Stati ci sono l'Helmholtz centre for Ocean research, The Oceanic platform of the Canary islands, il Laboratoire océanographique Villefranche, il Centre nationale de la recherche scientifique (Cnrs), l'Università della Sorbona e altri ancora. L'attività è svolta inoltre in collaborazione con l'infrastruttura europea Icos - Otc (Integrated carbon observing system - Ocean thematic centre).Di cosa si tratta? Invece di utilizzare le tradizionali navi oceanografiche, con costi di decine di migliaia di dollari al giorno, equipaggi imponenti e non propriamente ecologiche, la campagna Atl2Med impiega una coppia di droni arancio lunghi e alti sei metri che si muovono molto lentamente, a una velocità che varia da 3 a 5 nodi, in qualsiasi condizione di mare. Sono veicoli senza equipaggio, dotati di numerosi sensori per vari tipi di misurazione, ed estremamente ecologici perché alimentati a energia eolica e solare: come vela sfruttano una superficie al cui interno sono custodite le batterie per l'alimentazione. Possono eseguire missioni di durata fino a un anno, nelle condizioni oceaniche più difficili e senza disturbare l'ecosistema marino che stanno sorvegliando. Sono già stati sperimentati in Alaska, nello Stretto di Bering, e in altri test negli oceani del pianeta. Per il progetto Atl2Med i due droni a vela sono partiti lo scorso ottobre dal molo del minuscolo porto di Taliarte, nella parte orientale dell'isola di Gran Canaria. Da lì si sono diretti a sud ovest per raggiungere Capo Verde, di fronte alle coste del Senegal, quindi sono risaliti verso nord per inserirsi, attraverso lo stretto di Gibilterra, nel mar Mediterraneo, passando a sud delle Baleari e giungendo nel mar Ligure. Nei prossimi giorni proseguiranno la navigazione passando davanti alle coste toscane, per poi scendere a sud e risalire l'Adriatico fino a concludere la missione a Trieste.«Grazie a questi droni, pilotati dalla sede di Saildrone in California, potremo raccogliere dati di tipo biogeochimico (Co2, pressione parziale, pH, e così via), fisico, ecologico e di controllo (biomassa/idroacustica) - spiega Vanessa Cardin, una dei tre responsabili della campagna per Ogs -. Con questo sistema è possibile il monitoraggio da remoto di siti molto distanti tra loro». Saildrone ritiene che l'aumento dei dati "in situ" contribuirà a una migliore comprensione dei processi, degli ecosistemi e delle condizioni che hanno un impatto sulle comunità costiere nell'Atlantico, nel Mediterraneo e a livello globale. 

Giulia Basso

 

Arrivo a fine mese, poi il raffronto con gli elementi raccolti a terra

Vanessa Cardin, fra le responsabili del progetto nel capoluogo giuliano: «L'obiettivo è contribuire alle strategie contro i cambiamenti climatici»

«Quando i due droni arriveranno a Trieste, a fine maggio, speriamo di poterli festeggiare adeguatamente. Perché avranno concluso un viaggio di 3200 miglia nautiche durante le quali, grazie ai loro sensori, avranno raccolto una grandissima quantità di dati, per la prima volta anche ad alta risoluzione e rilevanti dal punto di vista geospaziale. In questa campagna l'Italia, con Ogs e Cnr, è coinvolta in maniera importante», spiega Vanessa Cardin, responsabile per Ogs del progetto, insieme a Michele Giani ed Elena Mauri. «Il ruolo nostro e dei ricercatori del Cnr sarà confrontare i dati in tempo reale ottenuti con i droni a vela con quelli che stanno misurando i nostri siti osservativi fissi, composti da boe dotate di sensori. Sono quattro le stazioni osservative fisse italiane: c'è quella nel Mar Ligure, dove attualmente si trovano i droni a vela, monitorata dal Cnr, ce n'è una nel Sud Adriatico di cui sono responsabile io per Ogs, e ancora due a Trieste: una del Cnr, al centro del Golfo, e una a Miramare, di Ogs».La ricercatrice, che è stata coinvolta nel progetto fin dalla fase di progettazione, si è occupata anche di ottenere i permessi e gestire la comunicazione tra la società californiana Saildrone e la Marina militare italiana.«Questa missione si propone di contribuire con i dati raccolti ai programmi e alle strategie per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile fissati dalle Nazioni Unite e in particolare all'obiettivo 13, per l'adozione di misure urgenti per la lotta contro i cambiamenti climatici e i loro impatti e all'obiettivo 14, che mira alla conservazione e all'utilizzo sostenibile delle risorse marine e della vita sottomarina», conclude Cardin.

G.B.

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 4 maggio 2020

 

 

Pastini crollati e niente acqua, Sos dal Carso
Si riaggrava la situazione di chi coltiva i terreni sul ciglione. Il richiamo alle istituzioni: «Manutenzione e rete idrica assenti»
TRIESTE. Pastini che continuano a cedere, muretti interpoderali che crollano, impianti d'irrigazione, per i terreni adibiti a coltivazione, che tardano a essere realizzati. È sempre più precaria la situazione sul ciglione carsico. A denunciarne la gravità è ancora una volta la presidente della Circoscrizione Altipiano Ovest Maja Tenze. «Recentemente - spiega - sono crollati ben tre muri, sui sentieri di Prosecco, Santa Croce e Contovello, quest'ultimo nel tratto che va dal laghetto al nucleo storico della frazione, oltre alla ringhiera della scalinata che da Santa Croce porta a Sonik, mentre nessuno si occupa di sistemare la sempre più fitta boscaglia che sta crescendo a dismisura lungo l'antico sentiero che collega Prosecco a Sk'denc. In uno stato di fatto di questo tipo, diventa difficilissimo per i coltivatori della zona dedicarsi con profitto alle loro attività. Sull'area in passato sono stati fatti investimenti e altri ne sono stati annunciati per dare impulso a tali attività , ma senza reali interventi di ripristino a poco serviranno». Non è comunque questo l'unico problema per gli imprenditori agricoli del costone. Manca anche un allacciamento con la rete idrica, capace di fornire con regolarità acqua a chi coltiva i terreni. «Nell'ultimo incontro con il Consorzio di bonifica della pianura isontina che risale oramai all'agosto del 2018 - riprende Tenze - ci era stato comunicato che, entro un semestre, sarebbero stati ultimati i lavori relativi ai collegamenti idrici e ai sistemi di raccolta delle acque piovane, come previsto nel piano di lavoro, comprendendo l'avvio della fase 2 sotto l'abitato di Prosecco. A oggi non è stato fatto nulla. La mancanza di precipitazioni sta provocando ulteriori gravi danni all'agricoltura, alla viticoltura e alle altre colture pregiate, considerando che poi vi è un alto rischio di incendi». Una soluzione per questo problema, a Santa Croce, sembrava possibile: era stata fatta richiesta alla locale Comunella di costruire sul Monte Babica un serbatoio idrico per poi prolungare un acquedotto esistente. «Anche di questo progetto - chiosa Tenze - non si è fatto nulla. Chiedo perciò che siano portati a termine i lavori annunciati ma anche di definire e programmare al meglio il futuro del territorio a favore delle giovani generazioni dei nostri agricoltori».

Ugo Salvini /

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 3 maggio 2020

 

 

L'asse green dice no agli scavi sotto la linea Aurisina-Ronchi
La galleria di 23 chilometri incassa il niet dei consiglieri Celic (5S) e Mervic (Lista Golfo) Contrarietà anche di Antoni del gruppo "Salute e Ambiente"
DUINO AURISINA «Ci opporremo con tutte le nostre forze alla realizzazione di un "mostro" che andrebbe a lacerare e ferire mortalmente un territorio di una bellezza unica». Decisa levata di scudi degli ambientalisti locali e di una parte dell'opposizione che siede in consiglio comunale a Duino Aurisina contro la proposta di Rete ferroviaria italiana (Rfi), riemersa in questi giorni, riguardo la realizzazione di una galleria sotterranea, della lunghezza di 23 chilometri, sulla tratta Aurisina-Ronchi che nello specifico andrebbe ad invadere la Grotta delle Torri di Slivia. «Questa variante ferroviaria - scrivono in un comunicato i consiglieri comunali Lorenzo Celic (M5S) e Vladimiro Mervic (Lista per il Golfo) e Danilo Antoni, portavoce del gruppo "Salute e Ambiente" - è stata bocciata già due volte a livello di "Via" sia nel 2005 che nel 2016. Evidentemente Rfi non demorde - aggiungono - perciò è opportuno ricordare che l'opera, inserita nel progetto Alta Velocità/Alta Capacità tra Venezia e Trieste, comporterebbe costi elevatissimi, tali da sfiorare un miliardo di euro, e porterebbe a un risibile risparmio di tempo, da un minimo di 6 a un massimo di 10 minuti, per i treni di lunga percorrenza». Ma il costo maggiore sarebbe un altro: «Parliamo della devastazione che subirebbero le zone coinvolte e le località carsiche con il loro delicatissimo ecosistema. L'impatto ambientale e sociale risulterebbe poi di proporzioni impensabili - insistono Celic, Mervic e Antoni - con migliaia di viaggi di autotreni impegnati a trasportare e depositare materiale da scavo. Senza contare le continue vibrazioni dovute al passaggio dei treni che, a opera finita, si ripercuoterebbero sulle abitazioni dei molti paesi delle vicinanze. Siamo convinti che il nostro territorio debba cominciare a limitare il più possibile gli interventi infrastrutturali, energetici e industriali. È infine incomprensibile - concludono - che queste notizie le si debba sempre apprendere dalla carta stampata e non da chi ci amministra. Auspichiamo una rapida presa di posizione del Comune».

Ugo Salvini

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 1 maggio 2020

 

 

Debutta in centro a Trieste la formula "bus a chiamata"
L'opzione rientra tra le misure allo studio per ridurre l'affollamento dei mezzi - Entro fine mese previsto il via alla app per prenotare il posto su tutte le linee
Trieste. Una app per prenotare il posto a bordo. L'estensione anche al centro città del servizio "smart bus" (una sorta un bus a chiamata tramite call-center o web, che consente di scegliere fermate di partenza e arrivo oltre a alla fascia oraria del tragitto). E ancora l'attivazione di una serie di corse riservate al personale delle varie aziende. Trieste Trasporti si prepara ad affrontare la fase 2 adottando misure in grado di rispettare le disposizioni emanate dal governo per ridurre il rischio di contagio da Covid-19. Misure che, inevitabilmente, continueranno ad avere una ricaduta sotto il profilo economico: da marzo, dopo l'inizio del lockdown, Trieste Trasporti ha perso l'85% dei ricavi. Il confronto tra aprile 2019 e 2020 parla di incassi crollati da 2,2 milioni a 700 mila euro. «Con queste cifre possiamo pensare di reggere pochi mesi - spiega l'amministratore delegato Aniello Semplice -. Sappiamo della volontà di attivare un fondo nazionale da 800 milioni, che potrebbe concretizzarsi già con il prossimo dpcm. Di questi dovrebbero arrivarne a Trieste circa 4/5 milioni. Un aiuto che consentirebbe di mitigare la situazione».Nel prossimo decreto nazionale dovrebbe anche essere prevista l'estensione di alcuni mesi dei soli abbonamenti annuali e scolastici. Sul fonte anti-contagio al momento il governo vorrebbe un'occupazione dei mezzi al massimo del 20%: dei 160 posti presenti negli autobus snodati da 18 metri ne saranno disponibili solo 30. «Un numero che renderebbe insostenibile il trasporto pubblico locale - aggiunge Semplice -. Per questo stiamo mediando con il governo per arrivare al 50%. Il vero banco di prova sarà poi a settembre, quando inizieranno le scuole e dovremo gestire mediamente 150 mila persone al giorno. Con queste regole, pur avendo 271 mezzi, sarà impossibile garantire il servizio se non verranno rimodulati gli orari di ingresso degli studenti - oggi il 99% inizia alla stessa ora -, e degli uffici. In questo senso l'assessore regionale ai Trasporti Graziano Pizzimenti con il suo ufficio sta facendo un lavoro molto importante».Dal 4 maggio verranno create delle linee dedicate alle aziende alle quali si potrà accedere solo attraverso l'esposizione del tesserino di lavoro e del titolo di viaggio. Un esempio sono le tre corse verso Cattinara e due per la Sissa. Le imprese interessate possono contattare TT per la creazione di un servizio ad hoc. Entro l'11 maggio, dopo la sperimentazioni in Carso, partirà poi come detto il servizio smart bus anche in centro città su tre direttrici: piazza Libertà via Svevo, piazza Tommaseo San Cilino e Corso Italia Ferdinandeo. Infine dal 15 maggio è previsto il via alla sperimentazione di una app in grado di garantire la prenotazione del posto sulle linee normali. Se il test dovesse andare a buon fine, il servizio potrebbe essere operativo da giugno. Al momento a bordo dei mezzi rimane l'obbligo di indossare la mascherina. Gli spazi interni saranno delimitati con degli appositi adesivi da lunedì prossimo. In caso di necessità verranno avviate delle corse aggiuntive in tempo reale. A controllare il rispetto delle norme sarà il personale delle forze dell'ordine e non quello di Trieste Trasporti. L'azienda ha già comunicato le diverse iniziative al Comune. L'assessore alle Partecipazioni societarie Francesca De Santis parla di «situazione difficile sia per l'azienda che per cittadini, lavoratori e studenti. L'invito è di avere pazienza e attenersi alle disposizioni».

Andrea Pierini

 

Già rotta la "tregua pandemica" bipartisan in Consiglio comunale

Pd e Open contro la giunta: «Boccia il nostro sostegno agli alberghi» - FI rivendica la mozione sui migranti. M5S: «Ora mobilità alternativa»
Prosegue il dibattito sulla scia del Consiglio comunale di martedì: incrinato il clima di collaborazione, l'opposizione accusa la giunta di ignorare le categorie economiche, mentre il centrodestra rivendica l'approvazione di una mozione in materia di rotta balcanica. La consigliera e segretaria dem Laura Famulari attacca: «Dipiazza si riempie la bocca di turismo ma poi il centrodestra si rifiuta di aiutare gli albergatori. È inspiegabile e ingiustificabile che la maggioranza abbia detto "no" all'urgenza per la mozione con cui chiediamo di differire la scadenze per il versamento dell'imposta di soggiorno dal 30 aprile al 31 luglio 2020, che in alcuni casi avrebbe consentito di anticipare la cassa integrazione per i dipendenti». Al fianco di Famulari si schiera anche la consigliera di Open Fvg Sabrina Morena, che martedì ha lasciato l'aula assieme ai colleghi del Pd in segno di protesta per la bocciatura della mozione.Dal canto suo il capogruppo di Forza Italia Alberto Polacco rivendica una mozione, cofirmata da Lega, Fratelli d'Italia e Lista Dipiazza e fatta propria dalla giunta in cui chiede il blocco del confine: «Il testo invita il comune, anche a mezzo del Prefetto di Trieste, affinché si provveda al blocco degli ingressi irregolari provenienti dalla rotta balcanica, tenuto conto della criticità assoluta che tale situazione sta generando in relazione alla possibile diffusione del coronavirus e non solo e garantire la stabile presenza anche dei militari in supporto alle forze dell'ordine per il monitoraggio della fascia confinaria».La capogruppo M5S Elena Danielis lamenta la bocciatura di una lor mozione sulla mobilità alternativa: «Al termine del lockdown potremmo ritrovarci con un traffico urbano completamente diverso rispetto al passato. Occorre quindi creare degli spazi sicuri per chi è disponibile a usare la bicicletta. La bici è infatti il mezzo di trasporto che più di ogni altro potrà limitare la vicinanza tra le persone, da un lato, e contribuire alla riduzione dell'inquinamento, dall'altro».

Giovanni Tomasin

 

Rete ciclabile transfrontaliera - Sì al progetto da 1,7 milioni
La realizzazione nel parco dell'Isonzo è curata dal Gect e finanziata dall'Ue - Prevista anche un'area verde con stalli per camper e percorsi pedonali
Prosegue senza intoppi l'iter per arrivare alla realizzazione, entro la prossima primavera, dell'itinerario ciclabile e pedonale del parco transfrontaliero sull'Isonzo promosso nell'ambito del Gect Go. In questi giorni è stato approvato il progetto definitivo relativo al lotto 4, cofinanziato dal programma di cooperazione territoriale Interreg V-A Italia-Slovenia 2014-2020.A predisporlo è stata una rete temporanea di professionisti del gruppo Stradivarie architetti associati di Trieste, per una spesa complessiva di 1.727.797,97 euro. In una delibera del Comune sono indicati tutti i pareri favorevoli ottenuti in questi mesi da parte di un gran numero di enti, come la Regione, l'Acegas Aps Amga, il Consorzio di bonifica "Pianura isontina", l'Insiel, la Soprintendenza, la Forestale e le principali compagnie telefoniche. Complesso infatti il piano dei lavori che prevede diverse concessioni e espropri. Come è noto, l'iniziativa porterà all'attesa rete transfrontaliera comune di percorsi ciclabili e pedonali lungo l'Isonzo che formerà un parco urbano tra Gorizia, Sempeter-Vrtojba e Nova Gorica, con la predisposizione di infrastrutture ricreative che valorizzeranno il territorio anche dal punto di vista turistico. Entro il 2021 verranno realizzati consistenti lavori infrastrutturali che miglioreranno la fruibilità dell'area per i cittadini e per i cicloturisti. I lavori previsti all'interno del progetto Isonzo-Soca sono divisi in quattro lotti. Il primo ha portato alla realizzazione di un'area verde attrezzata con parcheggi per i camper a Vrtojba. Il secondo, in corso di svolgimento, riguarda invece la costruzione di una passerella sul fiume Isonzo a Salcano e a delle piste ciclabili di collegamento con la ciclabile proveniente da Salcano-Plave. Questo percorso proseguirà fino al confine di San Mauro. Il lotto 3 riguarda invece un itinerario ciclabile e pedonale tra Salcano, via degli Scogli e Kolodvorska pot, ancora sul lato sloveno. Questo tratto attraverserà la piazza della Transalpina per estendersi fino alla Erjavceva cesta di Nova Gorica e a via San Gabriele. Il lotto 4 prevede, infine, percorsi pedonali e ciclabili lungo l'Isonzo da via degli Scogli al Parco di Piuma e fino a Straccis, oltre che lungo l'asse trasversale dallo stesso Parco a via San Gabriele. Si tratta di un itinerario ciclopedonale lungo l'Isonzo e di uno trasversale che collega via San Gabriele al Ponte del Torrione.

Emanuela Masseria

 

 

«Ingiustificata e inutile la variante ferroviaria tra Aurisina e Ronchi» - il consigliere regionale Nicoli (FI)
RONCHI«È ingiustificata e inutile la variante ferroviaria tra Aurisina e Ronchi dei Legionari, prevista tra gli interventi nel lungo periodo dal progetto di potenziamento e velocizzazione del collegamento Venezia Mestre-Trieste, presentato da Rete ferroviaria italiana nella IV commissione consiliare». Lo afferma il presidente del gruppo consiliare regionale di Forza Italia, Giuseppe Nicoli. Un'opera di tal portata, dice, «andrebbe a interessare l'ecosistema carsico con sovrappassi e sottopassi ferroviari altamente impattanti per la geologia e l'ambiente. Tutto ciò per diminuire il tempo di percorrenza tra le stazioni di Trieste Airport e Trieste centrale di 6-8 minuti, a fronte di centinaia di milioni di euro di spesa». Per Nicoli, l'opera è inutile per l'alta velocità riferita al trasporto passeggeri, che va ottimizzato tra Venezia e Trieste nell'ambito della pianura, anche grazie «agli interventi decritti da Rfi, che dovrebbero partire a breve e concludersi nel 2025». La variante «non risolve nemmeno i problemi dell'alta capacità per il trasporto merci da e per i porti di Trieste e Monfalcone. Problemi sul tavolo da tempo, che vedono nei colli di bottiglia di Aurisina e bivio San Polo i principali nodi da risolvere. Rfi - continua - è un esecutore tecnico delle direttive impartite dal ministero referente e a questo dovremo rivolgere le nostre proposte e perplessità». Nicoli ricorda i problemi irrisolti: «Il posizionamento delle barriere antirumore, previste da un decreto ministeriale del 2000 non ancora messe in cantiere. I Comuni poi sono in difficoltà a concedere permessi in deroga alle norme sui rumori per cantieri ferroviari a ridosso delle abitazioni. Resta il problema dei passaggi a livello (come quello sulla statale 305 a Ronchi) e vanno ammodernate le stazioni (barriere architettoniche tra un marciapiede e l'altro)». Per la stazione di Monfalcone, Nicoli ritiene sia necessario anche riqualificare il piazzale esterno: «La stazione potrebbe diventare inoltre luogo di attrazione storico-culturale vista l'immediata contiguità con il parco tematico della grande guerra».

 

 

Ex Fiera, la Regione fissa gli ultimi paletti: tetto agli spazi commerciali e tutele green
Pronte le indicazioni che consentiranno alla variante urbanistica di divenire esecutiva in vista del mega progetto della Mid
Non si potrà incrementare la superficie totale coperta del centro commerciale. Per la riqualificazione poi di piazzale De Gasperi sarà necessario utilizzare un manto che sia permeabile per rispettare il criterio di sostenibilità. Ecco alcune delle indicazioni vincolanti, dettate dalla Regione, da inserire nella variante 4 al piano regolatore, approvata dal Municipio lo scorso gennaio, per la realizzazione del futuro centro commerciale dell'Ex Fiera della carinziana Mid, proprietaria da oltre due anni del complesso. Passaggi questi necessari e ordinari che gli enti regionali sono tenuti a espletare per verificare la coerenza dei piani regolatori comunali con il piano urbanistico regionale e le norme del settore. Le indicazioni, che non erano state recepite dal Comune, sono state adottate automaticamente attraverso la giunta regionale, che ieri su questo argomento ha approvato una delibera presentata dall'assessore alle Infrastrutture e al Territorio Graziano Pizzimenti. Si tratta di misure ovviamente «concordate sempre con il Municipio stesso», precisa l'assessore, che specifica: «Il Comune di Trieste ha superato praticamente tutte le riserve che avevamo già presentato, salvo alcuni elementi di dettaglio. È stato necessario perciò introdurre alcune integrazioni alla documentazione della Variante urbanistica e al Piano di settore del Commercio, per superare tutte le osservazioni formulate e consentire alla variante di divenire esecutiva». Ma quali sono queste integrazioni per la futura costruzione compresa tra via Revoltella, via Rossetti, via Sette fontane? Innanzitutto non è previsto un aumento della superficie complessiva coperta dedicata al centro commerciale. Allo stesso tempo però «questa superficie - evidenzia Pizzimenti - potrà essere invece ridotta per favorire l'inserimento di altre attività non legate al centro commerciale». Questo vuol dire che per realizzare ad esempio una palestra bisognerà ridurre lo spazio dedicato ai negozi. Una nota all'insegna della sostenibilità riguarda il materiale che dovrà essere utilizzato per la riqualificazione di piazzale De Gasperi. L'intervento rientra infatti tra gli oneri di urbanizzazione di questa area, che saranno comunque da definire in una fase successiva. La superficie calpestabile della zona, sottolinea la Regione, dovrà essere dunque permeabile: si tratta di una specifica indirizzata al risparmio del consumo di suolo. Quali sono i materiali da utilizzare in questo senso? Si potrà ricorrere a una pavimentazione drenante o realizzando una zona verde. Tra le ultime indicazioni poi emerge anche la necessità di limitare le destinazioni d'uso ammesse per l'ex Fiera per mantenere i parametri stabiliti del volume di traffico. Ovvero, nel caso in cui il privato esprima l'esigenza di realizzare spazi direzionali o dedicati a servizi e attrezzature collettive, artigianali, alberghieri o a parcheggi, sarà necessaria «una nuova verifica di sostenibilità dell'impatto viabilistico che escluda incrementi dei volumi di traffico». Con la variante 4 completa, lo step successivo riguarda il piano particolareggiato. La proprietaria Mid sta elaborando in questo periodo, grazie al confronto settimanale con gli uffici del dipartimento Territorio, Economia, Ambiente e Mobilità (direttore Giulio Bernetti), la seconda fase, che dovrà essere approvata dal Comune e che permetterà al privato di ottenere i permessi per iniziare l'opera edilizia. Nel frattempo, già dallo scorso gennaio, sono iniziati i primi lavori di demolizione. In totale saranno rasi al suolo 130 mila metri cubi di cemento, in gran parte macinati sul posto per fornire materia prima alla futura realizzazione. Si potrà ora passare a mettere a punto il progetto dell'architetto monfalconese Francesco Morena, prevede un investimento complessivo di 100 milioni di euro voluto dall'imprenditore carinziano Walter Mosser, leader della Mid che ha a Klagenfurt il quartier generale. In un'area di 15mila metri quadrati l'imprenditore intende infatti realizzare negozi, botteghe artigianali, studi professionali, bar, ristoranti ma anche attività di wellness, fitness e saune.

Benedetta Moro

 

Alloggi hi-tech, park e palestra nella villa secolare di Opicina - IL PIANO DI RECUPERO
In via Ermada, a Opicina, in una villa d'inizio Novecento, nascerà un nuovo complesso abitativo, che sarà affiancato da altre due costruzioni. Il progetto di riqualificazione iniziale, firmato dallo studio Marzi & Sterni e realizzato dall'impresa edile Monticolo & Foti, prevedeva la realizzazione di 15 "aparthotel". Ma l'attuale emergenza ha spinto a un ripensamento della destinazione d'uso in corso d'opera. Il committente è Villa Wisteria, srl di cui è amministratore unico Edi Kraus, l'ex assessore allo Sviluppo economico e allo Sport della giunta Cosolini. Con un investimento di quasi quattro milioni di euro totali, verranno quindi realizzati nove appartamenti con 11 parcheggi sotterranei, più altri esterni, da affittare o vendere. La società aveva acquisito la villa nel 2008. «Due anni fa - spiega Kraus - ho deciso di fare quest'investimento, perché gli indici di turismo stavano aumentando. Sul Carso e a Opicina non c'erano strutture simili». La casa ha una sua storia: è stata costruita nel 1902, quando Opicina è stata collegata con il tram, diventando così luogo di villeggiatura estiva. «Le ville più belle vennero costruite vicino alla stazione del tram», sottolinea Kraus: «Grazie poi ai proprietari che si sono succeduti, questa dimora è rimasta uguale da un punto di vista architettonico». Gli esterni sono stati salvaguardati, mentre la parte interna è stata completamente sventrata e sarà ricostruita da zero. La palazzina, dotata già di adeguamento antisismico, sarà affiancata da altre due abitazioni moderne. «Sono stati adottati gli attuali criteri di costruzione - evidenzia ancora Kraus - con un impianto geotermico e pannelli solari fotovoltaici che alimentano gli impianti tecnologici, tutti molto avanzati. Inoltre ci sarà anche una piccola palestra». Il cantiere ripartirà lunedì e dovrebbe terminare alla fine dell'anno. «In questo cantiere abbiamo realizzato con il mio socio Luca Foti un lavoro davvero particolare», sottolinea Andrea Monticolo, ad dell'impresa e vicepresidente nazionale, al terzo mandato, dell'Associazione costruttori d'impianti, aderente a Confindustria: «Adesso siamo pronti a ripartire, ma per i cantieri si palesano grandi criticità dopo quest'emergenza. Pensiamo alla difficoltà negli spostamenti, in quanto sarà permesso di muoversi con due persone per autovettura, oppure ai dipendenti, che dovranno lasciare a casa i propri figli: con chi staranno? Il governo deve provvedere a risolvere queste criticità».

be.mo.

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 30 aprile 2020

 

 

A Bosc di Sot 35 specie protette - L'area del laghetto va tutelata
Legambiente evidenzia la presenza di fauna selvatica d'interesse comunitario - Chiesto un monitoraggio prima di concedere variazioni al piano regolatore
Cormons. Nel laghetto di Bosc di Sot ci sono specie protette di anfibi e uccelli. Lo stabilisce uno studio effettuato da Legambiente Gorizia che, attraverso l'occhio di due scienziati naturali, ha osservato a distanza quali siano gli animali stanziati ormai da tempo all'interno dell'area verde non distante dalle strutture delle Fornaci Giuliane. La relazione di Legambiente, firmata dai naturalisti Michele Tofful e Davide Roviani, è stata consegnata a Regione e Comune e identifica la presenza di 35 specie di fauna selvatica vertebrata: 8 sono inserite nella Direttiva Europea sulla protezione degli uccelli, mentre sono quattro le tipologie di anfibi inseriti nella Direttiva "Habitat" d'interesse comunitario. «L'area di Bosc di Sot - si legge nella relazione - si trova all'interno di un sistema collinare utilizzato da molti anni per l'estrazione di argilla. La zona umida è composta da un bacino di circa 60 mila metri quadrati e da una zona palustre sopraelevata, formatosi nell'ultimo lotto di estrazione dell'argilla, di circa 8 mila mq. Il vasto bacino si è formato nel corso degli ultimi due anni, in seguito all'abbandono dell'attività estrattiva, e si è rapidamente riempito d'acqua». È lì che Tofful e Roviani, pur non potendo accedere all'area, sono riusciti ad accertare la presenza di 35 specie di fauna selvatica vertebrata: si tratta di 6 anfibi, 24 uccelli e 5 mammiferi. Come uccelli sono stati osservati il tarabuso, la casarca, il marangone minore e ben 210 oche grigie. «Tra gli uccelli ben otto sono elencati nell'allegato I della Direttiva Europea sulla protezione degli uccelli 79/409/CEE, recentemente sostituita dalla Direttiva 2009/147/CE. La Direttiva impone agli Stati membri di tutelare tali zone umide». Il tarabuso in particolare è una specie di airone che in Italia è piuttosto raro. «Per quanto riguarda gli anfibi finora rilevati - proseguono i due studiosi - la specie di maggior pregio è la rana di Lataste, un anfibio endemico della pianura padana. È una specie prettamente boschiva e si riproduce nelle piccole pozze d'acqua che si creano ai lati di un torrente o negli avvallamenti. La Rana di Lataste è inclusa nell'Allegato II della Direttiva 92/43/CEE "Habitat" ed è quindi specie d'interesse comunitario la cui conservazione richiede la designazione di Zone Speciali di Conservazione (Zsc). Quattro specie, sul totale delle sei rilevate, sono invece incluse nell'Allegato IV della stessa Direttiva; rana di Lataste, rospo smeraldino, rana agile e raganella italiana». È fatto divieto di «catturare o uccidere esemplari di tali specie nell'ambiente naturale, perturbare tali specie, in particolare durante tutte le fasi del ciclo riproduttivo, distruggere o raccogliere le uova e i nidi nell'ambiente naturale, danneggiare o distruggere i siti di riproduzione o le aree di sosta». Secondo i ricercatori, dunque, l'area umida di neo formazione risulta essere «un ambiente ad elevato interesse naturalistico». In conclusione, sostengono: «Prima di concedere qualsiasi autorizzazione o effettuare delle modifiche al Piano regolatore comunale è necessario attuare una serie di monitoraggi di flora e fauna presenti».

Matteo Femia

 

 

Petrolio ancora sotto zero: «Addio all'energia pulita» - Secondo l'analisi di Generali Investments

«Gli investitori obbligazionari hanno qualcosa da dire agli operatori del mercato petrolifero: benvenuti nel club! I prezzi del petrolio sono scesi sotto zero!»: Vincent Chaigneau, Head of Research di Generali Investments analizza sul sito della compagnia l'era del petrolio sotto zero. Secondo Moody's i prezzi resteranno bassi quest'anno sia per il West Texas Intermediate sia per il Brent, rispettivamente a circa 30 e 35 dollari al barile.«La carenza di strutture di stoccaggio e i costi complessivi di un'interruzione della produzione hanno portato a questa anomalia. Ma la causa principale è il calo della domanda provocato dai lockdown. Il taglio del 10% della produzione deciso in aprile si è rivelato ampiamente insufficiente».Ora i prezzi sono tornati positivi, ma i future restano sotto i 30 dollari per il resto dell'anno: «Sono livelli insostenibili -continua l'economista del Leone-e il numero di impianti di trivellazione negli Usa sta già diminuendo. Neanche i produttori più efficienti possono sopravvivere: il pareggio di bilancio per l'Arabia Saudita è sopra gli 80 dollari al barile».Previsioni? «I prezzi dovranno risalire, ma probabilmente non lo faranno a breve. Il presidente Trump vuole usare il denaro dei contribuenti per sostenere l'industria petrolifera statunitense. Sarebbe chiaramente un'allocazione impropria di quelle risorse. I produttori americani avevano guadagnato quote di mercato: gli Usa guidano ora la classifica mondiale dei paesi produttori. Ciò è ridicolo se si considera che il loro costo di produzione è più alto di quasi tutti gli altri. Tenere in vita queste compagnie non farebbe che aggravare l'eccesso di offerta e mantenere i prezzi più bassi più a lungo».A cosa ci condurrà questo processo? «Purtroppo il prezzo basso ritarderà la transizione verso l'energia pulita, in un momento in cui i piani per contrastare il cambiamento climatico sono già messi a rischio dalle implicazioni della crisi per i conti pubblici. Parliamo di un deficit di bilancio Usa pari a circa il 20% del Pil».

 

 

L'orso bruno catturato tra i monti - La trappola dopo mesi di libertà
Dopo la fuga del luglio 2019, il giovane maschio M49 è ricomparso. In Trentino convivenza impossibile con l'esemplare
Non è una buona notizia quella della cattura appena avvenuta dell'orso Papillon (odiosamente marcato con la sigla M49, quasi a indicare un ineludibile destino da recluso) nella zona delle Giudicarie. E non ha molte spiegazioni, almeno da un punto di vista scientifico e contingente. Non risultano infatti, dopo l'ibernazione, attacchi o comportamenti pericolosi verso gli uomini (e nemmeno verso il patrimonio zootecnico) e anche quelli indicati in passato non permettevano una sicura connotazione di pericolo per quell'orso. In definitiva, Papillon è tutt'al più da considerarsi un orso problematico, visti i danni economici ad alcune attività produttive, peraltro favoriti dalla mancata adozione di strumenti di prevenzione adeguati. Ma la sua pericolosità per le persone è ancora da dimostrare. Tutt'al più possiamo definirla 'potenziale'.Non è una buona notizia perché dimostra che in Italia riesce difficile la convivenza con quel mondo naturale, e con i suoi abitanti non umani, che, a parole, molti dicono di auspicare. Proprio mentre siamo tutti sorpresi dalla forza e dalla ricchezza della vita naturale che prorompe nelle aree cittadine e nei paesi in cui le persone sono obbligate in casa per via della pandemia. Ci piace osservare quella reazione naturalistica, purché non ci riguardi troppo da vicino o non sia prolungata nel tempo. L'orso è una specie protetta sia da Direttive internazionali che da leggi nazionali (Legge 157/92), e eventuali interventi di cattura e captivazione di un individuo devono rispettare alcune fondamentali e comprovate condizioni di necessità. Inoltre non sembra un'ottima idea quella di rinchiuderlo nella stessa recinzione del Casteller, mostratasi, nel migliore dei casi, totalmente inadeguata in occasione della fuga precedente. Come l'orso sia riuscito a scappare, nel luglio 2019, da un recinto alto più di quattro metri e per di più elettrificato fino a 7000 volts, visto che gli orsi ancora non hanno sviluppato la capacità di volare, resta un mistero non chiarito dalle autorità locali. E valgono le considerazioni fatte già a suo tempo a proposito del fatto che circa un milione di italiani, in Trentino, dove la densità di popolazione è di 79 abitanti per kmq, non riescono proprio a convivere con questo orso bruno lasciandolo libero. E neanche con qualche decina di suoi compari sparsi nelle Alpi orientali. Quando non ci sono evidenze di problemi per l'incolumità di chi va a fare una passeggiata e nemmeno danni soverchi alle attività produttive. Nella vicinissima Slovenia, si convive abbastanza tranquillamente con 450 orsi (da noi sono una cinquantina), con rare catture e ancor più rari abbattimenti in condizioni estreme, registrando, di media, un caso pericoloso di aggressione l'anno. Dimostrando che sono l'informazione e l'educazione gli elementi per la convivenza. Inoltre ricordiamo che è sempre necessario il parere positivo dello Stato, e la dimostrazione concreta che non esistano valide soluzioni alternative, nel deprecato caso in cui si volesse optare per l'abbattimento. Ma da questa storia usciamo tutti sconfitti e vediamo prevalere l'ignoranza delle questioni naturalistiche oppure gli interessi di parte. L'orso è una "specie-ombrello", che garantisce la sopravvivenza anche di altre specie. Ma è anche una "specie-critica", che espleta una seria di funzioni fondamentali per l'intero ecosistema. Infine è una "specie-bandiera", perché amato dalle persone e dai turisti e catalizzatore di interesse. Cioè a dire che, se si è intelligenti, si può addirittura sfruttare in senso positivo la libertà di cui gode in territori che così si gioverebbero dell'imprimatur di "intatti" e dunque degni di visita e residenza. In questo quadro l'eventuale danno, sempre limitato per definizione, in quanto la dieta dell'orso è vegetariana al 70%, al patrimonio zootecnico è rimediabile e di importanza secondaria. Semmai è chiara la necessità di investire sempre più energie e risorse nella prevenzione dei danni, per lavorare per la convivenza con l'uomo e evitare che simili episodi si ripetano, considerato anche che la popolazione trentina di orsi è in continua espansione spaziale e numerica. Gli orsi sono esseri magici, una mescolanza di uomini, dei e animali. Ricordiamo che la ninfa dell'Arcadia Callisto fu trasformata in orsa per avere trasgredito il suo voto di castità. Peraltro Callisto lo tradì con Zeus, che, dopo averne approfittato, non impedì che fossa punita dagli dei. Per farsi perdonare, però, la trasformò in costellazione (insieme con il figlio Arcade). E in cielo abbiamo almeno due orse, una maggiore e una minore. Ribadiamo che l'orso ci somiglia da vicino, per questo lo abbiamo inserito nel mito: abbiamo iniziato insieme la nostra parabola da animali a dei, solo che noi non siamo più in capaci di una convivenza armonica.

Mario Tozzi

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 29 aprile 2020

 

 

Via al bando di gara per l'installazione di 30 boe ecologiche nel golfo di Panzano
Messe a disposizione dei diportisti che vanno a fare il bagno per evitare l'uso dell'ancora che erode i fondali marini
Avviata la gara per la sistemazione di trenta boe ecologiche nel golfo di Panzano. A causa dell'emergenza virus Covid-19 non si sa se si riuscirà a fare vacanza quest'anno e se vanno avanti così le cose nemmeno l'anno prossimo, non si sa neppure se sarà possibile spostare la barca. Quello che è certo è che se non si riuscirà ad andare in Croazia per qualche anno si potrà almeno godere delle bellezze naturali locali e ormeggiane nel golfo di Panzano in maniera ecologica al largo dell'isola dei bagni. È stata avviata infatti dal Comune la procedura di gara pubblica per la fornitura di 30 boe ecologiche. Entra nella fase finale il piano di intervento per la tutela del litorale da Panzano alla Cona nell'ambito del progetto europeo Saspas che ha già visto la piantumazione in mare delle fanerogame. «Quello dell'erosione della linea di costa e dei fondali è l'effetto più evidente dei cambiamenti climatici in corso - ricorda il sindaco Anna Cisint - che stanno trasformando in modo irreversibile le comunità marino costiere distruggendone gli ecosistemici. Un tema rilevanti per il nostro territorio nel quale ci sono circa 4 mila posti barca e importanti siti naturalistici». L'unico rimedio è ripristinare la flora marina attraverso piantumazioni di fanerogame e con ormeggi per i diportisti per evitare di calare l'ancora quando si staziona davanti alla costa e non provocare danni. Le praterie di fanerogame sono habitat importanti per la biodiversità, sono le nursery per molte specie ittiche anche di interesse commerciale abbattendo la CO2 , come fanno le foreste. L'Ue come è noto ha accolto il progetto di sperimentazione di questo modello nel territorio. E proprio Monfalcone è l'ultima riserva per alcune tipologie di flora e fauna marina sparite dall'intero golfo di Trieste e dall'Adriatico. Il progetto diventerà una buona pratica per altri contesti.Il Comune, a cui è stato concesso un finanziamento di oltre 2 milioni di euro, fa da battistrada e capofila di un progetto che riguarda anche altre aree come le Incoronate, la laguna di Venezia e il parco marino di Brindisi. Anche Esof 2020 nel panel dei propri incontri scientifici ha previsto un incontro di presentazione visto il valore dell'iniziativa, che il Comune riproporrà nel nuovo programma dell'esposizione dedicata alla scienza.Il corona virus non ha fermato il progetto Saspas. In questi giorni gli uffici hanno rimodulato il piano delle attività e conseguentemente il budget, prevedendo una proroga di 9 mesi al completamento dei lavori e stanno avviando diverse procedure di gara per i relativi affidamenti. Già effettuato quello che ha dato il via alla collaborazione scientifica con la società Shoreline, che gestisce il parco marino di Miramare, ora è aperto l'affidamento per la fornitura, installazione e funzionamento dei sistemi di ancoraggio "environmental-friendly" che possono ridurre significativamente l'impatto sui prati di piante marine causato dall'ancoraggio di imbarcazioni da diporto o da altre cause.Si prevede il posizionamento di 30 gavitelli nella baia di Panzano per favorire l'ormeggio giornaliero dei diportisti che escono in barca per fare il bagno, in una zona lontana dalle aree colonizzate da praterie a fanerogame marine e per contenere il fenomeno dell'estirpazione della vegetazione. L'intervento riguarderà le prossime due stagioni balneari estive, ma a seconda dell'emergenza potrebbe essere richiesta la proroga di un anno per il completamento del servizio, che comprende anche la predisposizione di cartelli e adesivi informativi circa l'utilizzo delle stesse boe, che avranno forma sferica o semi-sferica e dimensioni minime di cm 55 di diametro e altezza sull'acqua di circa 60 cm.

Giulio Garau

 

 

Nuovi arrivi alla Cona i puledri di Camargue - Delfino a Marina Julia
Nella riserva sull'Isonzo sono nati tre cavallini ed è atteso un quarto - Belle sorprese per festeggiare le passeggiate lungo il litorale
STARANZANO. Cresce la famiglia dei cavalli Camargue all'Isola della Cona. In una decina di giorni sono nati, infatti, tre puledrini, due maschi e una femmina curati dalle "mamme" e protetti da "papà Tomo. Se i calcoli degli operatori sono giusti ne a breve ne dovrebbe arrivare un quarto. Una bella notizia per questi giorni molto particolari. La famigliole sono state avvistate a brucare l'erba nell'area del "ripristino" di fronte al finestrone del "Museo della papera", poiché il branco in genere vive allo stato brado in prossimità della foce lontano dal centro visite. Sono scene familiari emozionanti che purtroppo non sono alla portata dei fruitori e dai birdwatcher perché la riserva è ancora off limits ai visitatori. Anche se i lieti eventi erano già nell'aria, per gli operatori della riserva si è trattata ugualmente di una bella sorpresa scoperta durante il quotidiano giro di perlustrazione dell'area. I Camargue rappresentano da sempre una delle attrazioni più caratteristiche dell'Isola della Cona per bambini e adulti, specie nelle escursioni estive utilizzando quelli addestrati che hanno un carattere mite, sono addomesticati e pronti per essere cavalcati. La festa delle nascite dovrebbe continuare secondo gli operatori Matteo De Luca, Silvano Candotto della Stazione biologica della Cona (Sbic) e Letizia Kozlan domatrice dei Camargue e vicepresidente della Rogos che ha in gestione la riserva, poiché erano quattro le cavalle che dovevano dare alla luce altrettanti puledri. Tre sono già arrivati e se ne attende un altro. «I puledrini, che hanno il pelo scuro da piccoli, sono nati a distanza di pochi giorni l'uno dall'altro probabilmente all'alba - ha spiegato ieri Matteo de Luca - poiché ho visto le famigliole attorno alle 6 mentre albeggiava durante il consueto giro di monitoraggio per gli uccelli. Le cavalle che erano "in attesa" si vedevano a mangiare l'erba nei giorni scorsi nei pascoli davanti al bar della Cona. Non appena sarà riaperta la fruizione della riserva potranno essere facilmente osservati. Tra il 10 ed il 15 aprile - aggiunge De Luca - sono nati invece altri due puledrini Camargue anche nella vicina Riserva di Val Stagnon a Capodistria, con la quale collaboriamo da anni nelle attività scientifiche».Non resta che trovare i nomi ai nuovi arrivati che in base al regolamento, comincerà con la "K" ("K" indica appunto l'anno 2020) e dovrà essere anche l'iniziale di un sostantivo che richiama elementi della natura o anche fenomeni naturali. La tradizione prevede, secondo quanto riferisce Letizia Kozlan, un concorso pubblico che verrà attivato in rete già nei prossimi giorni. Chi vuole partecipare può farlo comunicando le sue proposte o votando i nomi presenti sul profilo Facebook dell'isola della Cona. Avvistato inoltre al largo di Marina Julia un delfino come attesta la foto inviata dal lettore Andrea Cristin, che spiega: «Stavo passeggiando una pinna scura ha destato la mia attenzione. Fortuna ha voluto che avessi la macchina fotografica e dopo un po' di pazienza sono riuscito a scattare qualche foto della splendida creatura che faceva capolino tra le onde a meno di 70 metri dalla battigia».

Ciro Vitiello

 

 

«Discarica davanti al cimitero, scempio senza giustificazioni»
Si scatena il fuoco incrociato contro l'amministrazione di Duino Aurisina accusata di non aver vigilato a sufficienza nei pressi delle tombe di Visogliano
DUINO AURISINA. Commenti molto severi da parte dei residenti. Accuse sia a chi ha eseguito i lavori sia all'amministrazione municipale, che «avrebbe dovuto controllarne l'operato». E, in generale, un forte senso di disagio in tutta la comunità. Ha suscitato grande eco, a Visogliano e nell'intero territorio comunale di Duino Aurisina, la notizia della discarica a cielo aperto a ridosso del muro di cinta del cimitero della piccola frazione carsica. Le spiegazioni dell'assessore Massimo Romita, che ieri ha confermato che «l'ammasso è il risultato di una serie di demolizioni di tombe eseguite a febbraio, nell'ambito del periodico intervento di esumazioni, e poi lasciato sul posto perché nel frattempo è scattata l'emergenza da coronavirus», non sono dunque state ritenute sufficienti. A puntare il dito per primi verso l'esecutivo municipale sono stati ovviamente gli esponenti dell'opposizione.«È palpabile quanto comprensibile e giustificata - ha detto a questo proposito Igor Gabrovec, capogruppo della Lista Insieme-Skupaj - l'indignazione dei cittadini nel vedere una discarica, per quanto definita provvisoria, a fianco del cimitero, un luogo sacro e, in quanto tale, caro alla sensibilità di ciascuno di noi. Per non parlare della legislazione - ha aggiunto Gabrovec - giustamente severa e inflessibile quando si tratta di terre e rocce da scavo. Ci aspettiamo risposte e rassicurazioni chiare e inequivocabili da parte dell'amministrazione comunale già in occasione della prossima riunione dei capigruppo (che è in programma oggi pomeriggio, ndr), affinché scene come quella di Visogliano non vengano più a ripetersi». Di «spettacolo ignobile, con giustificazioni che rasentano il ridicolo» ha parlato a sua volta il capogruppo della Lista per il golfo Vladimiro Mervic. «I residui dello scavo andavano portati via subito - ha sottolineato Mervic - e non lasciati davanti all'ingresso del cimitero. Capitò la stessa cosa l'anno scorso al cimitero di San Giovanni di Duino e la discarica rimase sul posto per mesi». «Ritengo che questa sgradevole situazione - ha commentato Lorenzo Celic (M5s) - non sia solo una pessima immagine per il territorio, ma anche il risultato di una grave svista da parte di chi, in Comune, dovrebbe controllare che i lavori siano eseguiti a regola d'arte. Questo stato di fatto è irrispettoso di ogni forma e di ogni norma sulla sicurezza. Spero che gli assessori competenti - ha concluso l'esponente grillino - prendano in mano la questione con la massima urgenza». «Se non si provvederà rapidamente allo spostamento di quei materiali - ha osservato infine Elena Legisa (Rifondazione comunista) - si rischia di veder crescere quell'ammasso di rifiuti, perché le persone potrebbero essere portate a lasciare altre immondizie sul posto. In ogni caso, era ed è compito del Comune vigilare».

Ugo Salvini

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 28 aprile 2020

 

 

«Mobilità urbana da ripensare per evitare il collasso da auto»
Nove associazioni chiedono un Consiglio comunale straordinario
T
rieste. Una mobilità urbana completamente da ripensare a Trieste alla luce dell'emergenza Covid-19. A partire dalla fase 2. Nove associazioni (Tryeste, Fiab, Uisp, Legambiente, Fridays For Future, Bora.La, Zeno, Link e Spiz) hanno chiesto un Consiglio comunale straordinario «per iniziare un percorso e mettere a sistema una serie di proposte per far sì che la tanto attesa fase 2 possa diventare il momento per sperimentare soluzioni che agevolino la mobilità, rendano maggiormente appetibile il mezzo pubblico, in un contesto di maggior sicurezza per i pedoni e i ciclisti». L'occasione è offerta dalla ripartenza prevista per lunedì prossimo. «Dal 4 maggio l'allentamento delle restrizioni per il contrasto della diffusione del Covid-19 porterà progressivamente alla riapertura delle attività produttive e commerciali. Per farlo però dovrà essere ancora mantenuto per lungo tempo un distanziamento sociale tra le persone - spiega Federico Zadnich, portavoce della nove associazioni -. In questa situazione è verosimile che l'uso del trasporto pubblico, che a Trieste copriva il 20% degli spostamenti urbani, sarà fortemente ridotto».Gli effetti del distanziamento sociale rischiano di portare a Trieste il traffico al collasso. «In assenza di un Piano emergenziale per la mobilità urbana Post-Covid è facile prevedere che chi abbandonerà il trasporto pubblico avrà come unica alternativa per raggiungere il posto di lavoro e muoversi in città l'automobile - spiega Zadnich -. Se questo dovesse avvenire ci troveremmo di fronte a un aumento rilevante del traffico, con danni per la sicurezza, la salute, l'ambiente». A confermare questa preoccupazione ci sono i dati della provincia del Wuhan, in Cina, dove nella fase post Covid l'uso privato dell'auto è passato dal 34% al 66% degli spostamenti urbani mentre quello del trasporto pubblico è crollato dal 56% al 24%. Per questo bisogna intervenire subito «prendendo decisioni utili a gestire questa fase transitoria rafforzando la mobilità alternativa all'auto». Città come Budapest, Bogotà, Philadelphia, Vancouver, Calgary, Vienna, Città del Messico, Berlino e Londra e in questi giorni anche Milano, Roma e Torino si stanno attivando. Si pone dunque il problema di garantire anche a Trieste altre forme di mobilità alternative all'auto attraverso la realizzazione di un Piano emergenziale per la mobilità urbana Post-Covid che preveda «una serie di contromisure per mitigare gli effetti dello sbilanciamento dell'offerta di mobilità sulle auto». Possibili azioni di questo piano emergenziale sono ampliamento degli spazi pedonali per dirottare su questa forma di mobilità gli spostamenti urbani inferiori a 3 chilometri e per gli spostamenti dai 3 ai 10 chilometri la realizzazione di una rete ciclabile di emergenza con corsie dedicate alle bici, realizzate con semplice segnaletica orizzontale lungo le principali strade di scorrimento di Trieste e il potenziamento del servizio di bikesharing.

Fa.Do.

 

SEGNALAZIONI - Limiti di velocità - I 30 all'ora adatti a Trieste

Su Internet leggo: "Milano, la fase 2: limite di velocità a 30 l'ora e spazio alle bici. Tavolini nei posti auto". Questi provvedimenti potrebbero essere estesi a tutte le città, Trieste compresa. La velocità media di un'automobile, in condizioni di scarso traffico in centro, non supera i 25 km/h. Lo scorso 25 aprile, 10.30, con Google Maps ho controllato il percorso Stazione centrale-piazza Perugino: 2,8 km in 8 minuti, velocità media stimata 21 km/h. Quindi il limite di 30 all'ora è pienamente compatibile con le esigenze della circolazione automobilistica urbana, con benefici effetti per tutti: meno inquinamento, meno stress per automobilisti e autisti di Trieste Trasporti, ciclisti in carreggiata e non sui marciapiedi. Che ne pensano i nostri amministratori?

Bruno Spanghero - ciclista urbano

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 27 aprile 2020

 

 

"Resto a casa e curo le piante" - Tutorial online per pollici verdi.

Io resto a casa e...curo le piante. In casa, sul balcone, nel giardino o nell'orto. È questa infatti la stagione giusta per prendersi cura delle piante e in questo periodo sarebbero dovuti iniziare pure gli annuali corsi di ortocultura urbana a cura del Gruppo Urbi et Horti, anche con uscite pratiche nei campi, cosa purtroppo attualmente impossibile. Ma la natura non attende la fine della pandemia. Quindi, ecco l'idea delle lezioni a distanza. Con consigli utili, aneddoti, curiosità e anche qualche fiaba per i bambini che in questi giorni sono a casa o qualche piccola attività pensata apposta per loro. Per proseguire l'attività in modalità "smart" in questo particolare momento e offrire preziosi consigli, anche se a distanza, l'associazione Bioest, che da anni ormai organizza corsi di orticultura per contadini urbani nell'ambito del progetto "Urbi et Horti", ha pensato di dare il via a una serie di incontri giornalieri su facebook rivolti a tutti coloro che hanno voglia di iniziare un'attività di giardinaggio biologico in casa o sul balcone. «In questo periodo infatti - spiega la referente, Tiziana Cimolino - bisogna invasare e rinvasare le nostre piante, poiché siamo al cambio di stagione, mettere graticci, sostegni, ripararle e dal freddo e imparare a coltivare, fare un po' di semenzario, prendersi cura delle piccole piantine». «Ogni giorno sul profilo di Bioest o di "orticomunitrieste", ma anche sulla mia pagina personale - prosegue la naturalista - sarà possibile seguire dei mini video di tutoraggio su piccole attività di giardinaggio casalingo. Sono tanti - prosegue Cimolino - i motivi per coltivare una pianta sul proprio balcone: da quelli estetici alla necessità di passare il tempo immergendoci in un'attività coinvolgente. Grazie alle lezioni in pillole - piccoli video dove imparare tecniche orticole, curiosità e notizie dal mondo verde -, sarà possibile partecipare attivamente alle attività proposte direttamente da casa». Impareremo quindi a pulire la pianta dai rami secchi e foglie marcite e a fare una talea.

Gianfranco Terzoli

 

Potature in tree climbing e gli alberi tornano protagonisti
L'alleggerimento delle chiome restituisce la bellezza  del viale dei lecci e permette di leggere in profondità lo spazio
Il Parco di Miramare è un complesso paesistico costituito da molteplici ambiti che vogliono essere scoperti, guardati e visti da plurimi punti di osservazione collocati lungo i suoi percorsi. Essi permettono una visita articolata e trasportano, chi li percorre, a trovarsi "casualmente" a godere di coni ottici sul mare ritagliati nei belvedere dei suoi percorsi in quota, camminare nelle fresche ombre degli alberi per poi allargare lo sguardo nella luce dei parterre che consentono, nuovamente, di traguardare il mare, il golfo di Trieste e il vicino castello, consentendo così di orientarsi in un microcosmo di bellezza e natura in cui l'artificio è sempre celato. Come è noto il progetto formale del Parco si articola a partire da alcuni punti salienti oltre i quali si snoda in una serie di episodi che, anche a seguito delle operazioni di svelamento e manutenzione che sono in corso in questo periodo propizio ai lavori boschivi, i nostri ospiti sono invitati a scoprire. Nell'ambito del vasto programma di manutenzione del parco storico, il piano delle potature è volto a perseguire una triplice finalità: garantire la sicurezza degli utenti, valorizzare il nostro giardino ed assicurare ogni cura al patrimonio vegetale. Si tratta di potature di selezione e di trasparenza realizzate in tree climbing. Tale scelta è stata dettata dalla conformazione del sito che, per le sue caratteristiche intrinseche (posizione, accessibilità, pendenza dei versanti) consente un esiguo uso di piattaforme aeree. A metà gennaio molti dei nostri visitatori hanno visto procedere giorno per giorno l'avanzamento delle potature sul viale dei Lecci: dapprima con curiosità, poi fermandosi ad osservare le lavorazioni eseguite da questi operatori che, arrampicandosi apparentemente senza fatica, curavano e alleggerivano le chiome dei lecci seguendo le nostre indicazioni. Lo scopo è stato quello di ritagliare e focalizzare in modo preciso lo sguardo, favorendo così una lettura di profondità dello spazio attraverso operazioni di selezione e contenimento. Il risultato che volevamo ottenere era quello di avanzare di un passo nel processo intrapreso, ossia il passaggio da bosco a giardino: ora infatti possiamo leggere ogni elemento che forma la volta ombrosa del viale dei lecci, gli alberi si definiscono uno ad uno come attori su un palcoscenico accompagnati dai coprotagonisti: i percorsi superiori in quota, l'articolazione delle rocailles, i belvedere, i gazebo. I prossimi lavori coinvolgeranno l'area del Lago dei loti e il versante a monte del Bagno Ducale, anche qui la potatura di trasparenza sarà occasione per poter tornare a traguardare il mare e il castello. Il tutto volto a confermare che ciascun ambito del Parco si presenta con la sua personalità, e nell'insieme esso racconta un grande amore per la natura.

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 26 aprile 2020

 

 

E ora in città rispunta pure la volpe - Avvistamento in zona San Vito
Esemplare "immortalato" vicino a Villa Necker. L'esperto: «È un ottimo derattizzatore naturale»
E dopo i falsi lupi vennero le volpi. Quelle vere. Complice lo scarso traffico e le poche persone in giro, sono stati diversi nell'ultimo mese gli avvistamenti di animali, sia nei quartieri più periferici che nel centro città. Dopo il cane lupo cecoslovacco, visto nei giorni scorsi fra Bagnoli e San Giuseppe della Chiusa, ora è il caso della volpe, vista aggirarsi attorno al giardino di Villa Necker, tra via Belpoggio e salita al Promontorio. Solo, svagato e dal passo incerto, l'animale è stato ripreso da un lettore nel suo viavai proprio in cima al muretto divisorio fra i giardini del comprensorio appartenente all'Esercito e le due strade cittadine, colto molto probabilmente nell'atto di andare a caccia di cibo. Una presenza, quella di animali come la volpe, alla quale non eravamo abituati, ma che, come spiega lo zoologo ed ex direttore dei musei scientifici del Comune, Nicola Bressi, non rappresenta assolutamente una novità per una città come Trieste. «È scorretto dire che nelle città tornano a fare la loro comparsa animali come le volpi - spiega Bressi - questi animali in realtà sono sempre stati presenti, ma la presenza dell'uomo ha sempre fatto da deterrente alle loro apparizioni. Ora, a causa del confinamento collettivo, semplicemente escono allo scoperto con più facilità». Il parco di Villa Necker, inoltre, si è trasformato in habitat privilegiato per molte delle specie animali solitamente osservabili nei boschi del Carso. «Trattandosi del parco di una struttura militare non più frequentata come invece accadeva fino a qualche tempo fa - prosegue Bressi - negli anni là dentro si è creata una specie di oasi verde che non ha paragoni con quelle di altri parchi o giardini presenti in città. Proprio perché trattandosi di struttura militare, vi accedono pochissime persone e ciò ha contribuito a questa "urbanizzazione" delle volpi». Una zona piena di verde vicinissima al centro cittadino nella quale, probabilmente, non sarà così difficile incontrarne anche in futuro. Cosa fare in quei casi? «L'importante, se ne incontrassimo una - ammonisce Bressi - è non dare loro da mangiare. La volpe è un animale carnivoro, ma abituato a mangiare un po' di tutto. Se la abituassimo a non procacciarsi il cibo scombussoleremmo il suo regime alimentare abituandola alla vita cittadina». Al contrario questo bell'animale dal pelo rossiccio è da sempre considerato un animale efficace per la caccia ai ratti. «È un ottimo derattizzatore naturale - conclude Bressi - infatti le volpi, al contrario dei gatti che si nutrono di soli topini, riescono a cacciare anche i ratti più astuti e veloci». Che sia la volpe, quindi, la risposta definitiva per debellare l'odiosa presenza dei ratti in città?

Lorenzo Degrassi

 

 

Qualità delle acque: da domani i monitoraggi - le analisi dell'ARPA

L'epidemia non ferma i monitoraggi Arpa sulle aree balneabili. Domani i campionamenti verranno effettuati nella fascia di costa tra Lignano e Monfalcone, oltre che su Natisone, Arzino, Tagliamento e lago di Cavazzo. Martedì toccherà alla fascia tra Duino e Muggia. I controlli riguardano i parametri microbiologici di derivazione fecale, cianobatteri, macroalghe e fitoplancton marino. «Anche per le aree balneabili - sottolinea l'assessore all'Ambiente Fabio Scoccimarro - la Regione si sta adoperando per garantire una ripresa sicura e un ritorno alla normalità per i gestori degli stabilimenti».

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 25 aprile 2020

 

 

Sars-Cov-2 sulle polveri sottili: conferma dalle analisi triestine.

Esaminati nei laboratori dell'Università giuliana e dell'Asugi campioni provenienti da Bergamo per tracciare la relazione fra inquinamento da particolato atmosferico e diffusione del virus.

I sospetti c'erano già. E adesso è arrivata la conferma, grazie ad analisi realizzate dall'Università di Trieste in collaborazione con i laboratori dell'Asugi: il coronavirus Sars-Cov-2 è stato ritrovato sul particolato (Pm). Ad annunciarlo è la Società italiana di medicina ambientale (Sima), che già un mese fa aveva pubblicato sul proprio sito una relazione nella quale si ipotizzava una correlazione tra l'effetto dell'inquinamento da particolato atmosferico e la diffusione del virus nella popolazione. Per confermare questa ipotesi è stato avviato uno studio con l'obiettivo di ricercare la presenza dell'Rna del Sars-CoV-2 sul particolato atmosferico. Vi hanno partecipato, oltre a Sima, ricercatori delle Università di Bari, Bologna, Trieste e della Cattedra Unesco dell'ateneo di Napoli Federico II. Le prime evidenze provengono da analisi eseguite su 34 campioni di Pm10 in aria ambiente di siti industriali della provincia di Bergamo, raccolti con due diversi campionatori d'aria per un periodo continuativo di tre settimane, dal 21 febbraio al 13 marzo. I campioni sono stati analizzati appunto dall'Ateneo triestino in collaborazione con i laboratori dell'Azienda ospedaliera Giuliano Isontina, che hanno verificato la presenza del virus in almeno 8 delle 22 giornate prese in esame.«Mi è stato chiesto di analizzare una serie di filtri di campionamento che provengono dalla bergamasca e normalmente vengono utilizzati per quantificare le polveri sottili», spiega Alberto Pallavicini, biologo e genetista esperto in analisi di Dna ambientale che ha portato avanti i test in collaborazione con il chimico Pierluigi Barbieri, esperto in contaminanti ambientali. «Ho utilizzato la strategia di estrazione degli acidi nucleici da matrici ambientali "complicate", seguito da un sistema di diagnostica molecolare approvato dall'Oms: dalle prime analisi ho riscontrato una presenza importante di Rna virale del Sars-CoV-2, che poi è stata confermata in misura minore da una seconda tranche di analisi effettuata nei laboratori dell'Ospedale Maggiore».Questo risultato è supportato da evidenze precedenti: c'è una solida letteratura scientifica riguardo alla diffusione dei virus nella popolazione che correla l'incidenza dei casi di infezione virale con le concentrazioni di particolato atmosferico. È noto che il particolato atmosferico funziona da carrier, ovvero da vettore di trasporto, per molti contaminanti chimici e biologici, inclusi i virus, che si "attaccano" al Pm, che costituisce così un substrato che può permettere al virus di rimanere nell'aria in condizioni vitali per un certo tempo. «Sono in corso ulteriori studi di conferma di queste prime prove sulla possibilità di considerare il Pm come carrier di nuclei contenenti goccioline virali, ricerche che dovranno spingersi fino a valutare la vitalità e soprattutto la virulenza del Sars-CoV-2 adeso al particolato», conclude Alessandro Miani, presidente Sima e coordinatore del gruppo di ricerca insieme ai professori Leonardo Setti e Gianluigi De Gennaro.Se dunque resta per ora tutto da dimostrare che vi sia una via di contagio attraverso il particolato, intanto quanto alla situazione dell'aria a Trieste, Barbieri rassicura: «Le polveri possono avere un ruolo di carrier solo in particolari condizioni di stagnazione atmosferica, come quelle che stagionalmente si possono verificare nel bacino padano, che per certi versi somigliano a un ambiente indoor con poco ricambio d'aria. All'aperto, con la ventilazione e il bel tempo che abbiamo nelle condizioni attuali a Trieste e in Friuli Venezia Giulia, la dispersione e diluizione atmosferica di virus e inquinanti è ben maggiore rispetto a quella invernale lombarda, veneta ed emiliano romagnola, e il distanziamento, a due metri o più, e l'impiego di mascherine filtranti forniscono una ragionevole tutela rispetto al possibile contagio».Oltre all'elemento polveri sottili, che certamente impatta a livello epidemiologico anche perché compromette la salute polmonare, un'altra ricerca italiana condotta da esperti della Società italiana di allergologia, asma e immunologia clinica (Siaaic), punta il dito sulla densità abitativa: più che lo smog, sostiene la ricerca, sarebbe la maggiore densità di popolazione ad avere avuto un ruolo decisivo nei contagi in Lombardia, Emilia Romagna e Veneto.

G.B.

 

 

Centro congressi in Porto vecchio - in arrivo un'iniezione da 1 milione.

Il presidente Bravar portera' la delibera in cda: la cifra servira' a completare i lavori entro i primi di luglio

Centro congressi in Porto vecchio, giovedì 30 aprile una delibera da 1 milione di euro sarà portata dal presidente e amministratore delegato Diego Bravar all'attenzione del consiglio di amministrazione Tcc (Trieste convention center) con l'obiettivo di finanziare il completamento dei lavori edile-impiantistico-logistici.In modo che già il 1° luglio la società possa consegnare a Fit/Esof le chiavi dell'inaugurando compendio: l'attuale disponibilità finanziaria, gli stretti tempi condizionati dall'emergenza sanitaria non consentono di arredare la struttura, soprattutto il Magazzino 28 bis dove si concentrano i quasi 1900 posti dove si accomoderanno i futuri convegnisti. Esof, primo cliente di Tcc, provvederà in proprio con il noleggio degli allestimenti mediante gara. Entro fine settembre, quando Fit/Esof avrà disallestito la manifestazione e Tcc sarà tornato in possesso del centro, la società riprenderà l'iniziativa per l'acquisto degli arredi, confidando che nel frattempo Generali abbia concesso il prestito da 3 milioni. Ricordiamo che Generali è il secondo azionista di Tcc con il 12%, superato solo dalla TriesteValley di Diego Bravar, mentre al terzo posto si classifica la Illy: i tre soci maggiori rappresentano un terzo abbondante del capitale sociale, per il resto costituito dagli apporti di 60 azionisti. Tra questi il più grande dei più piccoli è il mobiliere friulano Alessandro Calligaris. Intanto ieri mattina l'assemblea, svoltasi in forma telematica, ha approvato il bilancio 2019, che ha chiuso con una perdita pari a poco più di 230.000 euro, perdita preventivata causa l'assenza di ricavi, essendo il cespite-base ancora in costruzione. La struttura finanziaria dell'operazione - riepiloga una nota - è costituita da 14,5 milioni, di cui 2 di capitale sociale, 5 di contributo del Comune triestino, 7,5 di mutui contratti con Bpm, Bcc Staranzano e Villesse, Fruie, Civibank, Mps, Unicredit, Intesa San Paolo, Cassa rurale Fvg. In consiglio siedono, oltre a Bravar, Cristiana Fiandra, Paco Ferrante, Claudio Sambri, Roberto Morelli, Simone Mocchiutti, Adrio Maria de Carolis, Aldo Minucci.

Massimo Greco

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 24 aprile 2020

 

 

«Mobilità urbana, serve un Consiglio straordinario» - l'appello di nove realtà
Bus, ciclabili, bikesharing, marciapiedi: «Nella fase 2 va ripensata la mobilità urbana». È l'appello di Tryeste, Fiab, Uisp, Legambiente, Friday For Future, Bora.La, Zeno, Link e Spiz al Comune: «Il distanziamento sociale rischia di portare il traffico al collasso», scrivono le nove associazioni, che reclamano «un Consiglio straordinario».

 

 

Avanti con la Trieste-Venezia ma è scontro su stazioni e fondi
Rfi conferma la realizzazione della linea ferroviaria veloce entro cinque anni senza però spegnere le perplessità. Fermate solo a Latisana e Ronchi, è rebus
Rete Ferroviaria Italiana lo aveva ribadito mesi fa: i lavori per la velocizzazione della linea ferroviaria Venezia- Trieste, che consentiranno a un treno passeggeri di collegare le due città in poco più di un'ora, si concluderanno nel 2025. Quei lavori non sono nemmeno iniziati, ma ieri - dopo l'audizione in videoconferenza nella Quarta commissione del Consiglio regionale, su sollecitazione del gruppo 5 Stelle, che ha consentito di svelare almeno gli studi di fattibilità di Rfi - già presentati o in fase di redazione - Rfi stessa ha fissato nel 2021 l'avvio dei cantieri e l'assessore regionale ai Trasporti Graziano Pizzimenti lo ha ripetuto: tra cinque anni l'opera sarà completata. L'opposizione non si accontenta, il Pd non trova risposte sul numero delle stazioni (l'assessorato evita di entrare nel merito, ma nel cassetto c'è l'ipotesi di tre fermate in Fvg: Latisana, Ronchi e Trieste), il M5s evoca il «bluff di chi parla di alta velocità», ma Pizzimenti tira dritto e dichiara che il progetto, da 1,8 miliardi, «è propedeutico» alla Tav (che, nel caso, costerà quattro-cinque volte di più). Anzi, «o i lavori si fanno pensando all'alta velocità in futuro oppure è meglio non farli». Dibattito aperto, e anche acceso. Ma per adesso non resta che prendere atto di quello che c'è. Le slide di Rfi sono una prima informazione dopo anni di soli annunci. Il potenziamento della linea Venezia-Trieste, informa una nota di Palazzo che riassume la relazione dei tecnici della società statale, passa attraverso una serie di interventi da realizzarsi soprattutto nel breve e medio periodo, in particolare quelli relativi alla tratta Mestre- Ronchi Sud, con la possibilità di velocizzare fino a 200 chilometri all'ora la linea esistente e la soppressione di 23 passaggi a livello. I vantaggi? Stabilità degli orari, regolarità dell'esercizio e tempi di percorrenza ridotti, insieme ad affidabilità e aumento della velocità. Le cronache raccontano di un primo stanziamento di 200 milioni del ministero Delrio nel 2016. Nel comunicato della Regione si parla però ora di 160 milioni disponibili, «la prima tranche di quel miliardo e 800 milioni che è la stima del capitale necessario per l'intero intervento». Il resto delle risorse? Nulla più che un auspicio: «In seguito se ne potranno aggiungere di nuove». Pizzimenti si mostra fiducioso: «Si comincia a ragionare su un tracciato ben preciso e su una lunga serie di particolari relativi sia al trasporto di passeggeri che a quello delle merci». Ma non nasconde le criticità, «soprattutto nelle varianti di Latisana, dove è prevista la realizzazione di una nuova stazione, esterna al centro abitato, del fiume Isonzo e della tratta Ronchi- Trieste. Importanti saranno la massima trasparenza e l'interazione con il territorio, continuando nell'ottica della condivisione e individuando soluzioni che non precludano l'alta velocità». Il Pd, però, attacca. «Sul tracciato dell'alta velocità ferroviaria Trieste-Venezia, la giunta Fedriga è rimasta ferma ai titoli, assente e in totale confusione, senza andare oltre a quanto vagamente annunciato nel programma elettorale», dice Mariagrazia Santoro. «L'audizione è stata utile per il confronto con Rfi - aggiunge Diego Moretti - ma del tutto interlocutoria per quanto riguarda la giunta. Sono mancati in particolare chiari indirizzi sulla variante Ronchi-Aurisina, opera molto impattante dal punto di vista ambientale, e sul tema stazioni». E sulla Ronchi-Aurisina interviene anche il pentastellato Cristian Sergo: «Non vorremmo si spendessero altri milioni in progettazione di opere simili a quelle che sono già state bocciate due volte dalla Commissione Via». Per Massimo Moretuzzo del Patto per l'Autonomia la Tav «è opera anacronistica», mentre il capogruppo di Fi Giuseppe Nicoli chiede un tavolo permanente tra Regione, Rfi, comuni e territorio.

Marco Ballico

 

Pronta nel 2025 l'alta velocità Trieste-Venezia
La stazione di Latisana e il nodo di Ronchi i maggiori dubbi progettuali
Rete Ferroviaria Italiana lo aveva ribadito mesi fa: i lavori per la velocizzazione della linea ferroviaria Venezia- Trieste, che consentiranno a un treno passeggeri di collegare le due città in poco più di un'ora, si concluderanno nel 2025.Quei lavori non sono nemmeno iniziati, ma ieri - dopo l'audizione in videoconferenza nella Quarta commissione del Consiglio regionale, su sollecitazione del gruppo 5 Stelle, che ha consentito di svelare almeno gli studi di fattibilità di Rfi - già presentati o in fase di redazione - Rfi stessa ha fissato nel 2021 l'avvio dei cantieri e l'assessore regionale ai Trasporti Graziano Pizzimenti lo ha ripetuto: tra cinque anni l'opera sarà completata. L'opposizione non si accontenta, il Pd non trova risposte sul numero delle stazioni (l'assessorato evita di entrare nel merito, ma nel cassetto c'è l'ipotesi di tre fermate in Fvg: Latisana, Ronchi e Trieste), il M5s evoca il «bluff di chi parla di alta velocità», ma Pizzimenti tira dritto e dichiara che il progetto, da 1,8 miliardi, «è propedeutico» alla Tav (che, nel caso, costerà quattro-cinque volte di più). Le slide di Rfi sono una prima informazione dopo anni di soli annunci. Il potenziamento della linea Venezia-Trieste, informa una nota di Palazzo che riassume la relazione dei tecnici della società statale, passa attraverso una serie di interventi da realizzarsi soprattutto nel breve e medio periodo, in particolare quelli relativi alla tratta Mestre-Ronchi Sud, con la possibilità di velocizzare fino a 200 chilometri all'ora la linea esistente e la soppressione di 23 passaggi a livello.Le cronache raccontano di un primo stanziamento di 200 milioni del ministero Delrio nel 2016. Nel comunicato della Regione si parla però ora di 160 milioni disponibili, «la prima tranche di quel miliardo e 800 milioni che è la stima del capitale necessario per l'intero intervento». Il resto delle risorse? Nulla più che un auspicio. Pizzimenti si mostra fiducioso: «Si comincia a ragionare su un tracciato ben preciso e su una lunga serie di particolari relativi sia al trasporto di passeggeri che a quello delle merci». Ma non nasconde le criticità, «soprattutto nelle varianti di Latisana, dove è prevista la realizzazione di una nuova stazione, esterna al centro abitato, del fiume Isonzo e della tratta Ronchi- Trieste».Il Pd, però, attacca. «Sul tracciato dell'alta velocità ferroviaria Trieste-Venezia, la giunta Fedriga è rimasta ferma ai titoli, assente e in totale confusione, senza andare oltre a quanto vagamente annunciato nel programma elettorale», dice Mariagrazia Santoro. «L'audizione è stata utile per il confronto con Rfi - aggiunge Diego Moretti - ma del tutto interlocutoria per quanto riguarda la giunta. Sono mancati in particolare chiari indirizzi sulla variante Ronchi-Aurisina, opera molto impattante dal punto di vista ambientale, e sul tema stazioni». E sulla Ronchi-Aurisina interviene anche il pentastellato Cristian Sergo: «Non vorremmo si spendessero altri milioni in progettazione di opere simili a quelle che sono già state bocciate due volte dalla Commissione Via».

Marco Ballico

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 23 aprile 2020

 

 

Trieste e Muggia "lontane" - Il collegamento ciclabile con la Parenzana traballa
L'amministrazione Dipiazza punta a un by-pass via mare ma quella rivierasca non ci sta «Nulla osta però non può escludere un'opera via terra»
MUGGIA. La ciclabile da Trieste a Muggia, per mettere in connessione la Parenzana con il capoluogo regionale, è ferma ai box. Tra i motivi della stasi del progetto ci sono questioni squisitamente tecniche, come il nodo dell'attraversamento della galleria di Montebello, punto di partenza della ciclabile: senza partenza dei lavori riguardanti quella galleria, niente ciclabili. Ma le questioni sono anche politiche: nell'affaire ciclabile è da Trieste che arrivano delle novità sul percorso: «Noi stiamo procedendo - le parole dell'assessore all'Urbanistica del capoluogo Luisa Polli - per quel che ci compete con la pista lungo la galleria di Montebello, e poi con Uti e Regione per la parte relativa al collegamento Flavia - Muggia. Attualmente è all'esame il superamento del problema della ferrovia, che ora serve al Porto». Tutto nella norma, se non fosse per la seconda "porzione" delle dichiarazioni dell'assessore della giunta Dipiazza: «La ciclabile non si farà in via Flavia, stiamo studiando alternative alla luce dello sviluppo economico dell'ex zona Ezit. Un'opportunità che sto valutando con l'assessore regionale Pizzimenti è quella di potenziare i collegamenti per bici via mare». Pronta la risposta da Muggia: «Il potenziamento dei servizi bici via mare è senz'altro auspicabile, ma non come alternativa a un collegamento via terra», così il vicesindaco e assessore alla Viabilità della cittadina rivierasca Francesco Bussani. «Le piste ciclabili devono poter consentire una mobilità lenta intercomunale. È quindi importante finalizzare una volta per tutte lo sviluppo delle direttrici su cui ci si è già confrontati in questi anni con l'Uti», taglia corto Bussani a proposito delle novità dell'ultima ora. Si tratta insomma di una ciclabile che da anni deve fare i conti con dei veri e propri "colli di bottiglia". Uno di questi, per quel che riguarda il territorio muggesano, è rappresentato dall'attraversamento del rio Ospo, dove si trova anche il punto di partenza della Parenzana stessa. «Il ponte alla foce dell'Ospo - spiega Bussani - è riconosciuto da tutti come uno dei punti più pericolosi per la mobilità lenta dell'intera ex provincia, tanto che l'Uti ha già realizzato degli interventi sulla segnaletica per garantire per quanto possibile una maggior sicurezza». La soluzione trovata, come riconosciuto dal vice Marzi, consisterebbe nel «realizzare una pedana ciclopedonale parallela al ponte attuale, che andrebbe ad allacciarsi alla ciclabile di prossima realizzazione che dalla rotonda si svilupperà verso Muggia. L'alternativa, più onerosa, sarebbe che la Regione riportasse a galla il vecchio progetto della Provincia, che prevedeva il rifacimento totale del ponte, come secondo lotto rispetto alla realizzazione della rotonda. La speranza è che la soluzione "minore" trovi nella progettualità e nella realizzazione della ciclabile Trieste-Muggia una motivazione sufficiente per essere finalmente realizzata». Infine da Bussani arriva pure una suggestione: «Dal punto di vista turistico sarebbe un'ottima cosa realizzare anche il collegamento ciclabile tra Muggia e San Dorligo della Valle, consentendo lo spostamento in sicurezza dal nostro mare alle bellezze del Val Rosandra».

Luigi Putignano

 

 

 

 

 

Video "green" sul nuovo sito di Mediatecambiente FVG.

È online la nuova versione di www.mediatecambiente.it, uno spazio web che raccoglie progetti, sperimentazioni e novità che riguardano l'educazione ambientale attraverso l'audiovisivo. Mediatecambiente è un progetto nato nel 2007 grazie alla collaborazione tra l'Arpa Fvg-Laboratorio regionale di educazione ambientale (LaRea) e il Sistema regionale delle mediateche del Friuli Venezia Giulia (di cui fanno parte la mediateca Pordenone di Cinemazero, la Mario Quargnolo di Udine, la Ugo Casiraghi di Gorizia e La Cappella Underground di Trieste). Nel sito sono raccolti tutti i progetti svolti negli ultimi anni e quelli in corso; inoltre sono disponibili più di 60 video, tra spot realizzati con le scuole, minidoc, tutorial e documentari. Una delle sezioni più ricche del sito è quella dedicata agli spot realizzati con le scuole secondarie di secondo grado e con le università. In particolare, durante i laboratori audiovisivi della durata di circa 20 ore, gli studenti scelgono uno o più aspetti chiave legati al tema ambientale trattato, per sviluppare un'idea e trasformarla in uno spot video, legando così conoscenze tecniche del montaggio audiovisivo all'approfondimento della tematica ambientale con un esperto dell'Arpa Fvg. Un altro format audiovisivo sul quale ha puntato il progetto Mediatecambiente è quello dei documentari quali veicolo culturale per sviluppare sul territorio riflessioni e progettualità volte alla sostenibilità. A tal proposito, dopo il successo di "Un paese di primule" e "Caserme" del 2014, dedicato al recupero delle caserme abbandonate in Friuli Venezia Giulia, sono stati prodotti tre documentari sugli aspetti socio-culturali legati ai fenomeni meteo e il documentario "Binari", sull'abbandono e recupero delle linee ferroviarie per promuovere progettualità legate al turismo lento e alla mobilità sostenibile. Nel sito è visualizzabile anche un catalogo tematico per ricercare audiovisivi e progetti su tematiche inerenti l'ambiente e la sostenibilità. Sempre dal sito è possibile verificare quali film sono disponibili nelle diverse mediateche della regione. Dal 2007, grazie alla collaborazione tra Arpa Fvg e il Sistema regionale delle mediateche del Fvg, sono state organizzate più di 250 manifestazioni tra proiezioni cinematografiche e altri eventi per le scuole e il pubblico in regione. Mediatecambiente si rivolge ad appassionati di cinema e di ambiente, può essere utile agli studenti per approfondire tematiche ambientali in modo informale, agli educatori per progettare dei percorsi di educazione ambientale attraverso l'audiovisivo e ai videomaker per promuovere i loro progetti.

 

Le Aree tutelate - Arato un prato stabile di Lucinico - Legambiente chiede il ripristino
Un prato stabile di tre ettari stravolto dall'aratro e trasformato in un campo coltivato come tutti gli altri. Un autentico sfregio ad un ambiente naturale prezioso che, in seguito all'allarme lanciato dagli ambientalisti, dovrà essere in qualche modo sanato, sperando che la natura possa presto riprendersi ciò che le è stato tolto. È accaduto a Lucinico, in un'area in prossimità del corso dell'Isonzo, dove Legambiente ha denunciato alla Regione - e nello specifico al Servizio biodiversità - la distruzione di un prato stabile della superficie di circa tre ettari: di qui l'azione degli uomini della stazione forestale di Gorizia e l'attivazione di una procedura che porterà il Comune a emettere un'ordinanza di ripristino. Quel prato era tutelato in quanto inserito nell'inventario regionale con tipologia "magredo a forasacco", ed è uno dei tanti prati stabili che arricchiscono il territorio regionale, rappresentando autentici scrigni di biodiversità. In molti casi, ad esempio, ospitano specie rare come le orchidee. «Questo tipo di prati stabili sono sottoposti ad una protezione rigorosa proprio per questo motivo - spiega in una nota Legambiente, il cui comitato goriziano è guidato dal presidente Luca Cadez, e che punta in futuro ad organizzare iniziative di divulgazione ed escursioni per far conoscere meglio i prati stabili alla cittadinanza -: ospitano fino a settanta specie diverse di piante per ogni 100 metri quadrati, ma anche tanti animali, insetti e le api così preziose per l'ecosistema». I prati stabili però oggi sono a rischio, anche perché le mutate condizioni economiche degli ultimi decenni stanno portando a fenomeni differenti. Da un lato i prati spariscono perché non vengono più sfalciati con regolarità, e dunque si riempiono di cespugli e arbusti. Dall'altro, invece, i proprietari ignorano o violano la legge e li arano per poi coltivarli, causando però in questo modo un danno immenso all'ambiente. Non solo. Accanto a comportamenti poco attenti ci sono anche atti vandalici più volte segnalati dagli ambientalisti, per non parlare delle scorribande di alcuni praticanti di motocross che spesso attraversano e, dunque, danneggiano anche aree tutelate. «La riduzione dei prati stabili sta portando alla perdita di numerosi servizi propri dell'ecosistema - l'allarme lanciato da Legambiente -, tra cui l'impollinazione. Il rapporto con la natura e l'ambiente è fondamentale per il benessere umano, e ce ne stiamo rendendo conto mai come in questo periodo segnato dal coronavirus, e anche per questo motivo è importante preservare ecosistemi come i prati stabili». La legge poi parla chiaro. Fin dal 2005 la Regione ha tutelato i prati stabili prevedendo in caso di danneggiamenti, oltre all'obbligo del ripristino, anche sanzioni fino a mille euro per ogni mille metri quadrati rovinati. Esistono poi anche incentivi (fino a 250 euro all'ettaro) per i proprietari dei prati chiamati ad eseguire lo sfalcio, che possono presentare richiesta di contributo entro il 30 giugno.

Marco Bisiach

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 22 aprile 2020

 

 

Acegas dichiara guerra ai rumori prodotti dal depuratore di Servola
Completata l'installazione di moderni impianti di insonorizzazione per eliminare i disagi per i residenti
Il depuratore di Servola diventerà super silenzioso e non arrecherà più disturbo alla cittadinanza. Parola di AcegasApsAmga che ha reso nota ieri la conclusione dei lavori per l'installazione di nuovi sistemi di insonorizzazione durati una scorsa settimana. Lo scopo principale dell'intervento è stato quello di integrare l'impianto di depurazione con l'area circostante. AcegasApsAmga definisce con soddisfazione l'impianto di Servola «come uno dei più innovativi al mondo nel campo della depurazione». E ora anche uno dei più silenziosi grazie alla scelta di minimizzare ogni rumore così da rientrare nei limiti previsti dalle normative in materia di inquinamento acustico. «Un depuratore che dialoga con il mare - si legge nella nota della multiutility-, rimanendo muto come un pesce». Il progetto è stato realizzato attraverso il partner francese Veolia ed il Gruppo Hera, avvalendosi della collaborazione di Arpa e Comune di Trieste. I sistemi d'insonorizzazione ed i pannelli fonoassorbenti impiegati contro le emissioni acustiche hanno portato «quindi molto al di sotto dei limiti normativi, mirando all'impronta zero». Un monitoraggio accurato ha evidenziato subito il fatto che alcune delle emissioni avrebbero comunque «potuto essere percepite dalle abitazioni circostanti, in particolare ai piani più alti di via Svevo». Ecco allora la decisione dell'ex municipalizzata di intervenire direttamente per evitare ogni possibile fastidio acustico. La posizione del depuratore di Servola è particolare rispetto ad altri: la vicinanza alla città è un dato di cui s'è tenuto conto fino dalla costruzione. Per questo motivo AcegasApsAmga ha stabilito «di realizzare un impianto completamente chiuso: in particolare nella galleria tecnica, vero cuore del depuratore, sono stati alloggiati i macchinari potenzialmente più rumorosi, impedendo in questo modo che le emissioni acustiche vengano percepite all'esterno». Secondo i rilievi due erano le fonti acustiche sul tetto del depuratore che avrebbero potuto causare emissioni impattanti: una tubazione e l'estrattore d'aria. Una scatola fonoisolante e fonoassorbente è stata individuata come la soluzione ideale per bloccare i rumori in uscita dall'estrattore. La tubazione è stata invece chiusa grazie ad alcuni pannelli (fonoisolanti e fonoassorbenti) lunghi quasi 23 metri e di 2 metri all'incirca d'altezza. Tra tetto e tubazione sono poi stati posti blocchi capaci di contenere eventuali onde sonore. Gli ultimi lavori effettuati da AcegasApsAmga seguono altri compiuti sui miscelatori nel 2019: in quell'occasione «per ridurre il suono proveniente dalle vasche di miscelazione» era stata fatta una copertura «con lastre in fibrocemento integrate con un pannello fonoisolante». Anche i motori dei miscelatori sul tetto del depuratore avevano avuto copertura tramite «scatolari appositamente creati in materiale fonoassorbente».

Lorenzo Mansutti

 

 

L'Ogs a caccia del virus nell'acqua di mare per assicurare una balneazione sicura
La direttrice Paola Del Negro: «Un lavoro complesso per la diversità dell'ambiente marino, è presto per i primi risultati»
TRIESTE. Come saranno le nostre vacanze estive al mare? Saremo ancora ostaggio del coronavirus o liberi di nuotare in acque limpide e sicure? Tutto dipende se il Covid-19 sopravvive nell'acqua del mare. Proprio per dare evidenza scientifica e una risposta a questi interrogativi l'Ogs, (Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale con diverse sedi a Trieste e Udine), ha appena avviato una precisa ricerca. Un verdetto in tempi brevi non sarà possibile, ma è quello che chiedono anche i tavoli di lavoro regionali sul turismo che si svolgono settimanalmente in questo periodo. L'indagine dell'Ogs, infatti, è nata in concomitanza alla richiesta degli operatori del turismo regionali che cercano di metterci nelle condizioni più sicure per trascorrere l'estate al mare.«Assieme al Dipartimento di Scienze della vita dell'Università di Trieste - spiega il direttore generale dell'Ogs Paola Del Negro - stiamo lavorando a un protocollo che adatti all'ambiente marino i sistemi attualmente usati per la rilevazione del virus. L'acqua del mare, come ci si può immaginare, ha caratteristiche del tutto particolari». Nella fattispecie, il team di ricercatori messo in campo sta cercando di capire se e come il virus può trovare le condizioni per sopravvivere e, soprattutto, se possa essere infettivo nell'acqua del mare. La sabbia, infatti, può essere pulita e disinfettata con regolarità, in qualche modo le distanze di sicurezza possono essere rispettate sia nei ristori e nei bar sia in spiaggia ma, nell'acqua del mare, il problema della diffusione del virus si complica. C'è chi è molto ottimista, e si spinge a dichiarare che in acqua stiamo al sicuro, preannunciando bagni senza alcuna limitazione. La maggioranza degli esperti sostiene la tesi secondo la quale il coronavirus con le temperature estive perderà forza. È però di questi giorni la notizia che un laboratorio in Francia, alle porte di Parigi, ha scoperto tracce "minime" del virus in diversi punti della rete idrica non potabile utilizzata in particolare per lavare le strade (il suo RNA in quantità minime in 4 dei 27 punti idrici testati). Un'analisi analoga non è ancora stata svolta per l'acqua del mare.«Abbiamo appena iniziato ad occuparci di questa ricerca - spiega ancora il direttore Del Negro - e non abbiamo ancora alcun risultato, benché le risorse messe in campo e le collaborazioni avviate siano davvero autorevoli proprio per l'urgenza e l'importanza di avere risposte attendibili. L'ambiente marino è molto diverso da quello che si può riscontrare nelle matrici analizzate in un laboratorio sanitario, su un tampone o su un espettorato. È complesso, come cercare una goccia nell'oceano. Va considerata la presenza del sale e di molti altri microrganismi che potrebbero interagire sulla determinazione genetica del coronavirus. Questioni diverse, inoltre, sono la possibile sopravvivenza del virus, e soprattutto la sua infettività, cioè capire se il segnale virale corrisponde ad un effettivo rischio, tutti fattori che vanno attentamente valutati se si rilevasse la presenza di tracce di RNA virale nell'acqua marina». Anche per l'Ogs, che si occupa generalmente dei batteri presenti in mare e della funzionalità dell'ecosistema marino, è una prova considerevole, pur avendo le competenze, tecnica e strumentazioni adeguate a coniugare la conoscenza delle dinamiche oceanografiche con l'individuazione delle componenti biologiche. Per questo, con UniTs che è partner scientifico dell'Ogs, ha attivato anche una collaborazione con la San Diego State University e la Colorado State University, per avere il massimo supporto nello studio dei virus nell'ambiente marino.

Isabella Franco

 

 

Il Friuli Venezia Giulia incluso nel maxi studio su smog e lockdown - il Progetto europeo
L'Emilia-Romagna e il bacino padano, fino alla Slovenia, saranno un grande «laboratorio a cielo aperto» per conoscere e misurare nel dettaglio gli effetti che le misure di lockdown, previste per l'emergenza Covid-19, e la drastica riduzione del traffico hanno avuto sulla qualità dell'aria. Al via un maxi progetto di ricerca guidato da Regione Emilia-Romagna e Arpae nell'ambito del piano europeo Prepair che coinvolgerà l'area del bacino nord-adriatico incluso il territorio del Friuli Venezia Giulia.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 21 aprile 2020

 

 

A Trieste guanti e mascherine buttati in aiuole e marciapiedi
C'è chi ha preso la pessima abitudine di gettare a terra le protezioni fuori dai negozi. Il monito dei vigili
Trieste. Mascherine e guanti gettati a terra in diverse zone di Trieste. Le segnalazioni arrivano dai cittadini, anche attraverso foto pubblicate sui social. Tra il verde delle aiuole, sotto le panchine o le auto in sosta. E ancora sulle strade o accanto ai bidoni delle immondizie. C'è chi si libera di questi rifiuti un po' ovunque, senza troppi pensieri. Spesso fuori dai supermercati o dai negozi di alimentari. Tra i guanti gettati a terra molti sono quelli in lattice, ma tanti anche quelli abitualmente a disposizione nei reparti di frutta e verdura, che alcune persone indossano nei supermercati, talvolta messi a disposizione dagli stessi punti vendita all'ingresso. Parecchi clienti hanno evidentemente preso la cattiva abitudine di liberarsene all'esterno una volta conclusa la spesa, ma senza poi conferirli correttamente. E per le mascherine il discorso è simile. Tra strade, marciapiedi e aree verdi sono tante quelle abbandonate, in particolare quelle di tipo chirurgico. Ma cosa rischia chi getta a terra le protezioni usate? «La sanzione prevista dal regolamento della gestione dei rifiuti è di 100 euro - spiega il comandante della Polizia Locale Walter Milocchi - perché sono dispositivi utilizzati da privati e non possiamo considerarli rifiuti sanitari. Da parte nostra finora non abbiamo ricevuto segnalazioni, tranne una telefonata giunta nei giorni scorsi dalla sala operativa». L'appello comunque è al buon senso e al rispetto dell'ambiente. Anche perché con l'arrivo del vento nelle scorse ore la situazione potrebbe peggiorare. Mascherine e guanti vanno gettati nei contenitori dell'indifferenziata. Disposizioni diverse invece nel caso di rifiuti, di tutti i tipi, che appartengono a persone risultate positive. AcegasApsAmga, in collaborazione con la Regione e la Protezione Civile già nelle scorse settimane ha comunicato le linee guida sulla raccolta rifiuti urbani, predisposte dall'Istituto Superiore di Sanità nell'ambito delle direttive delle Autorità Competenti volte al contenimento del Covid19. Per i nuclei familiari dove siano presenti una o più persone risultate positive o soggette a quarantena obbligatoria, tra le indicazioni, si ricorda che i rifiuti urbani prodotti nell'abitazione non devono più essere differenziati, ma raccolti nello stesso contenitore utilizzato per i rifiuti indifferenziati. Vanno usati due o più sacchetti, posizionati uno dentro l'altro, all'interno del contenitore per l'indifferenziata. I fazzoletti, la carta assorbente da cucina, le mascherine, i guanti e i teli monouso vanno sempre nell'indifferenziata. I sacchetti devono essere chiusi con cura, indossando guanti monouso, utilizzando i lacci di chiusura o nastro adesivo ed evitando di schiacciarli. Meglio poi lavarsi subito le mani. E sempre in caso di abitazioni con persone positive, gli animali da compagnia presenti, non devono entrare in contatto con i rifiuti. Qualora la famiglia fosse impossibilitata a conferire le immondizie autonomamente, può richiedere al Comune di Trieste l'assistenza per tale mansione, nell'ambito dei servizi già messi a disposizione.

Micol Brusaferro

 

«Surreale vedere la città così vuota - Noi rischiamo per tenerla pulita»
La pandemia non ha modificato i ritmi dei quasi 100 addetti dei Servizi ambientali di Acegas «Ogni giorno in strada con le protezioni necessarie. La paura c'è ma non ci si tira indietro»
Sono tra i pochissimi a muoversi dal tramonto all'alba, quando Trieste addormentata è ormai completamente deserta e irriconoscibile rispetto a prima. Ma si vedono in giro anche durante il giorno, quando può capitare che a seguito di un incontro fortuito qualcuno li ringrazi per quello che fanno. Stiamo parlando dei circa cento operatori dei Servizi ambientali di AcegasApsAmga, i netturbini ma non solo, che rappresentano una delle categorie rimaste in prima linea, nelle nostre città, durante l'intero corso dell'emergenza sanitaria. E tra mascherine in spogliatoio, guanti e camion disinfettati più e più volte al giorno, anche tra di loro c'è chi assicura di non aver mai vissuto nulla di simile in quarant'anni di carriera.«Pure noi andiamo a lavorare con un po' di preoccupazione da un lato e, dall'altro, un grande senso di responsabilità - spiega ad esempio Stefano Riosa -. Tutti abbiamo qualcuno a casa, vuoi un genitore anziano, vuoi un bimbo piccolo. Il più grande cambiamento, nella nostra routine, è rappresentato dall'adozione di tutta una serie di misure di sicurezza. Per il resto si continua a lavorare». Le sue giornate lavorative, così come quelli dei suoi colleghi, iniziano negli spogliatoi della centrale operativa, dove «ci cambiamo nel minor tempo possibile, indossando guanti e mascherine - prosegue Stefano -. Siamo spalmati su tre turni in modo da evitare assembramenti appunto negli spogliatoi nonché nell'autoparco. Poi ci si prepara alla partenza: prima di salire a bordo di un furgone lo si sanifica. E una volta tornati in sede si ripete l'operazione, per far trovare il veicolo nelle migliori condizioni possibili ai colleghi del turno successivo». A bordo di quel mezzo gli operatori ambientali si aggirano per la città che può essere deserta o semideserta, a seconda dei momenti della giornata. Se si lavora in orario diurno, può capitare infatti di incontrare qualcuno sceso a gettare la spazzatura: «A volte le persone ci ringraziano - continua l'operatore -. Se prima il rapporto con l'utenza era parte della nostra quotidianità, adesso chiaramente c'è meno gente in giro. Ma nonostante tutto quello che sta accadendo, la città continua a essere tenuta in maniera decorosa e pulita: le persone lo percepiscono».Esistono poi anche i turni al buio: quello che inizia alle 5, prima dell'alba, e quello che dalle 22 prosegue nel cuore della notte. In quelle ore i netturbini sono tra i pochissimi esseri umani che hanno il permesso di percorrere le nostre strade: «Osservare Trieste così vuota è surreale e un po' si fatica ad abituare l'occhio - conclude l'operatore del'ex municipalizzata -. Di solito stiamo in mezzo al traffico, vediamo l'affaccendarsi della città che si addormenta e che si sveglia. Il cambiamento è stato davvero repentino». Gli operatori in prima linea, proprio come Stefano Riosa, in questo momento sono circa un centinaio. Si cerca di mantenere un atteggiamento positivo e di continuare a fare il proprio dovere come prima, nella consapevolezza di svolgere un servizio di pubblica utilità. «Si lavora a pieno regime anche adesso - spiega il loro coordinatore, Fulvio Macoratti -. In queste giornate particolari ci rendiamo ancora più conto di quanto sia fondamentale il nostro lavoro. Non ci si può fermare». Del gruppo fa parte anche Roberto De Santis. «In quarant'anni di lavoro - chiarisce - non avevo mai vissuto un'emergenza simile». Nonostante tutto, comunque, De Santis non si abbatte. «Io sono e rimango ottimista. Tutto questo finirà». Stesi turni e identiche preoccupazioni anche per Edi Apollonio, il quale sottolinea come «in questo periodo il carico di lavoro sia aumentato notevolmente. Garantire la continuità dei servizi - aggiunge Apolonio - diventa allora fondamentale, a maggior ragione».«Operare in questo periodo non è facile, anche perché si respirano timore e tensione fra la gente - commenta un altro operatore dei Servizi Ambientali, Gaetano Minenna -. Ma so che il nostro lavoro è essenziale e questo mi dà motivazione».

Lilli Goriup

 

 

Balene al largo di Sebenico nel mare pulito e senza navi
L'assenza di traffico marino causa Covid-19 ha indotto i grandi cetacei a risalire anche l'Adriatico. Delfini si esibiscono in danze spettacolari davanti a Spalato
SPALATO. Negli anni passati erano decine di migliaia le imbarcazioni che solcavano ogni giorno le acque croate dell'Adriatico durante i mesi estivi (cifre ufficiose indicavano la presenza quotidiana di 200 mila natanti), mentre oggigiorno il traffico marittimo - complice la serrata da coronavirus - è rarefatto neanche fossimo durante la Seconda Guerra Mondiale. E allora i grandi animali marini si sono reimpossessati del loro habitat naturale, ringalluzziti dall'assenza di imbarcazioni da diporto, pescherecci, traghetti, mercantili, navi cisterna e d'altro tipo, situazione che ha permesso al mare di godersi un po' di tregua e ai suoi abitanti, quelli di notevole taglia, di uscire allo scoperto. A tre anni di distanza dagli ultimi avvistamenti, in questi giorni si sono potute ammirare non poche balene, notate (e filmate) da pescatori dilettanti e diportisti. Il via allo spettacolo è stato dato tre miglia al largo di Rogosnizza, località di villeggiatura della Regione di Sebenico. I pescasportivi spalatini Tomislav Copic e Marin Nozina sono rimasti strabiliati dalle performance di un gruppo di cetacei: «Le balene sono apparse intorno alle 11 del mattino - ha raccontato Copic al Dalmatinski portal - ed è stato qualcosa di fantastico. Non ho mai visto in vita mia questi grandi mammiferi marini, per giunta a poche decine di metri dalla nostra imbarcazione. Le loro evoluzioni sono durate alcuni minuti e poi sono spariti dalla nostra vista».Il suo collega Nozina si è pure emozionato nel vedere i giganti: «Sentire il rumore degli sfiatatoi e vedere emergere le balene in superficie è qualcosa di indescrivibile. È come vedere un autoarticolato. Solo allora capisce quanto l' uomo sia piccolo di fronte a simili colossi». Durante lo scorso weekend, un branco di balene è stato visto nelle acque del canale tra le isole di Solta e Lissa, sempre in Dalmazia. La notizia è stata comunicata da una fonte autorevole, il biologo Alen Soldo del Dipartimento Studi del Mare dell'Ateneo di Spalato: «Ci ha fatto visita un numero imprecisato di balenottere comuni, specie tutelata in Croazia e che non va importunata, pena severe ammende - spiega il biologo - non sono autoctone in Adriatico perché il nostro mare non assicura sufficiente cibo per questi grandi cetacei. Succede che le balenottere si spingano nelle nostre acque dal Mediterraneo e magari perdano l' orientamento trattandosi di un bacino chiuso. A quel punto non è raro che possano arenarsi. L'ultima volta sono state viste nel 2017 di fronte a Lussinpiccolo. Non sono pericolose per le barche, ma possono diventarlo per chi le riprende durante le immersioni».Domenica scorsa a beneficiare di un autentico spettacolo sono state le persone che passeggiavano nel parco boschivo del Monte Mariano, l' altura che sovrasta Spalato: a poche decine di metri dalla costa, otto delfini hanno dato vita a giochi, salti e spruzzi, che hanno entusiasmato gli occasionali spettatori. Raramente, hanno raccontato gli spalatini, si erano visti in questo braccio di mare. Dinanzi alla sede dell'Istituto oceanografico spalatino, si è poi visto in pochi centimetri d' acqua un esemplare di Lepre di mare (Aplysia fasciata), mollusco estremamente raro da queste parti. Non era così fino a 30-40 anni fa, ma evidentemente il "disimpegno umano", definiamolo così, ha giovato a tante specie animali, in mare, sulla terraferma e nel cielo.

Andrea Marsanich

 

 

"Salute e ambiente" s'appella al governo contro l'A2A bis
Ennesimo "no" al progetto di modifica della centrale termoelettrica del Lisert nella dettagliata lettera inviata dall'associazione al ministero
DUINO AURISINA Nuovo secco no al progetto della A2A, che prevede la modifica della Centrale termoelettrica del Lisert (Monfalcone). A pronunciarlo è il gruppo "Salute e ambiente", attraverso il proprio rappresentante, Danilo Antoni, che ha inviato al Ministero per l'Ambiente le osservazioni riguardanti lo Studio di impatto ambientale. «La proposta della A2A Energiefuture - scrive Antoni - non è compatibile con il contesto ambientale, paesaggistico e culturale nel quale dovrebbe essere realizzato, in quanto è evidente l'obsolescenza dei riferimenti programmatici in materia di lotta ai cambiamenti climatici. Altrettanto palese - aggiunge - la mancata trattazione di aspetti rilevanti sotto il profilo delle emissioni inquinanti. Incompatibile poi la realizzazione del metanodotto di collegamento tra la centrale in progetto e la rete di Snam ReteGas, in considerazione della vulnerabilità ambientale di alcune aree attraversate». Risulta poi importante, «in senso negativo - sottolinea il tecnico del gruppo - la mancata definizione del futuro delle aree occupate dalla centrale termoelettrica esistente, ma non interessate dalla costruzione della centrale proposta, che creerebbe un'ulteriore elemento dequalificante della fruizione paesaggistica di Monfalcone e del suo contesto. Molto rimane infatti - continua - nell'area interessata, in termini di storia e archeologia e di vocazione turistica. In sostanza, la già avvenuta perdita definitiva e irreversibile dei valori culturali e paesaggistici di questa parte di territorio - conclude Antoni - è in palese contrasto con i dati di fatto e lo spirito delle strategie della gestione territoriale regionale e statale di valorizzazione e tutela, sostenuta dalla cittadinanza».

U.SA.

 

 

UNA CRISI EPOCALE CHE CI DÀ L'OCCASIONE DI CAMBIARE ROTTA
L'appello di tre eminenti accademici triestini che osservano gli sconquassi di Covid-19 senza perdere la lucidità: «Situazione limite da cui l'umanità può trarre la forza per consegnare un mondo migliore a figli e nipoti»
 

Lo scenario - Esistono un mondo prima e un mondo dopo la crisi pandemica del Coronavirus Covid-19. Per le nostre generazioni, che non hanno vissuto la guerra in prima persona, questa crisi è un punto di svolta senza precedenti. Non è solo una crisi epidemiologica e sanitaria, ma anche, e forse soprattutto, una crisi economica e sociale, che ha drammaticamente messo in evidenza le vulnerabilità della struttura socioeconomica su cui si fonda la nostra società. Molti dicono che ci vorrà tempo prima di tornare a una vita normale, a una vita "come prima". Ma è davvero questo quello che vogliamo? Oppure si può utilizzare questo punto di svolta, questa ripartenza, per costruire un mondo migliore? L'esperienza del passato - Già nel 1912 il triestino Giacomo Ciamician aveva raccontato al mondo che «... se alla civiltà del carbone, nera e nervosa dell'epoca nostra dovesse far seguito una civiltà più tranquilla basata sull'uso dell'energia solare non sarebbe male per il progresso e la felicità umana». Più recentemente nel 2009 John Beddington aveva predetto per il 2030 la tempesta perfetta di eventi globali dovuta alla scarsità di acqua, cibo ed energia, mescolati a un livello di inquinamento insostenibile. In fondo al tunnel - Il pianeta è ancora attanagliato dalla crisi pandemica, con miliardi di persone chiuse in casa, e con attività di ogni tipo ancora ferme. Stiamo attraversando una delle crisi economiche più gravi e dirompenti della storia, che probabilmente avrà ripercussioni drammatiche sulla vita di molti per anni a venire. Però si comincia a intravedere una "luce alla fine del tunnel", almeno nei Paesi che hanno avuto il coraggio, la tenacia e la coscienza civile di seguire, spesso con enormi sacrifici, le indicazioni della comunità scientifica sull'unica arma che oggi abbiamo per combattere il virus, e cioè il distanziamento sociale. Uno di questi Paesi, uno dei primi e dei più coraggiosi, infatti, è l'Italia. Cominciamo a parlare di ripartenza, di quante centinaia, forse migliaia, di miliardi saranno necessari a far ripartire l'economia. Ma come saranno spesi questi miliardi? Rifaremo gli stessi errori che sono stati alla base della crisi in atto, o quantomeno dei danni provocati da questa crisi? Non è finita - In queste settimane abbiamo praticamente solo sentito parlare di Coronavirus, e questo è sicuramente legittimo e importante. Però non dobbiamo dimenticare che ci sono altre crisi, con ogni probabilità ben peggiori, che ci aspettano dietro l'angolo se qualcosa non cambierà. La crisi dei cambiamenti climatici: il 2019, dopo il 2016, è stato il secondo anno più caldo da quando si prendono misure su scala globale, mentre durante gli ultimi mesi abbiamo assistito a eventi climatici di entità inaudita, come le ondate di calore che hanno alimentato i devastanti incendi in Australia o lo scioglimento senza precedenti dei ghiacci della Groenlandia. Anche in Italia, l'alluvione di Venezia dello scorso anno (perché chiamarla "acqua alta" è certamente un eufemismo) o la tempesta Vaia, che ha distrutto intere foreste delle Dolomiti. E poi la crisi dell'inquinamento atmosferico, che secondo studi recenti causa nel mondo da 5 a 7 milioni di morti premature all'anno (più di 40 mila in Italia), diminuendo la nostra aspettativa di vita di 2-3 anni; il degrado del suolo e la perdita di fertilità; la scarsezza di acqua a causa di siccità più frequenti e dello scioglimento dei ghiacciai; l'inquinamento degli oceani, in primis a causa delle plastiche; la perdita di biodiversità, che per molti è uno dei veicoli che facilita lo svilupparsi di epidemie come quella del Covid-19; l'urbanizzazione selvaggia e il degrado delle megalopoli urbane. E questa lista di eventi estremi potrebbe continuare, a lungo. Tutte queste crisi però, in ultima analisi, sono figlie di un unico problema: lo sfruttamento indiscriminato, eccessivo e iniquo delle risorse limitate del pianeta. Non perdere l'opportunità - La crisi Covid-19 ci offre l'occasione di cambiare rotta, un'occasione storica che non dobbiamo perdere, anche perché le soluzioni sono già qui, alla nostra portata. Facciamo alcuni esempi. L'energia: oggi circa l'80% dell'energia che utilizziamo è derivata dall'uso di combustibili fossili, uso che porta all'emissione di gas serra e di particolato atmosferico che modificano il clima globale e inquinano aria e acqua. Cosa ancora peggiore, sprechiamo circa il 60% dell'energia prodotta. Ma già oggi sappiamo di avere le tecnologie per produrre la maggior parte del nostro fabbisogno energetico da fonti rinnovabili, come il solare, l'eolico, l'idroelettrico e il geotermico, e per ridurre gli sprechi tramite politiche di elettrificazione delle attività produttive e di maggiore efficienza energetica. Quindi sarebbe logico spendere quei miliardi per incentivare le energie rinnovabili, l'uso di auto elettriche e di una mobilità più sostenibile, cosa che non solo aiuta l'ambiente, ma anche l'economia (i costi per la produzione di energia elettrica rinnovabile che sono oggi pari a quelli delle fonti fossili, saranno nel brevissimo ben inferiori a quest'ultimi). E l'occupazione. Questa direzione, incidentalmente, renderebbe l'Italia indipendente dal punto di vista energetico. Economia circolare - Altro esempio: economia circolare e a chilometro zero. È sorprendente che a due mesi dall'inizio della pandemia non siano ancora disponibili mascherine per tutti, perché non riusciamo a produrle e dobbiamo importarle dalla Cina o dalla Russia, come tanti altri beni che potrebbero facilmente essere prodotti qui da noi, anche se magari con un minore profitto. Con quei miliardi valorizziamo le nostre risorse ed eccellenze, come l'artigianato, l'agricoltura, l'enogastronomia di pregio, le inestimabili bellezze paesaggistiche e culturali; l'offerta turistica; i nostri marchi conosciuti in tutto il mondo (come la moda, o la Ferrari). E con quei miliardi incentiviamo lo sviluppo dell'alta tecnologia e della economia digitale, che sono la via del futuro. Queste sono tutte azioni che non richiedono una rivoluzione tecnologica, ma una rivoluzione culturale, incentrata non sul Pil, ma sulla qualità della vita. Questa rivoluzione culturale però ha bisogno di alcune basi come l'educazione e la ricerca. Oggi capiamo quanto la scienza e la cultura siano importanti per salvaguardare la società, eppure l'Italia è uno dei Paesi che spende meno fra quelli industrializzati per educazione, ricerca e sviluppo, anzi questi sono tradizionalmente fra i primi settori a essere tagliati nei casi di riduzione di disponibilità finanziarie. E poi la riduzione delle disparità socioeconomiche e dell'accentramento delle ricchezze. Oggi circa il 50% della ricchezza globale è detenuto dall'1% della popolazione, qualcosa di assolutamente innaturale, perché dal punto di vista ecosistemico la natura stessa ci insegna che l'accentramento eccessivo delle risorse insieme a una estesa povertà, e quindi debolezza, aumenta la vulnerabilità di un sistema e la sua capacità di reagire alle crisi. In un sistema naturale la condivisione delle risorse è forza determinante. Le virtù della globalizzazione  - E infine la cooperazione internazionale. La crisi del Coronavirus ci sta insegnando che, in un mondo ormai globalizzato, se tutti i Paesi non si coordinano nella risposta a una crisi, non se ne esce fuori facilmente. Non basta che sia l'Italia ad adottare delle determinate politiche se ciò non viene fatto anche dagli altri Paesi, europei o di altri continenti. Non serve erigere muri o chiudere confini, anzi bisogna agire in maniera condivisa. E ovviamente a nulla servono gli accordi internazionali e le direttive se non c'è l'impegno del singolo cittadino a rispettarle, proprio come nel caso dei cambiamenti climatici. Le immagini dallo spazio - In questo aprile 2020 lo stato dell'ambiente non è mai stato così positivo, immagini satellitari ci mostrano come l'inquinamento sia stato abbattuto; dalle pianure dell'India si vede l'Himalaya; le acque dei canali di Venezia e di tutte le coste sono limpide e ricche di pesci, l'inquinamento acustico e ottico sono diminuiti. Eppure la società sembra in frantumi. Questo paradosso deriva dal fatto che la nostra società si è completamente disconnessa dall'ambiente in cui vive, anzi in Italia spesso si esprime l'assurda opinione che l'ambiente si opponga al benessere e al "progresso". Potremmo magari chiederlo a quei bambini che hanno solo ambienti degradati e inquinati in cui giocare. Tutti quei soldi - E allora noi chiediamo che quelle centinaia di miliardi non siano spesi per tornare a come le cose erano prima, ma per costruire un'Italia e un mondo migliore, più equo, più resiliente, più solidale verso tutti, e più in sintonia con il pianeta che è la nostra casa. Chiediamo che quei miliardi vengano spesi ascoltando le richieste di milioni di ragazzi, di nostri figli, che come i Fridays for Future, ormai da tempo reclamano il diritto a un futuro migliore, perché ricordiamo che questo è il loro secolo e che questo è il loro pianeta. Uno degli elementi che hanno prodotto la crisi Covid-19 è stata l'impreparazione del sistema socioeconomico e sanitario ad affrontarla, perché non la conoscevamo. Ma la scienza conosce molto sulle crisi ambientali a cui andiamo incontro, come l'emergenza dei cambiamenti climatici, ed è da tempo che manda i suoi avvertimenti. Sarà doveroso e necessario porre maggiore enfasi sulla prevenzione e preparazione di crisi ambientali, ivi incluse anche possibili nuove pandemie, dovute agli sconvolgimenti ambientali derivanti dal riscaldamento globale e da altre pressioni sull'ambiente. Queste crisi non possono essere affrontate con l'impreparazione con cui è stata affrontata l'attuale pandemia. Pensiamoci finché siamo in tempo e agiamo subito.

Filippo Giorgi (climatologo Premio Nobel per la pace 2007come membro Ipcc),

Maurizio Fermeglia e Alessandro Massi Pavan (docenti dell'Universitàdi Trieste)

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 20 aprile 2020

 

 

Il futuro centro congressi in Porto vecchio riparte dal "cappotto" esterno a tre colori
Scelti due grigi e il giallo-oro: cantiere riaperto da Cmr e Metecno per il rivestimento urgente dei Magazzini 27, 28 e 28-bis
Il cantiere del Centro congressi (Tcc) in Porto vecchio ha ripreso l'attività martedì scorso, il giorno dopo Pasquetta. E ha ripreso con lavori che cambieranno l'attuale, dimesso aspetto dei Magazzini 27-28, cui si è aggiunto il 28-bis, la novità saliente nella realizzazione del compendio congressuale. Infatti le aziende Cmr e Metecno, entrambe pordenonesi, stanno provvedendo al montaggio dei rivestimenti esterni, quelli definiti in gergo il "cappotto". La prima fase prevede il posizionamento di strutture metalliche, sulle quali saranno poi inseriti i pannelli colorati: tre le tinte scelte, due tonalità di grigio e una giallo-oro. Tra un mese - sostengono i tecnici - l'effetto sarà gradevolmente visibile. Questo intervento, sul quale opera una squadra di 3-5 addetti, ha rivestito il carattere di estrema urgenza, per consentire che fosse rispettato l'appuntamento di lunedì 13 luglio, quando il cantiere sarà consegnato a Esof, in vista della manifestazione scientifica spostata a settembre causa coronavirus. Perché il resto dei lavori sarà ripreso - salvo diversa disposizione governativa - lunedì 4 maggio. «Ma prima della sospensione - spiega Andrea Monticolo, imprenditore in prima linea - eravamo ormai al 90% del programma». Per cui c'è un prudente ottimismo sul rispetto delle tempistiche: nel menu la rifinitura dell'impiantistica con quadri elettrici, condizionatori d'aria, ecc.Ma c'è anche consapevolezza che si dovrà lavorare in condizioni di massima sicurezza. Monticolo ricordava che in certi giorni, prima della sospensione di fine marzo, il cantiere arrivava a mobilitare persino una settantina di addetti, ma adesso l'altolà agli assembramenti inciderà anche sul Tcc. Per questo la ripresa delle attività non potrà avere un ritmo frenetico, dovranno essere rispettate le distanze tra i lavoratori, sarà prestata attenzione ai fornitori, si procederà a sanificare il sito. L'organizzazione della ripresa non potrà prescinderne, tecnici e imprese non vogliono giungere a luglio con apprensione. Diego Bravar, presidente della società Tcc, queste cose le sa bene e sembra sicuro del contesto: «Lavori secondo previsione, le due settimane di stop saranno recuperate». Giovedì prossimo si terrà un consiglio di amministrazione, che valuterà la situazione a due mesi e mezzo dallo showdown con Esof. L'idea è che Tcc proceda con la propria disponibilità finanziaria fino dove possibile, perché una parte degli arredi non potrà essere allestita in tempo per la manifestazione e allora sarà lo stesso Esof a provvedere con noleggi. Una volta smontato Esof, Tcc riprenderà in mano la struttura congressuale per completarne gli interni. Nell'auspicio che le Generali confermino l'intervento a supporto.

Massimo Greco

 

Il ponte tra gli hangar sarà rifatto in vetro - Avanti con bar e cucine
Qualche passo in avanti "estetico" il Centro congressi lo sta compiendo e il presidente di Tcc Diego Bravar ci tiene a sottolinearlo. A cominciare dai nuovi accessi vetrati e dai nuovi serramenti, che consentono alla luce di rischiarare l'interno del "27". Ma uno dei maggiori progressi nella veste esterna riguarderà il ponte tra i Magazzini 27 e 28, anch'esso destinato a svestire l'attuale aspetto per assumere un più leggiadro rivestimento in vetro. Tcc conta inoltre di procedere nella logistica interna, per esempio nell'organizzazione del bar e delle cucine che serviranno al catering di Esof. A fine opera, la superficie del Tcc si estenderà per 9000 metri quadrati, cui si aggiungeranno 4500 metri quadrati di parcheggio. Un investimento rilevante di 12 milioni, sostenuto al 58% da Tcc e al 42% dal Comune, nel quadro di un project financing di iniziativa privata. Il clou della realizzazione è il "28/bis", costruito su un'unica campata di 40 metri, che conterrà un auditorium da 1848 posti. Gli attempati "27" e "28" avranno una caratterizzazione più espositiva. Il Comune ha concesso a Tcc il diritto di superficie sulle aree, in base a un canone annuo di 80.000 euro corrisposto in 5000 euro di numerario e in 5 giornate di utilizzo delle strutture congressuali.

Magr

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 19 aprile 2020

 

 

Guerra delle antenne usate per il 5G - Parte la diffida contro il Comune
Una richiesta di moratoria al Comune di Trieste per bloccare la costruzione di antenne per la navigazione a 5G in per la presunta pericolosità degli impianti sulla salute dell'uomo. Pericolosità che, però, viene smentita dall'Arpa. L'avvocato Alessandra Devetag per conto del presidente del Circolo Miani, ha inviato la diffida al sindaco Roberto Dipiazza nei giorni scorsi: «Nel documento - spiega la legale - abbiamo riportato numerose ricerca tra cui lo studio effettuato dall'Istituto Ramazzini di Bologna, uno dei centri più importanti nel campo oncologico. Anche il Comitato scientifico sulla salute della Commissione europea nel 2018 specificava come mancassero studi certi sul tema. Fino a quando non verrà fatta chiarezza attraverso una ricerca eseguita da un istituto indipendente sulla sicurezza per l'uomo riteniamo che questi impianti non dovrebbero venir installati».Il Circolo Miani ricorda che 220 comuni in Italia, oltre alla Svizzera e alla Slovenia hanno al momento vietato l'uso del 5G. «La vicenda ricorda quella dell'amianto - rincara Devetag -: per anni nel caso dell'eternit è stato usato materiale con effetti cancerogeni gravissimi e in molti ne erano a conoscenza». Il presidente del Circolo, Maurizio Fogar, in ogni caso si dice pessimista: «Mi pare problematico trovare una interlocuzione con questa amministrazione, temo dovremo proseguire con l'azione legale cui è associata una richiesta di accesso agli atti su nuove installazioni». Non è esclusa neanche una manifestazione pubblica quando l'emergenza Covid-19 sarà rientrata. L'amministrazione comunale preferisce non ribattere ed evitare di entrare nel caso specifico essendoci un procedimento in corso. Dal Municipio però si precisa che non vi sono al momento richieste di installazione di impianti 5G sul territorio e che non è nemmeno prevista la costruzione di nuove antenne: gli attuali lavori in corso segnalati da alcuni cittadini servono esclusivamente per la predisposizione degli impianti. Dall'amministrazione ricordano inoltre la sentenza della Corte Costituzionale nella quale le antenne vengono indicate come «servizio essenziale» e dunque impossibile da vietare. Il Comune precisa poi che, nel momento in cui arriverà una richiesta relativa al 5G, verrà fatta un conferenza dei servizi con Arpa, Azienda Sanitaria e gli enti preposti e la decisione verrà presa su base scientifica. Dal canto suo Arpa inoltre conferma come non vi siano impianti 5G attivi a Trieste, precisando che però sono arrivate delle richieste di parere per 19 impianti da installare su strutture già esistenti. Sul discorso salute viene inoltre specificato come lo studio dell'Istituto Ramazzini sia stato bocciato dall'Icnirp, la Commissione Internazionale per la Protezione dalle Radiazioni Non Ionizzanti, organismo non governativo riconosciuto dall'Oms che definisce lo studio non in grado di fornire evidenze coerenti e affidabili per intervenire sulle attuali linee guida. Quanto alla pericolosità delle frequenze, si fa notare che la maggiore ha 26Ghz, vale a dire una potenza 10 mila volte meno elevata rispetto alla luce visibile, anch'essa una radiazione magnetica.

Andrea Pierini

 

 

A Muggia la raccolta di cozze rimane proibita
Da gennaio la presenza di benzo(a)pirene nei molluschi tiene sotto scacco anche la vendita. Disco verde per le altre zone
MUGGIA. Pedoci muggesani ancora off-limits. Prosegue la sospensione della raccolta e il divieto di immissione sul mercato dei molluschi bivalvi allevati nelle acque antistanti il territorio muggesano (Ts 02). Revocata invece la sospensione per le zone di produzione di Santa Croce (Ts 06), Canovella (08), Duino (10) e Villaggio del Pescatore (11) perché almeno due campioni, analizzati dall'Istituto zooprofilattico delle Venezie, hanno riportato parametri conformi. Una chiusura, quella muggesana, che va avanti da gennaio a causa soprattutto dell'incertezza relativa alla questione del rilevamento di benzo (a)pirene. Pare invece sia stato superato, almeno per gli allevamenti di mitili a nord di Trieste, la questione della presenza oltre i limiti consentiti di biotossina algale liposolubile Dsp, acronimo di Diarrethic Shellfish poisoning, oltre che di un elevato tenore di acido okadaico, che era stata riscontrata praticamente lungo tutta la costa triestina interessata dagli allevamenti.«Per quel che concerne le biotossine - ha spiegato Paolo Demarin, direttore del dipartimento di prevenzione della struttura complessa di igiene degli alimenti di origine animale di Asugi - le ultime analisi sono conformi», invece per la presenza dell'idrocarburo «proseguiamo ancora e aspettiamo le evidenze delle analisi e le valutazioni generali degli enti preposti alla tutela ambientale». Il Dipartimento di Gorizia dell'Asugi è il centro di riferimento regionale per le biotossine algali, è in stretta connessione con il centro di riferimento nazionale per le biotossine marine di Cesenatico per la vigilanza della qualità dei molluschi nell'Alto Adriatico, e controlla dal 1989 il fenomeno evolutivo delle alghe marine tossiche e potenzialmente tossiche ed esegue sui molluschi bivalvi la ricerca di tossine.

Luigi Putignano

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 18 aprile 2020

 

 

Consigli preziosi per pollici verdi dall'anteprima web di Horti Tergestini
La tradizionale rassegna ospitata nel parco dell'ex Opp slitta in autunno ma regala intanto dritte green online
Horti Tergestini, la rassegna dedicata a fiori e piante, diventa virtuale. La kermesse, che da 15 anni si svolge nel Parco di San Giovanni, inizialmente prevista in questo week end, slitta fisicamente in autunno e regala intanto agli appassionati del verde una speciale anteprima online. Sul sito www.montepanta.it e sul canale YouTube collegato, 32 aziende si presentano e illustrano i loro prodotti, pronte a spedirli in tutta Italia e a dispensare informazioni utili. Già online anche l'intervento di Franco Rotelli, ex direttore generale dell'Azienda sanitaria, che ricorda l'avvio della manifestazione e la rinascita del parco. «Con Horti Tergestini abbiamo voluto valorizzare San Giovanni - racconta Giancarlo Carena, della Cooperativa Agricola Monte San Pantaleone - e anno dopo anno è diventato un appuntamento sempre più amato, e che anche a livello economico si rivela un'iniziativa importante. E inoltre - sottolinea - abbiamo dato un nostro originalissimo contributo per costruire una cultura del verde a Trieste».Sul web gli appassionati di giardinaggio possono trovare tanti consigli utili per prendersi cura delle proprie piante, grazie ai suggerimenti delle varie realtà, con le clip già pubblicate da ieri sul sito di riferimento. In un momento dove la cura di fiori e piante diventa anche una terapia. «Certo chi in questa situazione di emergenza, chi ha un balcone o un giardino può ritenersi fortunato - prosegue Carena - ma ci si può dedicare comunque a una piantina aromatica, ad esempio, o si può osare, acquistando qualcosa di nuovo. Io non ho un balcone, eppure i miei davanzali non sono mai stati così rigogliosi e amati. Basta una finestra appunto o prendersi cura anche delle piante d'interno. E non servono grandi spazi. Credo ci sia un generale riavvicinamento al verde, che fa sicuramente bene a tutti». E in attesa di ritornare a passeggiare tra i vari stand di Horti Tergestini, seguendo anche laboratori, letture e altre iniziative collaterali, la soluzione può essere quella di scegliere una piantina nei negozi aperti in città. «Un'aromatica, o qualche seme da piantare - dice ancora Carena - sono soluzioni semplici. Anch'io ho scoperto un'agraria sotto la mia abitazione e ne ho approfittato per scegliere proprio alcuni semi. In questo periodo credo che tanti stiano apprezzando i punti vendita di prossimità, vicini a casa, che prima magari non si frequentavano». Horti Tergestini dunque continuerà ad aggiornare tutti online. Nelle ultime edizioni l'evento ha registrato 10mila visitatori ed è cresciuto grazie alla tenacia e alla determinazione della cooperativa sociale Agricola Monte San Pantaleone, che in questi anni ha promosso numerose iniziative per valorizzare l'ex ospedale psichiatrico, e grazie alla competenza e passione dell'Associazione orticola del Fvg "Tra Fiori e Piante". Ogni anno migliaia di persone camminano tra un tripudio di fiori profumati, arbusti da frutto e tante curiosità, portandosi a casa piante di tutti i tipi, o partecipando alle conferenze e ai momenti di approfondimento, organizzati nelle diverse giornate. «L' appuntamento, sostenuto anche dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Trieste, per ora è a portata di click e consentirà a chiunque in qualunque momento di restare in contatto con tanti imprenditori, che coprono tutte le regioni d'Italia, fino alla capitale e si spingono oltre il confine con la Slovenia, che hanno messo per un attimo da parte gli arnesi da giardinaggio - concludono i promotori - per accendere una telecamera e condividerla con gli amanti del pollice verde».

Micol Brusaferro

 

Aziende e professionisti a portata di un clic - la formula
Conoscere i protagonisti di Horti Tergestini 2020 è molto semplice. Dopo essersi collegati sul sito, è necessario selezionare l'area in alto, che indica l'anteprima della manifestazione, ed ecco la piantina, con una serie di numeri collegati alle varie aziende presenti. Cliccando sulle varie postazioni si apre un video, che permette di effettuare un viaggio virtuale tra serre, splendidi giardini, fiori coloratissimi, descritti dai professionisti del settore. E sulla pagina web un ringraziamento da parte degli organizzatori dell'evento va a chi si è cimentato dietro l'obiettivo di una camera o semplicemente di un telefonino.«Mai come ora possiamo dire che la rete fa rete e annulla le distanze, anche quelle imposte per proteggerci. Grazie a tutti quelli che credono che la bellezza non conosce confini e hanno accettato di togliere per un attimo le mani dalla terra o dal cioccolato e metterle dietro una telecamera - si legge nel ringraziamento -, per condividere i frutti del proprio lavoro».

 

 

 

 

 

TriesteCafe.it - VENERDI', 17 aprile 2020

 

 

In Fvg è permesso andare a fare attività in orto: lo riferisce il Gruppo Urbi et Horti citando le parole del sindaco di Pontebba

Fare orto si può. E' permesso infatti andare a fare attività in orto. "Finalmente - spiega Tiziana Cimolino di Bioest e Urbi et Horti - tutti i nostri orticoltori urbani potranno riprendere la loro attività. Il 13 aprile scorso il presidente della Regione Fvg ha emanato una nuova ordinanza che parla anche della “manutenzione del verde su aree pubbliche e private” permesse dalla data 14 aprile, ma non si precisa se l'attività può essere fatta anche dal privato possessore di orto distante da casa. Sull'argomento è intervenuto però il sindaco di Pontebba (Udine) che ha riferito che, a una sua precisa domanda in tal senso, la Protezione civile regionale del Fvg ha risposto che:“per quanto riguarda la coltivazione dell’orto, si ritiene che questa attività costituisca una forma di approvvigionamento alimentare e che come tale rientri nei casi di necessità che giustificano lo spostamento”.
"Sono consentiti - riporta il sindaco sul proprio profilo facebook - gli spostamenti all'interno del territorio comunale per l'esecuzione delle attività agricole anche non professionali, nel rispetto delle norme in vigore relativamente alle autocertificazioni ed al distanziamento sociale".
"Quindi - afferma Cimolino - muoversi all’interno del proprio comune di residenza per coltivare l’orto è consentito. Si riprende quindi l'attività dei nostri contadini urbani".
"In questo periodo in cui tutti stiamo a casa - rileva ancora Cimolino - abbiamo pensato di rivitalizzare i nostri “social” inserendo una serie di contenuti riguardanti i temi dell'orticoltura, cura delle piante, informazioni sul verde e la natura.
Quest'anno però come Gruppo Urbi et Horti non riusciremo ad organizzare i nostri consueti corsi e quindi invitiamo tutti coloro che negli anni hanno partecipato alle nostre attività a connettersi tramite facebook (orticomunitrieste e Bioest) per partecipare attivamente, condividendo anche contenuti propri, per creare un gruppo di condivisione che potrà proseguire nella consueta attività anche dopo questo difficile periodo.
In questo periodo in cui tutti stiamo a casa, abbiamo pensato infatti di rivitalizzare i nostri “social” inserendo una serie di contenuti riguardanti i temi dell'orticoltura, cura delle piante, informazioni sul verde e la natura.
I social verranno aggiornati giornalmente e le brevi lezioni di orticoltura potranno essere seguite due o tre volte alla settimana.
"Abbiamo ottenuto - prosegue Cimolino - la collaborazione di un'agronomo, Mattia Viti, dell'architetto Luciana Boschin, del veterinario Alessandro Paronuzzi e di Livio Dorigo, già insegnanti dei nostri corsi, di Marco De Donà, collaboratore di comunicazione, Roberto Marinelli maestro contadino, Elena Toncelli naturalista e tanti altri amici che da tempo lavorano con noi.
"Vi aspettiamo sui social" conclude la naturalista, che ricorda che "è sempre attiva la proposta “vuoi un orto?, hai un orto?” con posti ancora disponibili anche in centro città ancora liberi.".

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 17 aprile 2020

 

 

Scatta il taglio degli alberi vicini all'alta tensione
La concessionaria nazionale Terna pronta alla messa in sicurezza stagionale dei cavi aerei degli elettrodotti sul Carso
DUINO AURISINA. Il territorio di Duino Aurisina sarà interessato, nelle prossime settimane, dal taglio delle piante e dei rami che possono risultare pericolosi, in virtù della loro crescita primaverile, a causa della vicinanza ai fili dell'alta tensione gestiti da Terna rete Italia spa. Può accadere infatti che rami e cime possano allungarsi a tal punto da andare a pesare sulle condutture aeree fino a spezzarle o comunque a provocare danni che potrebbero generare interruzioni nel servizio di fornitura di energia elettrica. Si tratta di un intervento che Terna, società che opera in concessione dallo Stato per portare l'energia elettrica alle società di gestione territoriali, che sono a loro volta a contatto con i consumatori finali, effettua ogni anno, avvalendosi in alcuni casi di personale proprio, in altri di aziende che operano in subappalto. In particolare, sull'altipiano Terna invita i proprietari dei fondi che possono essere interessati, in questo periodo, alla raccolta della legna tagliata, a verificare all'albo del Comune tempi e modi dell'operazione che sarà effettuata appunto dalla concessionaria. In ogni caso, Terna invita al tempo stesso «la popolazione a non procedere con il taglio della vegetazione in prossimità degli elettrodotti, che sono da considerare sempre in tensione. Siamo disponibili - aggiunge la spa - a definire, con i proprietari che ne avessero la necessità, le modalità operative dell'intervento». Il taglio degli alberi non riguarderà solo le aree più vicine ai tralicci, ma anche la cosiddetta fascia di rispetto, cioè l'area sottostante gli elettrodotti e che si allarga per qualche metro da ambo i lati. Stesso discorso vale anche per i sentieri di accesso ai sostegni delle linee elettriche di proprietà della stessa società concessionaria. Terna attualmente gestisce poco meno di 74.500 chilometri di linee ad alta tensione, distribuite in tutto il Paese. Le origini dell'azienda sono datate 1962, quando per legge si sancì la nazionalizzazione del settore, affidando a Enel tutte le fasi della filiera elettrica, fino ad allora private. Successivamente l'Unione Europea favorì il processo di riliberalizzazione del settore, e, nel 1999, furono costituite due società: la stessa Terna, proprietaria della rete di trasmissione nazionale, e il Gestore della Rete di trasmissione nazionale.

Ugo Salvini

 

Chiusa la trafila burocratica Aurisina dà il disco verde alla nuova piazza senz'auto
Ok in giunta al progetto definitivo da quasi un milione e mezzo per la rivitalizzazione dell'area ai piedi della chiesa di San Rocco
Il rifacimento della piazza di Aurisina è finalmente ai blocchi di partenza. È stato approvato infatti dalla giunta di Duino Aurisina il progetto definitivo del primo lotto. Si è così completato il primo passo formale di un percorso molto atteso dall'intera comunità dell'altipiano, che vede, nella piazza che si allunga davanti alla chiesa di San Rocco, uno dei simboli del territorio. Il primo lotto, che vale 1.461.308,10 euro, prevede una vera rivoluzione. In particolare, la viabilità sarà fortemente limitata, essendo riservata solo alle operazioni di carico e scarico, mentre la fermata dell'autobus sarà spostata all'esterno della piazza, lungo la strada provinciale. Il capolinea troverà una nuova collocazione nella piazza del Municipio, ad Aurisina Cave. Un'operazione molto importante, quest'ultima, nella gestione del traffico, perché così la piazza potrà beneficiare di una più ampia fruibilità pedonale, in quanto spariranno le auto in sosta, proprio perché lasciate in loco dai proprietari per utilizzare l'autobus e raggiungere la città.La pavimentazione sarà sostituita con un massiccio impiego di pietra locale: Aurisina carsica, fiorello e granitello, e Repen. Vi sarà inoltre un importante richiamo storico all'acqua, per ricordare che, originariamente, in piazza la cisterna riforniva tutto il paese. Il progetto prevede, a questo proposito, un'apertura sopra la cisterna stessa e due vasche, mentre di fronte sarà collocata la vecchia fontana, oggi decentrata sul retro della piazza. Per dare un'impronta di verde, saranno posizionati tre tigli e 17 lecci, oltre ad altre aree "green" e fioriere, tra le quali quella del monumento, che rimarrà nella stessa posizione attuale ma sarà rivisitata. Infine saranno installate pure cinque colonne per le prese elettriche a scomparsa per gli allacci in caso di eventi e manifestazioni. Tutta l'illuminazione sarà sostituita utilizzando impianti a luce led a risparmio energetico. «Sono soddisfatta - così il sindaco Daniela Pallotta - perché, nonostante il difficile momento, possiamo proseguire con questo progetto, che ridarà vita alla piazza di Aurisina, negli ultimi anni abbandonata, con riflessi negativi anche per le realtà commerciali, che così ora speriamo di richiamare. Non siamo in grado oggi di dare una tempistica precisa, ma ci piacerebbe tagliare il nastro entro fine mandato». «Arrivare a questo punto - sottolinea l'assessore Lorenzo Pipan - è stato impegnativo, perché l'iter si era arenato».--U.SA.

 

 

Porto vecchio, via al recupero della banchina storica crollata
Bando da quasi 300 mila euro per la riqualificazione dell'area dell'ormeggio 15 tra la sede dei pompieri e l'Adriaterminal, vincolata peraltro dalle Belle arti
Verrà messa in sicurezza e ricostruita a partire da quest'estate la banchina del Porto vecchio ceduta nella zona dell'ormeggio 15, poco distante dall'Adriaterminal. L'intervento è - in questo momento - oggetto di gara da parte dell'Autorità portuale, che ha pubblicato sul sito il bando da 297 mila euro. L'aggiudicazione è prevista sulla base del massimo ribasso e il termine per presentare la domanda è mezzogiorno del 22 maggio prossimo. L'area interessata dal cantiere si trova nel bacino compreso tra il molo dove hanno base i Vigili del fuoco e le attuali banchine dell'Adriaterminal all'interno della zona del Punto franco. Ad aver ceduto - recentemente - è stato un tratto non eccessivamente lungo proprio nell'area prospiciente il Magazzino 9. Tutta la zona entra nel "sistema moli", uno dei quattro sistemi previsti dal Comune per la riqualificazione del Porto vecchio. Gli altri sistemi sono: ludico e sportivo; museale, scientifico e congressuale; misto. Sull'area grava comunque il vincolo di tutela delle Belle arti, che impedisce l'abbattimento dei magazzini 6, 7, 9 e 10, la cui riqualificazione è però aperta a ogni possibile destinazione. Pure per quanto concerne l'Adriaterminal, oggi in concessione a Steinweg-Gmt, le ipotesi sono plurime e non è escluso uno sviluppo legato al mondo delle crociere, con la creazione di una stazione marittima e il lancio di attività collegate. Al momento però sono tutte ipotesi: di certo c'è il completamento del polo congressuale pronto per ospitare Esof2020, evento slittato a causa dell'emergenza coronavirus al prossimo settembre. I lavori sono quasi in dirittura d'arrivo, con il collegamento stradale attraverso la rotatoria di viale Miramare, il parcheggio del Bovedo e la "promenade", che verrà completata più avanti con la pista ciclabile e un collegamento su rotaia per arrivare fino alla zona della stazione. Tornando all'attualità e al bando dell'Authority, sono previste nel dettaglio la messa in sicurezza e la ricostruzione del tratto storico della banchina. La partenza del cantiere è programmata per questa estate, visto che la gara - per l'appunto- si chiuderà il 22 maggio e ci sono dei tempi tecnici di legge per l'assegnazione del cantiere. L'intervento edile non dovrebbe comunque avere problemi qualora dovesse proseguire il "lockdown" per l'emergenza Covid-19 in quanto si tratta di un'area con accesso fortemente limitato nella quale è difficile che si possano verificare degli assembramenti di persone, magari di quelle interessate a seguire il cantiere. Inoltre i lavori saranno in parte subacquei e non è un'opera nella quale peraltro si prevede un'elevata concentrazione di operai. Dall'Autorità portuale fanno inoltre sapere che, anche grazie al telelavoro, l'iter burocratico sta procedendo normalmente dal momento che le procedure di gara vengono espletate in maniera telematica e dunque senza rischi per partecipanti e dipendenti. Viene infine rilevata, in questo momento, una partecipazione importante ai diversi bandi rispetto al solito: la motivazione potrebbe essere legata proprio all'attuale blocco dei cantieri e quindi a un'attenzione maggiore, da parte delle imprese, alle diverse occasioni offerte dalle pubbliche amministrazioni.

Andrea Pierini

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 16 aprile 2020

 

 

Strade, aiuole e giardini, il piano alberi entra nel vivo
Irrigazioni, potature e taglio periodico dei rami rientrano tra gli interventi a tutela della pubblica incolumità. Nell'elenco dei lavori clou quello di viale D'Annunzio
Non si fermano le potature e gli interventi per la cura del verde pubblico, avviati come ogni anno dal Comune di Trieste in questo periodo. Solo alcuni lavori, non ritenuti urgenti e necessari, sono stati sospesi. I manutentori sono dunque in azione nei principali parchi della città, ma anche in altre zone dove, alla luce della prolungata assenza di pioggia, è stato necessario mettere in funzione i sistemi di irrigazione, e in altre zone ancora, dove è stato effettuato un taglio dei rami già programmato, come ad esempio nel caso di viale D'Annunzio. Ripulito anche il laghetto del giardino pubblico di via Giulia. «In riferimento alle misure di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica Covid-19 con particolare riguardo alla sospensione delle attività produttive non essenziali - spiega l'assessore ai Lavori pubblici Elisa Lodi - abbiamo valutato con i tecnici di mantenere operativi alcuni appalti nell'ambito della gestione del patrimonio verde ornamentale, ricorrendo i presupposti della pubblica utilità, previa comunicazione alla Prefettura. Si è infatti ritenuto necessario garantire l'operatività delle varie imprese appaltatrici, ai fini dell'esecuzione di interventi urgenti di potatura e di interventi di messa in sicurezza di rami e alberi pericolanti, il tutto a tutela della pubblica incolumità. Inoltre è stata garantita la presenza delle ditte anche per le irrigazioni di soccorso ai più di 130 alberi recentemente messi a dimora e per la messa in funzione di altri impianti, per evitare che l'attuale andamento climatico possa causare la morte di alberi e arbusti, con conseguente danno patrimoniale per il Comune. Ulteriore continuità è stata assicurata per quanto riguarda i controlli di stabilità degli alberi, a cura di un professionista esterno». Su un totale di 12 appalti, ne sono così stati sospesi quattro, che non presupponevano manutenzioni urgenti. Tutti gli altri sono regolarmente al lavoro. Tra le opere più consistenti le consuete potature dei grandi rami degli alberi di viale D'Annunzio, immortalate sui social anche da qualche residente nei giorni scorsi. E poi ci sono le aree verdi al momento chiuse al pubblico dove, proprio grazie all'assenza di frequentatori, il Comune ha deciso di avviare anche una serie di manutenzioni straordinarie, approfittando del momento. «In questo periodo di chiusura dei parchi anche il personale delle squadre dei manutentori comunali dei giardini sta ugualmente operando all'interno dei parchi di villa Sartorio, villa Revoltella e villa Engelmann oltre che in alcune aiuole del centro cittadino - prosegue Lodi - per piccole potature degli alberi, riordino degli arbusti, verifica e riparazione degli impianti di irrigazione, lavori nelle zone prive di impianto automatico, diserbi attorno alle piante e primi tagli dei prati». Personale in azione anche al giardino pubblico Muzio de Tommasini, dopo i danni causati di recente dalla forte bora, dove è stato appunto ripulito anche il laghetto, grazie all'intervento di Acegasapsamga in accordo con l'Ente nazionale di protezione animale.

Micol Brusaferro

 

Alcuni esemplari "schermati" per gli scavi Acegas - IL CANTIERE PARALLELO
In viale D'Annunzio, teatro di uno degli interventi più importanti, il protocollo prevede anche che alcuni alberi siano protetti, con assi di legno, per consentire la sostituzione delle condotte gas in ghisa grigia, nell'ambito di un più ampio progetto che riguarda anche altre zone della città. La rete gas triestina, vecchia di quasi un secolo, necessita di ammodernamenti per rispondere alla normativa vigente, e per garantire la sicurezza dei cittadini. AcegasApsAmga sta infatti procedendo alla totale sostituzione dei tratti rimasti, con tubazioni in polietilene ad alta densità. In viale D'Annunzio, in particolare, si tratta di un intervento che permetterà la riqualificazione di circa 310 metri di condotte, da largo Mioni a piazza Foraggi. I lavori in questione, partiti a inizio 2020, dovrebbero concludersi nel corso dell'estate.

(mi.br.)

 

 

«Una metropolitana Trieste già ce l'ha ed è la Transalpina» - Il progetto di "Podemo"
A Trieste esiste già una metropolitana leggera. Dai tempi dell'Austria. A ricordarlo è il neonato gruppo politico "Podemo" che, nato in seno ai movimenti indipendentisti triestini, vuole presentarsi alle comunali del 2021. «Il tratto della Ferrovia Transalpina che collega Campo Marzio con Opicina, via San Giacomo e Rozzol, è da poco tornato in attività e, oltre ad essere in grado di aumentare la capienza ferroviaria da e per il nostro porto, con convogli già in transito, può rappresentare uno dei tasselli di un sistema di ferrovia metropolitana leggera in grado di risolvere la stragrande maggioranza dei problemi di trasporto pubblico oggi presenti», si spiega in un comunicato stampa. Le stazioni coinvolte da questa linea sono: Campo Marzio, San Giacomo, Rozzol, Guardiella (con possibile collegamento all'Università), Sissa, Opicina e Sesana. «Esiste uno studio articolato, denominato "Adria A", realizzato da varie università e presentato nel 2014, che è però stato frettolosamente messo in un cassetto dalla politica locale», dichiara il direttivo di "Podemo": «Si tratta, semplificando, di uno studio per creare un sistema di ferrovia metropolitana leggera in grado di unire varie zone di Trieste a Capodistria, Sesana e Monfalcone, utilizzando in stragrande maggioranza infrastrutture tuttora esistenti, come il tratto riaperto di recente». La riattivazione della Transalpina è al centro del progetto di Trieste «città allargata che si sviluppa a partire dall'aeroporto di Ronchi fino a Portorose».«I vantaggi di una vera integrazione di tutta quest'area sono evidenti: fare sistema significherebbe aumentare il bacino d'utenza e il potenziale di crescita per qualsiasi azienda e associazione esistente. E genererebbe condizioni migliori per intraprendere nuove iniziative», prosegue "Podemo": «I blocchi su questo progetto sono, ad oggi, solo ed esclusivamente politici, trattandosi di una realizzazione dai costi relativamente bassi, in quanto basata su infrastrutture esistenti che, in molti casi, come quello della linea Transalpina e della stazione di Campo Marzio, sono state realizzate dall'Austria più di un secolo fa». La morale? «Mentre le città di mezzo mondo stanno spendendo in questo momento miliardi su miliardi per creare questo tipo di infrastrutture - conclude "Podemo" - noi che le abbiamo a disposizione per una frazione del costo non le stiamo utilizzando, se non in minima parte».

Fa.Do.

 

 

Maxi sequestro di ricci di mare e oloturie
Oltre 1700 chilogrammi di molluschi, pescati irregolarmente in Croazia, intercettati a bordo di un furgone diretto in Puglia
Guidavano un furgone con cinquecento chili di ricci privi della documentazione di rintracciabilità, tutti stipati in cassette di plastica, e 1260 chili di oloturie, i cosiddetti cetrioli di mare, molluschi di cui sono vietati la pesca, il trasporto e la commercializzazione. Due autotrasportatori italiani non sono sfuggiti ai controlli, nelle scorse notti, del personale del Nucleo pesca della Capitaneria di porto che, durante un'attività congiunta con i militari della Tenenza di Muggia della Guardia di Finanza, ha intercettato, in prossimità del confine di Rabuiese, un camion proveniente dalla Croazia e diretto in Puglia. Nonostante l'emergenza del coronavirus, infatti, continuano le ispezioni sulla filiera della pesca che, pur avendo registrato un sensibile calo dell'attività in mare e della commercializzazione del prodotto, rappresenta ancora un elemento di interesse, soprattutto per i transiti ai valichi di frontiera. Il mezzo è stato subito scortato al Mercato ittico per procedere all'ispezione della merce. I ricci, come detto, non erano accompagnati da una documentazione che provasse la loro rintracciabilità. I commercianti clandestini di questi frutti di mare cercano di reperirli in Croazia perché «vengono acquistati a un prezzo inferiore rispetto a quello italiano - spiega il 1° maresciallo Nicola Bavila, ispettore comunitario e vice capo del Nucleo regionale, che ha condotto l'operazione -. E inoltre in Puglia non sono presenti in grandi quantità. Peraltro, a livello nazionale, da maggio a 30 giugno, vige il divieto di raccolta, poiché è il periodo in cui i ricci si riproducono». Gli stessi ispettori poi, esaminando meglio il furgone, hanno individuato un doppio fondo al quale si accedeva dall'impianto refrigeratorio situato sul tetto. È qui che hanno scoperto, nascosti in parte in bidoni chiusi, le oloturie. «Si tratta di una specie di lombrico, come quello di terra, che serve per l'ossigenazione dell'ambiente marino e di cui sono vietati pesca e commercializzazione sia in Italia sia in Croazia. In Puglia, in particolare, è stata emanata un'ordinanza regionale, che equipara la la pesca di questo prodotto itti al reato per disastro ambientale». Non in Europa, ma in Oriente, spiega sempre Bavila, è reputata una prelibatezza. In Paesi come Cina e Giappone le oloturie vengono in particolare vendute essiccate: il prezzo si aggira tra i 10 e i 600 dollari al chilo fino ad arrivare, per alcune specie particolari, a 3 mila. I due autotrasportatori sono stati dunque multati con una sanzione amministrativa di 1.500 euro per la mancata rintracciabilità dei ricci e denunciati per il trasporto di oloturie, mentre il prodotto ittico è stato requisito assieme al furgone. Il sequestro è stato convalidato dalla Procura della Repubblica diretta da Carlo Mastelloni. I ricci e le oloturie, dopo che i veterinari hanno verificato che fossero ancora vivi, sono stati rigettati in mare dagli uomini della Capitaneria.

Benedetta Moro

 

 

Inquinamento meno 40% nel Nord Italia per il blocco
Roma. La Rete italiana ambiente e salute, a cui partecipano esperti del Sistema sanitario nazionale (Ssn) e del Sistema nazionale per la protezione dell'ambiente (Snpa) ha pubblicato un documento su Scienzainrete sulle correlazioni fra inquinamento ambientale e Covid19. Indagando su tre aspetti. Primo: il virus tende a diffondersi di più nelle aree molto inquinate? Per il report è «un'ipotesi che non sembra avere alcuna plausibilità biologica. Infatti, pur riconoscendo al Pm la capacità di veicolare particelle biologiche (batteri, spore, pollini, virus, funghi, alghe, frammenti vegetali), appare implausibile che i coronavirus possano mantenere intatte le loro caratteristiche morfologiche e le loro proprietà infettive anche dopo una permanenza più o meno prolungata nell'ambiente outdoor». Secondo: le restrizioni decise per arginare il contagio hanno prodotto una riduzione significativa dell'inquinamento atmosferico? Sì. Dal 9 marzo i livelli di NO2, diossido di azoto, a Milano e in altre parti del nord Italia sono diminuiti di circa il 40%. Occorrerà studiare meglio le ragioni, ma è plausibile una responsabilità alla drastica diminuzione del traffico e delle attività industriali. Terzo: la crisi economica da Covid19 aprirà la strada a politiche di abbassamento dei vincoli ambientali e di ritorno al passato? Il rischio c'è. La crisi economica potrebbe avere conseguenze disastrose per la transizione energetica globale perché l'impoverimento a livello mondiale determinerà una minore disponibilità di risorse da investire in fonti di energia alternativa. Occorrerà vigilare.

Alfredo De Girolamo

 

 

Nuovi progetti. Giovani volontari in azione si confrontano sul clima.

Al via il primo hub tematico del progetto finanziato dalla Regione Fvg "Giovani volontari in azione", che stimola i ragazzi all'azione su diversi fronti. Il prossimo incontro si terrà oggi alle 14.30 sulla piattaforma Zoom ed è aperto sia ai ragazzi che ai rappresentati di enti e istituzioni o aziende. "Giovani Volontari in Azione" è un progetto nato, per idea dell'Associazione Mondo 2000 e di altri undici partner del Terzo settore regionale, dall'esperienza di "Open Door. Conosco, Capisco, Imparo: percorso di avvio al volontariato di giovani tra i 16 e i 19 anni", finanziato dal ministero del Lavoro. Oggi "Giovani Volontari in Azione" intende portare a conoscenza dei giovani della nostra regione le diverse realtà nelle quali vivono, stimolando quel desiderio di intervento nella soluzione di problemi legati ai loro territori. Come? Con l'attivazione di alcuni hub tematici, appunto, intesi come incubatori di idee. Ciascuno è articolato in tre o quattro incontri, nel corso dei quali i ragazzi, assieme a degli esperti e a un coordinatore, trattano alcuni temi e trovano dei modi per sviluppare una soluzione a delle problematiche. Ogni tema è affrontato per step: presentazione dell'argomento, brain storming pilotato con la partecipazione e predisposizione del progetto. La modalità originaria di svolgimento degli hub era dal vivo, ma le necessità imposte dal covid hanno ridisegnato i modi di incontro, spostandoli su Zoom. Il primo hub è dedicato al clima: il secondo incontro si terrà oggi alle 14.30. Per partecipare si può inviare la richiesta a mondo2000@uwcad.it. Ha già dato la sua adesione Andrea Cicogna, dell'Arpa Fvg, che darà un contributo su "Clima e cambiamento climatico in Fvg: evidenze e possibili impatti". Gli spunti provenienti dalle riflessioni dei ragazzi e dagli interventi degli ospiti sono condivisi sulla pagina Facebook "Giovani Volontari in Azione" e sul profilo Instagram "@giovanivolontariinazione".

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 15 aprile 2020

 

 

Lettura delle targhe e "conta persone" - Telecamere hi-tech pronte allo sbarco
L'appalto, vinto dalla ditta Calzavara, fa parte del progetto Civitas Portis sulla mobilità urbana sostenibile in città
Ironia della sorte. Trieste avrà a breve un sistema di telecamere di analisi di flusso pedonale e del tipo a lettura targhe per il monitoraggio dei flussi di traffico. In questi giorni di città vuota per l'emergenza sanitaria del coronavirus c'è stata l'aggiudicazione in via definitiva della fornitura e della posa in opera di questo doppio sistema di telecamere inserite nel progetto europeo "Civitas Portis" (Porti-cities: innovation for sustainability), lo stesso che ha regalato alla città il bike sharing, le biciclette in condivisione, anch'esso fermato ora dal Covid-19. Quasi un paradosso, ora che c'è poco o nulla da misurare in termini di mobilità e ora che i flussi turistici si sono completamente arrestati. Un sistema che tornerà utile, si spera in futuro quando Trieste potrà accarezzare di nuovo un milione di presenze nei musei e alle mostre e magari l'arrivo di 400 mila crocieristi. Intanto è aggiudicato l'appalto delle telecamere all'impresa Calzavara spa di Roma, per il costo totale di 44.597 euro (iva inclusa). Il progetto Civitas Portis, finanziato dalla Commissione europea, ha preso avvio a Trieste il 6 settembre 2016: prevede la realizzazione di un piano urbano della mobilità sostenibile per organizzare i collegamenti tra Porto nuovo, Porto vecchio e il centro urbano. Il piano europeo coinvolge sei realtà portuali internazionali destinate a diventare "città laboratorio": Trieste in Italia, Aberdeen nel Regno Unito, Costanza in Romania, Klaipeda in Lituania, Anversa (coordinatrice dell'iniziativa) in Belgio e Ningbo, porto affacciato sul mar cinese orientale. Il Comune di Trieste, tra le altre cose, si è impegnato a realizzare la misura sul controllo degli accessi urbani ("Controlling urban accesses"). È qui che si inserisce il doppio sistema delle telecamere da attivare. «La misura "Controlling urban accesses" - si legge nella determina firmata dall'ingegner Giulio Bernetti - prevede un sistema di controllo degli accessi urbani atto al monitoraggio dei flussi di traffico (sia di automobili che di veicoli pesanti) attraverso i principali punti di accesso in città e l'implementazione di un progetto pilota al fine di monitorare aree pedonali e zone a traffico limitato del centro città». A Venezia, per esempio, esiste dal Carnevale di quest'anno un sistema di rilevazione dei flussi pedonali attraverso telecamere e barriere laser e appositi algoritmi di videoanalisi. Nel caso di Trieste si prevede «espressamente l'acquisto di telecamere, sistemi di rilevazione e altra strumentazione necessaria a garantire l'implementazione del sistema di controllo». La scelta della ditta Calzavara consente al Comune anche un certo risparmio. È stata prenotata la somma complessiva di 70 mila euro (contributo europeo). Si tratta di una «spesa urgente, dal momento che il mancato rispetto del cronoprogramma del progetto Portis comporta la perdita di contributi europei, con conseguente danno per il Comune». La Calzavara Spa, che ha la direzione e la sede amministrativa a Basiliano (Udine), è un'azienda italiana che progetta, costruisce e vende in tutto il mondo strutture per le telecomunicazioni. La specialità è la progettazione e installazione di infrastrutture di telecomunicazione integrate nel contesto urbano. «In oltre 50 anni di attività - fa sapere l'azienda romano-friulana - abbiamo reinventato i pali per le telecomunicazioni, prima mascherandoli sotto le sembianze di finti alberi - pini, palme e cipressi - e diminuendone l'impatto visivo sul paesaggio, poi trasformandoli in strutture di arredo urbano e di design, idonee per installazioni in contesti urbani di alto profilo».

Fabio Dorigo

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 14 aprile 2020

 

 

Strada a due corsie, pista ciclabile e luci - Via in Porto vecchio a 9 milioni di lavori
Entro un mese il bando di gara per il lotto 2. Dall'affidamento dell'appalto un anno di cantiere: l'obiettivo è autunno 2021
Nove milioni di euro per rifare i 20.000 metri quadrati che si allungano tra il varco Silos in largo Città di Santos e la parte retrostante del Magazzino 26. Strada, ciclabile, pedonali, illuminazione pubblica, sottoservizi relativi ad acqua e gas. Il Comune si accinge a scrivere il secondo capitolo del Porto vecchio post-sdemanializzazione: entro il 30 aprile Giulio Bernetti, direttore del dipartimento Team (territorio-economia-ambiente-mobilità), licenzierà il progetto del lotto 2 ed entro la metà di maggio conta di bandire una ricca gara europea perché sopra soglia. Una volta affidati i lavori all'impresa vincitrice, Bernetti calcola un anno di cantiere coordinato tra Municipio e AcegasApsAmga: insomma, taglio del nastro nell'autunno 2021. La documentazione dovrà ottenere il benestare della Soprintendenza. Il Lotto 1, finanziato da circa 5 milioni di euro, è quasi terminato con la sua dose di infrastrutturazione urbana e con la rotatoria che smista il traffico da/per viale Miramare, per cui può partire la seconda fase dell'operazione Pfv incentrata sull'area culturale-espositiva. L'obiettivo è collegare Magazzino 26-Centrale idrodinamica-Centro congressi con piazza Libertà. Collegamento per auto, biciclette, mezzi di San Francesco (pedibus calcantibus), trasporto pubblico che nelle aspirazioni comunali andrà ben oltre l'attuale "81". La prossima area di lavoro si svolgerà dal lato B del "26", dove si allarga il parking per pullman, per proseguire lungo la cosiddetta "bretella", che costeggia il muro divisorio dalla zona ferroviaria. La soluzione, predisposta dai progettisti comunali a partire dall'elaborato di fattibilità tecnico-economica risalente all'ottobre 2018, si sovrappone in parte al tracciato esistente: sarà una carreggiata a due corsie di marcia, accompagnata dalla ciclabile che correrà lungo il muro confinario con il sedime Fs.Il sistema viario così ottenuto andrà a congiungersi con il nuovo tronco stradale che separa i Magazzini 27 e 28, entrambi coinvolti nel Centro congressi. Dal punto di vista tecnico si pensa a una pavimentazione in conglomerato bituminoso; le lastre di arenaria, presenti sotto l'attuale asfaltatura, saranno riutilizzate nell'immenso altrove dell'ex punto franco. A chi è capitato di transitare a piedi/ciclo/auto nella "bretella", avrà notato la presenza di numerose rotaie - le triestinissime "sine" -, retaggio dell'antica logistica al servizio del Porto vecchio, prima che lo scalo ammuffisse. I binari saranno "tutelati" negli spazi pedonali e nelle aree che saranno attrezzate a verde da alberi, arbusti, piante stagionali. Dove il binario triste e solitario caro a Claudio Villa intralcerà la costruzione della nuova carreggiata, sarà invece rimosso ed eventualmente ricollocato in qualche anfratto del Porto vecchio desideroso di arredi urbani originali. Si cercherà di garantire il transito pedonale a fianco della pista, realizzando rampe di raccordo tra marciapiedi e sede stradale. Allo scopo di ridare sicurezza e visibilità all'attuale spettrale habitat, un nuovo impianto di illuminazione correderà l'asse viario: in programma pali artistici e corpi "a goccia".Certo la "bretella" ha veramente bisogno di brusca & striglia. Sporcizia sparsa sul lato ferrovia. Dove nell'ex palazzina 117 il Comune farà formazione, un migrante fa merenda all'ombra della vegetazione che non vede da tempo pietose potature. Ci sono ancora i parcheggi dell'Istituto di cultura marittimo-portuale liquidato nel 2014. Scalcinati dissuasori dissuadono soprattutto i ciclisti che non siano affetti da disturbi masochisti. Alcuni ruderi sembrano elemosinare il piccone risanatore. Un vagone solitario, dipinto da imbianchini contemporanei, reclama un locomotore misericordioso.

Massimo Greco

 

I dossier inesplosi dell'area tra marina e fishmarket - in attesa di tempi migliori
A un anno dal termine del Terzo Dipiazza, accanto ai lavori conclusi e quelli in rampa di lancio (vedi sopra), nella zona di Porto vecchio restano alcuni importanti dossier da disinnescare. Due di essi si specchiano - o quasi - nel Bacino 0: sono i Magazzini 24-25 e il Magazzino 30. Le prime citate sono le strutture utilizzate fino agli anni Novanta come terminal animali vivi, come risulta da una veloce osservazione degli interni. Sembrava ci fosse un interessamento di Fincantieri, ma da tempo non se ne ha notizia. Poi era spuntata una cordata, al cui interno c'è il dinamico Monticolo, attratta dall'idea di realizzarvi un albergo e una marina ma pare che il progetto si sia arenato nella fase del crowdfunding. L'architetto Vazquez Consuegra, incaricato di realizzare il Museo del mare al Magazzino 26, vuole inserire la prua della marconiana Elettra nel pertugio divisorio dei due hangar. E vuole ormeggiare il sommergibile "Fecia di Cossato" dove ora languono in attesa di compratori le residue unità dell'ex flotta Napp.Più spostato verso il mare si acquatta nella sua rosea tinta il "30", che pareva destinato a un vivace destino di fishmarket, con annesso ristorante panoramico e corner per la musica jazz: anche in questo caso si attendono tempi migliori. Eataly, contattata, ritiene che la zona sia ancora troppo selvaggia. Il Centro congresso ha tempo alcuni mesi per chiudere il cantiere, visto che Esof slitterà a settembre. Tutto da meditare alle sue spalle il futuro del cosiddetto "quartiere Ford", dove i magazzini (27b, 31, 32, 33 133) rimandano a ruggenti primi dopoguerra. Fermi i cantieri di manutenzione e sicurezza al Magazzino 26, affidati a Cp e Walter Pittini.Il Magazzino 20 aspetta 1,5 milioni del MiBac per farsi bello. Infine, auguri pasquali dalla "cittadella Greensisam".

Magr

 

 

Muggia, ipotesi via D'Annunzio per la "ciclabile dei bambini"
Il vicesindaco Bussani non esclude lo spostamento del futuro percorso previsto lungo viale XXV Aprile. E sulle polemiche della Fiab: «Stop strumentalizzazioni»
MUGGIA. La "ciclabile dei bambini" ancora fa discutere. Dallo scorso 30 settembre, giorno in cui il Consiglio comunale ha respinto le mozioni presentate in primis da Roberta Tarlao, consigliera comunale della lista civica Mejo Muja e, a ruota, dall'ex Pd, diventato tale dopo la risposta ricevuta, Marco Finocchiaro, sulla realizzazione del progetto della ciclabile in viale XXV aprile, ne è passata di acqua sotto i ponti. Eppure la partita non è terminata. Anche perché l'amministrazione comunale della cittadina rivierasca sta nel frattempo cercando una soluzione alla "vexata quaestio". E spunta l'opzione di via D'Annunzio. Ma andiamo a ritroso. «Abbiamo avuto l'opportunità - racconta Finocchiaro - nei lavori di parziale riasfaltatura di viale XXV Aprile di mettere in atto quanto previsto nella variante 31 al Piano regolatore, ovvero realizzare un percorso ciclopedonale che servisse gli impianti sportivi e le scuole, riorganizzando i parcheggi della zona, ma la maggioranza ha preferito mettere la testa sotto la sabbia, consolidando dei parcheggi fuori norma che non garantiscono nemmeno la transitabilità su detta via ai mezzi adibiti al trasporto pubblico locale e ai mezzi d'emergenza». Rincara la dose la Fiab Ulisse per voce del suo presidente, Federico Zadnich, secondo cui «manca ancora tra chi amministra Muggia una visione e la volontà di sviluppare una mobilità a misura di persona. Negli ultimi anni si sono fatti passi indietro invece che avanti. Dopo la bocciatura della mozione da parte della Giunta Marzi non ci sono state novità positive. La mozione chiedeva la realizzazione di un percorso ciclabile lungo viale XXV Aprile dove ci sono scuole, campi sportivi e palestre raggiunti ogni giorno da centinaia di bambini e ragazzi. Un progetto che avrebbe dato ai giovani una importante occasione di crescita in autonomia e la promozione della ciclabilità e di stili di vita