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RASSEGNA STAMPA gennaio - giugno 2014
IL PICCOLO - LUNEDI', 30 giugno 2014
Weekend senza auto, via al piano traffico
Da sabato 5 luglio, in occasione della Notte dei saldi, comincia la
sperimentazione con le vie Mazzini e Imbriani chiuse
LA STRATEGIA DEL COMUNE Non c’è un termine per la chiusura delle due arterie, se
il sistema poi funziona può diventare effettivo dicono in Municipio
Torna la notte dei saldi. Una notte ”sui tacchi” che inaugura la
pedonalizzazione di via Mazzini e via Imbriani. Sperimentale, ma non a termine.
La decisione è stata presa e sarà resa nota, nelle sue modalità, domani in una
conferenza stampa. La notte scelta quest’anno per dare il via alle vendite
estive di fine stagione è quella di sabato 5 luglio. La delibera comunale è
stata approvato il 20 giugno. L’edizione 2014 della “Notte dei saldi” ricalca
quella dell’anno scorso (che era incentrata sul tema “vintage”) con la novità
dell’avvio della sperimentazione della pedonalizzazione nei weekend di via
Mazzini (fino via Roma) e via Imbriani. Una sperimentazione che potrebbe
diventare effettiva. Non è prevista, infatti, nessuna scadenza. Basta che
funzioni e non crei troppi problemi. «Non abbiamo dato un termine» fanno sapere
dal Comune. Intanto si parte da sabato: un anticipo del piano del traffico. La
chiusura nei weekend (da sabato mattina a domenica sera) non è una novità
assoluta. Viene già sperimentata con successo in altre città come Bologna, per
esempio, dove le centralissima vie dell’Indipendenza, via Ugo Bassi e via
Rizzoli chiudono al traffico il sabato e la domenica per la gioia dei cittadini
e dei commercianti bolognesi. A Trieste, quindi, la Notte dei saldi diventa il
Weekend dei saldi. Tutti i fine settimana via Mazzini e via Imbriani chiuderanno
al traffico. «Abbiamo scelto di iniziare a luglio. Stiamo definendo con la
Provincia e la Trieste Trasporti i nuovi percorsi degli autobus. Sarà la prova
generale del nuovo piano del traffico» fa sapere l’assessore alla Pianificazione
urbana e alla Mobilità Elena Marchigiani. «In questo modo inauguriamo un doppio
regime di funzionamento della città», aggiunge l’assessore. Per Trieste si
tratta di una sperimentazione nella sperimentazione. Un modello che potrebbe
essere adottato anche in altre situazioni. «Da una parte è un sostegno al
commercio e un inizio di pedonalizzazione che abitua le persone in modo graduale
a muoversi in modo diverso - spiega Marchigiani -. Iniziamo adesso così ci si
abitua per tempo quando partirà il piano del traffico. Gli impatti sulla
mobilità privata sono quasi nulli: si tratta solo di un tratto di via Imbriani.
Non è uno stravolgimento della viabilità privata». Inoltre il provvedimento
riguarda solo il fine settimana. «Si tratta dell’avvio dell’attuazione del piano
del traffico per quelle aree. Abbiamo colto, d’intesa con i commercianti,
l’occasione della Notte dei saldi» aggiunge Marchigiani. Prove generali,
insomma. Sull’avvio delle vendite estive a prezzo ribassato punta molto il
Comune. L’assessore alla Sviluppo economico, Edi Kraus, ha scelto, dopo il
successo della scorsa edizione, di concentrare gli sforzi promozionali per la
Notte dei saldi con una campagna sui media regionale ed esteri, in particolare
nelle località turistiche. Il Comune ha messo in campo 15 mila euro. Ad
AcegasAps spetteranno i servizi di pulizia. A PromoTrieste, invece, spetta la
predisposizione di pacchetti turistici legati all’evento. Lo scopo è quello di
attirare acquirenti dalle località turistiche come Lignano e Grado, e da quelle
dell’Istria, ma anche dalla Slovenia e dall’Austria. E gli intrattenimenti? Per
ora sia che, nell’ambito della Notte dei saldi, è prevista un’iniziativa
pedonale ad alto rischio: “Corsa con i tacchi by Trieste”. E stata proposta da
Radio Punto Zero in Corso Italia, sede dell’emittente radiofonica, nell’area
pedonalizzata che da via San Spiridione a via Roma. L’evento, che replica quello
dell’anno scorso sugli anni Sessanta, non avra alcune costo per
l’amministrazione. La “Corsa coi tacchi by Trieste” sarà accompagnata da
intrattenimenti musicali ed esibizione di ballo. L’aerea della corsa sui tacchi
sarà transennate. La sicurezza sarà a cura della polizia municipale. Una corsa
sui tacchi non è senza rischi riproduzione
di Fabio Dorigo
Rigutti: «Adesso si può cominciare a essere ottimisti»
«L’ottimismo imperversa sempre». Franco Rigutti, vicepresidente di
Confcommercio Trieste, fa sfoggio dell’ottimismo della volontà per questa
edizione della Notte dei saldi. La crisi dei consumi persiste, ma non è
stagnante. Qualcosa si sta muovendo sugli scia anche degli 80 euro messi nelle
buste paga dal governo di Matteo Renzi. «Alcuni segnali a livello nazionale
parlano di una ripresa del dettaglio in Italia. I dati dell’ultimo semestre
parlano si un sentimento più positivo dei consumatori - continua Rigutti -.
L’avvio dei saldi a Trieste potrebbe rispecchiare questa tendenza. Il successo
dello scorso anno fa ben sperare. E dopo vediamo...». Il suo ottimismo è legato
anche alla pedonalizzazione sperimentale che si aprirà con la Notte dei saldi
per le vie Mazzini e Imbriani. «Abbiamo condiviso l’utilità della chiusura al
traffico. Noi crediamo molto nella pedonalizzazione di questa zona (Rigutti, tra
l’altro, ha il negozio d’abbigliamento proprio in via Mazzini, ndr) - conclude
il vicepresidente di Confcommercio -. Noi ci auguriamo che questa
sperimentazione serva per accelerare la chiusura».
Fareambiente - Incarico nazionale assegnato a Cecco
Giorgio Cecco, già responsabile regionale del Fvg e coordinatore triestino di FareAmbiente, è stato nominato dal presidente nazionale del movimento ecologista Vincenzo Pepe responsabile nazionale per le problematiche della casa. Le sue priorità saranno sviluppo sostenibile, risparmio energetico e riqualificazione del patrimonio esistente.
“Trieste on sight”, giovani e futuro - Campo Sacro
“Trieste on sight” dalle 16 Info su www.arciserviziocivilefvg.orgSi conclude
all’ostello Amis di Campo Sacro “Trieste on sight”, promosso da Arci Servizio
Civile in co-organizzazione con il Comune di Trieste. Di particolare rilievo
sarà l’incontro delle 18 sul tema “Immaginare e sostenere il futuro”:
un’occasione di confronto e condivisione per tracciare assieme le linee delle
politiche per le giovani generazioni dei prossimi anni. Saranno presenti molti
esponenti istituzionali e del terzo settore. Precedentemente, alle 16, si terra
il laboratorio a cura di Arci su “Carbon Footprint: come calcolare e ridurre il
nostro impatto sull’ambiente”. Gran finale musicale con il concerto dei Levisit
(cover Cure, Joe Division, New Order, e composizioni originali),
Bencazzadadiscoparty2 (composizioni originali), You shot a doe (dinamico trio
punk rock) con dj set a cura di Radio Fragola. Durante la giornata saranno
attivi punti di ristoro.
IL PICCOLO - DOMENICA, 29 giugno 2014
Muggia, amianto da rimuovere - Il primo cittadino
Nesladek chiederà contributi alla Serracchiani
Contributi per la rimozione e lo smaltimento di materiali contenenti amianto
e per il risanamento degli edifici pubblici e privati e per la riduzione
dell’inquinamento ambientale. È questa la richiesta che verrà inoltrata dal
sindaco Nerio Nesladek alla Regione dopo il nulla osta arrivato da parte della
Giunta comunale muggesana. «L’attuale normativa prevede che il soggetto pubblico
o privato, proprietario del manufatto, sia obbligato a smaltire correttamente il
rifiuto contenente amianto rivolgendosi direttamente a ditte specializzate ed
autorizzate e sostenendo conseguentemente dei costi non trascurabili», racconta
l'assessore all'Ambiente Fabio Longo. Per questo motivo «è necessario attivare
misure mirate alla salvaguardia dell’ambiente e sensibilizzare i cittadini a
incentivare i controlli e la corretta manutenzione o smaltimento dell’amianto
riscontrabile, al fine di evitare depositi di materiale che possano arrecare
pregiudizio per la salute pubblica, anche attraverso l’erogazione di un sostegno
finanziario». Alla Giunta Serracchiani verranno chiesti contributi, per spese di
recupero, trasporto e smaltimento di materiali contenenti amianto, da destinare
al risanamento di edifici e manufatti, sia pubblici che privati, esistenti sul
territorio comunale e per l’avvio di attività collaterali di controllo e
manutenzione e in materia di prevenzione e riduzione dell’inquinamento
dell’ambiente causato dall’amianto. «Inoltre richiederemo incentivi per attività
di recupero, trasporto e smaltimento di rifiuti contenenti amianto in caso di
abbandono sul territorio comunale che possano arrecare pregiudizio per la salute
pubblica», ha aggiunto Longo. I manufatti in amianto risultano di per sé
pericolosi soltanto quando siano in grado di rilasciare nell’ambiente
circostante fibre aerodisperse estremamente sottili e resistenti, il cui
diametro ridottissimo permette loro una lunga permanenza in sospensione
nell’aria, che mantengono le loro proprietà chimico-fisiche e che possono essere
facilmente inalate attraverso la respirazione, con conseguente pericolosità per
l’uomo, determinando danni gravi, spesso irreversibili, principalmente a carico
delle vie respiratorie. Non risulta sempre facile stabilire le condizioni dei
manufatti ed individuare la presenza dell’amianto in opera, per cui spesso si
rende necessario rivolgersi a personale competente per un’accurata verifica
anche con analisi di laboratorio i cui costi gravano sul proprietario. Tali
analisi devono essere condotte periodicamente perché gli stessi manufatti sono
inevitabilmente soggetti a degrado nel tempo a causa di intemperie o eventi
accidentali.
Riccardo Tosques
IL PICCOLO - SABATO, 28 giugno 2014
Miramare, ticket di 5 euro per entrare al castello
Aumento dal 1.o agosto, la cifra era ferma dall’epoca della lira.
Intanto il ministero vara una rivoluzione: gli incassi
non prenderanno più la strada per Roma
Per Miramare la povertà forzata è finita. Ai siti culturali di proprietà
dello Stato verrà restituita l’intera somma incassata coi biglietti d’ingresso.
Che dal 1.o agosto, fra l’altro, al castello aumentano. Passando da 4 a 5 euro.
Trattenere gli incassi era quello che Trieste chiedeva con forza per non veder
soffrire di forzato degrado il suo luogo turistico “cult” a causa di scarsi
finanziamenti dallo Stato. Il provvedimento del governo, avviato dal ministro
Massimo Bray, è stato reso esecutivo da Dario Franceschini che della nuova legge
e delle sue conseguenze (tornano già a casa i soldi incassati nel primo
trimestre 2014) ha appena dato conferma. «Ho già dato disposizione agli uffici -
scrive Franceschini ai direttori regionali - affinché giunga alla sua struttura
la prima tranche di risorse. È mia ferma intenzione che gli introiti vengano
integralmente riassegnati a quelle strutture culturali che li hanno generati,
per un utilizzo conforme al disposto della legge, quindi non solo per la
realizzazione di interventi per la sicurezza e la conservazione dei beni
medesimi ma anche per il funzionamento degli istituti e dei luoghi di cultura
statali». «Non abbiamo più alibi» commenta il soprintendente ai Beni storici e
artistici Luca Caburlotto, fra le tempeste di Miramare da sempre. Sono in arrivo
circa 30 mila euro netti di gennaio-marzo. Nel 2013 l’incasso totale era stato
di 400mila, dai quali va sottratta la percentuale per la società che gestisce i
servizi: «Calcoliamo circa 300mila euro all’anno» dice Caburlotto che negli anni
scorsi aveva fatto gesti clamorosi, come lo spegnimento del castello di notte,
per denunciare la scarsità di denari a fronte di ricchi incassi. Con la nuova
formula, meno soldi da Roma per i costi di funzionamento. Ma si farà in proprio.
A ruota è stato deciso di aumentare il prezzo del biglietto. I 4 euro attuali
(traduzione matematica nel 2001 delle vecchie 8.000 lire, dunque cifra
ipersvalutata) era così fuori mercato che, pare, gli stessi turisti ne
ricavassero un’impressione denigratoria. Costa poco chi vale poco? Caburlotto
avrebbe portato i ticket (potendoseli anche tenere...) a 6 euro da subito, e a 8
da gennaio. Oppure e preferibilmente a 8 euro direttamente. Un raddoppio. Dalla
discussione in Comitato regionale per i servizi di biglietteria, e infine con la
firma del direttore regionale Pierpaolo Dorsi, il biglietto per il castello sale
invece di 1 solo euro, passa a 5 (3 euro i “ridotti). Provvedimento necessario
anche per difendere gli stipendi della nuova società di servizi che gestisce il
castello. La percentuale su 4 euro? Insufficiente. L’aumento va di pari passo
con la rivoluzione di Franceschini sulla politica di prezzi e agevolazioni:
l’ingresso nei musei statali resta gratuito fino ai 18 anni e per gli
insegnanti, è ridotto fino ai 25 anni, e torna a prezzo pieno (anziché a costo
zero) per gli over-65. Ma settimanalmente ci sarà un giorno di libera visita per
tutti. «Nel 2013 abbiamo staccato 238mila biglietti, la metà gratis - sottolinea
il soprintendente -, gli stranieri se ne meravigliavano...». La riforma “salva
incassi” ribalta invece una criticata manovra finanziaria del governo Berlusconi
che faceva confluire i cespiti dei biglietti al ministero dell’Economia, che ai
Beni culturali ne girava solo una parte, e la redistribuzione era poi
altalenante nelle cifre. «Si incentiva la managerialità di noi soprintendenti -
afferma Caburlotto -, ci danno i soldi da gestire, vogliono vedere i risultati.
Negli ultimi due anni abbiamo avuto soldi per il parco, non un euro per il
castello. Con fondi nostri, potremo avviare una pulizia di fondo e il restauro
dei dipinti».
Gabriella Ziani
Entro giugno il bando per le serre vecchie e nuove: 800 mila euro
Assegnati da tempo i lavori di restauro dei muraglioni di fondazione e del parco di Miramare, arriva adesso un’altra buona notizia, da 800 mila euro. La Soprintendenza mette in cantiere il restauro delle serre vecchie, quelle da cui con infinita, complessa battaglia (anche giudiziaria) è stato traslocato il Parco tropicale coi famosi colibrì: 200 mila euro di fondi statali, bando a invito per le imprese entro giugno. In questo stesso periodo partirà il bando per le cosiddette “serre nuove”, finanziate con 600 mila euro dalla Regione. «Adesso che abbiamo i soldi riassegnati - commenta il soprintendente Luca Caburlotto - non abbiamo più alcuna scusa per non fare opere di valorizzazione nel senso di restauri al castello, da mettere a lustro, e manutenzione del parco, e nemmeno ne avremo dopo l’aumento del prezzo dei biglietti: saremo in possesso di tutti gli strumenti per agire».
Dove esiste un inceneritore la differenziata non
decolla
L’INTERVENTO DI Jacopo Rothenaisler (circolo di Muggia Movimento per la
decrescita felice)
La produzione di rifiuti ha implicazioni ambientali, sanitarie ed
economiche. La sensibilità locale per ambiente e sanità è sicuramente elevata,
come grande è l'attenzione sugli aspetti economici , nel caso in oggetto i costi
per le famiglie. Ciononostante il nostro servizio rifiuti, misurato sulle
performance di costo e percentuale di raccolta differenziata, è il peggiore di
tutto il Centro-Nord d'Italia col più alto costo del servizio tra le città
capoluogo. Ciò avviene senza che le sensibilità menzionate facciano scattare una
qualche reazione. Una sorta di indifferenza generale. Lungi dall'essere
contradditoria, si spiega facilmente con la storia di questa città. Trieste non
ha mai vissuto drammatiche emergenze rifiuti. A Trieste l'incenerimento funziona
dal 1912. I Comuni che oggi hanno un ottimo servizio rifiuti sono invece tutti
passati attraverso gravissime crisi, quali l'esaurimento della propria discarica
e l'impossibilità di smaltimento. Dalle crisi è nata la spinta alle soluzioni.
Noi non siamo meno civili o meno virtuosi, è una virtù di cui non abbiamo avuto
bisogno. La modesta attenzione dei media locali in merito ai rifiuti è stata una
conseguenza. E l'Acegas ha continuato nella pratica ben conosciuta
dell'incenerimento. Ne è risultato che, non diversamente dagli altri luoghi dove
c'è un inceneritore, la raccolta differenziata non è stata messa in grado di
funzionare. Le statistiche regionali lo mostrano. Con un analogo dato di
partenza di circa il 20% di R.D. delle 4 provincie, in 15 anni Pordenone è
passata a più del 70%, Udine al 60%, Gorizia al 55% . Trieste è al 26%. Il
servizio rifiuti dipende esclusivamente dalle scelte degli amministratori
locali. Le modalità di raccolta sono decise dai Comuni e il 100% del servizio è
pagato dai cittadini. Però, con le strade non ingombre, con cittadini che non
protestano, agli amministratori dei Comuni della nostra provincia chi glielo fa
fare di cambiare? Il loro incubo è quello di infilarsi in qualcosa che non
funziona, con sacchettini puzzolenti portati via dalla bora. Timori
comprensibili ma ingiustificati. È dalla fine degli anni '80 che Comuni
“disperati” hanno intrapreso un percorso di sperimentazione di raccolte
differenziate. Tentativo dopo tentativo sono state messe a punto metodologie che
oggi possono dirsi perfettamente rodate e funzionanti. Riassumerò i dati di una
di queste esperienze, che, per le sue peculiarità, risponde molto bene a tutti i
dubbi e luoghi comuni. La Contarina spa è un consorzio di proprietà pubblica.
Serve 50 Comuni della destra Piave. Comuni dalle più disparate caratteristiche,
grandi, (Treviso 84.000 abitanti) piccoli, collinari, pianeggianti, con o senza
centri storici importanti, con la più diversa composizione demografica, con le
più diverse amministrazioni, centro destra, centro sinistra, Lega, liste locali.
I risultati del consorzio Contarina sono oggi l'85% di raccolta differenziata e
un costo di servizio pari a 95,50 euro per abitante/anno. A Trieste il costo è
di 165 euro per abitante/anno. 70 euro di differenza per abitante fanno 14
milioni all'anno di minor costo. I posti di lavoro, altro dato molto importante,
sono direttamente più del doppio, cui vanno sommati gli indiretti. Molto vicino
alla nostra città quindi, vengono praticate raccolte rifiuti consolidate da
lunga esperienza che, oltre ad essere tra le migliori al mondo, sono replicabili
e/o copiabili. Dette metodologie hanno saputo coniugare i più alti risultati di
raccolta differenziata con costi molto al di sotto della media nazionale e, se
raffrontati a Trieste, di grande vantaggio per i nostri concittadini. Il
cambiamento a Trieste e provincia è ineludibile, non foss'altro per il rispetto
delle normative europee e nazionali che fissano oggi l'asticella della raccolta
diferenziata al 65%. Quanto tempo ci metteremo a copiare dai più bravi e con
quanti errori dipenderà dal livello di informazione dei nostri concittadini e
dalla spinta che essi sapranno produrre nei confronti degli amministratori
pubblici. Innescare oggi un circuito virtuoso sarebbe estremamente importante
anche per il periodo difficile che tutti affrontiamo.
Salviamo il rondone: oggi è la sua Giornata Eventi in
città e sul Carso - festival eco-turistico
Forse una rondine continuerà a non far primavera ma il rondone, il suo
sottovalutato cugino, riesce persino a dare vita a un festival in campo
nazionale. È quanto accadrà oggi a Trieste e in altre otto città, teatro della
manifestazione organizzata dal Gruppo Rondoni Italia, clan che raduna oltre una
ventina di sigle e che da queste parti viene supportato dai volontari
dell’associazione Liberi di volare. Una giornata intera da spendere in chiave
eco-turistica, scoprendo sul campo come aiutare il rondone e soprattutto i
motivi di un tale spiegamento di forze a suo favore. Questi i temi del festival
che a Trieste, e altrove, prova a portare alla ribalta una specie a rischio che
non vola nella tradizione epica del falco e non vanta nemmeno le “cartoline”
della popolarità della rondine: «Eppure è importante per la nostra biodiversità
urbana - assicura Silvana di Mauro, portavoce di Liberi di volare - il rondone è
un migratore che si ciba esclusivamente di insetti, anche migliaia al giorno,
contribuendo così all’equilibrio dell’ambiente». Anche il rondone entra in crisi
quindi, quasi un precario dell’aria. Ma ad intercettare i rischi di una sua
prematura estinzione entrano in campo oggi i suoi sostenitori, disegnando un
cartellone fitto di appuntamenti: si parte con il ritrovo al campo di volo
Prosecco, alle 17.30, dove il programma prevede la liberazione di alcuni rondoni
da tempo in cura e al conseguente loro inanellamento, ovvero il marchio
(indolore) che segnerà in modo perpetuo la loro provenienza, gli spostamenti e
le sedi percorse. Alle 19 il festival si sposta a Santa Croce, zona Napoleonica,
dove i volontari indicheranno i siti di nidificazione del rondone maggiore,
specie che a Trieste ha dato vita a una “colonia giuliana”. Alle 20 la carovana
si dirigerà invece in Porto Vecchio, nicchia di accoglienza naturale del rondone
comune e quello definito “pallido”, proveniente dalla Dalmazia. E non è finita.
Il tour del festival ha il suo epilogo in città, alle 21, in via Giustiniano,
dalle parti del Dante, dove è stata posizionata una decina di nidi artificiali.
«Speriamo sia una giornata di didattica utile soprattutto ai più giovani - ha
espresso Silvana di Mauro - senza contare che eventi del genere possono
diventare delle vere passeggiate eco-turistiche, dov’è possibile aiutare una
causa ambientalista e conoscere da vicino alcuni angoli del nostro territorio».
Francesco Cardella
IL PICCOLO - VENERDI', 27 giugno 2014
Ferriera, in Consiglio la rabbia dei lavoratori e degli abitanti
Nella seduta straordinaria Arvedi invia un messaggio: «Stiamo sottoponendo le nostre proposte al commissario Nardi» (vedi foto)
Salvaneschi (Fim-Cisl): «La cokeria rischia di chiudere a luglio»
Non solo mancava l’oste, ma non c’era nemmeno la cameriera. In questo modo fare i conti sul caso Ferriera è stato impossibile nell’ambito del Consiglio comunale riunitosi ieri pomeriggio in seduta straordinaria con la presenza di varie amministrazioni, dei rappresentanti dei lavoratori e delle associazioi ambientaliste, come era stato deciso già mesi fa, per valutare il piano industriale di Arvedi che non solo non è stato presentato, ma per il quale non esiste ancora nemmeno una data. Francesco Semino, segretario dell’amministrazione straordinaria Lucchini ha annunciato la mancata partecipazione «perché la procedura di evidenza pubblica non lo consente almeno fino all’offerta vincolante». E lo stesso Giovanni Arvedi si è scusato sostenendo nel messaggio inviato che «la situazione non ci consente di essere presenti perché dobbiamo seguire il disciplinare di gara». Ha anche specificato: «Dobbiamo sottoporre le ipotesi future all amministrazione straordinaria», facendo capire che la trattativa e in pieno corso. Ma non c’era nemmeno la presidente della Regione Debora Serracchiani «impegnata in Consiglio regionale». «Ma il Consiglio regionale c’era anche mercoledì - ha attaccato Paolo Menis (M5s) - eppure mercoledì Serracchiani era a Roma assieme ai vertici del partito a trattare con la delegazione grillina». É esplosa di conseguenza dapprima la rabbia dei sindacalisti. «C’è uno splafonamento dei tempi - ha accusato Umberto Salvaneschi (Fim-Cisl) - e noi non abbiamo più certezza dell’arrivo di altre navi di carbone, la cokeria rischia di spegnersi a fine luglio. Ci sono 285 persone in cassa integrazione, guardiamo non solo lo stress degli abitanti, ma anche quello di questi lavoratori con 750 euro al mese, senza prospettive per il futuro che oggi sentono solo aria fritta. Diamo noi una data: entro una giornata di luglio ci dovrà essere consegnato il Piano industriale, non vogliamo un pacchetto pronto quando sarà troppo tardi». «Non so cosa ci faccio qui - si è lamentato Franco Palman (Uil) - Ci sentiamo presi in giro perché ci attendevamo alcuni elementi sul Piano industriale. Ci troviamo invece dentro un pollaio con lavoratori e ambientalisti a guardarsi in faccia senza capire un cavolo. Questo è un autogol delle istituzioni». Tra le associazioni ambientaliste, Wwf e Legambiente non hanno preso la parola. Sono intervenuti Romano Pezzetta (Servola respira), Maurizio Fogar (Circolo Miani) e Alda Sancin (No smog) che ha posto una serie di domande: se il Comune ha presentato insinuazioni al passivo della Lucchini per danni ambientali, qual è il piano industriale di Siderurgica Triestina e quali somme intende spendere per il risanamento ambientale, quali sonmme ricadranno sui bilanci pubblici per le bonifiche del sito e le migliorie degli impianti, se all’Arpa sarà affiancato un organo politicamente indipendente, se accanto alle abitazioni sarà collocato un misurato di Pm 2,5 e «in base a quali elementi ci viene chiesto ora di credere fideisticamente in un futuro diverso». Valentino Patussi, responsabile del Dipartimento di prevenzione dell’As aveva evidenziato che «non siamo in grado di valutare quanti morti in più ci sono a Servola, ma comunque l’inquinamento c’é. Gli assessori Umberto Laureni e Edi Kraus hanno fatto la cronistoria di quanto fatto finora dal Comune. Dopo gli interventi dei consiglieri, la chiusura del sindaco Roberto Cosolini: «Abbiamo coinvolto nel percorso le associazioni ambientaliste, le nuove indagini annunciate sui livelli di stress della popolazione e i nuovi strumenti di monitoraggio e rilevazione sono delle novità. Vigileremo perché gli investimenti industriali e ambientali annunciati vengano attuati rigorosamente».
Silvio Maranzana
Infrastrutture - L’esecutivo aggiorna l’elenco delle
opere strategiche
TRIESTE Il famigerato “tubone”, vale a dire la penetrazione Nord di Trieste
con la galleria da Prosecco a Porto Vecchio; i progetti di riqualificazione
della statale 13 in provincia di Pordenone e Udine, che prevedevano gallerie e
complanari molto impattanti sul territorio; il by pass ferroviario Sagrado -
aeroporto di Ronchi. Sono solo alcune delle opere escluse dalla giunta regionale
dall’elenco delle infrastrutture considerate strategiche e quindi di “preminente
interesse nazionale”. Un elenco aggiornato ieri dall’esecutivo in vista
dell’Intesa generale quadro tra la Regione e ministero delle Infrastrutture e,
in particolare, dell’approvazione del cosiddetto “XII Allegato infrastrutture”,
che costituirà il punto di riferimento nazionale per la programmazione
comunitaria 2014-2020. Al posto dei progetti bocciati - o perchè incompiuti da
anni o nemmeno mai progettati e finanziati, o perchè semplicemente non ritenuti
più essenziali -, la giunta, su indicazione dell’assessore Mariagrazia Santoro,
ha scelto di inserire altre priorità, a partire dalla terza corsia A4. Compaiono
così il raccordo Villesse Gorizia, il tratto Gonars - Villesse, il ponte sul
Tagliamento e svincolo di Palmanova. Citati poi il collegamento tra la statale
13 "Pontebbana" e la A23- tangenziale sud di Udine. Nell’elenco anche la
piattaforma logistica di Trieste, l’ampliamento della banchina dello scalo di
Monfalcone e il potenziamento dei tracciati ferroviari, compresa l’Alta velocità
tra Venezie e Trieste, e il polo intermodale di Ronchi. Sempre ieri la giunta ha
stanziato 9,7 milioni di per la promozione dell'efficienza energetica dei Comuni
e prorogato fino al 30 settembre gli sconti per l’acquisto di carburanti. Via
libera infine allo schema di un'intesa con parti sociali e enti formativi per
l’apprendistato di alta formazione e di ricerca.
Si apre la maratona sull’urbanistica, grillini
all’attacco
TRIESTE È iniziata in Consiglio regionale la discussione sul disegno di
legge 53 “Misure di semplificazione in materia urbanistico- edilizia”. Il
relatore di maggioranza Vittorino Boem ha riassunto il provvedimento con tre
aggettivi chiave: «Tecnico, concreto, partecipato. Esso offre una chiara
risposta a incertezze normative». Con toni differenti i relatori di minoranza
Alessandro Colautti e Cristian Sergo (M5S) hanno criticato l’eccessiva ampiezza
del provvedimento. Secondo Colautti il testo «avrebbe dovuto rappresentare una
norma semplificatoria della materia urbanistico-edilizia mentre è una vera e
propria legge “omnibus”». Colautti ha specificato che il ddl «contiene anche
risposte concrete alla grave crisi che colpisce in particolare il settore
dell’edilizia». Tra le tante osservazioni Sergo ha osservato che «sull’edilizia
è opportuno intervenire con un testo unico delineando, cifre e dati alla mano, i
contorni della crisi sotto il profilo delle imprese e delle famiglie». Il
relatore di minoranza Roberto Revelant (Ar) ha parlato di risposta «non
esaustiva ma che comunque rappresenta una serie di azioni urgenti atte a dare
regole chiare e tempi certi». Revelant ha annunciato la presentazione di
emendamenti puntuali da parte del suo gruppo. Il consigliere di Sel Giulio
Lauri, pur non nascondendo alcuni punti critici, ha dichiarato: «Chiunque si sia
misurato con le problematiche relative all’edilizia sa quanto sia diffusa
l’esigenza di semplificazione. Essa può contribuire a un’uscita più rapida dalla
grave crisi economica che la regione e il Paese stanno attraversando». In
mattinata il consiglio ha approvato all’unanimità una mozione per la promozione
del sistema intermodale in regione, proposta da Cristiano Shaurli e Mauro
Travanut (Pd), con alcune integrazioni di Sergo. In quella sede l’assessore
Mariagrazia Santoro ha dichiarato che un milione di euro sarà allocato nelle
variazioni di bilancio a sostegno dell’intermodalità.
(g.tom.)
AGRICOLTURA Ordinanza di rimozione delle colture
Ogm Il vicepresidente regionale con delega all’Agricoltura Sergio Bolzonello, incontrando a Trieste i rappresentanti del coordinamento delle associazioni “No Ogm”, ha confermato che la giunta regionale ha emesso ieri l’ordinanza di rimozione delle colture Ogm presenti in Friuli Venezia Giulia, con l’indicazione del termine di cinque giorni per l’estirpo.
Il 62% dei croati dice no a Fianona 3 - Sondaggio reso
noto da Greenpeace boccia la centrale termoelettrica a carbone
FIUME La centrale termoelettrica a carbone Fianona 3, nell’Albonese, viene
osteggiata non solo dagli istriani ma anche dagli abitanti di tutta la Croazia,
quarnerini e dalmati inclusi. Una contrarietà testimoniata dal sondaggio
compiuto dall’agenzia Ipsos Puls e i cui risultati sono stati pubblicati da
Greenpeace Croazia. Il 62 per cento delle 500 persone intervistate, a cui è
stato chiesto di esprimersi sul megaimpianto istriano, ha detto di essere
fortemente contrario a Fianona 3 alimentata a carbone, ritenendola
pericolosamente inquinante. Il 28 per cento ha invece risposto di essere
parzialmente contrario alla termocentrale, mentre solo una piccola percentuale
ha asserito di essere d’accordo con il progetto. Un 10 per cento che appoggia
Fianona 3 quale sviluppo economico. A detta di Greenpeace Croazia, i cui
attivisti avevano dato vita tempo fa a una performance anti-centrale lungo le
coste orientali dell’Istria, il 92 per cento degli interpellati ha dichiarato
che la Croazia dovrebbe sfruttare maggiormente le fonti di energia rinnovabili,
per ridurre la sua dipendenza energetica dai Paesi esteri. Al di là delle
energie rinnovabili, però, il governo di Zagabria sta cercando di sfruttare i
possibili giacimenti petroliferi nell’Adriatico. Non c’è solo la centrale
termoelettrica a carbone. Il sondaggio ha coinvolto, oltre ai roati, anche
cittadini di Slovenia, Ungheria, Slovacchia, Polonia e Repubblica Ceca.
Andrea Marsanich
GREEN STYLE.it - GIOVEDI', 26 giugno 2014
OGM: chi li coltiva rischia 3 anni di carcere e 30 mila
euro di multa
Chi coltiva OGM in Italia rischia fino a 3 anni di carcere e multe salate. A
stabilirlo è il decreto legge 24 giugno 2014, n. 91, pubblicato in Gazzetta
Ufficiale. Il provvedimento legislativo emanato dal Governo, noto come decreto
Campo libero, punisce severamente gli agricoltori che coltivano colture
geneticamente modificate, mettendo a rischio la biodiversità e le specie
naturali. Nello specifico il periodo di reclusione per i trasgressori va dai 6
mesi ai 3 anni, mentre le multe comminate potranno andare da un minimo di 10
mila euro a una sanzione massima di 30 mila euro.
Oltre alla pena detentiva e alle multe, gli agricoltori che aggirano il divieto
di coltivazione degli OGM, dovranno farsi carico di tutte le altre spese legate
alla trasgressione della legge. Si va da eventuali danni provocati ai campi
coltivati con colture non geneticamente modificate alla rimozione di tutti gli
OGM dai terreni agricoli. Il provvedimento non è eccessivo, se si considera il
grave impatto degli OGM sull’agricoltura biologica. I coltivatori bio rischiano
infatti di vedersi revocare la tanto sudata certificazione, in caso di
contaminazione con gli OGM. Un danno non trascurabile in un momento di così
grave crisi economica in cui è proprio il bio a trainare l’intero comparto
agricolo italiano.
Soddisfazione per le sanzioni e le pene esemplari comminate a chi coltiva OGM in
Italia è stata espressa dall’AIAB, l’Associazione Italiana per l’Agricoltura
Biologica. La vicepresidente Maria Grazia Mammuccini ha commentato:
È la prima volta che nel nostro Paese si individua una sanzione adeguata per la
violazione del divieto di coltivazioni transgeniche. Almeno per tutto il 2014, e
in attesa della normativa comunitaria e nazionale, sulla questione delle
coltivazioni OGM si è finalmente detta una parola chiara, che stabilisce
certezza del diritto.
L’AIAB auspica che il decreto Campo Libero arresti in Italia quelle derive
falsamente scientifiche che inneggiano agli OGM e ai loro presunti vantaggi
produttivi ed economici.
Intanto in Friuli-Venezia Giulia Giorgio Fidenato prosegue la sua battaglia per
la coltivazione degli OGM, violando insieme ad altri agricoltori locali, sia i
decreti interministeriali sia le disposizioni regionali in materia. Oggi il
Coordinamento tutela biodiversità FVG protesterà davanti alla sede della Regione
per chiedere che la legge venga rispettata. Fidenato è già stato sanzionato per
aver coltivato mais Monsanto ma l’iter per la rimozione delle colture
incriminate è troppo lungo e intanto nei campi le piante OGM stanno per fiorire.
I coltivatori biologici dei terreni limitrofi sono oltremodo preoccupati da
eventuali contaminazioni. Il rischio di commistione è altissimo, come fa notare
l’assessore alle risorse agricole e forestali Sergio Bolzonello:
In una regione come il Friuli-Venezia Giulia, per la frammentazione della
proprietà, la convivenza fra coltivazioni OGM e coltivazioni naturali e
biologiche risulta impraticabile.
La speranza è che, con l’inasprirsi delle pene deciso nei giorni scorsi, anche
il gruppo di Fidenato si convinca a rispettare il divieto.
Marco Mancini
Lubiana è la città più verde d’Europa per il 2016
Nel 2016 la capitale ecologica d’Europa, titolo detenuto per il 2014 da
Copenhagen e per il 2015 già assegnato a Bristol, sarà Lubiana, in sloveno
Ljubljana. Ad annunciarlo durante una cerimonia svoltasi il 24 giugno scorso
proprio a Copenhagen è stato Janez Potočnik, Commissario europeo per l’Ambiente:
Come cittadino di Lubiana, è con immenso orgoglio che mi congratulo con la città
per i suoi successi in campo ambientale.
Il capoluogo sloveno, popolato da 274 mila abitanti, è riuscito ad aggiudicarsi
il titolo sbaragliando altre città europee sostenibili arrivate in finale:
Essen, candidata per la Germania, Nijmegen per l’Olanda, Oslo per la Norvegia e
Umea per la Svezia.
A impressionare la giuria è stato il piano Vision 2025, un ambizioso programma
ambientale messo in campo dall’amministrazione locale che affronta la riduzione
dell’impatto su più piani contemporaneamente: dalla mobilità sostenibile alla
protezione delle aree verdi, dall’energia pulita all’elettromobilità. Lubiana ha
già conseguito un grande risultato: rendere verde il 70% dei suoi acquisti.
Negli ultimi dieci anni, inoltre, la città, destinata ad essere sempre più
dominata dalle auto, ha deciso di reagire e di imprimere una svolta alla
circolazione urbana, concedendo più spazio ai pedoni e dando priorità alle bici
e ai mezzi pubblici per decongestionare il traffico e ridurre l’inquinamento.
Dal 2011, il sistema di bike sharing di Lubiana, BicikeLJ, è stato sempre più
usato dai cittadini negli spostamenti per un totale di oltre 1,6 milioni di
viaggi.
Entro il 2020, Lubiana si prefigge di ridurre la circolazione dei veicoli
privati, portandola a un terzo della quota totale di spostamenti. Un altro terzo
sarà occupato dalla circolazione sui mezzi pubblici e il restante dal traffico
su mezzi non motorizzati.
Lubiana va ad aggiungersi alle 6 città che hanno ricevuto il premio Capitale
verde europea dalla sua istituzione, avvenuta nel 2006 per volere di Jüri Ratas,
ex sindaco di Tallinn, in Estonia. Le città premiate finora per i loro sforzi di
riduzione dell’impronta ambientale sono state Stoccolma, Amburgo,
Vitoria-Gasteiz, Nantes, Copenaghen, Bristol e ultima arrivata Lubiana. Al
momento nessuna italiana, nonostante la recente candidatura di Reggio Emilia.
Marco Mancini
IL PICCOLO - GIOVEDI', 26 giugno 2014
«Le Ferrovie devono riaprire la Transalpina»
L’Authority a Fs e ministero: serve una linea fruibile,
il porto potrebbe restare isolato
La tratta ferroviaria della linea Transalpina tra Opicina e Campo Marzio è
inagibile e lo resterà - avevano fatto sapere circa tre mesi fa le Ferrovie
dello Stato - almeno al 2016, a causa di un cedimento strutturale alla galleria
Revoltella e di alcuni guasti sui binari. Ma ora l’Autorità portuale chiede al
governo di intervenire per far sì che le Ferrovie rimettano ben prima in
funzione la tratta. La presidente dell’Autorità portuale Marina Monassi ha
indirizzato infatti nei giorni scorsi una nota «al vertice del Gruppo Ferrovie
dello Stato e, per conoscenza, alla presidente della Regione e alla Direzione
generale per i Porti del ministero delle Infrastrutture e trasporti», precisa
l’Authority. In ballo, appunto, la «temporanea sospensione della percorribilità
sulla tratta ferroviaria Campo Marzio-Villa Opicina». In particolare, spiega
l’Authority, «si è posto l’accento sul fatto che tale provvedimento interno di
Rfi nella sostanza costituisce una rilevante limitazione all’accesso via ferro
alle infrastrutture del Porto di Trieste, in palese contrasto con le
obbligazioni assunte dal nostro Paese in sede internazionale a seguito dei
trattati e dei relativi dispositivi a suo tempo sottoscritti circa l’impegno a
mantenere la più ampia accessibilità al porto stesso». Monassi fa sapere di
avere sensibilizzato «l’attenzione della Direzione generale per i Porti del
competente ministero a verificare se il mantenimento in esercizio delle
infrastrutture in questione, al di là degli aspetti di mero costo di gestione
e/o manutenzione, possa a tutti gli effetti rivestire carattere di
obbligatorietà in capo al gestore della rete»: se dunque le Ferrovie possano
essere obbligate a rimettere in funzione la tratta, viste anche «le
contribuzioni erogate nel tempo dallo Stato al Gruppo Fs a seguito degli accordi
internazionali sottoscritti con l’Austria e l’Ungheria per l’utilizzo del porto
di Trieste» Alle Fs in particolare l’Authority ha «ribadito che la linea in
questione, pur non venendo regolarmente utilizzata per il traffico merci a causa
della rilevante pendenza, rappresenta un’eventuale via di emergenza comunque
fruibile in caso di eventi straordinari che possano incidentalmente interrompere
il collegamento ferroviario costiero, sì da non isolare completamente gli
impianti portuali di Trieste dalla rete nazionale ed europea». Per tutti questi
motivi «la presidente dell’Autorità portuale Monassi ha chiesto un sollecito
ripristino della circolazione sull’infrastruttura ferroviaria in questione,
intervenendo prontamente sugli inconvenienti tecnici che ne hanno determinato la
temporanea interruzione».
Santa Barbara in piazza: «L’antenna sulla diga»
Gli abitanti della frazione muggesana protestano contro il nuovo
traliccio - Il Comune rassicura: «Quello definitivo sorgerà più lontano
dall’abitato»
MUGGIA «No all'installazione dell'antenna a Santa Barbara e no a tutte le
antenne che imperversano sul nostro territorio perché l'elettrosmog fa male
all'uomo, agli animali e all'ambiente». È questo il concetto chiave della
protesta di una delegazione di residenti di Santa Barbara, scesi in piazza
Marconi per portare ancora una volta all'attenzione dell'amministrazione
comunale la propria insofferenza verso i numerosi tralicci presenti sul
territorio muggesano. «Siamo qui per informare il Comune che siamo stufi della
loro ipocrisia e incoerenza e se siamo arrivati a ciò è perché fondamentalmente
il Comune non ci ha mai veramente ascoltato», è stato detto dal Comitato. «Che
ci spieghi il Comune in base a quale principio di coerenza promuove seminari
informativi per la cittadinanza legati alla valorizzazione del territorio se si
permette installazioni di antenne radio e altro su tutto il territorio,
installazioni fatte in zone agricole dove chi coltiva è costretto da norme per
la tutela della salute di non sostare per più di quattro ore: un lasso di tempo
risibile per chi è agricoltore». Tra le altre osservazioni che sono state
avanzate le conseguenze disastrose che le onde elettromagnetiche possono recare
su un apiario. «Ma per il Comune - dice il Comitato - è più importante il
profitto che può avere da installazioni di antenne che la tutela del territorio
e la sua salute. E per quanto riguarda l'antenna a Santa Barbara non si doveva
neppure pensare di collocarla lì vista la vicinanza con il Castelliere e la
necropoli, altra incongruenza da sottolineare nel Piano regolatore che prevede
la tutela dei beni culturali per poter rilanciare un turismo attraverso un
potenziamento delle sue risorse naturali: ma ve lo vedete un agriturismo sotto
l'antenna?» Da qui la proposta di installare il traliccio sulla Diga e di
attivare una centralina di controllo delle emissioni “perché la scusa del
vandalismo a Santa Barbara non attacca, oppure ci reputa talmente sciocchi e
masochisti dal procurarci danno da soli». Pronta la replica dal Municipio:
«Ribadiamo con forza, subito, il nostro massimo rispetto per gli abitanti di
Santa Barbara di cui comprendiamo i timori. Ma non possiamo che rimarcare tre
cose: primo, non si risolve il problema dell'inquinamento elettromagnetico di
tutta la città di Muggia se non spostando alcune emittenti dal rione di
Chiampore: chiunque abbia una soluzione alternativa realistica la proponga e noi
saremo i primi a sostenerla, ma finora nessuno ha proposto niente. Secondo: non
porteremo inquinamento a Santa Barbara grazie alle stringenti e innovative
regole che abbiamo imposto e che garantiranno un'emissione di dieci volte
inferiore ai limiti di legge, anticipando così una direttiva europea. Terzo, a
Santa Barbara sorgerà soltanto un'antenna, una sola, in un luogo che non è
l'attuale, ma ancora più lontano dal centro abitato. Quando entrerà in funzione
l'antenna definitiva, quella provvisoria verrà abbattuta, senza scampo». Per
quanto riguarda la manifestazione in piazza il Comune esprime un giudizio molto
forte: «A parte i toni offensivi ed aggressivi, sono state dette delle palesi
bugie: non è vero, non ci stancheremo mai di ripeterlo, che non abbiamo voluto
ascoltare i cittadini. Prova ne è che l'unica occasione pubblica di incontro
l'ha creata il Comune in sala Millo, mentre non abbiamo mai ricevuto richieste
di incontro da parte del Comitato».
Riccardo Tosques
La giunta “estirpa” la semina Ogm
Pronte l’ordinanza per eliminarli dal territorio. Bolzonello: «Quel mais è
illegale»
TRIESTE La Regione Friuli Venezia Giulia si appresta a emanare ordinanze volte a
estirpare le colture di organismi geneticamente modificati sul territorio
regionale. Lo ha annunciato ieri a Trieste il vicepresidente regionale e
assessore alle Risorse agricole Sergio Bolzonello, tanto ai margini di una
conferenza stampa quanto nell'aula del consiglio regionale. Premettendo la
condanna di chi ha «violato la proprietà privata» per danneggiare quelle
coltivazioni, Bolzonello ha spiegato che sono «attualmente in corso di
predisposizione gli ordini di rimozione delle condizioni che determinano
l'inosservanza» della legge regionale che impedisce quelle coltivazioni. Il
vicepresidente ha rimarcato che «queste semine sono illegali – ha chiarito il
vicepresidente regionale -, non c’e’ alcun dubbio che la regione Friuli Venezia
Giulia sia Ogm-free». Bolzonello ha ricordato che «proprio la settimana scorsa
in un incontro con tutti gli assessori regionali d’Italia il ministro Martina ha
confermato l’intenzione del governo di andare verso un Italia Ogm-free: questo
ci fa molto piacere - ha dichiarato - perché conferma l’impostazione che la
giunta Serracchiani e il sottoscritto hanno sempre sostenuto in quest’anno di
amministrazione». Il vicepresidente regionale ha aggiunto poi che l'imprenditore
Giorgio Fidenato, responsabile delle semine, deve ottemperare alle leggi «della
Repubblica italiana e della Regione Friuli Venezia Giulia. Se così non sarà
credo che l'autorità giudiziaria emetterà qualche provvedimento».
(g.tom.)
South Stream, Putin a Vienna sfida gli Usa
La partita attorno al gasdotto sempre più complicata. Adesso anche la
Merkel appoggia Mosca e si defila da Washington
TRIESTE Oramai South Stream non è più solo un progetto commerciale. Ora
sulle sue sorti si sta giocando un’importantissima partita geopolitica tra
Russia, Stati Uniti con in mezzo l’Europa. L’Austria che in una prima fase aveva
voltato le spalle al gasdotto di Gazprom per dedicarsi a quello europeo
denominato Nabucco, dopo il fallimento di quest’ultimo (forti le pressioni Usa
perché fallisse) è tornata ad abbracciare il “compagno” russo e a Vienna, in
occasione della visita del presidente Vladimir Putin. Le consegne di gas in
Austria attraverso il South Stream partiranno nel 2017 e il gasdotto entrerà
nella piena capacità alla fine dello stesso anno. Lo ha affermato l'ad di
Gazprom, primo operatore dell'infrastruttura a cui partecipa anche l'Eni, Alexei
Miller, in occasione della firma dell'accordo con l'austriaca Omv. Il nodo di
Baumgarten, ha aggiunto Miller, «è un importante hub del gas per alimentare
Italia, Francia, Germania ed Europa dell'Est». South Stream, ha ribadito Miller,
«minimizzerà i rischi di transito (in Ucraina, ndr.) offrendo una rotta
alternativa» e «il progetto è perfettamente in linea con i tempi». Quanto alla
decisione della Bulgaria di bloccare i lavori in attesa di un chiarimento con la
Commissione Ue, Miller ha spiegato che «tutti i progetti più grandi devono
affrontare delle sfide, ma il problema bulgaro è risolvibile: siamo in dialogo
costruttivo con la Commissione e ho fiducia che la tempistica verrà confermata».
In ogni caso, ha concluso riferendosi alla discussione con Bruxelles,
«costruiremo il gasdotto e poi vedremo». Ottimista anche l'ad di Omv, Gerhard
Roiss, secondo cui «la pipeline verrà costruita nel pieno rispetto della legge
europea». L'accordo siglato tra Gazprom e Omv riguarda la costruzione della
sezione austriaca del gasdotto, che va dal confine ungherese al punto finale di
Baumgarten, per una capacità totale di 30-32 miliardi di metri cubi annui e un
costo di 200 milioni di euro. Gli Stati Uniti, come conferma lo stesso Putin
stanno provando a far deragliare il progetto. «I nostri amici americani vogliono
rifornire loro stessi l’Europa di gas - ha detto Putin a Vienna - e fanno
qualsiasi cosa per far deragliare questo contratto», concludendo: «Non c’è
niente di insolito in questo, è competizione e i mezzi politici vengono usati in
questa competizione». Ma Putin ritrova in questa difficile partita a scacchi un
alleato forte, ossia la Germania della Merkel la quale il prossimo 28 agosto sta
organizzando un importante summit sui Balcani occidentali dietro il quale, sotto
il paravento della politica di allargamento a Est dell’Ue, si nascondono proprio
le sorti di South Stream. Nella ridefinizione dello scacchiere mondiale
dell’influenza, infatti, gli Usa hanno deciso di opporsi con ogni mezzo alla
realizzazione del gasdotto. La crisi in Ucraina ha fatto buon gioco
all’interesse americano, cercando di impedire l’avvicinamento strutturale tra
Germania e Russia. L’Italia sembra che non abbia potuto resistere alle pressioni
americane e secondo alcuni report l’Eni avrebbe ridotto le quote nel consorzio
per la costruzione del gasdotto dal 20 al 15%, cedendole a tedeschi e francesi.
Inoltre, alcune informazioni indicano che il nuovo percorso del South Stream non
passerebbe più per l’Italia, nemmeno nella sua deviazione di Tarvisio. Se questo
fosse vero, South Stream sarebbe un “affare tedesco”. Mentre la Bulgaria, su
pressione americana ha chiesto di bloccare la costruzione sul suo territorio, la
Serbia, su pressione tedesca, ha deciso che procederà con la sua costruzione. E
nel gioco si sta inserendo anche la Slovenia (che potrebbe recuperare anche
l’Italia e la direttrice verso Tarvisio) che l’8 luglio a Maribor ospiterà il
ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov. Lubiana vuole mantenere il passaggio
del gasdotto attraverso il proprio territorio . Per la Slovenia un affare
milionario e l’occasione per stringere un rapporto ancora più stretto con
l’economia di Mosca.
Mauro Manzin
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 25 giugno 2014
Consulenti “furbetti” - Porta a porta sul Prg -
MARCHIGIANI: IL COMUNE NON C’ENTRA
Diffidate dalle imitazioni. Il celebre slogan sembra calzare a pennello per
gli episodi accaduti nei giorni scorsi a margine dell'iniziativa informativa sul
nuovo Piano regolatore varata dal Comune. Alcune persone si sono viste
recapitare nella cassetta della posta di casa un volantino in cui veniva
precisato che l'area in questione era interessata da variazioni contenute nel
nuovo Prg e dunque, in riferimento alle stesse, veniva illustrata una consulenza
per tutte le delucidazioni del caso, con tanto di indirizzo e recapito
telefonico per contatto immediato. Il tutto naturalmente previo pagamento per il
servizio offerto. I cittadini che hanno ricevuto l'avviso si sono precipitati
agli sportelli attivati dal Comune in piazza Unità, dove è stato loro spiegato
che questa iniziativa non aveva nulla a che vedere con lo stesso punto
informativo. Non una truffa, certo, ma un’operazione “politicamente scorretta”
da parte di qualcuno che in tempi di crisi ha deciso di inventarsi un nuovo
“mestiere”. «La cosa principale è non creare allarmismi inutili alla
cittadinanza», spiega Elena Marchigiani, assessore comunale all’Urbanistica:
«Detto ciò, vogliamo precisare che il Comune non c'entra nulla con questa
iniziativa. L'amministrazione ha già allestito il proprio punto informativo,
attraverso il quale i cittadini possono ottenere tutte le delucidazioni
necessarie. Operazione questa assolutamente gratuita: se poi un cittadino
deciderà di avvalersi della consulenza di uno studio privato per portare avanti
le proprie istanze è un altro discorso, ma non va confuso con il nostro
servizio». Il periodo di deposito del nuovo Prg si concluderà il 22 luglio ed
entro quella data chiunque potrà presentare osservazioni; i proprietari degli
immobili vincolati dallo strumento urbanistico potranno anche presentare
opposizioni. Nei primi giorni di apertura dello sportello comunale nella sala ex
Aiat di piazza Unità 4b, già molti cittadini vi si sono rivolti per dubbi e
spiegazioni. «Siamo soddisfatti per come è partito il servizio - afferma
Marchigiani -. L'informazione che viene fornita è molto specifica e capillare: è
chiaro poi che non tutti sono rimasti contenti delle variazioni apportate, ma è
assolutamente normale che sia così». Lo sportello, dove si può ritirare il
facsimile per la presentazione di osservazioni e opposizioni, peraltro
scaricabile anche dal sito web del Comune, è aperto dal lunedì al venerdì dalle
9.30 alle 12 e nei pomeriggi di lunedì e mercoledì, dalle 15 alle 17.
Pierpaolo Pitich
Borgo S. Sergio - Raccolta dell’umido: falsa partenza - ACEGAS-APS
L’AcegasAps rileva in una nota che «è iniziata la posa dei bidoni per la raccolta differenziata degli scarti organici di cucina nel rione di Borgo San Sergio e purtroppo si stanno registrando diversi conferimenti non conformi. Probabilmente per troppo zelo, si sta infatti verificando l’introduzione nei contenitori di ragguardevoli quantità di scarti verdi dei giardini, che li riempiono sottraendo spazio agli scarti di cucina». La nota ricorda che «Comune e AcegasAps mettono a disposizione delle famiglie che abitano in case con giardino due sistemi di conferimento degli scarti verdi. Il primo prevede l’utilizzo di contenitori in comodato d’uso gratuito, che devono essere ritirati al sabato dalle 8 alle 10 nella sede di AcegasAps in via Orsera 4». In alternativa gli scarti verdi dei giardini possono essere conferiti ai quattro centri di raccolta: San Giacomo, via Carbonara 3 dal lunedì al sabato dalle 7 alle 19 – domenica dalle 8 alle 13; Campo Marzio, Via Giulio Cesare 10 dal lunedì al sabato dalle 6 alle 18; Opicina, Strada per Vienna 84/a dal lunedì al sabato dalle 7 alle 19; Roiano, Via Valmartinaga 10 dal lunedì al sabato dalle 7 alle 19. Per i rifiuti organici di cucina invece la raccolta avviene mediante bidoni di color antracite con coperchio marrone collocati vicino agli altri contenitori per la raccolta differenziata delle isole ecologiche. La prima zona interessata dal servizio è quella di Borgo San Sergio e Poggi Paese dove in questi giorni vengono posizionati 292 contenitori. Cosa conferire: scarti e avanzi di cibo: verdure, carne, pesce, pasta, pane, gusci di frutta secca, bucce e semi di frutta, gusci d’uovo; filtri del tè, camomilla e tisane in genere, fondi di caffè; tovagliolini, salviette e fazzoletti di carta; piccole quantità di fiori secchi e recisi, piante da appartamento, erba, foglie, ramaglie e radici; ceneri di legna spenta.
Distrutto il campo di mais Ogm - Raid a Vivaro
Alcuni attivisti disobbedienti hanno distrutto, ieri mattina, un campo dove
è piantato mais Ogm a Vivaro. «Oggi abbiamo liberato la natura dagli Ogm
abbattendo totalmente il campo coltivato col Mon810, per dare così un segnale
preciso alla Monsanto ed a Fidenato», scrivono gli attivisti in un comunicato.
Le coltivazioni Ogm di Vivaro sono state oggetto più volte negli ultimi anni di
danneggiamenti analoghi.
PIANIFICAZIONE - Un meeting sull’energia sostenibile
La direzione regionale Ambiente ed Energia organizza per venerdì, nella sede della Regione a Udine, il meeting internazionale sulla pianificazione energetica. Obiettivo dell’incontro, al quale parteciperà l’assessore regionale Sara Vito, è promuovere il confronto tra diverse Regioni e Province e proporre un workshop sull’energia sostenibile per i comuni dell’area dell’Alto Adriatico. Il meeting, in collaborazione con Provincia di Torino e Environment Park spa, prevede un confronto pomeridiano tra enti pubblici (Fvg. Toscana, Emilia Romagna, Province di Torino e di Trento e Comune di Udine).
IL PICCOLO - MARTEDI', 24 giugno 2014
Ferriera, un Consiglio comunale straordinario
Invitati anche Arvedi probabile neoproprietario e Nardi
commissario della Lucchini
Anche Giovanni Arvedi, probabile neoproprietario e Piero Nardi commissario
straordinario della Lucchini sono stati invitati al Consiglio comunale
straordinario sull’argomento Ferriera convocato per le 16.30 di giovedì. «Un
Consiglio convocato su richiesta dell’assessore all’Ambiente Umberto Laureni -
specifica Iztok Furlanic presidente dell’assemblea - ma che intende fare il
punto sulla questione di Servola non solo riguardo alle tematiche ambientali, ma
anche con riferimento a quelle occupazionali e industriali. Se i nostri inviti
verranno accolti sono previsti una ventina d’interventi: per questo l’inizio dei
lavori è stato previsto già nel pomeriggio.» Oltre, come detto a Finarvedi e a
Lucchini, a Confindustria, ai sindacati e ai rappresentanti di fabbrica,
dovrebbero infatti intervenire anche la Regione, l’Arpa, l’Azienda sanitaria, la
Provincia, l’Autorità portuale, le associazioni ambientaliste. Sarà forse
l’occasione per capire se, dopo la due diligence, è pronta l’offerta vincolante
da parte della Siderurgica Triestina, la società costituita ad hoc dal Gruppo
Arvedi per rilevare lo stabilimento servolano e se la nuova proprietà intenderà
avvalersi di tutto l’organico o se, come temono i lavoratori, tenterà di
effettuare alcuni tagli. E frattanto all’interno dello stabilimento si è diffusa
la voce, peraltro priva di conferme ufficiali, per cui Arvedi con una spesa che
sfiorerebbe il milione di euro, avrebbe già ordinato i mattoni e gli altri
materiali refrattari per rifare le pareti dell’altoforno dopo che i lavori sulla
bocca sono pressoché conclusi. Un’illazione che ha aperto un tenue spiraglio di
ottimismo perché se la voce sarà confermata, la seconda, ineludibile fase di
lavori potrebbe partire presto evitando che la cassa integrazione, che peraltro
sta per essere rinnovata, si protragga per diversi mesi ancora. Per metà luglio
è attesa l’offerta ufficiale di Arvedi, si conoscerà finalmente il piano
industriale e partirà anche la trattativa con i sindacati. Perfezionato
l’acquisto, sarà firmato l’accordo quadro in base al quale Debora Serracchiani
diverrà commissario straordinario dell’intera area. Per quanto riguarda invece
lo stabilimento più grande della Lucchini, quello di Piombino, il presidente del
gruppo indiano dell'acciaio Jws, Sajjan Jindal ha visto nei giorni scorsi il
premier Matteo Renzi e il presidente della Regione Toscana Enrico Rossi. Il
gruppo Jws dovrebbe presentare un' offerta vincolante per il laminatoio e
l'impianto marittimo entro il 5 luglio.
(s.m.)
Opposizioni contro il Prg «Così si consuma il suolo»
Muggia, domani seconda puntata del consiglio comunale destinata agli
emendamenti
La giunta difende il suo progetto urbanistico: «È a forte connotazione
ambientalista»
MUGGIA «Nonostante col nuovo Piano si continui a prevedere nuove superfici commerciali, aree di edificazione turistica e nuove abitazioni con l'attuale patrimonio invenduto e inutilizzato, non si è riusciti a considerare la necessità di fermare il consumo di suolo vista l'incapacità di realizzo dei progetti tra cui la costa, l'incapacità di dialogare col privato ai fini della ricettività turistica sia temporanea che residenziale e i molti progetti relativi alle finalità commerciali mai valorizzati ne resi operativi: è una scelta politica della sinistra e ne prendiamo atto». Daniele Mosetti, consigliere comunale di Fratelli d'Italia, critica ampiamente il nuovo Prgc. Mosetti definisce poi "grave la tempistica di gestione amministrativa dedicata a quest'ultimo Prgc, un mese per presentazione, discussione e approvazione, con nel mezzo l'approvazione del rendiconto 2013 e il bilancio previsionale 2014, rispetto ai 4 mesi spesi per il Prgc precedente: la giunta ha voluto metter una inspiegabile fretta al consiglio». Dopo aver partecipato alle commissioni tecniche ed aver percepito "un consueto e piuttosto ideologizzato senso di tutela dell'ambiente come interesse esclusivo di una maggioranza ancora incapace di portare sviluppo e valorizzazione il nostro territorio dall'infinito potenziale, ho presentato gli emendamenti assieme ai due consiglieri di Un'Altra Trieste e Lega Nord nella speranza vengano accolti unanimemente". Domani verranno esaminati in consilgio e lunedì 30, dopo le dichiarazioni di voto, sarà votato il dispositivo. La maggioranza ovviamente difende il suo operato. «Il nuovo Prgc ha una connotazione decisamente ambientalista, che vede la drastica riduzione del consumo del suolo ed una forte valorizzazione del territorio agro-forestale, il blocco delle speculazioni edilizie vestite da sviluppo turistico, previste nel vigente Prgc anche in zone di pregio ambientale». Il vicesindaco Laura Marzi racconta il nuovo Piano regolatore generale comunale di Muggia. In base ai dati forniti dal Municipio le speculazioni edilizie verranno portate da 220 mila a 75 mila metri cubi. Accanto a questo il nuovo Prgc individua una quota di aree agricole (Zto E) sensibilmente maggiore rispetto al piano vigente, 30 ettari, attraverso la revisione di alcune aree che avevano destinazione diversa. «Questa strategia ha permesso di consumare la minor superficie di suolo agricolo, indirizzando la nuova edificazione all’interno di lotti interclusi ed attraverso la “densificazione” di quanto già costruito, aree residenziali e zone industriali/commerciali», aggiunge Marzi. La riduzione delle grandi aree destinate ad attrezzature turistico ricettive (Zto G), invece, è finalizzata alla promozione di un turismo maggiormente sostenibile che valorizzi il territorio nel suo insieme: ad una strategia, infatti, di incentivazione di grandi complessi turistico-ricettivi, non sostenibili, né dal punto di vista paesaggistico/naturale né dal sistema viario muggesano, è stata preferita “una strategia che privilegia piccole strutture ricettive, collegate in qualche modo al carattere rurale del territorio quali agriturismi, B&B, ristori rurali”. Il Piano poi prevede una normativa specifica riguardante gli interventi per una edilizia sostenibile che prevede indicazioni su involucri edilizi, impianti di raffrescamento e riscaldamento, illuminazione fonti energetiche rinnovabili, esposizione ai venti. Le zone di espansione (Zto C) previste dal vigente Prgc sono state trasformate in zone di completamento (Zto B) laddove l’edificazione prevista era stata completata, mentre non sono state confermate e quindi trasformate in zone agricole laddove non è stata realizzata alcuna edificazione. Unica eccezione riguarda, invece, l’abitato di Zaule-Stramare dove viene individuata una nuova edificazione nell’area di Monte San Giovanni. Nella formazione degli strumenti urbanistici generali devono essere individuate adeguate aree da riservare alla realizzazione di servizi ed attrezzature collettive in relazione alle previsioni di sviluppo residenziale. Secondo i parametri regionali la domanda di standard minima richiesta è pari a 387.750 mq. L’offerta di standard nel nuovo Piano Regolatore è di 841.744 mq, quindi più del doppio.
Riccardo Tosques
IL PICCOLO - LUNEDI', 23 giugno 2014
CONTOVELLO: un progetto per salvare lo stagno - Le
proposte del consiglio circoscrizionale: anzitutto un canale di scolo
L’antico stagno di Contovello è un elemento del paesaggio carsolino amato
non solo dai residenti la frazione ma anche dagli escursionisti e cittadini. Per
tentare di stabilizzarlo e difenderlo dall’incuria e dalla siccità, si muove da
tempo il consiglio circoscrizionale di Altipiano Ovest, a più riprese impegnato
nel coordinare sforzi e contributi che, se estemporanei e occasionali, possono
recare più danno che aiuto al recupero definitivo del sito. «Vi sono stati
diversi tentativi di bonifica e riassetto – spiega il presidente del
parlamentino Roberto Cattaruzza – e pure un immobilismo dettato non certo dalla
pigrizia, bensì dalla paura di causare un danno all’ecosistema sulla scorta di
quanto accaduto nella Val Rosandra. È un fatto – continua – che talvolta, per
incompetenza e poca cultura, anche se in buona fede, si possa intervenire in
modo maldestro e approssimativo. Non per questo si deve rinunciare alla
salvaguardia del pittoresco laghetto». Come procedere dunque per la
valorizzazione dell’area? Partendo dalla zona verde che circonda lo specchio
d’acqua, viene suggerita la regolare manutenzione del verde e la creazione sul
bordo dello stagno di un canale lungo qualche metro provvisto di una griglia
utile all’intercettazione della ghiaia e del terriccio trascinati dalla pioggia.
Si consiglia poi di ripristinare quel canale che un tempo convogliava le acque
in discesa dalla collina posta a ovest, flusso d’acqua utile a mantenere stabile
il laghetto e oggi deviato verso valle. Per quanto riguarda lo stagno,
l’intervento prioritario riguarda l’eliminazione della vegetazione infestante su
consiglio e valutazione degli esperti in materia. Vi è poi la necessità di
asportare il legname galleggiante, in particolare di un grosso tronco che giace
lì da anni. Ulteriore lavoro urgente la sostituzione dei pali in legno oggi
fatiscenti che delimitano le sponde in diversi punti. Lavori da intraprendere
attraverso il coinvolgimento degli enti locali e degli ambientalisti. Maurizio
Lozei
Fondali ripuliti, riemerge anche una bici
Volontari al lavoro per l’intera mattinata nell’operazione di pulizia del
mare della Sacchetta
Si è rinnovata ancora una volta nella giornata di ieri l’operazione “Pulizia
fondali”, organizzata in questa edizione del 2014 dalle società dello sport
della vela e degli amanti del mare come la Triestina Sport del Mare e la Lega
Navale Italiana, con la collaborazione dell’AcegasAps e di vari club
sommozzatori: il Centro sommozzatori Trieste, il Subsea club Trieste, il
Sommozzatori Ghisleri, il Nucleo sommozzatori Guardia di Finanza, Polizia di
Stato e Guardia costiera. La pulizia ha riguardato lo specchio di mare della
Sacchetta antistante il mercato coperto e quello antistante i pontili della Lega
Navale Italiana e della Guardia Costiera. I numerosi volontari dei vari Corpi e
sodalizi si sono dati appuntamento ieri mattina a partire dalle 10. Dopo un
briefing preliminare tra gli addetti ai lavori servito a coordinare l’operazione
pulizia, sono dunque cominciate le operazioni di “bonifica” dei fondali. I
sommozzatori volontari dei tre circoli si sono adoperati a turno nel corso della
mattinata e hanno liberato i fondali dall’inquinamento antropico creato da
svariati oggetti e materiali finiti in acqua accidentalmente o, peggio, per
incuria. A terra un cospicuo numero di volontari (circa 120 persone) a forza di
mani e braccia hanno recuperato i materiali individuati dai sommozzatori e li
hanno depositati nei cassoni messi a disposizione per l’occasione dalla società
Crismani Group che si incaricherà poi di gestire i rifiuti recuperati ieri
destinandoli a corretto smaltimento. L’operazione di pulizia - come sottolinea
la Società Triestina Sport del Mare - ha richiamato un folto pubblico di curiosi
all’iniziativa: l’iniziativa infatti punta anche a sensibilizzare la
cittadinanza sul tema della tutela dell’ambiente e su quello della
sostenibilità, nodo nevralgico per il futuro. Svariati, come si diceva, i
materiali riemersi, così come del resto accaduto in ogni puntata
dell’operazione: transenne, catene, carrelli della spesa - utilizzati peraltro
durante l’operazione pulizia per metterci dentro gli altri oggetti recuperati -,
un numero davvero infinito di pneumatici, perfino una bicicletta, chissà se
finita in mare accidentalmente o gettata da un incivile proprietario che non ha
trovato di meglio che buttarla in acqua per disfarsene. «Il messaggio - si legge
nella nota degli organizzatori - vuole essere esteso a tutti: bastano pochi
gesti per ridare e mantenere l’integrità e la bellezza a una risorsa come il
mare perché anche i nostri figli possano godere di quanto noi abbiamo goduto».
Elettrodotto carinziano L’Unione europea dice sì - DA
WURMLACH A SOMPLAGO
UDINE La società Alpe Adria Energia Spa, fautrice della costruzione di un
elettrodotto da 220 kV da Würmlach (valle del Gail, Carinzia occidentale) a
Somplago, attraverso la Carnia, segna un punto a suo favore. L’Unione Europea,
infatti, ha inserito l’impianto nell’elenco dei cosiddetti “Pci”, sigla che sta
per “progetti di interesse comunitario”. Ciò significa che l’opera, destinata a
fornire energia elettrica alle Ferriere Nord di Pittini, ha la benedizione di
Bruxelles e di conseguenze potrà avvantaggiarsi di procedure più rapide di
approvazione, di condizioni regolamentari più favorevoli e di acquisizione
mediante esproprio dei terreni che saranno attraversati da cavi elettrici e
tralicci. Un brutto colpo per i comitati civici che si oppongono alla
realizzazione dell’impianto, per ragioni di tutela ambientale. Il tracciato
dell’elettrodotto, infatti, così come previsto dal progetto approvato in sede di
Ue, ha una lunghezza di 42 chilometri e in territorio austriaco dovrebbe
attraversare il Kronhofgraben, una vallate nei pressi di Würmlach che gli
ambientalisti definiscono «un gioiello della natura di valore culturale e
storico», candidato perciò a entrare a far parte del Patrimonio culturale
dell’Unesco. In coincidenza, forse casuale, con la decisione europea di inserire
l’elettrodotto nei “Pci” si è svolta sabato una “passeggiata di protesta”
organizzata dal comitato popolare “Pro Gailtal”, con l’appoggio dell’Alpenverein
(il Club alpino austriaco) e dei Verdi. I partecipanti si sono ritrovati alle
7.30 del mattino davanti alla sede dei vigili del fuoco di Weidenburg, per poi
risalire a piedi il Kronhofgraben. È stata una manifestazione di protesta ma,
per unire l’utile al dilettevole, anche un’occasione per illustrare gli aspetti
naturalistici e storici della zona. La manifestazione di sabato precede soltanto
di quattro giorni la riunione pubblica che si terrà domani nel municipio di
Kötschach-Mauthen, in cui sarà discussa la verifica di impatto ambientale
dell’elettrodotto. Per gli oppositori questa rappresenta l’ultima possibilità di
bloccare la realizzazione dell’opera. Si farà leva, molto probabilmente, sul
fatto che il Kronhofgraben è un ambito territoriale protetto dal protocollo
Natura 2000. “Siamo davanti a un’evidente contraddizione dell’Unione Europea –
fa osservare Hannes Guggenberger, del comitato “Pro Gailtal” – che da un latto
sostiene gli ambiti naturali protetti e dall’altro definisce di interesse
pubblico un’autostrada dell’energia, che va a turbare proprio uno di quegli
ambiti”. Da notare che, in contemporanea con l’elettrodotto di Alpe Adria
Energia Spa, esiste un altro progetto presentato dalla società Alpen Adria
Energy Line, di Wilfried Klauss, che riguarda un collegamento con la Carnia da
132 kV, con cavo sotterraneo lungo la strada del passo di Monte Croce Carnico.
Marco Di Blas
IL PICCOLO - DOMENICA, 22 giugno 2014
Ciclisti a rischio: a ottobre in lavoro le prime piste
Si inizia col progetto per i 2 km di collegamento tra
Campo Marzio e la “Cottur” e con il limite dei 30 all’ora per le auto in via
Settefontane (direzione Cumano)
Urtati, cadono. Se cadono, sono a rischio di vita nel traffico. I ciclisti
aumentano, ma sono mine vaganti. Gli incidenti più devastanti accadono in moto:
troppe, e spesso irresponsabili. Ma i fragili ciclisti stanno diventando un
problema in più. Lo si è visto con i seri guai di questi ultimi giorni. Persone
gravemente ferite. E le piste ciclabili, formale e protettiva sede di transito?
Previste dal Piano del traffico come “mobilità del domani” che torna alle lente
modalità di ieri, ma poi messe a calendario a pezzi, in tempi diversi, o
rimandate? Queste le ultime decisioni comunali, di cui tiene le redini Elena
Marchigiani, assessore a Mobilità e Urbanistica. Il progetto. Inizialmente erano
previsti 85 chilometri per i ciclisti rispetto ai 15 attuali, di cui 64 a tenore
turistico. Un percorso raffigurato col “pi greco”: le Rive il lato lungo, e due
percorsi paralleli verso la città alta, destinazione San Giovanni attraverso via
Giulia e via Cumano per viale D’Annunzio. Costo di 344 mila euro, di cui 258
mila già finanziati dalla Regione. Primo lotto. Oggi ha il semaforo verde, con
la previsione di un progetto definitivo tra settembre e ottobre e lavori entro
l’anno, solo il primo lotto, ma da un’altra parte. Da Campo Marzio due
chilometri di collegamento con la ciclopedonale Cottur che parte da via
Orlandini e attraversando San Giacomo arriva fino a Draga Sant’Elia. «Al 90%
sarà a esclusivo uso delle biciclette - spiega Marchigiani -, useremo il
finanziamento regionale e 60 mila euro del Comune, ricavati da quei 12 milioni
da poco resi disponibili per lavori pubblici. Niente patto di stabilità. Li
possiamo spendere». Secondo lotto. Il secondo lotto, Rive, è bloccato dal
diniego dell’Autorità portuale a cedere qualche centimetro di propria area, ora
a parcheggio in gestione Ttp. «Ma abbiamo ovviato rifacendo la segnaletica
esistente dalla Stazione a Campo Marzio. Il ritorno è per via Cadorna verso il
centro. Però su sede stradale». Cioé a filo delle macchine. “Pi” uno. E il
disegno del “pi greco”? Partirà a ottobre la direttrice verso via Cumano
(musei): via Settefontane e tutto il percorso attraverso piazza Perugino
inaugureranno il limite di velocità a 30 chilometri orari. Pista convivente con
le macchine. “Pi” due. Per arrivare in bici a San Giovanni si useranno invece le
vie Mazzini e Imbriani candidate a pedonalità, che intanto si sperimenta nei
week end. Il resto del percorso «va su viale XX Settembre - dice Marchigiani -,
perché non è possibile guadagnare spazi su via Battisti». I bus. C’è un progetto
più ambizioso. Pattuire con Trieste Trasporti che su quelle due vie
pedonalizzate i bus non superino i 30 all’ora. Condividendo la corsia
preferenziale proprio coi ciclisti. Convivenza pericolosa? «No, a Bologna lo
fanno già». Prossimamente. Corsie per biciclette sono previste in via Trento
nell’ambito della riqualificazione piazza Ponterosso-largo Panfili, e in via XXX
Ottobre che già in testa e in coda è ormai pedonale, e in mezzo resta Zona a
traffico limitato: per realizzare questo lotto arriveranno i famosi, tanto
bloccati, fondi Pisus. La Regione li ha “liberati”. Pedalare da queste parti,
però, sarà cosa da 2015 avanzato.
Gabriella Ziani
Settimana della Mobilita’ - Patto di convivenza con chi
viaggia piano
Gli stalli per le biciclette sono arrivati dopo il lungo lavoro di “ricerca
sponsor” e “aspetta permessi” e altri ancora ne verranno incardinati in varie
zone della città ma il Comune più che assecondare vuole spingere a comportamenti
alternativi rispetto al traffico delle macchine. Per esempio sta già cercando
nuove zone di città in cui imporre la velocità “30 chilometri”, l’unica che può
garantire al ciclista maggiori probabilità di non finire schiacciato come una
sardina. In una città peraltro che diventa in salita dietro ogni angolo di
strada, e quindi ha perimetri stretti, tutti estremamente urbani, per chi della
bici fa un mezzo di trasporto e non di sport. «Proprio in questi giorni lo
abbiamo deciso anche assieme alla Provincia - annuncia l’assessore Elena
Marchigiani, tra il 16 e il 22 settembre quando è prevista la “Giornata europea
della mobilità” faremo delle iniziative per creare un “patto di convivenza” tra
ciclisti, disabili e gli altri. Bisognerà fissare, e diffondere, il criterio che
ci sono diritti inderogabili per tutti, anche per chi va lento. Non possiamo
allargare le strade. Dobbiamo usare meno velocità e creare sedi di transito
dedicate, che tutti devono rispettare». Inoltre si metteranno al lavoro gli
scolari. Verranno attivati dei laboratori in cui i ragazzini con l’aiuto di
insegnanti e adulti proveranno a individuare nuove zone di Trieste dove sarebbe
opportuno vietare una velocità superiore ai 30 chilometri. Le mappe verranno
disegnate e poi si faranno anche prove pratiche. «È un processo di costruzione
continua - prosegue Marchigiani -, perché l’utenza in bicicletta è in continuo
aumento, e questo ci dà una motivazione forte a non abbandonare il tema».
(g. z.)
Ogs alla boa del campionamento “mondiale”
Giornata internazionale della biodiversità, coinvolto anche l’Istituto:
rilevamenti sulle acque del golfo
Anche il mare di Trieste è stato protagonista, ieri, in contemporanea in
tutto il pianeta, dell'Ocean Sampling Day. Si tratta di un’attività di
campionamento delle acque oceaniche e costiere effettuato per studiare la
biodiversità dei microorganisimi e le loro funzioni. Sono stati circa 170 i siti
coinvolti, dall'Islanda all'Antartico, da Moorea (Polinesia francese) al
Sudafrica. In Italia i punti di campionamento sono stati una decina, grazie alla
partecipazione di sette realtà scientifiche: l’Ogs, Istituto nazionale di
Oceanografia e Geofisica sperimentale (Sezione di Oceanografia) di Trieste, l’Iamc
e l’Ismar del Cnr (Consiglio nazionale delle ricerche) la Stazione zoologica
Dohrn di Napoli, le Università di Padova, Urbino e Marche. Il Centro tematico
biomolecolare di LifeWatch-Italy produrrà i dati molecolari sulle microalghe.
L’Ogs ha campionato le acque del nostro Golfo nei pressi della boa Mambo,
situata ai limiti della Riserva naturale marina di Miramare. «C'è ancora molto
da scoprire sulla biodiversità dei microrganismi marini. Per la prima volta,
grazie all'Ocean Sampling Day, potremo confrontare acque di tutto il mondo,
campionate nello stesso momento e con lo stesso protocollo. - ha affermato Paola
Del Negro, direttore Oceanografia di Ogs -. È fondamentale che queste iniziative
vengano poi ripetute nel tempo, perché solo dal confronto tra le rilevazioni
effettuate in passato è possibile analizzare come sta cambiando la biodiversità
e affermare se le sue variazioni siano dovute all'attività dell'uomo (scarichi a
mare, pesca indiscriminata, altri comportamenti poco rispettosi dell'ambiente) o
ai cambiamenti climatici». In tema, la banca dati Ogs dei campionamenti nei
pressi della boa Mambo rappresenta, con quella della Stazione Dohrn di Napoli,
la serie storica più importante a livello italiano, con rilevazioni mensili dal
1970. «Un vero e proprio patrimonio che ci distingue anche a livello
internazionale» ha concluso Del Negro. La vita sulla Terra ha un legame
imprescindibile con il mare: il 70% del Pianeta è ricoperto dagli oceani e i
microorganismi marini (batteri, microalghe e altri organismi unicellulari)
rappresentano le forme di vita dominanti la cui biomassa supera di gran lunga
quella degli organismi superiori. Si stima che i microorganismi marini
contribuiscano a oltre la metà della produttività primaria globale, svolgendo un
ruolo analogo a quello delle piante terrestri. Attraverso le loro semplici
attività vitali, quali la respirazione o la fotosintesi, plasmano la
composizione chimica degli oceani e dell’atmosfera, producendo la metà
dell’ossigeno che respiriamo.
ENERGIA - No all’elettrodotto Udine sud-Okroglo
La giunta regionale del Friuli Venezia Giulia invierà ai ministeri dello Sviluppo economico e dell’Ambiente nonché a Terna, attualmente impegnata a presentare il Piano di sviluppo 2014, la netta contrarietà rispetto al possibile elettrodotto 380 KW Udine sud-Okroglo di interconnessione tra Italia e Slovenia. Si tratta di un atto preventivo, come fa sapere l’assessore all’Ambiente Sara Vito, dal momento che ad oggi non esiste un progetto concreto e non è avviato alcun processo amministrativo di autorizzazione. Il motivo del niet? L’opera non risulta in linea con la visione del nuovo Piano energetico regionale.
AGRICOLTURA - La Lega ribadisce il no alle coltivazioni Ogm
«L’agricoltura friulana ha un futuro nella misura in cui punta sulle proprie specificità: inchinarsi agli organismi geneticamente modificati significherebbe assassinare la nostra cultura rurale e trasformare il Friuli in un campicello coltivato dalle multinazionali». Lo afferma la Lega, con il segretario provinciale di Udine Daniele Moschioni, ribadendo il no agli Ogm.
Operazione “pulizia dei fondali” - Ma quanto sporchiamo
il mare? - Troppo - E oggi lo ripuliamo
Oggi si rinnova l’appuntamento dei volontari del mare. Tante le regate,
manifestazioni e gare sociali che impegnano durante l’anno società
dilettantistiche dello sport della vela e degli amanti del mare come la Società
Triestina Sport del Mare. L’obiettivo comune è quello di vivere e condividere le
emozioni genuine che solo il mare può dare. Ecco che per una città come la
nostra la risorsa mare diventa essenziale e imprescindibile e come tale va
tutelata. Da questa coscienza comune nasce una sensibilità che negli anni sta
crescendo e si sta concretizzando in azioni. Nell’ottica che ognuno può far
qualcosa si rinnova anche quest’anno la collaborazione tra Società Triestina
Sport del mare, Lega Navale Italiana e i club sommozzatori Centro Sommozzatori
Trieste, Sub Sea, e Sommozzatori Ghisleri per l’operazione “Pulizia fondali”. I
volontari dei circoli si sono dati appuntamento per questa mattina a partire
dalle 10. Dopo un briefing preliminare di coordinamento per gli addetti ai
lavori, si darà inizio alle operazioni di “bonifica” dei fondali dello specchio
d’acqua adiacente al Molo Fratelli Bandiera in concessione alla società
Triestina Sport del mare e di quello prospiciente alla base nautica della Lega
Navale Italiana. I sommozzatori volontari dei tre circoli si adopereranno a
turno liberando i fondali dall’inquinamento antropico creato dai svariati
oggetti e materiali finiti in acqua accidentalmente o peggio per incuria. A
terra, altrettanti volontari che a forza di mani e braccia si faranno carico del
materiale recuperato, mentre a chiudere l’operazione Crismani e AcegasAps che
gestiranno i rifiuti recuperati destinandoli a corretto smaltimento.
L’operazione di pulizia ha richiamato negli anni scorsi un gran pubblico di
curiosi e di aderenti all’iniziativa che si spera siano stati a loro volta
sensibilizzati alla tutela delle risorse in un’epoca in cui la sostenibilità
rappresenta una questione nevralgica per l’esistenza di tutti. Lo scorso anno
sono state tantissime le cose ritrovate: transenne, carrelli della spesa, fino a
un motorino. A conferma che c’è ancora tanto da insegnare. Il messaggio vuole
essere esteso a tutti: bastano pochi gesti per ridare e mantenere l’integrità e
la bellezza ad una risorsa come il mare perché anche i nostri figli possano
godere di quanto noi abbiamo goduto.
IL PICCOLO - SABATO, 21 giugno 2014
Spiaggia riabilitata di Grado, tornano le sdraio
Doppia festa per la riapertura e la Bandiera blu. La Git approva bilancio
e piano industriale
GRADO Una festa per i 25 anni di Bandiera Blu, abbinata alla decisione della
conferenza dei servizi che ha stabilito come la sabbia del tratto di 360 metri
di spiaggia principale (esaminata per ipotesi della presenza di mercurio
volatile), sia esenti da qualsiasi rischio per la salute. E per questo motivo,
anziché lungo la diga, quest’anno la cerimonia sarà effettuata nell’area della
spiaggia principale, che per 31 giorni è stata delimitata poiché interdetta
precauzionalmente (alla sosta, ma non al passaggio) in attesa delle analisi.
Dinnanzi agli ombrelloni dei reparti interessati alla vicenda (che già ieri i
bagnini della Git hanno rimesso al loro posto), verrà fissato un grande pennone
dove verrà issato il prestigioso vessillo blu. I dettagli dell’iniziativa sono
ancora in via di definizione. In quanto alla data ci sono due ipotesi: se la
tempistica lo consentirà potrebbe svolgersi alla fine della prossima settimana,
in alternativa nella settimana che va dal 7 al 13 di luglio in quanto quella dal
30 giugno al 6 luglio è dedicata al “Perdòn de Barbana”. È quanto il sindaco,
Edoardo Maricchio, annuncia come segnale forte a dimostrazione della qualità
degli arenili di Grado. «Intendo inoltre invitare per la cerimonia della
Bandiera blu – dice – tutti i 25 sindaci della provincia di Gorizia per dare un
segnale forte a difesa di tutto il nostro territorio». Nel pomeriggio di giovedì
si è svolta invece l’assemblea dei soci della Git - Turismo Fvg, Comune, Camera
di Commercio e privati della Itur. In apertura il presidente Marino De Grassi ha
relazionato sugli esiti delle analisi che hanno accertato l’insussistenza di
qualsivoglia anche minimo pericolo per la salute, assicurando che tutti i
reparti sarebbero stati immediatamente ripristinati. Ma all’ordine del giorno
c’erano argomenti molto importanti, bilancio e piano industriale, che sono stati
anche il motivo (così era stato detto) per il quale è stato deciso di fare una
vera e propria “rivoluzione” in seno al cda che oggi è nuovo per quattro quinti
e con la nuova figura di un amministratore delegato, l’ex presidente della Git,
Mauro Bigot. L’assemblea della Git ha approvato all’unanimità sia il bilancio e
sia il piano industriale deliberato dal precedente consiglio di amministrazione.
Documenti che non andavano bene prima ma che oggi sono stati approvati. Unica
precisazione quella di Bigot che ha ricordato come il nuovo cda abbia deliberato
di approvare un nuovo piano industriale entro i primi mesi del prossimo autunno.
Il bilancio che è di poco meno di 7 milioni di euro, come ricorda De Grassi, ha
chiuso, causa il maltempo e la forzata chiusura della piscina, con una perdita
di 122mila euro che con l’aggiunta dell’Irap si è attestato su circa 233mila
euro.
Antonio Boemo
Ambiente - Pianificazione energetica
Workshop con i Comuni La direzione regionale Ambiente ed Energia organizza venerdì prossimo a Udine, nel palazzo della Regione, una conferenza sulla pianificazione energetica. L’obiettivo dell’iniziativa è promuovere il confronto fra diverse realtà territoriali e proporre un workshop dedicato all’energia sostenibile, rivolto ai comuni dell’area dell’Alto Adriatico.
Ogs, oggi il monitoraggio delle acque del golfo
Anche le acque del Golfo di Trieste verranno monitorate oggi nell'ambito
dell'Ocean Sampling Day, evento di campionamento delle acque oceaniche e
costiere effettuato in contemporanea in tutto il pianeta per studiare la
biodiversità dei microorganisimi e le loro funzioni. La Sezione di Oceanografia
di Ogs - Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale è tra i
7 Enti di Ricerca italiani che aderiscono all'iniziativa internazionale
coordinata dalla Jacobs University di Brema (Germania) e dalla Oxford University
(Regno Unito), facente parte del progetto Micro B3 (Biodiversità microbica,
Bioinformatica e biotecnologie), finanziato dall'Unione Europea. L'iniziativa
consisterà nel campionamento degli organismi marini planctonici procarioti ed
eucarioti per studiare la loro biodiversità, approfondire le conoscenze sulle
loro funzioni, valutare gli effetti dei cambiamenti climatici e le conseguenze
dell’impatto antropico. I risultati delle indagini saranno utili per capire la
salute di mari e oceani, per contribuire alla “crescita blu” e per sviluppare
biotecnologie basate su organismi marini.
IL PICCOLO - VENERDI', 20 giugno 2014
«Revocare le autorizzazioni al rigassificatore»
Intesa col governo per il via libera alla mozione della Commissione
Industria ed energia
(vedi
resoconto stenografico della seduta n. 265 del 18/06/2014)
La Commissione Industria ed energia del Senato aggiunge un altro metro di terra al progetto, praticamente sepolto, del rigassificatore di Trieste. Approvata a Palazzo Madama una mozione, frutto di un’intesa tra forze di maggioranza e governo, che chiede a Palazzo Chigi di «valutare l’opportunità» a procedere all’emanazione del decreto di revoca delle autorizzazioni concesse per l’impianto. Il documento parte da una lunga premessa in cui si passano in rassegna le analisi condotte negli ultimi anni da diverse istituzioni internazionali (tra cui l'Agenzia Internazionale per l'Energia) che delineano lo scenario energetico globale nel prossimi decenni. E’ in questo contesto che la Commissione inserisce le rinnovabili e il gas, oltre che il bisogno di ridurre i rischi che possono derivare da eventuali interruzioni di approvvigionamento dall'estero. Ecco perché è necessario adottare «una politica nazionale volta a garantire prezzi accessibili, competitività, obiettivi ambientali e sicurezza» nelle forniture. Dunque, osservano i senatori, considerando che il gas naturale «è riconosciuto da tempo come il più pulito tra i combustibili fossili» è indispensabile valutare «l'importanza delle infrastrutture nel loro carattere strategico». Ma su Trieste, in particolare, il Senato ricorda che per il terminale on-shore è stato adottato un provvedimento di sospensione dell'efficacia della Via, mentre per quello off-shore è stato adottato il provvedimento di Via negativa. Di conseguenza Palazzo Madama, pur riconoscendo la necessità di impianti nel territorio nazionale, sollecita il governo «a valutare l'opportunità, a seguito della sospensione in essere e ove ne ricorrano le condizioni -puntualizza la mozione - a procedere alla emanazione del decreto di revoca delle autorizzazioni concesse per il rigassificatore». Ma di realizzare comunque, in particolare, «una politica industriale ed energetica che riduca progressivamente l'uso del carbone per la produzione di energia elettrica definendo una vera e propria "Roadmap di decarbonizzazione" che riguardi tutti i settori - è la proposta - dall'elettrico ai trasporti, dall'industria ai servizi, per perseguire gli obiettivi comunitari previsti al 2050». Perché, continua la Commissione, il Paese deve disporre di «obiettivi di efficientamento delle reti di trasporto dell'energia favorendo la transizione delle reti esistenti in "reti intelligenti”, le cosiddette "smart grid" in grado di integrare intelligentemente le azioni di tutti gli utenti connessi». Passaggio, indispensabile, questo, per «distribuire energia in modo efficiente, sostenibile, economicamente vantaggioso e sicuro».
(g.s.)
Borgo San Sergio - Non confondere “verde” e scarti di cucina
AcegasAps rileva che è iniziata la posa dei bidoni per la raccolta differenziata degli scarti organici di cucina nel rione di Borgo San Sergio: «Purtroppo si stanno registrando diversi conferimenti non conformi. Sono stati introdotti scarti verdi dei giardini, che li riempiono sottraendo spazio agli scarti di cucina.
Differenziata: per l’umido i sacchetti sono a spese
nostre - LA LETTERA DEL GIORNO (Famiglia Ivis)
Siamo residenti a Borgo San Sergio dove da poco è iniziata la raccolta del
cosiddetto umido organico. Nel materiale informativo inviatoci a casa dal Comune
e Acegas, non era specificato se i sacchetti biodegradabili necessari a tale
raccolta verranno forniti gratuitamente oppure bisognerà comprarli. Così abbiamo
contattato dapprima Acegas che ha risposto che bisognerà arrangiarsi comprando i
sacchetti al supermercato (circa 1,5 euro per 15 sacchetti) oppure chiederli
alla cassa con la spesa (peccato che ora come ora la maggior parte delle persone
usi la borsa di tela) e che comunque la raccolta differenziata è un obbligo del
cittadino non finalizzato all'abbattimento della tassa sui rifiuti.
Successivamente abbiamo telefonato al Comune (dipartimento ambiente) che ci ha
confermato quanto detto da Acegas e ci ha consigliato di fare una segnalazione
all’Ufficio relazioni con il pubblico per cercare di ottenere qualche
miglioramento (cosa che abbiamo prontamente fatto). Pur essendo dei convinti
sostenitori della raccolta differenziata che in famiglia effettuiamo già da
molti anni senza avere ritorni economici - questo si, lo confermiamo! - non
capiamo come si possa incentivare la cittadinanza a fare tale raccolta se si
prospetta comunque una maggior spesa dovuta all’acquisto di sacchetti che in
molti altri comuni d’Italia vengono forniti gratuitamente. Sarebbe stata cosa
utile e gradita fornire con il materiale informativo recapitato casa per casa,
anche un paio di sacchetti biodegradabili per sensibilizzare il cittadino che,
se non avrà un seppur minimo ritorno economico, continuerà con le medesime
vecchie e brutte abitudini, come testimoniano i bottini “marroni” ancora
inesorabilmente vuoti e quelli “grigi” sempre stracolmi di qualsiasi immondizia.
La spiaggia di Grado non è contaminata
La Conferenza dei servizi, analisi alla mano, certifica
l’assenza di mercurio e agenti tossici e autorizza la riapertura
TRIESTE «La sabbia di Grado non contiene agenti tossici e la spiaggia sarà
completamente agibile già da questo weekend». È il verdetto con cui la
Conferenza dei servizi del Friuli Venezia Giulia libera i 400 metri della
spiaggia interdetti alla sosta da metà maggio dalla Procura della Repubblica di
Gorizia. All’inizio del mese scorso la Procura aveva inviato agli enti locali
una notifica di contaminazione in cui si avvisava del superamento della «soglia
di contaminazione» per il parametro mercurio in sette campioni di sabbia
prelevati dalla spiaggia. Una settimana dopo erano arrivate le transenne. Ora,
alla luce di nuove analisi, la Conferenza dei servizi (organo collegiale
competente a valutare l’analisi del rischio composto da Regione, Provincia di
Gorizia, Comune di Grado, Arpa e Azienda sanitaria Isontina) rassicura i
bagnanti: «Tutta l’attività d’analisi è stata fatta in tempi contenuti ma in
modo molto preciso e puntuale - ha affermato l’assessore regionale all’Ambiente
Sara Vito alla fine dell’incontro - ed ha portato alla conferma,
importantissima, che non c’è assolutamente alcun rischio per la salute delle
persone». Nuove analisi A conforto del via libera si citano i risultati delle
analisi, condotte in circa un mese da Arpa e Multiproject di Gorizia e validate
ieri dalla Conferenza. Il tratto di arenile davanti a Città Giardino, spiega la
Regione in un comunicato, «non risulta interessato dalla presenza di metalli
pesanti, in quanto dagli esiti della caratterizzazione dell’area si rileva in
particolare come la “speciazione” abbia definito che le forme non mobili, non
assimilabili e quindi non bioaccumulabili di mercurio siano il 99 per cento di
quelle presenti». «Nessun pericolo» L’assessore ha commentato: «Sono stati fatti
tutti gli approfondimenti possibili e le conclusioni sono state che se persino
una persona vivesse sulla spiaggia continuativamente per 30 anni consecutivi non
andrebbe incontro ad alcun tipo di rischio». Vito ha poi sottolineato
l’importanza «d’aver fatto chiarezza su questa vicenda grazie al buon lavoro dei
tecnici». L’esponente della giunta regionale ha quindi evidenziato che nella
gestione delle analisi effettuate sono state valutate tutte le possibilità e,
per quanto concerne i soggetti esposti, sono stati considerati sia adulti che
bambini, compresi quelli affetti dalla sindrome “Pica” (disturbi del
comportamento alimentare). Visti i risultati dell’analisi di rischio, la
Conferenza di servizi ha ritenuto di considerare concluso il procedimento anche
se, a maggior cautela, ha imposto un monitoraggio specifico dei vapori outdoor
di mercurio per il sito di durata annuale e con cadenza trimestrale dei
prelievi, in modo da verificare nel tempo la permanenza delle condizioni
rilevate. Il ripascimento La spiaggia al centro delle polemiche era stata
oggetto di un intervento di ripascimento da parte del Comune nel 2013,
operazione portata a compimento dalla cooperativa San Marco di Marghera tramite
il prelievo di sabbia dal canale di accesso a Grado. Il ripascimento, secondo il
documento della Procura, era stato condotto in «palese difformità» rispetto alle
indicazioni del manuale ministeriale per il movimento di sedimenti marini e
senza un parere formale di idoneità rilasciato da un ente pubblico
specializzato. Il Comune aveva replicato che, al contrario, l’iter autorizzativo
per il ripascimento era durato un anno, con tanto di via libera finale da parte
del servizio ambiente della Regione. Il verdetto finale Le analisi di
Multiproject Gorizia e Arpa rovesciano quindi il risultato dei campionamenti
condotti in precedenza da Arpa con la supervisione di quattro tecnici nominati
dalla Procura, e il parere della società Iser di Trento, che consultata in
proposito dalla magistratura aveva rilevato un «rischio non tollerabile» in
seguito a contaminazione. Tirerà ora un sospiro di sollievo la società Git che,
estranea al ripascimento, ha in gestione il tratto di spiaggia in questione.
Giovanni Tomasin
MUGGIA - Inizia la maratona per l’approvazione del
piano regolatore
MUGGIA Inizia la settimana muggesana del Piano regolatore generale comunale.
Oggi alle 14.30 il consiglio comunale si riunirà in seduta straordinaria per
affrontare la presentazione della proposta-discussione da parte della
maggioranza in seno al nuovo Prgc, nonché le repliche-acquisizione degli
emendamenti da parte dell'opposizione. Il lungo iter proseguirà mercoledì 25
alle 14.30 con l'esame degli emendamenti, per concludersi lunedì 30 alle 11.30
con le dichiarazioni di voto e le votazioni. Nel contempo, a partire da domani,
si aprirà il periodo di 30 giorni durante il quale i cittadini potranno
presentare eventuali osservazioni ed opposizioni. Dopo l'approvazione la vera e
propria adozione verrà effettuata nel 2015. «Salvaguardia dell’ambiente, il buon
abitare per migliorare la qualità della vita, una mobilità tesa al miglioramento
degli spostamenti e lo sviluppo economico sotto tutti gli aspetti». Sono questi
i quattro pilastri del documento che oggi verrà discusso in aula. Un argomento
che indiscrezioni danno di alto gradimento anche per gli elementi più
integralisti, da un punto di vista ambientale, presenti all'interno della
maggioranza. Pochi giorni fa è trapelato che un gruppo di professionisti
(geometri e ingegneri in primis) hanno avuto incontro con l'assessore Stefano
Decolle e il vicesindaco Laura Marzi. Raccomandazioni, pare di minima entità,
sono state avanzate dai tecnici per cercare di apportare delle migliorie
tecniche al nuovo Piano regolatore. Come anticipato dalla Marzi il Prgc punta
molto su alcuni aspetti: la riconsiderazione dello sviluppo turistico in termini
di sostenibilità e fruizione pubblica, il recupero delle connessioni e dei
percorsi, il recupero dell’agricoltura, la limitazione al consumo di suolo, la
tutela del sistema idrogeologico, dei beni culturali, ambientali e
paesaggistici, il blocco dell’incremento della popolazione insediabile avviando,
parallelamente, misure di riqualificazione della residenzialità e dei servizi.
«È un Prgc dalla forte connotazione ambientalista», sentenzia Marzi. Un piano
che prevede la riduzione delle speculazioni edilizie vestite da sviluppo
turistico, previste dal Prgc vigente anche in zone di pregio ambientale:
complessivamente è prevista una riduzione totale di tutte le zone turistiche del
48%, con un parallelo aumento della superficie delle zone destinate agli usi
agricoli di circa 30 ettari. Il turismo dunque verrà ridotto ai minimi termini?
No. Secondo i dettami impartiti dal Comune la vocazione turistica e l’importanza
del turismo stesso nello sviluppo economico del territorio è concepita,
all’interno del nuovo Prgc, "attraverso la visione di un turismo teso alla
valorizzazione in chiave sostenibile del territorio nel suo complesso,
attraverso il potenziamento di tutte le sue naturali predisposizioni e risorse".
Riccardo Tosques
Servitù militari - Intesa tra Regione e ministero
Debora Serracchiani, ieri a Roma alla seconda Conferenza nazionale sulle
Servitù militari, ha sottoscritto con il ministro della Difesa, Roberta Pinotti,
un Protocollo d’intesa con l’obiettivo di avviare una collaborazione per
l’utilizzo delle aree militari anche per progetti di interesse delle comunità
locali in modo da attenuare i vincoli delle servitù militari. Serracchiani ha
sottolineato l’importanza del dialogo aperto con le Forze Armate anche per il
piano paesaggistico e le sinergie su progetti avviati con la collaborazione
delle due Università e di Sincrotrone, Ogs e Consorzi industriali.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 19 giugno 2014
Spiaggia contaminata, oggi il “verdetto”
Attesa per l’esito delle analisi effettuate sulla
spiaggia di Grado. Alla Conferenza dei servizi il compito di convalidarle
GRADO È in programma stamane a Trieste la Conferenza dei servizi che dovrà
convalidare definitivamente gli esiti - che andranno poi comparati - delle due
analisi effettuate sulla sabbia di Grado dall’Arpa e dalla Multiproject di
Gorizia. Analisi che sono state eseguite nello stesso momento e nei medesimi
punti. È passato poco più di un mese da quel 15 di maggio quando per
salvaguardare la salute delle persone la Procura della Repubblica di Gorizia ha
fatto scoppiare una “bomba” sicuramente devastante soprattutto per gli effetti
dell’immagine, poiché in base ad analisi precedenti ha ravvisato l’ipotesi della
presenza di metalli pesanti. Si parlava ipotesi di presenza di mercurio volatile
dannoso per i bambini che accidentalmente dovessero ingerire la sabbia.
Condizione questa che aveva imposto alla Grado impianti turistici di delimitare
l’area, che come ha spiegato il magistrato, non è mai stata posta sotto
sequestro. La rabbia di tutti i gradesi è emersa quando dalle notizie seguenti
alle prime indicazioni fornite dalla stessa Git dopo gli incontri in Provincia
con tutti gli altri enti competenti alla vicenda, si è parlato di analisi
effettuate ancora all’autunno del 2013. A ogni modo oggi si conoscerà finalmente
l’esito delle analisi effettuate autonomamente sia da Arpa e sia da Multiproject.
A Grado sono tutti ottimisti, ma intanto i danni materiali concreti (disdette,
fortunatamente comunque non molto numerose) ma soprattutto d’immagine e
promozione sono davvero pesanti in quanto possono ripercuotersi anche sul
futuro. Soprattutto per quel che concerne i Paesi stranieri, Austria e Germania
in particolare, dove, purtroppo si è sempre parlato genericamente di spiaggia e
non di un piccolo tratto di arenile sottoposto l’anno precedente a ripascimento.
Generiche dichiarazioni che anche in Italia sono così state riportate da diversi
media. La domanda di tanti è: «Ma chi paga per tutto questo?». Di certo è che
subito dopo l’ufficialità delle analisi effettuate dovrà essere fatta una
notevole campagna di informazione della quale se ne occuperà probabilmente
Turismo Fvg. La Conferenza dei servizi, come detto, è in programma stamane a
Trieste. Nel pomeriggio si svolgerà invece a Grado l’assemblea dei soci della
Git (Turismo Fvg, amministrazione comunale, Camera di commercio, industria,
agricoltura e artigianato di Gorizia e operatori gradesi del consorzio Itur)
dove ovviamente si parlerà anche di questo argomento. A quell’ora, però, se
tutto andrà per il verso giusto, le maestranze della Git potrebbero aver già
iniziato a rimettere al loro posto ombrelloni e cabine che erano state nel
frattempo tolte per essere posizionate temporaneamente in un altro tratto di
spiaggia in modo da soddisfare i bagnanti. L’assemblea della Git era stata
programmata per il mattino, ma considerata l’estrema importanza della Conferenza
dei servizi sulla questione della sabbia, è stata logicamente posticipata.
All’ordine del giorno dell’assise ci sono anche l’approvazione del bilancio e
del piano industriale.
Antonio Boemo-
Comitato contro l’antenna: il sindaco offende
Polemiche per le insinuazioni di Nesladek su presunti vandali all’interno
della comunità di Santa Barbara
MUGGIA Il sindaco Nesladek ha offeso l'intera popolazione di Santa Barbara
insinuando vi siano all'interno della sua comunità gli autori degli atti
vandalici ai danni della proprietaria del terreno dove è stato posto il
traliccio sul Monte Castellier. Torna a graffiare il Comitato antiantenna di
Santa Barbara. Le ultime dichiarazioni del primo cittadino muggesano, rilasciate
alla conferenza stampa organizzata dal Comune per illustrare la situazione
legale concernente i tralicci sparsi nel territorio muggesano, non sono infatti
andate giù al nucleo di residenti della frazione rivierasca. In primis per aver
parlato di atti intimidatori collegandoli ai cittadini di Santa Barbara, atti
che pare abbiano causato parecchi danni a una serie di alberi (uliveti e un
ciliegio) di proprietà dell'affittuaria del terreno ove è stato costruito il
megatraliccio da 30 metri. «Spiace ai cittadini di Santa Barbara leggere
un’ambigua affermazione del sindaco Nesladek che ha parlato di "atti
d’intolleranza e intimidatori che individui isolati hanno portato avanti negli
scorsi mesi nella comunità di Santa Barbara". Riteniamo questa affermazione del
sindaco gravissima e lesiva della popolazione intera di Santa Barbara e che
denota un certo nervosismo verso una popolazione che semplicemente cerca di
essere partecipe, in modo civile e legittimo, del processo decisionale per una
migliore amministrazione della cosa pubblica». Il Comitato ha quindi chiesto a
Nesladek di fare chiarezza: «Il sindaco, se conosce gli autori degli atti
vandalici, faccia "regolare denuncia" piuttosto che tirare in ballo un’intera
comunità insinuando che gli autori degli atti vandalici facciano parte della
comunità medesima». Dal Municipio il sindaco Nesladek ha fatto pervenire una
pronta replica: «In nessun modo si voleva generalizzare un'accusa verso un paese
intero. Ho già avuto modo di esprimere rispetto per i timori e le perplessità
del paese e lo riconfermo nuovamente con tutta la mia forza. In nessun modo
intendevo, pertanto, colpevolizzare dei cittadini semplicemente preoccupati».
Sulla partecipazione della popolazione per un Comune migliore, per Nesladek
«sarebbe bene, anche per evitare incomprensioni di questo tipo, dialogare di
più: la mia porta è sempre aperta per continuare quel dialogo positivo col quale
ci eravamo lasciati l'ultima volta. Credo che col dialogo e un po' di buona
volontà si riuscirà a mettere insieme le necessità di tutti i cittadini e tutto
il territorio, da Chiampore a Santa Barbara». Infine dal Comune fanno sapere che
«regolare denuncia è già stata fatta» dalla proprietaria del terreno. Notizia
che aumenta ancora di più il clima di tensione che aleggia nella frazione
dinanzi all'ennesimo ecomostro costruito sul territorio.
Riccardo Tosques
Enel Cuore Onlus - Agricoltura e inclusione sociale
Fino al 7 luglio Enel Cuore, Onlus del Gruppo Enel, invita associazioni e imprese sociali del territorio a presentare proposte su sicurezza alimentare, sostenibilità ambientale e inclusione sociale. Le proposte per “Orti urbani, agricoltura sociale” vanno presentate compilando la scheda disponibile sul sito www.enelcuore.org.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 18 giugno 2014
Assegni da 60 a 150 euro ai 500 “virtuosi” della
differenziata
Partite le prime lettere per chi si è classificato nei primi 100 posti
della graduatoria. L’assessore Montesano: serve l’impegno di tutti
Il termine “riciclone” è entrato di recente nel vocabolario della lingua
italiana. È un’espressione positiva, in senso lato indica una persona (oppure
anche un Comune) con un alto senso civico. Si è cominciato a usare questa parola
con la crescita della raccolta differenziata dei rifiuti praticata ormai da
quasi tutti i Comuni. Quello di Trieste, pur in ritardo sul sistema, è andato
oltre: ha deciso di premiare i virtuosi, coloro cioè che con scrupolo la
praticano. È nato così un concorso che a giudicare dai dati, e dai confronti con
il periodo precedente, sta dando risultati molto positivi, soprattutto per
l’ambiente. Si chiama “Trieste premia per vincere la sfida della raccolta
differenziata” il progetto promosso con AcegasAps per sensibilizzare i cittadini
a una corretta differenziazione e disincentivare così l’abbandono dei rifiuti,
specialmente quelli ingombranti o di natura particolare, in qualsiasi luogo. Il
concorso, che si è svolto nei mesi scorsi, ha visto la partecipazione di circa
2.000 persone che si sono impegnate a differenziare correttamente i rifiuti non
conferibili nei contenitori della raccolta stradale e a consegnarli nei quattro
centri di raccolta comunali, contribuendo attivamente a favorire una gestione
sostenibile dei rifiuti domestici e il mantenimento del decoro urbano. E ora il
Comune li premia con un assegno che i “virtuosi” possono ritirare neglii uffici
di Esatto. Si tratta di 500 persone. La società sta inviando in questi giorni le
lettere ai cittadini che si sono collocati nei primi 100 posti della graduatoria
complessiva. I vincitori riceveranno un premio che consiste in un assegno
circolare. Queste le cifre: ai primi 100 classificati andranno 150 euro, a
quelli dal 101 al 350.o posto saranno attribuiti 100 euro, infine chi si trova
dal 351.o al 500.o posto incasserà 60 euro. Complessivamente verranno
distribuiti 49mila euro. L'assegno sarà disponibile fino al 30 giugno appunto
negli uffici di Esatto in piazza Sansovino 2, con in seguenti orari: lunedì,
martedì, giovedì, venerdì dalle 9 alle 16; mercoledì e sabato dalle 9 alle 13.
Per ritirare l’assegno è necessario portare con sé la ricevuta di pagamento
dell’ultima rata degli acconti della Tares del 2013, con scadenza il 30 aprile
scorso. Successivamente, Esatto invierà le lettere per l’attribuzione dei premi
ai cittadini che risultano classificati dalla posizione 101 alla posizione 500
della graduatoria. «Una gestione sostenibile dei rifiuti - afferma l’assessore
al bilancio, Matteo Montesano - è un obiettivo che non può essere raggiunto solo
grazie all’evoluzione e al miglioramento delle tecnologie di smaltimento, ma è
necessario l’impegno di tutti: grazie a piccole attenzioni quotidiane, come
dividere correttamente i rifiuti domestici prima di gettarli, possiamo fare
molto per garantire la qualità della vita nella nostra città». Per eventuali
ulteriori informazioni o comunicazioni, gli interessati possono contattare il
numero verde 800.800.880 oppure possono inviare le proprie richieste di
informazioni via fax al numero 040.3223700 oppure ancora tramite e-mail
all’indirizzo: esatto@esattospa.it.
Ferdinando Viola
Rifiuti: in città numerosi i servizi per la raccolta
A Trieste le raccolta differenziata dei rifiuti raggiunge percentuali ancora troppo basse (sotto il 30 % dei rifiuti totali). Il Comune di Trieste ricorda che sono attivi in città i seguenti servizi di raccolta differenziata. Eccoli: le “isole ecologiche stradali” (destinate al conferimento dei rifiuti non riciclabili, della carta, della plastica, del vetro e delle lattine); i Centri di raccolta (per il conferimento dei rifiuti ingombranti, pericolosi, elettrici, inerti, legno, metalli, materassi, mobili, suppellettili, ecc.); il servizio di prelievo “a domicilio” dei rifiuti ingombranti; il servizio di raccolta “porta a porta” del “verde” dei giardini privati; il servizio di raccolta degli imballaggi in cartone, presso i punti “Src”, dedicato alle attività commerciali; il servizio di raccolta del rifiuto “umido” riservato alle grandi utenze (i ristoranti, supermercati, ecc).
IL PICCOLO - MARTEDI', 17 giugno 2014
Mosca blocca il gas, rischi per l’Europa
La Russia sospende le forniture a Kiev dopo il fallimento dei negoziati.
Gazprom avverte la Ue: «Possibili interruzioni»
MOSCA La Russia chiude i rubinetti del gas verso l'Ucraina e fa tremare
l'Europa, che riceve dai metanodotti ucraini metà del gas che compra da Mosca. I
recenti negoziati tra Russia, Ucraina e Ue non sono serviti a trovare un
compromesso sulla questione energetica, e - assieme all'introduzione per Kiev di
un regime di pagamenti anticipati per l'oro blu russo - all'orizzonte si profila
il fantasma di una terza “guerra del gas” dopo quelle del 2006 e del 2009 che
hanno lasciato al gelo mezza Europa. Per il momento il gas destinato all'Europa
continua a raggiungere l'Ucraina, e il ministro dell'Energia di Kiev, Iuri
Prodan, ha assicurato che i flussi diretti verso il cuore del Continente non
saranno messi a repentaglio. Ma come ha sottolineato il commissario Ue
all'Energia Gunther Oettinger, il rischio che quest'inverno l'Europa debba fare
i conti con una carenza di gas è concreto e la Gazprom ha già avvertito la
Commissione europea su «possibili interruzioni» delle forniture, che però
secondo il gigante russo del gas sarebbero da imputare all'Ucraina, che potrebbe
prelevare metano dal volume in transito verso l'Europa. La situazione potrebbe
però essere meno drammatica che nel 2009 perchè l'Ucraina può essere in parte
bypassata attraverso il gasdotto Nord Stream, che passa dal Mar Baltico, e
Oettinger ha a sorpresa rilanciato il progetto del South Stream, che dovrebbe
invece attraversare il Mar Nero. Kiev da parte sua sostiene di avere riserve a
sufficienza fino a dicembre, ma il premier ucraino Arseni Iatseniuk ha comunque
chiesto ai ministeri dell'Energia e della Giustizia di prepararsi a un'emergenza
energetica. Mosca e Kiev intanto si scambiano reciproche accuse: Iatseniuk ha
parlato di «una nuova tappa dell'aggressione russa», mentre per il suo collega
di Mosca Dmitri Medvedev il governo ucraino avrebbe usato il gas per un
«ricatto» politico. Ma le due maggiori repubbliche ex sovietiche, oltre a
sfidarsi a parole, si preparano anche a un duello legale all'arbitrato della
Corte di Stoccolma. Anzi a due. Se Gazprom ha infatti deciso di citare in
giudizio la società energetica statale ucraina Naftogaz per il mancato pagamento
delle forniture di metano per un totale di 4,5 miliardi di dollari, gli ucraini
hanno a loro volta risposto al colosso russo del gas ricorrendo all'arbitrato
affinchè sia stabilito «un prezzo equo», e puntano contemporaneamente a
recuperare quello che ritengono di aver pagato di troppo dal 2010: qualcosa come
4,4 miliardi di euro. La chiusura dei rubinetti del gas russo arriva allo
scadere di un ultimatum lanciato dal Cremlino a Kiev per il pagamento entro
stamane di 1,95 miliardi di dollari come parte del debito accumulato per il gas,
ma il governo ucraino si è rifiutato insistendo per una riduzione sostanziale
del salatissimo prezzo impostogli dalla Russia dopo che a Kiev si è insediato un
governo filo-occidentale: 485 dollari per mille mc, la tariffa più alta
d'Europa.
Lavrov a Belgrado per convincere i serbi a non rinunciare al progetto South Stream
La Serbia non può e non deve rinunciare a South Stream. È questa la determinata posizione della Russia, resa pubblica dall’ambasciatore di Mosca a Belgrado, Alexander Chepurin, alla vigilia dell’attesissima visita di due giorni del ministro degli Esteri russo, Sergey Lavrov, atterrato ieri pomeriggio nella capitale serba. Chepurin che ha duramente criticato «le affermazioni di alcuni attori serbi», leggi uno dei vicepremier del governo, Zorana Mihajlovic, che nei giorni scorsi «hanno creato la falsa impressione nell’opinione pubblica in Russia che la Serbia, contrariamente ai propri interessi e di sua iniziativa», avrebbe deciso «la sospensione dell’inizio della costruzione» di South Stream, causa diatribe in corso tra Ue e Russia. Un mutamento di rotta, poi corretto in corsa dal premier Vucic, che Mosca vede come il fumo negli occhi. Il divisivo tema sarà oggi toccato da Lavrov con il “gotha” della classe dirigente balcanica.
Sel sferra l’offensiva contro il mais biotech - Esposti alle Procure di Udine e Pordenone
I deputati di Sel Serena Pellegrino, componente della commissione Ambiente, e Franco Bordo, componente della commissione Agricoltura, hanno presentato alle Procure della Repubblica di Pordenone e di Udine un esposto per chiedere se sia ravvisabile un’ipotesi di reato nelle avvenute semine di mais Ogm nelle campagne di Vivaro, Mereto di Tomba e Colloredo di Montalbano. «Ci siamo mossi con la consapevolezza che le norme nazionali e regionali parlano chiaro: nelle nostre campagne seminare mais geneticamente modificato è violazione del diritto - ha affermato Pellegrino presentando a Udine l’esposto presentato alla magistratura -. L'apparato normativo su cui possiamo far conto nel rivolgerci alla magistratura è una costruzione solida e non ci sono passaggi segreti per interpretazioni che si discostino dal divieto».
Acegas - Rifiuti, la differenziata dell’umido parte da Borgo San Sergio
Al via la raccolta differenziata dell’umido. A partire da Borgo San Sergio, AcegasAps ha iniziato a collocare i primi contenitori di colore antracite con coperchio marrone dedicati alla raccolta degli scarti di cucina e altri rifiuti di origine vegetale o animale facilmente biodegradabili: il cosiddetto “umido”, appunto, che costituisce la frazione più consistente dei rifiuti domestici, corrispondente a circa il 25-30% del totale. I primi 56 contenitori per la raccolta dell’organico, dotati di sistema di ancoraggio a terra “anti-bora” sono stati posizionati nelle vie Forti, Grego, Curiel, Petracco, piazzale Sartori, via Don Cenati, e piazza XXV Aprile. Nei prossimi giorni è prevista la posa dei totali 292 contenitori che serviranno i cittadini di Borgo San Sergio e Poggi Paese. E a partire dal 30 giugno AcegasAps proseguirà con la collocazione di 211 bidoni per l’umido nelle vie dell’Altipiano mentre entro novembre tutto il territorio comunale sarà dotato di circa 2.700 contenitori per la raccolta dell’umido. Contestualmente, AcegasAps recapiterà alle famiglie degli opuscoli informativi con tutte le informazioni utili per conoscere il nuovo servizio e le istruzioni dettagliate per differenziare correttamente la frazione umido-organica dei rifiuti domestici.
«L’antico scalo ha un futuro internazionale»
Nel libro curato da Giovanni Fraziano la linea sul ripristino dell’area:
l’ottica cittadina è troppo stretta
Il Porto Vecchio come grande opportunità di sviluppo e occupazione, ma in
un’ottica che non può prescindere da un contesto internazionale. Si delinea su
questi cardini il volume “Trieste, la misura del possibile”, presentato ieri
alla Centrale idrodinamica: opera, supportata da Confcommercio provinciale,
curata da Giovanni Fraziano, già preside della ex facoltà di Architettura e oggi
delegato del rettore per l’edilizia universitaria, che ha guidato un gruppo di
lavoro formato da docenti ed esperti. A presentare il libro il presidente di
Confcommerco Antonio Paoletti: «Per capire il Porto vecchio - ha affermato
Paoletti -, dobbiamo pensarlo in un’ottica di “misure” per poterlo rapportare ad
altre realtà nazionali e internazionali: abbiamo voluto in sostanza fornire un
ulteriore strumento a chi vuole investire in quest’area. Siamo davanti
probabilmente all’ultimo treno per allargare la città: ben vengano idee e
investitori, a patto che non si faccia un doppione di Trieste». Dunque, prima di
entrare nel merito delle possibili destinazioni dell’area, ecco la necessità di
ragionare in termini di dimensioni: 620 mila metri quadrati, stessa ampiezza del
Central Park di New York, un volume più che doppio rispetto al Borgo teresiano,
mentre il rione di Roiano potrebbe stare comodamente più di tre volte al suo
interno, così come una ventina tra tutti gli edifici più noti di Trieste, da
piazza Unità, alla stazione ferroviaria, dal Teatro romano alla chiesa di
Sant’Antonio, al castello di San Giusto. «Il Porto vecchio è allo stesso tempo
troppo grande per essere assimilato alla città e troppo piccolo per essere
considerato un’area portuale in chiave moderna - ha spiegato Fraziano -, stiamo
parlando di una zona che un tempo rappresentava una grande infrastruttura
dell’impero asburgico e come tale va considerata e ripensata: in sostanza non è
importante con quali contenuti vogliamo riempirlo, quanto piuttosto affrontare
il problema nella scala dimensionale adeguata. Il Porto vecchio non può quindi
essere ricondotto a un ambito comunale, ma va riferito a un contesto nazionale
ed europeo: in caso contrario rischiamo di precipitare in un imbuto senza via
d’uscita». Fraziano ha citato l’esempio dell'Arsenale di Venezia, dove
attraverso un ragionamento che va al di là dei confini della stessa città si è
riusciti a centrare la scommessa della Biennale, un appuntamento di rilevanza
mondiale. Una logica quindi a più ampio respiro che tiene conto della
sostenibilità economica in rapporto a popolazione, bacino di utenza e di
interesse. «Molti dei progetti del passato sulle possibili destinazioni del
Porto vecchio erano buoni e interessanti ma adesso si presentano superati - ha
precisato ancora Fraziano -, negli anni ’70 si pensava a una città da potenziali
500 mila abitanti, oggi il tasso demografico è in costante calo. Non può dunque
essere sufficiente una logica di restauro degli edifici: le condizioni
necessarie sono al contrario rappresentate da accessibilità, collegamenti e
infrastrutture, nell’ottica di una Trieste intesa come centro di scambio e
relazioni. Serve un intervento che collochi la città in un contesto
internazionale e allarghi il bacino di utenza, guardando ben oltre che al solo
territorio locale».
Pierpaolo Pitich
IL PICCOLO - LUNEDI', 16 giugno 2014
Via Rossetti, l’ex caserma “spogliata” - DEGRADO » TRA
RUBERIE E VANDALISMI
Anche segni inequivocabili di bivacchi e scritte sataniche sugli specchi
Nel buio, con un lampo di temporale, rivelerebbe contorni paurosi. Lunghi
corridoi, l’ombra di un lampadario che pende dal soffitto, finestre in frantumi.
Fuori alberi spezzati, i rumori sinistri di porte che si aprono e chiudono. Uno
come Dario Argento ci farebbe un film horror. Peccato, peccato davvero, che
tutto questo però non sia un grande set cinematografico, ma un degrado su scala
industriale preda del saccheggio organizzato. Dove si ruba e distrugge il
possibile. Di giorno e di notte. L’ex caserma Vittorio Emanuele III, che si
estende in un’area compresa tra via Rossetti, via Mameli e via Revoltella, è
stata dismessa nel 2008. Da quella volta è il luogo preferito per le incursioni
di vandali e ladri. La rete è da tempo divelta in più punti del perimetro ed
entrarci è evidentemente un gioco da ragazzi. I muri che circondano i palazzi
crollano, piegati dal tempo, e la vegetazione si sta lentamente divorando i
vialetti. Ma è la mano dell’uomo a fare il peggio. Probabilmente qui qualcuno si
è divertito a prendere a bersaglio le vetrate dei palazzi, forse usando i pezzi
di cornicione che si staccano dai tetti. Un’attività particolarmente allegra,
pare, a vedere la quantità di bottiglie e lattine sparse in giro. Ma la merce
pregiata è il materiale elettrico trafugato da quadri, cassette e magazzini di
servizio. E, soprattutto, i cavi: in ogni angolo del comprensorio sono
accatastate decine di bobine, alcune molto grosse, da cui viene sfilato il rame.
Un’operazione minuziosa, architettata con cura e dedizione. Chi è entrato per
sopralluoghi racconta che uno dei tanti edifici, prima della chiusura, era in
via di ristrutturazione: si dovevano rifare i bagni e, per terra, erano
depositati malta, piastrelle e termosifoni nuovi di zecca pronti per essere
installati. Sparito tutto. Le istituzioni interessate a ottenere gli immobili,
come la Provincia che vorrebbe riqualificare almeno una delle strutture per
farci una scuola, in passato ha segnalato il caso alle forze dell’ordine. Ma le
ruberie e la distruzione non si sono mai fermati. Nei palazzi in cui è possibile
entrare hanno devastato tutto. I muri, le porte e i mobili rimasti.
Un’operazione selvaggia che si è concentrata con particolare accanimento nelle
decine di bagni che si trovano nelle camerate e negli ex uffici della caserma:
lavandini, docce e wc presi a picconate dappertutto. Sulle pareti qualcuno,
beffardo, ci ha lasciato pure la firma. Come i graffittari, con le loro
bombolette colorate abbandonate sul pavimento. E dire che qualche salone di
rappresentanza conserva ancora la sua antica eleganza, con i pavimenti in
parquet di rovere o marmo e gli stucchi sui soffitti. Sulle porte degli uffici
ci sono ancora le targhette con i nomi degli ufficiali. O le insegne del Primo
Reggimento San Giusto. O, nel grande piazzale in mezzo alla caserma, i cippi
commemorativi. Mesi fa il comprensorio di via Rossetti era stato occupato dai
centri sociali. Il gruppo Zlt (Zona liberata di Trieste) aveva organizzato la
spedizione come gesto simbolico. Chiedevano di restituire quegli spazi
abbandonati alla città, per farci «un hub di libertà ed entusiasmo». Le scritte
su porte e finestre sono ancora visibili: «Uno spazio abbandonato funziona
meglio da occupato». Ma tutto pare destinato a un irrimediabile declino.
Rischioso, anche per chi abita intorno alla struttura. Perché le incursioni dei
vandali spesso sono accompagnate dai falò che vengono appiccati all’interno
delle stanze: su varie pareti e in più punti dei pavimenti delle stanze le
tracce sono inequivocabili. Sugli specchi anche scritte sataniche, resti di
bivacchi in camerate e corridoi. E ancora bottiglie, sacchi a pelo, mozziconi e
pacchetti di sigarette. Entrano con le mazze, rubano e distruggono. Se è un film
horror l’unico fantasma, lì, è lo Stato.
Gianpaolo Sarti
In stallo la trattativa per cedere l’area
Lo Stato intende realizzare una cifra sui 30 milioni, mentre gli enti
locali la vorrebbero gratis
Mentre la caserma scivola in un irrimediabile declino, teatro di furti e
saccheggi, le istituzioni sono nella totale impasse. La proprietà dell’immobile
è del ministero della Difesa ma l’eventuale passaggio di mano alle istituzioni
locali, che vorrebbero riqualificare l’area per valorizzarla, è irto di
ostacoli. Il valore stimato dell’intero comprensorio si aggira tra i 30 e i 40
milioni di euro: chi tra Regione, Comune e Provincia può permettersi la cifra?
Sta qui il problema: i soldi. La Vittorio Emanuele III è di fatto destinata a
restare a lungo un immobile del ministero, anche se è stata messa sul mercato
nell’ambito del piano delle dismissioni dei beni demaniali. Il governo, infatti,
aveva più volte annunciato l’intenzione di voler alleggerirsi di strutture del
genere attraverso la vendita, la permuta a privati e la cessione gratuita, ma
solo agli enti del territorio. Una possibilità, questa, prevista all’interno del
Decreto Fare. Ma la norma non si applica alle Regioni a Statuto Speciale.
Dunque, se Comune e Provincia intendono ottenerla devono acquistarla. Ora
l’ipotesi è che la Commissione Paritetica domandi allo Stato la cessione a
titolo gratuito per poi passare parte dell’immobile alla Provincia, pronta a
costruire scuole, e al Comune. «Dopo varie riunioni con il ministero della
Difesa, in cui si puntava a fare un accordo con gli entri locali per un utilizzo
a fini civili degli edifici dell’area - racconta l’assessore provinciale al
Bilancio Mariella De Francesco - la situazione ora è ferma. Il ministero in
realtà non ci dà le strutture perché vorrebbe ricavarci un'entrata creando un
fondo patrimoniale. E c’è anche il problema del Decreto Fare del governo Letta
che ci blocca perché siamo una Regione a Statuto Speciale», conferma ancora
l’assessore. «A questo punto, nelle varie norme possibili, cercheremo comunque
di avere gratuitamente la caserma. Per ristrutturala a fini pubblici, scolastici
ad esempio. Sono edifici vandalizzati, ma non degradati. I vari palazzi che si
trovano all’interno - conclude - non sono strutturalmente ceduti, ma più passa
il tempo più peggiorano». TUTTE LE FOTO DELLA CASERMA SU WWW.ILPICCOLO.IT
(g.s.)
Viaggio nelle caserme fantasma della regione
Domani al cinema Ariston di Trieste il film di Riccardo Costantini e
Paolo Fedrigo sui tempi della militarizzazione a Nordest
C’eravamo tanto armati Il Friuli Venezia Giulia è stata per sessant’anni una
delle aree più presidiate del mondo. Oggi restano i ruderi di 428 siti
TRIESTE Ben 428 siti militari che occupano 102 chilometri quadrati della
nostra regione, più del 50% dell’Esercito dislocato sul territorio: sono i
numeri impressionanti che hanno fatto del Friuli Venezia Giulia una delle terre
più militarizzate del mondo, dalla fine della Seconda Guerra Mondiale alla
caduta del Muro di Berlino. A raccontare l’impatto economico, ambientale, ma
soprattutto sociale ed emotivo di una presenza militare così massiccia arriva il
documentario “Un paese di primule e caserme” del regista friulano Diego
Clericuzio, che domani presenterà il film a Trieste, al Cinema Ariston alle 21,
insieme agli autori Riccardo Costantini e Paolo Fedrigo, in un incontro
organizzato da La Cappella Underground. Con loro interverrà anche l'architetto
Alessandro Santarossa che sta mappando i siti militari in regione: una rete
capillare di caserme, campi volo, fortificazioni, depositi che, quando il Friuli
Venezia Giulia improvvisamente smise di essere il confine italiano affacciato
sulla cortina di ferro, vennero abbandonati in fretta e furia e, per la maggior
parte, lasciati all’oblio fino ad oggi come fantasmi di una guerra mai iniziata.
«Nessuno sa che il Friuli Venezia Giulia è stata una delle zone più
militarizzate d’Europa: volevo raccontarlo soprattutto perché è la storia della
gente di questa terra», dice Diego Clericuzio, già esperto regista di film
industriali e commerciali. «La dismissione delle caserme è un pretesto per
parlare di come 60 anni di presenza militare hanno segnato la vita delle persone
comuni, di tutti noi». Nel documentario, prodotto da Tucker Film, DMovie e
Cinemazero con il sostegno di Arpa Fvg e, in fase di progetto, del Fondo
Audiovisivo Fvg, parlano alcuni ex militari di professione, come un generale di
corpo d’armata e un maresciallo della logistica, ma anche tanti civili che hanno
vissuto gomito a gomito con l’Esercito. Ci sono il ristoratore della trattoria
nei pressi della caserma Spaccamela a Udine (che dice emozionato: «Non faccio
più patate fritte: ne ho fatte troppe coi militari. Erano come miei figli.
Quando si congedavano, sai quanti pianti…»), il fornaio che ricorda come le
caserme fossero a volte il pilastro dell’economia di un intero paese («Facevamo
20-30 quintali di pane militare, dieci di civile: lavoravamo tutti, i tabaccai,
i postini a portar quintali di lettere»), una delle tante coppie che si è
formata grazie alla leva, lei friulana, lui militare meridionale. E c’è anche
l’anziano alpino partito da Ariano Irpino per trovare lavoro nell’Esercito, che
si commuove a rientrare nella caserma di Pontebba in rovina. Si calcola che
circa tre milioni di persone abbiano fatto il militare in Friuli Venezia Giulia.
Per 60 anni, insomma, “ci eravamo tanto armati”: «La reazione di quel tempo era
comprensibile», commenta Clericuzio. «Il nemico era schierato in Ungheria e
davvero si pensava che potesse entrare da un momento all’altro dalla soglia di
Gorizia. Il documentario racconta le conseguenze di questa iper-militarizzazione
da tutti i punti di vista». Per esempio, quello ambientale: «Circa la metà del
territorio era servitù militare: non si poteva costruire, coltivare. Questo ha
permesso anche la conservazione di tanti biotipi naturali della regione». Oggi
però i siti chiusi possono celare situazioni pericolose, come la presenza di
eternit e di amianto, che non risultano nemmeno nei censimenti dell’Arpa. Il
regista ci porta direttamente dentro le caserme dimenticate, tra le quali la
caserma Monte Cimone di Banne, mostrando la loro immobile decadenza con
inquadrature fisse e simmetriche. «Una riconversione di tutti i siti è
impensabile: sarebbe troppo dispendioso per le istituzioni». Di questo “Paese di
primule e caserme”, come Pier Paolo Pasolini definiva il Friuli Venezia Giulia,
la gente vuole di certo saperne di più: lo dimostrano le donazioni spontanee di
150 sostenitori che, attraverso il “crowdfunding” lanciato su internet, hanno
permesso di completare la realizzazione del film.
Elisa Grando
DrinkAdria, una rete europea per tutelare l’acqua -
FINALITÀ SPIEGATE IN COMMISSIONE, VI ADERISCONO 15 PAESI
Si chiama “DrinkAdria” ed è un progetto finalizzato allo studio della
gestione sostenibile e integrata dell’acqua potabile fra i Paesi dell’area
adriatica. Sostenuto con un contributo del valore di 6.643.648 euro, finanziato
all’85 per cento dai fondi europei e per il restante 15 dai Paesi dell’area
interessata, “DrinkAdria”, la cui sede è stata fissata a Trieste, rappresenta
per la città un potenziale di particolare importanza. Il programma è stato
illustrato ai consiglieri della sesta Commissione, presieduta da Mario Ravalico,
da Enrico Altran e Paolo Toscano, ingegneri dell’Acegas Aps. «Sappiamo che
l’acqua sarà nel futuro un bene sempre più prezioso – ha spiegato Altran – con
DrinkAdria siamo nell’ambito di un serio tentativo dell'Ue di costruire una
nuova rete di conoscenza fra tre livelli distinti di soggetti, i legislatori, i
pubblici amministratori, in cittadini dell’area coinvolta. Attualmente – ha
aggiunto – ci sono 16 partner in rappresentanza di 8 Paesi. L'Autorità d'ambito
triestina – ha sottolineato - é la destinataria delle risorse con il compito di
gestirle. Il termine entro il quale bisognerà completare il progetto è il marzo
del 2015. DrinkAdria – ha continuato - sarà l'occasione per sviluppare accordi
bilaterali o anche più ampi, per migliorare la gestione dell'acqua fra i vari
Paesi che insistono sull’area adriatica». Essi sono Albania, Bosnia Erzegovina,
Croazia, Grecia, Italia, Montenegro, Serbia e Slovenia. L’Italia ha creato la
Consulta per l’ambito territoriale ottimale orientale triestino (Cato),
presieduta da Roberto Cosolini, che ha il ruolo di partner di riferimento e vede
nell’Acegas Aps lo strumento operativo. «Obiettivo finale – ha ripreso Altran -
é l’individuazione di protocolli innovativi per la gestione dell'acqua, che
consentano di abbandonare le tradizionali tecniche di gestione e risanamento
delle reti per promuoverne di nuove, socialmente sostenibili. Si tratta di
ridurre gli scavi, perfezionare la tecnologia, attuare il contenimento
energetico e dei costi. Suggeriremo inoltre – ha concluso - un nuovo contesto
normativo per la gestione del servizio idrico transfrontaliero, facilitando
l'armonia delle legislature in materia in un contesto europeo». Toscano si è
soffermato sul laboratorio realizzato nel territorio comunale di San Dorligo
della Valle: «E’ un esperimento – ha detto - in base al quale teniamo sotto
controllo a distanza una rete idrica di 48 km di lunghezza e che serve circa
5mila persone. Disponiamo di un modello matematico che ci indica le correzioni
da fare – ha aggiunto – ogni qual volta si verifica un problema nel circuito».
Ugo Salvini
Centrale idrodinamica Trieste, la misura del possibile
Oggi, alle 10.30, alla Centrale Idrodinamica del Porto Vecchio di Trieste, verrà presentato lo studio della Confcommercio “Trieste, la misura del possibile”. Il libro, curato dal professore Giovanni Fraziano preside della Facoltà di Architettura di Trieste, raccoglie una panoramica sulle possibili opzioni pe un riuso del Porto Vecchio.
IL PICCOLO - DOMENICA, 15 giugno 2014
«Sul Sito inquinato intervenga Renzi»
«Regole cambiate in corsa» e il sindaco di Muggia
Nesladek scrive al presidente del Consiglio. Cosolini concorda
«Sul Sito inquinato d’interesse nazionale, il Governo ha cambiato le regole
a partita in corso e tutto torna ora a impantanarsi dopo che anche tanti
imprenditori privati hanno speso centinaia di migliaia di euro». L’allarme viene
lanciato da Nerio Nesladek, sindaco di Muggia, nel cui territorio ricade gran
parte del Sin, il quale stressato da una situazione d’impasse che si protrae da
oltre dieci anni ha mandato una lettera al presidente del Consiglio Matteo Renzi,
invocando il suo intervento. Nesladek cita l’Accordo di programma sul
completamento della caratterizzazione del sito e sulla redazione dell’analisi di
rischio del 25 maggio 2012. Uno spiraglio per una possibile via d’uscita. «La
soluzione così faticosamente costruita - rileva Nesladek nella lettera - è ora
di nuovo messa in discussione dall’ennesima modifica normativa (articolo 41
comma 3 della Legge 98/2013) che nell’interpretazione del ministero
dell’Ambiente cambia ancora una volta le carte in tavola: infatti questa
modifica prevede che non si applichi più la normativa sui siti contaminati, ma
quella sui terreni di riporto (con l’esecuzione di ulteriori indagini quali il
test di cessione), dal momento che le aree derivano da vecchi interramenti e
discariche storiche. Situazione questa peraltro già nota anche all’atto della
perimetrazione originaria.» Ma tutto il lungo e complesso lavoro precedente,
mette in luce lo stesso Nesladek, è stato fatto «proprio sulla base della
normativa sui siti contaminati, ora non più applicabile» e in questo senso «sono
stati approvati in questi anni i vari Piani di caratterizzazione e sono state
imposte prescrizioni a tutti i soggetti privati e pubblici che volontariamente
avevano avviato l’iter caratterizzando le aree di competenza poiché i propri
programmi di sviluppo non potevano attendere i tempi di un’azione in via
sostitutiva da parte del pubblico. Prescrizioni la cui attuazione è costata
svariate centinaia di migliaia di euro, inutilmente, da quanto si apprende ora.
Come pure sono considerevoli le risorse impiegate per la redazione di progetti
di bonifica ai sensi di una normativa che non sarebbe più applicabile.» «Potevo
anche insistere - aggiunge Nesladek - sulla concorrenza che ci arriva dalla
Slovenia a un passo: qualsiasi imprenditore pur di non restare stritolato dalle
nostre lungaggini burocratiche, impianta la sua azienda a poche centinaia di
metri di distanza.» «Ricordo come nel 2001, 2002 chi allora amministrava Trieste
aveva giudicato il Sin la più grande opportunità per la provincia - commenta il
sindaco di Trieste Roberto Cosolini - al contrario si è rivelato la peggior
palla al piede. Bisogna ora procedere sulla via che si è finalmente imboccata
con l’Accordo di programma del 2012 e in questo senso condivido l’appello
lanciato da Nesladek.» «Si chiede - afferma ancora il sindaco di Muggia nella
lettera - di valutare le conseguenze delle novità normative introdotte con la
norma citata e di modificarne la portata stabilendo che la stessa non vada
applicata agli interramenti storici né alle aree in cui il ripristino ambientale
è stato già individuato da un Accordo di programma.»
Silvio Maranzana
«Parco archeologico attorno al Teatro Romano»
La proposta in commissione consiliare del soprintendente Fozzati: «Ma va
limitato il traffico»
Realizzare un Parco archeologico urbano di Trieste, di cui il Teatro romano
sarà l’elemento di maggior interesse turistico e il baricentro logistico. Tutto
questo, intervenendo sull’attuale assetto del traffico, per allontanare, laddove
possibile, l’emissione di gas di scarico nelle vicinanze del Teatro stesso,
eliminando cioè transito e sosta dei mezzi privati nella zona. E’ questa la
proposta lanciata da Luigi Fozzati, Sovrintendente per i Beni archeologici del
Friuli Venezia Giulia, nel corso della sua audizione davanti alle Commissioni
consiliari quarta e sesta, riunite in seduta comune sotto la presidenza di Mario
Ravalico. «Il Teatro romano fu quasi completamente ricostruito poco meno di un
secolo fa, ottenendo due risultati – ha spiegato Fozzati - uno eccellente sotto
il profilo spettacolare, uno meno valido sotto quello archeologico. Su di esso
siamo costretti a operare costantemente con interventi di ordinaria
amministrazione, perché è forte la nostra preoccupazione – ha precisato – per lo
smog che si deposita sui ruderi. Ecco perché, in prospettiva – ha proseguito il
Sovrintendente regionale – vorremmo si limitasse il traffico davanti al Teatro
romano. Ulteriore problema è rappresentato dal fatto che sul Teatro insistono
acque sotterranee, provenienti dalla collina retrostante, che peraltro spinge
col suo peso sul muro di sostegno situato a monte della gradinata per il
pubblico». Fozzati ha però annunciato che «con il Comune si sta esaminando la
possibilità di rivalutare le aree che circondano il Teatro e che sono di
proprietà dell’amministrazione, per fare un Parco archeologico urbano di
Trieste. Il progetto é in fase di ultimazione e l’area potrebbe essere
arricchita con quanto sicuramente emergerà nel corso dei lavori per la
costruzione del park San Giusto». Più difficile trasformare il Teatro in sede di
spettacoli all’aperto: “E’ molto costoso mettere in sicurezza l’anfiteatro – è
stato spiegato – e la spesa non sarebbe ammortizzabile, soprattutto se si
trattasse di pochi eventi».
Ugo Salvini
Agricoltura - Esposto di Pellegrino contro il mais Ogm
Domani i deputati di Sel, Serena Pellegrino, componente della Commissione ambiente alla Camera, e Franco Bordo, componente della Commissione agricoltura, presenteranno alle Procure di Pordenone e Udine un duplice esposto per chiedere se le semine di mais Ogm a Pordenone configurino ipotesi di reato ai sensi della norme vigenti.
Elargizione in memoria di Jorge Garcia Murga, fratello di Oscar
IL PICCOLO - SABATO, 14 giugno 2014
La scuola del futuro al magazzino 19
L’ente ha risposto al bando dell’Authority. La
struttura, pronta fra circa 2 anni, ospiterà 1200 studenti. L’Istituto Nautico
sarà il primo a traslocare
L’ASSESSORE DE FRANCESCO Svuotiamo l’edificio di tutto quello che c’è dentro e
lo rifacciamo daccapo. Attendiamo il parere del presidente del Porto
Antica e monumentale fuori, moderna e pratica dentro. La scuola del futuro
si appresta a sbarcare in Porto Vecchio: il progetto della Provincia per la
ristrutturazione del Magazzino 19 ormai è pronto. In questi giorni il piano è
già stato presentato al Nautico, il primo istituto che nei prossimi anni
potrebbe fare fagotto per spostarsi per intero nella struttura che la giunta ha
in mente. Un modo, a sentire l’assessore Mariella De Francesco, per dare
ossigeno all’annoso problema dell’edilizia scolastica in città e per cominciare
a sollevare l’area dall’abbandono. La Provincia ha risposto al bando
dell’Autorità portuale pubblicato lo scorso febbraio per ottenere la concessione
dell’hangar ed entro il 30 giugno, come previsto, si farà avanti con la propria
«manifestazione di interesse». Si tratterà di restaurare le pareti esterne,
sottoposte ai vincoli della Soprintendenza, e di rifare completamente gli
ambienti interni conservando le colonne portanti, anche queste tutelate.
«Svuotiamo quello che c’è e rifacciamo tutto daccapo», anticipa De Francesco. Il
palazzo, che sarà costruito con tutti gli accorgimenti per il risparmio
energetico, è su tre piani per un totale di 4.933 metri quadrati. Potrà ospitare
complessivamente tra i 1.100 e i 1.200 studenti. Il pianterreno, stando al
rendering, sarà riservato al pubblico con uffici, biblioteche, segreteria e
direzione. L’atrio potrà trasformarsi anche in una grande ala multifunzione con
pareti mobili per realizzare, all’occorrenza, le riunioni. Il piano superiore
può invece disporre di 25 aule, comprese le sale insegnanti e i laboratori.
Nell’edificio troveranno spazio ascensori e scale di sicurezza. Venticinque aule
anche al secondo piano con altri 6 laboratori. Al terzo un’altra decina di
laboratori, oltre che una palestra di 200 metri quadrati che già si pensa
allargare per rispondere meglio al fabbisogno futuro. «Considerato l’indirizzo
di studi del Nautico, il cui edificio attuale ha bisogno di una radicale
ristrutturazione, ritengo che il Magazzino 19 possa fare il caso di questa
scuola», osserva l’assessore. «E va ricordato che in Porto è già ormeggiata una
nave scuola per gli studenti». Il passaggio da piazza Hortis al Porto Vecchio
interesserebbe ben 400 giovani e potrebbe riguardare anche il Carli che si trova
nella stessa sede. L’altra ipotesi guarda al liceo Petrarca: anche quest’ultima,
almeno la sede succursale di largo Sonnino, ha bisogno di un’ampia
riqualificazione. «Sarebbe un investimento radicale - aggiunge De Francesco -
dal momento che il progetto che abbiamo preparato in Provincia rappresenta una
costruzione nuova in cui si conserva soltanto la parte artistica esterna».
Pareti mobili e in cartongesso, aule multimediali e biblioteche: il costo
stimato si aggira intorno ai 15 milioni di euro complessivi, Sono 1.700 euro a
metro quadrato. Dopo il 30 giugno la palla passerà all’Autorità portuale, che
deciderà sulla concessione. «Non è chiaro entro quando l’Authority risponderà
perché nel bando non c’è scritto - fa notare De Francesco - e noi i loro tempi
non li conosciamo». Incassato il via libera, palazzo Galatti potrà predisporre
un progetto esecutivo che conterrà pure le scuole da spostare. Quindi l’avvio
dell’iter per la gara europea, che può variare dai 6 ai 9 mesi. I lavori sono
stimati in 1 anno. Se tutto fila per il verso giusto, dall’ok dell’Autorità
portuale nel giro di un paio d’anni l’hangar aprirà le porte agli studenti.
Gianpaolo Sarti
Sarà chiesta la sospensione del punto franco
Per l’accesso al Magazzino 19, ad esempio per gli studenti, la Provincia chiederà una sospensione del regime di Porto franco. Lo annuncia l’assessore De Francesco. «Così si è fatto per il Magazzino 26 e la Centrale Idrodinamica - spiega - così si può fare per la scuola. Credo inoltre che la trasformazione in una sede del Nautico sia un progetto compatibile con l’attività portuale».
(g.s.)
«Fondi Ue per il recupero immobiliare»
Per il rimanente 20% della spesa l’Amministrazione disposta ad accendere
un mutuo
E’ caccia ai fondi comunitari. Per la trasformazione in polo scolastico del
Magazzino 19 la Provincia cercherà di ottenere fondi dalla progettazione Ue
2014-2020. Il capitolo da cui attingere è quello dedicato alle previsioni di
«riuso e recupero immobiliare» delle aree dismesse «di grande interesse
nazionale ed europea». In questo modo la giunta Poropat punta a coprire l’80%
dell’opera. Per il restante 20% dei costi palazzo Galatti accenderà un mutuo,
«Patto di stabilità permettendo», mette le mani avanti l’assessore alla Finanze
Mariella De Francesco. Altre risorse potrebbero arrivare dalla vendita di alcuni
immobili di proprietà dell’ente. «Il pregio di questo progetto - spiega
l’assessore - è che abbiamo pensato a uno standard architettonico che, per gli
interni, è applicabile a tutti gli altri magazzini». Al piano di edilizia
scolastica predisposto dalla giunta Poropat non mancano però le critiche. E’ il
segretario provinciale di Un’Altra Trieste Francesco Cervesi a puntare l’indice.
«I limiti operativi della Provincia di Trieste non derivano dal Patto di
stabilità - afferma - basti pensare che prima del Patto non si riusciva ad
investire nei cantieri più di 3 milioni di euro all’anno (su una decina a
bilancio) contro gli attuali 2 milioni in regime di Patto. Cifre sostanzialmente
simili che in ogni caso non sono sufficienti a realizzare un piano di rinnovo
del patrimonio edilizio scolastico dal momento che per realizzare i 40 milioni
di opere necessarie ci vorrebbero 15 o 20 anni». A dimostrazione dei «limiti»
dell’ente nella pianificazione di nuove scuole, Cervesi porta il caso dell’ex
Irfop. «Qualche anno fa la Provincia si accordò con la Regione e con
l’Università per avere in comodato l’area in zona Valmaura al fine di
realizzarvi la sede di alcuni istituti - ricorda - ma solo dopo diversi anni,
studi, progetti, trattative e contratti firmati ci si rese conto che la
soluzione era impercorribile e tutto venne buttato all’aria. Perdendo tempo e
denaro». Il segretario provinciale di Un’Altra Trieste cita anche la
ristrutturazione dell’immobile di via Cantù. «Ci sono voluti quasi dieci anni
per realizzare una quindicina di aule e senza laboratori né senza palestre -
rileva - con una spesa di oltre 3.200 euro al metro quadrato». Cervesi fa notare
che la Provincia «è proprietaria soltanto della metà degli edifici che ospitano
le scuole superiori» quindi alla luce di tutto ciò «dovrebbe essere la Regione a
sviluppare un piano di rinnovamento delle scuole con un riordino complessivo che
preveda la realizzazione di tre grandi campus corrispondenti agli indirizzi
dell’istruzione».
(g.s.)
«Centrale idrodinamica e Sottostazione elettrica
lasciate nell’abbandono»
Atto d’accusa contro la presidente dell’Authority Marina Monassi di
Antonella Caroli, direttrice della Fondazione marittimo portuale
«Si sta sgretolando il Polo museale, si sta sfarinando il ricupero del Porto
vecchio». Antonella Caroli, direttrice della Fondazione marittimo portuale nata
all’ombra dell’Authority presieduta da Marina Monassi, rompe il silenzio a cui
si è attenuta per lungo tempo e lancia il suo “j’accuse” per quella che lei
definisce “una situazione sospesa”. I rapporti tra le due “lady” del porto sono
entrati, nei primi mesi del 2014, in un cono d’ombra e si sono fatti gelidi,
contrassegnati dalla mancanza di collaborazione e da un fragoroso silenzio che
si infrange su ogni scelta. Ghiaccio bollente. Al centro della requisitoria di
Antonella Caroli vi sono il futuro del Porto vecchio e del nascente Polo museale
in cui l’archeologia industriale ha un ruolo preminente e per la cui
realizzazione dalle casse europee sono uscite ingentissime somme di denaro. Ma
la direttrice della Fondazione va oltre. Oltre al ”j’accuse” rilancerà a Genova
quanto di buono e importante è stato finora fatto in questo ambito a Trieste.
Venerdì prossimo nel corso del convegno organizzato dall’Associazione italiana
di tecnica navale - una sorta di Stati Generali di tutto ciò che ruota attorno
alla marineria - parlerà del Polo Museale e di ciò che nella sua realizzazione è
rimasto in mezzo al guado. Ma andiamo con ordine. Ecco in dettaglio il contenuto
del “j’ accuse”, messo nero su bianco e inviato tra l’altro a tutti coloro che
negli ultimi due anni hanno lavorato anche gratuitamente per consentire la
realizzazione e la gestione della Centrale idrodinamica e della Sottostazione
elettrica oggi desolatamente ancora chiusa dopo l’effimera inaugurazione e
apertura di 48 ore dello scorso aprile. Lì, in quella sede è stato sancito lo
strappo tra le due “lady” del porto: lì Marina Monassi ha reso pubbliche le
intervenute difficoltà di rapporti impedendo di fatto all’ex collaboratrice di
prendere la parola e di salire – perché non invitata - i due gradini necessari
per raggiungere gli altri vip incaricati di celebrare l’effimera apertura della
restaurata Sottostazione. Un secondo “strappo” è arrivato poche ore dopo con la
sostituzione della stessa Antonella Caroli nella reggenza dell’info point del
Magazzino 26 in cui aveva lavorato per un paio di settimane, spiegando e
imprenditori e tecnici le possibilità di concorrere entro la fine di giugno alle
una della tante concessioni demaniali dello “spezzatino” in cui Marina Monassi
ha deciso di suddividere le il Porto Vecchio. «Ormai si è creata una distanza,
una non comunicazione che parlano molto chiaramente di una palese avversità.
Forse ci eravamo illusi…” sostiene Antonella Caroli nella lettera inviata ai
collaboratori, lettera in cui non si legge nemmeno una volta il nome di Marina
Monassi, ma la cui presenza è costante, evidente, chiarissima. «Tutto è avvenuto
all’improvviso dopo l’inaugurazione della Sottostazione elettrica oggi chiusa.
Non c’è dialogo, non c’è conforto. Siamo scavalcati da un potere che non
conosciamo e che per fortuna non ci appartiene. Ho messo a diposizione tutte le
mie competenze». Nella lettera la direttrice della Fondazione ribadisce di aver
operato “senza alcuna sottomissione alla politica” e con amarezza compie un
bilancio della proprio attività e di quella dei suoi collaboratori. «Noi non ci
siamo riusciti, ma gli altri non lo sanno fare; a noi basta lavorare
indipendentemente dai vertici: li abbiamo passati tutti ma questi prima o poi se
ne vanno, passano e non si interessano più del porto».
Claudio Ernè
Il torrente Farneto e il sentiero abbandonati da tempo - LA LETTERA DEL GIORNO di Stelio Ziviz (Lega rionale Spi-Cgil di S. Giovanni)
Prendendo spunto dall’articolo pubblicato il 2 giugno, in
cui si parla della tutela dei ruscelli nel nuovo Piano regolatore comunale,
crediamo sia utile portare a conoscenza dei cittadini dello stato di incuria e
degrado del sentiero di fondovalle e del torrente Farneto, il torrente che parte
dall’alta valle di Longera e arriva fino alla zona del Boschetto. Il sentiero,
creato diversi anni fa con la separazione degli scarichi fognari, dall’inizio
del torrente (zona rotonda del Boschetto) fino alla linea ferroviaria di Rozzol,
è in stato a dir poco pietoso per l’assoluta mancanza di pulizia e manutenzione.
Basta citare il fatto che, dei quattro ponti costruiti per l’attraversamento del
torrente, due sono crollati, si tratta proprio di quelli più usabili, perché
vicini alla strada del Cacciatore, nei paraggi della Rotonda del Boschetto. Il ripristino dei due ponticelli e la pulizia e
manutenzione del sentiero d’accesso renderebbero fruibile il bellissimo
sentiero, adiacente a uno dei pochi corsi d’acqua a cielo aperto presenti nella
nostra città, ora raggiungibile con qualche difficoltà dalla parte finale di via
del Farnetello. Allo stato attuale, il sentiero, largo e pianeggiante, dotato di
una dozzina di panchine, avrebbe bisogno, oltre che del ripristino dei
ponticelli già citati, di riparazioni delle staccionate, in parte deteriorate
anche per atti di vandalismo. Anche l’alveo del torrente avrebbe bisogno di
opere di manutenzione, data anche la caduta di diverse piante, che potrebbero in
futuro bloccare il normale deflusso delle acque, che specialmente nei periodi di
forte piovosità scorrono abbondantemente a valle. Ci risulta che, fino a qualche
anno fa, un gruppo di coltivatori della zona, di concerto con la Forestale,
provvedeva al taglio delle piante secche, curando la manutenzione del bosco,
usufruendo del recupero del legnatico (istituzione asburgica). Gli interessati,
interpellata l’amministrazione per continuare il lavoro svolto da diversi anni,
hanno ricevuto però un netto rifiuto con la motivazione che la manutenzione è
stata affidata in appalto: ci sembra che i risultati, visto lo stato di degrado
del bosco, non siano eclatanti. Forse un ritorno all’antico sarebbe auspicabile.
Ancora qualche accenno alle possibilità didattiche che si potrebbero avere con
il ripristino dell’accesso al sentiero in oggetto. La zona vicinissima alla
città è stata oggetto di studio da parte di esperti concittadini, i quali hanno
reperito nel sito diversi esemplari di Cordulegaste Heros, si tratta della più
grande libellula presente nell’attuale Unione europea, nonché una delle specie
meritevoli di maggior tutela. Pensiamo che, senza opere ciclopiche e conseguenti
spese, il ripristino richiesto potrebbe essere eseguito in breve tempo, aprendo
così la strada sia alle possibilità didattiche e anche di semplice passeggiata
dei cittadini in un ambiente a due passi dal centro città, immerso nel verde e
non inquinato.
THE MEDI TELEGRAPH - VENERDI', 13 giugno 2014
Il rapido declino dei combustibili fossili / ANALISI
Secondo le previsioni, la loro quota scenderà infatti dall’attuale 82% al
65% nel 2035 all’interno del mix energetico globale.
Londra - Secondo le ultime previsioni dell’IEA (International Energy Agency)
sui trend energetici, nei prossimi anni si registrerà una significativa “caduta”
dei combustibili fossili. Secondo le previsioni, la loro quota scenderà infatti
dall’attuale 82% al 65% nel 2035 all’interno del mix energetico globale.
Tuttavia l’investimento complessivo riguardante l’offerta di gas, petrolio e
carbone, che attualmente si attesta sui 19mila miliardi, ancora oggi rappresenta
circa la metà dell’investimento totale per soddisfare la domanda globale. IEA
valuta che la spesa della Cina in carbone, nei prossimi 20 anni, rappresenterà
da sola circa il 40% di quella totale. L’investimento necessario stimato per
rifornire India e Cina con petrolio e gas importato, da oggi al 2035, si aggira
intorno ai 2mila miliardi di dollari: una cifra che aiuta a spiegare la spinta
delle compagnie petrolifere indiane e cinesi per assicurarsi opportunità di
investimento all’estero. Dal 2000 ad oggi la spesa capitale annua per petrolio,
gas ed estrazione del carbone, trasporto e raffinatura è più che raddoppiata in
termini reali, oltrepassando la quota di 950 miliardi di dollari nel 2013.
L’investimento nella fornitura di carbone è molto meno caro – a parità di unità
equivalente prodotta – rispetto a quello in petrolio o gas: si tratta di circa
735 miliardi ai quali vanno aggiunti ulteriori 300 miliardi per le
infrastrutture di trasporto, soprattutto ferrovie. Complessivamente mille
miliardi di investimento che però non includono le operazioni di estrazione e
neppure i costi di trasporto che tipicamente influiscono molto sul costo finale.
Il graduale esaurimento delle riserve più accessibili obbliga le compagnie a
sviluppare ambiti più impegnativi e alternativi: tutto ciò mette pressione sui
costi facendo sì che il prezzo del petrolio potrà arrivare a raggiungere i 128
dollari a barile in termini reali nel 2035. L’epicentro dell’accresciuta
attività di investimento in petrolio e gas si è registrato nel Nord America,
grazie alla rapida espansione del gas di scisto e del tight oil. Ma anche in
altre parti del mondo si sono verificati significativi trend al rialzo. È
previsto che l’investimento annuale in petrolio e gas superi gli 850 miliardi
nel 2035, con il gas protagonista. Più dell’80% dei 17mila miliardi investiti
nei nuovi prodotti è necessario per compensare il declino degli esistenti
settori di petrolio e gas.
Circa un quarto del totale è destinato alla produzione di risorse non
convenzionali come ad esempio le sabbie bituminose, il tight oil e gas di
scisto. Gli alti costi di trasporto del gas, comparati ad altri carburanti, sono
un vincolo pesante nell’ottica di un mercato del gas più globalizzato. Più di
700 miliardi investiti in LNG – Gas Naturale Liquefatto – da qui al 2035
rappresentano però una buona accelerazione dell’integrazione dei mercati di gas
regionali e il potenziale per ridurre gli attuali differenziali di prezzo. Gli
alti costi di molti progetti di liquefazione e l’inflazione potrebbero smorzare
le speranze dei buyers di LNG a favore di più abbordabili forniture. Tuttavia
l’Europa deve necessariamente, nel breve periodo, puntare sul LNG. Si tratta di
una strada obbligata, proprio per la necessità di offrire gas disponibili
all’Asia, il primo consumatore globale di LNG.
Elisa Villa
IL PICCOLO - VENERDI', 13 giugno 2014
Trenitalia rinvia il taglio degli Intercity
Salta lo stop estivo dei treni per Roma e Napoli. Lupi:
«Dal governo fondi per garantire le tratte ma vanno ridotti altri servizi»
TRIESTE Gli Intercity diurni da Trieste per Roma e Napoli si salvano ancora.
I due collegamenti compaiono nel sito di Trenitalia anche con il nuovo orario
estivo in vigore da domenica prossima. Un salvataggio, però, ancora a tempo.
Maurizio Lupi, rispondendo a un’interrogazione di Ettore Rosato, condiziona
infatti la futura permanenza dei convogli a lunga percorrenza a concomitanti
risparmi su altri servizi. A ogni cambio orario si diffonde il timore che
qualche altro treno si avvicini all’ultimo viaggio. Tagliato perché, in regime
di mercato, Trenitalia non sopporta più i collegamenti in perdita. Tra questi,
era già noto, gli Intercity diurni in partenza da Trieste alle 7.21 e alle
13.01. Nel dicembre scorso la compagnia ferroviaria mantenne in extremis i due
collegamenti verso Roma con proseguimenti per Napoli in entrambe le direzioni,
ma la soluzione non sembrò per nulla definitiva e, non a caso, già ad aprile
rispuntò il rischio cancellazione. Rischio nuovamente scongiurato, visto che il
nuovo orario li prevede ancora, ma pure stavolta non risulta alcunché di
consolidato. Questione di costi, fa chiaramente capire Lupi nella risposta a
Rosato, il deputato triestino del Pd che aveva rilevato, e non era la prima
volta, «la scelta inaccettabile di isolare il Fvg» e di «fare cassa sulla pelle
dei pendolari, di chi vive nei centri minori e di quanti non possono permettersi
di viaggiare con le costose Frecce». L’interrogazione di aprile proseguiva
evidenziando che Trenitalia «è una società a partecipazione statale e deve
uscire dalle mere logiche di mercato, assicurando un servizio efficiente a tutti
gli utenti» e ancora che, «eliminando la coppia di Intercity diurni che
collegano Trieste e Roma, si ridurrebbero drasticamente i collegamenti del
trasporto interregionale low cost, costringendo i viaggiatori a ricorrere a
opzioni molto più costose o con cambi». Senza dimenticare che quegli Intercity
«garantiscono collegamenti diretti anche con città come Padova, Bologna e
Firenze, coprendo stazioni minori, altrimenti escluse dai percorsi delle
Frecce». Entrando nel merito, Lupi riferisce dunque che «la maggior parte dei
treni Intercity rientra nei “Servizio universale”, comprendente quei treni di
medio-lunga percorrenza che necessitano di un corrispettivo definito nell’ambito
di un contratto di servizio, in quanto presentano un conto economico negativo».
La differenza tra ricavi da traffico, bassi, e costi, alti, la paga lo Stato. Lo
stesso vorrebbe ora fare Trenitalia con gli Intercity “a mercato”, compreso il
Trieste-Roma, che in tutto il territorio accumulano perdite per 29 milioni
all’anno. Insomma, il “buco” se lo copra anche in questo caso Roma. Altrimenti,
come già accaduto dal primo marzo per il Roma-Milano delle 9.40, si taglia.
Lupi, di fronte a questa posizione della compagnia, informa che il dicastero «è
impegnato a individuare tutte le possibili soluzioni che, sia sotto il profilo
tecnico che economico, consentano il mantenimento in attività di quei servizi».
L’impegno, per ora, è servito. Ma, per il futuro, «si sono chiesti a Trenitalia
ulteriori dettagli per valutare i maggiori costi sottesi al contratto qualora i
collegamenti via Intercity venissero riconosciuti di utilità sociale al pari di
quelli che, nelle stesse direttrici, sono già sovvenzionati». Tutto ciò, avverte
tuttavia il ministro, «dovrà ovviamente avvenire in un quadro di invarianza
delle risorse attualmente disponibili e pertanto sarà necessario individuare
eventuali rimodulazioni degli altri servizi inclusi nel perimetro
sovvenzionato». «In un quadro generale di contrazione delle risorse e disimpegno
di Trenitalia sugli Intercity in regime di mercato - è il commento di Rosato -,
il ministero delle Infrastrutture apre alla possibilità di mantenere in servizio
le due coppie di diurni che collegano Trieste e Roma. Un importante segnale e di
interesse e la conferma che c'è un'utenza pendolare che rimarrebbe danneggiata
dal taglio».
Marco Ballico
Consiglio di stato - Secondo stop alla semina di mais
Ogm in regione
TRIESTE Nuova “sconfitta” per gli agricoltori pro Ogm del Friuli Venezia
Giulia. Il Consiglio di Stato ha confermato la decisione del Tar del Lazio di
bloccare le semine biotech in corso nei campi di Vivaro, in provincia di
Pordenone, rigettando la richiesta di sospensiva avanzata dagli esponenti
dell’associazione Futuragra e rinviando la definitiva decisione nel merito al 4
dicembre, quando di fatto sarà già in vigore la normativa europea che lascia la
libertà di non coltivare Ogm ai singoli Stati membri. Ad annunciarlo ieri è
stata la Coldiretti, che ha commentato positivamente la scelta del Consiglio di
Stato di sostenere la linea del Tar del Lazio. Linea, appunto, che aveva portato
alla bocciatura del ricorso presentato contro il decreto interministeriale che
proibisce la semina di mais biotech Mon810 modificato geneticamente. «A questo
punto - conclude la Coldiretti - le amministrazioni coinvolte non hanno più
nessun alibi per intervenire nella repressione delle coltivazioni illegali per
evitare l’aggravarsi delle contaminazioni ambientali in atto». Positivo anche il
commento di Ermete Realacci, presidente della commissione Agricoltura della
Camera. «Dal Consiglio di Stato arrivano nuone notizie per l'agricoltura
italiana e per la sua vocazione all'eccellenza - afferma -. Il Tar del Lazio si
era già espresso in aprile aprile bocciando il pretestuoso ricorso di Fidenato
contro il decreto interministeriale che proibisce la semina di mais Ogm MON810
in Italia. Oggi si scrive dunque una bella pagina a tutela della nostra
agricoltura e del made in Italy di qualità. Al di là di motivazioni di ordine
ambientale e sanitario, infatti, la scelta Ogm è completamente sbagliata per
l'Italia».
La scelta Ogm spetterà a ogni Stato dell’Ue
BRUXELLES I ministri dell’Ambiente Ue hanno raggiunto un accordo politico
che pone le premesse per una nuova base legale che fa ricadere sugli Stati
membri la scelta di restringere o proibire la coltivazione di ogm nei loro
territori. L’accordo raggiunto nella riunione dei ministri a Lussemburgo prevede
la possibilità per gli Stati di tenere conto dei loro contesti nazionali quando
si decide su una coltivazione ogm mentre attualmente possono solo usare le
clausole di salvaguardia per probirla sulla base dei rischi. Le due fasi della
pre-autorizzazione per la restrizione geografica e l’autorizzazione a posteriori
di opt-out sono legate e si prevedono scadenze precise. Se uno Stato inizia la
“fase 1” per chiedere di limitare la coltivazione di un ogm la Commissione
presenterà tale richiesta per facilitare la procedura. Per la deroga alla
coltivazione la parola finale se coltivare o meno l’ogm resta agli Stati membri.
Inoltre, la decisione può essere modificata per restringere o proibire la
coltivazione nel corso dei dieci anni di durata dell’autorizzazione in presenza
di nuovi elementi. Le nuove regole dovrebbero poter essere usate dal 2015. Per
Legambiente si tratta di «un primo passo nella giusta direzione. «Ma servono
miglioramenti - afferma il presidente dell’associazione Vittori Cogliati Dezza -
perché non mancano alcuni inciampi. Innanzi tutto il sistema decisionale che,
tra livelli e tempistica, rischia di imbrigliare la possibilità di divieto a
livello nazionale, poi il rischio Ttip (Transatlantic Trade & Investment
Partnership) che si staglia all’orizzonte e che potrebbe liberalizzare l’accesso
degli Ogm in Europa, aggirando anche gli attuali sbarramenti».
Invasione d’api, colpa del clima
Numerosi interventi dei vigili in questi giorni per sciami d’insetti
“disorientati” dal meteo instabile
“Febbre sciamatoria”: è questa sindrome, che in realtà non è collegata ad
alcuna malattia, la ragione dei numerosi interventi per i grandi gruppi di api
che in questi giorni s’insediano su balconi, sottotetti e altre strutture degli
edifici o nei giardini. “Traslochi” che in varie parti della città, da Muggia a
Roiano passando per il centro come in via Buonarroti ad esempio, inducono i
cittadini a chiamare i vigili del fuoco, che a loro volta fanno intervenire
qualche apicoltore che recuperi gli sciami degli insetti. «La gente non si deve
preoccupare - spiega Virginio Carboni, apicoltore a Grozzana -: crede si tratti
di sciami di vespe, invece sono le api. Più precisamente sono quelle chiamate
bottinatrici, che nella complessa gerarchia e distribuzione di funzioni di ogni
colonia, sono addette a raccogliere nettare, polline, propoli e acqua. Quando le
vediamo su un nostro cornicione o sul nostro albero in giardino, significa che
sono “in parcheggio”, sono in attesa delle api guardiane che sono in
esplorazione alla ricerca di un posto adatto, tranquillo, per impiantare un
alveare. La colonia si ferma quindi il tempo necessario, uno o due giorni, poi
vola via. Se non provocate, non pungono mai». Il fenomeno al quale assistiamo,
non eccezionale, durerà secondo l’esperto fino alla fine del mese, ma è una
circostanza naturale. Per una volta tanto la colpa non è dell’uomo, o almeno non
lo è direttamente, poiché a causarlo è un andamento climatico non regolare, che
tuttavia è in fin dei conti causato dall’inquinamento prodotto dalle attività
umane. «La “febbre sciamatoria - precisa Carboni - si verifica quando, come
quest’anno, le temperature prima divengono piuttosto calde, come in aprile, poi
tornano ad abbassarsi come in maggio e infine risalgono. Le api rimangono
spiazzate, le famiglie si sviluppano ma d’altra parte il raccolto latita. Le
ceraiole non hanno lavoro, perché manca la materia prima. Così gli insetti
“emigrano” per ricercare fonti di sostentamento e formare nuove colonie, con la
prima ape regina vergine emergente. Il maltempo magari impedisce a qualche
apicoltore di effettuare controlli puntuali alle sue arnie e così s’innesca il
meccanismo che produce questi allarmi ingiustificati». Di solito i pompieri,
nell’eventualità che uno sciame stazioni in un posto “a rischio”, fanno
intervenire un apicoltore, che seppure con tecniche che possono richiedere anche
qualche ora non ha difficoltà a fare trasferire gli insetti in un luogo più
opportuno». Lo sciame è usualmente molto calmo: se però è fermo da diversi
giorni e ha esaurito le scorte di miele portate con sé, può diventare
aggressivo. Immediatamente dopo la cattura bisogna nutrirlo o fornirgli favi di
miele. «La gente - termina l’apicoltore di Grozzana - confonde spesso le api con
le vespe: le prime hanno un corpo più tozzo, ricoperto da una peluria molto
fitta; lo stacco tra torace e addome risulta visibilmente più sottile nelle
vespe e infine le api hanno una colorazione scura, quasi dorata».
Pier Paolo Garofalo
Sono indicatori della qualità dell’ambiente - Nel 2007
in Italia ne sono morte la metà
Le api sono indicatori biologici della qualità dell'ambiente e ormai, in
generale, rappresentano una delle emergenze ecologiche. Oltre al ruolo diretto
nella produzione del miele, le api contribuiscono all'economia favorendo la
produzione di frutta e verdura. In Italia nel 2007 sono morte il 50% delle api,
con la perdita di 200mila alveari e di molti milioni di euro nel settore
agricolo. Le api muoiono per varie cause, non sempre del tutto identificate:
cause ambientali, mutamento climatico, la varroa, un acaro parassita, e altri
antagonisti naturali, l'uso indiscriminato dei fitofarmaci. In vari Paesi i
regolamenti fitosanitari e le autorizzazioni all'uso dei fitofarmaci impongono,
da decenni, vincoli ai trattamenti fitoiatrici al fine di tutelare l'attività
delle api e degli insetti che trasportano polline (pronubi) in generale. Uno dei
vincoli più ricorrenti è il divieto di eseguire trattamenti, anche non
insetticidi, nel corso della fioritura.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 12 giugno 2014
«Ferriera, offerta di Arvedi entro il 15 luglio»
L’assessore Zollia: «Un passo avanti». Il deputato Rosato: «Al tavolo
c’erano tutti i soggetti interessati»
«Il commissario straordinario della Lucchini Piero Nardi prevede l’offerta
definitiva entro fine giugno, al massimo il 15 luglio. In quella sede Arvedi
dovrà presentare il piano industriale da un lato e il progetto di messa in
sicurezza e bonifica dall’altro». Vittorio Zollia, assessore della Provincia di
Trieste, era presente all’incontro tecnico che si è tenuto l’altro ieri a Roma,
nella sede del ministero dello Sviluppo economico. E aggiunge una data alla
“road map” individuata per la vendita della Ferriera di Servola ad Arvedi dopo
la manifestazione di interesse avanzata dal gruppo siderurgico di Cremona.
L’impressione, insomma, è buona. «Positiva. Si sta andando avanti. Siamo
fiduciosi. Ci sarà questo tavolo per la redazione di una prima bozza
dell’accordo. C’è la disponibilità, se dovesse servire, a fare una preconferenza
di servizi» aggiunge Zollia. Non sono emerse, sembra, particolari criticità
durante il tavolo tecnico al quale ha preso parte la presidente del Friuli
Venezia Giulia, Debora Serracchiani assieme ai soggetti firmatari dell'accordo
di programma riguardante l'area di crisi industriale complessa di Trieste
sottoscritto il 30 gennaio scorso. Nel corso dell'incontro, cui erano presenti
anche la presidenza dell'Autorità portuale di Trieste, Invitalia e la Provincia
di Trieste, è stato messo a fuoco il percorso per giungere alla vendita del ramo
d'azienda di Trieste della Lucchini. Continua intanto la polemica politica sul
coinvolgimento delle istituzioni locali nella vicenda. «La presidente
Serracchiani e la sua giunta sulla questione Ferriera hanno sempre coinvolto
tutti i soggetti istituzionali interessati, in ogni circostanza e allo stesso
modo» afferma il deputato del Pd Ettore Rosato, aggiungendo che «quanti
sostengono il contrario, come la forzista Sandra Savino, o agiscono in malafede
o parlano senza conoscere i fatti». Secondo Rosato «l’attuale giunta regionale
segue un approccio rigorosamente istituzionale e non esclude nessun soggetto che
abbia titolo. Compresa - sottolinea il deputato dem - la presidente
dell'Autorità portuale Marina Monassi, che non mi sembra faccia parte di quella
che sarebbe, per usare le parole di Savino, la "ditta" del Pd. Forza Italia e i
suoi esponenti si sforzino di seguire questo esempio e diano finalmente il
proprio contributo su una questione delicata e cruciale per Trieste».
(fa.do.)
Nuovo Prg, via a osservazioni e opposizioni
Il Piano pubblicato sul Bollettino della Regione:
sportello per la consultazione nella sala ex Aiat
È stato pubblicato ieri sul Bollettino ufficiale della Regione, numero 24,
il nuovo Piano regolatore del Comune: si è aperto così il periodo di deposito
del nuovo Prg, al quale il 16 aprile scorso il Consiglio comunale ha dato il via
libera dopo le modifiche effettuate a seguito dei pareri pervenuti dalle
Circoscrizioni e degli emendamenti accolti. Il periodo di deposito si concluderà
il 22 luglio: entro questa data, informa il Comune, chiunque potrà presentare
osservazioni, mentre i proprietari degli immobili vincolati dallo strumento
urbanistico potranno presentare opposizioni. In questo stesso periodo rimarrà
aperto nella sala di piazza Unità 4b (ex Aiat, sotto i volti del Municipio) lo
sportello dedicato per la consultazione degli elaborati e per fornire
precisazioni e informazioni. I cittadini vi potranno accedere dal lunedì al
venerdì dalle 9.30 alle 12, lunedì e mercoledì anche dalle 15 alle 17. I tecnici
comunali dell'Ufficio di Piano saranno a disposizione per fornire chiarimento:
già ieri hanno parlato con i primi cittadini che li chiedevano. Il modello
facsimile per la presentazione delle osservazioni/opposizioni, e le note per la
loro compilazione e presentazione, sono disponibili sul sito
http://www.retecivica.trieste.it (cliccando su “Nuovo Prgc”) oppure possono
essere ritirate direttamente allo sportello di piazza Unità. Decorre intanto da
ieri anche il termine di 60 giorni per la presentazione delle osservazioni con
riferimento alla procedura di valutazione ambientale (Vas), che si devono
intendere distinte dalle osservazioni/opposizioni del Prg. La consegna delle
osservazioni e/o opposizioni dovrà avvenire con le seguenti modalità.
All’Ufficio accettazione atti del Protocollo generale del Comune, al piano terra
del Palazzo Zois, in via Punta del Forno 2, da lunedì a venerdì dalle 8.30 alle
12.30, lunedì e mercoledì anche dalle 14 alle 16.30; tramite servizio postale
(timbro e data apposti dall’Ufficio postale di spedizione fanno fede ai fini
dell’osservanza del termine esclusivamente nel caso di invio tramite
raccomandata con ricevuta di ritorno, mentre in caso di spedizione semplice fa
fede la data apposta dall’Ufficio Accettazione atti del Comune); tramite la
casella di Posta elettronica certificata (Pec) del Comune di Trieste
comune.trieste@certgov.fvg.it da un indirizzo di posta elettronica certificata);
la spedizione ha il valore legale di una raccomandata con ricevuta di ritorno e,
pertanto, fa fede la data di spedizione; possibile infine consegnare tramite la
casella di posta elettronica certificata comune.trieste@certgov.fvg.it da un
indirizzo di posta elettronica non certificata; in questo caso la spedizione non
ha il valore legale di una raccomandata con ricevuta di ritorno, e fa fede la
data di ricezione nella casella di posta dell’amministrazione.
SEGNALAZIONI - PIANO REGOLATORE - Pessimismo ingiustificato
Leggendo la nota “Il piano regolatore dei sogni e le criticità di ogni giorno”, pubblicata l’8 giugno, non riesco a comprendere il tono negativo, profondamente pessimistico usato dal signor Farinelli, cui peraltro va riconosciuto il costante impegno civile per il rione di Gretta. Sembra quasi che nella nostra amata Trieste tutto, sempre e comunque, sia destinato inevitabilmente al peggio. Eppure a ben guardare non è proprio così; rimanendo nell’ambito della pianificazione del territorio basterebbero due soli elementi caratterizzanti di questo nuovo piano regolatore generale adottato dal Consiglio Comunale lo scorso 16 aprile per affermare che si vuole cambiare rotta: la riduzione del consumo di suolo e la riqualificazione ambientale con una nuova attenzione alla mitigazione del rischio idrogeologico; due fattori positivi ed in controtendenza dai quali, ad esempio, il rione di Gretta potrebbe trarre non pochi benefici. Tornando al motivo della protesta, l’assemblea pubblica era stata organizzata per la presentazione del prgc; il piano – come dalla stessa parola si evince – è uno strumento che definisce le linee di sviluppo del territorio per i prossimi 10/15 anni, esulando da ciò le problematiche del quotidiano (di cui nessuno vuole nel modo più assoluto negare l’importanza). Era presente pertanto l’assessore competente Elena Marchigiani alla quale potevano essere rivolte tutte le domande e le richieste di delucidazione riguardanti l’argomento della serata, risultando ovvio che i chiarimenti sulle scuole, le gallerie, il patto di stabilità, ecc., vanno indirizzate ad altro interlocutore. Non capisco inoltre perché ci si debba lamentare del fatto che l’assessore abbia svolto la sua esposizione con “entusiasmo”; mi sembra più che normale che chi ha lavorato con serietà e competenza alla redazione di uno strumento urbanistico innovativo e complesso, nel condividere e diffondere i risultati ottenuti esprima giustificato orgoglio e ci metta un po’ di passione. Non credo poi che la finalità del nuovo prgc sia “la futura città delle meraviglie”; certamente dalle linee portanti del piano traspare la volontà di porre le basi per la Trieste del ventunesimo secolo, attrattiva in campi diversi e complementari (turismo, ricerca scientifica, portualità, industria sostenibile, ecc.); per raggiungere questo obiettivo però la protesta serve ma non basta: è indispensabile se non l’entusiasmo, almeno un po’ di ottimismo.
Mario Ravalico - Consigliere comunale Pd presidente
Commissione urbanistica
Siot, investimenti in regione pari a 50 milioni entro
il 2018
La società festeggia il mezzo secolo con numeri record: 80 milioni di
fatturato e 502 petroliere nel 2013
La presidente del Gruppo Tal Andres: «Trieste strategica». Altri 13 milioni per
l’impianto di San Dorligo
“Fifty-Fifty”. Cinquanta milioni di investimento in Friuli Venezia Giulia
per festeggiare i primi cinquant’anni della Siot a Trieste. Un bel regalo. Il
Gruppo Tal, che gestisce l'oleodotto transalpino, primo asse per il petrolio in
Europa, prevede investimenti per 120 milioni di euro entro il 2018, di cui 50
sul territorio del Friuli Venezia Giulia. La presidente del gruppo, Ulrike
Andres, l’ha annunciato ieri in occasione della cerimonia per i cinquant'anni
della Siot a Trieste: «Il piano di investimenti consentirà al gruppo Tal di
continuare ad avere un ruolo di primo piano nell'economia centro europea». Alla
festa del compleanno, nella sede di San Dorligo della Valle, c’erano tutti: dal
sindaco di Trieste Roberto Cosolini al neoeletto di San Dorligo Sandy Klun,
dalla presidente della Provincia Maria Teresa Bassa Poropat al presidente degli
industriali Sergio Razeto incluso il vescovo monsignor Giampaolo Crepaldi. A
cerimonia finita, per colpa del taxi che ha sbagliato indirizzo, è arrivato il
presidente della Cciaa Antonio Paoletti. «Riforniamo l’Europa di energia» è lo
slogan della Siot. Nel maggio del 1964, 50 anni fa, veniva costituita a Trieste
la Siot e tra Italia, Austria e Germania si componeva, forte di tre società, il
Gruppo Tal, che in soli mille giorni – e dopo un iter autorizzativo di soli
quattro mesi – costruiva l’Oleodotto Transalpino (Transalpine Pipeline), che in
mezzo secolo ha condotto nel cuore dell’Europa un totale di 1,3 miliardi di
tonnellate di greggio. I sistemi economici di Austria (90% del fabbisogno),
Germania (40%) e Repubblica Ceca (40%) dipendono largamente dalle prestazioni
del Gruppo Tal. Altro che Ucraina e gas russo. «Trieste è stategica per il
gruppo Tal», ripete Andres. Ma anche la Siot è strategica per Trieste. Per ora è
solo la Siot a collegare concretamente Trieste alla Mitteleuropa e a tenere in
piedi da sola il Porto di Trieste. Numeri da record. Il valore della produzione
del 2013 pari a 80 milioni di euro (+ 13 milioni rispetto al 2012). I traffici
verso il terminal petrolifero sono aumentati nel 2013 (+93 navi rispetto al
2012, per un totale di 502 petroliere) e i primi cinque mesi del 2014 confermano
il livello dei traffici raggiunti lo scorso anno, con 206 navi attraccate, per
un totale di 16,4 milioni di tonnellate di greggio scaricato. E c’è anche chi
conta le petroliere dalla Napoleonica come il sindaco Klun («A volte persino 10
che fanno la fila») o come il vescovo entrando in Costiera dall’autostrada
(«Quando sono poche mi rattristo. Sono segni di speranza»). I volumi di traffico
sviluppati dalla Siot al Terminale Marino sono responsabili di circa il 75% dei
traffici del Porto di Trieste, che grazie alla Siot si conferma il primo scalo
petrolifero del Mediterraneo e il primo porto italiano per volume di merci. Il
territorio regionale ha beneficiato nel 2013 di 7,8 milioni di euro di
tassazione(4,9 milioni di euro nel 2012). In crescita il numero di addetti: nel
2013 le assunzioni hanno aumentato la forza lavoro del 15% rispetto all’anno
precedente, giungendo a quota 117 dipendenti, oltre all’indotto di 600 persone.
Ma non basta. Ci sono altri tre progetti avviati che valgono altri 26 milioni di
investimenti. «Ci stiamo impegnando con oltre 13 milioni di euro per aumentare
la sicurezza e semplificare la manutenzione», ha specificato il presidente
Andres. È in fase autorizzativa il progetto di rilocazione di circa 100 metri di
tubazioni nel Piazzale Porto Petroli: si tratta di un investimento di 3 milioni
di euro, necessario a rendere più facilmente ispezionabili le linee di
collegamento tra il Terminale Marino e il Parco Serbatoi. Attualmente interrate,
le condutture (si tratta di 4 tubi da 36”) verranno portate in luce, mentre le
tubazioni oggi esistenti verranno utilizzate, in caso di necessità, come
drenaggio di sicurezza. L’intervento verrà concluso entro il 2015. Sono stati
avviati nel 2013 e sono in corso i lavori di modernizzazione del “main manifold”,
parco valvole dislocato nell’impianto di San Dorligo della Valle.
L’investimento, pari a 10 milioni di euro, è stato attivato con l’obiettivo di
rispondere alle esigenze di sicurezza e tutela ambientale. «Rispetto alla
situazione attuale, il parco valvole sarà posizionato in una vasca di cemento
armato con una sovrastante tettoia di protezione; in tal modo verrà garantita
piena accessibilità per le operazioni di manutenzione e ispezione». Buon
compleanno Siot.
Fabio Dorigo
Entro l’estate - Al via un piano per abbattere gli
odori dei serbatoi
La presenza della Siot a Trieste non solo si vede, ma si “sente”.
Soprattutto a San Dorligo della Valle. E il problema della “puzza” è sentito
anche dall’azienda. «Il Gruppo Tal - ha assicurato la presidente Ulrike Andres -
si è impegnato in un progetto di ricerca e sviluppo realizzato assieme al
Dipartimento di scienze chimiche e farmaceutiche dell’Università di Trieste al
fine di attivare un sistema di abbattimento degli odori causati dallo stoccaggio
di alcuni particolari tipi di greggio». Alcune soluzioni sono già state
individuate. «La dinamica degli odori nella zona limitrofa al Parco Serbatoi è
stata analizzata nel dettaglio, e i tecnici del Gruppo Tal, assieme ai
ricercatori dell’Università di Trieste, hanno studiato i meccanismi chimico
fisici e le possibili soluzioni, che prevedono una precisa tecnologia di
nebulizzazione e “lavatura” della parete interna dei serbatoi contestualmente
all’abbassamento del “tetto” degli stessi, attraverso una particolare tipologia
di ugelli che spruzzano acqua. Il sistema è stato prima testato su un serbatoio
riprodotto in scala, e in queste settimane installato su una parte dei serbatoi
attivi». Non ci sarà da aspettare molto. «Il sistema - comunica l’azienda - sarà
messo in funzione progressivamente nei prossimi mesi, prima utilizzando dei
generatori di energia, e poi collegandolo a una speciale rete elettrica che sarà
allestita entro luglio, e dalla fine dell’estate sarà completato e gestito in
via remota dalla sala controllo».
(fa.do.)
Legambiente - L’ecomafia fattura quasi 15 miliardi
Sono 29.274 le infrazioni accertate nel 2013, più di 80 al
giorno, oltre tre all'ora. Questa la fotografia dell'ecomafia scattata da
Legambiente nel rapporto 2014 che «monitora e denuncia puntualmente la
situazione della criminalità ambientale», da cui emerge che il fatturato sfiora
«i 15 miliardi di euro» e coinvolge «numerosi clan» (321) del malaffare.
«Vertici di Latterie friulane all’oscuro»
I legali del dg Odorico indagato per adulterazione di sostanze
alimentari: «Non sapevano, ma le analisi sono tranquillizzanti»
UDINE I vertici di Latterie friulane nulla sapevano di quanto accadeva alla
base della filiera, nelle sue varie articolazioni operative. Parola di Franco
Odorico, 56 anni, di Udine, che del Consorzio era ed è il direttore generale e
che adesso, nella bufera giudiziaria che lo vede indagato per adulterazione o
contraffazione di sostanze alimentari insieme ad altre 13 persone, ci tiene a
marcare la differenza tra il proprio operato e le eventuali responsabilità
contestate alle altre persone coinvolte. Lo fa per bocca del proprio difensore,
l’avvocato Maurizio Miculan, che ha annunciato per oggi stesso la presentazione
di un’istanza volta a ottenere l’autorizzazione alla ripresa dell’attività
dell’intero stabilimento di Campoformido. Scattato all’alba di venerdì, il blitz
dei carabinieri del Nas di Udine ha di fatto sollevato il coperchio sul secondo
capitolo di un’inchiesta sul latte contaminato da aflatossine M1 che il pm Marco
Panzeri aveva “inaugurato” l’estate scorsa, con le accuse al presidente del
Consorzio Cospalat, Renato Zampa, finito in carcere, e ad altri 23 indagati, tra
allevatori e tecnici di laboratorio. Questa volta, la posizione più delicata è
quella di Rino Della Bianca, 59 anni, di Tricesimo, responsabile
dell’approvvigionamento del latte per il quale il gip Emanuele Lazzàro ha
ritenuto di accogliere la richiesta della Procura degli arresti domiciliari.
Sua, secondo il castello accusatorio, la regia delle operazioni di miscelazione
del latte buono con quello contaminato in misura superiore ai limiti di legge. E
sua, benchè «con la complicità dei vertici aziendali, il contributo del
responsabile e degli addetti al laboratorio del Consorzio e il concorso di un
autista e di alcuni allevatori consorziati», anche la decisione di eludere i
risultati delle analisi interne. Ebbene, per l’avvocato Miculan si tratta di
vicende estranee a Odorico. «Non per niente - osserva il legale -, il gip ha
respinto la richiesta di arresti domiciliari nei confronti dei vertici del
Consorzio, rilevando come siano indagati sostanzialmente per la funzione svolta
in seno a Latterie friulane. È lo stesso giudice a riconoscere l’insussistenza
di indizi a loro carico». A riprova della «correttezza dell’operato del
Consorzio», il difensore ha ricordato come siano in corso «controlli qualificati
sui prodotti ritirati cautelativamente dal commercio» e sottolineato che «tutte
le analisi ad oggi effettuate da primario laboratorio esterno ufficialmente
accreditato hanno dato esito negativo. Analisi - ha aggiunto - che, a tutela
della salute dei consumatori, proseguirà fino al completo ritiro della merce».
Altrettanto dicasi delle analisi che il laboratorio dell’Associazione allevatori
del Fvg sta svolgendo su tutto il latte in ingresso nello stabilimento. «I
risultati - ha detto Miculan - sono ugualmente tranquillizzanti». Fin qui la
difesa. Da Odorico, però, arriva anche una promessa. «Laddove dovessero emergere
responsabilità dei singoli - continua il difensore -, il Consorzio non esiterà
ad agire nei confronti di chi ha sbagliato. Oltre al gravissimo danno
d’immagine, Latterie friulane sta patendo un rilevantissimo danno economico». Da
qui, l’istanza per la ripresa dell’attività.
Luana de Francisco
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 11 giugno 2014
Ferriera, una “road map” per la vendita ad Arvedi
Riunione al ministero, tracciato il percorso: un gruppo di lavoro
redigerà il nuovo accordo di programma che anche il gruppo cremonese dovrà
sottoscrivere
Cessione della Ferriera, un altro passo avanti verso la presentazione
dell’offerta vincolante da parte di Arvedi a Piero Nardi, commissario di
Lucchini in amministrazione straordinaria. Ieri a Roma, nella sede del ministero
dello Sviluppo economico, si è tenuta una riunione che ha visto al centro due
punti salienti: da una parte l’analisi della “road map” da percorrere per
arrivare alla vendita del ramo d’azienda triestino della Lucchini; dall’altra
l’avvio dei lavori per il nuovo accordo di programma che sarà sottoscritto anche
dal gruppo cremonese. All’incontro tecnico hanno partecipato le realtà che lo
scorso 30 gennaio sottoscrissero a Villa Madama l’accordo di programma sull’area
di crisi industriale complessa di Trieste, punto di partenza per l’intera
operazione: c’erano la presidente della Regione Debora Serracchiani, la
presidenza dell’Autorità portuale (che aveva firmato l’accordo stesso 43 giorni
dopo, una volta ottenute garanzie sulla competenza dell'Authority per la
quantificazione e riscossione dei canoni demaniali e sul principio, aveva
ribadito allora la Torre del Lloyd, del «chi inquina paga»), la Provincia
rappresentata dall’assessore Vittorio Zollia , Invitalia, l’Agenzia nazionale
per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa, e lo stesso Nardi.
Analizzato dunque il percorso da seguire per la cessione: nell’ultimo tavolo
convocato dalla Regione lo scorso maggio, si era parlato del termine di fine
giugno per la proposta vincolante di Arvedi, seguita a fine luglio dal
perfezionamento dell’acquisto. Ieri a Roma come si diceva sono stati avviati i
lavori per il nuovo accordo di programma che andrà sottoscritto anche da Arvedi.
Il gruppo cremonese, come è noto, attraverso la Siderurgica Triestina costituita
proprio per la Ferriera è rimasto all’inizio di maggio l’unico in gara per
l’acquisizione dello stabilimento: una seconda manifestazione di interesse era
stata avanzata da una piccola azienda di Hong-Kong che si appoggiava a un grosso
broker cinese, ma la documentazione presentata, anche dopo la proroga dei
termini concessa dall’amministrazione straordinaria di Lucchini, era stata
giudicata carente. Nell’incontro di ieri a Roma sono state affrontate anche
alcune tematiche tecniche, e «tra i punti su cui il commissario Nardi ha intanto
chiesto chiarimenti» - si legge in una nota della Regione - «vi sono anche anche
alcuni aspetti ambientali, per i quali sono attese risposte dal ministeri
dell'Ambiente e dello Sviluppo economico». Un gruppo di lavoro, ora individuato,
nelle prossime settimane sarà impegnato nella redazione dell'accordo di
programma stesso, «anche in considerazione - precisa la Regione - dei tempi
stretti dettati dal commissario per concludere la vendita». Sulla riunione di
ieri intanto interviene la deputata di Forza Italia Sandra Savino, che
stigmatizza «un approccio di chi guida il governo del nostro territorio» secondo
Savino «di tipo esclusivo verso gli altri soggetti istituzionali non
appartenenti alla sfera politica della “ditta” del Pd. Un comportamento del
tutto opposto rispetto a quello tenuto dal centrodestra quando era alla guida
della Regione». E dunque «nessuno dal Pd e dintorni - chiude la parlamentare
azzurra - si permetta di richiamare Forza Italia, e anche le altre opposizioni,
a una disciplina di unità di intenti sulla Ferriera, perché il modo di governare
tutta la questione dello stabilimento di Servola ha sistematicamente tenuto
all'oscuro le parti non appartenenti al perimetro politico del centrosinistra».
Ozono, inquinamento sempre più alto
Il picco previsto venerdì: evitare di esporsi al sole
nelle ore più calde. Nessuna limitazione al traffico
Non accenna a rallentare l’alto tasso di ozono nell’aria in città, anzi.
Secondo le previsioni dell’Arpa, l’Agenzia regionale per l’ambiente, la
concentrazione del gas dannoso all’uomo e agli animali è destinata ad aumentare
nelle prossime ore fino alla giornata di venerdì compresa. Sarà superata,
proprio venerdì, la seconda “soglia d’attenzione”, pari a 180 microgrammi per
metri cubo d’aria, mentre quella di allarme è fissata a 240. Già nei giorni
scorsi il Comune, su suggerimento dell’Azienda sanitaria, come previsto dalle
leggi regionali in presenza di un tasso superiore ai 120 microgrammi al metro
cubo (prima “soglia d’informazione”), aveva diramato un comunicato con le
precauzioni da prendere per evitare possibili effetti dannosi o comunque
negativi derivanti dall’alta concentrazione di O3. Da venerdì, sempre secondo
l’Arpa, capace di ben “interpretare” il nostro microclima, le condizioni meteo
dovrebbero mutare, facendo rientrare nella norma la quantità di ozono nell’aria.
Nel frattempo il Comune non prevede limitazioni al traffico o altri
provvedimenti. Ieri, anche attraverso i mass media, l’Azienda sanitaria aveva
proposto alcune raccomandazioni da prendere, specie da parte delle categorie “a
rischio” quali anziani e bambini, cardiopatici o persone con patologie
polmonari, chi soffre di disturbi respiratori, come gli asmatici: non esporsi al
sole nelle ore centrali della giornata, non praticare sport all’aria aperta
nella stessa fascia oraria, ventilare gli ambienti domestici o di lavoro nelle
ore più fresche della giornata. «In presenza di alte concentrazioni di ozono -
spiega il presidente dell’Ordine dei medici Claudio Pandullo - tali soggetti a
rischio, ma non necessariamente solo quelli, possono riscontrare oltre ai
problemi alle vie respiratorie anche irritazione agli occhi e alle mucose,
sensazione di pressione al torace». Il gas ozono è presente in alte
concentrazioni nella parte alta dell’atmosfera, la stratosfera, e contribuisce a
proteggere dalle radiazioni ultraviolette di origine solare la vita sulla Terra.
Di norma negli strati più bassi è presente in basse concentrazioni, tra i 20 e
gli 80 microgrammi per metro cubo d’aria. Nella tarda primavera e in estate i
gas inquinanti prodotti dal traffico veicolare e dalle industrie innescano una
serie di reazioni fotochimiche che elevano tali concentrazioni. «Abbiamo
provveduto, come da norma, a divulgare tutte le precauzioni necessarie -
rassicura Valentino Patussi, responsabile del Dipartimento di prevenzione
dell’As - che non cambiano neppure nel caso, come previsto venerdì, del
raggiungimento della seconda “soglia di attenzione” del tasso di ozono bnell’aria».
(p.p.g.)
È arrivato il primo “camoscio triestino”
L’esperto Bressi: «Siamo la prima città costiera al mondo ad ospitare
tali animali»
È arrivato in questi giorni in città il primo “camoscio triestino”. Ne dà
notizia il direttore del Servizio musei scientifici del Comune, Nicola Bressi.
«Giorni fa - spiega lo studioso - i signori Leonardo Cervino e Greta Sila (che
ringraziamo) hanno scattato con il cellulare e inviato al Servizio
SportelloNatura del Museo civico di Storia naturale di Trieste tre fotografie,
colte presso una collina nell'immediata periferia di Trieste, a pochi minuti a
piedi dalla zona urbana di via Fabio Severo». «Non riveliamo la località esatta
per evitare disturbi all'animale - continua Bressi - ma i raffronti che abbiamo
potuto eseguire sono corretti e ormai provati: si tratta del primo “camoscio
triestino” della storia». L’esperto racconta anche come si è giunti a tale
traguardo: «Da una ventina d'anni, un branco di camosci d’incerta origine (si
ipotizza che siano scesi dal Monte Nanos in un inverno molto freddo, altri
sospettano che siano fuggiti da qualche recinto privato) si trova tra il Monte
Hermada e Medeazza, nel circondario di Duino». La popolazione è in espansione,
infatti i camosci, fuori dai loro principali habitat delle rupi montane, sono
più lenti di cervi e caprioli e quindi solitamente molto predati da lupi e
linci, che però sul Carso triestino ancora scarseggiano. E quindi i camosci ora
prosperano anche senza rifugiarsi su picchi scoscesi. «Giovani esemplari in
cerca di nuovi territori - aggiunge Bressi - erano stati avvistati a Doberdò del
Lago, presso Opicina e in Val Rosandra. Ma il giovane animale fotografato (si
presenta già con il manto estivo) ha lasciato l'Altopiano carsico ed è sceso
sulle colline di arenaria che cingono la città spingendosi a poche decine di
metri da una strada urbana di Trieste». Secondo i dati del Museo civico di
Storia naturale «si tratta non solo del primo camoscio che abbia mai messo piede
(pardon: zoccolo) a Trieste, ma anche della prima città costiera al mondo che
possa vantare di avere i camosci attorno nei propri parchi di periferia. Una
vera sorpresa». Il camoscio alpino è un mammifero della famiglia dei bovidi. Di
aspetto simile alle capre, viene incluso con esse e con le pecore nella
sottofamiglia dei caprini. La lunghezza totale del corpo, misurata
dall'estremità della testa alla radice della coda, varia tra 130 e 150
centimetri nel maschio, e tra 105 e 125 nella femmina. L'altezza, misurata al
garrese, varia tra 85 e 92 cm nel maschio e tra 70 e 78 cm nella femmina. Il
peso è influenzato dall'età e dal sesso. Il valore massimo viene raggiunto
intorno ai 5-9 anni: i maschi adulti possono pesare fino ai 50 kg, le femmine
adulte i 40–42.
Sequestrate le schede del “latte tossico”
Le analisi oltre i parametri di legge trovate dai Nas nella sede di
Latterie friulane. Allerta dell’Ass per ritirare le partite
UDINE Alle Latterie friulane sapevano che alcuni campioni di latte avevano
valori di aflatossine superiori ai limiti consentiti dalla legge. Lo provano le
schede delle analisi sequestrate dai carabinieri del Nucleo antisofisticazione
nella sede del consorzio di Campoformido. Eppure, alcune partite di latte
sarebbero state commercializzate pur non avendo tutti i requisiti. Proprio per
ritirare e distruggere queste partite, nella tarda serata di lunedì dagli uffici
del Dipartimento di prevenzione dell’Ass4 Medio Friuli è stato diramato un
allerta comunitario che riguarda Austria e Slovenia, oltre a Veneto e Friuli.
Tecnicamente si chiama segnalazione per informazione, si tratta di un
provvedimento a scopo precauzionale che parte dai Servizi veterinari e approda
alla Direzione centrale della salute, dalla quale, previa valutazione, viene
trasmessa al Ministero. Il provvedimento riguarderebbe decine di migliaia di
cartoni di latte fresco commercializzato da Latterie, sia con il proprio brand
sia con altri marchi, che dovrà essere ritirato dagli scaffali, accanto a un
discreto quantitativo di mozzarelle, più modesti i lotti di ricotta inseriti nel
provvedimento e le partite di yogurt che, però, non avrebbero fatto in tempo a
finire nei punti vendita. Si tratta di prodotti che in queste ore vengono
richiamati e che dovranno essere distrutti a scopo precauzionale. Il lavoro dei
carabinieri del Nucleo antisofisticazione ha permesso di intercettare i singoli
lotti e le loro destinazioni. Fra il materiale emerso tra la documentazione
sequestrata, al momento al vaglio degli investigatori, spiccano le schede delle
analisi di laboratorio dei campioni di latte prelevati dai singoli allevatori
che documentavano gli sforamenti al di là della soglia consentita dalla legge,
documenti conservati negli uffici del Consorzio cooperative latterie friulane a
Campoformido. Erano state raccolte in fase di campionamento effettuato dal
laboratorio del consorzio sui singoli campioni prelevati a ciascun allevatore,
non valori di massa quindi, ma prelievi riferiti a specifiche aziende agricole,
e accanto a quelle che rivelavano concentrazioni di aflatossine sotto la soglia
massima, c’erano anche quelle che indicavano gli sforamenti. Si tratta di
evidenze documentarie che sono state sequestrate dai carabinieri del Nas di
Udine coordinati dal capitano Antonio Pisapia, si tratterebbe di svariate decine
di schede secondo quanto si è appreso da fonti investigative. Tanto basta agli
investigatori a sostenere che al Consorzio qualcuno era a conoscenza degli
sforamenti ma non ha agito secondo le norme. Stando a quanto disposto dalla
legge, il latte nei quali viene evidenziato uno sforamento non può in nessun
caso essere commercializzato, può al massimo essere utilizzato come nutrimento
per i vitelli, altrimenti va buttato, in ogni caso la pratica del miscelamento
non è ammessa. In altre parole, non è possibile mescolare del latte che ha alti
valori di contaminazione con latte che invece è al di sotto della soglia per
ridurre il rischio. Non solo, ma gli sforamenti devono essere comunicati. Sulla
base di queste evidenze si è snodata l’indagine dei Nas coordinata dal sostituto
procuratore Marco Panzeri. Un quadro probatorio nutrito che trova rispondenze su
quanto raccolto attraverso le intercettazioni telefoniche e ambientali.
Alessandra Ceschia
I cinquestelle interrogano il governo «Va chiarita subito la portata dell’allarme»
La questione del latte contaminato delle Latterie friulane finisce in Parlamento. E a portarcela è il Movimento cinque stelle con i deputati del Friuli Venezia Giulia Walter Rizzetto, che è anche vicepresidente della commissione Lavoro di Montecitorio, e Aris Prodani. «In agricoltura il controllo dello sviluppo di tossine va assicurato attraverso la diffusione di pratiche di coltivazione e conservazione virtuose. Il governo Renzi deve attivarsi per prevenire sia le contaminazioni con sostanze tossiche naturali - come nel caso delle micotossine quali le aflatossine - che altre forme di contaminazione, che possano minacciare la sicurezza alimentare» affermano i due parlamentari. Rizetto e Prodani vogliono allo stesso tempo capire se l’esecutivo nazionale sia a conoscenza di vicende analoghe in altre regioni d’Italia, in modo da potere comprendere la dimensione complessiva dell’allarme.
Passa a maggioranza la legge sulle foreste - La seduta
Battaglia bipartisan Accolta la richiesta di tutelare la pesca sportiva
TRIESTE La legge di riordino e semplificazione in materia di risorse
agricole e forestali, bonifica e pesca è stata approvata ieri a maggioranza
dall’aula. Venti i voti favorevoli, 12 i contrari e 4 le astensioni. A dire sì
Pd, Sel e Cittadini, contrari M5S, Lega e Forza Italia, astenuti Ncd e Autonomia
responsabile. Tre gli ordini del giorno accolti dalla giunta prima della
votazione finale sul provvedimento. Il primo è del M5S. L'obiettivo a cui
impegna la giunta è contrastare l'uso delle sostanze tossiche nel controllo
delle specie infestanti al di fuori dalla pratiche agricole. Nello specifico si
chiede di bandire dagli interventi lungo le strade tutti gli interventi
diserbanti che non siano meccanici e di informare i cittadini sui rischi
dell'utilizzo di prodotti diserbanti. I consiglieri di Sel, insieme ai dem
Silvana Cremaschi, Vittorino Boem, Stefano Ukmar e Armando Zecchinon, a Eleonora
Frattolin (M5S), a Emiliano Edera (Cittadini) e a Rodolfo Ziberna (Fi) impegnano
la giunta con il loro ordine del giorno a inserire nel Programma di sviluppo
rurale la promozione e gestione di orti urbani. Il gruppo di Autonomia
Responsabile - primo firmatario Roberto Revelant -, Riccardo Riccardi, Roberto
Novelli e Elio De Anna di Fi, Mara Piccin (Lega), Gino Gregoris ed Emiliano
Edera dei Cittadini, Daniele Gerolin e Enzo Marsilio (Pd), Alessandro Colautti (Ncd)
e Renzo Tondo (Misto), hanno visto accolta la loro richiesta alla giunta di
promuovere la pesca sportiva dilettantistica a scopo turistico, anche attraverso
concessioni o affidamenti in gestione di zone di pesca a enti locali,
associazioni pescatori o altri soggetti interessati, e a formulare una legge
organica in materia di pesca professionale e dilettantistica. Il capogruppo di
Sel Lauri è poi intervenuto durante la presentazione di un emendamento sul
dissesto idrogeologico sostenendo la necessità di trovare un equilibrio tra
agricoltura e tutela ambientale: l'emendamento prevedeva una mappatura puntuale
delle aree da tutelare sul Carso triestino e goriziano, con l'identificazione
delle zone ove è possibile un effettivo recupero agricolo. Sel ha ritirato
l'emendamento a seguito dell'impegno dell'assessore Sergio Bolzonello. Al
contrario la Lega ha lanciato un'offensiva contro vincoli reputati eccessivi:
«In Carinzia tutela e sviluppo agricolo convivono agevolmente - ha spiegato la
consigliera Barbara Zilli -. Da noi invece si reintroducono vincoli
anacronistici come quello idrogeologico che danneggiano gli agricoltori». Mara
Piccin ha criticato le norme sulla pesca, reputando eccessive le sanzioni
previste in caso di pesca del novellame (6mila euro), e attende ora il dibattito
sulla caccia: «Meglio nessuna legge, che una legge spot raffazzonata e
imprecisa». L'aula ha infine esaminato e rigettato a maggioranza la mozione di
Valter Santarossa (Ar) sullo stato di crisi industriale complessa per l'area
pordenonese. Bolzonello ha evidenziato come il dispositivo della mozione sia
superato e i requisiti siano venuti meno: «La Regione aveva inoltrato questa
richiesta durante la trattativa per l'Electrolux. Ora è superata dagli accordi».
(g.t.)
Fi interroga sui giacimenti sottomarini «L’Italia condivide i rischi e non i benefici»
«La Croazia sta per iniziare lo sfruttamento delle proprie riserve naturali di gas e petrolio in Adriatico e l’Italia, che condivide il confine marino, che fa? L’impressione è che stia a guardare, rinunciando a perseguire quegli obiettivi di approvvigionamento energetico indispensabili per ridurre la nostra dipendenza dall’estero e diminuire i costi per le imprese». È il quesito dell’interrogazione dalla deputata di Forza Italia Sandra Savino al Ministro allo Sviluppo Economico, alla luce della gara indetta dal governo di Zagabria per le concessioni esplorative dell’area in cui sono presenti nel sottosuolo marino gas e petrolio. «Una quarantina di major petrolifere - spiega Savino - si sono dimostrate interessate a trivellare per stimare l’entità dei giacimenti croati e se consideriamo che questi sono vicini alla linea di confine rischieremo di ricadere nel solito paradosso, già vissuto con la centrale nucleare slovena di Krsko: ovvero quello di condividere i rischi rinunciando ai benefici».
IL PICCOLO - MARTEDI', 10 giugno 2014
SEGNALAZIONI - VAL ROSANDRA - Progettiamo insieme il ripristino
Il 23 maggio di due anni fa, promuovendo un incontro tra amministrazione e naturalisti in Comune a San Dorligo / Dolina, a due mesi dal più che discusso intervento di deforestazione realizzato, si era pensato di giungere a un Piano concordato di recupero dell’area protetta in Glinšcica/Val Rosandra, sul quale era stato raggiunto un accordo verbale e rinviato poi per sopraggiunte difficoltà e resistenze, legate al processo in tribunale tuttora in corso sulla vicenda. La necessità di partire col monitoraggio del sito e la protezione delle piante pregiate da quelle invasive, era già allora impellente come gli scienziati coinvolti nel tentativo ricorderanno. Si proponeva allora di pianificare fra soggetti a vario titolo coinvolti - dopo una dichiarata parziale disponibilità del sindaco - un Piano di ripristino da attuare nell’interesse di tutti; le cui linee essenziali si basavano sul percorso in cinque punti proposto in Comune dai professori Poldini e Nimis: monitoraggio, prevenzione, coltivazione, progetti formativi, e inserimento nei progetti Interreg esistenti. Si ipotizzava inoltre quale primo atto, un intervento necessario di pulizia del sito da ailanto e robinie, col coinvolgimento degli abitanti dei villaggi interessati e delle persone mobilitatesi a difesa della Valle. Non risulta essere attivo alcun dispositivo di sequestro o interdizione; sarebbe quindi possibile intervenire naturalisticamente per la conservazione del Sito protetto d’importanza comunitaria. A due anni di distanza ed in vista del termine della procedura processuale, invitiamo i soggetti interessati a incontrarsi in una pacata assemblea di discussione nel merito di quanto esposto, e proponiamo quale sede per l’incontro la Casa del Giovane di San Sabba - gentilmente concessa dalla parrocchia di Valmaura - che si trova a metà strada fra Boljunec/Bagnoli e il centro cittadino. La proposta è ugualmente indirizzata alla popolazione di San Dorligo della Valle/Dolina ed ai cittadini mobilitatisi in difesa di Val Rosandra/Glinšcica; agli scienziati naturalisti Poldini, Dolce, Nimis, Bressi, Colla e Gasparo; all’Amministrazione uscente di Dolina e ai rappresentanti delle Comunelle di Boljunec; al Comitato per la salvaguardia della Val Rosandra ed alle associazioni ambientaliste; ai candidati alle elezioni amministrative ed europee ed agli operatori dell’informazione, sulla base di un ordine del giorno semplicissimo: pulizia e monitoraggio del sito, e proposte per un Piano di ripristino. Con l’invito a collaborare per una gestione solidale dell’incontro.
Alessandro Capuzzo ex consigliere comunale a Dolina
Tiziana Cimolino Comitato per l’acqua bene comune di Trieste
Lucia Sirocco presidente di Legambiente Trieste
SEGNALAZIONI - Rigassificatore - Chi guadagna e chi paga
C’è una notiziuola che potrebbe interessare quelli che si sono occupati del problema del rigassificatore nel golfo di Trieste. Chi ha avuto la pazienza di ascoltare una delle ultime puntate della trasmissione televisiva Report ha potuto sentire che un piano energetico nazionale prevedeva la costruzione di ben tredici rigassificatori. Chissà perché poi tredici? Magari è stato scelto perché è un bel numero. Bene; di questi tredici ne sono stati costruiti finora solo due. Uno funziona a ritmo ridotto e l’altro non funziona affatto. Non arrivano le navi con il gas e questo è quasi rassicurante dal punto di vista ambientale, però son soldi buttati. Qualcuno potrebbe fare anche una piccola riflessione sugli esperti che redigono certi piani... La beffa è che lo Stato per stimolare la costruzione di questi rigassificatori da parte dei privati aveva una certa idea. La cosa di solito funziona così: il privato tira fuori i soldi, costruisce e poi ha una concessione di dieci o più anni. I canoni di concessione ed i noli riscossi lo ripagano, o dovrebbero, dei costi di costruzione e gestione: credo si chiami project financing (spesso si usa l’inglese quando si vogliono confondere le idee). Naturalmente esiste il rischio di non riuscire a recuperare quanto speso. La brillante idea si chiamava fattore di garanzia. L’impresa costruttrice teme di non avere un volume di traffico sufficiente e quindi un sottoutilizzo dell’impianto? Niente paura lo Stato si assume questo rischio e risarcisce l’impresa per tutto il periodo di sottoutilizzo. L’impresa è tranquilla: se va bene guadagna, se va male non perde. Tranquilli non siamo noi che magari potremo trovarci a dover pagare con le tasse un impianto che non serve per un tempo indeterminato.
Ermanno Predonzan
Branchi di lupi fanno strage di cavalli
Più di trenta puledri sbranati alle pendici del Velebit. L’allevatore:
«Mandria distrutta». E gli abitanti chiedono più tutele
I contadini impotenti Non possiamo dare la caccia a una specie protetta perché
altrimenti ci becchiamo una multa di 5mila euro
ZARA Branchi di lupi – specie rigorosamente protetta in Croazia – stanno
terrorizzando la popolazione dell’entroterra dalmata, seminando la morte tra gli
animali domestici. Più di trenta i cavalli già sbranati. Secondo gli esperti, i
lupi si stanno riproducendo in modo incontrollato e il loro incredibile appetito
li sta portando a cercare nuove zone di caccia, spesso e volentieri a stretto
contatto con l’uomo. L’ultima vittima di questi formidabili animali è stato un
esemplare adulto di cavallo, attaccato e sbranato nei pressi della località di
Libinj, sulle pendici del Velebit (Alpi Bebie in italiano) e a nordovest della
regione di Zara. Il cavallo, pesante circa 250 chili, stava pascolando venerdì
mattina nelle vicinanze dell’abitato, quando alcuni lupi – almeno dieci – lo
hanno ridotto a brandelli, mangiando più della metà del corpo. Il proprietario
del cavallo, l’allevatore Petar Kneževi„, si è lamentato con i giornalisti per
il danno subito: «All’inizio dell’anno avevo una mandria composta da una
quarantina di capi. In questi mesi i lupi si sono sbizzarriti senza incontrare
problemi, distruggendo la gran parte del branco. Mi sono rimasti solo sette
puledri. Denunciare lo Stato croato? Non ho i soldi per farlo, né voglio
mischiarmi in faccende del genere. Purtroppo l’iter per ottenere il risarcimento
è lungo e complicato, per un cavallo adulto si possono ricevere un massimo di
200 euro, attendendo in media 3 anni per il pagamento». A detta di Kneževi„,
uccidere un cavallo di simili dimensioni non è per nulla facile. Se poi si
considera che in un’ora e mezzo i lupi sono riusciti a mangiarne un’ottantina di
chili, ne deriva che l’attacco è stato portato a termine da almeno dieci
esemplari. Kneževi„ ha parlato di attacchi continui, che hanno riguardato anche
bovini e ovini, costringendo addirittura gli orsi a cedere il passo ai lupi,
trasferendosi più a valle: «Non possiamo abbattere i lupi perché ciò
comporterebbe la pena pecuniari di 5 mila e 270 euro per ogni esemplare. Le
autorità dovrebbero procedere con l’eliminazione di una quota prestabilita, per
riportare un po’ di equilibrio. Altrimenti, e dopo 50 anni che il sottoscritto e
i miei vivono sul Velebit, saremo costretti ad andarcene da questi monti,
sconfitti dai lupi». Diverse decine di chilometri a sudest, i lupi si sono
cibati di un segugio della Posavina, ucciso nel villaggio di Zagvozd, sulle
alture del Biokovo (regione di Spalato). Il cane faceva la guardia
all’abitazione del suo proprietario, Ivica Mišura. «Ho udito il mio cane
abbaiare nel corso della notte, ma non pensavo neanche lentamente immaginare
l’accaduto. Solo la mattina dopo ho visto i poveri resti».
Andrea Marsanich
Rovigno decide di dichiarare guerra ai gabbiani
ROVIGNO Da fonte d'ispirazione di pittori e poeti ( ha fatto storia “El
cucal Fileipo” di Eligio Zanini) a problema in costante crescita tanto da
diventare un ingombro e un pericolo pubblico. Stiamo parlando del gabbiano reale
(Larus cachinnans), di cui si assiste a un sovrapopolamento della specie grazie
alla sua capacità riproduttiva e al crescente fenomeno dell'urbanizzazione
favorita dalla massiccia presenza di rifiuti alimentari e delle discariche dove
gli uccelli trovano cibo in abbondanza. E succede non di rado vedere i gabbiani
che rubano il cibo direttamente dai tavoli delle terrazze e ristoranti
all'aperto. I sanitari richiamano inoltre l'attenzione sulla possibilità che
tali uccelli possano trasmettere all'uomo varie malattie tenuto conto dei luoghi
che frequentano. Per tutti questi motivi Rovigno ha deciso di correre ai ripari
aderendo al progetto di monitoraggio e di controllo del popolamento varato tre
anni fa dalla Stazione veterinaria di Parenzo che in poco tempo è riuscita
ridurre del 40 % il numero dei gabbiani. Non si parla di sterminio dei volatili
per carità, ma di una specie di controllo delle nascite con uno stratagemma per
così dire indolore. Ne hanno parlato in conferenza stampa ai giornalisti il capo
della Stazione veterinaria Branko Juri„ e Albert Marinculic, docente alla
Facoltà di veterinaria di Zagabria. Da un sopralluogo aereo del territorio
rovignese hanno spiegato, abbiamo individuato 400 nidi di gabbiano dove verranno
posizionate 250 uova false di plastica. Mamma gabbiano, hanno aggiunto,
continuerà a covare e solo dopo alcuni anni si accorgerà della fregatura per cui
deciderà di spostarsi in altri luoghi. L'amministrazione cittadina partecipa al
progetto con 5.000 euro, ma vi hanno aderito anche le grande aziende turistiche
visto che i gabbiani troppo numerosi sono un problema che le riguarda da vicino.
E anche la cittadinanza viene chiamata a contribuire.
(p.r.)
IL PICCOLO - LUNEDI', 9 giugno 2014
Avanzata la candidatura per il geoparco del Carso
TRIESTE Il Geoparco del Carso sostenuto dalla Provincia di Trieste
nell’ambito del programma transfrontaliero Carso-Kras (Programmazione per la
Cooperazione Transfrontaliera Italia – Slovenia 2007-2013) è stato al centro,
nei giorni scorsi, del sesto workshop dei Geoparchi italiani svoltosi a
Castelnuovo di Garfagnana (Lucca). L’obiettivo dell’iniziativa riguarda la
promozione e l’integrazione territoriale dell’area del Carso come uno dei
territori transfrontalieri più importanti fra Slovenia e Italia e lo sviluppo di
una serie di strategie comuni che consentano la gestione sostenibile del
territorio. La Provincia di Trieste è tra gli enti firmatari della
“Dichiarazione per il sostegno e l’adesione alla carta di prosecuzione del
partenariato transfrontaliero di sviluppo del Carso 2014-2020” con l’obiettivo
prioritario di conservare l’identità del Carso ed incentivare la coesione
sociale e lo sviluppo economico. La valorizzazione e il riconoscimento ufficiale
delle peculiarità geo-ambientali ed antropiche del territorio carsico, tramite
la costituzione di un geoparco, rappresentano alcune delle modalità per
raggiungere tali finalità. In considerazione di ciò la giunta provinciale ha
avviato la procedura di candidatura a geoparco del Carso.
Latterie Friulane, riparte il centro di raccolta
Decisivo l’accordo con l’associazione regionale degli allevatori che
controllerà le aflatossine
UDINE Le Latterie friulane ripartono dai controlli del latte e la Regione
revoca la sospensione dell’attività del centro di raccolta. A convincere il
direttore centrale della Salute, Adriano Marcolongo, a firmare il decreto è
stata la sottoscrizione della convenzione con l’Associazione allevatori del
Friuli Venezia Giulia, attraverso la quale l’azienda di Campoformido ha
esternalizzato i controlli sulla presenza delle aflatossine nel latte. Resta
ancora bloccata invece l’attività di manipolazione del prodotto. Questo è il
primo punto segnato sabato sera dal legale, Gianni Ortis, incaricato dalle
Latterie friulane di seguire gli aspetti amministrativi della bufera scoppiata
sul Consorzio cooperative friulane per le partite di latte contaminato da
sostanze ritenute altamente tossiche come le aflatossine. Da qui le otto
perquisizioni che sono state effettuate dai carabinieri del Nas, i 13 indagati e
gli arresti domiciliari del responsabile dell’approvvigionamento, Rino Della
Bianca, e la sospensione del riconoscimento Ce per la raccolta e la
trasformazione del latte. Una bufera che rischia di provocare ricadute pesanti
anche sul progetto di fusione con Granarolo che, nelle ultime ore, ha preso
tempo per chiarire tutti gli aspetti della vicenda. Quella intrapresa dalla
difesa è una sorta di corsa contro il tempo e l’esternalizzazione dei controlli
sulle aflatossine è solo il primo passo per, spiega l’avvocato Ortis, «ottenere
tutte le garanzie necessarie alla ripresa dell’attività». Da sabato sera quindi
a controllare, nel proprio laboratorio di Codroipo, i livelli delle aflatossine
nel latte raccolto dalle Latterie friulane sono i tecnici dell’Associazione
allevatori del Friuli Venezia Giulia. I primi campionamenti sono risultati
regolari. «L’azienda ha esternalizzato tutti i controlli a soggetti terzi,
scientificamente testati, non perché prima i controlli non funzionassero, bensì
per fornire garanzie di salute immediate ai consumatori, ai soci e ai
produttori» insiste l’avvocato Ortis convinto che «solo l’assoluta trasparenza
su questi dati può garantire la fiducia». Alla firma della convenzione è seguito
il sopralluogo del veterinario dell’Azienda per i servizi sanitari Medio Friuli.
Quest’ultimo ha espresso parere favorevole alla revoca condizionandolo, però, al
nuovo contratto con il laboratorio accreditato per le analisi in autocontrollo e
alla ricerca di aflatossine M1 su tutto il latte di massa in entrata. Anche alla
luce di questo parere la Regione ha revocato la sospensione dell’attività del
centro di raccolta. A questo punto, l’azienda punta alla ripresa dell’attività:
«Sarà il lavoro dei prossimi giorni - assicura il legale - partiremo da questo
grosso problema per rimuovere ogni dubbio e riprendere l’attività di
manipolazione del latte».
Giacomina Pellizzari
La Bulgaria blocca “South Stream”
Sofia interrompe i lavori di costruzione dopo le critiche occidentali.
Ue, Kiev e Mosca cercano l’intesa sulle forniture di gas
Nuovi scontri a Sloviansk Poroshenko vuole far cessare i combattimenti entro
questa settimana - I filorussi attaccano l’aeroporto di Lugansk
ROMA Nella partita a scacchi per le forniture di gas dalla Russia c’è una
nuovavariabile impazzita. Bisognerà vedere infatti quale sarà l'impatto del
nuovo blocco di South Stream: «Ho ordinato di fermare i lavori. Decideremo sul
da farsi in funzione dei colloqui che avremo con Bruxelles», ha riferito
Orecharski dopo le critiche arrivate da Ue e Usa. «Abbiamo ricevuto una
richiesta dall'Unione Europea, dopo la quale ho dato ordine di sospendere i
lavori», ha aggiunto, spiegando che lo stop è legato alla procedura d'infrazione
avviata dall'Ue proprio su South Stream per la presunta violazione delle regole
sugli appalti. Oresharski ha assicurato che il South Stream verrà sbloccato dopo
aver ottenuto il via libera dall'Ue. La Russia fa sapere di non aver ancora
ricevuto alcuna notifica ufficiale sullo stop ai lavori, ma la sua posizione sul
gasdotto - che vede impegnate la Gazprom, l'Eni ed altre due società energetiche
europee, una francese e una tedesca - è nota: Putin auspica che la Commissione
Ue assuma «una posizione attiva» su South Stream - un progetto pensato per
portare il metano russo dalla Russia all'Europa bypassando l'Ucraina - alla luce
delle recenti minacce dei radicali ucraini di bloccare il transito del gas. Non
si placano, intanto, le tensioni e le violenze nell'est dell'Ucraina, ma il
neopresidente Petro Poroshenko non ha dubbi: i combattimenti devono finire entro
la settimana. Si apre così una settimana cruciale per il conflitto che vede le
forze di Kiev contrapposte ai ribelli filorussi, ma anche per una possibile
soluzione alla questione del gas: un passo avanti su questo fronte potrebbe
arrivare già oggi, nel corso di un incontro a tre a Bruxelles. Nonostante i
buoni propositi di Poroshenko, la situazione sul terreno nell'Est dell'Ucraina
rimane però tesa. Ieri sono ripresi i bombardamenti sul centro e sulle periferie
di Sloviansk, la città a nord di Donetsk assediata dalle forze ucraine, con
civili uccisi e feriti. Sempre a Sloviansk, secondo i ribelli citati da Russia
Today, una chiesa è stata colpita dall'artiglieria ucraina, mentre durante la
notte e stamani i filorussi hanno attaccato l'aeroporto di Lugansk, tentando di
distruggere l'edificio che assicura il rifornimento elettrico. «Dobbiamo mettere
fine ai combattimenti questa settimana», ha detto Poroshenko, secondo un
comunicato diffuso dalla presidenza ucraina al termine di colloqui con
l'ambasciatore russo in Ucraina, Mikhail Zourabov, l'ambasciatore ucraino in
Germania, Pavlo Klimkine, e un rappresentante dell'Osce, Heidi Tagliavini. In
attesa di vedere gli sviluppi nel Paese, i riflettori sono puntati su Bruxelles,
dove si terrà un incontro tra Ucraina, Russia e Unione europea per cercare di
trovare un accordo su prezzi e arretrati dovuti da Kiev a Mosca.
All'appuntamento si parlerà anche di South Stream, ma al centro dei colloqui ci
saranno le forniture di gas russo a Kiev. Le recenti dichiarazioni di Valdimir
Putin fanno ben sperare. L'obiettivo è di arrivare a un «accordo complessivo che
assicuri le forniture di gas russo all'Ucraina sino a giugno 2015», e su questo
c'è una «intesa di principio tra le parti», aveva sintetizzato all'inizio di
questo mese il commissario Ue all'Energia Guenther Oettinger. Putin è andato
oltre: «Non ho parlato di prezzi del gas con Poroshenko, ma so che Gazprom e il
suo partner ucraino sono vicini a un accordo definitivo».
IL PICCOLO - DOMENICA, 8 giugno 2014
Allerta in mezza Italia per il latte friulano tossico
La “caccia” ai prodotti adulterati si allarga a Veneto,
Lombardia e Toscana - Il responsabile dell’approvvigionamento Della Bianca,
interrogato, non risponde
UDINE Scatta l’allerta in Toscana, Veneto e Lombardia per il latte
contaminato immesso sul mercato dalle Latterie friulane, mentre il responsabile
dell’approvvigionamento del latte del consorzio Rino Della Bianca, agli arresti
domiciliari, nell’interrogatorio di garanzia, si avvale della facoltà di non
rispondere. Ma le intercettazioni dei carabinieri del Nas sono chiare. La
telefonata «Siamo male con le aflatossine lì» dice Della Bianca a un allevatore
l’11 febbraio scorso nel corso di una telefonata intercettata. «Un’altra volta?»
risponde l’interlocutore facendo intendere che non è la prima volta che si trova
alle prese con il problema della contaminazione del latte. «Sì» conferma Della
Bianca e chiede: «Cosa stai usando? Bisogna cambiare (l’alimentazione delle
mucche, ndr) perchè tu sei malissimo». E, dieci giorni dopo, la situazione è
ancora peggiore. Il 21 febbraio Della Bianca: «Siamo sempre male lì, ma stai
dando cotone, qualcosa?». «Stiamo dando solo fieno, che fa bene» ribatte
l’altro. Finalmente, il 25 i valori sono nella norma e Della Bianca dice
all’allevatore: «A posto, a posto». Insomma, la volontà di risolvere il problema
è evidente, il latte è la fonte di guadagno e sostentamento per tutti. Il
problema è il metodo. Le analisi di laboratorio da cui emergevano valori di
aflatossine M1 superiori ai limiti consentiti avrebbero dovuto essere comunicati
all’Azienda sanitaria, in modo da rendere possibili i controlli. E ciò non è mai
avvenuto, salvo una volta, a seguito di un blitz dei carabinieri. Le aziende con
valori anomali avrebbero dovuto sospendere i conferimenti solo per il tempo
necessario per eliminare la criticità. E nemmeno questo è accaduto. Sono stati i
Nas a bloccare la raccolta in tre aziende. Le intercettazioni Si assomigliano un
po’ tutte le conversazioni che Della Bianca (da venerdì agli arresti domiciliari
su disposizione del Gip Emanuele Lazzàro per l’ipotesi di reato di adulterazione
on contraffazione di sostanze alimentari) ha avuto con diversi allevatori
friulani che, a loro volta, sono rimasti coinvolti nell’inchiesta su partite di
latte non conforme che, secondo gli inquirenti, sono state in parte
commercializzate. L’indagine, coordinata dal pm Marco Panzeri, ha indotto la
Regione a sospendere l’attività del Consorzio di Campoformido. In tutto gli
indagati sono 14: i vertici di Latterie e i vari responsabili della gestione del
latte, alcuni addetti al laboratorio, allevatori e un autotrasportatore. A tutti
viene contestato l’articolo 440 del codice penale, adulterazione o
contraffazione di sostanze alimentari. Il Gip «Gli accertamenti documentali e le
conversazioni intercettate attestano che all’interno del consorzio – scrive il
Gip Lazzàro nell’ordinanza –, sotto la regia del Della Bianca, venivano
sistematicamente elusi i risultati delle analisi interne; il latte in entrata
che risultava contaminato non veniva segregato per essere smaltito, ma veniva
miscelato con quello sano per essere commercializzato; in alcuni casi, la
miscelazione avveniva a monte, all’atto della raccolta presso la singola azienda
agricola, suddividendo il quantitativo nelle diverse vasche dell’autocisterna,
in modo da mescolarlo con quello sano; in violazione della normativa, veniva
sistematicamente omessa la comunicazione all’autorità sanitaria dei casi di
positività impedendo l’adozione dei conseguenti controlli». Sempre scorrendo il
provvedimento del giudice, si scopre che «a fronte delle non conformità
riscontrate per superamento dei valori di aflatossine, le partite di latte
contaminato non erano smaltite nei termini di legge, ma mescolate nei silos
unitamente a quello sano, pregiudicando così l’intera massa». E la miscelazione,
«almeno in un caso accertato, ha determinato l’immissione in commercio di una
partita di latte contenente aflatossine in misura notevolmente superiore al
limite di legge. Di tale partita, solo il latte consegnato alla Soligo era stato
restituito, mentre il latte prelevato lo stesso giorno dal medesimo silos e
confezionato sotto altri marchi non è mai stato ritirato dal mercato».
L’interrogatorio Ieri Della Bianca, 60 anni di Tricesimo, in occasione
dell’interrogatorio di garanzia si è avvalso della facoltà di non rispondere, in
attesa che i suoi legali, Federica Tosel e Francesco Luigi Rossi, studino gli
atti contenuti in nove faldoni di indagine, di cui hanno potuto prendere visione
solo ieri per la prima volta. In vista di un probabile ricorso al Riesame, gli
avvocati hanno chiesto al giudice di autorizzare Della Bianca a conferire con
l’avvocato Gianni Ortis incaricato dal consorzio di curare la questione
amministrativa per riprendere l’attività produttiva. La difesa «Dobbiamo ancora
esaminare tutte le carte – sottolinea l’avvocato Tosel –, tuttavia, stando alle
intercettazioni che abbiamo letto, Della Bianca consigliava gli allevatori in
merito ai mangimi, ma non ha mai ordinato di miscelare il latte, nè ha mai usato
quantitativi con aflatossine oltre le soglie di legge per le produzioni.
Comunque, tanti aspetti rimangono da chiarire: dalla determinazione dei valori
in laboratorio ai fatti che hanno portato allo sforamento evidenziato alla
Soligo. Una circostanza talmente eccezionale e strana che all’epoca ci fu
addirittura chi pensò a un sabotaggio. Sarà il bioingegnere Paolo Bartolomeo
Pascolo a chiarire, in un’apposita relazione richiesta dalla difesa, come si
svolgevano i vari procedimenti di gestione del latte». L’allerta sanitario Ieri,
intanto, l’Azienda sanitaria del Medio Friuli ha allertato le strutture di
Veneto, Lombardia e Toscana, le regioni in cui potrebbe essere stato distribuito
il latte tossico. Obiettivo della segnalazione è quella di risalire attraverso
il sistema di tracciabilità ai prodotti eventualmente immessi sul mercato. La
Regione «Quando abbiamo saputo delle indagini alle Latterie friulane, a me e al
vicepresidente Sergio Bolzonello ci veniva da piangere, perché abbiamo faticato
tanto a trovare una soluzione per questa azienda» ha detto la governatrice
Serracchiani ricordando le difficoltà del consorzio di Campoformido, le
trattative e infine l’accordo con Granarolo. Subito dopo, stigmatizzato il
comportamento di «alcuni delinquenti che pensano che si possa trarre profitto
anche mettendo a rischio la salute dei cittadini», ha aggiunto: «Abbiamo
convinto una grandissima azienda a farsi carico di una realtà locale. Ora mi
auguro che il presidente di Granarolo capisca quanto importante sia aiutarci,
tanto più adesso, a risollevare le sorti di questo marchio».
Anna Rosso
Miramare, nessun divieto nella riserva Mab Unesco
Spoto: «Un’opportunità unica per promuovere i prodotti e il turismo
sostenibile» - L’area va dalla Costa dei Barbari a Barcola, si punta a includere
Porto Vecchio
Terra e mare. La Riserva marina di Miramare è stata la prima area marina
protetta d’Italia (30 ettari, gestita dal Wwf) e ora diventa il cuore della
“Riserva Mab (Man an Biosphere)” tutelata dall’Unesco, che diventa dieci volte
più grande (da 300 a tremila ettari). Va dall’inizio della Costa dei Barbari
fino a Barcola passando per Santa Croce. In termini di divieti non cambia nulla.
«Si potrà continuare a fare il bagno, a coltivare mitili. L’area marina protetta
resta quella di prima. Per la zona attorno, che comprende anche il parco di
Miramare e la Costiera Triestina, c’è ora un’opportunità in più per lo sviluppo
della zona», rassicura il biologo Maurizio Spoto, direttore della Riserva marina
gestita dal Wwf Italia da poco meno di trent’anni. Anche l’area Mab, che
comprende da sempre anche il parco di Miramare, è tutelata dall’Unesco dal 1979.
«Bisognava scegliere se ampliarla o rischiare che fosse soppressa vista la sua
scarsa estensione. Mab significa “Man and Biosphere”: una certificazione che
sigla l’armoniosa convivenza tra uomo e biodiversità. Nell’area si promuove
un’economia ecosostenibile che va dalla mitilicoltura alla coltivazione dei
pastini. Non si tratta di una riserva protetta, ma di un’area tutelata che vanta
un pregio storico e naturalistico». Il riconoscimento arriva dopo un lungo
percorso. La Riserva marina di Miramare partecipa al programma Mab dell’Unesco
dai primi anni Ottanta. Nel 2011, in accordo con il comitato nazionale Mab, è
stato proposto un ampliamento che dai 300 ettari iniziali porta a quasi 3.000
ettari, includendo un’ampia zona di transizione marina e terrestre lungo la
Costiera Triestina. Questa fascia è costituita sia dall’altipiano carsico sia
dal tratto di mare. In futuro potrebbe persino includere il Punto Franco Nord
(ovvero il Porto Vecchio di Trieste) a dimostrazione che la riserva Mab non ha
un’impronta esclusivamente naturalistica. «Abbiamo già avviato dei contatti con
l’Autorità portuale per includere il Porto vecchio e ampliare l’area verso la
città», aggiunge Spoto. La riserva Mab dell’Unesco è come un bollino di qualità
attorno al quale costruire dei progetti di marketing territoriale e mettersi a
caccia dei finanziamenti europei e mondiali. «A differenza dei siti dell’Unesco
(vedi Dolomiti o Pompei, ndr), tutelati a livello mondiale perché rimangano
incontaminati, le riserve Mab propongono proprio che la conservazione e lo
sviluppo umano si incontrino in modelli sostenibili». L’originalità della
riserva Mab di Miramare è quella di avere proposto sia mare che terra. Un
unicum. «Potremmo lanciare i mitili e il prosecco (glera) della Mab di Miramare
anche se l’abbinamento a tavola non è dei migliori», aggiunge il direttore della
Riserva Marina. Il vero lavoro sulla Mab di Miramare inizia ora. Soprattutto per
quanto riguarda i finanziamenti. «La nostra idea è stata certificata
dall’Unesco, ma adesso va sviluppata con i vari enti. Abbiamo avuto il via
libera dalla Regione, dalla Provincia e dai Comuni di Duino Aurisina e Trieste.
Con quest’ultimo è possibile sviluppare un turismo naturalistico legato al
territorio carsico, che è la cintura verde di Trieste e va rivalorizzata a
partire dal piano regolatore» spiega Spoto. «La riserva Mab - conclude il
direttore della Riserva marina - non è un’area dove non si possono fare delle
cose, ma può diventare un incubatore di progetti sostenibili e un luogo di
incontro tra i vari enti spesso scollegati nelle iniziative».
Fabio Dorigo
Tra un anno lo sfratto del Wwf dal Castelletto
«Abbiamo la spada di Damocle dello sfratto dal Castelletto al 30 giugno del 2015». Maurizio Spoto, direttore della Riserva marina di Miramare del Wwf, ricorda l’urgenza del problema “abitativo”. Non è stato fatto alcun passo avanti. E il riconoscimento dell’Unesco, che in teoria dovrebbe facilitare una soluzione, non basta. La Soprintendenza vuole liberare il castelletto per inserirlo nel circuito museale di Miramare. Il Wwf vi risiede dal 2001 dopo aver provveduto al suo restauro con 2 miliardi e mezzo di vecchie lire messe a disposizione del ministero dell’Ambiente. «C’è un tavolo tecnico che si è costituito e che molto lentamente sta tentando di risolvere il problema» fa sapere Spoto. «La soluzione di villa Radonetz ha un costo che deve essere coperto» aggiunge il direttore. E soprattutto necessita di restauri da eseguire entro un anno.
Nasce l’Aula verde per conoscere la natura
Gli alunni impegnati nella costruzione di un orto urbano e la
sistemazione di aree verdi
MUGGIA Uno spazio polifunzionale che potrà fungere non solo da biblioteca,
ma anche da laboratorio ambientale, attraverso cui avvicinare i bambini
all’orticoltura, all’apicoltura, alla conoscenza dei prodotti agricoli nostrani.
Nasce con queste nobili premesse l'Aula verde, la nuova location inaugurata
ufficialmente a Muggia all'interno della scuola con lingua d'insegnamento
slovena “Albin Bubnic”. L'evento rientra nel “Progetto TreCCCi: Coltivare,
Crescere, Condividere”, progetto del bando Galcarso per lo sviluppo di
iniziative relative alle attività ricreative e culturali e/o di eventi connessi
all’interno del Programma di sviluppo rurale 2007-2013 che può vantare un folto
numero di partner quali BioEst, A.P.S. LaCorte, Viaggiare Slow, Circolo
Verdeazzurro Legambiente Trieste, Circolo Istria, Diportisti Muggia, Società
Nautica Laguna e Banda Musicale San Giuseppe. L'opera ha avuto un costo pari a
63mila 100, ripartiti tra i 43 mila 362 del Gal e i restanti 19mila 737 euro
messi a disposizione dalla Fondazione CRTrieste. Coinvolti, quindi, oltre al
Comune di Muggia, anche realtà del Comune di Trieste, di Duino Aurisina e di San
Dorligo in un progetto che annovera tra gli obiettivi quello di offrire ai
residenti - in particolare ai giovani - strumenti ed occasioni di crescita
culturale ed, allo stesso tempo, ai visitatori e turisti servizi culturali,
diffondendo tra la popolazione la conoscenza del proprio territorio e
consolidando il proprio senso di appartenenza alla comunità. Al mattino i bimbi
della scuola Bubnic si sono dedicati alla sistemazione di alcune aree verdi
della città - quali le aiuole di calle Bachiocco e quelle al museo Carà - anche
attraverso la piantumazione di fiori e piantine. Nel primo pomeriggio si è
svolta l’inaugurazione dell’Aula verde, per la quale la Fondazione CRTrieste ha
offerto al Comune di Muggia, il proprio sostegno. Nello specifico TreCCCi ha
visto la costruzione e l’allestimento di un’aula verde e di un orto urbano
intesi come un edificio dinamico dimostrativo non solo verso il risparmio
energetico e il riutilizzo delle risorse, ma anche come punto di incontro e
condivisione diretta con i coltivatori del territorio per affacciarsi alla
conoscenza delle tecniche e dei metodi di coltivazione propri della tradizione.
Un luogo che ha visto coinvolti i residenti ed in primis i bimbi ed i genitori
della scuola Bubnic - che ospita l’aula verde - ed i giovani della vicina scuola
secondaria, del ricreatorio e delle associazioni giovanili del territorio. (ri.
to.)
Il piano regolatore dei sogni e le criticità di ogni giorno - LA LETTERA DEL GIORNO di Antonio Farinelli
Si è tenuta una assemblea pubblica nella parrocchia di Gretta, organizzata dall’Assessorato alla pianificazione urbana e tesa ad esporre il nuovo piano regolatore. Molti dei presenti si era convinti di una esposizione di approfondimento dei problemi della terza circoscrizione, vale a dire, Gretta, Barcola, Monte Radio e Cologna Scorcola. Ci si aspettava la presenza di tecnici e assessori. Cosi non è stato. L’assessore Marchigiani si è presentata con tre personaggi da nessuno presentati, quindi sconosciuta la loro competenza. Forte è stata la delusione di molti presenti nel sentire l’assessore esporre, sia pure con dovizia, il nuovo piano di tutta la citta, nel mentre i cittadini delle aree citate erano accorsi per conoscere le novità pertinenti solo la propria zona onde avere maggior tempo per dibattere sui temi locali. Si voleva sapere se in zona verranno costruiti altri ecomostri, come i due attuali sulla via Bonomea, uno dei quali ancora in costruzione. Sapere se in via Bonomea alta verrà costruito almeno un marciapiede, vista la pericolosità per i cittadini residenti e non a muoversi a piedi in tale area. Oggi più pericolosa del passato constatato che molti giovani frequentatori della Scuola Sissa scendono a piedi lungo la Bonomea a gruppi, attraversando anche il ponte con ulteriore pericolo. Ciò perché la linea 38 in certe ore della città non è in condizione di trasportare centinaia di giovani che entrano ed escono dalla Sissa. Si voleva sapere se l’enorme parco della Rai da tempi immemorabili chiuso, curato ma inutilizzato, potrebbe assorbire quei quattro vecchi bidoni esistenti ed inutilizzati che si trovano in Gretta, terreno Rai, di fronte alla scuola, onde liberare tale area e renderla utile quale parcheggio di cui c’è un enorme bisogno per portare e prelevare, come detto, i bambini dalla scuola. Si sperava che forse, con l’assessore giungesse la bella novela della eliminazione delle vecchie antenne e tralicci lasciati in zona alta dal Ministero Telecomunicazioni. Le quali antenne e tralicci, oltre a creare enormi quantità di fulmini nei giorni di pioggia e danni consistenti agli utensili casalinghi degli abitanti di zona, creano pure forti interferenze alle radio, alle trasmissioni televisive di tutti i canali, ai telefoni fissi e manco a dirlo ai portatili. A fronte di queste speranze abbiamo dovuto assistere all’esposizione di una infinità di tavole figurative di ogni angolo della città e commentate dall’assessore con tale entusiasmo da fare sembrare l’esposizione “della città delle meraviglie”. Mancava un sottofondo musicale suonato da un violino per avere l’impressione di essere su un’altro pianeta. Ben diversa è la realtà. Leggiamo quotidianamente le sofferenze della città e nella città. Si chiudono gli asili, le scuole, le gallerie, non si fanno riparazioni in molte strade eccetera per mancanza di mezzi economici. O meglio, ci sono ma non si possono spendere. A fronte di quest’ultima dura realtà c’è un pezzo delle istituzioni che va in giro ad esporre, mediante il computer la futura città delle meraviglie. Per questo ed altro il 60% dei cittadini non vanno a votare.
RIFIUTI «Differenziata, costi da verificare»
«Dubbi sull’efficacia della separazione differenziata dell’umido»: FareAmbiente, col coordinatore locale Giorgio Cecco, esprime «preoccupazione di un aumento dei costi per i cittadini. Il trasporto fuori provincia del rifiuto non darà benefici alle casse del Comune, il termovalorizzatore continuerà a trattare rifiuti da altre zone».
Bioest, spettacoli in piazza
Prosegue fino a stasera alle 22 Bioest, annuale fiera dei prodotti naturali,
delle associazioni ambientaliste, culturali e del volontariato. In piazza 130
piccoli produttori da Italia, Austria, Slovenia e Croazia che divulgheranno la
cultura del biologico e oltre 50 associazioni impegnate in vari ambiti del
volontariato. A rallegrare la cerimonia, l'esibizione dell'accademia
folcloristica France Marolt di Lubiana. Il programma di oggi prevede in piazza
S. Antonio alle 11 spettacolo itinerante di giocoleria, alle 12 percussioni
tradizionali africane, conferenze sul tema “Cosa ci racconta la frutta del
mercato Equo e Solidale” (ore 16), su “Biodiversità e Ogm” (alle 17) e
“Biodiversità e Sostenibilità” (ore 19). Sarà presentato (ore 17.30) il Mondo
Doula dedicato alla figura professionale che si occupa del sostegno emotivo e
del benessere della donna. Si ballerà la zumba (ore 18) e alle 21 concerto di
musica tradizionale dal mondo del gruppo etno-folk dei Benandanti. Nell'area
Benessere di via Cassa di Risparmio, ricca offerta di corsi di discipline
energetiche, trattamenti olistici e degustazione di the e tisane. In piazza
Ponterosso alle 10.30 esibizione di danze serbe, Truccabimbi&Riciclart,
laboratorio di panificazione con lievito madre a cura di Giuseppe Siena (ore
11.30), di chitarra per bambini (ore 15) e danza classica (alle 16).
IL PICCOLO - SABATO, 7 giugno 2014
Riserva marina di Miramare, area decuplicata
L’Unesco ha detto sì all’ampliamento che includerà
specchi acquei e zone terrestri
La Riserva marina di Miramare sta per diventare dieci volte più grande: da
quest'anno infatti tutelerà un territorio più ampio passando da 300 a 3mila
ettari coprendo gran parte della Costiera Triestina. Lo annuncia il Wwf
ricordando che la riserva fa parte dei siti tutelati dall'Unesco. «Sulla punta a
Nord Est dell'Adriatico si trova la prima area statale marina protetta (Amp)
statale d'Italia, quella di Miramare» che il Wwf Italia gestisce da poco meno di
trent'anni e che è tutelata anche dall'Unesco in quanto «Riserva MaB», «una
certificazione - spiega l'associazione ambientalista - che sigla l'armoniosa
convivenza tra uomo e biodiversità». Questo ampliamento «è stato possibile
grazie a un lungo percorso - sottolinea il Wwf -. L'area marina protetta di
Miramare partecipa al programma MaB dell'Unesco dai primi anni '80. Nel 2011, in
accordo con il Comitato nazionale MaB è stato proposto un ampliamento che dai
300 ettari iniziali porta a quasi 3mila ettari, includendo un'ampia zona di
transizione marina e terrestre lungo la Costiera Triestina; questa fascia è
costituita sia dall'altipiano carsico calcareo che scende sul Golfo di Trieste
sia dal tratto di mare prospiciente». Lo scorso aprile l'Advisory Commitee di
MaB-Unesco ha accolto le integrazioni presentate dalle autorità italiane
confermando che la nuova proposta di Riserva Mab, che si emana dalla Amp di
Miramare, asseconda i criteri per poter ampliare i propri confini. «Il cuore
della nuova Riserva MaB è costituito dalla Area marina protetta di Miramare,
circondata da una zona buffer marina verso il largo e dal parco di Miramare
verso terra», dove si trova il castello. «All'interno della Riserva MaB si
alternano habitat terrestri e subacquei di grande varietà e pregio e si
integrano le attività umane di fruizione e di produzione creando i presupposti
migliori per un ambizioso progetto di sviluppo sostenibile e conservazione. Ne
sono un esempio - afferma il Wwf - le attività di fruizione e sensibilizzazione
che ogni anno la Amp di Miramare gestisce all'interno dei propri confini, come
il sea watching e le uscite naturalistiche, e che d'ora in poi verranno
ulteriormente implementate anche nella nuova Riserva MaB».
Alveari senza miele ma il Carso si salva dalla morìa
friulana
TREBICIANO Per gli apicoltori triestini l’inizio della stagione di raccolta
del miele per questo 2014 è tutt’altro che incoraggiante. L’inverno tiepido e la
primavera incerta non hanno favorito le piccole operaie nel loro lavoro. Per
questa ragione la produzione del miele d’acacia, il primo a essere raccolto
durante l’annata, risulterà piuttosto scarsa. L’unica consolazione per gli
apicoltori locali è che la situazione complessiva degli alveari si presenta ben
diversa rispetto a quanto sta accadendo nel vicino Friuli e in altre parti del
Paese, dove ignoti agenti di sintesi, presumibilmente, stanno provocando una
terribile moria degli insetti. Una situazione allarmate ancora da chiarire, ma
che deve essere valutata in tutta la sua portata, visto che in natura il 70/80
percento dell’impollinazione viene garantita dalle solerti e instancabili api.
La situazione dell’apicoltura triestina appare diversa, evidentemente perché sul
Carso e dintorni non si pratica l’agricoltura intensiva. «Lungo l’altopiano e
negli immediati dintorni del capoluogo – spiega il presidente del Consorzio
Apicoltori triestini Ales Pernarcic – troviamo un sovrapposizione di diversi
habitat: la macchia mediterranea, la vegetazione tipica dei Balcani, quella
suscitata dal clima continentale. Questa varietà e la particolarità del
territorio garantiscono fioriture diverse. Nella nostra provincia cresce per
esempio il ciliegio canino dal quale si ricava il singolare miele di marasca.
Quello prodotto dal nostro apicoltore Fausto Settimi, qualche anno fa, si è
guadagnato la “Goccia d’Oro”, il massimo riconoscimento nazionale per il nostro
comparto produttivo». Gli apicoltori triestini, una novantina circa (ma il
numero è variabile), operano prevalentemente part time. Sono quasi un migliaio
gli alveari in provincia; le aziende più grandi gestiscono oltre la cinquantina
di arnie, i più piccoli dalle 10 alle 20 a testa. Varia notevolmente il
quantitativo di miele prodotto per alveare. «Siamo piccoli ma capaci di offrire
dei mieli di alta qualità – sostiene Pernarcic – con i quali partecipiamo con
successo ai diversi concorsi promossi in sede nazionale, locale e nelle nazioni
contermini». «L’inizio di stagione purtroppo è tutt’altro che promettente –
interviene Fausto Settimi, convenendo con il proprio presidente e i colleghi la
magra raccolta. Per la verità – continua Settimi – è il quinto anno filato che
ci troviamo a soffrire. Il clima bizzarro è una causa che continua a
penalizzarci. L’inverno anomalo e caldo, la piovosità e i colpi di freddo di una
primavera a corrente alternata hanno compromesso la raccolta del biondo miele
d’acacia. Siamo a 4–5 kg di miele per arnia, un risultato minimo se tentiamo di
paragonarlo a una media normale attorno ai 15 kg e oltre. Ora speriamo di far
meglio con il tiglio ormai prossimo alla fioritura”. Settimi non è solo uno
degli apicoltori di punta del comparto triestino, ma è un sincero ammiratore
delle piccole operaie, tanto da fornire al riguardo dei dati strabilianti. Per
fare un kg di miele, le api devono visitare da 5 a 7–8 milioni di fiori. Un
grammo di miele rappresenta 7.500 fiori visitati.
Maurizio Lozei
Sequestrati 19mila litri di latte tossico
Blitz dei Nas alle Latterie friulane di Campoformido.
Un arresto e 13 indagati. Venduti prodotti contaminati da aflatossine
L’impianto dell’accusa Secondo gli inquirenti le partite non a norma venivano
miscelate sistematicamente con quelle “sane”
Udine Bufera sul Consorzio cooperativo latterie friulane per partite di
latte contaminate da aflatossine, sostanze ritenute altamente tossiche. Ieri
alle 6 sono scattate le perquisizioni dei carabinieri del Nas nella sede di
Campoformido, all’associazione allevatori, alla Soligo di Treviso (l’azienda che
a dicembre rispedì a Latterie friulane 3.504 confezioni di latte con valori di
aflatossine superiori alle soglie di legge) e nelle abitazioni di vari
rappresentanti del Consorzio friulano. Quattordici le persone coinvolte
nell’inchiesta: il responsabile dell’approvvigionamento del latte, Rino Della
Bianca, 59 anni, di Tricesimo, è agli arresti domiciliari su disposizione del
Gip Emanuale Lazzàro e altre 13 risultano indagate. Tra loro il direttore
generale del Consorzio, Franco Odorico di Udine, Roberto Rossi, presidente cda
del Consorzio e il triestino Roberto Gerunda di Trieste, 58 anni, responsabile
produzioni. Secondo le ipotesi degli inquirenti, il latte prodotto da allevatori
consorziati veniva miscelato con latte contaminato da aflatossine M1 in misura
superiore al limite di legge consentito (pari a 50 ppt, parti per trilione o
nanogrammi per chilo). In base alla normativa in vigore, il latte non conforme
va distrutto e non può essere commercializzato, come ha spiegato in conferenza
stampa il comandante del Nas Fvg, il capitano Antonio Pisapia. Invece, sempre
seguendo la ricostruzione dei militari che hanno cominciato a indagare a gennaio
sotto il coordinamento del pm Marco Panzeri, «il responsabile
dell’approvvigionamento, con la complicità dei propri vertici aziendali, con il
contributo del responsabile e degli addetti al laboratorio di analisi del
Consorzio, nonché con il concorso di un autista addetto al trasporto del latte e
di alcuni allevatori consorziati, è riuscito a eludere i controlli sul latte
contaminato addizionandolo ad altre partite di latte, incurante del probabile
danno alla salute dei consumatori». Ma il difensore di Della Bianca, l’avvocato
Federica Tosel che tutela anche l’ad Rossi, respinge con forza tale scenario
spiegando, al contrario, che «non è mai stata messa in commercio nemmeno una
goccia di latte con valori di aflatossine superiori ai limiti di legge. Solo in
un caso - precisa il legale - qualcosa non ha funzionato nel sistema dei
controlli, appunto nel dicembre 2013 nel caso della Soligo. Da allora le
verifiche sono state potenziate». Durante la prima fase dell’inchiesta sono
stati chiusi 2 depositi di stoccaggio del latte perchè privi dei requisiti
igienico strutturali. C’è stata, inoltre, per 3 aziende di Udine, Gorizia e
Treviso la sospensione del conferimento del latte per non idoneità ai fini
alimentari (presenza di aflatossine oltre i limiti), con la conseguente
distruzione di 60 quintali di latte. E sono state contestate sanzioni
amministrative per circa 20mila euro. Ieri l’ultimo sequestro amministrativo di
oltre 19mila litri di latte che, in parte, erano destinati all’Alta qualità.
«Sembra quasi si abbia a che fare con un sistema difficile da disarticolare - ha
osservato il comandante Pisapia -, pensavamo che l’attività dell’anno scorso
riguardante un altro consorzio avesse lanciato un segnale importante. E invece
si è continuato ad agire con pervicacia e incuranza. Solo quando noi andavamo a
fare i controlli nelle aziende in cui sapevamo esserci sforamenti, allora il
consorzio allertava l’autorità sanitaria (la segnalazione è obbligatoria),
peraltro con ritardo anche di 24 ore con i prodotti già in commercio. In un
caso, dopo la miscela tra latte non conforme e latte conforme, sono stati
comunque riscontrati valori 5 volte superiori ai limiti di legge». Attualmente
il Consorzio Latterie friulane, realtà fondata nel 1933 con oltre 250
collaboratori, capace di lavorare oltre 70 milioni di litri di latte ogni anno,
per un fatturato complessivo nel 2012 pari a 62.735.056 euro, opera normalmente.
Anna Rosso
Pordenone - Incursione anti Ogm nei campi di Vivaro
TRIESTE Nuovo blitz ambientalista nei campi del Friuli Venezia Giulia
coltivati con mais geneticamente modificato. Teatro dell’incursione, avvenuta
l’altra notte, sono stati ancora una volta i terreni a Vivaro, in provincia di
Pordenone, di proprietà dell’agricoltore pro Ogm, e vicepresidente di Futuragra,
Giorgio Fidenato. Terreni già presi di mira più volte in passato. L’altra notte
il gruppo di “invasori” ha strappato alcune piante già cresciute per poi
compiere un altro gesto più “politico”: ha infatti piantato nel campo appena
violato un cartello con la scritta «Serracchiani e Bolzonello, ora pensateci
voi». Un riferimento alla linea dura dichiarata dalla giunta contro le colture
Ogm in Friuli Venezia Giulia. E proprio Bolzonello, ieri, ha commentato il blitz
a Vivaro. «L'incursione dell’altra notte è un atto di vandalismo da condannare
con forza, perchè si tratta di violazione e danneggiamento di proprietà
privata». L’assessore all’Agricoltura ha poi ricordato che la Regione, con la
collaborazione di Corpo Forestale regionale, dello Stato e dell'Ersa, sta
concludendo analisi sui terreni interessati dal blitz. «Qualora dai controlli
arrivasse la conferma che quelle sementi sono Ogm, ci dovremo rivolgere alla
Procura della Repubblica di Udine e di Pordenone per evidenziare che quelle
semine sono state fatte contravvenendo alle normative nazionali e a quelle
regionali. E in quel caso - conclude il vicepresidente della giunta regionale -
chiederemo al proprietario di estirpare quelle piante e alla legge di fare il
suo corso». Quello della scorsa notte, come detto, è solo l’ultima di una lunga
serie di incursioni nei terreni dell’agricoltore pro biotech Fidenato. La
precedente era avvenuta a fine marzo ad opera di un gruppo di attivisti dei
centri sociali del Nordest e dell'Emilia. Le tute bianche, fotografate e subito
postate in rete dal triestino Luca Tornatore, avevano danneggiato piante di mais
per poi prendere di mira anche l’abitazione del vicepresidente di Fidenato,
tracciando delle scritte con la vernice spray. Un atto dimostrativo a cui il
proprietario del campo aveva reagito alzando notevolmente i toni. «Siamo vittima
di un'azione squadrista - aveva affermato -. Queste "camicie nere" sono "armate"
dalla giunta e dal consiglio regionale del Fvg, che continua ad emanare leggi in
contrasto col diritto europeo». Ancora una volta un richiamo alla politica di
tolleranza zero voluta da Serracchiani.
Bioest, letture di Roveredo sulla sostenibilià - Fiera
dei prodotti biologici e naturali
Presentazioni di libri, conferenze, letture (alle 17 con lo scrittore Pino
Roveredo), musica, danze e buone pratiche. Parola d'ordine, sostenibilità. Si
apre alle 10 (inaugurazione alle 10.30 con il vicesindaco Fabiana Martini) e
prosegue fino a domani dalle 9 alle 22 “Bioest”, annuale fiera dei prodotti
biologici e del naturale con 180 piccoli produttori provenienti da Italia,
Austria, Slovenia e Croazia. Tre le aree interessate dall'evento, promosso da
associazione Bioest in collaborazione col Comune: conferenze e musica in piazza
Sant’ Antonio, area benessere Spazio Energia Vitale in via Cassa di risparmio e
spazio Arci Servizio civile (ristorazione con prodotti a Km 0, bio e laboratori)
in piazza Ponterosso. Oggi in piazza Sant’ Antonio alle 15 la presentazione del
libro "Erbe e loro usi nella medicina popolare”. Alle 15.30 letture con “Le voci
dell'una e dell'altra”. Alle 16 conferenza di Ferruccio Nilia su "Legge dei Beni
Comuni ed Economia Solidale". Alle 18 Musica di altri luoghi. Si prosegue alle
19 con la conferenza “Geopatie e inquinamenti elettromagnetici - Cosa sono e
come proteggerci”. Alle 20 spettacoli di danze tradizionali greche e alle 21 di
danza e percussioni africane. Nell'area benessere, dalle 11 alle 19 corsi di
discipline energetiche, zona trattamenti olistici e degustazione di the e
tisane. In Ponterosso, alle 11 presentazione del progetto “tool-sharing":
condivisione di attrezzi e competenze e alle 11.30 del "Piccolo manuale
sull'autoproduzione casalinga". Alle 15 laboratorio di chitarra e alle 16.30 di
pittura del benessere emotivo. Alle 17.30 Truccabimbi&Riciclart. Seguirà alle
17.30 la conferenza di Ferruccio Nilia sulla Decrescita. Alle 19.30 musica.
Dalle 10.30 alle 12.30 Shiatsu e Tuina pediatrico ed esperienze e giochi con la
pittura creativa aperta a tutti in collaborazione con Aias (anche dalle 15.30
alle 19).
IL PICCOLO - VENERDI', 6 giugno 2014
Differenziata, via all’umido, obiettivo: 40% entro il 2015 - La raccolta differenziata dei rifiuti umidi-organici
L’ultima fase del piano parte il 16 giugno, quando
saranno posizionati i primi dei 3.200 contenitori. Nelle case 130mila dépliant
con le istruzioni da seguire
La chiamano «ultima fase»: è, nella forma, l’atto finale delle
diversificazioni possibili delle immondizie. È, nella sostanza, l’ultima
spiaggia, per fare di Trieste un posto “normale” in fatto di differenziata, oggi
al 30%, contro percentuali vicine al 60% nelle città-modello dell’Emilia Romagna
in orbita Hera. A sentir parlare di “umido”, adesso che arriva la calura, ci si
potrebbe mettere paura. Mica è il caso. L’umido in questione - per il quale sta
per scattare l’inserimento “a rate” di appositi contenitori nelle isole
ecologiche già munite di cassonetti per carta, plastica e vetro - è il rifiuto
domestico che incide, sul totale delle “scovazze” di città, per un buon 30%. In
gergo tecnico si chiama Forsu, “Frazione organica del rifiuto solido urbano”:
banalizzando, gli scarti di cucina e i rifiuti di origine vegetale e animale.
Ecco: il Forsu, forse, darà una mano decisiva a Comune e AcegasAps per cambiare
le carte in tavola alla differenziata. Al 31 dicembre passato eravamo al 29,7%,
a fine 2014 l’obiettivo è arrivare al 31,6%, per poi tirare dritti l’anno dopo
verso, o anche oltre, la “soglia psicologica” del 40%. Per farcela bisogna avere
dalla parte del “cambiamento” - ed è questo il target ritenuto plausibile -
grosso modo la metà dei cittadini. L’operazione “umido” è partita ufficialmente
ieri, quando l’assessore all’Ambiente Umberto Laureni - con il direttore
generale e il capo della divisione Ambiente della multiutility, Roberto
Gasparetto e Paolo Dal Maso - ha “chiamato” una conferenza stampa in Municipio
per illustrarne contenuti e tempi. Ne è uscito - bando ai fraintendimenti - un
piano di guerra. Non è un mistero che il decollo della cultura della
differenziata non solo è una crociata di Laureni, ma altrove è già vanto
dichiarato del colosso Hera. Qui a Trieste ci vuole un cambio di passo, di
mentalità. Serve insomma che un triestino “impari” a uscire al mattino di casa
con un sacchetto di differenziata per volta (un giorno il vetro, l’altro
l’umido...) così come gli viene automatico lavarsi i denti. Pertanto, alla
stregua di quanto era avvenuto per la differenziata ingombrante a punti, la
prima cosa è informare. Da oggi, venerdì 6 giugno, inizieranno a essere
recapitate circa 130mila “buste” in cui i cittadini troveranno le varie
istruzioni per l’uso (esempio, per raccogliere bucce di banana e fondi di caffè
si possono utilizzare i sacchetti dei supermercati, tutti biodegradabili per
legge). Già perché l’inizio della “fase Forsu” è questione di giorni. Non
dappertutto, ma a scacchiera. Saranno posati alla fine 3.200 contenitori da 240
litri color antracite con il coperchio marrone: 2.700 quest’anno e gli ultimi
500 il prossimo, in centro città, là dove la sistemazione e l’adeguamento (e al
caso lo spostamento) delle isole ecologiche complete di “bottino” per l’umido
risulta più complessa. Esiste una road map precisissima, da far impressione:
racconta che, per lo meno gli abitanti di Borgo San Sergio e Poggi Paese,
avranno a disposizione i nuovi contenitori già da lunedì 16 giugno. Poi, a tappe
appunto, sarà la volta degli altri quartieri (eccezion fatta per una parte del
centro storico, a regime dal 2015). Contestualmente, spariranno un po’ ovunque,
tra luglio e inizio 2014, 800 cassonetti “isolati” da 240 a 1.100 litri per
l’indifferenziata: saranno sostituiti per pari volumi da una serie di cassonetti
più grandi, da 3.200 litri, ricompresi nelle isole ecologiche per incentivare e
stimolare la differenziata. Della serie: a qualcuno potrà capitare di dover fare
venti metri in più (o anche di meno) prima di mollare il suo sacchetto di
“scovazze”. È il prezzo della civiltà.
Piero Rauber
In AcegasAps nasce un settore specifico: venti addetti per il servizio
L’umido differenziato fa nascere un piccolo “settore” operativo in seno ad Acegas: venti addetti, fa sapere la multiutility, saranno impiegati in un servizio a sé che contemplerà, fra le altre cose, tre turni giornalieri di raccolta. Da un’isola ecologica il ritiro del rifiuto “speciale” avverrà quindi di media tre volte a settimana con otto nuovi mezzi, e poi via verso la “stazione” intermedia di via Querini, in zona Canale navigabile, dove una batteria di elettrocompattatori preparerà i “cubetti” che poi partiranno , con due autotreni al giorno, alla volta dell’impianto di recupero di Maniago. Qui le “scovazze” Forsu saranno in parte trasformate in biogas, quindi in energia elettrica, e in parte in compost, in fertilizzante per terriccio. Da una tonnellata di scarti da cucina - scrive una nota di Acegas - si ricavano 100 metri cubi di biogas, con cui si producono 200 kWh, e 400 chili di compost.
(pi.ra.)
I COSTI - Investito oltre un milione di euro
Per l’operazione “raccolta dell’umido” sono stati spesi un milione e 316mila
euro. «Abbiamo approfittato dell’occasione – ha spiegato il responsabile della
divisione Ambiente dell'Acegas Aps, Paolo Dal Maso - per una revisione di tutti
i cassonetti». Ma nel corso della seduta della commissione Trasparenza, che ha
preceduto la conferenza stampa di ieri, sono state numerose le critiche. Stefano
Patuanelli, consigliere di M5S, ha confermato perplessità «sui costi sostenuti e
sulla qualità del servizio che sarà offerto ai cittadini. Il Comune è comunque
in ritardo di sei mesi nella predisposizione del Pef rifiuti». I dirigenti del
Comune presenti hanno assicurato che «la rendicontazione del Pef 2014 è in
dirittura d'arrivo», ma Franco Bandelli (Un’altra Trieste) ha provocatoriamente
chiesto come mai «sui colori dei cassonetti, a differenza degli ombrelloni del
dehors, la Soprintendenza non ha avuto niente da ridire?». Da Everest Bertoli (Fi)
riserve «perché i triestini sono stati tartassati lo scorso anno con la Tarsu,
che ha portato nelle casse del Comune una trentina di milioni, mentre il Pef
nasce solo oggi». Marino Sossi (Sel) ha auspicato che «siano mantenuti i livelli
occupazionali all’interno di AcegasAps, come promesso all’epoca della sua
privatizzazione. Non vorremmo che si ricorresse con troppa disinvoltura
all'esternalizzazione dei vari servizi». Sul punto Dal Maso ha assicurato che
«esiste un limite fissato per contratto, in base al quale non si può superare la
soglia del 5% del totale per quanto concerne le mansioni svolte da operatori di
cooperative esterne o simili». La presidente della commissione Manuela Declich
ha ricordato «le forti lamentele dei commercianti sul costo della Tarsu».
Ugo Salvini
«Nel Nord Italia Trieste arriva ultima»
Dall’azione volontaria di grandi utenze e pubblici esercizi si passa
all’obbligo. Laureni: niente più alibi
Lo sapevate che altrove - a differenza del nostro “Comune” - l’umido
differenziato è già una pratica “comune”? «Trieste è l’unica città del Nord
Italia dove non c’era (perché ora sta per partire, ndr) una raccolta massiccia
dell’umido organico, dato che finora valeva per grandi utenze e pubblici
esercizi che avevano aderito in forma volontaria. Adesso diventa un obbligo per
tutti». Parola del capo della divisione Ambiente di Acegas Paolo Dal Maso,
intervenuto ieri a una conferenza stampa che ha lanciato segnali, per così dire,
perentori. Lo stesso assessore all’Ambiente Umberto Laureni è stato, come da
abitudine, inequivoco. «La città - ha detto - ora non ha più alibi. Tutto ciò
che è differenziabile si può differenziare. Vogliamo arrivare almeno al 40% di
differenziata entro la fine del 2015». Percentuale, questa, che a sua volta il
direttore generale di AcegasAps, Roberto Gasparetto, ha definito comunque
«assolutamente intermedia. Nelle città servite da Hera la quota di recupero dei
rifiuti già oggi supera quella di smaltimento, ne consegue che pure qui dobbiamo
puntare ad almeno il 50% di differenziata, per trasformare pure Trieste in città
dove il recupero dei rifiuti prevale sul puro smaltimento». E in effetti la
lettera che accompagna le 130mila “buste” con le istruzioni per l’uso contiene
anche una lettera, a firma di Roberto Cosolini e della presidente della
Provincia Maria Teresa Bassa Poropat, in cui sta scritto proprio che «la
raccolta degli scarti di cucina è una tappa fondamentale per avvicinarci al 65%
di raccolta differenziata, obiettivo che le due amministrazioni (Comune e
Provincia stessa, tra le cui competenze finché esiste c’è pure il coordinamento
della gestione ambientale d’area vasta, ndr) hanno condiviso». Gasparetto e Dal
Maso, a questo proposito, hanno mirato al cuore storico di Hera, tipo Rimini e
Modena, dove la differenziata oggi arriva al 60% e al 58%. Ma non solo a quello,
pure all’altra “sponda” di AcegasAps: se l’obiettivo a regime di Trieste sono
10.300 tonnellate l’anno di umido, Padova attualmente ne fa 12mila. Solo che a
Padova, con l’umido, hanno cominciato all’inizio degli anni Duemila. Ma allora
noi dove eravamo fino a ieri? «Guardiamo al futuro, ricordandoci la morfologia e
la storia complessa di Trieste dove negli anni Settanta gli inceneritori erano
stati salutati come la soluzione al problema delle discariche sul Carso», la
risposta di Laureni. «Chi ha dato ha dato, chi ha avuto ha avuto», la battuta
finale di Gasparetto.
(pi.ra.)
Il mondo economico vuole una Ferrovia a livello europeo
- INTERVENTO DI Luigi Bianchi
Ferrovie, continuità o ricostruzione? La preoccupante deriva della rotaia
italiana non può essere attribuita ad un solo capro espiatorio. L’isolamento
dell’Italia ferroviaria dall’Europa ha invece molti padri ed ha una matrice
tutta politica. È ingeneroso scaricate tutte le responsabilità sul ferroviere
“risanatore” che viene dalla gavetta, nominato da Prodi per salvare le Ferrovie
dello Stato (malridotte da una gestione manageriale di stile privatistico, senza
lacci e lacciuoli, ma lontana dalle problematiche di logistica e mobilità
europee), e che successivamente ha dovuto attuare le direttive di Berlusconi (il
cui dicastero dei trasporti, in pratica diretto da Tremonti, ha sperimentato
anche nelle FS la dottrina dei tagli lineari senza sviluppo e della finanza
creativa che non si preoccupa della produzione), alla base dei guasti procurati
non solo alle ferrovie ma a tutta l’economia nazionale. Mauro Moretti, dopo un
ministro come Bersani che si occupò seriamente del Piano generale dei trasporti
in una logica europea, si è trovato un Matteoli preoccupato solamente di
promuovere il Ponte sullo Stretto di Messina (considerato prioritario rispetto
anche ai quattro Corridoi europei che interessano l’Italia, promossi dall’Unione
Europea) e da un Castelli, convinto che il trasporto delle merci per ferrovia è
ormai superato e risolutivo è solo il camion. Il vertice delle Ferrovie italiane
si è incaricato di portare a termine un processo che però non è iniziato con
Berlusconi. Il vero inizio della deriva va attribuito a Burlando, quando
interruppe bruscamente il piano Pinna di fare delle ferrovie un’impresa
orientata al mercato: Giuseppe Pinna aveva portato a compimento il progetto di
Mauro Ferretti, impostato nel 1970, di una rete di vendita capillare con agenzie
commerciali in tutte le regioni italiane e con rappresentanze commerciali
all’estero (Parigi, Bruxelles, Berna, Monaco di Baviera, Vienna), aveva
predisposto il programma per il pieno sfruttamento della nuova ferrovia
Pontebbana Venezia – Udine - Tarvisio (la più moderna linea di valico
dell’Italia) che avrebbe consentito di alleggerire la linea del Brennero per
affrontare nuovi traffici. Chi venne incaricato di sostituire Pinna alla
direzione commerciale merci delle FS esordì affermando che le Ferrovie non erano
in grado di affrontare la domanda di trasporto e pertanto andava ridimensionata
l’offerta, anticipando il sapiente pensiero di Castelli, in pratica decretando
la morte dell’impresa orientata al mercato per riesumare quella orientata alla
sola produzione. Non a caso scompare il servizio commerciale capillare, in
Italia e all’estero, per fare posto a una miriade di società e di partecipate
completamente accentrate e lontane dai clienti reali e potenziali. Con la
promozione di Moretti e l’affermazione di Renzi nelle ultime consultazioni è
auspicabile che si apra per le Ferrovie italiane la stagione del ritorno
all’impresa orientata al mercato di Mauro Ferretti e di Giuseppe Pinna,
obiettivo che passa per l’attuazione delle direttive comunitarie in tema di
liberalizzazione dei trasporti. L’economia nazionale, al posto del mostro Fsi,
con il coacervo di partecipate sempre più lontane dalla missione affidata nel
1905 alle Fs “Trasporto di persone e cose”, ha bisogno di: un’Azienda autonoma
per la gestione di tutta la rete ferroviaria nazionale, in cui siano ricondotte
tutte le attività di carattere infrastrutturale: il Paese deve garantire, con il
suo monopolio naturale, una rete ferroviaria che offra parità di trattamento a
tutte le imprese di trasporto abilitate (pubbliche e private, nazionali ed
estere) e che non può che essere pubblica; un’ impresa di trasporto, in cui
siano ricostruite tutte le attività commerciali, che operi in una logica
intermodale e sia in grado di fornire offerte competitive in tutti i segmenti di
mercato – merci e viaggiatori - nazionali ed esteri; strumenti che vanno
svincolati dalla regia unica, retaggio di un monopolio anacronistico. Governo e
Ministro non possono eludere questa necessità. Il mondo economico si aspetta da
molto tempo la ricostruzione di una Ferrovia a livello europeo.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 5 giugno 2014
Prg, Paoletti chiede al Comune «meno vincoli e più certezze»
Incontro alla Confcommercio tra Cosolini e Marchigiani e le categorie che vogliono uno strumento per favorire gli investimenti.
Il sindaco a Padovan: «L’urbanistica su richiesta porta al Coroneo»
Confcommercio convoca sindaco e assessore alla Pianificazione di buon mattino per un pubblico “civile” processo al Piano regolatore e il presidente della Camera di commercio Antonio Paoletti chiede subito le caratteristiche preferite dalle categorie: che lo strumento urbanistico consenta investimenti e cambiamenti veloci, flessibili. Il suo vice Manlio Romanelli che ha seguito i lavori di consultazione sul Prg per le categorie incalza: «Meno vincoli, più certezze». Ma poi in due ore serrate la saletta si riempie soprattutto di «problemi vecchi come il cucco», così li ha definiti Cosolini, e cioé la perenne rissa se aprire l’Ezit al commercio (e di quale tipo), e come inglobare nel disegno della città un Porto vecchio di cui l’Autorità portuale ha appena chiuso le porte, «che è come se per ogni buca in strada, per motivi di sicurezza, io chiudessi il transito» ha detto il sindaco definendo i lucchetti «simbolo di una distanza e separatezza dalla città». Ma il permesso di costruire pontili a Barcola piace anche a Confcommercio. Le piste ciclabili vengono apprezzate. La mobilità sostenibile è accolta. Interessa agli operatori economici l’idea innovativa dei “crediti” edilizi che si potranno acquisire modificando in senso energetico case e zone dove la densità di cemento non è più aumentabile, spendendo quel tesoretto di metri cubi dove invece il Prg lo consentirà. In casa dei commercianti però è il commercio il terreno più scivoloso. Cosolini ha usato termini duri per Ezit che vuole accogliere investitori-venditori e per il concessionario Fabio Padovan che accusando il Comune di “protezionismo” vorrebbe vendere a fondi d’investimento che bussano per aprire fori commerciali in area industriale: «L’urbanistica su richiesta porta direttamente in Foro Ulpiano o anche più in su (tribunale e carcere, ndr), mentre se l’Ezit vuole liberalizzare l’area prima di tutto chieda il proprio scioglimento, perché annulla la sua stessa ragion d’essere». Alla fine l’assessore Elena Marchigiani, dal tono prudentemente flessibile su tutti i temi, ha avuto uno scatto: «Ma se chiudono i centri commerciali in città perché estendere commercio generico in zone distanti dal centro e dai rioni, che morirebbero, e dove vive popolazione anziana che in Ezit non arriverebbe?». Marchigiani ha invitato l’Ezit a cercare piuttosto aziende innovative da insediare, nell’unica zona produttiva della città. E Paoletti si è detto completamente d’accordo. Accordo e disaccordo in continuo zig-zag su questo argomento. E Cosolini si è fortemente smarcato anche dalle accuse di aver sfavorito certe aree di città, dove per esempio Godina sta chiudendo. «L’ente pubblico non può dire a nessuno dove deve comprare che cosa, sarebbe da Nord Corea. È il mercato che comanda». Ma in Ezit deve essere “moderato”, anche perché «liberalizzare completamente, se mai le categorie economiche trovassero un accordo in tal senso - ha proseguito il sindaco - significa far schizzare i prezzi dei terreni molto in alto, «sfavorendo l’industria e l’artigianato». Fra tante ombre, e con un Ezit sottoposto due o tre piani urbanistici assieme, «il Comune ha di fatto confermato la situazione che c’è ora». Commercio senza alimentari e senza abbigliamento, solo nella zona di cerniera su via Flavia. Il più deluso, però, è stato Roberto Bettin, responsabile dei “Centri in via”. «Una lettera al sindaco, con cui chiediamo quanto prima la pedonalizzazione di via Mazzini e via Imbriani». Non si può fare. Piano del traffico frenato dal patto di stabilità. Cosolini: «Per pedonalizzare via Mazzini dovremmo aver realizzato tutti i nuovi sensi di marcia attorno. Ma ci è impedito di spendere per farlo. E mentre si avvicina la gara per il trasporto pubblico locale, né Trieste trasporti né Provincia vogliono sentir parlare di cambiamenti nel tragitto degli autobus».
Gabriella Ziani
«Piste ciclabili per attrarre turismo europeo»
Ma gli operatori sollecitano sui paletti per le case “di pregio” e sulla
sede dell’ortofrutticolo
«L’ultimo Piano regolatore risale al 1997, quando c’era ancora il Muro di
Berlino e chi parlava di città turistica sembrava un visionario. Ora vogliamo
fare le piste ciclabili non perché andare in bicicletta su per via Commerciale,
ma perché la ciclabilità di un luogo determina l’interesse o meno di larghe
fette di turismo europeo. Abbiamo concesso la costruzione di pontili a Barcola
perché su quelle terrazze si possono anche bar e ristoranti: su tutta la costa a
Trieste c’è un solo posto dove si può mangiare in riva al mare. Il resto sono
parcheggi e club nautici». Parcheggi in area di demanio portuale, peraltro, che
l’Autorità portuale ha rifiutato di stringere e così la pista ciclabile lungo le
Rive è saltata. Cosolini e Marchigiani spiegano a Confcommercio i pregi del
disegno urbanistico e vengono punzecchiati non solo su Ezit. Ma sull’ampliamento
del perimetro del centro storico («più vincoli?»), sulla classificazione
“d’interesse” e “di pregio” con cui sono state configurate ville e residenze, e
le belle case Ater di cui Trieste è ricca («dovrà intervenire la
Soprintendenza?»). Marchigiani: «È solo la nostra indicazione,quelle case vanno
mantenute, mentre in cambio si segnalano case e interi quartieri che si possono
abbattere e rifare». Infine è la nuova destinazione del mercato ortofrutticolo
in via Brigata Casale a turbare i vertici di Confcommercio. La destinazione non
è stata ancora scritta nel piano. «Stiamo lasciando gli edifici in affitto per
risparmiare - ha spiegato il sindaco - e dopo una ricognizione via Brigata
Casale è risultato il luogo adatto, anche raggiungibile dai cittadini. Al
“Gattile” troveremo una sede adatta, l’ho promesso. E i camper, che finora si
lamentavano di non avere una presa d’acqua, avranno un parcheggio con l’acqua. O
vogliono lamentarsi comunque?». Anche qui, come un destino, è tornata in campo
l’Ezit: «Perché non l’ortofrutticolo all’Ezit? Avremmo dovuto comprare un
capannone, e bonificare l’area». E spendere è proprio la voce proibita. Per
questo è meglio incassare: «L’area di Campo Marzio - ancora Cosolini - porterà
20-25 milioni, ed entrando “in conto capitale” sono soldi che potranno essere
spesi, mentre adesso abbiamo ancora 38 milioni disponibili ma bloccati per
legge, e siamo due volte beffati dal patto di stabilità: lo Stato proibisce di
spendere anche soldi dati dallo Stato stesso per progetti precisi, se non spesi
però lo Stato se li fa ridare. E a quel punto ancora lo Stato ce li addebita
come superamento del patto di stabilità». Uno direbbe: è la logica di “Comma
22”.
(g. z.)
Via Donizetti pedonale: finito l’intervento per
rilanciare la zona
Molto gradita l’operazione del Comune dalla Comunità ebraica. Nuove
iniziative all’aperto del Caffè San Marco
Via Donizetti nuova isola pedonale. Il primo passo attuativo del Piano del
traffico griffato Cosolini-Marchigiani è stato compiuto. Paletti sui due
versanti - lato via Battisti e dalla parte di via San Francesco - a chiudere
ogni possibile accesso ai mezzi e segnaletica verticale che battezza il tratto
secondo il suo nuovo status di “area pedonale”. Così appare ora via Donizetti,
anche «con una vista sulla Sinagoga che adesso è pienamente godibile - mette in
evidenza l’assessore comunale alla Pianificazione urbana, Elena Marchigiani -.
Su future asfaltature e migliorie, ragioneremo. Sono state inoltre riposizionate
le aree di carico e scarico merce su via San Francesco e via Battisti, e
realizzati nuovi stalli per il parcheggio delle automobili delle persone
disabili». La fase attuativa del Pgtu continuerà, senza pause, con il primo
capitolo di interventi: «Partiremo al più tardi all’inizio della prossima
settimana con via delle Erbette e via della Sorgente - riprende Marchigiani -.
In quella dopo, meteo permettendo, toccherà alla parte alta di via Foschiatti».
E sempre in applicazione dei Piani di dettaglio, «verso il 20 giugno a via del
Toro e via Nordio. Dopo, nell’ultima settimana del mese, a via Torrebianca, e
all’inizio di luglio a via Trenta Ottobre da piazza Oberdan verso piazza
Sant’Antonio. Questo programma - conclude l’assessore - dovrebbe essere ultimato
entro metà luglio». Intanto, la pedonalizzazione di via Donizetti viene salutata
con soddisfazione dal gestore dello storico Caffè San Marco, Alexandros
Delithanassis: «Finalmente, dopo anni, una raccolte di mille firme portata
avanti dai vecchi gestori assieme a un vicino negozio, e i sopralluoghi della
precedente amministrazione, la via è chiusa. Grazie all’assessore Marchigiani.
Siamo entusiasti anche del fatto che la Sinagoga venga “riqualificata”: la
facciata principale è proprio quella che dà su via Donizetti». L’auspicio di
Delithanassis è che la nuova area pedonale possa servire da «volano per
rivalorizzare l’intera zona. In via Battisti hanno chiuso infatti tanti esercizi
commerciali». Il Caffè San Marco (che si trova proprio all’angolo con via
Battisti) si accinge a sfruttare subito il rinnovato assetto del tratto con
«concerti, dal jazz alla musica classica, presentazioni di libri all’aperto, e
pianoforte», spiega il gestore. Il cambiamento è gradito pure alla Comunità
ebraica di Trieste: «Senz’altro ci fa piacere - le parole del presidente della
Comunità, Alessandro Salonicchio -, anche se la richiesta non era partita da
noi. Speriamo ora sia valorizzata la zona intera per farne un bacino culturale
cittadino. Dal nostro punto di vista non possiamo che essere soddisfatti anche
per quanto riguarda una migliore tutela della sicurezza del luogo di culto».
Matteo Unterweger
I lavori di scavo della via per il bacino di Monfalcone
non offrono garanzie ambientali
Secondo “no” del Comune al progetto del canale
DUINO AURISINA Era un “no” a settembre e resta un “no”, otto mesi dopo, a
giugno. La seconda commissione consiliare di Duino Aurisina, presieduta da
Maurizio Rozza, ha reiterato ieri mattina il parere negativo - “fino al
superamento delle residue criticità evidenziate” - allo Studio di impatto
ambientale sui lavori di approfondimento del canale di accesso e del bacino di
evoluzione del porto monfalconese. Nel dettaglio l'organismo (presenti i
consiglieri Gotter, Humar, Kobau, Pallotta, Ulcigrai e Ret) ha preso in esame i
36 punti oggetto delle integrazioni predisposte, su sollecito del ministero
dell'Ambiente, dal proponente del progetto, cioè il Consorzio per lo sviluppo
industriale, e formulato il parere. Diversi gli aspetti contestati da Rozza
nella sua relazione: dall'assenza di garanzie economiche in caso di danni alle
mitilicolture fino alla necessità di predisporre monitoraggi dell'aria. La
commissione ha nuovamente espresso preoccupazione per il mancato coinvolgimento
delle rappresentanze di itticoltori e del turismo costiero. Quindi si è
rimarcata la necessità di attuare un “monitoraggio dell'aria sui siti di
stoccaggio”. Per quanto riguarda il tratto prospiciente la costa del Comune,
comprensivo anche della Riserva regionale delle Falesie e del previsto Parco del
Timavo, la commissione ha reiterato con forza “la richiesta che – anche alla
luce dei preoccupanti dati di contaminazione da mercurio rilevati nei sondaggi –
su tutto il tratto e in tutto il periodo di escavazione siano utilizzate
attrezzature e metodologie allo stato dell'arte per limitare la dispersione di
inquinanti e fanghi”. L'approfondimento va realizzato con “esclusivo utilizzo di
sistemi aspiranti delle migliori tecnologie”, ciò per evitare la dispersione di
sedimenti anche della più fine granulometria. Inoltre, come sottolineato da
Rozza, “il cronoprogramma dei lavori va redatto tenendo conto delle correnti
prevalenti e del ciclo delle maree, fermando l'attività nei periodi di maggior
rischio di dispersione fanghi”. A tutela della riproduzione dei mitili – come
del resto previsto anche dal Consorzio – deve sospendersi l'escavo tra giugno e
ottobre. E sempre alla luce di una tale tutela, per il Comune, vanno “date
preventivamente garanzie fideiussorie a copertura di eventuali danni a
maricoltura, pesca e turismo costiero”. Infine la commissione ha rilevato come
sia stata “nuovamente ignorata la presenza di due distinte Iba (Important bird
areas)”, e dunque gli impatti potenziali, nell'area interessata da dragaggi e
stoccaggio. «Pur non impattando direttamente sul territorio comunale – così la
seconda commissione - si ritiene che la previsione di usare parte del grande
canneto del Lisert quale punto di stoccaggio dei fanghi possa creare impatti
indiretti sulla qualità degli habitat». Alla luce delle perplessità, pur
esprimendo soddisfazione per il superamento dei precedenti rilievi e ribadendo
la valenza strategica dell'intervento sul canale di Monfalcone, la Seconda
commissione ha reiterato il parere negativo allo studio. Ora il documento sarà
fatto proprio dalla giunta e inviato dalla Regione. Toccherà poi al Ministero
concludere l'istruttoria e pronunciarsi sul progetto dell'escavo.
Tiziana Carpinelli
Krsko supera l’esame e si assicura dieci anni di
attività
BELGRADO Krsko, esame superato, si va avanti. La centrale slovena ha passato
l’obbligatorio «secondo test periodico di sicurezza», un’indagine «intensa»
durata la bellezza di «tre anni». La pagella è stata resa pubblica dall’Agenzia
per la sicurezza nucleare slovena (Ursjv), che ha specificato che l’ispezione ha
riguardato «tutti i rilevanti aspetti di sicurezza» dell’impianto nucleare, nel
rispetto «degli standard internazionali e delle best practice» mondiali. Krsko è
stata esaminata da «decina di esperti di centrali nucleari», hanno illustrato le
autorità slovene, che hanno prodotto poi rapporti e analisi «vagliate da un
gruppo internazionale di esperti indipendenti». E come dieci anni fa, anno
dell’ultimo controllo periodico, anche questa volta l’Ursjv ha dato il suo
beneplacito a Krsko, condizione necessaria per la centrale per mantenere la
licenza di operazione. Beneplacito che include anche una serie di «esami
addizionali» e di «altri migliorie» che i gestori dell’impianto dovranno
eseguire «nei prossimi cinque anni». Secondo quanto ha specificato sempre l’Ursjv,
l’ultimo test periodico di sicurezza è stato messo in agenda contemporaneamente
agli «intensi sviluppi» seguiti a Fukushima, nel 2011. Proprio dopo il disastro
della centrale nucleare giapponese, Krsko «ha condotto stress-test» per
verificarne la resistenza a «incidenti gravi». Il prossimo esame periodico, il
terzo, è previsto tra dieci anni. Il «superamento con successo» anche di questa
verifica «sarà una delle condizione per l’estensione della durata operativa»
della centrale. Centrale che serve sia la Slovenia sia la Croazia, Paesi
coproprietari dell’impianto, e che fu collegata alla rete nel lontano 1983. Lo
scorso ottobre, durante operazioni di manutenzione, era stata accertata
un’avaria a tre barre di combustibile. Dopo un mese e mezzo di stop e il
miglioramento dei sistemi di sicurezza, Krsko aveva poi ripreso a lavorare a
pieno regime.
(s.g.)
Il petrolio adriatico “offerto” a Obama
Josipovi„ a colloquio con il presidente Usa sottolinea le potenzialità
dei giacimenti sottomarini in chiave antirussa
BELGRADO Prima una lunga intervista alla Cnn, concessa già nel marzo dello
scorso anno. Poi, a inizio maggio, il viaggio negli Stati Uniti, con tappa in
Texas per partecipare a un forum sull’energia. Infine, una chiacchierata
informale a Varsavia, martedì sera, con il presidente americano Barack Obama,
compagno di tavolata alla cena dei leader europei intervenuti a celebrare i 25
anni delle prime libere elezioni in Polonia. Sono sempre più frequenti le
strizzatine d’occhio all’indirizzo di Washington del presidente croato, Ivo
Josipovic, in prima fila per promuovere la Croazia come futura “mini potenza”
energetica grazie ai giacimenti di gas e petrolio che custodirebbe l’Adriatico.
Josipovic che, ieri, ha postato sul proprio profilo Facebook una grande foto
della stretta di mano con l’omologo americano, sorridente mentre osserva il
politico più amato e rispettato, secondo tutti i sondaggi, del 28esimo membro
Ue. Josipovic che, alla cena polacca, ha preso la palla al balzo per «informare»
Obama «del potenziale della Croazia in termini di energia e sicurezza
energetica», ha specificato una nota di Zagabria. «Appena ci siamo seduti a
tavola - ha raccontato lo stesso Josipovic - ho avuto l’onore e l’opportunità di
parlare con il presidente Obama, seduto accanto a me». «Abbiamo discusso alcuni
temi particolari e io ho posto l’accento su quello dell’energia», le sue parole.
«In cooperazione con altri» - perché no, proprio con gli Usa - «la Croazia può
contribuire alla diversificazione delle fonti di approvvigionamento» del Vecchio
continente, ha ribadito il presidente croato, sottolineando come l’oro nero e il
gas di Zagabria potrebbero garantire «l’indipendenza energetica all’Europa
centrale e orientale», tra le aree più delicate e più a rischio a causa della
crisi ucraina e del problematico «monopolio della Russia» sui mercati europei.
Non è dato conoscere la reazione del presidente Usa alle parole di Josipovic, ma
è chiaro che la Croazia guarda verso ovest, anche verso l’America, per trovare
partner – Exxon e Shell in testa - interessati all’esplorazione dei 29 blocchi
di esplorazione in cui Zagabria ha suddiviso l’Adriatico. Obiettivo della
Croazia, da sei anni in recessione, quello di incassare già nei primi cinque
anni almeno 2,5 miliardi di dollari dalle attività di esplorazione, fortemente
criticate dagli ambientalisti. Neppure i problemi sulla demarcazione dei confini
– a Nord con la Slovenia, a sud, nella penisola di Prevlaka, con il Montenegro –
devono fermare la corsa all’oro nero e al gas. «Faremo di tutto affinché
l’esplorazione inizi al più presto», ha dichiarato il premier Milanovic durante
l’incontro di lunedì con l’omologo montenegrino Milo Djukanovic. Sarebbe
«irresponsabile» che per vecchi attriti si bloccasse lo sviluppo economico di
Podgorica e Zagabria, gli ha fatto eco l’inossidabile Milo. Parole che fanno
intuire quanto valore si attribuisca al tesoro nascosto nei fondali adriatici.
Stefano Giantin
Transalpina, la tratta bloccata è una porta chiusa per
Trieste - L’INTERVENTO DI Mauro Galgaro
Ho appreso con preoccupazione che la linea ferroviaria Campo Marzio – Villa
Opicina, tratta italiana della gloriosa linea Transalpina da Campo Marzio a
Villaco, via Nova Gorica- Jesenice, viene “temporaneamente” chiusa per assenza
di manutenzione. Tutti sappiamo che è l’anticamera della dismissione. Non si sa
quali lavori dovrebbero essere fatti e quanto dovrebbero costare e nessun perito
di fiducia dei cittadini ha visionato i lavori da fare. Per quanto ne sappiamo,
un secchio di malta potrebbe risolvere il problema. Un’opera meravigliosa frutto
dell’ingegno di menti eccelse, costata tempo, denaro e fatica, viene così
destinata all’oblio. Ma accadeva un secolo fa; appunto... Ogni giorno un pezzo
di Trieste viene smantellato. È l’unico collegamento del Museo Ferroviario, che
viene così isolato e impossibilitato a organizzare treni storici. Si sottovaluta
il fatto che in caso di interruzione della galleria sotterranea di
circonvallazione, questa tratta sarebbe l’unico collegamento ferroviario del
porto. Non si tiene conto che il tempo di percorrenza della linea è di 15
minuti, molti meno dell’autobus e del tram (del quale comunque festeggiamo
l’imminente ripresa della sua attività!) e collegherebbe il centro con il Carso
sia per il servizio pendolari durante la settimana (dov’è finito il progetto
della metropolitana leggera?) che per il turismo locale e non, nel week end. Il
treno può essere adibito al trasporto biciclette meglio del tram e potrebbe
essere utilizzato sia da chi va in Carso sia da chi viene in centro, che
troverebbe fuori dalla stazione di Campo Marzio la progettata pista ciclabile
che si andrebbe a collegare con il tracciato della Val Rosandra, similmente alla
ferrovia del Val Pusteria che tanto successo riscuote fra i cicloturisti.
D’estate i turisti troverebbero invece a pochi passi due stabilimenti balneari
per passare la giornata al mare da noi. Lungo la linea, oltre a Opicina,
troviamo Monrupino, Duttogliano, Stanjel, dove si potrebbeo organizzare delle
manifestazioni culturali enogastronomiche per proporre i prodotti locali: eventi
che, se adeguatamente promossi, potrebbero vedere anche la partecipazione di
turisti d’oltralpe, che tanto apprezzano i treni storici e la gastronomia di
queste latitudini. Ma non solo: si potrebbe pensare di coinvolgere allo stesso
modo anche l’Istria con la sua bella e sottoutilizzata linea che da Erpelle va
fino a Pinguente, Pisino e Pola. Sarebbe auspicabile che qualche imprenditore
volonteroso e capace (ma dove sono?) valutasse la possibilità di acquisire la
linea Campo Marzio – Villa Opicina e, in collaborazione con il Museo Ferroviario
e magari coinvolgendo sapientemente qualche sponsor privato, far muovere dei
treni per queste finalità. Sicuramente ci sarebbe la possibilità di usufruire
anche di finanziamenti europei per i collegamenti transfrontalieri. C’è una
compagnia ferroviaria austriaca che organizza viaggi con costosi ma affollati
treni storici in tutta Europa: per venire a Trieste devono utilizzare il
pullman... Si parla di un nuovo collegamento di Trieste con Divaccia lungo il
corridoio pan-europeo dell’alta velocità. A parte che il progetto sembra essere
messo in secondo piano rispetto ad altri più urgenti, l’opera sarebbe faraonica,
costosissima e farebbe guadagnare ai convogli pochi minuti rispetto alle linee
preesistenti. Perché non si riapre al traffico passeggeri verso la Slovenia la
stazione di Campo Marzio? I treni sloveni che adesso si fermano a Villa Opicina,
potrebbero scendere facilmente fino in centro città in pochi minuti. Anche
nell’ottica di collegare Trieste al nord-est Europa, Vienna, Praga,Varsavia,
Zagabria, Budapest, dalle quali oggi Trieste è totalmente scollegata. Vogliamo
diventare una città che attrae turismo da tutta Europa e non abbiamo un treno,
dico uno!, internazionale. Mentre per Udine transitano giornalmente ben tre
treni per Vienna e uno per Monaco, più i treni transfrontalieri finanziati dalla
Regione. Il corridoio Baltico-Adriatico (Villaco-Udine-Venezia), oggi tanto in
voga e tanto promosso dalla Regione, da una parte protegge il porto di Trieste a
scapito di Capodistria, ma dall’altra taglia fuori la città dal traffico
passeggeri a vantaggio di Udine. Vogliamo capire che senza una buona relazione
con la Slovenia, Trieste rimarrà sempre isolata dal mondo? Oltre a ciò, Trieste
sconta l’ostilità delle Ferrovie e i conseguenti rapporti tesi con le
amministrazioni locali. Possibile che, adesso che sono cambiati i vertici delle
Ferrovie, non ci sia modo di instaurare buoni rapporti diplomatici? Firmate per
la Transalpina! (al Museo Ferroviario, 5 Star Travel, Lint Editoriale, Cammina
Trieste)
Torna Bioest, la natura è protagonista
Sabato e domenica dalle 9 alle 22, con 180 espositori, l’edizione
battezzata “Seminiamo la città”
Natura in vetrina, biodiversità e ambiente alla ribalta, anzi in piazza. È
quanto caratterizza il cartellone di “Bioest 2014”, manifestazione in programma
in Piazza Sant’Antonio nelle giornate di sabato 7 e domenica 8 giugno, dalle 9
alle 22, il festival annuale delle tematiche che riguardano l’agricoltura
biologica, l’artigianato ecocompatibile, il commercio equosolidale, le frontiere
salutiste del cibo, della biodinamica e della cultura animalista. Varie nicchie,
molti spunti e un titolo ideato per l’edizione 2014 - ovvero “Seminiamo la
città” - termine emblematico per riassumere e ribadire il manifesto
cultural/ambientalista proposto dalla sigla organizzatrice, l’Associazione
Bioest - Gruppo Ecologista Naturista di Trieste, coadiuvata nell’allestimento
dal Comune di Trieste, assessorato allo Sviluppo e Attività Economiche. Fiera,
mercato e teatro di intenti. Bioest riformula il suo progetto pubblico con
un’edizione sulla carta arricchita rispetto alle precedenti annate, ampliando in
tal modo il quadro degli appuntamenti, anche quelli collaterali rispetto alla
fase di mercato, grazie a conferenze, laboratori, animazione, mostre,
dimostrazioni, o di canali verso alcuni versanti della filosofia e della
spiritualità, anche in chiave marziale, con i tributi al Kung Fu, al Qi Gong,
allo Shiatzu e allo stesso Yoga, voci che troveranno spazio nell’area “Energia
Vitale”. Tanti frammenti quindi, collocati nel sentiero lastricato dalla ricerca
del benessere, condiviso tra cultura e commercio ma rivolto a un diverso
approccio all’alimentazione, alla quotidianità, al rapporto con la natura.
Saranno 180 gli espositori in piazza. Ospiti “eccellenti” e qualche singolare
novità. L’edizione 2014 di Bioest regala anche un intervento dello scrittore
triestino Pino Roveredo, atteso sabato a un momento di letture a tema (alle 17),
giornata che include, tra le varie tappe in programma dal mattino alla sera,
anche la presentazione del libro “Erbe e loro usi nella medicina popolare” (alle
15) a cura di Tiziana Cimolino e di Liubina Debeni Soravito. Domenica i
caroselli collaterali debuttano verso le 11 con lo spettacolo di giocoleria
targato Uisp Trieste e proseguiranno sino in serata a base di musica etnica,
laboratori e conferenze, tra cui l’introduzione al corso di apicoltura della
EcoLab (17) e l’incontro “Cosa e come poter scegliere in pescheria”, con in
cattedra Salvatore Pugliese del Progetto RiGecoS. Non è tutto. La due giorni
verrà inaugurata sabato in piazza Sant’Antonio con apposita cerimonia (alle
10.30) cui prenderà parte il vicesindaco Fabiana Martini. L’intero programma
della manifestazione figura sul sito www.bioest.org, informazioni scrivendo a
info@bioest.org.
Francesco Cardella
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 4 giugno 2014
Il museo “prigioniero” in Porto vecchio
Alla centrale idrodinamica restaurate con fondi europei 4 macchine a
vapore ma con i nuovi divieti chi le vedrà?
Off limits, irrragiungibili o quasi ai triestini e ai turisti. Le drastiche
limitazioni all’accesso del pubblico alla bretella del Porto Vecchio introdotte
di recente dalla presidente dell’Authority Marina Monassi, si ripercuotono sulla
Centrale idrodinamica, sulla appena restaurata sala macchine e sulla
Sottostazione elettrica. Quest’ultima è stata inaugurata ad aprile dopo
un’attesa di almeno sei mesi ed è stata aperta solo per un paio di giorni. Poi
porte sbarrate e silenzio fragoroso sul futuro. Questi tre siti, restaurati con
denaro pubblico per il loro valore a livello di archeologia industriale, ora
sono ostaggi delle drastiche misure di presunta “sicurezza” varate dall’Autorità
portuale senza nemmeno informare la Prefettura. Chi oggi percorre la bretella
che collega Largo Santos al cavalcavia di Barcola, lo fa rischiando le salate
multe previste dal Codice della navigazione. Le procedure di accesso non sono
chiare: ottenere le autorizzazioni appare ferraginoso e inutilmente penalizzante
per chi, come tanti ciclisti e podisti ha eletto quest’area a proprio spazio di
ricreazione e allenamenti. Va aggiunto che parecchi milioni di euro usciti dalle
casse europee per realizzare questi restauri, appaiono spesi in malo modo perché
i musei chiusi al pubblico hanno breve vita. Anche l’impegno dei volontari che
per almeno due anni hanno garantito ogni giorno le visite del pubblico alla
Centrale idrodinamica, appare svuotato, umiliato. Tutto questo accade a pochi
giorni della fine dei lavori di restauro della quattro enormi macchine a vapore
che dal 1891 al 15 giugno 1988 hanno fornito l’energia necessaria alle 100 e più
gru ad acqua del Porto Vecchio. Le macchine “compound” e le caldaie a carbone
che le alimentavano, si offrono in tutta la loro bellezza agli occhi dei
visitatori della Centrale idrodinamica. Acciaio lucido, bruniture perfette,
ottoni che sembrano oro, rame nelle sue variegate sfumature di rosso. Un
risultato che va al di là di ogni aspettativa. Ora nella grande sala che le
ospita assieme a una quinta di minori dimensioni, il profumo di olio rubricante
si mischia a quello delle vernici. L’originale funzionalità è stata ripristinata
a beneficio dei visitatori e degli appassionati di archeologia industriale. Le
bielle, i pistoni, gli assi, i volani della macchina numero 4 dopo una
lunghissima sosta inoperosa valutabile in almeno 35 anni, hanno ripreso a
muoversi e mostrano come funzionava il cuore tecnologico del porto, progettato
alla fine dell’800 dagli ingegneri asburgici della “Danek & Com.” di Praga. I
lavori affidati alle “Officine navali Quaiat” e costati 150 mila euro, sono
stati eseguiti attingendo, come dicevamo, ai Fondi europei per la cultura. Il
finanziamento è stato scovato e fatto arrivare a Trieste dall’architetto
Antonella Caroli, direttore dell’Istituto di cultura marittimo portuale. Sei
anni sono stati necessari perché si compisse l’iter burocratico fra i tanti
palazzi del frammentato potere italiano. Il traguardo è ora raggiunto, le
macchine sono restaurate ma non si sa come le drastiche misure di limitazione
all’accesso alla bretella si ripercuoteranno sulla fruibilità per il pubblico.
Il restauro delle macchine a vapore della Centrale idrodinamica ha il merito di
aver riportato alla ribalta il nome della “Danek & Com.” di Praga. La presenza
di questo costruttore all’inizio dello scorso secolo non si era limitata al
cuore tecnologico del Porto vecchio ma aveva coinvolto anche gli impianti della
Ferriera di Servola. Nel 1905 il consiglio di amministrazione della società
aveva deliberato di costruire un secondo altoforno da 240 tonnellate giornaliere
esclusivamente riservato alla produzione di ferromanganese. Questo altoforno -
come si legge nel volume edito nel 1997 dal Comune di Trieste- “era servito da
una seconda centrale a vapore con otto caldaie, tre macchine soffianti a vapore
orizzontali “Danek”e cinque dinamo”. La macchina venne messa in funzione nel
1906. Ecco le caratteristiche: due cilindri, alta e bassa pressione il vapore
surriscaldato agiva sul cilindro più piccolo ad alta pressione , quindi passava
nel cilindro grande a bassa pressione: infine si scaricava nel camino. Secondo i
tecnici queste macchine orizzontali avevano l’inconveniente di occupare uno
spazio considerevole e anche per questo motivo nel 1912, furono sostituite da un
grande motore a scoppio a quattro cilindri costruito dalla Skoda. “La macchina
della Danek – scrive Aldo Sturari nello stesso volume - era un capolavoro di
ingegneria meccanica , e occupava da sola un capannone. Era lenta nel senso che
non face più di 65 giri al minuto, ma aveva una potenza di compressione molto
alta. Il vapore proveniva dalla vicine caldaie: pistoni bielle e manovelle si
muovevano con un ritmo che si potrebbe dire sinuoso, sembrava che intrecciassero
tra loro una danza”. I macchinisti rabboccavano l’olio contenuto in ampolle di
vetro, anche con la macchina in movimento, accompagnando il ritmo rotatorio con
le braccia”. Questa macchina è stata fatta colpevolmente a pezzi. Al contrario
le sorelle installate 25 anni fa all’interno della Centrale idrodinamica, oggi
sono ritornate in splendida forma.
Claudio Ernè
Incontri sul nuovo Prg con le circoscrizioni
In previsione dell’apertura della fase di osservazioni/opposizioni al Piano
regolatore generale, l’assessore comunale alla Pianificazione urbana Elena
Marchigiani, insieme ai tecnici dell’Ufficio di piano, si recherà nelle diverse
circoscrizioni del territorio comunale per illustrare i contenuti del nuovo
strumento urbanistico, nonché le modalità e i tempi per presentare le eventuali
osservazioni/opposizioni. Gli incontri pubblici sono iniziati ieri con le
Circoscrizioni I (Altipiano ovest) e II (Altipiano est), alla Casa della Cultura
di Prosecco. Si continuerà oggi per le Circoscrizioni III (Roiano Gretta Barcola
Cologna Scorcola), VI (San Giovanni Chiadino Rozzol) e VII (Servola Chiarbola
Valmaura Borgo San Sergio), alle 17.30, alla sala riunioni della chiesa di Santa
Maria del Carmelo, in via Carmelitani 10 (attigua alla Chiesa). Domani invece
l’appuntamento è per le Circoscrizioni IV (Città Nuova Barriera Nuova - San Vito
Città Vecchia) e V (Barriera Vecchia San Giacomo), alle 17.30, al Ricreatorio
“Pitteri” (via San Marco 5). L’Ufficio di piano aprirà al pubblico uno specifico
sportello nella sala ex Aiat di piazza Unitàin cui potranno venir direttamente
visionati tutti i documenti del Prgc e richieste precisazioni e informazioni.
Duino, le spiaggette private nel mirino della
Capitaneria
Gli uomini della Marina hanno acquisito documenti relativi a sette
concessioni - Da tempo la giunta aveva dichiarato guerra a recinzioni e
manufatti abusivi
DUINO AURISINA Sono per il momento sette, ma il numero potrebbe ancora
crescere, le concessioni finite sotto la lente della Capitaneria di porto, che
nei giorni scorsi almeno in un paio di occasioni ha fatto capolino negli uffici
del Comune di Duino Aurisina per richiedere puntuale documentazione dopo le
verifiche eseguite via mare. Al centro dell'attività le svariate strutture
“private” – scalette, recinzioni, manufatti o costruzioni vere e proprie –
erette sulla fascia costiera demaniale. Da tempo, infatti, amministrazione,
Comunella e cittadini denunciano la presenza di situazioni irregolari. Al punto
che qualche mese fa il vicesindaco Massimo Veronese aveva annunciato
l'intenzione di raccogliere tutti gli atti inerenti presenti in municipio per
costituire un dossier da sottoporre a chi di dovere. Ebbene, secondo quanto
riferito in aula dall'assessore ai Servizi sul territorio, Andrej Cunja, che ha
fatto il punto - su sollecito del comitato “L'altra baia” - della situazione “Cernizza”,
la Capitaneria di porto si è già mossa autonomamente per dare risposta ai
solleciti. «Ho incrociato almeno un paio di volte il personale della Capitaneria
nei nostri uffici – spiega Cunja – e per quanto ne so l'attività prosegue ed è
tuttora in corso. Mi risulta che per il momento sia stata richiesta
documentazione relativamente a sette situazioni, ovvero concessioni. L'analisi
in via generale riguarda sia quelle comunali che regionali, per vedere se i
permessi siano tutti regolari». Stando all'assessore gli uomini della
Capitaneria in precedenza avrebbero svolto controlli via mare, fotografando lo
“status” della costa locale e fissando così le situazioni in essere.
Successivamente si sarebbero mossi acquisendo per l'appunto le informazioni
negli uffici comunali. Per ora gli esiti di questo tipo di attività restano
sconosciuti, ma se vi saranno ulteriori novità l'esecutivo Kukanja ne darà
conto. Cunja ha anche riepilogato la recente attività della Comunella di Duino,
che ha liberato un varco sulla Cernizza. Il problema degli accessi a riva si
ripropone puntualmente all'arrivo della bella stagione, quando i vacanzieri si
dirigono verso il litorale nostrano. Recinzioni abusive, secondo gli esponenti
della maggioranza Kukanja, sarebbero state innalzate negli ultimi trent'anni dai
proprietari delle ville sulla Cernizza per ostruire il passaggio dei bagnanti.
Dunque una vera e propria “guerra alle spiagge privatizzate”, quella avviata
dalla giunta, per restituire i piccoli arenili alla collettività, così regalando
nuovi sbocchi al mare. Insomma, stop alla spiaggia fai-da-te. Come detto, anche
in quest'ottica la Comunella avevano ripristinato a fine marzo un primo
camminamento, situato a soli cinque minuti dalla grotta Fioravante, appena
riaperta al pubblico dopo decenni di oblio. I consorti erano partiti dalla
pulizia del sottobosco. Quindi la sostituzione di parti del corrimano corroso
dalla ruggine, saldandolo al suolo, e il “rattoppo” di alcuni gradini e porzioni
di strada. Il bosco della Cernizza tra Duino e il Villaggio, secondo quanto a
suo tempo sostenuto da Cunja, “è quasi totalmente proprietà privata”: fa unica
eccezione parte della viabilità interna, sulla quale insiste anche la
recentemente riaperta grotta Fioravante, che in un punto, incuneato tra due
ville, giunge fino al mare. La strada lì si restringe in una scalinata che
conduce all'acqua.
Tiziana carpinelli
SEGNALAZIONI - Ciclisti - Pista da completare
Svanita la possibilità di creare una vera pista ciclabile sulle Rive (il business dei venditori di parcheggi evidentemente ha la precedenza sulla mobilità urbana dei cittadini) chiedo all’assessore alla mobilità Marchigiani ed al sindaco Cosolini di attivarsi per completare l’esistente pista ciclopedonale con la prescritta segnaletica orizzontale, il logo con il pedone in alto e la bicicletta sotto, da dipingere ad intervalli regolari specialmente in prossimità delle fermate dei bus. Ritengo che il 90% dei pedoni sia convinto di trovarsi su un marciapiede, considerando peraltro che ne ha le sembianze. La conseguenza è che tutti i sempre più numerosi ciclisti che utilizzano la pista ciclopedonale per andare al lavoro sono oggetto di continui rimbrotti da parte dei pedoni, suonando il campanello in presenza di più pedoni affiancati, invece di favorire il passaggio spesso questi si alterano e ne nascono continue discussioni. Mi viene il sospetto che neanche gli amministratori sappiano di questo percorso ciclopedonale, non è mai stato da loro menzionato, forse perché creato dalla precedente giunta. Ricordo che inizia dal ponte sul canale di Ponterossofino quasi alla stazione di Campo Marzio, regolarmente segnalato da appositi cartelli alle estremità di ogni sezione, ed è ovviamente bidirezionale, cioè percorribile in entrambi i sensi. Chiedo solo un po’ di pittura bianca, non servono finanziamenti per milioni di euro.
Giampaolo Bressan
IL PICCOLO - MARTEDI', 3 giugno 2014
Dai marciapiedi alle piste ciclabili - Tremila opere bloccate in regione
Mappati dalla giunta tutti i cantieri fermi che potrebbero ripartire con il piano “Salva Italia” di Renzi
Serracchiani: «Iter già avviato per superare
l’impasse». E Nimby censisce 19 progetti contestati in Fvg
TRIESTE Dal marciapiede di un Comune di montagna alla nuova caserma dei
carabinieri di Pordenone. C'è di tutto fra le tremila opere ferme mappate dalla
Regione e che la presidente Debora Serracchiani intende rimettere in moto con lo
strumento del cosiddetto “Sblocca Italia” di Matteo Renzi. In fondo è dai tempi
dei tiranni della Grecia antica che l'opera pubblica è un mezzo principe per far
macinare l'economia e accontentare la popolazione. «Il Friuli Venezia Giulia ha
già avviato un percorso per rimettere in moto la realizzazione di opere rimaste
ferme», ha ricordato la presidente a margine delle celebrazioni per la Festa
della Repubblica a Redipuglia. Serracchiani ha calato nella realtà locale
l'annuncio di Renzi sull’avvio e lo sblocco dei cantieri per un totale di oltre
2 miliardi di investimenti: «In Friuli Venezia Giulia si tratta complessivamente
di 3 mila interventi di cui abbiamo già realizzato una scheda tecnica e di cui
stiamo monitorando lo stato di avanzamento - ha detto -. Abbiamo anche deciso di
revocare le risorse a disposizione di quelle amministrazioni che non riescono a
spenderle per darle a quelle che invece hanno già avviato i cantieri». La
presidente ha sottolineato come l'iniziativa non possa disgiungersi dalla
questione del patto di Stabilità: «Concordiamo con il governo nazionale sulla
necessità di intervenire, di semplificare, di mettere le amministrazioni locali
nelle condizioni di fare le opere. C'è naturalmente un tema più generale che è
quello del patto di Stabilità. Su questo aspetto vi è l'impegno del Paese per
cercare di escludere dal patto le spese per gli investimenti». Riferendosi
ancora alla mappatura delle opere in Fvg, la presidente ha parlato di
«un’operazione che sta dando risultati positivi, in un contesto in cui rimane
però ancora aperto il problema più grande, quello dell'assenza degli spazi
finanziari. Un aspetto su cui abbiamo avviato una trattativa serrata con il
governo nazionale. Entro il 30 giugno dobbiamo chiudere l'accordo sul patto di
Stabilità 2014 e parallelamente dobbiamo rivedere il Patto Tremonti-Tondo».
L'assessore regionale ai lavori pubblici Mariagrazia Santoro scende nel
particolare: «Il processo di mappatura va avanti da tempo - commenta -. Ci serve
capire quali e quante sono le opere già finanziate ferme nella pancia dei Comuni
per via del patto di stabilità». Tra queste sono emersi interventi di ogni
genere, dal più piccolo al più grande: «Ogni paese ne ha qualcuno». La Regione
sta raccogliendo informazioni sul livello di avanzamento e sui finanziamenti
stanziati per ogni progetto. Tra i desideri dell'ente pubblico ci sarebbe anche
un utilizzo più razionale dei fondi stanziati. A questo scopo è necessario
prevedere la revoca e il riassegno dei fondi, spiega Santoro: «Stiamo studiando
come fare», dice. La Regione punta a far sì che un Comune che ha ottenuto fondi
per un'opera mai realizzata possa venir privato di quei finanziamenti, ma anche
che uno stesso Comune possa spostare fondi da un'opera “A”, irrealizzabile o non
più necessaria, a un'opera “B”. «Stiamo cercando di mettere in atto tutte le
strategie possibili - afferma Santoro -. Presenterò una lista di queste
operazioni domani (oggi ndr) al Consiglio delle autonomie locali». A volte basta
un semplice decreto per risolvere un intoppo: «Ad esempio qualche tempo fa
abbiamo concesso a un Comune di spostare i fondi destinati alla manutenzione del
municipio, a un parcheggio e a una pista ciclabile sul restauro di un edificio
storico appena acquisito dal Comune e nel quale si voleva collocare il nuovo
municipio. In quel caso siamo riusciti a consentire lo spostamento del
finanziamento, ma non è sempre facile». Serve quindi un grande coordinamento fra
realtà locali e uffici regionali: «Il collega Paolo Panontin dà gli spazi
finanziari alle opere segnalate come prioritarie dai Comuni proprio sulla base
della mappatura da noi realizzata. È un lavoro serrato e molto complesso»,
conclude Santoro. L'annuncio di Renzi si aggancia alla questione delle opere
incompiute. Quelle censite in Fvg da Nimby Forum - think tank finanziato da
aziende come A2a, Enel, Terna-, sono in tutto 19. Nell’elenco strutture già
esistenti, come la centraletermoelettrica di Monfalcone, oppure soltanto
progettate, fra cui diverse centrali a biomasse (segnalate quelle di Opicina,
Sedegliano, Mereto di Tomba, San Daniele del Friuli e San Quirino), centrali
idroelettriche (sull’Isonzo, a Somplago e a Resia), nonchè e tratti autostradali
ed elettrodotti.
Giovanni Tomasin
URBANISTICA Incontri sul Piano regolatore
L’assessorato alla Pianificazione urbana organizza degli
incontri per illustrare il Piano regolatore adottato, le modalità e i tempi per
presentare eventuali osservazioni o opposizioni. Oggi alle 17.30 incontro alla
Casa della Cultura di Prosecco, per le Circoscrizioni Altipiano ovest e
Altipiano est. Domani incontro nella chiesa Santa Maria del Carmelo, in via
Carmelitani 10, per le Circoscrizioni III (Roiano Gretta Barcola Cologna
Scorcola), VI (San Giovanni Chiadino Rozzol) e VII (Servola Chiarbola Valmaura
Borgo San Sergio). Giovedì alle 17.30 incontro al ricreatorio Pitteri per le
circoscrizioni IV (Città Nuova Barriera Nuova San Vito Città Vecchia) e V
(Barriera Vecchia San Giacomo)
IL PICCOLO - LUNEDI', 2 giugno 2014
Più tutela agli antichi ruscelli nel nuovo Prg
Alvei e sponde dei torrenti di periferia saranno
curati. E si pensa di riaprire alcuni canali del centro
“Prova a pensare un po’ diverso”, cantava Francesco di Giacomo in un vecchio
disco del Banco del Mutuo Soccorso. E dunque immagina una via Carducci dove, ai
bordi della carreggiata, scorra lieve un piccolo fiume d’acqua affiancato da una
lunga teoria di alberi dalle chiome ombrose. Qualche panchina utilmente
posizionata per la sosta ristoratrice, nuove aiuole e arredi, alcuni bar con
tavolini e sedie disposti ai bordi del rinato corso d’acqua. È il vecchio
torrente Settefontane, che un tempo raccoglieva le acque di Cattinara, Melara e,
più a valle, di Rozzol e Montebello, ripristinato in superficie all’altezza di
piazza Garibaldi, che scorre tranquillo lungo una Barriera Vecchia dove i
cittadini passeggiano senza affanno, e si congiunge ai portici di Chiozza con
l’antico “Starebrech”, giunto al capolinea dopo aver raccolto le acque dei
ruscelli del Farneto e dei versanti a est di Cologna e Scorcola. Il torrente
“Grande” prosegue la lungo l’ultima parte della via Carducci – un tempo
“Contrada del Torrente” – per trovare il suo sbocco al mare nell’area di
Portovecchio. Un sogno? Per la Trieste odierna, senz’altro. «Ma in altre città
europee c’è una nuova attitudine, si riscopre il ruolo dei torrenti nei centri
urbani», spiega il direttore dei Civici musei scientifici triestini e
naturalista Nicola Bressi. «Si riconosce - continua - una funzione importante e
rigeneratrice ai corsi d’acqua cittadini, la loro funzione ricreativa e
ristoratrice, i suoni meravigliosi e soavi che l’acqua sa produrre, donando
all’uomo quella serenità che consente l’elaborazione del pensiero. A Vienna –
continua Bressi – l’amministrazione locale ha riportato alla luce alcuni
torrenti sepolti sotto l’asfalto». Così sta succedendo in altri centri del
vecchio continente: il corso d’acqua ritorna alla sua naturale funzione di
raccolta delle acque piovane e di ambiente utile a ospitare fauna e flora oggi
relegate ai bordi di metropoli sudice e nevrotiche. Nella provincia di Trieste
la gran parte degli antichi torrenti è scomparsa, oppure occultata in sarcofagi
di calcestruzzo. Eppure rivoli di preziosa acqua continuano a solcare diversi
fondovalle cittadini, quelli stessi che rappresentano per la fauna selvatica
quei corridoi faunistici che consentono a caprioli e ad altre creature del bosco
di far capolino in orti periferici e piazze suburbane. Purtroppo colpevoli
vandali scaricano nei letti dei torrenti immondizie e inerti. Non sanno, per
esempio, che le acque triestine favoriscono gli insediamenti della rara
libellula eroe (la più grande d’Europa), della salamandra pezzata, della felce
di capelvenere. E che i vecchi “patoc” custodiscono lavatoi e altri manufatti
dove le popolane lavavano quotidianamente i panni. Sono ambienti di alto valore
naturale e storico che nel nuovo Piano regolatore risultano tutelati.
Particolare attenzione è stata dedicata agli impluvi e agli alvei, sponde e
scarpate dei torrenti. Lo scopo del Comune è di tutelare le aree e di captare e
regimentare le acque, salvaguardare le biodiversità e le aree naturali pregiate.
Un primo passo per tentare di evitare disastri come quelli accaduti recentemente
in Liguria e in altre parti del Paese, che non vieta di sognare il ritorno di
placide e dolci acque non inquinate nel cuore del capoluogo.
Maurizio Lozei
IL LIBRO - Segrè si rivolge ai giovani col “bignami”
anti-spreco
TRIESTE Non sprecare è il suo primo comandamento. Un istinto, più che una
parola d’ordine. Andrea Segrè, classe ’61, triestino fino ai suoi vent’anni e da
allora bolognese di adozione, saggista e agroeconomista, guru riconosciuto della
lotta allo spreco alimentare in Italia e in Europa, non spreca un attimo fra
impegni accademici, campagne di sensibilizzazione, incarichi a salvaguardia
dell’ambiente e progetti a cavallo fra cibo e sostenibilità. Ideatore e oggi
presidente di Last Minute Market, lo spin off dell’ateneo bolognese che da
quindici anni recupera in Italia le eccedenze alimentari, ha varato in questi
mesi l’idea di allestire a Bologna un grande parco agroalimentare permanente,
«per spiegare a giovani e adulti cosa sono e come funzionano le filiere del
cibo: la produzione, la trasformazione, la distribuzione, la vendita delle
eccellenze agroalimentari italiane». Proprio da questa intuizione è nato il
progetto Fico: la Fabbrica Italiana Contadina che prenderà il testimone di Expo,
da novembre 2015 al Centro Agroalimentare di Bologna, sarà griffata da Oscar
Farinetti e si chiamerà Eataly World. «È un altro modo per ridare valore al cibo
e far capire che il cibo non va sprecato, perché ha tanto valore. Anzi, di
valori ne ha più d’uno: economico, ambientale, sociale, nutrizionale, sanitario,
culturale, relazionale, conviviale, artistico, storico». Di tutto questo si
parla nel suo ultimo libro “Spreco” (Rosenberg & Sellier, pagine 124, euro
9,50), che sarà presentato oggi al Festival Cinemambiente di Torino (ore 19.15,
Cinema Massimo), mentre domenica 6 luglio sarà al centro dell'incontro al
Festival Vegetariano di Gorizia. «’Spreco’ – spiega Segrè - è un volumetto che
esce come preludio alla Giornata Mondiale dell’Ambiente che si festeggia il 5
giugno. Un vademecum sulle buone abitudini di consumo: uno screening di
informazioni, dati, consigli e buone pratiche». Proprio dall’Europa, con la
richiesta di cogliere l’obiettivo indicato nel 2012 dalla Risoluzione del
Parlamento Europeo - «abbattere del 50% lo spreco alimentare nei Paesi membri
entro il 2025 e proclamare un Anno europeo contro lo spreco di cibo» - è
ripartita, nelle scorse settimane, la campagna 2014 “Un anno contro lo spreco”,
promossa da Segrè e griffata dalla geniale matita di Altan anche per questa
edizione che mette al centro i giovani. «Dai ragazzi dobbiamo ripartire per un
radicale rinnovamento culturale sui temi legati alla sostenibilità e allo
spreco», racconta Segrè, che inserirà l’educazione alimentare come materia di
insegnamento nelle scuole nelle misure del Pinpas, il Piano nazionale di
prevenzione dello spreco alimentare che il 5 giugno presenterà a Roma, con il
ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti.
IL PICCOLO - DOMENICA, 1 giugno 2014
L'Italia non ostacolera' le trivellazioni dell'Adriatico
Parole del ministro all’Ambiente italiano Gian Luca Galletti. «Io non sono nè favorevole nè contrario» a trivellare in Adriatico, «io applico la legge - sostiene il ministro - entro le 12 miglia dalla costa e dalle aree marine protette nessuno può trivellare, e già questa è una garanzia assoluta.
IL PICCOLO - SABATO, 31 maggio 2014
Bocciata dalla regione la centrale biomasse - Doveva
sorgere a Opicina
Progetto archiviato perché l’impresa non ha presentato per ben due volte
la Valutazione d’impatto ambientale
Archiviata. Bocciata. Anzi no, tecnicamente non è proprio una bocciatura ma
che sulla centrale a biomasse di Opicina si sia messa una bella pietra sopra sì,
questo sì. E a farlo è stata la Regione (e a comunicarlo la Provincia). Dunque,
ricapitoliamo: su richiesta della vicepresidente del consiglio di palazzo
Galatti, Maria Monteleone, l’assessore alla Pianificazione territoriale e
ambientale Vittorio Zollia ha comunicato che “la Regione ha archiviato il
fascicolo relativo alla richiesta di costruzione di una centrale a biomassa
nell’ex sito delle officine Laboranti ad Opicina presentata nel 2012”.
Archiviazione “dovuta” dopo che per ben due volte la Regione ha chiesto
all’impresa (la Società investimenti industriali triestini, con sede a Roma) di
presentare l’istanza di Via, acronimo che sta per Valutazione di impatto
ambientale. Senza, addio progetto. E difatti l’assenza di questa documentazione
(che sostanzialmente consente, come si può intuire, una valutazione più
approfondita dei vari aspetti relativi alla tutela della salute e dell’ambiente)
ha decretato la fine del procedimento e quindi la “naturale” archiviazione. La
storia è questa: la centrale elettrica avrebbe dovuto bruciare olio di palma
proveniente dalla Costa d’Avorio “con discutibili vantaggi economici e con
probabili ricadute negative sulla salute dei residenti”, fa notare la stessa
Monteleone. Erano previsti ben 39 serbatoi di olio combustibile, olio
lubrificante e biodiesel. Un investimento da 50 milioni di euro, 36 i megawatt
di potenza per due camini da 35 metri. La centrale sarebbe stata a emissioni
zero, grazie all’olio di palma africano. Peccato che per trasportarlo ci siano
di mezzo qualcosa come seimila chilometri. Ecco il problema: il trasporto
avrebbe annullato l’effetto ecologico, con la presenza di ben 270 tir con il
motore acceso e accelerato al massimo 24 ore su 24 nel centro di Opicina. Altra
lacuna: nel progetto non si faceva menzione della necessità di bonifica del
sito, che risulterebbe inquinato da idrocarburi, amianto e metalli pesanti. E,
cosa mica da poco, l’area destinata alla centrale sarebbe confinata con una zona
di protezione speciale e con un sito di importanza comunitaria. Flora e fauna
pertanto ringraziano di cuore per lo scampato pericolo. Ma ringrazia pure per
l’addio a quello che veniva chiamato “ecomostro” la popolazione dell’Altipiano,
che si era ribellata presentando ben due petizioni con circa tremila firme
raccolte in pochissimo tempo. Due i “no” belli grossi: per le dimensioni della
centrale e per il forte impatto in quanto di “bio” ci sarebbe stato ben poco.
“Le 58mila mila tonnellate di olio bruciato - ricorda la Monteleone - avrebbero
emesso una enorme quantità di CO2 valutabile intorno alle 150mila tonnellate
annue”. Beh, adesso pare proprio che il problema sia risolto.
Donatella Tretjak
«Porto vecchio chiuso, un segnale contrario alle idee
del territorio»
Per Poropat (Provincia): «Scoraggia l’avvertimento implicito
nell’ordinanza dell’Autorità portuale»
Peroni (Regione): «Atto formalmente lecito ma politicamente fuori dal dialogo
con le istituzioni»
«È un segnale. Il segnale che dà chi dimostra di non voler più prendere in
mano il tema dell’apertura di Porto vecchio alla città. Chiuderne l’accesso è
fare un gesto di avvertimento a tutti: questo è porto, ci riprendiamo quello che
è nostro. Ma è un gesto che scoraggia, dopo che con la Biennale nel 2011 s’era
parlato di arrivare a una restituzione dell’area alla città, e non solo perché
tanta gente e anche turisti l’andavano a vedere, ma perché ci sono due edifici
appena ristrutturati in funzione museale e il Magazzino 18 degli esuli appena
diventato meta di visite». Non ha gradito Maria Teresa Bassa Poropat, presidente
della Provincia, quello che descrive come l’ultimo capitolo di un “non dialogo”
con l’Autorità portuale, che con una ordinanza ha stabilito divieti di ingresso
e circolazione nel comprensorio del porto dismesso, dove però fino al 31
dicembre vige la sospensione del Punto franco firmata dal prefetto. Motivi di
sicurezza, dice quella ordinanza, che consente deroghe a molti (concessionari,
loro fornitori, frequentatori di eventuali manifestazioni culturali, autorità,
esponenti di amministrazioni, chi fa lavori di manutenzione e così via) ma non
lascia libero accesso ai “senza funzione”. Cosa che già il sindaco Roberto
Cosolini aveva interpretato come «un andare in direzione opposta rispetto alle
aspirazioni di tutta la città». «Alcune cose, in Porto vecchio - prosegue
Poropat che ha da tempo opzionato il Magazzino 19 per una sede scolastica con
tanto di progetto già pronto - cominciavano a vivere di vita propria, e comunque
su spazi pubblici di tale portata (non solo questo) sarebbe d’obbligo avere un
tavolo istituzionale per decidere assieme le linee strategiche. Visto che i
soldi sono tanto pochi». «No, non siamo stati informati di questa decisione,
anche la Regione l’ha appresa dai giornali - afferma Francesco Peroni, assessore
regionale al Bilancio che spesse volte è stato delegato dalla presidente Debora
Serracchiani a prender parte al Comitato portuale -, confermo però che mi sembra
segnale che si colloca sulla scia di una linea di comportamento dell’Autorità
portuale del tutto autoreferenziale, aliena da qualsiasi rapporto col sistema
istituzionale di contesto. È un atto che certamente rientra nelle sue potestà
quindi non è contestabile formalmente. Politicamente però - prosegue Peroni -
ribadisce una linea di comportamento che è stata già più volte contestata, e che
mette l’Autorità portuale fuori dal dialogo con le istituzioni e con la città,
che invece sarebbe essenziale per lo sviluppo del territorio. L’Autorità
portuale un’altra volta è indifferente a qualsiasi dialogo e relazione con la
rete delle istituzioni del territorio».
Gabriella Ziani
Picchione su Portopiccolo: «Quella strada non va fatta»
La Soprintendenza chiede al Comune di revocare l’ok alla riqualificazione
del collegamento tra il complesso e la baia: la giunta Kukanja risponde picche
La Soprintendenza ha chiesto al Comune di Duino Aurisina di revocare
l'autorizzazione paesaggistica rilasciata l’11 aprile a Serenissima Sgr,
titolare del fondo Rilke che detiene la proprietà di Portopiccolo, per la
realizzazione di alcune opere di urbanizzazione connesse al maxi-cantiere di
Sistiana. Ma l'amministrazione Kukanja, a fronte anche della possibile
«insorgenza di risarcimento danni per la sospensione illegittima dei lavori»,
oltre che per l'incolumità dei fruitori dell'area, ha respinto la richiesta. Con
atto giuntale e nota inviata via raccomandata alla Soprintendenza per i Beni
architettonici e paesaggistici del Fvg lo scorso 26 maggio. Come riferito dal
vicesindaco e assessore all'Urbanistica Massimo Veronese - e confermato anche da
Portopiccolo con il procuratore Cesare Bulfon - il richiesto annullamento
dell'atto «riguarda la strada pubblica destinata a collegare l'area di
Castelreggio al nuovo complesso turistico». Dunque la riqualificazione
dell'accesso all'ex cava con posa di illuminazione, marciapiedi e toilette.
Opere in attuazione del piano particolareggiato di iniziativa privata-Ambito A8
della baia, concordate nella convenzione stipulata nel 2006. Racconta Veronese:
«La prassi è che per effettuare i lavori la proprietà debba richiedere e
ottenere l'autorizzazione paesaggistica e presentare l'atto abilitativo
edilizio, la Scia, nel caso nostro regolarmente depositata». I componenti della
Commissione paesaggistica, organismo intercomunale (con Sgonico e Monrupino),
esaminato il progetto avevano dato l'ok. Perciò il servizio preposto, da iter,
aveva spedito documentazione alla Soprintendenza per il parere. «Ma la
Soprintendenza – spiega Veronese - in maniera inusuale, anziché esprimere parere
favorevole o sfavorevole, come di solito avviene, ha inviato all'ente un
preavviso di diniego, peraltro dopo 48 ore dalla scadenza del tempo a
disposizione, fissato in 25 giorni. Il termine era l'8 aprile, l'avviso ci è
arrivato il 10 alle 15.30. A quel punto l'ufficio comunale competente ha
comunque rimandato l'atto alla Soprintendenza, cui spetta il potere di
annullarlo o accettarlo. Quest'ultima invece ha chiesto al Comune, in via di
autotutela, di revocarlo (il 9 maggio, ndr)». Di qui la decisione della giunta
duinese di respingere al mittente la richiesta: come si legge nella delibera,
per il «preminente interesse pubblico alla non interruzione delle opere di
urbanizzazione primaria e secondaria, già da tempo avviate e in fase di
conclusione» e la «tutela della sicurezza pubblica dei numerosi fruitori della
strada»; e per la «non apparente legittimità» e «la possibile insorgenza di
risarcimento danni». Un'assunzione di responsabilità, sottolinea Veronese, per
motivi formali e di merito: «È una strada pubblica, d'interesse per il Comune di
Duino Aurisina e fissata come opera di urbanizzazione in Convenzione. Siamo
all'avvio della stagione balneare di Castelreggio. Avremo presto una massa di
turisti in baia e ritrovarci con un cantiere tra Portopiccolo e lo stabilimento
ci sembra una situazione di difficile gestione». Concorde l'ex sindaco Giorgio
Ret: «La giunta ha preso una decisione forte ma corretta: quella strada è
fondamentale per la collettività. Ora bisogna parlare con la Soprintendenza».
Interpellata, la soprintendente Maria Giulia Picchione - precisando di essere
assente dalla sede - si è riservata di rispondere dopo martedì, dopo aver
parlato col responsabile del procedimento. «Bene ha fatto il Comune - dice
intanto Bulfon – a difendere le determinazioni prese da un organo comunale
competente, che conosce a fondo il territorio».
Tiziana Carpinelli
MOBILITÀ - Dieci nuovi stalli per bici installati
davanti al Dante
Gli accessori sono gli ultimi dei 104 installati in città grazie alla
generosità di Italspurghi, Logica, Salfem, Cooperative operaie e Azienda
ospedaliera
Dieci nuovi stalli per le biciclette urbane, un nuovo tassello nella
definizione della mappa legata alla mobilità ciclabile ideata dal Comune. Gli
stalli, presentati dall’assessore al traffico e mobilità Elena Marchigiani, sono
collocati in via Giustiniano, proprio nell'area antistante l'ingresso
dell’istituto comprensivo Dante Alighieri: la zona da ieri fruisce dei nuovi
mini parcheggi per biciclette, innovazione che al momento ha costretto al
trasloco forzato il comparto degli scooter e affini, destinati comunque a breve
a nuovi spazi, per altro sempre poco distanti dalla sede scolastica. A
consentire l'installazione dei portabici è stata la generosità di cinque realtà
cittadine – Italspurghi, Logica, Salfem, Cooperative Operaie e Ospedali Riuniti
– scesi in campo per supportare l'intervento del Comune, avviato lo scorso
dicembre con il bando mirato alla riqualificazione urbana degli spazi pubblici e
alla promozione della mobilità ciclabile sul territorio comunale. L’operazione
ha consentito l'acquisto di 104 stalli (valore 30mila euro) di cui la decina di
via Giustiniano rappresenta l'ultima porzione della prima tornata, integrando
così una copertura che riguarda anche piazza Dalmazia, Stazione Rogers, via
Carducci, Largo Barriera, via Stock, via Rossetti e via Tor Bandena: «Lo
credevamo un vero azzardo all'inizio – ha premesso Marchigiani - e invece sono
giunte le adesioni da parte di veri benefattori cittadini, i quali hanno
permesso la piena realizzazione di questa prima parte della iniziativa attuata
tra l’altro in tempi record e prima dell'arrivo del Giro d'Italia a Trieste.
Così si conclude una prima parte dell’ installazione, dopo aver concordato il
modello con la Soprintendenza e con le associazioni dei ciclisti. Ripeto,
sembrava una azzardo – ha ribadito l’assessore – e invece le cose si sono mosse
bene, dando vita a un segnale di civiltà». L’iniziativa ora va proseguita.
Stando alla mappa abbozzata dal Comune, resterebbero ancora 32 postazioni da
allestire e quindi da finanziare. Il bando è ancora valido. La formula prevede
che i nuovi benefattori di turno aprano il portafogli sostenendo la spesa per la
messa in opera (una targa attesta la sigla della donazione), mentre il Comune si
riserva la progettazione e le rimanenti procedure: «Si tratta di un lavoro
coordinato – ha concluso Marchigiani – che nel caso di via Giustiniano ha visto
all'opera anche il polo scolastico».
Francesco Cardella
Muggia, nuova antenna inizia le trasmissioni
Proteste nel rione di Santa Barbara, il Comune si difende: «Stiamo
monitorando» - Ma attorno all’impianto non ci sono cartelli di pericolo.
Nesladek polemico
MUGGIA L'antenna per le trasmissioni radio montata sulla collina muggesana
di Santa Barbara è entrata in funzione. A dare l'annuncio delle trasmissioni è
stato il Comitato formatosi nella frazione muggesana contro il traliccio di
quasi 30 metri posto sul Monte Castellier. «Oramai l'antenna trasmette già da
qualche giorno, eppure l'accordo tra Comune e gestore dell'antenna prevedeva la
presenza di un centralina e un display affinché la popolazione potesse in ogni
momento vedere e controllare il livello di emissione delle onde
elettromagnetiche», spiega in una nota il Comitato. Di questa attrezzatura,
però, non c'è alcuna traccia, come non c'è traccia dei cartelli di sicurezza e
avviso a non sostare in prossimità dell'antenna prescritti dai vari enti. «Non
ci risulta nemmeno ci sia stato in questi giorni un intervento di qualche organo
di vigilanza o di polizia, magari municipale teso a far rispettare la
prescrizione: inoltre in questi giorno più volte abbiamo chiesto di parlare con
gli organi comunali e con il sindaco di Muggia. Ovviamente nessuno si è fatto
trovare e nessuno ha richiamato», tuona il comitato antiantenna. Sulla querelle
è intervenuto l'assessore all'Ambiente, Fabio Longo: «L'antenna ha in effetti
ricevuto l'autorizzazione per la fase di prova da parte del ministero dello
Sviluppo economico, ma dal 26 maggio gli uffici hanno installato all'interno di
una abitazione uno strumento per misurare l'inquinamento elettromagnetico
proveniente dalla nuova antenna. Ci vorranno circa una decina di giorni prima di
terminare questa misurazione che ovviamente è un atto dovuto verso la salute dei
nostri cittadini». La centralina mobile in pratica sta memorizzando in questi
giorni costantemente i dati emessi dall'antenna: l'obbiettivo è verificare che
non vi siano sforamenti rispetto a quanto concordato con la società proprietaria
del traliccio. «Posso assicurare che la nostra sarà una verifica puntuale, come
sempre. Tra qualche giorno comunque potremo parlare dei numeri rilevati dalla
strumentazione», aggiunge l’assessore comunale Longo. Rimane il fatto che non
sono stati ancora apposti i cartelli per segnalare di non sostare in prossimità
dell'antenna. «Sui cartelli - aggiunge l’amministratiore - presumo che la
società proprietaria si stia attrezzando, anche perché sono stati prescritti
dall'Arpa. Spiace sapere che la società sia inadempiente, ma confido davvero che
sia questione di pochi giorni». Per quanto riguarda la mancanza di risposte da
parte del Comune, Longo ha ricordato che “diversi membri del Comitato hanno il
mio cellulare, e come è noto a tutto do la massima disponibilità a tutti per
essere rintracciato”. Più duri i toni del sindaco di Muggia, Nerio Nesladek:
«Quella del Comitato è una bugia, non siamo mai stati contattati dopo l'inizio
delle prove di trasmissione dell'antenna. A questo punto sono io ad invitare i
cittadini di Santa Barbara a contattare il Comune. Dovrebbero sapere che
lavoriamo per il bene di tutto il territorio, compreso il paese di Santa
Barbara, quindi devo dire che sono decisamente stupito quando sento dire che noi
non ci siamo fatti trovare. Auspico di sentirli il prima possibile».
Riccardo Tosques
IL PICCOLO - VENERDI', 30 maggio 2014
Rifiuti, M5S va alla Corte dei conti
Menis e Patuanelli: possibile un danno erariale per il
Comune
I portavoce e consiglieri comunali di M5S Paolo Menis e Stefano Patuanelli
hanno presentato una segnalazione alla Corte dei Conti «per chiedere di
verificare - si legge in una nota - se esiste un danno erariale per il Comune in
relazione al prezzo pagato ad AcegasAps per il servizio di raccolta e
smaltimento rifiuti nel 2013». Nel documento di dieci pagine si evidenzia come
«parte dei 31.875.800 del costo richiesto da AcegasAps non sia giustificato
dalla legge in materia e da dati di fatto». «Ci pare errato - sottolineano Menis
e Patuanelli - il calcolo dell'ammortamento e del valore residuo
dell'inceneritore. Nel piano economico finanziario del 2013 viene calcolato
l'ammortamento di tutto il valore residuo dell'inceneritore, invece i
conferimenti di rifiuti provenienti dal Comune rappresentano solo il 43,3% del
totale». Ancor più grave, per M5S, l'aver inserito nel calcolo della
remunerazione del capitale il “tax rate”, il carico fiscale gravante su
AcegasAps. Il “tasso di rendimento" - ricordano i grillini - viene calcolato
sommando il valore medio di rendimento dei titoli di stato, una maggiorazione di
due punti (e queste due voci sono previste dalla norma) e, in più, il cosiddetto
“tax rate”. La somma delle tre voci, nel Pef approvato dal Comune, determina un
tasso di rendimento finale del 12,07%. «La norma di riferimento però - dicono i
due grillini - non prevede l’ulteriore aumento per il “tax rate” che risulta
essere un ingiustificato aumento di costo». In pratica, secondo l’esposto
presentato da M5s, su una base di calcolo di 23 milioni 837mila euro (pari al
capitale netto investito per erogare il servizio) AcegasAps avrebbe applicato un
tasso del 12,07% invece che del 5,422%.
Acque pulite, Croazia sul podio europeo
Solo Cipro e Malta vantano una qualità migliore. Bandiera blu a 98
stabilimenti balneari distribuiti tra Istria e Dalmazia
FIUME Il verdetto, uno tra i più attesi e ambiti dagli operatori turistici e non solo, è stato emesso dall’Agenzia europea dell’ Ambiente. Tra i Paesi comunitari, la Croazia si piazza al terzo posto nella classifica stilata in base alla qualità delle acque di mare, preceduta soltanto da altre due “perle”: Cipro e Malta. Gli esperti dell’agenzia hanno effettuato campionamenti nelle acque antistanti poco meno di mille spiagge (927 spiagge per la precisione) istriane, dalmate e quarnerine e hanno concluso che nel 95 per cento dei casi si tratta di mare di alta qualità. Quest’ anno poi la bandiera blu, il prestigioso e ambito riconoscimento ambientale, è stata assegnata a 98 stabilimenti e marina croati. A recitare la parte del leone, con nove vessilli ciascuna, sono state tre importanti aziende alberghiere dell’Istria, le parentine Plava laguna e Riviera Adria e la rovignese Maistra. Non male, anzi, con tre bandiere a testa, l’umaghese Istraturist, la Laguna di Cittanova e l’ Arenaturist di Pola. Quattro i riconoscimenti toccati alla municipalità di Albona e tre a quella di Parenzo. Prossimamente vedremo le bandiere blu sventolare anche in diversi stabilimenti quarnerini, compresi quelli presenti sulle isole di Veglia, Lussino, Cherso e Arbe. Per quanto riguarda Abbazia, è stata premiata la struttura di Icici, mentre Fiume – ormai ex centro industriale – può vantare due spiagge con tanto di vessillo blu, entrambe situate a Costabella. Si tratta dello stabilimento Ploce (che il concessionario ha deciso di chiamare Fiumana beach), sovrastato dal polo natatorio e di Kostanj, attrezzato per i diversamente abili. Nella vicina Kostrena (o meglio dire a Žurkovo) il premio è andato alla spiaggia Svežanj. In riferimento a Cherso, il riconoscimento è toccato alla spiaggia del campeggio Kovacine. A Lussino tre le strutture che vedranno la presenza della caratteristica bandiera: Poljana, Punta e Veli Žal. Ad Arbe si è voluto encomiare in questo modo la spiaggia Suha Punta - Karolina, mentre l’isola di Veglia ha conquistato il titolo di campione quarnerino, con nove riconoscimenti riguardanti il capoluogo: si tratta di Castelmuschio, Malinska, Ponte, Dobrinj e Bescanuova. Quanto alle spiagge dalmate, merita una sottolineatura particolare quella leggendaria delle Botticelle (Bacvice) a Spalato, nota soprattutto per attirare ogni anno migliaia di amanti del “pizzighin”. Si tratta del gioco che vede uomini e donne in costume da bagno lanciarsi una pallina di gomma con colpi di mano e di altre parti del corpo e il cui obiettivo è l’evitare il più a lungo possibile che la piccola sfera tocchi la superficie del mare.
Andrea Marsanich
IL PICCOLO - GIOVEDI', 29 maggio 2014
Museo di campo marzio - Ferrovie in degrado - Volontari in bus
I volontari del Museo ferroviario di Trieste Campo Marzio sono stati costretti a noleggiare un autobus per raggiungere Gorizia, in occasione del Festival “èStoria – Trincee”, nell’impossibilità di organizzare il treno programmato, utilizzando la storica Transalpina all’andata e la Meridionale al ritorno.
Via dai parchi 15mila carcasse d’auto
Operazione organizzata dal fotografo Ibriševi„. Ripulite anche le isole
del Quarnero e della Dalmazia
FIUME La pregevole iniziativa ha un padre, il fotoreporter croato Romeo
Ibriševi„ e in dieci anni ha dato risultati più che apprezzabili. Avviata nel
2004, la rimozione di carcasse d’auto dai parchi nazionali e naturali in Croazia
ha permesso di liberare queste aree in regime di speciale tutela dalla presenza
di ben 15 mila macchine, abbandonate dai soliti furboni e balordi di turno.
Ibriševi„ si è rivolto giorni fa ai colleghi, spiegando di aver voluto avviare
quest’azione perché in alcuni parchi la situazione era ormai diventata
insostenibile, a tutto danno della cosiddetta immagine verde e azzurra della
Croazia: «Debbo dire che la rimozione delle vetture e di altri rifiuti solidi
urbani non si è avuta in modo organizzata, bensì ha visto agire i singoli che
hanno dimostrato un alto grado di civiltà e coscienza ambientale». Quindi
Ibriševi„ ha specificato che le carcasse sono state tirate via dai fiumi Zrmanja,
Kupa e Sava, da cascate (Zareški krovi), da laghi (Ba›insko jezero e Imotska
jezera), da fondali marini (Santa Maria Maddalena, Obi›aj e Lisi›arka), da
alture (Monte Maggiore, Velebit o Alpi Bebie, Dinara, Papuk e Medvednica), dalla
pianura slavone, da grotte e colline in tutto il Paese. Le rimozioni hanno
riguardato anche un sacco di isole dalmate e quarnerine che citiamo in ordine
sparso: Lussino, Veglia, Ugliano, Isola Lunga, Lesina, Lissa, Curzola, Lagosta e
Meleda. In questi giorni Ibriševi„ è a Busi (Biševo), in Dalmazia, dove assieme
ad un gruppo di amici sta facendo quanto fatto nell’ultimo decennio: portare via
le inguardabile e arrugginite automobili, la cui presenza deturpa il paesaggio.
Come le 15 mila precedenti, anche le carcasse di Busi saranno trasportate negli
appositi centri di riciclaggio. «Abbiamo ancora tanto lavoro da fare – ha
ammesso il noto ecologista – ma intanto siamo di fronte a risultati tangibili,
che ci rendono particolarmente orgogliosi». Restando in tema, c’è da segnalare
l’azione denominata RiMar 2014 che pochi giorni fa ha visto una sessantina di
subacquei italiani, sloveni, statunitensi, olandesi e croati ripulire il fondale
del porto di Fiume. L’iniziativa è stata firmata dal locale ente turistico e da
Kvarner diving, l’associazione che riunisce i club per le attività subacquee
della regione quarnerino–montana. I sub sono stati supportati dai volontari
dell’ associazione “La Riva dei nostri nipoti” e dagli allievi del Nautico di
Buccari. In circa due ore, in superficie è stato riportato di tutto: pneumatici,
carrelli della spesa, sedie, ringhiere, un frigorifero, una bicicletta, reti da
pesca, nasse e tante, tante bottiglie di plastica. Il tutto è stato trasportato
nelle apposite discariche.
Andrea Marsanich
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 28 maggio 2014
Porto Vecchio, non si passa - Ai varchi tornano i
divieti
Un’ordinanza dell’Autorità portuale vieta il passaggio a veicoli e
persone per motivi di sicurezza. Dalle mostre ai concessionari, previste deroghe
Di porto praticamente non ha più nulla, ma sono tornati in vigore i divieti
d’ingresso e di circolazione, pur con una serie di deroghe, che si addicono a un
vero scalo anche nell’area dove il prefetto Francesca Adelaide Garufi ha
prolungato la sospensione del regime di Punto franco fino al prossimo 31
dicembre. La frattura del Porto Vecchio con la città dunque torna ad essere
totale nonostante la presenza interna anche di un Polo museale che ha nella
Centrale idrodinamica il suo principale insediamento. Così vuole l’ordinanza
della presidente dell’Autorità portuale Marina Monassi che porta la data del 17
aprile, «immediatamente esecutiva», ma mai pubblicizzata se si esclude il sito
web dell’Authority. Entrerà in funzione nei prossimi giorni quando sarà
terminata la collocazione della segnaletica anche se l’ingresso dal lato di
viale Miramare risulta sguarnito. In queste settimane hanno continuato ad
entrare ciclisti, jogger, curiosi, fidanzati in cerca di intimità e addirittura
turisti. Secondo l’Authority anche senzatetto, clandestini e potenziali vandali.
La decisione di chiudere dopo che sono tornate libere le aree restituite da
Portocittà sarebbe stata presa per motivi di sicurezza, per salvaguardare i
manufatti, ma soprattutto per prevenire possibili incidenti dati evidentemente
gli edifici pericolanti, le rotaie e altre fonti di pericolo. L’ordinanza dunque
impone il divieto di accesso e di transito veicolare e pedonale dalle 0 alle 24.
In deroga, per tutto l’arco delle 24 ore possono comunque entrare i mezzi delle
autorità e delle amministrazioni, quelli di soccorso, dell’Autorità portuale,
quelli che eseguono interventi manutentivi, che sono di concessionari o che
comunque sono stati autorizzati dalla stessa Authority. Tra le 8 e le 20 possono
entrare anche i fornitori dei concessionari, chi è coinvolto in manifestazioni
sportive, culturali, espositive e di intrattenimento autorizzate dall’Autorità
portuale o dall’Istituto di cultura marittimo-portuale, i visitatori degli
edifici museali della Centrale idrodinamica, della Sottostazione elettrica e del
Magazzino 26, i corsisti dell’Istituto di cultura marittimo-portuale, i mezzi e
le persone espressamente autorizzati dalla stessa Autorità portuale. La deroga
può essere estesa fino alle 24 in caso di eventi serali. L’ordinanza fa anche
presente che i contravventori saranno sanzionati ai sensi dell’articolo 1174 del
Codice della navigazione che riguarda l’inosservanza di norme di polizia e
afferma nel secondo comma che «se l’inosservanza riguarda un provvedimento
dell’autorità in materia di circolazione nell’ambito del demanio marittimo o
aeronautico, si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da
euro 51 a a euro 309». In questo modo comunque Marina Monassi afferma la propria
potestà sul Porto Vecchio e forse intende mettere al riparo da occhi indiscreti
il trasferimento di arredi, mezzi e personale dalla Torre del Lloyd al Magazzino
26 dove dovrebbe sorgere la nuova sede della stessa Autorità portuale. Tutto
mentre manca solo un mese alla scadenza del bando per le domande delle nuove
concessioni.
Silvio Maranzana
Il prefetto: chiederò i motivi ma l’Ap ha poteri
sull’area - il sindaco: cosÌ si riallontana la citta'
I divieti di accesso e transito nell’area del Porto Vecchio in cui vige la
sospensione temporanea del punto franco, l’area riaperta al pubblico nel 2011
con l’occasione della Biennale al Magazzino 26, sono stati introdotti
sostanzialmente per questioni di sicurezza delle persone ma anche di autotutela
dell’Autorità portuale. Da una parte quell’area - e quanto vi può accadere,
compresi incidenti a ciclisti o pedoni - dopo il ritiro di Portocittà è tornata
alla disponibilità e alla responsabilità dell’Authority. Dall’altra, la stessa
area di sera si può popolare anche di senzatetto e malintenzionati. Da qui
appunto - fanno sapere dagli uffici della Torre del Lloyd - l’ordinanza,
«immediatamente operativa» dalla data di emissione del 17 aprile ma per la cui
applicazione in realtà si sta attendendo il posizionamento, ai varchi, di nuova
cartellonistica (oltre a quella già esistente), che dovrebbe avvenire nel giro
di pochi giorni. Resta il fatto che agli ingressi non ci sono controlli: almeno
non fino al 31 dicembre prossimo, data nella quale infatti scadono tanto la
validità dell’ordinanza quanto la sospensione del regime di punto franco
concessa dal prefetto Francesca Adelaide Garufi. Una sospensione rinnovata
appunto fin dal 2011 di anno in anno, con l’effetto pratico di aprire alla città
la zona su cui ora si pongono limitazioni. Il prefetto premette di non essere a
conoscenza dell’ordinanza: «Non parlo di cose che non so. Chiederò all’Authority
di avere il provvedimento e di conoscerne le ragioni, così da sincerarmi che non
vi sia contraddizione con il decreto» di sospensione del punto franco. Ma «devo
presupporre - precisa subito Garufi - che essendo stata adottata da un’autorità
che su quelle aree ha competenza, ci saranno motivazioni che rendano l’ordinanza
in questione necessaria ovvero utile. Perché è vero che in regime di sospensione
del punto franco la gente potrebbe entrare liberamente nell’area», ma i due
fattori - annota il prefetto - non sono consequenziali. «L’ordinanza può avere
molte motivazioni, ma attiene alla circolazione all’interno di un ambito
portuale sulla cui regolamentazione - ribadisce Garufi - l’Authority ha ampi
poteri. La competenza è sua». Il sindaco Roberto Cosolini intanto «prende atto»
dei nuovi divieti di cui ha saputo da poco: «Ci saranno sicuramente motivi di
sicurezza e di responsabilità a monte, ma certo questo e tutto un insieme di
altri fattori allontanano quella che era l’aspirazione di tutta la città:
tornare a vivere il Porto Vecchio. Così si va in direzione opposta, si richiude.
Credo sarebbe giusto se la presidente dell’Autorità portuale spiegasse
pubblicamente le sue ragioni. Anche perché la sensazione - chiude Cosolini - è
che eventuali malintenzionati in Porto Vecchio continueranno a entrare, mentre a
sentirsi inibiti all’ingresso saranno semmai i “normali” cittadini».
(p.b.)
IL PICCOLO - MARTEDI', 27 maggio 2014
Nuova pista ciclabile: niente più Rive - Parte da Campo Marzio
Cosolini ha incontrato l’associazione di ciclisti
urbani, si studia il limite di 30 all’ora in un pacchetto di vie
«A causa del dialogo difficile con l’Autorità portuale non si potrà
sviluppare lungo le Rive la prevista nuova pista ciclabile del centro cittadino,
bensì collegherà Campo Marzio a via Orlandini da dove già parte la ciclopedonale
Giordano Cottur». Lo ha dichiarato ieri pomeriggio il sindaco Roberto Cosolini
al termine di un incontro avuto assieme all’assessore alla Pianificazione urbana
Elena Marchigiani con una delegazione dell’associazione di ciclisti urbani
Ulisse Fiab. «Sono state anche prese in esame una serie di vie lungo le quali
per questioni di sicurezza in particolare per chi si muove in bicicletta
potrebbe essere introdotto il limite di velocità di 30 chilometri orari -
aggiunge il sindaco - e infine si è esaminata la questione degli stalli per il
parcheggio delle biciclette che il Comune ha già incominciato a collocare». Il
dialogo è proficuo, ma dalle parole dello stesso sindaco e dal fatto che Ulisse
Fiab non ha recapitato un preannunciato comunicato si capisce che le posizioni
non sono ancora coincidenti. Già in mattinata il Comune in una nota ha comunque
annunciato, e poi se ne è discusso nell’incontro, che entro l’anno partiranno i
lavori per la realizzazione appunto della pista ciclabile tra Campo Marzio e via
Orlandini, «il cui progetto - viene rilevato - è in fase di studio da parte
degli uffici comunali e sarà condiviso con le associazioni di ciclisti».
L’opera, finanziata da Comune e Regione, sarà completata nel primo semestre del
2015. Sono anche partiti, come ha informato lo stesso Comune, i lavori per
installare la segnaletica stradale che evidenzia l’itinerario ciclabile (non la
pista) che si sviluppa dalla stazione ferroviaria di piazza Libertà fino alla
stessa pista ciclopedonale Cottur, nella zona appunto di via Orlandini. È questa
la diramazione che si diparte verso il centro di Trieste delle ciclovia
regionale chiamata Fvg2-Adriabike, un percorso transnazionale che toccherà le
città di Kranjska Gora e Capodistria in Slovenia e in Italia, oltre a Trieste,
anche a Venezia e a Ravenna e che attualmente è in fase di pianificazione per
alcuni tratti e di realizzazione per altri. «L’itinerario - si legge nella nota
- è stato studiato e condiviso tra Comune, Regione e le associazioni ciclistiche
Ulisse-Fiab con l’obiettivo di individuare un percorso agevole, ma al contempo
interessante per i cicloturisti sia dal punto di vista paesaggistico che da
quello storico-artistico.» Di conseguenza, il percorso di andata si snoda lungo
le rive cittadine e tocca Passeggio Sant’Andrea, viale Campi Elisi, via D’Alviano,
via Lorenzetti e via Orlandini. Il percorso di ritorno per un tratto si discosta
da quello di andata toccando punti di particolare interesse turistico quali
piazza Venezia, piazza Unità, piazza della Borsa, il canale di Ponterosso e
piazza Libertà. Un secondo itinerario ciclabile è già stato evidenziato alcuni
mesi fa dal Comune con apposita segnaletica: è il percorso di collegamento tra
la stessa ciclopedonale Cottur e la “Parenzana” in Slovenia che segue un
itinerario che si sviluppa lungo via Costalunga, via della Pace, via dell’Istria
e via Flavia per continuare poi nel territorio comunale di Muggia. In questo
modo il centro della città è collegato per via ciclabile anche con la Slovenia.
(s.m.)
«Val Rosandra, nessuno sfregio»
Sentiti i consulenti della difesa. Il 30 giugno testimonierà Premolin
Non c’è stato sfregio della Val Rosandra nel 2012. Anzi: la Valle, più che
vittima della “tosatura”, è esposta ad accesso incontrollato dell’uomo e dei
suoi cani, che possono - quelli sì - incidere sulla vita della fauna. È quanto
hanno sostenuto i consulenti della difesa chiamati ieri pomeriggio a deporre
davanti al giudice Marco Casavecchia nel processo per presunto disastro
ambientale in concorso a carico dell’allora vicegovernatore Luca Ciriani più il
capo, la funzionaria e il dipendente della Protezione civile regionale Guglielmo
Berlasso, Cristina Trocca e Adriano Morettin. Secondo il professor Giuliano
Sauli, ingegnere naturalista, il preteso danno è reversibile, pressoché
spontaneamente, in 10, 15 anni, e non c’è stata invasione di piante infestanti
dopo il taglio degli alberi. Per il dottor Luca Lapini, zoologo, la fauna
dell’alveo non è stata “rivoluzionata” dal taglio stesso. Prossima udienza il 30
giugno, quando - riferisce l’avvocato dello Stato Marco Meloni, che rappresenta
il Ministero dell’Ambiente come parte civile - saranno sentiti i testi della
difesa, tra cui l’ex sindaco di San Dorligo Fulvia Premolin.
(pi.ra.)
SAN DORLIGO - «Discutiamo il recupero della Val
Rosandra»
SAN DORLIGO DELLA VALLE Un piano di recupero per la Val Rosandra da
discutere tutti assieme. Lo propongono Alessandro Capuzzo, ex consigliere
comunale di San Dorligo, Tiziana Cimolino del Comitato per l’acqua bene comune
di Trieste, e Lucia Sirocco, presidente di Legambiente. «Il 23 maggio di due
anni fa - scrivono i tre nella nota - promuovemmo un incontro tra
amministrazione e naturalisti a San Dorligo a due mesi dal discusso intervento
di deforestazione: si era pensato di poter giungere a un piano di recupero
concordato ed era stato raggiunto un accordo verbale. Tutto è stato poi rinviato
per difficoltà e resistenze legate al processo in tribunale, tuttora in corso.
Le linee essenziali del piano di recupero si basavano su cinque punti, e cioè
monitoraggio, prevenzione, coltivazione, progetti formativi e inserimento nei
progetti Interreg esistenti. Si ipotizzava inoltre, quale primo atto, un
intervento necessario di pulizia del sito da ailanto e robinie. A due anni di
distanza e in vista del termine del processo, invitiamo pertanto i soggetti
interessati a incontrarsi, e proponiamo quale sede per l’incontro la Casa del
giovane di San Sabba». Proposta d’incontro che è indirizzata alla popolazione di
San Dorligo e ai cittadini mobilitatisi in difesa della Val Rosandra, agli
scienziati naturalisti Poldini, Dolce, Nimis, Bressi, Colla e Gasparo che hanno
partecipato agli incontri ma anche all’amministrazione di San Dorligo e ai
rappresentanti delle Comunelle di Boljunec. E poi al Comitato per la
salvaguardia della Val Rosandra e alle associazioni ambientaliste, al nuovo
consiglio comunale e alle forze politiche provinciali. «Con l’invito a tutti -
concludono nella nota - a collaborare per una gestione solidale dell’incontro».
Peculato, arrestato l’ex ministro Clini
Secondo l’accusa avrebbe distratto 3,4 milioni da un finanziamento
governativo destinato alle risorse idriche dell’Iraq
TRIESTE L’ex ministro dell’Ambiente Corrado Clini, che in provincia di
Trieste - dove è stato anche presidente di Area science park - ha una seconda
residenza, è stato arrestato ieri e messo agli arresti domiciliari dalla Guardia
di finanza con l’accusa di peculato. Assieme a un ingegnere di Padova, Augusto
Calore Pretner, avrebbe distratto 3,4 milioni di euro dal finanziamento di 54
milioni, con cui il ministero, del quale Clini è direttore generale dal 1989 (e
lo è ancora oggi con l’incarico di Direttore per lo sviluppo generale, per il
clima e per l’energia, dopo la parentesi da ministro con Monti premier) supportò
il progetto “New Eden” per la protezione di ambiente e risorse idriche nel
bacino del Tigri e dell’Eufrate in Iraq. Secondo la ricostruzione fatta dalla
Finanza nell’ambito di un’inchiesta coordinata dalla Procura di Ferrara, grazie
a false fatturazioni emesse da società olandesi e caraibiche, i soldi sarebbero
finiti, tra settembre 2007 e gennaio 2011, in banche svizzere su conti
riferibili agli arrestati. L’ultimo atto di rilievo preso da Clini nei confronti
di Trieste, di cui riferiamo nel riquadro, riguarda la sospensione per sei mesi
del via libera ambientale dato dal governo precedente al rigassificatore di
Zaule, ma si ha notizia di un suo intervento all’Area di ricerca di Padriciano
già nel lontano 28 febbraio 2001. Riappare in città il 26 luglio 2010, accanto
all’allora sottosegretario triestino all’Ambiente Roberto Menia, per presentare
una serie di progetti per la produzione e l’uso di energie alternative concepiti
in Area science park, che entrano a far parte del Piano energetico del Ministero
dell’Ambiente. I tempi stanno diventando maturi affinché Clini divenga
presidente di Area science park e la nomina da parte dell’allora ministro
Mariastella Gelmini arriva il 5 agosto 2011. Ma la scalata continua e l’incarico
viene lasciato quasi subito, dopo che Mario Monti il 16 novembre dello stesso
anno lo nomina ministro dell’Ambiente. Nel frattempo però Clini è divenuto un
habituè di Trieste e in particolare di Duino dove in una residenza di prestigio
abita la sua fidanzata, la triestina Martina Hauser che diventa anche consulente
dello stesso ministero, oltre che assessore a Cosenza. Clini non lesina presenze
nel palazzo della Regione e in quello dell’Autorità portuale impegnato anche
sulle questioni delle bonifiche e della riconversione della Ferriera con
rapporti sempre cordiali e collaborativi con i media. Ha raccontato Fabrizio
Fabbri capo segreteria dell’ex ministro Pecoraro Scanio: «Nel 2008 tentammo di
sostituirlo, dimostrò di avere robusti appoggi politici e perdemmo la partita.
Col tempo scoprimmo che aveva costruito una rete di relazioni importanti non
solo in Italia, ma in tutto il mondo. In Cina e nei Balcani è il regista di una
diplomazia parallela a quella del ministero degli Esteri. È capace, preparato,
ambizioso. L'obiettivo principale di Clini? È Clini».
Silvio Maranzana
Nell’aprile 2013 sospese per sei mesi il Via per il rigassificatore di Zaule
Il 4 aprile 2013 Corrado Clini, allora ministro dell’Ambiente, firmò il decreto con il quale venne sospesa per sei mesi l’efficacia della Valutazione d’impatto ambientale (Via) rilasciata nel luglio 2009 alla società catalana Gas Natural riguardo al rigassificatore di Zaule. Si trattò in sostanza dello stop a un progetto che aveva visto esprimersi in maniera contraria tutte le amministrazioni elettive del territorio. In questo lasso di tempo secondo Clini la soluzione si sarebbe potuta sbloccare in due modi soltanto: l’indicazione da parte della stessa Gas Natural di un sito alternativo a Zaule, oppure la rideterminazione del proprio Piano regolatore da parte dell’Autorità portuale che aveva definito il rigassificatore incompatibile con lo sviluppo dei traffici marittimi. Il 15 aprile scorso il viceministro Claudio De Vincenti ha affermato che il procedimento si concluderà presumibilmente con la revoca dell’autorizzazione.
(s.m.)
IL PICCOLO - LUNEDI', 26 maggio 2014
«Commercio, dalle categorie una posizione condivisa»
Cosolini sui nuovi insediamenti in zona industriale
stoppati dal Prg: disponibili a sederci a un tavolo ma davanti a un orientamento
preciso. E attenti ai rischi
Investitori pronti a mettere sul piatto decine di milioni di euro per nuovi
insediamenti commerciali in zona industriale via Flavia - Ezit, ma costretti a
rinunciare da un Piano regolatore a maglie troppo strette? Alla denuncia di
Fabio Padovan - che però vede concordi su questa posizione Dario Bruni e Paolo
De Alti, presidente e direttore di Ezit - il Comune risponde dicendosi
disponibile a un tavolo di discussione sul Prg per quella zona. Purché - ed è un
purché preciso - le varie categorie economiche ci arrivino con una posizione
unitaria, o quantomeno prevalente. E purché ci sia coscienza delle ricadute che
una eventuale liberalizzazione su più fronti comporterebbe. A dirlo è il sindaco
Roberto Cosolini, non prima di avere sottolineato in premessa come
«l’urbanistica non si fa su commissione, in relazione alle esigenze dell’una o
dell’altra proprietà». Il sindaco chiarisce le premesse in base alle quali il
nuovo Prg ha previsto per quell’area insediamenti commerciali a basso impatto,
esclusi alimentare o abbigliamento: «Da un lato per evitare lo spostamento del
baricentro commerciale verso la periferia, consci che tra l’altro la rete,
soprattutto nell’alimentare, è già estesa e con alcune situazioni di crisi;
dall’altro per evitare una generale crescita dei prezzi dei terreni che
diverrebbero fuori portata per artigiani o piccoli industriali». E poi:
«Liberalizzazione totale? Si può fare, ma se si prende questa scelta - e la si
deve prendere anche con la Regione - si sancisce la fine dell’Ezit, ente nato
appunto per gestire lo sviluppo industriale del territorio e che in questa
situazione non avrebbe più senso». Ma se «è piuttosto normale che un
imprenditore voglia comprare a prezzo politico e poi magari realizzare prezzi di
mercato quando rivende», osserva Cosolini, c’è anche un altro nodo. Quello delle
posizioni in campo assai diverse l’una dall’altra. Confcommercio presenta
ricorsi contro i monomarca approvati dal Consiglio comunale, Confindustria i
monomarca li approva ma deve tutelare anche gli insediamenti industriali, Bruni
(anche presidente di Confartigianato) dall’Ezit sottolinea di essere costretto a
rifiutare investimenti commerciali. Ebbene, «esiste una casa dell’economia -
dice il sindaco - dove tutte queste associazioni di categoria sono
rappresentate, ed è la Camera di commercio intesa appunto come forma di
autogoverno delle categorie. Limitarsi al vittimismo e all’additare le
istituzioni non è un buon modo di rappresentare imprenditori né lavoratori: sono
in grado le diverse categorie di discuterne in Camera di commercio e di uscire
con una posizione prevalente, che sarà poi quella che il presidente (Antonio
Paoletti, ndr) dovrà rappresentare? Perché se non c’è questa capacità,
dell’autogoverno rimane molto poco. Nessuna intenzione di far decidere a
qualcuno per noi, beninteso: ma certo una proposta unitaria sarebbe meglio che
una recriminazione da divisi...» Il sindaco torna infine sull’annunciata
chiusura di Godina, dopo che il segretario dell’Ugl Matteo Cernigoi ha invitato
il Comune e le altre istituzioni a considerare nuove politiche commerciali a
difesa dei posti di lavoro, additando come «le ultime iniziative comunali in
merito alla creazione del "salotto buono" triestino stiano facendo andare nel
dimenticatoio le periferie e le botteghe di quartiere». «Via Carducci - replica
Cosolini - non può considerarsi periferia: vicina a tre sedi della Regione, alle
principali fermate del bus, a parcheggi. La prima amministrazione comunale ad
avere esteso la Notte dei saldi con iniziative anche in quella zona è stata la
nostra - prosegue Cosolini - e se il Comune può continuare a lavorare su
turismo, trasporti pubblici, riqualificazione, la promozione - e so che Godina
la faceva - spetta alle imprese, e a chi come la Camera di commercio ha risorse
affidate allo scopo». Quanto alla chiamata in causa dall’Ugl, «prendo volentieri
le critiche dei lavoratori che perdono il posto ma a certi rappresentanti
sindacali potrei fare una proposta», dice Cosolini: «Facciamo un accordo per cui
le maestre dell’infanzia fanno nove settimane di riposo all’anno invece che 11 e
lavorano nei centri estivi. I soldi che il Comune risparmierebbe sugli appalti
esterni li potrebbe investire in iniziative mirate a tutela e sviluppo del
lavoro in commercio e servizi. Vediamo se il sindacato comincia a essere in
grado di governare anche le contraddizioni al suo interno...»
(p.b.)
IL PICCOLO - DOMENICA, 25 maggio 2014
«Zona industriale, pronti investitori con 80 milioni»
L’Ezit conferma: cinque proposte, anche da gruppi
sloveni, e centinaia di posti di lavoro. Padovan: «Ma bisogna modificare il
Piano regolatore»
Il commercio in centro arranca e la bandiera bianca alzata da Godina è solo
l’ultimo e il più clamoroso degli esempi? «In periferia potrebbe invece
prosperare ma è strozzato proprio a causa del protezionismo che la politica
adotta nei confronti dei dettaglianti del cuore della città. Soltanto nell’area
compresa tra via Flavia e via Pietraferrata si stanno buttando via 80 milioni di
investimenti e 250 posti di lavoro». L’accusa viene da Fabio Padovan, titolare
della concessionaria Peugeot, che occupa una delle aree su cui hanno messo gli
occhi i nuovi investitori, ma trova perfettamente concorde l’Ezit con il suo
presidente Dario Bruni e il direttore Paolo De Alti. È la prosecuzione della
battaglia apertasi con i cosiddetti monomarca alla fine approvati dal Consiglio,
ma stavolta Ezit e potenziali investitori non trovano ostacoli essenzialmente in
Confcommercio e Forza Italia com’era accaduto all’inizio dell’anno, ma anche
nella stessa giunta comunale di centrosinistra, a causa del nuovo Piano
regolatore recentemente adottato. «La destinazione d’uso della zona in questione
è rimasta sostanzialmente la stessa - spiega Padovan - ammette solo il
commerciale a basso impatto escludendo alimentari, casalinghi, abbigliamento
vanificando tutte le nuove richieste di insediamento, mentre qui potremmo avere
non solo supermercati, ma anche centri di distribuzione alimentare, negozi di
complementi d’arredo, centri servizi e wellness, laboratori medici, palestre,
piscine, oltre alle botteghe artigianali e alle forniture di materiali per
l’edilizia. Ci sono gli imprenditori e i soldi, ma vengono messi in fuga. Credo
che il Piano regolatore si possa cambiare, oppure si possa fare un nuovo
regolamento, non vi sono leggi nazionali o europee che lo impediscono». Anzi,
secondo De Alti, la direttiva europea Bolkenstein liberalizzerebbe ogni forma di
commercio. L’Ezit conferma che per l’area compresa tra via Flavia e via
Pietraferrata, al di fuori del Sito inquinato di interesse nazionale, sono state
presentate cinque proposte di potenziali investimenti commerciali non ancora
completamente dettagliati, ma che comunque confliggono tutti sia con la
normativa urbanistica comunale-regionale tuttora in vigore che con il nuovo
Piano regolatore adottato dal Comune. La prima arriva da investitori sloveni
interessati all’area di 20mila metri quadrati dell’ex Cotonificio Olcese, tra le
vie Follatoio e Flavia di proprietà dell’Ezit. Per realizzare un centro di
commercio al dettaglio di generi non alimentari ad alto impatto previsti un
investimento di 15 milioni con 100-150 assunzioni. Sull’area della
concessionaria Padovan, 8mila metri quadrati, hanno messo gli occhi investitori
tedeschi per un centro di commercio al dettaglio di alimentari con 14milioni di
investimento e 80 assunzioni. Altre attività nel settore commerciale sono state
ipotizzate da altri investitori sloveni nell’area di 9mila metri quadrati della
Dino Conti in strada della Rosandra: 8 milioni di investimenti e 50-70
neoassunti. La società del Gruppo Conad, Commercianti indipendenti di Forlì,
intende invece realizzare su 6mila metri quadrati in via Carletti un
supermercato rionale con 30 nuovi assunti. A questi interessi, si aggiunge
quello della Porta Rossa spa che intende realizzare una struttura per la grande
distribuzione, esclusi gli alimentari, su 2.500 metri quadrati, progetto questo
incluso tra i cosiddetti monomarca.
Silvio Maranzana
Bruni: ricorso della Confcommercio anche contro la Conad
Dario Bruni, presidente dell’Ezit, lo ripete da tempo: «Sono anni che non ci arriva una richiesta di nuovo insediamento industriale, mentre piovono quelle per insediamenti commerciali: non è autolesionistico continuare a respingerle rinunciando a centinaia di posti di lavoro?» Il direttore De Alti è ancora più esplicito: «Stiamo forse aspettando che ci arrivi il progetto per mettere in via Flavia una seconda Ferriera? Mentre oltretutto sull’altro lato della stessa strada già sorgono molti esercizi commerciali». Ma l’opposizione della Confcommercio è a tutto campo. «Abbiamo licenziato una delibera con cui autorizzavamo il rogito per la vendita dell’area di via Carletti al Gruppo Conad pur sottolineando che lì non è possibile fare un supermercato -rivela Bruni - Bene, la Confcommercio ha avanzato ricorso al Tar anche contro questa delibera».
(s.m.)
Tiare shopping potrà solo raddoppiare
La giunta stoppa ulteriori ampliamenti del polo commerciale di Villesse.
Santoro: «Il territorio non reggerebbe l’impatto»
VILLESSE Le sue dimensioni potranno raddoppiare grazie alle autorizzazioni
che risalgono ancora alla precedente giunta regionale targata Tondo. Ma oltre al
raddoppio, il già oggi gigantesco parco commerciale di Villesse non potrà
espandersi ulteriormente. A decretarlo l’amministrazione regionale che ha
impresso, di fatto, uno “stop” alla nuova richiesta d’ampliamento. Tecnicamente,
l’esecutivo regionale (su proposta dell’assessore alle Infrastrutture e alla
Pianificazione territoriale Maria Grazia Santoro) ha deciso di stralciare dalle
proposte di modifica del Piano-struttura del Comune di Villesse le direttrici di
espansione dell’ambito del parco commerciale Ikea: ciò per il rispetto delle
scelte e degli impegni assunti in sede di “Accordo di programma” sottoscritto
nel 2006 (e della sua successiva novazione del 2011) tra la Regione Fvg, i
Comuni di Villesse e Romans d’Isonzo e gli imprenditori privati. Ogni previsione
pianificatoria relativa a possibili sviluppi del Parco commerciale, ammonisce la
Regione, dovrà essere preventivamente sostenuta da «una valutazione complessiva
degli effetti di tipo ambientale-paesaggistico e viabilistico che tali scelte
potrebbero determinare, in primis, rispetto ai contenuti dell’Accordo di
programma. Soltanto in tale sede, andranno (previa verifica delle possibili
ricadute) eventualmente riviste le previsioni e rinegoziati gli impegni
reciproci assunti da tutti i partecipanti all’accordo stesso». Sin qui le
comunicazioni ufficiali che sembrano lasciare ancora semiaperta una porta. Ma a
chiuderla ci pensa l’assessore regionale Maria Grazia Santoro che abbiamo
contattato e che chiarisce il pensiero della giunta. «Forse non tutti sanno che
la struttura attualmente realizzata a Villesse è soltanto la metà di quello che
si può ancora costruire. E la proprietà ha già in tasca tutte le autorizzazioni
per poter raddoppiare la superficie di vendita. Fatta questa precisazione, alla
Regione è giunta la richiesta di poter ampliare ulteriormente il parco
commerciale, oltre il raddoppio già previsto. Lascio immaginare ai lettori quale
potrebbe essere l’impatto di una simile struttura. Ritengo che in questo momento
non ci siano le condizioni per poter dare il via libera a un simile programma.
Ulteriori ampliamenti non possono essere autorizzati a cuor leggero, considerato
anche il “peso” che la grande distribuzione già oggi ha in Friuli Venezia
Giulia». L’assessore Santoro chiude con una preghiera. «Non deve passare il
concetto che la nostra amministrazione ammette il raddoppio del parco
commerciale perché l’autorizzazione risale a prima del nostro arrivo: quindi, la
nostra è stata una presa d’atto».
Francesco Fain
Già in aprile l’allarme cementificazione lanciato dalle associazioni ambientaliste
Era il 29 aprile scorso e il Wwf bocciò senza se e senza ma il nuovo piano regolatore di Villesse. Il motivo? «Il nuovo strumento urbanistico - sostennero gli ambientalisti - lascia ampio margine a ipotesi di ampliamento del Parco commerciale, per ulteriori 154.296 mq, una volta completati gli spazi già realizzati: un'ipotesi da rigettare senza appello, perché condannerebbe un territorio già fortemente provato». Per l'associazione ambientalista «le nuove scelte pianificatorie di Villesse, che dovranno dare gli indirizzi per il futuro del Comune, non esprimono la volontà intrinseca del territorio ma derivano di fatto da un accordo politico (stipulato tra degli enti pubblici e un privato) che prevedeva la costruzione del parco commerciale, poi effettivamente realizzato». La decisione della giunta regionale sembra andare nella direzione degli auspici formulati dal Wwf.
IL PICCOLO - SABATO, 24 maggio 2014
Gazprom riduce i prezzi del gas all’Eni
L’accordo con il colosso russo rivede i contratti per
l’approvvigionamento. E la società italiana guadagna l’1,7% in Borsa
ROMA Un atto importante nella politica energetica nazionale, che potrà anche
riflettersi sulla bolletta del gas. Il nuovo amministratore delegato di Eni,
Claudio Descalzi, che ha recentemente preso il posto di Paolo Scaroni alla guida
del colosso partecipato dal Tesoro, ha firmato con l'omologo del gigante russo
Gazprom, Alexey Miller, un accordo sulla revisione dei contratti di
approvvigionamento del gas. L'accordo - si legge in una nota - prevede una
riduzione dei prezzi delle forniture e un cambiamento importante nelle modalità
di indicizzazione assicurando il pieno allineamento con il mercato. Inoltre, nel
2014 la capacità di Eni di recuperare gas prepagato all'interno delle clausole
di “take or pay” sarà significativamente aumentata. I termini dell'accordo si
applicano retroattivamente dall'inizio del 2014. L'accordo, sottolinea il
comunicato, «rappresenta un cardine dell'impegno di Eni di rinegoziare tutti i
contratti di fornitura gas a lungo termine con terze parti, con l'obiettivo di
disporre di un portafoglio di approvvigionamenti pienamente competitivo».
L’annuncio dell’accordo è stato accolto in modo significativamente positivo in
Piazza Affari, dove il titolo Eni è salito dell'1,7%. Ricordiamo che il colosso
russo e la China National Petroleum Corporation (Cnpc) hanno concluso l’altro
giorno un’intesa da 400 miliardi di dollari per l’approvvigionamento del mercato
cinese e hanno concordato un pagamento anticipato di 25 miliardi di dollari.
Tornando a Eni, il gruppo petrolifero italiano saggia sempre nuove opportunità
per implementare i luoghi di approvvigionamento della materia prima. Ha eseguito
con successo la campagna di delineazione della scoperta di Agulha, situata
nell'Area 4 nell'offshore del Mozambico. La delineazione - spiega una nota - è
avvenuta tramite il pozzo Agulha 2, perforato in 2.603 metri d'acqua e che ha
raggiunto la profondità complessiva di 5.645 metri. Il pozzo è localizzato nella
parte meridionale dell'Area 4, circa 12 chilometri a sud del pozzo di scoperta
Agulha 1 e a circa 80 chilometri dalla costa di Cabo Delgado. Agulha 2,
dodicesimo pozzo perforato con successo in Area 4 - prosegue la nota - ha
incontrato circa 25 metri di mineralizzazione a gas in reservoir di età
paleocenica di buona qualità, confermando l'estensione a sud del campo di Agulha.
Dopo Agulha 2 Eni sta considerando la perforazione di ulteriori pozzi
esplorativi nella parte meridionale dell'Area 4. Le risorse complessivamente
scoperte nell'Area 4 sono stimate in circa 85 Trillion cubic feet di gas in
posto (pari a 2.407 miliardi di metri cubi).
Le Marche rilanciano l’allarme per le trivellazioni croate nell’Adriatico
«L'Adriatico è un mare particolare, semichiuso e con un lento ricambio delle acque: l'Europa lo guarda infatti con molta attenzione. Quindi per quanto riguarda il petrolio e le trivelle la sicurezza è la strategia principale». Lo ha detto il presidente della Regione Marche, Gian Mario Spacca. Spacca, riferendosi allo sfruttamento petrolifero iniziato dalla Croazia, ha poi proseguito spiegando che «questo mare è una comunità e dobbiamo ragionarne in termini di macroregione adriatica e di ecosostenibilità di tutti gli interventi». «Per sicurezza non intendo solo quella fisico-tecnica - ha proseguito - ma anche quella di una valutazione economica. Se in Adriatico si decide di fare grandi investimenti turistici è chiaro che il territorio verrebbe penalizzato da una intensa attività perforatrice». Quindi la macroregione Euroadriatica che verrà costituita dovrà allargare l'orizzonte anche a paesi come la Croazia che sta investendo molto sull'offshore.
(m. man.)
IL SOLE 24ORE - VENERDI', 23 maggio 2014
Infiltrazioni mafiose, sotto sequestro le attività di Gas Natural Fenosa
Il tribunale di Palermo ha posto sotto il controllo dell'autorità giudiziaria le filiali italiane della società iberica Gas Natural Fenosa in seguito a un'inchiesta nel corso della quale sarebbero emerse contiguità con attività del crimine organizzato. La notizia è stata data da un comunicato della società spagnola.
IL PICCOLO - VENERDI', 23 maggio 2014
«Ferriera, garanzie sul piano industriale»
Borini: le istituzioni intervengano subito per evitare brutte sorprese in
futuro
La Fiom Cgil vuole precise garanzie sul piano industriale di Arvedi, che ha
manifestato interesse ad acquisire la Ferriera di Servola. E chiede alle
istituzioni locali, in primis la Regione, di essere affiancata in questo
passaggio. Lo ha sottolineato ieri Stefano Borini, segretario della Fiom:
«L'annuncio dell'arrivo del gruppo Arvedi è oramai dato per certo. Incerte
invece sono le caratteristiche del piano industriale che l'azienda vorrà
allestire. Come Fiom chiediamo una serie di risposte sulle garanzie di
mantenimento dei livelli occupazionali e delle condizioni economico-normative in
essere per i lavoratori. Chiediamo inoltre – ha proseguito Borini - che le
istituzioni intervengano subito per evitare brutte sorprese in futuro.
L'investimento su Servola implica l'impiego di notevoli risorse pubbliche
accanto a quelle private, perciò controlli e garanzie devono essere in primo
piano. Bisogna ottenere rassicurazioni sia per i lavoratori sia per i cittadini
di Servola, per quanto concerne la tutela dell'ambiente». Borini ha colto
l’occasione per insistere sull’impegno delle istituzioni «che devono chiarire
cosa vogliono fare non solo della Ferriera ma anche della città, in particolare
del suo tessuto produttivo industriale. Non vorremmo che si ripetessero amare
vicende già vissute, con imprenditori che sono arrivati qui, hanno spremuto le
risorse pubbliche a disposizione e poi se ne sono andati. Chiediamo alla
presidente Serracchiani e all'assessore regionale per il Lavoro Loredana
Panariti di convocare il tavolo di concertazione prima dell’avvio delle
procedure sindacali relative alla vendita dello stabilimento e di fornire le
necessarie garanzie politiche, industriali e occupazionali sull’intera
operazione. La politica – ha concluso Borini - deve rispondere ai lavoratori e
non c'è molto tempo, perciò prima della fine di giugno vogliamo risposte». La
Fiom Cgil chiede di conoscere la visione del gruppo Arvedi sul progetto
complessivo dell’area soggetta alla crisi industriale complessa, quanti nuovi
posti di lavoro intendono garantire alla città in funzione degli aiuti pubblici,
quali sono i piani di risanamento ambientale legati al progetto industriale e le
strategie per attrarre nuovi investitori a Trieste.
Ugo Salvini
Grado, via ai prelievi sul tratto di spiaggia chiuso ai bagnanti
La conferenza dei servizi, riunita nella sede della
Regione, dà l’ok all’operazione per sospetta contaminazione
GRADO Inizieranno lunedì i prelievi, con le successive analisi, sulla sabbia
di quei 400 metri di arenile indicati come contaminati. Al momento, infatti, si
sospetta che, in base ai risultati di alcune verifiche, che vi sia la presenza
di mercurio. Ieri pomeriggio la conferenza dei servizi, riunita nella sede della
Regione a Trieste, ha dato il via all’operazione. Il progetto presentato dalla
Multiproject di Gorizia era già stato visionato dalle parti interessate, e
pertanto la riunione, incentrata unicamente su aspetti di carattere tecnico, non
si è protratta a lungo. All’incontro hanno partecipato Regione, Provincia,
Comune, Git, Azienda sanitaria e Arpa. Per il Comune, che ha effettuato il
ripascimento a seguito del contributo della Protezione civile e dopo aver
ottenuto le autorizzazioni necessarie, era presente il dirigente Andrea De
Walderstein. Per la Git c’erano il vicepresidente Ruggero Marocco, che è anche
un esperto geologo, e il direttore Sergio Schiavi. Alla fine della riunione la
Regione ha predisposto il decreto autorizzativo. Se i tempi saranno rispettati,
i campionamenti dureranno qualche giorno. Tutta l’operazione, analisi comprese
verrà completata nell’arco di 15 giorni. Poi toccherà all’Arpa validare i
risultati. E’ evidente che qualche interrogativo se lo siano posto i bagnanti,
anche stranieri, dopo aver appreso la notizia, anche perché qualcuno ha
inopinatamente parlato di spiaggia inquinata, quando in realtà sotto esame ci
sono solo 400 metri dei circa 5 chilometri complessivi di arenile. Su questo
aspetto ha puntato anche Turismo Fvg, che ha diffuso una nota diretta,
principalmente all’estero, iniziando col dire a chiare lettere che “Grado è
pronta ad accogliere i turisti italiani e d’oltre confine con la consueta
attenzione”. Ha fatto quindi riferimento a “una limitatissima area antistante
Città Giardino, che è al momento monitorata per consentire alcuni controlli. I
quasi cinque chilometri restanti di spiaggia, così come tutta la costa del
Friuli Venezia Giulia, non sono in alcun modo interessati dal monitoraggio e
sono pertanto accessibili ai bagnanti in totale sicurezza”. C’è poi
un’ulteriore, forte precisazione di Turismo Fvg, ovvero che non è inibita al
transito dei bagnanti, “poiché ciò non costituisce pericolo”. La zona “è stata
comunque sgomberata a titolo precauzionale e in attesa che gli organi competenti
verifichino il percorso scientifico relativo all’analisi dei rilevamenti di
metalli pesanti dovuti a un precedente ripascimento”.
Antonio Boemo
IL PICCOLO - GIOVEDI', 22 maggio 2014
Ozono, previsto il superamento dei limiti.
Ai sensi del Piano di Azione Comunale per il contenimento degli effetti delle alte concentrazioni di ozono (O3) in atmosfera, il Comune di Trieste informa che tra oggi e domenica si verificherà nel territorio comunale il superamento della soglia di attenzione (120 microgr / mc) di ozono atmosferico. Si invito pertanto la cittadinanza, in particolare le fasce più sensibili della popolazione, ad adottare adeguato precauzioni per limitare l'esposizione a questo inquinante. Più a rischio sono considerati bambini, anziani, asmatici, chi soffre di patologie polmonari e cardiologiche, lavoratori e sportivi che svolgono attività all'aperto. Soprattutto queste persone sono invitate a ventilare gli ambienti domestici e a svolgere lavori pesanti o attività sportive nelle ore più fresche cioé di prima mattina o in serata. Si suggerisce inoltre un'alimentazione ricca di antiossidanti, consumando in particolare frutta, peperoni, pomodori, verdura a foglia verde, pesce, molluschi, crusca, legumi, germogli di grano, di soia, olio crudo di oliva, di soia, di mais, di girasole, fegato, uova.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 21 maggio 2014
Ferriera, si allunga a tutto il 2014 lo spettro della
cassa integrazione
Dopo la vendita, due mesi per la presa in carico dei dipendenti e tre per
altri lavori sull’altoforno
E intanto Giovanni Arvedi conferma l’interesse a entrare nella cordata per
rilevare l’Ilva di Taranto
«Se come sembra l’operazione di vendita dello stabilimento potrà essere
conclusa a fine giugno, ci vorranno poi almeno due mesi per completare le fasi
burocratiche di passaggio in carico dei dipendenti nella nuova azienda.» Si
allunga, forse per tutto il 2014 la cassa integrazione alla Ferriera di Servola
e la frase detta ai rappresentanti di fabbrica in videoconferenza da Piombino da
Riccardo Grilli direttore delle Risorse umane della Lucchini, attualmente in
amministrazione straordinaria, ha preoccupato, ma non ha sorpreso i
rappresentanti di fabbrica invitati al collegamento. Considerando infatti che a
carico di Arvedi vi saranno almeno altri tre mesi di lavori sull’altoforno, si
rischia di arrivare fino a fine anno con l’altoforno spento. Domenica nel corso
della cerimonia in cui il Gruppo di Cremona ha firmato un contratto da un
miliardo di euro con la cinese Rizhao Steel e con Siemens per la realizzazione
di quattro linee produttive da 8 milioni di tonnellate, il cavalier Giovanni
Arvedi ha pronunciato una frase anche su Servola. «Trieste - ha detto - è
un’operazione di completamento per Cremona sia a livello logistico che
industriale. Ci stiamo lavorando.» Trattativa ben avviata dunque sia sullo
stabilimento che sulla Ferriera, ma giochi non ancora chiusi. Nei giorni scorsi
Francesco Rosato, amministratore unico di Siderurgica Triestina, la società al
100% di Finarvedi, appositamente creata per puntare su Servola, si è nuovamente
trincerato dietro al “no comment” relativamente in particolare al Piano
industriale che sta per essere presentato al commissario straordinario Piero
Nardi unitamente all’offerta vincolante d’acquisto, ma che dovrà anche essere
discusso con i sindacati. Lo stesso Rosato però sarebbe stato visto recentemente
passare più di una volta i cancelli di Servola, segnale che la due diligence è
avviata e anzi forse si sta concludendo. Ma le manovre di Arvedi, che sembra
avviato a divenire il marchio di riferimento dell’intera siderurgica italiana,
non si limitano certo a Trieste. Lo stesso presidente ha confermato l’interesse
del gruppo a entrare nella cordata alla quale sono interessati anche Marcegaglia
e Arcelor-Mittal per il riassetto proprietario dell’Ilva dopo la scadenza, il 4
giugno, del commissario Enrico Bondi che secondo alcune voci potrebbe essere
sostituito dallo stesso commissario della Lucchini, Piero Nardi. A Servola
intanto i lavori sull’altoforno sono in dirittura d’arrivo, ma solo per quel che
riguarda questa fase. La cappa infatti che è stata smontata non verrà
ricollocata subito al proprio posto. Si attenderà che entri il nuovo
proprietario che a propria volta dovrà finanziare una seconda operazione, che
sembra non durerà meno di tre mesi, ripristinando il rivestimento delle pareti
refrattarie e rifacendo il sistema di raffreddamento. Se per quel che riguarda
la cokeria, il carbone per alimentarla dovrebbe venir assicurato in sequenza
dapprima da Lucchini e poi da Arvedi, i tempi per la rimessa in funzione
dell’altoforno sono destinati ad allungarsi e con essi la cassa integrazione.
Nel corso della videoconferenza sarebbe stato anche ribadito che la cassa
integrazione è estensibile fino a un massimo di quattro anni. E mentre i
sindacati si apprestano a chiedere un nuovo incontro alla Regione la
preoccupazione tra i dipendenti è stratificata su un doppio grado: il primo
riguarda l’incertezza non ancora dissolta sul buon esito dell’operazione di
acquisto; il secondo concerne il mantenimento dei livelli occupazionali: non è
scontato infatti che Siderurgica Triestina assumerà tutti gli operai, gli
impiegati e i dirigenti che cesseranno il rapporto di lavoro con la Lucchini. È
su questo che i sindacati stanno perparando la principale battaglia.
Silvio Maranzana
Muggia, un Prgc ambientalista - Il documento, oggi in
Commissione, punta sull’agricoltura e sulla tutela del sistema idrogeologico
Il Piano regolatore generale comunale di Muggia di stampo prettamente
ambientalista sta prendendo vita. Dopo essere stato presentato lunedì alla
maggioranza consigliare, oggi l'attesissimo documento - già consultabile sulla
pagina internet del Comune - verrà discussa dalle Commissioni consiliari. Il 20
giugno il primo vero step significativo: l'adozione da parte del Consiglio
comunale. In seguito si aprirà il periodo di 30 giorni durante il quale i
cittadini potranno presentare eventuali osservazioni ed opposizioni. A
illustrare il Prgc è il vicesindaco Laura Marzi: «Il documento che stiamo
andando ad adottare nasce dalle direttive espresse da questa amministrazione, in
linea con il proprio programma politico, e votate in consiglio comunale nel
2009, i cui temi principali possono essere sintetizzati in 4 punti fondamentali:
salvaguardia dell’ambiente, il buon abitare per migliorare la qualità della
vita, una mobilità tesa al miglioramento degli spostamenti e lo sviluppo
economico sotto tutti gli aspetti». Questi temi, a loro volta, sono stati
declinati in obiettivi specifici come la limitazione del consumo di suolo, la
riconsiderazione dello sviluppo turistico in termini di sostenibilità e
fruizione pubblica, il recupero delle connessioni e dei percorsi, il recupero
dell’agricoltura, la tutela del sistema idrogeologico, dei beni culturali,
ambientali e paesaggistici, il blocco dell’incremento della popolazione
insediabile avviando, parallelamente, misure di riqualificazione della
residenzialità e dei servizi. «Per quanto riguarda la mobilità e lo sviluppo,
gli obiettivi hanno riguardato lo sviluppo dei trasporti via mare, via ferro,
pubblici e transfrontalieri - prosegue Marzi - ed il rilancio dello sviluppo
commerciale, artigianale e terziario accanto alla cantieristica ed ai servizi da
diporto, pensando ad una riqualificazione dell’area industriale e allo sviluppo
del tema degli impianti a energie rinnovabili a servizio sia della residenza che
del territorio». Obbiettivi secondo i quali sono stati costruiti il Piano
struttura e il Piano regolatore. Marzi non ha dubbi: "È un Prgc dalla forte
connotazione ambientalista, che vede la drastica riduzione delle speculazioni
edilizie vestite da sviluppo turistico, previste dal Prgc vigente anche in zone
di pregio ambientale, il che si traduce in una riduzione totale di tutte le zone
G (turistiche) del 48%, con un parallelo aumento della superficie delle zone
destinate agli usi agricoli di circa 30 ettari». La vocazione turistica e
l’importanza del turismo stesso nello sviluppo economico del territorio è
concepita, all’interno del nuovo Prgc, «attraverso la visione di un turismo teso
alla valorizzazione in chiave sostenibile del territorio nel suo complesso,
attraverso il potenziamento di tutte le sue naturali predisposizioni e risorse».
Attraverso le norme di attuazione, infatti, è prevista l’incentivazione alla
realizzazione di piccole strutture ricettive collegate in qualche modo al
carattere rurale del territorio. Ad esempio? Agriturismi, ristori rurali e bed
and breakfast, e la realizzazione di strutture ricettive più classiche, come gli
alberghi. «Le strutture ricettive alberghiere, però, sono state previste ai
margini delle aree di pregio naturale e paesaggistico conclude Marzi -
prevedendo anche le loro caratteristiche dal punto di vista edificatorio, che
dovranno essere poco impattanti ed in armonia con l’ambiente nel quale dovranno
inserirsi».
Riccardo Tosques
Cava Faccanoni polmone per le imprese edili - I
costruttori potranno scaricare i materiali di risulta. Investimento da 3,6
milioni
Lo ha deciso la giunta: entro giugno un bando di gara per
“rinaturalizzare” il sito
La giunta comunale ha approvato il progetto preliminare relativo ai lavori
di “rinaturalizzazione morfologica e naturalistica” della dismessa Cava
Faccanoni. Ora gli uffici competenti si attiveranno per bandire la procedura
aperta per l'affidamento dei lavori, che sarà completata a giugno. Poi gli
stessi lavori saranno aggiudicati con il criterio dell'offerta economicamente
più vantaggiosa, a mezzo di concessione di costruzione e gestione, ai sensi
degli articoli 143 e del D. lgs. n. 163/2006. In pratica l’ex cava sarà riempita
con terra, materiali di risulta, di scavo, laterizi e di altro tipo, comunque
sempre inerti e quindi non tossici né pericolosi, derivanti da lavori edili.
Alla fine, dopo un massimo di 17 anni, verrà allestito uno strato superficiale
di terra per facilitare la crescita del verde naturale. In questo arco di tempo
il concessionario guadagnerà dai canoni per il conferimento dei materiali, a
fronte di un investimento stimato in 3,6 milioni di euro, per strutture di
monitoraggio, contenimento, stivaggio, per il personale e altro. Oggetto della
concessione sarà lo sviluppo dei successivi livelli di progettazione,
l'acquisizione dei necessari pareri e autorizzazioni, l'esecuzione dei lavori e
la gestione, quale unica fonte di remunerazione del concessionario a fronte di
un investimento iniziale di 3.600.000 euro, dell'impianto di recupero e del
relativo servizio di ricevimento del materiale costituito da terre e rocce da
scavo e da inerti. Il periodo di concessione è fissato in 17 anni, al termine
dei quali l’area interessata, rinaturalizzata, dovrà tornare senza oneri nella
completa disponibilità del concedente, cioè il Comune. Tra l'espletamento della
gara, l'aggiudicazione e le tempistiche necessarie al concessionario per
l'ottenimento dell'autorizzazione tramite procedura ordinaria per l'impianto di
recupero, il Comune stima che si potrà dare inizio ai lavori non prima di un
anno, «avviando così un progetto ambizioso che garantirà alle imprese locali un
luogo dove potere conferire il materiale di risulta dei lavori di
ristrutturazione edilizia. «Con un notevole risparmio - precisa l’assessore ai
Lavori pubblci Dapretto - sia per le imprese, che ora devono portare i materiali
in discariche in Friuli e Veneto, che per la collettività. Si pensi, a riguardo,
il nimore inquinamento derivato dalla soppressione dei viaggi degli appositi
camion». Sempre in tema di lavori pubblici, la giunta comunale ha approvato
anche la terza fase del progetto esecutivo e definitivo per il ripristino delle
opere di consolidamento e messa in sicurezza del versante collinare instabile
che sovrasta alcune abitazioni tra le vie Udine e Commerciale, con una spesa
complessiva che supera di poco i 215mila euro. La Protezione civile della
Regione Fvg ha autorizzato la realizzazione dell'intervento urgente, a
salvaguardia della pubblica incolumità, per il ripristino delle opere di
consolidamento e di messa in sicurezza del versante instabile, mettendo altresì
a disposizione un cospicuo finanziamento. In regime di somma urgenza sono stati
affidati all'impresa Alpi i lavori consistenti nel monitoraggio della parete
instabile e nell’esecuzione dei sondaggi necessari per la determinazione delle
misure da adottare e negli interventi di messa in sicurezza.
Rifiuti zero a Muggia: incontro pubblico
MUGGIA Strategia “Rifiuti zero” in provincia di Trieste cominciando da
Muggia: è questo l’argomento al centro della discussione dell’incontro in
programma domani alle 10.15 nella sala Millo di piazza della Repubblica a Muggia
su iniziativa del circolo muggesano del Movimento per la Decrescita Felice (Mdf).
Interverranno Maurizio Pallante, saggista presidente e fondatore del Movimento
per la Decrescita Felice, che parlerà di “Fermare gli incentivi”; Paolo Contò,
direttore del Consorzio, che illustrerà come si programma 85 per cento di
raccolta differenziata dei Consorzi Priula e Tv3; Dario Parisini, presidente
Querciambiente che interverrà sulle “Buone pratiche e posti di lavoro”.
Concluderà la serie di interventi Jacopo Rothenaisler, presidente del circolo di
Muggia del Movimento per la Decrescita Felice che lancerà “Una proposta per
Muggia”. L’incontro dovrebbe concludersi poco dopo le 12. A interventi di
carattere tecnico seguiranno proposte e iniziative su un problema di grande
rilevanza sociale e politica.
E anche le api sono in forte crisi - San Marco
“La fine del miele?” alle 16 Ingresso liberoLe api sono in crisi. La
“misteriosa” sindrome dello spopolamento degli alveari è stata identificata nel
2006 e da allora non dà tregua. Il problema è grave non solo per quel che
riguarda la salvaguardia della biodiversità, o per gli amanti del miele. In
pericolo è anche l’agricoltura che ha un bisogno vitale della preziosa opera di
impollinazione di questi insetti. Per approfondire l’argomento, gli studenti del
Master in comunicazione della scienza della Sissa organizzano un incontro al
Caffè San Marco, alle 16. Interverrà Francesco Nazzi, dell’università di Udine,
che spiegherà che cos’è la sindrome dello spopolamento degli alveari; seguirà
l’intervento sul ruolo dell’impollinazione di Claudio Porrini, esperto di
insetti dell’università di Bologna, e sarà presente anche Livio Dorigo,
apicoltore e presidente del Circolo Istria, che porterà anche degli assaggi di
miele locale per il pubblico. L’incontro sarà moderato da Elena Rinaldi,
giornalista free-lance.
IL PICCOLO - MARTEDI', 20 maggio 2014
Contro la crisi ritorniamo al sistema dei monasteri
Domani alla Lovat e giovedì a Muggia incontri col
“profeta” della decrescita felice Maurizio Pallante
Il circolo di Muggia del Movimento per la decrescita felice ospiterà il
presidente nazionale del movimento Maurizio Pallante domani alle 17.30, alla
libreria Lovat , per presentare il libro “Monasteri del terzo millennio”.
Seguirà, alle 19.30, un incontro conviviale del circolo con l’autore al caffè
del teatro Verdi. Giovedì invece alle 10.15 a Muggia, in sala Millo, si svolgerà
un incontro pubblico sul tema “Strategia rifiuti zero in provincia di Trieste
cominciando da Muggia”. Oltre a Pallante, che interverrà sul tema “Fermare gli
inceneritori”, parleranno Paolo Contò, direttore dei consorzi Priula e Tv 3
(“85% di raccolta differenziata”), Dario Parisini (“Buone pratiche e posti di
lavoro”) e Jacopo Rothenaisler, presidente del Circolo muggesano per la
decrescita (“Una proposta per Muggia”). Maurizio Pallante, fondatore nel 2007
del Movimento per la decrescita felice, si definisce «un eretico e irregolare
della cultura». Laureato in lettere, si occupa di economia ecologica e
tecnologie ambientali. Nel suo saggio “Monasteri del terzo millennio” propone,
in sintesi, di tornale ai modelli economici che fecero dei monasteri medievali
delle isole felici e autosufficienti perché - sostiene - tutti i tentativi di
far ripartire la crescita per superare l’attuale crisi economica mondiale non
hanno prodotto, fino ad ora, l’effetto desiderato. Non solo: la potenza
raggiunta dalla megamacchina industriale sta esaurendo gli stock di risorse non
rinnovabili ed emette quantità crescenti di scarti inquinanti. Da qui la
necessità di puntare su modelli economici e produttivi alternativi,
autosufficienti e solidali. Utopia o saggezza?
Muggia - Conferenza su orti ed ecosistemi
Seminari informativi e divulgativi sull’orticoltura. Dopoil primo incontro
del 14 maggio, domani è in programma il secondo appuntamento. Nella sala
“Millo”, dalle 17 alle 19, il professor Alfredo Altobelli parlerà del territorio
del comune di Muggia “tra orti ed ecosistemi”.
IL PICCOLO - LUNEDI', 19 maggio 2014
Progetto Ogs per la sicurezza sismica di case e scuole
- Presentato al ministro Giannini
Un nuovo progetto nazionale per la sicurezza sismica degli edifici
scolastici e di quelli residenziali per gli studenti promosso da Ogs - Istituto
nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale è stato presentato dalla
presidente Maria Cristina Pedicchio a Stefania Giannini, ministro
dell'Istruzione, Università e Ricerca in occasione del convegno su “La nuova
frontiera della mobilità studentesca europea”, organizzato dalla Fondazione
Andisu (Agenzia nazionale per il diritto allo studio e per i servizi agli
studenti) a Urbino. Il contesto da cui nasce il progetto è la consapevolezza che
l'Italia tutta è un paese sismico. Il riadeguamento antisismico - si legge in
una nota di Ogs - è necessario perché non si ripetano più episodi come quello
dell’Aquila. Affrontare il rischio sismico significa ridurre i danni dei
terremoti di domani, i cui effetti si possono minimizzare con una strategia
basata su conoscenza, prevenzione, informazione e capacità di pronto intervento.
In quest'ottica Ogs ha messo le proprie competenze scientifiche, esperienze e
pratiche metodologiche in ambito sismico a favore del mondo universitario,
promuovendo un progetto ad hoc per la sicurezza sismica degli edifici scolastici
con iniziative di controllo, conoscenza e consapevolezza sul rischio sismico.
Partner del progetto la Fondazione Crui (Conferenza dei rettori delle Università
italiane), la Fondazione Andisu (Ente nazionale per il diritto allo studio e per
i servizi agli studenti), e il Consorzio interuniversitario ReLuis (Rete dei
laboratori universitari di ingegneria sismica). Il progetto, che ha durata
triennale, ha due tipologie di finalità. La prima, tecnologica e innovativa,
prevede il monitoraggio degli edifici per la didattica, la ricerca e la
residenza degli studenti. La seconda, culturale ed educativa, prevede la
formazione di esperti e la promozione della sicurezza fra gli addetti ai lavori
e gli utilizzatori delle strutture. In particolare, d'intesa con i partner del
progetto, verranno avviate attività di valutazione del rischio sismico delle
strutture; di promozione della conoscenza e consapevolezza sul rischio sismico
attraverso la formazione del personale e la diffusione di buone pratiche; di
produzione di supporti formativi e informativi da mettere a disposizione degli
utilizzatori delle strutture. Il progetto prevede che ciascuna delle attività si
svolga in raccordo con il Dipartimento della protezione civile e le altre
istituzioni centrali e territoriali competenti.
IL PICCOLO - DOMENICA, 18 maggio 2014
«Porto tra carenze e risse- Così si frena lo sviluppo»
Busan: bene i traffici complessivi ma per tre quarti si tratta di
petrolio - Crociere in calo, manovra ferroviaria poco efficiente, stallo
sull’area antica
In settimana è stato confermato per altri due anni presidente
dell’Associazione agenti marittimi del Friuli Venezia, che sono sostanzialmente
coloro che portano i traffici nel porto, e si appresta a fare da padrone di casa
nell’assemblea nazionale di Federagenti che si svolgerà proprio a Trieste il 19,
20 e 21 giugno mettendo il nostro scalo al centro dell’attenzione nazionale.
Anche per questi motivi la relazione annuale che Pietro Busan (che è anche
l’amministratore delegato della Tarabochia&co.) ha tenuto ai soci a chiusura del
precedente mandato assume un valore particolare. Tasse portuali troppo alte,
scoordinamento tra i sistemi informatici, manovra ferroviaria poco efficiente,
utilità del Napa tutta da dimostrare, clima teso tra Autorità portuale e
istituzioni, flessione del traffico crocieristico, mancato sviluppo del Porto
Vecchio, abbandono del progetto del rigassificatore, nessun incremento del
business legato allo yachting sono le principali criticità che Busan riscontra.
Non rinuncia a evidenziare che i 56 milioni di tonnellate di merci movimentate
mettono il porto di Trieste al primo posto in Italia (con un incremento del 13%
rispetto al 2012) come volumi complessivi, ma non si esime dal sottolineare che
tre quarti di questi volumi, cioè 41 milioni di tonnellate, sono petrolio.
Nell’opinione degli agenti, e non solo, il porto non può più essere un elemento
a sé stante, ma va considerato come un segmento dell’attività produttiva. «Anche
nel recente passato - evidenzia Busan - abbiamo sollecitato la soluzione
definitiva della questione ferroviaria locale a partire dalla cessione di
Adriafer da parte dell’Autorità portuale in tempi rapidi affinché si realizzino
quelle condizioni indispensabili per avere una manovra ferroviaria efficiente e
dai costi contenuti e comunque in linea con le esigenze del mercato. Diventa
fondamentale ridefinire al più presto - aggiunge anche - la gestione della
Piastra ferroviaria secondo logiche privatistiche». Le due questioni però non
sembrano prossime alla soluzione. «Le navi passeggeri - rileva ancora il
presidente degli agenti - dopo un discreto risultato nel 2013 stanno registrando
una flessione nell’anno in corso e Trieste è quasi al ventesimo posto nella
graduatoria degli scali italiani». Ma in numerosi settori non sarebbe stata
fatta «una vera e propria politica tesa allo sviluppo». «Basti pensare - scrive
ancora Busan - alla gestione per la riqualificazione del Porto Vecchio, alle
lungaggini dovute alle disquisizioni sul Punto franco, all’abbandono del
progetto del rigassificatore in un momento in cui gli armatori stanno
cominciando a puntare sul gas per tagliare i costi del carburante e
l’inquinamento, alle difficoltà di un vero e proprio incremento del business
legato allo yachting che continuo a ritenere un mercato dal potenziale
straordinario per l’indotto che crea (nel 2012 valeva più di tre miliardi di
euro) e che qui a Trieste resta assolutamente inespresso a causa della vicinanza
di Slovenia e Croazia». Un passaggio è più strettamente “politico”: «Non si può
certo affermare che negli ultimi mesi - rileva il presidente - si respiri un
clima di distensione tra l’Autorità portuale e le istituzioni. Il confronto tra
le parti porta sempre, inevitabilmente, a prese di posizione diverse innescando
dibattiti dai toni accesi, talvolta anche aspri. Sicuramente non giovano
all’immagine della città prese di posizione forse anche plausibili ma che,
riteniamo, dovrebbero essere gestite in un clima di confronto più sereno e
costruttivo».
Silvio Maranzana
E il TAR respinge il ricorso contro l'aumento della tariffa d'imbarco
Nella sua relazione Pietro Busan riferisce anche che il Tar del Lazio ha recentemente respinto il ricorso presentato dagli agenti marittimi assieme ad alcuni privati contro il decreto ministeriale del 24 dicembre 2012 che ha disposto l’adeguamento Istat della tassa portuale sulle merci imbarcate e sbarcate nella misura del 100% per il Porto franco di Trieste e del 75% per tutti gli altri porti italiani con la motivazione di evitare la distorsione di concorrenza con gli altri scali italiani. «Nonostante gli elementi da noi portati fossero stati considerati sufficientemente circostanziati e sostenibili - ha riferito Busan - il Tar del Lazio ha rigettato il ricorso adducendo motivi di natura procedurale. Tra breve saremo chiamati a verificare la possibilità di continuare questo contenzioso presso il Consiglio di Stato.»
(s.m.)
IL PICCOLO - SABATO, 17 maggio 2014
«In quel tratto di spiaggia c’è mercurio»
Concentrazione oltre i limiti a Grado. Lo afferma la
Procura nella notifica inviata a Regione, Provincia e Comune
GRADO Il mercurio è tossico, sarebbe buona norma evitare che finisca su una
spiaggia. Ecco il motivo per cui due giorni fa la Procura di Gorizia ha messo
sotto sequestro circa 400 metri della spiaggia antistante Città Giardino. La
“notifica di contaminazione” inviata il 9 maggio dal sostituto procuratore
Valentina Bossi al Comune, alla Provincia e alla Regione, è cristallina: gli
studi effettuati in loco dai tecnici delegati della Procura identificano senza
dubbi il metallo che contamina il tratto di spiaggia in questione. E secondo uno
studio realizzato da una società specializzata esiste «un rischio non
tollerabile relativamente al suolo superficiale per inalazione outdoor e per
ingestione da parte di bambini Pica (soggetti a un disturbo alimentare che porta
a ingerire la terra, ndr)». Nel documento la frase è in grassetto, ed è facile
capire perché. Il documento inizia informando gli enti che nella campagna di
analisi «è stato riscontrato il superamento delle Csc (la "Concentrazione soglia
contaminante" fissata nel decreto legislativo 152/2006, ndr) relativamente al
parametro mercurio in sette campioni di sabbia, prelevati a varie profondità
fino a un massimo di due metri». I campionamenti vengono condotti dall'Arpa con
la supervisione di quattro tecnici nominati dalla Procura. In uno dei campioni
si riscontra un valore superiore anche a quello fissato dalla legge nella
tabella delle Csc sui siti «da bonificare in base alla destinazione d'uso». Dati
preoccupanti, in seguito ai quali la magistratura consulta una società
specializzata in indagini ambientali: la Iser di Trento. Lo scopo è «valutare in
via preliminare i possibili rischi (...) e ciò anche in considerazione della
particolare utenza che utilizza quei luoghi». La conclusione del documento è il
«rischio non tollerabile» riportato più sopra. Non basta. Secondo la Procura, in
un documento commissionato dalla Git «si riscontrano superamenti dei limiti
anche superiori a quelli riscontrati dagli incaricati della Procura». L’Istituto
superiore di sanità A quel punto la magistratura richiede un parere all'Istituto
superiore di sanità. L'Iss chiarisce che per avere una corretta stima del
rischio sanitario, «stante l'accertata presenza di mercurio nel primo metro di
spiaggia determinata dall'intervento di ripascimento», sarà necessario procedere
con ulteriori esami. La notifica si conclude rilevando che il ripascimento
effettuato nel 2013, causa pressoché certa della contaminazione, mancava del
parere formale di idoneità della zona di scarico: secondo la legge il parere
dovrebbe venir rilasciato da un istituto scientifico pubblico specializzato.
«Peraltro si dubita» che la zona di scarico «potesse essere la spiaggia», chiosa
il documento. Si sottolinea inoltre la «palese difformità» rispetto alle
indicazioni del manuale ministeriale per il movimento di sedimenti marini (Icram).
Le analisi dell'Arpa relative al campionamento dei sedimenti nell'area di
dragaggio hanno rilevato, si legge, un valore di fenantrene (un idrocarburo)
«quattro volte superiore al limite Icram». Nelle stesse analisi si rileva anche
un alto valore di mercurio. La Procura sottolinea come non «sia seguita alcuna
procedura» prevista dalla legge in caso di risultati analoghi. La notifica si
chiude ricordando che il mercurio è «tra i dieci inquinanti da tenere in
particolare riferimento per escludere l'utilizzo di materiali da dragaggio,
allorché sia in "quantità, concentrazione o stato chimico-fisico tali da poter
compromettere la fruizione delle spiagge e la balneazione"». Al momento l'area è
sotto sequestro per trenta giorni.
Giovanni Tomasin
Porto Vecchio, a rischio i fondi per il recupero -
L’INTERVENTO di Barbara Fornasir, architetto
Vicini alle elezioni europee assistiamo giornalmente a dibattiti pro e
contro euro ed unione europea che,a detta di molti, stanno ammazzando la nostra
economia; sarà veramente così o siamo noi incapaci di utilizzare le opportunita'
che l'Europa ci offre e che altri Paesi europei non si lasciano scappare? A tal
proposito chiedo ai candidati alle elezioni europee di raccontare ai cittadini
se qualcuno di loro si è mosso e se sarà possibile ottenere quella quota di
fondi europei, di cui si era parlato mesi orsono, derivanti dal "disavanzo 2013"
per la messa in sicurezza dei magazzini vincolati del Porto Vecchio. Mi risulta
che, a tale scopo, sia stato elaborato da Italia Nostra e vidimato per
competenza dall'Autorita' portuale e dal ministero dei Beni culturali un "Masterplan"
necessario allo scopo. Ho avuto occasione di parlarne sia con l'ex ministro Bray,
sia con la parlamentare europea Silvia Costa che mi avevano confermato questa
possibilità. Chiedo perciò alle istituzioni locali se hanno provveduto a
inoltrare tale richiesta: a quanto ne so, infatti, i fondi devono essere
attribuiti entro il 30 giugno, pena la loro ridistribuzione ad altri Paesi
europei. Si parla di centinaia di milioni di euro che, se arrivassero qui,
potrebbero, oltre che rilanciare immediatamente lavoro ed economia, consentirci
il recupero di quell'immenso patrimonio inutilizzato che, se non sottoposto a
manutenzione, rischiamo di perdere. Sono sempre più convinta che un simile
finanziamento fungerebbe da traino, restituendo credibilità e voglia di fare,
stimolando il risveglio e la marcia verso il futuro di questa nostra
Trieste,così bella e scontrosa, ma sempre piu addormentata. Si creerebbero cosi
nuove opportunità di lavoro pulito e di sviluppo sostenibile rivalutando e
recuperando quel tesoro a nostra disposizione. Chiedo perciò,a chi ha il potere
per farlo, di porre in atto subito tutte le azioni possibili per raggiungere
questo significativo obbiettivo che, ne sono sicura, verrà premiato da un largo
consenso e da una enorme soddisfazione non solo personale. *
GREEN STYLE.it - VENERDI', 16 maggio 2014
Incentivi rinnovabili: Legambiente contro i tagli del
Governo Renzi
Circa 2 o 3 miliardi di euro a regime. Tanto spera di risparmiare il
governo sulla bolletta elettrica degli italiani, in base al piano messo a punto
dal Ministero dello Sviluppo Economico. Il taglio principale riguarderà gli
incentivi alle rinnovabili a cominciare dal fotovoltaico (700-900 milioni di
risparmio), ma è prevista anche una nuova spalmatura volontaria dei sussidi alle
altre rinnovabili elettriche.
Per gli impianti fotovoltaici sopra i 200 kW, in particolare, il piano del
MISE stabilisce una spalmatura obbligatoria e senza interessi degli incentivi,
la cui durata passerà da 20 a 25 anni. L’assenza di interessi determinerà un
calo delle tariffe incentivanti erogate.
Proprio questo nuovo taglio dei sussidi statali ha scatenato la reazione di
associazioni ambientaliste e addetti ai lavori, contrari al provvedimento allo
studio del governo. Commenta ad esempio il vicepresidente di Legambiente Edoardo
Zanchini:
Tagli retroattivi agli incentivi per il solare fotovoltaico anche per famiglie e
agricoltori, tasse sull’autoproduzione da nuovi impianti da fonti rinnovabili
anche senza incentivi, ma pure soldi pubblici presi dalle bollette per salvare
il fallimentare progetto di rigassificatore a Livorno: i contenuti del
provvedimento che il Governo dovrebbe approvare nei prossimi giorni, anticipati
ieri dal Ministero dello Sviluppo economico, per mantenere la promessa di
riduzione del 10% delle bollette alle piccole e medie imprese vanno in una
direzione esattamente contraria agli interventi di cui il Paese avrebbe bisogno.
Secondo l’ambientalista, in particolare, le proposte del ministro Guidi puntano
a tagliare le bollette elettriche delle PMI fermando la crescita delle
rinnovabili. Le misure, sostiene Zanchini, servirebbero soprattutto a dare
sostegno ai grandi gruppi energetici in crisi, più che ai contribuenti. La
richiesta di Legambiente al Governo Renzi è dunque quella di:
Fermare un provvedimento sbagliato nel merito delle scelte e nel messaggio che
viene inviato alle famiglie e alle imprese, perché l’Italia avrebbe tutto
l’interesse a investire nelle fonti rinnovabili per ridurre importazioni di
fonti fossili e spesa energetica. Tutti condividiamo la necessità di ridurre la
spesa energetica, e per questo riteniamo non accettabile che si scelga una
strada che va solo nella direzione degli interessi dei grandi gruppi energetici
legati alle fonti fossili.
Il piano proposto dal ministro Guidi prevede anche altre misure come la
riduzione degli sconti alle Ferrovie; l’addebito progressivo (a partire dal 10%)
degli oneri di sistema anche a Riu, Seu, Seseu e l’abolizione degli sconti agli
ex dipendenti di aziende di distribuzione elettrica. Eliminati infine le
agevolazioni per Vaticano e San Marino e i contributi alle centrali a olio.
Silvana Santo
IL PICCOLO - VENERDI', 16 maggio 2014
«Delusi da via Mazzini pedonale part-time»
Rigutti: «Senza certezze, niente investimenti».
Vesnaver: «Perché i problemi tecnici non sono stati individuati prima?»
Moderatamente scontenti. Però scontenti. «Delusi», insomma. Negozianti eppoi
soprattutto tassisti ma anche ristoratori e pedoni - per lo meno i loro delegati
- vedono il bicchiere mezzo vuoto. Il Comune l’ha provato a rabboccare, quel
bicchiere, anticipando la pedonalizzazione di via Mazzini in estate anziché,
come da road-map del Piano del traffico, in inverno. Non è bastato. O, meglio,
non è sfuggito. Non è sfuggito, alle categorie più o meno interessate, che
questo bruciare le tappe sarà parziale, poiché la chiusura al traffico avverrà
il sabato, la domenica e nei festivi infrasettimanali. Punto. La completa
rivoluzione sette giorni su sette si farà, ma è molto probabile che bisognerà
aspettare ben più dei prossimi botti di San Silvestro, così ha fatto capire
l’amministrazione Cosolini, dando l’idea di sentirsi “inchiodata”. Da una parte
dal Patto di stabilità, che, inutile far finta di nulla, frena fra le altre cose
il maquillage strutturale di Corso Italia destinato ai soli bus e taxi. E
dall’altra dalle incertezze sul come adeguare le mappe dei bus al bando per la
gestione su scala regionale dal 2015 del Trasporto pubblico locale. Bando di cui
Trieste Trasporti e Provincia restano in attesa. «Peccato, si sperava meglio,
possiamo solo augurarci a questo punto che la pedonalizzazione integrale possa
avvenire quanto prima», fa spallucce Bruno Vesnaver, numero uno della Fipe, la
Federazione dei pubblici esercenti, da cui arriva una considerazione algida: «Se
sussistono dei problemi tecnici non c’è che da prenderne atto e aspettare. Ma
non capisco una cosa. Perché, prima di promettere, questi problemi tecnici non
sono stati individuati?». Sergio Tremul, a capo del Coped-Camminatrieste, non
affonda il colpo, ma si allinea al Vesnaver-pensiero: «Per noi, certo, era
auspicabile che si andasse avanti coi metodi previsti. Meglio sarebbe rispettare
le cose annunciate prima. Detto questo riconosco che il Comune sta cercando di
perseguire costantemente gli obiettivi di nuove pedonalizzazioni, su cui noi
come associazione abbiamo dato i nostri ok». I negozianti, quelli proprio di via
Mazzini, ribaltano il senso delle considerazioni. Se la prendono meno con ciò
che era stato previsto in passato e non viene confermato nel presente, e puntano
più sul futuro, sulla necessità di garantirne uno stabile. «Nel momento in cui
si hanno certezze possono prendere corpo nuovi investimenti, nuove aperture,
difficile che arrivino se, di certezze, non ce ne sono», sentenzia in effetti
Franco Rigutti, vicario di Paoletti da vicepresidente di Confcommercio. Il quale
si definisce più «perplesso» che contrario rispetto alla scelta del Municipio di
procedere «a spizzico magnifico». «Quando si dicono che si fanno le cose -
osserva Rigutti - a un certo punto andrebbero fatte in via definitiva e gli
autobus andrebbero spostati per sempre là dove si era detto che sarebbero stati
spostati. Dopodiché, per l’amor di Dio, se si ritiene che servano ancora dei
test facciamoli, ma facciamo presto. Per quanto ci riguarda le domeniche e i
festivi non sono molto significativi, per il nostro mondo resta solo il sabato».
Sabato che - secondo Maurizio Moretti, responsabile di Corner, che condivide
l’idea di Rigutti sull’«importanza delle certezze affinché si possano generare
nuovi investimenti commerciali nelle zone interessate» - «in estate poco senso
ha, d’inverno invece, pure da solo, può aiutare, fare comunque la differenza.
Penso poi che quando riusciranno a fare una pedonalizzazione completa, pur
difficile da gestire, la via sarà effettivamente un’altra cosa».
Piero Rauber
I tassisti: no a chiusure parziali se non si adegua
Corso Italia - LA CATEGORIA PIU' CRITICA
I più critici sulla giocata d’anticipo ma parziale di via Mazzini sono i
tassisti, che la giudicano, «in assenza di tempi certi per il raggiungimento
dell’obiettivo vero», «un puro spot», per dirla alla Mauro Detela, il presidente
di Radiotaxi. «In estate - aggiunge Detela - probabilmente non ci saranno grossi
problemi di traffico, ma d’inverno questi emergeranno se, contestualmente, non
verrà già disposta la circolazione preferenziale in Corso Italia, anzitutto,
invertendo pure il senso di via Roma. È proprio il Corso che rischia il
sovraccarico al sabato, in particolare, e che rischia di conseguenza d’intasare
mezza città. Dal nostro punto di vista il nodo più complesso è la postazione dei
taxi oltre piazza Tommaseo: senza un nuovo regime che preveda da subito Corso
Italia preferenziale e via Roma al contrario rischiamo di prendere a bordo un
cliente in quella zona e di dovergli far fare un giro lunghissimo per via
S.Spiridione e via Valdirivo anche per portarlo, che ne so, a due passi appena,
davanti all’ex Pescheria, sulle Rive. Se un cliente assiste a un giro del genere
non ci viene più, sul taxi. Noi daremo poi battaglia fino in fondo anche e
soprattutto a proposito della possibilità di addentrarci di più almeno in alcune
delle aree soggette a futura pedonalizzazione allargata. Non ci possiamo veder
costretti a far scendere i clienti, magari la vecchietta che non cammina bene,
troppo lontano dalla destinazione richiesta».
(pi.ra.)
Metalli sospetti a Grado, spiaggia chiusa
Analisi dalla Procura su un quarto del litorale della Git. In attesa del
dissequestro pronto l’allestimento alternativo
GRADO Una porzione di spiaggia principale “blindata” dalla Procura a causa
della sospetta presenza di metalli. In attesa di conoscere gli esiti di
specifiche analisi della sabbia, il tratto in questione - circa 400 metri dei
1.650 metri totali del litorale gestito dalla Git - è da oggi interdetto
all’utilizzo da parte dei bagnanti. Il periodo di “stop” (è inibita la sosta, ma
non il passaggio lungo il bagnasciuga) dovrebbe essere contenuto in circa trenta
giorni, il tempo necessario per l’effettuazione del supplemento di analisi
richiesto. Si tratta solo di inagibilità temporanea, dunque, per quell’unico
pezzo di arenile fortunatamente, in questo periodo di bassa stagione, poco
frequentato. Il tratto situato tra il sesto e il settimo “pennello” della
spiaggia all’altezza di Città Giardino, è stato interessato dal ripascimento di
sabbia eseguito nel mese di marzo dello scorso anno. Come si legge in una nota
diramata ieri pomeriggio dalla Git, tutto ciò avviene a seguito di una serie di
analisi predisposte “dalle competenti autorità” (appare evidente che si stia
parlando della Procura della Repubblica di Gorizia, ndr). Autorità che hanno
ravvisato, per avere una maggiore garanzia di sicurezza, la necessità di
procedere a «un piano di caratterizzazione dei materiali sabbiosi», chiaramente
al fine di verificare la presenza di eventuali fattori inquinanti. In questa
vicenda la Git è indubbiamente parte lesa in quanto l’intervento di
ripascimento, come riportato dalle cronache del 2013, è stato fatto
evidentemente dopo le autorizzazioni da parte delle competenti autorità di
verifica, dalla Protezione civile con il Comune di Grado. In quel tratto di
arenile interessato al provvedimento temporaneo di inagibilità, l’anno scorso
erano stati sistemati 680 ombrelloni, quelli delle file che vanno dal numero 271
al 382. Lungo tutto l’arenile gestito dalla Git si contano complessivamente
4.200 ombrelloni. Non ci sarà tuttavia alcun problema per la clientela poichè
già ieri la Git ha predisposto un piano di emergenza. Come ha spiegato il
presidente Marino De Grassi le attrezzature del tratto in questione verranno
utilizzate in un nuovo reparto che verrà creato nella zona situata nelle
vicinanze del Lido di Fido. Per l’esecuzione delle analisi la Git ha incaricato,
raccomandando la massima urgenza, la ditta specializzata Multiproject di Gorizia
che dovrebbe concludere l’operazione nell’arco di una ventina di giorni. Gli
esiti dovranno poi essere consegnati alle autorità competenti, che dovranno
validarne l’esito. La sabbia, che dovrà essere sottoposta ad analisi, nel marzo
dello scorso anno era stata prelevata dal canale d’accesso a Grado da parte
degli incaricati della Cooperativa San Marco di Marghera (intervento costato
300mila euro) per essere depositata in quella porzione di arenile della Git
eroso dalle mareggiate. Un tratto che è stato utilizzato nella scorsa stagione
da migliaia di bagnanti. Il presidente De Grassi, che a nome dell’Azienda
Turistica si scusa con la clientela per «tali fatti, indipendenti dalla propria
azione», ha inoltre spiegato che in caso di necessità, verranno sistemati lungo
l’arenile principale anche altri ombrelloni. «Nella denegata ipotesi che le
analisi dovessero protrarsi oltre i tempi previsti – ha detto De Grassi -
l’Azienda Turistica è pronta ad ulteriori allestimenti, nell’ambito dell’area
sportiva». Va ricordato, tra l’altro, che proprio da domani la spiaggia assumerà
l’aspetto prettamente estivo con l’obbligo del pagamento della carta servizi per
accedere al comprensorio balneare. Gli orari delle casse-ingressi in spiaggia
sono per sabato e domenica dalle 8.30 alle 16, mentre da lunedì a venerdì dalle
9 alle 16.
Antonio Boemo
IL PICCOLO - GIOVEDI', 15 maggio 2014
“Salviamo la Transalpina”, partono le firme
Servono lavori di manutenzione, linea chiusa fino al 2016: si è
costituito un comitato
Quale scenario si aprirebbe se la linea ferroviaria Trieste - Monfalcone
fosse improvvisamente impraticabile? Risposta: c'è la Transalpina come
alternativa. E se impraticabile fosse la galleria di circonvallazione che unisce
il porto nuovo alla linea per Monfalcone? Anche qui stessa risposta. Questo in
teoria ma non in pratica, in quanto oggi la linea è chiusa perché necessita di
lavori di manutenzione e la data di riapertura è preventivata appena per il
2016. Da qui la costituzione del comitato "Salviamo la Transalpina". «Dopo la
notizia della chiusura fino al 2016 - spiega Luigi Bianchi, uno dei promotori -
tutti i volontari del Museo ferroviario di Campo Marzio hanno sentito la
necessità di mobilitarsi per difendere la Transalpina, patrimonio non soltanto
dei volontari ma di tutti». Per contrastare il monopolio della società della
Ferrovia Meridionale che incideva negativamente sui traffici portuali, l’Austria
decise di costruire una strada ferrata a gestione statale. I benefici di questa
nuova arteria non tardarono. «In tutti questi anni - continua Bianchi - le
Ferrovie dello Stato hanno abbandonato tutte le attività di manutenzione di
questa linea, tanto da far venir meno le condizioni per esercitare il servizio
in sicurezza. Così si è giunti alla momentanea chiusura dell'infrastruttura. La
linea appartiene alle Ferrovie, la gestione è affidata a Rfi: l'assurdo è che lo
Stato paga una manutenzione che non viene fatta». La goccia che ha fatto
traboccare il vaso è stata l'impossibilità di organizzare un treno passeggeri
speciale per presenziare all’inaugurazione di "èStoria 2014" a Gorizia.
«Volevamo raggiungere - conclude Bianchi - Nova Gorica con un treno speciale
passando per il Carso triestino e goriziano, teatro della Grande Guerra.
Ovviamente non sarà possibile». Numerose le associazioni che hanno già aderito
al comitato. «È fondamentale tenere alta l'attenzione - ha ricordato Ronald
Kuchler del Museo ferroviario - anche per tutelare il nostro Museo, vista la
situazione in cui esso si trova, ricordando che la Transalpina partiva proprio
da qui». A sottolineare l'importanza della stazione di via Giulio Cesare anche
Claudio Vianello, presidente del Dlf Trieste, rammentando che da qui muoveva
anche la linea per Erpelle e poi Fiume. «Mi auguro - ha scherzato Vianello - che
un amico dell'Orlando Furioso raggiunga la luna su un ippogrifo per recuperare
il cervello perduto, dato che qui si stanno sprecando numerose occasioni per
attirare i turisti». Aperta la petizione "Salvare la Transalpina". La raccolta
firme si svolge al Museo Ferroviario nei giorni di apertura, nella sede di
CamminaTrieste in via Carducci 35 (martedì orario 10-12), presso Lint editoriale
in via Udine 59 (9-14) e a 5 Star Travel di via Torrebianca 29.
Andrea Di Matteo
Nell’Adriatico in Croazia petrolio per 3 miliardi di
barili
TRIESTE Il sogno dell’oro nero continua a imperversare in Croazia Il
ministro dell’Economia, Ivan Vrdoljak annuncia che solo nella fase in cui è
stata resa fruibile la documentazione degli studi effettuati dalla società
norvegese Spectrum sui fondali marini dell’Adriatico si sono fatte avanti 40
società petrolifere tra le più quotate del continente. L’affare dunque è serio
al punto che lo sfruttamento petrolifero dell’Adriatico croato è uno dei punti
centrali all’ordine del giorno della visita che in questi giorni il presidente
della Repubblica della Croazia, Ivo Josipovi„ farà negli Stati Uniti. A soffiare
ottimismo sull’intera vicenda ci ha pensato anche l’autorevole Financial Times
che in un articolo con l’emblematico titolo “Il petrolio eil gas salveranno la
Croazia” scrive come in base agli studi e ai rilevamenti della Spectrum Zagabria
avrebbe sotto il mare un vero e proprio tesoro costituito da 3 miliardi di
barili di petrolio che la trasformerebbero in uno dei principali produttori
energetici d’Europa. E sulle trivelle in Mare Adriatico, c’è la disponibilità
della Croazia a soluzioni per la tutela ambientale: lo ha detto il presidente
della Commissione per le Politiche Ue della Camera Michele Bordo, del Pd, al
termine dell’incontro con la delegazione parlamentare del Gruppo di Amicizia Uip
Croazia-Italia e l’ambasciatore di Croazia a Roma, Damir Grubiša. «C’è la piena
disponibilità del Parlamento croato a impegnarsi, di raccordo con l’Italia,
nella tutela ambientale dell’Adriatico, risorsa fondamentale per i nostri due
Paesi», ha detto Bordo. «Mi convince anche l’idea di un report trilaterale
continuo tra Croazia, Italia e Slovenia - ha precisato - per mettere a punto
politiche di salvaguardia per l’ecosistema».
(m. man.)
STAFFETTA QUOTIDIANA - MERCOLEDI', 14 maggio 2014
Gas Naturale - GPL - GNL - Rigassificatori, Tar conferma no a E.On su Trieste
Il Tar del Lazio ha respinto il ricorso di Terminal
Alpi Adriatico (E.On) contro il provvedimento di VIA negativa del ministero
dell'Ambiente sul progetto di rigassificatore offshore da 8 mld mc progettato
dalla società a Monfalcone
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 14 maggio 2014
Via Mazzini pedonale già a partire da luglio ma solo
nei weekend
In attesa della chiusura definitiva soluzione-ponte allo studio per
dribblare i nodi ancora da sciogliere sul trasporto pubblico
Aspettare l’anno nuovo per dare “100”, cioè via Mazzini e via Imbriani
pedonali 365 giorni l’anno, come peraltro già promesso, ben sapendo però che
incombe il rischio di non farcela? O giocare d’anticipo dando subito almeno
“30”, ovvero una pedonalizzazione part-time di quelle due vie al sabato e alla
domenica oltre che nei festivi (di norma 116 giorni su 365, il 31 e mezzo per
cento) e poi si vedrà? In Municipio sono per il carpe diem: minacciati dal Patto
di stabilità, che del domani non dà certezza, e vincolati dalle incognite del
bando (che ancora non c’è) per la futura gestione del Tpl, il Trasporto pubblico
locale, l’amministrazione Cosolini ha scelto la busta numero due. Via Mazzini,
questa per lo meno è l’intenzione del Comune, diventerà pedonale in anticipo
rispetto al cronoprogramma del Piano del traffico: già da luglio anziché da
gennaio. In cambio, tuttavia, questa pedonalizzazione sarà valida due giorni su
sette più festivi, a tempo indeterminato. A quel punto la chiusura integrale di
via Mazzini potrebbe compiersi comunque entro San Silvestro, ma non è per niente
scontato che possa accadere. Anzi, potrebbe volerci chissà quanto ancora. La
notizia del cambio di rotta causa grane contingenti - complici alcuni confronti
informativi promossi in questi giorni dal Comune medesimo con le categorie
coinvolte - salta come il tappo di una bottiglia di bollicine. «Resta ferma la
nostra volontà di pervenire alla chiusura integrale il prima possibile, non è
affatto una retromarcia», ha tenuto a sottolineare Roberto Cosolini ieri mattina
prima di lasciare che fosse l’assessore Elena Marchigiani, la mamma del Piano
stesso nato nel 2013, a entrare al pomeriggio nei particolari. «I presupposti
del Piano del traffico - ha premesso Marchigiani - sono com’è noto intesi a
favorire la mobilità pedonale e ciclabile. Noi stiamo ancora lavorando
all’obiettivo di addivenire a una pedonalizzazione completa delle vie Mazzini e
Imbriani entro l’anno». C’è però un “ma”: «Provincia e Trieste Trasporti ci
hanno presentato la problematica legata al bando per il Tpl (il nuovo appalto di
rango non più provinciale bensì regionale, con Trieste Trasporti in gara
presumibilmente “consorziata” con le omologhe di Gorizia, Udine e Pordenone, che
quanto meno sulla carta dovrebbe scattare nel 2015, ndr) e la loro istanza non
può essere messa da parte». Da qui, parola di assessore, la soluzione-ponte: «È
stata pensata un’opzione che ci potesse traghettare verso l’obiettivo, che
continuiamo a mantenere fisso». Quanto ai week-end pedonali, guarda avanti
Marchigiani, «lavoreremo con le associazioni di categoria, vorremmo partire da
quest’estate, in concomitanza con la Notte bianca dei saldi», il 5 luglio,
dunque in regime di orario estivo dei bus. Non chiamatela, però,
sperimentazione: «Non sono prove di chiusura di certe vie mantenendo invariata
la mobilità nelle altre (chiaro il riferimento al centro ingolfato in un
pomeriggio prenatalizio, ndr). Stiamo studiando una riorganizzazione
complessiva, da via Carducci a via Valdirivo, da via Roma a Corso Italia, dal
trasporto pubblico all’approccio, più severo, verso i parcheggi irregolari,
nelle giornate di applicazione delle pedonalizzazioni in questione. Un po’ come
già avviene nei fine settimana a Bologna, ad esempio».
Piero Rauber
Barriera e Borgo Teresiano da giugno via le auto - fase
di attuazione, cartelli in arrivo
E dopo il Giro d’Italia, da giugno dunque, le nuove pedonalizzazioni di
Largo Barriera e Borgo Teresiano cominceranno a esistere non più solo sulla
carta del Piano del traffico ma anche su strada, quella vera. Nel giorno (ieri)
in cui all’amministrazione Cosolini tocca confermare una notizia ritenuta
prematura (siamo in fondo in periodo elettorale, pur se per l’Europa) lo stesso
“governo” della città ne può rendere pubblica un’altra, che riguarda sempre il
Piano del traffico e le amatissime pedonalizzazioni, considerata invece
assolutamente positiva, puntuale. «Con oggi (ieri, ndr) abbiamo chiuso le prime
due fasi di attuazione del Piano del traffico così come le abbiamo ricalibrate»,
ha annunciato Marchigiani nel pomeriggio, dopo che la giunta aveva appena
approvato il Piano di dettaglio di via XXX ottobre e via Torrebianca, dando così
seguito a quello varato in precedenza per Largo Barriera. Trattasi, mutuando per
pura semplicità le regole di funzionamento dello Stato, di “decreti attuativi”
che il Governo vara per rendere viva una “legge generale” del Parlamento.
Tradotto: adesso le pedonalizzazioni del Borgo Teresiano, oltre che quelle di
Barriera, si possono fare. Manca un solo particolare, per cui però siamo - anche
in questo caso - in dirittura: la posa della segnaletica. «Abbiamo già ordinato
la cartellonistica, dovrebbe arrivare e dovremmo cominciare a installarla entro
fine maggio, inizieremo da Largo Barriera chiaramente e poi passeremo al Borgo
Teresiano», la promessa dell’assessore. Che, come detto, era fresca reduce
dall’aver incassato il sì dei colleghi di giunta al Piano di dettaglio di via
XXX ottobre, via Torrebianca e dintorni. «Dopo aver consultato le circoscrizioni
e le rappresentanze dei disabili e dei negozianti - la puntualizzazione di
Marchigiani - procediamo con la stessa modalità già adottata per Barriera, dando
dunque la priorità agli interventi che ricadono in zone soggette ad attività
commerciali». Si parte così - al di là delle pedonalizzazioni “pure” di via
Torrebianca e dei due “poli” di via XXX ottobre verso Sant’Antonio da via
Machiavelli e verso piazza Oberdan, da via Milano a via del Lavatoio - con la
classificazione della stessa via XXX ottobre in “Ztl a elevata pedonalizzazione”
(con accesso riservato a taxi e mezzi per disabili) tra via Milano e via
Valdirivo e tra via Valdirivo e via Torrebianca, con l’aggiunta nel primo caso
del carico-scarico merci. Tra via Torrebianca e via Machiavelli il traffico
resta «in questa fase aperto, nell’ambito di un percorso a zig-zag tra via
Carducci e via della Zonta, altrimenti avremmo dovuto chiudere proprio via
Machiavelli e eliminare tutta una serie di parcheggi della zona», chiude
Marchigiani. Che precisa inoltre che «pur negli spostamenti tra una via e
l’altra non saranno persi stalli per i motorini».
(pi.ra.)
Zollia: impossibile per ora spostare tutti i bus
Né Cosolini né Marchigiani, ieri, hanno chiamato in causa il Patto di stabilità, che già l’estate scorsa il Comune aveva preconizzato potesse diventare la causa di un rallentamento dell’attuazione del Piano del traffico. Lo ha fatto stavolta l’assessore provinciale ai Trasporti Vittorio Zollia: «Il presupposto di via Mazzini pedonale era che vi fosse un insieme di attività e interventi strutturali tali da consentire lo spostamento di tutti i bus, ad esempio, su Corso Italia. Cosa che al momento non si riesce a fare, credo anche per ragioni finanziarie».
(pi.ra.)
L’Isola d’oro e Lignano blindano la Bandiera blu
Le due perle del Fvg nel “ghota” delle località più attente al turismo
sostenibile - Premiate qualità del mare e dei servizi. A Grado il record dei
riconoscimenti
TRIESTE Grado festeggia le “nozze d’argento” con la Bandiera blu. Lignano,
invece, arriva a quota 24. Anche quest’anno sventolerà sui pennoni più alti
delle due perle balneari del Friuli Venezia Giulia l’ambito vessillo rilasciato
dalla Fee (Fondazione per l'educazione ambientale, fondata nel 1981 che ha sede
centrale in Danimarca). Un riconoscimento che premia le località più impegnate
sul fronte del turismo sostenibile. Nella nostra regione, inoltre, potranno
issare la Bandiera Blu anche undici approdi nautici, tutti riconfermati. La
cerimonia ufficiale dell’assegnazione dei riconoscimenti si è svolta ieri
mattina a Roma nella sede della Presidenza del Consiglio dei Ministri, alla
presenza di amministratori e dirigenti comunali provenienti da ogni parte del
Paese. Ad illustrare loro scelte e motivazioni, il presidente di Fee Italia,
Claudio Mazza. È stato lo stesso Mazza ad annunciare al pubblico una prima,
importante notizia: rispetto allo scorso anno, sono state insignite della
Bandiera blu 15 località italiane in più, a riprova dell’accresciuta sensibilità
del Paese per il turismo sostenibile. Altre 10, però, si sono viste togliere il
vessillo, uscendo così dall’elenco dei riconfermati. Il saldo finale passa
dunque dalle 135 Bandiere blu del 2013 alle 140 di quest’anno, per un totale di
140 spiagge. Fra le new entry figurano Chioggia-Sottomarina, Gaeta e Rodi
Garganico. Tra le località non riconfermate Sanremo-Imperatrice, Porto Recanati,
Ortona, Giulianova, e quattro località che si trovano lungo i laghi del Trentino
Alto Adige. Quanto ai parametri presi in esame per assegnazione il
riconoscimento, particolare attenzione viene posta sempre alla qualità delle
acque di balneazione, che devono risultare eccellenti. Fanno fede i risultati
delle analisi che, nel corso degli ultimi quattro anni, le Arpa regionali
effettuano nell’ambito del Programma nazionale di monitoraggio del ministero
della Salute in collaborazione con il ministero dell’Ambiente. «Il Friuli
Venezia Giulia - ha dichiarato il presidente Mazza - si riconferma come regione
storica per le Bandiere Blu, a dimostrazione che si può rilanciare la mission
turistica puntando sempre sull’attenzione ambientale. I grandi risultati -
aggiunge Mazza - si ottengono intensificando gli sforzi a livello di turismo
sostenibile e puntando ovviamente anche sul miglioramento della qualità della
vita dei cittadini. E il Friuli Venezia Giulia dimostra di aver ampiamente
lavorato in questo senso». Un giudizio lusinghiero, confermato anche dal
“pedigree” di Grado e Lignano, che guidano la classifica delle località con più
Bandiere Blu: l’Isola del Sole, premiata appunto da 25 anni, conquista il primo
posto insieme a Moneglia, in provincia di Genova e Lignano. Un primato assoluto
che Lignano si prepara a festeggiare a breve: la località balneare friulana ha
ottenuto il vessillo Fee per 24 edizioni. Traguardo che le consente di piazzarsi
al secondo posto nella classifica nazionale delle spiagge più “blasonate”.
Antonio Boemo
IL PICCOLO - MARTEDI', 13 maggio 2014
Nuove regole per i prodotti bio
All’esame delle commissioni i nuovi paletti fissati dal
Parlamento europeo
TRIESTE Riflettori puntati a Palazzo sull’agricoltura biologica. La seconda
commissione del Consiglio regionale ha ascoltato ieri l’illustrazione, nonchè
esaminato e valutato l'impatto, della proposta di Regolamento del Parlamento
europeo e del Consiglio, relativa alla produzione biologica e all'etichettatura
dei prodotti biologici. Alla riunione, organizzata a Udine, hanno preso parte
anche consiglieri della terza e quinta commissione consiliare e del Comitato di
controllo. In regione esistono attualmente circa 291 produttori e 200
trasformatori biologici. Le differenze tra il Regolamento attualmente in vigore
e quello in esame è la previsione di un indirizzo comune in un contesto più
uniforme e maggiori certezze normative. Per l'etichettatura si prevede
l'esplicita dicitura della provenienza dei prodotti. Migliorie anche nel sistema
di controlli per aumentarne l'efficacia. In fase di esame è stata ribadita da
più parti l'opportunità che la produzione biologica offre per uno sviluppo del
settore agricolo regionale. Utile, inoltre, l'applicazione del principio di
sussidiarietà da parte del Consiglio regionale in fase ascendente della
formazione della normativa comunitaria. Il Regolamento sarà in settimana
all'attenzione delle commissioni terza e quinta, che lo valuteranno tenendo
conto delle osservazioni espresse dalla giunta Serracchiani. Sul documento la
commissione ha anche sentito in audizione le associazioni Aiab (Associazione
italiana per l'agricoltura biologica) e Aprobio (Associazione dei produttori
biologici e biodinamici del Friuli Venezia Giulia).
IL PICCOLO - LUNEDI', 12 maggio 2014
In centro 100 nuovi portabici sponsorizzati
Operazione finanziata da quattro ignoti (al momento) benefattori. Una
quarantina installati entro l’arrivo del Giro d’Italia
ALTRE POSTAZIONI Nelle scorse settimane sono stati intanto collocati in 5 punti
più defilati i manufatti che il Comune conservava nei propri magazzini
Una città che si sposta - sempre più - sui pedali. O almeno questo è il
desiderio della giunta Cosolini. Che punta forte, anche in un’ottica proprio di
promozione dell’uso delle bici, sull’arrivo del Giro d’Italia, in città per la
sua tappa finale domenica 1.o giugno. Non a caso nelle scorse settimane è
partita l’“operazione portabiciclette”, con la sistemazione di cinque nuove
postazioni. Ma l’azione dell’amministrazione è destinata a entrare ancora di più
nel vivo nei prossimi giorni, non appena giungerà l’ultimo ok della
Soprintendenza ai beni architettonici e paesaggistici su alcune modifiche di
minima alla mappa dei punti nel centro storico dove ne saranno collocate di
altre. Quattro benefattori, dall’identità al momento ignota, hanno infatti
risposto all’avviso per le manifestazioni di interesse per acquisto e copertura
delle spese di posa (100 euro a stallo, del lavoro si occuperanno i tecnici
comunali) di portabici pubblicato dal Comune: grazie al loro intervento,
arriveranno così 100 stalli, a copertura di 26 postazioni (con un minimo di tre
spazi “di sosta” per ognuna). In particolare, uno dei quattro finanziatori - da
indiscrezioni pare si tratti di un imprenditore molto conosciuto - ne ha
assicurati più della metà. A fronte della spesa, il Municipio garantisce che le
“stazioncine” per due ruote a pedali finanziate saranno griffate con il
“marchio” del benefattore che di fatto ne avrà propiziato la collocazione.
Portabici sponsorizzati e, inoltre, con occupazione suolo pubblico gratuita.
«Abbiamo effettuato i sopralluoghi con i tecnici, ci siamo confrontati con le
associazioni e il 16 aprile scorso abbiamo inviato la documentazione con alcune
piccole variazioni alla Soprintendenza, da cui attendiamo a breve riscontro»,
conferma l’assessore alla Pianificazione urbana Elena Marchigiani. «Entro
l’approdo del Giro - aggiunge - l’obiettivo è di garantire dieci nuove
postazioni con una quarantina di stalli portabici». A seguire, le altre sedici.
La distribuzione nel centro andrà a toccare le zone delle Rive (con più “tappe”
fra cui la stazione Rogers), di via Cadorna, piazza della Borsa, via del Teatro
romano, piazza Verdi, del Canale di Ponterosso, di piazza Sant’Antonio Nuovo,
via di Cavana, piazza Hortis, piazza dell’Ospitale, viale XX settembre nei
pressi del Teatro Rossetti e ancora di Foro Ulpiano e vicino alla stazione
ferroviaria. Il totale dei “bici-park” composti da stalli modello “a P” dovrebbe
essere sulla carta di una cinquantina, ma per ora il quadro economico
delineatosi grazie ai quattro misteriosi benefattori consente di pianificarne
l’insediamento di 26. Intanto, fa sapere dal canto suo l’assessore ai Lavori
pubblici Andrea Dapretto per la fase di propria competenza, si è proceduto
all’allestimento di postazioni in cinque posizioni sì più defilate ma comunque
rilevanti da un punto di vista del quotidiano passaggio di un gran numero di
persone. Qui è stato usato un modello più datato di portabici, considerata anche
l’assenza di vincoli di tipo paesaggistico cui prestare attenzione: peraltro,
nello specifico, sono manufatti che il Comune aveva in dotazione, conservati nei
propri magazzini dal 2007 e “in attesa” di essere utilizzati. «Abbiamo aggiunto
agli stalli già presenti in via Locchi, vicino alla sede della circoscrizione -
illustra Dapretto -, altri in cinque punti: vicino alle piscina Bianchi e a
quella di San Giovanni, al PalaRubini, all’altezza di una delle aree-giochi
della pineta di Barcola e infine al giardino di via Orlandini». La dotazione va
da un minimo di cinque-sei stalli a un massimo di otto-nove. «È la prima parte
di un intervento complessivo - conclude l’assessore ai Lavori pubblici - che ora
andremo a completare con le installazioni nel centro storico. E che poi, in ogni
caso, vorremmo implementare ulteriormente nelle periferie e nei giardini
pubblici».
Matteo Unterweger
Il modello “a P” con design firmato Hammer & Runge
L’assessore Elena Marchigiani l’ha definito «modello “a P”». Si tratta del tipo di portabici che saranno collocati a Trieste nell’area del centro storico. Le caratteristiche tecniche del manufatto sono riepilogate anche in una delle schede allegate all’avviso pubblico per le manifestazioni di interesse per finanziarne acquisto e installazioni. Si tratta di struttura «tubolare di acciaio inox Ø 42 millimetri, che avvolge la ruota anteriore», completa «di piastra di base bombata in acciaio inox, per impedire la fuoriuscita della ruota una volta posizionata». «Il fissaggio della struttura - si legge nella scheda - è da predisporsi su un piccolo plinto di fondazione o comunque su pavimentazione solida (materiale di fissaggio incluso)». Infine, i dettagli in numeri: altezza 86 centimetri, profondità 68, lunghezza 225 millimetri e peso di 11 chilogrammi. Il design è firmato Hammer & Runge, con disegni di proprietà della Modo Srl.
Duino, stop ai depuratori: tutte le acque a Servola
Saranno così evitati gli scarichi a mare dei tre impianti esistenti del
Comune - Per i lavori ci vorranno sei anni. Rozza: «Garanzie sul sistema di
pompaggio»
DUINO AURISINA Gli impianti di depurazione del Villaggio del Pescatore, di
Duino e soprattutto di Sistiana, con i relativi scarichi a mare, saranno
definitivamente dismessi. «La decisione più rilevante presa all'ultima assemblea
Cato – annuncia l'assessore ai Servizi sul territorio, Andrej Cunja – è stata
quella di far confluire tutti i reflui raccolti dalla rete fognaria comunale al
depuratore di Servola». Al consesso, per la verità, l'amministratore duinese
risultava eccezionalmente assente, né sono intervenuti altri esponenti “per
concomitanti e inderogabili impegni”. «Ma non è corretto – dice Cunja – dedurre
che in tale occasione si sia deciso qualcosa in nostra assenza (come rilevato
dal centrodestra con una recente interrogazione sul punto, ndr), si è insomma
proceduto a deliberare quanto preventivamente concordato per vie informali,
com'è consuetudine in qualsiasi assemblea». Dunque gli impianti di depurazione
del Villaggio, di Duino e Sistiana verranno presto eliminati e la rete fognaria
duinese sarà collegata direttamente al depuratore triestino. “Senza slittamenti”
sul cronoprogramma dei lavori, precisa Cunja. I tempi, allora. «Il completamento
di tale operazione è previsto per il 2020. Per giungere a questo risultato
finale - spiega l’assessore comunale - è stabilita la realizzazione della tratta
di collegamento da Duino a Sistiana, con avvio degli interventi già quest'anno.
Mentre quella dal Villaggio a Duino è fissata a inizio 2015. Infine la tratta da
Sistiana a Santa Croce, programmata per inizio 2018. In particolare – sottolinea
Cunja – la tratta dal Villaggio a Duino è stata anticipata di due anni, dal
preventivato 2017 al 2015, mentre su richiesta dell'amministrazione comunale si
sta valutando di spostare la tubazione da sotto la sede stradale al suo fianco,
in maniera da potervi ricavare al di sopra un marciapiede di collegamento del
Villaggio alla strada regionale, tanto agognato dalla popolazione del borgo. «I
contatti – conclude l'assessore – con Acegas e la proprietà del terreno sul
quale verrebbe spostato il collettore, ovvero la B.Fri di Mario Sartori, sono
già stati intrapresi con riscontri positivi». Per le infrastrutture idriche,
invece, il rifacimento della condotta per Sistiana mare rimane previsto per il
2017. Il collegamento al depuratore di Servola sarà prevedibilmente reso
possibile grazie all'ausilio di pompe e condotte sotterranee. Ma proprio ciò,
stando al presidente della Seconda commissione consigliare, Maurizio Rozza,
rappresenterebbe una criticità. «Come noto – chiarisce – il percorso delle
tubature sarà in salita, poiché i nostri paesi carsici si trovano a un livello
d'altezza sul mare più basso rispetto all'area triestina. E pertanto si dovrà
ricorrere a un sistema di pompaggio. Quanto costerà tutto ciò da un punto di
vista energetico? Lo sappiamo? Inoltre l'impianto potrebbe risultare più
vulnerabile: se si romperà un dispositivo elettrico, per esempio, cosa accadrà?»
Intanto, a disposizione dei consiglieri, nella segreteria del Comune, ci sono
sia il nuovo che il vecchio piano degli interventi, per una consultazione
trasparente.
Tiziana Carpinelli
IL PICCOLO - DOMENICA, 11 maggio 2014
Tracce di amianto in 70 scuole
Dapretto assicura: «Niente allarmismi, non ci sono
rischi». Da domani bonifica alla Roli
Sono 89, su un totale di 159, le scuole cittadine che
ricadono sotto la competenza del Comune di Trieste nelle quali è esclusa la
presenza di amianto. Nelle altre 70, invece - in punti della
pavimentazione in pvc o ad esempio dentro soffitte in disuso - è stata
riscontrata. Questi i dati complessivi emersi dal “Piano di rilevamento amianto
nelle scuole cittadine”, i cui esiti sono stati presentati ieri in Municipio
dagli assessori ai Lavori pubblici Andrea Dapretto e all’Educazione Antonella
Grim, dal neo-capoarea dei Lavori pubblici Enrico Conte e dal direttore del
Servizio Edilizia scolastica Giovanni Svara. Da domani partirà il primo
intervento di bonifica, alla sede dell’Istituto comprensivo Roli in via Forti, a
Borgo San Sergio. Al report generale i rappresentanti dell’amministrazione
Cosolini hanno immediatamente aggiunto un chiarimento volto a evitare il
diffondersi di allarmismi o apprensione che inevitabilmente possono crearsi
nelle famiglie: «Siamo in una situazione di sostanziale sicurezza - le parole di
Dapretto -, lo sottolineiamo in modo che non si generino preoccupazioni». «Non
c’è alcun rischio per la salute degli studenti - ha aggiunto Grim -, le scuole
del Comune sono sicure e lo sono sempre state». Rilievi, questi, basati su due
elementi. Il primo è quello dei campionamenti dell’aria effettuati negli
istituti: la presenza di amianto è stata in media di una fibra per litro d’aria
quando la soglia di legge è fissata a 10 dalla Regione e a 20 dallo Stato. «Già
nell’ambiente, all’esterno - osserva in merito Dapretto -, i valori di amianto
sono spesso più alti». «Non si parte da condizioni di pericolo o di gravità», ha
sentenziato Conte. Il secondo motivo su cui si fonda la tranquillità del Comune
è che, laddove è stato necessario (dopo sopralluoghi e accertamenti), si è già
provveduto a lavori di messa in sicurezza anche con riparazioni e rattoppi
temporanei «sui quali - ha spiegato Svara - c’è un controllo periodico» perché
non si può e non si deve abbassare la guardia. Un’eventuale dispersione
nell’aria può verificarsi solo in casi di friabilità di pezzi di pavimentazione
o delle sottostanti colle contenenti vinilamianto, ma al momento - grazie
appunto all’azione-tampone già attuata dai tecnici comunali - «non vi sono
situazioni border line», il rilievo di Svara. Agli interventi di messa in
sicurezza realizzati, seguirà ora l’azione di bonifica che prenderà il via da
domani con la scuola Roli di via Forti, dove già nel dicembre scorso un intero
piano era stato giudicato inagibile e quindi chiuso. Seguirà, poi, l’analoga
operazione alla scuola dell’infanzia “Isola dei tesori” di vicolo delle Rose 5 e
via via negli altri istituti secondo l’ordine di priorità individuato
dall’amministrazione. Per procedere a questi lavori il Comune ha a disposizione
la somma totale di un milione e mezzo di euro, «anche se in tutto ne
servirebbero oltre sei - osserva Dapretto - considerato che stimiamo di avere
circa 40-50mila metri quadrati di pavimenti che presentano vinilamianto. Vi è
l’assoluta necessità di uno sblocco di risorse, soprattutto su edilizia
scolastica e temi sensibili: sono opere che devono uscire dal Patto di
stabilità». Cinquecentomila euro sono arrivati grazie al Decreto del Fare 2013,
firmato dall’allora governo Letta, per bonifiche, campionamenti e analisi. Di
questi, 120mila serviranno per la Roli. L’altro milione di euro, che fa salire
la cifra globale a 1,5 milioni, è derivante dal Fondo Trieste e verrà impiegato
per scuole dell’infanzia e primarie.
Matteo Unterweger
L’assessore Grim garantisce «L’attività didattica non
viene intaccata»
«Nessuna chiusura di scuole per gli interventi di bonifica. Non viene
intaccata in alcun modo l’attività didattica. Il prosieguo dell’anno scolastico
è regolare». L’ha certificato ieri l’assessore Antonella Grim. Gli esponenti
dell’esecutivo hanno anche spiegato che per gli interventi saranno chiusi e
isolati solo i locali dove vi è la pavimentazione da rimuovere e sostituire. E
che per quanto possibile si tenterà di accelerare al massimo in estate, «durante
il periodo delle ferie - ha chiarito Dapretto -, per impattare il meno possibile
sull’attività».
(m.u.)
«Ok Arvedi, ma rilanciare tutta l’area»
Gli iscritti Fiom: i lavoratori vanno impiegati anche per il risanamento
ambientale
Nessuna preclusione ad Arvedi, ma anche un invito alle istituzioni ad
accompagnare i lavoratori nel percorso non solo di mantenimento dei livelli
occupazionali, ma anche di rilancio delle attività industriali e logistiche
nell’intera area che rientra nell’ambito della crisi industriale complessa. È
quanto sostanzialmente rimarcano in una nota le Rsu e il Comitato degli iscritti
alla Fiom Cgil della Ferriera. Ciò dopo l’uscita del segretario provinciale
della Fiom, Stefano Borini, che aveva invitato a non dare carta bianca ad
Arvedi. «I Lavoratori confermano di non avere alcun pregiudizio e contrarietà
all’acquisto da parte del gruppo Arvedi in quanto la manifestazione di interesse
è garanzia della continuità produttiva del ciclo siderurgico integrale dello
stabilimento. Tuttavia permangono le riserve sulla valutazione del piano
industriale ancora non reso noto dall’azienda. La posizione sindacale - si
sottolinea - è vincolata a un mandato preciso dell’assemblea dei lavoratori nel
quale è previsto il mantenimento di tutti i livelli occupazionali e il
mantenimento delle condizioni economico normative in essere. In questo contesto
- fanno rilevare gli iscritti alla Fiom - pur registrando positivamente l’azione
istituzionale fin qui svolta da tutti i soggetti tranne che per la posizione
assunta nella vertenza dall’Autorità Portuale, vanno sciolti i nodi ancora
aperti: alle Istituzioni chiediamo di accompagnare il percorso sul progetto
complessivo dell’area soggetta alla crisi industriale complessa, al fine di
iniziare a risolvere anche a fronte degli ingenti finanziamenti pubblici, il
grave problema occupazionale che riguarda la città, realizzando una politica
industriale in grado di rilanciare le attività industriali e logistiche
utilizzando di fatto anche i finanziamenti previsti dall’Europa.» Riguardo a
quanto previsto dall’Accordo di programma, i lavoratori Fiom sottolineano che
«si dovrebbe considerare l’ipotesi di un forte rafforzamento con uomini e mezzi
dedicati a tutte le attività necessarie al risanamento ambientale quali per
esempio: pulizie e manutenzioni strade, verde e quant’altro che tanto potrebbero
favorire la riduzione dell’impatto ambientale. Tale fase potrebbe essere
accompagnata direttamente dalle Istituzioni pubbliche. Nel contempo - conclude
la nota - vogliamo impegnare tutti i soggetti coinvolti ad assicurare la ripresa
della continuità produttiva delle attività e quindi cogliere le opportunità di
beneficiare di tutte le linee di finanziamento che saranno attribuite dall’Ue,
nonché dalle risorse economiche previste dall’Accordo di programma.
IL PICCOLO - SABATO, 10 maggio 2014
Via Cumano, il museo nasce nel deserto
Solo due bar nella lunga via. I residenti: «Poche corse
di un unico autobus, per il “de Henriquez” servirebbero navette»
La strada è lunga lunga, vuota e silenziosa. La imbocca chi ci abita, magari
in qualche villetta fiorita. L’ultimo pezzo va verso il nulla. Una volta c’era
la caserma, e adesso gli ultimi operai stanno asfaltando almeno il quadrato di
piazzale interno della parte ristrutturata che porterà i visitatori all’ingresso
del Museo della pace e della guerra Diego de Henriquez che si inaugura il 28
giugno. Ma si animerà, per l’eventuale entusiasmo che possono suscitare enormi
armamenti e mezzi militari in mostra, questa zona di città a suo tempo
identificata solo per la sede dell’Aci nella parte iniziale, il cui palazzetto
chiuso da anni è lì abbandonato e pure con tutte le finestre aperte? Dove a
pochi passi c’è non solo l’Ippodromo (in crisi) ma l’enorme comprensorio della
Fiera altrettanto chiuso, e poco più in là va a pezzi l’ex fabbrica Sadoch? È
una strada che può accendersi di nuove attività e comodità? E dove? E come?
Questo dice via Costantino Cumano, intitolata al medico-politico antiaustriaco e
combattente nelle guerre d’Indipendenza, amico di Massimiliano d’Asburgo. Luogo
di comodo parcheggio gratuito per residenti, ma anche per le roulotte, via
Cumano (salendo) ha il marciapiede sinistro ben percorribile, e anche segnato
dai percosi “Pedibus”, e il destro tutto a buche, ma tanto si vede poco perché è
occupato dalle auto in sosta stipate come sardine. C’è lì un’altra caserma
ancora, in funzione, la “Generale Sani” che ospita il Circolo sottufficiali di
Trieste e al n. 3 l’Ufficio tecnico territoriale delle costruzioni e degli
armamenti navali di Venezia, “nucleo tecnico di Trieste”. Un solo bar-buffet è
attivo in tutta via Cumano, escludendo il nuovissimo “wine bar” sorto ai piedi
del nuovo megacomplesso dell’Ater che però fa già angolo con piazzale De Gasperi
dove i parcheggi gratuiti sono altrettanto tutti occupati, e ci mancherebbe.
«Col museo aperto il lavoro andrà certamente meglio - dice il titolare Diego -,
già adesso, noi che abbiamo anche cucina, serviamo pranzi veloci al personale
comunale che lavora al “de Henriquez”, al personale dell’Ater, dell’Ippodromo...
A me pare che il problema dei parcheggi e della viabilità non sia così grave -
aggiunge il barista -, c’è il piazzale dell’Ippodromo, c’è l’autobus». Nella via
si contano ancora solo un “Discount” e un negozio di radiofonia. E qualche bel
gatto in un orto dietro casa. «Senza una forte pubblicità c’è il rischio che qui
arrivino pochi visitatori, la strada è fuori dai percorsi, lontana dal centro»
dicono invece Cristiana Rosa e Massimo Noachig che vivono al di là di piazzale
De Gasperi. Una volta proprietari del bar sotto casa, che faceva ottimi affari
con la Fiera oggi dismessa. «Serve una navetta per le scuole» dice la signora
che spera anche in un riuso proprio del palazzo della Fiera, «dove una volta
erano attive scuole di pattinaggio e di tennis per i ragazzini quando non
c’erano eventi, e che potrebbe essere trasformato in un luogo adatto ai giovani:
farli divertire in un luogo ben preciso evita che vadano in giro, nei centri
commerciali o fuori città, e sono più controllabili...». Che si apra il museo?
Sono contenti. Ma già temono l’effetto-deserto. «Secondo me era meglio fare il
museo in centro - afferma lui -, dove arrivano e girano i turisti». «L’autobus -
aggiunge lei - è uno solo, il 18, e passa ogni 20 minuti, la domenica è
sostituito dal 5, altrettanto ogni 20 minuti. Io - conclude - vado sempre in
macchina». La fermata del 18 è quasi a metà via. Il percorso “raccoglie” però
comodamente: Corso Italia, via Roma, via Mazzini, piazza Goldoni, Largo
Barriera, piazza Garibaldi, viale D’Annunzio, piazza Foraggi, viale Ippodromo,
via Fittke, via Tominz (e qui c’è l’ingresso del Museo di storia naturale,
sempre nell’ex caserma) e via Cumano capolinea. Il 5 parte da Roiano e tocca via
Mazzini, piazza Goldoni, piazza dell’Ospedale. Il turista in fondo è abituato ad
assoggettarsi a orari, spostamenti, mezzi pubblici, ma la coppia che si gode col
cane la panchina di piazzale De Gasperi si dimostra molto consapevole dell’aria
che tira in zona: «Per viverci, molto bene. Per arrivarci, è difficile. Ma non
crediamo proprio che aumenteranno gli autobus e le navette. È impossibile. Fondi
non ce ne sono». E qui non solo hanno ragione in pieno, ma lo dicono coi termini
burocratici che usano gli amministratori. Lezione appresa.
Gabriella Ziani
Il Comune: «Qualche rattoppo, nulla di più»
Esclusi per ragioni economiche l’ampliamento dei trasporti e la creazione
di nuovi parcheggi
contatti in corso - Chiesti a Trieste trasporti lo spostamento del capolinea per
la linea 18 e indicazioni esplicite sui percorsi turistici. Pullman, ipotesi
piazzali
«Intanto apriamo il museo. Che già non è poco». Il sindaco Cosolini, che
ieri già sopportava il peso del crollo in galleria Foraggi («e abbiamo progetto
e soldi, e siamo impediti a fare i lavori rischiando problemi di sicurezza...»)
non usa il facile viottolo delle promesse, del “vedremo, faremo”. Perché la
situazione finanziaria è più o meno sempre quella, con una pietra sopra
(anticipi a parte, per poche cose urgentissime). Perciò mentre la direzione dei
Musei civici sta lavorando a segnaletiche dentro e fuori il Museo “de Henriquez”
che s’inaugura esattamente fra 49 giorni, il sindaco ammette subito: «Autobus e
parcheggi nuovi? Soluzioni immediate non ce ne sono». Una trattativa in corso
con Trieste trasporti però c’è, per spostare più in fondo a via Cumano il
capolinea del bus 18, e cioé esattamente di fronte all’ingresso del museo.
Adesso la sosta è quasi a metà via. «Chiediamo inoltre - aggiunge il sindaco -
che gli autobus migliorino le informazioni sui percorsi, con la citazione degli
itinerari turistici». Il 18 dunque potrebbe portare in giro la dicitura “Museo
de Henriquez”. L’assessore ai Lavori pubblici Andrea Dapretto avrebbe intenzione
di usare dei piazzali interni, più a monte del museo, che fanno parte integrante
della ex caserma “Duca delle Puglie” per far sostare almeno i prevedibili
pullman, dei turisti ma soprattutto delle ancora più prevedibili scolaresche.
«Bisogna però controllare che siano in sicurezza, non son sicuro che siano
automaticamente a disposizione...» frena Cosolini. Ma se i pullman dovranno
invece entrare dall’ingresso del museo, in via Cumano, come potranno convivere
pedoni e megabus? «Quei musei - prosegue Dapretto - è chiaro che scontano la
loro posizione decentrata, li abbiamo trovati in quella sede e certo non
cambieremo. Speriamo al contrario che l’area diventi un nuovo punto di
riferimento culturale per la città». L’asfalto si “rattoppa” davanti
all’ingresso, e si rattopperà un poco, dice l’assessore, nel piazzale adiacente.
Dove sono state anche rimosse masserizie e immondizie ammassate nei lunghi anni
di chiusura della ex caserma. E i mezzi pubblici? Appunto, «cosa da discutere,
ma non oggi». Ben nota la situazione del trasporto locale, del resto, con
migliaia di chilometri già tagliati che non hanno nemmeno assorbito i tagli di
finanziamento.
(g. z.)
IL PICCOLO - VENERDI', 9 maggio 2014
Borgo Teresiano, il rilancio in due fasi - Le opere
puntano a incrementare la qualità della vivibilità dell’intera zona
Pedonalizzazioni nelle vie XXX Ottobre e Torrebianca e lavori anche in
via Trento e largo Panfili per allargare il “salotto buono”
All’orizzonte c’è quella riqualificazione che potrebbe partire già in
autunno, dopo il lancio da parte del Comune - alla faccia del Patto di stabilità
e con “ipoteca” delle proprie azioni Hera “libere” (non quelle inalienabili in
base al Patto di sindacato) - del “Piano cantieri” da 12 milioni e mezzo di
euro. Ma non solo: già per i prossimi mesi si attendono i primi effetti
sull’area del nuovo Piano del traffico. Due binari che portano alla stessa
destinazione, al medesimo obiettivo: la rivitalizzazione dell’area di Ponterosso
e del Borgo Teresiano. Il Municipio vuole infatti “allargare” la pianta del
cuore cittadino, rendendolo sempre più a misura di pedone. Commercianti ed
esercenti della zona attendono, da anni ormai. E ora però con rinnovata fiducia
grazie a queste prospettive, da sommare al pienone che nelle giornate di sole
come ieri si vede ai tavolini di bar e locali ai bordi del Canale e che
evidentemente fa ben sperare e rappresenta una base di partenza importante.
Secondo le previsioni dell’assessore comunale ai Lavori pubblici Andrea
Dapretto, l’opera di restyling di piazza Ponterosso, di via Trento (con primo
isolato completamente pedonale e tratto da via Machiavelli verso largo Panfili
che conterà sull’allargamento dei marciapiedi e sulla creazione dello spazio per
la pista ciclabile da un lato) e proprio di largo Panfili (che si tramuterà in
area dedicata ai pedoni, allo svolgimento di attività culturali a cielo aperto e
allo stesso tempo adeguata ad assolvere le funzioni di sagrato dell’edificio di
culto, cioè la Chiesa evangelica luterana) si potrebbe concludere fra la fine
del 2015 e l’inizio del 2016. Con costo complessivo di 3,9 milioni di euro, di
cui 1,9 per piazza Ponterosso e 2 per via Trento e largo Panfili. Interventi che
«vanno a completare - ribadisce una volta di più Dapretto - una certa
sistemazione dei punti pedonali della città. La zona di Ponterosso è un ambito
fondamentale, una delle parti più significative in chiave di possibile
miglioramento dei servizi. Queste opere - conclude -, anche in prosecuzione con
il cosiddetto Ponte curto, puntano a incrementare la qualità della vivibilità di
una zona dalle potenzialità enormi». Prima dei citati cantieri, già in estate,
altre vie poco lontane muteranno aspetto, grazie qui agli interventi previsti
dal nuovo Piano del traffico: la prossima settimana infatti l’assessore con
delega alla Pianificazione urbana, Elena Marchigiani porterà in giunta - per la
relativa approvazione - il piano di dettaglio inerente alle vie XXX Ottobre e
Torrebianca. Dopo l’ok dell’esecutivo Cosolini, si passerà all’attuazione,
preceduta da un passaggio informativo in commissione consiliare. Il Pgtu prevede
per via XXX Ottobre un assetto a zone diversificate: il tratto iniziale fra
piazza Oberdan e via Milano sarà pedonalizzato, come pure l’ultimo cioè quello
che sbuca in piazza Sant’Antonio; mentre diverranno ztl (zone a traffico
limitato) a elevata pedonalità le porzioni via Milano-via Valdirivo e via
Valdirivo-via Torrebianca, con accesso consentito in entrambe ai mezzi delle
persone diversamente abili, ai taxi e - solo nella prima - anche ai veicoli con
compiti di carico e scarico merci al servizio degli esercizi commerciali della
zona. In via Torrebianca, poi, tratto pedonale fra via della Zonta e via San
Lazzaro. «In un momento di crisi in termini di risorse - osserva Marchigiani -,
è fondamentale si lavori in maniera coordinata fra chi si occupa di traffico, di
lavori pubblici e di commercio. Questi tasselli, messi assieme, fanno massa
critica». Agli operatori dell’area, adesso, non resta che attendere i
cambiamenti promessi. Novità che, conclude Marchigiani, «daranno respiro alle
attività economiche, e assicureranno uno spazio pubblico vivo, e quindi con
maggiori sicurezza e qualità».
Matteo Unterweger
«Ok i provvedimenti. Ma i rioni soffrono»
Vesnaver (Fipe) preoccupato per le periferie. Rigutti (Confcommercio):
«Sì alle riqualificazioni»
«Il fatto che via XXX Ottobre e via Torrebianca saranno in parte
pedonalizzate è già positivo. Prima o dopo partiranno poi anche i lavori in
piazza Ponterosso e dintorni: se non sarà quest’anno, sarà il prossimo. Intanto
è stato fatto un passo avanti». Bruno Vesnaver, presidente provinciale della
Fipe, non nasconde il proprio favore - a nome della categoria degli esercenti
pubblici che rappresenta - all’operazione di rivitalizzazione dell’area di
Ponterosso e del Borgo Teresiano voluta dal Comune. Osservando, ieri, gli arredi
esterni di bar e ristoranti pieni di clienti lungo il Canale e non solo,
Vesnaver ha esultato riagganciandosi peraltro alla recente questione dehors:
«Con o senza pedane, intanto tavoli e sedie sono tutti fuori. E ora godiamoci i
turisti e l’estate. Poi se sarà necessario faremo un investimento (il
riferimento è all’adeguamento degli attuali arredi al nuovo regolamento dehors,
da effettuare non oltre il 15 ottobre per chi avrà presentato la relativa
domanda di occupazione suolo pubblico entro il 15 maggio, ndr)». Il Borgo
Teresiano ha tratto sinora, sottolinea il presidente della Fipe, grande
giovamento già dall’apertura di Passaggio Joyce, il cosiddetto “Ponte curto” su
cui, «piaccia o non piaccia - afferma -, passano migliaia di persone ogni
giorno», e attende dunque i nuovi provvedimenti per un’ulteriore crescita. A
preoccupare Vesnaver è invece la situazione nelle periferie cittadine: «Sono le
zone rionali - osserva allarmato - che stanno soffrendo». Dal versante del mondo
del commercio, il vicepresidente vicario della Confcommercio provinciale Franco
Sterpin Rigutti ribadisce il proprio appoggio al progetto di un centro sempre
più pedonalizzato: «La prima considerazione - apre il ragionamento - è che tutto
ciò che fa parte di una riqualificazione non può non essere visto in maniera
positiva. Sia per la zona di Ponterosso, nella quale sono insediati soprattutto
esercizi pubblici, che per quella di via XXX Ottobre - aggiunge Rigutti -
l’importante è che i provvedimenti siano funzionali alla pedonalizzazione
complessiva del centro. E noi auspichiamo - conclude - che i posti auto che
andranno persi possano essere recuperati nelle vie limitrofe. Sono potenziali
parcheggi per la clientela».
(m.u.)
il dialogo
Sono state, quelle scorse, anche settimane di confronto fra
l’amministrazione comunale e gli operatori (negozianti ed esercenti) con
attività che si affacciano su via XXX Ottobre e via Torrebianca, nei tratti
oggetto dei nuovi provvedimenti del Piano del traffico. Specie a chi fra i
gestori di locali, in vista delle pedonalizzazioni, ha intenzione di procedere
all’allestimento di arredi esterni, l’assessore Elena Marchigiani e i tecnici
degli uffici municipali hanno spiegato come muoversi per la relativa richiesta
da predisporre in base al nuovo Regolamento sui dehors. Trattandosi in questi
casi di nuove occupazioni di suolo pubblico, gli esercenti in questione non sono
chiamati ad attenersi al vincolo di dover presentare la domanda entro la
data-limite del prossimo 15 maggio: considerato infatti che non hanno
installazioni esterne già in essere e che necessitano di essere messe in
“salvaguardia” (con adeguamento entro il 15 ottobre), potranno fare richiesta
anche dopo. E comunque non prima dell’approvazione del Piano di dettaglio da
parte della giunta.
(m.u.)
IL PICCOLO - GIOVEDI', 8 maggio 2014
Fiera e caffè dentro Porto Vecchio: fondi chiesti prima
delle concessioni
La Camera di commercio: il mezzo milione congelato dalla Regione non
mette in discussione TriestEspresso Expo ma serve per la successiva
trasformazione in polo espositivo dei magazzini 27 e 28
Gli «spazi espositivi» sono «già prenotati» per un buon «70%». Eppoi è
«confermata la presenza dei più importanti brand di settore, che stanno
spingendo oltre 200 il numero degli espositori», al che «si stima che il
pubblico supererà» il risultato «dell’ultima edizione del 2012, «quando a
Trieste giunsero oltre 10mila visitatori professionali da 85 paesi». Antonio
Paoletti, con un comunicato stampa diffuso ieri da Aries, braccio fieristico
della Camera di Commercio, tranquillizza standisti di mezzo mondo e se stesso:
TriestEspresso Expo 2014, in agenda dal 23 al 25 ottobre ai magazzini 27 e 28 di
Porto Vecchio, non è in discussione nonostante martedì la Regione abbia messo in
ghiaccio, in attesa semmai di cuocerlo in un secondo tempo, il mezzo milione che
lo stesso ente camerale ha chiesto all’amministrazione Serracchiani proprio per
i magazzini 27 e 28, proprio la sede di TriestEspresso Expo 2014. La fiera del
caffè - fanno sapere da piazza della Borsa - non rischia nulla: i lavori di
adattamento dei due hangar dell’antico scalo a tale manifestazione sono già
iniziati e si concluderanno «entro inizio ottobre», e quelli sono già coperti -
finanziariamente parlando - in casa. I 500mila euro stralciati dal
vice-Serracchiani e assessore regionale alle Attività produttive Sergio
Bolzonello, su segnalazione del suo predecessore di epoca Tondo Luca Ciriani, la
Camera di Commercio li ha chiesti in effetti - come si legge tra le righe di una
nota tecnica scritta dal segretario generale dell’ente Stefano Patriarca e
inoltrata agli uffici di Bolzonello ai fini della richiesta di finanziamento -
per la ristrutturazione di quei due magazzini in ottica espositiva futura. Gli
hangar 27 e 28, d’altronde, sono gli spazi per cui Paoletti intende ottenere per
conto della “Camera”, dall’Autorità portuale, una concessione di lungo periodo
per poterci mettere e gestire, un domani, la nuova fiera di Trieste. La scadenza
delle manifestazioni d’interesse per Porto Vecchio scade il 30 giugno. Il mezzo
milione per mettere a posto quegli spazi, se ne deduce, è stato chiesto prima di
avere in mano la concessione “lunga” degli stessi. Potrebbe essere questo,
forse, il motivo per cui la richiesta di finanziamento è stata stralciata per
«una verifica aggiuntiva», per essere presumibilmente ripresa in sede di manovra
finanziaria estiva a luglio, come aveva giustificato Bolzonello martedì. Ma
veniamo alla nota tecnica del segretario generale di Paoletti: parte da
TriestEspresso Expo e arriva alla constatazione che bisogna fare qualcosa per
Porto Vecchio. «La Camera di Commercio - vi si legge - per la realizzazione
dell’edizione 2014 della Trieste Espresso Expo ha passato in rassegna diverse
ipotesi logistiche. In particolare sono stati verificati gli spazi relativi
all’area esterna del Molo IV, la Stazione marittima, il Magazzino 26, l’ex
Stock, l’area dell’Adriaterminal e l’ex Manifattura tabacchi. Nessuna delle
ipotesi menzionate era, per diverse motivazioni, funzionale e praticabile ma la
soluzione è stata rinvenuta nei magazzini 27 e 28 dati in concessione
dall’Autorità portuale». Da cosa nasce cosa: «Da un’analisi complessiva degli
immobili e della loro collocazione è risultato che questi due magazzini,
opportunamente riadattati, potrebbero costituire una soluzione ideale per la
realizzazione di un importante polo espositivo-museale con finalità economiche,
turistiche ed esperienziali. La struttura polifunzionale potrà essere destinata
a differenti iniziative sia di carattere temporaneo che permanente. Tra le
iniziative di carattere permanente, la Camera di Commercio, di concerto con le
istituzioni locali e i rappresentanti della filiera produttiva, ha in animo di
realizzare un Museo dedicato al caffè (il riferimento è all’aggancio all’Expo
2015 a Milano, ndr). La Cciaa sta lavorando, di concerto con le istituzioni, per
l’individuazione delle concrete modalità realizzative del Museo del caffè (al
Comune piace l’idea del Carciotti, ndr) ma non vi è dubbio che l’utilizzo di
parte degli spazi dei magazzini 27 e 28 potrebbe costituire un’opportunità
rilevante per prestigio e collocazione». Senza contare che, e si giunge alle
conclusioni, «la riqualificazione dei magazzini e il miglioramento dello spazio
circostante hanno un forte valore simbolico nell’apertura a breve termine di una
parte di area degradata che attualmente non ha immediate prospettive di
conversione».
Piero Rauber
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 7 maggio 2014
Amianto-killer, niente soldi per le bonifiche dei privati
Investiti finora circa 400mila euro che sono stati
suddivisi tra 600 interventi
Denuncia degli assessori all’ambiente di Monfalcone e della Provincia di Gorizia
- Una tecnica rivoluzionaria potrà favorire l’inertizzazione della micidiale
fibra
TRIESTE Non c’è soltanto l’amianto che è stato usato nei cantieri e nelle
aziende metalmeccaniche durante la costruzione di navi e motori, per isolare
pareti, tubi e altro ancora, c’è tutta quella fibra-killer utilizzata in passato
in Italia (ma attualmente usata ancora in grande quantità in tanti altri paesi
del mondo) per le costruzioni industriali, civili, per le tubazioni di fognature
e addirittura di acqua potabile. Un mare di amianto (qualcuno azzarda stime in
Italia di circa 23 milioni di tonnellate) in cui la popolazione vive ancora, che
dovrebbe essere messo in sicurezza e reso inerte. Un quadro incredibile ed
interessante emerso ancora una volta ieri pomeriggio durante un
incontro-convegno promosso in Biblioteca dall’assessorato all’ambiente del
Comune, presente ieri con l’assessore Gualtiero Pin, intitolato “Il fine vita
dell’amianto: bonifica, rimozione, prospettive future” dove è stato evidenziato,
da numerosi interventi di rappresentanti istituzionali ed esperti che mentre
sugli esposti all’amianto stanno procedendo inchieste, censimenti, processi e
iter di risarcimento danni per malattie e morti, sul fronte delle bonifiche
siamo quasi all’anno zero. Tutta colpa dei fondi che mancano per queste
operazioni di pulizia e “eradicamento”, altamente costose, e mentre sul fronte
industriale si sta lavorando a fatica (sono 597 i siti industriali con amianto
individuati in Fvg, per il 77% coperture in eternit) e le bonifiche sono in
corso, per quanto riguarda il privato, case ed edifici, la situazione oltre che
altamente frammentata, è ancora in alto mare, per non parlare della situazione
delle discariche (ce n’è una autorizzata a Porcia, con problemi e contestazioni)
o dei cumuli abbandonati nell’ambiente. E dire che in Fvg, ma in particolare in
provincia di Gorizia si era iniziato molto bene con un provvedimento pilota
promosso dalla Provincia di Gorizia. Lo ha spiegato ieri l’assessore provinciale
all’ambiente Mara Cernic annunciando che grazie a due bandi negli scorsi anni
con misure di incentivi ai cittadini è stato possibile investire per le
bonifiche puntuali, casa per casa, circa 400mila euro (in due tranche da 200
mila) e sono stati fatti ben 600 interventi di bonifica. Una procedura semplice,
ha spiegato Cernic, veniva assicurata a chi bonifica la casa la copertura del
50% delle spese con l’assistenza a domicilio di una ditta pronta a portar via
l’amianto e a seguire tutte le complicate procedure di smaltimento. Lavori
piccoli da mille, due mila euro (per la sola bonifica, dopo le spese di
ripristino della casa erano a carico del proprietario) che hanno confermato una
«grande sensibilità al problema amianto» da parte dei cittadini. Un vero
successo che è stato copiato, con forme di incentivi diversi, anche dal Comune
di Trieste e quello di Udine. Niente invece si è mosso in quello di Pordenone.
Ora, hanno denunciato sia l’assessore Cernic e l’assessore Pin, tutto è fermo e
servirebbe un vero «Piano regionale per le bonifiche da amianto» da parte della
Regione che dovrebbe assicurare anche le coperture finanziarie necessaria. Una
priorità messa in evidenza anche da Enrico Bullian, consigliere provinciale, che
ha parlato come esponente della Commissione regionale amianto dando un quadro
desolante e ancora work in progress, ferma al 2010 dopo un’iniziale vivacità di
iniziative. Ma la parte più interessante e innovativa è giunta da una bellissima
relazione-lezione del professor Norberto Roveri, professore di chimica e
biologia all’Università di Bologna che assieme a un gruppo di ricercatori, uno
dei quali ha aperto un centro-deposito di amianto nel Pordenonese, dopo lunghi
studi ha scoperto e messo a punto una tecnologia rivoluzionaria per
“inertizzare” e rendere innocuo l’amianto con l’utilizzo di siero di latte che
funziona perfettamente. E che potrebbe rivelarsi vincente per il futuro visto
che quello dei depositi di amianto stoccati in discarica è una strategia che si
è rivelata oltre che altamente pericolosa (c’è il rischio di inquinamento delle
falde) ormai senza futuro: anche la Ue ha già detto di no allo smaltimento in
discarica, l’unica strada è l’inertizzazione.
Giulio Garau
IL PICCOLO - MARTEDI', 6 maggio 2014
La Ferriera fuori pericolo: in attività verso la vendita
Al Tavolo il commissario Nardi conferma l’arrivo del
coke fino a fine luglio - Entro giugno la proposta di Arvedi per l’acquisto da
chiudere il mese dopo
Non si ferma l’attività produttiva della Ferriera: in base alle novità
annunciate ieri pomeriggio al Tavolo sulla riconversione di Servola riconvocato
dalla Regione la fornitura di nuova materia prima dovrebbe essere assicurata
fintantoché non sarà perfezionato l’acquisto da parte del Gruppo Arvedi di
Cremona. Ciò dovrebbe accadere, è stato anche rilevato, alla fine di luglio e
quindi con uno slittamento di un paio di mesi rispetto a quanto ottimisticamente
prospettato dal momento che è necessario seguire le procedure della legge
Marzano (prende il nome del ministro delle Attività Produttive del governo
Berlusconi II, Antonio Marzano), che contiene misure per la ristrutturazione
industriale di grandi imprese in stato di insolvenza. Il commissario
straordinario Piero Nardi che al termine della riunione, chiusa ai media, non ha
rilasciato dichiarazioni, secondo quanto riportato dalla presidente della
Regione Debora Serracchiani, ha assicurato che due navi destinate a Piombino
scaricheranno a Trieste metà del fossile trasportato. In questo modo la cokeria
di Servola, che altrimenti si sarebbe spenta a fine maggio, potrà continuare a
lavorare perlomeno fino a fine luglio, contemporaneamente al passaggio di mano
dello stabilimento. Al Tavolo è stata riconfermata la validità della
manifestazione di interesse presentata da Arvedi e il rigetto della seconda,
avanzata da una piccola azienda di Hong-Kong che si appoggiava a un grosso
broker cinese ma la cui documentazione, anche dopo la proroga concessa,
risultava fortemente carente, oltre ad essere mancante di adeguate referenze
industriali e finanziarie. Per Siderurgica Triestina, la società appositamente
costituita per Servola dal Gruppo di Cremona, si apre ora la fase della due
diligence (il potenziale acquirente verifica il valore e le condizioni
dell’azienda da acquistare anche con la possibilità di visite in loco e incontri
con il management) che si prevede piuttosto rapida dal momento che
l’amministratore unico di Siderurgica Triestina, Francesco Rosato è anche un ex
direttore della Ferriera. Entro fine giugno, sempre in base al cronoprogramma
abbozzato ieri, verrà presentata l’offerta vincolante d’acquisto corredata da
piano finanziario, piano industriale e piano ambientale. Qui si aprirà la
trattativa con i sindacati che non si prospetta facile anche perché le
originarie generiche affermazioni di completo mantenimento dei livelli
occupazionali non sono più state ufficialmente confermate e le stesse
dichiarazioni fatte ieri dagli esponenti sindacali dimostrano come una linea
comune non ci sia, o debba appena essere trovata. Una volta perfezionato
l’acquisto, sarà firmato con i rappresentanti delle istituzioni e lo stesso
Arvedi l’Accordo quadro in base al quale Debora Serracchiani diverrà commissario
per l’area di Servola (banchina compresa) e quella dell’Ezit inclusa
nell’Accordo di programma. All’incontro di ieri Serracchiani era affiancata
dagli assessori al Lavoro Loredana Panariti, alla Programmazione Francesco
Peroni e all’Ambiente Sara Vito. Presenti, oltre a Nardi e a Rosato, il prefetto
Francesca Adelaide Garufi, il sindaco Roberto Cosolini, la presidente della
Provincia Maria Teresa Bassa Poropat e ampie rappresentanze di Fiom-Cgil,
Fim-Cisl, Uilm, Ugl e del sindacato autonomo Failms.
Silvio Maranzana
Serracchiani: «Non vedo più ostacoli insormontabili»
«Non credo vi saranno ostacoli insormontabili ora per la vendita della Ferriera - ha commentato a margine dell’incontro la governatrice Debora Serracchiani - nemmeno sul fronte delle bonifiche. L’Accordo di programma mette in campo 72 milioni, 15 dei quali per le aree dell’Ezit per la cui disponibilità la Regione sta già trattando con Invitalia. Dei 57 che riguardano la Ferriera, 26 saranno messi dalla Regione che li attingerà dal Fondo di coesione europeo e al Cipe e già stata avviata la short list dei progetti ammessi alla procedura. «A questi andranno aggiungersi altri fondi ancora, in parte statali e in parte che devono essere stanziati dalla stessa Arvedi. Non credo però - ha aggiunto la governatrice - che per quanto riguarda questa parte degli stanziamenti, indispensabile per arrivare a un completo risanamento, sorgeranno questioni con l’acquirente.»
(s.m.)
IL PICCOLO - LUNEDI', 5 maggio 2014
Ferriera, si riunisce il tavolo in Regione
Convocato da Serracchiani dopo l’interesse manifestato da Arvedi, unico
in campo
Gli ordinativi delle forniture di carbon fossile indispensabili per tenere
accesa la cokeria. E i primi dettagli del Piano industriale della Siderurgica
Triestina (Gruppo Arvedi), unica candidata in lizza per l’acquisizione dello
stabilimento della Ferriera di Servola. Su questi due versanti i sindacati
attendono di avere notizie dal Tavolo sulla Ferriera convocato per questo
pomeriggio alle 16.45 nel palazzo della Regione in piazza Unità. È annunciata
anche la presenza del commissario straordinario della Lucchini, Piero Nardi. La
presidente della Regione, Debora Serracchiani, ha rilevato nei giorni scorsi
sull’esclusione della seconda cordata che aveva manifestato interesse per la
Ferriera come «l’esame di questa seconda manifestazione di interesse non ha
comportato un’eccessiva dilazione temporale e il fatto che ora ci si trovi a
confrontarsi su un’unica richiesta mantiene il percorso entro uno schema non
gravato da troppe incognite». Così Franco Palman, rappresentante di fabbrica per
la Uilm, in vista dell’odierno vertice: «C’è da iniziare un percorso, vedremo i
tempi per sviluppare il Piano industriale. E ricordo che dal 31 marzo scorso 36
persone sono a casa perché sono scaduti i contratti a tempo determinato: per il
99% si tratta di persone che hanno una professionalità acquisita con anni in
fabbrica. Alla fine del Piano industriale, non dovrà esserci neanche un posto di
lavoro in meno, ma almeno uno in più». I sindacati hanno da tempo annunciato di
non voler rinunciare, nel passaggio di proprietà, a nemmeno un posto di lavoro e
anzi puntano a riportare in fabbrica anche gli stessi lavoratori con contratto a
termine scaduto a fine marzo. Oggi alle 16.30 è previsto un presidio all’esterno
del palazzo regionale, a cui parteciperanno pure i lavoratori della Sertubi per
sensibilizzare una volta di più la Regione anche su quel fronte. «Dovrà emergere
da subito - osserva Umberto Salvaneschi (Fim-Cisl) a proposito della riunione
del Tavolo sulla Ferriera - la garanzia dell’arrivo della nave con il coke per
la prosecuzione dell’attività della cokeria. Vi sono forti aspettative da parte
dei lavoratori. E inoltre attendiamo quantomeno qualche macro-dato sul Piano
industriale di Arvedi». Infine, il sindaco Roberto Cosolini sull’incontro di
oggi: «Verrà fatto l’aggiornamento della situazione. È noto come stiano andando
avanti le cose. Vediamo che tipo di richieste ci saranno».
(m.u.)
L’orto urbano va di moda e fa il “tutto esaurito”
Da Trieste a Udine diventa “cool” coltivare piante e
ortaggi tra i palazzi - Le domande superano in ogni provincia il numero di spazi
verdi disponibili
TRIESTE «Conosci tu il paese dove fioriscono i limoni?», chiede Goethe nel
suo Viaggio in Italia. Oggigiorno lo Stivale non è più il giardino edenico
incontrato dal sommo letterato tedesco ma, nel bel mezzo di uno dei paesi più
cementificati d’Europa, spunta un fenomeno che prova come la cura del territorio
sia un patrimonio non del tutto perduto: gli orti urbani. E il Friuli Venezia
Giulia è una regione all’avanguardia. L’orto urbano è una tradizione consolidata
e in espansione in tutti i capoluoghi provinciali: le domande superano
puntualmente la disponibilità di spazi. Una regione, insomma, in cui il bisogno
di ritorno alla terra è molto sentito. La presidente di Coldiretti Fvg Rosanna
Clocchiatti tratteggia una panoramica molto positiva: «Da tempo siamo attivi in
questo campo e sono tante le realtà locali che ci hanno contattato per avere
sostegno e supporto». Il motore del fenomeno sono proprio i Comuni: «Diverse
amministrazioni si stanno mettendo in moto e le ragioni sono svariate: vuoi per
l’avvicinamento delle persone alla coltivazione, per l’interesse verso prodotti
sani e stagioni, oppure per esigenze di carattere sociale». Non più tardi di 20
giorni fa è stato avviato l’ultimo progetto di collaborazione fra Udine e
Coldiretti: «Sono un po' di anni che lavoriamo assieme ormai, Udine è capofila a
livello nazionale di tutta una serie di attività - dichiara Clocchiatti -. Noi
li seguiamo dal punto di vista tecnico, mettendo in campo corsi di formazione e
fornendo il supporto e l’esperienza dei nostri agricoltori». Ma gli orti urbani
sono ormai una realtà in tutta la regione: «Non credo ci siano province del
Friuli Venezia Giulia più o meno interessate al fenomeno. La differenza è semmai
tra località grandi o piccole: ovviamente nelle città maggiori c’è un’attenzione
maggiore verso la possibilità di coltivare piccoli appezzamenti». Anche a
Trieste si tratta di un fronte importante. Il Comune ha avviato numerose
attività, contemplando i diversi impieghi dell’orto: educativo, sociale,
terapeutico. Ecco perché diversi assessorati sono in campo con progetti che è
possibile consultare sul sito www.ortitrieste.it. L’assessore comunale Elena
Marchigiani commenta: «Il nostro è un progetto articolato e il più possibile
trasversale. Esiste un aspetto culturale con seminari e corsi di formazione, c’è
poi il coinvolgimento delle scuole, delle famiglie, dei centri per anziani e dei
centri diurni, delle associazioni». Un sistema che comporta benefici su più
livelli, non ultimo «il recupero leggero e a basso costo di territori che
altrimenti sarebbero preda del degrado mentre così rispondono a una richiesta
che viene dalla popolazione». Udine dispone di quattro aree deputate agli orti
pubblici, e la loro gestione ha guadagnato al Comune diversi riconoscimenti.
Durante la conferenza di conferimento del premio nazionale “Comuni virtuosi”,
l’assessore comunale Carlo Giacomello ha definito così il progetto friulano:
«Non si tratta infatti di “semplici” lotti da coltivare ma di un vero e proprio
movimento culturale che offre alla città mostre, corsi, visite guidate, eventi».
Ogni primavera si svolgono corsi gratuiti aperti a tutti, organizzati dal Comune
e da vari operatori del settore agricolo (Coldiretti, Aiab, aziende udinesi e
altri), mentre diverse associazioni assegnatarie degli orti offrono esempi
pratici come percorsi di orto terapia, orti botanici, sussistenza economica,
attività sociali. A Gorizia l’orto urbano è una realtà decennale, spiega
l’assessore Silvana Romano: «Gli spazi sono all’interno della casa di riposo
cittadina. Ci apprestiamo però a consegnare una ventina di nuovi lotti, per le
quali sono già arrivate sessanta richieste: contiamo nel futuro prossimo di
soddisfare tutti, ricorrendo magari anche ai privati volontari in possesso di
terreni bisognosi di coltivazione». Lo schema è valido anche per Pordenone dove
gli orti esistono da diversi anni. Anche lì sono stati eseguiti corsi di
formazione molto seguiti.
Giovanni Tomasin
IL FENOMENO - Dai corsi di formazione organizzati dalla Coldiretti alle iniziative dei Comuni
Coldiretti, rilevando un aumento d’interesse verso gli orti urbani in Friuli Venezia Giulia, presta assistenza diretta e offre corsi di formazione ai Comuni. A Trieste diversi assessorati lavorano agli orti urbani. Secondo l’assessore Marchigiani consentono il recupero del territorio e rispondono a necessità sociali. In tutti i Comuni capoluogo della regione le domande per avere accesso a un appezzamento di terreno superano la disponibilità, segno della vitalità del fenomeno. A Gorizia, dove gli spazi si trovano all’interno della casa di riposo, sono “in consegna” una ventina di nuovi lotti. Ma le domande arrivate sono già una sessantina.
Duino, tutti d’accordo sul Mercato contadino
Approvato il regolamento che disciplina la vendita di prodotti locali non
Ogm - Partecipazione aperta anche ai produttori da oltreconfine, cadenza da
decidere
DUINO AURISINA Primo passo compiuto verso l'istituzione del Mercato
contadino a Duino Aurisina: il Consiglio comunale all'unanimità ha approvato il
regolamento che disciplina l'iniziativa tesa alla vendita diretta, da parte di
imprenditori agricoli, di colture e prodotti tipici di qualità, in particolare
quelli biologici e stagionali, non sempre valorizzati nella grande distribuzione
alimentare. A promuovere la novità all'insegna del “km 0” è il Comune, sentite
le associazioni di categoria in Regione. Bandito tutto ciò che non è autoctono,
nonché gli organismi geneticamente modificati o alimenti derivanti da Ogm. Ogni
azienda aderente (la facoltà di partecipare è estesa ad agricoltori e contadini
di Oltreconfine) dovrà esporre in un apposito cartello che gli articoli
presentati al pubblico sono stati realizzati in azienda, indicando in quali
stagioni o in quale periodo dell'anno siano stati ricavati e resi disponibili.
L'intento del Mercato, come sottolineato in aula da tutta la maggioranza, è di
creare un'opportunità per produttori e consumatori d'accorciare la filiera
d'acquisto, riducendone i passaggi intermedi e diminuendone il prezzo finale.
«L'obiettivo – così l'assessore Marija Brecelj –, col Mercato contadino, è di
promuovere i nostri prodotti, bio e stagionali, tagliando di conseguenza i costi
dei trasporti e il consumo di benzina». Soddisfatta pure l'opposizione
consiliare, con Massimo Romita (Pdl): «Questo lavoro fa riferimento a un
precedente regolamento impostato dall'ex giunta, che tuttavia non era riuscito
ad andare in porto per la scarsa disponibilità, all'epoca, degli operatori a
realizzare il mercato. Dunque un plauso all'assessore per avere portato in aula
il regolamento, se ha la sicurezza della presenza degli operatori a questa
iniziativa. Credo sarà importante trovare un sito munito di collegamenti idrici
e toilette: in passato noi avevamo pensato a San Giovanni in Tuba». Edvin Forcic
dell’Unione slovena (Slovenska Skupnost) ha sottolineato l'importanza di
coinvolgere nell'iniziativa anche gli imprenditori sloveni, mentre Michele Moro
(Pd) ha rimarcato la necessità di scegliere una sola sede, piuttosto che indire
un mercato itinerante, poiché potrebbero esserci difficoltà nella comunicazione
corretta dell'evento all'utenza. «Sono felice di quest'opportunità perché sono
trascorsi ben cinque anni da quando presentai una mozione per realizzare il
primo Mercato contadino sul territorio – ha commentato Maurizio Rozza del Gruppo
misto -. Oltre a calmierare i prezzi e a garantire un rapporto diretto tra
produttore e cliente, l’iniziativa creerà occupazione. Vale la pena rammentare i
numerosi fondi europei a disposizione per valorizzare le attività agricole e
come queste risorse siano spesso rimaste inutilizzate, per la scarsa
informazione circolata tra gli addetti ai lavori. È stato un fallimento per
tutti l'Asse 4 del Programma di sviluppo rurale vigente: ora ci deve essere uno
scatto culturale, perché si possono fare cose di qualità, anche in ambito
zootecnico, ma alcune condizioni vanno cambiate, penso al fenomeno dei porchi in
affitto». Frequenza di svolgimento, sede e numero di stand sono da stabilirsi.
L'ente punta a un mercato bisettimanale o mensile, durante la bella stagione,
quando anche i flussi turistici sono maggiori.
Tiziana Carpinelli
Caccia, uccisi 610 cinghiali e oltre 340 caprioli
Gran parte degli ungulati “centrati” nella zona Est da Prosecco a Muggia.
Cervi in aumento
TRIESTE Anche quest’anno si è tenuta a Jamiano la mostra dei trofei di
caccia prelevati nelle 12 riserve della provincia di Trieste. Una manifestazione
pubblica organizzata dalla sezione locale della Federcaccia in ottemperanza a
quanto previsto dalle normative nazionali. Lo scopo è di dare informazione alle
amministrazioni pubbliche competenti in materia di fauna selvatica sulla
gestione del patrimonio faunistico territoriale da parte dei cacciatori
triestini. Accanto alla mostra, la pubblicazione di un catalogo degli ungulati
prelevati durante la stagione venatoria, completo di tutti i dati biometrici per
ogni esemplare abbattuto, suddiviso per specie e singola riserva di caccia con i
diagrammi corrispondenti a densità di prelievo, proporzione degli abbattimenti
per classi di sesso e età. Un dato fotografa globalmente la massa di prelievo
realizzato dalle 12 riserve secondo quanto previsto dai piani di abbattimento
stilati dall’amministrazione regionale. In provincia di Trieste, per l’annata
venatoria 2013–2014, sono stati abbattuti circa un migliaio di capi tra
cinghiali, caprioli e camosci per una percentuale di 10–12 ungulati per 100
ettari di superficie. Numeri che pongono il Distretto Carso tra i più puntuali
della Penisola. Sono stati uccisi 610 cinghiali sui 772 previsti dai piani (80%
di quanto previsto, 100% per l’areale muggesano). «Dai dati di abbattimento si
evince che la presenza dei cinghiali riguarda soprattutto la parte a Est della
provincia – spiega Fabio Merlini, presidente provinciale Federcaccia – con 494
cinghiali prelevati da Prosecco a Muggia mentre 116 riguardano le riserve a
Ovest. I cinghiali infatti si muovono a ridosso della zona urbana cittadina, che
offre loro rifugio, protezione e cibo». Per quel che concerne il capriolo, sono
stati 342 i capi ammazzati rispetto ai 331 dell’annata precedente. La
popolazione di questa specie soffre la competitività ambientale e territoriale
del cervo e del cinghiale, per cui i suoi piccoli, probabilmente, risultano
disturbati e spesso predati. Tra le altre specie provinciali, appare in crescita
la popolazione dei camosci, presente in modo stabile nella riserva di Duino e in
fase di espansione territoriale. In costante aumento pure la presenza del cervo,
spesso avvistato in prossimità della rete viaria. «I cacciatori continuano a
gestire e monitorare il patrimonio faunistico locale – osserva Merlini – forti
delle loro competenze faunistiche e della loro conoscenza del territorio
provinciale».
Maurizio Lozei
IL PICCOLO - DOMENICA, 4 maggio 2014
Terrazzamenti del Carso: via il vincolo ambientale
Disegno di legge della giunta regionale: rimboschimento
naturale per 20 anni - Giudizi positivi dei viticoltori. «È un primo passo,
anche se si poteva fare di più»
TRIESTE Anche il concetto di bosco tende a cambiare. La definizione (dei
vocabolari) di “un'ampia superficie di terreno coperto da alberi, solitamente
d'alto fusto” va leggermente modificata. L’ultima ridefinizione è stata data da
un disegno di legge approvato dalla Giunta regionale che tratta di "Disposizioni
di riordino, semplificazione e razionalizzazione in materia di risorse agricole
e forestali, bonifica, caccia e pesca". Il nuovo concetto, così come è stato
scritto nell’articolo 81, avrà ripercussioni non di poco conto sul Carso
triestino. In quanto sarà possibile avviare l'atteso (da troppo tempo) recupero
dei terrazzamenti sul ciglione carsico, come pure di molti prati in montagna e
riportarli alla funzione originaria. Il disegno del legge afferma che per
considerare bosco le aree nelle quali è in atto un processo di rimboschimento
naturale devono passare 20 anni non i 10 di oggi. Inoltre non è più bosco dove
sono coltivati frutteti e tartufaie. Dal momento poi che boschi e foreste sono
sottoposti a vincolo paesaggistico, e quindi la loro eventuale modifica va
sottoposta una (lunga) procedura autorizzativa, con la nuova norma non si
considerano più bosco i terrazzamenti artificiali e i prati coinvolti in
processi di imboschimento naturale. Il disegno di legge che passerà all’esame
del Consiglio regionale il 6 o il 7 giugno è stato proposto dal vicepresidente
Sergio Bolzonello e dall’assessore Paolo Panontin. «Per il ciglione del Carso
triestino - afferma Bolzonello - questo provvedimento avrà un impatto importante
sull’agricoltura e consentirà di perseguire un suo sviluppo, in particolare
quello vinicolo. Ci saranno più spazi e meno vincoli con la possibilità di
recuperare aree lasciate abbandonate nel passato. Il disegno di legge che
abbiamo approvato in giunta giungerà tra un mese all’esame dei Consiglio
regionale e credo che nel mese di giugno possa diventare legge e perciò essere
operativo. Positivi i primi commenti dei viticoltori del Carso triestino. «Una
decisione decisamente positiva - sottolinea Beniamino Zidarich, dell’azienda
agricola di Prepotto - che aspettavamo da tempo e che in alcune regioni italiane
già esiste. Giusto recuperare i terrazzamenti e togliere il vincolo
paesaggistico. È una semplificazione che favorisce il nostro lavoro. Oltre alla
indiscussa qualità dei nostri prodotti, sarà ora anche più facile coltivarli.
Almeno speriamo...». Per Andrej Bole dell’azienda agricola a Roiano è un passo
avanti «anche se si poteva fare di più». «Soprattutto - sottolinea Bole - per
quanto riguarda l’imboschimento naturale. Dieci erano niente, ma pochi sono pure
20 anni, Sarebbe stato meglio portali a 30-40. Tanto terreno è andato perso
negli ultimi 50 anni. Terreno che non è servito all’agricoltura e che, incolto,
ha provocato danni. Le frane non nascono dal niente. Certo, tolti i vincoli
paesaggistici, aumentate le aree agricole, qualcosa si è fatto, ma non vorrei
che poi nelle norme attuative della legge si nascondano inghippi di varia
natura».
Ferdinando Viola
SEGNALAZIONI - comune / 1 Un Piano regolatore pro natura - Elena Marchigiani assessore alla Pianificazione urbana del Comune di Trieste
Colgo l’occasione della segnalazione pubblicata il 27 aprile per richiamare alcuni dei contenuti del nuovo Piano regolatore generale. Il territorio triestino è senza dubbio un territorio fragile e a rischio di smottamenti. La frana di qualche giorno fa non è che l’ultimo di una serie di episodi analoghi che ha interessato la fascia costiera. Per evitare che in futuro la situazione peggiori, anche a causa dei cambiamenti climatici che rendono sempre più intensi i fenomeni di piovosità, abbiamo fondato le scelte del nuovo Prg su uno studio geologico attento ed estremamente dettagliato, probabilmente mai così prima d’ora. Ogni Piano comprende tra i suoi elaborati uno studio geologico: la differenza sta nell’importanza effettiva che si decide di assegnare ai suoi contenuti, nella rilevanza che essi assumono nell’orientare le scelte di zonizzazione che il Piano stesso compie. Il nuovo Piano di Trieste ha limitato drasticamente la nuova edificazione ma soprattutto ha deciso di assegnare alla fascia costiera un ruolo diverso rispetto a quello che rivestiva nelle precedenti varianti. Non viene infatti più vista come una riserva di aree edificabili di pregio, bensì come un ambito di elevato valore paesaggistico, da tutelare attraverso lo sviluppo di nuove attività agricole e il recupero delle strutture a pastino. Purtroppo non si può porre rimedio ai danni che sono già stati fatti, ai permessi a costruire che sono già stati rilasciati in ossequio alle disposizioni pianificatorie finora vigenti. L’impegno è perciò che in futuro il nostro territorio venga rispettato, nei suoi equilibri geologici, idrogeologici e ambientali. I valori di un territorio sono infatti molti e diversi, per troppo tempo li si è riduttivamente associati alla sola capacità edificatoria. L’arresto demografico, la sempre più forte presenza di alloggi e fabbricati inutilizzati ci dimostrano però come i tempi siano cambiati. Il nostro Piano regolatore fa di questi cambiamenti il motore per un approccio rinnovato al governo della città: si può infatti avere sviluppo anche puntando sul riutilizzo e sulla riqualificazione dell’esistente, senza continuare a consumare suolo e a esporre il territorio a rischi che poi inevitabilmente si pagano nel tempo medio lungo, come appunto frane e smottamenti ci dimostrano.
«Fino alla stazione centrale il treno in arrivo da
Lubiana»
Ora si ferma a Opicina: missione dell’assessore Kraus per convincere gli
sloveni - Sostegno a un progetto austriaco per ripristinare il convoglio fino a
Vienna
Riconquistare il ruolo di hub internazionale delle principali linee
ferroviarie da e per il Centro e l’Est Europa anche sul fronte passeggeri.
Obiettivo ambizioso per Trieste, già mal collegata con il resto d’Italia, che la
città però incomincia a porsi seriamente. Va in questa direzione la missione a
Lubiana che sta preparando l’assessore comunale allo sviluppo economico Edi
Kraus per incontrare nei prossimi giorni i principali dirigenti delle Ferrovie
slovene. «Il primo step da raggiungere dal nostro punto di vista - spiega Kraus
- è la modifica degli orari dell’attuale collegamento Trieste-Lubiana che così
come sono congegnati adesso non permettono di andare e tornare in giornata, ma
soprattutto la necessità che il capolinea sia portato alla Stazione centrale di
Trieste e non si fermi, com’è oggi, a Opicina. Il secondo step è la verifica di
un interesse da parte slovena a prolungare il percorso fino alla capitale
austriaca ripristinando lo storico tracciato della ferrovia meridionale
Vienna-Lubiana-Trieste». Il collegamento da Lubiana è stato riaperto dalle
Ferrovie slovene il 15 dicembre, ristabilendo un percorso transfrontaliero
inesistente nei tre anni precedenti dal momento che l’euronight Venezia-Budapest
(via Opicina) era stato soppresso nel dicembre 2011. Ma i mezzi sloveni non sono
provvisti di alcuni accorgimenti che Rfi considera obbligatori per arrivare fino
alla Stazione centrale di Trieste e cioé locomotive provviste dello Scmt
(Sistema controllo marcia treno) e vagoni con porte “lateralizzate” per
consentire la loro apertura esclusivamente dal lato della banchina. E portare i
treni fin nel cuore della città è l’unico modo efficace per far concorrenza alla
strada e far sì che il traffico sia economicamente redditizio. Il progetto di un
collegamento Vienna-Lubiana-Trieste è stato recentemente lanciato dal
giornalista di Salisburgo Karl Schambureck che ne ha parlato anche in un
articolo pubblicato sul periodico ferroviario “Regionale schienen” di cui è
coeditore oltre a essere un componente dell’associazione “Probahn”. «Sarebbe un
Eurocity di prestigio - afferma Schambureck - e potrebbe chiamarsi Miramare
perché oltre quarant’anni fa esisteva un rapido proprio con questo nome. Le
Ferrovie austriache (Obb - Osterreichische Bundesbahnen) dovrebbero gestire i
treni e pagare il pedaggio della linea tra Opicina e Trieste a Rfi. Trieste e il
Friuli Venezia Giulia dovrebbero contribuire economicamente, ma il miglioramento
dei collegamenti per la Slovenia e l’Austria rappresenterebbe un grande
vantaggio economico e di prestigio per Trieste». Il progetto è supportato dai
volontari del Museo ferroviario di Trieste e Maurizio Fontanot dice che «è
indispensabile ora coinvolgere i rappresentanti politici che purtroppo negli
ultimi anni non dimostrano particolare interesse per questo settore». La
proposta di Schambureck è però arrivata in tempo reale sul tavolo dell’assessore
Kraus che non solo l’ha ritenuta importante, ma ha subito contattato i
reponsabili sloveni ottenendo però la risposta che il collegamento
Trieste-Lubiana-Vienna non era all’ordine del giorno. Da qui la decisione della
missione nella capitale slovena. È indispensabile che il collegamento risulti
utile a entrambi. Sul fronte merci, nonostante le note tradizioni storiche, oggi
il primo porto dell’Austria è Capodistria.
Silvio Maranzana
«Solo così Trieste può tornare a contare in ambito europeo»
«I collegamenti ferroviari sono un fattore indispensabile perché Trieste possa tornare ad avere un ruolo importante in Europa - afferma l’assessore comunale allo Sviluppo economico Edi Kraus - e perché abbia un rapporto più stretto con le regioni centrali e orientali del continente.» In questo quadro già un collegamento che dal centro della città arrivi fino a Lubiana è definito fondamentale perché da lì poi è possibile prendere le coincidenze dirette per Zagabria, Belgrado, Budapest e Praga. «Ma che Trieste e Vienna siano collegate direttamente - sostiene Kraus - è cruciale per questioni di turismo, di affari, di supporto alle attività del porto. Assieme alla Regione stiamo già lavorando anche lungo l’altra direttrice, quella della Pontebbana, per ripristinare un collegamento diretto tra Trieste e Villaco.»
(s.m.)
South Stream, Gazprom cambia tracciato
Accordo con l’Austria. Il gasdotto non arriverà più a Tarvisio ma a
Baumgarten. Tagliata fuori Lubiana
TRIESTE Gazprom cambia la sua strategia geopolitica e ridisegna il percorso
del gasdotto South Stream nella sua parte finale, quella europea. Un po’ i veti
dell’Unione europea, un po’ la crisi ucraina, hanno spinto l’intellighenzia
russa del progetto (ricordiamo che sono soci anche l’italiana Eni, 20%, la
francese Edf, 15%, e la tedesca Wintershall, 15%) a rivedere le proprie
strategie per non vedere compromesso l’intero progetto. A dire il vero del
rischio che South Stream mutasse la sua politica aveva avvertito l’ex presidente
Eni Paolo Scaroni il 20 marzo scorso. Scaroni, rivolto ai membri della
commissione Attività produttive della Camera, fece professione di pessimismo:
«Il futuro del gasdotto South Stream lo vedo piuttosto fosco perchè la crisi
russo-ucraina metterà a rischio le autorizzazioni necessarie dell'Ue; non so se
si farà». E Scaroni fu buon profeta in patria. Crisi ucraina (ritorsione alle
sanzioni contro Mosca), ma anche il veto Ue che fa valere il suo Terzo pacchetto
energia che impone ai produttori di gas di non controllare in esclusiva la rete
di distribuzione (salvo che non abbiano ottenuto una speciale esenzione da
Bruxelles) bloccando di fatto il passaggio del gasdotto attraverso i Paesi
europei hanno accelerato la svolta di Gazprom. Gazprom che con il colosso
austriaco Omv hanno firmato un protocollo d'intesa sulla realizzazione della
sezione austriaca del gasdotto South Stream. Il braccio del gasdotto che
dovrebbe raggiungere in futuro l'Austria via Mar Nero, Bulgaria, Serbia,
Ungheria, con terminal a Baumgarten, e non a Tarviso come in precedenza, avrà
una capacità di 32 miliardi di metri cubi all'anno di gas naturale. Gazprom e
Omv vogliono ottenere tutti i permessi necessari alla costruzione dell'opera
entro la fine del 2015. Il Ceo di Gazprom, Alexey Miller ha ricordato che,
grazie all'accordo intergovernativo firmato da Austria e Russia nell'aprile del
2010, esiste già una «solida base di diritto internazionale» che permette la
realizzazione del progetto in Austria. Le prime consegne di gas sono previste
per il 2017, la piena operatività della parte austriaca di South Stream entro il
gennaio 2018. Per l’Italia non ci dovrebbero essere grosse conseguenze visto che
la Cassa depositi e prestiti detiene l’89% (il resto è dell’austriaca Omv) del
Tag, il gasdotto che collega Baumgarten a Tarvisio. Chi precipita nel dramma,
invece, è la Slovenia che, tagliata fuori dal tracciato, vede sfumare circa 1,5
miliardi di potenziali investimenti. Senza dimenticare che Gazprom assieme alle
tubature per il trasporto del gas interrerà anche una vera propria autostrada
telematica che potrebbe poi proseguire verso i ghiotti mercati dell’Asia.
Esserne tagliati fuori significa perdere un importante treno verso il futuro,
oltre che un buon pacchetto di investimenti utili a far ripartire la macchina
produttiva della Slovenia inceppata almeno dal 2008.
(m. man.)
Ma Saipem si aggiudica un maxi-contratto
Saipem si è aggiudicata un contratto da South Stream Transport B.V. per
fornire i lavori di supporto alla costruzione della seconda linea del gasdotto
sottomarino South Stream per un valore totale di circa 400 milioni di euro.
L’intero progetto del gasdotto sottomarino South Stream consiste in quattro
condotte parallele, lunghe 931 chilometri ciascuna, che attraverseranno il Mar
Nero dalla Russia alla Bulgaria e che saranno posate fino a 2.200 metri di
profondità. Sulla base di questo contratto, Saipem realizzerà i lavori di
supporto aggiuntivi inclusi l’ingegneria, il coordinamento dei cantieri di
stoccaggio, la predisposizione degli attraversamenti sottomarini dei tubi e il
collegamento del gasdotto sottomarino alle sezioni di approdo attraverso i
cosiddetti «tie ins». I lavori di supporto relativi alla costruzione della
seconda linea saranno completati alla fine del 2016.
(m. man)
IL PICCOLO - SABATO, 3 maggio 2014
“Ipotecate” le quote Hera Via a opere per 12,5 milioni
Varato un “Piano cantieri”, in testa Ponterosso, che
aggira il Patto di stabilità dietro l’impegno del Comune a cedere titoli della
multiutility in caso di necessità
IL TESORIERE DEL MUNICIPIO Matteo Montesano: mal che vada il patrimonio
finanziario, a differenza degli immobili, è vendibile immediatamente
Più lavoro, meno finanza. Né al sindaco né tantomeno agli assessori
coinvolti scappa uno slogan del genere. Ma la sostanza pare questa. Non dicono
insomma una cosa di sinistra, però la fanno. O, meglio, per intanto la scrivono.
Giurano d’essere pronti a farla, se dovesse servire. Questa “cosa” è la vendita
delle quote Hera che il Comune possiede come libero azionista, al di là di
quelle inalienabili del Patto di sindacato firmato all’ingresso di AcegasAps nel
colosso emiliano-romagnolo. Siamo alle porte dell’extrema ratio. Che ha una
ratio. L’eventuale sacrificio del patrimonio mobiliare torna in effetti sin
d’ora utile per sbloccare, con effetto immediato, una serie di lavori pubblici,
in parte strategici e in parte urgenti, già annunciati nel precedente Piano
delle opere (alcuni anche in più d’un piano...) ma bloccati finora, a tempo
indeterminato, dal Patto di stabilità. A cominciare, per dirne il più celebre,
dalla riqualificazione di Ponterosso, per cui il bando di gara ora diventa solo
questione di settimane, e il cui taglio del nastro si fa ragionevole - guarda in
prospettiva l’assessore ai Lavori pubblici Andrea Dapretto - tra fine 2015 e
inizio 2016. Alla vigilia della campagna elettorale. La “sfida” lanciata da
Roberto Cosolini e i suoi è stata messa nero su bianco l’altro giorno dalla
giunta comunale, che ha approvato una delibera-quadro che contiene, nella forma,
disposizioni finanziarie e, nella sostanza, un “Piano cantieri” straordinario.
Nel provvedimento - traduce in parole povere l’assessore al Bilancio Matteo
Montesano - vengono dichiarati subito cantierabili interventi per 12 milioni e
mezzo, nonostante, ad oggi, il Patto di stabilità non ne consenta la
movimentazione. I lacciuoli dei parametri anti-indebitamento - che legano come
in questo caso le mani anche ad enti “sani” - vengono sciolti stavolta da una
dichiarazione d’intenti. Da un’impegno formale senza precedenti: se nel corso
del 2014 non dovessero liberarsi spazi finanziari di spesa in conto capitale per
pari importo né per “concessione” di Stato o Regione, né attraverso le
alienazioni immobiliari in programma, a partire da Campo Marzio,
l’amministrazione cittadina si dichiara «disposta» a liquidare parte delle sue
quote non vincolate di Hera, a copertura proprio del “Piano cantieri”. Il Comune
insomma, con una quota del suo “portafogli” azionario, ha deciso di garantire
un’assicurazione “sulla vita” alle opere pubbliche, morte da quasi un paio
d’anni, di fatto. Ora come ora il Municipio è “padrone” di circa 25 milioni di
quote Hera libere. La prima metà la impegna, la ipoteca per il 2014, lasciandone
la seconda eventualmente per il 2015, perché - quando viene fatto partire un
cantiere - è essenziale essere in grado di portarlo a termine. «Il più delle
volte - spiega Montesano - la liberazione degli spazi finanziari di Regione o
Stato è improvvisa, e ciò non consente una vera programmazione. Altro problema
sono poi le alienazioni immobiliari, il cui buon esito e i cui tempi dipendono
dall’eventuale acquirente interessato. Abbiamo così trovato il modo di poter
programmare comunque. Mal che vada le azioni, a differenza degli immobili, sono
vendibili immediatamente». Il risultato concreto di questa delibera di “finanza
creativa” è dunque lo sblocco di determinate opere, da tempo nella lista delle
priorità indifferibili. Si parte con la riqualificazione di Ponterosso e,
assieme, con quella di via Trento e largo Panfili, che Dapretto ritiene «di alto
significato anche in relazione al necessario sviluppo di tutto il Borgo
Teresiano». I bandi di gara sono attesi nell’arco di qualche settimana: verso
autunno si potrebbe salutare la posa della prima pietra. L’elenco (si legga la
tabella, ndr) comprende poi urgenze di edilizia scolastica e
socio-assistenziale, ma anche varie manutenzioni straordinarie per troppo tempo
rimandate, in primis per marciapiedi, strade e verde pubblico. «Con questo
sforzo - la chiosa di Dapretto - riusciamo a dare una boccata d’ossigeno alle
categorie che lavorano nel settore. Ritengo sia stato apprezzato sia dalle sigle
sindacali sia dalle rappresentanze di categorie con cui abbiamo avuto degli
incontri franchi e proficui».
Piero Rauber
Svincolati anche i quattro milioni del “Piano città”
I 12 milioni e mezzo di euro (12.567.226,07 per la precisione) “svincolati” dalla giunta consentiranno - come si può leggere a lato - di rimettere in moto la “macchina” dei lavori pubblici. A questi soldi - puntualizza una nota del Comune - vanno aggiunti otto milioni e 700mila euro di spazi finanziari messi a disposizione di recente tra Stato (sette milioni a inizio anno) e Regione (un milione e 700mila euro appena riconosciuti) indispensabili a onorare contratti e cantieri in corso, se non già ultimati, e a sgravare l’amministrazione del “debito” accumulato verso le imprese. Un’ulteriore “buona notizia” - annuncia tale nota - è che «fra circa sei mesi» potranno partire altre due opere, da due milioni ciascuna: il nuovo Archivio all’ex Beleno e il completamento del Museo de Henriquez. I quattro milioni attesi dal “Piano città” finanziato dal Ministero delle Infrastrutture, infatti, hanno passato lo scoglio dell’ultima verifica contabile della Corte dei conti. Nulla di nuovo, invece, sul fronte Pisus, “affare” da sei milioni, di cui cinque per opere, dove «l’amministrazione comunale non ha ancora avuto lo sblocco dei finanziamenti da parte della Regione».
(pi.ra.)
«Azioni o città migliore? Scelgo la seconda»
Cosolini: puntiamo a tutelare la qualità urbana ridando nel contempo
lavoro a imprese e maestranze
Un sacrificio già celebrato? Ma no. Un’ipoteca, semmai. Una fideiussione
firmata più con ottimismo che con speranza. Questo traspare dalla spiegazione
che Roberto Cosolini in persona dà dell’operazione. «È chiaro - mette le mani
avanti il sindaco - che eviteremo questa cessione, nel momento in cui nel
biennio 2014-2015 gli spazi finanziari, oggi non ancora programmati, si
apriranno. Quindi puntiamo a mantenere integralmente le azioni. Ma altrettanto è
chiaro che, se devo scegliere tra dieci milioni di azioni in più e avere
pavimentazioni rifatte, piazze più belle, marciapiedi più sicuri e mantenere i
finanziamenti che altrimenti ci verrebbero revocati, la scelta mi pare
obbligata». Il progetto alternativo era stato illustrato in via preliminare, nei
giorni scorsi, a Collegio costruttori edili, Confartigianato, Cna, Cigl, Cisl e
Uil, nel corso di due incontri. «Per il momento - parola di Cosolini - non si
profilano miglioramenti sul versante Patto di stabilità, ciononostante abbiamo
costruito le premesse per stilare un piano capace di far ripartire i cantieri in
città. È un’azione che abbiamo ritenuto fondamentale per quattro importantissime
ragioni. La prima è la tutela del nostro patrimonio urbano di piazze, strade,
marciapiedi, edifici pubblici. La seconda è la qualità della nostra città nel
suo insieme. La terza, invece, è la necessità di dare lavoro alle imprese e alle
maestranze e, così, di contrastare la crisi. La quarta, infine, è evitare il
paradosso, che si verifica in alcuni casi, per cui da un lato lo Stato impedisce
i lavori a causa del Patto di stabilità, e dall’altro, se non si attivano i
cantieri finanziati con bandi ministeriali, è sempre lo stesso Stato a revocare
tali finanziamenti».
(pi.ra.)
Agricoltura - Slow Food promuove lo stop agli Ogm
Forte soddisfazione per il rigetto del ricorso presentato da Giorgio Fidenato contro il decreto del luglio 2013 che vieta la semina di mais Gm Mon 810 in Italia. Ad esprimerla è Slow Food Fvg, che ora auspica soluzioni positive e chiare durante il semestre europeo di presidenza italiana dell’Ue. «Siamo coinvolti da vicino nella vicenda, evidentemente anche per motivi territoriali – spiega il presidente regionale di Sf Max Plett –. E accogliamo con sollievo la decisione del Tar, che riteniamo fondata sul “semplice” rispetto delle regole e non figlia di chissà quali macchinazioni».
IL PICCOLO - GIOVEDI', 1 maggio 2014
Ferriera, fuori la cordata-civetta - Resta solo il gruppo Arvedi
La società esclusa aveva basi a Hong-kong e in Cina ma la sua documentazione si è rivelata insufficiente.
Neanche i requisiti economico-finanziari erano
adeguati. Ora però manca il carbone
Resta solo il Gruppo Arvedi, attraverso la Siderurgica Triestina, in gara
per acquisire la Ferriera di Servola. Ieri l’amministrazione straordinaria della
Lucchini attraverso il segretario Francesco Semino ha dato comunicazione
ufficiale dell’esclusione decisa nei confronti del secondo candidato che aveva
presentato una manifestazione d’interesse. «Anche dopo la proroga concessa - la
motivazione precisa - la documentazione presentata dal secondo soggetto è
rimasta nettamente carente e oltretutto la società non risulta possedere
requisiti economico-finanziari adeguati ad acquisire e a gestire una realtà
articolata e complessa come quella dello stabilimento servolano.» É emerso che
si trattava di un gruppo estremo-orientale con basi a Hong-Kong e in Cina, false
dunque le voci circolanti su presunti interessamenti dall’India.
L’amministrazione straordinaria della Lucchini ha anche annunciato che il primo
soggetto (non vengono forniti nominativi, ma è certo che si tratta del Gruppo
Arvedi) è stato avviato alla fase della due diligence con la facoltà di visitare
gli impianti e di incontrare, su richiesta e d'intesa con il commissario, il
managment. Dovrà presentare anche i piani industriale e finanziario e avrà
qualche settimana di tempo per formulare l'offerta vincolante d'acquisto.
«Potrebbe esserci qualche giorno di slittamento - ha precisato ieri Semino - ma
l’intenzione è comunque di arrivare alla stretta finale già a fine maggio».
Nessuna assicurazione ufficiale sulle forniture di fossile (le scorte
termineranno a fine mese) indispensabili per tenere accesa la cokeria. Le rsu di
Fiom-Cgil, Fim-Cisl e Uilm hanno già denunciato il pericolo del loro esaurimento
e il fatto che la Lucchini abbia provveduto in questo senso a favore di
Piombino, ma non abbia fatto altrettanto per Trieste. Ma l’annuncio degli
ordinativi fatti dall’amministrazione straordinaria anche per Servola dovrebbe
essere dato dallo stesso commissario Piero Nardi la cui presenza è annunciata al
Tavolo sulla Ferriera che la Regione ha riconvocato per lunedì 5 maggio alle
16.45 nel palazzo di piazza Unità. In quella sede dinanzi ai rappresentanti
delle istituzioni e dei lavoratori potrebbero finalmente emergere anche i primi
elementi del Piano industriale della Siderurgica Triestina in vista del prossimo
avvio della trattativa con i sindacati che da sempre hanno annunciato di non
voler rinunciare, nel passaggio di proprietà, a nemmeno un posto di lavoro e
anzi puntano a riportare in fabbrica anche i lavoratori con contratto a termine
scaduto a fine marzo. Arvedi sarà anche tenuto ad aderire alle clausole previste
dall’Accordo di programma che prevede importanti impegni anche sul fronte del
risanamento ambientale.
Silvio Maranzana
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 30 aprile 2014
Ferriera, oggi Arvedi può restare solo
L’amministrazione straordinaria comunica l’esito delle verifiche sul
gruppo asiatico che ha fatto l’altra proposta
IL TIMORE DEI SINDACATI L’allarme: in maggio finiranno le scorte di fossile per
la cokeria. A provvedervi però potrebbe essere la stessa Lucchini
Questa mattina l’amministrazione straordinaria della Lucchini comunicherà al
gruppo asiatico, in concorrenza con Arvedi per la Ferriera di Servola, l’esito
dei controlli svolti sulla documentazione presentata che secondo voci filtrate
già un paio di giorni fa, nonostante le integrazioni fatte entro domenica,
risulterebbe ancora carente e tale da portare a un’esclusione della candidatura.
Nemmeno ieri però è giunta la notizia ufficiale e Francesco Semino, segretario
amministrazione straordinaria, ha affermato che «è sorto qualche problema in
sede di traduzione e di confronto con gli avvocati. Domani (cioé oggi, ndr,)
comunque i media saranno certamente informati sull’esito della verifica
immediatamente dopo la notifica che avverrà già in mattinata alla società
interessata.» Ancora un breve rinvio dunque mentre sta per aprirsi il mese di
maggio che porterà all’esaurimento delle scorte di carbone arrivate con la nave
pagata dallo stesso Arvedi con il rischio che si fermi l’unico reparto a caldo
rimasto in funzione, quello della cokeria. Ma in ambiente industriali già ieri
mattina si è diffusa la voce secondo cui sarebbe la Lucchini a garantire materia
prima ancora almeno per il mese successivo. Una risposta indiretta ai timori
espressi in un comunicato stampa emesso poche ore prima dalle rsu di Fim, Fiom e
Uilm che affermano di «essere venute a conoscenza dell’acquisto dal parte
dell’amministrazione straordinaria del Gruppo Lucchini di una nave di carbon
fossile per continuare l’alimentazione e quindi la produzione della cokeria di
Piombino. Nell’esprimere soddisfazione per tale atto - si specifica - le rsu si
vedono costrette a manifestare viva preoccupazione nel verificare che eguale
misura non sia ancora stata adottata (sempre dal commissario) anche per lo
stabilimento di Trieste. Le rsu hanno infatti presente che allo stato attuale
non ci sono ordini analoghi per la cokeria di Servola e che il fossile
attualmente in giacenza a parco è appena sufficiente alla continuità produttiva
solo per il mese di maggio.» I rappresentanti dei lavoratori comunicano di aver
già informato le segreterie nazionale, chiedono un intervento urgente della
Regione e soprattutto del commissario straordinario della Lucchini Piero Nardi
perchè le conseguenze di una fermata della cokeria «avrebbe irrimediabili
conseguenze dirette che ricadrebbero sulla trattativa in corso per la cessione
dello stabilimento.» E proprio ieri è giunta notizia ai sindacati di una nuova
seduta del Tavolo sulla Ferriera che è stato riconvocato dalla Regione per
lunedì 5 maggio alle 16.45. Se non altro in quella sede si potrà discutere delle
o più probabilmente della manifestazione di interesse che ha superato il primo
scoglio e sarà ammessa alla due diligence prima di essere invitata a formulare
l’offerta vincolante. E in un altro comunicato, il sindacato autonomo Failms ha
manifestato una certa delusione per il fatto che il sito di Servola risulti poco
appetibile a confronto con quello di Piombino che in prima battuta aveva
registrato addirittura 23 manifestazioni d’interesse. «Ora i partecipanti
presenteranno il piano industriale e le credenziali finanziarie - rileva la
Failms - che gli organi ministeriali valuteranno secondo l’Accordo di programma
e gli indirizzi contenuti nel Piano europeo per la siderurgia che prevede
bonifiche, riconversioni, inserimento giovani. Anche il commissario Nardi sarà
costretto a recuperare le massime risorse economiche cioé a fare cassa nelle
operazioni di vendita per cui il nostro timore - chiude la Failms - e che si
palesino limiti e difficoltà di questa operazione.» E al Comitato portuale di
ieri è emerso che l’Authority sta rinnovando per altri tre mesi la concessione
già provvisoria rilasciata alla Lucchini e che scade oggi. Successivamente su
quell’area, quando sarà stato firmato anche l’Accordo quadro acquisirà i poteri
di commissario straordinario la governatrice Serracchiani.
Silvio Maranzana
IL PICCOLO - MARTEDI', 29 aprile 2014
Arvedi, carte in regola per la Ferriera
Completata la documentazione relativa all’offerta di acquisto. Verifiche
in corso sulla seconda manifestazione di interesse
Il Gruppo Arvedi ha tutte le carte in regola per fare la propria offerta di
acquisto per la Ferriera di Servola, si stanno invece completando i controlli
sulla documentazione presentata dal secondo concorrente, il gruppo asiatico che
secondo voci non confermate sarebbe al contrario prossimo a venir escluso dalla
gara. Entrambe le società che avevano presentato le manifestazioni d’interesse
per lo stabilimento siderurgico triestino hanno allegato in prima battuta
documenti definiti carenti per cui erano state invitate a completarli entro
domenica. «I documenti richiesti a corredo delle manifestazioni di interesse -
aveva spiegato mercoledì scorso in una nota l’amministrazione straordinaria
della Lucchini - erano principalmente i requisiti proprietari e di solidità
finanziaria dei proponenti». «Uno dei due proponenti ha opportunamente
completato la documentazione richiesta e risulta avere in toto i requisiti
richiesti - è stata la dichiarazione ufficiale rilasciata ieri da Francesco
Semino, segretario amministrazione straordinaria - sull’altro sono in corso
verifiche del cui esito daremo comunicazione presumibilmente domani (cioé oggi,
ndr.)». Nessun dubbio sul fatto che a essere in regola sia la Siderurgica
Triestina, la società al 100 per cento di Finarvedi, di cui è amministratore
unico Francesco Rosato, appositamente costituita dal gruppo di Cremona per
puntare su Servola. Quanto alla proposta concorrente, già ieri mattina nello
stabilimento triestino giravano voci su una sua presunta prossima esclusione che
si sono aggiunte alle illazioni in base al quale il misterioso concorrente fosse
indiano del Gruppo Jindal al quale fa riferimento anche la società che ha preso
in affitto la Sertubi riducendo di quasi due terzi i dipendenti. Nessuna
conferma ufficiale però è giunta ieri di queste due “notizie”. In fabbrica
intanto la cassa integrazione che interessa un paio di centinaia di dipendenti è
stata prorogata fino al 31 maggio. I lavori programmati sulla bocca
dell’altoforno che è stata smontata si sono già conclusi all’80 per cento e
sembra dovrà esser cura del nuovo proprietario completarli con il rifacimento in
particolare del rivestimento interno di mattoni, fortemente consumato, e del
sistema di raffreddamento. Alla società subentrante (ma già ora è Arvedi che lo
sta facendo) spetterà anche ordinare le nuove navi di carbone per la cokeria che
continua a funzionare, ma che ha materia prima a disposizione solo per un mese
ancora. Probabilmente oggi si saprà se sarà soltanto Arvedi (oppure avrà anche
un concorrente) a partecipare alla fase successiva, quella della due diligence
con la facoltà di visitare gli impianti e di incontrare, su richiesta e d’intesa
con il commissario, il managment. Poi ci sarà qualche settimana di tempo per
formulare l’offerta vincolante d’acquisto.
Silvio Maranzana
Censimento antenne, polemiche a Muggia
Accuse di Gretti (Ncd) all’amministrazione comunale. Longo: «La richiesta
al Ministero atto dovuto»
MUGGIA «Dopo tre anni di assessorato Longo e dopo otto di amministrazione
Nesladek appena oggi ci comunicano che si metteranno a verificare il numero
delle emittenti radiotelevisive presenti a Muggia». Christian Gretti,
consigliere comunale del Pdl-Ncd, è incredulo dinanzi alla richiesta inviata dal
Comune di Muggia al Ministero dello Sviluppo economico per ottenere il
censimento dei tralicci e delle antenne ad esse collegate presenti (perlopiù) a
Chiampore. «Chiedono ora se queste emittenti hanno il titolo autorizzativo per
trasmettere: direi che le tempistiche sono state “molto veloci” - attacca ancora
Gretti -. Ma è evidente che sulle tempistiche l'assessore Longo e
l'amministrazione Nesladek fanno un po’ di confusione, basti vedere i 18 mesi
che l’assessore spiega serviranno per spostare il traliccio di Santa Barbara
dimenticando però di dire che questa tempistica decorrerà solo “dalla messa in
esercizio dell’impianto” come recita esplicitamente l'articolo 3 dell’accordo
procedimentale stipulato tra Comune, società e Sopraintendenza». Con tale
stipula dunque non vi è alcuna data certa sullo smantellamento del traliccio. Ma
per Gretti non è solo un problema di date. «Nello stesso accordo al punto 4 è
stato scritto che l’Amministrazione comunale e le società si impegnano a
raggiungere un eventuale accordo in merito alla copertura, anche parziale, degli
oneri per il ripristino e il trasferimento dell’impianto: è evidente che ci
saranno dei costi per l’amministrazione, come è altrettanto evidente che se non
ci fosse l’accordo la palla passerebbe ai tribunali dove, ricordo, abbiamo già
perso con una spessa di 12mila euro per ben due volte». Gretti chiude il suo
intervento con una battuta: «Qualcuno forse avrà dichiarato guerra alle antenne,
ma mi pare stia andando in battaglia senza cartucce». Pronta la replica
dell'assessore all'Ambiente Fabio Longo. «Il Comune di Muggia risulta da sempre
informato circa il numero delle emittenti radiotelevisive presenti sul suo
territorio - afferma Longo -. La recente richiesta di informazioni al Ministero
dello Sviluppo economico è semplicemente dovuta al fatto che con la recentissima
realizzazione di due nuovi tralicci, società Dcp a Chiampore per il quale stiamo
aspettando la sentenza del Consiglio di Stato e società Monte Barbaria a Santa
Barbara da ulteriormente delocalizzare, la presenza delle stesse emittenti sul
territorio potrebbe essere variata». Per Longo spetta al Mise fornirci le
indicazioni richieste: «L'antenna posta sul Monte Castellier dovrà, come da
accordo liberamente sottoscritto da tutte le parti, essere ulteriormente
delocalizzata entro 18 mesi dalla sua messa in esercizio. Per quanto riguarda
eventuali spese da parte comunale voglio semplicemente ricordare che non c'è
alcun obbligo in tal senso ed il punto 4 dell'Accordo Procedimentale, stipulato
tra il Comune di Muggia, la Soprintendenza archeologica ed il privato gestore
del traliccio, prevede soltanto la possibilità di un eventuale accordo, appunto,
non obbligatorio per il Comune di Muggia».
Riccardo Tosques
Mare sempre più povero per colpa di chi vuole solo
pesce “nobile”
Delle settecento specie commestibili solo il 10 per cento finisce sulle
nostre tavole: uno spreco che ci costerà caro
Molte sono le specie ittiche a rischio, per colpa della pesca intensiva e
della poca informazione. Manca poco al crollo della produzione ittica nel
Mediterraneo: il momento della crisi irreversibile dovrebbe arrivare nel 2048,
fra meno di 34 anni. Delle oltre 700 specie di pesci commestibili solo il dieci
per cento ha accesso ai mercati ittici del nostro Paese: tutto ciò avviene per
la responsabilità della popolazione italiana, spesso viziata a livello
alimentare. Queste scelte gastronomiche difficili da estirpare rappresentano uno
dei fattori che giocano a favore dell’estinzione di alcune specie. L’ignoranza
dei consumatori dunque, che chiedono sempre gli stessi pesci scartando quelli
che non conoscono, è alla base del progressivo crollo della produzione. In
sintesi fa la da padrone. La diffidenza coinvolge anche il pesce azzurro: alici
(da noi “sardoni”), sgombri e sardine sono abbondanti nel mar Mediterraneo.
Inoltre, queste specie contengono molti grassi omega3, una sostanza che secondo
gli studi dell’ Associazione nazionale medici cardiologici ospedalieri è
importante per la diminuzione del rischio di ictus e infarto tanto da essere
diventata una importante sostanza per la creazione di farmaci e integratori
alimentari. Anche altre specie sono viste con gli stessi occhi sospettosi pur
avendo carni delicate e saporite: lo scorfano, la mormora e il tordo sono
discriminati per il loro alto numero di spine. Un’altra causa della crisi è
collegata alla pesca intensiva delle specie più ricercate; difatti la maggior
parte dei pescatori professionisti si ostina a portare sui banchi delle
pescherie pesci inferiori alla taglia minima consentita dalla legge o pesci in
fase di riproduzione, danneggiandone la proliferazione, stroncando la vita dei
piccoli perché più facili da vendere degli adulti che essendo di grossa o media
taglia sono meno richiesti. Un altro importante fattore determinante è quello
dell’inquinamento dato dallo scarico di sostanze inquinanti nei fiumi che a loro
volta le trascinano fino ai mari: oppure il petrolio rilasciato dalle navi nelle
acque marine che forma enormi macchie difficili da bonificare. Ma non solo,
anche l’immondizia gettata nei mari uccide i pesci, gli uccelli e anche l’uomo.
Infatti, alcuni animali marini mangiano i rifiuti prodotti dagli esseri umani, e
spesso sono gli stessi pesci che poi ci troviamo sulla tavola. Al complesso si
aggiungono i problemi globali come l’acidificazione dei mari a causa dell’
aumento di anidride carbonica nell’aria, l’innalzamento delle temperature che
portano alcune specie ittiche a migrare in mari più freddi e all’insediamento di
pesci alloctoni, spesso pericolosi per i nostri ecosistemi. Tutto ciò
contribuisce alla morte di moltissimi pesci per intossicazione e quindi
esaltando l’estinzione di molteplici specie marine. Fortunatamente però c’è chi
sta cercando di sensibilizzare le persone ad un consumo delle specie ittiche più
sconosciute. Ad esempio in Liguria, nel luglio del 2013, è stato promosso un
progetto che punta a promuovere il pescato locale. “Pescato nel mar ligure“ è il
nome dell’iniziativa che vuole sensibilizzare le persone all’acquisto dei pesci
pescati in Liguria e delle specie dimenticate. In conclusione per salvare il
mare italiano c’è bisogno di controlli più severi per i professionisti da parte
delle autorità competenti, ma soprattutto il buon senso dell’uomo, che deve
rivelarsi meno egoista e più interessato a tutelare le proprie risorse in modo
da non finire con il piangere sul latte versato, valorizzando una pesca
selettiva e controllata ed evitando di prelevare elementi non ancora pronti ad
essere posti sul mercato.
Simone Fazzolari - Classe IV C Istituto tecnico per
geometri Max Fabiani
Cinghiali e cervi, due emergenze sul Carso
Abbattimenti insufficienti per norme troppo restrittive. E gli ungulati
più grandi scacciano i caprioli
L'anno venatorio si è concluso il 31 gennaio e si tirano le somme. Per
quanto riguarda i cinghiali i primi numeri non ufficiali si aggirano intorno
alle cinque-seicento unità abbattute. Tuttavia non siamo fuori dal pericolo:
infatti molti di questi sono di età pre-adulta e quindi non ancora riproduttivi,
pertanto non influenti sul numero di nascite di quest'anno. Solo in quel di
Basovizza ci si aspetta che il numero di nascite diminuisca sensibilmente, in
quanto fra i circa 200 capi abbattuti ben 25 erano femmine di età superiore ai
quattro anni. Infatti un grande apporto al numero di nascite viene dato da
queste ultime, con una media di circa cinque piccoli ciascuna. Comunque va detto
che le norme di regolamentazione vigenti in ambito venatorio non hanno aiutato i
cacciatori nel loro compito. Infatti la legge prevede che il cacciatore possa
effettuare l'abbattimento non oltre due ore dopo dal momento del tramonto totale
del sole. Per di più in queste due ore non è possibile utilizzare dispositivi di
illuminazione sui fucili, rendendo veramente arduo il compito del cacciatore. Se
la legge fosse più elastica il numero degli abbattimenti avrebbe sfiorato senza
dubbio le settecento unità, rendendo inoltre possibile un maggior impegno
rivolto alla diminuzione della specie sul territorio. Infatti, dopo le cifre
dell'anno venatorio 2012-2013, la riunione del distretto della caccia si è
fissata l'obbiettivo di far diminuire la specie sul territorio fino al
raggiungimento di 300 capi abbattuti all'anno. Inoltre i cinghiali potrebbero
non essere i soli a creare grane agli agricoltori, in quanto sono sempre più
frequenti gli incontri dei cacciatori con gruppi di cervi. Questi grandi
ungulati si stanno spostando dalla limitrofa Slovenia e da circa due anni sono
visitatori abitudinari della provincia durante gli autunni e gli inverni. Il
cervo non fa che portare altri grattacapi agli agricoltori in quanto ha bisogno
di molto più cibo rispetto al cinghiale, arrivando ogni capo a consumare il cibo
quotidiano di due cinghiali. L'unica barriera che può fermare il cervo è quella
ambientale, poiché il territorio dell'altopiano carsico è molto arido e secco,
offrendo poca acqua ad un animale che ha bisogni d'acqua giornalieri molto
elevati. Questa specie pone un altro problema di tipo faunistico, cioè la
rivalità con la specie autoctona del capriolo. Seppur parente del cervo, il
capriolo è in rivalità per il pascolo, soffrendo molto la presenza sul
territorio del cervo che con la sua presenza porta automaticamente alla
diminuzione del “cugino” più piccolo. Insomma, l'anno venturo bisognerà
monitorare con attenzione entrambe le situazioni.
Fulvio Glavich - Classe IV G Liceo scientifico G. Oberdan
Il riscaldamento globale avanza ma l’uomo fa finta di
niente - AMBIENTE
Il riscaldamento globale non si arresta: nel settembre scorso a Stoccolma è
stato presentato il nuovo Ipcc (Intergovernamental panel on climate change)
dell’ Onu (l’Organizzazione delle Nazioni unite). In questo ultimo rapporto è
stato rilevato un notevole aumento della temperatura media nelle aree del Polo
Nord negli ultimi 30 anni per gli esperti attribuibile alle attività umane che
stanno cambiando il clima della terra. Questo “Global warming” (riscaldamento
globale) è dovuto solo in minima parte a influssi naturali, come i raggi
cosmici: il vero artefice è infatti soprattutto l’influenza umana sull’ambiente.
L’ecosistema si sta degradando e ciò influisce sulla salvaguardia del pianeta e
anche sul benessere umano. Negli obiettivi del Millennio rientra anche la
salvaguardia dell’ambiente, il quale sta cambiando a vista d’occhio
all’avvicinarsi della scadenza, prefissa nel 2015, per portare a termine ciò che
era stato prefisso insieme a tutte le nazioni unite ormai quattordici anni fa.
L’atmosfera ci sta scaldando sempre più. Andremo in contro a estati sempre più
calde quindi? Sì, la stagione a venire porterà picchi di elevate temperature, l’Ipcc
conferma un futuro riscaldamento, che annualmente potrebbe non essere
percepibile ma in ogni caso è inevitabile, proiezione che vede un innalzamento
minimo di temperatura attorno ai due gradi della scala Celsius entro la fine del
secolo. Anche gli scettici convinti di un fattore ciclico naturale dovranno
ricredersi. Perché non si tratta di un momento della storia che con il tempo
passerà e poi si ritornerà alla normalità.. ormai si è giunti a un punto di non
ritorno in cui ogni azione contro l’ambiente e l’ecosistema che ci circonda non
potrà più perdonarci altri disastri ambientali causati dall’uomo.
Anna Schiulaz - Classe IV B Liceo scientifico G. Oberdan
Barcellona, la città “smart” che guiderà l’Europa
Inizia dalla capitale catalana l’esperimento delle “città intelligenti”,
meno inquinanti e più funzionali
Quando si pensa alle situazioni di degrado ambientale che lo sviluppo
economico e industriale ha causato soprattutto nel corso degli ultimi decenni,
lo sconforto è inevitabile. L’Unione europea ha proposto ora una soluzione, non
semplice, una sfida forse, ma non manca la determinazione a raggiungere
l’obiettivo prefissato. La realizzazione di tale progetto basa la sua efficacia
su un modello innovativo di città: la “smart city”, che coniuga tutela
dell'ambiente, efficienza energetica e sostenibilità economica. L’obiettivo è
quello di migliorare la qualità della vita in queste città, grazie
all’applicazione innovativa delle tecnologie dell’informazione e della
comunicazione (Tic), diminuire gli sprechi energetici e ridurre l’inquinamento
attraverso il miglioramento della pianificazione urbanistica e dei trasporti.
Tra gli Stati europei che partecipano alla sfida delle città intelligenti
proposta dall’Ue, la Spagna offre probabilmente il contributo più concreto allo
sviluppo sostenibile grazie alla sua Reci (Red Española de Ciudades Inteligentes).
La Reci inizia a formarsi a partire dal giugno 2011 con l’obbiettivo di creare
una rete aperta di smart cities che permetta lo sviluppo economico, sociale e
urbano. Barcellona fa parte della Reci ed è diventata rapidamente un punto di
riferimento a livello internazionale come smart city. Ad oggi, la strategia
proposta dalla città catalana continua a suscitare un forte interesse ed è
riconosciuta come una pratica di successo da cui prendere esempio. In questa
città infatti giocano un ruolo fondamentale le numerose iniziative e progetti,
la cui realizzazione è favorita anche da un’infrastruttura di rete costituita da
una rete Wi-Fi pubblica con circa 680 punti di accesso sparsi per la città. Essa
garantisce la connessione fra le varie zone, lo scambio di dati e informazioni,
e l’utilizzo dei servizi digitali. Secondo il progetto “Smart lighting”, parte
del risparmio energetico proviene dall’utilizzo nelle strade di un’illuminazione
con tecnologia Led. Il progetto “Smart Transportation” prevede, invece, una
maggior efficienza dei trasporti pubblici grazie a un sistema di linee dei bus
ortogonali che copre l’intera città. La netta riduzione delle emissioni viene
favorita dal progetto “Zero emissions mobility”, che prevede il solo utilizzo di
veicoli elettrici e la conseguente costruzione di numerose stazioni di servizio
dove caricare le autovetture. Finora è stata stimata la circolazione nella città
di oltre 500 taxi ibridi, 294 automobili elettriche pubbliche, 130 motociclette
elettriche e oltre 400 veicoli elettrici privati; 262 i rispettivi punti di
ricarica. Tra le altre iniziative ed innovazioni introdotte nella città si
possono trovare le bici elettriche solari, piste ciclabili, sensori intelligenti
per i parcheggi pubblici e una piattaforma “smart” di erogazione dei servizi per
i cittadini e i dipendenti comunali, che possiede un magazzino di dati nel quale
i vari sensori memorizzano le loro informazioni. Nell’ambito della gestione dei
rifiuti la soluzione proposta dalla città è un sistema di punti di raccolta
connessi ad una rete che, attraverso le pompe nel sottosuolo, trasporta i
rifiuti nell’impianto di raccolta dove una pressa ne diminuisce il volume.
Attualmente la Reci è formata da 49 città, tra cui Madrid, Siviglia, Santander,
Malaga e Valencia, ed è forse questo uno degli aspetti fondamentali. E così
l’immagine di un’Europa “smart” inizia a diventare sempre più nitida.
Margherita Caiffa - Classe IV GL Liceo classico F. Petrarca
Differenziata, poco senso civico e troppa pigrizia
Perché la nostra città è la cenerentola in regione in questo importante
settore ambientale
Ogni triestino produce in media 490 kg di rifiuti l’anno (dati Istat 2011),
ma solo poco più del 23 per cento sono riciclati, mentre nel resto della regione
tale percentuale è molto più alta: 60 per cento a Udine e a Gorizia e
addirittura 74 per cento a Pordenone. Come mai la nostra è così bassa sebbene la
raccolta differenziata sia obbligatoria dal 1.o gennaio 2011? Perché la nostra è
una città di vecchi, di pigri e di persone senza senso civico. Ma molti non la
fanno semplicemente perché, dopo aver separato tutti i rifiuti e aver perso
tempo (davvero poco, vista la semplicità dell’operazione), si sono visti passare
davanti il camion dei rifiuti che rovesciava tutti i cassonetti insieme
mischiando la carta con la plastica e il vetro. Il Comune di Trieste obbliga i
suoi cittadini a raccogliere la plastica, il vetro e le lattine, la carta e i
cartoni e gli scarti di giardino (per chi ne abbia uno); tutto ciò che non è
riciclabile deve essere buttato nell’indifferenziata mentre pile elettriche,
indumenti usati, medicine, i rifiuti pericolosi e quelli ingombranti devono
essere smaltiti negli appositi contenitori o portati in uno dei quattro centri
di raccolta del comune che si trovano a Opicina, a Campo Marzio, a Roiano e a
San Giacomo. Nonostante lo smaltimento dei rifiuti ingombranti (come
elettrodomestici o pneumatici) sia assolutamente gratuito, c’è ancora chi
preferisce caricare ciò di cui deve liberarsi sulla macchina per abbandonarli in
Carso, non calcolando di fare solo del male a se stesso poiché queste azioni
hanno ripercussioni sull’ambiente in cui dobbiamo vivere, ma anche sulle nostre
tasche poiché una bonifica è un’operazione non indifferente sia come mezzi sia
come costi. Fare la raccolta differenziata non costa niente se non qualche
minuto al giorno speso in più a separare le immondizie e dividerle nei vari
cestini; le uniche scomodità sono il dover portare più sacchetti con se quando
si deve gettarli (sebbene la quantità di rifiuti contenuti in essi sia sempre la
stessa, che li si separi o no) e il fatto che organizzare in casa diversi
cestini può essere difficoltoso a causa del maggiore spazio richiesto: in
entrambi casi qualche piccola inconvenienza è ampiamente ripagata dai benefici
ambientali. Inoltre per le utenze commerciali è disposto un servizio
specializzato di raccolta d’imballaggi in cartone (uno dei punti cardine di
raccolta è la recente installazione in Piazza della Borsa) affinché gli imballi
piegati e accatastati sul marciapiede (condizioni meteo permettendo, in caso di
sospensione del servizio gli imballi dovranno essere conservati all’interno dei
locali commerciali) possano essere raccolti tre giorni a settimana dai camion
predisposti.
Gianluca Bassanese - Classe IV H Liceo scientifico
G. Oberdan
Bicicletta che passione, se non fosse per le salite
Il mercato delle due ruote è in espansione anche in una città “difficile”
come Trieste
Quello che oggi emerge a Trieste è che il mercato di bici è cresciuto e
crescerà ancora; difatti oltre a una decina di negozi storicamente impegnati
nella vendita di biciclette, stanno proliferando qua e là piccoli graziosi
negozi molto specializzati in cui si riparano solo biciclette. Una nuova
speranza di lavoro poggiante sulla previsione di crescita dell’acquisto e
dell’uso della bicicletta. Sarà la crisi che avanza inesorabile? Saranno le
notizie sul petrolio in esaurimento? Certamente è la crescente consapevolezza in
ognuno di noi che la bici non inquina e non rovina nulla. Il fenomeno è sotto
gli occhi di tutti, la bicicletta sta affascinando sempre più i Triestini di
ogni età. Oltre ai vari circoli sportivi e ricreativi che organizzano gare o
gite, per contemplare la bellezza della natura pedalando, quella che emerge è
proprio una sana e contagiosa voglia di bici. Se da un lato c’è la voglia di
tenersi in forma con un movimento completo e corroborante per il fisico, c’è
forse anche un bisogno di sfogarsi pedalando. C’è troppo stress in giro, viviamo
un ritmo di vita disumano che però questa società ci indica come giusto e
necessario. Un ritmo che impedisce di riflettere serenamente su quanto ci viene
propinato ogni giorno dai media, quotidiano incalzante, condito di imprevisti e
difficoltà tali da imporre di dosare con il contagocce persino il parlare in
famiglia. Oggi siamo tutti stressati, è un dato di fatto. A volte persino
l’automobile ci stressa, quindi molti appena possono inforcano la bici. Perché è
correre con l’aiuto delle tue gambe, e anche se hai il fiatone dopo pochi
minuti, sai che stai facendo la cosa giusta per te e per il tuo corpo, sai che
stai reagendo alla stretta invalidante della staticità. Nella nostra città la
bicicletta è sempre stata amata; ricordiamo gli anni dell’austerity degli anni
Settanta, in cui certe domeniche per risparmiare era proibito usare
l’automobile. Tutti si organizzavano con pattini, monopattini, monoruote,
qualcuno a cavallo. La gente si divertiva a creare mezzi di locomozione nuovi e
simpatici. Ma il pezzo forte era la bici. Gruppi interi di famiglie in
bicicletta, dal più grande al più piccolo, senza alcun pericolo, coloravano le
strade insolitamente vuote e larghissime come piazze. Uno sfogo fisico, ma anche
psicologico perché è la gioia di riprendersi in mano il proprio tempo; correndo
ad una giusta velocità, puoi permetterti di cogliere e gioire per quello che c’è
intorno a te. Insomma, com’è da rivedere in questi ultimi tempi l’idea
circolante tra i triestini che dice più o meno così: «A Trieste non se pol andar
in bici perché xe troppe salite e poche discese».
Deborah Bertoni - Classe II A Liceo classico D.
Alighieri
IL PICCOLO - LUNEDI', 28 aprile 2014
L’Ortofrutticolo trasloca in via Brigata Casale
Il Comune ha individuato il sito in cui spostare il
centro all’ingrosso avviando così il piano di rilancio dell’area compresa tra le
vie Ottaviano Augusto e Giulio Cesare
SODDISFATTO IL SINDACO Cosolini: decisione importante per il futuro di Trieste,
viste le incertezze che investono Porto Vecchio. Grazie agli uffici e a Dapretto
Fosse stato Renzi, Roberto Cosolini in questo caso non si sarebbe
risparmiato una twittata del tipo #lavoltabuona. Niente hashtag trionfali. Però
ora che è passata in giunta la cosiddetta delibera di generalità, condivisa con
l’assessore Andrea Dapretto che ha la delega al Patrimonio, sulla futura
localizzazione del Mercato ortofrutticolo - per cui è stato scelto il trasloco
in via Brigata Casale, al posto dell’attuale parcheggio di camper all’altezza
dell’ultimo pezzo di via Costalunga, vicino alle cosiddette “case dei Puffi” di
Borgo San Sergio - il sindaco nulla fa per nascondere un certo sollievo. E pure
una certa convinzione: d’aver risolto il rebus meglio di quanto non avesse
tentato di fare Dipiazza prima di lui, con quell’area individuata alle Noghere
che non era di proprietà comunale (ma Ezit) e dunque costava, a differenza
invece di quella pescata proprio in via Brigata Casale. Un terreno che oltre
tutto, ricadendo contemporaneamente nel Sito inquinato d’interesse nazionale e
su suolo muggesano, sarebbe stato subordinato a caratterizzazioni ed eventuali
bonifiche e avrebbe portato altrove parte della fiscalità locale. Si smuove così
uno dei macigni sopra le voglie e le necessità di rilancio in chiave turistica
(nonché residenziale e di pubblico servizio) di Campo Marzio, il “Polo Sud”
delle Rive cittadine, bloccato proprio (ma non solo) dalla presenza,
anacronistica, del vecchio Ortofrutticolo. Il Comune, o meglio l’amministrazione
di centrosinistra in carica, ha infatti deciso. Anzi: ha rimesso in moto la
macchina delle decisioni. Qui ferma da tempo, se è vero che la pubblicazione del
bando per la raccolta delle manifestazioni d’interesse per la riqualificazione
del triangolo da 28mila metri quadrati - chiuso tra le vie Ottaviano Augusto e
Giulio Cesare, che il Piano regolatore appena adottato inserisce tra le future
«aree» strategiche «della grande trasformazione» cittadina - era attesa
addirittura dalla primavera 2013. Adesso che non ci sono più dubbi sul dove
mettere il Mercato per liberare Campo Marzio, e che nelle more dello stesso Prg
sono stati superati i vincoli per quel 30% di superfici che coincide grosso modo
con il Museo del mare e che stanno per smettere d’appartenere al Demanio dello
Stato, il bando si può finalmente preparare per davvero. E «sarà pronto entro
l’autunno, tra settembre e ottobre», annunciano in stereo, come sono soliti fare
su questo delicatissimo argomento, Cosolini e Dapretto. A quel punto, stando tra
il ragionevole e il “largo”, in circa due anni, quindi entro fine 2016, il
trasloco dell’Ortofrutticolo in via Brigata Casale si potrà compiere, dando il
via - come un effetto domino - alla trasformazione di Campo Marzio. Per la
quale, di anni, ce ne vorranno altri due, almeno. Ma facciamo un passo alla
volta e torniamo a quello appena mosso. In giunta, come s’è detto, quella di via
Brigata Casale è stata condivisa come la migliore opzione possibile per il
trasferimento del Mercato. È il frutto dell’analisi costi-benefici tra più
alternative, conseguente a un report commissionato dal ticket Cosolini-Dapretto
a un gruppo di lavoro di dirigenti e funzionari comunali, coordinato
dall’attuale direttore dell’area amministrativa Walter Cossutta, che aveva il
compito di individuare e poi “radiografare” una serie di aree di proprietà
comunale in cui risultasse possibile, a tavolino, l’insediamento del nuovo
Ortofrutticolo. Alla fine la scelta è caduta sul sito di via Brigata Casale, in
funzione pure della facile accessibilità viaria (oltre che della non eccessiva
lontananza dal centro città e della concomitante vicinanza a rioni popolosi),
che era uno dei requisiti-chiave su cui battevano gli stessi grossisti. «Molto
presto - promette il sindaco - presenteremo questa soluzione agli operatori e
chiederemo loro una valutazione, anche per cercare di migliorare insieme le
funzionalità della futura struttura. Si tratta di una decisione importante,
ringrazio per questo gli uffici e l’assessore Dapretto, che al di là dei
problemi del Patto di stabilità è fortemente impegnato sul fronte della
razionalizzazione e dell’ottimizzazione del patrimonio comunale. È stato fatto
un serio lavoro di ricognizione che ci ha consentito di perseguire uno dei
nostro obiettivi, che è quello di trovare il modo di valorizzare i nostri beni
immobiliari e di dismettere certi affitti una volta accertata la loro natura non
strettamente necessaria. Si apre così concretamente una partita dallo
straordinario valore strategico per il futuro della città, cioè la
riqualificazione di Campo Marzio, anche alla luce delle incertezze che investono
oggi Porto Vecchio». «Troveremo - gli fa eco lo stesso Dapretto - le migliori
alternative possibili per gli attuali fruitori del parcheggio dei camper e pure
per il gattile che ricade nella medesima area. Riteniamo di aver trovato la
soluzione ottimale, a nostro avviso quella delle Noghere non lo era».
Piero Rauber
Sfuma l’ipotesi dell’ex Manifattura insieme a Ezit e Bic
Di fronte alle scelte prese e comunicate al momento dall’amministrazione Cosolini pare ormai tramontata quella che, nell’ultimo anno, pareva essere l’opzione più accreditata. Era quella che prevedeva il trasferimento dell'ingrosso sia di frutta e verdura che del pesce all'ex Manifattura tabacchi (foto), in zona Canale navigabile. Il sito è di proprietà Fintecna e ha un valore immobiliare stimato di questi tempi attorno ai 15 milioni. L’abbattimento dei costi d’acquisto sarebbe stato eventualmente possibile con un intervento congiunto assieme all'Ezit e all'incubatore d'imprese Bic, i cui vertici nel 2013 si erano detti interessati a prendere una parte dell’area. Ma ora per il polo all’ingrosso di domani è spuntata l’alternativa di via Brigata Casale. E, al Comune, prenderla per usarla non costa proprio nulla.
(pi.ra.)
Per chi lo fa Campo Marzio è a metà prezzo
L’entità dello “sconto” dipende dall’inserimento o meno del Mercato
ittico nel trasferimento
Dei 28mila metri quadrati del “triangolo” di Campo Marzio che nelle
intenzioni dell’amministrazione municipale va riqualificata, più della metà -
quasi 15mila - è oggi occupata dal Mercato ortofrutticolo. L’area “del futuro”
di via Brigata Casale ne ha quasi 12mila: una metratura che, osserva Dapretto,
dovrebbe bastare adottando tecniche e pratiche logistiche moderne. Un po’ più
vasta potrebbe diventare l’operazione, in termini di superfici da trasformare,
nel caso in cui il Comune decidesse - alla luce di «ulteriori valutazioni con
gli operatori del settore che si faranno nel prossimo mese e mezzo», per dirla
alla Cosolini - di costituire in via Brigata Casale un unico grande polo
dell’ingrosso alimentare spostandoci, assieme, pure il Mercato ittico, oggi
all’ex Gaslini. È un sito “mangiasoldi”, quest’ultimo, tra continue manutenzioni
alle banchine e costi fissi - stimabili attorno ai 150mila euro l’anno solo
questi - legati a canoni di concessione e servitù di passaggio, da corrispondere
ad Autorità portuale e Gaslini. L’inserimento o meno del Mercato del pesce in
via Brigata Casale inciderà sull’entità di quella che è l’altra grande strategia
per cui ha optato il Comune. Nel bando che sarà pronto in autunno, infatti, il
“triangolo” di Campo Marzio non sarà con tutta probabilità oggetto di project
financing bensì verrà messo in vendita, per una cifra vicina ai 25 milioni. Ma
sarà acquisibile sostanzialmente per la metà. Dal valore immobiliare di
compravendita è previsto - a spanne - uno sconto che potrebbe oscillare tra i 12
(nel caso in via Brigata Casale si dovesse fare solo l’Ortofrutticolo) e i 14
milioni (qualora invece lì venisse realizzato il polo all’ingrosso integrale) in
favore del privato pronto a prendersi Campo Marzio e a costruire
contemporaneamente il nuovo Mercato proprio in via Brigata Casale. Una sorta di
onere d’urbanizzazione per il Comune in cambio della cessione di un suo bene. Un
pagamento in parte con soldi e in parte in natura. «Una soluzione del genere -
chiude Cosolini - genererebbe un’entrata straordinaria in coonto capitale e
potrebbe consentirci così di liberare spazi finanziari allegerendo i vincoli del
Patto di stabilità, per portare avanti anche altre opere pubbliche».
(pi.ra.)
“Adotta uno spazio” per una Muggia più verde
I volontari propongono di curare aiuole e giardini del centro piantando
anche alberi da frutto
MUGGIA «Vogliamo contribuire, da semplici cittadini, a riqualificare e
mantenere nel tempo gli spazi verdi pubblici della nostra cittadina».
Un’iniziativa spontanea nata per iniziativa del circolo muggesano che aderisce
al “Movimento decrescita felice”, come spiega Jacopo Rothenaisler, uno degli
attivisti. «Il progetto - dice - nasce dalla consapevolezza che la cura e il
decoro degli spazi pubblici di ogni comune non può essere demandata al solo
intervento pubblico, ma deve ricevere lil contributo fattivo dei cittadini».
L’obbiettivo del progetto “adotta uno spazio” è quindi quello di riqualificare
le aree verdi del centro storico di Muggia perché - secondo il “decalogo” del
Movimento, la qualità e l’estensione del verde urbano sono di primaria
importanza per la vivibilità di una città, oltre a rappresentare un fondamentale
biglietto da visita, specialmente per una cittadina che punta molte delle sue
aspettative sul turismo. «Ma,pur in totale condivisione sull’introduzione e
messa a dimora di piante non solo ornamentali - continua Rothenaisller - un
ulteriore obbiettivo del nostro progetto è legato alla “commestibilità”: nella
valorizzazione di alcune aree proporremo infatti sistemazioni che comprendono
piante commestibili del nostro territorio, anche per ricreare un rapporto con la
storia e il contesto rurale». Facile fare gratuite ironie sugli “orti di guerra”
che tornerebbero di moda in tempi di crisi. Ma alberi da frutto autoctoni
(susini, fichi, melograni, per esempio) potrebbero benissimo abbellire le aiuole
spesso disastrate del verde pubblico cittadino. Adesso il circolo muggesano, in
attesa di un finanziamento regionale (se arriverà) cerca di coinvolgere altre
realtà associative locali mentre il Comune- dice lo stesso Rothenaisler - ha già
risposto favorevolmente per bocca del vicesindaco Marzi e dell’assessore Decolle.
L’elenco delle aree da risistemare è lungo, fra strade principali e centro
storico. L’elenco sarebbe lungo, ma si potrebbbe così riassumere: tutte.
«Trivellazioni in Adriatico, Roma si tuteli»
La senatrice del Pd De Monte interroga il governo: «L’Italia deve
chiedere garanzie alla Croazia»
TRIESTE La Croazia, dopo gli studi della società norvegese “Spectrum” che
hanno confermato la presenza di grandi quantità di petrolio e di gas sotto i
fondali dell’Adriatico, ha intenzione di cominciare una campagna di
trivellazioni che inquietano gli ambientalisti e preoccupano le attività del
turismo e della pesca del Friuli Venezia Giulia. Se ne è fatta interprete la
senatrice del Pd Isabella De Monte che ha presentato una interrogazione urgente
(condivisa da più di trenta colleghi) al ministro italiano dell’Industria per
sapere se la Croazia abbia informato il governo italiano dell’intenzione di
avviare attività di prospezione geologica di dettaglio e se siano stati
intrapresi «i provvedimenti giuridici, amministrativi o altri», necessari per
attuare le disposizioni della convenzione di Espoo del 1991, ratificata dalla
Croazia l'8 luglio 1996, «che possono avere un impatto pregiudizievole
transfrontaliero importante». La convenzione prevede che il governo italiano
possa applicare «ogni misura appropriata ed efficace per prevenire, ridurre e
combattere un impatto transfrontaliero pregiudizievole importante che potrebbe
derivare all'ambiente da attività previste». È infatti noto che il governo di
Zagabria abbia cominciato a elaborare le procedure per dare il via allo
sfruttamento dei giacimenti sottomarini come riportato negli ultimi mesi da
molti organi di stampa, nazionali e internazionali. L’attività di esplorazione
idrogeologica è già stata soggetta a critiche e dubbi sull’impatto ambientale da
parte delle comunità locali. «È in gioco non solo l’economia di una vasta area –
evidenzia la senatrice del Pd De Monte – ma si mette a rischio un ambiente già
fragile come il mar Adriatico e in particolar modo le lagune di Marano e di
Venezia». L’Italia, tra l’altro, non risulta aver opposto nessuna misura
cautelativa durante il non breve lavoro della “Spectrum” conisisito, in poche
parole, in veri e propri bombardamenti con onde sonore dei fondali
dell’Adriatico con le associazioni ambientaliste criate ma anche autorevoli
esperti che hanno messo in allarme per i danni che tale tecnica può causare ai
delfini ma anche ai cetacei più grandi. Ma si sa, petrolio o gas equivale a
energia che è sinonimo di affari e di soldi. Tanti soldi. Per cui qualche
delfino sordo ci può anche stare...
(m. man.)
IL PICCOLO - DOMENICA, 27 aprile 2014
«La Fiera in Porto vecchio»
L’annuncio di Paoletti: già partiti i lavori per
ospitare TriestEspresso Expo
Senza che nessuno se ne accorga, sono partiti i lavori per la realizzazione
della nuova Fiera di Trieste. Almeno questo nelle intenzioni della Camera di
commercio e del suo presidente Antonio Paoletti. La ruspa è entrata in azione la
settimana scorsa al Magazzino 28 del Porto Vecchio, poi si è subito fermata
dapprima per le festività di Pasqua, quindi per il 25 aprile e seguente
week-end. Questo hangar e quello adiacente contrassegnato con il numero 27 sono
i locali designati per far in qualche modo rinascere qui il comprensorio che
storicamente era insediato a Montebello e puntare per il futuro logicamente non
più sull’obsoleta campionaria, ma su rassegne di forte specializzazione. «I
lavori li stamo facendo noi - “confessa” Paoletti - la Camera di commercio ha
ottenuto dall’Autorità portuale una concessione provvisoria dei due Magazzini
fino alla fine di ottobre per poter ospitare qui dal 23 al 25 ottobre
TriestEspresso Expo, la più importante manifestazione al mondo e non esagero
quanto la definisco così nel settore del caffé: avremo 230 espositori
provenienti da 85 Paesi». I due Magazzini sono sostanzialmente sgombri e in
buono stato e con qualche decina di migliaia di euro o forse meno la Camera di
commercio ritiene di poterli adattare alle esigenze necessarie all’importante
rassegna. Bisogna anche riallacciarli alle reti elettrica, di riscaldamento e
dotarli dei supporti informatici. «Si tratta comunque di un restauro di base con
lavori che si protrarranno per un mesetto soltanto - specifica Paoletti - ma
saranno anche propedeutici a quelli definitivi che potranno partire subito dopo
TriestEstpresso Expo per trasformare i Magazzini 27 e 28 nella nuova sede della
Fiera di Trieste». La Camera di commercio sta infatti lavorando anche alla
manifestazione d’interesse per ottenere una concessione di lunga durata. La
richiesta verrà presentata nell’ambito del nuovo bando per il Porto vecchio
aperto dall’Authority e che scade il 30 giugno. Un bando che fino a un paio di
settimane fa risultava ancora vuoto di richieste per cui è presumibile che la
Camera di commercio non si troverà a fronteggiare concorrenze particolarmente
agguerrite dal momento che oltretutto quell’area è destinata a scopi
espositivo-museali ed è contigua all’ex Centrale idrodinamica e all’ex
Sottostazione elettrica recentemente restaurate. Il Magazzino 28, quello su cui
si è già incominciato a lavorare, come risulta anche dalla guida recentemente
redatta dalla stessa Autorità portuale, è a un piano, alto sette metri con una
superficie complessiva di 2mila 994 metri quadrati totalmente coperti e una
cubatura di 20mila 950 metri cubi. Viene definito: utilizzabile. Così come
altrettanto “utilizzabile” è descritto alla voce Stato di conservazione anche il
vicino Magazzino 27 anch’esso a un piano, alto mezzo metro in più cioé 7 metri e
50 e sensibilmente più ampio con una superficie coperta di 3mila 525 metri
quadrati e 24mila e 600metri cubi di volume. Il 28 sembrava destinato alla
demolizione per ricavarne una zona di parcheggi, la testata del 27, rifatta
nell’immediato dopoguerra quando vi si insediò una filiale della Ford, è sotto
la tutela della Soprintendenza ai beni architettonici. «Qui - specifica Paoletti
- intendiamo trasferire non soltanto TriestEspresso Expo, ma anche le altre due
rassegne specializzate che può vantare Trieste (dedicate rispettivamente
all’olio e al Prosecco, ndr.) e altre ancora che stiamo progettando.» Il via ai
lavori ha potuto essere dato dopo la risoluzione del contenzioso tra l’Authority
e Portocittà. Per la nuova sede della Fiera, come lo stesso presidente camerale
aggiunge sono state nuovamente valutate tutte le ipotesi possibili: la Stazione
marittima e il retrostante Magazzino 42 (scartati causa le crociere), il Molo
Quarto (spazi insufficienti), i piani superiori del Freetime di Montedoro
(location troppo decentrata), di nuovo il Magazzino 26 (troppe colonne e
pavimenti da rinforzare), l’ex Manifattura Tabacchi (restauri troppo lunghi).
Silvio Maranzana
Il Comune frena: così è uno spezzatino senza coperture
Sulla sospensione del Punto franco, il prefetto Garufi ottimista: si può
fare anche per un lungo periodo
Ma al progetto di un immediato insediamento della nuova Fiera di Trieste ai
Magazzini 27 e 28 del Porto Vecchio arriva già una prima frenata da parte del
Comune. Ad esplicitarla è l’assessore a Sviluppo e attività economiche Edi Kraus.
«Vi sono due questioni da affrontare preventivamente - afferma Kraus - la prima
riguarda la mancanza di un progetto globale che abbracci perlomeno gran parte
dell’area del Porto Vecchio. Pensare a due hangar sede della Fiera senza sapere
cosa ci sarà accanto significa andare in direzione del peggiore spezzatino.
Serve dapprima un progetto globale e organico all’interno del quale non è
escluso che possano trovare collocazione non solo la Fiera, ma anche un Acquario
avanzato senza esagerare parlando di Parco del mare. La seconda questione -
specifica l’assessore - riguarda la l’autosostenibilità economica di
un’operazione di questo genere che evidentemente deve guardare a fondi sia
pubblici che privati. Nell’era del dominio dell’informatica poche fiere
attraggono un numero sufficiente di visitatori, forse quelle del caffé e
dell’olio possono rientrarvi, ma non è nemmeno pensabile che una struttura del
genere possa vantare un attivo con due fiere all’anno di tre o quattro giorni
ciascuna.» Perplessità che del resto sarebbero state evidenziate dal sindaco
Cosolini e dalla presidente della Provincia Bassa Poropat in un recente incontro
in cui il presidente della Camera di commercio Antonio Paoletti ha esposto la
sua idea. Resta un terzo punto oscuro, annoso e noioso ed è l’esistenza del
Punto Franco il cui regime su quell’area è stato sospeso anche per quest’anno
dal prefetto Francesca Adelaide Garufi. «Se c’è l’intenzione concorde di tutte
le istituzioni triestine compresa quella dell’Autorità portuale - ha spiegato
ieri il prefetto - e se si tratta di un’area ridotta come quella che include i
due magazzini ritengo che si possa pensare a una sospensione di lunga durata che
può essere decretata dallo stesso commissario del governo (incarico che ricopre
la stessa Garufi) senza dover per forza passare attraverso una legge.» È
un’ipotesi che non piace al sindaco Cosolini: «L’ho detto più volte che dal
Porto Vecchio il Punto franco deve essere spostato completamente e
definitivamente.»
(s.m.)
Authority nell’ala Nord del 26 si pianifica un “open
space”
Quasi una corsa contro il tempo per traslocare gli uffici prima di
gennaio - Nello scalo antico operano ancora Saipem, rimorchiatori e pochi altri
Una ruspa nel deserto: così appare anche in questi giorni il Porto Vecchio
dove l’annunciato trasferimento degli uffici dell’Autorità portuale non è
nemmeno incominciato. In un ampio salone al secondo piano del Magazzino 26, la
presidente Marina Monassi ha fatto trasferire i tavoloni attorno ai quali si è
già svolta l’ultima seduta del Comitato portuale, un po’ di sedie e alcuni
computer. Per il resto sono in corso misurazioni e acquisizioni di documenti per
verificare se per l’insediamento degli uffici già esistono i nulla osta da parte
degli enti preposti (Vigili del fuoco, Azienda sanitaria, eccetera.) Secondo
voci, l’intenzione sarebbe quella di creare un grande open space nell’area Nord
del Magazzino 26, ma il progetto specifico sembra debba appena essere
commissionato: non sembrano prospettarsi tempi fulminei per il trasferimento
dalla Torre del Lloyd deciso questo sì come un fulmine a ciel sereno dalla
stessa presidente il cui mandato scade a gennaio 2015. L’Authority comunque ha
emanato una nota in cui specifica che richieste di concessione per il Magazzino
26 potranno essere prese in considerazione soltanto se non andranno a
interferire con gli spazi riservati agli uffici. All’esterno sotto la freccia
che indica il Polo museale, una cartella plastificata con la scritta Autorità
portuale ha coperto un segnale di divieto di sosta. All’ingresso del Magazzino
26 soltanto l’Infopoint per il bando sul Porto vecchio dal quale è stata
recentemente sfrattata la direttrice del Polo museale, Antonella Caroli che ha
dovuto ritirarsi nel suo ufficio alla Centrale idrodinamica. Accanto, la
Sottostazione elettrica che dopo l’inaugurazione, è stata nuovamente chiusa. L’Adriaterminal,
nello stesso fascicolo recentemente curato e distribuito dall’Autorità portuale,
è definito una moderna struttura portuale per merci varie. Su un’area di 7mila
metri quadrati sulla quale è operativo il capannone 23 opera la Saipem, società
del gruppo Eni titolare di una concessione decennale che ha realizzato una base
operativa «dove vengono montati, assemblati e testati i sistemi di scavo
subacqueo, di interro e tutti i sistemi utilizzati in ambito offshore. Si tratta
di un centro di test e di manutenzione di sofisticati apparecchi destinati a
riparare le condotte energetiche sottomarine.» Ma la maggior parte dell’Adriaterminal,
e cioé un’area di circa 70mila metri quadrati di cui 25mila coperti con 570
metri lineari di banchina con fondali di quasi 12 metri è in concessione per 15
anni, fino al 2022 a Genoa metal terminal, società del Gruppo Steinweg
specializzata in spedizioni, trasporto, stoccaggio e movimentazioni soprattutto
di metalli non ferrosi, acciai, ferroleghe e rottami. Alcuni dei magazzini (12,
13 e 14) sono autorizzati dal London metal exchange, la Borsa dei metalli non
ferrosi più importante del mondo e il Magazzino 13 è autorizzato anche dal Liffe
per lo stoccaggio di caffé e cacao. In realtà negli ultimi mesi ben poche navi
sono state viste attraccare a quella banchina, ma avere informazioni sullo stato
di salute del terminal è impossibile: da Trieste rimandano a Genova dove però i
responsabili non si fanno trovare. Gli ultimi contatti con i media risalgono
alla fine del 2012 quando la società puntava a superare il numero complessivo di
116 navi attraccate nel 2011 e a raggiungere il mezzo milione di tonnellate di
merci movimentate. In Porto Vecchio resiste, pur dopo uno spostamento anche la
base operativa dei rimorchiatori della Tripmare e un operatore del settore del
legno. Con il nuovo bando ora alcuni piccoli ex concessionari potrebbero però
far richiesta per tornare. Silvio Maranzana
«Mettere subito in sicurezza Chernobyl» - Allarme
Legambiente
«Nel giorno del 28esimo anniversario dell’incidente di Chernobyl (foto)
vogliamo esprimere tutta la nostra preoccupazione per la situazione che si sta
creando in Ucraina, tanto più che questo conflitto rischia di rendere ancora più
precaria la messa in sicurezza della centrale di Chernobyl e la realizzazione
del nuovo sarcofago che dovrebbe ricoprire il reattore esploso il 26 aprile
1986». Così in una nota Angelo Gentili, responsabile Legambiente Solidarietà,
che poi aggiunge: «I lavori per la messa in sicurezza dell’impianto vanno molto
a rilento, con difficoltà anche dal punto di vista dei finanziamenti e del
reperimento delle risorse economiche necessarie. L’attuale drammatica situazione
nel Paese certamente non facilita ma anzi potrebbe rendere più difficili le
attività di controllo e di messa in sicurezza dell’area e per questo chiediamo
all’Europa di impegnarsi affinchè le indispensabili operazioni di gestione della
centrale vengano effettuate con efficienza e rapidità». «Il reattore in pessime
condizioni - ha continuato Gentili - è una vera bomba a orologeria: bisogna
agire subito per disinnescarla. È necessario, inoltre, aiutare le popolazioni
che vivono nell’area colpita dal disastro nucleare che stanno pagando un caro
prezzo in termini sociali e sanitari». Si tratta di 5 milioni di persone -
spiega Legambiente - che vivono in zone contaminate tra Russia, Bielorussia e
Ucraina, dove i livelli di contaminazione continuano a essere elevati
soprattutto nelle derrate alimentari e che continuano a determinare un aumento
delle patologie legate alla radioattività: tumori e leucemie in modo
particolare, soprattutto nei bambini che sono i soggetti più vulnerabili.
IL PICCOLO - SABATO, 26 aprile 2014
«Ferriera, prevalga il buon senso»
Cernigoi: no a interessi particolari, si guardi al bene della comunità
Matteo Cernigoi, segretario Fvg dell’Ugl, lancia un appello sulla Ferriera:
«Prevalga il buonsenso per la conservazione dei posti di lavoro». Sulle due
offerte - una di Arvedi, l’altra di un gruppo straniero - presentate per lo
stabilimento, Cernigoi pone due questioni: «Garantire il proseguimento
dell’attività industriale con salvaguardia dei posti di lavoro interni e
dell’indotto; e garantire bonifiche e tutela della salute e dell’ambiente, un
dovere per un Paese civile». «Chiunque rilevi lo stabilimento - osserva il
sindacalista - non avrà compito facile. Ma lo spazio di manovra potrà esserci
grazie all’impegno della Regione e delle altre istituzioni. Non lasciamo che
prevalgano gli interessi particolari di qualcuno ma il bene della collettività».
E sul piano di Alpe Adria, cui l’Authority aveva affidato uno studio che ha
previsto la riconversione dell’area con manifattura e banchina in alternativa
all’arrivo di Arvedi, Cernigoi precisa: «Interessante, peccato sia vecchio e non
tenga conto dei posti di lavoro in essere, in quanto la logistica non potrà
essere considerata una valvola di sfogo idonea per garantire l’occupazione».
Servizio civile, c’è “Trieste on Sight”
Giovani, istituzioni e terzo settore: fino a giugno una serie di
manifestazioni
Prenderà il via mercoledì 7 maggio “Trieste on Sight 2014”, promosso da Arci
Servizio civile del Friuli Venezia Giulia in coorganizzazione con il Comune e il
patrocinio di Regione e Provincia. Fino a tutto giugno i giovani “futuro della
sostenibilità e sostenibilità del futuro”, attraverso varie azioni si metteranno
in gioco e collaboreranno con le istituzioni e il terzo settore, arricchendo le
loro conoscenze e scambiando idee, energie, creatività, spirito solidale. La
prima azione è prevista dalle 17 alle 22 del 7 maggio al Polo di aggregazione
giovanile Toti, in via del Castello 1. Per i ragazzi sarà un momento di incontro
e confronto pubblico con esponenti delle istituzioni e del terzo settore ma
anche con giovani coinvolti personalmente in un percorso di cittadinanza attiva
e partecipata. Un’occasione per farsi sentire e discutere con chi governa la
città, dare voce alle idee, raccontare la città che i giovani vorrebbero
cambiare. Al dibattito su “La città che vorremmo” parteciperanno il vicesindaco
Fabiana Martini, l’assessore comunale all’Educazione Antonella Grim e
rappresentanti della Consulta Giovanile di Trieste. Si potrà anche provare la
palestra d’arrampicata sportiva, partecipare a un minilaboratorio di tecniche di
mixaggio, ricevere informazioni sul servizio civile e sul servizio volontario
europeo. In programma l’esibizione di gruppi di break dance e un concerto di due
band musicali. I successivi appuntamenti saranno un incontro sul tema “Capire i
conflitti – praticare la pace” che si terrà mercoledì 11 giugno, dove
dall’esperienza storica della Grande Guerra si vuole ritrovare le motivazioni
per la pace e la convivenza pacifica; e il “Villaggio Trieste on Sight”
all’Ostello di Campo Sacro (Prosecco) dal 28 al 30 giugno, dove saranno
sviluppate altre tematiche richieste dai giovani coinvolti nelle esperienze di
cittadinanza attiva ma che diventerà anche una tre giorni non stop di musica,
teatro, workshop, ristorazioni, mostre... La prima edizione di “Trieste on sight”,
aperta nel 2013 in via sperimentale a una collaborazione diretta con le scuole
superiori e con le associazioni, ripropone con forza - si legge in una nota
dell’Arci - il lavoro di rete come modalità e la comunità come luogo di
crescita. Obiettivo è porre attenzione al volontariato, una «scuola di
partecipazione e responsabilità, un'occasione di incontri e relazioni vitali e
stimolanti». Arci Servizio civile, associazione di promozione sociale, è la più
grande associazione di scopo italiana dedicata esclusivamente al servizio
civile. In regione ne fanno parte Arci, Legambiente, Uisp, Auser, Unione dei
Circoli culturali sloveni (Zskd), Unione delle Associazioni sportive slovene in
Italia (Zssdi), Monte Analogo, Il Progetto, Itis, Ics – Consorzio Italiano di
Solidarietà, Bioest, Cooperativa Bonawentura, Consulta Immigrati del Comune e
Unione italiana.
Moto, auto e treni a sostegno del tram di Opicina
“Parlotti”, Venti all’Ora e Ferroviario pronti a iniziative culturali per
rivitalizzare la trenovia
Il Moto Club Trieste (1906) e la gara automobilistica Trieste-Opicina (1911)
sono nate quasi contemporaneamente al tram di Opicina (1902): quegli anni
vedevano il massimo fulgore della Stazione di Campo Marzio, ora sede del Museo
ferroviario, e di quella di Villa Opicina, prima fermata sui percorsi ferroviari
Trieste-Vienna e Trieste-Jesenice. Logico quindi che ci sia da parte delle tre
associazioni Museo ferroviario di Trieste, Motoclub Trieste e Club dei Venti
all'Ora-Trieste Opicina Historic particolare attaccamento al percorso tra
Trieste e Opicina ed al vecchio tram in via di ripristino. In attesa che quest'
ultimo venga inaugurato e debitamente festeggiato da tutta la cittadinanza e a
titolo di incoraggiamento affinchè tutto ciò avvenga in tempi davvero
brevissimi, una rappresentanza degli oltre 450 soci dei tre Club si sono riuniti
davanti a un esemplare di motrice del tram esposta presso il Museo ferroviario,
per sottolineare la collaborazione in atto tra i tre sodalizi, a disposizione
della comunità per il sostegno dei simboli e dei valori della città. «Trenovia
compresa - afferma Francesco Di Lauro, presidente dei Venti all’Ora -: si
potrebbero programmare e gestire iniziative culturali, sia “a spot” che a
carattere più continuativo, che ruotino attorno al nostro amato tram, in modo da
creare un ulteriore indotto nel turismo, creare nuove occasioni di lavoro e
generare nuovi introiti che giustifichino ancora di più il mantenimento della
linea». I tre sodalizi nel rinsaldare i vincoli tra loro, sono tra gli
interpreti di un associazionismo sempre votato anche alla comunità del
territorio.
AGRICOLTURA «Siamo i primi in regola con gli Ogm»
«Mi pare che abbiamo fatto tutto bene: siamo la prima
regione in Italia che è in ordine sia rispetto al decreto interministeriale, sia
rispetto alla normativa comunitaria». Lo ha detto la presidente della Regione
Debora Serracchiani commentando a Udine la sentenza del Tar del Lazio, che ha
rigettato il ricorso presentato da Giorgio Fidenato, agricoltore di Arba
(Pordenone) il quale per primo seminò mais Ogm in Fvg, contro il decreto
interministeriale del luglio 2013 che ne stabiliva il divieto. «Vuol dire che
avevamo lavorato bene sin dall’inizio».
Il Museo delle saline di Sicciole amplia l’offerta
TRIESTE Il Museo delle saline di Sicciole inserito nell’omonimo parco si
rifà il look e presenta ai suoi visitatori un aspetto più moderno e più nuovo. E
questo nonostante la perenne mancanza di fondi che non permette, ad esempio, di
ristrutturare l’antica casa delle saline per cui esiste già il progetto e la
concessione edilizia. Il rinnovamento è stato fortemente voluto dal direttore
del museo, Franco Juri. È stata così “aggiornata” la collezione etnologica e
l’esposizione si è arricchita di nuovi modelli di barche storiche che operavano
nelle saline per il trasporto della materia prima verso i mercati. Il Parco
riesce ad attingere importanti fondi per la sua sopravvivenza dai programmi
europei quali “Openmuseums” e “Adriastorical Lands”. Ma, come spiega il
direttore Juri alle Primorske Novice, resta fondamentale il contributo dello
Stato sloveno. Il progetto più ambizioso per ora sulla carta resta, spiega Juri,
la ristrutturazione di due case delle saline. «Per una abbiamo già la
concessione edilizia - precisa - ma i lavori devono partire quanto prima
altrimenti l’edificio rischia di crollare». I visitatori (sono circa 10mila a
stagione), quest’anno, avranno anche a disposizione delle biciclette per poter
“esplorare” l’intero perimetro delle saline. C’è poi la questione aperta del
riconoscimento del Parco da parte dell’Unesco. E qui la situazione è molto ma
molto in ritardo. La prima documentazione è stata depositata nel 2004 e da
allora nulla è stato fatto di concreto per ottenere il prestigioso
riconoscimento. Anche perché Sicciole dovrà sconfiggere avversari agguerriti
quali i croati di Nin o Ston oppure gli italiani di Comacchio e di Cervia.
Mauro Manzin
IL PICCOLO - VENERDI', 25 aprile 2014
Il Tar del Lazio boccia il mais Ogm in Friuli
Respinto il ricorso contro la Regione dei coltivatori.
Bolzonello: «Confermato l’indirizzo della giunta»
TRIESTE No ai semi Ogm nelle campagne regionali: ieri sia il Tar del Lazio
che il Tar del Friuli Venezia Giulia hanno definito in tali termini la
questione. In particolare, con sentenza n. 178/2014 il Tar del Friuli Venezia
Giulia ha rigettato il ricorso proposto da Giorgio Fidenato, in qualità di
titolare dell’azienda agricola In Trois, avverso l’ordine imposto dalla
Direzione delle attività produttive della Regione Servizio del Corpo forestale
regionale del 31 ottobre 2013 e del 20 novembre 2013, che dettava disposizioni
in materia di raccolta e movimentazione del mais geneticamente modificato. Il
Tar Fvg ha ritenuto legittimi i provvedimenti emanati dalla Regione che, in
conformità alla normativa comunitaria, hanno previsto accorgimenti tecnici nella
fase di raccolta idonei a evitare la commistione di prodotti Ogm e prodotti
naturali. Sempre ieri il Tar del Lazio (sentenza n. 4410/2014), ha respinto il
ricorso di Fidenato e di Dalla Libera contro il decreto ministeriale del 12
luglio 2013 che vietava per 18 mesi la coltivazione di varietà mais
geneticamente modificato Mon 810, ritenendo il provvedimento ministeriale
perfettamente legittimo. L’assessore alle Risorse agricole Sergio Bolzonello ha
espresso soddisfazione per le sentenze che, «pur nelle loro diverse portate,
danno ragione all'azione della giunta, il cui indirizzo si dimostra così essere
sempre stato coerente». Il vicepresidente ricorda che la giunta è stata l’unica
in Italia ad affrontare con coraggio il problema Ogm e a trovare soluzioni
normative quando il clima anche nazionale era ben diverso da oggi. La Regione
constata con soddisfazione che le sentenze riguardano sia la semina dello scorso
anno sia il divieto di semina in generale. «La sentenza del Tar del Lazio
definisce una volta per tutte che non un seme transgenico può essere seminato
nelle campagne friulane» Per la deputata Sel Serena Pellegrino, della
Commissione ambiente della Camera, «la soddisfazione è grande, anzitutto per gli
agricoltori friulani decisi a tutelate le proprie coltivazioni tradizionali e
biologiche e per la galassia di associazioni italiane della rete Per un’Italia
libera da Ogm, rappresentative di cittadini, coltivatori e consumatori. Non
fermiamoci però ai campi di mais di Fidenato: svariati altri Ogm finiscono in
maniera occulta nei nostri piatti, come la soia importata e usata per i mangimi
degli animali». Diverge, invece, il presidente nazionale di Confeuro Rocco Tiso:
evidenzia «ancora una volta il paradosso della legge italiana che da una parte
permette l’importazione di Ogm (specie dall’America) per i mangimi dei nostri
allevamenti, mentre dall’altra ne impedisce totalmente la coltivazione sul suolo
nostrano».
Ferriera, i sindacati: «Con due offerte rischio tempi
lunghi»
Belci (Cgil): scettico. Palman (Uilm): temiamo azioni di disturbo - Ma il
viceministro De Vincenti: le manifestazioni ottimo segnale
Sindaco e parlamentari si esprimono con cautela in attesa di chiarimenti (si
veda qui a lato). Da Roma il viceministro allo Sviluppo economico Claudio De
Vincenti, augurandosi «che il bando abbia successo», giudica intanto «le due
manifestazioni di interesse un ottimo segnale» ponendo come obiettivo «l’ambientalizzazione
della filiera con un nuovo piano industriale per l’area siderurgica». Sul fronte
sindacale, invece, altri toni. «Siamo perplessi e guardinghi», dice da Servola
Franco Palman, rappresentante di fabbrica della Uilm. Anzi «preoccupati», alza
il tiro Umberto Salvaneschi, segretario di Fim-Cisl per Trieste e Gorizia.
Preoccupati anche «per le reazioni da parte di Arvedi», esplicita il segretario
regionale Cgil Franco Belci. I tre esponenti sindacali si pongono molti
interrogativi, all’indomani della nota con cui Lucchini in amministrazione
straordinaria ha comunicato l’esistenza non di una, ma di due manifestazioni
d’interesse pervenute per la Ferriera: «una italiana e una estera», è l’unica
indicazione ufficiale fornita. Quella italiana porta appunto come già noto il
nome di Arvedi, l’altra pertiene a un gruppo definito «asiatico» da una fonte
autorevole. Nel mistero sull’identità del soggetto estero - che si è fatto
avanti attraverso emissari italiani - Palman parla di «fulmine a ciel sereno:
eravamo convinti che in ballo ci fosse solo Arvedi, non vorremmo spuntasse
un’azione di disturbo che peraltro non so chi avrebbe interesse ad attuare.
Situazione strana, ma mi preoccupa che tutto questo vada in qualche modo a “fare
melina” su un processo di vendita che ora avrebbe potuto prendere velocità. Da
molti anni viviamo situazioni in cui a un passo da svolte concrete subentra
qualche intoppo. Arvedi ha già un progetto, un percorso individuato, nell’altro
caso resta tutto da capire». E infatti, aggiunge Salvaneschi dalla Fim-Cisl,
«non ci preoccupa tanto il fatto che vi sia un’altra manifestazione d’interesse
quanto che si sia palesata all’ultimo momento. Temiamo che si allunghino i tempi
dell’operazione di vendita». Entrambe le proposte, va ricordato, sono giunte
incomplete rispetto agli allegati richiesti; il commissario straordinario Piero
Nardi ha dato tempo fino a domenica per completarle. Da lunedì, ha spiegato il
segretario di Lucchini in amministrazione straordinaria Francesco Semino, verrà
valutata soprattutto la solidità finanziaria dei proponenti da ammettere, se la
valutazione sarà stata positiva, alle fasi successive tra cui quella della due
diligence che darà facoltà di visitare gli impianti e incontrare il management,
valutando dunque la situazione. Da qui la preoccupazione dei sindacati su
possibili «ritardi». Non solo: «Arvedi - aggiunge Salvaneschi - ha pagato
l’arrivo della nave di carbone che ha permesso il mantenimento della cokeria.
Sono programmazioni che vanno fatte per tempo, e non vorremmo che ora da Cremona
le si volesse affrontare in modo diverso... Auspichiamo che Nardi faccia tutto
quanto possibile per accelerare sulla procedura». «Arvedi lo abbiamo visto più
volte in città. E da Cremona, visto anche l’Accordo di programma, arriva l’unica
reale garanzia di avere una Ferriera con un prodotto più pulito e un minore
impatto ambientale», interviene Belci: «Trovo singolarissima tutta questa
improvvisa attenzione dall’Asia, non vorremmo trovarci con una Severstal cinese
che spunta all’improvviso. Sono scettico sulla serietà dell’offerta estera
pervenuta, ma è anche grave che da Lucchini in amministrazione straordinaria
siano arrivate comunicazioni incomplete. Il sindaco Cosolini e la governatrice
Serracchiani si diano da fare per verificare subito chi sia quel misterioso
gruppo», chiude Belci.
Paola Bolis
IL SINDACO «Bene poter scegliere se ci sono i requisiti
di affidabilità»
Il sindaco Roberto Cosolini attende di capire chi sia il gruppo straniero
interessato a Servola. Per ora «in termini di principio», afferma, «ho sempre
detto che andava evitato il rischio che non ci fossero manifestazioni, e la
possibilità di scegliere tra più interessati - se danno requisiti di solidità,
affidabilità e concretezza - va considerata positivamente. Di un gruppo sappiamo
che ha i requisiti, sull’altro bisogna capire di più. Certo non possiamo correre
il rischio di avventure come quelle di Piombino, con manifestazioni poi
scioltesi come neve al sole. Da questo punto di vista l’invito
all’amministrazione straordinaria di Lucchini è quello di scegliere non solo in
base alle condizioni economiche, ma anche in base agli obiettivi, per assicurare
continuità occupazionale con persone che si assumono le proprie responsabilità
su inquinamento e ambiente». «Se ci sono interessi imprenditoriali seri, il
fatto che vi siano più offerte è un successo: si potrà scegliere al meglio»,
dice il senatore del Pd Francesco Russo. Mentre il deputato Pd Ettore Rosato
giudica «positivo» che vi siano più cordate in campo, «salvo che è dirimente
verificare se vi sia un piano industriale alle spalle». «La politica va messa
nelle condizioni di fare - dice la deputata Sandra Savino (Fi) – ma per ora di
piani industriali non ce ne sono».
IL PICCOLO - GIOVEDI', 24 aprile 2014
Spunta un gruppo asiatico nella gara per la Ferriera
Il commissario comunica che sono giunte due
manifestazioni d’interesse - Arvedi ha un competitor, ma resta il riserbo sui
nomi dei potenziali acquirenti
FRANCESCO ROSATO Ora produrremo anche il piano industriale e quello finanziario:
non era previsto che venisse fatto nella prima fase
Arvedi non è l’unico pretendente alla Ferriera di Servola. L’amministrazione
straordinaria della Lucchini ha infatti ieri reso finalmente noto che sono due
le manifestazioni d’interesse presentate entro il termine del 21 aprile e che
provengono rispettivamente da un gruppo italiano e da uno straniero. Le
informazioni ufficiali finiscono qui, ma mentre sul primo vi è la certezza che
si tratti del Gruppo cremonese, per il secondo concorrente le uniche illazioni
provenienti da fonte autorevole rimandano a un gruppo asiatico, definito
esattamente «orientale». Entrambe le proposte, pur in questa fase preliminare,
come sottolinea la nota firmata dall’amministrazione straordinaria di Lucchini
spa e Servola spa, sono incomplete rispetto agli allegati richiesti. Il
commissario straordinario Piero Nardi ha dato tempo fino a domenica prossima per
completarle. La presenza di Arvedi, confermata già venerdì scorso dalla Regione
in base alla comunicazione fatta dallo stesso commissario anche al Ministero per
lo sviluppo economico, è stata ieri ammessa anche da Francesco Rosato,
amministratore unico di Siderurgica Triestina la società creata ad hoc dal
Gruppo cremonese per puntare su Servola. «In questa prima fase abbiamo
presentato quasi esclusivamente la manifestazione d’interesse - ha specificato
Rosato - ora ci apprestiamo a produrre anche il piano industriale e quello
finanziario.» La proposta concorrente, presumibilmente concretizzatasi negli
ultimi giorni, sembra aver parzialmente preso in contropiede la stessa Regione.
«Forse inaspettata ma non da leggersi, in questa fase, in termini negativi - ha
rilevato ieri la presidente del Friuli Venezia Giulia Debora Serracchiani - la
presentazione di una seconda manifestazione d’interesse, in questo caso
proveniente dall’estero, per l’acquisizione del complesso siderurgico della
Ferriera di Trieste. Finora le istituzioni del territorio si sono confrontate
con la proposta formulata dal gruppo Arvedi - ha aggiunto - Ora non si può che
attendere di valutare con attenzione i contenuti di questa seconda
manifestazione d’interesse per uno stabilimento industriale su cui la Regione ha
da sempre mostrato la massima attenzione». Nel giro di poche ore sono nate e
tramontate due piste sviluppatesi però da basi stabili e in particolare dal
sopralluogo fatto in città da top manager dei gruppi logistici Contship Italia e
Dubai ports. Non è sfuggita in particolare la presenza nelle settimane scorse in
piazza Unità, dove vi sono i palazzi della Regione e del Comune, dei due
vicepresidenti di Contship Italia, Marco Simonetti (terminal marittimi) e
Sebastiano Grasso (attività logistiche e intermodali), mentre viene dato per
certo anche un sopralluogo di top manager di Dubai ports. La banchina della
Ferriera del resto era stata oggetto di momentanea attenzione anche da parte di
Apm terminals, la società terminalistica di Maersk, società leader mondiale nel
settore dei container, ma era stata scartata «per la complessità dell’area e i
tempi troppo lunghi necessari per la sua riconversione, bonifiche comprese.»
Nell’asta fatta per Piombino per rilevare i quattro laminatoi si erano fatti
avanti anche i fratelli indiani Naveen e Sajjan Jindal a nome della Jindal Power
Limited, società che fa parte dello stesso gruppo familiare cui appartiene
Jindall Saw che ha preso in affitto per cinque anni la Sertubi. Non è escluso
che la pista “orientale” possa portare a questa società. Sia Contship che Dubai
ports invece si occupano pressoché esclusivamente di logistica, mentre la nota
stessa emessa ieri dall’amministrazione straordinaria rileva che «il presupposto
per partecipare era la volontà di proseguire con l’attività siderurgica nel sito
di Servola.» «Chi non prosegue con la siderurgia - specifica Francesco Semino,
segretario amministrazione straordinaria - perde i 22 milioni previsti dal
bando.» Sono quelli derivanti dalla risoluzione anticipata del cosiddetto Cip6 e
che Elettra deve alla Servola spa.
Silvio Maranzana
L’Amem di Vienna: il nostro terminal può coesistere
«Il progetto di un nuovo terminal container in versione flottante (Vlfs) non interferisce con il piano di Arvedi, ma è sinergico e complementare in una visione dell’area della Ferriera del dopo-siderurgia e del dopo-Cip6 come ulteriore estensione del comprensorio in chiave logistico intermodale, magari di interesse dello stesso Gruppo Arvedi.» Lo precisa Johannes Kuehmayer, presidente della società viennese Austrian maritime equipments e presentatore per Servola di un estemporaneo progetto che in sostanza propone di realizzare nello specchio acqueo antistante la Ferriera una grande struttura galleggiante che funga da megaterminal container per ormeggiare navi di 18 mila e più teu. «Amem - specifica Kuehmayer - non vuole essere un competitor di Arvedi.»
«Documenti incompleti, riparare entro domenica»
Mancherebbero già le basi per stimare la solidità economica delle due
società proponenti
«I documenti richiesti a corredo delle manifestazioni di interesse erano
principalmente i requisiti proprietari e di solidità finanziaria dei
proponenti», ha specificato ieri il comunicato stampa dell’amministrazione
straordinaria della Lucchini. Ma questa documentazione è stata giudicata carente
e i due concorrenti hanno ora quattro giorni per completarla. «A partire da
lunedì valuteremo in particolare la solidità finanziaria delle società
proponenti e ipoteticamente potremmo anche decidere per l’esclusione - ha
specificato il segretario dell’amministrazione straordinaria Francesco Semino -
Non è detto che entrambi infatti siano ammessi alla fase successiva, quella
della due diligence.» «Ai soggetti che saranno ammessi a proseguire - continua
la nota - verranno inviati i seguenti documenti da sottoscrivere: impegno alla
riservatezza, disciplinare di gara e regolamento della Data room virtuale. I
soggetti che sottoscriveranno i tre documenti saranno abilitati alla due
diligence e avranno la facoltà di visitare gli impianti e incontrare, a loro
richiesta e d’intesa con il commissario, il managment.» «Nella fase della due
diligence - spiega ancora Semino - sono soprattutto i potenziali acquirenti che
valutano la situazione dello stabilimento». Nella Virtual data room il
venditore, in questo caso l’amministrazione straordinaria, rivela agli
interessati dati riservati inerenti l’acquisto. È una fase che si prevede
piuttosto rapida. «Dopo di che - conclude Semino - i proponenti rimasti avranno
qualche settimana di tempo per formulare, presumibilmente entro fine maggio o
inizio giugno, l’offerta vincolante d’acquisto.» (s.m.)
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 23 aprile 2014
Ferriera, Arvedi più vicino a concludere l’acquisto
Ma nemmeno il giorno dopo la chiusura del bando di vendita dello
stabilimento il commissario della Lucchini comunica l’esistenza o meno di altri
pretendenti
«Ho la netta sensazione che le manifestazioni d’interesse per acquisire la
Ferriera di Servola si limitino a quella sola già presentata da parte del Gruppo
Arvedi», afferma il sindaco Roberto Cosolini. «Ci fosse un secondo pretendente
lo avremmo saputo - aggiunge Franco Palman, rappresentante di fabbrica della
Uilm - così com’è avvenuto la settimana scorsa per Arvedi quando la notizia si è
diffusa rapidamente anche in ambienti sindacali». «Dobbiamo fare una serie di
verifiche - è stata la scarna comunicazione di Francesco Semino, segretario
dell’amministrazione straordinaria della Lucchini - sull’esito del bando faremo
un comunicato stampa domani (cioé oggi, ndr)». Lo stesso commissario
straordinario Piero Nardi ieri non avrebbe comunicato nulla né al ministero
dello Sviluppo economico né alla Regione Friuli Venezia Giulia come invece ha
fatto venerdì scorso sempre relativamente ad Arvedi. Oppure, se lo ha fatto,
nulla è trapelato a vantaggio dei media. Da parte sua il quartier generale di
Arvedi group di Cremona ha scelto ancora una volta la via del silenzio e
Francesco Rosato, amministratore unico di Siderurgica Triestina, la
neocostituita società attraverso la quale Arvedi ha presentato la propria
proposta, ha scelto ancora di non rispondere al telefono. Anche dopo la chiusura
di tutti i termini del bando (le manifestazioni di interesse dovevano pervenire,
e non essere inviate, al commissario straordinario entro le 18 di lunedì scorso)
le questioni legate alla riconversione o meglio reindustrializzazione dell’area
di Servola, continuano ad essere accompagnate da stretto riserbo. I
rappresentanti di fabbrica hanno in programma un incontro con i responsabili
della Servola spa appena per la fine del mese, in una giornata che non è stata
nemmeno ancora fissata, e presumibilmente appena in quella data sarà loro
comunicato ufficialmente l’esito del bando di vendita. Se l’offerta di Arvedi
sarà giudicata congrua, all’Accordo di programma firmato anche da cinque
ministri il 30 gennaio a Roma, dovrà seguire l’Accordo quadro e in quella fase
la governatrice Debora Serracchiani assumerà anche l’incarico di commissario
straordinario dell’area di Servola e di quella dell’Ezit comprese nell’Area di
crisi industriale complessa così come definita nello stesso Accordo di
programma. Frattanto non è sfuggita la dichiarazione fatta ieri al Sole 24 ore
da Antonio Gozzi il quale ha affermato che «la siderurgia italiana in questi
anni difficili ha retto su vere punte di eccellenza tecnologica come nel caso
dell’Arvedi di Cremona». Oltre che essere presidente di Federacciai, Gozzi è
anche leader del Gruppo Duferco proprietario della Sertubi attualmente data in
affitto agli indiani di Jindal che hanno smesso l’attività produttiva la quale
secondo le rsu di Sertubi potrebbe però essere ripresa trasferendo l’azienda nel
comprensorio di Servola e acquisendo la ghisa da Arvedi. Il gruppo cremonese ha
già pianificato un investimento di 20-22 milioni di euro per ammodernare gli
impianti servolani dove i lavori cominciati già da qualche settimana sulla bocca
dell’altoforno potrebbero proseguire senza soluzione di continuità su tutto
l’impianto nel caso la vendita dello stabilimento venisse conclusa entro il 31
maggio, obiettivo temporale che si è posta la stessa amministrazione
straordinaria della Lucchini.
Silvio Maranzana
Provincia: «Sì a Ezit per le bonifiche»
Le aziende protestano, hanno fatto ricorso al Tar, perché bonificare le aree
Ezit su cui “siede” la loro impresa potrebbe nonostante le nuove norme di
garanzia comportare spese sgradite e giudicate non pertinenti. Invece la
Provincia, proprietaria di strade e anche di alcune zone boschive che ricadono
nel Sito inquinato d’interesse nazionale (Sin), tutte in territorio di Muggia,
questo problema non ce l’ha, perché le azioni di controllo dei terreni e di
eventuale bonifica saranno pagate dalla Regione. Inoltre la Provincia stessa è
proprio uno degli enti non solo più attivi nel tentativo annoso di risolvere il
pesante problema ambientale, ma pure uno degli enti che ha firmato l’accordo di
programma assieme all’ex ministro Corrado Clini, che ha sollevato i Sin
dall’indebito pedaggio del “danno ambientale” a prescindere dalle colpe
d’inquinamento commesse. Un atto, si ricorderà, che nel 2012 fu salutato con
degli esultanti osanna dopo oltre 10 anni di penose trattative mai andate a buon
fine col ministero dell’Ambiente. Sono passati esattamente due anni da allora.
L’altro giorno la Giunta provinciale ha dunque deliberato di approvare lo schema
di convenzione con l’Ezit, delegata dalla Regione a occuparsi di ogni procedura
relativa alla caratterizzazione dei terreni ancora non sondati, alle operazioni
di bonifica, ai rapporti con l’Arpa, alla definizione anche del livello di
“rischio” che l’eventuale inquinamento rilevato comporta per una zona
industriale. La Provincia corrisponde così alla richiesta di Ezit di autorizzare
l’ingresso e l’azione nelle sue proprietà. Facile, del resto, si tratta di 26
particelle quasi tutte ubicate sulle provinciali 14 e 15 di Muggia, di cui
quattro già dotate di piezometri, gli strumenti cioé che si usano per prelevare
i campioni di acqua dal terreno. Le indagini dovranno fornire un modello
idrogeologico dell’intero sito, prevedranno il completamento della
caratterizzazione delle aree (cioé l’analisi del terreno), l’inserimento di ogni
informazione in una unica banca dati, la redazione dell’analisi di rischio
quando necessaria, oppure la dichiarazione di “svincolabilità” delle aree. In
particolare la Provincia ha individuato 12 aree “inquinate dal pubblico” e 14
“non inquinate dal pubblico”. Perché l’operazione è a costo zero? La risposta è
proprio nei termini dell’accordo col governo, ed è richiamata nella delibera:
«Le attività non comportano oneri a carico della proprietà - scrive la Provincia
- perché i relativi costi saranno sostenuti con fondi erogati dalla Regione
Friuli Venezia Giulia, la quale si rivarrà sul responsabile dell’eventuale
inquinamento, qualora identificabile». E la Provincia, nell’ambito dei suoi
compiti istituzionali, non sarà esentata dalla ricerca dell’eventuale
responsabile. La “ratio” della legge è che è più importante disinquinare che
farsi subito pagare.
(g. z.)
IL PICCOLO - MARTEDI', 22 aprile 2014
Ferriera, si svela la nuova proposta industriale
Il Gruppo Arvedi presenta il proprio Piano, compresa la
messa in sicurezza dell’area
Si apre oggi la fase 2 per il possibile passaggio di proprietà della
Ferriera di Servola. Si sono infatti chiusi ieri alle 18 i termini per la
presentazione all’amministrazione straordinaria della Lucchini delle
manifestazioni d’interesse per rilevare il complesso aziendale triestino e a
causa della giornata festiva non è stato possibile ottenere la conferma del
fatto che l’unica richiesta d’acquisto sia quella ufficializzata venerdì scorso
da parte del Gruppo Arvedi di Cremona attraverso la neocostituita società
Siderurgica Triestina. Nei prossimi giorni però, e questo è certo, le carte
saranno scoperte completamente. Le offerte infatti dovranno essere corredate da
un Piano industriale contenente la descrizione della proposta di
reindustrializzazione e di sviluppo economico dell’area, di un Progetto di messa
in sicurezza del complesso aziendale e di un Piano finanziario che evidenzi
«grazie alle risorse rivenienti di una parte dei crediti vantati da Servola che
saranno trasferiti all’acquirente dalla procedura di amministrazione
straordinaria, la disponibilità da parte dell’offerente di mezzi finanziari
adeguati» per sostenere appunto il Piano industriale e il progetto di messa in
sicurezza. I crediti vantati da Servola sono stati certificati in 22 milioni di
euro e sono quelli derivanti dalla risoluzione anticipata del cosiddetto Cip6. I
Piani dell’acquirente dovranno però essere redatti in stretta conformità con le
indicazioni dell’Accordo di programma che è stato sottoscritto il 30 gennaio a
Roma e che porta la firma anche di cinque ministri. Era stato quello il primo
step fondamentale per il recupero occupazione e ambientale dell’area di Servola;
il secondo, com’è stato riconosciuto dai sindacati e dalla maggior parte dei
partiti, è il fatto che il bando di gara non sia andato deserto. L’offerente,
per ottenere l’aggiudicazione dovrà anche impegnarsi a mettere in atto tutte le
attività necessarie a ottenere il rinnovo dell’Autorizzazione integrata
ambientale e tutti gli interventi di messa in sicurezza previsti dall’Accordo di
programma e dagli altri accordi che ad esso seguiranno. Intenzione
dell’amministrazione straordinaria della Lucchini, com’è stato sottolineato più
volte, è giungere alla cessione della Ferriera di Servola entro il 31 maggio,
quindi in termini estremamente rapidi. Nel frattempo dovrà anche partire la
trattativa della Siderurgica Triestina con i sindacati che puntano a non perdere
nemmeno un posto di lavoro.
(s.m.)
Terrapieno di Barcola - Dietro la recinzione solo erbacce e degrado
Tanti i progetti di bonifica e riuso nel corso degli
anni ma per ora l’area resta inaccessibile e senza futuro
La visuale offerta dall'alto, vale a dire dalla postazione privilegiata di
Strada del Friuli, rende già bene l'idea. Ma la sensazione maggiore del degrado
del sito la si può percepire una volta giunti all'altezza del semaforo di viale
Miramare, all'angolo con via del Boveto. Stiamo parlando dell'area del
terrapieno di Barcola, situata all'interno del Porto Vecchio e di proprietà
dell'Autorità portuale: zona che confina con una serie di società nautiche e che
rimane tuttora inaccessibile, delimitata da reti di protezione alte più di tre
metri, ma dove la vegetazione ha preso il sopravvento. Arbusti ed erbacce hanno
invaso l'intera superficie coprendo un po' tutto. Le uniche sagome che si
riescono a intravedere all'interno sono quelle dei gradoni in pietra arenaria
accatastati ovunque e semi nascosti dal verde: si tratta degli antichi masegni
parte della pavimentazione cittadina che, una volta sostituiti, sono stati
posizionati “provvisoriamente” nel terrapieno recintato, adibito a magazzino. Ma
non si esclude che lì dentro, sia pure ormai non più visibili, siano stati
depositati nel tempo materiali di vario genere: dagli scarti edili agli inerti.
Va ricordato anche che la Procura anni fa aprì un’inchiesta, ponendo l’area
sotto sequestro per un periodo - dopo che erano state individuate tracce di
diossina in percentuale ben superiore al consentito. In sostanza quello che
doveva essere un deposito temporaneo si sarebbe trasformato in una sorta di
discarica a cielo aperto. Un tratto della recinzione risulta divelto:
all'interno spuntano ciotole di cibo per gatti lasciate a terra per quelli che
ormai sono diventati gli unici abitanti della zona proibita. Zona che da tempo
avrebbe dovuto essere oggetto di bonifica, almeno nelle intenzioni: negli anni è
stata ipotizzata una lunga serie di progetti innovativi per la riqualificazione,
che prevedevano insediamenti sia di tipo residenziale che commerciale. Per un
certo periodo la Camera di commercio puntò a costruirvi il Parco del mare, da
ultimo - nell’ambito del progetto per Porto Vecchio poi naufragato - Portocittà
mirava a indire un concorso internazionale di architettura per dare un nuovo
volto al terreno. Ma finora non si è mossa foglia. E la situazione viene vissuta
con un certo disagio anche dalle stesse società sportive confinanti. «I
carotaggi eseguiti finora hanno stabilito che nella nostra concessione demaniale
non c'è nessun tipo di inquinamento, almeno fino a cinque metri di profondità»,
afferma Walter Plossi, presidente Gruppo windsurf del Cral, che conta su una
cinquantina di iscritti e che divide la zona con l'altra società sportiva del
SurfTeam: «Ma tutto quello che eventualmente si trova nell'area delimitata, che
permane tuttora inaccessibile per tutti i soggetti privati, non lo possiamo
sapere: voglio precisare che la nostra società usufruisce di un accesso a mare
per le pratiche sportive, ma vige comunque in loco il divieto di balneazione».
Poco più in là si trova la società del Club del Gommone, presente nell'area
ormai da 25 anni e che ha all'attivo più di 200 soci. «Si tratta di una
situazione spiacevole che si protrae da troppi anni - spiega Giorgio Franco,
presidente del sodalizio -. Di progetti e di chiacchiere se ne sono sentite
parecchie, ma finora non è stato fatto nulla: speriamo davvero che adesso sia la
volta buona e che le iniziative di cui si sente parlare trovino attuazione.
Sarebbe auspicabile che venisse finalmente messa in atto una riqualificazione
globale dell'area: intervento dal quale troverebbero giovamento tutte le società
sportive della zona, compresa la nostra».
Pierpaolo Pitich
IL PICCOLO - DOMENICA, 20 aprile 2014
Prime azioni legali sul Prg appena adottato
Diffida e richiesta di risarcimento da parte
dell’impresa Perco, rappresentata dall’avvocato Di Lullo. Contestato il cambio
di destinazione d’uso di due aree
Il nuovo Piano regolatore, adottato dal Consiglio comunale, è già oggetto di
contestazioni. Non solo quelle politiche di parte dell’opposizione, ma anche
legali. Proprio nell’imminenza del voto in aula - iter completato nella tarda
serata dello scorso mercoledì -, infatti, il sindaco Roberto Cosolini,
l’assessore alla Pianificazione urbana Elena Marchigiani e i consiglieri
comunali tutti si sono visti recapitare due lettere a firma dell’avvocato
Giovanni Di Lullo e del legale rappresentante dell’impresa di costruzioni “Ingg.
F. e G. Perco” snc, l’ingegner Giorgio Perco. La prima, che include una
costituzione in mora e nel contempo preannuncia possibili azioni legali, ruota
attorno allo status di un’area che inizia dall’angolo fra via Bonomea ed Erta
dei Pruni e scende verso il Faro della Vittoria. In particolare per ciò che
riguarda la parte di proprietà della Perco ancora non edificata e di superficie
pari a 13.659 metri quadrati. Uno spazio compreso nell’ambito “zona B4 via
Bonomea” e classificato come edificabile dal precedente Piano. Il nuovo Prg -
riassume l’avvocato Di Lullo - lo trasforma sostanzialmente in area verde,
riducendovi del 90% la possibilità di costruire. Soluzione che - rileva
l’avvocato - penalizza l’impresa Perco. Pertanto nella lettera viene chiesto al
Comune che il tratto in oggetto «sia conservato come edificabile e che
l’utilizzazione edificatoria dello stesso sia regolamentata da una disciplina
già fissata dalla Variante parziale n. 78 (approvata nel 2004, ndr), con le sole
due eccezioni seguenti: If max pari a 1,20 mc/mq; modalità di attuazione degli
interventi edificatori: con strumento diretto». Cose che, evidentemente, non
sono invece state previste dall’amministrazione Cosolini. Già rispetto alla
delibera approvata il 22 novembre 2011, relativa alle “Direttive per la
predisposizione del nuovo Piano regolatore”, la Perco aveva presentato ricorso
(ancora pendente) al Tar il 16 aprile 2012, chiedendone l’annullamento. Ma la
missiva giunta a palazzo Cheba non verte solamente sui contenuti del Prg targato
Cosolini-Marchigiani. La questione del terreno di via Bonomea e dintorni affonda
le proprie radici nel lontano 1968: nel giugno di quell’anno è infatti iniziata
l’attività della Perco nella zona. Un primo intervento edilizio è stato
completato, un altro effettuato dall’immobiliare Sasa spa - cui la Perco aveva
venduto una frazione - in comunione con l’Immobiliare Erta dei Pruni srl. Sugli
altri lotti del terreno di proprietà della Perco è poi iniziato un lungo tira e
molla burocratico, con appendici giudiziarie, che non ha consentito alla società
di avviarvi alcuna opera: di tutto ciò la Perco ritiene responsabile il Comune e
per questo, nella costituzione in mora, ha richiesto un risarcimento danni
(patiti e patendi) al Municipio pari a 20 milioni di euro e, inoltre, di essere
sollevata dalle conseguenze del Lodo arbitrale che aveva dato ragione alla
Valdadige Costruzioni spa. Quest’ultima è la società che avrebbe dovuto rilevare
la proprietà del terreno dalla Perco entro il 30 giugno 2007, passaggio che non
si era poi concretato per la mancata approvazione del piano particolareggiato
necessario per l’intervento edilizio: da qui la decisione della Valdadige di
procedere al giudizio arbitrale. Nell’altra lettera, l’impresa diffida il Comune
dal modificare - come previsto nel nuovo Prg - la disciplina delle aree
costituenti il compendio immobiliare di vicolo Rio Martesin già di proprietà
della Perco, con la richiesta di risarcimento degli eventuali danni che da
questa variazione dovessero derivare nella causa in corso fra la Perco stessa e
le società Gia srl e Airone 85 srl, entrambe di Roma, sul complesso di vicolo
Rio Martesin.
Matteo Unterweger
Marchigiani ribatte: «Esiste un periodo per le osservazioni»
Dalla gioia per l’adozione del nuovo Prg al fastidio per la doppia lettera inviata dalla Perco, tramite l’avvocato Giovanni Di Lullo, al Comune: Elena Marchigiani non lo nasconde. «Credo sia stata una cosa scorretta - osserva l’assessore alla Pianificazione urbana -, dal momento che potranno presentare osservazioni e opposizioni come tutti gli altri cittadini. L’invio di quella nota alla vigilia dell’adozione del Piano è stato quasi un’intimidazione. Premesso che i diritti edificatori uno non li ha all’infinito - aggiunge Marchigiani -, non è questa la fase per le osservazioni. Che potranno presentare secondo l’iter legittimo e ordinario». Intanto, i consiglieri circoscrizionali di Pdl-Fi, Roberto Dubs e Alberto Polacco, attaccano: «Nel rione di Gretta vi sono spazi che vengono trasformati in zone verdi senza nessuna apparente coerenza. C’è poco da festeggiare per un Piano inadeguato».
(m.u.)
Ferriera, ora va svelato il Piano Arvedi
Rosato (Pd): «Ma il più è stato fatto». Prodani (M5s): «Restano i dubbi
sulla bonifica dell’area»
Un imprenditore leader nel proprio settore interessato a Trieste rappresenta
un fatto eccezionale, quasi incredibile in epoca di crisi. Il contenuto
dell’offerta presentata dal Gruppo Arvedi per la Ferriera di Servola è però
ancora racchiuso dentro una scatola, ed è il motivo per cui non abbondano i
commenti il giorno dopo la manifestazione d’interesse presentata al commissario
straordinario della Lucchini. Un secondo motivo è rappresentato dal fatto che i
termini del bando non sono chiusi, ma rimarranno aperti fino alle 18 di domani.
Solo dopodomani, come ha affermato il segretario dell’amministrazione
straordinaria Francesco Semino, si tireranno le prime somme e soprattutto si
scoprirà, ipotesi che appare poco probabile, se altre manifestazioni d’interesse
sono state presentate nelle ultime ore. Il deputato del Pd Ettore Rosato esprime
comunque fin d’ora «grande soddisfazione perché anche se alcune questioni
prioritarie, quali la piena occupazione, il risanamento ambientale e alcune
garanzie chieste dall’investitore, non sono ancora compiutamente definite il più
sembra essere stato fatto. Ma ciò non è certamente avvenuto per caso - continua
Rosato - bensì lo si deve a un lavoro estremamente impegnativo di preparazione e
di pressione che è stato svolto in particolare dalla governatrice Serracchiani e
dal sindaco Cosolini. La presentazione della manifestazione d’interesse è
l’elemento cardine sul quale costruire anche l’ultima parte della trattativa.»
«Che vi siano ancora molte ombre sulla questione Ferriera - interviene il
deputato del Movimento 5 stelle, Aris Prodani - lo si desume anche dal fatto che
nemmeno i principali promotori dell’opzione Arvedi, e non mi sembra sia soltanto
una mia impressione, hanno avuto reazioni propriamente entusiastiche alla
notizia del deposito della manifestazione d’interesse. Infatti bisogna appena
vedere se arriverà in extremis qualche proposta alternativa e soprattutto cosa
contiene effettivamente il Piano Arvedi. Anche sul fronte ambientale lo stesso
Accordo di programma prevede azioni a carico dell’imprenditore subentrante,
bisognerà scoprire se c’è l’effettiva intenzione di ottemperare anche a questi
obblighi.» «Il rischio per salute e ambiente è alto e attendiamo i piani
industriali, chiedendo la massima attenzione da parte degli enti pubblici
coinvolti - afferma Giorgio Cecco, coordinatore locale di FareAmbiente - Fermo
restando che sussitono tutti i dubbi sulle risorse per le bonifiche, se ci deve
essere un periodo transitorio di continuità con l'attuale tipologia industriale
che sia più breve possibile, in modo da avviare con tempistiche accettabili una
fase di riqualificazione».
(s.m.)
In cammino per la pace dal Carso a Sarajevo
Incontri e tavole rotonde organizzati dai comitati del Fvg. Appuntamento
clou nella capitale bosniaca
TRIESTE La tavola rotonda “La via della pace: da Sarajevo al Carso” darà
vita a una serie di appuntamenti che porteranno al “Peace Event” internazionale,
in programma tra il 6 e il 9 giugno nella capitale bosniaca. Ieri sono stati
presentati questi appuntamenti in una conferenza stampa a cui hanno preso parte,
tra gli altri, il senatore Francesco Russo, il consigliere regionale Franco
Codega e la vicesindaco di Trieste Fabiana Martini. Il primo incontro è in
agenda martedì alle 18, ospitato dal Collegio del Mondo Unito di Duino e
organizzato dal Kulturni Dom di Gorizia. Sarà incentrato sugli interventi non
violenti nelle zone di guerra e sui corpi civili di pace che operano nella zone
belliche. «Saranno presenti – ha anticipato il presidente del Kulturni Dom, Igor
Komel – rappresentanti della comunità slovena in Italia e della minoranza
italiana in Slovenia a simboleggiare l'atmosfera di pace e convivenza che
intendiamo promuovere». Venerdì 25 aprile alcuni pullman partiranno dal Fvg alla
volta di Verona per la “Arena di Pace e Disarmo” contro gli armamenti. Ma
l'evento clou, nell'anno del centenario dello scoppio della Prima Guerra
Mondiale, sarà a Sarajevo per il “Peace Event” 2014, appuntamento a cui
parteciperanno persone da tutta Europa e da tutto il mondo per quattro giorni di
dibattiti e confronti di esperienze legati alla pace. «Un secolo fa l'Europa è
entrata in un grande buco nero da cui è uscita massacrata - ha affermato
Federico Pirone - presidente del Coordinamento regionale degli Enti locali per
la pace -. Oggi Sarajevo diventa il luogo in cui si gettano le basi per altre
idee di convivenza, dialogo e rispetto. La nostra volontà è quella di fare in
modo che il centenario della Grande Guerra non sia soltanto un momento
celebrativo e retorico ma anche e soprattutto un'occasione di pace». Lo slogan
dell'evento, ha ricordato il coordinatore del Tavolo regionale per la pace
Alessandro Capuzzo, sarò «mai più guerra» e nei quattro giorni bosniaci ci si
concentrerà soprattutto su modalità e risultati delle politiche per la pace nel
mondo. Per aderire all'iniziativa si può contattare il Comitato Pace Convivenza
e Solidarietà “Danilo Dolci” ai numeri 3381652364 e 3388423488 o alla mail
comitatodanilodolci@libero.it o, ancora, sulla pagina facebook del Comitato.
(r.u.)
Binari smantellati, Trieste rischia di rimanere bloccata - la lettera del giorno di Ronald Kuchler
In relazione alla recente sospensione "sine die" del traffico ferroviario sulla linea a binario unico (detta "Transalpina") Trieste Campo Marzio-Opicina, può essere utile evidenziare quanto può accadere sulla abbastanza trafficata linea a doppio binario Trieste Centrale-Monfalcone ovvero Trieste Campo Marzio-Monfalcone (nota anche come "Meridionale") a seguito di alcuni interventi attuati dal gestore dell'infrastruttura (Rfi, società del gruppo Ferrovie dello Stato italiane Spa) in epoche più o meno recenti. Come è noto, qualche anno fa, sono stati smantellati tutti i binari della ex stazione di Grignano e pochi mesi addietro, nella stazione di Bivio d'Aurisina, sono stati tolti alcuni collegamenti diretti tra i binari, cosiddetti di corsa, sui quali si svolge la normale circolazione ferroviaria, con i treni che, talvolta, si seguono a pochi minuti (circa 6 al minimo) l'uno dall'altro. A mio modesto avviso, se oggi dovesse accadere che su uno di questi si determini un blocco al passaggio dei convogli, non essendoci più la possibilità di far transitare un treno in senso inverso solo su una tratta intermedia (ad esempio tra Monfalcone e Bivio d'Aurisina ovvero tra Bivio d'Aurisina e Grignano, eccetera) a cavallo del blocco, gli scenari con cui affrontare questa situazione di emergenza potrebbero essere due, entrambi con pesanti ripercussioni sul traffico. Uno sarebbe il fermo di tutto il movimento dei convogli che interessa il binario ostruito fino all'eliminazione della causa, ovvero, l'altro, potrebbe prevedere la circolazione a senso unico alternato tra Trieste e Monfalcone, con tempi d'attesa di circa 20' per i treni viaggiatori (Trieste Centrale) che diventerebbero almeno 40' per quelli merci (Trieste Campo Marzio) prima di inoltrare un treno in direzione opposta. Per chiarezza, 20' e 40' sono i tempi medi di percorrenza dell'intera tratta da e per Monfalcone! Se poi l'ostruzione dovesse essere presente all'interno della galleria di circonvallazione, dove si svolge tutto il traffico merci, in uno con il blocco della Transalpina, è facile immaginare quanto pesanti conseguenze si possano verificare nella movimentazione dei carichi del Porto! Non occorre pensare a cause catastrofiche che possono determinare delle irregolarità nella circolazione, è sufficiente un guasto ad un convoglio al quale il pur volonteroso personale di condotta non riesca a porre rimedio, per cui sia necessario provvedere al suo traino con altro mezzo! Chissà se queste elucubrazioni di un viaggiatore abituale tra Bivio d' Aurisina e Trieste possano essere smentite categoricamente da qualche esponente di Ferrovie dello Stato italiane Spa?
IL PICCOLO - SABATO, 19 aprile 2014
Ferriera, Arvedi presenta la richiesta d’acquisto
Serracchiani conferma: manifestazione d’interesse
inviata al commissario che ribadisce di voler vendere lo stabilimento entro la
fine di maggio
Alla fine la manifestazione d’interesse del Gruppo Arvedi per la Ferriera di
Servola è stata avanzata. La notizia ha incominciato a circolare ieri mattina e
poco dopo le quattro di ieri pomeriggio è arrivata la conferma da parte della
presidente della Regione Debora Serracchiani che ha specificato che l’interesse
è stato manifestato attraverso la Siderurgica triestina, srl al 100% di
Finarvedi di cui è amministratore unico Francesco Rosato, che era stata
appositamente costituita per prendere in affitto già nell’autunno scorso la
Servola spa, passaggio poi rivelatosi impercorribile. Lo stesso Rosato, in
passato direttore della Ferriera e successivamente consulente del Comune per la
riconversione dell’area di Servola, ieri ha rimandato ogni dichiarazione a dopo
Pasqua. «Nulla da aggiungere», le uniche parole che sono invece uscite
direttamente da Cremona. Francesco Semino, segretario amministrazione
straordinario Lucchini spa, ha affermato che qualsiasi dichiarazione gli è
tassativamente vietata, ma ha ribadito come già fatto in precedenza che
intenzione del commissario straordinario Piero Nardi è chiudere l’operazione di
vendita della Ferriera triestina entro fine maggio. Alla base del riserbo
soprattutto il fatto che i termini per avanzare le manifestazioni d’interesse
sono ancora aperti e scadranno appena alle 18 del 21 aprile, Lunedì di Pasqua.
Anche se appare poco probabile, non può essere escluso che si faccia avanti
qualche altro imprenditore. Quanto al riapparire delle voci sulla Danieli di
Buttrio è possibile che siano riemerse ad arte per rendere più indisturbata la
marcia di avvicinamento della stessa Arvedi. La più loquace è stata ancora una
volta la governatrice Serracchiani che è stata informata direttamente dal
proponente assieme al Ministero dello Sviluppo economico e ha immediatamente
espresso soddisfazione «per questo atto di un investitore privato che, pur
essendo parte di un iter tuttora complesso, conferma la positività dei passi fin
qui compiuti dai soggetti istituzionali in vista di una soluzione praticabile
per l’annoso e difficile nodo costituito dalla Ferriera.» La presidente ha
comunque assicurato il permanere «di un’alta vigilanza da parte della Regione,
come richiesto dalla gestione di una situazione di crisi industriale,
occupazionale e ambientale.» La questione è infatti ancora ben lontana
dall’essere definitivamente risolta e la famosa frase di Giovanni Arvedi, venuto
personalmente l’estate scorsa a Trieste a evidenziare il proprio forte
interessamento per la Ferriera: «Neanche un euro per le bonifiche», frase
ripetuta anche da Francesco Rosato, avrà sicuramente un forte peso ora nel
prosieguo della trattativa. A smussare le asperità potrebbero contribuire i 22
milioni che, come si è scoperto il 28 marzo al momento della pubblicazione del
bando, potranno essere incassati da chi garantirà la continuità produttiva. I 22
milioni sono il credito che la Servola spa vanta nei confronti di Elettra, la
società che gestisce la centrale elettrica all’interno del comprensorio
servolano e che in virtù della risoluzione anticipata del cosiddetto Cip6 potrà
ottenere una somma complessivamente ben superiore. A partire dal 22 aprile sulle
manifestazioni d’interesse che saranno state depositate il commissario
straordinario avvierà una due diligence e quindi inviterà i proponenti a
formulare la propria offerta che potrà essere valutata ed eventualmente accolta
in tempi brevi.
Silvio Maranzana
Cosolini: soluzione vicina. Palman (Uilm): salvare tutti i posti di lavoro
«Un sospiro di sollievo perché nonostante i tempi di crisi il bando per la Ferriera di Servola non è andato deserto - il commento del sindaco Roberto Cosolini - prima di passare con determinazione alla fase successiva attendiamo di vedere se ci sarà anche qualche altra manifestazione di interesse, ma la riconversione ambientale e industriale si avvicina.» «Finalmente abbiamo qualcuno dall’altra parte del tavolo con cui incominciare a confrontarci - afferma Franco Palman storico rappresentante di fabbrica per la Uilm - attendiamo ora la presentazione del Piano industriale augurandoci sostanzialmente due cose: la piena salvaguardia dei livelli occupazionali con il recupero anche dei 36 lavoratori a termine che dal 31 marzo non hanno più un contratto e la sistemazione della questione ambientale per continuare a lavorare in pace con i servolani e i cittadini dei rioni vicini.»
(s.m.)
«Porto Vecchio, accessibili i fondi europei»
Italia Nostra: è stata ribadita la validità della linea che continuiamo a
sostenere
Italia Nostra comunica di aver ricevuto del Direttore generale per il
Paesaggio, Belle Arti, Architettura ed Arte contemporanea del Ministero dei Beni
culturali, Stefano D’Amico una lettera in cui si riconosce «pregevole e
necessario per la riqualificazione del Porto vecchio sia l' impegno di restauro
leggero dei magazzini storici con l'opera di sviluppo dell'area proposta
dall'associazione attraverso le linee del proprio masterplan, sia il rinnovo del
protocollo d'intesa tra le istituzioni scaduto nel 2010 e sin'ora inutilmente
riproposto. La direzione generale del Ministero ritiene infine opportuna
l'iniziativa di promuovere i finanziamenti europei, al fine di rivitalizzare
l'architettura ottocentesca del Porto vecchio, in conformità alla linea che
Italia Nostra - afferma ancora l’associazione - ha sempre caldeggiato e
sostenuto, e secondo anche quanto ribadito nel recente convegno organizzato
dall'Associazione sui distretti portuali storici e per il recupero di quest'area
di ben 60 ettari, tra le più belle di Trieste «Preso atto della documentazione
pervenuta - afferma il direttore del Ministero - concernente il restauro
‘leggero’ e la valorizzazione del porto Vecchio di Trieste - un’area di 60
ettari, cinque moli, banchine di carico e scarico e raccordi ferroviari, il cui
impianto rispecchia il modello dei porti del Nord Europa - ed esaminato il
dettagliato e accurato Masterplan Porto Vecchio 2013 di Italia Nostra per la sua
futura riutilizzazione, questa Direzione generale ritiene pregevole, oltre che
necessario, sia il progetto di riqualificazione dell’area, presentato
dall’Associazione Italia Nostra, sia l’iniziativa culturale intrapresa
attraverso il rinnovo di un Protocollo d’intesa scaduto nel 2010» Il Ministero
afferma anche di ritenere «opportuna l’iniziativa di ricorrere agli strumenti
finanziari dell’Unione Europea per gli interventi proposti in sede progettuale a
sostegno della rivitalizzazione di un’architettura emporiale-industriale che già
nell’Ottocento risultava tecnologicamente fra le più avanzate in Europa e che
oggi occorre tutelare come testimonianza storica rilevante e come volano per uno
sviluppo culturale polifunzionale».
Il Magazzino 26 tolto dal bando di gara
Il Magazzino 26, quello della Biennale diffusa e della mostra su Nereo
Rocco, è stato sostanzialmente levato dal bando di gara per il Porto Vecchio i
cui termini rimarranno aperti fino al 30 giugno. Con mossa a sorpresa infatti la
presidente dell’Autorità portuale Marina Monassi ha deciso di trasferire in
questo hangar gli uffici dell’Authority. Il procedimento ha già preso avvio, ma
la presidente non ha voluto riferirne in Comitato portuale. In una nota
pubblicata ieri sul proprio sito web l’Autorità portuale specifica che «ai fini
del contenimento delle spese di funzionamento dell’Autorità portuale mediante la
concentrazione dell’apparato burocratico in un’unica sede sono state avviate le
procedure volte al trasferimento nel Magazzino 26 coincidente con la Umc (Unità
minima di concessione) 18. Pertanto eventuali istanze di concessione dell’Umc 18
potranno essere prese in esame solo compatibilmente con le esigenze
istituzionali dell’Autorità portuale non essendo in ogni caso possibile la
concessione dell’intero Magazzino.»
M5S: «Con questo Prg nuove inutili costruzioni»
Molto critici Menis e Patuanelli. Mentre Ferrara (Lci): «Piano più idoneo
della variante 118»
Il nuovo piano regolatore di Trieste lasciava perplesso il MoVimento 5
stelle già nella sua prima formulazione. Il giudizio finale è diventato negativo
dopo gli emendamenti fatti propri dall’assessore Elena Marchigiani. «Questo
piano, se ha un’idea di città, è un’idea non compatibile con i principi di buon
senso che ispirano M5S», spiegano i consiglieri comunali grillini Paolo Menis e
Stefano Patuanelli. «La riduzione del consumo di suolo non significa che non si
consumerà altro suolo per costruire nuovi inutili edifici - osserva Menis -.
Penso alle oscenità che si perpetreranno nell’area dell’ex Fiera-piazzale De
Gasperi dove potrebbe venir realizzato un nuovo parcheggio interrato, o alla
zona del mercato ortofrutticolo di Campo Marzio dove si prevede altra
residenzialità». «La puntuale analisi del fabbisogno insediativo - continuano i
due M5S - e lo screening del patrimonio edilizio residenziale esistente, hanno
evidenziato in modo chiaro che per Trieste era possibile pensare un Piano a
cemento zero. Ed invece ci sono 14 aree di espansione (chiamate Prosecco, Salita
di Miramare, Salita di Contovello nord, Salita di Contovello sud, Opicina - via
dei Fiordalisi, Opicina - via dei Salici, Opicina - via del Refosco, ex cava
Faccanoni, via Damiano Chiesa, Strada per Longera, via Cesare dell’Acqua, Erta
Sant’Anna, via Scarlicchio nord, via Scarlicchio sud) e molte aree della grande
trasformazione che daranno il via libera a nuove edificazioni di cui la città
non ha assolutamente bisogno, invece di puntare alla riqualificazione degli
edifici esistenti». Per Maurizio Ferrara (Lista civica indipendente) si tratta
invece di un Prg «più idoneo alle esigenze di Trieste rispetto alla variante 118
della giunta Dipiazza che, grazie a una mia mozione approvata trasversalmente, è
stata fatta decadere». La non partecipazione al voto di Lci, spiega Ferrara, è
dovuta al fatto che «l’amministrazione comunale, per evitare ogni ipotesi di
ricorso, avrebbe dovuto cautelativamente comunicare l’elenco dei parenti e
affini fino al 4.o grado degli amministratori e l’elenco delle proprietà degli
stessi coinvolte dalle modifiche del piano. Al fine di evitare che il
consigliere coinvolto partecipasse al voto di emendamenti interessati a tali
proprietà».
«Penalizzati da chi ha inquinato ma non può più pagare»
Imprenditori di area Ezit spiegano i motivi del ricorso al Tar contro le
bonifiche e fanno appello a Paoletti
È diventato un dibattito acceso il secondo incontro al Bic dell’iniziativa
“La Confcommercio incontra i territori” condotto dal presidente Antonio Paoletti
che ha toccato tutti i temi caldi per la categoria: l’opposizione ai centri
monomarca deliberati dal Comune, la pressione fiscale definita “insostenibile”,
i consumi stagnanti, il costo del lavoro elevato, le difficoltà di accesso al
credito. Il discorso non poteva non cadere sulle bonifiche in area Ezit, una
quindicina di imprese ha fatto causa al Tar perché considera la procedura di
risanamento nelle aree del Sito inquinato nazionale penalizzanti. Paoletti ha
riconfermato che «Confcommercio dà la propria disponibilità a supportare le
imprese associate interessate dal problema, per portare a termine alcuni iter
burocratici». Ma è stato soprattutto Fabio Muiesan a illustrate le motivazioni
che hanno indotto una quindicina di aziende a presentare il ricorso. «L’azione
legale - ha detto l’imprenditore - vuole mettere in luce l’iniquità di un
provvedimento foriero di oneri economici per le imprese proprietarie di un’area
nella quale vengono riscontrate sostanze inquinanti e delle quali sono
responsabili invece soggetti produttivi privati precedentemente insediati, e non
più in grado di accollarsi i costi per il risanamento ambientale del danno da
essi provocato». «Quadro normativo paralizzante, al di là della questione
economica - ha denunciato invece Claudio Barducci -, perché non consente, anche
pagando di tasca propria, di uscire dall’”impasse”, congelando perciò ogni
eventuale intervento di ristrutturazione aziendale». Renato Guercio ha fatto
notare come la mappatura delle aree inquinate risulti essere alquanto complessa:
«Alcune passate rilevazioni nell’area delle Noghere hanno evidenziato assenza di
sostanze inquinanti». Gli imprenditori dell’area Ezit hanno chiesto a Paoletti
di farsi portavoce del disagio delle imprese, sul Sito inquinato e altre
criticità. Sul tema delle bonifiche peraltro Confcommercio aveva già avuto un
incontro con la Direzione regionale all’Ambiente. Quanto al commercio, lo stesso
Paoletti e il direttore generale di Confcommercio Pietro Farina hanno ribadito
le ragioni dell’opposizione ai monomarca, pur dicendosi non contrari a
iniziative che portino sviluppo e occupazione, «per palesi errori procedurali,
evidenti scelte politiche e strategiche sbagliate e assenza di una vera
programmazione». È stato ricordato però che il nuovo Prg «darà impulso al
settore, nelle zone D1 e D3 contempla insediamenti anche commerciali, con e
senza vincolo dei 1500 metri quadrati».
Opicina - A maggio l’invasione di “Bimbinbici”
Sabato 10 maggio torna Bimbinbici, una giornata tutta dedicata a bambini e biciclette. L’allegro serpentone invaderà ancora le strade di Opicina . Il ritrovo per partecipare all'evento, organizzato dal Comitato Genitori Scuola di Banne e l’associazione di ciclisti urbani Ulisse Fiab, è previsto alle 15 presso il ricreatorio Fonda Savio di Opicina.
IL PICCOLO - VENERDI', 18 aprile 2014
«Un Piano che recupera edifici e aree dismesse»
L’assessore Marchigiani: «Campo Marzio ed ex caserme in
zona via Rossetti da rilanciare. A Barcola nuovi pontili. L’approvazione? Nel
giro di un anno»
Elena Marchigiani gongola. Ma non si siede sugli allori. Il nuovo Piano
regolatore, che mira «a recuperare aree dismesse, alla rigenerazione energetica
degli edifici» ed è diverso - sottolinea l’assessore alla Pianificazione urbana
della giunta Cosolini - dalla variante 118 dell’era-Dipiazza in primis perché
«partecipato», è stato sì adottato dal Consiglio comunale. Però di strada da
fare fino all’approvazione ce n’è ancora. Assessore, cosa cambia con l’adozione
del nuovo Prg per cittadini e imprese? Siamo entrati nel vero e proprio regime
di salvaguardia: significa che finché il Piano non è approvato, e il nostro
obiettivo è di portarlo in approvazione nel giro di un anno, le istruttorie
vengono fatte su un doppio regime, tenendo conto della variante precedente, la
66, e di quella adottata. Vale la destinazione d’uso più restrittiva: la più
limitativa dal punto di vista di cubature e altezze. Bene, ma in termini di
contenuti del Piano? Ovviamente il Piano consente anche a possibili investitori
di avere le idee chiare sulle destinazioni d’uso, specie delle aree di
trasformazione. Ovvio che non vi può essere certezza assoluta sino
all’approvazione. Ma almeno c’è un’esplicitazione della progettualità. In
particolare si punta a rivoluzionare le “aree di trasformazione”: Campo Marzio,
ambito di via Rossetti (ex caserme ed area ex Fiera) ed ex caserma di Banne. Ci
sono prospettive e programmi di valorizzazione di quelle aree strategiche,
alcune ora dismesse. Nuovi spazi pubblici, aree verdi (e residenze, ndr), con il
delinearsi di un progetto di recupero e di nuova polarità delle zone. Campo
Marzio, ad esempio, come termine del sistema delle Rive. E ancora l’ex Fiera e
l’ex caserma di via Rossetti. O la caserma di Banne e l’ex Campo profughi di
Padriciano: nella prima si potranno insediare attività anche della ricerca, e
poi artigianali e del terziario. Di fondo, c’è poi un obiettivo di una nuova
vivibilità degli spazi cittadini? Sì, anche in questo senso è previsto un
regolamento sugli incentivi energetici, che dovrà essere predisposto al massimo
entro sei mesi così da entrare in vigore col Prg. Si vuole incentivare il
recupero energetico degli edifici, anche quelli dismessi, concedendo in cambio,
a chi interviene, delle piccole premialità volumetriche su altre aree, già
edificate e più periferiche. Un meccanismo molto innovativo con cui un privato
si ripaga in qualche modo dell’intervento di rigenerazione energetica e che dà
respiro pure alle attività dell’edilizia. C’è chi obietta che l’amministrazione
lasci campo libero alla speculazione edilizia proprio in aree quali ex Fiera ed
ex caserma Rossetti, nonostante si parli di riduzione complessiva
dell’edificabilità. Non c’è speculazione edilizia nel momento in cui vi è una
regolamentazione di un sano rapporto fra pubblico e privato. Quelle sono aree da
riqualificare con il concorso del privato, stabilendo che spazi vuole il
pubblico. È ovvio che non si possa fare con investimenti pubblici. Ed è
importante si recuperino tali zone e non sia pura speculazione immobiliare: il
Piano media diversi interessi, con una limitazione del consumo di suolo e lo
sviluppo di altre possibilità orientate sul recupero. In un momento di crisi non
si può bloccare una città. Da questo Piano non sono penalizzati i piccoli
privati? Quella della casa da costruire per il figlio è la metafora della
piccola espansione edilizia diffusa lotto dopo lotto. Questo Prg non ha seccato
tutte le possibilità di costruire, ma ha limato la zonizzazione. C’è chi potrà
edificare, e chi no perché su aree agricole, zone verdi o non raggiungibili
sotto il profilo delle infrastrutture. Altra critica che vi viene mossa: le
lungaggini burocratiche non sono superate. Non è così. Abbiamo anzi cercato di
eliminare il ricorso ai piani attuativi nella maggior parte delle situazioni in
cui era possibile. Forse parla di lungaggini chi vorrebbe avere il Piano già
approvato. Stiamo facendo tutto il possibile per accelerare. Sviluppo e turismo:
cosa cambia per Barcola e lungomare? Ad esempio il Piano prevede con intervento
diretto, senza piani attuativi, di poter realizzare i servizi igienici dei
chioschi di Barcola. E c’è un progetto unitario per l’estensione degli spazi a
mare con pontili: meno impattante sotto il profilo ecologico e più fattibile
economicamente. Ora cosa prevede l’iter? Dalla pubblicazione sul Bur, scatterà
il periodo di 30 giorni lavorativi per osservazioni e opposizioni dei cittadini
(dopodiché via all’iter consiliare, ndr). Apriremo all’ex Aiat un punto
informativo sul Prg per aiutarli, un Urban center. Si sono sentiti apprezzamenti
bipartisan per il suo lavoro: non è scontato. Credo al lavoro del Consiglio
comunale. Queste sono grandi responsabilità, né di destra né di sinistra, un
lavoro per tutta la città. C’è stato chi è intervenuto in maniera più
costruttiva e chi meno in aula, ma l’impegno è stato generale e non ha minato i
principi del Piano. Ha esultato dopo l’adozione. Ma anche la variante 118 era
stata adottata nell’estate 2009 (e poi mai approvata): fin qui avete fatto come
l’amministrazione Dipiazza. Non abbiamo fatto come loro: almeno questa variante
è stata condivisa, discussa, oggetto di confronto fin dall’inizio. Non è
arrivata come novità in fase di adozione, ma come punto di un processo noto a
tutta la città. Tante questioni sono state risolte all’origine, creando rapporti
di fiducia con molti portatori di interesse in modo da perfezionarne i
contenuti. Una novità che ha permesso lavori consiliari sereni.
Matteo Unterweger
Il Pd esulta: «Tassello importante». Ma Forza Italia e
Un’Altra Trieste: «Rischio ricorsi» - LE REAZIONI
«L’adozione del nuovo Piano regolatore rappresenta un tassello importante in
quello sforzo di pianificazione e di visione di medio-lungo termine che
l’amministrazione di centrosinistra ha saputo mettere in campo in questi anni»:
esultano il capogruppo del Pd in Consiglio comunale, Giovanni Maria Coloni, e il
segretario provinciale dei democrat, Stefan Cok. «Una pianificazione -
proseguono - che è venuta del tutto a mancare durante il governo del
centrodestra, basti pensare che il precedente Piano regolatore, così come quello
del traffico, risalivano alla giunta Illy. Un Piano regolatore che si
caratterizza nel metodo, frutto di un lungo e paziente lavoro di ascolto e
partecipazione, e nel merito, con grande attenzione al tema del consumo del
suolo, alla chiarezza delle scelte fatte anche per favorire lo sviluppo
economico della città, alle diverse necessità di centro storico, periferie,
altopiano. Un piano che punta con convinzione - concludono - sulla
riqualificazione del grande patrimonio edilizio di cui la nostra città dispone».
Di tutt’altro tenore il commento di Everest Bertoli, capogruppo di Forza Italia
in Municipio: «Il nuovo Prg appena adottato darà il colpo di grazia all’economia
triestina e in particolare al settore edilizio. Un Piano basato sulla saccenza.
Non solo elimina e riduce fortemente le aree edificabili ma non semplifica
nemmeno iter e procedure burocratiche elefantiache. Colpisce duramente migliaia
di famiglie triestine rendendo non edificabili piccoli terreni sufficienti a
costruire una singola casa magari per i propri figli mentre fa salvi pochi
grandi interessi. E spunta - attacca Bertoli - una lista di persone che si sono
rivolte al Comune prima della presentazione delle opposizioni e che si sono
viste trasformare i propri terreni da agricoli in edificabili. È facile
prevedere che per il futuro ci sarà tanto lavoro per gli avvocati». «Ci siamo
astenuti - spiegano dal canto loro Franco Bandelli e Alessia Rosolen,
consiglieri di Un’Altra Trieste - anche per la mancata prospettiva data a due
grandi contenitori cittadini: il Gasometro, per il quale da anni proponiamo una
destinazione culturale, e il Palazzo Carciotti che l’attuale maggioranza intende
trasformare in albergo. Soluzione che da un punto di vista tecnico ci lascia
perplessi. E ci siamo astenuti perché, per quanto concerne le nuove norme di
Piano, l’effetto sarà quello di aumentare il carico di burocrazia per cittadini
e imprese. Le norme, infatti, non solo si limitano alle materie di competenza
del Comune ma travalicano i confini delle competenze di Stato e Regione oltre
che del Ministero dei Beni Culturali. Tutte queste sovrapposizioni espongono il
Piano al concreto rischio di numerosi ricorsi».
Cosolini e la città sostenibile «Arrestato il declino»
La presentazione pubblica del lungo lavoro al Ridotto del Verdi ma senza
dibattito. «Per 17 anni, mentre tutto cambiava, Trieste è rimasta ferma»
A poche ore dall’adozione, il Prg si è presentato (ma senza dibattito, ci
sarà ben tempo) al Ridotto del Verdi ieri sera, con la sintesi di tutte le
novità della “città del futuro”, sostenibile, verde, collegata, trasformata,
soppesata nelle sue densità, valorizzata nelle aree carsiche, studiata nel
sottosuolo per evitare rischi, chiamata per nome come “città degli oggetti”,
“dei giardini”, “degli orti”, dove si dà spazio al mare, espansione alle
attività di scienza e produzione high tech. Elena Marchigiani riassume,
proietta, parla col magistero della sua professionale sicurezza ed enfatizza la
grande condivisione con cittadini e categorie da cui è scaturito «l’enorme
lavoro di tanti», ma prima di lei è il sindaco Roberto Cosolini che prendendo il
pulpito ritrova lo spazio per rilanciare le esatte parole con cui si era
candidato e per stilettare chi «per 17 anni, mentre tutto il mondo, e la città
profondamente, sono cambiati, non ha dato un Piano regolatore a Trieste». «Per
governare una città come Trieste - ha scandito mettendo in prima fila le immense
difficoltà del governare nella più pesante crisi del secolo - ci vuole il
coraggio del sogno, risvegliarsi da quel sogno e realizzarlo, anziché come era
stato fatto in precedenza governare in maniera rassicurante, accentuando il
declino, farlo sposare con la crisi attuale, mentre ancora oggi c’è chi nel
declino sta bene, lo capitalizza e prospera sulla crisi della città». Dunque il
Prg «è parte del sogno». E sognare, ha aggiunto il sindaco, «non è azione
velleitaria, slogan evocativo, ma grande sforzo quotidiano tra le minime e le
massime cose, che non può avere scorciatoie, ma è lavoro teso a riportare a
valore le enormi potenzialità di Trieste (storia, patrimonio, cultura, ambiente,
scienza, intelligenza diffusa che ha creato terziario e servizi avanzati), che
fanno ancora fatica a emergere». Soddisfatissimo di un Prg che esprime la sua
idea di città, Cosolini (confermando la bocciatura al tentativo fallito di
Dipiazza «perché Trieste non poteva avere un Piano di ordinaria
amministrazione») ha rispolverato un altro capitolo del tempo di elezioni: «La
città torna grande: per qualità della vita, dimensione internazionale, capacità
di attrarre persone e investimenti». Lodi, emozioni. Alle quali Mario Ravalico,
presidente della commissione Urbanistica, ha dato l’ultimo tocco, politico: «Tra
maggioranza e opposizione un positivo confronto, il Piano è davvero di tutti».
Da martedì il documento sarà sul web.
Gabriella Ziani
«Sì a incentivi per riqualificare l’esistente»
In una lettera Donato Riccesi, presidente dell’Ance di Trieste, propone
al sindaco un elenco di soluzioni
L’ha detto chiaramente: l’Ance non farà una guerra di religione sul Piano
regolatore adottato dal Consiglio comunale, ma neppure starà a guardare e a
subire. Qualche vago suggerimento il presidente dell’associazione triestina dei
costruttori, Donato Riccesi, l’aveva già espresso all’assessore Marchigiani in
occasione del convegno sul recupero edilizio urbano svoltosi alla Camera di
Commercio. Ora Riccesi mette nero su bianco alcune proposte e le invia in busta
chiusa al sindaco Roberto Cosolini. Il presidente dell’Ance non critica
l’importante riduzione dell’indice fondiario conseguente alle ridotte capacità
insediative e quindi al consumo del suolo previsto nel Piano regolatore - «lo
fanno in tutta Italia» - ma chiede che almeno si incentivino gli interventi di
manutenzione e ristrutturazione degli edifici che qui a Trieste ne hanno urgente
bisogno. Ricesi scrive al sindaco che su questo c’è la necessità di lavorare
insieme per riqualificare il patrimonio immobiliare esistente. In particolare
«per raggiungere un traguardo che ci permetta di contrastare la perdita di
attrattiva del centro storico e di rendere più urbane alcune parti semi-centrali
della nostra città». Oggi, nota Riccesi, oltre il 36% degli edifici di Trieste
risale a prima del 1943 e il 43,5% risulta realizzato tra il 1946 e il 1971. «Si
tratta quindi di un patrimonio immobiliare stanco o vecchio e quindi bisognoso
di riqualificazione di vario grado che deve riguardare, come minimo, le parti
comuni degli stabili e supportato, per far partire su larga scala le attività di
questo segmento di mercato, da un sistema mirato di incentivi a livello locale
che risultino sinergici con quelli già esistenti a livello nazionale». Questo
obiettivo - sottolinea ancora Riccesi - risulterebbe coerente con lo sviluppo
turistico della città, la cui bellezza si limita allo straordinario fronte mare
e a poche aree pedonali ma che dovrebbe riguardare tutto il patrimonio
immobiliare privato e non, realizzato prima del 1971. Per fare questo chiede
“una situazione di convenienze”. Quali? Nella lettera a Cosolini, il presidente
dell’Ance le enumera concretamente: esenzione della tassa di occupazione del
suolo pubblico delle aree adibite a cantiere per il periodo della durata dei
lavori; concessione di spazi pubblicitari sulle impalcature a titolo gratuito;
riduzione delle imposte comunali (proprietà, asporto rifiuti, ecc.) per un arco
di tempo decennale; una premialità che potrebbe riguardare, in misura maggiore,
chi si avvale di aziende iscritte alla Cassa edile della Provincia di Trieste.
Sono richieste costose per le casse comunali, soprattutto in periodi come
questo. Riccesi lo sa, ma i vantaggi non mancherebbero: «Come sempre si tratta
di scommettere che il minor gettito, solo teorico in quanto gli interventi che
non si fanno non lo producono, possa essere bilanciato vantaggiosamente dagli
investimenti derivanti da nuove attività e da maggiore occupazione».
Ferdinando Viola
Ferriera: lunedì scade il bando - Su Danieli nuove voci
e smentite
Entro il 21 aprile bisogna presentare le manifestazioni di interesse e
Arvedi continua a tacere
Salvaneschi (Fim-Cisl): «Abbiamo carbone per la cokeria fino a fine maggio, poi
sarà la fine»
Tre giorni alla chiusura del bando per la Ferriera di Servola, ma nemmeno
ieri dal Gruppo Arvedi di Cremona è giunta la conferma della presentazione della
manifestazione d’interesse. In compenso, come avviene quasi ciclicamente da
anni, è tornata a riaffiorare la voce di una possibile discesa in campo della
friulana Danieli. Era successo già nel maggio 2010 allorché la Severstal di
Alexei Mordashov aveva messo il Gruppo Lucchini all’asta con l’advisor Deutsche
Bank e si era parlato di un possibile coinvolgimento della Danieli attraverso
Abs-Acciaierie Bertoli Safau, ma anche nel giugno scorso all’emergere
dell’interessamento di Arvedi, quella della Danieli veniva considerata una pista
alternativa. Negli ultimi giorni la voce è sembrata riprendere quota negli
ambienti politici, mentre dal fronte sindacale Umberto Salvaneschi segretario di
Fim-Cisl per Trieste e Gorizia, oltre che dipendente della Ferriera ieri ha
confermato un riaffacciarsi dell’ipotesi Danieli addirittura all’apertura del
bando, cioé non più tardi degli ultimi giorni di marzo. «Voce però - specifica -
che non poggia su alcun dato concreto.» E nel primo pomeriggio di ieri dallo
stesso quartier generale della Danieli di Buttrio è uscita una dichiarazione
ufficiale: «Smentiamo qualsiasi tipo di interessamento alla Ferriera di Servola»
che potrebbe anche mettere la parola fine alle ripetute illazioni che hanno
chiamato in causa il colosso friulano. Di conseguenza è ulteriormente cresciuta
l’apprensione all’interno dello stabilimento dove però a seguito della chiusura
dell’altoforno in questi giorni sono assenti duecento dipendenti di cui la
maggioranza in cassa integrazione straordinaria e una minima parte per lo
smaltimento delle ferie residue. «Il bando per presentare le manifestazioni di
interesse è soltanto questo - specifica Salvaneschi - per cui siamo dinanzi a
giornate decisive per la sopravvivenza stessa dello stabilimento e ci auguriamo
che la proposta di Arvedi sia formalizzata proprio in queste ore. Attendiamo con
ansia la data del 21, ma ci auguriamo di apprendere buone notizie già prima.» La
questione stavolta è veramente alla stretta finale e anche la cokeria potrebbe
essere giunta alle ultime settimane di attività. «I lavori sulla bocca
dell’altoforno proseguono e presto termineranno - spiega Salvaneschi - ma per
questioni di sicurezza e di salvaguardia ambientale bisognerà intervenire anche
su altri parti dell’impianto e sarebbe meglio fare i lavori in un unica
soluzione. Il carbone per la cokeria si esaurirà invece alla fine di maggio: o
entro quella data arriverà nuova materia prima, che però non ci risulta essere
già stata ordinata, oppure sarà la fine. Per questo sono indispensabili
immediate novità sull’acquisto dello stabilimento.»
Silvio Maranzana
“Deledda”, studenti a caccia d’inquinamento - Con l’application
Dermap per i loro smartphone e tablet i ragazzi diventeranno detective
Studenti sguinzagliati in città “a caccia” di fenomeni d’inquinamento o
delle loro fonti, usando i loro stessi smartphone o tablet, che diventano oltre
che strumenti di comunicazione e ludici, anche mezzi per fare crescere la
sensibilizzazione all’ambiente e il senso civico. È questa la molteplice valenza
del progetto “Active people in a smart city”, nato da una convenzione tra le
scuole pubbliche e la Dermap, azienda specializzata in nuove tecnologie per il
monitoraggio ambientale. «Il progetto coinvolge molte scuole in Friuli Venezia
Giulia, a Trieste l’Istituto tecnico Deledda» spiega il triestino Daniele Gulic,
responsabile dell’azienda con sede nel Parco scientifico e tecnologico Luigi
Danieli a Udine. I tecnici della Dermap formeranno gli studenti del “Deledda”,
sulle tematiche ambientali e la partecipazione attiva, come “operatori sul
campo”. «Con la nostra applicazione per smartphone e tablet - sottolinea Gulic -
gli studenti attiveranno un monitoraggio ambientale riguardante l'inquinamento
acustico e odorigeno (cioè la verifica della presenza di odori anomali dovuti a
esempio a emissioni inquinanti) su tutto il territorio comunale della città. I
risultati saranno poi evidenziati sul Social Gis, la nostra piattaforma
tecnologica, e potranno essere integrate nei siti istituzionali comunali,
provinciali o regionali, rendendoli pubblici». L’iniziativa vuole dare enfasi
alla partecipazione attiva di studenti e cittadini per una gestione attenta e
puntuale del proprio territorio a supporto delle amministrazioni pubbliche e
private. È il primo esempio, inoltre, di attività partecipativa scuola-impresa
che porta a risultati tangibili: il progetto sarà presentato in occasione di “Go
on Fvg”, l’iniziativa per l’alfabetizzazione tecnologica, il 5 maggio. Al
“Deledda” sono state programmate due giornate formative il 29 aprile e 13
maggio, oltre a una giornata di campionamento operativa di esempio sul
territorio, quando gli studenti useranno il proprio smartphone o tablet con
l'applicazione Dermap installata. Gli stessi studenti, per un tempo definito (un
mese, due mesi, o addirittura l'intero anno scolastico) raccoglieranno sul
territorio le informazioni ambientali prescelte, in questo caso rumore e odori.
Potranno fornire la base per provvedimenti e strategie anti-inquinamento.
(p.p.g.)
Vengo, acquisto e pianto - Ritorna “Horti Tergestini”
Al parco di San Giovanni la mostra-mercato di piante e arredi da giardino
- Una tre giorni fitta di incontri, conferenze e laboratori per i più piccoli
Ritorna l’appuntamento di primavera con Horti Tergestini, l’ormai
tradizionale mostra mercato di piante e arredi per giardino. Domani, domenica e
lunedì, dalle 9 fino al tramonto, adulti, bambini e amici a quattro zampe
potranno aggirarsi tra le bancarelle della nona edizione della manifestazione,
che come sempre si terrà nel comprensorio del parco di San Giovanni e sarà a
ingresso libero. Per festeggiare in modo insolito la Pasqua e godere delle
fioriture e degli odori della primavera quest’anno ci saranno ben tre giorni a
disposizione per curiosare tra i numerosi stand e fare incetta di piante e
arredi per giardino, aggiornandosi con le ultime novità in fatto di libri o
“indossando la natura” con le creazioni degli artisti presenti. A fare da
corollario alla mostra mercato ci saranno anche in questa edizione numerosi
incontri di approfondimento e conferenze. Dopo l’inaugurazione prevista alle 10
di domani, alle 15 si partirà con tre appuntamenti dedicati alle piante. Di
piante acidofile e della loro coltivazione parlerà Ugo Laneri, biologo vegetale
e ricercatore dell’Enea, mentre l’erborista Christel Garassich, l’esperta in
etnobotanica Nawal Taha e il botanico Marco Paparot proporranno un percorso
guidato all’interno del parco per insegnare a riconoscere le piante spontanee in
ambienti antropizzati, con le loro proprietà medicinali e gli usi terapeutici.
Allo stand del Club amatori bonsai Trieste i visitatori potranno invece
apprendere le tecniche di coltivazione dei bonsai. I bambini dai 3 ai 13 anni
potranno passare il pomeriggio, dalle 15 alle 17, in compagnia del Gruppo
Immagine, che li coinvolgerà nei laboratori “Giocare con l’arte” (è necessaria
la prenotazione al 3332611573 o a info@mini-mu.it). Alle 17, con l’agronomo e
arboricoltore Andrea Maroè si discuterà di “Alberi agli antipodi”, mentre Matteo
Giraldi della Lipu accompagnerà il pubblico in una passeggiata a testa in su
alla scoperta degli uccelli del parco. Domenica si partirà alle 11, con una
passeggiata nel parco tra storia e arte, architettura e urbanistica, guidati da
alcuni docenti dell’università. Nel pomeriggio spazio a Mariangela Barbiero, che
alle 15 parlerà di “Roberto Burle Marx: il vero creatore del giardino moderno”.
Alle 17 Barbara Isidoro insegnerà a grandi e piccoli come realizzare un profumo
con gli oli essenziali, mentre Gaia Viola proporrà una conferenza-passeggiata
nel parco alla ricerca di erbe aromatiche commestibili. E poi ancora lezioni
teorico pratiche di compostaggio, un incontro dedicato al tè, una conferenza
sulle api. Il programma della manifestazione su www.hortitergestini.it.
Giulia Basso
Sopra e sotto il mare - Dal Carso al golfo assieme al
Wwf - appuntamenti
Anche la Riserva marina di Miramare si sta preparando a queste festività
pasquali. Ed è ricco il calendario di alternative per trascorrere qualche ora
all’aria aperta sul Carso, oppure a scoprire il nostro mare al Centro visite,
che per l’occasione sarà aperto dalle 10 alle 13 e dalle 14 alle 17. Ecco gli
appuntamenti: domani si parla di “L’alimentazione nel mondo sommerso”. Tutti a
tavola, insomma! Ma come si nutrono gli organismi marini? E soprattutto di cosa?
Si tratta di una visita guidata a tema (al Centro visite), adatta ad adulti e
famiglie, che introdurrà i visitatori alla vita marina del golfo di Trieste.
Appuntamento alle 11, durata un’ora circa. Domenica, invece, ecco “L’eleganza
della corvina”: con la sua elegante nuotata, la corvina è uno dei pesci più
affascinanti del golfo. Ma nasconde ancora molti segreti... Anche in questo caso
visita guidata a tema adatta ad adulti e famiglie: si parte alle 11. E così
siamo arrivati a lunedì di Pasquetta, e l’evento in programma è “Il mimetismo in
mare”. L’ambiente marino attraverso gli occhi delle prede e dei predatori: come
mi nascondo dai miei predatori? Come mi avvicino alle prede senza farmi vedere?
Le strategie sono molto diverse tra loro: un viaggio alla scoperta di come si
difendono e attaccano gli organismi marini, sfruttando forme e colori.
Appuntamento sempre al Centro visite del castelletto di Miramare, e si parte
sempre alle 11. Ma sempre a Pasquetta c’è un altro evento in calendario, una
bella escursione dal titolo “Pionieri della botanica”: la passeggiata
naturalistica condurrà i partecipanti alla scoperta di quali e quante specie
vegetali abbiano ripreso il sopravvento nei luoghi cardine degli scontri tra
l’esercito austriaco e italiano, lungo le pendici del monte Ermada, durante la
Grande Guerra. L’escursione - in italiano e sloveno - è organizzata dal Comune
di Duino Aurisina in collaborazione con il Wwf e durerà 3 ore circa (la
mattina). Il target, adulti e famiglie e bambini dai 6 anni in su. Per info e
prenotazioni in italiano telefonare al 3669571118, dalle 14 alle 17 (info e
prenotazioni in sloveno tel. allo 040-2017374 , dalle 9 alle 12). Per tutte le
altre visite guidate tematiche al Centro visite potete telefonare allo
040-224147 .
Caserme dismesse, contenitori di morte - Un
documentario di Diego Clericuzio prodotto da Cinemazero e Dmovie con Tucker
Pasolini parlava di “un paese di temporali e primule” viaggiando dal Veneto
al Friuli dove il paesaggio si fa tutto pianura e cielo. Quel passo offre oggi
lo spunto per parlare di dismissione militare nel Nord-Est Italia nel
documentario di Diego Clericuzio “Un paese di primule e caserme”, che sta per
vedere la luce grazie alla produzione di Cinemazero e Dmovie, con la
partecipazione di Tucker Film e il sostegno dell’Arpa LaRea Fvg. Il progetto
nasce durante “Le voci dell’inchiesta” del 2009, quando il triestino Fabrizio
Giraldi presentò una fotoinchiesta su alcune delle caserme dismesse in regione
che meritava un approfondimento. Il Friuli Venezia Giulia, terra di dominazioni
e battaglie, dopo la fine della Seconda guerra mondiale e con la Guerra fredda,
venne completamente militarizzato. Per difendere i confini fu schierato più del
50% dell’Esercito Italiano. Dopo la caduta del Muro, la situazione geopolitica
dell’area cambiò nel giro di pochi anni e l’Italia scelse di abrogare la leva
obbligatoria mentre cadevano anche i confini a Est. A quel punto l’Esercito
smobilitò circa 400 siti militari in poco tempo abbandonati, lasciando dietro di
sé un paesaggio mutato e un passato di storia e di storie. «Il documentario
attraversa i luoghi - spiega Riccardo Costantini, produttore e sceneggiatore -
ma intercetta anche persone la cui è vita è radicalmente cambiata da un momento
all’altro. Chi lavorava grazie alle caserme, come il fornaio o il pizzaiolo, si
è trovato di colpo senza lavoro, i militari vedono dimenticati i posti dove
hanno speso la loro vita». Un tessuto di voci e di luoghi in cui si inserisce la
questione ambientale. «Abbiamo lavorato a una ricerca con architetti paesaggisti
mappando le caserme dismesse - aggiunge Costantini. Molte di queste sono passate
ai Comuni, ma le amministrazioni non hanno strumenti né politici né economici
per gestire il problema e il risultato è l’abbandono”. Torna in mente il
bellissimo documentario “Materia Oscura”, girato al poligono militare di Salto
di Quirra in Sardegna, in cui Martina D’Anolfi e Massimo Parenti (ma anche lo
stesso Giraldi che aveva scattato una serie di foto negli stessi luoghi)
affrontavano il problema dello smaltimento delle scorie che hanno distrutto nel
tempo il territorio circostante. «Ci siamo posti anche questo problema -
assicura Costantini - e speriamo che il film possa essere un utile strumento di
denuncia. Al poligono del Dandolo, vicino a Maniago, si sparava con qualsiasi
pezzo d’artiglieria, questo deve aver avuto sicuramente un impatto. Moltissime
caserme sono strapiene di amianto e non è ancora stato fatto niente. Il problema
comunque sta a monte, queste aree sono inquinanti di per sé. Abbiamo più di
cento km/q di “resti”. Le sostanze inquinanti (amianto, uranio impoverito,
piombo, depositi medici abbandonati) andrebbero mappate per poi investire in una
bonifica. E il resto? Alla fine sarà la Natura a inglobare tutto». Le riprese (a
bassissimo costo) sono durate tre anni, ma per ultimare la post-produzione si è
resa necessaria un’operazione di crowdfunding che nell’ultimo mese ha registrato
ben 155 adesioni, grazie alle quali il documentario sarà presentato nel mese di
maggio all’Adunata degli Alpini che si terrà a Pordenone, per poi essere
proiettato in altre sedi ancora da definire. Poi qualche festival legato
all’ambiente e si passerà presto alla stampa del dvd perché questo vuole essere
soprattutto uno strumento importante di divulgazione “nella maniera più lirica
possibile”.
Beatrice Fiorentino
IL PICCOLO - GIOVEDI', 17 aprile 2014
Comune, adottato il nuovo Prg Marchigiani: «Ringrazio
tutti»
I grillini contrari: «Nell’area ex Fiera e a Campo Marzio lasciapassare
per nuovi inutili edifici»
Sossi (Sel): «Serve un piano strategico, la città sta morendo». Bertoli (Fi) :
«Garantiti solo i cimiteri»
«Adottato il Piano regolatore. Applausi per Elena Marchigiani» Aureo Muzzi,
consigliere del Pd, batte tutti sul tempo e twitta la storica notizia. Alle 22 e
8 minuti il Consiglio comunale vota la delibera di adozione del nuovo Prg.
Ventun voti a favore, 10 contrari e 3 astenuti. Tra gli astenuti il gruppo di
Un’Altra Trieste e il Nuovo Centrodestra (Paolo Rovis). Il Movimento 5 Stelle,
nonostante alcuni apprezzamenti in corso d’opera, voto contro. «Ringrazio l’aula
per il lavoro costruttivo svolto. È un Piano che deve traghettare questa città
in un periodo di crisi. Ringrazio maggioranza e opposizione: questo è il Piano
di tutti, il Piano della città di Trieste» esulta l’assessore che ha ricevuto i
complimenti bipartisan per il lavoro svolto. «Credo che l’assessore Marchigiani
abbia fatto in tre anni quello che le giunte precedenti non hanno fatto in 10
anni» riconosce Alessia Rosolen (Un’altra Trieste). «Stasera dalle 19.30
Consiglio con fase finale del Piano regolatore e delibera integrazione Hera-Amga.
Piatto ricco mi ci ficco» scherzava su Facebook ieri pomeriggio il consigliere
comunale del Pd Pietro Faraguna. Alla fine, in effetti, il piatto non piange.
L’adozione del Prg parte lenta. Al rallentatore. Con molte eccezioni. Diversi
preliminari. Parecchie spiegazioni. L’assessore Elena Marchigiani illustra le
ultime modifiche, le svariate specifiche e le rettifiche (la confusione tra
metri quadri e metri lineari regna sovrana all’interno del nuovo Prg). Articolo
dopo articolo spaziando dal mare e Carso. Una lettura di quasi mezz’ora durante
la quale si apprendono cose incredibili. Tipo: «Le terrazza a vasca non sono
ammesse per gli immobili di pregio sulla pubblica via». Oppure: «Le tettoie in
legno per il ricovero degli animali non possono essere più di una». «Forse sto
dando i numeri» dice a un certo punto l’assessore. E, ad ascoltarla, il dubbio
viene. I numeri fioccano fino alle 20.17. Poi una pausa di 15 minuti che
triplica. Si ricomincia alle 21. Senza fretta. Con le dichiarazioni di voto.
Apre le danze Paolo Bassi (gruppo misto ex Idv) che annuncia il primo voto
contrario dal fronte della maggioranza. Michele Lobianco (Impegno civico)
annuncia il voto contrario. Patrick Karlsen (Libertà civica) annuncia un voto
assolutamente favorevole e si lancia in lodi sperticate (come il collega civico
Roberto Decarli) nei confronti dell’assessore Marchigiani. Marino Sossi (Sel)
annuncia un voto favorevole venato di pessimismo: «Sono preoccupato dal consumo
del suolo ma anche dal fatto che nessun imprenditore verrà a edificare in una
città che sta morendo. Oltre al Prg serve un piano strategico». Cesare Cetin,
dell’Idv, vota a favore sulla scia di Karlsen. Giovanni Maria Coloni, capogruppo
del Pd, non ha dubbi: «Finalmente Trieste ha un Piano adeguato, che interviene
in un momento di crisi». Stefano Patuanelli, consigliere del Movimento 5 Stelle,
boccia un Piano che si avvicina ai principi del movimento ma non abbastanza.
«Nonostante lo slogan "riduzione del consumo di suolo", propone 14 area di
espansione e molte grandi "aree di trasformazione" (Fiera e Campo Marzio in
primis) che saranno il lasciapassare per la costruzione di nuovi inutili
edifici» spiega Paolo Menis, l’altro grillino. Everest Bertoli (Forza Italia)
vota contro preoccupato dal consumo dei suolo dei camposanti: «Un Piano
fantasioso. Viene tolta l’edificabilita' a tutto, meno ai cimiteri non
cattolici. Un casa per l’aldilà serve sempre». Una pietra sopra, insomma, al
nuovo Prg. Claudio Giacomelli, Fratelli d’Italia, lo boccia con ironia perché
non in linea con il programma del sindaco: «Non mi sembra il Prg di una città
che ha l’ambizione di tornare grande». Cosolini, insomma, è servito.
Fabio Dorigo
Presentazione pubblica con il punto di domanda -
i contenuti
Il Comune ha annunciato per questo pomeriggio alle 18 al Ridotto del teatro
Verdi un incontro pubblico dedicato al Piano regolatore. Obiettivo, presentare
ai cittadini, alle associazioni e alle categorie interessate i contenuti
principali del ponderoso documento. Previsti gli interventi del sindaco Roberto
Cosolini, dell’assessore alla pianificazione urbanistica Elena Marchigiani e del
presidente della commissione consiliare urbanistica Mario Ravalico. Appuntamento
fissato, dunque, ma con riserva: e annullato nel caso in cui il Consiglio
comunale non avesse infine approvato la delibera.
«Linea interrotta, rischio paralisi» Edera: Campo
Marzio-Opicina, la Regione si attivi con le Ferrovie
La linea Campo Marzio-Villa Opicina è oggetto di un'interpellanza presentata
alla giunta regionale dal consigliere Emiliano Edera (Cittadini). Edera esprime
«preoccupazione» per il fatto che - già a fine marzo - le Ferrovie hanno
interrotto la linea per problemi su alcune gallerie. Edera chiede alla giunta di
attivarsi subito con Rfi per capire nel dettaglio le ragioni della sospensione
del servizio e, soprattutto, per sapere quali siano gli interventi programmati
dal gestore per garantire nel minor tempo possibile la rimessa in esercizio
della linea. «Sorge il dubbio - dice Edera - sull'effettiva volontà dell'azienda
di procedere alla riattivazione e cresce il timore che l'interruzione in atto
sia da interpretare come l'anticamera della definitiva soppressione, secondo una
politica dei rami secchi, già operante negli anni '50 e 60 nel nostro Paese e
che ora rischia di rinnovarsi nella nostra regione». Trieste Campo Marzio
rappresenta il principale scalo ferroviario merci a servizio dell'intera
portualità del Punto Franco Nuovo di Trieste. La linea che lo collega alla
stazione di Villa Opicina - come sottolineato già da più parti - è il solo
percorso alternativo alla principale litoranea che da Trieste Centrale si
connette con Bivio Aurisina e da qui a Monfalcone, per le direttrici Venezia e
Udine/Tarvisio. «L'interruzione della linea - aggiunge Edera - espone l'intero
nodo ferroviario di Trieste al rischio di paralisi totale nel caso dovesse
verificarsi un qualsiasi inconveniente sulla tratta litoranea Trieste Centrale -
Bivio Aurisina, specie se di grave entità, ovvero un'interruzione accidentale
che coinvolga entrambi i binari».
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 16 aprile 2014
Il rigassificatore a un solo passo dallo stop definitivo
Il sottosegretario De Vincenti risponde a Pellegrino
(Sel): verso la revoca l’ok alla valutazione d’impatto ambientale
ALTERNATIVE FALLITE Non si sono verificate le ipotesi possibili: modifica al
Piano regolatore del porto o diversa localizzazione dell’impianto
Dopo anni di pericolosi tiraemolla, stavolta è proprio finita: il
rigassificatore di Trieste muore prima di nascere. «Il procedimento avviato dal
Ministero dell’Ambiente presumibilmente si chiuderà con la revoca della
Valutazione d’impatto ambientale positiva a suo tempo adottata e
conseguentemente il Ministero dello Sviluppo economico dovrà rigettare la
domanda di autorizzazione alla costruzione dell’impianto». È la risposta data
ieri dal sottosegretario del Mise Claudio De Vincenti alla deputata di Sel
Serena Pellegrino che oltre un anno fa, per la precisione il 9 aprile 2013,
aveva presentato un’interpellanza sull’impianto di Zaule. Il 17 ottobre, il
direttore generale del ministero dell’Ambiente Mariano Grillo aveva annunciato
che il suo dicastero era sul punto di revocare il decreto di compatibilità
ambientale, a Gas Natural a cui dava dieci giorni per replicare. Poi da Roma
solo silenzio con in mezzo il passaggio dal Governo Letta al Governo Renzi.
Resta in piedi soltanto la causa intentata da Gas Natural dinanzi al Tar del
Lazio per invalidare la sospensione di sei mesi al decreto di compatibilità
decretata dall’ex ministro Clini. All’udienza del 18 marzo però è stata la
stessa società di Barcellona a chiedere un rinvio. «Lo schema del decreto di
revoca - ha riferito ieri De Vincenti - era già stato firmato dall’ex ministro
dell’Ambiente Andrea Orlando e inoltrato il 13 febbraio per la firma del
ministro per i Beni culturali, ma essendo nel frattempo mutata la compagine
governativa lo stesso decreto è stato restituito al ministro dell’Ambiente ora
in carica (Gian Luca Galletti, ndr.) che sta procedendo ai controlli e agli
approfondimenti procedurali e amministrativi prima della firma». Non ci fosse
stato il cambio di governo, pare di capire, la domanda sarebbe già stata
rigettata. E per l’impianto di Gas Natural non vi è alcuna speranza nemmeno in
siti alternativi. «La delocalizzazione dell’impianto - ha specificato infatti il
sottosegretario - poteva essere valutata dal ministero dell’Ambiente alla
scadenza del termine, cioé il 18 ottobre, in funzione del verificarsi o meno di
una delle due circostanze alternative previste nel decreto ministeriale, cioé lo
spostamento dell’impianto in altra località da parte della società proponente o
la revisione del Piano regolatore portuale per renderlo compatibile con la
presenza dell’impianto». «Ma nessuna delle due ipotesi - si sottolinea più
avanti - si è realizzata e il ministro dell’Ambiente ha avviato il procedimento
di revoca». In una nota, Serena Pellegrino ha sottolineato come «l’azione di
Sinistra Ecologia Libertà abbia ottenuto una fondamentale presa di posizione da
parte del ministero dello Sviluppo economico». De Vincenti ha anche comunicato
che «proseguono i lavori del Tavolo di coordinamento trilaterale (Italia,
Slovenia, Croazia) di tutte le iniziative infrastrutturali dell’Alto Adriatico
nel corso dei quali sono esaminati anche i progetti di terminali di
rigassificazione in Slovenia, nel porto di Capodistria e nell’isola di Veglia in
Croazia». Se il progetto di Capodistria avanzasse per Trieste sarebbe
un’autentica beffa.
Silvio Maranzana
Tralicci a Chiampore, Longo promette: «Niente sconti»
MUGGIA Verificare il numero delle emittenti presenti a Chiampore e far
rispettare l'impegno di spostamento del traliccio del Monte Castellier. Sono
questi i due impegni presi da parte dell'assessore all'Ambiente del Comune di
Muggia Fabio Longo alla luce delle ultime vicende che stanno interessando la
travagliata vicenda tralicci del territorio muggesano. «A seguito dei lavori che
i gestori del traliccio abusivo, presente a Chiampore nei pressi di via Vivoda,
hanno recentemente fatto nonostante l'ordinanza del Comune di Muggia che impone
invece la demolizione del traliccio entro 90 giorni, ho deciso di verificare al
ministero dello Sviluppo economico il numero delle emittenti attualmente
presenti a Chiampore nonchè la loro precisa ubicazione anche al fine di
accertare l'esistenza o meno dei relativi titoli autorizzativi», ha spiegato
l'assessore. Riguardo a Santa Barbara e al traliccio del Monte Castellier, Longo
"a seguito delle richieste pervenute dai cittadini di Santa Barbara, tenute
sempre nella massima considerazione dal Comune, e del ritrovamento del muro di
epoca romana”, precisa che tra il Comune di Muggia, la Soprintendenza
archeologica ed il gestore, proprietario di tre emittenti, che ha costruito
l'antenna sul Monte Castellier “è stato sottoscritto un impegno definitivo per
spostare il traliccio in un altro sito ben lontano da Santa Barbara, entro 18
mesi, auspicando così la soddisfazione di tutte le parti”. Un impegno che Longo
ha promesso di far rispettare a tutte le parti interessate davanti anche alle
aspre proteste da parte del Comitato antiantenne di Santa Barbara che aveva
evidenziato come l'abbattimento del traliccio vicino alla caserma dei
Carabinieri in zona Chiampore abbia significato in realtà il trasferimento del
nuovo manufatto proprio sul Monte Castellier. Motivo per cui l'assessore Longo
ha promesso di far rispettare l'accordo per il trasferimento del nuovo
contestatissimo traliccio.
(ri.to.)
STASERA - Piano regolatore in Consiglio comunale
Si riunisce oggi alle 19 nell’aula di piazza Unità il Consiglio comunale. Dopo interrogazioni e domande di attualità, alle 19.30 il via alla fase dedicata alle delibere. All’ordine del giorno l’adozione del nuovo Piano regolatore generale comunale, con relatore l’assessore all’urbanistica Elena Marchigiani. Tra le proposte di deliberazione in discussione figurano anche la fusione per incorporazione di Amga in Hera spa, la cessione di un terreno a titolo gratuito a La Fonte Comunità famiglia onlus e l’individuazione annuale delle zone non metanizzate nell’ambito territoriale del Comune
COMUNICATO STAMPA - MARTEDI', 15 aprile 2014
Pellegrino: piu' vicino rigetto del progetto
rigassificatore di Zaule. Governo riconosce criticità denunciate da tempo da SEL.
L’azione parlamentare di Sinistra Ecologia Libertà contro il
rigassificatore di Zaule, nel golfo di Trieste, ha ottenuto quest’oggi una
fondamentale presa di posizione da parte del Ministero delle attività
produttive: e cioè il riconoscimento in aula delle criticità e incongruenze del
progetto, ampiamente evidenziate ormai un anno fa, con il coinvolgimento di ben
tre dicasteri, Ambiente, Trasporti, Attività produttive.
Lo spiega la parlamentare Serena Pellegrino (Sel) che dopo aver depositato,
nella primavera del 2013, una mozione e una interpellanza alla Camera dei
deputati , successivamente aveva coinvolto sul problema del progetto di Zaule la
vicepresidente della Commissione europea , richiamando così l’attenzione dell’UE
sull’allarmante situazione di Trieste e della circostante area transfrontaliera
tra Italia e Slovenia.
“ Oggi – dichiara Pellegrino – il Sottosegretario alle Attività produttive
Claudio De Vincenti ci ha anticipato che il Ministero dell’Ambiente con tutta
probabilità revocherà la Valutazione d’impatto ambientale positiva a suo tempo
concessa al progetto. E conseguentemente il Ministero delle Attività produttive
rigetterà la domanda di autorizzazione alla realizzazione dell’impianto di
Zaule.”
“Abbiamo ovviamente sottolineato la necessità di una diversa inquadratura del
ruolo dei rigassificatori all’interno di un Piano energetico nazionale che
preveda di produrre quanto effettivamente occorra al Paese, coerentemente con le
ottime politiche di efficientamento energetico che questo Governo sta mettendo
in atto.”
“ L’urgenza di questo formale rigetto – conclude Pellegrino - ha importanza
anche perché proseguono i lavori del coordinamento trilaterale Croazia,Italia e
Slovenia rispetto tutte le iniziative infrastrutturali dell’Alto Adriatico,
inclusi quindi anche i progetti dei rigassificatori proposti nel porto di
Capodistria-Koper e sull’isola di Veglia-Krk.”
Serena Pellegrino
IL PICCOLO - MARTEDI', 15 aprile 2014
PAES «Sei anni di tempo per ridurre le emissioni»
Obiettivo del 20% in meno entro il 2020. Laureni:
importante lavorare in rete
Un vero e proprio patto con la città e una sfida che si può vincere solo
attraverso un calibrato gioco di squadra. Ma soprattutto imprimendo
un’accelerazione al lavoro ancora da fare per raggiungere l’obiettivo finale. È
questo il messaggio lanciato nel corso del convegno che si è tenuto al
Revoltella, in cui è stato ufficialmente illustrato il Paes, il Piano di azione
per l'energia sostenibile, da poco varato dal Comune. L'impegno, che rientra nel
Patto dei sindaci - il documento che fa capo alle direttive comunitarie - è
quello di ridurre del 20 per cento le emissioni di anidride carbonica (Co2)
entro il 2020: il che tradotto in numeri significa scendere dalle 918 mila
tonnellate di Co2 prodotte a partire dall'anno di riferimento, il 2001, fino a
730 mila tonnellate, vale a dire 183 mila in meno. Al momento ci troviamo a metà
strada, nel senso che ad oggi la riduzione delle emissioni di anidride carbonica
è stata del 10 per cento: rimangono dunque solo sei anni per completare l'opera.
«Resta da portare a termine la parte più difficile - ha affermato Umberto
Laureni, assessore comunale all'ambiente, nel suo intervento seguito ai saluti
del sindaco Cosolini e degli assessori omologhi della Provincia Zollia Vittorio
e della Regione Sara Vito -. Ecco allora l'importanza del lavoro in rete e del
coinvolgimento nel percorso di attuazione del Piano di tutta la cittadinanza:
dagli enti pubblici, che peraltro stanno già collaborando con noi, fino alle
categorie professionali ed ai soggetti privati». Tre i cardini sui quali si
fonda il Piano, che conta su 24 azioni complessive: in testa c'è il risparmio
energetico (che passa per la riqualificazione degli edifici privati e di quelli
del terziario), poi la limitazione della circolazione dei veicoli, soprattutto
quelli più datati (responsabili sia delle emissioni di Co2, sia
dell'inquinamento urbano), e infine la produzione di energia da fonti
rinnovabili (ad esempio gli impianti fotovoltaici), cui si aggiunge il percorso
di sensibilizzazione e informazione su temi energetici e ambientali. Tra gli
interventi più attesi quello del premio Nobel Filippo Giorgi, del Centro
internazionale di fisica teorica Abdus Salam e membro del Comitato
intergovernativo sui cambiamenti climatici, che ha parlato dei rischi collegati
all'alta concentrazione dei gas serra nell'atmosfera. «La più importante delle
soluzioni per contrastare il problema è certamente quella dell'efficienza
energetica, se pensiamo che oggi viene sprecato complessivamente il 60 per cento
dell'energia prodotta - ha spiegato Giorgi -. È importante partire, e la cosa
vale anche per Trieste, dagli incentivi alle nuove tecnologie: una città che
però al contempo si presenta molto congestionata e deve fare i conti con un
grosso problema, quello dell'inquinamento urbano, tra i più elevati in Italia».
Pierpaolo Pitich
Ezit, via al piano di bonifica per le aree del Sito
inquinato
L’Ente zona industriale effettuerà il piano di caratterizzazione della
zona - Stipulata una convenzione quinquennale col Comune muggesano
MUGGIA L'Ezit attuerà il Piano di caratterizzazione realizzando il progetto
di bonifica per le aree pubbliche e per quelle il cui inquinamento è
attribuibile ad attività pubbliche. Nuovo importantissimo passo dunque per il
futuro del Sito inquinato di interesse nazionale (Sin) di Trieste ricadente nel
territorio comunale muggesano. Su proposta dell'assessore all'Ambiente del
Comune di Muggia Fabio Longo, la giunta comunale del sindaco nerio Nesladek ha
approvato una convenzione della durata di cinque anni da stipulare tra il Comune
di Muggia e l'Ezit per l'attuazione delle attività ambientali relativamente alle
aree, ubicate nella parte a terra del Sito inquinato di interesse nazionale di
proprietà pubblica. Dopo l'individuazione dell'area inquinata ufficializzata con
decreto ministeriale del 2003, continua pertanto l'attività per giungere alle
bonifiche dei terreni inquinati. Il 25 maggio 2012, il Ministro dell'Ambiente
Corrado Clini e tutti gli enti interessati - ministero dell'Ambiente, Regione,
Provincia, Comuni di Trieste e Muggia, Autorità Portuale ed Ezit - avevano
firmato un Accordo di programma necessario per dar corso all'iter relativo alle
bonifiche nel Sin. Quella che, all’epoca, era stata salutata come la soluzione
decisiva che cancellava il vituperato danno ambientale, comprensivo di sanatoria
transattiva a carico delle imprese insediate a prescindere dalle colpe, con
pagamenti da 80 euro al metro quadrato. Ai sensi della legge regionale 15/04 la
Regione ha affidato in delegazione amministrativa lo svolgimento delle attività
previste da detto Accordo per quanto riguarda l'esecuzione del Piano di
caratterizzazione generale e l'Analisi di rischio sanitario ed ambientale. Per
le verifiche sulle aree pubbliche, come quelle di proprietà del Comune di
Muggia, l'Ezit deve sottoscrivere gli appositi accordi con i vari enti
interessati. «Siamo così giunti alla firma dell'accordo in base al quale l'Ezit
attuerà il Piano di caratterizzazione redigendo e attuando il progetto di
bonifica per le aree pubbliche e per quelle il cui inquinamento è attribuibile
ad attività pubbliche», racconta l'assessore all'Ambiente di Muggia Fabio Longo.
In particolare verrà elaborato il modello idrogeologico e redatta l'analisi di
rischio sito-specifica. La notizia arriva proprio mentre sta per partire la
class action contro il meccanismo che, in caso d’inquinamento accertato
dall’imminente Piano di caratterizzazione all’interno di una particella
catastale, qualora le ricerche storiche non riescano a trovare i responsabili di
tale inquinamento, obbliga gli odierni proprietari ad accollarsi oneri per circa
12 euro al metro quadrato. Una class action che parte da un gruppo di aziende
che paiono addirittura contro il piano di caratterizzazioni come dichiarato
qualche giorno al Piccolo: «Non si possono spendere soldi pubblici per fare
carotaggi in un terreno che si presume contaminato solo perché è stato inserito
in un Sin eccessivamente allargato, chiediamo si faccia una ricerca storica
preventiva per procedere eventualmente solo dopo, come del resto previsto
dall’Accordo del 2012».
Riccardo Tosques
All’asta nove cavalli dell’isola della Cona
L’offerta per ogni Camargue potrebbe raggiungere mille euro. Vietata la
macellazione degli animali
STARANZANO Il Comune di Staranzano, capofila dell’Ente gestore della Riserva
Foce Isonzo (assieme a San Canzian, Fiumicello e Grado), mette in vendita a
privati nove cavalli Camargue dell’isola della Cona. Si tratta di cinque maschi,
Tiglio (nato nel 2007), U1 (2008), Vento (2009) Auro e Astro (2010), e quattro
femmine, Upupa (2008), Bora e Brina (2011), Ciliegia (2012). Lo “sfoltimento”
del numero dei cavalli che oggi conta quasi trenta esemplari, è stato coordinato
dalla cooperativa Rogos in collaborazione con la Sbic (Stazione biologica della
Cona) in primis per una gestione più razionale del “sistema pascolo” e per un
equilibrio nel programma della biodiversità dell’area protetta, oggi messo in
difficoltà da un eccessivo pascolamento degli animali che potrebbero mettere in
forse il rigoglio della vegetazione. Per la vendita dei Camargue che sono un
bene dello Stato (e non sono macellabili) è stata indetta un’asta pubblica con
offerte a buste chiuse (si può acquistare anche più di un cavallo), in vigore
dal 15° giorno di esposizione all’albo della delibera, cioè dopo il 25 aprile.
L’asta si svolgerà in base al “Regolamento per l’amministrazione del patrimonio
e per la contabilità generale dello Stato” per mezzo di offerta segreta da
confrontarsi con il prezzo massimo o minimo indicato (che potrebbe essere un
migliaio di euro). «Non vendiamo per far cassa – sostiene l’assessore
all’Ambiente, Matteo Negrari –. La decisione è stata presa in accordo con la
cooperativa Rogos che gestisce materialmente la Riserva assieme alla Sbic, dopo
un’attenta valutazione sullo stato di salute dei cavalli ora presenti in più
recinti». E aggiunge: «Tutto il ricavato della vendita – spiega ancora Negrari –
verrà investito per favorire una gestione più equilibrata degli animali, poiché
attualmente sono aumentate le difficoltà. Occorre tener presente che i Camargue
sono addomesticati e addestrati per essere cavalcati. Si trovano molto bene sia
con gli adulti che con i bambini. Già di recente ci sono stati alcuni
interessamenti per l’acquisto, anche perché nelle condizioni in cui si trovano
hanno un discreto valore di mercato. Vedremo le offerte che arriveranno».
Ciro Vitiello
IL PICCOLO - LUNEDI', 14 aprile 2014
Convegno - Piano per l’energia sostenibile
Il Piano di Azione per l’Energia Sostenibile (Paes),
approvato il 20 gennaio scorso, entra nella sua fase attuativa. Nel Convegno che
si terrà oggi all’Auditorium del Revoltella, dalle 15 alle 19, il Comune punterà
l’attenzione sul Piano - recentemente approvato dall’Amministrazione comunale -
rivolgendosi alla città e a tutte le sue componenti per individuare azioni e
interventi con cui ridurre del 20%, entro il 2020, le emissioni di anidride
carbonica rispetto ai valori del 2001. Un impegno che segue all’adesione nel
2012 al Patto dei sindaci e richiede un lavoro coordinato nel quale Enti,
progettisti, amministratori di stabili dovranno svolgere un ruolo rilevante.
Pulizie di Pasqua sulla Costa dei Barbari
DUINO AURISINA Una ventina i volontari che armati di sacchi, rastrelli e
guanti si sono dati appuntamento ieri alla Costa dei Barbari per l'operazione
“spiaggia pulita”, sorta sul tam tam dei social network. Solo nella mattina una
cinquantina i sacchi neri pieni di immondizia caricati sul mezzo messo a
disposizione dal Wwf - Area Marina protetta di Miramare e trasferiti a
Castelreggio per essere conferiti in alcuni container, messi a disposizione del
Comune con la finalità del successivo smaltimento. Presente alla giornata
ecologica anche il presidente della Seconda commissione consiliare comunale
Maurizio Rozza: «Abbiamo ripulito l'arenile, ma sarà necessario un ulteriore
intervento degli operai del Comune per l'asporto del numeroso legname rinvenuto:
purtroppo con le piene dei fiumi al mare è arrivato di tutto, alberi interi.
Impossibile trasportarli a mani nude, ci vorrà prima ridurli a pezzi con
l'ausilio delle motoseghe». La pulizia si è focalizzata sul tratto di spiaggia
naturista della Costa dei Barbari compresa tra Portopiccolo e l'ex hotel Europa,
dove sono state raccolte dalle squadre dei volontari numerose reti danneggiate
della miticoltura, polistirolo, lattine, plastica e galleggianti, tutto
materiale assolutamente non biodegradabile. «Un ringraziamento speciale ai
ragazzi della riserva – conclude Rozza – che hanno lavorato gratis e acquistato
la nafta per l'imbarcazione con risorse proprie».
(ti.ca.)
Aumento record nelle emissioni di gas serra
L’appello del Gruppo internazionale sui cambiamenti
climatici: «I governi invertano subito la rotta»
BERLINO A dispetto della crisi, che negli ultimi anni ha fatto fare un
pesante passo indietro all'economia mondiale, il volume globale di emissioni di
gas serra ha continuato ad aumentare. Anzi di più: tra il 2000 e il 2010 è
cresciuto a livelli record, come mai nei tre decenni precedenti. L'allarme lo
hanno lanciato ieri gli scienziati del Gruppo intergovernativo di esperti sul
cambiamento climatico (Ipcc), riuniti a Berlino per presentare la terza e ultima
parte del quinto rapporto sul clima, redatto sotto l'ombrello dell'Onu. Un
rapporto sul quale arriva il commento del segretario di Stato Usa, John Kerry: è
una nuova «sveglia», dice, che «mette bene in chiaro che ci troviamo di fronte
ad una questione di volontà globale, non di capacità». In effetti, sottolineano
gli scienziati, cambiare si può. Ma serve invertire la prospettiva nelle scelte
politiche e proseguire negli sviluppi tecnologici. Per tenere il
surriscaldamento globale entro i due gradi centigradi dal livello
pre-industriale, occorrerà tagliare entro il 2050 le emissioni tra il 40% e il
70% rispetto al 2010, riducendole poi fino a un valore prossimo allo zero entro
la fine del secolo. «Dalla scienza arriva un messaggio chiaro: per evitare
pericolose interferenze con il sistema climatico occorre smettere di avere un
atteggiamento di sottovalutazione», ha sottolineato uno dei tre copresidenti del
terzo gruppo di lavoro, Ottmar Edenhofer. L'impatto di un'azione decisa non
sarebbe particolarmente rilevante per l'economia: si stima che entro la fine del
21.o secolo si produrrebbe un rallentamento medio della crescita mondiale dello
0,06% del Pil all'anno. «Il mondo non deve sacrificare la crescita per salvare
l'ambiente», commenta Edenhofer. Tra l'altro, aggiunge il tedesco, lo scenario
non esclude dal costo il risparmio che deriverebbe dalla limitazione dei
fenomeni atmosferici estremi e dall'inquinamento dell'aria. Se invece non si
faranno gli sforzi necessari la temperatura media del globo terrestre potrebbe
crescere tra 3,7 e 4,8 gradi centigradi nel 21/o secolo, stima uno degli scenari
elaborati da 235 autori da 58 Paesi mettendo a confronto oltre 10mila fonti
scientifiche. Gli esperti non danno prescrizioni ai governi: «Non è compito
dell'Ipcc», spiegano i responsabili a chi chiede cosa debbano fare i governi per
evitare la catastrofe. Ma il rapporto è più che chiaro nell'analisi e nella
«sveglia», per usare le parole di Kerry. Occorre agire, ora, ribadiscono gli
attivisti di Greenpeace in una manifestazione organizzata sempre ieri a Berlino,
spingendo sullo sviluppo delle rinnovabili. E tutti i Paesi devono prendere
parte al cambiamento, sottolinea l'ong Oxfam.
IL PICCOLO - DOMENICA, 13 aprile 2014
No smog: «La Ferriera inquina anche solo con la
cokeria» - continua la protesta
Frattanto, anche in una fase in cui la produzione siderurgica è ridotta,
l’associazione “No smog” continua a tenere l’attenzione desta sull’«inquinamento
prodotto dalla Ferriera di Servola». «Abbiamo comparato i dati del benzopirene e
delle Pm10 rilevati dalle centraline di Trieste e di Taranto (dove vi sono gli
impianti dell’Ilva) - ha affermato la presidente Alda Sancin - e tra gennaio e
settembre 2013 la situazione è sempre stata migliore nella città pugliese che da
noi, dove, in particolare in via San Lorenzo in Selva, si sono registrate 82
giornate di sforamento dei limiti di legge. Inoltre a Trieste l’unica centralina
che misura le Pm 2,5 (cioé il particolato fine in grado di penetrare
profondamente nei polmoni) è in piazza Libertà quindi ben lontana dallo
stabilimento servolano.» Lo stop attualmente in vigore dell’altoforno secondo
“No smog” non ha migliorato granché la situazione. «I danni maggiori - sostiene
Sancin - li fa la cokeria. Siamo stati a spiegarlo anche alla presidente della
Regione Debora Serracchiani che solo qualche settimana dopo ha proclamato che la
cokeria non si chiude. Quella di Servola è particolarmente vetusta tanto che il
fumo dal suo camino che dovrebbe essere espulso solo in caso di emergenza esce
invece di continuo». Opinione dell’associazione è che tutta la Ferriera di
Servola sia una sorta di colabrodo tanto che i 20-22 milioni promessi da Arvedi
per il risanamento degli impianti non risolverebbero quasi nulla. E il
segretario di “No smog” Adriano Tasso ha invitato ancora una volta i politici a
considerare anche i progetti della logistica come quelli di Alpe Adria e della
società austriaca. All’incontro sono intervenuti l’assessore Umberto Laureni,
Aris Prodani e Andrea Ussai del M5s e Fabio Petrossi del Pd.
(s.m.)
Bonifiche, sarà “class action” contro l’analisi dei
terreni
Imminente ricorso al Tar di 15 imprese: contestano l’attuazione
dell’Accordo Clini da parte della Regione, che espone i privati a oneri per 12
euro al metro quadrato
«Indietro non si può più tornare». Al Tar, ad oggi - eccezion fatta per
quello depositato dalla Pacorini nel 2012, e tuttora pendente - non c’è un
ricorso che faccia ombra sopra il Sin. Ma è solo questione di ore. Uno studio
legale appositamente incaricato, a onor del vero, sta ancora visionando le
carte. Com’è vero che martedì è in agenda all’Ezit un’ultima riunione tra la
dirigenza di via Caboto e i contras per tentare d’evitare l’inevitabile: la
strada delle cause. Il dado, d’altronde, pare oramai tratto. Sta per partire, in
effetti, la class action contro il meccanismo che, in caso d’inquinamento
accertato dall’imminente Piano di caratterizzazione all’interno di una
particella catastale, qualora le ricerche storiche non riescano a trovare i
responsabili di tale inquinamento, obbliga gli odierni proprietari ad accollarsi
oneri per circa 12 euro al metro quadrato. I ricorrenti novelli, per intanto,
dovrebbero essere «una quindicina». Questo perché, appunto, «indietro non si può
più tornare», e perché, per giunta, «il tempo per presentare i ricorsi sta per
scadere»: la dead line è fissata, al massimo, «al 24 di questo mese», con la
Pasqua in mezzo. Parola di Fabio Muiesan, il titolare di un terreno compreso
proprio nel Sin, che si sta facendo portavoce della protesta di un gruppo di
artigiani e piccole imprese contro l’applicazione delle regole che discendono
dall’ultima (e vigente) versione dell’Accordo di programma, battezzata il 25
maggio 2012 dall’allora ministro Corrado Clini. Quella che, all’epoca, era stata
salutata come la soluzione decisiva ché cancellava il vituperato danno
ambientale, comprensivo di sanatoria transattiva a carico delle imprese
insediate a prescindere dalle colpe. Botte da 80 euro al metro quadrato. Un coro
di placet dal quale s’era chiamata fuori una voce soltanto, quella della
Pacorini, che aveva impugnato l’Accordo al Tar. Cosa che i nuovi contras - che
una decina di giorni fa erano una trentina su quasi 120 soggetti accomunati
dalle stesse condizioni, mentre ora sono «una quarantina» - non possono più
fare. L’opposizione a un atto amministrativo, se si fa, si deve fare entro 60
giorni. Il tempo insomma è scaduto per ricorrere contro l’Accordo, ma ancora non
lo è - sostiene il gruppo dei contestatori - per ricorrere contro la
comunicazione dell’«attuazione» dell’Accordo stesso, con cui la Regione ha dato
il mandato all’Ezit di partire con il Piano di caratterizzazione. Una lettera
datata 14 febbraio, e ricevuta per raccomandata o per Pec generalmente nella
decade successiva, prima di un apposito convegno. «I tempi sono strettissimi -
così Muiesan - persino per capire se vale la pena andare in causa o se esiste
una via alternativa. Non abbiamo scelta. Questo ci costringerà ad affrontare in
questi tempi di crisi decine di migliaia di euro di spese giudiziarie solo per
mettere una mano avanti, e solo perché le istituzioni non hanno inteso dare
risposta alla nostra protesta». I contras, tra le altre cose, puntano oggi a
evitare addirittura che l’Ezit proceda con le caratterizzazioni: «Non si possono
spendere soldi pubblici per fare carotaggi in un terreno che si presume
contaminato solo perché è stato inserito in un Sin eccessivamente allargato,
chiediamo si faccia una ricerca storica preventiva per procedere eventualmente
solo dopo, come del resto previsto dall’Accordo del 2012». E il milione e mezzo
di tesoretto che la Camera di Commercio dice d’avere da parte per aiutare le
aziende del Sin? «Quei soldi - chiude Muiesan - in origine erano destinati
all’abbattimento dei famosi 80 euro al metro quadrato di danno ambientale, non
c’è la certezza possano essere utilizzati per coprire le spese delle
caratterizzazioni ora che l’Accordo è cambiato».
Piero Rauber
IL PICCOLO - SABATO, 12 aprile 2014
Con il nuovo depuratore acque “pulite” a Barcola
L’impianto con sede in viale Miramare sarà chiuso, le tubazioni saranno
deviate fino a via Udine dove è previsto l’innesto verso la struttura di Servola
Un tubo è un tubo. Ma la doppia operazione “depuratore” scattata a ottobre
su viale Miramare e adesso lanciata in direzione Servola è non solo costosa (52
milioni) ma piena di conseguenze per la città: il depuratore di Barcola, che
finora ha avuto sede tecnica nella casetta che s’incontra su viale Miramare (“ex
dazio”) sarà chiuso, non verserà più acque sporche in mare, ed è questa
deviazione che si sta costruendo da ottobre in qua: le nuove tubazioni, che
parzialmente vengono infilate dentro una condotta esistente, cammineranno fino a
Scala Belvedere, saliranno in via Udine, e lì, in corrispondenza dell’incrocio
strada-scala si fermeranno per essere innestate su uno dei collettori principali
delle rete fognaria cittadina che porta direttamente all’impianto di Servola, e
anche i “rifiuti” barcolani saliranno a quella quota, regolati da pompe e
centraline. Considerato che le nuove condotte partono da Miramare e arrivano in
Stazione (il tratto Stazione-Scala Belvedere-Largo Roiano-giardini ex Incis è
stato già realizzato) si tratta in tutto di 8 chilometri. Ma solo a metà 2018
saranno terminati gli imponenti lavori di messa a norma dell’impianto di
Servola. La casetta “ex dazio” sarà dismessa e tornerà in uso al Comune che ne è
proprietario. Dietro, sono da tempo in corso lavori di messa in sicurezza e
sostentamento alla parete montagnosa che frana e se ne occupano le Ferrovie,
proprietarie. Intanto sono stati affissi i cartelli che annunciano l’ulteriore
restringimento del traffico da mezzanotte alle 5 del mattino il 14 e 15 aprile
in corrispondenza del cavalcavia ferroviario, dove gli archeologi hanno
individuato tracce del settecentesco Lazzaretto di Santa Teresa e di una strada
di accesso a uno dei moli. In quest’area i lavori di scavo sono fermi, per
attendere queste ulteriori indagini. Ma Enrico Altran, a capo della divisione
acqua di AcegasAps e tra i responsabili del complicato progetto che ora per
vincolo dei ministeri dell’Ambiente e dello Sviluppo economico che hanno
concesso i 30 milioni di euro necessari avrà tempi strettissimi per essere
realizzato, ha in vista impegni più gravosi. Uno dei più complessi dell’intera
operazione che interesserà un’area adiacente lo Scalo Legnami sarà la bonifica
di acqua e terreni: è Sito inquinato nazionale. Nell’attesa di ricevere il
finanziamento, il lavoro è stato portato molto avanti, specie dopo l’entrata in
vigore della “procedura Clini” che ha sbloccato la materia. «Nei terreni
dell’area nuova per il depuratore di Servola - dice Altran - sono stati trovati
idrocarburi. Abbiamo già fatto la caratterizzazione, e il progetto è approvato
dal ministero. Possiamo affidare i lavori. Prima sui terreni, poi sulle acque di
falda, inquinate per conseguenza. Costruiremo 12 pozzi, estrarremo quell’acqua
con le pompe e la manderemo a trattamento, poi verrà usata per il lavaggio degli
impianti. Ma ci vorranno 3 anni perché la contaminazione si esaurisca». Costo:
4,7 milioni di euro, più 1,5 per movimentare terra e calcestruzzi da
demolizione. Tutta l’operazione è blindata con sistemi di tracciabilità dei
documenti, controlli e «massima trasparenza nell’uso dei fondi pubblici».
L’altra novità introdotta (per timore di ingorghi stradali) è stato un sistema
di comunicazione “da smart city” in accordo col Comune: cartelli esplicativi,
sistemati a gran distanza, con l’indicazione di vie alternative. Per ora nessuno
si lamenta.
di Gabriella Ziani
Due scarichi a mare «ma il golfo non ha sofferto»
Un depuratore da chiudere (Barcola), uno da rifare (Servola), tutti buttano in mare, ma il mare quanto ha sofferto e quanto starà meglio dopo? «Non abbiamo mai notato degenerazione delle acque nel golfo - afferma Paola Del Negro, direttore della sezione Oceanografia dell’Ogs -, su Barcola non abbiamo indagini specifiche, ma monitoriamo la Riserva marina di Miramare: non rileviamo alcun parametro fuori norma. E l’acqua si muove... A Servola invece abbiamo fatto analisi per AcegasAps - prosegue Del Negro - e non sono state rilevate forme di “eccessivo nutrimento” del plancton, che è la prima conseguenza quando si immettono acque di scarico, che di nutrienti sono piene e possono produrre l’effetto di un eccesso di concime sulle piante». Quanto a residui chimici, «l’Arpa fa controlli rigorosi, le leggi sono severe».
Pellegrino difende la linea anti Ogm del Fvg «Esempio virtuoso per tutta l’Italia»
Un esempio virtuoso per l’intero Paese. Così la deputata di Sel Serena Pellegrino, componente della Commissione ambiente dellla Camera, definisce il Friuli Venezia Giulia alla luce della linea adottata sul mais Ogm. «Il Fvg ha assunto il ruolo di regione-guida nella questione delle coltivazioni biotech, attivando alcuni efficaci strumenti normativi che sono d'esempio a tutto il nostro Paese nella battaglia per un'agricoltura di qualità, per la biodiversità, per la salute dei cittadini. Lo stesso Ministro Maurizio Martina, ha riconosciuto come sostanziale, durante la Commissione politiche agricole della Conferenza delle Regioni, la legislazione sugli Ogm del Fvg. Inoltre il Tar del Lazio - conclude Pellegrino - proprio ieri ha rinviato la decisione sul Decreto interministeriale che vietava la coltivazione di mais OGM, e questo rende ancora più lineare lo scenario nelle campagne friulane: questa primavera niente semine Ogm».
Costa dei barbari, operazione spiaggia pulita
Domani l’iniziativa dei naturisti (aperta a tutti) nel tratto tra
Portopiccolo e l’ex albergo Europa
DUINO AURISINA Costa dei barbari, scatta l'operazione “spiaggia pulita” sul
tam tam dei social network. Armati di sacchi, guanti e buona volontà, i
naturisti di Duino Aurisina (e non solo) si danno appuntamento domani mattina
per sgomberare l'arenile dai rifiuti. Una giornata ecologica, dunque, dedicata
alla tutela delle coste. Obiettivo: ripulire le aree invase da plastica,
bottiglie cartoni. Un'occasione per vivere la domenica delle Palme in maniera
diversa, stando insieme nella difesa dell'ambiente. Già presa di mira
dall'assessore al Turismo Andrej Cunja, per lo stato in cui versano i suoi lidi
causa la presenza di manufatti fatiscenti, la Costa dei barbari si appresta
dunque a un necessario intervento di sistemazione. «L'ultima operazione di
pulizia delle spiagge – ricorda il consigliere comunale Maurizio Rozza, che ha
aderito all'iniziativa - è costata al Comune circa 11mila euro solo per
l'asporto della spazzatura. Quello di domani è dunque un grande regalo che i
volontari e la Riserva di Miramare fanno all'ente locale. Spero sia un
investimento, a garanzia del futuro libero, pubblico e partecipato della nostra
costa». La pulizia si concentrerà sul tratto di spiaggia naturista della Costa
dei barbari compresa tra Portopiccolo e l'ex hotel Europa. Il ritrovo è fissato
alle 10.30 nei pressi dell'ultimo molo, in direzione di Trieste. «In maniera
volontaria - spiegano gli organizzatori - raccoglieremo i rifiuti e, grazie a
un'imbarcazione del Wwf - Area marina di Miramare, li trasporteremo fino a
Castelreggio, dove saranno depositati in container messi a disposizione dal
Comune. L’iniziativa - aggiungono - vuole sensibilizzare i cittadini sul tema
del benessere ambientale e sulla peculiarità del naturismo, che non è una
semplice pratica del nudo, bensì un movimento che si propone un contatto diretto
con la natura partendo dal rispetto verso il prossimo e l'ambiente». Per la
raccolta gli organizzatori forniranno appositi sacchi ai volontari, invitati a
portare con sè guanti e calzature per escursioni. In caso di pioggia la pulizia
verrà rimandata a domenica 11 maggio.
(ti.ca.)
LA GAZZETTA GIULIANA - VENERDI', 11 aprile 2014
No al rigassificatore a Monfalcone di GEORGINA ORTIZ (membro del comitato No Terminal)
Venire a sapere dal quotidiano locale che Legambiente starebbe valutando l'ipotesi del rigassificatore a Monfalcone non può che portare la nostra mente a ricordare quello che è successo quasi vent'anni fa, quando questa associazione si fece sponsor di un progetto simile.
IL PICCOLO - VENERDI', 11 aprile 2014
Ecologia, aula verde alla “Bubnic” - La struttura
dimostrativa sarà aperta a un pubblico più vasto di quello scolastico
MUGGIA La costruzione e l’allestimento di un’aula verde e di un orto urbano
nella Scuola primaria con lingua d'insegnamento sloveno Bubnic. Partiranno
lunedì i lavori di TreCcci - Coltivare, crescere, condividere, il progetto
finanziato dal Piano per lo sviluppo rurale del Gal Carso e dalla Fondazione
CrTrieste. In totale l'opera (finirà a metà maggio) avrà un costo di 63mila 100,
ripartiti tra i 43 mila 362 del Gal e i restanti 19mila 737 euro della
Fondazione. «Sarà un edificio dinamico dimostrativo per simulare nuovi stili di
vita, nuove possibilità di risparmio energetico, di riutilizzo delle risorse
quali l'acqua ma anche per avvicinare bambini, ragazzi e visitatori al
territorio» racconta l'assessore all'Istruzione di Muggia Loredana Rossi. Con la
partecipazione dei coltivatori, gli studenti potranno condividere tecniche e
metodi di coltivazione propri della tradizione, con possibilità di momenti
pratici. «Favoriremo anche l'interazione scuola-famiglia, tra generazioni
diverse, nel passaggio di memorie e conoscenze dall’orticultura all’apicoltura
ai prodotti del territorio – aggiunge Rossi -, coinvolgendo i residenti e in
primis i bambini e genitori della Scuola “Bubnic” che ospiterà l’aula verde ma
anche altri giovani». L'aula verde sarà ricavata dalla ristrutturazione del
corpo accessorio accanto alla scuola. Sarà una struttura in cui sviluppare
attività educative, di laboratorio e culturali (educazione ambientale e legata
ai prodotti della terra). La struttura sarà coibentata, dotata di pannelli
fotovoltaici e altri elementi dimostrativi, per evidenziare come funzionano i
dispositivi per il risparmio energetico. «L'aula verde si inserisce nel progetto
TreCcci che ha finalità turistiche, promuovendo nuove iniziative
ricreative-culturali legate alla valorizzazione del territorio da un punto di
vista ambientale e rurale, prevedendo itinerari naturalistici, laboratori
didattici, escursioni in biciclette, visite ad aziende agricole» aggiunge
l'assessore Rossi. La Fondazione CrTrieste ha già supportato la “Bubnic”, come
la scorsa estate con 25mila euro per gli arredi.
Riccardo Tosques
Depuratore di Servola, ecco i soldi - Regione, Comune,
Provincia e AcegasAps annunciano lavori fino al 2018. I retroscena per i fondi
Una grande infrastruttura che prende avvio dopo 14 anni di “voglio e non
posso” com’è l’adeguamento del depuratore di Servola, che raccoglierà le acque
anche del collettore di Barcola ora in lavoro, porta soprattutto a raccontare
della lotta per riuscire, cioé per avere i finanziamenti necessari. E così ieri
Regione, Comune, Provincia, AcegasAps-Hera hanno celebrato in pubblico la fine
di una “enorme fatica”, con la decisione di “farcela a ogni costo” anche se la
partita sembrava persa e l’impianto triestino era sotto infrazione europea per
inadeguatezza, e rischio imminente di multa. Infine per il depuratore Regione e
ministeri dello Sviluppo economico e dell’Ambiente, con il via libera al
progetto dato dall’Ispra, l’istituto tecnico dell’Ambiente, hanno firmato nelle
scorse settimane l’accordo che porta a Trieste i 30 milioni che mancavano per
raggiungere la cifra totale di 52. Con i quali si costruirà un impianto di
trattamento al servizio di Trieste, Muggia, San Dorligo-Dolina, si bonificherà
l’area adiacente lo Scalo legnami che è nel perimetro del Sito inquinato
nazionale, per un importo di 47,4 milioni, e previsione di chiudere i lavori
(monitorati dai ministeri) nel marzo del 2018. Altri 14,9 milioni vengono in
diretta dalla Regione, 3,7 da acconti tariffari e 3,9 altrettanto da tariffe.
Nessun costo maggiorato da qui in avanti per i cittadini: la somma è tutta in
tasca. «Non è stato affatto semplice - ha raccontato ieri in sala Giunta del
Comune l’assessore regionale all’Ambiente Sara Vito -, ma questo impianto sotto
infrazione Ue è stata la prima cosa di cui mi sono occupata. L’acqua è un tema
importantissimo, questa azione sarà di modello per tutta la regione». Qual era
l’ostacolo? Che i fondi ministeriali, di derivazione europea, rischiavano di
essere catalogati come “aiuto di Stato”, «e invece si tratta di un impianto e di
un servizio pubblici - ha spiegato il sindaco Roberto Cosolini assolutamente
prodigo di ringraziamenti per gli enti, i politici, i tecnici che hanno
“depurato” una materia giuridicamente ostica. «Lo scorso agosto in Regione - ha
aggiunto il sindaco - ci siamo trovati con Provincia e AcegasAps e abbiamo
deciso: andiamo avanti, diamoci le scadenze». Da anni AcegasAps ha in corso
opere propedeutiche, tra cui la bonifica dell’amianto con l’asportazione di
tettoie allo Scalo legnami, ma la decisione coraggiosa è stata quella di avviare
in anticipo i lavori al collettore di Barcola (in corso in viale Miramare), che
dunque smetterà di versare a mare. Vittorio Zollia, assessore all’Ambiente della
Provincia, ha ricordato i 9 milioni assegnati. Di cui 5 si stanno spendendo a
Barcola e 3,7 andranno a Servola, dove un vero e proprio insediamento
industriale in 9 sezioni sarà contornato anche da alberature. Per Roberto
Gasparetto, manager di Hera e direttore generale di AcegasAps, ma anche
responsabile del procedimento per Servola, «con Hera abbiamo deciso che questa
era opera prioritaria. Molto difficile superare sia i timori dell’”aiuto di
Stato” e sia le varie autorizzazioni, ma tutti gli enti hanno cooperato al
massimo. È un appalto gigantesco, e con tempi strettissimi. Ma decisivo per la
qualità dell’ambiente a Trieste».
Gabriella Ziani
Prg, raffica di emendamenti - Scintille tra le
opposizioni - terza seduta del consiglio comunale
Bandelli in vena di battute più del solito. Grillini “duri e puri”. Rovis
li punge evocando presunti conflitti d’interessi di Patuanelli.
Menis replica: «Lui viene da un partito che su questo
la sa lunga»
Alle dieci di sera, dopo già più di tre ore, era stato spuntato
l’emendamento 26. L’impegno era incrollabile: chiudere l’esame di tutti gli
emendamenti a costo di far l’alba, arrivare insomma a spuntarne l’ultimo, il
185, per poi andare alle dichiarazioni di voto e al voto stesso nella chiamata
d’aula di mercoledì prossimo, giorno (o notte) in cui il nuovo Piano regolatore
è atteso all’adozione. Per carità: di questi 185, circa 75 l’assessore Elena
Marchigiani li aveva fatti propri, per conto della giunta, il giorno prima. Ne
restavano comunque 110, più o meno, di cui appena una quindicina affrontati fino
alle 22: dieci respinti, un paio ritirati, altrettanti accolti e uno soltanto
approvato, il primo di giornata, deputato a chiarire la differenza di
definizione tra autorimessa e seminterrato in presenza di rampe. La terza seduta
del Consiglio comunale di ieri sera (e di stanotte) dedicata al Prg è stata
dunque più di una maratona. Una maratona, a volerci ridere sopra, nel segno
dell’incompetenza. Questa era la volta in cui l’aula doveva occuparsi degli
emendamenti fino ad allora non fatti propri da Marchigiani, cui i due grillini
“duri e puri” Paolo Menis e Stefano Patuanelli - quest’ultimo autore di
moltissimi degli emendamenti da spuntare - hanno imputato tra le righe, a inizio
di seduta, d’averli bollati come il frutto di «incompetenza». «Con lo studio
l’incompetenza si può correggere, l’arroganza e la supponenza è un difetto che
ci si porta dentro», il sibilo di Patuanelli. Che poi è partito con la sua
raffica di emendamenti, generalmente tesi a contenere le cubature in vari punti.
Per questo ai grillini è stato dato degli «oltranzisti del verde», per dirla
alla Maurizio Bucci da Fi, sostenuto da Paolo Rovis l’alfaniano, che, evocando
presunti conflitti d’interesse di Patuanelli il progettista ingegnere, s’è
beccato la risposta di Menis: «So che il partito di cui faceva parte Rovis era
attento ai conflitti d’interesse». Patuanelli s’è imbattuto in plausi
intervallati da bacchettate, quindi, da Franco Bandelli di Un’altra Trieste,
spiritoso ancor più del solito, per cui certi passaggi del Prg sono «un
accanimento terapeutico della burocratizzazione». Ha fatto tutto o quasi dunque
l’opposizione. Anzi, le opposizioni. Maggioranza granitica. Il capogruppo del Pd
Giovanni Maria Coloni ha così avuto il tempo per parlare a lungo con Maurizio
Fogar, leader del Circolo Miani sotto sfratto dell’Ater, presente con una
delegazione in aula in prima serata, che se ne è andato con i suoi dopo aver
strappato la promessa che, del caso del Circolo Miani, se ne riparlerà mercoledì
nella Conferenza dei capigruppo.
(pi.ra.)
Un piano per l’energia sostenibile - Laureni: «Contiamo
di ridurre di 183mila tonnellate l’emissione di co2 a Trieste»
Si chiama Piano di azione per l’energia sostenibile, più brevemente Paes, un
acronimo col quale dovremo confrontarci parecchio nei prossimi anni. Si tratta
infatti del programma predisposto dal Comune, e più precisamente
dall’assessorato guidato da Umberto Laureni, presentato per sommi capi ieri (dei
dettagli si parlerà lunedì pomeriggio in un convegno al Revoltella) e che si
pone tre ambiziosi obiettivi: limitare la circolazione dei mezzi privati,
ringiovanirne l'età media, ridurre lo spreco di energia per riscaldamento nelle
abitazioni private. «Perché sono queste le principali cause di presenza di
anidride carbonica nell’aria di Trieste – ha spiegato Laureni – e possiamo dire
che da esse si origina il 90 per cento della co2 che respiriamo. Contiamo di
ridurre di 183mila tonnellate l'attuale emissione di co2 nell’atmosfera di
Trieste entro il 2020». Per centrare questo risultato però «il Comune non potrà
fare tutto da solo – ha aggiunto l’assessore – auspichiamo una forte
collaborazione da parte di tutti i soggetti che, assieme a noi, si misurano con
la qualità dell’aria, e cioè Acegas Aps, Azienda per i servizi sanitari, Ater,
enti locali». Per un raffronto, va ricordato che le emissioni di co2 nell’aria
nel 2001 erano pari a 918mila tonnellate. Servirà anche un impegno dei
cittadini. «Bisogna combattere l'effetto serra – ha precisato Laureni –
provocato dall'aumento delle emissioni di co2. All’interno del piano sono
elencate le azioni che il Comune intende attuare». E le prime risposte sono
arrivate subito. Massimo Carratù, direttore della Divisione Energia di
AcegasAps, ha ricordato «la sostituzione dei semafori per utilizzare
tecnologiche in grado di far risparmiare energia» e «il prossimo arrivo delle
prime colonnine per l'alimentazione delle auto elettriche». Cosimo Paparo,
amministratore delegato della Trieste trasporti, ha sottolineato che «il parco
mezzi è all’avanguardia per contenimento delle emissioni. La flotta oggi vanta
un'età media di quattro anni, molto più giovane di quella nazionale». Fulvio
Kenda e Francesca Dragani dell'Ass hanno parlato di «necessità di diffondere la
cultura individuale dell'attenzione al risparmio energetico» e di
«coinvolgimento dei ragazzi dei Ricreatori». Hanno inoltre annunciato che «si
sta pensando di limitare a 20 gradi la temperatura invernale negli uffici
amministrativi dell'azienda». La Regione da parte sua ha già aderito al patto
dei sindaci sul risparmio energetico mentre per l’Ater ha parlato il dirigente
Fulvio Capovilla dell'Ater: «Utilizziamo soprattutto gas metano per il
riscaldamento – ha precisato – e per quanto concerne il consumo di energia
elettrica per l’illuminazione nelle parti pubbliche stiamo puntando all'utilizzo
del sistema led».
Ugo Salvini
“Minerale” low cost: distributori a Roiano, San Sergio
e Melara
In arrivo le prime casette dell’acqua sperimentali. Si parte dalle
periferie. L’auspicio di Laureni: «Pronte entro l’estate»
Quanto costerà l’acqua “del sindaco”? «Entro i 5 centesimi al litro la
gassata - preannuncia Laureni - e meno la naturale», scalabili da una tessera
prepagata che regolerà un limite massimo giornaliero. E al Comune, quanto
costerà? Praticamente niente, con «gli allacciamenti a cura di AcegasAps» e
«l’investimento a carico dell’impresa fornitrice», il cui rientro, con la
trattenuta di una quota di ciò che pagherà l’utente (il resto sarà di Acegas), è
stimato in circa «50mila litri erogati l’anno a macchina». (pi.ra.)di Piero
Rauber Roiano, Borgo San Sergio, Rozzol Melara: i vertici di un inedito
triangolo delle “bevude”. In questo caso, però, a tasso (alcolico) zero. Proprio
in questi rioni periferici infatti (minimo in due, ma l’auspicio dell’assessore
all’Ambiente Umberto Laureni, regista dell’operazione, è che ce la si faccia in
tutti e tre) stanno per essere installate le ormai famose - per il momento qui
solo sulla carta, mentre già spopolano in mezza Italia - casette dell’acqua. I
distributori pubblici del bene pubblico per definizione (e referendum) in
acciaio inox, allacciati alla rete Acegas e muniti di sterilizzatore naturale,
refrigeratore, declorificante e addizionatore d’anidride carbonica (cui
rifornirsi “low cost” e con cui contribuire ad abbattere il consumo di bottiglie
di plastica) sono dunque in procinto di sbarcare anche da noi. La notizia la dà
appunto Laureni, a pochi giorni da un annuncio, della Regione, che al capoluogo
non poteva dispensare orgoglio: «L’amministrazione Serracchiani promuoverà la
diffusione delle case dell’acqua, in considerazione dei risultati ottenuti dopo
l’installazione di 79 punti di distribuzione». Dove? «Sessanta in provincia di
Udine, 13 in quella di Pordenone, sei a Gorizia». Totale 79. Trieste non
pervenuta. Siamo però, promette Laureni, all’alba dell’ingresso nel club: «Io
già punterei prima dell’estate, la sperimentazione ha più senso farla
comprendendo la stagione calda». Già perché è di sperimentazione che si tratta.
Partendo, come detto, da due, barra tre stazioni. «Fermo restando - spiega
l’assessore - che manca solo il passaggio di giunta che formalizzerà e
autorizzerà l’installazione di queste prime casette, possiamo dire che quasi ci
siamo. Questione di giorni». Non è cattiva volontà - ci tiene sia chiarito
Laureni - ma scrupolo verso le circoscrizioni, cui si sta chiedendo «una seconda
verifica delle proposte di posizionamento». L’atto amministrativo sancirà i tre
(o due) siti, sostanzialmente già individuati nei piazzali di cui dispongono
Roiano, Borgo San Sergio e Rozzol Melara. Le coordinate esatte? L’assessore
chiede pazienza. E spiega, più che altro, il perché di queste tre scelte. Non è
un mistero, ad esempio, che nei mesi scorsi si fosse parlato di una possibile
casetta dell’acqua a San Giacomo, piazza Puecher per l’esattezza. Ma le
controindicazioni, evidentemente, lì superavano i fattori positivi. «I parametri
considerati per decidere - spiega Laureni - sono stati tre: la facilità dei
processi autorizzativi legati ad eventuali vincoli ambientali e paesaggistici,
l’accessibilità attraverso aree di parcheggio limitrofe per potersi recare ad
esempio a ricaricare una “cassa” di sei bottiglie in auto, e l’attenzione ai
rioni popolari, perché la novità deve avere pure un grosso valore di ordine
sociale». «Non solo - chiosa Laureni - la gente potrà rifornirsi d’acqua, una
delle migliori d’Italia, migliore di tante oligominerali imbottigliate, a basso
costo, ma così anche Trieste potrà contribuire con un piccolo ma significativo
passo al risparmio di plastica». Il test, se nel giro di un anno darà un
feedback positivo, aprirà la via all’istituzionalizzazione del servizio in più
punti della città.
Corso per imparare a coltivare orti - Incontro alle
16.30 presso la Casa del Giovane a Valmaura
Volete avere un orto da coltivare? Oppure avete già un orto e desiderate
diventare orticoltore, o meglio, contadino urbano? Ecco l'iniziativa che fa per
voi. Per chi volesse farsi assegnare gratuitamente un orto o ricevere la
formazione necessaria alla sua coltivazione, con lezioni settimanali teoriche e
pratiche da parte di esperti, ci sono i corsi gratuiti di orticoltura biologica
urbana a cura del Gruppo Urbi et Horti. Il prossimo incontro si terrà oggi alle
16.30 presso la Casa del Giovane di via Inchiostri 4 a Valmaura. L'iniziativa,
che si rivolge a tutti i cittadini, ha già ottenuto grandissimo successo. «Il
corso – spiega la coordinatrice, Tiziana Cimolino - rappresenta il momento
informativo di un percorso che stiamo conducendo in collaborazione con il Comune
al fine di recuperare aree urbane degradate o non utilizzate nell'ottica della
tutela del verde pubblico e come momento di socializzazione. Dal 2012 a oggi
sono stati attivati oltre 20 orti coltivati da più di 200 persone, messi in rete
privati proprietari di terreni coltivabili e aspiranti orticoltori, offerti
gratuitamente alla cittadinanza corsi di agricoltura biologica con lezioni
teoriche e pratiche in campo, con le mani nella terra. Assegneremo un orto a chi
ne farà richiesta». Alle 16.30 si farà pratica con una lezione sulle tecniche di
costruzione: camminamenti, scoli, drenaggi e rotazione delle colture, distanze
di impianto e consociazioni possibili. Seguirà alle 17.30 una lezione su scelta
degli ortaggi, semine e trapianti, cure colturali, raccolta e preparazione del
prodotto con l'agronomo Andrea Giubilato.
GREEN STYLE.it - GIOVEDI', 10 aprile 2014
OGM: Tar del Lazio rinvia la decisione sul mais
Monsanto
Il Tar del Lazio ha deciso di rinviare la decisione sulla coltivazione
del mais Monsanto. Il ricorso contro il decreto interministeriale del luglio
2013, che proibisce la semina di colture geneticamente modificate in Italia, era
stato presentato dall’agricoltore friuliano Giorgio Fidenato, leader degli
Agricoltori Federati.
La Coldiretti in una nota auspica che il rinvio della sentenza venga
sfruttato da tutti gli attori coinvolti nel caso, per riflettere sui rischi
degli OGM e bandirne definitivamente la coltivazione. Come ha sottolineato
Roberto Moncalvo, presidente dell’associazione agricola:
Esprimiamo fiducia per il buon esito finale del procedimento. Il rinvio della
decisione conferma il divieto di coltivazione e allontana il rischio di
contaminazioni illegali. A questo punto i Ministeri competenti e le Regioni
devono cogliere il tempo disponibile per una soluzione definitiva che mantenga
l’Italia libera da OGM, come chiede la stragrande maggioranza dei cittadini.
Il Tar del Lazio si pronuncerà sulla semina di mais MON810 nelle prossime
settimane. Il mais Mon810 che Fidenato chiede di poter coltivare è l’unico mais
geneticamente modificato attualmente consentito in Europa. In Italia il decreto
interministeriale del luglio 2013 ne ha bloccato la coltivazione solo
temporaneamente, esattamente per 18 mesi. Successivamente bisognerà adottare le
misure previste nel resto d’Europa.
Fidenato ha già coltivato illegalmente mais Monsanto, causando un inquinamento
genetico nelle aree limitrofe e scatenando il blitz di Greenpeace che denunciò
proprio la mancanza, nei campi coltivati con il Mon810, di misure atte a evitare
la contaminazione con le piante non geneticamente modificate.
Il 5 aprile scorso la stessa Greenpeace, insieme a una task force composta da
altre 38 associazioni, è scesa in piazza per chiedere un’agricoltura libera da
OGM in Italia. L’associazione ha spiegato in una nota i rischi di una sentenza
del Tar favorevole alla coltivazione degli OGM:
Se il ricorso fosse accolto, si rischierebbe di aprire la strada a semine
incontrollate di colture geneticamente modificate. Tutto il comparto agricolo ne
risulterebbe gravemente compromesso: un colpo durissimo per i nostri prodotti,
il “made in Italy”, le produzioni biologiche, le esportazioni e per la libertà
di scelta dei cittadini.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 10 aprile 2014
La “nuova” Tav incassa il sì dei sindaci
Via libera dei Comuni interessati dal passaggio dell’Alta velocità al
progetto suddiviso in più fasi
TRIESTE Si trattava solo di chiarire alcuni passaggi tecnici. E di avere la
rassicurazione, direttamente dalle parole di Debora Serracchiani, che la Tav non
sarà un problema per i territori nei prossimi anni, se non decenni. Ieri sera in
Regione a Udine, confortati appunto dalla relazione della presidente, i sindaci
dei Comuni interessati dal tracciato dell'alta velocità ferroviaria hanno
promosso la scelta della Regione di condividere con il Veneto un progetto in più
fasi, da Venezia a Trieste. Concretamente, com’è emerso in un recente incontro
al ministero delle Infrastrutture, la Tav si farà ma sarà più sostenibile
economicamente e meno invasiva dal punto di vista ambientale. Presente anche
l’assessore Mariagrazia Santoro, Serrachiani ha spiegato che il lavoro che la
Regione ha portato avanti in questi mesi non è alternativo al progetto della
Tav, a cui la giunta «rimane assolutamente favorevole» ma, tenuto conto di tutte
le criticità del tracciato del 2010 (quello di Rfi, messo ora nel cassetto), sia
nella parte Veneto-Ronchi dei Legionari sia da Ronchi dei Legionari a Trieste, e
considerate anche le due delibere dell'ottobre e novembre scorso che indicavano
problemi di compatibilità ambientale e altre criticità di quel progetto, si è
ritenuto di aderire alla proposta emersa nell’ultimo vertice romano. E dunque
via libera al superamento dei colli di bottiglia - nodo di Udine,
Udine/Cervignano, bivio San Polo e ingresso a Trieste - con interventi di
rafforzamento della linea esistente. Con la sola realizzazione di questi
progetti, che prevedono un costo complessivo di 1,8 miliardi, a prescindere dal
tipo di materiale rotabile - più o meno vetusto -, il tempo per percorrere la
tratta Mestre/Trieste scenderebbe a 1 ora e 8 minuti. Progetti, ha rimarcato
Serracchiani, che saranno compatibili in caso di avvio di successivi lavori
sull’alta velocità. Quanto alle risorse, una parte di questi interventi è già
finanziata, come la velocizzazione della Venezia-Trieste con i 30 milioni del
decreto del "Fare 1" e un’altra parte ha già visto avviare i cantieri (il nodo
di Udine), dove 10 milioni sono già stati stanziati e i rimanenti 60 prenotati
nel prossimo contratto di programma. Restano da finanziare il raddoppio della
tratta Udine-Cervignano (250 milioni) e gli interventi sul bivio di San Polo e
Trieste. E va pure trovata la copertura per i 40 milioni necessari per il
superamento dei passaggi a livello.
(m.b.)
Opicina e la ferrovia, una storia lunga 150 anni
Presentato il libro di Carollo. Miracco: l’anno prossimo una mostra
dedicata a von Ghega
L’ennesima occasione per evocare i giorni grandi delle ferrovie di Trieste;
per parlare del tappo che oggi le Fs hanno messo sulla locomotiva del Nordest;
per dare adito a grandi speranze per i binari “in sonno” della città.
L’occasione è stata data dalla presentazione del libro “Opicina e la ferrovia”
(Luglio editore) scritto da Roberto Carollo, volontario del Museo di Campo
Marzio e trincea della memoria ferroviaria della regione. Oltre a Carollo, alla
presentazione tenuta alla libreria Minerva sono intervenuti l'assessore comunale
alla Cultura Franco Miracco, il vicepresidente nazionale dell'Ande Etta
Carignani e Fabio Venturin in rappresentanza di CamminaTrieste. Carignani ha
ricordato «il ruolo fondamentale della ferrovia nello sviluppo economico del
nostro porto», stilando una lista di verbi coniugati all'imperfetto. Oggi, tre
date-chiave non bastano a salvare dalla chiusura il servizio passeggeri della
stazione di Villa Opicina e la Transalpina, la linea che la serve. A un secolo e
mezzo dalla nascita della prima fermata di Opicina e a 50 anni dall’unificazione
delle due stazioni che sorgevano nella frazione in un’unica, immensa stazione di
frontiera, Trieste si prepara a commemorare il centenario della Grande guerra
senza la linea inaugurata da Francesco Ferdinando nel 1906 e senza il servizio
passeggeri di Opicina, ridotto a un treno diretto a Lubiana e istituito dalle
Ferrovie slovene lo scorso dicembre. Eppure, allo scoppio della Grande guerra,
la ferrovia di Opicina fu un nodo strategico: la direttrice Transalpina
conduceva sul fronte dell’Isonzo, mentre la Meridionale - una linea che a
Opicina incrocia la Transalpina - alimentava lo stesso fronte con altri uomini,
mezzi e viveri. La scorsa settimana le Ferrovie hanno fatto sapere che la tratta
della Transalpina che collega la stazione di Campo Marzio con quella di Opicina
resterà inagibile almeno fino al 2016. L’assessore Miracco in proposito ha detto
che nel centenario del 1914, «sul piano culturale, i rapporti con Vienna saranno
stretti» ed egli si augura che «entro la fine dell'anno, con la collaborazione
delle Ferrovie slovene e austriache, si possa organizzare un viaggio della
memoria lungo la Transalpina e a bordo di un convoglio storico». Una speranza
che a oggi sembra utopia, visto che le Fs sono state lapidarie: servono almeno
due anni per stanziare i fondi di ripristino della tratta. Da Miracco è giunta
comunque una buona notizia. L'assessore ha confermato che il prossimo anno
Trieste ospiterà una mostra dedicata all'ingegner Carlo-Carl Ritter von Ghega,
dal cui genio nacque la direttrice Meridionale, ovvero la prima ferrovia che
collegò l'ex porto di Vienna alla pancia dell'Europa.
Igor Buric
Prg, duello in aula sulle aree di trasformazione
Marchigiani: riqualificheranno il tessuto urbano. Critiche
dall’opposizione: attenti a non bloccare la città
La discussione sul piano regolatore entra nel vivo. Dopo la seduta di
martedì, di “assaggio”, ieri sera il Consiglio comunale ha registrato critiche
ma anche apprezzamenti, dalla maggioranza e dall’opposizione. Interventi al
termine dei quali, dopo una pausa chiesta dal capogruppo Pd Giovanni Maria
Coloni per una riunione di maggioranza sugli emendamenti distribuiti ai
consiglieri, l’assessore Elena Marchigiani ha sciorinato la lunga lista di
quelli fatti propri dalla giunta. Con una mozione d’ordine del presidente
Furlanic, passata a maggioranza (il grillino Menis chiedeva di fare subito una
riunione dei capigruppo) il Consiglio è stato aggiornato alle 18.30 di oggi. In
precedenza Marchigiani aveva replicato ad alcuni interventi, precisando che
«essendo un piano fortemente innovativo, dev’essere comprensibile per gli uffici
che dovranno applicarlo. Ci sono aspetti che possono essere perfezionati e
snelliti - ha aggiunto - ma i miglioramenti non possono andare a detrimento
della chiarezza e dell’applicabilità». Quanto al “nodo” delle aree di
trasformazione, quelle dove sono previsti gli interventi più rilevanti,
Marchigiani ha affermato che «siamo in una fase in cui più ampie sono le aree
più è necessario il concorso dei privati, che portano lavoro e riqualificano la
città. Abbiamo fatto - ha precisato - una selezione, calibrando il livello di
redditività privata con le aree verdi e di parcheggio ». Sulle aree di
trasformazione sono giunte critiche da Michele Lobianco (Impegno civico) che ha
parlato di «lavoro accademico su pezzi di città», aggiungendo che questo piano
sottrae edificabilità ai piccoli proprietari e definendo «strumento incerto» il
recupero dei crediti volumetrici, chiedendo inoltre di semplificare le norme
tecniche di attuazione. Il problema delle norme tecniche di attuazione è stato
toccato anche da Claudio Giacomelli (gruppo misto), che ha inserito fra i dubbi
sul piano anche la separazione netta fra mappe e norme tecniche, oltre alla
limitazione del consumo del suolo, sostenendo che quest’ultimo «è un autogol se
non si spinge per il riutilizzo dell’esistente. Si devono dare strumenti per una
reale incentivazione, altrimenti si ha un piano che congela la città, bloccando
poche aree in cui si può andare a lavorare». Preoccupato per le aree di grande
trasformazione (Campo Marzio, con nuovi parcheggi ed edifici, e l’ex Fiera)
anche Paolo Menis (M5S), che ha criticato anche le 14 aree di espansione, «in
contraddizione con la riduzione del consumo del suolo». Sulla sburocratizzazione
del piano e le norme tecniche di attuazione ha preannunciato un confronto Franco
Bandelli (Un’altra Trieste), apprezzando invece la definizione dei grandi
contenitori (ex Fiera e altre aree, ma manca palazzo Carciotti) e il recupero
del patrimonio edilizio. Ieri sera si è vista anche un po’ di polemica. Paolo
Rovis (Ncd) ha bocciato gli interventi di Pietro Faraguna (Pd) e Roberto Decarli
(Ts Cambia), rimarcando che «il giudizio sul piano non lo daranno i consiglieri
ma i cittadini, attraverso le osservazioni e le opposizioni successive
all’adozione».
(gi.pa.)
Rifiuti, al via i sabati ecologici - differenziata
Ritornano gli appuntamenti con i “Sabati Ecologici”, l’iniziativa voluta da
Comune di Trieste e da AcegasAps per migliorare la raccolta differenziata e
contrastare l’ancora diffuso fenomeno dell’abbandono indiscriminato di rifiuti
ingombranti sulla pubblica via. Per tre sabati in vari punti della città saranno
allestiti “centri di raccolta mobili”, dove i cittadini potranno consegnare agli
operatori di AcegasAps quelle tipologie di rifiuti che non possono essere
conferiti nei bidoni stradali dedicati alla raccolta differenziata, come mobili,
elettrodomestici, rifiuti pericolosi, pneumatici, etc. Sabato 12 aprile il
centro di raccolta sarà allestito nell’area parcheggio alla Rotonda del
Boschetto dalle 9 e le 17. I prossimi appuntamenti sono in programma per sabato
19 aprile, nell’area parcheggio “Mandria” e sabato 3 maggio, nel parcheggio di
via Rio Primario di San Sabba.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 9 aprile 2014
Biossido d’azoto, Trieste la città più inquinata -
Presentato dall’Ass lo studio condotto in 25 località: sotto accusa traffico,
navi e impianti di riscaldamento
Il traffico, le emissioni delle navi in porto, i fumi prodotti dagli
impianti di riscaldamento delle abitazioni. Queste le principali cause
dell'inquinamento atmosferico a Trieste relativamente a polveri sottili,
biossido di azoto e ozono. Lo rivela lo studio "Epiair 2", presentato
dall'Azienda per i servizi sanitari, che riassume le rilevazioni effettuate nel
quinquennio 2006-2010 in 25 città italiane fra cui Trieste. Nella nostra città
si registra il primato dell’inquinamento da biossido di azoto; una situazione in
media con gli altri centri sottoposti a indagine quanto all’ozono; e una buona
qualità dell'aria se si parla solo delle polveri sottili, le pm10. Il biossido
di azoto è in calo nelle altre città, mentre a Trieste rimane costante. Le 25
città esaminate - ha spiegato Riccardo Tominz, del Dipartimento di prevenzione
dell'Ass1 - «rappresentano l'intero Paese, perché si è andati dal Nord al Sud
con particolare concentrazione di controlli nella pianura Padana, dove le
condizioni atmosferiche favoriscono più di altrove l'inquinamento». Passando a
Trieste, Tominz ha detto che «le tabelle individuano nel traffico veicolare con
le emissioni di gas di scarico prodotte da un parco auto più vecchio della media
nazionale, nelle emissioni generate dalle navi che in porto devono tenere i
motori accesi durante le operazioni di carico e scarico, e nei fumi causati
dalla prolungata apertura degli impianti di riscaldamento le principali cause di
biossido di azoto e polveri sottili». Quanto al traffico privato, Tominz ha
evidenziato che «per densità di auto in relazione alla popolazione residente
siamo sotto la media nazionale, ma ne siamo al di sopra per anzianità del parco
auto. Il 37,6% delle vetture che transitano nelle strade di Trieste sono euro 2
o ancor meno». Molto migliore invece il dato dei mezzi pubblici: l'86,3% di
quelli in circolazione sono Euro 3. Riferendosi alle industrie e specialmente
alla Ferriera, Tominz ha rilevato che «questo studio tiene conto dell'intero
territorio urbano, perciò nella media l'inquinamento di un'area come Servola
diventa poco influente sui dati che riguardano tutta la città. Se per assurdo
non avessimo una zona industriale, avremmo comunque una forte presenza di
biossido di azoto e una comunque significativa incidenza delle polveri sottili».
Valentino Patussi, direttore del Dipartimento di prevenzione dell'Ass1, ha
affermato che «qualsiasi attività di prevenzione si vorrà intraprendere si dovrà
basare sulla conoscenza dei dati». Quanto ai decessi per causa naturale che
possono essere attribuiti al pm10, lo studio evidenzia che a Trieste le polveri
sottili li fanno aumentare dello 0,18%: abbiamo cioè 4,8 morti in più all'anno
per questo motivo. Scarse infine le aree pedonali: media nazionale di 0,6 metri
quadrati per abitante, a Trieste si scende a 0,3.
Ugo Salvini
Riecco sulle Rive la “grande puzza” ma dura poco
Tanto fumo e poco arrosto. O, meglio, tanta puzza e poche conseguenze. Anzi:
zero. Era un po’ che il problema non si presentava più in queste proporzioni.
Finché, proprio ieri mattina, la storia s’è ripetuta: i vigili del fuoco,
attorno alle 11, hanno ricevuto infatti al 115 numerose telefonate da parte di
cittadini allarmati da un intenso quanto nauseabondo odore acre, chiedendo sia
di sapere che cosa stesse succedendo che, ovviamente, si potesse intervenire per
porre fine a questa “grande puzza”. Le chiamate provenivano principalmente da
zone prossime al mare, ma - più che da quelle più vicine al porto industriale -
dalle Rive del centro città: via Diaz, piazza della Borsa, piazza Tommaseo, via
San Nicolò, per citarne quelle più ricorrenti. I pompieri hanno inviato così una
squadra dell’Nbcr, il Nucleo nucleare, biologico, chimico e radiologico (Nucleo
che sarebbe stato poi chiamato per un intervento di altra natura in Alto
Friuli), che non ha rilevato parametri preoccupanti. Poco dopo il fenomeno s’è
placato. Si può presumere - anche secondo gli stessi vigili della Centrale
operativa - che la causa possa essere stata una nave svuotata e ripulita in zona
portuale.
Nuovo Piano regolatore - Partita la maratona in aula
Via ai lavori per l’adozione in Consiglio comunale, ma dopo i primi tre
interventi è stata votata a larga maggioranza la chiusura della seduta: se ne
riparla stasera
In un’atmosfera decisamente tranquilla è partita ieri sera la maratona del
Consiglio comunale per l’adozione del nuovo Piano regolatore. Una seduta che,
com’era prevedibile, non ha registrato alcuna schermaglia. Tanto che, attorno
alle 20, dopo i primi interventi, il presidente Iztok Furlanic ha proposto di
chiudere i lavori e aggiornarli a questa sera. Ma il consigliere Stefano
Patuanelli (M5S), con una mozione d’ordine, ha chiesto di proseguire. Furlanic
ha così posto ai voti la possibilità di chiudere la seduta, passata con 31 sì e
5 contrari. Tre soli i primi intervenuti, oltre alla relazione introduttiva
dell’assessore Elena Marchigiani. Hanno preso la parola Mario Ravalico (Pd),
presidente della Sesta commissione che ha analizzato il nuovo piano, Patuanelli
(M5S) e il capogruppo forzista Everest Bertoli. Interventi, come detto, aperti
dall’assessore, che ha ricordato il lungo percorso di ascolto e partecipazione.
Quanto ai contenuti, Marchigiani ha ricordato la «visione ampia, europea della
città, che va oltre i confini, legandosi all’entroterra e interpretando le
necessità e le potenzialità dell’altipiano», non senza dimenticare le proiezioni
per lo sviluppo del porto, della ricerca e delle attività economiche. «Il tutto
- ha aggiunto - in una visione attenta all’ambiente e al paesaggio». Fra i temi
forti alla base delle scelte, l’attenzione al consumo del suolo, con opportunità
per un diverso modo di intervenire sulla città, sul riuso e sul recupero del
patrimonio edilizio, ma anche interventi per il recupero energetico, a loro
volta strumenti di rilancio delle attività economiche. «Stiamo iniziando a
discutere uno strumento importante per lo sviluppo della città nei prossimi 15
anni», ha esordito il consigliere Ravalico (Pd), che ha definito il piano
«fortemente innovativo sia per la metodologia sia per i contenuti, fatto di
scelte che hanno punti di contatto di non poco conto con la vita dei cittadini».
E nel puntare alla valorizzazione delle diverse zone, allo sviluppo
dell’imprenditoria e della ricerca, il piano, ha sottolineato Ravalico, unisce
le proposte per la città di domani, creando un unicum fra centro storico e
periferia. Sul fronte dell’opposizione Patuanelli (M5S) ha riconosciuto che il
documento fa «un’analisi precisa e puntuale del territorio, da cui trarre le
azioni per modificare ciò che non va ma anche quelle per conservare ciò che va
bene», e ha definito «altamente condivisibili» i passaggi sulla tutela del
territorio, anche sarebbe stato meglio «annullare anzichè limitare il consumo
del suolo». Due le critiche di Patuanelli. La prima: se bisogna risparmiare
suolo, non vanno previste aree di espansione. L’altra ha riguardato le aree
verdi e agricole: «Alcuni passaggi non fanno capire che l’uso del suolo non è
solo edificazione». «Siamo chiamati a fare le scelte migliori, senza guardare
alle divisioni che ci contrappongono», ha affermato il forzista Everest Bertoli,
aggiungendo però subito dopo una serie di critiche. Il piano è uno strumento
giusto nel momento sbagliato, in quanto sul piano burocratico può portare a un
ulteriore rallentamento dell’economia cittadina, specie nell’edilizia. Gli
obiettivi devono poi rispondere anche e esigenze di semplificazione e
velocizzazione delle procedure e dei permessi a costruire. Infine il
contenimento dell’uso del suolo. Secondo Bertoli è stato raggiunto sul piano dei
numeri, ma la riduzione è prevista in modo indiscriminato, colpendo sia i grandi
terreni sia i piccoli lotti.
Giuseppe Palladini
Monassi accelera: al Magazzino 26 il Comitato portuale
Venerdì la seduta nell’hangar in cui la presidente intende trasferire
l’Authority. Sottostazione, il nodo dei fondi Ue
L’accelerazione al trasferimento viene impressa nel modo più plateale: il
Comitato portuale, convocato per venerdì alle 11, non si terrà alla Torre del
Lloyd, ma al Magazzino 26 nel bel mezzo della parte vetusta e abbandonata dello
scalo. È qui che la presidente Marina Monassi ha annunciato la settimana scorsa,
in modo che a molti ha fatto l’effetto di un fulmine a ciel sereno, di voler
trasferire gli uffici dell’Autorità portuale portandoli via dalla Torre del
Lloyd, anzi di aver già dato il via all’operazione. Trasloco evidentemente
complicato dal momento che nell’hangar, il secondo magazzino portuale storico
più ampio d’Europa, mancano le infrastrutturazioni, i collegamenti informatici,
gli arredi, probabilmente la stessa delimitazione degli spazi risulta inidonea,
per non parlare della lontananza dal cuore nevralgico dello scalo dal momento
che l’Authority ha compiti di «indirizzo, programmazione, coordinamento,
promozione e controllo delle operazioni portuali di cui all'articolo 16, comma
1, e delle altre attività commerciali e industriali esercitate nei porti», come
specifica la legge 84 del 1994 tuttora in vigore. La seconda struttura scelta
per il trasferimento è l’adiacente Sottostazione elettrica recentemente
restaurata: è qui che la presidente avrebbe inizialmente fatto trasferire il
grande tavolo dove far svolgere i Comitati, salvo poi ripensarci forse per la
destinazione museale della struttura che con questa clausola ha ottenuto anche
Fondi europei e ripiegare sul Magazzino 26, pare inizialmente in primo piano e
alla fine al pianterreno. Negli ultimi giorni non solo sono stati visti camion
di traslochi davanti alle due strutture, ma addirittura automobilisti di
passaggio hanno notato tutte le luci accese di notte alla Sottostazione
elettrica: leggende metropolitane, fantasmi o traslochi urgentissimi? Il mandato
di Monassi scade a gennaio (non sono comunque escluse proroghe o riconferme) ma
sul Porto Vecchio (con il bando a spezzatino, il mantenimento del Punto Franco e
addirittura il trasferimento dell’Autorità portuale), la presidente, finché è in
tempo, si starebbe prendendo la rivincita per la sconfitta subita nell’area di
Servola dove la governatrice Debora Serracchiani è destinata a divenire
commissario straordinario. Il Comitato portuale in Porto Vecchio ha un unico
precedente con la convocazione alla Centrale idrodinamica per una seduta quasi
farsesca con la corrente elettrica saltata quasi subito e la prosecuzione
pressoché al buio. L’ordine del giorno non dice quasi niente, ma in questo modo
lo fanno quasi tutti i presidenti. L’unico punto chiaramente comprensibile
riguarda la piattaforma ferroviaria della Samer&c. seaports and terminals. Tutto
il resto (ma non le deliberazioni) può essere compreso nei punti: Comunicazioni
del presidente e del segretario generale e Varie e eventuali. Nella lettera
mandata all’Authority con la richiesta di convocazione urgente del Comitato la
governatrice Serracchiani, la presidente della Provincia Bassa Poropat e il
sindaco Cosolini chiedevano di conoscere novità sulle questioni della
Piattaforma logistica, dell’area di Servola, della privatizzazione di Trieste
terminal passeggeri e del Porto Vecchio.
di Silvio Maranzana
E Italia Nostra fa il convegno senza patrocinio
Italia Nostra e l’Istituto di Cultura marittimo portuale di Trieste organizzano da domani a sabato il meeting internazionale “I nuovi distretti portuali storici” che si terrà nella Centrale idrodinamica del Porto vecchio, ma al quale la presidente dell’Authority Marina Monassi ha tolto il patrocinio. Venerdì sono previsti i saluti del Rettore e delle istituzioni. «Con i recenti restauri e con la costituzione del Polo museale - rileva una nota di Italia nostra - si è cominciato a ridare vita agli stradoni e agli imponenti edifici del Porto Vecchio. Abbiamo portato il sito all’attenzione al Ministero dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo e abbiamo contribuito, con la presentazione del masterplan, a sbloccare la situazione di impasse; speriamo che tutte le Istituzioni convergano.»
E per il dopo-Ferriera spunta il “piano C” - Lo propone
la Anem di Vienna: un megaterminal galleggiante per navi da oltre 18mila teu
Sgonfiato il primo progetto per Servola alternativo all’opzione Arvedi dallo
stesso presidente della società che l’ha prodotto, Gianpiero Fanigliulo di Alpe
Adria che anche ieri lo ha pubblicamente definito «bellissimo, ma superato»,
rischia di prendere quota, forse per occulte spinte politiche, un secondo, se
possibile ancor più fantasmagorico. È una sorta di piano C consegnato tra
l’altro all’Autorità portuale e alla stessa Lucchini. In questo caso il
proponente è la Anem cioé l’Austrian marine equipment manufacturers, società di
Vienna che in sostanza propone di realizzare nello specchio acqueo antistante la
Ferriera una grande struttura galleggiante (si tratterebbe di teconologia Vlfs
cioé Very large floating structures) che funga da megaterminal container per
ormeggiare, grazie ai profondi fondali triestini, navi di 18mila e più teu. «I
Vlfs - si legge nella prefazione del documento consegnato da Johannes Kuehmayer
- sono in grado di offrire una seria alternativa alle banchine convenzionali e
dunque il concetto alla base della soluzione proposta da Anem non è condizionato
da ostacoli che nascano per i lunghi processi decisionali sul futuro dell’area
Lucchini, né sulla individuazione del chi e come eseguire la bonifica del sito o
del come si elimineranno migliaia di tonnellate di materiale contaminato,
nemmeno sulla definizione di chi e come dovrà sostenere i costi di tutto
questo.» A parte il fatto che non vi è alcuna indicazione su eventuali
interessamenti all’operazione da parte né di imprenditori né di armatori,
sembrerebbe di capire che da tutta l’operazione Trieste non guadagnerebbe
nemmeno la bonifica del sito. Il punto di partenza della proposta è «la firma di
un memorandum d’intesa tra le ferrovie russe e quelle austriache con il
coinvolgimento di partner ucraini e slovacchi». L’attuale crisi russo-ucraina è
evidentemente l’ennesimo punto interrogativo. «L’accordo - rileva l’Anem -
prevede il prolungamento della linea ferroviaria a scartamento largo (Transsib)
da Kosice in Slovacchia alla regione Vienna-Bratislava e trasformerà Vienna nel
più importante hub container dell’entroterra europeo. I tunnel già in
costruzione elimineranno i colli di bottiglia dell’asse Baltico-Adriatico in
Austria e apriranno un hinterland di enorme portata e rilevanza economica per il
porto di Trieste.» La conclusione è ancora più stucchevole perché si invitano i
soggetti interessati a ripensare il ruolo di Trieste e avviare subito negoziati
con l’Alleanza P3 (Maersk, Msc e Cma-Cgm) la stessa con cui il vero terminal
container di Trieste ha trovato già molti mesi fa accordi in base ai quali la
prima nave della P3 arriverà sul Molo Settimo già ad agosto.
(s.m.)
«Uil a favore di Arvedi, mai cambiata la linea»
Rodà dopo le dichiarazioni di Fanigliulo. E il Pd attacca: solo un bluff
il progetto alternativo
«È importante che un segretario regionale di categoria della Uil abbia
pubblicamente affermato che la via corretta da seguire per la riqualificazione
dell’area di Servola è quella delineata nell’Accordo di programma e che sembra
avere ora in Arvedi l’unico interlocutore sul fronte imprenditoriale». In questo
modo Antonio Rodà, segretario provinciale della Uilm ha commentato ieri le
dichiarazioni rilasciate al Piccolo da Gianpiero Fanigliulo segretario regionale
di Uiltrasporti che, mentre tutti i suoi colleghi si prodigavano per la
continuità produttiva, toltosi momentaneamente il cappello da sindacalista e
messosi addosso il secondo in suo possesso, quello di presidente della società
Alpe Adria promuoveva e avvallava (perlomeno fino al luglio scorso) uno studio
alternativo alla siderurgia. «Nell’ambito della Uil - ha specificato Rodà - la
linea è sempre stata una sola per cui non c’è stato bisogno di alcun confronto o
chiarimento». E la posizione è stata ribadita anche nel congresso provinciale
della Uilm, apertosi ieri nella sala di Friulia e che si concluderà oggi con la
rielezione a segretario di Antonio Rodà. Ieri sono state affrontate le crisi
metalmeccaniche sul territorio: Ferriera, Sertubi e Wärtsilä anche con gli
interventi degli assessori provinciali Igor Dolenc e Adele Pino. Dopo le notizie
provenienti dallo stesso fronte di Alpe-Adria «che per il destino dell'area
Ferriera svelano l'inconsistenza del progetto alternativo ad Arvedi», prende
posizione il gruppo del Pd in Comune. I consiglieri democratici rivolgono
all'Autorità portuale una serie di domande. «Perché il progetto non è mai stato
presentato nelle sedi appropriate?” - si chiede il consigliere Marco Toncelli,
presidente della Terza commissione consiliare - Perché viene fuori ad Accordo di
Programma già sottoscritto da tutti gli enti coinvolti (Autorità Portuale
compresa)?» «La città deve sapere chi lo ha chiesto, chi lo ha firmato, quanto è
costato e quando e come è stato pagato», aggiunge Pietro Faraguna. Il capogruppo
Giovanni Coloni allora non può che rilevare che «quello che si delinea come un
bluff viene fuori proprio quando le cose si stanno avviando faticosamente per il
verso giusto sui binari dell'Accordo di Programma. Atto cui hanno collaborato
fattivamente tutte le istituzioni, avente come faro le bonifiche ambientali e
l'occupazione e a cui soltanto l'Autorità portuale ha già cercato di porre
ripetuti ostacoli, senza riuscire a mandare all'aria il tavolo. Allo stato degli
atti l'Accordo di programma rappresenta l'unica ipotesi credibile per
disinnescare in modo concreto la bomba sociale e ambientale che abbiamo
ereditato dalla storia della città».
Rifiuti, 3mila “pezzi” abbandonati in marzo
Il sindaco: «Impressionante, una minoranza danneggia tutti». Recuperarli
costa 500 mila euro l’anno
Più di tremila rifiuti ingombranti, abbandonati vicino ai cassonetti ma
anche no, sono stati raccolti da apposite squadre dell’AcegasAps solo in marzo.
Tutti materiali che andrebbero consegnati nei centri di raccolta, ma che vengono
anche ritirati gratis a domicilio chiamando un apposito numero verde. Quella di
marzo non è purtroppo una cifra molto più alta rispetto ad altri mesi. A
febbraio il numero di tali rifiuti ha raggiunto i 2.600. Un po’ meglio, si fa
per dire, è andata a gennaio, con quasi 2mila “pezzi”. «Ho appreso queste cifre
durante un recente sopralluogo con i tecnici di AcegasAps - spiega il sindaco
Roberto Cosolini -. Il solo dato di marzo è impressionante, significa cento
interventi al giorno per recuperare rifiuti abbandonati». Il primo cittadino
osserva che questo comportamento, anche se si riferisce a «una minoranza della
popolazione dotata di scarso senso civico, danneggia però il decoro dell’intera
città, e richiede l’impegno di risorse che AcegasAps potrebbe impiegare per
migliorare altri servizi». Le risorse di cui parla il sindaco ammontano a circa
500mila euro l’anno. Cifra che corrisponde alla spesa per gli stipendi e altri
costi di sei squadre, ciascuna di due persone e ciascuna dotata un autocarro per
recuperare i rifiuti abbandonati. Il sindaco è letteralmente scandalizzato per
così tanti casi di incuria e trascuratezza. «Chi si comporta così deve sapere -
rimarca - che con questi comportamenti danneggia tutti in maniera rilevante. E
lede l’immagine della città che ne ricavano gli stessi triestini e anche i
turisti. Lo stesso vale per quelle persone che continuano a buttare per terra i
mozziconi di sigaretta, anche quando si trovano a pochi metri dagli appositi
contenitori». L’atteggiamento della gente che abbandona i rifiuti è del tipo
“tanto quelli dell’AcegasAps sono bravi”. Ma proprio il direttore del Servizio
ambientale dell’ex municipalizzata, Paolo Dal Maso, ricorda che «per i rifiuti
ingombranti ci sono i centri di raccolta, aperti 12 ore al giorno, e quello di
via Carbonara a San Giacomo funziona anche la domenica mattina. C’è poi il
ritiro gratuito a domicilio, prenotabile a un numero verde. Ciononostante, negli
anni la situazione va peggiorando, mentre la gente pretende più pulizia». Fra i
rifiuti che le squadre dell’AcegasAps, inviate dopo le segnalazioni degli
autisti dei camion che svuotano i cassonetti o di altro personale, raccolgono
ogni giorno c’è di tutto. «Nei premi tre mesi dell’anno - precisa Dal Maso -
abbiamo trovato 150 materassi, 200 pezzi di mobilio, ben 580 rifiuti ingombranti
di vario tipo, 430 cartoni, nonostante per questi ci sia un apposito servizio di
raccolta. E ancora 169 televisori, video per computer, bombole di gas, parabole
per la Tv, e anche il cofano di un’auto. Senza contare - conclude - 1.500
sacchetti di rifiuti urbani, che andrebbero messi negli appositi cassonetti e
che invece sono stati lasciati ati all’esterno».
Giuseppe Palladini
Domenica il primo centro mobile di raccolta - ALLA
ROTONDA DEL BOSCHETTO
Per invogliare i cittadini a non abbandonare i rifuti ingombranti, dopo la
sperimentazione dell’estate 2013 (che ha dato buoni risultati) AcegasAps ha
deciso di ripetere l’operazione “centri mobili di raccolta”. Si comincia già
domenica prossima , con la postazione al parcheggio della Rotonda del Boschetto
(orario 9-17), dove si potrà portare ogni genere di rifiuti ingombranti: mobili,
elettrodomestici, pneumatici, batterie e quant’altro. La seconda tappa è
prevista domenica 19 aprile , al parcheggio “mandria” di Prosecco; anche questo
centro funzionerà dalle 9 alle 17. Il terzo centro mobile verrà allestito
domenica 3 maggio, nel grande parcheggio di via Rio Primario, accanto alla
Risiera. Ulteriori centri mobili saranno predisposti nei prossimi mesi. Tutta la
settimana sono poi aperti i quattro tradizionali centri di raccolta: in via
Carbonara 3, via Martinaga 10, Strada per Vienna 84/a e via Giulio Cesare 10.
Panche e fontanelle lungo la pista ciclabile
Presentato il progetto di riqualificazione redatto dalla Provincia,
investimento da 60mila euro
Illustrato ieri in Provincia dalla presidente Maria Teresa Bassa Poropat e
dagli assessori provinciali allo sport Igor Dolenc e alla viabilità Vittorio
Zollia il progetto di riqualificazione della pista ciclopedonale Giordano Cottur,
progetto che punta a migliorare la fruibilità dell’impianto incentivando lo
sviluppo sul territorio di una mobilità sostenibile. Realizzato dall’Area
servizi tecnici di palazzo Galatti, il piano individua una ventina di punti di
ristoro lungo il percorso di 12 chilometri, nei quali saranno posizionati arredi
urbani e in particolare panchine, stalli per biciclette, tavoli da picnic e
fontanelle. Il progetto comprende già il tipo di arredi da utilizzare, come la
panca realizzata con materiali di risulta della lavorazione dl granito bianco,
“antivandalo” perché inamovibile vista l’entità del peso e il trattamento
antiograffito. La fase di progettazione - è stato sottolineato in sede di
presentazione - si è svolta «nel pieno rispetto della natura e dell’ambiente
circostante sia per la scelta dei materiali che nella fase di individuazione dei
siti di posizionamento«. Uno volta terminato lo studio è stata convocata una
Conferenza di servizi mirata ad acquisire da parte degli enti preposti pareri,
autorizzazioni, nulla osta finalizzati alla realizzazione dell’opera in
questione che comprende il ministero per i Beni culturali con la Soprintendenza,
i Servizi tutela del paesaggio e biodiversità e della pianificazione
territoriale della Regione, i Comuni di Trieste e di San Dorligo della
Valle-Dolina. Una volta ottenuti i pareri necessari il progetto passerà alla
fase operativa. Lo studio comporta un investimento complessivo di 60mila euro.
L’assessore allo Sport ha quindi comunicato che sarà ancora il Comitato
TriesteinBicicletta a occuparsi della gestione della pista ciclopedonale. Il
comitato (composto dal Comitato provinciale della Federazione ciclistica
italiana, da Ulisse-Fiab Federazione italiana amici della bicicletta,
dall’Associazione tutori stagni e zone umide del Friuli Venezia Giulia,
dall’associazione Granfondo D’Europa, dalla Cottur Asd, dal Federclub Trieste
Scat Capponi, dall’Asd Ciclo Club Trieste e dall’Asd 360MTB), continuerà ad
organizzare e coordinare le attività sulla pista. La pista ciclopedonale
Giordano Cottur, inaugurata nell'ottobre 2010, si snoda su parte del tracciato
della ferrovia che dal 1887 al 1959 collegava la stazione di Trieste/Campo
Marzio con quella di Erpelle lungo la ferrovia Istriana Pola – Divaccia.
L'itinerario, che riutilizza grazie a un'attenta opera di recupero il vecchio
sedime, inizia nel rione di San Giacomo, e risale - dotato di numerosi punti
panoramici - verso la Riserva naturale della Val Rosandra fino al confine a
Draga Sant'Elia.
Opicina e la sua storica ferrovia - alla libreria
Minerva
“Opicina e la ferrovia” alle 17.30 Info su www.luglioeditore.itQuesto
pomeriggio alle 17.30, nella sala di lettura della libreria Minerva di via San
Nicolò 20, verrà presentato “Opicina e la ferrovia” di Roberto Carollo,
responsabile del Museo Ferroviario di Trieste, pubblicato da Luglio editore.
Interverranno l’autore assieme a Etta Carignani, vicepresidente nazionale
vicaria Ande (Associazione donne elettrici) e presidente associazione Ande
Trieste, Franco Miracco, assessore alla Cultura al Comune di Trieste, Carlo
Genzo, vicepresidente di Camminatrieste. Da quasi due anni le serrande della
biglietteria sono calate, gli schermi che segnano arrivi e partenze spenti.
Sopravvivono 11 binari su 43, gli uffici doganali affondano nella polvere,
quelli della Polfer sono sbarrati e l’ultimo treno passeggeri (l’EuroNight per
Budapest) è stato soppresso nel 2011. Erano 500 gli addetti negli anni Sessanta,
oggi sono 20. Ecco l’oggi della storica stazione di Opicina.
I cinghialetti di via Moreri fra attrazione e “mistero”
A caccia di cibo a ridosso delle case per giorni e giorni, assenti nelle
ultime ore - Dolenc: «Stiamo cercando soluzioni non cruente». Enpa «disposta ad
accoglierli»
Da grandi sfioreranno il quintale e la loro vita non sarà un granché
compatibile con la nostra, per elementari leggi di natura. Il problema, però, a
quanto pare non si pone. Per ora. I baby-cinghiali di Roiano (pascolanti
nell’ultimo paio di settimane almeno, nel terreno incolto di proprietà delle
Ferrovie, a destra della prima rampa di via Moreri, fra le case impiantate ai
piedi di Pis’cianzi) sono un’attrazione irresistibile, evidentemente. Sembrano
“trudini” di peluche, ma col valore aggiunto che trotterellano e grugniscono
come a dire grazie quando gli si getta l’avanzo dell’amatriciana, la cartilagine
della carne ai ferri e la scorza di formaggio. Il massimo, insomma, per i bimbi.
E non solo. Lo sono pure per chi è più in là con gli anni ma che davanti a
questi animaletti torna bambino. Il fatto è che, dai e dai, sono diventati ormai
cinghialetti domestici. Capaci di spingersi così vicini alle case da costituire,
senza saperlo, un problema da risolvere prima che il loro peso s’avvicini
appunto al quintale. Un problema che la Provincia - l’ente (finché c’è) deputato
ad occuparsene - annuncia attraverso il vicepresidente Igor Dolenc, tra le altre
cose assessore alla fauna, di dover risolvere ma di volerlo fare senza
spargimenti di sangue bestiale e, di conseguenza, di lacrime umane. I cuccioli
di cinghiale di via Moreri, infatti, da qualche giorno sono molto più di
un’attrazione. Quasi personaggi da leggenda, in un’aura di mistero. Tra gli
abitanti, che amano e in certi casi coltivano anzi questa presenza oggi innocua,
si è sparsa la voce che siano rimasti orfani e sbuchino dai rovi senza curarsi
troppo della vicinanza dell’uomo per la gran fame. A qualche anima buona e
disinteressata, come il lettore Enrico Comini ad esempio, autore sia del video
che delle foto (comprese quelle che si vedono in questa pagina) ora sul sito del
Piccolo, nelle ultime ore era passata per la testa addirittura la pazzia idea
(che è rimasta chiaramente un’idea) di provare a catturarli, imbarcarli nel
bagagliaio e poi liberarli in Carso. Motivo: «L’Enpa al telefono ci ha detto che
non può intervenire, la competenza è dei guardiacaccia della Provincia, ma se
arrivano loro li sopprimono». «Noi interveniamo - spiegava nella mattinata di
ieri Gianfranco Urso, coordinatore regionale Enpa - solo nel caso in cui i
cuccioli siano orfani, o abbandonati, com’è capitato l’altro mese in zona
Napoleonica con un esemplare scivolato da un gradone. Ma questi di Roiano per
noi non sono orfani né abbandonati. Lo si capisce dalle striature, che se ne
vanno attorno alla decima settimana dalla nascita, e comunque a svezzamento
finito. Loro vengono tuttora allattati, la notte, dalle mamme. Fossero soli
sarebbero morti, perché per come sono piccoli ancora ne hanno necessità, al di
là di ciò che viene dato loro da mangiare dalle persone. Sarebbero poi
sprovvisti sia di difesa la notte dalle volpi sia di sufficienti anticorpi per
cavarsela». Il mistero s’è annerito verso ora di pranzo, quando i cuccioli sono
spariti. In ritirata sotto i rovi con le mamme o fatti fuori dalla pubblica
autorità, dato che è stato avvistato nei paraggi un mezzo della Forestale
regionale? La pubblica autorità, in giornata, ha smentito. Catturarli non è
semplice, anche se si dovessero utilizzare pistole d’indormio ché potrebbe
risultare fatale per bestioline così leggere. Sparare pallettoni veri con
l’intento di uccidere tra le case sarebbe ancor meno semplice, e tanto meno una
cosa del genere passerebbe, o sarebbe già passata, inosservata. I guardiacaccia
della Provincia li tengono d’occhio da tempo: sono censiti in undici, due mamme,
che se ne restano coperte, e nove piccoli (in realtà i residenti ne hanno scorti
sei al colpo) che sono lasciati liberi di girare un po’ in quanto se ne tornano
nella macchia felici e sazi. «Stiamo monitorando la situazione - la
dichiarazione di Dolenc - e stiamo cercando di vedere se è possibile organizzare
un intervento non cruento, spostandoli lontani dall’abitato». Parola di
assessore, nel pomeriggio. Quando da via Moreri si continuava a dare i teneri
cinghialetti per dispersi (proprio sotto Pasqua...). E quando l’Enpa, stavolta
con la presidente triestina Patrizia Bufo, si è dichiarata «disposta ad
accoglierli, nutrirli ed inserirli successivamente in natura, ove la Polizia
ambientale o il Corpo forestale dello Stato ritengano di portarceli».
Piero Rauber
GREEN STYLE.it - MARTEDI', 8 aprile 2014
Riciclare le capsule del caffè aiuta la ricerca sul
cancro
Un riciclatore incentivante, che permette di differenziare le capsule del
caffè esauste e di ottenere un bonus per l’azione compiuta: è quello installato
al centro commerciale Emisfero di Fiume Veneto, in provincia di Pordenone.
Il progetto di raccolta e riciclo delle capsule del caffè esauste tramite il
riciclatore realizzato dall’azienda veneta Eurven e installato da Cialdefriul di
Portogruaro, permetterà di avviare una corretta raccolta differenziata in loco:
i rifiuti raccolti saranno mandati direttamente alla fase di separazione e
riciclo, senza ulteriori passaggi.
Questo metodo permetterà di evitare la fase di movimentazione dei rifiuti, da
cui deriva una massiccia immissione di C02, contribuendo così all’abbattimento
delle emissioni nocive.
Carlo Alberto Baesso, general manager di Eurven, ha spiegato:
Il nostro obiettivo è partire dai rifiuti per costruire un mondo migliore, e non
ci basta sensibilizzare sul corretto smaltimento dei rifiuti, ma andare oltre e
sostenere tutte quelle iniziative che operano concretamente ogni giorno per
cambiare le cose.
Ma l’obiettivo dell’iniziativa non è solo quello di gestire il flusso di capsule
del caffè in modo sostenibile: tutti i proventi raccolti dal progetto saranno
infatti devoluti a La Via di Natale Onlus, associazione che raccoglie fondi per
la lotta contro il cancro, contribuendo così anche allo sviluppo della ricerca.
Paolo Milan, titolare di Cialdefriul, ha concluso:
Siamo orgogliosi della collaborazione con Eurven e della finalità
dell’iniziativa. Trasformare in risorsa un rifiuto che molti di noi non sanno
nemmeno dove buttare è un risultato davvero importante.
IL PICCOLO - MARTEDI', 8 aprile 2014
«Piano B per la Ferriera? Datato, meglio Arvedi»
Lo sostiene lo stesso presidente di Alpe-Adria
GIanpiero Fanigliulo che ha presentato il progetto sconfessando se stesso e
l’autorità portuale
«Non vorrei pensare male, ma a pensare male ci si prende», Gianpiero
Fanigliulo, il sindacalista multitasking (segretario regionale della Uil
Trasporti, presidente di Alpe Adria e membro del Comitato portuale) cita
Andreotti a sua insaputa («Non l’ho mai condiviso, ma deve dare atto che l’uomo
era di valore»). E lo fa per prendere le distanze da se stesso («Lo studio Alpe
Adria per la Ferriera è datato») e dal committente, l’Authority di Marina
Monassi («Non capisco perché l’abbiano tirato fuori ora»). Parola d’onore di
Fanigliulo, “sindacalista moderno”. «La parola più intelligente l’ha detta la
Serracchiani (governatrice del Fvg, ndr)». La Serracchiani? Ho capito bene? Non
capisco il suo stupore. Sto solo ai fatti. Ma cosa ha detto di così
intelligente? Ha dato una lettura esatta. Ha detto che è un piano datato che le
è stato dato mesi fa senza citare l’autore dello studio e neppure il
committente. Una porcata? È stato un errore. Chi l’ha consegnato in quel modo ha
sbagliato. Di cosa si tratta? Non è un piano B e non è alternativo a nulla. È
stato fatto nel luglio 2013 quando della Ferriera si parlava solo della
chiusura. Nient’altro. Non c’era Arvedi all’orizzonte Una tempesta in un
bicchiere d’acqua. Si parla di luglio 2013. Tutto il resto casca da sé. Ma
perché è stato ritirato fuori adesso? Non da noi. Le risulta che sia stata Alpe
Adria a ritirarlo fuori?Assolutamente no. Alpe Adria è l’autore del piano? Ma
non il committente. Noi l’abbiamo preparato e consegnato all’Autorità portuale.
C’è una corrispondenza a riguardo. Ma perché l’Autorità portuale l’ha
rispolverato ora? Non lo. L’Autorità portuale può farne l’uso che vuole. Non
entro nella sua strategia. Ma perché. a suo giudizio, è stato tirato fuori
adesso? Sono 32 anni che faccio il sindacalista. Che domande mi fa? I colleghi
sindacalisti non l’hanno presa molto bene questa iniziativa... Se non conoscono
appieno le date, è chiaro che s’incazzano. È normale. Ma se gli si dice che
questo piano è stato fatto nel luglio 2013 quando Arvedi non c’era,
probabilmente la penserebbero in modo diverso. Comunque li incontrerò... Da
sindacalista a sindacalisti... No, da presidente a sindacalisti. Non sono
incompatibile per il mio statuto. Il segretario regionale della Cgil, Franco
Belci, parla di un conflitto di interessi... Su cosa non lo so. Ognuno ha dei
conflitti di interessi. È un’’ossessione di Belci... Un’ossessione ricorrente.
L’ho notato. In verità ci sono delle incompatibilità anche da quelle parti. Che
io approvo completamente. Quali? Roberto Treu. Sindacalista Cgil nelle
assicurazioni e capo del personale del Comune... Tornando alla Ferriera. Non è
stato corretto da parte dell’Authority tirare fuori ora dal cassetto il vostro
piano? Corretto, non corretto... Mi risparmi questo giudizio. Posso dire che
Alpe Adria ha fatto un buon lavoro, nei tempi che ci erano stati richieste. Ma
perché Alpe Adria ha accettato l’incarico? Alpe Adria si occupa di treni e
logistica. Nell’ottica di incrementare il nostro business, abbiamo commissionato
uno studio di reindustrializzazione su ordine dell’Authorità portuale. Il
rischio è che l’area della Ferriera faccia la fine di quella di Aquilinea. Il
lavoro svolto è eccellente, ma inattuale nel momento in cui c’è una gara che sta
partendo e un gruppo industriale interessato. Quindi lo studio va accantonato?
Diciamo che non è attuale. Non credo verrà usato. Mi sembra che Arvedi abbia
tutte le buone intenzioni per prendere in gestione la Ferriera. E quindi? Lo
studio di Alpe Adria è un esercizio. Si prende solo se serve. Altrimenti sta lì.
Un piano che va bene solo se Arvedi si ritira... Se la Ferriera chiude... E
questo io non lo voglio, non lo dico. Ho a cuore 500 lavoratori. Non dimentichi
la mia natura sindacale. In passato, però, si è schierato per la chiusura della
Ferriera... No. Assolutamente. Come fa a dire che io tifo per la chiusura? Ha
definito la Ferriera un ecomostro. Non si può dire che generi aria salubre da
montagna. Non è una fabbrica di profumi. Come tutti i sindacalisti moderni tifo
per uno sviluppo compatibile che crei ricchezza e non problemi di salute...
Quindi non è per la chiusura della Ferriera... No. La verità è che si sono persi
molti anni. Io sono per le soluzioni che garantiscono l’occupazione. Quindi fa
il tifo per Arvedì? Io tifo solo per l’Inter. Come vede il trasloco
dell’Authority portuale al Magazzino 26? Non ne sapevo nulla. Mi sembra una sede
carina. Sono andata a vedere una mostra tempo fa. Comunque abbiamo già fatto una
riunione del comitato portuale in una struttura del Porto Vecchio. Solo che andò
via la luce. Magari era la centrale idrodinamica... Probabile. Meglio la Torre
del Lloyd? La Torre del Lloyd ha parecchi problemi. Una scala a chiocciola
ripida. Non c’è un ascensore. È un po’ un casino.
Fabio Dorigo
Servola, stop dei sindacati a «fantomatici progetti
alternativi»
LA FAILMS: C’E' RISCHIO CHE SI FERMI ANCHE LA COKERIA
Stop sindacale ai progetti che non prevedono la continuità produttiva alla
Ferriera di Servola. Il comitato degli iscritti Fiom congiuntamente alle Rsu ha
espresso ieri sera «viva preoccupazione per le notizie circolate negli ultimi
giorni a fronte di fantomatici progetti di riconversione della ferriera in una
sorta di polo logistico industriale. La Fiom si opporrà - si sottolinea - a
qualsiasi ipotesi di progetto che non preveda la continuità produttiva della
siderurgia a ciclo integrale ritenendola strategica dal punto di vista
economico, occupazionale oltre che elemento imprescindibile per la
riqualificazione degli impianti e il risanamento ambientale di tutta l’area.
Tale posizione - si specifica - potrà essere rimodulata solamente dopo la
contestuale creazione di altri insediamenti industriali capaci di riassorbire
tutti i lavoratori». Il fatto che c’è chi si sta adoperando per impedire la
continuità produttiva alla Ferriera di Servola è stato ribadito ieri anche da
Umberto Salvaneschi, segretario Trieste-Gorizia di Fim-Cisl. E con sfumature
diverse, ma per sottolineare il medesimo pericolo, è intervenuto anche il
sindacato autonomo Failms. «Le continue schermaglie politiche attorno alla
riconversione della Ferriera - si legge in una nota - rischiano di allontanare
gli investitori che si accingono a manifestare l’interesse di acquisto del
complesso siderurgico. Trieste non può sopportare più ulteriori ritardi nello
sviluppo del territorio per irresponsabili beghe politiche e sindacali: bisogna
invece consentire che le procedure fallimentari abbiano corso, nell’ambito del
rispetto delle condizioni previste dall’Accordo di programma, lasciando a casa
il tifo da stadio a favore dell’uno o dell’altro progetto. La vendita del
complesso - specifica la Failms - è un passaggio obbligato per raggiungere
l’obiettivo di risanamento del debito accumulato. Anche perché pure i lavoratori
sono creditori privilegiati essendo ancora in attesa del loro Tfr risultante
dalla massa passiva. Si tratta di 100 milioni per i dipendenti di tutto il
Gruppo Lucchini su un totale di 700 milioni complessivi.» Giulio Frisari della
segreteria provinciale Failms agita anche un altro spauracchio: «C’è il rischio
che il 21 o il 22 aprile venga deciso di spegnere l’altoforno di Piombino e a
quel punto sarà segnata in negativo anche la sorte della cokeria di Servola che
essendo spento l’altoforno triestino ora dovrebbe fornire il coke proprio a
Piombino.» Secondo Salvaneschi invece il pericolo è soprattutto un altro: «Il
fossile che abbiamo in casa è sufficiente ad alimentare la cokeria fino a fine
maggio. L’impianto si fermerà se nel frattempo non sarà sopraggiunta un’altra
nave di rifornimento. La data alla quale guardiamo è quella del 21 aprile,
giorno in cui scadranno i termini per le manifestazioni di interesse e contiamo
sul fatto che effettivamente arrivi quella di Arvedi. Nel frattempo sono in
corso contatti per fornire il nostro coke a Piombino.» A detta di Frisari
potrebbe essere lo stesso commissario straordinario della Lucchini Piero Nardi
che, una volta fermato l’altoforno di Piombino, potrebbe imporre lo stop anche
alla cokeria di Servola, «causando così la paralisi completa della Ferriera
triestina e il ricorso alla cassa integrazione straordinaria per tutto il
personale.»
(s.m.)
«Illogica l’Authority in Porto Vecchio» - Nardini (Unionquadri):
«Sarebbe in mezzo al degrado, distante dal cuore delle sue attività»
«Gran bella vista che spazia sull’intero golfo: potrebbe essere un palazzo
di rappresentanza.» Secondo Sergio Nardini delegato di Unionquadri all’interno
dell’Autorità portuale i vantaggi di un trasferimento degli uffici
dell’Authority dalla Torre del Lloyd al Magazzino 26, oltre che alla
Sottostazione elettrica, in Porto Vecchio si limiteranno al panorama. «Forse non
mancheranno i parcheggi, comunque in mezzo al completo degrado», aggiunge.
D’altro canto difficoltà e svantaggi non si contano. «L’Authority, se il
trasferimento verrà attuato - specifica Nardini - finirà lontana e distante dal
cuore delle sue attività. Non va dimenticato che ha compiti specifici di
vigilanza e di controllo operativo, e inoltre esigenze legate alla fornitura di
materiali. Per questo oggi è dislocata su tre sedi: oltre che alla Torre del
Lloyd, anche al Magazzino 53 alla radice del Molo Quinto dov’è ubicato l’Ufficio
sicurezza e viabilità e nell’hangar B accanto al 57 dove sono dislocati
l’Ufficio acquisti e economato e i Magazzini di materiali. Voler portare tutto
questo in Porto Vecchio (dove del resto l’attività portuale è quasi nulla, ndr.)
suscita forti interrogativi.» Ma nella comunicazione inviata agli uffici e ai
sindacati in cui annuncia di aver dato avvio alle procedure per il
trasferimento, la presidente Marina Monassi rileva proprio che «le spese
derivanti dalla dislocazione dei settori, dei servizi e degli uffici
dell’amministrazione presso diverse sedi possono essere contenute mediante la
concentrazione dell’apparato burocratico in una sede unica» e che «nessuno degli
immobili ove attualmente sono ubicati possiede sufficiente capienza per
contenere l’intera struttura aziendale.» «Il Magazzino 26 è stato concepito come
spazio espositivo - replica Nardini - la Sottostazione elettrica dovrebbe essere
museo e biblioteca e i finanziamenti sono stati ottenuti con questa clausola.
Per creare la sede unica e permanente dell’Authority manca gran parte
dell’infrastrutturazione: le reti telematiche, la viabilità, un servizio di
trasporto pubblico.» Non è escluso che Monassi, che del resto nemmeno ieri
rispondeva al telefono così come neppure il segretario generale, nè il
rappresentante dei dipendenti dell’Authority in Comitato portuale, voglia
inscenare una corsa contro il tempo per attuare il trasferimento prima di
gennaio 2015 allorché scadrà il suo mandato. Sarebbe anche il modo migliore per
riaffermare che il Porto Vecchio è porto e per allontanare qualsiasi tentativo
di sdemanializzazione. Per questo avrebbe già fatto piazzare alla Sottostazione
elettrica il grande tavolo per far svolgere lì tutti i Comitati portuali. «I
tempi sono stretti - osserva Nardini - ma volendo tutto si può fare». I
dipendenti, un centinaio con una dozzina di contratti a termine alcuni dei quali
a scadenza, aumenti ritirati con stipendi tagliati dal novembre 2012 e un premio
di risultato finalmente in arrivo il mese prossimo, hanno logicamente ben poca
voglia di contrastare il capo. Secondo Renato Kneipp, segretario provinciale di
Filt-Cgil, «la decisione di Monassi sul cambio di sede lascia sconcertati perché
le risorse dovrebbero venir utilizzate ben diversamente e qui si parla di
500mila euro solo per rendere utilizzabile il Magazzino 26.»
Silvio Maranzana
IL PICCOLO - LUNEDI', 7 aprile 2014
Porto vecchio, guerra tra donne Monassi scarica Caroli
Authority e direttrice dell’Istituto di cultura marittimo portuale ai ferri corti, tolto il patrocinio al convegno del prossimo fine settimana.
Sarà sostenuta da Italia Nostra. «Cacciata
dall’Infopoint»
Gentilezze di carta vetrata, sorrisi al vetriolo, sgambetti, ritorsioni e
bucce di banana sui pavimenti. E’ crisi profonda, quasi rottura nei rapporti
istituzionali tra la presidente dell’Autorità portuale Marina Monassi e
Antonella Caroli, direttrice di quell’Istituto di cultura marittimo portuale che
ha agito per anni come braccio operativo della stessa Authority nella
ristrutturazione della Centrale idrodinamica, nel riassetto della Sottostazione
elettrica e nella gestione dell’Info – point aperto da un paio di settimane al
pianterreno del Magazzino 26. Lì, secondo quanto è stato annunciato
ufficialmente, devono rivolgersi i rappresentanti della società, delle ditte e
degli investitori che puntano a ottenere dall’Autorità portuale una concessione
demaniale all’interno del Porto Vecchio, nell’ambito dello “spezzatino” voluto
dalla stessa Marina Monassi. L’Info point è stato gestito fino a un paio di
giorni fa da Antonella Caroli che accoglieva i candidati, illustrava loro le
regole del concorso che si dovrebbe concludere a fine giugno con le assegnazione
degli spazi negli edifici del Porto Vecchio, e faceva visitare loro gli antichi
hangar da ristrutturare. I contatti sono stati numerosi, almeno 80 secondo la
direttrice dell’Istituto di cultura. Poche ore fa, a sorpresa, Antonella Caroli
è stata rimossa dall’incarico e sostituita con un funzionario dell’Autorità
portuale. «Un signore che a quanto mi risulta è entrato in Porto vecchio un paio
di volte o poco più. Spero solo che il lavoro fatto finora non vada disperso»,
ha scritto in un messaggio la direttrice che ha difeso in questo modo il proprio
ruolo e la propria storia. La seconda “gentilezza alla carta vetrata” è
rappresentata dalla decisione dell’Autorità portuale di “chiamarsi fuori” dal
Meeting internazionale sul futuro del Porto Vecchio organizzato dalla stessa
Antonella Caroli. L’incontro è in calendario per giovedì, venerdì e sabato
prossimi e dovrebbe vedere la partecipazione di docenti universitari, direttori
di istituti di cultura italiana all’estero, manager di porti europei come quello
di Amburgo, funzionari del Fondo di rotazione per le iniziative economiche e i
finanziamenti agevolati. L’Autorità portuale ha ritirato la propria adesione,
costringendo l’organizzatrice a cercare all’ultimo momento un’altra sede e un
altro partner per il “Meeting”. «Io vado avanti, non posso rinunciare a un
appuntamento che è costato mesi di lavoro e che fornirà informazioni
indispensabili a chi vuole investire in quest’area», ha ribadito Antonella
Caroli. Il “Meeting” sarà dunque patrocinato e sostenuto da “Italia nostra” e si
svolgerà all’interno della Stazione idrodinamica del Porto Vecchio, dove
avrebbero già dovuto iniziare i lavori di allestimento del museo e dove da mesi
e mesi gli operai di una società privata stanno restaurando le cinque macchine a
vapore che consentivano il movimento delle gru ad acqua. Il magazzino 26 sembra
definitivamente precluso. Non sarà presente ai lavori il presidente
dell’Istituto di cultura marittimo portuale Alfonso Rossi Brigante, diretto
“superiore” di Antonella Caroli, già al vertice di una Sezione della Corte dei
Conti, medaglia d’oro al merito della Salute pubblica, già capo di gabinetto del
ministro Claudio Scajola, assolto di recente per l’acquisto e pagamento “a sua
insaputa” di un appartamento posto nei pressi del Colosseo. Alfonso Rossi
Brigante non parteciperà al Meeting perché impegnato in un viaggio in Medio
Oriente. “Inviterò tutte le autorità cittadine e regionali e mi darò da fare per
far intervenire anche l’ex sindaco di Trieste Roberto Dipiazza” ha annunciato
ieri l’organizzatrice del meeting. Non demorde, non molla, anzi rilancia anche
se tutto il peso ricadrà su di lei che già da tempo ha dovuto inghiottire alcuni
“rospi”. Piccoli, non visibili a tutti ma comunque rospi. E’ stata tenuta a
margine del ristretto gruppo di oratori che hanno parlato all’inaugurazione
della Sottostazione elettrica, mentre sull’ideale palco erano stati fatti
accomodare alcuni esponenti locali del partito di Angelino Alfano che al
contrario dell’esclusa poco o nulla hanno fatto per favorire l’importante
restauro. Ma non basta. La sottocentrale avrebbe dovuto essere affidata
all’Istituto di cultura con una apposita concessione demaniale che avrebbe anche
consentito di aprirla alle visite del pubblico.
Claudio Ernè
Rifiuti in area Ezit, Provincia sconfessata al Tar
Accolto il ricorso di un’impresa contro un atto che non le consentiva di
trattare il sedime in regime semplificato
Sono giorni caldi per le vertenze - già aperte o in odore d’esserlo - che
interessano terreni e attività al qua dei confini del Sin. Mentre infatti una
trentina di piccoli imprenditori medita le vie legali per contestare l’eventuale
obbligo di pagamento (o in alternativa d’intavolazione coatta di un onere reale)
di circa 12 euro al metro quadrato per le caratterizzazioni in presenza
d’inquinamento accertato e in assenza di colpevoli pregressi - e mentre diventa
di pubblico dominio la notizia di un ricorso pendente già depositato al Tar
dalla Pacorini - esce una sentenza dello stesso Tar che dà ragione a un’azienda
insediata nel Sin, la quale aveva fatto causa a suo tempo a un filotto di
pubbliche amministrazioni per un divieto della Provincia a svolgere il proprio
lavoro, in particolare opere di riempimento di sedime industriale sotto costa,
secondo determinate regole. Stavolta, però, la materia del contendere non è
l’Accordo di programma per le bonifiche del 2012 ai tempi del ministro Clini, né
la sua attuazione con delegazione amministrativa all’Ezit delle
caratterizzazioni, decretata in tempi più recenti dalla Regione. La Calcestruzzi
Trieste - Srl con sede in via Errera a ridosso del lato Nord del Canale
navigabile, zona termovalorizzatore, specializzata tra le altre cose in
trattamento, stoccaggio, smaltimento e recupero di rifiuti e inerti - si è vista
dunque riconoscere dal Tar, con sentenza depositata giovedì, il ricorso che
aveva presentato nel 2009 contro una determinazione di fine 2008 con cui la
Provincia non le consentiva di poter procedere in «procedura semplificata» per
«il recupero ambientale di rifiuti per la restituzione di aree degradate ad usi
produttivi o sociali attraverso modellamenti morfologici», con intervento
localizzato «non all’interno dell’impianto della Calcestruzzi Trieste». La Srl -
assistita dagli avvocati Giovanni Borgna e Guido Barzazi - si era opposta come
detto a questa restrizione chiamando in causa ovviamente la Provincia ma anche
l’Autorità portuale e il Ministero dell’Ambiente, che non si sono costituite in
giudizio. A distanza di cinque anni si è celebrata quindi l’udienza di merito
decisiva, dopo la quale il Tar ha optato per l’accoglimento del ricorso per
omesso pre-avvertimento: la Provincia non aveva fatto «alcun riferimento» alle
opere contestate «nella diffida previamente inviata alla società». Una questione
di metodo, insomma, prima ancora che di merito, ancorché pure nel merito -
scrive il Tar - «le sopravvenute modifiche legislative» di questo ultimo lustro
«avvalorino l’interpretazione offerta da parte ricorrente».
(pi.ra.)
Se la Terra va allo sfascio è colpa degli
ambientalisti una manica di guastafeste - società »il libro
Nel libro Il fanatismo dell’Apocalisse (Guanda) il filosofo francese
Pascal Bruckner attacca gli ecologisti. Ed è subito polemica
Scrittore e saggista dei “nouveaux philosophes” Pascal Bruckner è uno dei è
più noti scrittori, saggisti e plemisti francesi. Esponente di “nouveaux
philosophes”, si mise in luce nei primi anni Novanta, quando si schierò contro
l'aggressione serba nell'ex-Jugoslavia, approvando l'intervento della Nato
contro i serbi e appoggiando l'intervento armato in Iraq deciso da Bush.
Sostenitore del re-incanto e della de-secolarizzazione, per Guanda ha pubblicato
“La tirannia della penitenza”, “Il singhiozzo dell’uomo bianco”, “Il matrimonio
d’amore ha fallito?” e “Il paradosso amoroso”.di Pietro Spirito Guastafeste
travestiti da indovini. Catastrofisti. Intransigenti. Populisti.
Antiprogressisti. Millenaristi. Fanatici irrazionali...Di chi stiamo parlando?
Degli ambientalisti, degli ecologisti, di quanti si battono per salvaguardare la
natura e la salute dell’uomo in rapporto alla natura stessa. Questo almeno
secondo le definizioni del filosofo e polemista francese Pascal Bruckner, che
lancia un attacco a tutto campo a quanti ritengono che il nostro pianeta sia
ormai sull’orlo del collasso, e che sia quindi necessario darci tutti una
regolata, diminuendo consumi e inquinamento, segnando più di un passo indietro
rispetto al progresso scientifico, tecnologico ed economico che sta facendo
rotolare la Terra verso la catastrofe. Sciocchezze, dice Bruckner nel suo
ultimo, provocatorio e politicamente scorrettissimo libro, “Il fanatismo
dell’Apocalisse” (Guanda, pagg. 229, euro 22,00, traduzione di Leila Beauté),
dove il filosofo, demolendo le ragioni dell’ecologismo, porta avanti la tesi
secondo la quale il destino dell’uomo è di essere sempre più umano, nel bene e
nel male. Per cui al bando ogni atteggiamento antiprogressista, qui bisogna sì
salvaguardare l’ambiente, ma continuare anzi a consumare, a produrre, a
investire nella scienza e nella tecnologia. Dobbiamo stare sempre più bene, dice
il filosofo esponente della Nuovelle Philosophie, altro che rinunce, perché,
dice, «il discorso sul vuoto del consumismo è vuoto quanto ciò che denuncia», e
in più «macchine, cellulari, schermi, vestiti, non sono affatto gadget, me
espansioni di noi stessi». Al contrario, ciò che Bruckner definisce
l’«ecologismo intransigente» ci condanna a un presente di terrore e di rinunce
nel nome di un futuro di cui in realtà non sappiamo nulla. Sono loro, i seguaci
di Latouche sempre con il dito puntato sull’uomo cattivo a fare veramente male
all’uomo. Insomma un vero e proprio attacco alle ragioni della decrescita e a
tutto quanto gli ruota intorno. Mutamenti climatici? Ecatombe della
biodiversità? Inquinamento? Aumento delle malattie degenerative? Che
esagerazioni, dice Bruckner: «Come in una galleria di specchi, i sondaggi
riflettono un’opinione creata dai media. L’angoscia è inoculata tramite la
ripetizione degli stessi argomenti e si trasforma in un narcotico di cui non si
può fare a meno». È una corsa a chi mette più paura, sostiene ancora Bruckner,
riconducibile a uno schema già visto, quel millenarismo cattolico con contorno
di pauperismo e culto della frugalità che, con buona pace di Papa Francesco,
mette sotto accusa il già troppo tartassato Homo sapiens. Invece di cullarci in
tanti terrori, insiste il polemista francese, dovremmo pensare a un «ecologismo
audace» e a nuove invenzioni «in grado di fare colpo sul desiderio umano,
generare stupore, sorpresa, condurre i popoli in un viaggio inedito». «Abbiamo
bisogno - conclude la sua galoppata antiambientalista Bruckner - di pionieri, di
esploratori, non di guastafeste travestiti da indovini». È così? Davvero gli
ecologisti combinano tanti danni? «Questo è puro negazionismo, non dissimile
dalle posizioni di chi nega la Shoah», si trattiene a stento Fulco Pratesi,
decano degli ambientalisti italiani, fondatore e presidente onorario del Wwf
Italia. Senza mezzi termini Pratesi afferma che i pensatori come Bruckner «vanno
messi a tacere». E spiega: «Qualche giorno fa è stato diramato il nuovo rapporto
sui cambiamenti climatici della Ipcc (Intergovernmental Panel on Climate Change),
un lavoro cui hanno partecipato 309 autori e coordinatori di 70 paesi, 436
ricercatori e 1729 revisori ed esperti governativi, e nel quale si dimostra come
i cambianti climatici in atto vanno peggio di quanto si pensasse, e i loro
effetti a breve aggraveranno i problemi che le società già hanno, come la
povertà, le malattie, la violenza e l’immigrazione. Su quanti hanno lavorato al
documento uno solo non lo ha firmato, dicendo che bisogna pensare piuttosto a
fermare guerre e carestie, come se anche queste non dipendessero dalla salute
del pianeta». «Bruckner - continua Pratesi - se la prende con gli
ambientalisti-Cassandre? Bene, io sono uno di questi, e me ne vanto. Ricordo
solo quanto andavo denunciando anni fa sull’inquinamento e i pericoli dell’Ilva
di Taranto o sulla Centrale di Porto Tolle, inquinamento e pericoli che poi si
sono puntualmente verificati». «Questi sono fatti - conclude Pratesi - e
consumare di meno, ridurre gli sprechi è davvero il minimo che si può fare per
evitare di distruggere il pianeta, altro che apocalittici». «Se la colpa non è
dell’uomo allora di chi è?», si chiede il teologo Vito Mancuso, tirato in ballo
dalle posizioni critiche di Bruckner (educato in gioventù dai gesuiti) nei
confronti di un certo cattolicesimo vicino ai «profeti della decomposizione».
«In molte città della Cina - continua Mancuso - le persone fanno persino fatica
a respirare per l’inquinamento, la forbice tra i più ricchi e i più poveri si
allarga sempre di più in ossequio a un’economia che rincorre i fatturati, ogni
giorno scompaiono specie animali e vegetali...è evidente una responsabilità
dell’uomo in tutto ciò, con il corollario tutt’altro che trascurabile della
crescita demografica, ed è altrettanto evidente che la via del cambiamento passa
attraverso una decisa trasformazione morale, intellettuale e spirituale, quella
che viene chiamata “metanoia” (dal greco metanoein, trasformazione profonda,
ndr)». «Che poi - aggiunge Mancuso - ci siano ecologisti che osannano la natura
in spregio della specie umana, anche questo non va bene». «La parola decrescita
-riflette il filosofo Pier Aldo Rovatti - sembra un pugno nello stomaco dato
alla nostra idea-guida, crescita, su cui ogni giorno economisti e politici
investono i loro discorsi, al punto che ha l'aria quasi di un passo indietro
della storia». «Forse - aggiunge Rovatti - bisognerebbe cambiarla. Resta la
sostanza: che si può deviare dalla direzione obbligata, quella verso cui tutto
il mondo va un pò alla cieca, cioè senza sapere dove. Che cosa significa
crescere, ecco il punto. Assistiamo immobili al disastro dell'ambiente, e
nell'ambiente ci siamo noi, dentro non fuori. Crescere? Certo, ma come? Tutti
insieme? Solo un pezzo della nostra esistenza o tutto quanto il nostro esistere?
In quantità o in qualità? Domande retoriche oppure interrogativi che precedono
ogni altra domanda?». Chi invece sposa le teorie di Pascal Bruckner è lo
scrittore Tullio Avoledo, autore di romanzi distopici e apocalittici come “Un
buon posto per morire” e “Le radici del cielo”. «Faccio la raccolta
differenziata ma mi sento un cretino», esordisce Avoledo, assolutamente convinto
che l’umanità stia andando «dritta verso la catastrofe». «Ma Bruckner ha ragione
- continua Avoledo - non abbiamo alternative, non si può tornare indietro, non
sopporto gli ecologisti e i loro progetti per un’umanità perfetta e controllata,
mi ricordano i programmi per una razza pura di Himmler». «La via per uscirne?
Non è certo con l’eolico - conclude lo scrittore pordenonese - che risolviamo il
problema energetico: puntare sulla scienza e la ricerca è l’unica strada
possibile».
p_spirito
La carica dei 500 in amaranto con Vivicittà - Oltre
mezzo migliaio di persone alla marcia non competitiva che ha toccato anche Porto
Vecchio
Sono stati più di mezzo migliaio ieri mattina i partecipanti alla 31.a
edizione di Vivicittà, la manifestazione organizzata come ogni anno dall’Unione
italiana sport per tutti (Uisp). Una marcia non competitiva che ieri aveva per
temi le “città sostenibili” e le “comunità attive”. Indossando la maglietta
amaranto predisposta per l’occasione, più di 500 fra bambini, adulti, piccoli
ciclisti, neonati in carrozzina, hanno accolto l’invito della Uisp a riprendersi
per qualche ora la loro città, attraversandone correndo, marciando, pedalando
alcuni dei suoi punti più significativi, come il Porto Vecchio e il Ponte Curto
sul canale, oltre che alcune delle piazze e delle vie principali. Quella che gli
organizzatori come sempre hanno definito «la corsa di tutti» è stata ancora una
volta caratterizzata da un forte impegno sociale, civile e ambientale, che i
partecipanti hanno vissuto gioiosamente, complice una splendida mattinata
primaverile. «Il significato – hanno spiegato dalla Uisp – è di permettere a
quanti aderiscono alla nostra iniziativa di vivere diversamente la città, per
una volta lontano dalle automobili e dallo stress del traffico, per cogliere in
un’atmosfera del tutto inedita le bellezze di Trieste, che è meravigliosa ed è
apprezzata ancor di più in occasioni come questa». In passato Vivicittà ha avuto
anche un carattere competitivo, di corsa vera, che però non rispondeva appieno
allo spirito di una manifestazione che non vuole esasperare la gara ma al
contrario creare un’atmosfera di condivisione di determinati valori. Ancora una
volta il gruppo più numeroso, all’interno del lungo serpentone dei partecipanti,
è stato quello dell’istituto comprensivo Tiziana Weiss. L’impegno di Vivicittà è
molto puntuale sotto il profilo ambientale e si traduce nell’uso di materiale
eco sostenibile, nell’attenzione alla vivibilità delle città, nella
sensibilizzazione al riciclo e al corretto uso dell’acqua. Ma ieri non si è
corso solo a Trieste: 44 città italiane e 10 estere sono state coinvolte nel
messaggio lanciato dalla Uisp, per un totale di circa 70mila partecipanti. In
passato Vivicittà ha toccato Sarajevo, Beirut, Gerusalemme e i campi profughi
palestinesi, Bucarest, Kinshasa, Makeni, Yokoama. Vivicittà è anche solidarietà:
nel 2013 erano stati raccolti fondi per allestire 8 palestre di soft-boxe e per
formare operatori nei campi profughi palestinesi in Libano, impegno iniziato nel
2012 con altre 8 palestre, che andrà così a coprire tutti i campi palestinesi di
questo Paese.
Ugo Salvini
DUINO AURISINA - Un mercato contadino a
chilometro zero per abbassare i prezzi
La miglior qualità prodotta e venduta direttamente sul posto: Duino Aurisina
a “chilometro zero” con il primo Mercato contadino. E come osserva l'assessore
alle Politiche del Lavoro, Marija Doroteja Brecelj, “accorciando la catena
distributiva si auspica un effetto positivo sui prezzi al consumo”, con “una
giusta remunerazione per contadini e allevatori”. Verrà discusso in aula a fine
mese, con la convocazione del Consiglio comunale fissata al 30 aprile, il
regolamento sui mercati agricoli che punta a introdurre sul territorio un nuovo
appuntamento, anche e non solo in chiave di promozione dei prodotti autoctoni
del Carso, come miele, olio, vino, salumi. La giunta vuole creare un evento
attrattivo, in particolare nella bella stagione, capace di richiamare turisti e
i cittadini dei vicini comuni e d'oltre confine. Dunque al tradizionale mercato
delle bancarelle potrebbe presto affiancarsi, in data diversa, magari a cadenza
bisettimanale e al sabato, un altro momento espositivo della merce, tutta però a
“Km 0”, cioè di aziende locali. Si potrebbe anche immaginare, attraverso il
coinvolgimento di Sgonico e Monrupino, con i quali Duino Aurisina già condivide
per esempio lo Sportello delle attività produttive (Suap), un evento itinerante.
«Stiamo predisponendo un regolamento comunale teso a disciplinare lo svolgimento
di un mercato contadino – spiega Brecelj, che detiene il referato
all'Agricoltura - per la vendita diretta di prodotti agricoli, promosso in
collaborazione con le associazioni imprenditoriali di categoria». Ci sono già
stati, in tal senso, incontri con la Coldiretti e la Kmecka Zveza. «Nasce
nell'ottica della promozione delle relazioni tra i cittadini, della trasparenza
ed equità nella vendita dei prodotti agricoli, con la diffusione di modelli di
sviluppo sostenibile, mediante iniziative per favorire l'incontro tra domanda e
offerta di generi agroalimentari tradizionali e di qualità. Il mercato è
finalizzato alla valorizzazione delle produzioni tipiche del territorio, con
particolare riguardo a quelle biologiche e stagionali non sempre valorizzate
nella grande distribuzione». Il “Km 0” ha inoltre un effetto benefico
sull'ambiente, contribuendo alla diminuzione d'inquinamento dovuto al trasporto
delle merci. I prodotti dovranno essere di provenienza esclusivamente aziendale,
freschi o trasformati e la gamma potrà comprendere qualsiasi tipo di prodotto
ammesso dalla normativa vigente, lasciando libero spazio ai produttori. «Oltre a
ciò – chiarisce l'assessore - saranno consentite la degustazione dei prodotti,
la promozione dell'attività di vendita e le azioni didattiche, dimostrative e
divulgative legate ai prodotti agroalimentari, tradizionali e artigianali del
territorio». Per accedere al Mercato contadino è prevista una selezione che
terrà conto della trasformazione dei prodotti in azienda, dell'offerta di merce
di varietà autoctone e ad alto contenuto di innovazione debitamente certificato.
Tiziana Carpinelli
Sel, incontro sui beni culturali
Oggi alle ore 17 nella Sala Tessitori il Gruppo Consiliare regionale e il
Forum Cultura e Saperi di Sinistra Ecologia Libertà – Trieste organizzano un
incontro sui beni culturali, che vede la partecipazione di Giuliano Volpe,
docente di Archeologia, già Rettore dell’Università di Foggia, componente del
Consiglio superiore per i beni culturali e paesaggistici del MiBACT, Franco
Miracco, Assessore alla Cultura del Comune di Trieste, Gianni Torrenti,
Assessore alla cultura, sport e solidarietà della Regione Friuli Venezia Giulia,
Giulio Lauri, Capogruppo Sel nel Consiglio regionale Fvg e componente della V
commissione permanente, che si occupa anche di beni e attività culturali.
L’incontro sarà introdotto da Rita Auriemma, archeologa e docente presso
l’Università del Salento. Cultura e ambiente sono al centro del progetto
politico di Sinistra Ecologia Libertà. Sono una cosa sola, inscindibile. Sono la
vera risorsa di questo paese, su cui è realmente possibile costruire un modello
di sviluppo, capace di autosostenersi. Basta fare gli investimenti giusti, non
sprecare le risorse, premiare le idee forti, perché i beni culturali e
l’ambiente sono lavoro e garantiscono reddito, se ben gestiti.
IL PICCOLO - DOMENICA, 6 aprile 2014
La rivolta in area Ezit: Pacorini apripista al Tar
contro l’Accordo Clini
Lo spedizioniere autore di un ricorso nel 2012, tuttora pendente - Nel
mirino dei ribelli attuali un successivo decreto della Regione
Gli artigiani e i piccoli imprenditori in genere che sono appena usciti allo
scoperto e che si stanno preparando a disobbedire alle regole pre-bonifiche del
Piano di caratterizzazione dentro il Sito inquinato d’interesse nazionale della
Zona industriale (regole che sostengono d’aver conosciuto solo di recente,
attraverso una lettera dell’Ezit di metà febbraio) non sono in realtà i
precursori assoluti della protesta. Questi «piccoli operatori» (pari pari li
cita la norma della discordia alla voce «copertura finanziaria», gli inquieti ad
oggi sarebbero una trentina su un totale di quasi 120 interessati dal medesimo
trattamento) possono contare infatti su un antesignano dal nome pesante, che
tutto è fuorché piccolo e la cui battaglia è rimasta a lungo al riparo dai
riflettori mediatici e dall’attenzione dell’opinione pubblica. Non può essere
più così, se è vero che tale colosso diventa ora, banalizzando, un modello di
principio per i «piccoli» contras. I quali, informandosi per i fatti loro, hanno
appunto constatato che qualcuno s’è già mosso. E questo qualcuno è la Pacorini.
Che, a suo tempo, e per tempo, aveva depositato - per mano del proprio legale,
l’avvocato Giovanni Borgna - un ricorso al Tribunale amministrativo. Non quello
già noto, e più datato, per l’accesso alle carte che giustificavano le pretese
milionarie dello Stato per il cosiddetto «danno ambientale» che nel 2012
l’allora ministro dell’Ambiente, il triestino acquisito Corrado Clini, avrebbe
poi cancellato dall’ultima versione dell’Accordo di programma sul Sin. Il gruppo
infatti (il cui quartier generale triestino di B. Pacorini Srl, Santandrea
Unipersonale e Silocaf ha sede in via Caboto, a ridosso del Canale navigabile)
ha impugnato al Tar, sempre nel 2012, proprio l’ultima versione dell’Accordo di
programma battezzata da Clini, quella vigente che, all’epoca, era stata salutata
dalle associazioni di categoria come la svolta capace di affermare il principio
del «chi non ha inquinato non paga». Non per la Pacorini, il cui ricorso
amministrativo presentato in via cautelativa, oggi pendente, contestava forma e
sostanza dello stesso Accordo Clini, dubitando in particolare che il
proprietario di un terreno precedentemente contaminato da altro privato potesse
dormire sonni tranquilli. Il precedente, insomma, c’è. Ma c’è pure un problema,
per i nuovi (e piccoli) contestatori. Per impugnare un atto al Tar c’è tempo 60
giorni. La Pacorini l’ha fatto entro i due mesi di legge dall’Accordo di
programma, datato 25 maggio 2012. Qui siamo ormai alle soglie dei due anni.
Potrebbe però esserci una chance. Potrebbe. Ed è per questo che i
“disobbedienti” guidati dal geometra Fabio Muiesan stanno dialogando con degli
avvocati per capire se possono muoversi pure loro o meno per le vie legali.
L’Accordo non si tocca più, ma il discorso si fa diverso - forse - per
l’attuazione dell’Accordo stesso, frutto di una «delegazione amministrativa», da
parte della Regione all’Ezit, per il Piano di caratterizzazione: roba comunicata
per lettera ad artigiani e piccoli imprenditori a metà febbraio. Non siamo
ancora a metà aprile, non sono cioè scaduti i termini dei 60 giorni. Ma poco ci
manca.
Piero Rauber
IL CONTENZIOSO PARALLELO - L'accertamento preventivo e' in dirittura
Il ricorso al Tar della Pacorini fa il paio con il contenzioso aperto precedentemente in sede civile con l’accertamento tecnico preventivo su una serie di particelle (fino al Distripark, da quasi otto anni passato alla Illycaffè), costato al gruppo una cifra tra i 200 e i 300mila euro, con tanto di risultati validati come soggetto “terzo” dall’Università: ora l’iter sarebbe in dirittura, con una discussione tecnica in corso tra Pacorini e Ministero dell’Ambiente, per la completa liberazione agli «usi legittimi» delle aree.
(pi.ra.)
C’è il “tesoretto” di Paoletti per coprire eventuali
oneri - La conferma dalla Camera di Commercio
«Un milione e 400mila euro dai diritti camerali per aiutare al caso le
imprese del Sito d’interesse nazionale, va solo accertata la compatibilità con
la norma vigente»
In attesa del Parco del mare, questo potrebbe per intanto diventare il
momento in cui ad Antonio Paoletti viene comunque dato, dalle circostanze, il
titolo a reclamare d’esser stato a suo modo “lungimirante”, d’averci visto
lontano. Proprio nelle ore in cui scoppia, tra le mani delle associazioni di
categoria, la grana della trentina di associati che si chiamano fuori dalle
regole del Piano di caratterizzazione (quelle secondo cui in presenza di
inquinamento su un terreno e in assenza di colpevoli paga il proprietario
attuale, o in contanti o sotto forma d’intavolazione coatta di un corrispondente
«onere reale sulla proprietà» per circa 12 euro al metro quadrato), Paoletti
conferma quanto ricordato 24 ore fa da Dario Bruni, numero uno di
Confartigianato, in qualità di presidente dell’Ezit: la Camera di Commercio
conserva una cifra vicina al milione e 400mila euro destinata, previo controllo
di compatibilità con l’ultima (e vigente) versione dell’Accordo di programma,
proprio alle aziende insediate nel Sin. Una cifra messa sotto vetro, della serie
in caso di necessità rompere il vetro: non si discosta molto dal milione e mezzo
circa che costituisce la quota defalcabile dalla copertura finanziaria da cinque
milioni e 640mila euro per il Piano di caratterizzazione per i «piccoli
operatori», quota che il pubblico - secondo l’attuazione dell’Accordo di
programma decretata dalla Regione - ha facoltà di chiedere indietro al privato
per il terreno nel quale sarà stata accertata una contaminazione ereditata da
attività privata e non pubblica. Il milione e 400mila euro sotto vetro - annota
tra le righe Paoletti - è il frutto di un «principio di solidarietà»: «Non
commento le scelte dei singoli imprenditori, mi limito però a ricordare che quei
soldi esistono, ed esistono perché a suo tempo decidemmo di mettere da parte il
40% del 20% in più di diritti camerali chiesti per sette anni dal 2007 al 2013
(il 60% del 20% era per il Parco del mare, ndr) proprio per aiutare
all’occorrenza le imprese del Sin». Artigiani e piccoli imprenditori ribelli
state quieti, dunque, non fate barricate e se dovrete pagare pagate, che tanto
la Camera di Commercio vi verrà in soccorso. Unica incognita: «La compatibilità
con l’Accordo vigente. Il fondo è stato pensato e creato quando ancora le
normative erano differenti (chiaro il riferimento al temuto danno ambientale da
transare, roba anche da 80 euro al metro quadro, ndr). Da allora sono cambiate
più volte. Valuteremo l’ultima versione. Dopodiché, se nulla osterà,
procederemo. Gli accantonamenti in questione, in fondo, per questo problema
dovevano essere, e se non ci saranno ostacoli di sorta per questo problema
saranno».
(pi.ra.)
Agricoltura - Ogm, 39 associazioni in piazza per dire no
In italia è partito il conto alla rovescia sugli “Ogm”. il
prossimo 9 aprile, infatti, il Tar del Lazio si pronuncerà sul ricorso
presentato da un agricoltore friulano contro il decreto interministeriale che
proibisce la semina di mais mon810. Se il ricorso venisse accolto, si
rischierebbe di aprire la strada a semine incontrollate di colture ogm. La task
force «per un’Italia libera da ogm», composta da 39 associazioni, è in prima
linea per difendere i terreni agricoli nazionali, e ieri è scesa nelle piazze
delle principali città italiane per informare i cittadini e chiedere che in caso
di necessità il governo intervenga con un nuovo decreto.