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RASSEGNA STAMPA luglio - dicembre 2009
IL PICCOLO - GIOVEDI', 31 dicembre 2009
«Da Gas Natural risposte, non pacche sulle spalle» -
ITALIA DEI VALORI
«Leggiamo con sospetto le rassicurazioni di Narciso de
Carreras Roques perché fonda tutte le sue rassicurazioni non dicendoci che tutto
è perfetto nel progetto della sua azienda, ma spiegandoci che i tecnici del
tavolo tecnico, che hanno studiato il progetto indicandone molteplici carenze,
incongruenze e falsità, non sono tecnici competenti». Così in una nota Mario
Marin, coordinatore provinciale dell’Italia dei valori, commenta le
dichiarazioni rilasciate dal direttore dei progetti internazionali di Gas
Natural in merito alle critiche giunte dal Tavolo promosso dalla Uil vigili del
fuoco. «Non posso credere - scrive Marin - che una decina di professori
autorevoli si espongano a denunciare pesantemente e pubblicamente un progetto
che a dire di de Carreras Roques è perfettamente idoneo e corretto». Inoltre,
«in risposta del fatto che la Procura non abbia proceduto negli esposti
presentati, questo non ci assicura automaticamente che tutto va bene. Ci sono
mille ragioni perché un esposto possa venir rigettato senza con ciò stabilire
che i fatti denunciati non sussistano. Italia dei Valori - chiude Marin - non
accetta rassicurazioni bonarie e pacche sulle spalle, ma pretende che vengano
prodotte prove precise». Per Marin quelli espressi dal dirigente di Gas Natural
sono «giudizi superficiali e offensivi su persone che sino a prova contraria
meritano ogni rispetto e rappresentano una parte importante della scienza
triestina e transfrontaliera». Inoltre, auspica Marin, «le istituzioni cittadine
e regionali costituiscano un forte riferimento di imparzialità».
Godina sulle bonifiche: «Dobbiamo restare vicini alle
aziende» - DOPO L’OK ALL’ACCORDO DI PROGRAMMA
«L’accordo di programma va bene come metodo di lavoro
perché consente finalmente di dare certezze alle imprese. Ma l’azione degli enti
locali non dovrà esaurirsi una volta firmato l’atto». Il vicepresidente e
assessore allo Sviluppo economico della Provincia di Trieste, Walter Godina,
interviene così sulla questione delle bonifiche nell’area del Sito inquinato di
interesse nazionale e sul testo discusso a Roma e su cui i soggetti coinvolti si
sono trovati a convergere. Un «testo riguardo al quale - afferma Godina - la
Provincia ha effettuato un’azione mirata ad ottenere delle migliorie. Riuscendo
nell’intento».
«Dovremo in ogni caso continuare a monitorare strettamente la situazione -
prosegue Godina -, restando vicini ai comparti produttivi. Il primo passo,
concretamente, dovrà farlo poi la Regione, mettendo a disposizione il denaro
necessario alle caratterizzazioni». La riflessione dell’esponente della giunta
provinciale abbraccia anche un preciso aspetto normativo: «Bisognerà capire come
verrà interpretato dal Ministero dell’Ambiente l’articolo 2051 del Codice
civile, quello relativo al dovere di custodia». Il tutto collegato evidentemente
alla quantificazione del danno ambientale. «Il punto è che lo stesso Ministero
non dovrà ritrovarsi con una caterva di ricorsi sul groppone da parte delle
imprese - conclude il vicepresidente -, un’eventualità che ostacolerebbe tutti i
passaggi successivi». «Inoltre - aggiunge Godina - va detto che l’accordo di
programma risulterebbe inutile se dovesse determinare una situazione con una
serie di aziende fallite e con persone senza lavoro».
Secondo il numero due dell’ente di palazzo Galatti, sarà «importante anche il
ruolo del nuovo Comitato tecnico, che dovrà effettuare le valutazioni sui
diversi soggetti e sugli eventuali danni arrecati alle zone dell’area. Confido
che, a caratterizzazioni concluse, almeno una cinquantina di aziende possano
essere direttamente escluse dall’elenco di quelle che dovranno pagare per aver
inquinato».
(m.u.)
La Kemiplas riapre i battenti Torna l’incubo delle
emissioni - Richiamati gli operai da gennaio. Il contenzioso con gli
ambientalisti
CAPODISTRIA La fabbrica di prodotti chimici Kemiplas di
Villa Decani - pochi chilometri da Capodistria – in gennaio riapre i battenti.
La produzione era stata sospesa nel novembre del 2008 a causa della crisi
economica ma ora la situazione sta migliorando e si può riprendere a lavorare.
La Kemiplas non dispone della certificazione ambientale europea Ippc, requisito
indispensabile per un impianto industriale di questo tipo, ma a giudizio della
direzione della fabbrica questo non rappresenta un problema. È solo una
questione di tempo, sostengono a Villa Decani: la società ha chiesto il
certificato nel 2006 ed è semplicemente in attesa che questi le venga rilasciato
dalle autorità slovene. Un analogo reparto produttivo della Kemiplas in Ungheria
ha del resto già ottenuto la certificazione Ippc, secondo le stesse norme in
vigore a in Slovenia. «La sospensione della produzione nel novembre dell'anno
scorso non aveva nulla a che fare con questioni ambientali, era solo una
decisione economica», ha ribadito il direttore dell'impianto di Villa Decani,
Muharem Kadic.
Il principale prodotto della Kemiplas, l'anidride ftalica, è uno dei componenti
delle vernici per automobili, e con la crisi dell'industria automobilistica la
produzione ha dovuto essere ridotta. Per soddisfare le esigenze del mercato
centroeuropeo, sul quale è presente la Kemiplas, per un certo periodo è stato
sufficiente mantenere operativo l'impianto di Veszprem, in Ungheria, dove
vengono prodotte 20.000 tonnellate di anidride ftalica all'anno. Ora invece è
aumentata la richiesta, per cui sarà riattivata anche la produzione di Villa
Decani, che dovrebbe aggirarsi sulle 18.000 tonnellate. La direzione della
fabbrica ha già richiamato al lavoro una sessantina di dipendenti, che per un
anno erano rimasti a casa, ma che, a detta di Kadic, ricevevano lo stipendio
come se lavorassero 35 ore alla settimana. Tornando al certificato ambientale,
l'industria chimica di Villa Decani è da anni al centro di polemiche per le
emissioni di gas nocivi.
Gli abitanti della zona circostante, cosi' come le autorità comunali di
Capodistria, sono da tempo impegnati nella battaglia per farla chiudere e
trasferire la produzione altrove, ma finora senza successo. Contro la Kemiplas è
stata intentata anche una causa da parte di oltre 200 persone che si
consideravano minacciate da quella che gli ambientalisti chiamano la ”fabbrica
dei veleni”, ma l'impresa ne è uscita indenne: non è mai stato provato che le
emissioni fossero superiori ai limiti consentiti dalla legge. La direzione della
fabbrica si è più volte detta disposta a spostare definitivamente altrove la
produzione, ma non ha trovato ancora un accordo né con il comune né con lo Stato
per coprire almeno in parte le spese dello smantellamento degli impianti. Con il
comune di Capodistria è inoltre in corso una battaglia legale per il ritardo
nell'approvazione del Piano regolatore dell'area di cui la Kemiplas è
proprietaria, ritardo che a detta dei legali della società di Villa Decani
avrebbe già provocato un danno di oltre 600.000 euro.
IL MANIFESTO - MERCOLEDI', 30 dicembre 2009
Muggia teme il gas - un impianto al confine sloveno
Un rigassificatore nella baia davanti a Trieste che dovrebbe garantire l'autosufficienza energetica all'Italia. Un affare da oltre 600 milioni di euro per gli spagnoli di Gas Natural. E un incubo per 200 mila cittadini che temono un'altra Bhopal.
«Cifre addomesticate sugli effetti ambientali»
GLI ECOLOGISTI - La campagna dei comitati: imprecisioni dal governo italiano a quello sloveno Il progetto del rigassificatore di Trieste presentato dal colosso energetico spagnolo Gas-Natural è osteggiato dalle principali associazioni ambientaliste del Friuli: da Greenaction International ad Alpe Adria Green, dal Wwf a Legambiente Friuli e Italia Nostra, passando per gli attivisti del Comitato di salvaguardia del golfo di Trieste e dal Comitato Sos-Muggia. Da anni denunciano la fornitura di dati generici quando non falsati sull'impatto ambientale dell'impianto italo-spagnolo.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 30 dicembre 2009
Banca Etica, la solidarietà batte la crisi - Il
direttore Crosta: «La finanza sana non teme confronti». Raccolta +6% -
«Presto una nuova sede a Trieste»
FRA I POCHI ISTITUTI CHE HANNO REGISTRATO UN BALZO DEI
FINANZIAMENTI: +25%
PADOVA La finanza etica funziona. A dimostrare che si può vincere la partita
della finanza ”buona e responsabile” è proprio la banca popolare Etica, nata a
Padova 10 anni fa. Nell’anno peggiore e più devastante per le banche vecchio
stampo, l’istituto ha provato che si può dare credito anche in tempo di crisi.
Senza accollarsi rischi inutili, senza peggiorare il proprio portafoglio e
conseguendo risultati anche in termini di rendimento.
Nei primi 11 mesi del 2009 i finanziamenti accordati da Banca Etica sono
cresciuti di quasi il 25% rispetto alla fine del 2008 (raggiungendo i 535
milioni di euro); la raccolta di risparmio è cresciuta di circa il 6%, mentre il
patrimonio gestito affidato alla società di gestione del risparmio del Gruppo,
Etica sgr, ha segnalato la performance boom del +35%. Nello stesso periodo il
capitale sociale di Banca Etica è cresciuto del 14% (sfiorando i 26 milioni di
euro conferiti da 33mila soci) e con esso la possibilità di erogare
finanziamenti ai progetti di economia solidale e sostenibile.
A raccontare la ricetta del successo dell’istituto è il direttore generale Mario
Crosta: «Banca Etica ha dimostrato con i numeri del 2009 che esiste una finanza
”sana” che non ha timori dei cicli negativi. I nostri risultati, soprattutto se
guardiamo all’andamento degli impieghi esprimono con chiarezza una realtà: che
non solo la finanza etica funziona, ma è anche in grado di resistere alle
tempeste e di proporsi come modello per ripensare le regole di una finanza che
fin qui è stata accecata dall’ossessiva ricerca della massimizzazione dei
profitti di breve periodo. Abbiamo anche dimostrato di poter svolgere
un’importante funzione anti-ciclica, aumentando i finanziamenti proprio mentre
nel Paese si lamenta il credit crunch.
Questo trend vale anche per il Nordest?
A livello di impieghi abbiamo registrato anche in quest’area, che è un
territorio d’elezione per noi visto che siamo nati a Padova, un aumento
nell’ordine del 20%. Ma non è solo sul fronte del credito che abbiamo ottenuto
risultati. La nostra sgr ha guadagnato ottime performance sia in termini di
raccolta che di rendimento del patrimonio in gestione. Il mercato ha premiato la
nostra trasparenza. Basti dire che abbiamo aperto 3mila nuovi conti quest’anno.
E non abbiamo tradito il nostro orientamento in nessuna circostanza. Non abbiamo
per esempio accettato fondi provenienti dallo scudo fiscale.
Come avete gestito i rischi derivanti dalla congiuntura negativa?
Selezionando attentamente gli ambiti in cui operare. Privilegiando i settori che
tradizionalmente finanziamo come le iniziative di cooperazione sociale,
l’associazionismo culturale e le imprese impegnate in progetti sostenibili, come
per esempio la green economy.
Il vostro modello è stato dunque immune alla crisi?
Non è proprio così. Direi piuttosto che di fronte ad un sistema bancario che ha
visto ridurre i finanziamenti destinati alle imprese noi siamo cresciuti. Ma con
metodo. Il dato sulle nostre sofferenze è significativo, se l’Abi lo calcola
all’1,92% per il sistema, Banca Etica le contiene allo 0,6% a ulteriore
dimostrazione di come i settori che noi finanziamo siano in grado di coniugare
affidabilità economica con iniziative imprenditoriali sostenibili.
Ma se non condividete le regole del contesto in cui operate certamente ne avrete
subìto, come tutti, le conseguenze.
A livello di bilancio 2009 anche il nostro utile avrà una contrazione. Ma tutti
gli altri parametri sono in aumento. Aumenta la nostra patrimonializzazione che
ci permette di avere più risorse da destinare ai finanziamenti. Abbiamo già da
mesi attivato la moratoria sulle rate dei mutui della prima casa e quella sui
finanziamenti alle persone giuridiche.
E per il 2010?
Continueremo a crescere. Pensiamo di aprire nuove filiali, tra cui Perugia,
Ancona e Trieste. E poi continueremo a crescere sul fronte degli impieghi. In
particolare abbiamo i progetti microcredito per le famiglie e le persone in
difficoltà in accordo con Abi e la Cei.
ROBERTA PAOLINI
Bonifiche, cambia la mappa delle responsabilità -
Niente danno ambientale da pagare sui terreni non contaminati. Enti pubblici
verso il sì all’accordo
SITO INQUINATO - Provincia: Roma ha accolto le
richieste
Sembra che all’ultimo minuto la tremenda questione delle bonifiche sul Sito
inquinato nazionale abbia trovato soluzione. Non accontenterà sul minuto le
tante categorie che professionalmente insistono sulla zona e che fin qui hanno
puntato i piedi di fronte alla minaccia di dover pagare per togliere anche lo
sporco non da loro stesse prodotto, ma allo stato delle cose pare che più di
così non si sarebbe potuto ottenere.
Lo annuncia con una certa soddisfazione l’assessore all’Ambiente della
Provincia, Vittorio Zollia, all’indomani della delibera con cui palazzo Galatti
dice «sì» all’accordo, un «sì» che la giunta comunale ha già pronunciato, che la
Regione ha in calendario per l’ultimo giorno utile, il 30 dicembre. Una somma di
faticosi assensi che dovrebbe mettere in salvo il finanziamento, piccolo ma pur
importante, assicurato dal ministero dell’Ambiente che aspetta appunto per
l’ultimo minuto gli atti di tutti gli enti, in attesa poi della firma di un
nuovo e definitivo accordo di programma.
«Il ministero - riferisce Zollia che nei giorni scorsi ha partecipato all’ultimo
e fondamentale incontro romano sull’argomento - ha accettato tutte e tre le
sostanziali modifiche che erano state chieste. La prima è che la
caratterizzazione che ancora manca sull’area sarà completata dall’Ezit, anche
con le risorse messe a disposizione dalla Regione; la seconda, che dalle
premesse è stata tolta la condizione che indicava come responsabili i ”soggetti
obbligati”, obbligati dunque anche a contribuire alle spese, è stata sostituita
con un richiamo alle ”norme vigenti”, le quali fanno riferimento a ”chi ha
creato il danno” ovvero ”ha omesso la custodia del sito così creando un danno”».
Sembrano sottigliezze. Ma sono la risposta alle proteste di industrie e
artigiani: «Perché dobbiamo pagare le bonifiche se a inquinare non siamo stati
noi?». Il paragrafo nuovo si completa con il taglio dei nomi e cognomi delle
ditte insediate, precedentemente chiamate in causa. «Era prima sufficiente -
ricorda Zollia - che una falda inquinata scorresse sotto un capannone perché il
proprietario fosse tenuto a pagare la bonifica, a prescindere dal fatto che
l’avesse causata lui o meno».
Infine, un’altra «liberatoria». Dopo la caratterizzazione, cioé dopo l’analisi
dei terreni per stabilire se sono sporchi e di quali sostanze, era stato
stabilito che tornassero «agli usi legittimi» (cioé nella disponibilità degli
aventi diritto) solo se non inquinati. Adesso invece ci si appoggerà alla nuova
legge che consente, di fronte a inquinamento, anche l’analisi del rischio: ogni
singola unità è causa di minor rischio se agisce in un contesto già degradato.
Si capisce che sarà più facile avere conseguenze meno pesanti dalla situazione.
Ma non basta. È stato anche messo nero su bianco che le porzioni di terreno non
inquinato non dovranno pagare il «danno ambientale». In ogni caso la mappa del
sito e soprattutto delle responsabilità attive verrà rivista. Dovrà formarsi un
nuovo Comitato tecnico in grado di stabilire chi ha prodotto danni, e capace di
realizzare l’analisi del rischio relativo. Solo a questo punto la classifica dei
pagamenti dovuti acquisterà una fisionomia: diversa, si presume, da quella
prefigurata fino a oggi, che aveva tanto scontentato da portare a ben 13
versioni diverse dell’accordo di programma, fino a determinare l’uscita della
Camera di commercio dalla lista degli enti partecipanti e delegati alla firma.
Una firma che non è stata mai messa. E a irrigidire Assindustria, e a indignare
gli artigiani con la crisi sul collo. Se tutte le delibere arriveranno a Roma
entro la mezzanotte del 31 dicembre, a gennaio si metterà in calendario un nuovo
summit, per la firma dell’accordo definitivo.
(g. z.)
SEGNALAZIONI - «Rigassificatore: il consiglio ha detto
no, la giunta agisca di conseguenza»
Ho letto e collezionato con grande interesse tutti gli
approfondimenti relativi al progetto per la installazione di un rigassificatore
a Trieste. Società proponente, ministri, sottosegretari, sindaci, consiglieri,
assessori, enti, associazioni, tecnici, privati cittadini e giornalisti.
È dal loro lavoro che ho potuto trarre la seguente sintesi:
Questioni di carattere ambientale. Il rigassificatore proposto comporterà lo
scarico a mare di una importante quantità di acque «reflue» derivanti dal
processo industriale di rigassificazione. Questo scarico, sia per contenuto
chimico sia per temperatura determinerà l’alterazione dell’ecosistema del golfo
con effetti non noti ed oggi non prevedibili con sicurezza in via teorica. Da
qui le richieste degli approfondimenti al progetto e dei monitoraggi in fase di
funzionamento dell’impianto.
La realizzazione della condotta sottomarina per portare il gas alla rete
nazionale comporterà la movimentazione di fanghi inquinati nel golfo, stesso
risultato sarà determinato dal movimento delle navi gasiere.
Il rigassificatore impone inoltre la necessità di valutare la non trascurabile
questione del rischio di gravi incidenti, rischio amplificato dalla presenza di
altri impianti industriali tra i quali la Ferriera di Servola.
Questioni di carattere economico. Da quanto appreso, pare che la movimentazione
delle navi gasiere escluda la possibilità di qualsiasi movimento contemporaneo
di naviglio, tanto di natura commerciale quanto di natura diportistica. Ciò per
ragioni di sicurezza. Per farla breve, nel golfo non potrebbero muoversi altre
navi e non potrebbe svolgersi una regata, per esempio la Barcolana.
L’insediamento del rigassificatore a Trieste significherebbe rinunciare al porto
commerciale ed al turismo nautico. Coerentemente si comprende allora il mancato
finanziamento della piattaforma logistica da parte dell’attuale Governo. Il
porto commerciale, ritenuto non più strategico, sarebbe lasciato morire per
essere sostituito da un porto esclusivamente energetico (noi come Baku? come
Atirau?).
I vantaggi dell’impianto sarebbero i posti di lavoro (circa 80) e l’investimento
di circa 500 milioni di euro per la sua realizzazione. La costruzione
dell’impianto tuttavia non verrebbe affidata ad imprese locali se non
relativamente ad una parte limitata.
Valutazione di impatto ambientale. Il Consiglio Comunale di Trieste, la più alta
espressione democratica della nostra comunità, dopo aver valutato la
documentazione tecnica relativa all’impianto, l’impatto sull’ambiente, i rischi
e le ricadute sulla economia locale, nella seduta del 18 gennaio 2007 ha
espresso il proprio voto contrario alla realizzazione del rigassificatore. Voto
contrario proprio in ragione del «prezzo» che dovrebbe pagare la città, impatto
sull’ambiente che non è stato ritenuto compensato dalle previste ricadute
economiche.
Alla luce di tutto ciò, è utile interrogarsi ulteriormente riguardo
l’opportunità di realizzare il rigassificatore a Trieste? E ancora: perché il
Consiglio comunale e la Giunta non agiscono coerentemente al voto espresso?
Francesco Cervesi
IL PICCOLO - MARTEDI', 29 dicembre 2009
RIGASSIFICATORE - «L’impianto è troppo vicino alla
città» - Per l’architetto De Simone, Gas Natural deve investire di più nella
sicurezza
PARLA L’ESPERTO - «La localizzazione del sito è
sbagliata. E i tubi andrebbero posizionati 15-20 metri sotto i fondali
logicamente con una spesa superiore»
Il criterio seguito da Gas Natural nell’elaborazione del progetto del
rigassificatore di Zaule? «Il risparmio, e non certo l’utilizzo delle tecnologie
più avanzate in grado prevenire incidenti e rischi per la sicurezza». L’accusa,
pesante e diretta, non arriva questa volta da ambientalisti o docenti
universitari, bensì da un addetto ai lavori, l’architetto leccese Fernando De
Simone. Uno che di impianti gnl se ne intende, visto che da oltre 20 anni lavora
come consulente della Norconsult, il colosso norvegese a cui si deve la
realizzazione di decine di rigassificatori in tutto il mondo.
Cosa non la convince del progetto spagnolo?
Prima di tutto la localizzazione del sito. Pensare di costruire un
rigassificatore così vicino alla città, significa non avere a cuore l’incolumità
dei triestini. Nessun impianto, nemmeno il più controllato, è esente da rischi.
La storia recente dei terminal e dei gasdotti, purtroppo, lo dimostra. Negli
ultimi anni si è verificata una lunga serie di incidenti ed esplosioni. La più
devastante, avvenuta in Corea del Sud, ha provocato un centinaio di vittime.
Teme catastrofi simili anche a Trieste?
Non si può escludere. Se si incendia una nave gasiera, con l’effetto domino,
rischia di andare in fumo tutta la città. Un pericolo che non si correrebbe se
il terminal venisse realizzato off-shore, come minimo ad una ventina di miglia
di distanza dalla costa. In quel caso, almeno, un’eventuale esplosione non
comporterebbe pericoli per la popolazione
Oltre al sito, lei critica anche le modalità previste per la realizzazione del
gasdotto.
Ritengo sbagliatissima la scelta di appoggiare le condotte sul fondo del mare. I
tubi vanno posizionati ad almeno 15-20 metri sotto i fondali. Profondità minima
da rispettare anche nella parte a terra. Solo così si possono evitare sabotaggi
o tragedie come quella avvenuta l’anno scorso in Belgio.
Quale?
L’esplosione al gasdotto di Ghislenghien. Lì, durante alcuni lavori di scavo,
una pala meccanica ha urtato un tubo inserito solo ad un metro e mezzo sotto il
suolo. Il risultato è stato un’esplosione che ha ucciso 15 persone e ne ha
ferite altre 120.
Ma perché Gas Natural non avrebbe adottato queste accortezze?
Per risparmiare. Fare buchi ad un metro e mezzo di profondità costa ovviamente
molto meno che scavarli a 20 metri. Nel primo caso basta assoldare un paio di
manovali, nel secondo servono tecnologie più avanzate. Per esempio le ”talpe”,
tecnicamente chiamate Tbm (Tunnel Boring Machine ndr): piccole perforatrici
automatiche che eseguono i fori e li richiudono. E al risparmio è improntata
anche la formula prevista dal progetto per lo stoccaggio del gas.
Cioè?
Se avesse davvero voluto evitare ogni rischio Gas Natural avrebbe potuto seguire
l’esempio della Norvegia, dove in molti impianti l’intero processo di stoccaggio
del gas avviene in caverne. Le navi gasiere arrivano comunque sotto costa, ma le
condotte vengono prolungate fin sotto le montagne, o nel caso di Oslo
addirittura collinette artificiali, e sfociano in grandi cavità sotterranee.
Ambienti in cui non c’è ossigeno e non esiste quindi alcuna possibilità di
esplosione.
Un’ipotesi praticabile anche a Trieste?
Certamente. La città ha alle spalle il Carso. Basterebbe rinforzare la roccia,
di per sè franosa, con il cemento. Tecnicamente, quindi, è una soluzione più che
fattibile. Il punto, ancora una volta, sono i costi. Un sistema di questo tipo
richiede una spesa iniziale superiore del 20% rispetto allo stoccaggio
tradizionale. Già dopo 3 anni, però, l’investimento viene ammortizzati grazie ai
minori costi legati alla manutenzione, perché le caverne non subiscono l’attacco
degli agenti atmosferici.
Ma se il progetto fosse così rischioso come lei dice, Gas Natural non avrebbe
ottenuto il decreto di Via da Roma.
Non entro nelle dinamiche politiche del ministero. Dico solo che se Gas Natural
ritiene di aver davvero agito secondo i criteri corretti, non avrà nulla in
contrario a sottoporsi all’esame di esperti super partes. Penso ai tedeschi
della Tuf, specializzati nel collaudo di nuovi impianti, o agli americani del
Sandia National Laboratory, noti in tutto il mondo per i loro studi su rischi e
attentati. Ecco, il giudizio finale sul progetto triestino potrebbe essere
affidato a loro.
MADDALENA REBECCA
A Trieste progettò il ”tubone” sottomarino - È autore dello studio per il collegamento tra parti vecchia e nuova del Porto
Classe 1944, nato a Lecce ma residente ormai da
quarant’anni a Padova, dopo la laurea in Architettura a Venezia Fernando De
Simone si è trasferito in Norvegia per specializzarsi in costruzioni sotterranee
e trasporti. A quel periodo risalgono i primi contatti con la Norconsult,
colosso mondiale di cui, da oltre vent’anni, è uno dei consulenti per l’Italia.
Proprio in Italia De Simone ha firmato come co-progettista il primo impianto per
la potabilizzazione dell’acqua costruito in galleria nel centro di Como, i
tunnel dell’autostrada direttissima Brescia-Milano, e il primo collegamento su
monorotaia di Bologna: cinque km di tracciato per collegare la stazione e
l’aeroporto.
Negli anni scorsi De Simone ha lavorato anche a Trieste. Su incarico di Autovie
Venete, infatti, ha elaborato il progetto del collegamento sottomarino tra Porto
vecchio e Porto nuovo, prevedendone anche l’estensione fino a Muggia e,
eventualmente, al porto di Capodistria. Di recente ha legato poi il suo nome
alla battaglia ingaggiata da alcuni comuni veneti contro il rigassificatore di
Porto Levante inaugurato lo scorso novembre da Adriatic Lng. De Simone, in
qualità di consulente nominato dalla Provincia di Rovigo, ha redatto le
osservazioni tecniche presentate alla Capitaneria di porto. La guerra al
terminal, sfociata anche in una causa, non ha dato l’esito sperato. «Però un
risultato l’abbiamo ottenuto - spiega l’architetto -. Siamo riusciti a far
aumentare di due miglia la distanza dell’impianto dalla costa».
(m.r.)
Tra i record firmati Norconsult il tunnel più profondo del mondo - La società norvegese di ingegneria ha anche realizzato a Lillehammer la massima caverna artificiale esistente
Dal petrolio al gas, dai trasporti alla gestione dei
rifiuti, fino all’industria e alla pianificazione urbana. È vasto e articolato
il business della Norconsult, società norvegese di ingegneria e consulenza
multidisciplinare attiva in ogni angolo del pianeta. Un colosso che, oltre che
in Europa, conta sedi in Botswana, Mozambico, Filippine, Thailandia e dispone di
un piccolo esercito di 1300 consulenti, tra ingegneri e architetti.
Numeri che hanno permesso alla Norconsult di ottenere nel tempo ben tre record:
la realizzazione del tunnel autostradale più profondo del mondo, l’Hitra tunnel,
scavato 264 metri sotto il livello del mare, che collega la terraferma con
un’isola norvegese; il tunnel autostradale più lungo del pianeta (il Lerdal
tunnel che corre per 24,5 chilometri); e la caverna artificiale più grande mai
realizzata.
Quest’ultima, costruita a Lillehammer, è lunga 91 metri, larga 61 e alta 25. Al
suo interno trovano spazio piste da hockey su ghiaccio, piscine, altri impianti
sportivi e spalti in grado di accogliere fino a 5400 spettatori. Un’opera
avveniristica ma anche ecocompatibile: essendo ricavato nella roccia che agisce
da isolante, risparmia il 40% dell’energia che richiederebbe un identico
complesso in superficie per il condizionamento d’estate e il riscaldamento
d’inverno.
Da anni Norconsult ha sviluppato competenze all’avanguardia anche nel settore
del gas. Decine infatti i rigassificatori realizzati sia nel mare del Nord sia
in altre parti del pianeta sfruttando per lo più la formula off-shore, con
condotte scavate 20 metri sotto il mare, e sull’opzione caverne. A questa
seconda tipologia appartiene anche il rigassificatore costruito a Oslo, in
funzione ormai da 40 anni. Tra i terminal progettati dalla società norvegese
rientra anche l’impianto sulla costa nord occidentale di Taiwan, dotato di una
diga di 6 chilometri, banchine capaci di accogliere navi da 168.000 metri cubi
di gnl. Prevista in quel sito anche la bonifica di una zona che ospiterà otto
serbatoi di stoccaggio.
(m.r.)
«Piano regolatore, la Lega ha fatto bene a dire no» -
Ferrara: ci auguriamo per l’anno prossimo più sinergia con il Pdl
Dopo le pesanti osservazioni avanzate dalla Regione nei
confronti del Piano regolatore del Comune e le dichiarazioni rilasciate
dall’assessore Federica Seganti (Lega) che ha parlato di «profilo di cricità non
indifferente», il capogruppo del Carroccio in Comune Maurizio Ferrara va
all’attacco del documento urbanistico. «Le prescrizioni della Regione - scrive
Ferrara - confermano le ragioni che hanno indotto la Lega a non votare in aula»
il Prg. «È stato questo - prosegue il capogruppo leghista - il terzo atto
politicamente importante che non abbiamo condiviso con la maggioranza.
All’astensione sul bilancio è seguita la non partecipazione al voto sulla
delibera di Città d’arte», con cui il Comune aveva cercato di aggirare la
normativa regionale sulle chisure festive dei negozi.
Per la Lega «il bilancio 2009 si chiude con un risultato solo parzialmente
positivo. Ciò grazie all’accoglimento di alcune nostre richieste in tema di
sicurezza - prosegue Ferrara - di precedenza ai triestini nell’accesso alle
scuole comunali, e, soprattutto, di definitiva archiviazione del campo nomadi.
Non c’è accordo invece sulla gestione della Ferriera e sulla precedenza agli
italiani sulle tematiche sociali. Ci auguriamo perciò una miglior sinergia nel
2010 per consentire una condivisione di programmi in prospettiva delle elezioni
del 2011. In caso contrario - conclude Ferrara guardando alle amministrative del
2011 - sia i nostri elettori che quelli del Pdl non capirebbero un accordo
elettorale privo di basi comuni».
Scala dei Giganti, lifting da 300mila euro La giunta
approva il progetto definitivo - VERSO LA RIQUALIFICAZIONE DELL’AREA
Il 2010 sarà l’anno della sua rinascita. Oggi, infatti,
l’immagine che mostra di sé non le rende giustizia: cedimenti di gradini, atti
vandalici, infiltrazioni d’acqua e la crescita di arbusti spontanei lungo le
pareti e le vasche inutilizzate l’hanno messa in ginocchio. Ma la Scala dei
Giganti, uno dei simboli della città, ora vede la luce: la sua riqualificazione
è alle porte. I lavori partiranno entro la prima metà del nuovo anno e ci
vorranno altri 180 giorni per concluderli.
La giunta guidata dal sindaco Dipiazza ha approvato ieri il progetto definitivo
di manutenzione generale della scala che da San Giusto porta in via Pellico, a
pochi passi da piazza Goldoni, nel cuore della città. L’esecuzione dell’opera è
collegata a una spesa complessiva di 300mila euro. Del programma di restyling,
come già preannunciato a fine ottobre, non farà parte l’intervento di
risistemazione dell’alabarda: «Non era il caso di spendere quei soldi, centomila
euro, per una cosa del genere. Utilizzeremo quella quota per azioni più
importanti», ha ribadito una volta di più Roberto Dipiazza, dall’alto della sua
delega ai Lavori pubblici.
Dunque, le opere previste dal progetto definitivo si articoleranno in primis
nell’asportazione manuale degli arbusti cresciuti sulla pietra. E proseguiranno
con il trattamento con sabbia a grana fine sui manufatti per arrivare a ottenere
il loro colore naturale, l’applicazione di una mano di lacca anti-scritta per
evitare nuovi imbrattamenti ai marmi della scala e l’impermeabilizzazione delle
vasche della fontana attraverso l’uso di resine invisibili. Inoltre, gli addetti
incaricati della ditta che si aggiudicherà l’appalto per la realizzazione dei
lavori ripristineranno anche il percorso di scorrimento originario delle acque.
Un intervento generale molto complesso, insomma, innescato da situazioni
potenzialmente anche pericolose in virtù delle condizioni di degrado in cui
versano gradini e parapetti.
In questo quadro, l’AcegasAps provvederà alla manutenzione e sostituzione della
parte elettrica di sua competenza.
(m.u.)
Rinascono via Diaz e via Torino Passeggiata in pietra
arenaria - RIPAVIMENTAZIONE DA 950MILA EURO
Un ritorno al passato. Con l’obiettivo di rendere ancora
più suggestiva la passeggiata tra piazza Venezia e piazza Hortis. Il 2010 sarà
l’anno della sistemazione della nuova pavimentazione di pregio in via Torino e
nel primo tratto di via Diaz, quello chiuso al traffico: lastre di pietra
arenaria con caratteristiche simili a quelle antiche verranno collocate a terra
richiamando l’antico selciato originariamente presente in quell’area. Il
progetto di riqualificazione del percorso contemplerà anche l’area centrale
compresa tra il Museo Revoltella e l’intersezione fra via Diaz e via Torino: lì,
per ripavimentare si useranno lastre di arenaria di recupero.
Ma non è finita: con la soluzione di pregio, sarà rimpiazzata l’attuale
pavimentazione dei marciapiedi di via Cadorna, per allinearla all’estetica di
quelli delle Rive, di piazza Venezia e di via Lazzaretto vecchio, di cui
peraltro rappresenta la naturale ed effettiva prosecuzione. A chiudere il
cerchio, sarà infine la pietra arenaria fiammata che, con i classici lastroni
piazzati perpendicolarmente rispetto alle pareti degli edifici, andrà a occupare
il marciapiede destro a salire lungo via San Giorgio. Il progetto definitivo di
riqualificazione del “percorso” piazza Venezia-piazza Hortis è stato approvato
ieri nel corso della seduta della giunta comunale. Un documento che definisce la
relativa spesa complessiva in 946.549,56 euro. Poco meno di 950mila euro,
insomma.
Posto che il tutto rientra nel Piano triennale delle Opere 2009-2011, è
probabile che i primi interventi possano prendere il via entro la metà del nuovo
anno. Anche se il sindaco Roberto Dipiazza, titolare della delega ai Lavori
pubblici, chiarisce un aspetto fondamentale: «Mi sentirò con i commercianti
della zona, in modo da concordare con loro l’inizio dei lavori. Per via Torino -
conclude Dipiazza -, ad esempio, potremmo decidere di impiegare l’inverno,
stagione in cui c’è meno passaggio di persone».
L’iniziale ipotesi di avviare i lavori in primavera in via Torino non era
piaciuta agli operatori commerciali della zona, i quali un paio di settimane fa
avevano criticato senza giri di parole la scelta dell’amministrazione,
preoccupati per il possibile effetto negativo sui loro affari innescato dalla
presenza dei cantieri nei periodi primaverile ed estivo. Ora, invece, il primo
cittadino ha corretto il tiro e le parti dovranno quindi incontrarsi per trovare
la soluzione più indolore per tutti. Fermo restando che, da progetto, i lavori
dureranno circa otto mesi, ovvero 240 giorni.
Va ricordato che questo intervento rientra nel programma di riqualificazione
generale di piazza Venezia e concorre alla realizzazione dell’ideale percorso
pedonale di collegamento tra le Rive e viale XX Settembre, tanto caro
all’amministrazione comunale.
(m.u.)
SEGNALAZIONI - Piazza Libertà - RIPENSAMENTO
Riteniamo di dover dare al sindaco Dipiazza il sostegno e
il plauso del Comitato per la Salvaguardia degli Alberi di Piazza Libertà e dei
10.000 cittadini firmatari della petizione contro la riqualificazione della
piazza, per aver deciso di rinunciare al progetto in questione.
A quanto leggiamo sulla stampa, si tratta di un ripensamento meditato e non
arbitrario, come qualcuno ha ventilato, in quanto derivato dalla considerazione
delle critiche mosse al progetto sia dalla Direzione e dalla Soprintendenza
regionale ai Beni culturali sia dall'Ufficio del traffico. Se la prima ha posto
l'accento sull'importanza di mantenere la sistemazione e il perimetro del
giardino storico, il secondo ha in pratica invalidato il presupposto stesso
dell'operazione, che intendeva rendere il traffico più scorrevole in vista
dell'apertura del Silos (da notare che i lavori per il futuro centro commerciale
sono stati rimandati) e ha imposto una corsia di emergenza di fronte alla
stazione, senza la quale si sarebbero creati dei grossi intoppi.
Durante il recente incontro, a cui ci ha gentilmente invitati per comunicarci la
sua nuova posizione, il sindaco ci ha spiegato che intende creare una maggior
condivisione con la città, cercando di realizzare un progetto partecipato di
migliorie alla piazza che tenga anche conto delle osservazioni e delle proposte
presentate dal Comitato e dalle associazioni a seguito dell'iter che ha portato
l'approvazione progetto di riqualificazione. Osservazioni e proposte nate per
risolvere il problema senza dover sacrificare gli alberi secolari e il giardino
storico.
Il fatto di avere già il finanziamento non vuol dire dunque di doverlo spendere
per il progetto contestato, anche perché era destinato alla riqualificazione di
un'area degradata, attributo che non si può certo conferire a Piazza Libertà.
Sbaglia dunque chi critica questa decisione, veramente sensata, collegandola
alla logica del "no se pol". Ma, come il sindaco ci ha detto, è meglio pensarci
due volte prima di metter mano alla piazza d' ingresso alla città.
Sara Ferluga - per il Comitato per la salvaguardia degli alberi di piazza
Libertà - c/o Wwf Trieste
TIA, SCARSA TRASPARENZA - Omero (Pd): nuova tassa
rifiuti, lo studio affidato ad AcegasAps
«È ben poco trasparente, per non dire illegittimo, che il
Comune affidi ad AcegasAps lo studio per la trasformazione della Tarsu in Tia e
paghi Acegas-Aps per farlo, sempre coi soldi della Tarsu». Lo scrive il
capogruppo del Pd in Comune Fabio Omero sull’affidamento dello studio
preliminare per la trasformazione della Tarsu nella ”tariffa d’igiene
ambientale”. «Nella sua ultima relazione per l’inaugurazione dell’anno
giudiziario 2008 della Corte dei conti - dice Omero - il procuratore De Luca
scrisse sulla Tia di Gorizia che ”alla comunità cittadina, oltre che i costi
vivi riguardanti raccolta e smaltimento di detti rifiuti vengono imputati anche
i costi generali, ben il 12%, della società affidataria del servizio di
raccolta, l’ammortamento degli investimenti effettuati dalla stessa» per il
servizio, «nonché un utile del 4% per la società». Dunque «le comunità comunali
non corrispondono il “costo” reale di raccolta e smaltimento dei rifiuti, come
voluto dalla norma, ma un “prezzo” concordato con la società». «Anche a Trieste
con la Tarsu - osserva Omero - il Comune ha sempre coperto il 100% delle spese
della gestione di raccolta e smaltimento rifiuti e non il solo “costo” reale, e
lo ha fatto concordando il “prezzo” con AcegasAps». Il sindaco, continua Omero,
«giustificò l'aumento della Tarsu con il pagamento della terza linea
dell'inceneritore. Con la Tarsu i triestini hanno pagato anche gli investimenti
della società».
«Differenziata e sicurezza le priorità» - «Sulla
raccolta rifiuti sì alle isole ecologiche». «Videosorveglianza in
tre punti» - L’INTERVISTA. IL SINDACO DI SGONICO MIRKO SARDOC
«L’opposizione chiede la commissione Trasparenza? Penso
che nei comuni minori sia una cosa da far ridere i polli»
SGONICO La raccolta differenziata, per il sindaco Mirko Sardoc, è una sfida
da raccogliere nel 2010. Si apre infatti all’insegna di due progettualità
complesse, l’anno nuovo a Sgonico. Da un lato il potenziamento della sicurezza,
con l’installazione di un sistema di videosorveglianza che interesserà in primis
il municipio, e dall’altro il potenziamento del sistema di smaltimento dei
rifiuti, attraverso il graduale posizionamento di isole ecologiche in tutte le
frazioni.
Sindaco, se n’è discusso parecchio nei giorni scorsi: città metropolitana sì o
no?
Bisognerebbe innanzitutto capire cosa s’intende per “città metropolitana” e,
soprattutto, come si pensa di ipotizzare questo nuovo insieme di Comuni. Se si
tratta di un cambiamento suscettibile di arrecare benefici al territorio allora
ben venga, ma se al contrario finisce per creare dei disservizi, non ci sto.
Ancora non ho visto la proposta: mi riservo di valutarla attentamente.
Ma lei che disservizi vede?
Nei comuni minori vi sono contatti quotidiani con le persone. Contatti che la
città di Trieste, attraverso le sue circoscrizioni, attualmente non ha. A mio
avviso, amministrare da lontano un Comune può portare a perdere quell’equilibrio
di cui il territorio stesso necessita. Abbiamo visto cosa accade quando si
decide, per il Carso, in Regione o in Europa: un patatrac. Si creano aree
protette dove i benefici per chi opera e vive in loco sono pochi, mentre i
problemi tanti.
Restiamo in tema ambientale, a che punto siamo con la raccolta differenziata?
Stiamo procedendo con i piedi di piombo. L’abbiamo avviata e siamo favorevoli ad
essa, poiché vanno raggiunti gli obiettivi previsti dalla legge. Tuttavia
dobbiamo evitare di fornire un servizio che poi, in un secondo momento, possa
tramutarsi in disservizio, con costi inaccettabili per l’utenza.
Cioè?
Siamo orientati alla costituzione di isole ecologiche, ma sappiamo anche che
allontanando dalle case i 254 cassonetti sparsi sul territorio si possono
verificare dei problemi e che la differenziata in generale costa di più. Si
dovrebbe, per questo, rendere efficiente in primis l’attività di chi si occupa
della raccolta. Comunque, per quanto concerne il Comune, l’isola ecologica
principale, ovvero quella di Sgonico, adiacente alla palestra, è già stata
attrezzata: nel 2010 investiremo altre risorse per garantire una gestione
ottimale. Poi andremo a costituire, secondo un approccio graduale, altre isole
nelle singole frazioni.
Parliamo di investimenti…
Al contributo provinciale di 80mila euro aggiungeremo risorse per arrivare ai
100mila euro da porre in bilancio solo per la struttura principale. Poi ce ne
saranno altri 100mila per la successiva creazione delle isole.
Quali previsioni per il bilancio?
Il nostro è un Comune finanziariamente sano, dunque anche quest’anno il bilancio
si assesterà positivamente, con un avanzo di gestione.
Se vi sono soldi, come mai si è negato a quattro famiglie non residenti il
contributo per la retta d’asilo?
Innanzitutto a Sgonico la pressione fiscale è una delle più basse della
provincia: siamo superati solo da Monrupino. Inoltre non si paga l’addizionale
comunale e l’ammontare della Tarsu è pari alla metà di quanto versa un cittadino
di Trieste.
Ma si sa che a Trieste la Tarsu è particolarmente salata.
Certo, e dunque a Sgonico le cose tutto sommato non vanno male. Per il sociale
abbiamo stanziato e stiamo stanziando cifre importanti, senza tralasciare
situazioni critiche. Credo, quindi, sia umano pensare innanzitutto ai propri
cittadini e poi agli altri: in quelle situazioni non ci sembrava giusto togliere
ai residenti per dare ad altri.
L’opposizione lamenta sparute convocazioni del Consiglio comunale e invoca una
commissione Trasparenza, negata per motivi di spesa.
Non solo per motivi di spesa: ritengo che l’invocata Trasparenza, nei comuni
minori, faccia un po’ ridere i polli, visto che qualsivoglia consigliere può
visionare tutti gli atti. È la legge che allontana la giunta dal Consiglio:
l’esecutivo si riunisce diverse volte alla settimana per deliberare, perché a
volte bisogna dare risposte immediate su esigenze puntuali. Il Consiglio
comunale ha invece compiti diversi, come appunto gestire gli indirizzi e
controllare l’operato della giunta. Francamente non credo che riunirlo
quotidianamente migliorerebbe l’efficienza del nostro Comune.
Cosa si fa per la sicurezza?
L’ufficio tecnico sta percorrendo l’iter per acquisire le telecamere che
posizioneremo in tre punti strategici. Uno di questi sarà il municipio: un sito
importante alla luce del furto accaduto a Duino.
E gli altri due punti?
Al centro culturale e sportivo di Sgonico e alla caserma dismessa di Borgo
Grotta Gigante.
Obiettivi per l’anno nuovo?
Non costruiremo strutture nuove, ma finiremo di attrezzare col fotovoltaico il
centro culturale: quanto risparmiato sull’energia verrà usato per rendere più
funzionale la palestra. Ci sarà attenzione alla valorizzazione del territorio,
col coinvolgimento degli enti vicini in un’ottica turistica. Investiremo quindi
nella crescita culturale, col centro nell’ex cava dismessa, mentre di fronte
alla cava di Rupinpiccolo allestiremo un parcheggio per rendere fruibile la
struttura. Infine porremo una serie di risorse per mantenere gli edifici
comunali, tra cui le due scuole e l’asilo, i diversi circoli, la biblioteca, la
sentieristica e la viabilità.
TIZIANA CARPINELLI
Il risparmio idrico si impara via Internet - GIOCO
INTERATTIVO PER GLI STUDENTI
Un gioco di ruolo interattivo destinato agli studenti
della provincia, per capire meglio l'importanza del risparmio idrico e della
raccolta differenziata. È questo il progetto predisposto dall'assessorato per
l'Educazione ambientale di palazzo Galatti, guidato da Dennis Visioli. «Con
questo programma, vogliamo affrontare i temi di sensibilizzazione verso un
consumo più consapevole di quel bene prezioso che è l'acqua - ha detto Visioli -
proseguendo il percorso di educazione al risparmio e al rispetto della preziosa
risorsa idrica, iniziato con l'invio dei pieghevoli informativi alla
cittadinanza. Abbiamo adesso deciso di dedicarci specificamente agli studenti
delle scuole di ogni ordine e grado del territorio provinciale».
Il progetto prevede lo sviluppo di un sito internet, che si rivolge agli alunni
di tutti i cicli scolastici e ai loro insegnanti. «Si vuole sviluppare
l'importante questione dello spreco della risorsa idrica - ha proseguito Visioli
- e per farlo si è pensato a internet, uno strumento attuale, economico e di
facile divulgazione, oltre che capace di raggiungere un gran numero di
studenti».
Il programma prevede due importanti fasi. La prima è legata a una lettera
informativa che sarà inviata a tutti gli insegnanti, con cadenza mensile, con i
contenuti sui quali poter lavorare in classe. L'altra riguarda un gioco di ruolo
interattivo. Notizie dal mondo, spunti didattici giochi ed esperimenti saranno
gli strumenti che permetteranno di far apprendere ai ragazzi concetti
fondamentali per avere piena coscienza di un grave problema mondiale.
Il gioco permetterà di mettere alla prova le reali conoscenze dei ragazzi in
materia di risparmio idrico ed energetico, raccolta differenziata, acquisti
consapevoli e sostenibilità ambientale. Ogni classe si potrà suddividere in più
gruppi che, rispondendo correttamente, concorreranno ad aumentare il punteggio
della classe. Periodicamente, sul sito saranno pubblicate le classifiche con le
migliori classi.
(u. s.)
IL PICCOLO - LUNEDI', 28 dicembre 2009
Decarli: sul Piano regolatore dalla Lega un segnale al
sindaco - DOPO LE DICHIARAZIONI DI SEGANTI
«I Piani regolatori rappresentano l'essenza politica e la
visione futura a medio e lungo termine degli amministratori di una città. Non
sono dunque né poche né leggere le osservazioni che la Regione ha trasmesso al
Comune»: e visto che il centrodestra è al governo tanto nell’uno quanto
nell’altro ente, «appare evidente che qualcuno ha calcato pesantemente la mano».
Questo il commento del consigliere comunale dei Cittadini Roberto Decarli alla
lunga serie di osservazioni licenziate dalla giunta Tondo al documento
pianificatorio del Municipio: «C’è un profilo di criticità non indifferente»,
aveva osservatol’assessore regionale Federica Seganti.
«Le condivisibili osservazioni della Regione sono attinenti» all'impostazione
data dal sindaco Dipiazza al documento, annota Decarli: «Non può sfuggire però -
continua l’esponente dell’opposizione - che Seganti appartiene alla Lega Nord,
partito che più volte in Comune con il consigliere comunale Maurizio Ferrara ha
chiesto un adeguato e "concreto" riconoscimento politico. Seguendo la logica
politica della Lega è ipotizzabile pensare che l'incisività del giudizio e le
forti critiche al Prg siano anche influenzate da dissidi non eludibili che la
stessa Lega ha promesso di far emergere nel 2010. Se questi sono i primi segnali
per Dipiazza - chiude Decarli - il 2010 non sarà "straordinario e magico", come
lui usa dire, ma sarà un anno di continue lotte per la conquista del voto
dell'aula consiliare».
Al via lo studio sulla nuova Tia - DESTINATA A
SOSTITUIRE LA VECCHIA TASSA SULLE IMMONDIZIE
L’approvazione della delibera sui cassonetti interrati per
la raccolta differenziata dei rifiuti, da sistemare in piazza della Borsa, dà
disco verde anche all’avvio dello studio preliminare sulla futura applicazione
della Tia (tariffa d’igiene ambientale). Ovvero il nuovo sistema di
finanziamento comunale della gestione dei rifiuti e della pulizia degli spazi
comuni che dovrà sostituire progressivamente la Tarsu.
Attenzione, si tratta appunto di uno studio preliminare: si è ancora lontani da
eventuali, concrete applicazioni. «Abbiamo affidato ad AcegasAps - fa il punto
l’assessore Paolo Rovis - la predisposizione di simulazioni sull’aggiornamento
delle tariffe in base alla Tia. Questa, in teoria, dovrebbe rappresentare un
sistema di pagamento più equo per i cittadini: a una base fissa, infatti,
dovrebbe sommarsi una quota variabile, misurata in base al rifiuto prodotto».
Lo studio mira ad elaborare un programma di aggiornamento delle tariffe sui
rifiuti che serva, nel concreto, a proporre un calcolo di tariffazione Tia. Per
questo lavoro, la giunta comunale ha approvato una spesa di 51mila euro, Iva
inclusa.
(m.u.)
Caso Tarsu nuova battaglia - UDIENZA IL 28 APRILE
La ”guerra della Tarsu” si arricchisce di una nuova
puntata. Gianfranco Carbone - il legale che su mandato di undici cittadini aveva
chiesto e ottenuto dal Capo dello Stato l’annullamento della delibera del 2007
con cui la giunta Dipiazza aveva aumentato del 27,3% la tassa sulle immondizie -
ha presentato un nuovo ricorso.
Il provvedimento, depositato il 16 novembre scorso al Tar, punta stavolta a far
dichiarare illegittimo un altro atto assunto dalla giunta Dipiazza: la delibera
del 7 agosto del 2009 che ha ”blindato” sotto il profilo giuridico il contestato
rincaro fatto decadere dal presidente della Repubblica. «Con quella delibera -
spiega Carbone - il Comune ha ridefinito gli importi per la Tarsu relative agli
anni 2007 e 2008, sostituendo il provvedimento annullato dopo il nostro primo
ricorso. E in pratica ha finito per riconfermato le vecchie tariffe».
Se il Comune, muovendosi in questo modo, abbia agito o meno nel rispetto delle
regole, lo stabilirà il Tar il 28 aprile prossimo. Data che tutti i contribuenti
interessati agli sviluppi della battaglia legale sulla tassa rifiuti faranno
bene ad annotare. In quella giornata infatti si discuterà sia il nuovo ricorso
firmato da Carbone - su mandato non più di undici ma questa volta di 36
cittadini -, sia quello depositato dal Comune che, come noto, ha impugnato a sua
volta il decreto decisorio del Capo dello Stato, assoldando a tale scopo lo
studio genovese del più quotato tributarista d’Italia, Victor Uckmar.
SEGNALAZIONI - «La Soprintendenza ha fatto bene a difendere i laghetti delle Noghere»
Talvolta, la Soprintendenza riesce ancora a trovare la
forza di svolgere il proprio ruolo, com'è accaduto con il nuovo annullamento
dell’autorizzazione regionale per il capannone «Mancar», a due passi dai
laghetti delle Noghere. Di qui la furibonda reazione dell’Ezit e della ditta,
che chiedono - ovviamente - l’intervento della politica per «mettere in riga»
l’incauto Soprintendente. C’è da capirli: perché ai padroni della baia di
Sistiana sì, a GasNatural sì e a loro no? Un po’ di equità, che diamine!
Comprensibile anche che nella foga dell’indignazione sfuggano dei dettagli.
Mauro Azzarita, presidente dell’Ezit, parla infatti (sul Piccolo del 17
dicembre) di vincoli paesaggistici «inesistenti» alle Noghere, dimenticando che
il vincolo fu imposto dalla Regione nel 1991 con regolare decreto pubblicato sul
Bur e provocò la furibonda reazione dell’Ezit medesimo (vero è che il presidente
all’epoca era un altro e forse non si trovano più le carte dell’archivio
storico...).
Umberto Dallegno, socio della «Mancar» ed ex-direttore dell’Ezit (ma è normale
questo transito da un ente pubblico ad una ditta privata che utilizza i terreni
dello stesso ente?), sostiene invece che il vincolo obbliga soltanto a «un
comportamento di compensazione ambientale».
Spiace disilluderlo, ma non è così. Il vincolo paesaggistico implica la tutela
della qualità del territorio vincolato, sulla base delle ragioni che hanno
motivato l’imposizione del vincolo stesso. Nel caso particolare, la Regione lo
istituì soprattutto in considerazione del grande pregio naturalistico dell’area,
che ospita ecosistemi delicati e unici in provincia di Trieste, comprese specie
protette da Direttive europee e convenzioni internazionali. Di ciò non ha tenuto
però alcun conto l’autorizzazione regionale al capannone e quindi bene ha fatto
la Soprintendenza ad annullarla.
È evidente che la distruzione anche parziale di ecosistemi rari non può essere
«compensata» (magari piantando pini in Carso, come pretendeva di fare la
«Mancar»...) e infatti la Regione nel Piano Territoriale Regionale, che avrebbe
dovuto avere valenza di piano paesaggistico, nel 2007 previde per la zona
vincolata delle Noghere l’assoluta inedificabilità, rafforzando così il vincolo
del ’91. Salvo dimenticarsene però quando rilasciò l’autorizzazione per il
suddetto capannone.
Vero è che il buon senso avrebbe dovuto indurre il Comune di Muggia a modificare
la destinazione urbanistica, oggi industriale, dell’area adiacente i laghetti
delle Noghere, perché oltre al vincolo paesaggistico, i laghetti sono stati
anche riconosciuti - da oltre un decennio - come biotopo naturale di interesse
regionale. Gli ambientalisti lo chiedono da molti anni, ma né la Giunta Dipiazza
con il piano regolatore del 1999 tuttora vigente, né l’attuale sindaco (che pur
ha promesso a più volte un nuovo piano regolatore) hanno saputo/voluto farlo.
Perché probabilmente temono la reazione dell’Ezit e quella della politica al
servizio di interessi economici.
Dario Predonzan - Wwf Trieste
IL PICCOLO - DOMENICA, 27 dicembre 2009
«Sul rigassificatore attendiamo risposte» - UIL-VIGILI
DEL FUOCO: SPAGNOLI ARROGANTI
La Uil-Vigili del fuoco, promotrice del Tavolo tecnico sul
rigassificatore «costituito da esperti», ha indirizzato a vari enti - tra cui i
ministeri degli Esteri sloveno e spagnolo - una nota a firma del coordinatore
regionale Adriano Bevilaqua, contro «l’arrogante comportamento di Narciso de
Carreras Roquez», direttore Progetti internazionali della Gas Natural, che,
durante la sua visita a Trieste giorni fa ha rilasciato dichiarazioni ritenute
«offensive e lesive dell’immagine pubblica» del sindacato. «Narciso de Carreras
Roquez – si legge nella nota -, anziché produrre gli elementi necessari a
sciogliere i molteplici interrogativi sulla sicurezza dell’impianto di
rigassificazione che Gas Natural vorrebbe realizzare sul territorio della
provincia - formalizzati già nel 2005 dal Comitato tecnico regionale Fvg dei
Vigili del fuoco e tuttora senza risposta - ha preferito denigrare l’operato
della Uil-Vigili del Fuoco. De Carreras Roquez ha asserito che gli esperti
internazionali chiamati» per fare «chiarezza sui punti critici irrisolti del
progetto non sarebbero "esperti di sicurezza" e che il tavolo tecnico "non è
stato attivato dai Vigili del fuoco, ma solo da un sindacato"».
«Non si hanno ricordi di altri precedenti - scrive ancora Bevilacqua - dove un
esponente di una azienda straniera si fosse così permesso di inserirsi in un
confronto dialettico tra le parti politiche istituzionali e quelle sindacali».
La Uil-Vigili del Fuoco confida che Gas Natural «voglia rispondere a stretto
giro agli interrogativi rimasti finora inevasi»: altrimenti il sindacato «si
vedrebbe costretto a tutelare la propria onorabilità in tutte le sedi».
«No al rigassificatore, creiamo un’area portuale» -
L’INTERVISTA. IL SINDACO DI MUGGIA TRACCIA UN BILANCIO DEL 2009 E GUARDA AL
NUOVO ANNO
Nesladek: «Nel 2010 il regolamento per l’accesso al centro storico e la soluzione al caso Aquario» - «Le elezioni del 2011? Vorrei riuscire a chiudere i progetti avviati»
MUGGIA Il rilancio della zona costiera, la valorizzazione
del centro cittadino, ma non solo: l’abbinamento portuale-cantieristico come
alternativa al rigassificatore, progetto in merito al quale il «no» era e rimane
categorico. Così, mentre il 2009 va in archivio, il sindaco di Muggia, Nerio
Nesladek, guarda all’anno che verrà.
Sindaco, tante opere sono slittate dopo essere state sbandierate. Di Muja
turistica, per esempio, non si sente più parlare: cosa ne è stato?
Muja turistica era un progetto che comprendeva due grossissime colate di
cemento, da 80-100mila metri quadrati, lungo la costa. Nel 2006, sono stato
eletto anche perché avevo iniziato a mettere in discussione tutto ciò,
nonostante fosse già stato approvato dal Consiglio comunale. Con la proprietà,
abbiamo quasi concordato la realizzazione di un centro benessere con servizio
annuale e una spiaggia dotata anche di piscina termale pubblica.
A proposito di costa, a che punto sono le caratterizzazioni del terrapieno
Aquario?
Siamo vicini alla chiusura delle analisi del rischio elaborate dal Cigra. Nel
2010, comunque, la situazione verrà sicuramente sbloccata: rientreremo in
possesso della spiaggia, che, alla luce di quanto detto prima, sarà il nostro
secondo polo turistico, che potrà servire anche Capodistria.
Dopo la chiusura dei due distributori di benzina, i muggesani aspettano quello
nuovo: quando sarà pronto?
Le procedure stanno andando avanti celermente. Abbiamo già individuato la zona
dove sistemarlo: nella parte a Nordest di piazzale Alto Adriatico. Ricordo che
non rappresenta un obbligo per noi, lo facciamo per i cittadini. Anche in questo
caso, fermo restando il fatto che dovrà arrivarci un’offerta da parte di un
privato, il tutto sarà pronto entro la fine del 2010.
L’opposizione chiama in causa la sua giunta per la scarsa manutenzione dei
territori periferici e delle relative strade.
La risposta sta nei numeri: 14 strade asfaltate sotto la mia gestione, contro le
5-6 di chi mi ha preceduto. Inoltre, abbiamo recentemente acquistato una nuova
spazzatrice: farà regolarmente la pulizia nelle periferie. Non confondiamoci
però: ci sono strade la cui gestione compete alla Provincia.
Del Piano regolatore si continua a parlare, ma nel concreto?
Le direttive sono state licenziate di recente. Ma ci troviamo a dover
fronteggiare comunque delle problematiche. In primis il consumo contenuto nel
Piano precedente dal punto di vista edilizio e di urbanizzazione non concede più
spazi di espansione, pena il dissesto del sistema idro-geologico muggesano. Ci
troviamo quindi a dover governare la decrescita.
Capitolo viabilità di Aquilinia. A che punto è il progetto di riqualificazione?
Quello maggiore, il bypass finanziato all’epoca dalla giunta regionale guidata
da Illy non ha trovato conferma di supporto con la gestione Tondo. Il
rifacimento, però, è un’opera indispensabile se si vuole costruire nella valle
delle Noghere. Intanto, nei primi mesi del nuovo anno, ridisegneremo la
segnaletica orizzontale visto che i fondi relativi li abbiamo trovati.
Pedonalizzazione del Mandracchio, centro storico e raddoppio della galleria:
quali novità?
Il raddoppio della galleria era una vecchia idea, ma non è mai esistito alcun
progetto. Quanto alla pedonalizzazione, vogliamo chiudere il centro al traffico
veicolare: è un bellissimo salotto, in grado di attrarre i flussi provienienti
dai centri commerciali realizzati e realizzandi. Sul tema viabilità, anche
sfruttando la sinergia con Capodistria, va potenziata quella circostante.
Rigassificatore di Zaule: il no di Muggia resta convinto e chiaro.
Il 2009 ci ha portato chiarezza e saggezza. Vorrei ribadire le motivazioni della
nostra contrarietà: è legata non solo a questioni ambientali e di sicurezza, che
già sarebbero comunque sufficienti. Pensiamo infatti a uno sviluppo economico
dell’area alternativo alla direzione energetica: lì, vediamo una grande area
portuale. E, come suggerito da alcuni esperti, potremmo utilizzare delle piccole
navi gasiere per rifornirci direttamente, dando così impulso alla cantieristica.
Il problema dei parcheggi: come limitare l’utilizzo irregolare delle zone di
carico-scarico merci da parte degli automobilisti?
Entro la prima metà del 2010 sarà pronta la nuova regolamentazione per l’accesso
al centro storico, con all’interno nuove zone per la sosta operativa. In alcuni
punti strategici, piazzeremo dei carrelli per permettere ai residenti di portare
via la spesa, fermo restando che per urgenze le deroghe per l’accesso nell’area
saranno garantite.
Il centrodestra dice che la formula del Carnevale va rivista per permetterne il
rilancio. È d’accordo?
Bisogna scegliere, assieme alle compagnie, se si vuole un Carnevale che conservi
la sua anima tradizionale oppure se turisticizzarlo. Decidiamo tutti assieme,
dal sindaco, all’opposizione, ai cittadini.
Politicamente, la sua maggioranza viaggia in acque sicure?
In quest’anno, abbiamo avuto un’unica anomalia: il passaggio del consigliere
Andrea Mariucci all’opposizione, d’un colpo, con poca coerenza visti i giudizi
che aveva dato in precedenza sulla stessa opposizione.
Guardando più in là, al 2011: proverà a fare il bis alle comunali?
Vorrei riuscire a portare a termine i progetti avviati. Se non ci riuscirò in
quest’anno e mezzo che manca alla fine del mandato, allora ci penserò. Ma oggi è
ancora troppo presto per dirlo.
MATTEO UNTERWEGER
Piano regolatore, la Regione mette i paletti - «Profilo
di criticità non indifferente. Problemi legati a viabilità, servizi ed
edificazioni»
LUNGO L’ELENCO DELLE OSSERVAZIONI INDIRIZZATE AL COMUNE
«Presupposti condivisibili ma insufficiente l’aderenza alle direttive della
pianificazione sovraordinata»
«C’è un profilo di criticità non indifferente». Così l’assessore regionale
all’urbanistica Federica Seganti ha definito il nuovo Piano regolatore del
Comune di Trieste che, dopo la secretazione e un momentaneo ritiro a sorpresa
dall’aula per un vizio di forma, continua ad avere un iter turbolento. La giunta
regionale ha infatti approvato nei giorni scorsi una delibera con la quale detta
una lunga e dettagliata serie di prescrizioni alle quali il municipio è tenuto a
ottemperare se vorrà ottenere il ”via libera”, a meno che non riesca a fornire
più validi e convincenti supporti tecnici e normativi alle proprie scelte.
«Siamo di fronte a un approccio tecnico-disciplinare non sempre coerente con le
indicazioni del Piano urbanistico regionale - hanno commentato tecnici e
consulenti della Regione - pur all’interno di un piano coraggioso perché
privilegia la componente ambientale e paesaggistica rispetto a quella
insediativa». E infatti nella relazione tecnica allegata alla delibera della
Regione si rileva che «il progetto urbanistico della variante parte da
presupposti del tutto condivisibili quali il contenimento dell’uso di suoli
agricoli non urbanizzati e il favorire politiche di recupero del patrimonio
edilizio esistente o la riconversione dei ”contenitori” dismessi o attraverso la
densificazione delle aree centrali».
«Di converso - prosegue la nota - si deve sottolineare come la traduzione di
questi principi in contenuti disciplinari propri della tecnica urbanistica non
sembra sempre in grado di assicurare una sufficiente aderenza con le direttive
impartite al riguardo dalla pianificazione sovraordinata. Si evidenzia inoltre -
sottolinea la Regione - una generale carenza di motivazioni accurate a sostegno
delle scelte operate dalla variante in senso riduttivo, mentre nei confronti
delle ipotesi di trasformazione della struttura insediativa e di implementazione
delle reti strutturali manca una riflessione generale sulla sostenibilità
urbanistica». «Le prescrizioni - ha specificato Seganti - si riferiscono sia a
stretti profili di tecnica urbanistica che a questioni legate a servizi e alla
viabilità. Vi è poi il paradosso - aggiunge - per cui si prevedono edificazioni
in alcune zone di espansione, mentre si impediscono edificazioni in zone di
completamento, già infrastrutturate e dove qualche insediamento forse sarebbe
utile».
Tra i pareri obbligatori ai quali il Piano deve sottostare, quello della Regione
è il più pesante, più ancora di quello della Soprintendenza e investe sia il
settore dell’urbanistica che quello ambientale che dovrà fornire la Vas
(Valutazione ambientale strategica). «Tutte le prescrizioni formulate dagli enti
di competenza assieme alle 1.080 osservazioni e opposizioni avanzate dai
cittadini confluiranno poi alla Commissione urbanistica del Comune - spiega il
suo presidente Roberto Sasco - che dovrà rimodulare il Piano e portarlo al voto,
stavolta per l’approvazione definitiva, del Consiglio comunale». «Solo a quel
punto - aggiunge Seganti - ci sarà l’ultima vaglio della Regione che potrebbe
anche decidere di cassare parti che non fossero state risistemate».
Il Comune conta di arrivare al voto conclusivo sul Piano regolatore generale
entro l’estate per chiudere il 2010 anche con l’approvazione finale del Piano
particolareggiato per il centro storico che dovrà seguire un iter molto simile
con uno scarto di 3-4 mesi. I due principali strumenti pianificatori del Comune
dovrebbero aggiungersi al Piano del traffico atteso in aula già per i primi mesi
del prossimo anno. Un pacchetto complesso da chiudere preferibilmente entro il
prossimo dicembre dal momento che fin dall’inizio del 2011 tutti saranno
impegnati nella campagna elettorale per rinnovare i consigli comunale e
provinciale.
SILVIO MARANZANA
PRG - Centro storico, identificate 25 aree dove
costruire - Sarà possibile realizzare terrazze a vasca, abbaini e parcheggi al
pianterreno
DOCUMENTO ADOTTATO IN MUNICIPIO
La divisione di tutti gli edifici in sette classi e sottoclassi con una scala di
interventi sul patrimonio edilizio che potranno includere a seconda dei casi la
chiusura di corti e giardini al primo piano, il recupero abitativo dei
sottotetti, la realizzazione di lucernari, abbaini e terrazze e vasca, e per
tutti gli edifici la possibilità di realizzare parcheggi pertinenziali al
pianoterra o al piano interrato a patto che l’ingresso sia mascherato. Ma anche
l’individuazione di ben venticinque zone in cui saranno possibili nuove
edificazioni: ad esempio nell’area tra riva Tre novembre e via Mazzini, in via
del Monte, in via Ginnastica, in via Martiri della Libertà.
Sono alcuni dei contenuti del Piano particolareggiato per il centro storico che
a gennaio sarà esposto all’Albo pretorio. I cittadini e le associazioni avranno
trenta giorni lavorativi di tempo per avanzare obiezioni e osservazioni.
L’obiettivo principale è ripopolare il centro storico al quale sono stati
tracciati confini piuttosto ampi con delimitazioni tra campo Marzio e viale
Miramare e tra via Fabio Severo e via Rossetti. In questa zona di un milione 350
mila metri quadrati abitano soltanto 17 mila persone. Il Comune ha di
conseguenza individuato otto zone strategiche di sviluppo che hanno il proprio
fulcro rispettivamente: in via Roma, sul Canal Grande e in via Mazzini, nelle
piazze Cavana e Hortis, a San Giusto, in piazza Libertà, in viale XX settembre,
in via Battisti, in via Carducci.
Proprio per favorire il ripopolamento oltre che l’afflusso, un altro punto
focale del documento urbanistico è quello dei parcheggi e a questo scopo sono
identificati all’interno del perimetro ben 103 edifici di scarso valore
architettonico che possono venir trasformati in parking. Vi sono anche
disposizioni particolari per la tutela del verde pubblico e prescrizioni per
migliorare i collegamenti pedonali anche con la realizzazione di passaggi
pedonali sotto alcuni caseggiati, per esempio nella zona di Campo Marzio.
Il Piano del Comune è stato elaborato su un primo progetto dell’architetto
veneziano Alberto Cecchetto. «È un lavoro fatto tempo fa, ma negli ultimi due
anni non ho più sentito alcun amministratore - ha commentato l’architetto
Cecchetto - del resto il mio progetto doveva essere fatto in armonia con Porto
Vecchio, ma anche per quest’ultima area sono state fatte altre scelte. Trieste è
una bellissima città, ma è una città di pietra dove il verde può venir
sostituito dal mare. Ma oggi il distacco della città con il mare è ancora troppo
profondo». (s.m.)
PRG - «Insediamenti in zone già congestionate» -
Richiesti approfondimenti su varie direttrici, dalle Rive a Montebello
E SULL’EX CASERMA MONTE CIMONE SI RISCHIA L’EFFETTO
CATTEDRALE NEL DESERTO
Da un lato si rischia di congestionare zone già molto frequentate
concentrando eccessivi insediamenti, dall’altro c’è il pericolo di creare
cattedrali nel deserto con l’intento di riqualificare ”contenitori” che si
trovano in aree decentrate o poco infrastrutturate. In termini semplici sono
questi alcuni rilievi che la Regione avanza nei confronti del Piano regolatore
già adottato dal Consiglio comunale.
Così, in una delle prescrizioni, gli uffici regionali chiedono al Comune di
valutare più compiutamente l’effetto dell’immissione di nuove destinazioni in
ambiti già caratterizzati da alti livelli di congestionamento (a esempio le zone
della Fiera, del Burlo Garofolo, dell’Università, di San Luigi e le Rive).
Chiede anche di verificare che vi sia omogeneità delle visuali percepibili dal
mare rispetto alle altezze massime nell’area del Museo del mare, della stazione
di Campo Marzio, dell’ex piscina Bianchi affinché sia uniforme la skyline del
waterfront.
Si chiedono anche approfondimenti per dare piena legittimità alla scelte che
inibiscono l’edificazione nel centro storico e nei nuclei originari di Santa
Croce, Prosecco e Contovello. Al contrario si pretendono ulteriori
giustificazioni a supporto della classificazione a zone «agricole forestali ad
alta antropizzazione» per Sant’Anna, Monte San Pantaleone e Piscianzi.
Un discorso in un certo senso inverso riguarda le strutture dell’ex Campo
profughi di Padriciano e dell’ex caserma Monte Cimone. Se da un lato alla
Regione non appare chiara la sostenibilità viabilistica, dall’altro canto
secondo quanto fanno rilevare alcuni tecnici della Regione stessa si rischia di
creare ”cattedrali nel deserto” («Chi si azzarderebbe ad aprire una banca
nell’ex caserma?», è la domanda retorica che circola) e di non riuscire a
veicolare in aree così decentrate capitali privati di ipotetici investitori.
La Regione poi, in particolare per la zona turistica di supporto al campo di
golf di Padriciano dove sono previsti residenze turistiche, impianti sportivi e
attività commerciali con volumetrie fino a 40 mila metri cubi, fa rilevare che
non sono state analizzate le questioni relative alla viabilità e al rapporto con
le aree limitrofe.
(s.m.)
SEGNALAZIONI - RIGASSIFICATORE - 1 - L’esempio di
Giulietti
Ho iniziato a navigare nel 1951 come «secondo giovanotto
di coperta» (un grado in più del mozzo) su una petroliera della
società/cooperativa Garibaldi di Genova che aveva come presidente Giuseppe
Giulietti, un capitano marittimo, comandante, che lasciò di navigare per fare il
sindacalista socialista, fu eletto deputato in Parlamento con i repubblicani nel
1948 e si batté con grande forza a favore dei naviganti, fece promulgare diverse
leggi ed era uno dei più ascoltati e forti sindacalisti a favore dei naviganti,
si devono a lui diverse leggi e cambiamenti in un mondo dove gli armatori la
facevano da padroni. Morì nel 1953. A quei tempi gli imbarchi erano di 18 mesi,
un anno e mezzo, niente frutta alla ciurma, piatti e tazze di latta, niente
coltello ma solo cucchiaio e forchetta e 12 ore lavorative al giorno, 2 turni di
6 ore; e Giulietti cambiò tutto ciò!
Credo che sia stato lui che fece promulgare una legge che diede un aumento sulla
paga base dell’8% per coloro che navigavano sulle petroliere e poi gassiere, per
compensare il pericolo. Si intende per quelli che vivono e lavorano sopra la
bomba! E io sono stato comandante sulle «bombe» per 22 anni su un totale di 28.
E poi perito e ispettore alla Siot a garantire la sicurezza delle discariche di
petrolio.
Leggo che nella attuale legislazione è affermato quanto segue:
Fermo restando gli elementi contenuti nella parte generale per le navi che
effettuano il lungo corso ed il cabotaggio internazionale si ritiene
indispensabile raggiungere i seguenti obiettivi: a) Diversificare le indennità
previste tenendo conto delle specificità del traffico merceologico (chimichiere,
gasiere, petroliere, etc.); (ricordo un garzone di cucina che aveva capito che
si imbarcava su una cassiera); b) Periodo d’imbarco: il periodo d’imbarco deve
essere di 4 mesi. Qualora il periodo dovesse superare i 4 mesi per detto periodo
al marittimo verrà riconosciuto un aumento nell’indennità pari al 20% della paga
conglobata. Comunque il periodo non dovrà superare i 5 mesi; c) Il periodo di
riposo sarà determinato in misura non inferiore al 40% maggiorato di 15 giorni
del relativo periodo di imbarco calcolato su base annua. Al marittimo non in Crl
che disponibile all’imbarco dopo il periodo di riposo garantito non dovesse
imbarcare sarà riconosciuto il 50% della paga conglobata più relativi riflessi.
E cosa c'entra quanto sopra nel nostro caso del rigassificatore? La mia proposta
è di dedurre dalle tasse una certa percentuale per chi vive in un certo raggio
dalla «bomba», diciamo in un’area di 20 chilometri = 20% in meno di Irpef.
Luciano Stilli - capitano di lungo corso
SEGNALAZIONI - RIGASSIFICATORE - 2 - Mettiamoci il
lutto
Sono pienamente d’accordo con il signor Baldassi per
quanto scritto nell’«intervento» apparso sul Piccolo. Sono anni che penso
esattamente la stessa cosa e dirò di più, sono una di quelle studentesse che
quando arrivarono le truppe festeggiò l’evento in piazza Unità sventolando la
bandiera italiana. Però da molti anni a questa parte, quando ricorre questo
anniversario che viene tanto osannato ho il desiderio di girare per città con
una fascia nera sul braccio perché considero questa data un vero lutto per
Trieste. Moltissime persone, specialmente quelli che amano questa città, la
pensano come me. Questa del rigassificatore è l’ultima goccia che fa traboccare
il vaso. I partiti e i politici sia locali che nazionali hanno come unico fine
quello di incassare il più possibile, il popolo per il quale dovrebbero operare
è il loro ultimo pensiero.
Chissà cosa penserebbero i caduti che sono sepolti a Redipuglia nel vedere come
viene trattata questa città per la quale hanno perso la vita.
Maria Rosa Pauletti
IL PICCOLO - GIOVEDI', 17 dicembre 2009
«Piastra logistica e bonifiche, il governo dimentica la
città» - COSOLINI: «RISORSE TAGLIATE PER UN TOTALE DI 300 MILIONI»
«Il regalo di Natale del governo alla città di Trieste?
Trecento milioni di euro in meno». L’affondo arriva dal segretario provinciale
del Pd Roberto Cosolini, che punta il dito contro quelle che considera le
promesse non mantenute dall’esecutivo Berlusconi.
L’ammanco di 300 milioni - osserva Cosolini - si ottiene «sommando i fondi della
piattaforma logistica, annunciati come immediati il 12 ottobre dal ministro
Matteoli a Trieste ma mai pervenuti finora, e i 245 milioni che si vorrebbero
spremere alle imprese insediate nel sito inquinato con l’ultima versione
dell’accordo di programma». Come dire che a pagare dovrebbero essere «ancora una
volta, in modo ingiustificato e spropositato, le imprese cioè i cittadini, viste
le ricadute anche occupazionali negative che un simile prelievo forzoso
determinerà».
«Questo - continua il segretario del Pd - è il risultato dell’allineamento dei
pianeti decantato dal centrodestra locale: tra sottosegretario, parlamentari,
assessori regionali e sindaco non riescono a portare a casa un bel nulla. Eppure
a scorrere la lista delle opere finanziate in questi mesi dal Cipe sembra
proprio che altri territori riescano dove per i nostri è impossibile arrivare:
vuol dire che la giustificazione del sindaco, che dice ”a Roma i soldi non ci
sono”, non vale per chi è più bravo a fare lobby e pressing sul governo. Così
come non sta in piedi l'altra barzelletta del sindaco che qualche giorno fa, per
spiegare che le imprese del sito inquinato sono ”fortunate” (del resto lo diceva
anche sette anni fa quando si perimetrava il Sin in modo approssimativo perché
”sarebbero arrivati un sacco di soldi pubblici”), è arrivato a sostenere che
dopo aver speso 70 euro al metro quadro potranno vendere i terreni a 200 euro al
metro. Viene da chiedersi però a chi potranno vendere, visto che le transazioni
fra imprese private anche in periodi non di crisi sono state al di sotto della
metà di quella cifra».
Considerazioni che, secondo Cosolini, non possono non portare a criticare
l’intera gestione della delicata partita delle bonifiche. «La realtà è che
l’accordo di programma, pur necessario, è nei suoi contenuti ingiustamente
gravoso per le imprese. La conseguenza sarà un contenzioso in sede di giustizia
civile e amministrativa. E, visto l’orientamento già espresso da alcuni
magistrati, è probabile che non vengano accolte le tesi del ministero
dell’Ambiente circa la presunzione di inquinamento e l’obbligo perciò
aprioristico di corrispondere il danno ambientale da parte di chi non ha alcuna
responsabilità. Assisteremo quindi - conclude l’esponente Pd - all’ennesimo flop
di questo centrodestra pasticcione ed arrogante».
Premolin: centralina fissa per l’aria alla Siot -
Rifiuti ”porta a porta”, nessuna lamentela. E a San Giuseppe si pensa di
chiudere il centro
INTERVISTA AL SINDACO DI SAN DORLIGO DELLA VALLE
Il 2009 è stato per Fulvia Premolin l’anno della conferma. Nella
consultazione di giugno il primo cittadino di San Dorligo della Valle ha
ottenuto per la seconda volta la fiducia dei suoi cittadini, nonostante un
leggero calo di consensi. Le questioni spinose del Comune della Val Rosandra
continuano però a persistere: emissioni provenienti dalla Siot, malumore sulla
raccolta differenziata ”porta a porta” dei rifiuti, solo per citare alcuni dei
problemi.
Sindaco, la sua posizione nei confronti dei disagi recati ai cittadini dagli
odori della Siot, per i quali è stata certificata la presenza di idrocarburi, è
apparsa sempre molto diplomatica e poco incisiva. Come mai?
Sono sempre stata severa sulle problematiche legate alla Siot, con i cui
dirigenti ho comunque da sempre un ottimo rapporto. A breve l’Arpa, a cui è
stato affidato un monitoraggio sulla qualità dell’aria nel nostro territorio,
presenterà un rapporto in Consiglio comunale sui risultati emersi. Ad ogni modo
credo che non sia una cosa da poco il fatto che, a brevissimo, installeremo una
centralina che controllerà le sostanze emanate dallo stabilimento. Comunque
ricordiamoci che la Siot è lì da 30 anni, quindi da ben prima che io diventassi
sindaco.
A breve potrebbe svolgersi un referendum per l’abolizione della raccolta
differenziata ”porta a porta” dei rifiuti, ritenuto uno dei fiori all’occhiello
della sua amministrazione...
Onestamente non ho mai ricevuto una lamentela da parte di alcun nostro
cittadino, su quello che è a tutti gli effetti un servizio considerato motivo
d’orgoglio del nostro territorio, visto che siamo gli unici nella provincia di
Trieste ad effettuare la raccolta differenziata ”porta a porta”. Proprio in
questi giorni la gente, che mi ferma per strada, mi sprona a far pagare sanzioni
a chi non si è voluto adeguare a questo servizio, al quale i cittadini si sono
tranquillamente abituati.
La vicenda dell’ex Motel Val Rosandra è emersa dalle lettere inviate dal
Mediocredito e dalla Regione poche settimane prima delle elezioni. Perché
l’amministrazione comunale ha voluto tacere sull’argomento? I ”malpensanti”
hanno ritenuto che ci fossero errori da parte del Comune da nascondere...
Non ho nulla da nascondere. Per un discorso legato alla delicatezza della
situazione, che coinvolgeva e tuttora sta coinvolgendo decine di famiglie
residenti nel nostro territorio, ho preferito non portare all’attenzione
dell’opinione pubblica questa vicenda. Ritengo di essermi comportata con grande
rispetto e responsabilità nei confronti delle persone interessate, nonostante ci
siano state anche forti pressioni da parte di chi avrebbe voluto approfittare di
questa brutta situazione.
Nella popolosa frazione di San Giuseppe della Chiusa, nella quale alle ultime
elezioni il centrosinistra ha registrato un significativo calo di voti, i
problemi legati alla viabilità persistono: la linea 41 per un breve periodo è
stata soppressa senza preavviso, l’ultima nevicata ha paralizzato il paese,
l’asfalto è pericoloso e la stessa incolumità dei residenti è a rischio.
Per sopperire a queste problematiche stiamo valutando di chiudere
definitivamente il centro storico, riservandolo solo ai frontisti. Credo che
questa sia l’unica soluzione per permettere all’autobus di transitare e per
diminuire allo stesso tempo il traffico che, soprattutto al mattino, rischia di
recare danni alla sicurezza dei residenti. Purtroppo non ho vigili urbani a
sufficienza per far controllare quotidianamente quell’area. Per quanto riguarda
la pavimentazione della strada, una riqualificazione costerebbe milioni di euro,
che non ci sono. Stiamo vagliando l’ipotesi di creare in alternativa un senso
unico. Siamo in fase di consultazione con i cittadini, per cercare di apportare
una modifica radicale ma estremamente condivisa.
Lavori pubblici: lei aveva annunciato che la piazza di Bagnoli e le fognature di
Puglie di Domio sarebbero state realizzate entro il 2009. Invece?
Qui devo attribuire la responsabilità alla Regione, che ha risposto in ritardo
alla nostra richiesta di contributi. Ad ogni modo i lavori per il rifacimento
della piazza di Bagnoli sono ormai alle porte, e nei primi mesi dell’anno
arriveranno le ruspe. Entro il 2010 inizieranno i lavori anche per le fognature
di Puglie.
La maggioranza che l’appoggia in Consiglio comunale ha sempre lasciato
all’opposizione le iniziative sulle tematiche ambientali, fra cui diverse
mozioni presentate dal centrodestra su Tav e rigassificatore. Come mai?
Evidentemente i consiglieri di centrosinistra su questi argomenti sono stati più
riflessivi, mentre gli esponenti di centrodestra si sono mostrati più impulsivi.
RICCARDO TOSQUES
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 23 dicembre 2009
Castelli: la Tav Trieste-Divaccia è prioritaria -
INCONTRO ITALO-SLOVENO. «EVITARE TENSIONI COME IN VAL DI SUSA»
TRIESTE La Trieste-Divaccia si farà. Il governo italiano
ribadisce l’assoluta volontà di realizzare la tratta transfrontaliera della Tav
ed accelera le tappe per trovare soluzioni condivise al progetto.
Quello che manca, infatti, è un’ipotesi di tracciato che possa essere condiviso
dai due governi e ancor prima dalle due popolazioni e che permetta di non
perdere il finanziamento europeo vincolato all’opera.
Per raggiungere questo obiettivo lavoreranno i tecnici di Rfi: la prossima
importante scadenza sarà la Commissione intergovernativa (Cig) tra Italia e
Slovenia convocata a gennaio. La volontà del governo italiano è stata messa nero
su bianco dal viceministro Castelli che dice di non aver «mai detto nè pensato»
che l’opera non sia strategica per il Paese. La verità è «che il governo ritiene
assolutamente prioritaria la tratta e che le continue riunioni tra gli staff
tecnici e politici di Italia e Slovenia sono la testimonianza più evidente di
questo fatto». All’incontro di ieri – al quale ha partecipato anche il
viceministro sloveno Igor Jakomin - è stato dato mandato alle ferrovie di
analizzare soluzioni diverse da prospettare ai due paesi e alla Regione dopo la
pausa natalizia. Il Friuli Venezia Giulia, dal canto suo, ha posto il problema
del collegamento Trieste-Capodistria, in un ottica di sviluppo del sistema
portuale. L’incontro «è stato interlocutorio» si è limitato a dire l’assessore
Riccardo Riccardi (che ha partecipato per la Regione), riferendo che il
viceministro Castelli ha sottolineato l'importanza di evitare tensioni con la
cittadinanza simili a quelle accadute sul tratto piemontese della Tav, in Val di
Susa. Un problema non secondario visto che il tracciato emerso dallo studio di
fattibilità dell’opera è già stato bocciato dalla comunità triestina e che il
finanziamento previsto dalla Ue è vincolato alla realizzazione della
Trieste-Divaccia. «Le prospettive di sviluppo della nostra regione sono legate
alle infrastrutture – dichiara intanto l’europarlamentare del PD e membro della
commissione Trasporti e Turismo, Debora Serracchiani - e dai settori produttivi
giungono segnali di grande preoccupazione che chiedono risposte concrete e
tempestive: le scadenze dobbiamo darcele noi e sentirle impellenti. Perciò, se
il viceministro Castelli vuole evitare tensioni con la popolazione cominci
subito a informare e condividere ma si ricordi anche che lui è là per risolvere
i problemi, non per sperare che il tempo li risolva per lui».
(m. mi.)
Ret: «Manca una sede per le società nautiche» - Tav: il
futuro progetto sarà del tutto diverso. Nuove case popolari: dipenderà dai fondi
nella finanziaria
I NODI CHE L’AMMINISTRAZIONE DI DUINO AURISINA DOVRÀ
AFFRONTARE NEL 2010
Per il sindaco Giorgio Ret, sistemare le società nautiche sarà uno dei
grattacapi del 2010. Le sedi non sono state ancora individuate, e di fronte a
una situazione di estrema precarietà il rischio è di perdere risorse preziose
per la baia di Sistiana, che nei prossimi tre anni si avvia a un grande
sviluppo.
Sindaco, lei aveva promesso che a 12 mesi dall’insediamento avrebbe concluso la
transazione con le Comunelle. Il contenzioso è invece ancora in atto e blocca la
progettualità sulle aree.
Abbiamo quasi concluso tutto: la commissione ha lavorato molto e tre giorni fa
ha incontrato le Comunelle per la consegna del documento finale, approvato al
90%. Il contenzioso di più difficile soluzione resta quello delle Cave, perché
al di là degli interessi in gioco vi sono problemi legali ed economici. Abbiamo
comunque trovato una soluzione che, se accettata dalle Comunelle, potrà essere
sottoposta al consiglio entro marzo.
Aveva anche detto che a gennaio le società nautiche sarebbero state sistemate,
grazie alla ”liberazione” di Castelreggio, ma nel suo piano di sistemazione non
c’è traccia delle sedi…
Con un po’ più di coraggio Castelreggio sarebbe potuto passare immediatamente al
Comune, invece si è optato per una gara pubblica. La novità è che le società
nautiche non sono previste nella gara a causa di una sentenza del Tar, il quale
sostiene che se il proponente di un progetto non ha la concessione non può
chiedere variazioni alla tipologia di insediamento. Pertanto spetterà al futuro
concessionario, se lo riterrà, chiedere un cambio di destinazione d’uso. Vi sono
comunque anche altre soluzioni, contenute nel piano del porto. Per esempio c’è
la sede del Comune da realizzare: in attesa di una definizione, le società
nautiche potrebbero essere ospitate lì.
Zona artigianale di Aurisina: sono stati acquisiti gli oneri di urbanizzazione,
ma il Comune non ha ancora incassato il saldo di 400mila euro per la vendita del
terreno.
In realtà non abbiamo incassato i soldi dell’area tout court, ma solo di quella
zona che oggi risulta boschiva e che a suo tempo è stata cassata per motivi
ambientali. Sì prospettano due soluzioni: o viene riaperta la seconda area
oppure va rivisto il contratto di vendita che il Comune ha stipulato su spazi
che non erano costruibili. Io sono più propenso a ingrandire l’area artigianale,
perché uno sviluppo di piccole aziende potrebbe rappresentare, assieme al
turismo, un grosso potenziale. Intendo chiedere alla Regione di schierarsi o
dalla parte del Comune o con gli pseudoambientalisti che frenano l’attività
economica.
E la Tav?
L’assessore Riccardi è disponibile a relazionare in consiglio quando ci sarà
qualcosa di cui discutere. Oggi non c’è la certezza su nulla. Ho avuto incontri
informali con chi sta predisponendo il progetto, e ho visto che è tutt’altro
rispetto a quanto presentato. Ho avuto rassicurazioni che quella linea, così
come tracciata, non verrà realizzata.
Quale futuro per le caserme dismesse di borgo San Mauro e San Pelagio?
Quella di borgo San Mauro dovrebbe passare al Comune in breve tempo: verrà fatta
una permuta con la scuola di Duino, di nostra proprietà ma affidata al Collegio
del Mondo unito, e in cambio la Regione ci passerà borgo San Mauro. Sul fronte
di San Pelagio nulla di fatto: il Demanio ha voluto mettere l’edificio sul
mercato con costi altissimi, e difatti è ancora lì.
Scarsi fondi anche per la costruzione di nuovi alloggi popolari…
Stiamo allontanando da Duino le giovani famiglie, che non possono permettersi né
affitti elevati né l’acquisto di immobili. C’è bisogno di case popolari, e di
concerto con la presidente dell’Ater Perla Lusa attendiamo la lettura della
finanziaria per conoscere le disponibilità. Gli edifici vuoti da ristrutturare
sono già stati individuati e li adegueremo a seconda delle risorse. Penso alle
aree dismesse degli ex centri di lavorazione della pietra, ma anche a una
variante al Piano regolatore.
Mancano fondi per la piazza di Aurisina?
Abbiamo sempre detto che i proventi della casa Spam sarebbero stati riversati
sulla piazza. Ora l’orientamento è cambiato: è stata esclusa l’alienazione del
bene in virtù del progetto sociosanitario per l’immobile. D’altro canto, per le
politiche passate e i proventi della legge Bucalossi, l’ente ha estinto tutti i
mutui e presenta oggi un bilancio sano: nulla vieta la possibilità di accendere
un mutuo per rifare la piazza.
Risolto lo screzio col comitato Rilke?
Io parlo con diversi componenti e non mi consta vi sia alcuna diversità di
vedute. Il Rilke, comunque, è un gruppo di imprenditori, non un’associazione
benefica. L’urbanistica e la gestione del territorio non gli spetta.
L’amministrazione ha cercato di mettere il comitato nelle condizioni di lavorare
al meglio: non ho mai sentito di un’associazione imprenditoriale che frena lo
sviluppo del commercio. Il comitato deve avere un ruolo di promozione e di
affiancamento al Comune, com’è stato all’inizio.
L’opposizione afferma che per i paesi al di sopra della linea ferroviaria poco
si è fatto…
Non è vero: basta considerare la ristrutturazione delle scuole di Malchina e San
Pelagio. A breve, poi, ne avvieremo un’altra alle medie di Aurisina.
TIZIANA CARPINELLI
Park S. Giusto, Friulia entra con il 35% - Entro
gennaio al via i sondaggi nell’area d’ingresso tra il palazzo Inail e il Teatro
romano
DOPO L’APPROVAZIONE DELLA DELIBERA IN CONSIGLIO
COMUNALE
I sei soci privati acquisteranno le quote di Amt sborsando 161mila ciascuno -
Dopo la firma della convenzione col Comune 45 giorni di tempo per il progetto
Il progetto del park sotto il Colle di San Giusto riparte dai privati. Il
Consiglio comunale ha dato il via libera l’altra sera alla ”super-delibera”, già
approvata dalla giunta Dipiazza, su piano finanziario, espropri e concessioni
inerenti al park San Giusto.
IL VOTO L’aula ha approvato a maggioranza il testo sul maxi posteggio con i voti
favorevoli del centrodestra, quelli contrari di Rifondazione e Verdi e
l’astensione degli esponenti del Pd e Cittadini. Un’approvazione politica che,
di fatto, andrà a ridefinire gli assetti societari della Park San Giusto spa già
in possesso della Valutazione di impatto ambientale (Via) e del progetto
definitivo per la costruzione del park.
L’ASSEMBLEA Già questa mattina, infatti, è in programma l’assemblea dei soci
della spa, che prenderà atto del voto del consiglio e preparerà il terreno alla
rimozione del vincolo statutario necessario a far uscire dalla compagine
societaria l’ex socio di maggioranza Amt, la spa controllata dal Comune che
detiene il 75 per cento delle quote. «Il passaggio successivo - spiega Franco
Sergas, legale rappresentante della Mecasol - sarà davanti al notaio per
l’acquisizione delle quote di Amt (quote che ”valgono” oltre 950 mila euro). I
sei soci privati - Carena, Riccesi, Celsa, Fedrigo, Mecasol e Arm Engeenering -,
le acquisteranno congiuntamente e in parti uguali, sborsando 161 mila euro
ciascuno. Confido che tutto questo possa accadere in tempi rapidi, forse già
entro la fine dell’anno. Subito dopo - continua Sergas - il Comune predisporrà
l’atto aggiuntivo-modificativo della convenzione e, dal momento della firma,
avremo 45 giorni di tempo per presentare il progetto esecutivo. Contestualmente
daremo il via alle indagini archeologiche».
IL PARTNER Oltre a ratificare la definitiva uscita di scena di Amt, l’assemblea
dei soci oggi prenderà atto anche di un altro, decisivo cambiamento all’interno
della compagine societaria: l’ingresso di Friulia. La holding regionale ha
infatti deliberato lo scorso 17 dicembre, in sede di approvazione di bilancio,
l’acquisizione del 35 per cento delle quote della Park San Giusto spa. «Inoltre
- spiega Donato Riccesi - Friulia agirà come advisor della ”bancabilità”
dell’intera operazione. Un dato sicuramente molto positivo: il fatto che faccia
parte del progetto una finanziaria pubblica è una garanzia di non poco conto».
IL CANTIERE Fin qui l’iter. Presto però, come detto, dovrà entrare nel vivo
anche la fase operativa dell’intervento. Entro fine gennaio 2010 dovrebbero
prendere il via i sondaggi archeologici - già concordati con la Soprintendenza -
nell’area dell’ingresso del futuro posteggio, vale a dire tra il palazzo
dell’Inail e il Teatro Romano. Completati questi sondaggi, presumibilmente in
sei mesi, aprirà il cantiere vero e proprio.
LE DATE E in questo caso, per realizzare il maxi posteggio su cinque piani da
718 posti auto, di mesi ne serviranno molti di più. La data della possibile
inauguraizone , infatti, è fissata nel 2014. «Le previsioni - conclude Sergas -
parlano di tre anni di lavori per ultimare l’opera, più 45 giorni per renderla
agibile».(m.r.)
Bonifiche, ente camerale fuori dall’accordo - PREVISTA
PER IL 30 DICEMBRE LA FIRMA DELL’INTESA TRA GLI ENTI
Menia: attenti a non perdere 2,6 milioni da Roma.
Assindustria: quello è l’1% dei costi complessivi
Un mese fa c’era entrata per poter recitare direttamente un ruolo di primo
piano a tutela delle imprese che operano nel Sin, il ”sito inquinato di
interesse nazionale”, i cui terreni ne fanno parte. Ora, dall’accordo di
programma sulle bonifiche è uscita proprio nel rispetto della bocciatura
dell’ultima versione della bozza sentenziata dalle categorie economiche che, per
ragione d’essere, è chiamata a rappresentare. Ma la Camera di commercio si dice
comunque «disponibile a supportare con quel milione e mezzo di euro annunciato
le opere di caratterizzazione che le aziende dovranno sostenere». L’ha
confermato ieri il numero uno dell’ente camerale, Antonio Paoletti, il giorno
dopo l’accordo romano fra i vari soggetti che si sono impegnati a firmare il
documento entro la fine di dicembre.
«Gli uffici del ministero dell’Ambiente aspettano l’arrivo delle approvazioni
ufficiali il 30 dicembre, in modo che il 31 si possa poi registrare il tutto -
ha puntualizzato da Bruxelles il sottosegretario Roberto Menia -. Il rischio
infatti, lo ribadisco, è quello di perdere i soldi recuperati dal ministero
tramite fondo di riserva». Si tratta di 2,6 milioni di euro. Ma «a fronte di un
costo complessivo per la bonifica dell’area del Sito di interesse nazionaale che
è pari a 350 milioni di euro. Si sta quindi parlando, in merito all’accordo, di
una quota dell’1 per cento del totale», fa notare il presidente
dell’Assindustria, Sergio Razeto, rinnovando in questo modo il proprio dissenso
a un testo che «mi risulta, da indiscrezioni arrivatemi da Roma, resti
evanescente».
Il riferimento è chiaro ma Razeto evita possano sorgere eventuali equivoci: «Il
discorso del danno ambientale che tutti, anche chi non ha inquinato, devono
pagare non è stato sbloccato. Lì sta il nodo della questione». Un nodo non da
poco: attorno ci ballano 263 milioni di euro. «Anch’io concordo sulla necessità
di riuscire a sbloccare la situazione - continua il presidente degli Industriali
-, apprezzo la disponibilità della Camera di commercio come pure il lavoro
portato avanti dall’onorevole Menia. Però, stando ancora così le cose, questo
accordo di programma non ci dà respiro».
In un primo momento, l’altra sera, da Roma era giunta notizia di una conferma
della presenza della Camera di commercio nella bozza. Da piazza della Borsa,
invece, la comunicazione dell’impossibilità di sottoscrivere il documento era
stata inoltrata agli uffici romani. «Le categorie si sono dichiarate disponibili
a pagare qualcosa, ma senza certezze sui costi, senza sapere quanto, hanno detto
no all’accordo. Noi le rappresentiamo. In ogni caso, grazie al nostro
coinvolgimento - afferma Paoletti -, si è sbloccata la questione Ezit, rientrato
in gioco» per preoccuparsi di concludere i sondaggi nelle zone mancanti.
Sondaggi per i quali la Regione ha già a disposizione un finanziamento da 2,5
milioni di euro.
«So che dalle categorie economiche ci sono delle resistenze a questo accordo -
ha aggiunto poi Menia -, quindi Paoletti e la Camera di commercio si sono tolti
dagli impacci, uscendo dall’elenco dei firmatari». Che, in effetti, restano
appunto l’Ezit, i comuni di Trieste e di Muggia, l’Autorità portuale e la
Provincia di Trieste, con la Regione a fare da grande regista della partita e il
ministero dell’Ambiente a supervisionare e indirizzare la partita. Tocca ora ai
vari organi interni designati dare il semaforo verde al testo, in tempo per il
31 dicembre. Anzi, come ha detto Menia, per il 30. Resta una settimana di tempo.
Anzi, alla fin fine, con il Natale in mezzo, le giornate utili sono quattro.
MATTEO UNTERWEGER
Muggia, meno spese per ambiente e sviluppo energetico -
IL BILANCIO DI PREVISIONE 2010 - L’assessore Bussani: «Nessun taglio. Mancano
contributi della Provincia per 40mila euro»
Secondo il bilancio di previsione 2010, illustrato in
Consiglio comunale l’altra sera, il prossimo anno l’amministrazione spenderà
113mila euro in meno rispetto al 2009 per il settore ambientale e lo sviluppo
energetico, passando così a una previsione di spesa di un milione 543mila euro.
Secondo l'assessore all'Ambiente Edmondo Bussani tale riduzione spesa non è
dovuta a un ”taglio” ma dipende dalla mancanza dei contributi provinciali,
40mila euro, che nel 2009 sono stati utilizzati per il progetto di raccolta
dell'amianto e per la raccolta differenziata.
Nello specifico il bilancio parla di una riduzione della spesa per
l'inceneritore di 60mila euro e di un aumento dell'appalto per i rifiuti di
15mila euro. «Quei 60mila euro in meno – precisa Bussani – dipendono dal fatto
che prevediamo un incremento della raccolta differenziata, così da risparmiare
sulle spese per l'inceneritore».
Verranno poi dimezzate le spese per la raccolta dei rifiuti abbandonati, da
9mila euro a 4mila, e questo perché, secondo l'assessore, l'attività di
informazione promossa dall'assessorato ha contribuito alla riduzione del
fenomeno.
I quasi 19mila euro spesi lo scorso anno per la campagna pubblicitaria sulla
raccolta dei rifiuti passeranno a 5mila, che serviranno a sviluppare la campagna
già in atto.
Riduzioni della spesa anche per i settori riguardanti lo smaltimento dei rifiuti
in altri impianti (meno 1.300 euro), e per la pubblicazione del bando di appalto
per lo smaltimento dei rifiuti, costato quest’anno 5mila euro.
Aumentano di 6mila euro, invece, per un totale di 30mila euro, le spese che il
Comune intende sostenere per la voce ”incarichi esterni in campo ambientale”, e
cioè le «spese per lo sviluppo di progetti volti al miglioramento della
condizione ambientale, tramite la riduzione dei consumi di'energia», spiega
l'assessore Bussani.
Come nel 2009 rimangono in bilancio i 500 euro per le missioni in campo
ambientale, soldi che l'assessorato prevede di spendere al di fuori dal
territorio, volti all'esame di altre realtà e alla partecipazione a convegni e
fiere sul problema dei rifiuti e dell'ambiente.
A contribuire alle riduzioni di spesa nel settore ambiente c’è infine il fatto
che nel bilancio 2010 non c’è più la spesa di 7mila 800 euro, versati quest'anno
dal Comune alla Provincia per l'apertura dell'ecosportello in via Roma.
Andrea Dotteschini
Sì al nucleare, soldi ai comuni che ospitano le
centrali - Saranno le imprese a scegliere dove realizzarle. Tondo: «Enel col Fvg
per raddoppiare Krsko»
Il Consiglio dei ministri approva il decreto per
individuare i siti In pole position le aree di Montalto, Trino, Caorso e
Garigliano
TRIESTE Finanziamenti milionari e taglio delle tasse a chi accoglie,
Regioni, Comuni e cittadini, un sito nucleare. Il governo spalanca la porta al
nucleare in Italia con uno schema di decreto legislativo approvato ieri in
Consiglio dei ministri. Si parla subito di «individuazione dei siti» adatti ad
ospitare le centrali (oltre a quelle già esistenti e attualmente congelate),
l’esecutivo non indica ancora i luoghi possibili, ma subito si riaccendono
polemiche e prese di posizione da tutta Italia.
Pure dal Friuli Venezia Giulia che sta dialogando con la vicina centrale slovena
di Krsko per possibili collaborazioni se ci sarà un raddoppio e da Monfalcone
dove monta già la protesta sul timore di essere uno dei siti prescelti. Un
dibattito infuocato (stanno già sorgendo banchetti degli ambientalisti che
raccolgono firme, l’Idv annuncia un referendum e il Pd parla di piano insensato)
che rischia di durare un anno intero. Il Consiglio dei ministri infatti indica
la data di fine marzo (dopo le elezioni regionali) per le scelte dei siti idonei
mentre, secondo quanto si è capito, ci vorrà almeno un anno prima che la
nascente Agenzia per la sicurezza nucleare certifichi appena i quattro siti dati
tra i favoriti, più il parco tecnologico con annesso deposito, (Trino
Vercellese, Caorso, Montalto di Castro e Garigliano) d’intesa con
amministrazioni locali, commissioni parlamentari e i ministeri.
Da questi siti arrivano già i primi «no grazie» e il dibattito esplode
letteralmente pochi minuti dopo l’annuncio del governo con prese di posizione,
molte contrarie e poche favorevoli. Tra i protagonisti lo stesso presidente
della giunta del Fvg, Renzo Tondo che ribadisce quanto sostenuto da mesi: «La
nostra Regione è interessata a partecipare al raddoppio della centrale nucleare
slovena di Krsko». Ieri la riconferma della posizione durante il consueto
incontro di auguri di fine anno: «Il presidente Gnudi mi ha assicurato che è di
interesse anche dell’Enel l’eventuale partecipazione al raddoppio della centrale
di Krsko. Enel ovviamente si farà viva quando la Slovenia aprirà, come ci
auguriamo, il percorso in questa direzione. Aspettiamo quindi soltanto la
disponibilità di Lubiana».
Una centrale nucleare distante 120 chilometri in linea d’aria dal Fvg potrebbe
bastare secondo molti, secondo altri, soprattutto a Monfalcone, e in particolare
il sindaco Gianfranco Pizzolitto, no. E c’è il rischio, secondo lui, che proprio
la città dei cantieri possa essere scelta tra i siti più adatti.
La protesta popolare a Monfalcone che tra l’altro ospita una centrale dell’Enel
(ma a olio combustibile e che sostiene qualcuno potrebbe essere riconvertita) è
fortissima, il sindaco ha più volte ufficialmente ribadito il «no a qualsiasi
ipotesi» e nonostante le smentite (arrivate recentemente dall’Enel e dallo
stesso ministro allo sviluppo economico Scajola) insiste a vedere un rischio per
Monfalcone. Troppo sospette e troppo insistenti, secondo il sindaco, le
indiscrezioni giunte dalla stampa nazionale e soprattutto del Cnr che ha
contattato direttamente il Comune.
Il ministero per ora non dà alcun indizio, Scajola nella nota dice solo che «con
questo provvedimento abbiamo fissato i criteri per la localizzazione dei siti
dando come obiettivo prioritario non soltanto la loro sicurezza, ma anche le
esigenze di tutela della salute della popolazione e di protezione
dell’ambiente». Sulla base di questi criteri dunque «saranno le imprese
interessate a proporre in quali zone intendono realizzare gli impianti
nucleari».
Certi invece i benefici. Si parte da un’entrata onnicomprensiva annuale pari a 3
mila euro per megawatt. Una volta entrata in funzione la centrale il beneficio
sarà commisurato all’energia prodotta e immessa in rete pari a 0,4 euro per
megawatt da dare a imprese e cittadini che si vedranno tagliate le bollette.
Il 10% andrà alle Province che ospitano l’impianto, il 55% ai Comuni, il 35% a
quelli limitrofi fino ad un massimo di 20 km dall’impianto. Per quanto riguarda
la fase di realizzazione dell’impianto i benefici sono destinati per il 40% agli
enti locali per «finalità istituzionali» e per il 60% alle persone e alle
imprese sul territorio circostante il sito con un taglio delle bollette
energetiche, della Tarsu, delle addizionali Irpef, Irpeg e dell’Ici secondo le
scelte degli enti locali.
GIULIO GARAU
Armaroli (Cnr): «L’Italia è il Paese più inadatto al
mondo per l’atomo» - Questo settore è ormai in crisi, non
interessa più i Paesi industriali L’investimento giusto è il solare
TRIESTE «Non c'è un solo Paese al mondo più inadatto
dell'Italia a ospitare centrali nucleari nel 2009». Nicola Armaroli, ricercatore
del Cnr, autore del libro «Energia per l' astronave Terra», rilancia l'urgenza
dello sfruttamento dell'energia solare e stronca il ritorno al nucleare. Non
sono a Monfalcone, ma in tutta Italia.
Armaroli, perché no al nucleare?
In Italia è installata una potenza elettrica pari a 94 gigawatt, il doppio
rispetto alla richiesta di picco. E' il motivo per cui l'elettricità costa
tanto: c'è troppa distanza tra domanda e offerta. Ed è la conferma che non
scontiamo alcun ritardo rispetto al nucleare. Ma poi basta guardarsi un po'
attorno.
Che succede altrove?
Non si riscontra alcun interesse nei Paesi industriali. Negli Stati Uniti non
c'è da trent'anni un progetto serio. La famosa centrale finlandese è impantanata
tra battaglie legali e ritardi. In Germania si è deciso di prolungare la vita di
alcune centrale ma si va verso la chiusura. Il nucleare sconta una crisi epocale
e noi pensiamo bene di rilanciare la partita. In un'Italia, però, priva di
combustibile, di tecnologia, di know how e soprattutto di quattrini.
Ha letto i criteri decisi dal governo?
Una non notizia. Sono gli stessi che si usano da 50 anni in tutto il mondo.
Monfalcone può essere un sito possibile?
E' inadeguato come del resto tutto un Paese che è cambiato nel corso dei decenni
e non è più quello degli anni Cinquanta. Pensiamo solo alla densità abitativa.
I problemi di Monfalcone?
Si trova in una regione a rischio sismico e vicino a comprensori turistici.
Senza tener conto che nei prossimo anni è previsto l'innalzamento del mare
Adriatico: altra questione da non sottovalutare.
Ma il nucleare farebbe risparmiare?
Tutt'altro. Il nostro sistema industriale, fatto per il 95% di imprese con meno
di 5 dipendenti, è lontanissimo dal gigantismo del nucleare. Senza grandi
consumatori non ci sarebbe ritorno.
Il fattore sicurezza?
Sicuramente le centrali non sono più quelle di Chernobyl ma la sicurezza al
cento per cento non esiste. Senza dimenticare che è molto labile il confine tra
uso civile e uso militare. Una settantina di anni fa l'Italia era uno Stato
canaglia, la storia cambia il corso delle cose. E i rischi sono dietro l'angolo.
Alternative?
L'energia solare. Un investimento che darebbe lavoro a tante imprese italiane.
MARCO BALLICO
Polemiche a Monfalcone. Il sindaco ribadisce il suo
«no» - POLITICI E AMMINISTRATORI SI APPELLANO ALLA REGIONE
«Ci batteremo per dire un forte no al nucleare» aveva
ribadito in mattinata il sindaco di Monfalcone Pizzolitto nella festa degli
auguri con i dipendenti comunali. Negli stessi istanti il Consiglio dei ministri
procedeva sulla strada del nucleare, mettendo a punto i criteri con cui
identificare i siti delle centrali nucleari. Nessuna indicazione, però...
«Però siccome Monfalcone viene indicato come sito nucleare una volta sì e una
volta anche sarebbe opportuno che il presidente della Regione Tondo chiarisse
quali elementi dispone per negare, come ha ribadito recentemente, che Monfalcone
sarà sede di centrale nucleare», chiede il consigliere regionale del Pd, Giorgio
Brandolin.
Di Monfalcone quale sito nucleare parla invece senza esitazione Paolo Brutti,
responsabile del dipartimento ambiente dell’Italia dei valori: «È il regalo di
Natale del governo agli italiani di Monfalcone e di altre 11 località. Quattro
di queste località ospiteranno subito un impianto nucleare e un sito di
stoccaggio. Le altre lo avranno dopo».
A Monfalcone si assiste disorientati a questo tam-tam di voci sulla centrale
nucleare. Resta da capire se il sito di Monfalcone abbia o meno i requisiti per
poter ospitare la centrale nucleare.
(r.c.)
IL PICCOLO - MARTEDI', 22 dicembre 2009
Ambientalisti, video sul rigassificatore - SARÀ PRONTO A GIUGNO
Un documentario per informare in modo compiuto i cittadini
ma anche le istituzioni comunitarie sui progetti di terminal di rigassificazione
nel golfo, e allo stesso tempo una ”denuncia” a integrazione delle iniziative
contro questi progetti già avviate da Alpe Adria Green e Greenaction
Transnational.
Il video, che verrà realizzato con riprese sia a Trieste sia in Slovenia, sarà
pronto entro il prossimo giugno. «Intendiamo dare voce – ha spiegato nel corso
della presentazione Roberto Giurastante di Greenaction Trasnational – ai
cittadini e alle associazioni. Ci baseremo sui documenti ufficiali in nostro
possesso, sia per il progetto di Gas Natural sia per quello di E.On, e sulle
inchieste avviate dalle istituzioni comunitarie e dalla magistratura italiana».
Entrando nel dettaglio, Giurastante ha precisato che «da un lato verrà valutata
l’estensione del rischio nell’area di Zaule, dimostrando perché l’impianto di
Gas Natural non può essere fatto in base alla legge Seveso, dall’altro verrà
illustrato lo stato dell’informazione su questi progetti, a Trieste e in
Slovenia». Si daranno poi risposte alle domande sugli impatti ambientali, i
rischi per le popolazioni, le conseguenze per le economie locali, il traffico
marittimo e quello diportistico.
Nella realizzazione del video Greenaction Transnational sarà affiancata da
diverse associazioni: Alpe Adria Green, la sezione di Trieste dell’Associazione
nazionale assistenza pensionati, Nosmog-Comitato ambientalista servolano,
Comitato per la salvaguardia del golfo di Trieste, Comitato Sos Muggia e Gruppo
Beppe Grillo Trieste.
Il documentario sarà arricchito dai contributi del tavolo sui rigassificatori
creato dalla Uil Vigili del fuoco del Friuli Venezia Giulia, ma anche dalle
posizioni di altri rappresentanti del mondo scientifico.
Durante la presentazione è stata infine annunciata la richiesta di patrocinio
dell’iniziativa alle amministrazioni pubbliche italiane e slovene coinvolte, fra
cui anche ai Comuni di Capodistria, Isola e Pirano.
(gi. pa.)
Tav a rischio, vertice italo-sloveno - I fondi sono
stanziati ma per il governo italiano il collegamento non sarebbe prioritario
STAMANE A ROMA LA REGIONE PRESENTE CON L’ASSESSORE
RICCARDI
TRIESTE Un vertice a tre per chiarire, una volta di più, il futuro della Tav
nel tratto transfrontaliero tra Trieste e Divaccia, l’unico del Nordest per il
quale l’Europa ha già previsto i fondi, ma anche l’unico che rischia di saltare
se fosse ritenuto non più strategico dall’Italia.
Questa mattina a Roma è stato convocato un incontro tra il sottosegretario ai
Trasporti, Igor Jakomin e il viceministro italiano, Roberto Castelli, al quale
parteciperà anche l’assessore regionale ai Trasporti, Riccardo Riccardi. Non un
vertice risolutivo – per quello dovrà essere convocata la commissione
inergovernativa – ma un incontro preliminare dal quale si attendono comunque
risposte sul futuro di un infrastruttura determinante per la realizzazione del
Corridoio V. In ballo non c’è solo una tratta ferroviaria ad alta velocità della
lunghezza di 35 chilometri e del valore di 2 miliardi e 400 milioni di euro già
cofinanziati dall’Unione europea, ma c’è – qualora il progetto saltasse – il
rischio isolamento per il Friuli Venezia Giulia. I punti di chiarire non
mancano.
Il governo nazionale, con il sottosegretario Castelli, avrebbe sostenuto la non
priorità dell’opera e in più, secondo la Slovenia, l’Italia vorrebbe costruire
prima il tratto transfrontaliero del cosiddetto progetto europeo Ten-t n° 6
(passando da Ronchi a Opicina, sfiorando Sezana per arrivare così a Divaccia)
rinviando il collegamento tra Trieste e Capodistria. In questo quadro, fatto più
di voci ufficiose che di conferme ufficiali, la Regione ha sempre ribadito che
la volontà del governo italiano di costruire la Trieste Divaccia non sia in
discussione. Continua a non avere dubbi l’assessore Riccardi che oggi
parteciperà all’incontro in rappresentanza del Friuli Venezia Giulia. «Per quel
che ci riguarda – dice senza sbilanciarsi – porremo la questione del
collegamento tra Trieste e Capodistria presentando la nostra ipotesi e
ascoltando quella del governo sloveno. La progettazione dovrà essere comune tra
Italia e Slovenia, ma al momento non ci sono scadenze impellenti. Si tratta di
capire prima di tutto come trovare una linea comune».
Una progettazione preliminare dell’opera non c’è, esiste uno studio di
fattibilità che però è già stato criticato in particolare per la curva che
interesserebbe la Val Rosandra. Esiste poi la determinazione della Slovenia nel
voler completare il collegamento a fronte delle titubanze italiane. Sul progetto
vigila anche l’europarlamentare del Pd Debora Serracchiani che avverte: «Se
l’Italia ha detto a Bruxelles che non ritiene più prioritario il collegamento
Trieste-Divaccia, significa che i finanziamenti già stanziati per quella tratta
saranno dirottati ad altro intervento e bisognerà ricominciare daccapo per
ottenere le risorse. La Slovenia dal canto suo ha già messo in sicurezza i fondi
necessari a realizzare l’opera – evidenzia Serracchiani – per cui chi rischia di
finire ai margini è il Friuli Venezia Giulia: si ritroverebbe isolato ad est ma
anche ad ovest». Il progetto di costruire la linea ad alta capacità tra Venezia
e Trieste è impantanato per mancanza di risorse e ancor prima per l’assenza di
un tracciato condiviso tra le due regioni. «Spero che almeno sulla Trieste –
Divaccia – dice Serracchiani - si faccia quanto prima chiarezza».
MARTINA MILIA
Pedonalizzazioni e viabilità, 8 milioni dallo Stato -
Fondi del ministero dell’Ambiente per galleria Montebello, Borgo Teresiano e
strada di Fiume
Un regalo di Natale che vale poco meno di 8 milioni di
euro. L’ha fatto alla città di Trieste il ministero dell’Ambiente, sbloccando i
finanziamenti attesi dal Comune per poter avviare una serie di cantieri, tra cui
quello legato alla riqualificazione della galleria Montebello.
Le risorse stanziate da Roma - per la precisione 7 milioni e 962 mila euro -
fanno parte del Fondo per la mobilità sostenibile, attivato appunto dal
dicastero retto da Stefania Prestigiacomo per migliorare la viabilità e la
qualità dell’aria nelle aree urbane. Soldi freschi che consentiranno di coprire
buona parte dei costi (in totale 13 milioni e 300 mila euro) di quattro opere
pubbliche. Quattro e non sei però, come originariamente immaginato
dall’amministrazione municipale. Dall’elenco di interventi per i quali la giunta
Dipiazza aveva chiesto contributi finanziari sono stati infatti stralciati due
cantieri: la riorganizzazione del quadrivio di Opicina e la riqualificazione
della galleria Sandrinelli (per la quale l’esecutivo comunale chiedeva un
contributo di 1,8 milioni a fronte di una spesa totale di 2,6 milioni). In
compenso, come detto, il Municipio potrà accelerare i tempi per il restyling di
un’altra galleria cittadina, quella di piazza Foraggi.
L’opera richiederà complessivamente una spesa di 9 milioni di euro, di cui circa
5 coperti dal contributo ministeriale. Il resto dovrà metterlo il Comune di
tasca propria. «I soldi ci sono già - spiega il sindaco Dipiazza, che ieri in
giunta ha portato la delibera relativa alla firma dell’accordo di programma con
il dicastero dell’Ambiente per il trasferimento dei fondi -. Se non ci fossero
stati, tra l’altro, Roma non avrebbe erogato propri finanziamenti. Il meccanismo
infatti prevede di destinare contributi solo a opere che possono già contare su
parziale copertura».
Degli 8 milioni di euro in arrivo, 1,4 saranno poi destinati alla
riqualificazione di via Trento e largo Panfili (costo complessivo 2 milioni di
euro). Un intervento, questo, in origine legato a doppio filo alla realizzazione
del terzo ponte sul canale di Ponterosso che però, ultimamente, sembra navigare
in cattive acque. «Ma il progetto non è mica morto - precisa Dipiazza -. Siamo
ancora in attesa di ricevere la risposta definitiva dalla Soprintendenza. In
ogni caso, anche se il ponte non dovesse essere costruito, riqualificando via
Trento e largo Panfili riusciremo a mettere a posto un altro bel pezzo del Borgo
Giuseppino. Quell’operazione, sommata all’altra prevista in Ponterosso, ci
permetterà di fatto di completare il quadro del centro storico».
Tra i quattro interventi co-finanziati dal ministero, infatti, rientra anche la
pedonalizzazione di piazza Ponterosso; costo complessivo poco più di 1,8 milioni
di euro di cui 1,3 coperti da Roma e 560 mila a carico del Comune. Importi ben
superiori rispetto a quelli previsti per l’ultima opera pubblica inserita
nell’accordo di programma: la riqualificazione di Strada di Fiume in
corrispondenza, dell’ospedale di Cattinara, che costerà in tutto 448 mila euro,
di cui 313 mila messi a disposizione dal ministero.
Lo sblocco dei fondi non consente tuttavia di azzardare previsioni precise
sull’avvio dei lavori e sulla durata dei cantieri. «I tempi, quando si parla di
opere pubbliche, sono lunghi - conclude il primo cittadino -. La progettazione
l’abbiamo già avviata, ma poi dovremo andare in gara e sottoporre l’intervento
alla Soprintendenza per il parere. Scadenze quindi, al momento, è difficile
darle. Posso assicurare che la priorità verrà data alla riqualificazione della
galleria Montebello. Subito dopo proseguiremo con via Trento, largo Panfili e
piazza Ponterosso. Come e quando lo vedremo. L’importante, in questa fase, era
ottenere i soldi e ora li abbiamo effettivamente portati a casa».
MADDALENA REBECCA
Bonifiche, a Roma accordo sul testo - Passo avanti
verso la firma, assente la Camera di commercio - Sui terreni inseriti nell’area
del Sin
Passo in avanti verso la firma dell’accordo di programma
sulle bonifiche. La riunione romana di ieri sera, snodatasi sotto la regia del
sottosegretario all’Ambiente Roberto Menia, ha sciolto i dubbi residui dei
soggetti coinvolti sul testo condiviso. Recepite le istanze della Provincia, che
chiedeva alcuni chiarimenti e aggiustamenti interni allo scritto stesso, i
presenti hanno sostanzialmente confermato l’impegno di arrivare a una firma nel
più breve tempo possibile. Fermo restando che il via libera sarà vincolato
all’esito del nuovo passaggio per giunte e consigli comunali e provinciali,
comitato portuale, giunta camerale, cda di Ezit e, infine, per la Regione,
incaricata in conclusione di dare la sua benedizione all’atto.
Si diceva dei presenti, ovvero - oltre ai rappresentanti del ministero - i
tecnici di Regione, Provincia, Comune di Trieste, Ezit e Autorità portuale, più
l’assessore regionale alle Finanze Sandra Savino e l’assessore provinciale
all’Ambiente Vittorio Zollia. Assenti il Comune di Muggia, pare per problemi
logistici legati al maltempo, e la Camera di commercio. La grande incognita,
adesso, è appunto l’ente camerale, posto che le categorie economiche hanno già
espresso di recente e con estrema chiarezza la loro contrarietà all’attuale
accordo sui terreni inseriti nel Sin (Sito di interesse nazionale). La
richiesta, da parte delle realtà rappresentate dalla Camera di commercio, è
infatti di poter lavorare su un testo che quantifichi dettagliatamente i costi
richiesti alle varie aziende per coprire il danno ambientale.
La Cciaa risulta - hanno assicurato fonti romane - ancora inserita all’interno
della bozza. Tuttavia, se l’ente guidato dal presidente Antonio Paoletti
effettivamente dovesse rifiutare di firmare l’accordo, come oggi appare
scontato, potrebbe esserne esclusa. E l’iter proseguirà così con un attore in
meno, a meno di clamorosi passi indietro. Considerato poi che il ministero
dell’Ambiente ha confermato una volta di più ieri la sua volontà di arrivare
all’approvazione complessiva del documento il prima possibile. Preferibilmente,
entro la fine dell’anno o, al massimo, nei primi giorni del 2010.
(m.u.)
MUGGIA - Si allarga la differenziata porta a porta -
Rifiuti: per il 2010 l’obiettivo è il 60% - Da Zindis si passerà ad altri rioni
dopo la gara per il nuovo appalto
Col nuovo anno la raccolta differenziata a domicilio verrà
estesa da Zindis, dove interesse già 40 condomìni, ad altri rioni di Muggia.
L'allargamento sarà graudale e partirà in concomitanza con l'affidamento del
nuovo appalto per l’asporto rifiuti. L'attuale contratto con Italspurghi scadrà
infatti il 28 febbraio e la gara per quello nuovo, che – assicura l'assessore
Edmondo Bussani – conterrà elementi migliorativi, è già stata esperita.
Ma per conoscere modalità e tempistica sarà necessario attendere il passaggio di
consegne, che avverrà il 1° marzo. Se venisse riconfermata l’Italspurghi, data
la continuità di servizio tutto sarà più semplice e rapido.
Il ”porta a porta” domiciliare è partito a ottobre nei condomìni di Zindis, con
la collocazione di cassonetti di vicinato di medie dimensioni per carta,
plastica e vetro, sistemati negli androni. La raccolta porta a porta verrà poi
estesa a zone omogenee (e coinvolgerà quindi rioni come Fonderia e Aquilinia,
costituiti da abitazioni plurifamiliari, per poi essere allargata anche alle
unità mono o bifamiliari).
Nel corso dell'anno, in accordo con l'azienda che risulterà vincitrice
dell'appalto, verrà sviluppata anche la raccolta dell'umido, per poi estenderla,
una volta ottimizzata, a tutta la cittadinaza.
Un ulteriore passo sarà la responsabilizzazione dei cittadini, dotando i
cassonetti di serrature, in modo che ognuno verifichi il corretto conferimento e
non si verifichino anomalie.
«L'obiettivo del Comune – spiega l’assessore – è il raggiungimento, come
previsto dalla normativa, del 50% di raccolta differenziata entro il 2009, del
60% nel 2010 e del 65% nel 2012. Attualmente a Muggia la percentuale è del 30%
(rispetto al 21% del 2008), ma su questo dato pesano la rescissione del
contratto a Ecoverde e il relativo affidamento provvisorio per un anno e mezzo.
Rispetto ai Comuni virtuosi - osserva ancora Bussani - siamo indietro, ma
bisogna considerare che sono partiti molto prima, alcuni negli anni '90.
Intendiamo raggiungere questi obiettivi sviluppando la raccolta con la
gradualità necessaria. Lo step successivo sarà il passaggio da tassa a tariffa».
Il primo passaggio sarà conunque l'estenzione del servizio porta a porta. «Non è
facile modificare abitudini radicate, ma già quest'anno abbiamo normalizzato il
porta a porta su un centinaio di aziende e pubblici esercizi, e cominciato a
interessare le utenze domestiche, con un processo che proseguirà nel 2010,
sempre con gradualità e attraverso un’adeguata informazione».
Gianfranco Terzoli
SEGNALAZIONI - SMOG - Ferriera «trasversale»
Per coloro che non l’avessero notato, il giorno 16
dicembre il giornale riportava la notizia che il Comitato Portuale, in cui
vengono rappresentati tra l’altro i Comuni in cui ricade il Porto di Trieste e
la Provincia stessa, ha deliberato di avallare la richiesta della Ferriera di
poterci inquinare per altri quattro anni. Hanno votato contro solo il sindaco di
Muggia e un sindacalista, mentre il sindaco Dipiazza, sempre prodigo di «ciacole»,
non si è nemmeno presentato e non ha delegato alcuno a rappresentarlo, e la
presidente della Provincia Bassa Poropat ha addirittura votato a favore. Non c’è
molto da dire: adesso sappiamo chi ha a cuore la salute dei cittadini, e i piani
di sviluppo del porto, e chi invece fa solo della facile demagogia ad uso degli
sprovveduti. Complimenti ancora ai nostri due rappresentanti... davvero una
trasversalità politica degna delle grandi occasioni.
Fabio Cigoi
IL PICCOLO - LUNEDI', 21 dicembre 2009
«I rischi derivanti dal rigassificatore valutati con
superficialità» - LE CRITICHE DEGLI SLOVENI ALLA CONFERENZA STAMPA DI
LEGAMBIENTE
È chiara la direttiva europea sulla valutazione di impatto ambientale (direttiva VIA): nel caso di progetti che possono avere effetti significativi sull'ambiente di un altro Stato membro il principio è la collaborazione fra governi. Il progetto di cui si discute è il rigassificatore della spagnola Gas Natural nel porto industriale di Trieste, e lo Stato membro è la vicina Slovenia. La giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea riconosce, inoltre, che non è possibile eludere o attenuare i controlli prescritti dalla direttiva VIA “affettando”in più parti un progetto industriale che nel suo insieme potrebbe avere un “notevole impatto ambientale”. È il cosiddetto “salami slicing”, vietato dalla normativa europea. Questa impone una valutazione d'impatto globale, come ha ricordato Marko Starman, direttore dell'area protetta di Strugnano, nel corso dell'incontro pubblico sui rischi per l'ambiente e per la sicurezza organizzato ieri dal WWF e da Legambiente, con la partecipazione anche di esperti sloveni. Al contrario il Decreto VIA del Ministero dell'ambiente del luglio scorso sembra non aver considerato gli effetti cumulativi derivanti dal collegamento dell'impianto della Gas Natural al metanodotto della Snam per la distribuzione del gas in Italia. E' sconcertante - hanno sottolineato gli ambientalisti - come tutta la documentazione sia stata trattata in modo superficiale dal Governo italiano.
(i.g.)
Buccari, Kostrena e Portoré contro l’impianto di coking
- Protesta di sindaci e cittadini per l’installazione prevista dall’Ina
KOSTRENA Memori degli sfracelli ambientali combinati dalla
defunta cokeria buccarana (dal 1976 al 1994), i consiglieri municipali di
Buccari, Kostrena e Portoré (Kraljevica) hanno opposto un netto rifiuto allo
studio di impatto ambientale riguardante l’entrata in funzione di un impianto di
coking, da far sorgere nell’ambito della raffineria dell’Ina a Urinj, nel comune
di Kostrena. In quest’ultima località, che confina a est con Fiume, si è tenuta
una seduta congiunta dei consiglieri delle tre municipalità, alla quale hanno
partecipato anche i rispettivi sindaci, e in cui tutti i presenti hanno espresso
contrarietà all’impianto che trasformerà il coke di petrolio in prodotti più
leggeri e remunerativi, come sono da considerarsi benzina, gas di petrolio
liquefatto e gasolio da autotrazione. Il progetto dell’impianto di coking
rientra nel processo di modernizzazione degli stabilimenti di Urinj
(investimenti per un miliardo e mezzo di euro), che è stato però accolto molto
male dall’opinione pubblica e dai comuni interessati.
Unanime è stata pertanto la conclusione votata a Kostrena e inviata alla
compagnia petrolifera croato – ungherese Ina: «Lo studio di impatto ambientale è
lacunoso e non spiega a sufficienza taluni aspetti legati alla presenza
dell’impianto di trasformazione dei derivati petroliferi nel nostro
comprensorio. La documentazione offertaci in visione è pertanto inaccettabile.
Attendiamo che un secondo studio illustri in modo concreto e chiaro le
conseguenze dello stabilimento coking per l’ambiente». Duro l’attacco del
sindaco di Kostrena, Miroslav Uljan (regionalista quarnerino): «Ci opponiamo e
ci opporremo in modo forte a simili tecnologie, di cui non abbiamo proprio
bisogno. Gli abitanti di Kostrena sono particolarmente scettici verso l’Ina, in
quanto i suoi responsabili non hanno mai realizzato ciò che avevano promesso. La
raffineria dell’Ina sta degradando da decenni l’habitat, producendo un
insopportabile inquinamento acustico. A Kostrena, la qualità dell’aria rientra
nella terza categoria e dunque stiamo parlando di aria inquinata, il che vuol
dire che l’Ina non ha ancora avviato il tanto atteso programma di risanamento.
Prima di pensare all’ammodernamento, l’Ina deve migliorare la qualità dell’aria
che respiriamo a Kostrena e dintorni».
Categorico pure il sindaco buccarano, Tomislav Klaric (Accadizeta,
centrodestra): «Abbiamo analizzato a fondo lo studio di impatto ambientale,
concludendo che Buccari non può avere il ”coke bis”. Nel documento non sono
stati trattati, ad esempio, né l’impatto sulla sorgente di acqua potabile
Dobrica né le condizioni meteo presenti nell’area. Tenuto conto di quello che
combinano da noi i venti di bora e scirocco, credo che qui il coke si troverebbe
dappertutto. Dopo quanto siamo stati costretti a sopportare a causa dell’ex
cokeria, a Buccari nessuno vuol più sentir parlare di nuovi impianti
inquinanti». Sulla stessa lunghezza d’onda il commento del sindaco di Portoré,
Josip Turina (Partito socialdemocratico): «Basta con questi impianti, gli
abitanti di Portoré vogliono respirare finalmente aria pulita. La nostra città è
da considerarsi defunta a causa dei grandi stabilimenti industriali presenti nel
suo immediato circondario. Se proprio impianto di coking deve essere, propongo
l’istituzione di una commissione indipendente, i cui esperti dovranno scegliere
la tecnologia migliore».
Ad intervenire è stato anche Vladimir Micovic, direttore dell’Istituto regionale
per la Salute pubblica, soffermatosi sulla qualità dell’aria nella zona di Urinj:
«Da ormai quattro anni – ha detto – i dati parlano di aria di terza categoria.
Purtroppo le stazioni di misurazione, gestite dall’Ina, risultano inattive per
lunghi periodi nel corso dell’anno e dunque può darsi che i risultati reali
siano peggiori di quelli ufficiali».
Andrea Marsanich
Pesce killer fa strage di cefali nel Raguseo Pescatori
in crisi - UNO STERMINIO DA 30 TONNELLATE
FIUME Sarebbe frutto (sgradito) dei cambiamenti climatici
che interessano l’intero pianeta la comparsa di un nuovo inquilino nelle acque
dalmate dell’estuario della Narenta (Neretva). Un inquilino aggressivo e
“sanguinario”, per niente gradito ai pescatori e a chi si occupa di allevamento
ittico nell’estremo Sud della Dalmazia, ovvero nella regione raguseo-narentana.
Si tratta del pesce serra (Pomatomus saltatrix o saltator, detto anche
ballerino, bluefish o tailor in inglese e, nella versione dialettale locale,
strijelko – lett.arciere o lanciere). Denominazione a parte, si tratta di un
predatore spietato e veloce, che da qualche tempo sta facendo strage di cefali,
orate e altre specie ittiche nelle acque narentane dalla foce in su. Una
presenza, quella del serra-arciere, non proprio del tutto inedita nel Basso
Adriatico, ma fin qui estremamente rara o sporadica.
Ultimamente, invece, il temibile predatore (fino a 130 cm di lunghezza e 14 kg
di peso, anche se le pezzature più frequenti vanno dai 2-4 kg) ha fatto la sua
comparsa massiccia nel comprensorio marittimo di Ragusa (Dubrovnik), compiendo
autentiche stragi fra i branchi di cefali che si concentrano nell’estuario
narentano. Testimonianza quotidiana delle scorribande effettuate dalle orde di
“arcieri” sono i resti orrendamente mutilati di cefali e orate. Il pesce serra –
per certi versi simile a una grossa spigola o branzino, dotato di una dentatura
formidabile, fitta e acuminata, corredata da un’eccezionale potenza mandibolare
– è un tipo poco raccomandabile anche per le mani di eventuali pescatori
malaccorti. Il serra è un autentico killer del mare, che aggredisce e addenta
anche quando è sazio e quindi per puro istinto di uccidere. Non si lascia
sfuggire niente: sarde, alici, sgombri, occhiate e via elencando vanno bene
comunque. Anche se le prede preferite sono i predetti cefali. La furia del serra
è tanto incontenibile che non ingurgita neppure le prede, ma le azzanna
staccandone brandelli e lasciandosi dietro una scia di corpi mutilati. Secondo
le stime, ovviamente approssimative, dei pescatori e maricoltori narentani nello
spazio di qualche mese i branchi di serra avrebbero sterminato all’incirca sulle
30 tonnellate di cefali. Contromisure per limitare i danni di questa specie
invasiva (che in Mediraneo sembra avere la culla lungo le coste turche, e in
particolare nel Bosforo) non ce ne sono, anche perché si tratta di pesci
imprevedibili.
(f.r.)
SEGNALAZIONI - SMOG - Ferriera da chiudere
Caro Roberto, è giunto il momento delle decisioni forti.
Te lo dico come amico, come ex assessore all’ambiente ma soprattutto come
capogruppo della Lega Nord. Il centrodestra triestino, ha sempre affrontato le
sue campagne elettorali promettendo la chiusura della Ferriera. Lo ha fatto nel
2001 e nel 2006 vincendo a Trieste, lo ha fatto nel 2008 riconquistando una
Regione che aveva osato concedere allo stabilimento di Servola l’autorizzazione
integrata ambientale. Tu eri sempre presente a garantire il risultato finale
dando speranza a decine di migliaia di abitanti che ci credevano. Siamo giunti a
giorni nel 2010 e si sta avvicinando la data delle prossime elezioni comunali.
Davanti a noi abbiamo una sola strada se vogliamo presentarci ancora con
credibilità all’elettorato di Servola. Chiudere la Ferriera per grave pericolo
alla salute pubblica conseguente al continuo imbrattamento e inquinamento di
questi anni. Costringendo quindi la proprietà a pagare gli stipendi ai
lavoratori. Cosa stiamo invece facendo nonostante la presenza in Consiglio
regionale di sei esponenti triestini del centrodestra? Alla data odierna non
siamo stati capaci di procedere alla revisione dell’A.I.A. concessa da Illy, non
abbiamo avuto il coraggio di opporci al rinnovo della concessione portuale,
abbiamo chiesto al Governo il rinvio al dicembre 2011 dei nuovi limiti imposti
dalla Comunità sui livelli di particolato nell’aria. Limiti che avrebbero
portato alla chiusura automatica di uno stabilimento non in grado di
rispettarli. Posso capire la preoccupazione per i lavoratori della Ferriera ma
sino a oggi non ho ancora visto un piano di riqualificazione degno di questo
nome.
Caro sindaco, è giunto veramente il momento di prendere una decisione forte,
prendere tempo non porta più a nulla di buono. I lavoratori della Ferriera e gli
abitanti di Servola hanno necessità di certezze. Davanti una situazione di
questo tipo, per motivi diversi ma soprattutto per coerenza, tutte le forze
politiche dovrebbero avere la dignità di non presentarsi nel 2011 a chiedere il
voto ai servolani. Io auspico invece che ciò possa avvenire. Tutto dipende dalla
tua determinazione e dalla volontà dell’amministrazione regionale. In caso
contrario il piccolo ma dignitoso gruppo che rappresento in Consiglio comunale
si assumerà una forte responsabilità, quella cioè di dire che è giunto il
momento di cambiare le cose.
Maurizio Ferrara - capogruppo Lega Nord - consiglio comunale di Trieste
SEGNALAZIONI - Piano regolatore, una fretta
”sospetta”
Ma come viene amministrata la cosa pubblica? Sono
veramente amareggiata. I regolamenti sicuramente consentono alla
«maggioranza di turno», e sottolineo «di turno», di fissare i consigli
comunali per importanti delibere in tempi brevissimi, non solo quando ci
sono delle reali scadenze, ma anche quando i progetti che si vanno a
trattare sono stati per anni fermi e nascosti nei cassetti degli uffici
comunali.
Ad esempio porto la recente adozione da parte del Consiglio Comunale del
Piano Particolareggiato del Centro Storico.
Il documento che è stato adottato nella seduta del 14 dicembre u.s. ha una
storia lunga; voglio solo ricordare che già nel lontano 1969 era stato
indetto un concorso nazionale di idee per il piano particolareggiato del
centro storico di Trieste e che l’elaborato dell’architetto Gianugo
Polesello era stato segnalato, ma credo mai preso in considerazione
dell’amministrazione comunale.
Dal 2003 poi al 2005 i tecnici comunali, hanno lavorato e predisposto un
piano che il 26 gennaio 2006 è passato in giunta, il 2 febbraio 2006 è stato
inoltrato alle Circoscrizioni e l’8 febbraio 2006 sottoposto all’esame della
VI Commissione Comunale. Poi, non si sa né perché né per come, il piano è
sparito; è rimasto in letargo per 4 anni per tornare prepotentemente alla
ribalta alla fine di quest’anno con un’urgenza incredibile.
Vista la consistenza degli elaborati i capigruppo dell’opposizione, più il
capogruppo della maggioranza Bruno Sulli, hanno chiesto più tempo per aver
la possibilità di esaminare meglio i numerosi elaborati.
I capigruppo della maggioranza con l’astensione determinante del consigliere
Minisini, senza una ragione plausibile se non quella dell’arroganza del
potere, hanno deciso di andare in Consiglio.
E così abbiamo avuto soltanto 10 giorni di tempo per esaminare 2267 pagine e
49 tra tabelle ed elaborati grafici di vario tipo!
Abbiamo avuto pertanto la possibilità di preparare un ridotto numero di
emendamenti che anche in questa circostanza, come in occasione del Prgc,
sono stati accolti soltanto in minima parte pur avendo il parere favorevole
degli uffici tecnici.
A questo proposito voglio far presente che anche per conoscere gli
emendamenti nella loro interezza vale il discorso del poco tempo concesso:
infatti i consiglieri vengono a conoscenza degli emendamenti presentati e
del parere degli uffici solo poco prima della seduta del Consiglio. In
questo modo è difficile valutare la portata e le ricadute di tutti gli
emendamenti e controbattere alle argomentazioni degli uffici.
La stessa sorte è toccata ai consiglieri circoscrizionali che, anche questa
volta con carattere di urgenza, hanno dovuto dare il loro parere in 10
giorni invece che nei 20 giorni di solito concessi alle circoscrizioni.
Invito tutti i consiglieri a prendere atto di questa situazione ed a pensare
seriamente a mettere mano a queste regole che affossano la partecipazione,
la democrazia e la trasparenza.
Bruna Tam
IL PICCOLO - DOMENICA, 20 dicembre 2009
«Dalla Ferriera il 30% di emissioni», ma 4 anni fa -
Datato il piano sull’aria voluto dalla Regione. De Anna: ordinati aggiornamenti
per l’accordo di programma
ILLUSTRATO DAL CONSIGLIERE COMUNALE VERDE RACOVELLI IL
DOCUMENTO DEL MAGGIO 2009 MAI RESO PUBBLICO
L’Arpa produce il primo «piano stralcio» sulla qualità dell’aria per
Trieste, con «particolare riferimento alla zona di Servola», redatto da quindici
specialisti. Studio ordinato dalla Regione soprattutto per tamponare due serie
mancanze. La prima: la stessa Regione non ha mai ottemperato all’obbligo di
legge di produrre una ”carta geografica” delle emissioni in aria per tutto il
territorio (adesso i lavori sono in corso). La seconda: l’Autorizzazione
integrata ambientale (Aia) fu concessa allo stabilimento siderurgico di Servola
nel dicembre 2007 pur in assenza di questa base normativamente ineludibile.
Il fascicolo è datato maggio 2009. Non è stato mai ufficialmente reso noto. Ma
l’altro giorno lo ha presentato la Commissione trasparenza comunale, alla
presenza dello stesso sindaco Roberto Dipiazza, per iniziativa del suo
presidente, il verde Alfredo Racovelli, che annuncia: «Lo porterò anche alla
Procura della Repubblica».
Che cosa dice questo analitico documento? In sostanza che la Ferriera produce un
terzo delle emissioni di polveri in aria rispetto al totale di tutte le aziende
attive, e che le emissioni di benzoapirene hanno raggiunto, nel periodo
considerato, picchi pari a cinque e anche otto volte il limite consentito,
ovvero 5 o 8 nanogrammi per metro cubo al posto di 1, spandendosi anche
nell’abitato, con situazioni di rischio per la salute.
Tuttavia, presentando il grafico sulla quantità d’inquinamento prodotta dalla
Lucchini in proporzione agli altri insediamenti industriali, l’Arpa specifica di
aver usato il «catasto delle emissioni 2005», redatto prima che la Ferriera
«applicasse le migliori tecnologie possibili» imposte proprio dall’Aia. E che
spera di avere in futuro un catasto più aggiornato. Inoltre il conteggio delle
emissioni attraverso le centraline di via Pitacco, via Svevo, via San Lorenzo in
Selva e via Carpineto è avvenuto tra il 1.o gennaio 2006 e il 30 novembre 2008.
La Lucchini così ha già prodotto i propri dati, relativi al periodo
gennaio-novembre 2009, dicendo che almeno per le Pm10 (le polveri sottili) i
valori medi si sono attestati al di sotto del valore-limite di 50 microgrammi
per metro cubo, e che gli sforamenti si sono verificati, ma anche stavolta in
misura inferiore al massimo consentito che è di 35 volte in un anno («Via
Pitacco - ha riferito la Lucchini - 11 sforamenti, via Svevo 21, via Carpineto
14»). L’azienda ha ricordato poi che l’Arpa in novembre ha fatto tutti i
controlli sull’applicazione dell’Aia, e che per l’ammodernamento degli impianti
ha stanziato «18 milioni di euro per 2008 e 2009».
«È vero - ammette l’assessore regionale all’Ambiente, Elio De Anna -, i dati
sono un po’ superati e proprio per questo l’altra settimana ho emesso delle
linee di indirizzo che obbligano l’Arpa a una osservazione ”in continuo”, in
modo da avere oltre a questa anche una situazione aggiornata. Lo scopo - avverte
- è anche di stringere i tempi per l’accordo di programma sulla riconversione
dell’azienda, perché si parla al suo posto di una nuova centrale elettrica e di
una fabbrica di funi, ma non vorrei trovarmi un giorno con queste realtà e
ugualmente ancora con la Ferriera accanto».
I dati sull’aria raccolti dall’Arpa faranno parte integrante dei Piani di azione
regionale, che saranno tradotti in nuovi Piani di azione comunale (l’ultimo,
relativo proprio alla Ferriera, fu deliberato dal Comune nel maggio 2005): piani
che obbligano a controllare e correggere situazioni fuori norma, nello specifico
quelle di Servola. L’iniziativa diretta sul territorio è poi, De Anna lo
sottolinea, delle «ordinanze sindacali». E si sa quanto Dipiazza abbia
minacciato la chiusura dell’industria siderurgica, cedendo poi al consiglio di
avviare un accordo di programma, che dopo una prima riunione dovrebbe riattivare
il tavolo a gennaio.
Conclude De Anna: «Ho avviato il piano sui rifiuti solidi urbani, che se non
arriva al ministero entro l’anno ci procura sanzioni in sede europea, il piano
per la tutela delle acque (che avrà un iter lunghissimo), e il piano sulla
qualità dell’aria che non era addirittura mai stato fatto. Tolta la precedenza
che è stata data alla straordinaria situazione triestina, è quello che risulta
più in ritardo».
(g. z.)
E il Porto sprigiona ossido di zolfo - LO SCALO NE
PRODUCE LA QUANTITÀ PIÙ ELEVATA
Non c’è solo la Ferriera nel Piano dell’aria di Trieste.
Lo studio analizza, tenendo conto anche di alture e «barriere» costituite da
edifici, e dei venti, e del volume di traffico, la situazione complessiva
dell’inquinamento dei suoi produttori. Si scopre così che anche il Porto, mai
citato in questo senso, è un superproduttore di inquinanti per la città.
La massima quantità del pericoloso Ossido di zolfo (So2) è dovuto ai movimenti
nello scalo: 1993 tonnellate in aria ogni anno. E questa sostanza rappresenta
oltre la metà delle emissioni totali. Altrettanto si può dire dell’Ossido di
azoto (No2): il porto ne produce la quantità più elevata, ossia 2120 tonnellate
all’anno, seguito dalle combusioni dell’industria. Il traffico sgancia invece in
aria la più gran parte di Composti organici volatili (il 40% del totale). Il
metano viene immesso quasi tutto dai distributori di combustibili (5292
tonnellate all’anno): il 90% di queste emissioni. Il monossido di carbonio (Co)
lo produce tutto il traffico: l’80%, per 9520 tonnellate annue. L’anidride
carbonica che respiriamo è così tanta che viene misurata in «kilotonnellate»:
oltre 1 milione di tonnellate all’anno, causate per il 40% dalla produzione di
energia e dalla trasformazione di combustibili.
L’ossido di diazoto (N2o), responsabile dell’effetto serra, è prodotto
soprattutto dal riscaldamento domestico, l’ammoniaca di nuovo dal traffico, il
quale è anche la più forte causa di polveri sottili: sia di Pm10, sia delle più
piccole e insidiose Pm2,5.
San Dorligo, rifiuti col microchip - Da gennaio il
nuovo sistema per quantificare la raccolta indifferenziata
DOPO TRE ANNI DI SPERIMENTAZIONE
Da gennaio verrà applicato a San Dorligo il sistema dei ”microchip
transponder”, che misurerà le levate dei bidoni dei rifuti indifferenziati. Su
questo tema aveva fortemente eccepito il capogruppo consiliare del Pdl-Udc
Roberto Drozina, il quale aveva ricordato «gli atti, le deliberazioni e le
mozioni approvate dal Consiglio comunale risalenti a qualche mese, nei quali era
stato richiesto il coinvolgimento del Consiglio per trovare un sistema di
calibratura individuale dei rifiuti coerente con la legge nazionale che prevede
la pesata in chilogrammi e non in numero di prelievi».
L'esponente del centrodestra aveva inoltre evidenziato il fatto che «l'utilizzo
del chip doveva avere esclusivamente fini statistici, in attesa di individuare
nel futuro una metodologia più favorevole per la cittadinanza».
L’assessore ai Servizi Elisabetta Sormani confuta le parole del consigliere: «Il
Comune non ha mai vietato il microchip per la misurazione dei rifiuti, ma aveva
soltanto chiesto una sospensione, sino a quando non si fosse trovata una
soluzione definitiva ai problemi emersi nei tre anni di sperimentazione,
soluzione che ora siamo pronti ad applicare».
Quale dunque l'intervento proposto? «Poiché non esistono strumenti precisi per
misurare il peso dei rifiuti, useremo bidoni di diversa portata: oltre a quelli
canonici da 120 litri, i cittadini potranno chiedere anche bidoncini della
capienza di 30 litri. In questo modo, una persona che produce 30 litri di
immondizia pagherà meno di chi ne produce 60 litri, perché non verranno
quantificate le levate ma il reale volume del cassonetto quantificato in litri».
L’assessore replica poi alle accuse arrivate da alcuni partiti di opposizione
sulla gestione della raccolta indifferenziata dei rifiuti, che alla vigilia
della partenza ufficiale, dopo tre anni di sperimentazione, vede ancora una
netta divisione sul come gestire la raccolta. «Non stiamo ledendo la tutela
della privacy di nessuno – afferma la Sormani – né tanto meno stiamo violando le
normative nazionali ed europee».
Uno dei motivi che ha fatto scatenare l'ennesima polemica sulla questione
rifiuti è stato l'invito, fatto dal Comune, a scrivere i propri dati
identificativi sul cassonetto verde riservato ai rifiuti indifferenziati. «E' un
invito a violare la legge – aveva commentato il consigliere di Uniti nelle
Tradizioni, Massimiliano Dazzi – nel quale imporre a identificare il cassonetto
con le proprie generalità equivale a obbligare i cittadini a mettere in piazza,
a disposizione di tutti, la propria vita privata».
Dazzi aveva minacciato di rivolgersi «alle autorità competenti per la tutela
della privacy» se tale provvedimento non fosse stato revocato da parte
dell'amministrazione comunale.
Questa la risposta dell'assessore Sormani: «Il nostro obiettivo non è di
ispezionare il contenuto dei rifiuti indifferenziati, che peraltro sono ben
chiusi all'interno di un sacco nero, quanto quello di tutelare i cittadini nel
caso vi siano giornate di bora o vi sia un erroneo scambio di bottino, affinché
si possa riconoscere in maniera sicura il proprietario dei singoli bidoni».
(r.t.)
SEGNALAZIONI - Energia nucleare - CENTRALI
Ha ragione la professoressa Hack: bisogna affrontare il
problema energetico in modo laico, senza preclusioni. La domanda fondamentale
rimane: oggi, l’Italia deve iniziare ad investire nella costruzione di centrali
nucleari? Non è affatto scontato rispondere a questa domanda Molti scienziati ed
economisti sostengono che il nucleare non è la soluzione finale all'utopia di
una fonte di energia illimitata e a prezzo ragionevole. Può essere, forse e in
qualche circostanza, una temporanea soluzione tampone.
E nel caso dell’Italia? Uno spunto di riflessione ci viene dall’attualità, cioè
dalla presunta individuazione a Monfalcone di un possibile sito per una centrale
nucleare.
Se fosse vero, sarebbe una bestialità assoluta, che dimostrerebbe solo
l’incapacità di chi è responsabile della politica energetica italiana. E questo
perché un sito nucleare ha bisogno di (almeno) 3 caratteristiche 1) un
isolamento di più di 10 km da qualunque insediamento abitativo 2) un
fiume/canale che provveda all'acqua di raffreddamento sacrificabile ad un certo
(debole) inquinamento radioattivo 3) la presenza in situ di un deposito sicuro
per (almeno una parte) delle scorie radioattive accumulate.
Non mi pare siano le carateristiche di Monfalcone.
Le domande serie da porsi sono: abbiamo siti davvero sicuri? qual è il prezzo
economico della scelta nucleare? quali sono i suoi tempi scala?
Quali i rischi di macro e micro incidenti? Il Governo Berlusconi si accinge a
fare la scelta nucleare con mentalità ideologica e senza rispondere a queste
domande. Il presidente Tondo ci assicura che a Monfalcone non avremo la
centrale: speriamo non vada a finire come la storia dei crediti sulle
compartecipazioni Inps.
Paolo Salucci - cons. Pd prov. Trieste - docente di Fisica alla Sissa
IL PICCOLO - SABATO, 19 dicembre 2009
Camera di Stato slovena «No al rigassificatore» -
RISOLUZIONE SULLA TUTELA AMBIENTALE
Contrarietà alla costruzione di rigassificatori nell’alto
Adriatico e in particolare nel golfo di Trieste, sia in territorio italiano che
in quello sloveno.
In questo senso si è espressa l’altra sera la Camera di Stato slovena, che ha
approvato una ”Risoluzione sulle strategie per l’Adriatico” proposta da un
gruppo di parlamentari con il patocinio dell’organizzazione ambientalista
internazionale Alpe Adria Green, di cui fa parte anche Greenaction Transnational.
La risoluzione stabilisce le posizioni e gli standard ambientali di riferimento
che la Slovenia osserverà in materia anche nei rapporti con gli altri Paesi
adriatici, e la impegna a rappresentare e a difendere fermamente gli interessi
di tutela ambientale e di sicurezza dell’Adriatico settentrionale secondo le
convenzioni internazionali e le norme e indirizzi dell’Unione europea.
Il documento afferma inoltre che strutture e impianti nuovi che abbiano impatti
rilevanti sull’ecosistema adriatico devono essere valutati a livello regionale,
cioè fra tutti i Paesi dell’area. Da qui la contrarietà al rigassificatore
espressa dalla Camera di stato della vicina Repubblica.
Alpe Adria Green e le organizzazioni ambientaliste aderenti - si legge in una
nota - ritengono che «la risoluzione della Slovenia per la tutela internazionale
dell’Adriatico sia un passo decisivo che dovrebbe essere recepito nei contenuti
dagli altri Paesi della regione».
Muggia, no al gasdotto e alla centrale elettrica -
Seconda bocciatura del consiglio per il collegamento del rigassificatore alla
rete
MUGGIA Il Consiglio comunale di Muggia ha detto nuovamente
”no”, l’altra sera, al gasdotto per il rigassificatore di Zaule, e ha dato
parere sfavorevole anche sulla documentazione per la Via della centrale
termoelettrica proposta da Lucchini Energia.
Il voto sfavorevole sui documenti integrativi forniti da Snam Rete Gas per la
valutazione dell'impatto ambientale (Via) del metanodotto Trieste-Grado-Villesse
è stato unanime.
Il progetto prevede la realizzazione del collegamento in due tratti: quello
sottomarino Trieste - Grado, da 32 pollici di diametro, e quello fra Grado e
Villesse da 42 pollici. «Ciò porterebbe a pensare - osserva il sindaco di
Muggia, Nerio Nesladek - che l'aumento del diametro nel tratto da Grado a
Villesse potrebbe essere dovuto a un futuro collegamento, che si vorrebbe
mettere in atto tra il metanodotto e il secondo rigassificatore, quello offshore
proposto dall'Endesa, ora passato all’E.On».
Il consiglio, che si era espresso negativamente sul progetto del metanodotto già
in due occasioni, ha ribadito il ”no” ritenendo che le valutazioni sulla
realizzazione della conduttura non si possano disgiungere dal parere negativo
relativo all'impianto di rigassificazione previsto a Zaule, al quale il
metanodotto andrebbe a collegarsi.
Parere sfavorevole anche sulla documentazione, fornita da Lucchini Energia,
concernente la procedura di Via per la costruzione di una centrale
termoelettrica a ciclo combinato, anch'essa bocciata dall'amministrazione
comunale poiché «collegata alla costruzione del rigassificatore.».
E’ stato, invece, approvato all'unanimità l’ordine del giorno, pervenuto dai
Comuni di Mortegliano e Lestizza, per il mantenimento del numero di medici di
medicina generale su un rapporto di uno ogni mille abitanti. Con la
deliberazione della giunta regionale del 20 febbraio 2006, la Regione fissò
infatti il rapporto medici-abitanti sul valore di uno ogni 300.
«Il problema è che noi ne abbiamo uno per 13mila residenti – ha commentato
scherzosamente Paolo Prodan, capogruppo di An, riferendosi al primo cittadino –.
Se si torna a un medico ogni mille utenti, il sindaco avrà più tempo per stare
in Municipio».
«Tutti possono verificare che i primi ad arrivare in Municipio siamo io e il
direttore – ha risposto Nesladek –. È la mia carriera di medico ad averci
rimesso. Spero che l'approvazione di questa delibera si traduca in una maggiore
possibilità di trovare lavoro per i giovani medici».
La sentenza del Consiglio di Stato del 23 marzo 2009 ha dichiarato illegittima
la delibera della giunta regionale, riportando in vigore il rapporto di un
medico ogni mille utenti. L’amministrazione si è così impegnata a sollecitare la
Regione per garantire un livello adeguato di assistenza medica.
Il consiglio si è poi pronunciato favorevolmente sull’ordine del giorno per dare
maggior assistenza ai malati di sclerosi laterale amiotrofica (Sla) residenti in
regione. Rinviato infine l'ultimo punto all'ordine del giorno: la modifica del
testo dell'accordo di programma per la bonifica del Sito inquinato.
Andrea Dotteschini
Muggia, convegno sulla ”differenziata”
MUGGIA Il rifiuto come risorsa economica. Se ne parla oggi
alle 10 in sala Millo in un incontro organizzato dall'associazione Impronta
Muggia. Verrà illustrata la proposta di alcune associazioni per una raccolta
differenziata dei rifiuti porta a porta, basata sul volontariato.
«L’azienda non risarcisce i residenti» - Rosato:
«Niente ammissioni di responsabilità, solo aiuti a chi ha disagi»
IL DIRETTORE DELLO STABILIMENTO: SFORAMENTI NELLE
EMISSIONI, TREND POSITIVO
I ”risarcimenti” agli abitanti di Servola? «Semplici somme di denaro
corrisposte in favore dei cittadini che lamentano disagi e fastidi». Le critiche
del sindaco di Muggia Nesladek, secondo cui l’inquinamento della Ferriera
danneggia il turismo? «Infondate, vista la forte crescita di visitatori
registrata a Trieste nel 2009». Il pressing delle istituzioni dalla Uil per
vigilare sul rispetto degli obblighi ambientali? «Inutile, perché il Gruppo
Lucchini, oltre ad adempiere a tutte le prescrizioni imposte dall’Aia
(l’autorizzazione di impatto ambientale), ha anche migliorato l’efficienza degli
impianti e sostenuto gli ulteriori oneri richiesti dal piano di monitoraggio».
Ecco come il direttore della Ferriera Francesco Rosato replica punto su punto
alle tante accuse piovute negli ultimi giorni sull’attività dello stabilimento
siderurgico. Una difesa a tutto campo della linea d’azione della Lucchini che
punta a fare chiarezza, in particolare, sulle presunte responsabilità penali
dell’azienda. «In merito al procedimento penale in corso, per il quale l’azienda
ha già chiesto da tempo l’oblazione - osserva Rosato in una nota -, le
trattative sono positivamente avviate con la parte civile senza che ciò comporti
da parte della Lucchini alcun riconoscimento, diretto o indiretto, di
responsabilità nei fatti contestati. È dunque improprio parlare di
”risarcimenti” ai servolani: si tratta semplicemente della disponibilità della
società a corrispondere una somma di denaro a favore dei soggetti che lamentano
disagi e fastidi. Disponibilità - precisa ancora il direttore di stabilimento -
già dimostrata in passato a riprova della responsabilità sociale dell’azienda
verso il rione, senza però avallare la pretesa di addebitare la causa dei
fastidi degli abitanti a eventuali inadeguatezze del Gruppo».
L’inesistenza di simili inadeguatezze, sostiene ancora la proprietà, è
testimoniata del resto dall’esito dell’ultima verifica annuale compiuta
dall’Arpa lo scorso novembre: «Quei controlli - continua Rosato - hanno
accertato il pieno rispetto di tutte le condizioni fissate dall’Aia, la
regolarità delle misure e dei dispositivi di prevenzione dell’inquinamento e
l’ottemperanza a tutti gli obblighi di comunicazione. Quanto alla qualità
dell’aria - conclude la nota -, i dati ufficiali delle centraline relativi al
periodo gennaio-novembre 2009 hanno evidenziato, sia nei valori medi di pm10 sia
nel numero di sforamenti, un trend di miglioramento rispetto allo stesso periodo
del 2008».
Fogar: la sola Servola produce un terzo
dell’inquinamento - L’ESPONENTE DEL MIANI PROSEGUE LO SCIOPERO DELLA FAME
Ha dato l’ultimatum alla Ferriera. «O lei o io», ruggisce
Maurizio Fogar dall’ultimo piano del palazzone di Valmaura, con vista sui fumi
dello stabilimento. Le reazioni, però, latitano. Nonostante la sua decisione di
non prendere più, ormai da svariate settimane i farmaci salvavita che gli sono
necessari e, da 12 giorni, di alimentarsi solamente con acqua, continua a
raccogliere la solidarietà solo di qualche adorante casigliano o dei servolani
più vicini. E intanto, assicura il pasdaran dell’ambiente, la vista dell’occhio
sinistro comincia a perdere qualche colpo, come effetto collaterale del diabete
mal curato, il battito del cuore gli è passato a 100, dai soliti 50, la
pressione a 170. Ogni tanto si fa vivo anche qualche politico ma poi rientra
subito nei ranghi.
Forse per questo le parole più avvelenate, l’esponente del circolo Miani le
dedica al presidente della Regione Renzo Tondo e al sindaco Roberto Dipiazza,
«due che con la promessa di chiudere la Ferriera ci hanno marciato, hanno vinto
due elezioni e poi si sono comportati in maniera totalmente opposta. Li
pregherei almeno – sibila Fogar – visto che hanno preso per i fondelli migliaia
di persone, di non parlare proprio più della Ferriera...».
Dal computer Google Maps capta, con un’immagine datata 2009 ma non in tempo
reale, una grande macchia che si allarga nel mare. «L’inquinamento continua –
s’infervora – e il comitato portuale cosa fa? Proroga alla Lucchini per altri
quattro anni la concessione! Per giunta con Dipiazza che non si fa neanche
vedere! Una vergogna».
È un computer umano, Fogar, nonostante la debolezza. E, a sorpresa, tira fuori
l’asso dalla manica. Anzi, due. «Ho scoperto per caso che la commissione europea
presieduta da Barroso ha bocciato 62 delle 67 richieste di deroga presentate
dall’Italia per posticipare l’applicazione dei nuovi limiti in materia di
inquinamento, e cioè da 50 a non più di 35 sforamenti all’anno e da 35 a non più
di 20 giornate. E quella che è stata trattata peggio è stata proprio la regione
Friuli Venezia Giulia. Accusata, in pratica, di aver presentato dati taroccati,
assommando Trieste al verde Collio per fare media». Non è finita. L’esponente
del ”Miani” annota tra le bacchettate di Bruxelles anche la mancata approvazione
del Piano regionale dell’aria, atteso fin dal 2003. Un testo che, per qualche
misteriosa alchimia si materializza sul suo tavolo. E qui si entra in terreno
minato. «Come si possono commentare dei dati (quelli del documento regionale non
reso noto ndr) da cui risulta che la Lucchini produce da sola 1/3
dell’inquinamento totale in città, quanto a Pm10 e Pm 2,5, senza dimenticarsi
neanche l’Italcementi, che l’unica centralina affidabile è quella ministeriale
di via San Lorenzo in Selva a Servola, perchè 7 su 11 sono controllate dalla
Ferriera e che il benzoapirene ha una media annuale vicino al 9, contro l’1
inteso come dato massimo sostenibile»?
FURIO BALDASSI
Rispunta l’ipotesi del Museo Carciotti Camber: piccole
collezioni da accorpare - L’esponente Pdl: futuro da ripensare. Omero (Pd):
fermi al punto di partenza
DOPO CHE LO STATO HA STANZIATO DUE MILIONI PER IL
RESTAURO DELLA PARTE INTERNA ANTICA
Decarli (foto): il centro congressi piaceva all’ex assessore Bandelli, per
questo adesso non risulta gradito
Il destino di palazzo Carciotti è di nuovo quello di una navicella nel mare.
La direzione regionale dei Beni culturali ha fatto la sua parte per la sezione
storica dell’immenso e prezioso edificio. Ne sta ristrutturando le facciate, ha
trovato anche sponsor per integrare i fondi propri, ha ottenuto dallo Stato 2
milioni per il rifacimento delle parti interne che diventeranno sede museale per
la collezione d’arte antica. La parte dove oggi stanno uffici comunali in attesa
di trasferirsi nella ristrutturata caserma Beleno era quella che il Comune aveva
rilanciato come sede di congressi, ricevendo pure in dono il progetto di
Francesco Cervesi, lodato da ogni parte.
Invece. «L’idea di farne centro congressi - afferma Piero Camber (Fi) - era nata
sull’urgenza di trovare una sede per questa attività poi che la Stazione
marittima sembrava virata a porto per le navi da crociera. Adesso le navi da
crociera sono sparite, e se torneranno saranno poche, mentre il Silos (che pure
prevede sale per congressi) è progettato e finanziato e in un paio d’anni sarà
pronto. Per Palazzo Carciotti bisogna pensare di nuovo: farne davvero un centro
congressi? O piuttosto, che so, un Museo della città? O ci accorpiamo dentro
alcuni piccoli musei oggi troppo sparsi per creare un megapolo dell’arte? O lo
vendiamo (pura ipotesi) perché se ne faccia un grande albergo proprio per
congressisti? Anche il magazzino che sta di punta alla Stazione marittima può
essere restaurato per congressi».
«Che ridere - sospira Fabio Omero (Pd) -, passano 10 anni ed ecco che torniamo
al punto di partenza. L’idea di fare del Carciotti una grande sede museale era
del compianto Roberto Damiani. Io piuttosto ricordo che il 28 novembre di un
anno fa la giunta ha fatto proprio un nostro ordine del giorno affinché si
creasse un tavolo tecnico tra Comune, Provincia, Fiera, Fondazione CRTrieste,
Autorità portuale per decidere tra tutti i ”proprietari” di beni che cosa fare
delle strutture sulle Rive. Senza dire che proprio la destinazione del Carciotti
sarebbe stato argomento da inserire nel piano del centro storico. Dubito poi -
prosegue Omero - che le piccole sale previste al Silos siano sufficienti per
puntare sui congressi, attività considerata importante anche a corredo di un
eventuale Parco del mare, come messo in evidenza nel piano dell’assessore Ravidà.
C’è di tutto, e anche troppo, da riempire - conclude il capogruppo del Pd in
Comune -, Silos, Tripcovich, Molo IV, Stazione marittima, Magazzino vini,
palazzetti sul primo tratto delle Rive. Ma se non c’è un piano complessivo a
lungo termine...».
Per Roberto Decarli (Cittadini) l’ipotesi di consacrare il nobile Carciotti alle
collezioni d’arte è molto attraente. «Il Museo Revoltella ha un enorme
patrimonio di opere che non ha spazi per esporre, sono chiuse nei magazzini: si
potrebbe accrescere il patrimonio artistico della città. Però il progetto del
centro congressi prevedeva esso stesso spazi per mostre, per ristoranti e varie
attività anche espositive. La verità è - insinua Decarli - che il progetto
Cervesi piaceva molto all’assessore Bandelli, in questa situazione nuova che si
è creata in consiglio comunale tutto ciò che richiama Bandelli piace invece
assai meno. Così delle crociere si dice che sono finite e che la Stazione
marittima torna disponibile anche perché l’Autorità portuale è di diverso colore
politico. Purtroppo - dice Decarli - le cose si muovono anche in questo senso».
GABRIELLA ZIANI
IL PICCOLO - VENERDI', 18 dicembre 2009
Dipiazza s’infuria sulle royalties e Gas Natural ci
ripensa - Il primo cittadino su de Carreras: «Un maleducato, gli farò fare
anticamera»
«Non abbiamo alcuna preclusione al confronto sulle
contropartite economiche»
Ore 11.30. Roberto Dipiazza, irritato dall’indisponibilità a sciogliere il
nodo delle royalties manifestata il giorno prima dal direttore Progetti
internazionali di Gas Natural, parte con l’affondo: «Questo signore (Narciso de
Carreras Roques ndr) è stato molto maleducato. La prossima volta che mi chiederà
un incontro, lo farò aspettare due mesi». Ore 19. Il colosso spagnolo,
evidentemente informato della sfuriata del primo cittadino, corre ai ripari:
«Nessuna preclusione al confronto con il Comune di Trieste per le cosiddette
royalties a favore della città».
Tra Trieste e Barcellona, insomma, ieri si è sfiorato l’incidente diplomatico.
Colpa delle dichiarazioni rese da de Carreras durante la visita lampo in città
del giorno precedente: «Non parlerei di royalties, ma di ricadute per il
territorio di altro tipo, come i 150-200 milioni di euro in 20 anni di gettito
fiscale». Frasi che il primo cittadino ha interpretato come un’inaccettabile
caduta di stile. «Deprecabile - è andato giù duro il primo cittadino - la scelta
di parlare sui giornali di trattative decisive per la città. Partite come quella
delle royalties (le ”tasse” da versare nelle casse comunali in proporzione alla
quantità di gas sbarcato) richiedono confronti istituzionali e passaggi in
consiglio comunale, non poche battute sulla stampa».
Quello commesso da Gas Natural, dunque, sarebbe stato uno strappo grave.
Talmente grave da richiedere addirittura, secondo il sindaco, una qualche
”punizione” simbolica. Quale? Costringere gli spagnoli a fare anticamera prima
di rimetter piede in Comune. «Diciamo - ha concluso Dipiazza - che per avere un
appuntamento dovranno aspettare un paio di mesi».
Ed è stata forse questa prospettiva a spingere la spa, nel tardo pomeriggio, a
gettare acqua sul fuoco riaprendo al confronto sulle contropartite economiche.
«Le ricadute per il territorio dei proventi dell’imposizione fiscale sulla
società - ha precisato in una nota il colosso iberico -, non rappresentano in
alcun modo un elemento di preclusione al confronto che sarà fatto con il Comune
di Trieste per le cosiddette royalties a favore della città. I vantaggi che il
territorio potrà ottenere a fronte dell’avvio di un progetto come quello del
rigassificatore di Zaule saranno infatti ampi e di diverso tipo: dalle entrate
fiscali derivanti dal trasferimento della sede in città al piano di bonifica del
sito, ai 500 milioni di investimento complessivo. Fino, appunto, alle royalties
da concordare con il Comune, alla possibile partecipazione al progetto di Acegas
e alle iniziative che saranno concordate nei prossimi mesi con gli stakeholder
istituzionali».
Lo sfogo di Dipiazza, questa volta, ho decisamente sortito l’effetto desiderato.
MADDALENA REBECCA
Bonifiche, il sindaco firma l’accordo Artigiani
perplessi - SIGLATA IERI LA DELIBERA
Sulle bonifiche il Comune va controcorrente. O forse,
semplicemente, segue la linea governativa e cerca di accelerare i tempi. Nei
fatti, ieri mattina, nel corso di quella che lo stesso sindaco Dipiazza ha
definito una «giunta volante» vista l’assenza di qualche assessore,
l’amministrazione ha fatto proprio, con una delibera, l’accordo di programma
fortemente caldeggiato da Roma. Quella stessa bozza che solo un paio di giorni
prima artigiani e industriali avevano clamorosamente bocciato. E il malumore tra
le categorie, per così dire, monta rumorosamente. Suscitando, immancabile, la
reazione dello stesso sindaco. «Ma come – si stupisce Dipiazza – dopo 50 anni
che rompiamo con le bonifiche adesso votano tutti contro? Io dico che intanto
bisogna fare, ma in questa città no se devi e no se pol., mentre invece è
proprio nei momenti difficili che bisogna tirare fuori gli attributi...».
La tesi convince fino a un certo punto Dario Bruni, presidente della
Confartigianato locale. «Intanto va precisato – debutta – che non siamo affatto
contro il documento. Va posta la parola fine a questa vicenda, ma non possiamo
neanche pensare di accettare una cosa senza sapere chi pagherà e quanto. In
questo, firmare è come fare un salto nel buio». Bruni spiega, al riguardo che le
perplessità nascono, oltre che dall’aspetto contabile anche da certi concetti da
specificare meglio. «Come la mettiamo con gli impattanti? Chi sono? Uno che fa
logistica perchè muove i carrelli sul cemento, un tipografo o un carrozziere, e
ce ne sono tanti in quell’area? Abbiamo sempre sostenuto – s’infervora Bruni –
che chi non ha inquinato non deve pagare, ora siamo disposti a dare qualcosa, ma
al massimo si può arrivare a quei 3,60 euro al metro quadrato ipotizzati dalla
Regione. Da quelli al salto nel buio, senza alcuna cifra, ce ne corre....
Soprattutto adesso che gli ultimi dati parlano di un aumento della cassa
integrazione artigiana del 650 per cento, del fatto che le 98mila ore del 2008
sono già diventate a ottobre di quest’anno 700mila e della certezza che la crisi
investirà presto anche questo lato del Nordest. Non facciamo nè barricate nè
strumentalizzazioni, vogliamo solo vederci chiaro». «Faccio un discorso semplice
– aggiunge Dipiazza – per essere chiaro con tutti: se ho comprato un terreno
alle Noghere per 18 euro al mq, ne pago 70 di bonifiche ma poi ne vale 200 ho
fatto un affare o no? Io so che lunedì vado col documento a Roma. Da dove, se ne
facciano tutti una ragione, soldi non ne arriveranno più».
(f.b.)
«Lifting al Porto Vecchio, ora ci siamo» - Di Paola: «Greensisam
rifarà il progetto». A febbraio l’inaugurazione delle scuderie di Miramare
Abbiamo faticato per trovare una soluzione, è stato un
accordo sofferto, malgrado i buoni propositi del Comune di togliere la ”pista da
Ferrari”
Per il ponte chiedevo solo dei bulloni da una parte e due dall’altra. In dieci
anni tante cose possono cambiare e potrebbe diventare inutile
Un permesso solo temporaneo per installare un nuovo ponte sul Canal Grande?
Roberto Dipiazza s’inalbera e anche l’altro giorno in commissione ha rigettato
la palla con stizza: «Ci dica, la Soprintendenza, se è un ”sì” o un ”no”». Il
sindaco non trangugia i ”ni”. Nelle stesse ore il presidente dell’Ezit, Mauro
Azzarita, faceva la voce rude perché un’azienda che voleva insediarsi dalle
parti del Rio Ospo, zona di Muggia, si è vista bocciare il progetto. Ostilità
verso le industrie, con tutti questi veti?
In piazza Libertà (altro nodo urbanistico che stenta a sciogliersi in una pulita
azione) il direttore regionale dei Beni culturali, Roberto Di Paola, agli ultimi
mesi di mandato, resta il principale interlocutore di tutte queste delicate
faccende. Dalla sua bella sala al secondo piano della Soprintendenza ha una
risposta a tutto. Anche per altre importanti ma finora irrisolte questioni: la
stessa piazza, palazzo Carciotti, Miramare, i soldi, i rapporti con le
amministrazioni.
Direttore Di Paola, c’è bisogno di chiarire questo concetto del «permesso
temporaneo» per un ponte sul canale del Ponterosso. Il sindaco dice che o spende
per una cosa durevole, o non spende. Dunque, non spende.
È una questione complessa e controversa. L’idea del Comune di collegare
urbanisticamente certi spazi di città oggi sofferenti aveva dei connotati
positivi. Gli isolati da piazza Libertà a palazzo Gopcevich soffrono di indubbio
isolamento rispetto a quelli che stanno oltre il canale. Quindi il problema
urbanistico ha una sua logica e l’abbiamo voluto prendere in considerazione.
Anche se a rigor di termini una simile proposta di aggiungere lì un ponte non
doveva neanche essere presentata. È elemento del tutto ”ultroneo”.
Cioé un pezzo aggiunto, che rovina l’esistente e la sua matrice storica.
Invece...
Invece abbiamo voluto verificare. Non appariva certamente plausibile, abbiamo
detto al sindaco, progettare un ponte come gli altri, viceversa si sarebbe
potuto pensare a una passerella con connotati di reversibilità, da poter
togliere insomma se un giorno le necessità urbanistiche fossero state risolte.
Chiedevo solo due bulloni da una parte e due bulloni dall’altra. Un permesso di
cinque anni rinnovabile di cinque. In 10 anni molte cose possono cambiare, un
ponte può anche diventare inutile.
È stato un onesto compromesso, insomma.
Un modo per salvare da un lato le buone motivazioni urbanistiche e dall’altro
l’integrità del canale. Ma se un domani quella zona cambiasse profilo, se si
creasse un percorso culturale che da palazzo Gopcevich (sede dei Civici musei,
ndr) portasse al nuovo polo di palazzo Carciotti...
Per palazzo Carciotti però attualmente ci sono scarse prospettive.
Ma non è vero, non è più vero. Il ministero ha confermato 2 milioni di
finanziamento attraverso la società Arcus che per suo conto gestisce una
porzione di lavori pubblici statali, quelli dei Beni culturali, per il restauro
della parte storica del palazzo, in modo da poterci un giorno installare la
Galleria d’arte antica e anche la collezione istriana. I soldi serviranno per
avviare anche la progettazione. Questa è la bella e fresca novità. È la prima
pietra per realizzare l’intero progetto. Intanto stiamo lavorando al restauro
delle facciate, abbiamo destinato oltre 250 mila euro e in più abbiamo trovato
sponsor privati per completare i lavori. È stata una bella collaborazione
Comune-Stato, perché il Comune teneva molto a palazzo Carciotti, e io stesso lo
considero una meraviglia, e ci tenevo assolutamente ad avviare le cose.
Invece in piazza Libertà, sotto le sue finestre, dove sembravano molto avviate,
sembra che tutto resti nei cassetti.
Abbiamo faticato anche per trovare una soluzione per piazza Libertà. In fondo
noi adesso non siamo più dei sanzionatori a cose fatte, cerchiamo sempre più di
essere dei consulenti delle amministrazioni, sarebbe bello avere addirittura uno
”sportello unico” dove prendere le decisioni subito in buon accordo. Ma tornando
alla piazza, è stato un accordo un po’ sofferto. Anche qui le esigenze del
Comune avevano dei lati molto positivi, soprattutto nell’intenzione di togliere
davanti alla stazione quella diagonale di traffico da ”pista per Ferrari” che
azzerava il valore della piazza stessa e del giardino rischiando di far finire
falciato chi usciva dalla stazione dei treni, e inoltre scagliava le macchine
sulle Rive, forti dell’iniziale accelerazione, a una velocità autostradale.
Nello stesso tempo dunque si convogliava il traffico attraverso una ”chicane”
moderatrice che sulle Rive avrebbe portato un flusso a velocità più adeguate.
Era stata aggiunta una corsia sul lato giardino, di fronte alla stazione, però.
Non avrebbe turbato l’intenzione. Una fermata del bus non avrebbe cambiato
molto.
Non sono state le sue prescrizioni dunque a bloccare il cammino dell’operazione?
No, un’amministrazione può fare progetti e poi decidere di non farli più. È
sempre difficile, molto difficile, intervenire sull’assetto di una città.
E i piani regolatori? Quello generale e quello per il centro storico?
Hanno un loro iter amministrativo autonomo, la Soprintendenza (dovrei dire
purtroppo) ha solo un parere non vincolante da esprimere dopo l’adozione, a cose
fatte. Sta all’amministrazione, poi, volerne fare un buon uso. In tutti i casi
il futuro di Trieste sta nell’allontanare il traffico dal centro città. Spero
inoltre che il piano del centro storico ne abbia allargato i confini, ci sono
tantissimi edifici che hanno superato i 50 anni di età e che sono di assoluto
pregio architettonico, dei veri gioielli, delle opere d’arte. C’è un accordo col
Comune, comunque, affinché si attivi per mandare alla Soprintendenza tutti i
progetti che riguardano il centro storico, quello antico e quello allargato.
Lei dice che siete dei «consiglieri», ma l’Ezit ha appena espresso malumore per
un vostro intervento negativo sull’insediamento di un’azienda.
Non conosco il caso specifico, ma la tutela dei Beni culturali comporta a volte
un restringimento dei diritti dei privati. La liberta individuale ha un limite
dove si scontra con il bene pubblico, è un concetto basilare.
Visto che parliamo di progetti difficili, com’è finito il contenzioso per i
magazzini di Greensisam in Porto vecchio?
Il contenzioso è appunto finito. Il progetto vecchio è stato sospeso, e un altro
è stato concordato e condiviso coi progettisti, le cose sono molto migliorate.
Se questo lavoro si fosse fatto prima, come avevo suggerito, si sarebbero
risparmiati tempo e lavoro, credo. Ancora meglio se si fosse agito ai tempi del
progetto Botta: Botta aveva letto correttamente quell’area, nella zona
Greensisam prevedeva una visuale completamente aperta da piazza Libertà al mare.
Bello, no?
Ma il progetto Botta aveva anche grandi altezze nel comprensorio...
Cose correggibili facilmente, l’impianto generale era corretto.
E adesso a che punto siamo? Lei ha già l’occhio sul progetto nuovo, quello
dell’associazione di imprese Maltauro-Rizzani de Eccher che ha vinto la gara?
Sì, lo stiamo valutando. È un progetto generale di restauro, ed è corretto.
Certo non esaurisce tutti i problemi dell’area, del suo riutilizzo, ma per
l’impianto generale, che è sostanzialmente di restauro della parte storica,
l’approccio è giusto. Naturalmente ci si fonda sul principio della concessione,
dunque tutto deve essere ancora autorizzato. Ci stiamo pronunciando, ci vorranno
ancora circa due mesi.
Che cosa manca a questo progetto?
Non è solo questione di restauro, servono standard urbanistici. Il restauro è la
condizione fondamentale e di base, siamo in presenza di un bene culturale,
monumentale, ma non sufficiente per fare del Porto vecchio il famoso ”terzo
quartiere” della città. Ci vogliono poi idee architettoniche per inserimenti
innovativi e coerenti, e soluzioni urbanistiche per renderlo una città viva, e
non un posto vuoto e morto.
Per carità, lo è adesso.
Appunto, bisogna garantire fruibilità.
Parliamo però anche di casa sua, questo palazzo Economo, le collezioni.
Stiamo ristrutturando i sottotetti, quanto alla collezione d’arte non è più qui,
è smembrata un po’ al Museo Revoltella e un po’ nei magazzini. S’era pensato di
sistemarla alle Scuderie del castello di Miramare, ma era un’idea sbagliatissima.
Arte antica fuori città. E per di più vicino al mare. Se un giorno salta
l’impianto di condizionamento con l’umidità si perde tutto il patrimonio. Eppoi
Miramare fa già da solo 250 mila visitatori all’anno, quanti in più ne avrebbe
grazie ai quadri? I quadri, con la collezione istriana, li metteremo al
Carciotti, una soluzione meravigliosa, ideale, che arricchisce la città.
E le Scuderie resteranno chiuse? I soldi statali per il castello di Miramare
erano stati cassati.
No, non restano chiuse. Credo che già a febbraio, prima che io lasci Trieste,
potremo fare l’inaugurazione. Diventeranno il ”punto di sbarco” del castello, lì
saranno spostati la biglietteria, il guardaroba, il ”bookshop”, che ora si
trovano all’ingresso, e lo guastano un po’, quando piove non si ha idea di
quanta gente si ammassa con ombrelli, cappotti e scarpe bagnate... Una
confusione.
Già tutto deciso e fatto, dunque?
C’erano pochi lavori di adeguamento da apportare, li stiamo finendo. Bisogna
anche riconsiderare l’offerta culturale di Miramare, la suggestione del mondo
asburgico di cui è simbolo, e che attualmente non è ben ricordata. Se penso ai
favolosi castelli di Ludwig di Baviera, e specialmente a quello che si trova sul
lago di Starnberg, vorrei che si realizzasse una cosa simile: c’è lì un punto
informativo, un museo che racconta del personaggio, della famiglia, di Wagner
che fu l’amico e il pupillo, una mostra permanente dell’arte di quei tempi e di
quei castelli, tra l’altro tutta arte italiana. Miramare fa parte di quella
temperie, e anche dal punto di vista artistico ha da raccontare molto, ma
attualmente il visitatore non trova suggerimenti e informazioni, e invece quello
è il luogo dove la presenza degli Asburgo a Trieste si materializza con più
immediata forza evocativa.
Ora lei sta per lasciare Trieste e anche per andare in pensione. Bene o male?
Mah, le condizioni di lavoro sono sempre più difficili, nelle Soprintendenze.
Quello che mi turba per davvero è che quando si va via tutte le cose iniziate
rallentano, o si fermano. Per Trieste mi dispiacerebbe molto.
Che poi è una città abbastanza votata ai rallentamenti.
Ma no, ma no. Ci sono dappertutto. Non le dico a Roma.
GABRIELLA ZIANI
Via all’autostrada Cimpello-Gemona - La Regione sblocca
la procedura per la costruzione della nuova arteria - BANDO ENTRO SEI MESI
PRAMOLLO: LA GIUNTA REGIONALE NEGA ALLA CORDATA
AUSTRIACA LA DICHIARAZIONE DI PUBBLICA UTILITA’ PER LA CABINOVIA DI PONTEBBA
TRIESTE La Regione sblocca la procedura per costruire una nuova autostrada.
La proposta per il completamento della Cimpello – Sequals fino a Gemona e la sua
trasformazione in autostrada, presentata quest’estate dalla cordata Autovie
Venete, Rizzani de Eccher e Impregilo, è stata ritenuta di pubblica utilità da
parte della giunta regionale. Già nel primo semestre dell’anno potrebbe essere
pubblicato il bando di gara per la progettazione preliminare. Il passo avanti è
arrivato ieri in giunta dove è stato discusso anche il progetto turistico di
Pramollo – rinviata per ora la decisione – ed approvato il testo unico in
materia di energia, telecomunicazioni e carburanti.
CIMPELLO – GEMONA La documentazione presentata dalla cordata che intende
realizzare il raccordo autostradale A28-A23 "Cimpello-Sequals-Gemona", come
emerso dalla relazione illustrata dall’assessore Riccardo Riccardi, ha i
requisiti minimi di uno studio di fattibilità, tali cioè da consentire l'avvio
della procedura a evidenza pubblica per aggiudicare, in project financing, la
progettazione definitiva ed esecutiva e la gestione dell'opera, sulla base della
progettazione preliminare che sarà offerta in sede di gara. Ora che è stata
definita la pubblica utilità dell’opera, la giunta dovrà adeguare gli strumenti
di pianificazione regionale – ad oggi è previsto solo il completamento della una
strada e non la sua trasformazione in autostrada a pagamento – per renderli
compatibili con l’offerta. «Entro giugno – spiega l’assessore Riccardo Riccardi
– modificheremo il piano regionale delle infrastrutture per renderlo coerente
con la dichiarazione di interesse pubblico. Stiamo, però, facendo uno sforzo in
più per vedere se è possibile pubblicare prima il bando di gara, legando la sua
validità alla modifica della pianificazione. Questo ci consentirebbe di
guadagnare ulteriore tempo».
Prematuro anche solo ipotizzare date di apertura dei cantieri. «Il nostro
obiettivo, per questa legislatura, è sempre stato sbloccare la proceduta
dell’opera - ricorda Riccardi - ma la decisione della giunta imprime una forte
accelerata a un’opera che attende da dieci anni di essere quanto meno
completata».
PRAMOLLO Non ottiene, almeno per il momento, la dichiarazione di pubblica
utilità, l’offerta di una cordata austriaca che propone di realizzare l'impianto
di collegamento a fune tra Pontebba e il comprensorio sciistico di
Pramollo-Nassfeld e la valorizzazione turistica dell'area del Comune di Pontebba.
La giunta ha deciso di affidare alla direzione centrale competente il compito di
approfondire con il proponente gli aspetti critici per valutare sia possibile
superarli. I nodi sarebbero l’insufficienza dei parcheggi previsti dal progetto
e la mancanza di ricadute evidenti per Pontebba e la valle. La proposta,
inoltre, presenterebbe richieste economiche più elevate rispetto alle
disponibilità previste dal bilancio della regionale (3 milioni di euro per
vent’anni).
ENERGIA E TELECOMUNICAZIONI In materia di energia, sempre su proposta
dell’assessore Riccardi, la giunta ha approvato il disegno di legge che riordina
le competenze degli enti locali in materia di energia (affidando i compiti più
rilevanti a Regione e Province) e promuove l’istituzione di un catasto
informatico comunale degli impianti termici degli edifici e un catasto
informatico regionale degli elettrodotti. L’esecutivo ha poi analizzato l’esito
della consulenza commissionata sul progetto per la costruzione dell’elettrodotto
tra Redipuglia e Udine Ovest e ha approvato la norma disciplina la
localizzazione, l'installazione, la modifica e il controllo degli impianti per
telecomunicazioni.
CARBURANTI Per quanto riguarda la distribuzione dei carburanti il testo unico
prevedrà l’estensione della disciplina valida per gli impianti stradali a quelli
posti sulle autostrade e sui raccordi autostradali. Intanto, in tema di
carburanti, raccoglie il favore di camera di commercio e gestori degli impianti
la proposta di legge (targata Roberto Asquini e Danilo Narduzzi) per
l’istituzione di uno sconto fisso che oscillerebbe tra i 15 centesimi al litro
di benzina e 10 centesimi al litro di gasolio nell’area confinaria orientale
fino ai 4 centesimi al litro benzina e 3 al litro gasolio nella fascia
occidentale.
MARTINA MILIA
Krsko, la centrale chiede una proroga fino all’anno 2030 - L’IMPIANTO NUCLEARE RADDOPPIA
LUBIANA - La centrale nucleare di Krsko ha chiesto al governo sloveno di autorizzare la proroga del suo pieno funzionamento per altri vent'anni.
Il direttore esecutivo dell'impianto, Stane Rozman, ha spiegato che
la modernizzazione effettuata negli ultimi cinque anni e gli investimenti di 100
milioni di euro previsti nei prossimi anni assicurano un normale e sicuro
funzionamento della centrale nucleare per altri due decenni. Questo significa
che l'impianto resterebbe attivo fino al 2043. Nel 2023 scadono infatti i
quarant'anni della durata standard di un impianto di questo tipo. Il reattore
esistente è stato messo in funzione nel 1983 come progetto congiunto della
Slovenia e della Croazia, all'epoca repubbliche della Jugoslavia federale. Il
governo sloveno, ricordiamo, ha più volte ribadito l'intenzione di costruire
anche un secondo reattore a Krsko, progetto che dovrebbe essere inserito nel
piano nazionale per lo sviluppo energetico e votato dal parlamento l'anno
prossimo. Secondo il ministro dell'economia Matej Lahovnik il nuovo reattore
dovrebbe essere completato tra il 2020 e il 2025, costerà tra i 3,5 e i 5
miliardi di euro e potrà funzionare sessant'anni. Un po' meno ottimista sui
tempi invece il direttore della centrale, Rozman, secondo cui ci vorranno circa
vent'anni per il raddoppio della centrale. Nel 2009, Krsko ha prodotto 5.487
gigawatt ore di energia elettrica, l'1,3 per cento in più del piano. Quest'anno
è stato anche molto tranquillo sotto il profilo della sicurezza: il reattore è
rimasto fermo solo 32 giorni per la revisione dell'impianto, e anche in quel
caso l'impatto sull'ambiente circostante è rimasto ben al di sotto dei livelli
limite previsti dalla legge.
L'anno prima, nel giugno del 2008, dalla centrale di Krsko era partito invece
un'allarme in tutta Europa, quando per una perdita d'acqua al sistema di
raffreddamento si è proceduto allo spegnimento del reattore. L'«incidente» si è
poi rivelato essere molto meno grave, ma intanto nei Paesi dell'Unione europea
era scattato il segnale d'emergenza, come per altro previsto dal sistema
comunitario per uno scambio rapido di informazioni (sistema ECURIE). In quel
caso, comunque, non c'era stata alcuna fuga radioattiva, e non erano in pericolo
né il personale della centrale né l'ambiente circostante. Si è risolto tutto,
fortunatamente, solo con un po' di paura. Tornando al presente, la Centrale
nucleare di Krsko ha »prodotto« quest'anno 30 metri cubi di scorie radioattive,
e si sta cercando una soluzione per immagazzinarle in futuro, visto che il
deposito di stoccaggio del materiale radioattivo, che doveva essere costruito
entro il 2013, non sarà pronto per tempo. Anche nel 2010 sono previsti
interventi di ammodernamento dell'impianto. Krsko, ricordiamo, è costruita con
tecnologia americana: il reattore ad acqua pressurizzata è stato realizzato
dalla Westinghouse ed ha una capacità di 632 megawatts.
Funziona con 121 elementi di uranio arricchito, acqua distillata come
rallentatore e 33 fasci da 20 barre di argento, cadmio e indio per regolare la
potenza. La centrale copre circa il 24 per cento del fabbisogno energetico della
Slovenia e il 17 per cento del fabbisogno croato.
Fiume, tutti contrari alla cokeria che l’Ina progetta a
Kostrena - Per cittadini e Comuni interessati lo studio ambientale è carente
FIUME Memori degli sfracelli ambientali combinati dalla
defunta cokeria locale dal 1976 al 1994, i consiglieri municipali di Buccari,
Kostrena e Portoré (Kraljevica) hanno opposto un netto rifiuto allo studio
d’impatto ambientale riguardante l’entrata in funzione di un impianto di coking,
da fare sorgere nell’ambito della raffineria Ina a Urinj, nel comune di Kostrena.
Qui, al confine Est di Fiume, si è tenuta una seduta dei consiglieri e dei
sindaci delle tre municipalità: tutti i presenti hanno espresso contrarietà
all’impianto che trasformerà il coke di petrolio in prodotti più leggeri e
remunerativi, come benzina, gas di petrolio liquefatto e gasolio da
autotrazione. Il progetto dell’impianto coking rientra nella modernizzazione
degli stabilimenti di Urinj (investimenti per un 1,5 miliardi di euro), accolta
molto male da opinione pubblica e Comuni interessati. Unanime è stata pertanto
la conclusione votata a Kostrena e inviata alla compagnia petrolifera
croato–ungherese Ina: «Lo studio d’impatto ambientale è lacunoso e non spiega a
sufficienza taluni aspetti legati alla presenza dell’impianto di trasformazione
del coke nel comprensorio. La documentazione offertaci in visione è pertanto
inaccettabile. Attendiamo che un secondo studio illustri in modo concreto e
chiaro le conseguenze per l’ambiente”. Duro l’attacco del sindaco di Kostrena
Miroslav Uljan (regionalista quarnerino): «Ci opponiamo e ci opporremo in modo
forte a simili tecnologie, di cui non abbiamo proprio bisogno. Gli abitanti di
Kostrena sono particolarmente scettici verso l’Ina perchè i suoi responsabili
non hanno mai realizzato quanto promesso. La raffineria Ina sta degradando da
decenni l’habitat, producendo un insopportabile inquinamento acustico. A
Kostrena, la qualità dell’aria rientra nella terza categoria, dunque stiamo
parlando di aria inquinata: ciò vuol dire che l’Ina non ha ancora avviato il
tanto atteso programma di risanamento. Prima di pensare all’ammodernamento,
l’Ina deve migliorare la qualità dell’aria che respiriamo a Kostrena e
dintorni». Categorico pure il sindaco buccarano Tomislav Klaric (Hdz,
centrodestra): «Abbiamo analizzato a fondo lo studio d’impatto ambientale,
concludendo che Buccari non può avere il coke–bis. Nel documento non è stato
trattato, a esempio, l’impatto sulla sorgente di acqua potabile Dobrica, né le
condizioni meteo dell’area. Tenuto conto di quello che combinano da noi i venti
di bora e scirocco, credo che qui il coke si troverebbe dappertutto. Dopo quanto
siamo stati costretti a sopportare a causa dell’ex cokeria, a Buccari nessuno
vuol più sentir parlare di nuovi impianti inquinanti».
Sulla stessa lunghezza d’onda il sindaco di Portoré Josip Turina (Partito
socialdemocratico): «Basta con il coke, gli abitanti di Portoré vogliono
respirare finalmente aria pulita. La nostra città è da considerarsi defunta a
causa dei grandi stabilimenti industriali presenti nel suo immediato
circondario. Se proprio impianto di coking deve essere, propongo l’istituzione
di una commissione indipendente, i cui esperti dovranno scegliere la tecnologia
migliore».
Vladimir Micovic, direttore dell’Istituto regionale per la Salute pubblica, si è
soffermato sulla qualità dell’aria nella zona di Urinj: «Da ormai quattro anni i
dati parlano di aria di terza categoria. Purtroppo le stazioni di misurazione,
gestite dall’Ina, risultano inattive per lunghi periodi dell’anno e dunque può
darsi che i risultati reali siano peggiori di quelli ufficiali».
Andrea Marsanich
SEGNALAZIONI - FERROVIE - Treni cancellati
Il 13 dicembre 2009 Trenitalia ha dato il via al nuovo
sistema delle Frecce. Treni ad alta velocità, ultra-moderni, puliti e puntuali.
Una nuova «linea per unire e far crescere il paese». Ma quella che dovrebbe
essere una svolta storica per il sistema di trasporti italiano sta già
provocando le ire dei viaggiatori e delle Associazioni dei Consumatori. Agli
aumenti drastici dei biglietti, che hanno raggiunto addirittura punte del 28%,
non sono seguiti significativi vantaggi a favore dei viaggiatori. Se è vero che
i tempi di percorrenza si sono ridotti per tratte centrali, come per la
Milano-Bologna-Firenze-Roma, è vero anche che in zone periferiche le durate dei
viaggi sono in certi casi addirittura aumentate.
Fino al 12 dicembre, prima cioè dell’entrata in vigore del nuovo orario
invernale, Trieste era collegata alla Capitale con un treno Eurostar diretto che
per arrivare a Termini impiegava 6 ore e 20 minuti. 61,80 euro in seconda
classe. In alternativa, si poteva scegliere un Regionale fino a Mestre, e da
Mestre a Roma un Eurostar, spendendo in tutto 69,80 euro, sempre in seconda
classe.
Con il nuovo orario, però le cose cambiano e già ad una prima occhiata ci si
rende subito conto che Trenitalia ha deciso di cancellare completamente tutti i
collegamenti diretti Trieste-Roma. Fanno eccezione due lentissimi Intercity che
impiegano però oltre 8 ore ed effettuano sedici fermate intermedie. I
viaggiatori triestini sono quindi obbligati a cambiare treno alla stazione di
Mestre. E come si sa, i cambi portano via tempo, aumentano i disagi, la durata
del viaggio e il prezzo del biglietto. Ecco quindi che il povero viaggiatore si
ritrova davanti ad una scelta: mettere mano al portafoglio optando per una
soluzione costosa Eurostar+Eurostar prediligendo la brevità del viaggio, o
scegliere la soluzione più economica - e più lenta - di un Regionale+Eurostar?
Nel primo caso il viaggiatore deve mettersi il cuore in pace, sborsare novanta
euro e cambiare a Mestre (dove per altro deve attendere 25 minuti), ma almeno
arriva nella Capitale in cinque ore e mezzo, ritardi permettendo. Nel secondo
caso invece impiega sei ore e mezzo (dieci minuti in più rispetto ad un tempo),
e deve spendere per il suo biglietto oltre 80,00 euro (ben 20 euro in più sulle
vecchie tariffe). Paradossalmente quindi l’aumento sproporzionato dei prezzi non
è in alcun modo bilanciato da una diminuzione reale dei tempi di percorrenza o
dai servizi offerti al viaggiatore.
Con il nuovo orario e le tariffe di Trenitalia, Trieste diventa sempre più
distante e irraggiungibile dal resto dell’Italia.
Giulio Cok
SEGNALAZIONI - ASPORTO Rifiuti ingombranti
Diversi cittadini, ci hanno segnalato la dilatazione dei
tempi di attesa per il ritiro di rifiuti ingombranti. A volte questo protrarsi
crea dei reali problemi poiché arrivano i nuovi oggetti senza che l’operazione
abbia avuto luogo.
Purtroppo è vero che molti cittadini abbandonano questo tipo di rifiuti
dappertutto creando un effettivo luridume nelle strade, già interessate dalla
pulizia a scaglioni programmati che non permettono una costante pulitura, ma
questo modo di procedere all’asporto può incoraggiare chi non ha il senso civico
o a chi basta poco per perderlo.
La chiusura di alcuni centri può senz’altro aver contribuito a questo stato di
cose, ma certamente non si possono giustificare anche 20 giorni di attesa.
Auspichiamo che chi di dovere sappia trovare una opportuna soluzione.
Vincenzo Cutazzo - vicepresidente Lega consumatori
IL PICCOLO - GIOVEDI', 17 dicembre 2009
Gas Natural: il progetto definitivo entro giugno 2010 - RESPINTI GLI ATTACCHI
AL RIGASSIFICATORE
Il direttore progetti de Carreras Roques: niente royalties, ma un gettito
fiscale fino a 10 milioni l’anno
Le accuse del tavolo tecnico italo-sloveno non lo turbano. Le perplessità
del presidente degli industriali nemmeno. E persino l’ombra delle carte false
gettata da Greenaction lo lascia indifferente. Sfoggia una calma olimpica e un
aplomb quasi inglese Narciso de Carreras Roques, il ”signor Gas Natural”
arrivato ieri in città con un bagaglio di risposte rassicuranti e una mission
quasi impossible da realizzare: convincere tutti i triestini della validità del
progetto del rigassificatore di Zaule. Progetto che, spiega il direttore
Progetti internazionali del gruppo spagnolo, offrirà garanzie di sicurezza e
porterà vantaggi a palate.
Quali saranno, in concreto? Le famose royalties (”tasse” da versare nelle casse
comunali in proporzione alla quantità di gas sbarcato ndr)?
No, non parlerei di royalties, ma di ricadute di diverso tipo. Lo spostamento
della sede a Trieste (nello studio dei commercialisti Valentincic e Giamporcaro
ndr) assicurerà gettiti fiscali importanti: le prime stime parlano di 150-200
milioni di euro per l’intera ”vita” del rigassificatore. In media arriveranno
alla Regione, e a caduta agli enti locali, tra i 7.5 e 10 milioni di tasse
all’anno per 20 anni. Ma non basta.
Cos’altro?
Nel conto vanno messi anche i 500 milioni di investimento complessivo e i 40
milioni previsti per la bonifica del sito.
E il coinvolgimento di Acegas-Aps nel business del gnl?
Non c’è ancora l’accordo. A breve però avremo un incontro decisivo.
Con la popolazione, invece, nessun confronto?
Da gennaio avvieremo una campagna di comunicazione ”pedagogica”. Vogliamo far
capire che questo progetto non è una minaccia ambientale e che noi non siamo
degli speculatori.
Perché aspettare tanto?
Perché prima del decreto di valutazione di impatto ambientale, il progetto di
fatto non c’era. Ora che il ministero, dopo 3,5 anni di lavoro, ha rilasciato
l’autorizzazione, possiamo concentrare l’attività su Trieste.
Ma il decreto di Via è arrivato in luglio e ora siamo in dicembre. Avete perso
sei mesi di tempo
Non parlerei di tempo perso. In questo periodo abbiamo dialogato con altri
interlocutori, dalla Regione al Porto. Esistono delle linee del progetto, come
il piano di bonifica, che devono ancora essere messe a fuoco per poi confluire
nel progetto definitivo.
A quando la conclusione dell’iter?
Contiamo di veder approvato il definitivo entro giugno 2010.
Nel frattempo continueranno a farsi sentire le voci critiche di docenti ed
esperti.
Non si tratta di esperti di sicurezza. Quel tavolo tecnico non è stato attivato
dai vigili del fuoco, ma solo da un sindacato. Detto questo, non vogliamo
metterci in contrapposizione con nessuno.
Le accuse però sono pesanti: sbagli nella documentazione.
Nel nostro progetto non ci sono sbagli. Lo dimostra il fatto che il ministero ci
ha rilasciato l’autorizzazione di compatibilità ambientale
E l’allarme carte false lanciato da Greenaction?
Nell’esposto si ipotizzavano precisi illeciti penali. Il fatto che la Procura
non li abbia ravvisati, dimostra che il castello non sta in piedi.
Anche il presidente degli industriali è scettico.
Nelle sue parole non ci sono critiche. Dice che senza sicurezza non ha senso
andare avanti? Esattamente ciò che diciamo noi. La sicurezza è una nostra
priorità.
Oltre a Zaule, resta in piedi anche l’ipotesi Taranto?
L’iter sta andando avanti, seppur più lentamente. Manca ancora il decreto di
Via.
Va avanti anche il progetto del gasdotto South Stream. Preoccupati?
No. Impianti di gas liquido e gasdotti sono compatibili e complementari. E la
concorrenza fa bene al mercato.
MADDALENA REBECCA
«Roma riveda l’autorizzazione ambientale» - LETTERA APERTA A PRESTIGIACOMO E
MARONI - L’appello lanciato dagli esperti e docenti coinvolti nel tavolo tecnico
«L’autorizzazione ambientale è stata ottenuta in base ad una rappresentazione
non veritiera della realtà, in palese violazione dei rigidi disposti normativi
in materia».È la conclusione a cui sono arrivati tutti i docenti coinvolti nel
tavolo tecnico sul rigassificatore attivato dalla Uil dei vigili del fuoco,
inserita in una lettera aperta inviate ai rappresentanti delle istituzioni
centrali e regionali.
Nella missiva - recapitata, tra gli altri, al ministro dell’Ambiente
Prestigiacomo, al responsabile del Viminale Maroni, ai sottosegretari Menia e
Nitto Palma e al presidente della Regione Tondo -, i professori universitari
tornano ad evidenziare i tanti dubbi sollevati dal progetto targato Gas Natural.
«Dagli esami effettuati - si legge nel testo a firma del coordinatore regionale
della Uil vigili del fuoco Adriano Bevilacqua -, è emerso in maniera chiara e
incontrovertibile che molti degli elaborati prodotti dal gruppo spagnolo sono
incoerenti, contraddittori e privi della necessaria scientificità che la
procedura di Via richiederebbe, vista la vicinanza del rigassificatore previsto
a Zaule con la centrale termoelettrica della Lucchini e il metanodotto Snam.
Dalle analisi è risultato che, in caso di incidente grave, le distanze di
sicurezza disponibili non sono compatibili con quelle necessarie ad assicurare
l’incolumità delle persone che risiedono a poche centinaia di metri di
distanza».
Rischi, secondo il gruppo di ”saggi”, che le istituzioni non hanno ancora messo
bene a fuoco o, peggio, fingono di non aver compreso. «Il fatto oggettivo -
scrive ancora la lettera aperta - che politici favorevoli al rigassificatore
asseriscano disinvoltamente che ”il metano non può esplodere”, rischia di creare
non poca confusione tra la popolazione e costringe a prendere posizioni nette
sull’argomento».
Di qui un appello forte e chiaro rivolto ai tecnici romani. «La gravità della
situazione è tale che da consigliare, se non addirittura imporre, al ministero
dell’Ambiente di rivedere secondo il principio dell’auto tutela amministrativa,
il contenuto del processo di Via. In particolare - viene spiegato ancora nella
nota - vanno riverificati tutti i pareri fin qui acquisiti. Pareri che recano un
tal numero di prescrizioni e condizioni da configurarsi in realtà come
valutazioni decisamente negative sul progetto».
Infine un affondo che chiama in causa direttamente le coscienze di chi ha
responsabilità nella delicata vicenda. «Si abbia il coraggio . concludono i
”saggi” - di riportare tempestivamente il tutto alla necessaria legalità, prima
che a ciò arrivino le autorità giudiziarie preposte, che non potranno non
cogliere queste evidenti illogicità nella tutela del pubblico interesse. È
evidente che l’eventuale mancato esercizio dell’auto tutela potrà essere fonte
di responsabilità, perlomeno civili ed erariali, in capo a coloro che dovessero
ostinarsi negli attuali atteggiamenti».
«Concessi solo 10 giorni per studiare 22 volumi» Protestano gli
ambientalisti: «Non ci è stata neanche fornita tutta la documentazione»
Dieci giorni per analizzare oltre 22 volumi. È questo, denunciano Wwf e
Legambiente, il tempo concesso dal ministero dell'Ambiente all'Ispra (Istituto
superiore per la protezione e ricerca ambientale) per esprimersi, nel febbraio
2009, sugli studi di impatto ambientale del rigassificatore di Zaule prodotti da
associazioni ambientaliste, governo sloveno e Gas Natural. Tempo che gli stessi
tecnici dell'Ispra nella relazione finale segnalano come insufficiente per uno
studio complessivo della documentazione fornita. Ancora più grave, segnala Lino
Santoro di Legambiente, che contemporaneamente alla richiesta all'Ispra il
ministero abbia domandato alla stessa Gas Natural di produrre controdeduzioni
sulle osservazioni slovene e delle associazioni ambientaliste. «Così è venuta
meno - commenta Dario Predonzan, del Wwf regionale - l'ultima parvenza di
imparzialità del ministero rispetto a Gas Natural, che ha goduto di trattamento
di favore». Secondo il Wwf poi all'Ispra non sarebbe stata fornita tutta la
documentazione inviata al ministero dalle associazioni ambientaliste: sono
scomparse, dicono, osservazioni spedite nel gennaio 2007, che fra l'altro
evidenziavano un problema legato al risollevamento dei fanghi inquinati da
mercurio dai fondali della baia di Muggia.
Comunque l'Ispra ha segnalato lacune negli studi di Gas Natural. «Ha rilevato -
spiega il biologo marino Carlo Franzosini - la mancanza totale dell'analisi,
prevista per legge, sugli effetti dell'impianto sulla salute pubblica, ma anche
la contraddittorietà di alcuni elaborati sui dragaggi nella baia di Muggia, la
mancanza di analisi sulla risospensione del mercurio, l'uso di modelli di
calcolo inadeguati per la valutazione del raffreddamento delle acque nella baia
e la mancanza di valutazione dell'effetto provocato dal cloro sugli organismi
marini. Valutazioni analoghe a quelle degli ambientalisti».
Neanche il parere dell'Ispra ha però condotto a una richiesta di integrazioni
dal ministero, che ha solo chiesto a Gas Natural di eseguire, una volta
costruito l'impianto, ulteriori studi e monitoraggi.
Su queste basi è stato integrato, il 30 novembre, il ricorso presentato da
Legambiente e Wwf al Tar del Lazio sul decreto con il giudizio di compatibilità
ambientale favorevole al progetto. I cittadini sono invitati, domani alle 18.30
al teatrino di San Giovanni, al dibattito organizzato da Wwf e Legambiente.
Giulia Basso
«Ponte sul canale, la Soprintendenza dica sì o no» -
Dipiazza: impossibile investire su un permesso a termine. Piazza Libertà,
ragioneremo sul nuovo progetto
LETTERA FIRMATA DAL SINDACO
Il destino del nuovo ponte sul canale di Ponterosso passa ufficialmente
nelle mani della Soprintendenza. Dal Comune, infatti, partirà oggi stesso una
lettera a firma del sindaco Roberto Dipiazza in cui - rigorosamente
nell’irrinunciabile “burocratese” - si formula al direttore regionale per i beni
culturali del Friuli Venezia Giulia, Roberto Di Paola, una richiesta molto
chiara: se si autorizza il progetto, lo si faccia in modo definitivo, senza
vincoli temporali. Oppure si dica che non si può fare.
I 5 ANNI Quel dettaglio dei «cinque anni rinnovabili» contenuto nel nulla osta
arrivato in Municipo quasi sette mesi fa, infatti, non è piaciuto al sindaco,
diventato nel frattempo anche assessore ai Lavori pubblici. Dipiazza ha messo in
dubbio la realizzazione dell’opera, perché sarebbe «sbagliato investire soldi
pubblici in qualcosa che, ipoteticamente, qualcun altro tra cinque anni potrebbe
decidere di levare via». Eventualità implicitamente contemplata dal parere della
Soprintendenza. Come a dire, insomma: no agli sprechi di denaro dei cittadini.
Precisamente 750mila euro. Per questo, ieri mattina, Dipiazza ha confermato di
aver preso carta e penna, come annunciato dieci giorni prima, per scrivere a Di
Paola, leggendo il testo ai consiglieri della Quarta commissione comunale, da
cui era stato convocato per fare il punto sulla passerella pedonale stessa e
sulla situazione di piazza Libertà. Per spiegare i motivi di rallentamenti
nell’iter che non necessariamente si tradurranno in bocciature definitive.
I QUESITI I commissari non hanno mancato di porre una lunga serie di quesiti e
sollecitazioni al sindaco. A partire da quello di Iztok Furlanic (Rifondazione
comunista) sul capitolo sulle spese sostenute fin qui. Risposta di Dipiazza:
«Nessuna finora». E, sempre dal versante del centrosinistra, Roberto Decarli
(Cittadini) ha ribadito la sua contrarietà alla passerella tanto cara all’ex
assessore Franco Bandelli, chiedendo di pensare a come reinvestire «i
finanziamenti non destinati al ponte». Questione giudicata ancora prematura dal
sindaco, in attesa della risposta della Soprintendenza.
Andrà poi considerata una variabile non trascurabile in questa partita, come
fatto notare dalla maggioranza di centrodestra, per voce di Piero Camber (Forza
Italia-Pdl): «Tra 14 giorni il direttore regionale per i beni culturali va in
pensione...». Ergo: non è detto che la nuova versione del parere arrivi entro la
fine dell’anno. L’incombenza potrebbe finire direttamente nella cartella della
posta in arrivo del successore di Di Paola. Intanto, per confermare la piena
sintonia con il primo cittadino, Camber ha speso una sorta di slogan: «Sì al
ponte, ma no al ponte a termine». Anche perché, la strategia complessiva del
Comune, non è destinata a mutare, visto che anche senza la passerella «si
continua con la pedonalizzazioni», ha promesso Dipiazza. Sempre lungo l’asse
piazza Venezia-piazza Libertà.
LA PIAZZA Ecco, appunto, piazza Libertà. Altro progetto di riqualificazione che
ha visto rallentare il suo percorso, a causa di quella corsia riservata agli
autobus introdotta con l’ultima variante e che andrebbe a spezzare il carattere
completamente pedonale dell’area rinnovata. Per questo «non essendo più
effettivamente una piazza - ha detto ieri Dipiazza -, consentitemi di fare un
ragionamento assieme ai miei uffici. Per il bene della città. Poi ci
confronteremo».
BAGARRE Prima che, in chiusura di seduta, Luciano Kakovic (Pd) chiedesse un
aggiornamento anche su palazzo Carciotti da calendarizzare alla prossima
riunione di commissione, c’è stato lo spazio pure per un piccolo screzio interno
al centrodestra. Protagonisti il forzista-pidiellino Piero Camber e l’ex Fi-Pdl
Claudio Frömmel, oggi componente del gruppo Sulli. «Ormai è un tutti contro
tutti nel centrodestra - ha voluto sottolineare Marco Toncelli del Pd -. Alla
fine, troveranno i numeri per approvare il bilancio, però è evidente come la
maggioranza non voglia neanche pensare a un rientro nei ranghi dei quattro».
Ovvero i bandelliani.
MATTEO UNTERWEGER
La Ferriera risarcisce i cittadini danneggiati - PER
L’EMISSIONE DI POLVERI E FUMI E I CONSEGUENTI IMBRATTAMENTI
L’ACCUSA - Il pm Frezza ha contestato ai 4 imputati
altri 66 sforamenti prima del 24 novembre
La Ferriera di Servola mette mano al libretto degli assegni e risarcisce i
cittadini che si sono costituiti in giudizio per non dover sopportare ulteriori
emissioni ”fuorilegge” di polveri e fumi.
La decisione della proprietà di versare il denaro, - un paio di migliaia di euro
per persona o poco più - è emersa ieri nell’aula del Tribunale in cui il
direttore dello stabilimento Francesco Rosato e i manager del gruppo siderurgico
Giuseppe Lucchini, Giovanni Gillerio ed Hervè Kerbat devono rendere conto alla
legge dei 240 sforamenti del limite delle polveri verificatisi tra il 2007 e il
2008 dagli impianti dello stabilimento.
«Le trattative sono positivamente avviate con la parte civile senza che ciò
presupponga una assunzione di responsabilità» ha precisato l’avvocato Giovanni
Borgna, storico difensore del gruppo siderurgico bresciano. In apertura di
udienza aveva aggiunto che la società «è sempre stata disponibile». Accanto a
lui era schierato l’avvocato Guido Fabbretti che rappresenta in questo processo
l’associazione ”Nosmog” e un gruppo di cittadini che hanno deciso di monetizzare
il loro disagio e l’abbassamento della qualità della loro vita. Anche Fabbretti
ha confermato che «le trattative sono molto avanzate». Perché la discussione tra
le parti possa concludersi favorevolmente, il giudice Paolo Vascotto ha concesso
alle parti un mese e mezzo di tempo. Il processo riprenderà il 3 febbraio e in
quella data dovrebbe anche concludersi perché il Gruppo Lucchini ha chiesto di
essere ammesso all’oblazione. Pagando una certa cifra dopo aver riportato le
emissioni nei limiti previsti dalla legge, il reato contestato dalla procura, si
estinguerà.
Ieri il pm Federico Frezza in apertura d’udienza ha contestato ai quattro
imputati, peraltro assenti, 66 nuovi episodi di sforamento accaduti prima del 24
novembre 2009. La nuova contestazione non vanifica la richiesta di oblazione
presentata dai vertici della Ferriera e tantomeno l’esito del processo perché la
Ferriera può legittimamente e lecitamente emettere una certa quantità di polveri
e fumi. Inoltre la proprietà ha eseguito tutti gli interventi migliorativi
indicati nella relazione del professor Marco Boscolo, consulente della Procura.
Sono stati adeguati il sistema di aspirazione del piano di colata, della
macchina a colare nonchè quello di irrorazione del parco minerali. La spesa
sostenuta è stata valutata in svariati milioni di euro, di fronte ai quali i
risarcimenti rischiesti dai cittadini costituitisi parte civile, appaiono
infinitesimali, poco più di una gratifica o di una generosa mancia.
CLAUDIO ERNÈ
Slitta a gennaio la discussione sulla privatizzazione
dell’acqua - LA MOZIONE DI RACOVELLI
Un eventuale impegno ufficiale da parte del Comune,
innescato da relativa mozione, contro la privatizzazione dell’acqua verrà
ridiscusso a gennaio. L’hanno stabilito ieri i componenti della Terza
commissione consiliare, da cui è scaturita la decisione di far slittare al nuovo
anno la presentazione dell’atto predisposto dal consigliere comunale dei Verdi,
Alfredo Racovelli, “Iniziative istituzionali contro il processo di
privatizzazione delle risorse idriche previsto nel decreto legge Ronchi”.
È lo stesso Racovelli a spiegare come la direzione individuata sarà quella «di
una proposta di modifica dello statuto del Comune, con cui si vuole andare a
definire al suo interno il servizio idrico come irrinunciabile per la comunità.
Spostando il punto di vista, quindi, dalla questione della rilevanza economica
del bene. C’è stato poi l’impegno dei presenti a votare favorevolmente la
mozione». La cui approvazione, al termine della discussione in Consiglio
comunale, verrà battezzata, quindi, da un consenso bipartisan. Almeno così
sembra. Qualcuno nel centrodestra, come Salvatore Porro (Dc-autonomie) ha già
confermato il suo sì: «Voterò sicuramente a favore della mozione di Racovelli».
«Museo del Porto vecchio, prime visite nel 2011» -
Investimento da 12,5 milioni, centrale idrodinamica e sottostazione elettrica i
due contenitori principali
«A metà 2011 il pubblico potrà visitare il Polo museale
del Porto Vecchio». Lo hanno annunciato ieri il presidente dell’Autorità
portuale Claudio Boniciolli e il presidente del neocostituito Istituto di
cultura marittimo portuale di Trieste Aldo Cuomo. La Barcolana del 2010 sarà
quella buona (doveva esserlo già quella passata, ma soprattutto a Trieste tutto
slitta) per la presentazione del Fecia di Cossato, il più grande sommergibile
d’attacco mai schierato dalla Marina militare italiana, oggi in disarmo a La
Spezia, che costituirà il maggior punto d’attrazione di un parco storico
tecnologico che, mentre il progetto del Parco del mare non decolla, si candida
ad essere, in tempi relativamenge rapidi, quel volano per il turismo cittadino
che oggi non esiste.
Attualmente il sommergibile Enrico Toti al Museo della scienza e della tecnica
di Milano, molto più piccolo del Fecia di Cossato, fa 85 mila visitatori
all’anno ed è proprio con questo museo lombardo rappresentato ieri a Trieste dal
direttore Fiorenzo Galli, e con la Fondazione Fincantieri che ieri alla Torre
del Lloyd è stato sottoscritto un protocollo d’intesa per il trasferimento a
Trieste del know-how acquisito, lo scambio di materiali e risorse umane,
l’organizzazione di eventi. «Conserviamo 600 o 700 mila documenti, migliaia di
foto e numerose attrezzature tra cui scegliere i reperti che potremo mettere a
disposizione», ha spiegato il direttore della Fondazione Fincantieri, Mauro
Martinenzi. «La nostra associazione - ha aggiunto Paolo Valenti dell’Aldebaran,
a propria volta coinvolta nell’iniziativa - in oltre 55 anni ha raccolto 600
modelli di navi di cui oltre un centinaio riguardano Trieste. Attraverso questi
modelli nel Museo potrà essere vissuta la storia delle compagnie di navigazione
di queste zone che purtroppo non esistono più».
L’investimento complessivo per la creazione del museo è di 12 milioni e mezzo di
euro di cui oltre 5 milioni stanziati dalla stessa Autorità portuale e i lavori
saranno conclusi completamente nel luglio 2012 anche se, come detto, visite
parziali saranno possibili già un anno prima. I due principali contenitori, a
propria volta gioielli di archeologia industriale, saranno l’ex Centrale
idrodinamica e la Sottostazione elettrica. La Centrale ha già le due torri
ingabbiate perché la Soprintendenza le sta mettendo in sicurezza, mentre è in
fase di svolgimento la gara per appaltare i lavori di riqualificazione veri e
propri che si protrarranno per poco più di un anno. Qui dentro saranno collocati
anche un bookshop, un bar e nuovi servizi. Lo spazio interno verrà diviso in due
aree: una dedicata al museo specifico del porto di Trieste e una predisposta per
narrare la storia della navigazione sottomarina con approfondimento sinergico
alla visita del sottomarino. Sarà ricavata anche una sala polifunzionale per
conferenze, incontri ed esposizioni. Gli stessi macchinari della Centrale però
diverranno pezzi del museo. All’interno della Sottostazione elettrica invece,
dove i lavori di riqualificazione partiranno in una fase immediatamente
successiva, nasceranno un archivio e spazi espositivi per documenti, modelli e
disegni con postazioni multimediali. Verrà creata anche una biblioteca su più
livelli.
SILVIO MARANZANA
PORTO VECCHIO - «Italia Nostra, forte contributo» -
L’ASSOCIAZIONE: L’AUTHORITY NON HA FATTO DA SOLA
In difesa del Porto Vecchio nasce intanto anche un’altra
Fondazione. L'associazione Italia Nostra infatti, come annuncia la sua
presidente provinciale Giulia Giacomich, insieme a promotori nazionali,
internazionali e a studiosi che negli anni hanno collaborato alla salvaguardia
dello scalo antico, porrà in essere le procedure per la Fondazione del Porto
Vecchio, mentre non parteciperà, perché al momento non ci sono le condizioni di
collaborazione, all’Istituto di cultura marittimo portuale di Trieste, la
fondazione costiutita dall’Autorità portuale.
«Italia Nostra si meraviglia - rilerva Giacomich in una nota - che, in più
occasioni, l'Autorità Portuale si presenti come l'unico protagonista del
finanziamento e del programma di restauro della Centrale idrodinamica e della
Sottostazione elettrica. Per correttezza e rispetto del lavoro svolto da tutti
coloro che hanno collaborato in questi anni per arrivare a tali importanti
restauri, finalizzati alla creazione del Museo del porto, è giusto chiarire che
tutta l'operazione è stata svolta insieme alla Regione Friuli Venezia Giulia
(area Istruzione e Cultura) e al Ministero per i Beni e le attività culturali,
con l'impegno costante della professoressa Antonella Caroli che si è dedicata,
con tutte le sue competenze, all'avvio procedurale per ottenere i finanziamenti
necessari ai restauri, alla creazione del Polo museale e alla messa in itinere
del progetto con i fondi europei. Il tutto seguito e sostenuto, dal punto di
vista culturale, da Italia Nostra».
«Il risultato - sostiene ancora Italia Nostra - è frutto di un lungo lavoro di
coordinamento tra gli enti culminato con la stipula del protocollo d'intesa
siglato il 25 ottobre 2007 tra Regione, Autorità Portuale e Ministero dei Beni
culturali e il merito non va soltanto all'Autorità Portuale, più volte
sollecitata ad andare avanti sia dalla nostra associazione (con lettere,
incontri e conferenze stampa), sia dalla Commissione cultura della Regione.
Senza contare che fu Italia Nostra, nel 2004, ad inviare la richiesta di avvio
della procedura a Ministero, Regione e Autorità Portuale».
SEGNALAZIONI - EDILIZIA - Cuboni riesumati
Desidero completare le informazioni riportate
nell’articolo di domenica 13 dicembre sul piano particolareggiato di
edificazione nel centro storico.
Il Comitato cittadino «via S. Giustina - via Belpoggio» è mobilitato con la
stessa forza a difesa di entrambe le aree relative ai cosiddetti Cubone 1 (fra
le vie S. Giustina e Belpoggio) e Cubone 2 (fra via Belpoggio e androna Campo
Marzio).
Con questo spirito il Comitato sarà presente in Consiglio Comunale per
contestare l’approvazione di questi progetti. Circola insistentemente la voce
che il Comune abbia riesumato i progetti per il Cubone 1 (via S. Giustina - via
Belpoggio) e Cubone 2 (via Belpoggio - androna Campo Marzio) nell’ambito della
pianificazione edilizia nella zona A O (Centro storico). In occasione della
discussione su Piano regolatore generale veniva previsto che la zona del centro
storico sarebbe stata tutelata da una ulteriore eccessiva cementificazione.
Secondo le stesse voci, invece, l’amministrazione comunale avrebbe proceduto a
definire in gran fretta progetti edilizi di pesante impatto. Tutto questo sotto
secretazione fino all’ultimo istante per impedire ai cittadini qualunque
protesta.
Riteniamo che il consiglio comunale abbia prima di tutto il dovere di mantenere
fede agli impegni presi pubblicamente di fronte ai cittadini e un preciso
obbligo di proteggere primariamente gli interessi della collettività e non
soltanto quelli dei privati.
Abbiamo capito male?
Marina Spaccini - per il Comitato - «via Belpoggio e S. Giustina»
COMUNICATO STAMPA WWF e LEGAMBIENTE - MERCOLEDI', 16 dicembre 2009
Rigassificatore di Trieste. WWF e Legambiente: “Nuovi
elementi sull’incredibile superficialità e parzialità del ministero
dell’ambiente.”
Trieste, 16 dicembre 2009
E’ ancora più incredibile di quanto già non fosse emerso, la superficialità con
cui il ministero dell’ambiente ha trattato il progetto del rigassificatore
proposto da GasNatural a Trieste-Zaule.
Se ne sono accorti WWF e Legambiente, che dopo un lungo braccio di ferro sono
riusciti ad ottenere i documenti tecnici, in base ai quali è stato redatto il
decreto del luglio 2009 - a firma dei ministri Prestigiacomo e Bondi - con il
giudizio di compatibilità ambientale favorevole al progetto.
Il decreto cioè che le due associazioni hanno impugnato un mese fa al TAR del
Lazio (come hanno fatto anche i Comuni di Muggia, S. Dorligo-Dolina e
Capodistria) con l’avv. Alessandro Giadrossi.
“I documenti ottenuti di recente – è stato sottolineato in una conferenza stampa
svoltasi oggi a Trieste – testimoniano, con grande evidenza, quanto lacunosa e
superficiale sia stata l’analisi tecnica degli organi ministeriali su un
progetto di grande complessità e dai rilevanti effetti sull’ambiente e la
sicurezza.”
Il Ministero ha affidato infatti all’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione
e la Ricerca Ambientale) il compito di analizzare sia il parere espresso -
nell’ottobre 2008 - dal Governo sloveno, sia le osservazioni formulate dalle
associazioni ambientaliste. Lo ha fatto però appena nel febbraio 2009, dando
all’ISPRA solo dieci giorni di tempo (!) e senza neppure fornire i documenti
relativi al progetto e agli studi di GasNatural (22 volumi!) in formato
digitale, ma soltanto cartaceo.
Il tutto dopo che nel giugno 2008 la Commissione VIA del ministero aveva già
espresso un parere favorevole sull’impianto!
Non solo: in parallelo, sia sul parere sloveno, sia sulle osservazioni delle
associazioni, il ministero dell’ambiente ha chiesto alla stessa GasNatural di
produrre delle “controdeduzioni”.
“In questo modo – hanno rilevato gli ambientalisti – è venuta meno anche
l’ultima parvenza di imparzialità degli organi ministeriali rispetto a
GasNatural, la quale ha ottenuto un trattamento di assoluto favore, mentre sono
stati gravemente penalizzati o ignorati gli apporti degli ambientalisti e dei
Comuni.”
Il ministero infatti non ha valutato le osservazioni degli ambientalisti del
gennaio 2007, che già allora evidenziavano chiaramente le tante anomalie, lacune
ed irregolarità negli studi di GasNatural (elaborati non firmati, basati su dati
non rappresentativi della situazione ambientale, traduzioni manipolate per
edulcorare le conclusioni, ecc.). Osservazioni letteralmente “scomparse” nei
documenti ministeriali (benché inviate per raccomandata con ricevuta di
ritorno), che tra l’altro evidenziavano e documentavano un grave problema,
negato da GasNatural, cioè quello del risollevamento di fanghi – inquinati da
mercurio e altre sostanze tossiche – dai fondali della baia di Muggia, per
effetto del moto delle navi gasiere.
“Scomparse” risultano anche le osservazioni WWF del gennaio 2009, sull’ultima
integrazione degli studi da parte di GasNatural, le quali demolivano, perché
inattendibile, l’ultimo studio (il terzo della serie!) presentato dalla società
spagnola nel tentativo di negare l’impatto dello scarico delle acque fredde
sulla baia di Muggia. Tutto ciò rappresenta una grave violazione delle norme
europee e statali sulla valutazione di impatto ambientale, che impongono di
esaminare e rispondere alle osservazioni del pubblico e dei Comuni.
Malgrado il pochissimo tempo concesso, l’ISPRA ha tuttavia, in alcuni casi,
potuto rilevare serie lacune e contraddizioni negli studi di GasNatural, come:
1) la mancanza totale (di cui in tre anni nessuno al ministero dell’ambiente si
era accorto!) dell’analisi – pur prevista per legge - sugli effetti del progetto
sulla salute pubblica; 2) la contraddittorietà di alcuni elaborati relativi ai
dragaggi nella baia di Muggia; 3) la mancanza di un’analisi sulla risospensione
di mercurio a seguito dei lavori previsti e del movimento delle navi nella baia;
4) l’uso di modelli di calcolo concettualmente inadeguati per la valutazione del
raffreddamento delle acque nella baia; 5) la mancanza di valutazioni
sull’eliminazione degli organismi marini a causa dell’uso del cloro
nell’impianto.
Tutto ciò avrebbe dovuto condurre ad una richiesta di integrazioni da parte del
ministero, che invece non c’è stata: lacune e contraddizioni sono state
“risolte” prescrivendo a GasNatural di eseguire, dopo la costruzione
dell’impianto (!) studi e monitoraggi sulle materie “dimenticate” negli studi
della società. “In questo modo – hanno concluso WWF e Legambiente - viene però
tradita l’essenza della valutazione di impatto ambientale, che è nata appunto
per chiarire gli effetti di un progetto sull’ambiente PRIMA della decisione e
della costruzione del progetto e non dopo!”
Questi aspetti sono riassunti nel documento dei “motivi aggiunti”, presentato il
30 novembre dai presidenti nazionali delle due associazioni ad integrazione del
ricorso al TAR del Lazio.
Se ne parlerà anche al dibattito sul rigassificatore, che si terrà al teatro di
S. Giovanni venerdì 18 dicembre (alle 18.30), presenti esperti sia italiani
(Lino Santoro di Legambiente e Carlo Franzosini del WWF), sia sloveni (Marko
Starman direttore della riserva naturale di Strugnano e Robert Turk
dell’Istituto sloveno per la tutela della Natura)
W.W.F. - Legambiente
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 16 dicembre 2009
Gas Natural prende casa in piazza Benco - Trovata una
sede provvisoria. Lettera dei ”saggi” al ministero
Gas Natural prende casa a Trieste. L’assemblea
straordinaria dei soci del colosso spagnolo riunita lunedì scorso ha approvato
lo spostamento della sede legale in città. L’indirizzo? Piazza Benco 1.
Gas Natural Rigassificazione Italia, la società che segue il progetto
dell’impianto di Zaule, si trasferirà infatti nello studio dei commercialisti
Valentinicic e Porcaro (e avrà quindi come vicini anche i Bandelli boys de
Un’altra Trieste). Un passaggio a cui seguirà, indicativamente tra un mese,
l’inaugurazione della nuova sede operativa per la quale il gruppo di Barcellona
sta definendo i dettagli. La scelta finale, assicurano dalla spa, non è stata
ancora fatta, e potrebbe rientrare in corsa anche l’opzione Friulia in via
Locchi.
Dell’operazione trasferimento e delle prossime mosse di Gas Natural a Trieste,
parlerà oggi stesso Narciso de Carrera Roques, il direttore progetti
internazionali del gruppo, atteso in città per una serie di incontri con i vari
attori del territorio. Incontri che al pari dell’apertura della nuova sede
legale, spiega il gruppo, «testimoniano la volontà di inserirsi a pieno titolo
nel sistema imprenditoriale triestino e di entrare a far parte del ”Sistema
Friuli Venezia Giulia”. Il trasferimento della sede, inoltre, rappresenta un
atto di notevole importanza per le importanti ricadute economiche e fiscali a
livello regionale. In base allo statuto speciale del Friuli Venezia Giuliala
Regione, infatti, il gettito fiscale derivante dall’attività dell’azienda sarà
versato direttamente alla Regione e agli altri enti locali».
Narciso de Carreras Roques non sarà però l’unico a parlare oggi delle strategie
di Gas natural e del progetto del rigassificatore di Zaule. Dell’impianto gnl
nell’area ex Esso si occuperanno infatti anche gli ambientalisti di Wwf e
Legambiente che, nel corso di una conferenza stampa indetta alle 11 in via
Rittmeyer, illustreranno i documenti sulla procedura di Via ottenuta dal
progetto e denunceranno quelle che definiscono «irregolarità e lacune nel
comportamento del ministero dell’Ambiente».
Lacune contro le quali hanno puntato il dito anche i tecnici, i docenti
universitari e gli esperti che hanno partecipato nei giorni scorsi agli incontri
promossi dalla Uil dei Vigili del fuoco. Le conclusioni di quel tavolo di
confronto, informa il coordinatore regionale della sigla sindacale Adriano
Bevilacqua, è confluito in una lettera inviata al governo e agli enti locali. In
quella missiva, chiarisce Bevilaqua, sono evidenziate «serie perplessità» sulle
procedure del progetto del rigassificatore di Zaule che «avrebbe ottenuto
un’autorizzazioni ambientale in base ad una rappresentazione non veritiera della
realtà, in palese violazione dei rigidi dispositivi normativi in matera».
(m.r.)
Piano particolareggiato, passa con 21 sì e 14 voti
contrari - Il «cubone» di via Santa Giustina sarà rivisto nelle altezze. Omero:
«Per Crosada, solo case di lusso»
Sul progetto per il centro storico si sono astenuti i Bandelli boys «Non abbiamo visto le carte»
Circa a mezzanotte di lunedì i consiglieri comunali hanno
votato il Piano particolareggiato del centro storico: 21 i sì, 14 i no
dell’opposizione, e 5 gli astenuti. Da chi scheda bianca? Dai «Bandelli boys»,
che il capogruppo di Forza Italia, Piero Camber, preferisce indicare come «banda
Bandelli», e che ufficialmente si presentano come «Gruppo Sulli», e da
Alessandro Minisini (Costituente di centro). Motivi diversi: «Non abbiamo potuto
consultare i documenti - dicono Bruno Sulli e Salvatore Porro -, il piano è
buono, ma vogliamo capire che cosa si vota». «Io - dice Minisini - non so se il
Piano regolatore generale verrà adottato, anteporre quello del centro mi sembra
proceduralmente sbagliato nei tempi».
Anche Fabio Omero, capogruppo Pd, ha eccepito sulla logica che interseca Prg e
piano del centro storico. Può il secondo modificare il primo? Ci sono state
consultazioni tecniche. Motivo della domanda: Omero disapprova il documento
anche perché in zona Crosada prevede edifici residenziali «e di lusso, un modo
per fare cassa», e non un completamento del progetto Urban «insediando residenze
sociali, case per studenti e ricercatori, il centro sociale mai realizzato e
attività artigianali e ricreative a sostegno del parco archeologico».
Omero si rifà al progetto di Alberto Cecchetto, consulente il cui lavoro è stato
usato solo in piccola parte: «Nella zona di Crosada prevedeva allestimenti
archeologici e in via Punta del Forno non case, ma un’area di mercato». «Questo
- sottolinea Camber - non è il piano Cecchetto, ma è prodotto dagli uffici
comunali, le attività che Omero chiede non hanno mercato, i fori di pianoterra
restano vuoti. Ma se arriveranno osservazioni, le terremo in conto».
Un risultato l’opposizione l’ha ottenuto. Accolto dal sindaco Dipiazza
l’emendamento sul «cubone» di via Santa Giustina. I parametri edilizi saranno
rivisti, le altezze abbassate. Anche Roberto Sasco (Udc) ha visto accolti i suoi
suggerimenti sull’obbligo di commissione paesaggistica per il decoro delle vie e
per il riuso delle antiche pietre: «Avevo avvertito: d’obbligo votare pro o
contro, è un documento che vale più del bilancio, ma i ”bandelliani” non hanno
voluto sentire. Quanto al centro storico, ha 1 milione e 350 mila metri quadrati
ma solo 17 mila abitanti: bisogna assolutamente ripopolarlo».
(g. z.)
Ok alla Ferriera per 4 anni. Via libera a Portolido -
Concessione rinnovata fino al dicembre 2013. Può decollare il progetto che
prevede 120 ormeggi
BOCCIATE LE PRESCRIZIONI AMBIENTALI PROPOSTE DAL
SINDACO DI MUGGIA NESLADEK E SOSTENUTE DA FANIGLIULO (UIL)
Un altro via libera, nonostante le proteste che si susseguono da anni e
l’auspicio di chiusura avanzato tra gli altri dallo stesso sindaco Roberto
Dipiazza, alla Ferriera di Servola. L’ha dato ieri il Comitato portuale che,
oltre ad affidare una concessione trentennale nell’area della Lanterna per la
realizzazione del porto nautico di Portolido come riferiamo anche a parte, ha
rinnovato alla Servola spa la licenza provvisoria per altri quattro anni: dal
primo gennaio 2010 al 31 dicembre 2013. Si è trattato in realtà di un parere
consultivo e non vincolante poiché per le concessioni uguali o inferiori a
quattro anni è l’Authority stessa alla fine a decidere.
Va comunque rilevato che in base agli accordi politici la dismissione
dell’impianto siderurgico con riconversione delle attività dovrebbe avvenire nel
2014, ma ieri una linea più ferma nei confronti della Lucchini per quanto
riguarda la salvaguardia ambientale è stata bocciata. L’ha proposta il sindaco
di Muggia Nerio Nesladek e l’ha sostenuta anche il sindacalista della
Uiltrasporti Giampiero Fanigliulo. Entrambi alla fine della discussione si sono
espressi in modo contrario al provvedimento, ma sono stati gli unici. Il Comune
di Trieste invece non ha mandato alcun rappresentante in Comitato, mentre la
presidente della Provincia, Maria Teresa Bassa Poropat, ha votato in modo
favorevole.
La Servola spa aveva presentato il 20 novembre istanza all’Autorità portuale
dichiarando di voler proseguire la propria attività in base al proprio piano
operativo e avendo effettuato notevoli investimenti sulla banchina e sulle aree
retrostanti e aveva chiesto di conseguenza il rinnovo quadriennale della
concessione sull’area che si estende per 342.993 metri quadrati. In base a una
relazione che è stata fatta ieri dal comandante della Capitaneria di porto
Antonio Basile riguardo in particolare alla dispersione in mare di carbone,
Nesladek e Fanigliulo hanno chiesto che fossero allegate al provvedimento una
serie di prescrizioni con l’obbligo alla Lucchini di ottemperarvi entro un
termine di tempo prefissato e che venissero pianificate opportune verifiche. È
prevalsa invece la linea in base alla quale è stata rinnovata la licenza e sarà
ora il presidente dell’Authority a inviare per lettera alla Servola spa le
prescrizioni cui attenersi.
«Il mio non è stato certo un voto per chiudere la Ferriera anche perché non sono
pochi i muggesani che vi lavorano - ha spiegato il sindaco Nesladek - ma
l’inquinamento della Ferriera danneggia anche il turismo a Muggia e in
particolare Porto San Rocco. Bisogna fare pressione affinché la Lucchini si
metta in regola». «Era più opportuno congelare il rinnovo della licenza - ha
aggiunto Fanigliulo - in attesa di verificare la messa in atto delle
prescrizioni, perché già più di una volta la Lucchini non ha rispettato impegni
presi».
Parere, in questo caso vincolante, completamente favorevole invece da parte del
Comitato portuale alla concessione per trent’anni a Italia Navigando di 17.577
metri quadrati nell’area Est del Molo Fratelli Bandiera e di uno specchio acqueo
di 23.937 metri quadrati in prossimità degli stabilimenti balneari Lantera e
Ausonia per la realizzazione di Portolido, un porto nautico con 120 ormeggi in
parte per megayacht e anche strutture tra cui una piccola piscina e un
ristorante a disposizione dell’intera collettività. L’investimento previsto è di
11.235.866 euro di cui 1.170.000 euro da contributo Cipe, 370.000 euro della
Regione e 9.695.866 eurco a carico della stessa società che fa comunque
riferimento al Ministero dello sviluppo economico. Il canone annuo è stato
fissato in 55.553 euro fatte salve eventuali riduzioni.
SILVIO MARANZANA
Bonifiche, 250 aziende respingono l’accordo - Le
categorie riunite alla Camera di commercio: «Non sono chiari i criteri per i
costi»
Bruni della Confartigianato: «Il testo stabilisce che
il danno ambientale deve essere imputato a chi ha la custodia del terreno, ma
non specifica quanto si deve pagare»
«Le cambiali in bianco noi non le firmiamo. O l’accordo di programma sulle
bonifiche quantificherà con esattezza i costi richiesti alle aziende per coprire
il danno ambientale, o saremo costretti a chiamarci fuori». È il messaggio forte
e chiaro lanciato al ministero dell’Ambiente dalle categorie economiche
rappresentate nella Camera di commercio, riunite l’altra sera in conclave per
definire la strategia con cui affrontare la partita della riconversione delle
aree inquinate.
Dall’Ures alla Confartiginato, dai costruttori agli industriali, tutti i
rappresentanti del comparto produttivo si sono detti pronti a passare alla linea
dura per difendere il principio del ”chi non ha inquinato, non paga”. Una vera e
propria levata di scudi che arriva a pochi giorni dal vertice romano presentato
dal sottosegretario Menia come l’incontro decisivo (ne riferiamo nell’articolo a
fianco ndr), e rischia quindi di far saltare il confronto sull’accordo di
programma da cui dipendono la ripresa delle caratterizzazioni e la bonifica vera
e propria dei terreni inseriti nel Sin.
Ma quell’accordo, secondo le categorie, al momento non può essere firmato.
«Mancano delle indicazioni essenziali - spiega il presidente di Confartigianato
Dario Bruni -. Il testo stabilisce che il danno ambientale dev’essere imputato a
chi ha la custodia del terreno, quindi al proprietario, ma non specifica quanto
le aziende saranno chiamate a pagare. È come se ci proponessero di acquistare un
appartamento senza comunicarcene però il prezzo. Allo stesso modo - continua
Bruni - l’accordo prevede la possibilità di differenziare le spese a seconda dei
diversi processi produttivi, ma non chiarisce in base a quali criteri
un’attività verrà giudicata impattante, super impattante o non impattante.
Insomma firmando quest’ultima bozza di accordo (versione aggiornata il 10
dicembre scorso ndr), ci viene chiesto di fare un salto nel buio».
Salto che appunto nessuna impresa, piccola o grande che sia, al momento è
disposta a compiere. Di qui la scelta di dare un mandato preciso al presidente
camerale Paoletti: portare in sede di confronto con enti locali, Regione e
ministero le forti perplessità delle categorie e, nel caso in cui queste non
vengano adeguatamente ascoltate, togliere la firma della Cciaa dall’accordo. Una
prospettiva sulla quale, per ora, Antonio Paoletti preferisce non sbilanciarsi:
«Mi pronuncerò solo che la giunta camerale avrà sottoscritto il documento
elaborato al termine dell’incontro dell’altra sera». Un documento dai toni duri
nel quale si fa riferimento alla «grave preoccupazione per l’impostazione della
bozza proposta» e in cui «si auspica che gli enti pubblici interessati vogliano
ripensare i termini essenziali dell’Accordo in discussione».
Argomenti tra l’altro non troppo diversi da quelli usati finora da Assindustria
che, non a caso, ha sposato la linea emersa nel vertice dell’altra sera. «In
quel vertice - spiega Vittorio Pedicchio, vicepresidente degli industriali -. è
emersa la consapevolezza dell’importanza di chiudere quanto prima l’accordo di
programma. Non vogliamo fare i disfattisti e siamo pronti a collaborare. Ma
questo non significa essere disposti ad approvare un testo che penalizzi 250
aziende, chiedendo loro di sborsare 236 dei 350 milioni richiesti
complessivamente per la riqualificazione del Sin». Un principio condiviso
pienamente anche da tanti altri attori, pronti a salire sulle barricate. «Che un
accordo vada fatto, lo pensiamo tutti - commenta Michele Barro, presidente di
Cna -. Ciò che non accettiamo invece è l’imposizione di cifre insostenibili a
carico delle imprese, specie se formulate prima ancora di aver completato le
caratterizzazioni e quindi in assenza di dati certi sul grado di inquinamento
dei terreni».
Sarà la riunione della giunta camerale di domani, come detto, a definire i
canali attraverso i quali portare avanti la protesta. Protesta che, già da
adesso, incassa comunque la ”solidarietà” di altri attori coinvolti
nell’operazione. «L’azione delle categorie è più che legittima - osserva il
presidente di Ezit Mauro Azzarita -. Ovviamente non entro nel merito di
iniziative a cui sono estraneo. Penso però che sia giusto da parte delle aziende
difendere i propri interessi».
MADDALENA REBECCA
BONIFICHE - Anche l’Ezit è entrato in gioco - Dovrà
eseguire i carotaggi sulle aree delle zone inquinate
LE ULTIME MODIFICHE AL DOCUMENTO
È fresca di stampa l’ultima bozza dell’accordo di programma sulle bonifiche,
che ha innescato nelle ultime ore le perplessità degli artigiani e degli
imprenditori insediati in zona industriale. Porta la data del 10 dicembre scorso
e non è né il primo né il secondo testo elaborato in materia, bensì la versione
numero 13. Un dato che chiarisce, semmai ce ne fosse ancora bisogno, quanti
ostacoli abbia trovato sul suo cammino l’affaire aree inquinate e quanto fatichi
a decollare l’attesa soluzione.
La novità più sostanziale rispetto alla bozza prodotta nel novembre scorso,
riguarda la composizione della ”squadra” incaricata di gestire la delicata
partita. Accanto a Regione, Provincia, Comuni di Trieste e Muggia, Autorità
portuale e Camera di commercio (inserita in corso d’opera lo scorso mese), torna
infatti ad assumere un ruolo di primo piano l’Ezit. All’Ente, si legge
all’articolo 4 dell’ultima bozza, viene affidato il compito di realizzare, per
conto della Regione che opera in regime di delegazione amministrativa secondo
quanto previsto dalla legge 15 del 2004, «il completamento delle
caratterizzazioni delle aree a terra, con l’eccezione degli arenili antistanti
il territorio di Muggia». Un’indicazione che dovrebbe consentire di accelerare
la ripresa delle analisi del terreno in modo da avere finalmente una percezione
reale del grado di inquinamento dei terreni.
Sempre l’articolo 4, richiamando il successivo art.10, assegna poi ad Ezit il
compito di eseguire la messa in sicurezza e la bonifica dei «suoli e delle acque
di falda sottostanti ad aree alienate dall’ente pubblico e il cui inquinamento
non sia riconducibile all’attività produttiva del soggetto attualmente titolare
dell’area medesima». Il che, tradotto, significa che i privati riconosciuti non
responsabili delll’inquinamento non dovranno pagare gli interventi.
Una buona notizia, apparentemente, che in realtà nasconde un’insidia precisata
nelle righe immediatamente successive. Sì, perché la seconda parte del comma 13
dell’articolo 10 specifica che la singola impresa potrà beneficiare
dell’intervento diretto di Ezit ad una condizione: a patto che «il soggetto
titolare del dovere di custodia dell’area in questione (cioè il proprietario
ndr) abbia sottoscritto l’Atto transattivo in relazione al danno ambientale». Ed
è stato proprio questo ”Atto transattivo” - messo nero su bianco per la prima
volta nell’ultima bozza - a innescare le perplessità delle categorie. Il testo
elaborato in dicembre, infatti, per la prima volta chiarisce che tutte le
imprese dovranno accollarsi i costi del danno ambientale. Danno che andrà pagato
cioè anche da chi ha acquistato il proprio terreno dall’ente pubblico (ed è
andata così per la quasi totalità delle 250 aziende attualmente insediate) e ha
un’attività che non inquina affatto.
Quanto dovrà pagare al metro quadro, però, la bozza dell’accordo di programma
non lo dice. Il testo precisa e rivede invece rispetto alla versione precedente
alcune cifre relative al costo complessivo dell’operazione bonifiche e ai
finanziamenti disponibili. Le risorse regionali derivanti dai fondi Fas, per
esempio, non sono più 190, bensì 178 milioni di euro. Il fabbisogno finanziario
complessivo (articolo 5) invece non è più di 350 milioni e 300 mila euro ma un
po’ meno, 350 milioni e 130 mila euro. Non cambiano invece le ripartizioni dei
costi: i due terzi della spesa (236,3 milioni) saranno a carico dei privati. Il
resto lo metterà il pubblico 113,832 milioni lo metteranno ministero, Regione e
Autorità portuale. Un’altra novità rispetto alla stesura precedente, infine,
riguarda l’analisi del rischio, questa volta richiamata esplicitamente come
possibile alternativa alla bonifica vera e propria. (m.r.)
«San Dorligo, a breve piani d’azione per l’aria» -
L’ASSESSORE REPLICA A DROZINA - Sormani sulla Siot: massimo impegno nello
stabilire regole
«Altri impegni mi hanno impedito di raccogliere il gentile
invito del consigliere Drozina, ma vorrei rassicurarlo: sono bene al corrente
della situazione di grande disagio cui sono sottoposti i residenti di Mattonaia
e non solo loro». L'assessore all'Ambiente del Comune di San Dorligo Elisabetta
Sormani replica così alle parole del capogruppo consigliare del Pdl-Udc Roberto
Drozina che aveva invitato l'assessore a «prendere un caffè nella terrazza di
casa sua, a Mattonaia, per poter apprezzare in prima persona l’olezzo
proveniente dai vicini serbatoi dello stabilimento Siot».
«L’attenzione del gruppo politico dei Cittadini per San Dorligo per l’ambiente e
per la salute della popolazione è stata e continua ad essere di primaria
importanza - commenta la Sormani-. Già nella precedente Giunta, l’assessore del
mio gruppo politico ha profuso il massimo impegno affinché venisse posizionata
la centralina dell’Arpa a Mattonaia con il laboratorio mobile necessario per
rilevare le emissioni provenienti dallo stabilimento Siot e da altre realtà
presenti sul territorio».
Sormani poi evidenzia come «al Ceta, importante organismo di carattere
scientifico, sia stato affidato uno studio propedeutico alla predisposizione dei
Piani di azione che i Comuni devono adottare per la qualità dell’aria, per
l’inquinamento acustico e per l’inquinamento luminoso, previsti dalle
disposizioni comunitarie, nazionali e regionali». Tale studio è stato di recente
consegnato al Comune. «Ora si dovrà procedere sul doppio binario dell'analisi
delle rilevazioni delle emissioni da parte dell’Arpa e della predisposizione dei
Pal», prosegue la Sormani, «azioni della massima importanza perché si
riferiscono alla qualità della vita della popolazione e puntao a migliorarla».
«Mi impegnerò al massimo - chiosa la Sormani - affinché si possano, nel più
breve tempo possibile, emanare i piani e stabilire delle regole che la Siot e
altre realtà industriali dovranno rispettare».
Riccardo Tosques
Brioche, caffè e rose gratis contro i tagli alle coop
sociali - La manifestazione ieri davanti alla sede regionale durante la
discussione sulla Finanziaria
A manifestare in piazza Oberdan anche le associazioni
ambientaliste Wwf, Legambiente e Lipu insieme ai rappresentanti dei Pachi e
delle Aree protette regionali.
TRIESTE Caffè, the, brioches calde e rose rosse per le signore. Il mondo
della cooperazione sociale è sceso in piazza per protestare contro i tagli nella
Finanziaria regionale e lo ha fatto in maniera originale: una “colazione
sociale” offerta a consiglieri, assessori e passanti davanti all’entrata del
Consiglio regionale in piazza Oberdan dove ieri è iniziata la discussione della
Finanziaria 2010. Il tutto con prodotti rigorosamente usciti dalle cooperative
sociali del Friuli Venezia Giulia e condito dal galante dono di una rosa rossa
alle donne, prima di salire al primo piano per un incontro con i capigruppo.
«Abbiamo offerto il caffè come sveglia per la politica- ironizzano Dario
Parisini (Confcooperative Fvg) e Gian Luigi Bettoli (Legacoopsociali Fvg) –.
Abbiamo voluto rivendicare la nostra presenza e il nostro ruolo anche economico:
non gestiamo solo le situazioni ”sfigate” ma siamo un comparto da 200 aziende e
9000 lavoratori, di cui mille appartenenti a categorie disagiate”. Il mondo
delle cooperative sociali hanno lamentato un taglio del 43%, pari a oltre
700mila euro, ma dopo l’incontro il capogruppo del Pdl, Daniele Galasso, ha
assicurato un ulteriore stanziamento di 200 mila euro che “ammorbidiranno” i
tagli inizialmente previsti.
A manifestare in piazza Oberdan anche le associazioni ambientaliste Wwf,
Legambiente e Lipu insieme ai rappresentanti dei Pachi e delle Aree protette
regionali. «Complessivamente il settore parchi, riserve naturali, aree protette,
beni ambientali e paesaggistici, passa da 5,4 a 1,9 milioni di euro», fanno
sapere in una nota.
(r. u.)
Guida alla Trieste ”eco-solidale” - CURATA DA AGNESE
ERMACORA
Dieci città italiane da riscoprire, da vedere con altri
occhi, spazi lontani dai salotti buoni che restituiscono l'anima vera della
città. Nasce così ”L'Italia eco-solidale” una guida alternativa in dieci città
edita da Altreconomia. Da Milano verso Roma passando per Torino, Genova,
Firenze, e poi giù Napoli e Palermo per tornare al nord a Trento, Vicenza e
Trieste.
Come la ”Trieste sottosopra” di Mauro Covacich così la guida propone un viaggio
alternativo alla scoperta di luoghi dimenticati o di itinerari poco conosciuti.
Ed ecco che si suggeriscono acquisti nelle botteghe equo solidali, una cena in
un ristorante biologico, o ritrovi alternativi ai classici bar del centro,
teatri indipendenti, librerie e centri culturali e di aggregazione. Un'altra
faccia della città, la Trieste dei mati, per un fine settimana alternativo e
rispettoso dell'ambiente e del territorio. Nella mappa triestina si intrecciano
anche le attività delle associazioni, delle cooperative sociali, in città sono
più di venti, e la storia di Franco Basaglia e dell'ex Ospedale psichiatrico,
oggi Parco culturale di San Giovanni.
Troviamo i luoghi della Trieste multiculturale, le chiese di rito ortodosso dei
serbi e dei greci e quelle dei valdesi, armeni, luterani. E poi la miriade di
comunità, fino a quelle dei migranti di nuova generazione, senegalesi, libanesi
e albanesi.
Le pagine sono state curate da Agnese Ermacora della redazione culturale di
Radio Fragola e arricchite da un percorso, a basso costo, proposto dall'agenzia
di turismo responsabile Viaggi e Miraggi. L'idea infatti è quella di avere a
portata di mano non solo una guida turistica, ma anche un libro per tutti quei
triestini che vogliono conoscere e partecipare attivamente alle iniziative
cittadine, un modo per scoprire il consumo critico e, come spiegano gli autori,
incontrare le persone che cercano di cambiare la città in meglio, difendendo la
sua ”bellezza interiore” e le tradizioni più autentiche. Il volume sarà in
vendita nelle librerie dal prossimo anno. Per ora, lo si può trovare nelle
botteghe solidali o acquistarlo on line sul sito www.altreconomia.it/libri.
Ivana Gherbaz
SEGNALAZIONI - Clima: non paga il catastrofismo ambientale
Chi l'ha detto che il bombardamento mediatico sul
riscaldamento globale ha reso gli italiani più sensibili ai problemi ambientali?
I risultati appena diffusi di un sondaggio realizzato dall'Osservatorio Scienza
e società del centro Observa smentiscono clamorosamente un'affermazione del
genere. Negli ultimi due anni, la percezione che il clima della Terra si stia
riscaldando si è notevolmente ridotta: i cittadini convinti dei cambiamenti
climatici sono diminuiti dal 90 al 71,7 per cento. Tra gli scettici, quasi la
metà ritiene che gli ambientalisti esagerino. E tra gli incerti la metà crede
che gli scienziati non siano d'accordo tra loro.
Sono cifre che andrebbero meditate, ora che siamo alla stretta finale della
Conferenza sul clima di Copenhagen. Perché rappresentano l'ennesima conferma che
il catastrofismo ambientale non paga. Slogan tipo ”Salviamo il pianeta” o ”La
Terra in pericolo” provocano alla lunga una sorta di autodifesa psicologica e
dunque la rimozione dell'allarme. Oltretutto sono scientificamente falsi: la
Terra, nel corso della sua storia, ha conosciuto periodi assai più caldi e
concentrazioni di anidride carbonica in atmosfera assai più elevate.
I problemi, semmai, riguardano l'impatto di un trend del genere su noi umani,
sulla nostra vita e sulle nostre attività: ondate di calore simili a quella del
2003 che provocò migliaia di vittime in Europa; la ritirata dei ghiacciai dalle
montagne; la drastica riduzione della calotta polare settentrionale (e magari
anche di quella meridionale); l'aumento del livello delle acque dei mari; le
migrazioni ambientali.
Quelli climatici sono infatti fenomeni a forte inerzia, che vengono da lontano e
che dureranno almeno un secolo anche se oggi - per un miracolo - riuscissimo a
stabilizzare le emissioni di anidride carbonica, quantomeno corresponsabili dei
cambiamenti in atto. Con i quali - volenti o nolenti - dovremo dunque imparare a
convivere. Era questo lo spirito con cui Rajendra Pachauri, presidente dell'Ipcc,
mi parlava cinque anni fa (settembre 2004) durante un veloce pranzo a base di
pesce a Grignano, in una pausa dei lavori del panel degli scienziati i cui
rapporti stanno alla base del Protocollo di Kyoto. Il workshop era stato
organizzato al Centro di fisica teorica da Filippo Giorgi, il climatologo che
allora faceva parte del direttivo dell'Ipcc.
Pochissimo rilievo sui media ebbe quella riunione triestina dell'Ipcc: eppure
rappresentava il primo passo di un lungo e complesso itinerario che nel gennaio
del 2007 avrebbe portato al quarto rapporto sul clima, presentato a Parigi con
incredibile battage. Tanto che alla fine di quello stesso anno Rajendra Pachauri,
ingegnere ed economista, indiano di nascita e americano per cultura scientifica,
sarebbe andato a Oslo a ritirare il Nobel per la pace, assegnato congiuntamente
all'Ipcc e ad Al Gore.
Fabio Pagan
SEGNALAZIONI - ACEGAS - Spreco di luci
Sabato 12 dicembre. Come al solito quando mi alzo guardo
che tempo fa. Vedo le luci di via Roma e Milano accese e piazza Libertà
illuminata al completo, e sono le 8.20 del mattino. Pochi giorni fa ho
telefonato per lo stesso problema, solo che le luci erano accese in tutta la
città ed erano le ore 6! Quindi ho telefonato all’officina segnalazione guasti e
l’addetto mi dava il numero 040/7793680 dell’ufficio competente di Acegas. La
situazione, da anni, per quanto io veda, non è assolutamente cambiata; lo spreco
di luci è tantissimo, le fotocellule non sono tarate. La persona che mi ha
risposto era molto gentile e mi spiegava che loro cercano di fare il massimo per
il risparmio energetico, ma io purtroppo non vedo nulla di cambiato. Quello che
non riesco a capire e che dopo vari articoli sul Piccolo i nostri concittadini,
e in special modo i nostri politici, non si accargono assolutamente di niente;
non parliamo del sindaco, che in tv alla domanda di una signora sullo spreco di
luci, ha risposto: «signora, c’è già uno, che rompe!», non occorre molto per
capire chi è quell’uno.
Ma veniamo a oggi. Ho telefonato all’officina segnalazione guasti; mi ha
risposto l’addetto di turno che mi invitava a telefonare ai suoi superiori;
essendo sabato, gli chiedevo di segnalare il problema all’ufficio. Sbuffando
rispondeva che io stavo da anni rompendo e prendendoli in giro, poi mi ha chiuso
il telefono in faccia!
Dalla direzione vorrei una risposta. Ora l’Acegas ha mandato le istruzioni su
come risparmiare la luce, ci raccomanda di mettere le lampadine a basso consumo,
lo Stato fa altrettanto tramite spot televisivi, e loro non sono in condizioni
di regolare le fotocellule da anni. E poi c’è un conflitto di interessi: una
Società che eroga corrente, come può aver anche la manutenzione? Che si consumi
in più è tutto a favore degli azionisti e a sfavore di noi cittadini. Spero che
con questa mia qualcuno apra gliocchi e specialmente i miei concittadini che
dovrebbero segnalare al numero verde lo spreco di luce. Un appello ai nostri
politici: ogni tanto date un’occhiata alle luci, siete pagati anche per quello.
Guardo ancora fuori dalla finestra: sono le 10.20 e le luci di piazza Libertà
sono ancora tutte accese e chissà per quanto. Lo spreco non è solo via Roma,
Parco della Rimembranza di S. Giusto, via Milano, ecc. ma in tutta la città.
L’assessore alle relazioni con l’Acegas cominci a protestare e non solo per le
luci... Nettezza urbana, e altro, penso che pochi siano soddisfatti delle
prestazioni dell’Acegas.
Sergio Zerial
COMUNICATO STAMPA WWF E LEGAMBIENTE - MARTEDI', 15 dicembre 2009
Le politiche di spesa della Regione FVG rispetto alla
aree protette - La distruzione della natura nel Friuli Venezia Giulia
Mentre gli Stati di tutto il mondo sono riuniti per far
fronte all’emergenza climatica, che vede parchi e riserve naturali rappresentare
una significativa risposta alla crescita delle emissioni (ben il 15% della CO2 è
stoccato nelle aree protette), e mentre sta per iniziare il 2010, anno mondiale
della biodiversità, la
Regione Friuli Venezia Giulia decide di perseguire politiche in scandalosa
controtendenza.
Le previsioni di spesa per il 2010 collocano infatti i trasferimenti regionali
ai due parchi regionali sui 630.000 euro per il Parco delle Dolomiti Friulane
(che ha potuto godere, dal 1997 al 2009, di un lieve incremento di entrate
pubbliche, dal milione di euro iniziale a 1.400.000 euro circa) e sui 570.000
euro per il Parco delle
Prealpi Giulie (che nel periodo tra il 1997 e il 2009 è passato dagli iniziali
800.000 euro a 1.140.000).
Siamo quindi di fronte a un taglio del 50% compiuto su bilanci comunque esigui.
Le spese previste per il mantenimento del delicatissimo sistema dei prati
stabili passano da 110.000 euro a zero.
Da 50.000 euro a zero passano anche le spese per studi e attività
tecnico-faunistiche, finalizzate, tra l’altro, alla predisposizione del Piano
faunistico, strumento strategico per la gestione faunistica regionale.
La stazione biologica dell’isola della Cona vede le proprie risorse falcidiate:
da 100.000 a 20.000 euro.
Quanto alle risorse destinate a finanziare le Riserve naturali regionali (piani
di conservazione e sviluppo, attività di gestione), ad acquisire al patrimonio
regionale biotopi e altre aree di interesse naturalistico, e a svolgere attività
rivolte al mantenimento e incremento della biodiversità, alla fruizione
didattica del patrimonio naturalistico e alla ricerca, esse passeranno da circa
1.766.000 euro nel 2009 a 130.000 euro nel
2010!!
Complessivamente il settore parchi, riserve naturali, aree protette, beni
ambientali e paesaggistici, passa da 5.392.459,39 a 1.898.526,14 euro.
Detto in altri termini: viene di fatto smantellata, con una contrazione dell’80%
dello stanziamento, la rete di tutela ambientale presente in Friuli Venezia
Giulia, già sottodimensionata rispetto alla media nazionale nonostante il fatto
che la Regione sia caratterizzata per un verso da modesta pressione antropica e
dall’altro da eccezionale biodiversità.
Con ciò viene preclusa ogni possibilità di riorientare nella direzione della
sostenibilità attività economiche quali l’agricoltura e il turismo, con pesanti
ricadute anche occupazionali; si pensi al decennale lavoro di promozione delle
strutture espositive e didattiche a livello europeo: i centri visite, che
dovrebbero richiamare turisti e mettere in moto l'economia locale, dovranno ora
essere chiusi!
Se non bastasse, la Giunta ha azzerato la vigilanza ambientale sull’intero
territorio bloccando l’assunzione di guardie forestali abilitate da un recente
concorso pubblico regionale, omettendo di costituire il previsto corpo unico di
vigilanza ambientale e addirittura equiparando ruolo, formazione e compiti delle
guardie faunistiche e venatorie dipendenti delle Province a quelli dei vigili
urbani.
Associazioni ambientaliste, operatori del settore, naturalisti sono stanchi di
vedere i risparmi di bilancio attuati sempre a spese della tutela della natura e
della difesa del territorio, il settore già di gran lunga e senza paragone il
meno finanziato dalla Regione.
E sono stanchi di vedere che, all’inverso, settori che contribuiscono
oggettivamente alla devastazione ambientale, come ad esempio quello delle
infrastrutture viarie e quello delle stazioni sciistiche, riescono a fruire,
sempre, di stanziamenti colossali.
In tutto questo c’è qualcosa di vetusto e, senza offesa, di culturalmente
mediocre.
Niente fondi, parco Falesie a rischio - I VERDI LANCIANO L’ALLARME SUI TAGLI DELLA REGIONE
Rozza: dopo tanti ritardi sono stati ridotti del 50% i finanziamenti
DUINO AURISINA Fondi a rischio per la riserva delle
Falesie di Duino Aurisina: scatta la protesta delle associazioni ambientaliste e
dell’opposizione. «Quello che la Regione sta per infliggere al sistema regionale
delle aree protette è un vero e proprio colpo mortale – osserva Maurizio Rozza,
consigliere dei Verdi -. Salvo ripensamenti dell’assemblea consiliare, i
finanziamenti destinati ai parchi regionali subiranno un taglio del 50% e ancora
peggio andrà alle 12 riserve naturali regionali, tra le quali appunto quella
delle Falesie di Duino, a cui verranno assegnate complessivamente 130mila euro,
ovvero in media 10mila euro a ognuna». Gli ambientalisti, in una nota, osservano
infatti che «mentre gli stati di tutto il mondo sono riuniti per far fronte
all’emergenza climatica, la quale vede parchi e riserve naturali rappresentare
una significativa risposta alla crescita delle emissioni (ben il 15% del CO2 è
stoccato nelle aree protette) la Regione decide di perseguire politiche in
scandalosa controtendenza».
«Le previsioni di spesa per il 2010 – commenta la Lipu - collocano i
trasferimenti ai due parchi regionali delle Dolomiti Friulane e delle Prealpi
Giulia rispettivamente nella fascia di 630mila e 570mila euro, con un taglio del
50% su bilanci passati comunque esigui». La situazione si ripercuote
negativamente, stando ai Verdi, anche per quanto concerne la gestione della
Riserva delle Falesie. «La situazione – sottolinea Rozza - ha in questo caso
dell’ironico: nel 1971 la legge 442 ha istituito qui e in altre zone del Carso
le prime riserve naturali d’Italia. Ma l’organo gestore che avrebbe avuto il
compito di proteggere l’area, non fu mai designato e così la riserva fu
progressivamente erosa dagli insediamenti circostanti. Formalmente nel 1996, con
la legge regionale 42, il Fvg istituì nella medesima area la riserva delle
Falesie di Duino, ma ancora una volta sulla carta. Solo adesso il Comune si
stava accingendo a completare gli atti di gestione dell’area. Ma il taglio dei
finanziamenti regionali renderà tale passaggio impossibile». (t.c.)
Slovenia, Krsko 2 sarà operativa nel 2020 - Il costo
previsto è di 3,5 fino a 5,5 miliardi di euro. Tondo rilancia: «L’Enel sia della
partita»
TRIESTE Il settore dell’energia è in grande movimento in
Slovenia. Sul versante dell’energia pulita, ad esempio, ci sono già operative
sul mercato numerose aziende tedesche che stanno lavorando sul territorio. In un
quadro macroeconomico più ampio il «gioiello» che Lubiana vorrebbe far diventare
operativo nel 2020 è il raddoppio della centrale nucleare di Krsko, la
cosiddetta Krsko 2, meglio nota in Slovenia come Nek2.
Per Lubiana, come sostengono fonti diplomatiche, Krsko 2 è un’occasione
impredibile per rilanciare lo sviluppo industriale e farlo rimanere stabile in
futuro, per la tutela dell’ambiente e per essere meno dipendenti dall’estero per
quanto riguarda l’approvvigionamento elettrico. Ovviamente al progetto manca
ancora la decisione del governo e il consenso popolare, fattore
indiscutibilmente da non sottovalutare. Ma c’è di più, solo con l’energia
prodotta dagli impianti termoelettrici o quelli che forniscono energia verde
alternativa non è possibile più in Slovenia colmare il gap tra l’elettricità
importata e quella venduta all’estero. Insomma serve un immediato rilancio per
non diventare troppo esterodipendenti.
I progetti e le fasi inziali per predisporre l’impianto Krsko 2 sono già in via
di perfezionamento da parte della società ”Gen Energij”. Sono già state fatte
numerose analisi. Ora si attende solo la decisione governativa. Se questa, come
si dà per scontato, sarà positiva la firma della nascita della seconda centrale
in calce ai progetti sarà posta tra il 2011 e il 2013, mentre la costruzione
vera e proprio è prevista per il 2015. L’inizio della produzione, come detto,
nel 2020.
Grande attenzione viene riposta nella sicurezza dell’impianto e nella
realizzazione di elettricità decisamente concorrenziale nel prezzo. Se si opterà
per una Krsko 2 da 1.100 megawatt il costo sarà attorno ai 3,5 miliardi di euro.
Se invece si dovesse scegliere un impianto da 1.600 megawatt il prezzo
lieviterebbe a 5,5 miliardi di euro. Anche se in giro circolano voci di costi
ancora più elevati. Il reattore potrebbe essere un Westinghouse, un Areve o un
Mitshubishi.
La ”Gen Enerij” è pronta, assieme ai suoi soci, a sovvenzionare Krsko 2 dal 30
al 40 per cento. Il resto giungerebbe da prestiti e dall’emissione di
obbligazioni. Il nuovo impianto avrà una durata di 60 anni con la possibilità di
rinnovarlo per altri venti. Quindi appare chiaro che know-how e investimenti
esteri sarebbero non solo i benvenuti, ma assolutamente necessari per portare a
termine l’opera. E qui si inserisce la cosiddetta ”opzione” italiana. Dal
gennaio 2007 (a lanciare l’idea fu l’allora ministro degli Esteri Massimo
D’Alema in un suo incontro a Lubiana) si parla di un interesse dell’Enel a
entrare a far parte del progetto. Interesse ribadito qualche settimana fa dallo
stesso ministro degli Esteri, Franco Frattini, al summit interministeriale
italo-sloveno di Brdo pri Kranju, con la parte slovena che dimostrava
un’assoluta apertura ad ascoltare le eventuali offerte dell’Enel. Idea questa,
perlatro molto cara al governatore del Friuli Venezia Giulia, Renzo Tondo, che
non più tardi di ieri a Mestre, ha rinnovato l’idea di una concreta e importante
partecipazione italiana nella realizzazione e nella gestione di Krsko 2.
Infine, al nucleare, è molto interessata anche la Serbia che ha già trovato
nella Russia un partner altrettanto interessato a fornire la tecnologia
necessaria.
MAURO MANZIN
Cherso, i cinghiali fanno strage di ovini - Nonostante
ne vengano abbattuti quasi 300 l’anno. Allevatori infuriati
CHERSO Ogni anno ne vengono uccisi a centinaia, in media
più di 300, ma i cinghiali continuano ad essere il peggiore degli incubi per gli
allevatori di ovini a Cherso. Va subito rilevato che i cinghiali sono una specie
alloctona nell’isola quarnerina, dove erano stati introdotti a metà degli anni
80 per dare sviluppo al turismo venatorio.
Una mossa incauta, anche se nei primi tempi tutto era filato via liscio e senza
nessun problema. I primi guai si erano avuti una decina di anni fa, con gli
irsuti animali che avevano sfondato le reti di recinzione delle zone venatorie,
dando subito grattacapi ai proprietari di pecore e agnelli, con quest’ultimi
sbranati senza pietà. Inizialmente, gli esperti e l’opinione pubblica non
volevano credere che i cinghiali banchettassero con carne ovina, ma poi – prova
dopo prova – si è accertato in modo inequivocabile che gli agnelli sono in cima
alla lista dei desideri mangerecci dei maiali selvatici. Da allora le proteste
degli allevatori chersini si sono susseguite in serie, con petizioni, blocchi
del ponte di Veglia, proteste a Fiume, missive inviate a Zagabria, ai competenti
ministeri. E’ stata così emendata la legge sulla Caccia, che permette durante
tutto l’ anno di abbattere la selvaggina alloctona presente nell’ area insulare,
ma i risultati sono alquanto modesti. Dapprima le scorribande dei cinghiali
riguardavano la zona di Tramontana, ossia la parte settentrionale di Cherso, ma
da diverso tempo gli animali – decidendo di allargare gli orizzonti di caccia –
si sono calati giù a Sud, causando gravi danni nei pascoli di Ustrine e Belej.
Dalla fine dell’estate ad oggi, all’allevatore Pierino Jurjako di Belej sono
state divorate una trentina di pecore. Sì, perché i cinghiali non si
accontentano più degli agnelli, ma attaccano anche le pecore, combinando
disastri. Il loro passaggio crea danni ad un settore plurisecolare e
profondamente radicato nei costumi dell’isola, incidendo anche sul paesaggio.
Parecchi infatti i muretti a secco, tipici del paesaggio chersino, che vengono
buttati giù durante le scorrerie dei cinghiali, i quali si accaniscono
naturalmente anche sulla vegetazione. I proprietari delle greggi vengono sì
rimborsati per ogni capo perduto, pagamenti che spettano al concessionario delle
zone di caccia, ma ciascuno di essi ha già fatto sapere che non gli interessa
tanto l’indennizzo, quanto l’eliminazione definitiva di questi animali
alloctoni. La presenza a Cherso dei cinghiali è frutto della dabbenaggine umana,
di coloro che un paio di decenni fa non pensarono (o forse sì) a quali rischi
stessero per sottoporre l’habitat chersino. L’ovinicoltura è insomma in pericolo
a Cherso e molti allevatori hanno già smesso o pensano seriamente di farlo,
impossibilitati ad avere un’attività remunerativa. Una tradizione che si perde
nella notte dei tempi, simbolo dell’isola, rischia purtroppo di scomparire per
sempre, con gravissime ricadute anche su turismo e settore ristorativo. A meno
che comune, regione e stato sappiano individuare una soluzione efficace, che
possa sradicare il deleterio, pauroso gironzolare di questi animali con le
zanne.
(a.m.)
IL PICCOLO - LUNEDI', 14 dicembre 2009
Nel buco della cava Faccanoni un bioparco nel giro di
10 anni - Costerà 8 milioni più Iva. Dipiazza: «Un’area favolosa»
IL PROGETTO DEL COMUNE
Ci vorranno circa dieci anni di lavori, minuziosamente contingentati, e otto
milioni più Iva, tra investimenti di start-up, costi di gestione e di chiusura.
Ma sulla carta, con un pieno di ecofondi regionali, nazionali ed europei, sarà
una partita redditizia per il soggetto gestore e pure per il soggetto
responsabile, cioè il Comune. In minima parte, per quest’ultimo, in realtà. Il
”guadagno” vero, in effetti, non si conterà in bigliettoni. Ma nel recupero,
pieno, di natura e paesaggio. Con l’impianto progressivo - via via che si
formerà un gradone di terra sopra l’altro - di alberi, arbusti, esemplari di
sottobosco nostrani che diventeranno una casa in più per gli animali selvatici
del Carso, dai caprioli ai cinghiali. E con la realizzazione - alla fine - di
appositi percorsi panoramici sul Golfo per triestini e turisti, dall’incrocio
tra Strada per Basovizza e Strada per Opicina fino al vecchio castelliere del
Monte calvo, circa 250 metri più sopra. Un ”bioparchetto”, una riserva insomma.
Ma dove tutto questo? Nel tratto di crinale più martoriato, al secolo Cava
Faccanoni. Un buco nel verde talmente grande - da 300 metri di larghezza per 150
d’altezza - che funge spesso da riferimento per chi va per mare. Ebbene, come
annunciato nei mesi scorsi, il buco che un tempo veniva sempre più svuotato
tornerà presto ad essere riempito di terra e roccia, diventando così area di
smaltimento di materiale inerte (non quello inquinato, però) proveniente dai
diversi cantieri del territorio triestino. Un primo assaggio da seicentomila
metri cubi di ”ripopolamento” è coinciso con gli scarti delle escavazioni per
fare le vicine gallerie Cattinara-Padriciano della nuova Grande viabilità. Ma
non basta.
IL PROGETTO Il riempimento, ideale s’intende, prevede un altro milione e mezzo
di metri cubi, pari a due milioni e 225mila tonnellate: ipotizzando un
trasferimento da cantieri provinciali alla Cava di 900 tonnellate al giorno, per
250 giornate lavorative all’anno, ecco che viene fuori il decennio di cui si
diceva. Un piano fattibile «senza particolari diffficoltà considerate le forti e
crescenti richieste di allocazione di materiali inerti che vengono espresse nel
bacino di riferimento della Cava». È quanto si legge all’interno del progetto di
«rinaturalizzazione morfologica e naturalistica della dimessa Cava Faccanoni» di
cui è responsabile il servizio Coordinamento amministrativo e Project financing
che fa capo al dirigente comunale Walter Toniati e, a livello politico, a
Roberto Dipiazza in quanto assessore ai Lavori pubblici.
LA VISITA È stato il sindaco in persona infatti, nei giorni scorsi, a ripetere
il sopralluogo fatto a fine estate. Stesso entusiasmo. Stesso convincimento. «È
un posto straordinario, che vista si godrà da lassù, fino alla vedetta. E in più
si farà rivivere un’area naturalistica enorme». Il fatto è che Dipiazza,
stavolta, si è portato dietro gli uomini della Regione. Gli stessi chiamati
adesso a esaminare il progetto nel suo insieme - spedito appunto dal Municipio
in Regione - nell’ottica di possibili finanziamenti, a cominciare dal direttore
centrale delle Risorse agricole, naturali e forestali Luca Bulfone. Uno dei due
interlocutori determinanti. L’altro è Roberto Menia, il sottosegretario
all’Ambiente.
TEMPI E SOLDI Il progetto di «rinaturalizzazione», a tale proposito, fissa la
road map - entro marzo 2010 lo svolgimento delle procedure di gara, entro
settembre l’assegnazione del progetto, la predisposizione dell’impianto e
l’avvio, entro il 2020 la gestione a pieno regime - e pure i soldi da mettere
sul piatto, contando anche l’Iva, nel prospetto di massima decennale: 5 milioni
e 316mila euro per l’avvio dell’attività, due milioni e 910mila per la gestione
nei dieci anni, un milione e 480mila per la chiusura dell’attività di
rinaturalizzazione. Una bella cifra. A questo punto, però, recita il piano
economico finanziario, entra in scena il «contributo di rinaturalizzazione»
legato ai fondi, previsto a 8,17 euro a tonnellata. Risultato, «ricavi di
gestione» e un Comune che, nel suo ruolo di regista e responsabile, «può
chiedere un contributo percentuale pari al 12% senza inficiare l’equilibrio del
rendiconto finanziario dell’operazione», vicino a «200mila euro annui
relativamente al primo anno di attività». «Il progetto - è la conclusione - si
presenta pertanto di notevole interesse consentendo di perseguire in modo
economicamente sostenibile molteplici benefici: soddisfazione economica
dell’investitore, introito per il Comune, rinaturalizzazione di un’area
strategica sotto il profilo paesistico per la città».
PIERO RAUBER
SEGNALAZIONI - «Trieste potrebbe insegnare molto sul
”valore” della decrescita»
«Nel 1901 il Consiglio industriale dell’Impero autorizzò
la costruzione della seconda congiunzione ferroviaria, la cosiddetta linea dei
Tauri o Transalpina...» (Elio Apih, Trieste, Laterza 1988). Si trattava di 414
km con 43 gallerie. Furono impiegati 70.000 operai. Nel 1909 l’opera era
conclusa.
I tempi di realizzazione, per i ritmi dello sviluppo industriale di allora,
erano fantastici. La ferrovia costituì un vero e proprio volano per il decollo
industriale della città, basato sulla cantieristica e sulla lavorazione delle
materie prime importate via mare, commercializzabili attraverso il porto. C'è di
che riflettere rispetto al progetto della Tav che oggi si vorrebbe realizzare.
Oggi i tempi di realizzazione sono immensamente più lunghi rispetto a
un’economia tumultuosa che pratica logiche completamente diverse da quelle di
cent’anni fa. Occorre essere economisti di vaglia per capirlo? Oggi le imprese
delocalizzano, oggi i centri si spostano: la direzione da una parte, la
produzione in capo al mondo; oggi la domanda muta continuamente e muta forma e
modi; oggi la rete brucia le idee e le tappe e una zona di scarsissimo interesse
può diventare il centro del mondo per poi sparire dopo pochi anni. A sapere
interpretare l’economia bisogna essere visionari.
La logica che continua ad ispirare la nostra classe dirigente è invece ancora
quella ottocentesca della ferrovia Transalpina. L’idea di progresso e sviluppo
implica la prevedibilità, implica la prefigurazione di tempi e modi nonché degli
obiettivi a lungo e medio termine. Lasciamo stare il lungo perché oggi anche il
medio termine è letteralmente polverizzato. La prevedibilità? Come insegna
l'ultima crisi, è un’arma spuntata. Il capitalismo oggi cresce e si sviluppa con
la velocità imprevedibile di una metastasi. Programmare il futuro, come intende
la nostra classe dirigente, è velleitario, piuttosto serve come armamentario per
tirare la morale pubblica. Promettere sviluppo, crescita, occupazione, modernità
a tutti i costi: non c'è differenza tra destra e sinistra in questa rincorsa.
L’unica cosa sulla quale ha senso lavorare è invece tirarsi fuori, rallentamento
intelligente e plastico. Non è un proposito bizzarro: c’è una letteratura in
campo. La scuola è quella della «decrescita» di Serge Latouche, di Georgerin
Roegen, di Ralf Steppacher. Certo, molte affermazioni possono sembrare folli,
appunto visionarie, ma la «decrescita» non ha nulla a che fare con l’abbandono
della crescita tout court, ha che fare con una ponderata gestione della
mutevolezza continua e con il contenimento dell’imprevisto nel rispetto della
biosfera. Valorizzare quello che abbiamo, subito, adesso, non domani. Proiezioni
corte e volte a conservare l'esistente e a migliorarlo per com’è. L’idea del non
sviluppo, del fermarsi per andare avanti, del marginalizzarsi per tornare al
centro, sfugge alla logica economicistica, fatta di tabelle e di cause ed
effetti.
Trieste è una città che è stata già lungamente in decrescita. Io credo che
potrebbe insegnare molte cose sotto questo punto di vista.
Marco Coslovich
SEGNALAZIONI - Parco del Mare
Strano, e contrario alla sua tesi, il paragone che il
presidente del Gruppo giovani Imprenditori usa nella replica alla mia lettera,
dove rimarcavo che, prima di ipotizzare un Parco del Mare a Trieste, andrebbero
risolte le carenze infrastrutturali esistenti, compreso il grave problema dei
parcheggi. Scrive infatti Andrea Gelfi che affrontare innanzitutto queste
questioni «equivarrebbe a voler costruire un autogrill in attesa che arrivi
l’autostrada». Appare chiaro a chiunque legga che «l’autogrill» del paragone
corrisponde al Parco del Mare, mentre «l’autostrada» ovviamente sta per le
infrastrutture di collegamento. Quindi è proprio Gelfi a proporre di costruire
il Parco del Mare anche se non ci sono ancora collegamenti sufficienti: cioè
l’autogrill prima dell’autostrada. A meno che non si voglia considerare
«autostrada» l’attuale A4, cioè quel serpentone di camion che condanna gli
automobilisti a interminabili code sotto il solleone. Può essere vero che
un’attrazione turistica contribuirebbe nel tempo ad aumentare i collegamenti, ma
è sicuramente anche vero che, fino ad allora, i visitatori sarebbero scoraggiati
dalla disastrosa situazione attuale (treni, aerei e strade del tutto
insufficienti): il classico serpente che si morde la coda.
Quanto alla grande opportunità di sviluppo per la città e di garanzia di
occupazione per i giovani, Gelfi si legga i resoconti sconfortanti sulla crisi
dei maggiori acquari italiani, contenuti nel dossier fornito dall’Enpa sul sito
www.enpa.it, dove uno studio corredato da grafici analizza le difficoltà
economiche in cui versano queste strutture a causa degli enormi costi di
gestione.
Perché mai a Trieste si vive solo di futuribili e fantasiosi progetti e si
distruggono le poche iniziative che potrebbero funzionare? Basti pensare alla
soppressione del Fest, unica manifestazione che stava facendo circolare il nome
di Trieste a livello internazionale (seguita addirittura da un collegamento
diretto su Rai Tre Scienza). Manifestazione che stava portando e avrebbe portato
in città un turismo di qualità, sfruttando una risorsa già a disposizione:
quella «cittadella della scienza» che tutti ci invidiano ma spesso sottovalutata
dai triestini. In realtà manca una promozione a largo raggio della specificità
storico-culturale di Trieste e delle sue bellezze naturalistiche, senza aver
bisogno di cimentarsi in un’impresa a rischio come quella di un acquario.
Perciò mi auguro che i giovani imprenditori abbiano delle «idee innovative» un
po’ meno condizionate da sparate di stampo pre-elettorale e da progetti che
resteranno probabilmente a livello di plastico illustrativo, come quello esposto
trionfalmente per mesi alla Camera di Commercio. Se già allora si fosse valutata
un po’ più seriamente l’operazione Parco del Mare, ci si sarebbe accorti che il
sito del mercato ortofrutticolo a Campo Marzio non era neppure tutto del Comune.
Giorgetta Dorfles - (per il Comitato in difesa delle Rive)
IL PICCOLO - DOMENICA, 13 dicembre 2009
Prestigiacomo: «Il nostro Paese vuole accelerare» -
«Martedì una proposta danese. Anche nel 2010 detrazioni del 55% sull’efficienza
energetica»
COPENHAGEN L'Italia spinge il piede sull'acceleratore dei
negoziati al 15.o vertice Onu sul clima in corso a Copenhagen. Per il ministro
dell'Ambiente, Stefania Prestigiacomo, serve imprimere un'accelerazione.
Il quadro, ha detto, incontrando i giornalisti nella sede della delegazione
italiana al Bella Center al termine della riunione informale del pomeriggio in
cui è stato fotografato lo stato dei lavori, «non è molto progredito rispetto
alla partenza. La situazione non è negativa ma non c'è ancora chiarezza e gli
impegni sono ancora troppo generici».
Il ministro ha sottolineato che l'Italia lavorerà per un'accelerazione della
trattativa. «Bisogna lasciare aperti solo pochi e chiarissimi punti». E già
martedì, ha annunciato Prestigiacomo, potrebbe esserci «una nuova proposta della
presidenza danese». Da ora in poi, infatti, ha riferito il titolare
dell'ambiente, ci saranno una serie di consultazioni informali e bilaterali.
«Noi come Ue abbiamo le carte in regola - ha detto - abbiamo dato il via libera
a un congruo finanziamento e siamo pronti ad assumere impegni vincolanti». Anche
per il 2010 le detrazioni del 55% sull'efficienza energetica ci saranno. Lo ha
detto il ministro dell'Ambiente, Stefania Prestigiacomo, rispondendo ai
giornalisti a margine di un incontro organizzato a Copenhagen per il vertice Onu
sul clima. «Per il 2010 - ha detto il ministro - è confermata nella Finanziaria
la detrazione del 55%». Per il ministro uno dei punti di incontro tra le
posizioni potrebbe essere la governance del finanziamento in modo che i paesi
sviluppati possano seguire la finalità degli interventi.
A livello Ue, ha riferito però Prestigiacomo, la posizione Usa viene considerata
«ancora insufficiente».
I giorni sono pochi. Sul tavolo duri negoziati soprattutto sul Protocollo di
Kyoto che in molti ora vorrebbero 'impallinarè ma non i paesi vittime dei
cambiamenti climatici che, guidati da Cina e India, ma anche Brasile e
Sudafrica, non sono disposti a negoziare il Trattato salva-clima che scade a
fine 2012 e che assicura loro risorse economiche. Da qui la loro 'marcià
negoziale per prorogarlo distintamente dal ramo parallelo della Convenzione Onu
sotto cui ricadono anche gli Usa.
Ma in molti, a metà strada del vertice che si è aperto il 7 dicembre scorso e si
chiuderà venerdì 18, sono convinti che, nonostante tutte le difficili manovre
che attendono i ministri, si riesca a portare a casa un risultato.
Primi tra gli ottimisti i francesi secondo i quali i negoziati sul clima alla
conferenza Onu di Copenhagen si «annunciano molto difficili» ma un accordo
dovrebbe comunque essere raggiunto nella notte del 18 dicembre, in occasione del
summit conclusivo dei capi di Stato e di governo, ha pronosticato Jean-David
Levitte, consigliere diplomatico e sherpa del presidente francese, Nicolas
Sarkozy. Oggi pausa di riflessione. Il Bella Center domenica chiude. Da domani
sarà di nuovo battaglia.
Piano particolareggiato, rispunta il «cubone»
- SDEGNO E AMAREZZA NEL COMITATO DI VIA BELPOGGIO, RAFFICA DI
LETTERE AI CONSIGLIERI COMUNALI
Marina Spaccini: «È inaccettabile che lo sgambetto
venga dall’amministrazione comunale»
Sdegno. Si è ristretta in una parola la reazione dei cittadini del «comitato
anti-cubone» di via Santa Giustina quando hanno saputo - secretazioni
permettendo - che il combattuto progetto edilizio sul retro di via Belpoggio,
per il quale hanno già vinto due battaglie al Tar e ottenuto una modifica
urbanistica che ha reinserito il blocco nel «centro storico» da cui era stato
enucleato nel nuovo piano regolatore, col piano particolareggiato del centro
storico stesso torna nel piatto tale e quale.
Morale. «Difendersi da costruttori e interessi privati fa parte della vita, ma
che lo sgambetto venga da un’amministrazione comunale è inaccettabile» afferma
la presidente del comitato, la dottoressa Marina Spaccini, che annuncia «stato
di agitazione» e una raffica di lettere a tutti i consiglieri comunali. «È un
fatto morale - rafforza Piero Sardos Albertini tra i fondatori del nucleo di
protesta - che crea grande sconcerto, siamo indignati e scandalizzati».
Metri. Progettata dall’architetto Lorenzo Gasperini, già sindaco di Muggia per
il Pdl, la serie di tre edifici è contestata come inaccettabile
«cementificazione». I cittadini hanno ottenuto, su proposta dell’opposizione,
che l’area fosse reinserita nel centro storico e con questo speravano di aver
ottenuto un progetto, perfino «partecipato», di minore impatto. Il piano del
centro storico invece riporta una scheda dove le tre case hanno altezza di 15
metri, come prima. Una discordanza tecnica tra documenti? Roberto Sasco,
presidente della commissione urbanistica: «No, centro storico non significa
inedificabilità, solo essere vincolati a prescrizioni costruttive. Ogni altra
cosa va affidata alle osservazioni dei cittadini».
In aula. Si ricomincia dunque daccapo, ma intanto il piano del centro storico va
già domani in consiglio comunale con l’intenzione - dice Sasco - di arrivare
all’adozione subito, lavorando in aula fino a esaurimento, anche perché per
lunedì 21 è pronto un nuovo calendario: Silos, park San Giusto e ampliamenti
all’Itis. Poi è Natale e si chiude.
Posti auto. Ma se questo cosiddetto «cubone» ha già una sua potente storia alle
spalle, nuove questioni si affacciano, da parte della stessa maggioranza e
dell’opposizione. Fabio Omero (Pd) osserva: «In commissione ho espresso
meraviglia per la scomparsa del Parco del mare, nonostante i 2300 posti auto
necessari se il progetto decollasse. Già il Piano regolatore indicava solo
genericamente che tali parcheggi andranno realizzati entro una distanza massima
di 500 metri di raggio dall’ambito, ovvero all’interno di un’area che comprende
all’incirca piazza Unità, villa Necker, Mercato ortofrutticolo. E 2300 posti
auto equivalgono a 56 mila metri quadrati - scrive Omero - qualcosa come otto
campi di calcio: da qualche parte andranno pur previsti.
Idee 2006. «Inoltre - aggiunge - i percorsi pedonali e le pavimentazioni di
pregio sono ripresi pari pari dal testo dell’architetto Alberto Cecchetto del
2006: per questo non comprendono il ponte di vetro sul Ponterosso, ma nemmeno la
pedonalizzazione di via Cassa di Risparmio e di piazza della Borsa».
Pietre. La maggioranza su proposta di Sasco porta due richieste di emendamento:
«Nel caso di rimozione di pavimentazioni in masegno o altre pietre originali,
essere devono essere recuperate e riutilizzate nello stesso sito, o comunque nel
centro storico; tutti gli elementi di arredo, dalle panchine alla fioriere, così
come i
GABRIELLA ZIANI
Terreni non più edificabili? Niente Ici - CONSEGUENZE
DEL NUOVO PIANO REGOLATORE «SENZA CEMENTO»
Per la perdita di valore commerciale. Ma il
proprietario deve segnalarlo
Qualcuno lo sa bene, ed è già andato a sistemare le cose. Qualcuno lo
scoprirà. Per i terreni privati marcati come «edificabili» che il Piano
regolatore ha trasformato in «non edificabili» non bisogna più pagare l’Ici, o
pagare una cifra diversa, talora piccolissima.
L’annullamento dell’imposta scatta dal momento dell’adozione del documento
urbanistico, senza aspettare l’approvazione finale e il sì definitivo della
Regione, e quindi la sua traformazione in legge.
«Il motivo è semplice - spiega Paolo Cavazzoni, direttore dell’agenzia di
riscossioni comunali Esatto -, i terreni pagano l’Ici non secondo un valore
catastale, come le case, ma secondo il prezzo commerciale dettato dal mercato:
anche la sola previsione che un terreno edificabile sia destinato a diventare
non edificabile ne fa crollare il prezzo di fronte a qualunque acquirente,
addirittura potrebbe esserci nessun acquirente, rendendo perciò pari a zero il
valore di quella proprietà, e dunque l’Ici non è più dovuta, oppure lo è nella
misura del nuovo valore della particella, che ciascun proprietario può farsi
certificare anche da un perito».
Ma il bello è che il cittadino ieri in possesso di un valore e oggi di nessuno
deve farsi parte attiva, e cioé andare a chiedere di persona che il bollettino
Ici non gli sia più inviato, oppure venga aggiornato, altrimenti il Comune
continua a riscuotere come prima. Viceversa, se un terreno acquisisce lo status
di «edificabile» e dunque il suo valore schizza in alto, gli uffici comunali ne
danno immediata comunicazione a Esatto, e l’Ici scatta d’ufficio.
Dunque l’operazione Piano regolatore «che non cementifica» e che toglie
edificabilità soprattutto in Carso, una scelta politica di cui l’amministrazione
Dipiazza e Dipiazza in prima persona si sono sempre detti orgogliosi per il bene
della città, avrà ripercussioni sulle casse del Comune stesso. «Io non credo di
molto» dice prudente Cavazzoni.
Ma Marco Milcovich, il presidente della circoscrizione di Altipiano Est che ha
fieramente avversato le scelte del Piano regolatore (soprattutto, come altri,
sostenendo che veniva violato il diritto delle famiglie a disporre di un terreno
per edificazioni a uso di contiguità familiare) afferma di aver fatto i conti:
«Solo in Carso - dice - è stata sottratta edificabilità a 535 mila metri
quadrati di terreno».
Se poi il Piano regolatore, ipotesi remota ma tecnicamente non impossibile,
venisse stravolto nei suoi principi fondamentali, oppure se i cittadini
firmatari di osservazioni e opposizioni vedessero accolte le proprie richieste
di revoca dei provvedimenti urbanistici e riavessero l’edificabilità, l’Ici
sarebbe automaticamente ripristinata. «Il terreno più grande che ha perso
attualmente valore in questo senso - spiega ancora Cavazzoni - è l’Area di
ricerca, per il resto sono tutte particelle piccole».
Un cittadino racconta di aver già fatto la pratica a Esatto, di corsa: «Ero
arrabbiato tempo fa perché il mio terreno, edificabile, in realtà non era
costruibile a causa delle misure, chiesi l’abbattimento dell’Ici: non era
possibile. Adesso invece me l’hanno reso agricolo, il sindaco mi ha penalizzato,
e io mi sono sganciato dall’imposta immediatamente».
(g. z.)
Treni, rincari dei biglietti fino al 17% - Attivo da
oggi il nuovo orario ferroviario Il Fvg salvato dopo una spesa di 3 milioni
Balzo delle tariffe per la seconda classe. I
collegamenti con Milano scendono da 13 a 11
TRIESTE Sono un po' di meno, viaggiano più veloci e costano di più. E' la
sintesi dei collegamenti ferroviari da Trieste direzione Milano e Roma fissati
nel nuovo orario di Trenitalia, attivo da oggi. I mezzi ad alta velocità da
Mestre verso le due maggiori città italiane determinano un adeguamento dei
prezzi dei biglietti, incrementati mediamente del 10%. Il ritocco all'insù
colpisce soprattutto la seconda classe: gli aumenti arrivano fino al 17%.
LA TRATTATIVA E' stata una partita faticosa per la Regione: nella prima bozza
del nuovo orario i diretti dal Friuli Venezia Giulia per Milano e Roma non
c'erano. Cancellati. L'assessore regionale ai Trasporti Riccardo Riccardi si è
incontrato più volte con Mauro Moretti, ad di Fs. La giunta ha pure partecipato
alle spese con 3 milioni di euro. E, alla fine, i diretti su Milano ci sono e i
treni per Roma vanno più veloci. «Ci siamo assunti un impegno e lo abbiamo
mantenuto - commenta Riccardi -, sono senz'altro soddisfatto. I 3 milioni? Uno
strumento di emergenza in uno sforzo congiunto con Trenitalia. Quanto al futuro,
il servizio migliorerà nella misura in cui migliorerà il sistema del trasporto
pubblico locale che contiamo di riuscire a rendere di anno in anno più
qualitativo».
MENO TRENI Tutto bene? Non proprio. Innanzitutto il numero dei collegamenti. Se
rimangono inalterati i trenta Trieste-Mestre quotidiani (purtroppo anche nei
tempi di percorrenza) e le partenze da Trieste verso Roma (14), diminuiscono (da
13 a 11) le possibilità giornaliere di andare a Milano. La novità del diretto
Frecciabianca delle 9.38 costa la diminuzione della frequenza mattutina. Dalle
4.30 alle 11.44 partivano fino a ieri 7 Trieste-Milano, ora solo 5.
IL RITOCCO DEL BIGLIETTO Meno treni su Milano e un po' più cari. Alta velocità,
alti prezzi. Il diretto (ai "vecchi" delle 6.35 e delle 17.02 si aggiunge quello
delle 9.38) costa 59,50 euro in prima classe e 44 in seconda, aumenti del 10,8%
e del 10,3% senza sostanziali risparmi di tempo: ci si continua a mettere circa
4 ore e 20 minuti. Biglietto ritoccato anche per le altre tratte su Milano (in
media dell'8%) e per quelle su Roma: tra il +4,6% e il +6,1% la prima classe e
tra il +16% e +17% la seconda.
I TEMPI L'Eurostar per Roma delle 7.49 impiegava 6 ore e 21 minuti. Ed era la
soluzione più veloce. Da oggi, almeno al mattino eccezion fatta per la partenza
delle 7.04, si va sotto le 6 ore. Il treno in partenza alle 6.35 porta nella
capitale in 5 ore e 38 minuti (fino a ieri erano 6 ore e 35 minuti), quello
delle 9.38 in 5 ore e 35 minuti. In sostanza poco meno di un'ora di tempo
guadagnato costa circa 7 euro in prima classe e 13 in seconda. Ma con l'obbligo
di cambiare a Mestre.
NEL RESTO D'ITALIA «Scelte che non stanno nelle autonomie della Regione»,
chiarisce Riccardi. Scelte che del resto Trenitalia ha fatto in tutta Italia. Al
netto di sconti e promozioni, con "batoste" anche più pesanti. A essere
maggiormente penalizzata è sempre la seconda classe: il Milano-Roma costa quasi
il 20% in più, il Bologna-Firenze il 32% in più, ma gli adeguamenti riguardano
anche gli Eurostar, non toccati dall'alta velocità. Per il Milano-Bologna
(seconda classe) si passa da 25,70 e 28,50: +10,9%.
L'ORARIO CARTACEO Dopo settimane di misteri il sito di Trenitalia riporta ogni
variazione di orari e prezzi. Con il computer sul tavolo si può programmare il
viaggio e prenotare il biglietto. Niente da fare, invece, con il metodo
tradizionale. L'orario su carta non c'è. Né in stazione né sul sito. Al link
Area Clienti compare la promozione di "In Treno", la linea editoriale della
compagnia che comprende pure la pubblicazione cartacea. Peccato che sia quella
con l'orario in vigore dal 14 giugno al 12 dicembre. Non serve più.
MARCO BALLICO
Controlli severi su ritardi, comfort e pulizia: multe
salate se Trenitalia non è in regola - LO PREVEDE IL CONTRATTO STIPULATO CON LA
REGIONE
TRIESTE Cinque treni sotto osservazione speciale, e
sessanta rilevazioni tra comfort e pulizia effettuate a partire da luglio: in
pratica, almeno una al mese. Questo il bilancio, a fine novembre, delle
operazioni di controllo su treni e effettuate dalla Regione nell'ambito del
nuovo contratto di servizio Regione-Trenitalia firmato nel mese di luglio. Un
contratto che, come si sa, prevede la possibilità di far pagare a Trenitalia una
serie di sanzioni nel caso non rispetti gli standard previsti. Oppure, nel caso
delle pulizie, che si impegni a effettuare pulizie supplementari nei casi in cui
quelle già fatte dovessero risultare, agli occhi dei «controllori regionali» non
soddisfacenti. Per quanto riguarda la puntualità, cinque sono i convogli che,
senza ulteriori interventi di Trenitalia, saranno colpiti dalla scure delle
multe: due viaggiano sulla linea Trieste- Portogruaro (il 2839 delle 6.26 e il
5811 delle 6.59), e tre sulla Venezia -Udine (il 5920 delle 6.18, il 5980 delle
15.18 e il 2838 delle 20.56). Treni, specialmente quelli provenienti da Trieste,
usati dai pendolari, e quindi particolarmente importanti dal punto di vista
della puntualità.
Importanti anche per Trenitalia, dal momento che su questi tre treni rischia la
multa: il contratto infatti prevede un parametro che prevede il 90,86% di treni
con un possibile lasco tra gli 0 e i 5 minuti, e il 97,72% di treni con un lasco
tra i 6 e i 15 minuti. Se Trenitalia non rispetterà tali indici di puntualità,
si vedrà affidare una multa di 15mila euro per ogni decimo di punto percentuale
in più. C'è poi il problema del sovraffollamento, che per alcuni convogli,
specie nelle ore di punta, diventa drammatico: un esempio è per l'Udine-Trieste
delle 6.46 (numero 2841) che diventa una bolgia dopo la fermata di Cervignano, o
il Venezia Udine delle 17.04 (anch'esso treno usato soprattutto da chi rientra
dal lavoro). Problemi che comunque, ha specificato Trenitalia, dovrebbero
risolversi a breve: erano infatti dovuti alla riparazione di alcune carrozze che
hanno dovuto restare in manutenzione per qualche periodo. Per quanto la
puntualità, invece, i tempi di recupero saranno più lunghi: secondo quanto
riferito dal direttore del Trasporto regionale in Fvg di Trenitalia Mario
Petenella, «saranno risolti all'80% con l'arrivo del nuovo materiale rotabile».
Che Trenitalia garantisce arriverà sulle rotaie regionali entro il 2011: proprio
in questi mesi infatti è partita la gara d'appalto per il reperimento dei nuovi
convogli. Si tratta di quattro Vivalto, per i quali Trenitalia ha già dato il
via alla procedura di acquisto: procedura complessa, dalla durata di oltre un
anno e mezzo, visto che parte dall'ordine di realizzazione dei convogli che sono
disponibili solo su commissione. I treni saranno utilizzati sulle linee di
maggior afflusso di viaggiatori e pendolari: la Trieste-Venezia, la
Trieste-Udine e la Udine Venezia, e andranno a sommarsi agli elettrotreni
modulari acquistati dalla Regione, con almeno 230 posti a sedere, omologati per
la circolazione sulla rete italiana e slovena andranno infatti a sostituire le
vecchie automotrici Ale 801 attualmente in servizio con un'anzianità media di
circa 32 anni.
ELENA ORSI
Hack: «Dovremo ricorrere al nucleare» - «Il vertice
darà più consapevolezza sui rischi del pianeta. L’Italia è arretrata»
L’INTERVISTA. SCARSO OTTIMISMO DELLA SCIENZIATA SUL
DOPO-COPENHAGEN
TRIESTE Nessuna illusione, secondo Margherita Hack dal vertice sul clima di
Copenhagen non arriverà nessuna misura concreta per migliorare la situazione
mondiale, ma «qualche cosina accadrà di certo», almeno finalmente «tutti si
renderanno conto di quali rischi corre il pianeta e che l’atmosfera non ha
confini». E per il futuro? la Hack non ha dubbi: il petrolio finirà e dopo non
resteranno che le energie rinnovabili e il nucleare «che non deve essere
demonizzato perché non ne potremo fare a meno».
Professoressa Hack, allora è pessimista?
No, non sono troppo ottimista, penso che quello di Copenhagen sarà un buon
vertice, ma non ci spero molto. Sicuramente, forse, ci sarà più consapevolezza
sui rischi che corre il pianeta con l’inquinamento che non ha barriere o confini
come l’atmosfera.
Dove nasceranno le difficoltà al vertice?
Con i Paesi in via di sviluppo, che diranno ”voi avete consumato, prodotto e
inquinato, ora tocca a noi perchè abbiamo bisogno di crescere e voi ora ci
mettete il freno”.
Cosa bisognerebbe fare allora?
I Paesi ricchi dovrebbero impegnarsi a versare più soldi ai paesi in via di
sviluppo e soprattutto dare tecnologie per spingerli a investire in energie
alternative e nelle produzioni con sistemi che inquinano meno. Inoltre i paesi
più ricchi dovrebbero ridurre gli sprechi e i consumi, a cominciare dalle
famiglie e dai singoli sino alle realtà industriali. Bisogna consumare di meno e
non si può tenere acceso il riscaldamento acceso con le finestre aperte.
L’Italia come si sta comportando?
Basta guardare all’invito fatto dal ministro ai trasporti Matteoli che vuole
portare il limite di velocità in autostrada a 150 all’ora! È una pura
stupidaggine perché vuol dire aumentare il consumo di carburante e immettere più
CO2 nell’atmosfera. Bisognerebbe fare il contrario e costruire delle auto che
non arrivino neppure ai 150 all’ora.
Ma in Italia qualcosina è stata fatta, è partita pure la raccolta differenziata
di rifiuti...
Certamente, ma alla fine la Germania ci fa pagare per ritirare questi rifiuti e
con questi si riscalda. Noi paghiamo il loro riscaldamento! Questo è il segno
della nostra arretratezza culturale.
Da Copenhagen arriverà almeno qualche invito?
Sì, a fare tanti piccoli passi per migliorare l’ambiente. Se lo facciamo in
Italia ci saranno 55 milioni di piccoli passi che diventeranno 6 miliardi se
tutto il mondo si muoverà e tutti cercheranno di risparmiare. Un’esempio tra i
tanti: gli allevamenti intensivi di animali. Ma lei sa che è una delle maggiori
cause di inquinamento atmosferico? Bisognerebbe mangiare meno carne e oltre a
ridurre l’inquinamento farebbe soffrire anche di meno gli animali. Penso che il
vertice darà qualche segnale, sensibilizzerà le persone.
E cosa ne pensa del futuro del petrolio?
È chiaro a tutti che non è inesauribile, finirà e dovremo ricorrere ad altre
fonti energetiche. Proprio per questo sarà necessario utilizzare il nucleare
accando all’aumento dell’utilizzo dell’energia alternativa data dal solare e
dall’eolico che putroppo non sono sufficienti. Il nucleare è stato troppo
demonizzato, le centrali di oggi sono molto più sicure di quella di Chernobyl.
Resta, certamente, il problema delle scorie che bisognerà stoccare in profonde
miniere. Rischi ce ne sono soprattutto in Paesi come l’Italia e bisognerà fare
grande attenzione perchè queste scorie non finiscano in qualche discarica
abusiva. Il pericolo in questo caso sarebbe enorme.
GIULIO GARAU
Tondo categorico: «no» all’atomo a Monfalcone - «Non se
ne parla: il nostro impegno è la sicurezza di Krsko»
IL PRESIDENTE FVG SULL’ENERGIA
MONFALCONE «Ipotizzare che Monfalcone possa essere inserita in una presunta
lista dei siti nucleari, significa fare terrorismo psicologico. E chiedermi che
posizione intendo assumere a riguardo è una falsa domanda. Piuttosto la Regione
è fortemente impegnata per la messa in sicurezza della centrale di Krsko.
Abbiamo coinvolto il governo in questo senso, tanto che mercoledì a Roma avrò un
incontro con Enel».
Il presidente della Regione, Renzo Tondo, insomma è stato lapidario:
«Smettiamola di fare terrorismo psicologico - ha obiettato -. Il nostro impegno
verso la Slovenia, peraltro, significa che non c’è alcuna ragione di chiamare in
causa Monfalcone. Pensiamo dunque alla vera priorità, che è quella oltreconfine».
Il presidente ieri è giunto in piazza della Repubblica nel pomeriggio, assieme
al coordinatore regionale Isidoro Gottardo, per incontrare e sostenere i
rappresentanti del Pdl, in occasione dell’avvio della campagna di tesseramento.
Il coordinatore comunale Giuseppe Nicoli ha fatto gli onori di casa. Tra gli
altri, c’erano i sindaci Antonio Calligaris, di Fogliano, e il consigliere
regionale di An, Roberto Marin, il consigliere comunale di An, Suzana Kulier e
il consigliere comunale di An a Staranzano, Pasquale Pusateri.
Danni in Val Rosandra, ditta condannata - Patteggiati due mesi e 7mila euro di multa per il danno ambientale procurato
SAN DORLIGO - Asportazione di un parapetto sul primo ponticello all'imbocco del sentiero, rimozione di un muretto a secco delimitante l'argine del torrente, scortecciamento di quattro piante ed abbattimento di altre due, allargamento del sentiero mediante scalpellatura della roccia in più punti, nonché demolizione del canale in pietra che anticamente portava l'acqua ai mulini.
Per queste ed altre “attività” Carlo Alberto De Cecco, legale
rappresentante della De Cecco - Opere a verde srl, ditta di Pozzuolo del Friuli
che aveva ricevuto in subappalto i lavori di sistemazione sentieristica nella
Riserva naturale regionale della Val Rosandra nell'ambito del progetto
Interregionale III A/Phare CBC Italia Slovenia “La Val Rosandra e l'ambiente
circostante” da parte della ditta appaltatrice Edilverde, ha patteggiato la pena
detentiva inflitta dal Tribunale di Trieste pari a due mesi (con sospensione
condizionale) e 7 mila euro di multa per “danno ambientale”.
Questo il verdetto dell'udienza preliminare svoltasi venerdì mattina al
Tribunale del capoluogo giuliano nella quale il Sindaco di San Dorligo della
Valle Fulvia Premolin si è costituito parte civile nel procedimento penale
contro Carlo Alberto De Cecco. Soddisfatto il primo cittadino di San Dorligo
presente in aula: «Tra 60 giorni verrà emessa la sentenza ed il nostro avvocato
Andrea Frassini valuterà quale sarà la possibile pena pecuniaria da proporre
come risarcimento del danno sia economico che morale». Dal reato contestato al
De Cecco il Comune di San Dorligo - come espresso tramite una delibera giuntale
del Comune - aveva chiesto “danni di natura patrimoniale e non patrimoniale,
nonché danni all'immagine dell'ente».
Tante infatti le “irregolarità” commesse da parte della ditta friulana come
ricorda anche il sindaco Premolin: «Per fortuna i danni sono stati subito
ripristinati ma ricordo perfettamente quando per sistemare i sentieri della Val
Rosandra gli operai della De Cecco si sono presentati nella Riserva naturale con
dei mezzi cingolati di grossa portata, decisamente inadeguati per questo
territorio estremamente delicato: non appena abbiamo capito che i lavori
venivano eseguiti in maniera errata abbiamo subito bloccato la ditta
subappaltatrice».
Il progetto Interreg «La Val Rosandra e l’ambiente circostante», risalente alla
seconda Giunta Pangerc, dopo oltre tre anni di attesa era partito concretamente
nella primavera del 2007.
Promosso dalle Comunelle di Dolina, Bagnoli e Sant'Antonio in Bosco ed altre
associazioni locali grazie ad un finanziamento europeo pari circa a 600 mila
euro, il progetto, coordinato dal Comune di San Dorligo della Valle, ha visto la
realizzazione di diverse opere di miglioria dell'area. Tra queste la
ristrutturazione del Centro visite di Bagnoli della Rosandra, la
riqualificazione delle vedette di Moccò, San Lorenzo e Crogole, una serie di
interventi sulla segnaletica e sui sentieri principali, nonché la restaurazione
della chiesetta di Santa Maria in Sauris.
Riccardo Tosques
IL PICCOLO - SABATO, 12 dicembre 2009
Rigassificatore, Muggia va al referendum - Nesladek:
«Abbiamo il dovere di sentire il polso del paese, è giusto che ci contiamo»
IL SINDACO UFFICIALIZZA LA SCELTA, PIÙ SIMBOLICA CHE
LEGALE
MUGGIA Una consultazione popolare per esprimere la propria opinione sulla
realizzazione del rigassificatore di Zaule. Questa la proposta lanciata in via
ufficiale da parte del sindaco di Muggia Nerio Nesladek il quale rincara la
dose: «Al momento di decidere i politici potranno prendere anche risoluzioni
impopolari, se lo riterranno, ma dovranno farlo ben sapendo qual è la volontà
dei cittadini».
L'INIZIATIVA Il progetto della consultazione secondo le intenzioni del primo
cittadino dovrebbe prendere forma entro il prossimo anno. Atta a tastare una
volta per tutte il sentimento dei cittadini sull'impianto di rigassificazione
proposto da Gas Natural, l'iniziativa, da un punto di vista prettamente
giuridico, non avrà però alcun peso: «Siamo consci - spiega Nesladek - che sarà
un “referendum” che non avrà purtroppo valore legale, anche perché riguarda
insediamenti che, seppur per pochi metri, non insistono sul nostro territorio ma
su quello di Trieste. Ad ogni modo -prosegue il sindaco - abbiamo il dovere di
sentire il polso del paese, anche per poter rispondere alle critiche di chi ci
accusa di essere una minoranza paladina del “no se pol” che vuole bloccare lo
sviluppo: noi invece pensiamo di rappresentare gli interessi e i sentimenti
della maggioranza della popolazione ed è giusto dunque che ci contiamo». Quello
che il primo cittadino di Muggia ha lanciato dunque chiaramente, un vero
“referendum”, che il Comune non potrebbe indire, perché territorialmente non
competente, ma solo una consultazione che «avrà sicuramente e comunque un forte
peso a livello istituzionale».
Ma a chi sarà aperto questo “referendum”? «Riteniamo utile che anche i residenti
di Trieste partecipino a questa consultazione - puntualizza Nesladek - perché se
ci sono rischi collegati al rigassificatore questi sono sì per Muggia e San
Dorligo della Valle, ma nondimeno potrebbero ripercuotersi in popolosi rioni di
Trieste come Valmaura, Borgo San Sergio e Servola». La macchina organizzativa
per la consultazione popolare partirà nelle prossime settimane con la
convocazione delle riunioni operative con i comitati e le forze della società
civile e politica che hanno espresso dubbi o contrarietà sul rigassificatore.
Nesladek ha infine lanciato un appello: «Chiediamo fin da ora l’aiuto
finanziario agli sponsor e a tutti quei privati che hanno a cuore la questione,
avendo già l’evidenza che non tutto il mondo economico e imprenditoriale è
favorevole al rigassificatore».
LE REAZIONI «Esprimendo la massima fiducia nel sindaco Nesladek, saluto
positivamente questa proposta, fermo restando la grande utilità della raccolta
porta a porta delle firme nel nostro territorio». Il sindaco di San Dorligo
della Valle Fulvia Premolin analizza così la proposta avanzata dal pari grado di
Muggia. Diversa invece la reazione del membro del comitato promotore contro il
rigassificatore di San Dorligo, Laura Riccardi Stravisi (Cittadini): «Apprezzo
il lavoro e la serietà del sindaco Nesladek che si sta battendo su un tema così
importante, ad ogni modo, se è vero che l'indizione di un vero referendum è
inammissibile, ritengo che sia più opportuno indirizzare i nostri sforzi su
azioni più concrete». La Stravisi ha ricordato che la firme raccolte dai due
comitati paralleli (San Dorligo e Muggia) «verranno presto consegnate ai
rispettivi sindaci che a loro volta le faranno pervenire al prefetto di
Trieste». Questo infine il punto di vista del coordinatore del Comitato per la
salvaguardia del Golfo di Trieste Giorgio Jercog: «L'iniziativa di Nesladek
potrebbe rivelarsi come un'utile consultazione informativa per far conoscere
ulteriormente il folle progetto del rigassificatore, quindi accolgo con un
plauso tale proposta».
RICCARDO TOSQUES
Industria triestina, un tavolo a Roma per sbloccare il
nodo delle bonifiche - Rigassificatore: favorevoli Menia, Dipiazza, Bassa
Poropat, Rosato.
ANNUNCIO DI MENIA: IL SUMMIT IL 21 DICEMBRE
O stavolta, o si perdono altri finanziamenti. Il monito arriva dal
sottosegretario all’Ambiente Roberto Menia, che ieri ha comunicato di aver
inviato agli enti coinvolti nell’accordo di programma per il Sito inquinato di
Trieste (Regione, Provincia, Comuni di Trieste e Muggia, Autorità portuale e
Camera di commercio) le lettera con la convocazione a Roma, il 21 dicembre, per
la firma dell’intesa.
L’annuncio è avvenuto durante la presentazione della dodicesima edizione
dell’annuario ”Impresa&economia” (CpL edizioni), alla Camera di commercio di
Trieste. Presentazione introdotta appunto da Menia, con un ampio excursus
sull’economia triestina e sui segnali di ripresa. Un quadro in cui il
sottosegretario ha parlato di elementi positivi (l’avvio dei lavori per la terza
corsia dell’A4, i fondi per la piattaforma logistica del porto di Trieste), ma
anche di fattori frenanti (collegamenti ferroviari, lentezze nel progetto Tav).
«Punto imprescindibile per lo sviluppo di Trieste – ha rimarcato Menia – è una
significativa presenza industriale, adesso troppo debole. E per questo va
sciolto il nodo delle bonifiche del Sito inquinato». Restando in tema di
industrie il sottosegretario ha poi affermato che «la chiusura della Ferriera
nel 2014 sarà possibile se si creano le condizioni per assorbire il personale e
insediare nuove attività. Ecco perchè – ha ribadito – sostengo la creazione del
polo energetico, e ritengo valida la scelta del rigassificatore, tenendo
presenti la sostenibilità ambientale e la salute pubblica».
Il tema del rigassificatore ha occupato gran parte degli altri interventi,
moderati da Roberto Morelli, direttore di ”Impresa&economia”. Il sindaco
Dipiazza ha ribadito i vantaggi (bonifica dell’area, catena del freddo, una
quota di gas annuo per AcegasAps), e rilevando che «le polemiche sono legate
agli interessi dei vicini Paesi».
«Il rigassificatore consentirebbe la bonifica – ha sostenuto la presidente della
Provincia, Bassa Poropat – e poi non possiamo permetterci di respingere alcun
investimento. Non sono assolutamente contraria. I cittadini hanno però diritto
di essere informati, e Gas Natural non ha ancora fornito i dati necessari per
decidere».
Oltre al vantaggio della bonifica, il presidente di Assindustria Sergio Razeto
ha messo in luce i 500 milioni di investimenti, ritenendo «doveroso che gran
parte di questi fondi veda coinvolte imprese del territorio».
A sostegno del rigassificatore si è dichiarato anche l’on. Ettore Rosato (Pd):
«Ci ho creduto molto, sin dall’inizio. Lo si può fare bene, in maniera utile per
la città. Bisogna garantire la massima sicurezza e spazi per nuovi insediamenti
industriali. Il rischio è però che l’iter diventi defatigante e improduttivo».
GIUSEPPE PALLADINI
Bandelli boys, in 160 brindano a Basovizza - Dopo il rigassificatore dubbi sul trasferimento del Burlo a Cattinara
Dal 14 dicembre al 28 febbraio, inoltre, “Un’altra Trieste” scenderà nelle piazze per raccogliere i suoi questionari sul rigassificatore
CENA DI ”UN’ALTRA TRIESTE”
Franco Bandelli e la sua creatura, l’associazione “Un’altra Trieste”
continuano a muoversi a tutto campo: dopo il rigassificatore, tocca alla sanità.
La prossima assemblea pubblica dell’associazione, che si terrà il 14 dicembre
alle ore 18 all’hotel Savoia, si intitolerà infatti «Sanità triestina, perché un
nuovo Burlo?».
L’approccio sarà quello che ormai contraddistingue la linea “bandelliana”:
adesione al Pdl, almeno formale, ma approccio critico. «A noi interessa proporre
una politica nuova, partecipata» - dice Bandelli, che per l’assemblea del 14
annuncia ospiti importanti: «Interverrà il dottor Secondo Guaschino, preside
uscente della facoltà di Medicina – afferma –, è un convinto e autorevole
assertore del trasferimento del Burlo a Cattinara, ascolteremo le sue
spiegazioni e diremo la nostra». Per quanto riguarda la posizione di “Un’altra
Trieste” niente è ancora stato deciso: «Non abbiamo un approccio preconcetto –
dice Bandelli – l’unico dubbio certo che abbiamo fino a ora è sull’opportunità
di utilizzare il project financing». Punto fermo è invece la funzione
d’eccellenza del centro: «Porteremo dati e analisi – spiega il fondatore di
“Un’altra Trieste” -: il 70% delle prestazioni erogate dal Burlo coprono
richieste provenienti da fuori città: vogliamo che la straordinarietà di questa
struttura sia garantita». Dal 14 dicembre al 28 febbraio, inoltre, “Un’altra
Trieste” scenderà nelle piazze per raccogliere i suoi questionari sul
rigassificatore: «Li abbineremo a una raccolta di firme per garantire il
risultato». Dal 14 dicembre al 28 febbraio, inoltre, “Un’altra Trieste” scenderà
nelle piazze per raccogliere i suoi questionari sul rigassificatore: «Li
abbineremo a una raccolta di firme per garantire il risultato».
In attesa dell’incontro i “Bandelli boys” rivendicano il successo
dell’associazione, che nel giro di poche settimane avrebbe raccolto 400
adesioni. Giovedì scorso si è svolta la cena di “Un’altra Trieste”, che ha visto
oltre 160 persone riempire l’Hotel Posta, gestito dall’ex sindaco di Monrupino
Alessio Krizman. Tra gli ospiti l’assessore regionale Alessia Rosolen e l’ex
deputato di Forza Italia Gualberto Nicolini. Il tutto mentre in Consiglio
comunale non tutto fila liscio per i ”Bandelli boys”. Calca la mano il
consigliere Salvatore Porro: «Qualcuno nel Pdl ci sta provocando – dice – così
da far cadere la giunta Dipiazza».
Giovanni Tomasin
«Il Prg non affronta i veri nodi» - Le associazioni ambientaliste bocciano la Variante 118 - OSSERVAZIONI
Wwf, Italia Nostra e Triestebella
Un Piano regolatore ”minimalista”, che non affronta le questioni di fondo
che pesano sulla città, aggravato per di più da quel Piano casa regionale che
distruggerà quel poco di buono che in città è rimasto, bypassando l’annunciata
riduzione dell’edificabilità del nuovo strumento urbanistico triestino.
E’ una bocciatura incondizionata quella che gli ambientalisti triestini hanno
riservato alla variante 118 del Piano regolatore cittadino, affidando al
protocollo comunale un documento con una cinquantina di osservazioni. Se ne è
parlato ieri in una conferenza stampa organizzata nella sede del Wwf da Dario
Predonzan, Fabio Zubin e Roberto Barocchi, rispettivamente di Wwf, Italia Nostra
e Triestebella. Ha aderito all’iniziativa anche Legambiente.
All’incontro era presente anche Marco Simic, in rappresentanza del Coordinamento
dei comitati cittadini e associazioni ambientaliste ”Più verde meno cemento” che
ha chiesto al Comune di partecipare alla futura discussione sulla Variante 118,
in merito all’iter relativo alla Valutazione ambientale strategica (Vas). «Sulla
Vas – hanno spiegato i relatori – c’è stato un grave errore di fondo. E’ uno
strumento di valutazione, condivisa e partecipata, sulle scelte di
trasformazione del territorio che il Comune ha limitato solo alla fase
successiva all’adozione della variante».
«Questo indica una mancanza di strategia – ha rincarato Predonzan – come
dimostra pienamente il fatto che nella variante non sono stati toccati alcuni
dei temi più importanti per il futuro della città, come la riconversione della
Ferriera, la realizzazione del rigassificatore di Zaule, le questioni della
residenza».
Su quest’ultimo punto gli ambientalisti hanno osservato come, a fronte di circa
5mila domande di alloggio inoltrate all’Ater, rimangano vuote e non riconvertite
in città almeno 7.500 abitazioni, e ulteriori 52mila siano sottoutilizzate.
«Perché non pensarci – ha sostenuto Predonzan – piuttosto che subire le deroghe
di quel Piano casa regionale che, rispetto ai paletti introdotti da altre
regioni, consentirà ai costruttori in regione di incrementare volumetrie,
vanificando tra l’altro la riduzione dell’edificabilità in città predisposta dal
nuovo strumento urbanistico?».
Sulle singole osservazioni, gli ambientalisti hanno ribadito l’inadeguatezza del
fronte Rive per il futuro Parco del mare, da realizzare invece nell’area del
Porto Vecchio. ”No” deciso pure alla residenzialità nell’ex Caserma di Banne e
nell’area della vecchia stazione di Campo Marzio. Sì invece a spazi verdi e
attrezzati nell’area del Burlo Garofolo, della Maddalena e della Fiera.
Maurizio Lozei
Park San Giusto ai privati, taglio del nastro nel 2014
- CONCESSIONI, VARIANTI E BUSINESS PLAN IN UNA SOLA DELIBERA
Ok al progetto della giunta Dipiazza, ma decisivo sarà
il voto del Consiglio comunale
Confermata l’uscita della partecipata Amt dalla lista dei soci. La maggioranza
passa ora ai costruttori. Entra con il 30% anche Friulia
Un tour de force di due settimane per chiudere un decennio di equivoci,
frenate e retromarce. E per immaginare, già all’inizio del 2014, il taglio del
nastro di un’opera così complessa da esser sembrata, a più riprese, praticamente
impossibile. Da qui a Natale si gioca infatti il destino di Park San Giusto, il
garage di cinque piani e 718 posti che l’omonima spa conta di realizzare con la
formula del project financing dentro la pancia del colle, alle spalle del Teatro
Romano, con accesso pedonale garantito da due ascensori di 60 metri che
spunterebbero a due passi dal piazzale della Cattedrale. Una partita colossale
che funge da premessa a tutte le possibili rivoluzioni del futuro Piano del
traffico.
LA DELIBERA A meno di cedimenti di maggioranza sempre in agguato da quando ci
sono Bandelli Boys e leghisti - ma l’idea di questo megaintervento nata nel ’99
in epoca Illy potrebbe anche trovare inediti consensi trasversali - lunedì 21
dicembre il Consiglio comunale voterà, dopo un passaggio preliminare nelle
commissioni Lavori pubblici e Urbanistica in agenda la prossima settimana, il
nulla osta già dato mercoledì dalla giunta Dipiazza e giovedì dalla Quarta
circoscrizione alla superdelibera su Park San Giusto, costruita su indicazione
dell’assessore delegato Paolo Rovis dal vicedirettore generale del Municipio
Mauro Silla, dal dirigente del Servizio Grandi opere Walter Toniati e dalla
referente dell’Ufficio Project financing Alice Turchetto.
Di superdelibera si tratta perché scavalca, con un unico documento, una serie di
scogli burocratici che avevano frenato l’iter. E vale al tempo stesso da
progetto definitivo, variante urbanistica e convenzione per le concessioni
pluriennali degli spazi che saranno gestiti dai soci della spa.
I PRIVATI Due giorni più tardi rispetto alla seduta del Consiglio comunale,
quindi mercoledì 23, l’antivigilia di Natale, andrà in scena infine un’assemblea
straordinaria dei soci della Park San Giusto spa, che ratificherà a sua volta
quella che è la condizione numero uno contenuta nella delibera targata Rovis:
l’uscita di scena di Amt - la partecipata del Comune che ne detiene l’87% delle
quote - dalla stessa spa, dove l’azienda di mobilità pubblica figura socio di
maggioranza con il 75% abbondante delle azioni, che oggi valgono circa 900mila
euro. A quel punto - e non sarà più affare del Municipio bensì dei soci rimasti
- sarà messo nero su bianco il nuovo assetto societario: Carena, Riccesi, Celsa,
Fedrigo, Mecasol e Arm Engeenering di Padova compreranno buona parte delle
azioni liberate da Amt, passando dal 2,74% a testa di oggi a una percentuale
paritaria superiore al 10%, così da arrivare assieme alle friulane Ssm e Acu
Park del gruppo Aci - che dovrebbero mantenere le quote attuali per un totale
vicino all’8% - a una proprietà attorno al 70% della Park San Giusto spa.
FRIULIA E COMUNE Il resto, come già circolava voce, sarà acquisito
(temporaneamente?) da Friulia, la finanziaria regionale che - oltre a sollevare
di un tot di oneri immediati i costruttori per la transazione delle quote stesse
- è stata l’ente estensore e certificatore del piano economico inserito nella
superdelibera. Il provvedimento transitato in giunta e atteso al voto del
Consiglio, cancellando Amt dalla lista dei proprietari dell’apposita spa, chiama
dunque fuori il Municipio e la sua partecipata dal rischio d’impresa. Rischio
che, se così lo si può chiamare, si limita di fatto ai 9 milioni di euro già
stanziati per compartecipare alle spese di un’opera di cui viene ribadita la
valenza strategica a livello di utilità collettiva, in cambio di 34 stalli
riservati.
IL NUOVO PROGETTO Ma quella dell’esenzione di Amt non è che la prima pedina di
un effetto domino. Nella delibera, come cambiato in corso d’opera rispetto al
progetto originale, il ”buco” per l’accesso delle automobili non coincide più
con il tunnel anti-aereo che incontra più in là la galleria Sandrinelli, tra la
pizzeria Copacabana e la scalinata di Santa Maria Maggiore, ma per minimizzare
le ricadute dei lavori si sposta davanti all’ormai ex succursale del Carli
tornata sede comunale. Da qui la necessità di approvare la novità come variante
urbanistica, che serve peraltro per l’apposizione di un vincolo di esproprio più
rapido. L’istituto giuridico passa in effetti dalla superficie di proprietà alla
«proiezione sotterranea» dalla quota di -10 metri.
TEMPI E COSTI Il documento benedice poi l’ultimo business plan col timbro
Friulia, che attesta come l’investimento totale sia lievitato da 26 a 34
milioni. E diventa, stringi stringi, il Vangelo per la realizzazione dell’opera:
i tempi di realizzazione sono fissati a manica larga a 48 mesi. La convenzione
definisce infine la durata delle concessioni alla nuova cordata di costruttori,
cui si dovrebbe accodare un ulteriore socio gestore: 36 anni che diventano 90
nel caso dei box cedibili a terzi, più 138 stalli a cielo aperto a cominciare
già dal primo gennaio 2011 nei dintorni dell’ingresso a valle attualmente
affidati ad Amt. L’assetto di San Giusto, invece, a parte i due ascensori
all’angolo di via della Cattedrale, non cambierà.
PIERO RAUBER
CENTRO STORICO - Dopo l’Epifania partono i sondaggi
archeologici - Rovis: «Era un’idea in coma assistito, l’abbiamo risvegliata»
«Era un progetto in coma assistito, l’abbiamo
risvegliato», si mostra ottimista l’assessore Paolo Rovis. Fu lui un anno e
mezzo fa - incassata la delega ai Project financing col rimpasto di giunta nato
dalle elezioni regionali - che decise di «mettere di fronte a una responsabilità
precisa i soci privati. Non era ad Amt che dovevano essere attribuite le quote
di maggioranza ma a loro perché il rischio d’impresa spettava a loro. E loro
hanno dimostrato di credere in questo progetto, che diventa project financing
puro». A questo punto la prima traccia che dirà se il progetto di Park San
Giusto è davvero decollato sarà già visibile dopo le festività natalizie. I
sondaggi archeologici, per verificare cosa c’è sotto, partiranno infatti nelle
giornate successive all’Epifania. Sono previsti sei mesi di scavi e accurate
valutazioni tecniche, per un impegno di spesa dedicato di 428mila euro. Nel
frattempo maturerà, dopo quella definitiva, anche la progettazione esecutiva.
Tempi e costi dipenderanno ovviamente da quali reperti saranno scovati.
Venissero fuori pezzi di pregio assoluti, la proiezione di quattro anni
finirebbe in discussione e la dicitura ”rischio d’impresa” tornerebbe
d’attualità di prepotenza, posto che il Comune i suoi nove milioni (su 36) li ha
messi. «Se gli eventuali reperti si riveleranno compatibili col procedere dei
lavori, questi saranno tutelati e resi visibili altrimenti si concorderà come
operare con la Soprintendenza», precisa Walter Toniati, il dirigente del
Municipio attuale responsabile del servizio Project financing, che tiene anche
ad assicurare chi abita sopra i futuri scavi per la realizzazione del
megaparceggio: «Gli interventi verranno effettuati con le tecniche più evolute,
che non prevedono esplosivi bensì macchine perforatrici e attività concomitanti
di tunnelling, cioè di avanzamento e d’immediato consolidamento del segmento
appena perforato». (pi.ra.)
Centro storico, via Crosada cambia volto - NEL PIANO
PARTICOLAREGGIATO MOLTE MODIFICHE ALL’ATTUALE ASSETTO URBANISTICO
Previsti nuovi edifici, come anche in via Punta del
Forno e nelle androne di Cavana
Proprio lì, dove si attende il park San Giusto, Trieste conserva la più
eclettica concentrazione di stili seguenti alla distruzione dell’ex ghetto, e in
più resti romani venuti alla luce coi lavori dell’area Urban (mai finiti).
L’ingresso su Crosada è sempre un cantiere, ma tutta la zona ha un che di
vecchio-nuovo che sa più che altro d’incompiuto. È da questa dichiarata
constatazione che è partito il lavoro dei progettisti del Piano
particolareggiato per il centro storico, che arditamente immaginano e propongono
nuove costruzioni a completamento.
Parlando del seme medioevale ancora ben leggibile, per via Crosada, via
Capitelli, via delle Mura il documento afferma che quella zona, ampiamente
recuperata, conserva una porzione «ancora non trasformata, per la gran parte di
proprietà pubblica, dove gli interventi di recupero non sono stati avviati». Che
cosa fare? Costruire in modo congruo negli spazi vuoti, è la risposta,
ricostituendo compattezza urbanistica «nel rispetto dei tracciati storici, degli
allineamenti, dei fronti strada».
In breve, su via Capitelli l’allegato C3 (edifici e manufatti) del piano del
centro storico prevede una costruzione alta da 12 metri a 13,80 metri che lascia
comunque allo scoperto l’area archeologica. Su via Crosada e via Sporcavilla,
tra via delle Mura e via Capitelli, sono disegnati tre nuovi blocchi edilizi, ai
lati di 11 e 12 metri di altezza e al centro di 14. Il maggiore impatto previsto
è proprio nel cuore di via del Teatro romano, subito dopo Santa Maria Maggiore e
la chiesetta di San Silvestro. I progettisti disegnano, in sequenza verso
Crosada, due edifici di altezza massima 8 metri (il parcheggio), e altri due
rispettivamente di 19 metri e 14 metri. Il più alto retrostante al primo.
Un’altra ardita proposta (trattandosi di zona storica) è individuata in via
Punta del Forno. Viene immaginato un basamento alto 4,5 metri, da cui salgono un
edificio di 19 metri d’altezza e altri due, separati, da 14 metri. Viene
inserita l’idea (che ritroveremo anche in via Economo a Campo Marzio) di
istituire in area un sottopassaggio pedonale largo almeno 2,5 metri.
Altre case il piano prevede per l’isolato tra via San Sebastiano e piazza Cavana,
lato destro procedendo da piazza Unità. Ovvero nelle antiche androne: del
Torchio e dei Coppa. Nel primo caso altezza massima di 12.80 metri e nel secondo
di 14.
L’intento dichiarato è di ripristinare allineamenti, altezze storiche e
coerenti, di ricostruire il nuovo là dove il vecchio è crollato o è stato
distrutto durante i lavori di riqualificazione. Certo le indicazioni sono di non
indifferente impatto, e vedremo come usciranno dal consiglio comunale.
GABRIELLA ZIANI
CENTRO STORICO - Tratti pedonali a Campo Marzio -
CONTRO DISORDINE E DISSESTO
«L’area di Androna Campo Marzio, pur trovandosi
all’interno del centro storico, è sempre stata caratterizzata da una struttura
morfologica diversa da quella dei borghi». Diversa e mai tessuta a nuovo.
Descrive chiaramente il Piano del centro storico (e del resto basta vedere) come
lì sia rimasto un pasticcio: ex opifici, archeologia industriale, magazzini,
tutto mischiato a edifici residenziali senza carattere. In fondo ad Androna
Campo Marzio c’è poi da qualche anno, malamente accessibile, l’ingresso alla
facoltà di Lettere, tra auto parcheggiate, ferri vecchi poggiati in strada e
pesante dissesto stradale. Proprio pensando agli studenti, i progettisti hanno
inserito «percorsi pedonali preferenziali» e una correzione all’impasto
disordinato anche «mettendo a sistema le androne, utilizzando soluzioni di
collegamento atraverso sottoportici e sfruttando i dislivelli del terreno».
Valorizzare l’architettura storica ricomponendola in un insieme più compatto,
anche con interventi in tempi diversi: questo l’intento per conferire
«unitarietà d’immagine e identità» a questa dimenticata area. Tutti gli
interventi previsti saranno consentiti con «strumento diretto» (basterà la
licenza edilizia).
In dettaglio: nuova edificazione di altezza massima a 16 metri tra il civico 12
e il civico 14 di via Economo con allineamento obbligatorio e sottopasso
pedonale di almeno 3 metri che colleghi la via con via di Campo Marzio. Un altro
transito pedonale viene suggerito tra la via Belpoggio, Androna Santa Tecla e
Androna Campo Marzio, e un terzo tra Androna Sant’Eufemia, Androna Santa Tecla,
Androna Campo Marzio e via Economo. Si intuisce la necessità di sciogliere un
grumo di «fondi ciechi» a uso probabilmente industriale, e oggi di soffocante
impatto. In tutta l’area è espressa l’esigenza di riallineare il disordinato
profilo edilizio con altezza vincolante fra 12 e 14 metri.
(g. z.)
CENTRO STORICO - Una copertura per il Museo ebraico -
SCALA ANTINCENDIO PER LA CHIESA GRECO ORTODOSSA
Interventi secondari, ma non tanto. Sono entrate nel Piano
particolareggiato del centro storico anche alcune apparenti «minimalia» rispetto
all’impianto urbanistico generale.
Il piano inserisce i lavori di copertura, insomma il tetto, del Museo ebraico
Wagner in via del Monte. Si prevede un ampliamento «dell’altezza massima di 5
metri funzionale alla copertura degli spazi espositivi e museali». Un’altra
particolare modifica urbanistica è stata concessa alla chiesa greco ortodossa di
San Nicolò, per la costruzione di una scala antincendio esterna.
Novità all’angolo tra via Tigor e via della Cereria. Si danno indicazioni di una
«nuova edificazione»: un parcheggio «con i parametri del Piano urbano dei
parcheggi», dell’altezza di 3 metri e copertura a verde. Altrettanto il piano
prevede per via Martiri della Libertà al civico 5: una nuova edificazione con
destinazione vincolante a parcheggio, e tetto altrettanto arboreo.
Qualche sorpresa ha già destato, al primo passaggio in commissione, quanto
l’allegato C3 al Piano particolareggiato indica per via Ginnastica-angolo via
Nordio: una nuova edificazione dell’altezza di 15 metri: «Si dovrà riprendere
l’allineamento storico - afferma la specifica scheda - prolungando quelli
esistenti di via Ginnastica e via Nordio».
Una identica scheda replica l’indicazione sull’angolo tra le vie Canova e
Palladio. Tutti «angoli» attualmente edificati, dunque ritenuti passibili di
profonda ristrutturazione, ovvero prossimi ad affrontarla.
Commissione sulle centraline senza l’Arpa Salta il
chiarimento sul black out dei dati - RINVIATA A VENERDÌ PROSSIMO
«Per impegni istituzionali precedentemente assunti, non
potremo essere presenti». Con queste poche righe inviate via fax alla vigilia
dell’incontro, i tecnici dell’Arpa hanno annunciato la scelta di non presenziare
alla seduta della Commissione trasparenza del Comune, convocata per ieri
mattina. Un forfait che ha deluso non poco i consiglieri e i componenti del
Comitato No Smog e Circolo Miani, decisi ad approfittare del faccia a faccia per
fare finalmente chiarezza sul ”giallo” delle centraline, vale a dire sul black
out nella trasmissione dei dati che per quasi due mesi ha impedito ai cittadini
di conoscere i valori di pm10 nell’aria.
Le ragioni fin qui addotte dall’Agenzia regionale per l’ambiente per
giustificare il gap di comunicazione («un’anomalia del sistema di
gestione/acquisizione dati, che ha impedito la pubblicazione on-line delle
informazioni raccolte ”in situ” dal Dipartimento provinciale»), non hanno
infatti convinto a pieno nè i consiglieri nè i cittadini di Servola. Anche se,
va chiarito, che i dati cartacei vengono spediti giornalmente
all’amministrazione comunale. «Trieste - ha commentato il presidente della
Commissione Alfredo Racovelli - è stata l’unica città del Nord Italia ad
interrompere per quasi due mesi, dal 2 ottobre al 30 novembre scorsi, la
trasmissione dei dati relativi ai monitoraggi dell’aria. Pare incredibile che le
risorse dell’agenzia non abbiano permesso di far fronte alla disfunzioni del
server».
«L’intera vicenda ha assunto contorni ridicoli - ha osservato Adriano Tasso del
Comitato No Smog che il 6 ottobre ha presentato un esposto in Procura per
segnalare la violazione all’obbligo di informare la cittadinanza sui valori di
smog -. Non solo è mancata per due mesi la comunicazione ma, quando il servizio
è stato ripreso, sono comparsi on-line dei valori allucinanti, come i 718 mg/mc
registrati il 28 ottobre. Ci chiediamo quindi se la partita viene gestita con la
serietà dovuta». La Commissione Trasparenza tornerà a riunirsi venerdì prossimo
alla presenza, questa volta confermata, dell’Arpa e del sindaco Dipiazza.
(m.r.)
Ai muggesani lezioni sull’inquinamento - I corsi delle
Pari opportunità metteranno in guardia dai rischi ambientali
Sono stati previsti anche approfondimenti sul tema
della difesa personale
MUGGIA Come fare attenzione ai campi elettromagnetici e agli effetti
negativi sulla salute di contaminanti che si possono trovare nella abitazioni di
tutti noi, dalle muffe ai coloranti ai detersivi agli acari della polvere fino
al fumo di sigaretta. Ma anche a scuola o sul luogo di lavoro, tra stampanti e
fotocopiatrici. Al via mercoledì alle 17.30 in sala Millo le lezioni
sull'inquinamento domestico che si inserisce nella ricca stagione di
appuntamenti aperti a tutta la cittadinanza promossi dalla Commissione per le
Pari Opportunità del Comune di Muggia presieduta da Roberta Vlahov. Sono
previsti inoltre corsi di autodifesa personale, di prevenzione degli incidenti
domestici e di pronto soccorso. Martedì alle 20.30 presso la palestra della Casa
di riposo comunale partiranno anche il secondo e il terzo corso di autodifesa. I
nuovi corsi di difesa personale - che si terranno i lunedì e i martedì dalle
20.30 alle 22 e per i quali ci sono ancora posti disponibili - sono stati
istituiti per venire incontro alle numerose richieste pervenute anche in
relazione alla possibilità di organizzare un ciclo di lezioni di
approfondimento. Per informazioni e adesioni, 3490713071.
Nel corso delle sei lezioni sull'inquinamento, organizzate dall'associazione
Ambiente è Vita, verranno trattati gli effetti sulla salute di contaminanti
biologici, come le muffe, gli acari, i pollini, o quelli chimici, come il
monossido di carbonio, i pesticidi, il fumo di tabacco o l'amianto. Spazio sarà
riservato ai campi elettromagnetici e alla casa biocompatibile. La prima lezione
informerà il pubblico su cosa e quali sono le fonti di batteri, pollini, muffe,
acari della polvere e allergeni degli animali domestici e come ridurre
l'esposizione. Successivamente ci si occuperà di monossido di carbonio, benzene,
ozono, particolati, fumo e pesticidi. Quindi si parlerà di campi
elettromagnetici e radon, del rumore, delle sue fonti e gli effetti sulla
salute. Di pareti, pavimenti e soffitti di casa, rivestimenti, materiali per
isolamento termico e acustico, tappezzeria, moquette, vernici, adesivi e
sigillanti, stufe e camini, apparecchi e impianti elettrici. E poi
condizionatori, abiti, deodoranti, prodotti per la pulizia e la cura personale e
insetticidi. Ma pure delle potenziali fonti di rischio a scuola e in ufficio:
stampanti, fotocopiatrici, pennarelli ed evidenziatori.
Gianfranco Terzoli
Rifiuti, a S. Dorligo il ”bidone” del cassonetto - LA
PREMOLIN ATTACCA I «FURBETTI» CHE SCAMBIANO I RACCOGLITORI
SAN DORLIGO «Questo è un ultimo richiamo ai quei furbetti
che dal primo gennaio 2010 rischieranno di incorrere in pesanti sanzioni». Il
sindaco di San Dorligo della Valle Fulvia Premolin ha analizzato così l'avviso
distribuito in questi giorni da parte dell'amministrazione comunale relativo al
servizio di raccolta rifiuti “porta a porta”.
Sotto accusa sono i proprietari dei cassonetti verdi dotati dei cosiddetti
microchip transponder, in grado di quantificare le levate dei rifiuti
indifferenziati prodotti dalle singole utenze. E' stato appurato infatti che
«dal mese di ottobre alcuni residenti non hanno esposto i bidoncini per la
raccolta dei rifiuti indifferenziati» e che qualcuno ha provveduto pure a fare
degli scambi sperando in qualche tornaconto economico.
A tale proposito l'assessore ai Servizi Elisabetta Sormani ha invitato «chi sia
a conoscenza di avvenuto scambio del cassonetto verde con altre utenze, di
avvisare l'ufficio competente al numero 040.8329238 in modo da poter proseguire
con la verifica in sito».
L’avviso inviato alla cittadinanza ha poi invitato gli utenti a «riportare il
proprio nominativo ed indirizzo, preferibilmente con un pennarello indelebile,
sul cassonetto o all’interno del coperchio, affinché eventuali sostituzioni di
cassonetti possano venire evidenziati e si possa porvi rimedio».
L'Unità operativa comunale dei Servizi ha anche voluto ricordare le giornate
nelle quali esporre il cassonetto verde. Il lunedì ed il giovedì sarà riservato
alle frazioni di Prebenico, Caresana, Crociata, Monte d'Oro, Dolina, Crogole,
Zona Industriale e Artigianale, Mattonaia. Il martedì ed il venerdì toccherà a
Bagnoli, Bagnoli Superiore, Domio, Lacotisce, Francovez ed Aquilinia, Infine il
mercoledì ed il sabato sarà la volta di San Giuseppe, Log, Puglie, Sant'Antonio,
Grozzana, Moccò, Draga, Pesek, San Lorenzo, Hervati e Bottazzo.
Dal prossimo mese di gennaio il sistema della raccolta con la lettura del
microchip sul cassonetto dell’indifferenziata, dopo tre anni di sperimentazione,
entrerà a pieno regime in tutto il territorio di San Dorligo ed i trasgressori
rischieranno di incappare nelle sanzioni previste dall’ordinanza che ha attivato
il servizio “porta a porta”.
(r.t.)
La Rockwool vince la causa giudiziaria con gli
ambientalisti - IL LEADER DEI VERDI: NON MI FERMO QUI
POLA La contestata fabbrica di lana di roccia Rockwool di Sottopedena in Istria ha vinto la causa in tribunale contro gli ambientalisti che l'hanno accusata di inquinare l'ambiente. La corte presieduta dalla giudice Mirna Franciskovic ha condannato il presidente del partito dei verdi Josip Anton Rupnik al pagamento dell'ammenda pari a 5440 euro per diffamazione nei confronti della Rockwool. La fabbrica, lo ricordiamo è aspramente contestata anche dalla popolazione locale che si lamenta continuamente di irritazioni agli occhi e disturbi respiratori. L'imputato è colpevole, ha spiegato la giudice, poiché non ha fornito valide prove a sostegno delle sue accuse sull'inquinamento della fabbrica. I rappresentanti della fabbrica,soddisfatti della sentenza non hanno voluto rilasciare dichiarazioni. Josip Anton Rupnik invece ha dichiarato che il suo partito non dispone di mezzi finanziari per cui non intende pagare la multa. Inoltre ha annunciato ricorso contro la sentenza di primo grado. Ma non solo, inoltrerà denuncia contro la Rockwool al Tribunale per i diritti umani di Strasburgo.
(p.r.)
IL PICCOLO - VENERDI', 11 dicembre 2009
Rigassificatore a Capodistria, l’opposizione attacca
Lubiana - Juri: «Governo sloveno ambiguo anche sull’impianto di Trieste»
«Il Ministero dell’economia prepara un nuovo
regolamento che rilancia il progetto»
CAPODISTRIA Rigassificatori nel Golfo di Trieste, sì o no? La questione sta
provocando malumori all'interno del governo sloveno: nonostante quelli che erano
gli accordi di coalizione, non tutte le forze politiche e tutti i deputati che
compongono la maggioranza sono disposti a chiudere del tutto all'ipotesi di un
terminal nell'area, e soprattutto, alcuni deputati e ministri sembrano propensi
a prendere in considerazione l'idea di costruire un terminal nell'area portuale
di Capodistria, sulla base del progetto della società tedesca «Tge Engineering».
La diversità di vedute all'interno della maggioranza, ossia un passo indietro
rispetto a quello che era l'accordo di coalizione, è stata denunciato da Franco
Juri e Franci Kek, deputati del partito Zares.
In conferenza stampa, i due hanno puntato il dito soprattutto contro il
Ministero dell'economia, guidato peraltro dal loro collega di partito Matej
Lahovnik – e con Janez Kopac, sempre di Zares, responsabile della Direzione per
l'energia – e contro la presidente del Comitato ambiente della Camera di Stato,
la socialdemocratica Breda Pecan. Il Ministero per l'economia sta preparando un
nuovo regolamento sulla concessione dei certificati energetici, e le modifiche -
questo il timore espresso da Juri - potrebbero far sì che alla «Tge Gas
Engineering» venga concesso il documento che finora le è stato negato e senza il
quale la società tedesca non può andare avanti con il progetto di costruzione
del terminal nell'area del porto di Capodistria. La deputata Pecan, invece, in
qualità di presidente del Comitato parlamentare per l'ambiente, avrebbe
insistito affinchè dai documenti parlamentari discussi in vista
dell'approvazione della Risoluzione sulla strategia per l'Adriatico si togliesse
il paragrafo nel quale si diceva esplicitamente che per i terminal
rigassificatori non c'è posto nel Golfo di Trieste. Juri ha criticato anche gli
esperti della Facoltà di marineria di Portorose e di Scienze chimiche di Lubiana
che, su commissione della «Tge Gas Engineering», hanno effettuato uno studio nel
quale sostengono che il terminal di Capodistria non avrebbe effetti negativi
sull'ambiente e sulla popolazione dell'area. Il lavoro è stato presentato la
settimana scorsa ed è già stato oggetto di polemiche, anche perché lo stesso
gruppo di esperti, non più di un anno fa, aveva espresso valutazioni diverse.
Resta il fatto che, per quanto abbia subito già diverse bocciature – non ultima
quella delle autorità comunali di Capodistria – Lubiana non ha ancora
definitivamente accantonato il progetto della «Tge», o perlomeno la società
tedesca continua a insistere. Il progetto prevede la costruzione di un impianto
di rigassificazione, di due contenitori di acciaio da 150mila metri cubi nella
zona di Sermino e di una centrale elettrica. Il terminal sarebbe in grado di
fornire 5 miliardi di metri cubi di gas all'anno. Il valore del progetto
ammonterebbe a quasi 1 miliardo di euro e impegnerebbe 30 ettari di superficie
nell'area della Bonifica di Ancarano, all'interno del Porto di Capodistria.
Invitati dal quotidiano ”Primorske Novice” a commentare le preoccupazioni di
Juri, dal Ministero per l'economia hanno spiegato che attualmente non è in corso
alcun intervento di modifica del regolamento sulla concessione delle licenze
energetiche.
In Fvg pochi investimenti sui treni, tutti i soldi al
trasporto su gomma
SECONDO IL RAPPORTO DI LEGAMBIENTE LA REGIONE DESTINA
IL 99% DELLE RISORSE AI CANTIERI STRADALI
ROMA Continua a crescere il popolo dei pendolari: quelli che si muovono ogni
giorno sono 2 milioni e 630mila, 200.000 in più (+8,2%) rispetto al 2007. Gli
investimenti pubblici in infrastrutture però, prendono per i due terzi (67%)
altra vie, quelle delle strade e autostrade. Lo sostiene Legambiente che nel suo
Rapporto annuale 'Pendolaria 2009', fa le pulci alle Regioni che non investono
nel trasporto locale, dedicando «meno dello 0,1% del bilancio ai pendolari». Al
Veneto la maglia nera (0,04%), la Campania quella che ha investito di più
(1,52%). Il Fvg spende solo lo 0,2%,
UN TRENO SU 3 IN RITARDO - Immutato il capitolo ritardi, come anticipato già una
settimana fa dalla stessa Legambiente con un focus dall'indagine. Un treno
pendolare ogni tre in Italia arriva in ritardo: su 1.216 convogli, 430 (35%)
superano i cinque minuti. Va meglio a Roma (54%) che a Milano (57%), entrambe in
cima alla classifica delle attese nel monitoraggio, effettuato in 13 stazioni di
11 città. Seguono Palermo (43%), Salerno (37%), Torino (32%) e Messina (30%) e
Genova (18%). C'è però, secondo Legambiente, un colpevole preciso dei disagi
patiti dai pendolari, ed è la strada. «L'Italia è l'unico paese in Ue che
finanzia strade e autostrade con risorse doppie rispetto a quelle per ferrovie
nazionali e regionali» dice Edoardo Zanchini, responsabile trasporti di
Legambiente. Dal 2001 ad oggi tutti i governi hanno riversato il 67% delle
risorse per infrastrutture alle strade.
REGIONI COLPEVOLI - E su questo trend si sono messe le Regioni, «la metà delle
quali non spende per i propri pendolari nemmeno lo 0,1% del bilancio. Il Veneto
spende molto più per i veneti nel mondo che per i veneti pendolari nel Veneto»
ha detto Zanchini. Insomma, «una vera strategia per far crescere il traffico su
gomma in Italia» afferma Legambiente. Abruzzo, Basilicata, Calabria negli ultimi
7 anni non hanno stanziato alcuna risorsa per la ferrovia. Liguria, Friuli
Venezia Giulia, Molise, Sicilia hanno destinato il 99% delle risorse ai cantieri
stradali. E ancora, denunciano gli ambientalisti, nella Finanziaria ci sono ben
400 milioni per gli autotrasportatori e 470 milioni per il Ponte sullo Stretto,
oltre a 1,2 miliardi già stanziati dal Cipe. Mentre opere necessarie per
decongestionare i grandi centri urbani come l'anello ferroviario di Roma, i
passanti ferroviari di Torino e Palermo, i potenziamenti dei binari a Milano,
Bologna, Bari, restano al palo. Il gap infrastrutturale dell'Italia rispetto
all'Europa e soprattutto evidente nelle infrastrutture per il trasporto
pendolare, dice Pendolaria. «La rete metropolitana delle città italiane è con
soli 161,9 km, la più corta in Ue. Lo stesso per le ferrovie suburbane che
contano 591,7 km in totale. Pochissimi rispetto ai 2033 km della Germania per
esempio».
UN CENT PER PENDOLARE -«Per la vita disagevole del pendolare, i nuovi treni
annunciati da Fs sono una piccola goccia nel mare delle necessità, mentre il
progetto mille treni lanciato 2 anni fa è rimasto sulla carta» dice Legambiente
riferendosi alla gara da due miliardi lanciata da Fs per 400 nuove carrozze a
due piani e il rinnovamento di 100 locomotori, più altri 150. L'obiettivo, in
ordine alla sfida del taglio di CO2, è di «arrivare a 4 milioni di pendolari nel
2020». Come? «Richiamando governo e regioni alle proprie responsabilità per dare
certezze agli interventi di miglioramento del servizio». Di qui l'idea del
fondo, lanciata dall'ad di Fs Mauro Moretti. Un centesimo in più a km per ogni
pendolare, pari a un euro ogni 100 chilometri, per un totale di un miliardo di
euro, il tutto conservato in un fondo da destinare rigorosamente a investimenti
a favore del trasporto regionale. «Basta con il binomio tariffe basse-servizio
scadente» ha detto Moretti assicurando che le risorse «non serviranno per pagare
gli stipendi o coprire le spese». La proposta ora al vaglio delle Regioni.
Rete idrica come un colabrodo Cento litri erogati, 76
dispersi - Acqua perduta dalla rete, Trieste terza nella
graduatoria dei Comuni con più di 200mila abitanti
CENSIMENTO 2008 DELLE RISORSE
Trieste è al terzo posto, fra i comuni italiani con oltre 200 mila abitanti
in termini di acqua perduta dalla rete idrica. Esattamente 76 litri dispersi per
ogni 100 erogati. Una poco confortante classifica, che vede la nostra città
preceduta solo da Bari (106 litri immessi in più ogni 100 erogati) e da Palermo
(88 in rete in più per 100 erogati).
Il quadro emerge dal Censimento 2008 delle risorse idriche a uso civile, reso
noto dall’Istat. Una raffica di dati dai quali si ricava, comunque, che nel
nostro paese per ogni 100 litri erogati si prelevano 165 litri, cioè il 65% in
più. E in particolare, per l’acqua potabile lo scorso anno la perdita media è
stata del 47%. Dispersione che ha diverse ragioni: perdite vere e proprie,
prelievi non autorizzati e mancate regolazioni delle reti.
Tornando ai comuni con oltre 200mila abitanti, dispersioni superiori al 50% si
registrano a Catania, Roma, Napoli, Torino e Padova, città quest’ultima dove
opera come a Trieste l’AcegasAps.
O meglio operava fino ad alcuni anni fa, quando è stato creato l’Ambito
territoriale ottimale, che raggruppa i Comuni interessati al ciclo idrico nello
stesso bacino. Anche nella provincia di Trieste (una delle ultime a farlo in
Italia) qualche mese fa è stato costituito l’Ato, che vede appunto la presenza
di tutti i Comuni della provincia. Sono quindi ora i Comuni a stabilire gli
investimenti per la manutenzione della rete di distribuzione dell’acqua, delle
fognature e degli impianti di depurazione.
«La Siot ha usato i serbatoi più lontani dalla
centralina»
IL COMITATO PER LA SICUREZZA DEL GOLFO RITORNA SUL
PROBLEMA DELLE MISURAZIONI DELL’ARIA
Jercog solleva dubbi per il periodo delle rilevazioni. Drozina (Pdl-Udc):
l’assessore all’Ambiente si pronunci
SAN DORLIGO «Le ultime rilevazioni, che comunque non rispecchiano la
situazione reale del comprensorio, anche alla luce dei dati del 2008 scoperti
recentemente, ci insospettiscono: non vorremmo che anomalie emerse nel corso dei
rilievi venissero taciute per non creare allarmismi nella popolazione
residente».
Il coordinatore del Comitato per la salvaguardia del golfo di Trieste, Giorgio
Jercog, ritorna sulla vicenda dello stabilimento della Siot, posto sotto accusa
per le continue esalazioni odorifere che, anche dopo il monitoraggio compiuto
qualche mese dall'Arpa stanno continuando (anche in questi giorni) a interessare
l'aria nella zona di Mattonaia.
A non convincere l'ex consigliere di San Dorligo sono i dati emersi dalle
rilevazioni effettuate dall'Arpa. «Sapendo di essere monitorati (dalla
centralina mobile dell'Arpa posta a Mattonaia, ndr) non è che la Siot ha cercato
di mascherare le problematiche, utilizzando durante il periodo di monitoraggio
solo i serbatoi situati verso Caresana e Dolina?».
Il dubbio di Jercog è sorto in base a alcune recenti rilevazioni fotografiche
(come quella che pubblichiamo), che hanno ripreso lo stabilimento della Siot con
i serbatoi posti a Mattonaia completamente pieni, come se fossero inoperosi,
mentre i serbatoi collocati a monte, nei pressi di Dolina e Caresana, sono
apparsi con il ”cappello” abbassato e quindi in corso di svuotamento.
Un dubbio che per ora rimane, anche perché nella giornata di ieri, nonostate
diverse chiamate telefoniche, non è stato possibile contattare l'amministratore
delegato della Siot, Adriano Del Prete.
CENTRALINA Nel frattempo cresce l'attesa da parte dei residenti per
l'installazione della centralina fissa per il rilevamento dell'aria, che verrà
posizionata verosimilmente il prossimo febbraio a Mattonaia come spiega il
sindaco di San Dorligo. Fulvia Premolin: «Entro il mese organizzeremo una
riunione del Consiglio comunale, nella quale i tecnici dell'Arpa verranno a
illustrare il tipo di misurazione e i valori emersi negli ultimi mesi. Una volta
fatto ciò capiremo meglio quali strumentazioni acquistare, anche per capire come
affrontare il problema dei composti ridotti dello zolfo, fermo restando che la
Siot ha già messo a disposizione un finanziamento ad hoc».
Sulle tempistiche la Premolin è fiduciosa: «Spero che entro il febbraio del
prossimo anno la centralina fissa troverà finalmente la sua collocazione».
REAZIONI In queste ultime settimane – complici anche le condizioni meteo – i
residenti di Mattonaia e dintorni hanno vissuto di nuovo le problematiche legate
alle esalazioni odorose provocate dalla Siot. Tra questi il capogruppo
consiliare del Pdl-Udc di San Dorligo, Roberto Drozina: «Lunedì mattina –
afferma – c'era un odore a dir poco nauseabondo. Ho cercato di contattare
l'assessore all'Ambiente di San Dorligo, Elisabetta Sormani, per prendere un
caffè nella terrazza di casa mia, per una piena inspirazione polmonare degli
effluvi idrocarburici che aleggiano nell'aria, visto che in pochi mesi dalla sua
elezione l'esponente della maggioranza con delega all'Ambiente non ha ancora
avuto modo di esprimersi su tale vicenda».
Severa infine la presa di posizione del consigliere di maggioranza Rossana
Pettirosso (Pd): «Esattamente come ci si è dichiarati contro la Tav e il
progetto del rigassificatore di Zaule, allo stesso modo il Comune si dovrebbe
attivare contro la Siot, che emette nell’aria pericolosi idrocarburi, in attesa
di fare degli accertamenti anche sulla Wärtsilä, che potrebbe diventare
l'ennesima industria inquinante presente nel nostro territorio».
RICCARDO TOSQUES
IL PICCOLO - GIOVEDI', 10 dicembre 2009
«Omessi i rischi del rigassificatore» - IL DIBATTITO
PUBBLICO DEI VIGILI DEL FUOCO AL ”BOBBIO”
Il gruppo di docenti non è contrario al progetto,
contesta i documenti di Gas Natural
Nella baia di Zaule passerebbero due volte la settimana oltre 165 miliardi di
litri di metano
«I politici facciano i politici, per il resto si affidino alla scienza».
Ieri pomeriggio i docenti universitari chiamati a raccolta dal sindacato Uil dei
Vigili del fuoco per dire quanto il gas metano possa essere pericoloso e quanto
impreciso e anzi inaffidabile sia il progetto di Gas Natural per il
rigassificatore di Zaule, si sono presi una platea più larga rispetto alla
precedente conferenza stampa (peraltro affollatissima): al teatro Bobbio è
andata in scena una commedia seria. Un palco e nove professori, di cui uno
sloveno, supportato in sala da un parlamentare, una platea che pian piano si è
riempita per tre quarti. Tutta gente catturata da spiegazioni tecniche,
diapositive e documenti su schermo. Per tre ore non è volata una mosca fra le
poltroncine rosse del teatro leggero.
E il sindaco Dipiazza, in quanto sostenitore acceso di questo impianto, è stato
evocato anche malamente: «Non abbiamo politici, ma piazzisti che ci dicono
compri 3 e paghi 2» ha sparato Adriano Bevilacqua, il comandante dei vigili del
fuoco che allerta sui pericoli di un rigassificatore così fatto: «Nella baia di
Zaule passerebbero due volte alla settimana 165 miliardi e 200 milioni di litri
di gas metano, perché si mette in giro la voce che non esplode? Chi amministra
non può pensare agli interessi a scapito della sicurezza».
Niente hanno potuto, di fronte all’analisi tecnica, le risposte di Gas natural e
le assicurazioni del sottosegretario all’Ambiente Roberto Menia. Marino Valle,
Tomaz Ogrin, Fulvio Crisciani, Franco Stravisi, Livio Sirovich, Radoslav
Nabergoj, Bruno Della Vedova, Giorgio Trincas hanno tenuto lezione più ampia:
gli studi sul mare e sul vento non sono corrispondenti alla realtà, in caso
d’incidente la fuoriuscita di gas andrebbe a investire zone industriali «che le
cartine vecchie di Gas natural nemmeno riportano», il metanodotto della Snam che
andrà ad attingere proprio nell’area degli enormi depositi a terra è già
predisposto per raccogliere nella sua corsa verso Grado anche il gas del
progetto a mare di E.On, ex Endesa, le prove tecniche del movimento navi nello
stretto canale navigabile sono, hanno ripetuto allarmati e sconcertati i
professori, imprecise e illeggibili.
Sirovich ha ingrandito alcune di queste tavole. Una, che i documenti dichiarano
realizzata a Delft, in Olanda, «è tuttavia scritta in spagnolo». Le traduzioni,
ribadisce Sirovich, da spagnolo a italiano almeno in un caso stravolgono proprio
le «conclusioni». Poco limpide, ha denunciato, le firme sui documenti,
l’attribuzione di studi a firmatari che poi non risultano lavorare per il
committente indicato, e le analisi sull’eventuale «effetto domino» di un
incidente o attentato depositate «in doppia copia, una delle due evidentemente
retrodatata».
Notizie nuove, e anche queste non buone, ha portato Bruno Della Vedova.
Documenti in mano, ha spiegato come anche il beneficio delle bonifiche del sito
inquinato che l’impresa spagnola promette non danno garanzie: «In quella zona il
basamento solido si trova appena a 40-50 metri sotto i terreni di riporto, i
carotaggi sono stati fatti fino a 10-15 metri, non sappiamo che cosa ci sia
sotto, la barriera a mare per impedire l’espandersi di sostanze inquinate in
mare assicura un drenaggio fino a 4 metri, ma l’inquinamento è stato trovato
fino a 8-12».
Giorgio Trincas (Ingegneria navale), ha rassicurato quelli che accusano il
gruppo di essere «partito del no». «Ci sono strategie mondiali, e c’è gas sicuro
da estrarre per 450 miliardi di metri cubi sul pianeta, e l’Italia dipende per
il 96% da metanodotti, quindi si capisce che l’Italia voglia, in ritardo,
passare al trasporto su nave. Il problema è come». E qui Trincas ha riesposto
l’esempio di Livorno, col rigassificatore che si ferma in mezzo al mare e porta
a terra il gas attraverso «pipeline» sottomarine (un filmato lo ha reso quasi
procedimento poetico): «L’idea di questo impianto è nata a Trieste - ha rivelato
-, chissà perché Trieste la ignora». Tra tutti i pericoli evocati, i piani di
sicurezza accusati di genericità, i dati del vento e del mare «sbagliati», tra
«l’incredulità che al ministero si siano accettati documenti spesso di nessuna
credibilità scientifica», Trincas ha portato un altro elemento: «Oggi si
producono navi gasiere molto più grandi, un impianto come quello di Trieste fra
qualche anno sarà già superato, nel canale navigabile quelle navi non entrano
proprio».
GABRIELLA ZIANI
Clò: nel nostro Paese c’è sempre una buona ragione per
non fare - L’ESPERTO DI POLITICHE ENERGETICHE
«Argomentazioni insufficienti per bloccare
l’operazione» Razeto: «Studi più approfonditi»
«Nel nostro Paese c’è sempre una buona ragione per non fare. Ma se c’è stata
la valutazione di impatto ambientale (Via), che è rigorosa, bisogna anche
abituarsi ad avere rispetto per le istituzioni....». Alberto Clò, economista ed
esperto di politiche energetiche (è professore straordinario in Economia
industriale ed Economia dei servizi pubblici all'Università di Bologna) vive a
distanza la questione triestina del rigassificatore. Con il giusto distacco ma
anche con la certezza di chi, sull’argomento, ha già avuto a lungo a che fare.
«Mi ricordo quando c’era stata l’opposizione al rigassificatore di Livorno... Lo
chiamavano il ”Bombolone” ma l’unica cosa che sono riusciti a dire, per
contestarne la realizzazione, era che rischiava di far cadere la Torre di
Pisa... Ma per piacere...! Non è possibile che a tutti sia consentito dire di
tutto».
La posizione di Clò, per molti versi ambientalista rigoroso, nasce anche da
altre motivazioni. Strategiche, in prima battuta. «Esiste un’indubbia necessità
di rafforzare i punti d’entrata del gas nel nostro Paese, ma finora siamo
riusciti a realizzare solo l’impianto di Rovigo, e ci sono voluti dieci anni...
Certo, il rigassificatore è costoso, ma se si trova un’impresa che ne supporta
anche tutti i rischi di mercato, non vedo proprio dove possano esserci
controindicazioni».
Le osservazioni di Clò, in effetti, sembrano partire da una considerazione
logica: l’Italia ha bisogno di energia, molta, ma si è mossa in ritardo. «Esiste
un obiettivo rischio Paese negli approvvigionamenti energetici. Per questo, a
chi si oppone chiederei, un domani, di rispondere, ma qui nessuno risponde di
niente... Tutti vogliono le case riscaldate ma poi protestano, e non mi sembra
che le argomentazioni siano sufficienti per bloccare l’opera. Mi ricordo quello
che accadde a Monfalcone col referendum del ’96... In realtà, informatevi, coi
rigassificatori non è mai successo niente...».
«Credo nel rigassificatore – aggiunge dal canto suo il presidente dell’Assindustriali,
Sergio Razeto – anche se ritengo sia giusto che vengano evidenziate le
problematiche, in modo di permettere di realizzarlo al meglio. Dunque, ben
vengano certi elementi oggettivanti per andare a verificare le cose». A detta di
Razeto «lo studio iniziale era un po’ superficiale» e ora servono degli studi ad
hoc. «Bisogna entrare nel dettaglio – osserva il presidente degli industriali –
individuare gli eventuali rischi e pericoli, senza dimenticare che comunque
l’iniziativa risulta positiva in termini di ricadute lavoro e all’interno della
catena del freddo, e dunque è opportuno far intervenire direttamente le aziende.
Di sicuro, comunque, i discorsi sicurezza e ambiente prevalgono, per evitare
inquinamenti, ed è questo lo spunto che noi vogliamo fornire alle autorità.
FURIO BALDASSI
Gasdotto, una bretella per Capodistria - IL PROGETTO
SOUTH STREAM CHE ATTRAVERSA IL MAR NERO
Un ramo si snoderà sull’asse Lubiana-Trieste-Monfalcone
Al golfo di Trieste non guardano solo la spagnola Gas Natural e la tedesca
E. On, con i rispettivi progetti per impianti di rigassificazione. Imprese
dell’energia ai massi livelli mondiali come la russa Gazprom, l’Eni e la
francese Edf, hanno in progetto la costruzione (entro il 2015) del gasdotto
South Stream, per aggirare l’”ostacolo” dell’Ucraina. Un tubo di 3.700
chilometri che attraverserà il Mar Nero e raggiungerà l’Italia con due ”rami”,
uno a Sud in Puglia e uno a Nord, a Monfalcone (ma è probabile si tratti del
nodo Snam di Villesse).
E proprio il tracciato del ramo Nord, dopo la recente adesione al progetto della
Slovenia, potrebbe coinvolgere il golfo. In un primo tempo il percorso del tubo
fra Lubiana a Monfalcone era previsto attraversasse zone interne della Slovenia.
Ora, invece, secondo voci riportate dalla stampa slovena, il gasdotto dovrebbe
transitare nel territorio di Capodistria, per raggiungere comunque la zona di
Monfalcone.
Viene logico chiedersi, dunque, per dove passerà quest’ultimo tratto del
gasdotto. Alcuni addetti ai lavori non escludono che il tubo possa innestarsi
sul gasdotto che la Snam ha progettato per il rigassificatore di Zaule. Una
condotta di alcune decine di chilometri, che attraverserà il golfo per approdare
nella zona di Fossalon e proseguire fino al ”nodo” con la rete nazionale
esistente a Villesse.
Per questo collegamento la valutazione d’impatto ambientale è in corso; il via
libera è atteso per l’autunno del prossimo anno. Non solo. Secondo qualche
tecnico il collegamento con South Stream giustificherebbe la costruzione del
gasdotto da Zaule a Villesse anche nel caso il progetto di Gas Natural non
dovesse essere realizzato.
L’ipotesi ha una sua razionalità. Innanzitutto perchè a livello internazionale
si punta a creare sempre nuovi collegamenti fra le reti di gasdotti che
attraversano l’Europa.
In secondo luogo uno scavo fra Capodistria e Monfalcone, attraverso il Carso
sloveno, comporterebbe costi, tempi e problemi tecnici e ambientali ben più
complessi di quelli necessari per portare il tubo da Capodistria a Zaule, dove è
previsto arrivi il gasdotto della Snam, che sarà collegato come detto alla rete
italiana.
RIGASSIFICATORI Mentre la Regione ha chiesto a Gas Natural di dare risposta alle
prescrizioni fissate dal decreto dei ministri Prestigiacomo e Bondi, procede con
rapidità la valutazione di impatto ambientale per l’impianto (ex progetto Endesa)
previsto dalla tedesca E.On in mezzo al golfo. Atteso entro l’anno, il via
libera dovrebbe slittare di un solo mese. Il progetto sarebbe già molto avanti,
ma prima di dare l’autorizzazione pare che il governo voglia consultare la
Slovenia. E nella gara con Gas Natural, E.On ha dalla sua il vantaggio che,
trattandosi di un impianto in mezzo al mare (e quindi in area demaniale) la
procedura finale spetta al ministero dello Sviluppo economico, e non a una
conferenza dei servizi convocata dalla Regione.
GIUSEPPE PALLADINI
Nucleare a Monfalcone Scajola: nulla di deciso - Sarà
la futura Agenzia nazionale a indicare i siti per le nuove centrali
IL MINISTRO: «SOLO CHIACCHIERE»
Questa fantomatica lista, esiste o no? E la centrale termoelettrica di
Monfalcone, verrà convertita o no, in una delle nuove centrali nucleari
italiane? In città sono in tanti a chiederselo. Ma il caso dei siti papabili per
la costruzione degli impianti atomici continua ogni giorno a tingersi di giallo.
Da una parte i Verdi e alcuni deputati del Pd, che accusano l’Enel e il Governo
di aver già messo sul tavolo la mappa del futuro nucleare italiano, che
includerebbe anche la Città dei cantieri. Dall’altra il ministro Scajola, che
nega con forza e taccia come «pure chiacchiere» le dichiarazioni e i rumor
sentiti in questi giorni. In mezzo c’è una città che ha paura. Lo stesso sindaco
Pizzolitto, deciso a tenere alta la guardia, non nasconde la sua preoccupazione,
anche alla luce di alcune indiscrezioni giuntegli proprio ieri - dice il sindaco
- da fonti interne al Cnr (Consiglio nazionale delle ricerche), che
confermerebbero la presenza di Monfalcone nella tanto discussa lista.
Il risultato è che, per il momento, il futuro della città resta avvolto dal
mistero. Ed è probabile che i giochi si faranno a carte scoperte solamente la
prossima primavera, come spiegato ieri dal ministro per lo Sviluppo economico,
Claudio Scajola, a margine di un convegno alla Farnesina. «Tutto ciò che è stato
detto in questi giorni sono chiacchiere, ipotesi e ragionamenti fatti da
qualcuno. Ma non corrispondono alla realtà delle cose. Solamente in primavera
definiremo quali sono i siti che possiedono tutte le caratteristiche per poter
ospitare centrali di energia nucleare, attraverso impianti che le imprese
vorranno proporre per avere le concessioni necessarie». Il motivo dello
slittamento alla prossima primavera, come affermato dal ministro, è chiaro: «C’è
un percorso da affrontare. Lo statuto dell’Agenzia per il nucleare, che io ho
già firmato, è ancora in fase di approvazione da parte dei vari ministri». E poi
ha aggiunto: «Che ci siano discussioni e polemiche sul nucleare mi pare
naturale: dopo ben vent’anni è stato deciso il rientro dell’Italia nel nucleare
civile per produrre energia elettrica».
Al di là delle dichiarazioni del resposansabile dello Sviluppo economico, i
dubbi restano, eccome. Non bastavano le accuse lanciate dai Verdi e dal
responsabile Ambiente del Pd Ermete Realacci, che l’altro giorno ha sparato a
zero sull’Enel, dichiarando che il gruppo elettrico «sa benissimo quali siano i
siti che possono accogliere le centrali». Non bastava questo. Ora ci sono altre
indiscrezioni che rimbalzano da una parte all’altra di Monfalcone. L’ultima
arriva per voce del sindaco Gianfranco Pizzolitto, che spiega di aver ricevuto
nelle utlime ore notizie da fonti interne al Cnr, che vorrebbero la città dei
Cantieri come uno dei siti dati per più che probabili.
«Dipiazza deve dirci se ci sono altre sorprese» - La
maggioranza chiede lumi. Piero Camber: «Perderemo i fondi per piazza Libertà»
IL NODO DEI LAVORI PUBBLICI EREDITATI DALL’ASSESSORE
BANDELLI
Omero: già la corsia di traffico aggiunta davanti alla stazione toglieva senso
alla riqualificazione
Brandi (An): non so nulla sulle variazioni ulteriori, non credo che approveremo
a priori tutto quanto
Il progetto per piazza Libertà sta viaggiando di nuovo dagli uffici comunali
alla Soprintendenza (corretto, pare) ma gli amministratori comunali non hanno
idea di che cosa stia succedendo, e così afferma pure il co-progettista Luciano
Lazzari. «Non sappiamo niente - dice Piero Camber, capogruppo Fi -, così come
non sapevamo un bel niente del fatto che per il ponte sul canale del Ponterosso
la Soprintendenza avesse rilasciato solo un permesso temporaneo, tanto è vero
che molto presto verrà convocata una commissione Lavori pubblici in cui il
sindaco verrà invitato a rispondere alla domanda: ”Ora che apre i fascicoli dei
Lavori pubblici, vuol dirci se ci sono altre sorprese oltre a queste?”».
«Non sappiamo nulla - ripete Angela Brandi, capogruppo An -, solo che già la
variazione precedente, quella che istituiva la corsia di marcia sul lato
stazione non era più corrispondente al progetto votato in aula, adesso se ci
sono variazioni ulteriori io non credo che approveremo a priori tutto quanto,
perché sarà un’altra cosa». Iter da riprendere daccapo? «Credo di sì».
Lazzari, che nel 2006 vinse la gara europea assieme a due studi di Bolzano in
associazione temporanea di imprese (base di gara attorno ai 400 mila euro, ma si
vinse al ribasso) afferma di aver depositato l’altra settimana il progetto
esecutivo. I progettisti vengono pagati a tappe, attendono l’ultima «tranche». E
proprio adesso i finanziamenti sembrano a rischio. «Il lavoro si sarebbe dovuto
iniziare in estate» dice l’architetto. «Io credo che faremo solo un abbellimento
generico della piazza, e lasceremo tutto come sta» fa eco Camber.
E i soldi? Sul tavolo c’erano, vincolati alla data del dicembre 2009 alla
riqualificazione «socio-economica» (come fa notare Fabio Omero, capogruppo Pd)
di zone retroportuali e retroferroviarie, ben 3 milioni e 800 mila euro. Camber:
«Si richia di perderli». Brandi: «Se ci sono giustificate ragioni di ritardo si
può chiedere una proroga». Omero: «E pensare che ci hanno fatto tanta fretta per
approvare quel progetto, altrimenti, dicevano, perdiamo i soldi. Adesso sono
persi, è chiaro».
Se la maggioranza ha più che una mosca al naso perché «cade dalle nuvole»
scoprendo ponti a tempo e progetti in transito, il capo dell’opposizione Omero
riporta le cose al dibattito urbanistico in corso: «Piazza Libertà - afferma - è
evento emblematico di come questa Giunta gestisce le cose, il Piano
particolareggiato per il centro storico (che proprio ieri ha iniziato l’esame in
commissione, ndr) per piazza Libertà prevedeva qualche modifica ma la
conservazione della viabilità attuale, dunque questo progetto già gli si metteva
sopra, così come accaduto per le Rive e per Campo Marzio. Il finanziamento poi
era preso un po’ al volo, perché qui non si trattava di una riqualificazione
socio-economica di zone dismesse, l’unica contiguità è che si tratta di una
piazza di fronte alla stazione. Già la corsia di traffico aggiunta in seguito
toglieva senso alla ”riqualificazione”».
I fondi erano per un terzo della Regione, per un terzo dello Stato, per una
parte anche delle Ferrovie come opera di urbanizzazione in cambio degli ingenti
lavori all’atrio d’ingresso. «La corsia - spiega Lazzari - non fu una
prescrizione della Soprintendenza, ma una decisione presa assieme agli uffici
preposti al traffico, al verde e ai lavori pubblici, che cosa stia andando
adesso in Soprintendenza io non so». «Io prevedo - conclude Omero - che salterà
tutto e non si farà più niente».
GABRIELLA ZIANI
Coop Nordest in campo contro gli sprechi alimentari
”Lo spreco... solidale: il di più per chi ha meno”. Ha un
titolo che è tutto un programma l’iniziativa lanciata dalle Coop Nord Est a
sostegno delle famiglie e delle persone in difficoltà. Il progetto rivolto alla
popolazione triestina verrà illustrato domani alle 17.30 nella sala Vulcania
della Stazione Marittima dai tanti attori coinvolti nell’operazione benefica.
Le linee portanti saranno spiegate dall’economista Andrea Segrè, preside della
Facoltà di Agraria dell’Università di Bologna e fondatore del progetto ”Last
minute market” contro gli sprechi alimentari. Vicino a lui, al tavolo dei
relatori, ci saranno Marisa Parmigiani, responsabile politiche sociali di Coop-
Accda, il fondatore della Comunità di San Martino al Campo don Mario Vatta e il
presidente della Caritas diocesana Mario Ravalico. Nell’operazione solidale
inoltre saranno coinvolte la Fondazione Luchetta Ota D’Angelo Hrovatin -
rappresentata nell’incontro di domani dal presidente Enzo Angiolini -, la
comunità dei frati di Montuzza, presenti con il priore padre Silvano Scolaro, e
la parrocchia dei Santi Giovanni e Paolo di Muggia con don Giorgio Petrarcheni.
In rappresentanza dell’amministrazione provinciale, infine, parteciperà
l’assessore alle Politiche sociali Marina Gugliemi.
ECOSPORTELLO ENERGIA NEWS - MERCOLEDI', 9 dicembre 2009
Cancellato l'emendamento taglia incentivi alle rinnovabili
Secondo alcune notizie emerse negli ultimi giorni è stato
ritirato l'emendamento alla Finanziaria 2010, che conteneva tagli
all'incentivazione delle fonti rinnovabili. La notizia arriva dopo che nei
giorni scorsi, con un comunicato congiunto, Anev, Aper, Federpern, Fiper,
Greenpeace Italia, Ises Italia, Itabia, Kyoto Club e Legambiente, rappresentanti
del settore dell’industria dell’energia rinnovabile e dell’ambiente, avevano
sottoscritto un documento per esprimere la loro netta contrarietà
all’emendamento di fonte governativa alla Finanziaria per il 2010.
A rivelare la retromarcia del governo sono state le stesse associazioni.
L'emendamento in questione, che avrebbe dovuto essere presentato alla Camera in
questi giorni, prevedeva sia una forte riduzione dei coefficienti di
incentivazione alle fonti rinnovabili non programmabili, a causa delle
difficoltà di dotare gli impianti di una capacità di accumulo dell'energia, sia
una notevole riduzione del valore del prezzo di riferimento del Certificato
Verde, che avrebbe dovuto passare da un prezzo medio di mercato di circa 85,00
euro/MWh a uno di circa 40,00 euro/MWh. Nel provvedimento era anche previsto che
Terna avesse il potere di stabilire la massima quantità di produzione di energia
elettrica da fonte rinnovabile non programmabile che potesse essere connessa ed
erogata.
In base alle analisi delle associazioni gli emendamenti, infatti, avrebbero
provocato la crisi di un settore, quello della produzione di energia da fonte
rinnovabile, in grande sviluppo, anticiclico e con notevoli prospettive
economico-occupazionali (almeno 250.000 addetti diretti ed indiretti al 2020).
Il provvedimento inoltre impedirebbe all’Italia di mantenere gli impegni per il
raggiungimento degli obiettivi vincolanti al 2020 (17% dei consumi finali di
energia coperti da fonti rinnovabili), definiti in sede europea nel pacchetto
Energia-Clima, con la grave conseguenza di dover pagare alti costi finanziari a
causa del mancato raggiungimento degli obiettivi.
E-GAZETTE.IT - MERCOLEDI', 9 dicembre 2009
Scajola firma decreto che anticipa la fine al 2010
degli incentivi Cip6
Roma, 9 dicembre – Stop agli incentivi previsti dal Cip6 a
partire dal prossimo anno. Come previsto dalla Legge Sviluppo, dal 2010 potranno
infatti essere anticipatamente risolte le convenzioni CIP 6/92 che stabiliscono
prezzi incentivati per l’energia elettrica prodotta, tra l’altro, da impianti
alimentati da fonti assimilate alle rinnovabili. È quanto prevede il decreto del
Ministro dello Sviluppo Economico, Claudio Scajola, che definisce meccanismi per
la risoluzione facoltativa delle convenzioni in essere con il GSE-Gestore dei
Servizi Energetici, altrimenti in scadenza negli anni successivi fino al 2020,
salvaguardando la continuità delle produzioni energetiche connesse a processi
industriali.
“Il regime che era stato stabilito nel 1992”, ha commentato il Ministro dello
Sviluppo Economico, Claudio Scajola, “non è più efficiente rispetto all’odierno
mercato liberalizzato e grava sui prezzi dell’elettricità di tutti i
consumatori. L’attuazione di quanto previsto dalla Legge Sviluppo rappresenta un
importante passo verso un mercato dell’energia con prezzi sempre più competitivi
e trasparenti e a supporto di nuovi investimenti e della ripresa economica”.
Complessivamente, in relazione all’anno 2010, la capacità produttiva
riconducibile agli impianti potenzialmente interessati al provvedimento
ministeriale si attesta intorno ai 3.300 MW, ovvero l’80% del totale
dell’energia incentivata dal CIP 6. Le convenzioni CIP 6/92 potenzialmente
interessate dalle modalità di risoluzione volontaria definite dal decreto sono
quelle relative a impianti di produzione di energia elettrica alimentati da
combustibili di processo o residui o recupero di energia) e da combustibili
fossili (per esempio gas naturale).
L’attuazione del decreto porterà alla possibile uscita dalla produzione di
energia di quegli impianti meno efficienti, consentendo al sistema elettrico di
utilizzare risorse per una maggiore competitività a beneficio dei prezzi
dell’energia elettrica.
Ai produttori che aderiranno volontariamente alla risoluzione anticipata saranno
riconosciuti corrispettivi tali da contenere gli oneri che graverebbero sui
consumatori, cittadini ed imprese, nel caso le convenzioni andassero a scadenza
naturale, pur nel rispetto degli investimenti effettuati.
Soddisfatti gli ambientalisti: secondo Angelo Bonelli, presidente dei Verdi, “lo
stop anticipato ai contributi sui cip6 è un fatto importante e ci dà ragione
delle battaglie fatte nella scorsa legislatura contro un sistema che non ha
permesso alle rinnovabili di decollare”. “Lo stop anticipato ai Cip6 è una buona
notizia - dice Edoardo Zanchini, responsabile energia di Legambiente - perché
gli incentivi alle fonti assimilate previsti da queste agevolazioni hanno tolto
soldi alle vere rinnovabili, mentre le risorse che sono state date in questi
anni alle fonti inquinanti sono stimabili in decine di miliardi". “C'è da
auspicare - ha detto Ermete Realacci (Pd) - che non si verifichino tentativi di
deroga", visto che "parliamo di un'operazione che è costata agli italiani oltre
30 miliardi di euro e ben 3,5 miliardi di euro nel solo 2006, non per
incentivare realmente le fonti rinnovabili, ma le cosiddette fonti assimilate
alle rinnovabili come i residui delle raffinerie e l'incenerimento dei rifiuti”.
Positivi i commenti anche del Governo. “La risoluzione anticipata delle
convenzioni Cip6, ha commentato Stefano Saglia, Sottosegretario allo Sviluppo
Economico con delega all’energia, porterà a una riduzione dei prezzi per tutti i
consumatori”.
Eni e Gazprom siglano l’accordo per far entrare Edf in
South Stream
Mosca, 9 dicembre – Dopo l’accordo siglato da Eni e
Gazprom per l’ingresso della francese Edf nell’affaire South Stream, si rafforza
il legame tra i tre Paesi sul fronte energia. “Di fronte alla crescente
instabilità dei mercati globali dell'energia - dicono in coro Scajola e il
collega russo Sergej Shmatko - solo la cooperazione con la Federazione russa,
anche nella realizzazione di progetti comuni nell'area dell'Asia centrale, può
assicurare all'Europa forniture di gas e petrolio stabili e certe nel lungo
periodo”. Per i due ministri “le opportunità ed i benefici di un'alleanza
strategica fra Russia e Ue superano i rischi”.
Si è intanto appreso, secondo voci vicine al dossier, che a Mosca Berlusconi e
Putin si sarebbero accordati anche per far passare il South Stream non solo fino
a Lubiana, ma anche per farne una diramazione fino a Trieste e Monfalcone, in
aperto contrasto con i progetti di rigassificazione di Gas Natural nel capoluogo
giuliano e di Eon a Monfalcone.
Nei giorni della firma per l’ingresso di Edf in South Stream è stata
sottoscritta dai ministri dell’Industria, anche una dichiarazione congiunta per
ampliare la collaborazione tra i due Paesi nel campo dell’efficienza energetica
e della produzione di energia da fonti rinnovabili.
Sul fronte bancario, invece, si è appreso attraverso il presidente di Zao Banca
Intesa, divisione di Intesa Sanpaolo, Antonio Fallico, che il finanziamento del
gasdotto South Stream, sarà superiore a quello previsto per North Stream. Il
banchiere ha poi aggiunto che "stiamo aspettando lo studio di fattibilità di
South Stream, che dovrebbe arrivare a febbraio"
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 9 dicembre 2009
Rigassificatore, le verità negate in un tavolo tecnico
al ”Bobbio” - Il parere di alcuni saggi in un’iniziativa promossa dalla Uil
vigili del fuoco
Le ”verità negate” sono quelle sul rigassificatore di
Zaule su cui il Tavolo tecnico aveva già espresso serie perplessità riguardo
carenze procedurali che sarebbero presenti nello sviluppo dei progetti di
rigassificatori Trieste. Verità che si vorrebbe emergessero nel corso della
conferenza pubblica, in programma oggi alle ore 17 al teatro Bobbio di Trieste,
a cura del Tavolo Tecnico Rigassificatori Trieste promosso dalla Uil Vigili del
Fuoco e costituito da esperti il cui compito consiste nell’elaborazione di una
valutazione oggettiva dei rischi industriali e antropici implicati nel progetto
del cosiddetto “Terminale di Ricezione e Rigassificazione Gnl Zaule-Gas Natural”.
Il Tavolo Tecnico non si occupa di stabilire la fattibilità del progetto, né
esprimere giudizi, ma esclusivamente di fornire delle osservazioni competenti
sulle implicazioni dell’impianto nell’ambito previsto. Obiettivo è
l’elaborazione di uno studio critico che, opportunamente integrato con ulteriori
parametri (ambientali, economici etc.), possa costituire uno strumento oggettivo
a disposizione di qualsiasi organo politicamente impegnato.
In pericolo il maquillage di Piazza Libertà - Nessun
dietrofront di Dipiazza, ma manca l’ok della Soprintendenza sulle modifiche
richieste
Anno nuovo, frontestazione vecchio. Sine die, forse, causa
intoppi - non previsti mesi addietro - nel rimpallo degli incartamenti tra
Comune e Soprintendenza. Nei cui uffici, la scorsa settimana, è entrata - ma non
si sa quando uscirà, che tenore avrà la risposta e chi la firmerà - l’ultima
versione del progetto esecutivo con gli adattamenti richiesti dal grande capo
territoriale delle Belle arti, il direttore regionale dei Beni culturali e
paesaggistici Roberto Di Paola. Non carbura infatti il progetto di
riqualificazione di piazza Libertà, che ne prospetta un’epocale cambio di
fisionomia estetico e viario - senza più macchine tra lo stesso ingresso della
stazione e la statua di Sissi - al costo di tre milioni e 800mila euro, coperti
per due terzi dal Ministero delle Infrastrutture e per il rimanente milione e
mezzo dalla Regione.
L’IMPASSE Da quando, a fine luglio, il Consiglio comunale ha approvato l’ultima
versione della variante urbanistica - quella che introduce una corsia
preferenziale per i bus a tagliare l’unicuum pedonale in modo da toglierne una
dietro il giardino storico salvandone così il perimetro - sulle tappe
burocratiche dell’opera è calato un silenzio sibillino. Un silenzio interrotto
solo ad ottobre da Roberto Dipiazza che, da neoassessore ai Lavori pubblici al
posto di Franco Bandelli, si era limitato a dire, parlando di tutti gli
interventi in piedi a carico dell’amministrazione cittadina, del via al
megacantiere nella prossima primavera. Posticipando, senza citarli, gli annunci
fatti in epoca Bandelli, secondo cui i lavori sarebbero partiti al più tardi
entro la fine del 2009. Ma ora che il 2009 sta per chiudersi, si fa largo a
palazzo - anche se nessuno s’azzarda a sbandierarlo pubbblicamente - il timore
che quel cantiere rischi di non partire proprio. Altro che primavera.
LE CAUSE Dopo lo stralcio del restyling da centomila euro dell’alabarda di Scala
dei Giganti, e soprattutto dopo la frenata sul terzo ponte in cristallo da
750mila euro sopra il canale, spunta pertanto una possibile ”terza incompiuta”.
La più grande. Solo che stavolta, a quanto è dato sapere per le vie informali
visto che il sindaco-assessore non ne parla, non sarebbe una marcia indietro. E
poco c’entrerebbero, pare, anche quelle diecimila firme raccolte da
ambientalisti e grillini per salvare gli alberi secolari di piazza Libertà. A
proposito: ad oggi non esiste un numero certo su quanti alti fusti sarebbero
effettivamente sacrificati. Dovrebbero essere cinque, stando alle carte
approvate in Consiglio in estate, mentre la conta dei trapianti rimane vaga. La
questione, detta altrimenti, non sarebbe dunque politica. Ma tecnica.
L’INCOGNITA Il cuore del problema porta dritti in Soprintendenza. O, meglio,
alla direzione regionale dei Beni culturali, la ”casa madre” cui spetta l’ultima
parola. L’ultimo timbro. Che, se sarà positivo, conoscendo i tempi per il vaglio
di progetti così incisivi nel modificare il paesaggio esistente, arriverà al
99,9% dopo il 31 dicembre. Ne consegue che l’incartamento consegnato a mano
dallo stesso Dipiazza la scorsa settimana in Soprintendenza non recherà
l’autografo dell’architetto Di Paola - che sta per andare in pensione, si veda
l’articolo a lato, ndr - ma del suo successore. Il cui nome, ad oggi, resta
sconosciuto. E non è escluso - stando a chi conosce questi cambi della guardia -
che il nuovo capo dei Beni culturali decida di riprendere in mano la pratica non
dall’ultimo passaggio, ma dall’inizio. Il che porterebbe l’attesa per l’ok
definitivo molto in là. Troppo in là, forse, per un’opera che si sarebbe dovuta
rendicontare, appaltando quanto meno i lavori, proprio entro il 31 dicembre del
2009.
L’ALTERNATIVA Una proroga ci sarà, ha fatto capire Dipiazza qualche settimana fa
parlando d’altro. Potrebbe già esserci, nella sua testa, l’alternativa da
presentare a Roma per non perdere i soldi promessi per piazza Libertà. Quale? Si
parla di piazza Ponterosso ma oggi, carte alla mano, la pista non regge:
soltanto un mese fa il Comune ha chiesto infatti al Ministero dell’Ambiente un
confinanziamento al 70% proprio per il rifacimento (da un milione e 865mila
euro, ndr) di piazza Ponterosso.
PIERO RAUBER
«Ma il Silos deve andare avanti» - IL CANTIERE NON
PARTIRÀ PRIMA DELLA METÀ DEL 2010
Sasco: l’iter non va rallentato. Lazzari: rispettate le
prescrizioni
La prima pietra era annunciata in questo periodo. E per entrambi i progetti.
Ma come accomunati dal medesimo destino burocratico pur avendo due storie
indipendenti, il cantiere del centro commerciale del Silos targato Coop NordEst
non inizerà prima della metà del 2010 e allo stesso tempo, come detto, potrebbe
andare perfino peggio alla rivoluzione di piazza Libertà con l’unicuum visivo
pedonale davanti all’ingresso della stazione e la viabilità spostata dietro con
una ”esse” di rientro verso il Silos e il collegamento da e per la città nelle
vie Ghega e Geppa. Un’opera colossale,per la quale nel maggio del 2008 - in
occasione della prima variante urbanistica richiesta al Consiglio comunale -
Bandelli auspicava un percorso rapido giacché «la viabilità di quella zona fra
due anni è destinata al collasso con l’apertura del Silos». Una fretta, quella
di allora, che stride con lo stato delle cose di adesso, anche alla luce della
possibile concessione dell’Autorità portuale della bretella da largo Santos a
piazza Duca degli Abruzzi, per smaltire i carichi ipotizzati col Silos a regime.
Del destino della zona stazione si tornerà gioco forza a parlare pubblicamente
forse già prima di Natale, considerato che il Consiglio comunale è chiamato a
esprimersi per le vie brevi sulla Via al progetto del Silos. «Le presunte
problematiche di piazza Libertà non devono rallentare l’iter del Silos»,
ammonisce l’Udc Roberto Sasco, che presiede la commissione Urbanistica e che si
permette ora di dare un ”consiglio” indiretto a Dipiazza, sindaco-multiassessore
con deleghe pesantissime. «Dipiazza è un grande sindaco ma non è un superman.
Non è una critica, anzi. È che avrebbe bisogno di una giornata di 48 ore»,
chiude Sasco, secondo cui - riguardo la frenata del primo cittadino sulla
passerella di Ponterosso - «il ponte si era ridotto a un ponticello di montagna,
meglio non far nulla a questo punto...». D’accordo con la strategia di Dipiazza,
quella di insistere con l’architetto Di Paola per un eventuale nulla osta
definitivo della passerella, è invece il capo dei berluscones Piero Camber: «Non
si può fare un’opera da 750mila euro avendo un permesso a termine».
Non sarà a termine - questo è certo - l’ok per piazza Libertà. Sempre che ci
sia. «Ma nel progetto esecutivo che abbiamo presentato alla Soprintendenza
abbiamo ottemperato alle richieste del direttore dei Beni culturali contenute
nel suo precedente parere positivo condizionato», annota l’ex presidente
dell’Ordine degli architetti Luciano Lazzari, che è uno dei professionisti che
compongono il team incaricato del progetto dal Comune.
Tra gli adattamenti - riferisce Lazzari - figurano la non copertura della
vecchia cabina Acegas, il verde spartitraffico da adottare e le finiture della
pavimentazione in porfido e calcestruzzo. E la corsia per i bus spuntata davanti
alla stazione? Non sarebbe un problema: niente segnaletica orizzontale
impattante, bensì «un lieve gradino e dei paletti per demarcare tale corsia,
esattamente come una zona a traffico limitato in area pedonale».
(pi.ra.)
Gli alberi preziosi alleati nella battaglia contro
l’inquinamento
Gli alberi di piazze, viali e giardini triestini sono
importanti alleati dell’uomo contro l’inquinamento atmosferico. Eppure rispetto
alle altre città italiane sono presenti nel centro in una percentuale minima. Di
alberature si è parlato nel convegno “L’albero in città, semplice costo o grande
risorsa?”, proposto dall’associazione “Tra fiori e piante” e dal club
“Triestebella” e organizzato dal Comitato per la salvaguardia degli alberi di
Piazza Libertà: relatori Francesco Ferrini, docente di Arboricoltura umana
all’Università di Firenze, Giorgio Valvason, dendrologo e Andrea Maroè, agronomo
del Verde pubblico del Comune di Udine.
È stato presentato un “Manifesto per gli alberi città”, sottoscritto dai
relatori, dagli organizzatori Mariangela Barbiero e Roberto Barocchi e, per
alzata di mano, dai presenti. Il documento propone semplici regole sulle piante
cittadine: piantarle a distanza conveniente e in spazi congrui, evitando
potature radicali e moncherini laterali perché creano problemi, spesso inutili,
agli esseri umani. L’albero triestino invece - è stato sottolineato - resta
spesso vittima di potature estreme che rappresentano il primo veicolo per
l’assalto di germi e la formazione di danni spesso fatali. Anche i continui
lavori nel sottosuolo feriscono l’apparato radicale di piante centenarie
causandone una fine immatura.
(m.l.)
Maddalena, pressing sulla Regione per ridurre il
cemento - Il Wwf chiede la valutazione d’impatto ambientale sul progetto per un
centro commerciale
Un invito ai cittadini a inviare osservazioni alla Regione
sul progetto che prevede un insediamento commerciale e residenziale sull’area
dell’ex ospedale Maddalena viene rivolto dal Wwf che lo ritiene di notevole
impatto ambientale.
Gli elaborati del progetto, noto con il nome di Generalgiulia 2, sono
consultabili alla Direzione ambiente e lavori pubblici della Regione - servizio
Via in via Giulia 75/1 e presso l’Area pianificazione territoriale del Comune,
in passo Costanzi 2, oltre che scaricabili dal sito web della Regione. Le
osservazioni devono essere consegnate o spedite entro il 2 gennaio alla stessa
direzione regionale in via Giulia.
È stata la società Generalgiulia 2, composta dalla cordata tra Riccesi, Cividin,
Carena e Palazzo Ralli, tutti con quote paritaria al 25 per cento ad acquistare
dall’Ass i 23 mila metri quadrati del comprensorio a oltre 11 milioni di euro.
L’intervento prevede una piastra commerciale da 5 mila metri quadrati che
dovrebbe vedere lo sbarco del colosso transalpino Carrefour, mentre altri 10
mila metri quadrati (rispetto ai 2 mila di un primo progetto) verrebbero
riservati a verde di quartiere. Ben trecento gli appartamenti previsti in
complesi edilizi alti fino a sei piani: cento sul lato di via dell’Istria e 200
lato monte. Di questi ultimi 53 dovevano essere appartamenti dell’Ater che però
ha annunciato di aver congelato questo intervento dal momento che non riceverà i
fondi necessari dalla Regione. È previsto poi sull’area anche un megaparcheggio
per 1.100 posti auto su tre livelli interrati in parte a disposizione del centro
commerciale e in parte a rotazione.
«Una verifica sul progetto era già stata fatta dalla Regione l’estate scorsa -
riferisce il Wwf - e si era conclusa con la decisione di sottoporlo alla
procedura di Via. La società ha allora deciso di modificare il progetto sperando
che una verifica bis abbia esito diverso». «Abbiamo il diritto di realizzare
l’opera - ha affermato di recente Donato Riccesi - Non si può scherzare con i
soldi dei privati disposti a riqualificare un pezzo di territorio cittadino nel
rispetto delle indicazioni degli enti e delle amministrazioni locali».
«Ci appelliamo ai cittadini sensibili alla qualità dell’ambiente urbano -
afferma ora il Wwf - affinché reclamino una seria procedura di Via sul progetto.
Solo così sarà possibile ottenere una riduzione delle volumetrie e ampi spazi
verdi fruibili da tutti, a vantaggio della cittadinanza e non solo della
speculazione immobiliare».
(s.m.)
Monfalcone: A2A conferma «Sì al metano, niente atomo» -
Definite infondate le voci di stop al progetto per la centrale Ammodernati i
gruppi a carbone
LA PARTITA ENERGETICA
MONFALCONE La via è tracciata: A2A procede nella riconversione dei gruppi ad
olio combustibile, per i quali, in virtù del completamento dell’iter
autorizzativo, da maggio s’è innescato il ”count-down” che prevede la
realizzazione del nuovo ciclo combinato da 815 megawatt entro 47 mesi, quindi
nel 2013. Con ciò contemplando la ”dismissione” obbligata dei gruppi 3 e 4. Non
solo. L’azienda intende impegnarsi, contestualmente, sul versante del
miglioramento anche della sezione a carbone, investendo su nuove tecnologie. Per
l’operazione di rinnovamento è da avviare l’intera procedura. Sul tappeto resta
il ripensamento in corso relativo al tracciato del gasdotto, che l’azienda
vorrebbe più breve.
A ribadire la ”tabella di marcia” è il direttore della centrale termoelettrica,
ingegner Luigi Manzo. Una conferma, dunque, che allontana lo spettro-nucleare in
città. Con il timore espresso dal sindaco Gianfranco Pizzolitto, che ha già
sollecitato via lettera il presidente Renzo Tondo a fornire garanzie alla luce
di voci ricorrenti, ma anche da Legambiente, di una possibile trasformazione
della centrale termoelettrica. Preoccupazione ricondotta proprio al
rallentamento del processo di metanizzazione dell’impianto di A2A. Ma
rallentamenti che l’azienda definisce esclusivamente tecnico-procedurali, quindi
non forieri di un cambiamento di rotta della politica produttiva.
SEGNALAZIONI - Sul rigassificatore - DIBATTITO/1
Ho letto le undici domande di Paolo Rumiz sul
rigassificatore, apparse sabato 28 novembre sul Piccolo. Pur non essendo un
tecnico, ho potuto capire benissimo tutte le questioni poste dal giornalista:
chiare e documentate, precise e allarmanti mi facevano sorgere mille e un dubbio
sul rigassificatore nel golfo di Trieste.
Ho dunque atteso con grande interesse le risposte del sottosegretario
all’Ambiente Roberto Menia. Pubblicate il giorno dopo, sono state
un’agghiacciante delusione: confuse ed evasive, vaghe e allarmanti.
Da cittadino, mi sento preso in giro: trovo fastidioso che un vice-ministro («minister»
in latino significa «servitore», dunque «al servizio della collettività»),
invece di rispondere per davvero e chiaramente, si nasconda dietro le cortine
fumogene di sistematiche e ripetute citazioni in stile burocratese delle
«vigenti normative in materia... come stabilito dagli articoli 28 e 29 del DL...
il proponente, finalizzato alla definizione di procedure... ovviamente, prima di
ogni fase autorizzativa, anche preliminare dell’impianto, gli organismi
competenti provvederanno ad effettuare tutte le analisi di compatibilità
previste dalle vigenti normative in materia».
Dopo aver letto questa pessima e illeggibile prosa da «copia e incolla» di uno o
più funzionari, da cittadino di Trieste posso dire solo questo: se prima i miei
dubbi sul rigassificatore erano 1001 adesso, dopo le rassicurazioni di Roberto
Menia, sono diventati 2001.
Luciano Comida
SEGNALAZIONI - Sul rigassificatore - DIBATTITO/2
Riguardo al proposto rigassificatore vorrei proporre uno
spunto di riflessione richiamando una parte del contenuto del libro scritto da
Piero Angela e Lorenzo Pinna ed intitolato «La sfida del secolo» dove riguardo a
un possibile incidente si legge che: «Una grande nave gasiera, che trasporta 125
mila metri cubi di gas liquefatto a bassissima temperatura, contiene un
potenziale energetico enorme. Se nelle vicinanze della costa, per un incidente,
dovesse spezzarsi e rovesciare in mare il gas liquefatto, potrebbe cominciare
una sequenza di eventi catastrofici.
Il gas freddissimo, a contatto con l’acqua del mare, molto più calda,
inizierebbe a ribollire, a evaporare e formare una pericolosa nube. Questa nube
di metano evaporato rimarrebbe più fredda e più densa dell’aria e potrebbe
viaggiare sfiorando la superficie marina, spinta dal vento, verso la terraferma.
Scaldandosi lentamente la nube comincerebbe a mescolarsi con l’aria. Una miscela
fra il 5 e il 15 per cento di metano con l’aria è esplosiva. Il resto è
facilmente immaginabile. Se questa miscela gassosa, invisibile ed inodore,
investisse una città, qualsiasi (inevitabile) scintilla farebbe esplodere la
gigantesca nube.
La potenza liberata in una o più esplosioni potrebbe avvicinarsi a un megaton:
un milione di tonnellate di tritolo, questa volta nell’ordine di potenza
distruttiva delle bombe atomiche. Le vittime immediate potrebbero essere decine
di migliaia, mentre le sostanze cancerogene sviluppate dagli enormi incendi
scatenati dall’esplosione, ricadendo su aree vastissime, sarebbero inalate in
”piccole dosi”, dando luogo a un numero non calcolabile, ma sicuramente alto, di
morti differite nell’arco di 80 anni». Per quanto riguarda invece
l’accessibilità al Porto nuovo di Trieste ritengo che al passaggio delle navi
gasiere non potrebbe navigare nemmeno «Mascalzone latino».
Fabio Longo - Italia dei Valori Circolo di Muggia - Comitato Sos di Muggia
LA REPUBBLICA - MARTEDI', 8 dicembre 2009
ENERGIA - I siti delle centrali nucleari - Verdi: "Daremo battaglia"
Il partito ambientalista rivela le località individuate dall'Enel per gli impianti.
Due sono vicine a Roma. Bonelli: "Faremo dei sit-in,
chiamiamo alla mobilitazione democratica"
ROMA - I Verdi rivelano i siti in cui si vorrebbero costruire le nuove
centrali nucleari in Italia. Due sono nel Lazio a pochi chilometri da Roma:
Montalto di Castro e Borgo Sabotino. Le altre localizzazioni, che sarebbero
state individuate in uno studio inviato dall'Enel al governo, sono: Garigliano
(Caserta), Trino Vercellese (Vercelli), Caorso (Piacenza), Oristano, Palma
(Agrigento) e Monfalcone (Gorizia).
"Le aree sono idonee, secondo l'Enel, perché vicine a zone costiere e ai fiumi,
poiché come è noto le centrali necessitano di un gran quantitativo di acqua per
funzionare. Chiamiamo alla mobilitazione democratica le popolazioni per dire no
alle centrali nucleari", afferma il presidente dei Verdi, Angelo Bonelli. E
ancora: "Noi Verdi avvieremo il presidio dei siti nucleari per dire no al
nucleare e sì al solare. Il governo sta portando l'Italia in una pericolosa
avventura che porterà alla militarizzazione dei territori e a far aumentare la
bolletta elettrica degli italiani, perché i 20 miliardi di euro per la
costruzione delle centrali li pagheranno gli italiani. Berlusconi in Italia
ammazza le energie rinnovabili e finanzia la speculazione del costoso nucleare.
Daremo nel paese dura battaglia".
IL PICCOLO - MARTEDI', 8 dicembre 2009
«Nessun progetto di sviluppo per le Rive» - Il
capogruppo del Pd Omero fa a pezzi il Piano particolareggiato
Il piano particolareggiato del centro storico? Inutile
secretarlo, tanto è, come il piano regolatore, «un piano edilizio nel quale
mancano le strategie di sviluppo socio-economico per la città». L’opposizione di
centrosinistra in Comune esce allo scoperto per ribadire la propria assoluta
contrarietà alle scelte della giunta Dipiazza. «Lo abbiamo detto a proposito del
piano regolatore adottato in agosto e lo hanno ripetuto gli ordini professionali
degli ingegneri e degli architetti, lo ha sostenuto anche l'Assindustria per
bocca del suo presidente – hanno detto ieri Fabio Omero e Bruna Tam del Partito
Democratico, Alfredo Racovelli dei Verdi, Roberto Decarli dei Cittadini per
Trieste e Iztok Furlanic di Rifondazione Comunista – l’unico obiettivo
dichiarato è il consolidamento e il potenziamento della funzione residenziale,
tanto che Dipiazza vanta un aumento dei volumi di 117 mila metri cubi di nuova
edificazione e 10 mila di sopraelevazioni nel centro della città».
Secondo l’opposizione tante «stranezze» e altrettante omissioni sono
verificabili semplicemente riguardandosi la storia del piano particolareggiato.
«Nel 2001 – è stato detto – al momento del cambio di amministrazione il lavoro
di analisi era già stato concluso e consegnato dal gruppo di lavoro coordinato
dal “grande” storico dell’architettura Leonardo Benevolo. Un lavoro di
schedatura straordinario, che ora il sindaco vanta come merito suo». A detta
dello scomparso assessore della giunta Illy, Ondina Barduzzi, è stato ricordato,
sarebbero stati sufficienti 6 mesi per completare già allora il piano. Ma solo
nel 2006 venne consegnato dal nuovo progettista incaricato, l'architetto Alberto
Cecchetto, e dopo una fugace apparizione pre-elettorale venne chiuso nei
cassetti. E, una volta rispolverato, i progetti strategici urbani di Cecchetto
sono spariti. Anche a causa di una malattia dell’architetto veneziano.
In particolare, come ha ricordato Fabio Omero, non c’è traccia dei progetti di
sviluppo delle Rive, con il problema del collegamento tra i porti, i parcheggi
interrati previsti, progettati ma poi bloccati per diversi motivi, i contenitori
su cui non si è deciso cosa fare, il Parco del mare con i suoi specifici
problemi di collegamenti e parcheggi. E ancora: Piazza della Libertà con il
progetto poi affidato ad altri e contestato e il problema della viabilità del
Porto vecchio, Campo Marzio esteso a tutto l’ambito: Mercato ortofrutticolo,
Stazione e musei, area ex Fiat e androne varie.
Proprio nelle Rive è stata individuata la questione più calda perchè, come è
stato rilevato, l’impegno proposto dal centrosinistra di fare una ricognizione
di tutti gli studi e progetti avviati, che riguardano direttamente o
indirettamente il frontemare, da piazza della Libertà a Campo Marzio e di
promuovere un tavolo è stato disatteso, nonostante il suo accoglimento da parte
della maggioranza.
E quanto al teorico Parco del mare, manca ogni ipotesi di parcheggio,
fondamentale anche solo per pensare all’avvio della struttura. Come dire che
«nel piano particolareggiato del centro storico il Parco del mare scompare».
(f.b.)
La variante ha ignorato gli agricoltori - PIANO
REGOLATORE: LE OSSERVAZIONI DELLA COLDIRETTI
D’Amore: non si è tenuto conto del loro ruolo nella
gestione del territorio
TRIESTE E’ un piano regolatore che non tiene conto delle esigenze degli
agricoltori triestini, e che non li aiuta a sviluppare il territorio in modo
sostenibile. E’ questo il punto di vista della Coldiretti sulla variante
generale 118 al Prg del Comune, che al riguardo ha prodotto un articolato
documento con diverse osservazioni sul nuovo strumento urbanistico.
«Sui temi dell’agricoltura e del territorio la variante appare piuttosto
superficiale, redatta quasi sicuramente da qualcuno che in materia ha ridotta
competenza – sostiene il direttore della Coldiretti triestina e goriziana,
Baldassare D’Amore. Il problema – continua – è che pure in questa occasione
nessuno si è preoccupato di consultare le organizzazioni professionali.Un
confronto di questo tipo avrebbe potuto evitare tante inesattezze, e fornire una
maggiore perizia nella redazione del documento».
Per la Coldiretti il nuovo piano regolatore non avrebbe tenuto conto del ruolo
fondamentale dell’agricoltura nella gestione corretta del territorio e
dell’ambiente. «Coltivare e allevare bestiame in zone disagiate e particolari
come il comune di Trieste vuol dire anche prevenire dissesti idrogeologici e
mantenere al meglio paesaggio e territorio».
Accanto alla filosofia di fondo, le osservazioni alla variante prodotte dalla
Coldiretti entrano nel merito di diversi punti considerati inesatti o poco
chiari. Riguardo alle serre, ad esempio, si evidenzia come queste strutture non
debbano essere considerate alla stregua di fabbricati, risultando infatti
rimovibili e quindi da considerare come terreno coltivato.
E in tema di recinzioni e muri di contenimento e a secco, presenti quasi ovunque
in tutto il comune triestino, si chiede al Comune di riservare l’altezza massima
di un metro alle sole strutture a secco, valutando come i muri di sostegno a
terrazzamenti e pastini debbano essere ben più alti per consentire la stabilità
dei terreni.
Una delle osservazioni considerate fondamentali riguarda lo stralcio dei piani
attuativi nell’iter di richiesta per la realizzazione di interventi sul
territorio. Secondo la Coldiretti questa prassi rappresenterebbe un vero e
proprio balzello per le tasche degli agricoltori. Si giudica pertanto più che
sufficiente che gli interventi vengano ammessi con strumenti diretti, ovvero
attraverso la normale concessione edilizia.
Tra le altre osservazioni, l’associazione chiede che in termini di
fabbricabilità venga mantenuta invariata la superficie minima del lotto
edificabile, in quanto, pur essendo mutata la zonizzazione di alcune aree,
risultano invariate la struttura dei fondi agricoli e la dimensioni delle
aziende.
Molte di queste operano su aree minime e polverizzate, caratteristica che spesso
non consente di raggiungere le superfici minime previste dalla normativa
proposta dal nuovo piano regolatore.
Maurizio Lozei
«Il no della Soprintendenza motivato per zone
archeologiche lontane da noi» - L’AMPLIAMENTO DELLA MANCAR: INTERVIENE IL
TITOLARE
MUGGIA Marino Rodela, socio principale della Mancar Sas,
interviene nella vicenda che ha portato la Soprintendenza ai beni culturali e
architettonici ad annullare, per la seconda volta, la variante che avrebbe
permesso di aumentare il volume del capannone della sua azienda, costruito in
una zona posta sotto vincolo paesaggistico alle Noghere.
«Bisogna considerare – esordisce – che dal 2006 il mercato e la situazione
economica locale sono cambiati rispetto alle intenzioni iniziali del progetto.
In questi anni sono sorte altre industrie di rimessaggio, che in pratica
svolgono la nostra stessa attività. In presenza di tale variazione, pur
cominciando la costruzione dell'impianto grazie alla prima autorizzazione della
Regione, ho presentato la variante di tamponamento che non ci avrebbe permesso
di triplicare la superficie del capannone, che rimane di 3mila metri quadrati,
ma di aumentarne il volume».
«A sorpresa – continua Rodela – l'autorizzazione paesaggistica venne annullata
dalla Soprintendenza con motivazioni legate alla presenza di scoperte
archeologiche e di palestre di roccia molto lontane dalla zona del capannone.
Valutazioni che esulano dal potere della Soprintendenza e invadono le competenze
della Regione».
Nella primavera del 2009 la Mancar sas, l'Ezit e la Regione si sono appellati al
Tar regionale contro il decreto di annullamento della Soprintendenza, che ha
unito e respinto i tre ricorsi.
Umberto Dallegno, socio della Mancar (e alcuni anni fa direttore generale
dell'Ezit), si sofferma invece sull’operato del Tar: «La sentenza del Tar che ha
ribadito l’annullamento dell’autorizzazione paesaggistica – afferma – ha
evidenziato una carenza di istruttoria nell’autorizzazione della Regione, ma ha
confermato che le motivazioni addotte erano precluse alla Soprintendenza. Il Tar
ha inoltre giudicato una situazione neppure presa in considerazione
precedentemente, e cioè il fatto che la chiusura della tettoia lasciava
inalterata la superficie ma ne triplicava il volume. A quanto pare ha sbagliato
anche il Tar – commenta Dallegno –. Infatti l’esame del volume di una struttura
è previsto in ambito urbanistico ma non in quello paesaggistico. Per questo
motivo abbiamo fatto ricorso al Consiglio di Stato. Vorrei ancora sottolineare –
conclude – che nel sito, se tutto fosse andato secondo le previsioni, oggi
lavorerebbero 32 dipendenti, venti dei quali sarebbero stati assunti dopo la
chiusura della tettoia».
(a,d,)
«Se la Ferriera non chiude mi lascio morire di
fame» MAURIZIO FOGAR - Il fondatore del Circolo Miani lancia una
sfida ai politici «È in gioco la salute di tutti»
Non assume farmaci “salvavita” da più di un mese. Da
domenica ha smesso anche di mangiare. Tutto questo per protestare contro la
mancata chiusura della Ferriera. Ma ha ancora la forza per denunciare “chi non
provvede a compiere quest’atto dovuto e che la situazione imporrebbe come
immediato e necessario”. Maurizio Fogar, fondatore del circolo Miani, ha
annunciato ieri questa sua nuova iniziativa sul fronte della lotta
all’inquinamento prodotto dallo stabilimento di Servola.
«Stavolta – ha detto ieri – non si tratta di un semplice esposto, ma di una vera
e propria denuncia che riguarderà il sindaco, Roberto Dipiazza, come principale
responsabile della salute della collettività e il presidente della giunta
regionale, Renzo Tondo, che ha promesso più volte di chiudere la Ferriera.
Entrambi stanno violando numerose normative in essere – ha precisato – e la cosa
non può passare nel dimenticatoio, perché è in ballo la salute di decine di
migliaia di persone». Per evidenziare “l’assoluto immobilismo delle istituzioni
su questo argomento”, dal 26 di ottobre Fogar ha rinunciato all’assunzione di
farmaci indispensabili per la sua salute e, da domenica, anche a mangiare. «Non
mi resta altro da fare che mettere a repentaglio la mia persona – ha
sottolineato – perché vedo che il malcostume che regna nella politica nazionale
ha coinvolto anche i rappresentanti locali. L’impianto continua a produrre
sostanze nocive per tutti, le centraline non funzionano, siamo rimasti fra i
pochi a lamentare questa situazione e, per tutta risposta – ha aggiunto – c’è
chi vorrebbe tacitare il circolo Miani. Evidentemente ci deve essere una
cointeressenza fra politica e affari di cui richiamo di fare le spese tutti
noi».
Per domani sera, alle 18.30, Fogar ha ottenuto un appuntamento con i capigruppo
del consiglio comunale; forse potrebbe essere questa una prima svolta nella
vicenda. «Non so se verranno tutti – ha commentato – anche se spero che sia
proprio così. In quel caso, potrei esporre le mie ragioni e far capire a chi
opera quotidianamente nella politica che la situazione è drammatica, anche
perché nessuno si sta preoccupando della riconversione dei lavoratori». Il
portavoce del Miani ha ricordato, a questo proposito, che “l’unico piano in tal
senso è quello predisposto proprio dal nostro circolo e nessuno dei pubblici
amministratori della città e della regione sembra rammentare che comunque
arriverà, nel 2014, il giorno della chiusura della Ferriera e che quanti oggi
operano in quel contesto saranno in strada». Ieri, al fianco di Fogar, si è
seduto Maurizio Ferrara, capogruppo della Lega Nord in consiglio comunale. «Per
quanto si è visto – è stato il suo commento – ritengo che l’intera classe
politica di Trieste e dell’intero Friuli Venezia Giulia non dovrebbe più avere
il coraggio di presentarsi ai prossimi appuntamenti elettorali amministrativi.
Il loro comportamento sul tema della Ferriera – ha concluso – è stato ed è
inqualificabile».
Ugo Salvini
Nucleare, l’Enel rinuncia a Monfalcone - L’impianto è
in produzione e quindi non rientra fra i siti destinati alla riconversione
LA SOCIETA’ A2A E’ INVECE PRONTA A PASSARE ALL’ENERGIA
PULITA GARANTITA DAL METANO
MONFALCONEMonfalcone non sarà sede di una centrale nucleare. Per due
ragioni: l’impianto esistente non appartiene ad Enel, che in joint-venture con
la francese Edf realizzerà gli studi di fattibilità per quattro reattori
nucleari di terza generazione in Italia, bensì alla sua concorrente A2a. Ma
anche perchè non è un impianto improduttivo da convertire al nucleare, anzi è al
centro di un piano di riconversione a metano. La città può tirare un respiro di
sollievo dopo le voci e i timori degli ultimi mesi ma soprattutto alla luce
della ”famigerata” lista di dieci siti nucleari possibili in cui Monfalcone
continua a comparire al primo posto. La notizia, trapelata ieri dalla stessa
Enel, fa tirare un respiro di sollievo anche al sindaco Gianfranco Pizzolitto si
era sentito in dovere, solo alcuni giorni fa, di inviare una lettera aperta al
presidente della Regione Renzo Tondo chiedendogli sostegno e garanzie, alla luce
delle notizie che si rincorrevano. La situazione, però, era sembrata addirittura
precipitare quando l’ad di Enel, Fulvio Conti, nella trasmissione ”Effetto
Domino” il 5 dicembre su ”La7”, ha affermato che l’azienda ha già individuato i
possibili siti sove sorgeranno le centrali nucleari in Italia. Aggiungendo: «Non
li rivelerò neanche sotto tortura».
Conti, in effetti, ha già le idee molto chiare sui siti possibili anche se la
scelta preliminare non spetta a lui bensì al governo tramite l’Agenzia per il
nucleare che, a quanto si sa, non sarà attivata prima della prossima primavera.
Conosce però bene, tanto da poter già restringere il numero dei siti
”candidati”, i parametri che le future centrali nucleari dovranno rispettare:
vicinanza alla rete nazionale di distribuzione e al mare, bassa sismicità della
zona e - aspetto che interessa assai da vicino Monfalcone - sottoutilizzazione
dell’impianto dell’Enel da riconvertire al nucleare. Monfalcone sarebbe un sito
ideale secondo i primi tre parametri ma non per l’ultimo, essendo la centrale di
proprietà di A2a, estremamente ”produttiva” e da tempo destinata a un piano di
riconversione a metano. Facile prevedere, quindi, che la scelta possa andare a
cadere su vecchi impianti nucleari in disarmo o su centrali alimentate a olio
combustibile senza piani di riconversione. Insomma, Trino Vercellese, Caorso e
Montalto di Castro potrebbero non dormire sonni tranquilli. Tranquillità quindi?
Relativa. Mentre il sindaco, a Firenze, aspetta di conoscere meglio i termini
della questione per esprimersi, Michele Tonzar, responsabile di Legambiente,
ritiene che il pericolo non sia ancora scongiurato e che la guardia dev’essere
mantenuta alta. «Già dal recente incontro con i vertici di A2a - afferma - era
emerso che l’ipotesi di una centrale nucleare a Monfalcone sarebbe stata
improbabile in prima battuta. In prima battuta, appunto. Ma il fatto che altre
Regioni coinvolte in questo pasticcio stiano già presentando o preparando
ricorsi di incostituzionalità per il mancato coinvolgimento degli enti locali
nel piano-nucleare, mentre la nostra non si sta esprimendo in termini ufficiali,
mi fa temere comunque che la partita non sia ancora del tutto chiusa». Più
rassicurante il consigliere della Lega Nord Federico Razzini: «È bastato che
l’ad di A2a non escludesse di poter operare anche nel nucleare per scatenare una
tempesta mediatica. Il presidente Tondo lo ha già ribadito. Io stesso in
numerosi coloqui avuti con A2a ho avuto rassicurazioni. Eppure il sindaco
Pizzolitto ha voluto chiedere ulteriori rassicurazioni a Tondo. Pizzolitto pensi
piuttosto alle centrali a biomase che lui e i suoi colleghi sindaci del
centrosinistra stanno facendo sorgere in Bisiacaria con dei veri e propri blitz,
senza consultare la gente».
FABIO MALACREA
I Verdi contro il rigassificatore di Veglia - Gli
ambientalisti chiedono uno studio scientifico anche per l’impianto di coking a
Urinj
I LAVORI DOVREBBERO INIZIARE NEL 2011 PER CONCLUDERSI
NEL 2014 CON 800 MILIONI DI INVESTIMENTO
FIUME Offensiva dei Verdi quarnerini nei confronti di due progetti da
realizzarsi nei prossimi anni, ovvero il rigassificatore di Castelmuschio (Omisalj),
nell’isola di Veglia, e l’impianto di coking, che sorgerà nell’ambito della
raffineria dell’Ina a Urinj, negli immediati dintorni di Fiume. La più
combattiva delle associazioni ambientaliste in questa regione nordadriatica, Eko
Kvarner, ha inviato una petizione al presidente della Regione del Quarnero e
Gorski kotar, lo zupano Zlatko Komadina, chiedendogli di avviare l’iter di
elaborazione di uno studio sull’impatto ambientale cumulativo dei due impianti.
Finora sono stati formulati soltanto studi che riguardano singole infrastrutture
e dunque si rende d’obbligo – sostengono gli ecologisti quarnerini – preparare
un’attenta e articolata analisi sulle conseguenze che riguarderanno
l’interazione fra terminal metanifero e impianto coking, situati a pochissimi
chilometri di distanza l’uno dall’ altro.
A ciò si aggiunge, così Eko Kvarner, la produzione di polietilene negli
stabilimenti petrolchimici Dina e la ristrutturazione dell’area dove sono
sistemati i maxi serbatoi dell’Oleodotto adriatico, Janaf, sempre a
Castelmuschio. «Anni fa abbiamo appoggiato la costruzione del rigassificatore
vegliota, per gli interessi strategici in campo energetico che esso comporta –
così nella petizione consegnata allo zupano Komadina – ma vogliamo mettere in
guardia le nostre autorità sul fatto che il Quarnero sia ormai al limite della
sopportabilità per quanto riguarda la presenza di grossi impianti industriali. A
questo si aggiunge la possibilità che a Fianona, in Istria, sia costruita la
terza centrale termoelettrica (capacità di 600 megavat), da far funzionare con
carbone giunto d’ oltre confine e probabilmente con alto tasso di zolfo».
Intanto è scaduto il tempo per il dibattito pubblico sullo studio d’impatto
ambientale del rigassificatore isolano. A esprimersi sul progetto è stato in
conferenza stampa il citato zupano, il quale ha rammentato che recentemente la
sua assemblea regionale ha detto sì al terminal Lng, a condizione però che il
“gigante di Castelmuschio” dia ampie garanzie in fatto di salvaguardia
ambientale. «Vogliamo e pretendiamo che si rispettino i più rigorosi criteri di
tutela dell’ habitat – ha detto Komadina – e d’ altra parte ci preme
sottolineare che il megaimpianto dovrebbe essere altamente remunerativo per le
autonomie interessate.Ogni anno, l’ amministrazione conteale dovrebbe intascare
poco più di 900 mila euro grazie al rigassificatore, somma che reputiamo
irrisoria. Siamo d’ accordo che vi saranno ricavi d’ altro genere, si apriranno
nuovi posti di lavoro, ma il terminal Lng costituisce pur sempre un serio
rischio per l’ambiente».
Il progetto di Castelmuschio, parliamo dei lavori, dovrebbe mettersi in moto nel
2011, per concludersi nel 2014. Costerà, senza l’ investimento per il gasdotto,
sugli 800 milioni di euro e dovrebbe avere una capacità di movimentazione annua
pari a 15 miliardi di metri cubi di metano.
Andrea Marsanich
Gorizia, svolta verde all’autoporto - Deliberato un
investimento da 3,5 milioni per un impianto fotovoltaico
AL VIA L’OPERAZIONE DELLA SDAG SOSTENUTA DAL FRIE
Svolta verde per l’autoporto di Gorizia. La Sdag, la società controllata dal
Comune che gestisce la struttura, ha deliberato un investimento da 3,5 milioni
di euro per l’installazione di un impianto fotovoltaico da 1,2 megawatt che
troverà posto sulle coperture dei padiglioni A e B – i due elementi principali
del complesso – e su quelle del nuovo polo intermodale, dove è collocata la
piattaforma di scambio gomma-rotaia, recentemente entrata in funzione con il
collegamento quotidiano per Brescia. L’operazione avverrà con il sostegno del
Frie, il fondo di rotazione per le iniziative economiche.
Oltre all’installazione dei pannelli, poi, sono previsti estesi interventi di
adeguamento degli impianti e delle reti tecnologiche. Una parte di questi lavori
verrà effettuata grazie ai fondi recentemente sbloccati dalla Regione,
attraverso la sottoscrizione di una convenzione direttamente con la Sdag, e
stanziati addirittura a margine degli accordi di Osimo, nel 1975. Il grosso
della cifra – che nel suo complesso ssi aggira attorno ai 10,3 milioni di euro –
servirà per il miglioramento della viabilità interna dell’autoporto e per il
completamente del tratto finale del raccordo autostradale Villesse – Gorizia,
formalmente di proprietà del Comune. Anche se, ricorda il presidente della Sdag,
Giorgio Milocco, «la sistemazione degli impianti resta una priorità assoluta».
Altrimenti, aggiunge, «le potenzialità dell’impianto fotovoltaico non potranno
essere sfruttate al meglio».
Negli intenti della soceità di gestione, infatti, non c’è solo la copertura dei
consumi interni. L’obiettivo è di riuscire a cedere alla rete una parte
dell’energia prodotta e generare così delle entrate con le quali coprire in
prima battuta l’investimento e, successivamente, trasformarsi in una fonte di
guadagno. Prima del posizionamento dei pannelli, almeno in relazione ai due
padiglioni, saranno effettuati anche dei lavori di manutenzione straordinaria
dei tetti. La riqualificazione energetica non è l’unica sfida che attende il
sito isontino. All’orizzonte, infatti, c’è anche il varo del progetto Tip –
Transborder integrated platform, ovvero il piano di raccordo con il
«dirimpettaio» autoporto di Vertoiba. Il progetto ha nella Sdag il suo lead
partner (tra gli altri attori si contano la Regione, Autovie Venete, il
ministero dei Trasporti sloveno, l’ente autostradale sloveno e la Log system di
Padova) e prevede una serie di interventi a 360° in ordine alla viabilità
stradale, a quella ferroviaria e alle modalità di gestione e stoccaggio delle
merci in transito. L’iniziativa ha un valore di 1,4 milioni, 218mila dei quali
saranno stanziati per rendere più agevole la mobilità attorno al complesso
confinario, venendo incontro alle esigenze delle comunità di Sant’Andrea e di
Vertoiba.
«Quelli che abbiamo messo in agenda sono degli investimenti impegnativi ed
ambiziosi – fa notare Milocco, facendo il punto della situazione – che puntano a
rendere competitivo sul mercato della logistica l’autoporto goriziano. C’è la
necessità di riconvertire la funzione della struttura. Si tratta, però, di un
processo che non può avvenire nel breve periodo ma che, anzi, avrà bisogno di
tempo per dare i suoi frutti». Oggi, il comprensorio autoportuale si estende su
una superificie di oltre 600mila metri quadrati, ospita una settantina di
aziende e su di esso gravitano più di 500 posti di lavoro.
NICOLA COMELLI
IL PICCOLO - LUNEDI', 7 dicembre 2009
LA CONFERENZA DI
COPENHAGEN - Il Nobel Giorgi: «Sul clima è
inutile porsi obiettivi per l’anno 2050»
TRIESTE Si apre oggi la 15a Conferenza delle Parti (COP
15) della Convenzione dell'Onu sul clima, programmata a Copenhagen fino al 18
dicembre, dove almeno 65 capi di Stato e di governo negozieranno le misure da
adottare contro i cambiamenti climatici. A Copenhagen si terrà anche il quinto
incontro delle parti contraenti del Protocollo di Kyoto, un trattato della
Convenzione del clima in cui i Paesi industrializzati si impegnano a ridurre le
emissioni di gas serra. Il Comitato intergovernativo per i cambiamenti climatici
(Ipcc) invita i partecipanti a considerare due scadenze: il 2020, entro cui i
livelli di gas serra dovrebbero scendere del 25-40% rispetto a quelli del 1990;
e il 2050, in cui si dovrebbe toccare l'obiettivo dell'80-95% in meno di
emissioni (sempre calcolate sul 1990) per avere una chance di evitare quell'aumento
di 20C che rappresenta la soglia di "allarme" per gli ecosistemi e l'uomo.
Filippo Giorgi, direttore della Sezione di fisica del clima e coordinatore dei
programmi scientifici del Centro di fisica Abdus Salam di Trieste, e membro
dell'esecutivo dell'IPCC fino al 2008, organizzazione che ha vinto il Nobel per
la pace 2007 insieme ad Al Gore, ci dà la sua lettura di Copenhagen.
È lecito sperare che a Copenhagen si giunga a un accordo tra le nazioni?
Spero di sbagliarmi, ma dubito si arrivi a produrre un programma davvero
vincolante per i Paesi partecipanti: non sembra esserci una reale volontà a
livello politico. La Cop 15 probabilmente finirà per essere l'ennesimo evento
mediatico ad alto consumo di CO2: quella che sarà prodotta, come ha ricordato un
ambientalista, dagli aeroplani per condurre i delegati in Danimarca.
Porsi obiettivi intermedi come il 20% in meno delle emissioni entro il 2020
significa non volersi impegnare, o essere realisti?
Credo sia irrealistico porsi obiettivi per il 2050, anno in cui la maggior parte
dei politici odierni non sarà più qui. Meglio ragionare su periodi più brevi e
darsi mete fattibili.
La Svizzera si impegna a ridurre le emissioni del 30% "se" i Paesi
industrializzati si daranno simili obiettivi e "se" i Paesi emergenti freneranno
i gas serra… Giochiamo a "scarica barile"?
Messo così è un circolo vizioso. L'accordo dovrà essere globale ma gli impegni
individuali. Si tende a considerare più ingenui degli altri quei Paesi che si
mettono in moto per primi, senza avere la garanzia che anche gli altri seguano a
ruota. In realtà è il contrario: i lungimiranti sono i Paesi che hanno capito
l'importanza di puntare su efficienza energetica ed energie rinnovabili.
Germania, Danimarca e Regno Unito si muovono da tempo in questa direzione, ma
non perché sono sprovveduti. Semplicemente perché hanno capito che conviene. Se
l'Italia aumentasse l'uso delle rinnovabili, di cui abbiamo scorte praticamente
inesauribili, magari non dovrebbe preoccuparsi più di stipulare accordi con la
Russia per il gas e si potrebbe affrancare dai rischi legati a questa
condizione.
Qual è il ruolo delle foreste nel riscaldamento del pianeta? E' vero che il
disboscamento incide per il 20% sull'aumento di temperatura?
Credo che sostenere il ruolo chiave del disboscamento equivalga a non voler
vedere la realtà. Il disboscamento selvaggio è uno dei tanti problemi, ma il suo
rilievo nel contesto specifico non mi pare prioritario. Il problema reale è la
poca volontà dei Paesi di assumersi le proprie responsabilità e di attuare
misure di contenimento sul lungo periodo.
Obama sembra disponibile a ridurre le emissioni, ma ha preso come riferimento i
livelli statunitensi del 2005. Ciò causa uno sfasamento per difetto nelle
riduzioni finali. Come dobbiamo interpretare questa proposta?
È importante valutare che esiste l'intenzione di impegnarsi in questa battaglia.
È una delle prime volte in cui si quantificano con una certa precisione i tagli
in programma. C'è poi anche l'idea congiunta sino-americana di sfruttare
l'eolico: è previsto che una società cinese costruisca un impianto in USA con
manodopera e tecnologie americane. Sono segnali che non vanno trascurati.
India e Cina dichiarano che le loro emissioni devono poter aumentare, per non
compromettere la propria crescita economica far uscire dalla povertà milioni di
persone. Che ne pensa?
Il problema dello sviluppo economico è importante, ma questi paesi si stanno
rendendo conto che va affrontato nell'ambito di una sostenibilità ambientale. In
Cina capiscono di avere un grossissimo problema di inquinamento e iniziano a
prendere contromisure in direzione delle tecnologie verdi.
Dobbiamo attenderci scenari da Day After se non si raggiungeranno gli obiettivi
menzionati?
No. Ci saranno effetti importanti se la temperatura continuerà ad aumentare e il
mare a salire, ma nei prossimi 20-30 anni non arriveremo al collasso. Il
problema è non superare quella soglia di pericolo che porterebbe a mutamenti
fondamentali del clima. Vero è che se non faremo niente per salvaguardare il
pianeta lo lasceremo ai nostri discendenti in condizioni critiche.
CRISTINA SERRA
IL PICCOLO - DOMENICA, 6 dicembre 2009
La Provincia sul rigassificatore: «Mai dato parere
favorevole» Bassa Poropat resta isolata
«La Provincia di Trieste non ha mai espresso alcun parere
favorevole alla costruzione del rigassificatore di Gas Natural a Zaule». Lo
fanno notare con una presa di posizione congiunta i capigruppo della stessa
maggioranza di centrosinistra a Palazzo Galatti intendendo in questo modo anche
prendere le distanze dalla presidente Maria Teresa Bassa Poropat che più volte
in manifestazioni pubbliche ha affermato di considerare l’impianto
un’opportunità per l’economia della provincia e per i cittadini.
La nota è firmata dai capigruppo Maria Monteleone (Pd), Elena Legisa
(Rifondazione comunista), Carla Melli (Verdi per la pace) e Fabio Vallon
(Sinistra, ecologia e libertà). «Ribadiamo che dal 2006 allorché alla Provincia
è stato richiesto un parere consultivo - sottolineano - fino a oggi il Consiglio
provinciale non ha mai espresso pareri sulla costruzione dell’impianto per
carenza di documentazione. La Provincia dunque non ha deciso nulla, non si è
espressa in maniera favorevole in alcun atto ufficiale. La mancanza di
informazioni certificate, l’assenza di dibattito all’interno delle istituzioni,
il non coinvolgimento della cittadinanza nelle decisioni, le irregolarità emerse
nella documentazione presentata da Gas natural - concludono i capigruppo del
centrosinistra - ci lasciano perplessi nei riguardi di affermazioni sul fatto
che la Provincia sostenga la costruzione dell’impianto di Zaule».
E intanto l’Italia dei valori con il suo coordinatore provinciale Mario Marin
invita la stessa presidente Bassa Poropat a «scegliere il Tavolo tecnico
promosso dalla Uil Vigili del fuoco e composto da eminenti studiosi per
dibattere pubblicamente con i tecnici della Gas Natural e a convocare lo stesso
Tavolo per una relazione al Consiglio provinciale».
Gli ingegneri al sindaco: «Vogliamo un confronto sul
Piano particolareggiato» - CENTRO STORICO
Gli ingegneri scrivono al sindaco Dipiazza: «Ci convochi e
ci ascolti sul Piano particolareggiato del centro storico». Anche questo
documento dopo il Piano regolatore generale sta procedendo sotto il vincolo
della secretazione il che ha già suscitato le proteste dell’opposizione e ha
fatto inalberare l’Ordine degli architetti che con il presidente Andrea Dapretto
hanno invocato «la necessità di un confronto sulle scelte strategiche della
città». Ora un altro monito arriva dal neoletto direttivo dell’Ordine degli
ingegneri con il presidente Salvatore Noè. «Speriamo non si ripeta quant’è
accaduto con il Piano regolatore generale - ha dichiarato ieri l’ingegner Mario
Bucher delegato dall’Ordine per le relazioni pubbliche - sul quale siamo stati
ascoltati poco e soprattutto siamo stati consultati tardivamente».
La maggioranza conta di adottare il Piano particolareggiato già nella seduta del
Consiglio comunale del 14 dicembre, ma gli ingegneri chiedono al sindaco di
convocare preventivamente un tavolo di discussione «anche per non costringerci
poi a presentare osservazioni numerose e sostanziali - afferma Bucher - nella
fase che si aprirà successivamente». Sarà la fase appunto in cui il Piano sarà
visibile all’albo pretorio e saranno possibili le osservazioni oltre che le
opposizioni dei soggetti direttamente interessati.
«L’apporto di competenza e professionalità che gli ingegneri da sempre mettono a
disposizione dei cittadini e delle amministrazioni pubbliche - afferma Bucher -
è un patrimonio che non deve essere disperso o rigettato e che va quindi
utilizzato a piene mani da chi deve operare scelte che avranno grande influenza
sulla vita economica e sociale della comunità».
Uno dei principali obiettivi del Piano è ripopolare il cuore cittadino, un’area
di un milione e 300 mila metri quadrati tra Roiano, Campo Marzio e San Giusto
dove oggi abitano solo 17 mila persone. «Ma di questo - affermano gli ingegneri
- noi non sappiamo nulla e abbiamo l’impressione di essere considerati come
elementi di ingerenza anziché come opportunità grazie alle quali il Comune può
poi fare più oculate scelte politiche».
(s.m.)
Addio vecchie lampade, Muggia passa ai ”Led” - NUOVO
PIANO DI ILLUMINAZIONE PUBBLICA VARATO DAL COMUNE
MUGGIA Sta partendo una vera e propria rivoluzione
nell’illuminazione pubblica, all'insegna dell'aumento del numero dei lampioni,
della qualità della luce, della diminuzione dei costi ma anche di un maggior
rispetto dell'ambiente.
L'operazione decisa dall'amministrazione comunale coinvolgerà, entro i primi sei
mesi del 2010, 859 punti luce nei quali si passerà dalle lampade al sodio a
quelle a ”Led”, alcune già visibili in calle Bembo, salita di Muggia Vecchia e
in località Fontanella.
La convenzione che il Comune ha sottoscritto con Enel Sole, prevede di
utilizzare diverse tecnologie al fine di capire quale, tra quelle di ultima
generazione, offrirà i vantaggi maggiori. Tra queste nuove tecnologie troverà
spazio, come novità assoluta, anche quella detta a induzione; lampade che, per
stimolare il gas all'interno del tubo, la trasmissione dell'energia attraverso
campi magnetici e non tramite elettrodi come nelle vecchie lampadine. La prima
installazione con lampade a induzione sarà in via di Stramare.
Il nuovo progetto comporterà un investimento di circa 800mila euro, che il
Comune di Muggia rimborserà all’Enel in nove anni. I vantaggi dei "Led" sono
molteplici: il risparmio di circa 40mila euro annui per il minor consumo di
energia elettrica, le ridotte necessità di manutenzione (una lampada a Led dura
in media 14 anni) e la migliore qualità dell'illuminazione, in quanto la luce
bianca, propria di queste lampade, mantiene inalterata la cromaticità dei
colori.
L'inquinamento luminoso sarà minore e infine, non è un dato di poco conto, il
progetto comporterà una riduzione dell'anidride carbonica immessa nell'atmosfera
pari a 147 tonnellate annue.
L’amministrazione comunale prevede inoltre di aumentare i punti luce in diverse
località. «La localizzazione degli interventi - spiegano il sindaco di Muggia,
Nerio Nesladek, e il vice Franco Crevatin - risponde a precise richieste dei
cittadini. Il nostro intento è di procedere per gradi, ma con celerità, a
operare in zone che necessitano di essere illuminate meglio. Per noi –
proseguono – è molto importante anche il fatto di effettuare delle scelte
secondo criteri di sostenibilità ecologica e di risparmio energetico. Si tratta
di un cambiamento che nel giro di un anno riguarderà tutto il territorio
comunale».
(a.d.)
Noghere, altro no all’ampliamento della Mancar - La
Soprintendenza ha annullato di nuovo l’autorizzazione paesaggistica della
Regione
MUGGIA La Soprintendenza per i beni culturali e
architettonici ha nuovamente annullato il decreto di autorizzazione
paesaggistica, rilasciato dalla Regione, che avrebbe permesso alla Mancar sas,
ditta che si occupa di costruzione, allestimento, riparazione e rimessaggio di
automezzi e imbarcazioni, di triplicare il proprio fabbricato nei pressi dei
laghetti delle Noghere.
La ditta, che ha da poco costruito un capannone di mille metri quadrati con
annessa una tettoia di 2mila, è da anni al centro di polemiche di natura
ambientale, derivate dal fatto che la struttura è stata realizzata, grazie ad un
primo decreto di autorizzazione da parte della Regione, in una zona sottoposta a
vincolo paesaggistico.
Questo secondo ”no” della Sopraintendenza fa seguito di poco a quello contro il
quale Regione, Ezit e Mancar sas avevano fatto ricorso al Tar del Friuli Venezia
Giulia. Ricorso in relazione al quale, con una sentenza del 4 giugno scorso, il
Tar ha unito i tre appelli rigettandoli, giudicandone insufficienti le
motivazioni.
«La zona dove sorge la Mancar è a destinazione industriale, come prevede il
piano urbanistico regionale – commenta il direttore dell'Ezit, Paolo De Alti – e
il piano regolatore del comune di Muggia. Noi ci siamo limitati a richiedere
l'autorizzazione paesaggistica alla Regione, che questa volta ha aggiunto le
motivazioni che non hanno permesso di vincere il ricorso al Tar. Tengo anche a
precisare - continua De Alti - che abbiamo molteplici richieste di industrie che
vogliono insediarsi nel nostro territorio e le zone disponibili sono rimaste in
quell'area».
Dario Predonzan, esponente del Wwf, commenta: «Come ripetiamo da anni, lo
scempio poteva essere evitato se la Pianificazione territoriale regionale avesse
esercitato davvero il suo ruolo di tutela del paesaggio, ma anche se il Comune
di Muggia avesse modificato la destinazione urbanistica dell'area che ancor oggi
è industriale nonostante il vincolo paesaggistico».
Sulla vicenda interviene anche il sindaco di Muggia, Nerio Nesladek: «L'area
sottoposta a vincolo deve essere tutelata, e quando l'amministrazione si riunirà
per modificare il piano regolatore si potrà pensare di cambiare la destinazione
urbanistica. Intanto si potrebbe utilizzare la zona per insediamenti di natura
non impattante dal punto di vista ambientale».
«Tengo anche a precisare - conclude Dario Predonzan - che il progetto Mancar, in
base alla normativa regionale vigente all'epoca, avrebbe dovuto essere
sottoposto alla valutazione di impatto ambientale (Via) in quanto ”nuovo
intervento che comporta espansione urbana”, ma un cavillo interpretativo della
normativa ha eluso questo adempimento».
Andrea Dotteschini
SEGNALAZIONI - Rigassificatore, in Italia manca un
garante neutrale che garantisca un dibattito serio
Scrivo per dare un piccolo contributo all’interessante
dibattito a cui il Piccolo sta dando vita in relazione a un progetto importante
come quello del rigassificatore di Zaule. Sono un giovane ricercatore che si
occupa di conflitti ambientali ed è la prima volta che mi capita di assistere a
un dibattito potenzialmente così costruttivo. I dubbi che il Piccolo esprime
sono infatti, oltre che legittimi, quanto mai diffusi nella società in cui
viviamo. Preoccupazioni legate alla tutela della salute, dell’ambiente, alla
ragionevolezza di questo tipo di progetti e alla ripartizione di costi e
benefici. Probabilmente ci sarà già qualcuno che vi accusa di voler alimentare
un fantomatico «partito del no» o di farsi portavoce di posizioni ideologiche.
Personalmente credo che cerchiate solo di sottolineare quanto i cittadini di
Trieste e dintorni si sentano poco coinvolti nelle scelte che riguardano il
proprio territorio. Sentono di dover in qualche modo subire presenze esterne, di
dover farsi carico di un fardello non richiesto, senza nemmeno poi ricevere
niente in cambio. volutamente semplifico e parlo di sensazioni, però sono quelle
che contano, alla fine. Conta la sensazione di non riuscire a comprendere
appieno di quel che si sta parlando, di non essere coinvolti, di avere di fronte
frammenti di pubblica amministrazione che nemmeno si parlano tra loro. Il
risultato è scarsa trasparenza, scarsa fiducia. Nel suo recente articolo Paolo
Rumiz sottolinea che «non è Gas Natural il nostro interlocutore, non sono le
risposte dell’azienda che devono tranquillizzarci». In qualche modo dà per
scontato che un soggetto privato non possa in nessun modo farsi carico delle
esigenze di una comunità. E forse qui si sbaglia: Gas natural farà quello che
può, più probabilmente quel che le viene richiesto, sempre a patto che il suo
investimento venga remunerato. Ma il nodo centrale della questione è un altro:
voi giustamente richiedete un garante neutrale, che in questo momento in Italia
manca. Un soggetto che appaia privo di conflitti di interessi e possa tutelare
quelli di tutti i soggetti interessati. Un soggetto che possa fornire dei numeri
e dei dati che non siano contestabili. Un soggetto in grado di restituire
oggettività al dibattito. La richiesta di buonsenso ma vi invito a spostare la
vostra attenzione da una possibile soluzione (il Garante) a quello delle
esigenze che stanno alla base della vostra richiesta. Se il problema è quello di
superare la scarsa trasparenza e rigidità che caratterizza questo tipo di
processi decisionali, l’obiettivo deve essere quello di capire quali sono i
percorsi per arrivare a prendere decisioni che siano il più possibile
legittimate, qualificate e, di conseguenza, realizzabili. Tutti i Paesi avanzati
stanno cercando di attrezzarsi per trovare delle soluzioni che funzionino.
Qualche esempio può essere trovato all’interno del «Libro bianco su conflitti
territoriali e infrastrutture di trasporto», pubblicato dal gruppo di ricerca di
cui faccio parte e scaricabile dal sito www.conflittiambientali.it. L’assunto di
partenza, in Italia, sino ad ora è stato quello di pensare di poter decidere
qualsiasi cosa, per lo più in segrete stanze, annunciarlo in pompa magna e poi
vedere che succede. Nel caso qualcuno protesti ci si attrezza per difendersi
dalle contestazioni, che di solito vengono bollate come «ideologiche».
Questi passaggi vanno invece visti come utili elementi per alimentare la
discussione come elementi oggettivi. Tutto questo è possibile. Accade in Paesi
come la Francia, la Germania, l’Inghilterra e l’Olanda, dove si sono trovate
soluzioni differenti per problemi simili. Sul tavolo ci sono delle grosse
questioni. Oltre a capire come istituzionalizzare il dialogo con i vari attori
(e decidere chi includere, chi considerare rappresentativo, quali strumenti
adottare, quali tempi darsi) ci sono da affrontare altri due grandi temi: quello
delle compensazioni, per evitare che si trasformino in una inutile lista della
spesa e per far sì che si colleghino a un progetto di sviluppo del territorio. E
quello dei meccanismi e delle forme di garanzia.
Davide Agazzi - (ricercatore)
SEGNALAZIONI - Trasporti, dobbiamo imparare
dall’Austria
Di bene in meglio: dal 13 dicembre scomparirà anche l’Eurocity
da Venezia-Udine per Vienna «Allegro Johann Strauss» e non certo per volontà
delle ÖBB (Ferrovie Federali Austriache); infatti per loro questo collegamento è
importante perché molto frequentato (vien da chiedersi come mai per le ferrovie
italiane fosse in perdita!) e allora gli austriaci corrono ai ripari istituendo
addirittura quattro corse giornaliere di bus (denominato «Intercitybus») tra
Klagenfurt e Venezia con soste a Villaco e a Udine. Quindi, assodato che per le
ferrovie italiane Trieste non esiste proprio, non ci resta che fare un appello
alle ÖBB (cosa abbiamo da perdere, vista la considerazione di Trenitalia per il
NordEst?); però non saprei a chi indirizzare questa richiesta: fino a circa
vent’anni fa l’avrei inviata all’ufficio di rappresentanza delle ÖBB che
esisteva a Trieste (ora non c’è più; ma siamo o non siamo nel cuore della nuova
Europa?). Allora lo lancio, come un messaggio in bottiglia nell’oceano, sperando
che in qualche modo arrivi ai competenti uffici delle ÖBB. Si tratta di questo:
care ÖBB, potreste valutare anche l’istituzione di un Intercitybus giornaliero
da Klagenfurt per Trieste e viceversa? Credo che un collegamento del genere
troverebbe una clientela significativa: da un lato gli austriaci verso Trieste e
dintorni (siamo o non siamo «città turistica»?) e dall’altro i triestini che
potrebbero arrivare a Villaco in tempo utile per le coincidenze con Monaco e
Vienna evitando le incavolature e gli sbalzi della pressione arteriosa cui sono
sottoposti a causa dei frequenti e cospicui ritardi dei residui treni nostrani
su questa linea.
Mario Ravalico
IL PICCOLO - SABATO, 5 dicembre 2009
SEGNALAZIONI - Rigassificatore, una scelta impopolare
Ci voleva poco a capire che un impianto del genere, dentro
le dighe, in zona urbanizzata e vicino ad impianti pericolosi sarebbe stato
accolto come cosa «poco gradita» (e uso un asettico eufemismo).
Cosa succederebbe se Scajola o Burlando dicessero ai genovesi di piazzare un
rigassificatore tra Ponte Doria e Ponte dei Mille? E se Matteoli proponesse lo
stesso al Porto Americano di Livorno? Ma noi abbiamo alcuni rappresentanti che
fanno il gioco delle tre carte chiamando in causa la Slovenia e sperando di
suscitare così, per contrasto, un’opinione favorevole o almeno non ostile. È un
gioco che ormai non funziona più ed è tanto più sporco proprio perché con la
Slovenia siamo costretti a convivere così che svilendo l’attenzione su un tema
indifendibile come il rigassificatore, siamo indotti ad abbassare la guardia
verso quei furboni, sempre pronti e determinati ad approfittare di tutte le
occasioni e delle nostre debolezze.
Come mai - a fronte dell’attivismo per il rigassificatore - c’è stato (escluso
Il Piccolo) un silenzio greve da parte dei soliti noti sul fatto che le navi
della Maersk hanno scalato unicamente Capodistria perché attrezzata con le 4
nuovissime gru Post-Panamax? Come mai non si trovano i quattrini per
l’ammodernamento delle attrezzature del porto mentre si trovano per stupidaggini
«bipartisan» come il Parco del Mare o il Magazzino 26? Sarebbe davvero un bell’affare
se corrispondesse al vero che questo hangar sia stato ristrutturato stornando i
quattrini destinati al raddoppio dell’Adria Terminal! E non quattrini scritti
sul ghiaccio come quelli del Piano del Porto, ma soldi sonanti, caldi e pronti
alla spesa!
Adriano Verani
SEGNALAZIONI - URSUS - Memorie inutili
Finalmente uno che ha il coraggio di dire che il re è
nudo.
Mi riferisco alla segnalazione a firma del signor Paolo Liuzzi. A fronte del
giudizio di tanti ipocriti sulla «maestosa» bellezza di Ursus il signor Liuzzi
dice che, invece, è una vera schifezza e che non aggiunge alcuna attrattiva alla
città. Ma possibile che nessuno trovi il coraggio per disfarsene. Eppure per il
suo mantenimento e per il suo peregrinare nel golfo di Trieste qualcuno deve pur
sostenerne i costi: ma chi li paga?
Sono un fervente assertore che la memoria storica vada protetta perché un popolo
senza passato non può costruire il suo futuro, ma un ferrovecchio così cosa
rappresenta: è inutile e serve solo ad alimentare l’ego di qualche nostalgico
sul presunto «guinness world record» che la gru rappresenterebbe. Possibile che
Trieste non trovi altri must di cui inorgoglirsi.
Prendiamo ad esempio il tram di Opicina. Anche questo è all’apparenza un ferro
vecchio, in realtà è un mezzo di trasporto che sebbene abbia 107 anni, ancora si
rivela utile in quanto svolge egregiamente il suo compito di collegare, anche
servendo luoghi altrimenti inaccessibili ad altri sistemi di trasporto, il
centro città col più importante borgo carsico (a proposito, a quando la
promozione a Comune?).
Eppure, nonostante l’indubbia utilità di questo sistema di trasporto, la sua
importanza nel panorama storico del trasporto locale su ferro, l’unicità del
tipo di impianto, la forte attrattività ai fini turistici, ebbene periodicamente
saltano fuori dubbi sul mantenimento di questa linea paventandone la
soppressione.
Facciamo un paragone: cosa sarebbe Trieste senza il suo Ursus e cosa sarebbe
Trieste senza il suo tram? Ai posteri l’ardua sentenza!
Raffaele Nobile
LA REPUBBLICA - VENERDI', 4 dicembre 2009
Rinnovabili ed efficienza - Così l'Italia ce la può
fare - Lo scenario di Energy (R)evolution preparato da Greenpeace.
Con il rilancio di eolico e solare si possono tagliare
le emissioni serra del 70%. Ma le scelte attuali non sembrano quelle giuste
ROMA - L'Italia ce la può fare. Può raggiungere l'obiettivo indicato dai
climatologi per evitare la catastrofe: tagliare le emissioni serra del 70 per
cento entro il 2050 rispetto ai livelli del 1990. E può raggiungerlo senza il
nucleare. Come? Lo descrive lo scenario Energy [R]evolution Italia preparato da
Greenpeace con il supporto tecnico dell'Istituto di Termodinamica del Centro
Aerospaziale Tedesco (DLR).
Il punto di partenza è il forte rilancio delle rinnovabili chiesto dall'Europa
che ha fissato l'asticella ad altezza 20: 20 per cento di energia pulita entro
il 2020. Oggi il contributo delle rinnovabili alla domanda di energia primaria
in Italia è poco sotto il 7 per cento, mentre il 93 deriva da fonti fossili. La
strada è lunga e va divisa in tappe.
La prima mossa sono le misure di efficienza energetica che permetteranno di
ridurre l'attuale domanda di energia di circa il 32 per cento al 2050.
Alleggerito il carico dall'inutile fardello dello spreco, le rinnovabili
potranno soddisfare entro il 2050 il 61 per cento di questo consumo totale
dimagrito dall'aumento di efficienza. Il resto della domanda sarà coperto
principalmente dal gas, trascurabile il contributo del carbone.
Dal punto di vista della produzione di energia elettrica, entro il 2050 le
rinnovabili arriveranno al 76 per cento soprattutto per merito del solare,
dell'eolico e delle biomasse prodotte in modo sostenibile. Buona parte del
calore sarà ricavata usando collettori solari e geotermici. Nel settore dei
trasporti le fonti rinnovabili supereranno quota 50 per cento al 2050 grazie
all'adozione su vasta scala di mezzi elettrici; più limitata invece la
produzione di biocarburanti.
Queste scelte consentiranno, nello scenario virtuoso, alle emissioni annue pro
capite di scendere da 7,6 tonnellate a 2,1 tonnellate. Il costo
dell'elettricità, dopo un leggero aumento nel breve periodo (+0,5 euro per
chilowattora nel 2015), diminuirà: meno 4 centesimi per chilowattora nel 2050.
"Perseguire stringenti obiettivi ambientali rappresenta anche un vantaggio
economico per il sistema paese", conclude il rapporto. "Permetterebbe di
sostenere la ripresa economica, aumentare l'indipendenza energetica dall'estero,
rilanciare lo sviluppo tecnologico, l'innovazione, la competitività delle
industrie e della ricerca. Energie rinnovabili ed efficienza possono creare
circa 80 mila nuovi posti di lavoro verdi al 2020 considerando solo
l'occupazione diretta nel settore elettrico. Tenendo conto anche dei posti di
lavoro nell'indotto e il contributo del settore termico si arriva a 300 mila
nuovi occupati".
Ma per raggiungere questi obiettivi bisogna correggere la direzione di marcia.
Greenpeace ritiene profondamente sbagliati i criteri di assegnazione dei fondi
per stimolare l'offerta di energia: nel 2007 più dell'80 per cento dei sussidi
elargiti alle rinnovabili, circa 4,4 miliardi di euro, sono stati dati alle
fonti assimilate, mentre solare, eolico e altre fonti rinnovabili hanno ricevuto
appena 0,9 milioni di euro.
Secondo l'associazione ambientalista, l'Italia deve incoraggiare l'Unione
europea a introdurre nuovi standard di efficienza obbligatori per tutte le
apparecchiature che utilizzano energia e deve bandire a livello nazionale gli
apparecchi più inefficienti, come ha già fatto con le lampadine a incandescenza.
Tra le tecnologie da prendere in considerazione rientrano motori industriali a
bassa efficienza, stand-by, scaldabagni elettrici, lavatrici, frigoriferi e
televisioni ad alto consumo di energia. L'Italia, inoltre dovrebbe rendere
effettivo l'obbligo della certificazione energetica degli edifici, come
richiesto dalla legislazione europea.
ANTONIO CIANCIULLO
IL PICCOLO - VENERDI', 4 dicembre 2009
IL RIGASSIFICATORE - «Ma anche Menia dubita di Gas
Natural» - Il tavolo dei docenti: «Precauzioni ambientali assenti
nel progetto, sono solo annunciate»
Il professor Costa firma un documento di «osservazioni»
sulle risposte a Rumiz a nome del gruppo di esperti incaricato dalla Uil vigili
del fuoco
Accettano - o ne prendono atto, sarebbe meglio dire - le risposte di Roberto
Menia alle ”domande scomode” di Paolo Rumiz sul progetto del rigassificatore a
terra di Zaule. Le accettano - così giurano di fare i docenti universitari del
tavolo tecnico che la scorsa settimana, su iniziativa della Uil vigili del
fuoco, hanno messo a nudo i rischi scorti in quel progetto - perché «lo stesso
sottosegretario all’Ambiente riconosce che andrebbero garantite molte
precauzioni in più, a tutela della sicurezza, rispetto a quanto prevedono le
documentazioni su cui Gas Natural ha chiesto l’autorizzazione. Eppure tali
precauzioni non dovrebbero mica venire dopo l’autorizzazione, ma prima. La
politica è deputata e assolutamente legittimata a decidere, ma in base a un
tecnica corretta, senza buchi. Anche il sindaco Roberto Dipiazza può parlare di
opportunità tecniche se le informazioni tecniche che ha non sono complete».
LA REPLICA Sono parole del professore emerito di chimica della nostra Università
Giacomo Costa, che ha firmato un lungo documento di «osservazioni sulle risposte
di Menia alle domande di Rumiz», letto e condiviso da tutti i colleghi del
tavolo tecnico, coordinato da Adriano Bevilacqua. Che sono Bruno Della Vedova
(esperto di geologia e geofisica), Livio Sirovich (geologia), Franco Stravisi
(oceanografia e meteorologia), Fulvio Crisciani (fluidodinamica geofisica),
Pierluigi Barbieri (chimica), Tomaz Ogrin dello Jozef Stefan Institute sloveno
(chimico), Giorgio Trincas e Radoslav Nabergoj (ingegneria navale), Irene Valle
(architettura) e Marino Valle (ingegneria meccanica).
L’AREA A TERRA «Non c’è responsabilità delle autorità - si legge all’inizio del
documento - per la scelta del sito sul quale realizzare il rigassificatore. Essa
è stata liberamente fatta da Gas Natural, unicamente nel proprio interesse.
Rumiz chiede a Menia un parere responsabile sulle caratteristiche particolari
del sito. La risposta di Menia rinvia al know how di Gas Natural, che è appunto
l’oggetto della nostra critica... Come dice Menia, ”il decreto di Via richiede
l’utilizzo delle migliori tecnologie disponibili”. Egli però non fornisce prove
che questa richiesta sia stata accolta. La nostra critica chiede una verifica in
merito. Riguardo gli obiettivi sensibili e l’effetto domino, vale a dire la
situazione comprendente i depositi costieri triestini... i quartieri popolari e
lo stadio Menia cita obblighi di legge ordinaria e non lo studio straordinario
del possibile impatto del rigassificatore sulla realtà esistente, che il
richiedente deve compiere per ottenere l’autorizzazione e l’autorità competente
deve puntualmente verificare. La nostra domanda si riferisce a situazioni
speciali di rischio, agli studi di simulazione di incidente e alla distanza
minima da osservare, la ”exclusion zone”, intorno alle strutture del
rigassificatore. Le risposte di Menia rinviano ad accertamenti generici che non
sono stati fatti o non sono stati documentati correttamente, che devono
precedere l’autorizzazione e che, non offrendo risultati soddisfacenti,
giustificano la preoccupazione nostra e della pubblica opinione».
L’AREA A MARE Ma è sul mare che Costa e colleghi puntano a trasformare le loro
«osservazioni» in vere bombe di logica. «Il giudizio favorevole di compatibilità
ambientale, le prescrizioni imposte dal decreto di Via e i sistemi di
monitoraggio e controllo - recita in effetti lo stesso documento - sono solo
preannunciati e non sono quindi una risposta alla nostra indicazione di
trascuratezze ed errori negli studi di Gas Natural, ma ne sono, al contrario,
una conferma. È comprensibile dunque l’assicurazione di Menia di prevedere un
piano di monitoraggio, l’intenzione di disporre 5 stazioni di misura su un
transetto interno alla Baia di Muggia e 5 stazioni di misura su un transetto
disposto nell’area di transizione tra la Baia di Muggia ed il Golfo riconoscendo
la insufficienza dell’attuale progetto... Di fronte alla necessità, da lui
riconosciuta, di tanti nuovi strumenti di controllo non esistenti nel progetto,
Menia non può affermare che sono state adottate le soluzioni più adeguate a
garantire la tutela dell’ambiente marino. Egli ci dice semplicemente che si sono
individuate cautele per la sicurezza con provvedimenti che egli ipotizza si
assumeranno nel caso si realizzi il rigassificatore. Ma è proprio la decisione
di realizzare il rigassificatore che chiediamo di rivedere».
L’AFFONDO Morale: «È legittima, sotto il profilo politico, la sua personale
opinione (di Menia, ndr) favorevole alla realizzazione di un rigassificatore a
Trieste, dovuta, secondo quanto afferma ad una pluralità non specificata di
motivi, dei quali cita solo, senza dimostrarne la pertinenza, l’esigenza
energetica di carattere nazionale e le relative ricadute positive sul
territorio. Le domande di Rumiz non sono politiche ma tecniche e non hanno
ancora ricevuto risposta. Sinceramente riteniamo essere inaccettabile sul piano
tecnico-istituzionale e debole, anche sotto il profilo politico, la conclusione
della risposta di Menia che ”ognuno sostiene il suo”».
PIERO RAUBER
«Il consiglio di Muggia è unito contro il
rigassificatore» - Deciso intervento del sindaco Nesladek nella seduta
straordinaria dedicata al ricorso al Tar
«Fare un ricorso al Tar contro un'amministrazione statale
non ci riempie di orgoglio, ma abbiamo fondati motivi per portarlo avanti». Così
è iniziato mercoledì sera l’intervento del sindaco Nerio Nesladek nella seduta
straordinaria del consiglio comunale dedicata all’illustrazione dei motivi del
"no" al progetto del rigassificatore di Zaule. «Voglio sottolineare – ha
rimarcato – come il consiglio non si è diviso tra vecchi e nuovi rancori. Stiamo
dimostrando ai cittadini che su questioni così importanti siamo tutti schierati
dalla stessa parte».
Il primo cittadino ha poi rimarcato i gravi problemi ambientali a cui si andrà
incontro nell'eventualità che il progetto del rigassificatore diventi realtà:
«Parliamo di 600mila metri cubi d'acqua salata, che ogni giorno passeranno per
tubature piene di cloro. Il problema è che quest'acqua diventerà sterile facendo
morire i microorganismi, le piante e alterando tutto l'ecosistema del nostro
bacino. Dobbiamo poi considerare - ha continuato il sindaco - che l'acqua viene
riversata intorno ai 5 gradi e potrebbe cambiare la temperatura del nostro
vallone. Esiste poi il problema dei dragaggi e del movimento di un sedimento
marino inquinato che sicuramente causerà problemi».
Non sono solo gli aspetti ambientali a preoccupare il consiglio, ma anche quelli
legati al libero passaggio di tutte le imbarcazioni, come quelle dei pescatori,
che hanno giornalmente bisogno di prendere il largo. «Sfido Boniciolli
(presidente del Porto, ndr) - ha affermato Nesladek - a dimostrarmi come
entreranno le imbarcazioni quando ci sarà una nave gasiera in arrivo. Se
guardiamo a Porto Viro, che ospita un rigassificatore in mezzo al mare, vediamo
che la Capitaneria di porto, seguendo una normativa internazionale, ha emesso
un'ordinanza che non permette a nessuna imbarcazione di avvicinarsi al porto a
meno di 2,5 chilometri in concomitanza dell'arrivo di una nave gasiera. La
Capitaneria di Trieste dice che faranno delle ordinanze diverse, ma non ci dice
quali».
Il sindaco ha poi spiegato alcuni dei motivi per cui è stato avviato il ricorso
al Tar del Friuli Venezia Giulia: «Quando una commissione rilascia la
valutazione di impatto ambientale (Via) e non si accorge di grandi errori come
il cambiamento della posizione del rigassificatore su 40 diverse mappe
presentate, quando una commissione presenta carte senza firme e con traduzioni
infedeli dallo spagnolo, allora quella commissione non ha fatto bene il suo
lavoro. Non ci fidiamo, infine, di una commissione che ha separato, dal progetto
totale, la ”Via” del gasdotto che collegherà il rigassificatore alla rete
nazionale».
RACCOLTA FIRME Al mercatino di Natale di Bagnoli, fino a lunedì, è presente (ore
17-19) un banchetto per la raccolta di firme, in parallelo con Muggia, contro il
rigassificatore. L’obiettivo è un incontro col Prefetto per esporre i dubbi
della popolazione. Nel testo da sottoscrivere si afferma che i fautori
dell’impianto ”non sono stati in grado di fornire adeguate garanzie in merito
alla sicurezza dell’impianto, anche in relazione all’effetto-domino che potrebbe
verificarsi in caso di incidente, vista la presenza di numerosi altri impianti
pericolosi nella stessa area”. La raccolta di firme è promossa dai partiti di
maggioranza che reggono il Comune di San Dorligo.
Andrea Dotteschini
Cna: insostenibili i costi delle bonifiche - ACCORDO DI
PROGRAMMA, LA BOZZA OGGI ALL’ESAME DELLA CAMERA DI COMMERCIO
L’appello agli enti: «Respingere la logica del prendere
o lasciare»
Assindustria, quell’ultima bozza di accordo sulle bonifiche che fa pagare
indistintamente alle imprese una quota ancora ignota, ha già ammesso di non
digerirla. E da ieri s’è accodata anche la Cna - la sigla alternativa alla
Confartigianato che non siede con un proprio rappresentante nella giunta
camerale di Paoletti - che chiede proprio «alla Camera di Commercio ma anche
alla Provincia e ai comuni di Trieste e Muggia» (cioè ai soggetti territoriali
chiamati a vidimare l’accordo di programma sul Sito inquinato d’interesse
nazionale da girare poi alla Regione per la sigla decisiva col Ministero
dell’Ambiente, ndr) di «respingere la logica del ”prendere o lasciare”, ribadita
dal sottosegretario Roberto Menia, affinché il processo di bonifica possa
partire ma senza massacrare il comparto produttivo del territorio».
«La promessa di non far pagare nulla alle aziende insediate su terreni
inquinati, o presunti tali, per cause non da loro dipendenti - tuona in una nota
il presidente della Cna Michele Barro - viene smentita dalla previsione delle
transazioni per danno ambientale con cui i privati dovrebbero farsi carico di
236 dei 350 milioni di risorse previste. Che sono per lo più piccole e
piccolissime aziende, molte delle quali artigiane, che non inquinano ma in
compenso sostengono le difficoltà di una crisi economica: quante dovranno
chiudere, quante dovranno licenziare a seguito di questo ingiusto, forzoso
prelievo?».
A una sì perentoria domanda della Cna replica al momento, ma con i piedi di
piombo, proprio il segretario generale della Confartigianato, Enrico Eva, che
presiede in Camera di Commercio la commissione Ambiente: «Devo ammettere -
annota Eva - che finora il sottosegretario Menia ha fatto un ottimo lavoro di
cucitura dei testi in base alle norme vigenti. È presente purtroppo anche
nell’ultima versione il problema del cosiddetto danno ambientale, su cui
tuttavia siamo d’accordo se la via d’uscita è far pagare alle 353 imprese
insediate, a priori rispetto alle responsabilità individuali, una quota
simbolica per la transazione. Ho visto le cifre ipotizzate da Assindustria e
onestamente non me ne ritrovo. A livello non ufficiale mi consta che il danno
ambientale sia quantificato attorno ai tre euro al metro quadrato. Fosse così,
potremmo starci. Ma prima di dire sì vogliamo conoscere a quanto ammonta
effettivamente la ripartizione del danno ambientale».
Ed è per questo che nel pomeriggio di oggi in piazza della Borsa si riuniranno
le delegazioni di Camera di Commercio ed Ezit con tre ”saggi” i cui nomi restano
top-secret. Ordine del giorno: passare al microscopio l’ultima bozza, in
particolare il famoso articolo 10 comma 13 secondo cui chi non ha inquinato non
paga, per poi convocare tutte le associazioni di categoria affiliate per votare
un sì o un no da inviare alla Regione. «La Camera di Commercio - specifica a
questo proposito Antonio Paoletti - non vuole essere d’ostacolo all’iter delle
bonifiche ma non vuole nemmeno penalizzare le imprese. Se abbiamo certe garanzie
siamo disposti a pagare. Poco, ma pagare». Perché l’aumento del 20% del diritto
camerale, ricorda lo stesso Paoletti, non serve solo al Parco del mare ma anche
per fare ”musina” per le bonifiche.
(pi.ra.)
Fogar inizia lo sciopero della fame - L’EX PRESIDENTE
DEL MIANI: «FERRIERA, SILENZIO DALLE ISTITUZIONI»
Alla rinuncia ai farmaci «salvavita», ora Maurizio Fogar
aggiunge lo sciopero della fame. Per protestare in maniera sempre più clamorosa
contro la mancata chiusura della Ferriera di Servola, il fondatore ed ex
presidente del Circolo Miani ha deciso di sobbarcarsi, a partire da dopodomani,
questo ulteriore rischio per la salute. «Da domenica mi limiterò a bere acqua -
ha annunciato ieri sera in piazza dell'Unità d'Italia, dove si è recato seguito
da un gruppo di sostenitori e collaboratori del Circolo - nella piena
consapevolezza che questa scelta determinerà problemi ancor più gravi al mio già
difficile stato di salute. Ma non mi interessa - ha aggiunto - perché in questa
situazione, con lo stabilimento che continua a diffondere nell'aria sostanze
nocive per l'intera popolazione, non conta tanto la salute di una singola
persona, quanto il benessere di tutti».
Fogar anche ieri sera si è scagliato soprattutto contro «il colpevole
immobilismo del sindaco, Roberto Dipiazza, che per compito istituzionale avrebbe
proprio quello di tutelare la salute pubblica - ha sottolineato il fondatore del
Circolo Miani - e del presidente della Regione, Renzo Tondo, che aveva
formalmente promesso ai servolani che avrebbe chiuso lo stabilimento. Invece
siamo ancora al punto di partenza - ha proseguito - con la città invasa dal
benzopirene e nessuno di coloro che hanno il potere di farlo pronto a
intervenire in maniera adeguata».
Con la sua presenza in piazza dell'Unità d'Italia, dove oltre al Municipio e
alla sede della Giunta regionale c'è anche il palazzo della Prefettura, Fogar ha
inteso, com'egli stesso ha spiegato, «testimoniare alle istituzioni e alla
classe politica che le occupano che sono stufo, stanco della decennale presa in
giro della nostra comunità, ma non rassegnato. Mi considero - ha concluso -
l'ostaggio di una classe dirigente che in tutti questi anni ha messo a
repentaglio la salute e le vite di tanti miei concittadini, dai bambini ai
lavoratori, pur di favorire gli interessi di una multinazionale, condannando
Trieste a un futuro di miserie».
(u.s.)
Marzi: il Piano secretato è una commedia - IL DOCUMENTO
DEL COMUNE SUL CENTRO STORICO
Il difensore civico: la politica abbia un sussulto
d’orgoglio, serve trasparenza
Si scrive secretazione. Ma, per il difensore civico del Comune, si deve
leggere «commedia». Una di quelle che fanno ridere di gusto. Tale è, infatti,
secondo Maurizio Marzi, il richiamo alla segretezza piovuto dagli uffici del
Municipio con oggetto, prima, la variante generale al Piano regolatore. E ora,
pure il nuovo Piano particolareggiato del centro storico.
L’altro giorno l’avvocatura comunale, infatti, ha fatto sapere senza mezzi
termini come si tratti di un documento «sottratto all’obbligo della
comunicazione e al diritto di accesso». E, in merito, in concomitanza con la
prima analisi della Sesta commissione sul Piano del centro storico, è stato
ribadito che «gli atti e i documenti portati all’esame della Commissione
consiliare attengono alla fase istruttoria». Di conseguenza, «non possono essere
esaminati in sedute pubbliche». In piazza Unità, o meglio in largo Granatieri
nella fattispecie, qualcuno ha però iniziato a storcere il naso di fronte a
questa interpretazione. Quel qualcuno è proprio il difensore civico: «Dopo la
“perla” del Piano regolatore generale severamente secretato fra le mura del
Palazzo ma ampiamente diffuso attraverso gli organi di informazione - sono le
parole di Marzi -, la sceneggiata prosegue con il Piano del centro storico
secretato in Commissione ma pubblicato sul giornale».
Nella veste di garante della trasparenza del Comune nei confronti della gente, e
forte di quel ruolo attraverso cui, citando testualmente la definizione dallo
spazio web del Municipio, «ha il compito di tutelare il cittadino dagli abusi,
dalle disfunzioni, dai ritardi, dalle negligenze commesse dall’amministrazione
comunale», Marzi parla di una «burocrazia ottusa» che «non conosce il limite del
buon senso» e «sconfina nella farsa». E sostiene, continuando sulla linea dura,
come questo atteggiamento «che nasce dagli uffici» faccia tornare la città «agli
anni Quaranta, epoca cui risale la normativa sui piani regolatori e a cui si
rifanno gli indefessi paladini del segreto a tutti i costi».
Il pensiero di Marzi, chiaramente contrario alla logica delle secretazioni, si
fonda anche su alcuni precedenti nel ribadire che «in questo meccanismo qualcosa
non funziona». Quali precedenti? Li elenca: «i piani di Opicina, Servola,
Longera, Trebiciano, Basovizza solo per citare i più importanti». E sui quali
«basterebbe chiedersi come mai non siano mai stati secretati». Anzi, «per fare
un ulteriore esempio, all’epoca del Piano particolareggiato di Servola, i
cittadini si presentavano in commissione e discutevano assieme ai politici»,
aggiunge a margine il difensore civico. Che, fermo nel proprio ragionamento, si
chiede ironicamente: «O quella volta eravamo tutti dei pazzi fuori legge e
quindi dobbiamo essere tutti denunciati a partire dal sindaco in giù
(provocazione sostanzialmente identica a quella esternata tre giorni prima da
Alfredo Racovelli dei Verdi, ndr), oppure le norme venivano interpretate con
buon senso cercando di coniugare la rigida disciplina degli anni Quaranta con i
più moderni principi di pubblicità e trasparenza dell’attività amministrativa».
E, a corollario, sottolinea: «Se consideriamo, infine, che i dirigenti di allora
sono gli stessi di oggi, ecco che la perplessità si trasforma in sconcerto!
Tutti prendono paura, ma paura di cosa?».
Proprio per cancellare timori e possibili imbarazzi negli uffici, Marzi auspica
che «la politica abbia un sussulto d’orgoglio», assumendosi «la responsabilità
di cancellare una volta per tutte queste assurde secretazioni e che riprenda in
mano le redini di una procedura pubblica, trasparente e partecipata». Come? «Non
servono atti - conclude Marzi -. È sufficiente interpretare la legge in modo
sensato».
MATTEO UNTERWEGER
Stazione dei treni a Ronchi aeroporto la giunta da l’ok
- A DISPOSIZIONE 9,2 MILIONI
TRIESTE La Regione accelera sulla realizzazione della stazione ferroviaria Ronchi Aeroporto, fulcro del polo intermodale che include anche l’autostazione. La giunta ha approvato ieri il testo della convenzione proposta alla Provincia di Gorizia, al Comune di Ronchi, a Rfi e alla Aeroporto Fvg spa che individua le modalità operative per la realizzazione dell’opera. Soggetto attuatore dell’intervento, secondo la convenzione, sarà Aeroporto Fvg che dovrà predisporre, in collaborazione con il Comune di Ronchi, la variante dello strumento urbanistico e in particolare progettare e realizzare la viabilità interna, i parcheggi ed i collegamenti. La Provincia di Gorizia sarà chiamata a progettare e realizzare l’autostazione mentre Rfi si occuperà dello scalo ferroviario. Dovrà essere aggiornato lo studio di fattibilità, datato 2003, sulla base delle osservazioni dei Comuni di Ronchi, Monfalcone e San Canzian. «Sono disponibili per l’intervento 5,5 milioni per gli interventi in capo ad Aeroporto Fvg – ricorda l’assessore Riccardo Riccardi – e 500 mila euro per quelli di Rfi. Inoltre sono impegnati 2 milioni a favore del Comune di Ronchi e 1,2 per la Provincia di Gorizia». Sul fronte della sanità, intanto, la giunta ha individuato nell’Ass Isontina il soggetto che si occuperà della gestione del Ceformed (Centro regionale di formazione per l’area delle cure primarie), dopo la soppressione dell’Agenzia regionale della Sanità prevista per il 1° gennaio 2010. Sempre nella stessa data è prevista la cancellazione del Csc le cui funzioni, come preannunciato, saranno svolte dall’Azienda ospedaliero-universitaria Santa Maria della Misericordia di Udine. Infine, la giunta ha approvato un protocollo d’intesa che verrà stipulato tra Regione, Federazione delle Bcc e parti sociali per il quale gli istituti di credito anticiperanno, a tasso zero, la cassa integrazione ordinaria e straordinaria per quelle aziende in cui i datori di lavoro non sono in grado di erogare gli ammortizzatori sociali.
(r.u.)
Eni-Gazprom, la Francia entra in South Stream -
L’Europa a rischio dopo le dispute sul prezzo del gas corre ai ripari con una
nuova linea
FIRMATO UN ACCORDO ALLA BILATERALE ITALIA-RUSSIA
Scaroni: «Discuteremo sulle quote». Accordi con Mosca su Alitalia, Finmeccanica
e Pirelli
ROMA Anche la Francia entra nel gasdotto South Stream. Eni e Gazprom faranno
spazio al gruppo elettrico a controllo pubblico Edf all'interno del consorzio
che guida la costruzione del sistema di gasdotti, attualmente allo studio, che
collegherà la Russia all'Unione Europea attraverso il Mar Nero.
«Abbiamo firmato un accordo di principio per favorire l'entrata di Edf in South
Stream», ha spiegato ieri nel corso del bilaterale Italia-Russia
l'amministratore delegato di Eni, Paolo Scaroni, sottolineando di vedere «con
favore l'entrata di un partner così importante in questo progetto». Certo, ha
aggiunto l'a.d. del Cane a sei zampe, «dovremo negoziare le condizioni», con
particolare riferimento «all'ammontare della partecipazione, a cui sono
collegati i quantitativi di gas che verranno commercializzati». Dovrà essere
anche discusso «il valore della partecipazione, perchè abbiamo investito tempo e
denaro fino ad adesso» nel progetto che vede attualmente come unico partner di
Eni il gruppo russo Gazprom.
Fra i temi più «caldi» che verranno discussi, sicuramente la quota che finirà in
mano ad Edf. «È un tema su cui siamo aperti», risponde Scaroni a chi gli
chiedeva dettagli in materia. Il gruppo francese potrebbe rilevare il 10% del
gasdotto, ma non è ancora chiaro se Eni e il partner russo cederanno una quota
uguale di capitale (scendendo così entrambi al 45%) o se uno dei due gruppi
venderà una quota maggiore dell'altro. «Non è un gioco di potere, è tutto
commerciale», ha spiegato Scaroni, sottolineando che «vedremo durante la
negoziazione qual è il punto di caduta ideale per tutti». Il premier Silvio
Berlusconi si è detto «contento e orgoglioso» della firma, che secondo il
ministro dello Sviluppo Economico, Claudio Scajola, rende il progetto veramente
pan-europeo e non solo più italo-russo.
Il commercio di gas lega a doppio filo Europa e Russia fin dagli anni '60 ed è
sempre stato gestito tramite gasdotti, che partono dalla Siberia Occidentale e
arrivano in Europa, passando per gli Urali. Varie sono le condotte che legano
Russia e Vecchio Continente: al momento, quella principale rimane la Brotherhood,
che trasporta circa 100 miliardi di metri cubi di gas all'anno e finisce la sua
corsa in Germania. Oltre a questo, il Northern Line, che attraversa Ucraina e
Bielorussia, e soprattutto il Tag, controllato da Eni, con una estensione di
1.018 chilometri e una capacità di 81 milioni di metri cubi al giorno, che
importa gas russo fino all'Italia. Mentre in Turchia finisce il Blue Stream,
dove sono presenti Eni e Gazprom, con una capacità di 16 miliardi di metri cubi
al 2010. È proprio il tracciato di queste condotte, che attraversano quasi tutte
l'Ucraina, ad aver causato i principali problemi di approvvigionamento per
l'Europa.
Le dispute sul prezzo del gas fra Mosca e Kiev hanno lasciato per due inverni al
freddo tutta l'Europa orientale, con gravi preoccupazioni anche per quella
occidentale. Per questo motivo sono nati i progetti North Stream e South Stream,
che mirano ad aggirare l'ostacolo Ucraina. Il primo (Gazprom 51%, E.On e
Wintershall 20% e Gasunie 9%) punta a portare in Germania attraverso il Baltico
55 miliardi di tonnellate a partire dal 2012. Mentre il secondo (Eni e Gazprom
al 50%, ma con il prossimo ingresso di Edf le quote cambieranno) mira ad
arrivare in Italia attraverso la Turchia.
Il vertice intergovernativo ha però consentito anche la stipula di altre
importanti intese: prima fra tutte il memorandum of understading fra Alitalia e
Aeroflot. «Le due società stanno discutendo di un accordo commerciale e
industriale per sviluppare tutte le possibili sinergie che possono esistere fra
le due compagnie», ha detto il presidente di Alitalia, Roberto Colaninno,
parlando di possibili voli dall'Italia a Mosca e viceversa, con la possibilità
di un collegamento diretto fra le due capitali. L'obiettivo è lanciare la sfida
«sia alle altre grandi compagnie aeree, sia alle low cost».
Anche Finmeccanica chiude due contratti: «uno con Russian Technologies sulla
sicurezza, l'altro con il Governatorato di San Pietroburgo sul trasporto
cittadino», ha spiegato il numero uno Pier Francesco Guarguagliani. Mentre
Pirelli amplia la già esistente partnership con la stessa Russian Tech, con la
quale acquisterà un impianto esistente per la produzione di pneumatici per
autovetture.
Un ospedale per animali selvatici
GORIZIA Anacleto II è il più famoso. Ed è anche tra i più
fortunati. Anacleto II, il gufo reale ferito da bracconieri, da giugno è tornato
a librasi in volo. È uno dei 700 animali che in media ogni anno vengono accolti
al Centro per il recupero della fauna selvatica allestito all’interno della
tenuta agricola di Terranova a San Canzian d’Isonzo gestito da Damiano e Armando
Baradel. Anacleto II rientra nel 70% degli animali che dopo le cure è tornato
libero nel suo ambiente naturale (nella tabella di sintesi messaci a
disposizione dall’ufficio Gestione faunistico venatoria i bilancio del Centro).
La Provincia, che dal 2000 ha una convenzione con il Centro di Terranova, ora va
alla ricerca, obbligata dalla normativa, di un terreno di almeno mille metri
quadrati per allestire un «ospedale per animali» tutto suo e allo stesso tempo
del gestore per i prossimi cinque anni. E lo fa con un bando di gara che prevede
un impegno di spesa pari a 140mila euro.
Il sito per il Centro di recupero per la fauna selvatica deve avere alcune
caratteristiche, tra le quali l’essere in una zona aperta, fuori dai centri
abitati, ed essere facilmente raggiungibile. Il gestore, poi, dovrà essere a
disposizione 24 ore su 24.
SEGNALAZIONI - Troppo poco verde per gli abitanti di
Trieste
In questi giorni il neopresidente dell’ordine degli
architetti triestini Andrea Dapretto ha preso una posizione chiara e pienamente
condivisibile sul futuro di Trieste, partendo da un’analisi critica ma
costruttiva frutto del lavoro di trenta architetti riuniti in 5 commissioni.
Molto interessante risulta l’analisi dei professionisti in questione che
denunciano l’attuale impostazine vecchia e obsoleta del piano regolatore ma nel
contempo suggeriscono sostanziali correzioni. Senza dubbio è fondamentale uscire
dall’attuale isolamento del capoluogo giuliano con una prospettiva di osmosi con
il territorio circostante vista l’adesione al Trattato di Schengen della
Slovenia, nel contempo è urgente definire priorità per lo sviluppo economico e
sociale. Entrando nel dettaglio gli amici architetti colgono nel segno le cose
da fare: il Parco del mare con un parcheggio di servizio capace di ospitare
vetture e corriere, un progetto unitario per le rive che vanno ricomprese in un
unicum architettonico e maggior attenzione al verde pubblico. Il dato che emerge
sulle aree verdi pubbliche è poi allarmante, ogni triestino dispone virtualmente
di appena 16 metri quadrati di verde pubblico contro una media nazionale di 94,
la nostra risulta quindi una città ipercementificata e poco fruibile soprattutto
per i bambini e gli anziani.
Un sentito grazie al presidente Dapretto per il suo grido d’allarme, la politica
ora di metta a un tavolo per progettare seriamente un futuro sostenibile per la
nostra città.
Luca Presot
IL PICCOLO - GIOVEDI', 3 dicembre 2009
SFIDA TRA RIGASSIFICATORI - TUTTI I PROGETTI IN GIOCO
Il ministero dell’Ambiente ha deciso di non scegliere: che
siano il mercato, la capacità di lobby e di investimento, la disponibilità di
metano liquefatto e i prezzi a stabilire quali rigassificatori avranno successo.
Il ministero ha approvato molti dei progetti presentati; è in arrivo il via
libera al rigassificatore di Brindisi della British Gas, mentre non fa
opposizione ai due progetti paralleli della Venezia Giulia.
Cioè quello (ex Endesa) dell’Eon al largo di Monfalcone e quello proposto dalla
catalana Gas Natural a Trieste-Zaule. Sarà il mercato a decidere quale andrà
avanti. Un mercato reso difficile dai prezzi bassi del metano — i prezzi bassi
scoraggiano gli investimenti e allungano i tempi di rientro — e dalla
competizione.
Se in tempo di vacche grasse i concorrenti sorridono benignamente, in questo
periodo — in cui il mercato del gas gira su prezzi stracciati e con una domanda
pietosa — la competizione ha quasi i toni della perfidia. La concorrenza si
gioca tra Paesi, tra interi sistemi economici in moto, e scende su tutti i
livelli fino a dentro alle singole aziende, dove un reparto cerca di spuntare un
successo a scapito dell’altra divisione.
Un esempio di competizione interna a un’azienda? L’Eon ha rilevato il progetto
dell’Endesa al largo di Monfalcone, un progetto che spicca per il suo costo
poiché i terminali gasieri al largo chiedono un investimento più sostanzioso, ma
la stessa Eon partecipa al progetto di rigassificatore nel golfo del Quarnaro,
in Dalmazia. Saranno realizzati entrambi i progetti oppure (più probabilmente)
vincerà solo uno dei due?
Un altro esempio simile di competizione interna alle aziende: Gas Natural non ha
in lizza solo Zaule. Un altro progetto, di ottima qualità industriale, è a
Taranto, in Puglia. Vista la vicinanza, ovvio che l’impianto pugliese è
concorrente con quello di Brindisi della British Gas.
Un esempio di grande competizione tra sistemi nazionali. Il rigassificatore di
Trieste dovrebbe sorgere proprio in faccia alla rada di Capodistria, con grande
dispetto degli sloveni. C’è da osservare che l’enorme carbonile (cominciato a
costruire peraltro ai tempi della Repubblica socialista jugoslava, ma per
fortuna i tempi sono cambiati e oggi Lubiana può lamentarsi a Bruxelles del
progetto triestino), e che ha occupato buona parte della baia di Capodistria dal
lato delle storiche saline venete, non ha un’estetica migliore di un
rigassificatore (...). Ma lo scenario è assai più vasto e il progetto triestino
si inserisce nei sistemi internazionali e nel «grande gioco». Nelle scorse
settimane, la Slovenia ha stretto un accordo a filo doppio con i moscoviti della
Gazprom per far passare il gasdotto South Stream, che percorrerà i Balcani
portando in Europa il metano dell’Asia Centrale. Del progetto fa parte l’Eni, e
Silvio Berlusconi se n’è fatto promotore con Vladimir Putin contrastando il
progetto franco-statunitense concorrente del gasdotto balcanico Nabucco. Basta
osservare gli schieramenti durante la breve e dolorosa guerra dell’estate 2008
tra la Russia e la Georgia, uno dei Paesi attraversati dal progetto Nabucco:
Sarkozy e gli Stati Uniti parteggiavano per la Georgia filo-Usa, Berlusconi per
la Russia putiniana. Oggi la Gazprom, diventata amica di Lubiana, non vede con
piacere un rigassificatore concorrente da 8 miliardi di metri cubi di metano
nella rada di Trieste: l’importazione di metano via nave costa un po’ di più
rispetto al metano che arriva da vecchie condutture già ammortate, ma costa
assai meno di quelle migliaia di chilometri di tubazioni da posare dall’Asia
Centrale fino al confine austriaco. E la Gas Natural sarebbe un concorrente
assai fastidioso al South Stream.
A fine ottobre intanto è stato avviato al largo di Porto Levante (Rovigo) il
primo rigassificatore italiano che non appartiene all’Eni, quello realizzato
dalla ExxonMobil e dalla Qatar Petroleum su progetto dell’Edison. Da qualche
settimana il metano portato via nave dagli impianti di liquefazione di Ras
Laffan, sulla sponda del Golfo Persico, arriva liquido a 162 gradi sotto zero
nei termos naviganti delle navi metaniere e viene immesso nei serbatoi del
rigassificatore. L’acqua di mare lo riscalda e a -160 il liquido comincia a
ribollire come una pentola sul fuoco e diventa vapore (...). Il metano tornato
gas viene pompato nella tubazione che arriva fino alla spiaggia, attraversa il
sottosuolo delle lagune e percorre gli argini, e il gas arriva a Minerbio, tra
Bologna e Ferrara dove un vecchio giacimento vuoto è stato trasformato nel
principale nodo italiano del gas e dove confluiscono i principali metanodotti di
importazione.
Tanto gas, ma se ne consuma poco. In settembre la domanda italiana era
precipitata del 9% circa rispetto a un anno fa, cioè 8 miliardi di mc circa in
meno l’anno, mentre gli stoccaggi sono pieni fino all’orlo e i metanodotti
appena potenziati (...). Di fronte a questa domanda bassa e a questa offerta
abbondante, hanno senso tutti i progetti di rigassificatori? Ne sono stati
censiti dodici, ma si stima che ne verranno realizzati non più di tre o quattro.
Di sicuro, gli 8 miliardi di metri cubi consumati in meno dagli italiani sono
pari alla taglia media di un terminale, e la caduta della domanda potrebbe
corrispondere alla cancellazione di un impianto. Inoltre, per un terminale di
costo fra 600 e 800 milioni, il servizio di rigassificazione costa circa un
centesimo per ogni metro cubo riportato allo stato gassoso: se l’impianto chiede
un investimento più cospicuo, il costo del servizio potrebbe rendere poco
competitivo il progetto. (...)
Jacopo Giliberto (testo integrale sul mensile Nordesteuropa.it)
«Rigassificatore, ricorso chiesto dalla gente» -
INCONTRO PUBBLICO A MUGGIA ANCHE CON I PRIMI CITTADINI DI SAN DORLIGO E
CAPODISTRIA
Nesladek: si è dovuto colmare un vuoto istituzionale a
causa dell’assenza di altri enti preposti
POPOVIC - «Finché sarò sindaco l’impianto non si farà. Quella struttura non la
vogliono neanche i cittadini istriani»
MUGGIA «E' un ricorso che non abbiamo fatto certo a cuor leggero, ma è stata
la gente a chiedercelo e a gran voce». Nerio Nesladek, sindaco di Muggia, ha
aperto così l'incontro pubblico organizzato ieri pomeriggio in piazza Marconi
per illustrare le motivazioni del ricorso presentato dal Comune di Muggia al Tar
regionale contro il progetto del rigassificatore di Zaule.
Alla riunione, svoltasi dinanzi a un folto pubblico, hanno presenziato anche gli
esponenti di altre due realtà comunali fortemente contrarie al progetto
presentato da Gas Natural: il sindaco del Comune di San Dorligo della Valle,
Fulvia Premolin, e il sindaco di Capodistria Boris Popovic, accompagnato dal suo
vice Alberto Scheriani.
MUGGIA «Il Governo nazionale vuole il rigassificatore, la Regione e il suo
governatore Renzo Tondo lo desiderano altrettanto fortemente, il sindaco di
Trieste Roberto Dipiazza ha sempre speso parole entusiastiche per questo
progetto, la Provincia non ha mai preso una posizione definita, e molti altri
partiti politici che compongono il quadro provinciale non hanno ancora deciso
dove stare».
Il primo cittadino di Muggia Nerio Nesladek ha analizzato in questi termini la
panoramica politica, a livello nazionale e locale, che caratterizza le opinioni
sul progetto del rigassificatore di Zaule.
Unica voce istituzionale fuori dal coro, assieme al Comune di San Dorligo,
quella dell'amministrazione di Muggia: «Dopo che il nostro Consiglio comunale ha
sempre dato parere negativo su tale progetto, ci siamo ritrovati a dover colmare
un pesante vuoto istituzionale a causa dell'assenza di altri enti preposti per
questo compito – ha spiegato Nesladek –. Un compito gravoso ma necessario».
SAN DORLIGO «Il nostro Consiglio comunale ha da sempre espresso parere negativo
sul rigassificatore, una scelta nata soprattutto dal volere della gente che
abita queste terre, ora messe in serio pericolo dalla possibile realizzazione di
un simile impianto». Fulvia Premolin, primo cittadino di San Dorligo, va di pari
passo con il pensiero di Nesladek. «Abbiamo presentato al Tar regionale un
ricorso di 53 pagine, nelle quali è riportata una serie di vizi su questo
progetto, sul quale non si può che essere contrari».
La Premolin ha ricordato poi nello specifico la situazione che contraddistingue
il territorio di San Dorligo, «caratterizzato da diverse aree con vincoli
ambientali, alle quali si affianca la parte industrializzata con la presenza di
diversi stabilimenti».
CAPODISTRIA «Finché sarò sindaco posso dare la mia parola che il rigassificatore
non si farà». Il primo cittadino di Capodistria, Boris Popovic, non hadubbi:
l'impianto proposto da Gas Natural non lo vogliono nemmeno i cittadini di
Capodistria. «Anche noi abbiamo presentato un ricorso al Tar del Friuli Venezia
Giulia, e siamo fiduciosi che questo basterà per evitare questo progetto che è
una stupidaggine», ha affermato Popovic. Il sindaco di Capodistria ha comunque
dichiarato di essere «pronto, se necessario, a ricorrere ai tribunali europei
per ottenere giustizia».
LA PLATEA Tra il pubblico è spiccata la presenza di alcuni simpatizzanti della
Lega Nord con tanto di bandiere e un colorito striscione, nonché l'esponente del
Comitato per la salvaguardia del Golfo, Arnaldo Scrocco, che in chiusura
dell'incontro ha citato davanti ai sindaci e ai presenti un articolo apparso
sulla stampa americana, secondo cui la società Gas Natural verserebbe in forti
difficoltà finanziarie.
RICCARDO TOSQUES
Piano del centro, l’incognita della Regione - Il Codice
edilizio che aumenta le cubature può «destabilizzare» il progetto
URBANISTICA - Sì alla secretazione, i dirigenti
avvertono
Pazienza se dallo scorso fine settimana è diventato un segreto di
Pulcinella, poiché già si discute dei suoi indirizzi più rivoluzionari, a
cominciare da quei 120 edifici di pregio minimo o nullo svuotabili e
traformabili in garage multipiano. Sul Piano particolareggiato del centro
storico, infatti, i membri della Sesta commissione del Municipio - quella
competente per l’Urbanistica, chiamata in questo periodo a vivisezionare il
provvedimento - non potranno aprir bocca fuori dalla porta della commissione
stessa. Porta che resterà rigorosamente chiusa, in primis per i giornalisti.
Parla chiaro il parere inviato dall’Avvocatura comunale ai capigruppo di
maggioranza del Consiglio comunale e per conoscenza al presidente dell’aula
Sergio Pacor, al direttore e segretario generale del Municipio Santi Terranova e
al vicesegretario generale Fabio Lorenzut.
IL PARERE «Il Piano regolatore particolareggiato - recita il parere firmato
dall’avvocato Oreste Danese - è equiparato al Piano regolatore generale e,
quindi, sottratto all’obbligo della comunicazione e al diritto di accesso». E
ancora: «Gli atti e i documenti portati alll’esame della Commissione consiliare
attengono alla fase istruttoria e, quindi, non possono essere esaminati in
sedute pubbliche».
IL DIBATTITO Il parere è stato letto ieri mattina dall’Udc Roberto Sasco,
presidente della Sesta commissione, proprio in occasione della prima delle
quattro sedute della commissione che precedono l’adozione dell’aula in agenda
per lunedì 14. Era la riunione dedicata all’illustrazione generale del
provvedimento che il sindaco nonché assessore all’Urbanistica Roberto Dipiazza,
assente, ha demandato ai dirigenti. Il documento col timbro dell’Avvocatura
chiude così una commedia degli equivoci in cui i tecnici evocavano la
secretazione mentre i politici non ci credevano poi tanto e nicchiavano in
attesa di comunicazioni dal supermanager Terranova, il custode di regolamenti e
interpretazioni. «Eppure il Piano è stato già presentato nelle circoscrizioni
senza essere secretato», hanno fatto notare dall’opposizione il capogruppo del
Pd Fabio Omero e il verde Alfredo Racovelli, il ”responsabile” autodichiarato
della fuga del plico dalle stanze ovattate del Palazzo. In commissione Antonio
Lippolis da An ha chiesto, a tale proposito, «quali provvedimenti prenderà il
Comune verso quei consiglieri che stanno diffondendo il Piano».
IL MONITO La secretazione però fa inalberare l’Ordine degli architetti, che in
una nota stampa firmata dal presidente Andrea Dapretto esprime «forte
perplessità. In un momento storico in cui i più avanzati processi decisionali e
democratici fondano le radici nella partecipazione dei cittadini e delle
categorie alle più importanti scelte, il Comune sceglie la strada della
segretezza. Siamo ad un passo dallo svuotamento ”sociale” del centro a favore di
una liberalizzazione edilizia preoccupante. La progressiva occupazione dei piani
terra dall’esercito di automobili, la carenza di standard di qualità, la
difficoltà ad individuare una struttura di mobilità in grado di abbassare i
tassi di inquinamento acustico ed atmosferico impongono la necessità di un
confronto sulle scelte strategiche della città».
L’INCOGNITA Tornando alla prima seduta della ”Sesta”, al di là della polemica
sulla secretazione questa si è indirizzata verso un altro nodo: il Piano del
centro storico rischia davvero di diventare, nelle sue prescrizioni di vincolo,
acqua minerale non gassata, se è vero che il freschissimo Codice regionale
dell’edilizia riprende e consente quel 20% in più di cubature indicato dal Piano
casa Berlusconi? Il direttore dell’area Pianificazione territoriale, Carlo
Tosolini, ha parlato in effetti di un Codice regionale «potenzialmente
destabilizzante, visto che ciò che pianifica il Comune può essere disatteso».
Disatteso di quanto e in che termini - e per questo Tosolini ci mette quel
«potenzialmente» - i tecnici del Comune lo sapranno domani, in occasione
dell’illustrazione a loro dedicata del Codice dell’edilizia da parte del
direttore centrale della Pianificazione territoriale dell’amministrazione
regionale, Luciano Agapito.
(pi.ra.)
Il Gruppo 78 vara a Trieste ”La città radiosa” -
URBANISTICA. NUOVA PROPOSTA ESPOSITIVA CURATA DA MARIA CAMPITELLI
Oltre venti progetti con ipotesi d’intervento nell’area
dell’ex Opp e in Porto Vecchio
TRIESTE Si inaugura domani a Trieste la nuova proposta espositiva curata da
Maria Campitelli del Gruppo 78 dal titolo ”La città radiosa”. Allestita in due
diverse sedi - la Casa Rosa all’ex OPP e alla Stazione Rogers - la mostra
raccoglierà le prime proposte di intervento nate a seguito della presentazione
dell’innovativo sito www.lacittaradiosa.eu per una mappatura, progettazione e
realizzazione di interventi artistici, architettonici su aree abbandonate,
“sospese” della provincia e della città di Trieste.
”La città radiosa” - ottimistico titolo che rimanda a Le Corbusier - è un
progetto collettivo aperto ai giovani e a nuove idee, che insiste sul territorio
con l’obiettivo di provocarne una rinnovata sensibilizzazione e una consapevole
appropriazione. Si articola in tre segmenti: mappatura o censimento dei siti
pubblici e privati definibili come ”luoghi dismessi”, progettazione e infine
realizzazione di uno o più interventi. La fase progettale, ora in atto, produce
questa prima mostra di ipotesi di intervento, a partire da domani, alle 18.30,
alla “Casa Rosa” nel Parco di S. Giovanni dell’ex Opp, e, alle 20.30, alla
Stazione Rogers in riva Grumula 14.
Vi approdano oltre 20 progetti, nei quali la volontà di evidenziare e
revitalizzare svariati luoghi dismessi spazia in situazioni disparate, dagli
alloggi abbandonati degli operai della Ferriera, ai residui militari della prima
e seconda guerra mondiale, dagli alberghi sfasciati a splendide ville
inghiottite dalla vegetazione, ai grandi impianti produttivi dismessi per il
mutare dei tempi e delle condizioni socio/economiche…. Due nuclei in particolare
destano uno spiccato interesse: l’ex Ospedale psichiatrico - da cui è partita la
rivoluzione basagliana - e il Porto Vecchio, dove sono anche ancorate
straordinarie strutture vetero-industriali come il pontone Ursus del 1914.
Ecco gli autori, per lo più artisti, fotografi, architetti, ma anche giovani
creativi di varia matrice: Carlo Andreasi, Elisabetta Bacci, Giuliana Balbi,
Anna Valeria Borsari, Roberta Cianciola, Pierpaolo Ciana, Florentia Corsani,
Myriam del Bianco, Cecilia Donaggio, Federico Duse, Fabiola Faidiga, Lucia Flego,
Daniela Frausin, Guillermo Giampietro, Lucia Krasovec Lucas, Cristina Lombardo,
Elena Marchigiani, professore di progettazione urbanistica con Marina Bradicic,
Eugenia Gotti, Elisa Longanes, Alice Martinelli studenti della facoltà di
architettura dell’Università di Trieste, Daniela Michelli, Lucio Perini,
Giuseppe Pedi, Massimo Premuda, Adriano Riosa, Alessandro Ruzzier, Sonia
Squillaci, Erika Stocker, Paolo Toffolutti, Cristina Treppo, Giancarlo Venuto,
Elisa Zurlo.
Paola Targa
SEGNALAZIONI - ENERGIA - Rigassificatore a Veglia
Ho letto le dichiarazioni fatte dal sottosegretario
Roberto Menia al riguardo del previsto rigassificatore che dovrebbe essere
costruito sull’isola di Veglia in Croazia e, più precisamente, a Omisalj. A
titolo personale e, convinto di interpretare il pensiero dei molti sostenitori
alla contrarietà del progetto di Zaule, voglio elencare alcuni punti per
evidenziare le enormi differenze che ci sono tra i due previsti rigassificatori:
1) A Omisalj e, più specificatamente nella baia, i fondali vicino alla riva
partono dai 50 metri, al centro della baia 56 metri e subito fuori della baia
andiamo dai 60 metri in poi; 2) nelle vicinanze del previsto impianto non ci
sono abitazioni; 3) è risaputo che nel Quarnaro le correnti sono notevoli; 4) in
caso di incidenti non ci sono intralci per le previste vie di fuga.
Il tutto facilmente verificabile con una semplice carta nautica dell’Istituto
idrografico della Marina. Un’articolo a firma di Andrea Marsanich del 3 novembre
2009 tratta del suddetto impianto e, tra l’altro, scrive: «Per un mese lo studio
d’impatto ambientale sarà sottoposto a pubblico dibattito», potrà essere preso
in visione, le persone interessate potranno fare proposte, suggerimenti,
eccetera.
Alla faccia della nostra democrazia!
Sergio Burlin
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 2 dicembre 2009
RIGASSIFICATORE, IO DUBITO - DOPO LE RISPOSTE DI MENIA
- Dopo le risposte del governo si attendono quelle di Provincia e Regione
Occorre un garante neutrale - A MARGINE DELL’INTERVENTO DELL’ONOREVOLE MENIA
Ringrazio l’on Roberto Menia per le sue risposte ampie e
rispettose. Anche se a mio giudizio incomplete e talvolta in burocratese, esse
segnano una svolta. Iniziano un dibattito che non c'è mai stato. Tolgono il
silenziatore attorno a un nodo-chiave dello sviluppo triestino. Insomma: ora
cominciamo a parlarne sul serio.
È importante che le risposte siano arrivate dal governo. Non è Gas Natural il
nostro interlocutore. Non sono le risposte dell’azienda che devono
tranquillizzarci. Non s’è mai visto un oste che dica che il suo vino non è
buono. Per fidarci della sua trattoria dobbiamo chiedere ad altri. A utenti che
conoscano il prodotto e non siano amici del ”paròn”.
Per questo non vorrei che l'informazione sul rigassificatore si riducesse a un
chiosco della Gas Natural aperto magari in Piazza Grande. Qui serve un garante
neutrale capace di accogliere i dubbi già espressi dal polo scientifico
triestino. Le risposte del governo sono un segnale. Ora aspettiamo una mossa
simile anche dalla Regione e dalla Provincia, che fanno il pesce in barile.
Le domande fatte sono state definite ”scomode”, ma credo siano solo domande
”semplici”. Doverose. Andrebbero, anzi, semplificate ancora di più. La gente si
chiede che ne sarà della qualità della vita. Pone questioni elementari ma
validissime. Ne elenco alcune, nel nostro dialetto. Così come le ho sentite.
L'acqua sarà ancora neta? Quanto la se sfredissi? Magneremo ancora sardoni? E se
ciapa fogo tuto? Cossa i ne dà in cambio? Perché i devi ciapar tuta quel'acqua
in golfo e no al largo? Cossa nassi quando che quele barche alte come un
grataciel le se meti in coda davanti a Punta Grossa? Cosa ghe entra i debiti de
l'Acegas coi bori dela Gas Natural? Perché cussì vizin al centro?
Offrendomi gli sfilatini del mattino, il mio insonne panettiere-filosofo mi ha
detto: «Dubitando, ad veritatem pervenimus». Giusto. Vorrei lo capissero anche i
politici prima di dire sì o no. È nostro dovere dubitare, essere scettici. Solo
esercitando questa facoltà insegnataci dai Greci antichi potremo avvicinarci a
qualcosa di simile al vero.
Le garanzie di Menia sono importanti. E lo sono anche le sue ammissioni. Per
esempio è arrivata conferma di alcuni nostri dubbi. La documentazione della Gas
Natural non è formalmente appropriata. In triestino si direbbe ”futizada”.
Mancano firme, intestazioni. Alcuni dati sono presi a caso. Non è mai stata
fatta un'indagine sul posto. Il materiale è tutto cartaceo.
Gli stessi disegni del sito riprodotti dal Piccolo dalla relazione
sull'effetto-domino (incidenti a catena in zona industriale o in città) sono
ingannatori, mostrano un quadro agreste, come se attorno all'impianto non ci sia
che campagna. Niente inceneritore, niente depositi costieri. Niente industrie.
Da un gigante come Gas Natural ci si aspetta altro. E ci si aspetta che il
governo sorvegli, informando. Non è possibile, ripeto, che un tema così
fondamentale sia lasciato alle ”ciacole”, ai comizi di questo e quello. O alla
guerra, come è stato detto, tra i fautori del ”no se pol” e quelli del ”se
devi”.
Ho sentito dire parecchie stupidaggini sul tema. Per esempio: «Finora non è mai
saltato in aria un deposito». Anche le Torri Gemelle non erano mai state colpite
da aerei prima dell'11 settembre. Però è successo. E il dovere di chi deve
sorvegliare sulla nostra sicurezza è di tenere conto dei fattori di rischio fino
ai limiti dell'inconcepibile.
Altra affermazione grossolana: il rigassificatore di Barcellona è altrettanto
vicino al centro. Falso, sta al doppio della distanza e tra l'impianto e la
città esiste una collina a far da schermo. E soprattutto è un impianto che con
le nuove norme andrebbe spostato molto più in là.
Si dice che l'impianto triestino darà una spinta determinante alla ”catena del
freddo”. Ma proprio a Barcellona la stessa Gas Natural ha dichiarato ai sindaci
invitati a fare una gita sull'impianto, che - fatta salva la sicurezza - le
applicazioni all'industria alimentare e alla catena del freddo sono
problematiche. Sta tutto su Internet, basta digitare Barcellona,
rigassificatore, freddo.
Nessuno dice che l'impianto di Boston, citato a modello, costringe l'aeroporto a
chiudere una delle sue piste ogni volta che una nave scarica al terminal. Ci
sarà pure un motivo. Quale? Rischio di incidenti. Quali saranno le ripercussioni
sul traffico navale alla luce della legislazione internazionale?
Non possiamo e non dobbiamo essere leggeri su questo punto, se non vogliamo che
la lotta per la sicurezza, di cui si parla ogni giorno, si riduca alle ronde e
ai lucchetti anti-immigrati.
Ripeto, non sono contro il rigassificatore. Non sono un pubblico ministero.
Esprimo solo dubbi legittimi, anzi indispensabili. Uno in particolare: ci è
stato promesso qualcosa in cambio? Che cosa? È stato messo nero su bianco? C'è
da fidarsi? Sappiamo che secondo la pagina economica del New York Times del 4
novembre la Gas Natural è in forte difficoltà?
I motivi per vederci chiaro sono molti, ed è allarmante che la politica non
pensi a farsi interprete di queste domande. Trieste dormicchia distratta, di
fronte a progetti immensi che devono, ripeto devono, fare i conti con la qualità
della vita del territorio. Il tracciato del Corridoio cinque, per esempio. O la
centrale a turbogas chiesta dalla Lucchini-Severstahl.
La questione rigassificatore non pone semplicemente un problema tecnico, ma una
questione di democrazia. Il dovere dei cittadini di chiedere e il diritto delle
istituzioni a informare in modo veritiero, sorvegliando che nessuno svenda
distrattamente l'ambiente o la sicurezza, la cui tutela sacrosanta è dovuta al
cittadino-elettore.
Paolo Rumiz
Rigassificatore, a Muggia confronto fra cittadini e
sindaci sul ricorso al Tar
MUGGIA Un incontro pubblico per illustrare il ricorso presentato al Tar del Friuli Venezia Giulia per l'annullamento del decreto di compatibilità ambientale per il progetto del rigassificatore di Zaule. Questo il tema dell'incontro indetto dall'amministrazione comunale di Muggia per quest'oggi alle 17 in piazza Marconi. L'incontro, aperto alla cittadinanza, si terrà un'ora prima della riunione straordinaria prevista dal Consiglio comunale che analizzerà in aula il ricorso presentato contro il rigassificatore. Assieme al primo cittadino di Muggia Nerio Nesladek, che fungerà da relatore, saranno presenti anche il sindaco di San Dorligo della Valle Fulvia Premolin che ha sottoscritto un ricorso con le stesse motivazioni presentate dal Comune di Muggia nonché il primo cittadino di Capodistria Boris Popovic. In una nota rilasciata dal Comune di Muggia che ricalca un passaggio del ricorso presentato al Tar si ricorda che «l’ubicazione di detto impianto è la baia di Zaule all’interno del porto di Trieste e a ridosso della stessa città», che «le dimensioni dell’opera proposta sono notevoli» e che «il sito individuato per la collocazione dell’impianto di rigassificazione è caratterizzato da una situazione altamente inquinante». Il Comune di Muggia, già nel corso della procedura di valutazione di impatto ambientale, ha presentato delle proprie osservazioni, evidenziando «una situazione di sofferenza sotto i diversi profili dell’impatto paesaggistico, idrico, geologico, della qualità dei siti, della sicurezza, che l’opera in questione, in quanto tale, è in grado di provocare, nonché dell’idoneità degli studi di compatibilità ambientale che la società proponente aveva presentato».
(r.t.)
Liquami in mare a causa della pioggia - SVERSAMENTO
LUNGO LE RIVE
Dalle Rive uno sversamento di liquami in golfo. È successo
ieri mattina all’altezza della Capitaneria e molti passanti hanno pensato a un
guasto del sistema dei collettori fognari.
In realtà il problema che si verifica quando c’è l’alta marea e precisamente
causato dall’eccessiva quantità di acqua piovana caduta durante l’altra notte.
Acqua che è finita nel sistema dei collettori fognari, ma che solo in parte è
stata trattata dal depuratore. Da qui lo ”sversamento” tenuto sotto controllo
dai tecnici dell’Acegas, ma che ha suscitato non poca apprensione da parte dei
passanti.
(c.b.)
S. Dorligo, cinque le aree incluse nel Piano antenne -
Il sindaco Premolin chiarisce: «Preferite zone di proprietà del Comune o delle
Comunelle»
OK DEL CONSIGLIO COMUNALE
Il Comune di San Dorligo della Valle ha approvato il piano di settore per la
localizzazione degli impianti fissi di telefonia mobile.
Il sì è arrivato durante la riunione del Consiglio comunale che ha votato
compattamente (l'unica astensione è arrivata dal consigliere di maggioranza
Rossana Pettirosso) l'approvazione del piano comunale. In base alla relazione
stipulata dall'architetto Emilio Savonitto (occupatosi recentemente già di Duino
Aurisina, Monrupino e Sgonico) sono state identificate cinque aree che in un
futuro prossimo, se le compagnie telefoniche lo dovessero ritenere necessario,
avrebbero i requisiti per ospitare altri impianti fissi di telefonia mobile. Le
zone preferenziali sono state individuate in Sant'Antonio in Bosco (vicino la
cava su terreno di proprietà della locale Comunella), San Giuseppe della Chiusa
(vicino a Barde su terreno della Comunella), Domio (campo sportivo), Caresana
(vicino al cimitero) e Dolina (vicino al cimitero). «Sono stati scelti dei
luoghi che avessero sostanzialmente due requisiti fondamentali: essere
posizionati lontano dai centri abitati e su proprietà appartenenti al Comune o
alle Comunelle», ha spiegato il sindaco di San Dorligo della Valle Fulvia
Premolin. Attualmente le antenne presenti sul territorio sono tre - come ha
ricordato il vicesindaco Antonio Ghersinich - ossia a Pesek, in zona industriale
e a Bagnoli. «Il piano comunale delle antenne era un passaggio necessario - ha
aggiunto Ghersinich - nel quale sono stati messi sotto tutela ambienti pubblici
come scuole ed asili, preferendo la possibile installazione di questi impianti
lungo i percorsi dell'alta tensione».
(r.t.)
Circolo della Stampa Weber presidente - ELETTE LE NUOVE
CARICHE
Roberto Weber, giornalista e scrittore, presidente dell’Swg,
è il nuovo presidente del Circolo della Stampa di Trieste. A designarlo è stata
l’Associazione della Stampa del Friuli Venezia Giulia, che ha anche indicato nel
direttivo i giornalisti Roberto Carella, Carlo Giovanella, Fulvia Costantinides
e Enrico Milic.
Sono stati eletti a rappresentanza dei soci nel Consiglio direttivo Marinella
Chirico e Fabio Amodeo per i giornalisti professionali, Tito Favaretto e Rossana
Paliaga per i giornalisti collaboratori e Nadia Bassanese e Antonio Paoletti per
i soci non giornalisti. I soci del Circolo hanno inoltre eletto Fabio Bidussi,
Arrigo Ricci e Laura Kraker nel Collegio dei Revisori dei conti, mentre
Aleksander Rojc e Gianfranco Battisti sono stati eletti revisori supplenti. Il
nuovo Consiglio direttivo - che resterà in carica per il prossimo triennio - a
breve assegnerà le cariche sociali e deciderà le linee di attività.
IL PICCOLO - MARTEDI', 1 dicembre 2009
«Gnl, accuse mai archiviate» - GREENACTION SMENTISCE
GAS NATURAL
L’accusa di falsa documentazione è stata chiarita davanti
alla Procura, e poi archiviata perché falsa? L’affermazione di Gas Natural viene
smentita in una nota dall’organizzazione ambientalista Greenaction
Transnational, che si richiama agli atti giudiziari pubblicati sul sito
greenaction-planet.org/. «Dagli atti - dichiara Greenaction - risultano aperte
due inchieste penali, su segnalazione rispettivamente degli ambientalisti,
inclusa Greenaction, e dei Comuni di Muggia e Dolina. La seconda indagine è in
corso, mentre nella prima la Polizia giudiziaria (Guardia di finanza Sezione
navale di Trieste) ha accertato le false documentazioni, proponendo il rinvio a
giudizio dei responsabili. A quel punto - così gli ambientalisti - risulta dagli
atti che la Procura di Trieste ha inviato parte del fascicolo istruttorio al
ministero dell’Ambiente coinvolto e lo ha poi trasmesso per competenza alla
Procura di Roma, che per archiviarlo non ha affatto dichiarato che l’accusa
fosse falsa, ma che la materia fosse amministrativa e non penale. E a livello
amministrativo sono stati ora presentati cinque ricorsi al Tar».
IL PICCOLO - LUNEDI', 30 novembre 2009
Italia dei valori contro il Gnl: «Progetto
approssimativo» - I DIPIETRISTI CHIEDONO CHIAREZZA
«Il progetto del rigassificatore di Zaule è lacunonoso e
approssimativo». Lo sostengono gli esponenti dell’Italia dei Valori che,
prendendo spunto dalle conclusioni del tavolo tecnico promosso dalla Uil Vigili
del fuoco, chiedono ora alle istituzioni senso di responsabilità e maggior
chiarezza sull’operazione gnl. «Le lacune della documentazione di Gas Natural
denunciate in questi giornisperti - osserva il coordinatore regionale Paolo
Bassi - sarebbero già emerse se il ministero dell’Ambiente avesse assolto con
più attenzione ai propri compiti. Evidentemente c’è stato scarso interesse da
parte della politica per la sicurezza della popolazione». «Finalmente è stata
fatta luce sui documenti approssimativi, i dati falsi e le simulazioni inesatte
fornite dal gruppo spagnolo - aggiunge il coordinatore provinciale dell’Idv
Mario Marin -. Ora attendiamo risposte agli allarmi sollevati».
«Posti auto nei palazzi, ma restano i park interrati» -
GLI INDIRIZZI DEL COMUNE PER IL CENTRO STORICO
Dipiazza: nessuna antitesi, avanti su due binari. Omero
(Pd): prima il Piano traffico
Il Piano particolareggiato del centro storico, nella parte in cui espone un
numero-limite di 120 palazzi di terza classe a ipotesi di svuotamento e
trasformazione in posteggi multipiano, non sconfessa il Pup, cioè il Piano
urbano dei parcheggi quasi tutti interrati da 18 strutture per oltre cinquemila
posti approvato due anni fa. Semmai lo affianca. Perché in una città da
«centomila auto e trentamila stalli, un gap folle, servirebbe di tutto di più»,
morde il problema Roberto Dipiazza. Il quale però insiste anche per
puntualizzare quello che, a suo modo di vedere, «è un indirizzo di massima e
nulla più. Non è che nel Piano particolareggiato del centro storico si sentenzia
che ben 120 immobili diventeranno parcheggi, si parla di ”possibilità” che è
diverso». Per il sindaco comunque i park interrati del Pup e quelli
eventualmente ”inscatolati” del Piano del centro storico «non sono in antitesi»,
perché per agevolare la vivibilità della Trieste di domani ce ne vuole.
FILOSOFIA MISTA Per la realizzazione di nuove aree di sosta in cui nascondere le
macchine, e consentire agli automobilisti di sgassare meno in cerca di un buco
attutendo al contempo il malvezzo dei posteggi volanti in terza o quarta fila,
si profila quindi una filosofia mista. Il Pup insomma resta la via maestra. Ma
in una città compressa tra il livello del mare e il colle di San Giusto con
torrenti sotterranei che dalle semiperiferie scendono verso le Rive - le
difficoltà e i ritardi di alcuni progetti-pilota come ad esempio park San Giusto
e Audace dipendono anche dalla necessità di approfondire le analisi geologiche -
il Pup dovrà per forza convivere altri contenitori esterni.
NUMERI-LIMITE Questo è in sintesi l’orientamento dell’amministrazione cittadina
che s’intuisce all’indomani dell’uscita dalle stanze del Municipio, per scelta
del verde Alfredo Racovelli, del plico riservato a ciascun consigliere sul Piano
particolareggiato del centro storico. Nel documento si legge che «le analisi
condotte per il Pup hanno evidenziato un fabbisogno, nelle aree oggetto del
Piano particolareggiato, stimabile attorno ai diecimila posti auto... L’esame ha
portato a individuare circa 120 edifici per i quali viene contemplata la
possibilità di una trasformazione del sistema interno, finalizzata alla
creazione di un’autorimessa».
LE PERTINENZE Altro paragrafo meritano le conversioni di fori commerciali e
privati a livello stradale: «Accanto alla possibilità di trasformazione di
interi edifici in strutture per il parcamento, vi è poi la possibilità, limitata
ai soli parcheggi pertinenziali, di realizzare i posti macchina in dotazione
all’unità immobiliare». A patto che il sito del garage sia compatibile con i
flussi di traffico e che l’edificio soggetto a modifica non ricada in classe 1,
quella dei palazzi di pregio intoccabili. «È logico - così Dipiazza - che non ci
sono gli stessi negozi di una volta, cambia il mondo, certi fori vanno
riutilizzati per ridurre i veicoli in sosta all’esterno».
IN NODO-MOBILITÀ Concorda in parte, ma frena l’automatismo evocato nel
documento, il capogruppo del Pd in Consiglio comunale Fabio Omero, secondo cui
senza un Piano del traffico alla mano rischia d’esser tutta aria fritta. «Le
indicazioni del Piano particolareggiato - rileva Omero - diventano fattibili, e
non finiscono in antitesi con il Pup, nel momento in cui si sa con certezza che
la realizzazione di un park in un edificio e soprattutto di un garage
pertinenziale al piano terra non pregiudica mobilità e arredi urbani. Non si può
pensare di fare un garage al posto di un negozio in una via destinata a
pedonalizzazione. Sennò sarà, al massimo, zona a traffico limitato».
PIERO RAUBER
POSTI AUTO - La mappa dei 18 contenitori - IL DOCUMENTO
APPROVATO NEL 2007
Il Piano urbano parcheggi, approvato a fine 2007 per dare
risposta alla storica carenza di posti auto in città, prevede diciotto
interventi. Tra questi i tre grandi contenitori sulle Rive: il posteggio da
realizzare davanti alla Marittima (486 stalli), il multipiano sotto il piazzale
dell’ex piscina Bianchi (200 posti macchina) e infine il park Audace, da
costruire in Riva 3 novembre tra palazzo Carciotti e il teatro Verdi (710
parcheggi). Quest’ultimo ha ottenuto di recente il via libera ambientale dalla
Regione e potrebbe quindi essere il primo intervento a decollare sulle Rive. Più
difficile, invece, immaginare un rapido avvio dei lavori davanti alla Marittima:
Saba Italia, che avrebbe dovuto realizzare l’opera, ha scelto infatti di
accantonare quell’impegno e di concentrarsi sul raddoppio del park di Foro
Ulpiano, a sua volta previsto dallo strumento urbanistico voluto
dall’amministrazione Dipiazza.
Un’altra importante partita contemplata dal Piano comunale riguarda il park san
Giusto: un multipiano (il più grande tra quelli ipotizzati in città) in grado di
accogliere 724 posti. Un’opera che i residenti attendono da più di otto anni.
Nell’elenco figurano poi il parcheggio previsto davanti all’Università centrale
(3 piani interrati in grado di accogliere fino a 500 auto), gli ulteriori 150
posti da ricavare al Giulia, il posteggio in via dei Moreri (344 stalli), in
largo Roiano (181 posti macchina) e quello piazza Sant’Antonio (ipotizzati 361
box).
Tre le strutture immaginate tra San Vito e Cittavecchia: in largo Canal (91
posti), tra via Tigor e via Cereria (75 stalli suddivisi su tre pastini) e in
largo Papa Giovanni XXIII (116 spazi). Per soddisfare la fame di posteggi dei
residenti dei rioni meno centrali, poi, il Comune aveva previsto il parcheggio
su quattro piani in largo Pestalozzi in grado di accogliere fino a 108 vetture,
quello in largo Sonnino (84 stalli), piazza Foraggi (130) e il grande park in
piazza delle Puglie (capacità complessiva 350 macchine).
Nella lista infine compare un’ultima opera, poi abbandonata nel tempo: il
parcheggio da 250 posti in via del Teatro Romano che, però, non si farà più.
Largo Roiano, via ai lavori nel 2010 - Pronto il
progetto definitivo. Altri 120 stalli previsti in via Tigor
Cantieri targati Riccesi in cambio della mancata
struttura di Ponterosso
Nel mare magnum dei park disegnati sulla carta ce n’è uno che aprirà salvo
imprevisti un cantiere verso la metà del 2010, essendo pronta l’ultima versione
del relativo project financing. È la struttura sotterranea firmata Riccesi
prevista a Largo Roiano, dove saranno ricavati 160 posti su tre livelli non a
rotazione oraria, in quanto verranno destinati a sub-concessioni pluriennali ai
residenti, con una parte residua eventualmente riservata al supermercato Coop
Essepiù per la sosta dei suoi clienti. Sopra spariranno i 35 stalli blu
attualmente gestiti dalla partecipata comunale Amt - vi rimarrà presumibilmente
qualche posto in deroga solo per i veicoli dei diversamente abili - perché verrà
realizzata una piazzetta di verde pubblico deputata ad ospitare il mercatino
rionale.
Quello di Largo Roiano è il project numero uno, il più blindato, dei tre park
sui quali la Riccesi e il Comune stanno trattando nell’ambito della novazione a
compensazione della mancata realizzazione del megaposteggio da 750 stalli che la
nota impresa di costruzioni avrebbe dovuto costruire sotto piazza Ponterosso,
sulla scia di un piano voluto in epoca Illy ma cassato nel corso del primo
mandato Dipiazza. Il secondo sito ”dovuto” come contropartita dal Municipio -
che ne ha modificato la destinazione urbanistica ad hoc in sede di nuovo Piano
regolatore ora in fase di vaglio delle osservazioni dei cittadini - è stato
individuato in un altro rione dove c’è fame vera di posteggi, ovvero San Vito,
tra via Tigor e via Cereria, dietro la palestra della Valle. Di stalli qui ne
sono annunciati un po’ di meno, 120, ma sempre su tre livelli. «In questo caso
il cantiere potrebbe essere avviato verso la fine dell’anno prossimo, dunque
successivamente rispetto all’apertura dei lavori a Roiano», ha precisato di
recente Donato Riccesi.
E la terza royalty? È ancora da giocare, ha fatto capire lo stesso Riccesi.
Stralciata ufficialmente la zona adiacente al Teatro Romano - la cui struttura
ipotizzata sarebbe stata troppo vicina al park San Giusto e soprattutto allo
stesso Teatro, presentando problemi a livello di scavi, vista per l’appunto la
presenza di reperti archeologici - resta a galla l’alternativa di piazzale
Rosmini, tra la chiesa e il giardino. «Ma non abbiamo avuto ancora conferme
dall’amministrazione comunale». In caso negativo? Si tornerà a parlare di soldi.
E la Riccesi è pronta a chiedere al Comune una cifra vicina al milione di euro.
«L’avevamo già detto - ha chiuso in effetti Donato Riccesi - che se non ci
veniva assegnata una terza area la soluzione sarebbe stata quella di un ristorno
economico». E di quanto? «Il progetto di Ponterosso era stato quantificato in
tre milioni e mezzo. Se ci viene data l’opportunità di realizzare due progetti
su tre, è logico che la compensazione economica sarà nell’ordine di un terzo
rispetto a quella cifra».
(pi. ra.)
SEGNALAZIONI - Rigassificatori e diportismo
Tralasciando tutti i gravosi e preoccupanti aspetti
ambientali e di vivibilità che si trascina dietro la non augurabile
installazione del rigassificatore all’imbocco del canale navigabile di Zaule,
viene inspiegabilmente dimenticato da molti, da troppi, che il terminale di
ragassificazione paralizzerebbe tutta l’attività diportistica da Muggia a
Trieste. Infatti il porto di Trieste con il suo traffico commerciale e
diportistico verrebbe assoggettato dall’ingombrante presenza del rigassificatore
e da quella altrettanto pesante delle navi gasiere che due volte alla settimana
arriverebbero per rifornire il terminale. Poiché le norme di sicurezza per la
realizzazione dei ragassificatori stabiliscono che nessuno possa navigare nelle
acque che circondano le gasiere in navigazione per un raggio di due miglia, la
paralisi per il nostro diportismo è assicurata, quanto meno per due giorni alla
settimana.
Stabilito però che le gasiere dovrebbero essere scortate da mezzi della Marina
militare essendo appetibili bersagli per attentati terroristici, non è dato
sapere per i comuni mortali, quando le stesse arrivano e quando partono.
Da ciò emerge ovvio che diventerebbe difficile se non impossibile, non solo
uscire in barca liberamente, ma principalmente rispettare i calendari delle
moltissime manifestazioni marinare di cui Trieste, Muggia, San Rocco e altri
sono protagonisti.
Riflettano i responsabili delle varie federazioni sportive e i presidenti di
tutti i circoli nautici.
Antonio Farinelli
SEGNALAZIONI - Rimuovere l’Ursus, brutto biglietto di
visita
Mi chiedo come sia possibile che nessuno protesti per la
presenza ingombrante e poco edificante di questa enorme gru galleggiante in
mezzo al centro storico della nostra città.
L’Ursus infatti non serve a niente e a nessuno né tanto meno a questa
fantomatica guardia costiera ausiliaria della quale non si capisce quali siano i
compiti specifici e per quali interventi mantiene questa struttura brutta e
deturpante in una posizione tanto inadeguata.
Non so se questa città ormai si abitua a tutto ma questa grù è come un pugno
nell’occhio, la si vede da ogni angolazione: da tutte le Rive, dai tetti della
case e anche dall’altipiano.
Bel biglietto di visita un pontone industriale vecchio e ruggine che non serve a
nulla, messo in bella vista proprio di fronte a palazzi che richiamano lo stile
di un’epoca passata.
A suo tempo ho letto che doveva essere ristrutturata per poi destinarla ad usi
diversi o aprirla al pubblico, per cosa? per fare bungee jumping su piazza
Unità? o ancora illuminarla per eventi sportivi o turistici stile albero di
natale?
Non scherziamo, questa schifezza (con tutto il rispetto per il guinness che
vanta) va rimossa dall’attuale posizione dove di industriale non c’è proprio
niente o messa in disarmo dove il recupero del suo acciaio potrà servire a
qualcosa che abbellisca la nostra città e non la rovini.
Paolo Liuzzi
SEGNALAZIONI - COLLEGAMENTI FERROVIARI - Dopo la
«cortina di ferro» Trieste dovrà subire la «cortina di ferrovia»
Sono ben note le problematiche di carenza e di minacciata
soppressione dei collegamenti ferroviari viaggiatori di Trieste e della regione
con il resto del Paese e con Milano e Roma in particolare. Pare che, bene o
male, grazie anche agli sforzi della nostra Regione, una soluzione si sia
trovata per mantenere quello che c’è, pur non senza discutibili oneri aggiuntivi
per la nostra collettività. Ciò che stupisce, e lascia fortemente perplessi, è
che nessuno sembra aver nemmeno preso in considerazione il fatto che Trieste, e
la regione, sono oggi, ed ormai da vari anni, quasi completamente privi di
collegamenti ferroviari viaggiatori con i paesi confinanti, non solo per quanto
riguarda i treni a lunga percorrenza (per Vienna, Budapest, Zagabria, ecc.) ma
anche per i semplici collegamenti di tipo interregionale (ad es. per Villaco e
Lubiana) a cavallo dei confini con Austria e Slovenia.
Oggi i tre valichi ferroviari della regione, Tarvisio, Gorizia e Villa Opicina,
sono diventati un deserto, mentre le ferrovie austriache hanno di propria
iniziativa attivato dei servizi pullman sostitutivi sulla relazione
Venezia-Udine-Villaco che bypassano la più moderna, costosa e sottoutilizzata
ferrovia che abbiamo in regione: la «Pontebbana». Nel contempo le ferrovie
slovene hanno dovuto tenersi in casa i treni «Pendolino», acquistati in Italia
per il collegamento Lubiana-Venezia che è stato soppresso (il treno «Casanova»,
che comunque già tagliava fuori Trieste e gli altri capoluoghi regionali).
Una situazione che è in stridente contrasto con la «Nuova Europa» e la caduta
dei confini e che rappresenta un fatto estremamente negativo (e umiliante) per
le nostre città, la nostra economia, il nostro turismo, la nostra cultura e la
nostra tradizione geostorica di città e regione al centro dell’Europa. Con il
sorgere dell’Euroregione e la collocazione della «capitale» a Trieste, si pensa
di porre mano a questa problematica che ha del paradossale, o si vuol lasciare
che si perpetui una grottesca «cortina di ferrovia» al posto della «cortina di
ferro» di triste memoria?
Leando Steffè
IL PICCOLO - DOMENICA, 29 novembre 2009
«Il rigassificatore di Zaule sarà un impianto sicuro
Trieste avrà solo benefici» - INTERVENTO DELL’ON. MENIA - IL
SOTTOSEGRETARIO RISPONDE A RUMIZ
«Al primo posto pongo la tutela della salute e
dell’ambiente L’arrivo di 120 gasiere ogni anno non bloccherà il porto»
Gentile dottor Rumiz,
sul Piccolo, del quale lei è autorevole firma, cortesemente mi ha chiesto di
sciogliere i suoi «italianissimi, anzi triestinissimi» dubbi.
Più che volentieri, latinamente le dirò che «dubitando ad veritatem pervenimus»
e dunque entrambi facciamo cosa utile ad interrogarci e risponderci
pubblicamente. E, nel risponderle, non posso che premettere che desidero
scindere due aspetti: quello politico e quello istituzionale.
Sotto il primo profilo, ben prima che mi trovassi a ricoprire una carica di
governo, ho sostenuto la bontà della scelta di realizzare un rigassificatore a
Trieste per una pluralità di motivi: risposta ad un’esigenza energetica di
carattere nazionale che ha ricadute positive sul territorio. Le ha bene indicate
l’altroieri il sindaco dicendo che «in un’area inquinata da 50 anni, con la
bonifica si ottengono tre vantaggi: indotto economico, catena del freddo,
energia a buon prezzo».
Sotto il profilo istituzionale, invece, ho ben presente quale sia il compito del
ministero che rappresento e cioè quello di garantire la sostenibilità ambientale
e la salute pubblica: non ho dunque dubbi nell’affermare che queste esigenze
siano comunque pregiudiziali e non negoziabili rispetto a qualunque altra di
carattere economico o politico. Ed in questo senso, desidero sottolineare che il
ministero, i suoi esperti e i suoi funzionari, svolgano il proprio ruolo con
trasparenza, passione, competenza e non sono accettabili allusioni, che in altre
sedi si sono fatte, su falsificazioni o sottovalutazioni.
Ciò premesso, inizierei dalla serie di questioni che a vario titolo si
riferiscono al luogo scelto per la costruzione del rigassificatore e agli
elementi connessi di rischio o pericolosità. Le scelte progettuali per un
impianto di rigassificazione off shore o on shore sono dettate da diversi
aspetti, ambientali, tecnologici, funzionali che vengono in tutta evidenza
valutati dal proponente il progetto stesso: a noi spetta verificarne la
congruità in sede politico amministrativa e la compatibilità ambientale per ciò
che riguarda il mio ministero.
L’affermazione che il progetto «a terra» sia di «forma obsoleta» pare più una
petizione di principio che non una affermazione basata sui fatti: Gas Natural
possiede un know how consolidato sulla tecnologia degli impianti di
rigassificazione, e comunque il decreto di Via richiede l’utilizzo delle
migliori tecnologie disponibili.
E’ utile peraltro ricordare che tutte le amministrazioni del territorio avevano
di fatto espresso comunque una chiusura piuttosto netta sull’ipotesi di un
impianto in mezzo al golfo.
A proposito dei potenziali obiettivi sembrerebbe corretto parlare piuttosto di
sorgenti di rischio: alcuni di essi, infatti, rientrano nell'ambito delle
disposizioni della normativa Seveso (D.Lgs. 334/99 e s.m.). Gli impianti
indicati sono stati oggetto di attente verifiche da parte degli organismi
competenti e, in particolare, è opportuno precisare che la prefettura di Trieste
ha già predisposto i cosiddetti Piani di emergenza esterni (Pee) per gli
stabilimenti a rischio di incidente rilevante ai sensi dell'art. 20 del citato
decreto legislativo. Per quanto concerne l'inceneritore di Trieste, va precisato
che questo non rientra nell'ambito di applicazione della normativa stessa.
La futura centrale a turbogas, all'epoca degli studi sui rischi indotti dal
rigassificatore in progetto, non era ancora stata prevista.
Ovviamente, prima di ogni fase autorizzativa, anche preliminare, dell'impianto,
gli organismi competenti provvederanno ad effettuare tutte le analisi di
compatibilità previste dalle vigenti normative in materia. Gli stessi organismi
hanno preso in considerazione tutti gli scenari di rischio ritenuti credibili e,
per ognuno di essi, sono state previste le necessarie misure di gestione delle
eventuali emergenze e di tutela della popolazione, con specifico coinvolgimento
di tutti gli organismi preposti (vigili del fuoco, Arpa, 118, polizia,
carabinieri, ecc.). Infine, per quanto concerne i rischi connessi alla safety
(sicurezza connessa con i rischi industriali e ambientali), va detto che tutta
l'area del comprensorio industriale, e specificatamente i siti soggetti alla
normativa Seveso, adottano delle puntuali procedure di security (sicurezza
connessa con i rischi legati agli atti terroristici/vandalici) finalizzate alla
prevenzione di ogni tipologia di atto vandalico in generale e terroristico in
particolare.
Altro punto sollevato si riferisce alla presunta non considerazione
dell’«effetto domino»: in ordine allo stesso va premesso che, in relazione
all'applicazione dei disposti dell'art. 12 del D.Lgs. 334/99, il Comitato
tecnico regionale dei Vigili del fuoco del Friuli Venezia Giulia (Ctr), all'atto
della validazione dei Rapporti di sicurezza di tutti gli stabilimenti rientranti
nell'ambito di applicazione dell'art.8 del decreto, ha accertato la non
sussistenza di rischi di effetti domino nell'ambito dell'area industriale del
Comune di Trieste e dei comuni limitrofi.
In particolare, per ciò che riguarda il nullaosta di fattibilità, rilasciato in
data 4 agosto 2005 dal ministero dell’Interno - Comitato tecnico regionale dei
vigili del fuoco, in esso si esprime un parere favorevole condizionato con
prescrizioni operative e si richiedono approfondimenti in sede di stesura del
Rapporto definitivo di sicurezza, in particolare riguardo all’analisi relativa
agli effetti domino conseguenti agli eventi incidentali considerati (interni ed
esterni – navi metaniere) con analisi di impatto sia sulle altri parti
dell’impianto che sul contesto territoriale.
Per rispondere con completezza alla domanda, voglio aggiungere che, se è ben
vero che la cartografia allegata al progetto manca di dettaglio, non è vero che
la Commissione Via «non si sia accorta di niente», bensì è prassi tecnica che le
mappe allegate a progetti similari rappresentino la situazione analizzata sotto
il profilo dei rischi correlati agli incidenti credibili alla scala più
opportuna per la migliore comprensione; nello specifico, lo stabilimento «Seveso»
più vicino è sicuramente la Dct SpA di Trieste che, in relazione agli eventi
rappresentati, non viene coinvolta.
Dalla terra spostiamoci ora al mare e veniamo alle obiezioni che riguardano gli
aspetti ad esso connessi.
Credo che, in proposito, più di ogni altro elemento valgano le prescrizioni
imposte dal decreto di Via il cui giudizio favorevole di compatibilità
ambientale prevede un sistema di monitoraggio e controllo come stabilito agli
articoli 28 e 29 del Dl 152/2006. In particolare «prima dell’inizio dei lavori,
con spese a carico del proponente ed in accordo con Ispra (Istituto superiore
per la protezione e la ricerca ambientale) ed Arpa regionale per tempi e
modalità di esecuzione, dovrà essere presentato un piano di monitoraggio, che
preveda cinque stazioni di misura disposte su un transetto interno alla Baia di
Muggia e cinque stazioni di misura su un transetto disposto nell’area di
transizione tra la Baia di Muggia e il Golfo di Trieste; il monitoraggio dovrà
essere aggiornato al riguardo dei parametri fisico, chimici, geochimici,
biologici e degli organismi zooplantonici sia sulla colonna d’acqua che sui
sedimenti. Tale piano dovrà essere messo in atto almeno un anno prima
dell’inizio dei lavori e dovrà protrarsi durante la fase sia di cantiere che di
esercizio.
I risultati dei monitoraggi dovranno essere trasmessi annualmente sulla base dei
monitoraggi che definiscono il quadro conoscitivo ante operam di cui alla
prescrizione precedente. Ispra ed Arpa regionale in accordo con il proponente
dovranno definire valori di temperatura e cloro, in corrispondenza delle
stazioni di misura sui due transetti, tali da rappresentare soglie di allarme
per la conservazione della varietà biotica e per la perdita di biomassa
fitoplanctonica. Prima dell’entrata in esercizio dovrà essere stipulato un
Protocollo operativo tra Regione Fvg, Arpa, Ispra e il proponente, finalizzato
alla definizione di procedure, tempi e modalità per la limitazione del processo
di rigassificazione in caso di superamento dei valori soglia individuati.
E’ vero che vi sono anche inesattezze e imprecisioni nella documentazione
prodotta da Gas Natural, ma la commissione che ha valutato il progetto le ha in
tutta evidenza ritenute non in grado di determinare una bocciatura dello stesso.
Posso convenire che sia poco logico richiedere mille bolli per una veranda a un
privato, ma non è su banali questioni di forma che dobbiamo ragionare. Che la
bora a Trieste non spiri a 36 km/h, ma piuttosto a 136 è pure fuor di dubbio, ma
prendo in proposito in prestito quanto ha dichiarato il presidente dell’Autorità
portuale, Claudio Boniciolli: «Le previste 120 gasiere portate al
rigassificatore in un anno non sono niente, non interferiscono con i traffici, e
la bora non ha mai fatto male a nessuna nave».
A proposito del porto e del traffico delle gasiere in particolare, l'eventualità
di prevedere le zone di interdizione e di quantificarne l'estensione sarà
sicuramente oggetto di analisi all'atto della già citata validazione del
Rapporto di sicurezza relativo al rigassificatore da parte dell'autorità
competente (Ctr).
Considerato che l'impianto di Porto Viro (Rovigo) è off shore mentre quello di
Zaule sarà on shore, è evidente che le aree di interdizione non siano tra loro
confrontabili. L'area di rispetto (non zone di interdizione) di 1,5 miglia
marine del rigassificatore di Porto Viro è una conseguenza di valutazioni sulla
probabilità di riconoscimento di un naviglio che si avvicina all'impianto; nulla
a che fare con le norme di rispetto all'interno della zona portuale di Trieste
dove sorgerà l'impianto di rigassificazione on shore.
A proposito della sicurezza del traffico marittimo fa fede invece quanto
dichiara l’autorità preposta, ovvero la Capitaneria di Porto di Trieste, il cui
parere, reso in data 15 novembre 2006, prevede che il posizionamento del
terminale Gnl è compatibile con le misure di sicurezza per la navigazione in
ambito portuale con le seguenti argomentazioni:
Le aree per gli ancoraggi delle navi di tipo gasiero (ricompresse nella
definizione di navi cisterna) non coincidono con le direttrici di traffico in
entrata/uscita per/da il porto di Trieste;
le modalità di effettuazione delle manovre di ingresso/uscita dal porto di
Trieste, già in uso per le altre navi cisterna, sono applicabili anche alle
metaniere, in quanto l’art. 6 dell’ordinanza n.08/06 vieta comunque la manovra
delle altre navi ormeggiate nel vallone di Muggia quando vi siano movimentazioni
di navi che trasportano prodotti liquidi infiammabili alla rinfusa;
non si riscontrano problematiche inerenti le navi da pesca in quanto l’attività
di pesca non è consentita in ambito portuale;
anche in caso di ormeggio contemporaneo di navi cisterna al terminale Gnl e
quello petrolifero, non viene preclusa la navigabilità per le navi destinate
agli ormeggi del Canale industriale.
Il citato parere contiene inoltre l’indicazione di una prescrizione consistente
nella dotazione del terminale Gnl di un apparato di videosorveglianza coadiuvato
e coordinato al locale sistema Vts, quale sistema di controllo del traffico
marittimo da attuarsi per rendere ancora più sicuro il traffico delle metaniere.
Non mi stupisce che su una zona di prevista reindustrializzazione vi siano più
progetti concorrenti, che rispondono, come è evidente, agli interessi di chi li
propone: lo Stato ha il compito di comporre gli interessi salvaguardando prima
di tutto quello generale, nella logica di uno stato liberale e non socialista.
Deve garantire il rispetto delle procedure, delle regole, della compatibilità e
della funzionalità dei progetti proposti. Se a Trieste sorgerà un polo
energetico in quella che oggi è solo un valle di lacrime, io personalmente ne
sarei solo felice.
Che progetti energetici d’interesse nazionale possano collidere con altri di
diversi stati è pure naturale. Ho sostenuto e sostengo che le obiezioni
ambientali slovene nascondessero altri interessi che sono venuti allo scoperto
con la dichiarazione della settimana scorsa del ministro dell'economia sloveno,
Matej Lahovnik: «La Slovenia è molto interessata all'idea di coprodurre un
rigassificatore sull'isola di Veglia, in Croazia, ma mantiene le sue obiezioni
su di un identico impianto nel Golfo di Trieste».
A proposito del Corridoio 5, va precisato invece che proprio noi siamo stati i
primi, pur volendo l'Alta velocità, a dire che quel tracciato è troppo
impattante. La Regione ha chiesto a Ferrovie la revisione di quel tracciato
chiedendo correzioni sull'impatto ambientale e sostenendo la necessità, proprio
a difesa del porto di Trieste e degli interessi italiani, della previsione
progettuale anche del collegamento diretto tra Trieste e Capodistria.
Infine, lei ritorna sull’abusato ritornello delle cose del passato e di chi se
ne occupa. Fin qui abbiamo parlato invero solo di presente e di futuro, e potrei
chiudere rispondendole, ancora latinamente, «historia magistra vitae», ma
desidero invece porgere alla sua attenzione una bella pagina di Francesco
Alberoni (Corriere della Sera, 12 febbraio 2001): «Sono le comunità nascenti,
ricche di solidarietà, di speranza e di fede che vanno nel passato per lanciarsi
verso il futuro. Quando invece un popolo, o un gruppo dirigente, o una classe
intellettuale o dei pedagogisti rifiutano la storia, vuol dire che non si
sentono più parte di una comunità in cammino. Vuol dire che hanno perso la
speranza, lo slancio, l'ideale. Vuol dire che hanno perso il futuro, che sono
morti».
Roberto Menia
Fiume, il Consiglio regionale approva il
rigassificatore - Presa d’atto dello studio d’impatto ambientale, parere
positivo per l’impianto da edificare a Veglia
Sì del Consiglio della Regione quarnerino–montana al
rigassificatore di Castelmuschio (Omisalj), nell’Isola di Veglia ma a patto che
risponda ai più rigorosi criteri di salvaguardia ambientale e permetta alla
Contea e ai Comuni interessati d’incamerare fondi adeguati all’importanza del
mega impianto. È quanto concluso dal parlamentino conteale, che ha preso in
esame lo Studio d’impatto ambientale del Terminal Lng vegliota, approvandola con
27 voti a favore e uno astenuto.
I consiglieri hanno focalizzato le richieste soprattutto sull’aspetto dei tre
serbatoi di metano liquido, che il progetto prevede siano alti ben 53 metri
ciascuno, modificando in modo radicale il panorama di questa porzione di Veglia.
È stato chiesto infatti che i contenitori siano interrati almeno in parte o che
l’Adria Lng (il consorzio concessionario) provveda all’edificazione di quattro
serbatoi di dimensioni minori. Ai consiglieri si è rivolta Veronika Tomas, a
nome della ditta ”Ekonerg”, che ha preparato lo studio d’impatto ambientale del
rigassificatore, attualmente sottoposto a pubblico dibattito. «Possiamo
affermare senza timore di smentita – ha detto la Tomas – che le conseguenze del
terminal metanifero saranno minime per il mare e i suoi microrganismi e
circoscritte all’ambito locale. I rischi per l’habitat saranno minimi, come pure
le possibilità di un incidente con fuoriuscita di gas. Stiamo valutando pure la
possibilità che un terzo dei serbatoi, quello inferiore, sia verniciato di
colore verde, per un migliore adattamento all’ambiente».
«È stato inoltre stimato - ha continuato - che le aziende croate potrebbero
intascare sui 300 milioni di euro per i lavori di costruzione mentre circa 30
andrebbero annualmente alle imprese quarnerino–montane per manutenzione e
trasporti marittimi». A prendere quindi la parola è stato Bernard Luka Baraka,
esponente dell’Adria Lng: ha dichiarato che il traguardo del consorzio è mettere
in funzione un rigassificatore concorrenziale e che risponda a tutti i criteri
legati alla sicurezza. «Vogliamo che l’impianto sia attivo almeno 30 anni – ha
affermato Luka Baraka –: il rigassificatore sarà un affare da 800 milioni di
euro, esclusi i costi per l’edificazione del gasdotto. I lavori dovrebbero
cominciare nel 2011 e concludersi tre anni dopo, con il terminal che dovrebbe
movimentare annualmente sui 15 miliardi di metri cubi di metano». Nel corso del
dibattito è stato rilevato che le aziende croate dovrebbero essere incluse nel
Consorzio Adria Lng nella misura minima del 25%, evitando così che la Croazia
diventi una pura e semplice ”autostrada del gas”, senza ricavi degni di tal
nome. Nel contesto, è stato evidenziato che la municipalità di Castelmuschio
dovrebbe realizzare ogni anno entrate grazie al rigassificatore per circa 14
milioni di kune (un milione e 915mila euro), somma fissata a 7 milioni di kune
(960mila euro) per l’amministrazione regionale. «Ricavi simbolici» ha commentato
il consigliere socialdemocratico Georg Zezelic.
(a.m.)
«Bonifiche, i due terzi a carico degli imprenditori» -
Assindustria: pazzesche le cifre chieste ai privati per il danno ambientale.
Menia: follia non firmare
PALAZZO RALLI BOCCIA LA BOZZA DI ACCORDO: «INVESTIMENTI
PENALIZZATI»
«Se quest’accordo va in porto le 200 aziende grandi e piccole comprese nel
perimetro del Sin si troveranno a dover pagare complessivamente oltre 263
milioni di euro senza avere perlopiù colpa alcuna dell’inquinamento dell’area».
CIFRA ENORME Non piace agli imprenditori nemmeno l’ultima bozza dell’accordo di
programma sulle bonifiche. Proprio mentre il sottosegretario all’Ambiente
Roberto Menia ieri ha affermato che conta «di ricevere nella settimana entrante
l’assenso definitivo della Regione raccolto il parere delle amministrazioni
locali per arrivare finalmente alla firma», Assindustria con il presidente
Sergio Razeto e il vice Vittorio Pedicchio è scesa ieri pesantemente in campo
con l’obiettivo di modificare ancora in extremis il testo per cambiare la
sostanza dell’accordo. «Il Ministero dell’Ambiente - ha affermato Razeto - ha
previsto di ottenere 236 milioni e 300 mila euro dalle transazioni con le
aziende che hanno sede all’interno del perimetro del Sin (anche se non colpevoli
di inquinamento) sui complessivi 350 milioni e 300 mila euro stimati come costo
totale del danno ambientale: la parte pubblica dunque interverrà a coprire solo
un terzo del fabbisogno complessivo».
DANNO AMBIENTALE Ma questi non sono i soldi per la bonifica dell’area, ma quelli
appunto che dovranno risarcire il danno ambientale. «La nuova bozza dell’accordo
- spiega l’assessore comunale allo sviluppo economico Paolo Rovis - prevede che
chi non ha inquinato e si è insediato in epoca precedente alla perimetrazione
del Sin non pagherà per la bonifica». «È un testo più favorevole alle imprese
rispetto a quello precedente - controbatte Menia - e recepisce anche altre
indicazioni delle amministrazioni locali. Quando lo abbiamo discusso il
presidente uscente dell’Assindustria Antonini se n’era andato felice, non
capisco ora questo irrigidimento. Sul danno ambientale vanno rispettate le leggi
nazionali, i regolamenti e tenuta una linea univoca rispetto a quanto applicato
in altri siti inquinati in Italia. Deve pagare chi è definito ”custode
dell’area”. È come quando arrivano i pompieri per spegnere un incendio a casa
tua. Poi devi pagare i danni che l’acqua fa nei piani sottostanti. E comunque le
cifre fatte sono ancora indicative. Non firmare quest’ultimo testo però -
conclude il sottosegretario - sarebbe pura follia».
ACCORDO DA FARE Sotto l’accordo sono previste le firme di Ministero, Regione,
Provincia, Comune di Trieste, Comune di Muggia, Autorità portuale e Camera di
commercio, non quella di Assindustria che però ora è fermamente intenzionata a
far sentire tutto il proprio peso. «Qui si tratta di cifre astronomiche che
ricadranno sulle aziende - ammonisce Pedicchio - non solo verranno penalizzati i
possibili futuri investimenti, ma ci saranno pesanti ricadute sull’occupazione.
Chi poi se ne farà carico? Noi chiediamo che vengano fatte tutte le
caratterizzazioni, che le aree non inquinate siano restituite agli usi legittimi
e che paghi solo chi ha effettivamente inquinato.»
CASO EMBLEMATICO Assindustria porta il caso concreto di un imprenditore che il
24 novembre è stato al Ministero dell’Ambiente a Roma per farsi fare un
preventivo di quanto gli costerebbe la transazione in base alla nuova bozza
d’accordo. Si tratta di un’azienda che ha un’area di proprietà di 130 mila metri
quadrati, che si è insediata tra il 2001 e il 2002 e che non ha alcuna
responsabilità dell’inquinamento. All’azienda sono stati addebitati 468 mila
euro (3,6 euro al metro quadrato) come quota del danno indistintamente
quantificato per tutte le imprese nel perimetro del Sin; 1 milione 717 mila euro
(13,2 euro al metro quadrato) quale azienda classificata dal ministero ”a medio
impatto inquinante”, un milione 560 mila euro (12 euro a metro quadrato) quale
onere di compartecipazione alla realizzazione del barrieramento della falda.
Il costo totale della transazione per quest’azienda è dunque pari a 3 milioni
775 mila euro, somma che secondo quanto prevede l’accordo potrà essere comunque
corrisposta in dieci anni e senza interessi. A questo onere va aggiunta la spesa
già sostenuta dall’azienda, per l’esattezza 490 mila euro, per la
caratterizzazione e una prima messa in sicurezza. E non comprende nemmeno la
spesa per la bonifica vera e propria che però appunto in base all’ultima bozza,
l’azienda non dovrà sostenere se potrà dimostrare di non aver inquinato.
AZIENDE PENALIZZATE Assindustria ha rilanciato ieri l’intenzione di riaprire il
dialogo con le istituzioni preposte a firmare l’accordo di programma. «Riteniamo
opportuno entrare nel dibattito con positività e trasparenza - ha concluso il
presidente Razeto - sottolineando ancora una volta il nostro ruolo a sostegno
delle imprese incolpevoli dell’inquinamento sebbene colpevoli, se questa è una
colpa, di avere sede all’interno del perimetro del Sin. L’Associazione
industriali da sempre chiede di arrivare a una soluzione che eviti di
penalizzare quelle imprese che non sono responsabili dell’inquinamento, in una
fase congiunturale già così critica per la loro attività produttiva e
commerciale».
SILVIO MARANZANA
Centro storico, 120 edifici destinati a posteggi -
Intervento previsto in otto immobili ogni cento. Nuove costruzioni in area
Crosada
Secretazione di piani urbanistici addio, capitolo secondo.
Il consigliere dei Verdi Alfredo Racovelli che mesi fa ha diffuso i contenuti
del Piano regolatore ieri ha fatto la stessa cosa con l’appena ricevuto «Piano
regolatore particolareggiato comunale di iniziativa pubblica del centro
storico».
È una forma di contestazione ai «segreti» comunali, ma anche, in questo momento
politicamente teso e poco chiaro dalle parti di piazza Unità, un gesto «contro
decisioni assunte senza condivisione della città, che diventano mezzi di
contrattazione, molto interni a una politica che vuol tutto succhiare come un
vampiro» accusa Racovelli, prossimo presidente della Commissione trasparenza.
Racovelli depreca le liti innescate da Udc e Lega che assieme alla situazione di
risicata maggioranza «rischiano - dice - di trasformare anche i documenti
urbanistici in interesse di parte».
Detto ciò, ecco il fascicolo, firmato «fino al 2006» da un coordinatore dei
progettisti, l’architetto Marina Cassin, e «dal 2007» dall’architetto Ave Furlan
dirigente del Comune e già responsabile tecnico del Piano regolatore. Si vede la
lunga gestazione del documento, che infatti suggerisce «due nuovi contenitori
culturali» in centro città, uno dei quali è la già attiva (più o meno) ex
Pescheria.
Il lavoro è pregevole, agli occhi del consigliere d’opposizione ma anche a
quelli del lettore interessato, per il gran lavoro di minuziosa analisi di tutta
l’area dei borghi antichi, della parte medioevale, della città «murata».
All’interno del perimento del Centro storico (che resta vincolato alle norme del
«piano colore» e a ben precise tipologie di serramenti e tetti) sono stati
censiti e schedati 1600 edifici «producendo - afferma il testo - un atlante di
valore documentale e scientifico di particolare significato».
Esaminando i valori storici, paesaggistici e di verde urbano, il Piano indica
soprattutto la necessità di parcheggi e riprende alcune già calpestate ipotesi:
propone di trasformare in parcheggio ben 120 edifici del centro, pari all’8% di
tutto l’edificato. Ovviamente non toccando quelli classificati come di
intoccabile pregio. Il fabbisogno di posti macchina è calcolato in 10 mila,
esclusi i parcheggi di strada. Viene consentito inoltre di trasformare in
autorimessa i fori su strada, pur con qualche criterio.
Per il consigliere dei Verdi si tratta di una trasformazione del centro in «case
per ricchi e deposito di automobili». I progettisti notano però che pur
cambiando nel tempo il cuore della città non ha patito fenomeni di spopolamento
ed è tuttora vivo e vegeto, anche per attività. Tra le quali si suggerisce di
incrementare attività economiche e sociali, alberghi a poche stelle, attività
turistiche, accessibilità, intervenendo sulle «zone marginalizzate» (tra cui
l’area di Campo Marzio).
Altra novità è nella parte medioevale. Su Crosada si propone la costruzione di
edifici nuovi, in parte di ripristino di case crollate prima o durante la
riqualificazione Urban. Suggerito altresì il vincolo non solo per il Canal
Grande, ma anche per le vie e case che lo costeggiano. Più genericamente il
Comune è invitato a curare lo «spazio pubblico» e a ripristinare alcune visuali
che costituiscono la bellezza specifica dell’area.
Come dovrebbe agire il Comune? Col piano triennale delle opere, quello
2009-2011, già approvato il 18 febbraio 2009. La cifra totale della lista degli
interventi (quasi tutti già noti, ma non sono citati i 120 palazzi da rendere
parcheggio) ammonta a circa 41 milioni di euro. Il costo più alto è per palazzo
Biserini (biblioteca civica), 9 milioni, il più basso per il consolidamento dei
piloni di piazza Unità, 60 mila euro.
GABRIELLA ZIANI
Baia di Sistiana preclusa ai pedoni, è polemica - IL
VERDE ROZZA SOLLECITA L’APERTURA DI TUTTI GLI ACCESSI ALLA BATTIGIA
Il sindaco: si arriva lo stesso con le scalette,
portoni chiusi per motivi di sicurezza
DUINO AURISINA Si ripristini al più presto il libero transito dei pedoni su
tutta la baia di Sistiana. E’ quanto “caldeggia”, per ricorrere a un eufemismo,
il consigliere comunale di opposizione Maurizio Rozza (Verdi). Che sul tema,
appoggiato nell'istanza da tutto il centrosinistra, venerdì ha depositato una
mozione urgente in municipio. Il documento denuncia la graduale chiusura della
baia al passaggio pedonale, rilevando in particolare che «l’area portuale in
direzione della Caravella è stata totalmente recintata e chiusa, impedendo il
libero transito delle persone in direzione delle Falesie di Duino». Un punto che
però il sindaco Giorgio Ret smentisce, assicurando che i cittadini vi possono
accedere attraverso delle scalette, passando davanti alla sede della Pietas
Julia. Rozza reputa l’attuale situazione «particolarmente preoccupante», in
quanto «impedisce altresì l’uscita dall’area di eventuali persone che si
trovassero nella necessità di prendere terra in quella frazione del porto per
avarie a imbarcazioni o natanti oppure per un malore». Già durante l’ultimo
consiglio comunale l’esponente dei Verdi aveva segnalato la criticità: «Forse ci
si dimentica – aveva detto – che quell’area è pur sempre un arco portuale e che
le persone devono avere liberamente accesso alla linea della battigia, cosa
evidentemente preclusa con i cancelli serrati. Il sindaco deve intervenire
immediatamente per ripristinare il varco e quindi il libero accesso di tutti i
cittadini». E ciò in virtù del fatto che «la baia di Sistiana assolve, oltre a
un ruolo turistico, un’evidente funzione sociale e ricreativa per la comunità di
Duino Aurisina», essendo «l’unica area marittima facilmente accessibile agli
abitanti anche con ridotte capacità motorie». La zona costiera in direzione
della Costa dei Barbari è stata infatti interdetta al libero transito dei pedoni
per motivi di sicurezza. La mozione trova l’appoggio compatto di tutto il
centrosinistra consiliare e, naturalmente, del capogruppo Massimo Veronese.
«Siamo tutti concordi con Rozza – spiega il consigliere di opposizione Walter
Ulcigrai –: è vero che le persone raggiungono lo stesso la spiaggia ma lo fanno
mettendo i piedi, con non pochi rischi, su delle pietre precariamente sistemate
a mo’ di passaggio. Sarebbe bene perlomeno posizionare un camminamento
temporaneo per evitare che qualcuno si faccia male». Il sindaco, investito della
questione, ha preso contatto nei giorni scorsi con i concessionari e dunque
replica così: «Il cancello viene chiuso ogni anno a fine stagione a tutela del
fatto che non vi possano essere danneggiamenti o furti nella proprietà privata.
I titolari, comunque, sono tranquillamente disposti ad aprilo, purché qualcuno,
a quel punto, se ne assuma la responsabilità in caso di incidenti a cose o a
persone. Le persone approdano ugualmente alla spiaggia e pure domenica scorsa si
è registrato un notevole afflusso di visitatori. Se il consiglio comunale, per
consentire l’apertura dei cancelli, intende prendersi la responsabilità di
assumere le spese di vigilanza o guardianaggio allora procederemo in tal senso,
ma la Corte dei conti come potrebbe esprimersi nei confronti di una tale scelta?
».
TIZIANA CARPINELLI
«Costiera, l’acqua è un pericolo» - Mancano impianti di
raccolta: area instabile geologicamente - RET SCRIVE A STRADE FVG
DUINO AURISINA Ha preso carta e penna e ha buttato giù una missiva che non ammette repliche, intimando a Strade Fvg di realizzare al più presto sulla Statale 14, la Costiera, un adeguato sistema di raccolta delle acque meteoriche. Anche all’assenza di impianti, infatti, si imputa la situazione di diffusa instabilità geostatica riscontrata nell’ambito A32 di Marina di Aurisina, lembo di territorio che si estende per 1200 metri sulla costa, dalle Ginestre fino a Canovella de’ Zoppoli. Letta l’esaustiva relazione geologica, geotecnica e geostatica elaborata dal geologo Bruno Grego, il sindaco Giorgio Ret si è dunque deciso a correre ai ripari, chiedendo quegli interventi che mai sono stati operati prima per mettere in sicurezza il territorio. Infatti, il geologo incaricato dal Comune ha evidenziato nell’ambito A 32 diversi gradi di pericolosità, altresì tracciando le azioni da compiere per un ripristino ambientale. La diffusa instabilità geostatica è dettata da una molteplicità di fattori, tra cui l’accertata mobilità del detrito di falda che costituisce gran parte dei terreni, l’assenza di manutenzione delle opere di terrazzamento per contrastare il dissesto idrogeologico e la pendenza dei versanti. Ma anche, come si legge a pagina 9 della redazione, «per l’assenza di un sistema di raccolta delle acque meteoriche, allo stato lasciate libere di scorrere in forma ruscellante lungo la principale arteria viaria interna all’ambito». E ancora: «In effetti – così Grego - gli effetti della mancata raccolta preventiva delle acque meteoriche, in parte provenienti dal tratto di strada sovrastante, risultano con evidenza segnalati nel tratto di strada che collega i due nuclei abitati di Marina di Aurisina, risultando questa parte di territorio, non a caso, tra quelle ove il dissesto idrogeologico è massimamente attivo con il suo carico distruttivo». Forte di queste considerazioni Ret ha subito sollecitato Strade Fvg a intervenire: «Ho chiesto che venissero cantierate le opere per la posa di impianti di reflusso delle acque piovane: al momento non ho ancora ricevuto risposta, ma se sarà necessario contatterò l’assessore regionale alle Infrastrutture Riccardo Riccardi per ottenere sostegno». Sul piede di guerra l’opposizione, che ha preso parte venerdì alla commissione durante la quale il geologo Grego ha esposto la relazione: «La Costiera – così Maurizio Rozza (Verdi) – è del tutto priva di sistemi di raccolta delle acque reflue: l’auspicio è che vengano al più presto adottati gli impianti a vasca utilizzati in Francia, ove attraverso un disoleatore si spara l’acqua dagli oli abbandonati dalle auto, reimpiegandola per l’agricoltura. Imprescindibile, poi, la reintroduzione dei pastini per arginare l’ulteriore erosione e frana dei terreni».
(t.c.)
SEGNALAZIONI - ACQUA - No alla privatizzazione
Nel prossimo futuro tra i tanti problemi di caro prezzi
avremo uno in più, il caro acqua dovuto alla sua privatizzazione recente, le
conseguenze future saranno le conseguenze passate di chi le ha già provate sulla
sua pelle come: Francia, Regno Unito, America Latina con tanto di rivolte
popolari.
Non credo, vista la mia indole, che andrò a lanciare bombe in una rivolta per
manifestare il mio disagio sull’acqua potabile venduta troppo cara e un servizio
di erogazione di pessima qualità di conseguenza per accettare il rigassificatore
nella mia vita quotidiana propongo di trattare. Il mio consenso in cambio di
garanzie che l’acqua marina di scarto dal rigassificatore venga come negli Stati
Uniti trasformata in una buona economica acqua potabile.
Il mio consenso se l’attuale depuratore di acque fognarie obsoleto venga
cambiato con uno moderno atto a depurare le acque nere di una tale qualità da
poter essere riutilizzate per l’agricoltura e industria. Il mio consenso se le
acque calde di scarto dalla Ferriera per esempio, vengano anziché sprecate
nell’ambiente, utilizzate per il teleriscaldamento potendo utilizzare
l’esperienza maturata dal comune di Brescia. Il mio consenso per saper quanto
andrò a risparmiare sulla bolletta del gas spiegato in maniera cristallina.
Segnalo che mettendo in atto quanto summenzionato ci sarebbero minimo 1000 nuovi
posti di lavoro.
Maurizio Iacobucci
IL PICCOLO - SABATO, 28 novembre 2009
«Rigassificatore, per noi la sicurezza è una priorità»
- Gas natural: «Studi falsati? Accuse già archiviate dalla
Procura. Dubbi chiariti davanti alle autorità»
La società sulle prescrizioni dettate da Roma:
«Chiariremo tutti i punti in fase di completamento della documentazione
necessaria per l’ok finale»
Il progetto del rigassificatore sarà completato, migliorato, adeguato a
tutte le normative europee e italiane in una fase successiva a questa. Un piano
di emergenza per la sicurezza sarà «ovviamente» messo a punto e scritto «in
ultimo sulla base della dettagliata progettazione finale, prima dell’avvio
dell’installazione, cosa obbligatoria per ottenere i permessi». Tutti gli
scenari di rischio sono stati valutati, al fine di evitarli: «La prevenzione è
il primo passo per la sicurezza». Documenti imprecisi? «Sono le accuse di alcuni
ambientalisti, già archiviate dalla Procura, siamo un leader mondiale nel
mercato del Gnl, vogliamo portare tutto il nostro ”know how” e la nostra
esperienza per creare a Trieste il miglior progetto per la città e i suoi
cittadini e per il settore energetico italiano».
Dopo le pesanti e circostanziate parole di allarme sull’impianto che Gas natural
sta per impiantare a Zaule espresse l’altro giorno dal gruppo tecnico di lavoro
formato da docenti universitari italiani e sloveni l’impresa spagnola è stata
interpellata per una risposta a così pesanti quesiti. C’è un piano di sicurezza?
Si può spostare il rigassificatore? Quando saranno inviate al ministero le
risposte alle prescrizioni date? Perché si è scelto un sito così vicino a tante
industrie a rischio in caso d’incidente?
A stretto giro di posta elettronica Gas natural ha risposto ieri a tutti i
quesiti, tranne a uno. Perché non è stata organizzata una confacente
informazione ai cittadini? «Vorremmo chiederlo a chi lo sa - in questo caso
risponde la società spagnola -, non l’abbiamo mai capito». Forse tuttavia è una
esplicita frase di dubbio e riflessione interna, l’unica peraltro rimasta solo
in spagnolo senza traduzione in inglese, in un testo che a ogni quesito risponde
con orgoglio, certezze, rassicurazioni e promesse.
Gas natural nello specifico afferma di non poter controbattere punto su punto
alle osservazioni dei docenti triestini, perché non in possesso dei testi
originali di contestazione. Osserva tuttavia che i loro argomenti sono quelli
ricorrenti, «e sono stati chiariti tempo fa davanti alle maggiori autorità. Si
può davvero credere - scrive Gas natural ricordando che da 40 anni sue
installazioni sono attive nei paesi più sviluppati, e che altre sono in
costruzione negli Usa, in Francia, in Olanda - che queste autorità potrebbero
ignorare gli errori macroscopici di cui ci accusano questi docenti? L’accusa di
falsa documentazione imputataci da alcuni ambientalisti è stata completamente
chiarita davanti alla Procura, e infine archiviata perché totalmente falsa».
Inoltre si ribadisce che Gas Natural aprirà una sede a Trieste e uno degli
obiettivi principali di questa presenza «sarà trovare i mezzi più efficaci per
comunicare il progetto alla popolazione, alle istituzioni, e per informare su
tutti i passi dell’intero procedimento».
Quanto alla dislocazione dell’impianto, così contestata, la società spiega: «La
selezione dei siti si basa su differenti aspetti: sicurezza, disponibilità di
infrastrutture, capacità del porto di trattare navi grandi, disponibilità di
personale qualificato per la costruzione e l’operatività del terminal di
rigassificazione, vicinanza ai consumatori finali nella rete italiana del gas, e
ragioni economiche in termini di sviluppo locale considerando sia la costruzione
in loco, sia la competitività in termini di apertura del mercato italiano del
gas a nuovi e competitivi operatori».
Infine: le risposte alle prescrizioni del ministero dell’Ambiente saranno
inviate via via che si completa la documentazione necessaria per
l’autorizzazione finale. «E saranno - dice l’impresa - la garanzia che il
progetto quando diventa operativo soddisferà tutte le esigenze ambientali,
tecniche e della sicurezza per il bene della popolazione, e del proprio
impianto».
Sui timori per la sicurezza, gli spagnoli sembrano seccati dai dubbi triestini:
«Si prenda nota - scrivono - che per una compagnia come Gas natural, che gode di
reputazione internazionale, che ha trasportato, distribuito e creato
installazioni di gas per oltre 100 anni la sicurezza è una priorità. Parliamo
seriamente - ammoniscono - di cose serie. Un centinaio di differenti misure di
sicurezza sono installate nel disegno di ogni singolo sistema nel terminal per
prevenire incidenti».
GABRIELLA ZIANI
Razeto: «Siamo distanti dal progetto definitivo» - Il
presidente di Assindustria: «L’impianto va fatto con tutti i crismi e i sistemi
più moderni»
«Un impianto come il rigassificatore deve avere tutti i
controlli possibili e immaginabili per la sicurezza. Se i docenti triestini che
criticano l’attuale progetto dicono che per fare si deve far bene, sono
completamente d’accordo, senza garanzie di sicurezza non ha nemmeno senso andare
avanti, il rigassificatore va fatto con tutti i crismi e i sistemi più moderni».
Lo afferma il presidente di Assindustria, Sergio Razeto, che aggiunge: «Casa mia
è a un tiro di schioppo, non voglio finire io per primo in una nube di gas...».
Razeto tuttavia è molto dubbioso sulle dure critiche del gruppo di docenti, che
non ha tuttavia potuto approfondire per motivi d’intenso lavoro: «Credo -
afferma - che siamo in una fase molto distante da un progetto vero, manca uno
studio di fattibilità, e ritengo che Gas natural abbia predisposto una prima
analisi di superficie, che sempre si fa per vedere se ci sono le condizioni per
realizzare un impianto industriale e metterci i quattrini, credo che l’attuale
documentazione passerà dallo studio approssimativo a un progetto certo».
Ieri tuttavia, sulla scorta delle argomentazioni del gruppo tecnico, il
consigliere regionale del Pd, Igor Gabrovec, ha chiesto a Tondo di «bloccare
immediatamente l’iter di approvazione del rigassificatore». Motivo: pericoli e
documentazione con «macroscopici errori», la cui sottovalutazione viene imputata
anche all’assessore all’Ambiente, Elio De Anna. Il quale dà invece dell’intera
vicenda una inedita versione: «Gas natural non ha ottenuto parere positivo alla
Valutazione d’impatto ambientale (Via), ma solo un parere di conformità limitato
agli impianti sottomarini. Manca ancora - dice l’assessore - pari procedura
anche per il tubo di collegamento tra la nave gasiera e i depositi a terra. Non
è cambiato niente, a oggi, da quando la giunta Illy disse che non poteva
esprimersi perché non erano chiariti rischi e sicurezza. Se il ministero
dell’Ambiente riavvierà le procedure di Via - prosegue De Anna - solo allora la
giunta Tondo acquisirà tutti i pareri da portare a quel tavolo: sentirà i Comuni
di Trieste, San Dorligo e Muggia, esperti, altri, costruirà insomma un suo
parere motivato. Avere poi la Via - conclude - non significa un’automatica
autorizzazione, che può ancora essere negata».
Per l’assessore alle Infrastrutture, Riccardo Riccardi, tutto è molto chiaro
invece: «Se c’è già la Via, data dal ministero che è organo dello Stato e quindi
della Repubblica italiana, chi crede nella Repubblica deve credere anche a un
suo parere, più che ai comitati. Il rigassificatore è strategico per l’economia
regionale, ha l’assenso degli enti locali anche triestini, e abbasserà il costo
delle bollette». Altrettanto ferme le considerazioni del presidente
dell’Autorità portuale, Claudio Boniciolli: «Le previste 120 gasiere portate al
rigassificatore in un anno non sono niente, non interferiscono coi suoi
traffici, e la bora non ha mai fatto male a nessuna nave».
Il sindaco Roberto Dipiazza: «Ecco puntuale il partito del ”no se pol”. È
un’area inquinata da 50 anni, e con la bonifica si ottengono tre vantaggi:
indotto economico, catena del freddo, energia a buon prezzo. Se scoppia la
centrale nucleare di Krsko diventiamo come Pompei, ma se scoppia il
rigassificatore c’è solo un botto».
(g. z.)
RIGASSIFICATORE - DUBBI ”TRIESTINI” SULL’IMPIANTO - A MENIA 11 DOMANDE SCOMODE
Abbiamo chiesto a Paolo Rumiz di porre al
sottosegretario all’Ambiente Roberto Menia le domande più dirette e scomode sul
progetto del rigassificatore di Zaule. Domani le risposte di Menia.
Gentile sottosegretario onorevole Roberto Menia, vorrei capire meglio da lei
cos'è questo rigassificatore di Trieste. Essendo lei un sostenitore del
progetto, le chiedo di spiegarmelo. Non mi importa niente delle obiezioni
slovene, che del resto lei considera un’interferenza negli affari di casa. Qui
le porrò dubbi italianissimi. Anzi, triestini.
Ho posto alcune di queste domande all'azienda spagnola Gas Natural che si
prepara a costruire l'impianto, ma in questo delicato momento, con la città
scarsamente informata, ritengo debba essere lei a rispondere, in quanto
viceministro all'Ambiente, quindi direttamente coinvolto, e in quanto figlio di
questa città. Un'azienda fa i suoi interessi. Lei invece si occupa dei nostri.
Quindi anche dei miei e di quelli dei miei figli.
Premetto ancora: lei non è un politico che ha preso l'incarico istituzionale
come una sine-cura. L'on. Menia è uno che lavora, dicono a Roma, e ci credo. Lei
conosce il fatto, e la sua sensibilità ai problemi del territorio è
indubitabile. Non c'è oggi in Italia persona più adatta a rispondere. Dunque
sono certo che lo saprà fare con l'attenzione che il delicato argomento
richiede. Cominciamo.
IL LUOGO. Perché il rigassificatore di Rovigo sta a quindici chilometri dalla
costa mentre noi, che abbiamo un mare più chiuso, dobbiamo ospitarlo quasi in
città, e per giunta nella sua forma più obsoleta?
GLI OBIETTIVI. Lo sa che attorno al sito del rigassificatore esiste un'alta
densità di obiettivi "sensibili"? Glieli elenco: i depositi costieri triestini
(50 metri), la futura centrale a turbogas (50 metri), il terminal dell'oleodotto
(100), l'inceneritore (150), la ferriera (500) e i depositi di formaldeide della
Alder (700). La superstrada è a 120 metri, i quartieri popolari a 600, lo stadio
a mille.
I RISCHI. Pensando all'attentato del 1972 alla Siot e all'enfasi del suo governo
sul tema del terrorismo, non ritiene che la collocazione dell'impianto possa
costituire un problema? E in caso di incidente, sono stati valutati i pericoli
in ossequio alla legge Séveso?
EFFETTO-DOMINO. È a conoscenza del fatto che nel progetto della Gas Natural
approvato dal suo ministero, in particolare nelle cartografie allegate all'esame
dell'effetto-domino (incidenti a catena) mancano i depositi costieri,
l'inceneritore, i depositi di formaldeide, le industrie? Come mai la commissione
ambiente non si è accorta di niente?
IL MARE. Ha valutato gli effetti ambientali di un impianto che succhia 800 mila
metri cubi di acqua al giorno, in un anno l'equivalente del triplo della baia di
Zaule (tutto il mare a Est delle dighe)? Lo sa che in quel mare chiuso verrà
versato all'anno l'equivalente 70 tonnellate di cloro attivo? Lo sa che
autorevoli esperti del nostro polo scientifico temono alla lunga nella baia un
abbassamento di alcuni gradi di temperatura?
LO STUDIO. È a conoscenza del fatto che negli studi di Gas Natural l'accumulo
delle acque fredde non viene quasi considerato e le medesime vengono descritte
come tendenti verso l'alto, contro ogni legge fisica? Ha visto che nella
planimetria dell'impianto i serbatoi sono indicati a volte a destra e a volte a
sinistra? Lo sa che la bora viene indicata con punte massime di 36 orari contro
i cento della realtà?
IL CITTADINO. Perché al comune cittadino che deve allargare la veranda di casa
si chiede un progetto firmato su carta intestata da un geometra iscritto
all'Ordine, mentre alla grande compagnia energetica si è consentito di
presentare una documentazione spesso carente e densa di sviste formali?
IL PORTO. La Capitaneria di porto di Chioggia, in base alle direttive europee
sulla sicurezza, ha disegnato attorno al suo rigassificatore off shore una zona
d'interdizione larga due chilometri e mezzo, per la sicurezza delle gasiere. Non
teme che analoga disposizione, applicata a Trieste dove il canale d'accesso
delle grandi navi è minimo, possa significare la paralisi del porto?
LA CITTÀ. Non pensa che la città non avrebbe dovuto essere lasciata sola di
fronte a un progetto così grande? Perché non è stato istituito un team neutrale
e autorevole di esperti capace di valutare il progetto e renderne pubblici i
contorni? Perché la città - e l'Italia di conseguenza - deve trovarsi di fronte
a progetti energetici da accettare a scatola chiusa e sui quali discutere a
vuoto, magari in inutili referendum, tra i soliti due partiti, quello del "si
deve" e quello del "no se pol"?
IL FUTURO. Siamo di fronte a cinque progetti "sospesi": una centrale a turbogas,
un rigassificatore a terra, un rigassificatore a mare, un gasdotto sottomarino e
forse a un terminal di gas russo a Monfalcone, di cui si parla dopo l'incontro
Putin-Berlusconi. Cinque, che camminano separatamente nonostante siano nella
stessa piccola area. Esiste una scelta unitaria dietro tutto questo? Un
interesse nazionale? O c'è solo l'interesse delle compagnie? Che volto avrà
Trieste fra dieci anni?
LA SLOVENIA. Lei respinge le obiezioni ambientali slovene all'impianto.
Benissimo. Allora mi spieghi: come mai non ha avuto da ridire su un progetto
devastante per il Carso per il Corridoio 5 che le Ferrovie italiane hanno preso
pari pari da quelle slovene, nell'interesse prevalente del porto di Capodistria?
Ho finito. Qui vorrei esprimere solo un'opinione personale. Lei è molto
sensibile agli eventi tragici del dopoguerra in queste terre. E va bene. Il
rischio è che a furia di parlare di passato si dimentichi di vedere il presente.
Su una Trieste frastornata incombono cambiamenti epocali che rischiano di essere
ingovernabili, e non vorrei, per dirla come Carpinteri e Faraguna, che il gran
parlare di vecchie cose serva solo «a insiempiar la gente».
Confido, anche da elettore, in una sua gentile risposta.
Paolo Rumiz
CIRCOLO MIANI - «Inquinamento, Dipiazza deve garantire
la salute» - Fogar su Servola: «Il sindaco non rispetta le promesse elettorali»
Si chiude il centro a causa dello smog, ma la Ferriera
continua a diffondere nell’aria polveri e inquinamento atmosferico. È il
«paradosso» denunciato ieri dal fondatore del circolo Miani, Maurizio Fogar,
strenuo sostenitore della necessità di chiudere lo stabilimento di Servola «per
tutelare la salute di tutti i cittadini».
Apparso più combattivo che mai, nonostante la decisione di non assumere farmaci
«per protestare contro l’immobilismo delle istituzioni su questo gravissimo
problema», Fogar ha ripreso un ragionamento proposto più volte nel recente
passato. «Altri sindaci, a cominciare da quello di Piombino – dice il portavoce
del Miani – si sono comportati con maggiore coerenza davanti alla crescita
dell’inquinamento atmosferico, invece Roberto Dipiazza sembra essere sordo a
queste sollecitazioni, nonostante le promesse fatte sull’argomento in campagna
elettorale». E aggiunge: «Il nostro sindaco – prosegue Fogar – preferisce
scusarsi pubblicamente con i residenti dei rioni più vicini allo stabilimento di
Servola, dopo aver deciso le limitazioni al traffico veicolare, a causa
dell’inquinamento, piuttosto che porre fine a questo scempio provocato dal
funzionamento della Ferriera».
Fogar si è rifatto a una lunga serie di norme «che dovrebbero obbligare a
prendere gli opportuni provvedimenti, partendo dalla Costituzione, che
garantisce la salute pubblica – dice il fondatore del circolo Miani – per
arrivare a decreti e leggi regionali più recenti. Invece pur in presenza di
evidenti segnali di grave pericolo per la popolazione, nessuno sembra
preoccuparsi più di tanto. Dipiazza sembra dimenticare che possono essere tre le
cause di inquinamento che devono portare all’assunzione di provvedimenti e che
riguardano non solo il traffico e i sistemi di riscaldamento, ma anche il
settore industriale. Eppure qui a Trieste siamo costretti a coabitare con
un’atmosfera deleteria per la salute di tutti».
Fogar ha annunciato che, giovedì prossimo, «sempre che il mio stato di salute me
lo consenta» facendo intendere che continuerà lo sciopero dei farmaci, si
presenterà in piazza Unità, dove hanno sede consiglio comunale e giunta
regionale, per diventare «il promemoria vivente della situazione in essere».
(u. s.)
Tav, Chisso assicura: c’è l’accordo con il Fvg - A
VENEZIA POLITICI E MANAGER A CONFRONTO SUI PROGETTI DELLA «METAREGIONE»
CONFINDUSTRIA - Tomat: «Siamo pronti a un nuovo
progetto» - Ma l’assessore veneto non lo svela. Costa: «Un nuovo corridoio verso
i Paesi Baltici»
VENEZIA «Sull’alta velocità non c’è alcun conflitto tra Veneto e Friuli.
Sono solo balle che scrivono i giornali. Con il governatore Renzo Tondo sono in
contatto e stiamo già lavorando ad un accordo».
È difficile immaginare quale potrebbe essere il tracciato che metta d’accordo il
Veneto, che vuole il treno ad alta velocità lungo la costa adriatica, ed il
Friuli che invece lo vede correre parallelo all’autostrada A4. Ma l’assessore
regionale alle Infrastrutture del Veneto Renato Chisso ha esordito con queste
parole ieri mattina a Ca’ Corner, sede della Provincia di Venezia. L’occasione
era un convegno sulla Metaregione - organizzato da Confindustria Veneto - al
quale hanno partecipato rappresentanti delle sei aree coinvolte nel progetto:
Veneto, Friuli Venezia Giulia, Carinzia, Stiria, Slovenia e Croazia.
L’assessore veneto non ha fatto alcun accenno al tracciato, non è entrato nello
specifico, non ha dato nulla da intendere se non che, tra Veneto e Friuli,
scorre buon sangue. Ammesso che basti questo per dare vita ad un collegamento
ferroviario di tale portata, è tutto da vedere. Probabilmente, non prima
dell’esito delle elezioni regionali in Vento.
Certo il punto di domanda resta: che senso ha costruire un tracciato ad alta
velocità lungo le spiagge, vuote 9 mesi all’anno? Ma Metaregione non significa
solo Tav, ma anche Corridoi ferroviari ed autostradali ed un network di
collaborazione tra i porti del Nord Adriatico. Le idee sembrano esserci, ma
l’obiettivo appare ancora lontano.
Il presidente dell’Autorità Portuale Paolo Costa insiste sulla necessità di
pensare alla rete infrastrutturale della Metaregione come un tutt’uno e non un
insieme fatto di tanti pezzetti che non vengono portati a termine. «La
Commissione Europea avvii la procedura d’infrazione per gli Stati che non
portano a termine le tratte di competenza nazionale dei progetti prioritari
europei di trasporto - dice - i progetti prioritari europei servono l'intera
Europa e non possono essere ostaggio delle inefficienze di un singolo Stato
membro; il rallentamento, o peggio, la mancata realizzazione di una singola
tratta compromette l'intera funzionalità di un progetto».
Ieri, a Venezia, è stato sottoscritto un protocollo a sostegno del Corridoio
Baltico-Adriatico: «Come rappresentanti delle imprese e delle economie dell’area
ci siamo battuti per la realizzazione del Corridoio 5 - ha detto il presidente
di Confindustria Veneto Andrea Tomat - oggi condividiamo l’opportunità di
sviluppare un nuovo Corridoio, “spina dorsale” per gli scambi fra Austria,
Slovenia, Polonia fino ai paesi Baltici e fino alla Russia per entrare nei
mercati mondiali».
SILVIA ZANARDI
Ferrovie, tagliato il treno diurno che collegava
Trieste a Vienna - Soppresso l’Eurocity «Johann Strauss». E l’Austria ripiega
sui pullman
TRASPORTI PENALIZZATI
KLAGENFURT Dal 13 dicembre, giorno di entrata in vigore dell'orario
ferroviario invernale, sarà soppresso l'Eurocity per Vienna «Allegro Johann
Strauss», in partenza da Trieste alle 15.59, cambio a Udine alle 17.09, arrivo a
Vienna alle 23.35. Era l'ultimo collegamento diurno tra il Friuli Venezia Giulia
e l'Austria, dopo la soppressione dell'altro Eurocity del mattino decretata lo
scorso anno. Dal 13 dicembre, dunque, la nostra regione sarà ancor più isolata
dalla Carinzia e dall'Austria, alla faccia dell'istituenda Euroregione e dei
rapporti sempre più fitti con i nostri vicini danubiani.
Ma, come si usa dire, non tutto il male viene per nuocere. Perché dopo il 13
dicembre le possibilità di raggiungere di giorno la Carinzia e Vienna si
quadruplicheranno.
Una contraddizione? Soltanto apparente. I partner austriaci hanno reagito alla
soppressione del treno istituendo quattro corse sostitutive giornaliere di
pullman da Klagenfurt a Venezia, con tappa a Villaco e a Udine (e viceversa).
Per andare a Vienna si potrà quindi salire sul bus a Udine, che arriverà a
Villaco in coincidenza con la partenza di un treno per la capitale austriaca.
Dopo Pasqua le corse saliranno a cinque.
«Noi questi pullman li consideriamo come veri e propri treni - ci tiene a
sottolineare l'ingegner Christoph Posch, portavoce delle Öbb (le Ferrovie
austriache) - Li abbiamo chiamati Intercity-Bus, abbiamo dato loro un numero
come ai treni, il biglietto è lo stesso e si fa alla cassa della stazione, la
corsa è inserita nell'orario ferroviario (soltanto in quello austriaco, non in
quello italiano, ndr), a Udine e a Villaco non fermano alla stazione
autocorriere ma proprio davanti alla stazione ferroviaria, per favorire il
trasferimento di eventuali passeggeri giunti in treno. Ci sono prima e seconda
classe, prese elettriche per i lap-top, servizio bar, toilette, posti per
passeggeri con handicap, distribuzione di giornali».
La scelta di istituire un servizio di pullman è stata presa soltanto dopo che
era risultato vano ogni tentativo di convincere Trenitalia a recedere dalla sua
decisione. «Per noi il collegamento fino a Venezia è molto, molto importante -
dichiara Posch - e non comprendiamo perché Trenitalia abbia voluto cancellare
questa corsa. Era usata mediamente da 200-250 persone al giorno, un numero molto
alto. La gestione del nostro servizio era attiva e non capiamo come mai quella
di Trenitalia fosse in perdita».
Le Ferrovie austriache si erano offerte di gestire loro il servizio fino a
Venezia, pur di non sopprimere il treno, «ma le condizioni poste da Trenitalia
erano inaccettabili, con costi per il pedaggio 2 o 3 volte superiori al
normale». Da ciò la scelta di ripiegare sui bus. Il biglietto da Udine a
Klagenfurt costa 16 euro in prima e 12 in seconda classe (ma, acquistandolo in
anticipo, si può accedere a un numero contingentato di posti a soli 9 euro).
L'acquisto si può fare alla cassa di qualsiasi stazione o per internet con carta
di credito. Prezzi e orari dettagliati sono disponibili sul sito internet che le
Öbb hanno istituito appositamente per l'Italia (www.obb-italia.com). Perché il
servizio treno-bus dalla Carinzia funziona bene, ma meno bene dalla nostra
regione, dove se ne ignora persino l’esistenza.
MARCO DI BLAS
Mare-Carso, Nesladek presidente - L’ORGANISMO CHE
RAGGRUPPA I MUNICIPI COSTIERI E DELL’ALTIPIANO
Dalla Regione 55mila euro per migliorare la
comunicazione tra Comuni - Allo studio un sito web che consentirà consultazioni
in tempo reale
MUGGIA E’ il sindaco di Muggia, Nerio Nesladek, il nuovo presidente
dell’associazione intercomunale “Mare - Carso”, al suo fianco il vicepresidente
Giorgio Ret, sindaco di Duino Aurisina. Questa è stata una delle decisioni
assunte ieri mattina dalla conferenza dei sindaci che si è riunita per
l’adozione delle prime risoluzioni, facendo entrare nel vivo l’operatività
dell’associazione tra i cinque Comuni.
All’incontro hanno partecipato il sindaco di Muggia, Nerio Nesladek, il sindaco
di Duino Aurisina, Giorgio Ret, il sindaco di San Dorligo della Valle, Fulvia
Premolin, il sindaco di Monrupino, Marko Pisani, l’assessore delegato del Comune
di Sgonico, Nadia Debenjak. L’assemblea ha anche discusso della modifica di
alcuni aspetti della convenzione tra gli enti, delle prospettive future della
gestione in forma associata dei servizi, nonché dell’assunzione degli indirizzi
sul riparto dei contributi regionali.
L’associazione intercomunale tra Muggia, San Dorligo della Valle, Duino Aurisina,
Sgonico e Monrupino ha ricevuto infatti contributi regionali per circa 55mila
euro, parte dei quali è stata destinata al nuovo piano di comunicazione
dell’associazione intercomunale. Uno dei punti cardine di questo progetto sarà
infatti la realizzazione di un sito web che servirà ai cinque Comuni per
promuovere le iniziative che saranno svolte in forma associata ma anche per
facilitare ulteriormente la comunicazione tra gli enti e i cittadini.
Un’altra parte dei contributi regionali sarà destinata al finanziamento delle
attività correlate alla convenzione già in essere in tema di ambiente. Per
quanto riguarda le prospettive future dell’associazione “Mare - Carso”, dalla
seduta è emersa soprattutto una grande sintonia e un grande entusiasmo dei
sindaci, nell’ottica della valorizzazione della forma associativa fra gli enti
come migliore risposta che si possa dare per offrire servizi sempre più
qualificati al minor costo. Gli uffici infatti avranno, mediante questo
strumento, modo di scambiarsi informazioni ed esperienza, gli operatori dei
diversi Comuni potranno anche partecipare a progetti formativi associati, alcuni
dei quali sono già in fase di avvio.
I sindaci, va detto infine, guardano già ad altri progetti da mettere in campo
nel 2010, nell’ottica dell’efficientamento dei servizi offerti alla
cittadinanza.
IL SOLE 24 ORE - VENERDI', 27 novembre 2009
Fotovoltaico record, ritirato l'emendamento
anti-rinnovabili
La potenza installata degli impianti fotovoltaici italiani
ha superato i 700 megawatt. Secondo il censimento del Gestore dei servizi
energetici, che si occupa dell'incentivo, le centrali solari sono 56.285, in
massima parte piccolissime istallazioni domestiche. Le regioni con una maggiore
potenza sono la Puglia (96 megawatt), la Lombardia (84) e l'Emilia Romagna (62
megawatt), mentre il Gestore dei servizi energetici ha censito il maggior numero
di impianti in Lombardia (8.630), Emilia Romagna (5.293) e Veneto (5.166).
Intanto l'emendamento di fonte governativa alla Finanziaria per il 2010,
contenente drastici tagli all'incentivazione delle fonti rinnovabili, è stato
ritirato, con il sollievo delle associazioni Anev, Aper, Assossolare, Federpern,
Fiper, Greenpeace, Ises, Itabia, Kyoto Club e Legambiente. Secondo le
associazioni, se la proposta di modifica al testo della Legge Finanziaria 2010
fosse stata accolta, il settore delle rinnovabili avrebbe subito un duro colpo.
A parere di Massimo Orlandi, vicepresidente di Assoelettrica, l'associazione
confindustriale delle industrie elettriche, l'emendamento avrebbe aggiunto
incertezza a un settore che ha bisogno di grandi investimenti e grandi capacità
di previsione e inoltre non ha senso mettere vincoli a produzioni di energia
pulita «il cui mancato rispetto comporterà l'irrogazione di sanzioni economiche
anche di grande peso».
Procede intanto il ricorso presentato dalla Federpern al Consiglio di Stato, in
appoggio dell'Autorità dell'energia, contro una sentenza del Tar contro i prezzi
minimi garantiti nel settore idroelettrico.
Jacopo Giliberto
LA REPUBBLICA - VENERDI', 27 novembre 2009
RIGASSIFICATORE - Trieste alla guerra del metano contro l'impianto che fa paura
Citta' in rivolta per il progetto del rigassificatore vicino a fabbriche e case.
Paolo Rumiz
IL PICCOLO - VENERDI', 27 novembre 2009
«Rigassificatore, impianto ad alto rischio» - Studio italo-sloveno per la Uil Vigili del fuoco: errori macroscopici nei documenti di Gas Natural
il documento presentato dalla UIL - il video della conferenza stampa
DUBBI PESANTI SULL’IMPIANTO SOLLEVATI DA UN GRUPPO DI
DOCENTI UNIVERSITARI
Come può il ministero dell’Ambiente aver trascurato che la documentazione
presentata da Gas natural per il rigassificatore nell’area di Zaule contiene
macroscopici errori di cartografia, di calcolo, di analisi del vento («massimo
di bora di 36 km all’ora, sono dati raccolti a Caorle») e dei fondali marini?
Come può aver accettato che un impianto ad alto rischio sia posizionato a poche
centinaia di metri da Ferriera, centrale a turbogas, fabbrica di formaldeide,
metanodotto, depositi Siot, inceneritore che in caso d’incidente o atto
terroristico provocherebbero con effetto domino un enorme disastro umano e
ambientale?
E perché il ministero e le autorità locali non si sono accorti che nei documenti
una traduzione dallo spagnolo stravolge il testo originale e appare non firmata
dunque senza valore legale? Come hanno potuto gli amministratori pubblici non
vedere che nel progetto per 22 volte i depositi costieri sono disegnati sulla
parte sinistra, e nelle pagine successive nella parte destra? E «perché si fa
credere alla gente che il gas raffreddato se fugge dall’impianto evapora senza
rischi? Al contrario, diventa una nube pesante e soffocante, a rischio
d’incendio». Ancora, perché non si è scelto un impianto che non debba prelevare
quotidianamente 800 mila metri cubi di acqua al giorno rimettendola in natura
raffreddata di 5°?
Una raffica di dubbi pesantissimi sull’impianto del rigassificatore a terra è
stata espressa ieri da un gruppo tecnico formato da numerosi docenti
universitari e da un chimico sloveno che ha lavorato per conto del sindacato Uil
dei Vigili del Fuoco: «Noi conosciamo i rischi - ha detto il coordinatore
Adriano Bevilacqua -, non possiamo accettare che un’impresa proponente dia un
progetto senza accurata analisi dei rischi, noi l’abbiamo fatta e il risultato è
agghiacciante».
Mentre la Regione si dice impotente in questa fase e rimanda al ministero
dell’Ambiente che a propria volta attende risposte dagli spagnoli su alcune
indicazioni prescrittive, ieri mattina in piazza Unità si sono alternati al
microfono tecnici dell’Università di Trieste e di istituti scientifici, a nome
dell’intero gruppo di studio formato da Giacomo Costa (chimico), Bruno Della
Vedova (geologia e geofisica), Livio Sirovich (geologia), Franco Stravisi
(oceanografia e meteorologia), Fulvio Crisciani (fluidodinamica geofisica),
Pierluigi Barbieri (chimica), Tomaz Ogrin dello Jozef Stefan Institute sloveno
(chimico), Giorgio Trincas e Radoslav Nabergoj (ingegneria navale), Irene Valle
(architettura), Marino Valle (ingegneria meccanica).
Denunciate le omissioni, la scarsa chiarezza, la pochissima informazione, i
pericoli, e perfino la scarsa economicità di un impianto come questo rispetto a
quello di Livorno, gli specialisti tecnici con le carte alla mano hanno detto
come anche il già avviato gasdotto Snam si sia legato stretto al rigassificatore
di Zaule ma pure a quello off-shore di E.On (ex Endesa), il tutto senza pubblica
chiarezza, e nessuna condivisione coi cittadini per arrivare «a un patto col
territorio». Il senso era: «Se proprio serve un rigassificatore, che sia fatto
bene, non è ”un’opportunità” per Trieste, è un rischio da non sottovalutare».
GABRIELLA ZIANI
«Bora a 36 orari? Qui supera i 100» - LE INCONGRUENZE
EVIDENZIATE - Gli ingegneri giudicano migliori molte strutture realizzate in
altri Paesi
L’acqua della baia di Muggia ha 9° fino a 50 metri di
profondità? Questo dice il documento di Gas natural passato per la Valutazione
d’impatto ambientale, ha detto ieri Livio Sirovich dell’Ogs: «Ma questi sono i
dati medi del mare da Ancona in su, non analisi del canale navigabile». Il vento
che può incidere sul movimento delle navi gasiere è indicato a un massimo di 36
km all’ora? Fulvio Crisciani (Università e Cnr): «Ma la bora arriva a 100, in
ogni mese dell’anno». Il metano evapora silenzioso? Tomaz Ogrin (Lubiana),
mostrando un video: «Se raffreddato pesa più dell’aria, crea una pesante nebbia
sull’acqua, quando si riscalda e sale forma una fitta nube, da un litro di
metano liquido si formano 600 litri di gas, per di più senza odore e colore,
quindi di notte si potrebbe venirne colpiti senza accorgersi». Se si
incendiasse, la potenza sarebbe tale da provocare «ustioni irrimediabili» in
aree abitate.
Queste alcune delle terribili visioni date ieri dagli esperti sui rischi del
rigassificatore, senza contare gli esempi di impianti realizzati altrove che gli
ingegneri locali giudicano migliori. Giorgio Trincas (Ingegneria navale): «A
Livorno la nave gasiera si accosta al rigassificatore a 12 miglia dalla costa, e
spedisce il gas direttamente in tubi sottomarini. I coreani, all’avanguardia,
hanno già realizzato sette navi col rigassificatore a bordo, e scaricano fino a
50 miglia dalla costa». Di fronte all’allarme, molti interventi: del
contrarissimo sindaco di Muggia, Nerio Nesladek, del Wwf, di cittadini, di
comitati che da tempo invocano attenzione.
(g. z.)
Piano del centro storico al via, ma secretato - Sette
”progetti strategici” e recupero dell’esistente per ripopolare l’area da Roiano
a Campo Marzio
In base all’ultimo censimento in sole due
circoscrizioni del cuore cittadino sono concentrati oltre la metà degli alloggi
sfitti
Nel momento in cui il nuovo Piano regolatore raccoglie le osservazioni dei
cittadini, il Piano particolareggiato del centro storico riprende
improvvisamente una corsa ferma da tre anni, cioè da quando l’architetto Alberto
Cecchetto - cui era stato commissionato il ruolo di consulente scientifico del
Piano del centro nel 2002 - presentò il suo lavoro alla prima giunta Dipiazza.
Il plico, rielaborato dagli uffici del Comune, da qui a Natale sarà sottoposto
infatti a un autentico tour de force burocratico. Con tanto di secretazione.
LE TAPPE Mercoledì la giunta ha dato il suo primo via libera a un documento che
la maggioranza conta, ora, di adottare in Consiglio comunale già lunedì 14
dicembre, a chiusura di tre passaggi in altrettante circoscrizioni, di quattro
sedute in commissione Urbanistica e di un’ulteriore transito in giunta.
Un’accelerazione - spiega il presidente della stessa commissione Urbanistica, l’Udc
Roberto Sasco - dovuta dal fatto che «abbiamo l’occasione di far entrare in
vigore il prima possibile un provvedimento al quale il nuovo Prg, cioè proprio
quello che stiamo chiudendo, demanda le prescrizioni del centro storico». Il
Piano particolareggiato, dopo l’esame del Consiglio a metà dicembre, seguirà le
medesime tappe del nuovo Prg: pubblicazione all’albo pretorio, osservazioni,
riadozione, tibro di Regione (e Soprintendenza) prima dell’entrata in vigore.
LE CASE SFITTE L’obiettivo politico dichiarato è stimolare il ripopolamento del
cuore cittadino - un milione e 300mila metri quadrati di zone A0 e A3 secondo la
variante 66 tutt’ora in vigore, dai confini di Roiano a quelli di Campo Marzio
con appendice a monte fino a San Giusto, in cui abitano oggi 17mila persone -
affinché questo non sia solo il cuore degli affari. Il tutto, però, senza che da
terra spunti nuovo cemento, a meno di eccezioni trattate preventivamente a parte
come quella, e sarebbe l’unica, del cosiddetto ”cubone” di Campo Marzio targato
Cmc-Vittadello che dovrebbe sorgere sulle ceneri dell’ex concessionaria Fiat. E
come ripopolare senza nuovo cemento? Agevolando il recupero di ciò che già c’è
ma è vecchio e vuoto. Già nel 2001 - l’anno dell’ultima rilevazione Istat -
nelle due circoscrizioni più baricentriche, la Quarta e la Quinta, era
condensata più della metà degli alloggi sfitti di Trieste: 3.800 su 7.419.
LE ZONE SENSIBILI La strategia per centrare l’obiettivo si traduce in una nuova
classificazione di tutti gli edifici e gli isolati in tre categorie (intoccabili
perché di massimo pregio, intermedi e riqualificabili previo ampliamento),
nonché nell’eliminazione di ogni possibilità per un privato di raddoppiare le
cubature consentite dalle destinazioni urbanistiche vigenti passando per il
Consiglio comunale, compatibilmente col Piano Casa voluto da Berlusconi. Sono
poi previsti due «progetti di ricomposizione urbana» per altrettante location
degradate: via Crosada, in zona Urban, e androna Campo Marzio, coordinata
sibillina se è vero che a palazzo si assicura che il Piano del centro storico
rivisita le cubature oggetto di contenzioso. E proprio in androna Campo Marzio
la Luci Costruzioni aveva chiesto di fare un altro ”cubone” salvo poi vederselo
congelato dapprima da un vincolo d’«interesse culturale e industriale» sull’area
da parte della Soprintendenza, poi dai regimi di salvaguardia dell’estate 2007
propedeutici al nuovo Prg. Si finisce con sette «progetti strategici per lo
spazio pubblico», con nuovi percorsi pedonali, non meglio precisati edifici
attrattivi, siti ad uso collettivo e arredi urbani coerenti tra loro che
insistono in «ambiti strategici» individuati in particolare in viale XX
Settembre, in via Carducci e sul colle di San Giusto, ai confini del perimetro,
oltre che a Ponterosso.
IL SEGRETO Sono queste dunque le basi del Piano, pubblicamente ancora generiche
perché il provvedimento è soggetto a secretazione preventiva. Lo precisano il
direttore dell’area Pianificazione territoriale Carlo Tosolini e la numero uno
del Servizio Pianificazione urbana nonché responsabile del procedimento Ave
Furlan, demandati dal sindaco Roberto Dipiazza, in veste di assessore
all’Urbanistica, a fornire i primi dettagli all’esterno. I plichi ad ogni modo
sono già da ieri sui tavoli dei membri della commissione Urbanistica. «Non ho
ancora avuto alcuna indicazione sulla secretazione - così Sasco - ma è chiaro
che mi atterrò come ho già fatto alle indicazioni tecniche del segretario
generale Santi Terranova».
LA POLEMICA «La secretazione come si è visto per il Prg ha già fatto danni.
Errare è umano, perseverare è diabolico, ho in mano peraltro una sentenza della
Cassazione secondo cui non esiste la condanna per rivelazione del segreto
d’ufficio per colui che divulga notizie concernenti la pubblica
amministrazione», ironizza il capogruppo del Pd Fabio Omero. «Le premesse del
Piano - prosegue Omero - con la scheda casa per casa ricalcano quelle venute dal
gruppo di lavoro di Leonardo Benevolo ancora in era Illy. Rilevo poi come tale
provvvedimento sia molto riduttivo rispetto a quello di Cecchetto che ci era
stato illustrato nel 2006».
PIERO RAUBER
Sasco: il Prg? Nel Pdl serve un chiarimento - Udc: o si
lavora insieme oppure tutti a casa Osservazioni a quota 1080
Camber: ci vuole in Finanziaria una norma che consenta
le permute con il Demanio
Più si conta, più le osservazioni al Piano regolatore crescono. Ultimo dato:
sono 1080. Il parere della maggioranza comunale non cambia, è quello del
sindaco. «Sono poche comunque». Ma intanto sul documento urbanistico cala un
caso politico. Per oggi era annunciata una conferenza stampa, è stata annullata.
«La Lega aveva impegni, nulla di più, poi sono assente io» dice Camber. Maurizio
Ferrara conferma tranquillissimo: «Solo impegni personali, davvero».
Ma è dall’Udc, invece, dall’unico rappresentante, da quel Roberto Sasco capo
della commissione Urbanistica che ricorda di aver «lavorato e lavorato al Prg, e
fatto tutti i calendari di commissioni e d’aula, e di aver sempre votato per
salvare la maggioranza, senza discutere» che arriva un serio, ultimativo
avvertimento.
«Conferenze stampa? Prima ci vuole un chiarimento nel Pdl - annuncia -, la
maggioranza è in una fase di estrema delicatezza, vince 21 a 20, o si lavora
davvero insieme, oppure è meglio andare a una verifica, o direttamente a casa, e
votare in primavera». Sasco si sente dirimente, che cosa muove una stizza tale?
«Ho proposto di creare in consiglio una consulta per la famiglia, niente, ho
proposto di istituire un nuovo calcolo per l’Isee familiare, niente, ho chiesto
una revisione dei servizi sociali perché non basta spendere ma bisogna
rivalorizzare, e niente, qui si parla solo del crocefisso, io son cattolico, ma
mi sta più a cuore la sorte delle famiglie in difficoltà di un simbolo che pure
rispetto». Infine: «Udc e Lega assieme ormai rappresentano il 15% dei voti, se
non c’era l’Udc dov’era Dipiazza? In bottega. Ferrara? In dogana». Non è,
conclude Sasco, «un diktat», ma «un messaggio chiaro di persona ragionevole».
Intanto Omero (Pd) rigetta le ironie del sindaco su chi «era in Costa azzurra
quando fu approvato il piano precedente» e Camber dice quel che aveva da dire:
«Il Prg - enuncia - cala il potenziale di espansione da 50 mila abitanti a 30
mila, riutilizza come a Banne l’edificato e quindi risparmia suolo, non trascura
il verde come dicono gli architetti, lo standard della norma regionale è di 15
metri quadrati ad abitante, noi ne abbiamo 53, e se i residenti aumentano di 30
mila saremo a 46,33: più del triplo del dovuto». Di norma ci basterebbero 3
milioni e 600 mila metri quadrati verdi. «Ne abbiamo - cita Camber - 11
milioni».
Difesa per il discrimine storico-architettonico del 1918: «Prima i traffici
andavano a Vienna e a Nord, ora a Est e a Sud, un paletto serviva».
Progettazione poco sensibile all’oltreconfine? «No, abbiamo tenuto conto delle
aree artigiano-industriali di Dolina e Sesana». Parco del mare senza parcheggi?
«No, ne sono programmati tre, che disfattismo...».
Infine, cosa resta da fare? Anche veder inserire nella Finanziaria nazionale una
«leggina» che consenta di portare a termine l’operazione voluta dal sindaco, e
cioé la permuta col Demanio secondo diversi criteri: valorizzazione di siti nel
Prg e in cambio proprietà diretta della caserma di via Cumano. «Poi - conclude
Camber - ci sono le intese col demanio militare per villa Necker, con l’Autorità
portuale, con l’Ezit, con la Regione e la Forestale (entro il 9 gennaio),
seguirà il parere della Regione, quello della Soprintendenza, l’istruttoria
delle osservazioni (fino ad aprile). In aprile-maggio il Prg tornerà in
commissione, a giugno-luglio in aula per l’approvazione finale, quindi la
Regione verificherà che siano state recepite tutte le sue prescrizioni». Se ogni
cosa andrà così, e liscia, il Prg diventerà legge più o meno fra un anno.
(g. z.)
Computer in tilt, dati smog su carta - L’ARPA TRASMETTE
GIORNALMENTE IL MONITORAGGIO AL SINDACO - Protestano Idv e ambientalisti
Il monitoraggio dell’inquinamento in città? C’è ma non si
vede. Non si vede a causa del collasso di un supercomputer, oggi in fase di
rianimazione, preposto a prelevare i dati dalle centraline periferiche e a farli
arrivare al quartier generale dell’Arpa di Palmanova, diffondendoli
concomitantemente on-line, e mettendoli quindi a disposizione di tutti. Ma
questo monitoraggio c’è, assicurano dal dipartimento triestino dell’Arpa. È
costante e arriva ogni giorno sul tavolo del sindaco e assessore all’ambiente
Roberto Dipiazza, il quale ha così tutti gli strumenti per decidere se chiudere
il centro al traffico in base al Pac, il Piano d’azione comunale. Su quel tavolo
finiscono quotidianamente pure i valori ”fantasma” delle Pm10 di via Svevo, una
delle tre location di riferimento regionale con piazza Libertà e via Carpineto,
che non sforna pubblicamente parametri aggiornati dalla fine di settembre,
costituendo l’esempio più allarmante della pubblica inefficienza del sistema di
controllo sulla qualità della nostra aria.
AI RIPARI «Le centraline funzionano tutte e registrano costantemente i parametri
- spiegano ancora dalla direzione locale dell’Arpa - il problema è che per
l’avaria di un server dedicato alla centralizzazione regionale dei dati, avaria
che ora una ditta esterna specializzata sta risolvendo, gli stessi dati non
vengono trasmessi automaticamente a Palmanova. In questo periodo stiamo pertanto
lavorando ”alla vecchia”. Lì dove il sistema non garantisce la trasmissione
automatizzata acquisiamo i risultati sulle concentrazioni per via cartacea,
andando fisicamente con i tecnici nella via in cui è posizionata una stazione di
rilevazione. Il sindaco è messo sempre nelle condizioni di valutare lo stato
dell’aria e le eventuali contromisure». Stringi stringi, il livello dello smog è
«sotto controllo». E «anche in questi ultimi giorni siamo nei limiti di
guardia».
LA POLEMICA Il braccio tecnico della Regione in materia ambientale risponde
così, dunque, alle ripetute segnalazioni di questi giorni riguardo l’assenza di
dati pubblici puntuali in uscita dalle centraline di rilevazione dislocate sul
territorio cittadino. Un’assenza che, in un mondo condizionato a tal punto dagli
automatismi computerizzati, può mettere in ginocchio una comunità, facendo
avanzare pesanti dubbi. Del difetto di trasmissione, e del deficit di
trasparenza, se n’è discusso anche in Consiglio regionale, dove il capogruppo
dei dipietristi Alessandro Corazza si è fatto rispondere in aula dall’assessore
competente Elio De Anna a una sua interrogazione. «La mancata pubblicazione dei
dati - ha riferito Corazza, che non si è definito soddisfatto della risposta di
De Anna - è a tutti gli effetti una violazione di legge che espone la Regione a
grossi rischi di carattere giudiziario. La disfunzione permane da due mesi e già
dal 6 novembre gli uffici interessati erano al corrente di questa problematica
ma, a quanto viene confermato dalla stessa risposta di De Anna, non si è ancora
fatto nulla per risolvere il problema. Nel frattempo i cittadini sono esposti a
gravi rischi per la salute senza neppure esserne a conoscenza».
GLI AMBIENTALISTI Altri strali infine sono arrivati in questi giorni, sotto
cappa, dal Wwf, che ha parlato senza parafrasare di «gestione fallimentare delle
centraline». «I dati rilevati - si legge in una nota inviata dall’associazione
ambientalista - sono stati acquisiti dal dipartimento di Trieste dell’Arpa, ma
non sono stati divulgati attraverso i mezzi d’informazione, nemmeno attraverso
un report settimanale di sintesi. Era il minimo che ci si poteva attendere da
un’istituzione pubblica, tra l’altro in un periodo caratterizzato da condizioni
meteo che favoriscono l’accumulo di inquinanti».
PIERO RAUBER
Cipolletta: Tav, possiamo recuperare i ritardi E la
Trieste-Divaccia non è in discussione
«Il contributo regionale per salvare i treni? Non
possiamo né vogliamo riaprire il disavanzo»
TRIESTE «La collaborazione sulla Tav tra Friuli Venezia Giulia e Veneto c’è.
Così come c'è il massimo impegno italiano per il collegamento
Trieste-Capodistria». Innocenzo Cipolletta, dal 2006 presidente delle Ferrovie
dello Stato, rassicura Europa e Slovenia: l’alta velocità ferroviaria «è una
priorità per la politica italiana e per Fs». Ma i tempi lunghi, i dubbi sul
tracciato, le apparenti titubanze del viceministro Roberto Castelli, i rimbrotti
del coordinatore europeo del Progetto prioritario Ten 6 Laurens Jan Brinkhorst?
«Qualche ritardo c'è - ammette Cipolletta - ma non siamo fuori tempo massimo».
Quanto alla partita dei treni pre-Tav, quella del faticoso approdo all’orario
invernale, Cipolletta spiega la scelta di imporre alla Regione Fvg un contributo
finanziario di 3 milioni di euro: «Se siamo arrivati all’equilibrio di bilancio,
è perché abbiamo fatto azioni lungimiranti a vantaggio di tutti, in primis i
cittadini».
Veneto e Friuli Venezia Giulia parlano della Tav come di una priorità. Poi però
arriva il coordinatore Brinkhorst e denuncia una mancata collaborazione. Chi ha
ragione?
Per quello che mi risulta la collaborazione non manca perché è nell’interesse
delle due parti. Di certo vanno recuperati dei tempi e, anche da parte di
Ferrovie, si lavora per questo obiettivo.
Dunque il Nordest è in ritardo sulla Tav?
Siamo un po’ tutti in ritardo ma non fuori tempo massimo. Assieme alle Regioni,
completeremo la progettazione entro il 2010 rientrando così nei tempi fissati in
agenda.
Su cosa si basa la sua fiducia?
Sull’impressione che le cose procedano.
Qualcuno è colpevole dei ritardi?
Si sconta solo il problema chiave della tratta: il reperimento delle risorse
finanziarie. Dopo la progettazione, andrà inevitabilmente affrontato. Senza la
visibilità degli impegni finanziari è difficile immaginare un’accelerazione dei
tempi.
Compito del governo?
Compito di tutti. Il governo ha impegnato molti fondi pure sulla tratta
Milano-Venezia, propedeutica a quella nordestina. Si tratta di risorse
rilevantissime.
Quante ne serviranno?
Facciamo la progettazione e poi ne riparliamo. I calcoli del passato non possono
essere più ritenuti validi.
Ma quando vedremo davvero la Tav?
Dipende appunto dalle risorse. Impossibile fare previsioni in assenza di un
quadro finanziario.
Veniamo al nodo dei due tracciati su cui Veneto e Friuli Venezia Giulia devono
appunto mettersi d'accordo. La Tav scenderà a sud verso le spiagge venete o a
nord in direzione dell’autostrada A4?
Ferrovie non ha preferenze. Al massimo facciamo valutazioni tecniche, valutiamo
i costi dell'una e dell'altra ipotesi, pesiamo pro e contro. La discussione è in
atto, ma la scelta finale spetta al territorio.
Che cosa ne pensa delle posizioni espresse dal viceministro Castelli a proposito
della tratta transfrontaliera?
Il Corridoio 5 non si ferma a Trieste. Per noi come per il governo l’aggancio
con i Paesi dell’Est è fondamentale.
Quindi la Slovenia sbaglia a temere un disimpegno italiano?
Sì. Non è all’ordine del giorno.
In settimana si è risolta positivamente per il Friuli Venezia Giulia la
trattativa sul prossimo orario invernale di Trenitalia. Giusto che la Regione
abbia dovuto contribuire per salvare i collegamenti con Milano e Roma?
I treni servono alle popolazioni delle regioni. Il nostro è un servizio di
carattere nazionale non sovvenzionato, su quello dobbiamo far quadrare i conti.
Tutto ciò che si vuole ottenere in più necessita di un concorso finanziario. Se
fosse tutto gratis, le Regioni chiederebbero di tutto e di più.
In sostanza non volete aprire ”buchi” nel vostro bilancio?
Non abbiamo alcuna intenzione di riaprire il disavanzo. In tre anni siamo
passati da un deficit di 2 miliardi e 115 milioni di euro al pareggio. Lo
dobbiamo alla politica del buon senso. C'è una banale ma al tempo stesso grande
verità: pretendiamo che i segmenti della nostra produzione siano tutti in
equilibrio. È il solo modo per essere sicuri che le ferrovie italiane
cresceranno nel futuro ed eviteranno, nell'interessi di tutti, il rischio del
fallimento.
Del Friuli Venezia Giulia si parla di una regione al centro dell'Europa,
strategica per i trasporti. Verità o solo parole?
Verità. Ma sono considerazioni che non possono venire da un’azienda come la
nostra che deve far quadrare i conti e fornire il miglior servizio al prezzo più
basso. Devono invece venire dalle istituzioni, cui spetta il compito della
politica del territorio.
Voi mettete treni moderni, la politica se li paghi?
Ora come ora la prima urgenza è la carenza di materiale rotabile. Ma si
risponderà comunque in tempi brevi alla necessità di acquisto dei convogli. Dopo
di che arriveranno anche i nuovi tracciati.
C'è in prospettiva una concorrenza tra alta velocità ferroviaria e terza corsia
della A4?
No. Il sistema dei trasporti verso Est è carente ed è dunque opportuno
provvedere sia a treni eccellenti che a strade più sicure. Tra 20-30 anni
l'offerta dovrà essere pari a una crescita dei trasporti che si preannuncia
notevolissima.
MARCO BALLICO
Nel Tir all’imbarco 14 tonnellate di rifiuti con
amianto - GLI SCARTI EDILIZI PERICOLOSI PROVENIVANO DA UN’IMPRESA DI COSTRUZIONI
ITALIANA
Oltre 14 tonnellate di rifiuti provenienti dalla
demolizione di costruzioni edili con strutture di eternit sono state sequestrate
in Porto Vecchio dai militari della Guardia di finanza e dai doganieri del
servizio antifrode.
Il materiale, ritenuto altamente pericoloso, era stato caricato nel rimorchio di
un Tir con targa lituana ed era destinato a essere imbarcato nel traghetto per
l’Albania per poi essere trasportato in Kosovo, dove sarebbe stato depositato in
una discarica. Ma la merce - stando ai primi accertamenti della sezione
operativa del Punto franco vecchio della Guardia di finanza - non proveniva da
un Paese dell’Est, bensì da un’importante impresa di costruzioni italiana della
quale non è stato reso noto il nome, così come ignota resta la provenienza del
materiale. Il carico è stato esaminato dai tecnici dell’Arpa che hanno
effettuato un’analisi mineralogica scoprendo appunto che si tratta di amianto.
In pratica, secondo i primi accertamenti, per trasferire le 14 tonnellate
italiane era stato utilizzato un mezzo proveniente dall’Est europeo e destinato
al Kosovo. Una circostanza questa che è tuttora oggetto di verifiche da parte
degli investigatori. Indagini e verifiche mirate sono in corso anche sulle
modalità di smaltimento dell’eternit. Infatti per eliminare l’amianto sono
necessarie procedure e impianti particolari.
A carico dei responsabili del trasporto e dell’impresa di costruzioni è scattata
una denuncia all’Autorità giudiziaria.
Cinghiali, il branco di Melara ha scelto come trogolo il giardino del quadrilatero
I residenti: arrivano, devastano l’erba e tornano nel
bosco Provincia, abbattuti 70 capi sui cento previsti dal piano
Cinghiali da giardino. Dove? A Melara. «Facciamo l’impossibile o vedremo
l’incredibile», diceva il filosofo ecologista Murray Bookchin ormai più di un
trentennio fa. E il branco di cinghiali che ha fatto del giardino del
quadrilatero di Melara il proprio trogolo sembra essere venuto ad annunciare che
quella profezia si è avverata.
«Fino a un paio di anni fa erano soltanto in due – spiega l’inquilina Graziella
Gorian – ora sono molti di più: fanno le loro puntate nel giardino e poi si
ritirano nel bosco». Secondo la testimonianza di Gorian l’orario preferito dagli
invadenti suini è metà mattina: «Il più delle volte appaiono verso le dieci o le
undici», racconta, «devastano l’erba del giardino in cerca di cibo e poi si
rotolano nel fango che hanno portato allo scoperto: a quell’ora molta gente va a
fare la spesa al supermercato, e trovarseli davanti attraversando il cortile non
è divertente».
Gli abitanti di Melara auspicano ora «che le autorità competenti intervengano
per risolvere il problema». Anche Antonio Ius, direttore dell’Ater, riconosce il
problema: «Ci sono giunte diverse segnalazioni – dice – ma non è cosa di nostra
competenza: in realtà non sappiamo neanche noi cosa farci. Sappiamo però che la
Provincia sta facendo un buon lavoro e confidiamo che risolvano il problema in
modo adeguato».
ASSEMBLEA La presenza dei cinghiali nella fascia urbana e periurbana di Trieste
è dovuta a fattori naturali ma anche a comportamenti umani: l’incremento
generale del numero dei capi è stato favorito negli anni scorsi dalla
liberazione di una varietà non autoctona (proveniente forse dall’Appennino)
utilizzata per allevamenti. A sua volta l’usanza di molti cittadini di nutrire
gli animali ha portato molti branchi a uscire dal loro habitat naturale per
andare alla ricerca di una facile fonte di cibo tra case, giardini e cassonetti.
A questo proposito oggi alle 18 nell’auditorium della scuola media Rismondo si
terrà un’assemblea-conferenza a cura di Maurizio Rozza, maresciallo della
Polizia ambientale territoriale della Provincia, l’ente incaricato del piano di
abbattimenti. Tema della conferenza saranno le caratteristiche e le abitudini
del cinghiale, i rischi derivanti dalla sua presenza in area urbana e le
possibilità di raggiungere una convivenza tra l’uomo e le specie selvatiche che
premono sulla città. L’incontro rientra nel programma “Habitat/microaree, salute
e sviluppo della comunità” realizzato da Comune, Azienda per i servizi sanitari
Triestina e da Ater.
ABBATTIMENTI Si avvicina intanto a conclusione il piano di abbattimenti in
deroga di cento cinghiali nella zona periurbana di Trieste: «Ormai abbiamo
abbattuto circa 70 capi» - dice l’assessore provinciale all’Agricoltura, caccia
e pesca Walter Godina. Il piano era stato autorizzato dalla Regione l’agosto
scorso in aggiunta ai 450 capi già approvati per le riserve di caccia sul Carso:
«La filosofia del piano non è sterminare gli animali – spiega Godina – ma
colpirne alcuni per spingere i branchi nel loro habitat naturale: è una tecnica
che funziona, i dati sulle richieste di danni lo dimostrano».
DANNI Le richieste di risarcimento dei danni all’agricoltura dal 2007 a oggi
mostrano, afferma l’assessore, un calo significativo a partire dal 2009, in
corrispondenza all’attuazione del piano. Le pratiche per il risarcimento del
2007 sono 14 per un totale di 9.175 euro.; nel 2008 la cifra sale a ben 132.440
euro con 45 pratiche, mentre nel 2009 (fino a oggi) le pratiche scendono a 31
per 57.786 euro: in tutto 90 pratiche per una cifra complessiva di 199.401 euro.
A questi si aggiungono 39 richieste di contributi per interventi di prevenzione
per un totale di 99.189 euro, con un picco di 22 pratiche per 89.500 nel 2008.
«Le istruttorie sono complete solo per il 2007 – dice Godina – quindi i dati per
gli anni successivi cambieranno leggermente, ma l’andamento è chiaro».
CASSE VUOTE «Il piano funziona e questo ci conforta – afferma l’assessore – di
fronte all’entità delle cifre, però, non possiamo non guardare con estrema
preoccupazione agli imminenti tagli agli enti locali». La Provincia al momento
dispone di 22mila euro da destinare ai risarcimenti, ai quali la Regione
aggiungerà altri 16mila euro come saldo 2009: «Fondi largamente insufficienti –
dice Godina – destinati a diminuire nei prossimi anni».
PARAMETRI Secondo l’assessore il problema sono le modifiche recentemente
apportate ai parametri regionali per il conferimento dei fondi a riparazione dei
danni da fauna selvatica: «I nuovi parametri stabiliscono che i fondi erogati
siano proporzionali alla superficie boscata del territorio», afferma: «È chiaro
che questa Provincia, essendo la più piccola d’Italia, otterrebbe finanziamenti
completamente sproporzionati rispetto all’entità dei danni prodotti dai
cinghiali».
GIOVANNI TOMASIN
Muggia, via alla gara per la raccolta rifiuti - Fra gli
obiettivi quello di portare la quota di differenziata al 63% entro la fine del
2010
NUOVO BANDO PER L’AFFIDAMENTO TRIENNALE DEL SERVIZIO
La ditta vincitrice potrà vedersi prolungare l’incarico per altri due anni: fino
al 2015
Più cassonetti per la raccolta e un miglioramento del servizio e della
percentuale di differenziata. È con questi obiettivi che viene istituito il
bando di gara, a procedura ristretta, per l'assegnazione per i prossimi tre anni
(con possibilità di proroga per ulteriori due) del servizio di asporto rifiuti
nel comune di Muggia, attualmente gestito da Italspurghi (dal 1° febbraio 2009).
Scadrà infatti il 28 febbraio 2010 l'incarico conferito a Italspurghi Ecologia
Srl che si è aggiudicata la gara di rilevanza europea per 843.375 euro, con un
ribasso di circa 130mila alla base d'asta e apportando numerosi miglioramenti
rispetto a quanto previsto dal capitolato d'appalto. Italspurghi in realtà sta
già operando a Muggia dal 21 luglio 2008. Prima della gara europea, aveva già
svolto il medesimo servizio in via provvisoria in base a una trattativa privata
seguita alla rescissione del contratto con Ecoverde. La ditta che si
aggiudicherà l'appalto opererà dal 1° marzo 2010 al 28 febbraio 2013 con
possibilità di proroga fino al 28 febbraio 2015.
«Tendiamo a migliorare un servizio di cui siamo già soddisfatti - spiegano dal
Comune - e questo bando rappresenta un adempimento dovuto, in quanto l'attuale
contratto è in scadenza. Nei termini previsti abbiamo quindi pubblicato
l'avviso». La ditta vincitrice del nuovo bando dovrà garantire la presenza sul
territorio di 70 contenitori da 3200 litri per il verde e ramaglie, 80 campane
per il vetro, 160 cassonetti da 3200 litri per la raccolta differenziata di
carta e plastica, 252 cassonetti da 2400 litri e 185 da 1100 litri per la
raccolta indifferenziata, 114 bottini da 120 litri e 70 da 240 litri, 5
scarrabili da 30 e 3 da 10 metri cubi.
Dovrà disporre inoltre di un compattatore a carico laterale da 4.700 chili, di
uno da 10.100, di un compattatore a carico posteriore da 2.500, uno da 2.200 e
uno da 4.500, di un autocarro a doppia vasca da 640 chili, un autocarro a
sistema scarrabile da 14.150, un autocarro con sistema vuotacampane da 11.000
chili, un autocarro a sponda idraulica posteriore da 5.990 chili e una
spazzatrice.
Attualmente il servizio di asporto rifiuti prevede la raccolta differenziata
porta a porta da 120 utenti (negozi e pubblici esercizi) e dei cartoni da
imballaggio da 45 utenti. Le isole ecologiche sono 80, con la presenza in tutti
i punti di raccolta di cassonetti da 3.200 litri per carta e plastica e di
campane per vetro e lattine. Oggi sono presenti sul territorio 215 cassonetti
per la raccolta indifferenziata e 320 (80 per tipologia) per la raccolta di
carta, plastica, vetro e lattine e del verde.
A inizio estate la percentuale di differenziata - che nel 2006 era del 18% - si
attestava al 28%, con una punta del 33% ad aprile; l'obiettivo è il
raggiungimento del 55% entro il 2009, del 63 nel 2010 e del 71% nel 2011. Per
accordi intercorsi tra l'amministrazione e l'odierno appaltatore, c'è infine la
possibilità per il vincitore di acquistare da Italspurghi contenitori,
cassonetti e scarrabili al prezzo di 200mila euro o noleggiarli al prezzo di
ottomila euro mensili. «Ma - spiegano ancora in piazza Marconi - questa è solo
una possibilità, anche perché nel bando viene specificato che solo i soggetti
con determinate caratteristiche possono partecipare alla gara».
La base d'asta, comprensiva dell'eventuale proroga, è di 4.090.000 euro al netto
dell'iva al 10%. È ammesso il subappalto in misura non superiore al 30% del
prezzo. Le ditte interessate dovranno presentare la documentazione richiesta
entro il 18 dicembre all'Ufficio Protocollo del Comune. Eventuali chiarimenti
potranno essere richiesti via email fino all'11 dicembre.
GIANFRANCO TERZOLI
Altro ok per il Piano antenne: è quello di Sgonico -
INDIVIDUATE TRE AREE NEL TERRITORIO AMMINISTRATO DALLA GIUNTA SARDOC
SGONICO Il Consiglio comunale di Sgonico ha dato il suo
parere positivo per l'adozione del Piano di localizzazione degli impianti di
telefonia mobile.
IL PROGETTO Inserito come uno dei punti all'ordine del giorno della riunione
consiliare svoltasi ieri sera, l'amministrazione comunale retta dal sindaco
Mirko Sardoc ha dato il suo nulla osta al progetto presentato dall'architetto
Emilio Savonitto. Complessivamente sono risultate essere tre le aree individuate
sulle quali i gestori di telefonia mobile potranno in futuro installare -
eventualmente ove vi fosse la necessità - delle nuove antenne.
LE AREE La prima area è data dalla Palestra comunale, struttura che peraltro già
ospita un'antenna affidata a due gestori. La seconda zona suggerita dal piano
redatto da Savonitto invece indica come zona preferenziale il centro sportivo
Ervatti. La terza ed ultima area è costituita infine dalla stazione ferroviaria
di Prosecco. «Le aree prescelte sono state scelte in base a tre prerogative - ha
spiegato il sindaco Sardoc - ossia preservare la salvaguardia della salute dei
cittadini, rispettare le diverse zone poste sotto tutela ambientale (Sic e Zps,
ndr), e poi favorire in primis le aree pubbliche in maniera tale che la comunità
di Sgonico possa avere un tornaconto in seguito al ricavato dell'affitto
stipulato tra il Comune e le compagnie telefoniche».
LE ANTENNE Attualmente le antenne fisse presenti sul territorio sono tre: una
sistemata nella zona della Palestra comunale con due gestori differenti, una
posta sotto la copertura del tunnel autostradale sito nel comune di Sgonico ed
infine la terza installata a Gabrovizza vicino all'ex casello ferroviario di
proprietà delle Ferrovie.
MONRUPINO L'adozione del Piano di localizzazione degli impianti di telefonia
mobile fatta da parte del Comune di Sgonico segue di pochissimi giorni lo stesso
provvedimento preso dal Consiglio comunale di Monrupino. Nel territorio
amministrato dalla giunta guidata dal sindaco Marko Pisani, sono state due le
zone preferenziali individuate. La prima, nel campo sportivo di Repen, mentre la
seconda in un'altra area attigua della frazione di Monrupino.
Riccardo Tosques
Ambiente, nuove tecnologie e cambiamenti climatici spiegati agli studenti delle scuole medie
IL LICEO GALILEI FUNGE DA REALTÀ PILOTA
Iniziativa basata sull’esperienza dell’Addobbati Brunner con il Centro di fisica
e il premio Nobel Filippo Giorgi
Conoscere l’ambiente per tutelarlo meglio, garantendone il rispetto e la
conservazione. È questo l’obiettivo del progetto educativo “Ambiente,
cambiamenti climatici e tecnologie pulite” (Acct), promosso dal Liceo
scientifico Galilei, quale scuola pilota, che organizza, nel corso di quest’anno
scolastico, interventi e iniziative didattiche innovative, rivolte alle scuole
medie inferiori della provincia. Giovedì prossimo, a pochi giorni dall’apertura
della Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, in programma a
Copenhagen dal 7 al 18 dicembre, si terrà, alle 10.15, nell’aula magna del
Galilei, la presentazione del progetto.
Nella capitale danese si parlerà delle emissioni di gas serra nei paesi più
industrializzati, della previsione dei limiti di crescita delle emissioni da
parte di Cina e India, di aiuti ai paesi in via di sviluppo, della funzione e
dell’importanza delle foreste nell’assorbimento del carbonio atmosferico.
«Il Progetto Acct – spiega il professor Elvio Toselli, responsabile del
Programma di Educazione ambientale per la sostenibilità della Scuola media
Addobbati - Brunner e collaboratore del Dipartimento di Scienze della vita
dell’Università - rappresenta una risposta, la prima a livello nazionale per
spessore scientifico e completezza, all’appello lanciato a Parigi dal direttore
dell’Unesco lo scorso 27 luglio, in occasione dell’apertura del primo Seminario
internazionale sull’educazione al cambiamento climatico. Il Progetto Acct –
aggiunge Toselli - si basa sull’esperienza acquisita nel corso di questi anni,
operando alla Addobbati - Brunner, dove le attività didattiche promosse e già
sperimentate si sono svolte in collaborazione con istituti di eccellenza
scientifica, quali il Dipartimento di Scienze della vita dell’Università degli
studi di Trieste, con il contributo del professor Filippo Giorgi, responsabile
del settore di Fisica della Terra del Centro Internazionale di Fisica teorica di
Miramare e premio Nobel per la Pace 2007, e del dottor Sergio Nordio, tecnico
esperto dell’Osmer Arpa regionale». I temi trattati sono stati la biodiversità,
i cambiamenti climatici e il loro impatto sull’ambiente.
«Le attività attuate – conclude Toselli - hanno inteso sensibilizzare i giovani
su questi temi, per fornire solide e rigorose basi concettuali legate allo
studio dell’ambiente, mediante un approccio basato sul coinvolgimento attivo e
sull’esperienza diretta degli studenti per esaltare i processi di insegnamento e
apprendimento». Giovedì saranno comunicate le modalità di partecipazione
all’iniziativa educativa.
UGO SALVINI
SEGNALAZIONI - TRAFFICO - Largo alle bici
Già in una precedente lettera mi rammaricavo per la
mancata occasione di realizzare una pista ciclabile sulle rive, dove biciclette
e pedoni devono condividere uno stretto marciapiede. Spero che il nuovo piano
del traffico, di cui viene data poca pubblicità, preveda la realizzazione di
piste ciclabili e di stalli ai quali poter agganciare le biciclette. Non occorre
realizzare stalli da design estremo, ad esempio come quelli di piazza Hortis,
peraltro per niente funzionali. Sono sufficienti dei semplici paletti fissati al
terreno terminanti con un anello. Spero che Dipiazza recepisca cortesemente
anche questa mia segnalazione.
Bruno Spanghero
IL PICCOLO - GIOVEDI', 26 novembre 2009
Rigassificatore, Regione in pressing sugli spagnoli -
De Anna: prima di esprimerci aspettiamo che Gas Natural fornisca
risposte alle prescrizioni di Roma
L’ASSESSORE REGIONALE: IMPIANTO IMPORTANTE PER LO
SVILUPPO
«Il rigassificatore di Zaule è un’opera importante, se non determinante, per
lo sviluppo del territorio». Parola dell’assessore regionale all’Ambiente Elio
De Anna che ieri in aula, dopo aver sgombrato il campo da equivoci e chiarito
una volta per tutte l’orientamento favorevole della giunta Tondo all’ipotesi gnl
nel golfo, ha lanciato un monito forte e chiaro al colosso spagnolo intenzionato
a costruirlo.
«La Regione - ha spiegato De Anna, dopo aver risposto in consiglio
all’interrogazione presentata dall’esponente della Slovenska skupnost Igor
Gabrovec - aspetta che Gas Natural dia risposta alle prescrizioni richieste
dalla Commissione di valutazione di impatto ambientale per fornire poi il
proprio parere sulla realizzazione dell’impianto».
Un vero e proprio pressing sul gruppo iberico, dunque, che nasce dalla
convinzione dell’urgenza di definire tutti i passaggi necessari a mandare in
porto l’infrastruttura. Un pressing che però, fa anche capire chiaramente De
Anna, deve fare i conti con i pochi margini d’azione concessi in questa fase
all’esecutivo Tondo. «Il percorso di Via si gioca su un tavolo tutto nazionale -
precisa -. Fino a quando il ministero dell’Ambiente, del Territorio e delle
Acque non deciderà di riattivare il confronto relativo al parere di
compatibilità ambientale, noi non potremo intervenire».
Il fatto che sia Roma a tenere in quest’occasione le redini del gioco, spiega
anche il ”silenzio” ufficiale da parte della Regione sull’impianto targato Gas
Natural. Silenzio che dura ormai da più di due anni. «L’ultimo atto adottato in
materia è la delibera del 28 giugno 2007 dell’allora giunta Illy - precisa
ancora De Anna -. Con quella delibera la Regione precisava di non poter
esprimere parere di compatibilità ambientale sul progetto del rigassificatore,
non esistendo nella documentazione fornita dal gruppo spagnolo la dimostrazione
dell’assenza di pericoli, anche solo potenziali, per la salute umana e per
l’ambiente. Mancavano insomma tutta una serie di elementi indispensabili per
formulare il parere: dal progetto del gasdotto di collegamento tra l’impianto di
Zaule e la rete di distribuzione nazionale, al piano di bonifica per l’area ex
Esso. Dopo quella deliberazione, come Regione non siamo stati più coinvolti
nell’iter amministrativo di Via».
Di qui la volontà di riprendere al più presto il discorso lasciato in sospeso,
tornando a far sentire la voce del Friuli Venezia Giulia. «Quando verremo
riconvocati al tavolo nazionale - precisa De Anna - daremo il nostro parere alla
luce delle risposte alle prescrizioni richieste. Ci aspettiamo quindi che Gas
Natural le fornisca quanto prima».
Quando arriveranno realmente quelle integrazioni, però, Gas Natural al momento
non lo dice. Ad attenderle tra l’altro, oltre alla Regione, sono anche i
ministri dell’Ambiente Prestigiacomo e dei Beni culturali Bondi. Il decreto di
compatibilità ambientale firmato dai due componenti del governo Berlusconi,
richiedeva infatti espressamente che venissero chiariti, con documentazione
aggiuntiva, una serie di aspetti particolarmente spinosi. Tra questi, aveva
sottolineato il sottosegretario Roberto Menia, il piano di caratterizzazione
dell’area destinata all’impianto, i parametri sulla portata e la temperatura dei
getti d’acqua calda dall’impianto al mare, nonché precisi monitoraggi sulla vita
degli organismi marini, da iniziare già prima che il rigassificatore entri a
regime.
«È alla luce delle risposte a quelle richieste di chiarimento che formuleremo in
modo puntuale e informato il nostro parere - conclude De Anna -. Intanto però
ribadiamo la nostra perfetta sintonia con la linea del governo. Noi siamo
favorevoli al rigassificatore di Zaule perché lo riteniamo un intervento
importante, se non determinante, per lo sviluppo del territorio».
MADDALENA REBECCA
RIGASSIFICATORE - E la Cgil avverte: «Pronti a dire no
all’impianto» - IL SINDACATO
La Cgil è pronta ad assumere «una posizione contraria» sul
rigassificatore di Zaule. «Sicurezza, ambiente, coinvolgimento dei cittadini:
sono i tre punti su cui vogliamo sia fatta chiarezza», dice il segretario
provinciale Adriano Sincovich. E così mentre nel maggio 2006 il sindacato
esprimeva una posizione «di attenzione positiva fatta chiarezza su ambientale e
sicurezza – spiega Sincovich – Oggi prendiamo atto del mancato adempimento di
queste condizioni e pensiamo sia il caso di rompere il riserbo».
Il primo appello è rivolto a Gas Natural: «In questi tre anni abbiamo assistito
a un silenzio assordante da parte della società – sostiene la Cgil -,
considerato che ben due esposti alla procura della Repubblica pongono importanti
quesiti sulle documentazioni e che i Comuni di Muggia e San Dorligo hanno fatto
ricorso al Tar, chiediamo a Gas Natural di mettersi a disposizione per un
confronto pubblico su questi temi».
Il sindacato lancia un segnale anche alla pubblica amministrazione e al sindaco
Roberto Dipiazza, secondo Sincovich «l’atteggiamento del Comune fino a ora è
stato insufficiente: ci sono diverse dichiarazioni, per non chiamarle battute,
del sindaco sui vantaggi che deriverebbero dal rigassificatore: ora le battute
non bastano più». Infine Cgil chiama in causa la Confindustria, che secondo il
sindacato dovrebbe rendere noti eventuali progetti sull’indotto dell’impianto:
«Se ne fa un gran parlare – dice Sincovich – ma i fatti ancora mancano:
l’indotto è reale?». Se queste richieste non dovessero venire soddisfatte,
avverte il sindacato, la Cgil cambierà il suo atteggiamento.
Giovanni Tomasin
RIGASSIFICATORE - Esperti italiani e sloveni a
confronto su rischi e ricadute del progetto
Al progetto del rigassificatore di Zaule è dedicata anche
una due giorni di lavori promossa dalla Uil-Pa dei vigili del fuoco. Ieri il
tavolo tecnico, che vede riuniti assieme esperti italiani e sloveni, ha messo a
fuoco le strategie di sviluppo del rigassificatore, delle navi e delle gasiere.
L’analisi si è poi concentrata sulle varie esperienze legate ad insediamenti a
metano e gnl.
Oggi è in programma la seconda sessione di studio, che metterà al centro i
rischi antropici e industriali del progetto. I risultati della due giorni, che
porterà anche alla stesura di un documento riassuntivo, verranno illustrati nel
corso di una conferenza in programma questa mattina alle 11 al Caffè degli
Specchi.
Bonifiche, entro l’anno la firma sulla bozza -
L’impegno sull’accordo di programma sancito dall’incontro al ministero
LE GARANZIE - «Salve le aziende che non inquinano»
La firma sulla nuova bozza di accordo di programma per la riqualificazione
delle aree inquinate inserite nel Sin di Trieste arriverà entro fine anno. È
l’impegno assunto dai partecipanti all’incontro convocato ieri a Roma dal
ministero dell’Ambiente. Incontro che, a detta dei rappresentanti di Regione,
Comuni di Trieste e Muggia, Provincia, Autorità portuale e Camera di commercio,
segna un deciso passo avanti verso la soluzione del ”caso bonifiche”.
«In particolare - ha commentato al termine del vertice l’assessore comunale allo
Sviluppo economico Paolo Rovis - dal ministero sono arrivate precise garanzie a
tutela del principio del ”chi non ha inquinato, non paga”. Le verifiche fatte
dal numero uno della Direzione dell’Ambiente Marco Lupo con l’Avvocatura dello
Stato e con la Corte dei conti hanno infatti accertato la legittimità della
procedura prevista nella bozza per salvaguardare le imprese non inquinanti.
Queste, nel caso in cui si trovino all’interno di aree inquinate, non dovranno
sobbarcarsi i costi delle bonifiche, che verranno invece coperti dal pubblico».
Altro punto centrale del vertice romano, cui ha preso parte anche il
sottosegretario all’Ambiente Roberto Menia, il via libera al completamento delle
caratterizzazioni. «Finora è stata analizzata solo la metà delle aree a terra -
continua Rovis -. Il tavolo di oggi (ieri ndr) ha deciso di sbloccare l’impasse,
autorizzando l’Ezit a riprendere il prima possibile, senza attendere quindi la
conclusione dell’iter relativo all’accordo di programma, i sondaggi nelle zone
mancanti. Sondaggi per i quali esistono i finanziamenti: 2,5 milioni di euro che
la Regione ha già a disposizione».
Sempre in tema di finanziamenti, Menia ha ribadito agli attori istituzionali
presenti al tavolo la necessità di accelerare i tempi della firma della nuova
bozza di accordo per non correre il rischio di perdere i 2,6 milioni di euro
recuperati dal ministero tramite fondo di riserva. Di qui l’impegno manifestato
dalla Regione a convocare già nelle prossime settimane un nuovo incontro a
Trieste per limare il testo assieme agli enti locali, in modo da riportarlo a
Roma per la firma definitiva entro il 31 dicembreIn quel testo, tra l’altro, è
contenuta anche la conferma della disponibilità ministeriale a stanziare le
risorse per la realizzazione del nuovo depuratore di Trieste, e il via libera
all’ingresso ufficiale della Camera di commercio tra i soggetti pubblici
titolati a partecipare alla gestione dell’affaire bonifiche.
(m.r.)
Tav transfrontaliera La Slovenia teme il disimpegno
italiano - TIMORI PER LA TRIESTE-CAPODISTRIA
TRIESTE Ora Lubiana non ci sta. E sul Corridoio 5,
relativamente al collegamento Trieste-Capodistria, apre una vivace polemica
diplomatica. Secondo la Slovenia l’Italia vorrebbe costruire con priorità il
tratto transfrontaliero del cosiddetto progetto europeo Ten-t n° 6 passando da
Ronchi a Opicina, sfiorando Sezana per arrivare così a Divaccia.
Il collegamento tra il capoluogo giuliano e quello del Litorale sloveno verrebbe
così, per il momento, accantonato. Tanto che il governo di Lubiana ha chiesto
per la prossima metà di dicembre (la data non è stata ancora fissata) un
incontro tra il sottosegretario ai Trasporti, Igor Jakomin e il viceministro
italiano, Roberto Castelli, alcune dichiarazioni del quale al recente summit
interministeriale italo-sloveno a Brdo pri Kranju avevano suscitato polemiche
proprio su questa questione.
Sta di fatto che nel documento finale del suddetto vertice, sottoscritto per
l’Italia dal ministro degli Esteri, Franco Frattini e, per la Slovenia, dal
ministro per l’Ambiente Karl Erjavec si legge testualmente che Italia e Slovenia
si impegnano «per lo studio e la progettazione del tratto transfrontaliero (del
Corridoio 5, ndr) tra Trieste e Divaccia nell’ambito del progetto prioritario
Ten-t n°6 Lione-Trieste-Divaccia/Capodistria-Lubiana-Budapest-confine ucraino.
Più avanti, nello stesso documento, si legge che i due Paesi si impegnano
«successivamente al completamento dello studio di fattibilità per la costruzione
della linea Trieste-Divaccia/Capodistria-Divaccia per un’elaborazione coordinata
dei progetti» e per una comune linea di sviluppo dell’intera regione «per
incoraggiare la cooperazione tra le aree italo-slovene nella zona confinaria e
sul Mare Adriatico» e questo anche per una nuova forma di cooperazione dei porti
di Capodistria, Trieste, Venezia e Ravenna per cercare di arginare lo strapotere
degli scali del Nord Europa.
Dunque, la Slovenia prima sottoscrive un documento dove le scansioni temporali
dei progetti sono ben definite, per poi protestare contro il presunto
disinteressamento di Trieste del collegamento ferroviario tra il capoluogo e
Capodistria.
«Parliamo giornalmente con il coordinatore del progetto Ten-t n°6, Laurens Jan
Brinkhostorm (pochi giorni fa a Trieste a colloquio sul tema con il governatore
del Friuli Venezia Giulia, Renzo Tondo e l’assessroe ai Trasporti, Riccardo
Riccardi) - sostiene un portavoce del ministero dei Trasporti sloveno - ci
scambiamo documenti e informazioni e questo senza guardare a quanto sta
succedendo in Italia». Insomma, toni duri che non lasciano preludere a una
facile soluzione.
Inoltre, sempre al dicastero sloveno, precisano senza remore che «il ministero
non rinuncia assolutamente al progetto Capodistria-Divaccia. Questo prosegue
secondo il calendario prestabilito - precisano - e riteniamo che i lavori
potranno iniziare già a metà del 2010». Al ministero puntualizzano poi che si
tratta di un progetto internazionale nell’ambito del quale ciascuno Stato decide
le proprie priorità separatamente dalla direzione del progetto stesso. «Per
questo motivo la Slovenia non può commentare - concludono - quanto avviene in
Italia e quali sono le sue decisioni».
È chiaro che la disparità di vedute farebbe «saltare» i tracciati fin qui
presentati. Secondo Lubiana l’Italia sarebbe pronta a rinunciare al raccordo
Trieste-Capodistria-Divaccia nell’area di Crni Kal (a Est della Val Rosandra)
così come stabilito nei colloqui precedenti tra i due Stati.
MAURO MANZIN
Piano regolatore, dai cittadini 800 osservazioni -
Dipiazza: «Un trionfo. Pronto a recepire le correzioni della gente, ma non
quello che dice la politica»
Per il piano regolatore di Trieste si sta per aprire il
secondo ”ciak”. Ieri si è chiuso il tempo per la presentazione di osservazioni e
opposizioni da parte dei cittadini, ora si attendono solo quelle inviate per
posta raccomandata. Al 20 novembre, all’ultimo sondaggio parziale negli uffici,
Roberto Dipiazza ne aveva contate 290. Ma ieri pomeriggio, in fase di chiusura,
le stime finali erano schizzate a una quota compresa tra le 750 e le 800
osservazioni, complici le 300 arrivate nella sola giornata di martedì.
«L’impennata in dirittura d’arrivo è normale - precisa il sindaco - ma il numero
complessivo delle osservazioni rimane molto basso, molto più basso rispetto a
quello registrato in occasione del Prg precedente in epoca Illy. Siamo a uno
0,4% scarso rispetto al totale della popolazione: un trionfo, bel messaggio per
chi aveva tanto denigrato il documento, si vede che i cittadini hanno
apprezzato. Sono pronto a recepire tutte le correzioni chieste da loro, ma non
quello che dice la politica, perché domando nuovamente: dov’erano i politici che
votarono il Prg precedente? Forse in Costa Azzurra con un viaggio pagato dai
progettisti?».
L’ITER Il capogruppo di maggioranza, Piero Camber (Fi-Pdl), oggi farà con gli
uffici un’analisi di tutti i plichi e anche un’elaborazione dei dati raccolti,
per poi parlarne pubblicamente domani assieme agli altri capigruppo di
maggioranza. L’inclinazione è la stessa: «Accoglieremo il più possibile le
esigenze specifiche dei cittadini, per singole necessità del loro terreno, della
loro famiglia, se le domande arriveranno dalle imprese l’esame sarà invece, come
dire, molto più approfondito». Osservazioni e opposizioni dovranno essere
vagliate dagli uffici che ne controlleranno la compatibilità, quelle accettate
saranno viste e votate una per una dal consiglio comunale.
LE VARIABILI Intanto tra le varie anime politiche del consiglio le opinioni
divergono: chi dice che ormai l’impianto del nuovo disegno urbanistico della
città è fatto, e nella sostanza non può più essere cambiato, e chi ritiene
invece che i giochi siano tutti ancora aperti, fino al giorno della definitiva
approvazione (dopo il vaglio della Soprintendenza e della Regione, che può
imporre prescrizioni). In più si aggiunge il Piano particolareggiato del centro
storico, che avrà una storia a sé, come un secondo Piano regolatore: Camber
ipotizza possa essere adottato entro Natale.
Sulla materia scende poi il Piano casa della Regione che recepisce quello
nazionale: 20% di libera costruzione in più in centro, 35% in costiera. Vincoli
cittadini stracciati? O il Comune può difendere le proprie scelte «non
cementificatorie»? Anche qui i pareri divergono. Per il verde Alfredo Racovelli
«non c’è niente da fare, chiederò comunque - aggiunge - che si spieghi nel
concreto che cosa questo piano edilizio comporta per Trieste. Il Piano
regolatore nella sua sostanza comunque è blindato, ormai non si può più cambiar
niente».
L’OPPOSIZIONE Non così la pensa il Pd. Il capogruppo Fabio Omero con Bruna Tam
ha depositato cinque osservazioni. I due consiglieri chiedono che per le zone
«strategiche» (Fiera, Caserma di Banne, Burlo, Ortofrutticolo, ex Bianchi) la
decisione su che cosa farci sopra torni in capo all’iniziativa pubblica. Il
nuovo Prg la lascia ai privati. Chiedono che il progetto del Parco del mare sia
corredato da credibili indicazioni su parcheggi e viabilità. E che il Piano casa
regionale «non si applichi affatto alla Costiera».
Per Iztok Furlanic di Rifondazione comunista «il Prg va migliorato, ribadiremo i
nostri emendamenti, il difetto peggiore è che il Carso viene destinato a zona
dormitorio senza alcuna possibilità di sviluppo economico, e inoltre bisogna
impedire che il Piano casa regionale consenta ampliamenti edilizi in Costiera.
Secondo noi si può ancora intervenire su tutto il documento».
GABRIELLA ZIANI e PIERO RAUBER
«Codice regionale edilizio - il Comune stia in guardia» - Sos degli ambientalisti: «Proteggere il territorio dal rischio speculazioni»
Wwf, Italia Nostra, Legambiente e Lipu lanciano un appello
agli enti locali triestini: solo attraverso una normativa chiara sarà possibile
tutelare il centro cittadino e la sua periferia dall’assalto sfrenato
dell’edilizia, avallato da quel nuovo Codice Regionale dell’ediliziadefinito
dagli ambientalisti «un vero e proprio abusivismo legalizzato». A esternare le
preoccupazione delle associazioni sul Piano casa regionale Lucia Sirocco,
Gianluca De Vido e Luciana Boschin, rispettivamente in rappresentanza di
Legambiente, Wwf e Italia Nostra.
Le associazioni contestano la legge regionale 19/2009 pubblicata sul Bur lo
scorso 18 novembre, quel Codice dell’edilizia che secondo i tecnici terrebbe
conto in modo quasi esclusivo gli articoli ispirati al Piano casa del Governo.
«La filosofia della legge regionale – osserva l’architetto Lucia Sirocco –
esplicita quella tendenza tutta italiana a considerare l’edilizia quale
serbatoio di manodopera e soluzione per superare la crisi. Considerazioni
errate, stando a quelle cifre che, se da una parte ci vedono tra i primi in
Europa per gli incidenti del lavoro, dall’altra non consentono all’economia di
trovare nuovo slancio per superare l’attuale impasse».
Secondo l’architetto la nuova legge regionale favorirà una deroga generalizzata
e selvaggia ai piani regolatori, con aumenti sino al 35% delle cubature degli
edifici residenziali e ricettive al di fuori dei centri storici. In
controtendenza, per esempio, a regioni quale il Veneto e la Lombardia che, a
detta di Gianluca De Vido hanno posti dei paletti ben marcati (attorno al 10
percento) alle cubature consentite.
I centri storici verranno risparmiati o, comunque, saranno protetti da eventuali
speculazioni o allargamenti? Secondo gli ambientalisti no, visto che la nuova
legge ammetterebbe all’interno degli stessi ampliamenti sino a 200 metri cubi
per un’altezza massima di 6 metri.
«Proprio per queste ragioni sarebbe importante che i Comuni potessero adottare o
meno le deroghe ai propri piani regolatori. Quello per Trieste, la variante 18 –
puntualizza Luciana Boschin – dove è stata prevista una diminuzione delle
volumetrie edificabili pari a circa 1.600.000 metri cubi, potrebbe a seguito
della Legge 19 ospitare 10 milioni di metri cubi aggiuntivi».
(ma.lo.)
Architetti: quel documento nasce già vecchio L’Ordine:
visione miope che non immagina sviluppo, nessuna integrazione con le aree d’oltreconfine
DECISA PRESA DI POSIZIONE: «MANCA ANCHE UN DISEGNO
UNITARIO PER LE RIVE»
Dapretto: scarsa anche la considerazione per il verde pubblico, questa è una
città cementificata al massimo
Un Piano regolatore che nasce vecchio, impostato su criteri superati dal
tempo e che necessiterà molto presto di sostanziali correzioni. È un giudizio
estremamente critico quello che una trentina di architetti triestini, in
rappresentanza dell’Ordine professionale di categoria, esprimono sul Piano
regolatore della città «che per giunta – sostiene il presidente, Andrea Dapretto
– è stato definito senza una consultazione di tutti i soggetti interessati, fra
i quali ci siamo anche noi».
Sintetizzando l’analisi fatta dalle cinque commissioni nelle quali si sono
distribuiti i trenta architetti, ciascuna delle quali ha affrontato specifiche
tematiche del Piano, Dapretto, eletto presidente pochi mesi fa, ha parlato ieri
di «visione miope del futuro della città, che non immagina crescita e sviluppo,
che chiude ogni prospettiva di osmosi con il territorio circostante, compresa la
vicina Slovenia, dalla quale, oramai – ha precisato – non siamo più separati da
confini e barriere».
Entrando nel dettaglio, il presidente dell’Ordine degli architetti ha spiegato
che «non è possibile prevedere la presenza del Parco del mare - per il quale si
prevedono di media tremila visitatori al giorno - senza un parcheggio di
servizio che disponga della relativa capacità di ospitare vetture e corriere».
Dapretto ha poi puntato l’indice sull’assenza, nel Piano, di «un progetto
unitario per le Rive, che vanno invece ricomprese in un unicum architettonico» e
sulla decisione del Comune di «individuare nel 1918 la data spartiacque fra gli
edifici che non si possono modificare e quelli sui quali si potrà invece
intervenire. Dopo il 1918 – ha spiegato Dapretto – sono stati realizzati edifici
e quartieri di notevole pregio, come per esempio l’intera area compresa fra il
Giardino pubblico e il viale XX Settembre, che hanno un loro prestigio e una
loro omogeneità».
Il presidente degli architetti triestini ha anche ricordato che «è comunque
difficile datare molti edifici, in quanto esistono indicazioni diverse fra il
momento della progettazione e quello della costruzione». Di notevole rilievo,
nella relazione di Dapretto, la «scarsa considerazione manifestata da parte
dell’amministrazione comunale nei confronti del verde pubblico. A Trieste – ha
sottolineato – ogni cittadino dispone, virtualmente, di 16 metri quadrati di
verde pubblico. La media nazionale – ha evidenziato – è di 94, quindi sei volte
maggiore. Non si può giocare sul fatto che esiste il Carso in quanto si tratta
di un’area ben definita e circoscritta, lontana dal centro cittadino, che può
alzare la media solo a livello statistico, ma non sul piano della reale
fruizione da parte della popolazione. Se guardiamo Trieste sotto questo aspetto
– ha continuato Dapretto – la nostra è una città cementificata al massimo».
Puntuale anche la critica sul versante della mobilità. «I mezzi pubblici – ha
affermato il presidente degli architetti – perdono ogni anno, da dieci anni,
circa 10mila utilizzatori. Il che sta a significare che, in proporzione,
aumentano le vetture private che circolano per le strade. Ebbene – ha sostenuto
– davanti a questo problema, si è deciso di delineare il piano del traffico
prima di por mano al Piano regolatore generale, mentre i due documenti
dovrebbero necessariamente camminare paralleli».
Infine Dapretto ha parlato di «necessità di aprire i confini progettuali della
Trieste del futuro, tenendo presente che, a pochi chilometri da noi, crescono a
grande velocità aggregati urbani come Capodistria, per fare l’esempio più
clamoroso, o come Sesana o altri. I piani vanno integrati e discussi in maniera
unitaria – ha proseguito – perché è questa la direzione da seguire. Trieste,
come immagina il Piano, non supererà i 240mila abitanti, ma coloro che la
attraverseranno saranno molti di più nei prossimi anni». Dapretto ha concluso
annunciando la convocazione di un pubblico dibattito «al quale inviteremo i
rappresentanti del Comune per discutere di tutte queste tematiche».
Ugo Salvini
MONRUPINO - Al via il Piano per le antenne - NUOVI SITI
PER LA TELEFONIA
Un piano comunale per individuare le aree più adeguate per
installare delle possibili nuove antenne per i telefoni cellulari. E' questo
l'obiettivo del piano per la localizzazione degli impianti fissi per la
telefonia mobile votato in questi giorni dal Consiglio comunale di Monrupino.
In base alla relazione stipulata dall'architetto Emilio Savonitto sono state
identificate due aree che in un futuro prossimo, se le compagnie telefoniche lo
ritenessero necessario, avrebbero i requisiti per ospitare altri impianti fissi
di telefonia mobile. Le zone preferenziali sono state individuate nel campo
sportivo di Repen e in un'altra zona attigua della frazione di Monrupino.
Una scelta che però non ha convinto appieno il consigliere di maggioranza
Maurizio Vidali: «Ho chiesto delucidazioni in merito visto che il campo sportivo
è frequentato da tanti atleti, soprattutto bambini, ma l'architetto Savonitto ha
fornito in aula rassicurazioni sul fatto che le emissioni prodotte dall'antenna
non sono nocive».
Va ricordato che attualmente a Monrupino esistono tre siti riservati alle
antenne telefoniche: uno posto a Col (il gestore è la Wind), una della
Vodafone-Omnitel presso il campo sportivo ed infine l'impianto di Fernetti con
tre antenne (Tim, Wind e Vodafone-Omnitel) poste su un'unica postazione.
L'ultima antenna installata nel comune di Monrupino - quella sita nella frazione
di Col - aveva destato non poche polemiche, anche perché la struttura era sorta
su un terreno privato con conseguente mancanza di introiti (derivanti
dall'affitto dello spazio) per il Comune.
Anche l'antenna di Fernetti era stata eretta non senza problemi e solo dopo un
ricorso al Tar fatto dai gestori in seguito ad una iniziale bocciatura da parte
del Consiglio comunale. «Per ora abbiamo solo votato l'adozione del piano - ha
precisato il consigliere di maggioranza Angelo Barani - ma prima di confermarlo
verranno fatti degli appositi incontri con la popolazione per dare voce al loro
pensiero».
Riccardo Tosques
Conoscere l’avifauna con ”Natura 2009” - Corso promosso
dalla Lipu (Lega protezione uccelli) e da BirdLife International
Partirà domani "Natura 2009", il corso per la conoscenza
dell'avifauna nella provincia di Trieste promosso dalla Lipu (Lega protezione
uccelli) e da BirdLife Intenational. In programma quattro incontri gratuiti che
si pongono l'obiettivo di divulgare le conoscenze sull'avifauna che frequenta il
nostro territorio: dalla Riserva naturale della Val Rosandra al Biotopo della
Valle delle Noghere, dal Golfo di Trieste al centro della città, dove molti
uccelli si sono adattati a vivere cambiando le proprie abitudini.
Tutti gli appuntamenti si terranno presso la sala convegni del Credito
Cooperativo del Carso di via del Ricreatorio 2, a Opicina, dalle 18.30 alle
20.30. Venerdì 27 Stefano Sava della Lipu di Trieste parlerà su "Il birdwatching
e gli uccelli della città di Trieste (centro storico e parchi urbani).
Il secondo appuntamento è previsto giovedì 3 dicembre, con Matteo Skodler, che
illustrerà la relazione su "Gli uccelli della Riserva naturale regionale della
Val Rosandra". "Gli uccelli del biotopo dei laghetti delle Noghere" è il tema
che verrà trattato venerdì 11 dicembre dall'ornitologo Enrico Benussi,
collaboratore scientifico della Stazione Biologica Isola della Corna. L'ultimo
incontro, venerdì 18 dicembre, su "Uccelli del golfo triestino" sarà tenuto
dall'ornitologo Fabio Perco, direttore della Stazione Biologica Isola della
Corna.
«Natura 2009 - spiega Ilario Zuppani, consigliere della Lega Italiana Protezione
Uccelli - vuole essere uno stimolo per riattivare l'attenzione sul mondo della
natura ed in particolare sugli uccelli, che sono gli animali più facili da
incontrare ed osservare. Infatti l'avifauna è riconosciuta quale bioindicatore
dello stato di salute degli ecosistemi proprio per la relativa facilità di
osservazione e monitoraggio».
Sono almeno 287 le specie di avifauna che sono state osservate solo a Trieste e
per una provincia così piccola sono veramente tante. Non a caso l'Unione
Europea, sulla base delle osservazioni effettuate da professionisti ed
appassionati, ha obbligato l'Italia e la Regione a porre sotto tutela 12.190
ettari del Carso triestino e goriziano, in quanto habitat di specie di uccelli
che sono in grave declino in Europa e nel Mondo. «Circa metà del nostro
territorio - continua Zuppani - è entrato così nella rete europea Natura 2000
promossa dall'Unione Europea per fermare la perdita di biodiversità negli
ambienti naturali, nella fauna e nella flora selvatica.
La Lipu, insieme agli altri portatori d'interesse, sta partecipando ai forum
promossi dalla Regione Fvg per la redazione di un Piano di gestione delle Aree
carsiche della Venezia Giulia che dovrà armonizzare localmente le attività umane
e la tutela della natura".
La Lipu partecipa anche alle attività di conservazione della natura promosse dai
Comuni di San Dorligo della Valle e di Muggia con l'intento di garantire una
migliore conservazione dei patrimoni naturali locali.
Per informazioni e iscrizioni ai corsi di "Natura 2009" è possibile contattare
la sezione provinciale della Lipu ai numeri di telefono 328-6951039 o
340-7399686. Ulteriori dettagli sono reperibili sul sito internet
www.liputrieste.it.
(s.s.)
SEGNALAZIONI - Privatizzare la gestione dell’acqua, scelta sbagliata
Non potremo più chiamarla ”Sorella acqua” : l’art. 15 del
DL 135/2009 sugli obblighi comunitari l’ha trasformata, ipso facto, in
”sorellastra”. Ciò significa che un bene essenziale della collettività cadrà in
mano private e, dal momento che, a memoria d’uomo, non si ricorda un privato
”benefattore puro” dell’umanità, prepariamoci a veder schizzare all’insù le
bollette per il consumo dell’acqua potabile.
E pensare che già all’epoca della legge Galli avevamo invocato la
”sprivatizzazione” di questo bene indispensabile alla vita; ma quella dei
consumatori è ”voce di uno che grida nel deserto” e solo il deserto ha raccolto
le raccomandazioni e le previsioni fatte, già allora, sugli aumenti che in dieci
anni sono lievitati del 61% contro il 25% del resto d’Europa.
Ed ora si riparte. A quale percentuale di aumento arriveremo con questa
liberalizzazione? Non azzardiamo ipotesi. Un’unica cosa è certa: aumenterà.
Senza piangere sul male dei fratelli d’Italia (al Sud c’è una dispersione idrica
pari al 34%) ma nemmeno senza rallegrarci nel constatare che siamo a metà
classifica riguardo il costo dell’acqua nel nostro Paese, notiamo, questo sì,
che in Regione siamo quelli che paghiamo di più (e anche questo era già stato
ribadito all’epoca della legge Galli) e paventiamo gli inevitabili aumenti che
ne deriveranno.
Siamo una Regione a statuto speciale, una Regione a cui chiediamo di non aderire
alla privatizzazione dell’acqua. Una regione a cui chiediamo, ancora una volta,
di dichiarare l’acqua bene comune varando una propria legge onde impedire che
aziende private intervengano alla ricerca di profitti perché tali saranno dal
momento che la nostra rete idrica è sana e che le uniche spese giustificate a
carico degli utenti dovrebbero essere le spese di gestione del flusso idrico e
delle eventuali riparazioni.
Ma ciò che soprattutto chiediamo è di non essere presi in giro: non ci si venga
a dire che non si privatizza l’acqua bensì la gestione della rete: questo è un
insulto all’intelligenza dei cittadini. Chiunque riesce a comprendere che chi si
trova a distribuire e vendere l’acqua, praticamente aprire e chiudere i
rubinetti, è di fatto il padrone della rete con tutte le conseguenze che ne
derivano per chi dai rubinetti dipende.
Lo ribadiamo: la privatizzazione dell’acqua e, ancora peggio, la precisazione
che ad essere privatizzata sarà la gestione, è una scelta sbagliata perché –
come al solito – porterà vantaggi a pochi potenti gruppi industriali e
finanziari e colpirà il cittadino che sta ancora faticando per uscire dalla
crisi.
Non si pongano a paravento gli obblighi comunitari: sono tante le Direttive
comunitarie che,
Luisa Nemez
SEGNALAZIONI - TRAFFICO - Parcheggio biciclette
Egregio comandante della Polizia municipale di Trieste, ho
letto la sua parziale risposta del 23 novembre scorso ai tanti ciclisti che
chiedono dove parcheggiare la bici nel rispetto del Codice della Strada. Io sono
uno di quelli che, dall’estate scorsa, si sono arresi, hanno rinunciato alla
bici e hanno ripreso ad utilizzare lo scooter, scoraggiati e spaventati dalle
multe per divieto di sosta. Speravo finalmente in una risposta chiara, ed invece
è solo parziale, perché ha detto dov’è proibito e questo lo sapevamo già, ma non
hanno spiegato dov’è permesso parcheggiare la bicicletta a Trieste.
Fabio Dapas
BORA.LA - MERCOLEDI', 25 novembre 2009
Rigassificatore: per la Regione la documentazione è
carente. Domani le conclusioni dei pompieri
Intoppo non previsto per la realizzazione del
rigassificatore di Zaule. Come reso noto dall’assessore Elio De Anna, la Regione
ha segnalato al Ministero dell’Ambiente “alcune carenze” nella documentazione
del progetto.
Le mancanze rilevate riguardano “la natura dell’intervento di bonifica, il
collegamento tra il gasdotto e la rete di distribuzione del gas, la non
quantificazione del rischio di incidenti e la temperatura delle acque della baia
di Muggia, in relazione agli scarichi” (Agenzia ASCA).
Gli stessi dubbi erano stati già avanzati da numerose organizzazioni
ambientaliste.
Nel frattempo, i Vigli del Fuoco annunciano per domani la conferenza di
presentazione dei risultati del tavolo tecnico transfrontaliero sul
rigassificatore. Al Tavolo, convocato ieri e oggi, partecipano degli esperti
italiani e sloveni, con l’obiettivo di valutrare i rischi per la popolazione e
per le attività industriali connessi all’impianto di Gas Natural
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 25 novembre 2009
Tomat: Tav, non esiste il tracciato perfetto - Il
Corridoio V arriverà a Nordest: un passo alla volta supereremo tutte le
difficoltà
IL PRESIDENTE DI CONFINDUSTRIA MINIMIZZA I TIMORI
EUROPEI
Il leader veneto degli imprenditori - «Ci sono due opzioni sul tavolo e si
stanno valutando pro e contro»
TRIESTE «Il Passante è stato fatto, la terza corsia si farà. Un passo alla
volta, con molte difficoltà, ma vedremo anche la Tav». Andrea Tomat, presidente
degli industriali veneti, ha nel dna l’ottimismo dell’imprenditore. Crede che il
Corridoio 5 diventerà realtà nonostante i tempi lunghi e le preoccupazioni di
Laurens Jan Brinkhorst, il coordinatore europeo del progetto prioritario 6 sulle
lentezze della politica del Nordest.
Presidente Tomat, la Ue sottolinea il mancato accordo tra Friuli Venezia Giulia
e Veneto sulla Tav. Condivide?
Si sta discutendo di due ipotesi e se ne sceglierà una. Non mi pare una cosa
drammatica di fronte a un tema su cui si gioca il futuro socio-economico dei
prossimi decenni.
Quale delle due prevarrà?
Visto l’interesse extra-nazionale del tracciato, un’azione dell’Europa potrebbe
essere utile alla ricomposizione della vicenda.
Insisto: i due tracciati sul tavolo, quello lungo le spiagge venete e quello più
vicino alla A4, dividono il Veneto o Veneto e Friuli Venezia Giulia?
Si stanno valutando pro e contro delle due soluzioni. Andranno individuati dei
parametri per la decisione finale ben sapendo che la coperta è corta: non c’è
l’opzione perfetta, entrambe hanno la loro pertinenza.
Come imprenditori non date indicazioni?
In questo momento ci mancano gli approfondimenti necessari. Ma è comunque
compito di altri soggetti, penso in primis all’Europa, giocare a carte scoperte
e individuare le ragioni alla base di scelte così importanti.
Insomma vi basta che la Tav si faccia in un modo o nell’altro?
Che si faccia nel miglior modo possibile.
Il governo sta facendo abbastanza?
Il viceministro Castelli sta seguendo la vicenda con particolare attenzione.
Presenza utile anche per ricomporre velocemente la questione del doppio
tracciato. Come associazione industriali, e mi permetto di parlare anche per il
collega del Friuli Venezia Giulia Alessandro Calligaris, lanciamo un appello
alla politica perché si trovino in fretta le risorse economiche per una rapida
realizzazione di quest’opera.
Eppure proprio Castelli avrebbe posto dei dubbi sulla Trieste-Divaccia.
Tratta evidentemente indispensabile. Ho estrema fiducia che il viceministro
possa incidere a favore della realizzazione di un’opera chiave per il Nordest
italiano, la vicina Slovenia, il Nordovest. Dobbiamo avvicinare territori
rimasti lontani per troppo tempo, anche nella prospettiva delle olimpiadi nel
2020 a Venezia, la vera capitale dell’Europa che si sta costruendo.
Nel frattempo però, mentre Mestre si consolida nodo fondamentale, il Friuli
Venezia Giulia pare ai margini delle scelte di Trenitalia. Che ne pensa?
Non conosco i dettagli ma non è una buona cosa. Con Calligaris la sintonia è
perfetta: la nostra è una visione integrata delle urgenze infrastrutturali delle
due regioni. Ed è dunque importante che anche Trenitalia ragioni trattandoci
come unico grande bacino allargato al centro dell’Europa. L’accordo condiviso
sull’Euroregione è una linea tracciata in modo molto chiaro.
(m.b.)
Veneto e Friuli Venezia Giulia: «Alta velocità
prioritaria» - Chisso e Riccardi rassicurano congiuntamente
l’Unione europea. Ma rimane il rebus della tratta ”balneare”
I DUE ASSESSORI: GIÀ FORNITE LE INDICAZIONI A FERROVIE
TRIESTE L’Unione europea, con il coordinatore olandese Laurens Jan
Brinkhorst, bacchetta il Nordest? E denuncia i suoi ritardi sulla Tav? «Veneto e
Friuli Venezia Giulia considerano assolutamente prioritaria l’alta velocità e
l’alta capacità ferroviaria tra Mestre e Trieste» garantiscono, all’indomani,
gli assessori regionali ai Trasporti Renato Chisso e Riccardo Riccardi. E lo
fanno, con nota congiunta, affermando che le due Regioni hanno fatto tutto quel
che dovevano fare: «Abbiamo già fornito le indicazioni necessarie di tracciato a
Rete ferroviaria italiana cui spetta il compito di predisporre il progetto
preliminare da presentare al Cipe». Di più: «Il Veneto ha messo a disposizione 6
milioni di euro per la progettazione preliminare e il Friuli Venezia Giulia ha
stanziato 4,1 milioni».
Resta un dubbio, però. Un dubbio che il Veneto, nonostante la nota ufficiale,
non chiarisce: la Tav, nel tratto che va da Quarto d’Altino a Portogruaro, dove
passerà? Scenderà a sud verso le spiagge, Caorle e Jesolo, oppure salirà a nord
verso l’autostrada A4? Italferr, la spa delle Ferrovie incaricata di disegnare
l’alta velocità da Mestre a Trieste, fa attualmente i conti con due opzioni: un
tracciato litoraneo lungo, più vicino alla costa, e un tracciato corto. E chi,
se non il Veneto, deve ancora scegliere qual è il migliore?
In attesa della risposta, non irrilevante per i destini della Tav, Chisso e
Riccardi ribadiscono l’importanza di un’infrastruttura «indispensabile per il
Nordest, l’Italia e i collegamenti con l’Europa mediterranea e
centro-orientale». Non solo: avvertono che la sua assenza, come i suoi ritardi,
sono destinati a farsi sentire sull’economia delle nostre due regioni e sulla
mobilità del territorio, dove una nuova linea ferroviaria consentirebbe di dare
concretezza all’esigenza di spostare quote significative di traffico da gomma a
rotaia».
Più treni per Milano, salta l’Eurostar per Roma - Ma il
viaggio da Trieste alla capitale durerà una quarantina di minuti in meno
Riccardi anticipa l’esito delle trattative con le
Ferrovie: «Collegamenti migliorati». Il sito non è ancora aggiornato
TRIESTE Trieste salva i treni diretti verso Milano, ne aggiunge anzi un
altro, partenza alle 9.38. Perde invece l’Eurostar direzione Roma, ma conquista
collegamenti con la capitale più rapidi di adesso. Molto più rapidi nonostante
il cambio obbligatorio a Mestre. Riccardo Riccardi svela il mistero a 19 giorni
dal nuovo orario di Trenitalia, in vigore dal 13 dicembre. Quello che ancora non
compare sul sito della compagnia ferroviaria ma che l'assessore ai Trasporti
dice essere cosa fatta.
La decisione della Regione di partecipare finanziariamente con 3 milioni di euro
- Riccardi punta a risparmiare qualcosa al momento della definitiva chiusura
dell’accordo - «ci permette di salvare l’unico collegamento diretto tra Udine e
Roma, che altrimenti sarebbe stato soppresso, di aumentare con un nuovo
convoglio l’offerta da Trieste verso Milano e di stabilire nuove migliori
intercorrenze con cambio a Mestre», riassume l’assessore.
Riccardi ha chiuso la trattativa con l’amministratore delegato di Fs Mauro
Moretti il 20 novembre. Attendeva la definizione della partita economica prima
dell’ufficializzazione. Ma, di fronte alle preoccupazioni rafforzate dalle
scarne informazioni del sito di Trenitalia, quello che ancora ieri sera impediva
a un triestino di prenotare il viaggio per le vacanze di Natale, esce allo
scoperto. E, a fronte di un sito che rimane appunto senza risposte, snocciola i
nuovi orari.
Innanzitutto su Milano, la partita più importante vista l’assenza del
collegamento aereo da Ronchi. C’erano due diretti verso la capitale della
finanza? Ora ce ne sono tre, con l'inserimento del nuovo EurostarCity in
partenza da Trieste alle 9.38 (in arrivo, dopo 4 ore e 17 minuti, alle 13.55).
La durata degli altri viaggi rimane inalterata: sempre 4 ore e 20 minuti con il
treno che parte alle 6.35 e 4 ore e 23 minuti con quello delle 17.02. Il ritorno
sul nuovo diretto? Si parte da Milano alle 18.05, si arriva a Trieste alle
22.22.
Su Roma niente più diretti. Ma, sottolinea ancora l’assessore, i tempi di
percorrenza sono ridotti non di poco e «Trieste verrà sicuramente collegata
meglio di adesso». L’Eurostar delle 7.49 ci metteva 6 ore e 21 minuti. Ed era la
soluzione più veloce. Dal 13 dicembre, eccezion fatta per la partenza delle
17.02, si va invece sotto le 6 ore. Il treno in partenza alle 6.35 porterà a
Roma in 5 ore e 40 minuti, quello delle 9.38 in 5 ore e 37 minuti. Ma, aggiunge
Riccardi sottolineando l’importanza della collaborazione con la collega Sandra
Savino, viene pure mantenuto, «con un significativo abbassamento del tempo di
percorrenza pari ad oltre 50 minuti», il diretto Udine-Roma (”Frecciargento”)
con partenza dal capoluogo friulano alle 5.50 e arrivo nella capitale alle 11.15
(durata del viaggio 5 ore e 25 minuti), mentre per il ritorno è fissata la
partenza da Roma alle 16.45 e l'arrivo a Udine alle 22.10. Il nuovo orario
consente inoltre un ulteriore collegamento con Roma da Udine con l'utilizzo del
treno Euronight delle 6.36 con interscambio a Mestre. Quanto al collegamento su
Milano, Udine vede confermato il treno delle 5.40 (arrivo 9.55).
Insomma, un ribaltone rispetto a quanto continua a comparire sul sito di
Trenitalia. Perché questa lentezza nell’inserimento dei dati? Riccardi assicura
che «le cose sono diverse da come appaiono», che «l’obiettivo è stato
raggiunto», che il sito «verrà aggiornato a breve». E fa infine sapere che la
direzione commerciale di Trenitalia ha dato la disponibilità ad avviare un
tavolo tecnico finalizzato al coordinamento degli orari tra i treni regionali e
il collegamento Eurostar in partenza da Mestre.
MARCO BALLICO
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 25 novembre 2009
Pista ciclabile, il sogno si è avverato - Dopo dieci anni di lavori, costati 6 milioni, sarà pronta entro la fine di dicembre
SOPRALLUOGO DELLA COMMISSIONE ACES CON LA PROVINCIA. DA
CAMPANELLE ALLA VAL ROSANDRA
Dopo un decennio di lavori e una gestazione nel cassetto dei desideri di
durata pluridecennale, la pista ciclabile che segue il percorso dell’antica
ferrovia austroungarica che portava in Istria è finalmente in dirittura
d’arrivo: l’architetto Wiliam Starc e la presidente della provincia di Trieste
Maria Teresa Bassa Poropat l’hanno mostrata ieri in anteprima alla commissione
italiana di Aces (Associazione europea capitali dello sport), in visita a
Trieste per valutare la candidatura della città a Capitale europea dello sport
2011. A bordo di due furgoni, la comitiva ha percorso il tratto di pista che da
Campanelle arriva in Val Rosandra: i commissari Aces hanno mostrato di
apprezzare l’opera, costata in tutto circa 6 milioni di euro. «I lavori sono
ancora in corso – ha spiegato Starc – e teoricamente questo tratto non dovrebbe
essere accessibile al pubblico, ma la gente se ne è già impossessata e difatti
la ditta che sta ultimando i lavori nemmeno chiude il portone». Nonostante la
giornata uggiosa, infatti, il gruppo ha incrociato numerosi ciclisti “abusivi”
che hanno deciso di non aspettare l’inaugurazione della pista: «Tempo
permettendo – ha affermato l’architetto – contiamo di finire i lavori entro
l’anno». Ancora da completare è il tratto urbano che va da Campanelle a San
Giacomo: «I lavori sono stati rallentati perché abbiamo dovuto espropriare un
deposito macchine – ha detto il dirigente –, ora stiamo ultimando i muri di
contenimento e la pista vera e propria». A questo va aggiunta la manutenzione
del percorso in vista dell’apertura: «Nella stazione iniziale c’è stato un
versamento d’acqua che ci ha costretto a lavori ulteriori». Il risultato finale,
nei progetti della provincia, sarà un tratto urbano che da San Giacomo ad Altura
presenterà una pista a doppia sezione: una corsia sarà esclusivamente pedonale,
l’altra permetterà di praticare, oltre al ciclismo, gli sport più diversi, dal
pattinaggio all’equitazione. Da Altura in poi la pista seguirà il modello del
percorso della Val Rosandra, con un fondo in terra battuta e ghiaia: «Parlando
con le associazioni ambientaliste abbiamo pensato che la scelta migliore fosse
quella di mantenere il sedime naturale per ridurre l’impatto sull’ambiente
circostante». La lunghezza totale del percorso è di 12 chilometri. Dalla Val
Rosandra la pista prosegue in Slovenia dove si dirama lungo diversi tragitti:
«La pista entrerà a far parte dei circuiti internazionali di cicloturismo – ha
aggiunto Starc –: dal prossimo anno partiranno i lavori per un nuovo tratto di
40 chilometri».
Giovanni Tomasin
PISTA CICLABILE - LA LUNGA GESTAZIONE - L’architetto Starc: il progetto è del ’69
Per scoprire le origini della pista ciclabile bisogna tornare indietro di una quarantina d’anni. L’opera mosse infatti i primi passi nell’ormai lontano 1969, come spiega l’architetto Wiliam Starc: «Il piano regolatore di quell’anno prescriveva la costruzione di raccordi autostradali con il Lisert – precisa -.
Era la Grande Viabilità. Ma il progetto prevedeva anche
che il percorso della vecchia ferrovia venisse utilizzato per un braccio
d’autostrada che doveva arrivare al Molo settimo».
Dalle proteste innescate dall’avvio di quel progetto, prese vita l’idea di
realizzare la pista ciclabile. Nel 1996 fu realizzato finalmente uno studio di
fattibilità e nel 1999 i lavori ebbero inizio. Ora, finalmente, l’inaugurazione
è imminente.
«L’opera finale è di grande valore – prosegue l’architetto Starc –. Sia sotto
l’aspetto naturalistico, sia dal punto di vista archeologico, industriale e
architettonico. Il fiore all’occhiello è probabilmente il ponte sopra il Burlo:
un intervento costato complessivamente 800mila euro».
(g.t.)
PISTA CICLABILE - LA SCHEDA
La pista ciclabile ha origine lontane: il primo studio di fattibilità risale
al 1996.
La lunghezza totale del percorso attuale è di 12 chilometri: dalla Val Rosandra
la pista prosegue in Slovenia dove si dirama lungo diversi tragitti.
Il tratto da Campanelle alla Val Rosandra è costato in tutto circa 6 milioni di
euro; di questi, 800mila euro sono stati richiesti per la realizzazione del
ponte sopra via dell’Istria, in corrispondenza del Burlo.
Mattonaia inquinata, ma si scopre un anno dopo
I RILIEVI DELL’ARPA AVEVANO REGISTRATO RIPETUTI SFORAMENTI DELLE
PM10 E DEL BENZOAPIRENE
Il sindaco Premolin: dati comunicati tardivamente. Del
Prete: è il traffico, non la Siot
SAN DORLIGO «Nella zona di Mattonaia si sono registrati 14 sforamenti dei
limiti di legge per il PM 10 in 25 giorni di monitoraggio ai quali si aggiunge
poi un vistoso superamento del benzoapirene». Parla chiaro il documento redatto
dal Dipartimento provinciale di Trieste dell'Arpa Fvg. I dati in questione, che
risalgono ai mesi di febbraio e marzo dello scorso anno ma che sono emersi
pubblicamente solo in questi giorni, citano «un valore medio di 68,8 mg/mc della
concentrazione atmosferica giornaliera delle polveri PM10», un valore
oggettivamente «sopra la norma visto che il limite di legge è fissato a 50 mg/mc».
Nella postazione mobile sita in località Mattonaia n. 166 sono stati riscontrati
esattamente «14 superamenti del limite di legge con un valore massimo pari a
190,3 mg/mc» registrato in data 24 febbraio 2008: in pratica in quel giorno il
limite massimo è stato sforato di quasi ben quattro volte rispetto a quanto
previsto dalla legge. Accanto ai PM 10 si aggiunge poi la situazione degli
idrocarburi policiclici aromatici: tra questi il benzoapirene (BaP), che a norma
di legge è fissato a 1,0 ng/mc, che invece ha registrato una concentrazione
atmosferica pari a 1,3 ng/mc.
IL SINDACO «Purtroppo i dati rilevati più di un anno fa non sono stati
comunicati in tempo reale altrimenti sarei intervenuta subito». Il sindaco di
San Dorligo della Valle Fulvia Premolin spiega così il fatto di non aver preso
dei provvedimenti in seguito agli sforamenti registrati a Mattonaia. Il primo
cittadino ha poi aggiunto che «all'epoca in cui sono arrivati i risultati io ero
fuori Trieste, ma il mio ufficio, non appena ricevuta comunicazione degli
sforamenti, ha contattato subito l'Arpa che però ha sconsigliato un intervento
di blocco del traffico anche perché oramai la situazione di emergenza era
rientrata visto che i valori erano tornati nella norma».
LA SIOT «Il PM 10 è un valore che non ha niente a che fare con la nostra
attività visto che noi utilizziamo dei motori elettrici». L'amministratore
delegato della Siot Adriano Del Prete non ha dubbi: gli sforamenti registrati
dalla centralina di Mattonaia, a due passi dallo stabilimento della Siot,
dipendono da altri fattori. «Il traffico delle automobili sulla Grande Viabilità
credo sia la risposta a questi dati che comunque esulano dal nostro lavoro», ha
sottolineato Del Prete, il quale ha poi posto l'accento sul superamento del
benzoapirene: «Anche questo dato non è da iscrivere al nostro operato poiché noi
trattiamo il petrolio, sostanza che non ha nulla a che vedere con il BaP».
L'INTERPELLANZA Sulla vicenda il capogruppo consiliare del Pdl-Udc di San
Dorligo della Valle Roberto Drozina ha già preannunciato un'interpellanza che
verrà presentata lunedì prossimo alla riunione del Consiglio comunale. Tra le
domande indirizzate al sindaco Premolin,Drozina chiederà in consiglio «come ed
in quali tempi si intende procedere per il monitoraggio, in tempo reale così
come auspicato dall’Arpa, dei composti ridotti dello zolfo, fra i quali si
colloca l’idrogeno solforato, elemento altamente tossico».
Riccardo Tosques
Grado, ok dal Comune alla caccia al cormorano -
L’assessore Polo contro gli ambientalisti del Wwf: «Prioritaria la difesa dei
pescatori»
BATTAGLIA FRA AMMINISTRAZIONE E ECOLOGISTI
GRADO «A dover essere tutelati sono i vallicoltori, non certamente i
cormorani. Apprezzo il lavoro svolto dal Wwf nel mondo. Sono d’accordo sul
lavorare per la conservazione del patrimonio naturalistico, ma non a danno della
specie umana». Lo dice l’assessore Elisa Polo replicando al Wwf di Monfalcone
sulla questione della caccia ai cormorani, accusando gli ambientalisti di
diffondere dei dati inesatti, ricavati «da qualche studio fatto con saltuarie
visite alle valli, a chissà che ora del giorno e probabilmente prendendone in
esame solamente alcune». Il problema dei cormorani interessa una trentina di
valli da pesca, alcune anche di ampie dimensioni, della laguna di Grado e una
decina di quelle di Marano.
«Invito i responsabili del Wwf a mie spese per 365 giorni in una valle da pesca
- continua la Polo -. Li faccio alzare all’alba per assistere a quello che non
esito a definire uno spettacolo drammatico. Facile venir a vedere cosa succede,
magari a ora di pranzo come fa qualcuno, e trovare pochi esemplari. Bisogna
essere sul posto all’alba, in tutte le valli».
È dura la replica dell’assessore alla Pesca di Grado che parla di una vera
invasione di cormorani tale da preoccupare che preoccupa vallicoltori e Comune.
«Sono i vallicoltori che rischiano l’estinzione. Vanno tutelati loro, non gli
uccelli. Facile per chi non è direttamente coinvolto criticare e parlare -
aggiunge l’assessore Polo -. Il Wwf dovrebbe mettersi nei panni dei vallicoltori
che, dopo anni di sacrifici si vedono derubare in questa maniera del prodotto
delle loro fatiche. Vorrei proprio vedere voi proteggere questi uccelli –
sottolinea la Polo rivolgendosi ai responsabili del Wwf - se gli stessi uccelli
iniziassero a prelevare le banconote dalla vostra busta paga.
«I metodi ecologici di dissuasione - continua l’assessore -, come suggerisce il
Wwf, potevano forse andar bene fino a una decina di anni fa quando non si
verificavano invasioni di questa portata».
I vallicoltori, ricorda sempre l’assessore comunale, le hanno provate tutte,
tanto che hanno dovuto sistemare orizzontalmente delle grandi reti a protezione.
Ma anche queste non si sono rivelate sufficienti, «perché alcuni cormorani si
tuffano e quindi nuotano sotto la rete per entrare nelle zone popolate del pesce
che, spaventato, esce allo scoperto. Anche altri tentativi ed esperimenti sono
già stati tentati ma senza risultato». L’assessore pone e si pone domande e
risposte: «Manufatti subacquei? i vallicolori devono lavorare nella valle, non
fare slalom e rischiare di rimanere loro impigliati. Tamburi, colpi di petardi?
Fanno scappare i cormorani solo all’inizio. Sono uccelli in grado di imparare
presto la lezione. Il sistema più efficacie alla fine resta sempre la presenza
costante di un vallicoltore.»
ANTONIO BOEMO
IL PICCOLO - MARTEDI', 24 novembre 2009
L’Unione europea: Nordest in ritardo sulla Tav - Il
coordinatore Brinkhorst: «Friuli Venezia Giulia e Veneto si accordino sui
progetti»
TRIESTE «Veneto e Friuli Venezia Giulia devono migliorare
la collaborazione e passare alla realizzazione dei progetti». Laurens Jan
Brinkhorst, il coordinatore europeo del progetto prioritario 6, l’«angelo
custode» del corridoio ferroviario che deve collegare Lione al confine
ungherese-magiaro, arriva a Trieste. E, quasi in sordina, partecipa a un vertice
allargato in piazza Unità. Ma, al termine, non fa sconti: il Nordest non vuole
perdere la Tav? E allora, anziché guardare a Lubiana, guardi a casa sua: superi
le contraddizioni interne, sciolga il rebus del tracciato ”litoraneo”, e
presenti la progettazione mancante. Da Mestre a Trieste.
IL VERTICE L’olandese Brinkhorst, un’agenda piena zeppa che include una tappa a
Roma e un incontro con il sottosegretario sloveno Igor Jakomin, si presenta in
piazza Unità di buon’ora. Il ”tavolo di monitoraggio”, come lo definisce il
padrone di casa Renzo Tondo, è affollato: c’è Renato Casale, l’amministratore
delegato di Italferr, la spa delle Ferrovie chiamata a ”disegnare” la Tav, e ci
sono gli europarlamentari Debora Serracchiani e Antonio Cancian. C’è il
presidente del Ppe al Comitato europeo delle Regioni Isidoro Gottardo e ci sono
l’assessore alle Infrastrutture del Friuli Venezia Giulia Riccardo Riccardi e
quello all’Economia del Veneto Vendemmiano Sartor.
LE PRIORITÀ Il tavolo non è annunciato, almeno non alla stampa. Ma, al termine
dei lavori, ”Mister Pp6” non si defila e avverte che il problema principale
della Tav non è la tratta italo-slovena, ma quella italiana. Sia chiaro: la
Trieste-Divaccia riveste «un’estrema importanza». E Brinkhorst, raccogliendo le
sollecitazioni del Friuli Venezia Giulia che invoca la nascita di una struttura
comune italo-slovena e difende a spada tratta il collegamento tra i porti di
Trieste e Capodistria, garantisce il suo appoggio: «Promuoverò la collaborazione
con la Slovenia». Il coordinatore nominato da Bruxelles, tuttavia, chiarisce: la
Trieste-Divaccia non è il nodo più urgente. «Credo che la tratta
transfrontaliera potrà essere realizzata solo se la parte italiana riuscirà a
risolvere i suoi problemi e avrà quindi la credibilità necessaria a convincere
la parte slovena che vale la pena di investire nelle infrastrutture sul
confine».
IL NODO Difficile equivocare. Ma Brinkhorst si spinge oltre: «In passato
ritenevo che il punto cruciale fosse proprio il passaggio del confine
italo-sloveno. Ma ora mi rendo conto che la priorità dev’essere data alla
soluzione dei problemi italiani. Veneto e Friuli Venezia Giulia devono
migliorare la collaborazione e passare alla realizzazione del progetto». Ancora:
«Il governo italiano deve sostenere le due Regioni e incoraggiarle a cooperare».
LE DIFFICOLTÀ L’olandese, dunque, punta il dito contro i ritardi ”domestici”
nella progettazione della Tav a Nordest. Italferr si impegna a rispettare la
scadenza di fine 2010 ma non nega, non può, le difficoltà: ci sono quelle in
casa friul-giuliana dove, ad esempio, vanno superati i rilievi di natura
ambientale sulla tratta Ronchi Sud-Trieste e ci sono soprattutto le difficoltà
in casa veneta dove va ancora definita la tratta Quarto d’Altino-Portogruaro,
dopo la controversa decisione di allontanare la Tav dall’A4 e portarla a Sud.
Verso il mare. La spa delle Ferrovie chiarisce che ci sono due ipotesi
progettuali sulla tratta litoranea: la ”variante lunga” che passa più vicina
alle spiagge e la ”variante corta” che scende meno a Sud, ed è oggi la più
gettonata.
LE REAZIONI Le due Regioni, chiamate in causa, rassicurano ”Mister Pp6”. O
almeno ci provano. «Siamo pronti a dare tutto il nostro contributo affinché la
progettazione di un’infrastruttura strategica per l’intero Paese venga
presentata all’Unione europea. Noi e il Veneto confermiamo l’impegno congiunto e
l’azione di stimolo sul governo italiano» afferma Tondo. Ma i tempi? E i modi?
Riccardi, nel giorno in cui porta all’esame di Brinkhorst anche il potenziamento
della rete ferroviaria esistente nell’attesa che la Tav veda la luce, rassicura:
«Il progetto è complesso e va perfezionato, ricercando il maggior consenso
possibile del territorio, ma va avanti. E, come da accordi, va presentato entro
il 31 dicembre 2010». I dissensi con il Veneto? Il ”tracciato balneare”?
Riccardi minimizza: «Non ci sono dissensi. Non possiamo mica dire noi ai veneti
dove devono far passare la Tav... E comunque, a Venezia, stanno lavorando e
presenteranno una soluzione nei tempi previsti».
L’IMPEGNO Il Veneto, con Sartor, conferma: «Non esistono problemi con il Friuli
Venezia Giulia. Dobbiamo solo trovare a casa nostra la soluzione meno impattante
per la tratta da Quarto d’Altino a Portogruaro: ci stiamo orientando sulla
”variante corta”, la più lontana dal litorale, e in ogni caso decideremo nel
rispetto delle scadenze». Nessuno ne dubiti, nemmeno il coordinatore olandese:
«Abbiamo già dimostrato con il Passante e il rigassificatore di saper scegliere
quando ci sono in ballo le grandi opere. Lo faremo anche con la Tav che rimane
una nostra priorità assoluta. La riprova? Cofinanzieremo con 5,5 milioni di euro
la progettazione». Gottardo e gli europarlamentari, lasciando il vertice, si
dicono pronti a dare una mano: l’alta velocità, costi quel che costi, va fatta.
Ma Serracchiani non sottovaluta il monito di Brinkhorst: «È emerso concretamente
un problema di coordinamento tra Veneto e Friuli Venezia Giulia e tra Italia e
Slovenia. E quindi, pena l’emarginazione, dobbiamo assolutamente superarlo».
ROBERTA GIANI
Il tracciato balneare è il nodo più spinoso - Ma
Italferr garantisce il rispetto dei tempi: consegna entro il 2010
TRIESTE Italferr, la spa delle Ferrovie impegnata a
”disegnare” la Tav da Mestre a Trieste, garantisce il rispetto dei tempi. Ma il
tracciato nordestino, quello che preoccupa Bruxelles, deve superare molti
ostacoli. E l’ad Renato Casale, fotografando lo stato dell’arte, lo conferma
indirettamente: la Mestre-Trieste-Divaccia viene divisa in cinque ”sezioni”. La
prima, da Mestre all’aeroporto di Tessera e a Quarto d’Altino, non presenta più
grandi difficoltà: «Il tracciato è concordato e definito» conferma l’assessore
veneto Vendemmiano Sartor. La seconda ”sezione”, da Quarto d’Altino a
Portogruaro, è la più spinosa: il tracciato doveva in origine affiancare
l’autostrada A4 ma, al fine dichiarato «di non intralciare la terza corsia», il
Veneto si è immaginato un tracciato ”balneare” per Jesolo e Caorle. Il Friuli
Venezia Giulia, con Riccardo Illy, ha protestato. Invano. Risultato? Allo stato
attuale ci sono due ipotesi di lavoro sul tavolo di Italferr: il tracciato lungo
che corre più vicino alle spiagge e quello corto che passa più vicino all’A4. Ma
il Veneto deve ancora dire l’ultima parola: «Siamo orientati sulla variante
corta ma stiamo lavorando sulla soluzione tecnica meno impattante» spiega Sartor.
La terza sezione, da Portogruaro a Ronchi sud, è forse la meno problematica: la
Tav correrà parallela all’autostrada, Renzo Tondo condivide il lavoro dei suoi
predecessori. La quarta sezione, da Ronchi sud a Trieste, presenta a sua volta
non pochi problemi: le risorse ci sono, ci sono persino per la progettazione
esecutiva, ma il tracciato deve fare i conti con i rilievi del ministero e lo
scarso consenso della popolazione, tanto che Italferr sta lavorando alle
modifiche.
Infine, la quinta sezione da Trieste a Divaccia, l’unica transfrontaliera:
Italferr sostiene che, se l’accordo tra i due paesi viene confermato, il
progetto regge. «È una priorità assoluta. Un’infrastruttura vitale per Trieste e
il Friuli Venezia Giulia che, in caso contrario, rischiano di essere più
emarginati di prima della caduta del confine» osserva, a fine vertice, Isidoro
Gottardo. Bruxelles, Roma e Lubiana ascolteranno?
Udine perde i treni diretti con Roma e Milano - Dal 13
dicembre tagli pesanti sul capoluogo friulano. ”Mistero” su Trieste
- L’ORARIO INVERNALE DI TRENITALIA
TRIESTE D’incanto, sul sito di Trenitalia, spuntano i
nuovi orari dei treni da e per Udine dal 13 dicembre, il primo giorno del nuovo
orario. Un ”click” e l’Eurostar in partenza alle 5.52 e in arrivo a Roma Termini
alle 12.10 non c'è più. E non c’è più nemmeno il treno per Milano in partenza
alle 5.40 e in arrivo alle 9.55 senza cambi. Tagliati a meno di inserimenti in
corso d’opera, obiettivamente difficili da attendersi nel momento in cui
Trenitalia ha lanciato in pompa magna le novità invernali. E i treni da Trieste?
Nessuna novità, non ancora. Ma, a trattativa evidentemente ancora aperta con la
Regione, c’è forse qualche spiraglio per salvare i collegamenti diretti.
I friulani, almeno loro, possono programmare le vacanze di Natale e prenotare il
viaggio. Il nuovo orario prevede, a fronte delle attuali 15 possibilità, solo 4
partenze: alle 8.25, alle 12.30, alle 14.30 e alle 16.30. E nessun diretto. La
discesa a Mestre è obbligatoria, dopo di che si sale sui ”Frecciargento”, un
elettrotreno (Etr 600) ad assetto variabile di ultima generazione, dotato di
motori distribuiti su tutto il convoglio, capaci di assicurare accelerazione e
velocità di punta fino a 280 km/h. La durata del viaggio? La soluzione più
mattutina impiega 5 ore e 48 minuti, le altre tre 5 ore e 43 minuti.
Stesso numero di collegamenti e stesse partenze sono incastrati nel nuovo orario
da Udine direzione Milano, con l’obbligo di cambiare addirittura due volte,
prima a Mestre e poi, dopo 40 minuti d’attesa, a Bologna da cui decollano pure i
Frecciarossa, 360 km/h di velocità massima, partendo dalla stazione friulana
alle 8.25 (durata del viaggio 5 ore e 20 minuti), alle 12.30 (5 ore e un quarto)
e alle 16.30 (5 ore a un quarto). Solo la partenza alle 14.30 (4 ore e 25)
prevede un unico cambio a Mestre.
Riassumendo: meno treni regionali, molti meno, razionalizzazione degli orari,
treni superveloci dal Veneto e dall’Emilia Romagna ma, da Udine, nessuna
possibilità di arrivare nelle due principali città italiane su un solo
convoglio. Quanto a Trieste, invece, permane il mistero. Digitando sul sito di
Trenitalia dal 13 dicembre in avanti la risposta è sempre la stessa: «Nessuna
soluzione trovata». Impossibile programmare un viaggio. Dalle Ferrovie dello
Stato nulla trapela. Si conferma che, non solo con il Friuli Venezia Giulia, «è
in corso una trattativa con gli enti pubblici». La premessa è la solita: le
tratte in perdita si tagliano.
È il motivo della sforbiciata che riguarda Udine, nonostante gli sforzi della
Regione e i vari incontri nella capitale dell'assessore Riccardo Riccardi con
l'amministratore delegato di Fs Mauro Moretti.
Si salveranno in extremis i diretti triestini, l'Eurostar delle 7.49 verso Roma
e il collegamento delle 6.35 verso Milano? La sensazione è che i tagli possano
essere stati già decisi. E che Trieste, dunque, possa esserne esente. La
soluzione del giallo nei prossimi giorni. Perché ne mancano solo venti al cambio
di orario di Santa Lucia. E qualcosa dovrà pure accadere.
Marco Ballico
Rifondazione in pressing: «Si rafforzi la rete attuale»
TRIESTE La Trieste-Divaccia è in alto mare? La
Mestre-Ronchi Sud-Trieste in grave ritardo? Meglio lasciar perdere, e
concentrare gli sforzi su una missione ”meno impossibile”. Rifondazione non ha
dubbi. E, con Igor Kocijancic, lo dice chiaramente: «Vanno adeguati i tracciati
esistenti all’alta capacità come giustamente affermato dall’assessore regionale
Riccardo Riccardi. E va aperto un confronto serrato con la Slovenia per il
collegamento ferroviario tra i due porti, lasciando perdere altre priorità e
progetti semplicemente velleitari. In un Paese normale non si perderebbe nemmeno
tempo a discutere su cosa convenga fare».
IL RIGASSIFICATORE AL CENTRO DEL CONVEGNO ”RISPARMIO
ENERGETICO” - Menia: «Interessi economici dietro il no di Lubiana»
Il sottosegretario: Slovenia e Croazia progettano un
altro impianto a Veglia - Il project manager Armesto: «Vogliamo diventare
triestini, coinvolgeremo tutti gli enti»
Pronta la bozza del nuovo accordo di programma per l’ambiente. C’è anche la Cdc
«La questione ambientale era solo un pretesto, dietro cui si nascondevano
interessi concorrenziali di ordine economico. L’interesse di Lubiana, confermato
ufficialmente, a costruire un rigassificatore sloveno-croato sull’isola di
Veglia lo spiega chiaramente».
L’affondo, pesantissimo, nei confronti della Slovenia, dichiaratasi a più
riprese contraria alla realizzazione del rigassificatore di Zaule, porta la
firma del sottosegretario all’Ambiente, Roberto Menia. A margine del convegno
“Risparmio energetico: la sfida del futuro”, organizzato alla Camera di
commercio di Trieste, l’esponente del governo Berlusconi si è riagganciato alla
recente uscita del ministro dell’economia sloveno, Matej Lahovnik, ripresa dai
media di Lubiana: «Il progetto del rigassificatore di Veglia assicura non solo
una diversificazione delle linee di rifornimento di gas, ma anche delle fonti di
questa importante risorsa energetica. A un rigassificatore su quell’isola, poi,
non si oppone nessuno», aveva affermato Lahovnik. Mentre al progetto triestino
del colosso spagnolo Gas Natural, Lubiana si è sempre opposta. «Le osservazioni
di tipo ambientale da parte slovena - ribadisce Menia - erano quindi
pretestuose. In ogni caso, loro hanno diritto di fare ciò che vogliono. Ma, allo
stesso modo, noi decidiamo autonomamente cosa fare sul nostro territorio
nazionale». Insomma, tutte scuse, secondo il sottosegretario, che difende a
spada tratta un impianto la cui creazione rappresenta una priorità strategica
del governo italiano.
GAS NATURAL Da parte sua Gas Natural, attraverso il project manager per Trieste
Ciro García Armesto, presente ieri al convegno, ha ribadito come il progetto di
Zaule rappresenti «un’opportunità di sviluppo per la città e per noi si tratta
di un impegno a lungo termine, una scommessa nel campo della sostenibilità.
Vogliamo diventare “triestini”». Per riuscire nell’intento, la società iberica
non solo coinvolgerà gli enti del territorio ma andrà anche, come già
annunciato, ad orchestrare un «lavoro di comunicazione per far conoscere alla
gente il nostro progetto - ha sottolineato Armesto -. Su cui non ci sono punti
oscuri. Illustreremo i benefici che deriveranno per i cittadini». Il dirigente
spagnolo ha poi ricordato come l’area scelta per il rigassificatore sia
«fortemente inquinata, pertanto necessiterà di un’opera di bonifica molto
pesante».
SIN A proposito di Sito inquinato di interesse nazionale, lo stesso Menia e il
presidente camerale Antonio Paoletti hanno confermato - a margine del convegno -
come sia ormai pronta la bozza del nuovo accordo di programma sugli interventi
di riqualificazione ambientale. Domani a Roma, nel corso di un incontro fra le
parti sarà presentato il testo, sul quale andranno rapidamente sciolte le
eventuali ultime riserve, per arrivare alla firma del documento entro la fine di
dicembre. «Così si potrà accedere ai 2,6 milioni di euro trovati dal ministero
tramite fondo di riserva - ha spiegato Menia -. Tra i firmatari, va segnalata
l’introduzione della Camera di commercio». L’ente camerale aveva da sempre
espresso la propria volontà di fungere da soggetto di raccordo fra i privati
interessati dal problema e lo Stato per la questione delle bonifiche. Ora, come
si riferisce anche a parte, a meno di improvvisi intoppi, potrà farlo.
MATTEO UNTERWEGER
I dubbi di Bandelli sull’impianto Gnl: «Ma a chi
servirà?» - CRITICHE ANCHE AL PDL
«Non siamo degli apostati». Franco Bandelli si infervora
nel rispondere al coordinatore regionale del Pdl Isidoro Gottardo, che nei
giorni scorsi aveva lanciato un avviso preventivo ai membri del Pdl che
sostengono il movimento “Un’altra Trieste”, fondato un mese fa dall’ex assessore
ai lavori pubblici. «Non vogliamo fondare una lista civica e non abbiamo
posizioni preconcette sul rigassificatore: siamo solo esponenti del Pdl
interessati al dialogo con la cittadinanza. Avremo mica paura di un
questionario?».
Esternazioni arrivate a margine del primo incontro pubblico organizzato da
“Un’altra Trieste” sul tema “Energia, bonifiche, rigassificatore e AcegasAps”.
Bandelli ha approfittato dell’appuntamento pubblico per togliersi qualche
sassolino dalla scarpa: «Le nostre posizioni non sono in contrasto con il
partito – dice –. Se Gottardo pensa il contrario è male informato, forse perché
da quando non sono più assessore non ha mai accettato un incontro». E aggiunge:
«I consiglieri regionali possono proporre un referendum contro le leggi della
giunta mentre noi non possiamo fare un’assemblea pubblica: sono confuso».
Il suo modo di fare politica, rivendica l’ex assessore, trova riscontro: a
sostenere la sua tesi porta il pubblico che ieri ha riempito la sala. Nel suo
intervento Bandelli rinnega posizioni aprioristiche sul progetto Gas Natural: «I
dubbi sulla sicurezza dell’impianto – dice a riprova della sua buona fede - sono
poco fondati». Poi però colpisce duro sui punti nodali del progetto: «Chi trarrà
beneficio dal rigassificatore? – si chiede – L’occupazione sarà ridotta a poche
unità, le gasiere non saranno italiane, i risparmi per la comunità locale non ci
saranno e le tecnologie saranno straniere. Cosa resterà a Trieste?». Bandelli
esprime infine i suoi dubbi anche sul futuro del porto: «Le navi gasiere
costringeranno a sospendere le attività di cabotaggio del porto. Chi può
smentire questa affermazione lo faccia». Quanto alla gestione delle aree
inquinate «la perimetrazione venne fatta in modo discrezionale e i soldi per le
bonifiche non ci sono, il sottosegretario all’ambiente faccia qualcosa». Per
concludere una stoccata ad AcegasAps: «Il valore della azioni è calato:
rischiamo di trovarci con un pugno di mosche».
Giovanni Tomasin
BONIFICHE - Paoletti: «Per i privati un milione e
mezzo» - IL PRESIDENTE CAMERALE - «Abbiamo fondi da destinare al lavoro di
caratterizzazione»
Ministero dell’Ambiente, Ministero dello Sviluppo
economico, Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, Regione, Provincia,
Comune di Trieste, Comune di Muggia, Autorità Portuale e Camera di commercio di
Trieste. Ecco l’elenco aggiornato dei soggetti chiamati ad analizzare e firmare
entro la fine dell’anno il nuovo accordo di programma sul Sito di interesse
nazionale.
«Il ministero metterà dei soldi per la bonifica delle aree di proprietà pubblica
- spiega il presidente della Camera di commercio, Antonio Paoletti - mentre
l’ente camerale interverrà invece per quelle dei privati». Un supporto che potrà
da subito tradursi in aiuti concreti, una volta firmato il nuovo testo: «Nel
2006 avevamo deciso di aumentare la quota del diritto camerale - approfondisce
Paoletti -, legandola a due destinazioni condivise dalle categorie (ovvero il
progetto del Parco del mare per il 60 per cento e appunto le bonifiche per il
restante 40, ndr), e oggi la nostra lungimiranza viene premiata. Alcuni privati
hanno già provveduto alla caratterizzazione delle aree di loro proprietà, ma
tanti altri non sono in grado al momento. Noi potremo dare loro un aiuto, a
questo punto, con il milione e mezzo di euro accantonato e già disponibile, da
distribuire attraverso la futura istituzione di un apposito bando attivato a
supporto delle imprese. Una volta caratterizzato il tutto, sapremo esattamente
il grado di inquinamento del sito. Così - conclude infine Paoletti - si potrà
procedere eventualmente a un accordo con la Regione per pianificare
finanziamenti a lungo periodo agli imprenditori per i successivi e necessari
interventi di bonifica».
(m.u.)
Fedriga e Kocijancic: «Salviamo Fogar» - INCONSUETO
APPELLO - Il presidente del ”Miani” da 28 giorni non prende i farmaci salvavita
«Maurizio Fogar deve riprendere quanto prima l’assunzione
dei farmaci necessari per la sua salute, perché abbiamo bisogno della sua
presenza nella battaglia per la chiusura della Ferriera». Questo l’appello
unitario lanciato ieri, nel corso di un’inedita conferenza stampa, da due
rappresentanti politici che, tradizionalmente, vivono l’agone politico da banchi
contrapposti: il parlamentare della Lega Nord, Massimiliano Fedriga e il
consigliere di La Sinistra – L’arcobaleno, Igor Kocijancic. Fogar, da 28 giorni
ha adottato questa singolare forma di protesta, che consiste nel rinunciare a
farmaci indispensabili alla sua salute. Ieri, Fedriga e Kocijancic, preoccupati
per la gravità della situazione e «per lo scarso interesse che le istituzioni
stanno manifestando sull’argomento», hanno indetto un incontro con la stampa per
spiegare le loro ragioni. «Fogar – hanno precisato – è il fondatore del Circolo
Miani, organizzazione che si è sempre battuta per la chiusura dello stabilimento
di Servola, avendo in grande attenzione la salute della popolazione di quell’area
e dell’intera città. A sostegno della bontà dell’azione del Circolo – hanno
aggiunto – è stata recapitata alle istituzioni una lettera con ben 565 firme di
cittadini. Tutto questo conferma che il Miani deve poter continuare la sua
battaglia – hanno sottolineato i rappresentanti della Lega Nord e della Sinistra
Arcobaleno – pur nell’ambito di una discussione sui metodi e sui tempi che ci
può trovare su posizioni anche molto diverse».
Fedriga è per la chiusura immediata, Kocijancic immagina un iter più lento «per
dare il massimo risalto alla salvaguardia dei livelli occupazionali». Entrambi
però sono perfettamente d’accordo sull’urgenza di «rinunciare, da parte di Fogar,
a una protesta che rischia solo di provocare danni al diretto interessato e di
non risolvere il problema principale che riguarda la Ferriera».
Ugo Salvini
IL PICCOLO - LUNEDI', 23 novembre 2009
Costa: «Tav? Non ci sono finanziamenti» - L’INTERVISTA
IL PRESIDENTE DELL’AUTORITÀ PORTUALE DI VENEZIA
TRIESTE-DIVACCIA - «Impegno europeo ma solo a parole»
TRIESTE «Sul piano formale il governo non può decidere sui progetti per la
Tav, si tratta di impegni europei». Paolo Costa, presidente dell’Autorità
portuale di Venezia ed ex presidente della Commissione trasporti dell’Unione
europea, è categorico. L’Italia, così come la Slovenia e qualsiasi Paese
europeo, non ha la potestà formale di bloccare progetti decisi dall’Unione
europea anche se «sul piano sostanziale non ci sono finanziamenti. Bisognerebbe
mostrare interesse non solo a parole ma anche nei fatti». E se questa è la
sostanza, il Friuli Venezia Giulia, e Trieste in particolare, rischia di
trovarsi in posizione periferica e non nel tanto decantato cuore d’Europa.
Il viceministro Castelli ha confermato che la Trieste-Divaccia è una priorità
del governo. Un fatto positivo?
Sicuramente è un bene, sarebbe stato grave se questa smentita non ci fosse
stata. Adesso però devono anche seguire i fatti concreti e, per quanto visto
finora, non vediamo dal governo prospettive finanziarie certe per questa tratta
del Corridoio V.
Le voci sul disimpegno italiano tuttavia si rincorrono. Come le valuta?
Si è diffusa un’idea molto strana, ovvero che la realizzazione della
Trieste–Divaccia sia nella disponibilità di Italia e Slovenia quando in realtà
si tratta di impegni presi dalla Commissione e dal Parlamento europeo e non
differibili con decisione unilaterale. Questo sul piano formale.
E su quell sostanziale?
Non ci sono i finanziamenti, l’interesse è solo a parole. Il Cipe non ha
finanziato nemmeno la progettazione della Tav e anche il Veneto ci ha messo del
suo proponendo due alternative per il tracciato. E solitamente quando siamo di
fronte a due progetti ci si ferma: si scelga una soluzione e la si porti avanti.
Dal Cipe si attende anche il via libera per i finanziamenti alla piattaforma
logistica.
Ma senza i necessari investimenti ferroviari i porti di Venezia e Trieste
finiranno per venire strozzati. I due scali hanno bisogno che si sblocchi la
situazione perché necessitano di due binari per il trasporto merci, altrimenti
saranno incapaci di dare sfogo al loro potenziale. E non parlo solo di
Trieste–Divaccia o di alta velocità nel Nord Est; Trieste e Venezia hanno
bisogno anche della Tav nella val di Susa per sviluppare i traffici con la
Francia. All’Italia serve l’intero tracciato del Corridoio V e deve fare il
massimo perché gli impegni europei vengano rispettati. Sarà necessario chiedere
al commissario europeo, che mi risulta sarà nuovamente Tajani, che si vada
avanti sulla strada tracciata.
Il piano investimenti per la terza corsia della A4 ha ricevuto il via libera. Un
dato positivo?
Indubbiamente ma anche qui ci sono degli elementi di criticità. In particolare
si è dimostrata l’incapacità di prevedere l’affiancamento del tracciato
ferroviario. Come al solito si lavora per emergenze e si lavora per emergenze
senza una visione complessiva. Sarebbe stato preferibile quantomeno prevedere la
possibilità della progettazione del tracciato ferroviario, così invece di
troviamo con un «cul de sac».
Il Friuli Venezia Giulia si trova ad affrontare anche il problema dei
collegamenti aerei.
Qui entrano in gioco questioni di mercato ma non è estraneo nemmeno il tema del
Corridoio V. Con l’alta velocità Trieste non è più l’ultimo avamposto ma la
porta verso l’est e Ronchi potrebbe diventare una sorta di aeroporto di Lubiana.
Il problema è che in Italia si continua a ragionare come se ci fosse ancora la
Cortina di Ferro e non si punta a conquistare dei mercati in espansione. E qui
si gioca il futuro di Trieste che può acquistare centralità ma anche, se non si
lavorerà nella giusta direzione, rimanere chiusa in un angolo.
ROBERTO URIZIO
Piccole imprese, energia solare contro la crisi - A
Gorizia sette aziende si consorziano per realizzare un impianto fotovoltaico
PARTE UN PROGETTO-PILOTA NELL’ISONTINO
GORIZIA Produrre energia solare, sia per coprire i propri consumi che per
venderla, e acquisire un know how con il quale trovare nuove opportunità di
business. È questo il ragionamento che ha spinto sette piccole aziende isontine
a consorziarsi, sotto la regia dell’Associazione piccole e medie industrie (Api)
della provincia di Gorizia. Si tratta di uno dei primi casi di questo genere a
livello regionale che traduce in realtà una delle soluzioni anti-crisi
prospettate a tutti i livelli dalle associazioni di categoria: ovvero, fare
squadra e abbandonare quella scarsa propensione alla collaborazione che
caratterizza il mondo delle pmi e che oggi si sta trasformando in un fattore di
debolezza. Il progetto è ambizioso e si svilupperà i diverse fasi.
La prima prevede la realizzazione di un impianto fotovoltaico che metta in rete
i sette stabilimenti (ciascuno dei quali ha coperture per una superficie
compresa tra i 1500 e i 2000 metri quadrati). In seconda battuta, la quota parte
di energia prodotta eccedente i consumi, che indicativamente dovrebbe attestarsi
attorno al 30 – 35% verrà ceduta, con il fine primario di andare a coprire i
costi di realizzazione dell’impianto. Quindi, il consorzio tenterà di fare il
salto di qualità, mettendosi sul mercato e riversare a terzi l’esperienza
acquisita. Un’ipotesi – quest’ultima – forse non prioritaria ma alla quale da Api
Gorizia si sta guardando con un certo interesse. Anche perché, tra le sette
realtà pronte a ”fare squadra”, ci sono aziende attive nel settore della
meccanica, della carpenteria, dell’isolamento termico, nella quadristica
elettrica di controllo e nell’elettronica che hanno – sommate tra loro – le
competenze per poter giocare un ruolo attivo.
E poi, queste aziende contano complessivamente tra i 120 e i 150 dipendenti: in
altre parole, numeri da realtà industriale vera. «Maggiore è la massa critica
che si riesce a creare, maggiori sono le potenzialità che si riescono ad
esprimere sul mercato – spiega Carlo Giorgio Pecora, presidente di Api Gorizia.
Muoversi conservando piccole dimensioni oggi si sta rivelando penalizzante. Per
questo riteniamo che sviluppare un progetto di questo genere sia di grande
importanza, anche alla luce della crisi che stiamo vivendo». A fare parte della
”squadra” c’è, tra gli altri, anche Intelergy, una società di consulenza
specializzata nel campo della pianificazione e del risparmio energetico che avrà
il compito di gestire sotto il profilo economico e finanziario l’intero
progetto. L’investimento iniziale è stato quantificato in circa 1 milione di
euro. Entro dicembre tutta la fase di pianificazione verrà conclusa, mentre tra
marzo e aprile comincerà l’installazione degli impianti.
A regime produrranno tra i 3 e i 4 milioni di kilowatt: tra il 35 e il 40% di
questa energia, ovvero la parte eccedente alla copertura dei consumi dei singoli
attori del consorzio, sarà ceduta alla rete e nel giro di qualche anno dovrebbe
permettere il recupero di una parte delle spese (un’altra parte, invece, è
coperta dai contributi pubblici e dagli sgravi fiscali). E poi, c’è la partita
delle installazioni a terzi. «Il portafoglio ordini che si sta prospettando
all’orizzonte è stimabile tra i 2 e i 2,5 milioni di euro – anticipano dall’ente
consortile. E sono già in corso dei contatti con diverse realtà industriali
pronte a chiederci di installare e gestire per loro conto impianti di questo
genere».
NICOLA COMELLI
SEGNALAZIONI - Sul rigassificatore
Da un po’ di tempo a questa parte si possono leggere su
questo giornale le segnalazioni del signor Luciano Emili riguardo al proposto
rigassificatore di Zaule.
Nelle stesse ci sono scambi di opinioni con gli ambientalisti e non solo.
L’ultima in ordine di tempo è stata pubblicata il 17 novembre. Devo dire che la
cosa mi ha lasciato perplesso considerato che Emili in un passato recente è
stato il responsabile del Wwf - sezione di Trieste, con cui, peraltro, ha
successivamente avuto una divergenza di opinioni.
In ogni caso, senza polemiche alle quali non sono abituato (hanno rilevanza
soltanto i fatti), viste le affermazioni di Emili, lo invito nella sede
dell’associazione che presiedo quando più gli farà piacere per presentargli il
fascicolo contenente gli accertamenti svolti dalla Guardia di finanza dove
vengono messe in evidenza una serie di «irregolarità» rilevate su una parte di
documenti relativi alla Valutazione di impatto Ambientale.
Riguardo al proposto rigassificatore su una cosa soltanto concordo con Emili e
cioè sul fatto che ognuno debba esercitare il «mestiere che conosce». Infatti i
membri della Guardia di finanza che hanno studiato il caso si sono dimostrati
validi professionisti.
Fabio Longo - presidente del comitato Sos Muggia
IL PICCOLO - DOMENICA, 22 novembre 2009
Castelli: la Trieste-Divaccia è prioritaria - «Nessun
disimpegno italiano sulla Tav, nemmeno per la tratta a Est di Mestre»
PARLA IL VICEMINISTRO ALLE INFRASTRUTTURE
«Al vertice di Brdo ho semplicemente detto che c’è un problema di consenso delle
popolazioni sul tracciato ipotizzato»
«Privilegiamo solo il Nord-Ovest d’Italia? Non è vero: le opere per il Nord-Est
verranno completate prima»
TRIESTE «Non c’è nessun disimpegno italiano sulla Trieste-Divaccia. Anzi,
stiamo lavorando alacremente». Il vertice italo-sloveno di Brdo scatena nuove
preoccupazioni, al di qua e al di là del confine, sui destini della tratta
transfrontaliera del Corridoio V? E, complice una progettazione ancora in alto
mare, alimenta a cascata i timori sull’arrivo effettivo dell’alta velocità in
Friuli Venezia Giulia? Roberto Castelli, il viceministro alle Infrastrutture,
scende in campo. Rassicura. Garantisce: «Quella tratta, come l’intero progetto
prioritario 6 da Lione al confine ungherese-ucraino, è e resta una priorità del
governo».
Viceministro Castelli, che ha detto esattamente al vertice italo-sloveno con il
suo omologo Igor Jakomin?
Ho semplicemente detto, come hanno più volte segnalato il presidente Renzo Tondo
e altre forze locali, che c’è un problema di consenso delle popolazioni locali
sul tracciato ipotizzato. E ho spiegato che, nell’interesse di tutti, stiamo
cercando di superarlo.
Come?
Trovando la soluzione maggiormente condivisa perché non vogliamo un altro caso
come quello del Frejus.
Non ha mai parlato di un disimpegno italiano sulla Trieste-Divaccia? Sono
filtrate sue forti perplessità sulla praticabilità del progetto
transfrontaliero, per motivi ambientali, finanziari, trasportistici.
Assolutamente no. E trovo francamente sorprendente che qualcuno possa aver detto
una cosa del genere: la dichiarazione congiunta di Brdo non si presta a
equivoci. La Trieste-Divaccia va fatta il prima possibile.
Ma, visto che al momento c’è solo uno studio di fattibilità, quali sono i tempi?
Quelli definiti. Abbiamo un accordo con la Slovenia e lo rispetteremo. A fronte
dei problemi di tracciato, lo ripeto, stiamo cercando la soluzione più
conveniente e condivisa. E non mi limito a dirlo.
Che vuol dire?
Al rientro da Brdo ho sentito il coordinatore europeo del progetto prioritario
6: ci vedremo ai primi di dicembre a Roma. Al contempo ho attivato personalmente
le Ferrovie affinché valutino celermente tutte le possibili soluzioni
progettuali. Davvero, non capisco come si possa pensare a un disimpegno
italiano...
Non c’è solo la tratta transfrontaliera. L’alta velocità, da Mestre in poi, è in
alto mare. La Regione Veneto pensa a un ridicolo tracciato lungocosta, che pare
proposto apposta per non fare nulla. Non è che il governo reputa più strategici
i collegamenti a nord-ovest?
Assolutamente no. L’Italia sta in mezzo al progetto prioritario 6 e ha uguale
interesse per i collegamenti a ovest e a est. Dico di più: la Trieste-Divaccia
costa meno del traforo del Frejus e, quindi, arriverà probabilmente prima. È una
tratta fondamentale per collegare Trieste e il suo porto all’Ungheria, alla
Russia, all’Est europeo.
A proposito di porto di Trieste, quando arriveranno i soldi promessi per la
piattaforma logistica?
La delega ai porti non è mia, quindi non posso rispondere per altri. Ma posso
garantire che questo governo considera un punto di assoluto riferimento la
portualità dell’Alto Adriatico.
C’è chi sostiene che lei si preoccupa poco del Nordest e assai di più del
Nordovest: il Cipe ha finanziato la Tav da Genova verso Milano e il Nord. La Tav
a Est di Verona è all’anno zero.
Si rileggano gli atti parlamentari del ’92: al tempo io ero uno dei pochissimi
sostenitori del Corridoio V. Vent’anni dopo sono tutti d’accordo ma, intanto,
abbiamo accumulato ritardi... E, comunque, ricordo che il triplicamento della A4
rientra nel Corridoio V: è un’opera che si sta realizzando anche grazie a questo
governo.
Il Nordest chiede che l’autostrada A4 rimanga in gestione alle Regioni quando,
nel 2017, scadrà la concessione con l’Anas.
Proprio pochi giorni fa ho incontrato il senatore Ferruccio Saro a riprova di
quanto mi sto interessando al Friuli Venezia Giulia e al Veneto. E mi sono
impegnato affinché il governo onori l’ordine del giorno già approvato al Senato.
Il governo, quindi, autorizzerà una società mista tra le due Regioni e l’Anas?
Quando?
Stiamo lavorando per trovare la soluzione migliore sul modello di quanto già
realizzato, con grande positività, in Lombardia.
ROBERTA GIANI
TRIESTE-DIVACCIA - Mercoledì a Roma un summit con
l’Unione europea - L’ASSESSORE RICCARDI ASSICURA: «SI VA AVANTI CON IL PROGETTO»
TRIESTE «Per il Friuli Venezia Giulia l’alta velocità e
senza dubbio una priorità». Aldilà delle perplessità più o meno nascoste del
governo italiano, l’assessore regionale ai trasporti, Riccardo Riccardo, tira
avanti dritto per la sua strada. «Non è questione di posizioni ufficiali o meno
ufficiali. – sostiene – Da quanto ne so l’Italia conferma il suo impegno per la
Tav anche nel Nord Est, ne ho parlato con il capo del Dipartimento del
Ministero. Questo naturalmente non nasconde che il progetto ha una serie di
elementi complessi che vanno gestiti».
La questione del tracciato, il collegamento tra i porti di Trieste e Capodistria
e le opere da realizzare in attesa di avere la Trieste-Divaccia e la ferrovia ad
alta velocità/alta capacità sono i punti cardine da qui ai prossimi mesi e anni,
visto che la realizzazione delle infrastrutture previste non è certo questione
di pochi giorni. Sulla questione tracciato, Riccardi ammette che «c’è un
dissenso elevato e che vanno trovate soluzioni attraverso il confronto con il
territorio». Un passaggio necessario per un’opera sulla quale, assicura
l’assessore, «c’è l’interesse italiano a garantire il collegamento, purché sia
prevista la connessione tra i porti di Trieste e Capodistria», esigenza peraltro
da far combaciare con quella della Slovenia di collegare Capodistria con
Divaccia per connettersi al tracciato della Tav. Bisogni da far coincidere «ma
ciò non significa – puntualizza Riccardi – che non sia una priorità per il
Governo italiano». La Regione nel frattempo non sta con le mani in mano e
continua nell’opera di pressing, anche a livello comunitario. Domani Riccardi e
il presidente Tondo incontreranno i parlamentari europei e il responsabile
dell’Unione Europea, Bronckhorst, il quale mercoledì sarà a Roma al Dipartimento
del Ministero delle Infrastrutture per esaminare la situazione degli interventi
dell’Unione Europea in Italia.
«Da quanto mi risulta – afferma Riccardi – verrà confermata la linea dell’Italia
che considera una priorità l’asse infrastrutturale del Nord Est. Per il Friuli
Venezia Giulia è sicuramente una priorità seppure in un quadro di complessità.
Continueremo a lavorare perché le cose vadano avanti».
Roberto Urizio
TRIESTE-DIVACCIA - Sonego: «Rischiamo l’isolamento» -
L’ex della giunta Illy: «Intanto Capodistria e Fiume corrono»
TRIESTE Trieste–Divaccia e Corridoio V a rischio? Ne è
convinto l’esponente del Pd, Lodovico Sonego, ex assessore regionale alle
infrastrutture della Giunta guidata da Riccardo Illy. Trieste e il Friuli
Venezia Giulia si trovano a fronteggiare l’ennesima situazione di isolamento
infrastrutturale, secondo Sonego, mentre la Slovenia approfitta dei
tentennamenti italiani per guardare altrove.
E’ davvero convinto che il Corridoio V verrà messo nel cassetto?
Trieste corre un grande rischio. E’ possibile che il Corridoio V non si faccia
più perché settori del Governo Berlusconi lavorano per abbandonare di fatto, o
persino formalmente, il progetto. E nel frattempo i governi di Lubiana e
Zagabria fanno il loro mestiere. Il primo lavora per il disaccoppiamento della
linea Capodistria-Divaca dalla Trieste-Divaca. In altri termini opera per poter
ricevere i fondi dell’Europa per la Capodistria-Divaca anche se non si fa la
Venezia-Trieste-Divaca e, anzi, spera di far convergere completamente in
Slovenia le risorse comunitarie che diversamente vanno spartire tra i due paesi
adducendo a motivazione proprio la rinuncia italiana.
E la Croazia come si muove?
Zagabria ha dimostrato in questi anni una grande vitalità infrastrutturale e dal
canto suo ha deciso di realizzare una moderna ferrovia che collegherà il confine
ungherese a Fiume assegnando così un grande vantaggio competitivo al suo porto.
Il programma sarà più rapido di quelli italiano e sloveno. I governi di Lubiana
e Zagabria fanno il loro mestiere, il problema siamo noi».
Cosa fa, o non fa, l’Italia?
In questo quadro quei settori del governo Berlusconi che lavorano per
abbandonare il Corridoio V decidono deliberatamente di uccidere il porto di
Trieste per mancanza di infrastrutture mentre Capodistria e Fiume corrono;
decidono anche che non serve raddoppiare il Molo VII né costruire la nuova
piattaforma logistica perché poi non ci saranno le ferrovie per portare via le
merci.
(r.u.)
RIGASSIFICATORE - Muggia, la Lega entra nel comitato
per il no - I partiti di centrosinistra aprono all’opposizione: «Un interesse
comune»
MUGGIA Inedita ”alleanza” a Muggia contro il
rigassificatore. La sezione della Lega Nord, ignorando il monito di Isidoro
Gottardo, secondo il quale opporsi al rigassificatore equivarrebbe a mettersi in
contrasto con il Pdl, entra nel comitato impegnato nella raccolta di firme per
dire no all'impianto di rigassificazione, comitato del quale, a livello
politico, facevano parte finora solo forze della maggioranza.
La lotta al rigassificatore, almeno a Muggia, si fa quindi trasversale, con il
comitato promotore, costituito dalle segreterie dei partiti del centrosinistra,
che si apre anche a un partito d'opposizione.
Il segretario della sezione comunale della Lega Nord, Tullio Pantaleo, precisa:
«Ci uniamo non solo alle forze politiche ma a tutte le associazioni che, per i
motivi noti e descritti nella petizione, si schierano contro l'impianto».
Nessuna apertura, ma «un atto di semplice coerenza. Ricordiamo che più volte, e
in tempi precedenti alle parole di Gottardo, l'intero Consiglio comunale
muggesano - e quindi anche le forze dell'opposizione - aveva votato compatto
contro l'impianto di rigassificazione di Zaule».
Di fatto, comunque, la posizione leghista a Muggia si scontra con quella
regionale. Pantaleo non intende rispondere direttamente a Gottardo, ma ribadisce
che «la sezione muggesana della Lega proseguirà per la sua strada, informando i
cittadini sulla pericolosità dell'impianto di Zaule e raccogliendo altre firme».
Il gazebo per la raccolta sarà allestito in piazza della Repubblica ogni giovedì
dalle 9 alle 13.
«La sezione locale della Lega aveva attivato autonomamente un banchetto di
raccolta – commenta il portavoce del comitato, Maurizio Coslovich – e ci ha
chiesto di unire le firme. Nell'interesse comune il suo ingresso è stata
accettato. Auspichiamo la partecipazione anche di altre realtà politiche,
sociali, sportive ed economiche».
Gianfranco Terzoli
SEGNALAZIONI - Sul rigassificatore - DIBATTITO/2
Il 20 novembre compare un intervento a mio nome nella
pagina Segnalazioni. In realtà si tratta di una libera rielaborazione di un
testo che avevo inviato in risposta a uno dei tanti interventi di un lettore che
ha avuto molto spazio nella rubrica per contestare le posizioni degli
ambientalisti contrari al progetto del rigassificatore di Zaule. Il mio testo da
una parte ironizzava sulle esternazioni tecnico-scientifiche di questi
interventi (che pure dimostrano che l’estensore conosce, almeno in parte, gli
argomenti in cui si addentra) d’altra parte tentava di dare alcune informazioni
per aiutare i lettori a orientarsi in questo labirinto di elucubrazioni.
Non intendo riprendere in mano l’argomento. Mi diverte però sottolineare che chi
ha battuto il testo comparso in Segnalazioni per un refuso ha scritto «rigasisficatore»,
forse inconsciamente percependo il rigassificatore come una grande sfiga per
Trieste.
Lino Santoro
BORA.LA - DOMENICA, 22 novembre 2009
Scheda 1: Cos’è un rigassificatore? Cosa prevede il progetto di Gas Natural?
La questione rigassificatore è una delle più delicate
nell’agenda politica triestina.
La nostra impressione è che a mancare sia soprattutto un’informazione di base, e
che questa confusione finisca per facilitare il compito di chi vorrebbe
sottrarre la questione al dibattito pubblico. Abbiamo quindi chiesto a Paolo
Menis e Aris Prodani, del Meet-up triestino di Beppe Grillo, di inquadrare il
problema con alcune schede mirate.
IL PICCOLO - SABATO, 21 novembre 2009
Rigassificatore, Gottardo avverte la Rosolen - «È un
progetto strategico del governo. Chi lo boicotta, si mette in contrasto con il
Pdl»
TRIESTE «Il rigassificatore di Trieste costituisce una
priorità strategica del governo Berlusconi. Regione e Comune sono d’accordo nel
ritenerlo un’assoluta necessità. E il Pdl lo sostiene con tutte le sue forze.
Pertanto, chi cercasse di boicottare il progetto, si metterebbe inevitabilmente
in contrasto con il partito». Franco Bandelli prepara, con l’associazione
”Un’altra Trieste”, una sorta di consultazione popolare sull’impianto di Zaule,
un questionario per sentire il polso dei cittadini? Isidoro Gottardo dosa le
parole, ma non sta a guardare. Il coordinatore regionale manda un avviso
preventivo a chi è stato eletto nel Pdl e, ancor più, a chi «ha responsabilità
istituzionali».
Non è un’uscita casuale. Le frizioni triestine tra ex aennini, quelle che hanno
come protagonista l’ex assessore comunale ai Lavori pubblici, tengono banco
ormai da mesi nei palazzi di piazza Unità e piazza Oberdan. E alimentano un tam
tam sempre più insistente sul futuro di Alessia Rosolen, l’assessore regionale
al Lavoro e all’Università, finita nel mirino in quanto legata a Bandelli.
Gottardo lo sa e, dopo aver ricordato che nomine o revoche di assessori spettano
solo al presidente della Regione, getta acqua sul fuoco: «Il Pdl non ha mai
chiesto la testa dell’assessore Rosolen e men che meno l’ha fatto Roberto Menia.
Chi lo afferma, cercando di far passare il sottosegretario per quello che non è,
cosa che mi dispiace molto, afferma il falso». La questione, aggiunge il
coordinatore del Pdl, è un’altra. Ed è tutta politica: «Menia ha una serie di
principi che io apprezzo: chi sta in un partito può discutere e dissentire, ma
sicuramente non può lavorare a una lista civica in contrasto con il suo partito,
magari per assecondare le proprie aspirazioni. Né può mettere in discussione
scelte strategiche come quella del rigassificatore».
Insomma, in altri termini, il Pdl non potrebbe accettare che l’assessore Rosolen
sposasse un’iniziativa contro il rigassificatore: «Ma, da quanto mi risulta, è
un’ipotesi, un’illazione priva di fondamento. E infatti non ho dubbi - aggiunge
Gottardo - che l’assessore regionale, una persona di esperienza politica e
intelligenza, conosca bene le regole di partito. E sappia altrettanto bene quali
siano gli spazi compatibili di manovra con la sua responsabilità di assessore
della giunta regionale in nome e per conto del Pdl». Intanto, però,
l’avvertimento è lanciato.
«Rigassificatore, anomalo l’iter che ha portato al sì»
- Il ricorso di Greenaction illustrato da Mocnik: «Commissione senza poteri»
«Il ricorso al Tar del Friuli Venezia Giulia contro il
progetto per il rigassificatore è il primo passo. Nel caso venisse rigettato, e
a respingerlo fosse anche il Consiglio di Stato, il documento è stato pensato
per arrivare alla Corte di giustizia europea». A sottolineare la decisione con
cui Greenaction Transnational porta avanti la sua battaglia contro l’impianto di
Gas Natural è stato ieri Roberto Giurastante, durante l’illustrazione del
documento che l’associazione ha presentato al Tar una settimana fa. Un’analoga
illustrazione alla stampa è stata fatta venerdì scorso a Lubiana.
Ad entrare nei dettagli del ricorso, che chiede l’annullamento del decreto sulla
compatibilità ambientale, è stato l’avvocato Peter Mocnik, il quale ha esordito
sottolineando che «il decreto sulla valutazione d’impatto ambientale è un
procedimento anomalo perché la commissione Via che ha dato quattro dei cinque
pareri, che sono parte integrante del decreto, è stata annullata dal Tar del
Lazio, con una sentenza dello scorso maggio in cui ha dato ragione ai componenti
esclusi dalla nuova commissione. Quindi il parere sull’impatto ambientale è
stato rilasciato da una commissione che non ha poteri».
Il parere del ministero dell’Ambiente, sempre secondo Mocnik, è poi «tutto
fuorché un parere, in quanto tralascia e rinvia a valutazioni future elementi
che dovevano invece essere esaminati prima di pronunciarsi». Di questi elementi
il legale ha citato in particolare tre: l’inserimento nel paesaggio, il gasdotto
di collegamento alla rete del metano, i possibili danni alla salute dei
cittadini e agli impianti circostanti.
Quanto al gasdotto, che per una buona metà correrebbe sul fondo del golfo, il
legale ha rimarcato come «i nostri fondali siano tra i più inquinati del
Mediterraneo, con metri di sedimenti carichi di mercurio giunti in mare dalle
miniere di Idria attraverso l’Isonzo, per non parlare dei residui dell’attività
siderurgica a Trieste». E sugli eventuali danni alla salute dei cittadini ha
osservato che «l’ambiente del rigassificatore comprende le migliaia di persone
che vi abitano attorno. Come si può dare un parere favorevole se non si valuta
prima questo danno?».
Quanto alle conseguenze di possibili incidenti sugli impianti industriali
circostanti, Mocnik ha ricordato che con la Direttiva Seveso la Commissione
europea ha già affermato come non si possa realizzare un impianto senza
valutarne prima gli effetti, in caso di incidente, su quelli attigui.
In tema di compatibilità paesaggistica, avallata dal ministro Bondi, il legale
ha infine ricordato che «la Soprintendenza ha dato quattro pareri negativi. Il
quinto era positivo, ma firmato da un funzionario diverso. Ciò solleva dei
dubbi: cosa è accaduto per far cambiare parere? E il fatto che il quinto parere
non sia stato motivato costituisce un vizio del procedimento».
(gi. pa.)
La Trieste-Divaccia a rischio ”siluramento” - Frenata
di Castelli al vertice bilaterale di Brdo: non è una priorità italiana.
Irritazione a Lubiana
MENTRE LA REGIONE LAVORA AL POTENZIAMENTO DELLA RETE
ESISTENTE
TRIESTE La Trieste-Divaccia? Non è una priorità, almeno non per Roberto
Castelli. Il viceministro alle Infrastrutture non avrebbe dubbi e l’avrebbe
detto, senza troppi giri di parole, al vertice italo-sloveno di Brdo. Le
conferme, seppur non ufficiali, rimbalzano da Roma a Lubiana. E alimentano nuove
tensioni: il Friuli Venezia Giulia, se l’Italia ”scaricasse” davvero la tratta
transfrontaliera, rischierebbe l’isolamento totale. Trieste e il suo porto, il
colpo di grazia.
La Trieste-Divaccia, con i suoi 35 sofferti chilometri, costituisce infatti la
”porzione” italo-slovena del corridoio ferroviario europeo che deve unire, nel
segno dell’alta velocità, Lione al confine ungherese-ucraino. L’Ovest all’Est al
di sotto delle Alpi. Ma, se l’Italia si tirasse indietro e lasciasse un ”buco”
sul suo confine orientale, perché mai dovrebbe allungare la Tav sino a Trieste o
comunque in Friuli Venezia Giulia? Chi o cosa ne giustificherebbe il costo?
L’antefatto. Il 9 novembre a Brdo, alle porte di Lubiana, si tiene l’atteso
summit interministeriale italo-sloveno: i temi sul tappeto sono tanti, c’è
quello caldissimo del rigassificatore di Trieste, ma c’è anche quello non meno
importante delle infrastrutture. Castelli ne discute con l’omologo sloveno e, a
quanto confida più d’uno, ”affonda” a parole la Trieste-Divaccia: adduce motivi
economici, ambientali, di consenso. Non basta. Il viceministro leghista si dice
pronto ad andare sino in fondo affinché il ministro Altero Matteoli e l’intero
governo rinuncino al progetto. E, chissà, magari concentrino gli sforzi e le
risorse più a nord-ovest del Paese, a tutto vantaggio dell’area ”padana” da
sempre assai cara al Senatur e alle sue truppe.
Le reazioni. Lubiana, a quanto trapela, non gradisce. Non è un segreto che ha
messo più volte i bastoni tra le ruote alla Trieste-Divaccia, facendo infuriare
persino l’algido Riccardo Illy, ma non si aspetta una retromarcia italiana. E
così, in via diplomatica, fa arrivare le sue proteste sino a Bruxelles: la
tratta italo-slovena della Tav, nonostante gli ostacoli tecnici e gli alti
costi, i tempi e le resistenze, gode non solo della benedizione ma anche di un
robusto cofinanziamento europeo, proprio a fronte della sua natura
trasfrontaliera.
In parallelo, e altrettanto in silenzio, si muove pure il Friuli Venezia Giulia.
Attiva i suoi canali con Roma, con il ministero ”amico”, in difesa di un’opera
ritenuta «assolutamente strategica»: l’allungamento della Tav da Mestre a
Trieste e da Trieste verso l’est europeo, anche ai tempi di Renzo Tondo, rimane
«una priorità assoluta». E Riccardo Riccardi, l’assessore regionale ai
Trasporti, non esita a ribadirlo. Al contempo, però, getta acqua sul fuoco: «Non
mi risultano dietrofront italiani. Mi risulta che l’Italia è impegnata a
presentare la progettazione nei tempi previsti, superando le difficoltà e
allargando il consenso».
La partita della Tav, al di là dell’incognita Castelli, resta comunque
complicatissima. Piena di ostacoli e incognite. La tratta Mestre-Ronchi sud,
complici le fughe venete in avanti su un tracciato litoraneo, è ancora in alto
mare: la progettazione dovrebbe essere consegnata, come concordato con Bruxelles
a fine ottobre, appena a fine 2010. Entro il 2012 dovrebbe essere pronta la
progettazione definitiva della tratta Ronchi sud-Trieste, già contestata dal
ministero all’Ambiente, i cui lavori costano poco meno di 2 miliardi. Ancor più
onerosa, 2 miliardi e 400 milioni, e non meno complicata la Trieste-Divaccia
(inclusa la connessione con Capodistria): la progettazione preliminare non c’è,
c’è ”solo” uno studio di fattibilità finito sotto accusa, in particolare per la
curva che interessa la Val Rosandra, e si stanno attendendo le promesse
modifiche all’ipotesi iniziale di tracciato.
E così, visto che i tempi si preannunciano ben che vada assai lunghi, la Regione
corre ai ripari. E lavora a una soluzione di medio periodo: Riccardi punta
infatti sul rafforzamento delle linee ferroviarie già esistenti - a partire da
quelle che devono collegare il porto di Trieste al resto del mondo - «in modo da
non restare bloccati per troppo tempo nell’attesa della nuova infrastruttura».
Ma l’assessore regionale esclude, categorico, ripensamenti o peggio
contraddizioni: «Noi andiamo avanti con la Tav. Ma, in attesa della sua
realizzazione, dobbiamo riqualificare l’esistente perché, se non lo facciamo,
rischiamo di deprimere lo sviluppo portuale di Trieste».
ROBERTA GIANI
Trasporti ferroviari peggio di un secolo fa - NEL 1910
C’ERANO PIÙ BINARI DI OGGI PER IL TRAFFICO MERCI
La nuova linea transfrontaliera porterebbe la capacità
totale a 350 convogli al giorno
TRIESTE Nel 1910 Trieste aveva quattro binari adeguati per il trasporto
delle merci dell’epoca. Nel 2009, un secolo dopo, ne ha solo due: Genova, e non
è un esempio banale, ha nove binari. Pochi numeri, ma sufficienti a dimostrare
quanto Trieste e il suo porto abbiano disperatamente bisogno di un potenziamento
del trasporto ferroviario.
Ce ne sono altri, di numeri ”nudi e crudi”, a dare man forte: ci sono 140 treni
che percorrono quotidianamente i binari da Trieste a Bivio Aurisina e ce ne sono
160 che macinano quelli da Bivio Aurisina a Ronchi dei Legionari, a fronte di
una capacità massima di circa 190 treni al giorno. I dati, riferiti al traffico
ferroviario del 2008, dimostrano che la linea è quasi al limite.
Lo studio di fattibilità della Trieste-Divaccia, realizzato dall’italiana
Italferr e dalla slovena ”Sz”, conferma: la tratta italiana è ”quasi
completamente saturata”. E aggiunge: la nuova linea transfrontaliera porterebbe
la capacità complessiva a più di 350 treni al giorno e sarebbe sufficiente
almeno sino al 2040.
Ma Trieste, ammesso che tutto fili liscio, può attendere almeno tre anni di
progettazione e almeno altri sette o più probabilmente nove di lavori? E può
attendere il suo porto che si pone, seppur come ambizioso obiettivo di lungo
termine, una movimentazione di 3,5 milioni di Teu? I numeri, sempre quelli,
dicono di no: una movimentazione di 3,5 milioni di Teu equivale a 240 treni di
peso e dimensione attuali sulla linea esistente ovvero a 160 treni di peso e
dimensione superiori sulla linea ad alta capacità.
Non a caso, allora, pur ribadendo che non c’è contraddizione con la Tav,
l’assessore alle Infrastrutture Riccardo Riccardi incalza sulla necessità di
potenziare l’infrastruttura esistente. Senza perdere tempo. Ma come? Gli
interventi di miglioramento possibili sono molteplici: alcuni sono già
programmati, come l’adeguamento della galleria Campi Elisi, altri sono allo
studio o da valutare. Ma bisogna fare in fretta: il tempo, ormai, è agli
sgoccioli.
Piano regolatore, parola ai cittadini - OSSERVAZIONI
ENTRO IL 24 NOVEMBRE
Il coordinamento Più verde meno cemento, costituito da
comitati rionali e associazioni ambientaliste, ricorda che è ancora possibile
presentare osservazioni e opposizioni sul nuovo Piano regolatore che il Comune
ha adottato. «Il nuovo Piano - scrive il Coordinamento - condizionerà l'uso del
nostro territorio e le edificazioni concedendo i permessi per nuove costruzioni
nelle periferie e per le grandi opere nella nostra città e sul Carso». Chi
desidera dare suggerimenti, proposte o critiche, può farlo fino al 24 novembre:
«Dopo questa data da parte dei cittadini non sarà più possibile chiedere
modifiche». Le associazioni e i comitati sono a disposizione per dare
spiegazioni e accogliere osservazioni e opposizioni da inoltrare al Consiglio
comunale. Ci si può rivolgere a: Legambiente, e-mail info@legambientetrieste.it;
Wwf, e-mail wwfts@libero.it; Italia Nostra, su appuntamento telefonando al
3475989410; Pro Loco San Giovanni Cologna (martedì e giovedì dalle 9 alle 10,
via S.Cilino 44a), su appuntamento telefonando al 3289074018; Coordinamento Più
verde meno cemento 3, cell. 381413563.
«Il Parco del mare facciamolo in Porto Vecchio» -
ASSEMBLEA PD - Omero: «Dipiazza ha fatto un prg edilizio, che dimentica i
progetti veri»
Le relazioni alla Marittima
Il Pd targato Bersani si fa sentire. E dunque: butta alle ortiche i
discorsoni, esprime concetti semplici, basici, fa finalmente chiarezza sul
futuro di Trieste dal suo punto di vista. In un concetto: si fa capire e riapre
quel dialogo con la gente che, forse, negli ultimi anni, era andato disperso. In
una stipata ”Marittima”, sede della prima assemblea post-primarie, il segretario
Roberto Cosolini dà miele alle api parlando «della responsabilità di lavorare
perché la politica, il governo della polis, voglia dire sviluppo, opportunità,
progresso per la nostra comunita’ locale». E spiega, ad esempio, che il Parco
del Mare andrebbe benissimo, ma in Porto vecchio, che la Fiera andrebbe chiusa «perchè
costa e non rende e per fare quelle due manifestazioni all’anno basterebbe la
Camera di commercio», che mai come adesso si avverte la necessità «di attrarre
flussi di immigrazione intellettuale, di attrarre giovani, di riproiettare
Trieste in una dimensione internazionale ora accantonata».
E chiosa su di un piano regolatore «inconcludente» e un piano regionale del
commercio «che ha sortito l’unico effetto di trasformare l’assessore Ciriani in
vigile urbano». «Trieste può essere città d’arte, è vero – precisa – ma solo
nell’ambito di un discorso coerente sulla cultura. E invece cosa vediamo? Ai
teatri vengono inflitti solo tagli pesanti mentre vengono destinati a quei
deliri leghisti sulla sicurezza fondi importanti...».
Bisogna, allora, invertire la tendenza? Compito impari se è vero, come sostiene
Cosolini, che «Trieste è in declino, e per dirlo non occorre nemmeno essere di
sinistra, se è vero che l’assessore Giovanni Ravidà lo dice spessissimo,
condendo il tutto con cifre inoppugnabili, mentre magari il sindaco continua a
parlare di “momento magico”».
Torna ancora al Parco del Mare, l’sponente del Pd, non foss’altro che per
chiarire definitivamente l’idea che si nutre attornio al progetto che più d’uno
tratteggia come l’ultima spiaggia per Trieste. «Non siamo contrari – precisa
Cosolini – ma come Pd abbiamo chiesto di conoscere subito il partner privato
dell’iniziativa, esattamente come ha fatto Tondo. Se esiste/ono, si faccia
subito una gara. Diversamente, si prenda atto che il progetto non sta in piedi
con le sue gambe».
Ma qual è la possibilità di un progetto politicamente comune per la città?
Praticamente prossima allo zero se, come annota il capogruppo in Comune Fabio
Omero, «il problema principale degli assessori ultimamente sembra quello di
farsi tagliare i capelli per dimostrare che non sono fatti di cocaina...». «A
dirla tutta – ha precisato Omero – ci trovianmo di fronte a un prg edilizio e
non urbanistico, con un Dipiazza che si fa una gran merito della
ristrutturazione di quella che io chiamo l’autostrada delle Rive, dimenticando i
progetti strategici, tutti quei tunnel, tra il Porto Vecchio e il Porto nuovo o
davanti a piazza Unità che si è ben guardato dal rendere operativi».
FURIO BALDASSI
Sindaci riuniti sul Piano casa: «È incostituzionale» -
LA RIVOLTA DEGLI ENTI LOCALI CONTRO LA REGIONE
Il primo cittadino udinese Furio Honsell: «Non promuove
le autonomie locali». Un documento a Berlusconi
UDINE «Il Codice regionale dell'edilizia è incostituzionale». A dirlo, ieri,
durante il convegno "Il piano casa regionale: il principio di autonomia dei
comuni a garanzia della qualità urbana", il sindaco di Udine, Furio Honsell. La
legge, infatti, violerebbe «l'articolo 5 della Costituzione perché, di fatto,
non promuove le autonomie locali».
E, durante il convegno, è stato distribuito il documento che il primo cittadino
intende recapitare al presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, «per
difendere l'autonomia dei Comuni nelle scelte di pianificazione urbanistica,
chiedendo di impugnare la legge regionale per incostituzionalità».
«La legge regionale - si legge nel documento che da lunedì sarà sottoscrivibile
direttamente dal sito internet del Comune - non prevede in alcun modo la
possibilità che i singoli Comuni possano intervenire, previa valutazione di
specifiche peculiarità di natura urbanistica, edilizia paesaggistica e
ambientale, per eventualmente disporre modalità applicative diversificate della
norma in esame, adattando la stessa alle singole frastagliate realtà che
compongono il tessuto degli enti locali della regione».
L'assessore comunale alla pianificazione territoriale, Mariagrazia Santoro, nel
domandarsi se «investire nell'edilizia sia l'unico modo possibile per uscire
dalla crisi», ha precisato che le paure del Comune «non riguardano certo la
chiusura di legnaie o verande, ma gli incrementi fino al 35 per cento
dell'esistente possibili, in modo indiscriminato, per edifici plurifamiliari e
industriali».
«Dobbiamo -ha proseguito Santoro- prestare attenzione alla qualità della città
perché altrimenti ne perderemo tutti».
Per Andrea Baldanza, magistrato della Corte dei conti se e componente del
comitato scientifico Ifel su "La pianificazione territoriale nelle pronunce
della Corte costituzionale", "si è voluto creare un diritto soggettivo dei
cittadini nei confronti dl Comune".
Inoltre, assisteremo "alla trasformazione delle nostre città - ha aggiunto
l'urbanista Paola Di Biagi - secondo un'idea obsoleta di divisione fra centro e
periferia».
E, Fabio Refrigeri, vice coordinatore nazionale dell'Anci, ha sottolineato come
la «perdita di potere dei Comuni si traduca in un minor potere anche per i
cittadini».
Infine, Roberto Tricarico, assessore all'ambiente del Comune di Torino ha fatto
sapere che anche lui sottoscriverà il documento proposto da Honsell.
Michela Zanutto
”Miani”, lettera aperta sulla Ferriera - A SOSTEGNO DI
MAURIZIO FOGAR
Una «lettera aperta a Trieste» per valorizzare il gesto di
Maurizio Fogar, ex presidente del Circolo Miani che a fine ottobre ha deciso di
sospendere l’assunzione dei farmaci salvavita come protesta contro l’annosa e
irrisolta vicenda della Ferriera. A sottoscriverla «in tre giorni», scrive il
Circolo Miani, 565 cittadini, che accusano «il silenzio delle istituzioni, della
società civile, della politica attorno alla scelta di Fogar, che sostanzialmente
chiede il mero rispetto delle leggi». «Non siamo intellettuali né uomini
politici, e non ne sentiamo alcuna mancanza, ma siamo dei normali cittadini che
cominciano a vergognarsi nel definirsi triestini», recita la lettera che cita
«il silenzio decennale dei primi che non hanno mai speso parola per il dramma
che decine di migliaia di concittadini, abitanti e lavoratori stanno vivendo
sulla propria pelle per gli affari della proprietà della Ferriera». La lettera
accusa anche «la strumentalizzazione politica ed elettorale che i partiti e le
istituzioni da loro occupate hanno fatto in questi anni, testimoniando con la
propria incapacità o peggio come la Ferriera sia la cartina di tornasole del
fallimento della politica a Trieste». I banchetti di raccolta firme
proseguiranno nei prossimi giorni.
MONRUPINO - Telefonini, piano per le antenne
L'adozione del Piano comunale di settore per la
localizzazione degli impianti per la telefonia mobile, e il rinnovo della
convenzione tra i Comuni di Sgonico e Monrupino per la gestione dell'Ufficio per
il territorio carsico.
Sono questi i due punti principali all’ordine del giorno della prossima riunione
straordinaria del Consiglio comunale di Monrupino, prevista per le 17.30 di
martedì prossimo.
Tra gli altri punti in calendario, l'assestamento al bilancio di previsione
2009, che però non dovrebbe prevedere significativi cambiamenti.
Grande attenzione verrà dunque posta all’adesione al piano per il posizionamento
delle antenne telefoniche, piano peraltro redatto assieme ai Comuni di Sgonico e
Duino Aurisina.
(r.t.)
Duino Aurisina, in arrivo i cassonetti blindati - Solo
i residenti avranno le chiavi Si vuole bloccare il deposito di spazzatura da
fuori comune
NELLE ZONE PERIFERICHE
In arrivo i cassonetti blindati, che impediranno l’arrivo di spazzatura da
fuori provincia, che solo lo scorso anno ha determinato, per il Comune, un
aggravio della spesa pubblica stimato in 20mila euro.
Il sindaco Giorgio Ret intende introdurre sul territorio i primi contenitori di
raccolta dell’immondizia dotati di lucchetto e chiave. Lo ha annunciato ieri
mattina, mentre la Terza commissione presieduta dal consigliere Gianpietro
Colecchia (An) era riunita in municipio.
«Nel prossimo bando per la gestione del servizio – così il primo cittadino –
voglio richiedere per i territori periferici del Comune, come per esempio San
Giovanni di Duino e tutte le altre aree di passaggio, i cassonetti con il
lucchetto. In questo modo solo ai cittadini residenti potrà essere assegnata la
chiave con cui aprire i contenitori, e sarà quindi evitato l’accumulo di sacchi
neri portati da fuori. I camioncini delle ditte che scaricano interi bottini di
spazzatura a Duino Aurisina sono destinati a sparire una volta per tutte».
Il sindaco ha deciso di dare questo input alla giunta soprattutto in ragione
della spesa, 20mila euro appunto, che l’ente si è visto costretto a sborsare nel
2008 a causa della ”cattiva abitudine” di qualche automobilista di passaggio.
L’attuale bando, che ha validità triennale e scadrà a giugno, non contiene
infatti l’opzione allo studio degli uffici. Proprio in questi giorni
l’amministrazione ha avviato la redazione del nuovo contratto e la novità ha già
trovato il consenso dell’opposizione.
«Mi trovo d’accordo – così il consigliere Maurizio Rozza (Verdi) – e, in
generale, credo sia necessario avviare una profonda riflessione sulla gestione
del servizio e in particolare del passaggio dalla Tarsu alla Tia».
E in tema di Tarsu l’assessore ai Tributi Daniela Pallotta, illustrando il nuovo
regolamento fiscale, ha presentato le due riduzioni a beneficio dei gestori di
aziende agrituristiche e di realtà commerciali o turistiche: «La delibera che
verrà portata in consiglio prevede uno sconto del 20%, a partire da gennaio, per
gli imprenditori che, con fatture debitamente quietanzate, svolgono interventi
per migliorare l’accoglienza nelle proprie strutture. Una simile riduzione
spetta pure ai titolari di agriturismi, i quali spesso smaltiscono
autonomamente, con il compostaggio, una buona parte dei rifiuti prodotti».
Le altre tariffe non sono state modificate: permangono gli esoneri fissati per
gli over 65 e le riduzioni per le persone rimaste vedove (unico occupante di
abitazione, ndr).
Il consigliere Rozza ha invece proposto uno sconto del 20% per «i locali
pubblici che si impegnano a fare la raccolta differenziata del vetro».
La Pallotta ha infine reso noto che la Regione ha assegnato i 54mila euro
richiesti per la pubblicizzazione del compostaggio privato. I cittadini
riceveranno a breve un composter gratuito e un volantino con tutte le
delucidazioni in merito.
Tiziana Carpinelli
IL PICCOLO - VENERDI', 20 novembre 2009
Muggia, ecosportello per scoprire i vantaggi degli
impianti ”bio” - APRIRÀ A GENNAIO
MUGGIA Aprirà ufficialmente a gennaio la sede
dell'Ecosportello a Muggia. L'annuncio arriva direttamente dall'assessore
provinciale all'Educazione ambientale Dennis Visioli. Attivato dal circolo
Legambiente di Trieste grazie al finanziamento della Provincia, e aperto per due
ore a settimana per complessive 30 aperture, avrà la finalità di informare i
cittadini sui vantaggi economici ed energetici conseguenti all'installazione di
pannelli fotovoltaici, isolamenti termici e caldaie di nuova generazione, su
case private nuove o da ristrutturare. Lo sportello di Muggia sarà aperto ogni
mercoledì dalle 10 alle 12 e sarà ospitato nel punto informativo di via Roma 20.
«Grazie alla sensibilità del Comune di Muggia - sottolinea Visioli - i muggesani
non dovranno recarsi alla sede di Trieste, ma potranno usufruire del servizio
direttamente nel loro comune. La nostra sensazione è che i cittadini abbiano una
spiccata sensibilità ecologica, ma vadano aiutati a renderla concreta. Tramite
l'Ecosportello i muggesani potranno collaborare più facilmente all'impresa di
rendere il mondo più pulito per i nostri figli».
Anche nella cittadina, i giovani operatori di Ecosportello, formati attraverso
un apposito corso avviato da Legambiente e che si concluderà il 3 dicembre,
forniranno agli interessati informazioni sugli aspetti normativi e fiscali e
sugli incentivi previsti per gli interventi di ristrutturazione e utilizzo di
fonti alternative per la climatizzazione delle proprie abitazioni.
(g.t.)
Cala lo smog, via libera al traffico - Abbassati i
valori di Pm10, da oggi niente più limiti alla circolazione
Dopo un giorno e mezzo di stop, il centro riapre al
traffico veicolare. Da questa mattina, infatti, niente più limitazioni alla
circolazione: via libera per tutti i mezzi.
L’ORDINANZA Il sindaco Roberto Dipiazza ha firmato ieri l’ordinanza di revoca
della chiusura al traffico, confortato dalle comunicazioni arrivate dall’Arpa,
le cui centraline hanno registrato un abbassamento nella concentrazione delle
pm10 nell’aria. Tanto che, per l’appunto, i relativi valori sono risultati
inferiori ai limiti normativi: va rammentato, a proposito, che il provvedimento
di blocco del traffico deve scattare in caso di superamento per il terzo giorno
consecutivo della soglia massima di 50 microgrammi per metro cubo di polveri
sottili, oppure se anche per un solo giorno venga registrato un valore medio
giornaliero di 70 microgrammi per metro cubo di pm10 o orario di 400 microgrammi
per metro cubo di biossido di azoto.
I DATI Gli ultimi dati registrati dalle centraline dell’Arpa disseminate in
città hanno verificato una concentrazione di pm10 inferiore alla fatidica quota
di 50. A cosa si deve il miglioramento della situazione con l’abbassamento dello
smog? «La leggera pioggerellina di mercoledì - spiega il meteorologo Gianfranco
Badina - ha avuto effetti positivi sull’inquinamento. Le gocce d’acqua, infatti,
cadendo, inglobano le particelle inquinanti presenti nell’aria e le portano così
al suolo».
Il sindaco Roberto Dipiazza, firmata la nuova ordinanza, ribadisce il suo punto
di vista: «È tutto un rito, è vergognoso dover chiudere il centro al traffico
per uno sforamento di uno o cinque punti, mentre sulla Ferriera stanno tutti
zitti. È paradossale. Siamo in un paese ridicolo, che utilizza due pesi e due
misure. Sono cose da Striscia la notizia, che, anzi, non escludo di
chiamare...».
IL RISCHIO Non è detto, però, che nei prossimi giorni la situazione non peggiori
nuovamente. Le previsioni meteo, infatti, non sembrano essere particolarmente
confortanti: «Domani e dopodomani (oggi e domani, ndr), con l’alta pressione che
si rafforzerà, resterà una debole circolazione d’aria - aggiunge Badina -: ci
saranno quindi condizioni favorevoli per la formazione degli agenti inquinanti.
Tra domenica e lunedì ci sarà un peggioramento nella nuvolosità, con il rischio
di qualche debole precipitazione, che comunque non cambierebbe le cose. Il
quadro, poi, dovrebbe rimanere questo fino a giovedì prossimo».
LE MULTE Nella sola giornata di ieri, il personale della Polizia municipale ha
sanzionato 55 automobilisti (nel pomeriggio di mercoledì erano state comminate
27 multe: in tutto, dunque, si è arrivati a 82), colti a non rispettare
l’ordinanza di chiusura al traffico del perimetro del centro urbano. Per ognuno
di loro, di conseguenza, 78 euro da versare nelle casse del Comune. In tutto, i
controlli mirati effettuati ieri dai vigili urbani sono stati 227, di cui 143 di
mattina e 84 nel pomeriggio.
MATTEO UNTERWEGER
Park di Opicina, la scure della Corte dei conti - Danno
erariale, la Procura contabile apre un fascicolo sulla cessione dell’area
TERRENO VENDUTO DALLA REGIONE ALL’IMMOBILIARE PALAZZO
RALLI
L’area di oltre 15mila metri quadrati in prossimità del quadrivio di Opicina
ceduta nel 2007 con una procedura di cartolarizzazione dalla Regione
all’immobiliare Palazzo Ralli Srl per la somma di 258mila euro, è finita sotto
la lente della Corte dei conti. Il procuratore Maurizio Zappatori ha aperto un
fascicolo ipotizzando un consistente danno erariale che avrebbe subito
nell’affare la Regione stessa e ha disposto una serie di accertamenti da parte
della Guardia di finanza.
In pratica la Regione avrebbe perso, con la vendita del terreno del valore
attuale mercato di almeno 400mila euro, - secondo questa ipotesi - una somma di
oltre 150mila euro. La cessione (peraltro non ancora tecnicamente perfezionata
secondo gli atti in possesso alla procura della Corte dei conti) dell’area
davanti al distributore Esso all’immobiliare Palazzo Ralli Srl, (che fa
riferimento a un gruppo di imprenditori veneti), è avvenuta poi mentre era in
corso da parte del Comune una procedura di esproprio che - secondo i giudici
contabili - se fosse andata a buon fine avrebbe comportato sicuramenti spese
minori.
Ma non solo. Gli investigatori della Finanza hanno anche accertato che la
trasformazione di circa 10mila metri quadri in area edificabile prevista dalla
variante numero 118 del piano regolatore - successiva alle indicazioni di cambio
di destinazione d’uso da parte della Regione al momento della cessione - farebbe
lievitare decisamente il valore di mercato del terreno dove potrebbe essere
costruita una palazzina di una decina di appartamenti senza grandi difficoltà.
In pratica il procuratore Zappatori vuole capire se ci sia un nesso oggettivo,
un filo di collegamento, tra la cessione avvenuta al prezzo di 258mila euro del
terreno (in parte alberato) e la sua possibile valorizzazione per circa 10mila
metri quadri, come area edificabile. In questo caso il prezzo al metro quadro
del terreno varierebbe dagli iniziali 17 a 300 euro. Per il proprietario insomma
il guadagno sarebbe fortissimo: quasi il 300 per cento. Il valore del terreno
passerebbe in poche ore da circa 170mila a 3milioni di euro. Neanche negli anni
d’oro della Borsa si ottenevano simili remunerazioni con investimenti anche più
consistenti.
Anche un altro punto è finito sotto l’esame della Procura della Corte dei conti.
Il parcheggio di circa 500 metri quadri adiacente all’area destinata ad essere
edificabile sarebbe oggetto, come ha recentemente dichiarato il sindaco Roberto
Dipiazza, di una trattativa tra l’immobiliare e il Comune stesso che in passato
aveva comunque provveduto a finanziare una serie di interventi di asfaltaura
costati circa 400mila euro. In pratica, secondo la Procura contabile, oggetto
dello scambio sarebbe un’area acquisita dall’immobiliare Palazzo Ralli dalla
Regione sulla quale aveva messo soldi il Comune.
CORRADO BARBACINI
La rivolta dei Comuni contro il piano casa - «IL GOVERNO LO IMPUGNI»
TRIESTE Oltre duecento Comuni ed enti locali si riuniscono oggi a Udine per confrontarsi sul Codice regionale dell’edilizia in attuazione da gennaio. E per contestare ancora una volta le modifiche che la Regione ha «calato dall’alto», in barba alla sussidiarietà, espropriando i Comuni del diritto di decidere dove e come applicare il piano casa. Tra gli interventi previsti quello del magistrato Andrea Baldanza. Al termine del convegno, sarà chiesto ai singoli Comuni intervenuti di firmare una lettera per chiedere al presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, di difendere l’autonomia dei Comuni nelle scelte di pianificazione urbanistica e di impugnare la legge regionale, ritenuta incostituzionale. «È una norma anarchica – ha spiegato lo stesso sindaco di Udine, e promotore del convegno, Furio Honsell – tutta a danno dei cittadini. Porterà alla svalutazione delle loro abitazioni».
(e.o.)
«Rigassificatore, parola ai cittadini» - Bandelli
lancia un questionario: «Nessuna posizione preconcetta»
LUNEDÌ NUOVO INCONTRO DELL’ASSOCIAZIONE ”UN’ALTRA
TRIESTE”
E per il 14 dicembre in programma una riunione pubblica dedicata alla sanità
triestina
Un questionario per capire quali siano le opinioni della cittadinanza sul
progetto del rigassificatore. E una nuova assemblea pubblica per parlare proprio
di energia, ambiente, AcegasAps e bonifiche, e anche dell’ipotesi legata alla
possibile futura costruzione dell’impianto di rigassificazione nel territorio
triestino. “Un’altra Trieste”, l’associazione fondata dall’ex assessore comunale
Franco Bandelli e dai suoi fedelissimi, scopre le carte snocciolando le prossime
iniziative del suo percorso improntato al confronto con la gente.
Il primo appuntamento sarà quello di lunedì prossimo, il 23 novembre, quando
alle 18 all’hotel Savoia si terrà l’appuntamento aperto a tutti, al quale è
annunciata la presenza di esperti del settore, per un totale di «4 o 5
interventi - ha spiegato ieri Bandelli -, tra cui sono confermati quelli dei
sindacalisti della Uil e dell’Ugl, e dell’ingegner Sergio Bisiani di Ambiente
e/è vita». Il presidente di “Un’altra Trieste” ha poi chiarito come sul
rigassificatore, da parte della “sua” creatura, «non vi sia alcuna presa di
posizione pregiudiziale. Anche perché in questa associazione coesistono persone
che su determinati temi possono pensarla in modo diverso fra loro». Prima di
anticipare che il 14 dicembre sarà la volta di un nuovo incontro pubblico sul
tema della sanità triestina, Bandelli ha sottolineato che «dai primi di
dicembre, probabilmente proprio dal 1°, partirà la consultazione popolare sul
progetto del rigassificatore attraverso le schede che distribuiremo in vari
banchetti sistemati in centro e in periferia». Tre le domande stampate sul
materiale cartaceo: “Condividi il progetto di realizzare un rigassificatore
nella provincia di Trieste?”, “Perché lo condividi?” e “Perché non lo
condividi?”. È intuitivo che la risposta dei triestini si restringerà a due soli
quesiti. Riscontri confortanti in termini di partecipazione, “Un’altra Trieste”
spera di ottenerli anche sul web, sul suo sito:
www.unaltratrieste.it.
(m.u.)
SEGNALAZIONI - Sul rigassificatore - REPLICA
Non rientro nel novero dei comitati (per alcuni dei quali
nutro però un grande rispetto per le capacità di mobilitazione dei cittadini e
di interpretazione delle problematiche ambientali locali), ma appartengo a
un’associazione come Legambiente che considera l’ambientalismo scientifico il
metodo interpretativo delle crisi ambientali. Replico dunque ad alcune
argomentazioni svolte in questa pagina nel rigasisficatore. Per quanto riguarda
il rischio di esplosione, il gas naturale esplode solo se non è libero di
espandersi. La nube fredda non esplode, se non si trova in queste condizioni, si
incendia, se la sua miscela con l’aria è nelle proporzioni opportune (5-15%).
Tank fire vuol dire accensione del contenuto di un serbatoio, jet fire vuol dire
formazione di un dardo di fuoco, ovvero accensione di un getto di gas compresso
- e qui non c’entra - , fireball vuol dire sfera di fuoco e riguarda il Gpl,
ovvero un gas compresso, pool fire è accensione di una pozza, e questo va bene
pure per una pozza di gas naturale liquefatto che evaporando potrebbe anche
prendere fuoco. Per quanto riguarda i codici del progetto Sigem (sistema
informativo computerizzato per la gestione delle emergenze nell’industria e nei
trasporti con coinvolgimento di sostanze chimiche e infiammabili pericolose),
utilizzati a partire dall’86, attualmente i metodi di modellizzazione di tali
fenomeni sono più raffinati. Sono i codici Cfd (termofluidinamica computazionale).
Il comportamento del metano liquefatto (a –162°C mantenuto a pressione ambiente)
è ben diverso dal gas di petrolio liquefatto (GPL, ovvero il gas di petrolio
liquefatto – propano e butano - delle bombole da cucina, che è liquido perché
compresso).
Il metano è contenuto liquido nei serbatoi a pressione ambiente - cioè alla
nostra usuale pressione - non è compresso, perché è a una temperatura
sufficientemente bassa (162 gradi sotto lo zero). Di conseguenza il gas naturale
in forma liquida che esce dai serbatoi in cui è contenuto vaporizza. Se gli
viene fornita energia termica sufficiente potrebbe accendersi. Però l’energia di
vaporizzazione unitaria è così alta che anche l’energia d’impatto di un missile
potrebbe essere troppo bassa per provocarne l’accensione. L’irraggiamento
termico corrisponde a un’energia per unità di tempo e per unità di superficie,
non ha quindi le dimensioni di un’energia. I dati che abbiamo riportato sono
stati tratti dalla letteratura scientifica.
Lino Santoro
IL PICCOLO - GIOVEDI', 19 novembre 2009
Centro chiuso, anche oggi non si circola - OPERATIVO DA IERI IL PROVVEDIMENTO DEL SINDACO
Parcheggi liberi ovunque nell’area proibita ma file e
ingorghi nelle vie esterne
Divieti al mattino dalle 9.30 alle 12.30 e dalle 16 alle 19. Niente superlavoro
per bus e taxi. I triestini preferiscono camminare
Dentro, il deserto dei Tartari. Fuori, il carnevale di Rio. Trieste reagisce
al centro blindato alla solita maniera: rispettando, asburgicamente, i divieti,
ma allo stesso tempo incuneandosi in file interminabili e dando sfogo a tutta
l’ira repressa ai margini della città proibita. L’ordinanza del sindaco ha dato
ieri l’impressione di essere stata raccolta anche troppo alla lettera. O, forse,
di non essere stata letta a fondo, perché anche parecchie vetture Euro 4 si sono
perse tra l’umanità dolente che cercava parcheggi o semplici spazi di fuga nel
calderone delle vie laterali. E oggi e magari anche domani si replica (chiusura
tra le 9.30 e le 12.30 e tra le 16 e le 19), perché le condizioni climatiche
sono rimaste le stesse.
Ai classici varchi, pochi vigili. Si sono piazzati ieri prevalentemente
all’interno del perimetro sicuri di pescare prima o poi qualche smemorato o
qualcuno che, comunque, ci provava. Rientra di sicuro nella prima categoria
l’anziana signora bloccata attorno alle 16.30 in pieno corso Italia, tradita
dalla sua stagionatissima Renault Clio. Del resto non occorre essere Einstein:
tutte le macchine, ad esempio, la cui targa inizia per A sono troppo in là con
gli anni per rientrare nei dettami anti-inquinamento. E dunque spiccano come le
mosche nel latte.
Ma c’è stato un altro dato singolare, ieri, ai margini della prima chiusura
stagionale: l’improvviso proliferare di parcheggi. Da via dell’Orologio a via
del Teatro Romano e su su oltre il Corso Italia e verso Ponterosso erano di più
le strisce blu vuote che quelle occupate. Si tratta di parcheggi a pagamento,
certo, per giunta con tariffe di sicuro non regalate, ma nei giorni normali, sia
pure con una certa rotazione, sono comunque pieni. Delle due l’una: o i suoi
frequentatori abituali raggiungono il centro tutti a bordo di vecchie ”carrette”
fuorilegge o la gente ha preso troppo alla lettera il significato di ”chiusura”.
Misteriosi rimangono anche i metodi di avvicinamento dei triestini al centro. Il
direttore di TriesteTrasporti, Piergiorgio Luccarini, ha assicurato che «le
corse sono state assolutamente normali, anche perchè nessuno ci ha chiesto di
fare aumenti. È stata comunque una giornata andata via nella tranquillità
assoluta». Notazione sicuramente singolare che può a sua volta significare due
cose: o il parco bus triestino è ampiamente soprastimato o i ”patocchi” hanno
riscoperto improvvisamente i piedi. A maggior ragione di fronte alle
dichiarazioni degli stessi tassisti. «Per me è stata una giornata assolutamente
normale – assicura il signor Franco – anzi, forse con un movimento addirittura
inferiore al solito». Dato poi confermato dalla stessa cooperativa radiotaxi.
Visto che il fenomeno, ne riferisce qui sotto il metereologo, è destinato a
durare parecchi giorni, che all’utilità della chiusura credono in pochi, sindaco
in primis, e che il suo verificarsi è ormai ciclico, bisognerà adesso studiare
le nuove abitudini dei triestini. Che il nuovo motto diventi: riscopriamo la
periferia?
FURIO BALDASSI
Marina di Aurisina, spiagge a rischio frane
- RESA NOTA DAL COMUNE L’INDAGINE GEOLOGICA SUL TRATTO DI COSTA
FRA LE GINESTRE E CANOVELLA
Il sindaco Ret: «I luoghi frequentati dalla gente vanno
messi in sicurezza a spese dei proprietari»
DUINO AURISINA Chi accampava pretese edificatorie sulla fascia costiera di
Marina di Aurisina rimarrà deluso. La relazione geologica, geotecnica e
geostatica elaborata dal geologo Bruno Grego lascia infatti ridottissimi margini
di manovra, evidenziando anzi i diversi gradi di pericolosità insiti nelle aree
bisognose di una regolare manutenzione e messa in sicurezza. Pericolosità che
obbligherà i privati a mettere mano al portafoglio per operare il ripristino
ambientale.
Il documento, reso pubblico sul sito del Comune, contiene i risultati
dell’indagine geologica sviluppata nell’ambito A32: zona che si estende sulla
costa per circa 1200 metri, dalle Ginestre fino a Canovella de’ Zoppoli.
LA RELAZIONE Commissionata a luglio dall’ente, definisce il quadro geologico
d’insieme, alla luce della pianificazione territoriale espressa dalla variante
24 e 25. E rileva una situazione di diffusa instabilità geostatica, data da una
molteplicità di fattori, tra cui l’accertata mobilità del detrito di falda che
costituisce gran parte dei terreni, l’assenza di manutenzione delle opere di
terrazzamento per contrastare il dissesto idrogeologico, e la pendenza dei
versanti.
Insomma una situazione di rischio resasi evidente dalla frana nel cantiere
dell’ex Hotel Europa e dai ripetuti dissesti lungo la costa. Lette le
conclusioni del geologo, il sindaco Ret ha inviato una lettera in cui «si
invitano in particolare coloro che risiedono, o risultano proprietari dei
terreni, a consultare la documentazione per meglio comprendere la situazione
idrogeologica e dare attuazione alle indicazioni». Insomma, correre ai ripari
subito, per evitare le grane che potrebbero derivare da incidenti alle persone.
L’OPPOSIZIONE «Sì alla messa in sicurezza pubblica, avvalendosi del Dipartimento
di ingegneria ambientale di Trieste, a tutela dell’area – afferma il consigliere
Maurizio Rozza (Verdi) –. Ma il ripristino non deve essere il grimaldello per
operare speculazioni edilizie. Ordinare ai privati di fare gli interventi,
perché l’ente non ha i soldi, non ingeneri una contropartita per offrire il via
libera all’edificazione, sulla scia di quanto avvenuto nella baia di Sistiana».
IL SINDACO «Nessuna speculazione – replica Ret – la relazione offre pochi
margini di manovra: a me interessa solo che i luoghi frequentati dai cittadini,
come le spiaggette, vengano messi in sicurezza. Se qualche privato interviene
per attrezzare l’area con servizi igienici e una sistemazione delle stradine,
daremo la possibilità di inserire uno o due chioschi, ma niente di più».
CAUSE DEL DISSESTO Le acque che scendono in occasione dei maggiori piovaschi
sono il principale elemento scatenante il dissesto, su un territorio
caratterizzato da pendenze e scarsa manutenzione delle opere di contenimento a
pastino.
AMBITI NON PERICOLOSI Le uniche aree a non essere pericolose sotto il profilo di
nuove costruzioni sono quelle dedicate all'attività agricola a Canovella de’
Zoppoli e nella fascia di terreni immediatamente sovrastanti il nucleo più
orientale dell'abitato di Marina di Aurisina. La cura e la manutenzione delle
opere di sostegno a pastino, dispendiose e mai di facile realizzazione, hanno
reso inefficaci le erosioni.
AMBITI A RISCHIO Attualmente non lo sono, ma potrebbero diventarlo in caso nuove
costruzioni, i due nuclei abitati di Marina di Aurisina. Oltre a questi,
parzialmente a rischio sono le aree di pertinenza, gli spazi pianeggianti privi
di elementi che impediscano le frane, i parcheggi dedicati alla residenza e alla
balneazione.
AMBITI DISSESTATI Sono quelli rappresentati delle aree sovrastanti e adiacenti
l'ex Hotel Europa, nonché l’area a monte e a valle della stradina di
collegamento tra i due nuclei abitati di Marina di Aurisina.
RIQUALIFICAZIONE La riqualificazione del fronte mare, anche con attrezzature
turistiche, è compatibile con le prescrizioni della relazione geologica, in
presenza di strutture modeste, da proteggere dal moto ondoso.
TIZIANA CARPINELLI
«Beni in eccesso un valore sociale» - L’ECONOMISTA
SEGRÈ IN CITTÀ
Le sue idee, dice, si devono anche alla sua origine: Andrea Segré imputa il suo interesse per lo sviluppo sostenibile alle sue radici giuliane. E sventola il “Decalogo dei Lussiniani”, testo dell’800 che già ammoniva il bravo cittadino a privilegiare «nel vestir e nel magnar l’utile ma non el superfluo», presentando nella sede dell’Associazione donne ebree d’Italia il suo «Last minute market». Il progetto dell'economista permette di smaltire l’eccesso non consumato di beni alimentari ridistribuendoli ai «consumatori senza potere d’acquisto». Erano ancora gli anni ’90 quando l’economista, entrando per caso nel magazzino di un supermercato, fu fulminato dalla visione di un enorme quantitativo di beni destinati al macero perché troppo vicini alla data di scadenza. «C’era un’offerta potenziale enorme non sfruttata – riflette – e d’altra parte un’enorme domanda potenziale da parte di chi non poteva acquistare quei beni. Capimmo che bisognava creare un sistema, cui dovevano partecipare tutti gli attori e in cui ognuno aveva qualcosa da guadagnare: il valore economico dei beni in eccesso diventa valore sociale». Nasce così il «Last minute market».
(g.t.)
SEGNALAZIONI - «Auto in doppia fila, ma la colpa è
della bici» - OSTRACISMO AI CICLISTI
Nei mesi scorsi sono comparse numerose segnalazioni di
ciclisti le cui biciclette sono state sequestrate e multate di 78 euro per
divieto di sosta. Si trattava di lettere garbate e preoccupate, in cui i
ciclisti chiedevano al comandante della Polizia municipale di Trieste, Sergio
Abbate, un parere, un consiglio, un suggerimento per parcheggiare le biciclette
nel rispetto del codice della strada. Sono passati parecchi mesi, ma nessuna
risposta del comandante Abbate, pronto ed efficace invece a ribattere a tono
agli automobilisti che protestano. Forse il suo silenzio indica che non esiste
la possibilità di parcheggiare le biciclette nel rispetto del Codice, perché il
Comune ha riservato solo qualche decina di posti bici (a fronte di decine di
migliaia di parcheggi per auto e scooter) e non ha intenzione di crearne di
nuovi. Forse il suo silenzio sta a significare che aveva ragione quel vigile
che, mentre pedalavo in via Coroneo, intasata da auto parcheggiate in doppia e
tripla fila su entrambi i lati, tanto che l'autobus numero 17 procedeva dietro
di me perché non aveva spazio per superarmi, invece di multare e far rimuovere i
veicoli in divieto, mi ha gridato: ”La se sposti, no la vedi che la intriga? La
vadi a pedalar in Carso che xe aria più bona, che Trieste no xe fatta per girar
in bici”.
Forse il silenzio del comandante Abbate sta ad avvalorare questa mentalità, cioè
che sono le bici ad intralciare, non le migliaia di automobili in divieto di
sosta.
Intanto prepariamoci a rileggere nei prossimi mesi, come ogni anno in inverno, i
soliti titoli «Emergenza smog» e «Traffico in tilt», intervallati dai minacciosi
quanto inutili «Tolleranza zero» del sindaco Dipiazza.
Alessio Vremec
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 18 novembre 2009
Centro chiuso per smog, dalle 16 scattano i divieti -
Da oggi le limitazioni, in vigore fino a quando non caleranno le concentrazioni
di polveri sottili
ORDINANZA FIRMATA DAL SINDACO
Fino all’ultimo, in Comune, si è sperato nella comparsa della bora, in grado
di spazzar via la cappa di smog e umidità che avvolge Trieste ormai da giorni.
Il vento tanto atteso, però, non è arrivato, così come non si è registrato alcun
cambiamento del quadro meteo. Di qui la decisione, drastica ma inevitabile, di
chiudere il centro al traffico veicolare. Misura che entrerà nel vivo questo
pomeriggio e resterà in vigore fino a quando le concentrazioni di polveri
sottili nell’aria non saranno rientrate nei limiti.
BLOCCO Il divieto di circolazione per tutte le auto, le moto e gli scooter
classificati come inquinanti scatterà oggi dalle 16 alle 19. Domani, invece, le
limitazioni interesseranno l’intera giornata: non ci si potrà muovere
all’interno del perimetro off-limits dalle 9.30 alle 12.30 e, nel pomeriggio,
dalle 16 alle 19. E non finisce qui. Il blocco del traffico, infatti, rimarrà in
piedi anche nei giorni seguenti. «Il divieto totale di circolazione per tutti
gli autoveicoli e motoveicoli alimentati sia a benzina che a gasolio - si legge
nell’ordinanza firmata dal sindaco Roberto Dipiazza - proseguirà fino alla
revoca che scatterà il giorno successivo all’avvenuto rientro dei valori limite
degli inquinanti». Fino a quando le centrali dell’Arpa continueranno a
registrare sforamenti delle pm10, dunque, proseguirà inevitabilmente il blocco
del traffico. Blocco del quale, al momento, è impossibile prevedere la durata.
DEROGHE Oltre a definire le coordinate del provvedimento di chiusura,
l’ordinanza comunale individua però anche un lungo elenco di deroghe. L’obbligo
di restare fuori dal centro non si applicherà ai veicoli ad emissione zero e a
quelli a metano o gpl. Via libera pure alle auto omologate Euro 5 e Euro 4 (per
accertare l’omologazione è necessario controllare il libretto di circolazione
ndr). Per quanto rigurda le due ruote, il blocco non interesserà motoveicoli e
ciclomotori omologati Euro 3 e Euro 2. Previste deroghe poi per mezzi pubblici
(bus e taxi), veicoli a servizio di invalidi, ambulanze, auto utilizzate da
forze dell’ordine, medici e personale infermieristico, macchine con targa C.C.
Consentita pure la circolazione di veicoli destinati al trasporto merci, quelli
utilizzati da lavoratori autonomi o dipendenti in possesso di certificazione
dell’orario di servizio, e quelli che trasportano a bordo almeno 3 persone.
Formula, quest’ultima, nota come ”car-pooling”.
PERIMETRO La zona off-limits comprende il centro storico e le aree
semi-periferiche delimitate dai grandi assi di scorrimento. Il perimetro
percorribile si snoda lungo largo Roiano, via Stock, via Commerciale, Strada
Nuova per Opicina, via Valerio, via Cologna, via Giulia, viale al Cacciatore,
via Marchesetti. Auto ammesse lungo via San Pasquale, via Revoltella (fino
all’incrocio con via Rossetti), Strada per Cattinara, Strada di Fiume, via
dell’Istria (tra via Marenzi e piazzale Valmaura). Transito consentito infine
lungo la Grande viabilità, Passeggio Sant’Andrea, Campo Marzio, le Rive, Corso
Cavour, piazza Libertà e Viale Miramare.
Oltre ai grandi assi di scorrimento, la circolazione sarà autorizzata anche in
alcune strade interne: via Salata, galleria di Montebello, piazza Foraggi, viale
Ippodromo, via Udine (tra Salita di Gretta e via Barbariga), via Barbariga (fino
a via dei Saltuari) e via Pauliana.
PARCHEGGI Al fine di incentivare l’uso dei posteggi e limitare così il numero di
auto in circolazione, l’ordinanza comunale ha scelto di escludere dalle zone
off-limits anche le strade di accesso e uscita ai contenitori e ai piazzali
attrezzati per la sosta. Si potrà quindi circolare liberamente in via Carli
(park Sant’Andrea), via Marchesetti (parcheggio Ferdinandeo), rampa della Grande
viabilità a cui si accede da via Svevo, via D’Alviano, via Doda e piazzale delle
Puglie (posteggio del Palasport di Chiarbola), via Fabio Severo, via Cicerone,
via Coroneo (park Ulpiano).
VARCHI Per assicurare il rispetto del blocco e dissuadere eventuali
automobilisti intenzionati a fare i ”furbi”, a partire da questo pomeriggio
scatteranno varchi e controlli da parte degli agenti della Polizia municipale. E
non servirà a nulla implorare la loro clemenza adducendo come scusa la mancata
presenza di pannelli con l’indicazione dei provvedimenti anti-smog. L’ordinanza,
infatti, precisa che «il provvedimento avrà validità anche in assenza di
segnaletica stradale, per cui saranno sufficienti le comunicazioni e gli avvisi
alla cittadinanza diramati tramite i mezzi di informazione»
NORMATIVE Come detto, la scelta di ricorrere al blocco del traffico è stata una
mossa ineludibile per l’amministrazione Dipiazza. Ad imporre l’adozione del
divieto, infatti, è il ”Piano di azione comunale per il contenimento e la
prevenzione degli episodi acuti di inquinamento atmosferico”. Documento che
stabilisce l’obbligo di far scattare la limitazione totale al traffico in caso
di superamento per il terzo giorno consecutivo delle soglie massime di pm10 (50
microgrammi per metro cubo ndr), o nell’eventualità che, anche per un solo
giorno, si tocchi un valore medio giornaliero di 70 mcgr/mc di pm10 o una valore
orario di 400 microgrammi per metro cubo di biossido di azoto.
MADDALENA REBECCA
CENTRO CHIUSO - Dipiazza: «Dovevo farlo, ma è una
fiction» - Il primo cittadino: «Mi sento soprattutto in colpa nei confronti dei
servolani»
Dicono, ieri, gli abbiano messo la carta sotto gli occhi e la penna in mano. Soltanto 24 ore prima di firmare l’ordinanza, Roberto Dipiazza aveva infatti tentato di esorcizzare l’ombra dello smog e del centro chiuso pensando «a Napoli, dove chissà se il centro lo chiudono per davvero quando serve...». Ma qui gli uffici sono asburgici. E la legge parla chiaro: per fermare il traffico privato ci vogliono tre giorni di sforamenti continui e diffusi in più punti di rilevazione se la concentrazione di Pm 10 è superiore ai 50 microgrammi per metro cubo, ma ne basta una sola, di giornata, se la soglia varcata è quella dei 70. E ieri i dati dell’Arpa, riferiti a lunedì, non hanno dato scampo: 99 segnava la centralina di piazza Libertà, davanti alla stazione, e 93 quella di via Tor Bandena, in piena Cittavecchia, ma un 84 lo faceva registrare pure la stazione mobile di via San Lorenzo in Selva. Zona Ferriera, dove a fine ottobre un’altra centralina localizzata poco più su, a Servola, in via Carpineto, secondo le serie storiche disponibili sul sito dell’Arpa aveva toccato i 718 e 361 microgrammi per metro cubo rispettivamente mercoledì 28 e giovedì 29. Per il resto, nell’ultimo mese, calma piatta anche lì. Sebbene sul sito della Regione compaia un 210 fatto risalire a sabato scorso, di cui però nei tabulati dell’Arpa stessa non c’è traccia. Il sindaco, stringi stringi, al di là dei numeri sull’inquinamento, quell’ordinanza che blinda il centro alle auto non pubbliche e non ecologiche l’ha firmata certamente controvoglia. Dando ancora una volta, senza acrobazie diplomatiche, tutta la colpa alla Ferriera. «Premesso che è un atto che dovevo fare perché la legge me lo impone - sbotta a questo proposito Dipiazza - considero questo provvedimento una presa per i fondelli per i cittadini di Servola. Le cose finte proprio non mi piacciono». Eppure la morsa delle polveri sottili ha colpito in pratica tutti i grandi centri di questo pezzo di Nord-Est, ma la Ferriera è solo qui: si balza dai 52 ”light” di Gorizia fino ai 100 tondi di Udine, passando per i 91 di Pordenone e i 93 di Porcia, come risulta ancora dal portale della Regione Friuli Venezia Giulia per quanto riguarda la giornata di lunedì. «Ogni anno a novembre è così - puntualizza a questo punto il sindaco - fra due-tre giorni staremo meglio perché qui, almeno, prima o dopo una puntata di borino ci arriva». Ma la morale, verso i servolani, non cambia... E Dipiazza, anzi, la ripete: «Mi sento un verme».
(pi.ra.)
Park di Opicina, esposto contro il Comune -
L’Associazione per la difesa del borgo contesta: danno erariale e condotta poco
trasparente
DOPO LA DISCUSSA OPERAZIONE CHE HA RESO EDIFICABILE UN
AMPIO TERRENO
OPICINA «Grave danno erariale per la collettività» provocato da una
«condotta poco trasparente». Muove da queste accuse l’esposto che l’Associazione
per la difesa di Opicina ha presentato all’Ufficio di polizia giudiziaria dei
vigili urbani e ai carabinieri dell’altopiano contro il Comune di Trieste. A
scatenare la reazione dell’organizzazione presieduta da Gianna Crismani e da
Paolo Milic è la variante n. 118 del Piano regolatore, in corso di approvazione.
Essa prevede la trasformazione da bosco e parcheggio a zona edificabile di
un’area vicina al quadrivio di Opicina, situata di fronte al distributore della
Esso. Stando all’opinione dei due presidenti, la variante sarebbe «viziata nella
procedura». «La Regione, proprietaria del terreno – spiegano la Crismani e Milic
– all’atto dell’acquisizione la destinò ad area di servizi e, nello specifico, a
verde pubblico e parcheggio. Quest’ultimo fu realizzato nel 2000 dal Comune, con
una spesa di 400mila euro – precisano i presidenti dell’Associazione – ma
l’amministrazione di piazza dell’Unità d’Italia si dimenticò di trascrivere
l’intera area nel proprio demanio. La Regione, iniziando qualche anno fa il
processo di cartolarizzazione, inserì l’intera area in una pubblica asta.
Protestammo – ricordano – chiedendo al Comune di parteciparvi per evitare
sorprese, ma l’invito cadde nel vuoto. Nel 2007 – proseguono i due presidenti –
la srl Palazzo Ralli si aggiudicò l’area per 258mila euro, perciò con una secco
danno erariale di 142mila euro, determinato dalla svalutazione rispetto alla
spesa sostenuta dal Comune. Recentemente – continuano la Crismani e Milic – il
Comune, per porre rimedio alla propria negligenza, ha proposto alla srl Palazzo
Ralli di dividere il terreno in due lotti, per acquisire finalmente la proprietà
del parcheggio, dando in cambio la possibilità di edificare, attraverso la
citata variante, su di una zona che attualmente ospita ben 5mila metri quadrati
di bosco, che rappresentano un polmone per l’intera comunità di Opicina». La
reazione della Crismani e di Milic è determinata dalla considerazione che,
«oltre a penalizzare il bene pubblico a favore dell’interesse privato», si
origina una situazione «che permette, al titolare dell’area interessata dalla
variazione di destinazione d’uso, di veder crescere il prezzo a metro quadrato
dagli iniziali 17 euro ai 300 che si potranno chiedere dopo approvata la
variante». A conclusione dell’esposto, i rappresentanti dell’Associazione per la
difesa di Opicina chiedono che «si faccia la massima chiarezza su entrambe le
operazioni, nell’interesse della collettività e, se del caso, di procedere
all’annullamento sia dell’asta, sia della nuova destinazione d’uso».
La Crismani e Milic hanno scritto anche al Prefetto, Giovanni Balsamo,
preannunciando la presentazione dell’esposto alle forze dell’ordine. «Siamo
stufi – concludono – di vedere Opicina e tutto l’altopiano sottoposti alla
cementificazione e alla sottrazione di aree verdi”.
Ugo Salvini
Arpa: a San Dorligo manca il monitoraggio dello zolfo
nell’aria
«Per quanto riguarda le esalazioni di composti dello zolfo, responsabili degli episodi di disturbo odorigeno percepito dalla popolazione, si ribadisce l’opportunità dell’acquisizione di una idonea strumentazione di monitoraggio al fine di verificare il corretto funzionamento degli impianti industriali ed eliminare il disagio alla popolazione». È la conferma giunta da parte del direttore Arpa Fvg di Trieste Stellio Vatta sull’attività condotta dall'Arpa nel Comune di San Dorligo della Valle, nell'area adiacente allo stabilimento industriale Siot, per indagare sulle condizioni ambientali del territorio. Utilizzando cinque postazioni di rilevamento (laboratorio mobile in località Mattonaia e quattro postazioni fisse con captatori passivi) distribuite “strategicamente” nel territorio comunale si è definito il seguente quadro ambientale: «Nel periodo di osservazione le concentrazioni atmosferiche di Pm10, Benzene, Benzo(a)pirene (cioè gli inquinanti ritenuti oggi i più pericolosi per la salute) sono risultate ampiamente inferiori ai valori limite fissati dalla vigente normativa». Vatta ha poi aggiunto che “nel corso dell’indagine sono stati altresì rilevati composti organici volatili (Cov), attualmente non normati, ragionevolmente ritenuti responsabili delle esalazioni odorigene». Sui risultati emersi dalla relazione dell'Arpa il sindaco di San Dorligo Fulvia Premolin aveva espresso da subito «soddisfazione», mentre i capogruppi Roberto Drozina (Pdl-Udc) e Boris Gombac (Unt) si erano dichiarati preoccupati. Sulla vicenda è intervenuto anche il capogruppo della Lega Nord Sergio Rudini il quale ha evidenziato come i sospetti restino, «anche perchè oltre alla Siot, vi sono altri insediamenti che come la Wartsila e la Grande Viabilità».
(r.t.)
Discarica abusiva, il pm vuole processare Bruno -
Chiesto il rinvio a giudizio per numerosi imprenditori, tra cui il
vicepresidente dell’Unione
I rifiuti speciali durante il trasporto diventavano
normali detriti
NELL’AMBITO DEL SECONDO TRONCONE DELL’INDAGINE PER LO SCALO LEGNAMI
Non era una «bolla di sapone» l’inchiesta della Procura sulla discarica
abusiva di rifiuti «speciali» finiti nella maxi discarica dello Scalo legnami.
Lo si è compreso ieri nell’aula del presidente del gip Raffaele Morvay, quando
il pm Giuseppe Lombardi ha chiesto il rinvio a giudizio di tutti gli ”indagati”
- compreso l’impresario edile Raffaele Bruno - per uno dei due tronconi
dell’inchiesta avviata e gestita dagli investigatori del Gico della Guardia di
finanza. Per il primo troncone il rappresentante dell’accusa ha invece chiesto
l’archiviazione, come peraltro era emerso pubblicamente da tempo.
«La contestazione mossa non è procedibile perché a seguito delle indagini
svolte, non sono emerse responsabilità» aveva scritto il pm Maddalena Chergia
nella richiesta di archiviazione parziale. Entrambe le istanze verranno discusse
nell’udienza del 17 gennaio. Lo ha deciso ieri il presidente Morvay. L’indagine
si era avviata nel maggio del 2008 e aveva coinvolto non solo gli imprenditori
Diego Romanese e Cataldo Marinaro, soci della Isp riciclati di Monfalcone,
ritenuti dagli inquirenti gli organizzatori del traffico di rifiuti speciali
verso una discarica autorizzata ad accogliere e riciclare solo rifiuti non
pericolosi provenienti da scavi e demolizioni, ma anche impresari edili,
titolari di ditte specializzate nel movimento terra e a padroncini di numerosi
camion. Erano finiti sul registro degli indagati, oltre a Raffaele Bruno, legale
rappresentante della Bruno Costruzioni, anche Mario Leone, titolare della Leone
srl; Damiano Purger, rappresentante della Purger scavi & trasporti; Paolo Rosso
della Trieste manutenzioni; Mario Voinovich titolare dell’omonima ditta
individuale; Enrico Tiberio della Ist e Sebastiano Pulafito. Tutti «indagati»
per aver trasportato nella discarica dello Scalo legnami materiali per cui la
Isp Riciclati non aveva ottenuto l’autorizzazione al trattamento.
A denunciare la violazione di legge che coinvolge un’area delle dimensioni di
quattro campi di calcio, era stata la lettura approfondita delle «bolle» di
accompagnamento dei rifiuti. L’aveva fatta la Guardia di finanza in
collaborazione con la Forestale. Era emerso, secondo l’accusa, che le bollette
venivano corrette una volta che il carico era giunto a destinazione. In altri
termini i rifiuti che nel corso del trasferimento via strada erano indicati come
«speciali», una volta giunti a destinazione, diventavano normali detriti di
scavo. In sintesi inerti.
«Noi costruttori siamo le vere vittime di Paolo Romanese e Cataldo Marinaro.
Abbiamo agito in buona fede, pagando quanto è previsto per lo smaltimento di
rifiuti speciali non di inerti. I nostri documenti sono in regola e lo possono
dimostrare» aveva affermato Raffaele Bruno nel maggio del 2008, quando
l’inchiesta era deflagrata con grande rumore. «Non è assolutamente vero che
abbiamo pagato meno. Sporgerò querela nei confronti della ditta Isp che ha
riciclato in modo illegale molti rifiuti dell’attività di demolizione effettuata
dalla mia azienda sulle strade di Trieste. Specie sulle rive. Trascinerò i
titolari davanti ai giudici».
CLAUDIO ERNÈ
Tonnellate di cibo e pasti da girare all’assistenza -
Un progetto anti-spreco
NUOVE INIZIATIVE - Si chiama «Last minute market» e
prevede anche sgravi fiscali per supermercati e negozi aderenti. Già 40 città lo
hanno attivato: «Un calo enorme di inquinamento»
Lo ha firmato il triestino Andrea Segrè, preside di Agraria a Bologna, che oggi
viene a illustrarlo
Se tutti i supermercati e i negozi alimentari di Trieste cedessero in modo
appropriato l’intera grande quantità di beni alimentari rimasti per diversi
motivi invenduti e li cedessero al più vicino ente assistenziale della zona lo
spreco si ridurrebbe di 2130 tonnellate. Per un valore di oltre 8 milioni di
euro. Si potrebbero distribuire più di 5 milioni di pasti all’anno a 5547
persone in difficoltà. Diminuendo così tanto lo smaltimento dei rifiuti,
nell’aria entrerebbero 2541 tonnellate di anidride carbonica in meno. Per
«neutralizzare» la quale, invece, servirebbero 5 milioni di metri quadrati di
aree boschive, pari all’estensione di 10.224 campi da calcio.
Cifre strane? Per niente. In questi calcoli sta una possibilità molto attraente,
che 40 città italiane hanno già realizzato sviluppando un’idea messa a punto
dalla facoltà di Agraria di Bologna, e inventata dal suo preside, il triestino
Andrea Segrè, assieme a laureandi e dottorandi. L’idea, diventata uno «spin off»
di successo della ricerca universitaria, si chiama «Last minute market», e sarà
presentato oggi alle 16.30 dallo stesso Segrè all’Associazione donne ebree
d’Italia in piazza Benco 4.
Ma non basta, il «Last minute market» ha sviluppato anche un «recupero cibi»
dalle mense scolastiche. Elaborando anche qui dati ufficiali, Segrè ha calcolato
che a Trieste si potrebbero recuperare ben 137.346 chilogrammi all’anno di pasti
cotti e pronti all’uso.
«Naturalmente - racconta - non basta raccogliere verdure, cibi, latte e yogurt,
farmaci e altro vicini alla scadenza per far bene questo lavoro. Bisogna stare
attenti all’igiene, alla salubrità delle vivande, e soprattutto distribuire gli
alimenti all’ente assistenziale più vicino in assoluto, per conservare la
freschezza, garantire il rapido consumo e risparmiare sui trasporti. La vera
novità del nostro ”Last minute market” è proprio nell’organizzazione logistica».
Il progetto ha preso forma nel 1999, è costato molto lavoro, nel 2003 è
diventato operativo. Prevede sgravi fiscali per chi aderisce: «Negozi,
supermercati, mense, pasticcerie, farmacie ecc. hanno sconti dal Comune e dalle
”multiutility” sulla tassa immondizie». Più che carità e assistenza (che pure è
lo scopo finale) questo progetto è una formidabile lotta allo spreco. «Poiché
oggi vale la legge europea secondo la quale chi inquina paga, è meglio non
inquinare». Ciò che nei supermercati è vicino alla data di scadenza è ancora ben
commestibile, ma non verrà mai più acquistato, viene stipato su camion che
corrono a discariche. Mentre poi le Caritas, le Comunità di San Martino al Campo
e i Comuni devono trovare soldi per aiutare ceti sociali in difficoltà o senza
alcun mezzo di sussistenza.
Il «Last minute market» è stato accolto in città sparse per tutta Italia. «A
Trieste me l’hanno un po’ copiato senza interpellarmi - sottolinea Segrè -, un
gruppo di Muggia ha perfino chiesto finanziamenti per realizzarlo, un’assurdità
davvero, e la Provincia ha accolto le offerte della Coop, che ha intrapreso
questa via per conto suo. Ma il senso dell’operazione - conclude Segrè -, è che
va coinvolta la città. Io non amo i brevetti, ma chi usa il nostro progetto deve
farlo bene...». Vediamo se Trieste lo accoglierà.
GABRIELLA ZIANI
Ventidue nidi artificiali per passeri e pipistrelli -
L’intervento del Comune in via del Moncolano per tutelare la fauna carsica -
UFFICIO ZOOFILO
Ventidue nidi per varie tipologie di uccelli, dai
passerotti ai pipistrelli, verranno posizionati in Strada del Friuli,
all’altezza del tornante Moncolano, non appena saranno conclusi i lavori per la
messa in sicurezza della zona. Affiancando così all’intervento infrastrutturale
sul territorio un’iniziativa per la tutela della caratteristica fauna carsica.
«Come amministrazione pubblica - spiega Michele Lobianco, assessore comunale
all'Organizzazione, Risorse Umane, Formazione e Affari zoofili - vorremmo
trasmettere alla cittadinanza un segnale di forte attenzione nei confronti
dell'ambiente. Nella speranza che questa buona pratica venga presa ad esempio
anche dal singolo cittadino». Si tratta del primo intervento di questo tipo da
parte del Comune, racconta Lobianco, ma che l'amministrazione ha intenzione di
ripetere anche in altre zone d’interesse ambientale e paesaggistico. Anche
perchè i costi sono davvero ridotti: i nidi, di materiale cementizio, sono a
lunga durata e necessitano di scarsa manutenzione. Tra le specie che potranno
usufruire di questi nuovi rifugi spiccano i passeri, che a Trieste, così come in
molte altre aree d'Europa, sono diminuiti negli ultimi vent'anni di oltre l’80%.
Ma anche rondoni, balestrucci, cince e codirossi. Senza dimenticare le api
selvatiche e i pipistrelli, che anzichè esser appassionati di chiome più o meno
voluminose, come vorrebbe la tradizione popolare, sono amanti degli insetti, in
particolare di tarme, zanzare e altri parassiti. E diventano quindi efficienti
alleati dell'uomo nella lotta contro queste fastidiose creature alate e contro
gli insetti dannosi per le colture. Per i pipistrelli, che per dimora di solito
scelgono anfratti, spaccature e fessure che riescono a ricavare nell’ambiente
circostante, verranno posizionati degli appositi rifugi. I nidi verranno
incorporati nel muro di contenimento antifrana, imitando così gli anfratti
naturali ed evitando che gli uccelli vadano a nidificare in luoghi dove i
piccoli potrebbero essere facile preda di gatti e altri animali.
Giulia Basso
Gasperini non diffamò gli Amici della Terra -
L’associazione ambientalista dovrà anche restituire i 10mila euro ricevuti
ASSOLTO L’EX SINDACO DI MUGGIA
La Corte di appello ha assolto l’ex sindaco di Muggia Lorenzo Gasperini
dall’accusa di aver diffamato la sezione di Trieste dell’associazione
ambientalista «Amici della terra- Friends of the Earth». I giudici di secondo
grado, accogliendo il ricorso presentato dall’avvocato Dario Miani, legale di
Gasperini, hanno completamente rovesciato l’esito del processo svoltosi in
Tribunale il 19 dicembre 2006 e in cui l’esponente di Forza Italia era stato
condannato a pagare cinquemila euro di multa. Inoltre il giudice Francesco
Antoni con la stessa sentenza gli aveva ordinato di versare agli «Amici della
terra» una provvisionale immediatamente esecutiva di diecimila euro.
L’associazione si era infatti costituita in giudizio con i propri dirigenti,
Alessandro Claut e Roberto Giurastante, chiedendo i danni per quanto era stato
affermato delle loro iniziative. «Offendono la nostra reputazione».
Nel giudizio di appello i giudici della Corte presieduta da Filippo Gullotta
hanno ritenuto che le affermazioni che l’architetto Gasperini aveva fatto nel
corso di una seduta del Consiglio comunale di Muggia e che erano state ritenute
diffamatorie, appartengono al contrario a quello che è definito «diritto di
critica politica». Dunque nessuna diffamazione. In più i dirigenti
dell’associazione ambientalista dovranno restituire all’ex sindaco i diecimila
euro ottenuti tre anni fa come «provvisionale» sull’eventuale futuro
risarcimento danni.
(c.e.)
Acqua ai privati, il governo pone la fiducia - Il testo
non piace alla Lega. Contrari Pd e Italia dei valori. Legambiente insorge
Il decreto Ronchi già approvato al Senato oggi alla
Camera. In ballo un affare da 8 miliardi
ROMA Il governo chiede la fiducia alla Camera sul decreto Ronchi, già
approvato a Palazzo Madama, in tema di risoluzione di infrazioni comunitarie e
che prevede tra l’altro la liberalizzazione dei servizi pubblici locali compresa
l’acqua. L’acqua è un affare da 8 miliardi di euro.
Finora era un bene pubblico, con il decreto che si approverà oggi diventa una
merce. Una merce che viene data in gestione a società private. È una cosa che in
alcune città italiane avviene già, anche se spesso dove i privati hanno la
maggioranza del capitale delle società di gestione le decisioni sono comunque
appannaggio dei rappresentanti degli enti pubblici.
La ragione è semplice: essendo un servizio essenziale, vitale per definizione,
la distribuzione dell’acqua non può sottostare solo a leggi di mercato, al
profitto. La gestione deve essere fatta nell’«interesse pubblico», non per
quello «privato». Da oggi si cambia. I privati mettono le mani per legge sulla
risorsa più preziosa e si possono spartire una torta da otto miliardi di euro
che da qui al 2023 crescerà del 17-20%.
Fiducia, dunque, con i tempi di conversione ristretti e il testo che va
approvato in via definitiva entro il 24 novembre. Ma la scelta del governo fa
infuriare le opposizioni e crea qualche mal di pancia nella Lega. «Il testo
arrivato dal Senato - ragiona il vice presidente del gruppo del Carroccio alla
Camera Marco Reguzzoni - è migliorativo rispetto a quello originario però la
Lega sull’articolo riguardante i servizi pubblici locali avrebbe voluto
migliorarlo ancora e farlo corrispondere alla propria posizione storica a favore
dell’acqua pubblica».
L’argomento è in ogni caso oggetto di un ordine del giorno del gruppo della Lega
alla Camera e il partito di Bossi non esclude nemmeno di chiedere limature
magari già in sede di Finanziaria. E anche il deputato finiano Fabio Granata
esprime perplessità sull’utilizzo dello strumento della fiducia su un argomento
delicato come la privatizzazione dell’acqua.
Oggi si vota, ma la partita poi si sposterà comunque, come spiega anche il
ministro per gli Affari regionali Raffaele Fitto, sul regolamento attuativo
dell’articolo 15 del provvedimento, quello riguardante, appunto, i servizi
pubblici locali. «Si tratta - dice la relatrice del provvedimento, Annamaria
Bernini - di un approccio rapido e preventivo per evitare di incorrere in
infrazioni». Intanto, sia l’Italia dei valori che i Verdi annunciano una
raccolta di firme per indire un referendum contro la liberalizzazione dell’acqua
e anche Pd e Udc, che hanno presentato due questioni pregiudiziali bocciate
dall’aula sono sulle barricate.
«Pochi grandi gruppi - attacca la vicepresidente del Pd Marina Sereni - faranno
affari d’oro a discapito dei cittadini che subiranno l’aumento delle tariffe
dell’acqua».
«Assurdo e spregiudicato porre la fiducia su un tema come la privatizzazione
dell’acqua», dice Leoluca Orlando, Italia dei valori. «Metterannno la fiducia
anche sull’aria», ironizza Touadi, Pd.
Legambiente insorge: «Sono favoriti grandi interessi, l’acqua è un bene
primario, indisponibile. Così i cittadini non avranno alcuna agevolazione», dice
Luigi Rambelli, presidente Legambiente Emilia Romagna.
Oggi, a partire dalle 15 ci saranno le dichiarazioni di voto e il voto di
fiducia sul provvedimento. Di seguito verrà votato il testo.
(a.g.)
BORA.LA - MARTEDI', 17 novembre 2009
Rigassificatore: le risposte di Predonzan sull'impatto economico
IL PICCOLO - MARTEDI', 17 novembre 2009
Menia: sul rigassificatore siamo in regola - DOPO LA
SENTENZA DEL TAR DEL LAZIO E LA PRESA DI POSIZIONE DEL WWF
Il sottosegretario: «Le decisioni della Commissione Via
non vengono mutate»
«Gli atti della commissione Via sono fatti salvi, è un principio generale
della pubblica amministrazione». Il sottosegretario all’Ambiente, Roberto Menia,
è tranquillo di fronte alla sentenza con cui il Tar del Lazio, lo scorso 30
ottobre, ha dichiarato illegittima la nomina della commissione Via (valutazione
di impatto ambientale), in seguito al ricorso di una ventina di componenti
rimasti esclusi dalla commissione dopo il decreto del giugno 2008 che ne aveva
riformulato la composizione.
La sentenza del Tar del Lazio è stata inclusa in alcuni dei ricorsi contro il
progetto di Gas Natural presentati in questi giorni, tra cui quelli dei Comuni
di Muggia e di San Dorligo della Valle.
«Non credo – prosegue Menia – che la sentenza del Tar del Lazio sia decisiva.
Non sono un partigiano del rigassificatore – conclude –. Come ministero il
nostro compito è di garantire che le procedure siano corrette».
In tema di ricorsi, parallelamente a quello presentato da Muggia, anche il
Comune di San Dorligo ha fatto ricorso al Tar del Friuli Venezia Giulia.
«Dovevamo presentarlo congiuntamente – osserva il sindaco Fulvia Premolin – ma
ci è stato consigliato di fare due ricorsi. Il legale è lo stesso (Francesco
Longo di Pordenone, ndr), e anche il testo. In esso si punta soprattutto sulla
sicurezza e sui rischi dell’effetto domino».
Sempre contro il progetto di Gas Natural, al Tar del Lazio hanno intanto fatto
ricorso le sezioni di Trieste di Wwf, Legambiente e Italia Nostra.
Il rischio di un accordo fra Lubiana e Roma, con il governo sloveno che
accetterebbe il rigassificatore per poter avere, in cambio, il permesso di
raddoppiare la centrale nucleare di Krsko, è l’ipotesi avanzata ieri, in una
conferenza stampa, dai responsabili locali delle tre associazioni ambientaliste,
in un incontro convocato appunto per illustrare le motivazioni del ricorso al
Tar del Lazio.
Dario Predonzan, responsabile energia e trasporti del Wwf regionale, oltre a
precisare le critiche più severe, in parte note, rivolte in particolare alla
Regione, «che non ha svolto tutti i controlli necessari, non ha ascoltato la
gente, non ha dato risposta alle osservazioni fatte dalle organizzazioni
ambientaliste», è andato oltre. «Questo modo di operare dei pubblici
amministratori – ha detto – scavalca l’iter previsto dalla legge e ripreso
dall’Unione europea, e indica un inaccettabile appiattimento sugli studi,
peraltro del tutto insufficienti, portati a termine da Gas Natural. I rischi di
disastro ambientale – ha proseguito il rappresentante del Wwf – sono reali e
gravissimi. Per questi motivi ci rivolgeremo anche alla magistratura ordinaria,
per denunciare il ritardo con cui il ministero competente ha risposto alle
nostre sollecitazioni e alla Commissione europea, per evidenziare il fatto che
non è stata consultata la popolazione coinvolta, come invece previsto da una
direttiva europea».
Lino Santoro, presidente locale di Legambiente, ha spiegato che «non siamo per
principio contrari all’installazione di rigassificatori, ma lo diventiamo nei
casi nei quali, come sta per accadere a Trieste, si vuole realizzare una
struttura di questo tipo in mezzo ad aree densamente popolate. È per questa
ragione che il nostro presidente nazionale, Vittorio Cogliati-Dezza, alla pari
di quello del Wwf, Stefano Leoni, ha firmato il ricorso al Tar del Lazio».
Giulia Giacomich, presidente della sezione triestina di Italia Nostra, ha
precisato che la sua organizzazione, non avendo firmato il ricorso in prima
battuta «a causa di un disguido, procederà a breve con un autonomo ricorso, con
argomentazioni che andranno ad aggiungersi a quelle già indicate da Wwf e
Legambiente».
(gi. pa.) (u.s.)
SEGNALAZIONI - Sul rigassificatore - DIBATTITO
Gli interventi della signora Graziella Albertini e signor
Franzosini, Predonzan, Santoro e Sirovich (Il Piccolo dell’8 e 9 novembre)
contribuiscono a rendere il gioco delle analogie ancora più interessante e
chiaro. Presa nel punto attuale, la parabola «rigassificatori» dimostra la
machiavellica strategia adottata dai soggetti contrari. In tutto questo tempo il
progetto è stato sottoposto a una pressione eccezionale, con mezzi e scopi fuori
della norma al fine di stroncarlo. La società multi-tecnica ne sarà rimasta
sorpresa.
Detto questo, c’è però una considerazione che è doveroso fare. La previsione di
uno scenario parte da certe condizioni iniziali e dalla conoscenza tecnica dello
scenario stesso. Stabilito il grado dell’emissione, è necessario determinare la
portata e gli altri fattori che possono influenzare il tipo e l’estensione della
zona.
Un elemento fondamentale per la determinazione del tipo di zona pericolosa e
pertanto di incidente è necessariamente l’identificazione delle sorgenti di
emissione e del grado di emissione. Per quanto concerne la determinazione dei
flussi termici dichiarati sono il risultato di uno studio fatto dall’ing. A. Fay
«Modello di incendi grande pozza», che ha presentato al Journal of Hazardous
Materials riferito al modello di una fuoriuscita da una nave metaniera fissando
dei parametri ben definiti di: estensione della falla 10 m2, portata del liquido
(Spill volume), estensione della pozza, raggio massimo pozza, ecc. Quindi, come
viene sottolineato dallo studio dell’ing. Fay, non si tratta di un incendio di
dimensioni limitate. Come erroneamente è stato definito.
Relativamente alla distanza di rispetto, la stessa rappresenta il valore minimo,
stabilito dalla norma, delle distanze misurate orizzontalmente tra il perimetro
in pianta di ciascun elemento pericoloso di un’attività e il perimetro del più
vicino fabbricato esterno alla attività stessa. Sarebbe bene sapere che molti
dei termini utilizzati nella prevenzione incendi hanno un preciso significato,
stabilito dalle norme che regolano questa disciplina (DM 30 novembre 1983, le
definizioni del decreto 10 marzo 1998).
Come disse Aristofane: «Faccia il cielo che ognuno eserciti il mestiere che
conosce».
Luciano Emili
Smog, torna l’ombra del centro chiuso
A ieri, in Municipio, non veniva ancora vissuto come un
problema. Ma, a breve, la cappa di smog calata sulla città potrebbe tornare ad
essere una rogna, e non solo per i nostri polmoni. Una rogna che l’ultima volta
- era il febbraio del 2008 - aveva portato a nove giorni di chiusura del centro
alle macchine. La concentrazione di Pm 10 nell’aria di Trieste, infatti, dallo
scorso week-end è tornata al di sopra dei livelli di guardia, cioè 50
microgrammi per metro cubo. Una condizione che, in caso di sforamenti
contemporanei in più zone e per tre giornate di fila, induce l’amministrazione
municipale ad adottare i provvedimenti restrittivi previsti dal Piano d’azione
comunale, che a Trieste si traducono appunto in chiusure del centro al traffico
privato nelle ore di punta. Sabato scorso, secondo il sito della Regione, la
centralina dell’Arpa di via Carpineto ha fatto registrare una media quotidiana
di 210, cui domenica non ha fatto seguito nessun valore vidimato. La stazione di
rilevamento di piazza Libertà, invece, sabato segnava 45 e domenica 73. La terza
centralina di riferimento regionale, quella di via Svevo, non sforna più dati
dalla fine di settembre, ma le altre in funzione domenica - via Tor Bandena e
via San Lorenzo in Selva - hanno detto rispettivamente 73 e 60. Molto dipenderà,
a questo punto, dai numeri che saranno resi noti oggi e domani per la giornate
di ieri e oggi. (pi.ra.)
«Ignorate le esalazioni di zolfo della Siot» - SAN
DORLIGO: LE REAZIONI DELL’OPPOSIZIONE AI DATI SULL’ARIA RILEVATI DALL’ARPA
Drozina (Pdl-Udc): «Vorrei che la soddisfazione del
sindaco fosse confermata dai magistrati»
SAN DORLIGO Forti perplessità sulla mancanza del monitoraggio dei composti
dello zolfo e ampia preoccupazione per il fatto che a Trieste, sia in piazza
Libertà che in via Carpineto, a due passi dalla Ferriera di Servola, si
respirino meno polveri sottili (pm10) rispetto a Mattonaia. Ma c'è anche chi
auspica un possibile intervento della Magistratura.
Sono questi i leit motiv delle reazioni da parte dei partiti di opposizione nel
Comune di San Dorligo della Valle, dopo la pubblicazione dei risultati del
monitoraggio dell'aria svolto da parte dell'Arpa nelle zone circostanti il parco
serbatoi della Siot.
«L’amministratore delegato della Siot (Adriano Del Prete, ndr) non capisce
perché l’Arpa suggerisca di modificare e/o integrare le dotazioni dei suoi
impianti di stoccaggio, mentre il sindaco Fulvia Premolin si dichiara
soddisfatta. Anch'io vorrei poter condividere la soddisfazione del nostro primo
cittadino, ma vorrei che fosse qualcun altro a dirmelo, magari forse la
magistratura», ha commentato il capogruppo del Pdl-Udc Roberto Drozina.
L'esponente del centrodestra, residente proprio a Mattonaia – l'area risultata
quella con l'aria più inquinata nel comune di San Dorligo – ha evidenziato
alcune anomalie nella documentazione rilasciata dall'Arpa: «Le esalazioni che
continuamente s'inalano includono composti dello zolfo, e fra questi c’è
l’idrogeno solforato, altrimenti definito acido solfitrico, una delle sostanze
più tossiche che esistano, che in questo monitoraggio l'Arpa non ha rilevato
alla pari degli altri composti di tale natura».
Drozina ha evidenziato poi che «del benzo(a)pirene, un idrocarburo policiclico
aromatico altamente cancerogeno, l'Arpa ha comunicato solo i dati relativi a un
bimestre, inferiori al periodo di legge, che però è stabilito su base annua».
Il capogruppo di Uniti nelle tradizioni, Boris Gombac, ha invece posto
l'attenzione sugli impianti di stoccaggio della Siot. «L'amministratore delegato
della Siot, Adriano Del Prete, non ha più alcun alibi poiché i dati forniti
dall'Arpa sono lapidari: per ridurre l'intensità delle esalazioni percepite a
Mattonaia, e non solo, visto che ultimamente tali nauseabondi odori vengono
percepiti anche nella parte collinare del territorio comunale, dovrà metter
finalmente mano al portafoglio per attuare quelle soluzioni tecniche ”atte a
modificare e/o integrare la dotazione degli impianti interessati allo stoccaggio
del greggio”, richieste peraltro già formulate da alcuni lustri dalla
popolazione locale».
Gombac ha poi aggiunto che «non meraviglia che l'ad della Siot si dimostri di
manica larga nell'erogare i contributi necessari per le centraline (per
effettuare un monitoraggio costante dell'aria, ndr), ma di converso, per quanto
concerne gli investimenti, a cui sarà obbligato per salvaguardare la salute
pubblica, dichiari di non capire il senso della richiesta avanzata dall'Arpa
ripromettendosi di analizzare la relazione».
Più pragmatico infine il coordinatore provinciale di Italia dei Valori, Mario
Marin: «I dati rilevati e resi pubblici dall’Arpa sono al di sotto dei limiti
consentiti dalla legge e questo dovrebbe tranquillizzarci. A renderci meno
tranquilli sono le rilevazioni odorose che il nostro naso fa giornalmente,
inducendoci a dubitare che tutto vada bene. Ritengo dunque assolutamente
necessario formulare procedure e norme che eliminino, quanto più possibile,
questo genere di disagi, anche se non ancora contemplati come pericolosi per la
salute».
RICCARDO TOSQUES
Sistiana: strage di alberi, in nome della sicurezza -
LUNGO LA STRADA CHE PORTA ALLA BAIA
Quando si dice un taglio radicale, per quanto necessario e
sottoscritto sul fronte della sicurezza dall'amministrazione comunale e dalla
prefettura. È terminata, lungo la strada che porta alla baia di Sistiana,
l'operazione di eliminazione di un gran numero di alberi, alcuni anche secolari.
A bordo della strada, e fino a una distanza di due metri dal ciglio, buona parte
degli alberi e degli arbusti sono stati tagliati fino alla base. Un’operazione
effettuata per buona parte dalla proprietà della baia di Sistiana, cui
appartiene la maggior parte dei terreni confinanti la strada, e che ha richiesto
un esborso di qualche decina di migliaia di euro. Cifra alla quale si è sommato
un budget pubblico, perché alcune parti dei terreni appartengono al Comune o
sono di competenza della Provincia.
Il risultato è impressionante: scendendo nella baia, infatti, molti dei pini
marittimi sono stati abbattuti. Lo stesso per alcuni dei grandi platani che
costeggiavano la strada nella parte bassa, nelle vicinanze del tornante
principale.
Una scelta praticamente obbligata, visto che negli ultimi anni più volte gli
alberi si erano abbattuti sulla strada dopo forti piogge. Per fortuna nessuno
era mai stato coinvolto, ma la caduta aveva sempre provocato l'isolamento della
baia per qualche ora, fino all'intervento dei Vigili del fuoco e della
Protezione civile.
L'ultimo episodio, all'inizio dell'anno, aveva fatto scattare l'allarme. Il
sindaco, con il permesso della prefettura, per questioni di sicurezza aveva
ottenuto il nulla osta. La proprietà della baia aveva anche cercato soluzioni
alternative, consultando più ditte, nella speranza, almeno per gli alberi più
sani e ”scenografici”, di trovare il modo di puntellarli senza tagliarli, ma
nessuna ditta aveva voluto assumersi la responsabilità.
Di qui la grande eradicazione, effettuata in due tranche: la prima all'inizio
dell'estate, per gli alberi più pericolosi e quelli più facilmente smaltibili,
la seconda in questi giorni.
Per chi scende nella baia lo scenario è comunque ”lunare”, con tanti tronchi
mozzati in nome della sicurezza, lungo una strada che, quando piove forte,
mostra tutti i suoi punti deboli. A partire dalle cascate che si formano lungo
la discesa, e che provengono non dalla strada ma dalla parete di terra,
dall'abitato di Sistiana fino al mare, con il trasporto di detriti sulla
carreggiata.
(fr.c.)
Ci vogliono ben quattro ”R” per fare dei rifiuti una
risorsa - STEFANO GREGORIO AL ROTARY MUGGIA
«Rifiuti: problema o risorsa?», argomento di grande
attualità, analizzato da Stefano Gregorio, direttore del Termovalorizzatore di
Trieste, nel corso della conviviale del Rotary Club Muggia.
Attualmente, l’unico inceneritore nella nostra regione è quello di Trieste
che copre circa 160.000 t/a, il rimanente va a discarica o a impianti di
trattamento meccanico o biologico. Considerando che nei prossimi anni le
discariche si esauriranno, appare necessario incrementare l’offerta
impiantistica. Le strategie da adottare per una corretta gestione dei rifiuti
sono la ”4R”: riduzione della quantità di rifiuti prodotti; riutilizzo di
prodotti che, seppur scartati, non hanno terminato la loro vita (contenitori per
liquidi); riciclaggio (vetro, carta); recupero di energia (combustione).
In Italia, il 52% dei rifiuti viene smaltito in discarica, il 12% viene
incenerito e il resto va a recupero e riciclaggio. In Europa vi sono circa 400
inceneritori, in Italia 55. Per quanto attiene allo smaltimento dei rifiuti
solidi urbani in discarica controllata, i vantaggi sono rappresentati dal
ridotto investimento iniziale (economico e tecnologico), dalla facilità
gestionale, dai ridotti costi di gestione, dal possibile recupero a verde di
un’area precedentemente degradata, e dal sistema di smaltimento finale. Gli
svantaggi consistono nello spreco delle risorse materiali ed energetiche ancora
contenute nel rifiuto, nella difficoltà di reperimento di siti con adeguate
caratteristiche idrogeologiche, nel rischio latente di rilascio di sostanze
tossiche nei bacini idrici, nel notevole dispendio di territorio, nella
possibile emissione di odori e proliferazione di insetti e roditori, emissione
di composti tossici, gas con forte effetto serra (metano) e gas dannosi per
l’ozono.
Relativamente allo smaltimento dei rifiuti solidi urbani tramite incenerimento,
i vantaggi sono costituiti dalla salvaguardia dell’ambiente, ridotto utilizzo di
aree, recupero di materiali prelevati (es. ferro) e del calore sviluppato dalla
combustione, risparmio di fonti primarie d’energia (carbone, petrolio, metano,
ecc.), vendita d’energia elettrica e relativi vantaggi economici, inquinamento
atmosferico controllato. Gli svantaggi sono rappresentati dall’elevato
investimento iniziale, spese di gestione e manutenzione, presenza di scorie da
combustione e polveri, sistema di smaltimento non finale e necessità di altri
siti di trattamento finali per i residui (scorie e polveri).
Fulvia Costantinides
Salvi i treni da Trieste per Roma e Milano -
L’assessore Riccardi lancia ora l’ipotesi di «una compagnia ferroviaria
regionale»
«Il Porto non può aspettare il Corridoio V, va
riqualificata la stazione di Campo Marzio e va creato il collegamento con
Capodistria»
Sarà per il «buon rapporto personale» che ha ricordato di poter vantare con
l’amministratore delegato del gruppo Fs Mauro Moretti. E sarà, soprattutto, per
quei tre milioni firmati Regione che l’hanno portato a confermare che «la
Finanziaria regionale 2010 prevede una norma che consente di intervenire anche
economicamente a sostegno dei collegamenti ferroviari». Fatto sta che ieri sera
- all’audizione in Consiglio comunale sul ”rischio marginalizzazione” di Trieste
- l’assessore regionale ai Trasporti Riccardo Riccardi si è sbilanciato: «Nel
nuovo orario ferroviario in vigore dal 13 dicembre i livelli di servizio da
Trieste verso Milano e Roma e viceversa non solo manterranno il numero dei
collegamenti ma diventeranno pure più adeguati per tempi di percorrenza. La
linea Trieste-Roma sarà più veloce di 50 minuti rispetto alle attuali 6 ore e
40, mentre la Trieste-Milano manterrà le 4 ore e 20». È questo, dunque, ha
giurato Riccardi, «lo stato della trattativa», che non è chiusa ma nella quale
«non abbiamo ceduto di un passo di fronte ai ventilati tagli del Gruppo Fs».
Un passaggio, questo, racchiuso - come ha lasciato intendere l’assessore, che
nella Finanziaria Tondo ha un portafogli da 335 milioni di euro - in una
strategia più ampia, se è vero che «è opportuno interrogarci sulla costituzione
di una vera compagnia ferroviaria regionale, di realizzare un nostro sistema
autonomo per raggiungere l’hub di Mestre». Al punto che - guardando ad esempio
alla direttrice Trieste-Milano - «se risorse devono essere destinate ai
collegamenti, meglio che vadano oggi sul sistema ferroviario piuttosto che su
quello aeroportuale per il ripristino di un volo meno competitivo rispetto alla
gomma ora che c’è il passante di Mestre».
Al di là del tema bollente, l’intervento di Riccardi - alternato a un paio di
battute del sindaco Roberto Dipiazza e alle domande di tutti i gruppi consiliari
- è diventato una sorta di ricognizione a 360 gradi sulle grane di oggi e le
soluzioni di domani per i collegamenti fra Trieste come «porto della Regione» e
il resto del mondo. Punto primo: il porto, appunto: «Non è immaginabile, mentre
si parla di Piattaforma logistica e allargamento del Molo settimo, che Trieste
ed il suo porto aspettino la Tav. Servono interventi per riqualificare la
stazione di Campo Marzio e serve il collegamento ferroviario col porto di
Capodistria», ha aggiunto Riccardi annunciando che «nei giorni scorsi sono state
consegnate alla Regione alcune simulazioni degli interventi di
infrastrutturazione indispensabili in attesa della concretizzazione del
Corridoio V».
Punto secondo: la questione aeroporto. Dove la Regione è pronta a diventare
socio di maggioranza, per la felicità dello stesso Dipiazza, «anche attraverso
la fusione con il Consorzio degli enti locali, affinché l’aeroporto di Ronchi
non sia lo scalo di Trieste ma del Friuli Venezia Giulia». «Se il Consorzio
vorrà - così Riccardi - la Regione sarà pronta ad assumere la guida».
Il terzo punto? La terza corsia ovviamente. Che si fermerà a Villesse, vero
snodo verso Trieste ma anche Gorizia, le due direttrici transnazionali su gomma.
«Andremo incontro - ha chiuso l’assessore - a cinque anni di difficoltà e il
traffico continuerà ad esserci». Resta questa, per ora, l’unica certezza.
PIERO RAUBER
«Siamo pronti al referendum sull’acqua» - Il deputato
cividalese Carlo Monai (Idv) si schiera contro le privatizzazioni
Oggi il voto in aula, ma i dipietristi dicono che non
ci stanno
TRIESTE "Siamo pronti al referendum per difendere il patrimonio acqua".
Carlo Monai, nel giorno in cui si inizia a discutere alla Camera della
privatizzazione dell’acqua (oggi il voto in aula), ufficializza la linea dell’Idv,
emersa nell’esecutivo nazionale. Referendum, aggiunge il deputato di Cividale,
che riguarderà anche nucleare e processo breve.
La questione acqua è in primo piano. Dopo il via libera in Senato è approdato a
Montecitorio il decreto che, se approvato, chiuderebbe il cerchio sulla
privatizzazione imponendo agli enti locali di mettere a gara il servizio idrico.
In sostanza, entro il 2011, Ato e Comuni dovrebbero consegnare al mercato la
gestione dell’acqua potabile, così come è già accaduto a Latina e in altre città
del centro Italia con il conseguente aumento, perfino del 300%, delle tariffe.
«In commissione ho espresso la mia contrarietà al provvedimento - spiega Monai
-: l’acqua deve essere considerata pubblica come proprietà ma anche come
gestione».
La stessa posizione della Lega Nord in regione. È’ stato tirato per la giacca,
gli è stata chiesa una posizione netta, è stato oggetto di ironie da parte del
Pd, sabato scorso a Udine in conferenza stampa. Il Carroccio risponde, con il
responsabile della commissione ambiente del partito e vicecommissario
dell’autorità di bacino Loris Mestroni, con un secco "giù le mani dall’acqua".
Una posizione che considera indiscutibilmente la risorsa idrica come bene
pubblico e non teme di dividere il centrodestra che, con Ferruccio Saro e
Isidoro Gottardo, distingue invece tra proprietà pubblica e gestione mista.
Mestroni attacca il Pd: «Siamo sorpresi della svolta ambientalista di Moretton
che da vicepresidente della giunta di sinistra si era inchinato ai diktat di
Illy, avallando la proposta di svendere l’acqua friulana a Nord Est Servizi». E
punzecchia il Pdl, in particolare "l’area ex socialista". «Non esiste nessuna
distinzione tra la proprietà dell’acqua e la sua gestione: tutto deve essere
pubblico, i privati non devono metterci il naso. E non vengano a parlarci di
società miste».
Il coordinatore del Pdl Gottardo ribatte invece al Pd: «Obbligare i servizi
locali a misurarsi con il mercato è esattamente l’opposto delle paure che vuole
evocare Moretton. L’acqua come bene non è privatizzabile, la gestione, quando
serve e conviene al cittadino, lo può essere». Caso aperto perché il capogruppo
del Pd risponde a stretto giro di posta, pure a Saro: "Solo la gestione pubblica
garantisce che l’acqua non diventi un business".
(m.b.)
FIUME - Verso un’energia sostenibile
Fiume è la prima città in Croazia ad entrare a far parte
dell’associazione Energie cities, che raccoglie gli enti locali per la
promozione di politiche energetiche sostenibili, e una dei pochi centri croati
ad aver firmato la Carta europea dell’Energia, impegnandosi a promuovere
politiche in materia di efficienza energetica compatibili con lo sviluppo
sostenibile, ad incentivare un utilizzo più efficiente e più sano dell'energia e
ad incoraggiare la cooperazione nel settore dell'efficienza energetica.
Nei giorni scorsi, nell’ambito del progetto Bulb attuato grazie ai fondi europei
e del valore di 315 mila euro, è stata portata a termine l’installazione
dell’illuminazione pubblica efficiente ed ecologica in via Marino Jakominic (a
Mariljeva Draga, rione occidentale di Fiume) grazie alla quale verranno ottenuti
risparmi pari al 50 per cento.
(v.b.)
CONFERENZA STAMPA WWF, LEGAMBIENTE E ITALIA NOSTRA - LUNEDI', 16 novembre 2009
Rigassificatore di Trieste. WWF e Legambiente ricorrono
al TAR del Lazio: “Incredibile superficialità nella procedura VIA
da parte del ministero dell’ambiente.”
E’ stato depositato nei giorni scorsi al TAR del Lazio il
ricorso contro il rigassificatore di Trieste- Zaule proposto dalla
multinazionale spagnola GasNatural. Il ricorso, a firma dei presidenti nazionali
del WWF, Stefano Leoni, e di Legambiente, Vittorio Cogliati-Dezza, chiede
l’annullamento del decreto VIA, sottoscritto nel luglio scorso dai ministri
dell’ambiente, Stefania Prestigiacomo, e dei beni culturali, Sandro Bondi. Anche
Italia Nostra si affiancherà alle altre due associazioni, con un intervento “ad
adiuvandum”.
Le motivazioni del ricorso – redatto dall’avv. Alessandro Giadrossi - sono state
illustrate nel corso di una conferenza stampa, oggi a Trieste, dai
rappresentanti delle tre associazioni.
Vengono contestate in particolare:
1) alcune prescrizioni del decreto VIA, come quella sulla bonifica del sito
inquinato (GasNatural ha eseguito solo una piccola parte delle analisi
indispensabili per capire se e in che modo la bonifica sarà possibile, e quindi
non si può stabilire se gli impianti previsti potranno essere realizzati nel
sito ex Esso);
2) la non conformità del progetto con le previsioni del piano regolatore di
Trieste;
3) la mancata valutazione, da parte della Commissione VIA ministeriale, di molte
osservazioni presentate da WWF e Legambiente, soprattutto quelle che rilevavano
le gravi incongruenze egli errori negli studi presentati da GasNatural e dai
suoi consulenti (soprattutto negli studi sull’impatto delle acque di scarico
sulla temperatura della Baia di Muggia e sulla risospensione dei sedimenti
fortemente inquinati);
4) la totale omissione, nel decreto VIA, di aspetti fondamentali dell’impatto
del rigassificatore sulla vita degli organismi marini, come la “sterilizzazione”
di ogni forma di vita nella Baia di Muggia (e non solo) conseguente all’impiego
di cloro come biocida e all’utilizzo dell’acqua marina come vettore di calore
nel processo di rigassificazione;
5) l’”appiattimento” della Commissione VIA su quanto sostenuto negli studi di
GasNatural, senza alcuna analisi critica sui medesimi, anche nel caso del
fondamentale studio sull’”effetto domino”;
6) la mancata sottoscrizione degli studi stessi e la conseguente impossibilità
di identificarne gli autori;
7) la mancata partecipazione alle riunioni della Commissione VIA ministeriale
del rappresentante della Regione Friuli Venezia Giulia, pur prevista per legge;
8) il procedimento anomalo e illegittimo, seguito dal ministero dei beni
culturali per “scavalcare” i pareri negativi, sotto il profilo paesaggistico,
espressi dal Soprintendente del Friuli Venezia Giulia e per annullare altresì le
prescrizioni contenute nel parere positivo che lo stesso era stato poi costretto
ad emettere;
9) il “frazionamento” irrazionale e illegittimo della procedura VIA in due
tronconi indipendenti, uno relativo al rigassificatore di GasNatural, l’altro al
gasdotto SNAM Trieste-Grado-Villesse, sebbene i due progetti siano logicamente e
fisicamente interconnessi, per cui si imponeva una valutazione integrata di
entrambi (come fatto nel caso del progetto del rigassificatore off shore
proposto da Endesa - E.On);
10) la mancata consultazione del pubblico sul progetto, pur prescritta dalla
Direttiva europea n. 35 del 2003.
“E’ incredibile – hanno sottolineato gli ambientalisti – la superficialità con
cui il ministero dell’ambiente e la Commissione VIA hanno affrontato l’analisi
di un progetto complesso e con tanti gravi risvolti per l’ambiente e la
sicurezza, come quello di GasNaural.”
”Non contento di ciò, il ministero ha anche incredibilmente ritardato la
consegna della documentazione istruttoria (relazioni tecniche, corrispondenza
con il Governo Sloveno, ecc. ) richiesta dalle associazioni e pervenuta alle
medesime quasi tre mesi dopo la richiesta, quando la legge fissa un termine di
30 giorni per la consegna. Di questo sarà debitamente informata la
magistratura.”
“Ci auguriamo – hanno concluso WWF, Legambiente e Italia Nostra – che il TAR
faccia giustizia, fermando l’iter di un progetto devastante per l’area triestina
e sanzionando un comportamento inqualificabile dei supremi organi ministeriali
preposti alla tutela dell’ambiente, rivelatisi invece del tutto inadeguati ai
compiti e tutt’altro che imparziali.”
La contestazione delle tre associazioni contro il progettato rigassificatore si
estende necessariamente al già citato gasdotto SNAM e alla centrale
termoelettrica da 400 MW, che Lucchini-Severstal vorrebbe costruire nel porto di
Trieste: “un insieme di impianti – è stato osservato – previsti nell’esclusivo
interesse dei proponenti, in assenza di qualsivoglia piano energetico e con
assoluto disprezzo per l’accettabilità degli stessi rispetto alle condizioni
ambientali dell’area triestina, con l’aggiunta di un assurdo e irrazionale
appoggio a priori da parte di tutti gli enti locali: Regione, Provincia e Comune
di Trieste .”
Gli ambientalisti auspicano anche un atteggiamento fermo da parte del Governo
sloveno, dichiaratosi contrario al rigassificatore di Trieste-Zaule per i
possibili riflessi negativi sul proprio territorio. “Esiste tuttavia il rischio
– hanno osservato – che Lubiana finisca per cedere alle pressioni del Governo
italiano, che da anni sta tentando di convincere la Slovenia ad accettare il
rigassificatore di Trieste, offrendo in cambio il proprio sostegno per il
raddoppio della centrale nucleare di Krško. Con il che, ad una iattura se ne
aggiungerebbe un’altra forse ancora peggiore”.
Il ricorso al TAR del Lazio è stato possibile anche grazie alle donazioni dei
cittadini a sostegno della campagna delle tre associazioni.. Campagna che
prosegue; di qui l’appello a versare contributi sul conto corrente postale n.
12559340 intestato a: Legambiente Trieste - Circolo Verdeazzurro, via Donizetti
5/a, 34133 Trieste, oppure mediante bonifico allo stesso Circolo (codice IBAN:
IT64 I076 0102 2000 0001 2559 340), specificando la causale: "donazione pro
spese azioni legali contro rigassificatore Trieste-Zaule".
IL PICCOLO - LUNEDI', 16 novembre 2009
Gemme (Asi): nel 2010 il piano per il parco eolico -
«Cerchiamo un partner industriale». Da definire l’accordo con gli olandesi di
Blue H
TRIESTE Ansaldo sistemi industriali punta a dare avvio
entro il 2010 al progetto di parco eolico offshore nel golfo di Trieste. Il
percorso, iniziato ad aprile con la presentazione alla commissione
infrastrutture del Consiglio regionale, è però ancora tutto in divenire, come
conferma lo stesso amministratore delegato di Asi Claudio Gemme dall'America.
«Stiamo comunque lavorando al progetto con dei partner tecnologici per la parte
elettrica e meccanica del progetto - afferma Gemme - e per assicurarci le
banchine necessarie a varare le attrezzature che verrebbero realizzate a
Monfalcone».
Asi sta cercando quindi le giuste sinergie con altre aziende della regione e
dell'area monfalconese, anche per quel che riguarda lo sbocco a mare. «Stiamo
cercando una partnership locale a Monfalcone», conferma l'ad di Asi il cui
stabilimento è confinante con quello di Fincantieri, in grado di offrire proprio
le banchine utili al varo dei manufatti. Asi non è ancora giunta comunque a un
accordo definitivo con la società olandese Blue H che ha adattato la tecnologia
subacquea utilizzata nel settore dell'oil and gas per sviluppare delle
piattaforme stabili su cui piazzare delle turbine eoliche. La stessa che sarà
impiegata per realizzare la centrale con turbine flottanti da 92 Mw al largo di
Tricase, in Puglia.
Nonostante le incertezze ancora esistenti, Asi ha intenzione di tirare a breve
le fila del progetto per capire quali volumi di lavoro può attendersi già per il
prossimo anno anche nello stabilimento di Monfalcone, specializzato nella
produzione di grandi motori elettrici. Di ritorno dagli Stati Uniti e dal
confronto con l'azionista Patriarch Partners, l'ad di Asi conta di definire in
settimana il piano industriale e di budget per il 2010. La società si è
impegnata del resto a chiarire le prospettive per il prossimo anno con le
organizzazioni sindacali entro la fine del mese. Nel caso non sia acquisito il
volume di ordini atteso anche a Monfalcone non è escluso che il 2010 si apra con
il ricorso agli ammortizzatori sociali.
A Monfalcone, il più grande stabilimento del gruppo in Italia, 450 dipendenti,
sta comunque proseguendo la realizzazione dell'ampliamento delle strutture con
un investimento di quasi 15 milioni di euro, finalizzato alla produzione di
motori di ancora maggiori dimensioni. «Purtroppo siamo in un momento in cui non
ci sono volumi di lavoro così grandi da consentire di reinvestire utili in
questo progetto», ammette così Gemme, secondo il quale ci vorrebbe quindi un
sostegno più deciso da parte delle istituzioni. Il progetto prevede un
investimento di circa 5-6 milioni di euro per quanto concerne il sistema di
infrastrutture legate alla produzione e di 30-40 milioni relativi alla
realizzazione della piattaforma eolica vera e propria.
Il piano presentato ad aprile da Asi assieme alla Società Bulloneria Europea di
Monfalcone riguarda la creazione di piattaforme eoliche offshore per la
produzione di 30 megawatt di energia (il corrispettivo del consumo annuo di
circa 10 mila famiglie) che verrebbero immessi nella rete distributiva. Le
piattaforme, consistenti in una base su cui poggia la torre eolica, verrebbero
realizzate a terra nello stabilimento monfalconese per poi venire trasportato al
largo. La base viene sommersa sotto acqua lasciando emersa soltanto la torre.
L’impianto verrebbe installato ad almeno 15 miglia dalla costa con un impatto
visivo quindi non particolarmente significativo, secondo Asi. La presenza
dell’impianto di energia eolica comporterebbe, secondo i promotori del progetto,
la possibilità di occupare un centinaio di operai specializzati.
LAURA BLASICH
Doberdò e Pietrarossa, laghetti a rischio - Fondi
regionali bloccati: in ritardo il rilancio turistico
IL VICESINDACO GERGOLET LANCIA L’ALLARME
Il lago di Doberdò è un fiore all’occhiello del Comune, un’esclusività in
Europa, e il punto di riferimento per il decollo del turismo naturalistico della
Riserva regionale dei laghi di Doberdò e Pietrarossa. Un’area di 726 ettari,
gioiello della biodiversità sia animale sia vegetale e una bellezza particolare,
specie in questo periodo, per i colori autunnali in particolare quello
giallo-rossiccio del “sommàco”. Il tutto corredato da una ricca varietà di
volatili. Ma il rilancio turistico definitivo dell’area purtroppo ha subito una
brusca frenata, poiché la Regione continua a bloccare i fondi. E con la
Finanziaria di quest’anno, la voce relativa a parchi e riserve è stata
fortemente ridimensionata. Inoltre la Comunità europea ha posto un vincolo di
destinazione d’uso del lago come “Paludario“, ma senza concedere mai
finanziamenti.
«Per l’amministrazione comunale – spiega la vicesindaco Luisa Gergolet - il lago
di Doberdò rappresenta una delle massima priorità poiché oltre a tenere in vita
un’area naturalistica unica, potrebbe essere il volano per uno sviluppo
turistico della nostra zona. Vorremmo trovare, quindi, finanziamenti
innanzitutto per ripulire il lago e dare un aspetto ambientale corretto, dando
forza alle piante autoctone ed eliminando quelle che danneggiano».
SEGNALAZIONI - PIANO REGOLATORE - «Tutta Banne dice no
alla cementificazione»
Voglio spendere qualche parola in difesa di chi fa il
proprio lavoro e cerca di farlo nel migliore dei modi. Mi riferisco all’articolo
apparso sul Piccolo il 29 ottobre scorso, dove il sindaco di Trieste accusa
Marko Milkovic, presidente della Circoscrizione Altipiano Ovest, di dare
informazioni errate sul piano regolatore.
Le trovo accuse sbagliate e ingiuste. Non crede, signor sindaco, che se il
progetto fosse stato gestito con trasparenza e nel rispetto della popolazione
residente (non solo slovena ma anche italiana) ogni cosa sarebbe stata da subito
più semplice e onesta? Certamente tutti hanno la bocca per parlare e grazie a
Dio anche un cervello per pensare ma non sempre li usano a dovere: quando si
costruirono le quattrocento case a Opicina vi fu il silenzio, chi doveva
protestare non lo fece e ora chiunque può vedere le conseguenze. Ci tengo a
precisare che l’iniziativa di noi abitanti di opporci al piano regolatore e alla
conseguente cementificazione della Caserma Monte Cimone e di una parte del
prezioso e insostituibile territorio carsico è stata spontanea: vi aderisce
quasi tutta la popolazione del borgo di Banne. Negli ultimi cinquant’anni in
Italia è stata coperta dal cemento una superficie uguale a due volte la
Lombardia: un massacro che lasceremo in eredità (avvelenata eredità) alle
prossime generazioni. Perché continuare su questa sciagurata strada anche a
Trieste, rovinando il nostro splendido territorio invece di valorizzarlo come
merita? Negli ultimi tempi, tutti abbiamo capito una cosa: oggi o sei con le
politiche del signor sindaco o contro le sue politiche, non ci sono vie di
mezzo. Io sto con il territorio e dunque contro queste politiche avvelenate.
Annamaria Monassi
IL PICCOLO - DOMENICA, 15 novembre 2009
Rigassificatore, Muggia fa ricorso - Nesladek: si
realizzi al suo posto una vasta area retroportuale
MUGGIA Il Comune di Muggia ha presentato ricorso al Tar
del Fruli Venezia Giulia contro il progetto per il rigassificatore di Zaule,
affidandolo all'avvocato Francesco Longo di Pordenone. Un Consiglio comunale
straordinario è previsto per illustrare i motivi del provvedimento.
Confidando in un accoglimento del ricorso, il sindaco di Muggia coglie la palla
al balzo per lanciare una controproposta: creare al posto del rigassificatore
una vastissima area di retroporto grazie alla rete di infrastutture viarie e
ferroviarie esistenti, con la possibilità di realizzare una banchina nell'area
dell'ex tiro a volo.
Il ricorso, accanto a quelli già noti, punta su un aspetto finora mai emerso: la
legittimità della commissione tecnica Via. «La novità - sottolinea Nesladek - è
che l'autorizzazione si basa su due pareri rilasciati da una commissione che ha
visto avvicendarsi alcuni componenti, il cui decreto di nomina però è stato reso
nullo dal Tar del Lazio il 30 ottobre. Per effetto retroattivo, pertanto, la
commissione apparirebbe illegittimamente costituita e anche i pareri emessi
potrebbero essere illegittimi. Non siamo ancora in grado di valutarne la
valenza, ma, grazie alla nostra tenacia, emerge un elemento nuovo nella
battaglia contro l'impianto. Ribadisco - aggiunge Nesladek - che non lavoriamo
per bloccare lo sviluppo economico, ma perchè convinti che quella zona debba
avere una vocazione portuale. Riteniamo infatti che tutta l'area delle Noghere e
dell'ex Aquila rappresenti un formidabile retroporto, non solo per la grande
estensione ma anche per la presenza delle reti autostradale e ferroviaria e per
la vicinanza con Capodistria. Dalla ferrovia slovena ci separa solo qualche
chilometro, e perciò gli investimenti per collegarci al porto di Capodistria
sarebbero poco costosi e le opere scarsamente impattanti sul territorio. Ma la
presenza del rigassificatore non può coesistere con queste prospettive». (g.t.)
San Dorligo, inquinanti sotto i limiti di legge - Non
rilevati però i composti di zolfo. L’Arpa consiglia modifiche agli impianti per
lo stoccaggio del greggio
IL MONITORAGGIO DELLA SCORSA PRIMAVERA NELLE AREE
ATTORNO AL PARCO SERBATOI DELLA SIOT
Gli inquinanti nell’aria di San Dorligo sono entro i limiti di legge. Lo si
ricava dai risultati dal monitoraggio effettuato dall’Arpa dal 3 marzo al 30
aprile scorsi (59 campionamenti) su incarico dell’amministrazione comunale. Non
sono stati però misurati i composti di zolfo, all’origine dei cattivi odori
lamentati dalla popolazione. Per limitare queste emissioni l’Arpa propone la
modifica o l’integrazione degli impianti di stoccaggio del greggio.
ODORI E IDROCARBURI «In relazione alla natura delle esalazioni nell'area
abitativa circostante il parco serbatoi Siot – si legge nella relazione – i
rilievi di composti aerodispersi indicano la presenza episodica di idrocarburi,
prevalentemente in località Mattonaia, in condizioni meteoclimatiche
caratterizzate da venti di bassa intensità tali da favorire il ristagno degli
inquinanti al suolo».
I composti organici volatili di prevalente origine idrocarburica si sono dunque
registrati a Mattonaia, con situazione simile nelle centraline della Wärtsilä e
in via di Muggia. A Caresana e a Bagnoli il livello di concentrazione è
risultato nettamente inferiore.
«Alle esalazioni percepite – ricorda l'Arpa – possono contribuire pure i
composti dello zolfo, tra cui idrogeno solforato e solfuri organici», che però
in questo monitoraggio non sono stati registrati.
SOLUZIONI Per ridurre l'intensità delle esalazioni percepite a Mattonaia l'Arpa
ha segnalato alla Siot «soluzioni tecniche atte a modificare e/o integrare la
dotazione degli impianti interessati allo stoccaggio del greggio, con
particolare attenzione agli interventi da predisporre durante le operazioni di
carico/scarico serbatoi».
Non solo. L'Arpa ha infatti suggerito di «monitorare in tempo reale la
situazione ambientale con rilievo automatico degli inquinanti aerodispersi Crs
(composti ridotti dello zolfo) e Cov (composti organici volatili) responsabili
del fenomeno odoroso». A questo riguardo viene raccomandata «l'adozione di
efficaci sistemi di rilevamento, di tali inquinanti da collocare presso una
postazione sensibile di accertata criticità quale quella individuata a
Mattonaia».
ALTRI MONITORAGGI Nel periodo di rilevazione, nel comprensorio esaminato
comprendente cinque postazioni (Bagnoli, Wärtsilä, Mattonaia, strada per
Caresana e via di Muggia), secondo l'Arpa «le concentrazioni atmosferiche degli
inquinanti monitorati – pm10 (polveri sottili), benzoapirene e benzene – si sono
mantenute ampiamente entro i limiti di legge sulla qualità dell'aria».
Pm 10: i valori delle polveri sottili con diametro inferiore a 10 micrometri
hanno registrato una media totale di 25 µg/mc giornalieri, rimanendo dunque nei
limiti di legge che fissano la soglia a 50 µg/mc al giorno. Tuttavia i valori di
Mattonaia sono risultati superiori rispetto ai monitoraggi effettuati a Trieste
con le centraline di via Carpineto (24 µg/mc) e di piazza Libertà (16 µg/mc).
Ipa: tra gli idrocarburi policiclici aromatici, contaminanti che si formano per
combustione incompleta di sostanze come il petrolio, il BaP – benzo(a)pirene – è
quello dotato della più elevata tossicità. La concentrazione media di BaP
registrata in due mesi a Mattonaia si è attestata a 0,3 ng/mc, valore inferiore
rispetto alla norma che prevede come limite un valore di 1,0 ng/mc, fissato però
su base annua.
Benzene e toluene: idrocarburi quali benzene e toluene (solvente meno tossico
del benzene) sono risultati al di sotto della norma. Per il benzene Mattonaia e
Caresana hanno registrato una media di 2,2 ng/mc (dal 2010 il limite verrà
abbassato da 6,0 a 5,0 ng/mc). Il toluene ha mostrato una concentrazione da 1 a
3 volte maggiore rispetto al benzene. La concentrazione maggiore di toluene si è
registrata alla Wärtsilä (media di 4,4 ng/mc), seguita da Mattonaia (4,2 ng/mc).
A norma di legge però non c'è alcun limite per la cocentrazione del toluene in
ambiente esterno.
RICCARDO TOSQUES
Moretti: gara da un miliardo per l’alta velocità - IL
BANDO USCIRÀ LA PROSSIMA SETTIMANA
L’amministratore delegato Fs: «Spero vinca un’impresa
italiana». Napolitano: «Con i treni veloci più unità nazionale»
MILANO «La prossima settimana uscirà il bando di gara per la costruzione dei
nuovi treni per l'Alta Velocità», lo ha annunciato l'amministratore delegato di
FS Mauro Moretti. «Sarà una gara da oltre 1 miliardo di euro - prosegue Moretti
in una intervista a La7- È una gara che pone un progetto completamente
innovativo di treni che oggi non esistono sul mercato. Parteciperanno tutti. Io,
naturalmente, auspico che vinca un'impresa italiana».
«Noi, con questo progetto - aggiunge - abbiamo dato alle nostre imprese la
possibilità di essere i primi al mondo nella competizione globale, le imprese
italiane stanno vincendo gare in tutto il mondo per i sistemi dell'Alta
Velocità. Se riuscissero a vincere l'appalto parteciperebbero a questa nostra
avventura comune: affiancando il nostro sistema tecnologico di controllo, che è
diventato standard europeo, al migliore treno, la nostra industria potrà vincere
anche gli appalti mondiali».
«L'alta velocità rende il Paese più unito, avvicina il Nord ed il Sud»: ha detto
il presidente Giorgio Napolitano commentantando così il viaggio inaugurale
dell'ultimo tratto della Tav sulla linea Roma-Napoli. Soddisfazione evidente da
parte del Capo dello Stato, anche per quello che la sua città natale ha potuto
dimostrare. Questa grande opera, spiega, «non si è fatta attendere
all'infinito».
Grazie a queste opere -ha detto Napolitano- si «consolida materialmente e anche
sul piano delle relazioni umane l'unità nazionale e i rapporti tra il Nord e il
Sud». Non solo: «abbiamo davvero fatto un salto di qualità», e questa è «una
delle tante cose che l'opinione pubblica nazionale dovrebbe acquisire come un
dato di fatto». Una «realizzazione perfetta», «un segno che va nella direzione
opposta» rispetto a tanti lu