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RASSEGNA STAMPA  luglio - dicembre 2009

 

 

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IL PICCOLO - GIOVEDI', 31 dicembre 2009

 

 

«Da Gas Natural risposte, non pacche sulle spalle» - ITALIA DEI VALORI
 

«Leggiamo con sospetto le rassicurazioni di Narciso de Carreras Roques perché fonda tutte le sue rassicurazioni non dicendoci che tutto è perfetto nel progetto della sua azienda, ma spiegandoci che i tecnici del tavolo tecnico, che hanno studiato il progetto indicandone molteplici carenze, incongruenze e falsità, non sono tecnici competenti». Così in una nota Mario Marin, coordinatore provinciale dell’Italia dei valori, commenta le dichiarazioni rilasciate dal direttore dei progetti internazionali di Gas Natural in merito alle critiche giunte dal Tavolo promosso dalla Uil vigili del fuoco. «Non posso credere - scrive Marin - che una decina di professori autorevoli si espongano a denunciare pesantemente e pubblicamente un progetto che a dire di de Carreras Roques è perfettamente idoneo e corretto». Inoltre, «in risposta del fatto che la Procura non abbia proceduto negli esposti presentati, questo non ci assicura automaticamente che tutto va bene. Ci sono mille ragioni perché un esposto possa venir rigettato senza con ciò stabilire che i fatti denunciati non sussistano. Italia dei Valori - chiude Marin - non accetta rassicurazioni bonarie e pacche sulle spalle, ma pretende che vengano prodotte prove precise». Per Marin quelli espressi dal dirigente di Gas Natural sono «giudizi superficiali e offensivi su persone che sino a prova contraria meritano ogni rispetto e rappresentano una parte importante della scienza triestina e transfrontaliera». Inoltre, auspica Marin, «le istituzioni cittadine e regionali costituiscano un forte riferimento di imparzialità».
 

 

Godina sulle bonifiche: «Dobbiamo restare vicini alle aziende» - DOPO L’OK ALL’ACCORDO DI PROGRAMMA
 

«L’accordo di programma va bene come metodo di lavoro perché consente finalmente di dare certezze alle imprese. Ma l’azione degli enti locali non dovrà esaurirsi una volta firmato l’atto». Il vicepresidente e assessore allo Sviluppo economico della Provincia di Trieste, Walter Godina, interviene così sulla questione delle bonifiche nell’area del Sito inquinato di interesse nazionale e sul testo discusso a Roma e su cui i soggetti coinvolti si sono trovati a convergere. Un «testo riguardo al quale - afferma Godina - la Provincia ha effettuato un’azione mirata ad ottenere delle migliorie. Riuscendo nell’intento».
«Dovremo in ogni caso continuare a monitorare strettamente la situazione - prosegue Godina -, restando vicini ai comparti produttivi. Il primo passo, concretamente, dovrà farlo poi la Regione, mettendo a disposizione il denaro necessario alle caratterizzazioni». La riflessione dell’esponente della giunta provinciale abbraccia anche un preciso aspetto normativo: «Bisognerà capire come verrà interpretato dal Ministero dell’Ambiente l’articolo 2051 del Codice civile, quello relativo al dovere di custodia». Il tutto collegato evidentemente alla quantificazione del danno ambientale. «Il punto è che lo stesso Ministero non dovrà ritrovarsi con una caterva di ricorsi sul groppone da parte delle imprese - conclude il vicepresidente -, un’eventualità che ostacolerebbe tutti i passaggi successivi». «Inoltre - aggiunge Godina - va detto che l’accordo di programma risulterebbe inutile se dovesse determinare una situazione con una serie di aziende fallite e con persone senza lavoro».
Secondo il numero due dell’ente di palazzo Galatti, sarà «importante anche il ruolo del nuovo Comitato tecnico, che dovrà effettuare le valutazioni sui diversi soggetti e sugli eventuali danni arrecati alle zone dell’area. Confido che, a caratterizzazioni concluse, almeno una cinquantina di aziende possano essere direttamente escluse dall’elenco di quelle che dovranno pagare per aver inquinato».

(m.u.)
 

 

La Kemiplas riapre i battenti Torna l’incubo delle emissioni - Richiamati gli operai da gennaio. Il contenzioso con gli ambientalisti
 

CAPODISTRIA La fabbrica di prodotti chimici Kemiplas di Villa Decani - pochi chilometri da Capodistria – in gennaio riapre i battenti. La produzione era stata sospesa nel novembre del 2008 a causa della crisi economica ma ora la situazione sta migliorando e si può riprendere a lavorare. La Kemiplas non dispone della certificazione ambientale europea Ippc, requisito indispensabile per un impianto industriale di questo tipo, ma a giudizio della direzione della fabbrica questo non rappresenta un problema. È solo una questione di tempo, sostengono a Villa Decani: la società ha chiesto il certificato nel 2006 ed è semplicemente in attesa che questi le venga rilasciato dalle autorità slovene. Un analogo reparto produttivo della Kemiplas in Ungheria ha del resto già ottenuto la certificazione Ippc, secondo le stesse norme in vigore a in Slovenia. «La sospensione della produzione nel novembre dell'anno scorso non aveva nulla a che fare con questioni ambientali, era solo una decisione economica», ha ribadito il direttore dell'impianto di Villa Decani, Muharem Kadic.
Il principale prodotto della Kemiplas, l'anidride ftalica, è uno dei componenti delle vernici per automobili, e con la crisi dell'industria automobilistica la produzione ha dovuto essere ridotta. Per soddisfare le esigenze del mercato centroeuropeo, sul quale è presente la Kemiplas, per un certo periodo è stato sufficiente mantenere operativo l'impianto di Veszprem, in Ungheria, dove vengono prodotte 20.000 tonnellate di anidride ftalica all'anno. Ora invece è aumentata la richiesta, per cui sarà riattivata anche la produzione di Villa Decani, che dovrebbe aggirarsi sulle 18.000 tonnellate. La direzione della fabbrica ha già richiamato al lavoro una sessantina di dipendenti, che per un anno erano rimasti a casa, ma che, a detta di Kadic, ricevevano lo stipendio come se lavorassero 35 ore alla settimana. Tornando al certificato ambientale, l'industria chimica di Villa Decani è da anni al centro di polemiche per le emissioni di gas nocivi.
Gli abitanti della zona circostante, cosi' come le autorità comunali di Capodistria, sono da tempo impegnati nella battaglia per farla chiudere e trasferire la produzione altrove, ma finora senza successo. Contro la Kemiplas è stata intentata anche una causa da parte di oltre 200 persone che si consideravano minacciate da quella che gli ambientalisti chiamano la ”fabbrica dei veleni”, ma l'impresa ne è uscita indenne: non è mai stato provato che le emissioni fossero superiori ai limiti consentiti dalla legge. La direzione della fabbrica si è più volte detta disposta a spostare definitivamente altrove la produzione, ma non ha trovato ancora un accordo né con il comune né con lo Stato per coprire almeno in parte le spese dello smantellamento degli impianti. Con il comune di Capodistria è inoltre in corso una battaglia legale per il ritardo nell'approvazione del Piano regolatore dell'area di cui la Kemiplas è proprietaria, ritardo che a detta dei legali della società di Villa Decani avrebbe già provocato un danno di oltre 600.000 euro.
 

 

 

 

IL MANIFESTO - MERCOLEDI', 30 dicembre 2009

 

 

Muggia teme il gas - un impianto al confine sloveno

Un rigassificatore nella baia davanti a Trieste che dovrebbe garantire l'autosufficienza energetica all'Italia. Un affare da oltre 600 milioni di euro per gli spagnoli di Gas Natural. E un incubo per 200 mila cittadini che temono un'altra Bhopal.

 

«Cifre addomesticate sugli effetti ambientali»

GLI ECOLOGISTI - La campagna dei comitati: imprecisioni dal governo italiano a quello sloveno  Il progetto del rigassificatore di Trieste presentato dal colosso energetico spagnolo Gas-Natural è osteggiato dalle principali associazioni ambientaliste del Friuli: da Greenaction International ad Alpe Adria Green, dal Wwf a Legambiente Friuli e Italia Nostra, passando per gli attivisti del Comitato di salvaguardia del golfo di Trieste e dal Comitato Sos-Muggia. Da anni denunciano la fornitura di dati generici quando non falsati sull'impatto ambientale dell'impianto italo-spagnolo.

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 30 dicembre 2009

 

 

Banca Etica, la solidarietà batte la crisi - Il direttore Crosta: «La finanza sana non teme confronti». Raccolta +6%  - «Presto una nuova sede a Trieste»
 

FRA I POCHI ISTITUTI CHE HANNO REGISTRATO UN BALZO DEI FINANZIAMENTI: +25%
PADOVA La finanza etica funziona. A dimostrare che si può vincere la partita della finanza ”buona e responsabile” è proprio la banca popolare Etica, nata a Padova 10 anni fa. Nell’anno peggiore e più devastante per le banche vecchio stampo, l’istituto ha provato che si può dare credito anche in tempo di crisi. Senza accollarsi rischi inutili, senza peggiorare il proprio portafoglio e conseguendo risultati anche in termini di rendimento.
Nei primi 11 mesi del 2009 i finanziamenti accordati da Banca Etica sono cresciuti di quasi il 25% rispetto alla fine del 2008 (raggiungendo i 535 milioni di euro); la raccolta di risparmio è cresciuta di circa il 6%, mentre il patrimonio gestito affidato alla società di gestione del risparmio del Gruppo, Etica sgr, ha segnalato la performance boom del +35%. Nello stesso periodo il capitale sociale di Banca Etica è cresciuto del 14% (sfiorando i 26 milioni di euro conferiti da 33mila soci) e con esso la possibilità di erogare finanziamenti ai progetti di economia solidale e sostenibile.
A raccontare la ricetta del successo dell’istituto è il direttore generale Mario Crosta: «Banca Etica ha dimostrato con i numeri del 2009 che esiste una finanza ”sana” che non ha timori dei cicli negativi. I nostri risultati, soprattutto se guardiamo all’andamento degli impieghi esprimono con chiarezza una realtà: che non solo la finanza etica funziona, ma è anche in grado di resistere alle tempeste e di proporsi come modello per ripensare le regole di una finanza che fin qui è stata accecata dall’ossessiva ricerca della massimizzazione dei profitti di breve periodo. Abbiamo anche dimostrato di poter svolgere un’importante funzione anti-ciclica, aumentando i finanziamenti proprio mentre nel Paese si lamenta il credit crunch.
Questo trend vale anche per il Nordest?
A livello di impieghi abbiamo registrato anche in quest’area, che è un territorio d’elezione per noi visto che siamo nati a Padova, un aumento nell’ordine del 20%. Ma non è solo sul fronte del credito che abbiamo ottenuto risultati. La nostra sgr ha guadagnato ottime performance sia in termini di raccolta che di rendimento del patrimonio in gestione. Il mercato ha premiato la nostra trasparenza. Basti dire che abbiamo aperto 3mila nuovi conti quest’anno. E non abbiamo tradito il nostro orientamento in nessuna circostanza. Non abbiamo per esempio accettato fondi provenienti dallo scudo fiscale.
Come avete gestito i rischi derivanti dalla congiuntura negativa?
Selezionando attentamente gli ambiti in cui operare. Privilegiando i settori che tradizionalmente finanziamo come le iniziative di cooperazione sociale, l’associazionismo culturale e le imprese impegnate in progetti sostenibili, come per esempio la green economy.
Il vostro modello è stato dunque immune alla crisi?
Non è proprio così. Direi piuttosto che di fronte ad un sistema bancario che ha visto ridurre i finanziamenti destinati alle imprese noi siamo cresciuti. Ma con metodo. Il dato sulle nostre sofferenze è significativo, se l’Abi lo calcola all’1,92% per il sistema, Banca Etica le contiene allo 0,6% a ulteriore dimostrazione di come i settori che noi finanziamo siano in grado di coniugare affidabilità economica con iniziative imprenditoriali sostenibili.
Ma se non condividete le regole del contesto in cui operate certamente ne avrete subìto, come tutti, le conseguenze.
A livello di bilancio 2009 anche il nostro utile avrà una contrazione. Ma tutti gli altri parametri sono in aumento. Aumenta la nostra patrimonializzazione che ci permette di avere più risorse da destinare ai finanziamenti. Abbiamo già da mesi attivato la moratoria sulle rate dei mutui della prima casa e quella sui finanziamenti alle persone giuridiche.
E per il 2010?
Continueremo a crescere. Pensiamo di aprire nuove filiali, tra cui Perugia, Ancona e Trieste. E poi continueremo a crescere sul fronte degli impieghi. In particolare abbiamo i progetti microcredito per le famiglie e le persone in difficoltà in accordo con Abi e la Cei.
ROBERTA PAOLINI
 

 

Bonifiche, cambia la mappa delle responsabilità - Niente danno ambientale da pagare sui terreni non contaminati. Enti pubblici verso il sì all’accordo
 

SITO INQUINATO - Provincia: Roma ha accolto le richieste
Sembra che all’ultimo minuto la tremenda questione delle bonifiche sul Sito inquinato nazionale abbia trovato soluzione. Non accontenterà sul minuto le tante categorie che professionalmente insistono sulla zona e che fin qui hanno puntato i piedi di fronte alla minaccia di dover pagare per togliere anche lo sporco non da loro stesse prodotto, ma allo stato delle cose pare che più di così non si sarebbe potuto ottenere.
Lo annuncia con una certa soddisfazione l’assessore all’Ambiente della Provincia, Vittorio Zollia, all’indomani della delibera con cui palazzo Galatti dice «sì» all’accordo, un «sì» che la giunta comunale ha già pronunciato, che la Regione ha in calendario per l’ultimo giorno utile, il 30 dicembre. Una somma di faticosi assensi che dovrebbe mettere in salvo il finanziamento, piccolo ma pur importante, assicurato dal ministero dell’Ambiente che aspetta appunto per l’ultimo minuto gli atti di tutti gli enti, in attesa poi della firma di un nuovo e definitivo accordo di programma.
«Il ministero - riferisce Zollia che nei giorni scorsi ha partecipato all’ultimo e fondamentale incontro romano sull’argomento - ha accettato tutte e tre le sostanziali modifiche che erano state chieste. La prima è che la caratterizzazione che ancora manca sull’area sarà completata dall’Ezit, anche con le risorse messe a disposizione dalla Regione; la seconda, che dalle premesse è stata tolta la condizione che indicava come responsabili i ”soggetti obbligati”, obbligati dunque anche a contribuire alle spese, è stata sostituita con un richiamo alle ”norme vigenti”, le quali fanno riferimento a ”chi ha creato il danno” ovvero ”ha omesso la custodia del sito così creando un danno”».
Sembrano sottigliezze. Ma sono la risposta alle proteste di industrie e artigiani: «Perché dobbiamo pagare le bonifiche se a inquinare non siamo stati noi?». Il paragrafo nuovo si completa con il taglio dei nomi e cognomi delle ditte insediate, precedentemente chiamate in causa. «Era prima sufficiente - ricorda Zollia - che una falda inquinata scorresse sotto un capannone perché il proprietario fosse tenuto a pagare la bonifica, a prescindere dal fatto che l’avesse causata lui o meno».
Infine, un’altra «liberatoria». Dopo la caratterizzazione, cioé dopo l’analisi dei terreni per stabilire se sono sporchi e di quali sostanze, era stato stabilito che tornassero «agli usi legittimi» (cioé nella disponibilità degli aventi diritto) solo se non inquinati. Adesso invece ci si appoggerà alla nuova legge che consente, di fronte a inquinamento, anche l’analisi del rischio: ogni singola unità è causa di minor rischio se agisce in un contesto già degradato. Si capisce che sarà più facile avere conseguenze meno pesanti dalla situazione.
Ma non basta. È stato anche messo nero su bianco che le porzioni di terreno non inquinato non dovranno pagare il «danno ambientale». In ogni caso la mappa del sito e soprattutto delle responsabilità attive verrà rivista. Dovrà formarsi un nuovo Comitato tecnico in grado di stabilire chi ha prodotto danni, e capace di realizzare l’analisi del rischio relativo. Solo a questo punto la classifica dei pagamenti dovuti acquisterà una fisionomia: diversa, si presume, da quella prefigurata fino a oggi, che aveva tanto scontentato da portare a ben 13 versioni diverse dell’accordo di programma, fino a determinare l’uscita della Camera di commercio dalla lista degli enti partecipanti e delegati alla firma. Una firma che non è stata mai messa. E a irrigidire Assindustria, e a indignare gli artigiani con la crisi sul collo. Se tutte le delibere arriveranno a Roma entro la mezzanotte del 31 dicembre, a gennaio si metterà in calendario un nuovo summit, per la firma dell’accordo definitivo.

(g. z.)
 

 

SEGNALAZIONI - «Rigassificatore: il consiglio ha detto no, la giunta agisca di conseguenza»
 

Ho letto e collezionato con grande interesse tutti gli approfondimenti relativi al progetto per la installazione di un rigassificatore a Trieste. Società proponente, ministri, sottosegretari, sindaci, consiglieri, assessori, enti, associazioni, tecnici, privati cittadini e giornalisti.
È dal loro lavoro che ho potuto trarre la seguente sintesi:
Questioni di carattere ambientale. Il rigassificatore proposto comporterà lo scarico a mare di una importante quantità di acque «reflue» derivanti dal processo industriale di rigassificazione. Questo scarico, sia per contenuto chimico sia per temperatura determinerà l’alterazione dell’ecosistema del golfo con effetti non noti ed oggi non prevedibili con sicurezza in via teorica. Da qui le richieste degli approfondimenti al progetto e dei monitoraggi in fase di funzionamento dell’impianto.
La realizzazione della condotta sottomarina per portare il gas alla rete nazionale comporterà la movimentazione di fanghi inquinati nel golfo, stesso risultato sarà determinato dal movimento delle navi gasiere.
Il rigassificatore impone inoltre la necessità di valutare la non trascurabile questione del rischio di gravi incidenti, rischio amplificato dalla presenza di altri impianti industriali tra i quali la Ferriera di Servola.
Questioni di carattere economico. Da quanto appreso, pare che la movimentazione delle navi gasiere escluda la possibilità di qualsiasi movimento contemporaneo di naviglio, tanto di natura commerciale quanto di natura diportistica. Ciò per ragioni di sicurezza. Per farla breve, nel golfo non potrebbero muoversi altre navi e non potrebbe svolgersi una regata, per esempio la Barcolana.
L’insediamento del rigassificatore a Trieste significherebbe rinunciare al porto commerciale ed al turismo nautico. Coerentemente si comprende allora il mancato finanziamento della piattaforma logistica da parte dell’attuale Governo. Il porto commerciale, ritenuto non più strategico, sarebbe lasciato morire per essere sostituito da un porto esclusivamente energetico (noi come Baku? come Atirau?).
I vantaggi dell’impianto sarebbero i posti di lavoro (circa 80) e l’investimento di circa 500 milioni di euro per la sua realizzazione. La costruzione dell’impianto tuttavia non verrebbe affidata ad imprese locali se non relativamente ad una parte limitata.
Valutazione di impatto ambientale. Il Consiglio Comunale di Trieste, la più alta espressione democratica della nostra comunità, dopo aver valutato la documentazione tecnica relativa all’impianto, l’impatto sull’ambiente, i rischi e le ricadute sulla economia locale, nella seduta del 18 gennaio 2007 ha espresso il proprio voto contrario alla realizzazione del rigassificatore. Voto contrario proprio in ragione del «prezzo» che dovrebbe pagare la città, impatto sull’ambiente che non è stato ritenuto compensato dalle previste ricadute economiche.
Alla luce di tutto ciò, è utile interrogarsi ulteriormente riguardo l’opportunità di realizzare il rigassificatore a Trieste? E ancora: perché il Consiglio comunale e la Giunta non agiscono coerentemente al voto espresso?
Francesco Cervesi
 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 29 dicembre 2009

 

 

RIGASSIFICATORE - «L’impianto è troppo vicino alla città» - Per l’architetto De Simone, Gas Natural deve investire di più nella sicurezza
 

PARLA L’ESPERTO - «La localizzazione del sito è sbagliata. E i tubi andrebbero posizionati 15-20 metri sotto i fondali logicamente con una spesa superiore»
Il criterio seguito da Gas Natural nell’elaborazione del progetto del rigassificatore di Zaule? «Il risparmio, e non certo l’utilizzo delle tecnologie più avanzate in grado prevenire incidenti e rischi per la sicurezza». L’accusa, pesante e diretta, non arriva questa volta da ambientalisti o docenti universitari, bensì da un addetto ai lavori, l’architetto leccese Fernando De Simone. Uno che di impianti gnl se ne intende, visto che da oltre 20 anni lavora come consulente della Norconsult, il colosso norvegese a cui si deve la realizzazione di decine di rigassificatori in tutto il mondo.
Cosa non la convince del progetto spagnolo?
Prima di tutto la localizzazione del sito. Pensare di costruire un rigassificatore così vicino alla città, significa non avere a cuore l’incolumità dei triestini. Nessun impianto, nemmeno il più controllato, è esente da rischi. La storia recente dei terminal e dei gasdotti, purtroppo, lo dimostra. Negli ultimi anni si è verificata una lunga serie di incidenti ed esplosioni. La più devastante, avvenuta in Corea del Sud, ha provocato un centinaio di vittime.
Teme catastrofi simili anche a Trieste?
Non si può escludere. Se si incendia una nave gasiera, con l’effetto domino, rischia di andare in fumo tutta la città. Un pericolo che non si correrebbe se il terminal venisse realizzato off-shore, come minimo ad una ventina di miglia di distanza dalla costa. In quel caso, almeno, un’eventuale esplosione non comporterebbe pericoli per la popolazione
Oltre al sito, lei critica anche le modalità previste per la realizzazione del gasdotto.
Ritengo sbagliatissima la scelta di appoggiare le condotte sul fondo del mare. I tubi vanno posizionati ad almeno 15-20 metri sotto i fondali. Profondità minima da rispettare anche nella parte a terra. Solo così si possono evitare sabotaggi o tragedie come quella avvenuta l’anno scorso in Belgio.
Quale?
L’esplosione al gasdotto di Ghislenghien. Lì, durante alcuni lavori di scavo, una pala meccanica ha urtato un tubo inserito solo ad un metro e mezzo sotto il suolo. Il risultato è stato un’esplosione che ha ucciso 15 persone e ne ha ferite altre 120.
Ma perché Gas Natural non avrebbe adottato queste accortezze?
Per risparmiare. Fare buchi ad un metro e mezzo di profondità costa ovviamente molto meno che scavarli a 20 metri. Nel primo caso basta assoldare un paio di manovali, nel secondo servono tecnologie più avanzate. Per esempio le ”talpe”, tecnicamente chiamate Tbm (Tunnel Boring Machine ndr): piccole perforatrici automatiche che eseguono i fori e li richiudono. E al risparmio è improntata anche la formula prevista dal progetto per lo stoccaggio del gas.
Cioè?
Se avesse davvero voluto evitare ogni rischio Gas Natural avrebbe potuto seguire l’esempio della Norvegia, dove in molti impianti l’intero processo di stoccaggio del gas avviene in caverne. Le navi gasiere arrivano comunque sotto costa, ma le condotte vengono prolungate fin sotto le montagne, o nel caso di Oslo addirittura collinette artificiali, e sfociano in grandi cavità sotterranee. Ambienti in cui non c’è ossigeno e non esiste quindi alcuna possibilità di esplosione.
Un’ipotesi praticabile anche a Trieste?
Certamente. La città ha alle spalle il Carso. Basterebbe rinforzare la roccia, di per sè franosa, con il cemento. Tecnicamente, quindi, è una soluzione più che fattibile. Il punto, ancora una volta, sono i costi. Un sistema di questo tipo richiede una spesa iniziale superiore del 20% rispetto allo stoccaggio tradizionale. Già dopo 3 anni, però, l’investimento viene ammortizzati grazie ai minori costi legati alla manutenzione, perché le caverne non subiscono l’attacco degli agenti atmosferici.
Ma se il progetto fosse così rischioso come lei dice, Gas Natural non avrebbe ottenuto il decreto di Via da Roma.
Non entro nelle dinamiche politiche del ministero. Dico solo che se Gas Natural ritiene di aver davvero agito secondo i criteri corretti, non avrà nulla in contrario a sottoporsi all’esame di esperti super partes. Penso ai tedeschi della Tuf, specializzati nel collaudo di nuovi impianti, o agli americani del Sandia National Laboratory, noti in tutto il mondo per i loro studi su rischi e attentati. Ecco, il giudizio finale sul progetto triestino potrebbe essere affidato a loro.
MADDALENA REBECCA

 

 

A Trieste progettò il ”tubone” sottomarino - È autore dello studio per il collegamento tra parti vecchia e nuova del Porto

 

Classe 1944, nato a Lecce ma residente ormai da quarant’anni a Padova, dopo la laurea in Architettura a Venezia Fernando De Simone si è trasferito in Norvegia per specializzarsi in costruzioni sotterranee e trasporti. A quel periodo risalgono i primi contatti con la Norconsult, colosso mondiale di cui, da oltre vent’anni, è uno dei consulenti per l’Italia.
Proprio in Italia De Simone ha firmato come co-progettista il primo impianto per la potabilizzazione dell’acqua costruito in galleria nel centro di Como, i tunnel dell’autostrada direttissima Brescia-Milano, e il primo collegamento su monorotaia di Bologna: cinque km di tracciato per collegare la stazione e l’aeroporto.
Negli anni scorsi De Simone ha lavorato anche a Trieste. Su incarico di Autovie Venete, infatti, ha elaborato il progetto del collegamento sottomarino tra Porto vecchio e Porto nuovo, prevedendone anche l’estensione fino a Muggia e, eventualmente, al porto di Capodistria. Di recente ha legato poi il suo nome alla battaglia ingaggiata da alcuni comuni veneti contro il rigassificatore di Porto Levante inaugurato lo scorso novembre da Adriatic Lng. De Simone, in qualità di consulente nominato dalla Provincia di Rovigo, ha redatto le osservazioni tecniche presentate alla Capitaneria di porto. La guerra al terminal, sfociata anche in una causa, non ha dato l’esito sperato. «Però un risultato l’abbiamo ottenuto - spiega l’architetto -. Siamo riusciti a far aumentare di due miglia la distanza dell’impianto dalla costa».

(m.r.)

 

 

Tra i record firmati Norconsult il tunnel più profondo del mondo - La società norvegese di ingegneria ha anche realizzato a Lillehammer la massima caverna artificiale esistente

 

Dal petrolio al gas, dai trasporti alla gestione dei rifiuti, fino all’industria e alla pianificazione urbana. È vasto e articolato il business della Norconsult, società norvegese di ingegneria e consulenza multidisciplinare attiva in ogni angolo del pianeta. Un colosso che, oltre che in Europa, conta sedi in Botswana, Mozambico, Filippine, Thailandia e dispone di un piccolo esercito di 1300 consulenti, tra ingegneri e architetti.
Numeri che hanno permesso alla Norconsult di ottenere nel tempo ben tre record: la realizzazione del tunnel autostradale più profondo del mondo, l’Hitra tunnel, scavato 264 metri sotto il livello del mare, che collega la terraferma con un’isola norvegese; il tunnel autostradale più lungo del pianeta (il Lerdal tunnel che corre per 24,5 chilometri); e la caverna artificiale più grande mai realizzata.
Quest’ultima, costruita a Lillehammer, è lunga 91 metri, larga 61 e alta 25. Al suo interno trovano spazio piste da hockey su ghiaccio, piscine, altri impianti sportivi e spalti in grado di accogliere fino a 5400 spettatori. Un’opera avveniristica ma anche ecocompatibile: essendo ricavato nella roccia che agisce da isolante, risparmia il 40% dell’energia che richiederebbe un identico complesso in superficie per il condizionamento d’estate e il riscaldamento d’inverno.
Da anni Norconsult ha sviluppato competenze all’avanguardia anche nel settore del gas. Decine infatti i rigassificatori realizzati sia nel mare del Nord sia in altre parti del pianeta sfruttando per lo più la formula off-shore, con condotte scavate 20 metri sotto il mare, e sull’opzione caverne. A questa seconda tipologia appartiene anche il rigassificatore costruito a Oslo, in funzione ormai da 40 anni. Tra i terminal progettati dalla società norvegese rientra anche l’impianto sulla costa nord occidentale di Taiwan, dotato di una diga di 6 chilometri, banchine capaci di accogliere navi da 168.000 metri cubi di gnl. Prevista in quel sito anche la bonifica di una zona che ospiterà otto serbatoi di stoccaggio.

(m.r.)

 

 

«Piano regolatore, la Lega ha fatto bene a dire no» - Ferrara: ci auguriamo per l’anno prossimo più sinergia con il Pdl
 

Dopo le pesanti osservazioni avanzate dalla Regione nei confronti del Piano regolatore del Comune e le dichiarazioni rilasciate dall’assessore Federica Seganti (Lega) che ha parlato di «profilo di cricità non indifferente», il capogruppo del Carroccio in Comune Maurizio Ferrara va all’attacco del documento urbanistico. «Le prescrizioni della Regione - scrive Ferrara - confermano le ragioni che hanno indotto la Lega a non votare in aula» il Prg. «È stato questo - prosegue il capogruppo leghista - il terzo atto politicamente importante che non abbiamo condiviso con la maggioranza. All’astensione sul bilancio è seguita la non partecipazione al voto sulla delibera di Città d’arte», con cui il Comune aveva cercato di aggirare la normativa regionale sulle chisure festive dei negozi.
Per la Lega «il bilancio 2009 si chiude con un risultato solo parzialmente positivo. Ciò grazie all’accoglimento di alcune nostre richieste in tema di sicurezza - prosegue Ferrara - di precedenza ai triestini nell’accesso alle scuole comunali, e, soprattutto, di definitiva archiviazione del campo nomadi. Non c’è accordo invece sulla gestione della Ferriera e sulla precedenza agli italiani sulle tematiche sociali. Ci auguriamo perciò una miglior sinergia nel 2010 per consentire una condivisione di programmi in prospettiva delle elezioni del 2011. In caso contrario - conclude Ferrara guardando alle amministrative del 2011 - sia i nostri elettori che quelli del Pdl non capirebbero un accordo elettorale privo di basi comuni».
 

 

Scala dei Giganti, lifting da 300mila euro La giunta approva il progetto definitivo - VERSO LA RIQUALIFICAZIONE DELL’AREA
 

Il 2010 sarà l’anno della sua rinascita. Oggi, infatti, l’immagine che mostra di sé non le rende giustizia: cedimenti di gradini, atti vandalici, infiltrazioni d’acqua e la crescita di arbusti spontanei lungo le pareti e le vasche inutilizzate l’hanno messa in ginocchio. Ma la Scala dei Giganti, uno dei simboli della città, ora vede la luce: la sua riqualificazione è alle porte. I lavori partiranno entro la prima metà del nuovo anno e ci vorranno altri 180 giorni per concluderli.
La giunta guidata dal sindaco Dipiazza ha approvato ieri il progetto definitivo di manutenzione generale della scala che da San Giusto porta in via Pellico, a pochi passi da piazza Goldoni, nel cuore della città. L’esecuzione dell’opera è collegata a una spesa complessiva di 300mila euro. Del programma di restyling, come già preannunciato a fine ottobre, non farà parte l’intervento di risistemazione dell’alabarda: «Non era il caso di spendere quei soldi, centomila euro, per una cosa del genere. Utilizzeremo quella quota per azioni più importanti», ha ribadito una volta di più Roberto Dipiazza, dall’alto della sua delega ai Lavori pubblici.
Dunque, le opere previste dal progetto definitivo si articoleranno in primis nell’asportazione manuale degli arbusti cresciuti sulla pietra. E proseguiranno con il trattamento con sabbia a grana fine sui manufatti per arrivare a ottenere il loro colore naturale, l’applicazione di una mano di lacca anti-scritta per evitare nuovi imbrattamenti ai marmi della scala e l’impermeabilizzazione delle vasche della fontana attraverso l’uso di resine invisibili. Inoltre, gli addetti incaricati della ditta che si aggiudicherà l’appalto per la realizzazione dei lavori ripristineranno anche il percorso di scorrimento originario delle acque. Un intervento generale molto complesso, insomma, innescato da situazioni potenzialmente anche pericolose in virtù delle condizioni di degrado in cui versano gradini e parapetti.
In questo quadro, l’AcegasAps provvederà alla manutenzione e sostituzione della parte elettrica di sua competenza.

(m.u.)
 

 

Rinascono via Diaz e via Torino Passeggiata in pietra arenaria - RIPAVIMENTAZIONE DA 950MILA EURO
 

Un ritorno al passato. Con l’obiettivo di rendere ancora più suggestiva la passeggiata tra piazza Venezia e piazza Hortis. Il 2010 sarà l’anno della sistemazione della nuova pavimentazione di pregio in via Torino e nel primo tratto di via Diaz, quello chiuso al traffico: lastre di pietra arenaria con caratteristiche simili a quelle antiche verranno collocate a terra richiamando l’antico selciato originariamente presente in quell’area. Il progetto di riqualificazione del percorso contemplerà anche l’area centrale compresa tra il Museo Revoltella e l’intersezione fra via Diaz e via Torino: lì, per ripavimentare si useranno lastre di arenaria di recupero.
Ma non è finita: con la soluzione di pregio, sarà rimpiazzata l’attuale pavimentazione dei marciapiedi di via Cadorna, per allinearla all’estetica di quelli delle Rive, di piazza Venezia e di via Lazzaretto vecchio, di cui peraltro rappresenta la naturale ed effettiva prosecuzione. A chiudere il cerchio, sarà infine la pietra arenaria fiammata che, con i classici lastroni piazzati perpendicolarmente rispetto alle pareti degli edifici, andrà a occupare il marciapiede destro a salire lungo via San Giorgio. Il progetto definitivo di riqualificazione del “percorso” piazza Venezia-piazza Hortis è stato approvato ieri nel corso della seduta della giunta comunale. Un documento che definisce la relativa spesa complessiva in 946.549,56 euro. Poco meno di 950mila euro, insomma.
Posto che il tutto rientra nel Piano triennale delle Opere 2009-2011, è probabile che i primi interventi possano prendere il via entro la metà del nuovo anno. Anche se il sindaco Roberto Dipiazza, titolare della delega ai Lavori pubblici, chiarisce un aspetto fondamentale: «Mi sentirò con i commercianti della zona, in modo da concordare con loro l’inizio dei lavori. Per via Torino - conclude Dipiazza -, ad esempio, potremmo decidere di impiegare l’inverno, stagione in cui c’è meno passaggio di persone».
L’iniziale ipotesi di avviare i lavori in primavera in via Torino non era piaciuta agli operatori commerciali della zona, i quali un paio di settimane fa avevano criticato senza giri di parole la scelta dell’amministrazione, preoccupati per il possibile effetto negativo sui loro affari innescato dalla presenza dei cantieri nei periodi primaverile ed estivo. Ora, invece, il primo cittadino ha corretto il tiro e le parti dovranno quindi incontrarsi per trovare la soluzione più indolore per tutti. Fermo restando che, da progetto, i lavori dureranno circa otto mesi, ovvero 240 giorni.
Va ricordato che questo intervento rientra nel programma di riqualificazione generale di piazza Venezia e concorre alla realizzazione dell’ideale percorso pedonale di collegamento tra le Rive e viale XX Settembre, tanto caro all’amministrazione comunale.

(m.u.)
 

 

SEGNALAZIONI - Piazza Libertà - RIPENSAMENTO
 

Riteniamo di dover dare al sindaco Dipiazza il sostegno e il plauso del Comitato per la Salvaguardia degli Alberi di Piazza Libertà e dei 10.000 cittadini firmatari della petizione contro la riqualificazione della piazza, per aver deciso di rinunciare al progetto in questione.
A quanto leggiamo sulla stampa, si tratta di un ripensamento meditato e non arbitrario, come qualcuno ha ventilato, in quanto derivato dalla considerazione delle critiche mosse al progetto sia dalla Direzione e dalla Soprintendenza regionale ai Beni culturali sia dall'Ufficio del traffico. Se la prima ha posto l'accento sull'importanza di mantenere la sistemazione e il perimetro del giardino storico, il secondo ha in pratica invalidato il presupposto stesso dell'operazione, che intendeva rendere il traffico più scorrevole in vista dell'apertura del Silos (da notare che i lavori per il futuro centro commerciale sono stati rimandati) e ha imposto una corsia di emergenza di fronte alla stazione, senza la quale si sarebbero creati dei grossi intoppi.
Durante il recente incontro, a cui ci ha gentilmente invitati per comunicarci la sua nuova posizione, il sindaco ci ha spiegato che intende creare una maggior condivisione con la città, cercando di realizzare un progetto partecipato di migliorie alla piazza che tenga anche conto delle osservazioni e delle proposte presentate dal Comitato e dalle associazioni a seguito dell'iter che ha portato l'approvazione progetto di riqualificazione. Osservazioni e proposte nate per risolvere il problema senza dover sacrificare gli alberi secolari e il giardino storico.
Il fatto di avere già il finanziamento non vuol dire dunque di doverlo spendere per il progetto contestato, anche perché era destinato alla riqualificazione di un'area degradata, attributo che non si può certo conferire a Piazza Libertà. Sbaglia dunque chi critica questa decisione, veramente sensata, collegandola alla logica del "no se pol". Ma, come il sindaco ci ha detto, è meglio pensarci due volte prima di metter mano alla piazza d' ingresso alla città.
Sara Ferluga - per il Comitato per la salvaguardia degli alberi di piazza Libertà - c/o Wwf Trieste
 

 

TIA, SCARSA TRASPARENZA - Omero (Pd): nuova tassa rifiuti, lo studio affidato ad AcegasAps
 

«È ben poco trasparente, per non dire illegittimo, che il Comune affidi ad AcegasAps lo studio per la trasformazione della Tarsu in Tia e paghi Acegas-Aps per farlo, sempre coi soldi della Tarsu». Lo scrive il capogruppo del Pd in Comune Fabio Omero sull’affidamento dello studio preliminare per la trasformazione della Tarsu nella ”tariffa d’igiene ambientale”. «Nella sua ultima relazione per l’inaugurazione dell’anno giudiziario 2008 della Corte dei conti - dice Omero - il procuratore De Luca scrisse sulla Tia di Gorizia che ”alla comunità cittadina, oltre che i costi vivi riguardanti raccolta e smaltimento di detti rifiuti vengono imputati anche i costi generali, ben il 12%, della società affidataria del servizio di raccolta, l’ammortamento degli investimenti effettuati dalla stessa» per il servizio, «nonché un utile del 4% per la società». Dunque «le comunità comunali non corrispondono il “costo” reale di raccolta e smaltimento dei rifiuti, come voluto dalla norma, ma un “prezzo” concordato con la società». «Anche a Trieste con la Tarsu - osserva Omero - il Comune ha sempre coperto il 100% delle spese della gestione di raccolta e smaltimento rifiuti e non il solo “costo” reale, e lo ha fatto concordando il “prezzo” con AcegasAps». Il sindaco, continua Omero, «giustificò l'aumento della Tarsu con il pagamento della terza linea dell'inceneritore. Con la Tarsu i triestini hanno pagato anche gli investimenti della società».
 

 

«Differenziata e sicurezza le priorità» - «Sulla raccolta rifiuti sì alle isole ecologiche». «Videosorveglianza in tre punti» - L’INTERVISTA. IL SINDACO DI SGONICO MIRKO SARDOC
 

«L’opposizione chiede la commissione Trasparenza? Penso che nei comuni minori sia una cosa da far ridere i polli»
SGONICO La raccolta differenziata, per il sindaco Mirko Sardoc, è una sfida da raccogliere nel 2010. Si apre infatti all’insegna di due progettualità complesse, l’anno nuovo a Sgonico. Da un lato il potenziamento della sicurezza, con l’installazione di un sistema di videosorveglianza che interesserà in primis il municipio, e dall’altro il potenziamento del sistema di smaltimento dei rifiuti, attraverso il graduale posizionamento di isole ecologiche in tutte le frazioni.
Sindaco, se n’è discusso parecchio nei giorni scorsi: città metropolitana sì o no?
Bisognerebbe innanzitutto capire cosa s’intende per “città metropolitana” e, soprattutto, come si pensa di ipotizzare questo nuovo insieme di Comuni. Se si tratta di un cambiamento suscettibile di arrecare benefici al territorio allora ben venga, ma se al contrario finisce per creare dei disservizi, non ci sto. Ancora non ho visto la proposta: mi riservo di valutarla attentamente.
Ma lei che disservizi vede?
Nei comuni minori vi sono contatti quotidiani con le persone. Contatti che la città di Trieste, attraverso le sue circoscrizioni, attualmente non ha. A mio avviso, amministrare da lontano un Comune può portare a perdere quell’equilibrio di cui il territorio stesso necessita. Abbiamo visto cosa accade quando si decide, per il Carso, in Regione o in Europa: un patatrac. Si creano aree protette dove i benefici per chi opera e vive in loco sono pochi, mentre i problemi tanti.
Restiamo in tema ambientale, a che punto siamo con la raccolta differenziata?
Stiamo procedendo con i piedi di piombo. L’abbiamo avviata e siamo favorevoli ad essa, poiché vanno raggiunti gli obiettivi previsti dalla legge. Tuttavia dobbiamo evitare di fornire un servizio che poi, in un secondo momento, possa tramutarsi in disservizio, con costi inaccettabili per l’utenza.
Cioè?
Siamo orientati alla costituzione di isole ecologiche, ma sappiamo anche che allontanando dalle case i 254 cassonetti sparsi sul territorio si possono verificare dei problemi e che la differenziata in generale costa di più. Si dovrebbe, per questo, rendere efficiente in primis l’attività di chi si occupa della raccolta. Comunque, per quanto concerne il Comune, l’isola ecologica principale, ovvero quella di Sgonico, adiacente alla palestra, è già stata attrezzata: nel 2010 investiremo altre risorse per garantire una gestione ottimale. Poi andremo a costituire, secondo un approccio graduale, altre isole nelle singole frazioni.
Parliamo di investimenti…
Al contributo provinciale di 80mila euro aggiungeremo risorse per arrivare ai 100mila euro da porre in bilancio solo per la struttura principale. Poi ce ne saranno altri 100mila per la successiva creazione delle isole.
Quali previsioni per il bilancio?
Il nostro è un Comune finanziariamente sano, dunque anche quest’anno il bilancio si assesterà positivamente, con un avanzo di gestione.
Se vi sono soldi, come mai si è negato a quattro famiglie non residenti il contributo per la retta d’asilo?
Innanzitutto a Sgonico la pressione fiscale è una delle più basse della provincia: siamo superati solo da Monrupino. Inoltre non si paga l’addizionale comunale e l’ammontare della Tarsu è pari alla metà di quanto versa un cittadino di Trieste.
Ma si sa che a Trieste la Tarsu è particolarmente salata.
Certo, e dunque a Sgonico le cose tutto sommato non vanno male. Per il sociale abbiamo stanziato e stiamo stanziando cifre importanti, senza tralasciare situazioni critiche. Credo, quindi, sia umano pensare innanzitutto ai propri cittadini e poi agli altri: in quelle situazioni non ci sembrava giusto togliere ai residenti per dare ad altri.
L’opposizione lamenta sparute convocazioni del Consiglio comunale e invoca una commissione Trasparenza, negata per motivi di spesa.
Non solo per motivi di spesa: ritengo che l’invocata Trasparenza, nei comuni minori, faccia un po’ ridere i polli, visto che qualsivoglia consigliere può visionare tutti gli atti. È la legge che allontana la giunta dal Consiglio: l’esecutivo si riunisce diverse volte alla settimana per deliberare, perché a volte bisogna dare risposte immediate su esigenze puntuali. Il Consiglio comunale ha invece compiti diversi, come appunto gestire gli indirizzi e controllare l’operato della giunta. Francamente non credo che riunirlo quotidianamente migliorerebbe l’efficienza del nostro Comune.
Cosa si fa per la sicurezza?
L’ufficio tecnico sta percorrendo l’iter per acquisire le telecamere che posizioneremo in tre punti strategici. Uno di questi sarà il municipio: un sito importante alla luce del furto accaduto a Duino.
E gli altri due punti?
Al centro culturale e sportivo di Sgonico e alla caserma dismessa di Borgo Grotta Gigante.
Obiettivi per l’anno nuovo?
Non costruiremo strutture nuove, ma finiremo di attrezzare col fotovoltaico il centro culturale: quanto risparmiato sull’energia verrà usato per rendere più funzionale la palestra. Ci sarà attenzione alla valorizzazione del territorio, col coinvolgimento degli enti vicini in un’ottica turistica. Investiremo quindi nella crescita culturale, col centro nell’ex cava dismessa, mentre di fronte alla cava di Rupinpiccolo allestiremo un parcheggio per rendere fruibile la struttura. Infine porremo una serie di risorse per mantenere gli edifici comunali, tra cui le due scuole e l’asilo, i diversi circoli, la biblioteca, la sentieristica e la viabilità.
TIZIANA CARPINELLI

 

 

Il risparmio idrico si impara via Internet - GIOCO INTERATTIVO PER GLI STUDENTI
 

Un gioco di ruolo interattivo destinato agli studenti della provincia, per capire meglio l'importanza del risparmio idrico e della raccolta differenziata. È questo il progetto predisposto dall'assessorato per l'Educazione ambientale di palazzo Galatti, guidato da Dennis Visioli. «Con questo programma, vogliamo affrontare i temi di sensibilizzazione verso un consumo più consapevole di quel bene prezioso che è l'acqua - ha detto Visioli - proseguendo il percorso di educazione al risparmio e al rispetto della preziosa risorsa idrica, iniziato con l'invio dei pieghevoli informativi alla cittadinanza. Abbiamo adesso deciso di dedicarci specificamente agli studenti delle scuole di ogni ordine e grado del territorio provinciale».
Il progetto prevede lo sviluppo di un sito internet, che si rivolge agli alunni di tutti i cicli scolastici e ai loro insegnanti. «Si vuole sviluppare l'importante questione dello spreco della risorsa idrica - ha proseguito Visioli - e per farlo si è pensato a internet, uno strumento attuale, economico e di facile divulgazione, oltre che capace di raggiungere un gran numero di studenti».
Il programma prevede due importanti fasi. La prima è legata a una lettera informativa che sarà inviata a tutti gli insegnanti, con cadenza mensile, con i contenuti sui quali poter lavorare in classe. L'altra riguarda un gioco di ruolo interattivo. Notizie dal mondo, spunti didattici giochi ed esperimenti saranno gli strumenti che permetteranno di far apprendere ai ragazzi concetti fondamentali per avere piena coscienza di un grave problema mondiale.
Il gioco permetterà di mettere alla prova le reali conoscenze dei ragazzi in materia di risparmio idrico ed energetico, raccolta differenziata, acquisti consapevoli e sostenibilità ambientale. Ogni classe si potrà suddividere in più gruppi che, rispondendo correttamente, concorreranno ad aumentare il punteggio della classe. Periodicamente, sul sito saranno pubblicate le classifiche con le migliori classi.

(u. s.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 28 dicembre 2009

 

 

Decarli: sul Piano regolatore dalla Lega un segnale al sindaco - DOPO LE DICHIARAZIONI DI SEGANTI
 

«I Piani regolatori rappresentano l'essenza politica e la visione futura a medio e lungo termine degli amministratori di una città. Non sono dunque né poche né leggere le osservazioni che la Regione ha trasmesso al Comune»: e visto che il centrodestra è al governo tanto nell’uno quanto nell’altro ente, «appare evidente che qualcuno ha calcato pesantemente la mano». Questo il commento del consigliere comunale dei Cittadini Roberto Decarli alla lunga serie di osservazioni licenziate dalla giunta Tondo al documento pianificatorio del Municipio: «C’è un profilo di criticità non indifferente», aveva osservatol’assessore regionale Federica Seganti.
«Le condivisibili osservazioni della Regione sono attinenti» all'impostazione data dal sindaco Dipiazza al documento, annota Decarli: «Non può sfuggire però - continua l’esponente dell’opposizione - che Seganti appartiene alla Lega Nord, partito che più volte in Comune con il consigliere comunale Maurizio Ferrara ha chiesto un adeguato e "concreto" riconoscimento politico. Seguendo la logica politica della Lega è ipotizzabile pensare che l'incisività del giudizio e le forti critiche al Prg siano anche influenzate da dissidi non eludibili che la stessa Lega ha promesso di far emergere nel 2010. Se questi sono i primi segnali per Dipiazza - chiude Decarli - il 2010 non sarà "straordinario e magico", come lui usa dire, ma sarà un anno di continue lotte per la conquista del voto dell'aula consiliare».
 

 

Al via lo studio sulla nuova Tia - DESTINATA A SOSTITUIRE LA VECCHIA TASSA SULLE IMMONDIZIE
 

L’approvazione della delibera sui cassonetti interrati per la raccolta differenziata dei rifiuti, da sistemare in piazza della Borsa, dà disco verde anche all’avvio dello studio preliminare sulla futura applicazione della Tia (tariffa d’igiene ambientale). Ovvero il nuovo sistema di finanziamento comunale della gestione dei rifiuti e della pulizia degli spazi comuni che dovrà sostituire progressivamente la Tarsu.
Attenzione, si tratta appunto di uno studio preliminare: si è ancora lontani da eventuali, concrete applicazioni. «Abbiamo affidato ad AcegasAps - fa il punto l’assessore Paolo Rovis - la predisposizione di simulazioni sull’aggiornamento delle tariffe in base alla Tia. Questa, in teoria, dovrebbe rappresentare un sistema di pagamento più equo per i cittadini: a una base fissa, infatti, dovrebbe sommarsi una quota variabile, misurata in base al rifiuto prodotto».
Lo studio mira ad elaborare un programma di aggiornamento delle tariffe sui rifiuti che serva, nel concreto, a proporre un calcolo di tariffazione Tia. Per questo lavoro, la giunta comunale ha approvato una spesa di 51mila euro, Iva inclusa.

(m.u.)
 

 

Caso Tarsu nuova battaglia - UDIENZA IL 28 APRILE
 

La ”guerra della Tarsu” si arricchisce di una nuova puntata. Gianfranco Carbone - il legale che su mandato di undici cittadini aveva chiesto e ottenuto dal Capo dello Stato l’annullamento della delibera del 2007 con cui la giunta Dipiazza aveva aumentato del 27,3% la tassa sulle immondizie - ha presentato un nuovo ricorso.
Il provvedimento, depositato il 16 novembre scorso al Tar, punta stavolta a far dichiarare illegittimo un altro atto assunto dalla giunta Dipiazza: la delibera del 7 agosto del 2009 che ha ”blindato” sotto il profilo giuridico il contestato rincaro fatto decadere dal presidente della Repubblica. «Con quella delibera - spiega Carbone - il Comune ha ridefinito gli importi per la Tarsu relative agli anni 2007 e 2008, sostituendo il provvedimento annullato dopo il nostro primo ricorso. E in pratica ha finito per riconfermato le vecchie tariffe».
Se il Comune, muovendosi in questo modo, abbia agito o meno nel rispetto delle regole, lo stabilirà il Tar il 28 aprile prossimo. Data che tutti i contribuenti interessati agli sviluppi della battaglia legale sulla tassa rifiuti faranno bene ad annotare. In quella giornata infatti si discuterà sia il nuovo ricorso firmato da Carbone - su mandato non più di undici ma questa volta di 36 cittadini -, sia quello depositato dal Comune che, come noto, ha impugnato a sua volta il decreto decisorio del Capo dello Stato, assoldando a tale scopo lo studio genovese del più quotato tributarista d’Italia, Victor Uckmar.
 

 

SEGNALAZIONI - «La Soprintendenza ha fatto bene a difendere i laghetti delle Noghere»

 

Talvolta, la Soprintendenza riesce ancora a trovare la forza di svolgere il proprio ruolo, com'è accaduto con il nuovo annullamento dell’autorizzazione regionale per il capannone «Mancar», a due passi dai laghetti delle Noghere. Di qui la furibonda reazione dell’Ezit e della ditta, che chiedono - ovviamente - l’intervento della politica per «mettere in riga» l’incauto Soprintendente. C’è da capirli: perché ai padroni della baia di Sistiana sì, a GasNatural sì e a loro no? Un po’ di equità, che diamine!
Comprensibile anche che nella foga dell’indignazione sfuggano dei dettagli. Mauro Azzarita, presidente dell’Ezit, parla infatti (sul Piccolo del 17 dicembre) di vincoli paesaggistici «inesistenti» alle Noghere, dimenticando che il vincolo fu imposto dalla Regione nel 1991 con regolare decreto pubblicato sul Bur e provocò la furibonda reazione dell’Ezit medesimo (vero è che il presidente all’epoca era un altro e forse non si trovano più le carte dell’archivio storico...).
Umberto Dallegno, socio della «Mancar» ed ex-direttore dell’Ezit (ma è normale questo transito da un ente pubblico ad una ditta privata che utilizza i terreni dello stesso ente?), sostiene invece che il vincolo obbliga soltanto a «un comportamento di compensazione ambientale».
Spiace disilluderlo, ma non è così. Il vincolo paesaggistico implica la tutela della qualità del territorio vincolato, sulla base delle ragioni che hanno motivato l’imposizione del vincolo stesso. Nel caso particolare, la Regione lo istituì soprattutto in considerazione del grande pregio naturalistico dell’area, che ospita ecosistemi delicati e unici in provincia di Trieste, comprese specie protette da Direttive europee e convenzioni internazionali. Di ciò non ha tenuto però alcun conto l’autorizzazione regionale al capannone e quindi bene ha fatto la Soprintendenza ad annullarla.
È evidente che la distruzione anche parziale di ecosistemi rari non può essere «compensata» (magari piantando pini in Carso, come pretendeva di fare la «Mancar»...) e infatti la Regione nel Piano Territoriale Regionale, che avrebbe dovuto avere valenza di piano paesaggistico, nel 2007 previde per la zona vincolata delle Noghere l’assoluta inedificabilità, rafforzando così il vincolo del ’91. Salvo dimenticarsene però quando rilasciò l’autorizzazione per il suddetto capannone.
Vero è che il buon senso avrebbe dovuto indurre il Comune di Muggia a modificare la destinazione urbanistica, oggi industriale, dell’area adiacente i laghetti delle Noghere, perché oltre al vincolo paesaggistico, i laghetti sono stati anche riconosciuti - da oltre un decennio - come biotopo naturale di interesse regionale. Gli ambientalisti lo chiedono da molti anni, ma né la Giunta Dipiazza con il piano regolatore del 1999 tuttora vigente, né l’attuale sindaco (che pur ha promesso a più volte un nuovo piano regolatore) hanno saputo/voluto farlo. Perché probabilmente temono la reazione dell’Ezit e quella della politica al servizio di interessi economici.
Dario Predonzan - Wwf Trieste
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 27 dicembre 2009

 

 

«Sul rigassificatore attendiamo risposte» - UIL-VIGILI DEL FUOCO: SPAGNOLI ARROGANTI
 

La Uil-Vigili del fuoco, promotrice del Tavolo tecnico sul rigassificatore «costituito da esperti», ha indirizzato a vari enti - tra cui i ministeri degli Esteri sloveno e spagnolo - una nota a firma del coordinatore regionale Adriano Bevilaqua, contro «l’arrogante comportamento di Narciso de Carreras Roquez», direttore Progetti internazionali della Gas Natural, che, durante la sua visita a Trieste giorni fa ha rilasciato dichiarazioni ritenute «offensive e lesive dell’immagine pubblica» del sindacato. «Narciso de Carreras Roquez – si legge nella nota -, anziché produrre gli elementi necessari a sciogliere i molteplici interrogativi sulla sicurezza dell’impianto di rigassificazione che Gas Natural vorrebbe realizzare sul territorio della provincia - formalizzati già nel 2005 dal Comitato tecnico regionale Fvg dei Vigili del fuoco e tuttora senza risposta - ha preferito denigrare l’operato della Uil-Vigili del Fuoco. De Carreras Roquez ha asserito che gli esperti internazionali chiamati» per fare «chiarezza sui punti critici irrisolti del progetto non sarebbero "esperti di sicurezza" e che il tavolo tecnico "non è stato attivato dai Vigili del fuoco, ma solo da un sindacato"».
«Non si hanno ricordi di altri precedenti - scrive ancora Bevilacqua - dove un esponente di una azienda straniera si fosse così permesso di inserirsi in un confronto dialettico tra le parti politiche istituzionali e quelle sindacali». La Uil-Vigili del Fuoco confida che Gas Natural «voglia rispondere a stretto giro agli interrogativi rimasti finora inevasi»: altrimenti il sindacato «si vedrebbe costretto a tutelare la propria onorabilità in tutte le sedi».
 

 

«No al rigassificatore, creiamo un’area portuale» - L’INTERVISTA. IL SINDACO DI MUGGIA TRACCIA UN BILANCIO DEL 2009 E GUARDA AL NUOVO ANNO
 

Nesladek: «Nel 2010 il regolamento per l’accesso al centro storico e la soluzione al caso Aquario» - «Le elezioni del 2011? Vorrei riuscire a chiudere i progetti avviati»

MUGGIA Il rilancio della zona costiera, la valorizzazione del centro cittadino, ma non solo: l’abbinamento portuale-cantieristico come alternativa al rigassificatore, progetto in merito al quale il «no» era e rimane categorico. Così, mentre il 2009 va in archivio, il sindaco di Muggia, Nerio Nesladek, guarda all’anno che verrà.
Sindaco, tante opere sono slittate dopo essere state sbandierate. Di Muja turistica, per esempio, non si sente più parlare: cosa ne è stato?
Muja turistica era un progetto che comprendeva due grossissime colate di cemento, da 80-100mila metri quadrati, lungo la costa. Nel 2006, sono stato eletto anche perché avevo iniziato a mettere in discussione tutto ciò, nonostante fosse già stato approvato dal Consiglio comunale. Con la proprietà, abbiamo quasi concordato la realizzazione di un centro benessere con servizio annuale e una spiaggia dotata anche di piscina termale pubblica.
A proposito di costa, a che punto sono le caratterizzazioni del terrapieno Aquario?
Siamo vicini alla chiusura delle analisi del rischio elaborate dal Cigra. Nel 2010, comunque, la situazione verrà sicuramente sbloccata: rientreremo in possesso della spiaggia, che, alla luce di quanto detto prima, sarà il nostro secondo polo turistico, che potrà servire anche Capodistria.
Dopo la chiusura dei due distributori di benzina, i muggesani aspettano quello nuovo: quando sarà pronto?
Le procedure stanno andando avanti celermente. Abbiamo già individuato la zona dove sistemarlo: nella parte a Nordest di piazzale Alto Adriatico. Ricordo che non rappresenta un obbligo per noi, lo facciamo per i cittadini. Anche in questo caso, fermo restando il fatto che dovrà arrivarci un’offerta da parte di un privato, il tutto sarà pronto entro la fine del 2010.
L’opposizione chiama in causa la sua giunta per la scarsa manutenzione dei territori periferici e delle relative strade.
La risposta sta nei numeri: 14 strade asfaltate sotto la mia gestione, contro le 5-6 di chi mi ha preceduto. Inoltre, abbiamo recentemente acquistato una nuova spazzatrice: farà regolarmente la pulizia nelle periferie. Non confondiamoci però: ci sono strade la cui gestione compete alla Provincia.
Del Piano regolatore si continua a parlare, ma nel concreto?
Le direttive sono state licenziate di recente. Ma ci troviamo a dover fronteggiare comunque delle problematiche. In primis il consumo contenuto nel Piano precedente dal punto di vista edilizio e di urbanizzazione non concede più spazi di espansione, pena il dissesto del sistema idro-geologico muggesano. Ci troviamo quindi a dover governare la decrescita.
Capitolo viabilità di Aquilinia. A che punto è il progetto di riqualificazione?
Quello maggiore, il bypass finanziato all’epoca dalla giunta regionale guidata da Illy non ha trovato conferma di supporto con la gestione Tondo. Il rifacimento, però, è un’opera indispensabile se si vuole costruire nella valle delle Noghere. Intanto, nei primi mesi del nuovo anno, ridisegneremo la segnaletica orizzontale visto che i fondi relativi li abbiamo trovati.
Pedonalizzazione del Mandracchio, centro storico e raddoppio della galleria: quali novità?
Il raddoppio della galleria era una vecchia idea, ma non è mai esistito alcun progetto. Quanto alla pedonalizzazione, vogliamo chiudere il centro al traffico veicolare: è un bellissimo salotto, in grado di attrarre i flussi provienienti dai centri commerciali realizzati e realizzandi. Sul tema viabilità, anche sfruttando la sinergia con Capodistria, va potenziata quella circostante.
Rigassificatore di Zaule: il no di Muggia resta convinto e chiaro.
Il 2009 ci ha portato chiarezza e saggezza. Vorrei ribadire le motivazioni della nostra contrarietà: è legata non solo a questioni ambientali e di sicurezza, che già sarebbero comunque sufficienti. Pensiamo infatti a uno sviluppo economico dell’area alternativo alla direzione energetica: lì, vediamo una grande area portuale. E, come suggerito da alcuni esperti, potremmo utilizzare delle piccole navi gasiere per rifornirci direttamente, dando così impulso alla cantieristica.
Il problema dei parcheggi: come limitare l’utilizzo irregolare delle zone di carico-scarico merci da parte degli automobilisti?
Entro la prima metà del 2010 sarà pronta la nuova regolamentazione per l’accesso al centro storico, con all’interno nuove zone per la sosta operativa. In alcuni punti strategici, piazzeremo dei carrelli per permettere ai residenti di portare via la spesa, fermo restando che per urgenze le deroghe per l’accesso nell’area saranno garantite.
Il centrodestra dice che la formula del Carnevale va rivista per permetterne il rilancio. È d’accordo?
Bisogna scegliere, assieme alle compagnie, se si vuole un Carnevale che conservi la sua anima tradizionale oppure se turisticizzarlo. Decidiamo tutti assieme, dal sindaco, all’opposizione, ai cittadini.
Politicamente, la sua maggioranza viaggia in acque sicure?
In quest’anno, abbiamo avuto un’unica anomalia: il passaggio del consigliere Andrea Mariucci all’opposizione, d’un colpo, con poca coerenza visti i giudizi che aveva dato in precedenza sulla stessa opposizione.
Guardando più in là, al 2011: proverà a fare il bis alle comunali?
Vorrei riuscire a portare a termine i progetti avviati. Se non ci riuscirò in quest’anno e mezzo che manca alla fine del mandato, allora ci penserò. Ma oggi è ancora troppo presto per dirlo.
MATTEO UNTERWEGER

 

 

Piano regolatore, la Regione mette i paletti - «Profilo di criticità non indifferente. Problemi legati a viabilità, servizi ed edificazioni»
 

LUNGO L’ELENCO DELLE OSSERVAZIONI INDIRIZZATE AL COMUNE
«Presupposti condivisibili ma insufficiente l’aderenza alle direttive della pianificazione sovraordinata»
«C’è un profilo di criticità non indifferente». Così l’assessore regionale all’urbanistica Federica Seganti ha definito il nuovo Piano regolatore del Comune di Trieste che, dopo la secretazione e un momentaneo ritiro a sorpresa dall’aula per un vizio di forma, continua ad avere un iter turbolento. La giunta regionale ha infatti approvato nei giorni scorsi una delibera con la quale detta una lunga e dettagliata serie di prescrizioni alle quali il municipio è tenuto a ottemperare se vorrà ottenere il ”via libera”, a meno che non riesca a fornire più validi e convincenti supporti tecnici e normativi alle proprie scelte.
«Siamo di fronte a un approccio tecnico-disciplinare non sempre coerente con le indicazioni del Piano urbanistico regionale - hanno commentato tecnici e consulenti della Regione - pur all’interno di un piano coraggioso perché privilegia la componente ambientale e paesaggistica rispetto a quella insediativa». E infatti nella relazione tecnica allegata alla delibera della Regione si rileva che «il progetto urbanistico della variante parte da presupposti del tutto condivisibili quali il contenimento dell’uso di suoli agricoli non urbanizzati e il favorire politiche di recupero del patrimonio edilizio esistente o la riconversione dei ”contenitori” dismessi o attraverso la densificazione delle aree centrali».
«Di converso - prosegue la nota - si deve sottolineare come la traduzione di questi principi in contenuti disciplinari propri della tecnica urbanistica non sembra sempre in grado di assicurare una sufficiente aderenza con le direttive impartite al riguardo dalla pianificazione sovraordinata. Si evidenzia inoltre - sottolinea la Regione - una generale carenza di motivazioni accurate a sostegno delle scelte operate dalla variante in senso riduttivo, mentre nei confronti delle ipotesi di trasformazione della struttura insediativa e di implementazione delle reti strutturali manca una riflessione generale sulla sostenibilità urbanistica». «Le prescrizioni - ha specificato Seganti - si riferiscono sia a stretti profili di tecnica urbanistica che a questioni legate a servizi e alla viabilità. Vi è poi il paradosso - aggiunge - per cui si prevedono edificazioni in alcune zone di espansione, mentre si impediscono edificazioni in zone di completamento, già infrastrutturate e dove qualche insediamento forse sarebbe utile».
Tra i pareri obbligatori ai quali il Piano deve sottostare, quello della Regione è il più pesante, più ancora di quello della Soprintendenza e investe sia il settore dell’urbanistica che quello ambientale che dovrà fornire la Vas (Valutazione ambientale strategica). «Tutte le prescrizioni formulate dagli enti di competenza assieme alle 1.080 osservazioni e opposizioni avanzate dai cittadini confluiranno poi alla Commissione urbanistica del Comune - spiega il suo presidente Roberto Sasco - che dovrà rimodulare il Piano e portarlo al voto, stavolta per l’approvazione definitiva, del Consiglio comunale». «Solo a quel punto - aggiunge Seganti - ci sarà l’ultima vaglio della Regione che potrebbe anche decidere di cassare parti che non fossero state risistemate».
Il Comune conta di arrivare al voto conclusivo sul Piano regolatore generale entro l’estate per chiudere il 2010 anche con l’approvazione finale del Piano particolareggiato per il centro storico che dovrà seguire un iter molto simile con uno scarto di 3-4 mesi. I due principali strumenti pianificatori del Comune dovrebbero aggiungersi al Piano del traffico atteso in aula già per i primi mesi del prossimo anno. Un pacchetto complesso da chiudere preferibilmente entro il prossimo dicembre dal momento che fin dall’inizio del 2011 tutti saranno impegnati nella campagna elettorale per rinnovare i consigli comunale e provinciale.
SILVIO MARANZANA

 

 

PRG - Centro storico, identificate 25 aree dove costruire - Sarà possibile realizzare terrazze a vasca, abbaini e parcheggi al pianterreno
 

DOCUMENTO ADOTTATO IN MUNICIPIO
La divisione di tutti gli edifici in sette classi e sottoclassi con una scala di interventi sul patrimonio edilizio che potranno includere a seconda dei casi la chiusura di corti e giardini al primo piano, il recupero abitativo dei sottotetti, la realizzazione di lucernari, abbaini e terrazze e vasca, e per tutti gli edifici la possibilità di realizzare parcheggi pertinenziali al pianoterra o al piano interrato a patto che l’ingresso sia mascherato. Ma anche l’individuazione di ben venticinque zone in cui saranno possibili nuove edificazioni: ad esempio nell’area tra riva Tre novembre e via Mazzini, in via del Monte, in via Ginnastica, in via Martiri della Libertà.
Sono alcuni dei contenuti del Piano particolareggiato per il centro storico che a gennaio sarà esposto all’Albo pretorio. I cittadini e le associazioni avranno trenta giorni lavorativi di tempo per avanzare obiezioni e osservazioni. L’obiettivo principale è ripopolare il centro storico al quale sono stati tracciati confini piuttosto ampi con delimitazioni tra campo Marzio e viale Miramare e tra via Fabio Severo e via Rossetti. In questa zona di un milione 350 mila metri quadrati abitano soltanto 17 mila persone. Il Comune ha di conseguenza individuato otto zone strategiche di sviluppo che hanno il proprio fulcro rispettivamente: in via Roma, sul Canal Grande e in via Mazzini, nelle piazze Cavana e Hortis, a San Giusto, in piazza Libertà, in viale XX settembre, in via Battisti, in via Carducci.
Proprio per favorire il ripopolamento oltre che l’afflusso, un altro punto focale del documento urbanistico è quello dei parcheggi e a questo scopo sono identificati all’interno del perimetro ben 103 edifici di scarso valore architettonico che possono venir trasformati in parking. Vi sono anche disposizioni particolari per la tutela del verde pubblico e prescrizioni per migliorare i collegamenti pedonali anche con la realizzazione di passaggi pedonali sotto alcuni caseggiati, per esempio nella zona di Campo Marzio.
Il Piano del Comune è stato elaborato su un primo progetto dell’architetto veneziano Alberto Cecchetto. «È un lavoro fatto tempo fa, ma negli ultimi due anni non ho più sentito alcun amministratore - ha commentato l’architetto Cecchetto - del resto il mio progetto doveva essere fatto in armonia con Porto Vecchio, ma anche per quest’ultima area sono state fatte altre scelte. Trieste è una bellissima città, ma è una città di pietra dove il verde può venir sostituito dal mare. Ma oggi il distacco della città con il mare è ancora troppo profondo». (s.m.)
 

 

PRG - «Insediamenti in zone già congestionate» - Richiesti approfondimenti su varie direttrici, dalle Rive a Montebello
 

E SULL’EX CASERMA MONTE CIMONE SI RISCHIA L’EFFETTO CATTEDRALE NEL DESERTO
Da un lato si rischia di congestionare zone già molto frequentate concentrando eccessivi insediamenti, dall’altro c’è il pericolo di creare cattedrali nel deserto con l’intento di riqualificare ”contenitori” che si trovano in aree decentrate o poco infrastrutturate. In termini semplici sono questi alcuni rilievi che la Regione avanza nei confronti del Piano regolatore già adottato dal Consiglio comunale.
Così, in una delle prescrizioni, gli uffici regionali chiedono al Comune di valutare più compiutamente l’effetto dell’immissione di nuove destinazioni in ambiti già caratterizzati da alti livelli di congestionamento (a esempio le zone della Fiera, del Burlo Garofolo, dell’Università, di San Luigi e le Rive). Chiede anche di verificare che vi sia omogeneità delle visuali percepibili dal mare rispetto alle altezze massime nell’area del Museo del mare, della stazione di Campo Marzio, dell’ex piscina Bianchi affinché sia uniforme la skyline del waterfront.
Si chiedono anche approfondimenti per dare piena legittimità alla scelte che inibiscono l’edificazione nel centro storico e nei nuclei originari di Santa Croce, Prosecco e Contovello. Al contrario si pretendono ulteriori giustificazioni a supporto della classificazione a zone «agricole forestali ad alta antropizzazione» per Sant’Anna, Monte San Pantaleone e Piscianzi.
Un discorso in un certo senso inverso riguarda le strutture dell’ex Campo profughi di Padriciano e dell’ex caserma Monte Cimone. Se da un lato alla Regione non appare chiara la sostenibilità viabilistica, dall’altro canto secondo quanto fanno rilevare alcuni tecnici della Regione stessa si rischia di creare ”cattedrali nel deserto” («Chi si azzarderebbe ad aprire una banca nell’ex caserma?», è la domanda retorica che circola) e di non riuscire a veicolare in aree così decentrate capitali privati di ipotetici investitori.
La Regione poi, in particolare per la zona turistica di supporto al campo di golf di Padriciano dove sono previsti residenze turistiche, impianti sportivi e attività commerciali con volumetrie fino a 40 mila metri cubi, fa rilevare che non sono state analizzate le questioni relative alla viabilità e al rapporto con le aree limitrofe.

(s.m.)
 

 

SEGNALAZIONI - RIGASSIFICATORE - 1 - L’esempio di Giulietti
 

Ho iniziato a navigare nel 1951 come «secondo giovanotto di coperta» (un grado in più del mozzo) su una petroliera della società/cooperativa Garibaldi di Genova che aveva come presidente Giuseppe Giulietti, un capitano marittimo, comandante, che lasciò di navigare per fare il sindacalista socialista, fu eletto deputato in Parlamento con i repubblicani nel 1948 e si batté con grande forza a favore dei naviganti, fece promulgare diverse leggi ed era uno dei più ascoltati e forti sindacalisti a favore dei naviganti, si devono a lui diverse leggi e cambiamenti in un mondo dove gli armatori la facevano da padroni. Morì nel 1953. A quei tempi gli imbarchi erano di 18 mesi, un anno e mezzo, niente frutta alla ciurma, piatti e tazze di latta, niente coltello ma solo cucchiaio e forchetta e 12 ore lavorative al giorno, 2 turni di 6 ore; e Giulietti cambiò tutto ciò!
Credo che sia stato lui che fece promulgare una legge che diede un aumento sulla paga base dell’8% per coloro che navigavano sulle petroliere e poi gassiere, per compensare il pericolo. Si intende per quelli che vivono e lavorano sopra la bomba! E io sono stato comandante sulle «bombe» per 22 anni su un totale di 28. E poi perito e ispettore alla Siot a garantire la sicurezza delle discariche di petrolio.
Leggo che nella attuale legislazione è affermato quanto segue:
Fermo restando gli elementi contenuti nella parte generale per le navi che effettuano il lungo corso ed il cabotaggio internazionale si ritiene indispensabile raggiungere i seguenti obiettivi: a) Diversificare le indennità previste tenendo conto delle specificità del traffico merceologico (chimichiere, gasiere, petroliere, etc.); (ricordo un garzone di cucina che aveva capito che si imbarcava su una cassiera); b) Periodo d’imbarco: il periodo d’imbarco deve essere di 4 mesi. Qualora il periodo dovesse superare i 4 mesi per detto periodo al marittimo verrà riconosciuto un aumento nell’indennità pari al 20% della paga conglobata. Comunque il periodo non dovrà superare i 5 mesi; c) Il periodo di riposo sarà determinato in misura non inferiore al 40% maggiorato di 15 giorni del relativo periodo di imbarco calcolato su base annua. Al marittimo non in Crl che disponibile all’imbarco dopo il periodo di riposo garantito non dovesse imbarcare sarà riconosciuto il 50% della paga conglobata più relativi riflessi.
E cosa c'entra quanto sopra nel nostro caso del rigassificatore? La mia proposta è di dedurre dalle tasse una certa percentuale per chi vive in un certo raggio dalla «bomba», diciamo in un’area di 20 chilometri = 20% in meno di Irpef.
Luciano Stilli - capitano di lungo corso
 

 

SEGNALAZIONI - RIGASSIFICATORE - 2 - Mettiamoci il lutto
 

Sono pienamente d’accordo con il signor Baldassi per quanto scritto nell’«intervento» apparso sul Piccolo. Sono anni che penso esattamente la stessa cosa e dirò di più, sono una di quelle studentesse che quando arrivarono le truppe festeggiò l’evento in piazza Unità sventolando la bandiera italiana. Però da molti anni a questa parte, quando ricorre questo anniversario che viene tanto osannato ho il desiderio di girare per città con una fascia nera sul braccio perché considero questa data un vero lutto per Trieste. Moltissime persone, specialmente quelli che amano questa città, la pensano come me. Questa del rigassificatore è l’ultima goccia che fa traboccare il vaso. I partiti e i politici sia locali che nazionali hanno come unico fine quello di incassare il più possibile, il popolo per il quale dovrebbero operare è il loro ultimo pensiero.
Chissà cosa penserebbero i caduti che sono sepolti a Redipuglia nel vedere come viene trattata questa città per la quale hanno perso la vita.
Maria Rosa Pauletti

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 17 dicembre 2009

 

 

«Piastra logistica e bonifiche, il governo dimentica la città» - COSOLINI: «RISORSE TAGLIATE PER UN TOTALE DI 300 MILIONI»
 

«Il regalo di Natale del governo alla città di Trieste? Trecento milioni di euro in meno». L’affondo arriva dal segretario provinciale del Pd Roberto Cosolini, che punta il dito contro quelle che considera le promesse non mantenute dall’esecutivo Berlusconi.
L’ammanco di 300 milioni - osserva Cosolini - si ottiene «sommando i fondi della piattaforma logistica, annunciati come immediati il 12 ottobre dal ministro Matteoli a Trieste ma mai pervenuti finora, e i 245 milioni che si vorrebbero spremere alle imprese insediate nel sito inquinato con l’ultima versione dell’accordo di programma». Come dire che a pagare dovrebbero essere «ancora una volta, in modo ingiustificato e spropositato, le imprese cioè i cittadini, viste le ricadute anche occupazionali negative che un simile prelievo forzoso determinerà».
«Questo - continua il segretario del Pd - è il risultato dell’allineamento dei pianeti decantato dal centrodestra locale: tra sottosegretario, parlamentari, assessori regionali e sindaco non riescono a portare a casa un bel nulla. Eppure a scorrere la lista delle opere finanziate in questi mesi dal Cipe sembra proprio che altri territori riescano dove per i nostri è impossibile arrivare: vuol dire che la giustificazione del sindaco, che dice ”a Roma i soldi non ci sono”, non vale per chi è più bravo a fare lobby e pressing sul governo. Così come non sta in piedi l'altra barzelletta del sindaco che qualche giorno fa, per spiegare che le imprese del sito inquinato sono ”fortunate” (del resto lo diceva anche sette anni fa quando si perimetrava il Sin in modo approssimativo perché ”sarebbero arrivati un sacco di soldi pubblici”), è arrivato a sostenere che dopo aver speso 70 euro al metro quadro potranno vendere i terreni a 200 euro al metro. Viene da chiedersi però a chi potranno vendere, visto che le transazioni fra imprese private anche in periodi non di crisi sono state al di sotto della metà di quella cifra».
Considerazioni che, secondo Cosolini, non possono non portare a criticare l’intera gestione della delicata partita delle bonifiche. «La realtà è che l’accordo di programma, pur necessario, è nei suoi contenuti ingiustamente gravoso per le imprese. La conseguenza sarà un contenzioso in sede di giustizia civile e amministrativa. E, visto l’orientamento già espresso da alcuni magistrati, è probabile che non vengano accolte le tesi del ministero dell’Ambiente circa la presunzione di inquinamento e l’obbligo perciò aprioristico di corrispondere il danno ambientale da parte di chi non ha alcuna responsabilità. Assisteremo quindi - conclude l’esponente Pd - all’ennesimo flop di questo centrodestra pasticcione ed arrogante».
 

 

Premolin: centralina fissa per l’aria alla Siot - Rifiuti ”porta a porta”, nessuna lamentela. E a San Giuseppe si pensa di chiudere il centro
 

INTERVISTA AL SINDACO DI SAN DORLIGO DELLA VALLE
Il 2009 è stato per Fulvia Premolin l’anno della conferma. Nella consultazione di giugno il primo cittadino di San Dorligo della Valle ha ottenuto per la seconda volta la fiducia dei suoi cittadini, nonostante un leggero calo di consensi. Le questioni spinose del Comune della Val Rosandra continuano però a persistere: emissioni provenienti dalla Siot, malumore sulla raccolta differenziata ”porta a porta” dei rifiuti, solo per citare alcuni dei problemi.
Sindaco, la sua posizione nei confronti dei disagi recati ai cittadini dagli odori della Siot, per i quali è stata certificata la presenza di idrocarburi, è apparsa sempre molto diplomatica e poco incisiva. Come mai?
Sono sempre stata severa sulle problematiche legate alla Siot, con i cui dirigenti ho comunque da sempre un ottimo rapporto. A breve l’Arpa, a cui è stato affidato un monitoraggio sulla qualità dell’aria nel nostro territorio, presenterà un rapporto in Consiglio comunale sui risultati emersi. Ad ogni modo credo che non sia una cosa da poco il fatto che, a brevissimo, installeremo una centralina che controllerà le sostanze emanate dallo stabilimento. Comunque ricordiamoci che la Siot è lì da 30 anni, quindi da ben prima che io diventassi sindaco.
A breve potrebbe svolgersi un referendum per l’abolizione della raccolta differenziata ”porta a porta” dei rifiuti, ritenuto uno dei fiori all’occhiello della sua amministrazione...
Onestamente non ho mai ricevuto una lamentela da parte di alcun nostro cittadino, su quello che è a tutti gli effetti un servizio considerato motivo d’orgoglio del nostro territorio, visto che siamo gli unici nella provincia di Trieste ad effettuare la raccolta differenziata ”porta a porta”. Proprio in questi giorni la gente, che mi ferma per strada, mi sprona a far pagare sanzioni a chi non si è voluto adeguare a questo servizio, al quale i cittadini si sono tranquillamente abituati.
La vicenda dell’ex Motel Val Rosandra è emersa dalle lettere inviate dal Mediocredito e dalla Regione poche settimane prima delle elezioni. Perché l’amministrazione comunale ha voluto tacere sull’argomento? I ”malpensanti” hanno ritenuto che ci fossero errori da parte del Comune da nascondere...
Non ho nulla da nascondere. Per un discorso legato alla delicatezza della situazione, che coinvolgeva e tuttora sta coinvolgendo decine di famiglie residenti nel nostro territorio, ho preferito non portare all’attenzione dell’opinione pubblica questa vicenda. Ritengo di essermi comportata con grande rispetto e responsabilità nei confronti delle persone interessate, nonostante ci siano state anche forti pressioni da parte di chi avrebbe voluto approfittare di questa brutta situazione.
Nella popolosa frazione di San Giuseppe della Chiusa, nella quale alle ultime elezioni il centrosinistra ha registrato un significativo calo di voti, i problemi legati alla viabilità persistono: la linea 41 per un breve periodo è stata soppressa senza preavviso, l’ultima nevicata ha paralizzato il paese, l’asfalto è pericoloso e la stessa incolumità dei residenti è a rischio.
Per sopperire a queste problematiche stiamo valutando di chiudere definitivamente il centro storico, riservandolo solo ai frontisti. Credo che questa sia l’unica soluzione per permettere all’autobus di transitare e per diminuire allo stesso tempo il traffico che, soprattutto al mattino, rischia di recare danni alla sicurezza dei residenti. Purtroppo non ho vigili urbani a sufficienza per far controllare quotidianamente quell’area. Per quanto riguarda la pavimentazione della strada, una riqualificazione costerebbe milioni di euro, che non ci sono. Stiamo vagliando l’ipotesi di creare in alternativa un senso unico. Siamo in fase di consultazione con i cittadini, per cercare di apportare una modifica radicale ma estremamente condivisa.
Lavori pubblici: lei aveva annunciato che la piazza di Bagnoli e le fognature di Puglie di Domio sarebbero state realizzate entro il 2009. Invece?
Qui devo attribuire la responsabilità alla Regione, che ha risposto in ritardo alla nostra richiesta di contributi. Ad ogni modo i lavori per il rifacimento della piazza di Bagnoli sono ormai alle porte, e nei primi mesi dell’anno arriveranno le ruspe. Entro il 2010 inizieranno i lavori anche per le fognature di Puglie.
La maggioranza che l’appoggia in Consiglio comunale ha sempre lasciato all’opposizione le iniziative sulle tematiche ambientali, fra cui diverse mozioni presentate dal centrodestra su Tav e rigassificatore. Come mai?
Evidentemente i consiglieri di centrosinistra su questi argomenti sono stati più riflessivi, mentre gli esponenti di centrodestra si sono mostrati più impulsivi.
RICCARDO TOSQUES

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 23 dicembre 2009

 

 

Castelli: la Tav Trieste-Divaccia è prioritaria - INCONTRO ITALO-SLOVENO. «EVITARE TENSIONI COME IN VAL DI SUSA»
 

TRIESTE La Trieste-Divaccia si farà. Il governo italiano ribadisce l’assoluta volontà di realizzare la tratta transfrontaliera della Tav ed accelera le tappe per trovare soluzioni condivise al progetto.
Quello che manca, infatti, è un’ipotesi di tracciato che possa essere condiviso dai due governi e ancor prima dalle due popolazioni e che permetta di non perdere il finanziamento europeo vincolato all’opera.
Per raggiungere questo obiettivo lavoreranno i tecnici di Rfi: la prossima importante scadenza sarà la Commissione intergovernativa (Cig) tra Italia e Slovenia convocata a gennaio. La volontà del governo italiano è stata messa nero su bianco dal viceministro Castelli che dice di non aver «mai detto nè pensato» che l’opera non sia strategica per il Paese. La verità è «che il governo ritiene assolutamente prioritaria la tratta e che le continue riunioni tra gli staff tecnici e politici di Italia e Slovenia sono la testimonianza più evidente di questo fatto». All’incontro di ieri – al quale ha partecipato anche il viceministro sloveno Igor Jakomin - è stato dato mandato alle ferrovie di analizzare soluzioni diverse da prospettare ai due paesi e alla Regione dopo la pausa natalizia. Il Friuli Venezia Giulia, dal canto suo, ha posto il problema del collegamento Trieste-Capodistria, in un ottica di sviluppo del sistema portuale. L’incontro «è stato interlocutorio» si è limitato a dire l’assessore Riccardo Riccardi (che ha partecipato per la Regione), riferendo che il viceministro Castelli ha sottolineato l'importanza di evitare tensioni con la cittadinanza simili a quelle accadute sul tratto piemontese della Tav, in Val di Susa. Un problema non secondario visto che il tracciato emerso dallo studio di fattibilità dell’opera è già stato bocciato dalla comunità triestina e che il finanziamento previsto dalla Ue è vincolato alla realizzazione della Trieste-Divaccia. «Le prospettive di sviluppo della nostra regione sono legate alle infrastrutture – dichiara intanto l’europarlamentare del PD e membro della commissione Trasporti e Turismo, Debora Serracchiani - e dai settori produttivi giungono segnali di grande preoccupazione che chiedono risposte concrete e tempestive: le scadenze dobbiamo darcele noi e sentirle impellenti. Perciò, se il viceministro Castelli vuole evitare tensioni con la popolazione cominci subito a informare e condividere ma si ricordi anche che lui è là per risolvere i problemi, non per sperare che il tempo li risolva per lui».

(m. mi.)
 

 

Ret: «Manca una sede per le società nautiche» - Tav: il futuro progetto sarà del tutto diverso. Nuove case popolari: dipenderà dai fondi nella finanziaria
 

I NODI CHE L’AMMINISTRAZIONE DI DUINO AURISINA DOVRÀ AFFRONTARE NEL 2010
Per il sindaco Giorgio Ret, sistemare le società nautiche sarà uno dei grattacapi del 2010. Le sedi non sono state ancora individuate, e di fronte a una situazione di estrema precarietà il rischio è di perdere risorse preziose per la baia di Sistiana, che nei prossimi tre anni si avvia a un grande sviluppo.
Sindaco, lei aveva promesso che a 12 mesi dall’insediamento avrebbe concluso la transazione con le Comunelle. Il contenzioso è invece ancora in atto e blocca la progettualità sulle aree.
Abbiamo quasi concluso tutto: la commissione ha lavorato molto e tre giorni fa ha incontrato le Comunelle per la consegna del documento finale, approvato al 90%. Il contenzioso di più difficile soluzione resta quello delle Cave, perché al di là degli interessi in gioco vi sono problemi legali ed economici. Abbiamo comunque trovato una soluzione che, se accettata dalle Comunelle, potrà essere sottoposta al consiglio entro marzo.
Aveva anche detto che a gennaio le società nautiche sarebbero state sistemate, grazie alla ”liberazione” di Castelreggio, ma nel suo piano di sistemazione non c’è traccia delle sedi…
Con un po’ più di coraggio Castelreggio sarebbe potuto passare immediatamente al Comune, invece si è optato per una gara pubblica. La novità è che le società nautiche non sono previste nella gara a causa di una sentenza del Tar, il quale sostiene che se il proponente di un progetto non ha la concessione non può chiedere variazioni alla tipologia di insediamento. Pertanto spetterà al futuro concessionario, se lo riterrà, chiedere un cambio di destinazione d’uso. Vi sono comunque anche altre soluzioni, contenute nel piano del porto. Per esempio c’è la sede del Comune da realizzare: in attesa di una definizione, le società nautiche potrebbero essere ospitate lì.
Zona artigianale di Aurisina: sono stati acquisiti gli oneri di urbanizzazione, ma il Comune non ha ancora incassato il saldo di 400mila euro per la vendita del terreno.
In realtà non abbiamo incassato i soldi dell’area tout court, ma solo di quella zona che oggi risulta boschiva e che a suo tempo è stata cassata per motivi ambientali. Sì prospettano due soluzioni: o viene riaperta la seconda area oppure va rivisto il contratto di vendita che il Comune ha stipulato su spazi che non erano costruibili. Io sono più propenso a ingrandire l’area artigianale, perché uno sviluppo di piccole aziende potrebbe rappresentare, assieme al turismo, un grosso potenziale. Intendo chiedere alla Regione di schierarsi o dalla parte del Comune o con gli pseudoambientalisti che frenano l’attività economica.
E la Tav?
L’assessore Riccardi è disponibile a relazionare in consiglio quando ci sarà qualcosa di cui discutere. Oggi non c’è la certezza su nulla. Ho avuto incontri informali con chi sta predisponendo il progetto, e ho visto che è tutt’altro rispetto a quanto presentato. Ho avuto rassicurazioni che quella linea, così come tracciata, non verrà realizzata.
Quale futuro per le caserme dismesse di borgo San Mauro e San Pelagio?
Quella di borgo San Mauro dovrebbe passare al Comune in breve tempo: verrà fatta una permuta con la scuola di Duino, di nostra proprietà ma affidata al Collegio del Mondo unito, e in cambio la Regione ci passerà borgo San Mauro. Sul fronte di San Pelagio nulla di fatto: il Demanio ha voluto mettere l’edificio sul mercato con costi altissimi, e difatti è ancora lì.
Scarsi fondi anche per la costruzione di nuovi alloggi popolari…
Stiamo allontanando da Duino le giovani famiglie, che non possono permettersi né affitti elevati né l’acquisto di immobili. C’è bisogno di case popolari, e di concerto con la presidente dell’Ater Perla Lusa attendiamo la lettura della finanziaria per conoscere le disponibilità. Gli edifici vuoti da ristrutturare sono già stati individuati e li adegueremo a seconda delle risorse. Penso alle aree dismesse degli ex centri di lavorazione della pietra, ma anche a una variante al Piano regolatore.
Mancano fondi per la piazza di Aurisina?
Abbiamo sempre detto che i proventi della casa Spam sarebbero stati riversati sulla piazza. Ora l’orientamento è cambiato: è stata esclusa l’alienazione del bene in virtù del progetto sociosanitario per l’immobile. D’altro canto, per le politiche passate e i proventi della legge Bucalossi, l’ente ha estinto tutti i mutui e presenta oggi un bilancio sano: nulla vieta la possibilità di accendere un mutuo per rifare la piazza.
Risolto lo screzio col comitato Rilke?
Io parlo con diversi componenti e non mi consta vi sia alcuna diversità di vedute. Il Rilke, comunque, è un gruppo di imprenditori, non un’associazione benefica. L’urbanistica e la gestione del territorio non gli spetta. L’amministrazione ha cercato di mettere il comitato nelle condizioni di lavorare al meglio: non ho mai sentito di un’associazione imprenditoriale che frena lo sviluppo del commercio. Il comitato deve avere un ruolo di promozione e di affiancamento al Comune, com’è stato all’inizio.
L’opposizione afferma che per i paesi al di sopra della linea ferroviaria poco si è fatto…
Non è vero: basta considerare la ristrutturazione delle scuole di Malchina e San Pelagio. A breve, poi, ne avvieremo un’altra alle medie di Aurisina.
TIZIANA CARPINELLI

 

 

Park S. Giusto, Friulia entra con il 35% - Entro gennaio al via i sondaggi nell’area d’ingresso tra il palazzo Inail e il Teatro romano
 

DOPO L’APPROVAZIONE DELLA DELIBERA IN CONSIGLIO COMUNALE
I sei soci privati acquisteranno le quote di Amt sborsando 161mila ciascuno - Dopo la firma della convenzione col Comune 45 giorni di tempo per il progetto
Il progetto del park sotto il Colle di San Giusto riparte dai privati. Il Consiglio comunale ha dato il via libera l’altra sera alla ”super-delibera”, già approvata dalla giunta Dipiazza, su piano finanziario, espropri e concessioni inerenti al park San Giusto.
IL VOTO L’aula ha approvato a maggioranza il testo sul maxi posteggio con i voti favorevoli del centrodestra, quelli contrari di Rifondazione e Verdi e l’astensione degli esponenti del Pd e Cittadini. Un’approvazione politica che, di fatto, andrà a ridefinire gli assetti societari della Park San Giusto spa già in possesso della Valutazione di impatto ambientale (Via) e del progetto definitivo per la costruzione del park.
L’ASSEMBLEA Già questa mattina, infatti, è in programma l’assemblea dei soci della spa, che prenderà atto del voto del consiglio e preparerà il terreno alla rimozione del vincolo statutario necessario a far uscire dalla compagine societaria l’ex socio di maggioranza Amt, la spa controllata dal Comune che detiene il 75 per cento delle quote. «Il passaggio successivo - spiega Franco Sergas, legale rappresentante della Mecasol - sarà davanti al notaio per l’acquisizione delle quote di Amt (quote che ”valgono” oltre 950 mila euro). I sei soci privati - Carena, Riccesi, Celsa, Fedrigo, Mecasol e Arm Engeenering -, le acquisteranno congiuntamente e in parti uguali, sborsando 161 mila euro ciascuno. Confido che tutto questo possa accadere in tempi rapidi, forse già entro la fine dell’anno. Subito dopo - continua Sergas - il Comune predisporrà l’atto aggiuntivo-modificativo della convenzione e, dal momento della firma, avremo 45 giorni di tempo per presentare il progetto esecutivo. Contestualmente daremo il via alle indagini archeologiche».
IL PARTNER Oltre a ratificare la definitiva uscita di scena di Amt, l’assemblea dei soci oggi prenderà atto anche di un altro, decisivo cambiamento all’interno della compagine societaria: l’ingresso di Friulia. La holding regionale ha infatti deliberato lo scorso 17 dicembre, in sede di approvazione di bilancio, l’acquisizione del 35 per cento delle quote della Park San Giusto spa. «Inoltre - spiega Donato Riccesi - Friulia agirà come advisor della ”bancabilità” dell’intera operazione. Un dato sicuramente molto positivo: il fatto che faccia parte del progetto una finanziaria pubblica è una garanzia di non poco conto».
IL CANTIERE Fin qui l’iter. Presto però, come detto, dovrà entrare nel vivo anche la fase operativa dell’intervento. Entro fine gennaio 2010 dovrebbero prendere il via i sondaggi archeologici - già concordati con la Soprintendenza - nell’area dell’ingresso del futuro posteggio, vale a dire tra il palazzo dell’Inail e il Teatro Romano. Completati questi sondaggi, presumibilmente in sei mesi, aprirà il cantiere vero e proprio.
LE DATE E in questo caso, per realizzare il maxi posteggio su cinque piani da 718 posti auto, di mesi ne serviranno molti di più. La data della possibile inauguraizone , infatti, è fissata nel 2014. «Le previsioni - conclude Sergas - parlano di tre anni di lavori per ultimare l’opera, più 45 giorni per renderla agibile».(m.r.)
 

 

Bonifiche, ente camerale fuori dall’accordo - PREVISTA PER IL 30 DICEMBRE LA FIRMA DELL’INTESA TRA GLI ENTI
 

Menia: attenti a non perdere 2,6 milioni da Roma. Assindustria: quello è l’1% dei costi complessivi
Un mese fa c’era entrata per poter recitare direttamente un ruolo di primo piano a tutela delle imprese che operano nel Sin, il ”sito inquinato di interesse nazionale”, i cui terreni ne fanno parte. Ora, dall’accordo di programma sulle bonifiche è uscita proprio nel rispetto della bocciatura dell’ultima versione della bozza sentenziata dalle categorie economiche che, per ragione d’essere, è chiamata a rappresentare. Ma la Camera di commercio si dice comunque «disponibile a supportare con quel milione e mezzo di euro annunciato le opere di caratterizzazione che le aziende dovranno sostenere». L’ha confermato ieri il numero uno dell’ente camerale, Antonio Paoletti, il giorno dopo l’accordo romano fra i vari soggetti che si sono impegnati a firmare il documento entro la fine di dicembre.
«Gli uffici del ministero dell’Ambiente aspettano l’arrivo delle approvazioni ufficiali il 30 dicembre, in modo che il 31 si possa poi registrare il tutto - ha puntualizzato da Bruxelles il sottosegretario Roberto Menia -. Il rischio infatti, lo ribadisco, è quello di perdere i soldi recuperati dal ministero tramite fondo di riserva». Si tratta di 2,6 milioni di euro. Ma «a fronte di un costo complessivo per la bonifica dell’area del Sito di interesse nazionaale che è pari a 350 milioni di euro. Si sta quindi parlando, in merito all’accordo, di una quota dell’1 per cento del totale», fa notare il presidente dell’Assindustria, Sergio Razeto, rinnovando in questo modo il proprio dissenso a un testo che «mi risulta, da indiscrezioni arrivatemi da Roma, resti evanescente».
Il riferimento è chiaro ma Razeto evita possano sorgere eventuali equivoci: «Il discorso del danno ambientale che tutti, anche chi non ha inquinato, devono pagare non è stato sbloccato. Lì sta il nodo della questione». Un nodo non da poco: attorno ci ballano 263 milioni di euro. «Anch’io concordo sulla necessità di riuscire a sbloccare la situazione - continua il presidente degli Industriali -, apprezzo la disponibilità della Camera di commercio come pure il lavoro portato avanti dall’onorevole Menia. Però, stando ancora così le cose, questo accordo di programma non ci dà respiro».
In un primo momento, l’altra sera, da Roma era giunta notizia di una conferma della presenza della Camera di commercio nella bozza. Da piazza della Borsa, invece, la comunicazione dell’impossibilità di sottoscrivere il documento era stata inoltrata agli uffici romani. «Le categorie si sono dichiarate disponibili a pagare qualcosa, ma senza certezze sui costi, senza sapere quanto, hanno detto no all’accordo. Noi le rappresentiamo. In ogni caso, grazie al nostro coinvolgimento - afferma Paoletti -, si è sbloccata la questione Ezit, rientrato in gioco» per preoccuparsi di concludere i sondaggi nelle zone mancanti. Sondaggi per i quali la Regione ha già a disposizione un finanziamento da 2,5 milioni di euro.
«So che dalle categorie economiche ci sono delle resistenze a questo accordo - ha aggiunto poi Menia -, quindi Paoletti e la Camera di commercio si sono tolti dagli impacci, uscendo dall’elenco dei firmatari». Che, in effetti, restano appunto l’Ezit, i comuni di Trieste e di Muggia, l’Autorità portuale e la Provincia di Trieste, con la Regione a fare da grande regista della partita e il ministero dell’Ambiente a supervisionare e indirizzare la partita. Tocca ora ai vari organi interni designati dare il semaforo verde al testo, in tempo per il 31 dicembre. Anzi, come ha detto Menia, per il 30. Resta una settimana di tempo. Anzi, alla fin fine, con il Natale in mezzo, le giornate utili sono quattro.
MATTEO UNTERWEGER

 

 

Muggia, meno spese per ambiente e sviluppo energetico - IL BILANCIO DI PREVISIONE 2010 - L’assessore Bussani: «Nessun taglio. Mancano contributi della Provincia per 40mila euro»
 

Secondo il bilancio di previsione 2010, illustrato in Consiglio comunale l’altra sera, il prossimo anno l’amministrazione spenderà 113mila euro in meno rispetto al 2009 per il settore ambientale e lo sviluppo energetico, passando così a una previsione di spesa di un milione 543mila euro.
Secondo l'assessore all'Ambiente Edmondo Bussani tale riduzione spesa non è dovuta a un ”taglio” ma dipende dalla mancanza dei contributi provinciali, 40mila euro, che nel 2009 sono stati utilizzati per il progetto di raccolta dell'amianto e per la raccolta differenziata.
Nello specifico il bilancio parla di una riduzione della spesa per l'inceneritore di 60mila euro e di un aumento dell'appalto per i rifiuti di 15mila euro. «Quei 60mila euro in meno – precisa Bussani – dipendono dal fatto che prevediamo un incremento della raccolta differenziata, così da risparmiare sulle spese per l'inceneritore».
Verranno poi dimezzate le spese per la raccolta dei rifiuti abbandonati, da 9mila euro a 4mila, e questo perché, secondo l'assessore, l'attività di informazione promossa dall'assessorato ha contribuito alla riduzione del fenomeno.
I quasi 19mila euro spesi lo scorso anno per la campagna pubblicitaria sulla raccolta dei rifiuti passeranno a 5mila, che serviranno a sviluppare la campagna già in atto.
Riduzioni della spesa anche per i settori riguardanti lo smaltimento dei rifiuti in altri impianti (meno 1.300 euro), e per la pubblicazione del bando di appalto per lo smaltimento dei rifiuti, costato quest’anno 5mila euro.
Aumentano di 6mila euro, invece, per un totale di 30mila euro, le spese che il Comune intende sostenere per la voce ”incarichi esterni in campo ambientale”, e cioè le «spese per lo sviluppo di progetti volti al miglioramento della condizione ambientale, tramite la riduzione dei consumi di'energia», spiega l'assessore Bussani.
Come nel 2009 rimangono in bilancio i 500 euro per le missioni in campo ambientale, soldi che l'assessorato prevede di spendere al di fuori dal territorio, volti all'esame di altre realtà e alla partecipazione a convegni e fiere sul problema dei rifiuti e dell'ambiente.
A contribuire alle riduzioni di spesa nel settore ambiente c’è infine il fatto che nel bilancio 2010 non c’è più la spesa di 7mila 800 euro, versati quest'anno dal Comune alla Provincia per l'apertura dell'ecosportello in via Roma.
Andrea Dotteschini
 

 

Sì al nucleare, soldi ai comuni che ospitano le centrali - Saranno le imprese a scegliere dove realizzarle. Tondo: «Enel col Fvg per raddoppiare Krsko»
 

i siti per le centrali

Il Consiglio dei ministri approva il decreto per individuare i siti In pole position le aree di Montalto, Trino, Caorso e Garigliano
TRIESTE Finanziamenti milionari e taglio delle tasse a chi accoglie, Regioni, Comuni e cittadini, un sito nucleare. Il governo spalanca la porta al nucleare in Italia con uno schema di decreto legislativo approvato ieri in Consiglio dei ministri. Si parla subito di «individuazione dei siti» adatti ad ospitare le centrali (oltre a quelle già esistenti e attualmente congelate), l’esecutivo non indica ancora i luoghi possibili, ma subito si riaccendono polemiche e prese di posizione da tutta Italia.
Pure dal Friuli Venezia Giulia che sta dialogando con la vicina centrale slovena di Krsko per possibili collaborazioni se ci sarà un raddoppio e da Monfalcone dove monta già la protesta sul timore di essere uno dei siti prescelti. Un dibattito infuocato (stanno già sorgendo banchetti degli ambientalisti che raccolgono firme, l’Idv annuncia un referendum e il Pd parla di piano insensato) che rischia di durare un anno intero. Il Consiglio dei ministri infatti indica la data di fine marzo (dopo le elezioni regionali) per le scelte dei siti idonei mentre, secondo quanto si è capito, ci vorrà almeno un anno prima che la nascente Agenzia per la sicurezza nucleare certifichi appena i quattro siti dati tra i favoriti, più il parco tecnologico con annesso deposito, (Trino Vercellese, Caorso, Montalto di Castro e Garigliano) d’intesa con amministrazioni locali, commissioni parlamentari e i ministeri.
Da questi siti arrivano già i primi «no grazie» e il dibattito esplode letteralmente pochi minuti dopo l’annuncio del governo con prese di posizione, molte contrarie e poche favorevoli. Tra i protagonisti lo stesso presidente della giunta del Fvg, Renzo Tondo che ribadisce quanto sostenuto da mesi: «La nostra Regione è interessata a partecipare al raddoppio della centrale nucleare slovena di Krsko». Ieri la riconferma della posizione durante il consueto incontro di auguri di fine anno: «Il presidente Gnudi mi ha assicurato che è di interesse anche dell’Enel l’eventuale partecipazione al raddoppio della centrale di Krsko. Enel ovviamente si farà viva quando la Slovenia aprirà, come ci auguriamo, il percorso in questa direzione. Aspettiamo quindi soltanto la disponibilità di Lubiana».
Una centrale nucleare distante 120 chilometri in linea d’aria dal Fvg potrebbe bastare secondo molti, secondo altri, soprattutto a Monfalcone, e in particolare il sindaco Gianfranco Pizzolitto, no. E c’è il rischio, secondo lui, che proprio la città dei cantieri possa essere scelta tra i siti più adatti.
La protesta popolare a Monfalcone che tra l’altro ospita una centrale dell’Enel (ma a olio combustibile e che sostiene qualcuno potrebbe essere riconvertita) è fortissima, il sindaco ha più volte ufficialmente ribadito il «no a qualsiasi ipotesi» e nonostante le smentite (arrivate recentemente dall’Enel e dallo stesso ministro allo sviluppo economico Scajola) insiste a vedere un rischio per Monfalcone. Troppo sospette e troppo insistenti, secondo il sindaco, le indiscrezioni giunte dalla stampa nazionale e soprattutto del Cnr che ha contattato direttamente il Comune.
Il ministero per ora non dà alcun indizio, Scajola nella nota dice solo che «con questo provvedimento abbiamo fissato i criteri per la localizzazione dei siti dando come obiettivo prioritario non soltanto la loro sicurezza, ma anche le esigenze di tutela della salute della popolazione e di protezione dell’ambiente». Sulla base di questi criteri dunque «saranno le imprese interessate a proporre in quali zone intendono realizzare gli impianti nucleari».
Certi invece i benefici. Si parte da un’entrata onnicomprensiva annuale pari a 3 mila euro per megawatt. Una volta entrata in funzione la centrale il beneficio sarà commisurato all’energia prodotta e immessa in rete pari a 0,4 euro per megawatt da dare a imprese e cittadini che si vedranno tagliate le bollette.
Il 10% andrà alle Province che ospitano l’impianto, il 55% ai Comuni, il 35% a quelli limitrofi fino ad un massimo di 20 km dall’impianto. Per quanto riguarda la fase di realizzazione dell’impianto i benefici sono destinati per il 40% agli enti locali per «finalità istituzionali» e per il 60% alle persone e alle imprese sul territorio circostante il sito con un taglio delle bollette energetiche, della Tarsu, delle addizionali Irpef, Irpeg e dell’Ici secondo le scelte degli enti locali.
GIULIO GARAU

 

 

Armaroli (Cnr): «L’Italia è il Paese più inadatto al mondo per l’atomo» - Questo settore è ormai in crisi, non interessa più i Paesi industriali L’investimento giusto è il solare
 

TRIESTE «Non c'è un solo Paese al mondo più inadatto dell'Italia a ospitare centrali nucleari nel 2009». Nicola Armaroli, ricercatore del Cnr, autore del libro «Energia per l' astronave Terra», rilancia l'urgenza dello sfruttamento dell'energia solare e stronca il ritorno al nucleare. Non sono a Monfalcone, ma in tutta Italia.
Armaroli, perché no al nucleare?
In Italia è installata una potenza elettrica pari a 94 gigawatt, il doppio rispetto alla richiesta di picco. E' il motivo per cui l'elettricità costa tanto: c'è troppa distanza tra domanda e offerta. Ed è la conferma che non scontiamo alcun ritardo rispetto al nucleare. Ma poi basta guardarsi un po' attorno.
Che succede altrove?
Non si riscontra alcun interesse nei Paesi industriali. Negli Stati Uniti non c'è da trent'anni un progetto serio. La famosa centrale finlandese è impantanata tra battaglie legali e ritardi. In Germania si è deciso di prolungare la vita di alcune centrale ma si va verso la chiusura. Il nucleare sconta una crisi epocale e noi pensiamo bene di rilanciare la partita. In un'Italia, però, priva di combustibile, di tecnologia, di know how e soprattutto di quattrini.
Ha letto i criteri decisi dal governo?
Una non notizia. Sono gli stessi che si usano da 50 anni in tutto il mondo.
Monfalcone può essere un sito possibile?
E' inadeguato come del resto tutto un Paese che è cambiato nel corso dei decenni e non è più quello degli anni Cinquanta. Pensiamo solo alla densità abitativa.
I problemi di Monfalcone?
Si trova in una regione a rischio sismico e vicino a comprensori turistici. Senza tener conto che nei prossimo anni è previsto l'innalzamento del mare Adriatico: altra questione da non sottovalutare.
Ma il nucleare farebbe risparmiare?
Tutt'altro. Il nostro sistema industriale, fatto per il 95% di imprese con meno di 5 dipendenti, è lontanissimo dal gigantismo del nucleare. Senza grandi consumatori non ci sarebbe ritorno.
Il fattore sicurezza?
Sicuramente le centrali non sono più quelle di Chernobyl ma la sicurezza al cento per cento non esiste. Senza dimenticare che è molto labile il confine tra uso civile e uso militare. Una settantina di anni fa l'Italia era uno Stato canaglia, la storia cambia il corso delle cose. E i rischi sono dietro l'angolo.
Alternative?
L'energia solare. Un investimento che darebbe lavoro a tante imprese italiane.
MARCO BALLICO

 

 

Polemiche a Monfalcone. Il sindaco ribadisce il suo «no» - POLITICI E AMMINISTRATORI SI APPELLANO ALLA REGIONE
 

«Ci batteremo per dire un forte no al nucleare» aveva ribadito in mattinata il sindaco di Monfalcone Pizzolitto nella festa degli auguri con i dipendenti comunali. Negli stessi istanti il Consiglio dei ministri procedeva sulla strada del nucleare, mettendo a punto i criteri con cui identificare i siti delle centrali nucleari. Nessuna indicazione, però...
«Però siccome Monfalcone viene indicato come sito nucleare una volta sì e una volta anche sarebbe opportuno che il presidente della Regione Tondo chiarisse quali elementi dispone per negare, come ha ribadito recentemente, che Monfalcone sarà sede di centrale nucleare», chiede il consigliere regionale del Pd, Giorgio Brandolin.
Di Monfalcone quale sito nucleare parla invece senza esitazione Paolo Brutti, responsabile del dipartimento ambiente dell’Italia dei valori: «È il regalo di Natale del governo agli italiani di Monfalcone e di altre 11 località. Quattro di queste località ospiteranno subito un impianto nucleare e un sito di stoccaggio. Le altre lo avranno dopo».
A Monfalcone si assiste disorientati a questo tam-tam di voci sulla centrale nucleare. Resta da capire se il sito di Monfalcone abbia o meno i requisiti per poter ospitare la centrale nucleare.

(r.c.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 22 dicembre 2009

 

 

Ambientalisti, video sul rigassificatore - SARÀ PRONTO A GIUGNO

 

Un documentario per informare in modo compiuto i cittadini ma anche le istituzioni comunitarie sui progetti di terminal di rigassificazione nel golfo, e allo stesso tempo una ”denuncia” a integrazione delle iniziative contro questi progetti già avviate da Alpe Adria Green e Greenaction Transnational.
Il video, che verrà realizzato con riprese sia a Trieste sia in Slovenia, sarà pronto entro il prossimo giugno. «Intendiamo dare voce – ha spiegato nel corso della presentazione Roberto Giurastante di Greenaction Trasnational – ai cittadini e alle associazioni. Ci baseremo sui documenti ufficiali in nostro possesso, sia per il progetto di Gas Natural sia per quello di E.On, e sulle inchieste avviate dalle istituzioni comunitarie e dalla magistratura italiana».
Entrando nel dettaglio, Giurastante ha precisato che «da un lato verrà valutata l’estensione del rischio nell’area di Zaule, dimostrando perché l’impianto di Gas Natural non può essere fatto in base alla legge Seveso, dall’altro verrà illustrato lo stato dell’informazione su questi progetti, a Trieste e in Slovenia». Si daranno poi risposte alle domande sugli impatti ambientali, i rischi per le popolazioni, le conseguenze per le economie locali, il traffico marittimo e quello diportistico.
Nella realizzazione del video Greenaction Transnational sarà affiancata da diverse associazioni: Alpe Adria Green, la sezione di Trieste dell’Associazione nazionale assistenza pensionati, Nosmog-Comitato ambientalista servolano, Comitato per la salvaguardia del golfo di Trieste, Comitato Sos Muggia e Gruppo Beppe Grillo Trieste.
Il documentario sarà arricchito dai contributi del tavolo sui rigassificatori creato dalla Uil Vigili del fuoco del Friuli Venezia Giulia, ma anche dalle posizioni di altri rappresentanti del mondo scientifico.
Durante la presentazione è stata infine annunciata la richiesta di patrocinio dell’iniziativa alle amministrazioni pubbliche italiane e slovene coinvolte, fra cui anche ai Comuni di Capodistria, Isola e Pirano.

(gi. pa.)

 

 

Tav a rischio, vertice italo-sloveno - I fondi sono stanziati ma per il governo italiano il collegamento non sarebbe prioritario
 

STAMANE A ROMA LA REGIONE PRESENTE CON L’ASSESSORE RICCARDI
TRIESTE Un vertice a tre per chiarire, una volta di più, il futuro della Tav nel tratto transfrontaliero tra Trieste e Divaccia, l’unico del Nordest per il quale l’Europa ha già previsto i fondi, ma anche l’unico che rischia di saltare se fosse ritenuto non più strategico dall’Italia.
Questa mattina a Roma è stato convocato un incontro tra il sottosegretario ai Trasporti, Igor Jakomin e il viceministro italiano, Roberto Castelli, al quale parteciperà anche l’assessore regionale ai Trasporti, Riccardo Riccardi. Non un vertice risolutivo – per quello dovrà essere convocata la commissione inergovernativa – ma un incontro preliminare dal quale si attendono comunque risposte sul futuro di un infrastruttura determinante per la realizzazione del Corridoio V. In ballo non c’è solo una tratta ferroviaria ad alta velocità della lunghezza di 35 chilometri e del valore di 2 miliardi e 400 milioni di euro già cofinanziati dall’Unione europea, ma c’è – qualora il progetto saltasse – il rischio isolamento per il Friuli Venezia Giulia. I punti di chiarire non mancano.
Il governo nazionale, con il sottosegretario Castelli, avrebbe sostenuto la non priorità dell’opera e in più, secondo la Slovenia, l’Italia vorrebbe costruire prima il tratto transfrontaliero del cosiddetto progetto europeo Ten-t n° 6 (passando da Ronchi a Opicina, sfiorando Sezana per arrivare così a Divaccia) rinviando il collegamento tra Trieste e Capodistria. In questo quadro, fatto più di voci ufficiose che di conferme ufficiali, la Regione ha sempre ribadito che la volontà del governo italiano di costruire la Trieste Divaccia non sia in discussione. Continua a non avere dubbi l’assessore Riccardi che oggi parteciperà all’incontro in rappresentanza del Friuli Venezia Giulia. «Per quel che ci riguarda – dice senza sbilanciarsi – porremo la questione del collegamento tra Trieste e Capodistria presentando la nostra ipotesi e ascoltando quella del governo sloveno. La progettazione dovrà essere comune tra Italia e Slovenia, ma al momento non ci sono scadenze impellenti. Si tratta di capire prima di tutto come trovare una linea comune».
Una progettazione preliminare dell’opera non c’è, esiste uno studio di fattibilità che però è già stato criticato in particolare per la curva che interesserebbe la Val Rosandra. Esiste poi la determinazione della Slovenia nel voler completare il collegamento a fronte delle titubanze italiane. Sul progetto vigila anche l’europarlamentare del Pd Debora Serracchiani che avverte: «Se l’Italia ha detto a Bruxelles che non ritiene più prioritario il collegamento Trieste-Divaccia, significa che i finanziamenti già stanziati per quella tratta saranno dirottati ad altro intervento e bisognerà ricominciare daccapo per ottenere le risorse. La Slovenia dal canto suo ha già messo in sicurezza i fondi necessari a realizzare l’opera – evidenzia Serracchiani – per cui chi rischia di finire ai margini è il Friuli Venezia Giulia: si ritroverebbe isolato ad est ma anche ad ovest». Il progetto di costruire la linea ad alta capacità tra Venezia e Trieste è impantanato per mancanza di risorse e ancor prima per l’assenza di un tracciato condiviso tra le due regioni. «Spero che almeno sulla Trieste – Divaccia – dice Serracchiani - si faccia quanto prima chiarezza».
MARTINA MILIA

 

 

Pedonalizzazioni e viabilità, 8 milioni dallo Stato - Fondi del ministero dell’Ambiente per galleria Montebello, Borgo Teresiano e strada di Fiume
 

Un regalo di Natale che vale poco meno di 8 milioni di euro. L’ha fatto alla città di Trieste il ministero dell’Ambiente, sbloccando i finanziamenti attesi dal Comune per poter avviare una serie di cantieri, tra cui quello legato alla riqualificazione della galleria Montebello.
Le risorse stanziate da Roma - per la precisione 7 milioni e 962 mila euro - fanno parte del Fondo per la mobilità sostenibile, attivato appunto dal dicastero retto da Stefania Prestigiacomo per migliorare la viabilità e la qualità dell’aria nelle aree urbane. Soldi freschi che consentiranno di coprire buona parte dei costi (in totale 13 milioni e 300 mila euro) di quattro opere pubbliche. Quattro e non sei però, come originariamente immaginato dall’amministrazione municipale. Dall’elenco di interventi per i quali la giunta Dipiazza aveva chiesto contributi finanziari sono stati infatti stralciati due cantieri: la riorganizzazione del quadrivio di Opicina e la riqualificazione della galleria Sandrinelli (per la quale l’esecutivo comunale chiedeva un contributo di 1,8 milioni a fronte di una spesa totale di 2,6 milioni). In compenso, come detto, il Municipio potrà accelerare i tempi per il restyling di un’altra galleria cittadina, quella di piazza Foraggi.
L’opera richiederà complessivamente una spesa di 9 milioni di euro, di cui circa 5 coperti dal contributo ministeriale. Il resto dovrà metterlo il Comune di tasca propria. «I soldi ci sono già - spiega il sindaco Dipiazza, che ieri in giunta ha portato la delibera relativa alla firma dell’accordo di programma con il dicastero dell’Ambiente per il trasferimento dei fondi -. Se non ci fossero stati, tra l’altro, Roma non avrebbe erogato propri finanziamenti. Il meccanismo infatti prevede di destinare contributi solo a opere che possono già contare su parziale copertura».
Degli 8 milioni di euro in arrivo, 1,4 saranno poi destinati alla riqualificazione di via Trento e largo Panfili (costo complessivo 2 milioni di euro). Un intervento, questo, in origine legato a doppio filo alla realizzazione del terzo ponte sul canale di Ponterosso che però, ultimamente, sembra navigare in cattive acque. «Ma il progetto non è mica morto - precisa Dipiazza -. Siamo ancora in attesa di ricevere la risposta definitiva dalla Soprintendenza. In ogni caso, anche se il ponte non dovesse essere costruito, riqualificando via Trento e largo Panfili riusciremo a mettere a posto un altro bel pezzo del Borgo Giuseppino. Quell’operazione, sommata all’altra prevista in Ponterosso, ci permetterà di fatto di completare il quadro del centro storico».
Tra i quattro interventi co-finanziati dal ministero, infatti, rientra anche la pedonalizzazione di piazza Ponterosso; costo complessivo poco più di 1,8 milioni di euro di cui 1,3 coperti da Roma e 560 mila a carico del Comune. Importi ben superiori rispetto a quelli previsti per l’ultima opera pubblica inserita nell’accordo di programma: la riqualificazione di Strada di Fiume in corrispondenza, dell’ospedale di Cattinara, che costerà in tutto 448 mila euro, di cui 313 mila messi a disposizione dal ministero.
Lo sblocco dei fondi non consente tuttavia di azzardare previsioni precise sull’avvio dei lavori e sulla durata dei cantieri. «I tempi, quando si parla di opere pubbliche, sono lunghi - conclude il primo cittadino -. La progettazione l’abbiamo già avviata, ma poi dovremo andare in gara e sottoporre l’intervento alla Soprintendenza per il parere. Scadenze quindi, al momento, è difficile darle. Posso assicurare che la priorità verrà data alla riqualificazione della galleria Montebello. Subito dopo proseguiremo con via Trento, largo Panfili e piazza Ponterosso. Come e quando lo vedremo. L’importante, in questa fase, era ottenere i soldi e ora li abbiamo effettivamente portati a casa».
MADDALENA REBECCA

 

 

Bonifiche, a Roma accordo sul testo - Passo avanti verso la firma, assente la Camera di commercio - Sui terreni inseriti nell’area del Sin
 

Passo in avanti verso la firma dell’accordo di programma sulle bonifiche. La riunione romana di ieri sera, snodatasi sotto la regia del sottosegretario all’Ambiente Roberto Menia, ha sciolto i dubbi residui dei soggetti coinvolti sul testo condiviso. Recepite le istanze della Provincia, che chiedeva alcuni chiarimenti e aggiustamenti interni allo scritto stesso, i presenti hanno sostanzialmente confermato l’impegno di arrivare a una firma nel più breve tempo possibile. Fermo restando che il via libera sarà vincolato all’esito del nuovo passaggio per giunte e consigli comunali e provinciali, comitato portuale, giunta camerale, cda di Ezit e, infine, per la Regione, incaricata in conclusione di dare la sua benedizione all’atto.
Si diceva dei presenti, ovvero - oltre ai rappresentanti del ministero - i tecnici di Regione, Provincia, Comune di Trieste, Ezit e Autorità portuale, più l’assessore regionale alle Finanze Sandra Savino e l’assessore provinciale all’Ambiente Vittorio Zollia. Assenti il Comune di Muggia, pare per problemi logistici legati al maltempo, e la Camera di commercio. La grande incognita, adesso, è appunto l’ente camerale, posto che le categorie economiche hanno già espresso di recente e con estrema chiarezza la loro contrarietà all’attuale accordo sui terreni inseriti nel Sin (Sito di interesse nazionale). La richiesta, da parte delle realtà rappresentate dalla Camera di commercio, è infatti di poter lavorare su un testo che quantifichi dettagliatamente i costi richiesti alle varie aziende per coprire il danno ambientale.
La Cciaa risulta - hanno assicurato fonti romane - ancora inserita all’interno della bozza. Tuttavia, se l’ente guidato dal presidente Antonio Paoletti effettivamente dovesse rifiutare di firmare l’accordo, come oggi appare scontato, potrebbe esserne esclusa. E l’iter proseguirà così con un attore in meno, a meno di clamorosi passi indietro. Considerato poi che il ministero dell’Ambiente ha confermato una volta di più ieri la sua volontà di arrivare all’approvazione complessiva del documento il prima possibile. Preferibilmente, entro la fine dell’anno o, al massimo, nei primi giorni del 2010.

(m.u.)
 

 

MUGGIA - Si allarga la differenziata porta a porta - Rifiuti: per il 2010 l’obiettivo è il 60% - Da Zindis si passerà ad altri rioni dopo la gara per il nuovo appalto
 

Col nuovo anno la raccolta differenziata a domicilio verrà estesa da Zindis, dove interesse già 40 condomìni, ad altri rioni di Muggia. L'allargamento sarà graudale e partirà in concomitanza con l'affidamento del nuovo appalto per l’asporto rifiuti. L'attuale contratto con Italspurghi scadrà infatti il 28 febbraio e la gara per quello nuovo, che – assicura l'assessore Edmondo Bussani – conterrà elementi migliorativi, è già stata esperita.
Ma per conoscere modalità e tempistica sarà necessario attendere il passaggio di consegne, che avverrà il 1° marzo. Se venisse riconfermata l’Italspurghi, data la continuità di servizio tutto sarà più semplice e rapido.
Il ”porta a porta” domiciliare è partito a ottobre nei condomìni di Zindis, con la collocazione di cassonetti di vicinato di medie dimensioni per carta, plastica e vetro, sistemati negli androni. La raccolta porta a porta verrà poi estesa a zone omogenee (e coinvolgerà quindi rioni come Fonderia e Aquilinia, costituiti da abitazioni plurifamiliari, per poi essere allargata anche alle unità mono o bifamiliari).
Nel corso dell'anno, in accordo con l'azienda che risulterà vincitrice dell'appalto, verrà sviluppata anche la raccolta dell'umido, per poi estenderla, una volta ottimizzata, a tutta la cittadinaza.
Un ulteriore passo sarà la responsabilizzazione dei cittadini, dotando i cassonetti di serrature, in modo che ognuno verifichi il corretto conferimento e non si verifichino anomalie.
«L'obiettivo del Comune – spiega l’assessore – è il raggiungimento, come previsto dalla normativa, del 50% di raccolta differenziata entro il 2009, del 60% nel 2010 e del 65% nel 2012. Attualmente a Muggia la percentuale è del 30% (rispetto al 21% del 2008), ma su questo dato pesano la rescissione del contratto a Ecoverde e il relativo affidamento provvisorio per un anno e mezzo. Rispetto ai Comuni virtuosi - osserva ancora Bussani - siamo indietro, ma bisogna considerare che sono partiti molto prima, alcuni negli anni '90. Intendiamo raggiungere questi obiettivi sviluppando la raccolta con la gradualità necessaria. Lo step successivo sarà il passaggio da tassa a tariffa».
Il primo passaggio sarà conunque l'estenzione del servizio porta a porta. «Non è facile modificare abitudini radicate, ma già quest'anno abbiamo normalizzato il porta a porta su un centinaio di aziende e pubblici esercizi, e cominciato a interessare le utenze domestiche, con un processo che proseguirà nel 2010, sempre con gradualità e attraverso un’adeguata informazione».
Gianfranco Terzoli
 

 

SEGNALAZIONI - SMOG - Ferriera «trasversale»
 

Per coloro che non l’avessero notato, il giorno 16 dicembre il giornale riportava la notizia che il Comitato Portuale, in cui vengono rappresentati tra l’altro i Comuni in cui ricade il Porto di Trieste e la Provincia stessa, ha deliberato di avallare la richiesta della Ferriera di poterci inquinare per altri quattro anni. Hanno votato contro solo il sindaco di Muggia e un sindacalista, mentre il sindaco Dipiazza, sempre prodigo di «ciacole», non si è nemmeno presentato e non ha delegato alcuno a rappresentarlo, e la presidente della Provincia Bassa Poropat ha addirittura votato a favore. Non c’è molto da dire: adesso sappiamo chi ha a cuore la salute dei cittadini, e i piani di sviluppo del porto, e chi invece fa solo della facile demagogia ad uso degli sprovveduti. Complimenti ancora ai nostri due rappresentanti... davvero una trasversalità politica degna delle grandi occasioni.
Fabio Cigoi
 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 21 dicembre 2009

 

 

«I rischi derivanti dal rigassificatore valutati con superficialità» - LE CRITICHE DEGLI SLOVENI ALLA CONFERENZA STAMPA DI LEGAMBIENTE
 

È chiara la direttiva europea sulla valutazione di impatto ambientale (direttiva VIA): nel caso di progetti che possono avere effetti significativi sull'ambiente di un altro Stato membro il principio è la collaborazione fra governi. Il progetto di cui si discute è il rigassificatore della spagnola Gas Natural nel porto industriale di Trieste, e lo Stato membro è la vicina Slovenia. La giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea riconosce, inoltre, che non è possibile eludere o attenuare i controlli prescritti dalla direttiva VIA “affettando”in più parti un progetto industriale che nel suo insieme potrebbe avere un “notevole impatto ambientale”. È il cosiddetto “salami slicing”, vietato dalla normativa europea. Questa impone una valutazione d'impatto globale, come ha ricordato Marko Starman, direttore dell'area protetta di Strugnano, nel corso dell'incontro pubblico sui rischi per l'ambiente e per la sicurezza organizzato ieri dal WWF e da Legambiente, con la partecipazione anche di esperti sloveni. Al contrario il Decreto VIA del Ministero dell'ambiente del luglio scorso sembra non aver considerato gli effetti cumulativi derivanti dal collegamento dell'impianto della Gas Natural al metanodotto della Snam per la distribuzione del gas in Italia. E' sconcertante - hanno sottolineato gli ambientalisti - come tutta la documentazione sia stata trattata in modo superficiale dal Governo italiano.

(i.g.)
 

 

Buccari, Kostrena e Portoré contro l’impianto di coking - Protesta di sindaci e cittadini per l’installazione prevista dall’Ina
 

KOSTRENA Memori degli sfracelli ambientali combinati dalla defunta cokeria buccarana (dal 1976 al 1994), i consiglieri municipali di Buccari, Kostrena e Portoré (Kraljevica) hanno opposto un netto rifiuto allo studio di impatto ambientale riguardante l’entrata in funzione di un impianto di coking, da far sorgere nell’ambito della raffineria dell’Ina a Urinj, nel comune di Kostrena. In quest’ultima località, che confina a est con Fiume, si è tenuta una seduta congiunta dei consiglieri delle tre municipalità, alla quale hanno partecipato anche i rispettivi sindaci, e in cui tutti i presenti hanno espresso contrarietà all’impianto che trasformerà il coke di petrolio in prodotti più leggeri e remunerativi, come sono da considerarsi benzina, gas di petrolio liquefatto e gasolio da autotrazione. Il progetto dell’impianto di coking rientra nel processo di modernizzazione degli stabilimenti di Urinj (investimenti per un miliardo e mezzo di euro), che è stato però accolto molto male dall’opinione pubblica e dai comuni interessati.
Unanime è stata pertanto la conclusione votata a Kostrena e inviata alla compagnia petrolifera croato – ungherese Ina: «Lo studio di impatto ambientale è lacunoso e non spiega a sufficienza taluni aspetti legati alla presenza dell’impianto di trasformazione dei derivati petroliferi nel nostro comprensorio. La documentazione offertaci in visione è pertanto inaccettabile. Attendiamo che un secondo studio illustri in modo concreto e chiaro le conseguenze dello stabilimento coking per l’ambiente». Duro l’attacco del sindaco di Kostrena, Miroslav Uljan (regionalista quarnerino): «Ci opponiamo e ci opporremo in modo forte a simili tecnologie, di cui non abbiamo proprio bisogno. Gli abitanti di Kostrena sono particolarmente scettici verso l’Ina, in quanto i suoi responsabili non hanno mai realizzato ciò che avevano promesso. La raffineria dell’Ina sta degradando da decenni l’habitat, producendo un insopportabile inquinamento acustico. A Kostrena, la qualità dell’aria rientra nella terza categoria e dunque stiamo parlando di aria inquinata, il che vuol dire che l’Ina non ha ancora avviato il tanto atteso programma di risanamento. Prima di pensare all’ammodernamento, l’Ina deve migliorare la qualità dell’aria che respiriamo a Kostrena e dintorni».
Categorico pure il sindaco buccarano, Tomislav Klaric (Accadizeta, centrodestra): «Abbiamo analizzato a fondo lo studio di impatto ambientale, concludendo che Buccari non può avere il ”coke bis”. Nel documento non sono stati trattati, ad esempio, né l’impatto sulla sorgente di acqua potabile Dobrica né le condizioni meteo presenti nell’area. Tenuto conto di quello che combinano da noi i venti di bora e scirocco, credo che qui il coke si troverebbe dappertutto. Dopo quanto siamo stati costretti a sopportare a causa dell’ex cokeria, a Buccari nessuno vuol più sentir parlare di nuovi impianti inquinanti». Sulla stessa lunghezza d’onda il commento del sindaco di Portoré, Josip Turina (Partito socialdemocratico): «Basta con questi impianti, gli abitanti di Portoré vogliono respirare finalmente aria pulita. La nostra città è da considerarsi defunta a causa dei grandi stabilimenti industriali presenti nel suo immediato circondario. Se proprio impianto di coking deve essere, propongo l’istituzione di una commissione indipendente, i cui esperti dovranno scegliere la tecnologia migliore».
Ad intervenire è stato anche Vladimir Micovic, direttore dell’Istituto regionale per la Salute pubblica, soffermatosi sulla qualità dell’aria nella zona di Urinj: «Da ormai quattro anni – ha detto – i dati parlano di aria di terza categoria. Purtroppo le stazioni di misurazione, gestite dall’Ina, risultano inattive per lunghi periodi nel corso dell’anno e dunque può darsi che i risultati reali siano peggiori di quelli ufficiali».
Andrea Marsanich
 

 

Pesce killer fa strage di cefali nel Raguseo Pescatori in crisi - UNO STERMINIO DA 30 TONNELLATE
 

FIUME Sarebbe frutto (sgradito) dei cambiamenti climatici che interessano l’intero pianeta la comparsa di un nuovo inquilino nelle acque dalmate dell’estuario della Narenta (Neretva). Un inquilino aggressivo e “sanguinario”, per niente gradito ai pescatori e a chi si occupa di allevamento ittico nell’estremo Sud della Dalmazia, ovvero nella regione raguseo-narentana. Si tratta del pesce serra (Pomatomus saltatrix o saltator, detto anche ballerino, bluefish o tailor in inglese e, nella versione dialettale locale, strijelko – lett.arciere o lanciere). Denominazione a parte, si tratta di un predatore spietato e veloce, che da qualche tempo sta facendo strage di cefali, orate e altre specie ittiche nelle acque narentane dalla foce in su. Una presenza, quella del serra-arciere, non proprio del tutto inedita nel Basso Adriatico, ma fin qui estremamente rara o sporadica.
Ultimamente, invece, il temibile predatore (fino a 130 cm di lunghezza e 14 kg di peso, anche se le pezzature più frequenti vanno dai 2-4 kg) ha fatto la sua comparsa massiccia nel comprensorio marittimo di Ragusa (Dubrovnik), compiendo autentiche stragi fra i branchi di cefali che si concentrano nell’estuario narentano. Testimonianza quotidiana delle scorribande effettuate dalle orde di “arcieri” sono i resti orrendamente mutilati di cefali e orate. Il pesce serra – per certi versi simile a una grossa spigola o branzino, dotato di una dentatura formidabile, fitta e acuminata, corredata da un’eccezionale potenza mandibolare – è un tipo poco raccomandabile anche per le mani di eventuali pescatori malaccorti. Il serra è un autentico killer del mare, che aggredisce e addenta anche quando è sazio e quindi per puro istinto di uccidere. Non si lascia sfuggire niente: sarde, alici, sgombri, occhiate e via elencando vanno bene comunque. Anche se le prede preferite sono i predetti cefali. La furia del serra è tanto incontenibile che non ingurgita neppure le prede, ma le azzanna staccandone brandelli e lasciandosi dietro una scia di corpi mutilati. Secondo le stime, ovviamente approssimative, dei pescatori e maricoltori narentani nello spazio di qualche mese i branchi di serra avrebbero sterminato all’incirca sulle 30 tonnellate di cefali. Contromisure per limitare i danni di questa specie invasiva (che in Mediraneo sembra avere la culla lungo le coste turche, e in particolare nel Bosforo) non ce ne sono, anche perché si tratta di pesci imprevedibili.

(f.r.)
 

 

SEGNALAZIONI - SMOG - Ferriera da chiudere
 

Caro Roberto, è giunto il momento delle decisioni forti. Te lo dico come amico, come ex assessore all’ambiente ma soprattutto come capogruppo della Lega Nord. Il centrodestra triestino, ha sempre affrontato le sue campagne elettorali promettendo la chiusura della Ferriera. Lo ha fatto nel 2001 e nel 2006 vincendo a Trieste, lo ha fatto nel 2008 riconquistando una Regione che aveva osato concedere allo stabilimento di Servola l’autorizzazione integrata ambientale. Tu eri sempre presente a garantire il risultato finale dando speranza a decine di migliaia di abitanti che ci credevano. Siamo giunti a giorni nel 2010 e si sta avvicinando la data delle prossime elezioni comunali. Davanti a noi abbiamo una sola strada se vogliamo presentarci ancora con credibilità all’elettorato di Servola. Chiudere la Ferriera per grave pericolo alla salute pubblica conseguente al continuo imbrattamento e inquinamento di questi anni. Costringendo quindi la proprietà a pagare gli stipendi ai lavoratori. Cosa stiamo invece facendo nonostante la presenza in Consiglio regionale di sei esponenti triestini del centrodestra? Alla data odierna non siamo stati capaci di procedere alla revisione dell’A.I.A. concessa da Illy, non abbiamo avuto il coraggio di opporci al rinnovo della concessione portuale, abbiamo chiesto al Governo il rinvio al dicembre 2011 dei nuovi limiti imposti dalla Comunità sui livelli di particolato nell’aria. Limiti che avrebbero portato alla chiusura automatica di uno stabilimento non in grado di rispettarli. Posso capire la preoccupazione per i lavoratori della Ferriera ma sino a oggi non ho ancora visto un piano di riqualificazione degno di questo nome.
Caro sindaco, è giunto veramente il momento di prendere una decisione forte, prendere tempo non porta più a nulla di buono. I lavoratori della Ferriera e gli abitanti di Servola hanno necessità di certezze. Davanti una situazione di questo tipo, per motivi diversi ma soprattutto per coerenza, tutte le forze politiche dovrebbero avere la dignità di non presentarsi nel 2011 a chiedere il voto ai servolani. Io auspico invece che ciò possa avvenire. Tutto dipende dalla tua determinazione e dalla volontà dell’amministrazione regionale. In caso contrario il piccolo ma dignitoso gruppo che rappresento in Consiglio comunale si assumerà una forte responsabilità, quella cioè di dire che è giunto il momento di cambiare le cose.
Maurizio Ferrara - capogruppo Lega Nord - consiglio comunale di Trieste
 

 

SEGNALAZIONI - Piano regolatore, una fretta ”sospetta”
 

Ma come viene amministrata la cosa pubblica? Sono veramente amareggiata. I regolamenti sicuramente consentono alla «maggioranza di turno», e sottolineo «di turno», di fissare i consigli comunali per importanti delibere in tempi brevissimi, non solo quando ci sono delle reali scadenze, ma anche quando i progetti che si vanno a trattare sono stati per anni fermi e nascosti nei cassetti degli uffici comunali.
Ad esempio porto la recente adozione da parte del Consiglio Comunale del Piano Particolareggiato del Centro Storico.
Il documento che è stato adottato nella seduta del 14 dicembre u.s. ha una storia lunga; voglio solo ricordare che già nel lontano 1969 era stato indetto un concorso nazionale di idee per il piano particolareggiato del centro storico di Trieste e che l’elaborato dell’architetto Gianugo Polesello era stato segnalato, ma credo mai preso in considerazione dell’amministrazione comunale.
Dal 2003 poi al 2005 i tecnici comunali, hanno lavorato e predisposto un piano che il 26 gennaio 2006 è passato in giunta, il 2 febbraio 2006 è stato inoltrato alle Circoscrizioni e l’8 febbraio 2006 sottoposto all’esame della VI Commissione Comunale. Poi, non si sa né perché né per come, il piano è sparito; è rimasto in letargo per 4 anni per tornare prepotentemente alla ribalta alla fine di quest’anno con un’urgenza incredibile.
Vista la consistenza degli elaborati i capigruppo dell’opposizione, più il capogruppo della maggioranza Bruno Sulli, hanno chiesto più tempo per aver la possibilità di esaminare meglio i numerosi elaborati.
I capigruppo della maggioranza con l’astensione determinante del consigliere Minisini, senza una ragione plausibile se non quella dell’arroganza del potere, hanno deciso di andare in Consiglio.
E così abbiamo avuto soltanto 10 giorni di tempo per esaminare 2267 pagine e 49 tra tabelle ed elaborati grafici di vario tipo!
Abbiamo avuto pertanto la possibilità di preparare un ridotto numero di emendamenti che anche in questa circostanza, come in occasione del Prgc, sono stati accolti soltanto in minima parte pur avendo il parere favorevole degli uffici tecnici.
A questo proposito voglio far presente che anche per conoscere gli emendamenti nella loro interezza vale il discorso del poco tempo concesso: infatti i consiglieri vengono a conoscenza degli emendamenti presentati e del parere degli uffici solo poco prima della seduta del Consiglio. In questo modo è difficile valutare la portata e le ricadute di tutti gli emendamenti e controbattere alle argomentazioni degli uffici.
La stessa sorte è toccata ai consiglieri circoscrizionali che, anche questa volta con carattere di urgenza, hanno dovuto dare il loro parere in 10 giorni invece che nei 20 giorni di solito concessi alle circoscrizioni.
Invito tutti i consiglieri a prendere atto di questa situazione ed a pensare seriamente a mettere mano a queste regole che affossano la partecipazione, la democrazia e la trasparenza.
Bruna Tam

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 20 dicembre 2009

 

 

«Dalla Ferriera il 30% di emissioni», ma 4 anni fa - Datato il piano sull’aria voluto dalla Regione. De Anna: ordinati aggiornamenti per l’accordo di programma
 

ILLUSTRATO DAL CONSIGLIERE COMUNALE VERDE RACOVELLI IL DOCUMENTO DEL MAGGIO 2009 MAI RESO PUBBLICO
L’Arpa produce il primo «piano stralcio» sulla qualità dell’aria per Trieste, con «particolare riferimento alla zona di Servola», redatto da quindici specialisti. Studio ordinato dalla Regione soprattutto per tamponare due serie mancanze. La prima: la stessa Regione non ha mai ottemperato all’obbligo di legge di produrre una ”carta geografica” delle emissioni in aria per tutto il territorio (adesso i lavori sono in corso). La seconda: l’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) fu concessa allo stabilimento siderurgico di Servola nel dicembre 2007 pur in assenza di questa base normativamente ineludibile.
Il fascicolo è datato maggio 2009. Non è stato mai ufficialmente reso noto. Ma l’altro giorno lo ha presentato la Commissione trasparenza comunale, alla presenza dello stesso sindaco Roberto Dipiazza, per iniziativa del suo presidente, il verde Alfredo Racovelli, che annuncia: «Lo porterò anche alla Procura della Repubblica».
Che cosa dice questo analitico documento? In sostanza che la Ferriera produce un terzo delle emissioni di polveri in aria rispetto al totale di tutte le aziende attive, e che le emissioni di benzoapirene hanno raggiunto, nel periodo considerato, picchi pari a cinque e anche otto volte il limite consentito, ovvero 5 o 8 nanogrammi per metro cubo al posto di 1, spandendosi anche nell’abitato, con situazioni di rischio per la salute.
Tuttavia, presentando il grafico sulla quantità d’inquinamento prodotta dalla Lucchini in proporzione agli altri insediamenti industriali, l’Arpa specifica di aver usato il «catasto delle emissioni 2005», redatto prima che la Ferriera «applicasse le migliori tecnologie possibili» imposte proprio dall’Aia. E che spera di avere in futuro un catasto più aggiornato. Inoltre il conteggio delle emissioni attraverso le centraline di via Pitacco, via Svevo, via San Lorenzo in Selva e via Carpineto è avvenuto tra il 1.o gennaio 2006 e il 30 novembre 2008. La Lucchini così ha già prodotto i propri dati, relativi al periodo gennaio-novembre 2009, dicendo che almeno per le Pm10 (le polveri sottili) i valori medi si sono attestati al di sotto del valore-limite di 50 microgrammi per metro cubo, e che gli sforamenti si sono verificati, ma anche stavolta in misura inferiore al massimo consentito che è di 35 volte in un anno («Via Pitacco - ha riferito la Lucchini - 11 sforamenti, via Svevo 21, via Carpineto 14»). L’azienda ha ricordato poi che l’Arpa in novembre ha fatto tutti i controlli sull’applicazione dell’Aia, e che per l’ammodernamento degli impianti ha stanziato «18 milioni di euro per 2008 e 2009».
«È vero - ammette l’assessore regionale all’Ambiente, Elio De Anna -, i dati sono un po’ superati e proprio per questo l’altra settimana ho emesso delle linee di indirizzo che obbligano l’Arpa a una osservazione ”in continuo”, in modo da avere oltre a questa anche una situazione aggiornata. Lo scopo - avverte - è anche di stringere i tempi per l’accordo di programma sulla riconversione dell’azienda, perché si parla al suo posto di una nuova centrale elettrica e di una fabbrica di funi, ma non vorrei trovarmi un giorno con queste realtà e ugualmente ancora con la Ferriera accanto».
I dati sull’aria raccolti dall’Arpa faranno parte integrante dei Piani di azione regionale, che saranno tradotti in nuovi Piani di azione comunale (l’ultimo, relativo proprio alla Ferriera, fu deliberato dal Comune nel maggio 2005): piani che obbligano a controllare e correggere situazioni fuori norma, nello specifico quelle di Servola. L’iniziativa diretta sul territorio è poi, De Anna lo sottolinea, delle «ordinanze sindacali». E si sa quanto Dipiazza abbia minacciato la chiusura dell’industria siderurgica, cedendo poi al consiglio di avviare un accordo di programma, che dopo una prima riunione dovrebbe riattivare il tavolo a gennaio.
Conclude De Anna: «Ho avviato il piano sui rifiuti solidi urbani, che se non arriva al ministero entro l’anno ci procura sanzioni in sede europea, il piano per la tutela delle acque (che avrà un iter lunghissimo), e il piano sulla qualità dell’aria che non era addirittura mai stato fatto. Tolta la precedenza che è stata data alla straordinaria situazione triestina, è quello che risulta più in ritardo».

(g. z.)
 

 

E il Porto sprigiona ossido di zolfo - LO SCALO NE PRODUCE LA QUANTITÀ PIÙ ELEVATA
 

Non c’è solo la Ferriera nel Piano dell’aria di Trieste. Lo studio analizza, tenendo conto anche di alture e «barriere» costituite da edifici, e dei venti, e del volume di traffico, la situazione complessiva dell’inquinamento dei suoi produttori. Si scopre così che anche il Porto, mai citato in questo senso, è un superproduttore di inquinanti per la città.
La massima quantità del pericoloso Ossido di zolfo (So2) è dovuto ai movimenti nello scalo: 1993 tonnellate in aria ogni anno. E questa sostanza rappresenta oltre la metà delle emissioni totali. Altrettanto si può dire dell’Ossido di azoto (No2): il porto ne produce la quantità più elevata, ossia 2120 tonnellate all’anno, seguito dalle combusioni dell’industria. Il traffico sgancia invece in aria la più gran parte di Composti organici volatili (il 40% del totale). Il metano viene immesso quasi tutto dai distributori di combustibili (5292 tonnellate all’anno): il 90% di queste emissioni. Il monossido di carbonio (Co) lo produce tutto il traffico: l’80%, per 9520 tonnellate annue. L’anidride carbonica che respiriamo è così tanta che viene misurata in «kilotonnellate»: oltre 1 milione di tonnellate all’anno, causate per il 40% dalla produzione di energia e dalla trasformazione di combustibili.
L’ossido di diazoto (N2o), responsabile dell’effetto serra, è prodotto soprattutto dal riscaldamento domestico, l’ammoniaca di nuovo dal traffico, il quale è anche la più forte causa di polveri sottili: sia di Pm10, sia delle più piccole e insidiose Pm2,5.
 

 

San Dorligo, rifiuti col microchip - Da gennaio il nuovo sistema per quantificare la raccolta indifferenziata
 

DOPO TRE ANNI DI SPERIMENTAZIONE
Da gennaio verrà applicato a San Dorligo il sistema dei ”microchip transponder”, che misurerà le levate dei bidoni dei rifuti indifferenziati. Su questo tema aveva fortemente eccepito il capogruppo consiliare del Pdl-Udc Roberto Drozina, il quale aveva ricordato «gli atti, le deliberazioni e le mozioni approvate dal Consiglio comunale risalenti a qualche mese, nei quali era stato richiesto il coinvolgimento del Consiglio per trovare un sistema di calibratura individuale dei rifiuti coerente con la legge nazionale che prevede la pesata in chilogrammi e non in numero di prelievi».
L'esponente del centrodestra aveva inoltre evidenziato il fatto che «l'utilizzo del chip doveva avere esclusivamente fini statistici, in attesa di individuare nel futuro una metodologia più favorevole per la cittadinanza».
L’assessore ai Servizi Elisabetta Sormani confuta le parole del consigliere: «Il Comune non ha mai vietato il microchip per la misurazione dei rifiuti, ma aveva soltanto chiesto una sospensione, sino a quando non si fosse trovata una soluzione definitiva ai problemi emersi nei tre anni di sperimentazione, soluzione che ora siamo pronti ad applicare».
Quale dunque l'intervento proposto? «Poiché non esistono strumenti precisi per misurare il peso dei rifiuti, useremo bidoni di diversa portata: oltre a quelli canonici da 120 litri, i cittadini potranno chiedere anche bidoncini della capienza di 30 litri. In questo modo, una persona che produce 30 litri di immondizia pagherà meno di chi ne produce 60 litri, perché non verranno quantificate le levate ma il reale volume del cassonetto quantificato in litri».
L’assessore replica poi alle accuse arrivate da alcuni partiti di opposizione sulla gestione della raccolta indifferenziata dei rifiuti, che alla vigilia della partenza ufficiale, dopo tre anni di sperimentazione, vede ancora una netta divisione sul come gestire la raccolta. «Non stiamo ledendo la tutela della privacy di nessuno – afferma la Sormani – né tanto meno stiamo violando le normative nazionali ed europee».
Uno dei motivi che ha fatto scatenare l'ennesima polemica sulla questione rifiuti è stato l'invito, fatto dal Comune, a scrivere i propri dati identificativi sul cassonetto verde riservato ai rifiuti indifferenziati. «E' un invito a violare la legge – aveva commentato il consigliere di Uniti nelle Tradizioni, Massimiliano Dazzi – nel quale imporre a identificare il cassonetto con le proprie generalità equivale a obbligare i cittadini a mettere in piazza, a disposizione di tutti, la propria vita privata».
Dazzi aveva minacciato di rivolgersi «alle autorità competenti per la tutela della privacy» se tale provvedimento non fosse stato revocato da parte dell'amministrazione comunale.
Questa la risposta dell'assessore Sormani: «Il nostro obiettivo non è di ispezionare il contenuto dei rifiuti indifferenziati, che peraltro sono ben chiusi all'interno di un sacco nero, quanto quello di tutelare i cittadini nel caso vi siano giornate di bora o vi sia un erroneo scambio di bottino, affinché si possa riconoscere in maniera sicura il proprietario dei singoli bidoni».

(r.t.)
 

 

SEGNALAZIONI - Energia nucleare - CENTRALI
 

Ha ragione la professoressa Hack: bisogna affrontare il problema energetico in modo laico, senza preclusioni. La domanda fondamentale rimane: oggi, l’Italia deve iniziare ad investire nella costruzione di centrali nucleari? Non è affatto scontato rispondere a questa domanda Molti scienziati ed economisti sostengono che il nucleare non è la soluzione finale all'utopia di una fonte di energia illimitata e a prezzo ragionevole. Può essere, forse e in qualche circostanza, una temporanea soluzione tampone.
E nel caso dell’Italia? Uno spunto di riflessione ci viene dall’attualità, cioè dalla presunta individuazione a Monfalcone di un possibile sito per una centrale nucleare.
Se fosse vero, sarebbe una bestialità assoluta, che dimostrerebbe solo l’incapacità di chi è responsabile della politica energetica italiana. E questo perché un sito nucleare ha bisogno di (almeno) 3 caratteristiche 1) un isolamento di più di 10 km da qualunque insediamento abitativo 2) un fiume/canale che provveda all'acqua di raffreddamento sacrificabile ad un certo (debole) inquinamento radioattivo 3) la presenza in situ di un deposito sicuro per (almeno una parte) delle scorie radioattive accumulate.
Non mi pare siano le carateristiche di Monfalcone.
Le domande serie da porsi sono: abbiamo siti davvero sicuri? qual è il prezzo economico della scelta nucleare? quali sono i suoi tempi scala?
Quali i rischi di macro e micro incidenti? Il Governo Berlusconi si accinge a fare la scelta nucleare con mentalità ideologica e senza rispondere a queste domande. Il presidente Tondo ci assicura che a Monfalcone non avremo la centrale: speriamo non vada a finire come la storia dei crediti sulle
compartecipazioni Inps.
Paolo Salucci - cons. Pd prov. Trieste - docente di Fisica alla Sissa
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 19 dicembre 2009

 

 

Camera di Stato slovena «No al rigassificatore» - RISOLUZIONE SULLA TUTELA AMBIENTALE
 

Contrarietà alla costruzione di rigassificatori nell’alto Adriatico e in particolare nel golfo di Trieste, sia in territorio italiano che in quello sloveno.
In questo senso si è espressa l’altra sera la Camera di Stato slovena, che ha approvato una ”Risoluzione sulle strategie per l’Adriatico” proposta da un gruppo di parlamentari con il patocinio dell’organizzazione ambientalista internazionale Alpe Adria Green, di cui fa parte anche Greenaction Transnational.
La risoluzione stabilisce le posizioni e gli standard ambientali di riferimento che la Slovenia osserverà in materia anche nei rapporti con gli altri Paesi adriatici, e la impegna a rappresentare e a difendere fermamente gli interessi di tutela ambientale e di sicurezza dell’Adriatico settentrionale secondo le convenzioni internazionali e le norme e indirizzi dell’Unione europea.
Il documento afferma inoltre che strutture e impianti nuovi che abbiano impatti rilevanti sull’ecosistema adriatico devono essere valutati a livello regionale, cioè fra tutti i Paesi dell’area. Da qui la contrarietà al rigassificatore espressa dalla Camera di stato della vicina Repubblica.
Alpe Adria Green e le organizzazioni ambientaliste aderenti - si legge in una nota - ritengono che «la risoluzione della Slovenia per la tutela internazionale dell’Adriatico sia un passo decisivo che dovrebbe essere recepito nei contenuti dagli altri Paesi della regione».
 

 

Muggia, no al gasdotto e alla centrale elettrica - Seconda bocciatura del consiglio per il collegamento del rigassificatore alla rete
 

MUGGIA Il Consiglio comunale di Muggia ha detto nuovamente ”no”, l’altra sera, al gasdotto per il rigassificatore di Zaule, e ha dato parere sfavorevole anche sulla documentazione per la Via della centrale termoelettrica proposta da Lucchini Energia.
Il voto sfavorevole sui documenti integrativi forniti da Snam Rete Gas per la valutazione dell'impatto ambientale (Via) del metanodotto Trieste-Grado-Villesse è stato unanime.
Il progetto prevede la realizzazione del collegamento in due tratti: quello sottomarino Trieste - Grado, da 32 pollici di diametro, e quello fra Grado e Villesse da 42 pollici. «Ciò porterebbe a pensare - osserva il sindaco di Muggia, Nerio Nesladek - che l'aumento del diametro nel tratto da Grado a Villesse potrebbe essere dovuto a un futuro collegamento, che si vorrebbe mettere in atto tra il metanodotto e il secondo rigassificatore, quello offshore proposto dall'Endesa, ora passato all’E.On».
Il consiglio, che si era espresso negativamente sul progetto del metanodotto già in due occasioni, ha ribadito il ”no” ritenendo che le valutazioni sulla realizzazione della conduttura non si possano disgiungere dal parere negativo relativo all'impianto di rigassificazione previsto a Zaule, al quale il metanodotto andrebbe a collegarsi.
Parere sfavorevole anche sulla documentazione, fornita da Lucchini Energia, concernente la procedura di Via per la costruzione di una centrale termoelettrica a ciclo combinato, anch'essa bocciata dall'amministrazione comunale poiché «collegata alla costruzione del rigassificatore.».
E’ stato, invece, approvato all'unanimità l’ordine del giorno, pervenuto dai Comuni di Mortegliano e Lestizza, per il mantenimento del numero di medici di medicina generale su un rapporto di uno ogni mille abitanti. Con la deliberazione della giunta regionale del 20 febbraio 2006, la Regione fissò infatti il rapporto medici-abitanti sul valore di uno ogni 300.
«Il problema è che noi ne abbiamo uno per 13mila residenti – ha commentato scherzosamente Paolo Prodan, capogruppo di An, riferendosi al primo cittadino –. Se si torna a un medico ogni mille utenti, il sindaco avrà più tempo per stare in Municipio».
«Tutti possono verificare che i primi ad arrivare in Municipio siamo io e il direttore – ha risposto Nesladek –. È la mia carriera di medico ad averci rimesso. Spero che l'approvazione di questa delibera si traduca in una maggiore possibilità di trovare lavoro per i giovani medici».
La sentenza del Consiglio di Stato del 23 marzo 2009 ha dichiarato illegittima la delibera della giunta regionale, riportando in vigore il rapporto di un medico ogni mille utenti. L’amministrazione si è così impegnata a sollecitare la Regione per garantire un livello adeguato di assistenza medica.
Il consiglio si è poi pronunciato favorevolmente sull’ordine del giorno per dare maggior assistenza ai malati di sclerosi laterale amiotrofica (Sla) residenti in regione. Rinviato infine l'ultimo punto all'ordine del giorno: la modifica del testo dell'accordo di programma per la bonifica del Sito inquinato.
Andrea Dotteschini
 

 

Muggia, convegno sulla ”differenziata”
 

MUGGIA Il rifiuto come risorsa economica. Se ne parla oggi alle 10 in sala Millo in un incontro organizzato dall'associazione Impronta Muggia. Verrà illustrata la proposta di alcune associazioni per una raccolta differenziata dei rifiuti porta a porta, basata sul volontariato.
 

 

«L’azienda non risarcisce i residenti» - Rosato: «Niente ammissioni di responsabilità, solo aiuti a chi ha disagi»
 

IL DIRETTORE DELLO STABILIMENTO: SFORAMENTI NELLE EMISSIONI, TREND POSITIVO
I ”risarcimenti” agli abitanti di Servola? «Semplici somme di denaro corrisposte in favore dei cittadini che lamentano disagi e fastidi». Le critiche del sindaco di Muggia Nesladek, secondo cui l’inquinamento della Ferriera danneggia il turismo? «Infondate, vista la forte crescita di visitatori registrata a Trieste nel 2009». Il pressing delle istituzioni dalla Uil per vigilare sul rispetto degli obblighi ambientali? «Inutile, perché il Gruppo Lucchini, oltre ad adempiere a tutte le prescrizioni imposte dall’Aia (l’autorizzazione di impatto ambientale), ha anche migliorato l’efficienza degli impianti e sostenuto gli ulteriori oneri richiesti dal piano di monitoraggio».
Ecco come il direttore della Ferriera Francesco Rosato replica punto su punto alle tante accuse piovute negli ultimi giorni sull’attività dello stabilimento siderurgico. Una difesa a tutto campo della linea d’azione della Lucchini che punta a fare chiarezza, in particolare, sulle presunte responsabilità penali dell’azienda. «In merito al procedimento penale in corso, per il quale l’azienda ha già chiesto da tempo l’oblazione - osserva Rosato in una nota -, le trattative sono positivamente avviate con la parte civile senza che ciò comporti da parte della Lucchini alcun riconoscimento, diretto o indiretto, di responsabilità nei fatti contestati. È dunque improprio parlare di ”risarcimenti” ai servolani: si tratta semplicemente della disponibilità della società a corrispondere una somma di denaro a favore dei soggetti che lamentano disagi e fastidi. Disponibilità - precisa ancora il direttore di stabilimento - già dimostrata in passato a riprova della responsabilità sociale dell’azienda verso il rione, senza però avallare la pretesa di addebitare la causa dei fastidi degli abitanti a eventuali inadeguatezze del Gruppo».
L’inesistenza di simili inadeguatezze, sostiene ancora la proprietà, è testimoniata del resto dall’esito dell’ultima verifica annuale compiuta dall’Arpa lo scorso novembre: «Quei controlli - continua Rosato - hanno accertato il pieno rispetto di tutte le condizioni fissate dall’Aia, la regolarità delle misure e dei dispositivi di prevenzione dell’inquinamento e l’ottemperanza a tutti gli obblighi di comunicazione. Quanto alla qualità dell’aria - conclude la nota -, i dati ufficiali delle centraline relativi al periodo gennaio-novembre 2009 hanno evidenziato, sia nei valori medi di pm10 sia nel numero di sforamenti, un trend di miglioramento rispetto allo stesso periodo del 2008».
 

 

Fogar: la sola Servola produce un terzo dell’inquinamento - L’ESPONENTE DEL MIANI PROSEGUE LO SCIOPERO DELLA FAME
 

Ha dato l’ultimatum alla Ferriera. «O lei o io», ruggisce Maurizio Fogar dall’ultimo piano del palazzone di Valmaura, con vista sui fumi dello stabilimento. Le reazioni, però, latitano. Nonostante la sua decisione di non prendere più, ormai da svariate settimane i farmaci salvavita che gli sono necessari e, da 12 giorni, di alimentarsi solamente con acqua, continua a raccogliere la solidarietà solo di qualche adorante casigliano o dei servolani più vicini. E intanto, assicura il pasdaran dell’ambiente, la vista dell’occhio sinistro comincia a perdere qualche colpo, come effetto collaterale del diabete mal curato, il battito del cuore gli è passato a 100, dai soliti 50, la pressione a 170. Ogni tanto si fa vivo anche qualche politico ma poi rientra subito nei ranghi.
Forse per questo le parole più avvelenate, l’esponente del circolo Miani le dedica al presidente della Regione Renzo Tondo e al sindaco Roberto Dipiazza, «due che con la promessa di chiudere la Ferriera ci hanno marciato, hanno vinto due elezioni e poi si sono comportati in maniera totalmente opposta. Li pregherei almeno – sibila Fogar – visto che hanno preso per i fondelli migliaia di persone, di non parlare proprio più della Ferriera...».
Dal computer Google Maps capta, con un’immagine datata 2009 ma non in tempo reale, una grande macchia che si allarga nel mare. «L’inquinamento continua – s’infervora – e il comitato portuale cosa fa? Proroga alla Lucchini per altri quattro anni la concessione! Per giunta con Dipiazza che non si fa neanche vedere! Una vergogna».
È un computer umano, Fogar, nonostante la debolezza. E, a sorpresa, tira fuori l’asso dalla manica. Anzi, due. «Ho scoperto per caso che la commissione europea presieduta da Barroso ha bocciato 62 delle 67 richieste di deroga presentate dall’Italia per posticipare l’applicazione dei nuovi limiti in materia di inquinamento, e cioè da 50 a non più di 35 sforamenti all’anno e da 35 a non più di 20 giornate. E quella che è stata trattata peggio è stata proprio la regione Friuli Venezia Giulia. Accusata, in pratica, di aver presentato dati taroccati, assommando Trieste al verde Collio per fare media». Non è finita. L’esponente del ”Miani” annota tra le bacchettate di Bruxelles anche la mancata approvazione del Piano regionale dell’aria, atteso fin dal 2003. Un testo che, per qualche misteriosa alchimia si materializza sul suo tavolo. E qui si entra in terreno minato. «Come si possono commentare dei dati (quelli del documento regionale non reso noto ndr) da cui risulta che la Lucchini produce da sola 1/3 dell’inquinamento totale in città, quanto a Pm10 e Pm 2,5, senza dimenticarsi neanche l’Italcementi, che l’unica centralina affidabile è quella ministeriale di via San Lorenzo in Selva a Servola, perchè 7 su 11 sono controllate dalla Ferriera e che il benzoapirene ha una media annuale vicino al 9, contro l’1 inteso come dato massimo sostenibile»?
FURIO BALDASSI

 

 

Rispunta l’ipotesi del Museo Carciotti Camber: piccole collezioni da accorpare - L’esponente Pdl: futuro da ripensare. Omero (Pd): fermi al punto di partenza
 

DOPO CHE LO STATO HA STANZIATO DUE MILIONI PER IL RESTAURO DELLA PARTE INTERNA ANTICA
Decarli (foto): il centro congressi piaceva all’ex assessore Bandelli, per questo adesso non risulta gradito
Il destino di palazzo Carciotti è di nuovo quello di una navicella nel mare. La direzione regionale dei Beni culturali ha fatto la sua parte per la sezione storica dell’immenso e prezioso edificio. Ne sta ristrutturando le facciate, ha trovato anche sponsor per integrare i fondi propri, ha ottenuto dallo Stato 2 milioni per il rifacimento delle parti interne che diventeranno sede museale per la collezione d’arte antica. La parte dove oggi stanno uffici comunali in attesa di trasferirsi nella ristrutturata caserma Beleno era quella che il Comune aveva rilanciato come sede di congressi, ricevendo pure in dono il progetto di Francesco Cervesi, lodato da ogni parte.
Invece. «L’idea di farne centro congressi - afferma Piero Camber (Fi) - era nata sull’urgenza di trovare una sede per questa attività poi che la Stazione marittima sembrava virata a porto per le navi da crociera. Adesso le navi da crociera sono sparite, e se torneranno saranno poche, mentre il Silos (che pure prevede sale per congressi) è progettato e finanziato e in un paio d’anni sarà pronto. Per Palazzo Carciotti bisogna pensare di nuovo: farne davvero un centro congressi? O piuttosto, che so, un Museo della città? O ci accorpiamo dentro alcuni piccoli musei oggi troppo sparsi per creare un megapolo dell’arte? O lo vendiamo (pura ipotesi) perché se ne faccia un grande albergo proprio per congressisti? Anche il magazzino che sta di punta alla Stazione marittima può essere restaurato per congressi».
«Che ridere - sospira Fabio Omero (Pd) -, passano 10 anni ed ecco che torniamo al punto di partenza. L’idea di fare del Carciotti una grande sede museale era del compianto Roberto Damiani. Io piuttosto ricordo che il 28 novembre di un anno fa la giunta ha fatto proprio un nostro ordine del giorno affinché si creasse un tavolo tecnico tra Comune, Provincia, Fiera, Fondazione CRTrieste, Autorità portuale per decidere tra tutti i ”proprietari” di beni che cosa fare delle strutture sulle Rive. Senza dire che proprio la destinazione del Carciotti sarebbe stato argomento da inserire nel piano del centro storico. Dubito poi - prosegue Omero - che le piccole sale previste al Silos siano sufficienti per puntare sui congressi, attività considerata importante anche a corredo di un eventuale Parco del mare, come messo in evidenza nel piano dell’assessore Ravidà. C’è di tutto, e anche troppo, da riempire - conclude il capogruppo del Pd in Comune -, Silos, Tripcovich, Molo IV, Stazione marittima, Magazzino vini, palazzetti sul primo tratto delle Rive. Ma se non c’è un piano complessivo a lungo termine...».
Per Roberto Decarli (Cittadini) l’ipotesi di consacrare il nobile Carciotti alle collezioni d’arte è molto attraente. «Il Museo Revoltella ha un enorme patrimonio di opere che non ha spazi per esporre, sono chiuse nei magazzini: si potrebbe accrescere il patrimonio artistico della città. Però il progetto del centro congressi prevedeva esso stesso spazi per mostre, per ristoranti e varie attività anche espositive. La verità è - insinua Decarli - che il progetto Cervesi piaceva molto all’assessore Bandelli, in questa situazione nuova che si è creata in consiglio comunale tutto ciò che richiama Bandelli piace invece assai meno. Così delle crociere si dice che sono finite e che la Stazione marittima torna disponibile anche perché l’Autorità portuale è di diverso colore politico. Purtroppo - dice Decarli - le cose si muovono anche in questo senso».
GABRIELLA ZIANI

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 18 dicembre 2009

 

 

Dipiazza s’infuria sulle royalties e Gas Natural ci ripensa - Il primo cittadino su de Carreras: «Un maleducato, gli farò fare anticamera»
 

«Non abbiamo alcuna preclusione al confronto sulle contropartite economiche»
Ore 11.30. Roberto Dipiazza, irritato dall’indisponibilità a sciogliere il nodo delle royalties manifestata il giorno prima dal direttore Progetti internazionali di Gas Natural, parte con l’affondo: «Questo signore (Narciso de Carreras Roques ndr) è stato molto maleducato. La prossima volta che mi chiederà un incontro, lo farò aspettare due mesi». Ore 19. Il colosso spagnolo, evidentemente informato della sfuriata del primo cittadino, corre ai ripari: «Nessuna preclusione al confronto con il Comune di Trieste per le cosiddette royalties a favore della città».
Tra Trieste e Barcellona, insomma, ieri si è sfiorato l’incidente diplomatico. Colpa delle dichiarazioni rese da de Carreras durante la visita lampo in città del giorno precedente: «Non parlerei di royalties, ma di ricadute per il territorio di altro tipo, come i 150-200 milioni di euro in 20 anni di gettito fiscale». Frasi che il primo cittadino ha interpretato come un’inaccettabile caduta di stile. «Deprecabile - è andato giù duro il primo cittadino - la scelta di parlare sui giornali di trattative decisive per la città. Partite come quella delle royalties (le ”tasse” da versare nelle casse comunali in proporzione alla quantità di gas sbarcato) richiedono confronti istituzionali e passaggi in consiglio comunale, non poche battute sulla stampa».
Quello commesso da Gas Natural, dunque, sarebbe stato uno strappo grave. Talmente grave da richiedere addirittura, secondo il sindaco, una qualche ”punizione” simbolica. Quale? Costringere gli spagnoli a fare anticamera prima di rimetter piede in Comune. «Diciamo - ha concluso Dipiazza - che per avere un appuntamento dovranno aspettare un paio di mesi».
Ed è stata forse questa prospettiva a spingere la spa, nel tardo pomeriggio, a gettare acqua sul fuoco riaprendo al confronto sulle contropartite economiche. «Le ricadute per il territorio dei proventi dell’imposizione fiscale sulla società - ha precisato in una nota il colosso iberico -, non rappresentano in alcun modo un elemento di preclusione al confronto che sarà fatto con il Comune di Trieste per le cosiddette royalties a favore della città. I vantaggi che il territorio potrà ottenere a fronte dell’avvio di un progetto come quello del rigassificatore di Zaule saranno infatti ampi e di diverso tipo: dalle entrate fiscali derivanti dal trasferimento della sede in città al piano di bonifica del sito, ai 500 milioni di investimento complessivo. Fino, appunto, alle royalties da concordare con il Comune, alla possibile partecipazione al progetto di Acegas e alle iniziative che saranno concordate nei prossimi mesi con gli stakeholder istituzionali».
Lo sfogo di Dipiazza, questa volta, ho decisamente sortito l’effetto desiderato.
MADDALENA REBECCA
 

 

Bonifiche, il sindaco firma l’accordo Artigiani perplessi - SIGLATA IERI LA DELIBERA
 

Sulle bonifiche il Comune va controcorrente. O forse, semplicemente, segue la linea governativa e cerca di accelerare i tempi. Nei fatti, ieri mattina, nel corso di quella che lo stesso sindaco Dipiazza ha definito una «giunta volante» vista l’assenza di qualche assessore, l’amministrazione ha fatto proprio, con una delibera, l’accordo di programma fortemente caldeggiato da Roma. Quella stessa bozza che solo un paio di giorni prima artigiani e industriali avevano clamorosamente bocciato. E il malumore tra le categorie, per così dire, monta rumorosamente. Suscitando, immancabile, la reazione dello stesso sindaco. «Ma come – si stupisce Dipiazza – dopo 50 anni che rompiamo con le bonifiche adesso votano tutti contro? Io dico che intanto bisogna fare, ma in questa città no se devi e no se pol., mentre invece è proprio nei momenti difficili che bisogna tirare fuori gli attributi...».
La tesi convince fino a un certo punto Dario Bruni, presidente della Confartigianato locale. «Intanto va precisato – debutta – che non siamo affatto contro il documento. Va posta la parola fine a questa vicenda, ma non possiamo neanche pensare di accettare una cosa senza sapere chi pagherà e quanto. In questo, firmare è come fare un salto nel buio». Bruni spiega, al riguardo che le perplessità nascono, oltre che dall’aspetto contabile anche da certi concetti da specificare meglio. «Come la mettiamo con gli impattanti? Chi sono? Uno che fa logistica perchè muove i carrelli sul cemento, un tipografo o un carrozziere, e ce ne sono tanti in quell’area? Abbiamo sempre sostenuto – s’infervora Bruni – che chi non ha inquinato non deve pagare, ora siamo disposti a dare qualcosa, ma al massimo si può arrivare a quei 3,60 euro al metro quadrato ipotizzati dalla Regione. Da quelli al salto nel buio, senza alcuna cifra, ce ne corre.... Soprattutto adesso che gli ultimi dati parlano di un aumento della cassa integrazione artigiana del 650 per cento, del fatto che le 98mila ore del 2008 sono già diventate a ottobre di quest’anno 700mila e della certezza che la crisi investirà presto anche questo lato del Nordest. Non facciamo nè barricate nè strumentalizzazioni, vogliamo solo vederci chiaro». «Faccio un discorso semplice – aggiunge Dipiazza – per essere chiaro con tutti: se ho comprato un terreno alle Noghere per 18 euro al mq, ne pago 70 di bonifiche ma poi ne vale 200 ho fatto un affare o no? Io so che lunedì vado col documento a Roma. Da dove, se ne facciano tutti una ragione, soldi non ne arriveranno più».

(f.b.)
 

 

«Lifting al Porto Vecchio, ora ci siamo» - Di Paola: «Greensisam rifarà il progetto». A febbraio l’inaugurazione delle scuderie di Miramare
 

Abbiamo faticato per trovare una soluzione, è stato un accordo sofferto, malgrado i buoni propositi del Comune di togliere la ”pista da Ferrari”
Per il ponte chiedevo solo dei bulloni da una parte e due dall’altra. In dieci anni tante cose possono cambiare e potrebbe diventare inutile
Un permesso solo temporaneo per installare un nuovo ponte sul Canal Grande? Roberto Dipiazza s’inalbera e anche l’altro giorno in commissione ha rigettato la palla con stizza: «Ci dica, la Soprintendenza, se è un ”sì” o un ”no”». Il sindaco non trangugia i ”ni”. Nelle stesse ore il presidente dell’Ezit, Mauro Azzarita, faceva la voce rude perché un’azienda che voleva insediarsi dalle parti del Rio Ospo, zona di Muggia, si è vista bocciare il progetto. Ostilità verso le industrie, con tutti questi veti?
In piazza Libertà (altro nodo urbanistico che stenta a sciogliersi in una pulita azione) il direttore regionale dei Beni culturali, Roberto Di Paola, agli ultimi mesi di mandato, resta il principale interlocutore di tutte queste delicate faccende. Dalla sua bella sala al secondo piano della Soprintendenza ha una risposta a tutto. Anche per altre importanti ma finora irrisolte questioni: la stessa piazza, palazzo Carciotti, Miramare, i soldi, i rapporti con le amministrazioni.
Direttore Di Paola, c’è bisogno di chiarire questo concetto del «permesso temporaneo» per un ponte sul canale del Ponterosso. Il sindaco dice che o spende per una cosa durevole, o non spende. Dunque, non spende.
È una questione complessa e controversa. L’idea del Comune di collegare urbanisticamente certi spazi di città oggi sofferenti aveva dei connotati positivi. Gli isolati da piazza Libertà a palazzo Gopcevich soffrono di indubbio isolamento rispetto a quelli che stanno oltre il canale. Quindi il problema urbanistico ha una sua logica e l’abbiamo voluto prendere in considerazione. Anche se a rigor di termini una simile proposta di aggiungere lì un ponte non doveva neanche essere presentata. È elemento del tutto ”ultroneo”.
Cioé un pezzo aggiunto, che rovina l’esistente e la sua matrice storica. Invece...
Invece abbiamo voluto verificare. Non appariva certamente plausibile, abbiamo detto al sindaco, progettare un ponte come gli altri, viceversa si sarebbe potuto pensare a una passerella con connotati di reversibilità, da poter togliere insomma se un giorno le necessità urbanistiche fossero state risolte. Chiedevo solo due bulloni da una parte e due bulloni dall’altra. Un permesso di cinque anni rinnovabile di cinque. In 10 anni molte cose possono cambiare, un ponte può anche diventare inutile.
È stato un onesto compromesso, insomma.
Un modo per salvare da un lato le buone motivazioni urbanistiche e dall’altro l’integrità del canale. Ma se un domani quella zona cambiasse profilo, se si creasse un percorso culturale che da palazzo Gopcevich (sede dei Civici musei, ndr) portasse al nuovo polo di palazzo Carciotti...
Per palazzo Carciotti però attualmente ci sono scarse prospettive.
Ma non è vero, non è più vero. Il ministero ha confermato 2 milioni di finanziamento attraverso la società Arcus che per suo conto gestisce una porzione di lavori pubblici statali, quelli dei Beni culturali, per il restauro della parte storica del palazzo, in modo da poterci un giorno installare la Galleria d’arte antica e anche la collezione istriana. I soldi serviranno per avviare anche la progettazione. Questa è la bella e fresca novità. È la prima pietra per realizzare l’intero progetto. Intanto stiamo lavorando al restauro delle facciate, abbiamo destinato oltre 250 mila euro e in più abbiamo trovato sponsor privati per completare i lavori. È stata una bella collaborazione Comune-Stato, perché il Comune teneva molto a palazzo Carciotti, e io stesso lo considero una meraviglia, e ci tenevo assolutamente ad avviare le cose.
Invece in piazza Libertà, sotto le sue finestre, dove sembravano molto avviate, sembra che tutto resti nei cassetti.
Abbiamo faticato anche per trovare una soluzione per piazza Libertà. In fondo noi adesso non siamo più dei sanzionatori a cose fatte, cerchiamo sempre più di essere dei consulenti delle amministrazioni, sarebbe bello avere addirittura uno ”sportello unico” dove prendere le decisioni subito in buon accordo. Ma tornando alla piazza, è stato un accordo un po’ sofferto. Anche qui le esigenze del Comune avevano dei lati molto positivi, soprattutto nell’intenzione di togliere davanti alla stazione quella diagonale di traffico da ”pista per Ferrari” che azzerava il valore della piazza stessa e del giardino rischiando di far finire falciato chi usciva dalla stazione dei treni, e inoltre scagliava le macchine sulle Rive, forti dell’iniziale accelerazione, a una velocità autostradale. Nello stesso tempo dunque si convogliava il traffico attraverso una ”chicane” moderatrice che sulle Rive avrebbe portato un flusso a velocità più adeguate.
Era stata aggiunta una corsia sul lato giardino, di fronte alla stazione, però.
Non avrebbe turbato l’intenzione. Una fermata del bus non avrebbe cambiato molto.
Non sono state le sue prescrizioni dunque a bloccare il cammino dell’operazione?
No, un’amministrazione può fare progetti e poi decidere di non farli più. È sempre difficile, molto difficile, intervenire sull’assetto di una città.
E i piani regolatori? Quello generale e quello per il centro storico?
Hanno un loro iter amministrativo autonomo, la Soprintendenza (dovrei dire purtroppo) ha solo un parere non vincolante da esprimere dopo l’adozione, a cose fatte. Sta all’amministrazione, poi, volerne fare un buon uso. In tutti i casi il futuro di Trieste sta nell’allontanare il traffico dal centro città. Spero inoltre che il piano del centro storico ne abbia allargato i confini, ci sono tantissimi edifici che hanno superato i 50 anni di età e che sono di assoluto pregio architettonico, dei veri gioielli, delle opere d’arte. C’è un accordo col Comune, comunque, affinché si attivi per mandare alla Soprintendenza tutti i progetti che riguardano il centro storico, quello antico e quello allargato.
Lei dice che siete dei «consiglieri», ma l’Ezit ha appena espresso malumore per un vostro intervento negativo sull’insediamento di un’azienda.
Non conosco il caso specifico, ma la tutela dei Beni culturali comporta a volte un restringimento dei diritti dei privati. La liberta individuale ha un limite dove si scontra con il bene pubblico, è un concetto basilare.
Visto che parliamo di progetti difficili, com’è finito il contenzioso per i magazzini di Greensisam in Porto vecchio?
Il contenzioso è appunto finito. Il progetto vecchio è stato sospeso, e un altro è stato concordato e condiviso coi progettisti, le cose sono molto migliorate. Se questo lavoro si fosse fatto prima, come avevo suggerito, si sarebbero risparmiati tempo e lavoro, credo. Ancora meglio se si fosse agito ai tempi del progetto Botta: Botta aveva letto correttamente quell’area, nella zona Greensisam prevedeva una visuale completamente aperta da piazza Libertà al mare. Bello, no?
Ma il progetto Botta aveva anche grandi altezze nel comprensorio...
Cose correggibili facilmente, l’impianto generale era corretto.
E adesso a che punto siamo? Lei ha già l’occhio sul progetto nuovo, quello dell’associazione di imprese Maltauro-Rizzani de Eccher che ha vinto la gara?
Sì, lo stiamo valutando. È un progetto generale di restauro, ed è corretto. Certo non esaurisce tutti i problemi dell’area, del suo riutilizzo, ma per l’impianto generale, che è sostanzialmente di restauro della parte storica, l’approccio è giusto. Naturalmente ci si fonda sul principio della concessione, dunque tutto deve essere ancora autorizzato. Ci stiamo pronunciando, ci vorranno ancora circa due mesi.
Che cosa manca a questo progetto?
Non è solo questione di restauro, servono standard urbanistici. Il restauro è la condizione fondamentale e di base, siamo in presenza di un bene culturale, monumentale, ma non sufficiente per fare del Porto vecchio il famoso ”terzo quartiere” della città. Ci vogliono poi idee architettoniche per inserimenti innovativi e coerenti, e soluzioni urbanistiche per renderlo una città viva, e non un posto vuoto e morto.
Per carità, lo è adesso.
Appunto, bisogna garantire fruibilità.
Parliamo però anche di casa sua, questo palazzo Economo, le collezioni.
Stiamo ristrutturando i sottotetti, quanto alla collezione d’arte non è più qui, è smembrata un po’ al Museo Revoltella e un po’ nei magazzini. S’era pensato di sistemarla alle Scuderie del castello di Miramare, ma era un’idea sbagliatissima. Arte antica fuori città. E per di più vicino al mare. Se un giorno salta l’impianto di condizionamento con l’umidità si perde tutto il patrimonio. Eppoi Miramare fa già da solo 250 mila visitatori all’anno, quanti in più ne avrebbe grazie ai quadri? I quadri, con la collezione istriana, li metteremo al Carciotti, una soluzione meravigliosa, ideale, che arricchisce la città.
E le Scuderie resteranno chiuse? I soldi statali per il castello di Miramare erano stati cassati.
No, non restano chiuse. Credo che già a febbraio, prima che io lasci Trieste, potremo fare l’inaugurazione. Diventeranno il ”punto di sbarco” del castello, lì saranno spostati la biglietteria, il guardaroba, il ”bookshop”, che ora si trovano all’ingresso, e lo guastano un po’, quando piove non si ha idea di quanta gente si ammassa con ombrelli, cappotti e scarpe bagnate... Una confusione.
Già tutto deciso e fatto, dunque?
C’erano pochi lavori di adeguamento da apportare, li stiamo finendo. Bisogna anche riconsiderare l’offerta culturale di Miramare, la suggestione del mondo asburgico di cui è simbolo, e che attualmente non è ben ricordata. Se penso ai favolosi castelli di Ludwig di Baviera, e specialmente a quello che si trova sul lago di Starnberg, vorrei che si realizzasse una cosa simile: c’è lì un punto informativo, un museo che racconta del personaggio, della famiglia, di Wagner che fu l’amico e il pupillo, una mostra permanente dell’arte di quei tempi e di quei castelli, tra l’altro tutta arte italiana. Miramare fa parte di quella temperie, e anche dal punto di vista artistico ha da raccontare molto, ma attualmente il visitatore non trova suggerimenti e informazioni, e invece quello è il luogo dove la presenza degli Asburgo a Trieste si materializza con più immediata forza evocativa.
Ora lei sta per lasciare Trieste e anche per andare in pensione. Bene o male?
Mah, le condizioni di lavoro sono sempre più difficili, nelle Soprintendenze. Quello che mi turba per davvero è che quando si va via tutte le cose iniziate rallentano, o si fermano. Per Trieste mi dispiacerebbe molto.
Che poi è una città abbastanza votata ai rallentamenti.
Ma no, ma no. Ci sono dappertutto. Non le dico a Roma.
GABRIELLA ZIANI

 

 

Via all’autostrada Cimpello-Gemona - La Regione sblocca la procedura per la costruzione della nuova arteria - BANDO ENTRO SEI MESI
 

PRAMOLLO: LA GIUNTA REGIONALE NEGA ALLA CORDATA AUSTRIACA LA DICHIARAZIONE DI PUBBLICA UTILITA’ PER LA CABINOVIA DI PONTEBBA
TRIESTE La Regione sblocca la procedura per costruire una nuova autostrada. La proposta per il completamento della Cimpello – Sequals fino a Gemona e la sua trasformazione in autostrada, presentata quest’estate dalla cordata Autovie Venete, Rizzani de Eccher e Impregilo, è stata ritenuta di pubblica utilità da parte della giunta regionale. Già nel primo semestre dell’anno potrebbe essere pubblicato il bando di gara per la progettazione preliminare. Il passo avanti è arrivato ieri in giunta dove è stato discusso anche il progetto turistico di Pramollo – rinviata per ora la decisione – ed approvato il testo unico in materia di energia, telecomunicazioni e carburanti.
CIMPELLO – GEMONA La documentazione presentata dalla cordata che intende realizzare il raccordo autostradale A28-A23 "Cimpello-Sequals-Gemona", come emerso dalla relazione illustrata dall’assessore Riccardo Riccardi, ha i requisiti minimi di uno studio di fattibilità, tali cioè da consentire l'avvio della procedura a evidenza pubblica per aggiudicare, in project financing, la progettazione definitiva ed esecutiva e la gestione dell'opera, sulla base della progettazione preliminare che sarà offerta in sede di gara. Ora che è stata definita la pubblica utilità dell’opera, la giunta dovrà adeguare gli strumenti di pianificazione regionale – ad oggi è previsto solo il completamento della una strada e non la sua trasformazione in autostrada a pagamento – per renderli compatibili con l’offerta. «Entro giugno – spiega l’assessore Riccardo Riccardi – modificheremo il piano regionale delle infrastrutture per renderlo coerente con la dichiarazione di interesse pubblico. Stiamo, però, facendo uno sforzo in più per vedere se è possibile pubblicare prima il bando di gara, legando la sua validità alla modifica della pianificazione. Questo ci consentirebbe di guadagnare ulteriore tempo».
Prematuro anche solo ipotizzare date di apertura dei cantieri. «Il nostro obiettivo, per questa legislatura, è sempre stato sbloccare la proceduta dell’opera - ricorda Riccardi - ma la decisione della giunta imprime una forte accelerata a un’opera che attende da dieci anni di essere quanto meno completata».
PRAMOLLO Non ottiene, almeno per il momento, la dichiarazione di pubblica utilità, l’offerta di una cordata austriaca che propone di realizzare l'impianto di collegamento a fune tra Pontebba e il comprensorio sciistico di Pramollo-Nassfeld e la valorizzazione turistica dell'area del Comune di Pontebba. La giunta ha deciso di affidare alla direzione centrale competente il compito di approfondire con il proponente gli aspetti critici per valutare sia possibile superarli. I nodi sarebbero l’insufficienza dei parcheggi previsti dal progetto e la mancanza di ricadute evidenti per Pontebba e la valle. La proposta, inoltre, presenterebbe richieste economiche più elevate rispetto alle disponibilità previste dal bilancio della regionale (3 milioni di euro per vent’anni).
ENERGIA E TELECOMUNICAZIONI In materia di energia, sempre su proposta dell’assessore Riccardi, la giunta ha approvato il disegno di legge che riordina le competenze degli enti locali in materia di energia (affidando i compiti più rilevanti a Regione e Province) e promuove l’istituzione di un catasto informatico comunale degli impianti termici degli edifici e un catasto informatico regionale degli elettrodotti. L’esecutivo ha poi analizzato l’esito della consulenza commissionata sul progetto per la costruzione dell’elettrodotto tra Redipuglia e Udine Ovest e ha approvato la norma disciplina la localizzazione, l'installazione, la modifica e il controllo degli impianti per telecomunicazioni.
CARBURANTI Per quanto riguarda la distribuzione dei carburanti il testo unico prevedrà l’estensione della disciplina valida per gli impianti stradali a quelli posti sulle autostrade e sui raccordi autostradali. Intanto, in tema di carburanti, raccoglie il favore di camera di commercio e gestori degli impianti la proposta di legge (targata Roberto Asquini e Danilo Narduzzi) per l’istituzione di uno sconto fisso che oscillerebbe tra i 15 centesimi al litro di benzina e 10 centesimi al litro di gasolio nell’area confinaria orientale fino ai 4 centesimi al litro benzina e 3 al litro gasolio nella fascia occidentale.
MARTINA MILIA

 

 

Krsko, la centrale chiede una proroga fino all’anno 2030 - L’IMPIANTO NUCLEARE RADDOPPIA

LUBIANA - La centrale nucleare di Krsko ha chiesto al governo sloveno di autorizzare la proroga del suo pieno funzionamento per altri vent'anni.

Il direttore esecutivo dell'impianto, Stane Rozman, ha spiegato che la modernizzazione effettuata negli ultimi cinque anni e gli investimenti di 100 milioni di euro previsti nei prossimi anni assicurano un normale e sicuro funzionamento della centrale nucleare per altri due decenni. Questo significa che l'impianto resterebbe attivo fino al 2043. Nel 2023 scadono infatti i quarant'anni della durata standard di un impianto di questo tipo. Il reattore esistente è stato messo in funzione nel 1983 come progetto congiunto della Slovenia e della Croazia, all'epoca repubbliche della Jugoslavia federale. Il governo sloveno, ricordiamo, ha più volte ribadito l'intenzione di costruire anche un secondo reattore a Krsko, progetto che dovrebbe essere inserito nel piano nazionale per lo sviluppo energetico e votato dal parlamento l'anno prossimo. Secondo il ministro dell'economia Matej Lahovnik il nuovo reattore dovrebbe essere completato tra il 2020 e il 2025, costerà tra i 3,5 e i 5 miliardi di euro e potrà funzionare sessant'anni. Un po' meno ottimista sui tempi invece il direttore della centrale, Rozman, secondo cui ci vorranno circa vent'anni per il raddoppio della centrale. Nel 2009, Krsko ha prodotto 5.487 gigawatt ore di energia elettrica, l'1,3 per cento in più del piano. Quest'anno è stato anche molto tranquillo sotto il profilo della sicurezza: il reattore è rimasto fermo solo 32 giorni per la revisione dell'impianto, e anche in quel caso l'impatto sull'ambiente circostante è rimasto ben al di sotto dei livelli limite previsti dalla legge.
L'anno prima, nel giugno del 2008, dalla centrale di Krsko era partito invece un'allarme in tutta Europa, quando per una perdita d'acqua al sistema di raffreddamento si è proceduto allo spegnimento del reattore. L'«incidente» si è poi rivelato essere molto meno grave, ma intanto nei Paesi dell'Unione europea era scattato il segnale d'emergenza, come per altro previsto dal sistema comunitario per uno scambio rapido di informazioni (sistema ECURIE). In quel caso, comunque, non c'era stata alcuna fuga radioattiva, e non erano in pericolo né il personale della centrale né l'ambiente circostante. Si è risolto tutto, fortunatamente, solo con un po' di paura. Tornando al presente, la Centrale nucleare di Krsko ha »prodotto« quest'anno 30 metri cubi di scorie radioattive, e si sta cercando una soluzione per immagazzinarle in futuro, visto che il deposito di stoccaggio del materiale radioattivo, che doveva essere costruito entro il 2013, non sarà pronto per tempo. Anche nel 2010 sono previsti interventi di ammodernamento dell'impianto. Krsko, ricordiamo, è costruita con tecnologia americana: il reattore ad acqua pressurizzata è stato realizzato dalla Westinghouse ed ha una capacità di 632 megawatts.
Funziona con 121 elementi di uranio arricchito, acqua distillata come rallentatore e 33 fasci da 20 barre di argento, cadmio e indio per regolare la potenza. La centrale copre circa il 24 per cento del fabbisogno energetico della Slovenia e il 17 per cento del fabbisogno croato.
 

 

Fiume, tutti contrari alla cokeria che l’Ina progetta a Kostrena - Per cittadini e Comuni interessati lo studio ambientale è carente
 

FIUME Memori degli sfracelli ambientali combinati dalla defunta cokeria locale dal 1976 al 1994, i consiglieri municipali di Buccari, Kostrena e Portoré (Kraljevica) hanno opposto un netto rifiuto allo studio d’impatto ambientale riguardante l’entrata in funzione di un impianto di coking, da fare sorgere nell’ambito della raffineria Ina a Urinj, nel comune di Kostrena. Qui, al confine Est di Fiume, si è tenuta una seduta dei consiglieri e dei sindaci delle tre municipalità: tutti i presenti hanno espresso contrarietà all’impianto che trasformerà il coke di petrolio in prodotti più leggeri e remunerativi, come benzina, gas di petrolio liquefatto e gasolio da autotrazione. Il progetto dell’impianto coking rientra nella modernizzazione degli stabilimenti di Urinj (investimenti per un 1,5 miliardi di euro), accolta molto male da opinione pubblica e Comuni interessati. Unanime è stata pertanto la conclusione votata a Kostrena e inviata alla compagnia petrolifera croato–ungherese Ina: «Lo studio d’impatto ambientale è lacunoso e non spiega a sufficienza taluni aspetti legati alla presenza dell’impianto di trasformazione del coke nel comprensorio. La documentazione offertaci in visione è pertanto inaccettabile. Attendiamo che un secondo studio illustri in modo concreto e chiaro le conseguenze per l’ambiente”. Duro l’attacco del sindaco di Kostrena Miroslav Uljan (regionalista quarnerino): «Ci opponiamo e ci opporremo in modo forte a simili tecnologie, di cui non abbiamo proprio bisogno. Gli abitanti di Kostrena sono particolarmente scettici verso l’Ina perchè i suoi responsabili non hanno mai realizzato quanto promesso. La raffineria Ina sta degradando da decenni l’habitat, producendo un insopportabile inquinamento acustico. A Kostrena, la qualità dell’aria rientra nella terza categoria, dunque stiamo parlando di aria inquinata: ciò vuol dire che l’Ina non ha ancora avviato il tanto atteso programma di risanamento. Prima di pensare all’ammodernamento, l’Ina deve migliorare la qualità dell’aria che respiriamo a Kostrena e dintorni». Categorico pure il sindaco buccarano Tomislav Klaric (Hdz, centrodestra): «Abbiamo analizzato a fondo lo studio d’impatto ambientale, concludendo che Buccari non può avere il coke–bis. Nel documento non è stato trattato, a esempio, l’impatto sulla sorgente di acqua potabile Dobrica, né le condizioni meteo dell’area. Tenuto conto di quello che combinano da noi i venti di bora e scirocco, credo che qui il coke si troverebbe dappertutto. Dopo quanto siamo stati costretti a sopportare a causa dell’ex cokeria, a Buccari nessuno vuol più sentir parlare di nuovi impianti inquinanti».
Sulla stessa lunghezza d’onda il sindaco di Portoré Josip Turina (Partito socialdemocratico): «Basta con il coke, gli abitanti di Portoré vogliono respirare finalmente aria pulita. La nostra città è da considerarsi defunta a causa dei grandi stabilimenti industriali presenti nel suo immediato circondario. Se proprio impianto di coking deve essere, propongo l’istituzione di una commissione indipendente, i cui esperti dovranno scegliere la tecnologia migliore».
Vladimir Micovic, direttore dell’Istituto regionale per la Salute pubblica, si è soffermato sulla qualità dell’aria nella zona di Urinj: «Da ormai quattro anni i dati parlano di aria di terza categoria. Purtroppo le stazioni di misurazione, gestite dall’Ina, risultano inattive per lunghi periodi dell’anno e dunque può darsi che i risultati reali siano peggiori di quelli ufficiali».
Andrea Marsanich
 

 

SEGNALAZIONI - FERROVIE - Treni cancellati
 

Il 13 dicembre 2009 Trenitalia ha dato il via al nuovo sistema delle Frecce. Treni ad alta velocità, ultra-moderni, puliti e puntuali. Una nuova «linea per unire e far crescere il paese». Ma quella che dovrebbe essere una svolta storica per il sistema di trasporti italiano sta già provocando le ire dei viaggiatori e delle Associazioni dei Consumatori. Agli aumenti drastici dei biglietti, che hanno raggiunto addirittura punte del 28%, non sono seguiti significativi vantaggi a favore dei viaggiatori. Se è vero che i tempi di percorrenza si sono ridotti per tratte centrali, come per la Milano-Bologna-Firenze-Roma, è vero anche che in zone periferiche le durate dei viaggi sono in certi casi addirittura aumentate.
Fino al 12 dicembre, prima cioè dell’entrata in vigore del nuovo orario invernale, Trieste era collegata alla Capitale con un treno Eurostar diretto che per arrivare a Termini impiegava 6 ore e 20 minuti. 61,80 euro in seconda classe. In alternativa, si poteva scegliere un Regionale fino a Mestre, e da Mestre a Roma un Eurostar, spendendo in tutto 69,80 euro, sempre in seconda classe.
Con il nuovo orario, però le cose cambiano e già ad una prima occhiata ci si rende subito conto che Trenitalia ha deciso di cancellare completamente tutti i collegamenti diretti Trieste-Roma. Fanno eccezione due lentissimi Intercity che impiegano però oltre 8 ore ed effettuano sedici fermate intermedie. I viaggiatori triestini sono quindi obbligati a cambiare treno alla stazione di Mestre. E come si sa, i cambi portano via tempo, aumentano i disagi, la durata del viaggio e il prezzo del biglietto. Ecco quindi che il povero viaggiatore si ritrova davanti ad una scelta: mettere mano al portafoglio optando per una soluzione costosa Eurostar+Eurostar prediligendo la brevità del viaggio, o scegliere la soluzione più economica - e più lenta - di un Regionale+Eurostar? Nel primo caso il viaggiatore deve mettersi il cuore in pace, sborsare novanta euro e cambiare a Mestre (dove per altro deve attendere 25 minuti), ma almeno arriva nella Capitale in cinque ore e mezzo, ritardi permettendo. Nel secondo caso invece impiega sei ore e mezzo (dieci minuti in più rispetto ad un tempo), e deve spendere per il suo biglietto oltre 80,00 euro (ben 20 euro in più sulle vecchie tariffe). Paradossalmente quindi l’aumento sproporzionato dei prezzi non è in alcun modo bilanciato da una diminuzione reale dei tempi di percorrenza o dai servizi offerti al viaggiatore.
Con il nuovo orario e le tariffe di Trenitalia, Trieste diventa sempre più distante e irraggiungibile dal resto dell’Italia.
Giulio Cok
 

 

SEGNALAZIONI - ASPORTO Rifiuti ingombranti
 

Diversi cittadini, ci hanno segnalato la dilatazione dei tempi di attesa per il ritiro di rifiuti ingombranti. A volte questo protrarsi crea dei reali problemi poiché arrivano i nuovi oggetti senza che l’operazione abbia avuto luogo.
Purtroppo è vero che molti cittadini abbandonano questo tipo di rifiuti dappertutto creando un effettivo luridume nelle strade, già interessate dalla pulizia a scaglioni programmati che non permettono una costante pulitura, ma questo modo di procedere all’asporto può incoraggiare chi non ha il senso civico o a chi basta poco per perderlo.
La chiusura di alcuni centri può senz’altro aver contribuito a questo stato di cose, ma certamente non si possono giustificare anche 20 giorni di attesa. Auspichiamo che chi di dovere sappia trovare una opportuna soluzione.
Vincenzo Cutazzo - vicepresidente Lega consumatori
 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 17 dicembre 2009

 

 

Gas Natural: il progetto definitivo entro giugno 2010 - RESPINTI GLI ATTACCHI AL RIGASSIFICATORE
 

Il direttore progetti de Carreras Roques: niente royalties, ma un gettito fiscale fino a 10 milioni l’anno
Le accuse del tavolo tecnico italo-sloveno non lo turbano. Le perplessità del presidente degli industriali nemmeno. E persino l’ombra delle carte false gettata da Greenaction lo lascia indifferente. Sfoggia una calma olimpica e un aplomb quasi inglese Narciso de Carreras Roques, il ”signor Gas Natural” arrivato ieri in città con un bagaglio di risposte rassicuranti e una mission quasi impossible da realizzare: convincere tutti i triestini della validità del progetto del rigassificatore di Zaule. Progetto che, spiega il direttore Progetti internazionali del gruppo spagnolo, offrirà garanzie di sicurezza e porterà vantaggi a palate.
Quali saranno, in concreto? Le famose royalties (”tasse” da versare nelle casse comunali in proporzione alla quantità di gas sbarcato ndr)?
No, non parlerei di royalties, ma di ricadute di diverso tipo. Lo spostamento della sede a Trieste (nello studio dei commercialisti Valentincic e Giamporcaro ndr) assicurerà gettiti fiscali importanti: le prime stime parlano di 150-200 milioni di euro per l’intera ”vita” del rigassificatore. In media arriveranno alla Regione, e a caduta agli enti locali, tra i 7.5 e 10 milioni di tasse all’anno per 20 anni. Ma non basta.
Cos’altro?
Nel conto vanno messi anche i 500 milioni di investimento complessivo e i 40 milioni previsti per la bonifica del sito.
E il coinvolgimento di Acegas-Aps nel business del gnl?
Non c’è ancora l’accordo. A breve però avremo un incontro decisivo.
Con la popolazione, invece, nessun confronto?
Da gennaio avvieremo una campagna di comunicazione ”pedagogica”. Vogliamo far capire che questo progetto non è una minaccia ambientale e che noi non siamo degli speculatori.
Perché aspettare tanto?
Perché prima del decreto di valutazione di impatto ambientale, il progetto di fatto non c’era. Ora che il ministero, dopo 3,5 anni di lavoro, ha rilasciato l’autorizzazione, possiamo concentrare l’attività su Trieste.
Ma il decreto di Via è arrivato in luglio e ora siamo in dicembre. Avete perso sei mesi di tempo
Non parlerei di tempo perso. In questo periodo abbiamo dialogato con altri interlocutori, dalla Regione al Porto. Esistono delle linee del progetto, come il piano di bonifica, che devono ancora essere messe a fuoco per poi confluire nel progetto definitivo.
A quando la conclusione dell’iter?
Contiamo di veder approvato il definitivo entro giugno 2010.
Nel frattempo continueranno a farsi sentire le voci critiche di docenti ed esperti.
Non si tratta di esperti di sicurezza. Quel tavolo tecnico non è stato attivato dai vigili del fuoco, ma solo da un sindacato. Detto questo, non vogliamo metterci in contrapposizione con nessuno.
Le accuse però sono pesanti: sbagli nella documentazione.
Nel nostro progetto non ci sono sbagli. Lo dimostra il fatto che il ministero ci ha rilasciato l’autorizzazione di compatibilità ambientale
E l’allarme carte false lanciato da Greenaction?
Nell’esposto si ipotizzavano precisi illeciti penali. Il fatto che la Procura non li abbia ravvisati, dimostra che il castello non sta in piedi.
Anche il presidente degli industriali è scettico.
Nelle sue parole non ci sono critiche. Dice che senza sicurezza non ha senso andare avanti? Esattamente ciò che diciamo noi. La sicurezza è una nostra priorità.
Oltre a Zaule, resta in piedi anche l’ipotesi Taranto?
L’iter sta andando avanti, seppur più lentamente. Manca ancora il decreto di Via.
Va avanti anche il progetto del gasdotto South Stream. Preoccupati?
No. Impianti di gas liquido e gasdotti sono compatibili e complementari. E la concorrenza fa bene al mercato.
MADDALENA REBECCA

 

 

«Roma riveda l’autorizzazione ambientale» - LETTERA APERTA A PRESTIGIACOMO E MARONI - L’appello lanciato dagli esperti e docenti coinvolti nel tavolo tecnico
 

«L’autorizzazione ambientale è stata ottenuta in base ad una rappresentazione non veritiera della realtà, in palese violazione dei rigidi disposti normativi in materia».È la conclusione a cui sono arrivati tutti i docenti coinvolti nel tavolo tecnico sul rigassificatore attivato dalla Uil dei vigili del fuoco, inserita in una lettera aperta inviate ai rappresentanti delle istituzioni centrali e regionali.
Nella missiva - recapitata, tra gli altri, al ministro dell’Ambiente Prestigiacomo, al responsabile del Viminale Maroni, ai sottosegretari Menia e Nitto Palma e al presidente della Regione Tondo -, i professori universitari tornano ad evidenziare i tanti dubbi sollevati dal progetto targato Gas Natural. «Dagli esami effettuati - si legge nel testo a firma del coordinatore regionale della Uil vigili del fuoco Adriano Bevilacqua -, è emerso in maniera chiara e incontrovertibile che molti degli elaborati prodotti dal gruppo spagnolo sono incoerenti, contraddittori e privi della necessaria scientificità che la procedura di Via richiederebbe, vista la vicinanza del rigassificatore previsto a Zaule con la centrale termoelettrica della Lucchini e il metanodotto Snam. Dalle analisi è risultato che, in caso di incidente grave, le distanze di sicurezza disponibili non sono compatibili con quelle necessarie ad assicurare l’incolumità delle persone che risiedono a poche centinaia di metri di distanza».
Rischi, secondo il gruppo di ”saggi”, che le istituzioni non hanno ancora messo bene a fuoco o, peggio, fingono di non aver compreso. «Il fatto oggettivo - scrive ancora la lettera aperta - che politici favorevoli al rigassificatore asseriscano disinvoltamente che ”il metano non può esplodere”, rischia di creare non poca confusione tra la popolazione e costringe a prendere posizioni nette sull’argomento».
Di qui un appello forte e chiaro rivolto ai tecnici romani. «La gravità della situazione è tale che da consigliare, se non addirittura imporre, al ministero dell’Ambiente di rivedere secondo il principio dell’auto tutela amministrativa, il contenuto del processo di Via. In particolare - viene spiegato ancora nella nota - vanno riverificati tutti i pareri fin qui acquisiti. Pareri che recano un tal numero di prescrizioni e condizioni da configurarsi in realtà come valutazioni decisamente negative sul progetto».
Infine un affondo che chiama in causa direttamente le coscienze di chi ha responsabilità nella delicata vicenda. «Si abbia il coraggio . concludono i ”saggi” - di riportare tempestivamente il tutto alla necessaria legalità, prima che a ciò arrivino le autorità giudiziarie preposte, che non potranno non cogliere queste evidenti illogicità nella tutela del pubblico interesse. È evidente che l’eventuale mancato esercizio dell’auto tutela potrà essere fonte di responsabilità, perlomeno civili ed erariali, in capo a coloro che dovessero ostinarsi negli attuali atteggiamenti».
 

 

«Concessi solo 10 giorni per studiare 22 volumi» Protestano gli ambientalisti: «Non ci è stata neanche fornita tutta la documentazione»
 

Dieci giorni per analizzare oltre 22 volumi. È questo, denunciano Wwf e Legambiente, il tempo concesso dal ministero dell'Ambiente all'Ispra (Istituto superiore per la protezione e ricerca ambientale) per esprimersi, nel febbraio 2009, sugli studi di impatto ambientale del rigassificatore di Zaule prodotti da associazioni ambientaliste, governo sloveno e Gas Natural. Tempo che gli stessi tecnici dell'Ispra nella relazione finale segnalano come insufficiente per uno studio complessivo della documentazione fornita. Ancora più grave, segnala Lino Santoro di Legambiente, che contemporaneamente alla richiesta all'Ispra il ministero abbia domandato alla stessa Gas Natural di produrre controdeduzioni sulle osservazioni slovene e delle associazioni ambientaliste. «Così è venuta meno - commenta Dario Predonzan, del Wwf regionale - l'ultima parvenza di imparzialità del ministero rispetto a Gas Natural, che ha goduto di trattamento di favore». Secondo il Wwf poi all'Ispra non sarebbe stata fornita tutta la documentazione inviata al ministero dalle associazioni ambientaliste: sono scomparse, dicono, osservazioni spedite nel gennaio 2007, che fra l'altro evidenziavano un problema legato al risollevamento dei fanghi inquinati da mercurio dai fondali della baia di Muggia.
Comunque l'Ispra ha segnalato lacune negli studi di Gas Natural. «Ha rilevato - spiega il biologo marino Carlo Franzosini - la mancanza totale dell'analisi, prevista per legge, sugli effetti dell'impianto sulla salute pubblica, ma anche la contraddittorietà di alcuni elaborati sui dragaggi nella baia di Muggia, la mancanza di analisi sulla risospensione del mercurio, l'uso di modelli di calcolo inadeguati per la valutazione del raffreddamento delle acque nella baia e la mancanza di valutazione dell'effetto provocato dal cloro sugli organismi marini. Valutazioni analoghe a quelle degli ambientalisti».
Neanche il parere dell'Ispra ha però condotto a una richiesta di integrazioni dal ministero, che ha solo chiesto a Gas Natural di eseguire, una volta costruito l'impianto, ulteriori studi e monitoraggi.
Su queste basi è stato integrato, il 30 novembre, il ricorso presentato da Legambiente e Wwf al Tar del Lazio sul decreto con il giudizio di compatibilità ambientale favorevole al progetto. I cittadini sono invitati, domani alle 18.30 al teatrino di San Giovanni, al dibattito organizzato da Wwf e Legambiente.
Giulia Basso
 

 

«Ponte sul canale, la Soprintendenza dica sì o no» - Dipiazza: impossibile investire su un permesso a termine. Piazza Libertà, ragioneremo sul nuovo progetto
 

LETTERA FIRMATA DAL SINDACO
Il destino del nuovo ponte sul canale di Ponterosso passa ufficialmente nelle mani della Soprintendenza. Dal Comune, infatti, partirà oggi stesso una lettera a firma del sindaco Roberto Dipiazza in cui - rigorosamente nell’irrinunciabile “burocratese” - si formula al direttore regionale per i beni culturali del Friuli Venezia Giulia, Roberto Di Paola, una richiesta molto chiara: se si autorizza il progetto, lo si faccia in modo definitivo, senza vincoli temporali. Oppure si dica che non si può fare.
I 5 ANNI Quel dettaglio dei «cinque anni rinnovabili» contenuto nel nulla osta arrivato in Municipo quasi sette mesi fa, infatti, non è piaciuto al sindaco, diventato nel frattempo anche assessore ai Lavori pubblici. Dipiazza ha messo in dubbio la realizzazione dell’opera, perché sarebbe «sbagliato investire soldi pubblici in qualcosa che, ipoteticamente, qualcun altro tra cinque anni potrebbe decidere di levare via». Eventualità implicitamente contemplata dal parere della Soprintendenza. Come a dire, insomma: no agli sprechi di denaro dei cittadini. Precisamente 750mila euro. Per questo, ieri mattina, Dipiazza ha confermato di aver preso carta e penna, come annunciato dieci giorni prima, per scrivere a Di Paola, leggendo il testo ai consiglieri della Quarta commissione comunale, da cui era stato convocato per fare il punto sulla passerella pedonale stessa e sulla situazione di piazza Libertà. Per spiegare i motivi di rallentamenti nell’iter che non necessariamente si tradurranno in bocciature definitive.
I QUESITI I commissari non hanno mancato di porre una lunga serie di quesiti e sollecitazioni al sindaco. A partire da quello di Iztok Furlanic (Rifondazione comunista) sul capitolo sulle spese sostenute fin qui. Risposta di Dipiazza: «Nessuna finora». E, sempre dal versante del centrosinistra, Roberto Decarli (Cittadini) ha ribadito la sua contrarietà alla passerella tanto cara all’ex assessore Franco Bandelli, chiedendo di pensare a come reinvestire «i finanziamenti non destinati al ponte». Questione giudicata ancora prematura dal sindaco, in attesa della risposta della Soprintendenza.
Andrà poi considerata una variabile non trascurabile in questa partita, come fatto notare dalla maggioranza di centrodestra, per voce di Piero Camber (Forza Italia-Pdl): «Tra 14 giorni il direttore regionale per i beni culturali va in pensione...». Ergo: non è detto che la nuova versione del parere arrivi entro la fine dell’anno. L’incombenza potrebbe finire direttamente nella cartella della posta in arrivo del successore di Di Paola. Intanto, per confermare la piena sintonia con il primo cittadino, Camber ha speso una sorta di slogan: «Sì al ponte, ma no al ponte a termine». Anche perché, la strategia complessiva del Comune, non è destinata a mutare, visto che anche senza la passerella «si continua con la pedonalizzazioni», ha promesso Dipiazza. Sempre lungo l’asse piazza Venezia-piazza Libertà.
LA PIAZZA Ecco, appunto, piazza Libertà. Altro progetto di riqualificazione che ha visto rallentare il suo percorso, a causa di quella corsia riservata agli autobus introdotta con l’ultima variante e che andrebbe a spezzare il carattere completamente pedonale dell’area rinnovata. Per questo «non essendo più effettivamente una piazza - ha detto ieri Dipiazza -, consentitemi di fare un ragionamento assieme ai miei uffici. Per il bene della città. Poi ci confronteremo».
BAGARRE Prima che, in chiusura di seduta, Luciano Kakovic (Pd) chiedesse un aggiornamento anche su palazzo Carciotti da calendarizzare alla prossima riunione di commissione, c’è stato lo spazio pure per un piccolo screzio interno al centrodestra. Protagonisti il forzista-pidiellino Piero Camber e l’ex Fi-Pdl Claudio Frömmel, oggi componente del gruppo Sulli. «Ormai è un tutti contro tutti nel centrodestra - ha voluto sottolineare Marco Toncelli del Pd -. Alla fine, troveranno i numeri per approvare il bilancio, però è evidente come la maggioranza non voglia neanche pensare a un rientro nei ranghi dei quattro». Ovvero i bandelliani.

MATTEO UNTERWEGER
 

 

La Ferriera risarcisce i cittadini danneggiati - PER L’EMISSIONE DI POLVERI E FUMI E I CONSEGUENTI IMBRATTAMENTI
 

L’ACCUSA - Il pm Frezza ha contestato ai 4 imputati altri 66 sforamenti prima del 24 novembre
La Ferriera di Servola mette mano al libretto degli assegni e risarcisce i cittadini che si sono costituiti in giudizio per non dover sopportare ulteriori emissioni ”fuorilegge” di polveri e fumi.
La decisione della proprietà di versare il denaro, - un paio di migliaia di euro per persona o poco più - è emersa ieri nell’aula del Tribunale in cui il direttore dello stabilimento Francesco Rosato e i manager del gruppo siderurgico Giuseppe Lucchini, Giovanni Gillerio ed Hervè Kerbat devono rendere conto alla legge dei 240 sforamenti del limite delle polveri verificatisi tra il 2007 e il 2008 dagli impianti dello stabilimento.
«Le trattative sono positivamente avviate con la parte civile senza che ciò presupponga una assunzione di responsabilità» ha precisato l’avvocato Giovanni Borgna, storico difensore del gruppo siderurgico bresciano. In apertura di udienza aveva aggiunto che la società «è sempre stata disponibile». Accanto a lui era schierato l’avvocato Guido Fabbretti che rappresenta in questo processo l’associazione ”Nosmog” e un gruppo di cittadini che hanno deciso di monetizzare il loro disagio e l’abbassamento della qualità della loro vita. Anche Fabbretti ha confermato che «le trattative sono molto avanzate». Perché la discussione tra le parti possa concludersi favorevolmente, il giudice Paolo Vascotto ha concesso alle parti un mese e mezzo di tempo. Il processo riprenderà il 3 febbraio e in quella data dovrebbe anche concludersi perché il Gruppo Lucchini ha chiesto di essere ammesso all’oblazione. Pagando una certa cifra dopo aver riportato le emissioni nei limiti previsti dalla legge, il reato contestato dalla procura, si estinguerà.
Ieri il pm Federico Frezza in apertura d’udienza ha contestato ai quattro imputati, peraltro assenti, 66 nuovi episodi di sforamento accaduti prima del 24 novembre 2009. La nuova contestazione non vanifica la richiesta di oblazione presentata dai vertici della Ferriera e tantomeno l’esito del processo perché la Ferriera può legittimamente e lecitamente emettere una certa quantità di polveri e fumi. Inoltre la proprietà ha eseguito tutti gli interventi migliorativi indicati nella relazione del professor Marco Boscolo, consulente della Procura. Sono stati adeguati il sistema di aspirazione del piano di colata, della macchina a colare nonchè quello di irrorazione del parco minerali. La spesa sostenuta è stata valutata in svariati milioni di euro, di fronte ai quali i risarcimenti rischiesti dai cittadini costituitisi parte civile, appaiono infinitesimali, poco più di una gratifica o di una generosa mancia.
CLAUDIO ERNÈ

 

 

Slitta a gennaio la discussione sulla privatizzazione dell’acqua - LA MOZIONE DI RACOVELLI
 

Un eventuale impegno ufficiale da parte del Comune, innescato da relativa mozione, contro la privatizzazione dell’acqua verrà ridiscusso a gennaio. L’hanno stabilito ieri i componenti della Terza commissione consiliare, da cui è scaturita la decisione di far slittare al nuovo anno la presentazione dell’atto predisposto dal consigliere comunale dei Verdi, Alfredo Racovelli, “Iniziative istituzionali contro il processo di privatizzazione delle risorse idriche previsto nel decreto legge Ronchi”.
È lo stesso Racovelli a spiegare come la direzione individuata sarà quella «di una proposta di modifica dello statuto del Comune, con cui si vuole andare a definire al suo interno il servizio idrico come irrinunciabile per la comunità. Spostando il punto di vista, quindi, dalla questione della rilevanza economica del bene. C’è stato poi l’impegno dei presenti a votare favorevolmente la mozione». La cui approvazione, al termine della discussione in Consiglio comunale, verrà battezzata, quindi, da un consenso bipartisan. Almeno così sembra. Qualcuno nel centrodestra, come Salvatore Porro (Dc-autonomie) ha già confermato il suo sì: «Voterò sicuramente a favore della mozione di Racovelli».
 

 

«Museo del Porto vecchio, prime visite nel 2011» - Investimento da 12,5 milioni, centrale idrodinamica e sottostazione elettrica i due contenitori principali
 

«A metà 2011 il pubblico potrà visitare il Polo museale del Porto Vecchio». Lo hanno annunciato ieri il presidente dell’Autorità portuale Claudio Boniciolli e il presidente del neocostituito Istituto di cultura marittimo portuale di Trieste Aldo Cuomo. La Barcolana del 2010 sarà quella buona (doveva esserlo già quella passata, ma soprattutto a Trieste tutto slitta) per la presentazione del Fecia di Cossato, il più grande sommergibile d’attacco mai schierato dalla Marina militare italiana, oggi in disarmo a La Spezia, che costituirà il maggior punto d’attrazione di un parco storico tecnologico che, mentre il progetto del Parco del mare non decolla, si candida ad essere, in tempi relativamenge rapidi, quel volano per il turismo cittadino che oggi non esiste.
Attualmente il sommergibile Enrico Toti al Museo della scienza e della tecnica di Milano, molto più piccolo del Fecia di Cossato, fa 85 mila visitatori all’anno ed è proprio con questo museo lombardo rappresentato ieri a Trieste dal direttore Fiorenzo Galli, e con la Fondazione Fincantieri che ieri alla Torre del Lloyd è stato sottoscritto un protocollo d’intesa per il trasferimento a Trieste del know-how acquisito, lo scambio di materiali e risorse umane, l’organizzazione di eventi. «Conserviamo 600 o 700 mila documenti, migliaia di foto e numerose attrezzature tra cui scegliere i reperti che potremo mettere a disposizione», ha spiegato il direttore della Fondazione Fincantieri, Mauro Martinenzi. «La nostra associazione - ha aggiunto Paolo Valenti dell’Aldebaran, a propria volta coinvolta nell’iniziativa - in oltre 55 anni ha raccolto 600 modelli di navi di cui oltre un centinaio riguardano Trieste. Attraverso questi modelli nel Museo potrà essere vissuta la storia delle compagnie di navigazione di queste zone che purtroppo non esistono più».
L’investimento complessivo per la creazione del museo è di 12 milioni e mezzo di euro di cui oltre 5 milioni stanziati dalla stessa Autorità portuale e i lavori saranno conclusi completamente nel luglio 2012 anche se, come detto, visite parziali saranno possibili già un anno prima. I due principali contenitori, a propria volta gioielli di archeologia industriale, saranno l’ex Centrale idrodinamica e la Sottostazione elettrica. La Centrale ha già le due torri ingabbiate perché la Soprintendenza le sta mettendo in sicurezza, mentre è in fase di svolgimento la gara per appaltare i lavori di riqualificazione veri e propri che si protrarranno per poco più di un anno. Qui dentro saranno collocati anche un bookshop, un bar e nuovi servizi. Lo spazio interno verrà diviso in due aree: una dedicata al museo specifico del porto di Trieste e una predisposta per narrare la storia della navigazione sottomarina con approfondimento sinergico alla visita del sottomarino. Sarà ricavata anche una sala polifunzionale per conferenze, incontri ed esposizioni. Gli stessi macchinari della Centrale però diverranno pezzi del museo. All’interno della Sottostazione elettrica invece, dove i lavori di riqualificazione partiranno in una fase immediatamente successiva, nasceranno un archivio e spazi espositivi per documenti, modelli e disegni con postazioni multimediali. Verrà creata anche una biblioteca su più livelli.
SILVIO MARANZANA

 

 

PORTO VECCHIO - «Italia Nostra, forte contributo» - L’ASSOCIAZIONE: L’AUTHORITY NON HA FATTO DA SOLA
 

In difesa del Porto Vecchio nasce intanto anche un’altra Fondazione. L'associazione Italia Nostra infatti, come annuncia la sua presidente provinciale Giulia Giacomich, insieme a promotori nazionali, internazionali e a studiosi che negli anni hanno collaborato alla salvaguardia dello scalo antico, porrà in essere le procedure per la Fondazione del Porto Vecchio, mentre non parteciperà, perché al momento non ci sono le condizioni di collaborazione, all’Istituto di cultura marittimo portuale di Trieste, la fondazione costiutita dall’Autorità portuale.
«Italia Nostra si meraviglia - rilerva Giacomich in una nota - che, in più occasioni, l'Autorità Portuale si presenti come l'unico protagonista del finanziamento e del programma di restauro della Centrale idrodinamica e della Sottostazione elettrica. Per correttezza e rispetto del lavoro svolto da tutti coloro che hanno collaborato in questi anni per arrivare a tali importanti restauri, finalizzati alla creazione del Museo del porto, è giusto chiarire che tutta l'operazione è stata svolta insieme alla Regione Friuli Venezia Giulia (area Istruzione e Cultura) e al Ministero per i Beni e le attività culturali, con l'impegno costante della professoressa Antonella Caroli che si è dedicata, con tutte le sue competenze, all'avvio procedurale per ottenere i finanziamenti necessari ai restauri, alla creazione del Polo museale e alla messa in itinere del progetto con i fondi europei. Il tutto seguito e sostenuto, dal punto di vista culturale, da Italia Nostra».
«Il risultato - sostiene ancora Italia Nostra - è frutto di un lungo lavoro di coordinamento tra gli enti culminato con la stipula del protocollo d'intesa siglato il 25 ottobre 2007 tra Regione, Autorità Portuale e Ministero dei Beni culturali e il merito non va soltanto all'Autorità Portuale, più volte sollecitata ad andare avanti sia dalla nostra associazione (con lettere, incontri e conferenze stampa), sia dalla Commissione cultura della Regione. Senza contare che fu Italia Nostra, nel 2004, ad inviare la richiesta di avvio della procedura a Ministero, Regione e Autorità Portuale».
 

 

SEGNALAZIONI - EDILIZIA - Cuboni riesumati
 

Desidero completare le informazioni riportate nell’articolo di domenica 13 dicembre sul piano particolareggiato di edificazione nel centro storico.
Il Comitato cittadino «via S. Giustina - via Belpoggio» è mobilitato con la stessa forza a difesa di entrambe le aree relative ai cosiddetti Cubone 1 (fra le vie S. Giustina e Belpoggio) e Cubone 2 (fra via Belpoggio e androna Campo Marzio).
Con questo spirito il Comitato sarà presente in Consiglio Comunale per contestare l’approvazione di questi progetti. Circola insistentemente la voce che il Comune abbia riesumato i progetti per il Cubone 1 (via S. Giustina - via Belpoggio) e Cubone 2 (via Belpoggio - androna Campo Marzio) nell’ambito della pianificazione edilizia nella zona A O (Centro storico). In occasione della discussione su Piano regolatore generale veniva previsto che la zona del centro storico sarebbe stata tutelata da una ulteriore eccessiva cementificazione. Secondo le stesse voci, invece, l’amministrazione comunale avrebbe proceduto a definire in gran fretta progetti edilizi di pesante impatto. Tutto questo sotto secretazione fino all’ultimo istante per impedire ai cittadini qualunque protesta.
Riteniamo che il consiglio comunale abbia prima di tutto il dovere di mantenere fede agli impegni presi pubblicamente di fronte ai cittadini e un preciso obbligo di proteggere primariamente gli interessi della collettività e non soltanto quelli dei privati.
Abbiamo capito male?
Marina Spaccini - per il Comitato - «via Belpoggio e S. Giustina»
 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA WWF e LEGAMBIENTE - MERCOLEDI', 16 dicembre 2009

 

Rigassificatore di Trieste. WWF e Legambiente: “Nuovi elementi sull’incredibile superficialità e parzialità del ministero dell’ambiente.”
 

Trieste, 16 dicembre 2009
E’ ancora più incredibile di quanto già non fosse emerso, la superficialità con cui il ministero dell’ambiente ha trattato il progetto del rigassificatore proposto da GasNatural a Trieste-Zaule.
Se ne sono accorti WWF e Legambiente, che dopo un lungo braccio di ferro sono riusciti ad ottenere i documenti tecnici, in base ai quali è stato redatto il decreto del luglio 2009 - a firma dei ministri Prestigiacomo e Bondi - con il giudizio di compatibilità ambientale favorevole al progetto.
Il decreto cioè che le due associazioni hanno impugnato un mese fa al TAR del Lazio (come hanno fatto anche i Comuni di Muggia, S. Dorligo-Dolina e Capodistria) con l’avv. Alessandro Giadrossi.
“I documenti ottenuti di recente – è stato sottolineato in una conferenza stampa svoltasi oggi a Trieste – testimoniano, con grande evidenza, quanto lacunosa e superficiale sia stata l’analisi tecnica degli organi ministeriali su un progetto di grande complessità e dai rilevanti effetti sull’ambiente e la sicurezza.”
Il Ministero ha affidato infatti all’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) il compito di analizzare sia il parere espresso - nell’ottobre 2008 - dal Governo sloveno, sia le osservazioni formulate dalle associazioni ambientaliste. Lo ha fatto però appena nel febbraio 2009, dando all’ISPRA solo dieci giorni di tempo (!) e senza neppure fornire i documenti relativi al progetto e agli studi di GasNatural (22 volumi!) in formato digitale, ma soltanto cartaceo.
Il tutto dopo che nel giugno 2008 la Commissione VIA del ministero aveva già espresso un parere favorevole sull’impianto!
Non solo: in parallelo, sia sul parere sloveno, sia sulle osservazioni delle associazioni, il ministero dell’ambiente ha chiesto alla stessa GasNatural di produrre delle “controdeduzioni”.
“In questo modo – hanno rilevato gli ambientalisti – è venuta meno anche l’ultima parvenza di imparzialità degli organi ministeriali rispetto a GasNatural, la quale ha ottenuto un trattamento di assoluto favore, mentre sono stati gravemente penalizzati o ignorati gli apporti degli ambientalisti e dei Comuni.”
Il ministero infatti non ha valutato le osservazioni degli ambientalisti del gennaio 2007, che già allora evidenziavano chiaramente le tante anomalie, lacune ed irregolarità negli studi di GasNatural (elaborati non firmati, basati su dati non rappresentativi della situazione ambientale, traduzioni manipolate per edulcorare le conclusioni, ecc.). Osservazioni letteralmente “scomparse” nei documenti ministeriali (benché inviate per raccomandata con ricevuta di ritorno), che tra l’altro evidenziavano e documentavano un grave problema, negato da GasNatural, cioè quello del risollevamento di fanghi – inquinati da mercurio e altre sostanze tossiche – dai fondali della baia di Muggia, per effetto del moto delle navi gasiere.
“Scomparse” risultano anche le osservazioni WWF del gennaio 2009, sull’ultima integrazione degli studi da parte di GasNatural, le quali demolivano, perché inattendibile, l’ultimo studio (il terzo della serie!) presentato dalla società spagnola nel tentativo di negare l’impatto dello scarico delle acque fredde sulla baia di Muggia. Tutto ciò rappresenta una grave violazione delle norme europee e statali sulla valutazione di impatto ambientale, che impongono di esaminare e rispondere alle osservazioni del pubblico e dei Comuni.
Malgrado il pochissimo tempo concesso, l’ISPRA ha tuttavia, in alcuni casi, potuto rilevare serie lacune e contraddizioni negli studi di GasNatural, come: 1) la mancanza totale (di cui in tre anni nessuno al ministero dell’ambiente si era accorto!) dell’analisi – pur prevista per legge - sugli effetti del progetto sulla salute pubblica; 2) la contraddittorietà di alcuni elaborati relativi ai dragaggi nella baia di Muggia; 3) la mancanza di un’analisi sulla risospensione di mercurio a seguito dei lavori previsti e del movimento delle navi nella baia; 4) l’uso di modelli di calcolo concettualmente inadeguati per la valutazione del raffreddamento delle acque nella baia; 5) la mancanza di valutazioni sull’eliminazione degli organismi marini a causa dell’uso del cloro nell’impianto.
Tutto ciò avrebbe dovuto condurre ad una richiesta di integrazioni da parte del ministero, che invece non c’è stata: lacune e contraddizioni sono state “risolte” prescrivendo a GasNatural di eseguire, dopo la costruzione dell’impianto (!) studi e monitoraggi sulle materie “dimenticate” negli studi della società. “In questo modo – hanno concluso WWF e Legambiente - viene però tradita l’essenza della valutazione di impatto ambientale, che è nata appunto per chiarire gli effetti di un progetto sull’ambiente PRIMA della decisione e della costruzione del progetto e non dopo!”
Questi aspetti sono riassunti nel documento dei “motivi aggiunti”, presentato il 30 novembre dai presidenti nazionali delle due associazioni ad integrazione del ricorso al TAR del Lazio.
Se ne parlerà anche al dibattito sul rigassificatore, che si terrà al teatro di S. Giovanni venerdì 18 dicembre (alle 18.30), presenti esperti sia italiani (Lino Santoro di Legambiente e Carlo Franzosini del WWF), sia sloveni (Marko Starman direttore della riserva naturale di Strugnano e Robert Turk dell’Istituto sloveno per la tutela della Natura)
W.W.F.  - Legambiente
 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 16 dicembre 2009

 

 

Gas Natural prende casa in piazza Benco - Trovata una sede provvisoria. Lettera dei ”saggi” al ministero
 

Gas Natural prende casa a Trieste. L’assemblea straordinaria dei soci del colosso spagnolo riunita lunedì scorso ha approvato lo spostamento della sede legale in città. L’indirizzo? Piazza Benco 1.
Gas Natural Rigassificazione Italia, la società che segue il progetto dell’impianto di Zaule, si trasferirà infatti nello studio dei commercialisti Valentinicic e Porcaro (e avrà quindi come vicini anche i Bandelli boys de Un’altra Trieste). Un passaggio a cui seguirà, indicativamente tra un mese, l’inaugurazione della nuova sede operativa per la quale il gruppo di Barcellona sta definendo i dettagli. La scelta finale, assicurano dalla spa, non è stata ancora fatta, e potrebbe rientrare in corsa anche l’opzione Friulia in via Locchi.
Dell’operazione trasferimento e delle prossime mosse di Gas Natural a Trieste, parlerà oggi stesso Narciso de Carrera Roques, il direttore progetti internazionali del gruppo, atteso in città per una serie di incontri con i vari attori del territorio. Incontri che al pari dell’apertura della nuova sede legale, spiega il gruppo, «testimoniano la volontà di inserirsi a pieno titolo nel sistema imprenditoriale triestino e di entrare a far parte del ”Sistema Friuli Venezia Giulia”. Il trasferimento della sede, inoltre, rappresenta un atto di notevole importanza per le importanti ricadute economiche e fiscali a livello regionale. In base allo statuto speciale del Friuli Venezia Giuliala Regione, infatti, il gettito fiscale derivante dall’attività dell’azienda sarà versato direttamente alla Regione e agli altri enti locali».
Narciso de Carreras Roques non sarà però l’unico a parlare oggi delle strategie di Gas natural e del progetto del rigassificatore di Zaule. Dell’impianto gnl nell’area ex Esso si occuperanno infatti anche gli ambientalisti di Wwf e Legambiente che, nel corso di una conferenza stampa indetta alle 11 in via Rittmeyer, illustreranno i documenti sulla procedura di Via ottenuta dal progetto e denunceranno quelle che definiscono «irregolarità e lacune nel comportamento del ministero dell’Ambiente».
Lacune contro le quali hanno puntato il dito anche i tecnici, i docenti universitari e gli esperti che hanno partecipato nei giorni scorsi agli incontri promossi dalla Uil dei Vigili del fuoco. Le conclusioni di quel tavolo di confronto, informa il coordinatore regionale della sigla sindacale Adriano Bevilacqua, è confluito in una lettera inviata al governo e agli enti locali. In quella missiva, chiarisce Bevilaqua, sono evidenziate «serie perplessità» sulle procedure del progetto del rigassificatore di Zaule che «avrebbe ottenuto un’autorizzazioni ambientale in base ad una rappresentazione non veritiera della realtà, in palese violazione dei rigidi dispositivi normativi in matera».

(m.r.)
 

 

Piano particolareggiato, passa con 21 sì e 14 voti contrari - Il «cubone» di via Santa Giustina sarà rivisto nelle altezze. Omero: «Per Crosada, solo case di lusso»
 

Sul progetto per il centro storico si sono astenuti i Bandelli boys «Non abbiamo visto le carte»

Circa a mezzanotte di lunedì i consiglieri comunali hanno votato il Piano particolareggiato del centro storico: 21 i sì, 14 i no dell’opposizione, e 5 gli astenuti. Da chi scheda bianca? Dai «Bandelli boys», che il capogruppo di Forza Italia, Piero Camber, preferisce indicare come «banda Bandelli», e che ufficialmente si presentano come «Gruppo Sulli», e da Alessandro Minisini (Costituente di centro). Motivi diversi: «Non abbiamo potuto consultare i documenti - dicono Bruno Sulli e Salvatore Porro -, il piano è buono, ma vogliamo capire che cosa si vota». «Io - dice Minisini - non so se il Piano regolatore generale verrà adottato, anteporre quello del centro mi sembra proceduralmente sbagliato nei tempi».
Anche Fabio Omero, capogruppo Pd, ha eccepito sulla logica che interseca Prg e piano del centro storico. Può il secondo modificare il primo? Ci sono state consultazioni tecniche. Motivo della domanda: Omero disapprova il documento anche perché in zona Crosada prevede edifici residenziali «e di lusso, un modo per fare cassa», e non un completamento del progetto Urban «insediando residenze sociali, case per studenti e ricercatori, il centro sociale mai realizzato e attività artigianali e ricreative a sostegno del parco archeologico».
Omero si rifà al progetto di Alberto Cecchetto, consulente il cui lavoro è stato usato solo in piccola parte: «Nella zona di Crosada prevedeva allestimenti archeologici e in via Punta del Forno non case, ma un’area di mercato». «Questo - sottolinea Camber - non è il piano Cecchetto, ma è prodotto dagli uffici comunali, le attività che Omero chiede non hanno mercato, i fori di pianoterra restano vuoti. Ma se arriveranno osservazioni, le terremo in conto».
Un risultato l’opposizione l’ha ottenuto. Accolto dal sindaco Dipiazza l’emendamento sul «cubone» di via Santa Giustina. I parametri edilizi saranno rivisti, le altezze abbassate. Anche Roberto Sasco (Udc) ha visto accolti i suoi suggerimenti sull’obbligo di commissione paesaggistica per il decoro delle vie e per il riuso delle antiche pietre: «Avevo avvertito: d’obbligo votare pro o contro, è un documento che vale più del bilancio, ma i ”bandelliani” non hanno voluto sentire. Quanto al centro storico, ha 1 milione e 350 mila metri quadrati ma solo 17 mila abitanti: bisogna assolutamente ripopolarlo».

(g. z.)
 

 

Ok alla Ferriera per 4 anni. Via libera a Portolido - Concessione rinnovata fino al dicembre 2013. Può decollare il progetto che prevede 120 ormeggi
 

BOCCIATE LE PRESCRIZIONI AMBIENTALI PROPOSTE DAL SINDACO DI MUGGIA NESLADEK E SOSTENUTE DA FANIGLIULO (UIL)
Un altro via libera, nonostante le proteste che si susseguono da anni e l’auspicio di chiusura avanzato tra gli altri dallo stesso sindaco Roberto Dipiazza, alla Ferriera di Servola. L’ha dato ieri il Comitato portuale che, oltre ad affidare una concessione trentennale nell’area della Lanterna per la realizzazione del porto nautico di Portolido come riferiamo anche a parte, ha rinnovato alla Servola spa la licenza provvisoria per altri quattro anni: dal primo gennaio 2010 al 31 dicembre 2013. Si è trattato in realtà di un parere consultivo e non vincolante poiché per le concessioni uguali o inferiori a quattro anni è l’Authority stessa alla fine a decidere.
Va comunque rilevato che in base agli accordi politici la dismissione dell’impianto siderurgico con riconversione delle attività dovrebbe avvenire nel 2014, ma ieri una linea più ferma nei confronti della Lucchini per quanto riguarda la salvaguardia ambientale è stata bocciata. L’ha proposta il sindaco di Muggia Nerio Nesladek e l’ha sostenuta anche il sindacalista della Uiltrasporti Giampiero Fanigliulo. Entrambi alla fine della discussione si sono espressi in modo contrario al provvedimento, ma sono stati gli unici. Il Comune di Trieste invece non ha mandato alcun rappresentante in Comitato, mentre la presidente della Provincia, Maria Teresa Bassa Poropat, ha votato in modo favorevole.
La Servola spa aveva presentato il 20 novembre istanza all’Autorità portuale dichiarando di voler proseguire la propria attività in base al proprio piano operativo e avendo effettuato notevoli investimenti sulla banchina e sulle aree retrostanti e aveva chiesto di conseguenza il rinnovo quadriennale della concessione sull’area che si estende per 342.993 metri quadrati. In base a una relazione che è stata fatta ieri dal comandante della Capitaneria di porto Antonio Basile riguardo in particolare alla dispersione in mare di carbone, Nesladek e Fanigliulo hanno chiesto che fossero allegate al provvedimento una serie di prescrizioni con l’obbligo alla Lucchini di ottemperarvi entro un termine di tempo prefissato e che venissero pianificate opportune verifiche. È prevalsa invece la linea in base alla quale è stata rinnovata la licenza e sarà ora il presidente dell’Authority a inviare per lettera alla Servola spa le prescrizioni cui attenersi.
«Il mio non è stato certo un voto per chiudere la Ferriera anche perché non sono pochi i muggesani che vi lavorano - ha spiegato il sindaco Nesladek - ma l’inquinamento della Ferriera danneggia anche il turismo a Muggia e in particolare Porto San Rocco. Bisogna fare pressione affinché la Lucchini si metta in regola». «Era più opportuno congelare il rinnovo della licenza - ha aggiunto Fanigliulo - in attesa di verificare la messa in atto delle prescrizioni, perché già più di una volta la Lucchini non ha rispettato impegni presi».
Parere, in questo caso vincolante, completamente favorevole invece da parte del Comitato portuale alla concessione per trent’anni a Italia Navigando di 17.577 metri quadrati nell’area Est del Molo Fratelli Bandiera e di uno specchio acqueo di 23.937 metri quadrati in prossimità degli stabilimenti balneari Lantera e Ausonia per la realizzazione di Portolido, un porto nautico con 120 ormeggi in parte per megayacht e anche strutture tra cui una piccola piscina e un ristorante a disposizione dell’intera collettività. L’investimento previsto è di 11.235.866 euro di cui 1.170.000 euro da contributo Cipe, 370.000 euro della Regione e 9.695.866 eurco a carico della stessa società che fa comunque riferimento al Ministero dello sviluppo economico. Il canone annuo è stato fissato in 55.553 euro fatte salve eventuali riduzioni.
SILVIO MARANZANA

 

 

Bonifiche, 250 aziende respingono l’accordo - Le categorie riunite alla Camera di commercio: «Non sono chiari i criteri per i costi»
 

Bruni della Confartigianato: «Il testo stabilisce che il danno ambientale deve essere imputato a chi ha la custodia del terreno, ma non specifica quanto si deve pagare»
«Le cambiali in bianco noi non le firmiamo. O l’accordo di programma sulle bonifiche quantificherà con esattezza i costi richiesti alle aziende per coprire il danno ambientale, o saremo costretti a chiamarci fuori». È il messaggio forte e chiaro lanciato al ministero dell’Ambiente dalle categorie economiche rappresentate nella Camera di commercio, riunite l’altra sera in conclave per definire la strategia con cui affrontare la partita della riconversione delle aree inquinate.
Dall’Ures alla Confartiginato, dai costruttori agli industriali, tutti i rappresentanti del comparto produttivo si sono detti pronti a passare alla linea dura per difendere il principio del ”chi non ha inquinato, non paga”. Una vera e propria levata di scudi che arriva a pochi giorni dal vertice romano presentato dal sottosegretario Menia come l’incontro decisivo (ne riferiamo nell’articolo a fianco ndr), e rischia quindi di far saltare il confronto sull’accordo di programma da cui dipendono la ripresa delle caratterizzazioni e la bonifica vera e propria dei terreni inseriti nel Sin.
Ma quell’accordo, secondo le categorie, al momento non può essere firmato. «Mancano delle indicazioni essenziali - spiega il presidente di Confartigianato Dario Bruni -. Il testo stabilisce che il danno ambientale dev’essere imputato a chi ha la custodia del terreno, quindi al proprietario, ma non specifica quanto le aziende saranno chiamate a pagare. È come se ci proponessero di acquistare un appartamento senza comunicarcene però il prezzo. Allo stesso modo - continua Bruni - l’accordo prevede la possibilità di differenziare le spese a seconda dei diversi processi produttivi, ma non chiarisce in base a quali criteri un’attività verrà giudicata impattante, super impattante o non impattante. Insomma firmando quest’ultima bozza di accordo (versione aggiornata il 10 dicembre scorso ndr), ci viene chiesto di fare un salto nel buio».
Salto che appunto nessuna impresa, piccola o grande che sia, al momento è disposta a compiere. Di qui la scelta di dare un mandato preciso al presidente camerale Paoletti: portare in sede di confronto con enti locali, Regione e ministero le forti perplessità delle categorie e, nel caso in cui queste non vengano adeguatamente ascoltate, togliere la firma della Cciaa dall’accordo. Una prospettiva sulla quale, per ora, Antonio Paoletti preferisce non sbilanciarsi: «Mi pronuncerò solo che la giunta camerale avrà sottoscritto il documento elaborato al termine dell’incontro dell’altra sera». Un documento dai toni duri nel quale si fa riferimento alla «grave preoccupazione per l’impostazione della bozza proposta» e in cui «si auspica che gli enti pubblici interessati vogliano ripensare i termini essenziali dell’Accordo in discussione».
Argomenti tra l’altro non troppo diversi da quelli usati finora da Assindustria che, non a caso, ha sposato la linea emersa nel vertice dell’altra sera. «In quel vertice - spiega Vittorio Pedicchio, vicepresidente degli industriali -. è emersa la consapevolezza dell’importanza di chiudere quanto prima l’accordo di programma. Non vogliamo fare i disfattisti e siamo pronti a collaborare. Ma questo non significa essere disposti ad approvare un testo che penalizzi 250 aziende, chiedendo loro di sborsare 236 dei 350 milioni richiesti complessivamente per la riqualificazione del Sin». Un principio condiviso pienamente anche da tanti altri attori, pronti a salire sulle barricate. «Che un accordo vada fatto, lo pensiamo tutti - commenta Michele Barro, presidente di Cna -. Ciò che non accettiamo invece è l’imposizione di cifre insostenibili a carico delle imprese, specie se formulate prima ancora di aver completato le caratterizzazioni e quindi in assenza di dati certi sul grado di inquinamento dei terreni».
Sarà la riunione della giunta camerale di domani, come detto, a definire i canali attraverso i quali portare avanti la protesta. Protesta che, già da adesso, incassa comunque la ”solidarietà” di altri attori coinvolti nell’operazione. «L’azione delle categorie è più che legittima - osserva il presidente di Ezit Mauro Azzarita -. Ovviamente non entro nel merito di iniziative a cui sono estraneo. Penso però che sia giusto da parte delle aziende difendere i propri interessi».
 MADDALENA REBECCA

 

 

BONIFICHE - Anche l’Ezit è entrato in gioco - Dovrà eseguire i carotaggi sulle aree delle zone inquinate
 

LE ULTIME MODIFICHE AL DOCUMENTO
È fresca di stampa l’ultima bozza dell’accordo di programma sulle bonifiche, che ha innescato nelle ultime ore le perplessità degli artigiani e degli imprenditori insediati in zona industriale. Porta la data del 10 dicembre scorso e non è né il primo né il secondo testo elaborato in materia, bensì la versione numero 13. Un dato che chiarisce, semmai ce ne fosse ancora bisogno, quanti ostacoli abbia trovato sul suo cammino l’affaire aree inquinate e quanto fatichi a decollare l’attesa soluzione.
La novità più sostanziale rispetto alla bozza prodotta nel novembre scorso, riguarda la composizione della ”squadra” incaricata di gestire la delicata partita. Accanto a Regione, Provincia, Comuni di Trieste e Muggia, Autorità portuale e Camera di commercio (inserita in corso d’opera lo scorso mese), torna infatti ad assumere un ruolo di primo piano l’Ezit. All’Ente, si legge all’articolo 4 dell’ultima bozza, viene affidato il compito di realizzare, per conto della Regione che opera in regime di delegazione amministrativa secondo quanto previsto dalla legge 15 del 2004, «il completamento delle caratterizzazioni delle aree a terra, con l’eccezione degli arenili antistanti il territorio di Muggia». Un’indicazione che dovrebbe consentire di accelerare la ripresa delle analisi del terreno in modo da avere finalmente una percezione reale del grado di inquinamento dei terreni.
Sempre l’articolo 4, richiamando il successivo art.10, assegna poi ad Ezit il compito di eseguire la messa in sicurezza e la bonifica dei «suoli e delle acque di falda sottostanti ad aree alienate dall’ente pubblico e il cui inquinamento non sia riconducibile all’attività produttiva del soggetto attualmente titolare dell’area medesima». Il che, tradotto, significa che i privati riconosciuti non responsabili delll’inquinamento non dovranno pagare gli interventi.
Una buona notizia, apparentemente, che in realtà nasconde un’insidia precisata nelle righe immediatamente successive. Sì, perché la seconda parte del comma 13 dell’articolo 10 specifica che la singola impresa potrà beneficiare dell’intervento diretto di Ezit ad una condizione: a patto che «il soggetto titolare del dovere di custodia dell’area in questione (cioè il proprietario ndr) abbia sottoscritto l’Atto transattivo in relazione al danno ambientale». Ed è stato proprio questo ”Atto transattivo” - messo nero su bianco per la prima volta nell’ultima bozza - a innescare le perplessità delle categorie. Il testo elaborato in dicembre, infatti, per la prima volta chiarisce che tutte le imprese dovranno accollarsi i costi del danno ambientale. Danno che andrà pagato cioè anche da chi ha acquistato il proprio terreno dall’ente pubblico (ed è andata così per la quasi totalità delle 250 aziende attualmente insediate) e ha un’attività che non inquina affatto.
Quanto dovrà pagare al metro quadro, però, la bozza dell’accordo di programma non lo dice. Il testo precisa e rivede invece rispetto alla versione precedente alcune cifre relative al costo complessivo dell’operazione bonifiche e ai finanziamenti disponibili. Le risorse regionali derivanti dai fondi Fas, per esempio, non sono più 190, bensì 178 milioni di euro. Il fabbisogno finanziario complessivo (articolo 5) invece non è più di 350 milioni e 300 mila euro ma un po’ meno, 350 milioni e 130 mila euro. Non cambiano invece le ripartizioni dei costi: i due terzi della spesa (236,3 milioni) saranno a carico dei privati. Il resto lo metterà il pubblico 113,832 milioni lo metteranno ministero, Regione e Autorità portuale. Un’altra novità rispetto alla stesura precedente, infine, riguarda l’analisi del rischio, questa volta richiamata esplicitamente come possibile alternativa alla bonifica vera e propria. (m.r.)
 

 

«San Dorligo, a breve piani d’azione per l’aria» - L’ASSESSORE REPLICA A DROZINA - Sormani sulla Siot: massimo impegno nello stabilire regole
 

«Altri impegni mi hanno impedito di raccogliere il gentile invito del consigliere Drozina, ma vorrei rassicurarlo: sono bene al corrente della situazione di grande disagio cui sono sottoposti i residenti di Mattonaia e non solo loro». L'assessore all'Ambiente del Comune di San Dorligo Elisabetta Sormani replica così alle parole del capogruppo consigliare del Pdl-Udc Roberto Drozina che aveva invitato l'assessore a «prendere un caffè nella terrazza di casa sua, a Mattonaia, per poter apprezzare in prima persona l’olezzo proveniente dai vicini serbatoi dello stabilimento Siot».
«L’attenzione del gruppo politico dei Cittadini per San Dorligo per l’ambiente e per la salute della popolazione è stata e continua ad essere di primaria importanza - commenta la Sormani-. Già nella precedente Giunta, l’assessore del mio gruppo politico ha profuso il massimo impegno affinché venisse posizionata la centralina dell’Arpa a Mattonaia con il laboratorio mobile necessario per rilevare le emissioni provenienti dallo stabilimento Siot e da altre realtà presenti sul territorio».
Sormani poi evidenzia come «al Ceta, importante organismo di carattere scientifico, sia stato affidato uno studio propedeutico alla predisposizione dei Piani di azione che i Comuni devono adottare per la qualità dell’aria, per l’inquinamento acustico e per l’inquinamento luminoso, previsti dalle disposizioni comunitarie, nazionali e regionali». Tale studio è stato di recente consegnato al Comune. «Ora si dovrà procedere sul doppio binario dell'analisi delle rilevazioni delle emissioni da parte dell’Arpa e della predisposizione dei Pal», prosegue la Sormani, «azioni della massima importanza perché si riferiscono alla qualità della vita della popolazione e puntao a migliorarla».
«Mi impegnerò al massimo - chiosa la Sormani - affinché si possano, nel più breve tempo possibile, emanare i piani e stabilire delle regole che la Siot e altre realtà industriali dovranno rispettare».
Riccardo Tosques
 

 

Brioche, caffè e rose gratis contro i tagli alle coop sociali - La manifestazione ieri davanti alla sede regionale durante la discussione sulla Finanziaria
 

A manifestare in piazza Oberdan anche le associazioni ambientaliste Wwf, Legambiente e Lipu insieme ai rappresentanti dei Pachi e delle Aree protette regionali.
TRIESTE Caffè, the, brioches calde e rose rosse per le signore. Il mondo della cooperazione sociale è sceso in piazza per protestare contro i tagli nella Finanziaria regionale e lo ha fatto in maniera originale: una “colazione sociale” offerta a consiglieri, assessori e passanti davanti all’entrata del Consiglio regionale in piazza Oberdan dove ieri è iniziata la discussione della Finanziaria 2010. Il tutto con prodotti rigorosamente usciti dalle cooperative sociali del Friuli Venezia Giulia e condito dal galante dono di una rosa rossa alle donne, prima di salire al primo piano per un incontro con i capigruppo.
«Abbiamo offerto il caffè come sveglia per la politica- ironizzano Dario Parisini (Confcooperative Fvg) e Gian Luigi Bettoli (Legacoopsociali Fvg) –. Abbiamo voluto rivendicare la nostra presenza e il nostro ruolo anche economico: non gestiamo solo le situazioni ”sfigate” ma siamo un comparto da 200 aziende e 9000 lavoratori, di cui mille appartenenti a categorie disagiate”. Il mondo delle cooperative sociali hanno lamentato un taglio del 43%, pari a oltre 700mila euro, ma dopo l’incontro il capogruppo del Pdl, Daniele Galasso, ha assicurato un ulteriore stanziamento di 200 mila euro che “ammorbidiranno” i tagli inizialmente previsti.
A manifestare in piazza Oberdan anche le associazioni ambientaliste Wwf, Legambiente e Lipu insieme ai rappresentanti dei Pachi e delle Aree protette regionali. «Complessivamente il settore parchi, riserve naturali, aree protette, beni ambientali e paesaggistici, passa da 5,4 a 1,9 milioni di euro», fanno sapere in una nota.

(r. u.)
 

 

Guida alla Trieste ”eco-solidale” - CURATA DA AGNESE ERMACORA
 

Dieci città italiane da riscoprire, da vedere con altri occhi, spazi lontani dai salotti buoni che restituiscono l'anima vera della città. Nasce così ”L'Italia eco-solidale” una guida alternativa in dieci città edita da Altreconomia. Da Milano verso Roma passando per Torino, Genova, Firenze, e poi giù Napoli e Palermo per tornare al nord a Trento, Vicenza e Trieste.
Come la ”Trieste sottosopra” di Mauro Covacich così la guida propone un viaggio alternativo alla scoperta di luoghi dimenticati o di itinerari poco conosciuti. Ed ecco che si suggeriscono acquisti nelle botteghe equo solidali, una cena in un ristorante biologico, o ritrovi alternativi ai classici bar del centro, teatri indipendenti, librerie e centri culturali e di aggregazione. Un'altra faccia della città, la Trieste dei mati, per un fine settimana alternativo e rispettoso dell'ambiente e del territorio. Nella mappa triestina si intrecciano anche le attività delle associazioni, delle cooperative sociali, in città sono più di venti, e la storia di Franco Basaglia e dell'ex Ospedale psichiatrico, oggi Parco culturale di San Giovanni.
Troviamo i luoghi della Trieste multiculturale, le chiese di rito ortodosso dei serbi e dei greci e quelle dei valdesi, armeni, luterani. E poi la miriade di comunità, fino a quelle dei migranti di nuova generazione, senegalesi, libanesi e albanesi.
Le pagine sono state curate da Agnese Ermacora della redazione culturale di Radio Fragola e arricchite da un percorso, a basso costo, proposto dall'agenzia di turismo responsabile Viaggi e Miraggi. L'idea infatti è quella di avere a portata di mano non solo una guida turistica, ma anche un libro per tutti quei triestini che vogliono conoscere e partecipare attivamente alle iniziative cittadine, un modo per scoprire il consumo critico e, come spiegano gli autori, incontrare le persone che cercano di cambiare la città in meglio, difendendo la sua ”bellezza interiore” e le tradizioni più autentiche. Il volume sarà in vendita nelle librerie dal prossimo anno. Per ora, lo si può trovare nelle botteghe solidali o acquistarlo on line sul sito www.altreconomia.it/libri.
Ivana Gherbaz
 

 

SEGNALAZIONI - Clima: non paga il catastrofismo ambientale

 

Chi l'ha detto che il bombardamento mediatico sul riscaldamento globale ha reso gli italiani più sensibili ai problemi ambientali? I risultati appena diffusi di un sondaggio realizzato dall'Osservatorio Scienza e società del centro Observa smentiscono clamorosamente un'affermazione del genere. Negli ultimi due anni, la percezione che il clima della Terra si stia riscaldando si è notevolmente ridotta: i cittadini convinti dei cambiamenti climatici sono diminuiti dal 90 al 71,7 per cento. Tra gli scettici, quasi la metà ritiene che gli ambientalisti esagerino. E tra gli incerti la metà crede che gli scienziati non siano d'accordo tra loro.
Sono cifre che andrebbero meditate, ora che siamo alla stretta finale della Conferenza sul clima di Copenhagen. Perché rappresentano l'ennesima conferma che il catastrofismo ambientale non paga. Slogan tipo ”Salviamo il pianeta” o ”La Terra in pericolo” provocano alla lunga una sorta di autodifesa psicologica e dunque la rimozione dell'allarme. Oltretutto sono scientificamente falsi: la Terra, nel corso della sua storia, ha conosciuto periodi assai più caldi e concentrazioni di anidride carbonica in atmosfera assai più elevate.
I problemi, semmai, riguardano l'impatto di un trend del genere su noi umani, sulla nostra vita e sulle nostre attività: ondate di calore simili a quella del 2003 che provocò migliaia di vittime in Europa; la ritirata dei ghiacciai dalle montagne; la drastica riduzione della calotta polare settentrionale (e magari anche di quella meridionale); l'aumento del livello delle acque dei mari; le migrazioni ambientali.
Quelli climatici sono infatti fenomeni a forte inerzia, che vengono da lontano e che dureranno almeno un secolo anche se oggi - per un miracolo - riuscissimo a stabilizzare le emissioni di anidride carbonica, quantomeno corresponsabili dei cambiamenti in atto. Con i quali - volenti o nolenti - dovremo dunque imparare a convivere. Era questo lo spirito con cui Rajendra Pachauri, presidente dell'Ipcc, mi parlava cinque anni fa (settembre 2004) durante un veloce pranzo a base di pesce a Grignano, in una pausa dei lavori del panel degli scienziati i cui rapporti stanno alla base del Protocollo di Kyoto. Il workshop era stato organizzato al Centro di fisica teorica da Filippo Giorgi, il climatologo che allora faceva parte del direttivo dell'Ipcc.
Pochissimo rilievo sui media ebbe quella riunione triestina dell'Ipcc: eppure rappresentava il primo passo di un lungo e complesso itinerario che nel gennaio del 2007 avrebbe portato al quarto rapporto sul clima, presentato a Parigi con incredibile battage. Tanto che alla fine di quello stesso anno Rajendra Pachauri, ingegnere ed economista, indiano di nascita e americano per cultura scientifica, sarebbe andato a Oslo a ritirare il Nobel per la pace, assegnato congiuntamente all'Ipcc e ad Al Gore.
Fabio Pagan

 

 

SEGNALAZIONI - ACEGAS - Spreco di luci

 

Sabato 12 dicembre. Come al solito quando mi alzo guardo che tempo fa. Vedo le luci di via Roma e Milano accese e piazza Libertà illuminata al completo, e sono le 8.20 del mattino. Pochi giorni fa ho telefonato per lo stesso problema, solo che le luci erano accese in tutta la città ed erano le ore 6! Quindi ho telefonato all’officina segnalazione guasti e l’addetto mi dava il numero 040/7793680 dell’ufficio competente di Acegas. La situazione, da anni, per quanto io veda, non è assolutamente cambiata; lo spreco di luci è tantissimo, le fotocellule non sono tarate. La persona che mi ha risposto era molto gentile e mi spiegava che loro cercano di fare il massimo per il risparmio energetico, ma io purtroppo non vedo nulla di cambiato. Quello che non riesco a capire e che dopo vari articoli sul Piccolo i nostri concittadini, e in special modo i nostri politici, non si accargono assolutamente di niente; non parliamo del sindaco, che in tv alla domanda di una signora sullo spreco di luci, ha risposto: «signora, c’è già uno, che rompe!», non occorre molto per capire chi è quell’uno.
Ma veniamo a oggi. Ho telefonato all’officina segnalazione guasti; mi ha risposto l’addetto di turno che mi invitava a telefonare ai suoi superiori; essendo sabato, gli chiedevo di segnalare il problema all’ufficio. Sbuffando rispondeva che io stavo da anni rompendo e prendendoli in giro, poi mi ha chiuso il telefono in faccia!
Dalla direzione vorrei una risposta. Ora l’Acegas ha mandato le istruzioni su come risparmiare la luce, ci raccomanda di mettere le lampadine a basso consumo, lo Stato fa altrettanto tramite spot televisivi, e loro non sono in condizioni di regolare le fotocellule da anni. E poi c’è un conflitto di interessi: una Società che eroga corrente, come può aver anche la manutenzione? Che si consumi in più è tutto a favore degli azionisti e a sfavore di noi cittadini. Spero che con questa mia qualcuno apra gliocchi e specialmente i miei concittadini che dovrebbero segnalare al numero verde lo spreco di luce. Un appello ai nostri politici: ogni tanto date un’occhiata alle luci, siete pagati anche per quello.
Guardo ancora fuori dalla finestra: sono le 10.20 e le luci di piazza Libertà sono ancora tutte accese e chissà per quanto. Lo spreco non è solo via Roma, Parco della Rimembranza di S. Giusto, via Milano, ecc. ma in tutta la città. L’assessore alle relazioni con l’Acegas cominci a protestare e non solo per le luci... Nettezza urbana, e altro, penso che pochi siano soddisfatti delle prestazioni dell’Acegas.
Sergio Zerial
 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA WWF E LEGAMBIENTE - MARTEDI', 15 dicembre 2009

 

 

Le politiche di spesa della Regione FVG rispetto alla aree protette - La distruzione della natura nel Friuli Venezia Giulia
 

Mentre gli Stati di tutto il mondo sono riuniti per far fronte all’emergenza climatica, che vede parchi e riserve naturali rappresentare una significativa risposta alla crescita delle emissioni (ben il 15% della CO2 è stoccato nelle aree protette), e mentre sta per iniziare il 2010, anno mondiale della biodiversità, la
Regione Friuli Venezia Giulia decide di perseguire politiche in scandalosa controtendenza.
Le previsioni di spesa per il 2010 collocano infatti i trasferimenti regionali ai due parchi regionali sui 630.000 euro per il Parco delle Dolomiti Friulane (che ha potuto godere, dal 1997 al 2009, di un lieve incremento di entrate pubbliche, dal milione di euro iniziale a 1.400.000 euro circa) e sui 570.000 euro per il Parco delle
Prealpi Giulie (che nel periodo tra il 1997 e il 2009 è passato dagli iniziali 800.000 euro a 1.140.000).
Siamo quindi di fronte a un taglio del 50% compiuto su bilanci comunque esigui.
Le spese previste per il mantenimento del delicatissimo sistema dei prati stabili passano da 110.000 euro a zero.
Da 50.000 euro a zero passano anche le spese per studi e attività tecnico-faunistiche, finalizzate, tra l’altro, alla predisposizione del Piano faunistico, strumento strategico per la gestione faunistica regionale.
La stazione biologica dell’isola della Cona vede le proprie risorse falcidiate: da 100.000 a 20.000 euro.
Quanto alle risorse destinate a finanziare le Riserve naturali regionali (piani di conservazione e sviluppo, attività di gestione), ad acquisire al patrimonio regionale biotopi e altre aree di interesse naturalistico, e a svolgere attività rivolte al mantenimento e incremento della biodiversità, alla fruizione didattica del patrimonio naturalistico e alla ricerca, esse passeranno da circa 1.766.000 euro nel 2009 a 130.000 euro nel
2010!!
Complessivamente il settore parchi, riserve naturali, aree protette, beni ambientali e paesaggistici, passa da 5.392.459,39 a 1.898.526,14 euro.
Detto in altri termini: viene di fatto smantellata, con una contrazione dell’80% dello stanziamento, la rete di tutela ambientale presente in Friuli Venezia Giulia, già sottodimensionata rispetto alla media nazionale nonostante il fatto che la Regione sia caratterizzata per un verso da modesta pressione antropica e dall’altro da eccezionale biodiversità.
Con ciò viene preclusa ogni possibilità di riorientare nella direzione della sostenibilità attività economiche quali l’agricoltura e il turismo, con pesanti ricadute anche occupazionali; si pensi al decennale lavoro di promozione delle strutture espositive e didattiche a livello europeo: i centri visite, che dovrebbero richiamare turisti e mettere in moto l'economia locale, dovranno ora essere chiusi!
Se non bastasse, la Giunta ha azzerato la vigilanza ambientale sull’intero territorio bloccando l’assunzione di guardie forestali abilitate da un recente concorso pubblico regionale, omettendo di costituire il previsto corpo unico di vigilanza ambientale e addirittura equiparando ruolo, formazione e compiti delle guardie faunistiche e venatorie dipendenti delle Province a quelli dei vigili urbani.
Associazioni ambientaliste, operatori del settore, naturalisti sono stanchi di vedere i risparmi di bilancio attuati sempre a spese della tutela della natura e della difesa del territorio, il settore già di gran lunga e senza paragone il meno finanziato dalla Regione.
E sono stanchi di vedere che, all’inverso, settori che contribuiscono oggettivamente alla devastazione ambientale, come ad esempio quello delle infrastrutture viarie e quello delle stazioni sciistiche, riescono a fruire, sempre, di stanziamenti colossali.
In tutto questo c’è qualcosa di vetusto e, senza offesa, di culturalmente mediocre.

 

 

Niente fondi, parco Falesie a rischio - I VERDI LANCIANO L’ALLARME SUI TAGLI DELLA REGIONE

Rozza: dopo tanti ritardi sono stati ridotti del 50% i finanziamenti

DUINO AURISINA Fondi a rischio per la riserva delle Falesie di Duino Aurisina: scatta la protesta delle associazioni ambientaliste e dell’opposizione. «Quello che la Regione sta per infliggere al sistema regionale delle aree protette è un vero e proprio colpo mortale – osserva Maurizio Rozza, consigliere dei Verdi -. Salvo ripensamenti dell’assemblea consiliare, i finanziamenti destinati ai parchi regionali subiranno un taglio del 50% e ancora peggio andrà alle 12 riserve naturali regionali, tra le quali appunto quella delle Falesie di Duino, a cui verranno assegnate complessivamente 130mila euro, ovvero in media 10mila euro a ognuna». Gli ambientalisti, in una nota, osservano infatti che «mentre gli stati di tutto il mondo sono riuniti per far fronte all’emergenza climatica, la quale vede parchi e riserve naturali rappresentare una significativa risposta alla crescita delle emissioni (ben il 15% del CO2 è stoccato nelle aree protette) la Regione decide di perseguire politiche in scandalosa controtendenza».
«Le previsioni di spesa per il 2010 – commenta la Lipu - collocano i trasferimenti ai due parchi regionali delle Dolomiti Friulane e delle Prealpi Giulia rispettivamente nella fascia di 630mila e 570mila euro, con un taglio del 50% su bilanci passati comunque esigui». La situazione si ripercuote negativamente, stando ai Verdi, anche per quanto concerne la gestione della Riserva delle Falesie. «La situazione – sottolinea Rozza - ha in questo caso dell’ironico: nel 1971 la legge 442 ha istituito qui e in altre zone del Carso le prime riserve naturali d’Italia. Ma l’organo gestore che avrebbe avuto il compito di proteggere l’area, non fu mai designato e così la riserva fu progressivamente erosa dagli insediamenti circostanti. Formalmente nel 1996, con la legge regionale 42, il Fvg istituì nella medesima area la riserva delle Falesie di Duino, ma ancora una volta sulla carta. Solo adesso il Comune si stava accingendo a completare gli atti di gestione dell’area. Ma il taglio dei finanziamenti regionali renderà tale passaggio impossibile». (t.c.)
 

 

Slovenia, Krsko 2 sarà operativa nel 2020 - Il costo previsto è di 3,5 fino a 5,5 miliardi di euro. Tondo rilancia: «L’Enel sia della partita»
 

TRIESTE Il settore dell’energia è in grande movimento in Slovenia. Sul versante dell’energia pulita, ad esempio, ci sono già operative sul mercato numerose aziende tedesche che stanno lavorando sul territorio. In un quadro macroeconomico più ampio il «gioiello» che Lubiana vorrebbe far diventare operativo nel 2020 è il raddoppio della centrale nucleare di Krsko, la cosiddetta Krsko 2, meglio nota in Slovenia come Nek2.
Per Lubiana, come sostengono fonti diplomatiche, Krsko 2 è un’occasione impredibile per rilanciare lo sviluppo industriale e farlo rimanere stabile in futuro, per la tutela dell’ambiente e per essere meno dipendenti dall’estero per quanto riguarda l’approvvigionamento elettrico. Ovviamente al progetto manca ancora la decisione del governo e il consenso popolare, fattore indiscutibilmente da non sottovalutare. Ma c’è di più, solo con l’energia prodotta dagli impianti termoelettrici o quelli che forniscono energia verde alternativa non è possibile più in Slovenia colmare il gap tra l’elettricità importata e quella venduta all’estero. Insomma serve un immediato rilancio per non diventare troppo esterodipendenti.
I progetti e le fasi inziali per predisporre l’impianto Krsko 2 sono già in via di perfezionamento da parte della società ”Gen Energij”. Sono già state fatte numerose analisi. Ora si attende solo la decisione governativa. Se questa, come si dà per scontato, sarà positiva la firma della nascita della seconda centrale in calce ai progetti sarà posta tra il 2011 e il 2013, mentre la costruzione vera e proprio è prevista per il 2015. L’inizio della produzione, come detto, nel 2020.
Grande attenzione viene riposta nella sicurezza dell’impianto e nella realizzazione di elettricità decisamente concorrenziale nel prezzo. Se si opterà per una Krsko 2 da 1.100 megawatt il costo sarà attorno ai 3,5 miliardi di euro. Se invece si dovesse scegliere un impianto da 1.600 megawatt il prezzo lieviterebbe a 5,5 miliardi di euro. Anche se in giro circolano voci di costi ancora più elevati. Il reattore potrebbe essere un Westinghouse, un Areve o un Mitshubishi.
La ”Gen Enerij” è pronta, assieme ai suoi soci, a sovvenzionare Krsko 2 dal 30 al 40 per cento. Il resto giungerebbe da prestiti e dall’emissione di obbligazioni. Il nuovo impianto avrà una durata di 60 anni con la possibilità di rinnovarlo per altri venti. Quindi appare chiaro che know-how e investimenti esteri sarebbero non solo i benvenuti, ma assolutamente necessari per portare a termine l’opera. E qui si inserisce la cosiddetta ”opzione” italiana. Dal gennaio 2007 (a lanciare l’idea fu l’allora ministro degli Esteri Massimo D’Alema in un suo incontro a Lubiana) si parla di un interesse dell’Enel a entrare a far parte del progetto. Interesse ribadito qualche settimana fa dallo stesso ministro degli Esteri, Franco Frattini, al summit interministeriale italo-sloveno di Brdo pri Kranju, con la parte slovena che dimostrava un’assoluta apertura ad ascoltare le eventuali offerte dell’Enel. Idea questa, perlatro molto cara al governatore del Friuli Venezia Giulia, Renzo Tondo, che non più tardi di ieri a Mestre, ha rinnovato l’idea di una concreta e importante partecipazione italiana nella realizzazione e nella gestione di Krsko 2.
Infine, al nucleare, è molto interessata anche la Serbia che ha già trovato nella Russia un partner altrettanto interessato a fornire la tecnologia necessaria.
MAURO MANZIN

 

 

Cherso, i cinghiali fanno strage di ovini - Nonostante ne vengano abbattuti quasi 300 l’anno. Allevatori infuriati
 

CHERSO Ogni anno ne vengono uccisi a centinaia, in media più di 300, ma i cinghiali continuano ad essere il peggiore degli incubi per gli allevatori di ovini a Cherso. Va subito rilevato che i cinghiali sono una specie alloctona nell’isola quarnerina, dove erano stati introdotti a metà degli anni 80 per dare sviluppo al turismo venatorio.
Una mossa incauta, anche se nei primi tempi tutto era filato via liscio e senza nessun problema. I primi guai si erano avuti una decina di anni fa, con gli irsuti animali che avevano sfondato le reti di recinzione delle zone venatorie, dando subito grattacapi ai proprietari di pecore e agnelli, con quest’ultimi sbranati senza pietà. Inizialmente, gli esperti e l’opinione pubblica non volevano credere che i cinghiali banchettassero con carne ovina, ma poi – prova dopo prova – si è accertato in modo inequivocabile che gli agnelli sono in cima alla lista dei desideri mangerecci dei maiali selvatici. Da allora le proteste degli allevatori chersini si sono susseguite in serie, con petizioni, blocchi del ponte di Veglia, proteste a Fiume, missive inviate a Zagabria, ai competenti ministeri. E’ stata così emendata la legge sulla Caccia, che permette durante tutto l’ anno di abbattere la selvaggina alloctona presente nell’ area insulare, ma i risultati sono alquanto modesti. Dapprima le scorribande dei cinghiali riguardavano la zona di Tramontana, ossia la parte settentrionale di Cherso, ma da diverso tempo gli animali – decidendo di allargare gli orizzonti di caccia – si sono calati giù a Sud, causando gravi danni nei pascoli di Ustrine e Belej. Dalla fine dell’estate ad oggi, all’allevatore Pierino Jurjako di Belej sono state divorate una trentina di pecore. Sì, perché i cinghiali non si accontentano più degli agnelli, ma attaccano anche le pecore, combinando disastri. Il loro passaggio crea danni ad un settore plurisecolare e profondamente radicato nei costumi dell’isola, incidendo anche sul paesaggio. Parecchi infatti i muretti a secco, tipici del paesaggio chersino, che vengono buttati giù durante le scorrerie dei cinghiali, i quali si accaniscono naturalmente anche sulla vegetazione. I proprietari delle greggi vengono sì rimborsati per ogni capo perduto, pagamenti che spettano al concessionario delle zone di caccia, ma ciascuno di essi ha già fatto sapere che non gli interessa tanto l’indennizzo, quanto l’eliminazione definitiva di questi animali alloctoni. La presenza a Cherso dei cinghiali è frutto della dabbenaggine umana, di coloro che un paio di decenni fa non pensarono (o forse sì) a quali rischi stessero per sottoporre l’habitat chersino. L’ovinicoltura è insomma in pericolo a Cherso e molti allevatori hanno già smesso o pensano seriamente di farlo, impossibilitati ad avere un’attività remunerativa. Una tradizione che si perde nella notte dei tempi, simbolo dell’isola, rischia purtroppo di scomparire per sempre, con gravissime ricadute anche su turismo e settore ristorativo. A meno che comune, regione e stato sappiano individuare una soluzione efficace, che possa sradicare il deleterio, pauroso gironzolare di questi animali con le zanne.

(a.m.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 14 dicembre 2009

 

 

Nel buco della cava Faccanoni un bioparco nel giro di 10 anni - Costerà 8 milioni più Iva. Dipiazza: «Un’area favolosa»
 

IL PROGETTO DEL COMUNE
Ci vorranno circa dieci anni di lavori, minuziosamente contingentati, e otto milioni più Iva, tra investimenti di start-up, costi di gestione e di chiusura. Ma sulla carta, con un pieno di ecofondi regionali, nazionali ed europei, sarà una partita redditizia per il soggetto gestore e pure per il soggetto responsabile, cioè il Comune. In minima parte, per quest’ultimo, in realtà. Il ”guadagno” vero, in effetti, non si conterà in bigliettoni. Ma nel recupero, pieno, di natura e paesaggio. Con l’impianto progressivo - via via che si formerà un gradone di terra sopra l’altro - di alberi, arbusti, esemplari di sottobosco nostrani che diventeranno una casa in più per gli animali selvatici del Carso, dai caprioli ai cinghiali. E con la realizzazione - alla fine - di appositi percorsi panoramici sul Golfo per triestini e turisti, dall’incrocio tra Strada per Basovizza e Strada per Opicina fino al vecchio castelliere del Monte calvo, circa 250 metri più sopra. Un ”bioparchetto”, una riserva insomma. Ma dove tutto questo? Nel tratto di crinale più martoriato, al secolo Cava Faccanoni. Un buco nel verde talmente grande - da 300 metri di larghezza per 150 d’altezza - che funge spesso da riferimento per chi va per mare. Ebbene, come annunciato nei mesi scorsi, il buco che un tempo veniva sempre più svuotato tornerà presto ad essere riempito di terra e roccia, diventando così area di smaltimento di materiale inerte (non quello inquinato, però) proveniente dai diversi cantieri del territorio triestino. Un primo assaggio da seicentomila metri cubi di ”ripopolamento” è coinciso con gli scarti delle escavazioni per fare le vicine gallerie Cattinara-Padriciano della nuova Grande viabilità. Ma non basta.
IL PROGETTO Il riempimento, ideale s’intende, prevede un altro milione e mezzo di metri cubi, pari a due milioni e 225mila tonnellate: ipotizzando un trasferimento da cantieri provinciali alla Cava di 900 tonnellate al giorno, per 250 giornate lavorative all’anno, ecco che viene fuori il decennio di cui si diceva. Un piano fattibile «senza particolari diffficoltà considerate le forti e crescenti richieste di allocazione di materiali inerti che vengono espresse nel bacino di riferimento della Cava». È quanto si legge all’interno del progetto di «rinaturalizzazione morfologica e naturalistica della dimessa Cava Faccanoni» di cui è responsabile il servizio Coordinamento amministrativo e Project financing che fa capo al dirigente comunale Walter Toniati e, a livello politico, a Roberto Dipiazza in quanto assessore ai Lavori pubblici.
LA VISITA È stato il sindaco in persona infatti, nei giorni scorsi, a ripetere il sopralluogo fatto a fine estate. Stesso entusiasmo. Stesso convincimento. «È un posto straordinario, che vista si godrà da lassù, fino alla vedetta. E in più si farà rivivere un’area naturalistica enorme». Il fatto è che Dipiazza, stavolta, si è portato dietro gli uomini della Regione. Gli stessi chiamati adesso a esaminare il progetto nel suo insieme - spedito appunto dal Municipio in Regione - nell’ottica di possibili finanziamenti, a cominciare dal direttore centrale delle Risorse agricole, naturali e forestali Luca Bulfone. Uno dei due interlocutori determinanti. L’altro è Roberto Menia, il sottosegretario all’Ambiente.
TEMPI E SOLDI Il progetto di «rinaturalizzazione», a tale proposito, fissa la road map - entro marzo 2010 lo svolgimento delle procedure di gara, entro settembre l’assegnazione del progetto, la predisposizione dell’impianto e l’avvio, entro il 2020 la gestione a pieno regime - e pure i soldi da mettere sul piatto, contando anche l’Iva, nel prospetto di massima decennale: 5 milioni e 316mila euro per l’avvio dell’attività, due milioni e 910mila per la gestione nei dieci anni, un milione e 480mila per la chiusura dell’attività di rinaturalizzazione. Una bella cifra. A questo punto, però, recita il piano economico finanziario, entra in scena il «contributo di rinaturalizzazione» legato ai fondi, previsto a 8,17 euro a tonnellata. Risultato, «ricavi di gestione» e un Comune che, nel suo ruolo di regista e responsabile, «può chiedere un contributo percentuale pari al 12% senza inficiare l’equilibrio del rendiconto finanziario dell’operazione», vicino a «200mila euro annui relativamente al primo anno di attività». «Il progetto - è la conclusione - si presenta pertanto di notevole interesse consentendo di perseguire in modo economicamente sostenibile molteplici benefici: soddisfazione economica dell’investitore, introito per il Comune, rinaturalizzazione di un’area strategica sotto il profilo paesistico per la città».
PIERO RAUBER

 

 

SEGNALAZIONI - «Trieste potrebbe insegnare molto sul ”valore” della decrescita»
 

«Nel 1901 il Consiglio industriale dell’Impero autorizzò la costruzione della seconda congiunzione ferroviaria, la cosiddetta linea dei Tauri o Transalpina...» (Elio Apih, Trieste, Laterza 1988). Si trattava di 414 km con 43 gallerie. Furono impiegati 70.000 operai. Nel 1909 l’opera era conclusa.
I tempi di realizzazione, per i ritmi dello sviluppo industriale di allora, erano fantastici. La ferrovia costituì un vero e proprio volano per il decollo industriale della città, basato sulla cantieristica e sulla lavorazione delle materie prime importate via mare, commercializzabili attraverso il porto. C'è di che riflettere rispetto al progetto della Tav che oggi si vorrebbe realizzare.
Oggi i tempi di realizzazione sono immensamente più lunghi rispetto a un’economia tumultuosa che pratica logiche completamente diverse da quelle di cent’anni fa. Occorre essere economisti di vaglia per capirlo? Oggi le imprese delocalizzano, oggi i centri si spostano: la direzione da una parte, la produzione in capo al mondo; oggi la domanda muta continuamente e muta forma e modi; oggi la rete brucia le idee e le tappe e una zona di scarsissimo interesse può diventare il centro del mondo per poi sparire dopo pochi anni. A sapere interpretare l’economia bisogna essere visionari.
La logica che continua ad ispirare la nostra classe dirigente è invece ancora quella ottocentesca della ferrovia Transalpina. L’idea di progresso e sviluppo implica la prevedibilità, implica la prefigurazione di tempi e modi nonché degli obiettivi a lungo e medio termine. Lasciamo stare il lungo perché oggi anche il medio termine è letteralmente polverizzato. La prevedibilità? Come insegna l'ultima crisi, è un’arma spuntata. Il capitalismo oggi cresce e si sviluppa con la velocità imprevedibile di una metastasi. Programmare il futuro, come intende la nostra classe dirigente, è velleitario, piuttosto serve come armamentario per tirare la morale pubblica. Promettere sviluppo, crescita, occupazione, modernità a tutti i costi: non c'è differenza tra destra e sinistra in questa rincorsa.
L’unica cosa sulla quale ha senso lavorare è invece tirarsi fuori, rallentamento intelligente e plastico. Non è un proposito bizzarro: c’è una letteratura in campo. La scuola è quella della «decrescita» di Serge Latouche, di Georgerin Roegen, di Ralf Steppacher. Certo, molte affermazioni possono sembrare folli, appunto visionarie, ma la «decrescita» non ha nulla a che fare con l’abbandono della crescita tout court, ha che fare con una ponderata gestione della mutevolezza continua e con il contenimento dell’imprevisto nel rispetto della biosfera. Valorizzare quello che abbiamo, subito, adesso, non domani. Proiezioni corte e volte a conservare l'esistente e a migliorarlo per com’è. L’idea del non sviluppo, del fermarsi per andare avanti, del marginalizzarsi per tornare al centro, sfugge alla logica economicistica, fatta di tabelle e di cause ed effetti.
Trieste è una città che è stata già lungamente in decrescita. Io credo che potrebbe insegnare molte cose sotto questo punto di vista.
Marco Coslovich
 

 

SEGNALAZIONI - Parco del Mare
 

Strano, e contrario alla sua tesi, il paragone che il presidente del Gruppo giovani Imprenditori usa nella replica alla mia lettera, dove rimarcavo che, prima di ipotizzare un Parco del Mare a Trieste, andrebbero risolte le carenze infrastrutturali esistenti, compreso il grave problema dei parcheggi. Scrive infatti Andrea Gelfi che affrontare innanzitutto queste questioni «equivarrebbe a voler costruire un autogrill in attesa che arrivi l’autostrada». Appare chiaro a chiunque legga che «l’autogrill» del paragone corrisponde al Parco del Mare, mentre «l’autostrada» ovviamente sta per le infrastrutture di collegamento. Quindi è proprio Gelfi a proporre di costruire il Parco del Mare anche se non ci sono ancora collegamenti sufficienti: cioè l’autogrill prima dell’autostrada. A meno che non si voglia considerare «autostrada» l’attuale A4, cioè quel serpentone di camion che condanna gli automobilisti a interminabili code sotto il solleone. Può essere vero che un’attrazione turistica contribuirebbe nel tempo ad aumentare i collegamenti, ma è sicuramente anche vero che, fino ad allora, i visitatori sarebbero scoraggiati dalla disastrosa situazione attuale (treni, aerei e strade del tutto insufficienti): il classico serpente che si morde la coda.
Quanto alla grande opportunità di sviluppo per la città e di garanzia di occupazione per i giovani, Gelfi si legga i resoconti sconfortanti sulla crisi dei maggiori acquari italiani, contenuti nel dossier fornito dall’Enpa sul sito www.enpa.it, dove uno studio corredato da grafici analizza le difficoltà economiche in cui versano queste strutture a causa degli enormi costi di gestione.
Perché mai a Trieste si vive solo di futuribili e fantasiosi progetti e si distruggono le poche iniziative che potrebbero funzionare? Basti pensare alla soppressione del Fest, unica manifestazione che stava facendo circolare il nome di Trieste a livello internazionale (seguita addirittura da un collegamento diretto su Rai Tre Scienza). Manifestazione che stava portando e avrebbe portato in città un turismo di qualità, sfruttando una risorsa già a disposizione: quella «cittadella della scienza» che tutti ci invidiano ma spesso sottovalutata dai triestini. In realtà manca una promozione a largo raggio della specificità storico-culturale di Trieste e delle sue bellezze naturalistiche, senza aver bisogno di cimentarsi in un’impresa a rischio come quella di un acquario.
Perciò mi auguro che i giovani imprenditori abbiano delle «idee innovative» un po’ meno condizionate da sparate di stampo pre-elettorale e da progetti che resteranno probabilmente a livello di plastico illustrativo, come quello esposto trionfalmente per mesi alla Camera di Commercio. Se già allora si fosse valutata un po’ più seriamente l’operazione Parco del Mare, ci si sarebbe accorti che il sito del mercato ortofrutticolo a Campo Marzio non era neppure tutto del Comune.
Giorgetta Dorfles - (per il Comitato in difesa delle Rive)
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 13 dicembre 2009

 

 

Prestigiacomo: «Il nostro Paese vuole accelerare» - «Martedì una proposta danese. Anche nel 2010 detrazioni del 55% sull’efficienza energetica»
 

COPENHAGEN L'Italia spinge il piede sull'acceleratore dei negoziati al 15.o vertice Onu sul clima in corso a Copenhagen. Per il ministro dell'Ambiente, Stefania Prestigiacomo, serve imprimere un'accelerazione.
Il quadro, ha detto, incontrando i giornalisti nella sede della delegazione italiana al Bella Center al termine della riunione informale del pomeriggio in cui è stato fotografato lo stato dei lavori, «non è molto progredito rispetto alla partenza. La situazione non è negativa ma non c'è ancora chiarezza e gli impegni sono ancora troppo generici».
Il ministro ha sottolineato che l'Italia lavorerà per un'accelerazione della trattativa. «Bisogna lasciare aperti solo pochi e chiarissimi punti». E già martedì, ha annunciato Prestigiacomo, potrebbe esserci «una nuova proposta della presidenza danese». Da ora in poi, infatti, ha riferito il titolare dell'ambiente, ci saranno una serie di consultazioni informali e bilaterali. «Noi come Ue abbiamo le carte in regola - ha detto - abbiamo dato il via libera a un congruo finanziamento e siamo pronti ad assumere impegni vincolanti». Anche per il 2010 le detrazioni del 55% sull'efficienza energetica ci saranno. Lo ha detto il ministro dell'Ambiente, Stefania Prestigiacomo, rispondendo ai giornalisti a margine di un incontro organizzato a Copenhagen per il vertice Onu sul clima. «Per il 2010 - ha detto il ministro - è confermata nella Finanziaria la detrazione del 55%». Per il ministro uno dei punti di incontro tra le posizioni potrebbe essere la governance del finanziamento in modo che i paesi sviluppati possano seguire la finalità degli interventi.
A livello Ue, ha riferito però Prestigiacomo, la posizione Usa viene considerata «ancora insufficiente».
I giorni sono pochi. Sul tavolo duri negoziati soprattutto sul Protocollo di Kyoto che in molti ora vorrebbero 'impallinarè ma non i paesi vittime dei cambiamenti climatici che, guidati da Cina e India, ma anche Brasile e Sudafrica, non sono disposti a negoziare il Trattato salva-clima che scade a fine 2012 e che assicura loro risorse economiche. Da qui la loro 'marcià negoziale per prorogarlo distintamente dal ramo parallelo della Convenzione Onu sotto cui ricadono anche gli Usa.
Ma in molti, a metà strada del vertice che si è aperto il 7 dicembre scorso e si chiuderà venerdì 18, sono convinti che, nonostante tutte le difficili manovre che attendono i ministri, si riesca a portare a casa un risultato.
Primi tra gli ottimisti i francesi secondo i quali i negoziati sul clima alla conferenza Onu di Copenhagen si «annunciano molto difficili» ma un accordo dovrebbe comunque essere raggiunto nella notte del 18 dicembre, in occasione del summit conclusivo dei capi di Stato e di governo, ha pronosticato Jean-David Levitte, consigliere diplomatico e sherpa del presidente francese, Nicolas Sarkozy. Oggi pausa di riflessione. Il Bella Center domenica chiude. Da domani sarà di nuovo battaglia.
 

 

Piano particolareggiato, rispunta il «cubone» - SDEGNO E AMAREZZA NEL COMITATO DI VIA BELPOGGIO, RAFFICA DI LETTERE AI CONSIGLIERI COMUNALI
 

Marina Spaccini: «È inaccettabile che lo sgambetto venga dall’amministrazione comunale»
Sdegno. Si è ristretta in una parola la reazione dei cittadini del «comitato anti-cubone» di via Santa Giustina quando hanno saputo - secretazioni permettendo - che il combattuto progetto edilizio sul retro di via Belpoggio, per il quale hanno già vinto due battaglie al Tar e ottenuto una modifica urbanistica che ha reinserito il blocco nel «centro storico» da cui era stato enucleato nel nuovo piano regolatore, col piano particolareggiato del centro storico stesso torna nel piatto tale e quale.
Morale. «Difendersi da costruttori e interessi privati fa parte della vita, ma che lo sgambetto venga da un’amministrazione comunale è inaccettabile» afferma la presidente del comitato, la dottoressa Marina Spaccini, che annuncia «stato di agitazione» e una raffica di lettere a tutti i consiglieri comunali. «È un fatto morale - rafforza Piero Sardos Albertini tra i fondatori del nucleo di protesta - che crea grande sconcerto, siamo indignati e scandalizzati».
Metri. Progettata dall’architetto Lorenzo Gasperini, già sindaco di Muggia per il Pdl, la serie di tre edifici è contestata come inaccettabile «cementificazione». I cittadini hanno ottenuto, su proposta dell’opposizione, che l’area fosse reinserita nel centro storico e con questo speravano di aver ottenuto un progetto, perfino «partecipato», di minore impatto. Il piano del centro storico invece riporta una scheda dove le tre case hanno altezza di 15 metri, come prima. Una discordanza tecnica tra documenti? Roberto Sasco, presidente della commissione urbanistica: «No, centro storico non significa inedificabilità, solo essere vincolati a prescrizioni costruttive. Ogni altra cosa va affidata alle osservazioni dei cittadini».
In aula. Si ricomincia dunque daccapo, ma intanto il piano del centro storico va già domani in consiglio comunale con l’intenzione - dice Sasco - di arrivare all’adozione subito, lavorando in aula fino a esaurimento, anche perché per lunedì 21 è pronto un nuovo calendario: Silos, park San Giusto e ampliamenti all’Itis. Poi è Natale e si chiude.
Posti auto. Ma se questo cosiddetto «cubone» ha già una sua potente storia alle spalle, nuove questioni si affacciano, da parte della stessa maggioranza e dell’opposizione. Fabio Omero (Pd) osserva: «In commissione ho espresso meraviglia per la scomparsa del Parco del mare, nonostante i 2300 posti auto necessari se il progetto decollasse. Già il Piano regolatore indicava solo genericamente che tali parcheggi andranno realizzati entro una distanza massima di 500 metri di raggio dall’ambito, ovvero all’interno di un’area che comprende all’incirca piazza Unità, villa Necker, Mercato ortofrutticolo. E 2300 posti auto equivalgono a 56 mila metri quadrati - scrive Omero - qualcosa come otto campi di calcio: da qualche parte andranno pur previsti.
Idee 2006. «Inoltre - aggiunge - i percorsi pedonali e le pavimentazioni di pregio sono ripresi pari pari dal testo dell’architetto Alberto Cecchetto del 2006: per questo non comprendono il ponte di vetro sul Ponterosso, ma nemmeno la pedonalizzazione di via Cassa di Risparmio e di piazza della Borsa».
Pietre. La maggioranza su proposta di Sasco porta due richieste di emendamento: «Nel caso di rimozione di pavimentazioni in masegno o altre pietre originali, essere devono essere recuperate e riutilizzate nello stesso sito, o comunque nel centro storico; tutti gli elementi di arredo, dalle panchine alla fioriere, così come i
GABRIELLA ZIANI

 

 

Terreni non più edificabili? Niente Ici - CONSEGUENZE DEL NUOVO PIANO REGOLATORE «SENZA CEMENTO»
 

Per la perdita di valore commerciale. Ma il proprietario deve segnalarlo
Qualcuno lo sa bene, ed è già andato a sistemare le cose. Qualcuno lo scoprirà. Per i terreni privati marcati come «edificabili» che il Piano regolatore ha trasformato in «non edificabili» non bisogna più pagare l’Ici, o pagare una cifra diversa, talora piccolissima.
L’annullamento dell’imposta scatta dal momento dell’adozione del documento urbanistico, senza aspettare l’approvazione finale e il sì definitivo della Regione, e quindi la sua traformazione in legge.
«Il motivo è semplice - spiega Paolo Cavazzoni, direttore dell’agenzia di riscossioni comunali Esatto -, i terreni pagano l’Ici non secondo un valore catastale, come le case, ma secondo il prezzo commerciale dettato dal mercato: anche la sola previsione che un terreno edificabile sia destinato a diventare non edificabile ne fa crollare il prezzo di fronte a qualunque acquirente, addirittura potrebbe esserci nessun acquirente, rendendo perciò pari a zero il valore di quella proprietà, e dunque l’Ici non è più dovuta, oppure lo è nella misura del nuovo valore della particella, che ciascun proprietario può farsi certificare anche da un perito».
Ma il bello è che il cittadino ieri in possesso di un valore e oggi di nessuno deve farsi parte attiva, e cioé andare a chiedere di persona che il bollettino Ici non gli sia più inviato, oppure venga aggiornato, altrimenti il Comune continua a riscuotere come prima. Viceversa, se un terreno acquisisce lo status di «edificabile» e dunque il suo valore schizza in alto, gli uffici comunali ne danno immediata comunicazione a Esatto, e l’Ici scatta d’ufficio.
Dunque l’operazione Piano regolatore «che non cementifica» e che toglie edificabilità soprattutto in Carso, una scelta politica di cui l’amministrazione Dipiazza e Dipiazza in prima persona si sono sempre detti orgogliosi per il bene della città, avrà ripercussioni sulle casse del Comune stesso. «Io non credo di molto» dice prudente Cavazzoni.
Ma Marco Milcovich, il presidente della circoscrizione di Altipiano Est che ha fieramente avversato le scelte del Piano regolatore (soprattutto, come altri, sostenendo che veniva violato il diritto delle famiglie a disporre di un terreno per edificazioni a uso di contiguità familiare) afferma di aver fatto i conti: «Solo in Carso - dice - è stata sottratta edificabilità a 535 mila metri quadrati di terreno».
Se poi il Piano regolatore, ipotesi remota ma tecnicamente non impossibile, venisse stravolto nei suoi principi fondamentali, oppure se i cittadini firmatari di osservazioni e opposizioni vedessero accolte le proprie richieste di revoca dei provvedimenti urbanistici e riavessero l’edificabilità, l’Ici sarebbe automaticamente ripristinata. «Il terreno più grande che ha perso attualmente valore in questo senso - spiega ancora Cavazzoni - è l’Area di ricerca, per il resto sono tutte particelle piccole».
Un cittadino racconta di aver già fatto la pratica a Esatto, di corsa: «Ero arrabbiato tempo fa perché il mio terreno, edificabile, in realtà non era costruibile a causa delle misure, chiesi l’abbattimento dell’Ici: non era possibile. Adesso invece me l’hanno reso agricolo, il sindaco mi ha penalizzato, e io mi sono sganciato dall’imposta immediatamente».

(g. z.)
 

 

Treni, rincari dei biglietti fino al 17% - Attivo da oggi il nuovo orario ferroviario Il Fvg salvato dopo una spesa di 3 milioni
 

Balzo delle tariffe per la seconda classe. I collegamenti con Milano scendono da 13 a 11
TRIESTE Sono un po' di meno, viaggiano più veloci e costano di più. E' la sintesi dei collegamenti ferroviari da Trieste direzione Milano e Roma fissati nel nuovo orario di Trenitalia, attivo da oggi. I mezzi ad alta velocità da Mestre verso le due maggiori città italiane determinano un adeguamento dei prezzi dei biglietti, incrementati mediamente del 10%. Il ritocco all'insù colpisce soprattutto la seconda classe: gli aumenti arrivano fino al 17%.
LA TRATTATIVA E' stata una partita faticosa per la Regione: nella prima bozza del nuovo orario i diretti dal Friuli Venezia Giulia per Milano e Roma non c'erano. Cancellati. L'assessore regionale ai Trasporti Riccardo Riccardi si è incontrato più volte con Mauro Moretti, ad di Fs. La giunta ha pure partecipato alle spese con 3 milioni di euro. E, alla fine, i diretti su Milano ci sono e i treni per Roma vanno più veloci. «Ci siamo assunti un impegno e lo abbiamo mantenuto - commenta Riccardi -, sono senz'altro soddisfatto. I 3 milioni? Uno strumento di emergenza in uno sforzo congiunto con Trenitalia. Quanto al futuro, il servizio migliorerà nella misura in cui migliorerà il sistema del trasporto pubblico locale che contiamo di riuscire a rendere di anno in anno più qualitativo».
MENO TRENI Tutto bene? Non proprio. Innanzitutto il numero dei collegamenti. Se rimangono inalterati i trenta Trieste-Mestre quotidiani (purtroppo anche nei tempi di percorrenza) e le partenze da Trieste verso Roma (14), diminuiscono (da 13 a 11) le possibilità giornaliere di andare a Milano. La novità del diretto Frecciabianca delle 9.38 costa la diminuzione della frequenza mattutina. Dalle 4.30 alle 11.44 partivano fino a ieri 7 Trieste-Milano, ora solo 5.
IL RITOCCO DEL BIGLIETTO Meno treni su Milano e un po' più cari. Alta velocità, alti prezzi. Il diretto (ai "vecchi" delle 6.35 e delle 17.02 si aggiunge quello delle 9.38) costa 59,50 euro in prima classe e 44 in seconda, aumenti del 10,8% e del 10,3% senza sostanziali risparmi di tempo: ci si continua a mettere circa 4 ore e 20 minuti. Biglietto ritoccato anche per le altre tratte su Milano (in media dell'8%) e per quelle su Roma: tra il +4,6% e il +6,1% la prima classe e tra il +16% e +17% la seconda.
I TEMPI L'Eurostar per Roma delle 7.49 impiegava 6 ore e 21 minuti. Ed era la soluzione più veloce. Da oggi, almeno al mattino eccezion fatta per la partenza delle 7.04, si va sotto le 6 ore. Il treno in partenza alle 6.35 porta nella capitale in 5 ore e 38 minuti (fino a ieri erano 6 ore e 35 minuti), quello delle 9.38 in 5 ore e 35 minuti. In sostanza poco meno di un'ora di tempo guadagnato costa circa 7 euro in prima classe e 13 in seconda. Ma con l'obbligo di cambiare a Mestre.
NEL RESTO D'ITALIA «Scelte che non stanno nelle autonomie della Regione», chiarisce Riccardi. Scelte che del resto Trenitalia ha fatto in tutta Italia. Al netto di sconti e promozioni, con "batoste" anche più pesanti. A essere maggiormente penalizzata è sempre la seconda classe: il Milano-Roma costa quasi il 20% in più, il Bologna-Firenze il 32% in più, ma gli adeguamenti riguardano anche gli Eurostar, non toccati dall'alta velocità. Per il Milano-Bologna (seconda classe) si passa da 25,70 e 28,50: +10,9%.
L'ORARIO CARTACEO Dopo settimane di misteri il sito di Trenitalia riporta ogni variazione di orari e prezzi. Con il computer sul tavolo si può programmare il viaggio e prenotare il biglietto. Niente da fare, invece, con il metodo tradizionale. L'orario su carta non c'è. Né in stazione né sul sito. Al link Area Clienti compare la promozione di "In Treno", la linea editoriale della compagnia che comprende pure la pubblicazione cartacea. Peccato che sia quella con l'orario in vigore dal 14 giugno al 12 dicembre. Non serve più.
MARCO BALLICO

 

 

Controlli severi su ritardi, comfort e pulizia: multe salate se Trenitalia non è in regola - LO PREVEDE IL CONTRATTO STIPULATO CON LA REGIONE
 

TRIESTE Cinque treni sotto osservazione speciale, e sessanta rilevazioni tra comfort e pulizia effettuate a partire da luglio: in pratica, almeno una al mese. Questo il bilancio, a fine novembre, delle operazioni di controllo su treni e effettuate dalla Regione nell'ambito del nuovo contratto di servizio Regione-Trenitalia firmato nel mese di luglio. Un contratto che, come si sa, prevede la possibilità di far pagare a Trenitalia una serie di sanzioni nel caso non rispetti gli standard previsti. Oppure, nel caso delle pulizie, che si impegni a effettuare pulizie supplementari nei casi in cui quelle già fatte dovessero risultare, agli occhi dei «controllori regionali» non soddisfacenti. Per quanto riguarda la puntualità, cinque sono i convogli che, senza ulteriori interventi di Trenitalia, saranno colpiti dalla scure delle multe: due viaggiano sulla linea Trieste- Portogruaro (il 2839 delle 6.26 e il 5811 delle 6.59), e tre sulla Venezia -Udine (il 5920 delle 6.18, il 5980 delle 15.18 e il 2838 delle 20.56). Treni, specialmente quelli provenienti da Trieste, usati dai pendolari, e quindi particolarmente importanti dal punto di vista della puntualità.
Importanti anche per Trenitalia, dal momento che su questi tre treni rischia la multa: il contratto infatti prevede un parametro che prevede il 90,86% di treni con un possibile lasco tra gli 0 e i 5 minuti, e il 97,72% di treni con un lasco tra i 6 e i 15 minuti. Se Trenitalia non rispetterà tali indici di puntualità, si vedrà affidare una multa di 15mila euro per ogni decimo di punto percentuale in più. C'è poi il problema del sovraffollamento, che per alcuni convogli, specie nelle ore di punta, diventa drammatico: un esempio è per l'Udine-Trieste delle 6.46 (numero 2841) che diventa una bolgia dopo la fermata di Cervignano, o il Venezia Udine delle 17.04 (anch'esso treno usato soprattutto da chi rientra dal lavoro). Problemi che comunque, ha specificato Trenitalia, dovrebbero risolversi a breve: erano infatti dovuti alla riparazione di alcune carrozze che hanno dovuto restare in manutenzione per qualche periodo. Per quanto la puntualità, invece, i tempi di recupero saranno più lunghi: secondo quanto riferito dal direttore del Trasporto regionale in Fvg di Trenitalia Mario Petenella, «saranno risolti all'80% con l'arrivo del nuovo materiale rotabile».
Che Trenitalia garantisce arriverà sulle rotaie regionali entro il 2011: proprio in questi mesi infatti è partita la gara d'appalto per il reperimento dei nuovi convogli. Si tratta di quattro Vivalto, per i quali Trenitalia ha già dato il via alla procedura di acquisto: procedura complessa, dalla durata di oltre un anno e mezzo, visto che parte dall'ordine di realizzazione dei convogli che sono disponibili solo su commissione. I treni saranno utilizzati sulle linee di maggior afflusso di viaggiatori e pendolari: la Trieste-Venezia, la Trieste-Udine e la Udine Venezia, e andranno a sommarsi agli elettrotreni modulari acquistati dalla Regione, con almeno 230 posti a sedere, omologati per la circolazione sulla rete italiana e slovena andranno infatti a sostituire le vecchie automotrici Ale 801 attualmente in servizio con un'anzianità media di circa 32 anni.
ELENA ORSI

 

 

Hack: «Dovremo ricorrere al nucleare» - «Il vertice darà più consapevolezza sui rischi del pianeta. L’Italia è arretrata»
 

L’INTERVISTA. SCARSO OTTIMISMO DELLA SCIENZIATA SUL DOPO-COPENHAGEN
TRIESTE Nessuna illusione, secondo Margherita Hack dal vertice sul clima di Copenhagen non arriverà nessuna misura concreta per migliorare la situazione mondiale, ma «qualche cosina accadrà di certo», almeno finalmente «tutti si renderanno conto di quali rischi corre il pianeta e che l’atmosfera non ha confini». E per il futuro? la Hack non ha dubbi: il petrolio finirà e dopo non resteranno che le energie rinnovabili e il nucleare «che non deve essere demonizzato perché non ne potremo fare a meno».
Professoressa Hack, allora è pessimista?
No, non sono troppo ottimista, penso che quello di Copenhagen sarà un buon vertice, ma non ci spero molto. Sicuramente, forse, ci sarà più consapevolezza sui rischi che corre il pianeta con l’inquinamento che non ha barriere o confini come l’atmosfera.
Dove nasceranno le difficoltà al vertice?
Con i Paesi in via di sviluppo, che diranno ”voi avete consumato, prodotto e inquinato, ora tocca a noi perchè abbiamo bisogno di crescere e voi ora ci mettete il freno”.
Cosa bisognerebbe fare allora?
I Paesi ricchi dovrebbero impegnarsi a versare più soldi ai paesi in via di sviluppo e soprattutto dare tecnologie per spingerli a investire in energie alternative e nelle produzioni con sistemi che inquinano meno. Inoltre i paesi più ricchi dovrebbero ridurre gli sprechi e i consumi, a cominciare dalle famiglie e dai singoli sino alle realtà industriali. Bisogna consumare di meno e non si può tenere acceso il riscaldamento acceso con le finestre aperte.
L’Italia come si sta comportando?
Basta guardare all’invito fatto dal ministro ai trasporti Matteoli che vuole portare il limite di velocità in autostrada a 150 all’ora! È una pura stupidaggine perché vuol dire aumentare il consumo di carburante e immettere più CO2 nell’atmosfera. Bisognerebbe fare il contrario e costruire delle auto che non arrivino neppure ai 150 all’ora.
Ma in Italia qualcosina è stata fatta, è partita pure la raccolta differenziata di rifiuti...
Certamente, ma alla fine la Germania ci fa pagare per ritirare questi rifiuti e con questi si riscalda. Noi paghiamo il loro riscaldamento! Questo è il segno della nostra arretratezza culturale.
Da Copenhagen arriverà almeno qualche invito?
Sì, a fare tanti piccoli passi per migliorare l’ambiente. Se lo facciamo in Italia ci saranno 55 milioni di piccoli passi che diventeranno 6 miliardi se tutto il mondo si muoverà e tutti cercheranno di risparmiare. Un’esempio tra i tanti: gli allevamenti intensivi di animali. Ma lei sa che è una delle maggiori cause di inquinamento atmosferico? Bisognerebbe mangiare meno carne e oltre a ridurre l’inquinamento farebbe soffrire anche di meno gli animali. Penso che il vertice darà qualche segnale, sensibilizzerà le persone.
E cosa ne pensa del futuro del petrolio?
È chiaro a tutti che non è inesauribile, finirà e dovremo ricorrere ad altre fonti energetiche. Proprio per questo sarà necessario utilizzare il nucleare accando all’aumento dell’utilizzo dell’energia alternativa data dal solare e dall’eolico che putroppo non sono sufficienti. Il nucleare è stato troppo demonizzato, le centrali di oggi sono molto più sicure di quella di Chernobyl. Resta, certamente, il problema delle scorie che bisognerà stoccare in profonde miniere. Rischi ce ne sono soprattutto in Paesi come l’Italia e bisognerà fare grande attenzione perchè queste scorie non finiscano in qualche discarica abusiva. Il pericolo in questo caso sarebbe enorme.
GIULIO GARAU

 

 

Tondo categorico: «no» all’atomo a Monfalcone - «Non se ne parla: il nostro impegno è la sicurezza di Krsko»
 

IL PRESIDENTE FVG SULL’ENERGIA
MONFALCONE «Ipotizzare che Monfalcone possa essere inserita in una presunta lista dei siti nucleari, significa fare terrorismo psicologico. E chiedermi che posizione intendo assumere a riguardo è una falsa domanda. Piuttosto la Regione è fortemente impegnata per la messa in sicurezza della centrale di Krsko. Abbiamo coinvolto il governo in questo senso, tanto che mercoledì a Roma avrò un incontro con Enel».
Il presidente della Regione, Renzo Tondo, insomma è stato lapidario: «Smettiamola di fare terrorismo psicologico - ha obiettato -. Il nostro impegno verso la Slovenia, peraltro, significa che non c’è alcuna ragione di chiamare in causa Monfalcone. Pensiamo dunque alla vera priorità, che è quella oltreconfine».
Il presidente ieri è giunto in piazza della Repubblica nel pomeriggio, assieme al coordinatore regionale Isidoro Gottardo, per incontrare e sostenere i rappresentanti del Pdl, in occasione dell’avvio della campagna di tesseramento. Il coordinatore comunale Giuseppe Nicoli ha fatto gli onori di casa. Tra gli altri, c’erano i sindaci Antonio Calligaris, di Fogliano, e il consigliere regionale di An, Roberto Marin, il consigliere comunale di An, Suzana Kulier e il consigliere comunale di An a Staranzano, Pasquale Pusateri.
 

 

Danni in Val Rosandra, ditta condannata - Patteggiati due mesi e 7mila euro di multa per il danno ambientale procurato

SAN DORLIGO - Asportazione di un parapetto sul primo ponticello all'imbocco del sentiero, rimozione di un muretto a secco delimitante l'argine del torrente, scortecciamento di quattro piante ed abbattimento di altre due, allargamento del sentiero mediante scalpellatura della roccia in più punti, nonché demolizione del canale in pietra che anticamente portava l'acqua ai mulini.

Per queste ed altre “attività” Carlo Alberto De Cecco, legale rappresentante della De Cecco - Opere a verde srl, ditta di Pozzuolo del Friuli che aveva ricevuto in subappalto i lavori di sistemazione sentieristica nella Riserva naturale regionale della Val Rosandra nell'ambito del progetto Interregionale III A/Phare CBC Italia Slovenia “La Val Rosandra e l'ambiente circostante” da parte della ditta appaltatrice Edilverde, ha patteggiato la pena detentiva inflitta dal Tribunale di Trieste pari a due mesi (con sospensione condizionale) e 7 mila euro di multa per “danno ambientale”.
Questo il verdetto dell'udienza preliminare svoltasi venerdì mattina al Tribunale del capoluogo giuliano nella quale il Sindaco di San Dorligo della Valle Fulvia Premolin si è costituito parte civile nel procedimento penale contro Carlo Alberto De Cecco. Soddisfatto il primo cittadino di San Dorligo presente in aula: «Tra 60 giorni verrà emessa la sentenza ed il nostro avvocato Andrea Frassini valuterà quale sarà la possibile pena pecuniaria da proporre come risarcimento del danno sia economico che morale». Dal reato contestato al De Cecco il Comune di San Dorligo - come espresso tramite una delibera giuntale del Comune - aveva chiesto “danni di natura patrimoniale e non patrimoniale, nonché danni all'immagine dell'ente».
Tante infatti le “irregolarità” commesse da parte della ditta friulana come ricorda anche il sindaco Premolin: «Per fortuna i danni sono stati subito ripristinati ma ricordo perfettamente quando per sistemare i sentieri della Val Rosandra gli operai della De Cecco si sono presentati nella Riserva naturale con dei mezzi cingolati di grossa portata, decisamente inadeguati per questo territorio estremamente delicato: non appena abbiamo capito che i lavori venivano eseguiti in maniera errata abbiamo subito bloccato la ditta subappaltatrice».
Il progetto Interreg «La Val Rosandra e l’ambiente circostante», risalente alla seconda Giunta Pangerc, dopo oltre tre anni di attesa era partito concretamente nella primavera del 2007.
Promosso dalle Comunelle di Dolina, Bagnoli e Sant'Antonio in Bosco ed altre associazioni locali grazie ad un finanziamento europeo pari circa a 600 mila euro, il progetto, coordinato dal Comune di San Dorligo della Valle, ha visto la realizzazione di diverse opere di miglioria dell'area. Tra queste la ristrutturazione del Centro visite di Bagnoli della Rosandra, la riqualificazione delle vedette di Moccò, San Lorenzo e Crogole, una serie di interventi sulla segnaletica e sui sentieri principali, nonché la restaurazione della chiesetta di Santa Maria in Sauris.
Riccardo Tosques
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 12 dicembre 2009

 

 

Rigassificatore, Muggia va al referendum - Nesladek: «Abbiamo il dovere di sentire il polso del paese, è giusto che ci contiamo»
 

IL SINDACO UFFICIALIZZA LA SCELTA, PIÙ SIMBOLICA CHE LEGALE
MUGGIA Una consultazione popolare per esprimere la propria opinione sulla realizzazione del rigassificatore di Zaule. Questa la proposta lanciata in via ufficiale da parte del sindaco di Muggia Nerio Nesladek il quale rincara la dose: «Al momento di decidere i politici potranno prendere anche risoluzioni impopolari, se lo riterranno, ma dovranno farlo ben sapendo qual è la volontà dei cittadini».
L'INIZIATIVA Il progetto della consultazione secondo le intenzioni del primo cittadino dovrebbe prendere forma entro il prossimo anno. Atta a tastare una volta per tutte il sentimento dei cittadini sull'impianto di rigassificazione proposto da Gas Natural, l'iniziativa, da un punto di vista prettamente giuridico, non avrà però alcun peso: «Siamo consci - spiega Nesladek - che sarà un “referendum” che non avrà purtroppo valore legale, anche perché riguarda insediamenti che, seppur per pochi metri, non insistono sul nostro territorio ma su quello di Trieste. Ad ogni modo -prosegue il sindaco - abbiamo il dovere di sentire il polso del paese, anche per poter rispondere alle critiche di chi ci accusa di essere una minoranza paladina del “no se pol” che vuole bloccare lo sviluppo: noi invece pensiamo di rappresentare gli interessi e i sentimenti della maggioranza della popolazione ed è giusto dunque che ci contiamo». Quello che il primo cittadino di Muggia ha lanciato dunque chiaramente, un vero “referendum”, che il Comune non potrebbe indire, perché territorialmente non competente, ma solo una consultazione che «avrà sicuramente e comunque un forte peso a livello istituzionale».
Ma a chi sarà aperto questo “referendum”? «Riteniamo utile che anche i residenti di Trieste partecipino a questa consultazione - puntualizza Nesladek - perché se ci sono rischi collegati al rigassificatore questi sono sì per Muggia e San Dorligo della Valle, ma nondimeno potrebbero ripercuotersi in popolosi rioni di Trieste come Valmaura, Borgo San Sergio e Servola». La macchina organizzativa per la consultazione popolare partirà nelle prossime settimane con la convocazione delle riunioni operative con i comitati e le forze della società civile e politica che hanno espresso dubbi o contrarietà sul rigassificatore. Nesladek ha infine lanciato un appello: «Chiediamo fin da ora l’aiuto finanziario agli sponsor e a tutti quei privati che hanno a cuore la questione, avendo già l’evidenza che non tutto il mondo economico e imprenditoriale è favorevole al rigassificatore».
LE REAZIONI «Esprimendo la massima fiducia nel sindaco Nesladek, saluto positivamente questa proposta, fermo restando la grande utilità della raccolta porta a porta delle firme nel nostro territorio». Il sindaco di San Dorligo della Valle Fulvia Premolin analizza così la proposta avanzata dal pari grado di Muggia. Diversa invece la reazione del membro del comitato promotore contro il rigassificatore di San Dorligo, Laura Riccardi Stravisi (Cittadini): «Apprezzo il lavoro e la serietà del sindaco Nesladek che si sta battendo su un tema così importante, ad ogni modo, se è vero che l'indizione di un vero referendum è inammissibile, ritengo che sia più opportuno indirizzare i nostri sforzi su azioni più concrete». La Stravisi ha ricordato che la firme raccolte dai due comitati paralleli (San Dorligo e Muggia) «verranno presto consegnate ai rispettivi sindaci che a loro volta le faranno pervenire al prefetto di Trieste». Questo infine il punto di vista del coordinatore del Comitato per la salvaguardia del Golfo di Trieste Giorgio Jercog: «L'iniziativa di Nesladek potrebbe rivelarsi come un'utile consultazione informativa per far conoscere ulteriormente il folle progetto del rigassificatore, quindi accolgo con un plauso tale proposta».
RICCARDO TOSQUES

 

 

Industria triestina, un tavolo a Roma per sbloccare il nodo delle bonifiche - Rigassificatore: favorevoli Menia, Dipiazza, Bassa Poropat, Rosato.
 

ANNUNCIO DI MENIA: IL SUMMIT IL 21 DICEMBRE
O stavolta, o si perdono altri finanziamenti. Il monito arriva dal sottosegretario all’Ambiente Roberto Menia, che ieri ha comunicato di aver inviato agli enti coinvolti nell’accordo di programma per il Sito inquinato di Trieste (Regione, Provincia, Comuni di Trieste e Muggia, Autorità portuale e Camera di commercio) le lettera con la convocazione a Roma, il 21 dicembre, per la firma dell’intesa.
L’annuncio è avvenuto durante la presentazione della dodicesima edizione dell’annuario ”Impresa&economia” (CpL edizioni), alla Camera di commercio di Trieste. Presentazione introdotta appunto da Menia, con un ampio excursus sull’economia triestina e sui segnali di ripresa. Un quadro in cui il sottosegretario ha parlato di elementi positivi (l’avvio dei lavori per la terza corsia dell’A4, i fondi per la piattaforma logistica del porto di Trieste), ma anche di fattori frenanti (collegamenti ferroviari, lentezze nel progetto Tav).
«Punto imprescindibile per lo sviluppo di Trieste – ha rimarcato Menia – è una significativa presenza industriale, adesso troppo debole. E per questo va sciolto il nodo delle bonifiche del Sito inquinato». Restando in tema di industrie il sottosegretario ha poi affermato che «la chiusura della Ferriera nel 2014 sarà possibile se si creano le condizioni per assorbire il personale e insediare nuove attività. Ecco perchè – ha ribadito – sostengo la creazione del polo energetico, e ritengo valida la scelta del rigassificatore, tenendo presenti la sostenibilità ambientale e la salute pubblica».
Il tema del rigassificatore ha occupato gran parte degli altri interventi, moderati da Roberto Morelli, direttore di ”Impresa&economia”. Il sindaco Dipiazza ha ribadito i vantaggi (bonifica dell’area, catena del freddo, una quota di gas annuo per AcegasAps), e rilevando che «le polemiche sono legate agli interessi dei vicini Paesi».
«Il rigassificatore consentirebbe la bonifica – ha sostenuto la presidente della Provincia, Bassa Poropat – e poi non possiamo permetterci di respingere alcun investimento. Non sono assolutamente contraria. I cittadini hanno però diritto di essere informati, e Gas Natural non ha ancora fornito i dati necessari per decidere».
Oltre al vantaggio della bonifica, il presidente di Assindustria Sergio Razeto ha messo in luce i 500 milioni di investimenti, ritenendo «doveroso che gran parte di questi fondi veda coinvolte imprese del territorio».
A sostegno del rigassificatore si è dichiarato anche l’on. Ettore Rosato (Pd): «Ci ho creduto molto, sin dall’inizio. Lo si può fare bene, in maniera utile per la città. Bisogna garantire la massima sicurezza e spazi per nuovi insediamenti industriali. Il rischio è però che l’iter diventi defatigante e improduttivo».
GIUSEPPE PALLADINI

 

 

Bandelli boys, in 160 brindano a Basovizza - Dopo il rigassificatore dubbi sul trasferimento del Burlo a Cattinara

 

Dal 14 dicembre al 28 febbraio, inoltre, “Un’altra Trieste” scenderà nelle piazze per raccogliere i suoi questionari sul rigassificatore

CENA DI ”UN’ALTRA TRIESTE”
Franco Bandelli e la sua creatura, l’associazione “Un’altra Trieste” continuano a muoversi a tutto campo: dopo il rigassificatore, tocca alla sanità. La prossima assemblea pubblica dell’associazione, che si terrà il 14 dicembre alle ore 18 all’hotel Savoia, si intitolerà infatti «Sanità triestina, perché un nuovo Burlo?».
L’approccio sarà quello che ormai contraddistingue la linea “bandelliana”: adesione al Pdl, almeno formale, ma approccio critico. «A noi interessa proporre una politica nuova, partecipata» - dice Bandelli, che per l’assemblea del 14 annuncia ospiti importanti: «Interverrà il dottor Secondo Guaschino, preside uscente della facoltà di Medicina – afferma –, è un convinto e autorevole assertore del trasferimento del Burlo a Cattinara, ascolteremo le sue spiegazioni e diremo la nostra». Per quanto riguarda la posizione di “Un’altra Trieste” niente è ancora stato deciso: «Non abbiamo un approccio preconcetto – dice Bandelli – l’unico dubbio certo che abbiamo fino a ora è sull’opportunità di utilizzare il project financing». Punto fermo è invece la funzione d’eccellenza del centro: «Porteremo dati e analisi – spiega il fondatore di “Un’altra Trieste” -: il 70% delle prestazioni erogate dal Burlo coprono richieste provenienti da fuori città: vogliamo che la straordinarietà di questa struttura sia garantita». Dal 14 dicembre al 28 febbraio, inoltre, “Un’altra Trieste” scenderà nelle piazze per raccogliere i suoi questionari sul rigassificatore: «Li abbineremo a una raccolta di firme per garantire il risultato». Dal 14 dicembre al 28 febbraio, inoltre, “Un’altra Trieste” scenderà nelle piazze per raccogliere i suoi questionari sul rigassificatore: «Li abbineremo a una raccolta di firme per garantire il risultato».
In attesa dell’incontro i “Bandelli boys” rivendicano il successo dell’associazione, che nel giro di poche settimane avrebbe raccolto 400 adesioni. Giovedì scorso si è svolta la cena di “Un’altra Trieste”, che ha visto oltre 160 persone riempire l’Hotel Posta, gestito dall’ex sindaco di Monrupino Alessio Krizman. Tra gli ospiti l’assessore regionale Alessia Rosolen e l’ex deputato di Forza Italia Gualberto Nicolini. Il tutto mentre in Consiglio comunale non tutto fila liscio per i ”Bandelli boys”. Calca la mano il consigliere Salvatore Porro: «Qualcuno nel Pdl ci sta provocando – dice – così da far cadere la giunta Dipiazza».
Giovanni Tomasin
 

 

«Il Prg non affronta i veri nodi» - Le associazioni ambientaliste bocciano la Variante 118 - OSSERVAZIONI

 

Wwf, Italia Nostra e Triestebella
Un Piano regolatore ”minimalista”, che non affronta le questioni di fondo che pesano sulla città, aggravato per di più da quel Piano casa regionale che distruggerà quel poco di buono che in città è rimasto, bypassando l’annunciata riduzione dell’edificabilità del nuovo strumento urbanistico triestino.
E’ una bocciatura incondizionata quella che gli ambientalisti triestini hanno riservato alla variante 118 del Piano regolatore cittadino, affidando al protocollo comunale un documento con una cinquantina di osservazioni. Se ne è parlato ieri in una conferenza stampa organizzata nella sede del Wwf da Dario Predonzan, Fabio Zubin e Roberto Barocchi, rispettivamente di Wwf, Italia Nostra e Triestebella. Ha aderito all’iniziativa anche Legambiente.
All’incontro era presente anche Marco Simic, in rappresentanza del Coordinamento dei comitati cittadini e associazioni ambientaliste ”Più verde meno cemento” che ha chiesto al Comune di partecipare alla futura discussione sulla Variante 118, in merito all’iter relativo alla Valutazione ambientale strategica (Vas). «Sulla Vas – hanno spiegato i relatori – c’è stato un grave errore di fondo. E’ uno strumento di valutazione, condivisa e partecipata, sulle scelte di trasformazione del territorio che il Comune ha limitato solo alla fase successiva all’adozione della variante».
«Questo indica una mancanza di strategia – ha rincarato Predonzan – come dimostra pienamente il fatto che nella variante non sono stati toccati alcuni dei temi più importanti per il futuro della città, come la riconversione della Ferriera, la realizzazione del rigassificatore di Zaule, le questioni della residenza».
Su quest’ultimo punto gli ambientalisti hanno osservato come, a fronte di circa 5mila domande di alloggio inoltrate all’Ater, rimangano vuote e non riconvertite in città almeno 7.500 abitazioni, e ulteriori 52mila siano sottoutilizzate.
«Perché non pensarci – ha sostenuto Predonzan – piuttosto che subire le deroghe di quel Piano casa regionale che, rispetto ai paletti introdotti da altre regioni, consentirà ai costruttori in regione di incrementare volumetrie, vanificando tra l’altro la riduzione dell’edificabilità in città predisposta dal nuovo strumento urbanistico?».
Sulle singole osservazioni, gli ambientalisti hanno ribadito l’inadeguatezza del fronte Rive per il futuro Parco del mare, da realizzare invece nell’area del Porto Vecchio. ”No” deciso pure alla residenzialità nell’ex Caserma di Banne e nell’area della vecchia stazione di Campo Marzio. Sì invece a spazi verdi e attrezzati nell’area del Burlo Garofolo, della Maddalena e della Fiera.
Maurizio Lozei
 

 

Park San Giusto ai privati, taglio del nastro nel 2014 - CONCESSIONI, VARIANTI E BUSINESS PLAN IN UNA SOLA DELIBERA
 

Ok al progetto della giunta Dipiazza, ma decisivo sarà il voto del Consiglio comunale
Confermata l’uscita della partecipata Amt dalla lista dei soci. La maggioranza passa ora ai costruttori. Entra con il 30% anche Friulia
Un tour de force di due settimane per chiudere un decennio di equivoci, frenate e retromarce. E per immaginare, già all’inizio del 2014, il taglio del nastro di un’opera così complessa da esser sembrata, a più riprese, praticamente impossibile. Da qui a Natale si gioca infatti il destino di Park San Giusto, il garage di cinque piani e 718 posti che l’omonima spa conta di realizzare con la formula del project financing dentro la pancia del colle, alle spalle del Teatro Romano, con accesso pedonale garantito da due ascensori di 60 metri che spunterebbero a due passi dal piazzale della Cattedrale. Una partita colossale che funge da premessa a tutte le possibili rivoluzioni del futuro Piano del traffico.
LA DELIBERA A meno di cedimenti di maggioranza sempre in agguato da quando ci sono Bandelli Boys e leghisti - ma l’idea di questo megaintervento nata nel ’99 in epoca Illy potrebbe anche trovare inediti consensi trasversali - lunedì 21 dicembre il Consiglio comunale voterà, dopo un passaggio preliminare nelle commissioni Lavori pubblici e Urbanistica in agenda la prossima settimana, il nulla osta già dato mercoledì dalla giunta Dipiazza e giovedì dalla Quarta circoscrizione alla superdelibera su Park San Giusto, costruita su indicazione dell’assessore delegato Paolo Rovis dal vicedirettore generale del Municipio Mauro Silla, dal dirigente del Servizio Grandi opere Walter Toniati e dalla referente dell’Ufficio Project financing Alice Turchetto.
Di superdelibera si tratta perché scavalca, con un unico documento, una serie di scogli burocratici che avevano frenato l’iter. E vale al tempo stesso da progetto definitivo, variante urbanistica e convenzione per le concessioni pluriennali degli spazi che saranno gestiti dai soci della spa.
I PRIVATI Due giorni più tardi rispetto alla seduta del Consiglio comunale, quindi mercoledì 23, l’antivigilia di Natale, andrà in scena infine un’assemblea straordinaria dei soci della Park San Giusto spa, che ratificherà a sua volta quella che è la condizione numero uno contenuta nella delibera targata Rovis: l’uscita di scena di Amt - la partecipata del Comune che ne detiene l’87% delle quote - dalla stessa spa, dove l’azienda di mobilità pubblica figura socio di maggioranza con il 75% abbondante delle azioni, che oggi valgono circa 900mila euro. A quel punto - e non sarà più affare del Municipio bensì dei soci rimasti - sarà messo nero su bianco il nuovo assetto societario: Carena, Riccesi, Celsa, Fedrigo, Mecasol e Arm Engeenering di Padova compreranno buona parte delle azioni liberate da Amt, passando dal 2,74% a testa di oggi a una percentuale paritaria superiore al 10%, così da arrivare assieme alle friulane Ssm e Acu Park del gruppo Aci - che dovrebbero mantenere le quote attuali per un totale vicino all’8% - a una proprietà attorno al 70% della Park San Giusto spa.
FRIULIA E COMUNE Il resto, come già circolava voce, sarà acquisito (temporaneamente?) da Friulia, la finanziaria regionale che - oltre a sollevare di un tot di oneri immediati i costruttori per la transazione delle quote stesse - è stata l’ente estensore e certificatore del piano economico inserito nella superdelibera. Il provvedimento transitato in giunta e atteso al voto del Consiglio, cancellando Amt dalla lista dei proprietari dell’apposita spa, chiama dunque fuori il Municipio e la sua partecipata dal rischio d’impresa. Rischio che, se così lo si può chiamare, si limita di fatto ai 9 milioni di euro già stanziati per compartecipare alle spese di un’opera di cui viene ribadita la valenza strategica a livello di utilità collettiva, in cambio di 34 stalli riservati.
IL NUOVO PROGETTO Ma quella dell’esenzione di Amt non è che la prima pedina di un effetto domino. Nella delibera, come cambiato in corso d’opera rispetto al progetto originale, il ”buco” per l’accesso delle automobili non coincide più con il tunnel anti-aereo che incontra più in là la galleria Sandrinelli, tra la pizzeria Copacabana e la scalinata di Santa Maria Maggiore, ma per minimizzare le ricadute dei lavori si sposta davanti all’ormai ex succursale del Carli tornata sede comunale. Da qui la necessità di approvare la novità come variante urbanistica, che serve peraltro per l’apposizione di un vincolo di esproprio più rapido. L’istituto giuridico passa in effetti dalla superficie di proprietà alla «proiezione sotterranea» dalla quota di -10 metri.
TEMPI E COSTI Il documento benedice poi l’ultimo business plan col timbro Friulia, che attesta come l’investimento totale sia lievitato da 26 a 34 milioni. E diventa, stringi stringi, il Vangelo per la realizzazione dell’opera: i tempi di realizzazione sono fissati a manica larga a 48 mesi. La convenzione definisce infine la durata delle concessioni alla nuova cordata di costruttori, cui si dovrebbe accodare un ulteriore socio gestore: 36 anni che diventano 90 nel caso dei box cedibili a terzi, più 138 stalli a cielo aperto a cominciare già dal primo gennaio 2011 nei dintorni dell’ingresso a valle attualmente affidati ad Amt. L’assetto di San Giusto, invece, a parte i due ascensori all’angolo di via della Cattedrale, non cambierà.
PIERO RAUBER
 

 

CENTRO STORICO - Dopo l’Epifania partono i sondaggi archeologici - Rovis: «Era un’idea in coma assistito, l’abbiamo risvegliata»
 

«Era un progetto in coma assistito, l’abbiamo risvegliato», si mostra ottimista l’assessore Paolo Rovis. Fu lui un anno e mezzo fa - incassata la delega ai Project financing col rimpasto di giunta nato dalle elezioni regionali - che decise di «mettere di fronte a una responsabilità precisa i soci privati. Non era ad Amt che dovevano essere attribuite le quote di maggioranza ma a loro perché il rischio d’impresa spettava a loro. E loro hanno dimostrato di credere in questo progetto, che diventa project financing puro». A questo punto la prima traccia che dirà se il progetto di Park San Giusto è davvero decollato sarà già visibile dopo le festività natalizie. I sondaggi archeologici, per verificare cosa c’è sotto, partiranno infatti nelle giornate successive all’Epifania. Sono previsti sei mesi di scavi e accurate valutazioni tecniche, per un impegno di spesa dedicato di 428mila euro. Nel frattempo maturerà, dopo quella definitiva, anche la progettazione esecutiva. Tempi e costi dipenderanno ovviamente da quali reperti saranno scovati. Venissero fuori pezzi di pregio assoluti, la proiezione di quattro anni finirebbe in discussione e la dicitura ”rischio d’impresa” tornerebbe d’attualità di prepotenza, posto che il Comune i suoi nove milioni (su 36) li ha messi. «Se gli eventuali reperti si riveleranno compatibili col procedere dei lavori, questi saranno tutelati e resi visibili altrimenti si concorderà come operare con la Soprintendenza», precisa Walter Toniati, il dirigente del Municipio attuale responsabile del servizio Project financing, che tiene anche ad assicurare chi abita sopra i futuri scavi per la realizzazione del megaparceggio: «Gli interventi verranno effettuati con le tecniche più evolute, che non prevedono esplosivi bensì macchine perforatrici e attività concomitanti di tunnelling, cioè di avanzamento e d’immediato consolidamento del segmento appena perforato». (pi.ra.)
 

 

Centro storico, via Crosada cambia volto - NEL PIANO PARTICOLAREGGIATO MOLTE MODIFICHE ALL’ATTUALE ASSETTO URBANISTICO
 

Previsti nuovi edifici, come anche in via Punta del Forno e nelle androne di Cavana
Proprio lì, dove si attende il park San Giusto, Trieste conserva la più eclettica concentrazione di stili seguenti alla distruzione dell’ex ghetto, e in più resti romani venuti alla luce coi lavori dell’area Urban (mai finiti). L’ingresso su Crosada è sempre un cantiere, ma tutta la zona ha un che di vecchio-nuovo che sa più che altro d’incompiuto. È da questa dichiarata constatazione che è partito il lavoro dei progettisti del Piano particolareggiato per il centro storico, che arditamente immaginano e propongono nuove costruzioni a completamento.
Parlando del seme medioevale ancora ben leggibile, per via Crosada, via Capitelli, via delle Mura il documento afferma che quella zona, ampiamente recuperata, conserva una porzione «ancora non trasformata, per la gran parte di proprietà pubblica, dove gli interventi di recupero non sono stati avviati». Che cosa fare? Costruire in modo congruo negli spazi vuoti, è la risposta, ricostituendo compattezza urbanistica «nel rispetto dei tracciati storici, degli allineamenti, dei fronti strada».
In breve, su via Capitelli l’allegato C3 (edifici e manufatti) del piano del centro storico prevede una costruzione alta da 12 metri a 13,80 metri che lascia comunque allo scoperto l’area archeologica. Su via Crosada e via Sporcavilla, tra via delle Mura e via Capitelli, sono disegnati tre nuovi blocchi edilizi, ai lati di 11 e 12 metri di altezza e al centro di 14. Il maggiore impatto previsto è proprio nel cuore di via del Teatro romano, subito dopo Santa Maria Maggiore e la chiesetta di San Silvestro. I progettisti disegnano, in sequenza verso Crosada, due edifici di altezza massima 8 metri (il parcheggio), e altri due rispettivamente di 19 metri e 14 metri. Il più alto retrostante al primo.
Un’altra ardita proposta (trattandosi di zona storica) è individuata in via Punta del Forno. Viene immaginato un basamento alto 4,5 metri, da cui salgono un edificio di 19 metri d’altezza e altri due, separati, da 14 metri. Viene inserita l’idea (che ritroveremo anche in via Economo a Campo Marzio) di istituire in area un sottopassaggio pedonale largo almeno 2,5 metri.
Altre case il piano prevede per l’isolato tra via San Sebastiano e piazza Cavana, lato destro procedendo da piazza Unità. Ovvero nelle antiche androne: del Torchio e dei Coppa. Nel primo caso altezza massima di 12.80 metri e nel secondo di 14.
L’intento dichiarato è di ripristinare allineamenti, altezze storiche e coerenti, di ricostruire il nuovo là dove il vecchio è crollato o è stato distrutto durante i lavori di riqualificazione. Certo le indicazioni sono di non indifferente impatto, e vedremo come usciranno dal consiglio comunale.
GABRIELLA ZIANI

 

 

CENTRO STORICO - Tratti pedonali a Campo Marzio - CONTRO DISORDINE E DISSESTO
 

«L’area di Androna Campo Marzio, pur trovandosi all’interno del centro storico, è sempre stata caratterizzata da una struttura morfologica diversa da quella dei borghi». Diversa e mai tessuta a nuovo. Descrive chiaramente il Piano del centro storico (e del resto basta vedere) come lì sia rimasto un pasticcio: ex opifici, archeologia industriale, magazzini, tutto mischiato a edifici residenziali senza carattere. In fondo ad Androna Campo Marzio c’è poi da qualche anno, malamente accessibile, l’ingresso alla facoltà di Lettere, tra auto parcheggiate, ferri vecchi poggiati in strada e pesante dissesto stradale. Proprio pensando agli studenti, i progettisti hanno inserito «percorsi pedonali preferenziali» e una correzione all’impasto disordinato anche «mettendo a sistema le androne, utilizzando soluzioni di collegamento atraverso sottoportici e sfruttando i dislivelli del terreno».
Valorizzare l’architettura storica ricomponendola in un insieme più compatto, anche con interventi in tempi diversi: questo l’intento per conferire «unitarietà d’immagine e identità» a questa dimenticata area. Tutti gli interventi previsti saranno consentiti con «strumento diretto» (basterà la licenza edilizia).
In dettaglio: nuova edificazione di altezza massima a 16 metri tra il civico 12 e il civico 14 di via Economo con allineamento obbligatorio e sottopasso pedonale di almeno 3 metri che colleghi la via con via di Campo Marzio. Un altro transito pedonale viene suggerito tra la via Belpoggio, Androna Santa Tecla e Androna Campo Marzio, e un terzo tra Androna Sant’Eufemia, Androna Santa Tecla, Androna Campo Marzio e via Economo. Si intuisce la necessità di sciogliere un grumo di «fondi ciechi» a uso probabilmente industriale, e oggi di soffocante impatto. In tutta l’area è espressa l’esigenza di riallineare il disordinato profilo edilizio con altezza vincolante fra 12 e 14 metri.

(g. z.)
 

 

CENTRO STORICO - Una copertura per il Museo ebraico - SCALA ANTINCENDIO PER LA CHIESA GRECO ORTODOSSA
 

Interventi secondari, ma non tanto. Sono entrate nel Piano particolareggiato del centro storico anche alcune apparenti «minimalia» rispetto all’impianto urbanistico generale.
Il piano inserisce i lavori di copertura, insomma il tetto, del Museo ebraico Wagner in via del Monte. Si prevede un ampliamento «dell’altezza massima di 5 metri funzionale alla copertura degli spazi espositivi e museali». Un’altra particolare modifica urbanistica è stata concessa alla chiesa greco ortodossa di San Nicolò, per la costruzione di una scala antincendio esterna.
Novità all’angolo tra via Tigor e via della Cereria. Si danno indicazioni di una «nuova edificazione»: un parcheggio «con i parametri del Piano urbano dei parcheggi», dell’altezza di 3 metri e copertura a verde. Altrettanto il piano prevede per via Martiri della Libertà al civico 5: una nuova edificazione con destinazione vincolante a parcheggio, e tetto altrettanto arboreo.
Qualche sorpresa ha già destato, al primo passaggio in commissione, quanto l’allegato C3 al Piano particolareggiato indica per via Ginnastica-angolo via Nordio: una nuova edificazione dell’altezza di 15 metri: «Si dovrà riprendere l’allineamento storico - afferma la specifica scheda - prolungando quelli esistenti di via Ginnastica e via Nordio».
Una identica scheda replica l’indicazione sull’angolo tra le vie Canova e Palladio. Tutti «angoli» attualmente edificati, dunque ritenuti passibili di profonda ristrutturazione, ovvero prossimi ad affrontarla.
 

 

Commissione sulle centraline senza l’Arpa Salta il chiarimento sul black out dei dati - RINVIATA A VENERDÌ PROSSIMO
 

«Per impegni istituzionali precedentemente assunti, non potremo essere presenti». Con queste poche righe inviate via fax alla vigilia dell’incontro, i tecnici dell’Arpa hanno annunciato la scelta di non presenziare alla seduta della Commissione trasparenza del Comune, convocata per ieri mattina. Un forfait che ha deluso non poco i consiglieri e i componenti del Comitato No Smog e Circolo Miani, decisi ad approfittare del faccia a faccia per fare finalmente chiarezza sul ”giallo” delle centraline, vale a dire sul black out nella trasmissione dei dati che per quasi due mesi ha impedito ai cittadini di conoscere i valori di pm10 nell’aria.
Le ragioni fin qui addotte dall’Agenzia regionale per l’ambiente per giustificare il gap di comunicazione («un’anomalia del sistema di gestione/acquisizione dati, che ha impedito la pubblicazione on-line delle informazioni raccolte ”in situ” dal Dipartimento provinciale»), non hanno infatti convinto a pieno nè i consiglieri nè i cittadini di Servola. Anche se, va chiarito, che i dati cartacei vengono spediti giornalmente all’amministrazione comunale. «Trieste - ha commentato il presidente della Commissione Alfredo Racovelli - è stata l’unica città del Nord Italia ad interrompere per quasi due mesi, dal 2 ottobre al 30 novembre scorsi, la trasmissione dei dati relativi ai monitoraggi dell’aria. Pare incredibile che le risorse dell’agenzia non abbiano permesso di far fronte alla disfunzioni del server».
«L’intera vicenda ha assunto contorni ridicoli - ha osservato Adriano Tasso del Comitato No Smog che il 6 ottobre ha presentato un esposto in Procura per segnalare la violazione all’obbligo di informare la cittadinanza sui valori di smog -. Non solo è mancata per due mesi la comunicazione ma, quando il servizio è stato ripreso, sono comparsi on-line dei valori allucinanti, come i 718 mg/mc registrati il 28 ottobre. Ci chiediamo quindi se la partita viene gestita con la serietà dovuta». La Commissione Trasparenza tornerà a riunirsi venerdì prossimo alla presenza, questa volta confermata, dell’Arpa e del sindaco Dipiazza.

(m.r.)
 

 

Ai muggesani lezioni sull’inquinamento - I corsi delle Pari opportunità metteranno in guardia dai rischi ambientali
 

Sono stati previsti anche approfondimenti sul tema della difesa personale
MUGGIA Come fare attenzione ai campi elettromagnetici e agli effetti negativi sulla salute di contaminanti che si possono trovare nella abitazioni di tutti noi, dalle muffe ai coloranti ai detersivi agli acari della polvere fino al fumo di sigaretta. Ma anche a scuola o sul luogo di lavoro, tra stampanti e fotocopiatrici. Al via mercoledì alle 17.30 in sala Millo le lezioni sull'inquinamento domestico che si inserisce nella ricca stagione di appuntamenti aperti a tutta la cittadinanza promossi dalla Commissione per le Pari Opportunità del Comune di Muggia presieduta da Roberta Vlahov. Sono previsti inoltre corsi di autodifesa personale, di prevenzione degli incidenti domestici e di pronto soccorso. Martedì alle 20.30 presso la palestra della Casa di riposo comunale partiranno anche il secondo e il terzo corso di autodifesa. I nuovi corsi di difesa personale - che si terranno i lunedì e i martedì dalle 20.30 alle 22 e per i quali ci sono ancora posti disponibili - sono stati istituiti per venire incontro alle numerose richieste pervenute anche in relazione alla possibilità di organizzare un ciclo di lezioni di approfondimento. Per informazioni e adesioni, 3490713071.
Nel corso delle sei lezioni sull'inquinamento, organizzate dall'associazione Ambiente è Vita, verranno trattati gli effetti sulla salute di contaminanti biologici, come le muffe, gli acari, i pollini, o quelli chimici, come il monossido di carbonio, i pesticidi, il fumo di tabacco o l'amianto. Spazio sarà riservato ai campi elettromagnetici e alla casa biocompatibile. La prima lezione informerà il pubblico su cosa e quali sono le fonti di batteri, pollini, muffe, acari della polvere e allergeni degli animali domestici e come ridurre l'esposizione. Successivamente ci si occuperà di monossido di carbonio, benzene, ozono, particolati, fumo e pesticidi. Quindi si parlerà di campi elettromagnetici e radon, del rumore, delle sue fonti e gli effetti sulla salute. Di pareti, pavimenti e soffitti di casa, rivestimenti, materiali per isolamento termico e acustico, tappezzeria, moquette, vernici, adesivi e sigillanti, stufe e camini, apparecchi e impianti elettrici. E poi condizionatori, abiti, deodoranti, prodotti per la pulizia e la cura personale e insetticidi. Ma pure delle potenziali fonti di rischio a scuola e in ufficio: stampanti, fotocopiatrici, pennarelli ed evidenziatori.
Gianfranco Terzoli
 

 

Rifiuti, a S. Dorligo il ”bidone” del cassonetto - LA PREMOLIN ATTACCA I «FURBETTI» CHE SCAMBIANO I RACCOGLITORI
 

SAN DORLIGO «Questo è un ultimo richiamo ai quei furbetti che dal primo gennaio 2010 rischieranno di incorrere in pesanti sanzioni». Il sindaco di San Dorligo della Valle Fulvia Premolin ha analizzato così l'avviso distribuito in questi giorni da parte dell'amministrazione comunale relativo al servizio di raccolta rifiuti “porta a porta”.
Sotto accusa sono i proprietari dei cassonetti verdi dotati dei cosiddetti microchip transponder, in grado di quantificare le levate dei rifiuti indifferenziati prodotti dalle singole utenze. E' stato appurato infatti che «dal mese di ottobre alcuni residenti non hanno esposto i bidoncini per la raccolta dei rifiuti indifferenziati» e che qualcuno ha provveduto pure a fare degli scambi sperando in qualche tornaconto economico.
A tale proposito l'assessore ai Servizi Elisabetta Sormani ha invitato «chi sia a conoscenza di avvenuto scambio del cassonetto verde con altre utenze, di avvisare l'ufficio competente al numero 040.8329238 in modo da poter proseguire con la verifica in sito».
L’avviso inviato alla cittadinanza ha poi invitato gli utenti a «riportare il proprio nominativo ed indirizzo, preferibilmente con un pennarello indelebile, sul cassonetto o all’interno del coperchio, affinché eventuali sostituzioni di cassonetti possano venire evidenziati e si possa porvi rimedio».
L'Unità operativa comunale dei Servizi ha anche voluto ricordare le giornate nelle quali esporre il cassonetto verde. Il lunedì ed il giovedì sarà riservato alle frazioni di Prebenico, Caresana, Crociata, Monte d'Oro, Dolina, Crogole, Zona Industriale e Artigianale, Mattonaia. Il martedì ed il venerdì toccherà a Bagnoli, Bagnoli Superiore, Domio, Lacotisce, Francovez ed Aquilinia, Infine il mercoledì ed il sabato sarà la volta di San Giuseppe, Log, Puglie, Sant'Antonio, Grozzana, Moccò, Draga, Pesek, San Lorenzo, Hervati e Bottazzo.
Dal prossimo mese di gennaio il sistema della raccolta con la lettura del microchip sul cassonetto dell’indifferenziata, dopo tre anni di sperimentazione, entrerà a pieno regime in tutto il territorio di San Dorligo ed i trasgressori rischieranno di incappare nelle sanzioni previste dall’ordinanza che ha attivato il servizio “porta a porta”.

(r.t.)
 

 

La Rockwool vince la causa giudiziaria con gli ambientalisti - IL LEADER DEI VERDI: NON MI FERMO QUI
 

POLA La contestata fabbrica di lana di roccia Rockwool di Sottopedena in Istria ha vinto la causa in tribunale contro gli ambientalisti che l'hanno accusata di inquinare l'ambiente. La corte presieduta dalla giudice Mirna Franciskovic ha condannato il presidente del partito dei verdi Josip Anton Rupnik al pagamento dell'ammenda pari a 5440 euro per diffamazione nei confronti della Rockwool. La fabbrica, lo ricordiamo è aspramente contestata anche dalla popolazione locale che si lamenta continuamente di irritazioni agli occhi e disturbi respiratori. L'imputato è colpevole, ha spiegato la giudice, poiché non ha fornito valide prove a sostegno delle sue accuse sull'inquinamento della fabbrica. I rappresentanti della fabbrica,soddisfatti della sentenza non hanno voluto rilasciare dichiarazioni. Josip Anton Rupnik invece ha dichiarato che il suo partito non dispone di mezzi finanziari per cui non intende pagare la multa. Inoltre ha annunciato ricorso contro la sentenza di primo grado. Ma non solo, inoltrerà denuncia contro la Rockwool al Tribunale per i diritti umani di Strasburgo.

(p.r.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 11 dicembre 2009

 

 

Rigassificatore a Capodistria, l’opposizione attacca Lubiana - Juri: «Governo sloveno ambiguo anche sull’impianto di Trieste»
 

«Il Ministero dell’economia prepara un nuovo regolamento che rilancia il progetto»
CAPODISTRIA Rigassificatori nel Golfo di Trieste, sì o no? La questione sta provocando malumori all'interno del governo sloveno: nonostante quelli che erano gli accordi di coalizione, non tutte le forze politiche e tutti i deputati che compongono la maggioranza sono disposti a chiudere del tutto all'ipotesi di un terminal nell'area, e soprattutto, alcuni deputati e ministri sembrano propensi a prendere in considerazione l'idea di costruire un terminal nell'area portuale di Capodistria, sulla base del progetto della società tedesca «Tge Engineering». La diversità di vedute all'interno della maggioranza, ossia un passo indietro rispetto a quello che era l'accordo di coalizione, è stata denunciato da Franco Juri e Franci Kek, deputati del partito Zares.
In conferenza stampa, i due hanno puntato il dito soprattutto contro il Ministero dell'economia, guidato peraltro dal loro collega di partito Matej Lahovnik – e con Janez Kopac, sempre di Zares, responsabile della Direzione per l'energia – e contro la presidente del Comitato ambiente della Camera di Stato, la socialdemocratica Breda Pecan. Il Ministero per l'economia sta preparando un nuovo regolamento sulla concessione dei certificati energetici, e le modifiche - questo il timore espresso da Juri - potrebbero far sì che alla «Tge Gas Engineering» venga concesso il documento che finora le è stato negato e senza il quale la società tedesca non può andare avanti con il progetto di costruzione del terminal nell'area del porto di Capodistria. La deputata Pecan, invece, in qualità di presidente del Comitato parlamentare per l'ambiente, avrebbe insistito affinchè dai documenti parlamentari discussi in vista dell'approvazione della Risoluzione sulla strategia per l'Adriatico si togliesse il paragrafo nel quale si diceva esplicitamente che per i terminal rigassificatori non c'è posto nel Golfo di Trieste. Juri ha criticato anche gli esperti della Facoltà di marineria di Portorose e di Scienze chimiche di Lubiana che, su commissione della «Tge Gas Engineering», hanno effettuato uno studio nel quale sostengono che il terminal di Capodistria non avrebbe effetti negativi sull'ambiente e sulla popolazione dell'area. Il lavoro è stato presentato la settimana scorsa ed è già stato oggetto di polemiche, anche perché lo stesso gruppo di esperti, non più di un anno fa, aveva espresso valutazioni diverse. Resta il fatto che, per quanto abbia subito già diverse bocciature – non ultima quella delle autorità comunali di Capodistria – Lubiana non ha ancora definitivamente accantonato il progetto della «Tge», o perlomeno la società tedesca continua a insistere. Il progetto prevede la costruzione di un impianto di rigassificazione, di due contenitori di acciaio da 150mila metri cubi nella zona di Sermino e di una centrale elettrica. Il terminal sarebbe in grado di fornire 5 miliardi di metri cubi di gas all'anno. Il valore del progetto ammonterebbe a quasi 1 miliardo di euro e impegnerebbe 30 ettari di superficie nell'area della Bonifica di Ancarano, all'interno del Porto di Capodistria. Invitati dal quotidiano ”Primorske Novice” a commentare le preoccupazioni di Juri, dal Ministero per l'economia hanno spiegato che attualmente non è in corso alcun intervento di modifica del regolamento sulla concessione delle licenze energetiche.
 

 

In Fvg pochi investimenti sui treni, tutti i soldi al trasporto su gomma
 

SECONDO IL RAPPORTO DI LEGAMBIENTE LA REGIONE DESTINA IL 99% DELLE RISORSE AI CANTIERI STRADALI
ROMA Continua a crescere il popolo dei pendolari: quelli che si muovono ogni giorno sono 2 milioni e 630mila, 200.000 in più (+8,2%) rispetto al 2007. Gli investimenti pubblici in infrastrutture però, prendono per i due terzi (67%) altra vie, quelle delle strade e autostrade. Lo sostiene Legambiente che nel suo Rapporto annuale 'Pendolaria 2009', fa le pulci alle Regioni che non investono nel trasporto locale, dedicando «meno dello 0,1% del bilancio ai pendolari». Al Veneto la maglia nera (0,04%), la Campania quella che ha investito di più (1,52%). Il Fvg spende solo lo 0,2%,
UN TRENO SU 3 IN RITARDO - Immutato il capitolo ritardi, come anticipato già una settimana fa dalla stessa Legambiente con un focus dall'indagine. Un treno pendolare ogni tre in Italia arriva in ritardo: su 1.216 convogli, 430 (35%) superano i cinque minuti. Va meglio a Roma (54%) che a Milano (57%), entrambe in cima alla classifica delle attese nel monitoraggio, effettuato in 13 stazioni di 11 città. Seguono Palermo (43%), Salerno (37%), Torino (32%) e Messina (30%) e Genova (18%). C'è però, secondo Legambiente, un colpevole preciso dei disagi patiti dai pendolari, ed è la strada. «L'Italia è l'unico paese in Ue che finanzia strade e autostrade con risorse doppie rispetto a quelle per ferrovie nazionali e regionali» dice Edoardo Zanchini, responsabile trasporti di Legambiente. Dal 2001 ad oggi tutti i governi hanno riversato il 67% delle risorse per infrastrutture alle strade.
REGIONI COLPEVOLI - E su questo trend si sono messe le Regioni, «la metà delle quali non spende per i propri pendolari nemmeno lo 0,1% del bilancio. Il Veneto spende molto più per i veneti nel mondo che per i veneti pendolari nel Veneto» ha detto Zanchini. Insomma, «una vera strategia per far crescere il traffico su gomma in Italia» afferma Legambiente. Abruzzo, Basilicata, Calabria negli ultimi 7 anni non hanno stanziato alcuna risorsa per la ferrovia. Liguria, Friuli Venezia Giulia, Molise, Sicilia hanno destinato il 99% delle risorse ai cantieri stradali. E ancora, denunciano gli ambientalisti, nella Finanziaria ci sono ben 400 milioni per gli autotrasportatori e 470 milioni per il Ponte sullo Stretto, oltre a 1,2 miliardi già stanziati dal Cipe. Mentre opere necessarie per decongestionare i grandi centri urbani come l'anello ferroviario di Roma, i passanti ferroviari di Torino e Palermo, i potenziamenti dei binari a Milano, Bologna, Bari, restano al palo. Il gap infrastrutturale dell'Italia rispetto all'Europa e soprattutto evidente nelle infrastrutture per il trasporto pendolare, dice Pendolaria. «La rete metropolitana delle città italiane è con soli 161,9 km, la più corta in Ue. Lo stesso per le ferrovie suburbane che contano 591,7 km in totale. Pochissimi rispetto ai 2033 km della Germania per esempio».
UN CENT PER PENDOLARE -«Per la vita disagevole del pendolare, i nuovi treni annunciati da Fs sono una piccola goccia nel mare delle necessità, mentre il progetto mille treni lanciato 2 anni fa è rimasto sulla carta» dice Legambiente riferendosi alla gara da due miliardi lanciata da Fs per 400 nuove carrozze a due piani e il rinnovamento di 100 locomotori, più altri 150. L'obiettivo, in ordine alla sfida del taglio di CO2, è di «arrivare a 4 milioni di pendolari nel 2020». Come? «Richiamando governo e regioni alle proprie responsabilità per dare certezze agli interventi di miglioramento del servizio». Di qui l'idea del fondo, lanciata dall'ad di Fs Mauro Moretti. Un centesimo in più a km per ogni pendolare, pari a un euro ogni 100 chilometri, per un totale di un miliardo di euro, il tutto conservato in un fondo da destinare rigorosamente a investimenti a favore del trasporto regionale. «Basta con il binomio tariffe basse-servizio scadente» ha detto Moretti assicurando che le risorse «non serviranno per pagare gli stipendi o coprire le spese». La proposta ora al vaglio delle Regioni.
 

 

Rete idrica come un colabrodo Cento litri erogati, 76 dispersi - Acqua perduta dalla rete, Trieste terza nella graduatoria dei Comuni con più di 200mila abitanti
 

CENSIMENTO 2008 DELLE RISORSE
Trieste è al terzo posto, fra i comuni italiani con oltre 200 mila abitanti in termini di acqua perduta dalla rete idrica. Esattamente 76 litri dispersi per ogni 100 erogati. Una poco confortante classifica, che vede la nostra città preceduta solo da Bari (106 litri immessi in più ogni 100 erogati) e da Palermo (88 in rete in più per 100 erogati).
Il quadro emerge dal Censimento 2008 delle risorse idriche a uso civile, reso noto dall’Istat. Una raffica di dati dai quali si ricava, comunque, che nel nostro paese per ogni 100 litri erogati si prelevano 165 litri, cioè il 65% in più. E in particolare, per l’acqua potabile lo scorso anno la perdita media è stata del 47%. Dispersione che ha diverse ragioni: perdite vere e proprie, prelievi non autorizzati e mancate regolazioni delle reti.
Tornando ai comuni con oltre 200mila abitanti, dispersioni superiori al 50% si registrano a Catania, Roma, Napoli, Torino e Padova, città quest’ultima dove opera come a Trieste l’AcegasAps.
O meglio operava fino ad alcuni anni fa, quando è stato creato l’Ambito territoriale ottimale, che raggruppa i Comuni interessati al ciclo idrico nello stesso bacino. Anche nella provincia di Trieste (una delle ultime a farlo in Italia) qualche mese fa è stato costituito l’Ato, che vede appunto la presenza di tutti i Comuni della provincia. Sono quindi ora i Comuni a stabilire gli investimenti per la manutenzione della rete di distribuzione dell’acqua, delle fognature e degli impianti di depurazione.
 

 

«La Siot ha usato i serbatoi più lontani dalla centralina»
 

IL COMITATO PER LA SICUREZZA DEL GOLFO RITORNA SUL PROBLEMA DELLE MISURAZIONI DELL’ARIA
Jercog solleva dubbi per il periodo delle rilevazioni. Drozina (Pdl-Udc): l’assessore all’Ambiente si pronunci
SAN DORLIGO «Le ultime rilevazioni, che comunque non rispecchiano la situazione reale del comprensorio, anche alla luce dei dati del 2008 scoperti recentemente, ci insospettiscono: non vorremmo che anomalie emerse nel corso dei rilievi venissero taciute per non creare allarmismi nella popolazione residente».
Il coordinatore del Comitato per la salvaguardia del golfo di Trieste, Giorgio Jercog, ritorna sulla vicenda dello stabilimento della Siot, posto sotto accusa per le continue esalazioni odorifere che, anche dopo il monitoraggio compiuto qualche mese dall'Arpa stanno continuando (anche in questi giorni) a interessare l'aria nella zona di Mattonaia.
A non convincere l'ex consigliere di San Dorligo sono i dati emersi dalle rilevazioni effettuate dall'Arpa. «Sapendo di essere monitorati (dalla centralina mobile dell'Arpa posta a Mattonaia, ndr) non è che la Siot ha cercato di mascherare le problematiche, utilizzando durante il periodo di monitoraggio solo i serbatoi situati verso Caresana e Dolina?».
Il dubbio di Jercog è sorto in base a alcune recenti rilevazioni fotografiche (come quella che pubblichiamo), che hanno ripreso lo stabilimento della Siot con i serbatoi posti a Mattonaia completamente pieni, come se fossero inoperosi, mentre i serbatoi collocati a monte, nei pressi di Dolina e Caresana, sono apparsi con il ”cappello” abbassato e quindi in corso di svuotamento.
Un dubbio che per ora rimane, anche perché nella giornata di ieri, nonostate diverse chiamate telefoniche, non è stato possibile contattare l'amministratore delegato della Siot, Adriano Del Prete.
CENTRALINA Nel frattempo cresce l'attesa da parte dei residenti per l'installazione della centralina fissa per il rilevamento dell'aria, che verrà posizionata verosimilmente il prossimo febbraio a Mattonaia come spiega il sindaco di San Dorligo. Fulvia Premolin: «Entro il mese organizzeremo una riunione del Consiglio comunale, nella quale i tecnici dell'Arpa verranno a illustrare il tipo di misurazione e i valori emersi negli ultimi mesi. Una volta fatto ciò capiremo meglio quali strumentazioni acquistare, anche per capire come affrontare il problema dei composti ridotti dello zolfo, fermo restando che la Siot ha già messo a disposizione un finanziamento ad hoc».
Sulle tempistiche la Premolin è fiduciosa: «Spero che entro il febbraio del prossimo anno la centralina fissa troverà finalmente la sua collocazione».
REAZIONI In queste ultime settimane – complici anche le condizioni meteo – i residenti di Mattonaia e dintorni hanno vissuto di nuovo le problematiche legate alle esalazioni odorose provocate dalla Siot. Tra questi il capogruppo consiliare del Pdl-Udc di San Dorligo, Roberto Drozina: «Lunedì mattina – afferma – c'era un odore a dir poco nauseabondo. Ho cercato di contattare l'assessore all'Ambiente di San Dorligo, Elisabetta Sormani, per prendere un caffè nella terrazza di casa mia, per una piena inspirazione polmonare degli effluvi idrocarburici che aleggiano nell'aria, visto che in pochi mesi dalla sua elezione l'esponente della maggioranza con delega all'Ambiente non ha ancora avuto modo di esprimersi su tale vicenda».
Severa infine la presa di posizione del consigliere di maggioranza Rossana Pettirosso (Pd): «Esattamente come ci si è dichiarati contro la Tav e il progetto del rigassificatore di Zaule, allo stesso modo il Comune si dovrebbe attivare contro la Siot, che emette nell’aria pericolosi idrocarburi, in attesa di fare degli accertamenti anche sulla Wärtsilä, che potrebbe diventare l'ennesima industria inquinante presente nel nostro territorio».
RICCARDO TOSQUES

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 10 dicembre 2009

 

 

«Omessi i rischi del rigassificatore» - IL DIBATTITO PUBBLICO DEI VIGILI DEL FUOCO AL ”BOBBIO”
 

Il gruppo di docenti non è contrario al progetto, contesta i documenti di Gas Natural
Nella baia di Zaule passerebbero due volte la settimana oltre 165 miliardi di litri di metano
«I politici facciano i politici, per il resto si affidino alla scienza». Ieri pomeriggio i docenti universitari chiamati a raccolta dal sindacato Uil dei Vigili del fuoco per dire quanto il gas metano possa essere pericoloso e quanto impreciso e anzi inaffidabile sia il progetto di Gas Natural per il rigassificatore di Zaule, si sono presi una platea più larga rispetto alla precedente conferenza stampa (peraltro affollatissima): al teatro Bobbio è andata in scena una commedia seria. Un palco e nove professori, di cui uno sloveno, supportato in sala da un parlamentare, una platea che pian piano si è riempita per tre quarti. Tutta gente catturata da spiegazioni tecniche, diapositive e documenti su schermo. Per tre ore non è volata una mosca fra le poltroncine rosse del teatro leggero.
E il sindaco Dipiazza, in quanto sostenitore acceso di questo impianto, è stato evocato anche malamente: «Non abbiamo politici, ma piazzisti che ci dicono compri 3 e paghi 2» ha sparato Adriano Bevilacqua, il comandante dei vigili del fuoco che allerta sui pericoli di un rigassificatore così fatto: «Nella baia di Zaule passerebbero due volte alla settimana 165 miliardi e 200 milioni di litri di gas metano, perché si mette in giro la voce che non esplode? Chi amministra non può pensare agli interessi a scapito della sicurezza».
Niente hanno potuto, di fronte all’analisi tecnica, le risposte di Gas natural e le assicurazioni del sottosegretario all’Ambiente Roberto Menia. Marino Valle, Tomaz Ogrin, Fulvio Crisciani, Franco Stravisi, Livio Sirovich, Radoslav Nabergoj, Bruno Della Vedova, Giorgio Trincas hanno tenuto lezione più ampia: gli studi sul mare e sul vento non sono corrispondenti alla realtà, in caso d’incidente la fuoriuscita di gas andrebbe a investire zone industriali «che le cartine vecchie di Gas natural nemmeno riportano», il metanodotto della Snam che andrà ad attingere proprio nell’area degli enormi depositi a terra è già predisposto per raccogliere nella sua corsa verso Grado anche il gas del progetto a mare di E.On, ex Endesa, le prove tecniche del movimento navi nello stretto canale navigabile sono, hanno ripetuto allarmati e sconcertati i professori, imprecise e illeggibili.
Sirovich ha ingrandito alcune di queste tavole. Una, che i documenti dichiarano realizzata a Delft, in Olanda, «è tuttavia scritta in spagnolo». Le traduzioni, ribadisce Sirovich, da spagnolo a italiano almeno in un caso stravolgono proprio le «conclusioni». Poco limpide, ha denunciato, le firme sui documenti, l’attribuzione di studi a firmatari che poi non risultano lavorare per il committente indicato, e le analisi sull’eventuale «effetto domino» di un incidente o attentato depositate «in doppia copia, una delle due evidentemente retrodatata».
Notizie nuove, e anche queste non buone, ha portato Bruno Della Vedova. Documenti in mano, ha spiegato come anche il beneficio delle bonifiche del sito inquinato che l’impresa spagnola promette non danno garanzie: «In quella zona il basamento solido si trova appena a 40-50 metri sotto i terreni di riporto, i carotaggi sono stati fatti fino a 10-15 metri, non sappiamo che cosa ci sia sotto, la barriera a mare per impedire l’espandersi di sostanze inquinate in mare assicura un drenaggio fino a 4 metri, ma l’inquinamento è stato trovato fino a 8-12».
Giorgio Trincas (Ingegneria navale), ha rassicurato quelli che accusano il gruppo di essere «partito del no». «Ci sono strategie mondiali, e c’è gas sicuro da estrarre per 450 miliardi di metri cubi sul pianeta, e l’Italia dipende per il 96% da metanodotti, quindi si capisce che l’Italia voglia, in ritardo, passare al trasporto su nave. Il problema è come». E qui Trincas ha riesposto l’esempio di Livorno, col rigassificatore che si ferma in mezzo al mare e porta a terra il gas attraverso «pipeline» sottomarine (un filmato lo ha reso quasi procedimento poetico): «L’idea di questo impianto è nata a Trieste - ha rivelato -, chissà perché Trieste la ignora». Tra tutti i pericoli evocati, i piani di sicurezza accusati di genericità, i dati del vento e del mare «sbagliati», tra «l’incredulità che al ministero si siano accettati documenti spesso di nessuna credibilità scientifica», Trincas ha portato un altro elemento: «Oggi si producono navi gasiere molto più grandi, un impianto come quello di Trieste fra qualche anno sarà già superato, nel canale navigabile quelle navi non entrano proprio».
GABRIELLA ZIANI

 

 

Clò: nel nostro Paese c’è sempre una buona ragione per non fare - L’ESPERTO DI POLITICHE ENERGETICHE
 

«Argomentazioni insufficienti per bloccare l’operazione» Razeto: «Studi più approfonditi»
«Nel nostro Paese c’è sempre una buona ragione per non fare. Ma se c’è stata la valutazione di impatto ambientale (Via), che è rigorosa, bisogna anche abituarsi ad avere rispetto per le istituzioni....». Alberto Clò, economista ed esperto di politiche energetiche (è professore straordinario in Economia industriale ed Economia dei servizi pubblici all'Università di Bologna) vive a distanza la questione triestina del rigassificatore. Con il giusto distacco ma anche con la certezza di chi, sull’argomento, ha già avuto a lungo a che fare. «Mi ricordo quando c’era stata l’opposizione al rigassificatore di Livorno... Lo chiamavano il ”Bombolone” ma l’unica cosa che sono riusciti a dire, per contestarne la realizzazione, era che rischiava di far cadere la Torre di Pisa... Ma per piacere...! Non è possibile che a tutti sia consentito dire di tutto».
La posizione di Clò, per molti versi ambientalista rigoroso, nasce anche da altre motivazioni. Strategiche, in prima battuta. «Esiste un’indubbia necessità di rafforzare i punti d’entrata del gas nel nostro Paese, ma finora siamo riusciti a realizzare solo l’impianto di Rovigo, e ci sono voluti dieci anni... Certo, il rigassificatore è costoso, ma se si trova un’impresa che ne supporta anche tutti i rischi di mercato, non vedo proprio dove possano esserci controindicazioni».
Le osservazioni di Clò, in effetti, sembrano partire da una considerazione logica: l’Italia ha bisogno di energia, molta, ma si è mossa in ritardo. «Esiste un obiettivo rischio Paese negli approvvigionamenti energetici. Per questo, a chi si oppone chiederei, un domani, di rispondere, ma qui nessuno risponde di niente... Tutti vogliono le case riscaldate ma poi protestano, e non mi sembra che le argomentazioni siano sufficienti per bloccare l’opera. Mi ricordo quello che accadde a Monfalcone col referendum del ’96... In realtà, informatevi, coi rigassificatori non è mai successo niente...».
«Credo nel rigassificatore – aggiunge dal canto suo il presidente dell’Assindustriali, Sergio Razeto – anche se ritengo sia giusto che vengano evidenziate le problematiche, in modo di permettere di realizzarlo al meglio. Dunque, ben vengano certi elementi oggettivanti per andare a verificare le cose». A detta di Razeto «lo studio iniziale era un po’ superficiale» e ora servono degli studi ad hoc. «Bisogna entrare nel dettaglio – osserva il presidente degli industriali – individuare gli eventuali rischi e pericoli, senza dimenticare che comunque l’iniziativa risulta positiva in termini di ricadute lavoro e all’interno della catena del freddo, e dunque è opportuno far intervenire direttamente le aziende. Di sicuro, comunque, i discorsi sicurezza e ambiente prevalgono, per evitare inquinamenti, ed è questo lo spunto che noi vogliamo fornire alle autorità.
FURIO BALDASSI
 

 

Gasdotto, una bretella per Capodistria - IL PROGETTO SOUTH STREAM CHE ATTRAVERSA IL MAR NERO
 

Un ramo si snoderà sull’asse Lubiana-Trieste-Monfalcone
Al golfo di Trieste non guardano solo la spagnola Gas Natural e la tedesca E. On, con i rispettivi progetti per impianti di rigassificazione. Imprese dell’energia ai massi livelli mondiali come la russa Gazprom, l’Eni e la francese Edf, hanno in progetto la costruzione (entro il 2015) del gasdotto South Stream, per aggirare l’”ostacolo” dell’Ucraina. Un tubo di 3.700 chilometri che attraverserà il Mar Nero e raggiungerà l’Italia con due ”rami”, uno a Sud in Puglia e uno a Nord, a Monfalcone (ma è probabile si tratti del nodo Snam di Villesse).
E proprio il tracciato del ramo Nord, dopo la recente adesione al progetto della Slovenia, potrebbe coinvolgere il golfo. In un primo tempo il percorso del tubo fra Lubiana a Monfalcone era previsto attraversasse zone interne della Slovenia. Ora, invece, secondo voci riportate dalla stampa slovena, il gasdotto dovrebbe transitare nel territorio di Capodistria, per raggiungere comunque la zona di Monfalcone.
Viene logico chiedersi, dunque, per dove passerà quest’ultimo tratto del gasdotto. Alcuni addetti ai lavori non escludono che il tubo possa innestarsi sul gasdotto che la Snam ha progettato per il rigassificatore di Zaule. Una condotta di alcune decine di chilometri, che attraverserà il golfo per approdare nella zona di Fossalon e proseguire fino al ”nodo” con la rete nazionale esistente a Villesse.
Per questo collegamento la valutazione d’impatto ambientale è in corso; il via libera è atteso per l’autunno del prossimo anno. Non solo. Secondo qualche tecnico il collegamento con South Stream giustificherebbe la costruzione del gasdotto da Zaule a Villesse anche nel caso il progetto di Gas Natural non dovesse essere realizzato.
L’ipotesi ha una sua razionalità. Innanzitutto perchè a livello internazionale si punta a creare sempre nuovi collegamenti fra le reti di gasdotti che attraversano l’Europa.
In secondo luogo uno scavo fra Capodistria e Monfalcone, attraverso il Carso sloveno, comporterebbe costi, tempi e problemi tecnici e ambientali ben più complessi di quelli necessari per portare il tubo da Capodistria a Zaule, dove è previsto arrivi il gasdotto della Snam, che sarà collegato come detto alla rete italiana.
RIGASSIFICATORI Mentre la Regione ha chiesto a Gas Natural di dare risposta alle prescrizioni fissate dal decreto dei ministri Prestigiacomo e Bondi, procede con rapidità la valutazione di impatto ambientale per l’impianto (ex progetto Endesa) previsto dalla tedesca E.On in mezzo al golfo. Atteso entro l’anno, il via libera dovrebbe slittare di un solo mese. Il progetto sarebbe già molto avanti, ma prima di dare l’autorizzazione pare che il governo voglia consultare la Slovenia. E nella gara con Gas Natural, E.On ha dalla sua il vantaggio che, trattandosi di un impianto in mezzo al mare (e quindi in area demaniale) la procedura finale spetta al ministero dello Sviluppo economico, e non a una conferenza dei servizi convocata dalla Regione.
GIUSEPPE PALLADINI

 

 

Nucleare a Monfalcone Scajola: nulla di deciso - Sarà la futura Agenzia nazionale a indicare i siti per le nuove centrali
 

IL MINISTRO: «SOLO CHIACCHIERE»
Questa fantomatica lista, esiste o no? E la centrale termoelettrica di Monfalcone, verrà convertita o no, in una delle nuove centrali nucleari italiane? In città sono in tanti a chiederselo. Ma il caso dei siti papabili per la costruzione degli impianti atomici continua ogni giorno a tingersi di giallo. Da una parte i Verdi e alcuni deputati del Pd, che accusano l’Enel e il Governo di aver già messo sul tavolo la mappa del futuro nucleare italiano, che includerebbe anche la Città dei cantieri. Dall’altra il ministro Scajola, che nega con forza e taccia come «pure chiacchiere» le dichiarazioni e i rumor sentiti in questi giorni. In mezzo c’è una città che ha paura. Lo stesso sindaco Pizzolitto, deciso a tenere alta la guardia, non nasconde la sua preoccupazione, anche alla luce di alcune indiscrezioni giuntegli proprio ieri - dice il sindaco - da fonti interne al Cnr (Consiglio nazionale delle ricerche), che confermerebbero la presenza di Monfalcone nella tanto discussa lista.
Il risultato è che, per il momento, il futuro della città resta avvolto dal mistero. Ed è probabile che i giochi si faranno a carte scoperte solamente la prossima primavera, come spiegato ieri dal ministro per lo Sviluppo economico, Claudio Scajola, a margine di un convegno alla Farnesina. «Tutto ciò che è stato detto in questi giorni sono chiacchiere, ipotesi e ragionamenti fatti da qualcuno. Ma non corrispondono alla realtà delle cose. Solamente in primavera definiremo quali sono i siti che possiedono tutte le caratteristiche per poter ospitare centrali di energia nucleare, attraverso impianti che le imprese vorranno proporre per avere le concessioni necessarie». Il motivo dello slittamento alla prossima primavera, come affermato dal ministro, è chiaro: «C’è un percorso da affrontare. Lo statuto dell’Agenzia per il nucleare, che io ho già firmato, è ancora in fase di approvazione da parte dei vari ministri». E poi ha aggiunto: «Che ci siano discussioni e polemiche sul nucleare mi pare naturale: dopo ben vent’anni è stato deciso il rientro dell’Italia nel nucleare civile per produrre energia elettrica».
Al di là delle dichiarazioni del resposansabile dello Sviluppo economico, i dubbi restano, eccome. Non bastavano le accuse lanciate dai Verdi e dal responsabile Ambiente del Pd Ermete Realacci, che l’altro giorno ha sparato a zero sull’Enel, dichiarando che il gruppo elettrico «sa benissimo quali siano i siti che possono accogliere le centrali». Non bastava questo. Ora ci sono altre indiscrezioni che rimbalzano da una parte all’altra di Monfalcone. L’ultima arriva per voce del sindaco Gianfranco Pizzolitto, che spiega di aver ricevuto nelle utlime ore notizie da fonti interne al Cnr, che vorrebbero la città dei Cantieri come uno dei siti dati per più che probabili.
 

 

«Dipiazza deve dirci se ci sono altre sorprese» - La maggioranza chiede lumi. Piero Camber: «Perderemo i fondi per piazza Libertà»
 

IL NODO DEI LAVORI PUBBLICI EREDITATI DALL’ASSESSORE BANDELLI
Omero: già la corsia di traffico aggiunta davanti alla stazione toglieva senso alla riqualificazione
Brandi (An): non so nulla sulle variazioni ulteriori, non credo che approveremo a priori tutto quanto

Il progetto per piazza Libertà sta viaggiando di nuovo dagli uffici comunali alla Soprintendenza (corretto, pare) ma gli amministratori comunali non hanno idea di che cosa stia succedendo, e così afferma pure il co-progettista Luciano Lazzari. «Non sappiamo niente - dice Piero Camber, capogruppo Fi -, così come non sapevamo un bel niente del fatto che per il ponte sul canale del Ponterosso la Soprintendenza avesse rilasciato solo un permesso temporaneo, tanto è vero che molto presto verrà convocata una commissione Lavori pubblici in cui il sindaco verrà invitato a rispondere alla domanda: ”Ora che apre i fascicoli dei Lavori pubblici, vuol dirci se ci sono altre sorprese oltre a queste?”».
«Non sappiamo nulla - ripete Angela Brandi, capogruppo An -, solo che già la variazione precedente, quella che istituiva la corsia di marcia sul lato stazione non era più corrispondente al progetto votato in aula, adesso se ci sono variazioni ulteriori io non credo che approveremo a priori tutto quanto, perché sarà un’altra cosa». Iter da riprendere daccapo? «Credo di sì».
Lazzari, che nel 2006 vinse la gara europea assieme a due studi di Bolzano in associazione temporanea di imprese (base di gara attorno ai 400 mila euro, ma si vinse al ribasso) afferma di aver depositato l’altra settimana il progetto esecutivo. I progettisti vengono pagati a tappe, attendono l’ultima «tranche». E proprio adesso i finanziamenti sembrano a rischio. «Il lavoro si sarebbe dovuto iniziare in estate» dice l’architetto. «Io credo che faremo solo un abbellimento generico della piazza, e lasceremo tutto come sta» fa eco Camber.
E i soldi? Sul tavolo c’erano, vincolati alla data del dicembre 2009 alla riqualificazione «socio-economica» (come fa notare Fabio Omero, capogruppo Pd) di zone retroportuali e retroferroviarie, ben 3 milioni e 800 mila euro. Camber: «Si richia di perderli». Brandi: «Se ci sono giustificate ragioni di ritardo si può chiedere una proroga». Omero: «E pensare che ci hanno fatto tanta fretta per approvare quel progetto, altrimenti, dicevano, perdiamo i soldi. Adesso sono persi, è chiaro».
Se la maggioranza ha più che una mosca al naso perché «cade dalle nuvole» scoprendo ponti a tempo e progetti in transito, il capo dell’opposizione Omero riporta le cose al dibattito urbanistico in corso: «Piazza Libertà - afferma - è evento emblematico di come questa Giunta gestisce le cose, il Piano particolareggiato per il centro storico (che proprio ieri ha iniziato l’esame in commissione, ndr) per piazza Libertà prevedeva qualche modifica ma la conservazione della viabilità attuale, dunque questo progetto già gli si metteva sopra, così come accaduto per le Rive e per Campo Marzio. Il finanziamento poi era preso un po’ al volo, perché qui non si trattava di una riqualificazione socio-economica di zone dismesse, l’unica contiguità è che si tratta di una piazza di fronte alla stazione. Già la corsia di traffico aggiunta in seguito toglieva senso alla ”riqualificazione”».
I fondi erano per un terzo della Regione, per un terzo dello Stato, per una parte anche delle Ferrovie come opera di urbanizzazione in cambio degli ingenti lavori all’atrio d’ingresso. «La corsia - spiega Lazzari - non fu una prescrizione della Soprintendenza, ma una decisione presa assieme agli uffici preposti al traffico, al verde e ai lavori pubblici, che cosa stia andando adesso in Soprintendenza io non so». «Io prevedo - conclude Omero - che salterà tutto e non si farà più niente».
GABRIELLA ZIANI

 

 

Coop Nordest in campo contro gli sprechi alimentari
 

”Lo spreco... solidale: il di più per chi ha meno”. Ha un titolo che è tutto un programma l’iniziativa lanciata dalle Coop Nord Est a sostegno delle famiglie e delle persone in difficoltà. Il progetto rivolto alla popolazione triestina verrà illustrato domani alle 17.30 nella sala Vulcania della Stazione Marittima dai tanti attori coinvolti nell’operazione benefica.
Le linee portanti saranno spiegate dall’economista Andrea Segrè, preside della Facoltà di Agraria dell’Università di Bologna e fondatore del progetto ”Last minute market” contro gli sprechi alimentari. Vicino a lui, al tavolo dei relatori, ci saranno Marisa Parmigiani, responsabile politiche sociali di Coop- Accda, il fondatore della Comunità di San Martino al Campo don Mario Vatta e il presidente della Caritas diocesana Mario Ravalico. Nell’operazione solidale inoltre saranno coinvolte la Fondazione Luchetta Ota D’Angelo Hrovatin - rappresentata nell’incontro di domani dal presidente Enzo Angiolini -, la comunità dei frati di Montuzza, presenti con il priore padre Silvano Scolaro, e la parrocchia dei Santi Giovanni e Paolo di Muggia con don Giorgio Petrarcheni. In rappresentanza dell’amministrazione provinciale, infine, parteciperà l’assessore alle Politiche sociali Marina Gugliemi.

 

 

 

 

ECOSPORTELLO ENERGIA NEWS - MERCOLEDI', 9 dicembre 2009

 

 

Cancellato l'emendamento taglia incentivi alle rinnovabili

 

Secondo alcune notizie emerse negli ultimi giorni è stato ritirato l'emendamento alla Finanziaria 2010, che conteneva tagli all'incentivazione delle fonti rinnovabili. La notizia arriva dopo che nei giorni scorsi, con un comunicato congiunto, Anev, Aper, Federpern, Fiper, Greenpeace Italia, Ises Italia, Itabia, Kyoto Club e Legambiente, rappresentanti del settore dell’industria dell’energia rinnovabile e dell’ambiente, avevano sottoscritto un documento per esprimere la loro netta contrarietà all’emendamento di fonte governativa alla Finanziaria per il 2010.
A rivelare la retromarcia del governo sono state le stesse associazioni. L'emendamento in questione, che avrebbe dovuto essere presentato alla Camera in questi giorni, prevedeva sia una forte riduzione dei coefficienti di incentivazione alle fonti rinnovabili non programmabili, a causa delle difficoltà di dotare gli impianti di una capacità di accumulo dell'energia, sia una notevole riduzione del valore del prezzo di riferimento del Certificato Verde, che avrebbe dovuto passare da un prezzo medio di mercato di circa 85,00 euro/MWh a uno di circa 40,00 euro/MWh. Nel provvedimento era anche previsto che Terna avesse il potere di stabilire la massima quantità di produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile non programmabile che potesse essere connessa ed erogata.
In base alle analisi delle associazioni gli emendamenti, infatti, avrebbero provocato la crisi di un settore, quello della produzione di energia da fonte rinnovabile, in grande sviluppo, anticiclico e con notevoli prospettive economico-occupazionali (almeno 250.000 addetti diretti ed indiretti al 2020). Il provvedimento inoltre impedirebbe all’Italia di mantenere gli impegni per il raggiungimento degli obiettivi vincolanti al 2020 (17% dei consumi finali di energia coperti da fonti rinnovabili), definiti in sede europea nel pacchetto Energia-Clima, con la grave conseguenza di dover pagare alti costi finanziari a causa del mancato raggiungimento degli obiettivi.
 

 

E-GAZETTE.IT - MERCOLEDI', 9 dicembre 2009

 

 

Scajola firma decreto che anticipa la fine al 2010 degli incentivi Cip6
 

Roma, 9 dicembre – Stop agli incentivi previsti dal Cip6 a partire dal prossimo anno. Come previsto dalla Legge Sviluppo, dal 2010 potranno infatti essere anticipatamente risolte le convenzioni CIP 6/92 che stabiliscono prezzi incentivati per l’energia elettrica prodotta, tra l’altro, da impianti alimentati da fonti assimilate alle rinnovabili. È quanto prevede il decreto del Ministro dello Sviluppo Economico, Claudio Scajola, che definisce meccanismi per la risoluzione facoltativa delle convenzioni in essere con il GSE-Gestore dei Servizi Energetici, altrimenti in scadenza negli anni successivi fino al 2020, salvaguardando la continuità delle produzioni energetiche connesse a processi industriali.
“Il regime che era stato stabilito nel 1992”, ha commentato il Ministro dello Sviluppo Economico, Claudio Scajola, “non è più efficiente rispetto all’odierno mercato liberalizzato e grava sui prezzi dell’elettricità di tutti i consumatori. L’attuazione di quanto previsto dalla Legge Sviluppo rappresenta un importante passo verso un mercato dell’energia con prezzi sempre più competitivi e trasparenti e a supporto di nuovi investimenti e della ripresa economica”.
Complessivamente, in relazione all’anno 2010, la capacità produttiva riconducibile agli impianti potenzialmente interessati al provvedimento ministeriale si attesta intorno ai 3.300 MW, ovvero l’80% del totale dell’energia incentivata dal CIP 6. Le convenzioni CIP 6/92 potenzialmente interessate dalle modalità di risoluzione volontaria definite dal decreto sono quelle relative a impianti di produzione di energia elettrica alimentati da combustibili di processo o residui o recupero di energia) e da combustibili fossili (per esempio gas naturale).
L’attuazione del decreto porterà alla possibile uscita dalla produzione di energia di quegli impianti meno efficienti, consentendo al sistema elettrico di utilizzare risorse per una maggiore competitività a beneficio dei prezzi dell’energia elettrica.
Ai produttori che aderiranno volontariamente alla risoluzione anticipata saranno riconosciuti corrispettivi tali da contenere gli oneri che graverebbero sui consumatori, cittadini ed imprese, nel caso le convenzioni andassero a scadenza naturale, pur nel rispetto degli investimenti effettuati.
Soddisfatti gli ambientalisti: secondo Angelo Bonelli, presidente dei Verdi, “lo stop anticipato ai contributi sui cip6 è un fatto importante e ci dà ragione delle battaglie fatte nella scorsa legislatura contro un sistema che non ha permesso alle rinnovabili di decollare”. “Lo stop anticipato ai Cip6 è una buona notizia - dice Edoardo Zanchini, responsabile energia di Legambiente - perché gli incentivi alle fonti assimilate previsti da queste agevolazioni hanno tolto soldi alle vere rinnovabili, mentre le risorse che sono state date in questi anni alle fonti inquinanti sono stimabili in decine di miliardi". “C'è da auspicare - ha detto Ermete Realacci (Pd) - che non si verifichino tentativi di deroga", visto che "parliamo di un'operazione che è costata agli italiani oltre 30 miliardi di euro e ben 3,5 miliardi di euro nel solo 2006, non per incentivare realmente le fonti rinnovabili, ma le cosiddette fonti assimilate alle rinnovabili come i residui delle raffinerie e l'incenerimento dei rifiuti”. Positivi i commenti anche del Governo. “La risoluzione anticipata delle convenzioni Cip6, ha commentato Stefano Saglia, Sottosegretario allo Sviluppo Economico con delega all’energia, porterà a una riduzione dei prezzi per tutti i consumatori”.
 

 

Eni e Gazprom siglano l’accordo per far entrare Edf in South Stream
 

Mosca, 9 dicembre – Dopo l’accordo siglato da Eni e Gazprom per l’ingresso della francese Edf nell’affaire South Stream, si rafforza il legame tra i tre Paesi sul fronte energia. “Di fronte alla crescente instabilità dei mercati globali dell'energia - dicono in coro Scajola e il collega russo Sergej Shmatko - solo la cooperazione con la Federazione russa, anche nella realizzazione di progetti comuni nell'area dell'Asia centrale, può assicurare all'Europa forniture di gas e petrolio stabili e certe nel lungo periodo”. Per i due ministri “le opportunità ed i benefici di un'alleanza strategica fra Russia e Ue superano i rischi”.
Si è intanto appreso, secondo voci vicine al dossier, che a Mosca Berlusconi e Putin si sarebbero accordati anche per far passare il South Stream non solo fino a Lubiana, ma anche per farne una diramazione fino a Trieste e Monfalcone, in aperto contrasto con i progetti di rigassificazione di Gas Natural nel capoluogo giuliano e di Eon a Monfalcone.
Nei giorni della firma per l’ingresso di Edf in South Stream è stata sottoscritta dai ministri dell’Industria, anche una dichiarazione congiunta per ampliare la collaborazione tra i due Paesi nel campo dell’efficienza energetica e della produzione di energia da fonti rinnovabili.
Sul fronte bancario, invece, si è appreso attraverso il presidente di Zao Banca Intesa, divisione di Intesa Sanpaolo, Antonio Fallico, che il finanziamento del gasdotto South Stream, sarà superiore a quello previsto per North Stream. Il banchiere ha poi aggiunto che "stiamo aspettando lo studio di fattibilità di South Stream, che dovrebbe arrivare a febbraio"

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 9 dicembre 2009

 

 

Rigassificatore, le verità negate in un tavolo tecnico al ”Bobbio” - Il parere di alcuni saggi in un’iniziativa promossa dalla Uil vigili del fuoco
 

Le ”verità negate” sono quelle sul rigassificatore di Zaule su cui il Tavolo tecnico aveva già espresso serie perplessità riguardo carenze procedurali che sarebbero presenti nello sviluppo dei progetti di rigassificatori Trieste. Verità che si vorrebbe emergessero nel corso della conferenza pubblica, in programma oggi alle ore 17 al teatro Bobbio di Trieste, a cura del Tavolo Tecnico Rigassificatori Trieste promosso dalla Uil Vigili del Fuoco e costituito da esperti il cui compito consiste nell’elaborazione di una valutazione oggettiva dei rischi industriali e antropici implicati nel progetto del cosiddetto “Terminale di Ricezione e Rigassificazione Gnl Zaule-Gas Natural”.
Il Tavolo Tecnico non si occupa di stabilire la fattibilità del progetto, né esprimere giudizi, ma esclusivamente di fornire delle osservazioni competenti sulle implicazioni dell’impianto nell’ambito previsto. Obiettivo è l’elaborazione di uno studio critico che, opportunamente integrato con ulteriori parametri (ambientali, economici etc.), possa costituire uno strumento oggettivo a disposizione di qualsiasi organo politicamente impegnato.
 

 

In pericolo il maquillage di Piazza Libertà - Nessun dietrofront di Dipiazza, ma manca l’ok della Soprintendenza sulle modifiche richieste
 

Anno nuovo, frontestazione vecchio. Sine die, forse, causa intoppi - non previsti mesi addietro - nel rimpallo degli incartamenti tra Comune e Soprintendenza. Nei cui uffici, la scorsa settimana, è entrata - ma non si sa quando uscirà, che tenore avrà la risposta e chi la firmerà - l’ultima versione del progetto esecutivo con gli adattamenti richiesti dal grande capo territoriale delle Belle arti, il direttore regionale dei Beni culturali e paesaggistici Roberto Di Paola. Non carbura infatti il progetto di riqualificazione di piazza Libertà, che ne prospetta un’epocale cambio di fisionomia estetico e viario - senza più macchine tra lo stesso ingresso della stazione e la statua di Sissi - al costo di tre milioni e 800mila euro, coperti per due terzi dal Ministero delle Infrastrutture e per il rimanente milione e mezzo dalla Regione.
L’IMPASSE Da quando, a fine luglio, il Consiglio comunale ha approvato l’ultima versione della variante urbanistica - quella che introduce una corsia preferenziale per i bus a tagliare l’unicuum pedonale in modo da toglierne una dietro il giardino storico salvandone così il perimetro - sulle tappe burocratiche dell’opera è calato un silenzio sibillino. Un silenzio interrotto solo ad ottobre da Roberto Dipiazza che, da neoassessore ai Lavori pubblici al posto di Franco Bandelli, si era limitato a dire, parlando di tutti gli interventi in piedi a carico dell’amministrazione cittadina, del via al megacantiere nella prossima primavera. Posticipando, senza citarli, gli annunci fatti in epoca Bandelli, secondo cui i lavori sarebbero partiti al più tardi entro la fine del 2009. Ma ora che il 2009 sta per chiudersi, si fa largo a palazzo - anche se nessuno s’azzarda a sbandierarlo pubbblicamente - il timore che quel cantiere rischi di non partire proprio. Altro che primavera.
LE CAUSE Dopo lo stralcio del restyling da centomila euro dell’alabarda di Scala dei Giganti, e soprattutto dopo la frenata sul terzo ponte in cristallo da 750mila euro sopra il canale, spunta pertanto una possibile ”terza incompiuta”. La più grande. Solo che stavolta, a quanto è dato sapere per le vie informali visto che il sindaco-assessore non ne parla, non sarebbe una marcia indietro. E poco c’entrerebbero, pare, anche quelle diecimila firme raccolte da ambientalisti e grillini per salvare gli alberi secolari di piazza Libertà. A proposito: ad oggi non esiste un numero certo su quanti alti fusti sarebbero effettivamente sacrificati. Dovrebbero essere cinque, stando alle carte approvate in Consiglio in estate, mentre la conta dei trapianti rimane vaga. La questione, detta altrimenti, non sarebbe dunque politica. Ma tecnica.
L’INCOGNITA Il cuore del problema porta dritti in Soprintendenza. O, meglio, alla direzione regionale dei Beni culturali, la ”casa madre” cui spetta l’ultima parola. L’ultimo timbro. Che, se sarà positivo, conoscendo i tempi per il vaglio di progetti così incisivi nel modificare il paesaggio esistente, arriverà al 99,9% dopo il 31 dicembre. Ne consegue che l’incartamento consegnato a mano dallo stesso Dipiazza la scorsa settimana in Soprintendenza non recherà l’autografo dell’architetto Di Paola - che sta per andare in pensione, si veda l’articolo a lato, ndr - ma del suo successore. Il cui nome, ad oggi, resta sconosciuto. E non è escluso - stando a chi conosce questi cambi della guardia - che il nuovo capo dei Beni culturali decida di riprendere in mano la pratica non dall’ultimo passaggio, ma dall’inizio. Il che porterebbe l’attesa per l’ok definitivo molto in là. Troppo in là, forse, per un’opera che si sarebbe dovuta rendicontare, appaltando quanto meno i lavori, proprio entro il 31 dicembre del 2009.
L’ALTERNATIVA Una proroga ci sarà, ha fatto capire Dipiazza qualche settimana fa parlando d’altro. Potrebbe già esserci, nella sua testa, l’alternativa da presentare a Roma per non perdere i soldi promessi per piazza Libertà. Quale? Si parla di piazza Ponterosso ma oggi, carte alla mano, la pista non regge: soltanto un mese fa il Comune ha chiesto infatti al Ministero dell’Ambiente un confinanziamento al 70% proprio per il rifacimento (da un milione e 865mila euro, ndr) di piazza Ponterosso.
PIERO RAUBER

 

 

«Ma il Silos deve andare avanti» - IL CANTIERE NON PARTIRÀ PRIMA DELLA METÀ DEL 2010
 

Sasco: l’iter non va rallentato. Lazzari: rispettate le prescrizioni
La prima pietra era annunciata in questo periodo. E per entrambi i progetti. Ma come accomunati dal medesimo destino burocratico pur avendo due storie indipendenti, il cantiere del centro commerciale del Silos targato Coop NordEst non inizerà prima della metà del 2010 e allo stesso tempo, come detto, potrebbe andare perfino peggio alla rivoluzione di piazza Libertà con l’unicuum visivo pedonale davanti all’ingresso della stazione e la viabilità spostata dietro con una ”esse” di rientro verso il Silos e il collegamento da e per la città nelle vie Ghega e Geppa. Un’opera colossale,per la quale nel maggio del 2008 - in occasione della prima variante urbanistica richiesta al Consiglio comunale - Bandelli auspicava un percorso rapido giacché «la viabilità di quella zona fra due anni è destinata al collasso con l’apertura del Silos». Una fretta, quella di allora, che stride con lo stato delle cose di adesso, anche alla luce della possibile concessione dell’Autorità portuale della bretella da largo Santos a piazza Duca degli Abruzzi, per smaltire i carichi ipotizzati col Silos a regime. Del destino della zona stazione si tornerà gioco forza a parlare pubblicamente forse già prima di Natale, considerato che il Consiglio comunale è chiamato a esprimersi per le vie brevi sulla Via al progetto del Silos. «Le presunte problematiche di piazza Libertà non devono rallentare l’iter del Silos», ammonisce l’Udc Roberto Sasco, che presiede la commissione Urbanistica e che si permette ora di dare un ”consiglio” indiretto a Dipiazza, sindaco-multiassessore con deleghe pesantissime. «Dipiazza è un grande sindaco ma non è un superman. Non è una critica, anzi. È che avrebbe bisogno di una giornata di 48 ore», chiude Sasco, secondo cui - riguardo la frenata del primo cittadino sulla passerella di Ponterosso - «il ponte si era ridotto a un ponticello di montagna, meglio non far nulla a questo punto...». D’accordo con la strategia di Dipiazza, quella di insistere con l’architetto Di Paola per un eventuale nulla osta definitivo della passerella, è invece il capo dei berluscones Piero Camber: «Non si può fare un’opera da 750mila euro avendo un permesso a termine».
Non sarà a termine - questo è certo - l’ok per piazza Libertà. Sempre che ci sia. «Ma nel progetto esecutivo che abbiamo presentato alla Soprintendenza abbiamo ottemperato alle richieste del direttore dei Beni culturali contenute nel suo precedente parere positivo condizionato», annota l’ex presidente dell’Ordine degli architetti Luciano Lazzari, che è uno dei professionisti che compongono il team incaricato del progetto dal Comune.
Tra gli adattamenti - riferisce Lazzari - figurano la non copertura della vecchia cabina Acegas, il verde spartitraffico da adottare e le finiture della pavimentazione in porfido e calcestruzzo. E la corsia per i bus spuntata davanti alla stazione? Non sarebbe un problema: niente segnaletica orizzontale impattante, bensì «un lieve gradino e dei paletti per demarcare tale corsia, esattamente come una zona a traffico limitato in area pedonale».

(pi.ra.)
 

 

Gli alberi preziosi alleati nella battaglia contro l’inquinamento
 

Gli alberi di piazze, viali e giardini triestini sono importanti alleati dell’uomo contro l’inquinamento atmosferico. Eppure rispetto alle altre città italiane sono presenti nel centro in una percentuale minima. Di alberature si è parlato nel convegno “L’albero in città, semplice costo o grande risorsa?”, proposto dall’associazione “Tra fiori e piante” e dal club “Triestebella” e organizzato dal Comitato per la salvaguardia degli alberi di Piazza Libertà: relatori Francesco Ferrini, docente di Arboricoltura umana all’Università di Firenze, Giorgio Valvason, dendrologo e Andrea Maroè, agronomo del Verde pubblico del Comune di Udine.
È stato presentato un “Manifesto per gli alberi città”, sottoscritto dai relatori, dagli organizzatori Mariangela Barbiero e Roberto Barocchi e, per alzata di mano, dai presenti. Il documento propone semplici regole sulle piante cittadine: piantarle a distanza conveniente e in spazi congrui, evitando potature radicali e moncherini laterali perché creano problemi, spesso inutili, agli esseri umani. L’albero triestino invece - è stato sottolineato - resta spesso vittima di potature estreme che rappresentano il primo veicolo per l’assalto di germi e la formazione di danni spesso fatali. Anche i continui lavori nel sottosuolo feriscono l’apparato radicale di piante centenarie causandone una fine immatura.

(m.l.)
 

 

Maddalena, pressing sulla Regione per ridurre il cemento - Il Wwf chiede la valutazione d’impatto ambientale sul progetto per un centro commerciale
 

Un invito ai cittadini a inviare osservazioni alla Regione sul progetto che prevede un insediamento commerciale e residenziale sull’area dell’ex ospedale Maddalena viene rivolto dal Wwf che lo ritiene di notevole impatto ambientale.
Gli elaborati del progetto, noto con il nome di Generalgiulia 2, sono consultabili alla Direzione ambiente e lavori pubblici della Regione - servizio Via in via Giulia 75/1 e presso l’Area pianificazione territoriale del Comune, in passo Costanzi 2, oltre che scaricabili dal sito web della Regione. Le osservazioni devono essere consegnate o spedite entro il 2 gennaio alla stessa direzione regionale in via Giulia.
È stata la società Generalgiulia 2, composta dalla cordata tra Riccesi, Cividin, Carena e Palazzo Ralli, tutti con quote paritaria al 25 per cento ad acquistare dall’Ass i 23 mila metri quadrati del comprensorio a oltre 11 milioni di euro. L’intervento prevede una piastra commerciale da 5 mila metri quadrati che dovrebbe vedere lo sbarco del colosso transalpino Carrefour, mentre altri 10 mila metri quadrati (rispetto ai 2 mila di un primo progetto) verrebbero riservati a verde di quartiere. Ben trecento gli appartamenti previsti in complesi edilizi alti fino a sei piani: cento sul lato di via dell’Istria e 200 lato monte. Di questi ultimi 53 dovevano essere appartamenti dell’Ater che però ha annunciato di aver congelato questo intervento dal momento che non riceverà i fondi necessari dalla Regione. È previsto poi sull’area anche un megaparcheggio per 1.100 posti auto su tre livelli interrati in parte a disposizione del centro commerciale e in parte a rotazione.
«Una verifica sul progetto era già stata fatta dalla Regione l’estate scorsa - riferisce il Wwf - e si era conclusa con la decisione di sottoporlo alla procedura di Via. La società ha allora deciso di modificare il progetto sperando che una verifica bis abbia esito diverso». «Abbiamo il diritto di realizzare l’opera - ha affermato di recente Donato Riccesi - Non si può scherzare con i soldi dei privati disposti a riqualificare un pezzo di territorio cittadino nel rispetto delle indicazioni degli enti e delle amministrazioni locali».
«Ci appelliamo ai cittadini sensibili alla qualità dell’ambiente urbano - afferma ora il Wwf - affinché reclamino una seria procedura di Via sul progetto. Solo così sarà possibile ottenere una riduzione delle volumetrie e ampi spazi verdi fruibili da tutti, a vantaggio della cittadinanza e non solo della speculazione immobiliare».

(s.m.)
 

 

Monfalcone: A2A conferma «Sì al metano, niente atomo» - Definite infondate le voci di stop al progetto per la centrale Ammodernati i gruppi a carbone
 

LA PARTITA ENERGETICA
MONFALCONE La via è tracciata: A2A procede nella riconversione dei gruppi ad olio combustibile, per i quali, in virtù del completamento dell’iter autorizzativo, da maggio s’è innescato il ”count-down” che prevede la realizzazione del nuovo ciclo combinato da 815 megawatt entro 47 mesi, quindi nel 2013. Con ciò contemplando la ”dismissione” obbligata dei gruppi 3 e 4. Non solo. L’azienda intende impegnarsi, contestualmente, sul versante del miglioramento anche della sezione a carbone, investendo su nuove tecnologie. Per l’operazione di rinnovamento è da avviare l’intera procedura. Sul tappeto resta il ripensamento in corso relativo al tracciato del gasdotto, che l’azienda vorrebbe più breve.
A ribadire la ”tabella di marcia” è il direttore della centrale termoelettrica, ingegner Luigi Manzo. Una conferma, dunque, che allontana lo spettro-nucleare in città. Con il timore espresso dal sindaco Gianfranco Pizzolitto, che ha già sollecitato via lettera il presidente Renzo Tondo a fornire garanzie alla luce di voci ricorrenti, ma anche da Legambiente, di una possibile trasformazione della centrale termoelettrica. Preoccupazione ricondotta proprio al rallentamento del processo di metanizzazione dell’impianto di A2A. Ma rallentamenti che l’azienda definisce esclusivamente tecnico-procedurali, quindi non forieri di un cambiamento di rotta della politica produttiva.
 

 

SEGNALAZIONI - Sul rigassificatore - DIBATTITO/1
 

Ho letto le undici domande di Paolo Rumiz sul rigassificatore, apparse sabato 28 novembre sul Piccolo. Pur non essendo un tecnico, ho potuto capire benissimo tutte le questioni poste dal giornalista: chiare e documentate, precise e allarmanti mi facevano sorgere mille e un dubbio sul rigassificatore nel golfo di Trieste.
Ho dunque atteso con grande interesse le risposte del sottosegretario all’Ambiente Roberto Menia. Pubblicate il giorno dopo, sono state un’agghiacciante delusione: confuse ed evasive, vaghe e allarmanti.
Da cittadino, mi sento preso in giro: trovo fastidioso che un vice-ministro («minister» in latino significa «servitore», dunque «al servizio della collettività»), invece di rispondere per davvero e chiaramente, si nasconda dietro le cortine fumogene di sistematiche e ripetute citazioni in stile burocratese delle «vigenti normative in materia... come stabilito dagli articoli 28 e 29 del DL... il proponente, finalizzato alla definizione di procedure... ovviamente, prima di ogni fase autorizzativa, anche preliminare dell’impianto, gli organismi competenti provvederanno ad effettuare tutte le analisi di compatibilità previste dalle vigenti normative in materia».
Dopo aver letto questa pessima e illeggibile prosa da «copia e incolla» di uno o più funzionari, da cittadino di Trieste posso dire solo questo: se prima i miei dubbi sul rigassificatore erano 1001 adesso, dopo le rassicurazioni di Roberto Menia, sono diventati 2001.
Luciano Comida
 

 

SEGNALAZIONI - Sul rigassificatore - DIBATTITO/2
 

Riguardo al proposto rigassificatore vorrei proporre uno spunto di riflessione richiamando una parte del contenuto del libro scritto da Piero Angela e Lorenzo Pinna ed intitolato «La sfida del secolo» dove riguardo a un possibile incidente si legge che: «Una grande nave gasiera, che trasporta 125 mila metri cubi di gas liquefatto a bassissima temperatura, contiene un potenziale energetico enorme. Se nelle vicinanze della costa, per un incidente, dovesse spezzarsi e rovesciare in mare il gas liquefatto, potrebbe cominciare una sequenza di eventi catastrofici.
Il gas freddissimo, a contatto con l’acqua del mare, molto più calda, inizierebbe a ribollire, a evaporare e formare una pericolosa nube. Questa nube di metano evaporato rimarrebbe più fredda e più densa dell’aria e potrebbe viaggiare sfiorando la superficie marina, spinta dal vento, verso la terraferma. Scaldandosi lentamente la nube comincerebbe a mescolarsi con l’aria. Una miscela fra il 5 e il 15 per cento di metano con l’aria è esplosiva. Il resto è facilmente immaginabile. Se questa miscela gassosa, invisibile ed inodore, investisse una città, qualsiasi (inevitabile) scintilla farebbe esplodere la gigantesca nube.
La potenza liberata in una o più esplosioni potrebbe avvicinarsi a un megaton: un milione di tonnellate di tritolo, questa volta nell’ordine di potenza distruttiva delle bombe atomiche. Le vittime immediate potrebbero essere decine di migliaia, mentre le sostanze cancerogene sviluppate dagli enormi incendi scatenati dall’esplosione, ricadendo su aree vastissime, sarebbero inalate in ”piccole dosi”, dando luogo a un numero non calcolabile, ma sicuramente alto, di morti differite nell’arco di 80 anni». Per quanto riguarda invece l’accessibilità al Porto nuovo di Trieste ritengo che al passaggio delle navi gasiere non potrebbe navigare nemmeno «Mascalzone latino».
Fabio Longo - Italia dei Valori Circolo di Muggia - Comitato Sos di Muggia
 

 

 

 

LA REPUBBLICA - MARTEDI', 8 dicembre 2009

 

ENERGIA - I siti delle centrali nucleari - Verdi: "Daremo battaglia"

 

Il partito ambientalista rivela le località individuate dall'Enel per gli impianti.

Due sono vicine a Roma. Bonelli: "Faremo dei sit-in, chiamiamo alla mobilitazione democratica"
ROMA - I Verdi rivelano i siti in cui si vorrebbero costruire le nuove centrali nucleari in Italia. Due sono nel Lazio a pochi chilometri da Roma: Montalto di Castro e Borgo Sabotino. Le altre localizzazioni, che sarebbero state individuate in uno studio inviato dall'Enel al governo, sono: Garigliano (Caserta), Trino Vercellese (Vercelli), Caorso (Piacenza), Oristano, Palma (Agrigento) e Monfalcone (Gorizia).
"Le aree sono idonee, secondo l'Enel, perché vicine a zone costiere e ai fiumi, poiché come è noto le centrali necessitano di un gran quantitativo di acqua per funzionare. Chiamiamo alla mobilitazione democratica le popolazioni per dire no alle centrali nucleari", afferma il presidente dei Verdi, Angelo Bonelli. E ancora: "Noi Verdi avvieremo il presidio dei siti nucleari per dire no al nucleare e sì al solare. Il governo sta portando l'Italia in una pericolosa avventura che porterà alla militarizzazione dei territori e a far aumentare la bolletta elettrica degli italiani, perché i 20 miliardi di euro per la costruzione delle centrali li pagheranno gli italiani. Berlusconi in Italia ammazza le energie rinnovabili e finanzia la speculazione del costoso nucleare. Daremo nel paese dura battaglia".
 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 8 dicembre 2009

 

 

«Nessun progetto di sviluppo per le Rive» - Il capogruppo del Pd Omero fa a pezzi il Piano particolareggiato
 

Il piano particolareggiato del centro storico? Inutile secretarlo, tanto è, come il piano regolatore, «un piano edilizio nel quale mancano le strategie di sviluppo socio-economico per la città». L’opposizione di centrosinistra in Comune esce allo scoperto per ribadire la propria assoluta contrarietà alle scelte della giunta Dipiazza. «Lo abbiamo detto a proposito del piano regolatore adottato in agosto e lo hanno ripetuto gli ordini professionali degli ingegneri e degli architetti, lo ha sostenuto anche l'Assindustria per bocca del suo presidente – hanno detto ieri Fabio Omero e Bruna Tam del Partito Democratico, Alfredo Racovelli dei Verdi, Roberto Decarli dei Cittadini per Trieste e Iztok Furlanic di Rifondazione Comunista – l’unico obiettivo dichiarato è il consolidamento e il potenziamento della funzione residenziale, tanto che Dipiazza vanta un aumento dei volumi di 117 mila metri cubi di nuova edificazione e 10 mila di sopraelevazioni nel centro della città».
Secondo l’opposizione tante «stranezze» e altrettante omissioni sono verificabili semplicemente riguardandosi la storia del piano particolareggiato. «Nel 2001 – è stato detto – al momento del cambio di amministrazione il lavoro di analisi era già stato concluso e consegnato dal gruppo di lavoro coordinato dal “grande” storico dell’architettura Leonardo Benevolo. Un lavoro di schedatura straordinario, che ora il sindaco vanta come merito suo». A detta dello scomparso assessore della giunta Illy, Ondina Barduzzi, è stato ricordato, sarebbero stati sufficienti 6 mesi per completare già allora il piano. Ma solo nel 2006 venne consegnato dal nuovo progettista incaricato, l'architetto Alberto Cecchetto, e dopo una fugace apparizione pre-elettorale venne chiuso nei cassetti. E, una volta rispolverato, i progetti strategici urbani di Cecchetto sono spariti. Anche a causa di una malattia dell’architetto veneziano.
In particolare, come ha ricordato Fabio Omero, non c’è traccia dei progetti di sviluppo delle Rive, con il problema del collegamento tra i porti, i parcheggi interrati previsti, progettati ma poi bloccati per diversi motivi, i contenitori su cui non si è deciso cosa fare, il Parco del mare con i suoi specifici problemi di collegamenti e parcheggi. E ancora: Piazza della Libertà con il progetto poi affidato ad altri e contestato e il problema della viabilità del Porto vecchio, Campo Marzio esteso a tutto l’ambito: Mercato ortofrutticolo, Stazione e musei, area ex Fiat e androne varie.
Proprio nelle Rive è stata individuata la questione più calda perchè, come è stato rilevato, l’impegno proposto dal centrosinistra di fare una ricognizione di tutti gli studi e progetti avviati, che riguardano direttamente o indirettamente il frontemare, da piazza della Libertà a Campo Marzio e di promuovere un tavolo è stato disatteso, nonostante il suo accoglimento da parte della maggioranza.
E quanto al teorico Parco del mare, manca ogni ipotesi di parcheggio, fondamentale anche solo per pensare all’avvio della struttura. Come dire che «nel piano particolareggiato del centro storico il Parco del mare scompare».

(f.b.)
 

 

La variante ha ignorato gli agricoltori - PIANO REGOLATORE: LE OSSERVAZIONI DELLA COLDIRETTI
 

D’Amore: non si è tenuto conto del loro ruolo nella gestione del territorio
TRIESTE E’ un piano regolatore che non tiene conto delle esigenze degli agricoltori triestini, e che non li aiuta a sviluppare il territorio in modo sostenibile. E’ questo il punto di vista della Coldiretti sulla variante generale 118 al Prg del Comune, che al riguardo ha prodotto un articolato documento con diverse osservazioni sul nuovo strumento urbanistico.
«Sui temi dell’agricoltura e del territorio la variante appare piuttosto superficiale, redatta quasi sicuramente da qualcuno che in materia ha ridotta competenza – sostiene il direttore della Coldiretti triestina e goriziana, Baldassare D’Amore. Il problema – continua – è che pure in questa occasione nessuno si è preoccupato di consultare le organizzazioni professionali.Un confronto di questo tipo avrebbe potuto evitare tante inesattezze, e fornire una maggiore perizia nella redazione del documento».
Per la Coldiretti il nuovo piano regolatore non avrebbe tenuto conto del ruolo fondamentale dell’agricoltura nella gestione corretta del territorio e dell’ambiente. «Coltivare e allevare bestiame in zone disagiate e particolari come il comune di Trieste vuol dire anche prevenire dissesti idrogeologici e mantenere al meglio paesaggio e territorio».
Accanto alla filosofia di fondo, le osservazioni alla variante prodotte dalla Coldiretti entrano nel merito di diversi punti considerati inesatti o poco chiari. Riguardo alle serre, ad esempio, si evidenzia come queste strutture non debbano essere considerate alla stregua di fabbricati, risultando infatti rimovibili e quindi da considerare come terreno coltivato.
E in tema di recinzioni e muri di contenimento e a secco, presenti quasi ovunque in tutto il comune triestino, si chiede al Comune di riservare l’altezza massima di un metro alle sole strutture a secco, valutando come i muri di sostegno a terrazzamenti e pastini debbano essere ben più alti per consentire la stabilità dei terreni.
Una delle osservazioni considerate fondamentali riguarda lo stralcio dei piani attuativi nell’iter di richiesta per la realizzazione di interventi sul territorio. Secondo la Coldiretti questa prassi rappresenterebbe un vero e proprio balzello per le tasche degli agricoltori. Si giudica pertanto più che sufficiente che gli interventi vengano ammessi con strumenti diretti, ovvero attraverso la normale concessione edilizia.
Tra le altre osservazioni, l’associazione chiede che in termini di fabbricabilità venga mantenuta invariata la superficie minima del lotto edificabile, in quanto, pur essendo mutata la zonizzazione di alcune aree, risultano invariate la struttura dei fondi agricoli e la dimensioni delle aziende.
Molte di queste operano su aree minime e polverizzate, caratteristica che spesso non consente di raggiungere le superfici minime previste dalla normativa proposta dal nuovo piano regolatore.
Maurizio Lozei
 

 

«Il no della Soprintendenza motivato per zone archeologiche lontane da noi» - L’AMPLIAMENTO DELLA MANCAR: INTERVIENE IL TITOLARE
 

MUGGIA Marino Rodela, socio principale della Mancar Sas, interviene nella vicenda che ha portato la Soprintendenza ai beni culturali e architettonici ad annullare, per la seconda volta, la variante che avrebbe permesso di aumentare il volume del capannone della sua azienda, costruito in una zona posta sotto vincolo paesaggistico alle Noghere.
«Bisogna considerare – esordisce – che dal 2006 il mercato e la situazione economica locale sono cambiati rispetto alle intenzioni iniziali del progetto. In questi anni sono sorte altre industrie di rimessaggio, che in pratica svolgono la nostra stessa attività. In presenza di tale variazione, pur cominciando la costruzione dell'impianto grazie alla prima autorizzazione della Regione, ho presentato la variante di tamponamento che non ci avrebbe permesso di triplicare la superficie del capannone, che rimane di 3mila metri quadrati, ma di aumentarne il volume».
«A sorpresa – continua Rodela – l'autorizzazione paesaggistica venne annullata dalla Soprintendenza con motivazioni legate alla presenza di scoperte archeologiche e di palestre di roccia molto lontane dalla zona del capannone. Valutazioni che esulano dal potere della Soprintendenza e invadono le competenze della Regione».
Nella primavera del 2009 la Mancar sas, l'Ezit e la Regione si sono appellati al Tar regionale contro il decreto di annullamento della Soprintendenza, che ha unito e respinto i tre ricorsi.
Umberto Dallegno, socio della Mancar (e alcuni anni fa direttore generale dell'Ezit), si sofferma invece sull’operato del Tar: «La sentenza del Tar che ha ribadito l’annullamento dell’autorizzazione paesaggistica – afferma – ha evidenziato una carenza di istruttoria nell’autorizzazione della Regione, ma ha confermato che le motivazioni addotte erano precluse alla Soprintendenza. Il Tar ha inoltre giudicato una situazione neppure presa in considerazione precedentemente, e cioè il fatto che la chiusura della tettoia lasciava inalterata la superficie ma ne triplicava il volume. A quanto pare ha sbagliato anche il Tar – commenta Dallegno –. Infatti l’esame del volume di una struttura è previsto in ambito urbanistico ma non in quello paesaggistico. Per questo motivo abbiamo fatto ricorso al Consiglio di Stato. Vorrei ancora sottolineare – conclude – che nel sito, se tutto fosse andato secondo le previsioni, oggi lavorerebbero 32 dipendenti, venti dei quali sarebbero stati assunti dopo la chiusura della tettoia».

(a,d,)
 

 

 

«Se la Ferriera non chiude mi lascio morire di fame» MAURIZIO FOGAR - Il fondatore del Circolo Miani lancia una sfida ai politici «È in gioco la salute di tutti»
 

Non assume farmaci “salvavita” da più di un mese. Da domenica ha smesso anche di mangiare. Tutto questo per protestare contro la mancata chiusura della Ferriera. Ma ha ancora la forza per denunciare “chi non provvede a compiere quest’atto dovuto e che la situazione imporrebbe come immediato e necessario”. Maurizio Fogar, fondatore del circolo Miani, ha annunciato ieri questa sua nuova iniziativa sul fronte della lotta all’inquinamento prodotto dallo stabilimento di Servola.
«Stavolta – ha detto ieri – non si tratta di un semplice esposto, ma di una vera e propria denuncia che riguarderà il sindaco, Roberto Dipiazza, come principale responsabile della salute della collettività e il presidente della giunta regionale, Renzo Tondo, che ha promesso più volte di chiudere la Ferriera. Entrambi stanno violando numerose normative in essere – ha precisato – e la cosa non può passare nel dimenticatoio, perché è in ballo la salute di decine di migliaia di persone». Per evidenziare “l’assoluto immobilismo delle istituzioni su questo argomento”, dal 26 di ottobre Fogar ha rinunciato all’assunzione di farmaci indispensabili per la sua salute e, da domenica, anche a mangiare. «Non mi resta altro da fare che mettere a repentaglio la mia persona – ha sottolineato – perché vedo che il malcostume che regna nella politica nazionale ha coinvolto anche i rappresentanti locali. L’impianto continua a produrre sostanze nocive per tutti, le centraline non funzionano, siamo rimasti fra i pochi a lamentare questa situazione e, per tutta risposta – ha aggiunto – c’è chi vorrebbe tacitare il circolo Miani. Evidentemente ci deve essere una cointeressenza fra politica e affari di cui richiamo di fare le spese tutti noi».
Per domani sera, alle 18.30, Fogar ha ottenuto un appuntamento con i capigruppo del consiglio comunale; forse potrebbe essere questa una prima svolta nella vicenda. «Non so se verranno tutti – ha commentato – anche se spero che sia proprio così. In quel caso, potrei esporre le mie ragioni e far capire a chi opera quotidianamente nella politica che la situazione è drammatica, anche perché nessuno si sta preoccupando della riconversione dei lavoratori». Il portavoce del Miani ha ricordato, a questo proposito, che “l’unico piano in tal senso è quello predisposto proprio dal nostro circolo e nessuno dei pubblici amministratori della città e della regione sembra rammentare che comunque arriverà, nel 2014, il giorno della chiusura della Ferriera e che quanti oggi operano in quel contesto saranno in strada». Ieri, al fianco di Fogar, si è seduto Maurizio Ferrara, capogruppo della Lega Nord in consiglio comunale. «Per quanto si è visto – è stato il suo commento – ritengo che l’intera classe politica di Trieste e dell’intero Friuli Venezia Giulia non dovrebbe più avere il coraggio di presentarsi ai prossimi appuntamenti elettorali amministrativi. Il loro comportamento sul tema della Ferriera – ha concluso – è stato ed è inqualificabile».
Ugo Salvini
 

 

Nucleare, l’Enel rinuncia a Monfalcone - L’impianto è in produzione e quindi non rientra fra i siti destinati alla riconversione
 

LA SOCIETA’ A2A E’ INVECE PRONTA A PASSARE ALL’ENERGIA PULITA GARANTITA DAL METANO
MONFALCONEMonfalcone non sarà sede di una centrale nucleare. Per due ragioni: l’impianto esistente non appartiene ad Enel, che in joint-venture con la francese Edf realizzerà gli studi di fattibilità per quattro reattori nucleari di terza generazione in Italia, bensì alla sua concorrente A2a. Ma anche perchè non è un impianto improduttivo da convertire al nucleare, anzi è al centro di un piano di riconversione a metano. La città può tirare un respiro di sollievo dopo le voci e i timori degli ultimi mesi ma soprattutto alla luce della ”famigerata” lista di dieci siti nucleari possibili in cui Monfalcone continua a comparire al primo posto. La notizia, trapelata ieri dalla stessa Enel, fa tirare un respiro di sollievo anche al sindaco Gianfranco Pizzolitto si era sentito in dovere, solo alcuni giorni fa, di inviare una lettera aperta al presidente della Regione Renzo Tondo chiedendogli sostegno e garanzie, alla luce delle notizie che si rincorrevano. La situazione, però, era sembrata addirittura precipitare quando l’ad di Enel, Fulvio Conti, nella trasmissione ”Effetto Domino” il 5 dicembre su ”La7”, ha affermato che l’azienda ha già individuato i possibili siti sove sorgeranno le centrali nucleari in Italia. Aggiungendo: «Non li rivelerò neanche sotto tortura».
Conti, in effetti, ha già le idee molto chiare sui siti possibili anche se la scelta preliminare non spetta a lui bensì al governo tramite l’Agenzia per il nucleare che, a quanto si sa, non sarà attivata prima della prossima primavera. Conosce però bene, tanto da poter già restringere il numero dei siti ”candidati”, i parametri che le future centrali nucleari dovranno rispettare: vicinanza alla rete nazionale di distribuzione e al mare, bassa sismicità della zona e - aspetto che interessa assai da vicino Monfalcone - sottoutilizzazione dell’impianto dell’Enel da riconvertire al nucleare. Monfalcone sarebbe un sito ideale secondo i primi tre parametri ma non per l’ultimo, essendo la centrale di proprietà di A2a, estremamente ”produttiva” e da tempo destinata a un piano di riconversione a metano. Facile prevedere, quindi, che la scelta possa andare a cadere su vecchi impianti nucleari in disarmo o su centrali alimentate a olio combustibile senza piani di riconversione. Insomma, Trino Vercellese, Caorso e Montalto di Castro potrebbero non dormire sonni tranquilli. Tranquillità quindi? Relativa. Mentre il sindaco, a Firenze, aspetta di conoscere meglio i termini della questione per esprimersi, Michele Tonzar, responsabile di Legambiente, ritiene che il pericolo non sia ancora scongiurato e che la guardia dev’essere mantenuta alta. «Già dal recente incontro con i vertici di A2a - afferma - era emerso che l’ipotesi di una centrale nucleare a Monfalcone sarebbe stata improbabile in prima battuta. In prima battuta, appunto. Ma il fatto che altre Regioni coinvolte in questo pasticcio stiano già presentando o preparando ricorsi di incostituzionalità per il mancato coinvolgimento degli enti locali nel piano-nucleare, mentre la nostra non si sta esprimendo in termini ufficiali, mi fa temere comunque che la partita non sia ancora del tutto chiusa». Più rassicurante il consigliere della Lega Nord Federico Razzini: «È bastato che l’ad di A2a non escludesse di poter operare anche nel nucleare per scatenare una tempesta mediatica. Il presidente Tondo lo ha già ribadito. Io stesso in numerosi coloqui avuti con A2a ho avuto rassicurazioni. Eppure il sindaco Pizzolitto ha voluto chiedere ulteriori rassicurazioni a Tondo. Pizzolitto pensi piuttosto alle centrali a biomase che lui e i suoi colleghi sindaci del centrosinistra stanno facendo sorgere in Bisiacaria con dei veri e propri blitz, senza consultare la gente».
FABIO MALACREA

 

 

I Verdi contro il rigassificatore di Veglia - Gli ambientalisti chiedono uno studio scientifico anche per l’impianto di coking a Urinj
 

I LAVORI DOVREBBERO INIZIARE NEL 2011 PER CONCLUDERSI NEL 2014 CON 800 MILIONI DI INVESTIMENTO
FIUME Offensiva dei Verdi quarnerini nei confronti di due progetti da realizzarsi nei prossimi anni, ovvero il rigassificatore di Castelmuschio (Omisalj), nell’isola di Veglia, e l’impianto di coking, che sorgerà nell’ambito della raffineria dell’Ina a Urinj, negli immediati dintorni di Fiume. La più combattiva delle associazioni ambientaliste in questa regione nordadriatica, Eko Kvarner, ha inviato una petizione al presidente della Regione del Quarnero e Gorski kotar, lo zupano Zlatko Komadina, chiedendogli di avviare l’iter di elaborazione di uno studio sull’impatto ambientale cumulativo dei due impianti. Finora sono stati formulati soltanto studi che riguardano singole infrastrutture e dunque si rende d’obbligo – sostengono gli ecologisti quarnerini – preparare un’attenta e articolata analisi sulle conseguenze che riguarderanno l’interazione fra terminal metanifero e impianto coking, situati a pochissimi chilometri di distanza l’uno dall’ altro.
A ciò si aggiunge, così Eko Kvarner, la produzione di polietilene negli stabilimenti petrolchimici Dina e la ristrutturazione dell’area dove sono sistemati i maxi serbatoi dell’Oleodotto adriatico, Janaf, sempre a Castelmuschio. «Anni fa abbiamo appoggiato la costruzione del rigassificatore vegliota, per gli interessi strategici in campo energetico che esso comporta – così nella petizione consegnata allo zupano Komadina – ma vogliamo mettere in guardia le nostre autorità sul fatto che il Quarnero sia ormai al limite della sopportabilità per quanto riguarda la presenza di grossi impianti industriali. A questo si aggiunge la possibilità che a Fianona, in Istria, sia costruita la terza centrale termoelettrica (capacità di 600 megavat), da far funzionare con carbone giunto d’ oltre confine e probabilmente con alto tasso di zolfo».
Intanto è scaduto il tempo per il dibattito pubblico sullo studio d’impatto ambientale del rigassificatore isolano. A esprimersi sul progetto è stato in conferenza stampa il citato zupano, il quale ha rammentato che recentemente la sua assemblea regionale ha detto sì al terminal Lng, a condizione però che il “gigante di Castelmuschio” dia ampie garanzie in fatto di salvaguardia ambientale. «Vogliamo e pretendiamo che si rispettino i più rigorosi criteri di tutela dell’ habitat – ha detto Komadina – e d’ altra parte ci preme sottolineare che il megaimpianto dovrebbe essere altamente remunerativo per le autonomie interessate.Ogni anno, l’ amministrazione conteale dovrebbe intascare poco più di 900 mila euro grazie al rigassificatore, somma che reputiamo irrisoria. Siamo d’ accordo che vi saranno ricavi d’ altro genere, si apriranno nuovi posti di lavoro, ma il terminal Lng costituisce pur sempre un serio rischio per l’ambiente».
Il progetto di Castelmuschio, parliamo dei lavori, dovrebbe mettersi in moto nel 2011, per concludersi nel 2014. Costerà, senza l’ investimento per il gasdotto, sugli 800 milioni di euro e dovrebbe avere una capacità di movimentazione annua pari a 15 miliardi di metri cubi di metano.
Andrea Marsanich
 

 

Gorizia, svolta verde all’autoporto - Deliberato un investimento da 3,5 milioni per un impianto fotovoltaico
 

AL VIA L’OPERAZIONE DELLA SDAG SOSTENUTA DAL FRIE
Svolta verde per l’autoporto di Gorizia. La Sdag, la società controllata dal Comune che gestisce la struttura, ha deliberato un investimento da 3,5 milioni di euro per l’installazione di un impianto fotovoltaico da 1,2 megawatt che troverà posto sulle coperture dei padiglioni A e B – i due elementi principali del complesso – e su quelle del nuovo polo intermodale, dove è collocata la piattaforma di scambio gomma-rotaia, recentemente entrata in funzione con il collegamento quotidiano per Brescia. L’operazione avverrà con il sostegno del Frie, il fondo di rotazione per le iniziative economiche.
Oltre all’installazione dei pannelli, poi, sono previsti estesi interventi di adeguamento degli impianti e delle reti tecnologiche. Una parte di questi lavori verrà effettuata grazie ai fondi recentemente sbloccati dalla Regione, attraverso la sottoscrizione di una convenzione direttamente con la Sdag, e stanziati addirittura a margine degli accordi di Osimo, nel 1975. Il grosso della cifra – che nel suo complesso ssi aggira attorno ai 10,3 milioni di euro – servirà per il miglioramento della viabilità interna dell’autoporto e per il completamente del tratto finale del raccordo autostradale Villesse – Gorizia, formalmente di proprietà del Comune. Anche se, ricorda il presidente della Sdag, Giorgio Milocco, «la sistemazione degli impianti resta una priorità assoluta». Altrimenti, aggiunge, «le potenzialità dell’impianto fotovoltaico non potranno essere sfruttate al meglio».
Negli intenti della soceità di gestione, infatti, non c’è solo la copertura dei consumi interni. L’obiettivo è di riuscire a cedere alla rete una parte dell’energia prodotta e generare così delle entrate con le quali coprire in prima battuta l’investimento e, successivamente, trasformarsi in una fonte di guadagno. Prima del posizionamento dei pannelli, almeno in relazione ai due padiglioni, saranno effettuati anche dei lavori di manutenzione straordinaria dei tetti. La riqualificazione energetica non è l’unica sfida che attende il sito isontino. All’orizzonte, infatti, c’è anche il varo del progetto Tip – Transborder integrated platform, ovvero il piano di raccordo con il «dirimpettaio» autoporto di Vertoiba. Il progetto ha nella Sdag il suo lead partner (tra gli altri attori si contano la Regione, Autovie Venete, il ministero dei Trasporti sloveno, l’ente autostradale sloveno e la Log system di Padova) e prevede una serie di interventi a 360° in ordine alla viabilità stradale, a quella ferroviaria e alle modalità di gestione e stoccaggio delle merci in transito. L’iniziativa ha un valore di 1,4 milioni, 218mila dei quali saranno stanziati per rendere più agevole la mobilità attorno al complesso confinario, venendo incontro alle esigenze delle comunità di Sant’Andrea e di Vertoiba.
«Quelli che abbiamo messo in agenda sono degli investimenti impegnativi ed ambiziosi – fa notare Milocco, facendo il punto della situazione – che puntano a rendere competitivo sul mercato della logistica l’autoporto goriziano. C’è la necessità di riconvertire la funzione della struttura. Si tratta, però, di un processo che non può avvenire nel breve periodo ma che, anzi, avrà bisogno di tempo per dare i suoi frutti». Oggi, il comprensorio autoportuale si estende su una superificie di oltre 600mila metri quadrati, ospita una settantina di aziende e su di esso gravitano più di 500 posti di lavoro.
NICOLA COMELLI

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 7 dicembre 2009

 

 

LA CONFERENZA DI COPENHAGEN - Il Nobel Giorgi: «Sul clima è inutile porsi obiettivi per l’anno 2050»
 

TRIESTE Si apre oggi la 15a Conferenza delle Parti (COP 15) della Convenzione dell'Onu sul clima, programmata a Copenhagen fino al 18 dicembre, dove almeno 65 capi di Stato e di governo negozieranno le misure da adottare contro i cambiamenti climatici. A Copenhagen si terrà anche il quinto incontro delle parti contraenti del Protocollo di Kyoto, un trattato della Convenzione del clima in cui i Paesi industrializzati si impegnano a ridurre le emissioni di gas serra. Il Comitato intergovernativo per i cambiamenti climatici (Ipcc) invita i partecipanti a considerare due scadenze: il 2020, entro cui i livelli di gas serra dovrebbero scendere del 25-40% rispetto a quelli del 1990; e il 2050, in cui si dovrebbe toccare l'obiettivo dell'80-95% in meno di emissioni (sempre calcolate sul 1990) per avere una chance di evitare quell'aumento di 20C che rappresenta la soglia di "allarme" per gli ecosistemi e l'uomo. Filippo Giorgi, direttore della Sezione di fisica del clima e coordinatore dei programmi scientifici del Centro di fisica Abdus Salam di Trieste, e membro dell'esecutivo dell'IPCC fino al 2008, organizzazione che ha vinto il Nobel per la pace 2007 insieme ad Al Gore, ci dà la sua lettura di Copenhagen.
È lecito sperare che a Copenhagen si giunga a un accordo tra le nazioni?
Spero di sbagliarmi, ma dubito si arrivi a produrre un programma davvero vincolante per i Paesi partecipanti: non sembra esserci una reale volontà a livello politico. La Cop 15 probabilmente finirà per essere l'ennesimo evento mediatico ad alto consumo di CO2: quella che sarà prodotta, come ha ricordato un ambientalista, dagli aeroplani per condurre i delegati in Danimarca.
Porsi obiettivi intermedi come il 20% in meno delle emissioni entro il 2020 significa non volersi impegnare, o essere realisti?
Credo sia irrealistico porsi obiettivi per il 2050, anno in cui la maggior parte dei politici odierni non sarà più qui. Meglio ragionare su periodi più brevi e darsi mete fattibili.
La Svizzera si impegna a ridurre le emissioni del 30% "se" i Paesi industrializzati si daranno simili obiettivi e "se" i Paesi emergenti freneranno i gas serra… Giochiamo a "scarica barile"?
Messo così è un circolo vizioso. L'accordo dovrà essere globale ma gli impegni individuali. Si tende a considerare più ingenui degli altri quei Paesi che si mettono in moto per primi, senza avere la garanzia che anche gli altri seguano a ruota. In realtà è il contrario: i lungimiranti sono i Paesi che hanno capito l'importanza di puntare su efficienza energetica ed energie rinnovabili. Germania, Danimarca e Regno Unito si muovono da tempo in questa direzione, ma non perché sono sprovveduti. Semplicemente perché hanno capito che conviene. Se l'Italia aumentasse l'uso delle rinnovabili, di cui abbiamo scorte praticamente inesauribili, magari non dovrebbe preoccuparsi più di stipulare accordi con la Russia per il gas e si potrebbe affrancare dai rischi legati a questa condizione.
Qual è il ruolo delle foreste nel riscaldamento del pianeta? E' vero che il disboscamento incide per il 20% sull'aumento di temperatura?
Credo che sostenere il ruolo chiave del disboscamento equivalga a non voler vedere la realtà. Il disboscamento selvaggio è uno dei tanti problemi, ma il suo rilievo nel contesto specifico non mi pare prioritario. Il problema reale è la poca volontà dei Paesi di assumersi le proprie responsabilità e di attuare misure di contenimento sul lungo periodo.
Obama sembra disponibile a ridurre le emissioni, ma ha preso come riferimento i livelli statunitensi del 2005. Ciò causa uno sfasamento per difetto nelle riduzioni finali. Come dobbiamo interpretare questa proposta?
È importante valutare che esiste l'intenzione di impegnarsi in questa battaglia. È una delle prime volte in cui si quantificano con una certa precisione i tagli in programma. C'è poi anche l'idea congiunta sino-americana di sfruttare l'eolico: è previsto che una società cinese costruisca un impianto in USA con manodopera e tecnologie americane. Sono segnali che non vanno trascurati.
India e Cina dichiarano che le loro emissioni devono poter aumentare, per non compromettere la propria crescita economica far uscire dalla povertà milioni di persone. Che ne pensa?
Il problema dello sviluppo economico è importante, ma questi paesi si stanno rendendo conto che va affrontato nell'ambito di una sostenibilità ambientale. In Cina capiscono di avere un grossissimo problema di inquinamento e iniziano a prendere contromisure in direzione delle tecnologie verdi.
Dobbiamo attenderci scenari da Day After se non si raggiungeranno gli obiettivi menzionati?
No. Ci saranno effetti importanti se la temperatura continuerà ad aumentare e il mare a salire, ma nei prossimi 20-30 anni non arriveremo al collasso. Il problema è non superare quella soglia di pericolo che porterebbe a mutamenti fondamentali del clima. Vero è che se non faremo niente per salvaguardare il pianeta lo lasceremo ai nostri discendenti in condizioni critiche.

CRISTINA SERRA

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 6 dicembre 2009

 

 

La Provincia sul rigassificatore: «Mai dato parere favorevole» Bassa Poropat resta isolata
 

«La Provincia di Trieste non ha mai espresso alcun parere favorevole alla costruzione del rigassificatore di Gas Natural a Zaule». Lo fanno notare con una presa di posizione congiunta i capigruppo della stessa maggioranza di centrosinistra a Palazzo Galatti intendendo in questo modo anche prendere le distanze dalla presidente Maria Teresa Bassa Poropat che più volte in manifestazioni pubbliche ha affermato di considerare l’impianto un’opportunità per l’economia della provincia e per i cittadini.
La nota è firmata dai capigruppo Maria Monteleone (Pd), Elena Legisa (Rifondazione comunista), Carla Melli (Verdi per la pace) e Fabio Vallon (Sinistra, ecologia e libertà). «Ribadiamo che dal 2006 allorché alla Provincia è stato richiesto un parere consultivo - sottolineano - fino a oggi il Consiglio provinciale non ha mai espresso pareri sulla costruzione dell’impianto per carenza di documentazione. La Provincia dunque non ha deciso nulla, non si è espressa in maniera favorevole in alcun atto ufficiale. La mancanza di informazioni certificate, l’assenza di dibattito all’interno delle istituzioni, il non coinvolgimento della cittadinanza nelle decisioni, le irregolarità emerse nella documentazione presentata da Gas natural - concludono i capigruppo del centrosinistra - ci lasciano perplessi nei riguardi di affermazioni sul fatto che la Provincia sostenga la costruzione dell’impianto di Zaule».
E intanto l’Italia dei valori con il suo coordinatore provinciale Mario Marin invita la stessa presidente Bassa Poropat a «scegliere il Tavolo tecnico promosso dalla Uil Vigili del fuoco e composto da eminenti studiosi per dibattere pubblicamente con i tecnici della Gas Natural e a convocare lo stesso Tavolo per una relazione al Consiglio provinciale».
 

 

Gli ingegneri al sindaco: «Vogliamo un confronto sul Piano particolareggiato» - CENTRO STORICO
 

Gli ingegneri scrivono al sindaco Dipiazza: «Ci convochi e ci ascolti sul Piano particolareggiato del centro storico». Anche questo documento dopo il Piano regolatore generale sta procedendo sotto il vincolo della secretazione il che ha già suscitato le proteste dell’opposizione e ha fatto inalberare l’Ordine degli architetti che con il presidente Andrea Dapretto hanno invocato «la necessità di un confronto sulle scelte strategiche della città». Ora un altro monito arriva dal neoletto direttivo dell’Ordine degli ingegneri con il presidente Salvatore Noè. «Speriamo non si ripeta quant’è accaduto con il Piano regolatore generale - ha dichiarato ieri l’ingegner Mario Bucher delegato dall’Ordine per le relazioni pubbliche - sul quale siamo stati ascoltati poco e soprattutto siamo stati consultati tardivamente».
La maggioranza conta di adottare il Piano particolareggiato già nella seduta del Consiglio comunale del 14 dicembre, ma gli ingegneri chiedono al sindaco di convocare preventivamente un tavolo di discussione «anche per non costringerci poi a presentare osservazioni numerose e sostanziali - afferma Bucher - nella fase che si aprirà successivamente». Sarà la fase appunto in cui il Piano sarà visibile all’albo pretorio e saranno possibili le osservazioni oltre che le opposizioni dei soggetti direttamente interessati.
«L’apporto di competenza e professionalità che gli ingegneri da sempre mettono a disposizione dei cittadini e delle amministrazioni pubbliche - afferma Bucher - è un patrimonio che non deve essere disperso o rigettato e che va quindi utilizzato a piene mani da chi deve operare scelte che avranno grande influenza sulla vita economica e sociale della comunità».
Uno dei principali obiettivi del Piano è ripopolare il cuore cittadino, un’area di un milione e 300 mila metri quadrati tra Roiano, Campo Marzio e San Giusto dove oggi abitano solo 17 mila persone. «Ma di questo - affermano gli ingegneri - noi non sappiamo nulla e abbiamo l’impressione di essere considerati come elementi di ingerenza anziché come opportunità grazie alle quali il Comune può poi fare più oculate scelte politiche».

(s.m.)
 

 

Addio vecchie lampade, Muggia passa ai ”Led” - NUOVO PIANO DI ILLUMINAZIONE PUBBLICA VARATO DAL COMUNE
 

MUGGIA Sta partendo una vera e propria rivoluzione nell’illuminazione pubblica, all'insegna dell'aumento del numero dei lampioni, della qualità della luce, della diminuzione dei costi ma anche di un maggior rispetto dell'ambiente.
L'operazione decisa dall'amministrazione comunale coinvolgerà, entro i primi sei mesi del 2010, 859 punti luce nei quali si passerà dalle lampade al sodio a quelle a ”Led”, alcune già visibili in calle Bembo, salita di Muggia Vecchia e in località Fontanella.
La convenzione che il Comune ha sottoscritto con Enel Sole, prevede di utilizzare diverse tecnologie al fine di capire quale, tra quelle di ultima generazione, offrirà i vantaggi maggiori. Tra queste nuove tecnologie troverà spazio, come novità assoluta, anche quella detta a induzione; lampade che, per stimolare il gas all'interno del tubo, la trasmissione dell'energia attraverso campi magnetici e non tramite elettrodi come nelle vecchie lampadine. La prima installazione con lampade a induzione sarà in via di Stramare.
Il nuovo progetto comporterà un investimento di circa 800mila euro, che il Comune di Muggia rimborserà all’Enel in nove anni. I vantaggi dei "Led" sono molteplici: il risparmio di circa 40mila euro annui per il minor consumo di energia elettrica, le ridotte necessità di manutenzione (una lampada a Led dura in media 14 anni) e la migliore qualità dell'illuminazione, in quanto la luce bianca, propria di queste lampade, mantiene inalterata la cromaticità dei colori.
L'inquinamento luminoso sarà minore e infine, non è un dato di poco conto, il progetto comporterà una riduzione dell'anidride carbonica immessa nell'atmosfera pari a 147 tonnellate annue.
L’amministrazione comunale prevede inoltre di aumentare i punti luce in diverse località. «La localizzazione degli interventi - spiegano il sindaco di Muggia, Nerio Nesladek, e il vice Franco Crevatin - risponde a precise richieste dei cittadini. Il nostro intento è di procedere per gradi, ma con celerità, a operare in zone che necessitano di essere illuminate meglio. Per noi – proseguono – è molto importante anche il fatto di effettuare delle scelte secondo criteri di sostenibilità ecologica e di risparmio energetico. Si tratta di un cambiamento che nel giro di un anno riguarderà tutto il territorio comunale».

(a.d.)
 

 

Noghere, altro no all’ampliamento della Mancar - La Soprintendenza ha annullato di nuovo l’autorizzazione paesaggistica della Regione
 

MUGGIA La Soprintendenza per i beni culturali e architettonici ha nuovamente annullato il decreto di autorizzazione paesaggistica, rilasciato dalla Regione, che avrebbe permesso alla Mancar sas, ditta che si occupa di costruzione, allestimento, riparazione e rimessaggio di automezzi e imbarcazioni, di triplicare il proprio fabbricato nei pressi dei laghetti delle Noghere.
La ditta, che ha da poco costruito un capannone di mille metri quadrati con annessa una tettoia di 2mila, è da anni al centro di polemiche di natura ambientale, derivate dal fatto che la struttura è stata realizzata, grazie ad un primo decreto di autorizzazione da parte della Regione, in una zona sottoposta a vincolo paesaggistico.
Questo secondo ”no” della Sopraintendenza fa seguito di poco a quello contro il quale Regione, Ezit e Mancar sas avevano fatto ricorso al Tar del Friuli Venezia Giulia. Ricorso in relazione al quale, con una sentenza del 4 giugno scorso, il Tar ha unito i tre appelli rigettandoli, giudicandone insufficienti le motivazioni.
«La zona dove sorge la Mancar è a destinazione industriale, come prevede il piano urbanistico regionale – commenta il direttore dell'Ezit, Paolo De Alti – e il piano regolatore del comune di Muggia. Noi ci siamo limitati a richiedere l'autorizzazione paesaggistica alla Regione, che questa volta ha aggiunto le motivazioni che non hanno permesso di vincere il ricorso al Tar. Tengo anche a precisare - continua De Alti - che abbiamo molteplici richieste di industrie che vogliono insediarsi nel nostro territorio e le zone disponibili sono rimaste in quell'area».
Dario Predonzan, esponente del Wwf, commenta: «Come ripetiamo da anni, lo scempio poteva essere evitato se la Pianificazione territoriale regionale avesse esercitato davvero il suo ruolo di tutela del paesaggio, ma anche se il Comune di Muggia avesse modificato la destinazione urbanistica dell'area che ancor oggi è industriale nonostante il vincolo paesaggistico».
Sulla vicenda interviene anche il sindaco di Muggia, Nerio Nesladek: «L'area sottoposta a vincolo deve essere tutelata, e quando l'amministrazione si riunirà per modificare il piano regolatore si potrà pensare di cambiare la destinazione urbanistica. Intanto si potrebbe utilizzare la zona per insediamenti di natura non impattante dal punto di vista ambientale».
«Tengo anche a precisare - conclude Dario Predonzan - che il progetto Mancar, in base alla normativa regionale vigente all'epoca, avrebbe dovuto essere sottoposto alla valutazione di impatto ambientale (Via) in quanto ”nuovo intervento che comporta espansione urbana”, ma un cavillo interpretativo della normativa ha eluso questo adempimento».
Andrea Dotteschini
 

 

SEGNALAZIONI - Rigassificatore, in Italia manca un garante neutrale che garantisca un dibattito serio
 

Scrivo per dare un piccolo contributo all’interessante dibattito a cui il Piccolo sta dando vita in relazione a un progetto importante come quello del rigassificatore di Zaule. Sono un giovane ricercatore che si occupa di conflitti ambientali ed è la prima volta che mi capita di assistere a un dibattito potenzialmente così costruttivo. I dubbi che il Piccolo esprime sono infatti, oltre che legittimi, quanto mai diffusi nella società in cui viviamo. Preoccupazioni legate alla tutela della salute, dell’ambiente, alla ragionevolezza di questo tipo di progetti e alla ripartizione di costi e benefici. Probabilmente ci sarà già qualcuno che vi accusa di voler alimentare un fantomatico «partito del no» o di farsi portavoce di posizioni ideologiche.
Personalmente credo che cerchiate solo di sottolineare quanto i cittadini di Trieste e dintorni si sentano poco coinvolti nelle scelte che riguardano il proprio territorio. Sentono di dover in qualche modo subire presenze esterne, di dover farsi carico di un fardello non richiesto, senza nemmeno poi ricevere niente in cambio. volutamente semplifico e parlo di sensazioni, però sono quelle che contano, alla fine. Conta la sensazione di non riuscire a comprendere appieno di quel che si sta parlando, di non essere coinvolti, di avere di fronte frammenti di pubblica amministrazione che nemmeno si parlano tra loro. Il risultato è scarsa trasparenza, scarsa fiducia. Nel suo recente articolo Paolo Rumiz sottolinea che «non è Gas Natural il nostro interlocutore, non sono le risposte dell’azienda che devono tranquillizzarci». In qualche modo dà per scontato che un soggetto privato non possa in nessun modo farsi carico delle esigenze di una comunità. E forse qui si sbaglia: Gas natural farà quello che può, più probabilmente quel che le viene richiesto, sempre a patto che il suo investimento venga remunerato. Ma il nodo centrale della questione è un altro: voi giustamente richiedete un garante neutrale, che in questo momento in Italia manca. Un soggetto che appaia privo di conflitti di interessi e possa tutelare quelli di tutti i soggetti interessati. Un soggetto che possa fornire dei numeri e dei dati che non siano contestabili. Un soggetto in grado di restituire oggettività al dibattito. La richiesta di buonsenso ma vi invito a spostare la vostra attenzione da una possibile soluzione (il Garante) a quello delle esigenze che stanno alla base della vostra richiesta. Se il problema è quello di superare la scarsa trasparenza e rigidità che caratterizza questo tipo di processi decisionali, l’obiettivo deve essere quello di capire quali sono i percorsi per arrivare a prendere decisioni che siano il più possibile legittimate, qualificate e, di conseguenza, realizzabili. Tutti i Paesi avanzati stanno cercando di attrezzarsi per trovare delle soluzioni che funzionino.
Qualche esempio può essere trovato all’interno del «Libro bianco su conflitti territoriali e infrastrutture di trasporto», pubblicato dal gruppo di ricerca di cui faccio parte e scaricabile dal sito www.conflittiambientali.it. L’assunto di partenza, in Italia, sino ad ora è stato quello di pensare di poter decidere qualsiasi cosa, per lo più in segrete stanze, annunciarlo in pompa magna e poi vedere che succede. Nel caso qualcuno protesti ci si attrezza per difendersi dalle contestazioni, che di solito vengono bollate come «ideologiche».
Questi passaggi vanno invece visti come utili elementi per alimentare la discussione come elementi oggettivi. Tutto questo è possibile. Accade in Paesi come la Francia, la Germania, l’Inghilterra e l’Olanda, dove si sono trovate soluzioni differenti per problemi simili. Sul tavolo ci sono delle grosse questioni. Oltre a capire come istituzionalizzare il dialogo con i vari attori (e decidere chi includere, chi considerare rappresentativo, quali strumenti adottare, quali tempi darsi) ci sono da affrontare altri due grandi temi: quello delle compensazioni, per evitare che si trasformino in una inutile lista della spesa e per far sì che si colleghino a un progetto di sviluppo del territorio. E quello dei meccanismi e delle forme di garanzia.
Davide Agazzi - (ricercatore)

 

SEGNALAZIONI - Trasporti, dobbiamo imparare dall’Austria
 

Di bene in meglio: dal 13 dicembre scomparirà anche l’Eurocity da Venezia-Udine per Vienna «Allegro Johann Strauss» e non certo per volontà delle ÖBB (Ferrovie Federali Austriache); infatti per loro questo collegamento è importante perché molto frequentato (vien da chiedersi come mai per le ferrovie italiane fosse in perdita!) e allora gli austriaci corrono ai ripari istituendo addirittura quattro corse giornaliere di bus (denominato «Intercitybus») tra Klagenfurt e Venezia con soste a Villaco e a Udine. Quindi, assodato che per le ferrovie italiane Trieste non esiste proprio, non ci resta che fare un appello alle ÖBB (cosa abbiamo da perdere, vista la considerazione di Trenitalia per il NordEst?); però non saprei a chi indirizzare questa richiesta: fino a circa vent’anni fa l’avrei inviata all’ufficio di rappresentanza delle ÖBB che esisteva a Trieste (ora non c’è più; ma siamo o non siamo nel cuore della nuova Europa?). Allora lo lancio, come un messaggio in bottiglia nell’oceano, sperando che in qualche modo arrivi ai competenti uffici delle ÖBB. Si tratta di questo: care ÖBB, potreste valutare anche l’istituzione di un Intercitybus giornaliero da Klagenfurt per Trieste e viceversa? Credo che un collegamento del genere troverebbe una clientela significativa: da un lato gli austriaci verso Trieste e dintorni (siamo o non siamo «città turistica»?) e dall’altro i triestini che potrebbero arrivare a Villaco in tempo utile per le coincidenze con Monaco e Vienna evitando le incavolature e gli sbalzi della pressione arteriosa cui sono sottoposti a causa dei frequenti e cospicui ritardi dei residui treni nostrani su questa linea.
Mario Ravalico
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 5 dicembre 2009

 

 

SEGNALAZIONI - Rigassificatore, una scelta impopolare
 

Ci voleva poco a capire che un impianto del genere, dentro le dighe, in zona urbanizzata e vicino ad impianti pericolosi sarebbe stato accolto come cosa «poco gradita» (e uso un asettico eufemismo).
Cosa succederebbe se Scajola o Burlando dicessero ai genovesi di piazzare un rigassificatore tra Ponte Doria e Ponte dei Mille? E se Matteoli proponesse lo stesso al Porto Americano di Livorno? Ma noi abbiamo alcuni rappresentanti che fanno il gioco delle tre carte chiamando in causa la Slovenia e sperando di suscitare così, per contrasto, un’opinione favorevole o almeno non ostile. È un gioco che ormai non funziona più ed è tanto più sporco proprio perché con la Slovenia siamo costretti a convivere così che svilendo l’attenzione su un tema indifendibile come il rigassificatore, siamo indotti ad abbassare la guardia verso quei furboni, sempre pronti e determinati ad approfittare di tutte le occasioni e delle nostre debolezze.
Come mai - a fronte dell’attivismo per il rigassificatore - c’è stato (escluso Il Piccolo) un silenzio greve da parte dei soliti noti sul fatto che le navi della Maersk hanno scalato unicamente Capodistria perché attrezzata con le 4 nuovissime gru Post-Panamax? Come mai non si trovano i quattrini per l’ammodernamento delle attrezzature del porto mentre si trovano per stupidaggini «bipartisan» come il Parco del Mare o il Magazzino 26? Sarebbe davvero un bell’affare se corrispondesse al vero che questo hangar sia stato ristrutturato stornando i quattrini destinati al raddoppio dell’Adria Terminal! E non quattrini scritti sul ghiaccio come quelli del Piano del Porto, ma soldi sonanti, caldi e pronti alla spesa!
Adriano Verani
 

 

SEGNALAZIONI - URSUS - Memorie inutili
 

Finalmente uno che ha il coraggio di dire che il re è nudo.
Mi riferisco alla segnalazione a firma del signor Paolo Liuzzi. A fronte del giudizio di tanti ipocriti sulla «maestosa» bellezza di Ursus il signor Liuzzi dice che, invece, è una vera schifezza e che non aggiunge alcuna attrattiva alla città. Ma possibile che nessuno trovi il coraggio per disfarsene. Eppure per il suo mantenimento e per il suo peregrinare nel golfo di Trieste qualcuno deve pur sostenerne i costi: ma chi li paga?
Sono un fervente assertore che la memoria storica vada protetta perché un popolo senza passato non può costruire il suo futuro, ma un ferrovecchio così cosa rappresenta: è inutile e serve solo ad alimentare l’ego di qualche nostalgico sul presunto «guinness world record» che la gru rappresenterebbe. Possibile che Trieste non trovi altri must di cui inorgoglirsi.
Prendiamo ad esempio il tram di Opicina. Anche questo è all’apparenza un ferro vecchio, in realtà è un mezzo di trasporto che sebbene abbia 107 anni, ancora si rivela utile in quanto svolge egregiamente il suo compito di collegare, anche servendo luoghi altrimenti inaccessibili ad altri sistemi di trasporto, il centro città col più importante borgo carsico (a proposito, a quando la promozione a Comune?).
Eppure, nonostante l’indubbia utilità di questo sistema di trasporto, la sua importanza nel panorama storico del trasporto locale su ferro, l’unicità del tipo di impianto, la forte attrattività ai fini turistici, ebbene periodicamente saltano fuori dubbi sul mantenimento di questa linea paventandone la soppressione.
Facciamo un paragone: cosa sarebbe Trieste senza il suo Ursus e cosa sarebbe Trieste senza il suo tram? Ai posteri l’ardua sentenza!
Raffaele Nobile

 

 

 

 

LA REPUBBLICA - VENERDI', 4 dicembre 2009

 

 

Rinnovabili ed efficienza - Così l'Italia ce la può fare - Lo scenario di Energy (R)evolution preparato da Greenpeace.
 

Con il rilancio di eolico e solare si possono tagliare le emissioni serra del 70%. Ma le scelte attuali non sembrano quelle giuste
ROMA - L'Italia ce la può fare. Può raggiungere l'obiettivo indicato dai climatologi per evitare la catastrofe: tagliare le emissioni serra del 70 per cento entro il 2050 rispetto ai livelli del 1990. E può raggiungerlo senza il nucleare. Come? Lo descrive lo scenario Energy [R]evolution Italia preparato da Greenpeace con il supporto tecnico dell'Istituto di Termodinamica del Centro Aerospaziale Tedesco (DLR).
Il punto di partenza è il forte rilancio delle rinnovabili chiesto dall'Europa che ha fissato l'asticella ad altezza 20: 20 per cento di energia pulita entro il 2020. Oggi il contributo delle rinnovabili alla domanda di energia primaria in Italia è poco sotto il 7 per cento, mentre il 93 deriva da fonti fossili. La strada è lunga e va divisa in tappe.
La prima mossa sono le misure di efficienza energetica che permetteranno di ridurre l'attuale domanda di energia di circa il 32 per cento al 2050. Alleggerito il carico dall'inutile fardello dello spreco, le rinnovabili potranno soddisfare entro il 2050 il 61 per cento di questo consumo totale dimagrito dall'aumento di efficienza. Il resto della domanda sarà coperto principalmente dal gas, trascurabile il contributo del carbone.
Dal punto di vista della produzione di energia elettrica, entro il 2050 le rinnovabili arriveranno al 76 per cento soprattutto per merito del solare, dell'eolico e delle biomasse prodotte in modo sostenibile. Buona parte del calore sarà ricavata usando collettori solari e geotermici. Nel settore dei trasporti le fonti rinnovabili supereranno quota 50 per cento al 2050 grazie all'adozione su vasta scala di mezzi elettrici; più limitata invece la produzione di biocarburanti.
Queste scelte consentiranno, nello scenario virtuoso, alle emissioni annue pro capite di scendere da 7,6 tonnellate a 2,1 tonnellate. Il costo dell'elettricità, dopo un leggero aumento nel breve periodo (+0,5 euro per chilowattora nel 2015), diminuirà: meno 4 centesimi per chilowattora nel 2050.
"Perseguire stringenti obiettivi ambientali rappresenta anche un vantaggio economico per il sistema paese", conclude il rapporto. "Permetterebbe di sostenere la ripresa economica, aumentare l'indipendenza energetica dall'estero, rilanciare lo sviluppo tecnologico, l'innovazione, la competitività delle industrie e della ricerca. Energie rinnovabili ed efficienza possono creare circa 80 mila nuovi posti di lavoro verdi al 2020 considerando solo l'occupazione diretta nel settore elettrico. Tenendo conto anche dei posti di lavoro nell'indotto e il contributo del settore termico si arriva a 300 mila nuovi occupati".
Ma per raggiungere questi obiettivi bisogna correggere la direzione di marcia. Greenpeace ritiene profondamente sbagliati i criteri di assegnazione dei fondi per stimolare l'offerta di energia: nel 2007 più dell'80 per cento dei sussidi elargiti alle rinnovabili, circa 4,4 miliardi di euro, sono stati dati alle fonti assimilate, mentre solare, eolico e altre fonti rinnovabili hanno ricevuto appena 0,9 milioni di euro.
Secondo l'associazione ambientalista, l'Italia deve incoraggiare l'Unione europea a introdurre nuovi standard di efficienza obbligatori per tutte le apparecchiature che utilizzano energia e deve bandire a livello nazionale gli apparecchi più inefficienti, come ha già fatto con le lampadine a incandescenza. Tra le tecnologie da prendere in considerazione rientrano motori industriali a bassa efficienza, stand-by, scaldabagni elettrici, lavatrici, frigoriferi e televisioni ad alto consumo di energia. L'Italia, inoltre dovrebbe rendere effettivo l'obbligo della certificazione energetica degli edifici, come richiesto dalla legislazione europea.
ANTONIO CIANCIULLO
 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 4 dicembre 2009

 

 

IL RIGASSIFICATORE - «Ma anche Menia dubita di Gas Natural» - Il tavolo dei docenti: «Precauzioni ambientali assenti nel progetto, sono solo annunciate»
 

Il professor Costa firma un documento di «osservazioni» sulle risposte a Rumiz a nome del gruppo di esperti incaricato dalla Uil vigili del fuoco
Accettano - o ne prendono atto, sarebbe meglio dire - le risposte di Roberto Menia alle ”domande scomode” di Paolo Rumiz sul progetto del rigassificatore a terra di Zaule. Le accettano - così giurano di fare i docenti universitari del tavolo tecnico che la scorsa settimana, su iniziativa della Uil vigili del fuoco, hanno messo a nudo i rischi scorti in quel progetto - perché «lo stesso sottosegretario all’Ambiente riconosce che andrebbero garantite molte precauzioni in più, a tutela della sicurezza, rispetto a quanto prevedono le documentazioni su cui Gas Natural ha chiesto l’autorizzazione. Eppure tali precauzioni non dovrebbero mica venire dopo l’autorizzazione, ma prima. La politica è deputata e assolutamente legittimata a decidere, ma in base a un tecnica corretta, senza buchi. Anche il sindaco Roberto Dipiazza può parlare di opportunità tecniche se le informazioni tecniche che ha non sono complete».
LA REPLICA Sono parole del professore emerito di chimica della nostra Università Giacomo Costa, che ha firmato un lungo documento di «osservazioni sulle risposte di Menia alle domande di Rumiz», letto e condiviso da tutti i colleghi del tavolo tecnico, coordinato da Adriano Bevilacqua. Che sono Bruno Della Vedova (esperto di geologia e geofisica), Livio Sirovich (geologia), Franco Stravisi (oceanografia e meteorologia), Fulvio Crisciani (fluidodinamica geofisica), Pierluigi Barbieri (chimica), Tomaz Ogrin dello Jozef Stefan Institute sloveno (chimico), Giorgio Trincas e Radoslav Nabergoj (ingegneria navale), Irene Valle (architettura) e Marino Valle (ingegneria meccanica).
L’AREA A TERRA «Non c’è responsabilità delle autorità - si legge all’inizio del documento - per la scelta del sito sul quale realizzare il rigassificatore. Essa è stata liberamente fatta da Gas Natural, unicamente nel proprio interesse. Rumiz chiede a Menia un parere responsabile sulle caratteristiche particolari del sito. La risposta di Menia rinvia al know how di Gas Natural, che è appunto l’oggetto della nostra critica... Come dice Menia, ”il decreto di Via richiede l’utilizzo delle migliori tecnologie disponibili”. Egli però non fornisce prove che questa richiesta sia stata accolta. La nostra critica chiede una verifica in merito. Riguardo gli obiettivi sensibili e l’effetto domino, vale a dire la situazione comprendente i depositi costieri triestini... i quartieri popolari e lo stadio Menia cita obblighi di legge ordinaria e non lo studio straordinario del possibile impatto del rigassificatore sulla realtà esistente, che il richiedente deve compiere per ottenere l’autorizzazione e l’autorità competente deve puntualmente verificare. La nostra domanda si riferisce a situazioni speciali di rischio, agli studi di simulazione di incidente e alla distanza minima da osservare, la ”exclusion zone”, intorno alle strutture del rigassificatore. Le risposte di Menia rinviano ad accertamenti generici che non sono stati fatti o non sono stati documentati correttamente, che devono precedere l’autorizzazione e che, non offrendo risultati soddisfacenti, giustificano la preoccupazione nostra e della pubblica opinione».
L’AREA A MARE Ma è sul mare che Costa e colleghi puntano a trasformare le loro «osservazioni» in vere bombe di logica. «Il giudizio favorevole di compatibilità ambientale, le prescrizioni imposte dal decreto di Via e i sistemi di monitoraggio e controllo - recita in effetti lo stesso documento - sono solo preannunciati e non sono quindi una risposta alla nostra indicazione di trascuratezze ed errori negli studi di Gas Natural, ma ne sono, al contrario, una conferma. È comprensibile dunque l’assicurazione di Menia di prevedere un piano di monitoraggio, l’intenzione di disporre 5 stazioni di misura su un transetto interno alla Baia di Muggia e 5 stazioni di misura su un transetto disposto nell’area di transizione tra la Baia di Muggia ed il Golfo riconoscendo la insufficienza dell’attuale progetto... Di fronte alla necessità, da lui riconosciuta, di tanti nuovi strumenti di controllo non esistenti nel progetto, Menia non può affermare che sono state adottate le soluzioni più adeguate a garantire la tutela dell’ambiente marino. Egli ci dice semplicemente che si sono individuate cautele per la sicurezza con provvedimenti che egli ipotizza si assumeranno nel caso si realizzi il rigassificatore. Ma è proprio la decisione di realizzare il rigassificatore che chiediamo di rivedere».
L’AFFONDO Morale: «È legittima, sotto il profilo politico, la sua personale opinione (di Menia, ndr) favorevole alla realizzazione di un rigassificatore a Trieste, dovuta, secondo quanto afferma ad una pluralità non specificata di motivi, dei quali cita solo, senza dimostrarne la pertinenza, l’esigenza energetica di carattere nazionale e le relative ricadute positive sul territorio. Le domande di Rumiz non sono politiche ma tecniche e non hanno ancora ricevuto risposta. Sinceramente riteniamo essere inaccettabile sul piano tecnico-istituzionale e debole, anche sotto il profilo politico, la conclusione della risposta di Menia che ”ognuno sostiene il suo”».
PIERO RAUBER

 

 

«Il consiglio di Muggia è unito contro il rigassificatore» - Deciso intervento del sindaco Nesladek nella seduta straordinaria dedicata al ricorso al Tar
 

«Fare un ricorso al Tar contro un'amministrazione statale non ci riempie di orgoglio, ma abbiamo fondati motivi per portarlo avanti». Così è iniziato mercoledì sera l’intervento del sindaco Nerio Nesladek nella seduta straordinaria del consiglio comunale dedicata all’illustrazione dei motivi del "no" al progetto del rigassificatore di Zaule. «Voglio sottolineare – ha rimarcato – come il consiglio non si è diviso tra vecchi e nuovi rancori. Stiamo dimostrando ai cittadini che su questioni così importanti siamo tutti schierati dalla stessa parte».
Il primo cittadino ha poi rimarcato i gravi problemi ambientali a cui si andrà incontro nell'eventualità che il progetto del rigassificatore diventi realtà: «Parliamo di 600mila metri cubi d'acqua salata, che ogni giorno passeranno per tubature piene di cloro. Il problema è che quest'acqua diventerà sterile facendo morire i microorganismi, le piante e alterando tutto l'ecosistema del nostro bacino. Dobbiamo poi considerare - ha continuato il sindaco - che l'acqua viene riversata intorno ai 5 gradi e potrebbe cambiare la temperatura del nostro vallone. Esiste poi il problema dei dragaggi e del movimento di un sedimento marino inquinato che sicuramente causerà problemi».
Non sono solo gli aspetti ambientali a preoccupare il consiglio, ma anche quelli legati al libero passaggio di tutte le imbarcazioni, come quelle dei pescatori, che hanno giornalmente bisogno di prendere il largo. «Sfido Boniciolli (presidente del Porto, ndr) - ha affermato Nesladek - a dimostrarmi come entreranno le imbarcazioni quando ci sarà una nave gasiera in arrivo. Se guardiamo a Porto Viro, che ospita un rigassificatore in mezzo al mare, vediamo che la Capitaneria di porto, seguendo una normativa internazionale, ha emesso un'ordinanza che non permette a nessuna imbarcazione di avvicinarsi al porto a meno di 2,5 chilometri in concomitanza dell'arrivo di una nave gasiera. La Capitaneria di Trieste dice che faranno delle ordinanze diverse, ma non ci dice quali».
Il sindaco ha poi spiegato alcuni dei motivi per cui è stato avviato il ricorso al Tar del Friuli Venezia Giulia: «Quando una commissione rilascia la valutazione di impatto ambientale (Via) e non si accorge di grandi errori come il cambiamento della posizione del rigassificatore su 40 diverse mappe presentate, quando una commissione presenta carte senza firme e con traduzioni infedeli dallo spagnolo, allora quella commissione non ha fatto bene il suo lavoro. Non ci fidiamo, infine, di una commissione che ha separato, dal progetto totale, la ”Via” del gasdotto che collegherà il rigassificatore alla rete nazionale».
RACCOLTA FIRME Al mercatino di Natale di Bagnoli, fino a lunedì, è presente (ore 17-19) un banchetto per la raccolta di firme, in parallelo con Muggia, contro il rigassificatore. L’obiettivo è un incontro col Prefetto per esporre i dubbi della popolazione. Nel testo da sottoscrivere si afferma che i fautori dell’impianto ”non sono stati in grado di fornire adeguate garanzie in merito alla sicurezza dell’impianto, anche in relazione all’effetto-domino che potrebbe verificarsi in caso di incidente, vista la presenza di numerosi altri impianti pericolosi nella stessa area”. La raccolta di firme è promossa dai partiti di maggioranza che reggono il Comune di San Dorligo.
Andrea Dotteschini
 

 

Cna: insostenibili i costi delle bonifiche - ACCORDO DI PROGRAMMA, LA BOZZA OGGI ALL’ESAME DELLA CAMERA DI COMMERCIO
 

L’appello agli enti: «Respingere la logica del prendere o lasciare»
Assindustria, quell’ultima bozza di accordo sulle bonifiche che fa pagare indistintamente alle imprese una quota ancora ignota, ha già ammesso di non digerirla. E da ieri s’è accodata anche la Cna - la sigla alternativa alla Confartigianato che non siede con un proprio rappresentante nella giunta camerale di Paoletti - che chiede proprio «alla Camera di Commercio ma anche alla Provincia e ai comuni di Trieste e Muggia» (cioè ai soggetti territoriali chiamati a vidimare l’accordo di programma sul Sito inquinato d’interesse nazionale da girare poi alla Regione per la sigla decisiva col Ministero dell’Ambiente, ndr) di «respingere la logica del ”prendere o lasciare”, ribadita dal sottosegretario Roberto Menia, affinché il processo di bonifica possa partire ma senza massacrare il comparto produttivo del territorio».
«La promessa di non far pagare nulla alle aziende insediate su terreni inquinati, o presunti tali, per cause non da loro dipendenti - tuona in una nota il presidente della Cna Michele Barro - viene smentita dalla previsione delle transazioni per danno ambientale con cui i privati dovrebbero farsi carico di 236 dei 350 milioni di risorse previste. Che sono per lo più piccole e piccolissime aziende, molte delle quali artigiane, che non inquinano ma in compenso sostengono le difficoltà di una crisi economica: quante dovranno chiudere, quante dovranno licenziare a seguito di questo ingiusto, forzoso prelievo?».
A una sì perentoria domanda della Cna replica al momento, ma con i piedi di piombo, proprio il segretario generale della Confartigianato, Enrico Eva, che presiede in Camera di Commercio la commissione Ambiente: «Devo ammettere - annota Eva - che finora il sottosegretario Menia ha fatto un ottimo lavoro di cucitura dei testi in base alle norme vigenti. È presente purtroppo anche nell’ultima versione il problema del cosiddetto danno ambientale, su cui tuttavia siamo d’accordo se la via d’uscita è far pagare alle 353 imprese insediate, a priori rispetto alle responsabilità individuali, una quota simbolica per la transazione. Ho visto le cifre ipotizzate da Assindustria e onestamente non me ne ritrovo. A livello non ufficiale mi consta che il danno ambientale sia quantificato attorno ai tre euro al metro quadrato. Fosse così, potremmo starci. Ma prima di dire sì vogliamo conoscere a quanto ammonta effettivamente la ripartizione del danno ambientale».
Ed è per questo che nel pomeriggio di oggi in piazza della Borsa si riuniranno le delegazioni di Camera di Commercio ed Ezit con tre ”saggi” i cui nomi restano top-secret. Ordine del giorno: passare al microscopio l’ultima bozza, in particolare il famoso articolo 10 comma 13 secondo cui chi non ha inquinato non paga, per poi convocare tutte le associazioni di categoria affiliate per votare un sì o un no da inviare alla Regione. «La Camera di Commercio - specifica a questo proposito Antonio Paoletti - non vuole essere d’ostacolo all’iter delle bonifiche ma non vuole nemmeno penalizzare le imprese. Se abbiamo certe garanzie siamo disposti a pagare. Poco, ma pagare». Perché l’aumento del 20% del diritto camerale, ricorda lo stesso Paoletti, non serve solo al Parco del mare ma anche per fare ”musina” per le bonifiche.

(pi.ra.)
 

 

Fogar inizia lo sciopero della fame - L’EX PRESIDENTE DEL MIANI: «FERRIERA, SILENZIO DALLE ISTITUZIONI»
 

Alla rinuncia ai farmaci «salvavita», ora Maurizio Fogar aggiunge lo sciopero della fame. Per protestare in maniera sempre più clamorosa contro la mancata chiusura della Ferriera di Servola, il fondatore ed ex presidente del Circolo Miani ha deciso di sobbarcarsi, a partire da dopodomani, questo ulteriore rischio per la salute. «Da domenica mi limiterò a bere acqua - ha annunciato ieri sera in piazza dell'Unità d'Italia, dove si è recato seguito da un gruppo di sostenitori e collaboratori del Circolo - nella piena consapevolezza che questa scelta determinerà problemi ancor più gravi al mio già difficile stato di salute. Ma non mi interessa - ha aggiunto - perché in questa situazione, con lo stabilimento che continua a diffondere nell'aria sostanze nocive per l'intera popolazione, non conta tanto la salute di una singola persona, quanto il benessere di tutti».
Fogar anche ieri sera si è scagliato soprattutto contro «il colpevole immobilismo del sindaco, Roberto Dipiazza, che per compito istituzionale avrebbe proprio quello di tutelare la salute pubblica - ha sottolineato il fondatore del Circolo Miani - e del presidente della Regione, Renzo Tondo, che aveva formalmente promesso ai servolani che avrebbe chiuso lo stabilimento. Invece siamo ancora al punto di partenza - ha proseguito - con la città invasa dal benzopirene e nessuno di coloro che hanno il potere di farlo pronto a intervenire in maniera adeguata».
Con la sua presenza in piazza dell'Unità d'Italia, dove oltre al Municipio e alla sede della Giunta regionale c'è anche il palazzo della Prefettura, Fogar ha inteso, com'egli stesso ha spiegato, «testimoniare alle istituzioni e alla classe politica che le occupano che sono stufo, stanco della decennale presa in giro della nostra comunità, ma non rassegnato. Mi considero - ha concluso - l'ostaggio di una classe dirigente che in tutti questi anni ha messo a repentaglio la salute e le vite di tanti miei concittadini, dai bambini ai lavoratori, pur di favorire gli interessi di una multinazionale, condannando Trieste a un futuro di miserie».

(u.s.)
 

 

Marzi: il Piano secretato è una commedia - IL DOCUMENTO DEL COMUNE SUL CENTRO STORICO
 

Il difensore civico: la politica abbia un sussulto d’orgoglio, serve trasparenza
Si scrive secretazione. Ma, per il difensore civico del Comune, si deve leggere «commedia». Una di quelle che fanno ridere di gusto. Tale è, infatti, secondo Maurizio Marzi, il richiamo alla segretezza piovuto dagli uffici del Municipio con oggetto, prima, la variante generale al Piano regolatore. E ora, pure il nuovo Piano particolareggiato del centro storico.
L’altro giorno l’avvocatura comunale, infatti, ha fatto sapere senza mezzi termini come si tratti di un documento «sottratto all’obbligo della comunicazione e al diritto di accesso». E, in merito, in concomitanza con la prima analisi della Sesta commissione sul Piano del centro storico, è stato ribadito che «gli atti e i documenti portati all’esame della Commissione consiliare attengono alla fase istruttoria». Di conseguenza, «non possono essere esaminati in sedute pubbliche». In piazza Unità, o meglio in largo Granatieri nella fattispecie, qualcuno ha però iniziato a storcere il naso di fronte a questa interpretazione. Quel qualcuno è proprio il difensore civico: «Dopo la “perla” del Piano regolatore generale severamente secretato fra le mura del Palazzo ma ampiamente diffuso attraverso gli organi di informazione - sono le parole di Marzi -, la sceneggiata prosegue con il Piano del centro storico secretato in Commissione ma pubblicato sul giornale».
Nella veste di garante della trasparenza del Comune nei confronti della gente, e forte di quel ruolo attraverso cui, citando testualmente la definizione dallo spazio web del Municipio, «ha il compito di tutelare il cittadino dagli abusi, dalle disfunzioni, dai ritardi, dalle negligenze commesse dall’amministrazione comunale», Marzi parla di una «burocrazia ottusa» che «non conosce il limite del buon senso» e «sconfina nella farsa». E sostiene, continuando sulla linea dura, come questo atteggiamento «che nasce dagli uffici» faccia tornare la città «agli anni Quaranta, epoca cui risale la normativa sui piani regolatori e a cui si rifanno gli indefessi paladini del segreto a tutti i costi».
Il pensiero di Marzi, chiaramente contrario alla logica delle secretazioni, si fonda anche su alcuni precedenti nel ribadire che «in questo meccanismo qualcosa non funziona». Quali precedenti? Li elenca: «i piani di Opicina, Servola, Longera, Trebiciano, Basovizza solo per citare i più importanti». E sui quali «basterebbe chiedersi come mai non siano mai stati secretati». Anzi, «per fare un ulteriore esempio, all’epoca del Piano particolareggiato di Servola, i cittadini si presentavano in commissione e discutevano assieme ai politici», aggiunge a margine il difensore civico. Che, fermo nel proprio ragionamento, si chiede ironicamente: «O quella volta eravamo tutti dei pazzi fuori legge e quindi dobbiamo essere tutti denunciati a partire dal sindaco in giù (provocazione sostanzialmente identica a quella esternata tre giorni prima da Alfredo Racovelli dei Verdi, ndr), oppure le norme venivano interpretate con buon senso cercando di coniugare la rigida disciplina degli anni Quaranta con i più moderni principi di pubblicità e trasparenza dell’attività amministrativa». E, a corollario, sottolinea: «Se consideriamo, infine, che i dirigenti di allora sono gli stessi di oggi, ecco che la perplessità si trasforma in sconcerto! Tutti prendono paura, ma paura di cosa?».
Proprio per cancellare timori e possibili imbarazzi negli uffici, Marzi auspica che «la politica abbia un sussulto d’orgoglio», assumendosi «la responsabilità di cancellare una volta per tutte queste assurde secretazioni e che riprenda in mano le redini di una procedura pubblica, trasparente e partecipata». Come? «Non servono atti - conclude Marzi -. È sufficiente interpretare la legge in modo sensato».
MATTEO UNTERWEGER

 

 

Stazione dei treni a Ronchi aeroporto la giunta da l’ok - A DISPOSIZIONE 9,2 MILIONI
 

TRIESTE La Regione accelera sulla realizzazione della stazione ferroviaria Ronchi Aeroporto, fulcro del polo intermodale che include anche l’autostazione. La giunta ha approvato ieri il testo della convenzione proposta alla Provincia di Gorizia, al Comune di Ronchi, a Rfi e alla Aeroporto Fvg spa che individua le modalità operative per la realizzazione dell’opera. Soggetto attuatore dell’intervento, secondo la convenzione, sarà Aeroporto Fvg che dovrà predisporre, in collaborazione con il Comune di Ronchi, la variante dello strumento urbanistico e in particolare progettare e realizzare la viabilità interna, i parcheggi ed i collegamenti. La Provincia di Gorizia sarà chiamata a progettare e realizzare l’autostazione mentre Rfi si occuperà dello scalo ferroviario. Dovrà essere aggiornato lo studio di fattibilità, datato 2003, sulla base delle osservazioni dei Comuni di Ronchi, Monfalcone e San Canzian. «Sono disponibili per l’intervento 5,5 milioni per gli interventi in capo ad Aeroporto Fvg – ricorda l’assessore Riccardo Riccardi – e 500 mila euro per quelli di Rfi. Inoltre sono impegnati 2 milioni a favore del Comune di Ronchi e 1,2 per la Provincia di Gorizia». Sul fronte della sanità, intanto, la giunta ha individuato nell’Ass Isontina il soggetto che si occuperà della gestione del Ceformed (Centro regionale di formazione per l’area delle cure primarie), dopo la soppressione dell’Agenzia regionale della Sanità prevista per il 1° gennaio 2010. Sempre nella stessa data è prevista la cancellazione del Csc le cui funzioni, come preannunciato, saranno svolte dall’Azienda ospedaliero-universitaria Santa Maria della Misericordia di Udine. Infine, la giunta ha approvato un protocollo d’intesa che verrà stipulato tra Regione, Federazione delle Bcc e parti sociali per il quale gli istituti di credito anticiperanno, a tasso zero, la cassa integrazione ordinaria e straordinaria per quelle aziende in cui i datori di lavoro non sono in grado di erogare gli ammortizzatori sociali.

(r.u.)
 

 

Eni-Gazprom, la Francia entra in South Stream - L’Europa a rischio dopo le dispute sul prezzo del gas corre ai ripari con una nuova linea
 

FIRMATO UN ACCORDO ALLA BILATERALE ITALIA-RUSSIA
Scaroni: «Discuteremo sulle quote». Accordi con Mosca su Alitalia, Finmeccanica e Pirelli
ROMA Anche la Francia entra nel gasdotto South Stream. Eni e Gazprom faranno spazio al gruppo elettrico a controllo pubblico Edf all'interno del consorzio che guida la costruzione del sistema di gasdotti, attualmente allo studio, che collegherà la Russia all'Unione Europea attraverso il Mar Nero.
«Abbiamo firmato un accordo di principio per favorire l'entrata di Edf in South Stream», ha spiegato ieri nel corso del bilaterale Italia-Russia l'amministratore delegato di Eni, Paolo Scaroni, sottolineando di vedere «con favore l'entrata di un partner così importante in questo progetto». Certo, ha aggiunto l'a.d. del Cane a sei zampe, «dovremo negoziare le condizioni», con particolare riferimento «all'ammontare della partecipazione, a cui sono collegati i quantitativi di gas che verranno commercializzati». Dovrà essere anche discusso «il valore della partecipazione, perchè abbiamo investito tempo e denaro fino ad adesso» nel progetto che vede attualmente come unico partner di Eni il gruppo russo Gazprom.
Fra i temi più «caldi» che verranno discussi, sicuramente la quota che finirà in mano ad Edf. «È un tema su cui siamo aperti», risponde Scaroni a chi gli chiedeva dettagli in materia. Il gruppo francese potrebbe rilevare il 10% del gasdotto, ma non è ancora chiaro se Eni e il partner russo cederanno una quota uguale di capitale (scendendo così entrambi al 45%) o se uno dei due gruppi venderà una quota maggiore dell'altro. «Non è un gioco di potere, è tutto commerciale», ha spiegato Scaroni, sottolineando che «vedremo durante la negoziazione qual è il punto di caduta ideale per tutti». Il premier Silvio Berlusconi si è detto «contento e orgoglioso» della firma, che secondo il ministro dello Sviluppo Economico, Claudio Scajola, rende il progetto veramente pan-europeo e non solo più italo-russo.
Il commercio di gas lega a doppio filo Europa e Russia fin dagli anni '60 ed è sempre stato gestito tramite gasdotti, che partono dalla Siberia Occidentale e arrivano in Europa, passando per gli Urali. Varie sono le condotte che legano Russia e Vecchio Continente: al momento, quella principale rimane la Brotherhood, che trasporta circa 100 miliardi di metri cubi di gas all'anno e finisce la sua corsa in Germania. Oltre a questo, il Northern Line, che attraversa Ucraina e Bielorussia, e soprattutto il Tag, controllato da Eni, con una estensione di 1.018 chilometri e una capacità di 81 milioni di metri cubi al giorno, che importa gas russo fino all'Italia. Mentre in Turchia finisce il Blue Stream, dove sono presenti Eni e Gazprom, con una capacità di 16 miliardi di metri cubi al 2010. È proprio il tracciato di queste condotte, che attraversano quasi tutte l'Ucraina, ad aver causato i principali problemi di approvvigionamento per l'Europa.
Le dispute sul prezzo del gas fra Mosca e Kiev hanno lasciato per due inverni al freddo tutta l'Europa orientale, con gravi preoccupazioni anche per quella occidentale. Per questo motivo sono nati i progetti North Stream e South Stream, che mirano ad aggirare l'ostacolo Ucraina. Il primo (Gazprom 51%, E.On e Wintershall 20% e Gasunie 9%) punta a portare in Germania attraverso il Baltico 55 miliardi di tonnellate a partire dal 2012. Mentre il secondo (Eni e Gazprom al 50%, ma con il prossimo ingresso di Edf le quote cambieranno) mira ad arrivare in Italia attraverso la Turchia.
Il vertice intergovernativo ha però consentito anche la stipula di altre importanti intese: prima fra tutte il memorandum of understading fra Alitalia e Aeroflot. «Le due società stanno discutendo di un accordo commerciale e industriale per sviluppare tutte le possibili sinergie che possono esistere fra le due compagnie», ha detto il presidente di Alitalia, Roberto Colaninno, parlando di possibili voli dall'Italia a Mosca e viceversa, con la possibilità di un collegamento diretto fra le due capitali. L'obiettivo è lanciare la sfida «sia alle altre grandi compagnie aeree, sia alle low cost».
Anche Finmeccanica chiude due contratti: «uno con Russian Technologies sulla sicurezza, l'altro con il Governatorato di San Pietroburgo sul trasporto cittadino», ha spiegato il numero uno Pier Francesco Guarguagliani. Mentre Pirelli amplia la già esistente partnership con la stessa Russian Tech, con la quale acquisterà un impianto esistente per la produzione di pneumatici per autovetture.
 

 

Un ospedale per animali selvatici
 

GORIZIA Anacleto II è il più famoso. Ed è anche tra i più fortunati. Anacleto II, il gufo reale ferito da bracconieri, da giugno è tornato a librasi in volo. È uno dei 700 animali che in media ogni anno vengono accolti al Centro per il recupero della fauna selvatica allestito all’interno della tenuta agricola di Terranova a San Canzian d’Isonzo gestito da Damiano e Armando Baradel. Anacleto II rientra nel 70% degli animali che dopo le cure è tornato libero nel suo ambiente naturale (nella tabella di sintesi messaci a disposizione dall’ufficio Gestione faunistico venatoria i bilancio del Centro). La Provincia, che dal 2000 ha una convenzione con il Centro di Terranova, ora va alla ricerca, obbligata dalla normativa, di un terreno di almeno mille metri quadrati per allestire un «ospedale per animali» tutto suo e allo stesso tempo del gestore per i prossimi cinque anni. E lo fa con un bando di gara che prevede un impegno di spesa pari a 140mila euro.
Il sito per il Centro di recupero per la fauna selvatica deve avere alcune caratteristiche, tra le quali l’essere in una zona aperta, fuori dai centri abitati, ed essere facilmente raggiungibile. Il gestore, poi, dovrà essere a disposizione 24 ore su 24.
 

 

SEGNALAZIONI - Troppo poco verde per gli abitanti di Trieste
 

In questi giorni il neopresidente dell’ordine degli architetti triestini Andrea Dapretto ha preso una posizione chiara e pienamente condivisibile sul futuro di Trieste, partendo da un’analisi critica ma costruttiva frutto del lavoro di trenta architetti riuniti in 5 commissioni. Molto interessante risulta l’analisi dei professionisti in questione che denunciano l’attuale impostazine vecchia e obsoleta del piano regolatore ma nel contempo suggeriscono sostanziali correzioni. Senza dubbio è fondamentale uscire dall’attuale isolamento del capoluogo giuliano con una prospettiva di osmosi con il territorio circostante vista l’adesione al Trattato di Schengen della Slovenia, nel contempo è urgente definire priorità per lo sviluppo economico e sociale. Entrando nel dettaglio gli amici architetti colgono nel segno le cose da fare: il Parco del mare con un parcheggio di servizio capace di ospitare vetture e corriere, un progetto unitario per le rive che vanno ricomprese in un unicum architettonico e maggior attenzione al verde pubblico. Il dato che emerge sulle aree verdi pubbliche è poi allarmante, ogni triestino dispone virtualmente di appena 16 metri quadrati di verde pubblico contro una media nazionale di 94, la nostra risulta quindi una città ipercementificata e poco fruibile soprattutto per i bambini e gli anziani.
Un sentito grazie al presidente Dapretto per il suo grido d’allarme, la politica ora di metta a un tavolo per progettare seriamente un futuro sostenibile per la nostra città.
Luca Presot
 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 3 dicembre 2009

 

 

SFIDA TRA RIGASSIFICATORI - TUTTI I PROGETTI IN GIOCO
 

Il ministero dell’Ambiente ha deciso di non scegliere: che siano il mercato, la capacità di lobby e di investimento, la disponibilità di metano liquefatto e i prezzi a stabilire quali rigassificatori avranno successo. Il ministero ha approvato molti dei progetti presentati; è in arrivo il via libera al rigassificatore di Brindisi della British Gas, mentre non fa opposizione ai due progetti paralleli della Venezia Giulia.
Cioè quello (ex Endesa) dell’Eon al largo di Monfalcone e quello proposto dalla catalana Gas Natural a Trieste-Zaule. Sarà il mercato a decidere quale andrà avanti. Un mercato reso difficile dai prezzi bassi del metano — i prezzi bassi scoraggiano gli investimenti e allungano i tempi di rientro — e dalla competizione.
Se in tempo di vacche grasse i concorrenti sorridono benignamente, in questo periodo — in cui il mercato del gas gira su prezzi stracciati e con una domanda pietosa — la competizione ha quasi i toni della perfidia. La concorrenza si gioca tra Paesi, tra interi sistemi economici in moto, e scende su tutti i livelli fino a dentro alle singole aziende, dove un reparto cerca di spuntare un successo a scapito dell’altra divisione.
Un esempio di competizione interna a un’azienda? L’Eon ha rilevato il progetto dell’Endesa al largo di Monfalcone, un progetto che spicca per il suo costo poiché i terminali gasieri al largo chiedono un investimento più sostanzioso, ma la stessa Eon partecipa al progetto di rigassificatore nel golfo del Quarnaro, in Dalmazia. Saranno realizzati entrambi i progetti oppure (più probabilmente) vincerà solo uno dei due?
Un altro esempio simile di competizione interna alle aziende: Gas Natural non ha in lizza solo Zaule. Un altro progetto, di ottima qualità industriale, è a Taranto, in Puglia. Vista la vicinanza, ovvio che l’impianto pugliese è concorrente con quello di Brindisi della British Gas.
Un esempio di grande competizione tra sistemi nazionali. Il rigassificatore di Trieste dovrebbe sorgere proprio in faccia alla rada di Capodistria, con grande dispetto degli sloveni. C’è da osservare che l’enorme carbonile (cominciato a costruire peraltro ai tempi della Repubblica socialista jugoslava, ma per fortuna i tempi sono cambiati e oggi Lubiana può lamentarsi a Bruxelles del progetto triestino), e che ha occupato buona parte della baia di Capodistria dal lato delle storiche saline venete, non ha un’estetica migliore di un rigassificatore (...). Ma lo scenario è assai più vasto e il progetto triestino si inserisce nei sistemi internazionali e nel «grande gioco». Nelle scorse settimane, la Slovenia ha stretto un accordo a filo doppio con i moscoviti della Gazprom per far passare il gasdotto South Stream, che percorrerà i Balcani portando in Europa il metano dell’Asia Centrale. Del progetto fa parte l’Eni, e Silvio Berlusconi se n’è fatto promotore con Vladimir Putin contrastando il progetto franco-statunitense concorrente del gasdotto balcanico Nabucco. Basta osservare gli schieramenti durante la breve e dolorosa guerra dell’estate 2008 tra la Russia e la Georgia, uno dei Paesi attraversati dal progetto Nabucco: Sarkozy e gli Stati Uniti parteggiavano per la Georgia filo-Usa, Berlusconi per la Russia putiniana. Oggi la Gazprom, diventata amica di Lubiana, non vede con piacere un rigassificatore concorrente da 8 miliardi di metri cubi di metano nella rada di Trieste: l’importazione di metano via nave costa un po’ di più rispetto al metano che arriva da vecchie condutture già ammortate, ma costa assai meno di quelle migliaia di chilometri di tubazioni da posare dall’Asia Centrale fino al confine austriaco. E la Gas Natural sarebbe un concorrente assai fastidioso al South Stream.
A fine ottobre intanto è stato avviato al largo di Porto Levante (Rovigo) il primo rigassificatore italiano che non appartiene all’Eni, quello realizzato dalla ExxonMobil e dalla Qatar Petroleum su progetto dell’Edison. Da qualche settimana il metano portato via nave dagli impianti di liquefazione di Ras Laffan, sulla sponda del Golfo Persico, arriva liquido a 162 gradi sotto zero nei termos naviganti delle navi metaniere e viene immesso nei serbatoi del rigassificatore. L’acqua di mare lo riscalda e a -160 il liquido comincia a ribollire come una pentola sul fuoco e diventa vapore (...). Il metano tornato gas viene pompato nella tubazione che arriva fino alla spiaggia, attraversa il sottosuolo delle lagune e percorre gli argini, e il gas arriva a Minerbio, tra Bologna e Ferrara dove un vecchio giacimento vuoto è stato trasformato nel principale nodo italiano del gas e dove confluiscono i principali metanodotti di importazione.
Tanto gas, ma se ne consuma poco. In settembre la domanda italiana era precipitata del 9% circa rispetto a un anno fa, cioè 8 miliardi di mc circa in meno l’anno, mentre gli stoccaggi sono pieni fino all’orlo e i metanodotti appena potenziati (...). Di fronte a questa domanda bassa e a questa offerta abbondante, hanno senso tutti i progetti di rigassificatori? Ne sono stati censiti dodici, ma si stima che ne verranno realizzati non più di tre o quattro.
Di sicuro, gli 8 miliardi di metri cubi consumati in meno dagli italiani sono pari alla taglia media di un terminale, e la caduta della domanda potrebbe corrispondere alla cancellazione di un impianto. Inoltre, per un terminale di costo fra 600 e 800 milioni, il servizio di rigassificazione costa circa un centesimo per ogni metro cubo riportato allo stato gassoso: se l’impianto chiede un investimento più cospicuo, il costo del servizio potrebbe rendere poco competitivo il progetto. (...)
Jacopo Giliberto (testo integrale sul mensile Nordesteuropa.it)

 

 

«Rigassificatore, ricorso chiesto dalla gente» - INCONTRO PUBBLICO A MUGGIA ANCHE CON I PRIMI CITTADINI DI SAN DORLIGO E CAPODISTRIA
 

Nesladek: si è dovuto colmare un vuoto istituzionale a causa dell’assenza di altri enti preposti
POPOVIC - «Finché sarò sindaco l’impianto non si farà. Quella struttura non la vogliono neanche i cittadini istriani»
MUGGIA «E' un ricorso che non abbiamo fatto certo a cuor leggero, ma è stata la gente a chiedercelo e a gran voce». Nerio Nesladek, sindaco di Muggia, ha aperto così l'incontro pubblico organizzato ieri pomeriggio in piazza Marconi per illustrare le motivazioni del ricorso presentato dal Comune di Muggia al Tar regionale contro il progetto del rigassificatore di Zaule.
Alla riunione, svoltasi dinanzi a un folto pubblico, hanno presenziato anche gli esponenti di altre due realtà comunali fortemente contrarie al progetto presentato da Gas Natural: il sindaco del Comune di San Dorligo della Valle, Fulvia Premolin, e il sindaco di Capodistria Boris Popovic, accompagnato dal suo vice Alberto Scheriani.
MUGGIA «Il Governo nazionale vuole il rigassificatore, la Regione e il suo governatore Renzo Tondo lo desiderano altrettanto fortemente, il sindaco di Trieste Roberto Dipiazza ha sempre speso parole entusiastiche per questo progetto, la Provincia non ha mai preso una posizione definita, e molti altri partiti politici che compongono il quadro provinciale non hanno ancora deciso dove stare».
Il primo cittadino di Muggia Nerio Nesladek ha analizzato in questi termini la panoramica politica, a livello nazionale e locale, che caratterizza le opinioni sul progetto del rigassificatore di Zaule.
Unica voce istituzionale fuori dal coro, assieme al Comune di San Dorligo, quella dell'amministrazione di Muggia: «Dopo che il nostro Consiglio comunale ha sempre dato parere negativo su tale progetto, ci siamo ritrovati a dover colmare un pesante vuoto istituzionale a causa dell'assenza di altri enti preposti per questo compito – ha spiegato Nesladek –. Un compito gravoso ma necessario».
SAN DORLIGO «Il nostro Consiglio comunale ha da sempre espresso parere negativo sul rigassificatore, una scelta nata soprattutto dal volere della gente che abita queste terre, ora messe in serio pericolo dalla possibile realizzazione di un simile impianto». Fulvia Premolin, primo cittadino di San Dorligo, va di pari passo con il pensiero di Nesladek. «Abbiamo presentato al Tar regionale un ricorso di 53 pagine, nelle quali è riportata una serie di vizi su questo progetto, sul quale non si può che essere contrari».
La Premolin ha ricordato poi nello specifico la situazione che contraddistingue il territorio di San Dorligo, «caratterizzato da diverse aree con vincoli ambientali, alle quali si affianca la parte industrializzata con la presenza di diversi stabilimenti».
CAPODISTRIA «Finché sarò sindaco posso dare la mia parola che il rigassificatore non si farà». Il primo cittadino di Capodistria, Boris Popovic, non hadubbi: l'impianto proposto da Gas Natural non lo vogliono nemmeno i cittadini di Capodistria. «Anche noi abbiamo presentato un ricorso al Tar del Friuli Venezia Giulia, e siamo fiduciosi che questo basterà per evitare questo progetto che è una stupidaggine», ha affermato Popovic. Il sindaco di Capodistria ha comunque dichiarato di essere «pronto, se necessario, a ricorrere ai tribunali europei per ottenere giustizia».
LA PLATEA Tra il pubblico è spiccata la presenza di alcuni simpatizzanti della Lega Nord con tanto di bandiere e un colorito striscione, nonché l'esponente del Comitato per la salvaguardia del Golfo, Arnaldo Scrocco, che in chiusura dell'incontro ha citato davanti ai sindaci e ai presenti un articolo apparso sulla stampa americana, secondo cui la società Gas Natural verserebbe in forti difficoltà finanziarie.
RICCARDO TOSQUES

 

 

Piano del centro, l’incognita della Regione - Il Codice edilizio che aumenta le cubature può «destabilizzare» il progetto
 

URBANISTICA - Sì alla secretazione, i dirigenti avvertono
Pazienza se dallo scorso fine settimana è diventato un segreto di Pulcinella, poiché già si discute dei suoi indirizzi più rivoluzionari, a cominciare da quei 120 edifici di pregio minimo o nullo svuotabili e traformabili in garage multipiano. Sul Piano particolareggiato del centro storico, infatti, i membri della Sesta commissione del Municipio - quella competente per l’Urbanistica, chiamata in questo periodo a vivisezionare il provvedimento - non potranno aprir bocca fuori dalla porta della commissione stessa. Porta che resterà rigorosamente chiusa, in primis per i giornalisti. Parla chiaro il parere inviato dall’Avvocatura comunale ai capigruppo di maggioranza del Consiglio comunale e per conoscenza al presidente dell’aula Sergio Pacor, al direttore e segretario generale del Municipio Santi Terranova e al vicesegretario generale Fabio Lorenzut.
IL PARERE «Il Piano regolatore particolareggiato - recita il parere firmato dall’avvocato Oreste Danese - è equiparato al Piano regolatore generale e, quindi, sottratto all’obbligo della comunicazione e al diritto di accesso». E ancora: «Gli atti e i documenti portati alll’esame della Commissione consiliare attengono alla fase istruttoria e, quindi, non possono essere esaminati in sedute pubbliche».
IL DIBATTITO Il parere è stato letto ieri mattina dall’Udc Roberto Sasco, presidente della Sesta commissione, proprio in occasione della prima delle quattro sedute della commissione che precedono l’adozione dell’aula in agenda per lunedì 14. Era la riunione dedicata all’illustrazione generale del provvedimento che il sindaco nonché assessore all’Urbanistica Roberto Dipiazza, assente, ha demandato ai dirigenti. Il documento col timbro dell’Avvocatura chiude così una commedia degli equivoci in cui i tecnici evocavano la secretazione mentre i politici non ci credevano poi tanto e nicchiavano in attesa di comunicazioni dal supermanager Terranova, il custode di regolamenti e interpretazioni. «Eppure il Piano è stato già presentato nelle circoscrizioni senza essere secretato», hanno fatto notare dall’opposizione il capogruppo del Pd Fabio Omero e il verde Alfredo Racovelli, il ”responsabile” autodichiarato della fuga del plico dalle stanze ovattate del Palazzo. In commissione Antonio Lippolis da An ha chiesto, a tale proposito, «quali provvedimenti prenderà il Comune verso quei consiglieri che stanno diffondendo il Piano».
IL MONITO La secretazione però fa inalberare l’Ordine degli architetti, che in una nota stampa firmata dal presidente Andrea Dapretto esprime «forte perplessità. In un momento storico in cui i più avanzati processi decisionali e democratici fondano le radici nella partecipazione dei cittadini e delle categorie alle più importanti scelte, il Comune sceglie la strada della segretezza. Siamo ad un passo dallo svuotamento ”sociale” del centro a favore di una liberalizzazione edilizia preoccupante. La progressiva occupazione dei piani terra dall’esercito di automobili, la carenza di standard di qualità, la difficoltà ad individuare una struttura di mobilità in grado di abbassare i tassi di inquinamento acustico ed atmosferico impongono la necessità di un confronto sulle scelte strategiche della città».
L’INCOGNITA Tornando alla prima seduta della ”Sesta”, al di là della polemica sulla secretazione questa si è indirizzata verso un altro nodo: il Piano del centro storico rischia davvero di diventare, nelle sue prescrizioni di vincolo, acqua minerale non gassata, se è vero che il freschissimo Codice regionale dell’edilizia riprende e consente quel 20% in più di cubature indicato dal Piano casa Berlusconi? Il direttore dell’area Pianificazione territoriale, Carlo Tosolini, ha parlato in effetti di un Codice regionale «potenzialmente destabilizzante, visto che ciò che pianifica il Comune può essere disatteso». Disatteso di quanto e in che termini - e per questo Tosolini ci mette quel «potenzialmente» - i tecnici del Comune lo sapranno domani, in occasione dell’illustrazione a loro dedicata del Codice dell’edilizia da parte del direttore centrale della Pianificazione territoriale dell’amministrazione regionale, Luciano Agapito.

(pi.ra.)
 

 

Il Gruppo 78 vara a Trieste ”La città radiosa” - URBANISTICA. NUOVA PROPOSTA ESPOSITIVA CURATA DA MARIA CAMPITELLI
 

Oltre venti progetti con ipotesi d’intervento nell’area dell’ex Opp e in Porto Vecchio
TRIESTE Si inaugura domani a Trieste la nuova proposta espositiva curata da Maria Campitelli del Gruppo 78 dal titolo ”La città radiosa”. Allestita in due diverse sedi - la Casa Rosa all’ex OPP e alla Stazione Rogers - la mostra raccoglierà le prime proposte di intervento nate a seguito della presentazione dell’innovativo sito www.lacittaradiosa.eu per una mappatura, progettazione e realizzazione di interventi artistici, architettonici su aree abbandonate, “sospese” della provincia e della città di Trieste.
”La città radiosa” - ottimistico titolo che rimanda a Le Corbusier - è un progetto collettivo aperto ai giovani e a nuove idee, che insiste sul territorio con l’obiettivo di provocarne una rinnovata sensibilizzazione e una consapevole appropriazione. Si articola in tre segmenti: mappatura o censimento dei siti pubblici e privati definibili come ”luoghi dismessi”, progettazione e infine realizzazione di uno o più interventi. La fase progettale, ora in atto, produce questa prima mostra di ipotesi di intervento, a partire da domani, alle 18.30, alla “Casa Rosa” nel Parco di S. Giovanni dell’ex Opp, e, alle 20.30, alla Stazione Rogers in riva Grumula 14.
Vi approdano oltre 20 progetti, nei quali la volontà di evidenziare e revitalizzare svariati luoghi dismessi spazia in situazioni disparate, dagli alloggi abbandonati degli operai della Ferriera, ai residui militari della prima e seconda guerra mondiale, dagli alberghi sfasciati a splendide ville inghiottite dalla vegetazione, ai grandi impianti produttivi dismessi per il mutare dei tempi e delle condizioni socio/economiche…. Due nuclei in particolare destano uno spiccato interesse: l’ex Ospedale psichiatrico - da cui è partita la rivoluzione basagliana - e il Porto Vecchio, dove sono anche ancorate straordinarie strutture vetero-industriali come il pontone Ursus del 1914.
Ecco gli autori, per lo più artisti, fotografi, architetti, ma anche giovani creativi di varia matrice: Carlo Andreasi, Elisabetta Bacci, Giuliana Balbi, Anna Valeria Borsari, Roberta Cianciola, Pierpaolo Ciana, Florentia Corsani, Myriam del Bianco, Cecilia Donaggio, Federico Duse, Fabiola Faidiga, Lucia Flego, Daniela Frausin, Guillermo Giampietro, Lucia Krasovec Lucas, Cristina Lombardo, Elena Marchigiani, professore di progettazione urbanistica con Marina Bradicic, Eugenia Gotti, Elisa Longanes, Alice Martinelli studenti della facoltà di architettura dell’Università di Trieste, Daniela Michelli, Lucio Perini, Giuseppe Pedi, Massimo Premuda, Adriano Riosa, Alessandro Ruzzier, Sonia Squillaci, Erika Stocker, Paolo Toffolutti, Cristina Treppo, Giancarlo Venuto, Elisa Zurlo.
Paola Targa
 

 

SEGNALAZIONI - ENERGIA  - Rigassificatore a Veglia
 

Ho letto le dichiarazioni fatte dal sottosegretario Roberto Menia al riguardo del previsto rigassificatore che dovrebbe essere costruito sull’isola di Veglia in Croazia e, più precisamente, a Omisalj. A titolo personale e, convinto di interpretare il pensiero dei molti sostenitori alla contrarietà del progetto di Zaule, voglio elencare alcuni punti per evidenziare le enormi differenze che ci sono tra i due previsti rigassificatori:
1) A Omisalj e, più specificatamente nella baia, i fondali vicino alla riva partono dai 50 metri, al centro della baia 56 metri e subito fuori della baia andiamo dai 60 metri in poi; 2) nelle vicinanze del previsto impianto non ci sono abitazioni; 3) è risaputo che nel Quarnaro le correnti sono notevoli; 4) in caso di incidenti non ci sono intralci per le previste vie di fuga.
Il tutto facilmente verificabile con una semplice carta nautica dell’Istituto idrografico della Marina. Un’articolo a firma di Andrea Marsanich del 3 novembre 2009 tratta del suddetto impianto e, tra l’altro, scrive: «Per un mese lo studio d’impatto ambientale sarà sottoposto a pubblico dibattito», potrà essere preso in visione, le persone interessate potranno fare proposte, suggerimenti, eccetera.
Alla faccia della nostra democrazia!
Sergio Burlin

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 2 dicembre 2009

 

 

RIGASSIFICATORE, IO DUBITO - DOPO LE RISPOSTE DI MENIA - Dopo le risposte del governo si attendono quelle di Provincia e Regione
 

Occorre un garante neutrale - A MARGINE DELL’INTERVENTO DELL’ONOREVOLE MENIA

Ringrazio l’on Roberto Menia per le sue risposte ampie e rispettose. Anche se a mio giudizio incomplete e talvolta in burocratese, esse segnano una svolta. Iniziano un dibattito che non c'è mai stato. Tolgono il silenziatore attorno a un nodo-chiave dello sviluppo triestino. Insomma: ora cominciamo a parlarne sul serio.
È importante che le risposte siano arrivate dal governo. Non è Gas Natural il nostro interlocutore. Non sono le risposte dell’azienda che devono tranquillizzarci. Non s’è mai visto un oste che dica che il suo vino non è buono. Per fidarci della sua trattoria dobbiamo chiedere ad altri. A utenti che conoscano il prodotto e non siano amici del ”paròn”.
Per questo non vorrei che l'informazione sul rigassificatore si riducesse a un chiosco della Gas Natural aperto magari in Piazza Grande. Qui serve un garante neutrale capace di accogliere i dubbi già espressi dal polo scientifico triestino. Le risposte del governo sono un segnale. Ora aspettiamo una mossa simile anche dalla Regione e dalla Provincia, che fanno il pesce in barile.
Le domande fatte sono state definite ”scomode”, ma credo siano solo domande ”semplici”. Doverose. Andrebbero, anzi, semplificate ancora di più. La gente si chiede che ne sarà della qualità della vita. Pone questioni elementari ma validissime. Ne elenco alcune, nel nostro dialetto. Così come le ho sentite.
L'acqua sarà ancora neta? Quanto la se sfredissi? Magneremo ancora sardoni? E se ciapa fogo tuto? Cossa i ne dà in cambio? Perché i devi ciapar tuta quel'acqua in golfo e no al largo? Cossa nassi quando che quele barche alte come un grataciel le se meti in coda davanti a Punta Grossa? Cosa ghe entra i debiti de l'Acegas coi bori dela Gas Natural? Perché cussì vizin al centro?
Offrendomi gli sfilatini del mattino, il mio insonne panettiere-filosofo mi ha detto: «Dubitando, ad veritatem pervenimus». Giusto. Vorrei lo capissero anche i politici prima di dire sì o no. È nostro dovere dubitare, essere scettici. Solo esercitando questa facoltà insegnataci dai Greci antichi potremo avvicinarci a qualcosa di simile al vero.
Le garanzie di Menia sono importanti. E lo sono anche le sue ammissioni. Per esempio è arrivata conferma di alcuni nostri dubbi. La documentazione della Gas Natural non è formalmente appropriata. In triestino si direbbe ”futizada”. Mancano firme, intestazioni. Alcuni dati sono presi a caso. Non è mai stata fatta un'indagine sul posto. Il materiale è tutto cartaceo.
Gli stessi disegni del sito riprodotti dal Piccolo dalla relazione sull'effetto-domino (incidenti a catena in zona industriale o in città) sono ingannatori, mostrano un quadro agreste, come se attorno all'impianto non ci sia che campagna. Niente inceneritore, niente depositi costieri. Niente industrie.
Da un gigante come Gas Natural ci si aspetta altro. E ci si aspetta che il governo sorvegli, informando. Non è possibile, ripeto, che un tema così fondamentale sia lasciato alle ”ciacole”, ai comizi di questo e quello. O alla guerra, come è stato detto, tra i fautori del ”no se pol” e quelli del ”se devi”.
Ho sentito dire parecchie stupidaggini sul tema. Per esempio: «Finora non è mai saltato in aria un deposito». Anche le Torri Gemelle non erano mai state colpite da aerei prima dell'11 settembre. Però è successo. E il dovere di chi deve sorvegliare sulla nostra sicurezza è di tenere conto dei fattori di rischio fino ai limiti dell'inconcepibile.
Altra affermazione grossolana: il rigassificatore di Barcellona è altrettanto vicino al centro. Falso, sta al doppio della distanza e tra l'impianto e la città esiste una collina a far da schermo. E soprattutto è un impianto che con le nuove norme andrebbe spostato molto più in là.
Si dice che l'impianto triestino darà una spinta determinante alla ”catena del freddo”. Ma proprio a Barcellona la stessa Gas Natural ha dichiarato ai sindaci invitati a fare una gita sull'impianto, che - fatta salva la sicurezza - le applicazioni all'industria alimentare e alla catena del freddo sono problematiche. Sta tutto su Internet, basta digitare Barcellona, rigassificatore, freddo.
Nessuno dice che l'impianto di Boston, citato a modello, costringe l'aeroporto a chiudere una delle sue piste ogni volta che una nave scarica al terminal. Ci sarà pure un motivo. Quale? Rischio di incidenti. Quali saranno le ripercussioni sul traffico navale alla luce della legislazione internazionale?
Non possiamo e non dobbiamo essere leggeri su questo punto, se non vogliamo che la lotta per la sicurezza, di cui si parla ogni giorno, si riduca alle ronde e ai lucchetti anti-immigrati.
Ripeto, non sono contro il rigassificatore. Non sono un pubblico ministero. Esprimo solo dubbi legittimi, anzi indispensabili. Uno in particolare: ci è stato promesso qualcosa in cambio? Che cosa? È stato messo nero su bianco? C'è da fidarsi? Sappiamo che secondo la pagina economica del New York Times del 4 novembre la Gas Natural è in forte difficoltà?
I motivi per vederci chiaro sono molti, ed è allarmante che la politica non pensi a farsi interprete di queste domande. Trieste dormicchia distratta, di fronte a progetti immensi che devono, ripeto devono, fare i conti con la qualità della vita del territorio. Il tracciato del Corridoio cinque, per esempio. O la centrale a turbogas chiesta dalla Lucchini-Severstahl.
La questione rigassificatore non pone semplicemente un problema tecnico, ma una questione di democrazia. Il dovere dei cittadini di chiedere e il diritto delle istituzioni a informare in modo veritiero, sorvegliando che nessuno svenda distrattamente l'ambiente o la sicurezza, la cui tutela sacrosanta è dovuta al cittadino-elettore.
Paolo Rumiz
 

 

Rigassificatore, a Muggia confronto fra cittadini e sindaci sul ricorso al Tar
 

MUGGIA Un incontro pubblico per illustrare il ricorso presentato al Tar del Friuli Venezia Giulia per l'annullamento del decreto di compatibilità ambientale per il progetto del rigassificatore di Zaule. Questo il tema dell'incontro indetto dall'amministrazione comunale di Muggia per quest'oggi alle 17 in piazza Marconi. L'incontro, aperto alla cittadinanza, si terrà un'ora prima della riunione straordinaria prevista dal Consiglio comunale che analizzerà in aula il ricorso presentato contro il rigassificatore. Assieme al primo cittadino di Muggia Nerio Nesladek, che fungerà da relatore, saranno presenti anche il sindaco di San Dorligo della Valle Fulvia Premolin che ha sottoscritto un ricorso con le stesse motivazioni presentate dal Comune di Muggia nonché il primo cittadino di Capodistria Boris Popovic. In una nota rilasciata dal Comune di Muggia che ricalca un passaggio del ricorso presentato al Tar si ricorda che «l’ubicazione di detto impianto è la baia di Zaule all’interno del porto di Trieste e a ridosso della stessa città», che «le dimensioni dell’opera proposta sono notevoli» e che «il sito individuato per la collocazione dell’impianto di rigassificazione è caratterizzato da una situazione altamente inquinante». Il Comune di Muggia, già nel corso della procedura di valutazione di impatto ambientale, ha presentato delle proprie osservazioni, evidenziando «una situazione di sofferenza sotto i diversi profili dell’impatto paesaggistico, idrico, geologico, della qualità dei siti, della sicurezza, che l’opera in questione, in quanto tale, è in grado di provocare, nonché dell’idoneità degli studi di compatibilità ambientale che la società proponente aveva presentato».

(r.t.)
 

 

Liquami in mare a causa della pioggia - SVERSAMENTO LUNGO LE RIVE
 

Dalle Rive uno sversamento di liquami in golfo. È successo ieri mattina all’altezza della Capitaneria e molti passanti hanno pensato a un guasto del sistema dei collettori fognari.
In realtà il problema che si verifica quando c’è l’alta marea e precisamente causato dall’eccessiva quantità di acqua piovana caduta durante l’altra notte. Acqua che è finita nel sistema dei collettori fognari, ma che solo in parte è stata trattata dal depuratore. Da qui lo ”sversamento” tenuto sotto controllo dai tecnici dell’Acegas, ma che ha suscitato non poca apprensione da parte dei passanti.
(c.b.)

 

 

S. Dorligo, cinque le aree incluse nel Piano antenne - Il sindaco Premolin chiarisce: «Preferite zone di proprietà del Comune o delle Comunelle»
 

OK DEL CONSIGLIO COMUNALE
Il Comune di San Dorligo della Valle ha approvato il piano di settore per la localizzazione degli impianti fissi di telefonia mobile.
Il sì è arrivato durante la riunione del Consiglio comunale che ha votato compattamente (l'unica astensione è arrivata dal consigliere di maggioranza Rossana Pettirosso) l'approvazione del piano comunale. In base alla relazione stipulata dall'architetto Emilio Savonitto (occupatosi recentemente già di Duino Aurisina, Monrupino e Sgonico) sono state identificate cinque aree che in un futuro prossimo, se le compagnie telefoniche lo dovessero ritenere necessario, avrebbero i requisiti per ospitare altri impianti fissi di telefonia mobile. Le zone preferenziali sono state individuate in Sant'Antonio in Bosco (vicino la cava su terreno di proprietà della locale Comunella), San Giuseppe della Chiusa (vicino a Barde su terreno della Comunella), Domio (campo sportivo), Caresana (vicino al cimitero) e Dolina (vicino al cimitero). «Sono stati scelti dei luoghi che avessero sostanzialmente due requisiti fondamentali: essere posizionati lontano dai centri abitati e su proprietà appartenenti al Comune o alle Comunelle», ha spiegato il sindaco di San Dorligo della Valle Fulvia Premolin. Attualmente le antenne presenti sul territorio sono tre - come ha ricordato il vicesindaco Antonio Ghersinich - ossia a Pesek, in zona industriale e a Bagnoli. «Il piano comunale delle antenne era un passaggio necessario - ha aggiunto Ghersinich - nel quale sono stati messi sotto tutela ambienti pubblici come scuole ed asili, preferendo la possibile installazione di questi impianti lungo i percorsi dell'alta tensione».

(r.t.)
 

 

Circolo della Stampa Weber presidente - ELETTE LE NUOVE CARICHE
 

Roberto Weber, giornalista e scrittore, presidente dell’Swg, è il nuovo presidente del Circolo della Stampa di Trieste. A designarlo è stata l’Associazione della Stampa del Friuli Venezia Giulia, che ha anche indicato nel direttivo i giornalisti Roberto Carella, Carlo Giovanella, Fulvia Costantinides e Enrico Milic.
Sono stati eletti a rappresentanza dei soci nel Consiglio direttivo Marinella Chirico e Fabio Amodeo per i giornalisti professionali, Tito Favaretto e Rossana Paliaga per i giornalisti collaboratori e Nadia Bassanese e Antonio Paoletti per i soci non giornalisti. I soci del Circolo hanno inoltre eletto Fabio Bidussi, Arrigo Ricci e Laura Kraker nel Collegio dei Revisori dei conti, mentre Aleksander Rojc e Gianfranco Battisti sono stati eletti revisori supplenti. Il nuovo Consiglio direttivo - che resterà in carica per il prossimo triennio - a breve assegnerà le cariche sociali e deciderà le linee di attività.
 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 1 dicembre 2009

 

 

«Gnl, accuse mai archiviate» - GREENACTION SMENTISCE GAS NATURAL
 

L’accusa di falsa documentazione è stata chiarita davanti alla Procura, e poi archiviata perché falsa? L’affermazione di Gas Natural viene smentita in una nota dall’organizzazione ambientalista Greenaction Transnational, che si richiama agli atti giudiziari pubblicati sul sito greenaction-planet.org/. «Dagli atti - dichiara Greenaction - risultano aperte due inchieste penali, su segnalazione rispettivamente degli ambientalisti, inclusa Greenaction, e dei Comuni di Muggia e Dolina. La seconda indagine è in corso, mentre nella prima la Polizia giudiziaria (Guardia di finanza Sezione navale di Trieste) ha accertato le false documentazioni, proponendo il rinvio a giudizio dei responsabili. A quel punto - così gli ambientalisti - risulta dagli atti che la Procura di Trieste ha inviato parte del fascicolo istruttorio al ministero dell’Ambiente coinvolto e lo ha poi trasmesso per competenza alla Procura di Roma, che per archiviarlo non ha affatto dichiarato che l’accusa fosse falsa, ma che la materia fosse amministrativa e non penale. E a livello amministrativo sono stati ora presentati cinque ricorsi al Tar».
 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 30 novembre 2009

 

 

Italia dei valori contro il Gnl: «Progetto approssimativo» - I DIPIETRISTI CHIEDONO CHIAREZZA
 

«Il progetto del rigassificatore di Zaule è lacunonoso e approssimativo». Lo sostengono gli esponenti dell’Italia dei Valori che, prendendo spunto dalle conclusioni del tavolo tecnico promosso dalla Uil Vigili del fuoco, chiedono ora alle istituzioni senso di responsabilità e maggior chiarezza sull’operazione gnl. «Le lacune della documentazione di Gas Natural denunciate in questi giornisperti - osserva il coordinatore regionale Paolo Bassi - sarebbero già emerse se il ministero dell’Ambiente avesse assolto con più attenzione ai propri compiti. Evidentemente c’è stato scarso interesse da parte della politica per la sicurezza della popolazione». «Finalmente è stata fatta luce sui documenti approssimativi, i dati falsi e le simulazioni inesatte fornite dal gruppo spagnolo - aggiunge il coordinatore provinciale dell’Idv Mario Marin -. Ora attendiamo risposte agli allarmi sollevati».
 

 

«Posti auto nei palazzi, ma restano i park interrati» - GLI INDIRIZZI DEL COMUNE PER IL CENTRO STORICO
 

Dipiazza: nessuna antitesi, avanti su due binari. Omero (Pd): prima il Piano traffico
Il Piano particolareggiato del centro storico, nella parte in cui espone un numero-limite di 120 palazzi di terza classe a ipotesi di svuotamento e trasformazione in posteggi multipiano, non sconfessa il Pup, cioè il Piano urbano dei parcheggi quasi tutti interrati da 18 strutture per oltre cinquemila posti approvato due anni fa. Semmai lo affianca. Perché in una città da «centomila auto e trentamila stalli, un gap folle, servirebbe di tutto di più», morde il problema Roberto Dipiazza. Il quale però insiste anche per puntualizzare quello che, a suo modo di vedere, «è un indirizzo di massima e nulla più. Non è che nel Piano particolareggiato del centro storico si sentenzia che ben 120 immobili diventeranno parcheggi, si parla di ”possibilità” che è diverso». Per il sindaco comunque i park interrati del Pup e quelli eventualmente ”inscatolati” del Piano del centro storico «non sono in antitesi», perché per agevolare la vivibilità della Trieste di domani ce ne vuole.
FILOSOFIA MISTA Per la realizzazione di nuove aree di sosta in cui nascondere le macchine, e consentire agli automobilisti di sgassare meno in cerca di un buco attutendo al contempo il malvezzo dei posteggi volanti in terza o quarta fila, si profila quindi una filosofia mista. Il Pup insomma resta la via maestra. Ma in una città compressa tra il livello del mare e il colle di San Giusto con torrenti sotterranei che dalle semiperiferie scendono verso le Rive - le difficoltà e i ritardi di alcuni progetti-pilota come ad esempio park San Giusto e Audace dipendono anche dalla necessità di approfondire le analisi geologiche - il Pup dovrà per forza convivere altri contenitori esterni.
NUMERI-LIMITE Questo è in sintesi l’orientamento dell’amministrazione cittadina che s’intuisce all’indomani dell’uscita dalle stanze del Municipio, per scelta del verde Alfredo Racovelli, del plico riservato a ciascun consigliere sul Piano particolareggiato del centro storico. Nel documento si legge che «le analisi condotte per il Pup hanno evidenziato un fabbisogno, nelle aree oggetto del Piano particolareggiato, stimabile attorno ai diecimila posti auto... L’esame ha portato a individuare circa 120 edifici per i quali viene contemplata la possibilità di una trasformazione del sistema interno, finalizzata alla creazione di un’autorimessa».
LE PERTINENZE Altro paragrafo meritano le conversioni di fori commerciali e privati a livello stradale: «Accanto alla possibilità di trasformazione di interi edifici in strutture per il parcamento, vi è poi la possibilità, limitata ai soli parcheggi pertinenziali, di realizzare i posti macchina in dotazione all’unità immobiliare». A patto che il sito del garage sia compatibile con i flussi di traffico e che l’edificio soggetto a modifica non ricada in classe 1, quella dei palazzi di pregio intoccabili. «È logico - così Dipiazza - che non ci sono gli stessi negozi di una volta, cambia il mondo, certi fori vanno riutilizzati per ridurre i veicoli in sosta all’esterno».
IN NODO-MOBILITÀ Concorda in parte, ma frena l’automatismo evocato nel documento, il capogruppo del Pd in Consiglio comunale Fabio Omero, secondo cui senza un Piano del traffico alla mano rischia d’esser tutta aria fritta. «Le indicazioni del Piano particolareggiato - rileva Omero - diventano fattibili, e non finiscono in antitesi con il Pup, nel momento in cui si sa con certezza che la realizzazione di un park in un edificio e soprattutto di un garage pertinenziale al piano terra non pregiudica mobilità e arredi urbani. Non si può pensare di fare un garage al posto di un negozio in una via destinata a pedonalizzazione. Sennò sarà, al massimo, zona a traffico limitato».
PIERO RAUBER

 

 

POSTI AUTO - La mappa dei 18 contenitori - IL DOCUMENTO APPROVATO NEL 2007
 

Il Piano urbano parcheggi, approvato a fine 2007 per dare risposta alla storica carenza di posti auto in città, prevede diciotto interventi. Tra questi i tre grandi contenitori sulle Rive: il posteggio da realizzare davanti alla Marittima (486 stalli), il multipiano sotto il piazzale dell’ex piscina Bianchi (200 posti macchina) e infine il park Audace, da costruire in Riva 3 novembre tra palazzo Carciotti e il teatro Verdi (710 parcheggi). Quest’ultimo ha ottenuto di recente il via libera ambientale dalla Regione e potrebbe quindi essere il primo intervento a decollare sulle Rive. Più difficile, invece, immaginare un rapido avvio dei lavori davanti alla Marittima: Saba Italia, che avrebbe dovuto realizzare l’opera, ha scelto infatti di accantonare quell’impegno e di concentrarsi sul raddoppio del park di Foro Ulpiano, a sua volta previsto dallo strumento urbanistico voluto dall’amministrazione Dipiazza.
Un’altra importante partita contemplata dal Piano comunale riguarda il park san Giusto: un multipiano (il più grande tra quelli ipotizzati in città) in grado di accogliere 724 posti. Un’opera che i residenti attendono da più di otto anni.
Nell’elenco figurano poi il parcheggio previsto davanti all’Università centrale (3 piani interrati in grado di accogliere fino a 500 auto), gli ulteriori 150 posti da ricavare al Giulia, il posteggio in via dei Moreri (344 stalli), in largo Roiano (181 posti macchina) e quello piazza Sant’Antonio (ipotizzati 361 box).
Tre le strutture immaginate tra San Vito e Cittavecchia: in largo Canal (91 posti), tra via Tigor e via Cereria (75 stalli suddivisi su tre pastini) e in largo Papa Giovanni XXIII (116 spazi). Per soddisfare la fame di posteggi dei residenti dei rioni meno centrali, poi, il Comune aveva previsto il parcheggio su quattro piani in largo Pestalozzi in grado di accogliere fino a 108 vetture, quello in largo Sonnino (84 stalli), piazza Foraggi (130) e il grande park in piazza delle Puglie (capacità complessiva 350 macchine).
Nella lista infine compare un’ultima opera, poi abbandonata nel tempo: il parcheggio da 250 posti in via del Teatro Romano che, però, non si farà più.
 

 

Largo Roiano, via ai lavori nel 2010 - Pronto il progetto definitivo. Altri 120 stalli previsti in via Tigor
 

Cantieri targati Riccesi in cambio della mancata struttura di Ponterosso
Nel mare magnum dei park disegnati sulla carta ce n’è uno che aprirà salvo imprevisti un cantiere verso la metà del 2010, essendo pronta l’ultima versione del relativo project financing. È la struttura sotterranea firmata Riccesi prevista a Largo Roiano, dove saranno ricavati 160 posti su tre livelli non a rotazione oraria, in quanto verranno destinati a sub-concessioni pluriennali ai residenti, con una parte residua eventualmente riservata al supermercato Coop Essepiù per la sosta dei suoi clienti. Sopra spariranno i 35 stalli blu attualmente gestiti dalla partecipata comunale Amt - vi rimarrà presumibilmente qualche posto in deroga solo per i veicoli dei diversamente abili - perché verrà realizzata una piazzetta di verde pubblico deputata ad ospitare il mercatino rionale.
Quello di Largo Roiano è il project numero uno, il più blindato, dei tre park sui quali la Riccesi e il Comune stanno trattando nell’ambito della novazione a compensazione della mancata realizzazione del megaposteggio da 750 stalli che la nota impresa di costruzioni avrebbe dovuto costruire sotto piazza Ponterosso, sulla scia di un piano voluto in epoca Illy ma cassato nel corso del primo mandato Dipiazza. Il secondo sito ”dovuto” come contropartita dal Municipio - che ne ha modificato la destinazione urbanistica ad hoc in sede di nuovo Piano regolatore ora in fase di vaglio delle osservazioni dei cittadini - è stato individuato in un altro rione dove c’è fame vera di posteggi, ovvero San Vito, tra via Tigor e via Cereria, dietro la palestra della Valle. Di stalli qui ne sono annunciati un po’ di meno, 120, ma sempre su tre livelli. «In questo caso il cantiere potrebbe essere avviato verso la fine dell’anno prossimo, dunque successivamente rispetto all’apertura dei lavori a Roiano», ha precisato di recente Donato Riccesi.
E la terza royalty? È ancora da giocare, ha fatto capire lo stesso Riccesi. Stralciata ufficialmente la zona adiacente al Teatro Romano - la cui struttura ipotizzata sarebbe stata troppo vicina al park San Giusto e soprattutto allo stesso Teatro, presentando problemi a livello di scavi, vista per l’appunto la presenza di reperti archeologici - resta a galla l’alternativa di piazzale Rosmini, tra la chiesa e il giardino. «Ma non abbiamo avuto ancora conferme dall’amministrazione comunale». In caso negativo? Si tornerà a parlare di soldi. E la Riccesi è pronta a chiedere al Comune una cifra vicina al milione di euro.
«L’avevamo già detto - ha chiuso in effetti Donato Riccesi - che se non ci veniva assegnata una terza area la soluzione sarebbe stata quella di un ristorno economico». E di quanto? «Il progetto di Ponterosso era stato quantificato in tre milioni e mezzo. Se ci viene data l’opportunità di realizzare due progetti su tre, è logico che la compensazione economica sarà nell’ordine di un terzo rispetto a quella cifra».

(pi. ra.)
 

 

SEGNALAZIONI - Rigassificatori e diportismo
 

Tralasciando tutti i gravosi e preoccupanti aspetti ambientali e di vivibilità che si trascina dietro la non augurabile installazione del rigassificatore all’imbocco del canale navigabile di Zaule, viene inspiegabilmente dimenticato da molti, da troppi, che il terminale di ragassificazione paralizzerebbe tutta l’attività diportistica da Muggia a Trieste. Infatti il porto di Trieste con il suo traffico commerciale e diportistico verrebbe assoggettato dall’ingombrante presenza del rigassificatore e da quella altrettanto pesante delle navi gasiere che due volte alla settimana arriverebbero per rifornire il terminale. Poiché le norme di sicurezza per la realizzazione dei ragassificatori stabiliscono che nessuno possa navigare nelle acque che circondano le gasiere in navigazione per un raggio di due miglia, la paralisi per il nostro diportismo è assicurata, quanto meno per due giorni alla settimana.
Stabilito però che le gasiere dovrebbero essere scortate da mezzi della Marina militare essendo appetibili bersagli per attentati terroristici, non è dato sapere per i comuni mortali, quando le stesse arrivano e quando partono.
Da ciò emerge ovvio che diventerebbe difficile se non impossibile, non solo uscire in barca liberamente, ma principalmente rispettare i calendari delle moltissime manifestazioni marinare di cui Trieste, Muggia, San Rocco e altri sono protagonisti.
Riflettano i responsabili delle varie federazioni sportive e i presidenti di tutti i circoli nautici.
Antonio Farinelli
 

 

SEGNALAZIONI - Rimuovere l’Ursus, brutto biglietto di visita
 

Mi chiedo come sia possibile che nessuno protesti per la presenza ingombrante e poco edificante di questa enorme gru galleggiante in mezzo al centro storico della nostra città.
L’Ursus infatti non serve a niente e a nessuno né tanto meno a questa fantomatica guardia costiera ausiliaria della quale non si capisce quali siano i compiti specifici e per quali interventi mantiene questa struttura brutta e deturpante in una posizione tanto inadeguata.
Non so se questa città ormai si abitua a tutto ma questa grù è come un pugno nell’occhio, la si vede da ogni angolazione: da tutte le Rive, dai tetti della case e anche dall’altipiano.
Bel biglietto di visita un pontone industriale vecchio e ruggine che non serve a nulla, messo in bella vista proprio di fronte a palazzi che richiamano lo stile di un’epoca passata.
A suo tempo ho letto che doveva essere ristrutturata per poi destinarla ad usi diversi o aprirla al pubblico, per cosa? per fare bungee jumping su piazza Unità? o ancora illuminarla per eventi sportivi o turistici stile albero di natale?
Non scherziamo, questa schifezza (con tutto il rispetto per il guinness che vanta) va rimossa dall’attuale posizione dove di industriale non c’è proprio niente o messa in disarmo dove il recupero del suo acciaio potrà servire a qualcosa che abbellisca la nostra città e non la rovini.
Paolo Liuzzi
 

 

SEGNALAZIONI - COLLEGAMENTI FERROVIARI - Dopo la «cortina di ferro» Trieste dovrà subire la «cortina di ferrovia»
 

Sono ben note le problematiche di carenza e di minacciata soppressione dei collegamenti ferroviari viaggiatori di Trieste e della regione con il resto del Paese e con Milano e Roma in particolare. Pare che, bene o male, grazie anche agli sforzi della nostra Regione, una soluzione si sia trovata per mantenere quello che c’è, pur non senza discutibili oneri aggiuntivi per la nostra collettività. Ciò che stupisce, e lascia fortemente perplessi, è che nessuno sembra aver nemmeno preso in considerazione il fatto che Trieste, e la regione, sono oggi, ed ormai da vari anni, quasi completamente privi di collegamenti ferroviari viaggiatori con i paesi confinanti, non solo per quanto riguarda i treni a lunga percorrenza (per Vienna, Budapest, Zagabria, ecc.) ma anche per i semplici collegamenti di tipo interregionale (ad es. per Villaco e Lubiana) a cavallo dei confini con Austria e Slovenia.
Oggi i tre valichi ferroviari della regione, Tarvisio, Gorizia e Villa Opicina, sono diventati un deserto, mentre le ferrovie austriache hanno di propria iniziativa attivato dei servizi pullman sostitutivi sulla relazione Venezia-Udine-Villaco che bypassano la più moderna, costosa e sottoutilizzata ferrovia che abbiamo in regione: la «Pontebbana». Nel contempo le ferrovie slovene hanno dovuto tenersi in casa i treni «Pendolino», acquistati in Italia per il collegamento Lubiana-Venezia che è stato soppresso (il treno «Casanova», che comunque già tagliava fuori Trieste e gli altri capoluoghi regionali).
Una situazione che è in stridente contrasto con la «Nuova Europa» e la caduta dei confini e che rappresenta un fatto estremamente negativo (e umiliante) per le nostre città, la nostra economia, il nostro turismo, la nostra cultura e la nostra tradizione geostorica di città e regione al centro dell’Europa. Con il sorgere dell’Euroregione e la collocazione della «capitale» a Trieste, si pensa di porre mano a questa problematica che ha del paradossale, o si vuol lasciare che si perpetui una grottesca «cortina di ferrovia» al posto della «cortina di ferro» di triste memoria?
Leando Steffè
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 29 novembre 2009

 

 

«Il rigassificatore di Zaule sarà un impianto sicuro Trieste avrà solo benefici» - INTERVENTO DELL’ON. MENIA - IL SOTTOSEGRETARIO RISPONDE A RUMIZ
 

«Al primo posto pongo la tutela della salute e dell’ambiente L’arrivo di 120 gasiere ogni anno non bloccherà il porto»
Gentile dottor Rumiz,
sul Piccolo, del quale lei è autorevole firma, cortesemente mi ha chiesto di sciogliere i suoi «italianissimi, anzi triestinissimi» dubbi.
Più che volentieri, latinamente le dirò che «dubitando ad veritatem pervenimus» e dunque entrambi facciamo cosa utile ad interrogarci e risponderci pubblicamente. E, nel risponderle, non posso che premettere che desidero scindere due aspetti: quello politico e quello istituzionale.
Sotto il primo profilo, ben prima che mi trovassi a ricoprire una carica di governo, ho sostenuto la bontà della scelta di realizzare un rigassificatore a Trieste per una pluralità di motivi: risposta ad un’esigenza energetica di carattere nazionale che ha ricadute positive sul territorio. Le ha bene indicate l’altroieri il sindaco dicendo che «in un’area inquinata da 50 anni, con la bonifica si ottengono tre vantaggi: indotto economico, catena del freddo, energia a buon prezzo».
Sotto il profilo istituzionale, invece, ho ben presente quale sia il compito del ministero che rappresento e cioè quello di garantire la sostenibilità ambientale e la salute pubblica: non ho dunque dubbi nell’affermare che queste esigenze siano comunque pregiudiziali e non negoziabili rispetto a qualunque altra di carattere economico o politico. Ed in questo senso, desidero sottolineare che il ministero, i suoi esperti e i suoi funzionari, svolgano il proprio ruolo con trasparenza, passione, competenza e non sono accettabili allusioni, che in altre sedi si sono fatte, su falsificazioni o sottovalutazioni.
Ciò premesso, inizierei dalla serie di questioni che a vario titolo si riferiscono al luogo scelto per la costruzione del rigassificatore e agli elementi connessi di rischio o pericolosità. Le scelte progettuali per un impianto di rigassificazione off shore o on shore sono dettate da diversi aspetti, ambientali, tecnologici, funzionali che vengono in tutta evidenza valutati dal proponente il progetto stesso: a noi spetta verificarne la congruità in sede politico amministrativa e la compatibilità ambientale per ciò che riguarda il mio ministero.
L’affermazione che il progetto «a terra» sia di «forma obsoleta» pare più una petizione di principio che non una affermazione basata sui fatti: Gas Natural possiede un know how consolidato sulla tecnologia degli impianti di rigassificazione, e comunque il decreto di Via richiede l’utilizzo delle migliori tecnologie disponibili.
E’ utile peraltro ricordare che tutte le amministrazioni del territorio avevano di fatto espresso comunque una chiusura piuttosto netta sull’ipotesi di un impianto in mezzo al golfo.
A proposito dei potenziali obiettivi sembrerebbe corretto parlare piuttosto di sorgenti di rischio: alcuni di essi, infatti, rientrano nell'ambito delle disposizioni della normativa Seveso (D.Lgs. 334/99 e s.m.). Gli impianti indicati sono stati oggetto di attente verifiche da parte degli organismi competenti e, in particolare, è opportuno precisare che la prefettura di Trieste ha già predisposto i cosiddetti Piani di emergenza esterni (Pee) per gli stabilimenti a rischio di incidente rilevante ai sensi dell'art. 20 del citato decreto legislativo. Per quanto concerne l'inceneritore di Trieste, va precisato che questo non rientra nell'ambito di applicazione della normativa stessa.
La futura centrale a turbogas, all'epoca degli studi sui rischi indotti dal rigassificatore in progetto, non era ancora stata prevista.
Ovviamente, prima di ogni fase autorizzativa, anche preliminare, dell'impianto, gli organismi competenti provvederanno ad effettuare tutte le analisi di compatibilità previste dalle vigenti normative in materia. Gli stessi organismi hanno preso in considerazione tutti gli scenari di rischio ritenuti credibili e, per ognuno di essi, sono state previste le necessarie misure di gestione delle eventuali emergenze e di tutela della popolazione, con specifico coinvolgimento di tutti gli organismi preposti (vigili del fuoco, Arpa, 118, polizia, carabinieri, ecc.). Infine, per quanto concerne i rischi connessi alla safety (sicurezza connessa con i rischi industriali e ambientali), va detto che tutta l'area del comprensorio industriale, e specificatamente i siti soggetti alla normativa Seveso, adottano delle puntuali procedure di security (sicurezza connessa con i rischi legati agli atti terroristici/vandalici) finalizzate alla prevenzione di ogni tipologia di atto vandalico in generale e terroristico in particolare.
Altro punto sollevato si riferisce alla presunta non considerazione dell’«effetto domino»: in ordine allo stesso va premesso che, in relazione all'applicazione dei disposti dell'art. 12 del D.Lgs. 334/99, il Comitato tecnico regionale dei Vigili del fuoco del Friuli Venezia Giulia (Ctr), all'atto della validazione dei Rapporti di sicurezza di tutti gli stabilimenti rientranti nell'ambito di applicazione dell'art.8 del decreto, ha accertato la non sussistenza di rischi di effetti domino nell'ambito dell'area industriale del Comune di Trieste e dei comuni limitrofi.
In particolare, per ciò che riguarda il nullaosta di fattibilità, rilasciato in data 4 agosto 2005 dal ministero dell’Interno - Comitato tecnico regionale dei vigili del fuoco, in esso si esprime un parere favorevole condizionato con prescrizioni operative e si richiedono approfondimenti in sede di stesura del Rapporto definitivo di sicurezza, in particolare riguardo all’analisi relativa agli effetti domino conseguenti agli eventi incidentali considerati (interni ed esterni – navi metaniere) con analisi di impatto sia sulle altri parti dell’impianto che sul contesto territoriale.
Per rispondere con completezza alla domanda, voglio aggiungere che, se è ben vero che la cartografia allegata al progetto manca di dettaglio, non è vero che la Commissione Via «non si sia accorta di niente», bensì è prassi tecnica che le mappe allegate a progetti similari rappresentino la situazione analizzata sotto il profilo dei rischi correlati agli incidenti credibili alla scala più opportuna per la migliore comprensione; nello specifico, lo stabilimento «Seveso» più vicino è sicuramente la Dct SpA di Trieste che, in relazione agli eventi rappresentati, non viene coinvolta.
Dalla terra spostiamoci ora al mare e veniamo alle obiezioni che riguardano gli aspetti ad esso connessi.
Credo che, in proposito, più di ogni altro elemento valgano le prescrizioni imposte dal decreto di Via il cui giudizio favorevole di compatibilità ambientale prevede un sistema di monitoraggio e controllo come stabilito agli articoli 28 e 29 del Dl 152/2006. In particolare «prima dell’inizio dei lavori, con spese a carico del proponente ed in accordo con Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) ed Arpa regionale per tempi e modalità di esecuzione, dovrà essere presentato un piano di monitoraggio, che preveda cinque stazioni di misura disposte su un transetto interno alla Baia di Muggia e cinque stazioni di misura su un transetto disposto nell’area di transizione tra la Baia di Muggia e il Golfo di Trieste; il monitoraggio dovrà essere aggiornato al riguardo dei parametri fisico, chimici, geochimici, biologici e degli organismi zooplantonici sia sulla colonna d’acqua che sui sedimenti. Tale piano dovrà essere messo in atto almeno un anno prima dell’inizio dei lavori e dovrà protrarsi durante la fase sia di cantiere che di esercizio.
I risultati dei monitoraggi dovranno essere trasmessi annualmente sulla base dei monitoraggi che definiscono il quadro conoscitivo ante operam di cui alla prescrizione precedente. Ispra ed Arpa regionale in accordo con il proponente dovranno definire valori di temperatura e cloro, in corrispondenza delle stazioni di misura sui due transetti, tali da rappresentare soglie di allarme per la conservazione della varietà biotica e per la perdita di biomassa fitoplanctonica. Prima dell’entrata in esercizio dovrà essere stipulato un Protocollo operativo tra Regione Fvg, Arpa, Ispra e il proponente, finalizzato alla definizione di procedure, tempi e modalità per la limitazione del processo di rigassificazione in caso di superamento dei valori soglia individuati.
E’ vero che vi sono anche inesattezze e imprecisioni nella documentazione prodotta da Gas Natural, ma la commissione che ha valutato il progetto le ha in tutta evidenza ritenute non in grado di determinare una bocciatura dello stesso. Posso convenire che sia poco logico richiedere mille bolli per una veranda a un privato, ma non è su banali questioni di forma che dobbiamo ragionare. Che la bora a Trieste non spiri a 36 km/h, ma piuttosto a 136 è pure fuor di dubbio, ma prendo in proposito in prestito quanto ha dichiarato il presidente dell’Autorità portuale, Claudio Boniciolli: «Le previste 120 gasiere portate al rigassificatore in un anno non sono niente, non interferiscono con i traffici, e la bora non ha mai fatto male a nessuna nave».
A proposito del porto e del traffico delle gasiere in particolare, l'eventualità di prevedere le zone di interdizione e di quantificarne l'estensione sarà sicuramente oggetto di analisi all'atto della già citata validazione del Rapporto di sicurezza relativo al rigassificatore da parte dell'autorità competente (Ctr).
Considerato che l'impianto di Porto Viro (Rovigo) è off shore mentre quello di Zaule sarà on shore, è evidente che le aree di interdizione non siano tra loro confrontabili. L'area di rispetto (non zone di interdizione) di 1,5 miglia marine del rigassificatore di Porto Viro è una conseguenza di valutazioni sulla probabilità di riconoscimento di un naviglio che si avvicina all'impianto; nulla a che fare con le norme di rispetto all'interno della zona portuale di Trieste dove sorgerà l'impianto di rigassificazione on shore.
A proposito della sicurezza del traffico marittimo fa fede invece quanto dichiara l’autorità preposta, ovvero la Capitaneria di Porto di Trieste, il cui parere, reso in data 15 novembre 2006, prevede che il posizionamento del terminale Gnl è compatibile con le misure di sicurezza per la navigazione in ambito portuale con le seguenti argomentazioni:
Le aree per gli ancoraggi delle navi di tipo gasiero (ricompresse nella definizione di navi cisterna) non coincidono con le direttrici di traffico in entrata/uscita per/da il porto di Trieste;
le modalità di effettuazione delle manovre di ingresso/uscita dal porto di Trieste, già in uso per le altre navi cisterna, sono applicabili anche alle metaniere, in quanto l’art. 6 dell’ordinanza n.08/06 vieta comunque la manovra delle altre navi ormeggiate nel vallone di Muggia quando vi siano movimentazioni di navi che trasportano prodotti liquidi infiammabili alla rinfusa;
non si riscontrano problematiche inerenti le navi da pesca in quanto l’attività di pesca non è consentita in ambito portuale;
anche in caso di ormeggio contemporaneo di navi cisterna al terminale Gnl e quello petrolifero, non viene preclusa la navigabilità per le navi destinate agli ormeggi del Canale industriale.
Il citato parere contiene inoltre l’indicazione di una prescrizione consistente nella dotazione del terminale Gnl di un apparato di videosorveglianza coadiuvato e coordinato al locale sistema Vts, quale sistema di controllo del traffico marittimo da attuarsi per rendere ancora più sicuro il traffico delle metaniere.
Non mi stupisce che su una zona di prevista reindustrializzazione vi siano più progetti concorrenti, che rispondono, come è evidente, agli interessi di chi li propone: lo Stato ha il compito di comporre gli interessi salvaguardando prima di tutto quello generale, nella logica di uno stato liberale e non socialista. Deve garantire il rispetto delle procedure, delle regole, della compatibilità e della funzionalità dei progetti proposti. Se a Trieste sorgerà un polo energetico in quella che oggi è solo un valle di lacrime, io personalmente ne sarei solo felice.
Che progetti energetici d’interesse nazionale possano collidere con altri di diversi stati è pure naturale. Ho sostenuto e sostengo che le obiezioni ambientali slovene nascondessero altri interessi che sono venuti allo scoperto con la dichiarazione della settimana scorsa del ministro dell'economia sloveno, Matej Lahovnik: «La Slovenia è molto interessata all'idea di coprodurre un rigassificatore sull'isola di Veglia, in Croazia, ma mantiene le sue obiezioni su di un identico impianto nel Golfo di Trieste».
A proposito del Corridoio 5, va precisato invece che proprio noi siamo stati i primi, pur volendo l'Alta velocità, a dire che quel tracciato è troppo impattante. La Regione ha chiesto a Ferrovie la revisione di quel tracciato chiedendo correzioni sull'impatto ambientale e sostenendo la necessità, proprio a difesa del porto di Trieste e degli interessi italiani, della previsione progettuale anche del collegamento diretto tra Trieste e Capodistria.
Infine, lei ritorna sull’abusato ritornello delle cose del passato e di chi se ne occupa. Fin qui abbiamo parlato invero solo di presente e di futuro, e potrei chiudere rispondendole, ancora latinamente, «historia magistra vitae», ma desidero invece porgere alla sua attenzione una bella pagina di Francesco Alberoni (Corriere della Sera, 12 febbraio 2001): «Sono le comunità nascenti, ricche di solidarietà, di speranza e di fede che vanno nel passato per lanciarsi verso il futuro. Quando invece un popolo, o un gruppo dirigente, o una classe intellettuale o dei pedagogisti rifiutano la storia, vuol dire che non si sentono più parte di una comunità in cammino. Vuol dire che hanno perso la speranza, lo slancio, l'ideale. Vuol dire che hanno perso il futuro, che sono morti».
Roberto Menia
 

 

Fiume, il Consiglio regionale approva il rigassificatore - Presa d’atto dello studio d’impatto ambientale, parere positivo per l’impianto da edificare a Veglia
 

Sì del Consiglio della Regione quarnerino–montana al rigassificatore di Castelmuschio (Omisalj), nell’Isola di Veglia ma a patto che risponda ai più rigorosi criteri di salvaguardia ambientale e permetta alla Contea e ai Comuni interessati d’incamerare fondi adeguati all’importanza del mega impianto. È quanto concluso dal parlamentino conteale, che ha preso in esame lo Studio d’impatto ambientale del Terminal Lng vegliota, approvandola con 27 voti a favore e uno astenuto.
I consiglieri hanno focalizzato le richieste soprattutto sull’aspetto dei tre serbatoi di metano liquido, che il progetto prevede siano alti ben 53 metri ciascuno, modificando in modo radicale il panorama di questa porzione di Veglia. È stato chiesto infatti che i contenitori siano interrati almeno in parte o che l’Adria Lng (il consorzio concessionario) provveda all’edificazione di quattro serbatoi di dimensioni minori. Ai consiglieri si è rivolta Veronika Tomas, a nome della ditta ”Ekonerg”, che ha preparato lo studio d’impatto ambientale del rigassificatore, attualmente sottoposto a pubblico dibattito. «Possiamo affermare senza timore di smentita – ha detto la Tomas – che le conseguenze del terminal metanifero saranno minime per il mare e i suoi microrganismi e circoscritte all’ambito locale. I rischi per l’habitat saranno minimi, come pure le possibilità di un incidente con fuoriuscita di gas. Stiamo valutando pure la possibilità che un terzo dei serbatoi, quello inferiore, sia verniciato di colore verde, per un migliore adattamento all’ambiente».
«È stato inoltre stimato - ha continuato - che le aziende croate potrebbero intascare sui 300 milioni di euro per i lavori di costruzione mentre circa 30 andrebbero annualmente alle imprese quarnerino–montane per manutenzione e trasporti marittimi». A prendere quindi la parola è stato Bernard Luka Baraka, esponente dell’Adria Lng: ha dichiarato che il traguardo del consorzio è mettere in funzione un rigassificatore concorrenziale e che risponda a tutti i criteri legati alla sicurezza. «Vogliamo che l’impianto sia attivo almeno 30 anni – ha affermato Luka Baraka –: il rigassificatore sarà un affare da 800 milioni di euro, esclusi i costi per l’edificazione del gasdotto. I lavori dovrebbero cominciare nel 2011 e concludersi tre anni dopo, con il terminal che dovrebbe movimentare annualmente sui 15 miliardi di metri cubi di metano». Nel corso del dibattito è stato rilevato che le aziende croate dovrebbero essere incluse nel Consorzio Adria Lng nella misura minima del 25%, evitando così che la Croazia diventi una pura e semplice ”autostrada del gas”, senza ricavi degni di tal nome. Nel contesto, è stato evidenziato che la municipalità di Castelmuschio dovrebbe realizzare ogni anno entrate grazie al rigassificatore per circa 14 milioni di kune (un milione e 915mila euro), somma fissata a 7 milioni di kune (960mila euro) per l’amministrazione regionale. «Ricavi simbolici» ha commentato il consigliere socialdemocratico Georg Zezelic.
(a.m.)

 

 

«Bonifiche, i due terzi a carico degli imprenditori» - Assindustria: pazzesche le cifre chieste ai privati per il danno ambientale. Menia: follia non firmare
 

PALAZZO RALLI BOCCIA LA BOZZA DI ACCORDO: «INVESTIMENTI PENALIZZATI»
«Se quest’accordo va in porto le 200 aziende grandi e piccole comprese nel perimetro del Sin si troveranno a dover pagare complessivamente oltre 263 milioni di euro senza avere perlopiù colpa alcuna dell’inquinamento dell’area».
CIFRA ENORME Non piace agli imprenditori nemmeno l’ultima bozza dell’accordo di programma sulle bonifiche. Proprio mentre il sottosegretario all’Ambiente Roberto Menia ieri ha affermato che conta «di ricevere nella settimana entrante l’assenso definitivo della Regione raccolto il parere delle amministrazioni locali per arrivare finalmente alla firma», Assindustria con il presidente Sergio Razeto e il vice Vittorio Pedicchio è scesa ieri pesantemente in campo con l’obiettivo di modificare ancora in extremis il testo per cambiare la sostanza dell’accordo. «Il Ministero dell’Ambiente - ha affermato Razeto - ha previsto di ottenere 236 milioni e 300 mila euro dalle transazioni con le aziende che hanno sede all’interno del perimetro del Sin (anche se non colpevoli di inquinamento) sui complessivi 350 milioni e 300 mila euro stimati come costo totale del danno ambientale: la parte pubblica dunque interverrà a coprire solo un terzo del fabbisogno complessivo».
DANNO AMBIENTALE Ma questi non sono i soldi per la bonifica dell’area, ma quelli appunto che dovranno risarcire il danno ambientale. «La nuova bozza dell’accordo - spiega l’assessore comunale allo sviluppo economico Paolo Rovis - prevede che chi non ha inquinato e si è insediato in epoca precedente alla perimetrazione del Sin non pagherà per la bonifica». «È un testo più favorevole alle imprese rispetto a quello precedente - controbatte Menia - e recepisce anche altre indicazioni delle amministrazioni locali. Quando lo abbiamo discusso il presidente uscente dell’Assindustria Antonini se n’era andato felice, non capisco ora questo irrigidimento. Sul danno ambientale vanno rispettate le leggi nazionali, i regolamenti e tenuta una linea univoca rispetto a quanto applicato in altri siti inquinati in Italia. Deve pagare chi è definito ”custode dell’area”. È come quando arrivano i pompieri per spegnere un incendio a casa tua. Poi devi pagare i danni che l’acqua fa nei piani sottostanti. E comunque le cifre fatte sono ancora indicative. Non firmare quest’ultimo testo però - conclude il sottosegretario - sarebbe pura follia».
ACCORDO DA FARE Sotto l’accordo sono previste le firme di Ministero, Regione, Provincia, Comune di Trieste, Comune di Muggia, Autorità portuale e Camera di commercio, non quella di Assindustria che però ora è fermamente intenzionata a far sentire tutto il proprio peso. «Qui si tratta di cifre astronomiche che ricadranno sulle aziende - ammonisce Pedicchio - non solo verranno penalizzati i possibili futuri investimenti, ma ci saranno pesanti ricadute sull’occupazione. Chi poi se ne farà carico? Noi chiediamo che vengano fatte tutte le caratterizzazioni, che le aree non inquinate siano restituite agli usi legittimi e che paghi solo chi ha effettivamente inquinato.»
CASO EMBLEMATICO Assindustria porta il caso concreto di un imprenditore che il 24 novembre è stato al Ministero dell’Ambiente a Roma per farsi fare un preventivo di quanto gli costerebbe la transazione in base alla nuova bozza d’accordo. Si tratta di un’azienda che ha un’area di proprietà di 130 mila metri quadrati, che si è insediata tra il 2001 e il 2002 e che non ha alcuna responsabilità dell’inquinamento. All’azienda sono stati addebitati 468 mila euro (3,6 euro al metro quadrato) come quota del danno indistintamente quantificato per tutte le imprese nel perimetro del Sin; 1 milione 717 mila euro (13,2 euro al metro quadrato) quale azienda classificata dal ministero ”a medio impatto inquinante”, un milione 560 mila euro (12 euro a metro quadrato) quale onere di compartecipazione alla realizzazione del barrieramento della falda.
Il costo totale della transazione per quest’azienda è dunque pari a 3 milioni 775 mila euro, somma che secondo quanto prevede l’accordo potrà essere comunque corrisposta in dieci anni e senza interessi. A questo onere va aggiunta la spesa già sostenuta dall’azienda, per l’esattezza 490 mila euro, per la caratterizzazione e una prima messa in sicurezza. E non comprende nemmeno la spesa per la bonifica vera e propria che però appunto in base all’ultima bozza, l’azienda non dovrà sostenere se potrà dimostrare di non aver inquinato.
AZIENDE PENALIZZATE Assindustria ha rilanciato ieri l’intenzione di riaprire il dialogo con le istituzioni preposte a firmare l’accordo di programma. «Riteniamo opportuno entrare nel dibattito con positività e trasparenza - ha concluso il presidente Razeto - sottolineando ancora una volta il nostro ruolo a sostegno delle imprese incolpevoli dell’inquinamento sebbene colpevoli, se questa è una colpa, di avere sede all’interno del perimetro del Sin. L’Associazione industriali da sempre chiede di arrivare a una soluzione che eviti di penalizzare quelle imprese che non sono responsabili dell’inquinamento, in una fase congiunturale già così critica per la loro attività produttiva e commerciale».

SILVIO MARANZANA

 

 

Centro storico, 120 edifici destinati a posteggi - Intervento previsto in otto immobili ogni cento. Nuove costruzioni in area Crosada
 

Secretazione di piani urbanistici addio, capitolo secondo. Il consigliere dei Verdi Alfredo Racovelli che mesi fa ha diffuso i contenuti del Piano regolatore ieri ha fatto la stessa cosa con l’appena ricevuto «Piano regolatore particolareggiato comunale di iniziativa pubblica del centro storico».
È una forma di contestazione ai «segreti» comunali, ma anche, in questo momento politicamente teso e poco chiaro dalle parti di piazza Unità, un gesto «contro decisioni assunte senza condivisione della città, che diventano mezzi di contrattazione, molto interni a una politica che vuol tutto succhiare come un vampiro» accusa Racovelli, prossimo presidente della Commissione trasparenza.
Racovelli depreca le liti innescate da Udc e Lega che assieme alla situazione di risicata maggioranza «rischiano - dice - di trasformare anche i documenti urbanistici in interesse di parte».
Detto ciò, ecco il fascicolo, firmato «fino al 2006» da un coordinatore dei progettisti, l’architetto Marina Cassin, e «dal 2007» dall’architetto Ave Furlan dirigente del Comune e già responsabile tecnico del Piano regolatore. Si vede la lunga gestazione del documento, che infatti suggerisce «due nuovi contenitori culturali» in centro città, uno dei quali è la già attiva (più o meno) ex Pescheria.
Il lavoro è pregevole, agli occhi del consigliere d’opposizione ma anche a quelli del lettore interessato, per il gran lavoro di minuziosa analisi di tutta l’area dei borghi antichi, della parte medioevale, della città «murata». All’interno del perimento del Centro storico (che resta vincolato alle norme del «piano colore» e a ben precise tipologie di serramenti e tetti) sono stati censiti e schedati 1600 edifici «producendo - afferma il testo - un atlante di valore documentale e scientifico di particolare significato».
Esaminando i valori storici, paesaggistici e di verde urbano, il Piano indica soprattutto la necessità di parcheggi e riprende alcune già calpestate ipotesi: propone di trasformare in parcheggio ben 120 edifici del centro, pari all’8% di tutto l’edificato. Ovviamente non toccando quelli classificati come di intoccabile pregio. Il fabbisogno di posti macchina è calcolato in 10 mila, esclusi i parcheggi di strada. Viene consentito inoltre di trasformare in autorimessa i fori su strada, pur con qualche criterio.
Per il consigliere dei Verdi si tratta di una trasformazione del centro in «case per ricchi e deposito di automobili». I progettisti notano però che pur cambiando nel tempo il cuore della città non ha patito fenomeni di spopolamento ed è tuttora vivo e vegeto, anche per attività. Tra le quali si suggerisce di incrementare attività economiche e sociali, alberghi a poche stelle, attività turistiche, accessibilità, intervenendo sulle «zone marginalizzate» (tra cui l’area di Campo Marzio).
Altra novità è nella parte medioevale. Su Crosada si propone la costruzione di edifici nuovi, in parte di ripristino di case crollate prima o durante la riqualificazione Urban. Suggerito altresì il vincolo non solo per il Canal Grande, ma anche per le vie e case che lo costeggiano. Più genericamente il Comune è invitato a curare lo «spazio pubblico» e a ripristinare alcune visuali che costituiscono la bellezza specifica dell’area.
Come dovrebbe agire il Comune? Col piano triennale delle opere, quello 2009-2011, già approvato il 18 febbraio 2009. La cifra totale della lista degli interventi (quasi tutti già noti, ma non sono citati i 120 palazzi da rendere parcheggio) ammonta a circa 41 milioni di euro. Il costo più alto è per palazzo Biserini (biblioteca civica), 9 milioni, il più basso per il consolidamento dei piloni di piazza Unità, 60 mila euro.
GABRIELLA ZIANI

 

 

Baia di Sistiana preclusa ai pedoni, è polemica - IL VERDE ROZZA SOLLECITA L’APERTURA DI TUTTI GLI ACCESSI ALLA BATTIGIA
 

Il sindaco: si arriva lo stesso con le scalette, portoni chiusi per motivi di sicurezza
DUINO AURISINA Si ripristini al più presto il libero transito dei pedoni su tutta la baia di Sistiana. E’ quanto “caldeggia”, per ricorrere a un eufemismo, il consigliere comunale di opposizione Maurizio Rozza (Verdi). Che sul tema, appoggiato nell'istanza da tutto il centrosinistra, venerdì ha depositato una mozione urgente in municipio. Il documento denuncia la graduale chiusura della baia al passaggio pedonale, rilevando in particolare che «l’area portuale in direzione della Caravella è stata totalmente recintata e chiusa, impedendo il libero transito delle persone in direzione delle Falesie di Duino». Un punto che però il sindaco Giorgio Ret smentisce, assicurando che i cittadini vi possono accedere attraverso delle scalette, passando davanti alla sede della Pietas Julia. Rozza reputa l’attuale situazione «particolarmente preoccupante», in quanto «impedisce altresì l’uscita dall’area di eventuali persone che si trovassero nella necessità di prendere terra in quella frazione del porto per avarie a imbarcazioni o natanti oppure per un malore». Già durante l’ultimo consiglio comunale l’esponente dei Verdi aveva segnalato la criticità: «Forse ci si dimentica – aveva detto – che quell’area è pur sempre un arco portuale e che le persone devono avere liberamente accesso alla linea della battigia, cosa evidentemente preclusa con i cancelli serrati. Il sindaco deve intervenire immediatamente per ripristinare il varco e quindi il libero accesso di tutti i cittadini». E ciò in virtù del fatto che «la baia di Sistiana assolve, oltre a un ruolo turistico, un’evidente funzione sociale e ricreativa per la comunità di Duino Aurisina», essendo «l’unica area marittima facilmente accessibile agli abitanti anche con ridotte capacità motorie». La zona costiera in direzione della Costa dei Barbari è stata infatti interdetta al libero transito dei pedoni per motivi di sicurezza. La mozione trova l’appoggio compatto di tutto il centrosinistra consiliare e, naturalmente, del capogruppo Massimo Veronese. «Siamo tutti concordi con Rozza – spiega il consigliere di opposizione Walter Ulcigrai –: è vero che le persone raggiungono lo stesso la spiaggia ma lo fanno mettendo i piedi, con non pochi rischi, su delle pietre precariamente sistemate a mo’ di passaggio. Sarebbe bene perlomeno posizionare un camminamento temporaneo per evitare che qualcuno si faccia male». Il sindaco, investito della questione, ha preso contatto nei giorni scorsi con i concessionari e dunque replica così: «Il cancello viene chiuso ogni anno a fine stagione a tutela del fatto che non vi possano essere danneggiamenti o furti nella proprietà privata. I titolari, comunque, sono tranquillamente disposti ad aprilo, purché qualcuno, a quel punto, se ne assuma la responsabilità in caso di incidenti a cose o a persone. Le persone approdano ugualmente alla spiaggia e pure domenica scorsa si è registrato un notevole afflusso di visitatori. Se il consiglio comunale, per consentire l’apertura dei cancelli, intende prendersi la responsabilità di assumere le spese di vigilanza o guardianaggio allora procederemo in tal senso, ma la Corte dei conti come potrebbe esprimersi nei confronti di una tale scelta? ».
TIZIANA CARPINELLI

 

 

«Costiera, l’acqua è un pericolo» - Mancano impianti di raccolta: area instabile geologicamente - RET SCRIVE A STRADE FVG
 

DUINO AURISINA Ha preso carta e penna e ha buttato giù una missiva che non ammette repliche, intimando a Strade Fvg di realizzare al più presto sulla Statale 14, la Costiera, un adeguato sistema di raccolta delle acque meteoriche. Anche all’assenza di impianti, infatti, si imputa la situazione di diffusa instabilità geostatica riscontrata nell’ambito A32 di Marina di Aurisina, lembo di territorio che si estende per 1200 metri sulla costa, dalle Ginestre fino a Canovella de’ Zoppoli. Letta l’esaustiva relazione geologica, geotecnica e geostatica elaborata dal geologo Bruno Grego, il sindaco Giorgio Ret si è dunque deciso a correre ai ripari, chiedendo quegli interventi che mai sono stati operati prima per mettere in sicurezza il territorio. Infatti, il geologo incaricato dal Comune ha evidenziato nell’ambito A 32 diversi gradi di pericolosità, altresì tracciando le azioni da compiere per un ripristino ambientale. La diffusa instabilità geostatica è dettata da una molteplicità di fattori, tra cui l’accertata mobilità del detrito di falda che costituisce gran parte dei terreni, l’assenza di manutenzione delle opere di terrazzamento per contrastare il dissesto idrogeologico e la pendenza dei versanti. Ma anche, come si legge a pagina 9 della redazione, «per l’assenza di un sistema di raccolta delle acque meteoriche, allo stato lasciate libere di scorrere in forma ruscellante lungo la principale arteria viaria interna all’ambito». E ancora: «In effetti – così Grego - gli effetti della mancata raccolta preventiva delle acque meteoriche, in parte provenienti dal tratto di strada sovrastante, risultano con evidenza segnalati nel tratto di strada che collega i due nuclei abitati di Marina di Aurisina, risultando questa parte di territorio, non a caso, tra quelle ove il dissesto idrogeologico è massimamente attivo con il suo carico distruttivo». Forte di queste considerazioni Ret ha subito sollecitato Strade Fvg a intervenire: «Ho chiesto che venissero cantierate le opere per la posa di impianti di reflusso delle acque piovane: al momento non ho ancora ricevuto risposta, ma se sarà necessario contatterò l’assessore regionale alle Infrastrutture Riccardo Riccardi per ottenere sostegno». Sul piede di guerra l’opposizione, che ha preso parte venerdì alla commissione durante la quale il geologo Grego ha esposto la relazione: «La Costiera – così Maurizio Rozza (Verdi) – è del tutto priva di sistemi di raccolta delle acque reflue: l’auspicio è che vengano al più presto adottati gli impianti a vasca utilizzati in Francia, ove attraverso un disoleatore si spara l’acqua dagli oli abbandonati dalle auto, reimpiegandola per l’agricoltura. Imprescindibile, poi, la reintroduzione dei pastini per arginare l’ulteriore erosione e frana dei terreni».

(t.c.)
 

 

SEGNALAZIONI - ACQUA - No alla privatizzazione
 

Nel prossimo futuro tra i tanti problemi di caro prezzi avremo uno in più, il caro acqua dovuto alla sua privatizzazione recente, le conseguenze future saranno le conseguenze passate di chi le ha già provate sulla sua pelle come: Francia, Regno Unito, America Latina con tanto di rivolte popolari.
Non credo, vista la mia indole, che andrò a lanciare bombe in una rivolta per manifestare il mio disagio sull’acqua potabile venduta troppo cara e un servizio di erogazione di pessima qualità di conseguenza per accettare il rigassificatore nella mia vita quotidiana propongo di trattare. Il mio consenso in cambio di garanzie che l’acqua marina di scarto dal rigassificatore venga come negli Stati Uniti trasformata in una buona economica acqua potabile.
Il mio consenso se l’attuale depuratore di acque fognarie obsoleto venga cambiato con uno moderno atto a depurare le acque nere di una tale qualità da poter essere riutilizzate per l’agricoltura e industria. Il mio consenso se le acque calde di scarto dalla Ferriera per esempio, vengano anziché sprecate nell’ambiente, utilizzate per il teleriscaldamento potendo utilizzare l’esperienza maturata dal comune di Brescia. Il mio consenso per saper quanto andrò a risparmiare sulla bolletta del gas spiegato in maniera cristallina. Segnalo che mettendo in atto quanto summenzionato ci sarebbero minimo 1000 nuovi posti di lavoro.
Maurizio Iacobucci
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 28 novembre 2009

 

 

«Rigassificatore, per noi la sicurezza è una priorità» - Gas natural: «Studi falsati? Accuse già archiviate dalla Procura. Dubbi chiariti davanti alle autorità»
 

La società sulle prescrizioni dettate da Roma: «Chiariremo tutti i punti in fase di completamento della documentazione necessaria per l’ok finale»
Il progetto del rigassificatore sarà completato, migliorato, adeguato a tutte le normative europee e italiane in una fase successiva a questa. Un piano di emergenza per la sicurezza sarà «ovviamente» messo a punto e scritto «in ultimo sulla base della dettagliata progettazione finale, prima dell’avvio dell’installazione, cosa obbligatoria per ottenere i permessi». Tutti gli scenari di rischio sono stati valutati, al fine di evitarli: «La prevenzione è il primo passo per la sicurezza». Documenti imprecisi? «Sono le accuse di alcuni ambientalisti, già archiviate dalla Procura, siamo un leader mondiale nel mercato del Gnl, vogliamo portare tutto il nostro ”know how” e la nostra esperienza per creare a Trieste il miglior progetto per la città e i suoi cittadini e per il settore energetico italiano».
Dopo le pesanti e circostanziate parole di allarme sull’impianto che Gas natural sta per impiantare a Zaule espresse l’altro giorno dal gruppo tecnico di lavoro formato da docenti universitari italiani e sloveni l’impresa spagnola è stata interpellata per una risposta a così pesanti quesiti. C’è un piano di sicurezza? Si può spostare il rigassificatore? Quando saranno inviate al ministero le risposte alle prescrizioni date? Perché si è scelto un sito così vicino a tante industrie a rischio in caso d’incidente?
A stretto giro di posta elettronica Gas natural ha risposto ieri a tutti i quesiti, tranne a uno. Perché non è stata organizzata una confacente informazione ai cittadini? «Vorremmo chiederlo a chi lo sa - in questo caso risponde la società spagnola -, non l’abbiamo mai capito». Forse tuttavia è una esplicita frase di dubbio e riflessione interna, l’unica peraltro rimasta solo in spagnolo senza traduzione in inglese, in un testo che a ogni quesito risponde con orgoglio, certezze, rassicurazioni e promesse.
Gas natural nello specifico afferma di non poter controbattere punto su punto alle osservazioni dei docenti triestini, perché non in possesso dei testi originali di contestazione. Osserva tuttavia che i loro argomenti sono quelli ricorrenti, «e sono stati chiariti tempo fa davanti alle maggiori autorità. Si può davvero credere - scrive Gas natural ricordando che da 40 anni sue installazioni sono attive nei paesi più sviluppati, e che altre sono in costruzione negli Usa, in Francia, in Olanda - che queste autorità potrebbero ignorare gli errori macroscopici di cui ci accusano questi docenti? L’accusa di falsa documentazione imputataci da alcuni ambientalisti è stata completamente chiarita davanti alla Procura, e infine archiviata perché totalmente falsa».
Inoltre si ribadisce che Gas Natural aprirà una sede a Trieste e uno degli obiettivi principali di questa presenza «sarà trovare i mezzi più efficaci per comunicare il progetto alla popolazione, alle istituzioni, e per informare su tutti i passi dell’intero procedimento».
Quanto alla dislocazione dell’impianto, così contestata, la società spiega: «La selezione dei siti si basa su differenti aspetti: sicurezza, disponibilità di infrastrutture, capacità del porto di trattare navi grandi, disponibilità di personale qualificato per la costruzione e l’operatività del terminal di rigassificazione, vicinanza ai consumatori finali nella rete italiana del gas, e ragioni economiche in termini di sviluppo locale considerando sia la costruzione in loco, sia la competitività in termini di apertura del mercato italiano del gas a nuovi e competitivi operatori».
Infine: le risposte alle prescrizioni del ministero dell’Ambiente saranno inviate via via che si completa la documentazione necessaria per l’autorizzazione finale. «E saranno - dice l’impresa - la garanzia che il progetto quando diventa operativo soddisferà tutte le esigenze ambientali, tecniche e della sicurezza per il bene della popolazione, e del proprio impianto».
Sui timori per la sicurezza, gli spagnoli sembrano seccati dai dubbi triestini: «Si prenda nota - scrivono - che per una compagnia come Gas natural, che gode di reputazione internazionale, che ha trasportato, distribuito e creato installazioni di gas per oltre 100 anni la sicurezza è una priorità. Parliamo seriamente - ammoniscono - di cose serie. Un centinaio di differenti misure di sicurezza sono installate nel disegno di ogni singolo sistema nel terminal per prevenire incidenti».
GABRIELLA ZIANI

 

 

Razeto: «Siamo distanti dal progetto definitivo» - Il presidente di Assindustria: «L’impianto va fatto con tutti i crismi e i sistemi più moderni»
 

«Un impianto come il rigassificatore deve avere tutti i controlli possibili e immaginabili per la sicurezza. Se i docenti triestini che criticano l’attuale progetto dicono che per fare si deve far bene, sono completamente d’accordo, senza garanzie di sicurezza non ha nemmeno senso andare avanti, il rigassificatore va fatto con tutti i crismi e i sistemi più moderni». Lo afferma il presidente di Assindustria, Sergio Razeto, che aggiunge: «Casa mia è a un tiro di schioppo, non voglio finire io per primo in una nube di gas...».
Razeto tuttavia è molto dubbioso sulle dure critiche del gruppo di docenti, che non ha tuttavia potuto approfondire per motivi d’intenso lavoro: «Credo - afferma - che siamo in una fase molto distante da un progetto vero, manca uno studio di fattibilità, e ritengo che Gas natural abbia predisposto una prima analisi di superficie, che sempre si fa per vedere se ci sono le condizioni per realizzare un impianto industriale e metterci i quattrini, credo che l’attuale documentazione passerà dallo studio approssimativo a un progetto certo».
Ieri tuttavia, sulla scorta delle argomentazioni del gruppo tecnico, il consigliere regionale del Pd, Igor Gabrovec, ha chiesto a Tondo di «bloccare immediatamente l’iter di approvazione del rigassificatore». Motivo: pericoli e documentazione con «macroscopici errori», la cui sottovalutazione viene imputata anche all’assessore all’Ambiente, Elio De Anna. Il quale dà invece dell’intera vicenda una inedita versione: «Gas natural non ha ottenuto parere positivo alla Valutazione d’impatto ambientale (Via), ma solo un parere di conformità limitato agli impianti sottomarini. Manca ancora - dice l’assessore - pari procedura anche per il tubo di collegamento tra la nave gasiera e i depositi a terra. Non è cambiato niente, a oggi, da quando la giunta Illy disse che non poteva esprimersi perché non erano chiariti rischi e sicurezza. Se il ministero dell’Ambiente riavvierà le procedure di Via - prosegue De Anna - solo allora la giunta Tondo acquisirà tutti i pareri da portare a quel tavolo: sentirà i Comuni di Trieste, San Dorligo e Muggia, esperti, altri, costruirà insomma un suo parere motivato. Avere poi la Via - conclude - non significa un’automatica autorizzazione, che può ancora essere negata».
Per l’assessore alle Infrastrutture, Riccardo Riccardi, tutto è molto chiaro invece: «Se c’è già la Via, data dal ministero che è organo dello Stato e quindi della Repubblica italiana, chi crede nella Repubblica deve credere anche a un suo parere, più che ai comitati. Il rigassificatore è strategico per l’economia regionale, ha l’assenso degli enti locali anche triestini, e abbasserà il costo delle bollette». Altrettanto ferme le considerazioni del presidente dell’Autorità portuale, Claudio Boniciolli: «Le previste 120 gasiere portate al rigassificatore in un anno non sono niente, non interferiscono coi suoi traffici, e la bora non ha mai fatto male a nessuna nave».
Il sindaco Roberto Dipiazza: «Ecco puntuale il partito del ”no se pol”. È un’area inquinata da 50 anni, e con la bonifica si ottengono tre vantaggi: indotto economico, catena del freddo, energia a buon prezzo. Se scoppia la centrale nucleare di Krsko diventiamo come Pompei, ma se scoppia il rigassificatore c’è solo un botto».

(g. z.)
 

 

RIGASSIFICATORE - DUBBI ”TRIESTINI” SULL’IMPIANTO - A MENIA 11 DOMANDE SCOMODE
 

Abbiamo chiesto a Paolo Rumiz di porre al sottosegretario all’Ambiente Roberto Menia le domande più dirette e scomode sul progetto del rigassificatore di Zaule. Domani le risposte di Menia.
Gentile sottosegretario onorevole Roberto Menia, vorrei capire meglio da lei cos'è questo rigassificatore di Trieste. Essendo lei un sostenitore del progetto, le chiedo di spiegarmelo. Non mi importa niente delle obiezioni slovene, che del resto lei considera un’interferenza negli affari di casa. Qui le porrò dubbi italianissimi. Anzi, triestini.
Ho posto alcune di queste domande all'azienda spagnola Gas Natural che si prepara a costruire l'impianto, ma in questo delicato momento, con la città scarsamente informata, ritengo debba essere lei a rispondere, in quanto viceministro all'Ambiente, quindi direttamente coinvolto, e in quanto figlio di questa città. Un'azienda fa i suoi interessi. Lei invece si occupa dei nostri. Quindi anche dei miei e di quelli dei miei figli.
Premetto ancora: lei non è un politico che ha preso l'incarico istituzionale come una sine-cura. L'on. Menia è uno che lavora, dicono a Roma, e ci credo. Lei conosce il fatto, e la sua sensibilità ai problemi del territorio è indubitabile. Non c'è oggi in Italia persona più adatta a rispondere. Dunque sono certo che lo saprà fare con l'attenzione che il delicato argomento richiede. Cominciamo.
IL LUOGO. Perché il rigassificatore di Rovigo sta a quindici chilometri dalla costa mentre noi, che abbiamo un mare più chiuso, dobbiamo ospitarlo quasi in città, e per giunta nella sua forma più obsoleta?
GLI OBIETTIVI. Lo sa che attorno al sito del rigassificatore esiste un'alta densità di obiettivi "sensibili"? Glieli elenco: i depositi costieri triestini (50 metri), la futura centrale a turbogas (50 metri), il terminal dell'oleodotto (100), l'inceneritore (150), la ferriera (500) e i depositi di formaldeide della Alder (700). La superstrada è a 120 metri, i quartieri popolari a 600, lo stadio a mille.
I RISCHI. Pensando all'attentato del 1972 alla Siot e all'enfasi del suo governo sul tema del terrorismo, non ritiene che la collocazione dell'impianto possa costituire un problema? E in caso di incidente, sono stati valutati i pericoli in ossequio alla legge Séveso?
EFFETTO-DOMINO. È a conoscenza del fatto che nel progetto della Gas Natural approvato dal suo ministero, in particolare nelle cartografie allegate all'esame dell'effetto-domino (incidenti a catena) mancano i depositi costieri, l'inceneritore, i depositi di formaldeide, le industrie? Come mai la commissione ambiente non si è accorta di niente?
IL MARE. Ha valutato gli effetti ambientali di un impianto che succhia 800 mila metri cubi di acqua al giorno, in un anno l'equivalente del triplo della baia di Zaule (tutto il mare a Est delle dighe)? Lo sa che in quel mare chiuso verrà versato all'anno l'equivalente 70 tonnellate di cloro attivo? Lo sa che autorevoli esperti del nostro polo scientifico temono alla lunga nella baia un abbassamento di alcuni gradi di temperatura?
LO STUDIO. È a conoscenza del fatto che negli studi di Gas Natural l'accumulo delle acque fredde non viene quasi considerato e le medesime vengono descritte come tendenti verso l'alto, contro ogni legge fisica? Ha visto che nella planimetria dell'impianto i serbatoi sono indicati a volte a destra e a volte a sinistra? Lo sa che la bora viene indicata con punte massime di 36 orari contro i cento della realtà?
IL CITTADINO. Perché al comune cittadino che deve allargare la veranda di casa si chiede un progetto firmato su carta intestata da un geometra iscritto all'Ordine, mentre alla grande compagnia energetica si è consentito di presentare una documentazione spesso carente e densa di sviste formali?
IL PORTO. La Capitaneria di porto di Chioggia, in base alle direttive europee sulla sicurezza, ha disegnato attorno al suo rigassificatore off shore una zona d'interdizione larga due chilometri e mezzo, per la sicurezza delle gasiere. Non teme che analoga disposizione, applicata a Trieste dove il canale d'accesso delle grandi navi è minimo, possa significare la paralisi del porto?
LA CITTÀ. Non pensa che la città non avrebbe dovuto essere lasciata sola di fronte a un progetto così grande? Perché non è stato istituito un team neutrale e autorevole di esperti capace di valutare il progetto e renderne pubblici i contorni? Perché la città - e l'Italia di conseguenza - deve trovarsi di fronte a progetti energetici da accettare a scatola chiusa e sui quali discutere a vuoto, magari in inutili referendum, tra i soliti due partiti, quello del "si deve" e quello del "no se pol"?
IL FUTURO. Siamo di fronte a cinque progetti "sospesi": una centrale a turbogas, un rigassificatore a terra, un rigassificatore a mare, un gasdotto sottomarino e forse a un terminal di gas russo a Monfalcone, di cui si parla dopo l'incontro Putin-Berlusconi. Cinque, che camminano separatamente nonostante siano nella stessa piccola area. Esiste una scelta unitaria dietro tutto questo? Un interesse nazionale? O c'è solo l'interesse delle compagnie? Che volto avrà Trieste fra dieci anni?
LA SLOVENIA. Lei respinge le obiezioni ambientali slovene all'impianto. Benissimo. Allora mi spieghi: come mai non ha avuto da ridire su un progetto devastante per il Carso per il Corridoio 5 che le Ferrovie italiane hanno preso pari pari da quelle slovene, nell'interesse prevalente del porto di Capodistria?
Ho finito. Qui vorrei esprimere solo un'opinione personale. Lei è molto sensibile agli eventi tragici del dopoguerra in queste terre. E va bene. Il rischio è che a furia di parlare di passato si dimentichi di vedere il presente. Su una Trieste frastornata incombono cambiamenti epocali che rischiano di essere ingovernabili, e non vorrei, per dirla come Carpinteri e Faraguna, che il gran parlare di vecchie cose serva solo «a insiempiar la gente».
Confido, anche da elettore, in una sua gentile risposta.
Paolo Rumiz
 

 

CIRCOLO MIANI - «Inquinamento, Dipiazza deve garantire la salute» - Fogar su Servola: «Il sindaco non rispetta le promesse elettorali»
 

Si chiude il centro a causa dello smog, ma la Ferriera continua a diffondere nell’aria polveri e inquinamento atmosferico. È il «paradosso» denunciato ieri dal fondatore del circolo Miani, Maurizio Fogar, strenuo sostenitore della necessità di chiudere lo stabilimento di Servola «per tutelare la salute di tutti i cittadini».
Apparso più combattivo che mai, nonostante la decisione di non assumere farmaci «per protestare contro l’immobilismo delle istituzioni su questo gravissimo problema», Fogar ha ripreso un ragionamento proposto più volte nel recente passato. «Altri sindaci, a cominciare da quello di Piombino – dice il portavoce del Miani – si sono comportati con maggiore coerenza davanti alla crescita dell’inquinamento atmosferico, invece Roberto Dipiazza sembra essere sordo a queste sollecitazioni, nonostante le promesse fatte sull’argomento in campagna elettorale». E aggiunge: «Il nostro sindaco – prosegue Fogar – preferisce scusarsi pubblicamente con i residenti dei rioni più vicini allo stabilimento di Servola, dopo aver deciso le limitazioni al traffico veicolare, a causa dell’inquinamento, piuttosto che porre fine a questo scempio provocato dal funzionamento della Ferriera».
Fogar si è rifatto a una lunga serie di norme «che dovrebbero obbligare a prendere gli opportuni provvedimenti, partendo dalla Costituzione, che garantisce la salute pubblica – dice il fondatore del circolo Miani – per arrivare a decreti e leggi regionali più recenti. Invece pur in presenza di evidenti segnali di grave pericolo per la popolazione, nessuno sembra preoccuparsi più di tanto. Dipiazza sembra dimenticare che possono essere tre le cause di inquinamento che devono portare all’assunzione di provvedimenti e che riguardano non solo il traffico e i sistemi di riscaldamento, ma anche il settore industriale. Eppure qui a Trieste siamo costretti a coabitare con un’atmosfera deleteria per la salute di tutti».
Fogar ha annunciato che, giovedì prossimo, «sempre che il mio stato di salute me lo consenta» facendo intendere che continuerà lo sciopero dei farmaci, si presenterà in piazza Unità, dove hanno sede consiglio comunale e giunta regionale, per diventare «il promemoria vivente della situazione in essere».

(u. s.)

 

 

Tav, Chisso assicura: c’è l’accordo con il Fvg - A VENEZIA POLITICI E MANAGER A CONFRONTO SUI PROGETTI DELLA «METAREGIONE»
 

CONFINDUSTRIA - Tomat: «Siamo pronti a un nuovo progetto» - Ma l’assessore veneto non lo svela. Costa: «Un nuovo corridoio verso i Paesi Baltici»
VENEZIA «Sull’alta velocità non c’è alcun conflitto tra Veneto e Friuli. Sono solo balle che scrivono i giornali. Con il governatore Renzo Tondo sono in contatto e stiamo già lavorando ad un accordo».
È difficile immaginare quale potrebbe essere il tracciato che metta d’accordo il Veneto, che vuole il treno ad alta velocità lungo la costa adriatica, ed il Friuli che invece lo vede correre parallelo all’autostrada A4. Ma l’assessore regionale alle Infrastrutture del Veneto Renato Chisso ha esordito con queste parole ieri mattina a Ca’ Corner, sede della Provincia di Venezia. L’occasione era un convegno sulla Metaregione - organizzato da Confindustria Veneto - al quale hanno partecipato rappresentanti delle sei aree coinvolte nel progetto: Veneto, Friuli Venezia Giulia, Carinzia, Stiria, Slovenia e Croazia.
L’assessore veneto non ha fatto alcun accenno al tracciato, non è entrato nello specifico, non ha dato nulla da intendere se non che, tra Veneto e Friuli, scorre buon sangue. Ammesso che basti questo per dare vita ad un collegamento ferroviario di tale portata, è tutto da vedere. Probabilmente, non prima dell’esito delle elezioni regionali in Vento.
Certo il punto di domanda resta: che senso ha costruire un tracciato ad alta velocità lungo le spiagge, vuote 9 mesi all’anno? Ma Metaregione non significa solo Tav, ma anche Corridoi ferroviari ed autostradali ed un network di collaborazione tra i porti del Nord Adriatico. Le idee sembrano esserci, ma l’obiettivo appare ancora lontano.
Il presidente dell’Autorità Portuale Paolo Costa insiste sulla necessità di pensare alla rete infrastrutturale della Metaregione come un tutt’uno e non un insieme fatto di tanti pezzetti che non vengono portati a termine. «La Commissione Europea avvii la procedura d’infrazione per gli Stati che non portano a termine le tratte di competenza nazionale dei progetti prioritari europei di trasporto - dice - i progetti prioritari europei servono l'intera Europa e non possono essere ostaggio delle inefficienze di un singolo Stato membro; il rallentamento, o peggio, la mancata realizzazione di una singola tratta compromette l'intera funzionalità di un progetto».
Ieri, a Venezia, è stato sottoscritto un protocollo a sostegno del Corridoio Baltico-Adriatico: «Come rappresentanti delle imprese e delle economie dell’area ci siamo battuti per la realizzazione del Corridoio 5 - ha detto il presidente di Confindustria Veneto Andrea Tomat - oggi condividiamo l’opportunità di sviluppare un nuovo Corridoio, “spina dorsale” per gli scambi fra Austria, Slovenia, Polonia fino ai paesi Baltici e fino alla Russia per entrare nei mercati mondiali».
SILVIA ZANARDI

 

 

Ferrovie, tagliato il treno diurno che collegava Trieste a Vienna - Soppresso l’Eurocity «Johann Strauss». E l’Austria ripiega sui pullman
 

TRASPORTI PENALIZZATI
KLAGENFURT Dal 13 dicembre, giorno di entrata in vigore dell'orario ferroviario invernale, sarà soppresso l'Eurocity per Vienna «Allegro Johann Strauss», in partenza da Trieste alle 15.59, cambio a Udine alle 17.09, arrivo a Vienna alle 23.35. Era l'ultimo collegamento diurno tra il Friuli Venezia Giulia e l'Austria, dopo la soppressione dell'altro Eurocity del mattino decretata lo scorso anno. Dal 13 dicembre, dunque, la nostra regione sarà ancor più isolata dalla Carinzia e dall'Austria, alla faccia dell'istituenda Euroregione e dei rapporti sempre più fitti con i nostri vicini danubiani.
Ma, come si usa dire, non tutto il male viene per nuocere. Perché dopo il 13 dicembre le possibilità di raggiungere di giorno la Carinzia e Vienna si quadruplicheranno.
Una contraddizione? Soltanto apparente. I partner austriaci hanno reagito alla soppressione del treno istituendo quattro corse sostitutive giornaliere di pullman da Klagenfurt a Venezia, con tappa a Villaco e a Udine (e viceversa). Per andare a Vienna si potrà quindi salire sul bus a Udine, che arriverà a Villaco in coincidenza con la partenza di un treno per la capitale austriaca. Dopo Pasqua le corse saliranno a cinque.
«Noi questi pullman li consideriamo come veri e propri treni - ci tiene a sottolineare l'ingegner Christoph Posch, portavoce delle Öbb (le Ferrovie austriache) - Li abbiamo chiamati Intercity-Bus, abbiamo dato loro un numero come ai treni, il biglietto è lo stesso e si fa alla cassa della stazione, la corsa è inserita nell'orario ferroviario (soltanto in quello austriaco, non in quello italiano, ndr), a Udine e a Villaco non fermano alla stazione autocorriere ma proprio davanti alla stazione ferroviaria, per favorire il trasferimento di eventuali passeggeri giunti in treno. Ci sono prima e seconda classe, prese elettriche per i lap-top, servizio bar, toilette, posti per passeggeri con handicap, distribuzione di giornali».
La scelta di istituire un servizio di pullman è stata presa soltanto dopo che era risultato vano ogni tentativo di convincere Trenitalia a recedere dalla sua decisione. «Per noi il collegamento fino a Venezia è molto, molto importante - dichiara Posch - e non comprendiamo perché Trenitalia abbia voluto cancellare questa corsa. Era usata mediamente da 200-250 persone al giorno, un numero molto alto. La gestione del nostro servizio era attiva e non capiamo come mai quella di Trenitalia fosse in perdita».
Le Ferrovie austriache si erano offerte di gestire loro il servizio fino a Venezia, pur di non sopprimere il treno, «ma le condizioni poste da Trenitalia erano inaccettabili, con costi per il pedaggio 2 o 3 volte superiori al normale». Da ciò la scelta di ripiegare sui bus. Il biglietto da Udine a Klagenfurt costa 16 euro in prima e 12 in seconda classe (ma, acquistandolo in anticipo, si può accedere a un numero contingentato di posti a soli 9 euro). L'acquisto si può fare alla cassa di qualsiasi stazione o per internet con carta di credito. Prezzi e orari dettagliati sono disponibili sul sito internet che le Öbb hanno istituito appositamente per l'Italia (www.obb-italia.com). Perché il servizio treno-bus dalla Carinzia funziona bene, ma meno bene dalla nostra regione, dove se ne ignora persino l’esistenza.
MARCO DI BLAS

 

 

Mare-Carso, Nesladek presidente - L’ORGANISMO CHE RAGGRUPPA I MUNICIPI COSTIERI E DELL’ALTIPIANO
 

Dalla Regione 55mila euro per migliorare la comunicazione tra Comuni - Allo studio un sito web che consentirà consultazioni in tempo reale
MUGGIA E’ il sindaco di Muggia, Nerio Nesladek, il nuovo presidente dell’associazione intercomunale “Mare - Carso”, al suo fianco il vicepresidente Giorgio Ret, sindaco di Duino Aurisina. Questa è stata una delle decisioni assunte ieri mattina dalla conferenza dei sindaci che si è riunita per l’adozione delle prime risoluzioni, facendo entrare nel vivo l’operatività dell’associazione tra i cinque Comuni.
All’incontro hanno partecipato il sindaco di Muggia, Nerio Nesladek, il sindaco di Duino Aurisina, Giorgio Ret, il sindaco di San Dorligo della Valle, Fulvia Premolin, il sindaco di Monrupino, Marko Pisani, l’assessore delegato del Comune di Sgonico, Nadia Debenjak. L’assemblea ha anche discusso della modifica di alcuni aspetti della convenzione tra gli enti, delle prospettive future della gestione in forma associata dei servizi, nonché dell’assunzione degli indirizzi sul riparto dei contributi regionali.
L’associazione intercomunale tra Muggia, San Dorligo della Valle, Duino Aurisina, Sgonico e Monrupino ha ricevuto infatti contributi regionali per circa 55mila euro, parte dei quali è stata destinata al nuovo piano di comunicazione dell’associazione intercomunale. Uno dei punti cardine di questo progetto sarà infatti la realizzazione di un sito web che servirà ai cinque Comuni per promuovere le iniziative che saranno svolte in forma associata ma anche per facilitare ulteriormente la comunicazione tra gli enti e i cittadini.
Un’altra parte dei contributi regionali sarà destinata al finanziamento delle attività correlate alla convenzione già in essere in tema di ambiente. Per quanto riguarda le prospettive future dell’associazione “Mare - Carso”, dalla seduta è emersa soprattutto una grande sintonia e un grande entusiasmo dei sindaci, nell’ottica della valorizzazione della forma associativa fra gli enti come migliore risposta che si possa dare per offrire servizi sempre più qualificati al minor costo. Gli uffici infatti avranno, mediante questo strumento, modo di scambiarsi informazioni ed esperienza, gli operatori dei diversi Comuni potranno anche partecipare a progetti formativi associati, alcuni dei quali sono già in fase di avvio.
I sindaci, va detto infine, guardano già ad altri progetti da mettere in campo nel 2010, nell’ottica dell’efficientamento dei servizi offerti alla cittadinanza.

 

 

 

 

IL SOLE 24 ORE - VENERDI', 27 novembre 2009

 

Fotovoltaico record, ritirato l'emendamento anti-rinnovabili
 

La potenza installata degli impianti fotovoltaici italiani ha superato i 700 megawatt. Secondo il censimento del Gestore dei servizi energetici, che si occupa dell'incentivo, le centrali solari sono 56.285, in massima parte piccolissime istallazioni domestiche. Le regioni con una maggiore potenza sono la Puglia (96 megawatt), la Lombardia (84) e l'Emilia Romagna (62 megawatt), mentre il Gestore dei servizi energetici ha censito il maggior numero di impianti in Lombardia (8.630), Emilia Romagna (5.293) e Veneto (5.166).
Intanto l'emendamento di fonte governativa alla Finanziaria per il 2010, contenente drastici tagli all'incentivazione delle fonti rinnovabili, è stato ritirato, con il sollievo delle associazioni Anev, Aper, Assossolare, Federpern, Fiper, Greenpeace, Ises, Itabia, Kyoto Club e Legambiente. Secondo le associazioni, se la proposta di modifica al testo della Legge Finanziaria 2010 fosse stata accolta, il settore delle rinnovabili avrebbe subito un duro colpo. A parere di Massimo Orlandi, vicepresidente di Assoelettrica, l'associazione confindustriale delle industrie elettriche, l'emendamento avrebbe aggiunto incertezza a un settore che ha bisogno di grandi investimenti e grandi capacità di previsione e inoltre non ha senso mettere vincoli a produzioni di energia pulita «il cui mancato rispetto comporterà l'irrogazione di sanzioni economiche anche di grande peso».
Procede intanto il ricorso presentato dalla Federpern al Consiglio di Stato, in appoggio dell'Autorità dell'energia, contro una sentenza del Tar contro i prezzi minimi garantiti nel settore idroelettrico.
Jacopo Giliberto
 

 

LA REPUBBLICA - VENERDI', 27 novembre 2009

 

RIGASSIFICATORE - Trieste alla guerra del metano contro l'impianto che fa paura

Citta' in rivolta per il progetto del rigassificatore vicino a fabbriche e case.

Paolo Rumiz

 

IL PICCOLO - VENERDI', 27 novembre 2009

 

 

«Rigassificatore, impianto ad alto rischio» - Studio italo-sloveno per la Uil Vigili del fuoco: errori macroscopici nei documenti di Gas Natural

 

il documento presentato dalla UIL  - il video della conferenza stampa

DUBBI PESANTI SULL’IMPIANTO SOLLEVATI DA UN GRUPPO DI DOCENTI UNIVERSITARI
Come può il ministero dell’Ambiente aver trascurato che la documentazione presentata da Gas natural per il rigassificatore nell’area di Zaule contiene macroscopici errori di cartografia, di calcolo, di analisi del vento («massimo di bora di 36 km all’ora, sono dati raccolti a Caorle») e dei fondali marini? Come può aver accettato che un impianto ad alto rischio sia posizionato a poche centinaia di metri da Ferriera, centrale a turbogas, fabbrica di formaldeide, metanodotto, depositi Siot, inceneritore che in caso d’incidente o atto terroristico provocherebbero con effetto domino un enorme disastro umano e ambientale?
E perché il ministero e le autorità locali non si sono accorti che nei documenti una traduzione dallo spagnolo stravolge il testo originale e appare non firmata dunque senza valore legale? Come hanno potuto gli amministratori pubblici non vedere che nel progetto per 22 volte i depositi costieri sono disegnati sulla parte sinistra, e nelle pagine successive nella parte destra? E «perché si fa credere alla gente che il gas raffreddato se fugge dall’impianto evapora senza rischi? Al contrario, diventa una nube pesante e soffocante, a rischio d’incendio». Ancora, perché non si è scelto un impianto che non debba prelevare quotidianamente 800 mila metri cubi di acqua al giorno rimettendola in natura raffreddata di 5°?
Una raffica di dubbi pesantissimi sull’impianto del rigassificatore a terra è stata espressa ieri da un gruppo tecnico formato da numerosi docenti universitari e da un chimico sloveno che ha lavorato per conto del sindacato Uil dei Vigili del Fuoco: «Noi conosciamo i rischi - ha detto il coordinatore Adriano Bevilacqua -, non possiamo accettare che un’impresa proponente dia un progetto senza accurata analisi dei rischi, noi l’abbiamo fatta e il risultato è agghiacciante».
Mentre la Regione si dice impotente in questa fase e rimanda al ministero dell’Ambiente che a propria volta attende risposte dagli spagnoli su alcune indicazioni prescrittive, ieri mattina in piazza Unità si sono alternati al microfono tecnici dell’Università di Trieste e di istituti scientifici, a nome dell’intero gruppo di studio formato da Giacomo Costa (chimico), Bruno Della Vedova (geologia e geofisica), Livio Sirovich (geologia), Franco Stravisi (oceanografia e meteorologia), Fulvio Crisciani (fluidodinamica geofisica), Pierluigi Barbieri (chimica), Tomaz Ogrin dello Jozef Stefan Institute sloveno (chimico), Giorgio Trincas e Radoslav Nabergoj (ingegneria navale), Irene Valle (architettura), Marino Valle (ingegneria meccanica).
Denunciate le omissioni, la scarsa chiarezza, la pochissima informazione, i pericoli, e perfino la scarsa economicità di un impianto come questo rispetto a quello di Livorno, gli specialisti tecnici con le carte alla mano hanno detto come anche il già avviato gasdotto Snam si sia legato stretto al rigassificatore di Zaule ma pure a quello off-shore di E.On (ex Endesa), il tutto senza pubblica chiarezza, e nessuna condivisione coi cittadini per arrivare «a un patto col territorio». Il senso era: «Se proprio serve un rigassificatore, che sia fatto bene, non è ”un’opportunità” per Trieste, è un rischio da non sottovalutare».
GABRIELLA ZIANI

 

 

«Bora a 36 orari? Qui supera i 100» - LE INCONGRUENZE EVIDENZIATE - Gli ingegneri giudicano migliori molte strutture realizzate in altri Paesi
 

L’acqua della baia di Muggia ha 9° fino a 50 metri di profondità? Questo dice il documento di Gas natural passato per la Valutazione d’impatto ambientale, ha detto ieri Livio Sirovich dell’Ogs: «Ma questi sono i dati medi del mare da Ancona in su, non analisi del canale navigabile». Il vento che può incidere sul movimento delle navi gasiere è indicato a un massimo di 36 km all’ora? Fulvio Crisciani (Università e Cnr): «Ma la bora arriva a 100, in ogni mese dell’anno». Il metano evapora silenzioso? Tomaz Ogrin (Lubiana), mostrando un video: «Se raffreddato pesa più dell’aria, crea una pesante nebbia sull’acqua, quando si riscalda e sale forma una fitta nube, da un litro di metano liquido si formano 600 litri di gas, per di più senza odore e colore, quindi di notte si potrebbe venirne colpiti senza accorgersi». Se si incendiasse, la potenza sarebbe tale da provocare «ustioni irrimediabili» in aree abitate.
Queste alcune delle terribili visioni date ieri dagli esperti sui rischi del rigassificatore, senza contare gli esempi di impianti realizzati altrove che gli ingegneri locali giudicano migliori. Giorgio Trincas (Ingegneria navale): «A Livorno la nave gasiera si accosta al rigassificatore a 12 miglia dalla costa, e spedisce il gas direttamente in tubi sottomarini. I coreani, all’avanguardia, hanno già realizzato sette navi col rigassificatore a bordo, e scaricano fino a 50 miglia dalla costa». Di fronte all’allarme, molti interventi: del contrarissimo sindaco di Muggia, Nerio Nesladek, del Wwf, di cittadini, di comitati che da tempo invocano attenzione.

(g. z.)

 

 

Piano del centro storico al via, ma secretato - Sette ”progetti strategici” e recupero dell’esistente per ripopolare l’area da Roiano a Campo Marzio
 

In base all’ultimo censimento in sole due circoscrizioni del cuore cittadino sono concentrati oltre la metà degli alloggi sfitti
Nel momento in cui il nuovo Piano regolatore raccoglie le osservazioni dei cittadini, il Piano particolareggiato del centro storico riprende improvvisamente una corsa ferma da tre anni, cioè da quando l’architetto Alberto Cecchetto - cui era stato commissionato il ruolo di consulente scientifico del Piano del centro nel 2002 - presentò il suo lavoro alla prima giunta Dipiazza. Il plico, rielaborato dagli uffici del Comune, da qui a Natale sarà sottoposto infatti a un autentico tour de force burocratico. Con tanto di secretazione.
LE TAPPE Mercoledì la giunta ha dato il suo primo via libera a un documento che la maggioranza conta, ora, di adottare in Consiglio comunale già lunedì 14 dicembre, a chiusura di tre passaggi in altrettante circoscrizioni, di quattro sedute in commissione Urbanistica e di un’ulteriore transito in giunta. Un’accelerazione - spiega il presidente della stessa commissione Urbanistica, l’Udc Roberto Sasco - dovuta dal fatto che «abbiamo l’occasione di far entrare in vigore il prima possibile un provvedimento al quale il nuovo Prg, cioè proprio quello che stiamo chiudendo, demanda le prescrizioni del centro storico». Il Piano particolareggiato, dopo l’esame del Consiglio a metà dicembre, seguirà le medesime tappe del nuovo Prg: pubblicazione all’albo pretorio, osservazioni, riadozione, tibro di Regione (e Soprintendenza) prima dell’entrata in vigore.
LE CASE SFITTE L’obiettivo politico dichiarato è stimolare il ripopolamento del cuore cittadino - un milione e 300mila metri quadrati di zone A0 e A3 secondo la variante 66 tutt’ora in vigore, dai confini di Roiano a quelli di Campo Marzio con appendice a monte fino a San Giusto, in cui abitano oggi 17mila persone - affinché questo non sia solo il cuore degli affari. Il tutto, però, senza che da terra spunti nuovo cemento, a meno di eccezioni trattate preventivamente a parte come quella, e sarebbe l’unica, del cosiddetto ”cubone” di Campo Marzio targato Cmc-Vittadello che dovrebbe sorgere sulle ceneri dell’ex concessionaria Fiat. E come ripopolare senza nuovo cemento? Agevolando il recupero di ciò che già c’è ma è vecchio e vuoto. Già nel 2001 - l’anno dell’ultima rilevazione Istat - nelle due circoscrizioni più baricentriche, la Quarta e la Quinta, era condensata più della metà degli alloggi sfitti di Trieste: 3.800 su 7.419.
LE ZONE SENSIBILI La strategia per centrare l’obiettivo si traduce in una nuova classificazione di tutti gli edifici e gli isolati in tre categorie (intoccabili perché di massimo pregio, intermedi e riqualificabili previo ampliamento), nonché nell’eliminazione di ogni possibilità per un privato di raddoppiare le cubature consentite dalle destinazioni urbanistiche vigenti passando per il Consiglio comunale, compatibilmente col Piano Casa voluto da Berlusconi. Sono poi previsti due «progetti di ricomposizione urbana» per altrettante location degradate: via Crosada, in zona Urban, e androna Campo Marzio, coordinata sibillina se è vero che a palazzo si assicura che il Piano del centro storico rivisita le cubature oggetto di contenzioso. E proprio in androna Campo Marzio la Luci Costruzioni aveva chiesto di fare un altro ”cubone” salvo poi vederselo congelato dapprima da un vincolo d’«interesse culturale e industriale» sull’area da parte della Soprintendenza, poi dai regimi di salvaguardia dell’estate 2007 propedeutici al nuovo Prg. Si finisce con sette «progetti strategici per lo spazio pubblico», con nuovi percorsi pedonali, non meglio precisati edifici attrattivi, siti ad uso collettivo e arredi urbani coerenti tra loro che insistono in «ambiti strategici» individuati in particolare in viale XX Settembre, in via Carducci e sul colle di San Giusto, ai confini del perimetro, oltre che a Ponterosso.
IL SEGRETO Sono queste dunque le basi del Piano, pubblicamente ancora generiche perché il provvedimento è soggetto a secretazione preventiva. Lo precisano il direttore dell’area Pianificazione territoriale Carlo Tosolini e la numero uno del Servizio Pianificazione urbana nonché responsabile del procedimento Ave Furlan, demandati dal sindaco Roberto Dipiazza, in veste di assessore all’Urbanistica, a fornire i primi dettagli all’esterno. I plichi ad ogni modo sono già da ieri sui tavoli dei membri della commissione Urbanistica. «Non ho ancora avuto alcuna indicazione sulla secretazione - così Sasco - ma è chiaro che mi atterrò come ho già fatto alle indicazioni tecniche del segretario generale Santi Terranova».
LA POLEMICA «La secretazione come si è visto per il Prg ha già fatto danni. Errare è umano, perseverare è diabolico, ho in mano peraltro una sentenza della Cassazione secondo cui non esiste la condanna per rivelazione del segreto d’ufficio per colui che divulga notizie concernenti la pubblica amministrazione», ironizza il capogruppo del Pd Fabio Omero. «Le premesse del Piano - prosegue Omero - con la scheda casa per casa ricalcano quelle venute dal gruppo di lavoro di Leonardo Benevolo ancora in era Illy. Rilevo poi come tale provvvedimento sia molto riduttivo rispetto a quello di Cecchetto che ci era stato illustrato nel 2006».
PIERO RAUBER

 

 

Sasco: il Prg? Nel Pdl serve un chiarimento - Udc: o si lavora insieme oppure tutti a casa Osservazioni a quota 1080
 

Camber: ci vuole in Finanziaria una norma che consenta le permute con il Demanio
Più si conta, più le osservazioni al Piano regolatore crescono. Ultimo dato: sono 1080. Il parere della maggioranza comunale non cambia, è quello del sindaco. «Sono poche comunque». Ma intanto sul documento urbanistico cala un caso politico. Per oggi era annunciata una conferenza stampa, è stata annullata. «La Lega aveva impegni, nulla di più, poi sono assente io» dice Camber. Maurizio Ferrara conferma tranquillissimo: «Solo impegni personali, davvero».
Ma è dall’Udc, invece, dall’unico rappresentante, da quel Roberto Sasco capo della commissione Urbanistica che ricorda di aver «lavorato e lavorato al Prg, e fatto tutti i calendari di commissioni e d’aula, e di aver sempre votato per salvare la maggioranza, senza discutere» che arriva un serio, ultimativo avvertimento.
«Conferenze stampa? Prima ci vuole un chiarimento nel Pdl - annuncia -, la maggioranza è in una fase di estrema delicatezza, vince 21 a 20, o si lavora davvero insieme, oppure è meglio andare a una verifica, o direttamente a casa, e votare in primavera». Sasco si sente dirimente, che cosa muove una stizza tale? «Ho proposto di creare in consiglio una consulta per la famiglia, niente, ho proposto di istituire un nuovo calcolo per l’Isee familiare, niente, ho chiesto una revisione dei servizi sociali perché non basta spendere ma bisogna rivalorizzare, e niente, qui si parla solo del crocefisso, io son cattolico, ma mi sta più a cuore la sorte delle famiglie in difficoltà di un simbolo che pure rispetto». Infine: «Udc e Lega assieme ormai rappresentano il 15% dei voti, se non c’era l’Udc dov’era Dipiazza? In bottega. Ferrara? In dogana». Non è, conclude Sasco, «un diktat», ma «un messaggio chiaro di persona ragionevole».
Intanto Omero (Pd) rigetta le ironie del sindaco su chi «era in Costa azzurra quando fu approvato il piano precedente» e Camber dice quel che aveva da dire: «Il Prg - enuncia - cala il potenziale di espansione da 50 mila abitanti a 30 mila, riutilizza come a Banne l’edificato e quindi risparmia suolo, non trascura il verde come dicono gli architetti, lo standard della norma regionale è di 15 metri quadrati ad abitante, noi ne abbiamo 53, e se i residenti aumentano di 30 mila saremo a 46,33: più del triplo del dovuto». Di norma ci basterebbero 3 milioni e 600 mila metri quadrati verdi. «Ne abbiamo - cita Camber - 11 milioni».
Difesa per il discrimine storico-architettonico del 1918: «Prima i traffici andavano a Vienna e a Nord, ora a Est e a Sud, un paletto serviva». Progettazione poco sensibile all’oltreconfine? «No, abbiamo tenuto conto delle aree artigiano-industriali di Dolina e Sesana». Parco del mare senza parcheggi? «No, ne sono programmati tre, che disfattismo...».
Infine, cosa resta da fare? Anche veder inserire nella Finanziaria nazionale una «leggina» che consenta di portare a termine l’operazione voluta dal sindaco, e cioé la permuta col Demanio secondo diversi criteri: valorizzazione di siti nel Prg e in cambio proprietà diretta della caserma di via Cumano. «Poi - conclude Camber - ci sono le intese col demanio militare per villa Necker, con l’Autorità portuale, con l’Ezit, con la Regione e la Forestale (entro il 9 gennaio), seguirà il parere della Regione, quello della Soprintendenza, l’istruttoria delle osservazioni (fino ad aprile). In aprile-maggio il Prg tornerà in commissione, a giugno-luglio in aula per l’approvazione finale, quindi la Regione verificherà che siano state recepite tutte le sue prescrizioni». Se ogni cosa andrà così, e liscia, il Prg diventerà legge più o meno fra un anno.

(g. z.)
 

 

Computer in tilt, dati smog su carta - L’ARPA TRASMETTE GIORNALMENTE IL MONITORAGGIO AL SINDACO - Protestano Idv e ambientalisti
 

Il monitoraggio dell’inquinamento in città? C’è ma non si vede. Non si vede a causa del collasso di un supercomputer, oggi in fase di rianimazione, preposto a prelevare i dati dalle centraline periferiche e a farli arrivare al quartier generale dell’Arpa di Palmanova, diffondendoli concomitantemente on-line, e mettendoli quindi a disposizione di tutti. Ma questo monitoraggio c’è, assicurano dal dipartimento triestino dell’Arpa. È costante e arriva ogni giorno sul tavolo del sindaco e assessore all’ambiente Roberto Dipiazza, il quale ha così tutti gli strumenti per decidere se chiudere il centro al traffico in base al Pac, il Piano d’azione comunale. Su quel tavolo finiscono quotidianamente pure i valori ”fantasma” delle Pm10 di via Svevo, una delle tre location di riferimento regionale con piazza Libertà e via Carpineto, che non sforna pubblicamente parametri aggiornati dalla fine di settembre, costituendo l’esempio più allarmante della pubblica inefficienza del sistema di controllo sulla qualità della nostra aria.
AI RIPARI «Le centraline funzionano tutte e registrano costantemente i parametri - spiegano ancora dalla direzione locale dell’Arpa - il problema è che per l’avaria di un server dedicato alla centralizzazione regionale dei dati, avaria che ora una ditta esterna specializzata sta risolvendo, gli stessi dati non vengono trasmessi automaticamente a Palmanova. In questo periodo stiamo pertanto lavorando ”alla vecchia”. Lì dove il sistema non garantisce la trasmissione automatizzata acquisiamo i risultati sulle concentrazioni per via cartacea, andando fisicamente con i tecnici nella via in cui è posizionata una stazione di rilevazione. Il sindaco è messo sempre nelle condizioni di valutare lo stato dell’aria e le eventuali contromisure». Stringi stringi, il livello dello smog è «sotto controllo». E «anche in questi ultimi giorni siamo nei limiti di guardia».
LA POLEMICA Il braccio tecnico della Regione in materia ambientale risponde così, dunque, alle ripetute segnalazioni di questi giorni riguardo l’assenza di dati pubblici puntuali in uscita dalle centraline di rilevazione dislocate sul territorio cittadino. Un’assenza che, in un mondo condizionato a tal punto dagli automatismi computerizzati, può mettere in ginocchio una comunità, facendo avanzare pesanti dubbi. Del difetto di trasmissione, e del deficit di trasparenza, se n’è discusso anche in Consiglio regionale, dove il capogruppo dei dipietristi Alessandro Corazza si è fatto rispondere in aula dall’assessore competente Elio De Anna a una sua interrogazione. «La mancata pubblicazione dei dati - ha riferito Corazza, che non si è definito soddisfatto della risposta di De Anna - è a tutti gli effetti una violazione di legge che espone la Regione a grossi rischi di carattere giudiziario. La disfunzione permane da due mesi e già dal 6 novembre gli uffici interessati erano al corrente di questa problematica ma, a quanto viene confermato dalla stessa risposta di De Anna, non si è ancora fatto nulla per risolvere il problema. Nel frattempo i cittadini sono esposti a gravi rischi per la salute senza neppure esserne a conoscenza».
GLI AMBIENTALISTI Altri strali infine sono arrivati in questi giorni, sotto cappa, dal Wwf, che ha parlato senza parafrasare di «gestione fallimentare delle centraline». «I dati rilevati - si legge in una nota inviata dall’associazione ambientalista - sono stati acquisiti dal dipartimento di Trieste dell’Arpa, ma non sono stati divulgati attraverso i mezzi d’informazione, nemmeno attraverso un report settimanale di sintesi. Era il minimo che ci si poteva attendere da un’istituzione pubblica, tra l’altro in un periodo caratterizzato da condizioni meteo che favoriscono l’accumulo di inquinanti».
PIERO RAUBER

 

 

Cipolletta: Tav, possiamo recuperare i ritardi E la Trieste-Divaccia non è in discussione
 

«Il contributo regionale per salvare i treni? Non possiamo né vogliamo riaprire il disavanzo»
TRIESTE «La collaborazione sulla Tav tra Friuli Venezia Giulia e Veneto c’è. Così come c'è il massimo impegno italiano per il collegamento Trieste-Capodistria». Innocenzo Cipolletta, dal 2006 presidente delle Ferrovie dello Stato, rassicura Europa e Slovenia: l’alta velocità ferroviaria «è una priorità per la politica italiana e per Fs». Ma i tempi lunghi, i dubbi sul tracciato, le apparenti titubanze del viceministro Roberto Castelli, i rimbrotti del coordinatore europeo del Progetto prioritario Ten 6 Laurens Jan Brinkhorst? «Qualche ritardo c'è - ammette Cipolletta - ma non siamo fuori tempo massimo». Quanto alla partita dei treni pre-Tav, quella del faticoso approdo all’orario invernale, Cipolletta spiega la scelta di imporre alla Regione Fvg un contributo finanziario di 3 milioni di euro: «Se siamo arrivati all’equilibrio di bilancio, è perché abbiamo fatto azioni lungimiranti a vantaggio di tutti, in primis i cittadini».
Veneto e Friuli Venezia Giulia parlano della Tav come di una priorità. Poi però arriva il coordinatore Brinkhorst e denuncia una mancata collaborazione. Chi ha ragione?
Per quello che mi risulta la collaborazione non manca perché è nell’interesse delle due parti. Di certo vanno recuperati dei tempi e, anche da parte di Ferrovie, si lavora per questo obiettivo.
Dunque il Nordest è in ritardo sulla Tav?
Siamo un po’ tutti in ritardo ma non fuori tempo massimo. Assieme alle Regioni, completeremo la progettazione entro il 2010 rientrando così nei tempi fissati in agenda.
Su cosa si basa la sua fiducia?
Sull’impressione che le cose procedano.
Qualcuno è colpevole dei ritardi?
Si sconta solo il problema chiave della tratta: il reperimento delle risorse finanziarie. Dopo la progettazione, andrà inevitabilmente affrontato. Senza la visibilità degli impegni finanziari è difficile immaginare un’accelerazione dei tempi.
Compito del governo?
Compito di tutti. Il governo ha impegnato molti fondi pure sulla tratta Milano-Venezia, propedeutica a quella nordestina. Si tratta di risorse rilevantissime.
Quante ne serviranno?
Facciamo la progettazione e poi ne riparliamo. I calcoli del passato non possono essere più ritenuti validi.
Ma quando vedremo davvero la Tav?
Dipende appunto dalle risorse. Impossibile fare previsioni in assenza di un quadro finanziario.
Veniamo al nodo dei due tracciati su cui Veneto e Friuli Venezia Giulia devono appunto mettersi d'accordo. La Tav scenderà a sud verso le spiagge venete o a nord in direzione dell’autostrada A4?
Ferrovie non ha preferenze. Al massimo facciamo valutazioni tecniche, valutiamo i costi dell'una e dell'altra ipotesi, pesiamo pro e contro. La discussione è in atto, ma la scelta finale spetta al territorio.
Che cosa ne pensa delle posizioni espresse dal viceministro Castelli a proposito della tratta transfrontaliera?
Il Corridoio 5 non si ferma a Trieste. Per noi come per il governo l’aggancio con i Paesi dell’Est è fondamentale.
Quindi la Slovenia sbaglia a temere un disimpegno italiano?
Sì. Non è all’ordine del giorno.
In settimana si è risolta positivamente per il Friuli Venezia Giulia la trattativa sul prossimo orario invernale di Trenitalia. Giusto che la Regione abbia dovuto contribuire per salvare i collegamenti con Milano e Roma?
I treni servono alle popolazioni delle regioni. Il nostro è un servizio di carattere nazionale non sovvenzionato, su quello dobbiamo far quadrare i conti. Tutto ciò che si vuole ottenere in più necessita di un concorso finanziario. Se fosse tutto gratis, le Regioni chiederebbero di tutto e di più.
In sostanza non volete aprire ”buchi” nel vostro bilancio?
Non abbiamo alcuna intenzione di riaprire il disavanzo. In tre anni siamo passati da un deficit di 2 miliardi e 115 milioni di euro al pareggio. Lo dobbiamo alla politica del buon senso. C'è una banale ma al tempo stesso grande verità: pretendiamo che i segmenti della nostra produzione siano tutti in equilibrio. È il solo modo per essere sicuri che le ferrovie italiane cresceranno nel futuro ed eviteranno, nell'interessi di tutti, il rischio del fallimento.
Del Friuli Venezia Giulia si parla di una regione al centro dell'Europa, strategica per i trasporti. Verità o solo parole?
Verità. Ma sono considerazioni che non possono venire da un’azienda come la nostra che deve far quadrare i conti e fornire il miglior servizio al prezzo più basso. Devono invece venire dalle istituzioni, cui spetta il compito della politica del territorio.
Voi mettete treni moderni, la politica se li paghi?
Ora come ora la prima urgenza è la carenza di materiale rotabile. Ma si risponderà comunque in tempi brevi alla necessità di acquisto dei convogli. Dopo di che arriveranno anche i nuovi tracciati.
C'è in prospettiva una concorrenza tra alta velocità ferroviaria e terza corsia della A4?
No. Il sistema dei trasporti verso Est è carente ed è dunque opportuno provvedere sia a treni eccellenti che a strade più sicure. Tra 20-30 anni l'offerta dovrà essere pari a una crescita dei trasporti che si preannuncia notevolissima.
MARCO BALLICO

 

 

Nel Tir all’imbarco 14 tonnellate di rifiuti con amianto - GLI SCARTI EDILIZI PERICOLOSI PROVENIVANO DA UN’IMPRESA DI COSTRUZIONI ITALIANA
 

Oltre 14 tonnellate di rifiuti provenienti dalla demolizione di costruzioni edili con strutture di eternit sono state sequestrate in Porto Vecchio dai militari della Guardia di finanza e dai doganieri del servizio antifrode.
Il materiale, ritenuto altamente pericoloso, era stato caricato nel rimorchio di un Tir con targa lituana ed era destinato a essere imbarcato nel traghetto per l’Albania per poi essere trasportato in Kosovo, dove sarebbe stato depositato in una discarica. Ma la merce - stando ai primi accertamenti della sezione operativa del Punto franco vecchio della Guardia di finanza - non proveniva da un Paese dell’Est, bensì da un’importante impresa di costruzioni italiana della quale non è stato reso noto il nome, così come ignota resta la provenienza del materiale. Il carico è stato esaminato dai tecnici dell’Arpa che hanno effettuato un’analisi mineralogica scoprendo appunto che si tratta di amianto.
In pratica, secondo i primi accertamenti, per trasferire le 14 tonnellate italiane era stato utilizzato un mezzo proveniente dall’Est europeo e destinato al Kosovo. Una circostanza questa che è tuttora oggetto di verifiche da parte degli investigatori. Indagini e verifiche mirate sono in corso anche sulle modalità di smaltimento dell’eternit. Infatti per eliminare l’amianto sono necessarie procedure e impianti particolari.
A carico dei responsabili del trasporto e dell’impresa di costruzioni è scattata una denuncia all’Autorità giudiziaria.
 

 

Cinghiali, il branco di Melara ha scelto come trogolo il giardino del quadrilatero

 

I residenti: arrivano, devastano l’erba e tornano nel bosco Provincia, abbattuti 70 capi sui cento previsti dal piano
Cinghiali da giardino. Dove? A Melara. «Facciamo l’impossibile o vedremo l’incredibile», diceva il filosofo ecologista Murray Bookchin ormai più di un trentennio fa. E il branco di cinghiali che ha fatto del giardino del quadrilatero di Melara il proprio trogolo sembra essere venuto ad annunciare che quella profezia si è avverata.
«Fino a un paio di anni fa erano soltanto in due – spiega l’inquilina Graziella Gorian – ora sono molti di più: fanno le loro puntate nel giardino e poi si ritirano nel bosco». Secondo la testimonianza di Gorian l’orario preferito dagli invadenti suini è metà mattina: «Il più delle volte appaiono verso le dieci o le undici», racconta, «devastano l’erba del giardino in cerca di cibo e poi si rotolano nel fango che hanno portato allo scoperto: a quell’ora molta gente va a fare la spesa al supermercato, e trovarseli davanti attraversando il cortile non è divertente».
Gli abitanti di Melara auspicano ora «che le autorità competenti intervengano per risolvere il problema». Anche Antonio Ius, direttore dell’Ater, riconosce il problema: «Ci sono giunte diverse segnalazioni – dice – ma non è cosa di nostra competenza: in realtà non sappiamo neanche noi cosa farci. Sappiamo però che la Provincia sta facendo un buon lavoro e confidiamo che risolvano il problema in modo adeguato».
ASSEMBLEA La presenza dei cinghiali nella fascia urbana e periurbana di Trieste è dovuta a fattori naturali ma anche a comportamenti umani: l’incremento generale del numero dei capi è stato favorito negli anni scorsi dalla liberazione di una varietà non autoctona (proveniente forse dall’Appennino) utilizzata per allevamenti. A sua volta l’usanza di molti cittadini di nutrire gli animali ha portato molti branchi a uscire dal loro habitat naturale per andare alla ricerca di una facile fonte di cibo tra case, giardini e cassonetti. A questo proposito oggi alle 18 nell’auditorium della scuola media Rismondo si terrà un’assemblea-conferenza a cura di Maurizio Rozza, maresciallo della Polizia ambientale territoriale della Provincia, l’ente incaricato del piano di abbattimenti. Tema della conferenza saranno le caratteristiche e le abitudini del cinghiale, i rischi derivanti dalla sua presenza in area urbana e le possibilità di raggiungere una convivenza tra l’uomo e le specie selvatiche che premono sulla città. L’incontro rientra nel programma “Habitat/microaree, salute e sviluppo della comunità” realizzato da Comune, Azienda per i servizi sanitari Triestina e da Ater.
ABBATTIMENTI Si avvicina intanto a conclusione il piano di abbattimenti in deroga di cento cinghiali nella zona periurbana di Trieste: «Ormai abbiamo abbattuto circa 70 capi» - dice l’assessore provinciale all’Agricoltura, caccia e pesca Walter Godina. Il piano era stato autorizzato dalla Regione l’agosto scorso in aggiunta ai 450 capi già approvati per le riserve di caccia sul Carso: «La filosofia del piano non è sterminare gli animali – spiega Godina – ma colpirne alcuni per spingere i branchi nel loro habitat naturale: è una tecnica che funziona, i dati sulle richieste di danni lo dimostrano».
DANNI Le richieste di risarcimento dei danni all’agricoltura dal 2007 a oggi mostrano, afferma l’assessore, un calo significativo a partire dal 2009, in corrispondenza all’attuazione del piano. Le pratiche per il risarcimento del 2007 sono 14 per un totale di 9.175 euro.; nel 2008 la cifra sale a ben 132.440 euro con 45 pratiche, mentre nel 2009 (fino a oggi) le pratiche scendono a 31 per 57.786 euro: in tutto 90 pratiche per una cifra complessiva di 199.401 euro. A questi si aggiungono 39 richieste di contributi per interventi di prevenzione per un totale di 99.189 euro, con un picco di 22 pratiche per 89.500 nel 2008. «Le istruttorie sono complete solo per il 2007 – dice Godina – quindi i dati per gli anni successivi cambieranno leggermente, ma l’andamento è chiaro».
CASSE VUOTE «Il piano funziona e questo ci conforta – afferma l’assessore – di fronte all’entità delle cifre, però, non possiamo non guardare con estrema preoccupazione agli imminenti tagli agli enti locali». La Provincia al momento dispone di 22mila euro da destinare ai risarcimenti, ai quali la Regione aggiungerà altri 16mila euro come saldo 2009: «Fondi largamente insufficienti – dice Godina – destinati a diminuire nei prossimi anni».
PARAMETRI Secondo l’assessore il problema sono le modifiche recentemente apportate ai parametri regionali per il conferimento dei fondi a riparazione dei danni da fauna selvatica: «I nuovi parametri stabiliscono che i fondi erogati siano proporzionali alla superficie boscata del territorio», afferma: «È chiaro che questa Provincia, essendo la più piccola d’Italia, otterrebbe finanziamenti completamente sproporzionati rispetto all’entità dei danni prodotti dai cinghiali».
GIOVANNI TOMASIN

 

 

Muggia, via alla gara per la raccolta rifiuti - Fra gli obiettivi quello di portare la quota di differenziata al 63% entro la fine del 2010
 

NUOVO BANDO PER L’AFFIDAMENTO TRIENNALE DEL SERVIZIO
La ditta vincitrice potrà vedersi prolungare l’incarico per altri due anni: fino al 2015
Più cassonetti per la raccolta e un miglioramento del servizio e della percentuale di differenziata. È con questi obiettivi che viene istituito il bando di gara, a procedura ristretta, per l'assegnazione per i prossimi tre anni (con possibilità di proroga per ulteriori due) del servizio di asporto rifiuti nel comune di Muggia, attualmente gestito da Italspurghi (dal 1° febbraio 2009). Scadrà infatti il 28 febbraio 2010 l'incarico conferito a Italspurghi Ecologia Srl che si è aggiudicata la gara di rilevanza europea per 843.375 euro, con un ribasso di circa 130mila alla base d'asta e apportando numerosi miglioramenti rispetto a quanto previsto dal capitolato d'appalto. Italspurghi in realtà sta già operando a Muggia dal 21 luglio 2008. Prima della gara europea, aveva già svolto il medesimo servizio in via provvisoria in base a una trattativa privata seguita alla rescissione del contratto con Ecoverde. La ditta che si aggiudicherà l'appalto opererà dal 1° marzo 2010 al 28 febbraio 2013 con possibilità di proroga fino al 28 febbraio 2015.
«Tendiamo a migliorare un servizio di cui siamo già soddisfatti - spiegano dal Comune - e questo bando rappresenta un adempimento dovuto, in quanto l'attuale contratto è in scadenza. Nei termini previsti abbiamo quindi pubblicato l'avviso». La ditta vincitrice del nuovo bando dovrà garantire la presenza sul territorio di 70 contenitori da 3200 litri per il verde e ramaglie, 80 campane per il vetro, 160 cassonetti da 3200 litri per la raccolta differenziata di carta e plastica, 252 cassonetti da 2400 litri e 185 da 1100 litri per la raccolta indifferenziata, 114 bottini da 120 litri e 70 da 240 litri, 5 scarrabili da 30 e 3 da 10 metri cubi.
Dovrà disporre inoltre di un compattatore a carico laterale da 4.700 chili, di uno da 10.100, di un compattatore a carico posteriore da 2.500, uno da 2.200 e uno da 4.500, di un autocarro a doppia vasca da 640 chili, un autocarro a sistema scarrabile da 14.150, un autocarro con sistema vuotacampane da 11.000 chili, un autocarro a sponda idraulica posteriore da 5.990 chili e una spazzatrice.
Attualmente il servizio di asporto rifiuti prevede la raccolta differenziata porta a porta da 120 utenti (negozi e pubblici esercizi) e dei cartoni da imballaggio da 45 utenti. Le isole ecologiche sono 80, con la presenza in tutti i punti di raccolta di cassonetti da 3.200 litri per carta e plastica e di campane per vetro e lattine. Oggi sono presenti sul territorio 215 cassonetti per la raccolta indifferenziata e 320 (80 per tipologia) per la raccolta di carta, plastica, vetro e lattine e del verde.
A inizio estate la percentuale di differenziata - che nel 2006 era del 18% - si attestava al 28%, con una punta del 33% ad aprile; l'obiettivo è il raggiungimento del 55% entro il 2009, del 63 nel 2010 e del 71% nel 2011. Per accordi intercorsi tra l'amministrazione e l'odierno appaltatore, c'è infine la possibilità per il vincitore di acquistare da Italspurghi contenitori, cassonetti e scarrabili al prezzo di 200mila euro o noleggiarli al prezzo di ottomila euro mensili. «Ma - spiegano ancora in piazza Marconi - questa è solo una possibilità, anche perché nel bando viene specificato che solo i soggetti con determinate caratteristiche possono partecipare alla gara».
La base d'asta, comprensiva dell'eventuale proroga, è di 4.090.000 euro al netto dell'iva al 10%. È ammesso il subappalto in misura non superiore al 30% del prezzo. Le ditte interessate dovranno presentare la documentazione richiesta entro il 18 dicembre all'Ufficio Protocollo del Comune. Eventuali chiarimenti potranno essere richiesti via email fino all'11 dicembre.
GIANFRANCO TERZOLI

 

 

Altro ok per il Piano antenne: è quello di Sgonico - INDIVIDUATE TRE AREE NEL TERRITORIO AMMINISTRATO DALLA GIUNTA SARDOC
 

SGONICO Il Consiglio comunale di Sgonico ha dato il suo parere positivo per l'adozione del Piano di localizzazione degli impianti di telefonia mobile.
IL PROGETTO Inserito come uno dei punti all'ordine del giorno della riunione consiliare svoltasi ieri sera, l'amministrazione comunale retta dal sindaco Mirko Sardoc ha dato il suo nulla osta al progetto presentato dall'architetto Emilio Savonitto. Complessivamente sono risultate essere tre le aree individuate sulle quali i gestori di telefonia mobile potranno in futuro installare - eventualmente ove vi fosse la necessità - delle nuove antenne.
LE AREE La prima area è data dalla Palestra comunale, struttura che peraltro già ospita un'antenna affidata a due gestori. La seconda zona suggerita dal piano redatto da Savonitto invece indica come zona preferenziale il centro sportivo Ervatti. La terza ed ultima area è costituita infine dalla stazione ferroviaria di Prosecco. «Le aree prescelte sono state scelte in base a tre prerogative - ha spiegato il sindaco Sardoc - ossia preservare la salvaguardia della salute dei cittadini, rispettare le diverse zone poste sotto tutela ambientale (Sic e Zps, ndr), e poi favorire in primis le aree pubbliche in maniera tale che la comunità di Sgonico possa avere un tornaconto in seguito al ricavato dell'affitto stipulato tra il Comune e le compagnie telefoniche».
LE ANTENNE Attualmente le antenne fisse presenti sul territorio sono tre: una sistemata nella zona della Palestra comunale con due gestori differenti, una posta sotto la copertura del tunnel autostradale sito nel comune di Sgonico ed infine la terza installata a Gabrovizza vicino all'ex casello ferroviario di proprietà delle Ferrovie.
MONRUPINO L'adozione del Piano di localizzazione degli impianti di telefonia mobile fatta da parte del Comune di Sgonico segue di pochissimi giorni lo stesso provvedimento preso dal Consiglio comunale di Monrupino. Nel territorio amministrato dalla giunta guidata dal sindaco Marko Pisani, sono state due le zone preferenziali individuate. La prima, nel campo sportivo di Repen, mentre la seconda in un'altra area attigua della frazione di Monrupino.
Riccardo Tosques
 

 

Ambiente, nuove tecnologie e cambiamenti climatici spiegati agli studenti delle scuole medie

 

IL LICEO GALILEI FUNGE DA REALTÀ PILOTA
Iniziativa basata sull’esperienza dell’Addobbati Brunner con il Centro di fisica e il premio Nobel Filippo Giorgi
Conoscere l’ambiente per tutelarlo meglio, garantendone il rispetto e la conservazione. È questo l’obiettivo del progetto educativo “Ambiente, cambiamenti climatici e tecnologie pulite” (Acct), promosso dal Liceo scientifico Galilei, quale scuola pilota, che organizza, nel corso di quest’anno scolastico, interventi e iniziative didattiche innovative, rivolte alle scuole medie inferiori della provincia. Giovedì prossimo, a pochi giorni dall’apertura della Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, in programma a Copenhagen dal 7 al 18 dicembre, si terrà, alle 10.15, nell’aula magna del Galilei, la presentazione del progetto.
Nella capitale danese si parlerà delle emissioni di gas serra nei paesi più industrializzati, della previsione dei limiti di crescita delle emissioni da parte di Cina e India, di aiuti ai paesi in via di sviluppo, della funzione e dell’importanza delle foreste nell’assorbimento del carbonio atmosferico.
«Il Progetto Acct – spiega il professor Elvio Toselli, responsabile del Programma di Educazione ambientale per la sostenibilità della Scuola media Addobbati - Brunner e collaboratore del Dipartimento di Scienze della vita dell’Università - rappresenta una risposta, la prima a livello nazionale per spessore scientifico e completezza, all’appello lanciato a Parigi dal direttore dell’Unesco lo scorso 27 luglio, in occasione dell’apertura del primo Seminario internazionale sull’educazione al cambiamento climatico. Il Progetto Acct – aggiunge Toselli - si basa sull’esperienza acquisita nel corso di questi anni, operando alla Addobbati - Brunner, dove le attività didattiche promosse e già sperimentate si sono svolte in collaborazione con istituti di eccellenza scientifica, quali il Dipartimento di Scienze della vita dell’Università degli studi di Trieste, con il contributo del professor Filippo Giorgi, responsabile del settore di Fisica della Terra del Centro Internazionale di Fisica teorica di Miramare e premio Nobel per la Pace 2007, e del dottor Sergio Nordio, tecnico esperto dell’Osmer Arpa regionale». I temi trattati sono stati la biodiversità, i cambiamenti climatici e il loro impatto sull’ambiente.
«Le attività attuate – conclude Toselli - hanno inteso sensibilizzare i giovani su questi temi, per fornire solide e rigorose basi concettuali legate allo studio dell’ambiente, mediante un approccio basato sul coinvolgimento attivo e sull’esperienza diretta degli studenti per esaltare i processi di insegnamento e apprendimento». Giovedì saranno comunicate le modalità di partecipazione all’iniziativa educativa.
UGO SALVINI

 

 

SEGNALAZIONI - TRAFFICO - Largo alle bici
 

Già in una precedente lettera mi rammaricavo per la mancata occasione di realizzare una pista ciclabile sulle rive, dove biciclette e pedoni devono condividere uno stretto marciapiede. Spero che il nuovo piano del traffico, di cui viene data poca pubblicità, preveda la realizzazione di piste ciclabili e di stalli ai quali poter agganciare le biciclette. Non occorre realizzare stalli da design estremo, ad esempio come quelli di piazza Hortis, peraltro per niente funzionali. Sono sufficienti dei semplici paletti fissati al terreno terminanti con un anello. Spero che Dipiazza recepisca cortesemente anche questa mia segnalazione.
Bruno Spanghero

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 26 novembre 2009

 

Rigassificatore, Regione in pressing sugli spagnoli - De Anna: prima di esprimerci aspettiamo che Gas Natural fornisca risposte alle prescrizioni di Roma
 

L’ASSESSORE REGIONALE: IMPIANTO IMPORTANTE PER LO SVILUPPO
«Il rigassificatore di Zaule è un’opera importante, se non determinante, per lo sviluppo del territorio». Parola dell’assessore regionale all’Ambiente Elio De Anna che ieri in aula, dopo aver sgombrato il campo da equivoci e chiarito una volta per tutte l’orientamento favorevole della giunta Tondo all’ipotesi gnl nel golfo, ha lanciato un monito forte e chiaro al colosso spagnolo intenzionato a costruirlo.
«La Regione - ha spiegato De Anna, dopo aver risposto in consiglio all’interrogazione presentata dall’esponente della Slovenska skupnost Igor Gabrovec - aspetta che Gas Natural dia risposta alle prescrizioni richieste dalla Commissione di valutazione di impatto ambientale per fornire poi il proprio parere sulla realizzazione dell’impianto».
Un vero e proprio pressing sul gruppo iberico, dunque, che nasce dalla convinzione dell’urgenza di definire tutti i passaggi necessari a mandare in porto l’infrastruttura. Un pressing che però, fa anche capire chiaramente De Anna, deve fare i conti con i pochi margini d’azione concessi in questa fase all’esecutivo Tondo. «Il percorso di Via si gioca su un tavolo tutto nazionale - precisa -. Fino a quando il ministero dell’Ambiente, del Territorio e delle Acque non deciderà di riattivare il confronto relativo al parere di compatibilità ambientale, noi non potremo intervenire».
Il fatto che sia Roma a tenere in quest’occasione le redini del gioco, spiega anche il ”silenzio” ufficiale da parte della Regione sull’impianto targato Gas Natural. Silenzio che dura ormai da più di due anni. «L’ultimo atto adottato in materia è la delibera del 28 giugno 2007 dell’allora giunta Illy - precisa ancora De Anna -. Con quella delibera la Regione precisava di non poter esprimere parere di compatibilità ambientale sul progetto del rigassificatore, non esistendo nella documentazione fornita dal gruppo spagnolo la dimostrazione dell’assenza di pericoli, anche solo potenziali, per la salute umana e per l’ambiente. Mancavano insomma tutta una serie di elementi indispensabili per formulare il parere: dal progetto del gasdotto di collegamento tra l’impianto di Zaule e la rete di distribuzione nazionale, al piano di bonifica per l’area ex Esso. Dopo quella deliberazione, come Regione non siamo stati più coinvolti nell’iter amministrativo di Via».
Di qui la volontà di riprendere al più presto il discorso lasciato in sospeso, tornando a far sentire la voce del Friuli Venezia Giulia. «Quando verremo riconvocati al tavolo nazionale - precisa De Anna - daremo il nostro parere alla luce delle risposte alle prescrizioni richieste. Ci aspettiamo quindi che Gas Natural le fornisca quanto prima».
Quando arriveranno realmente quelle integrazioni, però, Gas Natural al momento non lo dice. Ad attenderle tra l’altro, oltre alla Regione, sono anche i ministri dell’Ambiente Prestigiacomo e dei Beni culturali Bondi. Il decreto di compatibilità ambientale firmato dai due componenti del governo Berlusconi, richiedeva infatti espressamente che venissero chiariti, con documentazione aggiuntiva, una serie di aspetti particolarmente spinosi. Tra questi, aveva sottolineato il sottosegretario Roberto Menia, il piano di caratterizzazione dell’area destinata all’impianto, i parametri sulla portata e la temperatura dei getti d’acqua calda dall’impianto al mare, nonché precisi monitoraggi sulla vita degli organismi marini, da iniziare già prima che il rigassificatore entri a regime.
«È alla luce delle risposte a quelle richieste di chiarimento che formuleremo in modo puntuale e informato il nostro parere - conclude De Anna -. Intanto però ribadiamo la nostra perfetta sintonia con la linea del governo. Noi siamo favorevoli al rigassificatore di Zaule perché lo riteniamo un intervento importante, se non determinante, per lo sviluppo del territorio».

MADDALENA REBECCA

 

 

RIGASSIFICATORE - E la Cgil avverte: «Pronti a dire no all’impianto» - IL SINDACATO
 

La Cgil è pronta ad assumere «una posizione contraria» sul rigassificatore di Zaule. «Sicurezza, ambiente, coinvolgimento dei cittadini: sono i tre punti su cui vogliamo sia fatta chiarezza», dice il segretario provinciale Adriano Sincovich. E così mentre nel maggio 2006 il sindacato esprimeva una posizione «di attenzione positiva fatta chiarezza su ambientale e sicurezza – spiega Sincovich – Oggi prendiamo atto del mancato adempimento di queste condizioni e pensiamo sia il caso di rompere il riserbo».
Il primo appello è rivolto a Gas Natural: «In questi tre anni abbiamo assistito a un silenzio assordante da parte della società – sostiene la Cgil -, considerato che ben due esposti alla procura della Repubblica pongono importanti quesiti sulle documentazioni e che i Comuni di Muggia e San Dorligo hanno fatto ricorso al Tar, chiediamo a Gas Natural di mettersi a disposizione per un confronto pubblico su questi temi».
Il sindacato lancia un segnale anche alla pubblica amministrazione e al sindaco Roberto Dipiazza, secondo Sincovich «l’atteggiamento del Comune fino a ora è stato insufficiente: ci sono diverse dichiarazioni, per non chiamarle battute, del sindaco sui vantaggi che deriverebbero dal rigassificatore: ora le battute non bastano più». Infine Cgil chiama in causa la Confindustria, che secondo il sindacato dovrebbe rendere noti eventuali progetti sull’indotto dell’impianto: «Se ne fa un gran parlare – dice Sincovich – ma i fatti ancora mancano: l’indotto è reale?». Se queste richieste non dovessero venire soddisfatte, avverte il sindacato, la Cgil cambierà il suo atteggiamento.
Giovanni Tomasin
 

 

RIGASSIFICATORE - Esperti italiani e sloveni a confronto su rischi e ricadute del progetto
 

Al progetto del rigassificatore di Zaule è dedicata anche una due giorni di lavori promossa dalla Uil-Pa dei vigili del fuoco. Ieri il tavolo tecnico, che vede riuniti assieme esperti italiani e sloveni, ha messo a fuoco le strategie di sviluppo del rigassificatore, delle navi e delle gasiere. L’analisi si è poi concentrata sulle varie esperienze legate ad insediamenti a metano e gnl.
Oggi è in programma la seconda sessione di studio, che metterà al centro i rischi antropici e industriali del progetto. I risultati della due giorni, che porterà anche alla stesura di un documento riassuntivo, verranno illustrati nel corso di una conferenza in programma questa mattina alle 11 al Caffè degli Specchi.
 

 

Bonifiche, entro l’anno la firma sulla bozza - L’impegno sull’accordo di programma sancito dall’incontro al ministero
 

LE GARANZIE - «Salve le aziende che non inquinano»
La firma sulla nuova bozza di accordo di programma per la riqualificazione delle aree inquinate inserite nel Sin di Trieste arriverà entro fine anno. È l’impegno assunto dai partecipanti all’incontro convocato ieri a Roma dal ministero dell’Ambiente. Incontro che, a detta dei rappresentanti di Regione, Comuni di Trieste e Muggia, Provincia, Autorità portuale e Camera di commercio, segna un deciso passo avanti verso la soluzione del ”caso bonifiche”.
«In particolare - ha commentato al termine del vertice l’assessore comunale allo Sviluppo economico Paolo Rovis - dal ministero sono arrivate precise garanzie a tutela del principio del ”chi non ha inquinato, non paga”. Le verifiche fatte dal numero uno della Direzione dell’Ambiente Marco Lupo con l’Avvocatura dello Stato e con la Corte dei conti hanno infatti accertato la legittimità della procedura prevista nella bozza per salvaguardare le imprese non inquinanti. Queste, nel caso in cui si trovino all’interno di aree inquinate, non dovranno sobbarcarsi i costi delle bonifiche, che verranno invece coperti dal pubblico».
Altro punto centrale del vertice romano, cui ha preso parte anche il sottosegretario all’Ambiente Roberto Menia, il via libera al completamento delle caratterizzazioni. «Finora è stata analizzata solo la metà delle aree a terra - continua Rovis -. Il tavolo di oggi (ieri ndr) ha deciso di sbloccare l’impasse, autorizzando l’Ezit a riprendere il prima possibile, senza attendere quindi la conclusione dell’iter relativo all’accordo di programma, i sondaggi nelle zone mancanti. Sondaggi per i quali esistono i finanziamenti: 2,5 milioni di euro che la Regione ha già a disposizione».
Sempre in tema di finanziamenti, Menia ha ribadito agli attori istituzionali presenti al tavolo la necessità di accelerare i tempi della firma della nuova bozza di accordo per non correre il rischio di perdere i 2,6 milioni di euro recuperati dal ministero tramite fondo di riserva. Di qui l’impegno manifestato dalla Regione a convocare già nelle prossime settimane un nuovo incontro a Trieste per limare il testo assieme agli enti locali, in modo da riportarlo a Roma per la firma definitiva entro il 31 dicembreIn quel testo, tra l’altro, è contenuta anche la conferma della disponibilità ministeriale a stanziare le risorse per la realizzazione del nuovo depuratore di Trieste, e il via libera all’ingresso ufficiale della Camera di commercio tra i soggetti pubblici titolati a partecipare alla gestione dell’affaire bonifiche.

(m.r.)
 

 

Tav transfrontaliera La Slovenia teme il disimpegno italiano - TIMORI PER LA TRIESTE-CAPODISTRIA
 

TRIESTE Ora Lubiana non ci sta. E sul Corridoio 5, relativamente al collegamento Trieste-Capodistria, apre una vivace polemica diplomatica. Secondo la Slovenia l’Italia vorrebbe costruire con priorità il tratto transfrontaliero del cosiddetto progetto europeo Ten-t n° 6 passando da Ronchi a Opicina, sfiorando Sezana per arrivare così a Divaccia.
Il collegamento tra il capoluogo giuliano e quello del Litorale sloveno verrebbe così, per il momento, accantonato. Tanto che il governo di Lubiana ha chiesto per la prossima metà di dicembre (la data non è stata ancora fissata) un incontro tra il sottosegretario ai Trasporti, Igor Jakomin e il viceministro italiano, Roberto Castelli, alcune dichiarazioni del quale al recente summit interministeriale italo-sloveno a Brdo pri Kranju avevano suscitato polemiche proprio su questa questione.
Sta di fatto che nel documento finale del suddetto vertice, sottoscritto per l’Italia dal ministro degli Esteri, Franco Frattini e, per la Slovenia, dal ministro per l’Ambiente Karl Erjavec si legge testualmente che Italia e Slovenia si impegnano «per lo studio e la progettazione del tratto transfrontaliero (del Corridoio 5, ndr) tra Trieste e Divaccia nell’ambito del progetto prioritario Ten-t n°6 Lione-Trieste-Divaccia/Capodistria-Lubiana-Budapest-confine ucraino. Più avanti, nello stesso documento, si legge che i due Paesi si impegnano «successivamente al completamento dello studio di fattibilità per la costruzione della linea Trieste-Divaccia/Capodistria-Divaccia per un’elaborazione coordinata dei progetti» e per una comune linea di sviluppo dell’intera regione «per incoraggiare la cooperazione tra le aree italo-slovene nella zona confinaria e sul Mare Adriatico» e questo anche per una nuova forma di cooperazione dei porti di Capodistria, Trieste, Venezia e Ravenna per cercare di arginare lo strapotere degli scali del Nord Europa.
Dunque, la Slovenia prima sottoscrive un documento dove le scansioni temporali dei progetti sono ben definite, per poi protestare contro il presunto disinteressamento di Trieste del collegamento ferroviario tra il capoluogo e Capodistria.
«Parliamo giornalmente con il coordinatore del progetto Ten-t n°6, Laurens Jan Brinkhostorm (pochi giorni fa a Trieste a colloquio sul tema con il governatore del Friuli Venezia Giulia, Renzo Tondo e l’assessroe ai Trasporti, Riccardo Riccardi) - sostiene un portavoce del ministero dei Trasporti sloveno - ci scambiamo documenti e informazioni e questo senza guardare a quanto sta succedendo in Italia». Insomma, toni duri che non lasciano preludere a una facile soluzione.
Inoltre, sempre al dicastero sloveno, precisano senza remore che «il ministero non rinuncia assolutamente al progetto Capodistria-Divaccia. Questo prosegue secondo il calendario prestabilito - precisano - e riteniamo che i lavori potranno iniziare già a metà del 2010». Al ministero puntualizzano poi che si tratta di un progetto internazionale nell’ambito del quale ciascuno Stato decide le proprie priorità separatamente dalla direzione del progetto stesso. «Per questo motivo la Slovenia non può commentare - concludono - quanto avviene in Italia e quali sono le sue decisioni».
È chiaro che la disparità di vedute farebbe «saltare» i tracciati fin qui presentati. Secondo Lubiana l’Italia sarebbe pronta a rinunciare al raccordo Trieste-Capodistria-Divaccia nell’area di Crni Kal (a Est della Val Rosandra) così come stabilito nei colloqui precedenti tra i due Stati.
MAURO MANZIN

 

 

Piano regolatore, dai cittadini 800 osservazioni - Dipiazza: «Un trionfo. Pronto a recepire le correzioni della gente, ma non quello che dice la politica»
 

Per il piano regolatore di Trieste si sta per aprire il secondo ”ciak”. Ieri si è chiuso il tempo per la presentazione di osservazioni e opposizioni da parte dei cittadini, ora si attendono solo quelle inviate per posta raccomandata. Al 20 novembre, all’ultimo sondaggio parziale negli uffici, Roberto Dipiazza ne aveva contate 290. Ma ieri pomeriggio, in fase di chiusura, le stime finali erano schizzate a una quota compresa tra le 750 e le 800 osservazioni, complici le 300 arrivate nella sola giornata di martedì. «L’impennata in dirittura d’arrivo è normale - precisa il sindaco - ma il numero complessivo delle osservazioni rimane molto basso, molto più basso rispetto a quello registrato in occasione del Prg precedente in epoca Illy. Siamo a uno 0,4% scarso rispetto al totale della popolazione: un trionfo, bel messaggio per chi aveva tanto denigrato il documento, si vede che i cittadini hanno apprezzato. Sono pronto a recepire tutte le correzioni chieste da loro, ma non quello che dice la politica, perché domando nuovamente: dov’erano i politici che votarono il Prg precedente? Forse in Costa Azzurra con un viaggio pagato dai progettisti?».
L’ITER Il capogruppo di maggioranza, Piero Camber (Fi-Pdl), oggi farà con gli uffici un’analisi di tutti i plichi e anche un’elaborazione dei dati raccolti, per poi parlarne pubblicamente domani assieme agli altri capigruppo di maggioranza. L’inclinazione è la stessa: «Accoglieremo il più possibile le esigenze specifiche dei cittadini, per singole necessità del loro terreno, della loro famiglia, se le domande arriveranno dalle imprese l’esame sarà invece, come dire, molto più approfondito». Osservazioni e opposizioni dovranno essere vagliate dagli uffici che ne controlleranno la compatibilità, quelle accettate saranno viste e votate una per una dal consiglio comunale.
LE VARIABILI Intanto tra le varie anime politiche del consiglio le opinioni divergono: chi dice che ormai l’impianto del nuovo disegno urbanistico della città è fatto, e nella sostanza non può più essere cambiato, e chi ritiene invece che i giochi siano tutti ancora aperti, fino al giorno della definitiva approvazione (dopo il vaglio della Soprintendenza e della Regione, che può imporre prescrizioni). In più si aggiunge il Piano particolareggiato del centro storico, che avrà una storia a sé, come un secondo Piano regolatore: Camber ipotizza possa essere adottato entro Natale.
Sulla materia scende poi il Piano casa della Regione che recepisce quello nazionale: 20% di libera costruzione in più in centro, 35% in costiera. Vincoli cittadini stracciati? O il Comune può difendere le proprie scelte «non cementificatorie»? Anche qui i pareri divergono. Per il verde Alfredo Racovelli «non c’è niente da fare, chiederò comunque - aggiunge - che si spieghi nel concreto che cosa questo piano edilizio comporta per Trieste. Il Piano regolatore nella sua sostanza comunque è blindato, ormai non si può più cambiar niente».
L’OPPOSIZIONE Non così la pensa il Pd. Il capogruppo Fabio Omero con Bruna Tam ha depositato cinque osservazioni. I due consiglieri chiedono che per le zone «strategiche» (Fiera, Caserma di Banne, Burlo, Ortofrutticolo, ex Bianchi) la decisione su che cosa farci sopra torni in capo all’iniziativa pubblica. Il nuovo Prg la lascia ai privati. Chiedono che il progetto del Parco del mare sia corredato da credibili indicazioni su parcheggi e viabilità. E che il Piano casa regionale «non si applichi affatto alla Costiera».
Per Iztok Furlanic di Rifondazione comunista «il Prg va migliorato, ribadiremo i nostri emendamenti, il difetto peggiore è che il Carso viene destinato a zona dormitorio senza alcuna possibilità di sviluppo economico, e inoltre bisogna impedire che il Piano casa regionale consenta ampliamenti edilizi in Costiera. Secondo noi si può ancora intervenire su tutto il documento».
GABRIELLA ZIANI e PIERO RAUBER

 

 

«Codice regionale edilizio - il Comune stia in guardia» - Sos degli ambientalisti: «Proteggere il territorio dal rischio speculazioni»
 

Wwf, Italia Nostra, Legambiente e Lipu lanciano un appello agli enti locali triestini: solo attraverso una normativa chiara sarà possibile tutelare il centro cittadino e la sua periferia dall’assalto sfrenato dell’edilizia, avallato da quel nuovo Codice Regionale dell’ediliziadefinito dagli ambientalisti «un vero e proprio abusivismo legalizzato». A esternare le preoccupazione delle associazioni sul Piano casa regionale Lucia Sirocco, Gianluca De Vido e Luciana Boschin, rispettivamente in rappresentanza di Legambiente, Wwf e Italia Nostra.
Le associazioni contestano la legge regionale 19/2009 pubblicata sul Bur lo scorso 18 novembre, quel Codice dell’edilizia che secondo i tecnici terrebbe conto in modo quasi esclusivo gli articoli ispirati al Piano casa del Governo. «La filosofia della legge regionale – osserva l’architetto Lucia Sirocco – esplicita quella tendenza tutta italiana a considerare l’edilizia quale serbatoio di manodopera e soluzione per superare la crisi. Considerazioni errate, stando a quelle cifre che, se da una parte ci vedono tra i primi in Europa per gli incidenti del lavoro, dall’altra non consentono all’economia di trovare nuovo slancio per superare l’attuale impasse».
Secondo l’architetto la nuova legge regionale favorirà una deroga generalizzata e selvaggia ai piani regolatori, con aumenti sino al 35% delle cubature degli edifici residenziali e ricettive al di fuori dei centri storici. In controtendenza, per esempio, a regioni quale il Veneto e la Lombardia che, a detta di Gianluca De Vido hanno posti dei paletti ben marcati (attorno al 10 percento) alle cubature consentite.
I centri storici verranno risparmiati o, comunque, saranno protetti da eventuali speculazioni o allargamenti? Secondo gli ambientalisti no, visto che la nuova legge ammetterebbe all’interno degli stessi ampliamenti sino a 200 metri cubi per un’altezza massima di 6 metri.
«Proprio per queste ragioni sarebbe importante che i Comuni potessero adottare o meno le deroghe ai propri piani regolatori. Quello per Trieste, la variante 18 – puntualizza Luciana Boschin – dove è stata prevista una diminuzione delle volumetrie edificabili pari a circa 1.600.000 metri cubi, potrebbe a seguito della Legge 19 ospitare 10 milioni di metri cubi aggiuntivi».

(ma.lo.)
 

 

Architetti: quel documento nasce già vecchio L’Ordine: visione miope che non immagina sviluppo, nessuna integrazione con le aree d’oltreconfine
 

DECISA PRESA DI POSIZIONE: «MANCA ANCHE UN DISEGNO UNITARIO PER LE RIVE»
Dapretto: scarsa anche la considerazione per il verde pubblico, questa è una città cementificata al massimo
Un Piano regolatore che nasce vecchio, impostato su criteri superati dal tempo e che necessiterà molto presto di sostanziali correzioni. È un giudizio estremamente critico quello che una trentina di architetti triestini, in rappresentanza dell’Ordine professionale di categoria, esprimono sul Piano regolatore della città «che per giunta – sostiene il presidente, Andrea Dapretto – è stato definito senza una consultazione di tutti i soggetti interessati, fra i quali ci siamo anche noi».
Sintetizzando l’analisi fatta dalle cinque commissioni nelle quali si sono distribuiti i trenta architetti, ciascuna delle quali ha affrontato specifiche tematiche del Piano, Dapretto, eletto presidente pochi mesi fa, ha parlato ieri di «visione miope del futuro della città, che non immagina crescita e sviluppo, che chiude ogni prospettiva di osmosi con il territorio circostante, compresa la vicina Slovenia, dalla quale, oramai – ha precisato – non siamo più separati da confini e barriere».
Entrando nel dettaglio, il presidente dell’Ordine degli architetti ha spiegato che «non è possibile prevedere la presenza del Parco del mare - per il quale si prevedono di media tremila visitatori al giorno - senza un parcheggio di servizio che disponga della relativa capacità di ospitare vetture e corriere».
Dapretto ha poi puntato l’indice sull’assenza, nel Piano, di «un progetto unitario per le Rive, che vanno invece ricomprese in un unicum architettonico» e sulla decisione del Comune di «individuare nel 1918 la data spartiacque fra gli edifici che non si possono modificare e quelli sui quali si potrà invece intervenire. Dopo il 1918 – ha spiegato Dapretto – sono stati realizzati edifici e quartieri di notevole pregio, come per esempio l’intera area compresa fra il Giardino pubblico e il viale XX Settembre, che hanno un loro prestigio e una loro omogeneità».
Il presidente degli architetti triestini ha anche ricordato che «è comunque difficile datare molti edifici, in quanto esistono indicazioni diverse fra il momento della progettazione e quello della costruzione». Di notevole rilievo, nella relazione di Dapretto, la «scarsa considerazione manifestata da parte dell’amministrazione comunale nei confronti del verde pubblico. A Trieste – ha sottolineato – ogni cittadino dispone, virtualmente, di 16 metri quadrati di verde pubblico. La media nazionale – ha evidenziato – è di 94, quindi sei volte maggiore. Non si può giocare sul fatto che esiste il Carso in quanto si tratta di un’area ben definita e circoscritta, lontana dal centro cittadino, che può alzare la media solo a livello statistico, ma non sul piano della reale fruizione da parte della popolazione. Se guardiamo Trieste sotto questo aspetto – ha continuato Dapretto – la nostra è una città cementificata al massimo».
Puntuale anche la critica sul versante della mobilità. «I mezzi pubblici – ha affermato il presidente degli architetti – perdono ogni anno, da dieci anni, circa 10mila utilizzatori. Il che sta a significare che, in proporzione, aumentano le vetture private che circolano per le strade. Ebbene – ha sostenuto – davanti a questo problema, si è deciso di delineare il piano del traffico prima di por mano al Piano regolatore generale, mentre i due documenti dovrebbero necessariamente camminare paralleli».
Infine Dapretto ha parlato di «necessità di aprire i confini progettuali della Trieste del futuro, tenendo presente che, a pochi chilometri da noi, crescono a grande velocità aggregati urbani come Capodistria, per fare l’esempio più clamoroso, o come Sesana o altri. I piani vanno integrati e discussi in maniera unitaria – ha proseguito – perché è questa la direzione da seguire. Trieste, come immagina il Piano, non supererà i 240mila abitanti, ma coloro che la attraverseranno saranno molti di più nei prossimi anni». Dapretto ha concluso annunciando la convocazione di un pubblico dibattito «al quale inviteremo i rappresentanti del Comune per discutere di tutte queste tematiche».
Ugo Salvini
 

 

MONRUPINO - Al via il Piano per le antenne - NUOVI SITI PER LA TELEFONIA
 

Un piano comunale per individuare le aree più adeguate per installare delle possibili nuove antenne per i telefoni cellulari. E' questo l'obiettivo del piano per la localizzazione degli impianti fissi per la telefonia mobile votato in questi giorni dal Consiglio comunale di Monrupino.
In base alla relazione stipulata dall'architetto Emilio Savonitto sono state identificate due aree che in un futuro prossimo, se le compagnie telefoniche lo ritenessero necessario, avrebbero i requisiti per ospitare altri impianti fissi di telefonia mobile. Le zone preferenziali sono state individuate nel campo sportivo di Repen e in un'altra zona attigua della frazione di Monrupino.
Una scelta che però non ha convinto appieno il consigliere di maggioranza Maurizio Vidali: «Ho chiesto delucidazioni in merito visto che il campo sportivo è frequentato da tanti atleti, soprattutto bambini, ma l'architetto Savonitto ha fornito in aula rassicurazioni sul fatto che le emissioni prodotte dall'antenna non sono nocive».
Va ricordato che attualmente a Monrupino esistono tre siti riservati alle antenne telefoniche: uno posto a Col (il gestore è la Wind), una della Vodafone-Omnitel presso il campo sportivo ed infine l'impianto di Fernetti con tre antenne (Tim, Wind e Vodafone-Omnitel) poste su un'unica postazione.
L'ultima antenna installata nel comune di Monrupino - quella sita nella frazione di Col - aveva destato non poche polemiche, anche perché la struttura era sorta su un terreno privato con conseguente mancanza di introiti (derivanti dall'affitto dello spazio) per il Comune.
Anche l'antenna di Fernetti era stata eretta non senza problemi e solo dopo un ricorso al Tar fatto dai gestori in seguito ad una iniziale bocciatura da parte del Consiglio comunale. «Per ora abbiamo solo votato l'adozione del piano - ha precisato il consigliere di maggioranza Angelo Barani - ma prima di confermarlo verranno fatti degli appositi incontri con la popolazione per dare voce al loro pensiero».
Riccardo Tosques
 

 

Conoscere l’avifauna con ”Natura 2009” - Corso promosso dalla Lipu (Lega protezione uccelli) e da BirdLife International
 

Partirà domani "Natura 2009", il corso per la conoscenza dell'avifauna nella provincia di Trieste promosso dalla Lipu (Lega protezione uccelli) e da BirdLife Intenational. In programma quattro incontri gratuiti che si pongono l'obiettivo di divulgare le conoscenze sull'avifauna che frequenta il nostro territorio: dalla Riserva naturale della Val Rosandra al Biotopo della Valle delle Noghere, dal Golfo di Trieste al centro della città, dove molti uccelli si sono adattati a vivere cambiando le proprie abitudini.
Tutti gli appuntamenti si terranno presso la sala convegni del Credito Cooperativo del Carso di via del Ricreatorio 2, a Opicina, dalle 18.30 alle 20.30. Venerdì 27 Stefano Sava della Lipu di Trieste parlerà su "Il birdwatching e gli uccelli della città di Trieste (centro storico e parchi urbani).
Il secondo appuntamento è previsto giovedì 3 dicembre, con Matteo Skodler, che illustrerà la relazione su "Gli uccelli della Riserva naturale regionale della Val Rosandra". "Gli uccelli del biotopo dei laghetti delle Noghere" è il tema che verrà trattato venerdì 11 dicembre dall'ornitologo Enrico Benussi, collaboratore scientifico della Stazione Biologica Isola della Corna. L'ultimo incontro, venerdì 18 dicembre, su "Uccelli del golfo triestino" sarà tenuto dall'ornitologo Fabio Perco, direttore della Stazione Biologica Isola della Corna.
«Natura 2009 - spiega Ilario Zuppani, consigliere della Lega Italiana Protezione Uccelli - vuole essere uno stimolo per riattivare l'attenzione sul mondo della natura ed in particolare sugli uccelli, che sono gli animali più facili da incontrare ed osservare. Infatti l'avifauna è riconosciuta quale bioindicatore dello stato di salute degli ecosistemi proprio per la relativa facilità di osservazione e monitoraggio».
Sono almeno 287 le specie di avifauna che sono state osservate solo a Trieste e per una provincia così piccola sono veramente tante. Non a caso l'Unione Europea, sulla base delle osservazioni effettuate da professionisti ed appassionati, ha obbligato l'Italia e la Regione a porre sotto tutela 12.190 ettari del Carso triestino e goriziano, in quanto habitat di specie di uccelli che sono in grave declino in Europa e nel Mondo. «Circa metà del nostro territorio - continua Zuppani - è entrato così nella rete europea Natura 2000 promossa dall'Unione Europea per fermare la perdita di biodiversità negli ambienti naturali, nella fauna e nella flora selvatica.
La Lipu, insieme agli altri portatori d'interesse, sta partecipando ai forum promossi dalla Regione Fvg per la redazione di un Piano di gestione delle Aree carsiche della Venezia Giulia che dovrà armonizzare localmente le attività umane e la tutela della natura".
La Lipu partecipa anche alle attività di conservazione della natura promosse dai Comuni di San Dorligo della Valle e di Muggia con l'intento di garantire una migliore conservazione dei patrimoni naturali locali.
Per informazioni e iscrizioni ai corsi di "Natura 2009" è possibile contattare la sezione provinciale della Lipu ai numeri di telefono 328-6951039 o 340-7399686. Ulteriori dettagli sono reperibili sul sito internet
www.liputrieste.it.

(s.s.)
 

 

SEGNALAZIONI - Privatizzare la gestione dell’acqua, scelta sbagliata

 

Non potremo più chiamarla ”Sorella acqua” : l’art. 15 del DL 135/2009 sugli obblighi comunitari l’ha trasformata, ipso facto, in ”sorellastra”. Ciò significa che un bene essenziale della collettività cadrà in mano private e, dal momento che, a memoria d’uomo, non si ricorda un privato ”benefattore puro” dell’umanità, prepariamoci a veder schizzare all’insù le bollette per il consumo dell’acqua potabile.
E pensare che già all’epoca della legge Galli avevamo invocato la ”sprivatizzazione” di questo bene indispensabile alla vita; ma quella dei consumatori è ”voce di uno che grida nel deserto” e solo il deserto ha raccolto le raccomandazioni e le previsioni fatte, già allora, sugli aumenti che in dieci anni sono lievitati del 61% contro il 25% del resto d’Europa.
Ed ora si riparte. A quale percentuale di aumento arriveremo con questa liberalizzazione? Non azzardiamo ipotesi. Un’unica cosa è certa: aumenterà.
Senza piangere sul male dei fratelli d’Italia (al Sud c’è una dispersione idrica pari al 34%) ma nemmeno senza rallegrarci nel constatare che siamo a metà classifica riguardo il costo dell’acqua nel nostro Paese, notiamo, questo sì, che in Regione siamo quelli che paghiamo di più (e anche questo era già stato ribadito all’epoca della legge Galli) e paventiamo gli inevitabili aumenti che ne deriveranno.
Siamo una Regione a statuto speciale, una Regione a cui chiediamo di non aderire alla privatizzazione dell’acqua. Una regione a cui chiediamo, ancora una volta, di dichiarare l’acqua bene comune varando una propria legge onde impedire che aziende private intervengano alla ricerca di profitti perché tali saranno dal momento che la nostra rete idrica è sana e che le uniche spese giustificate a carico degli utenti dovrebbero essere le spese di gestione del flusso idrico e delle eventuali riparazioni.
Ma ciò che soprattutto chiediamo è di non essere presi in giro: non ci si venga a dire che non si privatizza l’acqua bensì la gestione della rete: questo è un insulto all’intelligenza dei cittadini. Chiunque riesce a comprendere che chi si trova a distribuire e vendere l’acqua, praticamente aprire e chiudere i rubinetti, è di fatto il padrone della rete con tutte le conseguenze che ne derivano per chi dai rubinetti dipende.
Lo ribadiamo: la privatizzazione dell’acqua e, ancora peggio, la precisazione che ad essere privatizzata sarà la gestione, è una scelta sbagliata perché – come al solito – porterà vantaggi a pochi potenti gruppi industriali e finanziari e colpirà il cittadino che sta ancora faticando per uscire dalla crisi.
Non si pongano a paravento gli obblighi comunitari: sono tante le Direttive comunitarie che,
Luisa Nemez

 

 

SEGNALAZIONI - TRAFFICO - Parcheggio biciclette
 

Egregio comandante della Polizia municipale di Trieste, ho letto la sua parziale risposta del 23 novembre scorso ai tanti ciclisti che chiedono dove parcheggiare la bici nel rispetto del Codice della Strada. Io sono uno di quelli che, dall’estate scorsa, si sono arresi, hanno rinunciato alla bici e hanno ripreso ad utilizzare lo scooter, scoraggiati e spaventati dalle multe per divieto di sosta. Speravo finalmente in una risposta chiara, ed invece è solo parziale, perché ha detto dov’è proibito e questo lo sapevamo già, ma non hanno spiegato dov’è permesso parcheggiare la bicicletta a Trieste.
Fabio Dapas
 

 

 

 

BORA.LA - MERCOLEDI', 25 novembre 2009

 

Rigassificatore: per la Regione la documentazione è carente. Domani le conclusioni dei pompieri
 

Intoppo non previsto per la realizzazione del rigassificatore di Zaule. Come reso noto dall’assessore Elio De Anna, la Regione ha segnalato al Ministero dell’Ambiente “alcune carenze” nella documentazione del progetto.
Le mancanze rilevate riguardano “la natura dell’intervento di bonifica, il collegamento tra il gasdotto e la rete di distribuzione del gas, la non quantificazione del rischio di incidenti e la temperatura delle acque della baia di Muggia, in relazione agli scarichi” (Agenzia ASCA).
Gli stessi dubbi erano stati già avanzati da numerose organizzazioni ambientaliste.
Nel frattempo, i Vigli del Fuoco annunciano per domani la conferenza di presentazione dei risultati del tavolo tecnico transfrontaliero sul rigassificatore. Al Tavolo, convocato ieri e oggi, partecipano degli esperti italiani e sloveni, con l’obiettivo di valutrare i rischi per la popolazione e per le attività industriali connessi all’impianto di Gas Natural

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 25 novembre 2009

 

 

Tomat: Tav, non esiste il tracciato perfetto - Il Corridoio V arriverà a Nordest: un passo alla volta supereremo tutte le difficoltà
 

IL PRESIDENTE DI CONFINDUSTRIA MINIMIZZA I TIMORI EUROPEI
Il leader veneto degli imprenditori - «Ci sono due opzioni sul tavolo e si stanno valutando pro e contro»
TRIESTE «Il Passante è stato fatto, la terza corsia si farà. Un passo alla volta, con molte difficoltà, ma vedremo anche la Tav». Andrea Tomat, presidente degli industriali veneti, ha nel dna l’ottimismo dell’imprenditore. Crede che il Corridoio 5 diventerà realtà nonostante i tempi lunghi e le preoccupazioni di Laurens Jan Brinkhorst, il coordinatore europeo del progetto prioritario 6 sulle lentezze della politica del Nordest.
Presidente Tomat, la Ue sottolinea il mancato accordo tra Friuli Venezia Giulia e Veneto sulla Tav. Condivide?
Si sta discutendo di due ipotesi e se ne sceglierà una. Non mi pare una cosa drammatica di fronte a un tema su cui si gioca il futuro socio-economico dei prossimi decenni.
Quale delle due prevarrà?
Visto l’interesse extra-nazionale del tracciato, un’azione dell’Europa potrebbe essere utile alla ricomposizione della vicenda.
Insisto: i due tracciati sul tavolo, quello lungo le spiagge venete e quello più vicino alla A4, dividono il Veneto o Veneto e Friuli Venezia Giulia?
Si stanno valutando pro e contro delle due soluzioni. Andranno individuati dei parametri per la decisione finale ben sapendo che la coperta è corta: non c’è l’opzione perfetta, entrambe hanno la loro pertinenza.
Come imprenditori non date indicazioni?
In questo momento ci mancano gli approfondimenti necessari. Ma è comunque compito di altri soggetti, penso in primis all’Europa, giocare a carte scoperte e individuare le ragioni alla base di scelte così importanti.
Insomma vi basta che la Tav si faccia in un modo o nell’altro?
Che si faccia nel miglior modo possibile.
Il governo sta facendo abbastanza?
Il viceministro Castelli sta seguendo la vicenda con particolare attenzione. Presenza utile anche per ricomporre velocemente la questione del doppio tracciato. Come associazione industriali, e mi permetto di parlare anche per il collega del Friuli Venezia Giulia Alessandro Calligaris, lanciamo un appello alla politica perché si trovino in fretta le risorse economiche per una rapida realizzazione di quest’opera.
Eppure proprio Castelli avrebbe posto dei dubbi sulla Trieste-Divaccia.
Tratta evidentemente indispensabile. Ho estrema fiducia che il viceministro possa incidere a favore della realizzazione di un’opera chiave per il Nordest italiano, la vicina Slovenia, il Nordovest. Dobbiamo avvicinare territori rimasti lontani per troppo tempo, anche nella prospettiva delle olimpiadi nel 2020 a Venezia, la vera capitale dell’Europa che si sta costruendo.
Nel frattempo però, mentre Mestre si consolida nodo fondamentale, il Friuli Venezia Giulia pare ai margini delle scelte di Trenitalia. Che ne pensa?
Non conosco i dettagli ma non è una buona cosa. Con Calligaris la sintonia è perfetta: la nostra è una visione integrata delle urgenze infrastrutturali delle due regioni. Ed è dunque importante che anche Trenitalia ragioni trattandoci come unico grande bacino allargato al centro dell’Europa. L’accordo condiviso sull’Euroregione è una linea tracciata in modo molto chiaro.

(m.b.)
 

 

Veneto e Friuli Venezia Giulia: «Alta velocità prioritaria» - Chisso e Riccardi rassicurano congiuntamente l’Unione europea. Ma rimane il rebus della tratta ”balneare”
 

I DUE ASSESSORI: GIÀ FORNITE LE INDICAZIONI A FERROVIE
TRIESTE L’Unione europea, con il coordinatore olandese Laurens Jan Brinkhorst, bacchetta il Nordest? E denuncia i suoi ritardi sulla Tav? «Veneto e Friuli Venezia Giulia considerano assolutamente prioritaria l’alta velocità e l’alta capacità ferroviaria tra Mestre e Trieste» garantiscono, all’indomani, gli assessori regionali ai Trasporti Renato Chisso e Riccardo Riccardi. E lo fanno, con nota congiunta, affermando che le due Regioni hanno fatto tutto quel che dovevano fare: «Abbiamo già fornito le indicazioni necessarie di tracciato a Rete ferroviaria italiana cui spetta il compito di predisporre il progetto preliminare da presentare al Cipe». Di più: «Il Veneto ha messo a disposizione 6 milioni di euro per la progettazione preliminare e il Friuli Venezia Giulia ha stanziato 4,1 milioni».
Resta un dubbio, però. Un dubbio che il Veneto, nonostante la nota ufficiale, non chiarisce: la Tav, nel tratto che va da Quarto d’Altino a Portogruaro, dove passerà? Scenderà a sud verso le spiagge, Caorle e Jesolo, oppure salirà a nord verso l’autostrada A4? Italferr, la spa delle Ferrovie incaricata di disegnare l’alta velocità da Mestre a Trieste, fa attualmente i conti con due opzioni: un tracciato litoraneo lungo, più vicino alla costa, e un tracciato corto. E chi, se non il Veneto, deve ancora scegliere qual è il migliore?
In attesa della risposta, non irrilevante per i destini della Tav, Chisso e Riccardi ribadiscono l’importanza di un’infrastruttura «indispensabile per il Nordest, l’Italia e i collegamenti con l’Europa mediterranea e centro-orientale». Non solo: avvertono che la sua assenza, come i suoi ritardi, sono destinati a farsi sentire sull’economia delle nostre due regioni e sulla mobilità del territorio, dove una nuova linea ferroviaria consentirebbe di dare concretezza all’esigenza di spostare quote significative di traffico da gomma a rotaia».
 

 

Più treni per Milano, salta l’Eurostar per Roma - Ma il viaggio da Trieste alla capitale durerà una quarantina di minuti in meno
 

Riccardi anticipa l’esito delle trattative con le Ferrovie: «Collegamenti migliorati». Il sito non è ancora aggiornato
TRIESTE Trieste salva i treni diretti verso Milano, ne aggiunge anzi un altro, partenza alle 9.38. Perde invece l’Eurostar direzione Roma, ma conquista collegamenti con la capitale più rapidi di adesso. Molto più rapidi nonostante il cambio obbligatorio a Mestre. Riccardo Riccardi svela il mistero a 19 giorni dal nuovo orario di Trenitalia, in vigore dal 13 dicembre. Quello che ancora non compare sul sito della compagnia ferroviaria ma che l'assessore ai Trasporti dice essere cosa fatta.
La decisione della Regione di partecipare finanziariamente con 3 milioni di euro - Riccardi punta a risparmiare qualcosa al momento della definitiva chiusura dell’accordo - «ci permette di salvare l’unico collegamento diretto tra Udine e Roma, che altrimenti sarebbe stato soppresso, di aumentare con un nuovo convoglio l’offerta da Trieste verso Milano e di stabilire nuove migliori intercorrenze con cambio a Mestre», riassume l’assessore.
Riccardi ha chiuso la trattativa con l’amministratore delegato di Fs Mauro Moretti il 20 novembre. Attendeva la definizione della partita economica prima dell’ufficializzazione. Ma, di fronte alle preoccupazioni rafforzate dalle scarne informazioni del sito di Trenitalia, quello che ancora ieri sera impediva a un triestino di prenotare il viaggio per le vacanze di Natale, esce allo scoperto. E, a fronte di un sito che rimane appunto senza risposte, snocciola i nuovi orari.
Innanzitutto su Milano, la partita più importante vista l’assenza del collegamento aereo da Ronchi. C’erano due diretti verso la capitale della finanza? Ora ce ne sono tre, con l'inserimento del nuovo EurostarCity in partenza da Trieste alle 9.38 (in arrivo, dopo 4 ore e 17 minuti, alle 13.55). La durata degli altri viaggi rimane inalterata: sempre 4 ore e 20 minuti con il treno che parte alle 6.35 e 4 ore e 23 minuti con quello delle 17.02. Il ritorno sul nuovo diretto? Si parte da Milano alle 18.05, si arriva a Trieste alle 22.22.
Su Roma niente più diretti. Ma, sottolinea ancora l’assessore, i tempi di percorrenza sono ridotti non di poco e «Trieste verrà sicuramente collegata meglio di adesso». L’Eurostar delle 7.49 ci metteva 6 ore e 21 minuti. Ed era la soluzione più veloce. Dal 13 dicembre, eccezion fatta per la partenza delle 17.02, si va invece sotto le 6 ore. Il treno in partenza alle 6.35 porterà a Roma in 5 ore e 40 minuti, quello delle 9.38 in 5 ore e 37 minuti. Ma, aggiunge Riccardi sottolineando l’importanza della collaborazione con la collega Sandra Savino, viene pure mantenuto, «con un significativo abbassamento del tempo di percorrenza pari ad oltre 50 minuti», il diretto Udine-Roma (”Frecciargento”) con partenza dal capoluogo friulano alle 5.50 e arrivo nella capitale alle 11.15 (durata del viaggio 5 ore e 25 minuti), mentre per il ritorno è fissata la partenza da Roma alle 16.45 e l'arrivo a Udine alle 22.10. Il nuovo orario consente inoltre un ulteriore collegamento con Roma da Udine con l'utilizzo del treno Euronight delle 6.36 con interscambio a Mestre. Quanto al collegamento su Milano, Udine vede confermato il treno delle 5.40 (arrivo 9.55).
Insomma, un ribaltone rispetto a quanto continua a comparire sul sito di Trenitalia. Perché questa lentezza nell’inserimento dei dati? Riccardi assicura che «le cose sono diverse da come appaiono», che «l’obiettivo è stato raggiunto», che il sito «verrà aggiornato a breve». E fa infine sapere che la direzione commerciale di Trenitalia ha dato la disponibilità ad avviare un tavolo tecnico finalizzato al coordinamento degli orari tra i treni regionali e il collegamento Eurostar in partenza da Mestre.
MARCO BALLICO

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 25 novembre 2009

 

Pista ciclabile, il sogno si è avverato - Dopo dieci anni di lavori, costati 6 milioni, sarà pronta entro la fine di dicembre

SOPRALLUOGO DELLA COMMISSIONE ACES CON LA PROVINCIA. DA CAMPANELLE ALLA VAL ROSANDRA
Dopo un decennio di lavori e una gestazione nel cassetto dei desideri di durata pluridecennale, la pista ciclabile che segue il percorso dell’antica ferrovia austroungarica che portava in Istria è finalmente in dirittura d’arrivo: l’architetto Wiliam Starc e la presidente della provincia di Trieste Maria Teresa Bassa Poropat l’hanno mostrata ieri in anteprima alla commissione italiana di Aces (Associazione europea capitali dello sport), in visita a Trieste per valutare la candidatura della città a Capitale europea dello sport 2011. A bordo di due furgoni, la comitiva ha percorso il tratto di pista che da Campanelle arriva in Val Rosandra: i commissari Aces hanno mostrato di apprezzare l’opera, costata in tutto circa 6 milioni di euro. «I lavori sono ancora in corso – ha spiegato Starc – e teoricamente questo tratto non dovrebbe essere accessibile al pubblico, ma la gente se ne è già impossessata e difatti la ditta che sta ultimando i lavori nemmeno chiude il portone». Nonostante la giornata uggiosa, infatti, il gruppo ha incrociato numerosi ciclisti “abusivi” che hanno deciso di non aspettare l’inaugurazione della pista: «Tempo permettendo – ha affermato l’architetto – contiamo di finire i lavori entro l’anno». Ancora da completare è il tratto urbano che va da Campanelle a San Giacomo: «I lavori sono stati rallentati perché abbiamo dovuto espropriare un deposito macchine – ha detto il dirigente –, ora stiamo ultimando i muri di contenimento e la pista vera e propria». A questo va aggiunta la manutenzione del percorso in vista dell’apertura: «Nella stazione iniziale c’è stato un versamento d’acqua che ci ha costretto a lavori ulteriori». Il risultato finale, nei progetti della provincia, sarà un tratto urbano che da San Giacomo ad Altura presenterà una pista a doppia sezione: una corsia sarà esclusivamente pedonale, l’altra permetterà di praticare, oltre al ciclismo, gli sport più diversi, dal pattinaggio all’equitazione. Da Altura in poi la pista seguirà il modello del percorso della Val Rosandra, con un fondo in terra battuta e ghiaia: «Parlando con le associazioni ambientaliste abbiamo pensato che la scelta migliore fosse quella di mantenere il sedime naturale per ridurre l’impatto sull’ambiente circostante». La lunghezza totale del percorso è di 12 chilometri. Dalla Val Rosandra la pista prosegue in Slovenia dove si dirama lungo diversi tragitti: «La pista entrerà a far parte dei circuiti internazionali di cicloturismo – ha aggiunto Starc –: dal prossimo anno partiranno i lavori per un nuovo tratto di 40 chilometri».
Giovanni Tomasin
 

PISTA CICLABILE - LA LUNGA GESTAZIONE - L’architetto Starc: il progetto è del ’69

Per scoprire le origini della pista ciclabile bisogna tornare indietro di una quarantina d’anni. L’opera mosse infatti i primi passi nell’ormai lontano 1969, come spiega l’architetto Wiliam Starc: «Il piano regolatore di quell’anno prescriveva la costruzione di raccordi autostradali con il Lisert – precisa -.

Era la Grande Viabilità. Ma il progetto prevedeva anche che il percorso della vecchia ferrovia venisse utilizzato per un braccio d’autostrada che doveva arrivare al Molo settimo».
Dalle proteste innescate dall’avvio di quel progetto, prese vita l’idea di realizzare la pista ciclabile. Nel 1996 fu realizzato finalmente uno studio di fattibilità e nel 1999 i lavori ebbero inizio. Ora, finalmente, l’inaugurazione è imminente.
«L’opera finale è di grande valore – prosegue l’architetto Starc –. Sia sotto l’aspetto naturalistico, sia dal punto di vista archeologico, industriale e architettonico. Il fiore all’occhiello è probabilmente il ponte sopra il Burlo: un intervento costato complessivamente 800mila euro».

(g.t.)
 

PISTA CICLABILE - LA SCHEDA
La pista ciclabile ha origine lontane: il primo studio di fattibilità risale al 1996.
La lunghezza totale del percorso attuale è di 12 chilometri: dalla Val Rosandra la pista prosegue in Slovenia dove si dirama lungo diversi tragitti.
Il tratto da Campanelle alla Val Rosandra è costato in tutto circa 6 milioni di euro; di questi, 800mila euro sono stati richiesti per la realizzazione del ponte sopra via dell’Istria, in corrispondenza del Burlo.
 

 

Mattonaia inquinata, ma si scopre un anno dopo I RILIEVI DELL’ARPA AVEVANO REGISTRATO RIPETUTI SFORAMENTI DELLE PM10 E DEL BENZOAPIRENE
 

Il sindaco Premolin: dati comunicati tardivamente. Del Prete: è il traffico, non la Siot
SAN DORLIGO «Nella zona di Mattonaia si sono registrati 14 sforamenti dei limiti di legge per il PM 10 in 25 giorni di monitoraggio ai quali si aggiunge poi un vistoso superamento del benzoapirene». Parla chiaro il documento redatto dal Dipartimento provinciale di Trieste dell'Arpa Fvg. I dati in questione, che risalgono ai mesi di febbraio e marzo dello scorso anno ma che sono emersi pubblicamente solo in questi giorni, citano «un valore medio di 68,8 mg/mc della concentrazione atmosferica giornaliera delle polveri PM10», un valore oggettivamente «sopra la norma visto che il limite di legge è fissato a 50 mg/mc».
Nella postazione mobile sita in località Mattonaia n. 166 sono stati riscontrati esattamente «14 superamenti del limite di legge con un valore massimo pari a 190,3 mg/mc» registrato in data 24 febbraio 2008: in pratica in quel giorno il limite massimo è stato sforato di quasi ben quattro volte rispetto a quanto previsto dalla legge. Accanto ai PM 10 si aggiunge poi la situazione degli idrocarburi policiclici aromatici: tra questi il benzoapirene (BaP), che a norma di legge è fissato a 1,0 ng/mc, che invece ha registrato una concentrazione atmosferica pari a 1,3 ng/mc.
IL SINDACO «Purtroppo i dati rilevati più di un anno fa non sono stati comunicati in tempo reale altrimenti sarei intervenuta subito». Il sindaco di San Dorligo della Valle Fulvia Premolin spiega così il fatto di non aver preso dei provvedimenti in seguito agli sforamenti registrati a Mattonaia. Il primo cittadino ha poi aggiunto che «all'epoca in cui sono arrivati i risultati io ero fuori Trieste, ma il mio ufficio, non appena ricevuta comunicazione degli sforamenti, ha contattato subito l'Arpa che però ha sconsigliato un intervento di blocco del traffico anche perché oramai la situazione di emergenza era rientrata visto che i valori erano tornati nella norma».
LA SIOT «Il PM 10 è un valore che non ha niente a che fare con la nostra attività visto che noi utilizziamo dei motori elettrici». L'amministratore delegato della Siot Adriano Del Prete non ha dubbi: gli sforamenti registrati dalla centralina di Mattonaia, a due passi dallo stabilimento della Siot, dipendono da altri fattori. «Il traffico delle automobili sulla Grande Viabilità credo sia la risposta a questi dati che comunque esulano dal nostro lavoro», ha sottolineato Del Prete, il quale ha poi posto l'accento sul superamento del benzoapirene: «Anche questo dato non è da iscrivere al nostro operato poiché noi trattiamo il petrolio, sostanza che non ha nulla a che vedere con il BaP».
L'INTERPELLANZA Sulla vicenda il capogruppo consiliare del Pdl-Udc di San Dorligo della Valle Roberto Drozina ha già preannunciato un'interpellanza che verrà presentata lunedì prossimo alla riunione del Consiglio comunale. Tra le domande indirizzate al sindaco Premolin,Drozina chiederà in consiglio «come ed in quali tempi si intende procedere per il monitoraggio, in tempo reale così come auspicato dall’Arpa, dei composti ridotti dello zolfo, fra i quali si colloca l’idrogeno solforato, elemento altamente tossico».
Riccardo Tosques
 

 

Grado, ok dal Comune alla caccia al cormorano - L’assessore Polo contro gli ambientalisti del Wwf: «Prioritaria la difesa dei pescatori»
 

BATTAGLIA FRA AMMINISTRAZIONE E ECOLOGISTI
GRADO «A dover essere tutelati sono i vallicoltori, non certamente i cormorani. Apprezzo il lavoro svolto dal Wwf nel mondo. Sono d’accordo sul lavorare per la conservazione del patrimonio naturalistico, ma non a danno della specie umana». Lo dice l’assessore Elisa Polo replicando al Wwf di Monfalcone sulla questione della caccia ai cormorani, accusando gli ambientalisti di diffondere dei dati inesatti, ricavati «da qualche studio fatto con saltuarie visite alle valli, a chissà che ora del giorno e probabilmente prendendone in esame solamente alcune». Il problema dei cormorani interessa una trentina di valli da pesca, alcune anche di ampie dimensioni, della laguna di Grado e una decina di quelle di Marano.
«Invito i responsabili del Wwf a mie spese per 365 giorni in una valle da pesca - continua la Polo -. Li faccio alzare all’alba per assistere a quello che non esito a definire uno spettacolo drammatico. Facile venir a vedere cosa succede, magari a ora di pranzo come fa qualcuno, e trovare pochi esemplari. Bisogna essere sul posto all’alba, in tutte le valli».
È dura la replica dell’assessore alla Pesca di Grado che parla di una vera invasione di cormorani tale da preoccupare che preoccupa vallicoltori e Comune. «Sono i vallicoltori che rischiano l’estinzione. Vanno tutelati loro, non gli uccelli. Facile per chi non è direttamente coinvolto criticare e parlare - aggiunge l’assessore Polo -. Il Wwf dovrebbe mettersi nei panni dei vallicoltori che, dopo anni di sacrifici si vedono derubare in questa maniera del prodotto delle loro fatiche. Vorrei proprio vedere voi proteggere questi uccelli – sottolinea la Polo rivolgendosi ai responsabili del Wwf - se gli stessi uccelli iniziassero a prelevare le banconote dalla vostra busta paga.
«I metodi ecologici di dissuasione - continua l’assessore -, come suggerisce il Wwf, potevano forse andar bene fino a una decina di anni fa quando non si verificavano invasioni di questa portata».
I vallicoltori, ricorda sempre l’assessore comunale, le hanno provate tutte, tanto che hanno dovuto sistemare orizzontalmente delle grandi reti a protezione. Ma anche queste non si sono rivelate sufficienti, «perché alcuni cormorani si tuffano e quindi nuotano sotto la rete per entrare nelle zone popolate del pesce che, spaventato, esce allo scoperto. Anche altri tentativi ed esperimenti sono già stati tentati ma senza risultato». L’assessore pone e si pone domande e risposte: «Manufatti subacquei? i vallicolori devono lavorare nella valle, non fare slalom e rischiare di rimanere loro impigliati. Tamburi, colpi di petardi? Fanno scappare i cormorani solo all’inizio. Sono uccelli in grado di imparare presto la lezione. Il sistema più efficacie alla fine resta sempre la presenza costante di un vallicoltore.»
ANTONIO BOEMO

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 24 novembre 2009

 

L’Unione europea: Nordest in ritardo sulla Tav - Il coordinatore Brinkhorst: «Friuli Venezia Giulia e Veneto si accordino sui progetti»
 

TRIESTE «Veneto e Friuli Venezia Giulia devono migliorare la collaborazione e passare alla realizzazione dei progetti». Laurens Jan Brinkhorst, il coordinatore europeo del progetto prioritario 6, l’«angelo custode» del corridoio ferroviario che deve collegare Lione al confine ungherese-magiaro, arriva a Trieste. E, quasi in sordina, partecipa a un vertice allargato in piazza Unità. Ma, al termine, non fa sconti: il Nordest non vuole perdere la Tav? E allora, anziché guardare a Lubiana, guardi a casa sua: superi le contraddizioni interne, sciolga il rebus del tracciato ”litoraneo”, e presenti la progettazione mancante. Da Mestre a Trieste.
IL VERTICE L’olandese Brinkhorst, un’agenda piena zeppa che include una tappa a Roma e un incontro con il sottosegretario sloveno Igor Jakomin, si presenta in piazza Unità di buon’ora. Il ”tavolo di monitoraggio”, come lo definisce il padrone di casa Renzo Tondo, è affollato: c’è Renato Casale, l’amministratore delegato di Italferr, la spa delle Ferrovie chiamata a ”disegnare” la Tav, e ci sono gli europarlamentari Debora Serracchiani e Antonio Cancian. C’è il presidente del Ppe al Comitato europeo delle Regioni Isidoro Gottardo e ci sono l’assessore alle Infrastrutture del Friuli Venezia Giulia Riccardo Riccardi e quello all’Economia del Veneto Vendemmiano Sartor.
LE PRIORITÀ Il tavolo non è annunciato, almeno non alla stampa. Ma, al termine dei lavori, ”Mister Pp6” non si defila e avverte che il problema principale della Tav non è la tratta italo-slovena, ma quella italiana. Sia chiaro: la Trieste-Divaccia riveste «un’estrema importanza». E Brinkhorst, raccogliendo le sollecitazioni del Friuli Venezia Giulia che invoca la nascita di una struttura comune italo-slovena e difende a spada tratta il collegamento tra i porti di Trieste e Capodistria, garantisce il suo appoggio: «Promuoverò la collaborazione con la Slovenia». Il coordinatore nominato da Bruxelles, tuttavia, chiarisce: la Trieste-Divaccia non è il nodo più urgente. «Credo che la tratta transfrontaliera potrà essere realizzata solo se la parte italiana riuscirà a risolvere i suoi problemi e avrà quindi la credibilità necessaria a convincere la parte slovena che vale la pena di investire nelle infrastrutture sul confine».
IL NODO Difficile equivocare. Ma Brinkhorst si spinge oltre: «In passato ritenevo che il punto cruciale fosse proprio il passaggio del confine italo-sloveno. Ma ora mi rendo conto che la priorità dev’essere data alla soluzione dei problemi italiani. Veneto e Friuli Venezia Giulia devono migliorare la collaborazione e passare alla realizzazione del progetto». Ancora: «Il governo italiano deve sostenere le due Regioni e incoraggiarle a cooperare».
LE DIFFICOLTÀ L’olandese, dunque, punta il dito contro i ritardi ”domestici” nella progettazione della Tav a Nordest. Italferr si impegna a rispettare la scadenza di fine 2010 ma non nega, non può, le difficoltà: ci sono quelle in casa friul-giuliana dove, ad esempio, vanno superati i rilievi di natura ambientale sulla tratta Ronchi Sud-Trieste e ci sono soprattutto le difficoltà in casa veneta dove va ancora definita la tratta Quarto d’Altino-Portogruaro, dopo la controversa decisione di allontanare la Tav dall’A4 e portarla a Sud. Verso il mare. La spa delle Ferrovie chiarisce che ci sono due ipotesi progettuali sulla tratta litoranea: la ”variante lunga” che passa più vicina alle spiagge e la ”variante corta” che scende meno a Sud, ed è oggi la più gettonata.
LE REAZIONI Le due Regioni, chiamate in causa, rassicurano ”Mister Pp6”. O almeno ci provano. «Siamo pronti a dare tutto il nostro contributo affinché la progettazione di un’infrastruttura strategica per l’intero Paese venga presentata all’Unione europea. Noi e il Veneto confermiamo l’impegno congiunto e l’azione di stimolo sul governo italiano» afferma Tondo. Ma i tempi? E i modi? Riccardi, nel giorno in cui porta all’esame di Brinkhorst anche il potenziamento della rete ferroviaria esistente nell’attesa che la Tav veda la luce, rassicura: «Il progetto è complesso e va perfezionato, ricercando il maggior consenso possibile del territorio, ma va avanti. E, come da accordi, va presentato entro il 31 dicembre 2010». I dissensi con il Veneto? Il ”tracciato balneare”? Riccardi minimizza: «Non ci sono dissensi. Non possiamo mica dire noi ai veneti dove devono far passare la Tav... E comunque, a Venezia, stanno lavorando e presenteranno una soluzione nei tempi previsti».
L’IMPEGNO Il Veneto, con Sartor, conferma: «Non esistono problemi con il Friuli Venezia Giulia. Dobbiamo solo trovare a casa nostra la soluzione meno impattante per la tratta da Quarto d’Altino a Portogruaro: ci stiamo orientando sulla ”variante corta”, la più lontana dal litorale, e in ogni caso decideremo nel rispetto delle scadenze». Nessuno ne dubiti, nemmeno il coordinatore olandese: «Abbiamo già dimostrato con il Passante e il rigassificatore di saper scegliere quando ci sono in ballo le grandi opere. Lo faremo anche con la Tav che rimane una nostra priorità assoluta. La riprova? Cofinanzieremo con 5,5 milioni di euro la progettazione». Gottardo e gli europarlamentari, lasciando il vertice, si dicono pronti a dare una mano: l’alta velocità, costi quel che costi, va fatta. Ma Serracchiani non sottovaluta il monito di Brinkhorst: «È emerso concretamente un problema di coordinamento tra Veneto e Friuli Venezia Giulia e tra Italia e Slovenia. E quindi, pena l’emarginazione, dobbiamo assolutamente superarlo».
ROBERTA GIANI

 

 

Il tracciato balneare è il nodo più spinoso - Ma Italferr garantisce il rispetto dei tempi: consegna entro il 2010
 

TRIESTE Italferr, la spa delle Ferrovie impegnata a ”disegnare” la Tav da Mestre a Trieste, garantisce il rispetto dei tempi. Ma il tracciato nordestino, quello che preoccupa Bruxelles, deve superare molti ostacoli. E l’ad Renato Casale, fotografando lo stato dell’arte, lo conferma indirettamente: la Mestre-Trieste-Divaccia viene divisa in cinque ”sezioni”. La prima, da Mestre all’aeroporto di Tessera e a Quarto d’Altino, non presenta più grandi difficoltà: «Il tracciato è concordato e definito» conferma l’assessore veneto Vendemmiano Sartor. La seconda ”sezione”, da Quarto d’Altino a Portogruaro, è la più spinosa: il tracciato doveva in origine affiancare l’autostrada A4 ma, al fine dichiarato «di non intralciare la terza corsia», il Veneto si è immaginato un tracciato ”balneare” per Jesolo e Caorle. Il Friuli Venezia Giulia, con Riccardo Illy, ha protestato. Invano. Risultato? Allo stato attuale ci sono due ipotesi di lavoro sul tavolo di Italferr: il tracciato lungo che corre più vicino alle spiagge e quello corto che passa più vicino all’A4. Ma il Veneto deve ancora dire l’ultima parola: «Siamo orientati sulla variante corta ma stiamo lavorando sulla soluzione tecnica meno impattante» spiega Sartor. La terza sezione, da Portogruaro a Ronchi sud, è forse la meno problematica: la Tav correrà parallela all’autostrada, Renzo Tondo condivide il lavoro dei suoi predecessori. La quarta sezione, da Ronchi sud a Trieste, presenta a sua volta non pochi problemi: le risorse ci sono, ci sono persino per la progettazione esecutiva, ma il tracciato deve fare i conti con i rilievi del ministero e lo scarso consenso della popolazione, tanto che Italferr sta lavorando alle modifiche.
Infine, la quinta sezione da Trieste a Divaccia, l’unica transfrontaliera: Italferr sostiene che, se l’accordo tra i due paesi viene confermato, il progetto regge. «È una priorità assoluta. Un’infrastruttura vitale per Trieste e il Friuli Venezia Giulia che, in caso contrario, rischiano di essere più emarginati di prima della caduta del confine» osserva, a fine vertice, Isidoro Gottardo. Bruxelles, Roma e Lubiana ascolteranno?
 

 

Udine perde i treni diretti con Roma e Milano - Dal 13 dicembre tagli pesanti sul capoluogo friulano. ”Mistero” su Trieste - L’ORARIO INVERNALE DI TRENITALIA
 

TRIESTE D’incanto, sul sito di Trenitalia, spuntano i nuovi orari dei treni da e per Udine dal 13 dicembre, il primo giorno del nuovo orario. Un ”click” e l’Eurostar in partenza alle 5.52 e in arrivo a Roma Termini alle 12.10 non c'è più. E non c’è più nemmeno il treno per Milano in partenza alle 5.40 e in arrivo alle 9.55 senza cambi. Tagliati a meno di inserimenti in corso d’opera, obiettivamente difficili da attendersi nel momento in cui Trenitalia ha lanciato in pompa magna le novità invernali. E i treni da Trieste? Nessuna novità, non ancora. Ma, a trattativa evidentemente ancora aperta con la Regione, c’è forse qualche spiraglio per salvare i collegamenti diretti.
I friulani, almeno loro, possono programmare le vacanze di Natale e prenotare il viaggio. Il nuovo orario prevede, a fronte delle attuali 15 possibilità, solo 4 partenze: alle 8.25, alle 12.30, alle 14.30 e alle 16.30. E nessun diretto. La discesa a Mestre è obbligatoria, dopo di che si sale sui ”Frecciargento”, un elettrotreno (Etr 600) ad assetto variabile di ultima generazione, dotato di motori distribuiti su tutto il convoglio, capaci di assicurare accelerazione e velocità di punta fino a 280 km/h. La durata del viaggio? La soluzione più mattutina impiega 5 ore e 48 minuti, le altre tre 5 ore e 43 minuti.
Stesso numero di collegamenti e stesse partenze sono incastrati nel nuovo orario da Udine direzione Milano, con l’obbligo di cambiare addirittura due volte, prima a Mestre e poi, dopo 40 minuti d’attesa, a Bologna da cui decollano pure i Frecciarossa, 360 km/h di velocità massima, partendo dalla stazione friulana alle 8.25 (durata del viaggio 5 ore e 20 minuti), alle 12.30 (5 ore e un quarto) e alle 16.30 (5 ore a un quarto). Solo la partenza alle 14.30 (4 ore e 25) prevede un unico cambio a Mestre.
Riassumendo: meno treni regionali, molti meno, razionalizzazione degli orari, treni superveloci dal Veneto e dall’Emilia Romagna ma, da Udine, nessuna possibilità di arrivare nelle due principali città italiane su un solo convoglio. Quanto a Trieste, invece, permane il mistero. Digitando sul sito di Trenitalia dal 13 dicembre in avanti la risposta è sempre la stessa: «Nessuna soluzione trovata». Impossibile programmare un viaggio. Dalle Ferrovie dello Stato nulla trapela. Si conferma che, non solo con il Friuli Venezia Giulia, «è in corso una trattativa con gli enti pubblici». La premessa è la solita: le tratte in perdita si tagliano.
È il motivo della sforbiciata che riguarda Udine, nonostante gli sforzi della Regione e i vari incontri nella capitale dell'assessore Riccardo Riccardi con l'amministratore delegato di Fs Mauro Moretti.
Si salveranno in extremis i diretti triestini, l'Eurostar delle 7.49 verso Roma e il collegamento delle 6.35 verso Milano? La sensazione è che i tagli possano essere stati già decisi. E che Trieste, dunque, possa esserne esente. La soluzione del giallo nei prossimi giorni. Perché ne mancano solo venti al cambio di orario di Santa Lucia. E qualcosa dovrà pure accadere.
Marco Ballico
 

 

Rifondazione in pressing: «Si rafforzi la rete attuale»
 

TRIESTE La Trieste-Divaccia è in alto mare? La Mestre-Ronchi Sud-Trieste in grave ritardo? Meglio lasciar perdere, e concentrare gli sforzi su una missione ”meno impossibile”. Rifondazione non ha dubbi. E, con Igor Kocijancic, lo dice chiaramente: «Vanno adeguati i tracciati esistenti all’alta capacità come giustamente affermato dall’assessore regionale Riccardo Riccardi. E va aperto un confronto serrato con la Slovenia per il collegamento ferroviario tra i due porti, lasciando perdere altre priorità e progetti semplicemente velleitari. In un Paese normale non si perderebbe nemmeno tempo a discutere su cosa convenga fare».
 

 

IL RIGASSIFICATORE AL CENTRO DEL CONVEGNO ”RISPARMIO ENERGETICO” - Menia: «Interessi economici dietro il no di Lubiana»
 

Il sottosegretario: Slovenia e Croazia progettano un altro impianto a Veglia - Il project manager Armesto: «Vogliamo diventare triestini, coinvolgeremo tutti gli enti»
Pronta la bozza del nuovo accordo di programma per l’ambiente. C’è anche la Cdc
«La questione ambientale era solo un pretesto, dietro cui si nascondevano interessi concorrenziali di ordine economico. L’interesse di Lubiana, confermato ufficialmente, a costruire un rigassificatore sloveno-croato sull’isola di Veglia lo spiega chiaramente».
L’affondo, pesantissimo, nei confronti della Slovenia, dichiaratasi a più riprese contraria alla realizzazione del rigassificatore di Zaule, porta la firma del sottosegretario all’Ambiente, Roberto Menia. A margine del convegno “Risparmio energetico: la sfida del futuro”, organizzato alla Camera di commercio di Trieste, l’esponente del governo Berlusconi si è riagganciato alla recente uscita del ministro dell’economia sloveno, Matej Lahovnik, ripresa dai media di Lubiana: «Il progetto del rigassificatore di Veglia assicura non solo una diversificazione delle linee di rifornimento di gas, ma anche delle fonti di questa importante risorsa energetica. A un rigassificatore su quell’isola, poi, non si oppone nessuno», aveva affermato Lahovnik. Mentre al progetto triestino del colosso spagnolo Gas Natural, Lubiana si è sempre opposta. «Le osservazioni di tipo ambientale da parte slovena - ribadisce Menia - erano quindi pretestuose. In ogni caso, loro hanno diritto di fare ciò che vogliono. Ma, allo stesso modo, noi decidiamo autonomamente cosa fare sul nostro territorio nazionale». Insomma, tutte scuse, secondo il sottosegretario, che difende a spada tratta un impianto la cui creazione rappresenta una priorità strategica del governo italiano.
GAS NATURAL Da parte sua Gas Natural, attraverso il project manager per Trieste Ciro García Armesto, presente ieri al convegno, ha ribadito come il progetto di Zaule rappresenti «un’opportunità di sviluppo per la città e per noi si tratta di un impegno a lungo termine, una scommessa nel campo della sostenibilità. Vogliamo diventare “triestini”». Per riuscire nell’intento, la società iberica non solo coinvolgerà gli enti del territorio ma andrà anche, come già annunciato, ad orchestrare un «lavoro di comunicazione per far conoscere alla gente il nostro progetto - ha sottolineato Armesto -. Su cui non ci sono punti oscuri. Illustreremo i benefici che deriveranno per i cittadini». Il dirigente spagnolo ha poi ricordato come l’area scelta per il rigassificatore sia «fortemente inquinata, pertanto necessiterà di un’opera di bonifica molto pesante».
SIN A proposito di Sito inquinato di interesse nazionale, lo stesso Menia e il presidente camerale Antonio Paoletti hanno confermato - a margine del convegno - come sia ormai pronta la bozza del nuovo accordo di programma sugli interventi di riqualificazione ambientale. Domani a Roma, nel corso di un incontro fra le parti sarà presentato il testo, sul quale andranno rapidamente sciolte le eventuali ultime riserve, per arrivare alla firma del documento entro la fine di dicembre. «Così si potrà accedere ai 2,6 milioni di euro trovati dal ministero tramite fondo di riserva - ha spiegato Menia -. Tra i firmatari, va segnalata l’introduzione della Camera di commercio». L’ente camerale aveva da sempre espresso la propria volontà di fungere da soggetto di raccordo fra i privati interessati dal problema e lo Stato per la questione delle bonifiche. Ora, come si riferisce anche a parte, a meno di improvvisi intoppi, potrà farlo.
MATTEO UNTERWEGER

 

 

I dubbi di Bandelli sull’impianto Gnl: «Ma a chi servirà?» - CRITICHE ANCHE AL PDL
 

«Non siamo degli apostati». Franco Bandelli si infervora nel rispondere al coordinatore regionale del Pdl Isidoro Gottardo, che nei giorni scorsi aveva lanciato un avviso preventivo ai membri del Pdl che sostengono il movimento “Un’altra Trieste”, fondato un mese fa dall’ex assessore ai lavori pubblici. «Non vogliamo fondare una lista civica e non abbiamo posizioni preconcette sul rigassificatore: siamo solo esponenti del Pdl interessati al dialogo con la cittadinanza. Avremo mica paura di un questionario?».
Esternazioni arrivate a margine del primo incontro pubblico organizzato da “Un’altra Trieste” sul tema “Energia, bonifiche, rigassificatore e AcegasAps”. Bandelli ha approfittato dell’appuntamento pubblico per togliersi qualche sassolino dalla scarpa: «Le nostre posizioni non sono in contrasto con il partito – dice –. Se Gottardo pensa il contrario è male informato, forse perché da quando non sono più assessore non ha mai accettato un incontro». E aggiunge: «I consiglieri regionali possono proporre un referendum contro le leggi della giunta mentre noi non possiamo fare un’assemblea pubblica: sono confuso».
Il suo modo di fare politica, rivendica l’ex assessore, trova riscontro: a sostenere la sua tesi porta il pubblico che ieri ha riempito la sala. Nel suo intervento Bandelli rinnega posizioni aprioristiche sul progetto Gas Natural: «I dubbi sulla sicurezza dell’impianto – dice a riprova della sua buona fede - sono poco fondati». Poi però colpisce duro sui punti nodali del progetto: «Chi trarrà beneficio dal rigassificatore? – si chiede – L’occupazione sarà ridotta a poche unità, le gasiere non saranno italiane, i risparmi per la comunità locale non ci saranno e le tecnologie saranno straniere. Cosa resterà a Trieste?». Bandelli esprime infine i suoi dubbi anche sul futuro del porto: «Le navi gasiere costringeranno a sospendere le attività di cabotaggio del porto. Chi può smentire questa affermazione lo faccia». Quanto alla gestione delle aree inquinate «la perimetrazione venne fatta in modo discrezionale e i soldi per le bonifiche non ci sono, il sottosegretario all’ambiente faccia qualcosa». Per concludere una stoccata ad AcegasAps: «Il valore della azioni è calato: rischiamo di trovarci con un pugno di mosche».
Giovanni Tomasin
 

 

BONIFICHE - Paoletti: «Per i privati un milione e mezzo» - IL PRESIDENTE CAMERALE - «Abbiamo fondi da destinare al lavoro di caratterizzazione»
 

Ministero dell’Ambiente, Ministero dello Sviluppo economico, Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, Regione, Provincia, Comune di Trieste, Comune di Muggia, Autorità Portuale e Camera di commercio di Trieste. Ecco l’elenco aggiornato dei soggetti chiamati ad analizzare e firmare entro la fine dell’anno il nuovo accordo di programma sul Sito di interesse nazionale.
«Il ministero metterà dei soldi per la bonifica delle aree di proprietà pubblica - spiega il presidente della Camera di commercio, Antonio Paoletti - mentre l’ente camerale interverrà invece per quelle dei privati». Un supporto che potrà da subito tradursi in aiuti concreti, una volta firmato il nuovo testo: «Nel 2006 avevamo deciso di aumentare la quota del diritto camerale - approfondisce Paoletti -, legandola a due destinazioni condivise dalle categorie (ovvero il progetto del Parco del mare per il 60 per cento e appunto le bonifiche per il restante 40, ndr), e oggi la nostra lungimiranza viene premiata. Alcuni privati hanno già provveduto alla caratterizzazione delle aree di loro proprietà, ma tanti altri non sono in grado al momento. Noi potremo dare loro un aiuto, a questo punto, con il milione e mezzo di euro accantonato e già disponibile, da distribuire attraverso la futura istituzione di un apposito bando attivato a supporto delle imprese. Una volta caratterizzato il tutto, sapremo esattamente il grado di inquinamento del sito. Così - conclude infine Paoletti - si potrà procedere eventualmente a un accordo con la Regione per pianificare finanziamenti a lungo periodo agli imprenditori per i successivi e necessari interventi di bonifica».

(m.u.)
 

 

Fedriga e Kocijancic: «Salviamo Fogar» - INCONSUETO APPELLO - Il presidente del ”Miani” da 28 giorni non prende i farmaci salvavita
 

«Maurizio Fogar deve riprendere quanto prima l’assunzione dei farmaci necessari per la sua salute, perché abbiamo bisogno della sua presenza nella battaglia per la chiusura della Ferriera». Questo l’appello unitario lanciato ieri, nel corso di un’inedita conferenza stampa, da due rappresentanti politici che, tradizionalmente, vivono l’agone politico da banchi contrapposti: il parlamentare della Lega Nord, Massimiliano Fedriga e il consigliere di La Sinistra – L’arcobaleno, Igor Kocijancic. Fogar, da 28 giorni ha adottato questa singolare forma di protesta, che consiste nel rinunciare a farmaci indispensabili alla sua salute. Ieri, Fedriga e Kocijancic, preoccupati per la gravità della situazione e «per lo scarso interesse che le istituzioni stanno manifestando sull’argomento», hanno indetto un incontro con la stampa per spiegare le loro ragioni. «Fogar – hanno precisato – è il fondatore del Circolo Miani, organizzazione che si è sempre battuta per la chiusura dello stabilimento di Servola, avendo in grande attenzione la salute della popolazione di quell’area e dell’intera città. A sostegno della bontà dell’azione del Circolo – hanno aggiunto – è stata recapitata alle istituzioni una lettera con ben 565 firme di cittadini. Tutto questo conferma che il Miani deve poter continuare la sua battaglia – hanno sottolineato i rappresentanti della Lega Nord e della Sinistra Arcobaleno – pur nell’ambito di una discussione sui metodi e sui tempi che ci può trovare su posizioni anche molto diverse».
Fedriga è per la chiusura immediata, Kocijancic immagina un iter più lento «per dare il massimo risalto alla salvaguardia dei livelli occupazionali». Entrambi però sono perfettamente d’accordo sull’urgenza di «rinunciare, da parte di Fogar, a una protesta che rischia solo di provocare danni al diretto interessato e di non risolvere il problema principale che riguarda la Ferriera».
Ugo Salvini
 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 23 novembre 2009

 

 

Costa: «Tav? Non ci sono finanziamenti» - L’INTERVISTA IL PRESIDENTE DELL’AUTORITÀ PORTUALE DI VENEZIA
 

TRIESTE-DIVACCIA - «Impegno europeo ma solo a parole»
TRIESTE «Sul piano formale il governo non può decidere sui progetti per la Tav, si tratta di impegni europei». Paolo Costa, presidente dell’Autorità portuale di Venezia ed ex presidente della Commissione trasporti dell’Unione europea, è categorico. L’Italia, così come la Slovenia e qualsiasi Paese europeo, non ha la potestà formale di bloccare progetti decisi dall’Unione europea anche se «sul piano sostanziale non ci sono finanziamenti. Bisognerebbe mostrare interesse non solo a parole ma anche nei fatti». E se questa è la sostanza, il Friuli Venezia Giulia, e Trieste in particolare, rischia di trovarsi in posizione periferica e non nel tanto decantato cuore d’Europa.
Il viceministro Castelli ha confermato che la Trieste-Divaccia è una priorità del governo. Un fatto positivo?
Sicuramente è un bene, sarebbe stato grave se questa smentita non ci fosse stata. Adesso però devono anche seguire i fatti concreti e, per quanto visto finora, non vediamo dal governo prospettive finanziarie certe per questa tratta del Corridoio V.
Le voci sul disimpegno italiano tuttavia si rincorrono. Come le valuta?
Si è diffusa un’idea molto strana, ovvero che la realizzazione della Trieste–Divaccia sia nella disponibilità di Italia e Slovenia quando in realtà si tratta di impegni presi dalla Commissione e dal Parlamento europeo e non differibili con decisione unilaterale. Questo sul piano formale.
E su quell sostanziale?
Non ci sono i finanziamenti, l’interesse è solo a parole. Il Cipe non ha finanziato nemmeno la progettazione della Tav e anche il Veneto ci ha messo del suo proponendo due alternative per il tracciato. E solitamente quando siamo di fronte a due progetti ci si ferma: si scelga una soluzione e la si porti avanti.
Dal Cipe si attende anche il via libera per i finanziamenti alla piattaforma logistica.
Ma senza i necessari investimenti ferroviari i porti di Venezia e Trieste finiranno per venire strozzati. I due scali hanno bisogno che si sblocchi la situazione perché necessitano di due binari per il trasporto merci, altrimenti saranno incapaci di dare sfogo al loro potenziale. E non parlo solo di Trieste–Divaccia o di alta velocità nel Nord Est; Trieste e Venezia hanno bisogno anche della Tav nella val di Susa per sviluppare i traffici con la Francia. All’Italia serve l’intero tracciato del Corridoio V e deve fare il massimo perché gli impegni europei vengano rispettati. Sarà necessario chiedere al commissario europeo, che mi risulta sarà nuovamente Tajani, che si vada avanti sulla strada tracciata.
Il piano investimenti per la terza corsia della A4 ha ricevuto il via libera. Un dato positivo?
Indubbiamente ma anche qui ci sono degli elementi di criticità. In particolare si è dimostrata l’incapacità di prevedere l’affiancamento del tracciato ferroviario. Come al solito si lavora per emergenze e si lavora per emergenze senza una visione complessiva. Sarebbe stato preferibile quantomeno prevedere la possibilità della progettazione del tracciato ferroviario, così invece di troviamo con un «cul de sac».
Il Friuli Venezia Giulia si trova ad affrontare anche il problema dei collegamenti aerei.
Qui entrano in gioco questioni di mercato ma non è estraneo nemmeno il tema del Corridoio V. Con l’alta velocità Trieste non è più l’ultimo avamposto ma la porta verso l’est e Ronchi potrebbe diventare una sorta di aeroporto di Lubiana. Il problema è che in Italia si continua a ragionare come se ci fosse ancora la Cortina di Ferro e non si punta a conquistare dei mercati in espansione. E qui si gioca il futuro di Trieste che può acquistare centralità ma anche, se non si lavorerà nella giusta direzione, rimanere chiusa in un angolo.
ROBERTO URIZIO
 

 

Piccole imprese, energia solare contro la crisi - A Gorizia sette aziende si consorziano per realizzare un impianto fotovoltaico
 

PARTE UN PROGETTO-PILOTA NELL’ISONTINO
GORIZIA Produrre energia solare, sia per coprire i propri consumi che per venderla, e acquisire un know how con il quale trovare nuove opportunità di business. È questo il ragionamento che ha spinto sette piccole aziende isontine a consorziarsi, sotto la regia dell’Associazione piccole e medie industrie (Api) della provincia di Gorizia. Si tratta di uno dei primi casi di questo genere a livello regionale che traduce in realtà una delle soluzioni anti-crisi prospettate a tutti i livelli dalle associazioni di categoria: ovvero, fare squadra e abbandonare quella scarsa propensione alla collaborazione che caratterizza il mondo delle pmi e che oggi si sta trasformando in un fattore di debolezza. Il progetto è ambizioso e si svilupperà i diverse fasi.
La prima prevede la realizzazione di un impianto fotovoltaico che metta in rete i sette stabilimenti (ciascuno dei quali ha coperture per una superficie compresa tra i 1500 e i 2000 metri quadrati). In seconda battuta, la quota parte di energia prodotta eccedente i consumi, che indicativamente dovrebbe attestarsi attorno al 30 – 35% verrà ceduta, con il fine primario di andare a coprire i costi di realizzazione dell’impianto. Quindi, il consorzio tenterà di fare il salto di qualità, mettendosi sul mercato e riversare a terzi l’esperienza acquisita. Un’ipotesi – quest’ultima – forse non prioritaria ma alla quale da Api Gorizia si sta guardando con un certo interesse. Anche perché, tra le sette realtà pronte a ”fare squadra”, ci sono aziende attive nel settore della meccanica, della carpenteria, dell’isolamento termico, nella quadristica elettrica di controllo e nell’elettronica che hanno – sommate tra loro – le competenze per poter giocare un ruolo attivo.
E poi, queste aziende contano complessivamente tra i 120 e i 150 dipendenti: in altre parole, numeri da realtà industriale vera. «Maggiore è la massa critica che si riesce a creare, maggiori sono le potenzialità che si riescono ad esprimere sul mercato – spiega Carlo Giorgio Pecora, presidente di Api Gorizia. Muoversi conservando piccole dimensioni oggi si sta rivelando penalizzante. Per questo riteniamo che sviluppare un progetto di questo genere sia di grande importanza, anche alla luce della crisi che stiamo vivendo». A fare parte della ”squadra” c’è, tra gli altri, anche Intelergy, una società di consulenza specializzata nel campo della pianificazione e del risparmio energetico che avrà il compito di gestire sotto il profilo economico e finanziario l’intero progetto. L’investimento iniziale è stato quantificato in circa 1 milione di euro. Entro dicembre tutta la fase di pianificazione verrà conclusa, mentre tra marzo e aprile comincerà l’installazione degli impianti.
A regime produrranno tra i 3 e i 4 milioni di kilowatt: tra il 35 e il 40% di questa energia, ovvero la parte eccedente alla copertura dei consumi dei singoli attori del consorzio, sarà ceduta alla rete e nel giro di qualche anno dovrebbe permettere il recupero di una parte delle spese (un’altra parte, invece, è coperta dai contributi pubblici e dagli sgravi fiscali). E poi, c’è la partita delle installazioni a terzi. «Il portafoglio ordini che si sta prospettando all’orizzonte è stimabile tra i 2 e i 2,5 milioni di euro – anticipano dall’ente consortile. E sono già in corso dei contatti con diverse realtà industriali pronte a chiederci di installare e gestire per loro conto impianti di questo genere».
NICOLA COMELLI

 

 

SEGNALAZIONI - Sul rigassificatore
 

Da un po’ di tempo a questa parte si possono leggere su questo giornale le segnalazioni del signor Luciano Emili riguardo al proposto rigassificatore di Zaule.
Nelle stesse ci sono scambi di opinioni con gli ambientalisti e non solo. L’ultima in ordine di tempo è stata pubblicata il 17 novembre. Devo dire che la cosa mi ha lasciato perplesso considerato che Emili in un passato recente è stato il responsabile del Wwf - sezione di Trieste, con cui, peraltro, ha successivamente avuto una divergenza di opinioni.
In ogni caso, senza polemiche alle quali non sono abituato (hanno rilevanza soltanto i fatti), viste le affermazioni di Emili, lo invito nella sede dell’associazione che presiedo quando più gli farà piacere per presentargli il fascicolo contenente gli accertamenti svolti dalla Guardia di finanza dove vengono messe in evidenza una serie di «irregolarità» rilevate su una parte di documenti relativi alla Valutazione di impatto Ambientale.
Riguardo al proposto rigassificatore su una cosa soltanto concordo con Emili e cioè sul fatto che ognuno debba esercitare il «mestiere che conosce». Infatti i membri della Guardia di finanza che hanno studiato il caso si sono dimostrati validi professionisti.
Fabio Longo - presidente del comitato Sos Muggia

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 22 novembre 2009

 

 

Castelli: la Trieste-Divaccia è prioritaria - «Nessun disimpegno italiano sulla Tav, nemmeno per la tratta a Est di Mestre»
 

PARLA IL VICEMINISTRO ALLE INFRASTRUTTURE
«Al vertice di Brdo ho semplicemente detto che c’è un problema di consenso delle popolazioni sul tracciato ipotizzato»
«Privilegiamo solo il Nord-Ovest d’Italia? Non è vero: le opere per il Nord-Est verranno completate prima»
TRIESTE «Non c’è nessun disimpegno italiano sulla Trieste-Divaccia. Anzi, stiamo lavorando alacremente». Il vertice italo-sloveno di Brdo scatena nuove preoccupazioni, al di qua e al di là del confine, sui destini della tratta transfrontaliera del Corridoio V? E, complice una progettazione ancora in alto mare, alimenta a cascata i timori sull’arrivo effettivo dell’alta velocità in Friuli Venezia Giulia? Roberto Castelli, il viceministro alle Infrastrutture, scende in campo. Rassicura. Garantisce: «Quella tratta, come l’intero progetto prioritario 6 da Lione al confine ungherese-ucraino, è e resta una priorità del governo».
Viceministro Castelli, che ha detto esattamente al vertice italo-sloveno con il suo omologo Igor Jakomin?
Ho semplicemente detto, come hanno più volte segnalato il presidente Renzo Tondo e altre forze locali, che c’è un problema di consenso delle popolazioni locali sul tracciato ipotizzato. E ho spiegato che, nell’interesse di tutti, stiamo cercando di superarlo.
Come?
Trovando la soluzione maggiormente condivisa perché non vogliamo un altro caso come quello del Frejus.
Non ha mai parlato di un disimpegno italiano sulla Trieste-Divaccia? Sono filtrate sue forti perplessità sulla praticabilità del progetto transfrontaliero, per motivi ambientali, finanziari, trasportistici.
Assolutamente no. E trovo francamente sorprendente che qualcuno possa aver detto una cosa del genere: la dichiarazione congiunta di Brdo non si presta a equivoci. La Trieste-Divaccia va fatta il prima possibile.
Ma, visto che al momento c’è solo uno studio di fattibilità, quali sono i tempi?
Quelli definiti. Abbiamo un accordo con la Slovenia e lo rispetteremo. A fronte dei problemi di tracciato, lo ripeto, stiamo cercando la soluzione più conveniente e condivisa. E non mi limito a dirlo.
Che vuol dire?
Al rientro da Brdo ho sentito il coordinatore europeo del progetto prioritario 6: ci vedremo ai primi di dicembre a Roma. Al contempo ho attivato personalmente le Ferrovie affinché valutino celermente tutte le possibili soluzioni progettuali. Davvero, non capisco come si possa pensare a un disimpegno italiano...
Non c’è solo la tratta transfrontaliera. L’alta velocità, da Mestre in poi, è in alto mare. La Regione Veneto pensa a un ridicolo tracciato lungocosta, che pare proposto apposta per non fare nulla. Non è che il governo reputa più strategici i collegamenti a nord-ovest?
Assolutamente no. L’Italia sta in mezzo al progetto prioritario 6 e ha uguale interesse per i collegamenti a ovest e a est. Dico di più: la Trieste-Divaccia costa meno del traforo del Frejus e, quindi, arriverà probabilmente prima. È una tratta fondamentale per collegare Trieste e il suo porto all’Ungheria, alla Russia, all’Est europeo.
A proposito di porto di Trieste, quando arriveranno i soldi promessi per la piattaforma logistica?
La delega ai porti non è mia, quindi non posso rispondere per altri. Ma posso garantire che questo governo considera un punto di assoluto riferimento la portualità dell’Alto Adriatico.
C’è chi sostiene che lei si preoccupa poco del Nordest e assai di più del Nordovest: il Cipe ha finanziato la Tav da Genova verso Milano e il Nord. La Tav a Est di Verona è all’anno zero.
Si rileggano gli atti parlamentari del ’92: al tempo io ero uno dei pochissimi sostenitori del Corridoio V. Vent’anni dopo sono tutti d’accordo ma, intanto, abbiamo accumulato ritardi... E, comunque, ricordo che il triplicamento della A4 rientra nel Corridoio V: è un’opera che si sta realizzando anche grazie a questo governo.
Il Nordest chiede che l’autostrada A4 rimanga in gestione alle Regioni quando, nel 2017, scadrà la concessione con l’Anas.
Proprio pochi giorni fa ho incontrato il senatore Ferruccio Saro a riprova di quanto mi sto interessando al Friuli Venezia Giulia e al Veneto. E mi sono impegnato affinché il governo onori l’ordine del giorno già approvato al Senato.
Il governo, quindi, autorizzerà una società mista tra le due Regioni e l’Anas? Quando?
Stiamo lavorando per trovare la soluzione migliore sul modello di quanto già realizzato, con grande positività, in Lombardia.
ROBERTA GIANI

 

 

TRIESTE-DIVACCIA - Mercoledì a Roma un summit con l’Unione europea - L’ASSESSORE RICCARDI ASSICURA: «SI VA AVANTI CON IL PROGETTO»
 

TRIESTE «Per il Friuli Venezia Giulia l’alta velocità e senza dubbio una priorità». Aldilà delle perplessità più o meno nascoste del governo italiano, l’assessore regionale ai trasporti, Riccardo Riccardo, tira avanti dritto per la sua strada. «Non è questione di posizioni ufficiali o meno ufficiali. – sostiene – Da quanto ne so l’Italia conferma il suo impegno per la Tav anche nel Nord Est, ne ho parlato con il capo del Dipartimento del Ministero. Questo naturalmente non nasconde che il progetto ha una serie di elementi complessi che vanno gestiti».
La questione del tracciato, il collegamento tra i porti di Trieste e Capodistria e le opere da realizzare in attesa di avere la Trieste-Divaccia e la ferrovia ad alta velocità/alta capacità sono i punti cardine da qui ai prossimi mesi e anni, visto che la realizzazione delle infrastrutture previste non è certo questione di pochi giorni. Sulla questione tracciato, Riccardi ammette che «c’è un dissenso elevato e che vanno trovate soluzioni attraverso il confronto con il territorio». Un passaggio necessario per un’opera sulla quale, assicura l’assessore, «c’è l’interesse italiano a garantire il collegamento, purché sia prevista la connessione tra i porti di Trieste e Capodistria», esigenza peraltro da far combaciare con quella della Slovenia di collegare Capodistria con Divaccia per connettersi al tracciato della Tav. Bisogni da far coincidere «ma ciò non significa – puntualizza Riccardi – che non sia una priorità per il Governo italiano». La Regione nel frattempo non sta con le mani in mano e continua nell’opera di pressing, anche a livello comunitario. Domani Riccardi e il presidente Tondo incontreranno i parlamentari europei e il responsabile dell’Unione Europea, Bronckhorst, il quale mercoledì sarà a Roma al Dipartimento del Ministero delle Infrastrutture per esaminare la situazione degli interventi dell’Unione Europea in Italia.
«Da quanto mi risulta – afferma Riccardi – verrà confermata la linea dell’Italia che considera una priorità l’asse infrastrutturale del Nord Est. Per il Friuli Venezia Giulia è sicuramente una priorità seppure in un quadro di complessità. Continueremo a lavorare perché le cose vadano avanti».
Roberto Urizio
 

 

TRIESTE-DIVACCIA - Sonego: «Rischiamo l’isolamento» - L’ex della giunta Illy: «Intanto Capodistria e Fiume corrono»
 

TRIESTE Trieste–Divaccia e Corridoio V a rischio? Ne è convinto l’esponente del Pd, Lodovico Sonego, ex assessore regionale alle infrastrutture della Giunta guidata da Riccardo Illy. Trieste e il Friuli Venezia Giulia si trovano a fronteggiare l’ennesima situazione di isolamento infrastrutturale, secondo Sonego, mentre la Slovenia approfitta dei tentennamenti italiani per guardare altrove.
E’ davvero convinto che il Corridoio V verrà messo nel cassetto?
Trieste corre un grande rischio. E’ possibile che il Corridoio V non si faccia più perché settori del Governo Berlusconi lavorano per abbandonare di fatto, o persino formalmente, il progetto. E nel frattempo i governi di Lubiana e Zagabria fanno il loro mestiere. Il primo lavora per il disaccoppiamento della linea Capodistria-Divaca dalla Trieste-Divaca. In altri termini opera per poter ricevere i fondi dell’Europa per la Capodistria-Divaca anche se non si fa la Venezia-Trieste-Divaca e, anzi, spera di far convergere completamente in Slovenia le risorse comunitarie che diversamente vanno spartire tra i due paesi adducendo a motivazione proprio la rinuncia italiana.
E la Croazia come si muove?
Zagabria ha dimostrato in questi anni una grande vitalità infrastrutturale e dal canto suo ha deciso di realizzare una moderna ferrovia che collegherà il confine ungherese a Fiume assegnando così un grande vantaggio competitivo al suo porto. Il programma sarà più rapido di quelli italiano e sloveno. I governi di Lubiana e Zagabria fanno il loro mestiere, il problema siamo noi».
Cosa fa, o non fa, l’Italia?
In questo quadro quei settori del governo Berlusconi che lavorano per abbandonare il Corridoio V decidono deliberatamente di uccidere il porto di Trieste per mancanza di infrastrutture mentre Capodistria e Fiume corrono; decidono anche che non serve raddoppiare il Molo VII né costruire la nuova piattaforma logistica perché poi non ci saranno le ferrovie per portare via le merci.

(r.u.)

 

 

RIGASSIFICATORE - Muggia, la Lega entra nel comitato per il no - I partiti di centrosinistra aprono all’opposizione: «Un interesse comune»
 

MUGGIA Inedita ”alleanza” a Muggia contro il rigassificatore. La sezione della Lega Nord, ignorando il monito di Isidoro Gottardo, secondo il quale opporsi al rigassificatore equivarrebbe a mettersi in contrasto con il Pdl, entra nel comitato impegnato nella raccolta di firme per dire no all'impianto di rigassificazione, comitato del quale, a livello politico, facevano parte finora solo forze della maggioranza.
La lotta al rigassificatore, almeno a Muggia, si fa quindi trasversale, con il comitato promotore, costituito dalle segreterie dei partiti del centrosinistra, che si apre anche a un partito d'opposizione.
Il segretario della sezione comunale della Lega Nord, Tullio Pantaleo, precisa: «Ci uniamo non solo alle forze politiche ma a tutte le associazioni che, per i motivi noti e descritti nella petizione, si schierano contro l'impianto». Nessuna apertura, ma «un atto di semplice coerenza. Ricordiamo che più volte, e in tempi precedenti alle parole di Gottardo, l'intero Consiglio comunale muggesano - e quindi anche le forze dell'opposizione - aveva votato compatto contro l'impianto di rigassificazione di Zaule».
Di fatto, comunque, la posizione leghista a Muggia si scontra con quella regionale. Pantaleo non intende rispondere direttamente a Gottardo, ma ribadisce che «la sezione muggesana della Lega proseguirà per la sua strada, informando i cittadini sulla pericolosità dell'impianto di Zaule e raccogliendo altre firme». Il gazebo per la raccolta sarà allestito in piazza della Repubblica ogni giovedì dalle 9 alle 13.
«La sezione locale della Lega aveva attivato autonomamente un banchetto di raccolta – commenta il portavoce del comitato, Maurizio Coslovich – e ci ha chiesto di unire le firme. Nell'interesse comune il suo ingresso è stata accettato. Auspichiamo la partecipazione anche di altre realtà politiche, sociali, sportive ed economiche».
Gianfranco Terzoli
 

 

SEGNALAZIONI - Sul rigassificatore - DIBATTITO/2
 

Il 20 novembre compare un intervento a mio nome nella pagina Segnalazioni. In realtà si tratta di una libera rielaborazione di un testo che avevo inviato in risposta a uno dei tanti interventi di un lettore che ha avuto molto spazio nella rubrica per contestare le posizioni degli ambientalisti contrari al progetto del rigassificatore di Zaule. Il mio testo da una parte ironizzava sulle esternazioni tecnico-scientifiche di questi interventi (che pure dimostrano che l’estensore conosce, almeno in parte, gli argomenti in cui si addentra) d’altra parte tentava di dare alcune informazioni per aiutare i lettori a orientarsi in questo labirinto di elucubrazioni.
Non intendo riprendere in mano l’argomento. Mi diverte però sottolineare che chi ha battuto il testo comparso in Segnalazioni per un refuso ha scritto «rigasisficatore», forse inconsciamente percependo il rigassificatore come una grande sfiga per Trieste.
Lino Santoro
 

 

BORA.LA - DOMENICA, 22 novembre 2009

 

 

Scheda 1: Cos’è un rigassificatore? Cosa prevede il progetto di Gas Natural?

La questione rigassificatore è una delle più delicate nell’agenda politica triestina.
La nostra impressione è che a mancare sia soprattutto un’informazione di base, e che questa confusione finisca per facilitare il compito di chi vorrebbe sottrarre la questione al dibattito pubblico. Abbiamo quindi chiesto a Paolo Menis e Aris Prodani, del Meet-up triestino di Beppe Grillo, di inquadrare il problema con alcune schede mirate.

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 21 novembre 2009

 

 

Rigassificatore, Gottardo avverte la Rosolen - «È un progetto strategico del governo. Chi lo boicotta, si mette in contrasto con il Pdl»
 

TRIESTE «Il rigassificatore di Trieste costituisce una priorità strategica del governo Berlusconi. Regione e Comune sono d’accordo nel ritenerlo un’assoluta necessità. E il Pdl lo sostiene con tutte le sue forze. Pertanto, chi cercasse di boicottare il progetto, si metterebbe inevitabilmente in contrasto con il partito». Franco Bandelli prepara, con l’associazione ”Un’altra Trieste”, una sorta di consultazione popolare sull’impianto di Zaule, un questionario per sentire il polso dei cittadini? Isidoro Gottardo dosa le parole, ma non sta a guardare. Il coordinatore regionale manda un avviso preventivo a chi è stato eletto nel Pdl e, ancor più, a chi «ha responsabilità istituzionali».
Non è un’uscita casuale. Le frizioni triestine tra ex aennini, quelle che hanno come protagonista l’ex assessore comunale ai Lavori pubblici, tengono banco ormai da mesi nei palazzi di piazza Unità e piazza Oberdan. E alimentano un tam tam sempre più insistente sul futuro di Alessia Rosolen, l’assessore regionale al Lavoro e all’Università, finita nel mirino in quanto legata a Bandelli.
Gottardo lo sa e, dopo aver ricordato che nomine o revoche di assessori spettano solo al presidente della Regione, getta acqua sul fuoco: «Il Pdl non ha mai chiesto la testa dell’assessore Rosolen e men che meno l’ha fatto Roberto Menia. Chi lo afferma, cercando di far passare il sottosegretario per quello che non è, cosa che mi dispiace molto, afferma il falso». La questione, aggiunge il coordinatore del Pdl, è un’altra. Ed è tutta politica: «Menia ha una serie di principi che io apprezzo: chi sta in un partito può discutere e dissentire, ma sicuramente non può lavorare a una lista civica in contrasto con il suo partito, magari per assecondare le proprie aspirazioni. Né può mettere in discussione scelte strategiche come quella del rigassificatore».
Insomma, in altri termini, il Pdl non potrebbe accettare che l’assessore Rosolen sposasse un’iniziativa contro il rigassificatore: «Ma, da quanto mi risulta, è un’ipotesi, un’illazione priva di fondamento. E infatti non ho dubbi - aggiunge Gottardo - che l’assessore regionale, una persona di esperienza politica e intelligenza, conosca bene le regole di partito. E sappia altrettanto bene quali siano gli spazi compatibili di manovra con la sua responsabilità di assessore della giunta regionale in nome e per conto del Pdl». Intanto, però, l’avvertimento è lanciato.
 

 

«Rigassificatore, anomalo l’iter che ha portato al sì» - Il ricorso di Greenaction illustrato da Mocnik: «Commissione senza poteri»
 

«Il ricorso al Tar del Friuli Venezia Giulia contro il progetto per il rigassificatore è il primo passo. Nel caso venisse rigettato, e a respingerlo fosse anche il Consiglio di Stato, il documento è stato pensato per arrivare alla Corte di giustizia europea». A sottolineare la decisione con cui Greenaction Transnational porta avanti la sua battaglia contro l’impianto di Gas Natural è stato ieri Roberto Giurastante, durante l’illustrazione del documento che l’associazione ha presentato al Tar una settimana fa. Un’analoga illustrazione alla stampa è stata fatta venerdì scorso a Lubiana.
Ad entrare nei dettagli del ricorso, che chiede l’annullamento del decreto sulla compatibilità ambientale, è stato l’avvocato Peter Mocnik, il quale ha esordito sottolineando che «il decreto sulla valutazione d’impatto ambientale è un procedimento anomalo perché la commissione Via che ha dato quattro dei cinque pareri, che sono parte integrante del decreto, è stata annullata dal Tar del Lazio, con una sentenza dello scorso maggio in cui ha dato ragione ai componenti esclusi dalla nuova commissione. Quindi il parere sull’impatto ambientale è stato rilasciato da una commissione che non ha poteri».
Il parere del ministero dell’Ambiente, sempre secondo Mocnik, è poi «tutto fuorché un parere, in quanto tralascia e rinvia a valutazioni future elementi che dovevano invece essere esaminati prima di pronunciarsi». Di questi elementi il legale ha citato in particolare tre: l’inserimento nel paesaggio, il gasdotto di collegamento alla rete del metano, i possibili danni alla salute dei cittadini e agli impianti circostanti.
Quanto al gasdotto, che per una buona metà correrebbe sul fondo del golfo, il legale ha rimarcato come «i nostri fondali siano tra i più inquinati del Mediterraneo, con metri di sedimenti carichi di mercurio giunti in mare dalle miniere di Idria attraverso l’Isonzo, per non parlare dei residui dell’attività siderurgica a Trieste». E sugli eventuali danni alla salute dei cittadini ha osservato che «l’ambiente del rigassificatore comprende le migliaia di persone che vi abitano attorno. Come si può dare un parere favorevole se non si valuta prima questo danno?».
Quanto alle conseguenze di possibili incidenti sugli impianti industriali circostanti, Mocnik ha ricordato che con la Direttiva Seveso la Commissione europea ha già affermato come non si possa realizzare un impianto senza valutarne prima gli effetti, in caso di incidente, su quelli attigui.
In tema di compatibilità paesaggistica, avallata dal ministro Bondi, il legale ha infine ricordato che «la Soprintendenza ha dato quattro pareri negativi. Il quinto era positivo, ma firmato da un funzionario diverso. Ciò solleva dei dubbi: cosa è accaduto per far cambiare parere? E il fatto che il quinto parere non sia stato motivato costituisce un vizio del procedimento».

(gi. pa.)
 

 

La Trieste-Divaccia a rischio ”siluramento” - Frenata di Castelli al vertice bilaterale di Brdo: non è una priorità italiana. Irritazione a Lubiana
 

MENTRE LA REGIONE LAVORA AL POTENZIAMENTO DELLA RETE ESISTENTE
TRIESTE La Trieste-Divaccia? Non è una priorità, almeno non per Roberto Castelli. Il viceministro alle Infrastrutture non avrebbe dubbi e l’avrebbe detto, senza troppi giri di parole, al vertice italo-sloveno di Brdo. Le conferme, seppur non ufficiali, rimbalzano da Roma a Lubiana. E alimentano nuove tensioni: il Friuli Venezia Giulia, se l’Italia ”scaricasse” davvero la tratta transfrontaliera, rischierebbe l’isolamento totale. Trieste e il suo porto, il colpo di grazia.
La Trieste-Divaccia, con i suoi 35 sofferti chilometri, costituisce infatti la ”porzione” italo-slovena del corridoio ferroviario europeo che deve unire, nel segno dell’alta velocità, Lione al confine ungherese-ucraino. L’Ovest all’Est al di sotto delle Alpi. Ma, se l’Italia si tirasse indietro e lasciasse un ”buco” sul suo confine orientale, perché mai dovrebbe allungare la Tav sino a Trieste o comunque in Friuli Venezia Giulia? Chi o cosa ne giustificherebbe il costo?
L’antefatto. Il 9 novembre a Brdo, alle porte di Lubiana, si tiene l’atteso summit interministeriale italo-sloveno: i temi sul tappeto sono tanti, c’è quello caldissimo del rigassificatore di Trieste, ma c’è anche quello non meno importante delle infrastrutture. Castelli ne discute con l’omologo sloveno e, a quanto confida più d’uno, ”affonda” a parole la Trieste-Divaccia: adduce motivi economici, ambientali, di consenso. Non basta. Il viceministro leghista si dice pronto ad andare sino in fondo affinché il ministro Altero Matteoli e l’intero governo rinuncino al progetto. E, chissà, magari concentrino gli sforzi e le risorse più a nord-ovest del Paese, a tutto vantaggio dell’area ”padana” da sempre assai cara al Senatur e alle sue truppe.
Le reazioni. Lubiana, a quanto trapela, non gradisce. Non è un segreto che ha messo più volte i bastoni tra le ruote alla Trieste-Divaccia, facendo infuriare persino l’algido Riccardo Illy, ma non si aspetta una retromarcia italiana. E così, in via diplomatica, fa arrivare le sue proteste sino a Bruxelles: la tratta italo-slovena della Tav, nonostante gli ostacoli tecnici e gli alti costi, i tempi e le resistenze, gode non solo della benedizione ma anche di un robusto cofinanziamento europeo, proprio a fronte della sua natura trasfrontaliera.
In parallelo, e altrettanto in silenzio, si muove pure il Friuli Venezia Giulia. Attiva i suoi canali con Roma, con il ministero ”amico”, in difesa di un’opera ritenuta «assolutamente strategica»: l’allungamento della Tav da Mestre a Trieste e da Trieste verso l’est europeo, anche ai tempi di Renzo Tondo, rimane «una priorità assoluta». E Riccardo Riccardi, l’assessore regionale ai Trasporti, non esita a ribadirlo. Al contempo, però, getta acqua sul fuoco: «Non mi risultano dietrofront italiani. Mi risulta che l’Italia è impegnata a presentare la progettazione nei tempi previsti, superando le difficoltà e allargando il consenso».
La partita della Tav, al di là dell’incognita Castelli, resta comunque complicatissima. Piena di ostacoli e incognite. La tratta Mestre-Ronchi sud, complici le fughe venete in avanti su un tracciato litoraneo, è ancora in alto mare: la progettazione dovrebbe essere consegnata, come concordato con Bruxelles a fine ottobre, appena a fine 2010. Entro il 2012 dovrebbe essere pronta la progettazione definitiva della tratta Ronchi sud-Trieste, già contestata dal ministero all’Ambiente, i cui lavori costano poco meno di 2 miliardi. Ancor più onerosa, 2 miliardi e 400 milioni, e non meno complicata la Trieste-Divaccia (inclusa la connessione con Capodistria): la progettazione preliminare non c’è, c’è ”solo” uno studio di fattibilità finito sotto accusa, in particolare per la curva che interessa la Val Rosandra, e si stanno attendendo le promesse modifiche all’ipotesi iniziale di tracciato.
E così, visto che i tempi si preannunciano ben che vada assai lunghi, la Regione corre ai ripari. E lavora a una soluzione di medio periodo: Riccardi punta infatti sul rafforzamento delle linee ferroviarie già esistenti - a partire da quelle che devono collegare il porto di Trieste al resto del mondo - «in modo da non restare bloccati per troppo tempo nell’attesa della nuova infrastruttura». Ma l’assessore regionale esclude, categorico, ripensamenti o peggio contraddizioni: «Noi andiamo avanti con la Tav. Ma, in attesa della sua realizzazione, dobbiamo riqualificare l’esistente perché, se non lo facciamo, rischiamo di deprimere lo sviluppo portuale di Trieste».
ROBERTA GIANI

 

 

Trasporti ferroviari peggio di un secolo fa - NEL 1910 C’ERANO PIÙ BINARI DI OGGI PER IL TRAFFICO MERCI
 

La nuova linea transfrontaliera porterebbe la capacità totale a 350 convogli al giorno
TRIESTE Nel 1910 Trieste aveva quattro binari adeguati per il trasporto delle merci dell’epoca. Nel 2009, un secolo dopo, ne ha solo due: Genova, e non è un esempio banale, ha nove binari. Pochi numeri, ma sufficienti a dimostrare quanto Trieste e il suo porto abbiano disperatamente bisogno di un potenziamento del trasporto ferroviario.
Ce ne sono altri, di numeri ”nudi e crudi”, a dare man forte: ci sono 140 treni che percorrono quotidianamente i binari da Trieste a Bivio Aurisina e ce ne sono 160 che macinano quelli da Bivio Aurisina a Ronchi dei Legionari, a fronte di una capacità massima di circa 190 treni al giorno. I dati, riferiti al traffico ferroviario del 2008, dimostrano che la linea è quasi al limite.
Lo studio di fattibilità della Trieste-Divaccia, realizzato dall’italiana Italferr e dalla slovena ”Sz”, conferma: la tratta italiana è ”quasi completamente saturata”. E aggiunge: la nuova linea transfrontaliera porterebbe la capacità complessiva a più di 350 treni al giorno e sarebbe sufficiente almeno sino al 2040.
Ma Trieste, ammesso che tutto fili liscio, può attendere almeno tre anni di progettazione e almeno altri sette o più probabilmente nove di lavori? E può attendere il suo porto che si pone, seppur come ambizioso obiettivo di lungo termine, una movimentazione di 3,5 milioni di Teu? I numeri, sempre quelli, dicono di no: una movimentazione di 3,5 milioni di Teu equivale a 240 treni di peso e dimensione attuali sulla linea esistente ovvero a 160 treni di peso e dimensione superiori sulla linea ad alta capacità.
Non a caso, allora, pur ribadendo che non c’è contraddizione con la Tav, l’assessore alle Infrastrutture Riccardo Riccardi incalza sulla necessità di potenziare l’infrastruttura esistente. Senza perdere tempo. Ma come? Gli interventi di miglioramento possibili sono molteplici: alcuni sono già programmati, come l’adeguamento della galleria Campi Elisi, altri sono allo studio o da valutare. Ma bisogna fare in fretta: il tempo, ormai, è agli sgoccioli.
 

 

Piano regolatore, parola ai cittadini - OSSERVAZIONI ENTRO IL 24 NOVEMBRE
 

Il coordinamento Più verde meno cemento, costituito da comitati rionali e associazioni ambientaliste, ricorda che è ancora possibile presentare osservazioni e opposizioni sul nuovo Piano regolatore che il Comune ha adottato. «Il nuovo Piano - scrive il Coordinamento - condizionerà l'uso del nostro territorio e le edificazioni concedendo i permessi per nuove costruzioni nelle periferie e per le grandi opere nella nostra città e sul Carso». Chi desidera dare suggerimenti, proposte o critiche, può farlo fino al 24 novembre: «Dopo questa data da parte dei cittadini non sarà più possibile chiedere modifiche». Le associazioni e i comitati sono a disposizione per dare spiegazioni e accogliere osservazioni e opposizioni da inoltrare al Consiglio comunale. Ci si può rivolgere a: Legambiente, e-mail info@legambientetrieste.it; Wwf, e-mail wwfts@libero.it; Italia Nostra, su appuntamento telefonando al 3475989410; Pro Loco San Giovanni Cologna (martedì e giovedì dalle 9 alle 10, via S.Cilino 44a), su appuntamento telefonando al 3289074018; Coordinamento Più verde meno cemento 3, cell. 381413563.
 

 

«Il Parco del mare facciamolo in Porto Vecchio»  - ASSEMBLEA PD - Omero: «Dipiazza ha fatto un prg edilizio, che dimentica i progetti veri»
 

Le relazioni alla Marittima
Il Pd targato Bersani si fa sentire. E dunque: butta alle ortiche i discorsoni, esprime concetti semplici, basici, fa finalmente chiarezza sul futuro di Trieste dal suo punto di vista. In un concetto: si fa capire e riapre quel dialogo con la gente che, forse, negli ultimi anni, era andato disperso. In una stipata ”Marittima”, sede della prima assemblea post-primarie, il segretario Roberto Cosolini dà miele alle api parlando «della responsabilità di lavorare perché la politica, il governo della polis, voglia dire sviluppo, opportunità, progresso per la nostra comunita’ locale». E spiega, ad esempio, che il Parco del Mare andrebbe benissimo, ma in Porto vecchio, che la Fiera andrebbe chiusa «perchè costa e non rende e per fare quelle due manifestazioni all’anno basterebbe la Camera di commercio», che mai come adesso si avverte la necessità «di attrarre flussi di immigrazione intellettuale, di attrarre giovani, di riproiettare Trieste in una dimensione internazionale ora accantonata».
E chiosa su di un piano regolatore «inconcludente» e un piano regionale del commercio «che ha sortito l’unico effetto di trasformare l’assessore Ciriani in vigile urbano». «Trieste può essere città d’arte, è vero – precisa – ma solo nell’ambito di un discorso coerente sulla cultura. E invece cosa vediamo? Ai teatri vengono inflitti solo tagli pesanti mentre vengono destinati a quei deliri leghisti sulla sicurezza fondi importanti...».
Bisogna, allora, invertire la tendenza? Compito impari se è vero, come sostiene Cosolini, che «Trieste è in declino, e per dirlo non occorre nemmeno essere di sinistra, se è vero che l’assessore Giovanni Ravidà lo dice spessissimo, condendo il tutto con cifre inoppugnabili, mentre magari il sindaco continua a parlare di “momento magico”».
Torna ancora al Parco del Mare, l’sponente del Pd, non foss’altro che per chiarire definitivamente l’idea che si nutre attornio al progetto che più d’uno tratteggia come l’ultima spiaggia per Trieste. «Non siamo contrari – precisa Cosolini – ma come Pd abbiamo chiesto di conoscere subito il partner privato dell’iniziativa, esattamente come ha fatto Tondo. Se esiste/ono, si faccia subito una gara. Diversamente, si prenda atto che il progetto non sta in piedi con le sue gambe».
Ma qual è la possibilità di un progetto politicamente comune per la città? Praticamente prossima allo zero se, come annota il capogruppo in Comune Fabio Omero, «il problema principale degli assessori ultimamente sembra quello di farsi tagliare i capelli per dimostrare che non sono fatti di cocaina...». «A dirla tutta – ha precisato Omero – ci trovianmo di fronte a un prg edilizio e non urbanistico, con un Dipiazza che si fa una gran merito della ristrutturazione di quella che io chiamo l’autostrada delle Rive, dimenticando i progetti strategici, tutti quei tunnel, tra il Porto Vecchio e il Porto nuovo o davanti a piazza Unità che si è ben guardato dal rendere operativi».
FURIO BALDASSI

 

 

Sindaci riuniti sul Piano casa: «È incostituzionale» - LA RIVOLTA DEGLI ENTI LOCALI CONTRO LA REGIONE
 

Il primo cittadino udinese Furio Honsell: «Non promuove le autonomie locali». Un documento a Berlusconi
UDINE «Il Codice regionale dell'edilizia è incostituzionale». A dirlo, ieri, durante il convegno "Il piano casa regionale: il principio di autonomia dei comuni a garanzia della qualità urbana", il sindaco di Udine, Furio Honsell. La legge, infatti, violerebbe «l'articolo 5 della Costituzione perché, di fatto, non promuove le autonomie locali».
E, durante il convegno, è stato distribuito il documento che il primo cittadino intende recapitare al presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, «per difendere l'autonomia dei Comuni nelle scelte di pianificazione urbanistica, chiedendo di impugnare la legge regionale per incostituzionalità».
«La legge regionale - si legge nel documento che da lunedì sarà sottoscrivibile direttamente dal sito internet del Comune - non prevede in alcun modo la possibilità che i singoli Comuni possano intervenire, previa valutazione di specifiche peculiarità di natura urbanistica, edilizia paesaggistica e ambientale, per eventualmente disporre modalità applicative diversificate della norma in esame, adattando la stessa alle singole frastagliate realtà che compongono il tessuto degli enti locali della regione».
L'assessore comunale alla pianificazione territoriale, Mariagrazia Santoro, nel domandarsi se «investire nell'edilizia sia l'unico modo possibile per uscire dalla crisi», ha precisato che le paure del Comune «non riguardano certo la chiusura di legnaie o verande, ma gli incrementi fino al 35 per cento dell'esistente possibili, in modo indiscriminato, per edifici plurifamiliari e industriali».
«Dobbiamo -ha proseguito Santoro- prestare attenzione alla qualità della città perché altrimenti ne perderemo tutti».
Per Andrea Baldanza, magistrato della Corte dei conti se e componente del comitato scientifico Ifel su "La pianificazione territoriale nelle pronunce della Corte costituzionale", "si è voluto creare un diritto soggettivo dei cittadini nei confronti dl Comune".
Inoltre, assisteremo "alla trasformazione delle nostre città - ha aggiunto l'urbanista Paola Di Biagi - secondo un'idea obsoleta di divisione fra centro e periferia».
E, Fabio Refrigeri, vice coordinatore nazionale dell'Anci, ha sottolineato come la «perdita di potere dei Comuni si traduca in un minor potere anche per i cittadini».
Infine, Roberto Tricarico, assessore all'ambiente del Comune di Torino ha fatto sapere che anche lui sottoscriverà il documento proposto da Honsell.
Michela Zanutto
 

 

”Miani”, lettera aperta sulla Ferriera - A SOSTEGNO DI MAURIZIO FOGAR
 

Una «lettera aperta a Trieste» per valorizzare il gesto di Maurizio Fogar, ex presidente del Circolo Miani che a fine ottobre ha deciso di sospendere l’assunzione dei farmaci salvavita come protesta contro l’annosa e irrisolta vicenda della Ferriera. A sottoscriverla «in tre giorni», scrive il Circolo Miani, 565 cittadini, che accusano «il silenzio delle istituzioni, della società civile, della politica attorno alla scelta di Fogar, che sostanzialmente chiede il mero rispetto delle leggi». «Non siamo intellettuali né uomini politici, e non ne sentiamo alcuna mancanza, ma siamo dei normali cittadini che cominciano a vergognarsi nel definirsi triestini», recita la lettera che cita «il silenzio decennale dei primi che non hanno mai speso parola per il dramma che decine di migliaia di concittadini, abitanti e lavoratori stanno vivendo sulla propria pelle per gli affari della proprietà della Ferriera». La lettera accusa anche «la strumentalizzazione politica ed elettorale che i partiti e le istituzioni da loro occupate hanno fatto in questi anni, testimoniando con la propria incapacità o peggio come la Ferriera sia la cartina di tornasole del fallimento della politica a Trieste». I banchetti di raccolta firme proseguiranno nei prossimi giorni.
 

 

MONRUPINO - Telefonini, piano per le antenne
 

L'adozione del Piano comunale di settore per la localizzazione degli impianti per la telefonia mobile, e il rinnovo della convenzione tra i Comuni di Sgonico e Monrupino per la gestione dell'Ufficio per il territorio carsico.
Sono questi i due punti principali all’ordine del giorno della prossima riunione straordinaria del Consiglio comunale di Monrupino, prevista per le 17.30 di martedì prossimo.
Tra gli altri punti in calendario, l'assestamento al bilancio di previsione 2009, che però non dovrebbe prevedere significativi cambiamenti.
Grande attenzione verrà dunque posta all’adesione al piano per il posizionamento delle antenne telefoniche, piano peraltro redatto assieme ai Comuni di Sgonico e Duino Aurisina.

(r.t.)
 

 

Duino Aurisina, in arrivo i cassonetti blindati - Solo i residenti avranno le chiavi Si vuole bloccare il deposito di spazzatura da fuori comune
 

NELLE ZONE PERIFERICHE
In arrivo i cassonetti blindati, che impediranno l’arrivo di spazzatura da fuori provincia, che solo lo scorso anno ha determinato, per il Comune, un aggravio della spesa pubblica stimato in 20mila euro.
Il sindaco Giorgio Ret intende introdurre sul territorio i primi contenitori di raccolta dell’immondizia dotati di lucchetto e chiave. Lo ha annunciato ieri mattina, mentre la Terza commissione presieduta dal consigliere Gianpietro Colecchia (An) era riunita in municipio.
«Nel prossimo bando per la gestione del servizio – così il primo cittadino – voglio richiedere per i territori periferici del Comune, come per esempio San Giovanni di Duino e tutte le altre aree di passaggio, i cassonetti con il lucchetto. In questo modo solo ai cittadini residenti potrà essere assegnata la chiave con cui aprire i contenitori, e sarà quindi evitato l’accumulo di sacchi neri portati da fuori. I camioncini delle ditte che scaricano interi bottini di spazzatura a Duino Aurisina sono destinati a sparire una volta per tutte».
Il sindaco ha deciso di dare questo input alla giunta soprattutto in ragione della spesa, 20mila euro appunto, che l’ente si è visto costretto a sborsare nel 2008 a causa della ”cattiva abitudine” di qualche automobilista di passaggio.
L’attuale bando, che ha validità triennale e scadrà a giugno, non contiene infatti l’opzione allo studio degli uffici. Proprio in questi giorni l’amministrazione ha avviato la redazione del nuovo contratto e la novità ha già trovato il consenso dell’opposizione.
«Mi trovo d’accordo – così il consigliere Maurizio Rozza (Verdi) – e, in generale, credo sia necessario avviare una profonda riflessione sulla gestione del servizio e in particolare del passaggio dalla Tarsu alla Tia».
E in tema di Tarsu l’assessore ai Tributi Daniela Pallotta, illustrando il nuovo regolamento fiscale, ha presentato le due riduzioni a beneficio dei gestori di aziende agrituristiche e di realtà commerciali o turistiche: «La delibera che verrà portata in consiglio prevede uno sconto del 20%, a partire da gennaio, per gli imprenditori che, con fatture debitamente quietanzate, svolgono interventi per migliorare l’accoglienza nelle proprie strutture. Una simile riduzione spetta pure ai titolari di agriturismi, i quali spesso smaltiscono autonomamente, con il compostaggio, una buona parte dei rifiuti prodotti».
Le altre tariffe non sono state modificate: permangono gli esoneri fissati per gli over 65 e le riduzioni per le persone rimaste vedove (unico occupante di abitazione, ndr).
Il consigliere Rozza ha invece proposto uno sconto del 20% per «i locali pubblici che si impegnano a fare la raccolta differenziata del vetro».
La Pallotta ha infine reso noto che la Regione ha assegnato i 54mila euro richiesti per la pubblicizzazione del compostaggio privato. I cittadini riceveranno a breve un composter gratuito e un volantino con tutte le delucidazioni in merito.

Tiziana Carpinelli
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 20 novembre 2009

 

 

Muggia, ecosportello per scoprire i vantaggi degli impianti ”bio” - APRIRÀ A GENNAIO
 

MUGGIA Aprirà ufficialmente a gennaio la sede dell'Ecosportello a Muggia. L'annuncio arriva direttamente dall'assessore provinciale all'Educazione ambientale Dennis Visioli. Attivato dal circolo Legambiente di Trieste grazie al finanziamento della Provincia, e aperto per due ore a settimana per complessive 30 aperture, avrà la finalità di informare i cittadini sui vantaggi economici ed energetici conseguenti all'installazione di pannelli fotovoltaici, isolamenti termici e caldaie di nuova generazione, su case private nuove o da ristrutturare. Lo sportello di Muggia sarà aperto ogni mercoledì dalle 10 alle 12 e sarà ospitato nel punto informativo di via Roma 20.
«Grazie alla sensibilità del Comune di Muggia - sottolinea Visioli - i muggesani non dovranno recarsi alla sede di Trieste, ma potranno usufruire del servizio direttamente nel loro comune. La nostra sensazione è che i cittadini abbiano una spiccata sensibilità ecologica, ma vadano aiutati a renderla concreta. Tramite l'Ecosportello i muggesani potranno collaborare più facilmente all'impresa di rendere il mondo più pulito per i nostri figli».
Anche nella cittadina, i giovani operatori di Ecosportello, formati attraverso un apposito corso avviato da Legambiente e che si concluderà il 3 dicembre, forniranno agli interessati informazioni sugli aspetti normativi e fiscali e sugli incentivi previsti per gli interventi di ristrutturazione e utilizzo di fonti alternative per la climatizzazione delle proprie abitazioni.

(g.t.)
 

 

Cala lo smog, via libera al traffico - Abbassati i valori di Pm10, da oggi niente più limiti alla circolazione
 

Dopo un giorno e mezzo di stop, il centro riapre al traffico veicolare. Da questa mattina, infatti, niente più limitazioni alla circolazione: via libera per tutti i mezzi.
L’ORDINANZA Il sindaco Roberto Dipiazza ha firmato ieri l’ordinanza di revoca della chiusura al traffico, confortato dalle comunicazioni arrivate dall’Arpa, le cui centraline hanno registrato un abbassamento nella concentrazione delle pm10 nell’aria. Tanto che, per l’appunto, i relativi valori sono risultati inferiori ai limiti normativi: va rammentato, a proposito, che il provvedimento di blocco del traffico deve scattare in caso di superamento per il terzo giorno consecutivo della soglia massima di 50 microgrammi per metro cubo di polveri sottili, oppure se anche per un solo giorno venga registrato un valore medio giornaliero di 70 microgrammi per metro cubo di pm10 o orario di 400 microgrammi per metro cubo di biossido di azoto.
I DATI Gli ultimi dati registrati dalle centraline dell’Arpa disseminate in città hanno verificato una concentrazione di pm10 inferiore alla fatidica quota di 50. A cosa si deve il miglioramento della situazione con l’abbassamento dello smog? «La leggera pioggerellina di mercoledì - spiega il meteorologo Gianfranco Badina - ha avuto effetti positivi sull’inquinamento. Le gocce d’acqua, infatti, cadendo, inglobano le particelle inquinanti presenti nell’aria e le portano così al suolo».
Il sindaco Roberto Dipiazza, firmata la nuova ordinanza, ribadisce il suo punto di vista: «È tutto un rito, è vergognoso dover chiudere il centro al traffico per uno sforamento di uno o cinque punti, mentre sulla Ferriera stanno tutti zitti. È paradossale. Siamo in un paese ridicolo, che utilizza due pesi e due misure. Sono cose da Striscia la notizia, che, anzi, non escludo di chiamare...».
IL RISCHIO Non è detto, però, che nei prossimi giorni la situazione non peggiori nuovamente. Le previsioni meteo, infatti, non sembrano essere particolarmente confortanti: «Domani e dopodomani (oggi e domani, ndr), con l’alta pressione che si rafforzerà, resterà una debole circolazione d’aria - aggiunge Badina -: ci saranno quindi condizioni favorevoli per la formazione degli agenti inquinanti. Tra domenica e lunedì ci sarà un peggioramento nella nuvolosità, con il rischio di qualche debole precipitazione, che comunque non cambierebbe le cose. Il quadro, poi, dovrebbe rimanere questo fino a giovedì prossimo».
LE MULTE Nella sola giornata di ieri, il personale della Polizia municipale ha sanzionato 55 automobilisti (nel pomeriggio di mercoledì erano state comminate 27 multe: in tutto, dunque, si è arrivati a 82), colti a non rispettare l’ordinanza di chiusura al traffico del perimetro del centro urbano. Per ognuno di loro, di conseguenza, 78 euro da versare nelle casse del Comune. In tutto, i controlli mirati effettuati ieri dai vigili urbani sono stati 227, di cui 143 di mattina e 84 nel pomeriggio.
MATTEO UNTERWEGER

 

 

Park di Opicina, la scure della Corte dei conti - Danno erariale, la Procura contabile apre un fascicolo sulla cessione dell’area
 

TERRENO VENDUTO DALLA REGIONE ALL’IMMOBILIARE PALAZZO RALLI
L’area di oltre 15mila metri quadrati in prossimità del quadrivio di Opicina ceduta nel 2007 con una procedura di cartolarizzazione dalla Regione all’immobiliare Palazzo Ralli Srl per la somma di 258mila euro, è finita sotto la lente della Corte dei conti. Il procuratore Maurizio Zappatori ha aperto un fascicolo ipotizzando un consistente danno erariale che avrebbe subito nell’affare la Regione stessa e ha disposto una serie di accertamenti da parte della Guardia di finanza.
In pratica la Regione avrebbe perso, con la vendita del terreno del valore attuale mercato di almeno 400mila euro, - secondo questa ipotesi - una somma di oltre 150mila euro. La cessione (peraltro non ancora tecnicamente perfezionata secondo gli atti in possesso alla procura della Corte dei conti) dell’area davanti al distributore Esso all’immobiliare Palazzo Ralli Srl, (che fa riferimento a un gruppo di imprenditori veneti), è avvenuta poi mentre era in corso da parte del Comune una procedura di esproprio che - secondo i giudici contabili - se fosse andata a buon fine avrebbe comportato sicuramenti spese minori.
Ma non solo. Gli investigatori della Finanza hanno anche accertato che la trasformazione di circa 10mila metri quadri in area edificabile prevista dalla variante numero 118 del piano regolatore - successiva alle indicazioni di cambio di destinazione d’uso da parte della Regione al momento della cessione - farebbe lievitare decisamente il valore di mercato del terreno dove potrebbe essere costruita una palazzina di una decina di appartamenti senza grandi difficoltà.
In pratica il procuratore Zappatori vuole capire se ci sia un nesso oggettivo, un filo di collegamento, tra la cessione avvenuta al prezzo di 258mila euro del terreno (in parte alberato) e la sua possibile valorizzazione per circa 10mila metri quadri, come area edificabile. In questo caso il prezzo al metro quadro del terreno varierebbe dagli iniziali 17 a 300 euro. Per il proprietario insomma il guadagno sarebbe fortissimo: quasi il 300 per cento. Il valore del terreno passerebbe in poche ore da circa 170mila a 3milioni di euro. Neanche negli anni d’oro della Borsa si ottenevano simili remunerazioni con investimenti anche più consistenti.
Anche un altro punto è finito sotto l’esame della Procura della Corte dei conti. Il parcheggio di circa 500 metri quadri adiacente all’area destinata ad essere edificabile sarebbe oggetto, come ha recentemente dichiarato il sindaco Roberto Dipiazza, di una trattativa tra l’immobiliare e il Comune stesso che in passato aveva comunque provveduto a finanziare una serie di interventi di asfaltaura costati circa 400mila euro. In pratica, secondo la Procura contabile, oggetto dello scambio sarebbe un’area acquisita dall’immobiliare Palazzo Ralli dalla Regione sulla quale aveva messo soldi il Comune.
CORRADO BARBACINI

 

 

La rivolta dei Comuni contro il piano casa - «IL GOVERNO LO IMPUGNI»
 

TRIESTE Oltre duecento Comuni ed enti locali si riuniscono oggi a Udine per confrontarsi sul Codice regionale dell’edilizia in attuazione da gennaio. E per contestare ancora una volta le modifiche che la Regione ha «calato dall’alto», in barba alla sussidiarietà, espropriando i Comuni del diritto di decidere dove e come applicare il piano casa. Tra gli interventi previsti quello del magistrato Andrea Baldanza. Al termine del convegno, sarà chiesto ai singoli Comuni intervenuti di firmare una lettera per chiedere al presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, di difendere l’autonomia dei Comuni nelle scelte di pianificazione urbanistica e di impugnare la legge regionale, ritenuta incostituzionale. «È una norma anarchica – ha spiegato lo stesso sindaco di Udine, e promotore del convegno, Furio Honsell – tutta a danno dei cittadini. Porterà alla svalutazione delle loro abitazioni».

(e.o.)
 

 

«Rigassificatore, parola ai cittadini» - Bandelli lancia un questionario: «Nessuna posizione preconcetta»
 

LUNEDÌ NUOVO INCONTRO DELL’ASSOCIAZIONE ”UN’ALTRA TRIESTE”
E per il 14 dicembre in programma una riunione pubblica dedicata alla sanità triestina
Un questionario per capire quali siano le opinioni della cittadinanza sul progetto del rigassificatore. E una nuova assemblea pubblica per parlare proprio di energia, ambiente, AcegasAps e bonifiche, e anche dell’ipotesi legata alla possibile futura costruzione dell’impianto di rigassificazione nel territorio triestino. “Un’altra Trieste”, l’associazione fondata dall’ex assessore comunale Franco Bandelli e dai suoi fedelissimi, scopre le carte snocciolando le prossime iniziative del suo percorso improntato al confronto con la gente.
Il primo appuntamento sarà quello di lunedì prossimo, il 23 novembre, quando alle 18 all’hotel Savoia si terrà l’appuntamento aperto a tutti, al quale è annunciata la presenza di esperti del settore, per un totale di «4 o 5 interventi - ha spiegato ieri Bandelli -, tra cui sono confermati quelli dei sindacalisti della Uil e dell’Ugl, e dell’ingegner Sergio Bisiani di Ambiente e/è vita». Il presidente di “Un’altra Trieste” ha poi chiarito come sul rigassificatore, da parte della “sua” creatura, «non vi sia alcuna presa di posizione pregiudiziale. Anche perché in questa associazione coesistono persone che su determinati temi possono pensarla in modo diverso fra loro». Prima di anticipare che il 14 dicembre sarà la volta di un nuovo incontro pubblico sul tema della sanità triestina, Bandelli ha sottolineato che «dai primi di dicembre, probabilmente proprio dal 1°, partirà la consultazione popolare sul progetto del rigassificatore attraverso le schede che distribuiremo in vari banchetti sistemati in centro e in periferia». Tre le domande stampate sul materiale cartaceo: “Condividi il progetto di realizzare un rigassificatore nella provincia di Trieste?”, “Perché lo condividi?” e “Perché non lo condividi?”. È intuitivo che la risposta dei triestini si restringerà a due soli quesiti. Riscontri confortanti in termini di partecipazione, “Un’altra Trieste” spera di ottenerli anche sul web, sul suo sito:
www.unaltratrieste.it.

(m.u.)
 

 

SEGNALAZIONI - Sul rigassificatore - REPLICA
 

Non rientro nel novero dei comitati (per alcuni dei quali nutro però un grande rispetto per le capacità di mobilitazione dei cittadini e di interpretazione delle problematiche ambientali locali), ma appartengo a un’associazione come Legambiente che considera l’ambientalismo scientifico il metodo interpretativo delle crisi ambientali. Replico dunque ad alcune argomentazioni svolte in questa pagina nel rigasisficatore. Per quanto riguarda il rischio di esplosione, il gas naturale esplode solo se non è libero di espandersi. La nube fredda non esplode, se non si trova in queste condizioni, si incendia, se la sua miscela con l’aria è nelle proporzioni opportune (5-15%). Tank fire vuol dire accensione del contenuto di un serbatoio, jet fire vuol dire formazione di un dardo di fuoco, ovvero accensione di un getto di gas compresso - e qui non c’entra - , fireball vuol dire sfera di fuoco e riguarda il Gpl, ovvero un gas compresso, pool fire è accensione di una pozza, e questo va bene pure per una pozza di gas naturale liquefatto che evaporando potrebbe anche prendere fuoco. Per quanto riguarda i codici del progetto Sigem (sistema informativo computerizzato per la gestione delle emergenze nell’industria e nei trasporti con coinvolgimento di sostanze chimiche e infiammabili pericolose), utilizzati a partire dall’86, attualmente i metodi di modellizzazione di tali fenomeni sono più raffinati. Sono i codici Cfd (termofluidinamica computazionale). Il comportamento del metano liquefatto (a –162°C mantenuto a pressione ambiente) è ben diverso dal gas di petrolio liquefatto (GPL, ovvero il gas di petrolio liquefatto – propano e butano - delle bombole da cucina, che è liquido perché compresso).
Il metano è contenuto liquido nei serbatoi a pressione ambiente - cioè alla nostra usuale pressione - non è compresso, perché è a una temperatura sufficientemente bassa (162 gradi sotto lo zero). Di conseguenza il gas naturale in forma liquida che esce dai serbatoi in cui è contenuto vaporizza. Se gli viene fornita energia termica sufficiente potrebbe accendersi. Però l’energia di vaporizzazione unitaria è così alta che anche l’energia d’impatto di un missile potrebbe essere troppo bassa per provocarne l’accensione. L’irraggiamento termico corrisponde a un’energia per unità di tempo e per unità di superficie, non ha quindi le dimensioni di un’energia. I dati che abbiamo riportato sono stati tratti dalla letteratura scientifica.
Lino Santoro
 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 19 novembre 2009

 

 

Centro chiuso, anche oggi non si circola - OPERATIVO DA IERI IL PROVVEDIMENTO DEL SINDACO

 

Parcheggi liberi ovunque nell’area proibita ma file e ingorghi nelle vie esterne
Divieti al mattino dalle 9.30 alle 12.30 e dalle 16 alle 19. Niente superlavoro per bus e taxi. I triestini preferiscono camminare
Dentro, il deserto dei Tartari. Fuori, il carnevale di Rio. Trieste reagisce al centro blindato alla solita maniera: rispettando, asburgicamente, i divieti, ma allo stesso tempo incuneandosi in file interminabili e dando sfogo a tutta l’ira repressa ai margini della città proibita. L’ordinanza del sindaco ha dato ieri l’impressione di essere stata raccolta anche troppo alla lettera. O, forse, di non essere stata letta a fondo, perché anche parecchie vetture Euro 4 si sono perse tra l’umanità dolente che cercava parcheggi o semplici spazi di fuga nel calderone delle vie laterali. E oggi e magari anche domani si replica (chiusura tra le 9.30 e le 12.30 e tra le 16 e le 19), perché le condizioni climatiche sono rimaste le stesse.
Ai classici varchi, pochi vigili. Si sono piazzati ieri prevalentemente all’interno del perimetro sicuri di pescare prima o poi qualche smemorato o qualcuno che, comunque, ci provava. Rientra di sicuro nella prima categoria l’anziana signora bloccata attorno alle 16.30 in pieno corso Italia, tradita dalla sua stagionatissima Renault Clio. Del resto non occorre essere Einstein: tutte le macchine, ad esempio, la cui targa inizia per A sono troppo in là con gli anni per rientrare nei dettami anti-inquinamento. E dunque spiccano come le mosche nel latte.
Ma c’è stato un altro dato singolare, ieri, ai margini della prima chiusura stagionale: l’improvviso proliferare di parcheggi. Da via dell’Orologio a via del Teatro Romano e su su oltre il Corso Italia e verso Ponterosso erano di più le strisce blu vuote che quelle occupate. Si tratta di parcheggi a pagamento, certo, per giunta con tariffe di sicuro non regalate, ma nei giorni normali, sia pure con una certa rotazione, sono comunque pieni. Delle due l’una: o i suoi frequentatori abituali raggiungono il centro tutti a bordo di vecchie ”carrette” fuorilegge o la gente ha preso troppo alla lettera il significato di ”chiusura”.
Misteriosi rimangono anche i metodi di avvicinamento dei triestini al centro. Il direttore di TriesteTrasporti, Piergiorgio Luccarini, ha assicurato che «le corse sono state assolutamente normali, anche perchè nessuno ci ha chiesto di fare aumenti. È stata comunque una giornata andata via nella tranquillità assoluta». Notazione sicuramente singolare che può a sua volta significare due cose: o il parco bus triestino è ampiamente soprastimato o i ”patocchi” hanno riscoperto improvvisamente i piedi. A maggior ragione di fronte alle dichiarazioni degli stessi tassisti. «Per me è stata una giornata assolutamente normale – assicura il signor Franco – anzi, forse con un movimento addirittura inferiore al solito». Dato poi confermato dalla stessa cooperativa radiotaxi.
Visto che il fenomeno, ne riferisce qui sotto il metereologo, è destinato a durare parecchi giorni, che all’utilità della chiusura credono in pochi, sindaco in primis, e che il suo verificarsi è ormai ciclico, bisognerà adesso studiare le nuove abitudini dei triestini. Che il nuovo motto diventi: riscopriamo la periferia?
FURIO BALDASSI

 

 

Marina di Aurisina, spiagge a rischio frane - RESA NOTA DAL COMUNE L’INDAGINE GEOLOGICA SUL TRATTO DI COSTA FRA LE GINESTRE E CANOVELLA
 

Il sindaco Ret: «I luoghi frequentati dalla gente vanno messi in sicurezza a spese dei proprietari»
DUINO AURISINA Chi accampava pretese edificatorie sulla fascia costiera di Marina di Aurisina rimarrà deluso. La relazione geologica, geotecnica e geostatica elaborata dal geologo Bruno Grego lascia infatti ridottissimi margini di manovra, evidenziando anzi i diversi gradi di pericolosità insiti nelle aree bisognose di una regolare manutenzione e messa in sicurezza. Pericolosità che obbligherà i privati a mettere mano al portafoglio per operare il ripristino ambientale.
Il documento, reso pubblico sul sito del Comune, contiene i risultati dell’indagine geologica sviluppata nell’ambito A32: zona che si estende sulla costa per circa 1200 metri, dalle Ginestre fino a Canovella de’ Zoppoli.
LA RELAZIONE Commissionata a luglio dall’ente, definisce il quadro geologico d’insieme, alla luce della pianificazione territoriale espressa dalla variante 24 e 25. E rileva una situazione di diffusa instabilità geostatica, data da una molteplicità di fattori, tra cui l’accertata mobilità del detrito di falda che costituisce gran parte dei terreni, l’assenza di manutenzione delle opere di terrazzamento per contrastare il dissesto idrogeologico, e la pendenza dei versanti.
Insomma una situazione di rischio resasi evidente dalla frana nel cantiere dell’ex Hotel Europa e dai ripetuti dissesti lungo la costa. Lette le conclusioni del geologo, il sindaco Ret ha inviato una lettera in cui «si invitano in particolare coloro che risiedono, o risultano proprietari dei terreni, a consultare la documentazione per meglio comprendere la situazione idrogeologica e dare attuazione alle indicazioni». Insomma, correre ai ripari subito, per evitare le grane che potrebbero derivare da incidenti alle persone.
L’OPPOSIZIONE «Sì alla messa in sicurezza pubblica, avvalendosi del Dipartimento di ingegneria ambientale di Trieste, a tutela dell’area – afferma il consigliere Maurizio Rozza (Verdi) –. Ma il ripristino non deve essere il grimaldello per operare speculazioni edilizie. Ordinare ai privati di fare gli interventi, perché l’ente non ha i soldi, non ingeneri una contropartita per offrire il via libera all’edificazione, sulla scia di quanto avvenuto nella baia di Sistiana».
IL SINDACO «Nessuna speculazione – replica Ret – la relazione offre pochi margini di manovra: a me interessa solo che i luoghi frequentati dai cittadini, come le spiaggette, vengano messi in sicurezza. Se qualche privato interviene per attrezzare l’area con servizi igienici e una sistemazione delle stradine, daremo la possibilità di inserire uno o due chioschi, ma niente di più».
CAUSE DEL DISSESTO Le acque che scendono in occasione dei maggiori piovaschi sono il principale elemento scatenante il dissesto, su un territorio caratterizzato da pendenze e scarsa manutenzione delle opere di contenimento a pastino.
AMBITI NON PERICOLOSI Le uniche aree a non essere pericolose sotto il profilo di nuove costruzioni sono quelle dedicate all'attività agricola a Canovella de’ Zoppoli e nella fascia di terreni immediatamente sovrastanti il nucleo più orientale dell'abitato di Marina di Aurisina. La cura e la manutenzione delle opere di sostegno a pastino, dispendiose e mai di facile realizzazione, hanno reso inefficaci le erosioni.
AMBITI A RISCHIO Attualmente non lo sono, ma potrebbero diventarlo in caso nuove costruzioni, i due nuclei abitati di Marina di Aurisina. Oltre a questi, parzialmente a rischio sono le aree di pertinenza, gli spazi pianeggianti privi di elementi che impediscano le frane, i parcheggi dedicati alla residenza e alla balneazione.
AMBITI DISSESTATI Sono quelli rappresentati delle aree sovrastanti e adiacenti l'ex Hotel Europa, nonché l’area a monte e a valle della stradina di collegamento tra i due nuclei abitati di Marina di Aurisina.
RIQUALIFICAZIONE La riqualificazione del fronte mare, anche con attrezzature turistiche, è compatibile con le prescrizioni della relazione geologica, in presenza di strutture modeste, da proteggere dal moto ondoso.
TIZIANA CARPINELLI
 

 

«Beni in eccesso un valore sociale» - L’ECONOMISTA SEGRÈ IN CITTÀ
 

Le sue idee, dice, si devono anche alla sua origine: Andrea Segré imputa il suo interesse per lo sviluppo sostenibile alle sue radici giuliane. E sventola il “Decalogo dei Lussiniani”, testo dell’800 che già ammoniva il bravo cittadino a privilegiare «nel vestir e nel magnar l’utile ma non el superfluo», presentando nella sede dell’Associazione donne ebree d’Italia il suo «Last minute market». Il progetto dell'economista permette di smaltire l’eccesso non consumato di beni alimentari ridistribuendoli ai «consumatori senza potere d’acquisto». Erano ancora gli anni ’90 quando l’economista, entrando per caso nel magazzino di un supermercato, fu fulminato dalla visione di un enorme quantitativo di beni destinati al macero perché troppo vicini alla data di scadenza. «C’era un’offerta potenziale enorme non sfruttata – riflette – e d’altra parte un’enorme domanda potenziale da parte di chi non poteva acquistare quei beni. Capimmo che bisognava creare un sistema, cui dovevano partecipare tutti gli attori e in cui ognuno aveva qualcosa da guadagnare: il valore economico dei beni in eccesso diventa valore sociale». Nasce così il «Last minute market».

(g.t.)

 

 

SEGNALAZIONI - «Auto in doppia fila, ma la colpa è della bici» - OSTRACISMO AI CICLISTI
 

Nei mesi scorsi sono comparse numerose segnalazioni di ciclisti le cui biciclette sono state sequestrate e multate di 78 euro per divieto di sosta. Si trattava di lettere garbate e preoccupate, in cui i ciclisti chiedevano al comandante della Polizia municipale di Trieste, Sergio Abbate, un parere, un consiglio, un suggerimento per parcheggiare le biciclette nel rispetto del codice della strada. Sono passati parecchi mesi, ma nessuna risposta del comandante Abbate, pronto ed efficace invece a ribattere a tono agli automobilisti che protestano. Forse il suo silenzio indica che non esiste la possibilità di parcheggiare le biciclette nel rispetto del Codice, perché il Comune ha riservato solo qualche decina di posti bici (a fronte di decine di migliaia di parcheggi per auto e scooter) e non ha intenzione di crearne di nuovi. Forse il suo silenzio sta a significare che aveva ragione quel vigile che, mentre pedalavo in via Coroneo, intasata da auto parcheggiate in doppia e tripla fila su entrambi i lati, tanto che l'autobus numero 17 procedeva dietro di me perché non aveva spazio per superarmi, invece di multare e far rimuovere i veicoli in divieto, mi ha gridato: ”La se sposti, no la vedi che la intriga? La vadi a pedalar in Carso che xe aria più bona, che Trieste no xe fatta per girar in bici”.
Forse il silenzio del comandante Abbate sta ad avvalorare questa mentalità, cioè che sono le bici ad intralciare, non le migliaia di automobili in divieto di sosta.
Intanto prepariamoci a rileggere nei prossimi mesi, come ogni anno in inverno, i soliti titoli «Emergenza smog» e «Traffico in tilt», intervallati dai minacciosi quanto inutili «Tolleranza zero» del sindaco Dipiazza.
Alessio Vremec
 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 18 novembre 2009

 

 

Centro chiuso per smog, dalle 16 scattano i divieti - Da oggi le limitazioni, in vigore fino a quando non caleranno le concentrazioni di polveri sottili
 

Perimetro viario percorribile

ORDINANZA FIRMATA DAL SINDACO
Fino all’ultimo, in Comune, si è sperato nella comparsa della bora, in grado di spazzar via la cappa di smog e umidità che avvolge Trieste ormai da giorni. Il vento tanto atteso, però, non è arrivato, così come non si è registrato alcun cambiamento del quadro meteo. Di qui la decisione, drastica ma inevitabile, di chiudere il centro al traffico veicolare. Misura che entrerà nel vivo questo pomeriggio e resterà in vigore fino a quando le concentrazioni di polveri sottili nell’aria non saranno rientrate nei limiti.
BLOCCO Il divieto di circolazione per tutte le auto, le moto e gli scooter classificati come inquinanti scatterà oggi dalle 16 alle 19. Domani, invece, le limitazioni interesseranno l’intera giornata: non ci si potrà muovere all’interno del perimetro off-limits dalle 9.30 alle 12.30 e, nel pomeriggio, dalle 16 alle 19. E non finisce qui. Il blocco del traffico, infatti, rimarrà in piedi anche nei giorni seguenti. «Il divieto totale di circolazione per tutti gli autoveicoli e motoveicoli alimentati sia a benzina che a gasolio - si legge nell’ordinanza firmata dal sindaco Roberto Dipiazza - proseguirà fino alla revoca che scatterà il giorno successivo all’avvenuto rientro dei valori limite degli inquinanti». Fino a quando le centrali dell’Arpa continueranno a registrare sforamenti delle pm10, dunque, proseguirà inevitabilmente il blocco del traffico. Blocco del quale, al momento, è impossibile prevedere la durata.
DEROGHE Oltre a definire le coordinate del provvedimento di chiusura, l’ordinanza comunale individua però anche un lungo elenco di deroghe. L’obbligo di restare fuori dal centro non si applicherà ai veicoli ad emissione zero e a quelli a metano o gpl. Via libera pure alle auto omologate Euro 5 e Euro 4 (per accertare l’omologazione è necessario controllare il libretto di circolazione ndr). Per quanto rigurda le due ruote, il blocco non interesserà motoveicoli e ciclomotori omologati Euro 3 e Euro 2. Previste deroghe poi per mezzi pubblici (bus e taxi), veicoli a servizio di invalidi, ambulanze, auto utilizzate da forze dell’ordine, medici e personale infermieristico, macchine con targa C.C. Consentita pure la circolazione di veicoli destinati al trasporto merci, quelli utilizzati da lavoratori autonomi o dipendenti in possesso di certificazione dell’orario di servizio, e quelli che trasportano a bordo almeno 3 persone. Formula, quest’ultima, nota come ”car-pooling”.
PERIMETRO La zona off-limits comprende il centro storico e le aree semi-periferiche delimitate dai grandi assi di scorrimento. Il perimetro percorribile si snoda lungo largo Roiano, via Stock, via Commerciale, Strada Nuova per Opicina, via Valerio, via Cologna, via Giulia, viale al Cacciatore, via Marchesetti. Auto ammesse lungo via San Pasquale, via Revoltella (fino all’incrocio con via Rossetti), Strada per Cattinara, Strada di Fiume, via dell’Istria (tra via Marenzi e piazzale Valmaura). Transito consentito infine lungo la Grande viabilità, Passeggio Sant’Andrea, Campo Marzio, le Rive, Corso Cavour, piazza Libertà e Viale Miramare.
Oltre ai grandi assi di scorrimento, la circolazione sarà autorizzata anche in alcune strade interne: via Salata, galleria di Montebello, piazza Foraggi, viale Ippodromo, via Udine (tra Salita di Gretta e via Barbariga), via Barbariga (fino a via dei Saltuari) e via Pauliana.
PARCHEGGI Al fine di incentivare l’uso dei posteggi e limitare così il numero di auto in circolazione, l’ordinanza comunale ha scelto di escludere dalle zone off-limits anche le strade di accesso e uscita ai contenitori e ai piazzali attrezzati per la sosta. Si potrà quindi circolare liberamente in via Carli (park Sant’Andrea), via Marchesetti (parcheggio Ferdinandeo), rampa della Grande viabilità a cui si accede da via Svevo, via D’Alviano, via Doda e piazzale delle Puglie (posteggio del Palasport di Chiarbola), via Fabio Severo, via Cicerone, via Coroneo (park Ulpiano).
VARCHI Per assicurare il rispetto del blocco e dissuadere eventuali automobilisti intenzionati a fare i ”furbi”, a partire da questo pomeriggio scatteranno varchi e controlli da parte degli agenti della Polizia municipale. E non servirà a nulla implorare la loro clemenza adducendo come scusa la mancata presenza di pannelli con l’indicazione dei provvedimenti anti-smog. L’ordinanza, infatti, precisa che «il provvedimento avrà validità anche in assenza di segnaletica stradale, per cui saranno sufficienti le comunicazioni e gli avvisi alla cittadinanza diramati tramite i mezzi di informazione»
NORMATIVE Come detto, la scelta di ricorrere al blocco del traffico è stata una mossa ineludibile per l’amministrazione Dipiazza. Ad imporre l’adozione del divieto, infatti, è il ”Piano di azione comunale per il contenimento e la prevenzione degli episodi acuti di inquinamento atmosferico”. Documento che stabilisce l’obbligo di far scattare la limitazione totale al traffico in caso di superamento per il terzo giorno consecutivo delle soglie massime di pm10 (50 microgrammi per metro cubo ndr), o nell’eventualità che, anche per un solo giorno, si tocchi un valore medio giornaliero di 70 mcgr/mc di pm10 o una valore orario di 400 microgrammi per metro cubo di biossido di azoto.
MADDALENA REBECCA
 

 

CENTRO CHIUSO - Dipiazza: «Dovevo farlo, ma è una fiction» - Il primo cittadino: «Mi sento soprattutto in colpa nei confronti dei servolani»
 

Dicono, ieri, gli abbiano messo la carta sotto gli occhi e la penna in mano. Soltanto 24 ore prima di firmare l’ordinanza, Roberto Dipiazza aveva infatti tentato di esorcizzare l’ombra dello smog e del centro chiuso pensando «a Napoli, dove chissà se il centro lo chiudono per davvero quando serve...». Ma qui gli uffici sono asburgici. E la legge parla chiaro: per fermare il traffico privato ci vogliono tre giorni di sforamenti continui e diffusi in più punti di rilevazione se la concentrazione di Pm 10 è superiore ai 50 microgrammi per metro cubo, ma ne basta una sola, di giornata, se la soglia varcata è quella dei 70. E ieri i dati dell’Arpa, riferiti a lunedì, non hanno dato scampo: 99 segnava la centralina di piazza Libertà, davanti alla stazione, e 93 quella di via Tor Bandena, in piena Cittavecchia, ma un 84 lo faceva registrare pure la stazione mobile di via San Lorenzo in Selva. Zona Ferriera, dove a fine ottobre un’altra centralina localizzata poco più su, a Servola, in via Carpineto, secondo le serie storiche disponibili sul sito dell’Arpa aveva toccato i 718 e 361 microgrammi per metro cubo rispettivamente mercoledì 28 e giovedì 29. Per il resto, nell’ultimo mese, calma piatta anche lì. Sebbene sul sito della Regione compaia un 210 fatto risalire a sabato scorso, di cui però nei tabulati dell’Arpa stessa non c’è traccia. Il sindaco, stringi stringi, al di là dei numeri sull’inquinamento, quell’ordinanza che blinda il centro alle auto non pubbliche e non ecologiche l’ha firmata certamente controvoglia. Dando ancora una volta, senza acrobazie diplomatiche, tutta la colpa alla Ferriera. «Premesso che è un atto che dovevo fare perché la legge me lo impone - sbotta a questo proposito Dipiazza - considero questo provvedimento una presa per i fondelli per i cittadini di Servola. Le cose finte proprio non mi piacciono». Eppure la morsa delle polveri sottili ha colpito in pratica tutti i grandi centri di questo pezzo di Nord-Est, ma la Ferriera è solo qui: si balza dai 52 ”light” di Gorizia fino ai 100 tondi di Udine, passando per i 91 di Pordenone e i 93 di Porcia, come risulta ancora dal portale della Regione Friuli Venezia Giulia per quanto riguarda la giornata di lunedì. «Ogni anno a novembre è così - puntualizza a questo punto il sindaco - fra due-tre giorni staremo meglio perché qui, almeno, prima o dopo una puntata di borino ci arriva». Ma la morale, verso i servolani, non cambia... E Dipiazza, anzi, la ripete: «Mi sento un verme».

(pi.ra.)
 

 

Park di Opicina, esposto contro il Comune - L’Associazione per la difesa del borgo contesta: danno erariale e condotta poco trasparente
 

DOPO LA DISCUSSA OPERAZIONE CHE HA RESO EDIFICABILE UN AMPIO TERRENO
OPICINA «Grave danno erariale per la collettività» provocato da una «condotta poco trasparente». Muove da queste accuse l’esposto che l’Associazione per la difesa di Opicina ha presentato all’Ufficio di polizia giudiziaria dei vigili urbani e ai carabinieri dell’altopiano contro il Comune di Trieste. A scatenare la reazione dell’organizzazione presieduta da Gianna Crismani e da Paolo Milic è la variante n. 118 del Piano regolatore, in corso di approvazione. Essa prevede la trasformazione da bosco e parcheggio a zona edificabile di un’area vicina al quadrivio di Opicina, situata di fronte al distributore della Esso. Stando all’opinione dei due presidenti, la variante sarebbe «viziata nella procedura». «La Regione, proprietaria del terreno – spiegano la Crismani e Milic – all’atto dell’acquisizione la destinò ad area di servizi e, nello specifico, a verde pubblico e parcheggio. Quest’ultimo fu realizzato nel 2000 dal Comune, con una spesa di 400mila euro – precisano i presidenti dell’Associazione – ma l’amministrazione di piazza dell’Unità d’Italia si dimenticò di trascrivere l’intera area nel proprio demanio. La Regione, iniziando qualche anno fa il processo di cartolarizzazione, inserì l’intera area in una pubblica asta. Protestammo – ricordano – chiedendo al Comune di parteciparvi per evitare sorprese, ma l’invito cadde nel vuoto. Nel 2007 – proseguono i due presidenti – la srl Palazzo Ralli si aggiudicò l’area per 258mila euro, perciò con una secco danno erariale di 142mila euro, determinato dalla svalutazione rispetto alla spesa sostenuta dal Comune. Recentemente – continuano la Crismani e Milic – il Comune, per porre rimedio alla propria negligenza, ha proposto alla srl Palazzo Ralli di dividere il terreno in due lotti, per acquisire finalmente la proprietà del parcheggio, dando in cambio la possibilità di edificare, attraverso la citata variante, su di una zona che attualmente ospita ben 5mila metri quadrati di bosco, che rappresentano un polmone per l’intera comunità di Opicina». La reazione della Crismani e di Milic è determinata dalla considerazione che, «oltre a penalizzare il bene pubblico a favore dell’interesse privato», si origina una situazione «che permette, al titolare dell’area interessata dalla variazione di destinazione d’uso, di veder crescere il prezzo a metro quadrato dagli iniziali 17 euro ai 300 che si potranno chiedere dopo approvata la variante». A conclusione dell’esposto, i rappresentanti dell’Associazione per la difesa di Opicina chiedono che «si faccia la massima chiarezza su entrambe le operazioni, nell’interesse della collettività e, se del caso, di procedere all’annullamento sia dell’asta, sia della nuova destinazione d’uso».
La Crismani e Milic hanno scritto anche al Prefetto, Giovanni Balsamo, preannunciando la presentazione dell’esposto alle forze dell’ordine. «Siamo stufi – concludono – di vedere Opicina e tutto l’altopiano sottoposti alla cementificazione e alla sottrazione di aree verdi”.
Ugo Salvini
 

 

Arpa: a San Dorligo manca il monitoraggio dello zolfo nell’aria
 

«Per quanto riguarda le esalazioni di composti dello zolfo, responsabili degli episodi di disturbo odorigeno percepito dalla popolazione, si ribadisce l’opportunità dell’acquisizione di una idonea strumentazione di monitoraggio al fine di verificare il corretto funzionamento degli impianti industriali ed eliminare il disagio alla popolazione». È la conferma giunta da parte del direttore Arpa Fvg di Trieste Stellio Vatta sull’attività condotta dall'Arpa nel Comune di San Dorligo della Valle, nell'area adiacente allo stabilimento industriale Siot, per indagare sulle condizioni ambientali del territorio. Utilizzando cinque postazioni di rilevamento (laboratorio mobile in località Mattonaia e quattro postazioni fisse con captatori passivi) distribuite “strategicamente” nel territorio comunale si è definito il seguente quadro ambientale: «Nel periodo di osservazione le concentrazioni atmosferiche di Pm10, Benzene, Benzo(a)pirene (cioè gli inquinanti ritenuti oggi i più pericolosi per la salute) sono risultate ampiamente inferiori ai valori limite fissati dalla vigente normativa». Vatta ha poi aggiunto che “nel corso dell’indagine sono stati altresì rilevati composti organici volatili (Cov), attualmente non normati, ragionevolmente ritenuti responsabili delle esalazioni odorigene». Sui risultati emersi dalla relazione dell'Arpa il sindaco di San Dorligo Fulvia Premolin aveva espresso da subito «soddisfazione», mentre i capogruppi Roberto Drozina (Pdl-Udc) e Boris Gombac (Unt) si erano dichiarati preoccupati. Sulla vicenda è intervenuto anche il capogruppo della Lega Nord Sergio Rudini il quale ha evidenziato come i sospetti restino, «anche perchè oltre alla Siot, vi sono altri insediamenti che come la Wartsila e la Grande Viabilità».

(r.t.)
 

 

Discarica abusiva, il pm vuole processare Bruno - Chiesto il rinvio a giudizio per numerosi imprenditori, tra cui il vicepresidente dell’Unione
 

I rifiuti speciali durante il trasporto diventavano normali detriti
NELL’AMBITO DEL SECONDO TRONCONE DELL’INDAGINE PER LO SCALO LEGNAMI
Non era una «bolla di sapone» l’inchiesta della Procura sulla discarica abusiva di rifiuti «speciali» finiti nella maxi discarica dello Scalo legnami. Lo si è compreso ieri nell’aula del presidente del gip Raffaele Morvay, quando il pm Giuseppe Lombardi ha chiesto il rinvio a giudizio di tutti gli ”indagati” - compreso l’impresario edile Raffaele Bruno - per uno dei due tronconi dell’inchiesta avviata e gestita dagli investigatori del Gico della Guardia di finanza. Per il primo troncone il rappresentante dell’accusa ha invece chiesto l’archiviazione, come peraltro era emerso pubblicamente da tempo.
«La contestazione mossa non è procedibile perché a seguito delle indagini svolte, non sono emerse responsabilità» aveva scritto il pm Maddalena Chergia nella richiesta di archiviazione parziale. Entrambe le istanze verranno discusse nell’udienza del 17 gennaio. Lo ha deciso ieri il presidente Morvay. L’indagine si era avviata nel maggio del 2008 e aveva coinvolto non solo gli imprenditori Diego Romanese e Cataldo Marinaro, soci della Isp riciclati di Monfalcone, ritenuti dagli inquirenti gli organizzatori del traffico di rifiuti speciali verso una discarica autorizzata ad accogliere e riciclare solo rifiuti non pericolosi provenienti da scavi e demolizioni, ma anche impresari edili, titolari di ditte specializzate nel movimento terra e a padroncini di numerosi camion. Erano finiti sul registro degli indagati, oltre a Raffaele Bruno, legale rappresentante della Bruno Costruzioni, anche Mario Leone, titolare della Leone srl; Damiano Purger, rappresentante della Purger scavi & trasporti; Paolo Rosso della Trieste manutenzioni; Mario Voinovich titolare dell’omonima ditta individuale; Enrico Tiberio della Ist e Sebastiano Pulafito. Tutti «indagati» per aver trasportato nella discarica dello Scalo legnami materiali per cui la Isp Riciclati non aveva ottenuto l’autorizzazione al trattamento.
A denunciare la violazione di legge che coinvolge un’area delle dimensioni di quattro campi di calcio, era stata la lettura approfondita delle «bolle» di accompagnamento dei rifiuti. L’aveva fatta la Guardia di finanza in collaborazione con la Forestale. Era emerso, secondo l’accusa, che le bollette venivano corrette una volta che il carico era giunto a destinazione. In altri termini i rifiuti che nel corso del trasferimento via strada erano indicati come «speciali», una volta giunti a destinazione, diventavano normali detriti di scavo. In sintesi inerti.
«Noi costruttori siamo le vere vittime di Paolo Romanese e Cataldo Marinaro. Abbiamo agito in buona fede, pagando quanto è previsto per lo smaltimento di rifiuti speciali non di inerti. I nostri documenti sono in regola e lo possono dimostrare» aveva affermato Raffaele Bruno nel maggio del 2008, quando l’inchiesta era deflagrata con grande rumore. «Non è assolutamente vero che abbiamo pagato meno. Sporgerò querela nei confronti della ditta Isp che ha riciclato in modo illegale molti rifiuti dell’attività di demolizione effettuata dalla mia azienda sulle strade di Trieste. Specie sulle rive. Trascinerò i titolari davanti ai giudici».
CLAUDIO ERNÈ

 

 

Tonnellate di cibo e pasti da girare all’assistenza - Un progetto anti-spreco
 

NUOVE INIZIATIVE - Si chiama «Last minute market» e prevede anche sgravi fiscali per supermercati e negozi aderenti. Già 40 città lo hanno attivato: «Un calo enorme di inquinamento»
Lo ha firmato il triestino Andrea Segrè, preside di Agraria a Bologna, che oggi viene a illustrarlo
Se tutti i supermercati e i negozi alimentari di Trieste cedessero in modo appropriato l’intera grande quantità di beni alimentari rimasti per diversi motivi invenduti e li cedessero al più vicino ente assistenziale della zona lo spreco si ridurrebbe di 2130 tonnellate. Per un valore di oltre 8 milioni di euro. Si potrebbero distribuire più di 5 milioni di pasti all’anno a 5547 persone in difficoltà. Diminuendo così tanto lo smaltimento dei rifiuti, nell’aria entrerebbero 2541 tonnellate di anidride carbonica in meno. Per «neutralizzare» la quale, invece, servirebbero 5 milioni di metri quadrati di aree boschive, pari all’estensione di 10.224 campi da calcio.
Cifre strane? Per niente. In questi calcoli sta una possibilità molto attraente, che 40 città italiane hanno già realizzato sviluppando un’idea messa a punto dalla facoltà di Agraria di Bologna, e inventata dal suo preside, il triestino Andrea Segrè, assieme a laureandi e dottorandi. L’idea, diventata uno «spin off» di successo della ricerca universitaria, si chiama «Last minute market», e sarà presentato oggi alle 16.30 dallo stesso Segrè all’Associazione donne ebree d’Italia in piazza Benco 4.
Ma non basta, il «Last minute market» ha sviluppato anche un «recupero cibi» dalle mense scolastiche. Elaborando anche qui dati ufficiali, Segrè ha calcolato che a Trieste si potrebbero recuperare ben 137.346 chilogrammi all’anno di pasti cotti e pronti all’uso.
«Naturalmente - racconta - non basta raccogliere verdure, cibi, latte e yogurt, farmaci e altro vicini alla scadenza per far bene questo lavoro. Bisogna stare attenti all’igiene, alla salubrità delle vivande, e soprattutto distribuire gli alimenti all’ente assistenziale più vicino in assoluto, per conservare la freschezza, garantire il rapido consumo e risparmiare sui trasporti. La vera novità del nostro ”Last minute market” è proprio nell’organizzazione logistica».
Il progetto ha preso forma nel 1999, è costato molto lavoro, nel 2003 è diventato operativo. Prevede sgravi fiscali per chi aderisce: «Negozi, supermercati, mense, pasticcerie, farmacie ecc. hanno sconti dal Comune e dalle ”multiutility” sulla tassa immondizie». Più che carità e assistenza (che pure è lo scopo finale) questo progetto è una formidabile lotta allo spreco. «Poiché oggi vale la legge europea secondo la quale chi inquina paga, è meglio non inquinare». Ciò che nei supermercati è vicino alla data di scadenza è ancora ben commestibile, ma non verrà mai più acquistato, viene stipato su camion che corrono a discariche. Mentre poi le Caritas, le Comunità di San Martino al Campo e i Comuni devono trovare soldi per aiutare ceti sociali in difficoltà o senza alcun mezzo di sussistenza.
Il «Last minute market» è stato accolto in città sparse per tutta Italia. «A Trieste me l’hanno un po’ copiato senza interpellarmi - sottolinea Segrè -, un gruppo di Muggia ha perfino chiesto finanziamenti per realizzarlo, un’assurdità davvero, e la Provincia ha accolto le offerte della Coop, che ha intrapreso questa via per conto suo. Ma il senso dell’operazione - conclude Segrè -, è che va coinvolta la città. Io non amo i brevetti, ma chi usa il nostro progetto deve farlo bene...». Vediamo se Trieste lo accoglierà.
GABRIELLA ZIANI

 

 

Ventidue nidi artificiali per passeri e pipistrelli - L’intervento del Comune in via del Moncolano per tutelare la fauna carsica - UFFICIO ZOOFILO
 

Ventidue nidi per varie tipologie di uccelli, dai passerotti ai pipistrelli, verranno posizionati in Strada del Friuli, all’altezza del tornante Moncolano, non appena saranno conclusi i lavori per la messa in sicurezza della zona. Affiancando così all’intervento infrastrutturale sul territorio un’iniziativa per la tutela della caratteristica fauna carsica. «Come amministrazione pubblica - spiega Michele Lobianco, assessore comunale all'Organizzazione, Risorse Umane, Formazione e Affari zoofili - vorremmo trasmettere alla cittadinanza un segnale di forte attenzione nei confronti dell'ambiente. Nella speranza che questa buona pratica venga presa ad esempio anche dal singolo cittadino». Si tratta del primo intervento di questo tipo da parte del Comune, racconta Lobianco, ma che l'amministrazione ha intenzione di ripetere anche in altre zone d’interesse ambientale e paesaggistico. Anche perchè i costi sono davvero ridotti: i nidi, di materiale cementizio, sono a lunga durata e necessitano di scarsa manutenzione. Tra le specie che potranno usufruire di questi nuovi rifugi spiccano i passeri, che a Trieste, così come in molte altre aree d'Europa, sono diminuiti negli ultimi vent'anni di oltre l’80%. Ma anche rondoni, balestrucci, cince e codirossi. Senza dimenticare le api selvatiche e i pipistrelli, che anzichè esser appassionati di chiome più o meno voluminose, come vorrebbe la tradizione popolare, sono amanti degli insetti, in particolare di tarme, zanzare e altri parassiti. E diventano quindi efficienti alleati dell'uomo nella lotta contro queste fastidiose creature alate e contro gli insetti dannosi per le colture. Per i pipistrelli, che per dimora di solito scelgono anfratti, spaccature e fessure che riescono a ricavare nell’ambiente circostante, verranno posizionati degli appositi rifugi. I nidi verranno incorporati nel muro di contenimento antifrana, imitando così gli anfratti naturali ed evitando che gli uccelli vadano a nidificare in luoghi dove i piccoli potrebbero essere facile preda di gatti e altri animali.
Giulia Basso
 

 

Gasperini non diffamò gli Amici della Terra - L’associazione ambientalista dovrà anche restituire i 10mila euro ricevuti
 

ASSOLTO L’EX SINDACO DI MUGGIA
La Corte di appello ha assolto l’ex sindaco di Muggia Lorenzo Gasperini dall’accusa di aver diffamato la sezione di Trieste dell’associazione ambientalista «Amici della terra- Friends of the Earth». I giudici di secondo grado, accogliendo il ricorso presentato dall’avvocato Dario Miani, legale di Gasperini, hanno completamente rovesciato l’esito del processo svoltosi in Tribunale il 19 dicembre 2006 e in cui l’esponente di Forza Italia era stato condannato a pagare cinquemila euro di multa. Inoltre il giudice Francesco Antoni con la stessa sentenza gli aveva ordinato di versare agli «Amici della terra» una provvisionale immediatamente esecutiva di diecimila euro. L’associazione si era infatti costituita in giudizio con i propri dirigenti, Alessandro Claut e Roberto Giurastante, chiedendo i danni per quanto era stato affermato delle loro iniziative. «Offendono la nostra reputazione».
Nel giudizio di appello i giudici della Corte presieduta da Filippo Gullotta hanno ritenuto che le affermazioni che l’architetto Gasperini aveva fatto nel corso di una seduta del Consiglio comunale di Muggia e che erano state ritenute diffamatorie, appartengono al contrario a quello che è definito «diritto di critica politica». Dunque nessuna diffamazione. In più i dirigenti dell’associazione ambientalista dovranno restituire all’ex sindaco i diecimila euro ottenuti tre anni fa come «provvisionale» sull’eventuale futuro risarcimento danni.

(c.e.)
 

 

Acqua ai privati, il governo pone la fiducia - Il testo non piace alla Lega. Contrari Pd e Italia dei valori. Legambiente insorge
 

Il decreto Ronchi già approvato al Senato oggi alla Camera. In ballo un affare da 8 miliardi
ROMA Il governo chiede la fiducia alla Camera sul decreto Ronchi, già approvato a Palazzo Madama, in tema di risoluzione di infrazioni comunitarie e che prevede tra l’altro la liberalizzazione dei servizi pubblici locali compresa l’acqua. L’acqua è un affare da 8 miliardi di euro.
Finora era un bene pubblico, con il decreto che si approverà oggi diventa una merce. Una merce che viene data in gestione a società private. È una cosa che in alcune città italiane avviene già, anche se spesso dove i privati hanno la maggioranza del capitale delle società di gestione le decisioni sono comunque appannaggio dei rappresentanti degli enti pubblici.
La ragione è semplice: essendo un servizio essenziale, vitale per definizione, la distribuzione dell’acqua non può sottostare solo a leggi di mercato, al profitto. La gestione deve essere fatta nell’«interesse pubblico», non per quello «privato». Da oggi si cambia. I privati mettono le mani per legge sulla risorsa più preziosa e si possono spartire una torta da otto miliardi di euro che da qui al 2023 crescerà del 17-20%.
Fiducia, dunque, con i tempi di conversione ristretti e il testo che va approvato in via definitiva entro il 24 novembre. Ma la scelta del governo fa infuriare le opposizioni e crea qualche mal di pancia nella Lega. «Il testo arrivato dal Senato - ragiona il vice presidente del gruppo del Carroccio alla Camera Marco Reguzzoni - è migliorativo rispetto a quello originario però la Lega sull’articolo riguardante i servizi pubblici locali avrebbe voluto migliorarlo ancora e farlo corrispondere alla propria posizione storica a favore dell’acqua pubblica».
L’argomento è in ogni caso oggetto di un ordine del giorno del gruppo della Lega alla Camera e il partito di Bossi non esclude nemmeno di chiedere limature magari già in sede di Finanziaria. E anche il deputato finiano Fabio Granata esprime perplessità sull’utilizzo dello strumento della fiducia su un argomento delicato come la privatizzazione dell’acqua.
Oggi si vota, ma la partita poi si sposterà comunque, come spiega anche il ministro per gli Affari regionali Raffaele Fitto, sul regolamento attuativo dell’articolo 15 del provvedimento, quello riguardante, appunto, i servizi pubblici locali. «Si tratta - dice la relatrice del provvedimento, Annamaria Bernini - di un approccio rapido e preventivo per evitare di incorrere in infrazioni». Intanto, sia l’Italia dei valori che i Verdi annunciano una raccolta di firme per indire un referendum contro la liberalizzazione dell’acqua e anche Pd e Udc, che hanno presentato due questioni pregiudiziali bocciate dall’aula sono sulle barricate.
«Pochi grandi gruppi - attacca la vicepresidente del Pd Marina Sereni - faranno affari d’oro a discapito dei cittadini che subiranno l’aumento delle tariffe dell’acqua».
«Assurdo e spregiudicato porre la fiducia su un tema come la privatizzazione dell’acqua», dice Leoluca Orlando, Italia dei valori. «Metterannno la fiducia anche sull’aria», ironizza Touadi, Pd.
Legambiente insorge: «Sono favoriti grandi interessi, l’acqua è un bene primario, indisponibile. Così i cittadini non avranno alcuna agevolazione», dice Luigi Rambelli, presidente Legambiente Emilia Romagna.
Oggi, a partire dalle 15 ci saranno le dichiarazioni di voto e il voto di fiducia sul provvedimento. Di seguito verrà votato il testo.

(a.g.)
 

 

 

 

BORA.LA - MARTEDI', 17 novembre 2009

 

Rigassificatore: le risposte di Predonzan sull'impatto economico

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 17 novembre 2009

 

Menia: sul rigassificatore siamo in regola - DOPO LA SENTENZA DEL TAR DEL LAZIO E LA PRESA DI POSIZIONE DEL WWF
 

Il sottosegretario: «Le decisioni della Commissione Via non vengono mutate»
«Gli atti della commissione Via sono fatti salvi, è un principio generale della pubblica amministrazione». Il sottosegretario all’Ambiente, Roberto Menia, è tranquillo di fronte alla sentenza con cui il Tar del Lazio, lo scorso 30 ottobre, ha dichiarato illegittima la nomina della commissione Via (valutazione di impatto ambientale), in seguito al ricorso di una ventina di componenti rimasti esclusi dalla commissione dopo il decreto del giugno 2008 che ne aveva riformulato la composizione.
La sentenza del Tar del Lazio è stata inclusa in alcuni dei ricorsi contro il progetto di Gas Natural presentati in questi giorni, tra cui quelli dei Comuni di Muggia e di San Dorligo della Valle.
«Non credo – prosegue Menia – che la sentenza del Tar del Lazio sia decisiva. Non sono un partigiano del rigassificatore – conclude –. Come ministero il nostro compito è di garantire che le procedure siano corrette».
In tema di ricorsi, parallelamente a quello presentato da Muggia, anche il Comune di San Dorligo ha fatto ricorso al Tar del Friuli Venezia Giulia. «Dovevamo presentarlo congiuntamente – osserva il sindaco Fulvia Premolin – ma ci è stato consigliato di fare due ricorsi. Il legale è lo stesso (Francesco Longo di Pordenone, ndr), e anche il testo. In esso si punta soprattutto sulla sicurezza e sui rischi dell’effetto domino».
Sempre contro il progetto di Gas Natural, al Tar del Lazio hanno intanto fatto ricorso le sezioni di Trieste di Wwf, Legambiente e Italia Nostra.
Il rischio di un accordo fra Lubiana e Roma, con il governo sloveno che accetterebbe il rigassificatore per poter avere, in cambio, il permesso di raddoppiare la centrale nucleare di Krsko, è l’ipotesi avanzata ieri, in una conferenza stampa, dai responsabili locali delle tre associazioni ambientaliste, in un incontro convocato appunto per illustrare le motivazioni del ricorso al Tar del Lazio.
Dario Predonzan, responsabile energia e trasporti del Wwf regionale, oltre a precisare le critiche più severe, in parte note, rivolte in particolare alla Regione, «che non ha svolto tutti i controlli necessari, non ha ascoltato la gente, non ha dato risposta alle osservazioni fatte dalle organizzazioni ambientaliste», è andato oltre. «Questo modo di operare dei pubblici amministratori – ha detto – scavalca l’iter previsto dalla legge e ripreso dall’Unione europea, e indica un inaccettabile appiattimento sugli studi, peraltro del tutto insufficienti, portati a termine da Gas Natural. I rischi di disastro ambientale – ha proseguito il rappresentante del Wwf – sono reali e gravissimi. Per questi motivi ci rivolgeremo anche alla magistratura ordinaria, per denunciare il ritardo con cui il ministero competente ha risposto alle nostre sollecitazioni e alla Commissione europea, per evidenziare il fatto che non è stata consultata la popolazione coinvolta, come invece previsto da una direttiva europea».
Lino Santoro, presidente locale di Legambiente, ha spiegato che «non siamo per principio contrari all’installazione di rigassificatori, ma lo diventiamo nei casi nei quali, come sta per accadere a Trieste, si vuole realizzare una struttura di questo tipo in mezzo ad aree densamente popolate. È per questa ragione che il nostro presidente nazionale, Vittorio Cogliati-Dezza, alla pari di quello del Wwf, Stefano Leoni, ha firmato il ricorso al Tar del Lazio».
Giulia Giacomich, presidente della sezione triestina di Italia Nostra, ha precisato che la sua organizzazione, non avendo firmato il ricorso in prima battuta «a causa di un disguido, procederà a breve con un autonomo ricorso, con argomentazioni che andranno ad aggiungersi a quelle già indicate da Wwf e Legambiente».

(gi. pa.) (u.s.)

 

 

SEGNALAZIONI - Sul rigassificatore - DIBATTITO
 

Gli interventi della signora Graziella Albertini e signor Franzosini, Predonzan, Santoro e Sirovich (Il Piccolo dell’8 e 9 novembre) contribuiscono a rendere il gioco delle analogie ancora più interessante e chiaro. Presa nel punto attuale, la parabola «rigassificatori» dimostra la machiavellica strategia adottata dai soggetti contrari. In tutto questo tempo il progetto è stato sottoposto a una pressione eccezionale, con mezzi e scopi fuori della norma al fine di stroncarlo. La società multi-tecnica ne sarà rimasta sorpresa.
Detto questo, c’è però una considerazione che è doveroso fare. La previsione di uno scenario parte da certe condizioni iniziali e dalla conoscenza tecnica dello scenario stesso. Stabilito il grado dell’emissione, è necessario determinare la portata e gli altri fattori che possono influenzare il tipo e l’estensione della zona.
Un elemento fondamentale per la determinazione del tipo di zona pericolosa e pertanto di incidente è necessariamente l’identificazione delle sorgenti di emissione e del grado di emissione. Per quanto concerne la determinazione dei flussi termici dichiarati sono il risultato di uno studio fatto dall’ing. A. Fay «Modello di incendi grande pozza», che ha presentato al Journal of Hazardous Materials riferito al modello di una fuoriuscita da una nave metaniera fissando dei parametri ben definiti di: estensione della falla 10 m2, portata del liquido (Spill volume), estensione della pozza, raggio massimo pozza, ecc. Quindi, come viene sottolineato dallo studio dell’ing. Fay, non si tratta di un incendio di dimensioni limitate. Come erroneamente è stato definito.
Relativamente alla distanza di rispetto, la stessa rappresenta il valore minimo, stabilito dalla norma, delle distanze misurate orizzontalmente tra il perimetro in pianta di ciascun elemento pericoloso di un’attività e il perimetro del più vicino fabbricato esterno alla attività stessa. Sarebbe bene sapere che molti dei termini utilizzati nella prevenzione incendi hanno un preciso significato, stabilito dalle norme che regolano questa disciplina (DM 30 novembre 1983, le definizioni del decreto 10 marzo 1998).
Come disse Aristofane: «Faccia il cielo che ognuno eserciti il mestiere che conosce».
Luciano Emili
 

 

Smog, torna l’ombra del centro chiuso
 

A ieri, in Municipio, non veniva ancora vissuto come un problema. Ma, a breve, la cappa di smog calata sulla città potrebbe tornare ad essere una rogna, e non solo per i nostri polmoni. Una rogna che l’ultima volta - era il febbraio del 2008 - aveva portato a nove giorni di chiusura del centro alle macchine. La concentrazione di Pm 10 nell’aria di Trieste, infatti, dallo scorso week-end è tornata al di sopra dei livelli di guardia, cioè 50 microgrammi per metro cubo. Una condizione che, in caso di sforamenti contemporanei in più zone e per tre giornate di fila, induce l’amministrazione municipale ad adottare i provvedimenti restrittivi previsti dal Piano d’azione comunale, che a Trieste si traducono appunto in chiusure del centro al traffico privato nelle ore di punta. Sabato scorso, secondo il sito della Regione, la centralina dell’Arpa di via Carpineto ha fatto registrare una media quotidiana di 210, cui domenica non ha fatto seguito nessun valore vidimato. La stazione di rilevamento di piazza Libertà, invece, sabato segnava 45 e domenica 73. La terza centralina di riferimento regionale, quella di via Svevo, non sforna più dati dalla fine di settembre, ma le altre in funzione domenica - via Tor Bandena e via San Lorenzo in Selva - hanno detto rispettivamente 73 e 60. Molto dipenderà, a questo punto, dai numeri che saranno resi noti oggi e domani per la giornate di ieri e oggi. (pi.ra.)
 

 

«Ignorate le esalazioni di zolfo della Siot» - SAN DORLIGO: LE REAZIONI DELL’OPPOSIZIONE AI DATI SULL’ARIA RILEVATI DALL’ARPA
 

Drozina (Pdl-Udc): «Vorrei che la soddisfazione del sindaco fosse confermata dai magistrati»
SAN DORLIGO Forti perplessità sulla mancanza del monitoraggio dei composti dello zolfo e ampia preoccupazione per il fatto che a Trieste, sia in piazza Libertà che in via Carpineto, a due passi dalla Ferriera di Servola, si respirino meno polveri sottili (pm10) rispetto a Mattonaia. Ma c'è anche chi auspica un possibile intervento della Magistratura.
Sono questi i leit motiv delle reazioni da parte dei partiti di opposizione nel Comune di San Dorligo della Valle, dopo la pubblicazione dei risultati del monitoraggio dell'aria svolto da parte dell'Arpa nelle zone circostanti il parco serbatoi della Siot.
«L’amministratore delegato della Siot (Adriano Del Prete, ndr) non capisce perché l’Arpa suggerisca di modificare e/o integrare le dotazioni dei suoi impianti di stoccaggio, mentre il sindaco Fulvia Premolin si dichiara soddisfatta. Anch'io vorrei poter condividere la soddisfazione del nostro primo cittadino, ma vorrei che fosse qualcun altro a dirmelo, magari forse la magistratura», ha commentato il capogruppo del Pdl-Udc Roberto Drozina.
L'esponente del centrodestra, residente proprio a Mattonaia – l'area risultata quella con l'aria più inquinata nel comune di San Dorligo – ha evidenziato alcune anomalie nella documentazione rilasciata dall'Arpa: «Le esalazioni che continuamente s'inalano includono composti dello zolfo, e fra questi c’è l’idrogeno solforato, altrimenti definito acido solfitrico, una delle sostanze più tossiche che esistano, che in questo monitoraggio l'Arpa non ha rilevato alla pari degli altri composti di tale natura».
Drozina ha evidenziato poi che «del benzo(a)pirene, un idrocarburo policiclico aromatico altamente cancerogeno, l'Arpa ha comunicato solo i dati relativi a un bimestre, inferiori al periodo di legge, che però è stabilito su base annua».
Il capogruppo di Uniti nelle tradizioni, Boris Gombac, ha invece posto l'attenzione sugli impianti di stoccaggio della Siot. «L'amministratore delegato della Siot, Adriano Del Prete, non ha più alcun alibi poiché i dati forniti dall'Arpa sono lapidari: per ridurre l'intensità delle esalazioni percepite a Mattonaia, e non solo, visto che ultimamente tali nauseabondi odori vengono percepiti anche nella parte collinare del territorio comunale, dovrà metter finalmente mano al portafoglio per attuare quelle soluzioni tecniche ”atte a modificare e/o integrare la dotazione degli impianti interessati allo stoccaggio del greggio”, richieste peraltro già formulate da alcuni lustri dalla popolazione locale».
Gombac ha poi aggiunto che «non meraviglia che l'ad della Siot si dimostri di manica larga nell'erogare i contributi necessari per le centraline (per effettuare un monitoraggio costante dell'aria, ndr), ma di converso, per quanto concerne gli investimenti, a cui sarà obbligato per salvaguardare la salute pubblica, dichiari di non capire il senso della richiesta avanzata dall'Arpa ripromettendosi di analizzare la relazione».
Più pragmatico infine il coordinatore provinciale di Italia dei Valori, Mario Marin: «I dati rilevati e resi pubblici dall’Arpa sono al di sotto dei limiti consentiti dalla legge e questo dovrebbe tranquillizzarci. A renderci meno tranquilli sono le rilevazioni odorose che il nostro naso fa giornalmente, inducendoci a dubitare che tutto vada bene. Ritengo dunque assolutamente necessario formulare procedure e norme che eliminino, quanto più possibile, questo genere di disagi, anche se non ancora contemplati come pericolosi per la salute».
RICCARDO TOSQUES

 

 

Sistiana: strage di alberi, in nome della sicurezza - LUNGO LA STRADA CHE PORTA ALLA BAIA
 

Quando si dice un taglio radicale, per quanto necessario e sottoscritto sul fronte della sicurezza dall'amministrazione comunale e dalla prefettura. È terminata, lungo la strada che porta alla baia di Sistiana, l'operazione di eliminazione di un gran numero di alberi, alcuni anche secolari.
A bordo della strada, e fino a una distanza di due metri dal ciglio, buona parte degli alberi e degli arbusti sono stati tagliati fino alla base. Un’operazione effettuata per buona parte dalla proprietà della baia di Sistiana, cui appartiene la maggior parte dei terreni confinanti la strada, e che ha richiesto un esborso di qualche decina di migliaia di euro. Cifra alla quale si è sommato un budget pubblico, perché alcune parti dei terreni appartengono al Comune o sono di competenza della Provincia.
Il risultato è impressionante: scendendo nella baia, infatti, molti dei pini marittimi sono stati abbattuti. Lo stesso per alcuni dei grandi platani che costeggiavano la strada nella parte bassa, nelle vicinanze del tornante principale.
Una scelta praticamente obbligata, visto che negli ultimi anni più volte gli alberi si erano abbattuti sulla strada dopo forti piogge. Per fortuna nessuno era mai stato coinvolto, ma la caduta aveva sempre provocato l'isolamento della baia per qualche ora, fino all'intervento dei Vigili del fuoco e della Protezione civile.
L'ultimo episodio, all'inizio dell'anno, aveva fatto scattare l'allarme. Il sindaco, con il permesso della prefettura, per questioni di sicurezza aveva ottenuto il nulla osta. La proprietà della baia aveva anche cercato soluzioni alternative, consultando più ditte, nella speranza, almeno per gli alberi più sani e ”scenografici”, di trovare il modo di puntellarli senza tagliarli, ma nessuna ditta aveva voluto assumersi la responsabilità.
Di qui la grande eradicazione, effettuata in due tranche: la prima all'inizio dell'estate, per gli alberi più pericolosi e quelli più facilmente smaltibili, la seconda in questi giorni.
Per chi scende nella baia lo scenario è comunque ”lunare”, con tanti tronchi mozzati in nome della sicurezza, lungo una strada che, quando piove forte, mostra tutti i suoi punti deboli. A partire dalle cascate che si formano lungo la discesa, e che provengono non dalla strada ma dalla parete di terra, dall'abitato di Sistiana fino al mare, con il trasporto di detriti sulla carreggiata.
(fr.c.)

 

 

Ci vogliono ben quattro ”R” per fare dei rifiuti una risorsa - STEFANO GREGORIO AL ROTARY MUGGIA
 

«Rifiuti: problema o risorsa?», argomento di grande attualità, analizzato da Stefano Gregorio, direttore del Termovalorizzatore di Trieste, nel corso della conviviale del Rotary Club Muggia.
Attualmente, l’unico inceneritore nella nostra regione è quello di Trieste che copre circa 160.000 t/a, il rimanente va a discarica o a impianti di trattamento meccanico o biologico. Considerando che nei prossimi anni le discariche si esauriranno, appare necessario incrementare l’offerta impiantistica. Le strategie da adottare per una corretta gestione dei rifiuti sono la ”4R”: riduzione della quantità di rifiuti prodotti; riutilizzo di prodotti che, seppur scartati, non hanno terminato la loro vita (contenitori per liquidi); riciclaggio (vetro, carta); recupero di energia (combustione).
In Italia, il 52% dei rifiuti viene smaltito in discarica, il 12% viene incenerito e il resto va a recupero e riciclaggio. In Europa vi sono circa 400 inceneritori, in Italia 55. Per quanto attiene allo smaltimento dei rifiuti solidi urbani in discarica controllata, i vantaggi sono rappresentati dal ridotto investimento iniziale (economico e tecnologico), dalla facilità gestionale, dai ridotti costi di gestione, dal possibile recupero a verde di un’area precedentemente degradata, e dal sistema di smaltimento finale. Gli svantaggi consistono nello spreco delle risorse materiali ed energetiche ancora contenute nel rifiuto, nella difficoltà di reperimento di siti con adeguate caratteristiche idrogeologiche, nel rischio latente di rilascio di sostanze tossiche nei bacini idrici, nel notevole dispendio di territorio, nella possibile emissione di odori e proliferazione di insetti e roditori, emissione di composti tossici, gas con forte effetto serra (metano) e gas dannosi per l’ozono.
Relativamente allo smaltimento dei rifiuti solidi urbani tramite incenerimento, i vantaggi sono costituiti dalla salvaguardia dell’ambiente, ridotto utilizzo di aree, recupero di materiali prelevati (es. ferro) e del calore sviluppato dalla combustione, risparmio di fonti primarie d’energia (carbone, petrolio, metano, ecc.), vendita d’energia elettrica e relativi vantaggi economici, inquinamento atmosferico controllato. Gli svantaggi sono rappresentati dall’elevato investimento iniziale, spese di gestione e manutenzione, presenza di scorie da combustione e polveri, sistema di smaltimento non finale e necessità di altri siti di trattamento finali per i residui (scorie e polveri).
Fulvia Costantinides
 

 

Salvi i treni da Trieste per Roma e Milano - L’assessore Riccardi lancia ora l’ipotesi di «una compagnia ferroviaria regionale»
 

«Il Porto non può aspettare il Corridoio V, va riqualificata la stazione di Campo Marzio e va creato il collegamento con Capodistria»
Sarà per il «buon rapporto personale» che ha ricordato di poter vantare con l’amministratore delegato del gruppo Fs Mauro Moretti. E sarà, soprattutto, per quei tre milioni firmati Regione che l’hanno portato a confermare che «la Finanziaria regionale 2010 prevede una norma che consente di intervenire anche economicamente a sostegno dei collegamenti ferroviari». Fatto sta che ieri sera - all’audizione in Consiglio comunale sul ”rischio marginalizzazione” di Trieste - l’assessore regionale ai Trasporti Riccardo Riccardi si è sbilanciato: «Nel nuovo orario ferroviario in vigore dal 13 dicembre i livelli di servizio da Trieste verso Milano e Roma e viceversa non solo manterranno il numero dei collegamenti ma diventeranno pure più adeguati per tempi di percorrenza. La linea Trieste-Roma sarà più veloce di 50 minuti rispetto alle attuali 6 ore e 40, mentre la Trieste-Milano manterrà le 4 ore e 20». È questo, dunque, ha giurato Riccardi, «lo stato della trattativa», che non è chiusa ma nella quale «non abbiamo ceduto di un passo di fronte ai ventilati tagli del Gruppo Fs».
Un passaggio, questo, racchiuso - come ha lasciato intendere l’assessore, che nella Finanziaria Tondo ha un portafogli da 335 milioni di euro - in una strategia più ampia, se è vero che «è opportuno interrogarci sulla costituzione di una vera compagnia ferroviaria regionale, di realizzare un nostro sistema autonomo per raggiungere l’hub di Mestre». Al punto che - guardando ad esempio alla direttrice Trieste-Milano - «se risorse devono essere destinate ai collegamenti, meglio che vadano oggi sul sistema ferroviario piuttosto che su quello aeroportuale per il ripristino di un volo meno competitivo rispetto alla gomma ora che c’è il passante di Mestre».
Al di là del tema bollente, l’intervento di Riccardi - alternato a un paio di battute del sindaco Roberto Dipiazza e alle domande di tutti i gruppi consiliari - è diventato una sorta di ricognizione a 360 gradi sulle grane di oggi e le soluzioni di domani per i collegamenti fra Trieste come «porto della Regione» e il resto del mondo. Punto primo: il porto, appunto: «Non è immaginabile, mentre si parla di Piattaforma logistica e allargamento del Molo settimo, che Trieste ed il suo porto aspettino la Tav. Servono interventi per riqualificare la stazione di Campo Marzio e serve il collegamento ferroviario col porto di Capodistria», ha aggiunto Riccardi annunciando che «nei giorni scorsi sono state consegnate alla Regione alcune simulazioni degli interventi di infrastrutturazione indispensabili in attesa della concretizzazione del Corridoio V».
Punto secondo: la questione aeroporto. Dove la Regione è pronta a diventare socio di maggioranza, per la felicità dello stesso Dipiazza, «anche attraverso la fusione con il Consorzio degli enti locali, affinché l’aeroporto di Ronchi non sia lo scalo di Trieste ma del Friuli Venezia Giulia». «Se il Consorzio vorrà - così Riccardi - la Regione sarà pronta ad assumere la guida».
Il terzo punto? La terza corsia ovviamente. Che si fermerà a Villesse, vero snodo verso Trieste ma anche Gorizia, le due direttrici transnazionali su gomma. «Andremo incontro - ha chiuso l’assessore - a cinque anni di difficoltà e il traffico continuerà ad esserci». Resta questa, per ora, l’unica certezza.
PIERO RAUBER

 

 

«Siamo pronti al referendum sull’acqua» - Il deputato cividalese Carlo Monai (Idv) si schiera contro le privatizzazioni
 

Oggi il voto in aula, ma i dipietristi dicono che non ci stanno
TRIESTE "Siamo pronti al referendum per difendere il patrimonio acqua". Carlo Monai, nel giorno in cui si inizia a discutere alla Camera della privatizzazione dell’acqua (oggi il voto in aula), ufficializza la linea dell’Idv, emersa nell’esecutivo nazionale. Referendum, aggiunge il deputato di Cividale, che riguarderà anche nucleare e processo breve.
La questione acqua è in primo piano. Dopo il via libera in Senato è approdato a Montecitorio il decreto che, se approvato, chiuderebbe il cerchio sulla privatizzazione imponendo agli enti locali di mettere a gara il servizio idrico. In sostanza, entro il 2011, Ato e Comuni dovrebbero consegnare al mercato la gestione dell’acqua potabile, così come è già accaduto a Latina e in altre città del centro Italia con il conseguente aumento, perfino del 300%, delle tariffe. «In commissione ho espresso la mia contrarietà al provvedimento - spiega Monai -: l’acqua deve essere considerata pubblica come proprietà ma anche come gestione».
La stessa posizione della Lega Nord in regione. È’ stato tirato per la giacca, gli è stata chiesa una posizione netta, è stato oggetto di ironie da parte del Pd, sabato scorso a Udine in conferenza stampa. Il Carroccio risponde, con il responsabile della commissione ambiente del partito e vicecommissario dell’autorità di bacino Loris Mestroni, con un secco "giù le mani dall’acqua". Una posizione che considera indiscutibilmente la risorsa idrica come bene pubblico e non teme di dividere il centrodestra che, con Ferruccio Saro e Isidoro Gottardo, distingue invece tra proprietà pubblica e gestione mista.
Mestroni attacca il Pd: «Siamo sorpresi della svolta ambientalista di Moretton che da vicepresidente della giunta di sinistra si era inchinato ai diktat di Illy, avallando la proposta di svendere l’acqua friulana a Nord Est Servizi». E punzecchia il Pdl, in particolare "l’area ex socialista". «Non esiste nessuna distinzione tra la proprietà dell’acqua e la sua gestione: tutto deve essere pubblico, i privati non devono metterci il naso. E non vengano a parlarci di società miste».
Il coordinatore del Pdl Gottardo ribatte invece al Pd: «Obbligare i servizi locali a misurarsi con il mercato è esattamente l’opposto delle paure che vuole evocare Moretton. L’acqua come bene non è privatizzabile, la gestione, quando serve e conviene al cittadino, lo può essere». Caso aperto perché il capogruppo del Pd risponde a stretto giro di posta, pure a Saro: "Solo la gestione pubblica garantisce che l’acqua non diventi un business".

(m.b.)
 

 

FIUME - Verso un’energia sostenibile
 

Fiume è la prima città in Croazia ad entrare a far parte dell’associazione Energie cities, che raccoglie gli enti locali per la promozione di politiche energetiche sostenibili, e una dei pochi centri croati ad aver firmato la Carta europea dell’Energia, impegnandosi a promuovere politiche in materia di efficienza energetica compatibili con lo sviluppo sostenibile, ad incentivare un utilizzo più efficiente e più sano dell'energia e ad incoraggiare la cooperazione nel settore dell'efficienza energetica.
Nei giorni scorsi, nell’ambito del progetto Bulb attuato grazie ai fondi europei e del valore di 315 mila euro, è stata portata a termine l’installazione dell’illuminazione pubblica efficiente ed ecologica in via Marino Jakominic (a Mariljeva Draga, rione occidentale di Fiume) grazie alla quale verranno ottenuti risparmi pari al 50 per cento.

(v.b.)
 

 

 

 

CONFERENZA STAMPA WWF, LEGAMBIENTE E ITALIA NOSTRA - LUNEDI', 16 novembre 2009

 

Rigassificatore di Trieste. WWF e Legambiente ricorrono al TAR del Lazio: “Incredibile superficialità nella procedura VIA da parte del ministero dell’ambiente.”
 

E’ stato depositato nei giorni scorsi al TAR del Lazio il ricorso contro il rigassificatore di Trieste- Zaule proposto dalla multinazionale spagnola GasNatural. Il ricorso, a firma dei presidenti nazionali del WWF, Stefano Leoni, e di Legambiente, Vittorio Cogliati-Dezza, chiede l’annullamento del decreto VIA, sottoscritto nel luglio scorso dai ministri dell’ambiente, Stefania Prestigiacomo, e dei beni culturali, Sandro Bondi. Anche Italia Nostra si affiancherà alle altre due associazioni, con un intervento “ad adiuvandum”.
Le motivazioni del ricorso – redatto dall’avv. Alessandro Giadrossi - sono state illustrate nel corso di una conferenza stampa, oggi a Trieste, dai rappresentanti delle tre associazioni.
Vengono contestate in particolare:
1) alcune prescrizioni del decreto VIA, come quella sulla bonifica del sito inquinato (GasNatural ha eseguito solo una piccola parte delle analisi indispensabili per capire se e in che modo la bonifica sarà possibile, e quindi non si può stabilire se gli impianti previsti potranno essere realizzati nel sito ex Esso);
2) la non conformità del progetto con le previsioni del piano regolatore di Trieste;
3) la mancata valutazione, da parte della Commissione VIA ministeriale, di molte osservazioni presentate da WWF e Legambiente, soprattutto quelle che rilevavano le gravi incongruenze egli errori negli studi presentati da GasNatural e dai suoi consulenti (soprattutto negli studi sull’impatto delle acque di scarico sulla temperatura della Baia di Muggia e sulla risospensione dei sedimenti fortemente inquinati);
4) la totale omissione, nel decreto VIA, di aspetti fondamentali dell’impatto del rigassificatore sulla vita degli organismi marini, come la “sterilizzazione” di ogni forma di vita nella Baia di Muggia (e non solo) conseguente all’impiego di cloro come biocida e all’utilizzo dell’acqua marina come vettore di calore nel processo di rigassificazione;
5) l’”appiattimento” della Commissione VIA su quanto sostenuto negli studi di GasNatural, senza alcuna analisi critica sui medesimi, anche nel caso del fondamentale studio sull’”effetto domino”;
6) la mancata sottoscrizione degli studi stessi e la conseguente impossibilità di identificarne gli autori;
7) la mancata partecipazione alle riunioni della Commissione VIA ministeriale del rappresentante della Regione Friuli Venezia Giulia, pur prevista per legge;
8) il procedimento anomalo e illegittimo, seguito dal ministero dei beni culturali per “scavalcare” i pareri negativi, sotto il profilo paesaggistico, espressi dal Soprintendente del Friuli Venezia Giulia e per annullare altresì le prescrizioni contenute nel parere positivo che lo stesso era stato poi costretto ad emettere;
9) il “frazionamento” irrazionale e illegittimo della procedura VIA in due tronconi indipendenti, uno relativo al rigassificatore di GasNatural, l’altro al gasdotto SNAM Trieste-Grado-Villesse, sebbene i due progetti siano logicamente e fisicamente interconnessi, per cui si imponeva una valutazione integrata di entrambi (come fatto nel caso del progetto del rigassificatore off shore proposto da Endesa - E.On);
10) la mancata consultazione del pubblico sul progetto, pur prescritta dalla Direttiva europea n. 35 del 2003.
“E’ incredibile – hanno sottolineato gli ambientalisti – la superficialità con cui il ministero dell’ambiente e la Commissione VIA hanno affrontato l’analisi di un progetto complesso e con tanti gravi risvolti per l’ambiente e la sicurezza, come quello di GasNaural.”
”Non contento di ciò, il ministero ha anche incredibilmente ritardato la consegna della documentazione istruttoria (relazioni tecniche, corrispondenza con il Governo Sloveno, ecc. ) richiesta dalle associazioni e pervenuta alle medesime quasi tre mesi dopo la richiesta, quando la legge fissa un termine di 30 giorni per la consegna. Di questo sarà debitamente informata la magistratura.”
“Ci auguriamo – hanno concluso WWF, Legambiente e Italia Nostra – che il TAR faccia giustizia, fermando l’iter di un progetto devastante per l’area triestina e sanzionando un comportamento inqualificabile dei supremi organi ministeriali preposti alla tutela dell’ambiente, rivelatisi invece del tutto inadeguati ai compiti e tutt’altro che imparziali.”
La contestazione delle tre associazioni contro il progettato rigassificatore si estende necessariamente al già citato gasdotto SNAM e alla centrale termoelettrica da 400 MW, che Lucchini-Severstal vorrebbe costruire nel porto di Trieste: “un insieme di impianti – è stato osservato – previsti nell’esclusivo interesse dei proponenti, in assenza di qualsivoglia piano energetico e con assoluto disprezzo per l’accettabilità degli stessi rispetto alle condizioni ambientali dell’area triestina, con l’aggiunta di un assurdo e irrazionale appoggio a priori da parte di tutti gli enti locali: Regione, Provincia e Comune di Trieste .”
Gli ambientalisti auspicano anche un atteggiamento fermo da parte del Governo sloveno, dichiaratosi contrario al rigassificatore di Trieste-Zaule per i possibili riflessi negativi sul proprio territorio. “Esiste tuttavia il rischio – hanno osservato – che Lubiana finisca per cedere alle pressioni del Governo italiano, che da anni sta tentando di convincere la Slovenia ad accettare il rigassificatore di Trieste, offrendo in cambio il proprio sostegno per il raddoppio della centrale nucleare di Krško. Con il che, ad una iattura se ne aggiungerebbe un’altra forse ancora peggiore”.
Il ricorso al TAR del Lazio è stato possibile anche grazie alle donazioni dei cittadini a sostegno della campagna delle tre associazioni.. Campagna che prosegue; di qui l’appello a versare contributi sul conto corrente postale n. 12559340 intestato a: Legambiente Trieste - Circolo Verdeazzurro, via Donizetti 5/a, 34133 Trieste, oppure mediante bonifico allo stesso Circolo (codice IBAN: IT64 I076 0102 2000 0001 2559 340), specificando la causale: "donazione pro spese azioni legali contro rigassificatore Trieste-Zaule".
 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 16 novembre 2009

 

 

Gemme (Asi): nel 2010 il piano per il parco eolico - «Cerchiamo un partner industriale». Da definire l’accordo con gli olandesi di Blue H
 

TRIESTE Ansaldo sistemi industriali punta a dare avvio entro il 2010 al progetto di parco eolico offshore nel golfo di Trieste. Il percorso, iniziato ad aprile con la presentazione alla commissione infrastrutture del Consiglio regionale, è però ancora tutto in divenire, come conferma lo stesso amministratore delegato di Asi Claudio Gemme dall'America. «Stiamo comunque lavorando al progetto con dei partner tecnologici per la parte elettrica e meccanica del progetto - afferma Gemme - e per assicurarci le banchine necessarie a varare le attrezzature che verrebbero realizzate a Monfalcone».
Asi sta cercando quindi le giuste sinergie con altre aziende della regione e dell'area monfalconese, anche per quel che riguarda lo sbocco a mare. «Stiamo cercando una partnership locale a Monfalcone», conferma l'ad di Asi il cui stabilimento è confinante con quello di Fincantieri, in grado di offrire proprio le banchine utili al varo dei manufatti. Asi non è ancora giunta comunque a un accordo definitivo con la società olandese Blue H che ha adattato la tecnologia subacquea utilizzata nel settore dell'oil and gas per sviluppare delle piattaforme stabili su cui piazzare delle turbine eoliche. La stessa che sarà impiegata per realizzare la centrale con turbine flottanti da 92 Mw al largo di Tricase, in Puglia.
Nonostante le incertezze ancora esistenti, Asi ha intenzione di tirare a breve le fila del progetto per capire quali volumi di lavoro può attendersi già per il prossimo anno anche nello stabilimento di Monfalcone, specializzato nella produzione di grandi motori elettrici. Di ritorno dagli Stati Uniti e dal confronto con l'azionista Patriarch Partners, l'ad di Asi conta di definire in settimana il piano industriale e di budget per il 2010. La società si è impegnata del resto a chiarire le prospettive per il prossimo anno con le organizzazioni sindacali entro la fine del mese. Nel caso non sia acquisito il volume di ordini atteso anche a Monfalcone non è escluso che il 2010 si apra con il ricorso agli ammortizzatori sociali.
A Monfalcone, il più grande stabilimento del gruppo in Italia, 450 dipendenti, sta comunque proseguendo la realizzazione dell'ampliamento delle strutture con un investimento di quasi 15 milioni di euro, finalizzato alla produzione di motori di ancora maggiori dimensioni. «Purtroppo siamo in un momento in cui non ci sono volumi di lavoro così grandi da consentire di reinvestire utili in questo progetto», ammette così Gemme, secondo il quale ci vorrebbe quindi un sostegno più deciso da parte delle istituzioni. Il progetto prevede un investimento di circa 5-6 milioni di euro per quanto concerne il sistema di infrastrutture legate alla produzione e di 30-40 milioni relativi alla realizzazione della piattaforma eolica vera e propria.
Il piano presentato ad aprile da Asi assieme alla Società Bulloneria Europea di Monfalcone riguarda la creazione di piattaforme eoliche offshore per la produzione di 30 megawatt di energia (il corrispettivo del consumo annuo di circa 10 mila famiglie) che verrebbero immessi nella rete distributiva. Le piattaforme, consistenti in una base su cui poggia la torre eolica, verrebbero realizzate a terra nello stabilimento monfalconese per poi venire trasportato al largo. La base viene sommersa sotto acqua lasciando emersa soltanto la torre. L’impianto verrebbe installato ad almeno 15 miglia dalla costa con un impatto visivo quindi non particolarmente significativo, secondo Asi. La presenza dell’impianto di energia eolica comporterebbe, secondo i promotori del progetto, la possibilità di occupare un centinaio di operai specializzati.
LAURA BLASICH

 

 

Doberdò e Pietrarossa, laghetti a rischio - Fondi regionali bloccati: in ritardo il rilancio turistico
 

IL VICESINDACO GERGOLET LANCIA L’ALLARME
Il lago di Doberdò è un fiore all’occhiello del Comune, un’esclusività in Europa, e il punto di riferimento per il decollo del turismo naturalistico della Riserva regionale dei laghi di Doberdò e Pietrarossa. Un’area di 726 ettari, gioiello della biodiversità sia animale sia vegetale e una bellezza particolare, specie in questo periodo, per i colori autunnali in particolare quello giallo-rossiccio del “sommàco”. Il tutto corredato da una ricca varietà di volatili. Ma il rilancio turistico definitivo dell’area purtroppo ha subito una brusca frenata, poiché la Regione continua a bloccare i fondi. E con la Finanziaria di quest’anno, la voce relativa a parchi e riserve è stata fortemente ridimensionata. Inoltre la Comunità europea ha posto un vincolo di destinazione d’uso del lago come “Paludario“, ma senza concedere mai finanziamenti.
«Per l’amministrazione comunale – spiega la vicesindaco Luisa Gergolet - il lago di Doberdò rappresenta una delle massima priorità poiché oltre a tenere in vita un’area naturalistica unica, potrebbe essere il volano per uno sviluppo turistico della nostra zona. Vorremmo trovare, quindi, finanziamenti innanzitutto per ripulire il lago e dare un aspetto ambientale corretto, dando forza alle piante autoctone ed eliminando quelle che danneggiano».
 

 

SEGNALAZIONI - PIANO REGOLATORE - «Tutta Banne dice no alla cementificazione»
 

Voglio spendere qualche parola in difesa di chi fa il proprio lavoro e cerca di farlo nel migliore dei modi. Mi riferisco all’articolo apparso sul Piccolo il 29 ottobre scorso, dove il sindaco di Trieste accusa Marko Milkovic, presidente della Circoscrizione Altipiano Ovest, di dare informazioni errate sul piano regolatore.
Le trovo accuse sbagliate e ingiuste. Non crede, signor sindaco, che se il progetto fosse stato gestito con trasparenza e nel rispetto della popolazione residente (non solo slovena ma anche italiana) ogni cosa sarebbe stata da subito più semplice e onesta? Certamente tutti hanno la bocca per parlare e grazie a Dio anche un cervello per pensare ma non sempre li usano a dovere: quando si costruirono le quattrocento case a Opicina vi fu il silenzio, chi doveva protestare non lo fece e ora chiunque può vedere le conseguenze. Ci tengo a precisare che l’iniziativa di noi abitanti di opporci al piano regolatore e alla conseguente cementificazione della Caserma Monte Cimone e di una parte del prezioso e insostituibile territorio carsico è stata spontanea: vi aderisce quasi tutta la popolazione del borgo di Banne. Negli ultimi cinquant’anni in Italia è stata coperta dal cemento una superficie uguale a due volte la Lombardia: un massacro che lasceremo in eredità (avvelenata eredità) alle prossime generazioni. Perché continuare su questa sciagurata strada anche a Trieste, rovinando il nostro splendido territorio invece di valorizzarlo come merita? Negli ultimi tempi, tutti abbiamo capito una cosa: oggi o sei con le politiche del signor sindaco o contro le sue politiche, non ci sono vie di mezzo. Io sto con il territorio e dunque contro queste politiche avvelenate.
Annamaria Monassi
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 15 novembre 2009

 

 

Rigassificatore, Muggia fa ricorso - Nesladek: si realizzi al suo posto una vasta area retroportuale
 

MUGGIA Il Comune di Muggia ha presentato ricorso al Tar del Fruli Venezia Giulia contro il progetto per il rigassificatore di Zaule, affidandolo all'avvocato Francesco Longo di Pordenone. Un Consiglio comunale straordinario è previsto per illustrare i motivi del provvedimento.
Confidando in un accoglimento del ricorso, il sindaco di Muggia coglie la palla al balzo per lanciare una controproposta: creare al posto del rigassificatore una vastissima area di retroporto grazie alla rete di infrastutture viarie e ferroviarie esistenti, con la possibilità di realizzare una banchina nell'area dell'ex tiro a volo.
Il ricorso, accanto a quelli già noti, punta su un aspetto finora mai emerso: la legittimità della commissione tecnica Via. «La novità - sottolinea Nesladek - è che l'autorizzazione si basa su due pareri rilasciati da una commissione che ha visto avvicendarsi alcuni componenti, il cui decreto di nomina però è stato reso nullo dal Tar del Lazio il 30 ottobre. Per effetto retroattivo, pertanto, la commissione apparirebbe illegittimamente costituita e anche i pareri emessi potrebbero essere illegittimi. Non siamo ancora in grado di valutarne la valenza, ma, grazie alla nostra tenacia, emerge un elemento nuovo nella battaglia contro l'impianto. Ribadisco - aggiunge Nesladek - che non lavoriamo per bloccare lo sviluppo economico, ma perchè convinti che quella zona debba avere una vocazione portuale. Riteniamo infatti che tutta l'area delle Noghere e dell'ex Aquila rappresenti un formidabile retroporto, non solo per la grande estensione ma anche per la presenza delle reti autostradale e ferroviaria e per la vicinanza con Capodistria. Dalla ferrovia slovena ci separa solo qualche chilometro, e perciò gli investimenti per collegarci al porto di Capodistria sarebbero poco costosi e le opere scarsamente impattanti sul territorio. Ma la presenza del rigassificatore non può coesistere con queste prospettive». (g.t.)
 

 

San Dorligo, inquinanti sotto i limiti di legge - Non rilevati però i composti di zolfo. L’Arpa consiglia modifiche agli impianti per lo stoccaggio del greggio
 

IL MONITORAGGIO DELLA SCORSA PRIMAVERA NELLE AREE ATTORNO AL PARCO SERBATOI DELLA SIOT
Gli inquinanti nell’aria di San Dorligo sono entro i limiti di legge. Lo si ricava dai risultati dal monitoraggio effettuato dall’Arpa dal 3 marzo al 30 aprile scorsi (59 campionamenti) su incarico dell’amministrazione comunale. Non sono stati però misurati i composti di zolfo, all’origine dei cattivi odori lamentati dalla popolazione. Per limitare queste emissioni l’Arpa propone la modifica o l’integrazione degli impianti di stoccaggio del greggio.
ODORI E IDROCARBURI «In relazione alla natura delle esalazioni nell'area abitativa circostante il parco serbatoi Siot – si legge nella relazione – i rilievi di composti aerodispersi indicano la presenza episodica di idrocarburi, prevalentemente in località Mattonaia, in condizioni meteoclimatiche caratterizzate da venti di bassa intensità tali da favorire il ristagno degli inquinanti al suolo».
I composti organici volatili di prevalente origine idrocarburica si sono dunque registrati a Mattonaia, con situazione simile nelle centraline della Wärtsilä e in via di Muggia. A Caresana e a Bagnoli il livello di concentrazione è risultato nettamente inferiore.
«Alle esalazioni percepite – ricorda l'Arpa – possono contribuire pure i composti dello zolfo, tra cui idrogeno solforato e solfuri organici», che però in questo monitoraggio non sono stati registrati.
SOLUZIONI Per ridurre l'intensità delle esalazioni percepite a Mattonaia l'Arpa ha segnalato alla Siot «soluzioni tecniche atte a modificare e/o integrare la dotazione degli impianti interessati allo stoccaggio del greggio, con particolare attenzione agli interventi da predisporre durante le operazioni di carico/scarico serbatoi».
Non solo. L'Arpa ha infatti suggerito di «monitorare in tempo reale la situazione ambientale con rilievo automatico degli inquinanti aerodispersi Crs (composti ridotti dello zolfo) e Cov (composti organici volatili) responsabili del fenomeno odoroso». A questo riguardo viene raccomandata «l'adozione di efficaci sistemi di rilevamento, di tali inquinanti da collocare presso una postazione sensibile di accertata criticità quale quella individuata a Mattonaia».
ALTRI MONITORAGGI Nel periodo di rilevazione, nel comprensorio esaminato comprendente cinque postazioni (Bagnoli, Wärtsilä, Mattonaia, strada per Caresana e via di Muggia), secondo l'Arpa «le concentrazioni atmosferiche degli inquinanti monitorati – pm10 (polveri sottili), benzoapirene e benzene – si sono mantenute ampiamente entro i limiti di legge sulla qualità dell'aria».
Pm 10: i valori delle polveri sottili con diametro inferiore a 10 micrometri hanno registrato una media totale di 25 µg/mc giornalieri, rimanendo dunque nei limiti di legge che fissano la soglia a 50 µg/mc al giorno. Tuttavia i valori di Mattonaia sono risultati superiori rispetto ai monitoraggi effettuati a Trieste con le centraline di via Carpineto (24 µg/mc) e di piazza Libertà (16 µg/mc).
Ipa: tra gli idrocarburi policiclici aromatici, contaminanti che si formano per combustione incompleta di sostanze come il petrolio, il BaP – benzo(a)pirene – è quello dotato della più elevata tossicità. La concentrazione media di BaP registrata in due mesi a Mattonaia si è attestata a 0,3 ng/mc, valore inferiore rispetto alla norma che prevede come limite un valore di 1,0 ng/mc, fissato però su base annua.
Benzene e toluene: idrocarburi quali benzene e toluene (solvente meno tossico del benzene) sono risultati al di sotto della norma. Per il benzene Mattonaia e Caresana hanno registrato una media di 2,2 ng/mc (dal 2010 il limite verrà abbassato da 6,0 a 5,0 ng/mc). Il toluene ha mostrato una concentrazione da 1 a 3 volte maggiore rispetto al benzene. La concentrazione maggiore di toluene si è registrata alla Wärtsilä (media di 4,4 ng/mc), seguita da Mattonaia (4,2 ng/mc). A norma di legge però non c'è alcun limite per la cocentrazione del toluene in ambiente esterno.
RICCARDO TOSQUES

 

 

 

Moretti: gara da un miliardo per l’alta velocità - IL BANDO USCIRÀ LA PROSSIMA SETTIMANA
 

L’amministratore delegato Fs: «Spero vinca un’impresa italiana». Napolitano: «Con i treni veloci più unità nazionale»
MILANO «La prossima settimana uscirà il bando di gara per la costruzione dei nuovi treni per l'Alta Velocità», lo ha annunciato l'amministratore delegato di FS Mauro Moretti. «Sarà una gara da oltre 1 miliardo di euro - prosegue Moretti in una intervista a La7- È una gara che pone un progetto completamente innovativo di treni che oggi non esistono sul mercato. Parteciperanno tutti. Io, naturalmente, auspico che vinca un'impresa italiana».
«Noi, con questo progetto - aggiunge - abbiamo dato alle nostre imprese la possibilità di essere i primi al mondo nella competizione globale, le imprese italiane stanno vincendo gare in tutto il mondo per i sistemi dell'Alta Velocità. Se riuscissero a vincere l'appalto parteciperebbero a questa nostra avventura comune: affiancando il nostro sistema tecnologico di controllo, che è diventato standard europeo, al migliore treno, la nostra industria potrà vincere anche gli appalti mondiali».
«L'alta velocità rende il Paese più unito, avvicina il Nord ed il Sud»: ha detto il presidente Giorgio Napolitano commentantando così il viaggio inaugurale dell'ultimo tratto della Tav sulla linea Roma-Napoli. Soddisfazione evidente da parte del Capo dello Stato, anche per quello che la sua città natale ha potuto dimostrare. Questa grande opera, spiega, «non si è fatta attendere all'infinito».
Grazie a queste opere -ha detto Napolitano- si «consolida materialmente e anche sul piano delle relazioni umane l'unità nazionale e i rapporti tra il Nord e il Sud». Non solo: «abbiamo davvero fatto un salto di qualità», e questa è «una delle tante cose che l'opinione pubblica nazionale dovrebbe acquisire come un dato di fatto». Una «realizzazione perfetta», «un segno che va nella direzione opposta» rispetto a tanti lu