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RASSEGNA STAMPA  luglio - dicembre 2008

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 31 dicembre 2008 

 

 

Piano del traffico, il Comune liquida Camus  - Cinque anni di impasse, mai applicata la bozza. Rescisso il contratto costato oltre 100mila euro
 

Il Comune scarica il «papà» del Piano del traffico, senza che il piano, oggetto per anni di polemiche ed esposti, sia mai stato completato, discusso, approvato e tantomeno applicato.
A cinque anni e mezzo dal conferimento dell’incarico specifico per la redazione del Pgtu (Piano generale del traffico urbano) e a sette e mezzo dall’avvio del rapporto di collaborazione, una delibera di giunta ha approvato in questi giorni la risoluzione consensuale del contratto con l’ingegner Roberto Camus, preside della Facoltà di di ingegneria dell’Università di Trieste.
La testa del professor Camus, secondo le sue stesse ammissioni, sostanzialmente rotola in corso Italia, dinanzi a quella ipotizzata chiusura al traffico privato mai piaciuta al sindaco che ora sostanzialmente avoca a sè l’incartamento. Nel documento si sottolinea infatti come si sia ritenuto coerente «far completare l’iter tecnico-amministrativo del piano a cura degli uffici comunali», «acquisire la bozza di piano e far cessare il rapporto contrattuale in essere con il professionista».
«In questo modo - ha spiegato ieri il sindaco Roberto Dipiazza - il Comune acquisisce il lavoro fatto dall’ingegner Camus e, avendolo anche pagato, non so quanto perché non è mio compito determinare la cifra, può dire: ora che è mio soppeso i flussi di traffico che sono stati misurati, valuto le alternative che vengono prospettate e faccio le modifiche opportune. Un lavoro quest’ultimo che possono adeguatamante svolgere gli uffici comunali all’Urbanistica, delega che fa capo a me direttamente».
Il lavoro di Camus è stato stoppato all’80 per cento del proprio iter, risultato comunque lentissimo per motivazioni perlopiù politiche e perché in mezzo c’erano le elezioni del 2006 che non avrebbero permesso decisioni impopolari. Sono state completate la prima e la seconda fase del contratto con Camus che riguardavano rispettivamente indagini e analisi dello stato di fatto e redazione della bozza di Piano. Non sono state svolte le fasi terza e quarta: valutazione e recepimento da parte dell’Amministrazione comunale delle proposte avanzate e redazione definitiva del Pgtu.
La delibera di giunta sottolinea che sono state pagate al professionista le fasi 1 e 2 che corrispondono all’80 per cento del corrispettivo complessivo che era stato pattuito in 137 mila 332 euro e prende atto della lettera inviata dallo stesso Camus in cui egli afferma: «Comunico di essere disponibile ad accettare la risoluzione consensuale del contratto verso il pagamento di euro 7 mila (al netto di tasse) quale corrispettivo dell’attività prestata dopo la conclusione della seconda fase».
Spese che si assommano a spese, questione che ha fatto letteralmente esplodere, come si legge sotto, le proteste dell’opposizione di centrosinistra. Ora però secondo le motivazioni del Comune, la bozza Camus risulta inadeguata poiché nel frattempo «la situazione della mobilità cittadina si è considerevolmente evoluta e modificata» per cinque motivi. Sono: l’approvazione della variante per il Porto Vecchio e della relativa variante al Piano regolatore del Comune che implicano ricadute sulla viabilità del centro e delle Rive; la revisione in corso del Piano regolatore generale del Comune con le modifiche al carico insediativo, al sistema delle attività e alle previsioni infrastrutturali; l’aggiornamento del Programma urbano parcheggi con la definizioni di nuovi parcheggi destinati ad attrarre nuovi flussi di traffico; il programma innovativo (piazza Libertà) e la riqualificazione del centro storico; l’approvazione dei Piani particolareggiati relativi ai comprensori del Silos, dell’ex Maddalena, della Sissa e del Polo ospedaliero di Cattinara, elementi che influiranno sugli spostamenti urbani.
«Il 2009 - assicura Dipiazza - sarà l’anno dell’approvazione del Piano del traffico. Gli uffici si mettono ora al lavoro per le variazioni, poi il documento sarà varato dalla giunta e dopo il passaggio nelle circoscrizioni, verrà approvato dal Consiglio comunale».
SILVIO MARANZANA

 

 

PIANO DEL TRAFFICO - «Il Comune non ha avuto il coraggio di avviare quella che era una rivoluzione» - «Ma corso Italia prima o poi dovrà venir pedonalizzato»
 

«Resto convinto che un giorno corso Italia sarà pedonalizzato. È una soluzione che in futuro sarà ineludibile e del resto già oggi in concomitanza con manifestazioni o eventi straordinari il corso viene chiuso al traffico e i riscontri sono sempre positivi». L’ingegner Roberto Camus ha insistito anche ieri su questo concetto definendo logica la rescissione del contratto «perché il Comune - ha affermato precisando che in ciò non sono inclusi giudizi di tipo politico - non ha avuto il coraggio di avviare una rivoluzione del traffico anché perché effettivamente le rivoluzioni hanno bisogno di tempo per essere capite e recepite».
Tra i principali interventi previsti dalla bozza Camus, la chiusura al traffico privato sia del corso Italia che di via Mazzini con apertura a quelli pubblici (bus e taxi) in un solo senso di marcia; via Torrebianca aperta alle auto a senso unico in direzione Carducci con prosecuzione in via San Francesco; le vie Madonnina e Ginnastica a senso unico invertito rispetto a oggi. Recentemente il sindaco ha dichiarato: «Corso Italia pedonale? Sciocchezze, nessuno ha mai parlato di chiudere al traffico un’arteria così importante». E l’assessore ai Lavori pubblici Franco Bandelli ha aggiunto: «Altre soluzioni di pedonalizzazione non potranno ispirarsi alla bozza Camus perché, è ora di dirlo, quel piano non è mai andato bene a nessuno».
Era stato in realtà l’attuale assessore allo sviluppo economico Paolo Rovis, a lanciare politicamente la proposta di corso Italia pedonale prima che il dibattito venisse smorzato dallo stesso centrodestra nell’imminenza delle elezioni amministrative del 2006. «Proprio per evitare di prendere decisioni che rischiavano di essere impopolari nell’imminenza di quelle elezioni, la precedente giunta Dipiazza congelò il Piano», ha accusato ieri Fabio Omero del Partito democratico.
«La questione non riguarda solo corso Italia, ma la trasformazione doveva essere considerata in toto - chiude Camus - con annesse le nuove soluzioni per le vie Torrebianca, Ginnastica, Battisti. Questa collaborazione però si era incagliata troppe volte per pensare di portarla a termine».
(s.m.)

 

 

PIANO DEL TRAFFICO - L’opposizione: doveva venir informato il Consiglio  - Omero: sei mesi fa ho presentato un esposto alla Corte dei conti sul proliferare di Piani senza risultati
 

Decarli (Cittadini): «Il lavoro che è stato fatto seguiva le indicazioni di Dipiazza. Ora dice che molto è da buttare»
Edera (Lista Primo Rovis): «Bisognava renderne conto ai cittadini. Sarà snaturato il lavoro di un professionista»

È Emiliano Edera, consigliere comunale della Lista Primo Rovis, a denunciare l’approvazione passata sotto silenzio, da parte della giunta comunale della delibera che approva la rescissione del contratto con l’ingegner Roberto Camus. «Di fronte a una decisione di tale importanza - afferma Edera - il sindaco aveva il dovere di informare il Consiglio comunale, ma soprattutto i fruitori di questo Piano, ovvero i cittadini». E rilevando come il documento dell’amministrazione sottolinei che i mutamenti dello scenario urbanistico e della mobilità cittadina successivi alla consegna della bozza, determinano ora la necessità di modifiche, Edera sostiene che «l’ingegner Camus avrebbe saputo affrontare con competenza e rigore queste problematiche». Accuse infine alla spesa sostenuta per il contratto «non completamente utile visto che è evidente l’intenzione da parte del sindaco di dare un’impronta tutta sua al Piano snaturando completamente l’importante lavoro di Camus».
E sulla congruità delle spese fatte in materia di politica urbanistica da parte delle due giunte Dipiazza che si sono succedute alla guida del Comune si incentra l’esposto presentato nel giugno scorso alla Corte dei conti da parte del capogruppo del Partito democratico, Fabio Omero. In esso si fa riferimento a 75 milioni di lire spesi ancora nel 2001, poi a 140 mila euro del 2002 ripartiti tra Comune e Provincia e infine al costo previsto, non superiore a 168 mila euro, per l’incarico a Camus. «Negli ultimi anni - denuncia Omero - l’amministrazione comunale ha affidato molteplici incarichi per la redazione di studi, progetti e programmi riferiti a Piani del traffico e a Piani regolatori. Non sempre questi piani sono stati poi fatti propri dalla Giunta o adottati dal Consiglio, talvolta non sono stati neppure presentati al Consiglio comunale che a norma di statuto esercita l’attività di indirizzo politico-amministrativo anche attraverso l’approvazione dei Piani territoriali e urbanistici».
Roberto Decarli, consigliere comunale dei Cittadini rileva come già il 19 agosto 2007, il sindaco aveva affermato: «Non mi va bene il 60-70 per cento della bozza del Piano in quanto trova solo una residua coerenza con quella che è la situazione attuale della viabilità cittadina». «Dipiazza dimentica - rileva Decarli - che la bozza è stata redatta secondo le indicazioni del sindaco e dalla giunta e già ciò dà la misura della serietà di questa amministrazione». (s.m.)
 

 

Chi dà da mangiare ai cinghiali rischia 900 euro di multa  - IL SINDACO HA FIRMATO UN’ORDINANZA CON DECORRENZA IMMEDIATA
 

Chi dà da mangiare ai cinghiali adesso rischierà una multa dai 150 ai 900 euro.
Il sindaco Roberto Dipiazza ha firmato infatti un’ordinanza con decorrenza immediata. Il provvedimento – spiega il Comune in una nota – è stato adottato «in considerazione del fatto che sempre con maggior frequenza viene segnalata la presenza in diverse zone della periferia urbana del Comune di Trieste (Barcola, Conconello, Gretta, Monte Radio, Roiano-Scala Santa- borgata di Pischianzi, Villa Giulia, piazza Volontari Giuliani, via dei Baiardi, Longera, Boschetto, San Luigi-Ferdinandeo) di numerosi esemplari di cinghiali (Sus scrofa) sia adulti che cuccioli».
L’ordinanza stabilisce il «divieto assoluto di alimentare (sia direttamente che con l’abbandono di scarti di cibo sul territorio) i cinghiali e in generale qualunque specie appartenente alla fauna selvatica».
I cittadini vengono inoltre invitati a collaborare segnalando alla Provincia di Trieste, istituzione competente in materia di fauna selvatica, tutte le situazioni di disagio o altro, in modo da garantire un’azione di monitoraggio costante e prevenzione della situazione.
Nelle scorse settimane era stato quantificato in un migliaio circa il numero degli esemplari di cinghiali che si trovano sul territorio provinciale. Una presenza che dal Carso negli ultimi mesi si è spinta a ridosso del centro città. Ha destato clamore un mese fa l’avvistamento di un giovane esemplare di cinghiale spintosi fino in piazza Volontari Giuliani. Un fenomeno che ha spinto anche l’amministrazione provinciale a chiedere all’assessore regionale Violino di considerare una modifica del regolamento che vieta la caccia nel territorio urbano per permettere l’abbattimento di alcuni capi da parte delle guardie forestali.

 

 

Saranno potenziati i due depuratori  - Gli impianti di Servola e Barcola adeguati alle nuove normative
 

Un documento per trovare ogni soluzione possibile utile a potenziare gli impianti di depurazione di acque reflue urbane di Servola e Barcola.
La Giunta regionale, su proposta dell'assessore alla Programmazione Sandra Savino (ex assessore al Comune di Trieste), ha autorizzato la stipula di un Accordo di Programma tra la Regione stessa, la Provincia e il Comune di Trieste, l'Autorità d'Ambito Territoriale Ottimale «Orientale triestino» e l'Autorità Portuale di Trieste, per l'individuazione di tutte le azioni necessarie per giungere al potenziamento degli impianti di depurazione di acque reflue urbane di Servola e Barcola.
Le opere principali per giungere al potenziamento degli impianti e al loro adeguamento alle normative nazionali e regionali riguardano il collegamento dei reflui provenienti dall'impianto di pretrattamento di Barcola al Collettore di Zona Alta che porta i reflui nel depuratore di Servola. Questo consentirà la chiusura dello scarico a mare dell'impianto di Barcola e il suo declassamento a scaricatore di piena. Ma non è finita qui: le opere previste, infatti, riguardano anche la sezione biologica del depuratore di Servola, a copertura completa della sua potenzialità depurativa.
 

 

Morti di amianto, altri 22 dirigenti sotto inchiesta  - Coinvolto l’ingegner Fanfani già assolto tre volte. Chiamate in causa anche le ditte subappaltanti
 

La polizia sta notificando gli avvisi di conclusione delle indagini firmati dal procuratore Deidda. Entro gennaio le richieste di rinvio a giudizio

TRIESTE Ventidue dirigenti e manager sono coinvolti nella seconda inchiesta sulle morti da amianto di una quindicina di operai del Cantiere di Monfalcone avviata dalla Procura generale di Trieste che l’ha avocata a sè da Gorizia. In queste ore la polizia giudiziaria sta notificando ai ventidue dirigenti indagati l’avviso di conclusione indagini, firmato dal procuratore generale Beniamino Deidda. Tra essi compare il nome dell’ingegner Vittorio Veneto Fanfani, più volte coinvolto in analoghe iniziative della Procura di Gorizia collegate alle morti da amianto e per tre volte assolto in aula dall’accusa di concorso in omicidio colposo plurimo. Coinvolto nell’indagine anche l’ingegner Manlio Lippi, direttore del Cantiere di Monfalcone dal 1966 fino al 1972.
Nei prossimi venti giorni i dirigenti e i manager delle società coinvolte potranno chiedere di essere interrogati mentre i loro difensori potranno, se lo riterranno opportuno, presentare memorie e richieste di approfondimenti istruttori. In pratica l’inchiesta è chiusa al 99 per cento ed entro gennaio sul tavolo di un giudice del Tribunale di Gorizia arriveranno le richieste di rinvio a giudizio per omicidio colposo plurimo.
Questa inchiesta coinvolge, esattamente come la precedente conclusasi un paio di settimane fa, non solo i vertici dell’Italcantieri e alcuni quadri dello stesso cantiere navale. Per la prima volta gli inquirenti chiamano in causa anche i responsabili legali di alcune ditte che negli anni Settanta e Ottanta hanno lavorato in subappalto nello stesso cantiere. E’ questo il risultato dell’approfondimento istruttorio messo a punto dal pool di investigatori, medici del lavoro e ingegneri esperti in sicurezza, che da sei mesi, su incarico del procuratore generale di Trieste, sta vagliando a tempo di record centinaia e centinaia di documenti e cartelle cliniche di operai e tecnici uccisi dal mesotelioma pleurico. La prima inchiesta conclusa a metà dicembre ha preso in esame 46 casi di operai morti, questa un’altra quindicina. Sono 60 casi sui 900 decessi che gli epidemiologi collegano solo a Monfalcone all’uso dell’aminato. Altrettanti sono quelli segnalati negli ultimi trent’anni a Trieste.
Le due inchieste appena concluse rappresentano a livello giudiziario altrettanti «casi pilota» da cui nessun magistrato penale italiano potrà più prescindere quando affronterà analoghe situazioni. In altri termini il pool investigativo triestino ha tracciato una rotta precisa che prende in esame le tecnologie adottate dai cantieri navali a partire dal 1965 e le confronta con le norme di prevenzione in vigore all’epoca, sia a livello italiano che europeo.
«Ci siamo riproiettati in quegli anni, ricostruendo esattamente l’organizzazione del lavoro e le conoscenze scientifiche e mediche. In altri termini abbiamo riformulato il ’sapere’ di quell’epoca e ne abbiamo seguito passo passo gli sviluppi negli anni Settanta, Ottanta e Novanta, quando in Italia il decreto 257 ha interdetto l’uso dell’amianto» hanno spiegato gli inquirenti.
Questo è il loro grande merito perché in molti processi in cui erano imputati i dirigenti di questo o quel cantiere navale, questa o quella industria, fino a oggi molti difensori si sono trincerati affermando che i loro clienti, «non sapevano», che «la legge non era chiara», «le norme contraddittorie» e «il mondo scientifico non si era ancora espresso sull’amianto e sul pericolo che un paio di fibre di asbesto postesso innescare il mesotelioma pleurico».
Oggi queste linee di difesa non appaiono più percorribili come in passato, perché i metodi di indagine e le procedure affinate dal pool voluto dal procuratore generale Beniamino Deidda, le hanno superate e relegate per buona parte in archivio. Determinanti per l’avvio di ogni indagine che ha per oggetto le morti da amianto, sono comunque le testimonianze orali dei sopravvissuti. Compagni di lavoro, amici, parenti, figli, tecnici, quadri d’azienda che hanno lavorato nei reparti della morte. «Le loro parole rappresentano l’elemento più forte per le nostre due inchieste su Monfalcone» hanno spiegato alla Procura Generale.
CLAUDIO ERNE’

 

 

AMIANTO - A Trieste 900 morti, due soli processi penali  - I magistrati a differenza dei colleghi di Gorizia hanno privilegiato la via delle cause civili
 

TRIESTE Sono quattro le inchieste penali giunte a definizione che hanno finora coinvolto come imputato l’ingegner Vittorio Fanfani, 89 anni di età, dal 1974 al 1984 presidente e amministratore delegato della società proprietaria dei Cantieri navali di Monfalcone. Da tutte queste inchieste approdate al gip o all’aula del Tribunale di Gorizia, l’ingegner Fanfani è uscito a testa alta. «Per tre volte è stato assolto; in una occasione è intervenuta la prescrizione - spiega l’avvocato Giovanni Borgna che lo ha assistito assieme al collega Corrado Pagano di Genova. «Le assoluzioni pronunciate dai giudici di Gorizia hanno una precisa motivazione su cui noi difensori abbiamo fatto leva durante i nostri interventi. Va dimostrato, secondo i principi generali del processo penale, di chi è l’eventuale responsabilità di ciascuna morte. In altri termini la Procura deve dire ’chi ha fatto che cosa’. Deve fare il nome, il cognome e specificare il ruolo avuto da chi non ha applicato- secondo l’accusa- i sistemi di sicurezza previsti all’epoca. Non basta indicare genericamente una serie di responsabilità a cascata, partendo dall’amministratore delegato della società, arrivando al direttore del cantiere, fino a raggiungere il caporeparto. Va sempre definito il ruolo di ognuno nella vicenda. In caso contrario saremmo di fronte a un processo ideologico, in cui le decisioni dei giudici potrebbero apparire condizionate dall’esterno, dalla pressione politica e dell'opinione pubblica...»
In effetti da tempo il Tribunale di Gorizia ha affrontato a livello penale il problema delle morti per mesotelioma pleurico e il numero di assoluzioni e archiviazioni ha superato quello delle condanne. A Trieste due soli processi penali collegati all’amianto sono approdati in questi anni all’aula e in un caso l’imputato è stato assolto, nell’altro condannato in primo grado ma il difensore ha già presentato appello. Moltissimi altri fascicoli sono stati archiviati dalla Procura. Due sedi giudiziarie e due scelte diverse, anche se negli ultimi trent’anni Trieste ha eguagliato il numero di morti per amianto di Monfalcone. Novecento casi in entrambe le località. Gorizia ha avviato un gran numero di inchieste penali, anche sollecitata dalle associazioni monfalconesi. A Trieste, al contrario, è stata seguita la via delle cause civili e solo dalla primavera 2008 il pm Giuseppe Lombardi ha aperto una cinquantina di fascicoli su altrettanti operai uccisi dal mesotelioma pleurico.
 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 30 dicembre 2008 

 

 

Qualità della vita, Trieste al sesto posto in Italia - «SOLE 24 ORE» - Nella top-ten dal 2004, quella giuliana supera le altre province della regione
 

Tre gradini in più rispetto al 2007. Bene infrastrutture, cultura e giustizia, ma manca imprenditorialità
Alta la media dei depositi bancari, ma nell’ordine pubblico siamo il numero 56
Depositi bancari per abitante mediamente alti, un’ottima dotazione infrastrutturale, un apparato di giustizia molto rapido, un’invidiabile capacità di sfornare giovani laureati e anche una spiccata propensione alla cultura ed allo sport. A Trieste la qualità della vita si conferma alta: lo certifica il sesto posto occupato nella speciale classifica annuale delle province italiane pubblicata dal «Sole 24 ore». Rispetto alla fine del 2007, il balzo in avanti è stato di tre posti. È soprattutto il trend, in ogni caso, a confortare amministratori e cittadini: dal 2004, infatti, Trieste non ha mai abbandonato la «top ten», raggiungendo addirittura la vetta della graduatoria nel 2005 e la piazza d’onore dodici mesi più tardi. In provincia e città, però, c’è anche qualcosa che non va: dall’indagine emerge una preoccupante mancanza di spirito d’iniziativa imprenditoriale, non sono rari gli episodi di microcriminalità e il rapporto numerico fra giovani e anziani resta negativo. Quest’ultimo è ormai un fattore storico radicato sul territorio.
Probabilmente la confortante valutazione sulle infrastrutture deriva anche dal fatto che la provincia triestina sia la più piccola d’Italia, aspetto che innalza automaticamente il valore numerico del rapporto. Allo stesso modo, c’è da dire che l’indicatore in questione utilizza dati del 2007. All’epoca, la Grande viabilità triestina doveva essere ancora completata: il punteggio virtuale, oggi, è da considerarsi quindi addirittura superiore. Ma a Trieste, i residenti nelle altre città italiane verrebbero a vivere? Nella classifica delle «più desiderate», la provincia triestina non è inclusa fra le prime dieci. I sogni degli italiani convergono per la maggior parte su Firenze.
IN VETTA Al vertice della graduatoria sulla qualità della vita si sistema per il 2008 Aosta, seguita da Belluno, Bolzano, Trento e Sondrio. In coda, al 103° posto, ecco invece Caltanissetta, preceduta da Palermo, Agrigento e Trapani. Sette delle prime dieci province contano complessivamente una popolazione inferiore alle 300 mila unità. Di questo gruppo fa parte anche Gorizia, che occupa l’ottavo gradino. Restringendo l’analisi alle altre realtà regionali, Udine è 17.a (un anno fa era decima) mentre Pordenone si attesta al 51° posto, a pari merito con Rieti (Lazio). In Friuli Venezia, quindi, Trieste mantiene e rafforza il suo primato.
L’INCHIESTA Il dato totale è il frutto di una serie di statistiche raccolte in sei differenti aree (rielaborate e ricondotte a punteggi proporzionali da un massimo di 1.000 a scendere): tenore di vita, affari e lavoro, servizi, ambiente e salute, ordine pubblico, popolazione e, infine, tempo libero. All’interno di questi «capitoli», l’analisi si è svolta attraverso vari parametri (vedi grafico). A completare il quadro, c’è poi l’analisi sulla percezione dei cittadini rispetto alle diverse problematiche: a metterla a punto è stato l’Istituto demoscopico Ipr Marketing.
TENORE DI VITA Trieste primeggia per i risparmi allo sportello, confermando ancora la media elevata dei depositi bancari individuali. Come tenore di vita, nel complesso, la provincia si deve accodare solamente a quella di Milano. E, indirettamente, sono anche gli stessi cittadini ad attestarlo: la percezione sull’aumento dei prezzi è, in effetti, la seconda più bassa del Paese (prima è Udine). Tuttavia, da più parti, non si placano le denunce su allarmanti situazioni di famiglie sempre più in difficoltà sul piano economico.
GIUSTIZIA Detto della dotazione di infrastrutture, che vede la provincia triestina al vertice della speciale classifica, va rilevata la prima piazza anche nella velocità della giustizia per lo smaltimento delle cause civili. Il risultato potrebbe però non trovare conferma in futuro, considerato il blocco generale di trasferimenti di personale e risorse imposto al momento dal Ministero della giustizia.
UNIVERSITÀ Trieste città della scienza e della ricerca grazie ai suoi enti d’eccellenza? Yes, of course: l’ennesima conferma giunge dal dato sui giovani laureati, quelli che raggiungono l’obiettivo fra i 25 e i 30 anni. Proprio in provincia c’è il tasso più elevato ogni mille persone. La propensione alla crescita e alla maturazione culturali giunge pure dai riscontri sulla lettura di libri (in base a quelli acquistati) e sui film visti al cinema, per i quali Trieste è rispettivamente settima e seconda in Italia. La tendenza a una certa apertura mentale dei residenti triestini si traduce anche in una spiccata attitudine all’attività sportiva (5° posto).
I PUNTI DEBOLI L’ultima posizione per rapporto tra giovani e anziani è ormai cronica. Quella riguardante lo spirito di iniziativa, ovvero il numero di imprese registrate ogni 100 abitanti (aggiornato al settembre scorso), è allarmante: non per nulla enti come la Camera di commercio stanno studiando nuove iniziative per dare impulso all’economia locale, tentando di attrarre investitori da fuori città. Nonostante ciò, il livello medio di occupazione dei giovani (nella fascia d’età compresa fra i 25 e i 34 anni) è buono e tocca il 77,4 per cento. Preoccupa anche il 56° posto, in coabitazione con Caserta, nella classifica sull’ordine pubblico: episodi di microcriminalità e la presenza di giovani «fuorilegge», non sono più una rarità.
MATTEO UNTERWEGER

 

 

Porto, 48 tettoie con amianto da eliminare - NELLO SCALO LEGNAMI LA SITUAZIONE PEGGIORE, «PERÒ È TUTTO SOTTO CONTROLLO»

Boniciolli e Rizzi (Authority): nel 2009 risolveremo i casi più a rischio. Bonifiche anche alla Centrale idrodinamica
Una cinquantina di tettoie per complessivi 90mila metri quadrati tutte costruite in Eternit, matrice cementizia che contiene fibre di amianto. Metà delle tettoie hanno in superficie piccole crepe e alcune fibre visibili, l’altra metà mostra superfici deteriorate con crepe evidenti e alcune fibre libere. È la situazione in cui si presenta l’ex Scalo Legnami del porto di Trieste che da dopodomani e per quindici anni sarà in concessione a General cargo terminal, società di operatori marittimi che intende trasformarlo in un moderno Terminal merci varie. La situazione, dopo un’ultima serie di ispezioni e campionamenti, è stata però definita ieri sotto controllo e attualmente non allarmante da parte del presidente dell’Autorità portuale Claudio Boniciolli e del direttore della sezione Sicurezza e ambiente Fabio Rizzi.
«Una certa pericolosità potrebbe emergere, se non si intervenisse, a medio-lungo termine - ha spiegato Rizzi - relativamente a quella metà di tettoie che si trovano nelle condizioni già più deteriorate. Accadrebbe se avvenissero rotture a seguito di agenti atmosferici e i primi possibili bersagli sarebbero i manutentori che non fossero a conoscenza dei materiali su cui si accingerebbero a intervenire». È il motivo per cui l’Authority ha deciso di intervenire subito su queste prime 24 tettoie con una spesa che è stata calcolata in un milione 792 mila euro. Nella scala utilizzata per definire lo stato di deterioramento delle superfici e che con il punteggio 5 definisce una pericolosità immediata, queste tettoie rientrano nel punteggio 3. Successivamente si interverrà invece su altre 24 tettoie, che come spiegato in apertura si presentano in condizioni migliori per cui sono state catalogate al grado di deterioramento 2, per la cui sostituzione è stata prevista una spesa di un milione 999 mila euro.
In questo quadro non compare il capannone denominato Rosa-Rosa e costruito dalla ditta Pacorini per il quale la spesa di smaltimento e sostituzione dei pannelli è stata calcolata in 847 mila euro. Appare chiaro dunque come bonificare l’intero Scalo Legnami costerà oltre 4 milioni e 600 mila euro, compreso lo smaltimento dell’Eternit in un’apposita discarica che si trova fuori della provincia di Trieste, ma all’interno dei confini regionali. Quattro tettoie rientrano nell’area richiesta dal Comune per l’ampliamento del depuratore fognario per cui la loro bonifica potrebbe ricadere sull’amministrazione comunale.
«Contiamo entro sei mesi di preparare un progetto per la rimozione e la sostituzione delle tettoie con punteggio 3, di fare la gara e appaltare i lavori che a propria volta potranno concludersi in alcuni mesi - spiega Rizzi - di conseguenza la parte più grave della questione dovrebbe risolversi entro il 2009». Se il concessionario non fosse soddisfatto di questi tempi però potrebbe agire prima autonomamente e poi chiedere un conseguente sconto sul canone annuale all’Autorità portuale. Comunque l’Authority attende di sapere quante tettoie dovrebbero essere sostitutite e quali spazi potrebbero invece venir lasciati a cielo aperto: ciò dipenderà dal tipo di materiali che verranno stoccati nell’area. La Gct è il risultato della fusione di due cordate: la prima composta da Pacorini e Ocean e la seconda da 23 operatori marittimi locali, mentre il 10 per cento delle quote è in mano a Friulia, la finanziaria della Regione, un cui dirigente, Luigi Glarey, è stato nominato presidente della società. Il piano industriale di Gct prevede 3 milioni di euro di investimenti per attrezzare il terminal, 80-100 addetti a regime e un traffico che già al primo anno dovrebbe toccare le 300 mila tonnellate di merci, in particolare granito, metalli non ferrosi, legno e materie plastiche. La concessione riguarda un’area di 148 mila metri quadrati e una banchina di 350 metri lineari.
All’interno del porto di Trieste però vi sono aree, seppur minuscole, che si trovano in situazioni peggiori dello Scalo Legnami. In particolare tettoie o grondaie dell’ex Centrale idrodinamica e del magazzino 34, sede un tempo della Baker, aree oggi non accessibili e che stanno per essere interessate da interventi di riqualificazione che includeranno logicamente anche la bonifica. Qui lo stato di deterioramento è a livello 4, mentre al livello 3 vi è anche una centrale termica al Molo Sesto. Alcune bonifiche sono già state effettuate in questi anni come quella che ha riguardato la Palazzina direzionale del Molo Settimo. Tra qualche settimana incomincerà l’opera di abbattimento del magazzino 62 sul Molo Sesto ed è stato redatto uno specifico piano per lo smaltimento di parti in amianto che comporterà una crescita dei costi e dei tempi.
«Va chiarito - hanno voluto sottolineare Boniciolli e Rizzi - che oggi non esiste alcun rischio legato all’amianto per chi lavora o transita in porto. L’amianto e più specificatamente l’Eternit esistono solo all’interno delle strutture descritte, ma non vi è pericolo immediato di dispersione». «Gli ultimi sacchi di amianto - specifica Rizzi - sono stati scaricati in porto nel 1996. L’ultimissimo episodio traumatizzante è del 1999 - rivela - trovammo in un magazzino abbandonato e aperto del Porto Vecchio quattro o cinque sacchi di amianto abbandonati. Qualcuno se ne era liberato in quel modo probabilmente senza valutare il rischio legato a quella stessa operazione di trasporto».
SILVIO MARANZANA

 

 

Cadono pannelli in Eternit, chiusa via del Lavatoio  - Le piastrelle proteggevano la parete di una casa. L’opera di rimozione proseguirà oggi
 

 

Allarme amianto in via del Lavatoio, strada a senso unico attigua a piazza Oberdan. Per l’improvvisa caduta a terra di alcuni pannelli di Eternit che si trovano sulla facciata del palazzone posto all’angolo con via Filzi, la polizia municipale - su richiesta dei vigili del fuoco - ha fatto transennare la strada chiudendola al traffico. Il provvedimento, volto a tutelare la salute pubblica, si è reso necessario per consentire le operazioni di bonifica e messa in sicurezza dell’edificio situato proprio all’incrocio delle due direttrici.
Il perimetro interdetto si estende per oltre 50 metri e abbraccia il tratto stradale compreso tra il numero 1 e il 4 di via del Lavatoio. Tratto che ospita, oltre al «Centro gas» e a numerose abitazioni private, anche la Direzione centrale dell’area Istruzione, cultura e sport della Regione.
Il crollo di una parte delle piastrelle di cemento-amianto si è verificato nella notte a cavallo tra Natale e Santo Stefano, a causa delle forti raffiche di bora che hanno sferzato la città. Ma nei giorni successivi, sempre a causa del vento, il rischio di un ulteriore distacco di materiale dalle pareti degli ultimi quattro piani dell’immobile ha determinato un nuovo intervento dei vigili del fuoco.
Ieri mattina, infatti, un residente del palazzo situato sul lato opposto dell’edificio dove si è verificato il crollo (quello ubicato al civico 21 di via Filzi) ha chiamato i pompieri per rimuovere un’ulteriore minima parte di Eternit «volata» oltre la strada e finita sul cornicione di fronte. Sempre ieri mattina una ditta specializzata, chiamata dall’amministratore dello stabile coinvolto nell’incidente, si è recata sul posto per provvedere alla rimozione residuale dell’amianto e alla sistemazione della parete. L’operazione proseguirà anche oggi, motivo per cui via del Lavatoio continuerà a essere chiusa almeno fino al termine delle operazioni.
La prima caduta di materiale, secondo quanto riferito dai Vigili del fuoco, ha interessato una superficie di eternit pari a circa otto metri quadrati: «Ad aver ceduto - così i vigili - è stata una porzione dei pannelli romboidali presenti nella parte alta dell’edificio, quella cioè direttamente esposta agli agenti atmosferici». Il palazzo con ingresso su via Filzi, infatti, ha una facciata in comune con l’adiacente condominio di via del Lavatoio, che però è di altezza inferiore: per gli ultimi piani «liberi» i costruttori dell’epoca avevano disposto, a protezione dalle intemperie, il rivestimento di Eternit, così come un tempo si usava e così come ancora oggi si può osservare in numerosi edifici della città.
I pannelli, fabbricati soprattutto nella prima metà del ’900 e fino agli anni ’80, venivano usati prevalentemente come antincendio e a difesa dalla bora. Oggi, per la nota pericolosità dell’amianto, smantellarli o sostituirli richiede particolari cautele e l’osservanza di precise norme. La salute degli addetti può essere infatti pregiudicata dalle fibre del minerale che si liberano per frizione o rottura.
TIZIANA CARPINELLI

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 29 dicembre 2008 

 

 

«Tagliati i fondi per l’ambiente»  - ITALIA DEI VALORI-CITTADINI
 

TRIESTE «La Finanziaria regionale 2009 dimentica le buone pratiche in materia di ambiente». Lo afferma Piero Colussi, capogruppo di Italia dei valori-Cittadini, lamentando il comportamento «schizofrenico» della giunta e della maggioranza. Colussi, in particolare, denuncia il dimezzamento del capitolo di 2 milioni di euro che finanzia i Comuni «virtuosi» sul versante della raccolta differenziata dei rifiuti e la riduzione da 2 milioni a 1.125.000 euro degli incentivi per l’installazione di sistemi fotovoltaici.

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 28 dicembre 2008 

 

 

Cibo ai selvatici: il dibattito è aperto - Con il freddo gli animali soffrono: per l’Enpa è giusto sostenerli
 

TRIESTE Con il solstizio del 21 dicembre, il calendario ci dice che l’Inverno è ufficialmente arrivato. Le basse temperature di questi ultimi giorni ne sono la conferma più evidente.
La Natura si addormenta definitivamente sino alla primavera. Non tutti però riusciranno a trovare conforto e calore tra le mura amiche o in una tana. Come sempre i più esposti alle rigidità invernali saranno gli animali selvatici. Come aiutarli? È giusto avventurarsi nei boschi e recare loro generi di sussistenza o, piuttosto, è meglio non interferire nel corso della Natura?
A riguardo i punti di vista sono davvero disparati. «C’è bisogno di equilibrio in un frangente piuttosto complicato – afferma Gianfranco Urso, presidente dell’Ente nazionale protezione animali. Per noi dell’Enpa è cosa buona e giusta dare da mangiare a tutti gli animali, nel rispetto delle esigenze di pulizia e di chi non gradisce la vicinanza delle bestie».
«Come abbiamo sempre fatto – continua Urso – nei momenti di maggiore rigore invernale provvediamo a distribuire in alcuni punti solo a noi noti granaglie e altri generi alimentari per i selvatici. Inoltre predisponiamo dell’acqua calda che per alcune ore può essere bevuta sinché il gelo non la riduca a una crosta di ghiaccio. C’è chi invece pone pane secco e grano in alcune aree del bosco che in futuro potranno essere utilizzate per abbattere gli stessi animali nutriti». «Comunque sia – continua il presidente dell’Enpa – non esiste alcuna normativa che impedisca di rifornire di cibo gli animali nel bosco». Nel comprensorio cittadino, secondo Urso, il problema è diverso. La presenza di animali sinantropi (contigui all’uomo) configura uno scenario diverso. Questi animali sono consapevoli che l’uomo lascia molto cibo residuo e ne approfittano. Per questa ragione negli ultimi anni diversi uccelli e mammiferi si sono progressivamente insinuati dalla periferia nel centro urbano: gabbiani, cornacchie, e ormai caprioli, ricci e soprattutto cinghiali a cui spesso la popolazione dà volentieri del cibo. «È una situazione che crea dei problemi soprattutto agli enti pubblici – dice Urso - piuttosto che a quei cittadini che vogliono bene ai selvatici. Se mi passate la battuta impedire ai triestini di dare cibo agli animali è come chiedere alle nostre donne di non usufruire più dei servizi ”in nero” delle colf d’Oltreconfine».
«C’è un acceso dibattito sulla questione dare o non dare cibo ai selvatici – interviene Fabio Merlini, presidente della Federcaccia provinciale -. Alcuni studiosi sostengono che è opportuno foraggiare gli animali del bosco, altri che il freddo aiuta a selezionare la fauna selvatica. Sono in diversi ancora a evidenziare che dare cibo ai capi più deboli può indebolire complessivamente la popolazione animale».
«Altri insistono che la Natura deve fare il suo corso, mentre un altro parere evidenzia come la neve e i climi rigidi possono, per esempio, annientare la popolazione di caprioli. Se dobbiamo rapportarci alla nostra provincia – continua Merlini – dobbiamo osservare come il clima non rappresenti un problema. Caprioli e cinghiali possono trovare cibo nel loro ecosistema. Meglio non alimentarli, altrimenti rischiamo di trovarceli nel centro cittadino, come già accade, con tutti i pericoli per la circolazione stradale e per la vita quotidiana».
«A mio avviso l’alimentazione degli animali selvatici negli ambienti naturali è inopportuna e da evitare, a eccezione di eventi climatici critici. In generale – puntualizza il maresciallo Roberto Valenti della Stazione Forestale di Duino - e il discorso sarebbe lungo e complesso, gli animali vivono in equilibrio con l’ambiente naturale dove devono trovare autonomamente le risorse alimentari necessarie alla sopravvivenza».
«In particolare - continua - nella nostra provincia alcune specie come il cinghiale, si avvantaggiano del surplus alimentare, conseguenza di un foraggiamento diffuso, elevando il proprio tasso riproduttivo e creando di conseguenza notevoli problemi d’impatto sia sull’ambiente naturale sia sull’agricoltura. Quindi, il foraggiamento ai cinghiali andrebbe evitato in particolare lungo le vie di comunicazione e attorno ai centri abitati, per evitare concentrazioni di animali con ripercussioni sulla sicurezza stradale».
Maurizio Lozei
 

 

Risparmio energetico: 3 milioni nella Finanziaria - REGIONE
 

TRIESTE «La Finanziaria regionale del centrodestra presenta interventi innovativi a sostegno delle piccole imprese artigiane e per una nuova cultura dell'abitare»: lo afferma il presidente del Gruppo Pdl nel Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia, Daniele Galasso. «Con l'assessore regionale all'Ambiente, Vanni Lenna - rileva Galasso in una nota - abbiamo inserito nella manovra economica importanti risorse per incentivare le ristrutturazioni nelle abitazioni civili di impianti, effettuare aggiornamenti tecnologici degli esistenti e stimolare interventi volti al risparmio energetico, come nuovi isolamenti, nell'ottica di una nuova cultura dell'abitare». Il contributo potrà coprire il 50% delle spese ammissibili fino ad un importo massimo di 10mila euro. Per realizzare questi interventi, la Finanziaria ha messo a disposizione 3 milioni di euro come prima tranche.
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 27 dicembre 2008 

 

 

Il giudice: l’Ente Porto sapeva dell’amianto ma per oltre dieci anni non ha fatto nulla
 

RISARCIMENTO DI 140MILA EURO A UN PESATORE DELL’EAPT COLPITO DA TUMORE
«Non esistono dubbi sulla responsabilità dell’Ente porto».
Lo scrive il giudice del lavoro Annalisa Barzazi nella sentenza con cui riconosce 140 mila euro di risarcimento a un pesatore dell’Eapt colpito da un tumore al polmone. Per più di dieci anni - tra il 1974 e il 1984 il pesatore è stato esposto all’amianto senza che l’azienda lo informasse del rischio o prescrivesse adeguate misure di prevenzione.
Ecco la storia come emerge dalla sentenza. L’Autorità portuale era consapevole fin dal 1978 dei rischi mortali insiti nella movimentazione dell’amianto ma non ha fatto nulla per i propri dipendenti. Non li ha protetti e non ha imposto loro né l’uso di mascherine contro la polvere dell’asbesto, né l’uso di tute protettive. Al contrario i dipendenti della Compagnia portuale, dopo aver minacciato lo sciopero, avevano ottenuto - seppure saltuariamente - l’uso di maschere e aspirapolveri nel caso dovessero scaricare amianto dai carri ferroviari. Due atteggiamenti diversi di fronte allo stesso dramma che negli ultimi trent’anni ha fatto tra Trieste, Muggia e Monfalcone più di 1800 morti.
I rischi dell’amianto erano noti all’Eapt almeno dal 1978 quando l’ingegner Lorenzo Colautti aveva inviato all’Associazione industriali, agli Spedizionieri, all’Ufficio di Sanità Marittima e alla Camera di Commercio, una allarmata lettera. In quell’anno erano transitate attraverso il porto di Trieste complessivamente cinquemila tonnellate di amianto. Ma dal 1978 fino al 1989 i traffici di questo minerale sono cresciuti, senza l’adozione di adeguate priotezioni. I «picchi» massimi della curva sono rappresentati dalle 20 mila tonnellate nel 1979, dalle 26 mila nel 1980, dalle 25 mila del 1986, mentre il record assoluto è del 1989 con 36.653 tonnellate.
Secondo la perizia del dottor Roberto Mosca e del professor Dario Pozzetto, un grammo di amianto contiene dieci milioni di fibre pronte a insinuarsi nel polmone e nella pleura. Se viene ipotizzata una fuoriuscita dai sacchi dell’uno per mille della massa dei carichi di amianto transitati per il porto, ogni dipendente del porto ha lavorato alla presenza di 10,172 chili amianto all’anno.
Ma non basta. Circa la metà dell’amianto sbarcato a Trieste fino agli anni Settanta era rappresentato dalla «crocidolite» proveniente dal Sud Africa. È questo l’amianto conosciuto come il più tossico tra quelli presenti sul mercato. E molti, come dice la sentenza del giudice del lavoro Annalisa Multari, lo hanno manipolato senza alcuna misura di sicurezza. «Si trattava di sacchi di carta di 25 chili l’uno che spesso si rompevano, tanto che i cottimisti giocavano con la polvere che fuoriusciva, formando delle palle che prendevano a calci. Non sono mai stato avvisato dall’Autorità portuale della nocività dell’amianto, nè ho mai ricevuto indicazioni minime sulle precauzioni da adottare quando lo scaricavamo. Indossavo solo la tuta da lavoro: ci consegnavano le mascherine di carta solo quando lavoravamo al silos del frumento. Se i sacchi si rompevano gli operai delle ditte cercavano di ripararli con il nastro adesivo mentre il materiale fuoriuscito volava via. Confermo che il pavimento del carro ferroviario era cosparso di polvere di amianto come anche la banchina del porto. Il sollevatore nel trasportare i pallet alzava la polvere...»
CLAUDIO ERNÈ

 

 

 

 

OPLA' - LEGAMBIENTE Osservatorio Parlamentare Legislazione Ambientale - MERCOLEDI', 24 dicembre 2008 

 

 

Rifiuti -  Torna il Cip6 agli inceneritori.

 

Con il si della Camera al Dl 172 sull’emergenza campana, tornano gli incentivi di stato per la costruzione dei termovalorizzatori, anche per le altre regioni, Sicilia in testa. “E’ evidente che si tratta di una norma in palese violazione delle normative europee (direttiva 77/2001 attuata con DLgs 387/2003) – ha detto Stefano Ciafani, responsabile scientifico di Legambiente -, che considerano rinnovabile solo la parte biodegradabile dei rifiuti. Qui si parla esplicitamente anche di parte inorganica, quindi assolutamente non rinnovabile. Con questo decreto governo e maggioranza hanno deciso che gli italiani dovranno accollarsi le multe certe che arriveranno dall’Europa”. Legambiente ha già inviato nei mesi scorsi alla Commissione la segnalazione sulla previsione del Cip6 per gli inceneritori di Napoli, Salerno e Santa Maria La Fossa. Farà altrettanto appena il senato voterà il decreto.
 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 24 dicembre 2008 

 

 

Pista ciclabile, c’è il ponte in via dell’Istria - MONTATO IN NOTTATA IL TRATTO PRINCIPALE DELLA STRUTTURA METALLICA

L’assemblaggio sarà completato in gennaio. Tommasini: a maggio pronto l’intero percorso
Punto di svolta nella realizzazione della pista ciclabile che collegherà San Giacomo e Draga Sant’Elia, la cui ultimazione è prevista nella primavera del prossimo anno.
L’altra notte infatti è stato posato il tratto principale del ponte in metallo che, passando sopra via dell’Istria, raccorderà la porzione di percorso davanti all’ospedale infantile Burlo Garofolo con quella che si snoda in direzione di Campanelle.
La struttura, lunga centocinquanta metri, ha un costo di 700mila euro ed è composta da cinque elementi da trenta tonnellate, che saranno completamente assemblati nei primi giorni del 2009. «La posa della passatoia in acciaio era fondamentale per la prosecuzione dei lavori, perché consente il collegamento del tratto iniziale al resto del tracciato – dichiara l’assessore provinciale ai Lavori pubblici, Mauro Tommasini -. La superficie del ponte sarà ricoperta con lo stesso materiale della pista ciclabile, mentre lateralmente verranno posizionate delle lastre di vetro trasparente che garantiranno agli utenti sicurezza e protezione dal vento. Per ultimare la realizzazione dell’intero percorso, lungo oltre dodici chilometri, saranno necessari altri quattro-cinque mesi, per cui contiamo di inaugurarlo a maggio. La struttura non sarà utile solo per le escursioni domenicali, ma anche per la mobilità quotidiana, perché permetterà di spostarsi più rapidamente di quanto sia possibile fare oggi».
Dalle prossime settimane prenderà quindi il via la sistemazione dei restanti tratti della pista, che saranno, poi, collegati con quelli già ultimati, in prossimità dei quali sono stati anche ricavati alcuni posteggi per le auto.
«Nell’ultimo periodo abbiamo ricevuto segnalazioni di degrado lungo il percorso da parte di alcuni cittadini, ma non siamo ancora intervenuti, perché sarebbe stato inutile operare in quei punti prima dell’ultimazione del tratto d’accesso», prosegue l’assessore: «A breve i lavori interesseranno anche quelle aree e, dove non è già stato fatto, ripuliremo e asfalteremo». In via di risoluzione, inoltre, il problema della presenza di un deposito di rottami di automobile lungo il tracciato della pista, nella zona di Campanelle, che ha causato un forte rallentamento dei lavori. «Il percorso è stato sgomberato, ma stiamo aspettando le ultime autorizzazione della Procura della Repubblica per liberarlo definitivamente – dice Tommasini -. Finché non abbiamo precise disposizioni non possiamo rimuovere i mezzi posti sotto sequestro giudiziario e di conseguenza nemmeno asfaltare. Siamo pronti a finire e speriamo che a gennaio la questione sia del tutto conclusa».
La Provincia punta poi all’inserimento del tracciato ciclabile nei circuiti internazionali e italiani degli amanti della bicicletta, come «Ferrovie dismesse», specializzato proprio nei tratti ferroviari recuperati. In futuro inoltre l’opera potrebbe facilmente essere collegata con i circuiti sloveni e la «dorsale carsica ciclabile».
Mattia Assandri
 

 

Studenti a cena con il Wwf
 

TRIESTE Cenone natalizio di pesce sostenibile, attento cioè a valutare disponibilità della specie in natura, provenienza e zone di pesca, impatto sul territorio. È quanto hanno fatto i ragazzi della Scuola Rismondo, ospiti dell'ExpoMittelSchool per una cena di pescato fresco, sostenibile, del nostro Golfo e «sostenibile» secondo il Wwf-Area marina di Miramare, sponsor dell’evento con Confcommercio. Il percorso di informazione lungo due anni ha visto coinvolte 10 scuole della provincia e 15 rivendite di pesce, con la guida del Wwf. I ragazzi della «Rismondo» hanno vinto il concorso per il migliore slogan sul pesce locale sostenibile.
 

 

Varia la differenziata  - SAN DORLIGO DELLA VALLE
 

SAN DORLIGO Causa le festività, il Comune comunica che la raccolta dei rifiuti di giovedì 25 dicembre: vetro/plastica/lattine (bidone giallo) Domio, Lacotisce e Pulie; carta e cartone (bidone blu) S. Antonio in Bosco, Moccò, Hervati e Botazzo; indifferenziato (bidone verde) Prebenico, Caresana, Crociata, Mont, Dolina, Crogole, Zona ind. e art., Mattonaia verrà recuperata il giorno lunedì 29. La raccolta dei rifiuti di venerdì 26: vetro/plastica/lattine (bidone giallo) Mattonaia, Zona industriale; carta e cartone (bidone blu) Grozzana, Draga, Pesek e S. Lorenzo; indifferenziato (bidone verde) Bagnoli, Bagnoli superiore, Domio, Lacotisce, Francovez e Aquilinia verrà recuperata il 30.
 

 

Il Wwf: «Rifiuti, no ai dissociatori Largo al recupero e al riciclo» - NUOVO PIANO REGIONALE
 

TRIESTE Il nuovo piano regionale dei rifiuti deve prevedere innanzitutto azioni concrete per la riduzione dei rifiuti e per il recupero e riciclo delle materie prime. Lo afferma il Wwf del Friuli Venezia Giulia in una nota in cui illustra le osservazioni mosse alla bozza proposta dall’assessore regionale Vanni Lenna. «Il vero ”recupero energetico” - prosegue il Wwg - è questo e non quello rappresentato dagli inceneritori o da altri sistemi di combustione, come i dissociatori molecolari, i quali non solo buttano al vento l’energia spesa nella produzione di carta, vetro e plastica, ma recuperano solo una piccola parte dell'energia termica sviluppata nella combustione».

 

 

Putin: stop al gas a buon mercato - Nasce la nuova Opec. Il cartello comprende 14 Paesi produttori - LA SEDE SARÀ A DOHA NEL QATAR
 

MOSCA Il premier russo Vladimir Putin gela i Paesi consumatori di gas annunciando che «sta finendo l'era delle risorse energetiche a buon mercato, nonostante la crisi», e benedice a Mosca la nascita di una nuova organizzazione dei Paesi esportatori di gas - dal 2001 riuniti informalmente in un forum -, che secondo alcuni osservatori ricalca l'Opec, anche se tutti i partecipanti hanno escluso l'ipotesi di un cartello.
Il quartier generale sarà in Qatar, a Doha, che ha battuto per un solo voto San Pietroburgo, candidata dallo stesso Putin con la promessa di una sede con status diplomatico e del pagamento di tutte le spese.
La Russia, primo esportatore al mondo di gas e secondo di petrolio, spera comunque di rifarsi con la nomina del segretario generale del nuovo organismo, che verrà eletto il prossimo anno.
Il premier ha giustificato lo scenario di prezzi più alti per i prodotti energetici, compreso il gas, con l'aumento dei costi per l'esplorazione, la produzione e il trasporto, spesso in regioni lontane dai Paesi consumatori.
Una previsione che arriva proprio quando la crisi lasciava intravedere risparmi per i consumatori, in seguito al calo del prezzo del petrolio e di quello, collegato, del gas.
L'Opec ha cercato la scorsa settimana di metterci una pezza annunciando una sostanziosa riduzione della produzione, alla quale Mosca si è impegnata a contribuire senza però assumere impegni formali.
La nuova organizzazione dei Paesi esportatori di gas, invece, non ha ancora assunto alcuna decisione e, anzi, ha negato di aver discusso anche il possibile coordinamento della produzione.
Ma, come ha ammesso il ministro russo dell'Energia, Serghei Smatko, è stato esaminato il cambiamento del meccanismo della formazione del prezzo, anche se ogni decisione è stata rinviata alla prossima riunione a Doha.
Il nuovo organismo punta inoltre a coordinare i programmi di investimenti dei vari Paesi, tra cui Algeria, Libia, Iran, Venezuela: in tutto una quindicina di membri che rappresentano il 73% delle riserve mondiali e il 42% della produzione.
Secondo gli esperti, comunque, quella nata nata non può funzionare come un'Opec del gas: l'Opec, infatti, adatta la sua produzione al mercato incidendo così sul prezzo del barile, mentre le forniture di gas si basano su contratti a lungo termine e il costo è legato a quello del greggio. È possibile però un coordinamento sui meccanismi di formazione del prezzo, ed è questa la leva accarezzata oggi nel vertice di Mosca.
Plausi anche dal presidente russo, ed ex capo di Gazprom, Dmitri Medvedev, che in serata ha offerto ai delegati una cena al Cremlino.
 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 23 dicembre 2008 

 

 

Risparmio energetico: che fare  - Da gennaio l’Ecosportello offrirà informazioni utili - INIZIATIVA DI LEGAMBIENTE
 

Sarà inaugurato venerdì 9 gennaio l’Ecosportello, punto informativo destinato ad agevolare, con informazioni e suggerimenti, i cittadini che vogliano attuare un concreto risparmio energetico. Frutto della collaborazione fra l’amministrazione provinciale, che ha stanziato i fondi necessari, e Legambiente, che fornirà i supporti tecnici e metterà a disposizione gli esperti nel rapporto col pubblico, l’Ecosportello sarà attivo tutti i martedì dalle 10 alle 12 e il venerdì dalle 17 alle 19, in via Donizetti 5/A. Hanno contribuito alla realizzazione dell’Ecosportello anche la Banca Etica e l’Arci nuova associazione.
«Scopo specifico di questo nuovo sportello – ha spiegato l’assessore provinciale Denis Visioli – è quello di fornire a tutti informazioni sulle dispersioni di calore negli edifici, sul funzionamento di caldaie e caloriferi, sulle case solari, sugli impianti fotovoltaici, sul più corretto uso degli elettrodomestici». Lino Santoro, rappresentante di Legambiente a Trieste, ha precisato che «il recente netto calo del prezzo del petrolio al barile avrebbe dovuto indirizzare le politiche governative sull’energia verso un potenziamento delle fonti alternative. Invece ci troviamo davanti a un ancora maggiore sfruttamento del petrolio, risultato di una scelta poco lungimirante».
Entrando nel sito www.legambientetrieste.it, si possono conoscere tutti i dettagli del progetto Ecosportello, i cui esperti risponderanno al numero 366.5239111. A breve sarà in distribuzione gratuita anche l’opuscolo «Vivi con stile», che fornisce una ricca serie di suggerimenti e consigli per attuare una vera politica di risparmio energetico nelle abitazioni. Durante l’incontro è stato ricordato che «una sana politica rivolta alle energie alternative è anche fonte di occupazione». Alla realizzazione del progetto ha contribuito il laboratorio di Architettura, sostenibilità, energia e ricerca «Laser».
(u.s.)

 

 

Fincantieri: vaporetto pulito  - Il gruppo triestino capofila di un progetto per Venezia
 

VENEZIA Un vaporetto ecologico, che non inquina e si muove grazie all' energia fotovoltaica e all'utilizzo di idrogeno, ampiamente disponibile sul territorio veneziano. È l'obiettivo del progetto Vision (Vaporetto veneziano Innovativo con Sistema ibrido di generazione energia a celle combustibili alimentate a Idrogeno, fotovoltaico e accumulo, propulsione elettrica azimutale, per migliore rispetto dell'ambiente e maggior comfort passeggeri), presentato ieri, nella sede di Confindustria Venezia. L'iniziativa, promossa e coordinata da Confindustria Venezia, vede Fincantieri nel ruolo di capofila e coordinatore, e Actv in quello di futuro sperimentatore del prototipo e utilizzatore della nuova generazione di vaporetti.
Altre 12 realtà (imprese e centri di ricerca), 8 delle quali venete - 6 veneziane e 2 vicentine - saranno partner per la realizzazione del vaporetto, e ancora altre figure professionali saranno necessariamente coinvolte. Presentato nel settembre 2008 al Ministero dello Sviluppo Economico nell'ambito del programma «Industria 2015»
per l'incentivazione di progetti innovativi sulla mobilità sostenibile, Vision potrà beneficiare di un finanziamento di circa 5 milioni su un investimento totale di circa 12 milioni di euro. Il progetto, il cui avvio è previsto all'inizio di febbraio 2009, avrà durata triennale e prevede lo studio e l'elaborazione di alcuni aspetti fino alla messa in acqua di un vaporetto prototipo.
Il ritorno industriale per le aziende partecipanti potrà esserci con l'ordine per la realizzazione di una mini-flotta di 16 vaporetti che potranno entrare in servizio a partire dal 2013, anche con il contributo della Regione Veneto. L'obiettivo specifico del progetto 'Vision' è quello di migliorare la qualità del trasporto passeggeri via acqua e qualificare l'uso di unità navali in contesti urbani monumentali ed ad alta valenza ambientale. Un obiettivo che potrà essere esteso anche al di fuori del contesto lagunare veneto, in ambito nazionale e comunitario, in tutti gli ambienti ecosensibili, a partire dal Comune di Milano, che ha manifestato la volontà di recuperare alla navigazione i Navigli in vista dell'importante evento internazionale dell'Expo 2015.
 

 

La Russia minaccia di bloccare la fornitura di gas all’Europa - RISCHIO KIEV SUL TRANSITO
 

MOSCA Mosca ha lanciato un nuovo monito ufficiale all'Europa sui rischi legati al transito di gas russo attraverso l'Ucraina, che dal primo gennaio 2009 si vedrà chiudere i rubinetti da Gazprom se non pagherà un debito di oltre tre miliardi di dollari e potrebbe così prelevare abusivamente il metano destinato al vecchio continente, come successe nell'inverno a cavallo tra il 2005 e il 2006.
In una lettera inviata al presidente della commissione europea Josè Manuel Barroso e ai 27 paesi membri della Ue, il primo vicepremier russo Viktor Zubkov, che è anche presidente di Gazprom, ha messo in guardia l'Europa sulle conseguenze del conflitto gasiero con Kiev. «Non si può escludere che l'attuale posizione della parte ucraina potrebbe incidere sul transito di gas nel suo territorio e interrompere la stabilità delle forniture di gas all'Europa», ha scritto Zubkov. Un avvertimento accompagnato da una intervista in cui il ministro russo dell'energia Seghei Shmatko sollecita l'Europa perchè inviti l'Ucraina a rispettare i suoi impegni sul transito del gas.
«La parte russa, in segno di buona volontà, ha redatto una proposta di rimborso del debito ucraino fondata su un pre-pagamento del transito del gas russo sul territorio ucraino», ha rivelato Zubkov, lamentandosi però del fatto che «finora non è stata ancora trovata una soluzione a causa della posizione non costruttiva della parte ucraina».
 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 22 dicembre 2008 

 

 

RISPARMIO ENERGETICO  - Parte l’Ecosportello
 

Sarà presentato oggi a Palazzo Galatti il Centro informativo Ecosportello, alla cui realizzazione hanno partecipato Banca etica e Arci nuova associazione che hanno firmato con Legambiente un protocollo d’intesa. Nato con il finanziamento della Provincia, l’Ecosportello punta a fornire ai cittadini informazioni tecniche, di tipo normativo e relative ai costi così da presentare un quadro chiaro a chi intenda progettare e installare sistemi di isolamento termico dell’abitazione, impianti fotovoltaici e così via, al fine di realizzare un risparmio energetico.
 

 

Metropolitana leggera, il piano diventa «europeo»  - CON IL COORDINAMENTO DELL’INIZIATIVA CENTROEUROPEA

Nel progetto, inviato all’Ue, i porti di Trieste e Capodistria. Nella cordata gli aeroporti di Ronchi,Venezia e Lubiana
TRIESTE Troppi 15 anni di attesa (se va tutto fila liscio) per la realizzazione delle infrastrutture ferroviarie che collegano Italia e Slovenia con il Corridoio V. Una soluzione-ponte potrebbe arrivare dalla «Circolare metropolitana» per passeggeri, a cavallo del confine che collegherebbe oltre che Trieste-Capodistria e Lubiana, anche Venezia e i tre aeroporti: ci sono soltanto pochi interventi, le somme da impegnare non supererebbero i 100-120 milioni (il 50% a carico della Ue) e i tempi di realizzazione non dovrebbero andare oltre i 6-7 anni.
Si chiama Progetto Adria A, la Regione e in particolare l’assessore ai Trasporti Riccardo Riccardi ha raccolto e sviluppato il programma lanciato dall’ex assessore provinciale di Trieste, Ondina Barduzzi e il project manager, Carlo Fortuna, su incarico dell’Ince (Iniziativa centro-europea) ha ufficialmente presentato all’autorità di gestione (le scorse settimane) l’incartamento partecipando al bando pubblico sui progetti strategici del programma per la cooperazione transfrontaliera 2007-2013.
L’obiettivo è ottenere i 3,5 milioni che servono per realizzare questo studio (un progetto che contiene sia l’analisi di fattibilità avanzata e preliminare), il Friuli Venezia Giulia ha già stanziato 400 mila euro, ma quello che è importante è che alla cordata, dopo gli annunci di qualche mese fa, hanno voluto partecipare ufficialmente anche Regione Veneto, gli aeroporti di Ronchi, Venezia, Lubiana, i comuni di Trieste e Capodistria, ma anche i comuni italiani e sloveni come Venezia, Gorizia, Nova Gorica, Monfalcone, Sesana, Divaccia, le stesse Università di Trieste, Venezia e Lubiana, i porti di Trieste e Capodistria oltre a Informest e la Provincia di Trieste. Tutti fortemente interessati a una metropolitana che stavolta collega Lubiana a Padova e Ferrara.
«Probabilmente la cosa più importante di questo progetto, avviato con la partecipazione al bando Ue – commenta Riccardi – è che per la prima volta c’è la partecipazione ufficiale del Comune e del Porto di Capodistria che è d’accordo e sostiene il collegamento ferroviario con il Porto di Trieste».
Si tratta di opere che diventeranno sinergiche con quelle del Corridoio V, ed è, dall’entrata della Slovenia nell’Ue (2004) e nell’area Schenghen (2007), anche il primo progetto che prevede le condizioni infrastrutturali e operative per creare un unico sistema trasportistico a cavallo del confine che risulti integrato, capillare, ambientalmente e finanziariamente sostenibile e risolve problemi infrastrutturali storici mai affrontati.
L’area diventerà un’unica area metropolitana transfrontaliera, che coincide con l’Euroregione, e si propone di ridisegnare completamente l’intera mobilità dei passeggeri connettendo i centri principali e periferici con i principali nodi di trasporto intermodale e aeroportuale.
I punti più importanti, spiega Carlo Fortuna, riguardano il completamento di alcune sezioni mancanti delle tratte ferroviarie. La lunetta di Gorizia per consentire un collegamento diretto con Nova Gorica, l’elettrificazione della Nova-Gorica-Sezana, il tratto ferroviario Trieste-Capodistria con i relativi studi ambientali, la connessione con la rete ferroviaria dell’aeroporto di Ronchi, di quello di Lubiana e dunque il collegamento con Venezia.
«Per realizzare la bretella tra la ferrovia e l’aeroporto di Ronchi serviranno forse due anni – conferma il project manager – per le opere a Gorizia non si supererà i 2 anni e mezzo. Per la Trieste-Capodistria ci vorrà molto più tempo».
In ballo non solo i collegamenti tra i vari comuni ma la connessione tra gli aeroporti e quella con Venezia che permetterebbe a porre le basi per una cooperazione con Trieste e Capodistria sul fronte delle crociere.
Attualmente se i due aeroporti di Venezia e Trieste fossero connessi con l’attuale linea ferroviaria i tempi di percorrenza si aggirerebbero sui 55 minuti, ma quando ci sarà la linea ad alta velocità-capacità per andare da una parte all’altra non serviranno più di 35 minuti.
GIULIO GARAU

 

 

E i vetri finiscono nel cassonetto normale  - GLI ADDETTI ALLA DIFFERENZIATA «SGARRANO»

Mi sono alzata chiedendomi, certamente in modo retorico, come debba sentirsi il cittadino che cerca di comportarsi in modo responsabile. La domanda questa volta è scaturita da un fatto di per sé non importante ma che sta a dimostrare come in questo paese, sia nelle cose piccole sia in quelle ahimè più importanti, troppo spesso si agisca con grossolanità, con noncuranza, con disinteresse.
Il fatto: vengo svegliata di soprassalto dal camion della raccolta (differenziata!) del vetro. Al solito opera nel cuore della notte sotto le finestre di chi dorme, ma pazienza. Stanno lavorando, anche se non si capisce perché proprio il prelievo di un materiale così rumoroso non possa avvenire in ore più opportune come si fa per la raccolta degli altri rifiuti. Dopo il fragore iniziale, il rumore di vetro e del motore del camion si perpetuano. Ormai del tutto sveglia, mi alzo per capire cosa stia succedendo, mi affaccio e vedo che il vetro è fuoriuscito sul marciapiede e che un addetto alla raccolta lo sta rimettendo a badilate nel contenitore dell’immondizia «normale». Splendido! Eppure io, nel mio piccolo appartamento senza poggiolo, mi preoccupo di dividere diligentemente i rifiuti di carta, vetro, plastica, lattine e quant’altro: lo faccio perché sono convinta che questo minimo sacrificio sia assolutamente doveroso. Salvo poi provare un enorme senso di frustrazione nel vedere che i nostri piccoli impegni vengono vanificati dall’incuria di chi, per contro, dovrebbe essere, se non moralmente sensibile al problema dei rifiuti, quanto meno rispettoso delle regole.Oppure la raccolta differenziata è una panzana come qualcuno sostiene?
Dorotea Calligaro De Carlo
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 21 dicembre 2008 

 

 

Monfalcone, centrale a biomasse contestata Antonaz (Rc): pericolo per l’ambiente
 

MONFALCONE La realizzazione di una centrale elettrica alimentata a biomasse da 55 megawatt di potenza è un progetto che presenta diversi punti da chiarire. Lo ha denunciato ieri nel corso di una conferenza stampa il consigliere regionale di Rifondazione comunista Roberto Antonaz in vista della conferenza dei servizi regionale che tornerà a riunirsi il 12 gennaio per dare il via libera alla centrale a biomasse proposta dalla società Eelettrostudio. «Quest'impianto andrebbe a inserirsi in un'area, quella di Staranzano, che già accoglie una centrale termoelettrica da quasi 1.000 megawatt». Secondo Antonaz il via libera a un impianto di questa portata creerebbe un precedente pericoloso, visto che ci si trova ancora in assenza del Piano energetico regionale e non esistono quindi delle indicazioni sugli impianti insediabili di questo o di altri tipi in Friuli Venezia Giulia. «Gli impianti a biomasse sono ecologici per modo di dire - ha aggiunto Antonaz -, perché dallo studio effettuato dalla Lega italiana tumori e da Medicina democratica risulta che in ogni caso vengono prodotte nella combustione sostanze cancerogene come gli Ipa, gli idrocarburi policiclici aromatici, o quantità maggiori di biossidi di azoto. Senza tenere conto che il materiale per alimentare l'impianto, l'olio vegetale, arriverebbe da Paesi extracomunitari e non sarebbe impiegato per bruciare i residui delle produzioni agricole o della filiera del legno locali».
(la.bl)

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 20 dicembre 2008 

 

 

Pronto il Passante, ora manca la terza corsia  - PRESENTATA LA STRUTTURA A MESTRE: L’8 FEBBRAIO L’APERTURA AL TRAFFICO

Il punto critico si sposta in regione. Espropri per l’A4, prezzi dei terreni valutati il triplo
TRIESTE I 32 chilometri che bypassano il nodo autostradale di Mestre sono interamente percorribili, ma per automobilisti e camionisti lo saranno dall’8 febbraio.
Il passante di Mestre «è un sogno diventato realtà» per dirla come l’assessore regionale alle infrastrutture del Veneto, Renato Chisso. Per provare l’ebbrezza di percorrerlo interamente bisognerà attendere l’ultimazione di parte delle asfaltature e i collaudi «che saranno conclusi il 15 gennaio – anticipa il commissario Silvano Vernizzi -. A Natale ci fermeremo solo per qualche giorno». E mentre si snocciolano le cifre dell’infrastruttura – 986 milioni di euro, quattro anni per realizzarlo, «pochissimi per un paese come l’Italia», afferma il presidente Giancarlo Galan – nasce anche un modello per altre grandi opere, terza corsia dell’A4 in testa. A partire dalla gestione degli espropri su un tracciato che è tre volte il passante.
Per il primo tratto della Venezia Trieste, quello tra Quarto D’Altino e San Donà di Piave, la procedura ha preso avvio questa settimana. «Mi auguro che la procedura della terza corsia sia la stessa utilizzata per il passante – ha spiegato Vernizzi che è anche vicecommissario di Renzo Tondo -. Su mille proprietari interessati, sono rimasti in piedi solo tre ricorsi e questo grazie agli accordi bonari».
Accordi raggiunti – nelle procedure coinvolte anche 50 abitazioni e diverse attività produttive – pagando le indennità «tre volte il valore agricolo medio e stipulando accordi con le associazioni di categoria. Questo sistema ha dei costi diretti più alti – ha spiegato il commissario del passante- , ma consente un risparmio in termini di tempo evitando i ritardi generati dai contenziosi».
Per il Friuli Venezia Giulia il passante non rappresenta solo un modello, ma modifica alcune condizioni di traffico e di entrate derivante dai pedaggi autostradali. Da un lato il riversarsi del traffico da ovest verso est con un arretramento della barriera, dall’altra un dimezzamento degli introiti, per Autovie Venete, derivanti dalla tangenziale. Con l’apertura del passante si prevede un dimezzamento della circolazione sulla tangenziale – circa 60 mila veicoli – e quindi del pedaggio virtuale che oggi Autovie Venete incassa sui mezzi che escono alla barriera di Mestre.
Il passante sarà interamente gestito da Cav (società mista Regione Veneto Anas) «e le richieste della Venezia Padova – ha detto chiaramente Chisso riferendosi alle rivendicazioni della società autostradale (di cui è socia anche Autovie) che vorrebbe almeno una fetta della torta – suonano come il canto del cigno». Cav a partire da dicembre 2009, quando scadrà la concessione della Venezia Padova, «gestirà anche quell’autostrada e la tangenziale – aggiunge Chisso -. L’accordo che c’è comunque con Anas e le altre concessionarie (ndr Autovie e Autostrade) per la suddivisione del pedaggio virtuale sulla tangenziale di Mestre rimarrà tale». L’inaugurazione ufficiale del passante – quella di ieri è stata una festa con maestranze, autorità locali e giornalisti – è in programma il 3 febbraio alla presenza del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi.
«Non ho voluto cerimonie ufficiali – ha ricordato il presidente Giancarlo Galan – e per questo ho fatto guidare il primo pullman al mio autista e invece di tramezzini e pasticcini ho voluto lo spiedo di Pieve di Soligo, nel segno della tradizione veneta». Galan lancia anche una sfida: «bisogna trovare un nome non possiamo chiamarlo passante. Per la A 27, Venezia Belluno, abbiamo già deciso: si chiamerà autostrada delle Dolomiti».
Martina Milia
 

 

Rispunta la protesta per piazza Libertà - CONTRO IL TAGLIO DEGLI ALBERI PREVISTO DAL PROGETTO

Striscioni alzati durante la cerimonia. Dipiazza: lasciateci lavorare e vedrete
«Diecimila firme dicono no al progetto di piazza Libertà». «No alberi, no voti». Sono spuntati anche questi due striscioni, retti da un gruppo ristretto di persone, ieri pomeriggio durante la cerimonia di inaugurazione della rinnovata piazza Venezia. Una contestazione civile, contro l’annunciata riqualificazione dell’area antistante la stazione ferroviaria. I promotori della protesta hanno così colto l’occasione per ribadire il loro dissenso davanti a centinaia di persone ed alle autorità. A loro, il sindaco Roberto Dipiazza ha risposto dal palco: «Abbiate pazienza, lasciateci lavorare e vedrete».
Non è stata quella l’unica voce in qualche modo contraria all’operato dell’attuale amministrazione comunale registrata ieri. Fra la folla è spuntato anche un cartello: «Signor sindaco, dove sono i masegni?», il quesito posto da Bruno Cavicchioli, il presidente del Cosapu (Comitato per la salvaguardia del patrimonio urbano di Trieste). La replica di Dipiazza non si è fatta attendere: «Dove sono i masegni? Dove cammina». Il rappresentante del Cosapu, poco prima, era stato preso a male parole da un cittadino in disaccordo con lui. Un siparietto chiuso con filosofia da Cavicchioli: «Siamo in democrazia...».
Qualche attimo di preoccupazione si è avuto infine per un operatore televisivo, scivolato fra due delle sedute monoposto durante l’intervento dell’assessore Bandelli. Soccorso anche da alcuni vigili urbani, si è rialzato dopo pochi istanti: per lui, fortunatamente, nulla di grave.
(m.u.)

 

 

 

 

LA REPUBBLICA - VENERDI', 19 dicembre 2008 

 

 

Troppi pesticidi nell'acqua -  oltre un terzo è contaminata


Presentato il dossier del ministero dell'Ambiente riferito al 2006. Falde sotterranee non potabili nel 10% dei casi
ROMA - Non bisogna avere necessariamente la sfortuna di Emma Marcegaglia per finire avvelenati bevendo un bicchiere d'acqua. Il 36,6% dei campioni d'acqua analizzati dall'Ispra, l'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale del ministero (ex Apat) è risultato infatti contaminato da pesticidi in quantità superiore ai limiti di legge. Il dato emerge dal dossier "Residui di prodotti fitosanitari nelle acque-Rapporto annuale, dati 2006" presentato oggi alla stampa.
Uno studio che secondo i curatori "conferma e rende più evidente uno stato di contaminazione già rilevato negli anni precedenti". Complessivamente i diversi pesticidi emersi dalle analisi di laboratorio sono stati 131. Per alcune sostanze, l'inquinamento è molto diffuso e interessa sia le acque superficiali, sia quelle sotterranee di diverse regioni, tanto da richiedere, secondo l'Isprat, "la necessità di interventi di mitigazione dell'impatto".
In Italia, secondo il dossier, si impiegano circa 300 tipi di sostanze diverse, per un quantitativo complessivo di circa 150.000 tonnellate all'anno. I dati relativi al 2006 mostrano una contaminazione diffusa nelle acque superficiali, dove è stata riscontrata nel 57,3% dei 1.123 punti di monitoraggio, nel 36,6% dei casi con concentrazioni superiori ai limiti previsti dalla legge per le acque potabili. Nelle acque sotterranee, invece, sono risultati contaminati a diverso grado il 31,5% dei 2.280 punti totali di rilevamento, con il superamento dei limiti di potabilità nel 10,3% dei casi.
Nel 2006, ricorda l'Istituto, sono 18 le regioni che hanno trasmesso i dati al min istero per essere elaborati. Complessivamente sono stati monitorati 3.403 punti, per un totale di 11.703 campioni e 439.305, "con un buon incremento, rispetto agli anni precedenti, della copertura territoriale e della significatività delle indagini" (per il 2005, ad esempio, le misure erano 282.774).
Le sostanze più comunemente rinvenute sono gli erbicidi, fatto spiegabile sia con la loro modalità di utilizzo, che può avvenire direttamente al suolo, sia con il periodo dei trattamenti, in genere concomitante con le precipitazioni più intense che, attraverso il ruscellamento e l'infiltrazione, ne determinano un trasporto più rapido nei corpi idrici superficiali e sotterranei.
Tra le contaminazioni più diffuse, secondo l'Ispra, "vi è quella dovuta alla terbutilazina, utilizzata in particolare nella coltura del mais e del sorgo. La contaminazione è diffusa in tutta l'area Padano-Veneta ed evidenziata anche in alcune regioni del centro-sud: è stata trovata nel 51,0% dei punti di campionamento delle acque superficiali e nel 15,8% di quelli delle acque sotterranee indagate".
Da segnalare ancora "la presenza diffusa di atrazina, sostanza ormai da lungo tempo fuori commercio". "Senza poter escludere - rileva ancora l'Ispra - casi di uso illegale, i dati e le valutazioni effettuate dimostrano che quello misurato è essenzialmente il residuo di una contaminazione storica, dovuta al forte utilizzo della sostanza nel passato".
 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 19 dicembre 2008 

 

 

Amianto, in porto si sapeva già nel 1978  - UNA LETTERA DELL’ENTE AVVERTIVA AUTORITÀ LOCALI E IMPRENDITORI DEI RISCHI

Ma la prima legge è arrivata solo nel 1992 e le inchieste sono partite dopo il 2000
Il 6 febbraio 1978 era già nota all’Autorità portuale, allora Ente autonomo del Porto, la pericolosità dell’amianto e la possibilità che l’esposizione all’asbesto potesse innescare il mesotelioma pleurico. La prima legge specifica che ne ha vietato l’uso in Italia è stata promulgata appena nel 1992. Quattordici anni dopo, contrassegnati dal fragoroso silenzio dello Stato mentre al contrario molti sapevano, ma non venivano ascoltati.
La prova che l’Ente porto di Trieste sapeva, è rappresentata dalla lettera che l’allora direttore dell’ufficio del lavoro portule, l’ingegner Lorenzo Colautti, aveva inviato all’Associazione degli industriali, all’Unione spedizionieri internazionali, all’Unione agenti marittimi, all’Associazione armatori, alla Camera di commercio e all’Ufficio di Sanità marittima. La lettera è protocollata IV/78 -1238 e ha per oggetto «La manipolazione dell’amianto nel porto di Trieste».
«In base ai rapporti redatti dal Servizio di medicina del lavoro del Comune di Trieste è emerso che le fibre di amianto possono determinare per inalazione gravissime malattie polmonari individuabili, oltre che nell’asbestosi, nei tumori e soprattutto nei mesoteliomi della pleura. Proprio quest’ultimo risulta il tipo di rischio a cui sono esposti i lavoratori portuali essendo sufficiente un’esposizione all’amianto limitata nel tempo e a concentrazioni estremamente modeste». La lettera - che dice come già 40 anni fa il pericolo dell’amianto fosse conosciuto anche per quanto riguarda l’innesco dei mesoteliomi - era stata scritta sull’onda dell’emozione e delle proteste suscitate dalla difficile manipolazione di partita di amianto destinata a essere imbarcata su una nave.
«A seguito del recente transito attraverso il nostro scalo di una partita di amianto in sacchi giunti a Trieste con destinazione oltremare - scrive l’ingegner Lorenzo Colautti - questo ufficio è stato interessato dai lavoratori della Compagnia portuale- maneggio merci a terra sulle misure di sicurezza da adottare stante la ravvisata pericolosità che la manipolazione di questa merce poteva rappresentare». L’ingegner Colautti nella stessa lettera scrive che a livello ufficiale in base al decreto del Presidente della Repubblica 1008 del 9 maggio 1968, «l’amianto non è considerato merce pericolosa in quanto non inclusa nell’elenco di cui al regolamento per l’imbarco, il trasporto per mare, lo sbarco e il trasbordo delle merci pericolose in colli». Lo stesso dirigente del porto comprende che non basta proteggersi dietro un decreto e nella lettera informa l’Associazione degli industriali, l’Unione spedizionieri internazionali, l’Unione agenti marittimi, l’Associazione armatori, la Camera di Commercio, che il suo ufficio ha comunque «recentemente interessato gli organi sanitari locali del problema della movimentazione dell’amianto». In sintesi dalla lettera emerge una volta in più che già quarant’anni fa era conosciuta la correlazione strettissima tra l’esposizione all’amianto e l’insorgenza dei mesoteliomi alla pleura.
Questa consapevolezza viene ulteriormente ribadita nei successivi paragrafi del documento dell’Ente porto. «Pur di fronte all’adozione di precise misure di sicurezza rigidamente osservate, i rischi da manipolazione di amianto potrebbero essere ridotti ma non eliminati totalmente, per cui la soluzione ottimale suggerita consiste in un imballaggio della merce tale che durante le fasi di carico, scarico e trasporto, non si possa avere alcuna dispersione delle fibre. Si suggerisce, ad esempio, la ricopertura con plastica o l’uso di un container. «In questo modo - scrive il direttore dell’Ufficio del lavoro portuale - non solo verrebbe garantita la sicurezza dei lavoratori ma si eviterebbe un inquinamento dell’aria circostante con eventuale esposizione anche per altre persone. Per quanto sopra si invitando le associazioni destinatarie della nota a interessare i propri iscritti affinché nell’aquisizione del traffico di amianto sia tenuto conto della condizione dell’imballaggio per evitare giustificati timori da parte dei lavoratori portuali con conseguente pregiudizio nella regolarità operativa del nostro scalo».
CORRADO BARBACINI e CLAUDIO ERNÈ

 

 

Roma boccia la legge urbanistica - SI APRE IL CONTENZIOSO
 

TRIESTE Il governo Berlusconi impugna la «controriforma» dell’urbanistica su richiesta del ministero dei Beni culturali. Materia del contendere è la norma transitoria predisposta dalla Regione a ottobre (con le integrazioni alla legge 5/2007) e la data entro la quale i Comuni dovrebbero adeguarsi al piano paesaggistico. Secondo il ministero dovrebbero farlo entro e non oltre il prossimo primo gennaio, come previsto dal codice dei beni culturali. Peccato, però, che un piano paesaggistico regionale ancora non esista e che i Comuni non solo non avrebbero tempo di produrre gli adempimenti richiesti, ma non hanno nemmeno il piano al quale adeguare i propri strumenti urbanistici. «È chiaro che la legge della Regione, seppure dotata di speciale autonomia, non può differire il termine di entrata a regime della nuova procedura autorizzatoria stabilito dalla legge dello Stato, cui spetta la potestà legislativa esclusiva nella materia della tutela del paesaggio» afferma, però, Palazzo Chigi. Ne consegue «che la disposizione in esame, nel rinviare l’entrata in vigore del nuovo regime autorizzatorio fino a quando i Comuni adegueranno gli strumenti urbanistici al nuovo piano paesaggistico, opera un ulteriore differimento del termine perentorio del 1° gennaio 2009 stabilito dalla norma statale, in tal modo ponendosi in contrasto con essa». Pronta la replica: «Bene ha fatto la Regione a presentare una norma transitoria – afferma l’assessore Federica Seganti -. Il termine in questione fa riferimento a un piano paesaggistico che non c’è e sappiamo che il decreto milleproroghe del governo sposta il termine del primo gennaio al 30 giugno. Questo non dovrebbe comportare problemi per i Comuni. Da anni la Regione cerca di realizzarlo, ma la complessità della normativa e dei passaggi procedurali ostacolano l’operazione». La precedente amministrazione «aveva dato un incarico di consulenza all’Università – ricorda Seganti - per sopperire alle mancanze della Sovrintendenza di Trieste. La cosa migliore sarebbe arrivare a un piano territoriale regionale che abbia valenza paesaggistica, ma è un’operazione non facile».
(m.mi.)

 

Circolo Miani, Fogar si dimette
 

Maurizio Fogar lascia la presidenza del Circolo Miani. L’annuncio è stato dato l’altra sera durante il consiglio direttivo del circolo. Fogar ha comunicato l’intenzione di rassegnare le dimissioni dall’incarico per «importanti motivi personali che limiteranno la sua disponibilità ad impregnarsi nell’associazione».
Vista l’irremovibilità della decisione, il consiglio direttivo del circolo ha accolto le dimissioni, nominando nuovo presidente il consigliere Livio Fogar.
 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 18 dicembre 2008 

 

 

L’amianto in trent’anni ha fatto 1800 morti  - I DATI FORNITI DALLA PROCURA GENERALE DI TRIESTE CHE HA PORTATO A TERMINE L’INCHIESTA

Il pg Deidda: «Per la prima volta il Csm ha organizzato dei corsi. Non basta il lavoro di magistrato»
TRIESTE Negli ultimi trent’anni tra Trieste e Monfalcone l’amianto ha ucciso 1800 operai e tecnici. Novecento in provincia di Gorizia, altrettanti in quella di Trieste. Ogni dodici mesi, per ognuno di questi trent’anni, sono morte sessanta persone perché il mesotelioma pleurico non perdona quasi mai e costringe alla resa in tempi brevissimi: un anno al massimo. Nel futuro immediato il numero dei morti per amianto è destinato a salire ancora, almeno fino al 2015-2018.
Sono questi i dati agghiaccianti e del tutto nuovi emersi ieri nell’incontro voluto dal procuratore generale di Trieste Beniamino Deidda. A lui va ascritto il grande merito di aver concluso in meno di sei mesi l’inchiesta sulla morte di 42 operai del cantiere di Monfalcone, uccisi dal mesotelioma pleurico tra il 1965 e il 1985. Per 15 dirigenti e manager dell’Italcantieri è imminente la richiesta di rinvio a giudizio per omicidio colposo plurimo. A Gorizia l’indagine aveva segnato il passo, tant è che il procuratore generale l’ha avocata a se, trasferendola a Trieste.
«Un’altra indagine su altri 21 decessi di operai che hanno avuto contatti prolungati con l’amianto, si concluderà nei prossimi giorni, probabilmente entro Natale» ha annunciato ieri il magistrato. Anche in questo caso l’inchiesta coinvolge il Monfalconese e il territorio della provincia di Gorizia.
Beniamino Deidda ha poi affermato che la Procura generale di Trieste non avocherà a sè altre indagini su questa strage collegata all’attività dei cantieri navali e dei porti. «A Gorizia il nuovo procuratore della Repubblica Caterina Aiello perseguirà con grande energia questi reati. Ne sono certo. Per questo motivo non ci saranno altre avocazioni a Trieste. L’inadeguatezza degli organici della Procura di Gorizia non basta comunque a spiegare i grandi ritardi accumulati dalle inchieste per le morti da amianto. In tutta Italia le difficoltà frenano i processi in cui si deve discutere di malattie professionali e delle responsabilità di chi le ha provocate. Spesso questi dibattimenti nemmeno si fanno per l’enorme difficoltà ad indagare su fatti avvenuti almeno trent’anni fa. E’ difficile per ogni inquirente rintracciare i testimoni, trovare compagni di lavoro ormai anziani, reperire la documentazione dei lavori effettuati da società spesso scomparse dal mercato».
L’inchiesta sul cantiere di Monfalcone, appena conclusa a Trieste, è stata risolta in sei mesi grazie a un pool di investigatori che il procuratore generale ha riunito attorno a sè. E’ la prima task force giudiziaria- scientifica che a livello italiano si occupa di morti da amianto. Per il momento unicamente del mesotelioma pleurico. Vi fanno parte tre medici del lavoro: Valentino Patussi, Donatella Calligaro e Anna Muran, tutti con ruoli diversi nel Servizio di prevenzione dell’Azienda sanitaria di Trieste; l’ingegner Umberto Laureni, già presidente della Commissione regionale amianto e il luogotenente dei carabinieri Carmelo Genovese. Tre i consulenti: l’ingegnere fiorentino Stefano Silvestri, esperto in igiene industriale, il medico del lavoro dell’Università di Brescia Gino Barbieri ed Enzo Merler, anch’egli medico e gestore a Padova del registro italiano del mesotelioma pleurico.
«Per indagare sulle morti da amianto non è sufficiente il lavoro di un magistrato» ha affermato il procuratore generale Beniamino Deidda. «Pochissimi pm sanno destreggiarsi in questa materia. E’ un’illusione potercela fare da soli, senza una specifica formazione. A Trieste abbiamo compiuto un salto di qualità perché il Consiglio superiore della magistratura ha organizzato per la prima volta corsi di preparazione su questi problemi e giudici e addetti alla prevenzione si sono seduti gli uni accanto agli altri sugli stessi banchi. E’ la prima volta che accade...»
Le due inchieste che la Procura generale ha quasi concluso non si sono limitate a coinvolgere come indagati i rappresentanti legali delle società in cui era stato usato l’amianto. Sono state individuate anche le eventuali responsabilità penali dei vari funzionari che avevano un ruolo nella «catena di comando» o meglio nella scala gerarchica del cantiere. Per questo motivo sono stati coinvolti i vertici degli degli uffici che avevano acquistato l’amianto, chi ne aveva ordinato l’uso, chi non aveva fornito agli operai le maschere di protezione per le polveri in base a quanto stabiliva il Decreto 303 del 1956.
«Non c’è un vuoto normativo in Italia» ha affermato il procuratore generale. «Esiste da più di mezzo secolo il DPR 303 dove non si parla di mesotelioma pleurico, ma si indicano con precisione alle aziende come devono essere protetti i singoli lavoratori dai fumi, dalle polveri e dalle emissioni nocive».
All’articolo 26 si legge infatti che «il datore di lavoro fornisce ai dipendenti, prima che essi siano adibiti all’attività, informazioni sui rischi per la salute dovuti all’esposizione alla polvere proveniente dall’amianto e da materiali contenenti amianto, le norme igieniche da osservare; le modalità di pulitura e di uso degli indumenti protettivi e dei mezzi individuali di protezione, le misure di precauzione da prendere per ridurre al minimo l’esposizione».
Viene da chiedersi se queste informazioni sono state sempre fornite dalle aziende agli operai e ai tecnici che lavoravano con l’amianto. La risposta viene dalle cifre della strage: 1800 morti in trent’anni tra Trieste e Monfalcone. Tutti uccisi dal mesotelioma pleurico.
CLAUDIO ERNÈ

 

 

AMIANTO - In porto a Trieste una montagna di asbesto  - TRA IL 1960 E IL 1992 REGISTRATO L’ARRIVO DI 800MILA TONNELLATE
 

TRIESTE Nel porto di Trieste tra il 1960 e il 1992 sono state movimentate tra le 550mila e le 800mila tonnellate di amianto (conosciuto anche con il nome di asbesto, da cui la malattia asbestosi). Il primo dato è dell’Ente Porto e si riferisce solo agli arrivi e alle partenze. Il secondo è stato diffuso dalla Compagnia portuale e prende in considerazione anche i trasbordi tra nave e nave, tra magazzino e magazzino e tra carri ferroviari. Il minerale era inserito il più delle volte in sacchi di tela che nel passaggio dalla stiva della nave alla banchina, perdevano parte del loro contenuto. La manipolazione dei sacchi per talune operazioni avveniva a mano e i portuali, a sbarco finito, dovevano pulire la stiva dove a volte l’amianto, disperso durante il trasporto via mare, arrivava all’altezza della cintura.
Lo sostengono in un documento inviato al «Piccolo» Paolo Hikel e Roberto Fonda dell’European Asbestos Risks Association- EARA, una onlus costituitasi un anno fa tanto a Trieste, quanto a Gorizia per assistere chi si è ammalato e per sollecitare risarcimenti per i danni patiti e prevenire nuovi disastri.
«Il porto di Trieste in quegli anni è stato la capitale italiana dell’amianto anche perché alle 800 mila tonnellate sbarcate tra il 1960 e il 1992, va aggiunto la massa dei tubi e degli ondulati in eternit esportati dall’Austria. L’amianto in polvere finito sulle banchine, sui tetti degli hangar, sulle gru e sui mezzi di movimentazione interna, nonché sulle strade del porto, oltre a rappresentare un pericolo per i lavoratori, ha costituito una causa di esposizione e di rischio per gli abitanti della aree della città non distanti dalle banchine. Nel sono testimonianza- scrivono Paolo Hikel e Roberto Fonda- le morti per mesotelioma pleurico di due giovani donne che abitavano in via Locchi e non avevano nessun contatto diretto con l’asbesto. Per questo oggi chiediamo che l’intera area portuale sia bonificata perché non si perpetui la strage degli innocenti».
 

Dal rigassificatore alla Ferriera, un anno di battaglie per l’ambiente  - L’ASSEMBLEA DEL WWF
 

Il rigassificatore di Gas Natural, la Ferriera di Servola, la Tav. Ma anche i tanti piani e progetti, grandi e piccoli, che «rischiano di devastare ulteriormente il paesaggio e l’ambiente naturale della provincia di Trieste», a partire da quelli che autorizzano nuove edificazioni sulla fascia costiera da Duino fino a Muggia.
Sono i temi che verranno affrontati lunedì prossimo alle 18 nel corso dell’ assemblea annuale della sezione provinciale del Wwf un’assemblea dedicata alle grandi opere, quindi, ma anche ad interventi di natura urbanistica e ai temi dell’inquinamenti. Le attività dell’associazione ambientalista in questi settori saranno illustrate e commentate nella relazione del responsabile della sezione, Carlo Dellabella. Al suo intervento seguirà poi la discussione con i soci sui risultati raggiunti, le sfide ancora in atto, le prospettive ed i programmi per il futuro.
Per il Wwf, infatti, il quadro complessivo è tutt’altro che buono «perché ad una crescente consapevolezza della gravità della situazione ambientale da parte dell’opinione pubblica, non corrisponde un’analoga presa di coscienza ed assunzione di conseguenti azioni da parte dei responsabili istituzionali e delle categorie economiche.Si assiste anzi a preoccupanti sintomi regressivi - osservano gli ambientalisti -, come testimonia il conflitto tra ambiente e lavoro, tirato in ballo nel caso della Ferriera ma non solo, dove è sempre il primo ad essere sacrificato».
 

 

Cinque nuove ville in via Picard: protesta degli ambientalisti  - CRITICHE DA WWF E ITALIA NOSTRA
 

DUINO AURISINA Cinque nuove ville a ridosso del bagnasciuga in via Picard (a pochi passi dall'edificio storico dei Filtri di Aurisina). Le prevede il piano particolareggiato presentato da alcuni privati e adottato dal Consiglio comunale di Trieste il 9 ottobre scorso, con 17 voti favorevoli, 8 contrari e 11 astenuti.
Il piano è stato poi esposto al pubblico per le osservazioni: Wwf e Italia Nostra le hanno presentate, concludendo con un giudizio estremamente negativo.
Si tratta infatti di edifici per una volumetria complessiva di 1.507 metri cubi, il cui aspetto - stando agli elaborati depositati - sarebbe assai scadente sotto il profilo architettonico. Il sito è attualmente occupato da un vigneto, che si sviluppa su alcuni pastini per una superficie complessiva di circa 3.000 metri quadrati. Il progetto prevede inoltre la trasformazione di un sentiero pedonale, che oggi congiunge la via Picard con la spiaggia sottostante, in una strada privata al servizio delle nuove ville. «E' evidente - commentano Wwf e Italia Nostra - che ciò equivarrebbe a privatizzare di fatto uno dei pochi accessi alla spiaggia, la quale pure in base alla legge dovrebbe essere di uso pubblico e agibile a tutti».
Anche l'impatto del nuovo complesso sulla viabilità appare negativo. La via Picard è strettissima e priva di marciapiedi, in forte pendenza e in estate diventa uno stretto budello lungo il quale si accalcano auto e motorini, in sosta quanto meno precaria. Il carico aggiuntivo legato al nuovo insediamento abitativo non potrà che peggiorare la situazione, specie se si considera che anche l'esercizio pubblico adiacente i Filtri è stato di recente ampliato. «Sorprende quindi - aggiungono Wwf e Italia Nostra - il parere favorevole del Servizio comunale Mobilità e Traffico».
A parte ciò, gli ambientalisti stigmatizzano soprattutto la saturazione cementizia - con il conseguente degrado paesaggistico pressoché definitivo - dell'area adiacente l'edificio storico del Filtri. L'intera fascia costiera triestina è infatti soggetta da molti decenni a vincolo paesaggistico, ma ciò non ha impedito che i piani regolatori comunali continuassero a prevedervi più o meno massicci interventi edificatori.
«Non stupisce più di tanto - aggiungono WWF e Italia Nostra - che un simile intervento possa aver ottenuto il parere favorevole della Commissione edilizia integrata comunale, preposta (almeno in teoria) alla tutela del paesaggio. Basta ricordare che la maggioranza di tale Commissione è composta dai rappresentanti di categorie professionali - architetti, ingegneri, geometri, ecc. - legate strettamente al mondo dell'edilizia e della speculazione immobiliare».
 

Due nuove centraline a Servola controlleranno l’inquinamento  - DECISO DALLA REGIONE
 

Due nuove centraline per la rilevazione degli inquinanti a Servola. Le ha annunciate l’assessore regionale Vanni Lenna per febbraio e gennaio 2009 parlandone nel corso di un'audizione con l'ufficio di presidenza della quarta commissione. Lo scopo: avere dati completi per formulare il piano-stralcio della qualità dell’aria attorno alla Ferriera.
L'assessore ha inoltre comunicato che la Lucchini ha fatto ricorso al Tar contro il procedimento di riesame dell'Autorizzazione integrata ambientale deciso dalla Regione.
Nel corso dell’audizione il consigliere Sergio Lupieri (Pd), vicepresidente della terza commissione, ha invitato l’assessore a promuovere una forte sinergia tra Arpa e Dipartimento di prevenzione dell’Azienda sanitaria e a un confronto sulla Ferriera assieme all’assessore alla Salute, Kosic.
Il consigliere ha poi invitato la giunta a far sì che le centraline di rilevamento parlino la stessa lingua e che il piano-stralcio dell’aria per Servola venga consegnato quanto prima, che gli esami di sangue e urine su lavoratori volontari e abitanti di Servola vengano eseguiti con regolarità, e che siano intensificati i controlli sui lavori che la Lucchini sta eseguendo per rientrare nell’Aia: «Si proceda con diffide alla Procura se ci sono ritardi».
 

 

Tondo: terza corsia, al via 500 espropri E lunedì l’ok ai lavori sulla Gorizia-Villesse
 

TRIESTE Terza corsia, partono gli espropri. Villesse-Gorizia, si apre la gara. «Avanti tutta» sul fronte delle grandi opere che il Friuli Venezia Giulia attende da troppo tempo: lo annuncia Renzo Tondo, nel pomeriggio di ieri, intervenendo nell’aula consiliare impegnata nella maratona finanziaria. «Ho firmato l’avvio della procedura espropriativa per il primo lotto Quarto d’Altino-San Donà di Piave della terza corsia» dichiara il presidente della Regione. E subito dopo rilancia: «Lunedì approverò il progetto definitivo della Villesse-Gorizia e pubblicherò il bando di gara».
LA SVOLTA Sono due passaggi chiave. E Tondo, dopo aver accettato di vestire i panni scomodi (e gratuiti) di commissario straordinario per l’emergenza A4, lo sottolinea: «Sul tema delle infrastrutture il centrodestra ha dato la svolta». Del resto, carte alla mano, sono passati poco più di tre mesi da quando, il 4 settembre, il premier Silvio Berlusconi ha firmato l’ordinanza per l’emergenza A4, finalizzata ad accorciare i tempi di realizzazione della terza corsia: «Da allora, rispettando perfettamente la tabella di marcia che ci siamo dati, abbiamo fatto enormi passi avanti» rivendica l’assessore regionale ai Trasporti e vicecommissario «operativo», Riccardo Riccardi. Non serve nemmeno che ricordi, lui che da direttore generale di Autovie venete ha seguito minuto per minuto il «calvario» della terza corsia, che quegli «enormi passi avanti» avrebbero richiesto tempi biblici, se non ci fosse stato un commissario dotato di poteri straordinari, come quello di approvare i progetti definitivi e gestire gli espropri, bypassando ministeri e autonomie locali, in deroga a leggi, decreti e cavilli burocratici.
GLI ESPROPRI L’avvio della procedura espropriativa segna il «decollo» della terza corsia. O, almeno, del suo primo lotto che include anche il nuovo casello di Meolo: l’allargamento della Quarto d’Altino-San Donà di Piave vale un investimento complessivo di 450 milioni di euro e tre anni di lavori. Mese più mese meno. Ma quanti sono gli espropri previsti? E quanto costano? «Le proprietà interessate sono all’incirca 500 e la spesa preventivata ammonta a 42 milioni di euro» afferma Riccardi. Aggiunge Tondo: «I decreti e i nominativi interessati saranno pubblicati domenica su tre quotidiani».
LA CONFERENZA I passi successivi? Il commissario straordinario, una volta avviati gli espropri, può convocare la conferenza dei servizi chiamata ad esprimersi entro 30 giorni sulla bozza di progetto definitivo del primo lotto: «Tondo la convocherà già lunedì. La data più probabile? Il 9 gennaio» anticipa Riccardi. Poi, in una corsa contro il tempo, dovranno seguire il recepimento delle eventuali osservazioni, il parere del comitato tecnico-scientifico, infine l’approvazione del progetto definitivo e la pubblicazione del conseguente bando di gara. «Contiamo di arrivarci entro marzo» spiega l’assessore ai Trasporti.
LA VILLESSE-GORIZIA Ci è già arrivata, nel frattempo, la Villesse-Gorizia: lunedì, infatti, ci sarà l’approvazione del progetto definitivo di un’opera che vale all’incirca 180 milioni di euro. E sempre lunedì seguirà la pubblicazione del bando di gara che prevede un appalto integrato: chi vince, realizza sia il progetto esecutivo, sia i lavori che dovrebbero durare tre anni. «Da lunedì, dunque, si inizia a correre» conclude Riccardi.
ROBERTA GIANI

 

 

Pronto il Passante di Mestre domani il primo collaudo  - A febbraio l’inaugurazione ufficiale dei 32 chilometri che cancellano «l’imbuto»
 

TRIESTE Quattro anni di lavori – negli ultimi mesi 24 ore su 24 -, 986 milioni di euro per realizzare 32 chilometri: pochi se paragonati alla rete autostradale italiana, ma vitali per il sistema economico produttivo del Noredest. Sono i numeri del passante di Mestre, opera che domani sarà dichiarata conclusa – salvo collaudi e ultimi dettagli tecnici - durante una prima cerimonia di inaugurazione. Padrone di casa il presidente del Veneto Giancarlo Galan, insieme all’assessore Renato Chisso e al commissario Silvano Vernizzi. Quella ufficiale, che sancirà la piena funzionalità del passante, è in programma il 3 febbraio alla presenza di Silvio Berlusconi. La bretella – secondo i primi calcoli – assorbirà il 50 per cento del traffico che oggi confluisce sulla “famigerata” tangenziale, rappresentando un’alternativa importante per il traffico pesante e più in generale per i flussi economici su strada.
Nello stesso tempo, però, la sua entrata in funzione rappresenta una spinta in più alla realizzazione della terza corsia della A4 perché sposta quello che a più voci viene definito “un imbuto”, verso il Friuli Venezia Giulia. L’aumento del traffico pesante lungo la Trieste Venezia è stato del 60 per cento negli ultimi dieci anni tanto che i Tir oggi rappresentano il 30 per cento dei flussi di traffico dell’arteria. Le grane della viabilità nordestina, però, non si misurano solo in centimetri d’asfalto.
L’apertura del passante, nel 2009, segnerà anche l’entrata in vigore di Cav, la società formata da Regione Veneto e Anas, che gestirà gli introiti della nuova arteria. A non digerire questa soluzione è stata prima di tutto la Venezia Padova che, attraverso il presidente Casarin, reclama la gestione almeno fino alla fine della concessione (fissata il 30 novembre 2009) o un indennizzo, da parte di Anas, di 10 milioni di euro. Anche Autovie Venete sarà esclusa dai ricavi del passante.
(m.mi)

 

 

 

 

LA REPUBBLICA - MERCOLEDI', 17 dicembre 2008 

 

 

CLIMA - Via libera dall'Europarlamento al pacchetto su CO2 e rinnovabili
 

Approvata a larghissima maggioranza a Strasburgo la direttiva 20-20-20: 610 sì, 60 no e 29 astensioni. Manca solo la ratifica formale del Consiglio europeo

STRASBURGO - Il Parlamento Europeo ha approvato il pacchetto clima-energia dell'Unione Europea su cui è stato raggiunto l'accordo dei Ventisette al summit della scorsa settimana. I sì sono stati 610, 60 i no e 29 le astensioni. Ora, affinché le direttive contenute nel cosiddetto 20-20-20 diventino operative, manca solo la ratifica formale del Consiglio europeo. Passaggio che avverrà sicuramente entro la fine dell'anno, così da associare definitivamente l'importante provvedimento alla presidenza di turno francese, in scadenza il 31 dicembre. L'approvazione da parte dell'Europarlamento non era del tutto scontata, soprattutto con una maggioranza così netta. Rispetto ai singoli Stati e al Consiglio europeo, l'assemblea era schierata infatti su posizioni decisamente più avanzate in tema ambientale e l'annacquato compromesso raggiunto la settimana scorsa poteva non essere ritenuto sufficiente nella lotta ai cambiamenti climatici.
Non a caso una coalizione di associazioni ambientaliste europee, tra le quali Wwf e Greenpeace, la scorsa settimana avevano rivolto un appello al Parlamento europeo affinché bocciasse la direttiva in quanto eccessivamente timida e inadeguata alla gravità del riscaldamento globale. Più pragmatica invece Legambiente, che anche oggi torna a salutare il voto di Strasburgo con un commento in chiaroscuro. "La strada imboccata dall'Europa - afferma l'associazione - è quella giusta anche se si poteva fare di più. L'accordo raggiunto sul pacchetto 20-20-20 fa ben sperare per la riuscita di un impegno globale a Copenaghen ma gli obiettivi sono ancora lontani e bisogna andare oltre le buone intenzioni. A cominciare dall'Italia che si deve decidere a diminuire le emissioni".
Il piano, come è noto, mira, attraverso misure vincolanti per gli Stati membri e le loro industrie, a ridurre nel 2020 le emissioni di gas serra dell'Unione Europea del 20% rispetto al 1990. Prevede anche di portare al 20% il ricorso alle energie rinnovabili nei consumi dell'Ue e di aumentare del 20% l'efficienza energetica. Obiettivi che l'accordo finale raggiunto dal Vertice Ue e ratificato oggi dall'Europarlamento conferma, ma con l'introduzione di forti concessioni alle rivendicazioni di singoli Stati (Germania, Polonia e Italia soprattutto) e di diverse lobby industriali (auto, acciaio, cemento, elettricità) nelle modalità su cui raggiungerli. Concessioni che secondo i critici del compromesso sono tali da mettere a repentaglio il raggiungimento stesso degli obiettivi fissati.

 

 

Mobilità sostenibile, vince Parma, ma lo smog è fuori controllo - Presentato il rapporto Euromobility e Kyoto Club. Polveri sottili fuorilegge in 44 città su 50
 

ROMA - E' Parma la città italiana dove ci si sposta in maniera più eco-sostenibile. Lo certifica la seconda edizione della ricerca "Mobilità sostenibile in Italia: indagine sulle principali 50 città", elaborata da Euromobility e Kyoto Club in collaborazione con Assogasliquidi e Consorzio Ecogas e con il patrocinio del ministero dell'Ambiente.
Lo studio tiene conto soprattutto della qualità dell'offerta di alternative all'utilizzo individuale dell'auto privata, quindi della diffusione del car e bike sharing, dei taxi collettivi, delle piattaforme logistiche per i mezzi, dei mobility manager, della quantità e qualità delle piste ciclabili e delle corsie preferenziali. Elementi che vengono poi incrociati con i dati sullo stato di salute dell'aria.
A seguire Parma ci sono Bologna, Firenze e Venezia. Poi Padova e Torino. Al settimo posto arriva Bari, unica città del sud nelle top ten, seguita da Modena, Verrara e Genova. Fra le prime dieci, ben quattro città sono emiliane. Le più insostenibili sono Taranto, L'Aquila e Campobasso.
A elevare Parma al di sopra degli altri comuni è la qualità del trasporto pubblico, la gestione della mobilità e la diffusione delle auto a basso impatto.
Dalla ricerca emerge anche un forte allarme per lo sforamento dei livelli di polveri sottili presenti nell'aria. Ben 44 città su 50 sono fuorilegge, se ne salvano solo sei: Potenza, Ravenna, Reggio Calabria, Catanzaro, Bolzano e Campobasso, dove lo sforamento dei limiti non è andato oltre i 35 giorni previsti dalla normativa europea. La città che sta peggio è Siracusa, con 282 giorni all'anno di sforamento.
Il primato delle auto inquinanti (Euro 0) va a Napoli con circa il 33%. Per le Euro 4, Aosta, Roma, Prato e Trento mostrano le percentuali più alte. Il tasso di motorizzazione resta in Italia il più alto d'Europa (61,1 auto per 100 abitanti contro la media europea di 46). Le città con più auto sono Latina con il 72,9%, Potenza con poco più del 70% e Roma con poco meno di 70 auto ogni 100 abitanti.
Il rapporto di Kyoto Club ed Euromobility getta anche uno sguardo impietoso sulla diffusione del bike sharing, di cui molto si è parlato nei mesi scorsi. Solo 18 città lo hanno messo in campo (lo scorso anno erano 15) e il maggior numero di bici è presente a Roma e Brescia (200), ma troppo spesso si tratta di operazioni di pura immagine. Il servizio viene infatti utilizzato molto poco, in media 3 prelievi al giorno per meno di 30 minuti a bici nei centri urbani considerati dal rapporto e 2.300 bici in tutto contro 4.300 mezzi bike sharing e 138.000 utenti di Barcellona e le 21.000 bici di Parigi.
Segnali positivi arrivano invece dal car sharing. Le città che hanno avviato servizi di vetture condivise sono a oggi 12, una formula che secondo lo studio sembra attrarre sempre di più i cittadini tanto che il 2008 ha registrato il 18% in più di utenti rispetto all'anno precedente e 70 auto in più sulla strada (+16,4%).
Per quanto riguarda il trasporto pubblico, l'offerta migliore la forniscono Milano, Aosta, Bologna, Genova e Parma; la peggiore Siracusa, Latina e Roma. Milano è in testa per i chilometri di corsie preferenziali (circa 17), molto scarse a Piacenza, Perugia e Sassari. Per le zone a traffico limitato le più estese rispetto al territorio comunale sono a Brescia, Firenze e Aosta, mentre sono assenti a Catanzaro e Prato.

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 17 dicembre 2008 

 

 

Razzi navali scaduti: nuova ditta di raccolta  - Progetto pilota, a livello nazionale, per lo smaltimento
 

Trieste sarà una città pilota, a livello nazionale, per quanto concerne lo smaltimenti degli artifici di segnalazione scaduti. Si tratta di quei razzi che, per legge, devono essere conservati a bordo di qualsiasi imbarcazione. Solitamente la loro durata è di quattro anni; arrivati a scadenza è d’obbligo acquistarne di nuovi. Altrettanto importante eliminare quelli scaduti, che non possono essere smaltiti in maniera ordinaria.
Per ovviare a questo problema, Prefettura, Questura, Capitaneria di Porto e i rappresentanti delle società nautiche più rappresentative del golfo di Trieste hanno sottoscritto il primo protocollo d’intesa sulla materia. In questo modo, Trieste passa all’avanguardia in questo campo, essendo pochissime le città che hanno assunto questo tipo di iniziative. L’azienda incaricata, in base all’accordo che entra subito in vigore, è la R.S. impianti, di strada Monte d’oro 12/1. «Prenderemo in carico tutti gli artifici di segnalazione scaduti che i diportisti triestini vorranno recapitare nella nostra sede – spiega il titolare della R.S. impianti, Giuliano Santin – per renderli inerti. Poi li porteremo fuori Trieste, per l’operazione di incenerimento dei razzi. Saremo perciò il primo centro di raccolta autorizzato dalle istituzioni a Trieste». L’area di competenza dell’impresa incaricata comprende l’intero litorale della provincia di Trieste e si estende fino a Lignano. «Sul piano pratico – riprende Santin – si tratterà di una sorta di rottamazione, perché per i diportisti che lo vorranno, potremo sostituire i razzi scaduti con artifici di segnalazione nuovi». Un’operazione preliminare allo smaltimento dei razzi, era stata organizzata, a luglio, dalla Capitaneria di Porto, che si era proposta come sede di raccolta degli artifici, suscitando notevole interesse nella vasta schiera dei diportisti della città. Con l’accordo sottoscritto in questi giorni, è entrata nel meccanismo la R.S. Impianti, azienda privata specializzata in questo tipo di operazioni.
(u.s.)
 

FERROVIE - Nominati i commissari della Trieste-Divaccia  - Sono Mario Vivaldi e Daniele Maltese Ora tocca a Lubiana

TRIESTE Nuovo passo avanti per la costruzione della tratta ferroviaria ad alta velocità/alta capacità Ronchi-Trieste-Divaccia. Il ministero dei Trasporti ha reso noto i nomi dei due commissari che rappresenteranno il dicastero alla Commissione intergovernativa (Cig) per la realizzazione della tratta, manca ora solo di conoscere il nome degli sloveni (sarebbero stati già nominati) e a questo punto la data della riunione a gennaio. Molto probabilmente si terrà a Roma.
I due tecnici sono due ingegneri, Mario Vivaldi e Daniele Maltese. La nomina è contenuta nel decreto del presidente del Consiglio dei ministri del 17 novembre che è stato pubblicato sulla gazzetta ufficiale in questi giorni. Vivaldi sarà presidente della delegazione italiana della Commissione, Maltese ne sarà un componente. Si tratta di un passo importante che segue il protocollo d’intenti che era stato sottoscritto proprio a Trieste il 28 febbraio 2006 tra i ministri dei trasporti italiano e sloveno per le realizzazione di questa tratta che fa parte del Corridoio V. La commissione, secondo quanto prevede il protocollo d’intenti, deve essere composta da rappresentanti dei ministeri dei Trasporti, delle Finanze, dell’Ambiente e dell’interno dei due Paesi, delle Regioni e dei Comuni interessati. Per quanto riguarda il Friuli Venezia Giulia sono l'assessore regionale ai Trasporti, Riccardo Riccardi, e il responsabile della Direzione centrale mobilità, energia e infrastrutture di trasporto Dario Danese, i rappresentanti dell'amministrazione regionale nella Commissione intergovernativa
Proprio all’inizio di dicembre a Verona è stato fatto il passo decisivo per la Trieste Divaccia e il Commissario europeo ai Trasporti (e vicepresidente della Commissione europea) Antonio Tajani, ha firmato gli accordi con Italia e Slovenia (c’erano il ministro Altero Matteoli e il sottosegretario sloveno Igor Jakomin) per destinare i soldi della Ue alla progettazione dell’intera tratta, circa 70 milioni ai quali ne saranno aggiunti altri 70 e più da parte italiana e slovena. In totale 150 milioni circa che serviranno per questo studio che è completo e contiene sia lo studio di fattibilità che quello progettuale ed esecutivo. I cantieri potrebbero aprirsi dopo un appalto tra 2011 e 2012.
 (g.g.)

 

 

La Regione Istria bacchetta la Rockwool  - Mozione unanime dei partiti: «O si mette in regola oppure chiude»

PISINO L'assemblea regionale istriana ha lanciato un ultimatum alla fabbrica di lana di roccia della Rockwool a Sottopedena in Istria: «O rispetti gli standard ecologici oppure chiuda i battenti per sempre». Il delicato argomento è stato incluso l' altra sera nell'agenda dei lavori assembleari dopo reiterate richieste dell'opposizione politica e degli ambientalisti, causa gli effetti dell'inquinamento giudicati devastanti per l'ambiente e per la popolazione locale. Dopo tre ore di dibattito è stato richiesto il monitoraggio aggiuntivo da parte di esperti sia croati che stranieri onde ottenere una volta per tutte risultati inconfutabili, al di sopra di ogni interpretazione soggettiva. Deciso inoltre di richiedere ai competenti ministeri la documentazione relativa all'apertura della fabbrica nella vallata di Sottopedena visto il sospetto di violazioni procedurali. I verdi sostengono che lo studio d' impatto ambientale sia stato opportunamente accomodato. Il presidente della Regione Ivan Nino Jakovcic ha dichiarato che «la fabbrica per continuare ad operare deve mettersi in regola altrimenti dovrà venir smantellata». Con questa presa di posizione si è chiaramente schierato dalla parte della popolazione del posto, dopo le feroci accuse secondo le quali avrebbe portato lui la Rockwool in Istria, cedendo alla spinta del capitale straniero e del profitto. Non è passata invece la mozione dell'associazione ecologista locale «Terra nostra» con la quale si chiedeva l'approvazione della conclusione assemblea sull'immediata chiusura della fabbrica. Alla riunione c'era anche Marco Boi, direttore tecnico della Rockwool. «La fabbrica rispetta le norme ecologiche croate - ha ribadito - e tutti i 13 sopralluoghi degli ispettori effettuati finora dimostrano che non c'è inquinamento». Durata tutta la durata della seduta, nello spiazzo dinanzi al palazzo, si è tenuto l'ennesimo comizio di protesta dei cittadini contro la Rockwool,con la richiesta di immediata chiusura.
(p.r.)
 

 

ALTA VELOCITA’ E LUMACHE  - In treno fino a Gorizia: 45 minuti di ritardo
 

Ho visto sul Piccolo gli articoli a proposito della partenza della nuova linea ferroviaria ad alta velocità con tutte le comodità per i signori passeggeri che si possono permettere il lusso e la velocità.
Ho anche seguito al telegiornale le dichiarazioni dell’ad delle ferrovie Mauro Moretti a proposito della prossima inaugurazione della linea ad alta velocità Milano-Bologna: ha dichiarato che le Ferrovie sono pronte a partire con collegamenti veloci ogni 15 minuti e a fare concorrenza all’aereo. Peccato che normalmente milioni di passeggeri pretendano di viaggiare sulle piccole distanze per arrivare al lavoro, magari lasciando l’automobile a casa.
Peccato che l’altro giorno per un viaggio da Trieste a Gorizia il treno abbia accumulato 45 minuti di ritardo all’andata e 25 al ritorno.
Peccato che il giorno dopo, avendo perso il treno da Trieste per Gorizia delle 14.19, abbia dovuto aspettare fino alle 16 per tornare a casa (pregando che il treno non avesse un qualche ritardo) perché non ci sono altri treni prima di quest’ora. Non tutti si possono permettere di arrivare sempre in ritardo al lavoro o agli appuntamenti e passare buona parte della propria giornata nelle stazioni ferroviarie.
Sarebbe meglio se l’amministratore delegato ci dicesse che quello che s’intende e sì fare concorrenza all’aereo, mentre per quel che riguarda i treni per tutti si va verso la chiusura, visto che i soldi per i nostri treni sono stati dirottati per queste linee veloci. Ed i treni per i signori li paghiamo sempre noi.
Georgina Ortiz
 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 16 dicembre 2008 

 

 

«Gas Natural, Roma ha spinto per il sì»  - Ambientalisti: l’ok della Soprintendenza condizionato dal ministero
 

«A seguito della richiesta della Direzione Generale in indirizzo tesa a voler ottenere un parere positivo sul proposto rigassificatore a Zaule, questa Soprintendenza ha svolto un supplemento di istruttoria. Si fornisce parere favorevole».
Sono alcune delle frasi «incriminate», secondo le associazioni ambientaliste triestine, contenute nella relazione del soprintendente ai beni architettonici e paesaggistici Guglielmo Monti in merito all’impianto per il trattamento di Gnl che la multinazionale Gas Natural intende costruire a Trieste, nell’area ex Esso.
Gli ambientalisti (Wwf, Legambiente, Italia Nostra, Greenaction Transnational, Comitato Sos Muggia e Comitato salvaguardia del Golfo di Trieste) ieri si sono riuniti nella sede del Wwf e hanno sferrato un ulteriore attacco al progetto del rigassificatore di Zaule, ancora in attesa dell’eventuale doppio parere positivo dei ministri dell’Ambiente e dei Beni culturali. I responsabili delle associazioni, da tempo in lotta contro il progetto del colosso iberico dell’energia, hanno sventolato la relazione elaborata pochi giorni fa dall’architetto Monti evidenziandone alcuni punti.
«Basta leggerla per capire che il soprintendente ha subito delle pressioni da Roma prima di esprimersi favorevolmente - ha spiegato Dario Predonzan, presidente del Wwf per il Friuli Venezia Giulia -. Lui lo dice a chiare lettere (Predonzan si riferisce alle frasi di inizio articolo, ndr.). Questo ci sembra molto grave. La Soprintendenza, compresi i predecessori di Monti, si era infatti già espressa sul rigassificatore di Zaule quattro volte, tra il 2005 e il 2008: erano sempre state bocciature, legate a motivi di ordine paesaggistico».
Su cosa si basa il parere dell’ufficio di piazza della Libertà? «Sul fatto che non è lecito aggiungere degrado al degrado - afferma ancora Predonzan -. L’impatto visivo del terminale, con i due enormi serbatoi previsti, ciascuno alto 50 metri e largo 81, è uno dei motivi principali. Ne seguono poi molti altri». Quali? Li si legge nella stessa relazione dell’architetto Monti, ribaditi dagli ambientalisti: «Ad esempio il fatto che non è stato consentito, come previsto per legge, alle popolazioni interessate dalla costruzione del rigassificatore di partecipare al processo decisionale per esprimere il proprio parere su scelte che comportano notevoli ricadute sull’ambiente e sulla sicurezza del territorio. E poi - hanno sottolineato gli ambientalisti - non è stato considerato il parere della popolazione slovena insediata nell’area confinante. Il sovrintendente ha evidenziato tutto questo - hanno aggiunto i presenti all’incontro di ieri - e ha messo nero su bianco che il rigassificatore, secondo i piani di Gas Natural, dovrebbe sorgere in un’area che fa parte di un’ampia insenatura ricca di storia e reperti archeologici».
«Nonostante tutto questo - ha concluso Dario Predonzan - l’architetto Monti ha dato parere favorevole, ma evidentemente perché ”spinto” da Roma. Un ok vincolato, però, ad alcune prescrizioni: i due serbatoi dovranno infatti essere spostati e le loro dimensioni ridotte». Secondo gli ambientalisti queste prescrizioni renderebbero «necessaria una nuova procedura di Via».

(e.c.)
 

 

Amianto, boom di tumori nella Venezia Giulia  - La mortalità 300 volte più alta della media Incubazione lunga: da 40 fino a 60 anni

Il professor Canessa: «Il peggio deve ancora arrivare». Il picco di mortalità in regione previsto dopo il 2010
L’Istituto superiore di Sanità ha preso in considerazione il periodo ’88-’94
A Gorizia chiesti 2 anni di carcere per due ex dirigenti del cantiere navale di Monfalcone
TRIESTE Monfalcone, Trieste, Muggia, Duino-Aurisina, Ronchi dei legionari, Gorizia.
Sono questi i Comuni del Friuli Venezia Giulia in cui la mortalità per tumore alla pleura da quindici anni è costantemente di gran lunga superiore alla media nazionale. Fino a 300 volte in più. Negli stessi Comuni la presenza di amianto è documentata in modo incontrovertibile ed è collegata alle attività dei cantieri navali e del porto.
Lo si legge a chiare lettere nel rapporto dell’Istituto superiore di Sanità che ha preso in considerazione l’esposizione all’amianto e la mortalità per tumore maligno in Italia tra il 1988 e il 1994.
Anni lontani, direte voi. Ma dal 1994 a oggi la situazione è ulteriormente peggiorata. I morti si sono affiancati ai morti. I tempi di incubazione delle patologie correlate all’amianto, sono infatti lunghissimi e possono raggiungere e talvolta superare i 40-60 anni di attesa dal momento dell’esposizione alla fibre dell’asbesto. Il picco di decessi in regione è atteso tra il 2010 e il 2020. Basta dire che negli ultimo vent'anni i casi segnalati di insorgenza tumorale a Monfalcone sono stati 240 e circa 600 nella fascia costiera compresa tra la città dei cantieri e l’area triestina.
«Il peggio deve ancora venire» ha affermato più volte il professor Pier Aldo Canessa, direttore dell’Unità operativa di pneumologia di Sarzana, in provincia di La Spezia. La Spezia è una città affacciata sul mare, esattamente come lo sono Trieste e Monfalcone: in tutte queste località migliaia e migliaia di operai hanno lavorato e lavorano nei cantieri navali e negli hangar del porto dove l’amianto è stato usato a piene mani. Per definire le responsabilità di queste morti, fino ad oggi pochi processi sono stati celebrati: alcuni sono in corso di definizione a Gorizia ma molti attendono ancora di essere messi a ruolo. Per altre morti le inchieste sono appena state aperte.
Ieri a Gorizia il pm Annunziata Puglia ha chiesto due anni di carcere per l’ex direttore del Cantiere di Monfalcone Manlio Lippi e per il presidente del Consiglio di amministrazione dell’allora Italcantieri Giorgio Tupini. Sono entrambi accusati dell’omicidio colposo dell’operaio tubista Antonio Valent, ucciso nel 1998 da un carcinoma polmonare. Il processo andrà a sentenza il 16 febbraio prossimo. Bisogna far presto perché le prescrizioni incombono. La sentenza sarà pronunciata alla prima udienza disponibile» ha affermato ieri al momento del rinvio il giudice Emanuela Bigattin che dirige il dibattimento.
I nomi di Manlio Lippi e Giorgio Tupini compaiono anche nell’inchiesta appena conclusa dal procuratore generale di Trieste Beniamino Deidda. Con essi sono indagati per omicidio colposo anche Vittorio Fanfani, fratello di Amintore, ex presidente del Senato; Enrico Bocchini, già presidente di Italcantieri; Aldo la Gioia, Antonio Zappi, Giancarlo Testa, al vertice del cantiere di Monfalcone, nonché Saverio Di Macco, Cesare Casini, Giuseppe Bette, Italo Massenti, Glauco Noulan, Roberto Picci, Peppino Maffioli, tutti funzionari dell’Ufficio acquisti e dei contratti d’appalto per la fornitura dell’amianto.
A Trieste intanto il pm Giuseppe Lombardi sta indagando dalla scorsa primavera sulle responsabilità penali per la morte di almeno 50 operai uccisi dal mesotelioma pleurico o dal tumore al polmone. L’ipotesi di reato è l’omicidio colposo e nell’inchiesta sono coinvolte, con i rispettivi direttori e rappresentanti legali, decine di aziende, anche di rilevanza e importanza nazionale. La lente è puntata sul porto e su determinati ambienti di lavoro. Al momento non sono stati ancora inviati avvisi di garanzia ma l’indagine nel giro di qualche mese dovrebbe concludersi con una raffica di rinvii a giudizio. I primi processi potrebbero essere celebrati già entro l’inizio dell’estate del 2009. Anche a Trieste, come a Gorizia, è necessario far presto, serrando i tempi. L’indagine sta prendendo in esame i decessi avvenuti dal 1965 fino alla metà degli Anni Ottanta ma anche le esposizioni di chi in quegli anni ha lavorato a contatto con le fibre di asbesto e si è ammalato di tumore.
Il pm Giuseppe Lombardi in questi mesi ha riorganizzato il pool di investigatori che già in passato aveva affrontato il problema dell’amianto e delle morti ad esso correlate. Ne fanno parte i funzionari dell’Azienda sanitaria, medici legali, investigatori. «L’istruttoria nasce dalle tante, troppe morti» ha affermato il magistrato. Non sono casi semplici. Alle cartelle cliniche, vanno affiancati i risultati delle autopsie e a queste i libretti di lavoro e le buste-paga che raccontano di quali società l’operaio deceduto per tumore al polmone è stato dipendente e in quali fabbriche ha lavorato.
La Procura sta ricomponendo un grande quadro per troppo dimenticato o sottovalutato da tutti. Ora le voci dei familiari sanno dove possono trovare ascolto.
CLAUDIO ERNE’

 

 

Amianto, sono migliaia i metri quadrati ancora presenti nei tetti delle fabbriche  - SECONDO LA MAPPATURA EFFETTUATA DALL’ARPA
 

Una colata di amianto. Non necessariamente pericoloso per la salute umana, ma presente in quantità massicce sul nostro territorio. Nello specifico, i metri quadrati di coperture (capannoni, pensiline, tettoie) realizzate con materiale contenente amianto e presenti nelle sole zone industriali della nostra Regione (esclusi quindi edifici pubblici e abitazioni private) ammontano complessivamente a 1.064.317.
Considerando esclusivamente la nostra Provincia, i metri quadrati «contaminati» sono 254.464, di cui circa la metà nel Comune di Trieste e l’altra in quelli minori (i dettagli nella tabella a fianco). Principale «serbatoio» di Eternit: il Porto, come già confermato da più voci, come quella del presidente dell’Associazione esposti amianto del Friuli Venezia Giulia Aurelio Pischianz e dell’ex console della Compagnia portuale Paolo Hikel.
Lo sa bene anche Glauco Spanghero, che per l’Arpa (Associazione regionale per la protezione dell’ambiente) ha coordinato la minuziosa opera di mappatura dell’amianto in Friuli Venezia Giulia, attraverso due censimenti, conclusi rispettivamente nel marzo del 2006 e nell’agosto del 2007. Il primo riguarda le pensiline delle stazioni ferroviarie e i capannoni di tipo industriale, artigianale e agricolo, utilizzati o dismessi, costruiti con materiali contenenti amianto. Il secondo, invece, include un ventaglio più ampio di matrici che presentano al loro interno la sostanza tossica di cui tanto si parla negli ultimi giorni, dopo la notizia dei 15 dirigenti dei cantieri di Monfalcone accusati di omicidio colposo plurimo per 42 decessi legati all’esalazione di amianto.
«Abbiamo analizzato solo le aziende - spiega Glauco Spanghero -. Entrambi i censimenti si basano su direttive del Piano regionale amianto e sono stati realizzati attraverso autocertificazione delle imprese, con la mediazione delle categorie. Nessuno ha subito ispezioni, ma c’è stata una grande collaborazione da parte dei soggetti coinvolti, che hanno aderito volontariamente». Il dirigente dell’Arpa ci tiene a mettere in chiaro una premessa, prima di illustrare i dati da lui elaborati: «Le coperture di Eternit non sono necessariamente nocive, anzi, se ben conservate, non rappresentano rischi». Tanto che la legge numero 257 del 1992, che vieta l’importazione, la commercializzazione e l’uso come materia prima dell’Eternit, non impone la rimozione dell’esistente, a meno che non sussistano gravi e conclamati pericoli per la salute pubblica (in questo caso a intervenire dovrebbe essere il sindaco, tramite ordinanza).
«In base al primo censimento sono state individuate 752 strutture contenenti amianto, associate a 335 soggetti dichiaranti in tutta la Regione, corrispondenti a 1.064.317 metri quadrati di coperture - spiega ancora Spanghero -. Ovviamente la presenza di amianto è più forte nelle zone industriali del Fvg, come il Porto di Trieste. I capannoni dello Scalo Legnami, ad esempio, sono totalmente ricoperti di Eternit. Nello specifico, si tratta di tettoie in cemento amianto senza nemmeno sottotetto, quindi senza un ”filtro” per chi lavora nei capannoni. Ma, voglio ripeterlo ancora per non creare allarmismi: il problema esiste, ma non ci sono attualmente reali pericoli per la salute pubblica. Basta che ci sia un monitoraggio serio».
ELISA COLONI

 

 

Tondo: «Una legge obiettivo per le infrastrutture in Fvg» - Tempi rapidi per le grandi opere: rigassificatore e elettrodotto


TRIESTE Tondo accelera sulle grandi opere: «Per consentire il rilancio delle infrastrutture del Friuli Venezia Giulia è necessaria in tempi brevi una Legge Obiettivo regionale: una corsia preferenziale per le grandi opere che superi l’eventuale opposizione di enti locali e comuni cittadini». Il Governatore lo ha annunciato a Trieste durante il dibattito per la presentazione del catalogo annuale Impresa&Economia sulle prime duemila imprese regionali.
Secondo Tondo rigassificatori ed elettrodotti sono infrastrutture sulle quali bisogna investire per attenuare gli effetti della crisi sull’economia regionale: «La necessità di una legge regionale che permetta di procedere alla messa in cantiere delle opere anche senza l’approvazione degli enti locali è stata dimostrata dai problemi emersi durante l’edificazione della terza corsia dell’autostrada A4. Non possiamo permetterci di allocare risorse senza la certezza che siano prontamente spendibili ed è per questo che finanzieremo solo opere cantierabili come sostegno alla domanda e volano della ripresa».
Fondamentali sono per Tondo lo sviluppo delle reti e dei servizi ferroviari, tra cui la tratta transfrontaliera del Corridoio V, l’integrazione tra i porti regionali e l’Altoadriatico, in particolare Capodistria, e la realizzazione della piattaforma logistica del Fvg: autoporti e lo scalo ferroviario di Cervignano. Il presidente di Unioncamere Antonio Paoletti ha sostenuto l’importanza delle infrastrutture: «Abbiamo aumentato il diritto camerale del 20% già nel 2007 per venire incontro a quest’esigenza». Maria Teresa Bassa Poropat, presidente della provincia di Trieste, e il parlamentare dell’opposizione Ettore Rosato sostanzialmente concordano sulla necessità degli investimenti: tutti d’accordo sul progetto di rigassificatore a terra progettato da Gas Natural a Muggia. «Bisogna investire – ha detto Rosato – ed intervenire sulle disfunzioni burocratiche e sugli ostacoli finanziari».
La situazione delle imprese triestine emersa dalla presentazione dei dati del catalogo Impresa&Economia, che elenca le 2000 aziende regionali leader nel 2007. A dicembre dell’anno scorso le imprese triestine erano 260 su 2000, ovvero il 13%: il fatturato collettivo arrivava però al 45% del fatturato totale, ovvero 25.957 milioni di euro. Il divario tra imprese e fatturato della provincia deriva della presenza di colossi sia nel campo assicurativo (Generali) che nella cantieristica (Fincantieri). Depurata dai colossi i dati dell’economia regionale gravitano sempre più sull’asse Udine-Pordenone.
La situazione attuale, dopo la crisi dell’autunno 2008 è difficilmente monitorabile: «Ma l’economia regionale resiste – ha dichiarato il presidente Tondo – il Pil regionale nel 2008 è stato di 0,2%, in linea con le altre regioni del Nordest e contro la crescita zero del resto del paese: l’economia dovrebbe rallentare ulteriormente nel 2009 (0,1%) per riprendersi a partire dall’anno successivo, con una stima di crescita tra 1,1 e 1,4%».
Giovanni Tomasin
 

 

Regione a Trenitalia: migliorare i servizi per i pendolari  - RICCARDI INCONTRA IL DIRETTORE LAGUZZI
 

TRIESTE «La Regione registra la volontà di Trenitalia a proseguire il servizio in Friuli Venezia Giulia ed è da parte sua disposta ad investire ingenti risorse per rinnovare il materiale rotabile, ma chiede di acquisire al più presto dalla società informazioni che permettano di stabilire condizioni contrattuali esplicite in grado di definire standard di qualità, con particolare riguardo alla puntualità e alla pulizia dei treni, in modo da rispondere alle giuste e civili richieste dei clienti pendolari».
Lo ha affermato l'assessore regionale alla Mobilità, Riccardo Riccardi, al termine dell'incontro con i vertici di Trenitalia, presenti il direttore Divisione Trasporto regionale, Giancarlo Laguzzi, il responsabile Relazioni con le istituzioni, Alberto Scattone, e il direttore Trasporto regionale FVG, Maria Giaconia. All'ordine del giorno la valutazione sul rinnovo del contratto di servizio Trenitalia-Regione per la gestione del trasporto pubblico locale.
«Non c'è alcun disimpegno da parte nostra, ma anzi riteniamo il Friuli Venezia Giulia una regione che chiede giustamente di più e noi ci terremmo, dopo aver investito nell'Alta Velocità, a lavorare sull'alta qualità in territori come questo», ha affermato Laguzzi. Registrato il dichiarato impegno della società per un miglioramento del servizio, l'assessore Riccardi ha richiesto tempi rapidi per la chiusura della vertenza sul contratto e il coinvolgimento di un tavolo dei pendolari per valutare se l'offerta di Trenitalia sia rispondente alle aspettative dei passeggeri». Per questo è stato calendarizzato un prossimo incontro previsto per il 12 gennaio a Udine, nel quale si confronteranno rappresentanti dei pendolari, vertici di Trenitalia e Amministrazione regionale.
La Regione si è fatta garante delle richieste, «costruttive e civili», dei pendolari e per questo richiede a Trenitalia un incontro aperto per valutare se l'offerta della società sia in linea con le aspettative. Noi desideriamo integrare il servizio su gomma e rotaia fruendo della grande esperienza dei pendolari, «rendendoli protagonisti di una nuova stagione del trasporto regionale», ha spiegato Riccardi. In merito agli standard di puntualità e pulizia, per i quali la Regione ha ribadito la «grave sofferenza attuale», Laguzzi ha annunciato che già per il giugno 2009 in Friuli Venezia Giulia sarà al lavoro la nuova ditta di pulizie, scelta tra 90 concorrenti partecipanti alla gara d'appalto il cui bando è partito da una settimana
 

 

Giovanardi: attenti agli ambientalisti  - Il sottosegretario: infrastrutture ed energia, necessario andare avanti
 

AFFOLLATO INCONTRO DEL PDL
Infrastrutture, energia, sicurezza sono i temi principali con i quali si deve fare i conti per assicurare un futuro al Paese. Così la pensa Carlo Giovanardi, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio ieri ospite all’Hotel Jolly per una festa natalizia organizzata dal Pdl. Introdotto dal consigliere regionale Bruno Marini e dal senatore Giulio Camber in un’atmosfera di entusiasmo generata dai primi risultati positivi nelle regionali d’Abruzzo, tra battute e siluri riservati a comunisti e sinistra, Giovanardi - davanti a un folto pubblico - da leader di quei Popolari liberali che nel Pdl si pongono come ala di ispirazione degasperiana - ha sottolineato come il percorso politico italiano del dopoguerra, nel lungo periodo di governo della Dc sino al tracollo della Prima Repubblica, vada ricordato come l’autentico riscatto di una nazione: anni in cui trasformazione e progresso hanno consentito a un popolo di rialzare la testa e trovare il benessere.
E l’oggi? «Si trova in ostaggio degli ambientalisti e dei catastrofisti – ha affermato Giovanardi in tema di infrastrutture – quelli che per la salvezza di qualche delfino, per esempio, stanno impedendo la realizzazione di un’opera fondamentale come il ponte di Messina. Gli stessi allarmisti che stanno rialzando il tiro in Val di Susa contro l’alta velocità, e in questo modo frenano la crescita di un Paese che si trova a soffrire per una congiuntura economica che sta complicando il lavoro del Governo».
Giovanardi ha ricordato poi le diverse criticità dovute ai problemi energetici. «A Modena mi sono trovato in questi giorni nuovamente alle prese con altri catastrofisti, contrari a un nuovo impianto di stoccaggio per il gas naturale. La situazione energetica in Italia è ormai insostenibile e c’è il concreto rischio di trovarsi in balia di chi gestisce i rubinetti e già ha reso altissimi i costi energetici». Per fortuna c’è un Governo credibile, secondo il sottosegretario, e lo dimostrano la battaglia delle immondizie vinta a Napoli e la soluzione rintracciata per Alitalia. Due indirizzi che garantiscono - dice Giovanardi - credibilità alla maggioranza guidata da Berlusconi.
Maurizio Lozei
 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 15 dicembre 2008 

 

 

Amianto, 200 cause di portuali e marittimi  - L’ex console Hikel: 76 vittime in 20 anni. Melato: troppe discariche abusive di Eternit

Duecento cause pendenti di marittimi ed ex lavoratori portuali triestini, esposti all’amianto. E una lista di 76 persone morte, negli ultimi vent’anni, colpite da mesotelioma da amianto, dopo una vita passata nei magazzini e sulle banchine del nostro scalo. Quantità più o meno consistenti si trovano, anche a Trieste, un po’ dappertutto: nelle case private e sui tetti degli edifici pubblici, nelle zone industriali e in palazzi del centro.
«Ma la vera bomba ad orologeria è il Porto. Nello specifico, lo Scalo Legnami». Lo definisce così un esperto in materia, Paolo Hikel, console della Compagnia portuale nel suo massimo momento di sviluppo e da tempo portavoce di un ampio gruppo d’opinione che da più parti lancia appelli in nome delle bonifiche. A dimostrazione che il problema esiste ed è sentito anche a Trieste, e non solo nel Monfalconese e nell’Isontino, dove la questione dell’amianto è tornata prepotentemente alla ribalta con la notizia dei 15 dirigenti dei cantieri di Monfalcone accusati di omicidio colposo plurimo per 42 decessi legati all’esalazione di amianto.
«Ma non c’è solo Gorizia - spiega Paolo Hikel -. A Trieste il problema esiste ed è drammatico. Nella nostra città la situazione più preoccupante si registra nel Porto, in particolare nello Scalo Legnami. Tutti sanno che non c’è un solo centimetro dei capannoni di quest’area che non sia fatto di Eternit, materiale nocivo e da eliminare. Ma per il momento nessuno ha fatto nulla. Questa città - afferma ancora Hikel - non potrà andare avanti senza pensare alle bonifiche. È infatti inutile parlare tanto della Ferriera, dei suoi fumi e delle sue puzze, senza guardare ciò che accade a pochi metri di distanza: l’intero Scalo Legnami è ricoperto di Eternit. Ed è inutile programmare bonifiche della zona Ezit se poi non si includono anche le aree portuali. Lo scalo di Venezia è già stato bonificato due volte e ”liberato” dall’amianto. Lo hanno trovato dappertutto: sulle gru, nei magazzini, a terra. Dappertutto. A Trieste, invece, nulla è mai stato fatto. L’amianto resta lì e, quando soffia il maestrale, si diffonde nell’aria, respirato da tutti».
Nella nostra città l’amianto è tanto. «In base a stime della Camera di Commercio e dell’Autorità portuale - spiega ancora l’ex console della Compagnia - tra gli anni Sessanta e Novanta sono arrivate, nel Porto di Trieste, tra le 600mila e le 800mila tonnellate di amianto, caricato sulle navi battenti bandiera canadese e nordamericana, che erano i maggiori produttori di Eternit. Una condizione che ha permesso all’inizio del Duemila una serie di pre-pensionamenti di lavoratori portuali. Ci sono poi altri luoghi in cui si registrano massicce quantità di amianto, lasciato lì a ”riposare”: nella zona dell’ex Grandi motori, in quella dell’ex Fabbrica macchine. C’è poi amianto sui tetti di molte case popolari (una volta si utilizzava soprattutto sul tetti dei palazzi lato Bora, per evitare che la superficie si raffreddasse così tanto da creare condense e infiltrazioni costanti d’acqua, ndr.), nonché su scuole e altri edifici pubblici». Nell’ambito del rifacimento del palazzo delle Poste, ad esempio, è previsto anche un intervento di bonifica della copertura in amianto.
Anche il presidente dell’Associazione esposti amianto del Friuli Venezia Giulia Aurelio Pischianz conferma: «Grandi quantità di amianto ancora oggi si trovano nel Porto Vecchio e Nuovo, in Arsenale, nella Zona industriale, all’ex Grandi Motori ed ex Fabbrica macchine di Sant’Andrea».
Il presidente dell’Ordine dei medici Mauro Melato, che è anche presidente della Commissione regionale sull’amianto, tenta di non creare allarmismi e spiega: «Il problema esiste e non va sottovalutato. Ci sono capannoni di Eternit che dovranno essere gradualmente smaltiti, perché l’amianto è un materiale nocivo se esalato. Ma - afferma Melato - è importante sottolineare che a creare una situazione di pericolo per la salute delle persone non è la presenza di una copertura di Eternit in sé, ma la sua conservazione. Le tettoie di Eternit contengono infatti fibre compatte di amianto. Il problema sta nella loro friabilità, quando si diffondono nell’aria. Oppure quando vengono spostate o rimosse da persone non esperte. Per questo bisogna sempre monitorare il territorio. Il problema maggiore, però, è rappresentato dalle discariche abusive sparse un po’ dappertutto. Un problema che per essere risolto dovrebbe incontrare il supporto delle istituzioni. Servono incentivi pubblici per lo smaltimento dell’amianto, molto costoso».
Anche le associazioni ambientaliste continuano a denunciare la presenza di discariche abusive. È il Carso il luogo considerato maggiormente a rischio.
ELISA COLONI

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 14 dicembre 2008 

 

 

Parte la Tav, protestano i pendolari  - MILANO-BOLOGNA AL VIA. MORETTI: «TRENI LOCALI? PAGHINO LE REGIONI»

MILANO La Freccia Rossa di Trenitalia ha raggiunto l'obiettivo coprendo il viaggio inaugurale da Milano Centrale a Bologna Centrale come da tabella di marcia in 65' minuti, nonostante una breve sosta tecnica dovuta all'impianto di sicurezza della rete, che ha richiesto l'arresto del treno per alcuni minuti. Un viaggio caduto in concomitanza con l'inaugurazione della rinnovata Stazione centrale di Milano proprio nel giorno di Santa Lucia,quello più corto dell'anno, quasi a simboleggiare l'obiettivo di Trenitalia indicato dall'amministratore delegato Mauro Moretti: «Riequilibrare il sistema dei trasporti con l'auto per le brevi percorrenze, il treno per quelle medio lunghe e l'aereo per quelle lunghissime».
Trenitalia punta sull'alta velocità ma non dimentica i pendolari: è il messaggio lanciato dal'ad Mauro Moretti dopo le proteste di alcuni pendolari e rappresentanti dei Cobas nel corso di un primo sopralluogo che ha compiuto nella rinnovata stazione centrale di Milano in attesa di inaugurare il primo viaggio Milano-Bologna.
Al riguardo «l'unico investimento che ho potuto fare - ha spiegato - da quando sono alle ferrovie è stato l'acquisto di 150 locomotori per il trasporto pubblico locale». Quest'ultimo, secondo Moretti, «è un servizio universale e le regioni debbono investire per acquistare i nuovi treni». Quanto alle polemiche sulla riduzione dei treni regionali alla stazione Centrale, Moretti ha replicato che «ogni scalo deve avere la sua funzione, la Stazione Centrale è un hub per le lunghe distanze, mentre per il trasporto regionale ci sono le altre stazioni e il passante ferroviario».
Con l'obiettivo di collegare Roma con Milano in tre ore dal dicembre 2009, Moretti, insieme al presidente Innocenzo Cipolletta, al sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Gianni Letta e alle autorità locali delle due regioni interessate (Emilia Romagna e Lombardia) hanno inaugurato il primo viaggio di quello che lo stesso Moretti ha definito «un sogno che si può realizzare», ossia la creazione di un «servizio di metropolitana veloce tra i vari poli italiani».
All'appuntamento di quest'anno, infatti, seguiranno entro il prossimo dicembre la realizzazione delle tratte ancora mancanti per il completamento dell'alta velocità tra Torino e Salerno: la Milano Novara e la Bologna Firenze, entrambe pronte tra 12 mesi.
Sulla Freccia Rossa ieri si sono dati appuntamento anche numerosi esponenti dell'industria e della finanza, da Gilberto Benetton, che ha inaugurato il primo spazio Autogrill allo scalo di Milano Centrale, nell'ambito del progetto Grandi Stazioni, all'amministratore delegato di Unicredit Alessandro Profumo, da Pierfrancesco Guarguaglini, che ha fatto da cicerone al presidente delle Ferrovie Turche in vista di una prossima commessa del sistema di segnalamento ferroviario, a Elio Catania, presidente di Atm, la società di trasporti pubblici milanese destinata all'integrazione con l'omologa società torinese. L'alta velocità ferroviaria partita ieri è un progetto totalmente 'Made in Italy', che ha l'obiettivo di accorciare le distanze nell'area compresa tra Torino, Milano, Bologna, Firenze, Roma e Napoli, dove vive il 40% degli italiani.
Con il nuovo orario che debutterà oggi, Trenitalia prevede un incremento del 30% delle vendite di biglietti grazie anche ai prezzi di lancio validi per un mese (Milano-Roma 98 euro in prima classe e 71 euro seconda), mentre tra Milano e Bologna la tariffa di lancio sarà rispettivamente di 50 e 35 euro per prima e seconda classe. Trenitalia prevede inoltre sei mesi di offerta speciale per i biglietti di andata ritorno nello stesso giorno su tratte con percorrenza uguale o superiore a tre ore e mezza e per chi sceglie la prima classe, libero accesso ai club Eurostar nelle stazioni, auto con autista noleggiabile per 4 ore a 35 euro e servizi di assistenza dedicati. Sono previsti inoltre abbonamenti mensili ad alta velocità per i treni Eurostar ed Eurostarcity, per un numero illimitato di corse, corrispondente a quello di dieci corse semplici, esclusa la prenotazione.
A partire dal prossimo 14 gennaio, invece, i prezzi massimi applicati ai viaggi nelle ore di punta saranno di 109 euro per la prima classe sulla Milano Roma e 79 per la seconda; mentre sulla nuova tratta Milano-Bologna si spenderanno rispettivamente 56 e 39 euro.
In coincidenza con l'arrivo della Frecciarossa, il nuovo treno alta velocità partito da Milano alle 16.20 e giunto a Bologna alle 17.25, sul ponte Matteotti (a poca distanza dalla stazione) è andata in scena l'annunciata protesta dei centri sociali, che si è svolta senza incidenti.
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 13 dicembre 2008 

 

 

Clima e crisi, l’Europa trova il compromesso - Entro il 2020 gas serra ridotti del 20%. Gare più rapide per gli appalti pubblici

Fra i punti dell’accordo raggiunto a Bruxelles dai 27 anche l’impulso alle energie rinnovabili che dovranno essere un quinto del totale
BRUXELLES Il Consiglio europeo a Bruxelles approva il piano sul clima e a Poznan in Polonia, dove è in corso la Conferenza Onu, scoppia l’applauso. Un accordo storico, i 27 Paesi dell’Unione europea uniti per contrastare il cambiamento climatico, per diminuire entro il 2020 del 20% le emissioni di gas serra, per far sì che le energie rinnovabili utilizzate in ogni paese siano un quinto del totale, che aumenti del 20% l’efficienza energetica, il risparmio.
Non è il piano che era entrato in consiglio, ma il frutto di una mediazione nella quale ha giocato un peso importante la crisi economica. Non hanno vinto i falchi, quelli che chiedevano di soprassedere in attesa di tempi migliori. Per loro arrivano aperture su una possibile, parziale revisione nel marzo del 2010, arriva il 12% dei ricavati dei permessi di emissione per i Paesi dell’Est, arriva una gradualità 2013-2020, non per tappe vincolanti ma indicative.
Via libera anche alle misure sull’economia per le quali servirà un Ecofin straordinario a Parigi, il 18 dicembre, mentre il pacchetto clima andrà al Parlamento europeo.
«L’Italia ha ottenuto quanto chiedeva», dice Silvio Berlusconi, presidente del consiglio. Nell’altra sala il presidente francese, Nicolas Sarkozy, conferma: «Grazie a Berlusconi l’accordo sul clima è stato trovato rapidamente». Berlusconi aggiunge: «La nostra duttilità tattica alla fine ha pagato. Abbiamo fatto un ricamo».
Sulla crisi economica Berlusconi continua a dire che la soluzione non possono essere i piani dei singoli stati, ma che sta nelle mani dei consumatori. «Ho detto agli altri che dobbiamo insistere perché i cittadini a Natale spendano, perché non cambino le proprie abitudini. Non è il momento di pensare a risparmiare, ma di spendere».
Gli viene fatto osservare che c’è gente che i soldi da spendere non li ha, che cresce il credito al consumo, l’indebitamento. «Non sto parlando di chi è in cassa integrazione e ha il 70% del salario di prima, ma di chi ha gli stessi soldi. Parlo ai tre milioni e mezzo di statali. Non hanno di che preoccuparsi, per loro non è cambiato niente. Se volevano comprare un’auto la comprino».
Nel pacchetto di misure approvate dal Consiglio Ue - dice - «ci sono norme che vengono incontro alle nostre richieste. Per esempio la possibilità di accelerare le proceduredegli appalti pubblici, diminuendo da 87 a 30 giorni le procedure per i bandi di gara (nel 2009 e nel 2010). La franchigia di due anni per gli aiuti di stato, fino a 500mila euro, per le piccole e medie imprese in difficoltà».
Poi il premier insiste nel reclamizzre i titoli di stato italiani. Ma l’aspetto che sta più a cuore a Berlusconi è dimostrare che l’Italia ha vinto su tutta la linea nell’accordo sul clima.
«Siamo stati ascoltati in ben quindici casi», dice. Lascia a Frattini l’onere di elencarli, ma ci tiene a dare una visione d’assieme: «Con questa decisione l’Europa va all’avanguardia nella lotta ai mutamenti climatici, l’Europa sarà il portabandiera con interventi che entreranno in vigore dal 2013».
E qui il primo mezzo scivolone. Berlusconi vuol far passare il concetto che nel 2010, dopo il vertice mondiale del clima a Copenahgen, tutto l’accordo siglato ieri potrà essere ridiscusso. «L’Europa diventa esempio paradigmatico. Se a Copenhagen gli altri Paesi non si adeguano se ne prenderanno la responsabilitàm, e ci adegueremo noi agli altri», è il suo ragionamento.
Non è proprio così: il punto 23 del documento recita che la Commissione europea presenterà al consiglio del marzo 2010 un’analisi dettagliata della Conferenza di Copenhagen «in particolare per ciò che riguarda il passaggio della riduzione delle emissioni dal 20 al 30%». Quindi - spiega il presidente della Commissione, José Manuel Barroso - eventualmente per aumentare il taglio previsto per il 2020.
Il vero successo sta in due acronimi, Nace 3 e Nace 4, che permettono di ricomprendere fra le industrie a rischio delocalizzazione e concorrenza straniera anche quelle di tondino per il cemento, ceramica, carta e vetro, che stavano a cuore a Confindustria. Per loro ci saranno il 100% di diritti di emissione gratuiti, fermi restando i limiti di Kyoto di integrità ambientale.
ALESSANDRO CECIONI

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 12 dicembre 2008 

 

 

TRENI - Nuova linea per Udine e cambia l’orario per Roma  - La partenza dell’Eurostar per la Capitale anticipata di un’ora e mezzo, dalle 9.50 alle 8.12

Soddisfatti i pendolari
I collegamenti Udine-Vienna? Sospesi perchè in netta perdita, e comunque sostituiti da bus. E Trieste? Migliora il collegamento con Roma, anticipato di un’ora e arriva un nuovo collegamento con Udine. Queste le risposte di Trenitalia alle polemiche sollevate dai pendolari fiorite contro il nuovo orario invernale, in vigore dal 14 dicembre.
Da parte sua, Trenitalia sottolinea come «la decisione di cancellare la coppia di Eurocity 32/33 Venezia-Wien (con fermate a Pordenone, Udine e Tarvisio) si è resa necessaria per le rilevanti perdite economiche registrate da questi treni». Si tratta, precisa la società, di treni che «non ricevono alcun corrispettivo finanziario da parte delle amministrazioni pubbliche e che, a causa della loro bassa frequentazione, perdono due milioni e 300mila euro l’anno, tutti a carico del nostro bilancio». In più, specifica Trenitalia, l’Intercity per Milano non scompare, ma cambia semplicemente denominazione e orario: ora partirà alle 17.40 (invece che alle 17.16) per arrivare a Milano alle 21.25.
Per quanto riguarda Trieste sono state istituite due importanti novità. La prima è il cambiamento di orario dell’Eurostar per Roma, che prima partiva alle 9.50, e adesso invece lascia Trieste alle 8.12 con fermata a Monfalcone alle 10.14 per arrivare a Roma alle 14.10 e lasciare così più tempo al viaggiatore. I pendolari sono invece soddisfatti per lo spostamento dell’ultimo treno da Trieste a Udine: prima partiva alle 21.16 e adesso partirà alle 22.21. «Per quanto riguarda i treni a lunga percorrenza non abbiamo voce in capitolo, la decisione viene da Roma – spiega Marco Chiandoni, rappresentante del Comitato Pendolari – mentre per quanto riguarda le modifiche locali, quello che possiamo sottolineare è la vittoria dello spostamento del treno Trieste-Udine: erano anni che lo chiedevamo, e finalmente l’abbiamo avuto. Le nostre richieste erano a dire la verità per un posticipo anche maggiore. Ma intento va bene così».
Peggiore, secondo il Comitato, è la decisione di non stampare gli orari e farli consultare solo su internet, dal momento che «non tutti hanno un accesso a internet». Trenitalia però specifica come «Per quanto riguarda i treni regionali siamo venuti incontro per quanto possibile alle richieste dei pendolari, anche se come è evidente siamo in ogni caso molto legati agli orari dello snodo di Mestre, che rimane quello fondamentale. In più dal 14 dicembre entra anche in funzione la nuova Alta velocità di Milano e Bologna, e anche questo ha avuto le sue ripercussioni sull’elaborazione della nuova tabella di coincidenze».
Tra gli altri cambiamenti previsti, il treno 11021 sulla Trieste-Venezia (via Portogruaro) viene posticipato di dieci minuti per migliorare la coincidenza a Mestre con Milano e Roma. Il 2824 sulla Venezia Trieste (via Udine) fermerà a Buttrio (su richiesta dei dipendenti della Danieli). Il treno 11009 sulla Venezia-Trieste via Udine arriverà a Pordenone alle 7.45, per rispondere alle richieste di studenti e lavoratori, mentre sulla stessa linea il 6002 verrà anticipato di 11 minuti, partendo quindi alle 7.50.
Elena Orsi
 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 11 dicembre 2008 

 

 

Treni, Udine isolata da Milano e Vienna  - INTERROGAZIONE SUI TAGLI DELLE FERROVIE
 

TRIESTE Soppresso dalle Ferrovie il collegamento ferroviario Udine-Vienna e un intercity da Udine per Milano. Un taglio che ha scatenato subito le proteste in Friuli venezia Giulioa e un’interrogazione urgente sull'annunciata soppressione è stata presentata al Governo dai deputati del Pd e Idv. Nell'interrogazione, sottoscritta da Ivano Strizzolo, Alessandro Maran, Ettore Rosato, Carlo Monai e Rodolfo Viola, si sottolinea che «tale scelta è in netto contrasto con i rilevanti investimenti effettuati in questi anni per potenziare la linea che, attraverso Udine, collega il Friuli con l'Austria» e si ricorda che «è in corso una forte azione politico-amministrativa per sviluppare il progetto dell'Euroregione».
«La soppressione - ricordano i parlamentari - fa seguito ad altri recenti tagli e ridimensionamenti che penalizzano Udine, Pordenone e l'intera regione Friuli Venezia Giulia con conseguenze negative sulle attività culturali ed economiche, specie - concludono- nei comparti del commercio e del turismo». Intanto a Villaco i tre governatori di Friuli Venezia Giulia, Veneto e Carinzia (Renzo Tondo, Giancarlo Galan e Gerhard Doerfler) hanno affrontato l’emergenza trasporti e il carinziano ha annunciato l’istituzione di un servizio di corriere sostitutive tra Klaghenfurt e Venezia.
 

 

 

 

OplàNews - MERCOLEDI', 10 dicembre 2008  - La newsletter dell’Osservatorio Parlamentare sulla Legislazione Ambientale di Legambiente
 

Decreto anticrisi
- Energia / Addio agli incentivi per le rinnovabili. Cancellato il bonus fiscale del 55% su Irpef e Iras per le ristrutturazioni ecologiche degli edifici e per i pannelli solari. L’art. 29 del Dl 185/2008, c.d. decreto anticrisi, limita la possibilità di usufruire degli sgravi fiscali per interventi di riqualificazione energetica, rende più difficile e discrezionale l’iter per accedervi da parte delle famiglie. Negli ultimi due anni oltre 250mila cittadini hanno utilizzato gli incentivi, attivando un giro d’affari di oltre 3 miliardi di euro.
- Trasporti e Infrastrutture 1 / Pochi fondi alle opere della legge obiettivo Dopo il vuoto di risorse della Finanziaria, anche nel decreto anticrisi (art. 21) solo briciole per le opere strategiche di preminente interesse nazionale, quelle della Legge Obiettivo del 2001. Un contributo pluriennale di 60 milioni annui dal 2009, che dovrebbero diventare 150 dal 2010, e che permetteranno di avviare qualche cantiere. Per renderli più veloci vengono rispolverati due provvedimenti già previsti nella Legge Obiettivo ma che avevano avuto scarso successo: ogni progetto sarà “sorvegliato” da un commissario ad hoc e non potrà più essere fermato da eventuali ricorsi al Tar (art.20).
- Trasporti e Infrastrutture 2 / Alle ferrovie, agli edifici scolastici e ai musei dirottati i fondi Fas. Il Dl 185 recupera risorse per gli investimenti del Gruppo Ferrovie dello Stato: 960 milioni di euro. In più 480 milioni di euro all’anno per tre anni subordinati alla stipula dei nuovi contratti di servizio con le Regioni. Ma sono risorse prese dal Fas (Fondo per le aree sottoutilizzate), per cui esiste un preciso vincolo di destinazione che potrebbe pregiudicarne l’utilizzo. Devono infatti rispettare le ripartizioni previste dalla delibera del Cipe per il triennio 2006-2009: l’85% delle risorse alle regioni del sud e il 15% al nord. E sempre dai fondi Fas vengono le risorse previste per risanare carceri, scuole, musei, per l’occupazione e la formazione. Ovviamente sempre secondo il criterio che prevede la destinazione dell’85% al Sud.

Iniziative
- Clima / Domani 11 dicembre manifestazione a Roma. Legambiente, Assolterm e decine di altre associazioni saranno in piazza Montecitorio per chiedere il ritiro del provvedimento che taglia gli incentivi alle fonti rinnovabili e all’efficienza energetica. Appuntamento alle 11.
- Territorio / Il 18 dicembre convegno “I parchi che vogliamo”. A 17 anni dalla L. 394/91, Legambiente discute sullo stato delle aree protette in Italia con amministratori di parchi, sindaci, ambientalisti, ricercatori, rappresentanti del mondo agricolo, venatorio e della pesca, imprenditori, operatori turistici, parlamentari e rappresentanti delle regioni, degli enti locali e del governo. Dalle 10 alle 17 al Pio Sodalizio dei Piceni, piazza di San Salvatore in Lauro 15, Roma.
- Territorio 2 / I parlamentari per Tuvixeddu (CA). L’osservatorio Parlamentare su Tuvixeddu, nato dalla iniziativa dei senatori Della Seta e Sanna e degli onorevoli Melis e Schirru, ha scritto al Ministro Bondi per chiedere un incontro urgente e ribadire la necessita di attuare tutte le misure per tutelare e salvare dalla cementificazione la più grande necropoli punico romana del Mediterraneo.

Approfondimenti
- Clima / Summit mondiale di Poznan. Otto mosse "salva clima” che Legambiente presenta in un dossier elaborato in occasione della Conferenza sul clima di Poznan (1 – 12 dicembre) per fare il punto sulla situazione globale e sul cronico ritardo italiano. Scarica il dossier.
- Clima 2 / Dossier “I sussidi che fanno male al pianeta”. Legambiente e la Campagna per la Riforma della Banca Mondiale (Crbm) presentano sette esempi per capire perché i finanziamenti pubblici a fossili e nucleare danneggiano il clima e condannano il Sud del mondo.
- Clima 3 / Il Governo inglese chiama alla mobilitazione popolare. Nella settimana conclusiva del vertice di Poznan e mentre a Bruxelles si lavora per un accordo europeo su clima e energia, il ministro Ed Miliband lancia un appello alle associazioni ambientaliste perché facciano pressione sui governi in vista dell’appuntamento di Copenhagen nel dicembre 2009.
 

 

LA REPUBBLICA - MERCOLEDI', 10 dicembre 2008 

 

 

"Kyoto sempre più lontana" - L'Italia e la riduzione della CO2


Il nostro Paese si piazza al 44esimo posto su 57 nel Climate change performance index. Legambiente: "Disastroso"
ROMA - Gli obiettivi del Protocollo di Kyoto? Sono sempre più distanti per l'Italia. Il nostro Paese prende voti scarsi nella lotta al surriscaldamento globale e, quel che è peggio, la soglia della sufficienza si allontana di anno in anno. A dare un giudizio negativo sulla performance italiana in quanto a misure per la riduzione dei gas serra è il rapporto internazionale Climate change performance index del German Watch, che mette l'Italia al 44esimo posto nella classifica dei 57 Stati a maggiori emissioni di CO2, cioè quelli che producono il 90% dei gas serra a livello mondiale.
In caduta libera. Nello studio, che si sofferma sugli interventi positivi e strutturali di ogni singola nazione nel campo del riscaldamento, l'Italia si piazza nel gruppo di coda e perde terreno rispetto alla scorso anno, quando era 41esima. Davanti a noi, India e Brasile. Poco dopo, Paesi noti per essere "grandi inquinatori" come la Polonia e la Cina. E comunque rimaniamo ben lontani dal terzetto di punta delle prime in classifica: le virtuose Svezia, Germania e Francia. Nelle ultime posizioni ci sono invece Arabia Saudita, Canada e Usa.
"Disastroso". Così Legambiente, una delle associazioni ambientaliste che hanno collaborato alla stesura del rapporto, definisce il nostro piazzamento, "che rispecchia il cronico ritardo nel raggiungimento degli obiettivi fissati dal Protocollo di Kyoto".
Le cause. A determinare questa situazione hanno contribuito l'assenza di una strategia complessiva per abbattere le emissioni di CO2, una politica energetica che punta sull'aumento dell'uso del carbone - una fonte non pulita - e il deficit di trasporti a basse emissioni. Non solo: su di noi pesa la constatazione che nella Ue siamo uno degli Stati dove i gas serra sono cresciuti di più rispetto ai livelli del 1990 (+9,9%). E questo in barba al taglio del 6,5% imposto dal trattato internazionale.
Punti di forza a rischio. Legambiente osserva che a salvare l'Italia dagli ultimissimi posti della classifica sono state "le poche ma importanti misure adottate in questi anni, come il conto energia per la promozione del fotovoltaico o gli incentivi del 55% per l'efficienza energetica". Ironia della sorte, fa notare Legambiente, queste sono proprio le misure finite nel mirino del governo, "che dopo aver eliminato l'obbligo della certificazione energetica degli edifici, ha tagliato il 55%".
Prospettive future. Il rapporto del del German Watch ipotizza che il giudizio in futuro potrebbe persino peggiorare e non lesina sulle critiche al comportamento del nostro Paese nei negoziati in corso sul pacchetto energia e clima dell'Unione Europea. Insieme alla Polonia, infatti, l'Italia si merita il giudizio più negativo sul piano internazionale per i ripetuti tentativi di sabotare il pacchetto. Come dire, abbiamo incassato anche uno zero in condotta.

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 10 dicembre 2008 

 

 

Rigassificatore, Gas Natural spinge sui tempi  - Gli spagnoli vogliono avviare l’impianto nel 2013, ma manca ancora l’ok dell’Ambiente

NUOVO CONFRONTO CON COMUNE E REGIONE
I grandi volumi di terra che verranno scavati nell’area ex Esso per costruire il rigassificatore progettato da Gas Natural potrebbero essere depositati nelle casse di colmata, previste dal piano regolatore del porto nel vallone di Muggia, per la costruzione di nuove banchine. Una soluzione, questa, che permetterebbe di limitare gli spostamenti di notevoli quantità di terra e di ridurre i relativi costi.
Si è parlato anche di questo aspetto, ieri pomeriggio in municipio, nell’incontro tra il sindaco Dipiazza e una delegazione di Gas Natural Italia guidata dal «country manager» Daniel Lopez Jordà, in cui è stato anche ricordato l’interesse del gruppo Lucchini Severstal a utilizzare il gas prodotto dall’impianto per alimentare la centrale elettrica da 400 Mw che il gruppo siderurgico intende realizzare nell’area della Ferriera.
I due progetti potrebbero in effetti procedere di pari passo. Gas Natural Italia prevede infatti di aprire i cantieri nella prima metà del 2010, e di avviare il rigassificatore dopo 40 mesi di lavori, vale a dire entro il 2013. Secondo i piani del gruppo Lucchini Severstal, la centrale elettrica dovrebbe essere operativa non prima del 2012.
«Gas Natural si aspetta di ricevere il decreto sulla valutazione d’impatto ambientale a gennaio – commenta il sindaco – o al più tardi nei primi mesi del nuovo anno. Solo dopo l’emanazione del decreto inizierà la trattativa sulle ricadute per la città e la nostra economia».
L’iter del decreto, che dovrà essere firmato dal ministro dell’Ambiente Prestigiacomo, non registra novità da diversi mesi. Il parere favorevole della commissione Via risale infatti al giugno scorso.
Manca invece ancora il parere del ministero dei Beni culturali, che sul tema rigassificatore ha richiesto più volte il parere alla Soprintendenza regionale. Quest’ultima, come riferiamo a fianco, lo ha recentemente modificato il suo «no» condizionandolo ad alcune prescrizioni. A quanto sembra, i rilievi avanzati dalla Soprintendenza sarebbero già stati integrati nel progetto che Gas Natural sta elaborando.
Va comunque ricordato che, nel caso il parere del ministero dei Beni culturali dovesse risultare negativo, e quindi in contrasto con quello del dicastero dell’Ambiente, le norme prevedono l’intervento della Presidenza del consiglio, che può avocare a sé la decisione con cui si autorizza la costruzione dell’impianto di rigassificazione.
Il gruppo spagnolo spinge intanto per accelerare i tempi, una volta che avrà ottenuto il decreto. E ieri lo ha fatto anche con l’assessore regionale alle Infrastrutture, Riccardo Riccardi, incontrato in mattinata.
«Mi hanno chiesto di convocare al più presto la conferenza dei servizi – dichiara l’assessore – dopo il formale arrivo della valutazione d’impatto ambientale. La conferenza farà capo alla direzione regionale per l’Energia e coinvolgerà una ventina di enti».
Ai rappresentanti di Gas Natural Italia, Riccardi ha confermato l’interesse della Regione alla realizzazione dell’impianto nell’area ex Esso, ribadendo che, per quanto di sua competenza, «intende accelerare l’iter necessario all’avvio dell’opera».
A Riccardi la delegazione della società ha confermato la «volontà di ”costruire” sul territorio il consenso alla costruzione del rigassifcatore, e di determinare con le istituzioni, sotto la regia della Regione, le posssibili ricadute economiche e sociali per l’area triestina e per l’intera regione».
Nel corso dell’incontro Gas Natural Italia ha anche precisato sia di voler aprire al sistema delle imprese della regione il capitale sociale della nuova società cui farà capo l’impianto di rigassificazione, sia di volerne fissare la sede legale a Trieste, versando così qui i tributi erariali.
La società in questione, alla quale Gas Natural International trasferirà materialmente il progetto, esiste già dal 2004 e si chiama Gas Natural Rigassificazione Italia (è una spa con sede a Roma), ma rimarrà una «scatola vuota» fintantoché non sarà iniziata la fase operativa del progetto.
Le ricadute della costruzione e del funzionamento del rigassificatore destano intanto sempre molto interesse fra le imprese della regione. Interpellato in merito, il presidente degli industriali del Friuli Venezia Giulia, Adalberto Valduga, ha infatti dichiarato che «il sistema industriale regionale è interessato sia all’investimento, per il fatto che si tratta di un’infrastruttura determinante, sia alla partecipazione di consumatori diretti (aziende che consumano grandi quantità di gas e le utility che lo distribuiscono e vendono ai cittadini), in quanto l’utilizzo del gas prodotto dall’impianto può consentire significativi risparmi che possono dare competitività al territorio».
L’investimento complessivo che il gruppo spagnolo ha pianificato per realizzare l’impianto nell’area ex Esso ammonta a 600 milioni di euro. A regime il rigassificatore, che avrà una potenzialità di 8 miliardi di metri cubi all’anno, occuperà un’ottantina di persone, creando un’indotto di 300-400 posti di lavoro.
Oltre ai possibili utilizzi del gas da parte della centrale elettrica progettata da Lucchini-Severstal, altri sviluppi potrebbero derivare dalla produzione di frigorie che si generano nella conversione del gas dalla fase liquida a quella gassosa, frigorie utilizzabili per la realizzazione di una catena del freddo nella vicina zona industriale.
GIUSEPPE PALLADINI

 

 

RIGASSIFICATORE - Greenaction: c’è il sì della Soprintendenza  - Gli ambientalisti: parere modificato, ma pesano quattro condizioni

La Soprintendenza regionale ai Beni architettonici e paesaggistici ha modificato il parere negativo già espresso per quattro volte nei confronti del terminale di rigassificazione proposto dalla società Gas Natural nell’area ex Esso del porto.
Lo ha reso noto ieri l’associazione ambientalista Greenaction transnational. Il parere positivo, che risale allo scorso 4 dicembre, è condizionato però da alcune prescrizioni per ridurre l’impatto paesaggistico e ambientale.
In particolare, secondo le ultime indicazioni, i due serbatoi del terminale dovranno essere parzialmente interrati per non superare l’altezza di venti metri, mentre la loro ubicazione dovrà essere modificata per non intaccare le aree verdi presenti e quindi dovranno essere realizzati nel corpo della discarica priva di vegetazione.
La linea di costa non potrà essere modificata e tutte le opere a mare dovranno essere arretrate verso l’attuale linea di costa, riducendo alla metà la loro lunghezza rispetto al progetto proposto.
La Soprintendenza ribadisce che dovrà comunque essere rispettata la volontà della confinante Repubblica di Slovenia, che ha già manifestato la sua opposizione alla costruzione dell’impianto visto il pesante impatto ambientale transfrontaliero.
 

 

Diossina, in regione 103 tonnellate di carne a rischio  - Sequestri in tre stabilimenti. Il Consorzio San Daniele: «I nostri prosciutti sono in regola»

ALLARME SULLE IMPORTAZIONI
TRIESTE L’allarme diossina non risparmia né Trieste né il Friuli Venezia Giulia. Sono 103 le tonnellate di carne suina di origine irlandese importate a partire dal 1° settembre e finite nella «lista nera»: sono contaminate, o comunque ad alto rischio, e quindi non devono raggiungere il mercato.
Ne dà conferma, nel giorno in cui l’allarme che ha colpito mezza Europa si estende alla carne bovina, la Regione. Renato Coassin, direttore del servizio di sicurezza alimentare, igiene della nutrizione e sanità pubblica veterinaria, invita tuttavia a non drammatizzare: spiega che la «caccia» alle carni infette o sospette ha già avuto successo, aggiunge che i sequestri sono scattati e hanno interessato tre stabilimenti del Friuli Venezia Giulia. «Premesso che il rischio per i consumatori è limitato perché la diossina, al pari di tutti i contaminanti, agisce su grandi quantità, abbiamo rintracciato quasi tutti i 103mila chilogrammi» dichiara il direttore del servizio regionale.
Neppure Coassin, però, può negare che una pur piccola quantità di carne suina irlandese - inferiore ai 5mila chilogrammi - dev’essere ancora recuperata: nessuno può escludere, anche se sinora i controlli dei Nas hanno dato esito negativo, che sia finita sugli scaffali. «Ma già domani mattina (oggi, ndr) dovremmo avere il quadro completo» sostiene il direttore del servizio di Sicurezza alimentare.
La Regione, di sicuro, non ha perso tempo: l’allerta rapido, il sistema europeo che scatta quando c’è una contaminazione di prodotti alimentari che rappresenta un grave rischio per la salute umana, è stato trasmesso domenica sera da Roma. E sempre da Roma, ieri mattina, è arrivata la lista di commercializzazione, quella che indica dove, come e quando sono entrate le partite di carne irlandese: «Le partite importate in Friuli Venezia Giulia, pari a 103mila chilogrammi, sono tutte imputate. Nemmeno le campioniamo, quando le troviamo, ma le poniamo sotto sequestro in attesa che l’Irlanda se le riporti via, come prevedono le normative» spiega Coassin.
Subito dopo, aggiunge che la Regione - non appena ricevuta la segnalazione ministeriale - ha attivato i servizi veterinari delle Aziende sanitarie, preposti a togliere dal mercato le carni contaminate o sospette. I controlli hanno interessato tre stabilimenti del Friuli Venezia Giulia - quelli che dal 1° settembre a oggi hanno ricevuto più partite dall’Irlanda - e hanno già portato al sequestro di oltre 40 mila chilogrammi di carne e all’individuazione di gran parte degli altri 63 mila. Solo 24 mila chilogrammi, infatti, sono stati lavorati e trasformati - vuoi in prosciutto vuoi in fettina - e, di questi, appena il 10/20 per cento è stato commercializzato e potrebbe essere in vendita. Il condizionale, però, è di rigore: «Gli stessi stabilimenti - ricorda Coassin - hanno l’obbligo di richiamare il prodotto e quindi i committenti potrebbero essere già stati avvisati e aver ritirato la merce».
Il Consorzio del prosciutto di San Daniele, intanto, scende in campo. E rassicura i consumatori: i maiali usati per produrre il celeberrimo prosciutto sono nati e allevati in Italia e possono mangiare «per legge» solo determinati alimenti prevalentemente di origine vegetale. Non solo: i controlli sui prodotti Dop sono rigorosi, dalla nascita alla macellazione, e quindi il rischio diossina non esiste.
L’emergenza, tuttavia, non rientra. Anzi, si estende: la Regione, oltre a completare il sequestro di carne suina, deve infatti occuparsi di effettuare controlli a campione sul 25% dei bovini in entrata dall’Irlanda. L’ordine, ufficiale, è arrivato ieri pomeriggio. Ancora una volta da Roma.
ROBERTA GIANI

 

 

Maiale alla diossina, intensificati i controlli  - I supermercati: nessun allarme, smercio normale. Cartello da Bosco: «Carne italiana»

NEMEZ (CONSUMATORI): VERIFICARE SULL’ETICHETTA LA PROVENIENZA DELLA CARNE
«Consiglio ai consumatori triestini di controllare l’etichetta sulla provenienza delle carni di suino provenienti dall’Irlanda. Se è stampato il numero 24 vicino al codice a barre, quella carne non va bene».
Lo dice Luisa Nemez, presidente dell’Organizzazione tutela consumatori, che invita gli acquirenti ad aumentare i controlli e il livello di attenzione dopo l’ennesimo allarme alimentare relativo alla carne inquinata con la diossina. «Quello che accade con le truffe alimentari in questo periodo - dice Nemez - è sconvolgente. La gente deve abituarsi a controllare la provenienza dei prodotti, ma anche le aziende hanno l’obbligo di rispettare le leggi».
I carabinieri del Nas (Nucleo antisofisticazioni) hanno intanto intensificato a Trieste i controlli tanto nei supermercati quanto nei punti vendita autonomi. Le verifiche sono iniziate già nello scorso mese di settembre. E fin da qual momento ogni giorno vengono effettuati dei controlli sulla provenienza. «Ultimamente abbiamo attuato nuove verifiche anche a Trieste», spiegano dal comando regionale di Udine.
E che l’attenzione per l’eventuale presenza nelle rivendite di carne di maiale irlandese abbia fatto capolino in città lo si capisce dal cartello affisso ieri in alcuni supermercati, come al Bosco in via Settefontane: «Carne di maiale italiano». «Qualcuno ha chiesto informazioni e così abbiamo voluto rassicurarlo», spiegano alla macelleria delle Cooperative operaie di Largo Barriera.
Altri esercenti affermano di non avere avuto alcuna ripercussione negativa. Anche dal Despar di viale Miramare arriva una conferma: «Abbiamo lavorato normalmente. Nessuno si è preoccupato». E così anche all’Eurospesa di via Raffineria: «Non c’è stata alcuna preoccupazione. Nessuno ci ha fatto domande».
L’allarme è scattato pochi giorni fa. L'iniziativa adottata da Bruxelles rappresenta una misura precauzionale che viene attivata ogni volta che si registrano, ovunque nei 27 Paesi membri, problemi di un certo rilievo riguardanti la catena alimentare ed è destinata a garantire la protezione della salute pubblica.
 

 

Energia pulita sulle navi Fincantieri  - A Civitavecchia la prima banchina pilota del Mediterraneo

PROGETTO CON ENEL PRESENTATO A VENEZIA
VENEZIA È un progetto che permetterà alle navi da crociera di spegnere, quando sostano in porto, i generatori elettrici di bordo e di utilizzare energia prodotta da fonti rinnovabili (energia eolica e fotovoltaica in particolare) eliminando così le emissioni gassose.
Lo ha presentato ieri al Seatrade-Med di Venezia, la più importante convention europea delle crociere e dei traghetti, Fincantieri in collaborazione con l’Autorità portuale di Civitavecchia ed Enel. E a Civitavecchia, infatti, che sarà realizzata, con una spesa di 7-8 milioni di euro, una banchina pilota di questo tipo, la prima in Mediterraneo. «Ma a tutte le navi che usciranno da Fincantieri - ha annunciato l’ingegner Maurizio Cergoglia - avranno questa possibilità di connessione».
Fincantieri ha apportato al progetto l’esperienza maturata nei sistemi di generazione e distribuzione elettrica attraverso la costruzione delle navi e così Enel ha potuto predisporre la rete di terra. Il progetto pilota è partito a Civitavecchia perché è oggi il porto leader del Mediterraneo per le crociere con oltre mille navi e un milione e 800.000 crocieristi nel 2008.
(s.m.)

 

 

«Per Villa Rosa serve un vincolo totale» Italia Nostra chiede alla Soprintendenza di ampliare la tutela - PROTETTA LA SOLA FACCIATA

Italia Nostra, con la sua presidente della sezione triestina Giulia Giacomich, prende carta e penna per esternare al soprintendente Guglielmo Monti e al direttore regionale per i beni culturali e paesaggistici Roberto di Paola di essere «molto dispiaciuta» per il futuro tracciato dalla stessa Soprintendenza per Villa Rosa. Il pregevole edificio di via Manna, ex sede della Glasbena Matica, da tempo al centro di un progetto che prevede al suo posto la costruzione di una nuova palazzina a cinque piani, sarà tutelato dalla Soprintendenza con il solo «vincolo parziale». Vale a dire che a essere tutelata sarà la sola facciata di Villa Rosa. E «questo - scrive Italia Nostra - dopo che alla villa era stato riconosciuto il valore culturale di bene storico meritevole di tutela e dopo che gli interni erano stati colpevolmente distrutti».
«A nostro parere - aggiunge l’associazione ambientalista - il vincolo parziale corrisponde di fatto a un'autorizzazione alla demolizione, in quanto la facciata diverrebbe un simulacro insignificante dell'edificio storico». Di qui la richiesta alla Soprintendenza, affinché «mutando parere si risolva a imporre un vincolo totale, in quanto l'edificio ha una sua struttura d'epoca che va mantenuta e non snaturata, può essere restaurato e riportato alla dignità di un tempo, almeno negli esterni. Ci spiace che il diritto alla tutela dei beni culturali, che il cittadino giustamente rivendica, sia spesso prevaricato da interessi economici di singoli», aggiunge Italia Nostra.
 

 

Interventi di riqualificazione energetica - DECRETO ANTICRISI - Recupero Irpef

Sono profondamente indignata per quanto sta accadendo nel nostro Paese. Mi riferisco al decreto-legge anticrisi del 28 novembre scorso.
L'articolo 29 di tale decreto in pratica annulla il recupero del 55% dell'Irpef spettante per interventi di riqualificazione energetica degli edifici. Tale agevolazione, già in vigore nel 2007, era stata prorogata a tutto il 2010.
In virtù di ciò tante persone come me si sono decise, dopo anni, ad effettuare lavori necessari e a lungo procrastinati, proprio contando sulla possibilità di usufruire dei benefici statali. Ma ecco che un paio di giorni fa, con un decreto-legge retroattivo, emanato a fine anno, tutto è svanito nel nulla.
Mancano i fondi o meglio si potrebbe pensare che i contributi destinati originariamente al recupero del 55% dell'Irpef siano stati dirottati altrove (il salvataggio di Alitalia?) e pertanto gli ingenui e ignari contribuenti che hanno eseguito lavori seguendo per filo e per segno quanto la legge stabiliva si trovano con un paio di mosche in mano, o meglio con dei soldi che non recupereranno mai più.
In effetti si calcola che soltanto un contribuente su dieci riuscirà a beneficiare dell'agognato 55%, tutti gli altri si dovranno accontentare del 36% spalmato su dieci anni, ma attenzione per un importo massimo di 48.000 euro.
Per la somma eccedente non si riceverà nulla. E questa è una doppia beffa perché gli interventi di risparmio energetico sono particolarmente onerosi.
C'è da chiedersi se l'Italia sia ancora uno stato democratico.
Mariagrazia Capelletti
 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 9 dicembre 2008 

 

 

L’Italia ottiene la revisione sulle energie rinnovabili. La Merkel si è detta decisa a dare battaglia

IL PACCHETTO CLIMA-ENERGIA DISCUSSO A BRUXELLES  - Clima, Frattini all’Ue: «Siamo insoddisfatti»
BRUXELLES L'Italia strappa a livello europeo la possibilità di rivedere nel 2014 gli obiettivi per le energie rinnovabili, avvicinando così le prospettive di un compromesso sul pacchetto clima-energia al vertice dei capi di stato e di governo della Ue di giovedì e venerdì prossimi.
L'annuncio dell'intesa è stato dato dal ministro Claudio Scajola al termine di una lunga giornata in cui - su tavoli diversi - il titolare dello Sviluppo economico e il ministro degli Esteri Franco Frattini hanno negoziato a Bruxelles per fare valere le richieste italiane di modifica delle misure europee.
«Abbiamo fatto progressi giganteschi, grazie al forte pressing del governo Berlusconi», ha detto Scajola. «Dobbiamo augurarci che la forte credibilità del presidente Berlusconi consenta di mantenere questo risultato», ha aggiunto, ricordando che ora bisogna convincere anche l'Europarlamento. I deputati europei, infatti, si sono finora espressi contro la clausola di revisione al 2014 della direttiva con cui l'Europa intende raggiungere l'obiettivo del 20% di consumi da energie pulite entro il 2020.
Nel testo di compromesso strappato ieri non si parla esplicitamente di «revisione», ma si chiede alla Commissione Ue di presentare nel 2014 un rapporto per proporre «adeguati adattamenti delle misure di cooperazione in modo da migliorare l'efficacia dell'obiettivo del 20%. Queste proposte non dovranno intaccare l'obiettivo generale del 20%, né il controllo degli Stati membri sui propri sistemi di sostegno e cooperazione nazionale».
Secondo l'Italia, il testo lascia sufficiente spazio per potere rimettere in discussione, qualora ce ne fosse bisogno, anche il target del 17% assegnato al nostro Paese nella ripartizione degli oneri a livello europeo, sulla base del Pil procapite. Roma vorrebbe un obiettivo definito sulle emissioni di Co2 procapite, che farebbe scendere l'impegno nazionale a quota 14%.
Secondo il ministro francese all'ecologia, Jean-Louis Borloo, il compromesso non mette invece in causa gli obiettivi nazionali «che restano intoccabili». Il testo è però sufficientemente ambiguo per non escludere del tutto questa eventualità e consente all'Italia di incassare un primo successo. Da Roma, il ministro dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo ha commentato con favore gli ultimi sviluppi, affermando che la presidenza francese sta andando «nella giusta direzione».
Restano però nodi importanti. Lo ha ricordato Frattini affermando che l'Italia è pronta «ad un compromesso, ma non ad ogni costo». Tra i punti irrinunciabili, le deroghe di salvaguardia per le industrie manifatturiere e la clausola per una revisione generale del pacchetto alla luce dei risultati della Conferenza mondiale sul clima di Copenaghen alla fine del 2009.
«Mercoledì la presidenza francese presenterà un nuovo compromesso e ci auguriamo che le nostre richieste vengano soddisfatte», ha detto Frattini, secondo il quale «si negozieranno anche le virgole». E l'Italia non è sola. «Ci sono altri Paesi europei che in modo assai più drastico di noi hanno detto oggi di non poter accettare il testo attuale», ha riferito il titolare della Farnesina. Tra questi la Gran Bretagna, che non vuol neppure sentire parlare di un fondo di solidarietà per aiutare i Paesi dell'Europa dell'Est, ancora prevalentemente dipendenti dal carbone, e la Germania. Il cancelliere tedesco Angela Merkel ancora ieri ha ribadito che giovedì a Bruxelles non accetterà «misure che mettano in pericolo posti di lavoro o investimenti in Germania». La Merkel ha spiegato la sua posizione in un'intervista al tabloid Bild provocando la dura reazione non solo dei Verdi, ma anche all'interno del suo stesso Partito. «Il summit Ue non passerà alcuna risoluzione per la protezione dell'ambiente che metta in pericolo posti di lavoro o investimenti in Germania», ha detto la cancelliera aggiungendo: «Mi occuperò personalmente di questo».
 

 

Diritti dell’uomo: domani i 60 anni  - Incontro con Amnesty international e concerto «Musica senza confini»

Ricorre domani il 60° anniversario della Dichiarazione dei diritti umani da parte delle Nazioni Unite. L’importante anniversario sarà celebrato anche a Trieste, con due iniziative. La prima è un incontro pubblico organizzato da Amnesty International, in collaborazione con la Provincia e il Dipartimento di Storia dell’Università. L’altra iniziativa si intitola «Musica senza confini» e si svolgerà fra Trieste e Sesana con l’adesione di Cgil, Cisl e Uil.
La manifestazione curata da Amnesty International è in programma alle 10 al Caffè degli specchi, in piazza Unità d’Italia, e sarà incentrata sui casi della Cecenia e di Guantanamo. A introdurre l’incontro sarà Giuliano Prandini, coordinatore di Amnesty international per la Federazione russsa.
Sulla violazione dei diritti umani nella Federazione russa sarà Tatiana Lokshina, vicedirettore dell’ufficio di Mosca di Human Rights Watch . Sul «caso Guantanamo» si soffermerà invece Ruhal Ahmed, britannico di origine pachistana, detenuto per più di due anni senza accuse a Guantanamo; la sua storia ha ispirato il film «Road to Guantanamo». Le conclusioni dell’incontro saranno tratte da Domenico Affinito, vicepresidente di«Reporters sans frontieres».
L’altra iniziativa, «Musica senza confini», è in collegamento con le manifestazioni della Tavola della pace e si inquadra nel Progetto interventi civili di pace. E’ stata concordata da un comitato formato dal Comune di Sgonico, dalla Provincia e da altri enti, con le associazioni Multicultura, Musica senza frontiere, Casa dei teatri e l’Ente italiano per la conoscenza della lingua e cultura slovena.
In mattina a Sesana sono previsti un incontro nella sala del Consiglio comunale e l’inaugurazione di una lapide dedicata a Danilo Dolci, poeta, pedagogo e pacifista, tre volte candidato al Nobel per la pace. Alle 18, invece, nel teatrino dell’ex Opp a Trieste, è in programma il concerto di «Musica senza confini», con il quartetto di clarinetti della scuola di musica di Sesana, il quartetto di flauti della Glasbena Matica, l’Henqueleth Brass Ensemble con gli allievi del maestro Ferrari al Conservatorio Tartini, e il coro del Collegio del Mondo Unuito diretto da Stefano Sacher.
 

 

 

LA REPUBBLICA - LUNEDI', 8 dicembre 2008 

 

 

Incubo spazzatura elettronica - 14 chili all'anno per abitante

Vecchi cavi, monitor in disuso, cellulari inutilizzati, ma anche frigoriferi, lavastoviglie e tv. L'Onu lancia un piano di intervento.

E anche in Italia si fa largo una nuova normativa per il riciclo e lo smaltimento
SAREMO presto sommersi da vecchi cavi, monitor in disuso, cellulari inutilizzati, ma anche da frigoriferi rotti, lavastoviglie arrugginite o televisori abbandonati. E come se non bastasse, lo tsunami di elettrodomestici obsoleti che si sta per abbattere su di noi porta con sé materiali tossici e sostanze chimiche come la plastica in Pvc, piombo, cadmio, e mercurio. Non lo dice Frate Indovino o il solito ecologista estremista. E' ciò che ci attende dietro l'angolo. Fra qualche anno. Ed è quanto sta già succedendo in alcuni paesi in via di sviluppo, ridotti a privata discarica del vecchio continente. Parola di Onu. Che per affrontare il problema dei rifiuti tecnologici (eWaste) ha lanciato e finanziato il corposo programma Step. In Italia, però, si sta facendo largo una nuova normativa per il riciclo e lo smaltimento. A cui si aggiungono iniziative di Legambiente e Compagnia delle Opere, fra gli altri, per favorire trasparenza e combattere lo spreco.
Il lato oscuro della tecnologia. Il volume dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (ufficialmente detti "Raee") ha raggiunto livelli allarmanti in tutto il mondo e in Italia. Il Bel Paese nel 2006 ne ha prodotto ben 800 mila tonnellate, di cui sono state raccolte 108 mila. Nello stesso periodo in Europa si sono prodotti 8-12 milioni di tonnellate di Raee. Mentre l'Onu stima tra i 20 e i 50 milioni le tonnellate di rifiuti hi-tech prodotti nel mondo: più del 5% di tutti i rifiuti solidi urbani generati nell'intero pianeta. E a farla da padrone, in futuro, saranno sempre più computer, tastiere, cellulari: insomma l'armamentario completo dell'uomo 2.0.
Un fenomeno inarrestabile. L'ong ambientalista Greenpeace calcola che nel 2010 saranno oltre 710 milioni i nuovi computer immessi sul mercato globale (erano 183 milioni nel 2004). Proprio mentre nei paesi industrializzati la vita media di un computer è calata dai 6 anni del 1997, ai 2 del 2005. Per non parlare dei cellulari: se nel 2004 ne sono stati venduti 674 milioni esemplari nel mondo, in Italia i telefonini che hanno trovato un padrone negli ultimi 12 mesi sono oltre 20 milioni, per una vita media di 4 mesi. Tanto che in ogni famiglia rimangono abbandonati nei cassetti dai 2 ai 4 cellulari. Ma non basta. A questi prodotti vanno infatti aggiunti grandi e piccoli elettrodomestici, apparecchiature di illuminazione, giocattoli ed apparecchiature per lo sport e per il tempo libero, dispositivi medici e molto altro.
Le principali rotte dei rifiuti tecnologici. Oggi si raccolgono in modo separato meno di 2 kg. di Raee pro-capite all'anno in Italia, contro una media europea di 5 kg ed una produzione di rifiuti elettronici di circa 14 kg per abitante. E il resto: dove va a finire?
Greenpeace stima che il 75% dei rifiuti europei seguano "flussi nascosti". La percentuale sale all'80-90% nel caso di Raee prodotti negli Stati Uniti. Scarti che fuggono al controllo delle autorità competenti per ricomparire come d'incanto in discariche incontrollate in Africa, Ghana in primis, oppure in riciclatori clandestini in Asia. Dove i lavoratori, spesso bambini, sono esposti ai rischi legati al cocktail di composti chimici che questi rifiuti contengono e sprigionano quando trattati in modo rudimentale e senza protezioni. Nessuna novità, quindi, se come sostiene l'Onu i paesi in via di sviluppo triplicheranno la produzione di Raee nei prossimi 5 anni.
La guida dei produttori più virtuosi. Sempre Greenpeace ha pensato bene di prendere di mira le più importanti software house a stelle e strisce. Dall'agosto 2006, quasi ogni mese, l'associazione ambientalista redige la sua classifica delle aziende più o meno virtuose, di cui è appena uscita l'edizione di dicembre 2008. Fra i criteri adottati per stilare l'elenco compaiono: la presa in carico dello smaltimento del prodotto, l'uso di materie riciclabili, l'assenza di composti chimici tossici. E sorpresa: la società più attenta agli aspetti ecologici del proprio prodotto risulta essere la Nokia, col punteggio, però, di appena 6.9 punti su 10, seguita da Sony Ericsson, Toshiba e Samsung (5.9). Mentre agli ultimi posti si trovano Nintendo (0,8), Microsoft (2,9), Lenovo (3,7) e Philips (4,1). E in mezzo altri colossi del calibro di Motorola (5,3), Panasonic (5,1), Acer e Dell (4,7), Hp (4,5), e Apple (4,3).
Eppure qualcosa si muove anche in Italia. Il recente accordo siglato il 18 luglio fra l'Associazione dei Comuni Italiani (Anci) e il Centro di Coordinamento Raee (istituito grazie al Decreto legislativo 151 del 25 luglio 2005), ha sancito infatti il definitivo passaggio della competenza sulla gestione dei rifiuti tecnologici dai Comuni ai produttori. Dalle istituzioni, quindi, alle aziende, riunite in consorzi per lo smaltimento o riciclo dei prodotti. "I primi risultati sono incoraggianti - ha spiegato Giorgio Arienti, Presidente del Centro, in occasione della recente fiera Ecomondo di Rimini organizzata da Legambiente - ma resta ancora da fare". Prima fra tutti mettere mano alla normativa: lo stesso decreto legislativo attende i decreti attuativi dal 2005, sistematicamente rinviati di anno in anno, in calendario per il 31 dicembre di quest'anno. Ma anche a guardare i risultati fin qui raggiunti, la strada è ancora molto lunga. Per quanto riguarda, infatti, l'attività di raccolta effettuata dai sistemi collettivi presso i soli centri di raccolta iscritti al Centro di Coordinamento, nel periodo compreso tra il primo gennaio e il 30 settembre 2008 sono stati ritirati 33mila tonnellate di Raee. Troppo poco se paragonate alle 800mila del 2006, ultimo dato complessivo di rifiuti prodotti a disposizione.
L'esempio del Banco Informatico. Al pare dei suoi più conosciuti e seguiti omologi, il Banco Alimentare (che in questi giorni ha celebrato al sua giornata nazionale di raccolta) e il Banco Farmaceutico, il Banco Informatico Tecnologico e Biomedico (BITeB) mira a raccogliere attrezzature d'ufficio come pc, monitor, e stampanti, usati ma funzionanti, per poi donarli a scuole, università, opere sociali, istituti di formazione in paesi in via di sviluppo e in Italia. "Unici requisiti sono che il destinatario sia una onlus, e che dimostri di non essere in grado di acquistare esemplari nuovi" dice il presidente del Banco Informatico, Stefano Sala, e aggiunge "in Italia ogni anno viene smaltito un milione di pc di cui il 10% sono ancora funzionanti, forse lenti, non aggiornatissimi, ma basta rinnovarli, reinstallare il sistema operativo e il gioco è fatto. Mandarli al macero sarebbe un vero spreco".
A chi gli fa notare che forse installando sistemi operativi GNU/Linux sui vecchi computer recuperati (come fanno ad esempio i gruppi di Trashware sparsi in tutti Italia), ridurrebbe la spesa e allungherebbe la vita dei pc, Sala risponde che la maggior parte delle volte è lo stesso destinatario a richiedere il sistema operativo di Microsoft: "Ormai il 60% dei computer che doniamo sono muniti di Windows - precisa - mentre il restante 40% ha Linux oppure è lo stesso destinatario che installa quello che preferisce".
Da agosto, infine, Banco Informatico si occupa anche di cellulari. In questo caso non importa che funzionino o no. Quelli che non funzionano, infatti, non vengono donati, ma spediti a un'azienda belga leader in Europa nel recupero di telefoni cellulari dismessi, la Ecosol, che ne estrarrà e separerà i metalli riutizzabili. In cambio il Banco riceverà un contributo economico non superiore ai 5 euro per ogni pezzo raccolto.
Un esempio non isolato in Europa, se proprio da un'altra azienda belga, la Brainscape Nv, è stato lanciato il sito Brainscape. eu, a cui hanno aderito l'ong italiana Coopi e quella internazionale Medici senza Frontiere. Anche in questo caso le due associazioni invitano i propri sostenitori a inviare loro i cellulari dismessi. Brainscape devolverà un contributo economico alle due non profit per ogni esemplare che riceverà.
RICCARDO BAGNATO
 

INQUINAMENTO - Lo smog minaccia la virilità - Una ricerca inglese rivela: in diminuzione il lato maschile di animali e uomini - Adesso il potere è femmina

LONDRA - Ciao maschio, stai diventando una maschia. Non è una battuta di spirito. È la conclusione del più ampio studio mai condotto sul cambiamento di genere sessuale, da cui risulta che l'esposizione a una serie di agenti chimici ha "femminizzato" gli esemplari maschili di ogni classe di vertebrati, dai pesci ai mammiferi, compreso l'uomo.
Gli studiosi hanno compilato un elenco di daini senza testicoli, pesci maschi che ovulano, orsi ermafroditi, alligatori con il pene sempre più piccolo, orche e balene a corto di spermatozoi. La ricerca afferma che il fenomeno minaccia di mutare precipitosamente il corso dell'evoluzione, rischia di provocare la scomparsa di numerose specie animali e fa suonare un campanello d'allarme anche per gli esseri umani.
"Se vediamo problemi di questo tipo negli animali selvatici, dobbiamo preoccuparci seriamente che qualcosa di simile stia accadendo a una rilevante proporzione di uomini", dice il professor Lou Gillette della Florida University, uno degli scienziati coinvolti nello studio.
Commissionato dalla ChemTrust, un'associazione britannica che si batte per denunciare gli effetti nefasti dell'inquinamento chimico, e anticipato ieri dal quotidiano Independent di Londra, il rapporto riunisce i risultati di oltre 250 studi accademici sull'argomento condotti in tutto il mondo. Si concentra principalmente sugli animali che vivono in libertà, ma cita anche casi specifici riguardanti l'uomo, come una ricerca della University of Rochester che ha dimostrato come i bambini nati da madri con un aumentato livello di ftalato, un acido chimico, hanno maggiori probabilità di avere il pene più piccolo e i testicoli che non scendono.
Altre ricerche di questo tipo hanno evidenziato che i maschi di madri esposte a certi agenti chimici crescono col desiderio di giocare con le bambole e col servizio da tè invece che con giocattoli "maschili". Inoltre varie comunità inquinate con fattori chimici ritenuti fonte di cambiamento di genere sessuale, in Canada, in Russia e in Italia, hanno dato nascita a un numero di femmine doppio della norma. Per tacere del fatto che il numero di spermatozoi sta scendendo su tutta la linea. "Sommando tutti questi dati", commenta il professor Nil Basu della Michigan University, "abbiamo prove piuttosto evidenti degli effetti che esistono anche sull'uomo".
Ma i dati sugli animali sono ancora più impressionanti. Il rapporto parla di coccodrilli maschi, esposti a pesticidi nelle paludi delle Everglades in Florida, con un minore livello di testosterone, un maggiore livello di estrogeni, anomalie nei testicoli, pene più corto del normale e problemi di riproduzione. Parla di maschi di tartaruga nella regione dei Grandi Laghi con caratteristiche genitali femminili. Rivela che a due terzi dei daini dell'Alaska non scendono i testicoli, che al Polo sono stati trovati orsi ermafroditi, e quelli che restano maschi hanno uno sperma ridotto e il pene più piccolo. Metà dei pesci di sesso maschile nei fiumi britannici hanno un'ovulazione nei testicoli.
Per tutto questo, il rapporto accusa più di 100 mila agenti chimici, presenti nel cibo, nei prodotti elettronici, nei cosmetici, nei pesticidi, che "indeboliscono" il genere maschile, femminizzandolo.
ENRICO FRANCESCHINI
 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 8 dicembre 2008 

 

 

A Pedena proteste contro la Rockwool Forse nuovi test  - ALLARME AMBIENTALE

ALBONA Per due sere di seguito centinaia di abitanti di Sottopedena e dintorni hanno manifestato in maniera spontanea dinanzi alla Fabbrica di lana di roccia della danese Rockwool a causa dell'inquinamento atmosferico che provocherebbe, secondo le loro testimonianze, difficoltà respiratorie e forti irritazioni della gola e del naso. «Da quando la fabbrica ha aperto i battenti - sostengono i manifestanti - invece di portare il benessere economico come promettevano i politici, sta rendendo la nostra vita un inferno e trasformando la località in una vallata di lacrime». Prima dell'arrivo della Rockwool, quella di Sottopedena era una vallata fertile, rigogliosa nella quale cominciava a fiorire l'agriturismo ora cancellato causa l'aria sicuramente non più ideale. Chi si è indebitato per avviare l'agriturismo è venuto a trovarsi in una situazione a dir poco disperata, con il credito da estinguere senza aver combinato nulla. L'altra sera ai 350 e passa manifestanti si è unito il presidente della Regione Ivan Nino Jakovcic, da più parti accusato di esser stato proprio lui a portare la Rockwool in Istria. «Effettivamente si respira un’aria maleodorante, come di pneumatici bruciati» ha detto Jakovcic aggiungendo che la Regione a questo punto deve fare qualcosa per rendere respirabile l'aria nella zona. La manifestazione di protesta si è protratta fino a tarda ora, seguita a vista da una pattuglia della polizia. Si è verificato anche un incidente per fortuna senza conseguenze, sicuramente originato dalla grande tensione tra chi lavora in fabbrica e i dimostranti: un operaio che stava venendo al lavoro per il terzo turno si è diretto con l'auto a tutto gas verso un gruppo di manifestanti che ha fatto appena in tempo a scansarsi. Gli abitanti del luogo hanno fatto sapere che replicheranno ogni sera i cortei di protesta fino a quando la «Rockwool non se ne andrà». Dal canto suo la direzione aziendale risponde alle accuse sostenendo che le emissioni dalla ciminiera rientrano nei limiti degli standard ecologici,come dimostrerebbero i vari punti di monitoraggio. A favore di questa affermazione arriva anche la notizia diffusa dall' agenzia croata Hina secondo la quale l'Ispezione del Ministero per la tutela dell'ambiente non avrebbe riscontrato alcuna irregolarità di ordine ecologico. Si fa strada l’ipotesi di affidare un monitoraggio ambientale ad un'istituzione neutrale. La sezione croata del Comitato di Helsinki per i diritti umani ha promesso tutto il suo sostegno legale.
(p.r.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 7 dicembre 2008 

 

 

Riccardi: l’A4 ha superato la saturazione da Tir «I fondi Ue per la Ronchi-Divaccia aiuteranno trasferire le merci sulla rotaia»

TRIESTE L’Ue dà i fondi per la progettazione della Trieste-Divaccia e della Ronchi Sud-Trieste e l’assessore regionale ai Trasporti Riccardo Riccardi esprime soddisfazione per l’attenzione di Bruxelles.
«Il mio ringraziamento va in particolare al vicepresidente della Commissione Ue responsabile dei Trasporti, Antonio Tajani attento agli assi di trasporto ferroviari che interessano la prospettiva internazionale della nostra regione» sottolinea l'assessore. «Il grande impegno Ue è ovviamente rivolto alla Torino-Lione - evidenzia Riccardi - per connettere le economie mediterranee, quelle di Spagna e della parte meridionale della Francia, verso i nuovi mercati del Centro-Est Europa, ma tra le decisioni assunte oggi dalla Ue risulta inserita anche la tratta del Corridoio V ad Est di Budapest, con uno stanziamento di 8 milioni di euro per gli studi preparatori della Budapest-Nyiregyhaza, cioè per la linea ferroviaria che dalla capitale magiara raggiunge Zahanoy, al confine con l'Ucraina, e da qui la capitale Kiev».
«La grande direttrice su rotaia da Francia ed Italia verso Slovenia, Ungheria ed Ucraina rappresenta il fulcro di un nuovo sviluppo delle relazioni economiche e commerciali dell'Europa meridionale - osserva Riccardi - e, per la nostra regione, la possibilità di incrementare il ruolo della piattaforma logistica FVG, legando le linee marittime alla migliore modalità di trasporto merci su terra, considerato anche che il traffico pesante su strada è ormai al di là di qualsiasi tipo di saturazione (come le vicende sulla A4 dimostrano tangibilmente ogni giorno) e comunque destinato a crescere negli anni futuri».
 

 

Trieste ultima nella raccolta differenziata  - I VANTAGGI DEL RICICLO

È risaputo che Trieste ha il triste primato di essere una città in cui la raccolta differenziata dei rifiuti è di un misero 18% (3 volte esatte in meno che a Gorizia e Pordenone) e allo stesso tempo di avere una tassa per lo smaltimento (Tarsu) tra le più alte in assoluto della nazione. Neppure nella stragrande maggioranza dei luoghi destinati all’istruzione della gioventù (scuole ed istituti) si presagiscono grandi segnali di cambiamento tranne, forse, all’Università nuova ove in più punti nei piazzali interni troviamo le campane per la raccolta della carta.
Da tempo mi sono chiesto: come mai e se c’è una relazione tra i due «primati» sopra esposti e se è un bene tutto ciò per la collettività!? Ricordo a proposito che nel 1997, anno di uscita del «Decreto Ronchi», conobbi nel Pordenonese alcuni industriali lungimiranti che riciclavano quintali di scarti di lavorazione all’interno delle loro unità produttive avendone solo vantaggi economici. Infatti chi di loro si occupava di stampaggio ad iniezione di materie termoplastiche tritava in mulini gli scarti (sbavature, pezzi deformi…) per poi rimetterli nelle tramogge delle presse. Chi invece si occupava di lavorazione del legno massello si era dotato di una centrale termica centralizzata a trucioli in cui andava a bruciare tutta la segatura di scarto riscaldando tutti i reparti ed uffici. Potrei continuare dicendo che altri la centrale la avevano installata ad oli esausti e vi bruciavano, con opportuni filtri, i lubrificanti che venivano sostituiti nei tagliandi.
In merito credo si dovrebbero avviare delle campagne di sensibilizzazione nelle scuole per indicare la giusta via delle «tre R»: ridurre, recuperare, riciclare. Ne avremmo tutti da guadagnarci.
Fabio Dotta
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 6 dicembre 2008 

 

 

Pista ciclabile, prima di Natale la passatoia su via dell’Istria  - Sarà montata nella notte tra il 21 e il 22 dicembre davanti al Burlo

Park dell’ospedale chiuso, nell’area le operazioni di trasporto e deposito delle componenti
Un altro tassello verso la realizzazione della pista ciclabile, i cui lavori sono partiti ormai ben otto anni fa.
Prima di Natale il tratto di pista ciclabile realizzato a San Giacomo sarà collegato al resto del percorso, la cui totale ultimazione è prevista per la prossima primavera. Nella notte tra il 21 e il 22 dicembre, davanti all’ospedale infantile Burlo Garofolo, verrà montata la campata principale della passatoia metallica che svetterà sopra via dell’Istria a un’altezza di circa quattro metri. In questi giorni sono iniziate le operazioni di trasporto dei componenti del ponte e dei materiali necessari alla sua costruzione, che rimarranno nel parcheggio riservato ai visitatori della struttura sanitaria, per una quindicina di giorni.
«Stiamo rispettando le tempistiche che avevamo stabilito, per cui, tempo permettendo, prima delle festività il ponte sarà posizionato», spiega l’assessore provinciale ai Lavori pubblici Mauro Tommasini: «Le operazioni di montaggio della struttura sopraelevata verranno effettuate tra il 21 e il 22, di notte, dopo il passaggio dell’ultimo autobus, così da non creare problemi alla viabilità. In quelle ore il traffico è ridotto anche in un’arteria importante come via dell’Istria, quindi i lavori potranno essere eseguiti rapidamente. Inoltre, per non causare disagi all’ospedale, in seguito alla temporanea chiusura del nuovo posteggio per gli ospiti viene messa a disposizione degli utenti la vicina area di sosta privata. In questo modo è garantita la disponibilità di una quarantina di parcheggi».
La passatoia, realizzata completamente in metallo per abbattere i costi di manutenzione, risulterà lunga circa 140 metri. In questo modo verrà superato il problema del forte dislivello esistente tra il tratto di percorso a valle di via dell’Istria e quello a monte, senza dover far ricorso a scalinate. Data l’estensione del ponte, che sarà collaudato e dotato di ringhiere di sicurezza, la salita apparirà infatti dolce e potrà essere affrontata senza sforzo anche dai ciclisti meno allenati e dai bambini. Una volta conclusi i lavori davanti al Burlo, le operazioni si concentreranno nella porzione di pista che si snoda verso Campanelle e Giarizzole. Il tracciato dell’antica ferrovia, che un tempo collegava Campo Marzio ed Erpelle, verrà dunque ripulito dalla vegetazione e dalla sporcizia accumulatasi e delimitato con nuove recinzioni.
In questi giorni proseguono intanto la rimozione dei rottami di automobile presenti nell’ex deposito che sorgeva proprio sul tracciato del percorso ciclabile, nelle vicinanze di Campanelle e la riparazione della pavimentazione nell’area adiacente l’infopoint, tra le vie Orlandini e Ponziana. La costruzione della pista ciclabile è iniziata nel 2000, con la realizzazione della sezione tra San Giuseppe della Chiusa ed il confine con la Slovenia. Successivamente sono, poi, stati ultimati il sottopassaggio della strada provinciale di Prebenico, i posteggi di fronte al Burlo e in via Gramsci e i tratti urbani del percorso, da Campanelle a Sant’Anna e quello tra Raute e Cattinara. La totale conclusione del progetto è stata, però, notevolmente rallentata dalla presenza sul tracciato di un deposito di automobili, per rimuovere il quale la Provincia è ricorsa alle vie legali.
Mattia Assandri
 

 

Raccolta rifiuti a San Dorligo, nuovo appalto  - Il servizio è in scadenza a fine mese, il Comune stanzierà 300mila euro

SAN DORLIGO DELLA VALLE-DOLINA Un nuovo capitolo nella vicenda dei rifiuti di San Dorligo della Valle sta per aprirsi. Su proposta dell’assessore ai Servizi esterni Igor Tul gli uffici comunali competenti per l’area tecnica urbanistica hanno indetto una gara d’appalto per il servizio di raccolta dei rifiuti solidi urbani in scadenza a fine mese. Per l’esecuzione del servizio il Comune di San Dorligo corrisponderà alla ditta appaltatrice il canone annuo, corrispondente pari a 300mila euro, «oltre Iva in ragione di legge e agli oneri di sicurezza quantificabili nel 3% sull’importo a base d’asta».
La ditta appaltatrice potrà stipulare contratti integrativi con le singole utenze private per incremento delle frequenze di servizio e/o altri accordi nonché subappaltare i vari servizi legati alla raccolta dei rifiuti, lo stoccaggio, il trasporto e il conferimento all’inceneritore, come pure lo smaltimento e/o avvio al recupero dei rifiuti differenziati. Sarà così cura della ditta appaltatrice provvedere alla fornitura e posizionamento presso il Centro di raccolta comunale di contenitori per la raccolta differenziata. L’ente appaltatore gestirà poi l’ecosportello con compiti che andranno dal ricevere segnalazioni dalla cittadinanza alla ricezione delle denunce per cessazioni e trasferimenti di utenze alla gestione dei microchips transponder. La ditta appaltatrice dovrà infine provvedere a proprie cure e spese e con il proprio personale alla gestione del Centro di raccolta rifiuti comunale di Bagnoli, al quale si potranno rivolgere solo i cittadini del Comune di San Dorligo della Valle.
Questo il commento dell’assessore Igor Tul: «Abbiamo riscontrato che in passato spesso le diverse competenze tra i vari enti che gestivano la raccolta dei rifiuti e tutte le attività inerenti hanno creato spesso disagi ed è per questo motivo che vogliamo che ora ci sia un’unica ditta che abbia la gestione di tutto, escludendo il discorso dei rifiuti differenziati che verrà sempre seguito direttamente dal Comune». Molto duro il commento del consigliere d’opposizione Boris Gombac (Uniti nelle Tradizioni): «Mentre sta per partire il referendum per l’abrogazione del servizio porta a porta che ha prodotto solamente un accumulo di aumenti tariffari a carico dei contribuenti del Comune e fatto imbufalire la popolazione per i disservizi e l’imposizione autoritaria di immagazzinare in casa i rifiuti, l’amministrazione comunale, non sapendo dare una risposta al totale fallimento sull’applicazione dei microchips, ha deciso di appaltare quasi la totalità del servizio di nettezza urbana, cioè di privatizzare tale servizio, senza neppure presentare in Consiglio comunale tale progetto, come se si trattasse di un affare privato».
Questo invece il commento di Giorgio Jercog (Oltre il Polo Per San Dorligo): «Il discorso sui rifiuti è già materia di campagna elettorale da parecchio tempo. Personalmente non siamo favorevoli all’impostazione attuale del porta a porta che va corretto soprattutto per quanto concerne le tariffe, gli orari nel quale esporre i bidoncini e le dimensioni stesse dei bidoncini».
Riccardo Tosques
 

 

Via libera Ue al progetto della Trieste-Divaccia Da Bruxelles 1, 6 miliardi per i corridoi europei LE GRANDI RETI DI TRASPORTO

Costa: «La realizzazione delle grandi opere è una sfida pari all’ingresso dell’Italia nell’Euro»
VERONA Ci sono i soldi per la progettazione completa della tratta ferroviaria Ronchi-Trieste-Divaccia, quasi 150 milioni di euro. Ieri a Verona il vicepresidente della Commissione europea e Commissario ai trasporti, Antonio Tajani, ha firmato gli accordi con Italia e Slovenia e ha «distribuito» i soldi che l’Europa ha destinato a 11 progetti delle reti transuropee di trasporti (Ten-T) per oltre 1,6 miliardi. Dei 150 milioni destinati alla tratta ferroviaria circa 70 sono stanziati dalla Commissione europea. L’altra metà deve essere finanziata, in parti diverse, dallo Stato italiano e da quello sloveno. E ieri a Verona sia il ministro ai trasporti italiano Altero Matteoli che il sottosegretario ai Trasporti del governo sloveno, Igor Jakomin, hanno confermato che i soldi «ci sono tutti». Un’ulteriore conferma arriva anche dai tecnici delle Ferrovie italiane, in particolare dal protagonista della progettazione della tratta, l’ingegner Mario Goliani, triestino, presente a Verona, che ha ribadito: i contratti di programma sono finanziati.
Parte la Trieste-Divaccia. Nel 2009 parte la progettazione delle due tratte della Ronchi-Trieste e Trieste-Divaccia, si tratta comunque di qualcosa che è più di un progetto: questa opera è completa, contiene sia lo studio di fattibilità, che quello progettuale e quello cosiddetto esecutivo. La fine è prevista per il 2013, ma i cantieri per le opere potrebbero essere aperti già tra il 2011 e 2012, bisognerà fare una gara europea per l’appalto e soprattutto stanziamenti importanti. Per realizzare la Ronchi-Trieste servono 1 miliardo e 930 milioni di euro, per la Trieste-Divaccia invece 2 miliardi e 400 milioni. Bene sul versante a Est, male invece sulla tratta che da Mestre porta in particolare a Portogruaro e a Cervignano. Gli studi di progettazione sono finanziati, ma è tutto bloccato dai problemi locali. «Noi siamo pronti – sbotta l’ad delle Ferrovie Mauro Moretti – basta che non vengano fuori altri problemi sull’impatto ambientale dai vari territori. Tra Monfalcone e Trieste poi i problemi sono stati addirittura di provenienza divina...».
Direttrice Ovest-Est. E tra i punti ieri è emersa anche la sproporzione degli sforzi sulle infrastrutture (ferrovie ma anche strade) tra la direttrice Nord-Sud d’Europa e quella da Ovest a Est. Sul progetto prioritario 1 sono impegnati 59 miliardi di euro tra strade e ferrovie e di questi 35 sono su cantieri già aperti. Sul progetto prioritario 6 (che comprende il corridoio V) sono stanziati solo 38 miliardi di euro, 10,8 per strade e 27,1 su ferrovie, ma solo 6 miliardi riguardano oper cantierate. Il commissario Tajani ieri ha ribadito: «Oltre agli sforzi dei governi serve anche il contributo dei privati, faremo in modo di fornire tutte le garanzie necessarie agli investimenti con appositi strumenti di pianificazione» mentre il ministro italiano Matteoli ha parlato di «unico volano, quello degli invesimenti sulle infrastrutture, per far ripartire il paese e farlo uscire dalla crisi».
Undici progetti finanziari. Un volano che ieri l’Europa ha offerto non solo all’Italia e alla Slovenia, ma anche alla Francia, all’Austria, a Germania e Ungheria. Undici i progetti finanziati al termine del vertice di Verona che sarà ricordato come un evento. Tra in progetti quello sulla Torino-Lione e finalmente ieri i francesi con Matteoli hanno annunciato e descritto il percorso definitivo che tanto ha fatto discutere in Italia (4, 7 milioni più altri 672 circa per la sezione transfrontaliera), quello della galleria del Brennero (in totale 850 milioni), il nodo di Genova (5 milioni) e per gli studi preparatori della linea unghrese Budapest-Keleti/ Miskolc-Nyiregyhaza (8 milioni).
C’erano tutti i protagonisti delle reti transeuropee a Verona ieri riuniti dal presidente della Provincia, Elio Mosele, oltre a Tajani e Matteoli il coordinatore europeo del Progetto prioritario 1 (Nord-Sud) Karel Von Miert, l’ad delle Ferrovie Moretti, il presidente della Commissione Trasporti del Parlamento europeo Paolo Costa, il sottosegretario francese e quello sloveno ai Trasporti, Igor Jakomin originario di Portorose. Per la Trieste-Divaccia la Commissione europea ha stanziato 50,7 milioni. L’Italia dovrà mettere sul tavolo 22 milioni, la Slovenia 28,7. Per la tratta Ronchi-Trieste il contributo Ue è di 24 milioni, all’Italia è richiesta una spesa di altri 24 milioni.
Capodistria: intesa strategica. «Per noi è una doppia soddifazione – ha commentato Jakomin – il nodo ferroviario verso il porto di Capodistria è strategico. Come è strategica la collaborazione, che è strettissima, con gli italiani. Siamo lieti di lavorare assieme. Nel 91 avevamo soltano 50 chilometri di autostrade, abbiamo investito ed ora i chilometri sono diventati 470. Ora tocca alle ferrovie che hanno un ruolo vitale. Investiamo sul versante italiano ma abbiamo già fatto interventi su quello ungherese di Murska Sobota». Un cambio radicale di atteggiamento degli sloveni che in principio erano restii a fare invstimenti sulla rete ferroviaria. E da quanto si sa il governo sloveno sta lavorando in silenzio su altri progetti per velocizzare la realizzazione delle linee. «Oggi si può dire che abbiamo iniziato – commenta a margine – si tratta di investimenti così importanti che è difficile dire che siamo in ritardo. È quasi ultimata l’autostrada, Budapest è ormai vicinissima con i mercati dell’Est, quelli emergenti, ed ora si deve correre ancora con le ferrovie. Tutti noi che abitiamo in queste terre che io considero dell’Euroregione, dobbiamo esere contenti di questi progetti e del via ricevuto oggi».
Van Miert: rispettare i tempi. Per partire veramente però manca ancora un tassello, la Conferenza intergovernativa italo-slovena (Cig). Era in programma in dicembre, è slittata a gennaio (data da fissare) e probabilmente si terrà a Roma. Ma è tutto pronto e i rispettivi governi, si è saputo ieri, hanno già nominato i rappresentanti dei ministeri. A Verona si è tenuta nel pomeriggio la Cig tra Italia e Austria. Ma dal palazzo deella Gran Guardia che ha ospitato il vertice sulle reti transeuropee è arrivato anche un forte monito dai «padri» delle Ten, Karel Van Miert che ha richiamato su «tempi certi su programmi finanziari e risposte sulle valutazioni ambientali» e da Paolo Costa.
Costa: un atto di coraggio. «Ci servono 250 miliardi per completare tutte le reti - ha detto – sembra una cifra enorme ma non lo è. Serve un atto di corggio da parte di tutta l’Europa. Lo dico alla Merkel che governa la Germania. Abbia lo stesso coraggio che ha avuto Kohl quando è passato dal marco all’euro. Si può fare di più, creiamo un fondo sovrano europeo per realizzare queste infrastrutture con il contributo di tutti gli stati membri». Una cifra che non è irraggiungibile: in 10 anni, dal 1996 al 2006, l’Europa per realizzare le infrastrutture esistenti ne ha spesi già oltre 260 di miliardi.
GIULIO GARAU

 

 

TERNA  - Energia, brusco calo dei consumi in novembre

ROMA Brusco calo dei consumi elettrici, che a novembre hanno registrato una diminuzione del -6,3% rispetto allo stesso mese del 2007. La richiesta di energia in Italia è stata pari a 26,8 miliardi di kWh. Lo comunica Terna, la società che gestisce la rete elettrica. Il risultato ha risentito di un giorno lavorativo in meno (20 contro 21 del novembre 2007) e di una temperatura media mensile superiore di poco più di un grado e mezzo a confronto con lo stesso periodo dello scorso anno.
 

 

Sciopero dei bus, si torna a piedi a Melara - TRASPORTI E DISSERVIZI

Lunedì sera due poveri cristi, colti da un raptus di senso civico, hanno deciso di andare fuori a cena in città, e poi al cinema, usando gli autobus invece di posteggiare la macchina in seconda fila da qualche parte. Sono poi dovuti tornare a casa a piedi, a Melara purtroppo, 4 km e 200 metri di dislivello in salita, perché né alle 22.30, né alle 23, alcun autobus della linea A si è mosso da piazza Goldoni, Certo, potevamo sborsare 15 euro e farci portare a casa da uno dei taxi più cari del mondo che volteggiavano come avvoltoi attorno alla piazza: mai!
Cose di questo genere non devono, ma possono, accadere; tanto per dire, quella linea serve anche l’ospedale cittadino...
Qualcuno dice che si è trattato di uno sciopero. Sciopero? Ma se altri autobus andavano, se non c’era alcun avviso...
Mi risulta che nei servizi essenziali non si possa scioperare così, a singhiozzo, a chi capita capita...
Sono pienamente cosciente del fatto che i guidatori degli autobus hanno non una, ma cento buone ragioni per scioperare...
Ma chi si accorge di questi scioperi? Sono i due poveri cristi che d’ora in poi saranno vaccinati contro i raptus di senso civico... tanto nessuno, mai, mette multa alle auto in seconda fila... per motivi di consenso elettorale?
Facciamo almeno una cosa. Credo che l’Azienda trasporti riceva dei soldi per svolgere il suo servizio, dato che sappiamo che non basta, né qui né altrove, il ricavato dei biglietti... chiunque sia a pagare, Comune, Regione, non lo so, sappia che lunedì 1 dicembre il servizio non è stato erogato e trattenga il dovuto... almeno questo, per giustizia.
Paolo Privitera
 

Gas Natural  - REPLICA

Con riferimento alla lettera del signor Sergio Baldassi del 4 dicembre, desidero precisare che non era mia intenzione esprimere un concetto come quello contestato dal gentile lettore, ovvero che «solo in Italia accadono fatti del genere» con riferimento alle opposizioni al progetto di rigassificazione di Zaule.
Il mio ragionamento era molto più generale e faceva riferimento alle note difficoltà che, soprattutto negli ultimi anni sono emerse nel nostro Paese nel corso dei processi di realizzazione di impianti simili; non solo i rigassificatori, evidentemente.
Il Gruppo Gas Natural è presente in Italia dal 2002 e conosce molto bene il contesto italiano. Non è del resto parte della sua cultura fare affermazioni del genere.
E non è tanto meno nel mio interesse di italiano screditare la stessa cultura di cui sono parte o le caratteristiche del mio Paese, per quanto complesse o controverse esse siano.
Giuseppe Muscio - responsabile relazioni esterne Gas Natural Italia SpA
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 5 dicembre 2008 

 

 

Da Trieste a Budapest in cinque ore: aperto un tratto del Corridoio V

Santuz (Autovie) ha provato il percorso in auto: «È stato un viaggio nella nuova Europa»
Il presidente parla in Ungheria ai 280 imprenditori riuniti dalla Camera italo-magiara
BUDAPEST Da Trieste a Budapest in meno di 5 ore, poco più di cinquecento chilometri senza mai uscire dall’autostrada, un viaggio sul velluto, senza alcun confine, tra i paesaggi della Mitteleuropa. È più facile che andare a Milano.
Sciopero dei bus, si torna a piedi a Melara - TRASPORTI E DISSERVIZI
 
n pezzo importante del Corridoio cinque è già pronto: la slovena Dars ha aperto da un mese, senza tanto clamore (con oltre due mesi di anticipo) il tratto da Maribor a Pince in Ungheria. Da lì il lago Balaton è a un tiro di schioppo. A novembre in Friuli Venezia Giulia, per le infrastrutture che guardano a Est, tutto ad un tratto, è avvenuta una rivoluzione senza eguali: l’apertura della grande viabilità a Trieste che dista solo pochi minuti da Capodistria, ora il collegamento diretto con Budapest. A primavera, nel 2009, la Dars aprirà le gallerie che nella valle del Vipacco collegano Nova Gorica con Ajdussina e Razdrto (sotto il monte Nanos) e ci sarà la connessione con l’autostrada che porta a Lubiana. I mercati del Centro Europa sono a portata di mano già da alcune settimane.
«Oggi ho sperimentato cos’è l’Europa nuova, in cinque ore un’autostrada da Trieste mi ha portato a Budapest, sono passato dalla Slovenia all’Ungheria e non me ne sono accorto, senza che nessuno mi fermasse o mi chiedesse documenti. Signori, un pezzo importante del corridoio cinque è pronto». Le parole di Giorgio Santuz, presidente delle Autovie Venete, pronunciate dal palco dell’Istituto italiano di cultura a Budapest (l’edificio che ospitava ex parlamento ungherese, tra i più belli d’Europa) davanti a oltre 280 imprenditori italiani in Ungheria riuniti per la cena di Natale organizzata dalla Camera di commercio italo-ungherese, hanno suscitato un brusio. Non tutti erano informati che l’autostrada diretta era già aperta da settimane e, ad un tratto, il Friuli Venezia Giulia e l’Italia rappresentata all’evento dal nuovo ambasciatore, Giovan Battista Campagnola (in Ungheria da poco più di un mese) sono diventate vicinissime.
E sono diventati ancora più vicini, da quel momento, anche i già stretti rapporti che l’Ungheria ha con l’Italia. «Siamo il terzo partner per interscambio commerciale di questo paese che ci è amico» ha ribadito lo stesso Campagnola rivolgendosi ai numerosi sottosegretari del governo ungherese presenti alla serata italiana. Lo ha ripetuto anche al presidente della Camera di commercio Italo-ungherese, Alessandro Stricca, un triestino, che assieme al suo staff (triestini e friulani doc come il direttore Pietro Vacchiano) ringraziandolo per il lavoro di tessitura commerciale ed economica ormai fortissimo tra i due paesi.
«Questa è la grande Europa del futuro, una grande patria che si sta ritrovando per cultura ed economia, è la Mitteleuropa – ha aggiunto emozionato Santuz – Mi trovo in questa città che ha una storia comune con le nostre terre, che ha la stessa identità culturale e sto esprimendo quello che tutte le persone che vivono in queste terre sentono da tempo. Mi sento un cittadino di Budapest». Un grande applauso e poi i commenti a margine del presidente. «Mi ricordo ancora quando due anni fa l’ex governatore Riccardo Illy mi aveva chiesto di andare a vedere a che punto sono i lavori di costruzione della Maribor-Pince che collega l’Ungheria. Avevo incontrato i responsabili della Dars, erano molto avanti. Dovevano aprire nel 2009, sono riusciti a finire due mesi prima. Noi avevamo dato qualcosa come 90 miliardi con i finanziamenti transfrontalieri». Ora, nell’epoca del presidente Renzo Tondo, il secondo Blitz di Santuz che stavolta ha voluto percorrere per primo, personalmente, tutta la Trieste-Budapest. «La nomina di Tondo a commissario per la A4 ci permetterà di accelerare i tempi – conferma Santuz – con la Villesse-Gorizia si aprirà la seconda bretella del Corridoio 5. Ci prepariamo a trasformarla in autostrada e i cantieri si apriranno nel 2009. Il prossimo anno, in primavera, si aprirà anche la Ajdussina-Razdrto. Mancano pochi mesi, e già allora da Gorizia a Lubiana si arriverà in un attimo e sarà collegata direttamente pure Budapest».
GIULIO GARAU

 

Operai in Procura: basta falsità sulla Ferriera  - RACCOLTE 350 FIRME IN FABBRICA E ALLA SERTUBI

Secondo l’esposto i lavoratori esasperati da notizie «esagerate» potrebbero avviare una «protesta sociale»
Nei negozi li guardano male, in banca gli rifiutano il mutuo, in famiglia ci sono antipatiche discussioni, l’orgoglio del lavoro, della paga, del ruolo sociale sono a pezzi. I lavoratori della Ferriera sostenuti da Cisl e Uil (non dalla Cgil che ritiene questa una strategia inutile anche se i motivi che la dettano sono validi) si sono scocciati di essere la pallina da tennis che vola dalla bocca di un politico a quella dell’altro, dai volantini di un comitato ai siti di un altro, di essere «in chiusura» da quasi un decennio e indicati come «untori» per l’inquinamento in città. E con l’assistenza di due avvocati (Gianfranco Carbone e Fabio Petracci) depositano oggi in Procura un esposto di denuncia, allegando le dichiarazioni rese pubbliche nel tempo da tutti.
L’esposto fa base su un argomento delicato: l’ordine pubblico e il pericolo che sia messo a rischio per l’esasperazione degli operai. Potrebbero originarsi «legittime proteste - dice il testo - per la continua diffusione di notizie che possono essere considerate esagerate e tendenziose e, in molti casi, false». E in questi aggettivi andrebbe cercato il reato. Gli operai si sentono «abbandonati dalla politica» e questo potrebbe scatenare «protesta sociale» per «tutelare la propria dignità del lavoro e la propria famiglia». Sotto accusa «la leggerezza di tanti che nulla hanno da perdere e possono permettersi di divulgare qualsiasi notizia senza che ciò crei loro alcuna conseguenza sotto il profilo sociale o economico».
L’esposto ha raccolto in fabbrica e alla Sertubi 350 firme. L’iniziativa è stata presentata ieri nella sede della Cisl dal segretario provinciale Luciano Bordin col collega della Uil, Luca Visentini, assieme a Enzo Timeo (Uilm), Alberto Monticco (Fim-Cisl), e ai rappresentanti delle Rsu Umberto Salvaneschi (Fim-Cisl) e Franco Palman (Uilm), personale firmatario della denuncia. Si è detto che la fabbrica è in risanamento, sotto osservazione da tutte le istituzioni, che si può chiuderla o riqualificarla ma preparando i lavoratori a un nuovo lavoro per tempo e non dopo anni di cassa integrazione a 700 euro al mese (con la crisi che c’è). Sì a decisioni serie, insomma, «no all’essere usati come argomento e come alibi». Un ping-pong senza esito che nel frattempo «potrebbe far fuggire le migliori professionalità, mettendo allora sì a rischio la sicurezza degli impianti».
GABRIELLA ZIANI

 

FERRIERA - SCADUTI I TERMINI  - Protocollo romano, nessuna risposta

Ferriera, tre nuovi fronti. L’esposto in Procura dei lavoratori, di cui l’avvocato Gianfranco Carbone ha detto: «Non è possibile sostenere che più si corregge la fabbrica più inquina. Non è possibile che si usi la magistratura come ente dell’Inquisizione dove mandare una carta e sperare che succeda un nuovo casino. Gli operai non sono stracci da mettere da parte come paria. Hanno diritto come tutti alla dignità del loro lavoro».
Secondo fronte. La Cgil non ci sta. Antonio Saulle (Fiom-Cgil): «Non è con un esposto che si risolvono i problemi, presenteremo un nuovo documento dei dipendenti chiedendo un tavolo decisivo di confronto anche col governo. Il disagio dei lavoratori è certo, è una buona iniziativa quella di Cisl-Uil, ma non è utile. Se poi si rivelerà tale, tanto meglio».
Terzo fronte. Il 24 novembre sono scaduti i due mesi tassativi indicati dal protocollo governativo bipartisan scritto dal deputato Massimiliano Fedriga (Lega) per arrivare a un punto sulla chiusura della Ferriera. È successo qualcosa? Fedriga: «Proprio niente, non ho visto alcun piano. Sto preparando un’interrogazione al governo. Sì, noi siamo nella maggioranza. Ma per l’appunto: proprio alla maggioranza vanno date per prima risposte».
(g. z.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 4 dicembre 2008 

 

 

Una centralina monitorerà l’aria vicino alla Siot  - COLLABORAZIONE TRA AZIENDA ED ENTI

SAN DORLIGO-DOLINA L’installazione di una centralina mobile per il monitoraggio dell’aria in prossimità dello stabilimento Siot. Questo il risultato finale dell’incontro avvenuto tra il sindaco del Comune di San Dorligo della Valle-Dolina Fulvia Premolin, il direttore generale della Siot Adriano Del Prete e il direttore del compartimento provinciale dell’Arpa Fvg, Stellio Vatta.
L’input per questo confronto è stato fornito dalla continue lamentele da parte dei residenti che abitano nei pressi della Siot, infastiditi dai forti odori che provengono dallo stesso stabilimento. In passato verifiche sulle emissioni e sul livello della qualità dell’aria erano già state compiute, peraltro con esito negativo. «Credo che questo sia l’inizio di un percorso di collaborazione tra i vari enti interessati da questa situazione e che l’installazione di una centralina di rilevamento mobile sia la soluzione migliore per i nostri cittadini», ha commentato a margine dell’incontro il sindaco Premolin.
L’impianto entrerà in funzione nei primi mesi del prossimo anno e la Siot ha promesso di accollarsi le spese per l’installazione ed i collegamenti tecnici. La centralina sarà attiva «per quasi tutto l’anno» - ha spiegato la Premolin- «decisamente un bel passo avanti rispetto a quando abbiamo avuto un sistema di rilevamento in funzione solo per brevi periodi».
La vicenda degli odori provocati dalle sostanze trattate all’interno della Siot era giunta più volte anche all’attenzione del Consiglio comunale di San Dorligo della Valle. Uno dei consiglieri più attivi su questo fronte è stato Giorgio Jercog (Oltre il Polo Per San Dorligo, all’opposizione) che aveva ripetutamente chiesto l’installazione di una centralina permanente: «Questa notizia è sicuramente un passo avanti per risolvere la questione. Ora - commenta - staremo a vedere i valori che verranno analizzati e soprattutto gli esiti finali».
Riccardo Tosques
 

Gas Natural (1)  - ITALIA NOSTRA

Nell’edizione di domenica 23 novembre il quotidiano contiene alcuni articoli sul progetto del rigassificatore della Gas Natural a Zaule, che fanno seguito a un articolo pubblicato il giorno prima, dove veniva annunciata la conferenza stampa tenuta da un gruppo di associazioni e comitati e si anticipavano i contenuti di un’esposto inviato alla procura della Repubblica.
Mentre l’articolo pubblicato il 22 novembre rispecchia abbastanza fedelmente il contenuto dell’esposto, gli articoli del giorno successivo richiedono da parte nostra alcune precisazioni sul nostro pensiero. Talune espressioni riportate, anche tra virgolette, non sono state pronunciate. Non ci risulta, ad esempio, di aver mai affermato che gli studi nel loro complesso sono «contraffatti, incoerenti, improponibili» ma, come è stato correttamente riportato nell’edizione di sabato scorso, abbiamo evidenziato in modo documentato e circoscritto alcuni seri dubbi sulla correttezza metodologica, sull’esatta traduzione e sulla precisa attribuzione della responsabilità scientifica di alcune specifiche parti dello studio. Le contraffazioni e falsità sono ovviamente solo ipotesi che abbiamo sottoposto al vaglio della magistratura e che abbiamo esposto nella conferenza stampa.
Giulia Giacomich - presidente Associazione Italia Nostra Trieste
 

 

Gas Natural (2)

A pagina 21 de Il Piccolo di domenica 23/11/’08 lessi con meraviglia quanto dichiarato dalla Gas Natural a riguardo del doppio esposto depositato in questi giorni in Procura dai sindaci di Muggia e Dolina e, separatamente, da varie associazioni ambientaliste. La frase che mi colpì fu «...solo in Italia accadono fatti del genere».
L’indignazione che provo davanti a queste dichiarazioni è tale che mi chiedo: come si permette una multinazionale spagnola di offendere uno Stato come l’Italia con una frase che, nel contesto, mostra di essere chiaramente dispregiativa?
Credo che le nostre istituzioni dovrebbero intervenire presso la multinazionale se non altro per difendere la propria dignità.
Mi sorprende inoltre che, pur essendosi dichiarati i Comuni di Trieste e di Duino-Aurisina contrari ai rigassificatori, i rispettivi sindaci non abbiano seguito l’esempio di quelli di Muggia e di Dolina.
Se poi la Gas Natural trova tanta resistenza, dovrebbe rendersi conto che i cittadini di questa città non sono dei poveri analfabeti e sanno benissimo che la nostra comunità scientifica (mai coinvolta nell’esame e nella valutazione del progetto) si è ripetutamente dichiarata contraria alla sua realizzazione specificando e motivando chiaramente tutte le loro osservazioni. Osservazioni che la Gas Natural non è mai stata in grado di contestare. Invito i nostri amministratori a prendere posizione contro questa forma di colonizzazione, dimostrando di essere essi stessi, con l’accordo dei cittadini, e non le multinazionali, a decidere del futuro della nostra città.
Sergio Baldassi
 

 

 

 

LA REPUBBLICA - MERCOLEDI', 3 dicembre 2008 

 

 

ENERGIA - Efficienza, Tremonti si corregge - "No a taglio bonus retroattivo"

La scure sugli incentivi per solare e nuove caldaie partirà dal 2009. Veltroni: "Clamoroso errore strategico"
ROMA - Sparisce la parte più odiosa del provvedimento, ma non la filosofia di fondo che l'ha ispirato. Sul taglio degli sgravi fiscali a sostegno dell'efficienza energetica inserito dal governo nel decreto anticrisi, il ministro del Tesoro Giulio Tremonti ha annunciato una correzione. Il Parlamento, ha spiegato durante un'audizione alla Camera, toglierà la "retroattività" dalla norma che introduce modifiche al bonus fiscale del 55%.
Il testo uscito da Palazzo Chigi la scorsa settimana rende infatti discrezionale e non più certa la detraibilità di oltre la metà della spesa sostenuta per installare caldaie meno energivore, infissi isolanti, impianti solari per il riscaldamento dell'acqua e altri interventi di efficienza. Il decreto prevede (prevedeva) in particolare che per i lavori effettuati dopo il 31 dicembre 2007 i contribuenti debbano inviare all'Agenzia delle entrate, esclusivamente in via telematica, "un'apposita istanza per consentire il monitoraggio della spesa e la verifica del rispetto dei limiti di spesa complessivi". Il Tesoro si riserva inoltre la possibilità di non rispondere alle domande, precisando che decorsi i 30 giorni senza esplicita comunicazione di accoglimento "l'assenso si intende non fornito" e il cittadino non potrà usufruire della detrazione.
Tremonti ha ammesso che "la retroattività non ci può essere e il Parlamento la correggerà", ma ha poi aggiunto: "Per il futuro voglio ribadire un criterio: i crediti di imposta non sono e non possono essere un bancomat. Troppe volte sono stati utilizzati come bancomat". Confermando quindi che per gli anni futuri, diversamente da quanto previsto anche in Finanziaria, la copertura non sarà illimitata ma di soli 185 milioni nel 2009 per il 2010 e di 314 nel 2010 per il 2011.
"Togliere la retroattività non basta, il decreto va cancellato del tutto perché così com'è introduce per il futuro una devastante incertezza sul mercato", dice Edoardo Zanchini di Legambiente. Secondo stime dell'Enea nel solo biennio 2007-2008 le detrazioni hanno sfiorato infatti quota 1,8 miliardi e gli stanziamenti previsti da Tremonti per gli anni a venire basterebbero a mala pena per coprire le domande di una regione come il Trentino Alto Adige.
Contro queste misure era tornato a protestare stamane anche il segretario del Pd Walter Veltroni, definendo tra l'altro il provvedimento "un'ingiustizia nei confronti di tutti quei cittadini italiani che avevano giustamente scelto l'impiego di fonti di energia rinnovabili". "La retroattività della norma per tutto il 2008 - aggiungeva Veltroni - produce un serio danno economico a centinaia di migliaia di nostri concittadini".
Il segretario dei democratici allargava poi la sua critica all'intero impianto del provvedimento. "Il taglio alle detrazioni del 55% per gli interventi edilizi a favore dell'efficienza energetica e sull'impiego delle fonti rinnovabili, oltre ad essere di fatto un aumento della tassazione a carico dei cittadini, rappresenta un clamoroso errore strategico che può provocare danni devastanti", spiegava.
Tra questi citava le ripercussioni negative "su un comparto come quello dell'edilizia fondamentale per il sostegno al lavoro e ai consumi". "Migliaia di piccole e medie imprese nell'edilizia e nell'artigianato e molti produttori di materiali e apparecchiature per l'edilizia - ricordava Veltroni - si sono attivati per utilizzare il mercato che si stava aprendo. Con questa decisione si mettono a rischio decine di migliaia di posti di lavoro".
Tra i più colpiti dall'allergia del governo per l'efficienza energetica (la norma inserita nel decreto anticrisi non è certo la prima ad andare in questa direzione) ci sono soprattutto i produttori di impianti di solare termico, i pannelli solari collegati ai grossi serbatoi per rifornire le abitazioni di acqua calda per uso sanitario. Un settore che dà lavoro a diverse migliaia di persone tra produttori e indotto. "Siamo stati subissati di telefonate di protesta e oltre il 90% degli interventi preventivati per i prossimi mesi sono stati disdettati", lamenta Sergio D'Alessandris, il presidente dell'associazione di categoria Assosolterm. "Per molte piccole aziende fiorite o cresciute in questi anni - ricorda - a questo punto si mette davvero male, in tanti temono il fallimento anche perché in previsione di un mercato che avrebbe continuato a crescere hanno investito e si sono allargate per tenere testa alla domanda in espansione".
VALERIO GUALERZI
 

Risparmio energetico, detrazione del 55% assicurata per i lavori del 2008

Risparmio energetico con autorizzazione e fino ad esaurimento dei fondi, ma solo a partire dai lavori effettuati nel 2009. Il ministro Tremonti ha infatti chiarito in Parlamento, il 3 dicembre, che la retroattività della norma è stato "un errore" e quindi per il 2008 non ci sarà alcun taglio. Come funzionerà in concreto il meccanismo per il 2009, però, sarà possibile saperlo solo dopo le modifiche al decreto. Ecco comunque un riepilogo di quelli che sono al momento i punti fermi.
Per i lavori del 2008 detrazione al 55% senza blocco dei fondi - Per le spese sostenute nel 2008, stando alle indicazioni date dal ministro, non ci sarà nessuna variazione rispetto al meccanismo attuale. Quindi chi invierà la documentazione all'Enea al termine dei lavori, e comunque entro 90 giorni dalla loro chiusura, potrà far conto sulla detrazione del 55%. Non è necessario presentare domande ad hoc anche all'Agenzia delle entrate.
Per le detrazioni 2009 e 2010 fondi con il tetto - Per le spese effettuate a partire dal 2009, invece, il blocco dei fondi è confermato. A questo punto, stando al testo letterale della relazione che accompagna il provvedimento, sarà obbligatoria la domanda all'Agenzia delle entrate, e se dovessero finire i fondi potrebbe non esserci più la "trasformazione automatica" della detrazione dal 55% al 36%. Infatti, come si legge nel testo, il meccanismo di passaggio dal 55% al 36% non sarà automatico "in quanto contribuenti persone fisiche già sono a conoscenza delle modifiche normative intervenute nella disciplina della detrazione per gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici e conseguentemente della eventualità di non poterne fruire per esaurimento dei fondi stanziati." Per cui a quel punto la detrazione diventa "a scelta": o si rischia il 55% o si punta sul 36%. Il che significa, come avevamo sottolineato già tempo fa, che per evitare di trovarsi senza detrazione è bene inviare anche la comunicazione a Pescara prima dell'inizio dei lavori.
Nel dubbio è bene investire il costo di una raccomandata - In sostanza a chi ha intenzione o ha già programmato lavori per il risparmio energetico conviene fare un piccolo investimento pari al costo di una raccomandata e inviare il modulo per lr ristrutturazioni al Centro operativo dell'Agenzia delle entrate di Pescara (qui modello e istruzioni). In questo modo se si resta fuori dalle somme stanziate per il 55% si ha comunque la certezza di poter ottenere la detrazione per ristrutturazione, anche nel caso in cui il meccanismo non dovesse essere automatico. Per non perdre il beneficio è fondamentale che la raccomandata sia inviata prima dell'inziio dei lavori, anche se è possibile pagare acconti anche in date precedenti. Inoltre, ovviamente, occorrono sempre bonifico e fattura con indicazione della manodopera.
Antonella Donati
 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 2 dicembre 2008 

 

 

Energia, corso per certificatori - PARTE ALL’ATENEO «RECA»   - Fornirà nozioni teoriche e tecniche per migliorare efficienza e comfort degli edifici

Una novità assoluta nel panorama didattico della regione. L'Università di Trieste, in collaborazione con l'Enaip Fvg, ha dato vita a un nuovo corso intitolato «Reca» (l'acronimo sta per «Risparmio energetico e comfort abitativo»). L'iniziativa è stata pensata per fornire ai partecipanti sia nozioni teorico-tecniche che quelle relative alle normative, necessarie a migliorare la sostenibilità degli edifici esistenti dal punto di vista dell’efficienza energetica e del comfort abitativo. Competenze molto diversificate e sempre più richieste dal mercato.
I partecipanti, alla fine del loro percorso formativo, potranno richiedere infatti l'accreditamento alla Regione Lombardia come «certificatori energetici». Riconoscimento che potrebbe essere confermato a breve da altre regioni, come la Liguria e l’Emilia Romagna, che prevedono già questa figura professionale.
Alla conferenza stampa di ieri in Regione erano presenti, tra gli altri, l'assessore regionale al lavoro, università e ricerca Alessia Rosolen, il direttore del progetto “Reca” Paolo Bevilacqua, il delegato del rettore per l'area studenti e formazione Orfeo Sbaizero e Marco Belardi, professionista del settore e docente di «Reca» che da alcune settimane sta formando 20 laureati non ancora occupati (quattro provengono da fuori regione). In base ai risultati dell'esame finale che sarà sostenuto al termine dei moduli didattici, saranno scelti i 10 migliori allievi che avranno diritto, per i 4 mesi di stage in azienda, a una borsa di studio mensile massima di 640 euro lordi.
Come ha ricordato l'assessore Rosolen, l'iniziativa è stata finanziata con i fondi delle legge regionale sull'innovazione (legge 26 del 2005). Il corso si compone di due grandi momenti: i moduli didattici, nel corso dei quali gli studenti riceveranno le informazioni più recenti sul risparmio energetico e sul comfort abitativo, e il periodo di «work-experience». Le lezioni tenute da docenti universitari e da professionisti occupano complessivamente 290 ore.
 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 1 dicembre 2008 

 

 

ISTRIA - SOTTOPEDENA -  Ambiente, in settecento al corteo contro la fabbrica di lana di roccia

SOTTOPEDENA Nella piazza centrale della piccola località nel circondario albonese si è svolto ieri un altro comizio di protesta contro la fabbrica di lana di roccia Rockwool. Vi hanno preso parte 700 abitanti del luogo e attivisti delle associazioni ambientaliste. E c'era anche Ivo Banac, presidente del Comitato croato di Helsinki che ha promesso il suo appoggio affinchè finalmente venga effettuato un monitoraggio veramente neutrale dell'aria visto che sussistono forti dubbi forniti dalla Rockwool e dalle competenti istanze regionali. Gravissime accuse sono state lanciate ai politici regionali al potere, in primo luogo al presidente della regione Ivan Nino Jakovcic ritenuto responsabile dell'arrivo della Rockwool in Istria. La presidente dell'associazione «Terra nostra» Matilda Ilic ha dichiarato che l' Istria non è diventata «la Toscana croata come promesso dai vertici regionali, ma una vera e propria Cernobyl che sta uccidendo la popolazione del posto».
 (p.r.)

 

 

LA REPUBBLICA - DOMENICA, 30 novembre 2008 

 

 

ENERGIA - Solare e doppi vetri più cari, stop agli incentivi per l'efficienza - Il decreto anticrisi del governo riduce drasticamente le detrazioni fiscali

ROMA - Il concetto di efficienza energetica si conferma decisamente ostico per il governo. Dopo la battaglia per impedire l'obiettivo del miglioramento del 20% entro il 2020 imposto dalla apposita direttiva dell'Unione Europea e dopo aver cancellato l'obbligo di certificazione energetica nella compravendita degli immobili, Palazzo Chigi ha dato un'altra picconata alle misure per ridurre la bolletta energetica nazionale. Questa volta la misura è contenuta nel recente piano anticrisi approvato dall'esecutivo e va a colpire la possibilità di ottenere vantaggi fiscali in caso di interventi di riqualificazione energetica.
La normativa introdotta un paio di anni fa dall'allora ministro dello Sviluppo economico Pierluigi Bersani prevede infatti l'opportunità di detrarre dalla dichiarazione dei redditi il 55% delle spese sostenute, ad esempio, per installare un pannello solare o sostituire un impianto di climatizzazione o cambiare gli infissi alle finestre. Ma ora, con l'entrata in vigore del decreto anticrisi, accedere a questo incentivo sarà molto più difficile.
L'iter per avere accesso alle detrazioni Irpef e Ires diventa decisamente più complesso. Il decreto prevede che per le spese sostenute dopo il 31 dicembre 2007, i contribuenti debbano inviare all'Agenzia delle entrate, esclusivamente in via telematica, "un'apposita istanza per consentire il monitoraggio della spesa e la verifica del rispetto dei limiti di spesa complessivi".
Il provvedimento stabilisce ancora che l'Agenzia delle entrate esamini le domande secondo l'ordine cronologico di invio e comunica entro 30 giorni l'esito della verifica agli interessati. Decorsi i 30 giorni senza esplicita comunicazione di accoglimento "l'assenso si intende non fornito" e il cittadino non potrà usufruire della detrazione.
Per quanto riguarda invece le spese sostenute nel 2008, in caso di mancato invio della domanda o di diniego da parte dell'Agenzia, l'interessato potrà comunque usufruire di una detrazione dall'imposta lorda pari al 36% delle spese sostenute fino ad un massimo di 48.000 euro da ripartire in 10 rate annuali.
Un cambio di registro rispetto ai buoni risultati ottenuti sino ad oggi duramente criticato dall'opposizione e dalle associazioni ambientaliste. "Lo sconto fiscale del 55% sulle ristrutturazioni edilizie a fini ambientali - denuncia il ministro ombra dell'Economia Pierluigi Bersani - era una tipica norma di sostegno all'economia e all'ambiente secondo priorità universalmente riconosciute dal Protocollo di Kyoto in poi. Anche questo viene vanificato, addirittura con effetti retroattivi. Per stare al concreto, chi ha realizzato l'intervento sulla sua casa nel 2008 potrà rimetterci fino a 15mila euro".
"Lo sgravio fiscale del 55% introdotto dal governo Prodi - ricorda ancora il ministro ombra dell'Ambiente Ermete Realacci - è stato utilizzato da 230 mila famiglie e ha messo in moto un volano di affari superiore ai 3 miliardi di euro permettendo di ripagare lo sgravio fiscale previsto, attraverso l'emersione del sommerso e l'attivazione di una nuova economia".
Dura anche la presa di posizione di Legambiente. "Non si comprende - dice il responsabile energia Edoardo Zanchini - la ragione per la quale si è deciso di cambiare un provvedimento che ha avuto un grande successo e che permetteva alle famiglie di risparmiare sulle bollette elettriche e termiche grazie alla possibilità di installare impianti solari termici, caldaie a condensazione, interventi di efficienza energetica. A meno di voler proprio limitare il ricorso a questo tipo di incentivi".
(v. g.)
 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 30 novembre 2008 

 

 

Elettrodotto con l’Austria - RICCARDI: VIA AL PROGETTO

TRIESTE Entro fine anno, ha assicurato ieri l'assessore all'Energia in Friuli Venezia Giulia, Riccardo Riccardi, la Regione interverrà per sbloccare l'iter di approvazione del progetto di elettrodotto dall'Austria a Paluzza (Udine). Un’opera infrastruturale attesa dal mondo imprenditoriale anche per il suo impatto sul fronte del risparmio dei costi energetici.
L'assicurazione è stata data al presidente di Secab-Società elettrica cooperativa Alto But, Luigi Cortolezzis, e Riccardi, ribadendo l'importanza della realizzazione dell'elettrodotto soprattutto in considerazione delle ricadute economiche sul territorio e sulle comunità locali, ha confermato che il governo regionale adotterà in una delle prossime sedute una deliberazione in grado di far riprendere al progetto il proprio iter di approvazione con l'esame da parte dell'apposita conferenza di servizi regionale.
Secab ha presentato, assieme ad un partner austriaco (costituendo la Alpen Adria Eneergy Line spa), il progetto per la costruzione di un elettrodotto in cavo interrato a 132 Kv da Wurmlach (Carinzia) a Paluzza per l'importazione di energia elettrica a prezzi più favorevoli rispetto al mercato nazionale.
«Il Friuli Venezia Giulia, il suo tessuto sociale ed il suo sistema economico, che oggi più che mai deve risultare competitivo a livello nazionale e d'eccellenza nel suo export, hanno bisogno di energia - ha osservato ancora l’assessore regionale Riccardi».
«In questo senso -ha aggiunto l’esponente regionale- sono indirizzate le scelte dell'attuale Governo regionale, comunque nel rispetto della sostenibilità ambientale del territorio e delle comunità che ci vivono».
 

 

Volontariato in crescita Nuova legge in arrivo  - ASSEMBLEA ANNUALE

UDINE Il movimento del volontariato continua a crescere del 5% all’anno in Friuli Venezia Giulia. È quanto emerso a Udine, all’assemblea regionale del volontariato, svoltasi ieri alla presenza di Roberto Molinaro. Proprio l’assessore regionale ha annunciato l’intenzione di arrivare a una nuova legge quadro «che dovrà essere costruita nel modo più partecipato possibile e tenere conto dei cambiamenti di questi anni». Molinaro ha anche annunciato la riscrittura delle regole di funzionamento delle associazioni e l’aggiornamento dei finanziamenti regionali (1,2 milioni all’anno negli ultimi anni).
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 29 novembre 2008 

 

 

Piazza Borsa, in arrivo da Roma quasi 3 milioni  - STANZIAMENTO STATALE FINALIZZATO A MIGLIORARE VIVIBILITÀ E QUALITÀ DELL’ARIA

Con il fondo dei ministeri di Ambiente e Trasporti sarà realizzato anche il nuovo ponte sul canale
Per i lavori il Comune dovrà sborsare un milione 100mila euro: andrà acceso un mutuo con la Cassa depositi e prestiti
Un supporto da due milioni e 725mila euro. Una sostanziosa boccata d’ossigeno. A tanto ammonta il finanziamento che lo Stato ha deciso di destinare al Comune di Trieste sia per il progetto di riqualificazione di piazza della Borsa (incluse via Cassa di risparmio e via Einaudi) che per il futuro ponte definitivo che attraverserà il canale di Ponterosso, fungendo da collegamento con via Trento. Una quota, poi, servirà anche all’abbattimento delle barriere architettoniche lungo i nuovi percorsi pedonali.
La notizia è arrivata improvvisa, «attraverso un fax inviatoci da Roma - conferma l’assessore comunale ai Lavori pubblici Franco Bandelli -. Il ministero dell’Ambiente, di concerto con quello dei Trasporti, aveva indetto un bando per finanziare i progetti chiamati a dare una sempre maggiore vivibilità alle città. Come Comune abbiamo partecipato ed è giunta, quasi inattesa, questa gradita novità». Il decreto specifica come i fondi vadano destinati ad «interventi finalizzati al miglioramento della qualità dell’aria nelle aree urbane».
Lo scorso 10 novembre dal municipio era partita, dopo l’approvazione della giunta, la lettera di partecipazione al bando, firmata dal sindaco Roberto Dipiazza. Nel documento, era stata formalizzata la richiesta di supportare le opere elencate con un co-finanziamento pari al 70 per cento della spesa totale prevista. Oltre a piazza della Borsa, al ponte sul canale di Ponterosso e agli interventi sui percorsi pedonali, il Comune aveva inserito anche i lavori sulla segnaletica stradale per i quali i costi messi in preventivo ammontano a 400mila euro. Quest’ultima è stata l’unica voce «cassata» a livello ministeriale.
Alla fine, dunque, i fondi arriveranno a breve nelle casse comunali. Del totale, due milioni e 100 mila euro sono stati destinati a piazza della Borsa, via Cassa di risparmio e via Einaudi, a fronte di una spesa ipotizzata di tre milioni tondi tondi. Per il ponte sul canale si tratta invece di 525mila euro, che andranno a coprire buona parte dell’investimento necessario da 750mila euro. A questo quadro, va aggiunta la cifra di 70mila euro: esattamente il 70 per cento sui 100mila utili all’abbattimento delle barriere architettoniche lungo i nuovi tracciati riservati ai pedoni. In tutto, sui tre milioni e 850mila euro previsti globalmente, alla fine l’amministrazione comunale dovrà sborsare un milione e 100mila euro, da reperire attraverso un mutuo acceso con la cassa depositi e prestiti.
Il materiale richiesto da Roma per procedere poi all’erogazione della somma «è stato inviato già ieri agli uffici competenti - specifica Bandelli - grazie al lavoro svolto assieme dagli uffici delle diverse aree coinvolte del Comune. Il tutto doveva essere spedito entro e non oltre lunedì, ce l’abbiamo fatta».
MATTEO UNTERWEGER

 

 

Centrale fotovoltaica a Fernetti - Farà risparmiare 150 mila euro all’anno  - EVITATA L’EMISSIONE DI TONNELLATE DI CO2

Fa funzionare gli impianti di riscaldamento o di condizionamento, i computer negli uffici della direzione e in quelli delle 46 ditte di spedizionieri, di spedizionieri doganali, di autotrasporti e di servizi vari, accende le lampade interne e quelle nei magazzini e sui piazzali esterni, permette il funzionamento dei sollevatori e delle altre attrezzature. Tutto questo è merito da ieri (l’avvio è stato però a ritmo ridotto data la giornata pessima) di Fernetti solar, l’impianto fotovoltaico inaugurato al Terminal intermodale di Fernetti. Sui tetti dei magazzini e della palazzina servizi, per un’area complessiva di 19 mila metri quadrati, sono stati installati 4.420 pannelli di silicio che possono resistere a raffiche di bora oltre i 230 chilometri orari.
L’impianto produrrà un milione 170 mila kilowattore all’anno e consentirà il risparmio annuale di 150 mila euro e di 220 tonnellate di idrocarburi fossili, evitando l’immissione nell’atmosfera di 660 mila chilogrammi di anidride carbonica e di 1.450 chili di ossidi di azoto. È costato 6 milioni e mezzo di euro, ma permetterà al Terminal, con soddisfazione del presidente Giorgio Maranzana, dell’amministratore delegato Claudio Grim e del direttore Oliviero Petz, di autosostentarsi energeticamente e addirittura di vendere una parte dell’energia prodotta (il 20 per cento) che risulterà in eccesso. «Una scelta coraggiosa e innovativa - l’ha definita ieri il sottosegretario all’Ambiente Roberto Menia - che va nella direzione della politica energetica seguita dal Governo che punta a un mix di approvvigionamenti».
L’assessore di Trieste Paolo Rovis ha definito Fernetti «un confortante esempio di società pubblica che funziona egregiamente» e il sindaco di Monrupino Alessio Krizman ha messo in rilievo come ciò avvenga «nel rispetto delle differenziazioni politiche» (Maranzana è di An e Grim del Pd). La necessità di «un ulteriore potenziamento della struttura» è stata sottolineata dalla presidente della Provincia, Maria Teresa Bassa Poropat. Le caratteristiche tecniche dell’impianto sono state illustrate dall’ingegner Ernesto Cauvin della società Elettrodinamica di Genova che l’ha realizzato.
(s.m.)

 

 

Rosato e Cosolini: bonifiche, fare presto - Accordo di programma da ripensare puntando a più soldi pubblici»

«Siamo preoccupati per il modo in cui si sta gestendo il problema delle bonifiche, che rappresentano la vera chiave di volta per il futuro della nostra città. Bisogna ripensare all’Accordo di programma e farlo in fretta, senza dimenticare il principio per cui chi non ha inquinato non deve pagare, e puntando a un aumento dei finanziamenti pubblici, che dovrebbero essere della stessa entità di quelli privati». Così Ettore Rosato e Roberto Cosolini, rispettivamente parlamentare e segretario provinciale del Pd, sulla questione del Sito inquinato di interesse nazionale.
I due esponenti del Pd, ieri nella sede di via Donota, hanno affrontato il problema, sottolineando il fatto che «i tempi stringono» e che sulle bonifiche ancora non esiste un testo firmato da consegnare entro i termini, fissati per il 31 dicembre. «È sbagliato l’approccio al problema - ha spiegato Cosolini -. Ci si concentra troppo sull’area a mare del Sito inquinato e non sulla zona industriale, cioè quella che dovrebbe ospitare lo sviluppo delle aziende triestine. Serve inoltre - ha aggiunto Cosolini - avere una visione programmatico-integrata del problema, concertando il percorso con tutti gli enti coinvolti».
«È importante che passi il messaggio per cui chi non ha inquinato non paga - ha evidenziato Rosato -. Le categorie non sbagliano a voler fare ricorso. Le nostre imprese non possono assumersi oneri impropri».
(e.c.)

 

 

San Dorligo contraria alla Trieste-Divaccia  - Il Consiglio comunale si oppone al progetto di linea ferroviaria

SAN DORLIGO Mozione votata all’unanimità per bocciare il progetto di collegamento ferroviario Trieste-Divaccia. Questa la posizione del Consiglio comunale di San Dorligo della Valle riunitosi ieri. Presentata dai consiglieri di opposizione Giorgio Jercog (Oltre il Polo per San Dorligo), Roberto Massi (idem) e Roberto Drozina (Rinnovamento di centro) la mozione impegna la giunta a «esprimere in ogni sede la contrarietà al collegamento Trieste-Divaccia quale risultante degli studi di fattibilità realizzati, avvalendosi di qualsivoglia strumento legale per sostenere la difesa del territorio, del suo ambiente e della popolazione».
Proprio alla popolazione «dovrà essere resa nei modi più opportuni ed esaustivi ampia informazione sui predetti studi di fattibilità». Il documento ribadisce come «un territorio già duramente provato da pesanti insediamenti industriali e infrastrutture pubbliche, è assolutamente incapace di sostenere» un’opera di simili proporzioni. La Trieste-Divaccia prevede una linea merci con il prolungamento del raccordo Aquilinia-«Wartsila».
 

 

Metropolitana circolare previsti 3,3 milioni Ue  - Riccardi: c’è coesione per collegare Gorizia, Trieste e Capodistria

TRIESTE Friuli Venezia Giulia, Veneto e Slovenia potranno verificare la possibilità di realizzare una «circolare metropolitana» che colleghi l'area capodistriana ed i territori di Trieste e Gorizia ai tre poli aeroportuali di Ronchi dei Legionari, Venezia e Lubiana. «Inizia dunque un percorso - sottolinea l'assessore regionale alla Viabilità ed ai Trasporti Riccardo Riccardi - sul quale registro con soddisfazione la disponibilità e la coesione di tante istituzioni, al di qua ed al di là del ”vecchio” confine». A disposizione del progetto ci potrebbero essere 3,35 milioni di euro, di cui 400 mila a carico della Regione Friuli Venezia Giulia. In particolare, il progetto - denominato «Adria_A» - potrà essere finalizzato alla progettazione delle parti oggi mancanti alla metropolitana circolare Gorizia-Nova Gorica-Sesana-Divaccia-Capodistria-Trieste-Monfalcone-Gorizia. Si stima che l'opera possa venire a costare circa 100 milioni di euro, di cui oltre il 50 per cento potrebbe essere a carico di fondi Ue.
 

Sul rigassificatore  - REPLICA

Sul Piccolo del 23 novembre, il responsabile relazioni esterne di Gas Natural cerca di confutare alcuni dei rilievi mossi dagli ambientalisti sugli studi di impatto ambientale del rigassificatore di Trieste-Zaule e oggetto di un esposto alla Procura della Repubblica.
Le cose però non stanno come lui sostiene, perché: 1) il nostro esposto si riferisce a due relazioni con titolo analogo sull’«effetto domino», entrambe senza né autori né firme, entrambe su carta intestata di un consorzio comprendente l’Università di Trieste e – incredibile a dirsi – con la stessa data dichiarata («dicembre 2006»), ma con date di stesura informatica diverse: 10/12/2006 e 9/5/2007. Secondo Gas Natural, questi studi sono stati redatti dal professor Paolo Bevilacqua, ma il suo nome non compare. Perché? 2) In molte figure di questi studi, gli impianti industriali adiacenti al rigassificatore non compaiono. Perché non è stata usata la carta tecnica regionale aggiornata? E perché si suggerisce al lettore di basarsi sulla grafica di figure in cui impianti e depositi infiammabili non ci sono? Per non parlare della qualità complessiva dell’indagine. 3) Come abbiamo documentato alla Procura, le relazioni ufficiali degli studi depositati in Regione per la procedura di via non sono quasi mai firmate. Non solo, sulle copertine compaiono sempre gli stessi pochi cognomi (senza né nomi di battesimo, né firme) che «garantiscono» la qualità in tutte le materie possibili e immaginabili, dall’urbanistica alla biologia, dalla chimica alla navigazione, ecc. 4) Quanto allo studio sull’impatto delle acque fredde nella baia di Muggia, ribadisco che il consulente di Gas Natural (la Dhi) ha usato temperature non provenienti da Zaule, bensì dall’area a Nord di Ancona. Dal che – insieme ad altre carenze su cui si tornerà – sono derivate conclusioni fuorvianti. 5) Tra i 58 tecnici della Commissione ministeriale per la valutazione dell’impatto ambientale abbondano gli avvocati, e non gli esperti dei rischi ambientali specifici di un rigassificatore. Spetta poi a tale commissione – lo dice la legge – valutare non soltanto quello che scrivono le società proponenti e i loro consulenti, ma anche quanto contenuto nelle osservazioni del pubblico, comprese quelle degli ambientalisti (i quali dispongono di esperti in materie ambientali e di mare in particolare). Ciò però in questo caso non è avvenuto: non per colpa di Gas Natural, certo, ma non potevamo sottacere questo problema nel nostro esposto.
Dario Predonzan - responsabile territorio ed energia Wwf Friuli Venezia Giulia
 

 

 

 

LA REPUBBLICA - VENERDI', 28 novembre 2008 

 

 

ENERGIA RINNOVABILE - Sole e vento? Un affare, basta sfatare dieci miti

Un libro inglese invita a superare i luoghi comuni per guardare con ottimismo al New Deal verde
Torino LONDRA - Tutti ne parlano, tutti la vogliono, ma pochi credono che sia veramente possibile produrla. L'oggetto del desiderio è l'energia pulita, la fonte in grado di risolvere contemporaneamente due problemi: fermare il cambiamento climatico e permettere al mondo di continuare a funzionare ai ritmi attuali, senza tornare all'età delle caverne. Ma sebbene governi, scienziati e media dedichino sempre più attenzione a questo obiettivo, le statistiche indicano che la maggioranza dell'opinione pubblica è scettica sulla possibilità di realizzarlo. Un libro uscito ora in Gran Bretagna si propone di smentire questa impressione, iniettando una dose di ottimismo nel dibattito sul "Green New Deal", il piano per colorare di verde l'economia planetaria.
In "Ten technologies to save the planet" Chris Goodall, esperto di energie rinnovabili, illustra i "miti da sfatare" sull'argomento: una sorta di decalogo per capire che la rivoluzione verde si può fare, e come. Il suo libro, di cui il Guardian ha pubblicato un'anticipazione, parte dall'energia solare: non è vero che è troppo costosa per essere usata in modo ampio e diffuso, afferma l'autore. I pannelli solari odierni, grossi e costosi, catturano solo il 10 per cento circa dell'energia del sole, ma rapide innovazioni in corso negli Stati Uniti segnalano che una nuova generazione di pannelli solari assai più sottili ed economici potranno catturare molta più energia. La società First Solar, leader del settore, ritiene che i suoi prodotti potranno generare elettricità nei Paesi più caldi tanto economicamente quanto le centrali elettriche entro il 2012. Altre aziende, in Spagna e in Germania, stanno sperimentando nuovi sistemi per catturare i raggi del sole, con risultati incoraggianti. L'Europa potrebbe un giorno ricavare gran parte del proprio fabbisogno elettrico da stazioni di pannelli solari nel deserto del Sahara.
Ma ci sono anche altri miti da sfatare. Come quello che l'energia eolica sia troppo inaffidabile. È falso. Già oggi in certi periodi dell'anno produce il 40 per cento del fabbisogno energetico della Spagna. Non è neppure vero che l'energia tratta dalle correnti marine non porti da nessuna parte: in Irlanda del Nord e in Portogallo hanno cominciato a funzionare i primi generatori a turbina che sfruttano le onde. Falso anche che le centrali nucleari siano più economiche di altre fonti di elettricità a bassa produzione di carbonio: i costi dell'energia nucleare sono incontrollabili, e a meno di ridurli sarebbe più conveniente puntare su centrali a carbone "pulite". È opinione comune che le auto elettriche siano lente e brutte, ma non è vero: ormai sono veloci, belle e avranno presto batterie al litio, in grado di ricaricarle economicamente e rapidamente. Non a caso Danimarca e Israele intendono avere solo auto elettriche, in futuro.
C'è la credenza che i biocarburi (come l'etanolo) siano sempre distruttivi per l'ambiente, ma in futuro non sarà così. Se si ritiene che il cambiamento climatico comporti un maggior fabbisogno di agricoltura organica si deve comunque tener presente che occorrerebbe riuscire ad aumentare le dimensioni dei raccolti di questo tipo. Per quel che riguarda le innovative case a "zero emissioni di carbonio", è vero che sono una priorità, ma molto costosa: meglio puntare sulla riduzione delle emissioni delle case esistenti, come si fa in Germania. Si crede poi che le stazioni elettriche debbano essere grandi per essere efficienti: il futuro invece sarà delle microstazioni. È opinione comune, infine, che tutte le soluzioni ai problemi energetici debbano essere ad alta tecnologia, ma spesso costano troppo. Per cui non bisogna disdegnare la bassa tecnologia.
ENRICO FRANCESCHINI
 

 

ENERGIA RINNOVABILE - Lavoro, la promessa dell'eolico - "Oltre 65 mila posti nel 2020"

Uno studio congiunto di produttori e Uil svela le potenzialità occupazionali del settore - VEDI TABELLA
ROMA - Tanti posti di lavoro e dove servono di più. Se è vero, come ha denunciato recentemente il segretario della Cgil Guglielmo Epifani, che in Italia sull'occupazione si sta per abbattere una valanga, a tenerla almeno in parte indietro potrebbe pensarci il vento. Il potenziale occupazionale del settore eolico è infatti enorme: da qui al 2020 i lavoratori, tra diretti e dell'indotto, potrebbero arrivare a toccare quota 66 mila, quintuplicando i numeri attuali.
A ribadire la grande opportunità rappresentata dallo sviluppo delle rinnovabili è uno studio congiunto realizzato da Uil e Anev, l'associazione che raccoglie le aziende che operano nell'eolico. "Lo sviluppo delle fonti di energia pulita - spiega il segretario del sindacato Luigi Angeletti - non è solo finalizzato al rispetto dell'ambiente, ma può innescare processi produttivi rilevanti e conseguenti risultati occupazionali positivi".
Al momento gli addetti all'eolico in Italia, tra diretti e indiretti, sono 13.630. Le potenzialità del vento sono però sfruttate solo in minima parte, mentre entro il 2020, tenendo anche conto dei numerosi vincoli ambientali e paesaggistici, si potrebbe arrivare ad installare impianti per una potenza totale di 16.200 MW in grado di fornire 27,2 TWh di elettricità, pari al 6,7% dei consumi. Obiettivo che una volta raggiunto significherebbe impiegare complessivamente oltre 66 mila addetti.
Ma il vento, si sa, soffia più forte sulle isole e lungo le coste. Per questo, secondo le proiezioni di Uil e Anev, a beneficiare maggiormente dello sviluppo eolico sarebbero la Puglia (11.714 posti di lavoro totali), la Campania (8.738), la Sicilia (7.537) e la Sardegna (6.334). Lo studio fornisce anche i dettagli dell'occupazione per l'intera filiera, precisando le cifre mobilitate dagli studi di fattibilità, dalla costruzione delle macchine, dalla costruzione degli impianti, dall'installazione e dalla manutenzione.
"Lo sviluppo dell'eolico - aggiunge Angeletti - può creare più occupazione, ma anche più qualificata, per questo abbiamo sottoscritto con Anev un protocollo d'intesa per la realizzazione di corsi di formazione con criteri di periodicità".
Anche se, sottolinea Luigi De Simone, amministratore delegato del gruppo specializzato nelle rinnovabili Icq Holding, le professionalità più elevate in Italia mancano: "Soffriamo un grave gap tecnologico nella progettazione delle turbine e una dipendenza dall'estero che difficilmente riusciremo a colmare".
"Il presupposto per creare occupazione qualificata - precisa il presidente dell'Anev Oreste Vigorito - è completare il quadro normativo mettendo gli operatori in grado di realizzare nuovi impianti". Unitamente allo scetticismo dell'attuale governo, il vero scoglio per far decollare le rinnovabili in Italia, e l'eolico in particolare, è infatti proprio questo. La situazione attuale è un'autentica giungla dove gli agguati sono sempre dietro l'angolo.
Il repertorio è vastissimo: la centrale di Scansano, in Toscana, è finita davanti al Consiglio di Stato dopo una battaglia tra associazioni ambientaliste pro e contro. A decidere sull'offshore progettato in Molise, dopo lo stop della Regione, sarà la Corte costituzionale. Nelle Marche due progetti nella zona di Camerino, inseriti nel Piano energetico regionale, sono stati bloccati dalla sovrintendenza dopo aver ottenuto la Valutazione di impatto ambientale regionale.
"Noi pensiamo che i maggiori colpevoli di questa situazione insostenibile siano proprio le regioni", denuncia Andrea Perduca, responsabile del settore eolico per Sorgenia. "La legge - aggiunge - prevede che gli iter autorizzativi vadano concessi entro un massimo di 180 giorni, ma noi in Campania, Marche e Molise attendiamo da oltre mille giorni e in Puglia da 600. Malgrado la crisi congiunturale, abbiamo pronti investimenti nel vento per 500 milioni di euro, ma ci troviamo nella paradossale impossibilità di spenderli".
"E pensare - rincara De Simone - che le royalties per la produzione di energia vanno proprio alle comunità locali, quasi sempre piccoli centri montani colpiti da spopolamento e invecchiamento demografico, risanando bilanci in difficoltà. Spesso siamo costretti a fare i conti con dei 'professionisti' del dissenso". "Oltre a questa situazione, anche la crisi del credito attualmente non ci aiuta - conclude De Simone - Ma io resto comunque ottimista: il mondo, e anche l'Italia, sono pronti per passare a un uso massiccio dell'energia pulita".
VALERIO GUALERZI

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 28 novembre 2008 

 

 

Bonifiche, fondi pubblici a rischio - L’ACCORDO DEFINITIVO DEVE MATURARE ENTRO DICEMBRE

La versione definitiva dell’Accordo di programma ancora non c’è, tanto che neanche la Regione è in grado oggi di mostrare una carta giunta da Roma dove si tratta solo di piazzare le ultime firme. Ma i pericoli di una mancata stretta sulle bonifiche del Sin, il Sito inquinato d’interesse nazionale, quelli ci sono eccome. Perché - come non ha avuto difficoltà a dire pubblicamente in questi giorni il sottosegretario all’Ambiente Roberto Menia - qualora le firme non arrivassero entro il 31 dicembre i fondi pubblici per lo start-up del disinquinamento rischiano di essere carta straccia, al di là dei fondi attesi dai privati (190 milioni stando alle interpretazioni delle ultime ore) previa transazione con il ministero.
L’aut aut, stavolta, viene proprio dalla Regione, in occasione dell’incontro informativo di ieri pomeriggio sul negoziato dell’Accordo di programma con le associazioni di categoria e i sindacati, alla presenza dei due assessori-registi: Vanni Lenna per l’ambiente e Sandra Savino per il bilancio e la programmazione. Un incontro che ha permesso - come riferiscono alcuni dei presenti - di prendere atto che oltre agli 11 milioni ministeriali, ai 40 in quota Autorità portuale per il potenziamento delle infrastrutture e ai 59 dai fondi Fas veicolati dalla Regione (i Fondi per le aree sottosviluppate, ndr), sono inseriti nella partita anche altri 20 milioni di fondi comunitari Fse. Un chip aggiuntivo, finora non trapelato, che l’ammministrazione Tondo ha deciso di destinare espressamente al progetto di riqualificazione del depuratore di Servola per non far gravare un intervento comunque necessario sul mucchietto dei soldi pubblici riservati al perimetro di contenimento a mare, alla caratterizzazione e al disinquinamento di falda. Cifre, queste, che resteranno però virtuali se l’accordo non sarà sottoscritto in tempo in quanto lo sblocco di tutte queste risorse tra Roma e Friuli Venezia Giulia non può tecnicamente avvenire in assenza di firme.
«È stata sottolineata - si legge in effetti in una nota della Regione - l’importanza dell’Accordo di programma, che sarà sottoscritto anche dalla Provincia e dai comuni di Trieste e Muggia. L’Accordo rappresenta infatti, come rileva Lenna, la premessa indispensabile per risolvere il problema di un’area, tra la Ferriera e le Noghere, da troppi anni bloccata, permettendo alle imprese esistenti di programmare il proprio sviluppo e, nello stesso tempo, di liberare terreni per nuovi insediamenti». «Siamo in una procedura capestro e la scadenza è il 31 dicembre», fa notare il segretario della Uil Luca Visentini uscendo dall’incontro. «Abbiamo appreso con piacere - gli fa eco il direttore della Confartigianato Enrico Eva - della disponibilità della Regione a condividere le ultime notizie con le parti sociali prima di chiudere. Siamo fermi sul principio comunitario del paga chi ha inquinato (principio che Menia ha detto ieri verrà rispettato, ndr) ma non siamo sprovveduti. Siamo disposti eventualmente a trattare sull’ipotesi di una transazione puramente simbolica per chi non ha inquinato, proprio per sbrogliare la matassa. Ma si faccia chiarezza su tempi e modi».
(pi.ra.)

 

 

Caro-energia: patto con gli industriali sloveni - Rigassificatori, centrale di Krsko e il nuovo impianto di Lucchini-Severstal nei colloqui

SUMMIT DEGLI IMPRENDITORI REGIONALI CON IL NUOVO AMBASCIATORE A LUBIANA
LUBIANA Un' alleanza tra le realtà economiche Friuli Venezia Giulia e della Slovenia per contrastare alcuni effetti della crisi economica, ma soprattutto per abbassare i costi dell’energia con accordi di collaborazione in vista del potenziamento della centrale di Krsko, della realizzazione del rigassificatore e della centrale termoelettrica della Severstal-Lucchini. Sono ancora ipotesi, ma si è parlato anche di questo al recente incontro a Lubiana all’ambasciata d’Italia con tutti gli imprenditori italiani che hanno investito in Slovenia. Nella capitale slovena si è insediato da poco anche il nuovo ambasciatore Alessandro Pietromarchi e per l’occasione sono stati chiamati i vertici degli Industriali di Trieste (il direttore Paolo Battilana e il presidente Corrado Antonini), di Udine (con il presidente Adriano Luci), Gorizia e Pordenone, le Camere di commercio, Finest ma anche realtà del mondo enegetico italiano e sloveno come Acegas, Elettro Gorizia, Agip, Iris, Auxilia, Adriaplin. Tra le industrie la Julon, Pacorini e varie banche. Incontri, informali e consueti con gli industriali per l’Ambasciata italiana che è abituata (con l’Ice) a fare il punto della situazione con chi investe. Ma l’ultima riunione è stata più approfondita soprattutto alla luce dei primi passi del nuovo governo sloveno appena insediato. I rapporti tra Slovenia e Friuli Venezia Giulia, oltre che con l’Italia, sono sempre più stretti, decollano collaborazioni e interscambi, intensi e quotidiani, soprattutto dopo la caduta dei confini e si stanno creando nuove esigenze. Situazioni esaminate anche nell’incontro ad iniziare dalla crisi finanziaria ed economica che sta provocando effetti in Slovenia, un paese che fino al 2007 registrava un aumento esponenziale della crescita del Pil di 0,9 punti percentuali ciò che in termini reali (le cifre arrivano dall’analisi dell’Ambasciata assieme all’Ice) rappresenta una crescita del 6,8%. E’ la più alta dal 1991 dovuta ai servizi (63%), al settore industriale e dell’edilizia (35%) e agricoltura (2%). Sempre nel 2007 l’inflazione ha raggiunto il 3,8% annuale (oltre i parametri di Maastrich) la disoccupazione è diminuita (dal 6 al 4%) mentre i salari hanno fatto registrare un aumento reale pari al 2,3%. Ma quali sono le previsioni per il 2008 e 2009, anni in cui la crisi farà sentire i suoi effetti su numeri e cifre economiche? Il Pil nel 2008 dovrebbe scendere al 4,8% e questo per la minore crescita dell’export della Slovenia e degli investimenti in immobilizzazioni, i due fattori principali della crescita economica. La disoccupazione dovrebbe salire dal 4 al 4,6% mentre l’inflazione dovrebbe crescere sino al 6,1%. Ma è il 2009 a preoccupare visto che le previsioni parlano di un Pil per la Slovenia a quota 3,1%. Un abisso comunque rispetto all’Italia dove si parla di crescita 0. Ma è soprattutto il previsto aumento del costo dell’energia a preoccupare gli imprenditori italiani, (si parla un raddoppio) che influenzerà l’economia slovena oltre a scoraggiare probabilmente qualche investimento. E proprio per questo al vertice a Lubiana si è parlato di possibili iniziative congiunte. «Abbiamo affrontato la questione energia ed è stato fatto anche un giro d’orizzonte sui progetti di settore, da Krsko al rigassificatore alla centrale della Severstal-Lucchini – conferma Antonini – e ho ribadito quanto ripeto da tempo, ovvero la necessità di svincolarci dalle fonti tradizionali di approvvigionamento energetico trovando delle alternative. Nodi non di immediata soluzione che ma devono essere affrontate dai due paesi». Temi e questioni che saranno certo approfondite alla prossima riunione all’ambasciata italiana di Lubiana anche alla luce dei passi intrapresi dal nuovo governo sloveno.
GIULIO GARAU

 

 

Volontariato, giovani attenti  - Visione positiva del settore ma mancano conoscenze specifiche

INDAGINE DELL’ASSOCIAZIONE OMNIA YOUNG
La maggior parte dei giovani considera il settore del volontariato è un mondo dove ci si adopera a favore dei meno fortunati. Il dato emerge dal questionario «Il volontariato tra i giovani» che l’associazione Omnia Young ha proposto agli studenti tra i 16 e i 19 anni delle scuole superiori triestine. Dai dati raccolti - come sottolinea il presidente dell’associazione Omnia Young Guido Tedaldi, supportato dal Centro servizi volontariato Friuli Venezia Giulia - emerge che i giovani hanno ancora una visione positiva e per certi versi «eroica» di chi presta un volontariato che viene concepito (dal 60%) come aiuto a sfortunati. Da sottolineare che un terzo dei ragazzi che hanno compilato il questionario risulta impegnato in qualche ramo del volontariato sociale.
I giovani ritengono che almeno il 50% delle risorse economiche utilizzate dalle associazioni di volontariato debba essere usato per beneficenza. Chi fa volontariato - pensa il 75% degli interpellati – deve ritenersi soddisfatto del solo ringraziamento. Non troppo approfondita invece appare la conoscenza dei termini e dei contenuti tecnici del settore del volontariato. Sono pochi i giovani che conoscono il significato dell’acronimo «onlus» e, in famiglia, si discute poco sui valori e i contenuti del termine.
Il questionario è parte di un progetto più articolato rivolto ai giovani che Omnia Young sta portando avanti.
( m.l.)

 

 

 

LA REPUBBLICA - GIOVEDI', 27 novembre 2008 

 

 

Emergenza rifiuti, rischia di allargarsi tutta colpa della deregulation selvaggia - Il governo ha azzerato il Cobat, uno dei consorzi di smaltimento più virtuosi

Una ricerca di Ambiente Italia rivela quello che si potrebbe fare ad esempio eliminando correttamente i vecchi elettrodomestici
Rifiuti elettronici, batterie al piombo, gas buca-ozono in libera uscita: una nuova ondata di deregulation rischia di allargare l'emergenza rifiuti. Il sistema è di fronte a un bivio. E' possibile moltiplicare i posti di lavoro e raggiungere, solo con un corretto smaltimento dei frigoriferi e dei condizionatori, il 3 per cento degli obiettivi di Kyoto. Oppure si può scegliere di affidarsi completamente alle convenienze del mercato, esponendosi alle fluttuazioni che rischiano di paralizzare la raccolta nei momenti di bassa dei prezzi.
Oggi il modello vincente è quello applicato per gli imballaggi: un consorzio di recupero che si assume la responsabilità dei risultati per ogni materiale e lo raccoglie sia quando i prezzi delle materie prime sono alti che quando sono bassi, sia quando i cassonetti si riempiono da soli sia quando c'è da pedalare per raggiungere posti sperduti. Questo sistema - basato sulla concertazione con i Comuni, i produttori, i trasformatori e le ex municipalizzate - potrebbe allargarsi ad altre tipologie, come le pile, o essere minato dalla moltiplicazione di consorzi che rispondano solo a una logica di mercato senza garantire gli obiettivi di protezione ambientale.
"Il governo insiste su un'interpretazione ideologica della liberalizzazione: invece di aumentare l'efficienza punta ad aumentare il numero dei consorzi di recupero", accusa Ermete Realacci, ministro ombra dell'Ambiente. "Al contrario, dobbiamo incentivare il riciclo dei rifiuti e l'industria collegata: con un incremento del 15 per cento al 2020 si potrebbero far scendere i consumi energetici di 5 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio, pari al 32 per cento dell'obiettivo nazionale di efficienza energetica a quella data".
Le aree di crisi sono due. Da una parte, denuncia il senatore del Pd Roberto Della Seta, il colpo di mano del governo "che non ha tenuto conto del parere unanime espresso dalla commissione umiliando il ruolo del Parlamento e azzerando il Cobat, uno dei consorzi di smaltimento più virtuosi: recupera il 98 per cento delle batterie a un costo che è il più basso in Europa".
Dall'altra in ballo c'è un milione di tonnellate di rifiuti: i cosiddetti Raee, cioè le apparecchiature elettriche ed elettroniche. E' un flusso importante sia sotto il profilo ambientale (ci sono sostanze potenzialmente tossiche e con rilevanti effetti per la distruzione della fascia di ozono e per la crescita dell'effetto serra) che sotto il profilo economico (sono una miniera di materie seconde di grande valore).
Secondo uno studio di Ambiente Italia, "gli elettrodomestici bianchi (che corrispondono alle classi 1 e 2 dei Raee, di competenza del consorzio Ecodom) potenzialmente recuperabili sono 6 milioni di pezzi: 258 mila tonnellate, di cui 89.500 tonnellate di frigoriferi e congelatori e 7.400 tonnellate di condizionatori (prodotti contenenti CFC e HCFC)". Con una buona gestione si otterrebbe: il recupero di 230 mila tonnellate di materie seconde; un taglio di emissioni equivalente a 3,4 milioni di tonnellate di CO2; un recupero energetico pari a 119.000 tonnellate di petrolio. In sintesi si riuscirebbe - solo attraverso il recupero dei fluidi refrigeranti e il riciclo - a tagliare circa il 3 per cento delle emissioni di CO2 che l'Italia dovrebbe ridurre entro il 2020, mentre il recupero energetico vale all'incirca i consumi di una città di 40 mila abitanti.
"Sono obiettivi raggiungibili migliorando il sistema", commenta l'ex ministro dell'Ambiente Edo Ronchi, l'ideatore del decreto che ha rilanciato la raccolta differenziata. "Oggi ci sono 17 consorzi che raccolgono i rifiuti elettrici ed elettronici ma nessuno ha l'obbligo di raggiungere una quota minima o di operare su tutto il territorio nazionale. Si tratta di arrivare a una gestione coordinata e capace di affrontare target obbligatori di raccolta, secondo la strada indicata dall'Unione europea".
ANTONIO CIANCIULLO

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 27 novembre 2008 

 

 

Porto Vecchio, ultimo attacco alla conversione  - Decisione a giorni del Tar del Lazio sui punti franchi. Fernetti lancia la centrale fotovoltaica

IL RICORSO AL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO
L’ultimo attacco al Porto Vecchio aperto alla città è stato sferrato ieri mattina a Roma. Il professor Francesco Alessandro Querci ha illustrato ai giudici del Tar del Lazio i motivi per cui, secondo l’associazione che egli rappresenta e cioè l’Associazione porto franco internazionale che ha presentato ricorso alla giustizia amministrativa, va annullata la variante al Piano regolatore che ha aperto la parte antica dello scalo a funzioni di cosiddetta portualità allargata, e che prevede l’insediamento di porticcioli turistici, cantieri, uffici, negozi, musei, acquari, laboratori scientifici, fiere, foresterie. A difendere le ragioni dei resistenti, soltanto l’avvocato Oreste Danese del Comune di Trieste, mentre l’Autorità portuale e la Regione si sono affidati a memorie scritte. I giudici si sono riservati la decisione che verrà resa pubblica tra alcuni giorni.
L’Associazione porto franco internazionale si batte da tempo affinché il Porto Vecchio, seppure da decenni sottoutilizzato, continui a svolgere solo funzioni di porto e contrastano strenuamente anche l’intento di spostare una porzione di Punto franco al Terminal intermodale di Fernetti come già previsto dal Piano operativo triennale dell’Autorità portuale. All’ipotesi dell’Authority, sostenuta pressoché da tutte le parti politiche, hanno ribadito ieri la propria piena adesione i vertici di Fernetti rappresentanti dal presidente Giorgio Maranzana e dall’amministratore delegato Claudio Grim nel presentare l’evento che domani metterà proprio l’ex autoporto al centro dell’attenzione anche internazionale di un’intera area geografica. Verrà infatti inaugurato l’impianto fotovoltaico, denominato Fernetti solar, uno dei più grandi in Italia tra quelli installati sui tetti, che permetterà al Terminal non solo di autosostentarsi energeticamente, ma addirittura di vendere l’energia solare prodotta in eccesso.
Solo due giorni fa il Senato di Amburgo ha stabilito una notevole riduzione della zona franca del porto cittadino (che dovrà essere adottato con una legge federale), che attualmente copre circa il 23 per cento dell’intera area dello scalo. Il senatore all’Economia, Alex Gedaschko, ha sottolineato che la significativa riduzione della zona franca svilupperà la capacità logistica del porto, eliminando gravose procedure doganali e contribuirà alla sua espansione, nonché al potenziamento delle infrastrutture e alle scelte di pianificazione urbana.
Lo sviluppo di portualità allargata del Porto Vecchio di Trieste è frenato dalla persistenza sull’intera area del regime di Punto franco. Al contrario, il futuro per Fernetti, che dato l’ampliarsi dell’Unione europea perde punti nei passaggi di Tir che da 163 mila del 2006 quest’anno saranno 135 mila, è nel ruolo di Terminal intermodale, ma ancor più, come hanno spiegato Maranzana e Grim, in quello di district-park: qui molti container che vengono sbarcati al Molo Settimo potrebbero essere aperti e le merci suddivise e caricate sui Tir diretti alle destinazioni soprattutto dell’Est europeo. Rappresentanti di tre colossi della logistica: la danese Maersk prima compagnia al mondo nel traffico di container, la giapponese Nippon Yusen Kaisha e la cinese Cosco saranno domani a Fernetti per valutare le possibilità di inserire l’impianto nel proprio network di interporti. Il Terminal triestino però potrà risultare particolarmente attrattivo soltanto se ospiterà un’area franca perché risulterebbe anche economicamente vantaggioso per gli operatori.
Alla cerimonia di domani alle 11 prenderà parte anche il sottosegretario all’Ambiente Roberto Menia, ma interverranno pure l’ambasciatore italiano a Lubiana, Alessandro Pietromarchi e autorità slovene, mentre sono stati invitati anche i vertici del quasi contiguo autoporto di Sesana con il quale potrebbero essere ripresi in considerazione quei progetti di collaborazione che si erano fermati nel momento in cui non era stato possibile per l’Autorità portuale acquisire un’ulteriore quota della proprietà del Terminal che oggi le appartiene solo nella misura del 6 per cento. Le aspirazioni dell’Authority sono state «congelate», ma è proprio anche nella funzione di retroporto lo scenario futuro del terminal carsico. Già oggi in un’area affittata dall’Authority stazionano quotidianamente molte decine di Tir turchi (alla fine del 2008 saranno 25 mila) in attesa di imbarcarsi sui traghetti dal terminal di riva Traiana dove però gli spazi sono carenti.
«Dal primo gennaio - annuncia Grim - un treno per il trasporto dei container collegherà il Molo Settimo a Fernetti». Quando verrà effettuato l’intervento per eliminare un curvone dei binari e tre passaggi a livello tra Fernetti e Opicina (la Regione ha già assicurato la copertura finanziaria) si potranno organizzare treni Ro-La, secondo la modalità per cui i Tir salgono direttamente sui pianali dei vagoni, alla volta di Padova».
L’impianto fotovoltaico permetterà al Terminal di Fernetti anche di risparmiare circa 150 mila euro all’anno. Ha la potenza di un megawatt ed è costituito da oltre 4.300 pannelli di silicio policristallino. I pannelli sono inclinati di 30 gradi per ottimizzare la captazione dei raggi solari. La produzione sarà di circa un milione e 200 mila kilowattore e oltre a permettere un risparmio di 150 mila euro in energia elettrica, consentirà un esubero di produzione che verrà venduto. L’impianto è stato installato sopra la copertura dei magazzini esistenti (circa 15 mila metri quadrati) e della palazzina uffici (4 mila metri quadrati). I pannelli sono stati ancorati alla copertura degli edifici e collaudati per resistere a raffiche di vento di 230 chilometri orari. L’impianto è stato suddiviso in quattro zone autonome per garantire una gestione ottimale della produzione. L’investimento è stato di circa 6 milioni e mezzo di euro. Il contributo annuale in base al progetto Conto energia che il Terminal potrà incassare per aver realizzato l’impianto sarà di 480 mila euro all’anno.
«Ma sono in via di completamento - ha spiegato Giorgio Maranzana - anche i lavori per il nuovo magazzino di 6 mila metri quadrati del costo di un milione e 800 mila euro di cui un milione 190 mila euro di fondi regionali in base all’Obiettivo 2. Ancora, con un’ulteriore spesa di 900 mila euro con finanziamento tramite mutuo Frie è stato realizzato un nuovo impianto per il trattamento delle acque reflue.
Frattanto la stessa Associazione porto franco internazionale, con una nota a firma del segretario Emanuele Lo Nigro, ha stigmatizzato ieri anche la ventilata possibilità che la Direzione regionale delle Dogane di Trieste venga soppressa. Tra le condizioni che rendono imprescindibile la sua sopravvivenza è, secondo Lo Nigro, «la situazione unica del Porto franco di Trieste con una normativa particolare che deve essere conosciuta, applicata e fatta funzionare con una presenza costante sul territorio di una specifica Direzione regionale».
SILVIO MARANZANA

 

 

La Regione partecipa al Corridoio Adriatico-Baltico

TRIESTE La Regione Friuli Venezia Giulia parteciperà al progetto europeo di cooperazione transnazionale «South-North Axis» (Sonora) per lo sviluppo del corridoio viario Baltico-Adriatico.
Lo ha deciso ieri la Giunta regionale, su proposta dell'assessore alla Viabilità e Trasporti, Riccardo Riccardi, affiancando così le Regioni di Veneto ed Emilia-Romagna in questo programma comunitario di sviluppo delle reti. Lo scopo del progetto - informa la Regione - è inserire il corridoio Baltico-Adriatico nel processo di revisione delle reti transeuropee di trasporto (reti Ten-T) della Ue.
Il costo complessivo di Sonora è valutato in oltre 7 milioni di euro, di cui 5,5 con risorse del Fondo europeo per lo Sviluppo regionale.
 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 26 novembre 2008 

 

 

Bloccati i progetti: più aree pedonali ma senza parcheggi  - Sette anni di iter per Park S. Giusto, ancora al palo. Cassato l’«Audace», «Marittima» ferma

Un iter burocratico lungo sette anni, fin qui, per realizzare il park San Giusto. Più di dodici mesi sono passati invece da quando il Consiglio comunale ha approvato il piano parcheggi. Di recente, all’inizio dello scorso ottobre, poi, il voto dell’assemblea del municipio ha cassato il progetto del park Audace, che dovrà essere ridefinito e ripresentato. Un «no» deciso contro la paventata estensione e il collegato sconfinamento del cantiere sulle corsie di marcia delle Rive. Con l’approssimarsi del periodo natalizio e la corsa agli acquisti, potrebbe profilarsi presto un’emergenza per la mancanza di parcheggi nel bel mezzo di una città destinata a diventare sempre più pedonalizzata. Un problema denunciato da commercianti e comitati di cittadini nelle scorse settimane.
Degli altri due «gioielli» interrati previsti dal piano parcheggi presentato all’epoca dall’ex assessore comunale Maurizio Bucci, ovvero quelli da creare rispettivamente davanti alla Stazione marittima e sotto all’area ex Bianchi, non si hanno notizie ufficiali su tempistiche per l’eventuale avvio dei lavori. Secondo i ben informati vicini all’amministrazione comunale, però, proprio il primo di questi due cantieri dovrebbe vedere la luce entro la fine del 2009: il via libera per la Saba Italia (che costruirà e poi gestirà gli spazi) c’è, non ci sono più ostacoli. Non dovrebbero esserci problemi nemmeno per il parcheggio sotterraneo di largo Roiano, delimitato da viale Miramare e via Santa Teresa, e per quello che sorgerà dietro alla palestra di via della Valle. Prospettive confortanti pure per Foro Ulpiano (di cui riferiamo a parte).
Continua invece a «far discutere e resta un discorso aperto», nelle parole del capogruppo forzista in Consiglio comunale Piero Camber, il progetto di piazza Sant’Antonio (che in teoria potrebbe estendersi nell’area compresa fra via San Spiridione e via XXX Ottobre). Mentre per quello relativo a largo Papa Giovanni le proposte giunte finora non sono risultate soddisfacenti perché insostenibili dal punto di vista economico. Rimane irrisolto il capitolo dello spazio all’aperto sopra il centro commerciale Il Giulia, quello che dà su via Pindemonte. Sono fermi da mesi, inoltre, i lavori per il parcheggio in via Pietà, zona peraltro non inclusa nelle 17 inquadrate dal piano parcheggi: l’Azienda ospedaliera, proprietaria del terreno, ha già fatto sapere che la società incaricata sta completando il progetto esecutivo.
«Abbiamo approvato il piano parcheggi, adesso li realizzeremo uno alla volta», puntualizza il sindaco Roberto Dipiazza. Si procederà a suon di project financing, ma il ritardo complessivo resta. Il sindaco, che detiene anche la delega all’urbanistica, lo sa e si toglie qualche sassolino dalle scarpe: «Paghiamo un gap accumulato negli anni. In passato il nostro Comune, con le precedenti gestioni, ha speso qualcosa come 100 miliardi di vecchie lire per organizzare mostre e convegni. Forse sarebbe stato il caso di fare anche dei parcheggi». Dipiazza ricorda poi la presenza di una struttura come «il Silos che è sistemato a cinque minuti a piedi da piazza Unità. In pratica si trova nel centro cittadino. Intanto bisognerebbe approfittarne, visto che gran parte degli 820 posti disponibili sono spesso vuoti». Tornando poi al progetto del park San Giusto, Dipiazza aggiunge ancora: «Lo stiamo aspettando da ormai sette anni. I lavori dovevano partire nel 2001 e invece siamo in attesa a causa della burocrazia che riesce a complicare le cose per qualsiasi iter». Nel caso specifico va risolta infatti la questione degli espropri delle aree da privati e dal demanio militare.
MATTEO UNTERWEGER

 

 

PARCHEGGI - Lobianco: «Risposte entro tre mesi» - IL PROGETTO PREVISTO SOTTO IL COLLE

Tre mesi per sciogliere gli ultimi dubbi su tempistiche e iter di acquisizione. La travagliata storia del Park San Giusto potrebbe arrivare presto a un punto di svolta. Esattamente «attorno alla fine di gennaio», come spiega Rocco Lobianco, presidente di Amt, una delle realtà che compongono la società chiamata a costruire e gestire la nuova struttura che dovrebbe mettere a disposizione della città un totale di 724 posti macchina.
La «Park San Giusto», spa creata ad hoc per controllare il nuovo parcheggio è composta per il 75 per cento delle quote da Amt.
Il 5 per cento è della Sistema sosta e mobilità di Udine, Acupark srl detiene invece l’uno per cento. Il 18,5 per cento restante, infine, è appannaggio di un gruppo di imprese di costruzioni (Riccesi, Celsa, Mecasol, Fedrigo, Carena, Arm enginering di Padova).
Quella prevista sotto il Colle sarebbe un’opera unica nel suo genere in Italia, ma gli inghippi non sono mancati a partire dal 2001 fino ad oggi. «Si tratta di ottenere una serie di autorizzazioni tecnico-giuridiche - specifica ancora Lobianco - per le quali contiamo di avere delle risposte entro i prossimi tre mesi».
(m.u.)

 

 

PARCHEGGI - Soltanto Foro Ulpiano va avanti  - Si studia la convenzione tra Comune e Saba Italia per il raddoppio

L’ampliamento del parcheggio di Foro Ulpiano, programmato nel piano approvato più di un anno fa dal Consiglio comunale, potrebbe subire presto un’accelerazione. I tecnici comunali della direzione dei Lavori pubblici stanno studiando le varie possibilità per presentare alla giunta una proposta di convenzione tra il Comune stesso e la Saba Italia (la società che gestisce il park interrato davanti al tribunale). Un documento che fissi i dettagli dell’allargamento, che - si dice - potrebbe estendersi sino a piazza Oberdan.
«Gli uffici sono al lavoro - conferma l’assessore comunale Franco Bandelli - per rivedere il progetto chiudendo questa convenzione». Bandelli ritorna poi sulle proteste mosse da alcuni comitati e dai commercianti sui posti macchina soppressi per i nuovi e futuri provvedimenti di viabilità e pedonalizzazione cittadina: «Bisogna scegliere, insomma. O si vuole l’area pedonale oppure il posto macchina sotto casa. Con la pedonalizzazione di via Cassa di risparmio verranno meno alcuni parcheggi, ad esempio, ma troveremo una soluzione alternativa per Amt come previsto. In via Cavana si eviteranno invece ingorghi e automobili in seconda fila. Sappiamo che in centro vi è la necessità di nuovi parcheggi, ma i gestori di Silos e Foro Ulpiano mi dicono che spesso hanno tanti posti liberi. Sarebbe allora il caso di iniziare a usarli di più».
(m.u.)

 

 

PARCHEGGI - I COMMERCIANTI  - Duiz: «Un’emergenza che si protrae da anni»

«La situazione non è cambiata rispetto agli anni scorsi. Con l’avvicinarsi delle festività natalizie tornerà d’attualità l’emergenza parcheggi in centro città». Il punto di vista dei commercianti al dettaglio triestini arriva direttamente dal presidente dell’associazione di categoria, Donatella Duiz. «A Trieste si fanno tante belle cose, ma si tolgono i posti macchina. Al contrario - prosegue la Duiz -, per ora, di nuovi non se ne vedono. Una struttura proprio nel centro dovremmo averla, come in ogni città che si rispetti». La numero uno dei dettaglianti ribadisce infine le sue preoccupazioni in chiave futura: «Con la prossima pedonalizzazione di via Cassa di risparmio e di un tratto di via Trento, altri posti verranno meno».
(m.u.)

 

 

Bonifiche, gli enti si ribellano al silenzio - SECRETATA LA RIUNIONE DI LUNEDÌ A ROMA TRA MINISTERO E REGIONE

Bassa Poropat: «Dobbiamo essere riconvocati tutti al più presto»
Le milionate in arrivo dallo Stato, tra assegni ministeriali, fondi Fas veicolati dalla Regione e quote Autorità portuale, potrebbero ancora oscillare di qualche unità rispetto alle 110 fin qui dedotte dai documenti sfuggiti al riserbo. Ma l’ossatura del futuro accordo di programma per le bonifiche del Sin, il Sito inquinato d'interesse nazionale, non è comunque in odore di rivoluzioni. Risultato: il grosso della copertura economica, per ora stimato in 190 milioni e concentrato nella seconda fase del piano di reindustrializzazione, resta a carico delle imprese. Imprese che stando all'articolo 11 della bozza d'accordo datata 31 ottobre - che ultima versione non è ma dovrebbe far fede su questo passaggio - vengono individuate anzitutto come «soggetti privati insediati all’interno del Sito» che «possono usufruire dei benefici previsti dal presente articolo sulla base di una transazione con il Ministero dell’Ambiente impegnandosi a concorrere pro quota agli oneri progettuali, di investimento e gestione in ragione della superficie delle aree di ciascun soggetto».
Ministero e Regione, i due interlocutori della riunione tecnica di lunedì, continuano intanto a tener ben chiuso il rubinetto delle informazioni. «Il corpo dell’accordo è fatto, si stanno chiudendo gli ultimi conti, l’onorevole in questo momento si è impegnato alla massima riservatezza affinché non escano notizie parziali», fanno sapere dallo staff del sottosegretario all’Ambiente Roberto Menia. Un atteggiamento, questo, fotocopiato pure dall’assessore della giunta Tondo Vanni Lenna. Il silenzio, tuttavia, sta consumando la pazienza del resto del mondo, giacché neanche i rapporti informali tra gli uffici regionali e quelli omologhi degli enti territoriali ha contribuito finora a sciogliere il giallo. «Gli enti devono essere riconvocati tutti al più presto», tuona la presidente della Provincia Maria Teresa Bassa Poropat. Che aggiunge: «Mi preoccupano i tempi. E poi se l’accordo resta quello che conosciamo di fatto il ministero tira fuori una decina di milioni, prospetta nuove infrastrutture portuali e la riqualificazione del depuratore di Servola. È tutto fuorché una prospettiva di disinquinamento effettivo». «Sono seriamente preoccupato e stupito - rincara la dose il sindaco di Muggia Nerio Nesladek - del metodo di mancata partecipazione con il quale si sta conducendo una grande partita per il territorio». «Un fatto che riguarda praticamente tutto il comparto industriale, e che per questo dovrebbe essere portato avanti con la massima trasparenza, diventa un fatto di pochi», gli fa eco il presidente dell’Ezit Mauro Azzarita, che ha in agenda per i prossimi giorni un incontro con il numero uno dell’Authority Claudio Boniciolli. Il quale, a sua volta, assicura di non saperne nulla.
Ancor più agitati sono i soggetti esterni all’accordo, che però di quell’accordo si sentono ormai fonte primaria: gli operatori economici. «Sarebbe doveroso - così Enrico Eva, direttore di Confartigianato - che il ministero dell’Ambiente coinvolgesse le associazioni di categoria, altrimenti le cose le veniamo a sapere solo di sponda. Se si riuscisse a pervenire a un accordo concertato, si eviterebbero 85 ricorsi (tante sono gli associati Confartigianato insediati nel Sin, ndr) con richiesta di rispettare il principio comunitario secondo cui chi non ha inquinato non paga». «Le imprese non vanno gravate di oneri impropri», ribadisce Paolo Battilana, direttore di Assindustria. «Un’eventualità del genere - chiude Battilana - rappresenterebbe un colpo duro per il sistema produttivo locale, specie in questa gravissima congiuntura, tale da mettere a rischio la vita di molte aziende».
PIERO RAUBER

 

 

Ecco il parco delle energie rinnovabili - Sara' presentato a Gorizia un progetto guidato dalla facolta' di  Architettura dell'Universita' di Trieste

 

 

Il terminal di Veglia si allarga Progetto da 130 milioni al via - A CASTELMUSCHIO LE SCORTE PETROLIFERE DELL’UNGHERIA

FIUME Lo Janaf, Oleodotto adriatico, si prepara ad allargare il suo terminal quarnerino a Castelmuschio (Omisalj), sull’isola di Veglia. Con un investimento di quasi 130 milioni di euro Jadranski naftovod (Janaf, appunto) vuole posizionare in tempi brevi due nuove «batterie» di grossi serbatoi per lo stoccaggio del greggio e di derivati. La trafila burocratica per licenze e permessi è già partita. E non ci dovrebbero essere intoppi: lo Janaf è di proprietà preminentemente statale e l’ampliamento è strettamente collegato alla recente intesa tra governi croato e ungherese finalizzata a un «partenariato energetico» fra i due paesi.
Pochi giorni fa, nell’aula del Consiglio municipale di Castelmuschio, i dirigenti dello Janaf (presenti pure gli incaricati del ministero dell’Ambiente) hanno presentato pubblicamente lo studio di impatto ambientale allegato al progetto di ampliamento che, in linea di massima, ha già l’assenso delle autorità locali. Nel corso della presentazione – assenti le organizzazioni ecologiste - è stato messo in risalto che circa il 12 per cento dell’investimento, più o meno 15 milioni di euro, verranno spesi per garantire adeguati dispositivi e sistemi di tutela dell’ambiente. Stando al progetto, che verrà realizzato a tappe, nell’area dell’attuale terminal dello Janaf verrebbero realizzati otto grandi serbatoi circolari per immagazzinare petrolio greggio (circa 640 mila metri cubi), più altri otto di dimensioni minori per lo stoccaggio di prodotti finiti o derivati. Entro la cinta del terminal verrebbe piazzato anche un serbatoio da 1.240 metri cubi per biocarburanti.
In merito al progetto e alle sue motivazioni vanno ricordate le conclusioni dell’incontro della primavera scorsa tra il premier ungherese Gyurcsany e quello croato Sanader, ovvero l’idea di una partnership ungaro-croata in campo energetico. Il terminal dello Janaf a Castelmuschio, su iniziativa di Budapest, verrebbe dunque utilizzato per lo stoccaggio delle scorte petrolifere di stato ungheresi. Secondo le normative Ue, ogni paese comunitario deve disporre di scorte atte a sopperire a un fabbisogno di almeno tre mesi. Ed è appunto tali scorte che i governanti magiari intenderebbero immagazzinare nel terminal quarnerino, attraverso le cui condutture le riserve di greggio potrebbero essere disponibili per le utenze magiare nell’arco di 24-48 ore. Un apposito accordo interstatale è già in fase di stesura e all’iniziativa – da quanto si apprende in via informale – sarebbe «vivamente interessata» pure la Slovacchia. Nelle adiacenze del terminal, infine, è praticamente già riservato lo spazio per il rigassificatore (o terminal Lng) che interessa Budapest.
(fr)

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 25 novembre 2008 

 

 

Scuole, l’82% senza collaudo statico - Tommasini: edifici vetusti. Bandelli: solo per quelli comunali servono 60 milioni

Fuori norma in un istituto su due l’impianto elettrico, ma l’88% ha avuto comunque l’agibilità. A livello regionale il 51% delle strutture non ha il certificato di abitabilità  - I DATI DEL SERVIZIO REGIONALE DELL’ISTRUZIONE
I politici mettono le mani avanti e dicono di non voler «creare allarmismi». Sostengono che «Trieste non è Torino» e che «gli studenti non sono a rischio nelle nostre aule». Ma quasi tutti i nostri istituti scolastici, per un motivo o per l’altro, non sono a norma.
Parlano i numeri: a Trieste l’82% delle scuole non ha il certificato di collaudo statico. Oltre la metà degli istituti, il 52%, non può vantare un impianto elettrico a norma ed è sommerso da una marea di cavi e fili «vaganti». Il 78% non ha un impianto idrotermosanitario conforme. Infine, solo il 9% delle scuole è in possesso di un certificato di conformità dell’impianto di protezione antincendio.
Continuando a scorrere i dati forniti dalla Direzione centrale del Servizio istruzione regionale, la musica non cambia. La situazione a Trieste non è certo felice. E dopo la tragedia del liceo Darwin di Torino, che ha visto un diciassettenne morire in classe schiacciato sotto il peso di mattoni e tubi di ghisa crollati dal soffitto, anche per alunni e genitori triestini dormire sonni tranquilli è difficile. Loro stessi denunciano da anni l’emergenza scuola in città e lamentano lo scenario della quotidianità tra i banchi.
I numeri, si diceva. Stando sempre ai dati forniti dal Servizio istruzione regionale, infatti, risulta che solo il 14% delle scuole triestine ha ascensori con garanzia di collaudo. L’unica nota che distingue Trieste dalla situazione generale del Friuli Venezia Giulia riguarda il certificato di agibilità: l’88% delle scuole ce l’ha, contro una media regionale che scende fino al 49%. Se si parla di barriere architettoniche, invece, la situazione si fa più buia. Un esempio: solo 50 edifici scolastici - meno di un terzo del totale - hanno scale costruite secondo la normativa vigente.
«Basta entrare nelle nostre scuole - spiega Giuseppe Ughi, segretario dello Snals -. Quasi tutte hanno vecchi portoni che si aprono verso l’interno: in caso di incendio i ragazzi non potrebbero uscire facilmente e rischierebbero di restare schiacciati. Vogliamo fare esempi concreti? Andiamo al terzo piano della succursale del liceo Galieli, in via Battisti, dove ci sono travi a vista vecchissime. Chi ci assicura che i soffitti non crollino anche da noi? Solo l’istituto Fabiani, che è quello di costruzione più recente, ha il certificato di staticità tra le scuole superiori».
Avvenimenti drammatici come quelli di Torino riportano a galla annosi problemi che riguardano tutto il parco scuole italiano. Il ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini ha dichiarato che «per sanare l’emergenza servono fondi straordinari», aggiungendo però che il Governo non se ne sta con le mani in mano, perché «ha distribuito, nel 2008, 300 milioni di euro da investire in sicurezza» lungo tutte le classi della Penisola. Il punto è proprio questo: i fondi. Per capire l’entità del problema e rendersi conto di come le scuole siano un pozzo senza fondo, basta sapere che per mettere a nuovo (e quindi a norma) solamente gli edifici scolastici della nostra città sevirebbe avere in musina 60 milioni di euro.
Si tratta di una stima dell’assessore Frando Bandelli, responsabile dell’edilizia scolastica per il Comune (che ha competenza su 154 edifici, di cui 19 asili nido, 64 scuole materne, 47 elementari e 24 medie). Bandelli però mette in chiaro alcune cose: «Gli studenti triestini non rischiano la vita andando in classe. Non mi risultano situazioni di reale pericolo. Però è vero che da noi la situazione non è facile: oltre la metà delle scuole sono state costruite tra l’Ottocento e gli anni Quaranta. Il Comune sta facendo sforzi enormi: spendiamo ogni anno 4,4 milioni di euro per la manutenzione ordinaria e straordinaria degli edifici. Ne abbiamo investiti altri 16 solo nell’ultimo biennio - continua Bandelli - per riqualificare istituti scolastici. Adesso stiamo lavorando alla Divisione Julia e al Dante. Questa amministrazione si è trovata nelle mani una realtà disastrosa. Ma rendiamoci conto che purtroppo - conclude - per il settore pubblico non esistono le stesse regole del privato. Sono convinto che anche aggirandosi nei corridoi del Quirinale troveremmo tanti ”strappi” alle regole». Simile il giudizio dell’assessore provinciale Mauro Tommasini. La Provincia ha in «portafoglio» le scuole superiori, dislocate, tra sedi centrali e succursali, in 27 edifici diversi. «Abbiamo edifici vetusti, antichi, in cui è difficile operare - spiega -. Se il ministro Gelmini vorrà far arrivare qualche risorsa straordinaria a Trieste saremo ben lieti di riceverla».
ELISA COLONI

 

 

 Bonifiche, va a vuoto la missione romana Gli artigiani: paghi solo chi ha inquinato

Eva (Confartigianato): non siano le imprese a coprire i costi per riqualificare il depuratore
Continuano a mancare certezze sui 190 milioni che teoricamente vengono messi in carico ai privati
Diventa un giallo l’esito della riunione romana di ieri tra i tecnici del ministero dell’Ambiente e della Regione, da dove sarebbe dovuta uscire la versione blindata, definitiva, dell’accordo di programma per le bonifiche e i piani di reindustrializzazione del Sin, il Sito inquinato d’interesse nazionale. Gli interlocutori triestini in attesa di un cenno dal sottosegretario Roberto Menia o dall’assessore regionale Vanni Lenna, i referenti politici dei rispettivi funzionari chiusi negli uffici del ministero dell’Ambiente, sono rimasti con i dubbi di prima. Menia non era rintracciabile a oltranza, in quanto impegnato in diverse riunioni, ma ha lasciato comunque detto di non avere notizie in proposito. E Lenna, conclusa in serata la maratona della legge omnibus in Consiglio regionale, se n’è tornato a casa assicurando a sua volta di non sapere nulla, poiché «non sono riuscito a contattare chi era a Roma, ne riparliamo domani (oggi, ndr)».
«Non è buon segno che in giornata non siano arrivate telefonate», suggerisce uno di questi interlocutori locali. È una mancata fumata bianca, in effetti, che stride con il messaggio di «estrema urgenza», di una partita da chiudere entro l’anno pena la perdita dei fondi statali oggi blindati (70 milioni più i 40 in quota all’Autorità portuale), fatto passare nel week-end proprio da Menia. Ed è un’appendice d’incertezza che alimenta, nel contempo, i malumori delle imprese insediate nel perimetro del Sin davanti all’ipotesi di quei 190 milioni di euro, a carico dei privati, sui 300 di copertura totale per le bonifiche contemplati dall’ultima versione dell’accordo di programma.
E mentre in queste ore da Assindustria si rimandano eventuali commenti soltanto davanti a carte non più equivocabili, ci pensa la Confartigianato - con i suoi 85 associati sulle 300 aziende insediate nel Sin - a rompere la diga della cautela. «Ci si dica una volta per tutte - tuona il direttore di Confartigianato Enrico Eva, che è anche presidente della commissione Ambiente in Camera di Commercio - che cosa si intende per privato coinvolto nei piani di bonifica. Se a pagare sono chiamati i soggetti che hanno inquinato o che vengono riconosciuti responsabili ci sta bene. Non vorremmo però che le cosiddette transazioni con il ministero finissero in capo a tutti sulla base della superficie occupata, penalizzando ad esempio falegnamerie e panifici, che metalli pesanti e idrocarburi hanno difficilmente sversato nella loro storia. Salterebbe di fatto il principio comunitario del ”chi non ha inquinato non paga” e, a quel punto, saremmo pronti a promuovere appositi ricorsi». Confartigianato ne ha pure per l’inserimento, nella prima fase del piano di messa in sicurezza, dei 30 milioni necessari alla riqualificazione del depuratore di Servola: «È improrogabile certo - aggiunge Eva - ma porta via una fetta importante dei fondi statali rimasti. Con i soldi delle imprese, insomma, hanno deciso di pagare il depuratore».
PIERO RAUBER

 

 

«Ambiente, più garanzie sulla procedura di Via» - SASCO (UDC)

TRIESTE Edoardo Sasco, capogruppo regionale dell’Udc, esprime soddisfazione per l’accoglimento, nella «legge omnibus», della proposta di raddoppiare i tempi per le osservazioni sulla procedura di Valutazione di impatto ambientale (Via). «Questa modifica, in linea con le norme in vigore nelle altre Regioni, consentirà a cittadini e amministratori del Friuli Venezia Giulia di disporre di tempi adeguati per l’espletamento di procedure spesso complesse e delicate».
 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 24 novembre 2008 

 

 

«Dai privati 190 milioni? Così le bonifiche non si faranno mai»  - UIL: MENIA E LA REGIONE FACCIANO PRESSING

Visentini: lo Stato vuole sborsare pochi soldi, ma intanto il ministro dirotta sulla sua Sicilia fondi ingenti
«L’Accordo di programma per le bonifiche del Sito inquinato di interesse nazionale è insufficiente». A denunciarlo è il segretario regionale della Uil Luca Visentini. «La montagna ha partorito il topolino. L'accordo di programma, annunciato nella sua nuova versione dal sottosegretario Roberto Menia, prevede soli 11 milioni di euro a carico dello Stato. Circa i due terzi della cifra totale di investimento (190 milioni su 300) sono posti a carico dei privati. In una situazione di crisi come quella attuale, immaginare che le imprese di Trieste possano tirare fuori tutti questi soldi significa una sola cosa: le bonifiche non si faranno mai».
Secondo Visentini «l’onorevole Menia e il sindaco Dipiazza richiamano la città a un sano realismo: non è più tempo di chiedere soldi allo Stato, dicono. Peccato che, nello stesso momento in cui taglia le risorse per Trieste, il ministro dell'ambiente Prestigiacomo trova centinaia di milioni per bonificare i siti inquinati della sua regione, la Sicilia. La precedente versione dell'accordo di programma, definita dal Governo Prodi, prevedeva altrettanti investimenti per la nostra regione. Al di là dei colori politici, quella è l'impostazione che va recuperata».
Visentini conclude con un «appello all'on. Menia e alla maggiornaza regionale affinché non si rassegnino ai "niet" del Ministero e facciano tutto il possibile per portare a casa i soldi necessari al futuro del territorio».
 

 

CHERSO - Salvati 7 grifoni, stavano morendo in una cisterna  - La specie è protetta ma spesso resta uccisa da esche avvelenate

Erano finiti in un invaso a Verbenico. Denutriti e sfibrati ora vengono curati dal centro ornitologico di Cherso
VEGLIA Sfibrati, denutriti, sottopeso ma salvi. È il caso di sette grifoni, gli avvoltoi dalla testa bianca, finiti incredibilmente in una cisterna d’acqua potabile situata nelle vicinanze di Verbenico, pittoresca località dell’isola di Veglia. I grifoni, va ricordato, sono una specie rigorosamente tutelata in Croazia (arrecare danno o la morte a questi maestosi volatili comporta pene pecuniarie fino a 40 mila kune, circa 5600 euro) e sono presenti soprattutto nell’area insulare del Quarnero, in primo luogo nelle isole di Cherso e Veglia.
Giorni fa, i sette avvoltoi sono stati tratti in salvo dalla cisterna grazie all’allarme lanciato dal vegliota Antonio Polonio, proprietario del lotto di terreno in cui si è verificato il bizzarro episodio. Sul luogo dell’incidente sono giunti alcuni appartenenti al Servizio di soccorso alpino ed esponenti di organizzazioni ambientaliste ed animaliste, che hanno subito messo in pratica le misure del caso, estraendo dal serbatoio tutti e sette i grifoni, uno ad uno. Purtroppo gli uccelli erano in condizioni pietose, sfiniti dalla lunga permanenza nella struttura, da cui non potevano evidentemente uscire.
Trasportati in barca a Verbenico, sono stati successivamente trasferiti nella voliera del centro Caput Insulae di Caisole (Beli), nell’isola di Cherso, che da tanti anni si prende cura degli avvoltoi altoadriatici, grazie anche alla sapiente guida del direttore del centro, il dottor Goran Susic, apprezzato ornitologo. I sette avvoltoi sono stati visitati in queste specie di ospedale per i volatili, con risultati non proprio esaltanti: ciascuno di essi pesava 6 chilogrammi e mezzo, mentre avrebbero dovuto avere dagli 8 ai 10 kg.
Uno dei grifoni, poi, non aveva nemmeno la forza di tenere eretto il capo ed è stato sistemato in una gabbia speciale. «Purtroppo disponiamo di una voliera sufficiente ad ospitare soltanto un paio di volatili – si è lamentato Susic – in questo momento la struttura ne ospita 18 e dunque la qualità del soggiorno si presenta scadente. A proposito dei sette uccelli finiti nella cisterna, invito le competenti autorità a fare luce su questo caso che, a mio modo di vedere, presenta aspetti molto singolari».
Intervistato dai giornalisti, il citato Polonio ha confermato che l’isola di Veglia continua ad essere un habitat molto frequentato dai grifoni. «Mesi fa, facendo un giro nella mia tenuta – ha detto – ho notato un folto gruppo di avvoltoi. Ne ho contati ben 33». Insomma, non vi è pace per quello che è il simbolo dell’isola di Cherso, costretto a difendersi soprattutto dalle insidie dell’ uomo. Non sono pochi i casi di esemplari giovani di grifoni che, spaventati dall’uomo, cadono in acqua dai nidi dislocati a strapiombo sul mare, affogando. Molti inoltre i casi di avvelenamento, dovuti al fatto che gli avvoltoi si cibano delle carogne di cinghiali, pecore o daini, vittime di esche contenenti veleno e disseminate sull’isola per uccidere le specie alloctone.
(a. m.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 23 novembre 2008 

 

 

RIGASSIFICATORE - Gli ambientalisti attaccano gli enti locali  - ILLUSTRATI I CONTENUTI DEL DOCUMENTO IN PROCURA

 

«La Provincia non si è mai espressa, il Comune pensa solo al business»
«La documentazione fornita da Gas Natural è così falsa e incoerente da rendere difficile, se non impossibile, anche per i tecnici del ministero dell’Ambiente, capire le conseguenze dell’eventuale costruzione del rigassificatore». Le associazioni ambientaliste triestine, Wwf, Italia Nostra, Legambiente, Greenaction e i comitati per la Salvaguardia del golfo di Trieste e Sos Muggia, non ci stanno. E si giocano la carta dell’esposto per tentare di fermare Gas Natural e il suo progetto di rigassificatore da insediare nell’area ex Esso.
Nell’esposto gli ambientalisti definiscono lo studio di impatto ambientale della società spagnola (e della sua fiduciaria svizzero-lussemburghese Medea) «contraffatto e dubbio» in molte sue parti. Lo hanno ammesso con forza ieri mattina, durante un incontro nella sede del Wwf. «Lo studio è stato fatto per imbrogliare i tecnici dei vari enti che dovevano analizzarlo, che hanno preso per oro colato le indicazioni di Gas Naturale e non hanno mai ascoltato le istanze degli ambientalisti. L’autorizzazione ministeriale al rigassificatore di Zaule - ha spiegato Dario Predonzan, responsabile del Wwf per il Fvg - potrebbe purtroppo arrivare a giorni. In questo caso saremo costretti a ricorrere alla giustizia amministrativa. Siamo davanti a delle falsità. Un esempio? Hanno utilizzato i valori di profondità media dell’Adriatico, cioè 50 metri, per redigere gli studi e non quelli del golfo di Muggia, che arriva al massimo a 20 metri. Questo - aggiunge Prendonzan - falsifica i risultati».
A cadere nel mirino degli ambientalisti, però, non sono solo i proponenti del progetto, ma tutti gli enti pubblici coinvolti a vario titolo nella vicenda, come la Provincia, che «non ha mai avuto il coraggio di esprimersi» e il Comune di Trieste, che «si è interessato solo agli aspetti economici dell’eventuale impianto».
(e.c.)

 

 

Gas Natural: accuse offensive, andiamo avanti - Rigassificatore, la replica della società: ricerche approfondite, contestato il lavoro di molte professionalità

DOPO GLI ESPOSTI PRESENTATI IN PROCURA DAI SINDACI DI MUGGIA E SAN DORLIGO E DALLE ASSOCIAZIONI
«Andremo avanti con il nostro progetto, perché possiamo dimostrarne la validità. E siamo esterrefatti e offesi dalle accuse che le associazioni ambientaliste hanno lanciato non solo contro la nostra società, ma anche contro il lavoro di decine di professionisti che si sono espressi sulla documentazione relativa al progetto del rigassificatore di Zaule. Solo in Italia accadono fatti del genere».
È così che Gas Natural, il colosso spagnolo in ballo per la costruzione di un impianto per il trattamento di Gnl nel golfo di Trieste, risponde al doppio esposto depositato in questi giorni in Procura, prima dai sindaci di Muggia e di San Dorligo della Valle, poi dalle associazioni ambientaliste. Due documenti sostanzialmente simili nei contenuti (entrambi basati su studi del geologo Livio Sirovich), ma diversi nei toni. Se Nerio Nesladek e Fulvia Premolin, rispettivamente sindaci di Muggia e San Dorligo, avevano infatti spiegato di essersi rivolti alla magistratura per «ottenere precisazioni su alcune parti poco chiare o incomplete» della documentazione fornita da Gas Natural, le associazioni ambientaliste (Wwf, Italia Nostra, Legambiente, Greenaction e i comitati per la Salvaguardia del Golfo di Trieste e Sos Muggia) ieri, durante una conferenza stampa, ci sono andate giù pesante, definendo gli studi del gigante iberico dell’energia «contraffatti, incoerenti e improponibili». (I dettagli sull’esposto nell’articolo in basso).
E Gas Natural, che dal nostro Golfo non intende prendere il largo, tenta di smontare l’impianto accusatorio. Lo fa per voce di Giuseppe Muscio, responsabile delle relazioni esterne di Gas Natural Italia, che in una lettera contrattacca, punto per punto, alle «stroncature» contenute negli esposti. I fronti sono sostanzialmente quattro.
Primo: i documenti depositati dalla società spagnola al Ministero e in Regione per la procedura di Via (Valutazione di impatto ambientale) avrebbero date diverse. «La documentazione che porta la data dicembre 2006 - spiega Muscio - si riferisce alla raccolta delle integrazioni dello Studio di impatto ambientale nell’ambito della procedura di Via. Invece quella datata maggio 2008 è relativa alla documentazione inerente i nuovi studi che Gas Natural ha commissionato, su base volontaria, per completare il quadro informativo. In poche parole, nel dossier più recente sono stati allegati alcuni elementi aggiuntivi sull’impatto ambientale del rigassificatore».
Secondo: gli ambientalisti affermano che la cartografia su cui Gas Natural si è basata per elaborare i propri studi «risale a quaranta anni fa e non tiene conto di alcuni nuovi impianti industriali, come ad esempio i depositi di combustibile dell’Autorità portuale». La replica, anche in questo caso, è netta: «Basta osservare bene - afferma Muscio -. Le schede e le ricerche sono state prodotte a partire dalla cartografia aggiornata e nel rispetto del Piano regolatore portuale vigente. Diversamente sarebbe stato impossibile elaborare il progetto».
Terzo: secondo gli «accusatori» sarebbe difficile definire la paternità degli studi. «Le ricerche sono firmate e avvalorate dagli autori materiali e dalle loro società», replica il responsabile relazioni esterne di Gas Natural Italia.
Quarto: chi ha depositato gli esposti sostiene che la perizia che riporta l’impatto delle acque fredde emesse dal rigassificatore su quelle originarie del Golfo sarebbe «viziato da un errore nelle batimetrie». Accusa cui Gas Natural controbatte sostenendo che «le misure analizzate sono quelle corrette. Si tratta di una questione tecnica, di competenza della commissione Via, composta da 60 tecnici, che hanno già fatto le opportune valutazioni. Simili pareri non sono di competenza degli ambientalisti. Anche sul fronte delle misure di sicurezza - aggiunge Muscio -, sulle quali abbiamo ricevuto critiche, vogliamo ricordare che Gas Natural ha affidato uno studio, coordinato dal professor Paolo Bevilacqua dell’Università di Trieste, al Consorzio interuniversitario CiniGeo».
ELISA COLONI

 

La Regione: stop a discariche e inceneritori Gorizia vuole il dissociatore entro il 2010 - Le linee guida del nuovo piano rifiuti

UDINE Stop a discariche e inceneritori, spazio alle nuove tecnologie a partire dai dissociatori molecolari, riduzione dell’usa e getta, crescita della raccolta differenziata, tariffe «puntuali» ai cittadini che producono meno rifiuti. Vanni Lenna elenca gli input raccolti sui tre tavoli di lavoro (esperti, portatori d’interesse, cittadini) che hanno costruito le basi per stendere il nuovo Piano regionale dei rifiuti. E la Provincia di Gorizia gongola: «Sono sostanzialmente le linee guida del nostro piano provinciale», sottolinea Enrico Gherghetta. Che, non a caso, propone l’Isontino per l’ubicazione del primo dissociatore molecolare, inceneritore «pulito», puntando a realizzarlo «entro il 2010».
IL CONVEGNO Il convegno «Verso il nuovo piano dei rifiuti solidi urbani» è una tappa che fotografa l’esistente e riassume il contributo dei tre tavoli. A Udine si ricorda che nel 2007 ciascun abitante ha prodotto oltre 500 kg di rifiuti, si evidenziano gli obblighi legislativi della differenziata – almeno il 50% nel 2009, il 65% nel 2012, anche se il Friuli Venezia Giulia si trova ora al 36,8% –, si segnala che Gorizia va meglio di tutti (53%) e che Trieste sta proprio in coda (17,1).
LE LINEE GUIDA A Udine, poi, si commentano le linee guida emerse dal confronto tra tecnici e stakeholders, con il contributo dei cittadini. Le discariche e gli inceneritori sono il passato, si deve prevenire e informare, rileva anche il sottosegretario all’Ambiente Roberto Menia, per poter ridurre a monte i rifiuti. Come? Per esempio reintroducendo i vuoti a rendere in vetro e facendo a meno dell’usa e getta. «Se riusciremo anche grazie alle nuove tecnologie a trovare sistemi per l’utilizzo dei materiali a tutt'oggi ineliminabili – aggiunge Lenna –, potremo risolvere il problema discariche». Il Piano? Pronto entro il 2009: «Sarà più flessibile rispetto a quello del 2001, più adatto alle nuove tecnologie. Ci deve consentire di emettere sostanze non nocive in atmosfera e di ridurre le discariche».
IL DISSOCIATORE Tra le nuove tecnologie si afferma così il dissociatore molecolare, un termovalorizzatore di ultima generazione già utilizzato in Islanda e, più di recente, in Scozia e Norvegia. La Provincia di Gorizia, che il suo Piano rifiuti l’ha realizzato nel 2004 e che ha già approvata le linee guida del prossimo, si conferma in prima fila. Gherghetta, accompagnato dall’assessore Mara Cernic, fa sapere che due impiegati provinciali si sono recati pochi giorni fa in Norvegia, ma la soluzione scozzese è la più probabile: «In primavera, con la Provincia di Udine e la Regione, andremo in Scozia per una sperimentazione di un mese».
NELL’ISONTINO Dovesse rivelarsi l’impianto ad hoc (il costo è di circa 8 milioni di euro), la Regione e le due Province si unirebbero per l’installazione di dissociatori in Friuli Venezia Giulia. «Ne basterebbero dieci da 20mila tonnellate ciascuno per risolvere tutti i problemi» dice ancora Gherghetta. Candidando Gorizia ad ospitare il primo: «Valuteremo il dove. Ma in prospettiva penso a un dissociatore per svuotare la discarica di Pecol dei Lupi».
ECOPIAZZOLE Il presidente della Provincia di Gorizia lancia pure la proposta di realizzare ecopiazzole utilizzando i 24 milioni (20 per i Comuni, 4 per le Province) che finanziavano gli Aster (cancellati dalla giunta Tondo): «Di certo proporrò che i 400mila euro della Provincia di Gorizia e i 2 milioni per le amministrazioni comunali isontine vengano utilizzato per 8 ecopiazzole».
Marco Ballico
 

 

PIANO RIFIUTI - Menia: «Premieremo chi restituisce i vuoti»

UDINE Insegnare al cittadino a non produrre rifiuti. Perché 500 kg a testa nel 2007 «sono una quantità inquietante»: il programma comunitario d’azione ambientale ne prevede 300. Roberto Menia chiude i lavori lanciando una campagna educativa. E ricordando che nel nuovo «decreto Napoli» sono allo studio misure per ridurre i rifiuti a monte. «Nel decreto – spiega il sottosegretario – è previsto il ritorno al meccanismo premiale per il cittadino che restituisce il vuoto». Una strategia non diversa da quella descritta dall’assessore Vanni Lenna. Pure la Regione punta a ridurre la produzione dei rifiuti: l’obiettivo è del -12% rispetto a oggi nel 2012. «L’attuale progressione di incremento del 4% all’anno – prosegue Menia – sta iniziando a calare, segno che si fa avanti la coscienza dei cittadini. Per questo serve incrementare le campagne informative, serve che anche nella scuola se ne parli. Molto utile la reintroduzione dell’educazione civica voluta dal governo Berlusconi». La prevenzione «è una priorità», ricorda anche Pia Bucella, della Direzione generale Ambiente della Commissione Europea, che comunica che solo tre giorni fa il Consiglio dei ministri europei ha adottato una nuova legge che disciplina i rifiuti: «Un solo rifiuto è virtuoso: quello non prodotto». Ma con quelli già prodotti che fare, differenziata a parte? «Il caso Napoli ha fatto scuola», dice Menia ricordando i quattro termovalorizzatori previsti nel primo decreto: «Impianti che produrranno energia, cosa che non può che fare del bene in un Paese con notevole deficit energetico».
(m.b.)
 

 

Smaltimento dei rifiuti: su Raitre indaga Report

ROMA Si occupa dello smaltimento dei rifiuti, della scarsa raccolta differenziata e del gassificatore ancora sotto collaudo, la puntata di «Report» in onda stasera alle 21.30 su Raitre dal titolo L'oro di Roma, di Paolo Mondani. Il 24 giugno 2008, dopo 9 anni di commissariamento straordinario, la Regione Lazio è uscita finalmente dall'emergenza con un nuovo piano per i rifiuti che prevede, entro il 2011, la realizzazione di alcuni gassificatori. La Commissione Europea era sul punto di sanzionare l'Italia perchè l'ultimo piano rifiuti che mancava era proprio quello della Regione Lazio che ha un bilancio disastroso: solo il 14% di raccolta differenziata contro il 42% della Lombardia. La discarica di Malagrotta è la più grande d'Europa, ci finiscono dentro i rifiuti di Roma, Ciampino, Fiumicino e della Città del Vaticano. Nella zona di Malagrotta, oltre alla discarica e al futuro gassificatore ci sono: un inceneritore per i rifiuti ospedalieri, una raffineria e quattro impianti per lo stoccaggio dei carburanti. Tutte strutture che secondo la legge «Seveso 2» del 1999 vanno monitorate, anche perchè secondo l'Arpa le condizioni della falda e dei corsi d'acqua della zona sono pessime. Il gassificatore di Roma, che è ancora sotto collaudo e che è finito in questi giorni sotto l'occhio della magistratura.
L'Unione Europea aveva emanato nel '99 una direttiva in base alla quale avrebbero potuto essere smaltiti solo rifiuti pretrattati, cioè quelli scartati dalla raccolta differenziata. Ma da noi la direttiva Ue viene trasformata in decreto nel 2003 e applicata solo nel 2005.
 

Decarli: Ferriera, riconversione in atto  - «Meccanismo avviato, il sindaco aiuti l’azienda nella diversificazione»

«Se il sindaco fosse un po’ più attento si sarebbe accorto che il lento meccanismo per avviare la diversificazione industriale e produttiva della Ferriera di Servola è avviato». Scrive così in una nota il capogruppo dei Cittadini in Consiglio comunale Roberto Decarli, in relazione all’annuncio della Lucchini di voler realizzare una nuova centrale termoelettrica a metano. La città «vedrà la nascita del settore Energia del gruppo» Lucchini, aggiunge Decarli, «attraverso la realizzazione della centrale» e «il potenziamento del settore logistico».
Un meccanismo di riconversione dunque è già in atto, scrive Decarli, anche se è «obbligatoriamente lento perché coinvolge circa un migliaio di persone tra l’indotto e aziende collegate, ha bisogno progetti con prospettive sostenibili e tempi adeguati». Proporre la chiusura dello stabilimento «entro il 2009, come fa» il deputato della Lega Massimiliano Fedriga, «sa solo di strumentalizzazione per trascinare ancora quel consenso che da quasi nove anni riescono a calamitare sul tema della Ferriera, ma ciò non è né serio né onesto». Decarli esorta il sindaco Dipiazza a «informarsi, verificare che gli investimenti previsti dall’Aia vengano effettuati per rispettare i limiti prescritti, cercare di capire le preoccupazioni dei lavoratori». E se può Dipiazza «aiuti la Servola in questo annunciato percorso di lenta trasformazione industriale; stiamo attraversando un periodo molto difficile, c’è bisogno di coesione sociale di solidarietà non di scontri o slogan». chiude Decarli.
 

Ambiente, «Miani» in corteo a Servola  - PROTESTA

Si è tenuta ieri mattina la manifestazione indetta da Circolo Miani, La Tua Muggia, Coordinamento Servola Respira e Comitati di quartiere contro il «dramma della convivenza incivile» della cittadinanza con la Ferriera e con altri stabilimenti industriali. «Oltre cento persone», secondo il Miani, sono scese in corteo lungo Chiarbola, Servola e Valmaura.
 

 

Polveri sottili oltre i limiti  - Sforamenti concentrati a Servola e in piazza Libertà

 

Anche in questi giorni la zona attorno a Servola si conferma gravata da polveri sottili, assieme a piazza Libertà. I dati dell’Arpa disponibili ieri e riferiti a venerdì 21 segnalavano i dati peggiori appunto in piazza Libertà con il valore massimo, 68 microgrammi per metro cubo, 18 oltre i limiti di legge, e sforamento anche per il biossido di azoto. A Servola, in via Svevo 57 microgrammi, in via Pitacco 53, in via Carpineto 52 a fronte di un limite di 50. Ma il peggior esito nell’area l’ha dato la misurazione del mezzo mobile dell’Arpa posizionato in via San Lorenzo in Selva, da sempre la strada più «sotto inchiesta» per la vicinanza con la Ferriera. Qui le Pm10 hanno raggiunto quota 59 microgrammi per metro cubo. Nell’area si è già superato il numero massimo di sforamenti consentiti nell’arco di un anno. Che è quanto i comitati dei cittadini stanno denunciando da tempo.
Il punto più «pulito» da polveri (ma non tutte le centraline misurano le stesse sostanze): via Tor Bandena con 39 microgrammi. Da notare che tutta la regione, nella giornata cui si riferisce la rilevazione, stava ben peggio di Trieste: 86 microgrammi di Pm10 in piazzale Osoppo a udine, 85 a Gorizia città e 76 a Pordenone centro.
 

 

Bonifiche, lo Stato chiede ai privati 190 milioni  - Menia: «Bisogna firmare l’accordo di programma entro un mese o i fondi finiranno altrove»

DOMANI INCONTRO A ROMA PER LA VERSIONE DEFINITIVA DELLA BOZZA SUL SITO INQUINATO
«Non ci si può intestardire chiedendo sempre di più. Se riusciamo a chiudere la partita delle bonifiche entro quest’anno possiamo accedere ai fondi attualmente disponibili, altrimenti questi fondi se li mangiano gli altri. L’urgenza è estrema e, anzi, se ci fossimo mossi prima avremmo avuto più soldi in cassa». È un ultimatum quello lanciato dal sottosegretario all’Ambiente Roberto Menia alla vigilia della riunione, forse decisiva, programmata per domani al ministero, alla presenza dei tecnici incaricati dall’assessore con delega all’ambiente della giunta Tondo, Vanni Lenna.
LA SCADENZA «Vanno corrette le ultime virgole, non dico nulla per una questione di scaramanzia», aggiunge Menia. Il quale, però, si dice convinto che la firma di Regione, enti locali e Autorità portuale sull’accordo di programma per le bonifiche e i piani di reindustrializzazione del Sin, il Sito inquinato d’interesse nazionale, deve comparire entro il 31 dicembre. Con un ritardo di due mesi, al massimo, dalla scadenza del 31 ottobre, calendarizzata a settembre dopo un primo rinvio.
LA BOZZA Ma, oggi, del 31 ottobre, resta soltanto la traccia della discordia: la bozza di accordo, la «base» che reca, per l’appunto, quella data. Trentasei pagine, costruite dal superdirettore del ministero dell’Ambiente, Gianfranco Mascazzini, dove si evocano 320 milioni in transazioni attesi da privati: 120 come risarcimenti del danno ambientale per la «messa in sicurezza della falda» e 200 per la «bonifica dei sedimenti». Una cifra superiore alla copertura finanziaria dello stesso accordo di programma, allora quantificata in 286 milioni e 600mila euro. Il che aveva innescato la frenata di Regione e Provincia, secondo cui il monte-transazioni era sovrastimato ed eventuali acconti, sulle stesse transazioni, rischiavano di uscire dalle casse degli enti locali senza certezze di rientro. Fondi statali all’osso, insomma, a fronte di un temuto carico enorme sulle spalle degli imprenditori.
LE DISPONIBILITÀ Uno scenario rischioso al di là degli orientamenti - come si legge nel documento del 31 ottobre - di «AcegasAps Spa, Adriaveicoli Srl, Cooperative operaie di Trieste, Istria e Friuli, Frigomar Srl, Janousek Spa, Ortolan Mare Srl, Pacorini Spa, Med.Con. Srl, Steeltubi Srl e Teseco Spa», che con «i comuni di Trieste e Muggia e l’Ezit hanno già manifestato la volontà di aderire alla soluzione consortile di messa in sicurezza e bonifica della falda presente nel Sin».
L’ULTIMA VERSIONE Dopo quella bozza, le grandi manovre di accordo hanno portato ad altre due versioni. L’ultima delle quali - di cui tutti parlano ma nessuno la snocciola nei dettagli - sarà vagliata domani a Roma. Se tutto filerà liscio, inizierà la giostra delle delibere dei vari enti, propedeutiche alla firma. «Abbiamo abbassato le stime delle transazioni, inserito la riqualificazione del depuratore di Servola e riallocato altri fondi», anticipa ancora Menia.
LE NUOVE CIFRE Come cambiano allora le carte in tavola? Anzitutto - come fa capire il presidente dell’Ezit, Mauro Azzarita - la quota pronosticata a carico dei privati si attesta attorno ai 190 milioni, di cui una cinquantina reale e il resto stimato dopo lo start-up. In parallelo - rivela a sua volta l’assessore Lenna - la copertura finanziaria dell’accordo di programma sul Sin sale a una cifra vicina ai 300 milioni. Sostanzialmente diversa dal messaggio dei 240 fatto passare nelle settimane precedenti, quando la bozza del 31 ottobre, con i suoi 286,6 milioni, non era ancora pubblica.
I FONDI STATALI Dei 300 milioni dell’ultima versione - precisa ancora Lenna - circa 160 appartengono alla prima fase. Oltre ai fondi statali dati per certi - gli 11 milioni del ministero dell’Ambiente figli del programma nazionale di bonifica e ripristino ambientale 2001, più i 59 veicolati attraverso la Regione dal Fas, il Fondo aree sottosviluppate 2007-2013 - vi rientrano i 40 milioni in quota all’Autorità portuale. Risorse previste - recita sempre la bozza del 31 ottobre - come «fabbisogno complessivo per la realizzazione di opere funzionali all’implementazione infrastrutturale del porto di Trieste».
L’INTRECCIO Il chip targato Authority, di fatto, è agganciato all’altra partita di proporzioni colossali, per la quale non si può prescindere dalla mano dello Stato: la piattaforma logistica. «Nella parte relativa al perimetro di contenimento a mare - aggiunge Menia a tale proposito - quest’acccordo di programma è abbinato al Piano regolatore generale del porto». Il concetto, alla base di quest’intreccio, è che dal cemento necessario a tombare e chiudere il sito inquinato nasceranno di fatto le fondamenta della futura piattaforma logistica.
I TEMPI L’ultima novità, pure questa teorica, spuntata dalla bozza del 31 ottobre e a quanto pare confermata nell’ultima versione della proposta d’accordo, riguarda i tempi di realizzazione dell’intero piano: la road map prevede 32 mesi anziché i cinque anni annunciati in precedenza. «Ma sono tempi subordinati ai finanziamenti», puntualizza Lenna, lasciando intendere che i 140 milioni della seconda fase, per le bonifiche vere e proprie dei terreni, dipendono dai privati. Se, come auspica Menia, la firma arrivasse prima del 31 dicembre, la ressurrezione del sito inquinato sarebbe teoricamente conclusa entro la fine del 2011. Ma questo, in un clima di confusione e incertezza palpabile, rimane ancora un calcolo a tavolino.
PIERO RAUBER

 

 

BONIFICHE - Il perimetro abbraccia metà provincia

Dalla Ferriera di Servola, al canale industriale di Zaule. Dall’ex Aquila alle Noghere e poi fino alle porte di Muggia. Sono questi i confini, tracciati ancora nel 2003 dal ministero dell’Ambiente, retto all'epoca da Altero Matteoli (Alleanza nazionale), di quella parte della provincia di Trieste ufficialmente denominata «un sito inquinato di interesse nazionale». Nell’area a rischio venne compresa tutta la baia di Muggia: dalla diga Luigi Rizzo fino alla foce dell’Ospo. Esclusi, invece, il porticciolo turistico e il San Rocco, risultati pulitissimi.
Sotto il profilo dell'insediamento, la zona racchiude più di 250 imprese di dimensioni diverse. Piccole ditte ma anche colossi come la Ferriera e l’Italcementi. Nel sito da bonificare è presente una vasta serie di sostanze inquinanti, dislocate «a macchia di leopardo». Ci sono piombo, rame, zinco, cadmio, cromo, idrocarburi, idrocarburi policiclici aromatici, diossine. Nella valle delle Noghere c'è un po’ di tutto. Dividendo in zona est (quella verso i laghetti delle Noghere) e ovest la valle, si sarebbero distinti due tipi di inquinamento. Nella prima zona sono state infatti evidenziate discariche, con ogni probabilità abusive, di morchie bituminose, mentre nella seconda (quella verso la foce dell'Ospo), i principali inquinanti sarebbero i metalli pesanti, le diossine e gli idrocarburi appunto. Tutto ciò riferito al terreno. Le acque invece, risultano pulite (le tracce di arsenico non sembrano destare preoccupazione) nella zona ovest e inquinate da idrocarburi in quella orientale.
La perimetrazione delle aree inquinate nasce dalla corrispondenza iniziata già nel 2000 tra l’allora ministro per l’Ambiente Willer Bordon e i sindaci dei Comuni di Trieste e di Muggia. Il 24 febbraio del 2003 il ministro Matteoli firmò il decreto che fece rientrare Trieste nei siti di interesse nazionale: da Roma vennero assegnati 24 miliardi di lire per le bonifiche (comprese però quelle della zona dell’Aussa Corno).
 

 

BONIFICHE - Dipiazza: si è conclusa l’epoca degli interventi forti da Roma  - L’Autorità portuale: saranno calcoli molto complicati per la messa in sicurezza

Uno start-up da 160 milioni, per la messa in sicurezza e la cintura a mare, con copertura finanziaria a maggioranza pubblica e il resto pescato dalle prime transazioni per danno ambientale. E una seconda fase da 140 milioni, quella dominata dalle bonifiche vere e proprie dei terreni, demandata ai privati. I quali, a meno che non abbiano inquinato, non si troveranno sul groppone una quota per la prima messa in sicurezza. Ma parte degli oneri delle successive bonifiche, quelle sì.
«Siamo su suolo inquinato, ognuno è tenuto a bonificare, ma gli imprenditori non occorre che si spaventino, quelli delle transazioni sono dati di stima in base a valori medi», precisa ancora Menia.
«Saranno calcoli molto complicati», frena il segretario generale dell’Autorità portuale Martino Conticelli.
Ma senza quel calcolo virtuale - è l’interpretazione di Roberto Dipiazza - non si parte e non s’incassa neppure quel poco rimasto da grattare dai fondi romani. «È finita - sospira il sindaco - l’epoca degli interventi forti da parte dello Stato. Con quest’accordo di programma andremo semplicemente a sbloccare dei terreni che erano morti da decenni. D’ora in poi, in virtù degli interventi a mare, arriverà un privato che, concordando, sarà messo nelle condizioni di bonificare e insediarsi».
Per intanto, vista l’incertezza anche sul fronte rigassificatore e sulle eventuali royalties in arrivo da Gas Natural, Dipiazza sotto sotto gongola perché la prima fase dell’accordo custodisce 30 milioni per la riqualificazione del depuratore di Servola, che ricade nel perimetro e oggi digerisce i liquami cittadini fuori norma, solo in virtù di una proroga della Provincia. «Era un intervento che dovevamo fare», taglia corto Dipiazza. La regia di tale inserimento, quello del depuratore nella partita del Sin, è dell’assessore regionale alle finanze Sandra Savino, ex responsabile del bilancio del Municipio fino all’election day di aprile, che ha lavorato a fianco del collega Lenna per le limatura e le controproposte alle varie versioni dell’accordo di programma arrivate a più riprese da Roma. Ma in queste ore la Savino ha un’altra gatta da pelare, riconducibile all’iniezione finanziaria più forte promessa dallo Stato per le bonifiche. Spetta a lei, infatti, in quanto referente delle casse regionali, difendere con i denti la voce, di fatto già metabolizzata all’interno dell’accordo di programma, di quei 59 milioni individuati nell’ambito di una maxiposta di 178 milioni di Fondi per le aree sottosviluppate, i cosiddetti Fas 2007-2013 arrivati a luglio in favore del Friuli Venezia Giulia.
Non è mistero che la seduta del Cipe, il Comitato interministeriale per la programmazione economica, è stata fatta slittare all’ultimo minuto da venerdì scorso a mercoledì prossimo in quanto sia i fondi Cipe che i Fas vanno rivisti al ribasso alla luce della crisi globale, come hanno lasciato intendere giovedì Berlusconi e Tremonti ai delegati degli enti locali in occasione della Conferenza Stato-Regioni. «Ma sono fiduciosa - dispensa ottimismo la Savino - in quanto c’è la volontà del governo di potenziare infrastrutture come quelle progettate nel quadro delle bonifiche del Sin».
(pi.ra.)

 

 

I negozianti: via Donizetti va pedonalizzata  - Una petizione avviata dai commercianti aveva già raccolto oltre duemila firme

Chieste anche una fermata bus in via Battisti e la risistemazione dei marciapiedi
Pedonalizzare via Donizetti, creare un'ulteriore fermata per i bus a metà di via Battisti e modificare l'attuale assetto degli stalli per le auto. Sono le principali richieste dei commercianti della zona, che mesi fa avevano avviato due diverse raccolte di firme cui avevano aderito complessivamente oltre duemila persone. Secondo i negozianti, questi interventi permetterebbero la rivitalizzazione dell'area sotto il profilo commerciale, ma anche la valorizzazione delle risorse turistiche cittadine, come la sinagoga di via San Francesco.
Quanto alla creazione di nuove fermate per i mezzi pubblici, Provincia, Comune e Trieste Trasporti hanno effettuato alcuni sopralluoghi tecnici dai quali è però emerso che la possibile collocazione degli stalli per i bus è connessa al riordino dell'assetto viario dell'area e alla chiusura ai veicoli di via Donizetti. Provvedimenti, almeno per ora, non previsti dall'amministrazione cittadina. «Ci sono quasi 900 metri di distanza tra la fermata al giardino pubblico De Tommasini e i portici di Chiozza – dice il commerciante Alessandro Passolunghi -. E quindi una sosta intermedia agevolerebbe le persone con difficoltà motorie, come anche la disposizione dei parcheggi parallelamente alla via».
Dello stesso parere il libraio Alexandros Delithanassis: «Vogliamo cambiamenti che portino turismo e permettano lo sviluppo di questa parte della città, anche in considerazione del progetto regionale “Vie dei torrenti”, che prevede la creazione nell'area di una sorta di centro commerciale all'aperto. Invece non viene incentivato il trasporto pubblico – spiega -. Inoltre nell'ultimo periodo sono state effettuate numerose pedonalizzazioni senza che fosse necessario attendere il nuovo piano del traffico. Pubblicherò su internet la documentazione relativa a questa vicenda, per rendere evidente l'assurdità delle motivazioni tecniche contrarie alle nostre proposte».
Simile l'opinione della barista Nadia Merlo: «Siamo tagliati fuori da tutto, nonostante la presenza di scuole e case di riposo – commenta -. Bisogna sistemare i marciapiedi ed evitare che le auto parcheggino a ridosso dei muri degli stabili, rendendo difficile il passaggio ai pedoni». Un problema, quest'ultimo, che potrebbe presto essere risolto, dato che l'amministrazione comunale ha in programma per la prossima settimana un sopralluogo per valutare la possibilità di modificare i parcheggi rendendoli paralleli alla strada, come già fatto in via sperimentale nel primo tratto di via Battisti.
(m.a.)

 

 

«Va multato chi offre cibo ai cinghiali»  - PROPOSTA DELLA SESTA CIRCOSCRIZIONE

Nuovi avvistamenti di gruppi di cinghiali e nuove proposte per cercare di arginare il fenomeno che sta causano danni a orti, giardini e può mettere in pericolo gli automobilisti.
Una richiesta viene lanciata in questi giorni dalla Sesta circoscrizione su proposta del consigliere Marco Ianza, che propone di avviare un campagna di sensibilizzazione sul problema, attraverso una mozione, con sanzioni dirette alle persone che alimentano gli animali. «Alcuni consiglieri hanno portato il proprio contributo nell’ultima riunione del consiglio sottolineando i continui avvistamenti e segnalazioni da parte dei cittadini nelle zone limitrofe al bosco del Farneto, per citare alcuni esempi: Longera, Via dell’Eremo, via Marchesetti, Piazza Volontari Giuliani. Nella mozione viene chiesto al Comune di concordare assieme agli enti preposti soluzioni per diminuire il numero di animali valutando, oltre alla caccia, anche la cattura selettiva e la collaborazione con altri comuni italiani che potrebbero utilizzarli per le operazioni di ripopolamento programmato».
La fauna selvatica è di competenza della Provincia, ma davanti al proliferare dei cinghiali viene richiesta dal consigliere un’unione di intenti. «Preso atto dei frequenti avvistamenti di cinghiali nei quartieri e nelle strade limitrofe al boschetto del Farneto, considerato che che l’ultimo avvistamento è stato rilevato in piazza Volontari giuliani e ha costretto i Vigili del fuoco alla cattura dell’animale – si legge nel documento - considerata l’eccessiva proliferazione di questi animali dovuta anche alla negligenza di alcuni cittadini che, soprattutto nelle zone di Longera e Melara offrono cibo ai cinghiali, si invitano gli uffici comunali competenti a sanzionare i cittadini che danno da mangiare ai cinghiali e a valutare assieme agli enti e organi preposti eventuali soluzioni, per diminuire la presenza degli animali considerando anche la possibilità di cattura selettiva e il seguente utilizzo nelle operazioni di ripopolamento programmato di altri comuni italiani». 
(mi.b.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 22 novembre 2008 

 

Rigassificatore, ambientalisti in Procura: «Studio ambientale, paternità dubbia»  - In un esposto di sette pagine si avanza l’ipotesi di «documento contraffatto»

L’atto segue quello presentato dai sindaci di Muggia e San Dorligo
Una settimana fa erano stati i sindaci di Muggia e di San Dorligo della Valle a presentare un esposto alla Procura chiedendo ai magistrati di fare chiarezza sullo studio di impatto ambientale presentato dalla Gas Natural, la società che si ripromette di costruire un rigassificatore a Zaule.
Ora sono entrate in scena le associazioni ambientaliste. Il Wwf Friuli Venezia Giulia, le sezioni di Trieste e Muggia di Legambiente, la presidente provinciale di Italia Nostra, il Comitato Sos Muggia e Greenaction Transnational, hanno depositato in Procura un esposto che si affianca a quello firmato otto giorni fa dai sindaci Nerio Nesladek e Fulvia Premolin. Oggi il documento sarà illustrato alle 11 nella sede del Wwf di via Rittmeyer 6.
L’esposto si sviluppa in sette pagine dense di dati, ipotesi, sospetti e interrogativi da sciogliere. Si parte da una premessa in cui, tra l’altro, si legge: «Lo studio di impatto ambientale presentato dalla società GasNatural e da Medea Engineering, è scritto su varie carte intestate, ma la paternità è dubbia. La documentazione si compone di centinaia di relazioni e di elaborati in parte ripetitivi, spesso inconferenti, stesi con largo uso del ’copia e incolla’. Nella mole di materiale sono sparsi gli elaborati fondamentali, qualche volta in lingua straniera, accompagnati da relazioni interpretative e traduzioni che non sembrano fedeli».
I giudizi molto pesanti su questo studio di impatto ambientale proseguono in tutte le pagine dell’esposto. Molte sono le sottolineature. Al capitolo 3 del documento firmato da Dario Predonzan per il Wwf, Lino Santoro per Legambiente di Trieste, June Nicolini per Legambiente di Muggia, Giulia Giacomich per Italia Nostra, Fabio Longo per Sos Muggia, Giorgio Jercog per il Comitato per la salvaguardia del Golfo di Trieste e da Roberto Giurastante per Greenaction Transnational, viene avanzata l’ipotesi di un «documento contraffatto».
«Secondo quanto scritto dai progettisti l’impianto attingerà ogni giorno in mare da 600 mila a un milione di metri cubi d’acqua che deve avere almeno sette gradi di temperatura e che verrà scaricata dall’impianto di rigassificazione con cinque gradi in meno. I primi consulenti di Gas Natural - si legge nell’esposto - avevano scartato l’ipotesi di effettuare tale scarico all’interno della baia di Muggia perché l’acqua fredda rimanendo nel bacino avrebbe provocato una generale diminuzione di temperatura. Questa non sarebbe accettabile per l’operatività dell’impianto, perché si realizzerebbe un ricircolo di acqua progressivamente sempre più fredda. In ogni caso se lo scarico deve essere situato nella baia di Muggia, dovrà essere spostato in mare più aperto». «Ma successivamente - si legge ancora nell’esposto - emerse che la grande tubazione di 2,20 metri di diametro per portare le acque al largo, non poteva venire né appoggiata sul fondo per non intralciare il traffico marittimo, né venire interrata, perché tutta la baia di Muggia è dichiarata Sito inquinato di interesse nazionale, in cui i dragaggi sono vietati».
La conclusione contenuta nel documento rischiava quindi di far sfumare il progetto. A questo punto - secondo l’esposto degli ambientalisti - sia pure contro l’evidenza veniva tentato di dimostrare che era possibile scaricare comunque le acque fredde all’interno della baia, sperando in future deroghe al divieto di dragaggi. Fatto sta che al consulente incaricato di rifare i calcoli sulla dispersione delle acque fredde nella baia, sono state fornite misure di temperatura non relative al mese di febbraio a Zaule, ma semplici medie invernati di tutto l’Alto Adriatico che sono di tre-quattro gradi più alte, rispetto alle temeperature di Zaule. La conclusione di chi ha effettuato i calcoli a questo punto diviene cautamente favorevole».
Ma non basta. Nell’esposto presentato alla Procura al punto 3.2 si legge:. «Per i proponenti era utile dimostrare un assunto. Le manovre delle navi gasiere nella baia, le operazioni di trasferimento del gas liquido ai pontili di attracco e l’intero ciclo industriale non produrranno incidenti capaci di innescare conseguenze a catena negli stabilimenti e soprattutto nei depositi adiacenti di materiali infiammabili. Non vi saranno nemmeno conseguenze significative per la popolazione».
«Ovviamente - ribattono gli ambientalisti - data l’ubicazione dell’impianto in una periferia urbana e industriale, dimostrare questo assunto è compito assai difficile. In questo però soccorre la circostanza che in Italia - lo affermano anche i progettisti - non esiste una specifica normativa sui criteri da adottare in tali tipi di valutazione di rischi».
CLAUDIO ERNE’

 

 

RIGASSIFICATORE - PROGETTO GAS NATURAL - IL DOCUMENTO SUL WEB  - «Relazioni modificabili»

«Alcune relazioni tecniche sullo studio di impatto ambientale presentato dalla GasNatural, sono state depositate in forma elettronica». Lo si legge nell’esposto depositato in Procura. Fin qui nulla di strano ma il formato usato è un pdf aperto. «In altre parole- sostengono gli ambientalisti- chiunque può entrare nei documenti e modificarli a piacere, producendo copie alterate in nulla distinguibili dagli originali». Inoltre nella documentazione depositata in Regione gli elaborati «sono quasi sempre privi di firme, timbri e quant’altro. Si ritiene che sia stato disatteso quanto previsto dal Decreto del 27 dicembre 1988 sulle norme tecniche perla redazione degli studi di impatto ambientale».

 

 

RIGASSIFICATORE - PROGETTO GAS NATURAL - Il mistero legato alla società Medea - Con sede a Lugano, prepara gli studi di impatto sull’area

Si chiama Medea e nella mitologia greca è una maga dotata di grandi poteri. Tradotto dal greco antico il nome Medea significa «astuzia, scalterezza».
A un’altra Medea l’esposto in Procura degli ambientalisti dedica parecchio spazio. «La regia complessiva degli studi di impatto ambientale risulterebbero essere state affidate dalla GasNatural alla o alle società Medea. Sulle copertine degli elaborati si nota il logo di una «Medea Engineering S.A.» ma i tecnici di questa società si presentano come afferenti a una «Medea Development S.A.» o «Medea S.A.» che peraltro comunicano da un server di posta elettronica intestato a «Medea Energia».
Sono tutte società anonime di diritto lussemburghese, avrebbero sede nella stessa villetta di Massagno, nei pressi di Lugano e in questo esposto- scrivono i presentatori- si suggerisce di verificare se la «Medea Engineering S.A.» sia autorizzata a firmare progetti e studi in Italia e di quale tipo (ingegneria, biologia, chimica, urbanistica, oceanografia, geologia, navigazione)».

 

«Miani» oggi in corteo a Servola PER L’AMBIENTE

Circolo Miani, La Tua Muggia, Coordinamento Servola Respira e Comitati di Quartiere organizzano questa mattina a partire dalle 11 un corteo lungo le zone di Servola, Chiarbola e Valmaura. La manifestazione è indetta per protestare contro gli «anni di inutili parole e promesse mancate» da parte di Regione, Provincia, Comune sul tema, soprattutto, della Ferriera.
«Ora - si legge nell’annuncio dell’iniziativa - l'ennesimo rinvio per la revisione dell'Aia (autorizzazione integrata ambientale) concessa dalla Regione alla Lucchini» mentre la Ferriera, con i nuovi progetti, «non lascia ma raddoppia»; e il progetto di bonifica del sito inquinato di interesse nazionale che segna il passo. Il tutto mentre dalla politica, secondo il Circolo Miani, arrivano «solo chiacchiere». Il corteo organizzato dalle associazioni cittadine partirà alle 11: il ritrovo è fissato all’altezza dell’ex capolinea della 29 a Servola, davanti alla banca.
 

 

Incidenti, ogni anno muoiono 8mila pedoni - 600 DECESSI IN ITALIA

VERONA Oltre 8.000 persone muoiono ogni anno in Europa mentre attraversano la strada. Solo in Italia, nel 2007 sono deceduti 627 pedoni e 20.525 sono rimasti feriti, soprattutto nelle grandi città. Tra queste l'eccezione è rappresentata da Genova, agli ultimi posti con solo due morti. Gli attraversamenti pedonali delle maggiori città europee mostrano pericolose lacune: privi di rampe per disabili e di dispositivi acustici per non vedenti e male illuminati. Lo rileva l'indagine realizzata da Aci Italia con 17 Automobile Club internazionali.
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 21 novembre 2008 

 

 

Tassa rifiuti più cara di 53 euro in quattro anni  - Da 194,10 a 247,50. Siamo terzi tra i capoluoghi di regione dopo Venezia e Perugia

La Uil: tariffe al doppio dell’inflazione
Il «caro-cassonetto» colpisce anche dalle nostre parti e non lascia scampo. A Trieste la tarriffa della Tarsu è infatti aumentata del 27,5% in soli cinque anni. Ciò significa che nel 2008 le famiglie triestine hanno sborsato 53,40 euro in più rispetto al 2004.
Trieste è ai vertici della classifica delle città italiane in cui la tassa sui rifiuti è più salata. Nel 2008 la Tarsu è schizzata a 247,50 euro per famiglia (3 euro al metro quadrato). Cifre che fanno salire Trieste sul podio e le «regalano» un terzo posto tra i capoluoghi regionali, dopo Venezia e Perugia.
Una medaglia di bronzo che questa volta non sembra essere destinata a suscitare grandi entusiasmi tra i triestini, da tempo consapevoli di essere tra i più tartassati sul fronte immondizie. Ma in questo caso, a stabilire che i nostri rifiuti sono tra i più cari d’Italia, è la Uil. È stato infatti diffuso lo studio della Uil-Servizio politiche territoriali relativo a novembre 2008. La ricerca analizza l’andamento delle tariffe per i rifiuti solidi urbani nelle 104 città capoluogo di Provincia.
Lo studio, come spiegato dal segretario confederale Uil Guglielmo Loy, evidenzia come negli ultimi cinque anni ci sia stato un incremento del 22,3% delle tariffe, ovvero «più del doppio dell’inflazione programmata, che in soldoni equivale a un incremento medio di 36 euro l’anno». «Le famiglie italiane, nel 2008, hanno mediamente pagato 195,95 euro annui ai Comuni e, in parte, alle Province - spiega Loy -. Cifra che corrisponde a circa 2,45 euro al metro quadrato e che ha segnato un rincaro medio del 3,1% rispetto al 2007».
In base all’analisi della Uil, che ha preso come campione un nucleo familiare di quattro persone con una casa di 80 metri quadrati, i rincari hanno colpito un po’ ovunque lungo la Penisola. Ma Trieste è tra le città da bollino rosso sul fronte tariffe per i rifiuti solidi urbani, a differenza della vicina Udine, che è invece tra i pochi centri in Italia che possono vantare un abbassamento delle tariffe. Nel capoluogo friulano, infatti, la tassa sui rifiuti costava 203,3 euro nel 2004, mentre ora è scesa a 198,65 (-2,3%).
Un’aria diversa da quella che si respira a Trieste. La nostra città è infatti al terzo posto tra i capoluoghi regionali in cui la Tarsu pesa di più sulle tasche dei cittadini, dopo Venezia (251,24 euro) e Perugia (249,16 euro). Nel 2004, sempre secondo l’indagine della Uil, i triestini pagavano 194,10 euro, mentre oggi sborsano 247,50 euro. La differenza salta all’occhio: 53,40 euro in più (corrispondenti a un +27,5%).
ELISA COLONI

 

 

San Giacomo, la pista ciclabile si allunga  - L’APERTURA È PREVISTA NELLA PROSSIMA PRIMAVERA

Stamane gli ultimi ritocchi nel cantiere aperto dietro al Burlo Garofolo
Prosegue la realizzazione della pista ciclabile che collegherà San Giacomo con Draga Sant’Elia. Oggi saranno eseguiti gli ultimi ritocchi nel tratto di percorso che si trova di fronte all’ospedale infantile Burlo Garofolo. Con l’asfaltatura dei parcheggi, la posa dei cancelli e lo sgombero del cantiere, le operazioni in quell’area sono per il momento concluse, mentre dalla prossima settimana cominceranno i lavori dall’altro lato di via dell’Istria. Lungo la sezione del tracciato a monte del popoloso rione cittadino, che si snoda in direzione di Campanelle e Giarizzole, prenderanno il via gli interventi di posa delle recinzioni metalliche e di pulitura dalla vegetazione accumulatasi negli anni sulla sede dell’antica ferrovia, che congiungeva Campo Marzio ed Erpelle.
È, invece, previsto per la seconda metà di dicembre, nei giorni precedenti il Natale, l’inizio dell’assemblaggio della passerella che svetterà sopra via dell’Istria, permettendo il collegamento delle due parti della pista ciclabile, per il momento separate dall’importante arteria cittadina. La struttura, realizzata completamente in metallo per ridurre i costi di manutenzione, sarà lunga circa centoquaranta metri, così da evitare il ricorso a scalini per compensare il notevole dislivello esistente tra le due estremità della passatoia. «Il nostro primo obiettivo è la posa del camminamento sopraelevato prima delle festività natalizie – commenta l’assessore provinciale ai Lavori pubblici, Mauro Tommasini –, mentre l’ultimazione dell’intera pista e la sua totale apertura agli appassionati delle pedalate sono previste per la prossima primavera».
In fase di ultimazione anche la rimozione delle automobili abbandonate all’interno dell’ex deposito di rottami, che sorgeva proprio sul tracciato del percorso ciclabile, nelle vicinanze di Campanelle. «In questi giorni siamo in attesa di comunicazioni da parte dell’autorità giudiziaria che autorizzino la rimozione degli ultimi materiali presenti nel sito – spiega Tommasini -. Purtroppo dall’emissione dell’ordinanza di sgombero è stato necessario attendere più di un anno prima di riuscire ad eliminare i veicoli e ripulire l’area». Avviata, inoltre, la risistemazione del tratto iniziale della pista ciclabile, poco oltre la galleria sotto via Orlandini, dove si trova l’infopoint.
Una parte delle lastre di pietra della pavimentazione si è, infatti, sollevata a causa delle vibrazioni e del passaggio dei mezzi necessari ai lavori e dovrà, dunque, essere riparata.
Mattia Assandri
 

 

 

 

INFORMAZIONI dal gruppo Beppe Grillo di Trieste - GIOVEDI', 20 novembre 2008 

 

Nucleare sì/Nucleare no
La Sissa organizza domani, giovedì 20 novembre la sessione tematica “Nucleare sì/Nucleare no” nell'ambito del Master in comunicazione della scienza (in aula D, dalle 9.30 alle 17).
Interverranno Giancarlo Nebbia, ricercatore dell'Infn (Istituto nazionale di fisica nucleare) e docente all'Università di Padova, consulente dell'Agenzia Internazionale per l'energia atomica dell'Onu, autore di un recente libro intitolato “Nucleare: il frutto proibito” (Bompiani); Massimo Scalia, docente di fisica all'Università di Roma “La Sapienza”, leader storico del movimento antinucleare, tra i fondatori di Legambiente e già deputato dei Verdi, esperto di problemi di sicurezza nucleare; Ugo Spezia, ingegnere nucleare, dirigente della Sogin (Società gestione impianti
nucleari) e segretario generale dell'Associazione italiana nucleare, esperto di comunicazione del
rischio.
Coordinerà la giornata il giornalista scientifico Fabio Pagan.
Tra i temi che verranno toccati nelle relazioni e nel dibattito: il confronto tra energia nucleare e altri sistemi di produzione di energia tradizionali e alternativi; l'impatto ambientale del nucleare; il problema della sicurezza degli impianti; i costi palesi e nascosti del nucleare; lo smaltimento dei rifiuti; il confronto con gli altri paesi; i nuovi impianti di cosiddetta “quarta generazione”; la gestione politica, economica e sociale di un piano nucleare.
La SISSA (Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati) si trova in Via Beirut 2/4

Ferriera di Servola
Il Circolo Miani, Servola Respira, La tua Muggia e il Coordinamento dei Comitati di quartiere organizza sabato 22 novembre un corteo che partirà alle ore 11 dalla piazza di Servola (ex capolinea 29 davanti alla banca) per protestare contro l’ennesimo rinvio della revisione dell’AIA concessa dalla Regione alla Lucchini.

Verso il nuovo piano regionale dei rifiuti urbani
Sabato 22 novembre ci ritroviamo in piazza Oberdan a Trieste per recarci a Udine dove si terrà un convegno da cui dipenderanno le sorti di un tema che ci sta molto a cuore, la gestione dei rifiuti.
Abbiamo qualche problema a farci accreditare ma è tuttavia importante essere in molti.
Ritrovo a Trieste: anticipato alle 7 piazza Oberdan.
Per informazioni: Paolo 347-7634554
 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 20 novembre 2008 

 

 

Grande viabilità aperta, Trieste cambia  - Niente più strozzature a Padriciano e Aquilinia, si circola senza difficoltà

Cerimonia tranquilla: i cartelli bilingui hanno evitato contestazioni
19 novembre 2008: si aprono le porte della la Grande viabilità triestina, finalmente completata. Nessuno può stabilire oggi quali saranno i risvolti dell’apertura delle sue ultime due tratte, la Padriciano-Cattinara e la Lacotisce-Rabuiese, ma certo è che ieri mattina, alla cerimonia di inaugurazione a Padriciano, si respirava aria di fermento e cambiamento. Come se Trieste, da decenni ai blocchi di partenza, fosse scattata. «Ora si cambia», ha detto un commosso ed euforico sindaco Roberto Dipiazza durante il suo discorso ufficiale, dal palchetto blu posizionato all’imbocco Nord della galleria Carso. «Ora si cambia. Il passato, fatto di strade congestionate, incidenti e Tir in coda al bivio ad H, finisce in cassetto. Adesso si andrà a Capodistria in un quarto d’ora».
«Abbiamo tolto il tappo alla città, che potrà diventare veramente testa di ponte della Nuova Europa», ha commentato il sottosegretario all’Ambiente Roberto Menia, sottolineando che ora ci sono viadotti e gallerie a sancire quella centralità economico-geografica che il capoluogo regionale ha sempre avuto, sulla carta. «La Gvt - ha affermato Franco Bandelli, assessore ai Lavori pubblici - rappresenta il futuro per Trieste».
I discorsi di Dipiazza, Bandelli e Menia, accompagnati da uno stuolo di autorità civili, militari e religiose, sono stati chiari: la «nouvelle époque» triestina comincia qui. La crescita della città, tradotta in sviluppo portuale e rilancio turistico, «passa per la Grande viabilità».
Il battesimo della bretella autostradale è stato diviso in due parti. Prima tappa: Padriciano-Cattinara. Seconda tappa: Lacotisce-Rabuiese. La cerimonia è iniziata alle 11.15 a Padriciano, dove, nella galleria Carso, è stata scoperta una targa alla memoria del giovane operaio Lino Ruffoni, deceduto nel corso dei lavori. I discorsi ufficiali hanno preso il via 15 minuti più tardi, davanti a una folla di circa 800 persone, tra cui tecnici e maestranze della ditta Collini e dell’Anas, e altre persone rigorosamente munite di invito (cosa che ha fatto storcere più di qualche muso tra i triestini che hanno provato ad assistere al taglio del nastro). Accanto ai tre oratori, Dipiazza, Bandelli e Menia, sul palco c’erano il governatore Tondo e il presidente del Consiglio regionale Ballaman, la presidente della Provincia Bassa Poropat e i sindaci dei Comuni minori, il prefetto Balsamo, il vescovo Ravignani, il presidente dell’Anas Ciucci, il sindaco di Gorizia Romoli e di Capodistria Popovic.
Delle temute contestazioni, neppure l’ombra. I cartelli bilingui con la scritta della discordia, «Padrice», sotto quella in italiano «Padriciano», ieri erano infatti al loro posto, come promesso da Roberto Dipiazza alla comunità slovena. «Su questa opera abbiamo perso qualche anno di vita e qualche ora di sonno, ma abbiamo realizzato ciò che la città aspettava da trent’anni - ha affermato il sindaco -. Ho fatto scelte difficili, ho messo in gioco la mia carriera politica, ad esempio quando ho deciso di far costruire le due gallerie, senza la certezza della copertura finanziaria, ma l’ho fatto perché quest’opera rappresenta il nostro futuro». Franco Bandelli ha ringraziato i 300 operai e i 30 tecnici che «hanno lavorato ogni giorno per sei anni, per realizzare in tempo un’opera chiave per Trieste».
Terminati i discorsi, sono stati assegnati dei premi: al tecnico dell’Anas Mauro Ricci, al direttore dei lavori Enrico Cortese e a Sergio Collini. A quest’ultimo sono anche state consegnate le chiavi della città e il sigillo con la scritta: «Trieste ti ringrazia». È poi seguita la benedizione dell’opera da parte del vescovo Ravignani, sia in italiano che in sloveno. Infine il taglio del nastro all’imbocco della galleria Carso, pezzetto per pezzetto, per mano di tutte le autorità presenti. Poi, verso le 12, motori accessi e marce ingranate, i presenti hanno per la prima volta attraversato la galleria per raggiungere la seconda tappa della cerimonia, sulla Lacotisce-Rabuiese.
ELISA COLONI

 

 

Al Farneto rinasce la festa degli alberi  - Domani e sabato passeggiate ambientali e animazione per tutte le età - Associazione «Eoh San»

Un gruppo di mamme si incontra, si conosce, scopre interessi e passioni in comune, a unirle c’è soprattutto l’amore per la natura, e in particolare per il Bosco del Farneto: nasce così l’Associazione «Eoh San», da un’idea dell’attuale presidente Emanuela Brianti, che si prepara nei prossimi giorni a organizzare una festa dedicata agli alberi, molto apprezzata e seguita dai triestini in particolare negli anni ’50. «L’associazione ha un nome curioso, ma significativo», spiegano. «La prima parola ”eoh” corrisponde a una runa, simbolo preistorico, associato al regno vegetale e all’unicità tra spirito e materia. È la forza che sorregge i diversi livelli della realtà, scoprendo la spiritualità nei normali gesti della vita quotidianità, associata ai ritmi del ciclo naturale e rappresenta un albero. La seconda parola ”san” - raccontano - prende spunto dalla visione del film ”The Princess Mononoke”, un manga, un film d’animazione giapponese diretto dal regista Hayao Miyazaki, autore del più famoso film ”La città incantata”. San, la protagonista, è una ragazzina che vive nella foresta, cresciuta dai lupi, che difende la natura dalle aggressioni dell’uomo e del progresso,ma la parola nel suono allude al sole».
Le donne che fanno parte dell’associazione sono Emanuela Brianti, Elena Danielis, Feida Pasini, Sabina Ingrascì, Francesca Mucignato, Francesca Peratoner e Cristina Domizio, amiche, mamme, compagne di passeggiate nel bosco, mosse dalla voglia di riportare in vita un evento. Primo appuntamento per conoscere la nuova realtà tutta al femminile la prossima festa degli alberi, in programma domani e sabato. «Molti triestini sicuramente ricordano questa festa, un’iniziativa del Comune che negli anni ’50, coinvolgendo i bambini delle scuole, contribuì alla riforestazione del Bosco Farneto, rimasto spoglio dopo la guerra – ricordano le mamme -. I bambini erano invitati, il 21 novembre di ogni anno, a piantare giovani alberi nel Boschetto. Si trattava allora di un’iniziativa di tutela e valorizzazione ante-litteram, che ha contribuito in maniera attiva a diffondere la cultura ambientale nella popolazione cittadina. Sicuramente oggi il Bosco Farneto non ha più bisogno di essere riforestato ma, anche alla luce dei ripetuti atti di vandalismo che da più parti si segnalano, c’è ancora bisogno di trasmettere ai più giovani nozioni di rispetto e di amore per la natura e in particolare per il proprio territorio».
Domani e sabato i bambini della scuola Padoa, il ricreatorio Frank, tutti gli abitanti del rione di San Luigi e gli appassionati del Boschetto, saranno coinvolti nell’iniziativa, aperta comunque a tutta la città. La prima giornata è riservata esclusivamente ai bambini del Sis Collodi, ricreatorio Frank, invece la mattinata di sabato sarà inizialmente riservata alla scuola primaria Padoa, per poi aprirsi dalle 11.30 a tutti, con ritrovo nel parcheggio vicino al Ferdinandeo. Per i bambini verranno organizzate passeggiate, seguendo l’educazione ambientale, e animazioni teatrali e musicali, che rievocheranno la storia del Boschetto.
Nella tarda mattinata di sabato parteciperà alla festa anche Diego Masiello, direttore del Centro Didattico Naturalistico di Basovizza della Guardia Forestale, che illustrerà il libro «Il Bosco Farneto». Sarà allestito anche un piccolo rinfresco, grazie al contributo di Coop Consumatori Nordest e da alcuni i amici dell’associazione. Verrà sistemato un gazebo, che fornirà informazioni sul neonato sodalizio Eoh San. Nel futuro dell’associazione c’è l’idea di replicare la festa degli alberi, ma non solo. «Vogliamo spaziare su tutto ciò che può riguardare la natura, durante tutto l’anno, con l’obiettivo di diffondere la cultura del rispetto e la conoscenza del proprio territorio. Così potranno forse realizzarsi altri sogni, come ad esempio ”la casa sull’albero” e ancora proposte particolari durante il periodo di Natale, Carnevale – concludono le mamme - progetti per adolescenti, progetti ”land-art”, centri estivi e non solo. Insomma l’associazione vuole mettersi al servizio della cittadinanza con idee, proposte, progetti che trovano nella continuità dell’organizzazione l’elemento centrale».
Micol Brusaferro
 

 

Geologi al Tar contro il Comune: scavalcati sul Piano regolatore  - RICORSO PRESENTATO DAL CONSIGLIO NAZIONALE

Università ingaggiata per la relazione geologica, i professionisti insorgono: andava esperita una gara pubblica
Rischia una fastidiosa inchiodata, causa la contestazione di una consulenza da appena 26 mila euro, la gestazione amministrativa più ambiziosa e complessa del Dipiazza-bis: il nuovo Piano regolatore generale del Comune, quello destinato a fare retromarcia rispetto alla precedente variante del ’97 e a piantare di conseguenza rigidi paletti contro l’avanzata di cuboni di cemento e volumetrie selvagge in zone verdi o a ridosso del centro storico.
Da alcuni giorni infatti è depositato al Tribunale amministrativo regionale un ricorso contro il Comune, arrivato da uno studio legale di Roma. Titolare del ricorso è il Consiglio nazionale dei geologi, che chiede l’annullamento della delibera di settembre attraverso la quale il Municipio ha affidato all’Università di Trieste, in regime di convenzione per 26 mila euro più Iva, un «incarico di supporto alla redazione della relazione geologica per la predisposizione della variante al Prgc».
L’ateneo, in base a tale convenzione, ha il mandato di selezionare e catalogare i dati utili - in gran parte disponibili nei database della Regione - per girarli poi al Comune, che farà quindi redigere e sottoscrivere la relazione finale a un proprio dipendente: un geologo abilitato dall’esame di Stato. Un risparmio da manuale, di questi tempi, per un ente pubblico.
Ma il Consiglio nazionale dei geologi, affiancato come ricorrente secondario da quello regionale, vi intravvede un pericoloso precedente, che sarebbe peraltro «illegittimo» secondo una legge regionale del 1989, e punta ora a tutelare la propria categoria di liberi professionisti davanti al Tar. «L’affidamento - spiega da Roma l’avvocato Anna Lagonegro, legale del Consiglio nazionale dei geologi - andava fatto in regime di libera concorrenza, cioè attraverso una gara pubblica, e invece è maturato dopo una procedura ristretta in cui sono state coinvolte solo l’Università e altre istituzioni di ricerca locali. Se il Comune di Trieste ha un geologo nel proprio organico deve fargli effettivamente elaborare la relazione geologica senza demandarla a un soggetto esterno, come invece accade, a nostro avviso, nella sostanza».
Il Tar esaminerà mercoledì prossimo l’istanza di sospensione della convenzione. Venisse data ragione ai ricorrenti, a Palazzo Cheba si dovrebbe ripartire da capo. Ma l’iter della variante al Prgc non contempla ritardi. La decisiva approvazione del Consiglio comunale è subordinata a una data di scadenza improrogabile - il 26 luglio 2009, a due anni esatti dal primo voto sulle linee d’indirizzo - pena l’inutilità delle clausole di salvaguardia messe allora per frenare i permessi a costruire in determinate aree sensibili. «Come uffici - assicura l’ingegner Carlo Tosolini, direttore della Pianificazione territoriale del Municipio - dobbiamo chiudere il piano entro marzo. Sia chiaro che dobbiamo andare avanti a prescindere dalle decisioni del Tar. A costo di fare tutto con le nostre risorse interne. A costo di andarceli a cercare da soli, quei dati».
PIERO RAUBER

 

 

Racovelli: risolvere il «caso cinghiali»

 

Il consigliere comunale Alfredo Racovelli (Verdi per la pace) ha presentato una richiesta di convocazione ed una mozione sull’ipotesi di «soluzione finale» del sindaco Dipiazza sul problema della presenza dei cinghiali nei territori urbani della città.

 

 

Lega navale: fallisce il «golpe», rivincono gli uscenti La cordata con l’esponente di An Pellarini battuta dai «lealisti» capitanati ancora da Ennio Abate

Il timone della sezione triestina della Lega navale, con i suoi 850 soci una delle più affollate e importanti tra le associazioni di ogni genere della provincia, resta in mano a Ennio Abate, al suo vice Antonio Frisenda e al loro gruppo. Il risultato delle elezioni per il rinnovo per i prossimi tre anni del consiglio direttivo è stato netto l’altra sera a favore del presidente uscente e dei lealisti, ma i contras hanno attaccato duramente.
A guidare la cordata che tentava l’assalto alla società, oltre a Lucio Giacomelli, ex ingegnere dell’Acegas, Andrea Pellarini, un tempo apprezzato pallavolista di serie A e oggi noto soprattutto per essere un esponente di Alleanza nazionale, consigliere comunale e presidente della prima Commissione. Affondo andato a vuoto in una vicenda simile a quanto accaduto undici mesi fa alla Ginnastica Triestina, con i suoi 1500 soci un’istituzione ancor più antica e influente. Il presidente uscente Carmelo Tonon ha respinto l’attacco di una lista più marcatamente vicina ad Alleanza nazionale, partito di cui fanno parte Edoardo Costanzo, candidato presidente in ballottaggio con Tonon, e Piero Tononi che della lista Costanzo faceva parte.
Si sia trattato di battaglia anche politica oppure no, fatto sta che nell’assemblea della Lega navale, Giacomelli e Pellarini hanno rimproverato al direttivo uscente insufficiente trasparenza nelle decisioni, poca umanità nei rapporti interni, scarsa attenzione nei confronti dei giovani, politica sociale tutta proiettata nei rapporti con le istituzioni esterne, meccanismo perverso di bonus con cui accumulare punteggi per ottenere un posto barca.
Abate e alcuni suoi alleati, tra cui il magistrato Arturo Picciotto, hanno replicato esponendo i fatti: contributi pubblici di quasi due milioni e mezzo di euro ottenuti in poco tempo, una palazzina servizi della base nautica di 500 metri quadrati costruita a tempo di record, sede all’interno della Lanterna restaurata, progetto presentato per la creazione di altri 200 posti barca che potrebbero accontentare quasi tutte le 250 richieste, soci in crescita seppure lieve, mole notevole di gare e manifestazioni organizzate, rapporti più stretti con club e istituzioni.
L’anno prossimo la sezione triestina festeggerà i novant’anni e nel 2010 ospiterà l’assemblea nazionale di tutte le sezioni. Abate ha chiesto alla Provincia di poter collocare accanto alla palazzina servizi il pennone della nave Elettra di Marconi, oggi a San Giovanni a fianco dell’ex sede dell’Imo-Ima che Trieste ha recentemente perso a vantaggio di Genova.
Il voto ha premiato tutti gli esponenti della linea Abate. Sono così risultati eletti nel consiglio direttivo: Ennio Abate, Giorgio Bailo, Marino Bettoso, Francesco Catalano, Sandro Fabietti, Antonio Frisenda, Paolo Perfetto, Arturo Picciotto e Pierpaolo Scubini. Domani il direttivo neoletto sceglierà al proprio interno il presidente: la riconferma di Abate è scontata.
SILVIO MARANZANA

 

Veglia, il rigassificatore garantirà l’autonomia energetica regionale  - Pronti 10mila nuovi posti di lavoro. Ambientalisti contrari

Dobbiamo agire con tempestività. La proprietà dell’impianto sarà per il 51% dello Stato
FIUME Nel 2030 la contea del Quarnero e Gorski kotar (capoluogo Fiume) consumerà circa un miliardo e mezzo di metri cubi di gas naturale, di cui il 65-70 per cento sarà destinato a tre grandi impianti, la raffineria dell’Ina a Urinj, l’Industria petrolchimica a Castelmuschio (isola di Veglia) e la termocentrale di Kostrena.
Ne consegue la necessità di avere proprio a Castelmuschio (Omisalj in croato) l’annunciato rigassificatore nordadriatico. È quanto sostenuto dal presidente della Regione quarnerino –montana, lo zupano Zlatko Komadina (Partito socialdemocratico), nel corso della tribuna pubblica dedicata alla Giornata della facoltà fiumana di Ingegneria tecnica.
Il capo dell’amministrazione conteale ha ricordato agli astanti come la Croazia sia quasi del tutto autosufficiente per il fabbisogno di metano, estratto dai giacimenti sottomarini al largo di Pola, ma ha subito aggiunto che nei prossimi venti anni le necessità energetiche saliranno vertiginosamente e dunque sarà del tutto giustificata la presenza a Veglia del terminal Lng.
«Il megaimpianto isolano dovrà soddisfare pienamente tre aspetti, quello energetico, l’ecologico e l’economico – ha affermato Komadina – siamo convinti che il rigassificarore costituirà un’assoluta garanzia per l’indipendenza energetica della Croazia e della nostra regione».
«Sappiamo - ha aggiunto - che parte della produzione prenderà la via dei mercati stranieri, ma sarà compito nostro impegnarci affinché quantitativi sufficienti di gas restino a Fiume e dintorni. Funzionando a metano, la centrale termoelettrica di Kostrena non scaricherà più gas solforosi, mentre attualmente è il maggiore impianto inquinante nella regione fiumana. Sarà così pure per il complesso petrolchimico vegliota e per la raffineria di Urinj».
Secondo lo zupano, il terminal metanifero dovrebbe essere in mani croate nella misura del 51 per cento, mentre ora si propone il 25 pc.
«Dobbiamo agire per tempo, rispettando innanzitutto i nostri interessi», ha aggiunto Komadina, facendo presente che i cantieri navali croati dovrebbero essere incaricati di costruire le navi metaniere. «Sono navi speciali, molto costose, il cui approntamento – ha detto lo zupano – contribuirebbe a rivitalizzare la cantieristica navale croata».
Come da noi già scritto, il rigassificatore vegliota verrebbe a costare circa un miliardo di euro, contribuirebbe ad aprire con l’indotto circa 10mila posti di lavoro e riuscirebbe a movimentare annualmente sui 15 miliardi di metri cubi di gas.
Le autonomie locali interessate hanno già dato il gradimento al progetto, che incontra però qualche resistenza da parte degli ambientalisti quarnerini, certi che la locale industria turistica è destinata a subire un colpo durissimo per la presenza dell’impianto. Ma le amministrazioni locali hanno anche messo in guardia dalla pericolosità derivante dalla vicinanza del nuovo rigassificatore e del terminal petroli di Castelmuschio.
(a.m.)

 

 

 

LA REPUBBLICA - MERCOLEDI', 19 novembre 2008 

 

 

Quei mille treni rimasti sulla carta - Progetti che si sono arenati, regioni che non spendono un cent. A favore delle Grandi opere

Il rapporto "Pendolaria" di Legambiente sul trasporto ferroviario locale - Com'è difficile fare a meno dell'auto
   ROMA - I pendolari chiedono più treni e un servizio migliore, ma Stato e Regioni si ostinano a dirottare gli esigui fondi disponibili su strade, autostrade e grandi opere. E' quanto emerge dall'ultimo rapporto Pendolaria di Legambiente presentato a Roma. Ogni giorno 14 milioni di persone che viaggiano per lavorare o studiare si ritrovano a fare i conti con convogli lenti, fatiscenti, e sporchi. Stracolmi oltre i limiti di sicurezza e penalizzati dai treni superveloci.
   Collegamenti inesistenti, fermate che mancano o sono lontane da raggiungere e tempi di percorrenza eccessivi rispetto a quelli dell'auto sono i motivi principali che orientano la scelta verso il mezzo privato, ma cresce il numero di pendolari disposto a passare al treno (e in generale al trasporto pubblico locale) se le condizioni di utilizzo fossero più decenti. Alla presentazione di Pendolaria, giunta nel 2008 alla sua terza edizione, hanno partecipato comitati di pendolari provenienti un po' da tutto il Paese, oltre agli assessori regionali di Piemonte, Campania, Emilia Romagna e Lazio e a rappresentanti delle istituzioni. Secondo il rapporto, sono circa due milioni i pendolari che quotidianamente si spostano in treno e rappresentano la fetta più grossa della domanda di trasporto ferroviario.
   Domanda che però rimane insoddisfatta per la scarsità degli investimenti. Dal 2007 al 2008, i contributi statali a Trenitalia per il trasporto regionale sono scesi da 1.612 a 1.498 milioni di euro; anche il progetto dei mille nuovi treni, annunciato l'anno scorso, è rimasto lettera morta perché la Finanziaria non ha individuato i fondi. In nessuna regione l'ammontare degli stanziamenti per il servizio e per l'acquisto di nuovi mezzi raggiunge lo 0,4% del bilancio regionale. Nel 2008, la Toscana è stata quella che ha speso di più (0,38%), seguita dalla Lombardia (0,37%) e dalla Campania (0,25%). Il Lazio ha stanziato appena lo 0,02% mentre Calabria, Molise e Sardegna non hanno sborsato nemmeno un cent. Le situazioni più gravi si registrano in regioni come il Veneto, il Piemonte e lo stesso Lazio, che negli ultimi anni non hanno messo a disposizione alcuna risorsa aggiuntiva per rinforzare cifre bollate da Pendolaria come "ridicolmente basse".
   Secondo Legambiente, la responsabilità è in parte del governo nazionale e di quello locale, che spendono troppo poco per la mobilità su ferro; l'altra parte di colpa va a Trenitalia, che si affanna a varare programmi di alta velocità, cercando di rimediare a decenni di politiche di trasporto distorte, e lasciando indietro il traffico pendolare. E chiedendo, in conclusione, più soldi allo Stato, pena l'aumento delle tariffe o il taglio dei treni, magari di quelli per il Sud, come paventa il sindacato Orsa Calabria (dal 14 dicembre, l'unico Eurostar Alta Velocità da Roma si fermerà a Lamezia Terme escludendo Reggio, il capoluogo, più grosso, e impiegherà 5 ore e 7 minuti contro le 3 ore e 59 pubblicizzate).
   L'amministratore delegato di Fs Mauro Moretti - che rifiuta il confronto e non ammette repliche - sostiene che solo l'erogazione di nuovi fondi e con l'equiparazione dei contributi statali alla media europea il trasporto regionale per ferrovia, potrà essere rigenerato, soprattutto in termini di treni mezzi. Oggi, il contributo per ogni passeggero trasportato è di 11,8 cent a chilometro: stando a Moretti ce ne vorrebbero 14,5. Per quanto riguarda la puntualità, va ricordato che le Fs hanno modificato le norme di circolazione in modo da garantire ai treni pendolari l'arrivo a destino in orario, specie nelle fasce cruciali 6-9 e 17-19, in cui anche gli Eurostar si bloccano per dare la precedenza. Ma tutto ciò non risolve quello che per Legambiente resta il problema cruciale, sottolineato anche dal ministro "ombra" del Pd Ermete Realacci. Cioè l'erogazione massiccia di finanziamenti ancora troppo sbilanciati a favore della strada. "I soldi sono pochi e vanno selezionati - ammette Realacci - ma la priorità assoluta va al trasporto dei pendolari su ferro, concertato in un rapporto di trasparenza tra e Ferrovie e il Paese".
   Infatti, il 70 per cento dei fondi stanziati dai governi precedenti sono finiti nel traffico gommato. Con la Finanziaria attuale invece, nel 2009 verranno sottratte risorse tanto ad Anas (355 milioni), quanto a Rfi (1.138 milioni), mentre l'elenco delle priorità del governo Berlusconi vede ai primi posti il Ponte sullo Stretto (6 miliardi la spesa prevista, proprio quanto costerebbe il progetto dei 1000 treni per i pendolari), le autostrade e l'Alta Velocità. Assenti gli investimenti per le aree urbane e per il servizio ferroviario pendolare. Legambiente chiede, da parte sua, maggiori risorse per la rotaia, l'acquisto dei famosi mille treni regionali (per i quali ha organizzato una raccolta di firme), più spese a favore delle metropolitane e dei tram nelle grandi città. Infine, l'istituzione una carta dei diritti dei pendolari che fissi gli obiettivi del servizio, i diritti dei cittadini utenti, le condizioni minime di informazione, i livelli di qualità e il rimborso per disfunzioni e disagi.
VINCENZO FOTI

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 19 novembre 2008 

 

 

Pd: il municipio snobba la differenziata  - OMERO: «ELENCA PROGRAMMI MA FA POCO SUI RIFIUTI»

Raccolta differenziata, termovalorizzatore, tariffe della Tarsu. Sono stati questi i principali temi affrontati alcuni giorni fa al convegno dal titolo «I costi e la qualità dei servizi a Trieste. Forum del Pd sullo smaltimento dei rifiuti e la raccolta differenziata». Materie sulle quali, a detta del capogruppo del Pd in Consiglio comunale Fabio Omero, «l’Amministrazione parla tanto, elencando impegni e obiettivi, ma fa molto poco».
Per Omero il nodo criciale è la raccolta differenziata, che a Trieste stenta a decollare. «I dati sono sconfortanti - spiega -. Nel 2007 si è fermata al 17%, mentre l’obiettivo di legge prevedeva di raggiungere il 35% e il 50% nel 2010. Pena una multa per infrazione delle norme europee, che ricadrà integralmente sui costi del Comune e sulle tariffe, già elevatissime per i cittadini. E in tutto questo, a parte un corso nelle scuole dell’infanzia per promuovere la raccolta differenziata, il Comune non fa».
Per quanto riguarda la Tarsu, il capogruppo del Pd afferma che «con il bilancio 2007 le tariffe vengono incrementate del 27,3%, per dare copertura al 100% delle spese sostenute dal Comune relativamente alla gestione dell’intero ciclo del servizio di igiene ambientale. Si tratta del costo della gestione - continua - e non solo del costo reale della raccolta e smaltimento dei rifiuti, e comunque a un “prezzo” concordato con Acegas-Aps, che nel 2007 ha ottenuto il riconoscimento di 1,3 milioni di euro di maggiori corrispettivi. Ma a fronte di 36 milioni di Tarsu - continua - il servizio smaltimento rifiuti e la spazzatura delle strade sono costati al Comune 1 milione di euro in meno di quanto prelevato dalle tasche dei cittadini, senza poi sapere se nelle spese per queste funzioni sono stati imputati anche i costi generali, l’ammortamento degli investimenti ed eventuali utili per la società».
«In realtà al Comune di Trieste non interessa aumentare la raccolta differenziata. Il sindaco Dipiazza vanta che ”produciamo energia elettrica”. Ma qualcuno dovrebbe spiegargli che termovalorizzatore e raccolta differenziata non sono alternativi. Del resto - conclude Omero - la mission di Acegas-Aps e di tutte le utilities dovrebbe essere quella di far coesistere gli obiettivi di business con gli obiettivi di compatibilità sociale e di compatibilità ambientale. Ma questo è compito prioritario della politica».
 

 

Bagnoli, strategie per la Riserva  - OGGI INCONTRO SULLA VAL ROSANDRA

SAN DORLIGO DELLA VALLE Oggi alle 18.30 all’interno del rinnovato Centro visite di Bagnoli della Rosandra verrà presentato alla cittadinanza e alle associazioni il bando per l’affidamento dell’incarico di redazione del Piano di conservazione e sviluppo della Riserva naturale della Val Rosandra. Il bando verrà illustrato all’interno del forum plenario inserito nel Progetto Varco che l’amministrazione comunale di San Dorligo della Valle sta portando avanti oramai da più di un anno. Nel corso del forum, oltre all’illustrazione dei criteri per la redazione del Pcs, verranno comunicate inoltre le prossime azioni relative a problematiche emerse nel corso delle riunioni precedenti, già risolte da parte del Comune in qualità di organo gestore della Riserva.
Durante la serata verrà anche presentato il nuovo progetto «Partecipassieme» di Agenda 21, l’iniziativa nata qualche mese fa che ha come soggetti-partner il Comune di San Dorligo della Valle, quello di Muggia e la Provincia di Trieste.
(r.t.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 18 novembre 2008 

 

 

PIANO DEL TRAFFICO  - Nuova area pedonale, primo sì dalla giunta  - Si parte con la pavimentazione di piazza della Borsa e le vie Einaudi e Cassa di risparmio

Chiesto agli uffici comunali di trovare soluzioni alternative in vista dell’eliminazione di almeno quaranta posti auto
La giunta Dipiazza ha approvato il progetto preliminare generale per la pavimentazione dell’area che abbraccia piazza della Borsa, via Einaudi e via Cassa di risparmio. Un’opera divisa in più lotti, non solo per esigenze economiche, che può già contare sul progetto definitivo del primo lotto da 1,8 milioni di euro. Un impegno di spesa destinato alla sola piazza della Borsa che il Comune intende riqualificare nel 2009.
È il primo e anche il solo cantiere che, rispetto al quadro complessivo dell’opera, può partire nell’immediato. In sostanza si ripavimenta l’unica area pedonale, piazza della Borsa appunto, nell’attesa di chiudere al traffico le vie Einaudi e Cassa di risparmio. Una pedonalizzazione di fatto anticipata dalla delibera di giunta, illustrata ieri mattina dall’assessore ai Lavori pubblici Franco Bandelli, che ha però un forte impatto urbanistico. Una delega che il sindaco Roberto Dipiazza ha voluto tenere per sé.
La delibera è passata all’unanimità dei presenti, ma non sono mancati i distinguo e le richieste di chiarimento su un percorso pedonale che, nelle intenzioni dell’amministrazione comunale, una volta realizzato il ponte sul Canal grande di Ponterosso collegherà le vie Cassa di risparmio e Trento, fino all’incrocio con via Macchiavelli. Nell’ottica di una passeggiata completa che andrà dalla Stazione centrale fino a piazza Venezia. Quest’ultima è direttamente collegata alla riqualificazione di piazza della Borsa che, come in origine, erediterà la fontana del Nettuno pronta a fare spazio alla statua di Massimiliano.
Sul giro di valzer dei monumenti non c’è stata discussione. Il dibattito in giunta ha piuttosto riguardato il mini piano del traffico necessario alle future pedonalizzazioni. Il Piano generale urbano del traffico in vigore dal ’98, infatti, indica via Cassa di risparmio, da piazza della Borsa fino a via San Nicolò, quale «corsia dedicata al trasporto pubblico», mentre nel tratto fino a via Genova «strada locale attrezzata con parcometro». Allo stesso tempo la prima parte di via Einaudi fino a piazza Verdi è «strada locale di accesso a siti pubblici» e fino a piazza della Borsa «corsia dedicata al trasporto pubblico». Indicazioni che dovranno per forza essere rovesciate in Consiglio comunale, rendendo le aree pedonali, assieme alla cancellazione delle Ztl (Zona a traffico limitato) in via Genova direzione Rive e via San Spiridione. Unica strada percorribile da via Roma per raggiungere, ad esempio, l’autorimessa di proprietà della Fondazione CRTrieste.
Modifiche che comporteranno non solo la perdita di 40 posti auto a rotazione in via Cassa di risparmio, gestiti dalla Amt spa, ma anche di due parcheggi riservati alle due ruote inserendo anche l’area di via Trento. Una riduzione che non sarà compensata dal park sotterraneo per le moto, in un primo momento previsto in piazza della Borsa, scartato dal progetto definitivo. Da qui le perplessità manifestate in giunta in considerazione del fatto che, sempre nel 2009, saranno cancellati altri 40 stalli per automobili in piazza Ponterosso. Altro sito da riqualificare.
La mediazione ha riguardato la richiesta, affidata agli uffici preposti del Comune, per individuare altre aree per la sosta alternativa. Un’impresa molto ardua. La discussione fra il sindaco e gli assessori si è soffermata anche sull’aspetto economico di un’operazione che, oltre al costo dei cantieri, comporterà una riduzione degli introiti derivanti dalla sosta a pagamento in quella zona. Le strisce blu nella sola via Cassa di risparmio, ad esempio, fruttano ogni anno 160mila euro all’Amt. Una spa controllata all’84,7 per cento dal Comune che per svolgere la sosta a pagamento, prevista dal Piano urbano del traffico del ’98, versa la tassa di occupazione del suolo pubblico e effettua il riparto dei dividenti.
Un mancanto introito, per la spa e il l’amministrazione pubblica, che non è considerata una priorità. Il progetto di pedonalizzazione va avanti, per volere del sindaco e della sua giunta, ma spetterà al Consiglio comunale l’ultima parola. Nell’attesa dello strumento tecnico da portare in aula, per modificare le destinazioni previste dal vecchio Piano del traffico, tutti gli sforzi sono concentrati sui lavori in piazza della Borsa. Una continuazione del salotto buono di piazza Unità e capo di piazza Bartoli.
PIETRO COMELLI

 

 

IL VERTICE ITALO-TEDESCO - Scajola: cerchiamo l’intesa su energia e clima  - «A breve l’autorizzazione per il rigassificatore di Trieste. Fincantieri in Borsa? Meglio aspettare»

Il ministro per lo Sviluppo economico traccia l’agenda degli incontri in programma con i partner tedeschi
TRIESTE Sconti sulle bollette del gas e della luce da 800 milioni di euro e social card da 400 milioni per le famiglie più povere. Fondo per le infrastrutture da 16 miliardi, incentivi per l’innovazione, semplificazioni fiscali e amministrative per i distretti e le reti d’impresa. Claudio Scajola conferma l’avanti tutta del governo sul pacchetto anti-crisi da 80 miliardi: «Rilancerà investimenti e consumi». Al contempo, mentre condanna nuovamente «il comportamento autolesionistico» dei ribelli di Alitalia, frena sulla quotazione in borsa di Fincantieri: «È probabilmente opportuno avviare l’operazione in un momento di minore turbolenza dei mercati». Ma soprattutto, alla vigilia del vertice di Trieste cui prenderà parte, il ministro allo Sviluppo economico annuncia la riapertura del confronto con il suo collega tedesco sul pacchetto clima-energia e su quello non meno delicato delle emissioni di Co2 delle auto.
Ministro, la crisi economica mondiale è ai primi posti nell’agenda del vertice italo-tedesco. Quali sono gli strumenti fiscali da mettere in campo, in Italia, per il rilancio?
La rotta è segnata dall’Europa e dai parametri che hanno permesso al nostro Paese di avviare il risanamento dei conti. È una rotta che il governo Berlusconi intende perseguire con fermezza e con la consapevolezza che ci troviamo di fronte a una crisi mondiale senza precedenti per le nostre generazioni. Stiamo mettendo in campo - anche attraverso il mio ministero - un pacchetto di misure per le imprese e per le famiglie, in grado di rilanciare investimenti e consumi, per un totale di 80 miliardi di euro.
Quali le misure più significative?
Penso al Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese esteso anche all’artigianato, al Fondo infrastrutture da 16 miliardi di euro, di cui oltre 7 provenienti dal Fondo aree sottoutilizzare, agli incentivi per l’innovazione, la banda larga, le energie rinnovabili. E sul fisco, ci sono novità importanti a favore della capitalizzazione dei distretti e delle reti d’impresa, così diffusi nel nord-est. Per le famiglie disagiate ci saranno interventi fiscali e bonus come gli 800 milioni per sconti sulle bollette del gas e della luce e la Social card da 400 milioni di euro.
Quali sono i temi specifici di cui parlerà oggi a Trieste nei colloqui con il suo omologo tedesco?
Saranno molti. Avremo uno scambio di opinioni sulla politica energetica dei due Paesi, in particolare le rispettive posizioni sul pacchetto europeo clima-energia e sul pacchetto europeo Co2 auto - che vogliamo discutere in modo coordinato - in vista del prossimo Consiglio energia, che si terrà a Bruxelles l’8 dicembre. Saranno esaminate le misure per proteggere il sistema industriale europeo dal rischio di delocalizzazione verso Paesi che non hanno vincoli di rispetto del protocollo di Kyoto. Valuteremo anche una collaborazione sui progetti dimostrativi per la cattura e il sequestro in giacimenti sotterranei della Co2. Non dimenticheremo l’innovazione tecnologica in campo industriale e la collaborazione in campo spaziale. Insomma, avremo un dialogo a 360 gradi, con un focus su energia e innovazione.
Privatizzazione Alitalia. Lei ha definito folle lo sciopero dei piloti, ma i disagi continuano.
Scioperare in questo momento è un comportamento autolesionistico perché significa ostacolare l’avvio della nuova Alitalia che assumerà 12.600 dipendenti della vecchia compagnia che in caso di fallimento si troverebbero in mezzo a una strada. Ma spero ancora che la ragione prevalga e il passaggio tra la vecchia e la nuova Alitalia possa avvenire nelle prossime settimane senza eccessivi disagi per i clienti.
Quando l’ingresso di un partner industriale straniero? Meglio Air France o Lufthansa? Ne parlerete al vertice di Trieste?
La scelta del partner spetta alla nuova Alitalia, ai suoi vertici e ai suoi azionisti, che hanno condotto le trattative e hanno tutti gli elementi per valutare l’offerta più conveniente per lo sviluppo della compagnia. Ogni ingerenza da parte dei politici sarebbe indebita. Non so se il presidente Berlusconi riterrà di parlarne con la cancelliera Merkel.
È confermata la quotazione in Borsa di Fincantieri per la prossima primavera o la crisi finanziaria modificherà il quadro?
Fincantieri ha tutte le carte in regola per essere quotata in Borsa e il governo giudica l’operazione prioritaria. Proprio per questo è probabilmente opportuno avviare l’operazione in un momento di minore turbolenza dei mercati.
Questione energia. A che punto è il piano nazionale che dovreste presentare a primavera?
È in corso l’organizzazione della Conferenza nazionale Energia-Ambiente prevista per la prossima primavera durante la quale si terrà una discussione completa e aperta a tutti sugli obiettivi a breve e lungo termine della politica energetica italiana. Per l’occasione, avvieremo una consultazione di tutti i soggetti istituzionali e delle organizzazioni scientifiche nazionali ed internazionali, e intendiamo coinvolgere l'opinione pubblica, anche grazie ad un’informazione che auspico serena e senza pregiudizi. Al termine di questa fase, raccolti i pareri di tutti i soggetti coinvolti, sarà definita la Strategia Energetica Nazionale, con gli obiettivi e i relativi strumenti. Ricordo che è da più di vent'anni che il nostro Paese non dispone di una strategia energetica.
Lei ha già annunciato che le prime centrali nucleari saranno operative nel 2018. A quante pensava? Come ci si arriverà?
Puntiamo a creare le condizioni affinché entro la fine di questa legislatura sia posata la prima pietra di un gruppo di centrali nucleari. L’obiettivo è ridurre la dipendenza dalle fonti fossili, soprattutto gas, e i prezzi dell'energia per imprese e famiglie. Il nostro mix ideale di fonti di energia elettrica prevede un 50% di fonti fossili (gas, olio e carbone pulito), un 25% di fonti rinnovabili (idroelettrico, solare, eolico, biomasse) e un 25% di nucleare.
Quando sarà pronto lo studio sui territori adatti ad ospitare le centrali? Quanti siti serviranno?
Definiremo i criteri per la localizzazione dei siti entro la primavera. Poi le imprese energetiche che vorranno costruire una centrale potranno individuare i siti sulla base dei criteri indicati dalla legge e presentare il proprio progetto alle Regioni e agli enti locali. Tutto il processo avverrà sotto il controllo dell’Agenzia per la sicurezza nucleare prevista dal disegno di legge sviluppo che il Parlamento approverà entro fine anno.
Il presidente del Friuli Venezia Giulia, Renzo Tondo, ha proposto una partnership italo-slovena in vista del potenziamento della centrale nucleare di Krsko. Il governo è interessato? Ci sono già stati contatti con Lubiana? L’Enel si è mossa?
Durante il recente vertice italo-sloveno, tenuto a Roma, abbiamo parlato di collaborazioni sul nucleare, ma non siamo entrati nel concreto di progetti specifici. D’altro canto, il ritorno al nucleare del nostro Paese e la collaborazione con Paesi esteri, Slovenia compresa, prevedono l’intervento delle nostre imprese energetiche in una logica di mercato ma attenta all’interesse pubblico.
Il governo giudica prioritario, nell’ambito del piano nazionale, il rigassificatore che Gas Natural intende realizzare a Trieste? Quando si concluderà l’iter autorizzativo?
Il governo giudica prioritario dotare il nostro Paese di infrastrutture energetiche per diversificare le aree geografiche di approvvigionamento. Stiamo seguendo attentamente l’iter del rigassificatore di Trieste e confidiamo che in tempi brevi arriverà l’autorizzazione.
Quando sarà firmato l’accordo di programma per la bonifica del sito inquinato di Trieste? Quante risorse saranno complessivamente stanziate? Quante dal suo ministero?
Trieste rientra tra i 60 siti eleggibili, vale a dire potenzialmente finanziabili. Avremo novità per la metà del prossimo anno.
ROBERTA GIANI
 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 17 novembre 2008 

 

 

IL CASO CINGHIALI  - Wwf, Lipu, Legambiente e Lav: prima di sparare vanno provati i previsti metodi ecologici  - Gli ambientalisti: frenate il sindaco-cacciatore

«Dopo aver condotto la sua battaglia per armare i vigili urbani, ora il sindaco-cacciatore Roberto Dipiazza vuole aprire il fuoco sui cinghiali che vivono nelle zone urbane di Trieste: non vorremmo che la passione per le armi del primo cittadino mettesse a rischio l’incolumità pubblica assai più di quanto non possano fare gli animali selvatici». Questa la frecciata di Wwf, Lipu, Legambiente e Lav nei confronti del sindaco Dipiazza che nei giorni scorsi si era detto favorevole all’abbattimento di esemplari di animali.
«Preoccupa poi il fatto che il sindaco, che è pure cacciatore e dunque un esame in merito deve pur averlo superato, non conosca la normativa sui cosiddetti ”abbattimenti in deroga”. Ai sensi della legge sulla caccia, infatti, prima di poter aprire gli abbattimenti di animali selvatici nelle aree vietate alla caccia è necessario dimostrare di aver esperito inutilmente i cosiddetti “metodi ecologici”, ossia dei tentativi incruenti per ridimensionare il problema o riportare la questione alla normalità. Nel caso del cinghiale - continua la nota delle associaizoni ambientaliste -, essendo un animale estremamente intelligente, che si sposta nei luoghi dove è più facile trovare cibo, il metodo ecologico per eccellenza è il taglio dei viveri. Davanti al progressivo aumentare della confidenza dei cinghiali rispetto agli ambienti urbani e all’uomo il sindaco avrebbe così dovuto da tempo emanare un’ordinanza per vietare la massiccia alimentazione artificiale in atto da anni ad opera di cacciatori e cittadini nelle aree urbane di Trieste, come fatto a suo tempo da suoi colleghi liguri, toscani e dal primo cittadino di Genova».
Ma poi le associazioni aggiungono che «la colpa non può certo essere attribuita in toto al sindaco. Le centinaia di cinghiali che ormai vivono nell’area periurbana ed urbana di Trieste provengono da un allevamento di un noto imprenditore -cacciatore che all'inizio degli anni '90, dopo il rumoroso crack della sua azienda, ha abbandonato Trieste e il suo allevamento di suidi selvatici provenienti dagli Appennini posto nei pressi della cava Faccanoni a qualche centinaio di metri dal centro abitato».
«Ma le responsabilità non finiscono qui - continua la nota -. I cacciatori triestini hanno messo in atto una strategia finalizzata a diffondere al massimo la bengodi del cinghiale: le riserve di caccia, che si estendono su quasi il 90% della provincia di Trieste, da anni predispongono piani di abbattimento che raggiungono a malapena la metà del limite previsto dalla normativa regionale».
 

 

Val Rosandra, un Piano per sviluppare la Riserva  - FORUM A BAGNOLI

La presentazione del bando per l’affidamento dell’incarico di redazione del Piano di conservazione e sviluppo della Riserva naturale della Val Rosandra. Questo lo scopo del forum plenario inserito nel progetto «Varco» che il Comune comunale di San Dorligo della Valle ha organizzato per mercoledì alle 18.30 al Centro visite di Bagnoli.
Il Piano di conservazione e sviluppo (Pcs) è il documento pianificatorio necessario per dettare le regole base per la gestione dell’area protetta della Val Rosandra. Per stabilire i criteri cui il piano dovrà uniformarsi il Comune ha optato per il coinvolgimento di tutti i «portatori d’interesse», sia quelli appartenenti a gruppi e categorie (comunelle e associazioni), sia i singoli cittadini. «Quello che è emerso negli incontri precedenti è stato recepito nella formulazione dei criteri contenuti nel bando – ha affermato l’assessore ai Lavori pubblici Laura Riccardi Stravisi – e ciò conferma che impostare e attivare le azioni, specie quelle di notevole rilevanza come la redazione di strumenti pianificatori con un processo partecipato, rappresenta il modo corretto di azione della pubblica amministrazione».
Verrà anche presentato il nuovo progetto «Partecipassieme» di Agenda 21, l’iniziativa nata mesi fa che ha come soggetti partner i Comuni di San Dorligo (gestione della Riserva della Val Rosandra) e di Muggia (mobilità sostenibile).
Riccardo Tosques
 

 

Buccari, l’area dell’ex cokeria sarà bonificata  - Il terreno ha assorbito una notevole quantità di catrame fino a sei metri di profondità

I LAVORI DURERANNO 7-8 MESI
Per quasi un ventennio, dal 1976 al 1995, ha appestato gli abitanti di Buccari e di una vasta area quarnerina e nordadriatica ed ora, a tredici anni dalla sua chiusura, continua a dare grattacapi e a costringere le autorità a spese non indifferenti. E’ l’ex cokeria buccarana, chiusa ai tempi del governo accadizetiano di Nikica Valentic, ma non ancora «defunta» del tutto.
Infatti, il terreno di Buccari che ospitava l’inquinante impianto ha assorbito per anni una quantità incredibile di catrame, derivante dalla conversione del carbone in coke.
A detta degli esperti, la massa nera arriva fino a sei metri di profondità e dunque è necessaria una robusta opera di risanamento del terreno, senza la quale è impossibile attuare il riutilizzo dell’area, per la quale sono in piedi diversi progetti.
L’anno scorso, il Fondo per la salvaguardia ambientale e per l’efficacia energetica (agli ordini del ministero dell’ Ambiente della Croazia) ha dato luce verde al progetto di risanamento della zona, programma presentato giorni fa nella cittadina in fondo all’omonima baia.
E’ stato così comunicato che le ruspe agiranno in profondità, tirando fuori tutta la massa inquinata dal catrame (precisamente dai suoi idrocarburi policiclici, altamente cancerogeni).
Il terreno rimosso innanzitutto dai macchinari edili sarà asciugato, trasformato in polvere e quindi mescolato in uno speciale contenitore assieme a cemento e additivi speciali.
Il terreno sarà così finalmente inertizzato e quindi ricollocato nello stesso luogo da cui era stato estratto. Questo è un procedimento, sostengono gli esperti, destinato a disinquinare il vasto sito dell’ex cokeria di Buccari, operazione che dovrebbe concludersi nei prossimi 7–8 mesi, ovvero entro il mese di giugno dell’ anno venturo.
Naturalmente non si tratterà di un risanamento dai costi molto contenuti: secondo i responsabili dell’importante programma di bonifica dell’area, si tratterà di spendere qualcosa come 25 milioni di kune, circa 3 milioni e mezzo di euro.
Dopo il risanamento della superficie terrestre, si procederà a riportare agli antichi splendori i fondali marini antistanti l’ex stabilimento. Sono fondali marini di particolare importanza e di grande bellezza.
Si tratta di una superficie complessiva di 16 mila metri quadrati, una porzione di fondali sulla quale per 19 anni si sono depositati in enormke quantità il catrame di coke, oli inquinanti e le famigerate polveri sprigionate dalla cokeria.
Solo dopo questo importante e complesso intervento di bonifica ambientale, tutta l’area dell’ex cokeria di Buccari potrà dirsi finalmente recuperata e pronta ad ospitare strutture di tutt’altro tipo.
Ricordiamo che il simbolo della cokeria, la gigantesca ciminiera alta ben 250 metri, era stata abbattuta nel 2005. Il governo aveva destinato a tale scopo 9 milioni di kune (un milione e 260 mila euro), con i quali erano stati fatti crollare 4 mila metri cubi di cemento, 60 tonnellate di ferro e 500 tonnellate di cemento armato.
A. M.
 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 16 novembre 2008 

 

 

«Rigassificatori, si pronunci la Procura»  - I sindaci di Muggia e S. Dorligo: chiarezza su ipotetiche irregolarità nei documenti

DEPOSITATA UNA SEGNALAZIONE SUL PROGETTO DI GAS NATURAL
Nesladek: verificare quanto sostenuto pubblicamente dal geologo Sirovich, è in gioco la sicurezza della gente
La Procura della Repubblica dovrà pronunciarsi sull’insediamento del rigassificatore che la società «Gas Natural» vuole costruire nell’area ex Esso. I sindaci di Muggia Nerio Nesladek e di San Dorligo della Valle-Dolina, Fulvia Premolin, hanno depositato nella segreteria di questo ufficio giudiziario una dettagliata segnalazione in cui chiedono di fare chiarezza su quanto è emerso nella riunione pubblica sul rigassificatore, convocata nella sala «Gastone Millo» il 17 ottobre scorso. In quella occasione erano state autorevolmente sottolineate numerose irregolarità nella documentazione fornita dalla «Gas natural» alla Regione e al Ministero dell’Ambiente perché valutassero dell’impatto ambientale del rigassificatore.
«L’assemblea era pubblica ed era stata convocata in base a due precise delibere votate dal Consiglio comunale» ha spiegato ieri il sindaco di Muggia Nerio Nesladek. «Il 17 ottobre in quella sede il geologo Livio Sirovich ha illustrato quanto era emerso da un suo studio della documentazione fornita alla Regione e al Ministero. Sono state sottolineate davanti a più di 200 persone, tra cui il sindaco di Capodistria Boris Popovich e il sottosegretario all’ambiente del Governo della Repubblica di Slovenia Marko Starman, alcune situazioni che come sindaco non posso sottovalutare. Non sposo né l’una né l’altra tesi, ma ritengo, come pubblico ufficiale e come amministratore, di avere il preciso dovere di coinvolgere la Procura della Repubblica su quanto di potenzialmente irregolare è stato annunciato in quella sede. Erano presenti carabinieri e funzionari di polizia e una verifica puntuale non può essere elusa. Prima di agire assieme alla collega Fulvia Premolin ci siamo consultati con gli avvocati dei due nostri Comuni. Ripeto: non sposiamo a occhi chiusi la tesi illustrata dal geologo nell’assemblea pubblica, ma una verifica deve essere fatta perché è in gioco la sicurezza delle popolazioni. Saranno i magistrati e i loro consulenti a dire se tutto è regolare nei documenti depositati. In sintesi la carica pubblica di sindaco mi impone per legge questa scelta, ma me la impone anche la correttezza dell’amministrazione che deve essere gestita con il criterio adottato dai buoni padri di famiglia. Non sono un giustizialista, non credo in questa via, ma chiarezza deve essere fatta».
I sindaci di Muggia e di San Dorligo-Dolina, a livello politico chiedono di essere direttamente coinvolti nella valutazione sull’impatto prodotto dal rigassificatore, e chiedono l’entrata in scena di enti terzi, come ad esempio l’Università, per affermare se con la realizzazione del progetto della Gas Natural le popolazioni che vivono attorno al rigassificatore siano a rischio o possano ritenersi al sicuro.
Fin qui il sindaco, anzi i due sindaci che hanno firmato di conserva la segnalazione alla Procura, depositata poche ore fa in cancelleria dai loro legali.
I punti salienti del documento mettono a fuoco quattro problemi. I documenti depositati al Ministero a Roma e quelli forniti alla Regione per la valutazione di impatto ambientale, avrebbero date diverse. Quelli romani risalgono al dicembre 2006, mentre quelli per gli uffici regionali sarebbero stati redatti nel maggio 2007. Così almeno emerge dalla cronologia del ’file’ fornito dalla stessa Regione a chi ne fa richiesta. Secondo la segnalazione non è indicato il nome dell’autore della ricerca e ovviamente non esiste la firma del responsabile.
Inoltre la cartografia fornita per la valutazione dell’impatto ambientale risale a più di 40 anni fa e molti, moltissimi insediamenti industriali, non vi sono riportati. Va aggiunto che dal sito della Regione Friuli Venezia Giulia possono essere scaricati gratuitamente tutti i fogli della carta tecnica del nostro territorio. È costantemente aggiornata e non si spiega perché la Gas Natural, di fronte a questa disponibilità gratuita e a tutti nota a livello tecnico, abbia usato rilevazioni vecchie di quarant’anni in cui sono assenti importantissimi stabilimenti industriali.
Un altro punto su cui la magistratura dovrà confrontarsi è quello dell’impatto delle acque fredde e clorate del rigassificatore sul vallone di Zaule. Secondo i consulenti della società il raffreddamento non produrrebbe danni, mentre molti ambientalisti sostengono che 600 mila o un milione di metri cubi con cinque gradi in meno del mare circostante che si riverserebbero nel vallone ogni 24 ore, avrebbero effetti molto pesanti. La perizia che supporta questa tesi dell’impatto zero, secondo quanto è emerso nell'assemblea pubblica del 17 ottobre, è in parte «viziata» da un errore nelle batimetrie. In sintesi nella valutazione della profondità delle acque, che si riferiscono all’area di Ancona, con -50 metri, anziché a quella di Muggia dove vengono raggiunti solo i 20-25 metri.
Questo è accaduto nonostante l’Osservatorio Geofisico sperimentale di Borgo Grotta sia in grado di fornire 4300 profili di fondo delle acque del golfo di Trieste. Perché questi dati non sono stati utilizzati, o meglio perché durante i 20 e più mesi dello studio preliminare la «Gas Natural» non ha effettuato una ricerca mirata sulle temperature dell’Alto adriatico invece di estrapolare dati riferibili alle acque della costa marchigiana?
CLAUDIO ERNE’

 

Dipiazza: centrale elettrica, uno spot di Lucchini  - «Lo leggo dai giornali, e non si parla di chiudere la Ferriera». Timeo (Uil): siamo noi quelli all’oscuro

REAZIONI ALL’ANNUNCIO DELL’OPERAZIONE DA AVVIARE NELL’AREA TRA L’EX ACCIAIERIA E L’EX ESSO
«Una cosa così importante si discute prima a livello politico, invece la sto apprendendo dai giornali. Non so se è il sistema. Mi sembra che la Lucchini abbia fatto solo uno spot pubblicitario, e inoltre non trovo traccia, in quel che leggo, dell’accoglimento delle nostre pregiudiziali: la chiusura dello stabilimento siderurgico. Quando l’azienda avrà cura di dirmi dove, come, quando e che cosa, solo allora potrò esprimermi sulla nuova centrale elettrica».
Così Roberto Dipiazza commenta l’annuncio della Lucchini-Severstal di voler aprire accanto alla Ferriera e ad Elettra, negli spazi dismessi dell’ex acciaieria e sui terreni che arrivano fino alla zona ex Esso (di fronte alla quale dovrebbe sostare il presunto rigassificatore di Gas Natural contro il quale i Comuni di Muggia e San Dorligo, come detto sopra, hanno appena presentato un esposto in Procura) una nuova centrale elettrica che sfrutterebbe appunto il metano del nuovo impianto a mare e la rete, già in ampliamento, di Snam. Sottinteso anche un gradito coinvolgimento di Acegas-Aps specie perché già si parla di dotare il rione di Servola di innovativi e convenienti sistemi di teleriscaldamento.
Parlando di voler chiudere la Ferriera il sindaco lo aveva detto da tempo: «Potremmo indurre la Lucchini a diversificarsi, a smettere la siderurgia che inquina e a virarsi sull’energia sfruttando l’arrivo del rigassificatore, e coinvolgendo magari anche Acegas-Aps per la produzione di energia». Ed ecco che sono passati pochi mesi e la Lucchini-Severstal annuncia in effetti la prossima creazione di una nuova centrale elettrica da trecento milioni alimentata a metano, legata a doppio filo fin da ora all’eventuale rigassificatore dato che il progetto dovrebbe essere stilato dalla stessa società che attualmente prepara i terreni per Gas Natural.
«È senza dubbio un’operazione di investimento in campo energetico che mira a dare appoggio all’insediamento di un rigassificatore - commenta Adriano Sincovich, segretario provinciale della Cgil -, ma aspettiamo gli sviluppi. Si tratta, è evidente, di un disegno politico-industriale certo non ideato a Trieste ma ben più in alto, del resto non è nemmeno nuovo in assoluto, l’azienda lo aveva già citato da tempo».
Quanto alle prospettive che questa novità apre o chiude Sincovich mette un paletto chiaro: «Non c’è alcun automatismo sul fatto che se apre un polo energetico la siderurgia chiude, su numeri e professionalità dei lavoratori da reimpiegare c’è ancora tutto da ragionare».
Quanto al fatto che il sindaco definisca «spot» le dichiarazioni della proprietà (che parla di una centrale attiva già dal 2012) Sincovich ribatte: «Non posso pensare a uno ’’spot’’, sarebbe ben grave che un gruppo di tale portata la mettesse in barzelletta, vedo piuttosto prendere forma un rapporto diretto tra privati, Gas Natural e Lucchini-Severstal, nell’ambito appunto di decisioni strategiche. Del resto è stupido impedire a una azienda di esprimere una strategia industriale, se il sindaco afferma di non conoscerla, che si può dire?»
Sulla stessa lunghezza d’onda Enzo Timeo, segretario provinciale della Uilm ed ex operaio della dismessa acciaieria: «Non sono sorpreso - racconta -, la Lucchini ha sempre detto che una delle sue ’’gambe’’ era la produzione energetica, lo aveva annunciato arrivando a Trieste. Potrebbe essere che Elettra produca autonomamente anche senza la siderurgia, e viceversa che una centrale si alimenti col rigassificatore, ma via!, il sindaco certamente ne ha parlato con l’azienda. Può darsi che ci siano convenienze politiche, poi, a consigliare una memoria selettiva e qualche dimenticanza, Dipiazza ha già vinto due elezioni con la Ferriera, ma tende a trascurare ogni citazione positiva al riguardo. Sappiamo benissimo - aggiunge Timeo - che è andato a Roma a parlare di e con Lucchini-Severstal molto più di noi, quindi siamo noi quelli non a conoscenza del progetto».
Timeo sottolinea che «era l’ex acciaieria la fabbrica di morte» (chiusa da oltre 10 anni «e benedico quel momento»). E resta anche per lui irrisolto il nodo-principe: «Un rigassificatore a regime occupa 80-100 persone, una centrale elettrica mai più di 80. Dove li mettiamo gli operai della Ferriera e quando? Intanto che si riqualificano (quelli che per età possono) devono stare a casa o dove?».

GABRIELLA ZIANI

 

 

Da Roma via libera all’impianto Teseco  - Sì alla piattaforma all’ex Aquila: servirà a recuperare i terreni inquinati

Teseco, la società pisana specializzata nel trattamento di rifiuti industriali e nelle bonifiche ambientali, proprietaria dell’area dell’ex raffineria Aquila, ha ottenuto dai ministeri dell’Ambiente e dei Beni culturali il parere positivo sulla compatibilità ambientale della piattaforma per il trattamento dei terreni derivanti dalle bonifiche del Sito inquinato nazionale).
La firma del decreto da parte dei due dicasteri consente ora a Teseco di continuare con le procedure, in sede locale, per arrivare alla realizzazione dell’impianto.
Ricordando che l’iter è iniziato ancora nel 2004, l’ing. Stefano Vendrame, direttore dell’area Nordest di Teseco, spiega che «la piattaforma, progettata come punto di riferimento per il territorio, verrà realizzata, anche per singoli lotti, in prossimità del Canale industriale, su un’area dismessa dell’ex raffineria Aquila. Il terreno su cui sorgerà – aggiunge – sarà oggetto di preventiva bonifica, come previsto dal progetto definitivo in fase di autorizzazione da parte del ministero dell’Ambiente».
Teseco prevede che la fase delle autorizzazioni si possa concludere entro il giugno del prossimo anno. La bonifica di parte dell’area su cui verrà realizzata la piattaforma dovrebbe richiedere sei mesi, per concludersi entro il dicembre 2009. L’installazione di una prima sezione dell’impianto richiederà altri sei mesi, e quindi dovrebbe essere effettuata entro il giugno 2010.
La piattaforma occuperà complessivamente un’area di circa 48 mila metri quadri, di cui circa 18 mila coperti. I fabbricati tecnici avranno un volume di 33 mila metri cubi. E’ prevista inoltre una palazzina per uffici e laboratori, ricavata dal riutilizzo di quella esistente.
L’impianto sarà costituito da diverse sezioni, tra cui quelle per lo stoccaggio, il lavaggio, il trattamento biologico dei terreni contaminati, e l’inertizzazione dei fanghi e delle polveri, nonchè delle acque reflue contenenti inquinanti organici e inorganici.
La potenzialità della piattaforma sarà di circa 240 mila tonnellate l’anno, così suddivisa: inertizzazione di fanghi e polveri 40 mila tonnellate/anno; lavaggio terreni contaminati 60 mila tonnellate/anno; trattamento biologico dei terreni 18 mila tonellate/anno; trattamento chimico-fisico 50 mila tonellate/anno; modulo biologico 75 mila tonnellate/anno.
Quando la piattaforma entrerà in funzione sarà possibile ricollocare, all’interno del Sito inquinato, i materiali decontaminati. Il recupero e il riutilizzo in loco delle diverse frazioni di materiali tratttati, incluse quelle derivanti dalle attività portuali e produttive della provincia, permetterà di ridurre drasticamente i trasporti dei terreni inquinati (e i relativi costi) destinati ai centri di smaltimento finali, che hanno sede solo a notevoli distanze dal Sito.
«La progettazione dell’impianto – precisa Teseco – ha avuto come principio cardine la minimizzazione dell’impatto ambientale, attraverso la scelta del processo, delle apparecchiature, delle strutture di confinamento e raccolta dei colaticci e dei sistemi di abbattimento degli inquinanti gassosi. Sono state inoltre usate le miglio tecnologie per ridurre al minimo il consumo di risorse, ad esempio attraverso il recupero delle acque chiarificate e igienizzate da ricircolare all’interno delle varie sezioni dell’impianto».
GIUSEPPE PALLADINI

 

 

Bambini, si va a scuola con il «pedibus»  - Oltre 70 gli alunni della elementare Giotti che hanno aderito all’iniziativa - Ripartito il progetto con la Uisp

Fermata dopo fermata, alla fine sono stati 75 i bambini che ieri mattina sono andati a scuola a bordo del... pedibus di via Cumano, ovvero formando un simpatico serpentone di piccoli pedoni affiancati dai genitori che già in una decina si sono offerti quali accompagnatori volontari.
Protagonisti dell’iniziativa attuata dalla sezione provinciale della Uisp (Unione italiana sport per tutti) con Francesca Visintin, studentessa di architettura, i bambini delle classi quarte A e B della scuola primaria Giotti di Strada di Rozzol, facente parte dell’Istituto comprensivo Tiziana Weiss, che già lo scorso anno avevano progettato l’iniziativa disegnando un percorso che fosse il più adeguato alle abitazioni di partenza e anche alle caratteristiche del percorso da compiere. In quella fase progettuale, gli alunni avevano infatti studiato i dati riguardanti i flussi di traffico, le aree più verdi, la presenza o meno di punti di riferimento e così via.
Adesso, dunque, si riparte con l’obiettivo di ripetere l’esperienza del Pedibus una volta al mese: il prossimo appuntamento è già fissato per il 13 dicembre, i pedibus transiteranno fino a primavera.
Ieri i bambini si sono ritrovati ai «capolinea» fissati in via Rossetti, in via San Luca e di fronte all’Aci di via Cumano, da dove partono i rispettivi percorsi per raggiungere l’istituto di Strada di Rozzol. Semplici ma da rispettare le regole fissate per tutti: farsi trovare in tempo utile alla fermata più comoda in base alla propria abitazione, portare con sé l’impermeabile o l’ombrello in caso di maltempo, non fare ritardo: in questo caso il pedibus non aspetta.
Gli obiettivi del progetto pedibus portato avanti dall’istituto Weiss e dalla Uisp di Trieste sono molteplici. Intanto, come si legge nel modulo da compilare per iscriversi, «per una volta al mese ogni bambino iscritto percorrerà un eco-chilometro, risparmiando 120 grammi di anidride carbonica ciascuno». Naturalmente si tratta poi di decongestionare il traffico nell’area attorno alla scuola, dirottando le auto in punti di raccolta più comodi alle fermate del pedibus. Non secondario, l’obiettivo di fare un po’ di movimento fisico già al mattino prima di entrare in classe; e infine quello di fare acquisire gradualmente ai bambini autonomia.
 

 

IL FISCO I CITTADINI - Risparmio energetico e caldaie: tutte le agevolazioni

Il perseguimento di una maggiore efficienza energetica e la necessità di una riduzione generalizzata dei consumi, priorità sia della politica nazionale che di quella europea, sono stati attuati nel nostro Paese con un complesso di agevolazioni dirette ad incentivare comportamenti cosiddetti "sostenibili". In proposito, la Finanziaria 2007 ha introdotto, inizialmente solo per il periodo d'imposta 2007, prorogato poi fino al 31/12/2010, nuove detrazioni relative alle spese sostenute per particolari tipologie di interventi realizzati su edifici esistenti e volti a favorirne la riqualificazione energetica. Tali agevolazioni si collocano accanto a quelle già disposte per gli interventi di ristrutturazione edilizia, disciplinati dalla Legge 449/97, anche se si differenziano per alcuni, ma sostanziali, aspetti.
Sugli interventi di riqualificazione energetica degli edifici esistenti è riconosciuta una detrazione dalle imposte sui redditi in misura pari al 55% delle spese sostenute, con un valore massimo della detrazione fiscale pari a 30 mila euro. Trattasi di interventi di sostituzione di impianti di climatizzazione invernale, concernenti la sostituzione, integrale o parziale, di impianti esistenti con impianti dotati di caldaie a condensazione e contestuale messa a punto del sistema di distribuzione. Per fruire della agevolazione è necessario, quindi, sostituire gli impianti preesistenti e installare le caldaie a condensazione. Non risultano agevolabili l'installazione di sistemi di climatizzazione invernale in edifici che ne erano sprovvisti, così come pure la sostituzione di impianti di climatizzazione invernale con generatori di calore che, sia pure ad alto rendimento, siano diversi da quelli espressamente individuati dalla norma.
Occorre tenere presente, inoltre, che l'agevolazione può riguardare lo smontaggio e la dismissione dell'impianto di climatizzazione invernale esistente, parziale o totale, la fornitura e posa in opera di tutte le apparecchiature termiche, meccaniche, elettriche ed elettroniche, delle opere idrauliche e murarie necessarie per la sostituzione, a regola d'arte, di impianti di climatizzazione invernale con impianti dotati di caldaie a condensazione, nonché con impianti dotati di pompe di calore ad alta efficienza e con impianti geotermici a bassa entalpia. L'agevolazione non è riconosciuta per tutte le spese sostenute per le opere funzionali alla realizzazione dell'intervento di risparmio energetico; è infatti compito del tecnico abilitato individuare quali sono strettamente connesse e quindi detraibili.
A ciò bisogna aggiungere che condizione indispensabile per fruire della detrazione è che gli interventi siano eseguiti su unità immobiliari e su edifici (o su parti di edifici) residenziali esistenti, compresi quelli strumentali (per l'attività d'impresa o professionale).
FRANCO LATTI - direttore dell’Agenzia delle Entrate del Friuli Venezia Giulia
 

 

Krsko, patto Italia-Slovenia sulle emergenze  - PROTOCOLLO SULLA CENTRALE NUCLEARE
Tra i punti cardine codice unico e scambio di informazioni. Ora manca solo il sì di Lubiana
TRIESTE Un codice unico fra Italia e Slovenia per le emergenze nucleari alla centrale di Krsko. Un patto che prevede tre punti cardine: la pronta notifica a Roma in parallelo con i canali internazionali, l’unificazione del linguaggio per evitare interpretazioni diverse, e lo scambio di informazioni in tempo reale sull’attività nucleare.
Sono i contenuti della bozza di protocollo bilaterale fra i due Paesi, che attende solo l’ok sloveno, stilata dopo l’ultimo episodio del giugno scorso quando una fuoriuscita dal sistema di raffreddamento dell’impianto atomico sloveno, a 130 chilometri in linea d’aria dall’Italia, aveva generato un’allerta a livello di Unione europea. In realtà, l’incidente si era rivelato molto meno grave rispetto alle prime ore dell’allerta, ma la vicenda aveva ottenuto vasta eco nell’opinione pubblica, e quindi era emersa in modo netto la necessità di comunicazioni tempestive, ma soprattutto con un «linguaggio» comune. Da qui il protocollo sulle emergenze nucleari, che non prevede l’invio di ispettori italiani a Krsko, ma nemmeno li esclude dato che questo tipo di attività è comunque previsto da accordi internazionali. «Abbiamo trasmesso il testo alla parte slovena - spiega Roberto Mezzanotte, già a capo dell’Apat, Agenzia atomica italiana, ora Ispra - e fra una decina di giorni dovrebbero arrivarci le eventuali osservazioni di Lubiana». Il testo del documento prevede, in termini generali, una collaborazione tra Italia e Slovenia per quanto concerne la sicurezza relativa alla centrale di Krsko, entrando poi in aspetti più specifici: in particolare si parla dell'impegno, da parte del governo di Lubiana, di notificare qualsiasi evento potenzialmente pericoloso. Ma non solo: l'Italia avrà a disposizione i codici utilizzati dall'altra parte del vecchio confine per avere la possibilità di interpretare in maniera corretta, tempestiva ed immediata le notizie che arrivano dalla centrale.
Il direttore del dipartimento nucleare del neonato Ispra sottolinea l'importanza della previsione che garantisce «lo scambio del ”vocabolario” utilizzato per la comunicazione degli eventi a rischio. Questo ci garantisce l'opportunità di leggere le informazioni in tempi più rapidi». Nessuna preoccupazione, invece, sul mancato inserimento della possibilità di ispezione da parte italiana nella centrale slovena, previsto comunque dal protocollo europeo sulla sicurezza nucleare: «Non ci sono ostacoli come peraltro è stato ampiamente dimostrato da quanto accaduto a giugno - sostiene Mezzanotte -. Siamo certi che nel caso di altri eventi simili, che naturalmente ci auguriamo non avvengano, la collaborazione sarà nuovamente massima».
ALESSIO RADOSSI - (ha collaborato Roberto Urizio)

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 15 novembre 2008 

 

 

AREE INDUSTRIALI  - Sito inquinato, 100 milioni per test e depuratore - Accordo di programma verso la firma tra i tre ministeri e gli enti locali

Ma per le bonifiche serviranno altri finanziamenti: 140 milioni in cinque anni
Cento milioni di euro sono pronti per dare il via all’accordo di programma sul Sito inquinato. Altri 140 sono previsti in una fase successiva, tenuto conto che l’accordo dovrebbe coprire un arco di tempo di cinque anni.
Il documento finale, che l’assessore regionale all’Ambiente Vanni Lenna e quello al Bilancio Sandra Savino hanno messo a punto in questi giorni attraverso una serie di incontri con gli enti locali e i vertici del ministero, è pronto. Il testo doveva arrivare ieri da Roma alla Regione, la quale aveva già convocato una riunione con le associazioni di categoria per discuterlo. Ma il documento non è arrivato.
«Spero di riceverlo lunedì, così da poterlo esaminare in settimana con gli enti locali e le categorie», commenta Lenna. Quanti sono i finanziamenti previsti dal nuovo accordo? «C’è una prima fase – spiega l’assessore – nella quale 100 milioni sono a disposizione da subito, già assegnati alla Regione e al ministero dell’Ambiente, che serviranno per le caratterizzazioni (i test dei terreni, ndr), la messa in sicurezza della falda, il nuovo depuratore di Servola e il depuratore delle acque di falda».
Questi fondi servono dunque solo per far partire l’accordo, tanto è vero nella prima fase non sono comprese le bonifiche. E nella seconda quanto si prevede di spendere? «E’ una fase programmatica – precisa Lenna – per la quale sono previsti circa 140 milioni. Visto che l’accordo di programma ha un respiro di cinque anni, l’ammontare di questi 140 milioni potrebbe subire variazioni a seconda delle esigenze tecniche che emergeranno».
A firmare il documento (ma nessuno si azzarda a ipotizzare una data, dopo gli annunci degli scorsi mesi andati a vuoto) saranno i tre ministeri, Ambiente, Infrastrutture e Sviluppo economico, e gli enti locali. L’Ezit, come era già emerso, non figura tra i sottoscrittori ma solo come braccio operativo nell’attuazione delle varie fasi.
In tempi di duri tagli ai finanziamenti per tutti i ministeri, il sottosegretario all’Ambiente Roberto Menia non vede comunque rischi per questo accordo di programma. «Anche se tagli ci dovessero essere da parte del governo – rimarca – è il ministero che decide la ripartizione dei fondi. E sull’accordo per il Sito di Trieste, che mi auguro si chiuda quanto prima, gli stanziamenti già destinati non cambiano».
Ma c’è la nuova voce di spesa relativa all’adeguamento del depuratore di Servola, che porta via una fetta dei fondi per la prima fase. «Il Comune di Trieste ha fatto presente che l’impianto è fuori norma da tempo – spiega Menia – e funziona grazie alla proroga della Provincia. Si è quindi dovuto inserirlo».
La cifra necessaria per questa opera non è comunque ben chiara. In una recente riunione con gli enti locali l’assessore regionale Savino ha parlato di 59 milioni, previsti però «nell’ambito dei progetti del Fas, il Fondo per le aree sottoutilizzate, nella programmazione 2007-2013». L’ammontare di questa voce di spesa potrebbe però essere diminuito di molto. «Mi pare – dichiara Menia – che siano stati previsti 25 milioni».
Nella definizione dell’accordo, uno dei nodi che hanno complicato la stesura è stato il timore dei Comuni di Trieste e Muggia e della Provincia (timore prodotto dai contenuti del testo originario) di dover essere chiamati a concorrere ai finanziamenti. «Abbiamo diviso l’accordo in due fasi – rileva il sottosegretario – proprio per rassicuare gli enti locali sul fatto che in periodi successivi non gli si chiederà di stanziare fondi».
Ma i 140 milioni della seconda fase sono suscettibili di future variazioni, come ha precisato l’assessore Lenna. Il che lascia capire che di milioni ne serviranno molti di più. Quanti, complessivamente, non è però ancora chiaro.
Una certa quota di liquidità il ministero la attende dalle future transazioni con le aziende insediate su aree inquinate. Lo stesso ministero ricorda che, in altre zona d’Italia, chi non ha transato, se responsabile del danno ambientale, alla fine ha pagato molto ma molto di più.
«Una decina di grandi aziende ha già dato la disponibilità a transare – ricorda Menia –. Una volta firmato l’accordo di programma, queste potranno perfezionare subito la transazione e presentare i loro progetti di ampliamento. Poi le bonifiche si faranno tutte assieme, con le singole aziende che concorreranno ai costi pro quota, in base alle rispettive transazioni».
GIUSEPPE PALLADINI

 

Trecento milioni per la centrale elettrica a Servola  - Nasce a Trieste la Lucchini energia. Un polo energetico con il rigassificatore. Teleriscaldamento nel rione

IL GRUPPO SIDERURGICO SEVERSTAL RIVELA I DETTAGLI DEL PIANO ANTI-CRISI
TRIESTE Trecento milioni di euro di investimento per la nuova centrale termoelettrica nello stabilimento siderurgico di Servola. Il Gruppo Severstal Lucchini svela i dettagli del piano industriale di diversificazione per lo stabilimento di Trieste, ma soprattutto conferma la strategicità del sito e, con questo nuovo progetto, la volontà di rimanere in maniera stabile a Trieste. Dopo il fronte siderurgico e quello terminalistico con il decollo delle rinfuse nasce il ramo energetico e il gruppo annuncia la creazione di una società ad hoc, la «Lucchini energia» con sede in città che vedrà in concreto tutte le ricadute economiche e fiscali della nuova iniziativa industriale.
E in realtà quello che si delinea nel tratto di area costiera che va dalla Ferriera di Servola all’area dell’ex Esso, e che comprende anche il terminal Siot dell’oleodotto, è un vero e proprio polo energetico di grande rilievo: oltre alla vecchia centrale Elettra (che lavora a combustione mista, gas di risulta dell’impianto siderurgico e metano) vedrà la nuova centrale termoelettrica a metano e, a fianco, anche il rigassificatore di Gas natural.
Il nuovo impianto sarà di elevata potenza, 400 megawatt, ben superiore alle tradizionali centrali (sui 170 megawatt), funzionerà esclusivamente a metano e, grazie ad avanzate tecnologie, produrrà energia elettrica e vapore e massimizzerà al massimo l’efficienza energetica con valori attorno al 60% limitando al contempo le emissioni in atmosfera.
Ieri nella sede della Servola l’illustrazione dei dettagli del progetto (deve essere ancora avviato dal punto di vista formale) da parte dell’amministratore delegato Francesco Rosato, del direttore delle relazioni esterne della Lucchini, Francesco Semino e dell’ingegner Francesco Giunto della Medea che stilerà il progetto tecnico. È la stessa società che lavora per il progetto del rigassificatore di Gas natural e che sta monitorando e analizzando l’area industriale di Trieste ormai da anni.
La centrale funzionerà esclusivamente a metano, ma non dipenderà dal progetto del rigassificatore: «Ci riforniremo di metano attingendolo dalla rete che la Snam sta ampliando nell’area» hanno spiegato Rosato e Giunto aggiungendo anche però che l’eventuale presenza del rigassificatore «potrebbe aumentare la convenienza dell’approvvigionamento». Una vera filiera energetica quella che si profila per quell’area portuale e per la gestione dell’impianto la Lucchini «è aperta ad accogliere nell’iniziativa partner competenti e qualificati». Il riferimento è chiaramente diretto non solo a Gas natural, fonte del metano, ma anche ad AcegasAps, la multiutility che distribuisce i prodotti energetici in rete.
«Non ci sono ancora contatti su questo progetto con AcegasAps – sottolinea Semino – ma nel futuro siamo pronti a ogni collaborazione». Non si tratta di un progetto imposto della Severstal Lucchini, Semino e Rosato sottolineano che si tratta di un «progetto per Trieste» che dovrà essere «condiviso dal territorio», dalle amministrazioni ai cittadini. Non siamo di fronte all’attuazione del mero piano di diversificazione industriale in vista della famosa «discontinuità del mercato», nel 2015-2016, quando finiranno le agevolazioni CIP 6 legate alla centrale di cogenerazione Elettra. È un progetto di sviluppo globale che potrebbe trasformare l’area siderurgica. Il terminal rinfuse sta decollando con i traffici conto terzi, ci sarà la nuova centrale energetica, nell’area si sistemerà, per il settore meccanico, la bresciana Redaelli tecna, leader europeo nella produzione di funi d’acciaio e cavi di ancoraggio (acquisita dalla Severstal). Resta il settore siderurgico e bisognerà vedere come sarà il mercato nel 2015. Il riassetto del Gruppo Lucchini-Severstal a Trieste comunque permetterà, grazie al nuovo equilibrio basato su più gambe produttive, di assorbire eventuali scossoni del mercato.
Questa la «rotta» che intende seguire la società, Semino lo ribadisce, e uno dei tasselli sarà proprio la centrale. L’impianto occuperà una superficie di 30-40 mila metri quadri, troverà spazio nell’area dell’acciaieria attualmente dismessa e per la sua costruzione (serviranno 24-30 mesi) la Lucchini prevede l’impiego di almeno 400 persone. In fase di esercizio serviranno 150 persone tra diretti (50-70) e indotto (80-100). E le novità non sono finite. Con semplici modifiche in fase progettuale la Lucchini è disposta a fornire il teleriscaldamento alle abitazioni e alle aziende dell’area di Servola (la fornitura di acqua calda con tubazioni che arrivano direttamente nelle case e che permettono di fare a meno degli impianti di riscaldamento). Ma sarà anche necessario realizzare un nuovo tratto di elettrodotto per trasportare (con un cavo sotterraneo) l’elettricità da Servola sino a Padriciano. L’attivazione dell’impianto è prevista non prima del 2012.
GIULIO GARAU

 

 

Torna «Pedibus», casa-scuola a piedi  - INIZIATIVA UISP

Riparte oggi il progetto Pedibus, che coinvolgerà i bambini della scuola primaria Virgilio Giotti di Strada di Rozzol, che oggi alle 7.30 andranno da casa a scuola tutti insieme come su uno scuolabus, però a piedi. L’iniziativa è organizzata dallo Uisp (Unione italiana sport per tutti). L’inziativa torna da novembre a marzo e quest’anno l’obiettivo sarà riuscire a promuovere il pedibus anche in altre classi.
 

 

Rifiuti a Muggia, raddoppiata in un mese la raccolta di verde  - DATI DEL COMUNE: DA 16 A 32 TONNELLATE

MUGGIA Sono aumentati da 22 a 30 i cassonetti per la raccolta differenziata della frazione verde dei rifiuti sul territorio comunale di Muggia. La differenziata su base mensile è quasi raddoppiata, dal 17 al 28%. Da settembre sono state raccolte 53 tonnellate di frazione verde. Il nuovo capitolato d'appalto esperito dall'amministrazione per garantire la raccolta dei rifiuti dai primi mesi dei 2009 prevede il raddoppio dei cassonetti.
L'assessore comunale all'Ambiente, Edmondo Bussani, risponde così alle critiche del coordinatore di Muggia di Forza Italia, Claudio Grizon, che lamentava «la mancata regolarità nella raccolta dei rifiuti e l'insufficienza dei cassonetti» e criticava il servizio del Comune, definito «non in grado di gestirlo». «L'episodio denunciato è un caso isolato frutto di scarso senso civico di pochi cittadini - replica Bussani - e i numeri significano che il servizio funziona e sarà consolidato dopo la fase sperimentale. Ci sono margini di miglioramento, ma le critiche appaiono strumentali. Non è vero che non c'è regolamentazione: è prevista una raccolta settimanale ora spostata dal lunedì al mercoledì. A conferma del buon funzionamento, l'ultima raccolta ha visto asportate 5 tonnellate e mezzo di frazione con risparmio del 50% nel costo di conferimento all'inceneritore. In ottobre abbiamo raccolto 32 tonnellate di verde: a settembre ne avevamo raccolte 16».
Il servizio sperimentale in collaborazione tra Servizio ambiente e sviluppo energetico del Comune e Italspurghi Ecologia attuato da agosto proseguirà per tutto novembre per poi riprendere a primavera.
(g.t.)

 

 

Fianona, cresce il fronte del no alla terza centrale a carbone - RACCOLTE PIÙ DI SEIMILA FIRME

POLA In Istria sta assumendo i connotati di una mobilitazione di massa la protesta contro la terza centrale termoelettrica a carbone di 500 Megawatt che il governo croato vorrebbe costruire nel Golfo di Fianona. L’impianto rientra nelle politiche di sviluppo della Croazia, dettate dal crescente fabbisogno di energia elettrica.
A giudizio del governo di Zagabria la località istriana è la più adatta visto che sono già operative le strutture per lo sbarco del carbone che arriva via mare, destinato all’alimentazione delle Fianona 1 e Fianona 2. Contro questo scenario ritenuto devastante per l’ambiente, si è mosso il Club giovanile della Dieta democratica istriana che un anno fa ha avviato una raccolta di sottoscrizione. «Finora - dice il segretario del partito Tedi Chiavalon - abbiamo raccolto 6.000 firme e l’iniziativa continua».
Per lo stesso Chiavalon, ma anche per l’opinione pubblica in generale, una terza centrale termoelettrica verrebbe accettata qualora fosse alimentata a gas. E a questo proposito viene indicato il metanodotto magistrale Pola-Karlovac che passa nelle vicinanze di Fianona e che porta nell’interno del paese il gas degli enormi giacimenti sottomarini al largo di Pola sfruttati congiuntamente dalla croata Ina e dall’italiana Eni. Un’altra sorgente di gas sarebbe il futuro rigassificatore dell’Alto Adriatico per il quale non è stata ancora scelta l’ubicazione.
Il secco «no» ad un terzo impianto a carbone è stato ribadito alla recente riunione dell’Assemblea regionale dal Presidente della Regione Istria Ivan Nino Jakovcic. «Non intendiamo recedere di un millimetro dalle nostre posizioni - ha detto -. La nostra contrarietà verrà inviata in forma scritta al governo del premier Sanader».
Va anche detto che nel Piano d’assetto territoriale della Croazia, varato nel 1999, sta scritto che prima del 2015 non può nemmeno venir pensata la costruzione di nuove centrali a carbone nel paese. Un altro ostacolo sul cammino che dovrebbe portare alla nuova centrale riguarda il piano dell’Unione europea di ridurre del 20% le emissioni dei gas a effetto serra entro il 2020,nel rispetto del Protocollo di Kyoto. Un imperativo che vincolerà anche la Croazia visto che nel frattempo verrà sicuramente accolta nell’Ue.
(p.r.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 14 novembre 2008 

 

 

Una metropolitana leggera tra Trieste Capodistria e Gorizia: caccia ai fondi Ue

Realizzare una metropolitana leggera che abbracci Trieste, Capodistria, Gorizia e Nova Gorica, con collegamenti a Venezia e al suo aeroporto, oltre che a quelli di Ronchi dei Legionari e di Lubiana. E che permetta ai cittadini di quest’ampia fetta di territorio transfrontaliero di raggiungere rapidamente tutti i luoghi disposti su questo ring di rotaie costruito tra Veneto, Friuli Venezia Giulia e Slovenia. Oggi sembra fantascienza. Ma nel 2017 potrebbe diventare realtà.
Ne sono convinti gli amministratori locali e i rappresentanti di tutti gli enti coinvolti nel progetto, riuniti attorno a un tavolo ieri nella sede dell’Ince (Iniziativa Centro europea). I funzionari del Comune e della Provincia di Trieste, della Regione, dell’Autorità portuale e dell’aeroporto, assieme agli omologhi veneti, isontini e sloveni, ieri hanno infatti posto il primo mattone per la possibile costruzione di questa rete ferroviaria transfrontaliera per il solo trasporto passeggeri. Un’opera che, se ricevesse l’ok di Bruxelles, potrebbe beneficiare delle casse europee, unendo per la prima volta territori geograficamente vicini, ma completamente staccati a causa di storiche carenze infrastrutturali. Degli esempi? Trieste e Capodistria oppure Gorizia e Nova Gorica, non collegate dalla ferrovia.
Un esempio di ciò cui si vuole arrivare corre proprio vicino a noi, lungo i binari veneti. La Regione Veneto, assieme agli enti locali e alle Ferrovie, sta infatti realizzando il Sistema ferroviario metropolitano regionale, una rete di treni regionali a elevata frequenza, che sfrutta le ferrovie già esistenti integrate da nuove tratte. Il sistema da seguire è simile, ma in questo caso la posta è più alta: non si vogliono unire città della stessa Regione, ma di due Stati diversi, fino a pochi mesi fa separate da un confine.
L’Ince si è fatto promotore di un’iniziativa già da tempo nell’aria (era stata proprio la nostra Provincia a portare alla ribalta, un paio d’anni fa, l’idea della metropolitana leggera per Capodistria e Sesana), creando un forum istituzionale e coordinando i rapporti con l’Ue per la richiesta dei fondi. «Entro il primo dicembre dovremo avanzare la domanda di finanziamento a Bruxelles - ha spiegato Giuseppe Razza, general manager del Segretariato del Corridio 5 dell’Ince -. Le risorse dovrebbero essere reperite dai fondi per il progetto Interreg Italia-Slovenia. Per il solo studio di fattibilità saranno necessari tre milioni di euro. Non è possibile definire il costo complessivo dell’opera adesso, ma certo è che serviranno centinaia di milioni di euro».
Come si procederà? Numero uno: richiesta dei finanziamenti e attesa dell’eventuale risposta affermativa, entro marzo 2009. Numero due: elaborazione dello studio di fattibilità. Numero tre: realizzazione di un progetto esecutivo, per cui serviranno due anni. Numero quattro: spazio alle ruspe e via libera ai cantieri, che potrebbero aprire tra il 2013 e il 2014. Alcune tratte già esistono, mentre altre dovranno essere costruite. Il cash necessario sarà così suddiviso: finanziamenti europei a fondo perduto, risorse della Banca europea per gli investimenti, co-finanziamenti nazionali e regionali e, infine, eventuali investimenti di privati interessati alla co-gestione dell’infrastruttura.
«L’obiettivo è dare la possibilità agli abitanti delle aree transfrontaliere di spostarsi agevolmente - ha affermato ancora Giuseppe Razza -. Non si può progettare l’alta capacità e non pensare che, prima delle merci, devono potersi muovere le persone. E poi bisogna pensare al turismo. Un esempio: un visitatore tedesco raggiunge Trieste in poche ore grazie all’alta velocità, ma poi deve barcamenarsi tra mille peripezie per raggiungere altri centri limitrofi, ma non collegati dalla ferrovia». Soddisfazione per l’esito dell’incontro è stata espressa dalla presidente della Provincia Bassa Poropat: «È stata la nostra amministrazione a proporre questa nuova sfida, progettando una metropolitana leggera con due linee, la Trieste-Capodistria e la Trieste-Sesana. Il nostro progetto verrà inglobato nel mega anello di ferro transfrontaliero. Abbiamo messo a disposizione dell’Ince il nostro studio».
ELISA COLONI

 

 

«Muggia, cassonetti pieni di ramaglie»  - Grizon (Fi): raccolta annunciata ma irregolare. Nesladek: ottimi risultati

La situazione di Darsella San Bartolomeo, dove i cassonetti della raccolta indifferenziata dei rifiuti sono pieni di ramaglie e queste cadendo invadono la carreggiata, è al centro di un'interrogazione che verrà presentata al sindaco Nerio Nesladek dal coordinatore di Forza Italia a Muggia, Claudio Grizon. Scrive Grizon: «Il pur utile servizio di raccolta delle ramaglie annunciato con enfasi non è svolto con regolarità e nel contempo continua la maleducazione della gente». Replica il sindaco: «A fronte del nulla espresso della precedente amministrazione abbiamo ottenuto ottimi risultati. Il nuovo capitolato d'appalto prevede il raddoppio dei cassonetti per il verde».
Lo scorso agosto era partito un servizio sperimentale di raccolta differenziata della frazione verde dei rifiuti - erba, ramaglie, residui di potatura - in collaborazione tra il Servizio ambiente e sviluppo energetico del Comune e Italspurghi Ecologia, gestore del servizio. Per il verde sono stati distribuiti 22 cassonetti, svuotati una volta la settimana. «Se la vuotatura fosse regolare e i cassonetti sufficienti, non saremmo in queste condizioni - sottolinea Grizon - dove si improvvisano discariche abusive e i cittadini usano i cassonetti per smaltire erba e rami. È inutile annunciare servizi se non si è in grado di gestirli - prosegue - e di sanzionare i cittadini maleducati. Dopo il fallimento della gestione Ecoverde, nonostante l'intervento dell'Italspurghi, continua una certa improvvisazione. Speriamo che la gara in corso porti a un unico gestore per asporto rifiuti e differenziata che sia in grado di recuperare il tempo perduto da questa amministrazione».
«Grizon dovrebbe essere soddisfatto - replica Nesladek - il risultato da noi ottenuto è il doppio di quanto raggiunto nella raccolta differenziata dall'amministrazione di centrodestra, con un misero 17% registrato nel 2005, mentre oggi la percentuale raggiunge un record del 28% frutto anche della raccolta del verde. Se poi - situazioni isolate - non si riesce a raccogliere tutto il verde conferito con i passaggi previsti, è segno che i cassonetti sono ancora pochi e a breve ne collocheremo di altri».

(g.t.)
 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 13 novembre 2008 

 

 

FERRIERA - Il piano Lucchini: Trieste non chiude, nuova centrale - L’ad Kerbrat: «Via ai tagli alla produzione». A Servola solo riduzioni leggere

A Lecco gli impianti sono fermi Dipendenti in cassintegrazione: sono 450 nella sola Piombino
Il progetto anticrisi del gruppo controllato dai russi di Severstal prevede la chiusura dell’altoforno di Piombino fino alla fine del 2008
TRIESTE Nessun ritiro dagli investimenti strategici, nessun disimpegno dall’Italia della Lucchini in questo momento di crisi globale. La tempesta finanziaria si è abbattuta in maniera violenta sul comparto siderurgico, sta toccando in maniera pesante il gruppo bresciano controllato dal colosso russo Severstal, sono già stati fermati alcuni impianti e centinaia di dipendenti sono stati messi in cassintegrazione. Ma l’azienda annuncia reazioni rapide e «opportune strategie» con il rallentamento della produzione per resistere e contrastare il ciclo negativo. Tra le novità più rilevanti per Trieste il nuovo progetto di diversificazione con la realizzazione di una centrale termoelettrica a ciclo combinato che sarà illustrato ufficialmente domani.
IMPEGNI CONFERMATI
L’impianto di Servola proseguirà sino a fine anno con «riduzioni leggere» della produzione siderurgica. Lo stabilimento di Bari connesso alla filiera ferroviaria (meno toccata dalla crisi) proseguirà normalmente, mentre le difficoltà resteranno a Piombino e a Lecco dove gli impianti sono praticamente fermi con i dipendenti in cassintegrazione (450 nella sola Piombino). Proseguiranno invece gli investimenti su ambiente e la sicurezza, a Trieste e a Piombino.
MORDASHOV FIDUCIOSO
Ad annunciarlo è l’amministratore delegato del Gruppo Lucchini, Hervé Kerbrat che la scorsa settimana ha analizzato la situazione con l’amministratore delegato della Severstal, Alexej Mordashov il quale, dice lo stesso Kerbrat «ha riconfermato la piena fiducia nel futuro del nostro gruppo». L’ad della Lucchini ha deciso di far partecipe della situazione ogni singolo lavoratore del gruppo e per questo ha scritto una lettera che in questi giorni viene consegnata ai dipendenti in cui si parla anche di futuro della produzione e del mercato siderurgico. Kerbrat sa che questo periodo richiede «molto lavoro e sacrificio», assicura che sta prendendo le «decisioni necessarie per il bene dell’azienda» e ringrazia ciascuno per lo sforzo personale. «Sono certo che tutti insieme supereremo rafforzati questa difficile prova».
LA SITUAZIONE
La Lucchini, spiega Kerbrat, sin dall’inizio di settembre procede con la normale attività sulle rotaie. Fortemente ridotta invece la produzione di vergella e barre. Molto debole quella per i semilavorati. Il portafoglio ordini si presenta instabile con un orizzonte limitato. A ottobre infatti gli ordini sono a un livello molto inferiore rispetto al normale funzionamento delle fabbriche. Una situazione generale, spiega l’ad citando ad esempio Ascometal in Francia «che va bene sul mercato per gas e petrolio, male invece per la perdita di volumi (-20%) nel settore auto».
NESSUNO È RISPARMIATO
Kerbrat ricorda che in Italia la «stragrande maggioranza» dei produttori di acciaio sta procedendo a chiusure cicliche degli impianti» e «nessuno è risparmiato». Tutti hanno ridotto la produzione, in Italia, in Francia (Arcelor-Mittal ha annunciato lo stop di un altoforno in tutti i siti) e i costruttori di auto (Renault, Psa, Fiat, Bmw) hanno annunciato 3-4 settimane di chiusura delle linee di montaggio
LUCCHINI E SEVERSTAL
Siamo stati tra i primi a reagire per adattarci alla situazione, sottolinea l’ad, riducendo la produzione e chiudendo temporaneamente stabilimenti e impianti con il ricorso alla cassintegrazione. Ridotti drasticamente arrivi di materie prime per le prossime settimane. Non si produce più senza ordini, non si aumentano gli stock e non si vende in perdita. Tutto viene riadattato alla situazione, dal carico di lavoro in fabbrica sino a quello degli uffici e vengono rivisti livelli e tempistica degli investimenti.
MISURE DI PROTEZIONE
C’è una generale grave contingenza economica, insiste Kerbrat, e «sono state adottate queste misure per proteggere la solidità della nostra azienda e dei suoi posti di lavoro». La situazione è molto seria. «Il Gruppo Lucchini gode oggi di una buona situazione finanziaria, ma di fronte a tale rapido degrado della situazione economica globale una reazione troppo lenta potrebbe comportare problemi». Per la fine 2008 e per il 2009, in tutto o in parte, «dovremo conservare un livello di produzione adattato al mercato e alla situazione economica generale».
PREVISIONI A BREVE
Visti gli ordinativi per novembre e dicembre 2008 si fermano sino a fine anno l’altoforno di Piombino a partire da fine mese o inizio dicembre. Lecco, attualmente fermo, riparte a gennaio o prima se ci saranno ordini sufficienti. Condove fermerà a metà novembre. Trieste con Servola prosegue sino a fine anno con riduzioni leggere, Bari invece che è connesso alla filiera ferroviaria prosegue normalmente.
SCENARIO 2009
«Stiamo elaborando due scenari di funzionamento con connessi piani d’azione – annuncia Kerbrat. 1. Un primo semestre abbastanza simile a quello di fine 2008 ma con una ripresa nella seconda metà dell’anno. Un’annata 2009 simile all’ultimo trimestre 2008 senza riprese sensibili dell’economia».
INVESTIMENTI
In questo periodo di difficoltà «abbiamo la volontà di preservare gli investimenti strategici necessari per il nostro futuro adattandoli alla nostra capacità finanziaria». Vista l’incertezza globale «attenderemo la fine del primo trimestre 2009 prima di confermare livello e tempistiche degli investimenti complessivi – aggiunge l’ad – ma quelli su ambiente e sicurezza rimarranno invariati».
AMBIENTE
Massimo impegno per il nodo Servola, Kerbrat spiega che «nella difficile contingenza attuale il mondo politico a tutti i livelli sembra aver preso coscienza della necessità di trovare soluzioni realistiche ai numerosi problemi storici, in particolare quelli ambientali con cui ci confrontiamo a Piombino e a Trieste. Stiamo lavorando per definire accordi favorevoli al Gruppo».
GIULIO GARAU

 

 

Prefettura: ad alta tecnologia i sistemi di sicurezza della Siot  - «Remota la possibilità di incidenti come quello simulato: 8,8 ogni 100mila anni»

Premolin: a breve partiremo con informazione preventiva alla cittadinanza
SAN DORLIGO DELLA VALLE «La Società italiana per l’oleodotto transalpino dispone di sistemi di sicurezza, di monitoraggio e di intervento ad elevata tecnologia ed eventi come quello ipotizzato nella recente esercitazione hanno una possibilità di accadimento assolutamente remota: 8,8 incidenti ogni centomila anni».
Con queste parole la Prefettura rassicura in modo netto la cittadinanza dopo l’esercitazione effettuata lunedì scorso dai vigili del fuoco e dopo la pubblicazione del Piano di emergenza esterno redatto per lo stabilimento industriale diretto da Adriano Del Prete. In una nota, la Prefettura ricorda poi che «la Siot rientra per l’attività svolta, come altri depositi in regione, tra gli stabilimenti a rischio di incidente rilevante ai sensi del decreto legislativo 17 agosto 1999 n. 334. Ciò comporta in aggiunta alle richieste di legge comuni a tutte le aziende (analisi dei rischi, formazione del personale, certificato di prevenzione incidenti) anche l’obbligo di un rapporto di sicurezza, l’istituzione di un sistema di gestione della sicurezza, il controllo da parte del Comitato tecnico regionale dei Vigili del fuoco, l’aggiornamento almeno quinquennale del piano o comunque ogni volta che vi siano modifiche di una certa rilevanza».
Confermati i dati sull’attività svolta nel deposito, che consiste essenzialmente nel ricevimento di petrolio greggio trasportato con navi petroliere, nello stoccaggio e nel trasferimento nell’Europa Centrale a mezzo oleodotto che si diparte dal Golfo di Trieste. Inoltre vengono effettuate operazioni di movimentazione e stoccaggio di – seppure in misura notevolmente inferiore - gasolio, benzina grezza (virgin naphta), olio combustibile e lubrificante. Annualmente nel deposito costiero di San Dorligo della Valle-Dolina vengono movimentati circa 40 milioni di metri cubi di prodotto.
Questo il commento del sindaco di San Dorligo della Valle-Dolina Fulvia Premolin: «Cerchiamo di non allarmare i nostri cittadini: la Siot è una realtà situata sul nostro territorio con la quale conviviamo da tanti anni. Personalmente posso dire che con la direzione ci sentiamo spesso e che i rapporti sono buoni». Il Pee (piano di emergenza esterno) presentato recentemente prevede anche alcune esercitazioni su scala reale con il coinvolgimento della popolazione. A tale proposito la Premolin ribadisce il proprio pensiero: «È una cosa positiva che sia stilato un progetto per la sicurezza dell’area e dei cittadini che la abitano ed entro breve verranno allestite delle esercitazioni con la popolazione e partiremo, in accordo con la Prefettura, con l’informazione preventiva della popolazione».
D’accordo con Premolin sul fatto che il piano d’emergenza esterno sia un passaggio positivo in cui debbano essere coinvolti i cittadini si dice il sindaco di Muggia Nerio Nesladek, il quale nell’occasione ribadisce - come già fatto in precedenza - che la presenza della Siot costituisce «un motivo in più per dire no al rigassificatore progettato a Zaule». Resta, come si diceva, la percentuale «assolutamente remota» di possibilità di incidenti alla Siot come quello simulato lunedì scorso: 8,8 ogni centomila anni, scrive la Prefettura.
Riccardo Tosques
 

 

Riccardi: 2 miliardi per le infrastrutture - IN CINQUE ANNI  - Dalla Terza corsia A4 alla Gorizia-Villesse. Via anche ai Tir sui treni

TRIESTE Il Friuli Venezia Giulia punta ad attivare circa due miliardi di euro nel quinquennio 2009-2013 nel campo delle infrastrutture. Lo ha confermato ieri l'assessore regionale alla Viabilità e Trasporti Riccardo Riccardi, incontrando i sindacati di categoria.
Gli investimenti - ha precisato Riccardi - verranno fatti utilizzando risorse del bilancio della Regione, di Autovie Venete, di Fvg Strade, dell'Anas e dello Stato.
Riccardi ha precisato che «il 2009 sarà l'anno dedicato ai progetti, ai timbri, alle gare, ma il 2010 sarà finalmente ”l'anno dei cantieri”».
L'impegno economico importante riguarda in particolare gli interventi sulla A4 e sulla Villesse-Gorizia (1,5 miliardi), il trasferimento modale del traffico pesante dalla strada verso la ferrovia e il mare, la sottoscrizione con Trenitalia del contratto di servizio per il trasporto pubblico locale «senza arretrare di un passo - ha precisato Riccardi - rispetto alle nostre richieste di verifica su pulizia e puntualità». Ma, ha confermato ai sindacati, «ho l'impressione che ci sia ancora una distanza significativa tra Regione e Trenitalia».
Tra le altre infrastrutture da realizzare e da riqualificare figurano i collegamenti di Manzano e Cervignano verso l'asse autostradale, quello tra l'Aussa Corno e la A4, la soluzione del nodo monfalconese verso Cervignano e Grado, l'ultimazione della A28, la viabilità del distretto del Mobile nella Destra Tagliamento, la circonvallazione a Sud di Pordenone, la direttrice pedemontana da Spilimbergo ad Udine, la metropolitana leggera nell'area triestina, la connessione dell'autoporto di Fernetti alla rete ferroviaria.
Allo strumento del project-financing, infine, si intende ricorrere per i lavori sull'ex statale 354 dal casello di Ronchis in direzione Lignano Sabbiadoro e per la Cimpello-Sequals-Gemona.
 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 12 novembre 2008 

 

 

La Prefettura: Siot a rischio incidente  - DOPO IL TEST - La simulazione dell’altro giorno ha evidenziato alcuni problemi

Il sindaco di San Dorligo Premolin: faremo esercitazioni con la popolazione
SAN DORLIGO «Lo stabilimento industriale Siot spa è da considerarsi a rischio di incidente rilevante in quanto, per alcune peculiari caratteristiche, in caso di emergenza, esso costituisce un pericolo sia per l’area urbana circostante, sia per gli altri impianti operanti nella zona».
Questo il testo inserito all’interno del documento intitolato «Piano di emergenza esterno definitivo Siot» stilato dalla Prefettura di Trieste all’indomani dell’esercitazione dell’incidente simulato inscenato lunedì mattina.
DATI SULLA SIOT Lo stabilimento industriale sito nel comune di San Dorligo della Valle in via Muggia 1 è un deposito costiero in cui vengono effettuate operazioni di stoccaggio e movimentazione da mare e via oleodotto di prodotti estremamente infiammabili.
Si parla di una superficie (recintata) di oltre 1.000.000 mq in cui lavorano circa una sessantina di persone.
Attualmente sono in esercizio 32 serbatoi di stoccaggio per una capacità geometrica totale di 2.030.000 m³.
L’attività svolta nel deposito consiste essenzialmente nel ricevimento di petrolio greggio trasportato con navi petroliere, nello stoccaggio e nel trasferimento nell’Europa Centrale a mezzo oleodotto che si diparte dal Golfo di Trieste e, dopo aver valicato le Alpi termina in prossimità di Ingolstadt in Germania (Baviera).
Nel deposito costiero di San Dorligo della Valle vengono annualmente movimentati circa 40.000.000 m³ di prodotto. Inoltre vengono effettuate operazioni di movimentazione e stoccaggio –seppur in misura notevolmente inferiore- di gasolio, benzina grezza (virgin naphta), olio combustibile e lubrificante.
IL PEE In base al Piano di emergenza esterno (Pee) gli eventi incidentali possono essere di due tipi: «quelli correlati ai possibili incendi dei serbatoi con emissione di radiazioni termiche stazionarie e quelli correlati all’esplosione non confinata di vapori».
Tre le zone a rischio: zona di sicuro impatto – elevata letalità (zona rossa): limitata esclusivamente alle aree immediatamente adiacenti ai serbatoi e sempre contenute all’interno del perimetro dello stabilimento; zona di danno – lesioni irreversibili (zona arancione): coinvolge aree attorno ai serbatoi che si estendono anche all’esterno del perimetro di proprietà, interessando porzioni di territorio a destinazione d’uso sia industriale sia residenziale;
zona di attenzione – lesioni reversibili (zona gialla): coinvolge aree attorno ai serbatoi che si estendono anche all’esterno del perimetro di proprietà, in forma più estesa rispetto alle precedenti relative alla zona 2, interessando porzioni di territorio a destinazione d’uso sia industriale sia residenziale.
COINVOLGIMENTO DELLA POPOLAZIONE Il Pee prevede anche alcune esercitazioni su scala reale con il coinvolgimento della popolazione. E su questo punto il consigliere di San Dorligo Giorgio Jercog (Per San Dorligo- Oltre il Polo) ha ricordato come «purtroppo la popolazione ivi residente e le aziende poste a ridosso della Grande Viabilità non sono state ancora coinvolte ed informate a riguardo: questo nuovo piano deve essere reso pubblico se si vuole predisporre una esercitazione veritiera ed efficace».
Questa la replica del sindaco Fulvia Premolin: «Entro breve faremo delle esercitazioni con la popolazione e partiremo, in accordo con la Prefettura, con l’informazione preventiva della popolazione».
Riccardo Tosques
 

 

Rifiuti, Forum sulla differenziata  - PROMOSSO DAL PD

Il gruppo consiliare del Pd in Regione e il Partito Democratico di Trieste organizzano oggi una iniziativa pubblica su «i costi e la qualità dei servizi a Trieste» con riferimento al tema dei rifiuti. L’appuntamento è alle 16.30 nella Sala Oceania della Marittima. Dopo l’apertura dei lavori con il capogruppo in Consiglio comunale Fabio Omero, sono previsti interventi del capogruppo Pd in Consiglio provinciale Maria Monteleone e del segretario provinciale Pd Roberto Cosolini. La presidente dell’Otc Luisa Nemez presenterà il punto di vista dei consumatori. Toccherà poi ai sindaci di Muggia Nerio Nesladek, di San Dorligo-Dolina Fulvia Premolin e di Sgonico Mirko Sardoc. Le conclusioni dell’assemblea sono affidate al presidente del gruppo Pd in Consiglio regionale Gianfranco Moretton. Sempre oggi, ma alle 18 nell'aula magna dell'Enfap di via S.Francesco 25 inizia il primo corso organizzato dalla neonata Scuola di Formazione del Pd.
 

 

TORINO-LIONE  - I sindaci vogliono il dossier presentato dal ministro all’Ue

TORINO I sindaci non lasciano l'Osservatorio sulla Torino-Lione ferroviaria (Ltf) , ma chiedono al ministro Matteoli «di avere qualche anticipazione» del dossier di aggiornamento presentato all'Ue. È quanto emerso dalla riunione dell'Osservatorio stesso, che si è svolta ieri negli uffici della Prefettura di Torino, alla presenza di una settantina di sindaci. Il dossier, che aggiorna quello consegnato dall'ex ministro Di Pietro nel luglio 2007, è stato redatto dalla Ltf su mandato della cig per conto dei due ministri, italiano e francese. La richiesta dei sindaci è stata trasmessa al ministro dei Trasporti dal presidente dell'Osservatorio, Mario Virano, e dal prefetto di Torino, Paolo Padoin. Dall'Osservatorio è venuta anche la richiesta di mettere all'ultimo posto dell'agenda la disamina sulle specifiche tecniche dei progetti che saranno presentati dalla Ltf per la parte internazionale, e dalla Rfi, per il tratto italiano. Prima, sostengono i sindaci, vanno chiusi i capitoli del potenziamento del trasporto locale e il trasferimento delle merci dalle strade alle ferrovie.
 

 

A SPALATO Al posto della discaric - a una cittadella dello sport  - Nessun costo per il Comune Il progetto presentato da una società austriaca

FIUME L’amministrazione cittadina di Spalato sta seriamente vagliando una proposta austriaca che porterebbe alla soluzione definitiva (e gratuita) dell’assillante problema costituito dalla discarica in zona Karepovac, praticamente ai limiti del perimetro urbano. La proposta, notificata in forma scritta alla Giunta cittadina del capoluogo dalmata, è quella sottoscritta dalla «IuT» (Innovation und Technik AG), con sede a Seebenstein, in Bassa Austria.
La «IuT» si impegnerebbe a bonificare l’intera area della discarica con l’impiego di una nuova tecnologia, la «Smell-well», definita «rivoluzionaria» e già applicata con successo in alcuni siti analoghi.
La ditta di Seebenstein promette di disinnescare la bomba ecologica di Karepovac – circa 6 milioni di metri cubi di rifiuti -, che verrebbe neutralizzata e compressa in un arco di tempo massimo di 36 mesi. Il costo dell’operazione sarebbe piuttosto elevato, ma la «IuT» promette di fare tutto senza chiedere un centesimo alle casse dell’amministrazione spalatina. In cambio, però, questa dovrebbe impegnarsi a concedere in usufrutto a lungo termine alla ditta austriaca l’area in questione: circa 300 ettari che verrebbero riconvertiti e trasformati in una vera e propria «cittadella» con al suo interno contenuti commerciali, turistico-alberghieri e sportivi. Si calcola che l’intero progetto - che richiederebbe la riqualificazione dell’area nei piani di assetto territoriale e urbanistico - avrebbe un costo di circa 60 milioni di euro. Da quanto si è appreso, la tecnologia che la «IuT» intenderebbe applicare inizialmente per la bonifica del colossale agglomerato di rifiuti un procedimento di aerazione basato sull’impiego dei «ROTTE filter». Attraverso l’introduzione in profondità di tubi o condotte soffianti/aspiranti la pancia della discarica verrebbe svuotata dell’aria o dei gas al suo interno, in cui verrebbero iniettati microrganismi in grado di smaltirne i contenuti biologici. Il tutto verrebbe inoltre compresso in modo da ridurre l’intera massa della discarica di circa la metà, ossia a tre milioni di metri cubi, e reso inerte. L’ultima fase consisterebbe nella differenziazione dell’ammasso residuo (separazione di plastiche, metalli, scarti lignei, gomma, vetro, ecc.) e nella loro distruzione tramite trattamento termico o eventuale riutilizzo. Il risultato sarebbe, appunto, la completa bonifica di un’area di circa 300 mila metri quadri immediatamente nei sobborghi orientali della città, che verrebbe concessionata alla «IuT» e da questa trasformata nella predetta cittadella commercial-sportivo-turistica. Che, oltre a un mega-centro distributivo, includerebbe pure impianti e attrezzature per lo sport e il tempo libero, un albergo e un ostello studentesco: il tutto per circa 2.500 nuovi posti di lavoro. L’offerta della Innovation und Technik di Seebenstein è stata subito de= finita allettante dall’amministrazione spalatina e sembra avere l’incondizionato appoggio dell’ex sindaco Jaksa Milicic, per il quale si tratta di «un occasione da non perdere». Per il momento nessun commento ufficiale da parte dell’attuale sindaco Ivan Kuret, in questi giorni fuori sede.
(f.r.)

 

 

Villa del Nevoso: discarica abusiva a pochi metri dal confine croato

FIUME Le diatribe confinarie che agitano a intermittenze regolari i rapporti fra Croazia e Slovenia stanno per arricchirsi di un nuovo capitolo. Originato, stavolta, non nel contestato Golfo di Pirano/Salvore, bensì nella regione quarnerino-liburnica e nell’area che la sovrasta a monte. Per la precisione in quel di Mattuglie. Si tratta della discarica Zalescine, presso Jelsane, sorta in tempi piuttosto recenti in territorio sloveno, nella parte bassa della municipalità di Ilirska Bistrica (Villa del Nevoso). La discarica in questione si trova in prossimità del valico confinario di Rupa e praticamente a poche decine di metri dal territorio croato. A dare l’allarme e sollevare le prime proteste sono state le autorità locali di Mattuglie (circoscrizione cittadina di Abbazia), che dalle informazioni raccolte hanno accertato la presenza nella discarica di rifiuti altamente tossici, in primo luogo cascami o residui di amianto.
Ma forse anche altro materiale non propriamente innocuo e indicato come scarti di lavorazione industriale. Le rimostranze sono state subito recepite dall’amministrazione abbaziana e poi da quella conteale di Fiume, facendo poi drizzare le orecchie al ministero dell’Ambiente a Zagabria. A detta dell’amministratore della Comunità locale di Rupa, Davorin Mrvicic, solo nella seconda metà di ottobre nella discarica di Zalescine sarebbero state depositate quasi un migliaio di tonnellate di materiale ad alto contenuto di amianto.
(f.r.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 11 novembre 2008 

 

 

Arci: taglio dei fondi, a rischio i nuovi bandi per il servizio civile  - AVVIATA UNA PETIZIONE

«In Italia il servizio civile è seriamente a rischio». Il grido d’allarme arriva dall’Arci, preoccupata del taglio drastico del 42% delle risorse economiche a disposizione per il servizio civile nazionale. «Si passa dai 299 milioni stanziati per il 2008 dal precedente esecutivo ai 171 previsti nella finanziaria per il 2009 - precisa l’Arci servizio civile in una nota - . Una cifra che mette a rischio la possibilità di avere bandi per il 2009 se non per un esiguo numero di volontari. Volontari (tra i 18 e 28 anni) che finora, dietro un riconoscimento di circa 400 euro mensili per una anno, vivevano un’esperienza educativa nella società civile in ambiti quali assistenza, protezione civile, ambiente, promozione culturale e sportiva». Per contrastare i tagli, l’Arci invita a firmare on line (il sito è www.arciserviziocivile.it) la petizione «salviamo il servizio civile nazionale».
 

 

Decarli: AcegasAps, confronto sulla società dei termovalorizzatori

Una richiesta di convocazione della terza Commissione consiliare per avere un confronto con il management di Acegas-Aps e Acegas-Holding. A presentarla è stato l’esponente dei Cittadini, Roberto Decarli, preoccupato dal progetto, annunciato recentemente dai vertici dell’ex municipalizzata, che prevede la costituzione di una società per la gestione dei termovalorizzatori.
«Decisioni simili però - osserva Decarli - non andrebbero annunciate sulla stampa, ma nelle sedi istituzionali. E questo anche tenendo conto che il Comune di Trieste ha il pacchetto di maggioranza azionaria della Holding».
La decisione di richiedere la convocazione della terza Commissione, presieduta dall’esponente della Lista Dipiazza Gianfranco Trebbi, è stata presa dal consigliere comunale di opposizione dopo il silenzio calato sia sulla mozione che sull’interrogazione presentate in merito alla gestione del termovalorizzatore e al servizio di spazzamento e smaltimento rifiuti. Testi presentati l’uno il 29 settembre e l’altro il 23 ottobre.
«Il problema - spiega ancora Decarli - è che ci avviamo verso una divisione e una frammentazione totale di tutti i servizi pubblici. Andando avanti di questo passo per il Comune sarà impossibile controllare e incidere sulle strategie delle società partecipate a tutela degli interessi dei cittadini. Ecco perché credo sia importnate discuterne nelle sedi appropriate». «Il punto - conclude il capogruppo dei Cittadini - non è tanto la privatizzazione dei servizi o la costituzione di società di capitale, bensì proprio l’impossibilità di esercitare le legittime verifiche in merito ai servizi erogati e ai costi sostenuti dai cittadini. Il Comune dovrebbe rispettare l’articolo 112 comma 7 dello Statuto che prevede la possibilità di promuovere consultazioni tra gli utenti singoli o fra gruppi di utenti sul livello di gradimento delle prestazioni».
 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 10 novembre 2008 

 

 

I VERDI AL COMUNE «Muggia chieda la certificazione ambientale»

La «Certificazione ambientale» del Comune di Muggia, ottenibile attraverso misure quali la crescita della raccolta differenziata, il traffico urbano e le piste ciclabili, l'adozione di un nuovo regolamento edilizio con l'istituzione della certificazione energetica degli edifici, l'installazione sugli edifici pubblici di impianti energetici che utilizzino fonti di energia rinnovabili, la valorizzazione del territorio attraverso la realizzazione di circuiti turistici verdi, la riqualificazione delle periferie.
A proporla, è la Federazione dei Verdi-Muggia con una nota firmata dal presidente provinciale, Giorgio Millo, dal portavoce dei Verdi-Muggia, Giorgio Della Valle e dallo stesso assessore al Bilancio della giunta Nesladek, Omero Leiter.
«Si tratta di un obiettivo condiviso da questa giunta - conferma il sindaco di Muggia, Nerio Nesladek – e che fa parte del nostro programma elettorale». La proposta che la Giunta comunale avvii un programma di lavoro che abbia come obiettivo conseguire la «Certificazione ambientale» è stata presentata in una riunione di maggioranza, richiesta dalla Federazione dei Verdi-Muggia per definire gli obiettivi che il centrosinistra intende perseguire da qui a fine mandato.
«Per l'ottenimento di questo prestigioso riconoscimento internazionale - scrivono i Verdi - sarà necessario dotare l'organizzazione comunale di un "Sistema di gestione ambientale" che comprenda tutta una serie di programmi di prevenzione e di miglioramento sia dell'aspetto ambientale che delle sue risorse con conseguente miglioramento delle qualità della vita dei cittadini. In particolare attuare il "Sistema di gestione ambientale" significherà intervenire da subito, con un progetto mirato, su una serie di attività e servizi già previsti nel programma elettorale del centrosinistra e ancora purtroppo in fase di gestazione. In un contesto di scelte difficili per il territorio che il Comune dovrà affrontare o subire (bonifiche, rigassificatori) un progetto finalizzato alla "Certificazione ambientale" permetterà di ottenere, già nel breve periodo, un miglioramento della qualità della vita».
«Le misure proposte dai Verdi - precisa Nesladek - sono in linea con le azioni che questa amministrazione sta adottando, a cominciare dall'incremento della raccolta differenziata su cui stiamo già operando, le piste ciclabili che saranno oggetto di progetti di mobilità sostenibile in fase di attuazione e non da ultimo il Nuovo piano regolatore che ne terrà debito conto. Confidiamo che Leiter, nella duplice veste di firmatario della proposta e assessore al Bilancio, saprà reperire i fondi necessari». (g.t.)
 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 9 novembre 2008 

 

 

CASO FERRIERA  - Bucci al Circolo Miani: «Perdete consensi»

«Non partecipando all’incontro promosso dalla IV Commissione regionale per discutere di Ferriera, Maurizio Fogar ha perso un’occasione preziosa». Così l’esponente del Pdl Maurizio Bucci replica al presidente del Circolo Miani che, dopo il mancato confronto di giovedì in Regione, ha annunciato di voler dar vita ad una nuova manifestazione in piazza. «Forse Fogar, convinto di essere l’unico interlocutore sul territorio, si è offeso quando ha visto che erano stati invitati all’audizione anche Wwf, Italia Nostra e il comitato ”No smog” - continua Bucci -. Per questo, anzichè salire ed esporre le proprie idee, ha preferito restare a rumoreggiare davanti all’ingresso del palazzo di piazza Oberdan. Ma non è così che si affrontano i problemi della Ferriera. E la gente se ne è accorta, tant’è che il gruppo di Fogar è sempre più fiacco».
 

 

I parcheggi sotterranei e gli obbrobri urbani


Mentre Trieste progetta (con colpevole ritardo) nuovi parcheggi sotterranei, è forse il momento d’implorare i nostri amministratori e gli uffici comunali di riservare molta cura e attenzione alle opere in superficie che li caratterizzeranno. Abbiamo alcuni precedenti di sovrastrutture rozze e invadenti che hanno turbato la sobrietà di Foro Ulpiano, Campo San Giacomo, piazza Perugino, piazza Vittorio Veneto. Pesanti spallette e guide di cemento, volumi dozzinali di casse e di portinerie, stanghe automatiche di sbarramento che degradano il decoro del centro cittadino a periferia industriale o a casello autostradale, prese d’aria volgari con griglie rialzate che non tengono conto dei piani e livelli precedenti: non hanno dignità d’architettura e corrispondono solo a esigenze funzionali che bisognava nascondere alla vista.
In tutta Europa i parcheggi sotterranei non corrompono la storia estetica dei luoghi. A Torino i due megaparcheggi sotto le centralissime piazze Vittorio Veneto e San Carlo neppure si notano e s’intuiscono, tanto bene sono inseriti nell’ambiente: le due piazze non hanno subìto sfregi o alterazioni e la pavimentazione è tornata perfetta come prima.
Un caloroso invito ai responsabili affinché anche gli sprovveduti mettano il naso fuori Trieste e provvedano a copiare gli esempi migliori che già sono stati realizzati.
Furio Finzi
 

 

 

 

LA REPUBBLICA - SABATO, 8 novembre 2008 

 

 

Nucleare, gli italiani ci ripensano - Sondaggio della Demos nell'anniversario del referendum che lo fermò: la maggioranza ora è favorevole

LE TABELLE (  119KB)
Più favorevoli al nord e nel centro-destra. Contrari invece i giovani
In questi giorni ricorre l'anniversario dei referendum che, nel 1987, hanno di fatto sancito l'uscita dell'Italia dal gruppo di paesi produttori di energia nucleare. Ventun anni fa, attraverso l'abolizione di tre articoli di legge, il popolo italiano sentenziava il rifiuto alla presenza di centrali nucleari sul territorio nazionale. Il tema, tuttavia, è rimasto nel dibattito pubblico e, anche recentemente, alcuni esponenti politici, tra cui il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e il leader dell'Udc Pierferdinando Casini, hanno espresso la volontà di tornare ad investire nella soluzione nucleare. I dati raccolti da Demos nelle scorse settimane mostrano un'opinione pubblica piuttosto
aperta verso l'opzione nucleare, per quanto siano da segnalare importanti distinguo, soprattutto dal punto di vista generazionale e politico.
Nucleare: sì o no? Quanto rilevato nel sondaggio ci mostra una realtà mutata e interessante. I favorevoli alla costruzione di centrali nucleari in Italia sono il 47%, mentre a confermare il rifiuto per l'energia prodotta dalla fissione dell'atomo è il 44%. E' dunque la maggioranza relativa a "ripensare" l'esito del referendum, anche se non possiamo ignorare il 9% che sceglie di non esprimersi.
Spostando l'ipotetica centrale dalla generica nazione alla provincia di residenza del rispondente, le opinioni mutano leggermente verso. I contrari alla costruzione, in questo caso, sono esattamente la metà - il 50% - mentre quanti si dicono comunque "a favore" sono il 41% - con, ancora, un 9% di incerti.
Giovani contro. Se osserviamo i risultati in base alla classe d'età del rispondente, vediamo come siano proprio i più giovani, quanti cioè non hanno preso parte al referendum di oltre vent'anni fa, a esprimere il parere maggiormente negativo. Infatti il dato si alza tra coloro che hanno tra i 25 e i 34 anni (48%) e nella fascia tra i 35 e i 44 anni (dove tocca il 50%). Se invece consideriamo quanti non vogliono la centrale nella propria provincia di residenza, vediamo come siano sempre le generazioni più giovani ad esibire l'opposizione più netta: tra i 15 e i 44 anni, infatti,
sono oltre il 54% ad esprimersi negativamente, contro una media del 50%.
Nord e Sud. Il nucleare taglia in due anche la penisola. Se il Nord tende ad essere più favorevole al ritorno al nucleare, il Centro e il Sud mostrano scetticismo. In particolare, è il Nord Ovest a manifestare maggiore apertura, sia per la costruzione di centrali in Italia (54%, +7 punti percentuali rispetto alla media) che nel territorio (46%, +5 punti percentuali). I più scettici sono invece i cittadini del Centro: il 37% accetterebbe la costruzione di una centrale nella propria provincia, mentre è il 43% ad auspicarne la costruzione nella penisola (per entrambi lo scarto rispetto alla media nazionale è negativo di circa quattro punti).
L'ambiente e la politica. Anche la variabile elettorale offre spunti interessanti di riflessione e ci aiuta a comprendere come le posizioni discendano anche - e soprattutto - da ragioni "politiche". La spaccatura tra destra e sinistra, in altre parole, divide anche tra favorevoli e contrari alla costruzione di centrali nucleari. Gli elettori di PdL e Lega Nord, ma anche quelli dell'Udc, si distinguono per il grande favore con cui vedono la costruzione di centrali, sia in Italia che nella realtà locale. Le aree di maggiore scetticismo (o di aperta opposizione) si concentrano invece tra gli elettori del Pd, dell'IdV e, soprattutto, della Sinistra Arcobaleno.

FABIO BORDIGNON e NATASCIA PORCELLATO

 

IL PICCOLO - SABATO, 8 novembre 2008 

 

 

Ferriera, comitati pronti a scendere in strada per chiedere la chiusura  - DOPO IL MANCATO CONFRONTO IN REGIONE

Il circolo «Ercole Miani», l’associazione «Servola Respira» e il Coordinamento dei comitati di quartiere sono pronti a scendere in strada, per sottolineare il loro malcontento sul problema della Ferriera. Dopo la mancata partecipazione all’audizione congiunta delle seconda, terza e quarta commissioni consiliari regionali di giovedì, alla quale hanno invece preso parte Legambiente, Wwf e No-Smog, i movimenti dei cittadini hanno deciso di organizzare una manifestazione, che si terrà, tempo permettendo, sabato 22 novembre nel rione di Valmaura. Una protesta che potrebbe avere serie ripercussioni sulla viabilità cittadina, dato che gli organizzatori intendono formare cortei per bloccare la circolazione dei mezzi in tutte le principali arterie viarie della zona, compresa la superstrada. «Ci siamo resi conto, sulla base di quanto emerso dall’incontro del 30 ottobre e ribadito anche giovedì, che la nostra presenza alla riunione era assolutamente inutile, dato che il meeting stesso era inutile, perché non avremmo potuto sottoporre le nostre richieste all’assemblea – spiega il presidente del circolo Miani, Maurizio Fogar -. Forse con la manifestazione qualcuno capirà che il problema richiede urgentemente una soluzione e non si può lavorare come i gamberi, facendo due passi avanti e tre indietro». Le richieste dei movimenti sono principalmente tre: l’istituzione immediata di un gruppo di lavoro per redigere un piano di dismissione e riconversione dello stabilimento siderurgico, secondo quanto previsto dalla risoluzione parlamentare promossa dalla Lega nord e votata all’unanimità; la convocazione della conferenza dei servizi, che deve pronunciarsi sul procedimento di revisione dell’autorizzazione integrata ambientale (Aia) e infine la riassegnazione dei contributi finanziari annuali previsti dalla legge al circolo Miani. Oltre a questi elementi Romano Pezzetta dell’associazione «Servola respira», richiama l’attenzione sul rispetto delle norme di sicurezza all’interno della Ferriera. «Gli impianti sono in metastasi e non serve cercare di salvarli con una chemioterapia».
(m.a.)

 

 

Il depuratore nella bozza delle bonifiche  - In un incontro in Regione esaminata la base dell’accordo di programma

Riunione ieri a Udine tra gli assessori regionali Savino e Lenna e gli enti locali triestini per esaminare la bozza di accordo di programma sul sito inquinato nazionale. È stato inserito il depuratore di Servola nel piano delle bonifiche.
Confermati dunque gli interventi pubblici già in precedenza previsti, ma entra nel programma questa novità.
I contenuti della bozza di accordo di programma per la bonifica del Sin, Sito inquinato d'interesse nazionale dell'area industriale triestina, che indica gli interventi di riqualificazione ambientale funzionali alla possibilità di realizzare infrastrutture e accogliere nuove industrie in quella parte di territorio, sono stati al centro ieri a Udine di un incontro degli assessori regionali alle Risorse economiche e finanziarie, Sandra Savino, e all'Ambiente e lavori pubblici, Vanni Lenna, con i rappresentanti della Provincia di Trieste, dei Comuni di Trieste e Muggia, dell'Autorità portuale e dell'Ezit.
La bozza di accordo, segnala la Savino, è stata condivisa da tutte le amministrazioni e gli enti partecipanti alla riunione. E l’assessore segnala come sia stata inserita in via prioritaria nel testo, proprio nell'ottica dell'avvio delle attività di reindustrializzazione e di recupero infrastrutturale dell'area, la realizzazione dell'impianto di depurazione di Servola.
«L'inserimento di quest'opera - sottolinea l'assessore Savino - permetterà di dare copertura finanziaria alla realizzazione dell'impianto grazie alle risorse finanziarie che sarà possibile reperire in quest’ambito, pari a 59 milioni di euro: sono previste nell'ambito dei progetti del Fas, il Fondo per le aree sottoutilizzate, nella programmazione 2007-2013».
 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 7 novembre 2008 

 

 

Gli ambientalisti: Ferriera oltre i limiti  - Frattura tra i Comitati: No Smog in Regione, Miani non va all’audizione

INCONTRO CON TRE COMMISSIONI REGIONALI
Nuovo inasprimento sulla Ferriera. Frattura tra le associazioni ambientaliste e alcuni dei comitati di protesta che ieri non si sono presentati all’audizione congiunta indetta in Regione dalle commissioni seconda, terza e quarta dopo che il circolo Miani - tra gli assenti di ieri - aveva incontrato il presidente del consiglio regionale, Ballaman, e sollecitato il nuovo incontro. Oggi lo stesso circolo, assieme a Servola respira, «illustrerà le ragioni della non partecipazione».
Si sono invece incontrati coi consiglieri regionali Legambiente, Wwf e No-Smog, gli stessi che hanno depositato all’assessorato all’Ambiente osservazioni critiche in merito alle procedure di revisione dell’Autorizzazione integrata ambientale (Aia). Una revisione chiesta dal Comune di Trieste, ma il cui procedimento è di fatto bloccato. «Abbiamo inviato a tutti gli enti le osservazioni - spiega Pierpaolo Gubertini, responsabile del settore tutela dall’inquinamento della Direzione regionale ambiente - ma fatto nient’altro, perché la Lucchini ha tempo fino a dicembre 2008 per apportare le modifiche imposte dall’Aia, poi ci vorrà un tempo congruo per verificare se hanno prodotto benefici sull’ambiente». Dunque, tempi lunghi, mentre la Ferriera ha fatto ricorso al Tar.
Intanto ieri Fabio Gemiti per il Wwf, Lino Santoro per Legambiente e Alda Sancin per No-Smog hanno illustrato alla seconda commissione (Maurizio Franz, Lega Nord), alla quarta (Alessandro Colautti, Pdl) e alla terza (Sergio Lupieri, Pd) e a vari consiglieri presenti una situazione di persistente inquinamento. Ha detto la Sancin: «Nel 2008 la centralina Arpa di rilevamento delle polveri sottili più vicina alla Ferriera, quella di San Lorenzo in Selva, ha registrato 113 giorni di sforamento del limite giornaliero di 50 milligrammi per metro cubo quando la media consentita è di 35 giorni». Contestato il fatto che altre due centraline, «di proprietà di Elettra, la stessa ’’spa’’ che possiede la Ferriera, hanno segnalato invece 26 e 19 giorni di sforamento», e denunciato poi «che nel 2008 le centraline con periodi più lunghi di mancata segnalazione (62 giorni per via Svevo, 36 per via Pitacco) siano proprio quelle dell’Elettra».
Legambiente ha sottolineato che «i tempi previsti dalla prescrizioni dell’Aia non sono stati rispettati». Santoro ha segnalato che l’Aia non ha previsto «alcun obbligo al confinamento del deposito di carbon fossile e dei minerali, esposti ai venti e allo spray marino». Gemiti per il Wwf ha definito «illegittima» l’Aia, citando le centinaia di segnalazioni di protesta dei cittadini per odori acri e nauseanti arrivate in questi ultimi mesi.
Maurizio Bucci (Pdl, già assessore comunale all’Ambiente) ha chiamato «bomba» la Ferriera, chiedendone la chiusura, ma auspicando anche più forti controlli dell’Arpa assieme a Stefano Alunni Barbarossa (Idv-Cittadini), Alessandro Colautti (Pdl), Stefano Pustetto e Igor Kocijancic (Sinistra arcobaleno), il quale ha aggiunto: «Ancora un po’ e sarà la crisi a far chiudere la Ferriera, lasciando in dote il problema occupazionale e dell’inquinamento». Per Sergio Lupieri (Pd) occorrono nuove «risorse nella finanziaria per aumentare i controlli dell’Arpa, nuovi esami sanitari su lavoratori e cittadini, la riconvocazione del tavolo tecnico in Regione già chiesta e accettata dall’assessore Lenna».
(g. z.)
 

 

Temperature di 7 gradi oltre la media  - L’esperto: «La percezione del caldo viene ingigantita dall’umidità»  - Dalla prossima settimana una brusca diminuzione

Crescono la temperatura e anche l’umidità. A novembre il caldo a Trieste è quello che c’era a settembre qualche anno fa. Le temperature in città sono di 7 gradi sopra la media. E poi c’è scirocco con alternanza di giornate serene con altre in cui si scatenano piogge torrenziali come è accaduto pochi giorni fa: è una sorta di effetto-tropici.
«Se l’autunno inizia tardi, in molti casi le erbe sono ancora in fioritura», commenta Sergio Nordio previsore dell’agenzia regionale per l’ambiente. E poi aggiunge: «L’aumento delle temperature è un trend degli ultimi anni. Ma in questi giorni la percezione del caldo viene accentuata dall’umidità. Le temperature stagionali dovrebbero essere di 14, 15 gradi e invece si è arrivati a 21. Non è un record, perchè nel ’94 il termometro aveva raggiunto in novembre i 25 gradi, Certo è che negli ultimi anni il trend delle temperature è sempre stato in ascesa, anche se nel 2006 c’era stata una brusca inversione».
«Mercoledì - commenta Giancarlo Visciano, responsabile del servizio meteo dell’Istituto nautico - la temperatura raggiunta è stata di 22 gradi. Nella stagione autunnale prima c'era una frequenza elevata di giorni di tramontana, con i tipici venti freschi da Nord. Negli ultimi anni abbiamo assistito a un crescendo dei venti sciroccali».
Questo per effetto dei campi di alta pressione: aria calda che proviene dall’Africa. «Ma a metà della prossima settimana ci sarà un crollo. - annuncia Visciano - Lunedì e martedì le massime saranno di 16, 17 gradi, mercoledì di arriverà a 12 e giovedì, il termometro si fermerà a 10».
La prova indiretta dell’effetto tropici è data dalla quantità delle piogge cadute e dalla loro particolare intensità. Nel 2007 in tutto il mese di novembre erano stati registrati appena 20 millimetri di acque meteoriche. In questa prima settimana, quest’anno, si è già arrivati a 44 millimetri.
Commenta l’esperto: «Non c’è dubbio, è lo stesso femomeno delle piogge tropicali». La conferma arriva dall’analisi della percentuale di umidità. Negli ultimi giorni si è arrivati all’80 per cento, due anni fa il livello era appena del 59. Non solo: in questi giorni la temperatura dell’acqua del mare è di 17 gradi.
«La variazione climatica sta cambiando pure il parco dei prodotti a disposizione dei pescatori. Oltre alla riduzione di numero e all’anticipazione dell’arrivo stagionale, si assiste al cosiddetto fenomeno della tropicalizzazione delle specie: «Anche in Adriatico - ha detto recentemente il vicedirettore del Dipartimento di oceanografia biologica dell’istituto triestino, Marina Cabrini - sta cambiando il tipo di pesce a disposizione. E così scompaiono calamari, sgombri e sarde, mentre si materializzano il pesce nastro e il pesce pappagallo».
 

 

Gli anziani dell’Itis per il risparmio energetico  - Fino al 16 novembre in via Pascoli una mostra sui temi dell’ambiente
 

S’intitola «Tutti su per terra, buone abitudini in mostra» la rassegna dedicata alla Settimana dell'educazione allo sviluppo sostenibile allestita nel centro di aggregazione dell’Itis, l’Istituto triestino per gli interventi sociali di via Pascoli 31. Il tema della campagna 2008 dell’Onu coordinata dall’Unesco, affronta il tema della riduzione e del riciclaggio dei rifiuti. La capofila del progetto in regione è l’LaRea (Laboratorio Regionale di Educazione Ambientale) dell’Arpa Fvg, che ha coinvolto molteplici soggetti pubblici e privati, tra cui l’Itis con il suo programma «Itisecosolidale».
«La nostra residenza è una grande casa inserita nel tessuto sociale di un quartiere vivace e popoloso - spiega il direttore Fabio Bonetta - il nostro obiettivo è creare un ponte verso la città e i suoi abitanti, e far sì che tra i nostri ospiti e il mondo esterno ci siano dialogo e scambio reciproco. Non dimentichiamo che la saggezza dell’età è una risorsa preziosa».
La mostra fornita dall’LaRea-Arpa Fvg è costituita da circa 140 pannelli con testi divulgativi, riflessioni e vignette umoristiche illustrate da autori italiani su quattro tematiche che riguardano il nostro bistrattato pianeta: acqua, clima, energia e trasporti. Ed è proprio l’energia che ha messo in moto «Itisecosolidale».
Un gruppo di anziani, infatti, ha sensibilizzato tempo fa la direzione della residenza sul risparmio energetico, proponendo la costituzione di un gruppo di studio per alleggerire le bollette di luce, acqua e gas. «L'educazione alle buone pratiche per l'ambiente - spiega Federica Flapp dell’LaRea-Arpa Fvg, che ha proposto l’Itis come contenitore della rassegna - non è una prerogativa delle generazioni giovani e del mondo esterno. Dovrebbe, al contrario, diventare un abito mentale e comportamentale di tutta la società».
Familiari dei residenti, cittadini, abitanti del rione e naturalmente gli ospiti della struttura assistenziale, ma anche le scuole di primo e secondo grado della provincia, potranno visitare la mostra fino al prossimo 16 novembre (lunedì e giovedì dalle 16 alle 18, martedì, mercoledì e venerdì dalle 10 alle 12). Il percorso «Itisecosolidale» prevede, inoltre, la proiezione di un ciclo di film su temi ambientali, preceduti dalla prolusione di esperti in materia, e un laboratorio didattico per bambini e anziani, dove riscoprire l'antica arte di creare i giocattoli utilizzando materiale povero e di recupero.
Patrizia Piccione

 

 

Rifiuti a San Dorligo, Gombac resta solo  - JERCOG ABBANDONA L’OPPOSIZIONE AL «PORTA A PORTA»

SAN DORLIGO «Le richieste sottoscritte dalla nostra lista per effettuare il referendum consultivo per l’abolizione del servizio dei rifiuti ”porta a porta” nel comune di San Dorligo della Valle e l’installazione di alcuni pannelli fotovoltaici sui terrazzamenti di Monte d’Oro sono oramai superate».
A sorpresa il capogruppo della lista civica «Per San Dorligo–Oltre il Polo» Giorgio Jercog ha dunque deciso di ritirare l’appoggio alla proposta avanzata pochi mesi fa da Boris Gombac, capogruppo della lista civica «Uniti nelle tradizioni», motivando durante l’ultimo Consiglio comunale la propria scelta. «Con l’imminente campagna elettorale di primavera alle porte – ha spiegato in Jercog - questi argomenti potranno essere sviluppati con soluzioni e proposte più dignitose sicuramente per quanto riguarda la raccolta ”porta a porta” e che saranno inserite nei nuovi programmi elettorali dei partiti che si presenteranno alla tornata elettorale». Il capogruppo di «Oltre il Polo» ha ricordato infine che «in questo momento di recessione e di crisi finanziaria che sicuramente interesserà tutto il 2009, ogni risorsa di questo Comune dovrà essere usata oculatamente, un discorso che vale anche per i referendum”. È dunque rimasto solo, in una battaglia per altro da egli stesso iniziata, il consigliere Boris Gombac, il quale ha così commentato in aula lo scaricamento da parte di Jercog: «A raccogliere le firme per il No alla raccolta ”porta a porta” sarà la gente stessa, ma rimane il fatto che i soldi a disposizione per i referendum ci dovranno essere, perché solo nelle dittature fasciste e comuniste non si trovano i soldi per effettuare elezioni politiche o referendum popolari». Grazie anche alla solerzia di Gombac pochi mesi or sono, con l’approvazione all’unanimità del Consiglio comunale della proposta di deliberazione, era stata nominata la commissione dei garanti per l’effettuazione dei referendum, la quale aveva designato i nomi di Walter Koren per la maggioranza e Luciano La Barbera per l’opposizione. Anziché la raccolta ”porta a porta” Gombac preferirebbe fossero create apposite isole ecologiche con cassonetti separati «in maniera tale da non costringere la gente ad avere in casa tre contenitori diversi, dati dal Comune in comodato d’uso, che si possono svuotare solo negli orari prefissi dall’amministrazione».
Riccardo Tosques
 

 

Cinema e montagna, al via la rassegna - Dal 13 novembre film che affrontano anche temi di guerra e globalizzazione

Presentata ufficialmente ieri la rassegna internazionale sul cinema di montagna «Alpi Giulie Cinema 08/09» organizzata dall'Associazione Monte Analogo. «Si tratta di un'offerta culturale importante - spiega il presidente Sergio Serra - sia per la varietà dei titoli in programma che per la sua estensione geografica».
La rassegna avrà inizio a Gorizia e Trieste, per poi espandersi nel corso del prossimo anno alla zona pedemontana e alla Carnia.
A Trieste il calendario degli eventi sarà diviso in due parti: «La prima parte – continua Serra – si svolgerà questo novembre al Caffè San Marco, e consisterà in proiezioni di film che, sullo scenario della montagna, trattano temi importanti come la guerra, il mutamento delle tradizioni e l'impatto della globalizzazione sulle comunità montane». La seconda parte avrà luogo nel febbraio 2009 con tre serate di proiezioni al Teatro Miela sul tema dell'alpinismo come sport o performance spettacolare. La rassegna si concluderà il 26 febbraio, al San Marco, con l’assegnazione del premio «Scabiosa Trenta», che prende il nome dal fiore misterioso cercato invano da Kugy.
«L'associazione si occupa di selezionare le pellicole ai più importanti film festival, come quelli di Lubiana e di Trento, e di tradurle – dice Giulio Gelci, responsabile organizzativo della rassegna –. Le nostre proposte vengono poi vagliate dalle realtà locali con le quali collaboriamo.» Tra queste si trovano il Cai di Gorizia, Trento Film Festival, la Cooperativa Bonawentura, l'Arci Servizio Civile e la Società Alpina della Giulie di Trieste. La rassegna è patrocinata dalla Regione, nonché dalla Provincia e dal Comune di Trieste. Parallelamente Monte Analogo organizza anche un omonimo premio cinematografico.
Le proiezioni di novembre si terranno al Caffè San Marco, via C. Battisti 18, alle 20.30. La serata di giovedì 13 sarà incentrata sul tema delle tradizioni delle comunità montane con due film «Martha. Memorie di una strega» e «Schafskalte» ambientati rispettivamente sulle Dolomiti e sulle Alpi austriache. Giovedì 20 sarà la volta di «Marsho» un film sulla resistenza cecena, mentre giovedì 27 novembre sarà proiettato «Journey of a red fridge», sull'impatto della globalizzazione nelle valli dell'Himalaya.
In occasione dell'apertura ufficiale della rassegna l'Associazione ha presentato una raccolta videoantologica su Julius Kugy realizzata per i centocinquanta anni dalla nascita dello scrittore alpinista. Curatore del video è il regista Giorgio Gregorio: «Il fine è quello di far rivivere con le immagini quello che Kugy ha descritto nei suoi libri, un amore per la montagna che andava al di là del mero atto sportivo.» Il video unisce tre film che trattano l'opera di Kugy, con l'aggiunta di una presentazione del giornalista Luciano Santin, che ha dichiarato: «Kugy era un intellettuale multiculturale. Se nel '900 le sue idee sembrava destinate alla sconfitta, nella nuova Europa lo scrittore triestino potrebbe divenire un modello per gli anni a venire.» Il video è stato realizzato dal Centro Produzioni Televisive regionale su progetto dell'Associazione Monte Analogo, nella cui sede è in distribuzione gratuita.
L'Associazione Monte Analogo è nata tre anni fa, e mira a sviluppare e dare un nuovo impulso alla divulgazione, alla didattica e alla diffusione di immagini e materiale riguardanti la montagna e i suoi protagonisti. L'Associazione dispone di 300 film e 2500 volumi sul tema, ed è contattabile tramite il sito www.monteanalogo.net e l'email info@monteanalogo.net.
Giovanni Tomasin
 

 

 

 

www.lavoce.info - GIOVEDI', 6 novembre 2008 

 

 

COME DARE ENERGIA ALLE FONTI RINNOVABILI


Le fonti rinnovabili di energia possono aiutare il nostro paese a ritrovare vigore economico. Lo testimoniano alcune imprese italiane che hanno diversificato la loro attività verso questo settore con risultati economici di rilievo. Ritardare ancora l'avvio degli investimenti su larga scala può allargare la distanza che ci divide dall'Europa al punto da renderla incolmabile, sul piano industriale e ambientale. Ma la soluzione passa necessariamente per la definizione di regole chiare e stabili, lasciando che il mercato selezioni gli investitori più attivi. (leggi l'articolo)
Arturo Lorenzoni
 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 6 novembre 2008 

 

 

Ezit, 40 aziende in attesa delle bonifiche  - Chiedono 250mila metri quadrati. Previsti circa 300 posti di lavoro

L’annosa questione della bonifica del Sito inquinato blocca da tempo i piani di crescita di quaranta aziende, che attraverso nuovi insediamenti o ampliando quelli attuali potrebbero creare circa 300 nuovi posti di lavoro.
I settori sono i più diversi, e comprendono imprese con tecnologie anche all’avanguardia, come la produzione di biodiesel o sistemi per il riciclaggio dei rifiuti, ma tra le aziende che hanno fatto domanda vi sono anche quelle ad alto valore aggiunto, come un noto cantiere della Liguria che costruisce megayacht. Scorrendo l’elenco delle categorie in attesa di spazi si trovano poi imprese del legno e derivati, del settore auto-moto, dell’edilizia, dell’elettronica, dell’alimentazione e della meccanica.
Le richieste – per complessivi 256 mila metri quadri – sono da tempo sul tavolo del presidente dell’Ezit, Mauro Azzarita, che però non potrà soddisfarle finchè non saranno disponibili terreni bonificati.
I primi dovrebbero essere pronti nella primavera 2011. Si tratta di parte dei 250 mila metri quadri che la Teseco sta bonificando alle Noghere (area ex Aquila) e per i quali l’Ezit sta predisponendo il contratto preliminare.
Un caso emblematico delle difficoltà che le lungaggini – tecniche e politiche – legate al Sito inquinato causano alle imprese, e quindi all’economia locale, è quello del gruppo Crismani, che opera particolarmente nella prevenzione dell’inquinamento nelle acque marittime e interne, fornendo essenziali servizi alle navi che attraccano in porto, petroliere in primis.
La Crismani ha in progetto, sul canale industriale, un impianto per la depurazione delle acque di sentina, sia delle navi sia dei grandi yacht. Si tratta di acque inquinanti che oggi, prelevate sottobordo con delle bettoline, vengono trasportate via terra agli impianti di trattamento. «Ogni giorno – racconta Paolo Crismani – facciamo partire tre o quattro autocisterne per Milano, Ravenna o Livorno, con i costi che si possono immaginare».
Intanto, nell’area prevista sul canale industriale sono in corso le caratterizzazioni del terreno, mentre continuano le procedure relative all’impatto ambientale dell’impianto. Perchè la struttura entri in funzione ci vorranno ancora due o tre anni. «Se avessi oggi la licenza per costruire – osserva con rammarico Crismani – in sei mesi sarebbe tutto pronto, gli impianti li ho già ordinati».
Al di la di questo progetto, il gruppo Crismani (240 dipendenti e 20 milioni di fatturato per il 2008) ha da tempo problemi di spazio. Ed è per questo che ha fatto domanda all’Ezit, chiedendo 20 mila metri quadri alle Noghere, «pur sapendo – annota sempre Crismani – il rischio di impresa legato ai tempi di bonifica di quelle aree».
Si tratta di spazi che serviranno per riunire in un’unica struttura gli oltre cento camion (speciali, per vari impieghi) dell’azienda, gru e un centinaio di container per il trasporto di sostanze solide e liquide.
Se Crismani può permettersi di attendere, pur tra cento difficoltà, altri imprenditori, di fronte alla carenza di aree industriali, non hanno potuto aspettare. Il caso più clamoroso risale a due anni fa, quando un’azienda del Veneto voleva impiantare nella zona industriale una fabbrica per produrre vetro, che avrebbe occupato 300 persone. Ha dovuto rinunciare.
In qualche situazione gli sforzi dell’Ezit hanno comunque permesso di trovare soluzione ai problemi di crescita delle aziende. E’ quanto accaduto con il gruppo Revas, 130 dipendenti e 15 milioni di fatturato, impegnato in vari settori: carpenteria pesante (in particolare per conto di Wärtsilä Italia), lavorazioni meccaniche (fra cui motori elettrici per Ansaldo), e manutenzioni di macchine utensili.
A suo tempo la Revas aveva opzionato un terreno alle Noghere, ma ha dovuto abbandonare il progetto a causa dei problemi legati al Sito inquinato. «Il Sito è un grosso handicap per gli imprenditori che vogliono fare qualcosa a Trieste – sottolinea il titolare della Revas, Carlo Stefanoni –. Fortunatamente siamo riusciti a trovare e acquistare un terreno di 33 mila metri quadri, nell’alta valle del Rio Ospo, al di fuori del Sito inquinato. Stiamo predisponendo il progetto, e spero di ottenere il permesso per costruire».
Nella struttura che sta predisponendo, la Revas intende riunire le attività attualmente sparse in quattro sedi, piuttosto distanti fra loro, con gli immaginabili problemi logistici e di costi: una è situata nella zona artigianale di San Dorligo, un’altra è a Monfalcone, una terza a Cervignano e l’ultima addirittura in provincia di Torino.
GIUSEPPE PALLADINI

 

 

Nuove piattaforme marine per il metano  - INIZIATIVA DELLA SOCIETÀ MISTA TRA LA CROATA INA E L’ITALIANA AGIP

Entro il 2010 previste altre sei strutture per lo sfruttamento degli abissi
POLA Fino al 2005 erano otto, negli ultimi 3 anni il loro numero è salito a 13 ed entro il 2010 ne verranno collocate altre 6. Stiamo parlando delle piattaforme per lo sfruttamento degli enormi giacimenti sottomarini di gas, scoperti negli anni '70 a Sudest della costa istriana. E si è dovuto attendere il 1999 per l'avvio del loro sfruttamento, reso possibile dalla collaborazione tra l'azienda petrolifera croata Ina e l'italiana Agip. Le piattaforme ora in funzione sono collegate tra loro da metanodotti sottomarini della lunghezza pari a 300 km. Evidentemente la grandezza dei giacimenti (stando a qualcuno le riserve ammonterebbero al minimo a 40 miliardi di metri cubi in grado di garantire l' estrazione per circa 30 anni) e la richiesta di gas impongono la collocazione di nuove piattaforme. L'operazione per legge viene preceduta dal dibattito pubblico, con in primo piano l'impatto ambientale. Stando al progetto proposto le piattaforme saranno collocate nel mare profondo tra 42 e 60 metri e non si prevedono effetti dannosi per la fauna. Anzi,secondo gli esperti la struttura metallica favorirebbe la riproduzione degli organismi marini. E non sarà necessario ridefinire le rotte di navigazione. L'unica per cosi dire limitazione, riguarderà i pescatori che dovranno mantenere la distanza minima di 500 metri dalle piattaforme. Interessante notare che al primo dibattito pubblico sul progetto organizzato a Pola dall'assessorato regionale allo Sviluppo sostenibile, oltre ai giornalisti non c'era nessuno. Probabilmente per una questione di disinformazione oppure per il fatto che lo sfruttamento dei giacimenti di gas non viene ritenuto una minaccia per il mare e l'ambiente in generale: finora in 10 anni di attività non c'è stato alcun problema.
(p.r.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 5 novembre 2008 

 

 

Sviluppo sostenibile  - Turismo «verde» grazie ai fondi Ue  - Regione e Governo in tandem su progetti per il watefront in chiave ecologica

Tecnologie per la produzione di biomasse, diffusione del fotovoltaico, mobilità alternative nelle aree turistiche, riqualificazioni urbane con impatto soft sul territorio. Il ministero dell’Ambiente e la Regione, per non farsi scivolare via ingenti risorse comunitarie già stanziate nel settore delle energie alternative, si accordano per mettere in pista progetti turistico-ecologici. A partire da Trieste e proprio dal Porto Vecchio.
Nel palazzo della Regione di Udine, in conferenza stampa, si sono citate la riqualificazione del Porto Vecchio, la baia di Sistiana e la Costiera triestina come potenziali modelli pilota per il Paese. Vanni Lenna, l’assessore regionale, e Corrado Clini, direttore generale dell’Ambiente accompagnato dal delegato Pdl ai rapporti con i ministeri Luciano Manno, restano sul vago quanto a cifre (svariati milioni di euro tra fondi regionali, statali ed europei) ma hanno idee già chiare sulla filosofia: il Friuli Venezia Giulia necessita di sviluppo e turismo ecosostenibile. Concretamente? Un turismo a basso impatto ambientale e con consumi energetici ridotti, immaginato per le persone, non per le auto.
Tra i progetti sotto esame per fattibilità e costi ci sono interventi sulla baia di Sistiana e ipotesi «ecofriendly» per la riqualificazione urbana del Porto Vecchio. Ma tra le ipotesi di lavoro c’è anche quella di assicurare una protezione dai venti alla costa.
Lenna annuncia prossimi incontri con l’Autorità portuale, il sindaco Dipiazza, la Camera di commercio, «per poter creare un modello ecourbanistico all'avanguardia sfruttando fondi strutturali». Incontri da allargare anche alla Slovenia. «Tramite un accordo – prosegue l’assessore regionale – vorremmo giungere a una cessione di acque a Nord della regione in cambio della realizzazione di due prese a Sud, nel bacino dello Slizza».
Ieri il primo tavolo di confronto con Roma, sufficiente a concordare una collaborazione che, auspica Clini, potrà produrre qualcosa di concreto già in un paio d’anni. Perché i soldi ci sono. «Esiste un fondo – spiega il dirigente ministeriale – destinato alla promozione di soluzioni ambientalmente favorevoli, che lo Stato cofinanzia d’intesa con le Regioni». Lombardia, Veneto, Umbria e Lazio sono già operative sulla progettualità. In Friuli Venezia Giulia? «Pensiamo anche allo sviluppo di tecnologie avanzate per la produzione di biomasse energetiche – dice Clini –, soprattutto in ambito montano. Entrambi i settori, tra l'altro, sono strategici perché si collegano a filiere in grado di produrre occupazione».

(m.b.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 3 novembre 2008 

 

 

POLITICA ENERGETICA  - Il gas del mare croato nelle case dell’Istria  - Il 15 novembre arriverà alle industrie di Siana a Pola

POLA È sempre più vicino ai consumatori il gas degli enormi giacimenti sottomarini individuati negli anni ’80 dello scorso secolo al largo della costa occidentale dell'Istria. Il 15 novembre andrà ad alimentare i grossi utenti industriali nel rione di Siana mentre per l'uso domestico si dovra' pazientare ancora qualche tempo.
Un altro grosso consumatore industriale sarà la contestata fabbrica di lana di roccia della danese Rockwool a Sottopedena. E l’Istria spinge per l'impiego del gas anche nella futura centrale termoelettrica Fianona 3 che l'Ente energetico nazionale vorrebbe invece che fosse alimentata a carbone. Intanto è in ritardo la costruzione del metanodotto Dignano–Umago di 71,5 km che porterà il gas della stessa fonte fino all'altro capo della penisola istriana, attraversando i territori di Valle, Rovigno, Orsera, Parenzo, Cittanova e Verteneglio. Stando agli intendimenti iniziali i lavori dovevano partire nella seconda metà del 2008, però si è sempre in alto mare. Siamo infatti ancora nella fase dei preparativi e in attesa del licenza di ubicazione. Subito dopo - come afferma Branko Radosevic, presidente della direzione dell'investitore, ossia l’azienda statale Plinacro - si procederà alla soluzione delle questioni patrimoniali, dopodiché si farà richiesta delle licenza edilizia. Il passo successivo sarà la scelta della ditta appaltatrice dei lavori che potrebbero finalmente partire nei primi mesi del 2009. Stando alle previsioni, la costruzione del metanodotto incluse le stazioni del gas a Rovigno, Parenzo, Covri e Umago, dovrebbe concludersi nell' arco di 7 mesi. Pertanto, come precisa la Plinacro, già alla fine del 2009 il gas potrebbe arrivare nelle case dei consumatori. Ovviamente a patto che le reti di distribuzione a livello locale siano pronte.
Ricordiamo infine che il metanodotto magistrale Dignano-Umago avra' il diametro di 300 millimetri e che il gas al suo interno avrà la pressione di 50 bar. La sua capacità sara' di 50.000 metri cubi di gas all’ora.
(p.r.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 2 novembre 2008 

 

 

Sistiana, 4 anni per la Cava  - Sono i tempi previsti da una variante presentata per l’edificabile  - I permessi furono bloccati l’anno scorso

MODIFICHE DOPO UNA TRATTATIVA PROPRIETÀ-SOPRINTENDENZA
DUINO AURISINA Circa quattro anni di lavori per completare tutto il progetto turistico nell’ex Cava di Sistiana. Queste le previsioni sulla base della documentazione presentata al Comune di Duino Aurisina negli ultimi mesi, arricchitasi nelle settimane scorse dalla richiesta di una variante rispetto al Comparto 11, ovvero all'edificato.
Una variante che nasce dal dialogo tra la proprietà del sito e la Soprintentenza ai beni culturali, attraverso la mediazione del Comune e del sindaco Ret in prima persona. Lo scorso anno, infatti, proprio la Soprintendenza aveva bloccato le concessioni edilizie del Comparto 11 e solo dopo mesi il dialogo aperto da Giorgio Ret tra le parti aveva permesso d’individuare soluzioni condivise relativamente alla gestione del paesaggio dell’ex sito estrattivo. Soluzioni che sono contenute appunto nella variante presentata nelle scorse settimane dalla proprietà della Baia alla Commissione edilizia del Comune duinese, che andranno esaminate - dice il sindaco - a breve.
L'iter amministrativo, quindi, pare a buon punto tanto che l'intero edificato, compreso nel Comparto 11, e la parte «a mare», con la realizzazione della profonda insenatura che costituirà un porticciolo sono state esaminate dalle autorità competenti. Per il fondo Cava l'iter è ancora in corso, il Comparto 11 ha tutte le autorizzazioni, che verranno integrate a breve con le modifiche concordate con la Soprintendenza. Un iter lungo molti anni, che a breve vedrà il proprio punto di arrivo e che ora deve concentrarsi sulla parte operativa. I lavori sono già sotto gli occhi di tutti: passando lungo la Statale che da Sistiana porta a Trieste, infatti, la zona di fronte a Borgo San Mauro è interessata da molti interventi: si sta lavorando sul raccordo stradale che dalla Statale 14 condurrà all’ex Cava, sulla realizzazione dei nuovi marciapiedi e del sottopasso pedonale per collegare Borgo San Mauro. Ma il vero cantiere si trova poco più sotto, sotto il ciglio del costone dell’ex Cava, dove prosegue il lavoro di messa in sicurezza e si prepara il terreno per l'edificato. Un lavoro impegnativo che continuerà - a quanto è dato sapere - ancora per tutto l'inverno.
Solo a messa in sicurezza terminata, quando tutte le zone periferiche saranno state rinverdite e si saranno realizzati i gradoni previsti per eliminare l'impatto dell’ex Cava, la proprietà inizierà a pensare alla realizzazione dell'edificato: il cantiere, allora, si dividerà in più parti e s’inizierà a costruire.
«È presto - commenta la proprietà - per fare previsioni ma serviranno ancora quattro anni per vedere completato in tutte le sue parti il progetto turistico all'interno dell’ex Cava. Quattro anni nei quali il cantiere dovrà realizzare strade e alberghi, negozi e residence, un porticciolo turistico e ricreare l'ambientazione di un borgo. Attualmente gli ingegneri e gli architetti stanno lavorando per gestire gli aspetti idrogeologici e completare, dove necessario, lungo le pareti il rinverdimento, per eliminare anche le più profonde tracce del passato, del paziente e lungo lavoro di scavo effettuato per decenni.
Francesca Capodanno
 

 

Raccolta differenziata sopra la media nazionale a Gorizia e Pordenone. Trieste è il fanalino  - Lenna: un termovalorizzatore nel Piano rifiuti

TRIESTE Gorizia si conferma la provincia più virtuosa in materia di raccolta differenziata: nel 2007 ha toccato quasi quota 53% (+7,5% rispetto al 2006). Trieste, al contrario, non si stacca dall’ultimo posto in regione. Peggiora, anzi, di qualche decimo: da 17,71% a 17,08%. In Friuli, Pordenone continua ad andare meglio di Udine: 15 punti percentuali in più per la provincia della Destra Tagliamento.
I NUMERI La fotografia della raccolta differenziata in Friuli Venezia Giulia viene scattata anno dopo anno dalla sezione regionale del catasto dei rifiuti una volta raccolti i dati provenienti dai 219 comuni della regione. Il quadro del 2007 è definitivo: 605.982 le tonnellate di rifiuti prodotte, circa 4.400 più del 2006. Quanto alla differenziata, Gorizia è nettamente in testa con il 52,95%, quindi Pordenone con il 49,45% (2,5 punti in più del 2006), Udine con il 34,75% (meno di un punto di crescita), chiude Trieste appena sopra il 17%.
GLI OBIETTIVI Grazie a Pordenone e Gorizia la media regionale è del 36,79% (8 punti di crescita rispetto al 2004), sufficiente a superare l’obiettivo del 35% fissato per il 2007 dal testo unico ambientale, il decreto legislativo 152 del 2006. Quel decreto, però, aumenta l’asticella per gli anni successivi: già nel 2008 le amministrazioni locali devono raggiungere il 45%, nel 2010 il 50%, nel 2012 il 65%, poco meno del quadruplo dell’attuale raccolta differenziata in provincia di Trieste.
IL COMMENTO «Gli obiettivi che ci sono posti davanti non sono facili da raggiungere – ammette l’assessore regionale Vanni Lenna – ma quelli sono e quelli dobbiamo impegnarci a inseguire». Il primato di Gorizia e le difficoltà di Trieste? «Si trattata di trend confermati. Gorizia si è avviata da tempo su una strada virtuosa e ora ne raccoglie i frutti. Trieste continua invece a faticare per la conformazione del territorio e per la presenza di molti anziani. Quella della differenziata è una cultura non facile da assimilare in tempi brevi».
LA REGIONE Che farà la Regione per incrementare quei numeri? Lenna annuncia a fine novembre un convegno «che porrà le basi per definire il Piano regionale di raccolta rifiuti». Un Piano, prosegue l’assessore, «che poggerà su tre pilastri: differenziata, termovalorizzazione, informazione». Per termovalorizzazione non si intendono più, tuttavia, gli inceneritori. Non quelli tradizionali almeno. Si punta sui dissociatori molecolari, considerati «puliti».
DIMENSIONI E COSTI Un impianto da 20mila tonnellate, in grado di coprire un bacino produttore di 50 mila tonnellate di rifiuti occupa, compresa la movimentazione, lo spazio di un campo: 3mila metri quadrati. Il costo è di 8 milioni di euro.
(m.b.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 1 novembre 2008 

 

 

Menia sul no della Slovenia al rigassificatore: «L’Italia va avanti, per l’Ue è tutto in regola»

La Slovenia dice ancora no al rigassificatore di Zaule, come pure alla soluzione off shore nel golfo triestino, e pronte arrivano le repliche dall’Italia.
Risposte dal contenuto chiaro sia da Trieste, che da Roma: la visione espressa dalla vicina Repubblica merita il dovuto rispetto, ma le decisioni spettano a chi, sul territorio, è il padrone di casa. Specie se da Bruxelles il giudizio comunitario sulle procedure tecniche messe in piedi fin qui dal governo italiano sul progetto per l’area ex Esso risulta positivo. «Per quanto ci riguarda - chiarisce subito il sottosegretario all’Ambiente, Roberto Menia - la procedura portata avanti è stata corretta sotto il profilo bilaterale, vista la riunione tecnica comune con la Slovenia in cui abbiamo chiarito ogni passaggio. Si sappia, peraltro, che l’Unione europea ha confermato come l’iter italiano sull’applicazione delle norme sia stato corretto. L’ha sancito una dichiarazione ufficiale da parte del commissario europeo all’Ambiente, il greco Stavros Dimas».
Quanto alla lettera inviata dal ministro sloveno Janez Podobnik al suo alter ego italiano Stefania Prestigiacomo, Menia mostra gli artigli: «La mia reazione è di stupore, non è una cosa corretta che le anticipazioni di questi atti vengano lette prima sui giornali. O c’è qualche talpa, oppure si tratta di cose fatte ad arte».
Sulla doppia firma del ministero dell’Ambiente e di quello dei Beni culturali sul decreto, che Gas Natural auspica arrivi a fine mese, l’esponente di An non si sbilancia: «Quando una procedura si conclude bene tecnicamente, di solito poi c’è la firma dei ministeri. Tuttavia, non so dire oggi, anche perché non mi spetta, se in questo caso il documento verrà sottoscritto. Come considerazione generale, aggiungo solo che questo governo ritiene ci debba essere una prima fase del modello di sviluppo italiano nella quale è previsto si dislochino dei rigassificatori in alcune aree del paese. Una delle zone indicate è quella di Trieste. Ma tutto si deve concludere in piena trasparenza».
«Prendiamo atto della lettera inviata dal ministero sloveno - è il pensiero del sindaco di Trieste, Roberto Dipiazza -. Ma siamo uno stato sovrano e possiamo prendere delle decisioni, anche se non sono condivise da tutti». Sulle ricadute positive del progetto da oltre 500 milioni di euro relativo al terminale di rigassificazione nella zona di Zaule, Dipiazza continua a non avere dubbi: «Lo ribadisco, è un’opportunità per la nostra città e in prospettiva andrebbe anche a risolvere la situazione della bonifica nell’area ex Esso». Quanto ancora alla posizione slovena, il sindaco aggiunge: «Quando la Slovenia ha realizzato la centrale nucleare di Krsko, nessuno ci ha chiesto il permesso. E, fra l’altro, se dovesse saltare in aria, una struttura del genere provocherebbe la morte di migliaia di persone. Qualora capitasse la stessa cosa al rigassificatore, avremmo eventualmente qualche ferito. La differenza fra i due casi è sostanziale».
Poche preoccupazioni anche per Gas Natural, dopo l’atto formale firmato da Podobnik. «Riguardo la lettera, non prendiamo alcuna posizione ufficiale perché non ci sentiamo parte in causa in questo quadro - spiega il responsabile delle relazioni esterne di Gas Natural Italia, Giuseppe Muscio -. Non siamo stati coinvolti formalmente, si tratta di una questione fra i due paesi. Dal canto nostro, ci siamo attenuti e continuiamo ad attenerci alla legge italiana. Abbiamo ottenuto il parere favorevole della commissione Via e ora l’augurio che ci facciamo è quello di avere presto la firma dei ministeri dell’Ambiente e dei Beni culturali sul decreto».
A favore della costruzione dell’impianto del colosso spagnolo dell’energia, si schiera anche la Femca (Federazione energia, moda, chimica e affini) Cisl, per voce del suo segretario provinciale Mauro Ferrante: «Siamo favorevoli al rigassificatore perché in un momento di crisi sul piano dell’approvigionamento energetico, il fatto di potersi servire direttamente sul territorio senza attingere da altri paesi porterebbe indubbi vantaggi per le nostre aziende. Risparmierebbero e sarebbero più concorrenziali sul mercato. Sui risvolti collegati all’impatto ambientale, non spetta a noi dare giudizi visto che ci sono degli enti preposti a questo».
In Slovenia c’è attesa per sapere dal nuovo esecutivo di centro-sinistra se in futuro vi sarà effettiva continuità sul rifiuto dell’ipotesi di un rigassificatore a Zaule o nel golfo di Trieste. Il neo-premier Borut Pahor dovrebbe pronunciarsi lunedì sul nome definitivo del nuovo ministro dell’Ambiente, gli analisti intanto scommettono che la visione della maggioranza non potrà essere meno «ambientalista» rispetto a quella dei predecessori di centro-destra. Una condotta che potrebbe portare, come eventuale ultimo passo, al ricorso al Tribunale europeo di Lussemburgo contro le decisioni da parte italiana.
MATTEO UNTERWEGER

 

SERVOLA - FERRIERA - Scontro tra il «Miani» e le Rsu Fim, Fiom e Uilm

È scontro tra il Circolo Miani, che con Servola Respira e al Coordinamento comitati di quartiere porta avanti da anni la battaglia contro la Ferriera, e le Rsu di Fim Fiom Uilm. Sul sito www.circolomiani.it il Circolo attacca i sindacati: i delegati Uil e Cisl hanno avviato nello stabilimento una raccolta di firme su una denuncia-querela contro le «notizie esagerate o palesemente fasulle» - così il delegato Uil Franco Palman - diffuse «da politici irresponsabili e leader di minuscole associazioni rionali»: iniziative che turberebbero «l’ordine pubblico e la serena convivenza nel mondo del lavoro».
Ma la denuncia-querela produce, contrattacca il Miani via web, solo «la rottura definitiva di ogni possibilità di contatto con quella opinione pubblica e con le migliaia di persone rappresentate - rivedersi le immagini delle tante manifestazioni cittadine e fare il confronto con le pochissime decine di lavoratori impietosamente fotografati alle assemblee sindacali - da quelle “minuscole associazioni rionali” che si limitano a diffondere i dati ufficiali della Procura, del Cigra, della Direzione centrale del ministero dell’Ambiente, e perfino dell’Arpa». Le stesse associazioni, prosegue la nota, che «nel 1999 hanno raccolto in poche ore 2436 firme autenticate in calce all’esposto di 53 pagine sull’inquinamento prodotto dalla Ferriera».
«Strano - dice ancora il Miani - che le Rsu non abbiano mai pensato di denunciare veramente chi in questi anni ha diffuso balle sugli investimenti fatti e sulla riduzione dell’inquinamento prodotto dalla Ferriera». Il «sindacato, Rsu in testa», viene definito «più attento agli interessi della proprietà che a quelli dei lavoratori». Su www.circolomiani.it, poi, si riporta che la raccolta di «firmette operaie», sebbene «i maligni dicono che vengano tirate su anche negli spogliatoi e sotto le docce in calce non più alla denuncia-querela ma ad un più modesto esposto», siano «sotto le 250 unità».
Fim Fiom e Uilm si dicono «stanchi del provocatorio e continuo delirare del Circolo Miani». «Quello dei presunti maligni è un errore che va scritto al singolare e ha un nome a tutti noi ben conosciuto». Dopo avere ricordato di non essere «sovvenzionati da introiti regionali come il Circolo Miani», Fim Fiom e Uilm ribadiscono che «a noi per vivere serve un lavoro» e parlano di «pesanti e ignobili insinuazioni sul sindacato» con l’obiettivo «di dividere i lavoratori». Le Rsu - si legge ancora nella nota - hanno «chiaro il significato e la differenza tra il difendere il posto di lavoro e il difendere gli interessi della proprietà». Infine, un invito: «Smettetela di provocarci».

 

 

 

 

CONSUMATORI - il mensile dei soci COOP - novembre 2008 

 

Differenziare i rifiuti - "Ma e' util anche acquistare prodotti senza imballaggi"

In un convegno a Trieste, che ha visto tra i promotori Coop Consumatori Nordest, sono state messe a fuoco le azioni che occorre sviluppare sul tema della spazzatura: dal suo recupero e riciclo alle campagne di sensibilizzazione di giovani e  adulti.
Invito

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 31 ottobre 2008 

 

Lubiana scrive a Roma: no al rigassificatore  - Il governo sloveno teme ricadute transfrontaliere sull’ambiente: «In pericolo pesca e turismo»

IL PROGETTO DI GAS NATURAL PER ZAULE
La costruzione del rigassificatore a Zaule per la Slovenia resta una soluzione inaccettabile. Lo ha ribadito ieri il ministro sloveno dell'ambiente Janez Podobnik nella lettera inviata al ministro italiano dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare Stefania Prestigiacomo.
Nel documento, Podobnik ha riassunto i risultati dello Studio di valutazione dell'impatto transfrontaliero del progetto della Gas Natural sul rigassificatore nel comune di Muggia. Si tratta di un’analisi effettuata da esperti sloveni sulla base della documentazione fornita la scorsa primavera dall'Italia. Gli esperti ritengono che l'impatto ambientale transfrontaliero sarebbe rilevante, per cui nello studio si esprime parere negativo in merito al progetto.
È ancora in fase di preparazione, invece, lo studio sull'impatto ambientale transfrontaliero dell'altro progetto di rigassificatore nel golfo di Trieste, quello per il terminal off shore, in mezzo al mare. Il ministro sloveno ha comunicato che dei risultati dello studio informerà anche la parte italiana della commissione tecnica mista italo-slovena, costituita lo scorso settembre proprio per seguire i passi fatti nella direzione della realizzazione dei rigassificatori.
Janez Podobnik è alla fine del suo mandato, ma è poco probabile che la posizione slovena cambi con la costituzione del nuovo governo. Contro i rigassificatori nel golfo di Trieste si sono espressi negli ultimi anni sia la politica locale (non solo il Consiglio comunale di Trieste, ma anche quelli di San Dorligo della Valle e Muggia) sia gli ambientalisti sloveni, oltre alle autorità locali delle città della costa slovena.
Si temono infatti ricadute transfrontaliere sull'ambiente, con pesanti conseguenze per il turismo e la pesca. Il terminal off shore – sempre secondo chi contesta gli impianti – porterebbe necessariamente alla violazione delle norme internazionali sulla navigazione sicura.
Poche settimane fa il presidente della Commissione interministeriale slovena per i rigassificatori, Marko Starman, aveva auspicato l'adozione di strategie e programmi comuni per l'Adriatico, e l'individuazione di siti e tecnologie conformi ai criteri ecologico–ambientali. Realizzare progetti condivisibili di impianti energetici nell'Alto Adriatico è possibile, sostengono a Lubiana, ma un rigassificatore nel golfo di Trieste, così come è concepito, non è la soluzione giusta.
Da Roma non è arrivato ancora alcun commento ufficiale sulla lettera inviata da Podobnik: non è stato possibile fino a tarda sera contattare il sottosegretario triestino all’Ambiente, Roberto Menia, a causa dei suoi impegni istituzionali.
Nessuna replica sulla questione è giunta nemmeno da Gas Natural. Dalla sede italiana del colosso spagnolo dell’energia hanno fatto sapere solo come continui l’attesa per la decisione congiunta sul progetto da parte dei ministri Prestigiacomo (Ambiente) e Bondi (Beni culturali), che dovrebbe arrivare - questo è l’auspicio della società - a fine novembre. Gas Natural, in ogni caso, conferma la propria convinzione relativamente alla bontà del lavoro svolto per quanto riguarda gli approfondimenti e la documentazione presentati a Roma. E, per fornire il quadro informativo più preciso possibile ai cittadini, ha deciso di pubblicare sul proprio sito (www.gasnaturalitalia.com) gli studi integrativi dell’impatto ambientale legati al progetto del rigassificatore di Zaule.
 

 

Disponibile la documentazione tecnica relativa al progetto per la costruzione di un rigassificatore nel vallone di Zaule: www.gasnaturalitalia.com
 

FERRIERA - Servola, circoli delusi dall’incontro in Regione: Tondo non li ha ricevuti  - ISTANZE RACCOLTE DA BALLAMAN E LENNA

L’unico risultato portato a casa è stato quello di ottenere per giovedì prossimo la convocazione congiunta della Seconda e Quarta commissione consiliare. Un risultato peraltro definito «deludente», visti gli obiettivi che ieri avevano mosso i rappresentanti del Circolo Miani, di Servola Respira e del Coordinamento comitati di quartiere a presidiare il palazzo della Regione di piazza Oberdan.
I cittadini si erano infatti dati appuntamento alle 14 per incontrare, oltre al presidente del Consiglio regionale Edouard Ballaman e l’assessore all’Ambiente Vanni Lenna, il presidente Renzo Tondo, con l’obiettivo di valutare i motivi per i quali a due mesi dalla conclusione dell’istruttoria sulla revisione dell’Autorizzazione integrata ambientale alla Ferriera, non era stata ancora fissata la data di convocazione della Conferenza dei Servizi, chiamata a pronunciarsi sul ritiro dell’Aia allo stabilimento del gruppo Lucchini.
Il governatore però non li ha incontrati e ha dato mandato a Lenna di ascoltare le istanze dei comitati, accolti alle 15.15 da Ballaman e dai capigruppi consiliari nella sala verde. Tutti i rappresentati della forze che siedono in consiglio presenti alla riunione (Kocijancic, Alunni Barbarossa, Lupieri, Ferone, De Mattia, Tononi e Sasco) hanno sottolineato la grande attenzione posta sulla questione. «Abbiamo monitorato la situazione con l’Arpa - ha riferito Lenna - Va iniziata la revisione dell’Aia e la procedura per la Conferenza dei servizi, ma si deve ricordare che la Lucchini ha presentato ricorso e occorre attendere il pronunciamento del Tar. Il tema della chiusura e della riconversione va affrontato in un confronto tra Regione, proprietà e tutti coloro che hanno un ruolo attivo, pensando anche alle persone che non troverebbero più occupazione. Con il ministero stiamo elaborando un accordo di programma per mettere in sicurezza il sito».

(ti.ca.)
 

Anche studenti con operai e sindacati per difendere il lavoro alla Ferriera

Attorno alla Ferriera si scalda un nuovo movimento. Fa rialzare la testa agli operai e a un certo sopito orgoglio di fabbrica contro la politica in doppiopetto che la rifiuta. Rafforza i sindacati che chiedono lavoro e più industria. E, novità inedita, aggrega infine gli studenti. Dalla piazza dove protestano per i tagli alla scuola ieri si sono trasferiti al Circolo aziendale di via San Lorenzo in Selva portando solidarietà al nuovo comitato «Una città per il lavoro» alla sua prima presentazione pubblica. «I vostri figli - ha detto Pierre Ginon del gruppo ’’La scintilla’’ - non potranno più andare all’università, la scuola che ci stanno costruendo sarà solo per le élite dei ricchi, siamo solidali con voi mentre difendiamo la scuola pubblica».
Una svolta inattesa. Al Circolo della Ferriera pieno di operai usciti dal turno aveva appena parlato la fondatrice Norvena Pecorella, la mamma uscita tempo fa alla ribalta in difesa del salario del figlio, presentata dal consigliere comunale Roberto Decarli (Cittadini), per 30 anni dipendente della Ferriera: «La signora - ha detto - ha avuto il merito di riportare umanità nel dibattito sulla fabbrica». «Voglio dare una mano ai sindacati - ha detto la Pecorella, affiancata dal marito Dario Pedrocchi e da Silvia Carboni -, voglio una centralina dell’Arpa anche sotto casa mia, voglio chiedere che cosa faranno i nostri figli e nipoti, non voglio assistenzialismo per Trieste, non voglio che si finisca come con l’Aquila e oggi la Caffaro, e voglio capire perché a Servola c’è gente che insiste per essere ammalata quando l’Azienda sanitaria dimostra che non lo è». Accuse sono state rivolte ai comitati anti-inquinamento: «Ricordo queste persone quando bisticciavano per avere le case sui terreni della Ferriera - ha detto la Carboni -, sono gli stessi che ormai in pensione oggi vogliono rivalutare gli appartamenti, mi danno profondamente fastidio». Franco Palman (Rsu Uil) ha parlato di «terrorismo psicologico» da parte «di politici che fanno scappare gli industriali». Antonio Saulle (Fiom Cgil): «A Trieste manca qualunque idea di sviluppo per l’industria, che invece è una forma di riscatto per i giovani che non finiscono la scuola, questa città non vuole mai difendere le sue aziende, e il primo che non lo fa qui è l’imprenditore, dobbiamo invece tornare a ragionare sul lavoro». Vivo il ricordo delle battaglie del ’94 per impedire che la fabbrica chiudesse. Dicendo «difendiamo Servola per difendere la città» il sindacalista ha offerto al governatore Tondo un compito alternativo a quello di chiudere la Ferriera: «Discuta col governo di un nuovo sviluppo della siderurgia in Italia, questo paese s’indebita per comprare energia». Luigi Pastore (Failms-Cisal) ha invocato «meno inquinamento per poter contenere le rimostranze dei cittadini». Un altro studente ha messo in guardia da lotte intestine: «Succederà che l’imprenditore chiuderà la fabbrica dicendo che lo fa per ambientalismo».
GABRIELLA ZIANI

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 30 ottobre 2008 

 

 

Il Comitato di piazza Libertà rilancia: ecco il controprogetto che salva gli alberi

La riqualificazione di piazza Libertà potrebbe avvenire, facilitando i flussi pedonali ma anche mantenendone la struttura storica, con l’allargamento del marciapiede prospiciente la Stazione centrale e il corrispondente spostamento delle corsie di marcia fino al bordo del giardino, previa eliminazione delle due corsie di sosta dei bus.
La proposta, elaborata dall’ing. Gianvito Laterza, è stata illustrata ieri nell’incontro in cui il Comitato per la salvaguardia degli alberi, il Wwf e Italia Nostra hanno spiegato le osservazioni al progetto per la riqualificazione della piazza, consegnate di recente al Comune.
Secondo l’ing. Laterza la direttrice verso Corso Cavour e quella verso viale Miramare non richiederebbero modifiche. Non sarebbe poi necessario abbattere alcun albero, la larghezza delle corsie attorno alla piazza risulterebbe equilibrata evitando l’effetto autostrada, e ancora i veicoli provenienti dalle Rive farebbero, come adesso, un semplice percorso per ritornare indietro.
I fondi risparmiati semplificando l’intervento potrebbero essere usati, sempre secondo l’ing. Laterza, per realizzare un ingresso al sottopasso interno alla stazione (dotato di scale mobili o ascensore), e un altro sottopasso, collegato a quello esistente, con ingresso all’angolo di via Cellini».
In merito alle osservazioni presentate al Comune, la portavoce del Comitato per la difesa degli alberi, Ilaria Ericani, ha rilevato che «sono rimaste disattese le previsioni del decreto sui programmi in ambito urbano, cioè la promozione e la partecipazione degli abitanti alla definizione degli obiettivi e la partecipazione all’investimento dei privati. Non sono state inoltre effettuate – ha aggiunto – valutazioni dell’impatto ambientale del progetto, previste dalle direttive europee, in relazione alla qualità dell’aria e al livello del rumore, e non si è tenuto conto degli sviluppi futuri del traffico».
Critiche alla procedure seguite dal Comune sono state espresse dalla presidente di Italia Nostra, Giulia Giacomich: «Per la formazione della variante al piano regolatore – ha sottolineato – il Comune si è richiamato alla legge regionale 52, abrogata da tempo. La variante quindi va rifatta. La variante stessa e il progetto preliminare – ha proseguito – si richiamano a un programma nazionale per interventi in quartieri degradati, ma il progetto non persegue le finalità di tale programma. Inoltre non si tiene conto del valore storico-culturale della piazza e del giardino, legato alla stazione e al porto che hanno segnato lo sviluppo della città».
«Il progetto è tutto uno sviamento – ha rimarcato Lia Brautti (Wwf) – dalle leggi statale e regionale e anche dal regolamento del verde pubblico, che permette l’abbattimento di alberi in casi di pubblica necessità. La prevista viabilità disattende poi i principi della rotatoria e dei sensi unici, che ci sono già, e non risolve le difficoltà di collegamento fra la stazione feroviaria e quelle delle autocorriere».
(gi. pa.)

 

 

Comune, impianti termici più efficienti con la revisione  - Negli oltre duecento edifici coinvolti la rendita è salita del 14 per cento

INTERESSATI 50MILA UTENTI
Un miglioramento nel rendimento degli impianti termici negli edifici comunali del 14 per cento. Buoni rilievi per quanto riguarda le condizioni di salvaguardia ambientale: - 21% di presenza di anidride carbonica, - 45% di ossido di azoto, -88,5% di polveri. Sono questi alcuni dati che sintetizzano il lavoro svolto nell’ambito della riqualificazione tecnologica degli impianti termici dal Comune attraverso il contratto di Servizio energia, in collaborazione con Siram e Sinergie spa del gruppo Acegas-Aps. «Sono 233 gli immobili riqualificati – ha spiegato l’assessore alle Risorse economiche e finanziarie, Giovanni Ravidà - con oltre 453mila metri quadrati di superfici di edifici che servono circa 50mila utenti». I dati sono stati diffusi nell’ambito di un seminario sulla riqualificazione tecnologica degli impianti termici attraverso il contratto Servizio Energia. «Abbiamo ottenuto positivi risultati – ha sottolineato Ravidà - con l’ottimizzazione dell’uso degli impianti termici e con una riduzione delle potenzialità istallate passata da 71.740 kW a 52.762 kW». Ravidà ha ricordato anche che «sono stati trasformati e alimentati a gas metano il 97% di tutti gli impianti termici mentre è stata ridotta del 27% la potenzialità termica installata». Sono stati sostituiti il 57% dei componenti d’impianto istallati (1.375 unità), con l’istallazione di un sistema di supervisione e controllo con monitoraggio degli ambienti. «Il passo successivo sarà di avviare contatti di servizi energetici a risultato, in grado di comprendere altri servizi manutentivi».
(u. s.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 28 ottobre 2008 

 

 

 COMITATO - Piazza Libertà, un controprogetto

Nuovo appuntamento indetto dal Comitato per la salvaguardia degli alberi di piazza Libertà. Insieme a Italia Nostra e Wwf domani presenteranno il contenuto delle osservazioni presentate in merito al progetto preliminare e e alla variante al Prgc del Comune che è stata adottata contestualmente per la riqualificazione di piazza della Libertà a Trieste e spiegheranno le motivazioni per le quali le tre associazioni dicono no al progetto. Nell’occasione verrà presentata da Gianvito Laterza la proposta alternativa per la riqualificazione della piazza. Nelle scorse settimane i rappresentanti del Comitato hanno consegnato al Comune le diecimila firme raccolte, oltre a un documento di opposizione. Nel loro documento è stato sottolineato che «l’attuale sistema della circolazione veicolare» nella piazza «è il migliore possibile e va quindi mantenuto fino a quando non sarà possibile attuare finalmente l’accesso alla città dal cavalcavia di viale Miramare».
 

 

Antenne a Monte Radio: «Il Corecom non ha alcuna competenza» - DEL CAMPO REPLICA AL COMITATO

Il Corecom avrebbe dovuto intervenire per l’eliminazione delle antenne inutilizzate di Monte Radio? Questo ha sostenuto nei giorni scorsi Antonio Farinelli come coordinatore del Comitato di Monte Radio. Ma si tratta di un’affermazione «del tutto» priva «di fondamento».
La replica arriva direttamente da Franco Del Campo, presidente pro tempore del Corecom stesso che ha retto negli ultimi cinque anni: «Nella lettera - apparsa prima sul giornale e poi arrivata nei nostri uffici - Farinelli cita numeri e leggi che evidentemente non conosce per sostenere che il Corecom avrebbe dovuto intervenire. Il Corecom - precisa Del Campo - non ha alcuna delega da parte dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, né alcun obbligo né competenza sul tema in questione. Se Farinelli si fosse rivolto al Corecom - come migliaia di cittadini hanno fatto in questi anni, ma anche istituzioni ed enti locali - per presentare il suo problema, avrebbe potuto verificare che il nostro ente non ha alcuna competenza a riguardo». Invece da Farinelli sono arrivate solo «accuse improprie, ma che hanno avuto il "pregio" di dare una piccola visibilità mediatica. Non meraviglia, visto il metodo adottato, se i problemi che denuncia da anni non siano arrivati ad alcuna soluzione».
Chiude Del Campo: «Se lo ritiene opportuno», Farinelli «può passare quando vuole negli uffici del Corecom e troverà persone competenti e disponibili, pronte a esporgli la lettera e il senso delle leggi che ha citato tanto impropriamente».
 

 

Veglia: via all’iter per il rigassificatore - A breve la stesura del piano di impatto ambientale. Saranno sentiti i cittadini

VEGLIA Nelle prossime settimane comincerà la stesura del Piano di impatto ambientale riguardante il rigassificatore di Castelmuschio (Omisalj), a Veglia, megaimpianto da un miliardo di euro che dovrebbe entrare in funzione fra 5 o 6 anni. Formulato il documento, che dovrà ottenere l’approvazione del ministero croato dell’Ambiente, Pianificazione territoriale ed Edilizia, si darà il via al pubblico dibattito che certamente costituirà un’opportunità per le municipalità interessate, per ambientalisti e semplici cittadini, che potranno dire la loro sulla scelta del sito effettuata dal governo e sulle conseguenze che il terminal metanifero potrebbe avere nell’isola quarnerina e dintorni. I comuni veglioti, e non solo essi, attendono con impazienza di vedere alla luce il documento che dovrà contenere anche informazioni dettagliate sugli eventuali danni all’ambiente da parte del rigassificatore, sia nel corso del normale processo produttivo, sia in caso di incidente. Proprio nei giorni scorsi le autorità comunali di Castelmuschio, con in testa il sindaco Tomo Sparozic, hanno dichiarato di essere a favore dell’impianto Lng nella loro municipalità, definendosi però contrarie alla sua sistemazione nell’area dello stabilimento petrolchimico Dina. Ciò in quanto, hanno dichiarato alla stampa, la presenza di due simili industrie in poche centinaia di metri sarebbe da ritenersi oltremodo rischiosa per la popolazione e per l’ambiente.
È stato così che Miljenko Sunic, presidente dell’Associazione nazionale degli esperti in gas e docente alla facoltà zagabrese di chimica industriale, si è rivolto ai giornalisti per cercare di fugare dubbi e paure. Secondo Sunic, la Dina è il sito migliore per il rigassificatore, in quanto si trova in fondo ad una lunga insenatura che facilita il trasporto del gas e, grazie alle sue acque profonde, non costituisce un pericolo per la navigazione delle navi metaniere. «È da 50 anni che esistono i rigassificatori – così l’esperto – ed ora, con le tecnologie avanzate, si può affermare che non sono praticamente possibili incidenti dalle conseguenze catastrofiche. Secondo il mio parere, il danno più grosso per la Croazia sarebbe quello di restare senza terminal Lng». Insomma, per Sunic sarebbero prive di fondamento le tesi degli ecologisti quarnerini e istriani sulla devastazione ambientale cui andrebbe incontro questa regione nordadriatica in presenza di un rigassificatore.
(a.m.)

 

 

Segna, pronto il primo generatore del parco eolico  - INVESTIMENTO DI 57 MILIONI DI EURO DI UNA SOCIETÀ MISTA ISTRO-TEDESCA

FIUME Come da programma, in questi giorni una decina di chilometri a monte di Segna è stato innalzato il primo dei generatori di 80 metri di altezza previsti dal progetto del «parco eolico» in zona Vrataruša. Una volta ultimato - con i suoi 42 megawatt di potenza installata – il «parco» sarà la maggiore fonte di energia prodotta dal vento non solo in Croazia, ma in tutta l'area del Sud-Est Europa. Se le condizioni meteo lo consentiranno, e bora permettendo, dall'inizio dell'anno prossimo l'intera batteria di 14 generatori fornirà sui 125 milioni di kilowattora di corrente all'anno, sufficienti a sopperire al fabbisogno energetico di circa 125 mila utenti. Il progetto della centrale eolica a poca distanza dal Passo del Vratnik, che dalla litoranea Segna (Senj) permette di raggiungere l'entroterra superando la barriera naturale delle Alpi Bebie (Velebit), si deve alla rovignese «Valalta» e al suo partner tedesco, la «Wallenborn GmbH & Co.KG».
L'investimento per la realizzazione del «parco eolico» di Vratarusa dovrebbe ammontare all'equivalente di 57 milioni di euro, inclusi gli otto generatori eolici aggiuntivi, da erigersi in una seconda fase e che faranno salire la potenza installata a 62 MW. Ciascuno dei 14 piloni di supporto delle eliche tripala azionate dal vento è alto 80 metri, mentre il diametro delle eliche è di 45 metri. Il trasporto dei piloni e delle eliche da Segna alla zona prescelta ha richiesto anche l'apprestamento di una strada di accesso di 3,5 km. Da qui il costo piuttosto elevato del progetto. L'investimento predetto – al quale ha contribuito in minima parte anche il Fondo statale per le fonti energetiche alternative – comprende inoltre l'apprestamento di una centrale di trasformazione e la posa del cavo interrato di allacciamento all'elettrodotto da 110 kilovolt Segna-Crikvenica.
(f.r.)
 

 

CAROVITA  - Ecorisparmio condiviso

In data 26 agosto abbiamo presentato, discusso e approvato nel consiglio della 4.a circoscrizione una mozione in cui si è impegnato il presidente della stessa, e di conseguenza l’assessore comunale di competenza, ad attivarsi al fine di promuovere iniziative già sperimentate di «eco-risparmio», quali ad esempio la vendita di prodotti «sfusi» sia solidi sia liquidi, attraverso la creazione di un tavolo di lavoro e confronto con le categorie commerciali presenti sul territorio. Tutto ciò per aiutare concretamente chi si trova in difficoltà economiche a causa del carovita e consentire, quindi, un notevole risparmio sulla spesa quotidiana (dal 20 al 70%).
Nonostante avessimo accolto alcuni emendamenti (vedi il coinvolgimento nell’iniziativa non solo della grande ma anche della piccola e media distribuzione), la mozione è stata approvata dall’opposizione, con l’unico voto di un esponente di An; gli altri consiglieri di An si sono astenuti mentre Fi ha votato contro in quanto a loro avviso non «rientrata nei compiti del Comune». Ma non stanno governando loro la città?
In data 9 ottobre 2008 abbiamo letto su Il Piccolo nella pagina Rioni, che nella 6.a circoscrizione il gruppo di An ha presentato una mozione simile alla nostra, approvata in tal caso all’unanimità.
A quasi due mesi di distanza, anche An e Fi hanno evidentemente apprezzato la validità della nostra proposta (i primi non l’avrebbero presentata e gli altri votata favorevolmente).
Ne siamo contenti perché ora sul tavolo dell’assessore competente ci sono due richieste che vanno nella stessa direzione, una proposta dall’opposizione (Pd) e una dalla maggioranza (An).
Siamo sicuri che riceveranno l’attenzione necessaria in quanto il benessere dei cittadini dovrebbe essere un obiettivo condiviso che va al di là dell’appartenenza politica.
I consiglieri del Pd della IV circoscrizione - Domiziana Avanzini - Lucia Barbo - Giuliana Giuliani Cesaro - Luigi Franzil - Elena Pentassuglia
 

 

ALBERI  - In piazza Libertà

Egregio signor sindaco, il cartello affisso ad un palo di piazza Libertà ricorda e raccomanda a noi cittadini che il verde oltre a essere un bene prezioso appartiene a tutti, pertanto rispettarlo non costa nulla.
Conservarlo e rispettarlo dovrebbe rientrare nei doveri del Sindaco e delle istituzioni che dovrebbero rappresentarci.
Eva Bercè
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 26 ottobre 2008 

 

 

Bonifiche, nuovo stop all’accordo di programma  - Testo diverso da quello già approvato dagli enti: costi a carico di aziende. Ezit estromesso dai firmatari

SALTA ANCHE LA DATA DEL 31 OTTOBRE
Si allontana, ancora una volta, la firma dell’accordo di programma per la messa in sicurezza e la bonifica del Sito inquinato. Il 31 ottobre, già annunciato ufficialmente come data per la sigla (dopo che il 15 settembre, altro termine dato per certo, era trascorso senza passi in avanti), non potrà essere rispettato. I contenuti del testo discusso giovedì scorso, nella riunione convocata in Regione dal sottosegretario Roberto Menia, risultano infatti piuttosti diversi dalla bozza di accordo che gli enti locali avevano approvato nei primi mesi dell’anno.
I problemi emersi sono di vario genere: i costi che vengono messi a carico delle aziende, i finanziamenti che risultano essere solo quelli del ministero dell’Ambiente (e non degli altri due dicasteri, Sviluppo economico e Infrastrutture, come invece annunciato), l’obbligo per gli enti locali di anticipare risorse per le bonifiche e la scomparsa dell’Ezit dai firmatari dell’intesa.
Drastico il commento del parlamentare Ettore Rosato (Pd): «Il giudizio lo daranno gli imprenditori quando si renderanno conto che è un accordo costruito a loro spese, che rovescia cioè i costi sulle aziende. Va rispettato poi il principio secondo cui chi non ha inquinato non paga; se salta, viene meno la possibilità di arrivare realmente alla bonifica dell’area».
Quanto al nodo dei finanziamenti, Rosato rivolge un invito indiretto a Menia: «Confido molto che faccia valere il suo ruolo per ottenere che i fondi del ministero dell’Ambiente arrivino anche a Trieste. Le premesse perché ce li portino via tutti ci sono già».
E che quello dei fondi sia un problema tutto da chiarire lo conferma la presidente della Provincia, Maria Teresa Bassa Poropat. «Le risorse di cui si parlava nell’accordo precedente sono notevolmente diminuite. Tutto si basa – sottolinea – sul fatto che i privati provvedano: se è un privato grande ce la fa, ma per i piccoli imprenditori cifre sui 10-20mila euro possono essere un problema».
E per quanto riguarda i tempi, oltre alla necessità di un approfondimento tecnico, il documento dovrà passare al vaglio della giunta provinciale. «Visto che prima della firma dovrebbe essere convocato un incontro tecnico-politico – annota la Bassa Poropat – non credo che realisticamente riusciremo a essere pronti per il 31 ottobre».
Ma al di là delle procedure di ciascun ente, c’è un altro aspetto tutto da definire. La bozza di accordo prevede infatti che le amministrazioni locali siano tenute ad anticipare certe risorse. «Stiamo scherzando? Chi mi dà questi soldi? Anche la Regione si è detta perplessa», rimarca la presidente della Provincia, che aggiunge: «Questo vorrebbe dire che dobbiamo aprire una posta di bilancio, con un punto di domanda enorme vista l’incognita sulla cifra. Intanto il ministero dell’Ambiente dice: spenderò dopo, una volta verificato quanto pagheranno le aziende. C’è bisogno di approfondimenti a vari livelli. Il documento precedente – conclude – mi sembrava buono. Questo mi pare un po’ raffazzonato. Senza contare che l’Ezit non figura più tra i firmatari».
E se per la Provincia basta il passaggio in giunta, per il Comune di Muggia è necessario anche quello in consiglio. «Me lo impongono le norme – rileva il sindaco Nerio Nesladek – perché l’accordo proposto contiene importanti differenze rispetto a quello che abbiamo approvato a primavera. Non è poi accettabile che il Comune sia chiamato ad anticipare fondi. E, anche se lo fosse, dovrebbero poi dirmi quanto mettere a bilancio».
Nesladek è infine molto critico sulla chiamata in causa delle aziende, grandi e piccole, «che dovranno apportare gran parte delle risorse. Non so – sottolinea – quanto siano disponibili ad accollare i costi alle imprese, dopo che abbiamo già approvato un documento che non prevedeva ciò».
GIUSEPPE PALLADINI

 

 

Oltre un triestino su 3 è a contatto con l’amianto  - I RISULTATI DI UN SONDAGGIO: I CITTADINI SEGNALANO I SITI PERICOLOSI

Il 36,8% delle persone intervistate per capire quanto oggi i triestini sappiano dell'amianto ritiene di essere stato a contatto, nella vita lavorativa e non, con questo materiale. Le donne in particolare affermano di conoscere persone o di vivere e lavorare loro stesse in ambienti dove c'è ancora presenza di amianto. Sono alcuni dei dati emersi dal sondaggio commissionato dall'Associazione esposti amianto Fvg alla Società Alan Normann Comunicazione.
Il sondaggio demoscopico è stato effettuato in settembre mediante interviste telefoniche su un campione casuale di 800 persone, tutte maggiorenni, residenti in provincia. Il 16,5% degli intervistati ha dichiarato di avere o conoscere persone ammalate a causa dell'amianto e l'8,3% ha conosciuto o avuto parenti deceduti per questo motivo. La percentuale di chi ha parenti, familiari o amici ammalati è più alta tra hli over55 (25%), mentre è più bassa tra i 18 e 34 anni (13,8%) e tra i 35 e 54 (17,5%). Preoccupante il dato relativo alla presenza di discariche abusive o situazioni di chiara presenza di cemento-amianto, oltre il 32% degli intervistati ha dichiarato di aver visto discariche simili nelle zone in cui vive e lavora: a Cattinara, Montebello, Ferriera di Servola, via Berin, Carso, via delle Campanelle, ma anche Campo Marzio, Strada di Fiume, vicino alla Grandi Motori. Nonostante l'impiego di amianto sia ormai proibito dalla legge.
Il sondaggio è stato presentato ieri in un convegno da Massimo Lombardo, della Alan Normann Comunicazione. «Sono dati importantissimi - ha spiegato Aurelio Pischianz, presidente dell'Aea Fvg -, li consegneremo alle istituzioni che potranno farne tesoro». Dopo un approfondimento medico sulla distinzione di ispessimento pleurico, placche pleuriche e mesotelioma, il dottor Maurizio Cortale ha invitato le autorità locali ad effettuare rilevazioni aeree per individuare una mappatura dell'amianto. Molto importante risulta l'assistenza psicologica per chi è malato: Maddalena Berlino ha evidenziato l'importanza di un'azione da affiancare a quella medica nei confronti dei pazienti, ma anche dei familiari. «È un aspetto molto importante - ha concluso il vicepresidente dell’Aea, Claudio Grizon -, contiamo di offrire ai nostri soci anche questo servizio».
Secondo il 36,1% degli intervistati le istituzioni pubbliche non dedicano la giusta attenzione a questi problemi, per il 35,9% potrebbero fare di più. Il 32,8% ritiene che deve essere lo Stato a tutelare la salute del cittadino, solo per il 22,7% dovrebbero occuparsene le aziende, per il 21,5% gli enti locali e per l'11,6% un'autorità apposita.
(s. st.)

 

Rigassificatori e politica  - DIBATTITO

Dibattito sul rigassificatore a Muggia. Fanno riflettere le cose dette da tre relatori, due politici e un tecnico. Il primo politico è il sindaco di Capodistria, Boris Popovic. Le sue durissime parole (durissime in quanto veritiere, il tono è amabile) sono le seguenti. «Sono molto deluso. Deluso innanzitutto da Riccardo Illy, che ho conosciuto e con cui ho collaborato; lo consideravo un amico. Poi ho scoperto che nel periodo della nostra collaborazione è nata l’idea di due rigassificatori a Trieste, e Illy mi ha sempre tenuto nascosto i progetti e il suo appoggio alla realizzazione. L’ho scoperto leggendolo sui giornali. Allora mi sono allontanato da Illy e mi sono avvicinato a Tondo. Lui era contrario ai rigassificatori, e per questo l’ho appoggiato. Una volta eletto Tondo ha cambiato opinione e ora è favorevole al rigassificatore».
Il tecnico è un geologo triestino, Livio Sirovich. Spiega come da semplice cittadino - «non contrario a nulla preliminarmente» sono le sue parole - abbia analizzato i documenti della valutazione di impatto ambientale (Via).
La procedura Via, ricorda Sirovich, è quella che lo Stato adotta, attraverso il ministro dell’Ambiente e il ministro dei Beni Culturali, per quei progetti di natura complessa e di notevole impatto ambientale. È una procedura trasparente (tutti gli atti sono consultabili) ed è a tutela di tutti noi cittadini, poiché un numeroso e qualificato gruppo di tecnici nominati dai ministeri valutano per noi i progetti. E cosa scopre il nostro concittadino? Scopre 1) che la relazione che accompagna i progetti della società proponente (Gas Natural) è praticamente anonima (la carta intestata è priva di nomi e indirizzi di società, i firmatari sono indicati per il solo nome, è difficile risalire a loro, non ci sono timbri professionali; e ancora 2) che la parte di maggior importanza, la pagina su cui si basa il parere della relazione, che è la traduzione di un precedente studio spagnolo, omette parte della traduzione. Tale omissione, dice e documenta Sirovich, è tale da cambiare il senso della relazione. Vorrei soffermarmi su queste enormità.
Quello che è avvenuto 1) è come se un cittadino, uno di noi, volendo ottenere una qualsiasi autorizzazione edilizia, si presentasse in Comune con i progetti della ditta costruttrice ma senza una firma (ed un timbro) riconducibili ad un professionista autorizzato. Nessuno lo farebbe mai, il progetto sarebbe respinto già all’Ufficio Protocollo, e comunque mai esaminato mancando di un requisito ineludibile, la paternità (e quindi la responsabilità) del progetto. Nonostante questa macroscopica carenza la Commissione - l’organismo statale di più alto profilo tecnico e di maggior garanzia per i cittadini - ha valutato il progetto, e 2) non si è accorta della macroscopica incongruenza e delle lacune contenute nello stesso.
Il secondo politico è il sottosegretario all’Ambiente del Governo sloveno. Riferisce degli incontri avuti con la Commissione della UE. Incontri difficili, non positivi, anche perchè la Commissione aveva ricevuto solo due proteste per il rigassificatore, tutte da parte slovena. Come dire: in Italia, in Friuli Venezia Giulia, tutti d’accordo.
Ognuno tragga la conclusione che crede. Certo è che, se le cose dette sono vere (ed io sono propenso a crederlo) si può dire che per il rigassificatore, una volta individuato il sito (Roma non ha mai lesinato le sue attenzioni su Trieste in campo energetico), non ci sono stati più ostacoli. Chi era al governo regionale (Illy e il Pd) entusiasticamente d’accordo; l’opposizione ovviamente contro. Cambiate le maggioranze per il rigassificatore non è cambiato nulla. La maggioranza è per definizione favorevole (ora Tondo e il Pdl), la minoranza probabilmente contro (non ha ancora esaurito il giro di valzer necessario). Dai controlli Via sulla sicurezza e l’ambiente, anche in presenza di documenti taroccati, parere favorevole. Dai sindaci, anche se indotti a mozioni, votate in Consiglio Comunale, contrarie al progetto, nessun disturbo: basta inviare le mozioni solo al Piccolo (figurone) e non alla Commissione Europea. C’è qualcosa che non va.
Jacopo Rothenaisler
 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 25 ottobre 2008 

 

 

Wwf: basta potenziare le ferrovie esistenti - UN CONVEGNO ALLA MARITTIMA
Debernardi: «Con i costi dei progetti sulla Tav si potrebbe raddoppiare la Udine-Cervignano»
TRIESTE Sfruttare e potenziare le linee esistenti per garantire maggiori traffici su rotaia. E’ la linea che Andrea Debernardi, consulente del Wwf italia, porta avanti nel suo studio sulle strategie da perseguire per lo sviluppo della rete ferroviaria del Friuli Venezia Giulia. Una strategie alternativa, o quantomeno precedente alle faraoniche opere legate al Corridoio V. La prima di quattro fasi indicate nel documento presentato ieri alla Stazione Marittima in un convegno moderato dal giornalista de Il Piccolo, Mauro Manzin prevede il pieno utilizzo delle linee esistenti che, secondo Debernardi, «consentirebbe di instradare verso i valichi alpini un volume di traffico pari al 120-130% di quello odierno». Il consulente del Wwf definisce «buona la rete ferroviaria presente, in particolare la Pontebbana e le linee che da Udine e Trieste portano a Venezia, esclusi alcuni tratti da rimodernare come quello costiero tra Monfalcone e Trieste. Ma nel complesso la situazione è buona ma l’utilizzo della rete è inferiore alle capacità, penso ad esempio alla linea Trieste-Udine via Ronchi».
Il flusso di merci potrebbe aumentare fino a 3,5 volte quello attuale con interventi limitati di potenziamento della rete con il raddoppio della Udine-Cervignano e della Divaccia-Capodistria o l’ammodernamento della ferrovia a nord di Udine sulla Pontebbana.
«Si tratta di interventi relativamente a basso costo – afferma Debernardi – Oggi si spendono decine di milioni di euro per progetti legati al Corridoio V quando con le stesse cifre si potrebbe raddoppiare la Udine-Cervignano». La terza fase ipotizzata nello studio comporta interventi più pesanti come il quadruplicamento della Monfalcone- Bivio Aurisina che, accompagnato da interventi analoghi nella Villach-Furnitz ed i raddoppi della Treviso-Portogruaro e della Sempeter-Prvacina consentirebbero di quintuplicare l’attuale flusso di merci che viaggiano sulle rotaie, «riducendo tempi e costi e senza dover bucare il Carso» . La Regione, rappresentanta dal direttore centrale trasporti, Dario Danese, ha garantito massima disponibilità al confronto con gli enti locali e con le associazioni ambientaliste: «L’assessore Riccardi – ha affermato – conferma la scelta strategica dell’amministrazione per la linea ad alta velocità ed alta capacità lungo l’asse del Corridoio V. Resta il problema di come affrontare i punti critici del sistema ferroviario nel medio-breve periodo».

(r. u.)
 

Baia, Greenaction contro il progetto - DUE ESPOSTI

DUINO-AURISINA Raffica di esposti di Greenaction Transnational contro il progetto turistico per la Baia di Sistiana. L’associazione di tutela ambientale ha presentato due esposti alla Procura regionale della Corte dei Conti del Friuli Venezia Giulia e alla Procura della Repubblica di Trieste, motivati da presunte irregolarità del progetto. Una denuncia è anche stata inviata ieri alla Commissione europea Ambiente, mentre si sta predisponendo una petizione da inviare al Parlamento europeo.
Questo ha spiegato ieri in una conferenza stampa il responsabile di Greenaction Transnational Roberto Giurastante: «Durante gli interventi di sbancamento - ha aggiunto - gli scavi sono andati oltre il perimetro consentito. Toccano infatti il Sic, e cioè una zona protetta di interesse comunitario: da ciò la denuncia alla Commissione europea. Ma tutte le nostre accuse e considerazioni sono il risultato di una nostra approfondita inchiesta presente in un dossier di 180 pagine, dove sono emersi elementi di irregolarità del progetto e danni ambientali all’ecosistema. Abbiamo anche intenzione di avviare una petizione da consegnare al Parlamento europeo».
(d.c.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 24 ottobre 2008 

 

 

Gelci presidente di Arci servizio civile - ELETTO IL CONSIGLIO

Oggi alle 17 al liceo Dante inizia il corso sulla «Cittadinanza consapevole» con «Problemi della democrazia in Italia nell'era della globalizzazione e dell'integrazione europea». Giorgio Negrelli, ordinario di Storia delle dottrine politiche alla facoltà di Lettere e Filosofia, parlerà su «L'idea politica di nazione. Ieri, oggi». Promuovono il Centro studi Dialoghi europei e Laboratorio democratico Pincherle.
L’Assemblea territoriale di Arci servizio civile Trieste riunitasi nei giorni scorsi ha eletto all'unanimità per il consiglio Alfio Dilissano (in rappresentanza dell’Uisp), Giuliano Gelci (che rappresenta invece l’Ics), Nives Cossutta (esponente di Zskd-Uccs), Alberto Pecorari (Arci Nuova Associazione), Francesco Mosetti (rappresenta l’Itit) e per il Collegio revisori Ettore Calandra (in rappresentanza di Lega Ambiente), Diana Tomasi (Arci Nuova Associazione), Marino Marsic (Zskd-Uccs), Paolo Privitera (Lega Ambiente), Elena Debetto (Uisp). Alla presidenza di Arci Servizio civile Trieste è stato nuovamente confermato Giuliano Gelci. «Visto il taglio drastico delle risorse economiche per il servizio civile, si è deciso di presentare un documento da proporre a tutte le associazioni, enti, Università della Regione Friuli Venezia Giulia - si legge in una nota che è stata diffusa al termine dei lavori dell’assemblea di Arci servizio civile di Trieste - Un documento, questo, che venga condiviso per iniziative comuni».
 

Studio sul Corridoio 5: porterà guadagni per 152 milioni annui

TRIESTE La realizzazione del Corridoio 5 potrebbe rendere possibile una riduzione dei tempi di percorrenza per le persone (circa 3,8 milioni di passeggeri annui) per un guadagno di 152 milioni di euro in soli dodici mesi. Ma non solo: parallelamente, infatti, potrebbero raddoppiare (da 10,5 a 21,5) anche le tonnellate di merci trasportate.
Questi alcuni dei dati più significativi scaturiti, sotto forma di stime, da uno studio commissionato e coordinato dall’Iniziativa centro europea. Un’analisi realizzata dalla «Scott & Wilson», società con quartier generale in Gran Bretagna e specializzata in consulenze sull’impatto delle grandi infrastrutture. La S&W, tenuto conto anche delle valutazioni degli esperti dell’Università di Trieste, è giunta alla conclusione che, nonostante gli impegnativi costi, il collegamento ferroviario ad alta velocità e alta capacità tra Italia e Slovenia, nell’ambito dello stesso Corridoio 5 (destinato a unire Lisbona a Kiev), potrebbe comportare ingenti «benefici alla collettività regionale del Friuli Venezia Giulia».
A evidenziarlo, ieri a Trieste nel corso del progetto comunitario «Cross-5», è stato Giuseppe Razza (direttore generale del segretariato permanente del Corridoio 5 dell’Ince) alla presenza dell’assessore regionale alla Mobilità e alle Infrastrutture di trasporto, Riccardo Riccardi, di Mario Goliani (Rete ferroviaria italiana), Blagomir Cerne ed Edmund Skerbec (ministero dei Trasporti sloveno) e di Roberto Camus e Fabio Santorini (Università di Trieste). Razza ha illustrato lo studio strategico sui scenari futuri derivanti dalla realizzazione della parte di tracciato tra l’Italia e la vicina Repubblica. «Primo fra tutti - ha sottolineato - la riduzione dei tempi di viaggio per le persone e le merci regionali ma anche per chi usa il territorio del Friuli Venezia Giulia e i suoi porti come piattaforma logistica». Per quanto concerne l’ambiente, inoltre, gli effetti «saranno altrettanto significativi grazie alla riduzione delle emissioni inquinanti legate alla sostituzione del trasporto su gomma con quello su rotaia». E non certo trascurabile anche la «prevista diminuzione degli incidenti stradali, connessa al maggior utilizzo del treno per un beneficio sociale indicato in 16 milioni l’anno».
In merito ai tempi per la realizzazione della «Trieste-Divaccia» (tratta transfrontaliera realizzata con finanziamenti comunitari Interreg). Riccardi ha ricordato che la Commissione europea ha già stanziato i fondi per il progetto esecutivo da completare entro il 2010-2011. I lavori, invece, dovrebbero essere ultimati entro il 2015. Smentita, infine, la voce secondo la quale «la linea passerà sotto la Val Rosandra: le planimetrie - è stato detto - sono ben chiare». Della Trieste-Divaccia sono state analizzate anche caratteristiche tecniche, costi e benefici. «Il tracciato - ha spiegato Ricciardi - è stato condiviso da Italia e Slovenia. Non possiamo immaginare di costruire il futuro solo sul trasporto su gomma».
DANIELE BENVENUTI

 

 

AcegasAps cede il 40% della nuova società con i termovalorizzatori di Trieste e Padova - L’OPERAZIONE ENTRO L’ANNO

TRIESTE AcegasAps cederà entro l’anno il 40% di una nuova società in cui saranno conferiti, a breve, i termovalizzatori di Padova e Trieste. Due impianti che ogni anno bruciano attorno alle 300 mila tonnellate di rifiuti e il cui valore complessivo si aggira sui 350 milioni.
La gara, a invito, per la cessione di questo 40% (che vale quindi 140 milioni) è in corso. Alla multiutility sono già pervenute alcune manifestazioni di interesse, anche da parte di gruppi internazionali.
Alla base della decisione di vendere parte della nuova società, la volontà di AcegasAps di creare una piattaforma industriale per allargare il bacino di utenza, in un settore come quello dell’ambiente dal quale arrivano le maggiori «soddisfazioni» economiche, mantenendo comunque sempre la maggioranza della società.
Non è escluso poi che il ragionamento, in corso con soggetti già operano nel settore ambiente, possa anche portare a un’aggregazione, limitatamente al comparto ambiente.
Intanto AcegasAps, che fra tutte le società quotate in Borsa del Triveneto è quella i cui titoli hanno perso meno nelle ultime settimane, lancia una nuova proposta di aggregazione ad Ascopiave. Il presidente della multiutility giuliano-padovana Massimo Paniccia ha offerto a quello del gruppo trevigiano Gildo Salton l’acquisto del 51% di Estenergy (la società di vendita del gas, di cui Ascopiave detiene da un anno il 49%) nonchè dell’intera rete di distribuzione del metano.
In cambio AcegasAps chiede un numero di azioni di Ascopiave corrispondente al valore dell’eventuale cessione. Per il momento si tratta comunque di una proposta solo verbale, senza alcuna quantificazione degli asset. «Stiamo valutando la proposta con il nostro advisor – ha dichiarato Salton –. Se sarà possibile raggiungere un’intesa sui valori, si tratterà di un passo importante verso l’integrazione tra le due società». E ieri, a margine di un convegno di Federutility in corso a Pisa, ha aggiunto: «Stiamo cercando di aggregare i business del gas. C'è un'operazione in corso che spero si concluda entro fine mese».
Tornando al settore ambiente, AcegasAps è stata contattata di recente dalla società slovacca Olo, che gestisce raccolta e smaltimento dei rifiuti nelle capitale Bratislava. Con 360 dipendenti, un termovalorizzatore di cui sta progettando la terza linea e che tratta 135 mila tonnellate dei rifiuti all’anno, la Olo è in cerca di partner stranieri, che abbiano una consistente esperienza nella gestione dei termovalorizzatori, grazie ai quali poter accedere ai fondi europei.
E la richiesta avanzata ad AcegasAps riguarda proprio la possibilità di partecipare alla costruzione della terza linea dell’impianto di Bratislava. Cosi, nei giorni scorsi l’ad Pillon, il vicedirettore Baroncini e il responsabile commerciale estero Pepe, sono stati a Bratislava, dove hanno incontrato, oltre ai rappresentanti istituzionali, il direttore generale e il direttore tecnico della Olo, ai quali è stata data la disponibilità a partecipare alla costruzione della terza linea. E ora AcegasAps sta iniziando a valutare i percorsi necessari per arrivare al progetto del nuovo impianto.
GIUSEPPE PALLADINI

 

 

Accordo sulle bonifiche: Menia accelera, imprenditori perplessi - RIUNIONE CONVOCATA DAL SOTTOSEGRETARIO ALL’AMBIENTE

L’accordo di programma del 31 ottobre prevederebbe anche interventi a spese delle aziende per la messa in sicurezza
Fare prestissimo per concludere l’accordo di programma sul Sito inquinato, perchè la situazione delle risorse pubbliche è quella che è. Più tempo si perde, tanto più si rischia che i fondi vengano destinati ad altri ministeri.
Non ha usato mezzi termini il sottosegretario all’Ambiente Roberto Menia, in una riunione convocata ieri pomeriggio in vista della firma dell’accordo, annunciata per venerdì prossimo, 31 ottobre.
All’assessore regionale all’Ambiente Lenna, al sindaco Dipiazza, alla presidente della Provincia Bassa Poropat e al presidente dell’Authority Boniciolli, il sottosegretario ha poi fatto presente che alle risorse per la messa in sicurezza e la bonifica del Sito inquinato concorrono altri 62 siti italiani.
E se ciò non bastasse c’è anche la «gara» per accaparrarsele fra quelli che ricadono sotto la giurisdizione delle Autorità portuali, come nel caso di Trieste e Piombino.
Intanto, negli ambienti industriali si registra un certo malumore per quanto l’accordo prevederebbe a carico delle imprese. Una parte delle risorse necessarie verrebbe infatti dalle transazioni che le aziende sarebbero chiamate a raggiungere con il ministero per sanare gli inquinamenti del passato e anche per partecipare alla messa in sicurezza dell’area.
Pare infatti che nel documento riemerga il «famoso» muro di contenimento della falda acquifera, che già qualche anno fa sollevò un vespaio di polemiche da parte delle aziende, facendo naufragare il dialogo tra il ministero e le controparti locali.
Tornando alla riunione di ieri pomeriggio, il sindaco Dipiazza e la presidente della Provincia hanno fatto presente che, prima di firmare, devono ottenere l’autorizzazione delle rispettive giunte a siglare l’accordo. Dubbi sono poi emersi sull’obbligo o meno degli enti locali di inserire, a fronte della firma, apposite poste nei rispettivi bilanci.
Entrambe le questioni saranno risolte nel giro di qualche giorno. «Ho proposto di trovarci a brevissimo con la Regione, la Provincia, l’Autorità portuale e il sindaco di Muggia, assieme ai rispettivi direttori generali – annuncia il sindaco di Trieste Dipiazza – per capire se, approvando l’accordo, dobbiamo inserire qualcosa a bilancio. L’assessore regionale Lenna – aggiunge – convocherà la riunione per la prossima settimana; chiariremo, passeremo in giunta e poi andremo a firmare».
Sulla validità dell’accordo Dipiazza non ha dubbi: «E’ la soluzione dei problemi di quella vasta area inquinata – afferma – e quindi porto avanti questo accordo costi quel che costi. E’ il momento di firmare. Non bisogna avere paura delle cifre che si dovrebbero pagare per la bonifica, sarebbero comunque molto inferiori al reale valore dei terreni».
Anche l’Autorità portuale si dice favorevole all’intesa. «Le proposte del ministero – annota il il presidente dell’Authority, Claudio Boniciolli – sono soddisfacienti sia sul piano finanziario sia su quello dei tempi, e danno un notevole contributo alla realizzazione di nuove banchine portuali e della piattaforma logistica. Soddisfano inoltre tecnicamente, per quanto riguarda carotaggi e analisi prima della realizzazione delle opere». 
(gi. pa.)

 

 

Roberto Menia - KYOTO, PROTOCOLLO DA RIVEDERE

L'enfasi e i furori ideologici che hanno animato il dibattito intorno al perseguimento degli onerosi obiettivi del Protocollo di Kyoto cominciano a ridimensionarsi e questo permette a tutti coloro che hanno realmente a cuore il problema di ragionare freddamente. Gli effetti della globalizzazione delle produzioni e dei mercati, nonché gli effetti pesantemente onerosi dell'attuazione del discusso Protocollo di Kyoto.
Gli effetti del protocollo per la riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra, stanno da tempo, e non ora, mettendo in crisi l'intero modello di sviluppo del nostro Paese: quel modello industriale e postindustriale che si è sviluppato con innegabili successi a partire dalla ricostruzione postbellica.
E' ormai notorio l'emergere prepotente sui mercati mondiali delle produzioni a bassissimo costo, spesso copiate senza remore e limiti da analoghi prodotti dei paesi più industrializzati, specie nel campo delle merci a bassa tecnologia fabbricate con elevato impegno di manodopera. Tutto ciò ha messo in crisi alcuni importanti settori produttivi italiani: in primo luogo, il tessile e l'abbigliamento, ma anche alcune produzioni metal meccaniche, per esempio nel campo degli elettrodomestici, e dell'elettronica di consumo. Nel contempo, l'obbligo per l'Italia di seguire il Protocollo di Kyoto, a rimorchio dell'ecologismo esasperato di alcuni paesi dell'Unione Europea, senza peraltro che ad esso si riuscisse a far aderire i principali produttori mondiali di emissioni ad effetto serra come Cina e India, minaccia di scaricare sull'intera U.E. e, quindi, su di noi oneri unilaterali pesantissimi capaci di mettere in crisi interi settori industriali dal cemento, alla produzione di energia termoelettrica, dalla chimica alla siderurgia ecc..
Le nostre difficoltà nascono inoltre dalla nostra carenza strutturale di materie prime energetiche che ci ha costretto ad operare per tempo costosi interventi di risparmio nei consumi di energia non compresi negli impegni di Kyoto, in quanto precedenti ad esso. Nel breve periodo il nostro sistema industriale ha reagito alla globalizzazione concorrenziale delocalizzando nei paesi dell'Europa dell'Est, oggi entrati nell'U.E., e persino in Asia forti aliquote di produzioni a bassa tecnologia e ad alta intensità di manodopera.
Ecco perché è venuto il momento per l'Italia di ripensare a cosa fare nel medio-lungo periodo per adattare il proprio modello di sviluppo alla nuova realtà della globalizzazione e del risparmio energetico, imposto sia da esigenze di difesa ambientale sia dalla propria forte dipendenza dall'importazione di materie prime e di prodotti energetici. Occorre, dunque, un ripensamento globale del nostro modello di sviluppo, cercando di sfruttare al meglio le opportunità anche positive che la stessa globalizzazione e i vincoli ambientali ci offrono, proprio in conseguenza dell'ingresso in campo nella competizione economica mondiale delle grandi realtà asiatiche in via di rapida e dirompente industrializzazione, nonché per l'intensificarsi degli oneri energetici dovuto alle esigenze ecologiche e di inquinamento atmosferico mondiali.
Per questo possiamo affermare con forza l'evidente paradosso che ci sono Paesi meno inquinatori come il nostro che rischiano di pagare di piu' di quelli che inquinano veramente. La verita' e' che la riflessione voluta dal nostro governo ed accolta dal Consiglio Europeo, proprio quello dove nasce il pacchetto 20-20-20 (cioè la riduzione del 20% di emissioni di gas serra entro il 2020 e la contestuale raggiungimento del 20% di utilizzo di energie rinnovabili e mdi miglior5amento dell'efficienza energetica), a differenza di quanto affermato dall'opposizione, e' tutt'altro che una posizione isolata ma condivisa largamente e pubblicamente da molti paesi, come ha ribadito il Presidente Berlusconi. L'impegno che si era inteso prendere per ridurre le emissioni di CO2, prima della riflessione chiesta ed ottenuta dal nostro governo, peserebbe troppo sul bilancio delle nostre imprese. Secondo le stime più rigorose e attendibili l'attuazione, sic stantibus rebus, del Protocollo di Kyoto verrebbe a costare all'Italia 181,5 miliardi di euro. Una cifra che in un momento di storica crisi economica, con la recessione alle porte, si abbatterebbe come una mannaia sulle nostre imprese che sarebbero costrette a licenziare migliaia di dipendenti. Consolerebbe le famiglie di questi lavoratori sapere che con l'adesione a questi parametri otterremo lo 0,3% in meno di emissioni globali? Dice Bjorn Lomborg, lo scienziato autore del citatissimo libro "L'ambientalista scettico", che i costi legati alla riduzione delle emissioni sono enormi anche in termini di abitudini sociali: sarebbe infatti, con una metafora, come pensare di eliminare gli incidenti stradali costringendo tutti a viaggiare a 5 Km orari.
Modalità meno onerose per raggiungere obiettivi similari ce ne sono d il dovere di un Governo responsabile è quello di cercarle ed i convincere i partners europei che c'è un tempo per i sogni ed un tempo per la concretezza.
Per questo e giustamente l'Italia ha chiesto una pausa di riflessione con l'intento di giungere ad una rinegoziazione del protocollo di Kyoto. Questa rinegoziazione, nel momento in cui tutti gli analisti concordano sul cambiamento epocale delle regole economiche stesse e in cui si ipotizza di rivedere altri trattati internazionali come quello di Bretton Woods, sarà un'opportunità importantissima. E' l'opportunita' di ridiscutere, tenendo presenti le specificità e le diverse condizioni di partenza, paese per paese, obiettivi che impegnano anche eticamente Abbiamo di fronte lo sviluppo economico del nostro Paese e più vastamente quello che sara' il futuro del Pianeta.
On. Roberto Menia - Sottosegretario all’Ambiente
 

 

Doppiette e ambientalisti alleati per vietare la caccia in braccata - ESPOSTO IN PROCURA

TRIESTE Ambientalisti e cacciatori – oltre 10mila in regione, 500 nel Carso triestino e goriziano – si uniscono per stoppare la caccia in braccata, quella con il segugio all’inseguimento di cervi e caprioli. «La caccia ha un’etica», premette il presidente del Circolo friulano cacciatori Marco Buzziolo presentando l’esposto, di cui è primo firmatario, alle Procure di Udine e Pordenone «contro una pratica illegale che trova spazio solo in Friuli Venezia Giulia, unico in Italia a non vietarla». Sentito l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, i firmatari hanno trovato conferma che la caccia in braccata «contrasta con il dettato di due leggi nazionali».
 

 

Carico di scorie radioattive imbarcato a Capodistria - Il materiale trasportato in treno dall’Ungheria Operazione pagata dagli Usa

CAPODISTRIA Un treno speciale con un carico di materiale radioattivo, tra cui uranio altamente arricchito, ha attraversato il mese scorso la Slovenia. Proveniente dall'Ungheria, il carico è stato imbarcato a Capodistria su una nave diretta al porto russo di Murmansk, da dove è stato trasferito in un deposito di massima sicurezza a Mayak, in Siberia. La notizia è stata diffusa ieri dall'agenzia di stampa americana Associated Press ed è stata confermata dal Ministero dell'ambiente sloveno. Il trasporto, finanziato dagli Stati Uniti d'America nell'ambito del loro programma contro il rischio di terrorismo nucleare, finora era stato tenuto segreto per motivi di sicurezza. Centodieci tonnellate di scorie radioattive, tra cui una quantita di uranio arricchito sufficiente per fabbricare sei bombe atomiche, dovevano essere trasferite da un reattore ungherese – considerato poco sicuro – in un luogo di massima sicurezza, come appunto il deposito di Mayak, in Siberia. Non potendo attraversare l'Ucraina, il carico e' stato sistemato in otto contenitori e con un treno speciale ha raggiunto il porto di Capodistria, dove è stato trasferito sulla nave che ha costeggiato praticamente tutta l'Europa – sempre in acque internazionali, a più di 12 miglia dalle coste – prima di raggiungere Murmansk, dove è stato nuovamente caricato sui vagoni fino alla destinazione finale, Mayak, in Siberia, dove sarà al sicuro. L'intero viaggio, che si è concluso due giorni fa nella localita' siberiana, è durato più di tre settimane.
Il trasporto in treno attraverso la Slovenia, da Hodos a Capodistria, è durato otto ore. Il convoglio è stato scortato da un'unità speciale della polizia ed è stato sempre monitorato dagli esperti dell'Agenzia slovena per la sicurezza nucleare. Il trasferimento del materiale radioattivo si è svolto con tutte le autorizzazioni e precauzioni necessarie e nel rispetto delle norme europee, si rileva nel comunicato pubblicato sul sito Internet del Ministero dell'ambiente. Il materiale radioattivo e' stato prodotto ai tempi della guerra fredda in Unione Sovietica ed è stato stoccato per decenni a Budapest. Il suo trasferimento in Russia è stato chiesto e finanziato dagli Stati Uniti, preoccupati che il materiale potesse finire in mano a qualche gruppo terrorista. Secondo Kenneth Baker, dell'Agenzia statunitense per la sicurezza nucleare, si è trattato del carico più grosso e del trasporto più impegnativo mai realizzato dal 1950, anno in cui Washington e Mosca hanno dato il via al programma sull'utilizzo civile delle risorse nucleari. Dal 2005, gli Usa hanno riportato a casa 15 carichi di materiale radioattivo di origini americane da più di 10 Paesi. Il reattore sperimentale ungherese, che non era abbastanza protetto da eventuali attacchi terroristici, sarà ora modificato, in modo da usare uranio poco arricchito, con il quale non è possibile fabbricare nessun tipo di ordigno nucleare.
 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 23 ottobre 2008 

 

 

Italia Nostra: no al nuovo ponte L’area del canale va conservata  - L’associazione: tutelare l’architettura storica della zona di Ponterosso

Bandelli: attendano almeno di vedere il progetto, che è ancora in fase di preparazione
Da Italia Nostra arriva un no deciso al previsto ponte sul canale. Il parere sull’area di Ponterosso viene espresso in una lettera inviata sia agli assessori e alle diverse autorità competenti del Municipio, sia alla Soprintendenza e al direttore regionale per i Beni culturali Roberto Di Paola. La missiva precisa che il ponte non può essere condiviso dall’associazione: Italia Nostra da sempre sostiene che una struttura di forme e materiali moderni, come il metallo e il vetro che andranno utilizzati, mal si inserirebbe in un ambiente ottocentesco.
Ma l’assessore comunale ai lavori pubblici Franco Bandelli replica osservando come siano inopportune le critiche su un progetto che nessuno, e nemmeno lui, conosce in quanto in via di realizzazione: inoltre, aggiunge Bandelli, il nuovo ponte rivitalizzerà tutta la zona posta attorno alla via Trento, attualmente poco utilizzata dai triestini sebbene inserita nel cuore del centro cittadino.
Ma ecco nel dettaglio gli argomenti utilizzati dalla presidente dell’associazione Giulia Giacomich, che specifica come il Ponterosso occupi una zona ben definita in tutte le sue parti, sia per caratteristiche architettoniche che epoca storica: «Un altro ponte comporterebbe una variazione prospettica difficile da valutare, ma probabilmente peggiorativa dell’immagine del vecchio porto-canale con la chiesa di Sant’Antonio Nuovo sullo sfondo». Per Italia Nostra si tratterebbe insomma di un intervento non giustificato dalla reale necessità pratica di passare da una sponda all’altra. E in quanto al vecchio ponte al quale si rifanno i sostenitori del progetto, quello posizionato sul posto dagli Alleati in epoca postbellica, «era stato installato per motivi di emergenza e non per niente poi fu eliminato dopo l’occupazione». Si legge ancora nel documento che «Italia Nostra si oppone in tutto il Paesealla manomissione delle aree storiche con l’inserimento di nuove costruzioni che ne modificano l’armonia storicamente consolidata. Trieste è un incontro di culture la cui mescolanza ha prodotto identità generatrici di ricchezza, civiltà e di un equilibrio architettonico-paesaggistico su cui è pericoloso intervenire».
Sempre secondo l’associazione, il progetto di questo ponte, che si vuole inserire in un mirabile e particolare contesto, potrebbe essere una minaccia per il fragile equilibrio estetico del luogo e per la sua memoria collettiva. Si chiede perciò al Comune, anche tenendo conto del dissenso di una vasta frangia di cittadini, di rinunciare a mettere mano alle aree storiche ed a questa in particolare, evitando di ripetere quanto in questo senso è stato già fatto «anche da precedenti amministrazioni» con risultati assai discutibili.
Ma dal Municipio non arriva alcun accenno a retromarce sul progetto. «Sono allibito - dice Bandelli - il progetto è ancora in fase di preparazione e la signora Giacomich sa già tutto e aprioristicamente si dice contraria. Che attenda almeno di vedere il progetto prima di dire la sua. Ricordo comunque che il mondo non si è fermato e che nessuno vuole fare opere invasive. A Venezia ad esempio il sindaco Cacciari di centrosinistra, che rispetto, ha fatto costruire il ponte di Calatrava che rivitalizza tutta una zona del Canal Grande. Lo stesso avverrà per il nostro nuovo ponte del Ponterosso che spalancherà al turismo, in un itinerario pedonale che parte da piazza Venezia, anche la zona attorno alla via Trento oggi occupata solo dai cinesi».
Daria Camillucci
 

 

«Antenne in disuso a Monte Radio: Corecom intervenga» - LETTERA DEL COMITATO

Per mezzo di una pepata lettera indirizzata al Corecom (Comitato regionale per le comunicazioni) e al presidente della Regione Renzo Tondo, continua la battaglia del Comitato di Monte Radio contro le dieci antenne in disarmo da anni poste appunto in quella zona: di queste, otto sono di proprietà della Telecom, che le aveva acquisite a suo tempo dal ministero delle Poste, e due della Rai. I tralicci di monte Radio, alti anche cento metri, attirerebbero durante i temporali numerosi fulmini mettendo a rischio la salute e gli elettrodomestici degli abitanti della zona, che lamentano danni continui agli utensili casalinghi.
Spiega il referente del Comitato di Monte Radio, Antonio Farinelli: «Il Corecom è obbligato per legge a intervenire sulle trasmissioni, sui disturbi e interferenze prodotti da tralicci e antenne per la salvaguardia dell’ambiente e della salute dei cittadini: lo dice il regolamento di applicazione della legge 381/98, ma anche l’articolo 9 della legge regionale 11. Perché non si fa niente per smantellare queste dieci antenne che Telecom e Rai non usano più da un decennio».
Secondo Farinelli le antenne dismesse sarebbero assai dannose perché, in casi di temporale, formerebbero una sorta di griglia elettromagnetica attraendo i fulmini: problema che non si presentava con questa rilevanza quando erano attive, perché la costante manutenzione garantiva la sostituzione della treccia di rame posta nei pozzetti sotto i tralicci, dove veniva a scaricarsi tutta la potenza magnetica dei fulmini.
(da.cam.)

 

 

Piazza Libertà, in campo i proprietari di case - Lettera al Comune: i cittadini «si riservano ogni azione a tutela» dei propri immobili

Poco meno di una ventina di firme sul documento presentato al Municipio
Dopo le diecimila firme raccolte dal Comitato per la salvaguardia degli alberi di piazza della Libertà e consegnate al Comune, un altro documento è stato depositato nei giorni in Municipio, all’indirizzo del Consiglio comunale, firmato da poco meno di una ventina di persone in gran parte residenti - o con attività - nella zona. Si tratta di una «opposizione» al progetto di riqualificazione dell’area, articolata in una decina di punti al termine della cui esposizione i firmatari «si riservano comunque ogni azione a tutela della piazza Libertà».
La lettera osserva innanzitutto che «l’attuale sistema della circolazione veicolare» nella piazza «è il migliore possibile e va quindi mantenuto fino a quando non sarà possibile attuale finalmente l’accesso alla città dal cavalcavia di viale Miramare». Mentre «l’ingente spesa» da sostenere «verrebbe finanziata con denaro in ultima analisi di tutti i contribuenti», la stazione ferroviaria, «recentemente molto ben sistemata, non necessita sicuramente di maggiori spazi». Inoltre di fatto il progetto «allontanerebbe le fermate degli autobus rispetto all’uscita della stazione».
Il documento concorda con la costruzione di sottopassaggi tra la stazione e il Silos, ma si oppone a un sottopassaggio in via Ghega «che provocherebbe disagi per la circolazione anche pedonale e potrebbe danneggiare gli edifici contigui nonché la fognatura e il torrente sottostante».
Ancora, i previsti nuovi sensi di marcia - prosegue il documento - «sicuramente verrebbero ad allungare il percorso rispetto a quelli attuali, e lo renderebbero meno scorrevole, anche per i camion diretti al Punto franco, con sensibile aumento dei consumi e dell’inquinamento». Oltre al danno «ambientale ed estetico» derivato poi dall’abbattimento degli alberi secolari, «gli imponenti palazzi ottocenteschi che fanno corona a piazza Libertà e via Ghega verrebbero danneggiati dal nuovo flusso circolatorio», motivo per il quale «i proprietari si riservano ogni azione a tutela oltre che del bene pubblico, della proprietà privata».
Infine, «altro aspetto negativo del progetto è l’eliminazione del parcheggio su suolo pubblico in piazza Libertà, sempre molto usato, necessario per il Borgo Teresiano (strutturalmente mancante di spazi) e per chi si reca alla Stazione».
 

 

Sito inquinato, il 31 la firma dell’accordo - Il documento fisserà tempi, modi e risorse da destinare al recupero

DOPO IL RINVIO DI SETTEMBRE - Annunciata più volte per il 15 settembre, senza però nessun seguito concreto, la data della firma dell’accordo di programma, per la messa in sicurezza e la bonifica del Sito inquinato, adesso è definitiva e ufficiale. La sigla del documento, atteso ormai da qualche anno, avverrà il 31 ottobre, molto probabilmente a Trieste.
Ad apporre la firma all’accordo, che stabilirà tempi, modi e finanziamenti per il risanamento di aree di cui il mondo imprenditoriale ha un bisogno più che urgente, non saranno solo gli enti locali (Regione, Provincia, Comuni di Trieste e Muggia) e il ministero dell’Ambiente, ma, come annunciato a suo tempo dal sottosegretario Roberto Menia, anche i dicasteri dello Sviluppo economico e delle Infrastrutture.
All’origine dello slittamento della firma di un mese e mezzo ci sarebbe stato un problema di risorse tra questi ultimi due dicasteri, nel senso che il ministero dello Sviluppo economico si sarebbe detto disponibile ad aderire all’accordo (con i relativi finanziamenti) solo in relazione a concreti progetti di nuovi insediamenti industriali nei terreni da bonificare.
Il nodo pare sia stato sciolto nelle ultime settimane, e ciò ha dato un’indubbia accelerata in direzione del traguardo, per il quale ora c’è appunto una data che dovrebbe veramente essere quella definitiva.
Nel complesso, secondo quanto si era appreso a suo tempo, le risorse dovrebbero superare i 120 milioni di euro, 60 dei quali a carico della Regione. I fondi dello stato dovrebbero essere reperiti fra i 450 milioni per lo sviluppo economico del Nord, a loro volta inseriti nei 3 miliardi stanziati dal Cipe lo scorso aprile.
Finanziamenti, tutti questi, per i quali l’accordo stabilirà la ripartizione fra i tre dicasteri. E se il ministero dell’Ambiente dovrà concretizzare la messa in sicurezza e la bonifica delle aree, quello dello Sviluppo economico sarà impegnato nella reindustrializzazione delle aree una volta bonificate. Al ministero delle Infrastrutture spetterà invece la gestione delle risorse destinate a concretizzare tutte le attività legate allo sviluppo portuale del Sito inquinato, a cominciare dalla tanto discussa piattaforma logistica.
Altro punto cruciale dell’accordo, il principio secondo cui chi non ha inquinato non paga. Un punto nodale, sul quale erano sorte molte polemiche e che nella bozza di intesa predisposta dal precedente governo non era esplicitato nella maniera più completa, anche se richiamava le norme europee che sanciscono tale principio.
Nel documento che si andrà a firmare, secondo quanto già precisato dal sottosegretario Menia, il principio stato definitivamente messo nero su bianco.
GIUSEPPE PALLADINI

 

 

 Sviluppo di Krsko, il governo affida l’incarico all’Enel
TRIESTE - «Gli italiani sono interessati a una collaborazione attraverso l’Enel allo sviluppo della centrale nucleare di Krsko». Lo aveva detto all’ex ministro degli Esteri sloveno Dimitri Rupel Massimo D’Alema in visita ufficiale a Lubiana. Lo aveva ribadito Renzo Tondo nella capitale slovena nel luglio scorso.
E ieri l'Enel è stata incaricata dal Governo italiano di «contattare le autorità istituzionali slovene» in relazione all'ipotesi di collaborazione per lo sviluppo della centrale nucleare di Krsko, che si trova a un centinaio di chilometri da Trieste.
La notizia è stata diffusa dal presidente del Friuli Venezia Giulia, Renzo Tondo, nel suo blog (renzotondo.blogspot.com), precisando che l'incarico è stato conferito dal sottosegretario allo Sviluppo economico, Alfredo Urso, e ricordando che, dopo le elezioni delle settimane scorse, «in Slovenia il Governo non è ancora stato formato».
Nei mesi scorsi, Tondo aveva espresso l'interesse della Regione Friuli Venezia Giulia per una collaborazione transfrontaliera nel campo dell'energia nucleare.
Lunedì prossimo Tondo sarà a Sanremo (Imperia) a un incontro bilaterale Italia-Russia sull'energia, al quale è stato invitato dal ministro per lo Sviluppo economico Claudio Scajola. Insomma il governo italiano sta premendo sull’acceleratore per trovfare risorse energetiche alternative alla dipendenza dal petrolio arabo o al gas della Russia.
«Sarà l'occasione - conclude Tondo - per parlare con il Ministro anche della vicenda Caffaro», l'azienda chimica di Torviscosa (Udine) il cui impianto cloro-soda è sotto sequestro dall'11 settembre scorso nell'ambito di un'indagine su presunti reati ambientali.
 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 22 ottobre 2008 

 

 

Classifica degli inquinanti Trieste è sesta in Italia  - Alta la percentuale di mercurio e piombo nell’acqua ma i dati si riferiscono a due anni fa

Mappa dell’Italia inquinata dalle ciminiere: a Trieste va un poco invidiabile sesto posto nazionale assoluto in quanto a presenza di mercurio (489 chilogrammi l’anno) e di piombo (ben 1168 chilogrammi in dodici mesi) presenti nell’acqua. Questa la statistica pubblicata da «PeaceLink» (telematica per la pace) e relativa al «Rapporto 2008 sulle Emissioni industriali cancerogene, mutagene, teratogene e neurotossiche». Per elaborare questa ricerca, gli esperti si sono affidati al seguente «paniere» di inquinanti inventariato tra le emissioni del registro «Ines» («Inventario nazionale emissioni e loro sorgenti») ma relative solo all’anno 2006: diossine, furani e Pcb (emissioni in aria); mercurio, Ipa, benzene, piombo e arsenico (in aria e acqua). Tali indicatori, inoltre, spesso sfuggono alle misurazioni delle centraline urbane di monitoraggio che rilevano solitamente i «macroinquinanti» e non possono essere monitorati con sistemi automatici. La fonte è invece l’Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici che, a sua volta, contempla i dati relativi alle fonti di emissione «legalmente» comunicate dalle aziende stesse al ministero dell’Ambiente, rendendo perciò incompleto il panorama che deve fare i conti anche con numerosi casi di dispersioni illecite. Entrando nel dettaglio, su tutte le città svetta Taranto alla quale il macro-indicatore statistico «regala» 529 punti (gli indici sono ricavati dalla somma delle percentuali delle emissioni industriali annuali delle sette sostanze considerate). Seguono, ampiamente staccati, Livorno (101), Nuoro (93), Venezia (83), Caltanisetta (78), Trieste (50), Siracusa (45), Carbonia Iglesias (21), Sassari (17), Ravenna (17) e Udine (13). Il capoluogo giuliano, inoltre, si segnala anche per il secondo posto in quanto a presenza di mercurio (13,8%), alle spalle di Taranto (49%) e davanti a Livorno (6,5%).
(da.ben.)

 

 

 Rifiuti, sbarca in regione il colosso tedesco Becker  - A SAN GIORGIO DI NOGARO

UDINE Sbarca in Italia, aprendo la sede San Giorgio di Nogaro, la multinazionale tedesca Becker una delle principali aziende operative in tutto il centro Europa nel settore della raccolta e smaltimento dei rifiuti, anche pericolosi, e nelle demolizioni di grandi impianti.
Per entrare nel mercato italiano, il gruppo ha acquisito la totalità delle quote societarie della Siderurgica Srl di San Giorgio di Nogaro proprietaria dell’impianto di recupero di materiali ferrosi sito nella zona industriale dell'Aussa-Corno.
Si tratta del più grande impianto in Italia – e uno dei principali in Europa –per la macinazione di materiali ferrosi destinati alla fusione in acciaieria che è in grado di trattare 400.000 tonnellate all’anno, 275.000 delle quali di ferro e 125.000 fatte di autopacchi (ovvero veicoli compressi). Con l'acquisizione da parte della Becker, presentata ieri nella sede di Confindustria Udine, in futuro l'impianto sarà rifornito anche con materiali ferrosi provenienti dall’Est Europa e dai Balcani dove la multinazionale tedesca possiede propri impianti di recupero.
L’acquisizione, inoltre, consente alla società tedesca di chiudere il ciclo del fluff tra Italia e Austria, ovvero il residuo non ferroso derivante dalla demolizione degli autoveicoli.
Il fluff, infatti, ha un elevato potere calorifico e può essere smaltito come combustibile nei termovalorizzatori che la Jakob Becker gestisce in Europa, tra i quali quello privato di Arnoldstein in Austria verso il quale saranno principalmente destinati i materiali recuperati nell’impianto friulano.
La nuova società si chiamerà Becker Italia Srl e sarà guidata da Mag.
Carlo Tomaso Parmegiani
 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 21 ottobre 2008 

 

 

A rischio i treni per Praga e Vienna  - Trenitalia potrebbe cancellarli da dicembre. Il Pd: «Regione sempre più isolata»

EMERGENZA TRASPORTI. INTERPELLANZA SUL TAGLIO DEL VOLO PER MILANO
TRIESTE Drastica riduzione del collegamento ferroviario con Vienna e cancellazione di quello per Praga. Trenitalia starebbe pensando ad un forte ridimensionamento delle linee che collegano il Friuli Venezia Giulia con il centro Europa e, dopo la soppressione ad aprile della linea Venezia-Villa Opicina-Lubiana, potrebbe tagliare già a dicembre due dei tre collegamenti Venezia-Udine-Vienna, incluso l’unico che prosegue verso Praga. Rimarrebbe quindi un solo treno, quello del pomeriggio, per Vienna.
Lo denuncia il Pd che porta il caso in Consiglio regionale. La società, per ora, non conferma né smentisce: «I nuovi orari invernali saranno presentati il 13 novembre e fino a quel giorno non c’è nulla di deciso e tutto può essere in discussione». Tuttavia Trenitalia afferma che «l’apertura della linea ad alta velocità Milano-Bologna-Roma farà sì che l’intera offerta verrà rivista tenendo sempre in primo piano la sostenibilità economica». Sul rischio soppressione si muove sin d’ora il Pd con un’interpellanza nella quale chiede «quali iniziative urgenti la giunta regionale intenda mettere in atto per scongiurare il ridimensionamento dei collegamenti con l'estero che passano attraverso il territorio regionale».
Nell’interpellanza, firmata dal consigliere Igor Gabrovec e da altri esponenti del Pd, si evidenzia «che mentre Venezia diventa capolinea del traffico a lunga percorrenza, il Nord-Est viene relegato al solo servizio locale. Tutto questo senza minimamente affrontare le nuove esigenze di mobilità transfrontaliera attraverso i transiti di Tarvisio, Gorizia e Villa Opicina». Una strategia che, secondo il gruppo del Pd, penalizza pesantemente la nostra regione, già applicata con la creazione della rete Eurostar e confermata dal piano di Trenitalia che intende sviluppare il servizio verso l'estero esclusivamente sulla linea Milano-Chiasso.
Sull’emergenza trasporti un’altra interpellanza arriva dal consigliere del Pd Franco Brussa che interviene sul collegamento tra Ronchi dei Legionari e Milano che verrà meno dal 25 ottobre: «Un fatto gravissimo perché non solo priva lo scalo regionale di un collegamento con il capoluogo lombardo ma, soprattutto, isola la nostra regione da una molteplicità di collegamenti europei ed internazionali, che hanno come base di riferimento l’aeroporto di Malpensa». Secondo Brussa sono «sconcertanti le dichiarazioni di Roberto Dipiazza, presidente di Aeroporto Fvg Spa» quando afferma che «non c’è niente di cui preoccuparsi» e che «lui, assieme agli esponenti del governo, risolverà in pochi giorni il problema» e «la stessa posizione dell’assessore Riccardo Riccardi appare, nel merito, debole e rassegnata». Proprio Riccardi si incontrerà nei prossimi giorni con il ministro dei Trasporti, Altero Matteoli, per valutare la situazione con il governo e capire se e come sarà possibile ripristinare il collegamento aereo con Linate.
Roberto Urizio
 

 

Sul clima nuovo scontro Ue-Italia  - BRUXELLES CHIEDE UN TAVOLO TECNICO - Il ministro Prestigiacomo: «Senza modifiche non ci sarà accordo»

LUSSEMBURGO L’Italia, cifre alla mano, chiede modifiche e flessibilità nell’applicare il pacchetto Ue per combattere i cambiamenti climatici e minaccia di porre veti, la Germania punta il dito sugli altri ma poi esige esenzioni per le proprie industrie dell’acciaio, del cemento, della chimica e della calce che sono responsabili del 67% delle emissioni di CO2, i paesi dell’ex blocco comunista più Cipro e Malta, ma anche l’Italia, domandano deroghe per altri settori tra cui il termoelettrico. La Commissione europea pone l’altolà e alla Francia, che esercita la presidenza di turno dell’Unione europea, sembra che non resti che cercare di trovare un accordo su un minimo denominatore comune che permetta alla Ue di presentarsi entro il 12 dicembre con una sola posizione alla prossima conferenza internazionale dell’Onu per il rilancio degli accordi di Kyoto a Poznan, cui parteciperanno 190 paesi.
Questa la situazione ieri alla riunione dei ministri dell’Ambiente dei Ventisette che, in vista del vertice dei capi di stato e di governo dell’11 e 12 dicembre, hanno il compito di trovare un accordo sul pacchetto climatico varato all’unanimità dai paesi della Ue nel 2007 ed ora rimesso in discussione a causa della crisi economica e per i costi aggiuntivi che esso produrrebbe.
Il ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo ha riferito che l’Italia non è isolata poichè «la riunione ha confermato che sono almeno dieci i paesi che hanno mostrato l’esigenza di modificare il pacchetto clima alla luce dell’analisi costi-benefici». Tra i Ventisette, secondo il ministro, «le perplessità sono molte, le distanze notevoli ma speriamo di arrivare ad un accordo entro dicembre».
La Prestigiacomo ha detto di non aver chiesto, come annunciato in precedenza dal governo, l’introduzione di una clausola annuale di revisione poichè già prevista nel pacchetto dopo tre anni.
«Vediamo prima - ha detto - se le nostre richieste di modifica troveranno spazio. Una nuova Maastricht per l’ambiente - ha proseguito - si può accettare solo se c’è accordo su tutto. Una volta passato il principio dell’unanimità - ha osservato - sarebbe suicida non accettare almeno in parte le richieste di modifica che sono state avanzate da molti paesi. E’ chiaro quindi - ha puntualizzato il ministro - che se non ci saranno modifiche importanti del pacchetto a dicembre non ci potrà essere accordo».
Per la Prestigiacomo, rimane comunque fermo il punto che prevede una verifica delle posizioni degli altri grandi attori mondiali come Stati Uniti, Cina e India altrimenti il grande sforzo che si appresta a compiere l’Europa diventerebbe inutile e controproducente. Il pacchetto climatico, che prevede una riduzione del 20% delle emissioni di CO2, una quota del 20% del consumo energetico proveniente da fonti rinnovabili e un risparmio energetico del 20% entro il 2020, costerebbe all’Italia, secondo calcoli governativi, 18,2 miliardi l’anno e la perdita dell’1,14% del pil.
Secondo il Commissario all’Ambiente Stavros Dimas, per il quale non vi sarà alcun rinvio, il pacchetto è invece in linea con la crisi economica e all’Italia costerebbe tra i 9,5 e i 12,3 miliardi l’anno e una perdita tra lo 0,51% e lo 0,66% del Pil.
Per Dimas il pacchetto produce sviluppo. «Vogliamo promuovere gli investimenti nelle energie pulite -ha detto il Commissario- aumentare i posti di lavoro e diminuire la dipendenza dalle importazioni di petrolio».
 

 

RIGASSIFICATORI  - Opinioni personali

Mi rendo conto che al lettore la distinzione può apparire di lana caprina. Tuttavia, ci terrei si sapesse che sui progetti dei rigassificatori mi sono espresso e mi espongo a titolo privato, in nome del mio personale, discutibilissimo, concetto di civismo. Sono dipendente dell’Ogs e coordinatore di un suo gruppo di ricerca, ma la sigla dell’istituto non va associata a queste attività del mio tempo libero.
Fra l’altro (lo sto scrivendo prima del suo svolgimento), mi va stretta anche l’impostazione della manifestazione del 17 ottobre, indetta dai comuni di Muggia, S.Dorligo-Dolina, e Koper-Capodistria. Chi scrive non è infatti semplicemente per il «no»; sarebbe favorevole agli impianti di rigassificazione giudicati necessari per l’Italia e per l’Europa. Ma vanno fatti bene e nei siti adatti.
Livio Sirovich
 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 20 ottobre 2008 

 

 

Nuove zone pedonali, a rischio 100 parcheggi  - Il provvedimento dovrà passare per il Consiglio comunale per essere approvato  -  CHIUSURE AL TRAFFICO

Servirà uno stralcio alla decisione per fare partire il progetto  - Fondazione CRTrieste e Generali potrebbero rimanere «blindate»
La scelta di eliminare le automobili da via Cassa di risparmio e zone limitrofe, con 100 posti auto e moto a rischio, dovrà prima passare in Consiglio comunale. Non basta il pronunciamento della giunta, che arriverà a breve. Il Piano generale urbano del traffico in vigore dal ’98, infatti, non prevede la sua pedonalizzazione.
IL PIANO. Nel documento redatto all’epoca dall’ingegnere Fiorella Honsell via Cassa di risparmio, da piazza della Borsa fino a via San Nicolò, è indicata quale «corsia dedicata al trasporto pubblico», mentre nel tratto fino a via Genova «strada locale attrezzata con parcometri (posti auto a pagamento, la situazione attuale ndr)».
LA DELIBERA. Ecco che per assegnarla solo ai pedoni il progetto definitivo dovrà andare in aula, per una sorta di provvedimento stralcio del piano del traffico. Ma il voto sulla delibera non è così scontato come si potrebbe immaginare. Alla volontà, più o meno trasversale, di allargare le aree pedonali fa da contraltare il bisogno di parcheggi.
I PROBLEMI. È il caso dei garage di via San Nicolò. Una volta sbarrato l’accesso da via Cassa di risparmio, potrebbero esserci difficoltà nel raggiungerli. Ma anche dell’autorimessa di via Genova, di proprietà della Fondazione CRTrieste e gestita dall’Aci, attualmente raggiungibile proprio da via Cassa di risparmio. «Nulla vieta di pedonalizzare via Cassa di Risparmio, ma immagino che il progetto del Comune - dice Paolo Santangelo, segretario generale della Fondazione - consentirà l’accesso delle automobili alla nostra autorimessa».
IL PROGETTO. Senza un percorso alternativo, infatti, i 50 posti auto (quasi sempre esauriti) diventerebbero inservibili. Allo stesso tempo potrebbero sorgere delle difficoltà per il palazzo della Fincantieri che, sempre in via Genova, conta su un’area di carico e scarico. «Il nostro disagio potrebbe manifestarsi - è il messaggio della Fincantieri - nel caso il progetto prevedesse un divieto tassativo d’accesso per le automobili in via Genova».
LE ALTERNATIVE. La pedonalizzazione di via Cassa di risparmio dovrebbe in realtà lasciare inalterata via Genova, con la possibilità di accedervi da via Roma, scendendo verso le Rive oppure salendo in direzione via San Spiridione. Un provvedimento che, di fatto, cancellarebbe in quel punto la Ztl (Zona a traffico limitato). Altro passaggio da portare in aula.
L’AUTORIMESSA. Una soluzione che dovrebbe quindi permettere all’autorimessa della Fondazione CRTrieste di sopravvivere, mentre sparirà in via Genova la zona riservata alla Fincantieri. Un passaggio interno al palazzo che insiste anche sulle Rive e via Mazzini, fanno sapere dal Comune, dovrebbe garantire all’azienda una valida alternativa.
IL TAGLIO. Nessuna speranza, invece, per gli stalli a rotazione di via Cassa di risparmio. Sono destinati a scomparire i 40 posti auto che, oltre ad essere sempre occupati, fruttano ogni anno 160mila euro all’Agenzia per la mobilità territoriale. In altre parole al Comune, visto che l’Amt spa è controllata all’87,4 per cento dall’amministrazione di piazza Unità.
LE CRITICHE. Una scelta che non sembra piacere ai banchi dell’opposizione. «La pedonalizzazione di via Cassa di Risparmio non ha ragione - dice Fabio Omero, capogruppo del Partito democratico in Consiglio comunale - perché andrà a creare problemi nella ricerca di un posto auto in un’area avara di spazi. A maggior ragione dopo la bocciatura in aula del park Audace (da realizzare proprio sulle Rive ndr)».
GLI STALLI. È la prima dichiarazione di voto contro il provvedimento, annunciato dall’assessore ai Lavori pubblici Franco Bandelli, che piace al sindaco Roberto Dipiazza. Ma fa storcere il naso alla stessa Amt che, sempre nel 2009, andrà a perdere altri 40 stalli per la riqualificazione di Ponterosso che tornerà alla sola funzione di piazza. La riduzione complessiva si assesterà dunque attorno ai 100 stalli, compresi quelli nel tratto di via Genova fra piazza Ponterosso e via Cassa di risparmio.
LA LETTERA. Non a caso il presidente di Amt ha inviato al Comune una serie di lettere che descrivono gli scenari futuri. «Immagino che alla pedonalizzazione di via Cassa di Risparmio - dice Rocco Lobianco- seguirà una pianificazione seria e complessiva del traffico. Tenendo anche conto di come verranno a mancare parcheggi a rotazione e, alla nostra società, un indotto di oltre 200mila euro. Minori introiti che si ripercuoteranno sul bilancio».
IL PONTE. Assieme ai posti auto a rotazione saranno cancellati anche quelli per le due ruote, nell’ultimo tratto di via Cassa di risparmio, per fare posto alla costruzione del ponte sul Canal grande che consentirà un collegamento diretto con via Trento. A sua volta pedonalizzata fino a via Machiavelli, sacrificando altri stalli per motorini e parcheggi. Ma se la pedonalizzazione dovesse proseguire sull’intera via Trento, anche il garage Generali potrebbe esserne interessato.
LA REPLICA. «E dove sta la novità di quello che dice Omero? Lo sappiamo che è innamorato del Piano Camus (il documento sul traffico di cui la giunta Dipiazza accoglierà solo una parte, ndr). Questa sinistra inesistente è pronta a dire solo di no - replica Bandelli - e a definire la pedonalizzazione di via Cassa di Risparmio come il collegamento fra due locali (all’altezza di piazza della Borsa, ndr). A Lobianco dico che non comandano le strisce blu: la città va avanti. E gli ricordo che come Amt andrà a gestire il parcheggio riservato ai camper».
LA POLEMICA. Una serie di stoccate trasversali in cui si inserisce Maurizio Ferrara, capogruppo della Lista Dipiazza, pronto a sottolineare come sia opportuno che ogni assessore «si esprima sulle propria deleghe». Traduzione: l’Urbanistica appartiene a Dipiazza e non a Bandelli. «Tutto dovrà passare in Consiglio comunale e quindi bisogna aspettare il progetto definitivo, anche perché mi pare che molti politici non conoscono né il piano Camus né quello Honsell».
IL PROVVEDIMENTO. Un riferimento preso al volo da Omero che, citando il piano del traffico in vigore, ricorda come la prima parte di via Einaudi fino a piazza Verdi è «strada locale di accesso a siti pubblici» e fino a piazza della Borsa «corsia dedicata al trasporto pubblico», mentre la stessa via Genova è dalle Rive fino a via Cassa di risparmio «strada locale attrezzata a parcometri» e poi tutta «area pedonale o a traffico pedonale privilegiato».
L’AULA. Anche in questo caso «qualsiasi decisione in contrasto con il Pgtu in vigore - dice il capogruppo del Pd - è da ritenersi illegittima, oltre a essere una esautorazione del ruolo del Consiglio comunale».
PIETRO COMELLI

 

Ferriera, raccolta di firme tra i lavoratori «Denunciamo chi lancia falsi allarmi» - INIZIATIVA GIUDIZIARIA DEGLI OPERAI

Il via entro la settimana. Nel mirino anche la mozione del leghista Fedriga - «Da 5 anni politici e associazioni diffondono notizie esagerate. E noi ci sentiamo minacciati»
Un nuovo fronte sta per aprirsi nella guerra politico-giudiziaria che da anni coinvolge la Ferriera, i dipendenti della società Lucchini-Severstal e la popolazione dei rioni adiacenti allo stabilimento siderurgico. L’iniziativa è dei delegati di Uil e Cisl all’interno della Rappresentanza sindacale unitaria.
«Inizieremo entro questa settimana a raccogliere le firme di adesione a una denuncia- querela predisposta dai nostri avvocati. Poi la presenteremo alla Procura della Repubblica» spiega Franco Palman, delegato Uil nella Rsu. L’iniziativa giudiziaria parte proprio dal suo sindacato. «Come operai ci sentiamo da tempo minacciati. Rischiamo il posto di lavoro perché da almeno cinque anni politici irresponsabili e leader di minuscole associazioni rionali, diffondono notizie esagerate o palesemente fasulle sullo stabilimento in cui lavoriamo. Qualcuno come il deputato leghista Massimiliano Fedriga le riprende e ne fa una mozione parlamentare. che di fatto assomiglia a un ultimatum. Il proliferare di simili iniziative, a nostro giudizio, turba l’ordine pubblico e la serena convivenza nel mondo del lavoro. Ecco perché riteniamo giusto attivare la magistratura. La situazione è difficile e di fronte ad iniziative che spesso si commentano da sè, non possiamo più stare zitti. Inerti. Tutti i sindacati rappresentati all’interno della Ferriera sono ovviamente invitati ad aderire alla raccolta di firme. Qui non si tratta più di attribuirsi la medaglia d’oro del più bravo, ma di reagire alle troppe parole in libertà che dal 2003 avvelenano e condizionano il clima politico cittadino mentre noi e le nostre famiglie viviamo nell’insicurezza e nella precarietà. Se lo stabilimento deve essere riconvertito dicano con chiarezza come intendono farlo e soprattutto con quali soldi. A noi risulta che ne siano disponibili molto pochi e del tutto insufficienti a realizzare nuovi progetti. Oggi alla Ferriera lavoriamo in 545 come dipendenti. Altre centinaia di famiglie dipendono dall’indotto. Non ci stiamo più a questi giochi. Alle voci, alle interpretazioni,e alle estrapolazioni dei dati, agli annunci di chiusura fatti solo per acquisire facili consensi.. Il dibattito è sacrosanto, ma la diffusione di notizie create ad arte, no. ecco perché la magistratura inquirente sarà investita di questo problema. Il dossier su ciò che è accaduto di strano dal 2003 e già pronto. Con le firme che raccoglieremo nei prossimi gironi il cerchio si chiude. Spero che non si spari più nel mucchio».
Enzo Timeo, segretario provinciale dei metalmeccanici della Uil, mette a fuoco ulteriormente l’iniziativa. «Tutto è nato nell’ambito del dibattito apertosi nella Rsu della ferriera che si era riunita per valutare il ’report dei cento giorni” presentato dall’assessore regionale al lavoro Alessia Rosolen. La situazione economica generale sta cambiando. Da tempo molti giovani triestini anche diplomati si presentano alla ferriera chiedendo di essere assunti. Sono disponibili a lavorare all’altoforno e alla cokeria. Due anni fa questo era impensabile. Quei posti venivano coperti da immigrati...»
CLAUDIO ERNE’

 

 

Un patto regionale per tutelare l’ambiente  - Proposta avanzata a Trieste durante l’ottavo «Convegno meteo»  - Il livello del mare sale di 1 mm l’anno

Le mutazioni già in atto, se non rallentate, possono causare gravi danni alla qualità della vita
L’OBIETTIVO È PREVEDERE GLI EFFETTI DEGLI ATTUALI CAMBIAMENTI
TRIESTE Un tavolo regionale sul clima e sul mare che cambiano per prevedere al meglio gli effetti degli attuali cambiamenti climatici, anche a livello locale, per i prossimi 10 anni. La proposta, stilata ieri a Trieste a margine dell’ottavo «Convegno meteo» organizzato dall'Unione meteorologica del Friuli Venezia Giulia, dovrebbe coinvolgere non solo scienziati ma anche rappresentanti delle autorità locali o imprenditori.
Tra le prime priorità, la stipula di un possibile patto sul clima per canalizzare anche investimenti verso tecnologie pulite ed efficienti. «Un gruppo di lavoro simile potrebbe aiutarci ad affrontare meglio il futuro - ha commentato Renato Colucci, presidente dell’Unione – visto che nel gruppo alcuni esperti potrebbero presentare, alla presenza delle autorità, le loro idee sulle azioni necessarie nel settore (per esempio emissioni di gas serra, a cominciare dalla CO2, ndr.)». Il tutto partendo da uno scenario che indica chiaramente come i cambiamenti climatici già in atto, se non venissero rallentati e fermati, potrebbero causare danni davvero gravi all'economia e mettere in discussione la nostra qualità della vita.
Secondo alcuni esperti presenti al convegno di Trieste, la proposta del tavolo «sul clima» ha un significato particolare poiché avviene qualche giorno dopo la feroce polemica tra Italia e Unione europea sugli interventi per contenere le emissioni di anidride carbonica, nel corso dei quali Roma ha proposto di congelare la discussione per dodici mesi. Tra i meteorologici c’è anche chi non usa mezzi termini sulle reazioni del ministro per la Pubblica amministrazione e l’Innovazione, Renato Brunetta, secondo il quale il piano Ue è una follia per le imprese e per i Paesi. «L’Italia – aveva dichiarato Brunetta - ha fatto bene a rallentare i processi decisionali, anche perchè sarebbero costati dieci miliardi di euro in più al 2020. Noi vogliamo un ambiente pulito. Vogliamo controlli di tipo ambientale che non uccidano le nostre imprese e le nostre famiglie». Secondo molti scienziati, invece, le dichiarazioni di Brunetta mostrano che comunque il mondo politico non ha preso consapevolezza del fatto che solo l’energia pulita, unita all’uso efficiente e alla fine dello spreco di energia, porterà benefici che supereranno i costi.
È ormai ben noto da tempo, anche ai non addetti ai lavori, il rischio ambientale legato a una possibile accelerazione dei cambiamenti climatici in atto a livello planetario. «Nel nostro caso, nel Friuli Venezia Giulia e in generale su tutte le coste dell'Adriatico settentrionale - ha notato Renato Colucci - uno dei rischi è legato proprio agli effetti che tali variazioni potrebbero produrre sul mare (Golfo di Trieste e Mare Adriatico, ndr) e sulle linee di costa (innalzamento del livello marino di 1 millimetro l’anno ed erosione costiera, ndr). I rischi sarebbero direttamente connessi all’aumento della temperatura dell’acqua e, quindi, dell’incidenza di questo parametro fisico sulla fauna ittica e sulla flora pelagica, ed alla fusione dei ghiacci terrestri (Antartide, Groenlandia e Ghiacciai alpini). E, quindi, a un possibile innalzamento del livello marino».
Gabriela Preda
 

 

Avifauna: è mutato l’orologio biologico  - ALLARME DEGLI ESPERTI

ROMA A causa dei mutamenti climatici, l'orologio biologico del grande popolo migratore è cambiato. Negli ultimi 30 anni, infatti, il complesso degli uccelli che in inverno si trovano a sud del Sahara e decidono in primavera di partire verso nord a nidificare (in particolare in Europa) ha anticipato la partenza almeno di un giorno ogni 3 anni. Quindi, in tutto circa dieci giorni.
Non tutti, però, riescono a tenere il passo con la velocità con cui si modificano le stagioni e per qualcuno, come la balia nera (piccolo insettivoro di appena 11 grammi) si è registrato un crollo delle popolazioni. Conferme del cambio di calendario dei migratori arrivano dai dati del progetto di studio e monitoraggio «Piccole isole», pensato e coordinato dal Centro di inanellamento italiano e attivo in sette Paesi del Mediterraneo con una rete di 40 stazioni. Come Ventotene, dove gli uccelli migratori vengono «inanellati», identificati e contati.
«In 21 anni di lavoro, con il coinvolgimento di 700 volontari - spiega Fernando Spina, dirigente di ricerca dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) - abbiamo inanellato e monitorato 800mila esemplari. I dati della serie più lunga, dell'isola di Capri, hanno confermato la partenza anticipata, tra uno e due giorni ogni cinque anni, di una specie come la balia nera dalle aree di svernamento a sud del Sahara in primavera».
L'Olanda costituisce la destinazione di questa specie, mentre il Mediterraneo è una «fermata» di passaggio. «Abbiamo potuto confermare che gli esemplari non effettuano un volo più rapido, ma effettivamente hanno anticipato il loro viaggio». In natura più che mai, infatti, vige la legge del «chi arriva prima meglio alloggia» e, evidentemente, questi animali non sono riusciti ad adattarsi in tempo alla velocità del cambiamento del clima.
 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 19 ottobre 2008 

 

 

Un Comitato del no per i rigassificatori  - PROPOSTA DEI VERDI  - Si chiede il coinvolgimento dei paesi vicini. «Appello che non ha colore politico»

MUGGIA La costituzione del «Comitato per il no» ai rigassificatori nel golfo. A proporla è la Federazione dei Verdi di Muggia intervenendo con una nota a firma del presidente provinciale, Giorgio Millo, e del portavoce, Giorgio Della Valle, sul tema dibattuto in un incontro pubblico alla sala Millo. L’incontro era stato promosso dai Comuni di Muggia e di San Dorligo della Valle-Dolina con la sezione Wwf di Trieste e i Circoli Legambiente di Muggia e Trieste. Vi avevano preso parte i sindaci di Muggia, Nerio Nesladek, di San Dorligo-Dolina, Fulvia Premolin, e di Capodistria, Boris Popovic.
«I Verdi di Muggia – si legge in una nota – si dichiarano concordi con la posizione espressa dal sindaco di Capodistria e dal sottosegretario di Stato sloveno nel ribadire che la progettualità della gestione del territorio deve essere condiviso con i paesi limitrofi, e che pertanto anche le problematiche energetiche e le scelte di impianti ad esse correlate è bene che diventino argomento di valutazione politica allargata e non di confronto limitato al solo ambito locale».
I Verdi propongono la formazione di un «comitato unitario per dire no al rigassificatore che comprenda più soggetti possibili sia istituzionali, che associazioni ambientaliste, comitati, e partiti, passando da singoli cittadini che non si identificano in nessuna di queste categorie, da personalità di pregio nel campo culturale, economico e scientifico, escludendo scelte di campo preconcette quali destra o sinistra, in quanto l’ubicazione dell’impianto e le possibili conseguenze negative non guarderebbero certamente al colore politico di chi andrebbe a raggiungere. Muggia – proseguono i due rappresentanti dei Verdi - nel suo recente passato ha già dato prova di sapersi opporre con fermezza, determinazione e intelligenza, a progetti nefasti quali la centrale a carbone e i depositi di Gpl».
Gianfranco Terzoli
 

 

Rifiuti in Slovenia, sequestrati 14 camion  - La società è dell’imprenditore già indagato per la discarica allo Scalo Legnami

LE INDAGINI DELLA GUARDIA DI FINANZA HANNO SMASCHERATO IL TRAFFICO
«Siete di nuovo qui, nella sede della mia ditta?»
Con queste stupite parole Cataldo Marinaro, un piccolo imprenditore del settore rifiuti, ha accolto nel suo ufficio gli investigatori della Guardia di Finanza. Gli uomini del Gico - il Gruppo investigativo sulla criminalità organizzata - un attimo dopo hanno notificato allo stupito imprenditore il sequestro preventivo di tutti i quattordici camion della sua società. Nei loro cassoni sono stati trasportati illegalmente in Slovenia, secondo l’inchiesta diretta dal pm Maddalena Chergia, centinaia di metri cubi di rifiuti speciali.
In dettaglio fanghi scavati dal mare per consentire la realizzazione di una darsena. Avrebbero dovuto essere trattati, come prevede la legge, in una apposita area autorizzata con tutti i costi che questa operazione comporta. Sono invece finiti in una cava abbandonata nei pressi di Nova Gorica, grazie alla accondiscendenza del proprietario. Se sia stato pagato o abbia lavorato gratis, lo dovranno accertare le autorità giudiziarie della vicina repubblica.
Cataldo Marinaro, originario di Cirò Marina, in provincia di Crotone, è già indagato da mesi per la gestione abusiva della discarica realizzata nei pressi dello Scalo legnami di Trieste. Questa discarica, anch’essa finita sotto sequestro per iniziativa del pm Maddalena Chergia, era gestita dalla Isp Riciclati srl di Monfalcone. Due i soci, lo stesso Cataldo Marinaro e Diego Romanese. La nuova indagine coinvolge un’altra ditta e il solo Marinaro.
Ma andiamo con ordine. L’inchiesta che ha portato al sequestro dei quattordici camion e quella sulla discarica abusiva, seppure distinte, fanno parte dello stesso fascicolo aperto da mesi alla Procura di Trieste. Tutta l’attività di smaltimento rifiuti gestita da Cataldo Marinaro in questo periodo, è stata costantemente «monitorata»» dagli investigatori del Gico di Trieste. Un primo risultato è arrivato a giugno, quando i finanziari hanno bloccato al valico goriziano di Sant’Andrea due camion carichi di fanghi diretti in Slovenia e privi dei documenti di autorizzazione all’esportazione. Da questo primo sequestro risalire all’origine dei fanghi e alla ditta ora finita nei guai, non è stato difficile. I fanghi provenivano dallo scavo di una darsena in via di realizzazione accanto alla sede della Canottieri Timavo di Monfalcone, completamente estranea a queste attività finite nei mirino degli investigatori.
La Procura e i finanzieri hanno indagato ancora e pochi giorni fa il pm Maddalena Chergia ha chiesto il sequestro preventivo di tutti i camion della nuova ditta di Cataldo Marinaro. Il giudice Massimo Tomassini ha detto «sì» alla richiesta e i militari hanno notificato il blocco nella sede della società. «Siete di nuovo qui, negli uffici della mia ditta?»
A maggio era accaduto qualcosa di molto simile. I militari si erano presentati nella sede della Isp riciclati srl a Monfalcone, in via Timavo 69/8, e avevano sequestrato numerosa documentazione che con clamorosi vuoti, attestava l’irregolarità della gestione della discarica dello scalo legnami. Secondo le autorizzazioni in quei ventimila metri quadrati di terreno avrebbero dovuto essere depositati per un tempo limitato pietre e calcinacci destinati a essere miscelati e usati per lavori marittimi sulle dighe che proteggono il vallone di Muggia o sul Mose di Venezia.
«Invece nel sito - come ha scritto il giudice Massimo Tomassini che ha concesso i due sequestri richiesti dalla Procura-sono stati depositati grandi quantitativi di rifiuti di vario genere e natura». Questi rifiuti in parte erano finiti anche in mare, estendendo di fatto la superficie della discarica».
L’inchiesta ha anche documentato con fotografie e filmati le centinaia di viaggi effettuati da camion che appartenevano alla ditta Bruno Costruzioni e ad padroncini. «L’attività investigativa- si legge nel rapporto che il Gico aveva inviato alla Procura nella scorsa primavera- ha consentito di verificare un continuo flusso di automezzi con materiale proveniente da demolizioni e scavi come quelli riconducibili alla ditta Bruno Costruzioni. La stessa ditta aveva realizzato su incarico del Comune la ristrutturazione delle rive, rimuovendo tutto l’asfalto dalle carreggiate. Secondo l’inchiesta tutti questi rifiuti bituminosi sono finiti nella discarica dello Scalo legnami.
Chiusa questa discarica per intervento della magistratura, secondo l’ipotesi investigativa, potrebbe essere stata potenziata l’attività di esportazione illegale di rifiuti in Slovenia.
Viene da chiedersi ad esempio perché l’autista di uno dei camion bloccati al valico di Sant’Andrea con il cassone pieno di fanghi, abbia esibito ai finanzieri un documento ufficiale con tanto di timbri e firme, scritto in lingua slovena. Avrebbe dovuto attestare la regolarità dell’esportazione dei rifiuti speciali. Al contrario, come hanno accertato i finanzieri dopo la traduzione, il contenuto era diverso. Anzi opposto. Era una diffida delle Autorità slovene a rimuovere i fanghi depositati nella cava di Nova Gorica.
Ora gli investigatori al di qua e al di là della frontiera, cercano di definire l’ampiezza del nuovo fenomeno dell’esportazione di rifiuti dall’Italia verso le doline, le cave e le grotte situate in Slovenia. C’è il rischio che quanto di tossico finiva un tempo dal Nord Italia in Campania, oggi cerchi nuove strade all’estero per essere interrato abusivamente.
CLAUDIO ERNÈ

 

 

Avifauna protetta: progetto europeo - In Croazia e Slovenia saranno investiti circa 620mila euro

FIUME È stato denominato «Gli uccelli non conoscono confini» il progetto congiunto croato-sloveno, candidato ai finanziamenti dell’Unione europea, che richiede investimenti per un valore complessivo di 620mila euro. La metà di tale somma sarà investita nei prossimi tre anni in Croazia. L’iniziativa, inoltre, sarà supportata anche dalla Contea litoraneo-montana con altri 52mila euro. Lo ha deciso ieri la giunta regionale riunitasi a Fiume. Il progetto si prefigge la tutela degli uccelli migratori ma saranno svolte ricerche riguardanti i territori paludosi mediterranei, come per esempio quello nei pressi di Njivice sull’isola di Veglia. In queste terre, nel 2007, erano state «anellate» 159 specie di uccelli migratori. Partner del progetto saranno l’ente pubblico «Priroda» («Natura»), il Museo di scienze naturali di Fiume, il Centro per lo sviluppo sostenibile delle isole altoadriatiche e l’agenzia regionale «Porin».
(v.b.)

 

 

Gli effetti dei mutamenti climatici sul mare e sulle coste della regione  - UNIONE METEOROLOGICA A CONVEGNO

l I comunicati devono arrivare in redazione via fax (040 3733209 e 040 3733290) almeno tre giorni prima della pubblicazione.
l Devono essere battuti a macchina, firmati e avere un recapito telefonico (fisso o cellulare).
l Non si garantisce la pubblicazione dei comunicati lunghi.
«Clima che cambia, mare che cambia». È questo il titolo del convegno - il settimo - che l’Unione meteorologica del Friuli Venezia Giulia (Umfvg) onlus presieduta da Renato Colucci organizza oggi, dalle 10 alle 17.30, nella sala conferenze della Scuola interpreti di via Filzi 14.
È ormai noto anche ai non addetti ai lavori il rischio ambientale legato a una possibile e verosimile accelerazione dei cambiamenti climatici in atto a livello planetario. Nella nostra regione - come ricorda in una nota l’Umfvg - «uno dei rischi maggiori è legato proprio agli effetti che tali cambiamenti climatici potrebbero produrre sul mare (golfo di Trieste e Adriatico) e sulle coste regionali (innalzamento del livello marino, erosione costiera)». E questo a causa «essenzialmente dell'aumento della temperatura dell'acqua, e quindi dell'incidenza di questo parametro fisico sulla fauna ittica e sulla flora pelagica, e della fusione dei ghiacci terrestri», dall’Antartide alla Groenlandia ai ghiacciai alpini.
In questo senso l'azione della Umfvg vuole essere quella di informare al meglio la popolazione in merito al grado di possibilità che questi fenomeni possano verificarsi, alla luce delle attuali conoscenze scientifiche disponibili nel panorama della ricerca italiana ed internazionale.
Il convegno, che vedrà la partecipazione di varie istituzioni scientifiche italiane (Cnr, Enea, Ogs, Arpa) ed estere, sarà coordinato da Fabio Pagan, giornalista e vicedirettore del master in comunicazione della scienza alla Sissa, nonché tra i conduttori di «Radio3 Scienza».
 

 

 

 

ILTUONO - SABATO, 18 ottobre 2008 

 

 

Rigassificatori: sarebbe ora che intervenisse la magistratura.

Il dibattito sul tema "Rigassificatore di Zaule" si incendia e le associazioni ambientaliste continuano a dirsi contrarie.

 

IL PICCOLO - SABATO, 18 ottobre 2008 

 

 

«No al rigassificatore» con Capodistria  - Il sindaco della città slovena si allea nella protesta con Muggia e San Dorligo - ASSEMBLEA PUBBLICA DEL FRONTE DEI CONTRARI
 

 

Ribadiscono il loro fermo «no» al progetto del rigassificatore di Zaule. E prospettano eventuali azioni legali, nuovi studi sul rischio ambientale commissionati a enti specializzati e raccolte firme per esercitare un pressing transfrontaliero anti-impianto. I comuni di Muggia e San Dorligo della Valle non sono da soli: al loro fianco scende in campo anche quello di Capodistria.
«La nostra posizione continua ad essere di totale contrarietà sia al rigassificatore a mare che a quello nella zona di Zaule - ha sottolineato ieri il sindaco di Capodistria, Boris Popovic, nell’ambito dell’incontro organizzato alla sala Millo di Muggia -. Sono stati fatti tanti sbagli in passato, da noi in Slovenia come qui in Italia: basta pensare alla Ferriera di Servola. Non ripetiamoli». Il primo cittadino capodistriano, confermando l’identità di vedute di tutto il suo consiglio comunale, non risparmia poi un doppio attacco alla Regione Friuli Venezia Giulia: «Illy non ci ha neanche avvisati, all’epoca, riguardo al progetto di Gas Natural. L’ho saputo dai giornali. Anche Tondo, poi, mi ha deluso, bocciando sì l’ipotesi della collocazione in mezzo al mare, ma dando luce verde a quello a terra».
Intervenuto all’affollato dibattito, il sottosegretario di Stato sloveno, Marko Starman, ha puntualizzato come «si sia già tenuto l’ultimo tavolo tecnico fra Italia e Slovenia. A fine mese verrà prodotto un documento che illustrerà ancora gli aspetti nocivi per tutto il territorio, derivanti dalla presenza di un impianto».
Dure critiche all’iter amministrativo che ha portato alla valutazione positiva della commissione «Via» sul progetto Gas Natural (per il quale devono ora pronunciarsi i ministeri dell’Ambiente e dei Beni culturali) sono giunte dal responsabile regionale territorio ed energia del Wwf, Dario Predonzan. Il geologo Livio Sirovich ha messo in dubbio la validità dell’indagine di impatto ambientale e cosiddetto «effetto domino» consegnata da Gas Natural alla Regione, giudicandola «falsificata».
Lino Santoro, presidente del circolo Verdeazzurro di Legambiente, ha messo in allerta i presenti sui rischi derivanti dalla dispersione di gas e formazione di una nube fredda anche letale per l’uomo.
«Da amministratori pubblici - ha chiuso quindi il sindaco di Muggia, Nerio Nesladek - abbiamo il dovere di verificare subito l’opportunità di intraprendere azioni legali per chiarire la validità delle documentazioni in possesso di Regione e Ministero. Inoltre, ci faremo promotori di un nuovo studio approfondito sui rischi ambientali con uno degli enti di ricerca del territorio. Inoltre, da San Dorligo a Muggia e coinvolgendo ancora Pirano, Isola e Capodistria potremmo far partire una raccolta di firme che avrà valore transfrontaliero». Come Nesladek, anche il sindaco di San Dorligo della Valle, Fulvia Premolin aveva ricordato che il suo consiglio comunale si era espresso più volte «per il no al rigassificatore».
 (m.u.)

 

 

CONVEGNO SUI RIFIUTI  - Materiali per produrre cemento dai residui del termovalorizzatore

AcegasAps ha presentato al Comune il progetto per un impianto di «lavaggio» delle ceneri prodotte dal termovalorizzatore di via Errera. L’impianto, destinato anche al trattamento dei terreni del Sito inquinato, permetterà di ridurre dell’80% la quantità di ceneri (35 mila tonnellate annue) che ora devono essere trasportate nelle discariche, con un costo di circa 1,8 milioni di euro l’anno.
Di questo progetto, che ha già ricevuto un parere positivo dalla giunta comunale e che potrebbe entrare in funzione fra due, tre anni, ne ha parlato l’assessore allo Sviluppo economico, Paolo Rovis, al convegno «Rifiuti, che fare?», organizzato dal «Club della Repubblica» al palazzo della Marineria e moderato dall’avv. Sergio Pacor.
«L’impianto – ha spiegato Rovis – sarà posto a valle del termovalorizzatore e permetterà di ricavare materiali destinati all’industria cementizia. E’ un impianto che costa, ma che si sostiene economicamente grazie al risparmio sui costi di trasporto delle ceneri in discarica».
Il tema della separazione dalle ceneri di materiali «utili» è emerso anche nell’intervento del prof. Paolo Bevilacqua, associato di Ingegneria delle materie prime alla nostra università, che ha partecipato all’elaborazione di un progetto, capeggiato dall’ex municipalizzata di Brescia (ora A2A, dopo la fusione con Milano), per separare metalli e altri materiali dalle ceneri pesanti.
L’impianto, del costo di 36 milioni, sarà in grado di trattare 250 mila tonnellate di ceneri all’anno. «Il sistema è già stato testato in laboratorio – ha spiegato Bevilacqua – e potrà partire nel 2010. Dal trattamento delle ceneri si ricaverano materiali per l’industria cementizia, aggregati per la preparazione del calcestruzzo e inerti per il riempimento di rilevati stradali».
E’ stata però la raccolta differenziata il tema ricorrente dell’incontro, che ha visto l’assessore Rovis sottolineare che «anche se a Trieste si differenzia meno che in altri luoghi, l’assenza di discariche nel nostro territorio indica che non lo gestiamo male». E contestando le classifiche sulle località più o meno virtuose in tema di raccolta differenziata, Rovis ha aggiunto che «altre province, dove la differenziata raggiunge quote maggiori, mandano però in discarica grandi quantità di rifiuti indifferenziati».
Un netto sostegno alla raccolta differenziata è venuto dal prof. Carlo Merli, triestino, docente di Tecnologie ambientali alla Sapienza di Roma e componente della commissione Bertolaso per i rifiuti della Campania. «Sono assolutamente favorevole alla differenziata – ha affermato – perchè più un materiale rimane nel ciclo del riutilizzo meno inquina. Nessuno dei materiali raccolti copre i costi, ma la raccolta è comunque conveniente perchè si evita che finiscano in discarica, risparmiando quindi sui costi di trasporto e smaltimento».
Sottolineando che non esistono ricette uniche per risolvere il problema rifiuti, ma che ogni situazione rappresenta un caso a sè, Merli ha poi ammonito che «spingendo a livelli elevati la raccolta differenziata si arriva a un punto oltre il quale l’inquinamento indotto sale rispetto a quello evitato. Va quindi trovato un mix fra incenerimento, riciclaggio e discarica».
(gi. pa.)

 

Ferriera, la Fiom-Cgil ritira l’appoggio al Report della Regione: «Tra le pagine nulla di concreto»

Si spacca il fronte sindacale sul «Report dei cento giorni» presentato alle Rsu della Ferriera dall'assessore al Lavoro Alessia Rosolen. Durante la relazione presentata all'assemblea dei lavoratori avvenuta ieri, infatti, la Fiom-Cgil ha ritirato il suo appoggio al documento.
Le altre sigle, invece, hanno confermato il loro «sì» pur con tutte le riserve del caso, già espresse in precedenza. E, in più, hanno anche deciso per un'azione dimostrativa, ovvero la querela contro chi, nel corso degli anni, a loro giudizio «ha diffuso notizie false e tendenziose con la finalità di turbare l'ordine pubblico e la serena convivenza nel mondo del lavoro». La Fiom-Cgil, almeno al momento, non ha aderito all'azione, anche se da parte di Fim-Cisl e Uilm rimane l'apertura a chiunque voglia partecipare. Ma le critiche maggiori, da parte della Rsu Cgil, sono state proprio per il Report. «Siamo assolutamente contrari a qualsiasi ipotesi di ricollocamento – spiega Tiziano Scozzi (Fiom) – specie con uno studio che già nomina ammortizzatori sociali,senza presentare nulla di concreto. Per quanto ci riguarda, quindi, il tavolo di lavoro politico finisce qui: eventualmente riprenderemo il discorso in un tavolo tecnico». Gli stessi dubbi vengono espressi da Antonio Saulle (Fiom). «Lo studio dell'ingegner Gambardella era giunto alla conclusione che non si può pensare di chiudere e contemporaneamente rioccupare il personale, lo studio proposto dall'assessore Rosolen dà per acquisita la chiusura e si concentra, senza indicarli, sui tempi di reimpiego».
Con ipotesi, secondo la Fiom, alquanto labili. «Piattaforma logistica dal costo previsto di 278 milioni di cui disponibili solo 78, rigassificatore la cui realizzazione prevede tre anni con un'occupazione di 500 lavoratori, bonifiche legate alla dismissione dell'impianto». Ma gli stessi lavoratori hanno deciso di entrare in campo. Lo fanno con un'azione dimostrativa e simbolica, che però riveste un significato molto importante. «I lavoratori dello stabilimento – spiegano Umberto Salvaneschi (Fim) e Franco Palma (Uilm) – non si sentono più sostenuti dalla città, soprattutto nelle sue componenti politiche». Questo stato di cose, secondo le Rsu, ha anche conseguenza pratiche, perchè i lavoratori non sono più in grado di progettare il loro futuro e hanno difficoltà a programmare la loro vita, anche familiare. «Si è creata l'assurda situazione di lavoratori ai quali viene negata la dignità del lavoro perchè è più importante il 'gioco politico' che si è attorcigliato negli anni attorno alla Ferriera» denunciano le Rsu. Ecco quindi l'idea di un'azione dimostrativa. Fim e Uilm hanno proposto nel corso dell'assemblea «trovando convinta adesione da parte di moltissimi lavoratori» di chiedere «che sia l'autorità giudiziaria a valutare se dietro propagarsi di notizie, voci, diffusione di dati falsi o contraddittori ci sia un disegno per creare allarme sociale». Nei prossimi giorni le Rsu inizieranno una raccolta di firme per inviare l'esposto alla magistratura.
ELENA ORSI

 

 

URBANISTICA  - Piazza Libertà

Venerdì 3 ottobre partecipavo all'assemblea pubblica indetta dall'Associazione per la difesa di Opicina su «Quale futuro per Opicina».
L'ing. Sasco, responsabile del Comune per la commissione urbanistica e ambiente, e un'architetta appartenente a «Ingegneria senza frontiere», hanno fatto una larga introduzione in cui spiegavano, ognuno per la sua parte, cosa si deve fare affinché una città e/o un borgo conservino la loro identità e come in qualunque intervento debba essere coinvolta la popolazione, come è stato fatto da Ingegneria senza frontiere a Quito, in Ecuador, per esempio. Siamo stati anche intrattenuti sul valore di un fantasma qual è l'Agenda 21...
Ho chiesto tre cose a Sasco: come può essere che vada avanti, con il suo voto, un progetto che rinnega tutti i valori da lui enunciati con passione; 2) come mai, quanto a partecipazione, il signor sindaco dice che si fa un baffo delle 10mila firme raccolte contro la «dequalificazione» di piazza Libertà; 3) come mai il progetto sia stato reso «materialmente visibile» alla cittadinanza solo dopo la firma della delibera, il 29 maggio 2008 (quando se ne parlava già da prima di Natale).
Mi ha risposto che è colpa di Boniciolli che ha negato la bretella... Si può rinunciare a tutto ciò in cui si crede per una bretella? Speriamo che «Ingegneria senza frontiere», oltre che della città di Quito in Ecuador, si occupi anche di Trieste in Italia.
Mariangela Barbiero
 

 

 

 

LA REPUBBLICA - VENERDI', 17 ottobre 2008 

 

 

Clima, la Ue contesta l'Italia - Dura contestazione del commissario all'ambiente sui veti al piano: "Stime sproporzionate"


Il leader Pd: "Esecutivo irresponsabile. La crisi finanziaria non fermi l'impegno contro l'inquinamento" - Veltroni: "Il Governo ci isola"
BRUXELLES - A Bruxelles sono "allibiti": sul costo del pacchetto di misure europee per contenere l'effetto serra, l'Italia dà numeri sbagliati". Se Berlusconi ieri calcolava che il costo sarà di 18 miliardi all'anno (mercoledì erano 25 miliardi), per il commissario Ue all'ambiente Stavros Dimas, i costi sarebbero tra i 9,5 e i 12,3 miliardi. Anzi, per la Ue, "l'Italia è uno dei Paesi che probabilmente farà l'affare migliore" sul clima, anzichè subire uno svantaggio insopportabile.
"In Italia - ha detto il commissario - i numeri sono completamente al di fuori di ogni proporzione rispetto a quello che chiediamo ai Paesi di fare. Non so da dove vengono, ma non sono quelli che noi chiediamo", ha precisato il commissario.
E dall'opposizione, si alza la voce del leader del Pd Walter Veltroni che accusa il governo di "isolare il nostro paese dal nucleo storico dell'Unione europea. La drammatica crisi finanziaria di queste settimane non ferma i mutamenti climatici e dunque non può e non deve fermare l'impegno per arginarli".
Lapidario Ermete Realacci, ministro dell'Ambiente del governo ombra del Pd: "Come al solito, Berlusconi ci regala una pessima figura a livello internazionale".
 

IL PICCOLO - VENERDI', 17 ottobre 2008 

 

 

Gas Natural: ok da Roma entro fine mese  - IL PROGETTO DEL RIGASSIFICATORE A ZAULE

«Siamo fiduciosi, date tutte le garanzie al Ministero dei Beni culturali»
Menia: la Slovenia ragiona sul doppio impianto ma l’Italia pensa a uno solo. Oggi il fronte del «no» a Muggia

«Attendiamo la firma del decreto che riteniamo possa avvenire attorno alla fine di questo mese». Gas Natural, il colosso spagnolo promotore del progetto rigassificatore nell’area ex Esso di Zaule, non nasconde il proprio ottimismo. Attraverso le parole del responsabile delle relazioni esterne, Giuseppe Muscio, la società conferma di essere in continuo contatto con le stanze dei bottini a Roma: «Stiamo lavorando con il Ministero dei beni e le attività culturali, cioè crediamo di aver risposto in modo esaustivo alle loro richieste». Dopo il parere favorevole della Commissione «Via» (valutazione impatto ambientale), spetta ora infatti al dicastero del ministro Bondi, oltre che a quello di Stefania Prestigiacomo (Ambiente), dare l’assenso o meno all’operazione.
Gas Natural tenta quindi di superare quel «no» ribadito più volte dalla Soprintendenza locale, motivato da una consolidata volontà di salvaguardare la zona sul piano dell’impatto ambientale. «Essendo il paesaggio un bene tutelato dalla Carta costituzionale si ritiene non superabile il parere negativo già espresso», aveva sottolineato una volta di più il Soprintendente Monti un mese e mezzo fa.
Dovesse arrivare davvero in tempi brevi l’eventuale fumata bianca da Roma, i delegati iberici potrebbero fissare subito una nuova visita in città. «In effetti, penso che sarebbero previsti dei nuovi sopralluoghi. Con Trieste vogliamo stabilire un legame forte», dice ancora Muscio.
DA ROMA Il sottosegretario all’Ambiente, Roberto Menia, dal canto suo, si limita ad osservare come «sia necessario attendere l’esito dell’ultimo tavolo tecnico con la Slovenia che si terrà in questi giorni per avere novità». E, quanto ai dubbi manifestati dalla vicina Repubblica, osserva: «Sulle questioni di un possibile impatto ambientale transfrontaliero, legato secondo le autorità slovene alla realizzazione non solo del rigassificatore a Zaule ma anche di quello in mezzo al mare, dico che in questo momento si deve ragionare su un contesto singolo. E, quindi, riguarda il nostro territorio e basta. Visto che, in qualche modo, le aperture istituzionali esistono solo verso l’ipotesi dell’area ex Esso».
Sull’ottimismo di Gas Natural, Menia commenta infine: «Forse è motivato proprio dal fatto che a Roma sia stato fatto notare come il discorso in qualche modo riguardi solamente l’Italia».
VISITA L’amministratore delegato di Gas Natural, Rafael Villaseca, e il country manager per l’Italia Daniel Lopez Jordà si erano presentati per l’ultima volta in città a metà del luglio scorso. Avevano incontrato in municipio, fermandosi per quasi un’ora, il sindaco Roberto Dipiazza ed il suo vice Paris Lippi. A proposito dell’amministrazione comunale, nessuna novità emerge da piazza Unità sull’argomento.
IL FRONTE DEL NO Se da una parte Gas Natural confida in riscontri confortanti dalla capitale, dall’altra il fronte che si oppone al progetto continua la sua battaglia. Proprio questo pomeriggio alle 17, nella sala «Millo» a Muggia, si terrà un dibattito dal titolo «Rigassificatore di Trieste: le ragioni del no». L’incontro è stato organizzato dai comuni di Muggia e San Dorligo della Valle e vedrà intervenire i rispettivi sindaci, Nerio Nesladek e Fulvia Premolin, oltre che il primo cittadino di Capodistria, Boris Popovic. Le successive relazioni di Dario Predonzan (Wwf), Lino Santoro (Legambiente) e Livio Sirovich (Ogs) mireranno - secondo gli organizzatori - a fornire «un’adeguata informazione alla cittadinanza» e un «approfondimento sulle possibilità di reazione, eventualmente anche sul piano giudiziario».
RICERCHE Il tutto segue alla questione degli studi sull’«effetto domino», scaturita in un botta e risposta sulle pagine del Piccolo fra Fabio Bevilacqua, responsabile del lavoro firmato dal Consorzio Interuniversitario Nazionale per l’Ingegneria delle Georisorse (Cinigeo, cui hanno preso parte le Università di Bologna, Cagliari, Roma La Sapienza e Trieste), e Livio Sirovich, geologo e ricercatore dell’Ogs. Quest’ultimo aveva dichiarato come le uniche documentazioni in possesso della Regione fossero quelle contenute in un testo di 46 pagine che trattava solamente delle conseguenze di eventuali incidenti ed incendi esterni. Bevilacqua, però, aveva poi precisato di aver condotto una ricerca condotta su tre filoni sono: l’effetto domino da insediamenti industriali verso l’impianto di rigassificazione, quello verso gli insediamenti industriali e infine l’effetto domino dai pontili di attracco di impianti limitrofi verso l’impianto di rigassificazione e viceversa. Una posizione confermata anche da Gas Natural Italia.

(m.u.)
 

FERRIERA - Failms-Cisal: «Chiediamo garanzie serie sulla ricollocazione»

Interviene anche la Failms-Cisal sulla questione della chiusura della Ferriera, chiedendo «certezze occupazionali a tempo indeterminato» per tutti i lavoratori coinvolti in un possibile processo di ricollocazione. «E non parlo di promesse, ma di un testo scritto e firmato – spiega Luigi Pastore – che prevede il ricollocamento di tutti i dipendenti più l'indotto, ovvero mille lavoratori. Faccio presente ai politici che parliamo di famiglie monoreddito, spesso con un mutuo sulle spalle». Per cui la richiesta della Failms Cisal è che ognuno debba prendersi le proprie responsabilità. «Noi puntiamo ad avere le massime garanzie in vista del ricollocamento dei dipendenti continua Pastore - anche se visto come va l'economia a Trieste ho le mie perplessità». Proprio oggi, le Rsu aziendali hanno intanto in programma l'assemblea generale con tutti i lavoratori per illustrare loro la situazione dello stabilimento nonché la bozza di studio su una possibile ricollocazione degli eventuali esuberi sul territorio provinciale. Lo studio, presentato mercoledì dall’assessore regionale al Lavoro Alessia Rosolen, prevede un'analisi, da effettuarsi in cento giorni, quindi entro i primi mesi del prossimo anno, sulle possibilità occupazioni di varie realtà economiche del territorio triestino.
(e.o.)

 

 

Oggi l'inaugurazione del Parco della Rosandra

BAGNOLI - Verrà inaugurato mercoledì alle 18, a Bagnoli della Rosandra, il Centro visite della Riserva naturale regionale della Val Rosandra. Dopo il saluto delle autorità, alle 18.30, verrà presentato l’allestimento e l’attività del centro visite. Seguirà un breve rinfresco.
La serata verrà allietata dal gruppo femminile «Stu Ledi». Parteciperanno alla cerimonia il sindaco Fulvia Premolin e l’assessore ai Lavori pubblici, Ambiente e Progetti europei Laura Riccardi Stravisi.

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 16 ottobre 2008 

 

 

Sala Millo, dibattito sul rigassificatore - INCONTRO PUBBLICO COMUNE-ECOLOGISTI SUL «NO»

MUGGIA Domani alle 17 nella Sala Millo di piazza della Repubblica a Muggia si terrà l’incontro pubblico denominato «Il rigassificatore di Zaule: le ragioni del “No”» organizzato congiuntamente dai Comuni di Muggia e San Dorligo della Valle in collaborazione con Wwf Trieste e i Circoli Legambiente di Muggia a Trieste. L’incontro vedrà la partecipazione del sindaco di Muggia Nerio Nesladek, di quello di San Dorligo della Valle Fulvia Premolin e del delegato del governo sloveno per la questione inerente al rigassificatore, Marko Starman, oltre che del primo cittadino di Capodistria Boris Popovic. Dario Predonzan, responsabile Territorio ed energia del Wwf regionale, terrà una relazione sul tema: «Come non è stato valutato l’impatto ambientale»; Lino Santoro, presidente del Circolo Verdeazzurro di Legambiente, parlerà invece de «Il rischio per la popolazione», mentre Livio Sirotich, geologo dell’Ogs, tratterà «L’impatto ambientale sulla Baia di Muggia». Dopo gli interventi sarà data parola al pubblico e tratte le conclusioni.
I sindaci Nesladek e Premolin hanno espresso più volte la loro contrarietà all’ipotesi di un rigassificatore da allestire sul territorio provinciale o nel Golfo di Trieste, tanto che anche il Consiglio comunale di San Dorligo della Valle (come anche quello di Muggia) ha espresso recentemente all’unanimità parere sfavorevole sulla compatibilità ambientale del progetto e per quanto concerne l’aspetto della sicurezza. Ciò anche in considerazione della vicinanza dei serbatoi della Siot, l’oleodotto che da Trieste arriva fino in Austria, al sito ove dovrebbe insistere l’impianto di rigassificazione proposto dalla società Gas Natural, nella zona di Zaule.
(r.t.)

 

Ferriera, 100 giorni per trovare alternative  - Rosolen ai sindacati: uno studio dirà come sistemare i dipendenti in caso di chiusura

Salvaneschi (Fim): un’azione teorica che deve fare i conti con molti elementi, come i necessari stanziamenti. Palma (Uilm): non bastano interventi a spot
Cento giorni per sapere che cosa ne sarà della Ferriera. O, meglio quali possibilità di ricollocazione potrebbero essere possibili in un prossimo futuro. Questa è la proposta di studio che l'assessore al Lavoro Alessia Rosolen ha sottoposto all'attenzione delle Rsu nel corso dell'incontro tenutosi ieri. Una bozza di lavoro che ha ottenuto il giudizio positivo da parte dei sindacati, fermo restando il fatto che rimanga una specie di 'paracadute', e non un 'mettere le mani avanti' per una chiusura. A rendere perplesse le sigle sindacali, infatti, soprattutto il fatto che ci si riferisca allo studio come una 'simulazione', e non come a un'ipotesi. Lo studio si concretizzerà in una quantificazione di possibili posti di lavoro, a seconda delle loro competenze, nelle realtà già esistenti sul territorio di Trieste. «Un'azione utile – spiega Umberto Salvaneschi (Fim) – di competenza dell'assessorato al Lavoro. Diciamo che, una volta concluso, si tratta pur sempre di un'azione teorica che deve fare i conti con molti altri elementi, come i necessari stanziamenti nel caso in cui, ad esempio, si parli di bonifiche». In ogni caso, spiegano le Rsu, sarà fornito l'apporto necessario perchè, qualunque sia il risultato dell'analisi, sarà comunque una base da cui partire. «Se si renderà evidente che sul territorio sono disponibili duemila posti, tanto meglio – spiega ancora Salvaneschi – ma se, invece, si scoprirà che non ce ne sono, sarà stata comunque un'azione utile per avere il polso della situazione. A patto, naturalmente, che non sia un 'preparare il terreno' per altro». Le speranze di avere riscontri sul territorio sono a dire la verità labili. «Dal 1991 a oggi, il settore della siderurgia triestina ha perso 700 posti di lavoro – continua il rappresentante Fim – e se siamo ancora qui a parlare di Ferriera significa che alternative sarà difficile trovarne». La situazione è grave, e rischia di diventarlo sempre più in futuro. «E forse non si è ancora capito che per affrontarla non bastano interventi 'a spot' – spiega Franco Palma, Rsu Uilm – .Ogni giorno ci troviamo ad affrontare questioni legate a nuove richieste di Cassa integrazione, e politicamente non si sta prendendo molto sul serio questo problema. Basti pensare che Cgil Cisl e Uil ancora la scorsa settimana hanno richiesto al presidente Tondo un incontro formale e, a tutt'oggi, non abbiamo ancora ricevuto nessuna risposta». Sia i risultati di questa riunione, sia la situazione generale dell'impianto, che comunque è stata giudicata buona (a fronte di una crisi generalizzata della siderurgia a livello globale) saranno oggetto dell'assemblea generale che si svolgerà venerdì.

(e.o.)
Il «report» si svilupperà in quattro fasi  - All’esame perdita di posti di lavoro, ricollocazione ma anche situazione generale
Il «report dei cento giorni», come è già stato nominato, si svilupperà in quattro fasi, che andranno dall'analisi della situazione lavorativa della Ferriera (con tanto di previsione dell'emorragia di posti di lavoro che si prevede vengano causati nell'eventualità di una chiusura) all'esame della ricollocazione sul territorio, ai contatti con gli uffici provinciali del lavoro, fino alle analisi dirette nelle imprese, come Sertubi o altre. Il tutto, appunto, in meno di quattro mesi dalla partenza 'effettiva’ del progetto. Partenza per la quale però ancora non c’è una data precisa, anche se da parte sindacale si spera che avvena a breve in modo da poter avere in mano qualche dato entro i primi mesi del 2009. Al progetto lavoreranno assieme Regione (con varie Direzioni: accanto all'assessorato al Lavoro vi saranno coinvolte, ad esempio, anche le Attività produttive) nonché l'Agenzia per il Lavoro, Comune e Provincia, e soprattutto le sigle sindacali. Che, però, già alla presentazione del documento hanno sollevato un piccolo dubbio: quello sul titolo. Che, per usare un eufemismo, non era esattamente quello che ci si sarebbe attesi, ovvero «La chiusura della Ferriera». Cosa che i sindacati non hanno mancato di far notare. «Diciamo che avremmo preferito ci fosse scritto almeno ''eventuale ipotesi''..» hanno chiosato. Un piccolo intoppo, che comunque non ha pregiudicato il risultato finale dell'incontro.
 

 

Ferrovie, un treno sloveno Trieste-Lubiana  - LA SOCIETA’ SZ PUNTA A RILANCIARE IL TRAFFICO PASSEGGERI

Vertice con Trenitalia per la reintroduzione della linea Gorizia-Nova Gorica e del Casanova
GORIZIA Le Ferrovie slovene, le Slovenske železnice, puntano a rilanciare il traffico passeggeri con l’Italia, al momento limitato a un solo treno Venezia-Lubiana nella notte, che peraltro non passa per Trieste centrale.
Tre le linee del possibile sviluppo indicate dai vertici del servizio passeggeri delle Slovenske železnice nel corso di un incontro a Lubiana con i rappresentanti di Trenitalia: il prolungamento della linea Lubiana-Sesana fino a Trieste (o almeno fino a Opicina), la riapertura del collegamento Gorizia-Nova Gorica e il ripristino dell’eurocity Casanova Venezia-Lubiana, soppresso il primo aprile scorso.
Ora Trenitalia si è riservata un mese di tempo per dare una risposta in merito ai collegamenti per Trieste e Gorizia, mentre, per ciò che concerne la reintroduzione del «Casanova», le Ferrovie slovene si sono impegnate a presentare un piano che verifichi il numero di passeggeri interessati a viaggiare su questa linea e a definire anche il giusto prezzo di mercato del biglietto mentre Trenitalia dovrà approfondire i problemi tecnici e finanziari legati al rilancio del Venezia-Lubiana.
Le Slovenske železnice hanno motivato la richiesta di rilanciare i servizi per Trieste e Venezia con la necessità di offrire una risposta alle esigenze dei passeggeri che provengono anche da tutta l’area della ex Jugoslavia: i servizi infatti verrebbero studiati in maniera tale da porsi in coincidenza con i treni da e per Zagabria e Belgrado.
In particolare, per quel che riguarda il collegamento diretto con Trieste, la Sž propone la realizzazione di almeno due coppie di treni locali il cui attuale tragitto Lubiana-Sesana (una delle direttrici più importanti nel traffico passeggeri d’oltre confine) venga prolungato fino a Trieste Centrale o, in alternativa, almeno fino a Opicina.
Quanto al «Casanova» i dirigenti delle Ferrovie slovene hanno anche sottolineato come la sua soppressione sia stata decisa unilateralmente da Trenitalia e questo nonostante gli accordi avessero previsto un periodo di prova più lungo, a coprire tutto il 2008.
Diverso invece il dicorso per quel che riguarda la Gorizia-Nova Gorica: le «corsette» - come venivano chiamate le due coppie di collegamenti quotidiani sugli 8 chilometri 254 che dividono la stazione della Transalpina da Gorizia centrale - vennero abolite nel maggio 1999, ma già dal 1993 erano scomparse dall’orario ufficiale delle ferrovie dello Stato per sopravvivere sull’orario sloveno un altro paio di anni. Quasi un treno fantasma, dunque, dopo che l’inaugurazione della linea, il 2 ottobre 1960, rappresentò una vera e propria svolta nelle relazioni di confine tra Italia e Jugoslavia.
Oggi su quei binari corrono solo, oltre ai merci, i treni storici diretti a Bled, una decina di viaggi all’anno organizzati dall’agenzia slovena Club con un successo sempre crescente di partecipazione da parte degli appassionati.
Ebbene, ora le Ferrovie slovene vogliono sfruttare proprio il collegamento Gorizia-Nova Gorica, con le adeguate coincidenze con le linee italiane, per sviluppare ulteriormente il turismo lungo la linea dell’ultracentenaria ferrovia Transalpina. «Con l’ingresso della Slovenia nell’area Schengen non ci sono più ostacoli» hanno detto.
E adesso aspettano la risposta di Trenitalia.
GUIDO BARELLA

 

 

Pendolari, la Regione fa pressione sulle Fs - Viaggio blitz di Riccardi: «Migliori servizi e confronto sul piano dei trasporti»

UDINE Un incontro «dal vivo» per verificare, seppure in modo puntuale, eventuali disservizi del servizio ferroviario regionale (che ieri non si sono manifestati) sulla tratta tra Udine e Trieste ma anche per valutare una partecipazione organica del Comitato pendolari ai tavoli di confronto che la Regione Friuli Venezia Giulia ha in corso con il Gruppo Ferrovie dello Stato.
L'assessore regionale ai Trasporti Riccardo Riccardi ha incontrato ieri i rappresentanti del Comitato dei pendolari del nodo di Udine, Antonella Peresan, Marco Chiandoni ed Emanuele Forte, sul treno regionale 2843 che questa mattina è partito dalla stazione di Udine per raggiungere Trieste.
«La volontà di tutti - ha rilevato Riccardi - non è certamente quella di considerare FS come un avversario, bensì di istaurare un dialogo costruttivo con l'ente ferroviario a favore dell'utenza quotidiana dei treni regionali, con lo scopo di trovare soluzione ai problemi piccoli e grandi di chi utilizza per lavoro o per studio il mezzo su rotaia».
«Insieme pertanto – aggiunge l’assessore – Regione e Comitato pendolari, ci confronteremo con Ferrovie dello Stato per cercare di migliorare le condizioni di servizio attuali, quindi con operazioni a breve termine, ma più in generale, dal punto di vista strutturale - ha affermato l'assessore - desideriamo che il Comitato intervenga con proprie proposte nella fase di revisione del Piano regionale del TPL (il Trasporto pubblico locale), in via di elaborazione».
Ieri, all'assessore Riccardi, Peresan, Chiandoni e Forte hanno illustrato alcuni dei «punti critici» del servizio. In particolare, la puntualità (comunque molto migliorata negli ultimi anni, è stato confermato), la pulizia delle carrozze, le comunicazioni a bordo e nelle stazioni, la vetustà materiale carrozzabile, la talvolta scarsa presenza di personale a bordo, le coincidenze troppo strette, la sempre difficile fruizione del mezzo ferroviario da parte delle persone disabili: «per loro - è stato infatti indicato - il percorso in ferrovia resta sempre un viaggio da diverso».
 

 

L'ESPRESSO - GIOVEDI', 16 ottobre 2008 

 

Stefania atomica (L'Espresso ( 638KB)

La scelta del nucleare. Lo stop su Kyoto. Le concessioni ai cacciatori. Le mire sui Parchi. Sotto accusa la politica del ministro Prestigiacomo.  

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 15 ottobre 2008 

 

 

Ferriera, sindacati duri al confronto «Per i 1000 lavoratori non si parli di esuberi». Critiche sullo studio regionale

IL DIBATTITO SUL FUTURO DELLO STABILIMENTO  - Forza Italia: «Bene il monitoraggio sull’occupazione, ma servono termini precisi per la chiusura»
«I mille lavoratori della Ferriera non sono esuberi e non si possono considerare tali». Con queste premesse si presenteranno, oggi, al tavolo di discussione con l'assessore al Lavoro Alessia Rosolen le Rsu della Ferriera, che pure si dichiarano perfettamente disposte a fornire alla Regione tutte le informazioni che verranno richieste in merito alla forza lavoro. «Non credo che ci verranno richieste le nostre previsioni per il futuro – spiega Umberto Salvaneschi (Rsu Fim) – ma nel caso ribadiremo che di ammortizzatori sociali non vogliamo neppure sentire parlare». Lo stesso assessore al Lavoro Alessia Rosolen aveva infatti anticipato che le Rsu non saranno chiamate a esprimersi o approvare il documento redatto dall’Agenzia del Lavoro sulle ripercussioni della chisuura dell’impianto, che verrà illustrato come progetto di lavoro e riguardo al quale si è ritenuto «giusto» discuterne con le forza di rappresentanza dei lavoratori. «In merito al documento – spiega ancora Salvaneschi – forniremo tutte le informazioni in nostro possesso sulla composizione della forza lavoro, livelli retributivi, specializzazioni, livelli e così via, ma tenendo sempre presente che il discorso 'ricollocamento' è al momento chiuso, non se ne può parlare». Come anche non si può parlare di mille posti di lavoro 'persi'. «Come prima cosa noi non consideriamo questi mille lavoratori come esuberi - spiega Luca Visentini (Uil) – perchè lo stabilimento c'è e funziona bene. Come abbiamo più volte specificato, prima si spieghi con chiarezza quali sono le alternative, prima si avanzino delle ipotesi e poi si parli di eventuali perdite di posti di lavoro». E, proprio riguardo allo studio che ha portato a quantificare l'ipotesi di mille lavoratori, Visentini sottolinea come «sia ridicolo che serva uno studio per quantificare un numero di lavoratori tra dipendenti diretti e dell’indotto che tutti avevano sotto gli occhi» e specifica che «l'incontro del 15, secondo quanto ci era stato detto, doveva essere solo 'tecnico', visto che avevamo più volte sottolineato come prima di parlare di ricollocamenti a qualsiasi titolo si sarebbe dovuto avere un piano preciso». Piano che, ancora, non c'è. Nessuna notizia infatti è arrivata dal presidente della Regione Tondo, interpellato dai Cgil, Cisl e Uil per un tavolo di discussione 'politico'. E al coro adesso si aggiunge anche la Failms Cisal, che sottolinea il suo disaccordo «a interventi alternativi ai posti di lavoro con ammortizzatori sociali: i lavoratori devono uscire dal processo di riconversione con una continuità lavorativa e senza perdite contributive». Per lo stesso motivo, si ritiene che «la partita riconversione della Ferriera debba rientrare in un piano concordato tra tutti i soggetti interessati, a cominciare dal governo centrale fino alle associazioni sindacali, che porti a un superamento della siderurgia a Trieste». Allo stesso tempo, però, la Failms Cisal pone l'accento sulle attuali condizioni di lavoro dello stabilimento, sottolineando che «le condizioni impiantistiche e in particolare l'altoforno non garantisce degli standard di sicurezza», e chiede che «si debba da subito intervenire, nominando magari una commissione tecnica che verifichi la funzionalità dei sistemi di sicurezza». Intanto, a livello politico, quello che si richiede è la certezza. «L'approccio dell'assessore Rosolen, che ha dato compito di effettuare un monitoraggio per le collocazioni alternative e la situazione, è corretto – spiega Bruno Marini (Fi) – ma quello che temo è che si vada verso un allungamento dei tempi. Lo stesso 2015 a mio parere è troppo distante nel tempo. In tal caso, cosa diremmo alla popolazione di Servola? Per cui la cosa importante è che il termine, qualunque sia, sia certo, sempre naturalmente senza trascurare le esigenze dei lavoratori, e infatti in tale direzione va l'iniziativa dell'assessore nell'effettuare il monitoraggio sulle potenzialità occupazionali». Dello stesso parere si dichiara il capogruppo di Forza Italia Piero Camber. «Questa è la prima volta che si parla di una scadenza precisa: finora sono stati aperti tavoli a bizzeffe, ma senza alcuna concretezza. Quello che è necessario è un tavolo tra Regione, proprietà e Comune che dia termini della bonifica e della riconversione e un adeguato cronoprogramma, qualunque esso sia, con tanto di ipotesi di ricollocazione anche in futuro opere come, mi viene in mente, la piattaforma logistica. Quello del 2015 è il limite massimo. l’importante è che il termine, qualunque sia, sia certo». Da parte dell'assessore Rosolen, comunque, viene ribadito che non si è mai pensato di posticipare al 2015 il termine di chiusura dell'impianto. «Ho solo specificato che se la chiusura avvenisse nel 2015 come previsto dall’azienda, o anche prima, ci sarà comunque il tempo per definire percorsi di reimpiego dei lavoratori».
 

 

MUGGIA - Mobilità, oggi incontro pubblico  - APPUNTAMENTI DELL’AGENDA 21

La mobilità sostenibile del territorio comunale e la sua riqualificazione con il cittadino coinvolto direttamente nella pianificazione. La prima fase del Piano per la mobilità sostenibile e la rivitalizzazione degli spazi urbani che rientra nel progetto della rete Agenda 21, progetto che ha come obiettivo lo sviluppo sostenibile, ponendo al centro la qualità della vita dei cittadini e quindi coinvolgendoli in modo ampio, sarà presentata al pubblico oggi alle 17.30, alla Sala Millo in piazza della Repubblica a Muggia. Nel corso dell’incontro verranno illustrati una Relazione sullo stato dell'ambiente che «fotografa» lo stato della mobilità evidenziandone le criticità e un Piano di azione locale (Pal) che - recependo indicazioni proposte dal Forum attuato con i cittadini - pianifica, fornendo anche un ordine di priorità, gli interventi ritenuti essenziali. Partito nel settembre 2007, ha permesso a Muggia di essere tra i primi enti locali ad avvalersi di questa nuova metodologia di programmazione. Per avviare l’Agenda 21 sulla mobilità sostenibile il Comune ha impiegato un contributo regionale di quasi 23 mila euro.
(g.t.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 14 ottobre 2008 

 

 

ECOSISTEMA URBANO - Nella classifica di Legambiente Trieste passa dal 59° al 50° posto  - «Promossi i bus, male rifiuti e acqua»  - Dispersione idrica del 48%

Ottimo servizio di trasporto pubblico, percentuali di raccolta differenziata al di sotto delle aspettative, significative perdite a livello di rete idrica. Sono le luci e le ombre della realtà triestina messe a fuoco dal rapporto «Ecosistema urbano 2009», l'annuale ricerca di Legambiente sulla qualità delle 103 città capoluogo di provincia, realizzata in collaborazione con il Sole 24 ore.
Lo studio, che ha attribuito lo scettro di città più virtuosa del Paese a Belluno, colloca la nostra città al 50° posto della classifica, in miglioramento quindi rispetto al del 2008, anno in cui Trieste aveva guadagnato la cinquantanovesima posizione. Ma il balzo in avanti, secondo il presidente provinciale di Legambiente Lino Santoro, non autorizza a cantar vittoria. «È vero, abbiamo guadagnato qualche punto ma rimaniamo sempre a metà graduatoria - commenta -. Questo significa che Trieste non va nè avanti nè indietro. Evidnetemente resta ancora tanta strada da fare a livello di gestione ambientale».
Per dare le pagelle ai capoluoghi italiani, Legambiente ha utilizzato decine di parametri: dalle quantità di anidride carbonica presente nell’aria al consumo pro capite di acqua, dal numero di auto in circolazione ai metri quadrati di verde a disposizione di ogni cittadino. Indicatori che, in Friuli Venezia Giulia, hanno registrato i risultati migliori a Udine, che si piazza al 22° posto, e a Gorizia, in 39esima posizione. Fanalino di coda è Pordenone, inserita nella parte bassa della classifica al 62° posto.
Tornando alla realtà triestina, secondo Legambiente il punto di forza è rappresentanti dall’efficienza del trasporto pubblico. La nostra è l’unica grande città a superare i 300 viaggi annui per abitante a bordo di un mezzo pubblico - per la precisione 320, in leggero calo rispetto ai 349 dell’anno precente. «Un dato positivo sul quale, comunque, incide l’età avanzata della popolazione - continua Lino Santoro -. La ricerca non dice però che, a differenza di quanto accade in altre città, da noi i bus osservano l’orario notturno, e quindi diradano le loro corse, già dopo le 21, costringendo chi esce la sera a prendere sempre l’auto».
Note positive riguardano anche la produzione di rifiuti solidi, 484 chili pro capite all’anno, l’11° miglior risultato italiano. Il rovescio della medaglia è rappresentato però dai livelli della raccolta differenziata: appena il 15,6% del totale. Insolito, infine, il dato relativo alle perdite idriche. Secondo lo studio, a Trieste il 48% dell’acqua complessivamente immessa nella rete non viene consumata. «Una percentuale a dir poco allarmante - conclude Santoro -, specie se si considera che in città paghiamo la bolletta dell’acqua più salata di tutta la regione».
Il dato viene però contestato dal Comune. «La nostra dispersione è attorno al 38% e quindi inferiore alla media nazionale - replica l’assessore Paolo Rovis -. La situazione, tra l’altro, è in miglioramento grazie alla progressiva sostituzione delle vecchie condotte. Quanto ai rifiuti, non basta puntare l’indice contro il bassi livelli di diffenziata, come fa Legambiente, senza tener conto della presenza a Trieste del termovalorizzatore».
MADDALENA REBECCA

 

Lo studio sulla Ferriera: mille posti in gioco  - Gli sbocchi: piattaforma logistica, rigassificatori e Porto Vecchio. Tondo non ha risposto ai sindacati

REPORT DELL’AGENZIA REGIONALE DEL LAVORO  - Rosolen: per la chiusura c’è tempo fino al 2015. No agli ammortizzatori sociali
Mille: questo è il numero di posti di lavoro in gioco nella Ferriera e attorno, fra aziende collegate, indotto e fornitori. È il calcolo fornito dall’Agenzia regionale del lavoro su incarico della giunta regionale, che ha specificamente deliberato l’avvio di questa indagine destinata a proseguire con una mappa di possibili sbocchi lavorativi se l’azienda siderurgica, come è ormai deciso a livello politico, sarà «accompagnata» a spegnere i motori e chiudere i battenti.
«Mille persone, più le famiglie - considera l’assessore regionale al Lavoro, Alessia Rosolen - se perdono il posto non costituiscono una crisi, ma una vera emergenza sociale, specie in momenti di depressione economica mondiale, nazionale, regionale, locale». E sarà proprio la Rosolen a comunicare domani i dati dell’Agenzia del lavoro ai sindacati di fabbrica. Una convocazione che le segreterie considerano invece solo «tecnica» e di scarso impatto sulla questione di fondo. La vera risposta sul destino della fabbrica e sui dipendenti è attesa infatti dal presidente della Regione, Renzo Tondo. Ma alla lettera inviata in tal senso la scorsa settimana dalle forze sindacali non è ancora giunta risposta. «Siamo in attesa» rispode Luca Visentini per la Uil. «Se risposta non ci sarà a giorni - ribatte però Antonio Saulle della Fiom-Cgil - daremo incarico alle segreterie provinciali di sollecitarla, perché di incontri e tavoli tecnici ne abbiamo fatti a bizzeffe per anni, qui occorre invece una risposta complessiva sul futuro della siderurgia».
«È stata una scelta di responsabilità fare questa mappatura delle risorse umane che di fronte a una chiusura della Ferriera verrebbero coinvolte in una crisi che per le sue dimensioni sarebbe appunto non solo industriale - risponde l’assessore Rosolen -, ma sociale, chiusura che comunque è chiaro non può avvenire domani mattina, mettiamo che accada nel 2013, o addirittura nel 2015 come prefigurato dall’azienda stessa: c’è il tempo per definire percorsi di reimpiego dei lavoratori, e dunque anche di formazione. Domani - aggiunge - parleremo di questo con la Rsu. E non certo di ammortizzatori sociali». Parole che i sindacati temono e sono pronti ad avversare. La lista comprende da 565 a 580 dipendenti della Ferriera, da 240 a 270 (a seconda dei periodi) della Sertubi, 50 fra Linge Gas ed Elettra, più l’indotto e i fornitori.
Rosolen sottolinea comunque di essere previdente nelle azioni, ma ultima nella scaletta delle decisioni: «Prima la parola va all’Ambiente, assessore Lenna, poi all’Energia, assessore Riccardi, poi alle Attività produttive, assessore Ciriani, poi da ultimo al Lavoro». Che appunto sta misurando l’impatto del progetto di dismissione: mettendo in ballo almeno 1000 posizioni di lavoro (coi fornitori forse perfino di più) coinvolgerebbe, calcolando il peso delle famiglie, l’economia di una quantità di persone pari a un intero paese di medie dimensioni.
Il compito dell’Agenzia regionale del lavoro dovrebbe essere in seguito, secondo l’assessore, anche di pensare a prospettive concrete di ricollocazione di questi lavoratori, in un quadro industriale ed economico che comunque deve solo guardare al futuro per intravedere qualche possibile sbocco in ambito triestino: «Nel 2015 per esempio - prosegue Rosolen specificando che per ora si tratta di una lista di ipotesi - la piattaforma logistica in porto sarà stata certamente già realizzata, e assorbirà persone nel frattempo diventate competenti in questo campo, la Ferriera stessa potrebbe mantenere o ampliare il proprio terminal portuale, poi ci sono le bonifiche, il possibile rigassificatore, la produzione di energia di AcegasAps, il rifacimento del Porto vecchio, perfino. C’è una città che si muove - dice l’assessore - ed è a questo che si deve guardare».
Al di là dell’effettivo impatto che la conta di stipendi in ballo potrà avere, la titolare del Lavoro sottolinea di nuovo: «È comunque la prima volta che viene realizzata una fotografia dell’esistente, in passato e lo dico senza polemica ma con un senso di sorpresa, neanche di fronte alle procedure per l’Aia ci si è preoccupati di guardare a fondo la situazione dell’impiego».
La Rsu non saranno chiamate ad approvare o a esprimersi ufficialmente sul documento che l’assessore illustrerà come un progetto di lavoro: «Spero che siano d’accordo - dice -, io ho ritenuto giusto parlare proprio con le Rsu dell’azienda, e non con le segreterie».
Intanto corre voce che la Sertubi stessa, che produce usando la ghisa della Ferriera, starebbe per avviare una cassa integrazione entro l’anno. «Voce non confermata - dice Saulle -, nessuna comunicazione ufficiale è mai arrivata, se ne sente parlare però all’interno della fabbrica. La relativa debolezza di questa azienda - prosegue il sindacalista - è che il suo mercato è solo all’estero e non decolla in Italia, ma è un problema di sempre e non dipende dalle attuali circostanze dei mercati mondiali. Il nuovo contratto con la Ferriera è stato firmato. Potrebbero esserci stati problemi di ordinativi disdetti, o di rinegoziazioni, ma per ora non risultano decisioni ufficiali».
GABRIELLA ZIANI

 

 

Omero: traffico, decida il Consiglio  - LE POLEMICHE SULLE PEDONALIZZAZIONI

«Non tocca nè al sindaco nè alla sua giunta esprimersi sulla bontà o meno del piano del traffico redatto dall’ingegner Camus. Quel compito spetta al consiglio comunale».
Il capogruppo del Pd Fabio Omero replica così all’assessore ai Lavori il quale, intervenendo nel dibattito sulle ultime pedonalizzazioni. aveva affermato: « la bozza elaborata dal preside della Facoltà di Ingegneria non è mai andata bene a nessuno».
«Ricordo che sulla base dell’art.66 dello Statuto comunale - continua Omero - l’indirizzo politico-amministrativo è esercitato dal consiglio comunale anche attraverso l’approvazione dei piani territoriali e urbanistici e dei programmi pluriennali per la loro attuazione».
 

 

Piazza Libertà, oggi consegna di firme AL COMUNE  - Il Comitato deposita 10mila appelli e chiede un incontro al sindaco

Stamattina Paola Vattovani e Ilaria Ericani, in rappresentanza del Comitato per la salvaguardia degli alberi di piazza Libertà, consegneranno al Comune, per la registrazione, copia delle 10mila firme di cittadini poste in calce alla petizione popolare contro l’iniziativa dell’amministrazione.
L’abbattimento è previsto dal progetto preliminare denominato «Riqualificazione Trieste nord - programma innovativo in ambito urbano», approvato dal consiglio comunale, con delibera n.43 del 30 maggio 2008. Nell’occasione, le due esponenti del Comitato allegheranno una lettera in cui si chiede al sindaco, Roberto Dipiazza, un incontro.
«Se ci sarà concesso, come speriamo – spiega la Ericani - presenteremo le nostre perplessità rispetto al progetto preliminare proposto e illustreremo al sindaco una bozza di proposta alternativa per la riqualificazione di piazza Libertà».
Punti fermi del ragionamento del Comitato sono: «L’inutilità delle opere previste, rispetto agli obiettivi prefissati dal programma, l’impatto ambientale negativo sull’area e sul paesaggio, le carenze del progetto preliminare e dello studio di impatto ambientale, l’incoerenza con la pianificazione di livello comunale e di tutela ambientale e paesaggistica, il degrado del patrimonio artistico, culturale e storico, la violazione dei vincoli paesaggistici e artistici, l’inattendibilità delle stime dei volumi di traffico e l’inutilità rispetto alle finalità dello smaltimento del traffico e dell’inquinamento».
I responsabili del Comitato infine chiedono che le competenti autorità, in particolare la Direzione regionale per i Beni culturali e paesaggistici, oltre che il servizio Verde pubblico del Comune, «esprimano parere negativo al progetto preliminare approvato, poiché in contrasto con i vincoli insistenti sull’area, con il rispetto e la conservazione di importanti valori storici, artistici, culturali, paesaggistici e ambientali di Trieste, nonché con la necessità di salvaguardare la salute dei cittadini».
«Fra i punti più importanti – conclude la Ericani – l’attenzione che deve essere riservata, prima di qualsivoglia approvazione di interventi, alla valutazione di impatto ambientale, riferita ai processi di formazione delle decisioni relativi alla realizzazione di questo progetto».
(u.s.)

 

 

 

 

L'UNITA' - LUNEDI', 13 ottobre 2008 

 

 

ECOSISTEMA URBANO 2009 - Qualità ambientale, a Belluno il primato - vedi tabella ( 2.091KB)


Per il secondo anno consecutivo è Belluno è la città dove si vive meglio. Si è aggiudicata, infatti, il primo posto nella classifica Ecosistema Urbano 2009, stilata come ogni anno da Legambiente, Sole 24 Ore e Ambiente Italia. Dopo Belluno si piazzano Siena, Trento, Verbania e Parma. Brusco calo per Roma, mentre il Sud continua ad arrancare. Maglia nera a Frosinone, ultima delle 103 città esaminate.
Sono i dati a confermare l'alto livello della qualità della vita a Belluno. La città veneta, che conta circa 36 mila abitanti, ha una buona qualità dell'aria visto che la media annuale delle polveri sottili scende da 26 a 23 microgrammi per metro cubo, mantenendosi ampiamente nei limiti previsti dalla legge. Ottimi i risultati sul capitolo rifiuti: raccolta differenziata al 57.4% e bassa produzione di rifiuti. Un altro punto forte di Belluno è sicuramente quello della mobilità che, nella cittadina veneta, fa rima con ecologia: buona dotazione di spazio per le bici (4,6 metri per abitante), crescita costante degli spazi vietati alle auto e un sufficiente trasporto pubblico con 76 viaggi a testa ogni anno. Infine i bellunesi hanno, meglio di altri, capito l'importanza della risorsa acqua. E infatti i consumi idrici sono bassi: 136 litri pro-capite.
La medaglia d'argento va invece a Siena, dove la percentuale di acque reflue depurate arriva al 95%. Inoltre la città toscana ha aumentato gli spazi dedicati alle bici (dai 3,51 metri quadrati per abitante ai 4,51) e quelli pedonali. Terzo posto per Trento, a cui è stato riconosciuto il merito di aver aumentato la raccolta differenziata, passando dal 47 al 50.3 per cento.
Nella sfida metropolitana tra Roma e Milano, la spunta il capoluogo lombardo. Un anno fa le due metropoli erano sostanzialmente pari: Roma era al 55esimo posto mentre Milano al 58esimo. A distanza di un anno la capitale arretra di ben 15 posizioni fermandosi alla 70esima posizione mentre Milano sale al 49esimo posto. La città del cupolone batte quella della Madonnina solo per l'inquinamento atmosferico. Per il resto a Milano, se si considerano la raccolta differenziata (31% a 17%), le isole pedonali e le piste ciclabili, si vive meglio che a Roma.
In fondo alla classifica Trapani, Benevento, Catania, Ragusa e Frosinone. Nelle città in coda alla classifica sono depurate il 70% delle acque contro una media dell'85%, i trasporti pubblici sono carenti, la raccolta differenziata è a un terzo della media nazionale, le zone a traffico limitato e piste ciclabili sono quasi inesistenti, il verde pubblico non sufficiente.
La classifica mostra dunque un Mezzogiorno ancora in forte ritardo. La prima città del Sud e delle Isole che si incontra è Cagliari che si piazza al 35esimo posto. Napoli guadagna tre posizioni ma è ancora all'88esimo posto mentre Palermo dall'89esima posizione scende alla 98esima. Positivo il salto di Bari che guadagna 22 posizioni rispetto allo scorso anno e si porta al 60esimo posto.
Per il presidente di Legambiente, Vittorio Cogliati Dezza, molti buoni risultati sono dovuti alle virtuose politiche locali anche se queste, spesso, «sono state fortemente penalizzate dai governi nazionali, che poco o nulla hanno investito in infrastrutture per il trasporto pubblico e nel miglioramento delle condizioni dei viaggiatori pendolari». E da Legambiente si fa notate che gli ultimi non sono unicamente i più poveri, ma anche, o soprattutto, quelli che peggio curano le loro risorse ambientali.
 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 13 ottobre 2008 

 

 

Piano del traffico Dipiazza: corso Italia non sarà mai pedonale

«Via Mazzini non si tocca finché c’è Stream» Fipe e Dettaglianti divisi sulle aree senz’auto
Via Mazzini pedonale? «Non possiamo prendere alcuna decisione fino a quando non sarà definitivamente risolta la vicenda Stream». Corso Italia chiuso al traffico? Sciocchezze: «Nessuno ha mai parlato di eliminare le auto da un’arteria così importante».
Il sindaco Roberto Dipiazza smorza così le speranze di chi, dopo le annunciate pedonalizzazioni in via Cassa di Risparmio, via Einaudi e nel primo tratto di via Trento, confidava in una possibile estensione dell’isola pedonale del centro cittadino. Nessuna buona notizia quindi per i comitati di corso Italia e via Mazzini che, delusi dall’esclusione delle due strade dal perimetro delle aree «off limits» per le quattro ruote, erano tornati a far sentire con forza le proprie voci.
Più morbida nei toni, ma altrettanto ferma nei contenuti, la posizione espressa dall’assessore comunale ai Lavori pubblici. «Non chiudiamo alcuna porta - precisa Franco Bandelli -. Anzi, siamo aperti a ogni ragionamento. Ovviamente però non si può pretendere che venga fatto tutto e subito. La nostra strategia è procedere per passi successivi. E di passi sulla strada delle pedonalizzazioni finora, contrariamente a quanto sostiene l’opposizione, ne abbiamo fatti tanti: da via Torino a via di Cavana fino, appunto al Borgo Teresiano e Giuseppino. Quanto a via Mazzini e corso Italia - continua Bandelli - fosse per me chiuderei entrambe al traffico, ma il buon senso ci dice che non è possibile».
È possibile, invece, pensare di ridurre intanto i disagi dei residenti di via Mazzini eliminando i «danni provocati dal disastro Stream». «Finora non abbiamo nemmeno potuto asfaltarla perché c’era sempre in piedi la causa con l’Ansaldo - precisa il sindaco -. A breve però questa storia sciagurata che dura sette anni dovrebbe concludersi e, finalmente, potremmo pensare a un intervento in quell’area». «Già rimuovendo le canalette e rifacendo il manto stradale si riuscirebbe a eliminare il primo problema dei residenti, vale a dire quello delle vibrazioni - aggiunge Bandelli -. E questo potrà essere fatto anche a breve. Per interventi più impegnativi come la pedonalizzazione, invece, andranno eseguite altre verifiche tecniche. Soluzioni che però, di certo, non potranno essere ispirate al piano Camus. Perché, è ora di dirlo, quel piano non è mai andato bene a nessuno».
Affermazione contestata dal Coped-CamminaTrieste che al Comune chiede proprio l’applicazione integrale dello studio redatto dal preside della facoltà di Ingegneria Roberto Camus. «A colpi di singole pedonalizzazioni e schermaglie tra comitati non si arriva da nessuna parte - afferma il presidente dell’associazione Sergio Tremul -. Trieste ha bisogno di un riassetto complessivo che incentivi il trasporto pubblico, proprio come previsto dalla bozza Camus».
Si dice già soddisfatto dei provvedimenti attualmente adottati dal Comune, invece, il presidente della Fipe, Beniamino Nobile. «Sono favorevolissimo alle pedonalizzazioni - chiarisce -. Creare un’isola pedonale significa consentire ai pubblici esercizi di sistemare tavolini all’esterno ed incrementare quindi l’attività. Certo, pedonalizzare anche via Mazzini e corso Italia come chiede qualcuno, sulle prime, potrebbe creare qualche ”pasticcio”. Ma alla lunga farebbero il bene di un sacco di gente».
Di avviso diametralmente opposto la presidente dei dettaglianti, Donatella Duiz. «Sono contraria a queste pedonalizzazioni e non ho problemi a dirlo - chiarisce -. Si finisce infatti per portar via posti macchina preziosi, come quelli in via Cassa di Risparmio, senza crearne degli altri. Tutto il traffico poi finirà per concentrarsi nelle strade vicine con il risultato che via Genova e piazza Ponterosso, per la quale al contrario era stata annunciata una riqualificazione, diventeranno delle autostrade».
MADDALENA REBECCA

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 12 ottobre 2008 

 

 

«Rigassificatore, studiato l’effetto domino»  - Il professor Bevilacqua dell’Università difende la relazione data alla Regione  - Il geologo Sirovich: dati carenti

L’Università di Trieste ha svolto uno studio dell’«effetto domino» relativo all’impianto di rigassificazione Gas Natural a Zaule. Lo afferma il professor Paolo Bevilacqua, responsabile dello studio, che, come da lui stesso precisato, è stato eseguito dal Consorzio Interuniversitario Nazionale per l’Ingegneria delle Georisorse (CINIGeo, cui afferiscono le Università di Bologna, Cagliari, Roma La Sapienza e Trieste. Le professionalità e le esperienze richieste in questo studio – rileva – hanno coinvolto un team di esperti composto da professori universitari, ingegneri, impiantisti, esperti di analisi di rischio, nonché geologi.
Il professore replica così alle affermazioni del geologo Livio Sirovich che nei giorni scorsi aveva segnalato la mancanza di studi sull’«effetto domino» verso l’esterno dell’impianto.
«Lo studio - sostiene Bevilacqua - ha riguardato 3 profili, analizzati in dettaglio con riferimenti scientifici e riscontri oggettivi. I tre profili sono: l’effetto domino da insediamenti industriali verso l’impianto di rigassificazione; l’effetto domino dell’impianto di rigassificazione verso gli insediamenti industriali; l’effetto domino dai pontili di attracco di impianti limitrofi verso l’impianto di rigassificazione e viceversa».
«Leggendo il documento del CINIGeo – prosegue il professor Bevilacqua riferendosi agli appunti del geologo – è agevole constatare che, contrariamente a quanto riferito, è stato analizzato anche l’effetto domino dell’impianto di rigassificazione verso gli insediamenti industriali. Per quanto riguarda l'analisi preliminare del rischio sismico nella zona interessata dal progetto del rigassificatore, va segnalato che, al momento della redazione dello studio, la norma vigente in materia di classificazione sismica del territorio rappresentata dall'ordinanza del Presidente del Consiglio 3274 dd. 20/03/2003, classificava la zona di Trieste in Categoria 4 per la quale, come si legge nella norma, era lasciata facoltà alle Regioni di introdurre o meno l'obbligo della progettazione antisismica; nell’epoca di cui si tratta il Friuli Venezia Giulia non aveva ancora prescritto l’obbligatorietà».
Da parte sua, Livio Sirovich conferma le proprie osservazioni. «L'unica relazione su possibili incidenti industriali a catena (effetto domino) depositata presso la Direzione Ambiente della Regione ha 46 pagine e tratta esclusivamente le conseguenze di eventuali incidenti ed incendi esterni. È sulla base di tale relazione che la Regione ha emesso il proprio parere. La stessa relazione è stata già distribuita su CD dalla Regione a varii enti. Il nome del file è: "03246-E&E-R-0-116 INT SIA Zaule - Allegato 1.pdf". Suggerirei al prof. Bevilacqua di verificare l'originalità delle relazioni (non firmate) circolanti a suo nome su carta intestata del Consorzio che comprende l'Università di Trieste».
 

 

LE ANTICIPAZIONI DEL PIANO DEL TRAFFICO DEL COMUNE  - Aree pedonali, protestano le vie escluse

Comitati di corso Italia e via Mazzini: «Ignorati». Soddisfatti i negozianti delle vie Trento e Cassa di Risparmio
I commercianti e i residenti delle vie interessate sono entusiasti. Quelli delle vie escluse – o almeno per ora non previste – protestano.
L'annunciato provvedimento del Comune di Trieste per la pedonalizzazione di alcune vie del centro suscita, come prevedibile, reazioni entusiaste ma anche critiche feroci. Queste ultime, in particolare, da parte delle zone che per ora sono rimaste fuori dal provvedimento.
L'azione del Comune prevede infatti la pedonalizzazione di via Cassa di risparmio, via Einaudi e del primo tratto di via Trento. Nessun provvedimento, invece per via Mazzini e corso Italia. Con le reazioni vivaci dei Comitati che, negli scorsi mesi, si sono mossi raccogliendo migliaia di firme per chiederne la chiusura.
«Avevamo chiesto la pedonalizzazione di corso Italia, e non è stata fatta – afferma Roberto Rosini, componente del Comitato per la chiusura e negoziante del corso - Ora, con l'ampliamento della zona pedonale, corso Italia diventerà lo sfogo di tutto il traffico della zona. Se si voleva fare una pedonalizzazione, allora andava fatta nell'intero quadrilatero, altrimenti si prevedono disastri».
Altra «esclusa eccellente» della pedonalizzazione è via Mazzini. «Visto che qualche mese fa abbiamo consegnato i risultati delle prove effettuate su vibrazioni e rumore nella percorrenza della strada, ci saremmo aspettati almeno una telefonata del Comune - spiega Paola Gaggi, una delle responsabili del Comitato per la pedonalizzazione e negoziante della via- Ci sono mille modi per venirci incontro: se ad esempio non si può pedonalizzare, almeno che si preveda un intervento per limitare la velocità. E questo chiederemo al Comune: che si limiti almeno ai bus la percorrenza a 30 chilometri all'ora. Non vogliamo certo che la zona diventi un parco pedonale, ma almeno almeno rispettare i diritti di chi ci vive».
Che a Trieste piacciano le vie pedonali è assodato. Nelle vie che il Comune chiuderà, infatti, è quasi un coro. «Avere una via pedonale sarà una bella cosa per i nostri affari – spiegano, ad esempio, i titolari del bar Laila di via Cassa di Risparmio – anche perchè potremo sistemare fuori i tavolini e questo per noi è ottimo». Anche al buffet Da Pepi il coro è unanime: «Siamo contentissimi». Anzi, c'è pure chi invoca maggior rigore, come i responsabili del caffè Rossini, alla fine di via Trento. «La chiusura è un provvedimento che ci soddisfa pienamente - spiegano - anzi, la sola cosa che vorremmo dire, in più, è che il Comune non dovrebbe badare solo alle auto ma anche ai motorini».E, in effetti, l'ultima parte della via è un parcheggio quasi selvaggio di due ruote. A guadagnarci, nella chiusura, sono prevedibilmente soprattutto i bar, che potranno approfittare di maggior spazio e più tranquillità. Più problemi per le altre attività commerciali, che non potranno essere raggiunge dalle auto. E in alcuni casi ciò si trasforma in un dramma.
È il caso della rivendita di accessori automobilistici Adria Auto di via Cassa di Risparmio. «Per noi è una tragedia perchè sarà impossibile vendere gli accessori più ingombranti, per i quali è necessario fare le prove direttamente sul veicolo. Speriamo solo che il Comune ci conceda, magari qualche permesso speciale, altrimenti dovremmo chiudere, e aprire magari un altro bar».
ELENA ORSI

 

 

PIANO DEL TRAFFICO - Il Wwf: sì alla chiusura ma serve un piano globale  - Omero (Pd): «Inutilizzato lo studio di Camus costato oltre 250mila euro»

Se le reazioni dei diretti interessati, ovvero i commercianti delle vie che saranno pedonalizzate, sono in maggioranza positive, ben diverse le prese di posizione da parte degli ambientalisti e dell'opposizione. «In linea di principio ogni chiusura, se accompagnata da una concezione generale, va bene – spiega il responsabile regionale del Wwf, Dario Predonzan - Bene sarebbe, però, che le modifiche vengano decise sulla base di un piano organico come sarebbe il piano del traffico, che invece dorme nel cassetto da oltre tre anni». Un intervento organico è infatti una cosa, altro è agire in base a spinte emotive. «La chiusura 'a spot' ha un senso relativo – specifica Predonzan – ben diverso da come sarebbe sulla base di un piano di programmazione. Si agisce probabilmente in base a spinte di singoli, ma senza una visione globale, con il risultato che si chiudono le vie principali ma si va a creare un'autostrada sulle Rive».
La richiesta dell'associazione ambientalista va in un senso ben preciso. «Che ci si renda conto che nella programmazione del traffico si deve agire sulla base di precise strategie, senza prestare attenzione solo e unicamente all'arredo urbano, ma anche alle infrastrutture alternative all'auto, come tram e automobili. Invece si preferiscono le politiche del risparmio e dello spot, anche se non è che i soldi manchino, tutt'altro: solo che si impegnano in altri modi».
Il capogruppo del Partito Democratico al Comune di Trieste, Fabio Omero, attacca direttamente l’assessore Franco Bandelli. «L'assessore comunale ai grandi eventi e al protagonismo (quello suo personale) illustra alla stampa le pedonalizzazioni di via Cassa di Risparmio, via Trento e via Einaudi. È ormai evidente da tempo che il ragazzo voglia fare a suon di spot la propria candidatura per il 2011. Ma la fortuna sua e del sindaco stesso è che, ahimè, è morto il procuratore De Luca della Corte dei Conti, perchè è uno scandalo che l'assessore spezzetti la viabilità cittadina, quando c'è un piano generale del traffico redatto dall'ingegner Camus, costato alle casse comunali e ai cittadini oltre 250mila euro e chiuso in un cassetto».
(e.o.)

 

 

Piazza Libertà più verde nel progetto rivisto Il comitato rilancia con diecimila firme - Cittadini e associazioni contrari al taglio degli alberi chiedono un incontro al sindaco

Le modifiche principali: un solo sottopassaggio, ritoccati i cordoli, ridimensionate le corsie
I margini di manovra per «correggere» l’intervento di riqualificazione di piazza Libertà sono di fatto esauriti. Il progetto definitivo, annuncia il Comune, è ormai completato e attende solo di ricevere il parere da parte degli enti interessati - tra cui Regione, Provincia, Trieste Traporti alle Ferrovie - prima di approdare in giunta. Eppure, nonostante l’imminente chiusura dei giochi, il comitato che da mesi si batte per evitare il taglio di alcuni degli alberi del giardino davanti alla stazione non solo non si rassegna ma, al contrario, è pronto a rilanciare. Tra due giorni infatti consegnerà in municipio le 10 mila firme raccolte a difesa delle piante secolari e chiederà un incontro al sindaco per illustrare le proprie osservazioni al progetto.
Osservazioni che non si limitano a contestare il taglio degli alberi, ma denunciano anche presunte violazioni di vincoli paesaggistici e artistici, la mancata valutazione di impatto ambientale dell’opera e, più in generale, «l’inutilità del progetto rispetto alle finalità dello smaltimento del traffico e dell’inquinamento». A detta del comitato composto anche da esponenti di Wwf, Italia nostra, Lav e Gruppo Beppe Grillo, insomma, l’intervento previsto dal Comune anzichè riqualificare e renderla davvero fruibile per i cittadini piazza Libertà, finirebbe per umiliarla, trasformandola in una semplice autostrada a sette corsie a doppio senso di marcia.
Critiche respinte con forza dal Comune, che accusa di disfattismo i promotori della raccolta firme. «Il loro unico obiettivo è bloccare lo sviluppo di un’area vitale della città attorno a cui gravitano la sala Tricpovich, l’ingresso al Porto Vecchio, la stazione e il Silos - afferma l’assessore ai Lavori pubblici, Franco Bandelli -. Le proposte del comitato non sono assolutamente costruttive: l’unica alternativa suggerita l’abbandono totale del progetto. Anche la battaglia a difesa degli alberi è stata portata avanti con toni a dir poco esagerati. Delle attuali 54 piante, soltanto 7 verranno tagliate. Una di queste, tra l’altro, è già destinata a morire perchè afflitta da una malattia certificata da un agronomo di Treviso, mentre altre 2 verranno trapiantate in un’altra zona verde della città, per esempio il bosco Farneto. Quest’ultima operazione ha un costo notevol, tra i 15 e i 40 mila euro, che il Comune ha deciso comunque di sostenere pur di venire incontro alle sensibilità degli ambientalisti. Non va dimenticata inoltre che, a intervento finito, in piazza Libertà avrà a disposizione 80 nuovi alberi e 2500 metri quadrati di verde in più rispetto alla situazione attuale».
Proprio per ridurre al minimo il sacrificio di alberi, il pool di progettisti incaricati di ridisegnare il volto della piazza - una società temporanea d’impresa formata da architetti di Trieste e Bolzano ndr -, ha apportato alcune modifiche rispetto al progetto preliminare. È stato per esempio eliminato uno dei due sottopassaggi originariamente previsti. Inoltre è stato rivisto il posizionamento dei cordoli: quelli che rischiavano di toccare gli alberi sono stati spostati e, al loro posto, sono state immaginate delle curve che consentiranno di inglobare le piante. Sempre in tema di aree verdi, è stato ampliato il giardino attorno all’area pedonale che unirà il monumento agli esuli alla sala Tripcovich. Tripcocvich che sarà «ripulita» e liberata dalla scalinata e dai container retrostanti.
Qualche modifica è stata apportata anche a livello di viabilità. «Con il progetto definitivo - spiega ancora Bandelli - andremo a tagliare 20 metri lineari di strada, riducendo così la larghezza delle corsie. Una risposta quindi a chi ci accusa di voler creare un circuito automobilistico davanti alla stazione».
Per quanto riguarda i pedoni, infine, è stato introdotto un nuovo passaggio in superficie e previsto l’allargamento del marciapiede sul lato della piazza verso il palazzo della Soprintendenza.
L’inserimento di queste piccole variazioni ha fatto slittare i tempi rispettoi al tabella di marcia. Il Comune ha concesso una proroga di un mese agli architetti per la presentazione del progetto definitivo, atteso originariamente per la fine di agosto. Il nuovo documento dovrà ora essere visionato e approvato da tutti gli enti interessati. A tale scopo proprio la settimana prossima è prevista una riunione con Autorità portuale, Agenzia delle dogane e Guardia di finanza, interessate in particolar modo all’ingresso in Porto vecchio.
L’iter prevede poi l’approvazione in giunta, l’elaborazione del progetto esecutivo e l’affidamento dell’appalto. «Passaggi - conclude Bandelli - che contiamo di completare entro fine anno».
MADDALENA REBECCA

 

 

PIAZZA LIBERTA' - PREVISTI 14 CAPOLINEA - Spazi per bus e taxi

Non solo automobili e pedoni. Il progetto di riqualificazione di piazza Libertà, che costerà complessivamente 3 milioni e 800 mila euro stanziati da Stato, Regione e Comune, andrà a rivoluzionare anche gli spostamenti di mezzi pubblici e taxi. La postazione dedicata a questi ultimi sarà ricavata in via Flavio Gioia. Una soluzione che ha già incassato l’ok delle associazioni dei tassisti.
Quanto al trasporto pubblico, il progetto prevede di dare ospitalità all’interno della piazza a 14 capolinea degli autobus, che verranno ricavati attorno alla sala Tripcovich. Per bus e taxi il progetto prevede anche corsie preferenziali.
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 11 ottobre 2008 

 

 

RIPARTE IL PIANO DEL TRAFFICO  - Nuove aree pedonali in centro  - Le vie Trento e Cassa di Risparmio saranno chiuse alle auto

Via Cassa di risparmio pedonalizzata, così come il primo tratto di via Trento. E pure via Einaudi chiusa al traffico. Quelle che fino a poche settimane fa erano solamente delle idee, diventeranno molto presto dei progetti concreti, destinati a rivoluzionare parzialmente la viabilità dell’area compresa fra piazza della Borsa e via Bellini. Il tutto potrebbe tradursi in realtà già entro il primo quadrimestre del 2009.
DELIBERA Il nuovo quadro, pronto per la fine di questo mese, verrà presentato in giunta entro la metà di novembre dall’assessore comunale ai Lavori pubblici, Franco Bandelli, attraverso la delibera che prevede anche la riqualificazione di piazza della Borsa: il documento dovrà passare al doppio vaglio di sindaco e assessori, inframezzato dall’esame delle commissioni, e verrà infine votato dal Consiglio comunale. «Si tratta di una revisione del vigente piano del traffico - spiega Bandelli - nell’ambito di quell’opera di pedonalizzazione che, partendo da piazza Venezia, dovrà portare nelle nostre intenzioni fino a piazza Libertà, creando una sorta di unica passeggiata. Un percorso pianificato già dal 2006, secondo un’attenta programmazione, concordata passo dopo passo con il sindaco Roberto Dipiazza che ha la delega su mobilità e traffico». Per le opere previste dalla delibera prossima alla presentazione sono già stati destinati 3 milioni di euro, gran parte dei quali serviranno principalmente per la ristrutturazione di piazza della Borsa.
COSA CAMBIA Con il progetto, previa approvazione naturalmente, via Cassa di risparmio verrà completamente resa off-limits al traffico veicolare e pedonalizzata. Lo stesso toccherà alla parte iniziale di via Trento, fino all’incrocio con via Machiavelli. Inoltre, verrà interdetta alla circolazione tutta via Einaudi, quella breve striscia che sostanzialmente congiunge piazzetta Tommaseo a piazza della Borsa. Dalle Rive in corso Italia, quindi, si arriverà in teoria sempre da via Canal Piccolo (oltre che, facendo il giro più lungo, da via del Mercato vecchio e proseguendo poi per via del Teatro romano). Per ritornare indietro, invece, bisognerà immettersi lungo via San Spiridione per girare successivamente in via Valdirivo.
VIA GENOVA Ma le novità non finiscono qua. Perché sulle Rive si potrà accedere ancora da via Genova, sulla base da quanto previsto da questo specifico riordino. Ovviamente, però, non più da via Cassa di risparmio. «Lo confermo: via Genova verrà aperta a tutti i mezzi sia nel tratto a salire, verso via San Spiridione, che a scendere da via Roma. Pertanto si potrà svoltare verso le Rive subito dopo piazza Ponterosso. Un cambiamento che non andrà a interferire in alcun modo con le occupazioni del suolo pubblico dei locali che hanno ottenuto le relative e regolari autorizzazioni», afferma Bandelli. Nessuna variazione, per il momento, è stata pensata per via Mazzini, da anni al centro del dibattito sulla possibile pedonalizzazione di alcune delle principali strade del centro cittadino. Nulla cambierà nemmeno per via Machiavelli.
MEZZI PUBBLICI Ritornando invece alla chiusura di via Einaudi, sono già allo studio le soluzioni per lo spostamento dei mezzi pubblici che vi transitano e sostano. La lunga fermata riservata ai taxi dovrebbe essere trasferita in blocco lungo il lato sinistro di piazza della Borsa, quello dove hanno sede una farmacia e alcune banche. Di fronte, al posto delle colonnine che attualmente delimitano lo spazio della piazza davanti alla sede della Camera di commercio, sarà creata un’area per il lavoro di carico e scarico delle merci. Quanto agli autobus, «stiamo concordando le soluzioni con la Trieste Trasporti», puntualizza ancora Bandelli. Che aggiunge: «Ritengo comunque che alla fine gli spazi in cui far confluire i bus che oggi si fermano in piazza della Borsa saranno quelli di piazza Tommaseo e del primo tratto di corso Italia».
PONTE Nell’ambito di questa mini-rivoluzione rientrerà anche il nuovo collegamento fra via Cassa di risparmio e via Trento, ovvero il ponte sul canale di Ponterosso. Che, a livello burocratico, viaggia comunque autonomamente rispetto alla delibera sulle prossime vie pedonalizzate e su piazza della Borsa. Il progetto definitivo del ponte, il cui iter ha preso il via dopo il periodo sperimentale del Bailey e il favorevole sondaggio popolare, è in fase di ultimazione da parte dei tecnici comunali. La giunta dovrebbe avere la possibilità di esaminarlo entro un mese. La realizzazione costerà in tutto 750mila euro.
CANTIERI Il cantiere di piazza della Borsa e vie limitrofe sarà aperto entro i primi quattro mesi dell’anno nuovo. Il 2008, invece, si chiuderà con l’annunciata consegna di piazza Venezia e l’inversione del senso di marcia fra le vie Diaz e Cadorna. Tra la fine del 2009 e l’inizio del 2010 «ci occuperemo invece della riqualificazione di piazza Ponterosso», conclude Bandelli.
MATTEO UNTERWEGER

 

 

Puliamo il Mondo - Pulita la Grotta dei Colombi  - Intervento della Federazione speleologica triestina  - Asportati elettrodomestici

DUINO AURISINA Anche quest'anno la Federazione speleologica triestina ha organizzato l’ultima domenica di settembre, nel contesto della manifestazione a livello nazionale patrocinata dalla Società speleologica italiana «Puliamo il buio» e di quella di Lega Ambiente Puliamo il mondo» sponsorizzata dal Comune di Duino Aurisina, la pulizia della Grotta dei Colombi, avente numero di Catasto Regionale 400. Un’operazione quanto mai preziosa, per le obiettive difficoltà che presenta la ripulitura di cavità da parte di personale non specializzato.
La cavità è ubicata nelle vicinanze della strada che conduce al Villaggio del Pescatore e ha una profondità complessiva di 18 metri. Data la sua vicinanza alla strada, negli anni 60-70 è stata interessata da un cospicuo inquinamento prodotto con materiali domestici desueti: cucine, stufe, carrozzine, letti, materassi, carogne di animali (cani), bottiglie, indumenti, gomme, parti di automobili, ecc.
All'opera di pulizia hanno partecipato 32 speleologi appartenenti ai 10 gruppi speleologici della provincia di Trieste.
A fine lavori il materiale in abbandono raccolto, sia nella Grotta dei colombi che nelle sue vicinanze, è ammontato a circa 9 metri cubi.
L'operazione di pulizia ha impegnato 5 speleologi anche il sabato precedente l’operazione: questi volontari hanno approntato all'imboccatura della Grotta un paranco e una teleferica di tipo speleologico per potere estrarre dal pozzo, con manovre combinate, i materiali ingombranti e di un certo peso.
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 10 ottobre 2008 

 

Accordo tra Trieste e Lubiana sul turismo e sull’ambiente  - Dipiazza e Jankovic si alleano: si farà un tavolo tecnico per depuratore e multiutility
 

Le città faranno reciproca promozione e scambieranno tecnici
Pacchetti turistici comuni e scambio di conoscenze nel campo delle multiutility. Sono i capisaldi dell’alleanza tra Trieste e Lubiana sancita ieri, nella capitale slovena, dal sindaco Roberto Dipiazza e il collega Zoran Jankovic. Un incontro iniziato nel pomeriggio all’ambasciata d’Italia, proseguita nella residenza del diplomatico Alessandro Pietromarchi e conclusa nella sede del municipio di Lubiana. Alla presenza anche di Ettore Romoli, sindaco di Gorizia.
Non una semplice cena fra primi cittadini, che distano meno di 100 chilometri, ma un incontro per gettare le basi di una collaborazione fra Comuni che porterà a breve Trieste e Lubiana promuoversi a vicenda sul piano turistico. Dipiazza ha chiesto di spingere a Trieste i turisti stranieri - soprattutto giapponesi, americani e dell’Europa del Nord - trovando anche l’aggancio delle crociere. Lubiana non si è tirata indietro, chiedendo come contropartita di spiegare ai crocieristi che non esiste solo Venezia.
Un progetto da mettere nero su bianco grazie all’istituzione di una tavolo tecnico. Anzi, i tavoli a breve saranno due. «Trieste ha bisogno di un nuovo depuratore, che loro hanno da poco costruito, Lubiana deve dotarsi di un termovalorizzatore che noi abbiamo in casa - spiega Dipiazza - Andremo così a collaborare per arrivare a uno scambio di conoscenze su entrambe le problematiche che abbracciano il ramo delle multiutility». Non a caso ieri sera il sindaco Jankovic era affiancato da quasi tutta la giunta e anche da alcuni tecnici comunali.
E così dopo l’incontro con il Comune di Sesana - che aveva creato qualche imbarazzo nella maggioranza di centrodestra, motivato dalle diverse proporzioni fra le due realtà - adesso Trieste guarda alla capitale slovena. Una collaborazione che, a quanto pare, questa volta piace a tutti gli alleati di Dipiazza proprio per il peso dell’interlocutore. Un rapporto che in realtà si rafforza perché Dipiazza e il sindaco indipendente Jankovic, in realtà, hanno già avuto modo di incontrarsi più volte.
«In qualità di presidente dell’aeroporto di Ronchi dei Legionari ho affrontato - racconta il primo cittadino di Trieste - anche il tema dei collegamenti. I due Comuni potranno dialogare anche su altri argomenti, ma il turismo e le multiutility sono in questo momento quelle principali». A tavola è stato fatto solo un accenno al rigassificatore di Zaule che vede la Repubblica di Slovenia nettamente contraria. «Quelli sono discorsi che spettano ai governi - dice Dipiazza - La nostra è solo un’alleanza fra Comuni».
PIETRO COMELLI

 

 

La Provincia: il termovalorizzatore può fruttare di più «Il Comune con AcegasAps potrebbe ottenere utili accogliendo i rifiuti di Udine e Pordenone»

«Il Comune, tramite AcegasAps, potrebbe ottenere utili sia accogliendo al termovalorizzatore le immondizie di altri comuni come Udine e Pordenone, sia gestendo la filiera di recupero-riciclaggio della plastica, vetro, carta e alluminio». Con un conseguente abbassamento della Tarsu, la seconda più alta d’Italia con i suoi 231 euro di media. La riflessione arriva dal presidente della Prima commissione consiliare della Provincia, Albino Sosic, ed è condivisa anche da Maria Monteleone, capogruppo del Pd in Consiglio provinciale. I componenti della commissione hanno visitato ieri mattina la struttura di via Errera, ottendo dati e informazioni dal dirigente Paolo Dalmaso e dal responsabile dell’impianto Stefano Gregorio.
Il messaggio lanciato al Comune è chiaro: aumentare la percentuale di raccolta differenziata (Trieste è tra le peggiori realtà del Nord, a fronte di una tassa per lo smaltimento tra le più onerose) per liberare spazio utile ad accogliere rifiuti da altre città. Un servizio che verrebbe pagato dai committenti: i soldi poi potrebbero rimpiazzare una parte degli incassi garantiti dalla Tarsu. Il Comune prevede di incrementare la differenziata del 7 per cento entro la fine del 2009: attualmente il termovalorizzatore brucia 100mila tonnellate annue di rifiuti prodotti a Trieste (su un totale di 140mila), in un anno scenderebbero quindi a 93mila (7mila in meno). Il costo a tonnellata «è pari a 100 euro», conferma l’assessore comunale allo Sviluppo economico Paolo Rovis. Facendo un rapido calcolo, sarebbero 700mila euro scalabili dalla Tarsu. Ma sarebbe una riduzione minima. Molto più consistente potrebbe risultare nel lungo periodo il risparmio in caso di avvio della differenziata sul rifiuto umido (in primis gli avanzi del cibo consumato), «che attualmente è pari al 20-25 per cento del totale destinato al termovalorizzatore». In quel caso, ci sarebbero però dei costi da mettere in conto, legati alle nuove campane ed ai trasporti all’impianto di compostaggio di Moraro, dove il rifiuto umido viene riciclato come fertilizzante. «Tutto dipenderà dalla revisione dei contratti con AcegasAps e dai fondi messi a disposizione dalla Provincia, con cui dovremmo firmare l’accordo di programma entro la fine dell’anno», conclude Rovis. Un documento in cui gli enti si impegneranno ad avvicinare quel 50 per cento di differenziata indicato da una direttiva Ue come l’obiettivo per il 2009.
(m.u.)

 

 

Bonifiche Ezit, scende in campo l’Università - IERI LA FIRMA DEL PROTOCOLLO

L’Ateneo collaborerà mettendo a disposizione le sue competenze scientifiche
Sarà l'Università degli studi di Trieste, grazie a un accordo sottoscritto ieri, a dare il suo contributo all'Ezit, in termini di competenze e di conoscenze scientifiche, per la bonifica del Sito inquinato di interesse nazionale. E questo, a parte la rilevanza del fatto, è anche un segno fondamentale dell'importanza che l'Università si trova a ricoprire in questo territorio. Importanza che deve essere conservata. «Al di là del rilievo dell'accordo – ha spiegato il rettore Francesco Peroni alla presentazione della convenzione con l'Ezit – questa è la manifestazione di come non sia indifferente avere o meno un'università a Trieste. È una cosa che non mi stancherò mai di ripetere, specie di fronte ai tentativi neppure troppo nascosti di mandare il nostro ateneo 'in discarica'. L'università non è una variabile indipendente, per questo non ci arrendiamo e continueremo nella nostra azione di apertura verso le diverse realtà del territorio». In particolare, con l'Ezit l'università ha sottoscritto una convenzione quadro per la ricerca sui temi legati al sito inquinato di interesse nazionale. L'accordo prevede l'individuazione e l'utilizzo di nuove metodologie e tecnologie da applicare ai processi di caratterizzazione e bonifica, la creazione di strumenti e di metodi per la conoscenza delle problematiche ambientali a favore degli operatori della zona industriale e di tutti coloro che operano in campo ambientale. Nel dettaglio, l'università e l'Ezit realizzeranno studi, ricerche e analisi a livello specialistico, tramite interventi concreti in loco, organizzando campagne di monitoraggio e simulazioni. Sarà inoltre costituito un Comitato di coordinamento composto da tre docenti dell'Università e da tre rappresentanti dell'Ezit, che avranno il compito di programmare gli interventi. «Vogliamo avere la possibilità di agire sul tema delle bonifiche con gli standard più elevati possibile - ha spiegato il presidente dell’ente, Mauro Azzarita -. Questo anche per assicurare alle aziende del territorio il maggior supporto possibile». Grazie alle nuove tecniche e conoscenze che l'Università potrà mettere a disposizione, l'Ezit potrà anche intervenire sui 450mila metri cubi di bonifica del Sin con tecniche meno invasive di quelle previste dalla legge. «Le procedure amministrative nelle quali siamo coinvolti con altri soggetti - ha spiegato il direttore dell’ente, Paolo De Alti - ci richiedono la conoscenza di competenze specifiche, e vorremmo dare le migliori risposte possibili. Per questo l'alleanza con l'Università è così importante». Il programma di attività previsto dall'accordo si riferisce in particolare a studi di livello specialistico, progettazione di interventi in situ o in laboratorio, campagne di monitoraggio, mappatura degli esistenti o prevedibili fenomeni di contaminazione, nonché eventi per la divulgazione delle iniziative intraprese.
(e.o.)
 

 

VIABILITÀ in piazza Libertà

Pongo alcuni quesiti: il Comune, che cerca di risolvere i nodi del traffico con rotatorie come in via Giulia o a San Giacomo, vuole forse ristrutturare la viabilità già esistente in piazza Libertà in vista di un aumento di veicoli per la prossima apertura del Silos? E perché mai inserire una zona pedonale di fronte alla stazione, dal momento che si prevede per il futuro un traffico a rischio collasso? Da dove deriva la necessità di collegare la stazione al giardino? Forse per accogliere gli improbabili viaggiatori in attesa di coincidenze che, notoriamente, da Trieste non partono? Al di là del dubbio per questa operazione, non mi sembra giustificato un previsto taglio di alberi secolari. Sarebbero sacrificati alla volontà di protagonismo della politica che vuol vantarsi di aver prodotto nuove costose opere, senza valutare se siano realmente necessarie e gradite ai cittadini.
Del resto, per scarsa manutenzione ordinaria nelle opere pubbliche, si tende a far degradare anche le piazze recentemente ricostruite per far sì che se ne desideri la ristrutturazione totale.
Elisabetta Borgia
 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 9 ottobre 2008 

 

 

Ferriera, i sindacati: prima un piano preciso poi parlare di lavoratori

Cgil, Cisl e Uil si oppongono a un dialogo al buio: «Tondo chiarisca la posizione della Regione»
Nessuna apertura sull’ipotesi di ammortizzatori sociali per i lavoratori della Ferriera interessati da una riconversione o chiusura dell'impianto, fino a che la Regione non avrà chiaramente indicato su quali binari si ha intenzione di muoversi. È quanto viene ribadito da Cgil, Cisl e Uil direttamente al presidente della Regione Renzo Tondo in una lettera personale con la richiesta di una presa di posizione politica sull’argomento che è partita, come previsto, ieri. Di tempi certi per la risposta non ce ne sono («Attendiamo fiduciosi» specifica il segretario regionale Uil Luca Visentini, che firma la la lettera assieme al responsabile Cisl Adriano Sincovich e a quello Cgil Luciano Bordin), ma si spera che la risposta stessa possa arrivare entro l'incontro programmato per il 15 ottobre con l'assessore al Lavoro Alessia Rosolen.
La richiesta dei sindacati è chiara, così come il panorama che viene dipinto. Le Rsu chiedono «di convocare un confronto politico sulle strategie che la Regione intende adottare in merito alla supposta dismissione dello stabilimento siderurgico». I sindacati ricordano che «in un incontro tra sindacati e massimi responsabili della Severstal Italia, l’azienda ha chiarito con precisione le iniziative che potrebbero consentire l’avvio della riconversione di Servola: il rigassificatore con il suo indotto industriale, la piattaforma logistica o una seconda centrale», e chiedono quindi di approfondire con Tondo «queste alternative industriali: solo se si realizzassero, e a condizione che la proprietà della Ferriera vi sia coinvolta, si potrebbe pensare di dismettere lo stabilimento dal 2015». A tutto questo si aggiunge il problema dei costi elevatissimi per la bonifica ambientale dell’area a terra e a mare. Insomma, le questioni sul piatto sono molte. «Per cominciare a discutere di riconversione, abbiamo perciò bisogno di sapere se la Regione condivide questo percorso e come intende realizzarlo: tempi e risorse sono essenziali. A nostro avviso lo strumento più adatto per procedere sarà quello dell’adozione di un accordo di programma tra regione stessa, governo, enti locali, azienda, sindacati, associazioni ambientaliste e di cittadini» affermano Cgil, Cisl e Uil. Ponendo, anche, dei limiti precisi all'incontro già previsto con l'assessore Rosolen, che potrà essere «una utile sede di confronto se servirà a ricostruire la mappatura occupazionale della fabbrica e del suo indotto», ma nel quale «non si potrà né dovrà parlare di ammortizzatori sociali o modalità di ricollocazione dei lavoratori». Questo perché, specificano le stesse sigle, non si è disposti a mettere «il carro davanti ai buoi»: come spiega ancora Visentini, «di ammortizzatori si può parlare solo quando esisterà un qualche piano di riconversione, del quale al momento nessuno ha parlato».
Tutto questo viene ribadito direttamente a Tondo. «Prima la Regione dica cosa intende fare per creare le condizioni industriali per la riconversione della fabbrica – si legge nella lettera - poi si parlerà del destino dei lavoratori. Senza nuovi posti di lavoro nell’area (e ce ne vogliono circa 900) nessun lavoratore della Ferriera potrà essere licenziato». Da qui, la precisa richiesta sindacale. «Fino a oggi si sono sentite molte parole, ma non si sono visti né atti né fatti – concludono Cgil, Cisl e Uil - .I due tavoli di confronto attivati dalla precedente giunta, quello politico e quello ambientale, si sono ovviamente interrotti dopo le elezioni. Non siamo affezionati a questi o ad altri strumenti, ma vorremmo sapere come si intende procedere per dare seguito alle posizioni espresse in campagna elettorale e nel programma».
ELENA ORSI

 

LEGAMBIENTE SULLA CHIUSURA DELLA FERRIERA «Niente scambi col rigassificatore»  - Per l’associazione la prospettiva di ricollocazione è insufficiente

«La chiusura della Ferriera non può e non deve fare da contraltare all'eventuale realizzazione di un rigassificatore». L'avvertimento viene da Legambiente e il Comitato per la Salvaguardia del Golfo, e riguarda l'ipotesi di un possibile «scambio» tra la chiusura dell'uno e la riapertura dell'altro, con tanto di ipotesi di ricollocazione occupazionale. «Che non esiste – ribadisce per l'associazione ambientalista Lino Santoro – visto che il rigassificatore potrà garantire al massimo 50, 70 posti di lavoro e comunque tutti di diversa qualifica». Occasione della specifica, la presentazione delle osservazioni su «carenze e omissioni» del documento della Commissione di Via sull'ok all'impianto. «Ci si deve chiedere - ha spiegato ancora Santoro - perchè nessuno si è preoccupato del fattore sicurezza, mentre negli Usa simili impianti sono permessi solo a 20 chilometri dalla costa. Nessuno si è preoccupato del valore di un documento approvato con 18 assenti su 58 componenti, peraltro pochi tecnici e molti avvocati ed economisti. Infine, non si considera la sentenza del Tar della Toscana con la quale viene annullata l'autorizzazione ministeriale alla costruzione di un rigassificatore vicino a Livorno con iter simile a quello di Zaule, né che effettuare due procedure di Via, come fatto a Trieste, è contrario alle leggi comunitarie».
(e.o.)
 

 

Castelmuschio, no al rigassificatore  -  IL COMUNE VEGLIOTA IMPONE PRECISE CONDIZIONI «Due impianti non possono coesistere»

Il sindaco Sparozic: «Troppi i rischi ambientali se affiancato alla Dina»
VEGLIA Levata di scudi da parte del Comune vegliota di Castelmuschio (Omisalj) contro la decisione del governo croato di costruire il futuro rigassificatore nordadriatico nell’ambito della Dina, grande stabilimento petrolchimico a poche centinaia di metri dalla cittadina isolana.
È stato il sindaco di Castelmuschio, Tomo Sparozic, a esprimere i motivi di un rifiuto, che potrebbe complicare i piani di edificazione del terminal metanifero, la cui entrata in funzione è prevista fra sei anni. «Noi non siamo contrari alla presenza del rigassificatore nel nostro Comune - ha detto Sparozic - tuttavia non vogliamo che due simili maxi impianti siano a stretto contatto di gomito. Abbiamo ingaggiato una squadra di esperti in materia, i quali hanno concluso che la vicinanza tra i due complessi sarebbe assolutamente pericolosa e a rischio di disastro ambientale».
In questo senso, il primo cittadino ha rilevato che il piano regolatore di Castelmuschio, formulato quasi due anni fa (quando già si parlava del terminal Lng), prevede la presenza del rigassificatore su una collinetta a distanza di sicurezza dalla Dina. «Non si tratta dell’unica condizione che porremo per ospitare l’infrastruttura - ha specificato il sindaco - Chiederemo infatti che tutti i locali stabilimenti industriali siano azionati a gas e che la municipalità ottenga altri benefit come l’indennizzo inquinamento, il 2 per cento del valore dell’investimento, il 2 per cento dei ricavi e altre agevolazioni».
Sparozic ha espresso parole di critica all’indirizzo della ditta zagabrese «Ekonerg», alla quale il governo aveva affidato la stesura dello «Studio per l’individuazione del sito del rigassificatore», documento che le autorità comunali hanno definito lacunoso e fuorviante. «La Ekonerg aveva formulato uno stesso studio per la Dina - queste le parole del sindaco - contro il quale si sono espressi gli isolani con 1800 firme in calce alla petizione inviata a Zagabria».
Prime battute d’arresto, dunque, nella realizzazione del processo del rigassificatore, destinato comunque a sorgere a Castelmuschio dopo la «benedizione» arrivata la settimana scorsa dal governo Sanader. L’impianto sarà costruito dal consorzio internazionale «Adria Lng» e comporterà investimenti da 800 milioni a un miliardo di dollari. L’apertura dei lavori è prevista nel 2011, mentre il rigassificatore dovrebbe diventare realtà nel 2014.
A dare del filo da torcere a Castelmuschio, inoltre, è stato fino all’ultimo il Canal d’Arsa (lungo le coste orientali dell’Istria), sito però bocciato dall’amministrazione regionale, zupano Ivan Nino Jakovcic in testa, che aveva proposto il canale di Fianona. Un team di esperti ha però ritenuto Fianona area inadeguata per i suoi fondali troppo bassi in relazione alle navi gasiere.
Andrea Marsanich
 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 8 ottobre 2008 

 

 

Rigassificatore terzo tra i progetti in Italia  - UNO STUDIO ANALIZZA LA FATTIBILITÀ DI TUTTI GLI IMPIANTI PROPOSTI

Il progetto per il rigassificatore di Gas Natural a Zaule è terzo nell’indice della fattibilità degli impianti in Italia. Due mesi fa erano sei i progetti che venivano considerati più vicini alla realizzazione rispetto a quello nell’area dell’ex Esso. Adesso il progetto vieno accreditato delle stesse possibilità degli impianti ipotizzati a Brindisi, a Augusta in Sicilia e a Gioia Tauro.
A mettere in fila, stilando un vero e proprio rating, dei futuri rigassificatori in Italia è Nomisma Energia. L’amministratore delegato della società, Alessandro Bianchi, osserva che «pare evidente da qualche mese un’accelerazione dei processi autorizzativi per i rigassificatori nel nostro Paese».
Nel report si sottolinea che «pocede positivamente il cammino per la realizzazione del rigassificatore di Gas Natural a Zaule. Oltre alla recente approvazione della Via (Valutazione d’impatto ambientale, n.d.r.), l’impianto gode dell’appoggio sia dei nuovi vertici della Regione Friuli Venezia Giulia sia delle autorità slovene (il cui territorio sarà interessato dalla sua attività), che hanno dichiarato di preferire la realizzazione di un impianto onshore, esprimendo indirettamente una preferenza per il progetto di Gas Natural rispetto a quello, offshore, di Endesa».
Quest’ultimo – che doveva venir realizzato al largo del golfo, tra Trieste e Grado, viene sempre meno accreditato. Nella graduatoria della fattibilità è infatti collocato nelle retrovie. Sarebbero dieci i progetti che vengono considerati più vicini alla realizzazione in confronto a quello di Endesa.
È fuori classifica quello che è il progetto italiano nello stadio più avanzato di realizzazione, l’arrivo nell’offshore di Rovigo del rigassificatore del terminale Lng Adriatico.
L’analisi tracciata da Nomisma Energia valuta quantitativamente ciascuna delle seguenti 10 variabili: 1) processo di autorizzazione; 2) processo di negoziazione e conclusione degli approvvigionamenti; 3) esistenza di progetti di importazione alternativi; 4) livello di accettazione politica (Enti Locali il cui territorio è interessato dal progetto); 5) livello di accettazione sociale (popolazioni residenti nel territorio interessato dal progetto); 6) tempistiche di realizzazione dichiarate dai proponenti; 7) stato di avanzamento dei lavori; 8) esenzioni; 9) problematiche legate all’accesso alla rete di trasporto nazionale; 10) strategie e posizionamento del proponente sul mercato italiano dell’energia ed europeo, e integrazione lungo la filiera. Il rating si articola su 12 livelli (dal maggiore «aa+» al minore «c-»).
 

 

Raccolta differenziata in ritardo, ma la Tarsu è fra le più salate d’Italia - Tassa media di 231 euro contro i 175 di Genova.

 

Barduzzi: la città si è adagiata sull’inceneritore - Col 16,7% Trieste è terzultima a livello nazionale: mancano porta a porta, campane e un impianto di selezione. Rovis: puntiamo al 24% entro il 2009. Ma Gorizia mira al 65% nel 2012
Trieste è in ritardo sulla raccolta differenziata dei rifiuti. A livello di percentuale sul totale delle immondizie prodotte, solo le province di Genova (14,2%) e Imperia (15%) hanno fatto peggio del 16,7 per cento triestino nel Nord Italia. Rispetto al capoluogo ligure, però, la tassa media che una famiglia si trova a dover pagare per lo smaltimento dei rifiuti urbani è più cara di 56 euro. A Trieste il dato del 2007 si attesta - secondo i dati forniti da «L’altro consumo» - a 231 euro mentre a Genova a 175. In provincia il costo del servizio è più alto anche di quelli di Roma, Milano, Torino, Bologna, Genova, Trento, Bolzano, Udine e Firenze. Una recente indagine della Uil, peraltro, aveva sottolineato già come Trieste si trovasse al secondo posto nella classifica delle città italiane con la Tarsu più onerosa.
LE RAGIONI Presenza dell’inceneritore, assenza di un impianto di selezione e recupero materiali, niente lavoro porta a porta per il ritiro degli imballaggi dagli esercizi commerciali, poche campane per i materiali distribuite sul territorio e mancanza del passaggio dalla Tarsu alla Tia. Queste le cause del ritardo triestino sulla differenziata. «La città si è adagiata sulla presenza dell’inceneritore, che prima o poi raggiungerà un livello di saturazione - spiega l’assessore provinciale con delega all’Ambiente, Ondina Barduzzi -. Diventa fondamentale la creazione di un impianto come quello previsto dal Piano degli imballaggi recentemente approvato, con cui si produrrebbero in un anno 40mila tonnellate di differenziata. Potrebbe tranquillamente essere dato in gestione all’AcegasAps. Si creerebbe così un circolo virtuoso capace di far convivere i due impianti».
TIA Un incentivo alla gente verso una maggiore ricerca della differenziazione nella raccolta rifiuti potrebbe darlo il passaggio dalla Tarsu (Tassa rifiuti solidi urbani) alla Tia (Tariffa di igiene ambientale). «Se il calcolo della Tarsu si basa sulla superficie dell’immobile di residenza - puntualizza la Barduzzi -, la Tia risulta invece più equa perché conteggia la reale produzione di rifiuti». Come? In primis, tenendo conto del numero di persone che compongono la famiglia. E poi «attraverso metodi come il conteggio dei sacchetti utilizzati e delle tessere magnetiche che registrano la quantità di rifiuti al momento del loro conferimento nei cassonetti», aggiunge la Barduzzi.
IL PROBLEMA «Al Comune di Trieste non interessa cambiare perché con la Tarsu più alta rispetto al passato recupera il mancato incasso derivante dall’Ici, che sulla prima casa è stata abolita», afferma ancora la Barduzzi, «e non pare intenzionato a rinunciare anche agli introiti garantiti dall’inceneritore». A San Dorligo della Valle la Tia è entrata in vigore lo scorso 1° gennaio: nel 2007 la differenziata si era già attestata al 31,75 per cento, a fine agosto è volata al 38,31. «È il Comune di Trieste ad abbassare la percentuale della provincia», osserva la Barduzzi.
FUTURO Tra crescita del ritiro imballaggi da supermercati ed altri esercizi, implementazione del servizio con 500 campane in più per vetro, plastica e lattine e carta in città al posto dei cassonetti tradizionali, «si aumenterà la differenziata del 7 per cento entro la fine del 2009», afferma Paolo Rovis, assessore comunale allo Sviluppo economico. Si arriverà così attorno al 24 per cento. Gorizia, che ha già adottato una politica più spinta in questa direzione, punta al 65 per cento nel 2012.
MATTEO UNTERWEGER

 

 

RIFIUTI - Dalla raccolta mirata solo un 7,6% in più  - L’INCREMENTO PIU’ BASSO IN REGIONE

E a Gorizia per la tassa comunale si pagano soltanto 124 euro, quasi la metà di Trieste
L’incremento più basso fra le quattro province del Friuli Venezia Giulia in otto anni. Dal 1999 al 2006, la percentuale della raccolta differenziata dei rifiuti effettuata a Trieste è aumentata solamente del 7,6 per cento. Questo dicono i numeri assemblati e analizzati da Apat/Onr. A Udine, la correzione verso l’alto si è attestata nello stesso periodo sul 12,1, mentre ancora meglio hanno fatto Gorizia (+26,7 per cento) e Pordenone (+31,3).
I dati sono emersi l’altro giorno nel corso del convegno organizzato dalla Legacoop nell’auditorium della Friulia. Allarmato dalla situazione regionale e triestina in particolare, il sottosegretario all’Ambiente, Roberto Menia ha subito invitato istituzioni ed enti del territorio a darsi da fare per incrementare la differenziata e a puntare maggiormente sulle politiche ambientali, garantendo loro il supporto di adeguate ricerche scientifiche. Una posizione che ieri, attraverso il proprio portavoce, Menia ha ribadito in velocità tra i vari impegni istituzionali.
I segnali in questo senso, però, arrivano al momento in modo piuttosto relativo. L’assessore comunale Rovis parla di aumenti sulla differenziata per il prossimo futuro attorno al 7 per cento, mentre l’ambiziosa Gorizia - per voce del presidente di Iris, Armando Querin - «ha già raggiunto un’autosufficienza sulla differenziata pari al 53 per cento nel 2007 e quest’anno la proiezione dice che il dato dovrebbe andare a toccare il 63 per cento».
Per il servizio di raccolta rifiuti, Querin ha specificato come a Gorizia il costo medio per abitazione si attesti a 124 euro (contro i 231 di Trieste). «Ma l’obiettivo è di abbassare il dato a 90 euro», conclude Querin.
(m.u.)

 

 

Raccolta differenziata e consumi energetici sotto controllo all'ERDISU.

 

 

A Trieste l’acqua più cara del Fvg  - Una famiglia spende in media 236 euro contro i 131 di Pordenone

Acqua a peso d'oro a Trieste. Secondo l'Osservatorio prezzi e tariffe di Cittadinanzattiva, che ha preso in esame i costi del servizio idrico integrato di tutta la regione, Trieste è la città del Friuli Venezia Giulia dove l'acquaè più cara. Nel capoluogo regionale infatti l'acqua costa 236 euro annui (127 di acquedotto, 27 di fognatura, 73 di depurazione più 9 euro di quota fissa) contro i 173 di Gorizia, i 132 di Udine e i 131 di Pordenone. In pratica, gli abitanti di Trieste si trovano a dover pagare la fornitura idrica quasi il doppio di quanto fa un cittadino del pordenonese. Trieste si colloca invece al secondo posto se si considerano gli aumenti di prezzo: l'aumento percentuale più consistente si è verificato infatti a Gorizia (il costo è passato dai 164 euro del 2006 ai 173 del 2007 con un aumento del 5%) e solo dopo viene Trieste, con un +4 per cento. Più fortunati gli abitanti di Pordenone e Udine, dove non ci sono stati aumenti nel 2007 rispetto all'anno prima. «I dati - ha spiegato Cittadinanzattiva - sono il risultato del costo annuo supportato da una famiglia di tre persone che consuma all'anno 192 metri cubi di acqua come calcolato dal Comitato di vigilanza sull'uso delle risorse idriche». La sola consolazione possibile è il classico «mal comune mezzo gaudio»: secondo i dati rilevati da Cittadinanza attiva, infatti, l'acqua è sempre più cara ovunque. Scorrendo i dati dell'osservatorio,si evince che il costo è aumentato del 4,6% rispetto al 2006 e del 32% da gennaio 2002 a agosto 2008: complessivamente in un anno una famiglia ha sostenuto una spesa di 229 euro per il servizio idrico integrato. A livello nazionale, gli aumenti più consistenti si sono visti a Novara, dove si è passati da un importo annuo di 123 euro del 2006 a 184 euro del 2007, Verbania, dove dai 150 euro del 2006 si è arrivati a 218 nel 2007 e infine Agrigento, dove si è giunti dai 322 euro del 2006 ai 445 del 2007, valore che la porta ad essere la città più cara d'Italia con un costo quattro volte superiore a quello di Milano. Su 104 capoluoghi monitorati, 70 hanno registrato aumenti, 33 sono rimasti invariati e la sola città di Benevento ha subito una riduzione della spesa pari al 24% rispetto al 2006. La Toscana detiene il primato di regione più costosa per il servizio idrico (308 euro annui), con 7 città nella lista delle più care, ed è seguita da Puglia (299 euro) e Umbria (290 euro). E con l'aumentare dei costi aumentano anche gli sprechi. Complessivamente in Italia il 35% dell'acqua immessa nelle tubature va persa. Per quanto riguarda Trieste,la media è leggermente più alta: la rete idrica triestina presenta infatti una dispersione pari al 38,6 per cento. Ciò significa che più di 38 litri d’acqua su 100 vanno persi, a causa di fughe, rotture delle condotte e tubature in alcuni casi vetuste. Un dato che oltre a essere superiore a quello nazionale, è anche lontano da quello che secondo studi di settore europei dovrebbe essere il valore fisiologico per una città come Trieste, ovvero il 33 per cento. (e.o.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 7 ottobre 2008 

 

 

Raccolta dei rifiuti, Trieste sotto accusa: differenziata al 17%  - A Padova il valore, con la stessa AcegasAps è al 55%. Godina: «Si vada al porta a porta»

Comune sul banco degli imputati, ieri, al convegno sulla programmazione regionale sui rifiuti e sulla raccolta differenziata, organizzato dalla Legacoop nell’auditorium della Friulia. I dati portati da Enzo Gasparutti, presidente di Idealservice, secondo cui Trieste è la città italiana col più alto costo del servizio di asporto dei rifiuti (231 euro) mentre è in coda per la raccolta differenziata (16,7% nel 2006, ultima fra le province della regione), ha innescato un vicace dibattito, moderato dal direttore del «Piccolo» Sergio Baraldi, che ha coinvolto in particolare l’assessore allo Sviluppo economico Paolo Rovis e l’ad di AcegasAps Cesare Pillon.
«Si può sicuramente migliorare – ha sottolineato Rovis – ma Pordenone, che è la più virtuosa in regione (45,3% di differenziata), dispone di discariche e inoltre manda i suoi rifiuti al termovalorizzatore di Trieste. E questo impianto utilizza il rifiuto indifferenziato per produrre energia elettrica, che ammonta al 13% di quella consumata dalla città».
L’assessore ha poi spiegato che con AcegasAps è in atto un’azione per aumentare la quota di rifiuti riciclabili. «La carta raccolta è salita del 30% in ter anni – ha rimarcato – e stiamo lavorando per aumentare di 500 unità il numero delle campane per il conferimento dei vari materiali».
A Padova , ha obiettato Baraldi, opera sempre AcegasAps ma la raccolta differenziata è al 55%, mentre a Trieste è al 16%. «Dipende quindi – ha sottolineato – dalle direttive del singolo Comune».
L’assessore Rovis ha contrabattuto dicendo che «c’è un programma con AcegasAps per la raccolta porta a porta degli imballaggi, che dovrebbe portare a un 2% in più di differenziata e un altro 5% arriverà con le nuove campane», e sull’elevato ammontare della Tarsu ha spiegato che «a Trieste l’elevato numero di famiglie composte da una sola persona incide sul dato medio della tassa».
Rimarcando che l’unico sistema per raggiungere gli obiettivi di legge è la raccolta porta a porta, l’assessore provinciale allo Sviluppo economico, Walter Godina, ha intanto chiesto alla Regione chiarezza sulle competenze provinciali in tema di rifiuti ma anche strumenti. «Serve poco la competenza – ha rilevato – se poi la Provincia non ha gli strumenti per intervenire dove le direttive non vengono applicate».
Una spiegazione del basso livello della differenziata a Trieste è stata poi fornita dal direttore del Servizio ambiente della Regione, Roberto Della Torre: «Il Comune ha interesse a non aumentare la raccolta differenziata per evitare il calo dei rifiuti al termovalorizzatore ed evitare così problemi economici per la sua gestione».
«Ma così si cambia la missione di AcegasAps», ha rimarcato Baraldi. Immediata la risposta di Rovis: «L’input ad AcegasAps è di incrementare la differenziata per allegerire il termovalorizzatore e dare così un servizio alle aree vicine e alle altre province».
Deciso, e a momenti tagliente, l’intervento dell’ad di AcegasAps, Cesare Pillon: «AcegasAps non è un socio di assistenza dei Comuni, è una spa quotata in Borsa che gestisce un servizio ma deve anche garantire il risparmio dei suoi azionisti». E sulla raccolta differenziata ha spiegato che «un conto è farla a Padova, in pianura, e un altro a Trieste dove l’orografia è simile a quella della Liguria che è agli stessi livelli. Comunque – ha sottolineato – non abbiamo ricevuto alcuna indicazione dal Comune a ridurre la differenziata. Da un anno, anzi, stiamo studiando soluzioni per aumentarla tenendo il costo invariato».
«Il problema – ha concluso Baraldi – è che AcegasAps, come le altre multiutility italiane, non è ancora una società sul mercato: gli amministratori sono indicati dai sindaci di Trieste e Padova. Così produce utili perchè i due Comuni hanno bisogno di fondi per le loro opere, utili che così non vengono investiti per dare servizi migliori e a costi più bassi».
(gi. pa.)

 

 

IL SOTTOSEGRETARIO MENIA «Ambiente, la ricerca si impegni»

Rimarcando che a Trieste la percentuale di raccolta differenziata «è oggettivamente troppo bassa», il sottosegretario all’Ambiente Roberto Menia ha invitato la Regione a riflettere sull’esigenza di aumentare la raccolta differenziata (siamo ben staccati dalle altre regioni del Nord, con il 33%) e ad essere più incisiva nelle politiche ambientali. Un altro invito è stato indirizzato dal sottosegretario al mondo della ricerca di Trieste e all’Area Science Park in particolare. «È paradossale – ha detto – che non si pensi a studi che portino a produrre nuovi materiali partendo da certi rifiuti».
«Non credo - ha continuato l’esponente dell’esecutivo - alla teoria della raccolta differenziata al 100%, funziona solo se c’è una filiera a valle. Oggi la filiera della carta, della plastica e dell’alluminio rendono, altri materiali non sono trattabili con risultati economici. Raccolta differenziata, discariche e termovalorizzatori sono quindi le tre strade complementari per il trattamento dei rifiuti». Una posizione netta, dunque, quella che Menia ha evidenziato concludendo il convegno sulla raccolta differenziata in regione organizzato da Legacoop: «Il Ministero si farà promotore di ricerche e riflessioni sul modello di sviluppo, favorendo sinergie a livello locale.
 

 

Barcolana ecologica con Operazione Paguro - La Riserva marina di Miramare ripropone la campagna per la pulizia del golfo

Durante le regate, o le semplici uscite con la propria imbarcazione, non gettare mai i rifiuti in mare, non lanciare in acqua i mozziconi delle sigarette e non scaricare giù dalla barca ciò che resta di pasti o spuntini.
È il messaggio che anche quest'anno lancia la Riserva Marina di Miramare, con «Operazione Paguro, per una Barcolana sostenibile», iniziativa contro l'inquinamento del golfo e del litorale.
Spiegano i responsabili della Riversa: «È da un paio d'anni che l'Amp, area marina protetta, si prodiga in modo particolare per aumentare la coscienza pubblica ambientale verso il pesante impatto dei rifiuti che finiscono sulle spiagge e sulle coste. Grazie alla campagna ”Operazione Paguro”, lanciata in occasione della Barcolana del 2007, Miramare si è fatta portavoce di molte ”specie pericolose” che invadono le nostre coste: bottiglie, plastica, cicche, lattine, e molti altri micro e macro rifiuti, che deturpano il paesaggio marino e spesso necessitano di tempi lunghissimi prima di biodegradarsi nell'ambiente».
Con questa iniziativa, una campagna promossa con il contributo della Provincia di Trieste, l'area marina di Miramare vuol sottolineare proprio in occasione di una kermesse di fama internazionale come la Barcolana, che il mare deve essere tutelato tutto l'anno, anche d'inverno, quando magari si affievolisce per molti il legame creatosi durante la bella stagione. Fare attenzione, soprattutto in occasione di eventi e manifestazioni, ma anche di uscite in mare per diporto, a non lasciar cader nulla in acqua serve a ritrovare, l'estate successiva, spiagge più pulite e ambienti più salubri per la biodiversità di tutto il Golfo di Trieste.
La campagna quindi ha l'obiettivo di sensibilizzare gli amanti della vela e del mare in generale, per spiegare ai triestini e ai turisti, che in questi giorni visiteranno Miramare, quanto sia prezioso l'ambiente e quanto sia importante tutelarlo, a partire da gesti piccoli, ma fondamentali. Durante la settimana della Barcolana il Centro Visite dell'area marina di Miramare sarà aperto alle persone con orario continuato 10-16, con la possibilità di visite guidate su prenotazione.
L'«Operazione Paguro» fa parte di un progetto più ampio, presentato in estate, che si è concretizzato anche in una serie di uscite, che hanno coinvolto numerosi volontari nella pulizia del litorale. «Lungo la costiera triestina, e in particolare nella parte ovest a partire da Miramare fino a Duino Aurisina, si assiste a un accumulo sulle spiagge libere di macrorifiuti. L'azione delle onde e delle correnti fa depositare sul bagnasciuga oggetti di plastica, contenitori, bottiglie e a volte pezzi di polistirolo e oggetti di metallo - precisano dalla Riserva - crediamo che i bagnanti, assidui frequentatori estivi della costiera triestina, siano i primi a risentire di questo inquinamento, perché i luoghi ricreativi si presentano degradati e perché vengono a trovarsi a contatto con sostanze in deperimento che non sempre li lasciano tranquilli nel godersi il mare».
La Riserva quindi ad agosto e nei primi giorni di settembre ha avviato un'iniziativa, chiedendo la collaborazione dei bagnanti per una pulizia volontaria delle spiagge, grazie al supporto dello «Spazzamare», il battello ecologico messo a disposizione dal Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, che ha trasportato quanto accumulato ai centri di raccolta comunali.
Per tre settimane, ogni lunedì a partire dal 14 agosto, Spazzamare ha messo in pratica un servizio di raccolta dei rifiuti rastrellati dai bagnanti, così da agevolare la rimozione delle immondizie anche dove è solitamente più difficile. A ogni volontario è stato fornito il necessario per sistemare le immondizie in luoghi precisi.
Finita l'estate la riserva marina vuole continuare a divulgare il messaggio di tutela dell'ambiente, anche nel corso dell'inverno, quando sono tantissimi gli appassionati del mare che scelgono di trascorrere giornate a bordo delle proprie imbarcazioni o partecipando a regate veliche. A partire dalla Barcolana, con centinaia di persone in mare, l'obiettivo è quindi quello di ricordare che i rifiuti vanno riportati a terra e gettati negli appositi contenitori. Il rischio è quello di trovare spiagge e natura deturpate, sporcizia e degrado, una volta tolto il cappotto e infilato nuovamente il costume da bagno.
Micol Brusaferro
 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 6 ottobre 2008 

 

 

Terrapieno di Barcola inquinato Il caso va in discussione a Bruxelles  - ACCOLTA LA DENUNCIA DI GREENACTION

«La Commissione per le petizioni del Parlamento europeo ha deciso di accogliere la denuncia presentata da Greenaction Transnational sull’inquinamento del terrapieno di Barcola e della costiera triestina affidando l’inchiesta alla Commissione europea». Lo annuncia Greenaction Transnational. Il terrapieno di Barcola, ricorda l’associazione ambientalista in una nota, è stato utilizzato in passato «in particolare come discarica» per «gli inceneritori di Trieste e del nord Italia; è stato inoltre utilizzato come discarica per i rifiuti delle industrie locali». Oggi vi sono insediate società nautiche. «Parzialmente sottoposto a sequestro nel dicembre 2005 - ricorda Greenaction - è stato dissequestrato nel settembre 2007». I motivi del’archiviazione dell’inchiesta penale «risiedono, secondo il Tribunale di Trieste, nella prescrizione essendo trascorsi troppi anni» dal «reato». E «nessun provvedimento cautelativo è stato adottato nonostante la gravità della situazione. Di fatto l’autorità giudiziaria, pur riconoscendo la pericolosità dell’inquinamento, ha rimandato alle autorità amministrative tutte le competenze per interventi di messa in sicurezza e bonifica, che a oggi non sono nemmeno abbozzati».
Al Parlamento europeo Greenaction ha denunciato la violazione di numerose direttive europee, tra cui quella secondo cui «i depositi di rifiuti in attesa di smaltimento per» oltre un anno «sono da considerarsi discariche e vanno soggetti alle disposizioni della direttiva. Ricadono in questa definizione i depositi di rifiuti generati da operazioni di messa in sicurezza e in attesa di smaltimento definitivo. È il caso del terrapieno di Barcola», annota Greenaction.
Greenaction sottolinea infine come Roberto Giurastante, responsabile dell’associazione e membro del comitato esecutivo di Alpe Adria Green, rete italo-sloveno-croata, «è stato oggetto di un grave tentativo di intimidazione da parte di ignoti che mentre la famiglia era in casa hanno preso a calci e spallate la porta dell’abitazione, poi fuggendo. Il fatto - scrive Greenaction - è stato denunciato».
 

«La Ferriera non fa danni? È lungo l’elenco delle pensioni di invalidità»  - DOPO LA LETTERA DELL’EX TURNISTA

Operai della Ferriera in ansia per la propria sorte? È semmai la presenza dello stabilimento che «impedisce un futuro certo ai suoi dipendenti e fa da tappo alla possibilità di sviluppare molte altre occasioni di lavoro e occupazionali che si aprirebbero per esempio con la costruzione della piattaforma logistica e con il suo indotto, non paragonabile all’attività di banchinaggio per conto terzi inopinatamente concessa dall’Autorità portuale a un privato ma negata per esempio al Comune».».
È una delle affermazioni che Romano Pezzetta fa in una lettera in cui replica a quella di un ex turnista per trent’anni al lavoro in Ferriera che, restando nell’anonimato, ha evidenziato le contraddizioni nel dibattito sullo stabilimento, come i presunti danni alla salute che comporterebbe - smentiti dalle analisi cliniche, precisa l’ex turnista - o l’opera di certi «solerti servolani» che dopo avere mantenuto la famiglia per decenni lavorando proprio in Ferriera non esitano a scoprirsi, una volta raggiunta la pensione e dopo aver magari fatto da pensionati-consulenti per lo stabilimento, ecologisti «duri e puri».
Se l’ex turnista giustifica l’anonimato coi «tempi duri», secondo Pezzetta (che è portavoce del Comitato Servola respira) «questi varrebbero eventualmente per coloro che dal 1998 si battono per far cessare l’inquinamento prodotto dalla Ferriera, come attestano le minacce al presidente del Circolo Miani». Rischi per la salute? «All’Inail - ribatte Pezzetta - c’è un impressionante elenco di pensioni di invalidità per broncopatia ostruttiva e altre patologie correlate rilasciate ai lavoratori dello stabilimento, di cui per esempio sarebbe utile sapere quanti sono assunti a tempo indeterminato e quanti apprezzano le assunzioni a termine».
Quanto ancora ai presunti rischi per la salute, le «dichiarazioni di qualche dirigente dell’Azienda sanitaria confermano una volta di più l’assoluta inaffidabilità della stessa che si rifiuta pervicacemente di fare quell’indagine epidemiologica sul territorio della provincia ripetutamente richiesta fin dal dicembre 1999».
Infine: la preoccupazione per il lavoro, «la cui retribuzione media si aggira tra i 900 e i mille euro al mese»? «Fanno bene operai e dipendenti ad averla - chiude Pezzetta - a fronte di una proprietà che ha comunque, anche senza interventi parlamentari poiché è improprio dare al sindaco meriti che non ha, deciso e annunciato di volere chiudere lo stabilimento prima nel 2009 e poi nel 2015».
 

Rifiuti, come aumentare la raccolta differenziata  - CONVEGNO LEGACOOP

«Una corretta programmazione regionale sui rifiuti e sulla raccolta differenziata» è il tema del convegno che Legacoop Fvg organizza oggi dalle 15.30 alla Friulia (via Locchi 19), per illustrare la situazione soprattutto nella nostra provincia: qui la differenziata si è attestata nel 2006 (ultimo dato ufficiale) al 16,7%, di molto inferiore rispetto al resto della regione. La cooperazione vuole portare un contributo a creare strategie utili per raggiungere gli obiettivi di legge: 65% di differenziata entro il 2012. Il convegno, moderato dal direttore del Piccolo Sergio Baraldi, vedrà presenti tra gli altri il sottosegretario Roberto Menia, il presidente e il vice Legacoop Fvg Renzo Marinig e Loris Asquini, l’ad di AcegasAps Cesare Pillon e Armando Querin, presidente di Iris.
 

 

Pahor: migliorare i rapporti con l’Italia Rigassificatore, serve un accordo a due  - IL FUTURO CAPO DEL GOVERNO INCONTRERÀ IL DEPUTATO BATTELLI

CAPODISTRIA «I rapporti italo-sloveni non sono così buoni come credo potrebbero essere. Vorrei far sì che Roma si rendesse finalmente conto di avere a est un vicino aperto alla collaborazione politica ed economica. Perciò, intendo impegnarmi per aumentare gli scambi commerciali tra i due Paesi: ritengo che ci siano molte opportunità non ancora sfruttate» .
Il futuro capo del governo sloveno Borut Pahor, ospite della giornalista Mojca Juratovec nella trasmissione «Tuttoggi attualità» del programma italiano di Tv Capodistria, ha anticipato (almeno in parte) quelle che saranno le linee guida del suo governo nei rapporti con i Paesi vicini.
Parlando del problema dei rigassificatori nel golfo di Trieste, inoltre, Pahor ha auspicato che la questione si risolva attraverso normali vie diplomatiche tra Lubiana e Roma, senza che la Slovenia debba denunciare l'Italia per la violazione delle norme sull'impatto ambientale transfrontaliero.
«Non credo, comunque, che si arriverà a questo punto. Prima - ha spiegato Pahor - va cercata una soluzione con le autorità regionali e con Roma per arrivare a una soluzione accettabile da entrambe le parti». Il politico ha anche aggiunto di comprendere gli sforzi dell'Italia per trovare il modo migliore per far fronte al deficit energetico: «Anche la Slovenia sta cercando delle soluzioni in questo senso - la sua conferma - ma l'Italia non può farlo a nostro danno».
In quanto ai rapporti con la Croazia, Pahor ha annunciato che considera la mancata definizione del confine una questione di interesse nazionale. E, su questo delicato argomento, intende consultarsi con tutti i partiti parlamentari, e non solo con quelli che appartengono alla futura maggioranza di governo. «Vorrei che il nodo dei confini venisse risolto prima dell'entrata della Croazia nell'Unione europea», ha spiegato Pahor, aggiungendo anche di voler essere considerato un politico che tutela gli interessi nazionali sloveni senza tuttavia minacciare gli interessi croati. Un compromesso accettabile da entrambe le parti, secondo Pahor, è infatti raggiungibile.
Da oggi, intanto, continuano i colloqui di Pahor con i leader delle forze politiche per definire il testo dell'accordo di coalizione e per distribuire le cariche. Il suo Partito socialdemocratico ha rinunciato in partenza alla presidenza della Camera di Stato. L’incarico, però, non sembra interessare nemmeno Gregor Golobic (leader di Zares, secondo partito più forte della coalizione di centrosinistra). Gli altri due partiti praticamente sicuri della futura maggioranza di governo, e che rivendicano alcuni posti ministeriali, sono la Democrazia liberale e il Partito dei pensionati Desus.
Insieme, le quattro formazioni dispongono di 50 voti in Parlamento su 90 (socialdemocratici 29, Zares 9, Democrazia liberale 5 e Desus 7). Il Partito popolare (5 deputati), che insieme ai Pensionati faceva parte della maggioranza uscente (guidata dai democratici di Janez Jansa), deciderà domani se accettare l'invito di Pahor e quindi avviare le trattative per entrare nel nuovo governo. Oppure, in caso contrario, restare nell'opposizione per i prossimi quattro anni.
La settimana prossima, Pahor incontrerà anche i deputati delle minoranza nazionali: l’italiano Roberto Battelli e l’ungherese Laslo Goncz. L’incarico di formare il governo, comunque, sarà ufficialmente affidato a Borut Pahor soltanto dopo il 15 ottobre, quando è stata convocata la seduta costitutiva della nuova Camera di Stato.
 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 5 ottobre 2008 

 

 

SERVOLA  - Diossina, Ferriera a processo  - Emissioni del 2005: in aula le prove dell’avvenuto risanamento  - Domani udienza in Tribunale

L’impianto di agglomerazione della Ferriera ora è sotto controllo e risponde a tutti i parametri previsti dalla legge. Domani però si discuterà nell’aula del Tribunale delle emissioni di diossina che nell’agosto del 2005 avevano indotto il pm Federico Frezza a decretare il sequestro preventivo dell’impianto. Due sono gli imputati: Francesco Rosato, direttore dello stabilimento e Giovanni Schinelli, presidente della «Servola spa». Secondo l’accusa non «hanno osservato o non si curavano che fossero osservate le prescrizioni dell’autorizzazione regionale per quanto attiene le emissioni in atmosfera provenienti dall’impianto di agglomerazione. Ciò per colpa, consistita nell’omesso, doveroso controllo del ciclo produttivo e nell’omesso colposo adeguamento alla migliore tecnologia disponibile».
I due dirigenti industriali domani chiederanno al giudice Giorgio Nicoli di essere ammessi all’oblazione. Pagando un somma poco più che formale, potranno uscire dall’indagine, senza che sia pronunciata una eventuale condanna.
Già in altri casi i difensori del gruppo Lucchini Severstal, gli avvocati Giovanni Borgna e Giuseppe Frigo, hanno scelto analoghe strategie. Per essere ammessi all’oblazione i due imputati dovranno però dimostrare al giudice che l’impianto di agglomerazione non emette più diossina o meglio che le emissioni rientrano nei severissimi parametri introdotti dalla Regione con il Decreto del 16 marzo 2005. Il limite massimo è stato fissato a 0,4 nanogrammi di diossina per metro cubo d’aria. Nel periodo precedente, gli sforamenti aveva raggiunto livelli preoccupanti: 1,527 nanogrammi il 13 luglio 2005 e 0,723 il 21 aprile dello stesso anno.
Fornire la prova dell’avvenuto risanamento non sarà difficile anche perché l’impianto ha potuto essere dissequestrato nell’ottobre 2006 grazie a una serie di importanti aggiustamenti messi a punto dai tecnici della Ferriera sotto il costante controllo dei consulenti della Procura. Dopo un anno di verifiche e sperimentazioni il professor Marco Boscolo alla fine dell’estate del 2006 aveva sottolineato che per far entrare le emissioni di diossina nei parametri di legge, l’agglomerato doveva essere costantemente irrorato con urea: esattemente con lo 0,15 per cento della massa del materiale che poi finisce nell’altoforno.
La sperimentazione ha avuto esito positivo. «L’agglomerazione risulta totalmente restituibile alla proprietà» aveva scritto il professor Boscolo nel documento inviato al pm Federico Frezza. Quest’ultimo ne aveva disposto il dissequestro e nel provvedimento tra l’altro si leggeva. «Il procedimento è stato connotato da una visione non meramente ed esclusivamente repressiva dell’azione penale, bensì da una visione attenta al comportamento dinamico della pluralità di interessi coinvolti. Quali siano questi «interessi» il magistrato lo aveva spiegato a chiare lettere. «Il diritto alla salute e all’ambiente salubre, primari e intangibili. Ma anche, sia pure un gradino al di sotto, il diritto all’esercizio dell’iniziativa economica privata, che è libera, purché non in contrasto con l’utilità sociale e purché non rechi danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana».
Va aggiunto che ora la massa dell’agglomerato non viene solo irrorata con urea: sono state adottate altre precauzioni per limitare ulteriormente il livello della diossina. Ad esempio l’altezza del «letto» non deve superare i 40 centimetri e il nastro trasportatore non deve superare la velocità di un metro al secondo.
(c.e.)

 

 

Casa Moderna: vivere con l’energia solare  - La Fiera che si chiude domani propone nuovi stili d’abitazione

UDINE La Fiera Casa Moderna, che si chiuderà domani a Udine, è pronta all’allungo finale della 55ma edizione. Al tema dell’energia solare sarà dedicato l’ultimo convegno di Casa Moderna in programma oggi alle 17.00 in sala convegni a cura dell’azienda espositrice Solar Systems dal titolo «Energie pulite: sole e acqua» rivolto al cittadino, ma anche alle Amministrazioni Comunali, Provinciali e Regionali per illustrare le potenzialità di nuovi strumenti e nuove modalità di approccio per lo sfruttamento consapevole e intelligente di quelle che sono le fonti più antiche di energia presenti sul pianeta. Un argomento che guarda in avanti confrontandosi anche con le mutate e particolari condizioni climatiche che caratterizzano il pianeta: per quanto riguarda l’Italia, secondo uno studio della Commissione Europea, il Bel Paese per la sua posizione geografica con elevato irraggiamento, fra soli 7 anni avrà il prezzo dell’energia solare pari alla metà di quello pagato da una famiglia media. Un investimento per il futuro quindi, supportato dalle sempre nuove tecnologie sviluppate, affiancate da diverse normative che offrono interessanti contributi d’installazione.
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 4 ottobre 2008 

 

 

 Raccolta differenziata, Trieste prepara il business  - LUNEDÌ CONVEGNO CON ACEGASAPS, IRIS E MENIA

Idealservice in pole position: 400 persone in città, fatturato di 47 milioni e una rete in regione
TRIESTE Quarantasette milioni e mezzo di fatturato nel 2007 in costante crescita (nel 2005 era a 32 milioni, nel 2006 a 42 milioni), una previsione di 60 milioni di euro per il 2008, un patrimonio netto che quest’anno supera i 13 milioni di euro: è il quadro economico di Idealservice, cooperativa che opera nel settore della raccolta differenziata dei rifiuti inserita anche in Friuli Venezia Giulia e in particolare a Trieste dove operano 400 persone. A testimonianza di un settore che si sta dimostrando strategico e lo confermeranno anche gli esperti del convegno su Programmazione regionale sui rifiuti e la raccolta differenziata, previsto per lunedì prossimo nella sala convegni di Friulia in via Locchi alle 15.30. Tra gli interventi, dopo l’introduzione del presidente di Legacoop, Renzo Marinig, proprio quello del vertice di Idealservice, Enzo Gasparutti, ma ci saranno anche l’amministratore delegato di AcegasAps, Cesare Pillon, il presidente di Iris, Armando Querin e le conclusioni saranno svolte dal sottosegretario all’Ambiente, Roberto Menia.
Un appuntamento importante quello di lunedì che analizzerà la situazione nel settore dei rifiuti di Trieste che vede la raccolta differenziata attestarsi al 16,7% (dati 2006) un valore molto inferiore rispetto alle altre province della regione. Con l’evento di lunedì il mondo della cooperazione punta a creare le strategie per raggiungere gli obiettivi previsti dalle leggi in materia che impongono di raggiungere entro il 2012 una percentuale di raccolta differenziata del 65%.
E a dare il suo contributo di esperienza sarà Idealservice, realtà attiva in tutto il Nord Italia con oltre 1200 persone, presente in tutte e quattro le province del Friuli Venezia Giulia, nel Veneto orientale con appendici importanti nelle province di Venezia, Rovigo, Ferrara e Reggio Emilia.
A Trieste le 400 persone impegnate nella divisione Facility management (che conta globalmente su 790 addetti) offre una gestione integrata dei servizi per ottimizzare costi e tempi. Si tratta di una serie di servizi che vanno dalle manutenzioni ordinarie e straordinarie dei patrimoni immobiliari, delle infrastrutture e degli impianti all’installazione e gestione di caldaie ad alto rendimento; dalle pulizie sanitarie, civili e industriali alla gestione dei depuratori; dalla gestione del verde pubblico e aziendale alla cura di strade, piazzali e aree organizzate.
Fra gli obiettivi futuri di questa divisione – alla quale si integrano i settori “Ecologia” (circa 400 addetti in totale) ed “Energia” (costituito nel 2008 per operare nel campo degli impianti energetici a basso impatto ambientale) e che, insieme, forniscono soluzioni personalizzate alle amministrazioni comunali, ai consorzi e alle aziende – si evidenziano il consolidamento e lo sviluppo della presenza sul territorio interregionale e nazionale, con particolare riferimento al Nord Italia, attraverso la gestione integrata e coordinata di quei servizi definiti «no core business», ottimizzando il controllo della qualità e dei costi degli stessi in un quadro di rispetto dei valori etici e delle leggi di riferimento.
 

Rigassificatore: garanzie e dubbi del geologo - I periti di Gas Natural: nessun effetto domino. Ma ci sono zone d’ombra

Gli approfondimenti sul progetto di Zaule sono di uno sconosciuto ingegnere per una società del Lussemburgo  - Dopo il «Via» atteso il parere di due ministeri
Pubblichiamo la prima puntata di un’analisi del geologo Livio Sirovich sul progetto per realizzare un impianto di rigassificazione in provincia di Trieste. L’impianto preso in esame è quello della società spagnola Gas Natural e l’area che andrebbe a occupare è quella dell’ex Esso.
È ormai possibile fare il punto sulla sicurezza e sulle conseguenze ambientali del rigassificatore che la multinazionale spagnola Gas Natural propone di costruire a Zaule. La valutazione del progetto da parte della Commissione «Via» (valutazione impatto ambientale) del ministero dell'Ambiente si è conclusa dopo che la Gas Natural in aprile aveva presentato gli ultimi documenti integrativi.
Ed è trapelata la notizia che il parere della Commissione è stato favorevole, sia pure con una serie di raccomandazioni (favorevole il 48,3% dei 58 componenti, nessun contrario, ma ben 12 astenuti e 18 assenti). Non resta che attendere la decisione congiunta dei ministri dell’Ambiente (Prestigiacomo) e dei Beni culturali (Bondi).
SICUREZZA- EFFETTO DOMINO
L'espressione «effetto domino» indica ipotetici incidenti industriali a catena, ad esempio incendi, che possano innescarsi dal rigassificatore verso l’esterno, oppure dagli stabilimenti circostanti verso il rigassificatore. Lo studio principale dell’«effetto domino» è rimasto quello del dicembre 2006, non più aggiornato. Teniamo presente che il rigassificatore sarà a 120-150 metri dalle prime case e capannoni commerciali-artigianali della zona Errera-Giarizzole e confinerà con il terminal petrolifero e l'inceneritore.
Scrivono i consulenti di GasNatural: «Per quanto riguarda le modalità di valutazione ed i criteri da adottare nell’analisi, non sono ancora state emanate (in Italia, n.d.r.) norme cogenti». Ci si ritiene quindi autorizzati - scrivono gli autori - a non esaminare l'effetto domino verso l’esterno, ma solo quello dagli impianti circostanti verso il rigassificatore. Tutti i possibili incidenti industriali esterni elencati sono per altro di lieve entità. Fra i pericoli esterni, vengono anche considerate le conseguenze di possibili maremoti innescati da terremoti nella regione.
Qui una verifica puntuale è più facile che nel caso precedente dei lievi incidenti esterni e purtroppo i numeri riguardanti i «Principali eventi sismici avvenuti in Friuli Venezia Giulia negli ultimi 500 anni» sono sbagliati. Ad esempio, alla scossa del 15 settembre 1976 in Friuli (la terza di quell’anno terribile) viene attribuita un’energia trenta volte più alta del terremoto del 6 maggio (che fu ben più forte e fece mille vittime). Vengono inoltre indicati un terremoto nel 1964 nel «Carso» con un’irrealistica magnitudo 6,5 (più di quello del 6 maggio 1976) ed uno a Gemona nel 1511 con valore addirittura 8.
Com’è noto, le navi gasiere possono costituire un punto «debole» della sicurezza. Ma, avendo scelto di guardare solo gli incidenti «esterni», i consulenti in questione hanno ritenuto di non dover toccare l’argomento perché le gasiere sarebbero «interne» al ciclo di lavorazione. Essi esaminano invece l’incidentalità delle semplici autocisterne dirette agli impianti della zona, perchè possono costituire pericolo dall’esterno verso il rigassificatore. Una volta affrontato l’effetto domino in modo così parziale, il risultato dichiarato dallo studio è del tutto rassicurante. Chi ne sono gli autori?
CHI SONO I CONSULENTI
La relazione reca il logo di un Consorzio «per l’ingegneria delle georisorse» fra alcune università italiane, Trieste compresa, ma non è firmata nè risultano i nomi degli estensori. Tuttavia, nella pagina e mezza di accompagnamento, la società anonima di diritto lussemburghese Medea, con sede in una casetta di Massagno, Lugano, di cui si è molto parlato in passato, la attribuisce (non si sa se a torto o a ragione) al «Prof. P. Bevilacqua dell’Università di Trieste in qualità di responsabile scientifico e da un team di esperti del settore».
A fronte di queste stranezze, non risultano agli atti studi di approfondimento chiesti dalla Regione o dal Ministero. La stessa pagina e mezza dell’anonima lussemburghese, preparata da uno sconosciuto ingegnere campano poco più che trentenne, accredita scenari tranquillizzanti anche in caso di attacchi terroristici: «la tipologia di mezzi impiegati e le relative modalita` realizzative di un atto terroristico, rendono altamente probabile, se non scontato, l’immediato innesco di un pool-fire (incendio di pozza di gas liquido in evaporazione; un caso relativamente poco allarmante, n.d.r.) di dimensioni limitate e tali da presentare una distanza di rispetto compatibile con il dimensionamento del canale di accesso e del bacino di evoluzione».
Vediamo di capire. Cos’è la «distanza di rispetto»? Quella oltre la quale si riportano serie ustioni sulla pelle se si rimane esposti per più di 40 secondi. In pratica, questo documento valuta che, verso sud, il tratto di mare largo circa 1000-1200 metri sia sufficiente ai muggesani per non rimanere gravemente ustionati in pochi secondi. Ma non dice cosa avverrebbe verso la zona abitata a nord (Giarizzole-Errera ecc...) e quale effetto avrebbe questo calore sull'adiacente terminal petroli e sugli impianti vicini (G.T.S. deposito gas liquefatti, Ferriera Servola, Linde Gas Italia produzione e deposito, Si.Lo.Ne. e Depositi costieri S.p.A. oli minerali, chimica e petrolchimica Alder, Chiurlo prodotti combustibili), né il motivo per cui eventuali terroristi (che a Zaule distrussero alcuni depositi di petrolio già nel 1972) non dovrebbero essere capaci di causare danni gravi alle navi gasiere o ai depositi a terra, riuscendo viceversa a provocare solo un incendio «di dimensioni limitate».
(1- continua)

LIVIO SIROVICH

 

 

RIGASSIFICATORE - I CONTROLLI

Un'obiezione sorge spontanea: tutti questi studi sono stati pure esaminati dai tecnici preposti ed anche dalla supercommissione ministeriale. Possibile che nessuna Regione in Italia sia dotata di funzionari capaci di fare le pulci ad un consulente internazionale che usa codici idraulici tridimensionali, oppure (ancora per Zaule) l’assai discusso metodo di calcolo del rischio sismico del famoso consulente privato inglese Gordon Woo, che può consentire dimensionamenti meno costosi delle strutture (ma anche meno sicuri)?
Nel caso di Zaule (GasNatural) e Grado (progetto Endesa), alcuni funzionari hanno chiesto alla Regione l'aiuto di istituzioni scientifiche esterne per misure sperimentali e calcoli di controllo. Ma non sono stati esauditi.
E la supercommissione ministeriale? Discorso complesso. In parte politicamente lottizzata, forte presenza di avvocati in rapporto ai tecnici-scienziati, dubbia presenza di specialisti in modellistica marina (sismica, etc.) in grado di sopperire alle carenze di base delle analisi. E poi sono inondati da centinaia di documenti spesso inutili, costretti a dividersi in gruppetti istruttori di 2-3 esperti, senza potersi avvalere di efficienti servizi tecnico-scientifici dello Stato. Perché il problema è anche questo e lo sanno più che bene i super-liberisti statunitensi: solo la ricerca pubblica può garantire analisi e controlli indipendenti, volti al bene complessivo della Comunità. 
(l.s.)

 

 

RIGASSIFICATORE - Il confronto con la baia di Tokyo  - PRESENTI CINQUE IMPIANTI

Nel 2007, l’ex presidente della Regione dichiarò ripetutamente: «Ricordo che nella baia di Tokyo, che è profonda 16 metri contro i 22 del golfo di Trieste, e che è grande circa il doppio, ci sono 5 terminal di rigassificazione e non è stato mai rilevato alcun problema di temperatura dell’acqua. Quindi anche questo è un problema inesistente».
Come si vede dalla sezione qui accanto, quella baia è invece lunga circa 60 km, con profondità crescenti oltre gli 80 m fino a sprofondare nel Pacifico. Fujiwara e Yamada (J.G.R., 2002) avevano già calcolato che le forti maree giornaliere, le correnti oceaniche ed il regime monsonico ne rinnovano tutto il volume d’acqua in soli 8-16 giorni.
Il consulente di GasNatural, Alatec, che conosceva la nostra baia, nel 2006 aveva scritto: è «un bacino in cui le correnti sono molto deboli ed il ricambio con il mare aperto praticamente nullo», ma è stato sostituito.
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 3 ottobre 2008 

 

 

Urbanistica, approvata la liberalizzazione di serre e pannelli solari  - L’aula rimuove i vincoli sugli interventi finalizzati al risparmio energetico

TRIESTE Per il centrosinistra è un «indulto urbanistico», per il centrodestra elimina vincoli e burocrazia. La legge che modifica la riforma urbanistica di Lodovico Sonego è stata approvata ieri in Consiglio regionale: prevede il ritorno alla vecchia normativa (la 52/1991), a fronte del mancato varo del piano territoriale regionale, ma introduce anche diverse novità. La nuova legge, infatti, consente ai Comuni con meno di 15 mila abitanti di intervenire in opere urbanistiche con un’espansione del 20% e liberalizza diversi interventi.
Diventa possibile realizzare costruzioni come verande o depositi per gli attrezzi fino a 20 metri cubi nonché tettoie o barbecue fino a 20 metri quadri senza dover presentare la Dia (denuncia inizio attività) così come vengono liberalizzate le opere di raccordo alle reti di acqua, luce, gas e telecomunicazioni e il collocamento di lapidi, targhe e decorazioni. Non vengono conteggiati nella volumetria e nella superficie dell’edificio gli interventi per il risparmio energetico: libertà quindi nell’inserire spessori nelle murature esterne e nei solai intermedi e di copertura da 30 a 60 centimetri e nessun vincolo (se non quelli relativi alle distanze minime) per le serre solari che non occupano più del 15% dell’intera superficie abitativa e per gli interventi di isolamento termico e acustico, per l’installazione di pannelli solari e l’ombreggiamento delle facciate nei mesi più caldi. Previsto anche l’obbligo di installare l’ascensore, raggiungibile da rampe prive di gradini, negli edifici con due o più piani.
Il Consiglio rinvia invece la discussione sulle mozioni relative alla specialità mentre la conferenza dei capigruppo stabilisce il calendario dei lavori di ottobre e novembre: andranno in aula i ddl su commercio, benzina regionale, lingue comunitarie e gestione del patrimonio immobiliare, oltre ai ddl dell’opposizione su nomine e polizia locale.
 

 

Rigassificatore a Veglia, sì di Zagabria - Via libera del governo alla realizzazione dell’impianto di Omisalj

ZAGABRIA Decisione ufficiale del governo croato: il futuro rigassificatore nordadriatico sorgerà a Castelmuschio (Omisalj), località vegliota che si affaccia sul golfo di Fiume e decenni fa ridente centro di villeggiatura. Ma la costruzione dello stabilimento petrolchimico Dina, del porto petroli e dell’oleodotto, l’hanno trasformata in un concentrato di industria pesante, che tempo 5–6 anni accoglierà anche un gigantesco terminal metanifero. L’esecutivo di centrodestra del premier Ivo Sanader ha aperto al suggerimento della competente commissione del ministero dell’Economia, che aveva indicato nel sito isolano la migliore ubicazione per il maxi–impianto Lng. «Dopo anni di intoppi e ritardi di varia natura – è quanto dichiarato dal ministro dell’Economia e vicepresidente del governo, Damir Polancec – abbiamo deciso di puntare su Castelmuschio. Ora possono iniziare i lavori di prospezione e i preparativi per l’edificazione del rigassificatore. Agli investitori chiederemo di avere in tempi relativamente brevi sia il progetto ideale, sia lo studio di impatto ambientale, come pure altre relazioni che altrimenti non vengono contemplate dalle legge sulla salvaguardia ambientale». Il braccio destro di Sanader per il comparto economico ha fatto quindi sapere che saranno avviati colloqui con il comune di Castelmuschio e la Regione quarnerino–montana per scoprire le loro aspettative legate all’ambizioso progetto energetico. Alle dichiarazioni di Polancec si è collegato il primo ministro, rilevando che una delle priorità del suo governo è quella di dare alla Croazia una sicura autonomia in termini di petrolio, gas ed energia elettrica. «Il rigassificatore vegliota – ha aggiunto – si inquadra proprio in questa strategia». Oltre alla scelta di Castelmuschio, nei prossimi mesi dovrebbe scaturire l’accordo sul nome delle aziende croate che entreranno a far parte del consorzio Adria Lng, al quale spetterà la costruzione del terminal.
Secondo le ultime informazioni provenienti da Zagabria, saranno la compagnia petrolifera nazionale Ina, l’Azienda elettrica di Stato e la Plinacro a venire inglobate nell’Adria Lng, che comprende le tedesche Rwe e E.ON Ruhrgas, la francese Total, l’austriaca OMV e la slovena Geoplin. La presenza croata, con una quota probabilmente del 25 per cento, si è resa necessaria onde permettere che parte del gas movimentato resti in Croazia. Tempo fa si era parlato» che dei 15 miliardi di metri cubi di gas movimentati annualmente a Veglia, il 30 per cento entrerebbe nel sistema distributivo nazionale, mentre il resto sarebbe destinato ai mercati europei. Come già scritto, il rigassificatore altoadriatico verrebbe a costare da 700 milioni a un miliardo di euro e contribuirà all’ apertura, assieme all’ indotto, di circa 10 mila posti di lavoro.
Andrea Marsanich
 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 2 ottobre 2008 

 

 

Rigassificatori, la Slovenia vuole negoziare con Roma il nodo energia  - Lubiana ribadisce il no ai due impianti nel Golfo di Trieste

PIRANO Rigassificatori nel golfo di Trieste: la Slovenia non si accontenta di essere trattata da partner sul piano tecnico, ma vuole molto di più, ossia negoziare con Roma a livello strategico le politiche energetiche e il loro impatto transfrontaliero in un'area così sensibile come l'Alto Adriatico.
Le posizioni di Lubiana sui progetti per i due impianti di rigassificazione contestati – uno offshore nel golfo, l'altro a Trieste (Zaule) – sono state ribadite ieri a Pirano dal presidente della Commissione interministeriale slovena per i rigassificatori Marko Starman e dal sottosegretario all'Ambiente Mitja Bricelj.
«La nostra posizione di partenza è nota: i terminal non vanno costruiti nel golfo di Trieste, sopratutto non in questo modo e a queste condizioni. Gli stessi obiettivi economici ed energetici – ha dichiarato Starman – possono essere realizzati scegliendo un sito più adatto».
«Non siamo contrari ai terminal in generale, alla diversificazione energetica e allo sviluppo – gli ha fatto eco Bricelj – ma vogliamo che si trovi una soluzione ottimale». E per soluzione ottimale, hanno fatto capire i due funzionari, Lubiana intende una soluzione che emerga da un esame strategico comune dell'impatto ambientale transfrontaliero e dell'intera problematica che riguarda la fornitura energetica dell'area altoadriatica.
In particolare, la Slovenia vuole essere consultata, e partecipare alla decisioni insieme alla controparte italiana sulle scelte energetiche più adatte e, a livello di esperti, su che cosa è in grado di sostenere il golfo di Trieste: dalla natura delle merci all'intensita dei traffici, dal regime di navigazione allo sviluppo di zone protette. E vuole farlo non solo per quanto riguarda l'immediato futuro, ma in una prospettiva più ampia, per i prossimi dieci, vent’anni.
È una richiesta, hanno spiegato Starman e Bricelj, basata sulle direttive europee in materia ambientale, e Lubiana è pronta a ricorrere anche al Tribunale europeo di Lussemburgo, se sarà necessario, per essere coinvolta nelle decisioni. Una misura, quest'ultima, ha precisato nei giorni scorsi il ministero Affari esteri della Slovenia, che rappresenta soltanto un’iniziativa estrema, visti tutti gli strumenti di collaborazione bilaterale attualmente a disposizione.
Più che bloccare i terminal, dunque, Lubiana vuole negoziarne l'ubicazione e le caratteristiche tecnologiche, per evitare che un domani il prezzo da pagare per degli impianti comunque necessari si riveli troppo alto, in termini di impatto ambientale e ricadute negative su turismo, pesca e altre attività produttive.
L'incontro di ieri con la stampa è stato organizzato in chiusura del dibattito pubblico sui progetti per i due rigassificatori organizzato dall'Agenzia slovena per l'ambiente, che ha dato in visione la documentazione sui terminal progettati da Endesa e Gas Natural. Tutti i pareri espressi da parte di singoli e di istituzioni sono risultati negativi: 44 bocciature per il rigassificatore offshore – basterebbe, secondo gli sloveni, spostarlo un centinaio di chilometri in direzione sudovest – e 26 bocciature per il terminal di Zaule. Contro i rigassificatori nel golfo di Trieste si sono sempre espresse anche le autorità locali di Capodistria.
 

FERRIERA - TAVOLO DI LAVORO TRA ASSESSORI  - Riconversione a Servola: la Regione convoca i sindacati, parte lo studio

La giunta Tondo ha affidato ufficialmente all'Agenzia regionale del lavoro e della formazione professionale l'incarico di realizzare uno studio sulle caratteristiche professionali dei lavoratori che operano nella Ferriera di Servola. L’esecutivo del Friuli Venezia Giulia ha dunque recepito la proposta dell'assessore Alessia Rosolen (deleghe al Lavoro, Università e Ricerca) che aveva preannunciato il progetto ma che, documenti alla mano, ha dovuto attendere qualche giorno per una conferma che fa seguito anche alla recente risoluzione con la quale la commissione Ambiente della Camera impegna governo e Regione a stilare entro 60 giorni un piano per la riconversione o la chiusura dello stabilimento. E, di conseguenza, per la ricollocazione del personale e la gestione di esuberi o di una crisi occupazionale.
«Il presidente Tondo ha dato l’incarico - conferma l’assessore Rosolen - per quello che ritengo il primo atto di pianificazione responsabile da parte della politica sul caso specifico. Inutile dibattere, infatti, se non si conosce la realtà dei lavoratori. Ora, parallelamente a questo studio, ci muoveremo in due direzioni». La prima prenderà il via nei prossimi giorni e sarà costituita «da un tavolo di lavoro per unire tutti gli anelli della catena e ottenere dati su ogni genere di impatto. Oltre alla sottoscritta, ne faranno parte gli assessori all’Ambiente, Vanni Lenna (coordinatore), alla Mobilità, Riccardo Riccardi, e alle Attività produttive, Luca Ciriani». Il secondo punto, «visto che non si può prescindere dal problema occupazionale», è legato a una riunione della Rosolen con le rappresentanze sindacali della Ferriera già fissata per il 15 ottobre. «Si sono sempre lamentati per non essere mai stati contattati perciò - conclude l’assessore - mi auguro che abbiano accolto l’invito con soddisfazione. Sarà l’occasione per un confronto e per chiedere la loro collaborazione».
Secondo dati relativi all’aprile scorso, a Servola lavorano 545 dipendenti, più 236 di Sertubi e una cinquantina occupata tra Linge Gas ed Elettra Hoding. Difficilmente quantificabili, inoltre, le altre realtà dell'indotto. Lo studio riguarderà le caratteristiche socio-professionali dei lavoratori direttamente occupati ma anche il sistema di fornitura, le imprese esterne e i colleghi dell’indotto. L’analisi valuterà anche gli ammortizzatori sociali e i programmi di formazione e riqualificazione professionale, insieme a ipotesi occupazionali alternative. Lo studio dovrà concludersi entro luglio 2009.
Francesco Semino, responsabile delle relazioni esterne della Lucchini Spa , preferisce «non commentare l’iniziativa regionale. Lo faremo, eventualmente, valutando i contenuti finali». L’azienda, comunque, avrebbe appreso con un certo favore l’iniziativa portata avanti dalla Regione. Roberto Decarli (Cittadini) ricorda invece di essere «un ex lavoratore della Ferriera. Dal 2000 siamo in attesa che qualcuno faccia qualcosa. Conosco la serietà e l’impegno della Rosolen ma non posso distrarmi dall’attendere, entro 60 giorni, il progetto occupazionale alternativo che salvaguardi quasi tremila persone tra lavoratori e familiari. Se ci riusciranno, sarò il primo a compiacermi. Ma sono convinto che non sarà possibile e, allora, farà una battaglia all’ultimo sangue contro Comune e Regione».
DANIELE BENVENUTI

 

Un ex turnista: di Ferriera non si muore  - Contestati i pensionati-consulenti «ora trasformatisi in ecologisti»

Aspetta l’ultima riga per presentarsi, come nei «thriller» che si rispettino. Ma dietro questa sorta di lettera aperta, ironica e amara, al sindaco Dipiazza, c’è tutto lo smarrimento di uno che, da turnista, la Ferriera l’ha vissuta realmente, e per 30 anni. «Alla fine – scrive l’ex operaio, che, tempi difficili, chiede solo la garanzia dell’anonimato – la fermezza paga. Bravo sindaco Dipiazza. È riuscito nel progetto di poter far chiudere la Ferriera di Servola e soprattutto in modo bipartisan. Che il centrodestra con lungimiranza potesse scegliere questa «soluzione» per calcolo politico (voti) mi sembra rientri nella normalità italica. Che il centrosinistra nella speranza (?) di recuperare consensi facesse altrettanto mi lascia, oltre che sgomento, anche molto in...cavolato (è vero Rosato?)».
«Dopo le battaglie del Circolo Miani e Servola Respira – si legge ancora – dopo le visite mediche (a tempo di record) sui servolani e sui lavoratori della Ferriera che hanno dato (qualcuno ne dubitava?) esiti negativi, abbiamo appurato che di Ferriera non si muore. L’unica alternativa: bisognava fare delle forzature ”politiche”».
«L’importante – continua il testo – era trasferire il problema nella capitale dove i giochi possono essere fatti senza controparti. Risultato quasi immediato: la maledetta Ferriera è incompatibile con l’ambiente e quindi va chiusa e riconvertita. I lavoratori? I lavoratori sono un problema marginale se si considera che tutta la giunta comunale (da sempre) sostiene che il reimpiego di 450 lavoratori (con famiglia) più indotto è un ostacolo facile da rimuovere. Lo possono fare perché nella realtà regionale abbiamo un potenziale ed enorme bacino di reimpiego. O forse non è così? Soprattutto a Trieste in questo particolare momento di difficoltà politico-economico».
L’ex turnista si tira via un ulteriore «sassolino». «Vogliamo parlare di certi solerti servolani scopertisi ecologisti e ambientalisti duri e puri che operano nei circoli sopracitati? Forse lei non lo sa, illustre signor sindaco, ma alcuni di quei personaggi che adesso sbraitano e si ergono a paladini di un mondo pulito lavoravano all’interno del famigerato e inquinante stabilimento siderurgico (che adesso demonizzano). Non solo: questi personaggi dopo aver lavorato per moltissimi anni nell’infernale Ferriera e aver raggiunto il tanto agognato traguardo della pensione hanno pensato bene di ritornarci. Ritornarci da pensionato e consulente. Consulenza che veniva pagata molto, ma molto bene».
Provate a riflettere per un momento – conclude il testo – sulle paure, l’insicurezza e l’angoscia dei lavoratori e delle loro famiglie in questo momento dopo le ultime brutte notizie ricevute. Io le ho vissute. Non auguro a nessuno di trovarsi in tali condizioni. Ma, mai dire mai».
 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 1 ottobre 2008 

 

 

I genitori di Servola: «La Ferriera danneggia la salute dei nostri figli»  - Una lettera con 224 firme per controbattere alle dichiarazioni della mamma di un operaio

«Vogliamo tutelare l’esistenza di milleduecento bambini i quali sono costretti a convivere per 24 ore al giorno con le polveri prodotte dall’attività siderurgica»
Sono preoccupati. Prima di tutto per la salute ed il futuro dei loro figli. E sono esasperati da quella che giudicano essere ormai diventata una situazione insostenibile. Non ne possono più di vivere a stretto contatto con la Ferriera di Servola e lo dicono, o meglio lo scrivono in una lettera aperta: la protesta arriva da un gruppo di mamme, papà, nonni e zii di giovanissi residenti proprio nel rione servolano o in zone limitrofe che «devono convivere 24 ore al giorno con gli effetti dell’attività siderurgica», come specificato nel documento. Uno scritto firmato da 224 persone desiderose di tutelare «l’esistenza dei nostri e di altri bambini, più di 1.200, che passano tutto il loro tempo scolastico a una distanza non superiore ai mille metri dai confini dello stabilimento (la Ferriera appunto, ndr) e ne respirano a pieni polmoni l’aria ”salubre” emessa».
Ma la presa di posizione di queste famiglie, che per la maggior parte vivono tra via Pitacco, via San Lorenzo in Selva, via dei Giardini, via dei Vigneti, via del Ponticello, vuole essere anche una risposta alle ragioni espresse da chi in passato ha voluto sottolineare l’importanza della salvaguardia del posto di lavoro assicurato dalla fabbrica di proprietà della Servola Spa (gruppo Lucchini-Severstal). Il riferimento - peraltro contenuto in maniera esplicita all’interno della lettera - è a quella che si è autodefinita la «madre di tutti gli operai» della Ferriera, Norvena Pecorella, il cui figlio effettivamente lavora dentro lo stabilimento. In passato, anche dalle colonne del Piccolo, la donna aveva espresso la propria solidarietà a chi, prestando quotidianamente la propria opera dentro la fabbrica, guadagna da vivere per sè e i propri cari. Pensieri preoccupazioni che l’avevano portata, neanche un mese fa, a proporre l’istituzione di un comitato pro-Ferriera da contrapporre a tutti i gruppi «anti» già esistenti.
Nell’ultima lettera che getta altra benzina sul fuoco del dibattito, i 224 firmatari scrivono: «Vogliamo sottolineare la violenza delle polveri che ci attanagliano e penetrano ovunque nelle nostre case, perfino in armadi e cassetti, oltre che, naturalmente, nei nostri polmoni e in quelli dei nostri figli e nipoti». E viene segnalata poi «la comparsa di nuovi profumi», che - si chiedono gli autori della lettera - forse potrebbero derivare da una «volutamente mal interpretata politica dei Rifiuti Zero?». A chi, come la signora Pecorella, non convidide le loro riflessioni, gli autori dello scritto dicono di controllare gli sforamenti registrati dalle centraline «in particolare quella di via San Lorenzo in Selva» dove, all’inizio di settembre, sono stati rilevati «102 superamenti dei limiti di legge per le Pm10, cioè superiori di tre volte il massimo annuale consentito dalla legge, che è di 35».
«Il problema di un ambiente di lavoro salubre - aggiungono ancora - dovrebbe interessare anche chi nello stabilimento ci lavora». E, alla fine della lettera, si specifica come tutte le questioni sull’impiego siano un problema dei sindacati, «non delle mamme», ribadendo che «non accetteremo più supinamente alcun ricatto occupazionale sulla pelle nostra e dei nostri figli e useremo ogni mezzo lecito per contrastarlo».
MATTEO UNTERWEGER

 

 

UNIVERSITA' -  Risparmio energetico, venti posti per diventare esperti degli "eco-edifici" - E' forte la domanda da parte del mercato.
Stage retribuiti in azienda per il nuovo corso per laureati: iscrizioni aperte fino al 10 ottobre.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 30 settembre 2008 

 

 

Raccolta dei rifiuti, a Muggia aumenta la differenziata: +19,5%  - In agosto il risultato migliore ma la media a livello regionale resta troppo bassa

L’assessore Bussani: «Presto nuove iniziative per rendere migliore e più fruibile il servizio. Continuano gli abbandoni illegali e l’utilizzo errato dei cassonetti»
MUGGIA È in aumento a Muggia la percentuale di raccolta differenziata dei rifiuti solidi urbani. A oggi, su base annua, la percentuale di differenziata del 2008 è pari al 19,53% ma, con specifico riferimento al mese di agosto, ha raggiunto il 21,75%.
Particolarmente importanti i risultati raggiunti con la raccolta differenziata del verde (83 quintali nelle sole ultime tre raccolte settimanali dei giorni 10, 17 e 22 settembre), svolta mediante i 22 contenitori collocati sul territorio. Lo rileva l’assessore all’Ambiente, energia e infrastrutture Edmondo Bussani, che sottolinea come a seguito di una serie d’iniziative recentemente attuate si stia registrando un aumento, sia pur lieve, delle percentuali di raccolta differenziata. Ma allo stesso tempo rivolge un appello alla cittadinanza per un corretto utilizzo dei contenitori. «Siamo pienamente consapevoli di essere ancora su livelli molto bassi rispetto ai valori previsti - afferma - dalla normativa e alla media raggiunta nelle altre provincie della regione, tuttavia il segnale che stiamo registrando ci fa ben sperare e dimostra che l’impegno profuso dagli uffici comunali e dalla ditta affidataria del servizio comincia a dare qualche risultato, spronandoci a proseguire con maggiore vigore nelle iniziative che stiamo sviluppando».
«È un piccolo incremento dal punto di vista numerico - aggiunge - ma molto significativo, al quale hanno sicuramente contribuito le sperimentazioni sul territorio: la raccolta porta a porta dei rifiuti differenziati in 33 esercizi commerciali e pubblici esercizi e quella della raccolta differenziata del “verde” (erba, ramaglie, sfalci di potature e foglie), che contiamo di sviluppare ulteriormente in questa ultima parte dell’anno». «Un risultato ritengo positivo quindi che, nei limiti consentiti dall’attuale contratto con la ditta affidataria, contiamo di migliorare ancora nei prossimi mesi - precisa Bussani - mettendo a punto le giuste misure per rendere più efficiente il servizio ma anche attraverso l’attuazione di altre misure che contiamo di avviare quanto prima: l’avviamento di un’adeguata campagna informativa sulle modalità di separazione e di conferimento dei rifiuti prodotti; la sensibilizzazione e la ricerca della collaborazione della cittadinanza; l’attivazione di controlli sul territorio con l’obiettivo di ridurre drasticamente di quei gravi fenomeni di degrado e di mancanza di senso civico che certi cittadini (pochi fortunatamente) dimostrano nel conferire in modo anomalo e sconsiderato i rifiuti». Particolarmente gravi l’abbandono di rifiuti ingombranti sulla strada o accanto ai cassonetti anziché nell’apposito Centro di raccolta (piazzola ecologica); l’abbandono di sacchi d’immondizie al di fuori dei cassonetti, a volte anche in presenza di cassonetti vuoti; il conferimento nei cassonetti di materiali di natura impropria (elettrodomestici, televisori, sanitari, gomme d’automobile e altro che dovrebbero essere conferiti alla piazzola ecologica); il conferimento di cartoni ingombranti nei cassonetti o fuori da essi, anziché negli appositi centri di raccolta esistenti di via Manzoni (Caliterna), via Roma e nella Piazzola ecologica; l’abbandono di rifiuti ingombranti o di altro tipo al di fuori della Piazzola negli orari di chiusura dell’impianto. Altrettanto dannosi i conferimenti anomali nei contenitori della carta, del vetro e della plastica ove, spesso, si registra la presenza di generi misti. O nei cassonetti della raccolta del verde dove, spesso, il materiale viene depositato assieme ai sacchi di plastica utilizzati per il trasporto.
«Tutti problemi che, con il nostro impegno e la buona volontà di tutti, si possono risolvere. L’obiettivo finale su cui stiamo operando – conclude l’assessore - è di migliorare ulteriormente e strutturalmente il servizio reso alla cittadinanza attivando, con la nuova gara di affidamento che ci apprestiamo a pubblicare, un sistema che si rapporti adeguatamente alle necessità del territorio e alle norme vigenti».
Gianfranco Terzoli
 

 

S. Dorligo, referendum più vicino  - RIFIUTI: INSEDIATA LA COMMISSIONE DEI GARANTI

Passo avanti nella battaglia di Gombac sul porta a porta
SAN DORLIGO La battaglia del consigliere d’opposizione Boris Gombac per il referendum consultivo sull’abolizione della raccolta dei rifiuti porta a porta di San Dorligo della Valle ha raggiunto nei giorni scorsi un primo significativo risultato. La Commissione dei garanti, organo per accedere al quesito referendario per via popolare, si è insediata ufficialmente per la prima volta su convocazione del sindaco Fulvia Premolin.
Walter Koren, la cui elezione era stata suggerita dalla maggioranza, Luciano La barbera, eletto per l’opposizione e la segretaria comunale Luisa Musso prenderanno visione giovedì delle due iniziative referendarie portate avanti da Gombac (milita in Uniti nelle tradizioni) con il compito di esprimere un parere, anche se non vincolante. Due per ora le mozioni referendarie: la prima, presentata già nell'agosto dello scorso anno, riguardante l'abolizione del servizio di asporto dei rifiuti porta a porta e l’introduzione delle «isole ecologiche», la seconda, presentata nel febbraio di quest'anno, relativa all'installazione dei pannelli fotovoltaici sui terrazzamenti creati a Monte d'Oro con i materiali di riporto degli scavi per la realizzazione delle due gallerie.
La Commissione dopo essersi riunita e avere preso visione dei documenti avrà 30 giorni per esprimere un parere da fornire al sindaco, il quale a sua volta avrà poi 15 giorni per inserire nell’ordine del giorno i due quesiti. Prevedendo la sicura bocciatura da parte del Consiglio comunale su un ipotetico referendum, Gombac ha già in serbo la prossima mossa: la nascita di un comitato referendario per raccogliere le firme direttamente tra i cittadini.

(r.t.)

 

 

Rigassificatore, primo sì all’impianto in Croazia Sorgerà sull’isola di Veglia  - PREVISTI 10MILA POSTI DI LAVORO

 

Via libera alla valutazione di impatto ambientale La piena operatività della struttura prevista nel 2013
FIUME Rigassificatore di Castelmuschio (Omisalj), isola di Veglia: manca solo il sì del governo croato. Lo scorso weekend si è riunita a Zagabria la commissione del ministero dell’ Economia incaricata di individuare il sito dove sorgerà il terminal metanifero, un affare da 800 milioni di euro a cui la Croazia non vuole rinunciare.
I membri della commissione sono stati unanimi nel rilevare che la scelta vegliota sia la migliore, a prescindere che anche l’altra località papabile – il Canal d’ Arsa in Istria – presenti degli indubbi vantaggi. A Castelmuschio sono però già presenti altre infrastrutture industriali, come il complesso petrolchimico, il polo petroli e l’oleodotto dello Janaf, il che ha fatto pesare l’ago della bilancia a favore dell’ isola quarnerina. Non ci sono pertanto più dubbi e incertezze e adesso spetterà all’esecutivo di centrodestra del premier Ivo Sanader prendere la decisione definitiva, che appare comunque scontata. Via libera dunque a Castelmuschio, con gli abitanti di Veglia e le autorità locali che avevano già dato il placet al progetto.
Tornando alla commissione ministeriale, questa ha proposto al governo di fare pressione sui futuri investitori affinché agiscano in tempi brevi, formulando subito il progetto ideale e ordinando lo studio di impatto ambientale. L’ambizione è di avere il rigassificatore nel 2012 o al più tardi nel 2013, ma per realizzare l’intento sarà necessario operare a ritmi molto spediti. Per facilitare la procedura, evitando sorprese che potrebbero incidere sui tempi di realizzo, si chiederà il parere su Castelmuschio sia alla stessa municipalità, sia alle regioni quarnerino – montana e istriana.
Sono le contee maggiormente interessate al megaimpianto, vuoi per gli aspetti economici, vuoi per quelli di salvaguardia ambientale, visto che il golfo del Quarnero è destinato a venire attraversato da gigantesche navi gasiere. Sempre a Zagabria è stato approvato il rapporto del ministero dell’Ambiente sulle conseguenze che il rigassificatore avràsull’habitatquarnerino–istriano. Si è pure accettato lo studio dell’azienda specializzata croata Ekonerg, in base al quale si è deciso di puntare su Castelmuschio. Come già detto, la parola definitiva spetta al governo e nel contesto ricordiamo che era stato il premier Sanader, nel 2005, a dichiarare che la Croazia avrebbe costruito un terminal Lng. Da allora sono trascorsi tre anni, un periodo troppo lungo secondo gli esperti.
Nonostante i ritardi, il progetto va avanti e non potrebbe essere diversamente poiché il rigassificatore quarnerino contribuirà all’apertura (direttamente e con l’indotto) di qualcosa come 10 mila posti di lavoro. Un argomento che ha disarmato le autonomie locali e gli ambientalisti, in un primo momento contrari alla presenza del terminal.
Si sa poi che l’ impianto movimenterà annualmente sui 15 miliardi di metri cubi di gas, di cui il 30 per cento andrà al Paese – risolvendo buona parte dei problemi energetici croati – mentre il restante 70 pc sarà destinato ai mercati europei. Tutto liscio dunque? Non proprio.
Per Vjeran Pirsic, presidente degli agguerriti ambientalisti di Eko Kvarner, il raffreddamento del mare in prossimità dell’ impianto potrebbe avere effetti molto negativi sull’ ambiente, con ricadute disastrose su turismo e pesca.
Andrea Marsanich
 

 

 

 

L'ESPRESSO - LUNEDI', 29 settembre 2008 

 

 

Traditi da Kyoto - Studiosi e ambientalisti accusano l'accordo per abbattere i gas responsabili dell'effetto serra


I meccanismi adottati contro la CO2 non sono efficaci e rischiano di inquinare più di quanto puliscono l'atmosfera. Mentre i ghiacci si sciolgono a ritmi record e il clima è ormai del tutto imprevedibile Iceberg nello stretto di Gerlach. Furbetti anche a Kyoto? Gruppi di scienziati, tecnici dell'Onu e grandi organizzazioni ambientaliste stanno pubblicando studi e dossier che, per la prima volta, mettono in dubbio l'efficacia del più importante meccanismo di lotta al riscaldamento globale, varato con un accordo internazionale siglato nel 1997 nella città giapponese ed entrato in vigore nel 2005.
    Per limitare il riscaldamento del pianeta e i suoi effetti catastrofici, il protocollo di Kyoto ha previsto, come rimedio principale, un sistema di riduzione contrattata dei gas serra su scala mondiale. L'accordo ha creato un mercato planetario del disinquinamento che è gestito da un'apposita struttura dell'Onu: le monete di scambio sono i Certificati di riduzione delle emissioni (in sigla Cer), che vengono comprati dagli Stati o direttamente dalle aziende che inquinano. A venderli sono quei paesi e quelle imprese che creano nuovi impianti energetici approvati dal Palazzo di vetro, che ne quantifica la capacità di abbattimento dei gas serra. Il meccanismo si basa su uno scambio: per poter continuare a produrre oltre un certo limite (un tetto di emissioni concordato a livello nazionale), un'industria inquinante deve acquistare dai produttori più ecologici tutti i Cer necessari a compensare questo suo impatto ambientale 'addizionale'. Il risultato è un trasferimento planetario di risorse che mira a innescare un circolo virtuoso. Le vendite dei certificati servono a finanziare nuovi impianti meno inquinanti (e più costosi) soprattutto nei paesi in via di sviluppo. Mentre l'obbligo di acquistare i Cer diventa una specie di tassa sull'inquinamento, che dovrebbe incentivare i grandi produttori di gas serra, cioè gli Stati più industrializzati, ad avvelenare meno per pagare meno. Il problema è che le prime analisi indipendenti sull'effettivo funzionamento di questo mercato portano a conclusioni allarmanti. Secondo una ricerca dell'Università di Stanford, pubblicata nel marzo 2008, "circa due terzi dei progetti finanziati non sono supportati da reali riduzioni dell'inquinamento".
    Altri ricercatori e tecnici delle stesse Nazioni Unite hanno poi denunciato "gravi irregolarità" nelle procedure di finanziamento, "assurde carenze" nei controlli e perfino casi di "grossolana incompetenza" e "sospetti di frode". La stampa inglese ha dato ampio spazio a un pesante intervento del direttore di International Rivers, una della maggiori organizzazioni ambientaliste, che ha pubblicato un documentato dossier con questo titolo: "La grande truffa delle compensazioni dei gas serra: come il mercato dei certificati sta facendo a pezzi il protocollo di Kyoto".
    La posta in gioco è enorme. I Cer si vendono a milioni e ognuno di essi certifica una riduzione di una tonnellata di biossido di carbonio. Il 15 aprile scorso il comitato dell'Onu che ne gestisce il mercato ha approvato il progetto internazionale numero mille. L'obiettivo è di raggiungere entro il 2012, quando scadrà la prima fase del protocollo di Kyoto, un giro d'affari di 36 miliardi di dollari. Secondo i dati dell'Onu, però, finora il 95 per cento dei Cer ha finanziato impianti concentrati in otto Stati con economie in crescita: Cina, India, Brasile, Cile, Messico, Egitto, Malesia e Corea del Sud. Mentre i Paesi dell'Africa sub-sahariana non sono ancora riusciti a farsi riconoscere neppure un Cer.
    Gli Stati Uniti, che producono più di un terzo del totale mondiale dei gas serra, hanno ritirato, sotto la presidenza Bush, l'adesione a Kyoto, per cui i grandi finanziatori del sistema sono l'Europa e il Giappone. Non a caso uno dei primi dossier critici era stato commissionato dal ministero dell'Ambiente tedesco, che già nel 2007 aveva messo in dubbio la regolarità dell'86 per cento degli impianti presi a campione. Il problema di fondo è la carenza di controlli sull'effettivo calo delle emissioni inquinanti. Il comitato dell'Onu esclude il nucleare, ma si accontenta di un miglioramento solo marginale per tutti gli altri tipi di energia, compreso il petrolio: non è necessario che un nuovo impianto azzeri i gas serra, basta che inquini meno di un'ipotetica alternativa tradizionale. In India il colosso privato Tata è riuscito a farsi accreditare una maxi-centrale a carbone, sulla costa di Gujarat, sicuramente più efficiente dei vecchi impianti, ma che diffonderà nell'aria 26 milioni di tonnellate di biossido di carbonio all'anno per il prossimo quarto di secolo, tanto da ritrovarsi classificata come "la sedicesima struttura più inquinante del mondo". Solo il 16 per cento dei nuovi progetti utilizza fonti di energia rinnovabili. E gli impianti solari sono appena lo 0,5 per cento.
Il tipo di progetto che rastrella più fondi è l'abbattimento del trifluorometano, usato nella produzione di frigoriferi dopo la messa al bando dei Cfc, i gas che bucano lo strato di ozono che protegge la Terra. Ma anche questo è un gas-killer: secondo uno studio finanziato dal Wwf, inquina "11.700 volte di più" dell'anidride carbonica. Ora cresce il sospetto che alcuni Stati stiano aprendo nuove fabbriche di trifluorometano (o evitino di smantellare le vecchie) solo per poter vendere montagne di Cer fingendo di disinquinarle.
    Critiche altrettanto severe riguardano l'effettiva novità ecologica dei progetti autorizzati. E il nodo dei controlli. La struttura dell'Onu non ha personale né risorse sufficienti a garantire verifiche su scala mondiale. Di fatto i controlli vengono appaltati a poche società specializzate: aziende private in teoria indipendenti, ma di fatto scelte e pagate dai controllati. E riunite nella stessa associazione internazionale (Ieta) che rappresenta inquinatori e disinquinatori. Fino al primo marzo scorso, l'Onu aveva bocciato solo 59 impianti su mille. Le conseguenti polemiche hanno portato a rafforzare lo staff del Palazzo di vetro, ma non di molto. Da allora i progetti respinti sono saliti, tra le proteste dei potenti lobbysti della Ieta, al 12 per cento. Quasi nove progetti su dieci, dunque, continuano a passare l'esame di Kyoto senza alcuna obiezione.
Paolo Biondani

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 29 settembre 2008 

 

 

Park interrato di Riva III Novembre, 662 posti su 4 piani per 24 milioni  - TUTTI I DETTAGLI DEL PROGETTO PRELIMINARE

Quattro piani interrati lungo le Rive per complessivi 662 posti auto a rotazione. Non è il progetto del park Stazione Marittima promosso da Saba Italia spa, che vanta già il parere della Via positiva, ma il park Audace da realizzare davanti al Canale di Ponterosso. Liberando così le Rive delle automobili lasciate a pettine in superficie.
IL COSTO. Un’opera da 24 milioni di euro inserita nel Piano urbano parcheggi che sta muovendo i primi passi dopo la presentazione del progetto preliminare da parte della Interparking Italia srl, controllata dall’omonimo del colosso belga, e il decreto della Regione, che individua le autorità preposte (Comune, Provincia, Azienda sanitaria, Soprintendenza, Wwf) a presentare i pareri per la procedura di Valutazione di impatto ambientale.
IL PROGETTO. La struttura di Riva 3 novembre dovrebbe occupare lo spazio interrato da palazzo Carciotti fino al molo Audace all’interno di un’area mista, demaniale e comunale come previsto da un accordo, che per la realizzazione dei 4 piani interrati prevede uno scavo di 13 metri. Proprio a due passi dal mare in un terreno in parte argilloso e a bassissima permeabilità. Un progetto delicata ma non impossibile da realizzare che impone ai progettisti (Vfv consultecno spa di Milano e Amg sas di Trieste) di tenere in debita considerazione le indagini geologiche dello Studio geofisico e geologico di Udine.
LA STRUTTURA. Nel sottosuolo c’è il mare e quindi non si scherza. Ecco quindi che l’edificio da realizzare lungo le Rive a forma di semicorona, con 34,40 metri di larghezza e 165,50 metri di lunghezza, dovrà necessariamente essere garantito dalle paratie che tengano conto della spinta dell’acqua.
I PIANI. Al centro sono previste le due rampe di accesso ai piani in entrata e uscita, con una pendenza media del 16 per cento che scende a 8 nei raccordi, a senso unico di marcia con un marciapiede per i pedoni. Assieme al corpo scale, dove è previsto di ricavare i locali di controllo, i servizi igienici e le casse, mentre nei due lati laterali delle strutture il progetto individua le scale di sicurezza. All’interno del parcheggio 4 piani con una capienza di 145 posti auto al primo, seguito da 173 al secondo e 172 sia al terzo sia al quarto. Un posto ogni 50 è riservato invece ai disabili.
LE MAREE. La quota di sicurezza da rispettare per evitare l’allagamento del park Audace è di 2,5 metri sopra il livello del mare, ma da abbinare alle paratoie mobili automatiche e a un sistema di pompaggio dell’acqua. Agli accessi, infatti, sono previste due barriere di protezione con un’altezza fino a 3,5 metri sul livello del mare. È il sistema automatico Anhamm Gmbh che si comporta come un galleggiante sospinto dall’acqua: nel momento in cui inizia a penetrare all’interno di una griglia, infatti, le barriere iniziano ad alzarsi. Allo stesso tempo invece le eventuali acque piovane o di falda entrate vengono espulse da un impianto di 4 pompe più 4.
LE RIVE. Quello dell’acqua è il problema più delicato, che si ripresenterà anche per il park Stazione Marittima, ma con in più un cantiere di non facile allestimento e l’impatto visivo delle strutture esterne. Nella tabella dei lavori presentata dalla Interparking, infatti, è previsto non solo lo spostamento dei sottoservizi.
LO SCAVO. È necessaria la deviazione del traffico veicolare lungo le Rive con un restringimento della carreggiata in direzione Riva Mandracchio. Si tratta di un cantiere, insomma, con il quale Trieste in caso di Via e autorizzazioni positivi dovrà fare i conti; a causa di uno scavo che per alcuni anni renderà off limits il tratto di Rive. E poi, una volta completata l’opera, cosa si vedrà in superficie?
L’IMPATTO. Il progetto prevede di attutire l’impatto con un abbondante utilizzo di vetro cristallo nei parapetti e nelle rampe. Solo i pilastri sono in pietra. Una soluzione simile a un dolmen, con il successivo riposizionamento delle vecchie pietre in basole davanti al molo Audace, le pietre in arenaria delle nuove Rive, la fontanella e la lingottiera in acciaio vicino alla Capitaneria di Porto tolte per consentire i lavori.
PIETRO COMELLI

 

 

Interparking deciso a sbarcare a Trieste -IL GRUPPO BELGA -  In Europa gestisce 240 strutture con 115mila posti auto

Il park Audace deve essere ancora realizzato. Siamo appena al progetto preliminare, mancano ancora il Via (Valutazione di impatto ambientale) e tutte le autorizzazioni ma nel sito Internet della Interparking Italia srl la casellina di Trieste è già illuminata. Per carità si tratta solamente di un puntino giallo sulla cartina d’Italia e d’Europa, che indica i parcheggi gestiti dalla società, però rappresenta un segnale molto chiaro.
La Interparking Italia srl, presente a Venezia Tronchetto e a Roma, fa parte del gruppo belga NV Interparking SA. Nell’arco degli ultimi 50 anni, il gruppo belga si è sviluppato, trasformandosi in una delle maggiori realtà europee nel settore della gestione parcheggi pubblici a rotazione, realizzati con le diverse tecnologie oggi disponibili.
In Europa gestisce attualmente 240 parcheggi con oltre 115mila posti auto di cui il 77 per cento sono di proprietà ed è presente in 7 paesi e 70 città. Nel 2000 i parcheggi del gruppo sono stati frequentati da oltre 45 milioni di automobili.
Leader incontrastato in Belgio ed in Germania, il gruppo ha consolidato ultimamente la sua presenza in Austria, mentre rimane fra i più importanti operatori in Francia e Olanda. Nel Sud Europa, NV Interparking SA è già presente in Spagna dove ha inaugurato ultimamente il suo ventesimo parcheggio.
Nel marzo 1999, il gruppo ha deciso di insediarsi sul mercato italiano aprendo una filiale a Roma e adesso una a Venezia. E ora l’Interparking sembra intenzionata a sbarcare a tutti gli effetti anche a Trieste.
A quel punto in città ci sarebbero ben tre gestori di posti auto a rotazione: Amt spa, Saba Italia spa e Interparking Italia srl, senza dimenticare la Trieste terminal passeggeri spa che controlla il tratto demaniale sulle Rive.
 

 

Viabilità ridotta per allestire il cantiere - INEVITABILI I DISAGI PER TRE ANNI IN CENTRO - Incombono i lavori alla Stazione Marittima e sotto il Colle di San Giusto

Vibrazioni nel sottosuolo, verifica della stabilità degli edifici limitrofi, polveri, rumori, emissioni in atmosfera, camion che trasportano metri cubi di materiale da riporto... Sono i principali nemici di un cantiere come quello del park Audace che, oltre all’invasione della carreggiata per allestire il cantiere, inevitabilmente dovrà sottostare a delle prescrizioni. Anzi, il problema non riguarda solo il progetto della Interparking.
A poche centinaia di metri sulle Rive, infatti, un altro parcheggio interrato della Saba Italia dovrebbe vedere la luce davanti alla Stazione Marittima. Una struttura interrata, sempre su quattro livelli, con 491 posti auto e un costo di 18 milioni di euro. Ma anche in questo caso per realizzarlo servirà uno scavo di 16 metri. Le stesse problematiche dei colleghi di Interparking.
In via del Teatro romano in cui dovrebbe essere costruito il park San Giusto, che può vantare già il parere positivo del Via, non c’è il mare a pochi metri. Ma le problematiche anche qui non mancano. Sotto il Colle di San Giusto, dopo uno scavo di 120mila metri cubi di terra e roccia, il progetto prevede di ricavare una struttura da 724 posti auto per un costo vicino ai 24 milioni di euro. Un’opera unica in Italia per tipologia di intervento.
Rispetto alle altre due società, la Park San Giusto è una spa rappresentata al 75 per cento dalla Amt spa, il 5 per cento è della Sistema sosta e mobilità di Udine mentre Acupark srl conta l’uno per cento. Sono tre società che gestiscono la sosta a rotazione e, nel caso della Amt, il controllo è pubblico con oltre l’87 per cento in mano al Comune di Trieste. La rimanenza delle quote pari a circa il 18,5 per cento è invece dei costruttori (Riccesi, Celsa, Mecasol, Fedrigo, Carena, Arm enginering di Padova). Società del settore chiamate a realizzare il parcheggio.
E se domani tutte e tre le strutture iniziassero i lavori in contemporanea? Potrebbe accadere, magari con una sovrapposizione di anni o di mesi. È il risultato della corsa ai parcheggi in struttura che, davanti ai lavori nei tre principali park, comporterebbero una chiusura forzata del centro storico. (p.c.)
 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 28 settembre 2008 

 

 

Ferriera, gli operai: garantiteci un lavoro  - DOPO LA RISOLUZIONE DEL PARLAMENTO

Alcuni si dicono preoccupati, sempre di più, al punto di soffocare la voglia d’investire nel domani, dal mutuo per la casa alla famiglia. Altri invece, complice una già lunga convivenza con l’incertezza, non perdono la fiducia ma non esitano, al tempo stesso, a urlare la loro insofferenza verso la politica che li tiene sulla corda. Ma a tutti (o quasi) gli operai della Ferriera - dopo la risoluzione dalla commissione Ambiente della Camera, che dà mandato al Governo di definire in due mesi un piano di riconversione con tanto di «eventuale chiusura» della fabbrica» - preme anzitutto una cosa: la garanzia di «un posto di lavoro a pari stipendio», e possibilmente a Trieste, nel momento in cui prenderà effettivamente corpo il de-prufundis dello stabilimento.
«Lavoro in Ferriera da 11 anni e da allora sono cresciuto con lo spauracchio della chiusura», racconta il 35enne Dennis Orlando, che sta in affitto e non è sposato perché «non mi fido a spendere i miei soldi vista la situazione. Oggi dove li trovi da un’altra parte 1.300 euro al mese? Non vedo poi tante possibilità occupazionali in questo territorio». «Sto cercando di prendere casa ma con questi presupposti la vedo dura», gli fa eco Riccardo Denzi, 33 anni, impiegato da dieci nella fabbrica servolana. «La risoluzione - aggiunge - è irrealistica perché impone di trovare 600 posti di lavoro in due mesi. Non vorrei trovarmi costretto, per vivere, ad andarmene a Piombino o in qualche altra sede del gruppo». «Sono sempre stato abituato a rimboccarmi le maniche come metalmeccanico e se necessario anche a girare - rileva un altro 33enne, Roberto Morittu, con moglie e due figli piccoli a carico - ma da due anni sono fisso in Ferriera, il che ha permesso ai miei bambini di avere un padre a casa. Se la fabbrica dovesse chiudere, mi auguro facciano di tutto per trovarci un posto alternativo, altrimenti dovrei ricominciare a viaggiare». Sposato con due figli, «ma ormai hanno iniziato a lavorare pure loro sebbene siano ancora precari», è anche Francesco Antonello, 55 anni, da 18 in Ferriera, con almeno sei di lavoro davanti prima della pensione. «Tutte queste chiacchiere ci disturbano - assicura - in quanto da 30 anni non sono mai seguite dai fatti. Non siamo contrari alla riconversione e non siamo sposati alla fabbrica. L’unica cosa irrinunciabile è una paga».
«Ci batteremo per la ricollocazione, a cominciare dai lavoratori-residenti a Trieste, lo Stato deve intervenire, non vogliamo fare la fine di Alitalia», sbotta il 52enne Luigi Pastore, Rsu della sigla autonoma Failms-Cisal e responsabile sicurezza per conto dei dipendenti, mentre Fabio Fuccaro, rappresentante della Fiom-Cgil, ammette che «in fabbrica c’è gente col morale a terra, spaesata, d’altronde viene naturale pensare a come si manterrà la propria famiglia se il futuro non andrà in un certo modo...».
La Provincia intanto, competente in materia di politiche attive del lavoro, attende un «la» dalla Regione, dove sta per partire uno studio sull’impatto occupazionale derivante dalla riconversione e dalla chiusura eventuale dello stabilimento servolano. Ma scontato in partenza, come fa notare l’assessore di Palazzo Galatti Adele Pino, è che «per il caso Ferriera servirebbe la costituzione di un’unità di crisi complessa, di un pool che si occupi a tempo pieno di percorsi di formazione, work-experience e possibile ricollocazione fortemente individualizzati. A meno che - precisa la Pino - non subentrino contesti occupazionali capaci di assorbire tutte le persone oggi impiegate in quella fabbrica. Buone prospettive possono venire dalle bonifiche, dalla piattaforma logistica e dal rigassificatore: cose che comunque, anche tutte assieme, difficilmente potrebbero garantire un assorbimento totale».
Attualmente la Ferriera ha 544 dipendenti, di cui il 91% locali. Tra gli altri, sloveni e croati, più un paio di extracomunitari. La maggioranza è in età non prepensionabile: la fascia prevalente degli operai è quella dai 31 ai 40 anni, e a ruota la nuova generazione under 30 «con specifica formazione tecnico-professionale». «La nostra - chiude Francesco Semino, responsabile delle relazioni esterne della proprietà Lucchini-Severstal - è una realtà che funziona, che investe in sicurezza e in abbattimento dell’impatto ambientale, che dà reddito e lavoro. Ribadiamo la disponibilità a un confronto con le istituzioni ma non intendiamo entrare nel merito finché qualcuno non ci convocherà e non ci renderà partecipi della questione. D’altronde la notizia della risoluzione del Parlamento l’abbiamo appresa dalla stampa».
PIERO RAUBER

 

Rigassificatore di Zaule, Slovenia pronta a denunciare Roma alla Corte europea  - RISCHIO AMBIENTALE PER IL SOTTOSEGRETARIO STARMAN

CAPODISTRIA «Rigassificatore a Zaule: Lubiana si prepara a denunciare Roma alla Corte europea in Lussemburgo per la violazione della Convenzione di Espoo sull’impatto ambientale transfrontaliero, documento che impone un accordo tra Stati quando un impianto industriale, in questo caso il terminal, rischia di avere un impatto sull’ambiente anche oltre confine». L’annuncio è stato dato dal sottosegretario del Ministero sloveno per l’ambiente Marko Starman.
La commissione interministeriale incaricata di seguire i progetti legati ai terminal di rigassificazione presieduta dallo stesso Starman, ha proposto al governo di raccogliere tutta la documentazione necessaria per rivolgersi alla giustizia internazionale. La risposta del commissario europeo per l’ambiente Stavros Dimas sulla questione dei rigassificatori nel golfo di Trieste - il primo passo verso l’internazionalizzazione del problema - non ha infatti accontentato Lubiana. Dimas, sollecitato alcuni mesi fa da parte del ministro per l’Ambiente sloveno Janez Podobnik a esprimersi, si è limitato a precisare che il parere positivo sul terminal di Zaule espresso in giugno dal Ministero italiano non è definitivo, che si tratta di una questione interna italiana e che l’Italia non ha violato alcuna norma europea. Dimas ha invitato inoltre Italia e Slovenia a trovare un accordo da sole. Come spiegato dal sottosegretario Starman al termine della riunione della commissione interministeriale, il procedimento di fronte alla Corte europea si svolge in due fasi. Nella prima, Lubiana deve informare ufficialmente Bruxelles di quelle che considera violazioni italiane del diritto europeo. La Commissione ha poi tre mesi di tempo per rispondere e se Lubiana non è soddisfatta, può sottoporre il caso alla Corte in Lussemburgo. La breve comunicazione del commissario Dimas, ha precisato comunque Starman, il governo sloveno non la considera quale posizione ufficiale di Bruxelles.
Starman, come riporta il quotidiano capodistriano Primorske Novice, si è lamentato anche per le incomprensioni che stanno emergendo tra Lubiana e Roma sul ruolo della commissione tecnica mista incaricata di valutare gli effetti del rigassificatore sull’ambiente e la cui costituzione è stata decisa lo scorso 8 settembre a Roma, nel corso del Coordinamento intergovernativo tra i due Paesi, guidato dai ministri degli esteri Frattini e Rupel. «Ci sembra - ha dichiarato Starman - che Roma voglia affidare le decisioni a questo gruppo, mentre noi pensiamo che i tecnici debbano soltanto preparare e presentare gli argomenti, perche poi si decida a livello ministeriale». A Capodistria intanto si è conclusa nei giorni scorsi la presentazione pubblica dei progetti di costruzione dei terminal nel golfo di Trieste, quello off-shore e quello a Zaule. Tutti contrari i pareri espressi dalla popolazione.
 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 27 settembre 2008 

 

 

Ferriera, via allo studio per ricollocare gli operai  - La Regione affida all’Agenzia del lavoro un’indagine sulle conseguenze occupazionali della riconversione

ANNUNCIO DELL’ASSESSORE ROSOLEN DOPO LA RISOLUZIONE DELLA CAMERA
Uno studio sull’impatto occupazionale che potrebbe derivare da un’eventuale riconversione o chiusura della Ferriera. Un modo per fare chiarezza sul destino dei lavoratori. A due giorni dalla risoluzione con cui la commissione Ambiente ha impegnato governo e amministrazione regionale a stilare un programma per la riconversione dello stabilimento di Servola entro 60 giorni (cui far seguire l’eventuale chiusura), arriva il primo passo ufficiale della Regione. L’assessore al Lavoro, università e ricerca, Alessia Rosolen, annuncia infatti l’imminente avvio di una sorta di indagine approfondita sul possibile scenario futuro.
Sostanzialmente, con questo strumento, si punterà ad ottenere un quadro utile a progettare interventi adeguati per la gestione di eventuali esuberi o crisi occupazionali. Insomma, prima di tutto, si troveranno alternative a tutela di tutte quelle famiglie il cui futuro è legato al destino dei 544 dipendenti della fabbrica.
TEMPI «Darò mandato all’Agenzia del lavoro e della formazione professionale di realizzare questo studio in una delle prossime riunioni di giunta. Anzi, credo già a quella di martedì», conferma la Rosolen. Il presidente della Regione, Renzo Tondo, e i suoi assessori si sarebbero dovuti incontrare giovedì prossimo in realtà, ma l’appuntamento è stato anticipato di due giorni: 48 ore in meno che hanno messo in qualche modo a rischio la tempestiva presentazione di tutti i documenti ufficiali da parte della stessa Rosolen. Carte che devono essere preparate ad hoc e per stilare le quali, comunque, ci vuole un po’ di tempo.
CHIUSURA Lo studio, quindi, sarà chiamato ad approfondire la questione. L’assessore smentisce che questa azione possa in qualche modo rallentare o porsi in antitesi con le indicazioni e le tempistiche richieste dalla risoluzione bipartisan approvata dalla commissione a Roma: «So che un giorno la chiusura della Ferriera arriverà - dice la Rosolen -, questo non è in dubbio. Ma è necessario conoscere la situazione per trovare una strategia che rispetti le persone, le professionalità, i livelli salariali e l’economia del territorio. Un lavoro che, prima del mio arrivo in questo assessorato, non è mai stato fatto. Già a pochi giorni dalla nomina, avevo incontrato le parti interessate, dall’Autorità portuale alla proprietà dello stabilimento e anche l’AcegasAps. Nelle prossime settimana vedremo invece le Rsu dell’azienda».
RICERCA Le finalità dello studio che i tecnici dell’Agenzia del lavoro saranno chiamati a predisporre in tempi piuttosto brevi saranno quelle di fornire idee e indicazioni per individuare eventuali ammortizzatori sociali da impiegare. Ma i prospetti dovranno contenere soluzioni sulle risorse da utilizzare e su programmi di riqualificazione professionale: una strada per favorire il reimpiego immediato dei lavoratori. Il riassorbimento occupazionale sarà una conseguenza: quanto ai numeri partirà, in prima battuta, dal calcolo della manodopera necessaria per i lavori di bonifica e riuso del sito dove oggi sorge la Ferriera.
ESTERNI Nell’ambito delle valutazioni, andrà analizz