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RASSEGNA STAMPA luglio - dicembre 2008
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 31 dicembre 2008
Piano del traffico, il Comune liquida Camus -
Cinque anni di impasse, mai applicata la bozza. Rescisso il contratto costato
oltre 100mila euro
Il Comune scarica il «papà» del Piano del traffico, senza
che il piano, oggetto per anni di polemiche ed esposti, sia mai stato
completato, discusso, approvato e tantomeno applicato.
A cinque anni e mezzo dal conferimento dell’incarico specifico per la redazione
del Pgtu (Piano generale del traffico urbano) e a sette e mezzo dall’avvio del
rapporto di collaborazione, una delibera di giunta ha approvato in questi giorni
la risoluzione consensuale del contratto con l’ingegner Roberto Camus, preside
della Facoltà di di ingegneria dell’Università di Trieste.
La testa del professor Camus, secondo le sue stesse ammissioni, sostanzialmente
rotola in corso Italia, dinanzi a quella ipotizzata chiusura al traffico privato
mai piaciuta al sindaco che ora sostanzialmente avoca a sè l’incartamento. Nel
documento si sottolinea infatti come si sia ritenuto coerente «far completare
l’iter tecnico-amministrativo del piano a cura degli uffici comunali»,
«acquisire la bozza di piano e far cessare il rapporto contrattuale in essere
con il professionista».
«In questo modo - ha spiegato ieri il sindaco Roberto Dipiazza - il Comune
acquisisce il lavoro fatto dall’ingegner Camus e, avendolo anche pagato, non so
quanto perché non è mio compito determinare la cifra, può dire: ora che è mio
soppeso i flussi di traffico che sono stati misurati, valuto le alternative che
vengono prospettate e faccio le modifiche opportune. Un lavoro quest’ultimo che
possono adeguatamante svolgere gli uffici comunali all’Urbanistica, delega che
fa capo a me direttamente».
Il lavoro di Camus è stato stoppato all’80 per cento del proprio iter, risultato
comunque lentissimo per motivazioni perlopiù politiche e perché in mezzo c’erano
le elezioni del 2006 che non avrebbero permesso decisioni impopolari. Sono state
completate la prima e la seconda fase del contratto con Camus che riguardavano
rispettivamente indagini e analisi dello stato di fatto e redazione della bozza
di Piano. Non sono state svolte le fasi terza e quarta: valutazione e
recepimento da parte dell’Amministrazione comunale delle proposte avanzate e
redazione definitiva del Pgtu.
La delibera di giunta sottolinea che sono state pagate al professionista le fasi
1 e 2 che corrispondono all’80 per cento del corrispettivo complessivo che era
stato pattuito in 137 mila 332 euro e prende atto della lettera inviata dallo
stesso Camus in cui egli afferma: «Comunico di essere disponibile ad accettare
la risoluzione consensuale del contratto verso il pagamento di euro 7 mila (al
netto di tasse) quale corrispettivo dell’attività prestata dopo la conclusione
della seconda fase».
Spese che si assommano a spese, questione che ha fatto letteralmente esplodere,
come si legge sotto, le proteste dell’opposizione di centrosinistra. Ora però
secondo le motivazioni del Comune, la bozza Camus risulta inadeguata poiché nel
frattempo «la situazione della mobilità cittadina si è considerevolmente evoluta
e modificata» per cinque motivi. Sono: l’approvazione della variante per il
Porto Vecchio e della relativa variante al Piano regolatore del Comune che
implicano ricadute sulla viabilità del centro e delle Rive; la revisione in
corso del Piano regolatore generale del Comune con le modifiche al carico
insediativo, al sistema delle attività e alle previsioni infrastrutturali;
l’aggiornamento del Programma urbano parcheggi con la definizioni di nuovi
parcheggi destinati ad attrarre nuovi flussi di traffico; il programma
innovativo (piazza Libertà) e la riqualificazione del centro storico;
l’approvazione dei Piani particolareggiati relativi ai comprensori del Silos,
dell’ex Maddalena, della Sissa e del Polo ospedaliero di Cattinara, elementi che
influiranno sugli spostamenti urbani.
«Il 2009 - assicura Dipiazza - sarà l’anno dell’approvazione del Piano del
traffico. Gli uffici si mettono ora al lavoro per le variazioni, poi il
documento sarà varato dalla giunta e dopo il passaggio nelle circoscrizioni,
verrà approvato dal Consiglio comunale».
SILVIO MARANZANA
PIANO DEL TRAFFICO - «Il Comune non ha
avuto il coraggio di avviare quella che era una rivoluzione» - «Ma corso Italia
prima o poi dovrà venir pedonalizzato»
«Resto convinto che un giorno corso Italia sarà
pedonalizzato. È una soluzione che in futuro sarà ineludibile e del resto già
oggi in concomitanza con manifestazioni o eventi straordinari il corso viene
chiuso al traffico e i riscontri sono sempre positivi». L’ingegner Roberto Camus
ha insistito anche ieri su questo concetto definendo logica la rescissione del
contratto «perché il Comune - ha affermato precisando che in ciò non sono
inclusi giudizi di tipo politico - non ha avuto il coraggio di avviare una
rivoluzione del traffico anché perché effettivamente le rivoluzioni hanno
bisogno di tempo per essere capite e recepite».
Tra i principali interventi previsti dalla bozza Camus, la chiusura al traffico
privato sia del corso Italia che di via Mazzini con apertura a quelli pubblici
(bus e taxi) in un solo senso di marcia; via Torrebianca aperta alle auto a
senso unico in direzione Carducci con prosecuzione in via San Francesco; le vie
Madonnina e Ginnastica a senso unico invertito rispetto a oggi. Recentemente il
sindaco ha dichiarato: «Corso Italia pedonale? Sciocchezze, nessuno ha mai
parlato di chiudere al traffico un’arteria così importante». E l’assessore ai
Lavori pubblici Franco Bandelli ha aggiunto: «Altre soluzioni di
pedonalizzazione non potranno ispirarsi alla bozza Camus perché, è ora di dirlo,
quel piano non è mai andato bene a nessuno».
Era stato in realtà l’attuale assessore allo sviluppo economico Paolo Rovis, a
lanciare politicamente la proposta di corso Italia pedonale prima che il
dibattito venisse smorzato dallo stesso centrodestra nell’imminenza delle
elezioni amministrative del 2006. «Proprio per evitare di prendere decisioni che
rischiavano di essere impopolari nell’imminenza di quelle elezioni, la
precedente giunta Dipiazza congelò il Piano», ha accusato ieri Fabio Omero del
Partito democratico.
«La questione non riguarda solo corso Italia, ma la trasformazione doveva essere
considerata in toto - chiude Camus - con annesse le nuove soluzioni per le vie
Torrebianca, Ginnastica, Battisti. Questa collaborazione però si era incagliata
troppe volte per pensare di portarla a termine».
(s.m.)
PIANO DEL TRAFFICO - L’opposizione:
doveva venir informato il Consiglio - Omero: sei mesi fa ho presentato un
esposto alla Corte dei conti sul proliferare di Piani senza risultati
Decarli (Cittadini): «Il lavoro che è stato fatto
seguiva le indicazioni di Dipiazza. Ora dice che molto è da buttare»
Edera (Lista Primo Rovis): «Bisognava renderne conto ai cittadini. Sarà
snaturato il lavoro di un professionista»
È Emiliano Edera, consigliere comunale della Lista Primo Rovis, a denunciare
l’approvazione passata sotto silenzio, da parte della giunta comunale della
delibera che approva la rescissione del contratto con l’ingegner Roberto Camus.
«Di fronte a una decisione di tale importanza - afferma Edera - il sindaco aveva
il dovere di informare il Consiglio comunale, ma soprattutto i fruitori di
questo Piano, ovvero i cittadini». E rilevando come il documento
dell’amministrazione sottolinei che i mutamenti dello scenario urbanistico e
della mobilità cittadina successivi alla consegna della bozza, determinano ora
la necessità di modifiche, Edera sostiene che «l’ingegner Camus avrebbe saputo
affrontare con competenza e rigore queste problematiche». Accuse infine alla
spesa sostenuta per il contratto «non completamente utile visto che è evidente
l’intenzione da parte del sindaco di dare un’impronta tutta sua al Piano
snaturando completamente l’importante lavoro di Camus».
E sulla congruità delle spese fatte in materia di politica urbanistica da parte
delle due giunte Dipiazza che si sono succedute alla guida del Comune si
incentra l’esposto presentato nel giugno scorso alla Corte dei conti da parte
del capogruppo del Partito democratico, Fabio Omero. In esso si fa riferimento a
75 milioni di lire spesi ancora nel 2001, poi a 140 mila euro del 2002 ripartiti
tra Comune e Provincia e infine al costo previsto, non superiore a 168 mila
euro, per l’incarico a Camus. «Negli ultimi anni - denuncia Omero -
l’amministrazione comunale ha affidato molteplici incarichi per la redazione di
studi, progetti e programmi riferiti a Piani del traffico e a Piani regolatori.
Non sempre questi piani sono stati poi fatti propri dalla Giunta o adottati dal
Consiglio, talvolta non sono stati neppure presentati al Consiglio comunale che
a norma di statuto esercita l’attività di indirizzo politico-amministrativo
anche attraverso l’approvazione dei Piani territoriali e urbanistici».
Roberto Decarli, consigliere comunale dei Cittadini rileva come già il 19 agosto
2007, il sindaco aveva affermato: «Non mi va bene il 60-70 per cento della bozza
del Piano in quanto trova solo una residua coerenza con quella che è la
situazione attuale della viabilità cittadina». «Dipiazza dimentica - rileva
Decarli - che la bozza è stata redatta secondo le indicazioni del sindaco e
dalla giunta e già ciò dà la misura della serietà di questa amministrazione». (s.m.)
Chi dà da mangiare ai cinghiali rischia 900 euro di
multa - IL SINDACO HA FIRMATO UN’ORDINANZA CON DECORRENZA IMMEDIATA
Chi dà da mangiare ai cinghiali adesso rischierà una multa
dai 150 ai 900 euro.
Il sindaco Roberto Dipiazza ha firmato infatti un’ordinanza con decorrenza
immediata. Il provvedimento – spiega il Comune in una nota – è stato adottato
«in considerazione del fatto che sempre con maggior frequenza viene segnalata la
presenza in diverse zone della periferia urbana del Comune di Trieste (Barcola,
Conconello, Gretta, Monte Radio, Roiano-Scala Santa- borgata di Pischianzi,
Villa Giulia, piazza Volontari Giuliani, via dei Baiardi, Longera, Boschetto,
San Luigi-Ferdinandeo) di numerosi esemplari di cinghiali (Sus scrofa) sia
adulti che cuccioli».
L’ordinanza stabilisce il «divieto assoluto di alimentare (sia direttamente che
con l’abbandono di scarti di cibo sul territorio) i cinghiali e in generale
qualunque specie appartenente alla fauna selvatica».
I cittadini vengono inoltre invitati a collaborare segnalando alla Provincia di
Trieste, istituzione competente in materia di fauna selvatica, tutte le
situazioni di disagio o altro, in modo da garantire un’azione di monitoraggio
costante e prevenzione della situazione.
Nelle scorse settimane era stato quantificato in un migliaio circa il numero
degli esemplari di cinghiali che si trovano sul territorio provinciale. Una
presenza che dal Carso negli ultimi mesi si è spinta a ridosso del centro città.
Ha destato clamore un mese fa l’avvistamento di un giovane esemplare di
cinghiale spintosi fino in piazza Volontari Giuliani. Un fenomeno che ha spinto
anche l’amministrazione provinciale a chiedere all’assessore regionale Violino
di considerare una modifica del regolamento che vieta la caccia nel territorio
urbano per permettere l’abbattimento di alcuni capi da parte delle guardie
forestali.
Saranno potenziati i due depuratori - Gli
impianti di Servola e Barcola adeguati alle nuove normative
Un documento per trovare ogni soluzione possibile utile a
potenziare gli impianti di depurazione di acque reflue urbane di Servola e
Barcola.
La Giunta regionale, su proposta dell'assessore alla Programmazione Sandra
Savino (ex assessore al Comune di Trieste), ha autorizzato la stipula di un
Accordo di Programma tra la Regione stessa, la Provincia e il Comune di Trieste,
l'Autorità d'Ambito Territoriale Ottimale «Orientale triestino» e l'Autorità
Portuale di Trieste, per l'individuazione di tutte le azioni necessarie per
giungere al potenziamento degli impianti di depurazione di acque reflue urbane
di Servola e Barcola.
Le opere principali per giungere al potenziamento degli impianti e al loro
adeguamento alle normative nazionali e regionali riguardano il collegamento dei
reflui provenienti dall'impianto di pretrattamento di Barcola al Collettore di
Zona Alta che porta i reflui nel depuratore di Servola. Questo consentirà la
chiusura dello scarico a mare dell'impianto di Barcola e il suo declassamento a
scaricatore di piena. Ma non è finita qui: le opere previste, infatti,
riguardano anche la sezione biologica del depuratore di Servola, a copertura
completa della sua potenzialità depurativa.
Morti di amianto, altri 22 dirigenti sotto inchiesta
- Coinvolto l’ingegner Fanfani già assolto tre volte. Chiamate in causa anche le
ditte subappaltanti
La polizia sta notificando gli avvisi di conclusione delle indagini firmati dal procuratore Deidda. Entro gennaio le richieste di rinvio a giudizio
TRIESTE Ventidue dirigenti e manager sono coinvolti nella
seconda inchiesta sulle morti da amianto di una quindicina di operai del
Cantiere di Monfalcone avviata dalla Procura generale di Trieste che l’ha
avocata a sè da Gorizia. In queste ore la polizia giudiziaria sta notificando ai
ventidue dirigenti indagati l’avviso di conclusione indagini, firmato dal
procuratore generale Beniamino Deidda. Tra essi compare il nome dell’ingegner
Vittorio Veneto Fanfani, più volte coinvolto in analoghe iniziative della
Procura di Gorizia collegate alle morti da amianto e per tre volte assolto in
aula dall’accusa di concorso in omicidio colposo plurimo. Coinvolto
nell’indagine anche l’ingegner Manlio Lippi, direttore del Cantiere di
Monfalcone dal 1966 fino al 1972.
Nei prossimi venti giorni i dirigenti e i manager delle società coinvolte
potranno chiedere di essere interrogati mentre i loro difensori potranno, se lo
riterranno opportuno, presentare memorie e richieste di approfondimenti
istruttori. In pratica l’inchiesta è chiusa al 99 per cento ed entro gennaio sul
tavolo di un giudice del Tribunale di Gorizia arriveranno le richieste di rinvio
a giudizio per omicidio colposo plurimo.
Questa inchiesta coinvolge, esattamente come la precedente conclusasi un paio di
settimane fa, non solo i vertici dell’Italcantieri e alcuni quadri dello stesso
cantiere navale. Per la prima volta gli inquirenti chiamano in causa anche i
responsabili legali di alcune ditte che negli anni Settanta e Ottanta hanno
lavorato in subappalto nello stesso cantiere. E’ questo il risultato
dell’approfondimento istruttorio messo a punto dal pool di investigatori, medici
del lavoro e ingegneri esperti in sicurezza, che da sei mesi, su incarico del
procuratore generale di Trieste, sta vagliando a tempo di record centinaia e
centinaia di documenti e cartelle cliniche di operai e tecnici uccisi dal
mesotelioma pleurico. La prima inchiesta conclusa a metà dicembre ha preso in
esame 46 casi di operai morti, questa un’altra quindicina. Sono 60 casi sui 900
decessi che gli epidemiologi collegano solo a Monfalcone all’uso dell’aminato.
Altrettanti sono quelli segnalati negli ultimi trent’anni a Trieste.
Le due inchieste appena concluse rappresentano a livello giudiziario altrettanti
«casi pilota» da cui nessun magistrato penale italiano potrà più prescindere
quando affronterà analoghe situazioni. In altri termini il pool investigativo
triestino ha tracciato una rotta precisa che prende in esame le tecnologie
adottate dai cantieri navali a partire dal 1965 e le confronta con le norme di
prevenzione in vigore all’epoca, sia a livello italiano che europeo.
«Ci siamo riproiettati in quegli anni, ricostruendo esattamente l’organizzazione
del lavoro e le conoscenze scientifiche e mediche. In altri termini abbiamo
riformulato il ’sapere’ di quell’epoca e ne abbiamo seguito passo passo gli
sviluppi negli anni Settanta, Ottanta e Novanta, quando in Italia il decreto 257
ha interdetto l’uso dell’amianto» hanno spiegato gli inquirenti.
Questo è il loro grande merito perché in molti processi in cui erano imputati i
dirigenti di questo o quel cantiere navale, questa o quella industria, fino a
oggi molti difensori si sono trincerati affermando che i loro clienti, «non
sapevano», che «la legge non era chiara», «le norme contraddittorie» e «il mondo
scientifico non si era ancora espresso sull’amianto e sul pericolo che un paio
di fibre di asbesto postesso innescare il mesotelioma pleurico».
Oggi queste linee di difesa non appaiono più percorribili come in passato,
perché i metodi di indagine e le procedure affinate dal pool voluto dal
procuratore generale Beniamino Deidda, le hanno superate e relegate per buona
parte in archivio. Determinanti per l’avvio di ogni indagine che ha per oggetto
le morti da amianto, sono comunque le testimonianze orali dei sopravvissuti.
Compagni di lavoro, amici, parenti, figli, tecnici, quadri d’azienda che hanno
lavorato nei reparti della morte. «Le loro parole rappresentano l’elemento più
forte per le nostre due inchieste su Monfalcone» hanno spiegato alla Procura
Generale.
CLAUDIO ERNE’
AMIANTO - A Trieste 900 morti, due soli processi penali
- I magistrati a differenza dei colleghi di Gorizia hanno privilegiato la via
delle cause civili
TRIESTE Sono quattro le inchieste penali giunte a
definizione che hanno finora coinvolto come imputato l’ingegner Vittorio Fanfani,
89 anni di età, dal 1974 al 1984 presidente e amministratore delegato della
società proprietaria dei Cantieri navali di Monfalcone. Da tutte queste
inchieste approdate al gip o all’aula del Tribunale di Gorizia, l’ingegner
Fanfani è uscito a testa alta. «Per tre volte è stato assolto; in una occasione
è intervenuta la prescrizione - spiega l’avvocato Giovanni Borgna che lo ha
assistito assieme al collega Corrado Pagano di Genova. «Le assoluzioni
pronunciate dai giudici di Gorizia hanno una precisa motivazione su cui noi
difensori abbiamo fatto leva durante i nostri interventi. Va dimostrato, secondo
i principi generali del processo penale, di chi è l’eventuale responsabilità di
ciascuna morte. In altri termini la Procura deve dire ’chi ha fatto che cosa’.
Deve fare il nome, il cognome e specificare il ruolo avuto da chi non ha
applicato- secondo l’accusa- i sistemi di sicurezza previsti all’epoca. Non
basta indicare genericamente una serie di responsabilità a cascata, partendo
dall’amministratore delegato della società, arrivando al direttore del cantiere,
fino a raggiungere il caporeparto. Va sempre definito il ruolo di ognuno nella
vicenda. In caso contrario saremmo di fronte a un processo ideologico, in cui le
decisioni dei giudici potrebbero apparire condizionate dall’esterno, dalla
pressione politica e dell'opinione pubblica...»
In effetti da tempo il Tribunale di Gorizia ha affrontato a livello penale il
problema delle morti per mesotelioma pleurico e il numero di assoluzioni e
archiviazioni ha superato quello delle condanne. A Trieste due soli processi
penali collegati all’amianto sono approdati in questi anni all’aula e in un caso
l’imputato è stato assolto, nell’altro condannato in primo grado ma il difensore
ha già presentato appello. Moltissimi altri fascicoli sono stati archiviati
dalla Procura. Due sedi giudiziarie e due scelte diverse, anche se negli ultimi
trent’anni Trieste ha eguagliato il numero di morti per amianto di Monfalcone.
Novecento casi in entrambe le località. Gorizia ha avviato un gran numero di
inchieste penali, anche sollecitata dalle associazioni monfalconesi. A Trieste,
al contrario, è stata seguita la via delle cause civili e solo dalla primavera
2008 il pm Giuseppe Lombardi ha aperto una cinquantina di fascicoli su
altrettanti operai uccisi dal mesotelioma pleurico.
IL PICCOLO - MARTEDI', 30 dicembre 2008
Qualità della vita, Trieste al sesto posto in Italia -
«SOLE 24 ORE» - Nella top-ten dal 2004, quella giuliana supera le altre province
della regione
Tre gradini in più rispetto al 2007. Bene
infrastrutture, cultura e giustizia, ma manca imprenditorialità
Alta la media dei depositi bancari, ma nell’ordine pubblico siamo il numero 56
Depositi bancari per abitante mediamente alti, un’ottima dotazione
infrastrutturale, un apparato di giustizia molto rapido, un’invidiabile capacità
di sfornare giovani laureati e anche una spiccata propensione alla cultura ed
allo sport. A Trieste la qualità della vita si conferma alta: lo certifica il
sesto posto occupato nella speciale classifica annuale delle province italiane
pubblicata dal «Sole 24 ore». Rispetto alla fine del 2007, il balzo in avanti è
stato di tre posti. È soprattutto il trend, in ogni caso, a confortare
amministratori e cittadini: dal 2004, infatti, Trieste non ha mai abbandonato la
«top ten», raggiungendo addirittura la vetta della graduatoria nel 2005 e la
piazza d’onore dodici mesi più tardi. In provincia e città, però, c’è anche
qualcosa che non va: dall’indagine emerge una preoccupante mancanza di spirito
d’iniziativa imprenditoriale, non sono rari gli episodi di microcriminalità e il
rapporto numerico fra giovani e anziani resta negativo. Quest’ultimo è ormai un
fattore storico radicato sul territorio.
Probabilmente la confortante valutazione sulle infrastrutture deriva anche dal
fatto che la provincia triestina sia la più piccola d’Italia, aspetto che
innalza automaticamente il valore numerico del rapporto. Allo stesso modo, c’è
da dire che l’indicatore in questione utilizza dati del 2007. All’epoca, la
Grande viabilità triestina doveva essere ancora completata: il punteggio
virtuale, oggi, è da considerarsi quindi addirittura superiore. Ma a Trieste, i
residenti nelle altre città italiane verrebbero a vivere? Nella classifica delle
«più desiderate», la provincia triestina non è inclusa fra le prime dieci. I
sogni degli italiani convergono per la maggior parte su Firenze.
IN VETTA Al vertice della graduatoria sulla qualità della vita si sistema per il
2008 Aosta, seguita da Belluno, Bolzano, Trento e Sondrio. In coda, al 103°
posto, ecco invece Caltanissetta, preceduta da Palermo, Agrigento e Trapani.
Sette delle prime dieci province contano complessivamente una popolazione
inferiore alle 300 mila unità. Di questo gruppo fa parte anche Gorizia, che
occupa l’ottavo gradino. Restringendo l’analisi alle altre realtà regionali,
Udine è 17.a (un anno fa era decima) mentre Pordenone si attesta al 51° posto, a
pari merito con Rieti (Lazio). In Friuli Venezia, quindi, Trieste mantiene e
rafforza il suo primato.
L’INCHIESTA Il dato totale è il frutto di una serie di statistiche raccolte in
sei differenti aree (rielaborate e ricondotte a punteggi proporzionali da un
massimo di 1.000 a scendere): tenore di vita, affari e lavoro, servizi, ambiente
e salute, ordine pubblico, popolazione e, infine, tempo libero. All’interno di
questi «capitoli», l’analisi si è svolta attraverso vari parametri (vedi
grafico). A completare il quadro, c’è poi l’analisi sulla percezione dei
cittadini rispetto alle diverse problematiche: a metterla a punto è stato
l’Istituto demoscopico Ipr Marketing.
TENORE DI VITA Trieste primeggia per i risparmi allo sportello, confermando
ancora la media elevata dei depositi bancari individuali. Come tenore di vita,
nel complesso, la provincia si deve accodare solamente a quella di Milano. E,
indirettamente, sono anche gli stessi cittadini ad attestarlo: la percezione
sull’aumento dei prezzi è, in effetti, la seconda più bassa del Paese (prima è
Udine). Tuttavia, da più parti, non si placano le denunce su allarmanti
situazioni di famiglie sempre più in difficoltà sul piano economico.
GIUSTIZIA Detto della dotazione di infrastrutture, che vede la provincia
triestina al vertice della speciale classifica, va rilevata la prima piazza
anche nella velocità della giustizia per lo smaltimento delle cause civili. Il
risultato potrebbe però non trovare conferma in futuro, considerato il blocco
generale di trasferimenti di personale e risorse imposto al momento dal
Ministero della giustizia.
UNIVERSITÀ Trieste città della scienza e della ricerca grazie ai suoi enti
d’eccellenza? Yes, of course: l’ennesima conferma giunge dal dato sui giovani
laureati, quelli che raggiungono l’obiettivo fra i 25 e i 30 anni. Proprio in
provincia c’è il tasso più elevato ogni mille persone. La propensione alla
crescita e alla maturazione culturali giunge pure dai riscontri sulla lettura di
libri (in base a quelli acquistati) e sui film visti al cinema, per i quali
Trieste è rispettivamente settima e seconda in Italia. La tendenza a una certa
apertura mentale dei residenti triestini si traduce anche in una spiccata
attitudine all’attività sportiva (5° posto).
I PUNTI DEBOLI L’ultima posizione per rapporto tra giovani e anziani è ormai
cronica. Quella riguardante lo spirito di iniziativa, ovvero il numero di
imprese registrate ogni 100 abitanti (aggiornato al settembre scorso), è
allarmante: non per nulla enti come la Camera di commercio stanno studiando
nuove iniziative per dare impulso all’economia locale, tentando di attrarre
investitori da fuori città. Nonostante ciò, il livello medio di occupazione dei
giovani (nella fascia d’età compresa fra i 25 e i 34 anni) è buono e tocca il
77,4 per cento. Preoccupa anche il 56° posto, in coabitazione con Caserta, nella
classifica sull’ordine pubblico: episodi di microcriminalità e la presenza di
giovani «fuorilegge», non sono più una rarità.
MATTEO UNTERWEGER
Porto, 48 tettoie con amianto da eliminare - NELLO
SCALO LEGNAMI LA SITUAZIONE PEGGIORE, «PERÒ È TUTTO SOTTO CONTROLLO»
Boniciolli e Rizzi (Authority): nel 2009 risolveremo i casi più a rischio.
Bonifiche anche alla Centrale idrodinamica
Una cinquantina di tettoie per complessivi 90mila metri quadrati tutte
costruite in Eternit, matrice cementizia che contiene fibre di amianto. Metà
delle tettoie hanno in superficie piccole crepe e alcune fibre visibili, l’altra
metà mostra superfici deteriorate con crepe evidenti e alcune fibre libere. È la
situazione in cui si presenta l’ex Scalo Legnami del porto di Trieste che da
dopodomani e per quindici anni sarà in concessione a General cargo terminal,
società di operatori marittimi che intende trasformarlo in un moderno Terminal
merci varie. La situazione, dopo un’ultima serie di ispezioni e campionamenti, è
stata però definita ieri sotto controllo e attualmente non allarmante da parte
del presidente dell’Autorità portuale Claudio Boniciolli e del direttore della
sezione Sicurezza e ambiente Fabio Rizzi.
«Una certa pericolosità potrebbe emergere, se non si intervenisse, a medio-lungo
termine - ha spiegato Rizzi - relativamente a quella metà di tettoie che si
trovano nelle condizioni già più deteriorate. Accadrebbe se avvenissero rotture
a seguito di agenti atmosferici e i primi possibili bersagli sarebbero i
manutentori che non fossero a conoscenza dei materiali su cui si accingerebbero
a intervenire». È il motivo per cui l’Authority ha deciso di intervenire subito
su queste prime 24 tettoie con una spesa che è stata calcolata in un milione 792
mila euro. Nella scala utilizzata per definire lo stato di deterioramento delle
superfici e che con il punteggio 5 definisce una pericolosità immediata, queste
tettoie rientrano nel punteggio 3. Successivamente si interverrà invece su altre
24 tettoie, che come spiegato in apertura si presentano in condizioni migliori
per cui sono state catalogate al grado di deterioramento 2, per la cui
sostituzione è stata prevista una spesa di un milione 999 mila euro.
In questo quadro non compare il capannone denominato Rosa-Rosa e costruito dalla
ditta Pacorini per il quale la spesa di smaltimento e sostituzione dei pannelli
è stata calcolata in 847 mila euro. Appare chiaro dunque come bonificare
l’intero Scalo Legnami costerà oltre 4 milioni e 600 mila euro, compreso lo
smaltimento dell’Eternit in un’apposita discarica che si trova fuori della
provincia di Trieste, ma all’interno dei confini regionali. Quattro tettoie
rientrano nell’area richiesta dal Comune per l’ampliamento del depuratore
fognario per cui la loro bonifica potrebbe ricadere sull’amministrazione
comunale.
«Contiamo entro sei mesi di preparare un progetto per la rimozione e la
sostituzione delle tettoie con punteggio 3, di fare la gara e appaltare i lavori
che a propria volta potranno concludersi in alcuni mesi - spiega Rizzi - di
conseguenza la parte più grave della questione dovrebbe risolversi entro il
2009». Se il concessionario non fosse soddisfatto di questi tempi però potrebbe
agire prima autonomamente e poi chiedere un conseguente sconto sul canone
annuale all’Autorità portuale. Comunque l’Authority attende di sapere quante
tettoie dovrebbero essere sostitutite e quali spazi potrebbero invece venir
lasciati a cielo aperto: ciò dipenderà dal tipo di materiali che verranno
stoccati nell’area. La Gct è il risultato della fusione di due cordate: la prima
composta da Pacorini e Ocean e la seconda da 23 operatori marittimi locali,
mentre il 10 per cento delle quote è in mano a Friulia, la finanziaria della
Regione, un cui dirigente, Luigi Glarey, è stato nominato presidente della
società. Il piano industriale di Gct prevede 3 milioni di euro di investimenti
per attrezzare il terminal, 80-100 addetti a regime e un traffico che già al
primo anno dovrebbe toccare le 300 mila tonnellate di merci, in particolare
granito, metalli non ferrosi, legno e materie plastiche. La concessione riguarda
un’area di 148 mila metri quadrati e una banchina di 350 metri lineari.
All’interno del porto di Trieste però vi sono aree, seppur minuscole, che si
trovano in situazioni peggiori dello Scalo Legnami. In particolare tettoie o
grondaie dell’ex Centrale idrodinamica e del magazzino 34, sede un tempo della
Baker, aree oggi non accessibili e che stanno per essere interessate da
interventi di riqualificazione che includeranno logicamente anche la bonifica.
Qui lo stato di deterioramento è a livello 4, mentre al livello 3 vi è anche una
centrale termica al Molo Sesto. Alcune bonifiche sono già state effettuate in
questi anni come quella che ha riguardato la Palazzina direzionale del Molo
Settimo. Tra qualche settimana incomincerà l’opera di abbattimento del magazzino
62 sul Molo Sesto ed è stato redatto uno specifico piano per lo smaltimento di
parti in amianto che comporterà una crescita dei costi e dei tempi.
«Va chiarito - hanno voluto sottolineare Boniciolli e Rizzi - che oggi non
esiste alcun rischio legato all’amianto per chi lavora o transita in porto.
L’amianto e più specificatamente l’Eternit esistono solo all’interno delle
strutture descritte, ma non vi è pericolo immediato di dispersione». «Gli ultimi
sacchi di amianto - specifica Rizzi - sono stati scaricati in porto nel 1996.
L’ultimissimo episodio traumatizzante è del 1999 - rivela - trovammo in un
magazzino abbandonato e aperto del Porto Vecchio quattro o cinque sacchi di
amianto abbandonati. Qualcuno se ne era liberato in quel modo probabilmente
senza valutare il rischio legato a quella stessa operazione di trasporto».
SILVIO MARANZANA
Cadono pannelli in Eternit, chiusa via del Lavatoio
- Le piastrelle proteggevano la parete di una casa. L’opera di rimozione
proseguirà oggi
Allarme amianto in via del Lavatoio, strada a senso unico
attigua a piazza Oberdan. Per l’improvvisa caduta a terra di alcuni pannelli di
Eternit che si trovano sulla facciata del palazzone posto all’angolo con via
Filzi, la polizia municipale - su richiesta dei vigili del fuoco - ha fatto
transennare la strada chiudendola al traffico. Il provvedimento, volto a
tutelare la salute pubblica, si è reso necessario per consentire le operazioni
di bonifica e messa in sicurezza dell’edificio situato proprio all’incrocio
delle due direttrici.
Il perimetro interdetto si estende per oltre 50 metri e abbraccia il tratto
stradale compreso tra il numero 1 e il 4 di via del Lavatoio. Tratto che ospita,
oltre al «Centro gas» e a numerose abitazioni private, anche la Direzione
centrale dell’area Istruzione, cultura e sport della Regione.
Il crollo di una parte delle piastrelle di cemento-amianto si è verificato nella
notte a cavallo tra Natale e Santo Stefano, a causa delle forti raffiche di bora
che hanno sferzato la città. Ma nei giorni successivi, sempre a causa del vento,
il rischio di un ulteriore distacco di materiale dalle pareti degli ultimi
quattro piani dell’immobile ha determinato un nuovo intervento dei vigili del
fuoco.
Ieri mattina, infatti, un residente del palazzo situato sul lato opposto
dell’edificio dove si è verificato il crollo (quello ubicato al civico 21 di via
Filzi) ha chiamato i pompieri per rimuovere un’ulteriore minima parte di Eternit
«volata» oltre la strada e finita sul cornicione di fronte. Sempre ieri mattina
una ditta specializzata, chiamata dall’amministratore dello stabile coinvolto
nell’incidente, si è recata sul posto per provvedere alla rimozione residuale
dell’amianto e alla sistemazione della parete. L’operazione proseguirà anche
oggi, motivo per cui via del Lavatoio continuerà a essere chiusa almeno fino al
termine delle operazioni.
La prima caduta di materiale, secondo quanto riferito dai Vigili del fuoco, ha
interessato una superficie di eternit pari a circa otto metri quadrati: «Ad aver
ceduto - così i vigili - è stata una porzione dei pannelli romboidali presenti
nella parte alta dell’edificio, quella cioè direttamente esposta agli agenti
atmosferici». Il palazzo con ingresso su via Filzi, infatti, ha una facciata in
comune con l’adiacente condominio di via del Lavatoio, che però è di altezza
inferiore: per gli ultimi piani «liberi» i costruttori dell’epoca avevano
disposto, a protezione dalle intemperie, il rivestimento di Eternit, così come
un tempo si usava e così come ancora oggi si può osservare in numerosi edifici
della città.
I pannelli, fabbricati soprattutto nella prima metà del ’900 e fino agli anni
’80, venivano usati prevalentemente come antincendio e a difesa dalla bora.
Oggi, per la nota pericolosità dell’amianto, smantellarli o sostituirli richiede
particolari cautele e l’osservanza di precise norme. La salute degli addetti può
essere infatti pregiudicata dalle fibre del minerale che si liberano per
frizione o rottura.
TIZIANA CARPINELLI
IL PICCOLO - LUNEDI', 29 dicembre 2008
«Tagliati i fondi per l’ambiente» - ITALIA DEI
VALORI-CITTADINI
TRIESTE «La Finanziaria regionale 2009 dimentica le buone pratiche in materia di ambiente». Lo afferma Piero Colussi, capogruppo di Italia dei valori-Cittadini, lamentando il comportamento «schizofrenico» della giunta e della maggioranza. Colussi, in particolare, denuncia il dimezzamento del capitolo di 2 milioni di euro che finanzia i Comuni «virtuosi» sul versante della raccolta differenziata dei rifiuti e la riduzione da 2 milioni a 1.125.000 euro degli incentivi per l’installazione di sistemi fotovoltaici.
IL PICCOLO - DOMENICA, 28 dicembre 2008
Cibo ai selvatici: il dibattito è aperto - Con il
freddo gli animali soffrono: per l’Enpa è giusto sostenerli
TRIESTE Con il solstizio del 21 dicembre, il calendario ci
dice che l’Inverno è ufficialmente arrivato. Le basse temperature di questi
ultimi giorni ne sono la conferma più evidente.
La Natura si addormenta definitivamente sino alla primavera. Non tutti però
riusciranno a trovare conforto e calore tra le mura amiche o in una tana. Come
sempre i più esposti alle rigidità invernali saranno gli animali selvatici. Come
aiutarli? È giusto avventurarsi nei boschi e recare loro generi di sussistenza
o, piuttosto, è meglio non interferire nel corso della Natura?
A riguardo i punti di vista sono davvero disparati. «C’è bisogno di equilibrio
in un frangente piuttosto complicato – afferma Gianfranco Urso, presidente
dell’Ente nazionale protezione animali. Per noi dell’Enpa è cosa buona e giusta
dare da mangiare a tutti gli animali, nel rispetto delle esigenze di pulizia e
di chi non gradisce la vicinanza delle bestie».
«Come abbiamo sempre fatto – continua Urso – nei momenti di maggiore rigore
invernale provvediamo a distribuire in alcuni punti solo a noi noti granaglie e
altri generi alimentari per i selvatici. Inoltre predisponiamo dell’acqua calda
che per alcune ore può essere bevuta sinché il gelo non la riduca a una crosta
di ghiaccio. C’è chi invece pone pane secco e grano in alcune aree del bosco che
in futuro potranno essere utilizzate per abbattere gli stessi animali nutriti».
«Comunque sia – continua il presidente dell’Enpa – non esiste alcuna normativa
che impedisca di rifornire di cibo gli animali nel bosco». Nel comprensorio
cittadino, secondo Urso, il problema è diverso. La presenza di animali
sinantropi (contigui all’uomo) configura uno scenario diverso. Questi animali
sono consapevoli che l’uomo lascia molto cibo residuo e ne approfittano. Per
questa ragione negli ultimi anni diversi uccelli e mammiferi si sono
progressivamente insinuati dalla periferia nel centro urbano: gabbiani,
cornacchie, e ormai caprioli, ricci e soprattutto cinghiali a cui spesso la
popolazione dà volentieri del cibo. «È una situazione che crea dei problemi
soprattutto agli enti pubblici – dice Urso - piuttosto che a quei cittadini che
vogliono bene ai selvatici. Se mi passate la battuta impedire ai triestini di
dare cibo agli animali è come chiedere alle nostre donne di non usufruire più
dei servizi ”in nero” delle colf d’Oltreconfine».
«C’è un acceso dibattito sulla questione dare o non dare cibo ai selvatici –
interviene Fabio Merlini, presidente della Federcaccia provinciale -. Alcuni
studiosi sostengono che è opportuno foraggiare gli animali del bosco, altri che
il freddo aiuta a selezionare la fauna selvatica. Sono in diversi ancora a
evidenziare che dare cibo ai capi più deboli può indebolire complessivamente la
popolazione animale».
«Altri insistono che la Natura deve fare il suo corso, mentre un altro parere
evidenzia come la neve e i climi rigidi possono, per esempio, annientare la
popolazione di caprioli. Se dobbiamo rapportarci alla nostra provincia –
continua Merlini – dobbiamo osservare come il clima non rappresenti un problema.
Caprioli e cinghiali possono trovare cibo nel loro ecosistema. Meglio non
alimentarli, altrimenti rischiamo di trovarceli nel centro cittadino, come già
accade, con tutti i pericoli per la circolazione stradale e per la vita
quotidiana».
«A mio avviso l’alimentazione degli animali selvatici negli ambienti naturali è
inopportuna e da evitare, a eccezione di eventi climatici critici. In generale –
puntualizza il maresciallo Roberto Valenti della Stazione Forestale di Duino - e
il discorso sarebbe lungo e complesso, gli animali vivono in equilibrio con
l’ambiente naturale dove devono trovare autonomamente le risorse alimentari
necessarie alla sopravvivenza».
«In particolare - continua - nella nostra provincia alcune specie come il
cinghiale, si avvantaggiano del surplus alimentare, conseguenza di un
foraggiamento diffuso, elevando il proprio tasso riproduttivo e creando di
conseguenza notevoli problemi d’impatto sia sull’ambiente naturale sia
sull’agricoltura. Quindi, il foraggiamento ai cinghiali andrebbe evitato in
particolare lungo le vie di comunicazione e attorno ai centri abitati, per
evitare concentrazioni di animali con ripercussioni sulla sicurezza stradale».
Maurizio Lozei
Risparmio energetico: 3 milioni nella Finanziaria -
REGIONE
TRIESTE «La Finanziaria regionale del centrodestra
presenta interventi innovativi a sostegno delle piccole imprese artigiane e per
una nuova cultura dell'abitare»: lo afferma il presidente del Gruppo Pdl nel
Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia, Daniele Galasso. «Con l'assessore
regionale all'Ambiente, Vanni Lenna - rileva Galasso in una nota - abbiamo
inserito nella manovra economica importanti risorse per incentivare le
ristrutturazioni nelle abitazioni civili di impianti, effettuare aggiornamenti
tecnologici degli esistenti e stimolare interventi volti al risparmio
energetico, come nuovi isolamenti, nell'ottica di una nuova cultura
dell'abitare». Il contributo potrà coprire il 50% delle spese ammissibili fino
ad un importo massimo di 10mila euro. Per realizzare questi interventi, la
Finanziaria ha messo a disposizione 3 milioni di euro come prima tranche.
IL PICCOLO - SABATO, 27 dicembre 2008
Il giudice: l’Ente Porto sapeva dell’amianto ma per
oltre dieci anni non ha fatto nulla
RISARCIMENTO DI 140MILA EURO A UN PESATORE DELL’EAPT
COLPITO DA TUMORE
«Non esistono dubbi sulla responsabilità dell’Ente porto».
Lo scrive il giudice del lavoro Annalisa Barzazi nella sentenza con cui
riconosce 140 mila euro di risarcimento a un pesatore dell’Eapt colpito da un
tumore al polmone. Per più di dieci anni - tra il 1974 e il 1984 il pesatore è
stato esposto all’amianto senza che l’azienda lo informasse del rischio o
prescrivesse adeguate misure di prevenzione.
Ecco la storia come emerge dalla sentenza. L’Autorità portuale era consapevole
fin dal 1978 dei rischi mortali insiti nella movimentazione dell’amianto ma non
ha fatto nulla per i propri dipendenti. Non li ha protetti e non ha imposto loro
né l’uso di mascherine contro la polvere dell’asbesto, né l’uso di tute
protettive. Al contrario i dipendenti della Compagnia portuale, dopo aver
minacciato lo sciopero, avevano ottenuto - seppure saltuariamente - l’uso di
maschere e aspirapolveri nel caso dovessero scaricare amianto dai carri
ferroviari. Due atteggiamenti diversi di fronte allo stesso dramma che negli
ultimi trent’anni ha fatto tra Trieste, Muggia e Monfalcone più di 1800 morti.
I rischi dell’amianto erano noti all’Eapt almeno dal 1978 quando l’ingegner
Lorenzo Colautti aveva inviato all’Associazione industriali, agli Spedizionieri,
all’Ufficio di Sanità Marittima e alla Camera di Commercio, una allarmata
lettera. In quell’anno erano transitate attraverso il porto di Trieste
complessivamente cinquemila tonnellate di amianto. Ma dal 1978 fino al 1989 i
traffici di questo minerale sono cresciuti, senza l’adozione di adeguate
priotezioni. I «picchi» massimi della curva sono rappresentati dalle 20 mila
tonnellate nel 1979, dalle 26 mila nel 1980, dalle 25 mila del 1986, mentre il
record assoluto è del 1989 con 36.653 tonnellate.
Secondo la perizia del dottor Roberto Mosca e del professor Dario Pozzetto, un
grammo di amianto contiene dieci milioni di fibre pronte a insinuarsi nel
polmone e nella pleura. Se viene ipotizzata una fuoriuscita dai sacchi dell’uno
per mille della massa dei carichi di amianto transitati per il porto, ogni
dipendente del porto ha lavorato alla presenza di 10,172 chili amianto all’anno.
Ma non basta. Circa la metà dell’amianto sbarcato a Trieste fino agli anni
Settanta era rappresentato dalla «crocidolite» proveniente dal Sud Africa. È
questo l’amianto conosciuto come il più tossico tra quelli presenti sul mercato.
E molti, come dice la sentenza del giudice del lavoro Annalisa Multari, lo hanno
manipolato senza alcuna misura di sicurezza. «Si trattava di sacchi di carta di
25 chili l’uno che spesso si rompevano, tanto che i cottimisti giocavano con la
polvere che fuoriusciva, formando delle palle che prendevano a calci. Non sono
mai stato avvisato dall’Autorità portuale della nocività dell’amianto, nè ho mai
ricevuto indicazioni minime sulle precauzioni da adottare quando lo scaricavamo.
Indossavo solo la tuta da lavoro: ci consegnavano le mascherine di carta solo
quando lavoravamo al silos del frumento. Se i sacchi si rompevano gli operai
delle ditte cercavano di ripararli con il nastro adesivo mentre il materiale
fuoriuscito volava via. Confermo che il pavimento del carro ferroviario era
cosparso di polvere di amianto come anche la banchina del porto. Il sollevatore
nel trasportare i pallet alzava la polvere...»
CLAUDIO ERNÈ
OPLA' - LEGAMBIENTE Osservatorio Parlamentare Legislazione Ambientale - MERCOLEDI', 24 dicembre 2008
Rifiuti - Torna il Cip6 agli inceneritori.
Con il si della Camera al Dl 172 sull’emergenza campana,
tornano gli incentivi di stato per la costruzione dei termovalorizzatori, anche
per le altre regioni, Sicilia in testa. “E’ evidente che si tratta di una norma
in palese violazione delle normative europee (direttiva 77/2001 attuata con DLgs
387/2003) – ha detto Stefano Ciafani, responsabile scientifico di Legambiente -,
che considerano rinnovabile solo la parte biodegradabile dei rifiuti. Qui si
parla esplicitamente anche di parte inorganica, quindi assolutamente non
rinnovabile. Con questo decreto governo e maggioranza hanno deciso che gli
italiani dovranno accollarsi le multe certe che arriveranno dall’Europa”.
Legambiente ha già inviato nei mesi scorsi alla Commissione la segnalazione
sulla previsione del Cip6 per gli inceneritori di Napoli, Salerno e Santa Maria
La Fossa. Farà altrettanto appena il senato voterà il decreto.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 24 dicembre 2008
Pista ciclabile, c’è il ponte in via dell’Istria -
MONTATO IN NOTTATA IL TRATTO PRINCIPALE DELLA STRUTTURA METALLICA
L’assemblaggio sarà completato in gennaio. Tommasini: a maggio pronto
l’intero percorso
Punto di svolta nella realizzazione della pista ciclabile che collegherà San
Giacomo e Draga Sant’Elia, la cui ultimazione è prevista nella primavera del
prossimo anno.
L’altra notte infatti è stato posato il tratto principale del ponte in metallo
che, passando sopra via dell’Istria, raccorderà la porzione di percorso davanti
all’ospedale infantile Burlo Garofolo con quella che si snoda in direzione di
Campanelle.
La struttura, lunga centocinquanta metri, ha un costo di 700mila euro ed è
composta da cinque elementi da trenta tonnellate, che saranno completamente
assemblati nei primi giorni del 2009. «La posa della passatoia in acciaio era
fondamentale per la prosecuzione dei lavori, perché consente il collegamento del
tratto iniziale al resto del tracciato – dichiara l’assessore provinciale ai
Lavori pubblici, Mauro Tommasini -. La superficie del ponte sarà ricoperta con
lo stesso materiale della pista ciclabile, mentre lateralmente verranno
posizionate delle lastre di vetro trasparente che garantiranno agli utenti
sicurezza e protezione dal vento. Per ultimare la realizzazione dell’intero
percorso, lungo oltre dodici chilometri, saranno necessari altri quattro-cinque
mesi, per cui contiamo di inaugurarlo a maggio. La struttura non sarà utile solo
per le escursioni domenicali, ma anche per la mobilità quotidiana, perché
permetterà di spostarsi più rapidamente di quanto sia possibile fare oggi».
Dalle prossime settimane prenderà quindi il via la sistemazione dei restanti
tratti della pista, che saranno, poi, collegati con quelli già ultimati, in
prossimità dei quali sono stati anche ricavati alcuni posteggi per le auto.
«Nell’ultimo periodo abbiamo ricevuto segnalazioni di degrado lungo il percorso
da parte di alcuni cittadini, ma non siamo ancora intervenuti, perché sarebbe
stato inutile operare in quei punti prima dell’ultimazione del tratto
d’accesso», prosegue l’assessore: «A breve i lavori interesseranno anche quelle
aree e, dove non è già stato fatto, ripuliremo e asfalteremo». In via di
risoluzione, inoltre, il problema della presenza di un deposito di rottami di
automobile lungo il tracciato della pista, nella zona di Campanelle, che ha
causato un forte rallentamento dei lavori. «Il percorso è stato sgomberato, ma
stiamo aspettando le ultime autorizzazione della Procura della Repubblica per
liberarlo definitivamente – dice Tommasini -. Finché non abbiamo precise
disposizioni non possiamo rimuovere i mezzi posti sotto sequestro giudiziario e
di conseguenza nemmeno asfaltare. Siamo pronti a finire e speriamo che a gennaio
la questione sia del tutto conclusa».
La Provincia punta poi all’inserimento del tracciato ciclabile nei circuiti
internazionali e italiani degli amanti della bicicletta, come «Ferrovie dismesse»,
specializzato proprio nei tratti ferroviari recuperati. In futuro inoltre
l’opera potrebbe facilmente essere collegata con i circuiti sloveni e la
«dorsale carsica ciclabile».
Mattia Assandri
Studenti a cena con il Wwf
TRIESTE Cenone natalizio di pesce sostenibile, attento
cioè a valutare disponibilità della specie in natura, provenienza e zone di
pesca, impatto sul territorio. È quanto hanno fatto i ragazzi della Scuola
Rismondo, ospiti dell'ExpoMittelSchool per una cena di pescato fresco,
sostenibile, del nostro Golfo e «sostenibile» secondo il Wwf-Area marina di
Miramare, sponsor dell’evento con Confcommercio. Il percorso di informazione
lungo due anni ha visto coinvolte 10 scuole della provincia e 15 rivendite di
pesce, con la guida del Wwf. I ragazzi della «Rismondo» hanno vinto il concorso
per il migliore slogan sul pesce locale sostenibile.
Varia la differenziata - SAN DORLIGO DELLA VALLE
SAN DORLIGO Causa le festività, il Comune comunica che la
raccolta dei rifiuti di giovedì 25 dicembre: vetro/plastica/lattine (bidone
giallo) Domio, Lacotisce e Pulie; carta e cartone (bidone blu) S. Antonio in
Bosco, Moccò, Hervati e Botazzo; indifferenziato (bidone verde) Prebenico,
Caresana, Crociata, Mont, Dolina, Crogole, Zona ind. e art., Mattonaia verrà
recuperata il giorno lunedì 29. La raccolta dei rifiuti di venerdì 26:
vetro/plastica/lattine (bidone giallo) Mattonaia, Zona industriale; carta e
cartone (bidone blu) Grozzana, Draga, Pesek e S. Lorenzo; indifferenziato
(bidone verde) Bagnoli, Bagnoli superiore, Domio, Lacotisce, Francovez e
Aquilinia verrà recuperata il 30.
Il Wwf: «Rifiuti, no ai dissociatori Largo al recupero
e al riciclo» - NUOVO PIANO REGIONALE
TRIESTE Il nuovo piano regionale dei rifiuti deve prevedere innanzitutto azioni concrete per la riduzione dei rifiuti e per il recupero e riciclo delle materie prime. Lo afferma il Wwf del Friuli Venezia Giulia in una nota in cui illustra le osservazioni mosse alla bozza proposta dall’assessore regionale Vanni Lenna. «Il vero ”recupero energetico” - prosegue il Wwg - è questo e non quello rappresentato dagli inceneritori o da altri sistemi di combustione, come i dissociatori molecolari, i quali non solo buttano al vento l’energia spesa nella produzione di carta, vetro e plastica, ma recuperano solo una piccola parte dell'energia termica sviluppata nella combustione».
Putin: stop al gas a buon mercato - Nasce la nuova Opec.
Il cartello comprende 14 Paesi produttori - LA SEDE SARÀ A DOHA NEL QATAR
MOSCA Il premier russo Vladimir Putin gela i Paesi
consumatori di gas annunciando che «sta finendo l'era delle risorse energetiche
a buon mercato, nonostante la crisi», e benedice a Mosca la nascita di una nuova
organizzazione dei Paesi esportatori di gas - dal 2001 riuniti informalmente in
un forum -, che secondo alcuni osservatori ricalca l'Opec, anche se tutti i
partecipanti hanno escluso l'ipotesi di un cartello.
Il quartier generale sarà in Qatar, a Doha, che ha battuto per un solo voto San
Pietroburgo, candidata dallo stesso Putin con la promessa di una sede con status
diplomatico e del pagamento di tutte le spese.
La Russia, primo esportatore al mondo di gas e secondo di petrolio, spera
comunque di rifarsi con la nomina del segretario generale del nuovo organismo,
che verrà eletto il prossimo anno.
Il premier ha giustificato lo scenario di prezzi più alti per i prodotti
energetici, compreso il gas, con l'aumento dei costi per l'esplorazione, la
produzione e il trasporto, spesso in regioni lontane dai Paesi consumatori.
Una previsione che arriva proprio quando la crisi lasciava intravedere risparmi
per i consumatori, in seguito al calo del prezzo del petrolio e di quello,
collegato, del gas.
L'Opec ha cercato la scorsa settimana di metterci una pezza annunciando una
sostanziosa riduzione della produzione, alla quale Mosca si è impegnata a
contribuire senza però assumere impegni formali.
La nuova organizzazione dei Paesi esportatori di gas, invece, non ha ancora
assunto alcuna decisione e, anzi, ha negato di aver discusso anche il possibile
coordinamento della produzione.
Ma, come ha ammesso il ministro russo dell'Energia, Serghei Smatko, è stato
esaminato il cambiamento del meccanismo della formazione del prezzo, anche se
ogni decisione è stata rinviata alla prossima riunione a Doha.
Il nuovo organismo punta inoltre a coordinare i programmi di investimenti dei
vari Paesi, tra cui Algeria, Libia, Iran, Venezuela: in tutto una quindicina di
membri che rappresentano il 73% delle riserve mondiali e il 42% della
produzione.
Secondo gli esperti, comunque, quella nata nata non può funzionare come un'Opec
del gas: l'Opec, infatti, adatta la sua produzione al mercato incidendo così sul
prezzo del barile, mentre le forniture di gas si basano su contratti a lungo
termine e il costo è legato a quello del greggio. È possibile però un
coordinamento sui meccanismi di formazione del prezzo, ed è questa la leva
accarezzata oggi nel vertice di Mosca.
Plausi anche dal presidente russo, ed ex capo di Gazprom, Dmitri Medvedev, che
in serata ha offerto ai delegati una cena al Cremlino.
IL PICCOLO - MARTEDI', 23 dicembre 2008
Risparmio energetico: che fare - Da gennaio
l’Ecosportello offrirà informazioni utili - INIZIATIVA DI LEGAMBIENTE
Sarà inaugurato venerdì 9 gennaio l’Ecosportello, punto
informativo destinato ad agevolare, con informazioni e suggerimenti, i cittadini
che vogliano attuare un concreto risparmio energetico. Frutto della
collaborazione fra l’amministrazione provinciale, che ha stanziato i fondi
necessari, e Legambiente, che fornirà i supporti tecnici e metterà a
disposizione gli esperti nel rapporto col pubblico, l’Ecosportello sarà attivo
tutti i martedì dalle 10 alle 12 e il venerdì dalle 17 alle 19, in via Donizetti
5/A. Hanno contribuito alla realizzazione dell’Ecosportello anche la Banca Etica
e l’Arci nuova associazione.
«Scopo specifico di questo nuovo sportello – ha spiegato l’assessore provinciale
Denis Visioli – è quello di fornire a tutti informazioni sulle dispersioni di
calore negli edifici, sul funzionamento di caldaie e caloriferi, sulle case
solari, sugli impianti fotovoltaici, sul più corretto uso degli
elettrodomestici». Lino Santoro, rappresentante di Legambiente a Trieste, ha
precisato che «il recente netto calo del prezzo del petrolio al barile avrebbe
dovuto indirizzare le politiche governative sull’energia verso un potenziamento
delle fonti alternative. Invece ci troviamo davanti a un ancora maggiore
sfruttamento del petrolio, risultato di una scelta poco lungimirante».
Entrando nel sito www.legambientetrieste.it, si possono conoscere tutti i
dettagli del progetto Ecosportello, i cui esperti risponderanno al numero
366.5239111. A breve sarà in distribuzione gratuita anche l’opuscolo «Vivi con
stile», che fornisce una ricca serie di suggerimenti e consigli per attuare una
vera politica di risparmio energetico nelle abitazioni. Durante l’incontro è
stato ricordato che «una sana politica rivolta alle energie alternative è anche
fonte di occupazione». Alla realizzazione del progetto ha contribuito il
laboratorio di Architettura, sostenibilità, energia e ricerca «Laser».
(u.s.)
Fincantieri: vaporetto pulito - Il gruppo
triestino capofila di un progetto per Venezia
VENEZIA Un vaporetto ecologico, che non inquina e si muove
grazie all' energia fotovoltaica e all'utilizzo di idrogeno, ampiamente
disponibile sul territorio veneziano. È l'obiettivo del progetto Vision
(Vaporetto veneziano Innovativo con Sistema ibrido di generazione energia a
celle combustibili alimentate a Idrogeno, fotovoltaico e accumulo, propulsione
elettrica azimutale, per migliore rispetto dell'ambiente e maggior comfort
passeggeri), presentato ieri, nella sede di Confindustria Venezia. L'iniziativa,
promossa e coordinata da Confindustria Venezia, vede Fincantieri nel ruolo di
capofila e coordinatore, e Actv in quello di futuro sperimentatore del prototipo
e utilizzatore della nuova generazione di vaporetti.
Altre 12 realtà (imprese e centri di ricerca), 8 delle quali venete - 6
veneziane e 2 vicentine - saranno partner per la realizzazione del vaporetto, e
ancora altre figure professionali saranno necessariamente coinvolte. Presentato
nel settembre 2008 al Ministero dello Sviluppo Economico nell'ambito del
programma «Industria 2015»
per l'incentivazione di progetti innovativi sulla mobilità sostenibile, Vision
potrà beneficiare di un finanziamento di circa 5 milioni su un investimento
totale di circa 12 milioni di euro. Il progetto, il cui avvio è previsto
all'inizio di febbraio 2009, avrà durata triennale e prevede lo studio e
l'elaborazione di alcuni aspetti fino alla messa in acqua di un vaporetto
prototipo.
Il ritorno industriale per le aziende partecipanti potrà esserci con l'ordine
per la realizzazione di una mini-flotta di 16 vaporetti che potranno entrare in
servizio a partire dal 2013, anche con il contributo della Regione Veneto.
L'obiettivo specifico del progetto 'Vision' è quello di migliorare la qualità
del trasporto passeggeri via acqua e qualificare l'uso di unità navali in
contesti urbani monumentali ed ad alta valenza ambientale. Un obiettivo che
potrà essere esteso anche al di fuori del contesto lagunare veneto, in ambito
nazionale e comunitario, in tutti gli ambienti ecosensibili, a partire dal
Comune di Milano, che ha manifestato la volontà di recuperare alla navigazione i
Navigli in vista dell'importante evento internazionale dell'Expo 2015.
La Russia minaccia di bloccare la fornitura di gas
all’Europa - RISCHIO KIEV SUL TRANSITO
MOSCA Mosca ha lanciato un nuovo monito ufficiale
all'Europa sui rischi legati al transito di gas russo attraverso l'Ucraina, che
dal primo gennaio 2009 si vedrà chiudere i rubinetti da Gazprom se non pagherà
un debito di oltre tre miliardi di dollari e potrebbe così prelevare
abusivamente il metano destinato al vecchio continente, come successe
nell'inverno a cavallo tra il 2005 e il 2006.
In una lettera inviata al presidente della commissione europea Josè Manuel
Barroso e ai 27 paesi membri della Ue, il primo vicepremier russo Viktor Zubkov,
che è anche presidente di Gazprom, ha messo in guardia l'Europa sulle
conseguenze del conflitto gasiero con Kiev. «Non si può escludere che l'attuale
posizione della parte ucraina potrebbe incidere sul transito di gas nel suo
territorio e interrompere la stabilità delle forniture di gas all'Europa», ha
scritto Zubkov. Un avvertimento accompagnato da una intervista in cui il
ministro russo dell'energia Seghei Shmatko sollecita l'Europa perchè inviti
l'Ucraina a rispettare i suoi impegni sul transito del gas.
«La parte russa, in segno di buona volontà, ha redatto una proposta di rimborso
del debito ucraino fondata su un pre-pagamento del transito del gas russo sul
territorio ucraino», ha rivelato Zubkov, lamentandosi però del fatto che «finora
non è stata ancora trovata una soluzione a causa della posizione non costruttiva
della parte ucraina».
IL PICCOLO - LUNEDI', 22 dicembre 2008
RISPARMIO ENERGETICO - Parte l’Ecosportello
Sarà presentato oggi a Palazzo Galatti il Centro
informativo Ecosportello, alla cui realizzazione hanno partecipato Banca etica e
Arci nuova associazione che hanno firmato con Legambiente un protocollo
d’intesa. Nato con il finanziamento della Provincia, l’Ecosportello punta a
fornire ai cittadini informazioni tecniche, di tipo normativo e relative ai
costi così da presentare un quadro chiaro a chi intenda progettare e installare
sistemi di isolamento termico dell’abitazione, impianti fotovoltaici e così via,
al fine di realizzare un risparmio energetico.
Metropolitana leggera, il piano diventa «europeo»
- CON IL COORDINAMENTO DELL’INIZIATIVA CENTROEUROPEA
Nel progetto, inviato all’Ue, i porti di Trieste e Capodistria. Nella cordata
gli aeroporti di Ronchi,Venezia e Lubiana
TRIESTE Troppi 15 anni di attesa (se va tutto fila liscio) per la
realizzazione delle infrastrutture ferroviarie che collegano Italia e Slovenia
con il Corridoio V. Una soluzione-ponte potrebbe arrivare dalla «Circolare
metropolitana» per passeggeri, a cavallo del confine che collegherebbe oltre che
Trieste-Capodistria e Lubiana, anche Venezia e i tre aeroporti: ci sono soltanto
pochi interventi, le somme da impegnare non supererebbero i 100-120 milioni (il
50% a carico della Ue) e i tempi di realizzazione non dovrebbero andare oltre i
6-7 anni.
Si chiama Progetto Adria A, la Regione e in particolare l’assessore ai Trasporti
Riccardo Riccardi ha raccolto e sviluppato il programma lanciato dall’ex
assessore provinciale di Trieste, Ondina Barduzzi e il project manager, Carlo
Fortuna, su incarico dell’Ince (Iniziativa centro-europea) ha ufficialmente
presentato all’autorità di gestione (le scorse settimane) l’incartamento
partecipando al bando pubblico sui progetti strategici del programma per la
cooperazione transfrontaliera 2007-2013.
L’obiettivo è ottenere i 3,5 milioni che servono per realizzare questo studio
(un progetto che contiene sia l’analisi di fattibilità avanzata e preliminare),
il Friuli Venezia Giulia ha già stanziato 400 mila euro, ma quello che è
importante è che alla cordata, dopo gli annunci di qualche mese fa, hanno voluto
partecipare ufficialmente anche Regione Veneto, gli aeroporti di Ronchi,
Venezia, Lubiana, i comuni di Trieste e Capodistria, ma anche i comuni italiani
e sloveni come Venezia, Gorizia, Nova Gorica, Monfalcone, Sesana, Divaccia, le
stesse Università di Trieste, Venezia e Lubiana, i porti di Trieste e
Capodistria oltre a Informest e la Provincia di Trieste. Tutti fortemente
interessati a una metropolitana che stavolta collega Lubiana a Padova e Ferrara.
«Probabilmente la cosa più importante di questo progetto, avviato con la
partecipazione al bando Ue – commenta Riccardi – è che per la prima volta c’è la
partecipazione ufficiale del Comune e del Porto di Capodistria che è d’accordo e
sostiene il collegamento ferroviario con il Porto di Trieste».
Si tratta di opere che diventeranno sinergiche con quelle del Corridoio V, ed è,
dall’entrata della Slovenia nell’Ue (2004) e nell’area Schenghen (2007), anche
il primo progetto che prevede le condizioni infrastrutturali e operative per
creare un unico sistema trasportistico a cavallo del confine che risulti
integrato, capillare, ambientalmente e finanziariamente sostenibile e risolve
problemi infrastrutturali storici mai affrontati.
L’area diventerà un’unica area metropolitana transfrontaliera, che coincide con
l’Euroregione, e si propone di ridisegnare completamente l’intera mobilità dei
passeggeri connettendo i centri principali e periferici con i principali nodi di
trasporto intermodale e aeroportuale.
I punti più importanti, spiega Carlo Fortuna, riguardano il completamento di
alcune sezioni mancanti delle tratte ferroviarie. La lunetta di Gorizia per
consentire un collegamento diretto con Nova Gorica, l’elettrificazione della
Nova-Gorica-Sezana, il tratto ferroviario Trieste-Capodistria con i relativi
studi ambientali, la connessione con la rete ferroviaria dell’aeroporto di
Ronchi, di quello di Lubiana e dunque il collegamento con Venezia.
«Per realizzare la bretella tra la ferrovia e l’aeroporto di Ronchi serviranno
forse due anni – conferma il project manager – per le opere a Gorizia non si
supererà i 2 anni e mezzo. Per la Trieste-Capodistria ci vorrà molto più tempo».
In ballo non solo i collegamenti tra i vari comuni ma la connessione tra gli
aeroporti e quella con Venezia che permetterebbe a porre le basi per una
cooperazione con Trieste e Capodistria sul fronte delle crociere.
Attualmente se i due aeroporti di Venezia e Trieste fossero connessi con
l’attuale linea ferroviaria i tempi di percorrenza si aggirerebbero sui 55
minuti, ma quando ci sarà la linea ad alta velocità-capacità per andare da una
parte all’altra non serviranno più di 35 minuti.
GIULIO GARAU
E i vetri finiscono nel cassonetto normale - GLI
ADDETTI ALLA DIFFERENZIATA «SGARRANO»
Mi sono alzata chiedendomi, certamente in modo retorico, come debba sentirsi il
cittadino che cerca di comportarsi in modo responsabile. La domanda questa volta
è scaturita da un fatto di per sé non importante ma che sta a dimostrare come in
questo paese, sia nelle cose piccole sia in quelle ahimè più importanti, troppo
spesso si agisca con grossolanità, con noncuranza, con disinteresse.
Il fatto: vengo svegliata di soprassalto dal camion della raccolta
(differenziata!) del vetro. Al solito opera nel cuore della notte sotto le
finestre di chi dorme, ma pazienza. Stanno lavorando, anche se non si capisce
perché proprio il prelievo di un materiale così rumoroso non possa avvenire in
ore più opportune come si fa per la raccolta degli altri rifiuti. Dopo il
fragore iniziale, il rumore di vetro e del motore del camion si perpetuano.
Ormai del tutto sveglia, mi alzo per capire cosa stia succedendo, mi affaccio e
vedo che il vetro è fuoriuscito sul marciapiede e che un addetto alla raccolta
lo sta rimettendo a badilate nel contenitore dell’immondizia «normale».
Splendido! Eppure io, nel mio piccolo appartamento senza poggiolo, mi preoccupo
di dividere diligentemente i rifiuti di carta, vetro, plastica, lattine e quant’altro:
lo faccio perché sono convinta che questo minimo sacrificio sia assolutamente
doveroso. Salvo poi provare un enorme senso di frustrazione nel vedere che i
nostri piccoli impegni vengono vanificati dall’incuria di chi, per contro,
dovrebbe essere, se non moralmente sensibile al problema dei rifiuti, quanto
meno rispettoso delle regole.Oppure la raccolta differenziata è una panzana come
qualcuno sostiene?
Dorotea Calligaro De Carlo
IL PICCOLO - DOMENICA, 21 dicembre 2008
Monfalcone, centrale a biomasse contestata Antonaz (Rc):
pericolo per l’ambiente
MONFALCONE La realizzazione di una centrale elettrica
alimentata a biomasse da 55 megawatt di potenza è un progetto che presenta
diversi punti da chiarire. Lo ha denunciato ieri nel corso di una conferenza
stampa il consigliere regionale di Rifondazione comunista Roberto Antonaz in
vista della conferenza dei servizi regionale che tornerà a riunirsi il 12
gennaio per dare il via libera alla centrale a biomasse proposta dalla società
Eelettrostudio. «Quest'impianto andrebbe a inserirsi in un'area, quella di
Staranzano, che già accoglie una centrale termoelettrica da quasi 1.000
megawatt». Secondo Antonaz il via libera a un impianto di questa portata
creerebbe un precedente pericoloso, visto che ci si trova ancora in assenza del
Piano energetico regionale e non esistono quindi delle indicazioni sugli
impianti insediabili di questo o di altri tipi in Friuli Venezia Giulia. «Gli
impianti a biomasse sono ecologici per modo di dire - ha aggiunto Antonaz -,
perché dallo studio effettuato dalla Lega italiana tumori e da Medicina
democratica risulta che in ogni caso vengono prodotte nella combustione sostanze
cancerogene come gli Ipa, gli idrocarburi policiclici aromatici, o quantità
maggiori di biossidi di azoto. Senza tenere conto che il materiale per
alimentare l'impianto, l'olio vegetale, arriverebbe da Paesi extracomunitari e
non sarebbe impiegato per bruciare i residui delle produzioni agricole o della
filiera del legno locali».
(la.bl)
IL PICCOLO - SABATO, 20 dicembre 2008
Pronto il Passante, ora manca la terza corsia -
PRESENTATA LA STRUTTURA A MESTRE: L’8 FEBBRAIO L’APERTURA AL TRAFFICO
Il punto critico si sposta in regione. Espropri per l’A4, prezzi dei terreni
valutati il triplo
TRIESTE I 32 chilometri che bypassano il nodo autostradale di Mestre sono
interamente percorribili, ma per automobilisti e camionisti lo saranno dall’8
febbraio.
Il passante di Mestre «è un sogno diventato realtà» per dirla come l’assessore
regionale alle infrastrutture del Veneto, Renato Chisso. Per provare l’ebbrezza
di percorrerlo interamente bisognerà attendere l’ultimazione di parte delle
asfaltature e i collaudi «che saranno conclusi il 15 gennaio – anticipa il
commissario Silvano Vernizzi -. A Natale ci fermeremo solo per qualche giorno».
E mentre si snocciolano le cifre dell’infrastruttura – 986 milioni di euro,
quattro anni per realizzarlo, «pochissimi per un paese come l’Italia», afferma
il presidente Giancarlo Galan – nasce anche un modello per altre grandi opere,
terza corsia dell’A4 in testa. A partire dalla gestione degli espropri su un
tracciato che è tre volte il passante.
Per il primo tratto della Venezia Trieste, quello tra Quarto D’Altino e San Donà
di Piave, la procedura ha preso avvio questa settimana. «Mi auguro che la
procedura della terza corsia sia la stessa utilizzata per il passante – ha
spiegato Vernizzi che è anche vicecommissario di Renzo Tondo -. Su mille
proprietari interessati, sono rimasti in piedi solo tre ricorsi e questo grazie
agli accordi bonari».
Accordi raggiunti – nelle procedure coinvolte anche 50 abitazioni e diverse
attività produttive – pagando le indennità «tre volte il valore agricolo medio e
stipulando accordi con le associazioni di categoria. Questo sistema ha dei costi
diretti più alti – ha spiegato il commissario del passante- , ma consente un
risparmio in termini di tempo evitando i ritardi generati dai contenziosi».
Per il Friuli Venezia Giulia il passante non rappresenta solo un modello, ma
modifica alcune condizioni di traffico e di entrate derivante dai pedaggi
autostradali. Da un lato il riversarsi del traffico da ovest verso est con un
arretramento della barriera, dall’altra un dimezzamento degli introiti, per
Autovie Venete, derivanti dalla tangenziale. Con l’apertura del passante si
prevede un dimezzamento della circolazione sulla tangenziale – circa 60 mila
veicoli – e quindi del pedaggio virtuale che oggi Autovie Venete incassa sui
mezzi che escono alla barriera di Mestre.
Il passante sarà interamente gestito da Cav (società mista Regione Veneto Anas)
«e le richieste della Venezia Padova – ha detto chiaramente Chisso riferendosi
alle rivendicazioni della società autostradale (di cui è socia anche Autovie)
che vorrebbe almeno una fetta della torta – suonano come il canto del cigno».
Cav a partire da dicembre 2009, quando scadrà la concessione della Venezia
Padova, «gestirà anche quell’autostrada e la tangenziale – aggiunge Chisso -.
L’accordo che c’è comunque con Anas e le altre concessionarie (ndr Autovie e
Autostrade) per la suddivisione del pedaggio virtuale sulla tangenziale di
Mestre rimarrà tale». L’inaugurazione ufficiale del passante – quella di ieri è
stata una festa con maestranze, autorità locali e giornalisti – è in programma
il 3 febbraio alla presenza del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi.
«Non ho voluto cerimonie ufficiali – ha ricordato il presidente Giancarlo Galan
– e per questo ho fatto guidare il primo pullman al mio autista e invece di
tramezzini e pasticcini ho voluto lo spiedo di Pieve di Soligo, nel segno della
tradizione veneta». Galan lancia anche una sfida: «bisogna trovare un nome non
possiamo chiamarlo passante. Per la A 27, Venezia Belluno, abbiamo già deciso:
si chiamerà autostrada delle Dolomiti».
Martina Milia
Rispunta la protesta per piazza Libertà - CONTRO IL
TAGLIO DEGLI ALBERI PREVISTO DAL PROGETTO
Striscioni alzati durante la cerimonia. Dipiazza: lasciateci lavorare e
vedrete
«Diecimila firme dicono no al progetto di piazza Libertà». «No alberi, no
voti». Sono spuntati anche questi due striscioni, retti da un gruppo ristretto
di persone, ieri pomeriggio durante la cerimonia di inaugurazione della
rinnovata piazza Venezia. Una contestazione civile, contro l’annunciata
riqualificazione dell’area antistante la stazione ferroviaria. I promotori della
protesta hanno così colto l’occasione per ribadire il loro dissenso davanti a
centinaia di persone ed alle autorità. A loro, il sindaco Roberto Dipiazza ha
risposto dal palco: «Abbiate pazienza, lasciateci lavorare e vedrete».
Non è stata quella l’unica voce in qualche modo contraria all’operato
dell’attuale amministrazione comunale registrata ieri. Fra la folla è spuntato
anche un cartello: «Signor sindaco, dove sono i masegni?», il quesito posto da
Bruno Cavicchioli, il presidente del Cosapu (Comitato per la salvaguardia del
patrimonio urbano di Trieste). La replica di Dipiazza non si è fatta attendere:
«Dove sono i masegni? Dove cammina». Il rappresentante del Cosapu, poco prima,
era stato preso a male parole da un cittadino in disaccordo con lui. Un
siparietto chiuso con filosofia da Cavicchioli: «Siamo in democrazia...».
Qualche attimo di preoccupazione si è avuto infine per un operatore televisivo,
scivolato fra due delle sedute monoposto durante l’intervento dell’assessore
Bandelli. Soccorso anche da alcuni vigili urbani, si è rialzato dopo pochi
istanti: per lui, fortunatamente, nulla di grave.
(m.u.)
LA REPUBBLICA - VENERDI', 19 dicembre 2008
Troppi pesticidi nell'acqua - oltre un terzo è contaminata
Presentato il dossier del ministero dell'Ambiente riferito al 2006. Falde
sotterranee non potabili nel 10% dei casi
ROMA - Non bisogna avere necessariamente la sfortuna di Emma Marcegaglia per
finire avvelenati bevendo un bicchiere d'acqua. Il 36,6% dei campioni d'acqua
analizzati dall'Ispra, l'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca
Ambientale del ministero (ex Apat) è risultato infatti contaminato da pesticidi
in quantità superiore ai limiti di legge. Il dato emerge dal dossier "Residui di
prodotti fitosanitari nelle acque-Rapporto annuale, dati 2006" presentato oggi
alla stampa.
Uno studio che secondo i curatori "conferma e rende più evidente uno stato di
contaminazione già rilevato negli anni precedenti". Complessivamente i diversi
pesticidi emersi dalle analisi di laboratorio sono stati 131. Per alcune
sostanze, l'inquinamento è molto diffuso e interessa sia le acque superficiali,
sia quelle sotterranee di diverse regioni, tanto da richiedere, secondo l'Isprat,
"la necessità di interventi di mitigazione dell'impatto".
In Italia, secondo il dossier, si impiegano circa 300 tipi di sostanze diverse,
per un quantitativo complessivo di circa 150.000 tonnellate all'anno. I dati
relativi al 2006 mostrano una contaminazione diffusa nelle acque superficiali,
dove è stata riscontrata nel 57,3% dei 1.123 punti di monitoraggio, nel 36,6%
dei casi con concentrazioni superiori ai limiti previsti dalla legge per le
acque potabili. Nelle acque sotterranee, invece, sono risultati contaminati a
diverso grado il 31,5% dei 2.280 punti totali di rilevamento, con il superamento
dei limiti di potabilità nel 10,3% dei casi.
Nel 2006, ricorda l'Istituto, sono 18 le regioni che hanno trasmesso i dati al
min istero per essere elaborati. Complessivamente sono stati monitorati 3.403
punti, per un totale di 11.703 campioni e 439.305, "con un buon incremento,
rispetto agli anni precedenti, della copertura territoriale e della
significatività delle indagini" (per il 2005, ad esempio, le misure erano
282.774).
Le sostanze più comunemente rinvenute sono gli erbicidi, fatto spiegabile sia
con la loro modalità di utilizzo, che può avvenire direttamente al suolo, sia
con il periodo dei trattamenti, in genere concomitante con le precipitazioni più
intense che, attraverso il ruscellamento e l'infiltrazione, ne determinano un
trasporto più rapido nei corpi idrici superficiali e sotterranei.
Tra le contaminazioni più diffuse, secondo l'Ispra, "vi è quella dovuta alla
terbutilazina, utilizzata in particolare nella coltura del mais e del sorgo. La
contaminazione è diffusa in tutta l'area Padano-Veneta ed evidenziata anche in
alcune regioni del centro-sud: è stata trovata nel 51,0% dei punti di
campionamento delle acque superficiali e nel 15,8% di quelli delle acque
sotterranee indagate".
Da segnalare ancora "la presenza diffusa di atrazina, sostanza ormai da lungo
tempo fuori commercio". "Senza poter escludere - rileva ancora l'Ispra - casi di
uso illegale, i dati e le valutazioni effettuate dimostrano che quello misurato
è essenzialmente il residuo di una contaminazione storica, dovuta al forte
utilizzo della sostanza nel passato".
IL PICCOLO - VENERDI', 19 dicembre 2008
Amianto, in porto si sapeva già nel 1978 - UNA
LETTERA DELL’ENTE AVVERTIVA AUTORITÀ LOCALI E IMPRENDITORI DEI RISCHI
Ma la prima legge è arrivata solo nel 1992 e le inchieste sono partite dopo
il 2000
Il 6 febbraio 1978 era già nota all’Autorità portuale, allora Ente autonomo
del Porto, la pericolosità dell’amianto e la possibilità che l’esposizione
all’asbesto potesse innescare il mesotelioma pleurico. La prima legge specifica
che ne ha vietato l’uso in Italia è stata promulgata appena nel 1992.
Quattordici anni dopo, contrassegnati dal fragoroso silenzio dello Stato mentre
al contrario molti sapevano, ma non venivano ascoltati.
La prova che l’Ente porto di Trieste sapeva, è rappresentata dalla lettera che
l’allora direttore dell’ufficio del lavoro portule, l’ingegner Lorenzo Colautti,
aveva inviato all’Associazione degli industriali, all’Unione spedizionieri
internazionali, all’Unione agenti marittimi, all’Associazione armatori, alla
Camera di commercio e all’Ufficio di Sanità marittima. La lettera è protocollata
IV/78 -1238 e ha per oggetto «La manipolazione dell’amianto nel porto di
Trieste».
«In base ai rapporti redatti dal Servizio di medicina del lavoro del Comune di
Trieste è emerso che le fibre di amianto possono determinare per inalazione
gravissime malattie polmonari individuabili, oltre che nell’asbestosi, nei
tumori e soprattutto nei mesoteliomi della pleura. Proprio quest’ultimo risulta
il tipo di rischio a cui sono esposti i lavoratori portuali essendo sufficiente
un’esposizione all’amianto limitata nel tempo e a concentrazioni estremamente
modeste». La lettera - che dice come già 40 anni fa il pericolo dell’amianto
fosse conosciuto anche per quanto riguarda l’innesco dei mesoteliomi - era stata
scritta sull’onda dell’emozione e delle proteste suscitate dalla difficile
manipolazione di partita di amianto destinata a essere imbarcata su una nave.
«A seguito del recente transito attraverso il nostro scalo di una partita di
amianto in sacchi giunti a Trieste con destinazione oltremare - scrive
l’ingegner Lorenzo Colautti - questo ufficio è stato interessato dai lavoratori
della Compagnia portuale- maneggio merci a terra sulle misure di sicurezza da
adottare stante la ravvisata pericolosità che la manipolazione di questa merce
poteva rappresentare». L’ingegner Colautti nella stessa lettera scrive che a
livello ufficiale in base al decreto del Presidente della Repubblica 1008 del 9
maggio 1968, «l’amianto non è considerato merce pericolosa in quanto non inclusa
nell’elenco di cui al regolamento per l’imbarco, il trasporto per mare, lo
sbarco e il trasbordo delle merci pericolose in colli». Lo stesso dirigente del
porto comprende che non basta proteggersi dietro un decreto e nella lettera
informa l’Associazione degli industriali, l’Unione spedizionieri internazionali,
l’Unione agenti marittimi, l’Associazione armatori, la Camera di Commercio, che
il suo ufficio ha comunque «recentemente interessato gli organi sanitari locali
del problema della movimentazione dell’amianto». In sintesi dalla lettera emerge
una volta in più che già quarant’anni fa era conosciuta la correlazione
strettissima tra l’esposizione all’amianto e l’insorgenza dei mesoteliomi alla
pleura.
Questa consapevolezza viene ulteriormente ribadita nei successivi paragrafi del
documento dell’Ente porto. «Pur di fronte all’adozione di precise misure di
sicurezza rigidamente osservate, i rischi da manipolazione di amianto potrebbero
essere ridotti ma non eliminati totalmente, per cui la soluzione ottimale
suggerita consiste in un imballaggio della merce tale che durante le fasi di
carico, scarico e trasporto, non si possa avere alcuna dispersione delle fibre.
Si suggerisce, ad esempio, la ricopertura con plastica o l’uso di un container.
«In questo modo - scrive il direttore dell’Ufficio del lavoro portuale - non
solo verrebbe garantita la sicurezza dei lavoratori ma si eviterebbe un
inquinamento dell’aria circostante con eventuale esposizione anche per altre
persone. Per quanto sopra si invitando le associazioni destinatarie della nota a
interessare i propri iscritti affinché nell’aquisizione del traffico di amianto
sia tenuto conto della condizione dell’imballaggio per evitare giustificati
timori da parte dei lavoratori portuali con conseguente pregiudizio nella
regolarità operativa del nostro scalo».
CORRADO BARBACINI e CLAUDIO ERNÈ
Roma boccia la legge urbanistica - SI APRE IL
CONTENZIOSO
TRIESTE Il governo Berlusconi impugna la «controriforma»
dell’urbanistica su richiesta del ministero dei Beni culturali. Materia del
contendere è la norma transitoria predisposta dalla Regione a ottobre (con le
integrazioni alla legge 5/2007) e la data entro la quale i Comuni dovrebbero
adeguarsi al piano paesaggistico. Secondo il ministero dovrebbero farlo entro e
non oltre il prossimo primo gennaio, come previsto dal codice dei beni
culturali. Peccato, però, che un piano paesaggistico regionale ancora non esista
e che i Comuni non solo non avrebbero tempo di produrre gli adempimenti
richiesti, ma non hanno nemmeno il piano al quale adeguare i propri strumenti
urbanistici. «È chiaro che la legge della Regione, seppure dotata di speciale
autonomia, non può differire il termine di entrata a regime della nuova
procedura autorizzatoria stabilito dalla legge dello Stato, cui spetta la
potestà legislativa esclusiva nella materia della tutela del paesaggio» afferma,
però, Palazzo Chigi. Ne consegue «che la disposizione in esame, nel rinviare
l’entrata in vigore del nuovo regime autorizzatorio fino a quando i Comuni
adegueranno gli strumenti urbanistici al nuovo piano paesaggistico, opera un
ulteriore differimento del termine perentorio del 1° gennaio 2009 stabilito
dalla norma statale, in tal modo ponendosi in contrasto con essa». Pronta la
replica: «Bene ha fatto la Regione a presentare una norma transitoria – afferma
l’assessore Federica Seganti -. Il termine in questione fa riferimento a un
piano paesaggistico che non c’è e sappiamo che il decreto milleproroghe del
governo sposta il termine del primo gennaio al 30 giugno. Questo non dovrebbe
comportare problemi per i Comuni. Da anni la Regione cerca di realizzarlo, ma la
complessità della normativa e dei passaggi procedurali ostacolano l’operazione».
La precedente amministrazione «aveva dato un incarico di consulenza
all’Università – ricorda Seganti - per sopperire alle mancanze della
Sovrintendenza di Trieste. La cosa migliore sarebbe arrivare a un piano
territoriale regionale che abbia valenza paesaggistica, ma è un’operazione non
facile».
(m.mi.)
Circolo Miani, Fogar si dimette
Maurizio Fogar lascia la presidenza del Circolo Miani.
L’annuncio è stato dato l’altra sera durante il consiglio direttivo del circolo.
Fogar ha comunicato l’intenzione di rassegnare le dimissioni dall’incarico per
«importanti motivi personali che limiteranno la sua disponibilità ad impregnarsi
nell’associazione».
Vista l’irremovibilità della decisione, il consiglio direttivo del circolo ha
accolto le dimissioni, nominando nuovo presidente il consigliere Livio Fogar.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 18 dicembre 2008
L’amianto in trent’anni ha fatto 1800 morti - I
DATI FORNITI DALLA PROCURA GENERALE DI TRIESTE CHE HA PORTATO A TERMINE
L’INCHIESTA
Il pg Deidda: «Per la prima volta il Csm ha organizzato dei corsi. Non basta
il lavoro di magistrato»
TRIESTE Negli ultimi trent’anni tra Trieste e Monfalcone l’amianto ha ucciso
1800 operai e tecnici. Novecento in provincia di Gorizia, altrettanti in quella
di Trieste. Ogni dodici mesi, per ognuno di questi trent’anni, sono morte
sessanta persone perché il mesotelioma pleurico non perdona quasi mai e
costringe alla resa in tempi brevissimi: un anno al massimo. Nel futuro
immediato il numero dei morti per amianto è destinato a salire ancora, almeno
fino al 2015-2018.
Sono questi i dati agghiaccianti e del tutto nuovi emersi ieri nell’incontro
voluto dal procuratore generale di Trieste Beniamino Deidda. A lui va ascritto
il grande merito di aver concluso in meno di sei mesi l’inchiesta sulla morte di
42 operai del cantiere di Monfalcone, uccisi dal mesotelioma pleurico tra il
1965 e il 1985. Per 15 dirigenti e manager dell’Italcantieri è imminente la
richiesta di rinvio a giudizio per omicidio colposo plurimo. A Gorizia
l’indagine aveva segnato il passo, tant è che il procuratore generale l’ha
avocata a se, trasferendola a Trieste.
«Un’altra indagine su altri 21 decessi di operai che hanno avuto contatti
prolungati con l’amianto, si concluderà nei prossimi giorni, probabilmente entro
Natale» ha annunciato ieri il magistrato. Anche in questo caso l’inchiesta
coinvolge il Monfalconese e il territorio della provincia di Gorizia.
Beniamino Deidda ha poi affermato che la Procura generale di Trieste non
avocherà a sè altre indagini su questa strage collegata all’attività dei
cantieri navali e dei porti. «A Gorizia il nuovo procuratore della Repubblica
Caterina Aiello perseguirà con grande energia questi reati. Ne sono certo. Per
questo motivo non ci saranno altre avocazioni a Trieste. L’inadeguatezza degli
organici della Procura di Gorizia non basta comunque a spiegare i grandi ritardi
accumulati dalle inchieste per le morti da amianto. In tutta Italia le
difficoltà frenano i processi in cui si deve discutere di malattie professionali
e delle responsabilità di chi le ha provocate. Spesso questi dibattimenti
nemmeno si fanno per l’enorme difficoltà ad indagare su fatti avvenuti almeno
trent’anni fa. E’ difficile per ogni inquirente rintracciare i testimoni,
trovare compagni di lavoro ormai anziani, reperire la documentazione dei lavori
effettuati da società spesso scomparse dal mercato».
L’inchiesta sul cantiere di Monfalcone, appena conclusa a Trieste, è stata
risolta in sei mesi grazie a un pool di investigatori che il procuratore
generale ha riunito attorno a sè. E’ la prima task force giudiziaria-
scientifica che a livello italiano si occupa di morti da amianto. Per il momento
unicamente del mesotelioma pleurico. Vi fanno parte tre medici del lavoro:
Valentino Patussi, Donatella Calligaro e Anna Muran, tutti con ruoli diversi nel
Servizio di prevenzione dell’Azienda sanitaria di Trieste; l’ingegner Umberto
Laureni, già presidente della Commissione regionale amianto e il luogotenente
dei carabinieri Carmelo Genovese. Tre i consulenti: l’ingegnere fiorentino
Stefano Silvestri, esperto in igiene industriale, il medico del lavoro
dell’Università di Brescia Gino Barbieri ed Enzo Merler, anch’egli medico e
gestore a Padova del registro italiano del mesotelioma pleurico.
«Per indagare sulle morti da amianto non è sufficiente il lavoro di un
magistrato» ha affermato il procuratore generale Beniamino Deidda. «Pochissimi
pm sanno destreggiarsi in questa materia. E’ un’illusione potercela fare da
soli, senza una specifica formazione. A Trieste abbiamo compiuto un salto di
qualità perché il Consiglio superiore della magistratura ha organizzato per la
prima volta corsi di preparazione su questi problemi e giudici e addetti alla
prevenzione si sono seduti gli uni accanto agli altri sugli stessi banchi. E’ la
prima volta che accade...»
Le due inchieste che la Procura generale ha quasi concluso non si sono limitate
a coinvolgere come indagati i rappresentanti legali delle società in cui era
stato usato l’amianto. Sono state individuate anche le eventuali responsabilità
penali dei vari funzionari che avevano un ruolo nella «catena di comando» o
meglio nella scala gerarchica del cantiere. Per questo motivo sono stati
coinvolti i vertici degli degli uffici che avevano acquistato l’amianto, chi ne
aveva ordinato l’uso, chi non aveva fornito agli operai le maschere di
protezione per le polveri in base a quanto stabiliva il Decreto 303 del 1956.
«Non c’è un vuoto normativo in Italia» ha affermato il procuratore generale.
«Esiste da più di mezzo secolo il DPR 303 dove non si parla di mesotelioma
pleurico, ma si indicano con precisione alle aziende come devono essere protetti
i singoli lavoratori dai fumi, dalle polveri e dalle emissioni nocive».
All’articolo 26 si legge infatti che «il datore di lavoro fornisce ai
dipendenti, prima che essi siano adibiti all’attività, informazioni sui rischi
per la salute dovuti all’esposizione alla polvere proveniente dall’amianto e da
materiali contenenti amianto, le norme igieniche da osservare; le modalità di
pulitura e di uso degli indumenti protettivi e dei mezzi individuali di
protezione, le misure di precauzione da prendere per ridurre al minimo
l’esposizione».
Viene da chiedersi se queste informazioni sono state sempre fornite dalle
aziende agli operai e ai tecnici che lavoravano con l’amianto. La risposta viene
dalle cifre della strage: 1800 morti in trent’anni tra Trieste e Monfalcone.
Tutti uccisi dal mesotelioma pleurico.
CLAUDIO ERNÈ
AMIANTO - In porto a Trieste una montagna di asbesto
- TRA IL 1960 E IL 1992 REGISTRATO L’ARRIVO DI 800MILA TONNELLATE
TRIESTE Nel porto di Trieste tra il 1960 e il 1992 sono
state movimentate tra le 550mila e le 800mila tonnellate di amianto (conosciuto
anche con il nome di asbesto, da cui la malattia asbestosi). Il primo dato è
dell’Ente Porto e si riferisce solo agli arrivi e alle partenze. Il secondo è
stato diffuso dalla Compagnia portuale e prende in considerazione anche i
trasbordi tra nave e nave, tra magazzino e magazzino e tra carri ferroviari. Il
minerale era inserito il più delle volte in sacchi di tela che nel passaggio
dalla stiva della nave alla banchina, perdevano parte del loro contenuto. La
manipolazione dei sacchi per talune operazioni avveniva a mano e i portuali, a
sbarco finito, dovevano pulire la stiva dove a volte l’amianto, disperso durante
il trasporto via mare, arrivava all’altezza della cintura.
Lo sostengono in un documento inviato al «Piccolo» Paolo Hikel e Roberto Fonda
dell’European Asbestos Risks Association- EARA, una onlus costituitasi un anno
fa tanto a Trieste, quanto a Gorizia per assistere chi si è ammalato e per
sollecitare risarcimenti per i danni patiti e prevenire nuovi disastri.
«Il porto di Trieste in quegli anni è stato la capitale italiana dell’amianto
anche perché alle 800 mila tonnellate sbarcate tra il 1960 e il 1992, va
aggiunto la massa dei tubi e degli ondulati in eternit esportati dall’Austria.
L’amianto in polvere finito sulle banchine, sui tetti degli hangar, sulle gru e
sui mezzi di movimentazione interna, nonché sulle strade del porto, oltre a
rappresentare un pericolo per i lavoratori, ha costituito una causa di
esposizione e di rischio per gli abitanti della aree della città non distanti
dalle banchine. Nel sono testimonianza- scrivono Paolo Hikel e Roberto Fonda- le
morti per mesotelioma pleurico di due giovani donne che abitavano in via Locchi
e non avevano nessun contatto diretto con l’asbesto. Per questo oggi chiediamo
che l’intera area portuale sia bonificata perché non si perpetui la strage degli
innocenti».
Dal rigassificatore alla Ferriera, un anno di battaglie
per l’ambiente - L’ASSEMBLEA DEL WWF
Il rigassificatore di Gas Natural, la Ferriera di Servola,
la Tav. Ma anche i tanti piani e progetti, grandi e piccoli, che «rischiano di
devastare ulteriormente il paesaggio e l’ambiente naturale della provincia di
Trieste», a partire da quelli che autorizzano nuove edificazioni sulla fascia
costiera da Duino fino a Muggia.
Sono i temi che verranno affrontati lunedì prossimo alle 18 nel corso dell’
assemblea annuale della sezione provinciale del Wwf un’assemblea dedicata alle
grandi opere, quindi, ma anche ad interventi di natura urbanistica e ai temi
dell’inquinamenti. Le attività dell’associazione ambientalista in questi settori
saranno illustrate e commentate nella relazione del responsabile della sezione,
Carlo Dellabella. Al suo intervento seguirà poi la discussione con i soci sui
risultati raggiunti, le sfide ancora in atto, le prospettive ed i programmi per
il futuro.
Per il Wwf, infatti, il quadro complessivo è tutt’altro che buono «perché ad una
crescente consapevolezza della gravità della situazione ambientale da parte
dell’opinione pubblica, non corrisponde un’analoga presa di coscienza ed
assunzione di conseguenti azioni da parte dei responsabili istituzionali e delle
categorie economiche.Si assiste anzi a preoccupanti sintomi regressivi -
osservano gli ambientalisti -, come testimonia il conflitto tra ambiente e
lavoro, tirato in ballo nel caso della Ferriera ma non solo, dove è sempre il
primo ad essere sacrificato».
Cinque nuove ville in via Picard: protesta degli
ambientalisti - CRITICHE DA WWF E ITALIA NOSTRA
DUINO AURISINA Cinque nuove ville a ridosso del
bagnasciuga in via Picard (a pochi passi dall'edificio storico dei Filtri di
Aurisina). Le prevede il piano particolareggiato presentato da alcuni privati e
adottato dal Consiglio comunale di Trieste il 9 ottobre scorso, con 17 voti
favorevoli, 8 contrari e 11 astenuti.
Il piano è stato poi esposto al pubblico per le osservazioni: Wwf e Italia
Nostra le hanno presentate, concludendo con un giudizio estremamente negativo.
Si tratta infatti di edifici per una volumetria complessiva di 1.507 metri cubi,
il cui aspetto - stando agli elaborati depositati - sarebbe assai scadente sotto
il profilo architettonico. Il sito è attualmente occupato da un vigneto, che si
sviluppa su alcuni pastini per una superficie complessiva di circa 3.000 metri
quadrati. Il progetto prevede inoltre la trasformazione di un sentiero pedonale,
che oggi congiunge la via Picard con la spiaggia sottostante, in una strada
privata al servizio delle nuove ville. «E' evidente - commentano Wwf e Italia
Nostra - che ciò equivarrebbe a privatizzare di fatto uno dei pochi accessi alla
spiaggia, la quale pure in base alla legge dovrebbe essere di uso pubblico e
agibile a tutti».
Anche l'impatto del nuovo complesso sulla viabilità appare negativo. La via
Picard è strettissima e priva di marciapiedi, in forte pendenza e in estate
diventa uno stretto budello lungo il quale si accalcano auto e motorini, in
sosta quanto meno precaria. Il carico aggiuntivo legato al nuovo insediamento
abitativo non potrà che peggiorare la situazione, specie se si considera che
anche l'esercizio pubblico adiacente i Filtri è stato di recente ampliato.
«Sorprende quindi - aggiungono Wwf e Italia Nostra - il parere favorevole del
Servizio comunale Mobilità e Traffico».
A parte ciò, gli ambientalisti stigmatizzano soprattutto la saturazione
cementizia - con il conseguente degrado paesaggistico pressoché definitivo -
dell'area adiacente l'edificio storico del Filtri. L'intera fascia costiera
triestina è infatti soggetta da molti decenni a vincolo paesaggistico, ma ciò
non ha impedito che i piani regolatori comunali continuassero a prevedervi più o
meno massicci interventi edificatori.
«Non stupisce più di tanto - aggiungono WWF e Italia Nostra - che un simile
intervento possa aver ottenuto il parere favorevole della Commissione edilizia
integrata comunale, preposta (almeno in teoria) alla tutela del paesaggio. Basta
ricordare che la maggioranza di tale Commissione è composta dai rappresentanti
di categorie professionali - architetti, ingegneri, geometri, ecc. - legate
strettamente al mondo dell'edilizia e della speculazione immobiliare».
Due nuove centraline a Servola controlleranno
l’inquinamento - DECISO DALLA REGIONE
Due nuove centraline per la rilevazione degli inquinanti a
Servola. Le ha annunciate l’assessore regionale Vanni Lenna per febbraio e
gennaio 2009 parlandone nel corso di un'audizione con l'ufficio di presidenza
della quarta commissione. Lo scopo: avere dati completi per formulare il
piano-stralcio della qualità dell’aria attorno alla Ferriera.
L'assessore ha inoltre comunicato che la Lucchini ha fatto ricorso al Tar contro
il procedimento di riesame dell'Autorizzazione integrata ambientale deciso dalla
Regione.
Nel corso dell’audizione il consigliere Sergio Lupieri (Pd), vicepresidente
della terza commissione, ha invitato l’assessore a promuovere una forte sinergia
tra Arpa e Dipartimento di prevenzione dell’Azienda sanitaria e a un confronto
sulla Ferriera assieme all’assessore alla Salute, Kosic.
Il consigliere ha poi invitato la giunta a far sì che le centraline di
rilevamento parlino la stessa lingua e che il piano-stralcio dell’aria per
Servola venga consegnato quanto prima, che gli esami di sangue e urine su
lavoratori volontari e abitanti di Servola vengano eseguiti con regolarità, e
che siano intensificati i controlli sui lavori che la Lucchini sta eseguendo per
rientrare nell’Aia: «Si proceda con diffide alla Procura se ci sono ritardi».
Tondo: terza corsia, al via 500 espropri E lunedì l’ok
ai lavori sulla Gorizia-Villesse
TRIESTE Terza corsia, partono gli espropri.
Villesse-Gorizia, si apre la gara. «Avanti tutta» sul fronte delle grandi opere
che il Friuli Venezia Giulia attende da troppo tempo: lo annuncia Renzo Tondo,
nel pomeriggio di ieri, intervenendo nell’aula consiliare impegnata nella
maratona finanziaria. «Ho firmato l’avvio della procedura espropriativa per il
primo lotto Quarto d’Altino-San Donà di Piave della terza corsia» dichiara il
presidente della Regione. E subito dopo rilancia: «Lunedì approverò il progetto
definitivo della Villesse-Gorizia e pubblicherò il bando di gara».
LA SVOLTA Sono due passaggi chiave. E Tondo, dopo aver accettato di vestire i
panni scomodi (e gratuiti) di commissario straordinario per l’emergenza A4, lo
sottolinea: «Sul tema delle infrastrutture il centrodestra ha dato la svolta».
Del resto, carte alla mano, sono passati poco più di tre mesi da quando, il 4
settembre, il premier Silvio Berlusconi ha firmato l’ordinanza per l’emergenza
A4, finalizzata ad accorciare i tempi di realizzazione della terza corsia: «Da
allora, rispettando perfettamente la tabella di marcia che ci siamo dati,
abbiamo fatto enormi passi avanti» rivendica l’assessore regionale ai Trasporti
e vicecommissario «operativo», Riccardo Riccardi. Non serve nemmeno che ricordi,
lui che da direttore generale di Autovie venete ha seguito minuto per minuto il
«calvario» della terza corsia, che quegli «enormi passi avanti» avrebbero
richiesto tempi biblici, se non ci fosse stato un commissario dotato di poteri
straordinari, come quello di approvare i progetti definitivi e gestire gli
espropri, bypassando ministeri e autonomie locali, in deroga a leggi, decreti e
cavilli burocratici.
GLI ESPROPRI L’avvio della procedura espropriativa segna il «decollo» della
terza corsia. O, almeno, del suo primo lotto che include anche il nuovo casello
di Meolo: l’allargamento della Quarto d’Altino-San Donà di Piave vale un
investimento complessivo di 450 milioni di euro e tre anni di lavori. Mese più
mese meno. Ma quanti sono gli espropri previsti? E quanto costano? «Le proprietà
interessate sono all’incirca 500 e la spesa preventivata ammonta a 42 milioni di
euro» afferma Riccardi. Aggiunge Tondo: «I decreti e i nominativi interessati
saranno pubblicati domenica su tre quotidiani».
LA CONFERENZA I passi successivi? Il commissario straordinario, una volta
avviati gli espropri, può convocare la conferenza dei servizi chiamata ad
esprimersi entro 30 giorni sulla bozza di progetto definitivo del primo lotto:
«Tondo la convocherà già lunedì. La data più probabile? Il 9 gennaio» anticipa
Riccardi. Poi, in una corsa contro il tempo, dovranno seguire il recepimento
delle eventuali osservazioni, il parere del comitato tecnico-scientifico, infine
l’approvazione del progetto definitivo e la pubblicazione del conseguente bando
di gara. «Contiamo di arrivarci entro marzo» spiega l’assessore ai Trasporti.
LA VILLESSE-GORIZIA Ci è già arrivata, nel frattempo, la Villesse-Gorizia:
lunedì, infatti, ci sarà l’approvazione del progetto definitivo di un’opera che
vale all’incirca 180 milioni di euro. E sempre lunedì seguirà la pubblicazione
del bando di gara che prevede un appalto integrato: chi vince, realizza sia il
progetto esecutivo, sia i lavori che dovrebbero durare tre anni. «Da lunedì,
dunque, si inizia a correre» conclude Riccardi.
ROBERTA GIANI
Pronto il Passante di Mestre domani il primo collaudo
- A febbraio l’inaugurazione ufficiale dei 32 chilometri che cancellano
«l’imbuto»
TRIESTE Quattro anni di lavori – negli ultimi mesi 24 ore
su 24 -, 986 milioni di euro per realizzare 32 chilometri: pochi se paragonati
alla rete autostradale italiana, ma vitali per il sistema economico produttivo
del Noredest. Sono i numeri del passante di Mestre, opera che domani sarà
dichiarata conclusa – salvo collaudi e ultimi dettagli tecnici - durante una
prima cerimonia di inaugurazione. Padrone di casa il presidente del Veneto
Giancarlo Galan, insieme all’assessore Renato Chisso e al commissario Silvano
Vernizzi. Quella ufficiale, che sancirà la piena funzionalità del passante, è in
programma il 3 febbraio alla presenza di Silvio Berlusconi. La bretella –
secondo i primi calcoli – assorbirà il 50 per cento del traffico che oggi
confluisce sulla “famigerata” tangenziale, rappresentando un’alternativa
importante per il traffico pesante e più in generale per i flussi economici su
strada.
Nello stesso tempo, però, la sua entrata in funzione rappresenta una spinta in
più alla realizzazione della terza corsia della A4 perché sposta quello che a
più voci viene definito “un imbuto”, verso il Friuli Venezia Giulia. L’aumento
del traffico pesante lungo la Trieste Venezia è stato del 60 per cento negli
ultimi dieci anni tanto che i Tir oggi rappresentano il 30 per cento dei flussi
di traffico dell’arteria. Le grane della viabilità nordestina, però, non si
misurano solo in centimetri d’asfalto.
L’apertura del passante, nel 2009, segnerà anche l’entrata in vigore di Cav, la
società formata da Regione Veneto e Anas, che gestirà gli introiti della nuova
arteria. A non digerire questa soluzione è stata prima di tutto la Venezia
Padova che, attraverso il presidente Casarin, reclama la gestione almeno fino
alla fine della concessione (fissata il 30 novembre 2009) o un indennizzo, da
parte di Anas, di 10 milioni di euro. Anche Autovie Venete sarà esclusa dai
ricavi del passante.
(m.mi)
LA REPUBBLICA - MERCOLEDI', 17 dicembre 2008
CLIMA - Via libera dall'Europarlamento al pacchetto su
CO2 e rinnovabili
Approvata a larghissima maggioranza a Strasburgo la direttiva 20-20-20: 610 sì, 60 no e 29 astensioni. Manca solo la ratifica formale del Consiglio europeo
STRASBURGO - Il Parlamento Europeo ha approvato il
pacchetto clima-energia dell'Unione Europea su cui è stato raggiunto l'accordo
dei Ventisette al summit della scorsa settimana. I sì sono stati 610, 60 i no e
29 le astensioni. Ora, affinché le direttive contenute nel cosiddetto 20-20-20
diventino operative, manca solo la ratifica formale del Consiglio europeo.
Passaggio che avverrà sicuramente entro la fine dell'anno, così da associare
definitivamente l'importante provvedimento alla presidenza di turno francese, in
scadenza il 31 dicembre. L'approvazione da parte dell'Europarlamento non era del
tutto scontata, soprattutto con una maggioranza così netta. Rispetto ai singoli
Stati e al Consiglio europeo, l'assemblea era schierata infatti su posizioni
decisamente più avanzate in tema ambientale e l'annacquato compromesso raggiunto
la settimana scorsa poteva non essere ritenuto sufficiente nella lotta ai
cambiamenti climatici.
Non a caso una coalizione di associazioni ambientaliste europee, tra le quali
Wwf e Greenpeace, la scorsa settimana avevano rivolto un appello al Parlamento
europeo affinché bocciasse la direttiva in quanto eccessivamente timida e
inadeguata alla gravità del riscaldamento globale. Più pragmatica invece
Legambiente, che anche oggi torna a salutare il voto di Strasburgo con un
commento in chiaroscuro. "La strada imboccata dall'Europa - afferma
l'associazione - è quella giusta anche se si poteva fare di più. L'accordo
raggiunto sul pacchetto 20-20-20 fa ben sperare per la riuscita di un impegno
globale a Copenaghen ma gli obiettivi sono ancora lontani e bisogna andare oltre
le buone intenzioni. A cominciare dall'Italia che si deve decidere a diminuire
le emissioni".
Il piano, come è noto, mira, attraverso misure vincolanti per gli Stati membri e
le loro industrie, a ridurre nel 2020 le emissioni di gas serra dell'Unione
Europea del 20% rispetto al 1990. Prevede anche di portare al 20% il ricorso
alle energie rinnovabili nei consumi dell'Ue e di aumentare del 20% l'efficienza
energetica. Obiettivi che l'accordo finale raggiunto dal Vertice Ue e ratificato
oggi dall'Europarlamento conferma, ma con l'introduzione di forti concessioni
alle rivendicazioni di singoli Stati (Germania, Polonia e Italia soprattutto) e
di diverse lobby industriali (auto, acciaio, cemento, elettricità) nelle
modalità su cui raggiungerli. Concessioni che secondo i critici del compromesso
sono tali da mettere a repentaglio il raggiungimento stesso degli obiettivi
fissati.
Mobilità sostenibile, vince Parma, ma lo smog è fuori
controllo - Presentato il rapporto Euromobility e Kyoto Club.
Polveri sottili fuorilegge in 44 città su 50
ROMA - E' Parma la città italiana dove ci si sposta in
maniera più eco-sostenibile. Lo certifica la seconda edizione della ricerca
"Mobilità sostenibile in Italia: indagine sulle principali 50 città", elaborata
da Euromobility e Kyoto Club in collaborazione con Assogasliquidi e Consorzio
Ecogas e con il patrocinio del ministero dell'Ambiente.
Lo studio tiene conto soprattutto della qualità dell'offerta di alternative
all'utilizzo individuale dell'auto privata, quindi della diffusione del car e
bike sharing, dei taxi collettivi, delle piattaforme logistiche per i mezzi, dei
mobility manager, della quantità e qualità delle piste ciclabili e delle corsie
preferenziali. Elementi che vengono poi incrociati con i dati sullo stato di
salute dell'aria.
A seguire Parma ci sono Bologna, Firenze e Venezia. Poi Padova e Torino. Al
settimo posto arriva Bari, unica città del sud nelle top ten, seguita da Modena,
Verrara e Genova. Fra le prime dieci, ben quattro città sono emiliane. Le più
insostenibili sono Taranto, L'Aquila e Campobasso.
A elevare Parma al di sopra degli altri comuni è la qualità del trasporto
pubblico, la gestione della mobilità e la diffusione delle auto a basso impatto.
Dalla ricerca emerge anche un forte allarme per lo sforamento dei livelli di
polveri sottili presenti nell'aria. Ben 44 città su 50 sono fuorilegge, se ne
salvano solo sei: Potenza, Ravenna, Reggio Calabria, Catanzaro, Bolzano e
Campobasso, dove lo sforamento dei limiti non è andato oltre i 35 giorni
previsti dalla normativa europea. La città che sta peggio è Siracusa, con 282
giorni all'anno di sforamento.
Il primato delle auto inquinanti (Euro 0) va a Napoli con circa il 33%. Per le
Euro 4, Aosta, Roma, Prato e Trento mostrano le percentuali più alte. Il tasso
di motorizzazione resta in Italia il più alto d'Europa (61,1 auto per 100
abitanti contro la media europea di 46). Le città con più auto sono Latina con
il 72,9%, Potenza con poco più del 70% e Roma con poco meno di 70 auto ogni 100
abitanti.
Il rapporto di Kyoto Club ed Euromobility getta anche uno sguardo impietoso
sulla diffusione del bike sharing, di cui molto si è parlato nei mesi scorsi.
Solo 18 città lo hanno messo in campo (lo scorso anno erano 15) e il maggior
numero di bici è presente a Roma e Brescia (200), ma troppo spesso si tratta di
operazioni di pura immagine. Il servizio viene infatti utilizzato molto poco, in
media 3 prelievi al giorno per meno di 30 minuti a bici nei centri urbani
considerati dal rapporto e 2.300 bici in tutto contro 4.300 mezzi bike sharing e
138.000 utenti di Barcellona e le 21.000 bici di Parigi.
Segnali positivi arrivano invece dal car sharing. Le città che hanno avviato
servizi di vetture condivise sono a oggi 12, una formula che secondo lo studio
sembra attrarre sempre di più i cittadini tanto che il 2008 ha registrato il 18%
in più di utenti rispetto all'anno precedente e 70 auto in più sulla strada
(+16,4%).
Per quanto riguarda il trasporto pubblico, l'offerta migliore la forniscono
Milano, Aosta, Bologna, Genova e Parma; la peggiore Siracusa, Latina e Roma.
Milano è in testa per i chilometri di corsie preferenziali (circa 17), molto
scarse a Piacenza, Perugia e Sassari. Per le zone a traffico limitato le più
estese rispetto al territorio comunale sono a Brescia, Firenze e Aosta, mentre
sono assenti a Catanzaro e Prato.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 17 dicembre 2008
Razzi navali scaduti: nuova ditta di raccolta -
Progetto pilota, a livello nazionale, per lo smaltimento
Trieste sarà una città pilota, a livello nazionale, per
quanto concerne lo smaltimenti degli artifici di segnalazione scaduti. Si tratta
di quei razzi che, per legge, devono essere conservati a bordo di qualsiasi
imbarcazione. Solitamente la loro durata è di quattro anni; arrivati a scadenza
è d’obbligo acquistarne di nuovi. Altrettanto importante eliminare quelli
scaduti, che non possono essere smaltiti in maniera ordinaria.
Per ovviare a questo problema, Prefettura, Questura, Capitaneria di Porto e i
rappresentanti delle società nautiche più rappresentative del golfo di Trieste
hanno sottoscritto il primo protocollo d’intesa sulla materia. In questo modo,
Trieste passa all’avanguardia in questo campo, essendo pochissime le città che
hanno assunto questo tipo di iniziative. L’azienda incaricata, in base
all’accordo che entra subito in vigore, è la R.S. impianti, di strada Monte
d’oro 12/1. «Prenderemo in carico tutti gli artifici di segnalazione scaduti che
i diportisti triestini vorranno recapitare nella nostra sede – spiega il
titolare della R.S. impianti, Giuliano Santin – per renderli inerti. Poi li
porteremo fuori Trieste, per l’operazione di incenerimento dei razzi. Saremo
perciò il primo centro di raccolta autorizzato dalle istituzioni a Trieste».
L’area di competenza dell’impresa incaricata comprende l’intero litorale della
provincia di Trieste e si estende fino a Lignano. «Sul piano pratico – riprende
Santin – si tratterà di una sorta di rottamazione, perché per i diportisti che
lo vorranno, potremo sostituire i razzi scaduti con artifici di segnalazione
nuovi». Un’operazione preliminare allo smaltimento dei razzi, era stata
organizzata, a luglio, dalla Capitaneria di Porto, che si era proposta come sede
di raccolta degli artifici, suscitando notevole interesse nella vasta schiera
dei diportisti della città. Con l’accordo sottoscritto in questi giorni, è
entrata nel meccanismo la R.S. Impianti, azienda privata specializzata in questo
tipo di operazioni.
(u.s.)
FERROVIE - Nominati i commissari della Trieste-Divaccia
- Sono Mario Vivaldi e Daniele Maltese Ora tocca a Lubiana
TRIESTE Nuovo passo avanti per la costruzione della tratta ferroviaria ad alta
velocità/alta capacità Ronchi-Trieste-Divaccia. Il ministero dei Trasporti ha
reso noto i nomi dei due commissari che rappresenteranno il dicastero alla
Commissione intergovernativa (Cig) per la realizzazione della tratta, manca ora
solo di conoscere il nome degli sloveni (sarebbero stati già nominati) e a
questo punto la data della riunione a gennaio. Molto probabilmente si terrà a
Roma.
I due tecnici sono due ingegneri, Mario Vivaldi e Daniele Maltese. La nomina è
contenuta nel decreto del presidente del Consiglio dei ministri del 17 novembre
che è stato pubblicato sulla gazzetta ufficiale in questi giorni. Vivaldi sarà
presidente della delegazione italiana della Commissione, Maltese ne sarà un
componente. Si tratta di un passo importante che segue il protocollo d’intenti
che era stato sottoscritto proprio a Trieste il 28 febbraio 2006 tra i ministri
dei trasporti italiano e sloveno per le realizzazione di questa tratta che fa
parte del Corridoio V. La commissione, secondo quanto prevede il protocollo
d’intenti, deve essere composta da rappresentanti dei ministeri dei Trasporti,
delle Finanze, dell’Ambiente e dell’interno dei due Paesi, delle Regioni e dei
Comuni interessati. Per quanto riguarda il Friuli Venezia Giulia sono
l'assessore regionale ai Trasporti, Riccardo Riccardi, e il responsabile della
Direzione centrale mobilità, energia e infrastrutture di trasporto Dario Danese,
i rappresentanti dell'amministrazione regionale nella Commissione
intergovernativa
Proprio all’inizio di dicembre a Verona è stato fatto il passo decisivo per la
Trieste Divaccia e il Commissario europeo ai Trasporti (e vicepresidente della
Commissione europea) Antonio Tajani, ha firmato gli accordi con Italia e
Slovenia (c’erano il ministro Altero Matteoli e il sottosegretario sloveno Igor
Jakomin) per destinare i soldi della Ue alla progettazione dell’intera tratta,
circa 70 milioni ai quali ne saranno aggiunti altri 70 e più da parte italiana e
slovena. In totale 150 milioni circa che serviranno per questo studio che è
completo e contiene sia lo studio di fattibilità che quello progettuale ed
esecutivo. I cantieri potrebbero aprirsi dopo un appalto tra 2011 e 2012.
(g.g.)
La Regione Istria bacchetta la Rockwool - Mozione
unanime dei partiti: «O si mette in regola oppure chiude»
PISINO L'assemblea regionale istriana ha lanciato un ultimatum alla fabbrica di
lana di roccia della Rockwool a Sottopedena in Istria: «O rispetti gli standard
ecologici oppure chiuda i battenti per sempre». Il delicato argomento è stato
incluso l' altra sera nell'agenda dei lavori assembleari dopo reiterate
richieste dell'opposizione politica e degli ambientalisti, causa gli effetti
dell'inquinamento giudicati devastanti per l'ambiente e per la popolazione
locale. Dopo tre ore di dibattito è stato richiesto il monitoraggio aggiuntivo
da parte di esperti sia croati che stranieri onde ottenere una volta per tutte
risultati inconfutabili, al di sopra di ogni interpretazione soggettiva. Deciso
inoltre di richiedere ai competenti ministeri la documentazione relativa
all'apertura della fabbrica nella vallata di Sottopedena visto il sospetto di
violazioni procedurali. I verdi sostengono che lo studio d' impatto ambientale
sia stato opportunamente accomodato. Il presidente della Regione Ivan Nino
Jakovcic ha dichiarato che «la fabbrica per continuare ad operare deve mettersi
in regola altrimenti dovrà venir smantellata». Con questa presa di posizione si
è chiaramente schierato dalla parte della popolazione del posto, dopo le feroci
accuse secondo le quali avrebbe portato lui la Rockwool in Istria, cedendo alla
spinta del capitale straniero e del profitto. Non è passata invece la mozione
dell'associazione ecologista locale «Terra nostra» con la quale si chiedeva
l'approvazione della conclusione assemblea sull'immediata chiusura della
fabbrica. Alla riunione c'era anche Marco Boi, direttore tecnico della Rockwool.
«La fabbrica rispetta le norme ecologiche croate - ha ribadito - e tutti i 13
sopralluoghi degli ispettori effettuati finora dimostrano che non c'è
inquinamento». Durata tutta la durata della seduta, nello spiazzo dinanzi al
palazzo, si è tenuto l'ennesimo comizio di protesta dei cittadini contro la
Rockwool,con la richiesta di immediata chiusura.
(p.r.)
ALTA VELOCITA’ E LUMACHE - In treno fino a
Gorizia: 45 minuti di ritardo
Ho visto sul Piccolo gli articoli a proposito della
partenza della nuova linea ferroviaria ad alta velocità con tutte le comodità
per i signori passeggeri che si possono permettere il lusso e la velocità.
Ho anche seguito al telegiornale le dichiarazioni dell’ad delle ferrovie Mauro
Moretti a proposito della prossima inaugurazione della linea ad alta velocità
Milano-Bologna: ha dichiarato che le Ferrovie sono pronte a partire con
collegamenti veloci ogni 15 minuti e a fare concorrenza all’aereo. Peccato che
normalmente milioni di passeggeri pretendano di viaggiare sulle piccole distanze
per arrivare al lavoro, magari lasciando l’automobile a casa.
Peccato che l’altro giorno per un viaggio da Trieste a Gorizia il treno abbia
accumulato 45 minuti di ritardo all’andata e 25 al ritorno.
Peccato che il giorno dopo, avendo perso il treno da Trieste per Gorizia delle
14.19, abbia dovuto aspettare fino alle 16 per tornare a casa (pregando che il
treno non avesse un qualche ritardo) perché non ci sono altri treni prima di
quest’ora. Non tutti si possono permettere di arrivare sempre in ritardo al
lavoro o agli appuntamenti e passare buona parte della propria giornata nelle
stazioni ferroviarie.
Sarebbe meglio se l’amministratore delegato ci dicesse che quello che s’intende
e sì fare concorrenza all’aereo, mentre per quel che riguarda i treni per tutti
si va verso la chiusura, visto che i soldi per i nostri treni sono stati
dirottati per queste linee veloci. Ed i treni per i signori li paghiamo sempre
noi.
Georgina Ortiz
IL PICCOLO - MARTEDI', 16 dicembre 2008
«Gas Natural, Roma ha spinto per il sì» -
Ambientalisti: l’ok della Soprintendenza condizionato dal ministero
«A seguito della richiesta della Direzione Generale in
indirizzo tesa a voler ottenere un parere positivo sul proposto rigassificatore
a Zaule, questa Soprintendenza ha svolto un supplemento di istruttoria. Si
fornisce parere favorevole».
Sono alcune delle frasi «incriminate», secondo le associazioni ambientaliste
triestine, contenute nella relazione del soprintendente ai beni architettonici e
paesaggistici Guglielmo Monti in merito all’impianto per il trattamento di Gnl
che la multinazionale Gas Natural intende costruire a Trieste, nell’area ex
Esso.
Gli ambientalisti (Wwf, Legambiente, Italia Nostra, Greenaction Transnational,
Comitato Sos Muggia e Comitato salvaguardia del Golfo di Trieste) ieri si sono
riuniti nella sede del Wwf e hanno sferrato un ulteriore attacco al progetto del
rigassificatore di Zaule, ancora in attesa dell’eventuale doppio parere positivo
dei ministri dell’Ambiente e dei Beni culturali. I responsabili delle
associazioni, da tempo in lotta contro il progetto del colosso iberico
dell’energia, hanno sventolato la relazione elaborata pochi giorni fa
dall’architetto Monti evidenziandone alcuni punti.
«Basta leggerla per capire che il soprintendente ha subito delle pressioni da
Roma prima di esprimersi favorevolmente - ha spiegato Dario Predonzan,
presidente del Wwf per il Friuli Venezia Giulia -. Lui lo dice a chiare lettere
(Predonzan si riferisce alle frasi di inizio articolo, ndr.). Questo ci sembra
molto grave. La Soprintendenza, compresi i predecessori di Monti, si era infatti
già espressa sul rigassificatore di Zaule quattro volte, tra il 2005 e il 2008:
erano sempre state bocciature, legate a motivi di ordine paesaggistico».
Su cosa si basa il parere dell’ufficio di piazza della Libertà? «Sul fatto che
non è lecito aggiungere degrado al degrado - afferma ancora Predonzan -.
L’impatto visivo del terminale, con i due enormi serbatoi previsti, ciascuno
alto 50 metri e largo 81, è uno dei motivi principali. Ne seguono poi molti
altri». Quali? Li si legge nella stessa relazione dell’architetto Monti,
ribaditi dagli ambientalisti: «Ad esempio il fatto che non è stato consentito,
come previsto per legge, alle popolazioni interessate dalla costruzione del
rigassificatore di partecipare al processo decisionale per esprimere il proprio
parere su scelte che comportano notevoli ricadute sull’ambiente e sulla
sicurezza del territorio. E poi - hanno sottolineato gli ambientalisti - non è
stato considerato il parere della popolazione slovena insediata nell’area
confinante. Il sovrintendente ha evidenziato tutto questo - hanno aggiunto i
presenti all’incontro di ieri - e ha messo nero su bianco che il
rigassificatore, secondo i piani di Gas Natural, dovrebbe sorgere in un’area che
fa parte di un’ampia insenatura ricca di storia e reperti archeologici».
«Nonostante tutto questo - ha concluso Dario Predonzan - l’architetto Monti ha
dato parere favorevole, ma evidentemente perché ”spinto” da Roma. Un ok
vincolato, però, ad alcune prescrizioni: i due serbatoi dovranno infatti essere
spostati e le loro dimensioni ridotte». Secondo gli ambientalisti queste
prescrizioni renderebbero «necessaria una nuova procedura di Via».
(e.c.)
Amianto, boom di tumori nella Venezia Giulia - La
mortalità 300 volte più alta della media Incubazione lunga: da 40 fino a 60 anni
Il professor Canessa: «Il peggio deve ancora arrivare». Il picco di mortalità
in regione previsto dopo il 2010
L’Istituto superiore di Sanità ha preso in considerazione il periodo ’88-’94
A Gorizia chiesti 2 anni di carcere per due ex dirigenti del cantiere navale di
Monfalcone
TRIESTE Monfalcone, Trieste, Muggia, Duino-Aurisina, Ronchi dei legionari,
Gorizia.
Sono questi i Comuni del Friuli Venezia Giulia in cui la mortalità per tumore
alla pleura da quindici anni è costantemente di gran lunga superiore alla media
nazionale. Fino a 300 volte in più. Negli stessi Comuni la presenza di amianto è
documentata in modo incontrovertibile ed è collegata alle attività dei cantieri
navali e del porto.
Lo si legge a chiare lettere nel rapporto dell’Istituto superiore di Sanità che
ha preso in considerazione l’esposizione all’amianto e la mortalità per tumore
maligno in Italia tra il 1988 e il 1994.
Anni lontani, direte voi. Ma dal 1994 a oggi la situazione è ulteriormente
peggiorata. I morti si sono affiancati ai morti. I tempi di incubazione delle
patologie correlate all’amianto, sono infatti lunghissimi e possono raggiungere
e talvolta superare i 40-60 anni di attesa dal momento dell’esposizione alla
fibre dell’asbesto. Il picco di decessi in regione è atteso tra il 2010 e il
2020. Basta dire che negli ultimo vent'anni i casi segnalati di insorgenza
tumorale a Monfalcone sono stati 240 e circa 600 nella fascia costiera compresa
tra la città dei cantieri e l’area triestina.
«Il peggio deve ancora venire» ha affermato più volte il professor Pier Aldo
Canessa, direttore dell’Unità operativa di pneumologia di Sarzana, in provincia
di La Spezia. La Spezia è una città affacciata sul mare, esattamente come lo
sono Trieste e Monfalcone: in tutte queste località migliaia e migliaia di
operai hanno lavorato e lavorano nei cantieri navali e negli hangar del porto
dove l’amianto è stato usato a piene mani. Per definire le responsabilità di
queste morti, fino ad oggi pochi processi sono stati celebrati: alcuni sono in
corso di definizione a Gorizia ma molti attendono ancora di essere messi a
ruolo. Per altre morti le inchieste sono appena state aperte.
Ieri a Gorizia il pm Annunziata Puglia ha chiesto due anni di carcere per l’ex
direttore del Cantiere di Monfalcone Manlio Lippi e per il presidente del
Consiglio di amministrazione dell’allora Italcantieri Giorgio Tupini. Sono
entrambi accusati dell’omicidio colposo dell’operaio tubista Antonio Valent,
ucciso nel 1998 da un carcinoma polmonare. Il processo andrà a sentenza il 16
febbraio prossimo. Bisogna far presto perché le prescrizioni incombono. La
sentenza sarà pronunciata alla prima udienza disponibile» ha affermato ieri al
momento del rinvio il giudice Emanuela Bigattin che dirige il dibattimento.
I nomi di Manlio Lippi e Giorgio Tupini compaiono anche nell’inchiesta appena
conclusa dal procuratore generale di Trieste Beniamino Deidda. Con essi sono
indagati per omicidio colposo anche Vittorio Fanfani, fratello di Amintore, ex
presidente del Senato; Enrico Bocchini, già presidente di Italcantieri; Aldo la
Gioia, Antonio Zappi, Giancarlo Testa, al vertice del cantiere di Monfalcone,
nonché Saverio Di Macco, Cesare Casini, Giuseppe Bette, Italo Massenti, Glauco
Noulan, Roberto Picci, Peppino Maffioli, tutti funzionari dell’Ufficio acquisti
e dei contratti d’appalto per la fornitura dell’amianto.
A Trieste intanto il pm Giuseppe Lombardi sta indagando dalla scorsa primavera
sulle responsabilità penali per la morte di almeno 50 operai uccisi dal
mesotelioma pleurico o dal tumore al polmone. L’ipotesi di reato è l’omicidio
colposo e nell’inchiesta sono coinvolte, con i rispettivi direttori e
rappresentanti legali, decine di aziende, anche di rilevanza e importanza
nazionale. La lente è puntata sul porto e su determinati ambienti di lavoro. Al
momento non sono stati ancora inviati avvisi di garanzia ma l’indagine nel giro
di qualche mese dovrebbe concludersi con una raffica di rinvii a giudizio. I
primi processi potrebbero essere celebrati già entro l’inizio dell’estate del
2009. Anche a Trieste, come a Gorizia, è necessario far presto, serrando i
tempi. L’indagine sta prendendo in esame i decessi avvenuti dal 1965 fino alla
metà degli Anni Ottanta ma anche le esposizioni di chi in quegli anni ha
lavorato a contatto con le fibre di asbesto e si è ammalato di tumore.
Il pm Giuseppe Lombardi in questi mesi ha riorganizzato il pool di investigatori
che già in passato aveva affrontato il problema dell’amianto e delle morti ad
esso correlate. Ne fanno parte i funzionari dell’Azienda sanitaria, medici
legali, investigatori. «L’istruttoria nasce dalle tante, troppe morti» ha
affermato il magistrato. Non sono casi semplici. Alle cartelle cliniche, vanno
affiancati i risultati delle autopsie e a queste i libretti di lavoro e le
buste-paga che raccontano di quali società l’operaio deceduto per tumore al
polmone è stato dipendente e in quali fabbriche ha lavorato.
La Procura sta ricomponendo un grande quadro per troppo dimenticato o
sottovalutato da tutti. Ora le voci dei familiari sanno dove possono trovare
ascolto.
CLAUDIO ERNE’
Amianto, sono migliaia i metri quadrati ancora presenti
nei tetti delle fabbriche - SECONDO LA MAPPATURA EFFETTUATA DALL’ARPA
Una colata di amianto. Non necessariamente pericoloso per
la salute umana, ma presente in quantità massicce sul nostro territorio. Nello
specifico, i metri quadrati di coperture (capannoni, pensiline, tettoie)
realizzate con materiale contenente amianto e presenti nelle sole zone
industriali della nostra Regione (esclusi quindi edifici pubblici e abitazioni
private) ammontano complessivamente a 1.064.317.
Considerando esclusivamente la nostra Provincia, i metri quadrati «contaminati»
sono 254.464, di cui circa la metà nel Comune di Trieste e l’altra in quelli
minori (i dettagli nella tabella a fianco). Principale «serbatoio» di Eternit:
il Porto, come già confermato da più voci, come quella del presidente
dell’Associazione esposti amianto del Friuli Venezia Giulia Aurelio Pischianz e
dell’ex console della Compagnia portuale Paolo Hikel.
Lo sa bene anche Glauco Spanghero, che per l’Arpa (Associazione regionale per la
protezione dell’ambiente) ha coordinato la minuziosa opera di mappatura
dell’amianto in Friuli Venezia Giulia, attraverso due censimenti, conclusi
rispettivamente nel marzo del 2006 e nell’agosto del 2007. Il primo riguarda le
pensiline delle stazioni ferroviarie e i capannoni di tipo industriale,
artigianale e agricolo, utilizzati o dismessi, costruiti con materiali
contenenti amianto. Il secondo, invece, include un ventaglio più ampio di
matrici che presentano al loro interno la sostanza tossica di cui tanto si parla
negli ultimi giorni, dopo la notizia dei 15 dirigenti dei cantieri di Monfalcone
accusati di omicidio colposo plurimo per 42 decessi legati all’esalazione di
amianto.
«Abbiamo analizzato solo le aziende - spiega Glauco Spanghero -. Entrambi i
censimenti si basano su direttive del Piano regionale amianto e sono stati
realizzati attraverso autocertificazione delle imprese, con la mediazione delle
categorie. Nessuno ha subito ispezioni, ma c’è stata una grande collaborazione
da parte dei soggetti coinvolti, che hanno aderito volontariamente». Il
dirigente dell’Arpa ci tiene a mettere in chiaro una premessa, prima di
illustrare i dati da lui elaborati: «Le coperture di Eternit non sono
necessariamente nocive, anzi, se ben conservate, non rappresentano rischi».
Tanto che la legge numero 257 del 1992, che vieta l’importazione, la
commercializzazione e l’uso come materia prima dell’Eternit, non impone la
rimozione dell’esistente, a meno che non sussistano gravi e conclamati pericoli
per la salute pubblica (in questo caso a intervenire dovrebbe essere il sindaco,
tramite ordinanza).
«In base al primo censimento sono state individuate 752 strutture contenenti
amianto, associate a 335 soggetti dichiaranti in tutta la Regione,
corrispondenti a 1.064.317 metri quadrati di coperture - spiega ancora Spanghero
-. Ovviamente la presenza di amianto è più forte nelle zone industriali del Fvg,
come il Porto di Trieste. I capannoni dello Scalo Legnami, ad esempio, sono
totalmente ricoperti di Eternit. Nello specifico, si tratta di tettoie in
cemento amianto senza nemmeno sottotetto, quindi senza un ”filtro” per chi
lavora nei capannoni. Ma, voglio ripeterlo ancora per non creare allarmismi: il
problema esiste, ma non ci sono attualmente reali pericoli per la salute
pubblica. Basta che ci sia un monitoraggio serio».
ELISA COLONI
Tondo: «Una legge obiettivo per le infrastrutture in Fvg» - Tempi rapidi per le grandi opere: rigassificatore e elettrodotto
TRIESTE Tondo accelera sulle grandi opere: «Per consentire il rilancio
delle infrastrutture del Friuli Venezia Giulia è necessaria in tempi brevi una
Legge Obiettivo regionale: una corsia preferenziale per le grandi opere che
superi l’eventuale opposizione di enti locali e comuni cittadini». Il
Governatore lo ha annunciato a Trieste durante il dibattito per la presentazione
del catalogo annuale Impresa&Economia sulle prime duemila imprese regionali.
Secondo Tondo rigassificatori ed elettrodotti sono infrastrutture sulle quali
bisogna investire per attenuare gli effetti della crisi sull’economia regionale:
«La necessità di una legge regionale che permetta di procedere alla messa in
cantiere delle opere anche senza l’approvazione degli enti locali è stata
dimostrata dai problemi emersi durante l’edificazione della terza corsia
dell’autostrada A4. Non possiamo permetterci di allocare risorse senza la
certezza che siano prontamente spendibili ed è per questo che finanzieremo solo
opere cantierabili come sostegno alla domanda e volano della ripresa».
Fondamentali sono per Tondo lo sviluppo delle reti e dei servizi ferroviari, tra
cui la tratta transfrontaliera del Corridoio V, l’integrazione tra i porti
regionali e l’Altoadriatico, in particolare Capodistria, e la realizzazione
della piattaforma logistica del Fvg: autoporti e lo scalo ferroviario di
Cervignano. Il presidente di Unioncamere Antonio Paoletti ha sostenuto
l’importanza delle infrastrutture: «Abbiamo aumentato il diritto camerale del
20% già nel 2007 per venire incontro a quest’esigenza». Maria Teresa Bassa
Poropat, presidente della provincia di Trieste, e il parlamentare
dell’opposizione Ettore Rosato sostanzialmente concordano sulla necessità degli
investimenti: tutti d’accordo sul progetto di rigassificatore a terra progettato
da Gas Natural a Muggia. «Bisogna investire – ha detto Rosato – ed intervenire
sulle disfunzioni burocratiche e sugli ostacoli finanziari».
La situazione delle imprese triestine emersa dalla presentazione dei dati del
catalogo Impresa&Economia, che elenca le 2000 aziende regionali leader nel 2007.
A dicembre dell’anno scorso le imprese triestine erano 260 su 2000, ovvero il
13%: il fatturato collettivo arrivava però al 45% del fatturato totale, ovvero
25.957 milioni di euro. Il divario tra imprese e fatturato della provincia
deriva della presenza di colossi sia nel campo assicurativo (Generali) che nella
cantieristica (Fincantieri). Depurata dai colossi i dati dell’economia regionale
gravitano sempre più sull’asse Udine-Pordenone.
La situazione attuale, dopo la crisi dell’autunno 2008 è difficilmente
monitorabile: «Ma l’economia regionale resiste – ha dichiarato il presidente
Tondo – il Pil regionale nel 2008 è stato di 0,2%, in linea con le altre regioni
del Nordest e contro la crescita zero del resto del paese: l’economia dovrebbe
rallentare ulteriormente nel 2009 (0,1%) per riprendersi a partire dall’anno
successivo, con una stima di crescita tra 1,1 e 1,4%».
Giovanni Tomasin
Regione a Trenitalia: migliorare i servizi per i
pendolari - RICCARDI INCONTRA IL DIRETTORE LAGUZZI
TRIESTE «La Regione registra la volontà di Trenitalia a
proseguire il servizio in Friuli Venezia Giulia ed è da parte sua disposta ad
investire ingenti risorse per rinnovare il materiale rotabile, ma chiede di
acquisire al più presto dalla società informazioni che permettano di stabilire
condizioni contrattuali esplicite in grado di definire standard di qualità, con
particolare riguardo alla puntualità e alla pulizia dei treni, in modo da
rispondere alle giuste e civili richieste dei clienti pendolari».
Lo ha affermato l'assessore regionale alla Mobilità, Riccardo Riccardi, al
termine dell'incontro con i vertici di Trenitalia, presenti il direttore
Divisione Trasporto regionale, Giancarlo Laguzzi, il responsabile Relazioni con
le istituzioni, Alberto Scattone, e il direttore Trasporto regionale FVG, Maria
Giaconia. All'ordine del giorno la valutazione sul rinnovo del contratto di
servizio Trenitalia-Regione per la gestione del trasporto pubblico locale.
«Non c'è alcun disimpegno da parte nostra, ma anzi riteniamo il Friuli Venezia
Giulia una regione che chiede giustamente di più e noi ci terremmo, dopo aver
investito nell'Alta Velocità, a lavorare sull'alta qualità in territori come
questo», ha affermato Laguzzi. Registrato il dichiarato impegno della società
per un miglioramento del servizio, l'assessore Riccardi ha richiesto tempi
rapidi per la chiusura della vertenza sul contratto e il coinvolgimento di un
tavolo dei pendolari per valutare se l'offerta di Trenitalia sia rispondente
alle aspettative dei passeggeri». Per questo è stato calendarizzato un prossimo
incontro previsto per il 12 gennaio a Udine, nel quale si confronteranno
rappresentanti dei pendolari, vertici di Trenitalia e Amministrazione regionale.
La Regione si è fatta garante delle richieste, «costruttive e civili», dei
pendolari e per questo richiede a Trenitalia un incontro aperto per valutare se
l'offerta della società sia in linea con le aspettative. Noi desideriamo
integrare il servizio su gomma e rotaia fruendo della grande esperienza dei
pendolari, «rendendoli protagonisti di una nuova stagione del trasporto
regionale», ha spiegato Riccardi. In merito agli standard di puntualità e
pulizia, per i quali la Regione ha ribadito la «grave sofferenza attuale»,
Laguzzi ha annunciato che già per il giugno 2009 in Friuli Venezia Giulia sarà
al lavoro la nuova ditta di pulizie, scelta tra 90 concorrenti partecipanti alla
gara d'appalto il cui bando è partito da una settimana
Giovanardi: attenti agli ambientalisti - Il
sottosegretario: infrastrutture ed energia, necessario andare avanti
AFFOLLATO INCONTRO DEL PDL
Infrastrutture, energia, sicurezza sono i temi principali con i quali si
deve fare i conti per assicurare un futuro al Paese. Così la pensa Carlo
Giovanardi, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio ieri ospite all’Hotel
Jolly per una festa natalizia organizzata dal Pdl. Introdotto dal consigliere
regionale Bruno Marini e dal senatore Giulio Camber in un’atmosfera di
entusiasmo generata dai primi risultati positivi nelle regionali d’Abruzzo, tra
battute e siluri riservati a comunisti e sinistra, Giovanardi - davanti a un
folto pubblico - da leader di quei Popolari liberali che nel Pdl si pongono come
ala di ispirazione degasperiana - ha sottolineato come il percorso politico
italiano del dopoguerra, nel lungo periodo di governo della Dc sino al tracollo
della Prima Repubblica, vada ricordato come l’autentico riscatto di una nazione:
anni in cui trasformazione e progresso hanno consentito a un popolo di rialzare
la testa e trovare il benessere.
E l’oggi? «Si trova in ostaggio degli ambientalisti e dei catastrofisti – ha
affermato Giovanardi in tema di infrastrutture – quelli che per la salvezza di
qualche delfino, per esempio, stanno impedendo la realizzazione di un’opera
fondamentale come il ponte di Messina. Gli stessi allarmisti che stanno
rialzando il tiro in Val di Susa contro l’alta velocità, e in questo modo
frenano la crescita di un Paese che si trova a soffrire per una congiuntura
economica che sta complicando il lavoro del Governo».
Giovanardi ha ricordato poi le diverse criticità dovute ai problemi energetici.
«A Modena mi sono trovato in questi giorni nuovamente alle prese con altri
catastrofisti, contrari a un nuovo impianto di stoccaggio per il gas naturale.
La situazione energetica in Italia è ormai insostenibile e c’è il concreto
rischio di trovarsi in balia di chi gestisce i rubinetti e già ha reso altissimi
i costi energetici». Per fortuna c’è un Governo credibile, secondo il
sottosegretario, e lo dimostrano la battaglia delle immondizie vinta a Napoli e
la soluzione rintracciata per Alitalia. Due indirizzi che garantiscono - dice
Giovanardi - credibilità alla maggioranza guidata da Berlusconi.
Maurizio Lozei
IL PICCOLO - LUNEDI', 15 dicembre 2008
Amianto, 200 cause di portuali e marittimi - L’ex
console Hikel: 76 vittime in 20 anni. Melato: troppe discariche abusive di
Eternit
Duecento cause pendenti di marittimi ed ex lavoratori portuali triestini,
esposti all’amianto. E una lista di 76 persone morte, negli ultimi vent’anni,
colpite da mesotelioma da amianto, dopo una vita passata nei magazzini e sulle
banchine del nostro scalo. Quantità più o meno consistenti si trovano, anche a
Trieste, un po’ dappertutto: nelle case private e sui tetti degli edifici
pubblici, nelle zone industriali e in palazzi del centro.
«Ma la vera bomba ad orologeria è il Porto. Nello specifico, lo Scalo Legnami».
Lo definisce così un esperto in materia, Paolo Hikel, console della Compagnia
portuale nel suo massimo momento di sviluppo e da tempo portavoce di un ampio
gruppo d’opinione che da più parti lancia appelli in nome delle bonifiche. A
dimostrazione che il problema esiste ed è sentito anche a Trieste, e non solo
nel Monfalconese e nell’Isontino, dove la questione dell’amianto è tornata
prepotentemente alla ribalta con la notizia dei 15 dirigenti dei cantieri di
Monfalcone accusati di omicidio colposo plurimo per 42 decessi legati
all’esalazione di amianto.
«Ma non c’è solo Gorizia - spiega Paolo Hikel -. A Trieste il problema esiste ed
è drammatico. Nella nostra città la situazione più preoccupante si registra nel
Porto, in particolare nello Scalo Legnami. Tutti sanno che non c’è un solo
centimetro dei capannoni di quest’area che non sia fatto di Eternit, materiale
nocivo e da eliminare. Ma per il momento nessuno ha fatto nulla. Questa città -
afferma ancora Hikel - non potrà andare avanti senza pensare alle bonifiche. È
infatti inutile parlare tanto della Ferriera, dei suoi fumi e delle sue puzze,
senza guardare ciò che accade a pochi metri di distanza: l’intero Scalo Legnami
è ricoperto di Eternit. Ed è inutile programmare bonifiche della zona Ezit se
poi non si includono anche le aree portuali. Lo scalo di Venezia è già stato
bonificato due volte e ”liberato” dall’amianto. Lo hanno trovato dappertutto:
sulle gru, nei magazzini, a terra. Dappertutto. A Trieste, invece, nulla è mai
stato fatto. L’amianto resta lì e, quando soffia il maestrale, si diffonde
nell’aria, respirato da tutti».
Nella nostra città l’amianto è tanto. «In base a stime della Camera di Commercio
e dell’Autorità portuale - spiega ancora l’ex console della Compagnia - tra gli
anni Sessanta e Novanta sono arrivate, nel Porto di Trieste, tra le 600mila e le
800mila tonnellate di amianto, caricato sulle navi battenti bandiera canadese e
nordamericana, che erano i maggiori produttori di Eternit. Una condizione che ha
permesso all’inizio del Duemila una serie di pre-pensionamenti di lavoratori
portuali. Ci sono poi altri luoghi in cui si registrano massicce quantità di
amianto, lasciato lì a ”riposare”: nella zona dell’ex Grandi motori, in quella
dell’ex Fabbrica macchine. C’è poi amianto sui tetti di molte case popolari (una
volta si utilizzava soprattutto sul tetti dei palazzi lato Bora, per evitare che
la superficie si raffreddasse così tanto da creare condense e infiltrazioni
costanti d’acqua, ndr.), nonché su scuole e altri edifici pubblici». Nell’ambito
del rifacimento del palazzo delle Poste, ad esempio, è previsto anche un
intervento di bonifica della copertura in amianto.
Anche il presidente dell’Associazione esposti amianto del Friuli Venezia Giulia
Aurelio Pischianz conferma: «Grandi quantità di amianto ancora oggi si trovano
nel Porto Vecchio e Nuovo, in Arsenale, nella Zona industriale, all’ex Grandi
Motori ed ex Fabbrica macchine di Sant’Andrea».
Il presidente dell’Ordine dei medici Mauro Melato, che è anche presidente della
Commissione regionale sull’amianto, tenta di non creare allarmismi e spiega: «Il
problema esiste e non va sottovalutato. Ci sono capannoni di Eternit che
dovranno essere gradualmente smaltiti, perché l’amianto è un materiale nocivo se
esalato. Ma - afferma Melato - è importante sottolineare che a creare una
situazione di pericolo per la salute delle persone non è la presenza di una
copertura di Eternit in sé, ma la sua conservazione. Le tettoie di Eternit
contengono infatti fibre compatte di amianto. Il problema sta nella loro
friabilità, quando si diffondono nell’aria. Oppure quando vengono spostate o
rimosse da persone non esperte. Per questo bisogna sempre monitorare il
territorio. Il problema maggiore, però, è rappresentato dalle discariche abusive
sparse un po’ dappertutto. Un problema che per essere risolto dovrebbe
incontrare il supporto delle istituzioni. Servono incentivi pubblici per lo
smaltimento dell’amianto, molto costoso».
Anche le associazioni ambientaliste continuano a denunciare la presenza di
discariche abusive. È il Carso il luogo considerato maggiormente a rischio.
ELISA COLONI
IL PICCOLO - DOMENICA, 14 dicembre 2008
Parte la Tav, protestano i pendolari -
MILANO-BOLOGNA AL VIA. MORETTI: «TRENI LOCALI? PAGHINO LE REGIONI»
MILANO La Freccia Rossa di Trenitalia ha raggiunto l'obiettivo coprendo il
viaggio inaugurale da Milano Centrale a Bologna Centrale come da tabella di
marcia in 65' minuti, nonostante una breve sosta tecnica dovuta all'impianto di
sicurezza della rete, che ha richiesto l'arresto del treno per alcuni minuti. Un
viaggio caduto in concomitanza con l'inaugurazione della rinnovata Stazione
centrale di Milano proprio nel giorno di Santa Lucia,quello più corto dell'anno,
quasi a simboleggiare l'obiettivo di Trenitalia indicato dall'amministratore
delegato Mauro Moretti: «Riequilibrare il sistema dei trasporti con l'auto per
le brevi percorrenze, il treno per quelle medio lunghe e l'aereo per quelle
lunghissime».
Trenitalia punta sull'alta velocità ma non dimentica i pendolari: è il messaggio
lanciato dal'ad Mauro Moretti dopo le proteste di alcuni pendolari e
rappresentanti dei Cobas nel corso di un primo sopralluogo che ha compiuto nella
rinnovata stazione centrale di Milano in attesa di inaugurare il primo viaggio
Milano-Bologna.
Al riguardo «l'unico investimento che ho potuto fare - ha spiegato - da quando
sono alle ferrovie è stato l'acquisto di 150 locomotori per il trasporto
pubblico locale». Quest'ultimo, secondo Moretti, «è un servizio universale e le
regioni debbono investire per acquistare i nuovi treni». Quanto alle polemiche
sulla riduzione dei treni regionali alla stazione Centrale, Moretti ha replicato
che «ogni scalo deve avere la sua funzione, la Stazione Centrale è un hub per le
lunghe distanze, mentre per il trasporto regionale ci sono le altre stazioni e
il passante ferroviario».
Con l'obiettivo di collegare Roma con Milano in tre ore dal dicembre 2009,
Moretti, insieme al presidente Innocenzo Cipolletta, al sottosegretario alla
Presidenza del Consiglio, Gianni Letta e alle autorità locali delle due regioni
interessate (Emilia Romagna e Lombardia) hanno inaugurato il primo viaggio di
quello che lo stesso Moretti ha definito «un sogno che si può realizzare», ossia
la creazione di un «servizio di metropolitana veloce tra i vari poli italiani».
All'appuntamento di quest'anno, infatti, seguiranno entro il prossimo dicembre
la realizzazione delle tratte ancora mancanti per il completamento dell'alta
velocità tra Torino e Salerno: la Milano Novara e la Bologna Firenze, entrambe
pronte tra 12 mesi.
Sulla Freccia Rossa ieri si sono dati appuntamento anche numerosi esponenti
dell'industria e della finanza, da Gilberto Benetton, che ha inaugurato il primo
spazio Autogrill allo scalo di Milano Centrale, nell'ambito del progetto Grandi
Stazioni, all'amministratore delegato di Unicredit Alessandro Profumo, da
Pierfrancesco Guarguaglini, che ha fatto da cicerone al presidente delle
Ferrovie Turche in vista di una prossima commessa del sistema di segnalamento
ferroviario, a Elio Catania, presidente di Atm, la società di trasporti pubblici
milanese destinata all'integrazione con l'omologa società torinese. L'alta
velocità ferroviaria partita ieri è un progetto totalmente 'Made in Italy', che
ha l'obiettivo di accorciare le distanze nell'area compresa tra Torino, Milano,
Bologna, Firenze, Roma e Napoli, dove vive il 40% degli italiani.
Con il nuovo orario che debutterà oggi, Trenitalia prevede un incremento del 30%
delle vendite di biglietti grazie anche ai prezzi di lancio validi per un mese (Milano-Roma
98 euro in prima classe e 71 euro seconda), mentre tra Milano e Bologna la
tariffa di lancio sarà rispettivamente di 50 e 35 euro per prima e seconda
classe. Trenitalia prevede inoltre sei mesi di offerta speciale per i biglietti
di andata ritorno nello stesso giorno su tratte con percorrenza uguale o
superiore a tre ore e mezza e per chi sceglie la prima classe, libero accesso ai
club Eurostar nelle stazioni, auto con autista noleggiabile per 4 ore a 35 euro
e servizi di assistenza dedicati. Sono previsti inoltre abbonamenti mensili ad
alta velocità per i treni Eurostar ed Eurostarcity, per un numero illimitato di
corse, corrispondente a quello di dieci corse semplici, esclusa la prenotazione.
A partire dal prossimo 14 gennaio, invece, i prezzi massimi applicati ai viaggi
nelle ore di punta saranno di 109 euro per la prima classe sulla Milano Roma e
79 per la seconda; mentre sulla nuova tratta Milano-Bologna si spenderanno
rispettivamente 56 e 39 euro.
In coincidenza con l'arrivo della Frecciarossa, il nuovo treno alta velocità
partito da Milano alle 16.20 e giunto a Bologna alle 17.25, sul ponte Matteotti
(a poca distanza dalla stazione) è andata in scena l'annunciata protesta dei
centri sociali, che si è svolta senza incidenti.
IL PICCOLO - SABATO, 13 dicembre 2008
Clima e crisi, l’Europa trova il compromesso - Entro il
2020 gas serra ridotti del 20%. Gare più rapide per gli appalti pubblici
Fra i punti dell’accordo raggiunto a Bruxelles dai 27 anche l’impulso alle
energie rinnovabili che dovranno essere un quinto del totale
BRUXELLES Il Consiglio europeo a Bruxelles approva il piano sul clima e a
Poznan in Polonia, dove è in corso la Conferenza Onu, scoppia l’applauso. Un
accordo storico, i 27 Paesi dell’Unione europea uniti per contrastare il
cambiamento climatico, per diminuire entro il 2020 del 20% le emissioni di gas
serra, per far sì che le energie rinnovabili utilizzate in ogni paese siano un
quinto del totale, che aumenti del 20% l’efficienza energetica, il risparmio.
Non è il piano che era entrato in consiglio, ma il frutto di una mediazione
nella quale ha giocato un peso importante la crisi economica. Non hanno vinto i
falchi, quelli che chiedevano di soprassedere in attesa di tempi migliori. Per
loro arrivano aperture su una possibile, parziale revisione nel marzo del 2010,
arriva il 12% dei ricavati dei permessi di emissione per i Paesi dell’Est,
arriva una gradualità 2013-2020, non per tappe vincolanti ma indicative.
Via libera anche alle misure sull’economia per le quali servirà un Ecofin
straordinario a Parigi, il 18 dicembre, mentre il pacchetto clima andrà al
Parlamento europeo.
«L’Italia ha ottenuto quanto chiedeva», dice Silvio Berlusconi, presidente del
consiglio. Nell’altra sala il presidente francese, Nicolas Sarkozy, conferma:
«Grazie a Berlusconi l’accordo sul clima è stato trovato rapidamente».
Berlusconi aggiunge: «La nostra duttilità tattica alla fine ha pagato. Abbiamo
fatto un ricamo».
Sulla crisi economica Berlusconi continua a dire che la soluzione non possono
essere i piani dei singoli stati, ma che sta nelle mani dei consumatori. «Ho
detto agli altri che dobbiamo insistere perché i cittadini a Natale spendano,
perché non cambino le proprie abitudini. Non è il momento di pensare a
risparmiare, ma di spendere».
Gli viene fatto osservare che c’è gente che i soldi da spendere non li ha, che
cresce il credito al consumo, l’indebitamento. «Non sto parlando di chi è in
cassa integrazione e ha il 70% del salario di prima, ma di chi ha gli stessi
soldi. Parlo ai tre milioni e mezzo di statali. Non hanno di che preoccuparsi,
per loro non è cambiato niente. Se volevano comprare un’auto la comprino».
Nel pacchetto di misure approvate dal Consiglio Ue - dice - «ci sono norme che
vengono incontro alle nostre richieste. Per esempio la possibilità di accelerare
le proceduredegli appalti pubblici, diminuendo da 87 a 30 giorni le procedure
per i bandi di gara (nel 2009 e nel 2010). La franchigia di due anni per gli
aiuti di stato, fino a 500mila euro, per le piccole e medie imprese in
difficoltà».
Poi il premier insiste nel reclamizzre i titoli di stato italiani. Ma l’aspetto
che sta più a cuore a Berlusconi è dimostrare che l’Italia ha vinto su tutta la
linea nell’accordo sul clima.
«Siamo stati ascoltati in ben quindici casi», dice. Lascia a Frattini l’onere di
elencarli, ma ci tiene a dare una visione d’assieme: «Con questa decisione
l’Europa va all’avanguardia nella lotta ai mutamenti climatici, l’Europa sarà il
portabandiera con interventi che entreranno in vigore dal 2013».
E qui il primo mezzo scivolone. Berlusconi vuol far passare il concetto che nel
2010, dopo il vertice mondiale del clima a Copenahgen, tutto l’accordo siglato
ieri potrà essere ridiscusso. «L’Europa diventa esempio paradigmatico. Se a
Copenhagen gli altri Paesi non si adeguano se ne prenderanno la responsabilitàm,
e ci adegueremo noi agli altri», è il suo ragionamento.
Non è proprio così: il punto 23 del documento recita che la Commissione europea
presenterà al consiglio del marzo 2010 un’analisi dettagliata della Conferenza
di Copenhagen «in particolare per ciò che riguarda il passaggio della riduzione
delle emissioni dal 20 al 30%». Quindi - spiega il presidente della Commissione,
José Manuel Barroso - eventualmente per aumentare il taglio previsto per il
2020.
Il vero successo sta in due acronimi, Nace 3 e Nace 4, che permettono di
ricomprendere fra le industrie a rischio delocalizzazione e concorrenza
straniera anche quelle di tondino per il cemento, ceramica, carta e vetro, che
stavano a cuore a Confindustria. Per loro ci saranno il 100% di diritti di
emissione gratuiti, fermi restando i limiti di Kyoto di integrità ambientale.
ALESSANDRO CECIONI
IL PICCOLO - VENERDI', 12 dicembre 2008
TRENI - Nuova linea per Udine e cambia l’orario per
Roma - La partenza dell’Eurostar per la Capitale anticipata di un’ora e
mezzo, dalle 9.50 alle 8.12
Soddisfatti i pendolari
I collegamenti Udine-Vienna? Sospesi perchè in netta perdita, e comunque
sostituiti da bus. E Trieste? Migliora il collegamento con Roma, anticipato di
un’ora e arriva un nuovo collegamento con Udine. Queste le risposte di
Trenitalia alle polemiche sollevate dai pendolari fiorite contro il nuovo orario
invernale, in vigore dal 14 dicembre.
Da parte sua, Trenitalia sottolinea come «la decisione di cancellare la coppia
di Eurocity 32/33 Venezia-Wien (con fermate a Pordenone, Udine e Tarvisio) si è
resa necessaria per le rilevanti perdite economiche registrate da questi treni».
Si tratta, precisa la società, di treni che «non ricevono alcun corrispettivo
finanziario da parte delle amministrazioni pubbliche e che, a causa della loro
bassa frequentazione, perdono due milioni e 300mila euro l’anno, tutti a carico
del nostro bilancio». In più, specifica Trenitalia, l’Intercity per Milano non
scompare, ma cambia semplicemente denominazione e orario: ora partirà alle 17.40
(invece che alle 17.16) per arrivare a Milano alle 21.25.
Per quanto riguarda Trieste sono state istituite due importanti novità. La prima
è il cambiamento di orario dell’Eurostar per Roma, che prima partiva alle 9.50,
e adesso invece lascia Trieste alle 8.12 con fermata a Monfalcone alle 10.14 per
arrivare a Roma alle 14.10 e lasciare così più tempo al viaggiatore. I pendolari
sono invece soddisfatti per lo spostamento dell’ultimo treno da Trieste a Udine:
prima partiva alle 21.16 e adesso partirà alle 22.21. «Per quanto riguarda i
treni a lunga percorrenza non abbiamo voce in capitolo, la decisione viene da
Roma – spiega Marco Chiandoni, rappresentante del Comitato Pendolari – mentre
per quanto riguarda le modifiche locali, quello che possiamo sottolineare è la
vittoria dello spostamento del treno Trieste-Udine: erano anni che lo
chiedevamo, e finalmente l’abbiamo avuto. Le nostre richieste erano a dire la
verità per un posticipo anche maggiore. Ma intento va bene così».
Peggiore, secondo il Comitato, è la decisione di non stampare gli orari e farli
consultare solo su internet, dal momento che «non tutti hanno un accesso a
internet». Trenitalia però specifica come «Per quanto riguarda i treni regionali
siamo venuti incontro per quanto possibile alle richieste dei pendolari, anche
se come è evidente siamo in ogni caso molto legati agli orari dello snodo di
Mestre, che rimane quello fondamentale. In più dal 14 dicembre entra anche in
funzione la nuova Alta velocità di Milano e Bologna, e anche questo ha avuto le
sue ripercussioni sull’elaborazione della nuova tabella di coincidenze».
Tra gli altri cambiamenti previsti, il treno 11021 sulla Trieste-Venezia (via
Portogruaro) viene posticipato di dieci minuti per migliorare la coincidenza a
Mestre con Milano e Roma. Il 2824 sulla Venezia Trieste (via Udine) fermerà a
Buttrio (su richiesta dei dipendenti della Danieli). Il treno 11009 sulla
Venezia-Trieste via Udine arriverà a Pordenone alle 7.45, per rispondere alle
richieste di studenti e lavoratori, mentre sulla stessa linea il 6002 verrà
anticipato di 11 minuti, partendo quindi alle 7.50.
Elena Orsi
IL PICCOLO - GIOVEDI', 11 dicembre 2008
Treni, Udine isolata da Milano e Vienna -
INTERROGAZIONE SUI TAGLI DELLE FERROVIE
TRIESTE Soppresso dalle Ferrovie il collegamento
ferroviario Udine-Vienna e un intercity da Udine per Milano. Un taglio che ha
scatenato subito le proteste in Friuli venezia Giulioa e un’interrogazione
urgente sull'annunciata soppressione è stata presentata al Governo dai deputati
del Pd e Idv. Nell'interrogazione, sottoscritta da Ivano Strizzolo, Alessandro
Maran, Ettore Rosato, Carlo Monai e Rodolfo Viola, si sottolinea che «tale
scelta è in netto contrasto con i rilevanti investimenti effettuati in questi
anni per potenziare la linea che, attraverso Udine, collega il Friuli con
l'Austria» e si ricorda che «è in corso una forte azione politico-amministrativa
per sviluppare il progetto dell'Euroregione».
«La soppressione - ricordano i parlamentari - fa seguito ad altri recenti tagli
e ridimensionamenti che penalizzano Udine, Pordenone e l'intera regione Friuli
Venezia Giulia con conseguenze negative sulle attività culturali ed economiche,
specie - concludono- nei comparti del commercio e del turismo». Intanto a
Villaco i tre governatori di Friuli Venezia Giulia, Veneto e Carinzia (Renzo
Tondo, Giancarlo Galan e Gerhard Doerfler) hanno affrontato l’emergenza
trasporti e il carinziano ha annunciato l’istituzione di un servizio di corriere
sostitutive tra Klaghenfurt e Venezia.
OplàNews - MERCOLEDI',
10 dicembre 2008 - La newsletter
dell’Osservatorio Parlamentare sulla Legislazione Ambientale di Legambiente
Decreto anticrisi
- Energia / Addio agli incentivi per le rinnovabili. Cancellato il bonus
fiscale del 55% su Irpef e Iras per le ristrutturazioni ecologiche degli edifici
e per i pannelli solari. L’art. 29 del Dl 185/2008, c.d. decreto anticrisi,
limita la possibilità di usufruire degli sgravi fiscali per interventi di
riqualificazione energetica, rende più difficile e discrezionale l’iter per
accedervi da parte delle famiglie. Negli ultimi due anni oltre 250mila cittadini
hanno utilizzato gli incentivi, attivando un giro d’affari di oltre 3 miliardi
di euro.
- Trasporti e Infrastrutture 1 / Pochi fondi alle opere della legge obiettivo
Dopo il vuoto di risorse della Finanziaria, anche nel decreto anticrisi (art.
21) solo briciole per le opere strategiche di preminente interesse nazionale,
quelle della Legge Obiettivo del 2001. Un contributo pluriennale di 60 milioni
annui dal 2009, che dovrebbero diventare 150 dal 2010, e che permetteranno di
avviare qualche cantiere. Per renderli più veloci vengono rispolverati due
provvedimenti già previsti nella Legge Obiettivo ma che avevano avuto scarso
successo: ogni progetto sarà “sorvegliato” da un commissario ad hoc e non potrà
più essere fermato da eventuali ricorsi al Tar (art.20).
- Trasporti e Infrastrutture 2 / Alle ferrovie, agli edifici scolastici e ai
musei dirottati i fondi Fas. Il Dl 185 recupera risorse per gli investimenti del
Gruppo Ferrovie dello Stato: 960 milioni di euro. In più 480 milioni di euro
all’anno per tre anni subordinati alla stipula dei nuovi contratti di servizio
con le Regioni. Ma sono risorse prese dal Fas (Fondo per le aree sottoutilizzate),
per cui esiste un preciso vincolo di destinazione che potrebbe pregiudicarne
l’utilizzo. Devono infatti rispettare le ripartizioni previste dalla delibera
del Cipe per il triennio 2006-2009: l’85% delle risorse alle regioni del sud e
il 15% al nord. E sempre dai fondi Fas vengono le risorse previste per risanare
carceri, scuole, musei, per l’occupazione e la formazione. Ovviamente sempre
secondo il criterio che prevede la destinazione dell’85% al Sud.
Iniziative
- Clima / Domani 11 dicembre manifestazione a Roma. Legambiente, Assolterm e
decine di altre associazioni saranno in piazza Montecitorio per chiedere il
ritiro del provvedimento che taglia gli incentivi alle fonti rinnovabili e
all’efficienza energetica. Appuntamento alle 11.
- Territorio / Il 18 dicembre convegno “I parchi che vogliamo”. A 17 anni dalla
L. 394/91, Legambiente discute sullo stato delle aree protette in Italia con
amministratori di parchi, sindaci, ambientalisti, ricercatori, rappresentanti
del mondo agricolo, venatorio e della pesca, imprenditori, operatori turistici,
parlamentari e rappresentanti delle regioni, degli enti locali e del governo.
Dalle 10 alle 17 al Pio Sodalizio dei Piceni, piazza di San Salvatore in Lauro
15, Roma.
- Territorio 2 / I parlamentari per Tuvixeddu (CA). L’osservatorio Parlamentare
su Tuvixeddu, nato dalla iniziativa dei senatori Della Seta e Sanna e degli
onorevoli Melis e Schirru, ha scritto al Ministro Bondi per chiedere un incontro
urgente e ribadire la necessita di attuare tutte le misure per tutelare e
salvare dalla cementificazione la più grande necropoli punico romana del
Mediterraneo.
Approfondimenti
- Clima / Summit mondiale di Poznan. Otto mosse "salva clima” che
Legambiente presenta in un dossier elaborato in occasione della Conferenza sul
clima di Poznan (1 – 12 dicembre) per fare il punto sulla situazione globale e
sul cronico ritardo italiano. Scarica il dossier.
- Clima 2 / Dossier “I sussidi che fanno male al pianeta”. Legambiente e la
Campagna per la Riforma della Banca Mondiale (Crbm) presentano sette esempi per
capire perché i finanziamenti pubblici a fossili e nucleare danneggiano il clima
e condannano il Sud del mondo.
- Clima 3 / Il Governo inglese chiama alla mobilitazione popolare. Nella
settimana conclusiva del vertice di Poznan e mentre a Bruxelles si lavora per un
accordo europeo su clima e energia, il ministro Ed Miliband lancia un appello
alle associazioni ambientaliste perché facciano pressione sui governi in vista
dell’appuntamento di Copenhagen nel dicembre 2009.
LA REPUBBLICA - MERCOLEDI', 10 dicembre 2008
"Kyoto sempre più lontana" - L'Italia e la riduzione della CO2
Il nostro Paese si piazza al 44esimo posto su 57 nel Climate change
performance index. Legambiente: "Disastroso"
ROMA - Gli obiettivi del Protocollo di Kyoto? Sono sempre più distanti per
l'Italia. Il nostro Paese prende voti scarsi nella lotta al surriscaldamento
globale e, quel che è peggio, la soglia della sufficienza si allontana di anno
in anno. A dare un giudizio negativo sulla performance italiana in quanto a
misure per la riduzione dei gas serra è il rapporto internazionale Climate
change performance index del German Watch, che mette l'Italia al 44esimo posto
nella classifica dei 57 Stati a maggiori emissioni di CO2, cioè quelli che
producono il 90% dei gas serra a livello mondiale.
In caduta libera. Nello studio, che si sofferma sugli interventi positivi e
strutturali di ogni singola nazione nel campo del riscaldamento, l'Italia si
piazza nel gruppo di coda e perde terreno rispetto alla scorso anno, quando era
41esima. Davanti a noi, India e Brasile. Poco dopo, Paesi noti per essere
"grandi inquinatori" come la Polonia e la Cina. E comunque rimaniamo ben lontani
dal terzetto di punta delle prime in classifica: le virtuose Svezia, Germania e
Francia. Nelle ultime posizioni ci sono invece Arabia Saudita, Canada e Usa.
"Disastroso". Così Legambiente, una delle associazioni ambientaliste che hanno
collaborato alla stesura del rapporto, definisce il nostro piazzamento, "che
rispecchia il cronico ritardo nel raggiungimento degli obiettivi fissati dal
Protocollo di Kyoto".
Le cause. A determinare questa situazione hanno contribuito l'assenza di una
strategia complessiva per abbattere le emissioni di CO2, una politica energetica
che punta sull'aumento dell'uso del carbone - una fonte non pulita - e il
deficit di trasporti a basse emissioni. Non solo: su di noi pesa la
constatazione che nella Ue siamo uno degli Stati dove i gas serra sono cresciuti
di più rispetto ai livelli del 1990 (+9,9%). E questo in barba al taglio del
6,5% imposto dal trattato internazionale.
Punti di forza a rischio. Legambiente osserva che a salvare l'Italia dagli
ultimissimi posti della classifica sono state "le poche ma importanti misure
adottate in questi anni, come il conto energia per la promozione del
fotovoltaico o gli incentivi del 55% per l'efficienza energetica". Ironia della
sorte, fa notare Legambiente, queste sono proprio le misure finite nel mirino
del governo, "che dopo aver eliminato l'obbligo della certificazione energetica
degli edifici, ha tagliato il 55%".
Prospettive future. Il rapporto del del German Watch ipotizza che il giudizio in
futuro potrebbe persino peggiorare e non lesina sulle critiche al comportamento
del nostro Paese nei negoziati in corso sul pacchetto energia e clima
dell'Unione Europea. Insieme alla Polonia, infatti, l'Italia si merita il
giudizio più negativo sul piano internazionale per i ripetuti tentativi di
sabotare il pacchetto. Come dire, abbiamo incassato anche uno zero in condotta.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 10 dicembre 2008
Rigassificatore, Gas Natural spinge sui tempi -
Gli spagnoli vogliono avviare l’impianto nel 2013, ma manca ancora l’ok
dell’Ambiente
NUOVO CONFRONTO CON COMUNE E REGIONE
I grandi volumi di terra che verranno scavati nell’area ex Esso per
costruire il rigassificatore progettato da Gas Natural potrebbero essere
depositati nelle casse di colmata, previste dal piano regolatore del porto nel
vallone di Muggia, per la costruzione di nuove banchine. Una soluzione, questa,
che permetterebbe di limitare gli spostamenti di notevoli quantità di terra e di
ridurre i relativi costi.
Si è parlato anche di questo aspetto, ieri pomeriggio in municipio,
nell’incontro tra il sindaco Dipiazza e una delegazione di Gas Natural Italia
guidata dal «country manager» Daniel Lopez Jordà, in cui è stato anche ricordato
l’interesse del gruppo Lucchini Severstal a utilizzare il gas prodotto
dall’impianto per alimentare la centrale elettrica da 400 Mw che il gruppo
siderurgico intende realizzare nell’area della Ferriera.
I due progetti potrebbero in effetti procedere di pari passo. Gas Natural Italia
prevede infatti di aprire i cantieri nella prima metà del 2010, e di avviare il
rigassificatore dopo 40 mesi di lavori, vale a dire entro il 2013. Secondo i
piani del gruppo Lucchini Severstal, la centrale elettrica dovrebbe essere
operativa non prima del 2012.
«Gas Natural si aspetta di ricevere il decreto sulla valutazione d’impatto
ambientale a gennaio – commenta il sindaco – o al più tardi nei primi mesi del
nuovo anno. Solo dopo l’emanazione del decreto inizierà la trattativa sulle
ricadute per la città e la nostra economia».
L’iter del decreto, che dovrà essere firmato dal ministro dell’Ambiente
Prestigiacomo, non registra novità da diversi mesi. Il parere favorevole della
commissione Via risale infatti al giugno scorso.
Manca invece ancora il parere del ministero dei Beni culturali, che sul tema
rigassificatore ha richiesto più volte il parere alla Soprintendenza regionale.
Quest’ultima, come riferiamo a fianco, lo ha recentemente modificato il suo «no»
condizionandolo ad alcune prescrizioni. A quanto sembra, i rilievi avanzati
dalla Soprintendenza sarebbero già stati integrati nel progetto che Gas Natural
sta elaborando.
Va comunque ricordato che, nel caso il parere del ministero dei Beni culturali
dovesse risultare negativo, e quindi in contrasto con quello del dicastero
dell’Ambiente, le norme prevedono l’intervento della Presidenza del consiglio,
che può avocare a sé la decisione con cui si autorizza la costruzione
dell’impianto di rigassificazione.
Il gruppo spagnolo spinge intanto per accelerare i tempi, una volta che avrà
ottenuto il decreto. E ieri lo ha fatto anche con l’assessore regionale alle
Infrastrutture, Riccardo Riccardi, incontrato in mattinata.
«Mi hanno chiesto di convocare al più presto la conferenza dei servizi –
dichiara l’assessore – dopo il formale arrivo della valutazione d’impatto
ambientale. La conferenza farà capo alla direzione regionale per l’Energia e
coinvolgerà una ventina di enti».
Ai rappresentanti di Gas Natural Italia, Riccardi ha confermato l’interesse
della Regione alla realizzazione dell’impianto nell’area ex Esso, ribadendo che,
per quanto di sua competenza, «intende accelerare l’iter necessario all’avvio
dell’opera».
A Riccardi la delegazione della società ha confermato la «volontà di ”costruire”
sul territorio il consenso alla costruzione del rigassifcatore, e di determinare
con le istituzioni, sotto la regia della Regione, le posssibili ricadute
economiche e sociali per l’area triestina e per l’intera regione».
Nel corso dell’incontro Gas Natural Italia ha anche precisato sia di voler
aprire al sistema delle imprese della regione il capitale sociale della nuova
società cui farà capo l’impianto di rigassificazione, sia di volerne fissare la
sede legale a Trieste, versando così qui i tributi erariali.
La società in questione, alla quale Gas Natural International trasferirà
materialmente il progetto, esiste già dal 2004 e si chiama Gas Natural
Rigassificazione Italia (è una spa con sede a Roma), ma rimarrà una «scatola
vuota» fintantoché non sarà iniziata la fase operativa del progetto.
Le ricadute della costruzione e del funzionamento del rigassificatore destano
intanto sempre molto interesse fra le imprese della regione. Interpellato in
merito, il presidente degli industriali del Friuli Venezia Giulia, Adalberto
Valduga, ha infatti dichiarato che «il sistema industriale regionale è
interessato sia all’investimento, per il fatto che si tratta di
un’infrastruttura determinante, sia alla partecipazione di consumatori diretti
(aziende che consumano grandi quantità di gas e le utility che lo distribuiscono
e vendono ai cittadini), in quanto l’utilizzo del gas prodotto dall’impianto può
consentire significativi risparmi che possono dare competitività al territorio».
L’investimento complessivo che il gruppo spagnolo ha pianificato per realizzare
l’impianto nell’area ex Esso ammonta a 600 milioni di euro. A regime il
rigassificatore, che avrà una potenzialità di 8 miliardi di metri cubi all’anno,
occuperà un’ottantina di persone, creando un’indotto di 300-400 posti di lavoro.
Oltre ai possibili utilizzi del gas da parte della centrale elettrica progettata
da Lucchini-Severstal, altri sviluppi potrebbero derivare dalla produzione di
frigorie che si generano nella conversione del gas dalla fase liquida a quella
gassosa, frigorie utilizzabili per la realizzazione di una catena del freddo
nella vicina zona industriale.
GIUSEPPE PALLADINI
RIGASSIFICATORE - Greenaction: c’è il sì della
Soprintendenza - Gli ambientalisti: parere modificato, ma pesano quattro
condizioni
La Soprintendenza regionale ai Beni architettonici e paesaggistici ha modificato
il parere negativo già espresso per quattro volte nei confronti del terminale di
rigassificazione proposto dalla società Gas Natural nell’area ex Esso del porto.
Lo ha reso noto ieri l’associazione ambientalista Greenaction transnational. Il
parere positivo, che risale allo scorso 4 dicembre, è condizionato però da
alcune prescrizioni per ridurre l’impatto paesaggistico e ambientale.
In particolare, secondo le ultime indicazioni, i due serbatoi del terminale
dovranno essere parzialmente interrati per non superare l’altezza di venti
metri, mentre la loro ubicazione dovrà essere modificata per non intaccare le
aree verdi presenti e quindi dovranno essere realizzati nel corpo della
discarica priva di vegetazione.
La linea di costa non potrà essere modificata e tutte le opere a mare dovranno
essere arretrate verso l’attuale linea di costa, riducendo alla metà la loro
lunghezza rispetto al progetto proposto.
La Soprintendenza ribadisce che dovrà comunque essere rispettata la volontà
della confinante Repubblica di Slovenia, che ha già manifestato la sua
opposizione alla costruzione dell’impianto visto il pesante impatto ambientale
transfrontaliero.
Diossina, in regione 103 tonnellate di carne a rischio
- Sequestri in tre stabilimenti. Il Consorzio San Daniele: «I nostri prosciutti
sono in regola»
ALLARME SULLE IMPORTAZIONI
TRIESTE L’allarme diossina non risparmia né Trieste né il Friuli Venezia
Giulia. Sono 103 le tonnellate di carne suina di origine irlandese importate a
partire dal 1° settembre e finite nella «lista nera»: sono contaminate, o
comunque ad alto rischio, e quindi non devono raggiungere il mercato.
Ne dà conferma, nel giorno in cui l’allarme che ha colpito mezza Europa si
estende alla carne bovina, la Regione. Renato Coassin, direttore del servizio di
sicurezza alimentare, igiene della nutrizione e sanità pubblica veterinaria,
invita tuttavia a non drammatizzare: spiega che la «caccia» alle carni infette o
sospette ha già avuto successo, aggiunge che i sequestri sono scattati e hanno
interessato tre stabilimenti del Friuli Venezia Giulia. «Premesso che il rischio
per i consumatori è limitato perché la diossina, al pari di tutti i
contaminanti, agisce su grandi quantità, abbiamo rintracciato quasi tutti i
103mila chilogrammi» dichiara il direttore del servizio regionale.
Neppure Coassin, però, può negare che una pur piccola quantità di carne suina
irlandese - inferiore ai 5mila chilogrammi - dev’essere ancora recuperata:
nessuno può escludere, anche se sinora i controlli dei Nas hanno dato esito
negativo, che sia finita sugli scaffali. «Ma già domani mattina (oggi, ndr)
dovremmo avere il quadro completo» sostiene il direttore del servizio di
Sicurezza alimentare.
La Regione, di sicuro, non ha perso tempo: l’allerta rapido, il sistema europeo
che scatta quando c’è una contaminazione di prodotti alimentari che rappresenta
un grave rischio per la salute umana, è stato trasmesso domenica sera da Roma. E
sempre da Roma, ieri mattina, è arrivata la lista di commercializzazione, quella
che indica dove, come e quando sono entrate le partite di carne irlandese: «Le
partite importate in Friuli Venezia Giulia, pari a 103mila chilogrammi, sono
tutte imputate. Nemmeno le campioniamo, quando le troviamo, ma le poniamo sotto
sequestro in attesa che l’Irlanda se le riporti via, come prevedono le
normative» spiega Coassin.
Subito dopo, aggiunge che la Regione - non appena ricevuta la segnalazione
ministeriale - ha attivato i servizi veterinari delle Aziende sanitarie,
preposti a togliere dal mercato le carni contaminate o sospette. I controlli
hanno interessato tre stabilimenti del Friuli Venezia Giulia - quelli che dal 1°
settembre a oggi hanno ricevuto più partite dall’Irlanda - e hanno già portato
al sequestro di oltre 40 mila chilogrammi di carne e all’individuazione di gran
parte degli altri 63 mila. Solo 24 mila chilogrammi, infatti, sono stati
lavorati e trasformati - vuoi in prosciutto vuoi in fettina - e, di questi,
appena il 10/20 per cento è stato commercializzato e potrebbe essere in vendita.
Il condizionale, però, è di rigore: «Gli stessi stabilimenti - ricorda Coassin -
hanno l’obbligo di richiamare il prodotto e quindi i committenti potrebbero
essere già stati avvisati e aver ritirato la merce».
Il Consorzio del prosciutto di San Daniele, intanto, scende in campo. E
rassicura i consumatori: i maiali usati per produrre il celeberrimo prosciutto
sono nati e allevati in Italia e possono mangiare «per legge» solo determinati
alimenti prevalentemente di origine vegetale. Non solo: i controlli sui prodotti
Dop sono rigorosi, dalla nascita alla macellazione, e quindi il rischio diossina
non esiste.
L’emergenza, tuttavia, non rientra. Anzi, si estende: la Regione, oltre a
completare il sequestro di carne suina, deve infatti occuparsi di effettuare
controlli a campione sul 25% dei bovini in entrata dall’Irlanda. L’ordine,
ufficiale, è arrivato ieri pomeriggio. Ancora una volta da Roma.
ROBERTA GIANI
Maiale alla diossina, intensificati i controlli -
I supermercati: nessun allarme, smercio normale. Cartello da Bosco: «Carne
italiana»
NEMEZ (CONSUMATORI): VERIFICARE SULL’ETICHETTA LA PROVENIENZA DELLA CARNE
«Consiglio ai consumatori triestini di controllare l’etichetta sulla
provenienza delle carni di suino provenienti dall’Irlanda. Se è stampato il
numero 24 vicino al codice a barre, quella carne non va bene».
Lo dice Luisa Nemez, presidente dell’Organizzazione tutela consumatori, che
invita gli acquirenti ad aumentare i controlli e il livello di attenzione dopo
l’ennesimo allarme alimentare relativo alla carne inquinata con la diossina.
«Quello che accade con le truffe alimentari in questo periodo - dice Nemez - è
sconvolgente. La gente deve abituarsi a controllare la provenienza dei prodotti,
ma anche le aziende hanno l’obbligo di rispettare le leggi».
I carabinieri del Nas (Nucleo antisofisticazioni) hanno intanto intensificato a
Trieste i controlli tanto nei supermercati quanto nei punti vendita autonomi. Le
verifiche sono iniziate già nello scorso mese di settembre. E fin da qual
momento ogni giorno vengono effettuati dei controlli sulla provenienza.
«Ultimamente abbiamo attuato nuove verifiche anche a Trieste», spiegano dal
comando regionale di Udine.
E che l’attenzione per l’eventuale presenza nelle rivendite di carne di maiale
irlandese abbia fatto capolino in città lo si capisce dal cartello affisso ieri
in alcuni supermercati, come al Bosco in via Settefontane: «Carne di maiale
italiano». «Qualcuno ha chiesto informazioni e così abbiamo voluto
rassicurarlo», spiegano alla macelleria delle Cooperative operaie di Largo
Barriera.
Altri esercenti affermano di non avere avuto alcuna ripercussione negativa.
Anche dal Despar di viale Miramare arriva una conferma: «Abbiamo lavorato
normalmente. Nessuno si è preoccupato». E così anche all’Eurospesa di via
Raffineria: «Non c’è stata alcuna preoccupazione. Nessuno ci ha fatto domande».
L’allarme è scattato pochi giorni fa. L'iniziativa adottata da Bruxelles
rappresenta una misura precauzionale che viene attivata ogni volta che si
registrano, ovunque nei 27 Paesi membri, problemi di un certo rilievo
riguardanti la catena alimentare ed è destinata a garantire la protezione della
salute pubblica.
Energia pulita sulle navi Fincantieri - A
Civitavecchia la prima banchina pilota del Mediterraneo
PROGETTO CON ENEL PRESENTATO A VENEZIA
VENEZIA È un progetto che permetterà alle navi da crociera di spegnere,
quando sostano in porto, i generatori elettrici di bordo e di utilizzare energia
prodotta da fonti rinnovabili (energia eolica e fotovoltaica in particolare)
eliminando così le emissioni gassose.
Lo ha presentato ieri al Seatrade-Med di Venezia, la più importante convention
europea delle crociere e dei traghetti, Fincantieri in collaborazione con
l’Autorità portuale di Civitavecchia ed Enel. E a Civitavecchia, infatti, che
sarà realizzata, con una spesa di 7-8 milioni di euro, una banchina pilota di
questo tipo, la prima in Mediterraneo. «Ma a tutte le navi che usciranno da
Fincantieri - ha annunciato l’ingegner Maurizio Cergoglia - avranno questa
possibilità di connessione».
Fincantieri ha apportato al progetto l’esperienza maturata nei sistemi di
generazione e distribuzione elettrica attraverso la costruzione delle navi e
così Enel ha potuto predisporre la rete di terra. Il progetto pilota è partito a
Civitavecchia perché è oggi il porto leader del Mediterraneo per le crociere con
oltre mille navi e un milione e 800.000 crocieristi nel 2008.
(s.m.)
«Per Villa Rosa serve un vincolo totale» Italia Nostra
chiede alla Soprintendenza di ampliare la tutela - PROTETTA LA SOLA FACCIATA
Italia Nostra, con la sua presidente della sezione triestina Giulia
Giacomich, prende carta e penna per esternare al soprintendente Guglielmo Monti
e al direttore regionale per i beni culturali e paesaggistici Roberto di Paola
di essere «molto dispiaciuta» per il futuro tracciato dalla stessa
Soprintendenza per Villa Rosa. Il pregevole edificio di via Manna, ex sede della
Glasbena Matica, da tempo al centro di un progetto che prevede al suo posto la
costruzione di una nuova palazzina a cinque piani, sarà tutelato dalla
Soprintendenza con il solo «vincolo parziale». Vale a dire che a essere tutelata
sarà la sola facciata di Villa Rosa. E «questo - scrive Italia Nostra - dopo che
alla villa era stato riconosciuto il valore culturale di bene storico meritevole
di tutela e dopo che gli interni erano stati colpevolmente distrutti».
«A nostro parere - aggiunge l’associazione ambientalista - il vincolo parziale
corrisponde di fatto a un'autorizzazione alla demolizione, in quanto la facciata
diverrebbe un simulacro insignificante dell'edificio storico». Di qui la
richiesta alla Soprintendenza, affinché «mutando parere si risolva a imporre un
vincolo totale, in quanto l'edificio ha una sua struttura d'epoca che va
mantenuta e non snaturata, può essere restaurato e riportato alla dignità di un
tempo, almeno negli esterni. Ci spiace che il diritto alla tutela dei beni
culturali, che il cittadino giustamente rivendica, sia spesso prevaricato da
interessi economici di singoli», aggiunge Italia Nostra.
Interventi di riqualificazione energetica - DECRETO
ANTICRISI - Recupero Irpef
Sono profondamente indignata per quanto sta accadendo nel nostro Paese. Mi
riferisco al decreto-legge anticrisi del 28 novembre scorso.
L'articolo 29 di tale decreto in pratica annulla il recupero del 55% dell'Irpef
spettante per interventi di riqualificazione energetica degli edifici. Tale
agevolazione, già in vigore nel 2007, era stata prorogata a tutto il 2010.
In virtù di ciò tante persone come me si sono decise, dopo anni, ad effettuare
lavori necessari e a lungo procrastinati, proprio contando sulla possibilità di
usufruire dei benefici statali. Ma ecco che un paio di giorni fa, con un
decreto-legge retroattivo, emanato a fine anno, tutto è svanito nel nulla.
Mancano i fondi o meglio si potrebbe pensare che i contributi destinati
originariamente al recupero del 55% dell'Irpef siano stati dirottati altrove (il
salvataggio di Alitalia?) e pertanto gli ingenui e ignari contribuenti che hanno
eseguito lavori seguendo per filo e per segno quanto la legge stabiliva si
trovano con un paio di mosche in mano, o meglio con dei soldi che non
recupereranno mai più.
In effetti si calcola che soltanto un contribuente su dieci riuscirà a
beneficiare dell'agognato 55%, tutti gli altri si dovranno accontentare del 36%
spalmato su dieci anni, ma attenzione per un importo massimo di 48.000 euro.
Per la somma eccedente non si riceverà nulla. E questa è una doppia beffa perché
gli interventi di risparmio energetico sono particolarmente onerosi.
C'è da chiedersi se l'Italia sia ancora uno stato democratico.
Mariagrazia Capelletti
IL PICCOLO - MARTEDI', 9 dicembre 2008
L’Italia ottiene la revisione sulle energie
rinnovabili. La Merkel si è detta decisa a dare battaglia
IL PACCHETTO CLIMA-ENERGIA DISCUSSO A BRUXELLES - Clima, Frattini all’Ue:
«Siamo insoddisfatti»
BRUXELLES L'Italia strappa a livello europeo la possibilità di rivedere nel
2014 gli obiettivi per le energie rinnovabili, avvicinando così le prospettive
di un compromesso sul pacchetto clima-energia al vertice dei capi di stato e di
governo della Ue di giovedì e venerdì prossimi.
L'annuncio dell'intesa è stato dato dal ministro Claudio Scajola al termine di
una lunga giornata in cui - su tavoli diversi - il titolare dello Sviluppo
economico e il ministro degli Esteri Franco Frattini hanno negoziato a Bruxelles
per fare valere le richieste italiane di modifica delle misure europee.
«Abbiamo fatto progressi giganteschi, grazie al forte pressing del governo
Berlusconi», ha detto Scajola. «Dobbiamo augurarci che la forte credibilità del
presidente Berlusconi consenta di mantenere questo risultato», ha aggiunto,
ricordando che ora bisogna convincere anche l'Europarlamento. I deputati
europei, infatti, si sono finora espressi contro la clausola di revisione al
2014 della direttiva con cui l'Europa intende raggiungere l'obiettivo del 20% di
consumi da energie pulite entro il 2020.
Nel testo di compromesso strappato ieri non si parla esplicitamente di
«revisione», ma si chiede alla Commissione Ue di presentare nel 2014 un rapporto
per proporre «adeguati adattamenti delle misure di cooperazione in modo da
migliorare l'efficacia dell'obiettivo del 20%. Queste proposte non dovranno
intaccare l'obiettivo generale del 20%, né il controllo degli Stati membri sui
propri sistemi di sostegno e cooperazione nazionale».
Secondo l'Italia, il testo lascia sufficiente spazio per potere rimettere in
discussione, qualora ce ne fosse bisogno, anche il target del 17% assegnato al
nostro Paese nella ripartizione degli oneri a livello europeo, sulla base del
Pil procapite. Roma vorrebbe un obiettivo definito sulle emissioni di Co2
procapite, che farebbe scendere l'impegno nazionale a quota 14%.
Secondo il ministro francese all'ecologia, Jean-Louis Borloo, il compromesso non
mette invece in causa gli obiettivi nazionali «che restano intoccabili». Il
testo è però sufficientemente ambiguo per non escludere del tutto questa
eventualità e consente all'Italia di incassare un primo successo. Da Roma, il
ministro dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo ha commentato con favore gli
ultimi sviluppi, affermando che la presidenza francese sta andando «nella giusta
direzione».
Restano però nodi importanti. Lo ha ricordato Frattini affermando che l'Italia è
pronta «ad un compromesso, ma non ad ogni costo». Tra i punti irrinunciabili, le
deroghe di salvaguardia per le industrie manifatturiere e la clausola per una
revisione generale del pacchetto alla luce dei risultati della Conferenza
mondiale sul clima di Copenaghen alla fine del 2009.
«Mercoledì la presidenza francese presenterà un nuovo compromesso e ci auguriamo
che le nostre richieste vengano soddisfatte», ha detto Frattini, secondo il
quale «si negozieranno anche le virgole». E l'Italia non è sola. «Ci sono altri
Paesi europei che in modo assai più drastico di noi hanno detto oggi di non
poter accettare il testo attuale», ha riferito il titolare della Farnesina. Tra
questi la Gran Bretagna, che non vuol neppure sentire parlare di un fondo di
solidarietà per aiutare i Paesi dell'Europa dell'Est, ancora prevalentemente
dipendenti dal carbone, e la Germania. Il cancelliere tedesco Angela Merkel
ancora ieri ha ribadito che giovedì a Bruxelles non accetterà «misure che
mettano in pericolo posti di lavoro o investimenti in Germania». La Merkel ha
spiegato la sua posizione in un'intervista al tabloid Bild provocando la dura
reazione non solo dei Verdi, ma anche all'interno del suo stesso Partito. «Il
summit Ue non passerà alcuna risoluzione per la protezione dell'ambiente che
metta in pericolo posti di lavoro o investimenti in Germania», ha detto la
cancelliera aggiungendo: «Mi occuperò personalmente di questo».
Diritti dell’uomo: domani i 60 anni - Incontro
con Amnesty international e concerto «Musica senza confini»
Ricorre domani il 60° anniversario della Dichiarazione dei diritti umani da
parte delle Nazioni Unite. L’importante anniversario sarà celebrato anche a
Trieste, con due iniziative. La prima è un incontro pubblico organizzato da
Amnesty International, in collaborazione con la Provincia e il Dipartimento di
Storia dell’Università. L’altra iniziativa si intitola «Musica senza confini» e
si svolgerà fra Trieste e Sesana con l’adesione di Cgil, Cisl e Uil.
La manifestazione curata da Amnesty International è in programma alle 10 al
Caffè degli specchi, in piazza Unità d’Italia, e sarà incentrata sui casi della
Cecenia e di Guantanamo. A introdurre l’incontro sarà Giuliano Prandini,
coordinatore di Amnesty international per la Federazione russsa.
Sulla violazione dei diritti umani nella Federazione russa sarà Tatiana Lokshina,
vicedirettore dell’ufficio di Mosca di Human Rights Watch . Sul «caso Guantanamo»
si soffermerà invece Ruhal Ahmed, britannico di origine pachistana, detenuto per
più di due anni senza accuse a Guantanamo; la sua storia ha ispirato il film
«Road to Guantanamo». Le conclusioni dell’incontro saranno tratte da Domenico
Affinito, vicepresidente di«Reporters sans frontieres».
L’altra iniziativa, «Musica senza confini», è in collegamento con le
manifestazioni della Tavola della pace e si inquadra nel Progetto interventi
civili di pace. E’ stata concordata da un comitato formato dal Comune di Sgonico,
dalla Provincia e da altri enti, con le associazioni Multicultura, Musica senza
frontiere, Casa dei teatri e l’Ente italiano per la conoscenza della lingua e
cultura slovena.
In mattina a Sesana sono previsti un incontro nella sala del Consiglio comunale
e l’inaugurazione di una lapide dedicata a Danilo Dolci, poeta, pedagogo e
pacifista, tre volte candidato al Nobel per la pace. Alle 18, invece, nel
teatrino dell’ex Opp a Trieste, è in programma il concerto di «Musica senza
confini», con il quartetto di clarinetti della scuola di musica di Sesana, il
quartetto di flauti della Glasbena Matica, l’Henqueleth Brass Ensemble con gli
allievi del maestro Ferrari al Conservatorio Tartini, e il coro del Collegio del
Mondo Unuito diretto da Stefano Sacher.
LA REPUBBLICA - LUNEDI', 8 dicembre 2008
Incubo spazzatura elettronica - 14 chili all'anno per
abitante
Vecchi cavi, monitor in disuso, cellulari inutilizzati, ma anche frigoriferi,
lavastoviglie e tv. L'Onu lancia un piano di intervento.
E anche in Italia si fa largo una nuova normativa per
il riciclo e lo smaltimento
SAREMO presto sommersi da vecchi cavi, monitor in disuso, cellulari
inutilizzati, ma anche da frigoriferi rotti, lavastoviglie arrugginite o
televisori abbandonati. E come se non bastasse, lo tsunami di elettrodomestici
obsoleti che si sta per abbattere su di noi porta con sé materiali tossici e
sostanze chimiche come la plastica in Pvc, piombo, cadmio, e mercurio. Non lo
dice Frate Indovino o il solito ecologista estremista. E' ciò che ci attende
dietro l'angolo. Fra qualche anno. Ed è quanto sta già succedendo in alcuni
paesi in via di sviluppo, ridotti a privata discarica del vecchio continente.
Parola di Onu. Che per affrontare il problema dei rifiuti tecnologici (eWaste)
ha lanciato e finanziato il corposo programma Step. In Italia, però, si sta
facendo largo una nuova normativa per il riciclo e lo smaltimento. A cui si
aggiungono iniziative di Legambiente e Compagnia delle Opere, fra gli altri, per
favorire trasparenza e combattere lo spreco.
Il lato oscuro della tecnologia. Il volume dei rifiuti di apparecchiature
elettriche ed elettroniche (ufficialmente detti "Raee") ha raggiunto livelli
allarmanti in tutto il mondo e in Italia. Il Bel Paese nel 2006 ne ha prodotto
ben 800 mila tonnellate, di cui sono state raccolte 108 mila. Nello stesso
periodo in Europa si sono prodotti 8-12 milioni di tonnellate di Raee. Mentre l'Onu
stima tra i 20 e i 50 milioni le tonnellate di rifiuti hi-tech prodotti nel
mondo: più del 5% di tutti i rifiuti solidi urbani generati nell'intero pianeta.
E a farla da padrone, in futuro, saranno sempre più computer, tastiere,
cellulari: insomma l'armamentario completo dell'uomo 2.0.
Un fenomeno inarrestabile. L'ong ambientalista Greenpeace calcola che nel 2010
saranno oltre 710 milioni i nuovi computer immessi sul mercato globale (erano
183 milioni nel 2004). Proprio mentre nei paesi industrializzati la vita media
di un computer è calata dai 6 anni del 1997, ai 2 del 2005. Per non parlare dei
cellulari: se nel 2004 ne sono stati venduti 674 milioni esemplari nel mondo, in
Italia i telefonini che hanno trovato un padrone negli ultimi 12 mesi sono oltre
20 milioni, per una vita media di 4 mesi. Tanto che in ogni famiglia rimangono
abbandonati nei cassetti dai 2 ai 4 cellulari. Ma non basta. A questi prodotti
vanno infatti aggiunti grandi e piccoli elettrodomestici, apparecchiature di
illuminazione, giocattoli ed apparecchiature per lo sport e per il tempo libero,
dispositivi medici e molto altro.
Le principali rotte dei rifiuti tecnologici. Oggi si raccolgono in modo separato
meno di 2 kg. di Raee pro-capite all'anno in Italia, contro una media europea di
5 kg ed una produzione di rifiuti elettronici di circa 14 kg per abitante. E il
resto: dove va a finire?
Greenpeace stima che il 75% dei rifiuti europei seguano "flussi nascosti". La
percentuale sale all'80-90% nel caso di Raee prodotti negli Stati Uniti. Scarti
che fuggono al controllo delle autorità competenti per ricomparire come
d'incanto in discariche incontrollate in Africa, Ghana in primis, oppure in
riciclatori clandestini in Asia. Dove i lavoratori, spesso bambini, sono esposti
ai rischi legati al cocktail di composti chimici che questi rifiuti contengono e
sprigionano quando trattati in modo rudimentale e senza protezioni. Nessuna
novità, quindi, se come sostiene l'Onu i paesi in via di sviluppo triplicheranno
la produzione di Raee nei prossimi 5 anni.
La guida dei produttori più virtuosi. Sempre Greenpeace ha pensato bene di
prendere di mira le più importanti software house a stelle e strisce.
Dall'agosto 2006, quasi ogni mese, l'associazione ambientalista redige la sua
classifica delle aziende più o meno virtuose, di cui è appena uscita l'edizione
di dicembre 2008. Fra i criteri adottati per stilare l'elenco compaiono: la
presa in carico dello smaltimento del prodotto, l'uso di materie riciclabili,
l'assenza di composti chimici tossici. E sorpresa: la società più attenta agli
aspetti ecologici del proprio prodotto risulta essere la Nokia, col punteggio,
però, di appena 6.9 punti su 10, seguita da Sony Ericsson, Toshiba e Samsung
(5.9). Mentre agli ultimi posti si trovano Nintendo (0,8), Microsoft (2,9),
Lenovo (3,7) e Philips (4,1). E in mezzo altri colossi del calibro di Motorola
(5,3), Panasonic (5,1), Acer e Dell (4,7), Hp (4,5), e Apple (4,3).
Eppure qualcosa si muove anche in Italia. Il recente accordo siglato il 18
luglio fra l'Associazione dei Comuni Italiani (Anci) e il Centro di
Coordinamento Raee (istituito grazie al Decreto legislativo 151 del 25 luglio
2005), ha sancito infatti il definitivo passaggio della competenza sulla
gestione dei rifiuti tecnologici dai Comuni ai produttori. Dalle istituzioni,
quindi, alle aziende, riunite in consorzi per lo smaltimento o riciclo dei
prodotti. "I primi risultati sono incoraggianti - ha spiegato Giorgio Arienti,
Presidente del Centro, in occasione della recente fiera Ecomondo di Rimini
organizzata da Legambiente - ma resta ancora da fare". Prima fra tutti mettere
mano alla normativa: lo stesso decreto legislativo attende i decreti attuativi
dal 2005, sistematicamente rinviati di anno in anno, in calendario per il 31
dicembre di quest'anno. Ma anche a guardare i risultati fin qui raggiunti, la
strada è ancora molto lunga. Per quanto riguarda, infatti, l'attività di
raccolta effettuata dai sistemi collettivi presso i soli centri di raccolta
iscritti al Centro di Coordinamento, nel periodo compreso tra il primo gennaio e
il 30 settembre 2008 sono stati ritirati 33mila tonnellate di Raee. Troppo poco
se paragonate alle 800mila del 2006, ultimo dato complessivo di rifiuti prodotti
a disposizione.
L'esempio del Banco Informatico. Al pare dei suoi più conosciuti e seguiti
omologi, il Banco Alimentare (che in questi giorni ha celebrato al sua giornata
nazionale di raccolta) e il Banco Farmaceutico, il Banco Informatico Tecnologico
e Biomedico (BITeB) mira a raccogliere attrezzature d'ufficio come pc, monitor,
e stampanti, usati ma funzionanti, per poi donarli a scuole, università, opere
sociali, istituti di formazione in paesi in via di sviluppo e in Italia. "Unici
requisiti sono che il destinatario sia una onlus, e che dimostri di non essere
in grado di acquistare esemplari nuovi" dice il presidente del Banco
Informatico, Stefano Sala, e aggiunge "in Italia ogni anno viene smaltito un
milione di pc di cui il 10% sono ancora funzionanti, forse lenti, non
aggiornatissimi, ma basta rinnovarli, reinstallare il sistema operativo e il
gioco è fatto. Mandarli al macero sarebbe un vero spreco".
A chi gli fa notare che forse installando sistemi operativi GNU/Linux sui vecchi
computer recuperati (come fanno ad esempio i gruppi di Trashware sparsi in tutti
Italia), ridurrebbe la spesa e allungherebbe la vita dei pc, Sala risponde che
la maggior parte delle volte è lo stesso destinatario a richiedere il sistema
operativo di Microsoft: "Ormai il 60% dei computer che doniamo sono muniti di
Windows - precisa - mentre il restante 40% ha Linux oppure è lo stesso
destinatario che installa quello che preferisce".
Da agosto, infine, Banco Informatico si occupa anche di cellulari. In questo
caso non importa che funzionino o no. Quelli che non funzionano, infatti, non
vengono donati, ma spediti a un'azienda belga leader in Europa nel recupero di
telefoni cellulari dismessi, la Ecosol, che ne estrarrà e separerà i metalli
riutizzabili. In cambio il Banco riceverà un contributo economico non superiore
ai 5 euro per ogni pezzo raccolto.
Un esempio non isolato in Europa, se proprio da un'altra azienda belga, la
Brainscape Nv, è stato lanciato il sito Brainscape. eu, a cui hanno aderito l'ong
italiana Coopi e quella internazionale Medici senza Frontiere. Anche in questo
caso le due associazioni invitano i propri sostenitori a inviare loro i
cellulari dismessi. Brainscape devolverà un contributo economico alle due non
profit per ogni esemplare che riceverà.
RICCARDO BAGNATO
INQUINAMENTO - Lo smog minaccia la virilità - Una
ricerca inglese rivela: in diminuzione il lato maschile di animali e uomini -
Adesso il potere è femmina
LONDRA - Ciao maschio, stai diventando una maschia. Non è una battuta di
spirito. È la conclusione del più ampio studio mai condotto sul cambiamento di
genere sessuale, da cui risulta che l'esposizione a una serie di agenti chimici
ha "femminizzato" gli esemplari maschili di ogni classe di vertebrati, dai pesci
ai mammiferi, compreso l'uomo.
Gli studiosi hanno compilato un elenco di daini senza testicoli, pesci maschi
che ovulano, orsi ermafroditi, alligatori con il pene sempre più piccolo, orche
e balene a corto di spermatozoi. La ricerca afferma che il fenomeno minaccia di
mutare precipitosamente il corso dell'evoluzione, rischia di provocare la
scomparsa di numerose specie animali e fa suonare un campanello d'allarme anche
per gli esseri umani.
"Se vediamo problemi di questo tipo negli animali selvatici, dobbiamo
preoccuparci seriamente che qualcosa di simile stia accadendo a una rilevante
proporzione di uomini", dice il professor Lou Gillette della Florida University,
uno degli scienziati coinvolti nello studio.
Commissionato dalla ChemTrust, un'associazione britannica che si batte per
denunciare gli effetti nefasti dell'inquinamento chimico, e anticipato ieri dal
quotidiano Independent di Londra, il rapporto riunisce i risultati di oltre 250
studi accademici sull'argomento condotti in tutto il mondo. Si concentra
principalmente sugli animali che vivono in libertà, ma cita anche casi specifici
riguardanti l'uomo, come una ricerca della University of Rochester che ha
dimostrato come i bambini nati da madri con un aumentato livello di ftalato, un
acido chimico, hanno maggiori probabilità di avere il pene più piccolo e i
testicoli che non scendono.
Altre ricerche di questo tipo hanno evidenziato che i maschi di madri esposte a
certi agenti chimici crescono col desiderio di giocare con le bambole e col
servizio da tè invece che con giocattoli "maschili". Inoltre varie comunità
inquinate con fattori chimici ritenuti fonte di cambiamento di genere sessuale,
in Canada, in Russia e in Italia, hanno dato nascita a un numero di femmine
doppio della norma. Per tacere del fatto che il numero di spermatozoi sta
scendendo su tutta la linea. "Sommando tutti questi dati", commenta il professor
Nil Basu della Michigan University, "abbiamo prove piuttosto evidenti degli
effetti che esistono anche sull'uomo".
Ma i dati sugli animali sono ancora più impressionanti. Il rapporto parla di
coccodrilli maschi, esposti a pesticidi nelle paludi delle Everglades in
Florida, con un minore livello di testosterone, un maggiore livello di
estrogeni, anomalie nei testicoli, pene più corto del normale e problemi di
riproduzione. Parla di maschi di tartaruga nella regione dei Grandi Laghi con
caratteristiche genitali femminili. Rivela che a due terzi dei daini dell'Alaska
non scendono i testicoli, che al Polo sono stati trovati orsi ermafroditi, e
quelli che restano maschi hanno uno sperma ridotto e il pene più piccolo. Metà
dei pesci di sesso maschile nei fiumi britannici hanno un'ovulazione nei
testicoli.
Per tutto questo, il rapporto accusa più di 100 mila agenti chimici, presenti
nel cibo, nei prodotti elettronici, nei cosmetici, nei pesticidi, che
"indeboliscono" il genere maschile, femminizzandolo.
ENRICO FRANCESCHINI
IL PICCOLO - LUNEDI', 8 dicembre 2008
A Pedena proteste contro la Rockwool Forse nuovi test
- ALLARME AMBIENTALE
ALBONA Per due sere di seguito centinaia di abitanti di Sottopedena e dintorni
hanno manifestato in maniera spontanea dinanzi alla Fabbrica di lana di roccia
della danese Rockwool a causa dell'inquinamento atmosferico che provocherebbe,
secondo le loro testimonianze, difficoltà respiratorie e forti irritazioni della
gola e del naso. «Da quando la fabbrica ha aperto i battenti - sostengono i
manifestanti - invece di portare il benessere economico come promettevano i
politici, sta rendendo la nostra vita un inferno e trasformando la località in
una vallata di lacrime». Prima dell'arrivo della Rockwool, quella di Sottopedena
era una vallata fertile, rigogliosa nella quale cominciava a fiorire
l'agriturismo ora cancellato causa l'aria sicuramente non più ideale. Chi si è
indebitato per avviare l'agriturismo è venuto a trovarsi in una situazione a dir
poco disperata, con il credito da estinguere senza aver combinato nulla. L'altra
sera ai 350 e passa manifestanti si è unito il presidente della Regione Ivan
Nino Jakovcic, da più parti accusato di esser stato proprio lui a portare la
Rockwool in Istria. «Effettivamente si respira un’aria maleodorante, come di
pneumatici bruciati» ha detto Jakovcic aggiungendo che la Regione a questo punto
deve fare qualcosa per rendere respirabile l'aria nella zona. La manifestazione
di protesta si è protratta fino a tarda ora, seguita a vista da una pattuglia
della polizia. Si è verificato anche un incidente per fortuna senza conseguenze,
sicuramente originato dalla grande tensione tra chi lavora in fabbrica e i
dimostranti: un operaio che stava venendo al lavoro per il terzo turno si è
diretto con l'auto a tutto gas verso un gruppo di manifestanti che ha fatto
appena in tempo a scansarsi. Gli abitanti del luogo hanno fatto sapere che
replicheranno ogni sera i cortei di protesta fino a quando la «Rockwool non se
ne andrà». Dal canto suo la direzione aziendale risponde alle accuse sostenendo
che le emissioni dalla ciminiera rientrano nei limiti degli standard
ecologici,come dimostrerebbero i vari punti di monitoraggio. A favore di questa
affermazione arriva anche la notizia diffusa dall' agenzia croata Hina secondo
la quale l'Ispezione del Ministero per la tutela dell'ambiente non avrebbe
riscontrato alcuna irregolarità di ordine ecologico. Si fa strada l’ipotesi di
affidare un monitoraggio ambientale ad un'istituzione neutrale. La sezione
croata del Comitato di Helsinki per i diritti umani ha promesso tutto il suo
sostegno legale.
(p.r.)
IL PICCOLO - DOMENICA, 7 dicembre 2008
Riccardi: l’A4 ha superato la saturazione da Tir «I
fondi Ue per la Ronchi-Divaccia aiuteranno trasferire le merci sulla rotaia»
TRIESTE L’Ue dà i fondi per la progettazione della Trieste-Divaccia e della
Ronchi Sud-Trieste e l’assessore regionale ai Trasporti Riccardo Riccardi
esprime soddisfazione per l’attenzione di Bruxelles.
«Il mio ringraziamento va in particolare al vicepresidente della Commissione Ue
responsabile dei Trasporti, Antonio Tajani attento agli assi di trasporto
ferroviari che interessano la prospettiva internazionale della nostra regione»
sottolinea l'assessore. «Il grande impegno Ue è ovviamente rivolto alla
Torino-Lione - evidenzia Riccardi - per connettere le economie mediterranee,
quelle di Spagna e della parte meridionale della Francia, verso i nuovi mercati
del Centro-Est Europa, ma tra le decisioni assunte oggi dalla Ue risulta
inserita anche la tratta del Corridoio V ad Est di Budapest, con uno
stanziamento di 8 milioni di euro per gli studi preparatori della
Budapest-Nyiregyhaza, cioè per la linea ferroviaria che dalla capitale magiara
raggiunge Zahanoy, al confine con l'Ucraina, e da qui la capitale Kiev».
«La grande direttrice su rotaia da Francia ed Italia verso Slovenia, Ungheria ed
Ucraina rappresenta il fulcro di un nuovo sviluppo delle relazioni economiche e
commerciali dell'Europa meridionale - osserva Riccardi - e, per la nostra
regione, la possibilità di incrementare il ruolo della piattaforma logistica FVG,
legando le linee marittime alla migliore modalità di trasporto merci su terra,
considerato anche che il traffico pesante su strada è ormai al di là di
qualsiasi tipo di saturazione (come le vicende sulla A4 dimostrano tangibilmente
ogni giorno) e comunque destinato a crescere negli anni futuri».
Trieste ultima nella raccolta differenziata - I
VANTAGGI DEL RICICLO
È risaputo che Trieste ha il triste primato di essere una città in cui la
raccolta differenziata dei rifiuti è di un misero 18% (3 volte esatte in meno
che a Gorizia e Pordenone) e allo stesso tempo di avere una tassa per lo
smaltimento (Tarsu) tra le più alte in assoluto della nazione. Neppure nella
stragrande maggioranza dei luoghi destinati all’istruzione della gioventù
(scuole ed istituti) si presagiscono grandi segnali di cambiamento tranne,
forse, all’Università nuova ove in più punti nei piazzali interni troviamo le
campane per la raccolta della carta.
Da tempo mi sono chiesto: come mai e se c’è una relazione tra i due «primati»
sopra esposti e se è un bene tutto ciò per la collettività!? Ricordo a proposito
che nel 1997, anno di uscita del «Decreto Ronchi», conobbi nel Pordenonese
alcuni industriali lungimiranti che riciclavano quintali di scarti di
lavorazione all’interno delle loro unità produttive avendone solo vantaggi
economici. Infatti chi di loro si occupava di stampaggio ad iniezione di materie
termoplastiche tritava in mulini gli scarti (sbavature, pezzi deformi…) per poi
rimetterli nelle tramogge delle presse. Chi invece si occupava di lavorazione
del legno massello si era dotato di una centrale termica centralizzata a
trucioli in cui andava a bruciare tutta la segatura di scarto riscaldando tutti
i reparti ed uffici. Potrei continuare dicendo che altri la centrale la avevano
installata ad oli esausti e vi bruciavano, con opportuni filtri, i lubrificanti
che venivano sostituiti nei tagliandi.
In merito credo si dovrebbero avviare delle campagne di sensibilizzazione nelle
scuole per indicare la giusta via delle «tre R»: ridurre, recuperare, riciclare.
Ne avremmo tutti da guadagnarci.
Fabio Dotta
IL PICCOLO - SABATO, 6 dicembre 2008
Pista ciclabile, prima di Natale la passatoia su via
dell’Istria - Sarà montata nella notte tra il 21 e il 22 dicembre davanti
al Burlo
Park dell’ospedale chiuso, nell’area le operazioni di trasporto e deposito
delle componenti
Un altro tassello verso la realizzazione della pista ciclabile, i cui lavori
sono partiti ormai ben otto anni fa.
Prima di Natale il tratto di pista ciclabile realizzato a San Giacomo sarà
collegato al resto del percorso, la cui totale ultimazione è prevista per la
prossima primavera. Nella notte tra il 21 e il 22 dicembre, davanti all’ospedale
infantile Burlo Garofolo, verrà montata la campata principale della passatoia
metallica che svetterà sopra via dell’Istria a un’altezza di circa quattro
metri. In questi giorni sono iniziate le operazioni di trasporto dei componenti
del ponte e dei materiali necessari alla sua costruzione, che rimarranno nel
parcheggio riservato ai visitatori della struttura sanitaria, per una quindicina
di giorni.
«Stiamo rispettando le tempistiche che avevamo stabilito, per cui, tempo
permettendo, prima delle festività il ponte sarà posizionato», spiega
l’assessore provinciale ai Lavori pubblici Mauro Tommasini: «Le operazioni di
montaggio della struttura sopraelevata verranno effettuate tra il 21 e il 22, di
notte, dopo il passaggio dell’ultimo autobus, così da non creare problemi alla
viabilità. In quelle ore il traffico è ridotto anche in un’arteria importante
come via dell’Istria, quindi i lavori potranno essere eseguiti rapidamente.
Inoltre, per non causare disagi all’ospedale, in seguito alla temporanea
chiusura del nuovo posteggio per gli ospiti viene messa a disposizione degli
utenti la vicina area di sosta privata. In questo modo è garantita la
disponibilità di una quarantina di parcheggi».
La passatoia, realizzata completamente in metallo per abbattere i costi di
manutenzione, risulterà lunga circa 140 metri. In questo modo verrà superato il
problema del forte dislivello esistente tra il tratto di percorso a valle di via
dell’Istria e quello a monte, senza dover far ricorso a scalinate. Data
l’estensione del ponte, che sarà collaudato e dotato di ringhiere di sicurezza,
la salita apparirà infatti dolce e potrà essere affrontata senza sforzo anche
dai ciclisti meno allenati e dai bambini. Una volta conclusi i lavori davanti al
Burlo, le operazioni si concentreranno nella porzione di pista che si snoda
verso Campanelle e Giarizzole. Il tracciato dell’antica ferrovia, che un tempo
collegava Campo Marzio ed Erpelle, verrà dunque ripulito dalla vegetazione e
dalla sporcizia accumulatasi e delimitato con nuove recinzioni.
In questi giorni proseguono intanto la rimozione dei rottami di automobile
presenti nell’ex deposito che sorgeva proprio sul tracciato del percorso
ciclabile, nelle vicinanze di Campanelle e la riparazione della pavimentazione
nell’area adiacente l’infopoint, tra le vie Orlandini e Ponziana. La costruzione
della pista ciclabile è iniziata nel 2000, con la realizzazione della sezione
tra San Giuseppe della Chiusa ed il confine con la Slovenia. Successivamente
sono, poi, stati ultimati il sottopassaggio della strada provinciale di
Prebenico, i posteggi di fronte al Burlo e in via Gramsci e i tratti urbani del
percorso, da Campanelle a Sant’Anna e quello tra Raute e Cattinara. La totale
conclusione del progetto è stata, però, notevolmente rallentata dalla presenza
sul tracciato di un deposito di automobili, per rimuovere il quale la Provincia
è ricorsa alle vie legali.
Mattia Assandri
Raccolta rifiuti a San Dorligo, nuovo appalto -
Il servizio è in scadenza a fine mese, il Comune stanzierà 300mila euro
SAN DORLIGO DELLA VALLE-DOLINA Un nuovo capitolo nella vicenda dei rifiuti di
San Dorligo della Valle sta per aprirsi. Su proposta dell’assessore ai Servizi
esterni Igor Tul gli uffici comunali competenti per l’area tecnica urbanistica
hanno indetto una gara d’appalto per il servizio di raccolta dei rifiuti solidi
urbani in scadenza a fine mese. Per l’esecuzione del servizio il Comune di San
Dorligo corrisponderà alla ditta appaltatrice il canone annuo, corrispondente
pari a 300mila euro, «oltre Iva in ragione di legge e agli oneri di sicurezza
quantificabili nel 3% sull’importo a base d’asta».
La ditta appaltatrice potrà stipulare contratti integrativi con le singole
utenze private per incremento delle frequenze di servizio e/o altri accordi
nonché subappaltare i vari servizi legati alla raccolta dei rifiuti, lo
stoccaggio, il trasporto e il conferimento all’inceneritore, come pure lo
smaltimento e/o avvio al recupero dei rifiuti differenziati. Sarà così cura
della ditta appaltatrice provvedere alla fornitura e posizionamento presso il
Centro di raccolta comunale di contenitori per la raccolta differenziata. L’ente
appaltatore gestirà poi l’ecosportello con compiti che andranno dal ricevere
segnalazioni dalla cittadinanza alla ricezione delle denunce per cessazioni e
trasferimenti di utenze alla gestione dei microchips transponder. La ditta
appaltatrice dovrà infine provvedere a proprie cure e spese e con il proprio
personale alla gestione del Centro di raccolta rifiuti comunale di Bagnoli, al
quale si potranno rivolgere solo i cittadini del Comune di San Dorligo della
Valle.
Questo il commento dell’assessore Igor Tul: «Abbiamo riscontrato che in passato
spesso le diverse competenze tra i vari enti che gestivano la raccolta dei
rifiuti e tutte le attività inerenti hanno creato spesso disagi ed è per questo
motivo che vogliamo che ora ci sia un’unica ditta che abbia la gestione di
tutto, escludendo il discorso dei rifiuti differenziati che verrà sempre seguito
direttamente dal Comune». Molto duro il commento del consigliere d’opposizione
Boris Gombac (Uniti nelle Tradizioni): «Mentre sta per partire il referendum per
l’abrogazione del servizio porta a porta che ha prodotto solamente un accumulo
di aumenti tariffari a carico dei contribuenti del Comune e fatto imbufalire la
popolazione per i disservizi e l’imposizione autoritaria di immagazzinare in
casa i rifiuti, l’amministrazione comunale, non sapendo dare una risposta al
totale fallimento sull’applicazione dei microchips, ha deciso di appaltare quasi
la totalità del servizio di nettezza urbana, cioè di privatizzare tale servizio,
senza neppure presentare in Consiglio comunale tale progetto, come se si
trattasse di un affare privato».
Questo invece il commento di Giorgio Jercog (Oltre il Polo Per San Dorligo): «Il
discorso sui rifiuti è già materia di campagna elettorale da parecchio tempo.
Personalmente non siamo favorevoli all’impostazione attuale del porta a porta
che va corretto soprattutto per quanto concerne le tariffe, gli orari nel quale
esporre i bidoncini e le dimensioni stesse dei bidoncini».
Riccardo Tosques
Via libera Ue al progetto della Trieste-Divaccia Da
Bruxelles 1, 6 miliardi per i corridoi europei LE GRANDI RETI DI TRASPORTO
Costa: «La realizzazione delle grandi opere è una sfida pari all’ingresso
dell’Italia nell’Euro»
VERONA Ci sono i soldi per la progettazione completa della tratta
ferroviaria Ronchi-Trieste-Divaccia, quasi 150 milioni di euro. Ieri a Verona il
vicepresidente della Commissione europea e Commissario ai trasporti, Antonio
Tajani, ha firmato gli accordi con Italia e Slovenia e ha «distribuito» i soldi
che l’Europa ha destinato a 11 progetti delle reti transuropee di trasporti
(Ten-T) per oltre 1,6 miliardi. Dei 150 milioni destinati alla tratta
ferroviaria circa 70 sono stanziati dalla Commissione europea. L’altra metà deve
essere finanziata, in parti diverse, dallo Stato italiano e da quello sloveno. E
ieri a Verona sia il ministro ai trasporti italiano Altero Matteoli che il
sottosegretario ai Trasporti del governo sloveno, Igor Jakomin, hanno confermato
che i soldi «ci sono tutti». Un’ulteriore conferma arriva anche dai tecnici
delle Ferrovie italiane, in particolare dal protagonista della progettazione
della tratta, l’ingegner Mario Goliani, triestino, presente a Verona, che ha
ribadito: i contratti di programma sono finanziati.
Parte la Trieste-Divaccia. Nel 2009 parte la progettazione delle due tratte
della Ronchi-Trieste e Trieste-Divaccia, si tratta comunque di qualcosa che è
più di un progetto: questa opera è completa, contiene sia lo studio di
fattibilità, che quello progettuale e quello cosiddetto esecutivo. La fine è
prevista per il 2013, ma i cantieri per le opere potrebbero essere aperti già
tra il 2011 e 2012, bisognerà fare una gara europea per l’appalto e soprattutto
stanziamenti importanti. Per realizzare la Ronchi-Trieste servono 1 miliardo e
930 milioni di euro, per la Trieste-Divaccia invece 2 miliardi e 400 milioni.
Bene sul versante a Est, male invece sulla tratta che da Mestre porta in
particolare a Portogruaro e a Cervignano. Gli studi di progettazione sono
finanziati, ma è tutto bloccato dai problemi locali. «Noi siamo pronti – sbotta
l’ad delle Ferrovie Mauro Moretti – basta che non vengano fuori altri problemi
sull’impatto ambientale dai vari territori. Tra Monfalcone e Trieste poi i
problemi sono stati addirittura di provenienza divina...».
Direttrice Ovest-Est. E tra i punti ieri è emersa anche la sproporzione degli
sforzi sulle infrastrutture (ferrovie ma anche strade) tra la direttrice
Nord-Sud d’Europa e quella da Ovest a Est. Sul progetto prioritario 1 sono
impegnati 59 miliardi di euro tra strade e ferrovie e di questi 35 sono su
cantieri già aperti. Sul progetto prioritario 6 (che comprende il corridoio V)
sono stanziati solo 38 miliardi di euro, 10,8 per strade e 27,1 su ferrovie, ma
solo 6 miliardi riguardano oper cantierate. Il commissario Tajani ieri ha
ribadito: «Oltre agli sforzi dei governi serve anche il contributo dei privati,
faremo in modo di fornire tutte le garanzie necessarie agli investimenti con
appositi strumenti di pianificazione» mentre il ministro italiano Matteoli ha
parlato di «unico volano, quello degli invesimenti sulle infrastrutture, per far
ripartire il paese e farlo uscire dalla crisi».
Undici progetti finanziari. Un volano che ieri l’Europa ha offerto non solo
all’Italia e alla Slovenia, ma anche alla Francia, all’Austria, a Germania e
Ungheria. Undici i progetti finanziati al termine del vertice di Verona che sarà
ricordato come un evento. Tra in progetti quello sulla Torino-Lione e finalmente
ieri i francesi con Matteoli hanno annunciato e descritto il percorso definitivo
che tanto ha fatto discutere in Italia (4, 7 milioni più altri 672 circa per la
sezione transfrontaliera), quello della galleria del Brennero (in totale 850
milioni), il nodo di Genova (5 milioni) e per gli studi preparatori della linea
unghrese Budapest-Keleti/ Miskolc-Nyiregyhaza (8 milioni).
C’erano tutti i protagonisti delle reti transeuropee a Verona ieri riuniti dal
presidente della Provincia, Elio Mosele, oltre a Tajani e Matteoli il
coordinatore europeo del Progetto prioritario 1 (Nord-Sud) Karel Von Miert, l’ad
delle Ferrovie Moretti, il presidente della Commissione Trasporti del Parlamento
europeo Paolo Costa, il sottosegretario francese e quello sloveno ai Trasporti,
Igor Jakomin originario di Portorose. Per la Trieste-Divaccia la Commissione
europea ha stanziato 50,7 milioni. L’Italia dovrà mettere sul tavolo 22 milioni,
la Slovenia 28,7. Per la tratta Ronchi-Trieste il contributo Ue è di 24 milioni,
all’Italia è richiesta una spesa di altri 24 milioni.
Capodistria: intesa strategica. «Per noi è una doppia soddifazione – ha
commentato Jakomin – il nodo ferroviario verso il porto di Capodistria è
strategico. Come è strategica la collaborazione, che è strettissima, con gli
italiani. Siamo lieti di lavorare assieme. Nel 91 avevamo soltano 50 chilometri
di autostrade, abbiamo investito ed ora i chilometri sono diventati 470. Ora
tocca alle ferrovie che hanno un ruolo vitale. Investiamo sul versante italiano
ma abbiamo già fatto interventi su quello ungherese di Murska Sobota». Un cambio
radicale di atteggiamento degli sloveni che in principio erano restii a fare
invstimenti sulla rete ferroviaria. E da quanto si sa il governo sloveno sta
lavorando in silenzio su altri progetti per velocizzare la realizzazione delle
linee. «Oggi si può dire che abbiamo iniziato – commenta a margine – si tratta
di investimenti così importanti che è difficile dire che siamo in ritardo. È
quasi ultimata l’autostrada, Budapest è ormai vicinissima con i mercati
dell’Est, quelli emergenti, ed ora si deve correre ancora con le ferrovie. Tutti
noi che abitiamo in queste terre che io considero dell’Euroregione, dobbiamo
esere contenti di questi progetti e del via ricevuto oggi».
Van Miert: rispettare i tempi. Per partire veramente però manca ancora un
tassello, la Conferenza intergovernativa italo-slovena (Cig). Era in programma
in dicembre, è slittata a gennaio (data da fissare) e probabilmente si terrà a
Roma. Ma è tutto pronto e i rispettivi governi, si è saputo ieri, hanno già
nominato i rappresentanti dei ministeri. A Verona si è tenuta nel pomeriggio la
Cig tra Italia e Austria. Ma dal palazzo deella Gran Guardia che ha ospitato il
vertice sulle reti transeuropee è arrivato anche un forte monito dai «padri»
delle Ten, Karel Van Miert che ha richiamato su «tempi certi su programmi
finanziari e risposte sulle valutazioni ambientali» e da Paolo Costa.
Costa: un atto di coraggio. «Ci servono 250 miliardi per completare tutte le
reti - ha detto – sembra una cifra enorme ma non lo è. Serve un atto di corggio
da parte di tutta l’Europa. Lo dico alla Merkel che governa la Germania. Abbia
lo stesso coraggio che ha avuto Kohl quando è passato dal marco all’euro. Si può
fare di più, creiamo un fondo sovrano europeo per realizzare queste
infrastrutture con il contributo di tutti gli stati membri». Una cifra che non è
irraggiungibile: in 10 anni, dal 1996 al 2006, l’Europa per realizzare le
infrastrutture esistenti ne ha spesi già oltre 260 di miliardi.
GIULIO GARAU
TERNA - Energia, brusco calo dei consumi in
novembre
ROMA Brusco calo dei consumi elettrici, che a novembre hanno registrato una
diminuzione del -6,3% rispetto allo stesso mese del 2007. La richiesta di
energia in Italia è stata pari a 26,8 miliardi di kWh. Lo comunica Terna, la
società che gestisce la rete elettrica. Il risultato ha risentito di un giorno
lavorativo in meno (20 contro 21 del novembre 2007) e di una temperatura media
mensile superiore di poco più di un grado e mezzo a confronto con lo stesso
periodo dello scorso anno.
Sciopero dei bus, si torna a piedi a Melara - TRASPORTI
E DISSERVIZI
Lunedì sera due poveri cristi, colti da un raptus di senso civico, hanno deciso
di andare fuori a cena in città, e poi al cinema, usando gli autobus invece di
posteggiare la macchina in seconda fila da qualche parte. Sono poi dovuti
tornare a casa a piedi, a Melara purtroppo, 4 km e 200 metri di dislivello in
salita, perché né alle 22.30, né alle 23, alcun autobus della linea A si è mosso
da piazza Goldoni, Certo, potevamo sborsare 15 euro e farci portare a casa da
uno dei taxi più cari del mondo che volteggiavano come avvoltoi attorno alla
piazza: mai!
Cose di questo genere non devono, ma possono, accadere; tanto per dire, quella
linea serve anche l’ospedale cittadino...
Qualcuno dice che si è trattato di uno sciopero. Sciopero? Ma se altri autobus
andavano, se non c’era alcun avviso...
Mi risulta che nei servizi essenziali non si possa scioperare così, a
singhiozzo, a chi capita capita...
Sono pienamente cosciente del fatto che i guidatori degli autobus hanno non una,
ma cento buone ragioni per scioperare...
Ma chi si accorge di questi scioperi? Sono i due poveri cristi che d’ora in poi
saranno vaccinati contro i raptus di senso civico... tanto nessuno, mai, mette
multa alle auto in seconda fila... per motivi di consenso elettorale?
Facciamo almeno una cosa. Credo che l’Azienda trasporti riceva dei soldi per
svolgere il suo servizio, dato che sappiamo che non basta, né qui né altrove, il
ricavato dei biglietti... chiunque sia a pagare, Comune, Regione, non lo so,
sappia che lunedì 1 dicembre il servizio non è stato erogato e trattenga il
dovuto... almeno questo, per giustizia.
Paolo Privitera
Gas Natural - REPLICA
Con riferimento alla lettera del signor Sergio Baldassi del 4 dicembre, desidero
precisare che non era mia intenzione esprimere un concetto come quello
contestato dal gentile lettore, ovvero che «solo in Italia accadono fatti del
genere» con riferimento alle opposizioni al progetto di rigassificazione di
Zaule.
Il mio ragionamento era molto più generale e faceva riferimento alle note
difficoltà che, soprattutto negli ultimi anni sono emerse nel nostro Paese nel
corso dei processi di realizzazione di impianti simili; non solo i
rigassificatori, evidentemente.
Il Gruppo Gas Natural è presente in Italia dal 2002 e conosce molto bene il
contesto italiano. Non è del resto parte della sua cultura fare affermazioni del
genere.
E non è tanto meno nel mio interesse di italiano screditare la stessa cultura di
cui sono parte o le caratteristiche del mio Paese, per quanto complesse o
controverse esse siano.
Giuseppe Muscio - responsabile relazioni esterne Gas Natural Italia SpA
IL PICCOLO - VENERDI', 5 dicembre 2008
Da Trieste a Budapest in cinque ore: aperto un tratto
del Corridoio V
Santuz (Autovie) ha provato il percorso in auto: «È stato un viaggio nella
nuova Europa»
Il presidente parla in Ungheria ai 280 imprenditori riuniti dalla Camera
italo-magiara
BUDAPEST Da Trieste a Budapest in meno di 5 ore, poco più di cinquecento
chilometri senza mai uscire dall’autostrada, un viaggio sul velluto, senza alcun
confine, tra i paesaggi della Mitteleuropa. È più facile che andare a Milano.
Sciopero dei bus, si torna a piedi a Melara - TRASPORTI E DISSERVIZI
n pezzo importante del Corridoio cinque è già pronto: la slovena Dars ha aperto
da un mese, senza tanto clamore (con oltre due mesi di anticipo) il tratto da
Maribor a Pince in Ungheria. Da lì il lago Balaton è a un tiro di schioppo. A
novembre in Friuli Venezia Giulia, per le infrastrutture che guardano a Est,
tutto ad un tratto, è avvenuta una rivoluzione senza eguali: l’apertura della
grande viabilità a Trieste che dista solo pochi minuti da Capodistria, ora il
collegamento diretto con Budapest. A primavera, nel 2009, la Dars aprirà le
gallerie che nella valle del Vipacco collegano Nova Gorica con Ajdussina e
Razdrto (sotto il monte Nanos) e ci sarà la connessione con l’autostrada che
porta a Lubiana. I mercati del Centro Europa sono a portata di mano già da
alcune settimane.
«Oggi ho sperimentato cos’è l’Europa nuova, in cinque ore un’autostrada da
Trieste mi ha portato a Budapest, sono passato dalla Slovenia all’Ungheria e non
me ne sono accorto, senza che nessuno mi fermasse o mi chiedesse documenti.
Signori, un pezzo importante del corridoio cinque è pronto». Le parole di
Giorgio Santuz, presidente delle Autovie Venete, pronunciate dal palco
dell’Istituto italiano di cultura a Budapest (l’edificio che ospitava ex
parlamento ungherese, tra i più belli d’Europa) davanti a oltre 280 imprenditori
italiani in Ungheria riuniti per la cena di Natale organizzata dalla Camera di
commercio italo-ungherese, hanno suscitato un brusio. Non tutti erano informati
che l’autostrada diretta era già aperta da settimane e, ad un tratto, il Friuli
Venezia Giulia e l’Italia rappresentata all’evento dal nuovo ambasciatore,
Giovan Battista Campagnola (in Ungheria da poco più di un mese) sono diventate
vicinissime.
E sono diventati ancora più vicini, da quel momento, anche i già stretti
rapporti che l’Ungheria ha con l’Italia. «Siamo il terzo partner per
interscambio commerciale di questo paese che ci è amico» ha ribadito lo stesso
Campagnola rivolgendosi ai numerosi sottosegretari del governo ungherese
presenti alla serata italiana. Lo ha ripetuto anche al presidente della Camera
di commercio Italo-ungherese, Alessandro Stricca, un triestino, che assieme al
suo staff (triestini e friulani doc come il direttore Pietro Vacchiano)
ringraziandolo per il lavoro di tessitura commerciale ed economica ormai
fortissimo tra i due paesi.
«Questa è la grande Europa del futuro, una grande patria che si sta ritrovando
per cultura ed economia, è la Mitteleuropa – ha aggiunto emozionato Santuz – Mi
trovo in questa città che ha una storia comune con le nostre terre, che ha la
stessa identità culturale e sto esprimendo quello che tutte le persone che
vivono in queste terre sentono da tempo. Mi sento un cittadino di Budapest». Un
grande applauso e poi i commenti a margine del presidente. «Mi ricordo ancora
quando due anni fa l’ex governatore Riccardo Illy mi aveva chiesto di andare a
vedere a che punto sono i lavori di costruzione della Maribor-Pince che collega
l’Ungheria. Avevo incontrato i responsabili della Dars, erano molto avanti.
Dovevano aprire nel 2009, sono riusciti a finire due mesi prima. Noi avevamo
dato qualcosa come 90 miliardi con i finanziamenti transfrontalieri». Ora,
nell’epoca del presidente Renzo Tondo, il secondo Blitz di Santuz che stavolta
ha voluto percorrere per primo, personalmente, tutta la Trieste-Budapest. «La
nomina di Tondo a commissario per la A4 ci permetterà di accelerare i tempi –
conferma Santuz – con la Villesse-Gorizia si aprirà la seconda bretella del
Corridoio 5. Ci prepariamo a trasformarla in autostrada e i cantieri si
apriranno nel 2009. Il prossimo anno, in primavera, si aprirà anche la
Ajdussina-Razdrto. Mancano pochi mesi, e già allora da Gorizia a Lubiana si
arriverà in un attimo e sarà collegata direttamente pure Budapest».
GIULIO GARAU
Operai in Procura: basta falsità sulla Ferriera -
RACCOLTE 350 FIRME IN FABBRICA E ALLA SERTUBI
Secondo l’esposto i lavoratori esasperati da notizie «esagerate» potrebbero
avviare una «protesta sociale»
Nei negozi li guardano male, in banca gli rifiutano il mutuo, in famiglia ci
sono antipatiche discussioni, l’orgoglio del lavoro, della paga, del ruolo
sociale sono a pezzi. I lavoratori della Ferriera sostenuti da Cisl e Uil (non
dalla Cgil che ritiene questa una strategia inutile anche se i motivi che la
dettano sono validi) si sono scocciati di essere la pallina da tennis che vola
dalla bocca di un politico a quella dell’altro, dai volantini di un comitato ai
siti di un altro, di essere «in chiusura» da quasi un decennio e indicati come
«untori» per l’inquinamento in città. E con l’assistenza di due avvocati
(Gianfranco Carbone e Fabio Petracci) depositano oggi in Procura un esposto di
denuncia, allegando le dichiarazioni rese pubbliche nel tempo da tutti.
L’esposto fa base su un argomento delicato: l’ordine pubblico e il pericolo che
sia messo a rischio per l’esasperazione degli operai. Potrebbero originarsi
«legittime proteste - dice il testo - per la continua diffusione di notizie che
possono essere considerate esagerate e tendenziose e, in molti casi, false». E
in questi aggettivi andrebbe cercato il reato. Gli operai si sentono
«abbandonati dalla politica» e questo potrebbe scatenare «protesta sociale» per
«tutelare la propria dignità del lavoro e la propria famiglia». Sotto accusa «la
leggerezza di tanti che nulla hanno da perdere e possono permettersi di
divulgare qualsiasi notizia senza che ciò crei loro alcuna conseguenza sotto il
profilo sociale o economico».
L’esposto ha raccolto in fabbrica e alla Sertubi 350 firme. L’iniziativa è stata
presentata ieri nella sede della Cisl dal segretario provinciale Luciano Bordin
col collega della Uil, Luca Visentini, assieme a Enzo Timeo (Uilm), Alberto
Monticco (Fim-Cisl), e ai rappresentanti delle Rsu Umberto Salvaneschi (Fim-Cisl)
e Franco Palman (Uilm), personale firmatario della denuncia. Si è detto che la
fabbrica è in risanamento, sotto osservazione da tutte le istituzioni, che si
può chiuderla o riqualificarla ma preparando i lavoratori a un nuovo lavoro per
tempo e non dopo anni di cassa integrazione a 700 euro al mese (con la crisi che
c’è). Sì a decisioni serie, insomma, «no all’essere usati come argomento e come
alibi». Un ping-pong senza esito che nel frattempo «potrebbe far fuggire le
migliori professionalità, mettendo allora sì a rischio la sicurezza degli
impianti».
GABRIELLA ZIANI
FERRIERA - SCADUTI I TERMINI - Protocollo romano,
nessuna risposta
Ferriera, tre nuovi fronti. L’esposto in Procura dei lavoratori, di cui
l’avvocato Gianfranco Carbone ha detto: «Non è possibile sostenere che più si
corregge la fabbrica più inquina. Non è possibile che si usi la magistratura
come ente dell’Inquisizione dove mandare una carta e sperare che succeda un
nuovo casino. Gli operai non sono stracci da mettere da parte come paria. Hanno
diritto come tutti alla dignità del loro lavoro».
Secondo fronte. La Cgil non ci sta. Antonio Saulle (Fiom-Cgil): «Non è con un
esposto che si risolvono i problemi, presenteremo un nuovo documento dei
dipendenti chiedendo un tavolo decisivo di confronto anche col governo. Il
disagio dei lavoratori è certo, è una buona iniziativa quella di Cisl-Uil, ma
non è utile. Se poi si rivelerà tale, tanto meglio».
Terzo fronte. Il 24 novembre sono scaduti i due mesi tassativi indicati dal
protocollo governativo bipartisan scritto dal deputato Massimiliano Fedriga
(Lega) per arrivare a un punto sulla chiusura della Ferriera. È successo
qualcosa? Fedriga: «Proprio niente, non ho visto alcun piano. Sto preparando
un’interrogazione al governo. Sì, noi siamo nella maggioranza. Ma per l’appunto:
proprio alla maggioranza vanno date per prima risposte».
(g. z.)
IL PICCOLO - GIOVEDI', 4 dicembre 2008
Una centralina monitorerà l’aria vicino alla Siot
- COLLABORAZIONE TRA AZIENDA ED ENTI
SAN DORLIGO-DOLINA L’installazione di una centralina mobile per il monitoraggio
dell’aria in prossimità dello stabilimento Siot. Questo il risultato finale
dell’incontro avvenuto tra il sindaco del Comune di San Dorligo della
Valle-Dolina Fulvia Premolin, il direttore generale della Siot Adriano Del Prete
e il direttore del compartimento provinciale dell’Arpa Fvg, Stellio Vatta.
L’input per questo confronto è stato fornito dalla continue lamentele da parte
dei residenti che abitano nei pressi della Siot, infastiditi dai forti odori che
provengono dallo stesso stabilimento. In passato verifiche sulle emissioni e sul
livello della qualità dell’aria erano già state compiute, peraltro con esito
negativo. «Credo che questo sia l’inizio di un percorso di collaborazione tra i
vari enti interessati da questa situazione e che l’installazione di una
centralina di rilevamento mobile sia la soluzione migliore per i nostri
cittadini», ha commentato a margine dell’incontro il sindaco Premolin.
L’impianto entrerà in funzione nei primi mesi del prossimo anno e la Siot ha
promesso di accollarsi le spese per l’installazione ed i collegamenti tecnici.
La centralina sarà attiva «per quasi tutto l’anno» - ha spiegato la Premolin-
«decisamente un bel passo avanti rispetto a quando abbiamo avuto un sistema di
rilevamento in funzione solo per brevi periodi».
La vicenda degli odori provocati dalle sostanze trattate all’interno della Siot
era giunta più volte anche all’attenzione del Consiglio comunale di San Dorligo
della Valle. Uno dei consiglieri più attivi su questo fronte è stato Giorgio
Jercog (Oltre il Polo Per San Dorligo, all’opposizione) che aveva ripetutamente
chiesto l’installazione di una centralina permanente: «Questa notizia è
sicuramente un passo avanti per risolvere la questione. Ora - commenta - staremo
a vedere i valori che verranno analizzati e soprattutto gli esiti finali».
Riccardo Tosques
Gas Natural (1) - ITALIA NOSTRA
Nell’edizione di domenica 23 novembre il quotidiano contiene alcuni articoli sul
progetto del rigassificatore della Gas Natural a Zaule, che fanno seguito a un
articolo pubblicato il giorno prima, dove veniva annunciata la conferenza stampa
tenuta da un gruppo di associazioni e comitati e si anticipavano i contenuti di
un’esposto inviato alla procura della Repubblica.
Mentre l’articolo pubblicato il 22 novembre rispecchia abbastanza fedelmente il
contenuto dell’esposto, gli articoli del giorno successivo richiedono da parte
nostra alcune precisazioni sul nostro pensiero. Talune espressioni riportate,
anche tra virgolette, non sono state pronunciate. Non ci risulta, ad esempio, di
aver mai affermato che gli studi nel loro complesso sono «contraffatti,
incoerenti, improponibili» ma, come è stato correttamente riportato
nell’edizione di sabato scorso, abbiamo evidenziato in modo documentato e
circoscritto alcuni seri dubbi sulla correttezza metodologica, sull’esatta
traduzione e sulla precisa attribuzione della responsabilità scientifica di
alcune specifiche parti dello studio. Le contraffazioni e falsità sono
ovviamente solo ipotesi che abbiamo sottoposto al vaglio della magistratura e
che abbiamo esposto nella conferenza stampa.
Giulia Giacomich - presidente Associazione Italia Nostra Trieste
Gas Natural (2)
A pagina 21 de Il Piccolo di domenica 23/11/’08 lessi con meraviglia quanto
dichiarato dalla Gas Natural a riguardo del doppio esposto depositato in questi
giorni in Procura dai sindaci di Muggia e Dolina e, separatamente, da varie
associazioni ambientaliste. La frase che mi colpì fu «...solo in Italia accadono
fatti del genere».
L’indignazione che provo davanti a queste dichiarazioni è tale che mi chiedo:
come si permette una multinazionale spagnola di offendere uno Stato come
l’Italia con una frase che, nel contesto, mostra di essere chiaramente
dispregiativa?
Credo che le nostre istituzioni dovrebbero intervenire presso la multinazionale
se non altro per difendere la propria dignità.
Mi sorprende inoltre che, pur essendosi dichiarati i Comuni di Trieste e di
Duino-Aurisina contrari ai rigassificatori, i rispettivi sindaci non abbiano
seguito l’esempio di quelli di Muggia e di Dolina.
Se poi la Gas Natural trova tanta resistenza, dovrebbe rendersi conto che i
cittadini di questa città non sono dei poveri analfabeti e sanno benissimo che
la nostra comunità scientifica (mai coinvolta nell’esame e nella valutazione del
progetto) si è ripetutamente dichiarata contraria alla sua realizzazione
specificando e motivando chiaramente tutte le loro osservazioni. Osservazioni
che la Gas Natural non è mai stata in grado di contestare. Invito i nostri
amministratori a prendere posizione contro questa forma di colonizzazione,
dimostrando di essere essi stessi, con l’accordo dei cittadini, e non le
multinazionali, a decidere del futuro della nostra città.
Sergio Baldassi
LA REPUBBLICA - MERCOLEDI', 3 dicembre 2008
ENERGIA - Efficienza, Tremonti si corregge - "No a
taglio bonus retroattivo"
La scure sugli incentivi per solare e nuove caldaie partirà dal 2009.
Veltroni: "Clamoroso errore strategico"
ROMA - Sparisce la parte più odiosa del provvedimento, ma non la filosofia
di fondo che l'ha ispirato. Sul taglio degli sgravi fiscali a sostegno
dell'efficienza energetica inserito dal governo nel decreto anticrisi, il
ministro del Tesoro Giulio Tremonti ha annunciato una correzione. Il Parlamento,
ha spiegato durante un'audizione alla Camera, toglierà la "retroattività" dalla
norma che introduce modifiche al bonus fiscale del 55%.
Il testo uscito da Palazzo Chigi la scorsa settimana rende infatti discrezionale
e non più certa la detraibilità di oltre la metà della spesa sostenuta per
installare caldaie meno energivore, infissi isolanti, impianti solari per il
riscaldamento dell'acqua e altri interventi di efficienza. Il decreto prevede
(prevedeva) in particolare che per i lavori effettuati dopo il 31 dicembre 2007
i contribuenti debbano inviare all'Agenzia delle entrate, esclusivamente in via
telematica, "un'apposita istanza per consentire il monitoraggio della spesa e la
verifica del rispetto dei limiti di spesa complessivi". Il Tesoro si riserva
inoltre la possibilità di non rispondere alle domande, precisando che decorsi i
30 giorni senza esplicita comunicazione di accoglimento "l'assenso si intende
non fornito" e il cittadino non potrà usufruire della detrazione.
Tremonti ha ammesso che "la retroattività non ci può essere e il Parlamento la
correggerà", ma ha poi aggiunto: "Per il futuro voglio ribadire un criterio: i
crediti di imposta non sono e non possono essere un bancomat. Troppe volte sono
stati utilizzati come bancomat". Confermando quindi che per gli anni futuri,
diversamente da quanto previsto anche in Finanziaria, la copertura non sarà
illimitata ma di soli 185 milioni nel 2009 per il 2010 e di 314 nel 2010 per il
2011.
"Togliere la retroattività non basta, il decreto va cancellato del tutto perché
così com'è introduce per il futuro una devastante incertezza sul mercato", dice
Edoardo Zanchini di Legambiente. Secondo stime dell'Enea nel solo biennio
2007-2008 le detrazioni hanno sfiorato infatti quota 1,8 miliardi e gli
stanziamenti previsti da Tremonti per gli anni a venire basterebbero a mala pena
per coprire le domande di una regione come il Trentino Alto Adige.
Contro queste misure era tornato a protestare stamane anche il segretario del Pd
Walter Veltroni, definendo tra l'altro il provvedimento "un'ingiustizia nei
confronti di tutti quei cittadini italiani che avevano giustamente scelto
l'impiego di fonti di energia rinnovabili". "La retroattività della norma per
tutto il 2008 - aggiungeva Veltroni - produce un serio danno economico a
centinaia di migliaia di nostri concittadini".
Il segretario dei democratici allargava poi la sua critica all'intero impianto
del provvedimento. "Il taglio alle detrazioni del 55% per gli interventi edilizi
a favore dell'efficienza energetica e sull'impiego delle fonti rinnovabili,
oltre ad essere di fatto un aumento della tassazione a carico dei cittadini,
rappresenta un clamoroso errore strategico che può provocare danni devastanti",
spiegava.
Tra questi citava le ripercussioni negative "su un comparto come quello
dell'edilizia fondamentale per il sostegno al lavoro e ai consumi". "Migliaia di
piccole e medie imprese nell'edilizia e nell'artigianato e molti produttori di
materiali e apparecchiature per l'edilizia - ricordava Veltroni - si sono
attivati per utilizzare il mercato che si stava aprendo. Con questa decisione si
mettono a rischio decine di migliaia di posti di lavoro".
Tra i più colpiti dall'allergia del governo per l'efficienza energetica (la
norma inserita nel decreto anticrisi non è certo la prima ad andare in questa
direzione) ci sono soprattutto i produttori di impianti di solare termico, i
pannelli solari collegati ai grossi serbatoi per rifornire le abitazioni di
acqua calda per uso sanitario. Un settore che dà lavoro a diverse migliaia di
persone tra produttori e indotto. "Siamo stati subissati di telefonate di
protesta e oltre il 90% degli interventi preventivati per i prossimi mesi sono
stati disdettati", lamenta Sergio D'Alessandris, il presidente dell'associazione
di categoria Assosolterm. "Per molte piccole aziende fiorite o cresciute in
questi anni - ricorda - a questo punto si mette davvero male, in tanti temono il
fallimento anche perché in previsione di un mercato che avrebbe continuato a
crescere hanno investito e si sono allargate per tenere testa alla domanda in
espansione".
VALERIO GUALERZI
Risparmio energetico, detrazione del 55% assicurata per
i lavori del 2008
Risparmio energetico con autorizzazione e fino ad esaurimento dei fondi, ma solo
a partire dai lavori effettuati nel 2009. Il ministro Tremonti ha infatti
chiarito in Parlamento, il 3 dicembre, che la retroattività della norma è stato
"un errore" e quindi per il 2008 non ci sarà alcun taglio. Come funzionerà in
concreto il meccanismo per il 2009, però, sarà possibile saperlo solo dopo le
modifiche al decreto. Ecco comunque un riepilogo di quelli che sono al momento i
punti fermi.
Per i lavori del 2008 detrazione al 55% senza blocco dei fondi - Per le spese
sostenute nel 2008, stando alle indicazioni date dal ministro, non ci sarà
nessuna variazione rispetto al meccanismo attuale. Quindi chi invierà la
documentazione all'Enea al termine dei lavori, e comunque entro 90 giorni dalla
loro chiusura, potrà far conto sulla detrazione del 55%. Non è necessario
presentare domande ad hoc anche all'Agenzia delle entrate.
Per le detrazioni 2009 e 2010 fondi con il tetto - Per le spese effettuate a
partire dal 2009, invece, il blocco dei fondi è confermato. A questo punto,
stando al testo letterale della relazione che accompagna il provvedimento, sarà
obbligatoria la domanda all'Agenzia delle entrate, e se dovessero finire i fondi
potrebbe non esserci più la "trasformazione automatica" della detrazione dal 55%
al 36%. Infatti, come si legge nel testo, il meccanismo di passaggio dal 55% al
36% non sarà automatico "in quanto contribuenti persone fisiche già sono a
conoscenza delle modifiche normative intervenute nella disciplina della
detrazione per gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici e
conseguentemente della eventualità di non poterne fruire per esaurimento dei
fondi stanziati." Per cui a quel punto la detrazione diventa "a scelta": o si
rischia il 55% o si punta sul 36%. Il che significa, come avevamo sottolineato
già tempo fa, che per evitare di trovarsi senza detrazione è bene inviare anche
la comunicazione a Pescara prima dell'inizio dei lavori.
Nel dubbio è bene investire il costo di una raccomandata - In sostanza a chi ha
intenzione o ha già programmato lavori per il risparmio energetico conviene fare
un piccolo investimento pari al costo di una raccomandata e inviare il modulo
per lr ristrutturazioni al Centro operativo dell'Agenzia delle entrate di
Pescara (qui modello e istruzioni). In questo modo se si resta fuori dalle somme
stanziate per il 55% si ha comunque la certezza di poter ottenere la detrazione
per ristrutturazione, anche nel caso in cui il meccanismo non dovesse essere
automatico. Per non perdre il beneficio è fondamentale che la raccomandata sia
inviata prima dell'inziio dei lavori, anche se è possibile pagare acconti anche
in date precedenti. Inoltre, ovviamente, occorrono sempre bonifico e fattura con
indicazione della manodopera.
Antonella Donati
IL PICCOLO - MARTEDI', 2 dicembre 2008
Energia, corso per certificatori - PARTE ALL’ATENEO
«RECA» - Fornirà nozioni teoriche e tecniche per migliorare
efficienza e comfort degli edifici
Una novità assoluta nel panorama didattico della regione. L'Università di
Trieste, in collaborazione con l'Enaip Fvg, ha dato vita a un nuovo corso
intitolato «Reca» (l'acronimo sta per «Risparmio energetico e comfort
abitativo»). L'iniziativa è stata pensata per fornire ai partecipanti sia
nozioni teorico-tecniche che quelle relative alle normative, necessarie a
migliorare la sostenibilità degli edifici esistenti dal punto di vista
dell’efficienza energetica e del comfort abitativo. Competenze molto
diversificate e sempre più richieste dal mercato.
I partecipanti, alla fine del loro percorso formativo, potranno richiedere
infatti l'accreditamento alla Regione Lombardia come «certificatori energetici».
Riconoscimento che potrebbe essere confermato a breve da altre regioni, come la
Liguria e l’Emilia Romagna, che prevedono già questa figura professionale.
Alla conferenza stampa di ieri in Regione erano presenti, tra gli altri,
l'assessore regionale al lavoro, università e ricerca Alessia Rosolen, il
direttore del progetto “Reca” Paolo Bevilacqua, il delegato del rettore per
l'area studenti e formazione Orfeo Sbaizero e Marco Belardi, professionista del
settore e docente di «Reca» che da alcune settimane sta formando 20 laureati non
ancora occupati (quattro provengono da fuori regione). In base ai risultati
dell'esame finale che sarà sostenuto al termine dei moduli didattici, saranno
scelti i 10 migliori allievi che avranno diritto, per i 4 mesi di stage in
azienda, a una borsa di studio mensile massima di 640 euro lordi.
Come ha ricordato l'assessore Rosolen, l'iniziativa è stata finanziata con i
fondi delle legge regionale sull'innovazione (legge 26 del 2005). Il corso si
compone di due grandi momenti: i moduli didattici, nel corso dei quali gli
studenti riceveranno le informazioni più recenti sul risparmio energetico e sul
comfort abitativo, e il periodo di «work-experience». Le lezioni tenute da
docenti universitari e da professionisti occupano complessivamente 290 ore.
IL PICCOLO - LUNEDI', 1 dicembre 2008
ISTRIA - SOTTOPEDENA - Ambiente, in settecento al
corteo contro la fabbrica di lana di roccia
SOTTOPEDENA Nella piazza centrale della piccola località nel circondario
albonese si è svolto ieri un altro comizio di protesta contro la fabbrica di
lana di roccia Rockwool. Vi hanno preso parte 700 abitanti del luogo e attivisti
delle associazioni ambientaliste. E c'era anche Ivo Banac, presidente del
Comitato croato di Helsinki che ha promesso il suo appoggio affinchè finalmente
venga effettuato un monitoraggio veramente neutrale dell'aria visto che
sussistono forti dubbi forniti dalla Rockwool e dalle competenti istanze
regionali. Gravissime accuse sono state lanciate ai politici regionali al
potere, in primo luogo al presidente della regione Ivan Nino Jakovcic ritenuto
responsabile dell'arrivo della Rockwool in Istria. La presidente
dell'associazione «Terra nostra» Matilda Ilic ha dichiarato che l' Istria non è
diventata «la Toscana croata come promesso dai vertici regionali, ma una vera e
propria Cernobyl che sta uccidendo la popolazione del posto».
(p.r.)
LA REPUBBLICA - DOMENICA, 30 novembre 2008
ENERGIA - Solare e doppi vetri più cari, stop agli
incentivi per l'efficienza - Il decreto anticrisi del governo riduce
drasticamente le detrazioni fiscali
ROMA - Il concetto di efficienza energetica si conferma decisamente ostico per
il governo. Dopo la battaglia per impedire l'obiettivo del miglioramento del 20%
entro il 2020 imposto dalla apposita direttiva dell'Unione Europea e dopo aver
cancellato l'obbligo di certificazione energetica nella compravendita degli
immobili, Palazzo Chigi ha dato un'altra picconata alle misure per ridurre la
bolletta energetica nazionale. Questa volta la misura è contenuta nel recente
piano anticrisi approvato dall'esecutivo e va a colpire la possibilità di
ottenere vantaggi fiscali in caso di interventi di riqualificazione energetica.
La normativa introdotta un paio di anni fa dall'allora ministro dello Sviluppo
economico Pierluigi Bersani prevede infatti l'opportunità di detrarre dalla
dichiarazione dei redditi il 55% delle spese sostenute, ad esempio, per
installare un pannello solare o sostituire un impianto di climatizzazione o
cambiare gli infissi alle finestre. Ma ora, con l'entrata in vigore del decreto
anticrisi, accedere a questo incentivo sarà molto più difficile.
L'iter per avere accesso alle detrazioni Irpef e Ires diventa decisamente più
complesso. Il decreto prevede che per le spese sostenute dopo il 31 dicembre
2007, i contribuenti debbano inviare all'Agenzia delle entrate, esclusivamente
in via telematica, "un'apposita istanza per consentire il monitoraggio della
spesa e la verifica del rispetto dei limiti di spesa complessivi".
Il provvedimento stabilisce ancora che l'Agenzia delle entrate esamini le
domande secondo l'ordine cronologico di invio e comunica entro 30 giorni l'esito
della verifica agli interessati. Decorsi i 30 giorni senza esplicita
comunicazione di accoglimento "l'assenso si intende non fornito" e il cittadino
non potrà usufruire della detrazione.
Per quanto riguarda invece le spese sostenute nel 2008, in caso di mancato invio
della domanda o di diniego da parte dell'Agenzia, l'interessato potrà comunque
usufruire di una detrazione dall'imposta lorda pari al 36% delle spese sostenute
fino ad un massimo di 48.000 euro da ripartire in 10 rate annuali.
Un cambio di registro rispetto ai buoni risultati ottenuti sino ad oggi
duramente criticato dall'opposizione e dalle associazioni ambientaliste. "Lo
sconto fiscale del 55% sulle ristrutturazioni edilizie a fini ambientali -
denuncia il ministro ombra dell'Economia Pierluigi Bersani - era una tipica
norma di sostegno all'economia e all'ambiente secondo priorità universalmente
riconosciute dal Protocollo di Kyoto in poi. Anche questo viene vanificato,
addirittura con effetti retroattivi. Per stare al concreto, chi ha realizzato
l'intervento sulla sua casa nel 2008 potrà rimetterci fino a 15mila euro".
"Lo sgravio fiscale del 55% introdotto dal governo Prodi - ricorda ancora il
ministro ombra dell'Ambiente Ermete Realacci - è stato utilizzato da 230 mila
famiglie e ha messo in moto un volano di affari superiore ai 3 miliardi di euro
permettendo di ripagare lo sgravio fiscale previsto, attraverso l'emersione del
sommerso e l'attivazione di una nuova economia".
Dura anche la presa di posizione di Legambiente. "Non si comprende - dice il
responsabile energia Edoardo Zanchini - la ragione per la quale si è deciso di
cambiare un provvedimento che ha avuto un grande successo e che permetteva alle
famiglie di risparmiare sulle bollette elettriche e termiche grazie alla
possibilità di installare impianti solari termici, caldaie a condensazione,
interventi di efficienza energetica. A meno di voler proprio limitare il ricorso
a questo tipo di incentivi".
(v. g.)
IL PICCOLO - DOMENICA, 30 novembre 2008
Elettrodotto con l’Austria - RICCARDI: VIA AL PROGETTO
TRIESTE Entro fine anno, ha assicurato ieri l'assessore all'Energia in Friuli
Venezia Giulia, Riccardo Riccardi, la Regione interverrà per sbloccare l'iter di
approvazione del progetto di elettrodotto dall'Austria a Paluzza (Udine).
Un’opera infrastruturale attesa dal mondo imprenditoriale anche per il suo
impatto sul fronte del risparmio dei costi energetici.
L'assicurazione è stata data al presidente di Secab-Società elettrica
cooperativa Alto But, Luigi Cortolezzis, e Riccardi, ribadendo l'importanza
della realizzazione dell'elettrodotto soprattutto in considerazione delle
ricadute economiche sul territorio e sulle comunità locali, ha confermato che il
governo regionale adotterà in una delle prossime sedute una deliberazione in
grado di far riprendere al progetto il proprio iter di approvazione con l'esame
da parte dell'apposita conferenza di servizi regionale.
Secab ha presentato, assieme ad un partner austriaco (costituendo la Alpen Adria
Eneergy Line spa), il progetto per la costruzione di un elettrodotto in cavo
interrato a 132 Kv da Wurmlach (Carinzia) a Paluzza per l'importazione di
energia elettrica a prezzi più favorevoli rispetto al mercato nazionale.
«Il Friuli Venezia Giulia, il suo tessuto sociale ed il suo sistema economico,
che oggi più che mai deve risultare competitivo a livello nazionale e
d'eccellenza nel suo export, hanno bisogno di energia - ha osservato ancora
l’assessore regionale Riccardi».
«In questo senso -ha aggiunto l’esponente regionale- sono indirizzate le scelte
dell'attuale Governo regionale, comunque nel rispetto della sostenibilità
ambientale del territorio e delle comunità che ci vivono».
Volontariato in crescita Nuova legge in arrivo -
ASSEMBLEA ANNUALE
UDINE Il movimento del volontariato continua a crescere del 5% all’anno in
Friuli Venezia Giulia. È quanto emerso a Udine, all’assemblea regionale del
volontariato, svoltasi ieri alla presenza di Roberto Molinaro. Proprio
l’assessore regionale ha annunciato l’intenzione di arrivare a una nuova legge
quadro «che dovrà essere costruita nel modo più partecipato possibile e tenere
conto dei cambiamenti di questi anni». Molinaro ha anche annunciato la
riscrittura delle regole di funzionamento delle associazioni e l’aggiornamento
dei finanziamenti regionali (1,2 milioni all’anno negli ultimi anni).
IL PICCOLO - SABATO, 29 novembre 2008
Piazza Borsa, in arrivo da Roma quasi 3 milioni -
STANZIAMENTO STATALE FINALIZZATO A MIGLIORARE VIVIBILITÀ E QUALITÀ DELL’ARIA
Con il fondo dei ministeri di Ambiente e Trasporti sarà realizzato anche il
nuovo ponte sul canale
Per i lavori il Comune dovrà sborsare un milione 100mila euro: andrà acceso un
mutuo con la Cassa depositi e prestiti
Un supporto da due milioni e 725mila euro. Una sostanziosa boccata
d’ossigeno. A tanto ammonta il finanziamento che lo Stato ha deciso di destinare
al Comune di Trieste sia per il progetto di riqualificazione di piazza della
Borsa (incluse via Cassa di risparmio e via Einaudi) che per il futuro ponte
definitivo che attraverserà il canale di Ponterosso, fungendo da collegamento
con via Trento. Una quota, poi, servirà anche all’abbattimento delle barriere
architettoniche lungo i nuovi percorsi pedonali.
La notizia è arrivata improvvisa, «attraverso un fax inviatoci da Roma -
conferma l’assessore comunale ai Lavori pubblici Franco Bandelli -. Il ministero
dell’Ambiente, di concerto con quello dei Trasporti, aveva indetto un bando per
finanziare i progetti chiamati a dare una sempre maggiore vivibilità alle città.
Come Comune abbiamo partecipato ed è giunta, quasi inattesa, questa gradita
novità». Il decreto specifica come i fondi vadano destinati ad «interventi
finalizzati al miglioramento della qualità dell’aria nelle aree urbane».
Lo scorso 10 novembre dal municipio era partita, dopo l’approvazione della
giunta, la lettera di partecipazione al bando, firmata dal sindaco Roberto
Dipiazza. Nel documento, era stata formalizzata la richiesta di supportare le
opere elencate con un co-finanziamento pari al 70 per cento della spesa totale
prevista. Oltre a piazza della Borsa, al ponte sul canale di Ponterosso e agli
interventi sui percorsi pedonali, il Comune aveva inserito anche i lavori sulla
segnaletica stradale per i quali i costi messi in preventivo ammontano a 400mila
euro. Quest’ultima è stata l’unica voce «cassata» a livello ministeriale.
Alla fine, dunque, i fondi arriveranno a breve nelle casse comunali. Del totale,
due milioni e 100 mila euro sono stati destinati a piazza della Borsa, via Cassa
di risparmio e via Einaudi, a fronte di una spesa ipotizzata di tre milioni
tondi tondi. Per il ponte sul canale si tratta invece di 525mila euro, che
andranno a coprire buona parte dell’investimento necessario da 750mila euro. A
questo quadro, va aggiunta la cifra di 70mila euro: esattamente il 70 per cento
sui 100mila utili all’abbattimento delle barriere architettoniche lungo i nuovi
tracciati riservati ai pedoni. In tutto, sui tre milioni e 850mila euro previsti
globalmente, alla fine l’amministrazione comunale dovrà sborsare un milione e
100mila euro, da reperire attraverso un mutuo acceso con la cassa depositi e
prestiti.
Il materiale richiesto da Roma per procedere poi all’erogazione della somma «è
stato inviato già ieri agli uffici competenti - specifica Bandelli - grazie al
lavoro svolto assieme dagli uffici delle diverse aree coinvolte del Comune. Il
tutto doveva essere spedito entro e non oltre lunedì, ce l’abbiamo fatta».
MATTEO UNTERWEGER
Centrale fotovoltaica a Fernetti - Farà risparmiare 150
mila euro all’anno - EVITATA L’EMISSIONE DI TONNELLATE DI CO2
Fa funzionare gli impianti di riscaldamento o di condizionamento, i computer
negli uffici della direzione e in quelli delle 46 ditte di spedizionieri, di
spedizionieri doganali, di autotrasporti e di servizi vari, accende le lampade
interne e quelle nei magazzini e sui piazzali esterni, permette il funzionamento
dei sollevatori e delle altre attrezzature. Tutto questo è merito da ieri
(l’avvio è stato però a ritmo ridotto data la giornata pessima) di Fernetti
solar, l’impianto fotovoltaico inaugurato al Terminal intermodale di Fernetti.
Sui tetti dei magazzini e della palazzina servizi, per un’area complessiva di 19
mila metri quadrati, sono stati installati 4.420 pannelli di silicio che possono
resistere a raffiche di bora oltre i 230 chilometri orari.
L’impianto produrrà un milione 170 mila kilowattore all’anno e consentirà il
risparmio annuale di 150 mila euro e di 220 tonnellate di idrocarburi fossili,
evitando l’immissione nell’atmosfera di 660 mila chilogrammi di anidride
carbonica e di 1.450 chili di ossidi di azoto. È costato 6 milioni e mezzo di
euro, ma permetterà al Terminal, con soddisfazione del presidente Giorgio
Maranzana, dell’amministratore delegato Claudio Grim e del direttore Oliviero
Petz, di autosostentarsi energeticamente e addirittura di vendere una parte
dell’energia prodotta (il 20 per cento) che risulterà in eccesso. «Una scelta
coraggiosa e innovativa - l’ha definita ieri il sottosegretario all’Ambiente
Roberto Menia - che va nella direzione della politica energetica seguita dal
Governo che punta a un mix di approvvigionamenti».
L’assessore di Trieste Paolo Rovis ha definito Fernetti «un confortante esempio
di società pubblica che funziona egregiamente» e il sindaco di Monrupino Alessio
Krizman ha messo in rilievo come ciò avvenga «nel rispetto delle
differenziazioni politiche» (Maranzana è di An e Grim del Pd). La necessità di
«un ulteriore potenziamento della struttura» è stata sottolineata dalla
presidente della Provincia, Maria Teresa Bassa Poropat. Le caratteristiche
tecniche dell’impianto sono state illustrate dall’ingegner Ernesto Cauvin della
società Elettrodinamica di Genova che l’ha realizzato.
(s.m.)
Rosato e Cosolini: bonifiche, fare presto - Accordo di
programma da ripensare puntando a più soldi pubblici»
«Siamo preoccupati per il modo in cui si sta gestendo il problema delle
bonifiche, che rappresentano la vera chiave di volta per il futuro della nostra
città. Bisogna ripensare all’Accordo di programma e farlo in fretta, senza
dimenticare il principio per cui chi non ha inquinato non deve pagare, e
puntando a un aumento dei finanziamenti pubblici, che dovrebbero essere della
stessa entità di quelli privati». Così Ettore Rosato e Roberto Cosolini,
rispettivamente parlamentare e segretario provinciale del Pd, sulla questione
del Sito inquinato di interesse nazionale.
I due esponenti del Pd, ieri nella sede di via Donota, hanno affrontato il
problema, sottolineando il fatto che «i tempi stringono» e che sulle bonifiche
ancora non esiste un testo firmato da consegnare entro i termini, fissati per il
31 dicembre. «È sbagliato l’approccio al problema - ha spiegato Cosolini -. Ci
si concentra troppo sull’area a mare del Sito inquinato e non sulla zona
industriale, cioè quella che dovrebbe ospitare lo sviluppo delle aziende
triestine. Serve inoltre - ha aggiunto Cosolini - avere una visione
programmatico-integrata del problema, concertando il percorso con tutti gli enti
coinvolti».
«È importante che passi il messaggio per cui chi non ha inquinato non paga - ha
evidenziato Rosato -. Le categorie non sbagliano a voler fare ricorso. Le nostre
imprese non possono assumersi oneri impropri».
(e.c.)
San Dorligo contraria alla Trieste-Divaccia - Il
Consiglio comunale si oppone al progetto di linea ferroviaria
SAN DORLIGO Mozione votata all’unanimità per bocciare il progetto di
collegamento ferroviario Trieste-Divaccia. Questa la posizione del Consiglio
comunale di San Dorligo della Valle riunitosi ieri. Presentata dai consiglieri
di opposizione Giorgio Jercog (Oltre il Polo per San Dorligo), Roberto Massi
(idem) e Roberto Drozina (Rinnovamento di centro) la mozione impegna la giunta a
«esprimere in ogni sede la contrarietà al collegamento Trieste-Divaccia quale
risultante degli studi di fattibilità realizzati, avvalendosi di qualsivoglia
strumento legale per sostenere la difesa del territorio, del suo ambiente e
della popolazione».
Proprio alla popolazione «dovrà essere resa nei modi più opportuni ed esaustivi
ampia informazione sui predetti studi di fattibilità». Il documento ribadisce
come «un territorio già duramente provato da pesanti insediamenti industriali e
infrastrutture pubbliche, è assolutamente incapace di sostenere» un’opera di
simili proporzioni. La Trieste-Divaccia prevede una linea merci con il
prolungamento del raccordo Aquilinia-«Wartsila».
Metropolitana circolare previsti 3,3 milioni Ue -
Riccardi: c’è coesione per collegare Gorizia, Trieste e Capodistria
TRIESTE Friuli Venezia Giulia, Veneto e Slovenia potranno verificare la
possibilità di realizzare una «circolare metropolitana» che colleghi l'area
capodistriana ed i territori di Trieste e Gorizia ai tre poli aeroportuali di
Ronchi dei Legionari, Venezia e Lubiana. «Inizia dunque un percorso - sottolinea
l'assessore regionale alla Viabilità ed ai Trasporti Riccardo Riccardi - sul
quale registro con soddisfazione la disponibilità e la coesione di tante
istituzioni, al di qua ed al di là del ”vecchio” confine». A disposizione del
progetto ci potrebbero essere 3,35 milioni di euro, di cui 400 mila a carico
della Regione Friuli Venezia Giulia. In particolare, il progetto - denominato «Adria_A»
- potrà essere finalizzato alla progettazione delle parti oggi mancanti alla
metropolitana circolare Gorizia-Nova
Gorica-Sesana-Divaccia-Capodistria-Trieste-Monfalcone-Gorizia. Si stima che
l'opera possa venire a costare circa 100 milioni di euro, di cui oltre il 50 per
cento potrebbe essere a carico di fondi Ue.
Sul rigassificatore - REPLICA
Sul Piccolo del 23 novembre, il responsabile relazioni esterne di Gas Natural
cerca di confutare alcuni dei rilievi mossi dagli ambientalisti sugli studi di
impatto ambientale del rigassificatore di Trieste-Zaule e oggetto di un esposto
alla Procura della Repubblica.
Le cose però non stanno come lui sostiene, perché: 1) il nostro esposto si
riferisce a due relazioni con titolo analogo sull’«effetto domino», entrambe
senza né autori né firme, entrambe su carta intestata di un consorzio
comprendente l’Università di Trieste e – incredibile a dirsi – con la stessa
data dichiarata («dicembre 2006»), ma con date di stesura informatica diverse:
10/12/2006 e 9/5/2007. Secondo Gas Natural, questi studi sono stati redatti dal
professor Paolo Bevilacqua, ma il suo nome non compare. Perché? 2) In molte
figure di questi studi, gli impianti industriali adiacenti al rigassificatore
non compaiono. Perché non è stata usata la carta tecnica regionale aggiornata? E
perché si suggerisce al lettore di basarsi sulla grafica di figure in cui
impianti e depositi infiammabili non ci sono? Per non parlare della qualità
complessiva dell’indagine. 3) Come abbiamo documentato alla Procura, le
relazioni ufficiali degli studi depositati in Regione per la procedura di via
non sono quasi mai firmate. Non solo, sulle copertine compaiono sempre gli
stessi pochi cognomi (senza né nomi di battesimo, né firme) che «garantiscono»
la qualità in tutte le materie possibili e immaginabili, dall’urbanistica alla
biologia, dalla chimica alla navigazione, ecc. 4) Quanto allo studio
sull’impatto delle acque fredde nella baia di Muggia, ribadisco che il
consulente di Gas Natural (la Dhi) ha usato temperature non provenienti da Zaule,
bensì dall’area a Nord di Ancona. Dal che – insieme ad altre carenze su cui si
tornerà – sono derivate conclusioni fuorvianti. 5) Tra i 58 tecnici della
Commissione ministeriale per la valutazione dell’impatto ambientale abbondano
gli avvocati, e non gli esperti dei rischi ambientali specifici di un
rigassificatore. Spetta poi a tale commissione – lo dice la legge – valutare non
soltanto quello che scrivono le società proponenti e i loro consulenti, ma anche
quanto contenuto nelle osservazioni del pubblico, comprese quelle degli
ambientalisti (i quali dispongono di esperti in materie ambientali e di mare in
particolare). Ciò però in questo caso non è avvenuto: non per colpa di Gas
Natural, certo, ma non potevamo sottacere questo problema nel nostro esposto.
Dario Predonzan - responsabile territorio ed energia Wwf Friuli Venezia
Giulia
LA REPUBBLICA - VENERDI', 28 novembre 2008
ENERGIA RINNOVABILE - Sole e vento? Un affare, basta
sfatare dieci miti
Un libro inglese invita a superare i luoghi comuni per guardare con ottimismo
al New Deal verde
Torino LONDRA - Tutti ne parlano, tutti la vogliono, ma pochi credono che
sia veramente possibile produrla. L'oggetto del desiderio è l'energia pulita, la
fonte in grado di risolvere contemporaneamente due problemi: fermare il
cambiamento climatico e permettere al mondo di continuare a funzionare ai ritmi
attuali, senza tornare all'età delle caverne. Ma sebbene governi, scienziati e
media dedichino sempre più attenzione a questo obiettivo, le statistiche
indicano che la maggioranza dell'opinione pubblica è scettica sulla possibilità
di realizzarlo. Un libro uscito ora in Gran Bretagna si propone di smentire
questa impressione, iniettando una dose di ottimismo nel dibattito sul "Green
New Deal", il piano per colorare di verde l'economia planetaria.
In "Ten technologies to save the planet" Chris Goodall, esperto di energie
rinnovabili, illustra i "miti da sfatare" sull'argomento: una sorta di decalogo
per capire che la rivoluzione verde si può fare, e come. Il suo libro, di cui il
Guardian ha pubblicato un'anticipazione, parte dall'energia solare: non è vero
che è troppo costosa per essere usata in modo ampio e diffuso, afferma l'autore.
I pannelli solari odierni, grossi e costosi, catturano solo il 10 per cento
circa dell'energia del sole, ma rapide innovazioni in corso negli Stati Uniti
segnalano che una nuova generazione di pannelli solari assai più sottili ed
economici potranno catturare molta più energia. La società First Solar, leader
del settore, ritiene che i suoi prodotti potranno generare elettricità nei Paesi
più caldi tanto economicamente quanto le centrali elettriche entro il 2012.
Altre aziende, in Spagna e in Germania, stanno sperimentando nuovi sistemi per
catturare i raggi del sole, con risultati incoraggianti. L'Europa potrebbe un
giorno ricavare gran parte del proprio fabbisogno elettrico da stazioni di
pannelli solari nel deserto del Sahara.
Ma ci sono anche altri miti da sfatare. Come quello che l'energia eolica sia
troppo inaffidabile. È falso. Già oggi in certi periodi dell'anno produce il 40
per cento del fabbisogno energetico della Spagna. Non è neppure vero che
l'energia tratta dalle correnti marine non porti da nessuna parte: in Irlanda
del Nord e in Portogallo hanno cominciato a funzionare i primi generatori a
turbina che sfruttano le onde. Falso anche che le centrali nucleari siano più
economiche di altre fonti di elettricità a bassa produzione di carbonio: i costi
dell'energia nucleare sono incontrollabili, e a meno di ridurli sarebbe più
conveniente puntare su centrali a carbone "pulite". È opinione comune che le
auto elettriche siano lente e brutte, ma non è vero: ormai sono veloci, belle e
avranno presto batterie al litio, in grado di ricaricarle economicamente e
rapidamente. Non a caso Danimarca e Israele intendono avere solo auto
elettriche, in futuro.
C'è la credenza che i biocarburi (come l'etanolo) siano sempre distruttivi per
l'ambiente, ma in futuro non sarà così. Se si ritiene che il cambiamento
climatico comporti un maggior fabbisogno di agricoltura organica si deve
comunque tener presente che occorrerebbe riuscire ad aumentare le dimensioni dei
raccolti di questo tipo. Per quel che riguarda le innovative case a "zero
emissioni di carbonio", è vero che sono una priorità, ma molto costosa: meglio
puntare sulla riduzione delle emissioni delle case esistenti, come si fa in
Germania. Si crede poi che le stazioni elettriche debbano essere grandi per
essere efficienti: il futuro invece sarà delle microstazioni. È opinione comune,
infine, che tutte le soluzioni ai problemi energetici debbano essere ad alta
tecnologia, ma spesso costano troppo. Per cui non bisogna disdegnare la bassa
tecnologia.
ENRICO FRANCESCHINI
ENERGIA RINNOVABILE - Lavoro, la promessa dell'eolico -
"Oltre 65 mila posti nel 2020"
Uno studio congiunto di produttori e Uil svela le potenzialità occupazionali
del settore -
VEDI TABELLA
ROMA - Tanti posti di lavoro e dove servono di più. Se è vero, come ha
denunciato recentemente il segretario della Cgil Guglielmo Epifani, che in
Italia sull'occupazione si sta per abbattere una valanga, a tenerla almeno in
parte indietro potrebbe pensarci il vento. Il potenziale occupazionale del
settore eolico è infatti enorme: da qui al 2020 i lavoratori, tra diretti e
dell'indotto, potrebbero arrivare a toccare quota 66 mila, quintuplicando i
numeri attuali.
A ribadire la grande opportunità rappresentata dallo sviluppo delle rinnovabili
è uno studio congiunto realizzato da Uil e Anev, l'associazione che raccoglie le
aziende che operano nell'eolico. "Lo sviluppo delle fonti di energia pulita -
spiega il segretario del sindacato Luigi Angeletti - non è solo finalizzato al
rispetto dell'ambiente, ma può innescare processi produttivi rilevanti e
conseguenti risultati occupazionali positivi".
Al momento gli addetti all'eolico in Italia, tra diretti e indiretti, sono
13.630. Le potenzialità del vento sono però sfruttate solo in minima parte,
mentre entro il 2020, tenendo anche conto dei numerosi vincoli ambientali e
paesaggistici, si potrebbe arrivare ad installare impianti per una potenza
totale di 16.200 MW in grado di fornire 27,2 TWh di elettricità, pari al 6,7%
dei consumi. Obiettivo che una volta raggiunto significherebbe impiegare
complessivamente oltre 66 mila addetti.
Ma il vento, si sa, soffia più forte sulle isole e lungo le coste. Per questo,
secondo le proiezioni di Uil e Anev, a beneficiare maggiormente dello sviluppo
eolico sarebbero la Puglia (11.714 posti di lavoro totali), la Campania (8.738),
la Sicilia (7.537) e la Sardegna (6.334). Lo studio fornisce anche i dettagli
dell'occupazione per l'intera filiera, precisando le cifre mobilitate dagli
studi di fattibilità, dalla costruzione delle macchine, dalla costruzione degli
impianti, dall'installazione e dalla manutenzione.
"Lo sviluppo dell'eolico - aggiunge Angeletti - può creare più occupazione, ma
anche più qualificata, per questo abbiamo sottoscritto con Anev un protocollo
d'intesa per la realizzazione di corsi di formazione con criteri di
periodicità".
Anche se, sottolinea Luigi De Simone, amministratore delegato del gruppo
specializzato nelle rinnovabili Icq Holding, le professionalità più elevate in
Italia mancano: "Soffriamo un grave gap tecnologico nella progettazione delle
turbine e una dipendenza dall'estero che difficilmente riusciremo a colmare".
"Il presupposto per creare occupazione qualificata - precisa il presidente dell'Anev
Oreste Vigorito - è completare il quadro normativo mettendo gli operatori in
grado di realizzare nuovi impianti". Unitamente allo scetticismo dell'attuale
governo, il vero scoglio per far decollare le rinnovabili in Italia, e l'eolico
in particolare, è infatti proprio questo. La situazione attuale è un'autentica
giungla dove gli agguati sono sempre dietro l'angolo.
Il repertorio è vastissimo: la centrale di Scansano, in Toscana, è finita
davanti al Consiglio di Stato dopo una battaglia tra associazioni ambientaliste
pro e contro. A decidere sull'offshore progettato in Molise, dopo lo stop della
Regione, sarà la Corte costituzionale. Nelle Marche due progetti nella zona di
Camerino, inseriti nel Piano energetico regionale, sono stati bloccati dalla
sovrintendenza dopo aver ottenuto la Valutazione di impatto ambientale
regionale.
"Noi pensiamo che i maggiori colpevoli di questa situazione insostenibile siano
proprio le regioni", denuncia Andrea Perduca, responsabile del settore eolico
per Sorgenia. "La legge - aggiunge - prevede che gli iter autorizzativi vadano
concessi entro un massimo di 180 giorni, ma noi in Campania, Marche e Molise
attendiamo da oltre mille giorni e in Puglia da 600. Malgrado la crisi
congiunturale, abbiamo pronti investimenti nel vento per 500 milioni di euro, ma
ci troviamo nella paradossale impossibilità di spenderli".
"E pensare - rincara De Simone - che le royalties per la produzione di energia
vanno proprio alle comunità locali, quasi sempre piccoli centri montani colpiti
da spopolamento e invecchiamento demografico, risanando bilanci in difficoltà.
Spesso siamo costretti a fare i conti con dei 'professionisti' del dissenso".
"Oltre a questa situazione, anche la crisi del credito attualmente non ci aiuta
- conclude De Simone - Ma io resto comunque ottimista: il mondo, e anche
l'Italia, sono pronti per passare a un uso massiccio dell'energia pulita".
VALERIO GUALERZI
IL PICCOLO - VENERDI', 28 novembre 2008
Bonifiche, fondi pubblici a rischio - L’ACCORDO
DEFINITIVO DEVE MATURARE ENTRO DICEMBRE
La versione definitiva dell’Accordo di programma ancora non c’è, tanto che
neanche la Regione è in grado oggi di mostrare una carta giunta da Roma dove si
tratta solo di piazzare le ultime firme. Ma i pericoli di una mancata stretta
sulle bonifiche del Sin, il Sito inquinato d’interesse nazionale, quelli ci sono
eccome. Perché - come non ha avuto difficoltà a dire pubblicamente in questi
giorni il sottosegretario all’Ambiente Roberto Menia - qualora le firme non
arrivassero entro il 31 dicembre i fondi pubblici per lo start-up del
disinquinamento rischiano di essere carta straccia, al di là dei fondi attesi
dai privati (190 milioni stando alle interpretazioni delle ultime ore) previa
transazione con il ministero.
L’aut aut, stavolta, viene proprio dalla Regione, in occasione dell’incontro
informativo di ieri pomeriggio sul negoziato dell’Accordo di programma con le
associazioni di categoria e i sindacati, alla presenza dei due
assessori-registi: Vanni Lenna per l’ambiente e Sandra Savino per il bilancio e
la programmazione. Un incontro che ha permesso - come riferiscono alcuni dei
presenti - di prendere atto che oltre agli 11 milioni ministeriali, ai 40 in
quota Autorità portuale per il potenziamento delle infrastrutture e ai 59 dai
fondi Fas veicolati dalla Regione (i Fondi per le aree sottosviluppate, ndr),
sono inseriti nella partita anche altri 20 milioni di fondi comunitari Fse. Un
chip aggiuntivo, finora non trapelato, che l’ammministrazione Tondo ha deciso di
destinare espressamente al progetto di riqualificazione del depuratore di
Servola per non far gravare un intervento comunque necessario sul mucchietto dei
soldi pubblici riservati al perimetro di contenimento a mare, alla
caratterizzazione e al disinquinamento di falda. Cifre, queste, che resteranno
però virtuali se l’accordo non sarà sottoscritto in tempo in quanto lo sblocco
di tutte queste risorse tra Roma e Friuli Venezia Giulia non può tecnicamente
avvenire in assenza di firme.
«È stata sottolineata - si legge in effetti in una nota della Regione -
l’importanza dell’Accordo di programma, che sarà sottoscritto anche dalla
Provincia e dai comuni di Trieste e Muggia. L’Accordo rappresenta infatti, come
rileva Lenna, la premessa indispensabile per risolvere il problema di un’area,
tra la Ferriera e le Noghere, da troppi anni bloccata, permettendo alle imprese
esistenti di programmare il proprio sviluppo e, nello stesso tempo, di liberare
terreni per nuovi insediamenti». «Siamo in una procedura capestro e la scadenza
è il 31 dicembre», fa notare il segretario della Uil Luca Visentini uscendo
dall’incontro. «Abbiamo appreso con piacere - gli fa eco il direttore della
Confartigianato Enrico Eva - della disponibilità della Regione a condividere le
ultime notizie con le parti sociali prima di chiudere. Siamo fermi sul principio
comunitario del paga chi ha inquinato (principio che Menia ha detto ieri verrà
rispettato, ndr) ma non siamo sprovveduti. Siamo disposti eventualmente a
trattare sull’ipotesi di una transazione puramente simbolica per chi non ha
inquinato, proprio per sbrogliare la matassa. Ma si faccia chiarezza su tempi e
modi».
(pi.ra.)
Caro-energia: patto con gli industriali sloveni -
Rigassificatori, centrale di Krsko e il nuovo impianto di Lucchini-Severstal nei
colloqui
SUMMIT DEGLI IMPRENDITORI REGIONALI CON IL NUOVO AMBASCIATORE A LUBIANA
LUBIANA Un' alleanza tra le realtà economiche Friuli Venezia Giulia e della
Slovenia per contrastare alcuni effetti della crisi economica, ma soprattutto
per abbassare i costi dell’energia con accordi di collaborazione in vista del
potenziamento della centrale di Krsko, della realizzazione del rigassificatore e
della centrale termoelettrica della Severstal-Lucchini. Sono ancora ipotesi, ma
si è parlato anche di questo al recente incontro a Lubiana all’ambasciata
d’Italia con tutti gli imprenditori italiani che hanno investito in Slovenia.
Nella capitale slovena si è insediato da poco anche il nuovo ambasciatore
Alessandro Pietromarchi e per l’occasione sono stati chiamati i vertici degli
Industriali di Trieste (il direttore Paolo Battilana e il presidente Corrado
Antonini), di Udine (con il presidente Adriano Luci), Gorizia e Pordenone, le
Camere di commercio, Finest ma anche realtà del mondo enegetico italiano e
sloveno come Acegas, Elettro Gorizia, Agip, Iris, Auxilia, Adriaplin. Tra le
industrie la Julon, Pacorini e varie banche. Incontri, informali e consueti con
gli industriali per l’Ambasciata italiana che è abituata (con l’Ice) a fare il
punto della situazione con chi investe. Ma l’ultima riunione è stata più
approfondita soprattutto alla luce dei primi passi del nuovo governo sloveno
appena insediato. I rapporti tra Slovenia e Friuli Venezia Giulia, oltre che con
l’Italia, sono sempre più stretti, decollano collaborazioni e interscambi,
intensi e quotidiani, soprattutto dopo la caduta dei confini e si stanno creando
nuove esigenze. Situazioni esaminate anche nell’incontro ad iniziare dalla crisi
finanziaria ed economica che sta provocando effetti in Slovenia, un paese che
fino al 2007 registrava un aumento esponenziale della crescita del Pil di 0,9
punti percentuali ciò che in termini reali (le cifre arrivano dall’analisi
dell’Ambasciata assieme all’Ice) rappresenta una crescita del 6,8%. E’ la più
alta dal 1991 dovuta ai servizi (63%), al settore industriale e dell’edilizia
(35%) e agricoltura (2%). Sempre nel 2007 l’inflazione ha raggiunto il 3,8%
annuale (oltre i parametri di Maastrich) la disoccupazione è diminuita (dal 6 al
4%) mentre i salari hanno fatto registrare un aumento reale pari al 2,3%. Ma
quali sono le previsioni per il 2008 e 2009, anni in cui la crisi farà sentire i
suoi effetti su numeri e cifre economiche? Il Pil nel 2008 dovrebbe scendere al
4,8% e questo per la minore crescita dell’export della Slovenia e degli
investimenti in immobilizzazioni, i due fattori principali della crescita
economica. La disoccupazione dovrebbe salire dal 4 al 4,6% mentre l’inflazione
dovrebbe crescere sino al 6,1%. Ma è il 2009 a preoccupare visto che le
previsioni parlano di un Pil per la Slovenia a quota 3,1%. Un abisso comunque
rispetto all’Italia dove si parla di crescita 0. Ma è soprattutto il previsto
aumento del costo dell’energia a preoccupare gli imprenditori italiani, (si
parla un raddoppio) che influenzerà l’economia slovena oltre a scoraggiare
probabilmente qualche investimento. E proprio per questo al vertice a Lubiana si
è parlato di possibili iniziative congiunte. «Abbiamo affrontato la questione
energia ed è stato fatto anche un giro d’orizzonte sui progetti di settore, da
Krsko al rigassificatore alla centrale della Severstal-Lucchini – conferma
Antonini – e ho ribadito quanto ripeto da tempo, ovvero la necessità di
svincolarci dalle fonti tradizionali di approvvigionamento energetico trovando
delle alternative. Nodi non di immediata soluzione che ma devono essere
affrontate dai due paesi». Temi e questioni che saranno certo approfondite alla
prossima riunione all’ambasciata italiana di Lubiana anche alla luce dei passi
intrapresi dal nuovo governo sloveno.
GIULIO GARAU
Volontariato, giovani attenti - Visione positiva
del settore ma mancano conoscenze specifiche
INDAGINE DELL’ASSOCIAZIONE OMNIA YOUNG
La maggior parte dei giovani considera il settore del volontariato è un
mondo dove ci si adopera a favore dei meno fortunati. Il dato emerge dal
questionario «Il volontariato tra i giovani» che l’associazione Omnia Young ha
proposto agli studenti tra i 16 e i 19 anni delle scuole superiori triestine.
Dai dati raccolti - come sottolinea il presidente dell’associazione Omnia Young
Guido Tedaldi, supportato dal Centro servizi volontariato Friuli Venezia Giulia
- emerge che i giovani hanno ancora una visione positiva e per certi versi
«eroica» di chi presta un volontariato che viene concepito (dal 60%) come aiuto
a sfortunati. Da sottolineare che un terzo dei ragazzi che hanno compilato il
questionario risulta impegnato in qualche ramo del volontariato sociale.
I giovani ritengono che almeno il 50% delle risorse economiche utilizzate dalle
associazioni di volontariato debba essere usato per beneficenza. Chi fa
volontariato - pensa il 75% degli interpellati – deve ritenersi soddisfatto del
solo ringraziamento. Non troppo approfondita invece appare la conoscenza dei
termini e dei contenuti tecnici del settore del volontariato. Sono pochi i
giovani che conoscono il significato dell’acronimo «onlus» e, in famiglia, si
discute poco sui valori e i contenuti del termine.
Il questionario è parte di un progetto più articolato rivolto ai giovani che
Omnia Young sta portando avanti.
( m.l.)
LA REPUBBLICA - GIOVEDI', 27 novembre 2008
Emergenza rifiuti, rischia di allargarsi
tutta colpa della deregulation selvaggia - Il governo ha azzerato il Cobat, uno
dei consorzi di smaltimento più virtuosi
Una ricerca di Ambiente Italia rivela quello che si potrebbe fare ad esempio
eliminando correttamente i vecchi elettrodomestici
Rifiuti elettronici, batterie al piombo, gas buca-ozono in libera uscita:
una nuova ondata di deregulation rischia di allargare l'emergenza rifiuti. Il
sistema è di fronte a un bivio. E' possibile moltiplicare i posti di lavoro e
raggiungere, solo con un corretto smaltimento dei frigoriferi e dei
condizionatori, il 3 per cento degli obiettivi di Kyoto. Oppure si può scegliere
di affidarsi completamente alle convenienze del mercato, esponendosi alle
fluttuazioni che rischiano di paralizzare la raccolta nei momenti di bassa dei
prezzi.
Oggi il modello vincente è quello applicato per gli imballaggi: un consorzio di
recupero che si assume la responsabilità dei risultati per ogni materiale e lo
raccoglie sia quando i prezzi delle materie prime sono alti che quando sono
bassi, sia quando i cassonetti si riempiono da soli sia quando c'è da pedalare
per raggiungere posti sperduti. Questo sistema - basato sulla concertazione con
i Comuni, i produttori, i trasformatori e le ex municipalizzate - potrebbe
allargarsi ad altre tipologie, come le pile, o essere minato dalla
moltiplicazione di consorzi che rispondano solo a una logica di mercato senza
garantire gli obiettivi di protezione ambientale.
"Il governo insiste su un'interpretazione ideologica della liberalizzazione:
invece di aumentare l'efficienza punta ad aumentare il numero dei consorzi di
recupero", accusa Ermete Realacci, ministro ombra dell'Ambiente. "Al contrario,
dobbiamo incentivare il riciclo dei rifiuti e l'industria collegata: con un
incremento del 15 per cento al 2020 si potrebbero far scendere i consumi
energetici di 5 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio, pari al 32 per
cento dell'obiettivo nazionale di efficienza energetica a quella data".
Le aree di crisi sono due. Da una parte, denuncia il senatore del Pd Roberto
Della Seta, il colpo di mano del governo "che non ha tenuto conto del parere
unanime espresso dalla commissione umiliando il ruolo del Parlamento e azzerando
il Cobat, uno dei consorzi di smaltimento più virtuosi: recupera il 98 per cento
delle batterie a un costo che è il più basso in Europa".
Dall'altra in ballo c'è un milione di tonnellate di rifiuti: i cosiddetti Raee,
cioè le apparecchiature elettriche ed elettroniche. E' un flusso importante sia
sotto il profilo ambientale (ci sono sostanze potenzialmente tossiche e con
rilevanti effetti per la distruzione della fascia di ozono e per la crescita
dell'effetto serra) che sotto il profilo economico (sono una miniera di materie
seconde di grande valore).
Secondo uno studio di Ambiente Italia, "gli elettrodomestici bianchi (che
corrispondono alle classi 1 e 2 dei Raee, di competenza del consorzio Ecodom)
potenzialmente recuperabili sono 6 milioni di pezzi: 258 mila tonnellate, di cui
89.500 tonnellate di frigoriferi e congelatori e 7.400 tonnellate di
condizionatori (prodotti contenenti CFC e HCFC)". Con una buona gestione si
otterrebbe: il recupero di 230 mila tonnellate di materie seconde; un taglio di
emissioni equivalente a 3,4 milioni di tonnellate di CO2; un recupero energetico
pari a 119.000 tonnellate di petrolio. In sintesi si riuscirebbe - solo
attraverso il recupero dei fluidi refrigeranti e il riciclo - a tagliare circa
il 3 per cento delle emissioni di CO2 che l'Italia dovrebbe ridurre entro il
2020, mentre il recupero energetico vale all'incirca i consumi di una città di
40 mila abitanti.
"Sono obiettivi raggiungibili migliorando il sistema", commenta l'ex ministro
dell'Ambiente Edo Ronchi, l'ideatore del decreto che ha rilanciato la raccolta
differenziata. "Oggi ci sono 17 consorzi che raccolgono i rifiuti elettrici ed
elettronici ma nessuno ha l'obbligo di raggiungere una quota minima o di operare
su tutto il territorio nazionale. Si tratta di arrivare a una gestione
coordinata e capace di affrontare target obbligatori di raccolta, secondo la
strada indicata dall'Unione europea".
ANTONIO CIANCIULLO
IL PICCOLO - GIOVEDI', 27 novembre 2008
Porto Vecchio, ultimo attacco alla conversione -
Decisione a giorni del Tar del Lazio sui punti franchi. Fernetti lancia la
centrale fotovoltaica
IL RICORSO AL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO
L’ultimo attacco al Porto Vecchio aperto alla città è stato sferrato ieri
mattina a Roma. Il professor Francesco Alessandro Querci ha illustrato ai
giudici del Tar del Lazio i motivi per cui, secondo l’associazione che egli
rappresenta e cioè l’Associazione porto franco internazionale che ha presentato
ricorso alla giustizia amministrativa, va annullata la variante al Piano
regolatore che ha aperto la parte antica dello scalo a funzioni di cosiddetta
portualità allargata, e che prevede l’insediamento di porticcioli turistici,
cantieri, uffici, negozi, musei, acquari, laboratori scientifici, fiere,
foresterie. A difendere le ragioni dei resistenti, soltanto l’avvocato Oreste
Danese del Comune di Trieste, mentre l’Autorità portuale e la Regione si sono
affidati a memorie scritte. I giudici si sono riservati la decisione che verrà
resa pubblica tra alcuni giorni.
L’Associazione porto franco internazionale si batte da tempo affinché il Porto
Vecchio, seppure da decenni sottoutilizzato, continui a svolgere solo funzioni
di porto e contrastano strenuamente anche l’intento di spostare una porzione di
Punto franco al Terminal intermodale di Fernetti come già previsto dal Piano
operativo triennale dell’Autorità portuale. All’ipotesi dell’Authority,
sostenuta pressoché da tutte le parti politiche, hanno ribadito ieri la propria
piena adesione i vertici di Fernetti rappresentanti dal presidente Giorgio
Maranzana e dall’amministratore delegato Claudio Grim nel presentare l’evento
che domani metterà proprio l’ex autoporto al centro dell’attenzione anche
internazionale di un’intera area geografica. Verrà infatti inaugurato l’impianto
fotovoltaico, denominato Fernetti solar, uno dei più grandi in Italia tra quelli
installati sui tetti, che permetterà al Terminal non solo di autosostentarsi
energeticamente, ma addirittura di vendere l’energia solare prodotta in eccesso.
Solo due giorni fa il Senato di Amburgo ha stabilito una notevole riduzione
della zona franca del porto cittadino (che dovrà essere adottato con una legge
federale), che attualmente copre circa il 23 per cento dell’intera area dello
scalo. Il senatore all’Economia, Alex Gedaschko, ha sottolineato che la
significativa riduzione della zona franca svilupperà la capacità logistica del
porto, eliminando gravose procedure doganali e contribuirà alla sua espansione,
nonché al potenziamento delle infrastrutture e alle scelte di pianificazione
urbana.
Lo sviluppo di portualità allargata del Porto Vecchio di Trieste è frenato dalla
persistenza sull’intera area del regime di Punto franco. Al contrario, il futuro
per Fernetti, che dato l’ampliarsi dell’Unione europea perde punti nei passaggi
di Tir che da 163 mila del 2006 quest’anno saranno 135 mila, è nel ruolo di
Terminal intermodale, ma ancor più, come hanno spiegato Maranzana e Grim, in
quello di district-park: qui molti container che vengono sbarcati al Molo
Settimo potrebbero essere aperti e le merci suddivise e caricate sui Tir diretti
alle destinazioni soprattutto dell’Est europeo. Rappresentanti di tre colossi
della logistica: la danese Maersk prima compagnia al mondo nel traffico di
container, la giapponese Nippon Yusen Kaisha e la cinese Cosco saranno domani a
Fernetti per valutare le possibilità di inserire l’impianto nel proprio network
di interporti. Il Terminal triestino però potrà risultare particolarmente
attrattivo soltanto se ospiterà un’area franca perché risulterebbe anche
economicamente vantaggioso per gli operatori.
Alla cerimonia di domani alle 11 prenderà parte anche il sottosegretario
all’Ambiente Roberto Menia, ma interverranno pure l’ambasciatore italiano a
Lubiana, Alessandro Pietromarchi e autorità slovene, mentre sono stati invitati
anche i vertici del quasi contiguo autoporto di Sesana con il quale potrebbero
essere ripresi in considerazione quei progetti di collaborazione che si erano
fermati nel momento in cui non era stato possibile per l’Autorità portuale
acquisire un’ulteriore quota della proprietà del Terminal che oggi le appartiene
solo nella misura del 6 per cento. Le aspirazioni dell’Authority sono state
«congelate», ma è proprio anche nella funzione di retroporto lo scenario futuro
del terminal carsico. Già oggi in un’area affittata dall’Authority stazionano
quotidianamente molte decine di Tir turchi (alla fine del 2008 saranno 25 mila)
in attesa di imbarcarsi sui traghetti dal terminal di riva Traiana dove però gli
spazi sono carenti.
«Dal primo gennaio - annuncia Grim - un treno per il trasporto dei container
collegherà il Molo Settimo a Fernetti». Quando verrà effettuato l’intervento per
eliminare un curvone dei binari e tre passaggi a livello tra Fernetti e Opicina
(la Regione ha già assicurato la copertura finanziaria) si potranno organizzare
treni Ro-La, secondo la modalità per cui i Tir salgono direttamente sui pianali
dei vagoni, alla volta di Padova».
L’impianto fotovoltaico permetterà al Terminal di Fernetti anche di risparmiare
circa 150 mila euro all’anno. Ha la potenza di un megawatt ed è costituito da
oltre 4.300 pannelli di silicio policristallino. I pannelli sono inclinati di 30
gradi per ottimizzare la captazione dei raggi solari. La produzione sarà di
circa un milione e 200 mila kilowattore e oltre a permettere un risparmio di 150
mila euro in energia elettrica, consentirà un esubero di produzione che verrà
venduto. L’impianto è stato installato sopra la copertura dei magazzini
esistenti (circa 15 mila metri quadrati) e della palazzina uffici (4 mila metri
quadrati). I pannelli sono stati ancorati alla copertura degli edifici e
collaudati per resistere a raffiche di vento di 230 chilometri orari. L’impianto
è stato suddiviso in quattro zone autonome per garantire una gestione ottimale
della produzione. L’investimento è stato di circa 6 milioni e mezzo di euro. Il
contributo annuale in base al progetto Conto energia che il Terminal potrà
incassare per aver realizzato l’impianto sarà di 480 mila euro all’anno.
«Ma sono in via di completamento - ha spiegato Giorgio Maranzana - anche i
lavori per il nuovo magazzino di 6 mila metri quadrati del costo di un milione e
800 mila euro di cui un milione 190 mila euro di fondi regionali in base
all’Obiettivo 2. Ancora, con un’ulteriore spesa di 900 mila euro con
finanziamento tramite mutuo Frie è stato realizzato un nuovo impianto per il
trattamento delle acque reflue.
Frattanto la stessa Associazione porto franco internazionale, con una nota a
firma del segretario Emanuele Lo Nigro, ha stigmatizzato ieri anche la ventilata
possibilità che la Direzione regionale delle Dogane di Trieste venga soppressa.
Tra le condizioni che rendono imprescindibile la sua sopravvivenza è, secondo Lo
Nigro, «la situazione unica del Porto franco di Trieste con una normativa
particolare che deve essere conosciuta, applicata e fatta funzionare con una
presenza costante sul territorio di una specifica Direzione regionale».
SILVIO MARANZANA
La Regione partecipa al Corridoio Adriatico-Baltico
TRIESTE La Regione Friuli Venezia Giulia parteciperà al progetto europeo di
cooperazione transnazionale «South-North Axis» (Sonora) per lo sviluppo del
corridoio viario Baltico-Adriatico.
Lo ha deciso ieri la Giunta regionale, su proposta dell'assessore alla Viabilità
e Trasporti, Riccardo Riccardi, affiancando così le Regioni di Veneto ed
Emilia-Romagna in questo programma comunitario di sviluppo delle reti. Lo scopo
del progetto - informa la Regione - è inserire il corridoio Baltico-Adriatico
nel processo di revisione delle reti transeuropee di trasporto (reti Ten-T)
della Ue.
Il costo complessivo di Sonora è valutato in oltre 7 milioni di euro, di cui 5,5
con risorse del Fondo europeo per lo Sviluppo regionale.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 26 novembre 2008
Bloccati i progetti: più aree pedonali ma senza
parcheggi - Sette anni di iter per Park S. Giusto, ancora
al palo. Cassato l’«Audace», «Marittima» ferma
Un iter burocratico lungo sette anni, fin qui, per realizzare il park San
Giusto. Più di dodici mesi sono passati invece da quando il Consiglio comunale
ha approvato il piano parcheggi. Di recente, all’inizio dello scorso ottobre,
poi, il voto dell’assemblea del municipio ha cassato il progetto del park
Audace, che dovrà essere ridefinito e ripresentato. Un «no» deciso contro la
paventata estensione e il collegato sconfinamento del cantiere sulle corsie di
marcia delle Rive. Con l’approssimarsi del periodo natalizio e la corsa agli
acquisti, potrebbe profilarsi presto un’emergenza per la mancanza di parcheggi
nel bel mezzo di una città destinata a diventare sempre più pedonalizzata. Un
problema denunciato da commercianti e comitati di cittadini nelle scorse
settimane.
Degli altri due «gioielli» interrati previsti dal piano parcheggi presentato
all’epoca dall’ex assessore comunale Maurizio Bucci, ovvero quelli da creare
rispettivamente davanti alla Stazione marittima e sotto all’area ex Bianchi, non
si hanno notizie ufficiali su tempistiche per l’eventuale avvio dei lavori.
Secondo i ben informati vicini all’amministrazione comunale, però, proprio il
primo di questi due cantieri dovrebbe vedere la luce entro la fine del 2009: il
via libera per la Saba Italia (che costruirà e poi gestirà gli spazi) c’è, non
ci sono più ostacoli. Non dovrebbero esserci problemi nemmeno per il parcheggio
sotterraneo di largo Roiano, delimitato da viale Miramare e via Santa Teresa, e
per quello che sorgerà dietro alla palestra di via della Valle. Prospettive
confortanti pure per Foro Ulpiano (di cui riferiamo a parte).
Continua invece a «far discutere e resta un discorso aperto», nelle parole del
capogruppo forzista in Consiglio comunale Piero Camber, il progetto di piazza
Sant’Antonio (che in teoria potrebbe estendersi nell’area compresa fra via San
Spiridione e via XXX Ottobre). Mentre per quello relativo a largo Papa Giovanni
le proposte giunte finora non sono risultate soddisfacenti perché insostenibili
dal punto di vista economico. Rimane irrisolto il capitolo dello spazio
all’aperto sopra il centro commerciale Il Giulia, quello che dà su via
Pindemonte. Sono fermi da mesi, inoltre, i lavori per il parcheggio in via
Pietà, zona peraltro non inclusa nelle 17 inquadrate dal piano parcheggi:
l’Azienda ospedaliera, proprietaria del terreno, ha già fatto sapere che la
società incaricata sta completando il progetto esecutivo.
«Abbiamo approvato il piano parcheggi, adesso li realizzeremo uno alla volta»,
puntualizza il sindaco Roberto Dipiazza. Si procederà a suon di project
financing, ma il ritardo complessivo resta. Il sindaco, che detiene anche la
delega all’urbanistica, lo sa e si toglie qualche sassolino dalle scarpe:
«Paghiamo un gap accumulato negli anni. In passato il nostro Comune, con le
precedenti gestioni, ha speso qualcosa come 100 miliardi di vecchie lire per
organizzare mostre e convegni. Forse sarebbe stato il caso di fare anche dei
parcheggi». Dipiazza ricorda poi la presenza di una struttura come «il Silos che
è sistemato a cinque minuti a piedi da piazza Unità. In pratica si trova nel
centro cittadino. Intanto bisognerebbe approfittarne, visto che gran parte degli
820 posti disponibili sono spesso vuoti». Tornando poi al progetto del park San
Giusto, Dipiazza aggiunge ancora: «Lo stiamo aspettando da ormai sette anni. I
lavori dovevano partire nel 2001 e invece siamo in attesa a causa della
burocrazia che riesce a complicare le cose per qualsiasi iter». Nel caso
specifico va risolta infatti la questione degli espropri delle aree da privati e
dal demanio militare.
MATTEO UNTERWEGER
PARCHEGGI - Lobianco: «Risposte entro tre mesi» - IL
PROGETTO PREVISTO SOTTO IL COLLE
Tre mesi per sciogliere gli ultimi dubbi su tempistiche e iter di acquisizione.
La travagliata storia del Park San Giusto potrebbe arrivare presto a un punto di
svolta. Esattamente «attorno alla fine di gennaio», come spiega Rocco Lobianco,
presidente di Amt, una delle realtà che compongono la società chiamata a
costruire e gestire la nuova struttura che dovrebbe mettere a disposizione della
città un totale di 724 posti macchina.
La «Park San Giusto», spa creata ad hoc per controllare il nuovo parcheggio è
composta per il 75 per cento delle quote da Amt.
Il 5 per cento è della Sistema sosta e mobilità di Udine, Acupark srl detiene
invece l’uno per cento. Il 18,5 per cento restante, infine, è appannaggio di un
gruppo di imprese di costruzioni (Riccesi, Celsa, Mecasol, Fedrigo, Carena, Arm
enginering di Padova).
Quella prevista sotto il Colle sarebbe un’opera unica nel suo genere in Italia,
ma gli inghippi non sono mancati a partire dal 2001 fino ad oggi. «Si tratta di
ottenere una serie di autorizzazioni tecnico-giuridiche - specifica ancora
Lobianco - per le quali contiamo di avere delle risposte entro i prossimi tre
mesi».
(m.u.)
PARCHEGGI - Soltanto Foro Ulpiano va avanti - Si
studia la convenzione tra Comune e Saba Italia per il raddoppio
L’ampliamento del parcheggio di Foro Ulpiano, programmato nel piano approvato
più di un anno fa dal Consiglio comunale, potrebbe subire presto
un’accelerazione. I tecnici comunali della direzione dei Lavori pubblici stanno
studiando le varie possibilità per presentare alla giunta una proposta di
convenzione tra il Comune stesso e la Saba Italia (la società che gestisce il
park interrato davanti al tribunale). Un documento che fissi i dettagli
dell’allargamento, che - si dice - potrebbe estendersi sino a piazza Oberdan.
«Gli uffici sono al lavoro - conferma l’assessore comunale Franco Bandelli - per
rivedere il progetto chiudendo questa convenzione». Bandelli ritorna poi sulle
proteste mosse da alcuni comitati e dai commercianti sui posti macchina
soppressi per i nuovi e futuri provvedimenti di viabilità e pedonalizzazione
cittadina: «Bisogna scegliere, insomma. O si vuole l’area pedonale oppure il
posto macchina sotto casa. Con la pedonalizzazione di via Cassa di risparmio
verranno meno alcuni parcheggi, ad esempio, ma troveremo una soluzione
alternativa per Amt come previsto. In via Cavana si eviteranno invece ingorghi e
automobili in seconda fila. Sappiamo che in centro vi è la necessità di nuovi
parcheggi, ma i gestori di Silos e Foro Ulpiano mi dicono che spesso hanno tanti
posti liberi. Sarebbe allora il caso di iniziare a usarli di più».
(m.u.)
PARCHEGGI - I COMMERCIANTI - Duiz: «Un’emergenza
che si protrae da anni»
«La situazione non è cambiata rispetto agli anni scorsi. Con l’avvicinarsi delle
festività natalizie tornerà d’attualità l’emergenza parcheggi in centro città».
Il punto di vista dei commercianti al dettaglio triestini arriva direttamente
dal presidente dell’associazione di categoria, Donatella Duiz. «A Trieste si
fanno tante belle cose, ma si tolgono i posti macchina. Al contrario - prosegue
la Duiz -, per ora, di nuovi non se ne vedono. Una struttura proprio nel centro
dovremmo averla, come in ogni città che si rispetti». La numero uno dei
dettaglianti ribadisce infine le sue preoccupazioni in chiave futura: «Con la
prossima pedonalizzazione di via Cassa di risparmio e di un tratto di via
Trento, altri posti verranno meno».
(m.u.)
Bonifiche, gli enti si ribellano al silenzio -
SECRETATA LA RIUNIONE DI LUNEDÌ A ROMA TRA MINISTERO E REGIONE
Bassa Poropat: «Dobbiamo essere riconvocati tutti al più presto»
Le milionate in arrivo dallo Stato, tra assegni ministeriali, fondi Fas
veicolati dalla Regione e quote Autorità portuale, potrebbero ancora oscillare
di qualche unità rispetto alle 110 fin qui dedotte dai documenti sfuggiti al
riserbo. Ma l’ossatura del futuro accordo di programma per le bonifiche del Sin,
il Sito inquinato d'interesse nazionale, non è comunque in odore di rivoluzioni.
Risultato: il grosso della copertura economica, per ora stimato in 190 milioni e
concentrato nella seconda fase del piano di reindustrializzazione, resta a
carico delle imprese. Imprese che stando all'articolo 11 della bozza d'accordo
datata 31 ottobre - che ultima versione non è ma dovrebbe far fede su questo
passaggio - vengono individuate anzitutto come «soggetti privati insediati
all’interno del Sito» che «possono usufruire dei benefici previsti dal presente
articolo sulla base di una transazione con il Ministero dell’Ambiente
impegnandosi a concorrere pro quota agli oneri progettuali, di investimento e
gestione in ragione della superficie delle aree di ciascun soggetto».
Ministero e Regione, i due interlocutori della riunione tecnica di lunedì,
continuano intanto a tener ben chiuso il rubinetto delle informazioni. «Il corpo
dell’accordo è fatto, si stanno chiudendo gli ultimi conti, l’onorevole in
questo momento si è impegnato alla massima riservatezza affinché non escano
notizie parziali», fanno sapere dallo staff del sottosegretario all’Ambiente
Roberto Menia. Un atteggiamento, questo, fotocopiato pure dall’assessore della
giunta Tondo Vanni Lenna. Il silenzio, tuttavia, sta consumando la pazienza del
resto del mondo, giacché neanche i rapporti informali tra gli uffici regionali e
quelli omologhi degli enti territoriali ha contribuito finora a sciogliere il
giallo. «Gli enti devono essere riconvocati tutti al più presto», tuona la
presidente della Provincia Maria Teresa Bassa Poropat. Che aggiunge: «Mi
preoccupano i tempi. E poi se l’accordo resta quello che conosciamo di fatto il
ministero tira fuori una decina di milioni, prospetta nuove infrastrutture
portuali e la riqualificazione del depuratore di Servola. È tutto fuorché una
prospettiva di disinquinamento effettivo». «Sono seriamente preoccupato e
stupito - rincara la dose il sindaco di Muggia Nerio Nesladek - del metodo di
mancata partecipazione con il quale si sta conducendo una grande partita per il
territorio». «Un fatto che riguarda praticamente tutto il comparto industriale,
e che per questo dovrebbe essere portato avanti con la massima trasparenza,
diventa un fatto di pochi», gli fa eco il presidente dell’Ezit Mauro Azzarita,
che ha in agenda per i prossimi giorni un incontro con il numero uno dell’Authority
Claudio Boniciolli. Il quale, a sua volta, assicura di non saperne nulla.
Ancor più agitati sono i soggetti esterni all’accordo, che però di quell’accordo
si sentono ormai fonte primaria: gli operatori economici. «Sarebbe doveroso -
così Enrico Eva, direttore di Confartigianato - che il ministero dell’Ambiente
coinvolgesse le associazioni di categoria, altrimenti le cose le veniamo a
sapere solo di sponda. Se si riuscisse a pervenire a un accordo concertato, si
eviterebbero 85 ricorsi (tante sono gli associati Confartigianato insediati nel
Sin, ndr) con richiesta di rispettare il principio comunitario secondo cui chi
non ha inquinato non paga». «Le imprese non vanno gravate di oneri impropri»,
ribadisce Paolo Battilana, direttore di Assindustria. «Un’eventualità del genere
- chiude Battilana - rappresenterebbe un colpo duro per il sistema produttivo
locale, specie in questa gravissima congiuntura, tale da mettere a rischio la
vita di molte aziende».
PIERO RAUBER
Ecco il parco delle energie rinnovabili - Sara' presentato a Gorizia un progetto guidato dalla facolta' di Architettura dell'Universita' di Trieste
Il terminal di Veglia si allarga Progetto da 130
milioni al via - A CASTELMUSCHIO LE SCORTE PETROLIFERE DELL’UNGHERIA
FIUME Lo Janaf, Oleodotto adriatico, si prepara ad allargare il suo terminal
quarnerino a Castelmuschio (Omisalj), sull’isola di Veglia. Con un investimento
di quasi 130 milioni di euro Jadranski naftovod (Janaf, appunto) vuole
posizionare in tempi brevi due nuove «batterie» di grossi serbatoi per lo
stoccaggio del greggio e di derivati. La trafila burocratica per licenze e
permessi è già partita. E non ci dovrebbero essere intoppi: lo Janaf è di
proprietà preminentemente statale e l’ampliamento è strettamente collegato alla
recente intesa tra governi croato e ungherese finalizzata a un «partenariato
energetico» fra i due paesi.
Pochi giorni fa, nell’aula del Consiglio municipale di Castelmuschio, i
dirigenti dello Janaf (presenti pure gli incaricati del ministero dell’Ambiente)
hanno presentato pubblicamente lo studio di impatto ambientale allegato al
progetto di ampliamento che, in linea di massima, ha già l’assenso delle
autorità locali. Nel corso della presentazione – assenti le organizzazioni
ecologiste - è stato messo in risalto che circa il 12 per cento
dell’investimento, più o meno 15 milioni di euro, verranno spesi per garantire
adeguati dispositivi e sistemi di tutela dell’ambiente. Stando al progetto, che
verrà realizzato a tappe, nell’area dell’attuale terminal dello Janaf verrebbero
realizzati otto grandi serbatoi circolari per immagazzinare petrolio greggio
(circa 640 mila metri cubi), più altri otto di dimensioni minori per lo
stoccaggio di prodotti finiti o derivati. Entro la cinta del terminal verrebbe
piazzato anche un serbatoio da 1.240 metri cubi per biocarburanti.
In merito al progetto e alle sue motivazioni vanno ricordate le conclusioni
dell’incontro della primavera scorsa tra il premier ungherese Gyurcsany e quello
croato Sanader, ovvero l’idea di una partnership ungaro-croata in campo
energetico. Il terminal dello Janaf a Castelmuschio, su iniziativa di Budapest,
verrebbe dunque utilizzato per lo stoccaggio delle scorte petrolifere di stato
ungheresi. Secondo le normative Ue, ogni paese comunitario deve disporre di
scorte atte a sopperire a un fabbisogno di almeno tre mesi. Ed è appunto tali
scorte che i governanti magiari intenderebbero immagazzinare nel terminal
quarnerino, attraverso le cui condutture le riserve di greggio potrebbero essere
disponibili per le utenze magiare nell’arco di 24-48 ore. Un apposito accordo
interstatale è già in fase di stesura e all’iniziativa – da quanto si apprende
in via informale – sarebbe «vivamente interessata» pure la Slovacchia. Nelle
adiacenze del terminal, infine, è praticamente già riservato lo spazio per il
rigassificatore (o terminal Lng) che interessa Budapest.
(fr)
IL PICCOLO - MARTEDI', 25 novembre 2008
Scuole, l’82% senza collaudo statico - Tommasini:
edifici vetusti. Bandelli: solo per quelli comunali servono 60 milioni
Fuori norma in un istituto su due l’impianto elettrico, ma l’88% ha avuto
comunque l’agibilità. A livello regionale il 51% delle strutture non ha il
certificato di abitabilità - I DATI DEL SERVIZIO REGIONALE
DELL’ISTRUZIONE
I politici mettono le mani avanti e dicono di non voler «creare allarmismi».
Sostengono che «Trieste non è Torino» e che «gli studenti non sono a rischio
nelle nostre aule». Ma quasi tutti i nostri istituti scolastici, per un motivo o
per l’altro, non sono a norma.
Parlano i numeri: a Trieste l’82% delle scuole non ha il certificato di collaudo
statico. Oltre la metà degli istituti, il 52%, non può vantare un impianto
elettrico a norma ed è sommerso da una marea di cavi e fili «vaganti». Il 78%
non ha un impianto idrotermosanitario conforme. Infine, solo il 9% delle scuole
è in possesso di un certificato di conformità dell’impianto di protezione
antincendio.
Continuando a scorrere i dati forniti dalla Direzione centrale del Servizio
istruzione regionale, la musica non cambia. La situazione a Trieste non è certo
felice. E dopo la tragedia del liceo Darwin di Torino, che ha visto un
diciassettenne morire in classe schiacciato sotto il peso di mattoni e tubi di
ghisa crollati dal soffitto, anche per alunni e genitori triestini dormire sonni
tranquilli è difficile. Loro stessi denunciano da anni l’emergenza scuola in
città e lamentano lo scenario della quotidianità tra i banchi.
I numeri, si diceva. Stando sempre ai dati forniti dal Servizio istruzione
regionale, infatti, risulta che solo il 14% delle scuole triestine ha ascensori
con garanzia di collaudo. L’unica nota che distingue Trieste dalla situazione
generale del Friuli Venezia Giulia riguarda il certificato di agibilità: l’88%
delle scuole ce l’ha, contro una media regionale che scende fino al 49%. Se si
parla di barriere architettoniche, invece, la situazione si fa più buia. Un
esempio: solo 50 edifici scolastici - meno di un terzo del totale - hanno scale
costruite secondo la normativa vigente.
«Basta entrare nelle nostre scuole - spiega Giuseppe Ughi, segretario dello
Snals -. Quasi tutte hanno vecchi portoni che si aprono verso l’interno: in caso
di incendio i ragazzi non potrebbero uscire facilmente e rischierebbero di
restare schiacciati. Vogliamo fare esempi concreti? Andiamo al terzo piano della
succursale del liceo Galieli, in via Battisti, dove ci sono travi a vista
vecchissime. Chi ci assicura che i soffitti non crollino anche da noi? Solo
l’istituto Fabiani, che è quello di costruzione più recente, ha il certificato
di staticità tra le scuole superiori».
Avvenimenti drammatici come quelli di Torino riportano a galla annosi problemi
che riguardano tutto il parco scuole italiano. Il ministro dell’Istruzione
Mariastella Gelmini ha dichiarato che «per sanare l’emergenza servono fondi
straordinari», aggiungendo però che il Governo non se ne sta con le mani in
mano, perché «ha distribuito, nel 2008, 300 milioni di euro da investire in
sicurezza» lungo tutte le classi della Penisola. Il punto è proprio questo: i
fondi. Per capire l’entità del problema e rendersi conto di come le scuole siano
un pozzo senza fondo, basta sapere che per mettere a nuovo (e quindi a norma)
solamente gli edifici scolastici della nostra città sevirebbe avere in musina 60
milioni di euro.
Si tratta di una stima dell’assessore Frando Bandelli, responsabile
dell’edilizia scolastica per il Comune (che ha competenza su 154 edifici, di cui
19 asili nido, 64 scuole materne, 47 elementari e 24 medie). Bandelli però mette
in chiaro alcune cose: «Gli studenti triestini non rischiano la vita andando in
classe. Non mi risultano situazioni di reale pericolo. Però è vero che da noi la
situazione non è facile: oltre la metà delle scuole sono state costruite tra
l’Ottocento e gli anni Quaranta. Il Comune sta facendo sforzi enormi: spendiamo
ogni anno 4,4 milioni di euro per la manutenzione ordinaria e straordinaria
degli edifici. Ne abbiamo investiti altri 16 solo nell’ultimo biennio - continua
Bandelli - per riqualificare istituti scolastici. Adesso stiamo lavorando alla
Divisione Julia e al Dante. Questa amministrazione si è trovata nelle mani una
realtà disastrosa. Ma rendiamoci conto che purtroppo - conclude - per il settore
pubblico non esistono le stesse regole del privato. Sono convinto che anche
aggirandosi nei corridoi del Quirinale troveremmo tanti ”strappi” alle regole».
Simile il giudizio dell’assessore provinciale Mauro Tommasini. La Provincia ha
in «portafoglio» le scuole superiori, dislocate, tra sedi centrali e succursali,
in 27 edifici diversi. «Abbiamo edifici vetusti, antichi, in cui è difficile
operare - spiega -. Se il ministro Gelmini vorrà far arrivare qualche risorsa
straordinaria a Trieste saremo ben lieti di riceverla».
ELISA COLONI
Bonifiche, va a vuoto la missione romana Gli
artigiani: paghi solo chi ha inquinato
Eva (Confartigianato): non siano le imprese a coprire i costi per
riqualificare il depuratore
Continuano a mancare certezze sui 190 milioni che teoricamente vengono messi in
carico ai privati
Diventa un giallo l’esito della riunione romana di ieri tra i tecnici del
ministero dell’Ambiente e della Regione, da dove sarebbe dovuta uscire la
versione blindata, definitiva, dell’accordo di programma per le bonifiche e i
piani di reindustrializzazione del Sin, il Sito inquinato d’interesse nazionale.
Gli interlocutori triestini in attesa di un cenno dal sottosegretario Roberto
Menia o dall’assessore regionale Vanni Lenna, i referenti politici dei
rispettivi funzionari chiusi negli uffici del ministero dell’Ambiente, sono
rimasti con i dubbi di prima. Menia non era rintracciabile a oltranza, in quanto
impegnato in diverse riunioni, ma ha lasciato comunque detto di non avere
notizie in proposito. E Lenna, conclusa in serata la maratona della legge
omnibus in Consiglio regionale, se n’è tornato a casa assicurando a sua volta di
non sapere nulla, poiché «non sono riuscito a contattare chi era a Roma, ne
riparliamo domani (oggi, ndr)».
«Non è buon segno che in giornata non siano arrivate telefonate», suggerisce uno
di questi interlocutori locali. È una mancata fumata bianca, in effetti, che
stride con il messaggio di «estrema urgenza», di una partita da chiudere entro
l’anno pena la perdita dei fondi statali oggi blindati (70 milioni più i 40 in
quota all’Autorità portuale), fatto passare nel week-end proprio da Menia. Ed è
un’appendice d’incertezza che alimenta, nel contempo, i malumori delle imprese
insediate nel perimetro del Sin davanti all’ipotesi di quei 190 milioni di euro,
a carico dei privati, sui 300 di copertura totale per le bonifiche contemplati
dall’ultima versione dell’accordo di programma.
E mentre in queste ore da Assindustria si rimandano eventuali commenti soltanto
davanti a carte non più equivocabili, ci pensa la Confartigianato - con i suoi
85 associati sulle 300 aziende insediate nel Sin - a rompere la diga della
cautela. «Ci si dica una volta per tutte - tuona il direttore di Confartigianato
Enrico Eva, che è anche presidente della commissione Ambiente in Camera di
Commercio - che cosa si intende per privato coinvolto nei piani di bonifica. Se
a pagare sono chiamati i soggetti che hanno inquinato o che vengono riconosciuti
responsabili ci sta bene. Non vorremmo però che le cosiddette transazioni con il
ministero finissero in capo a tutti sulla base della superficie occupata,
penalizzando ad esempio falegnamerie e panifici, che metalli pesanti e
idrocarburi hanno difficilmente sversato nella loro storia. Salterebbe di fatto
il principio comunitario del ”chi non ha inquinato non paga” e, a quel punto,
saremmo pronti a promuovere appositi ricorsi». Confartigianato ne ha pure per
l’inserimento, nella prima fase del piano di messa in sicurezza, dei 30 milioni
necessari alla riqualificazione del depuratore di Servola: «È improrogabile
certo - aggiunge Eva - ma porta via una fetta importante dei fondi statali
rimasti. Con i soldi delle imprese, insomma, hanno deciso di pagare il
depuratore».
PIERO RAUBER
«Ambiente, più garanzie sulla procedura di Via» - SASCO
(UDC)
TRIESTE Edoardo Sasco, capogruppo regionale dell’Udc, esprime soddisfazione per
l’accoglimento, nella «legge omnibus», della proposta di raddoppiare i tempi per
le osservazioni sulla procedura di Valutazione di impatto ambientale (Via).
«Questa modifica, in linea con le norme in vigore nelle altre Regioni,
consentirà a cittadini e amministratori del Friuli Venezia Giulia di disporre di
tempi adeguati per l’espletamento di procedure spesso complesse e delicate».
IL PICCOLO - LUNEDI', 24 novembre 2008
«Dai privati 190 milioni? Così le bonifiche non si
faranno mai» - UIL: MENIA E LA REGIONE FACCIANO PRESSING
Visentini: lo Stato vuole sborsare pochi soldi, ma intanto il ministro
dirotta sulla sua Sicilia fondi ingenti
«L’Accordo di programma per le bonifiche del Sito inquinato di interesse
nazionale è insufficiente». A denunciarlo è il segretario regionale della Uil
Luca Visentini. «La montagna ha partorito il topolino. L'accordo di programma,
annunciato nella sua nuova versione dal sottosegretario Roberto Menia, prevede
soli 11 milioni di euro a carico dello Stato. Circa i due terzi della cifra
totale di investimento (190 milioni su 300) sono posti a carico dei privati. In
una situazione di crisi come quella attuale, immaginare che le imprese di
Trieste possano tirare fuori tutti questi soldi significa una sola cosa: le
bonifiche non si faranno mai».
Secondo Visentini «l’onorevole Menia e il sindaco Dipiazza richiamano la città a
un sano realismo: non è più tempo di chiedere soldi allo Stato, dicono. Peccato
che, nello stesso momento in cui taglia le risorse per Trieste, il ministro
dell'ambiente Prestigiacomo trova centinaia di milioni per bonificare i siti
inquinati della sua regione, la Sicilia. La precedente versione dell'accordo di
programma, definita dal Governo Prodi, prevedeva altrettanti investimenti per la
nostra regione. Al di là dei colori politici, quella è l'impostazione che va
recuperata».
Visentini conclude con un «appello all'on. Menia e alla maggiornaza regionale
affinché non si rassegnino ai "niet" del Ministero e facciano tutto il possibile
per portare a casa i soldi necessari al futuro del territorio».
CHERSO - Salvati 7 grifoni, stavano morendo in una
cisterna - La specie è protetta ma spesso resta uccisa da esche avvelenate
Erano finiti in un invaso a Verbenico. Denutriti e sfibrati ora vengono
curati dal centro ornitologico di Cherso
VEGLIA Sfibrati, denutriti, sottopeso ma salvi. È il caso di sette grifoni,
gli avvoltoi dalla testa bianca, finiti incredibilmente in una cisterna d’acqua
potabile situata nelle vicinanze di Verbenico, pittoresca località dell’isola di
Veglia. I grifoni, va ricordato, sono una specie rigorosamente tutelata in
Croazia (arrecare danno o la morte a questi maestosi volatili comporta pene
pecuniarie fino a 40 mila kune, circa 5600 euro) e sono presenti soprattutto
nell’area insulare del Quarnero, in primo luogo nelle isole di Cherso e Veglia.
Giorni fa, i sette avvoltoi sono stati tratti in salvo dalla cisterna grazie
all’allarme lanciato dal vegliota Antonio Polonio, proprietario del lotto di
terreno in cui si è verificato il bizzarro episodio. Sul luogo dell’incidente
sono giunti alcuni appartenenti al Servizio di soccorso alpino ed esponenti di
organizzazioni ambientaliste ed animaliste, che hanno subito messo in pratica le
misure del caso, estraendo dal serbatoio tutti e sette i grifoni, uno ad uno.
Purtroppo gli uccelli erano in condizioni pietose, sfiniti dalla lunga
permanenza nella struttura, da cui non potevano evidentemente uscire.
Trasportati in barca a Verbenico, sono stati successivamente trasferiti nella
voliera del centro Caput Insulae di Caisole (Beli), nell’isola di Cherso, che da
tanti anni si prende cura degli avvoltoi altoadriatici, grazie anche alla
sapiente guida del direttore del centro, il dottor Goran Susic, apprezzato
ornitologo. I sette avvoltoi sono stati visitati in queste specie di ospedale
per i volatili, con risultati non proprio esaltanti: ciascuno di essi pesava 6
chilogrammi e mezzo, mentre avrebbero dovuto avere dagli 8 ai 10 kg.
Uno dei grifoni, poi, non aveva nemmeno la forza di tenere eretto il capo ed è
stato sistemato in una gabbia speciale. «Purtroppo disponiamo di una voliera
sufficiente ad ospitare soltanto un paio di volatili – si è lamentato Susic – in
questo momento la struttura ne ospita 18 e dunque la qualità del soggiorno si
presenta scadente. A proposito dei sette uccelli finiti nella cisterna, invito
le competenti autorità a fare luce su questo caso che, a mio modo di vedere,
presenta aspetti molto singolari».
Intervistato dai giornalisti, il citato Polonio ha confermato che l’isola di
Veglia continua ad essere un habitat molto frequentato dai grifoni. «Mesi fa,
facendo un giro nella mia tenuta – ha detto – ho notato un folto gruppo di
avvoltoi. Ne ho contati ben 33». Insomma, non vi è pace per quello che è il
simbolo dell’isola di Cherso, costretto a difendersi soprattutto dalle insidie
dell’ uomo. Non sono pochi i casi di esemplari giovani di grifoni che,
spaventati dall’uomo, cadono in acqua dai nidi dislocati a strapiombo sul mare,
affogando. Molti inoltre i casi di avvelenamento, dovuti al fatto che gli
avvoltoi si cibano delle carogne di cinghiali, pecore o daini, vittime di esche
contenenti veleno e disseminate sull’isola per uccidere le specie alloctone.
(a. m.)
IL PICCOLO - DOMENICA, 23 novembre 2008
RIGASSIFICATORE - Gli ambientalisti attaccano gli enti locali - ILLUSTRATI I CONTENUTI DEL DOCUMENTO IN PROCURA
«La Provincia non si è mai espressa, il Comune pensa
solo al business»
«La documentazione fornita da Gas Natural è così falsa e incoerente da
rendere difficile, se non impossibile, anche per i tecnici del ministero
dell’Ambiente, capire le conseguenze dell’eventuale costruzione del
rigassificatore». Le associazioni ambientaliste triestine, Wwf, Italia Nostra,
Legambiente, Greenaction e i comitati per la Salvaguardia del golfo di Trieste e
Sos Muggia, non ci stanno. E si giocano la carta dell’esposto per tentare di
fermare Gas Natural e il suo progetto di rigassificatore da insediare nell’area
ex Esso.
Nell’esposto gli ambientalisti definiscono lo studio di impatto ambientale della
società spagnola (e della sua fiduciaria svizzero-lussemburghese Medea)
«contraffatto e dubbio» in molte sue parti. Lo hanno ammesso con forza ieri
mattina, durante un incontro nella sede del Wwf. «Lo studio è stato fatto per
imbrogliare i tecnici dei vari enti che dovevano analizzarlo, che hanno preso
per oro colato le indicazioni di Gas Naturale e non hanno mai ascoltato le
istanze degli ambientalisti. L’autorizzazione ministeriale al rigassificatore di
Zaule - ha spiegato Dario Predonzan, responsabile del Wwf per il Fvg - potrebbe
purtroppo arrivare a giorni. In questo caso saremo costretti a ricorrere alla
giustizia amministrativa. Siamo davanti a delle falsità. Un esempio? Hanno
utilizzato i valori di profondità media dell’Adriatico, cioè 50 metri, per
redigere gli studi e non quelli del golfo di Muggia, che arriva al massimo a 20
metri. Questo - aggiunge Prendonzan - falsifica i risultati».
A cadere nel mirino degli ambientalisti, però, non sono solo i proponenti del
progetto, ma tutti gli enti pubblici coinvolti a vario titolo nella vicenda,
come la Provincia, che «non ha mai avuto il coraggio di esprimersi» e il Comune
di Trieste, che «si è interessato solo agli aspetti economici dell’eventuale
impianto».
(e.c.)
Gas Natural: accuse offensive, andiamo avanti -
Rigassificatore, la replica della società: ricerche approfondite,
contestato il lavoro di molte professionalità
DOPO GLI ESPOSTI PRESENTATI IN PROCURA DAI SINDACI DI MUGGIA E SAN DORLIGO E
DALLE ASSOCIAZIONI
«Andremo avanti con il nostro progetto, perché possiamo dimostrarne la
validità. E siamo esterrefatti e offesi dalle accuse che le associazioni
ambientaliste hanno lanciato non solo contro la nostra società, ma anche contro
il lavoro di decine di professionisti che si sono espressi sulla documentazione
relativa al progetto del rigassificatore di Zaule. Solo in Italia accadono fatti
del genere».
È così che Gas Natural, il colosso spagnolo in ballo per la costruzione di un
impianto per il trattamento di Gnl nel golfo di Trieste, risponde al doppio
esposto depositato in questi giorni in Procura, prima dai sindaci di Muggia e di
San Dorligo della Valle, poi dalle associazioni ambientaliste. Due documenti
sostanzialmente simili nei contenuti (entrambi basati su studi del geologo Livio
Sirovich), ma diversi nei toni. Se Nerio Nesladek e Fulvia Premolin,
rispettivamente sindaci di Muggia e San Dorligo, avevano infatti spiegato di
essersi rivolti alla magistratura per «ottenere precisazioni su alcune parti
poco chiare o incomplete» della documentazione fornita da Gas Natural, le
associazioni ambientaliste (Wwf, Italia Nostra, Legambiente, Greenaction e i
comitati per la Salvaguardia del Golfo di Trieste e Sos Muggia) ieri, durante
una conferenza stampa, ci sono andate giù pesante, definendo gli studi del
gigante iberico dell’energia «contraffatti, incoerenti e improponibili». (I
dettagli sull’esposto nell’articolo in basso).
E Gas Natural, che dal nostro Golfo non intende prendere il largo, tenta di
smontare l’impianto accusatorio. Lo fa per voce di Giuseppe Muscio, responsabile
delle relazioni esterne di Gas Natural Italia, che in una lettera contrattacca,
punto per punto, alle «stroncature» contenute negli esposti. I fronti sono
sostanzialmente quattro.
Primo: i documenti depositati dalla società spagnola al Ministero e in Regione
per la procedura di Via (Valutazione di impatto ambientale) avrebbero date
diverse. «La documentazione che porta la data dicembre 2006 - spiega Muscio - si
riferisce alla raccolta delle integrazioni dello Studio di impatto ambientale
nell’ambito della procedura di Via. Invece quella datata maggio 2008 è relativa
alla documentazione inerente i nuovi studi che Gas Natural ha commissionato, su
base volontaria, per completare il quadro informativo. In poche parole, nel
dossier più recente sono stati allegati alcuni elementi aggiuntivi sull’impatto
ambientale del rigassificatore».
Secondo: gli ambientalisti affermano che la cartografia su cui Gas Natural si è
basata per elaborare i propri studi «risale a quaranta anni fa e non tiene conto
di alcuni nuovi impianti industriali, come ad esempio i depositi di combustibile
dell’Autorità portuale». La replica, anche in questo caso, è netta: «Basta
osservare bene - afferma Muscio -. Le schede e le ricerche sono state prodotte a
partire dalla cartografia aggiornata e nel rispetto del Piano regolatore
portuale vigente. Diversamente sarebbe stato impossibile elaborare il progetto».
Terzo: secondo gli «accusatori» sarebbe difficile definire la paternità degli
studi. «Le ricerche sono firmate e avvalorate dagli autori materiali e dalle
loro società», replica il responsabile relazioni esterne di Gas Natural Italia.
Quarto: chi ha depositato gli esposti sostiene che la perizia che riporta
l’impatto delle acque fredde emesse dal rigassificatore su quelle originarie del
Golfo sarebbe «viziato da un errore nelle batimetrie». Accusa cui Gas Natural
controbatte sostenendo che «le misure analizzate sono quelle corrette. Si tratta
di una questione tecnica, di competenza della commissione Via, composta da 60
tecnici, che hanno già fatto le opportune valutazioni. Simili pareri non sono di
competenza degli ambientalisti. Anche sul fronte delle misure di sicurezza -
aggiunge Muscio -, sulle quali abbiamo ricevuto critiche, vogliamo ricordare che
Gas Natural ha affidato uno studio, coordinato dal professor Paolo Bevilacqua
dell’Università di Trieste, al Consorzio interuniversitario CiniGeo».
ELISA COLONI
La Regione: stop a discariche e inceneritori Gorizia
vuole il dissociatore entro il 2010 -
Le linee guida del nuovo piano rifiuti
UDINE Stop a discariche e inceneritori, spazio alle nuove tecnologie a
partire dai dissociatori molecolari, riduzione dell’usa e getta, crescita della
raccolta differenziata, tariffe «puntuali» ai cittadini che producono meno
rifiuti. Vanni Lenna elenca gli input raccolti sui tre tavoli di lavoro
(esperti, portatori d’interesse, cittadini) che hanno costruito le basi per
stendere il nuovo Piano regionale dei rifiuti. E la Provincia di Gorizia
gongola: «Sono sostanzialmente le linee guida del nostro piano provinciale»,
sottolinea Enrico Gherghetta. Che, non a caso, propone l’Isontino per
l’ubicazione del primo dissociatore molecolare, inceneritore «pulito», puntando
a realizzarlo «entro il 2010».
IL CONVEGNO Il convegno «Verso il nuovo piano dei rifiuti solidi urbani» è una
tappa che fotografa l’esistente e riassume il contributo dei tre tavoli. A Udine
si ricorda che nel 2007 ciascun abitante ha prodotto oltre 500 kg di rifiuti, si
evidenziano gli obblighi legislativi della differenziata – almeno il 50% nel
2009, il 65% nel 2012, anche se il Friuli Venezia Giulia si trova ora al 36,8%
–, si segnala che Gorizia va meglio di tutti (53%) e che Trieste sta proprio in
coda (17,1).
LE LINEE GUIDA A Udine, poi, si commentano le linee guida emerse dal confronto
tra tecnici e stakeholders, con il contributo dei cittadini. Le discariche e gli
inceneritori sono il passato, si deve prevenire e informare, rileva anche il
sottosegretario all’Ambiente Roberto Menia, per poter ridurre a monte i rifiuti.
Come? Per esempio reintroducendo i vuoti a rendere in vetro e facendo a meno
dell’usa e getta. «Se riusciremo anche grazie alle nuove tecnologie a trovare
sistemi per l’utilizzo dei materiali a tutt'oggi ineliminabili – aggiunge Lenna
–, potremo risolvere il problema discariche». Il Piano? Pronto entro il 2009:
«Sarà più flessibile rispetto a quello del 2001, più adatto alle nuove
tecnologie. Ci deve consentire di emettere sostanze non nocive in atmosfera e di
ridurre le discariche».
IL DISSOCIATORE Tra le nuove tecnologie si afferma così il dissociatore
molecolare, un termovalorizzatore di ultima generazione già utilizzato in
Islanda e, più di recente, in Scozia e Norvegia. La Provincia di Gorizia, che il
suo Piano rifiuti l’ha realizzato nel 2004 e che ha già approvata le linee guida
del prossimo, si conferma in prima fila. Gherghetta, accompagnato dall’assessore
Mara Cernic, fa sapere che due impiegati provinciali si sono recati pochi giorni
fa in Norvegia, ma la soluzione scozzese è la più probabile: «In primavera, con
la Provincia di Udine e la Regione, andremo in Scozia per una sperimentazione di
un mese».
NELL’ISONTINO Dovesse rivelarsi l’impianto ad hoc (il costo è di circa 8 milioni
di euro), la Regione e le due Province si unirebbero per l’installazione di
dissociatori in Friuli Venezia Giulia. «Ne basterebbero dieci da 20mila
tonnellate ciascuno per risolvere tutti i problemi» dice ancora Gherghetta.
Candidando Gorizia ad ospitare il primo: «Valuteremo il dove. Ma in prospettiva
penso a un dissociatore per svuotare la discarica di Pecol dei Lupi».
ECOPIAZZOLE Il presidente della Provincia di Gorizia lancia pure la proposta di
realizzare ecopiazzole utilizzando i 24 milioni (20 per i Comuni, 4 per le
Province) che finanziavano gli Aster (cancellati dalla giunta Tondo): «Di certo
proporrò che i 400mila euro della Provincia di Gorizia e i 2 milioni per le
amministrazioni comunali isontine vengano utilizzato per 8 ecopiazzole».
Marco Ballico
PIANO RIFIUTI - Menia: «Premieremo chi restituisce i
vuoti»
UDINE Insegnare al cittadino a non produrre rifiuti. Perché 500 kg a testa nel
2007 «sono una quantità inquietante»: il programma comunitario d’azione
ambientale ne prevede 300. Roberto Menia chiude i lavori lanciando una campagna
educativa. E ricordando che nel nuovo «decreto Napoli» sono allo studio misure
per ridurre i rifiuti a monte. «Nel decreto – spiega il sottosegretario – è
previsto il ritorno al meccanismo premiale per il cittadino che restituisce il
vuoto». Una strategia non diversa da quella descritta dall’assessore Vanni Lenna.
Pure la Regione punta a ridurre la produzione dei rifiuti: l’obiettivo è del
-12% rispetto a oggi nel 2012. «L’attuale progressione di incremento del 4%
all’anno – prosegue Menia – sta iniziando a calare, segno che si fa avanti la
coscienza dei cittadini. Per questo serve incrementare le campagne informative,
serve che anche nella scuola se ne parli. Molto utile la reintroduzione
dell’educazione civica voluta dal governo Berlusconi». La prevenzione «è una
priorità», ricorda anche Pia Bucella, della Direzione generale Ambiente della
Commissione Europea, che comunica che solo tre giorni fa il Consiglio dei
ministri europei ha adottato una nuova legge che disciplina i rifiuti: «Un solo
rifiuto è virtuoso: quello non prodotto». Ma con quelli già prodotti che fare,
differenziata a parte? «Il caso Napoli ha fatto scuola», dice Menia ricordando i
quattro termovalorizzatori previsti nel primo decreto: «Impianti che produrranno
energia, cosa che non può che fare del bene in un Paese con notevole deficit
energetico».
(m.b.)
Smaltimento dei rifiuti: su Raitre indaga Report
ROMA Si occupa dello smaltimento dei rifiuti, della scarsa raccolta
differenziata e del gassificatore ancora sotto collaudo, la puntata di «Report»
in onda stasera alle 21.30 su Raitre dal titolo L'oro di Roma, di Paolo Mondani.
Il 24 giugno 2008, dopo 9 anni di commissariamento straordinario, la Regione
Lazio è uscita finalmente dall'emergenza con un nuovo piano per i rifiuti che
prevede, entro il 2011, la realizzazione di alcuni gassificatori. La Commissione
Europea era sul punto di sanzionare l'Italia perchè l'ultimo piano rifiuti che
mancava era proprio quello della Regione Lazio che ha un bilancio disastroso:
solo il 14% di raccolta differenziata contro il 42% della Lombardia. La
discarica di Malagrotta è la più grande d'Europa, ci finiscono dentro i rifiuti
di Roma, Ciampino, Fiumicino e della Città del Vaticano. Nella zona di
Malagrotta, oltre alla discarica e al futuro gassificatore ci sono: un
inceneritore per i rifiuti ospedalieri, una raffineria e quattro impianti per lo
stoccaggio dei carburanti. Tutte strutture che secondo la legge «Seveso 2» del
1999 vanno monitorate, anche perchè secondo l'Arpa le condizioni della falda e
dei corsi d'acqua della zona sono pessime. Il gassificatore di Roma, che è
ancora sotto collaudo e che è finito in questi giorni sotto l'occhio della
magistratura.
L'Unione Europea aveva emanato nel '99 una direttiva in base alla quale
avrebbero potuto essere smaltiti solo rifiuti pretrattati, cioè quelli scartati
dalla raccolta differenziata. Ma da noi la direttiva Ue viene trasformata in
decreto nel 2003 e applicata solo nel 2005.
Decarli: Ferriera, riconversione in atto -
«Meccanismo avviato, il sindaco aiuti l’azienda nella diversificazione»
«Se il sindaco fosse un po’ più attento si sarebbe accorto che il lento
meccanismo per avviare la diversificazione industriale e produttiva della
Ferriera di Servola è avviato». Scrive così in una nota il capogruppo dei
Cittadini in Consiglio comunale Roberto Decarli, in relazione all’annuncio della
Lucchini di voler realizzare una nuova centrale termoelettrica a metano. La
città «vedrà la nascita del settore Energia del gruppo» Lucchini, aggiunge
Decarli, «attraverso la realizzazione della centrale» e «il potenziamento del
settore logistico».
Un meccanismo di riconversione dunque è già in atto, scrive Decarli, anche se è
«obbligatoriamente lento perché coinvolge circa un migliaio di persone tra
l’indotto e aziende collegate, ha bisogno progetti con prospettive sostenibili e
tempi adeguati». Proporre la chiusura dello stabilimento «entro il 2009, come
fa» il deputato della Lega Massimiliano Fedriga, «sa solo di strumentalizzazione
per trascinare ancora quel consenso che da quasi nove anni riescono a calamitare
sul tema della Ferriera, ma ciò non è né serio né onesto». Decarli esorta il
sindaco Dipiazza a «informarsi, verificare che gli investimenti previsti
dall’Aia vengano effettuati per rispettare i limiti prescritti, cercare di
capire le preoccupazioni dei lavoratori». E se può Dipiazza «aiuti la Servola in
questo annunciato percorso di lenta trasformazione industriale; stiamo
attraversando un periodo molto difficile, c’è bisogno di coesione sociale di
solidarietà non di scontri o slogan». chiude Decarli.
Ambiente, «Miani» in corteo a Servola - PROTESTA
Si è tenuta ieri mattina la manifestazione indetta da Circolo Miani, La Tua
Muggia, Coordinamento Servola Respira e Comitati di quartiere contro il «dramma
della convivenza incivile» della cittadinanza con la Ferriera e con altri
stabilimenti industriali. «Oltre cento persone», secondo il Miani, sono scese in
corteo lungo Chiarbola, Servola e Valmaura.
Polveri sottili oltre i limiti - Sforamenti concentrati a Servola e in piazza Libertà
Anche in questi giorni la zona attorno a Servola si conferma gravata da polveri
sottili, assieme a piazza Libertà. I dati dell’Arpa disponibili ieri e riferiti
a venerdì 21 segnalavano i dati peggiori appunto in piazza Libertà con il valore
massimo, 68 microgrammi per metro cubo, 18 oltre i limiti di legge, e sforamento
anche per il biossido di azoto. A Servola, in via Svevo 57 microgrammi, in via
Pitacco 53, in via Carpineto 52 a fronte di un limite di 50. Ma il peggior esito
nell’area l’ha dato la misurazione del mezzo mobile dell’Arpa posizionato in via
San Lorenzo in Selva, da sempre la strada più «sotto inchiesta» per la vicinanza
con la Ferriera. Qui le Pm10 hanno raggiunto quota 59 microgrammi per metro
cubo. Nell’area si è già superato il numero massimo di sforamenti consentiti
nell’arco di un anno. Che è quanto i comitati dei cittadini stanno denunciando
da tempo.
Il punto più «pulito» da polveri (ma non tutte le centraline misurano le stesse
sostanze): via Tor Bandena con 39 microgrammi. Da notare che tutta la regione,
nella giornata cui si riferisce la rilevazione, stava ben peggio di Trieste: 86
microgrammi di Pm10 in piazzale Osoppo a udine, 85 a Gorizia città e 76 a
Pordenone centro.
Bonifiche, lo Stato chiede ai privati 190 milioni
- Menia: «Bisogna firmare l’accordo di programma entro un mese o i fondi
finiranno altrove»
DOMANI INCONTRO A ROMA PER LA VERSIONE DEFINITIVA DELLA BOZZA SUL SITO
INQUINATO
«Non ci si può intestardire chiedendo sempre di più. Se riusciamo a chiudere
la partita delle bonifiche entro quest’anno possiamo accedere ai fondi
attualmente disponibili, altrimenti questi fondi se li mangiano gli altri.
L’urgenza è estrema e, anzi, se ci fossimo mossi prima avremmo avuto più soldi
in cassa». È un ultimatum quello lanciato dal sottosegretario all’Ambiente
Roberto Menia alla vigilia della riunione, forse decisiva, programmata per
domani al ministero, alla presenza dei tecnici incaricati dall’assessore con
delega all’ambiente della giunta Tondo, Vanni Lenna.
LA SCADENZA «Vanno corrette le ultime virgole, non dico nulla per una questione
di scaramanzia», aggiunge Menia. Il quale, però, si dice convinto che la firma
di Regione, enti locali e Autorità portuale sull’accordo di programma per le
bonifiche e i piani di reindustrializzazione del Sin, il Sito inquinato
d’interesse nazionale, deve comparire entro il 31 dicembre. Con un ritardo di
due mesi, al massimo, dalla scadenza del 31 ottobre, calendarizzata a settembre
dopo un primo rinvio.
LA BOZZA Ma, oggi, del 31 ottobre, resta soltanto la traccia della discordia: la
bozza di accordo, la «base» che reca, per l’appunto, quella data. Trentasei
pagine, costruite dal superdirettore del ministero dell’Ambiente, Gianfranco
Mascazzini, dove si evocano 320 milioni in transazioni attesi da privati: 120
come risarcimenti del danno ambientale per la «messa in sicurezza della falda» e
200 per la «bonifica dei sedimenti». Una cifra superiore alla copertura
finanziaria dello stesso accordo di programma, allora quantificata in 286
milioni e 600mila euro. Il che aveva innescato la frenata di Regione e
Provincia, secondo cui il monte-transazioni era sovrastimato ed eventuali
acconti, sulle stesse transazioni, rischiavano di uscire dalle casse degli enti
locali senza certezze di rientro. Fondi statali all’osso, insomma, a fronte di
un temuto carico enorme sulle spalle degli imprenditori.
LE DISPONIBILITÀ Uno scenario rischioso al di là degli orientamenti - come si
legge nel documento del 31 ottobre - di «AcegasAps Spa, Adriaveicoli Srl,
Cooperative operaie di Trieste, Istria e Friuli, Frigomar Srl, Janousek Spa,
Ortolan Mare Srl, Pacorini Spa, Med.Con. Srl, Steeltubi Srl e Teseco Spa», che
con «i comuni di Trieste e Muggia e l’Ezit hanno già manifestato la volontà di
aderire alla soluzione consortile di messa in sicurezza e bonifica della falda
presente nel Sin».
L’ULTIMA VERSIONE Dopo quella bozza, le grandi manovre di accordo hanno portato
ad altre due versioni. L’ultima delle quali - di cui tutti parlano ma nessuno la
snocciola nei dettagli - sarà vagliata domani a Roma. Se tutto filerà liscio,
inizierà la giostra delle delibere dei vari enti, propedeutiche alla firma.
«Abbiamo abbassato le stime delle transazioni, inserito la riqualificazione del
depuratore di Servola e riallocato altri fondi», anticipa ancora Menia.
LE NUOVE CIFRE Come cambiano allora le carte in tavola? Anzitutto - come fa
capire il presidente dell’Ezit, Mauro Azzarita - la quota pronosticata a carico
dei privati si attesta attorno ai 190 milioni, di cui una cinquantina reale e il
resto stimato dopo lo start-up. In parallelo - rivela a sua volta l’assessore
Lenna - la copertura finanziaria dell’accordo di programma sul Sin sale a una
cifra vicina ai 300 milioni. Sostanzialmente diversa dal messaggio dei 240 fatto
passare nelle settimane precedenti, quando la bozza del 31 ottobre, con i suoi
286,6 milioni, non era ancora pubblica.
I FONDI STATALI Dei 300 milioni dell’ultima versione - precisa ancora Lenna -
circa 160 appartengono alla prima fase. Oltre ai fondi statali dati per certi -
gli 11 milioni del ministero dell’Ambiente figli del programma nazionale di
bonifica e ripristino ambientale 2001, più i 59 veicolati attraverso la Regione
dal Fas, il Fondo aree sottosviluppate 2007-2013 - vi rientrano i 40 milioni in
quota all’Autorità portuale. Risorse previste - recita sempre la bozza del 31
ottobre - come «fabbisogno complessivo per la realizzazione di opere funzionali
all’implementazione infrastrutturale del porto di Trieste».
L’INTRECCIO Il chip targato Authority, di fatto, è agganciato all’altra partita
di proporzioni colossali, per la quale non si può prescindere dalla mano dello
Stato: la piattaforma logistica. «Nella parte relativa al perimetro di
contenimento a mare - aggiunge Menia a tale proposito - quest’acccordo di
programma è abbinato al Piano regolatore generale del porto». Il concetto, alla
base di quest’intreccio, è che dal cemento necessario a tombare e chiudere il
sito inquinato nasceranno di fatto le fondamenta della futura piattaforma
logistica.
I TEMPI L’ultima novità, pure questa teorica, spuntata dalla bozza del 31
ottobre e a quanto pare confermata nell’ultima versione della proposta
d’accordo, riguarda i tempi di realizzazione dell’intero piano: la road map
prevede 32 mesi anziché i cinque anni annunciati in precedenza. «Ma sono tempi
subordinati ai finanziamenti», puntualizza Lenna, lasciando intendere che i 140
milioni della seconda fase, per le bonifiche vere e proprie dei terreni,
dipendono dai privati. Se, come auspica Menia, la firma arrivasse prima del 31
dicembre, la ressurrezione del sito inquinato sarebbe teoricamente conclusa
entro la fine del 2011. Ma questo, in un clima di confusione e incertezza
palpabile, rimane ancora un calcolo a tavolino.
PIERO RAUBER
BONIFICHE - Il perimetro abbraccia metà provincia
Dalla Ferriera di Servola, al canale industriale di Zaule. Dall’ex Aquila alle
Noghere e poi fino alle porte di Muggia. Sono questi i confini, tracciati ancora
nel 2003 dal ministero dell’Ambiente, retto all'epoca da Altero Matteoli
(Alleanza nazionale), di quella parte della provincia di Trieste ufficialmente
denominata «un sito inquinato di interesse nazionale». Nell’area a rischio venne
compresa tutta la baia di Muggia: dalla diga Luigi Rizzo fino alla foce dell’Ospo.
Esclusi, invece, il porticciolo turistico e il San Rocco, risultati pulitissimi.
Sotto il profilo dell'insediamento, la zona racchiude più di 250 imprese di
dimensioni diverse. Piccole ditte ma anche colossi come la Ferriera e l’Italcementi.
Nel sito da bonificare è presente una vasta serie di sostanze inquinanti,
dislocate «a macchia di leopardo». Ci sono piombo, rame, zinco, cadmio, cromo,
idrocarburi, idrocarburi policiclici aromatici, diossine. Nella valle delle
Noghere c'è un po’ di tutto. Dividendo in zona est (quella verso i laghetti
delle Noghere) e ovest la valle, si sarebbero distinti due tipi di inquinamento.
Nella prima zona sono state infatti evidenziate discariche, con ogni probabilità
abusive, di morchie bituminose, mentre nella seconda (quella verso la foce dell'Ospo),
i principali inquinanti sarebbero i metalli pesanti, le diossine e gli
idrocarburi appunto. Tutto ciò riferito al terreno. Le acque invece, risultano
pulite (le tracce di arsenico non sembrano destare preoccupazione) nella zona
ovest e inquinate da idrocarburi in quella orientale.
La perimetrazione delle aree inquinate nasce dalla corrispondenza iniziata già
nel 2000 tra l’allora ministro per l’Ambiente Willer Bordon e i sindaci dei
Comuni di Trieste e di Muggia. Il 24 febbraio del 2003 il ministro Matteoli
firmò il decreto che fece rientrare Trieste nei siti di interesse nazionale: da
Roma vennero assegnati 24 miliardi di lire per le bonifiche (comprese però
quelle della zona dell’Aussa Corno).
BONIFICHE - Dipiazza: si è conclusa l’epoca degli
interventi forti da Roma - L’Autorità portuale: saranno
calcoli molto complicati per la messa in sicurezza
Uno start-up da 160 milioni, per la messa in sicurezza e la cintura a mare, con
copertura finanziaria a maggioranza pubblica e il resto pescato dalle prime
transazioni per danno ambientale. E una seconda fase da 140 milioni, quella
dominata dalle bonifiche vere e proprie dei terreni, demandata ai privati. I
quali, a meno che non abbiano inquinato, non si troveranno sul groppone una
quota per la prima messa in sicurezza. Ma parte degli oneri delle successive
bonifiche, quelle sì.
«Siamo su suolo inquinato, ognuno è tenuto a bonificare, ma gli imprenditori non
occorre che si spaventino, quelli delle transazioni sono dati di stima in base a
valori medi», precisa ancora Menia.
«Saranno calcoli molto complicati», frena il segretario generale dell’Autorità
portuale Martino Conticelli.
Ma senza quel calcolo virtuale - è l’interpretazione di Roberto Dipiazza - non
si parte e non s’incassa neppure quel poco rimasto da grattare dai fondi romani.
«È finita - sospira il sindaco - l’epoca degli interventi forti da parte dello
Stato. Con quest’accordo di programma andremo semplicemente a sbloccare dei
terreni che erano morti da decenni. D’ora in poi, in virtù degli interventi a
mare, arriverà un privato che, concordando, sarà messo nelle condizioni di
bonificare e insediarsi».
Per intanto, vista l’incertezza anche sul fronte rigassificatore e sulle
eventuali royalties in arrivo da Gas Natural, Dipiazza sotto sotto gongola
perché la prima fase dell’accordo custodisce 30 milioni per la riqualificazione
del depuratore di Servola, che ricade nel perimetro e oggi digerisce i liquami
cittadini fuori norma, solo in virtù di una proroga della Provincia. «Era un
intervento che dovevamo fare», taglia corto Dipiazza. La regia di tale
inserimento, quello del depuratore nella partita del Sin, è dell’assessore
regionale alle finanze Sandra Savino, ex responsabile del bilancio del Municipio
fino all’election day di aprile, che ha lavorato a fianco del collega Lenna per
le limatura e le controproposte alle varie versioni dell’accordo di programma
arrivate a più riprese da Roma. Ma in queste ore la Savino ha un’altra gatta da
pelare, riconducibile all’iniezione finanziaria più forte promessa dallo Stato
per le bonifiche. Spetta a lei, infatti, in quanto referente delle casse
regionali, difendere con i denti la voce, di fatto già metabolizzata all’interno
dell’accordo di programma, di quei 59 milioni individuati nell’ambito di una
maxiposta di 178 milioni di Fondi per le aree sottosviluppate, i cosiddetti Fas
2007-2013 arrivati a luglio in favore del Friuli Venezia Giulia.
Non è mistero che la seduta del Cipe, il Comitato interministeriale per la
programmazione economica, è stata fatta slittare all’ultimo minuto da venerdì
scorso a mercoledì prossimo in quanto sia i fondi Cipe che i Fas vanno rivisti
al ribasso alla luce della crisi globale, come hanno lasciato intendere giovedì
Berlusconi e Tremonti ai delegati degli enti locali in occasione della
Conferenza Stato-Regioni. «Ma sono fiduciosa - dispensa ottimismo la Savino - in
quanto c’è la volontà del governo di potenziare infrastrutture come quelle
progettate nel quadro delle bonifiche del Sin».
(pi.ra.)
I negozianti: via Donizetti va pedonalizzata -
Una petizione avviata dai commercianti aveva già raccolto oltre duemila firme
Chieste anche una fermata bus in via Battisti e la risistemazione dei
marciapiedi
Pedonalizzare via Donizetti, creare un'ulteriore fermata per i bus a metà di
via Battisti e modificare l'attuale assetto degli stalli per le auto. Sono le
principali richieste dei commercianti della zona, che mesi fa avevano avviato
due diverse raccolte di firme cui avevano aderito complessivamente oltre duemila
persone. Secondo i negozianti, questi interventi permetterebbero la
rivitalizzazione dell'area sotto il profilo commerciale, ma anche la
valorizzazione delle risorse turistiche cittadine, come la sinagoga di via San
Francesco.
Quanto alla creazione di nuove fermate per i mezzi pubblici, Provincia, Comune e
Trieste Trasporti hanno effettuato alcuni sopralluoghi tecnici dai quali è però
emerso che la possibile collocazione degli stalli per i bus è connessa al
riordino dell'assetto viario dell'area e alla chiusura ai veicoli di via
Donizetti. Provvedimenti, almeno per ora, non previsti dall'amministrazione
cittadina. «Ci sono quasi 900 metri di distanza tra la fermata al giardino
pubblico De Tommasini e i portici di Chiozza – dice il commerciante Alessandro
Passolunghi -. E quindi una sosta intermedia agevolerebbe le persone con
difficoltà motorie, come anche la disposizione dei parcheggi parallelamente alla
via».
Dello stesso parere il libraio Alexandros Delithanassis: «Vogliamo cambiamenti
che portino turismo e permettano lo sviluppo di questa parte della città, anche
in considerazione del progetto regionale “Vie dei torrenti”, che prevede la
creazione nell'area di una sorta di centro commerciale all'aperto. Invece non
viene incentivato il trasporto pubblico – spiega -. Inoltre nell'ultimo periodo
sono state effettuate numerose pedonalizzazioni senza che fosse necessario
attendere il nuovo piano del traffico. Pubblicherò su internet la documentazione
relativa a questa vicenda, per rendere evidente l'assurdità delle motivazioni
tecniche contrarie alle nostre proposte».
Simile l'opinione della barista Nadia Merlo: «Siamo tagliati fuori da tutto,
nonostante la presenza di scuole e case di riposo – commenta -. Bisogna
sistemare i marciapiedi ed evitare che le auto parcheggino a ridosso dei muri
degli stabili, rendendo difficile il passaggio ai pedoni». Un problema, quest'ultimo,
che potrebbe presto essere risolto, dato che l'amministrazione comunale ha in
programma per la prossima settimana un sopralluogo per valutare la possibilità
di modificare i parcheggi rendendoli paralleli alla strada, come già fatto in
via sperimentale nel primo tratto di via Battisti.
(m.a.)
«Va multato chi offre cibo ai cinghiali» -
PROPOSTA DELLA SESTA CIRCOSCRIZIONE
Nuovi avvistamenti di gruppi di cinghiali e nuove proposte per cercare di
arginare il fenomeno che sta causano danni a orti, giardini e può mettere in
pericolo gli automobilisti.
Una richiesta viene lanciata in questi giorni dalla Sesta circoscrizione su
proposta del consigliere Marco Ianza, che propone di avviare un campagna di
sensibilizzazione sul problema, attraverso una mozione, con sanzioni dirette
alle persone che alimentano gli animali. «Alcuni consiglieri hanno portato il
proprio contributo nell’ultima riunione del consiglio sottolineando i continui
avvistamenti e segnalazioni da parte dei cittadini nelle zone limitrofe al bosco
del Farneto, per citare alcuni esempi: Longera, Via dell’Eremo, via Marchesetti,
Piazza Volontari Giuliani. Nella mozione viene chiesto al Comune di concordare
assieme agli enti preposti soluzioni per diminuire il numero di animali
valutando, oltre alla caccia, anche la cattura selettiva e la collaborazione con
altri comuni italiani che potrebbero utilizzarli per le operazioni di
ripopolamento programmato».
La fauna selvatica è di competenza della Provincia, ma davanti al proliferare
dei cinghiali viene richiesta dal consigliere un’unione di intenti. «Preso atto
dei frequenti avvistamenti di cinghiali nei quartieri e nelle strade limitrofe
al boschetto del Farneto, considerato che che l’ultimo avvistamento è stato
rilevato in piazza Volontari giuliani e ha costretto i Vigili del fuoco alla
cattura dell’animale – si legge nel documento - considerata l’eccessiva
proliferazione di questi animali dovuta anche alla negligenza di alcuni
cittadini che, soprattutto nelle zone di Longera e Melara offrono cibo ai
cinghiali, si invitano gli uffici comunali competenti a sanzionare i cittadini
che danno da mangiare ai cinghiali e a valutare assieme agli enti e organi
preposti eventuali soluzioni, per diminuire la presenza degli animali
considerando anche la possibilità di cattura selettiva e il seguente utilizzo
nelle operazioni di ripopolamento programmato di altri comuni italiani».
(mi.b.)
IL PICCOLO - SABATO, 22 novembre 2008
Rigassificatore, ambientalisti in Procura: «Studio
ambientale, paternità dubbia» - In un esposto di sette
pagine si avanza l’ipotesi di «documento contraffatto»
L’atto segue quello presentato dai sindaci di Muggia e San Dorligo
Una settimana fa erano stati i sindaci di Muggia e di San Dorligo della
Valle a presentare un esposto alla Procura chiedendo ai magistrati di fare
chiarezza sullo studio di impatto ambientale presentato dalla Gas Natural, la
società che si ripromette di costruire un rigassificatore a Zaule.
Ora sono entrate in scena le associazioni ambientaliste. Il Wwf Friuli Venezia
Giulia, le sezioni di Trieste e Muggia di Legambiente, la presidente provinciale
di Italia Nostra, il Comitato Sos Muggia e Greenaction Transnational, hanno
depositato in Procura un esposto che si affianca a quello firmato otto giorni fa
dai sindaci Nerio Nesladek e Fulvia Premolin. Oggi il documento sarà illustrato
alle 11 nella sede del Wwf di via Rittmeyer 6.
L’esposto si sviluppa in sette pagine dense di dati, ipotesi, sospetti e
interrogativi da sciogliere. Si parte da una premessa in cui, tra l’altro, si
legge: «Lo studio di impatto ambientale presentato dalla società GasNatural e da
Medea Engineering, è scritto su varie carte intestate, ma la paternità è dubbia.
La documentazione si compone di centinaia di relazioni e di elaborati in parte
ripetitivi, spesso inconferenti, stesi con largo uso del ’copia e incolla’.
Nella mole di materiale sono sparsi gli elaborati fondamentali, qualche volta in
lingua straniera, accompagnati da relazioni interpretative e traduzioni che non
sembrano fedeli».
I giudizi molto pesanti su questo studio di impatto ambientale proseguono in
tutte le pagine dell’esposto. Molte sono le sottolineature. Al capitolo 3 del
documento firmato da Dario Predonzan per il Wwf, Lino Santoro per Legambiente di
Trieste, June Nicolini per Legambiente di Muggia, Giulia Giacomich per Italia
Nostra, Fabio Longo per Sos Muggia, Giorgio Jercog per il Comitato per la
salvaguardia del Golfo di Trieste e da Roberto Giurastante per Greenaction
Transnational, viene avanzata l’ipotesi di un «documento contraffatto».
«Secondo quanto scritto dai progettisti l’impianto attingerà ogni giorno in mare
da 600 mila a un milione di metri cubi d’acqua che deve avere almeno sette gradi
di temperatura e che verrà scaricata dall’impianto di rigassificazione con
cinque gradi in meno. I primi consulenti di Gas Natural - si legge nell’esposto
- avevano scartato l’ipotesi di effettuare tale scarico all’interno della baia
di Muggia perché l’acqua fredda rimanendo nel bacino avrebbe provocato una
generale diminuzione di temperatura. Questa non sarebbe accettabile per
l’operatività dell’impianto, perché si realizzerebbe un ricircolo di acqua
progressivamente sempre più fredda. In ogni caso se lo scarico deve essere
situato nella baia di Muggia, dovrà essere spostato in mare più aperto». «Ma
successivamente - si legge ancora nell’esposto - emerse che la grande tubazione
di 2,20 metri di diametro per portare le acque al largo, non poteva venire né
appoggiata sul fondo per non intralciare il traffico marittimo, né venire
interrata, perché tutta la baia di Muggia è dichiarata Sito inquinato di
interesse nazionale, in cui i dragaggi sono vietati».
La conclusione contenuta nel documento rischiava quindi di far sfumare il
progetto. A questo punto - secondo l’esposto degli ambientalisti - sia pure
contro l’evidenza veniva tentato di dimostrare che era possibile scaricare
comunque le acque fredde all’interno della baia, sperando in future deroghe al
divieto di dragaggi. Fatto sta che al consulente incaricato di rifare i calcoli
sulla dispersione delle acque fredde nella baia, sono state fornite misure di
temperatura non relative al mese di febbraio a Zaule, ma semplici medie
invernati di tutto l’Alto Adriatico che sono di tre-quattro gradi più alte,
rispetto alle temeperature di Zaule. La conclusione di chi ha effettuato i
calcoli a questo punto diviene cautamente favorevole».
Ma non basta. Nell’esposto presentato alla Procura al punto 3.2 si legge:. «Per
i proponenti era utile dimostrare un assunto. Le manovre delle navi gasiere
nella baia, le operazioni di trasferimento del gas liquido ai pontili di
attracco e l’intero ciclo industriale non produrranno incidenti capaci di
innescare conseguenze a catena negli stabilimenti e soprattutto nei depositi
adiacenti di materiali infiammabili. Non vi saranno nemmeno conseguenze
significative per la popolazione».
«Ovviamente - ribattono gli ambientalisti - data l’ubicazione dell’impianto in
una periferia urbana e industriale, dimostrare questo assunto è compito assai
difficile. In questo però soccorre la circostanza che in Italia - lo affermano
anche i progettisti - non esiste una specifica normativa sui criteri da adottare
in tali tipi di valutazione di rischi».
CLAUDIO ERNE’
RIGASSIFICATORE - PROGETTO GAS NATURAL - IL DOCUMENTO
SUL WEB - «Relazioni modificabili»
«Alcune relazioni tecniche sullo studio di impatto ambientale presentato dalla
GasNatural, sono state depositate in forma elettronica». Lo si legge
nell’esposto depositato in Procura. Fin qui nulla di strano ma il formato usato
è un pdf aperto. «In altre parole- sostengono gli ambientalisti- chiunque può
entrare nei documenti e modificarli a piacere, producendo copie alterate in
nulla distinguibili dagli originali». Inoltre nella documentazione depositata in
Regione gli elaborati «sono quasi sempre privi di firme, timbri e quant’altro.
Si ritiene che sia stato disatteso quanto previsto dal Decreto del 27 dicembre
1988 sulle norme tecniche perla redazione degli studi di impatto ambientale».
RIGASSIFICATORE - PROGETTO GAS NATURAL - Il mistero
legato alla società Medea - Con sede a Lugano, prepara gli studi di impatto
sull’area
Si chiama Medea e nella mitologia greca è una maga dotata di grandi poteri.
Tradotto dal greco antico il nome Medea significa «astuzia, scalterezza».
A un’altra Medea l’esposto in Procura degli ambientalisti dedica parecchio
spazio. «La regia complessiva degli studi di impatto ambientale risulterebbero
essere state affidate dalla GasNatural alla o alle società Medea. Sulle
copertine degli elaborati si nota il logo di una «Medea Engineering S.A.» ma i
tecnici di questa società si presentano come afferenti a una «Medea Development
S.A.» o «Medea S.A.» che peraltro comunicano da un server di posta elettronica
intestato a «Medea Energia».
Sono tutte società anonime di diritto lussemburghese, avrebbero sede nella
stessa villetta di Massagno, nei pressi di Lugano e in questo esposto- scrivono
i presentatori- si suggerisce di verificare se la «Medea Engineering S.A.» sia
autorizzata a firmare progetti e studi in Italia e di quale tipo (ingegneria,
biologia, chimica, urbanistica, oceanografia, geologia, navigazione)».
«Miani» oggi in corteo a Servola PER L’AMBIENTE
Circolo Miani, La Tua Muggia, Coordinamento Servola Respira e Comitati di
Quartiere organizzano questa mattina a partire dalle 11 un corteo lungo le zone
di Servola, Chiarbola e Valmaura. La manifestazione è indetta per protestare
contro gli «anni di inutili parole e promesse mancate» da parte di Regione,
Provincia, Comune sul tema, soprattutto, della Ferriera.
«Ora - si legge nell’annuncio dell’iniziativa - l'ennesimo rinvio per la
revisione dell'Aia (autorizzazione integrata ambientale) concessa dalla Regione
alla Lucchini» mentre la Ferriera, con i nuovi progetti, «non lascia ma
raddoppia»; e il progetto di bonifica del sito inquinato di interesse nazionale
che segna il passo. Il tutto mentre dalla politica, secondo il Circolo Miani,
arrivano «solo chiacchiere». Il corteo organizzato dalle associazioni cittadine
partirà alle 11: il ritrovo è fissato all’altezza dell’ex capolinea della 29 a
Servola, davanti alla banca.
Incidenti, ogni anno muoiono 8mila pedoni - 600 DECESSI
IN ITALIA
VERONA Oltre 8.000 persone muoiono ogni anno in Europa mentre attraversano la
strada. Solo in Italia, nel 2007 sono deceduti 627 pedoni e 20.525 sono rimasti
feriti, soprattutto nelle grandi città. Tra queste l'eccezione è rappresentata
da Genova, agli ultimi posti con solo due morti. Gli attraversamenti pedonali
delle maggiori città europee mostrano pericolose lacune: privi di rampe per
disabili e di dispositivi acustici per non vedenti e male illuminati. Lo rileva
l'indagine realizzata da Aci Italia con 17 Automobile Club internazionali.
IL PICCOLO - VENERDI', 21 novembre 2008
Tassa rifiuti più cara di 53 euro in quattro anni
- Da 194,10 a 247,50. Siamo terzi tra i capoluoghi di regione dopo Venezia e
Perugia
La Uil: tariffe al doppio dell’inflazione
Il «caro-cassonetto» colpisce anche dalle nostre parti e non lascia scampo.
A Trieste la tarriffa della Tarsu è infatti aumentata del 27,5% in soli cinque
anni. Ciò significa che nel 2008 le famiglie triestine hanno sborsato 53,40 euro
in più rispetto al 2004.
Trieste è ai vertici della classifica delle città italiane in cui la tassa sui
rifiuti è più salata. Nel 2008 la Tarsu è schizzata a 247,50 euro per famiglia
(3 euro al metro quadrato). Cifre che fanno salire Trieste sul podio e le
«regalano» un terzo posto tra i capoluoghi regionali, dopo Venezia e Perugia.
Una medaglia di bronzo che questa volta non sembra essere destinata a suscitare
grandi entusiasmi tra i triestini, da tempo consapevoli di essere tra i più
tartassati sul fronte immondizie. Ma in questo caso, a stabilire che i nostri
rifiuti sono tra i più cari d’Italia, è la Uil. È stato infatti diffuso lo
studio della Uil-Servizio politiche territoriali relativo a novembre 2008. La
ricerca analizza l’andamento delle tariffe per i rifiuti solidi urbani nelle 104
città capoluogo di Provincia.
Lo studio, come spiegato dal segretario confederale Uil Guglielmo Loy, evidenzia
come negli ultimi cinque anni ci sia stato un incremento del 22,3% delle
tariffe, ovvero «più del doppio dell’inflazione programmata, che in soldoni
equivale a un incremento medio di 36 euro l’anno». «Le famiglie italiane, nel
2008, hanno mediamente pagato 195,95 euro annui ai Comuni e, in parte, alle
Province - spiega Loy -. Cifra che corrisponde a circa 2,45 euro al metro
quadrato e che ha segnato un rincaro medio del 3,1% rispetto al 2007».
In base all’analisi della Uil, che ha preso come campione un nucleo familiare di
quattro persone con una casa di 80 metri quadrati, i rincari hanno colpito un
po’ ovunque lungo la Penisola. Ma Trieste è tra le città da bollino rosso sul
fronte tariffe per i rifiuti solidi urbani, a differenza della vicina Udine, che
è invece tra i pochi centri in Italia che possono vantare un abbassamento delle
tariffe. Nel capoluogo friulano, infatti, la tassa sui rifiuti costava 203,3
euro nel 2004, mentre ora è scesa a 198,65 (-2,3%).
Un’aria diversa da quella che si respira a Trieste. La nostra città è infatti al
terzo posto tra i capoluoghi regionali in cui la Tarsu pesa di più sulle tasche
dei cittadini, dopo Venezia (251,24 euro) e Perugia (249,16 euro). Nel 2004,
sempre secondo l’indagine della Uil, i triestini pagavano 194,10 euro, mentre
oggi sborsano 247,50 euro. La differenza salta all’occhio: 53,40 euro in più
(corrispondenti a un +27,5%).
ELISA COLONI
San Giacomo, la pista ciclabile si allunga -
L’APERTURA È PREVISTA NELLA PROSSIMA PRIMAVERA
Stamane gli ultimi ritocchi nel cantiere aperto dietro al Burlo Garofolo
Prosegue la realizzazione della pista ciclabile che collegherà San Giacomo
con Draga Sant’Elia. Oggi saranno eseguiti gli ultimi ritocchi nel tratto di
percorso che si trova di fronte all’ospedale infantile Burlo Garofolo. Con
l’asfaltatura dei parcheggi, la posa dei cancelli e lo sgombero del cantiere, le
operazioni in quell’area sono per il momento concluse, mentre dalla prossima
settimana cominceranno i lavori dall’altro lato di via dell’Istria. Lungo la
sezione del tracciato a monte del popoloso rione cittadino, che si snoda in
direzione di Campanelle e Giarizzole, prenderanno il via gli interventi di posa
delle recinzioni metalliche e di pulitura dalla vegetazione accumulatasi negli
anni sulla sede dell’antica ferrovia, che congiungeva Campo Marzio ed Erpelle.
È, invece, previsto per la seconda metà di dicembre, nei giorni precedenti il
Natale, l’inizio dell’assemblaggio della passerella che svetterà sopra via
dell’Istria, permettendo il collegamento delle due parti della pista ciclabile,
per il momento separate dall’importante arteria cittadina. La struttura,
realizzata completamente in metallo per ridurre i costi di manutenzione, sarà
lunga circa centoquaranta metri, così da evitare il ricorso a scalini per
compensare il notevole dislivello esistente tra le due estremità della
passatoia. «Il nostro primo obiettivo è la posa del camminamento sopraelevato
prima delle festività natalizie – commenta l’assessore provinciale ai Lavori
pubblici, Mauro Tommasini –, mentre l’ultimazione dell’intera pista e la sua
totale apertura agli appassionati delle pedalate sono previste per la prossima
primavera».
In fase di ultimazione anche la rimozione delle automobili abbandonate
all’interno dell’ex deposito di rottami, che sorgeva proprio sul tracciato del
percorso ciclabile, nelle vicinanze di Campanelle. «In questi giorni siamo in
attesa di comunicazioni da parte dell’autorità giudiziaria che autorizzino la
rimozione degli ultimi materiali presenti nel sito – spiega Tommasini -.
Purtroppo dall’emissione dell’ordinanza di sgombero è stato necessario attendere
più di un anno prima di riuscire ad eliminare i veicoli e ripulire l’area».
Avviata, inoltre, la risistemazione del tratto iniziale della pista ciclabile,
poco oltre la galleria sotto via Orlandini, dove si trova l’infopoint.
Una parte delle lastre di pietra della pavimentazione si è, infatti, sollevata a
causa delle vibrazioni e del passaggio dei mezzi necessari ai lavori e dovrà,
dunque, essere riparata.
Mattia Assandri
INFORMAZIONI dal gruppo Beppe Grillo di Trieste - GIOVEDI', 20 novembre 2008
Nucleare sì/Nucleare no
La Sissa organizza domani, giovedì 20 novembre la sessione tematica “Nucleare
sì/Nucleare no” nell'ambito del Master in comunicazione della scienza (in aula
D, dalle 9.30 alle 17).
Interverranno Giancarlo Nebbia, ricercatore dell'Infn (Istituto nazionale di
fisica nucleare) e docente all'Università di Padova, consulente dell'Agenzia
Internazionale per l'energia atomica dell'Onu, autore di un recente libro
intitolato “Nucleare: il frutto proibito” (Bompiani); Massimo Scalia, docente di
fisica all'Università di Roma “La Sapienza”, leader storico del movimento
antinucleare, tra i fondatori di Legambiente e già deputato dei Verdi, esperto
di problemi di sicurezza nucleare; Ugo Spezia, ingegnere nucleare, dirigente
della Sogin (Società gestione impianti
nucleari) e segretario generale dell'Associazione italiana nucleare, esperto di
comunicazione del
rischio.
Coordinerà la giornata il giornalista scientifico Fabio Pagan.
Tra i temi che verranno toccati nelle relazioni e nel dibattito: il confronto
tra energia nucleare e altri sistemi di produzione di energia tradizionali e
alternativi; l'impatto ambientale del nucleare; il problema della sicurezza
degli impianti; i costi palesi e nascosti del nucleare; lo smaltimento dei
rifiuti; il confronto con gli altri paesi; i nuovi impianti di cosiddetta
“quarta generazione”; la gestione politica, economica e sociale di un piano
nucleare.
La SISSA (Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati) si trova in Via
Beirut 2/4
Ferriera di Servola
Il Circolo Miani, Servola Respira, La tua Muggia e il Coordinamento dei Comitati
di quartiere organizza sabato 22 novembre un corteo che partirà alle ore 11
dalla piazza di Servola (ex capolinea 29 davanti alla banca) per protestare
contro l’ennesimo rinvio della revisione dell’AIA concessa dalla Regione alla
Lucchini.
Verso il nuovo piano regionale dei rifiuti urbani
Sabato 22 novembre ci ritroviamo in piazza Oberdan a Trieste per recarci a Udine
dove si terrà un convegno da cui dipenderanno le sorti di un tema che ci sta
molto a cuore, la gestione dei rifiuti.
Abbiamo qualche problema a farci accreditare ma è tuttavia importante essere in
molti.
Ritrovo a Trieste: anticipato alle 7 piazza Oberdan.
Per informazioni: Paolo 347-7634554
IL PICCOLO - GIOVEDI', 20 novembre 2008
Grande viabilità aperta, Trieste cambia - Niente
più strozzature a Padriciano e Aquilinia, si circola senza difficoltà
Cerimonia tranquilla: i cartelli bilingui hanno evitato contestazioni
19 novembre 2008: si aprono le porte della la Grande viabilità triestina,
finalmente completata. Nessuno può stabilire oggi quali saranno i risvolti
dell’apertura delle sue ultime due tratte, la Padriciano-Cattinara e la
Lacotisce-Rabuiese, ma certo è che ieri mattina, alla cerimonia di inaugurazione
a Padriciano, si respirava aria di fermento e cambiamento. Come se Trieste, da
decenni ai blocchi di partenza, fosse scattata. «Ora si cambia», ha detto un
commosso ed euforico sindaco Roberto Dipiazza durante il suo discorso ufficiale,
dal palchetto blu posizionato all’imbocco Nord della galleria Carso. «Ora si
cambia. Il passato, fatto di strade congestionate, incidenti e Tir in coda al
bivio ad H, finisce in cassetto. Adesso si andrà a Capodistria in un quarto
d’ora».
«Abbiamo tolto il tappo alla città, che potrà diventare veramente testa di ponte
della Nuova Europa», ha commentato il sottosegretario all’Ambiente Roberto Menia,
sottolineando che ora ci sono viadotti e gallerie a sancire quella centralità
economico-geografica che il capoluogo regionale ha sempre avuto, sulla carta.
«La Gvt - ha affermato Franco Bandelli, assessore ai Lavori pubblici -
rappresenta il futuro per Trieste».
I discorsi di Dipiazza, Bandelli e Menia, accompagnati da uno stuolo di autorità
civili, militari e religiose, sono stati chiari: la «nouvelle époque» triestina
comincia qui. La crescita della città, tradotta in sviluppo portuale e rilancio
turistico, «passa per la Grande viabilità».
Il battesimo della bretella autostradale è stato diviso in due parti. Prima
tappa: Padriciano-Cattinara. Seconda tappa: Lacotisce-Rabuiese. La cerimonia è
iniziata alle 11.15 a Padriciano, dove, nella galleria Carso, è stata scoperta
una targa alla memoria del giovane operaio Lino Ruffoni, deceduto nel corso dei
lavori. I discorsi ufficiali hanno preso il via 15 minuti più tardi, davanti a
una folla di circa 800 persone, tra cui tecnici e maestranze della ditta Collini
e dell’Anas, e altre persone rigorosamente munite di invito (cosa che ha fatto
storcere più di qualche muso tra i triestini che hanno provato ad assistere al
taglio del nastro). Accanto ai tre oratori, Dipiazza, Bandelli e Menia, sul
palco c’erano il governatore Tondo e il presidente del Consiglio regionale
Ballaman, la presidente della Provincia Bassa Poropat e i sindaci dei Comuni
minori, il prefetto Balsamo, il vescovo Ravignani, il presidente dell’Anas
Ciucci, il sindaco di Gorizia Romoli e di Capodistria Popovic.
Delle temute contestazioni, neppure l’ombra. I cartelli bilingui con la scritta
della discordia, «Padrice», sotto quella in italiano «Padriciano», ieri erano
infatti al loro posto, come promesso da Roberto Dipiazza alla comunità slovena.
«Su questa opera abbiamo perso qualche anno di vita e qualche ora di sonno, ma
abbiamo realizzato ciò che la città aspettava da trent’anni - ha affermato il
sindaco -. Ho fatto scelte difficili, ho messo in gioco la mia carriera
politica, ad esempio quando ho deciso di far costruire le due gallerie, senza la
certezza della copertura finanziaria, ma l’ho fatto perché quest’opera
rappresenta il nostro futuro». Franco Bandelli ha ringraziato i 300 operai e i
30 tecnici che «hanno lavorato ogni giorno per sei anni, per realizzare in tempo
un’opera chiave per Trieste».
Terminati i discorsi, sono stati assegnati dei premi: al tecnico dell’Anas Mauro
Ricci, al direttore dei lavori Enrico Cortese e a Sergio Collini. A quest’ultimo
sono anche state consegnate le chiavi della città e il sigillo con la scritta:
«Trieste ti ringrazia». È poi seguita la benedizione dell’opera da parte del
vescovo Ravignani, sia in italiano che in sloveno. Infine il taglio del nastro
all’imbocco della galleria Carso, pezzetto per pezzetto, per mano di tutte le
autorità presenti. Poi, verso le 12, motori accessi e marce ingranate, i
presenti hanno per la prima volta attraversato la galleria per raggiungere la
seconda tappa della cerimonia, sulla Lacotisce-Rabuiese.
ELISA COLONI
Al Farneto rinasce la festa degli alberi - Domani
e sabato passeggiate ambientali e animazione per tutte le età - Associazione «Eoh
San»
Un gruppo di mamme si incontra, si conosce, scopre interessi e passioni in
comune, a unirle c’è soprattutto l’amore per la natura, e in particolare per il
Bosco del Farneto: nasce così l’Associazione «Eoh San», da un’idea dell’attuale
presidente Emanuela Brianti, che si prepara nei prossimi giorni a organizzare
una festa dedicata agli alberi, molto apprezzata e seguita dai triestini in
particolare negli anni ’50. «L’associazione ha un nome curioso, ma
significativo», spiegano. «La prima parola ”eoh” corrisponde a una runa, simbolo
preistorico, associato al regno vegetale e all’unicità tra spirito e materia. È
la forza che sorregge i diversi livelli della realtà, scoprendo la spiritualità
nei normali gesti della vita quotidianità, associata ai ritmi del ciclo naturale
e rappresenta un albero. La seconda parola ”san” - raccontano - prende spunto
dalla visione del film ”The Princess Mononoke”, un manga, un film d’animazione
giapponese diretto dal regista Hayao Miyazaki, autore del più famoso film ”La
città incantata”. San, la protagonista, è una ragazzina che vive nella foresta,
cresciuta dai lupi, che difende la natura dalle aggressioni dell’uomo e del
progresso,ma la parola nel suono allude al sole».
Le donne che fanno parte dell’associazione sono Emanuela Brianti, Elena Danielis,
Feida Pasini, Sabina Ingrascì, Francesca Mucignato, Francesca Peratoner e
Cristina Domizio, amiche, mamme, compagne di passeggiate nel bosco, mosse dalla
voglia di riportare in vita un evento. Primo appuntamento per conoscere la nuova
realtà tutta al femminile la prossima festa degli alberi, in programma domani e
sabato. «Molti triestini sicuramente ricordano questa festa, un’iniziativa del
Comune che negli anni ’50, coinvolgendo i bambini delle scuole, contribuì alla
riforestazione del Bosco Farneto, rimasto spoglio dopo la guerra – ricordano le
mamme -. I bambini erano invitati, il 21 novembre di ogni anno, a piantare
giovani alberi nel Boschetto. Si trattava allora di un’iniziativa di tutela e
valorizzazione ante-litteram, che ha contribuito in maniera attiva a diffondere
la cultura ambientale nella popolazione cittadina. Sicuramente oggi il Bosco
Farneto non ha più bisogno di essere riforestato ma, anche alla luce dei
ripetuti atti di vandalismo che da più parti si segnalano, c’è ancora bisogno di
trasmettere ai più giovani nozioni di rispetto e di amore per la natura e in
particolare per il proprio territorio».
Domani e sabato i bambini della scuola Padoa, il ricreatorio Frank, tutti gli
abitanti del rione di San Luigi e gli appassionati del Boschetto, saranno
coinvolti nell’iniziativa, aperta comunque a tutta la città. La prima giornata è
riservata esclusivamente ai bambini del Sis Collodi, ricreatorio Frank, invece
la mattinata di sabato sarà inizialmente riservata alla scuola primaria Padoa,
per poi aprirsi dalle 11.30 a tutti, con ritrovo nel parcheggio vicino al
Ferdinandeo. Per i bambini verranno organizzate passeggiate, seguendo
l’educazione ambientale, e animazioni teatrali e musicali, che rievocheranno la
storia del Boschetto.
Nella tarda mattinata di sabato parteciperà alla festa anche Diego Masiello,
direttore del Centro Didattico Naturalistico di Basovizza della Guardia
Forestale, che illustrerà il libro «Il Bosco Farneto». Sarà allestito anche un
piccolo rinfresco, grazie al contributo di Coop Consumatori Nordest e da alcuni
i amici dell’associazione. Verrà sistemato un gazebo, che fornirà informazioni
sul neonato sodalizio Eoh San. Nel futuro dell’associazione c’è l’idea di
replicare la festa degli alberi, ma non solo. «Vogliamo spaziare su tutto ciò
che può riguardare la natura, durante tutto l’anno, con l’obiettivo di
diffondere la cultura del rispetto e la conoscenza del proprio territorio. Così
potranno forse realizzarsi altri sogni, come ad esempio ”la casa sull’albero” e
ancora proposte particolari durante il periodo di Natale, Carnevale – concludono
le mamme - progetti per adolescenti, progetti ”land-art”, centri estivi e non
solo. Insomma l’associazione vuole mettersi al servizio della cittadinanza con
idee, proposte, progetti che trovano nella continuità dell’organizzazione
l’elemento centrale».
Micol Brusaferro
Geologi al Tar contro il Comune: scavalcati sul Piano
regolatore - RICORSO PRESENTATO DAL CONSIGLIO NAZIONALE
Università ingaggiata per la relazione geologica, i professionisti insorgono:
andava esperita una gara pubblica
Rischia una fastidiosa inchiodata, causa la contestazione di una consulenza
da appena 26 mila euro, la gestazione amministrativa più ambiziosa e complessa
del Dipiazza-bis: il nuovo Piano regolatore generale del Comune, quello
destinato a fare retromarcia rispetto alla precedente variante del ’97 e a
piantare di conseguenza rigidi paletti contro l’avanzata di cuboni di cemento e
volumetrie selvagge in zone verdi o a ridosso del centro storico.
Da alcuni giorni infatti è depositato al Tribunale amministrativo regionale un
ricorso contro il Comune, arrivato da uno studio legale di Roma. Titolare del
ricorso è il Consiglio nazionale dei geologi, che chiede l’annullamento della
delibera di settembre attraverso la quale il Municipio ha affidato
all’Università di Trieste, in regime di convenzione per 26 mila euro più Iva, un
«incarico di supporto alla redazione della relazione geologica per la
predisposizione della variante al Prgc».
L’ateneo, in base a tale convenzione, ha il mandato di selezionare e catalogare
i dati utili - in gran parte disponibili nei database della Regione - per
girarli poi al Comune, che farà quindi redigere e sottoscrivere la relazione
finale a un proprio dipendente: un geologo abilitato dall’esame di Stato. Un
risparmio da manuale, di questi tempi, per un ente pubblico.
Ma il Consiglio nazionale dei geologi, affiancato come ricorrente secondario da
quello regionale, vi intravvede un pericoloso precedente, che sarebbe peraltro
«illegittimo» secondo una legge regionale del 1989, e punta ora a tutelare la
propria categoria di liberi professionisti davanti al Tar. «L’affidamento -
spiega da Roma l’avvocato Anna Lagonegro, legale del Consiglio nazionale dei
geologi - andava fatto in regime di libera concorrenza, cioè attraverso una gara
pubblica, e invece è maturato dopo una procedura ristretta in cui sono state
coinvolte solo l’Università e altre istituzioni di ricerca locali. Se il Comune
di Trieste ha un geologo nel proprio organico deve fargli effettivamente
elaborare la relazione geologica senza demandarla a un soggetto esterno, come
invece accade, a nostro avviso, nella sostanza».
Il Tar esaminerà mercoledì prossimo l’istanza di sospensione della convenzione.
Venisse data ragione ai ricorrenti, a Palazzo Cheba si dovrebbe ripartire da
capo. Ma l’iter della variante al Prgc non contempla ritardi. La decisiva
approvazione del Consiglio comunale è subordinata a una data di scadenza
improrogabile - il 26 luglio 2009, a due anni esatti dal primo voto sulle linee
d’indirizzo - pena l’inutilità delle clausole di salvaguardia messe allora per
frenare i permessi a costruire in determinate aree sensibili. «Come uffici -
assicura l’ingegner Carlo Tosolini, direttore della Pianificazione territoriale
del Municipio - dobbiamo chiudere il piano entro marzo. Sia chiaro che dobbiamo
andare avanti a prescindere dalle decisioni del Tar. A costo di fare tutto con
le nostre risorse interne. A costo di andarceli a cercare da soli, quei dati».
PIERO RAUBER
Racovelli: risolvere il «caso cinghiali»
Il consigliere comunale Alfredo Racovelli (Verdi per la pace) ha presentato una richiesta di convocazione ed una mozione sull’ipotesi di «soluzione finale» del sindaco Dipiazza sul problema della presenza dei cinghiali nei territori urbani della città.
Lega navale: fallisce il «golpe», rivincono gli uscenti
La cordata con l’esponente di An Pellarini battuta dai «lealisti» capitanati
ancora da Ennio Abate
Il timone della sezione triestina della Lega navale, con i suoi 850 soci una
delle più affollate e importanti tra le associazioni di ogni genere della
provincia, resta in mano a Ennio Abate, al suo vice Antonio Frisenda e al loro
gruppo. Il risultato delle elezioni per il rinnovo per i prossimi tre anni del
consiglio direttivo è stato netto l’altra sera a favore del presidente uscente e
dei lealisti, ma i contras hanno attaccato duramente.
A guidare la cordata che tentava l’assalto alla società, oltre a Lucio
Giacomelli, ex ingegnere dell’Acegas, Andrea Pellarini, un tempo apprezzato
pallavolista di serie A e oggi noto soprattutto per essere un esponente di
Alleanza nazionale, consigliere comunale e presidente della prima Commissione.
Affondo andato a vuoto in una vicenda simile a quanto accaduto undici mesi fa
alla Ginnastica Triestina, con i suoi 1500 soci un’istituzione ancor più antica
e influente. Il presidente uscente Carmelo Tonon ha respinto l’attacco di una
lista più marcatamente vicina ad Alleanza nazionale, partito di cui fanno parte
Edoardo Costanzo, candidato presidente in ballottaggio con Tonon, e Piero Tononi
che della lista Costanzo faceva parte.
Si sia trattato di battaglia anche politica oppure no, fatto sta che
nell’assemblea della Lega navale, Giacomelli e Pellarini hanno rimproverato al
direttivo uscente insufficiente trasparenza nelle decisioni, poca umanità nei
rapporti interni, scarsa attenzione nei confronti dei giovani, politica sociale
tutta proiettata nei rapporti con le istituzioni esterne, meccanismo perverso di
bonus con cui accumulare punteggi per ottenere un posto barca.
Abate e alcuni suoi alleati, tra cui il magistrato Arturo Picciotto, hanno
replicato esponendo i fatti: contributi pubblici di quasi due milioni e mezzo di
euro ottenuti in poco tempo, una palazzina servizi della base nautica di 500
metri quadrati costruita a tempo di record, sede all’interno della Lanterna
restaurata, progetto presentato per la creazione di altri 200 posti barca che
potrebbero accontentare quasi tutte le 250 richieste, soci in crescita seppure
lieve, mole notevole di gare e manifestazioni organizzate, rapporti più stretti
con club e istituzioni.
L’anno prossimo la sezione triestina festeggerà i novant’anni e nel 2010
ospiterà l’assemblea nazionale di tutte le sezioni. Abate ha chiesto alla
Provincia di poter collocare accanto alla palazzina servizi il pennone della
nave Elettra di Marconi, oggi a San Giovanni a fianco dell’ex sede dell’Imo-Ima
che Trieste ha recentemente perso a vantaggio di Genova.
Il voto ha premiato tutti gli esponenti della linea Abate. Sono così risultati
eletti nel consiglio direttivo: Ennio Abate, Giorgio Bailo, Marino Bettoso,
Francesco Catalano, Sandro Fabietti, Antonio Frisenda, Paolo Perfetto, Arturo
Picciotto e Pierpaolo Scubini. Domani il direttivo neoletto sceglierà al proprio
interno il presidente: la riconferma di Abate è scontata.
SILVIO MARANZANA
Veglia, il rigassificatore garantirà l’autonomia
energetica regionale - Pronti 10mila nuovi posti di lavoro. Ambientalisti
contrari
Dobbiamo agire con tempestività. La proprietà dell’impianto sarà per il 51%
dello Stato
FIUME Nel 2030 la contea del Quarnero e Gorski kotar (capoluogo Fiume)
consumerà circa un miliardo e mezzo di metri cubi di gas naturale, di cui il
65-70 per cento sarà destinato a tre grandi impianti, la raffineria dell’Ina a
Urinj, l’Industria petrolchimica a Castelmuschio (isola di Veglia) e la
termocentrale di Kostrena.
Ne consegue la necessità di avere proprio a Castelmuschio (Omisalj in croato)
l’annunciato rigassificatore nordadriatico. È quanto sostenuto dal presidente
della Regione quarnerino –montana, lo zupano Zlatko Komadina (Partito
socialdemocratico), nel corso della tribuna pubblica dedicata alla Giornata
della facoltà fiumana di Ingegneria tecnica.
Il capo dell’amministrazione conteale ha ricordato agli astanti come la Croazia
sia quasi del tutto autosufficiente per il fabbisogno di metano, estratto dai
giacimenti sottomarini al largo di Pola, ma ha subito aggiunto che nei prossimi
venti anni le necessità energetiche saliranno vertiginosamente e dunque sarà del
tutto giustificata la presenza a Veglia del terminal Lng.
«Il megaimpianto isolano dovrà soddisfare pienamente tre aspetti, quello
energetico, l’ecologico e l’economico – ha affermato Komadina – siamo convinti
che il rigassificarore costituirà un’assoluta garanzia per l’indipendenza
energetica della Croazia e della nostra regione».
«Sappiamo - ha aggiunto - che parte della produzione prenderà la via dei mercati
stranieri, ma sarà compito nostro impegnarci affinché quantitativi sufficienti
di gas restino a Fiume e dintorni. Funzionando a metano, la centrale
termoelettrica di Kostrena non scaricherà più gas solforosi, mentre attualmente
è il maggiore impianto inquinante nella regione fiumana. Sarà così pure per il
complesso petrolchimico vegliota e per la raffineria di Urinj».
Secondo lo zupano, il terminal metanifero dovrebbe essere in mani croate nella
misura del 51 per cento, mentre ora si propone il 25 pc.
«Dobbiamo agire per tempo, rispettando innanzitutto i nostri interessi», ha
aggiunto Komadina, facendo presente che i cantieri navali croati dovrebbero
essere incaricati di costruire le navi metaniere. «Sono navi speciali, molto
costose, il cui approntamento – ha detto lo zupano – contribuirebbe a
rivitalizzare la cantieristica navale croata».
Come da noi già scritto, il rigassificatore vegliota verrebbe a costare circa un
miliardo di euro, contribuirebbe ad aprire con l’indotto circa 10mila posti di
lavoro e riuscirebbe a movimentare annualmente sui 15 miliardi di metri cubi di
gas.
Le autonomie locali interessate hanno già dato il gradimento al progetto, che
incontra però qualche resistenza da parte degli ambientalisti quarnerini, certi
che la locale industria turistica è destinata a subire un colpo durissimo per la
presenza dell’impianto. Ma le amministrazioni locali hanno anche messo in
guardia dalla pericolosità derivante dalla vicinanza del nuovo rigassificatore e
del terminal petroli di Castelmuschio.
(a.m.)
LA REPUBBLICA - MERCOLEDI', 19 novembre 2008
Quei mille treni rimasti sulla carta - Progetti che si
sono arenati, regioni che non spendono un cent. A favore delle Grandi opere
Il rapporto "Pendolaria" di Legambiente sul trasporto ferroviario locale -
Com'è difficile fare a meno dell'auto
ROMA - I pendolari chiedono più treni e un servizio migliore,
ma Stato e Regioni si ostinano a dirottare gli esigui fondi disponibili su
strade, autostrade e grandi opere. E' quanto emerge dall'ultimo rapporto
Pendolaria di Legambiente presentato a Roma. Ogni giorno 14 milioni di persone
che viaggiano per lavorare o studiare si ritrovano a fare i conti con convogli
lenti, fatiscenti, e sporchi. Stracolmi oltre i limiti di sicurezza e
penalizzati dai treni superveloci.
Collegamenti inesistenti, fermate che mancano o sono lontane da
raggiungere e tempi di percorrenza eccessivi rispetto a quelli dell'auto sono i
motivi principali che orientano la scelta verso il mezzo privato, ma cresce il
numero di pendolari disposto a passare al treno (e in generale al trasporto
pubblico locale) se le condizioni di utilizzo fossero più decenti. Alla
presentazione di Pendolaria, giunta nel 2008 alla sua terza edizione, hanno
partecipato comitati di pendolari provenienti un po' da tutto il Paese, oltre
agli assessori regionali di Piemonte, Campania, Emilia Romagna e Lazio e a
rappresentanti delle istituzioni. Secondo il rapporto, sono circa due milioni i
pendolari che quotidianamente si spostano in treno e rappresentano la fetta più
grossa della domanda di trasporto ferroviario.
Domanda che però rimane insoddisfatta per la scarsità degli
investimenti. Dal 2007 al 2008, i contributi statali a Trenitalia per il
trasporto regionale sono scesi da 1.612 a 1.498 milioni di euro; anche il
progetto dei mille nuovi treni, annunciato l'anno scorso, è rimasto lettera
morta perché la Finanziaria non ha individuato i fondi. In nessuna regione
l'ammontare degli stanziamenti per il servizio e per l'acquisto di nuovi mezzi
raggiunge lo 0,4% del bilancio regionale. Nel 2008, la Toscana è stata quella
che ha speso di più (0,38%), seguita dalla Lombardia (0,37%) e dalla Campania
(0,25%). Il Lazio ha stanziato appena lo 0,02% mentre Calabria, Molise e
Sardegna non hanno sborsato nemmeno un cent. Le situazioni più gravi si
registrano in regioni come il Veneto, il Piemonte e lo stesso Lazio, che negli
ultimi anni non hanno messo a disposizione alcuna risorsa aggiuntiva per
rinforzare cifre bollate da Pendolaria come "ridicolmente basse".
Secondo Legambiente, la responsabilità è in parte del governo
nazionale e di quello locale, che spendono troppo poco per la mobilità su ferro;
l'altra parte di colpa va a Trenitalia, che si affanna a varare programmi di
alta velocità, cercando di rimediare a decenni di politiche di trasporto
distorte, e lasciando indietro il traffico pendolare. E chiedendo, in
conclusione, più soldi allo Stato, pena l'aumento delle tariffe o il taglio dei
treni, magari di quelli per il Sud, come paventa il sindacato Orsa Calabria (dal
14 dicembre, l'unico Eurostar Alta Velocità da Roma si fermerà a Lamezia Terme
escludendo Reggio, il capoluogo, più grosso, e impiegherà 5 ore e 7 minuti
contro le 3 ore e 59 pubblicizzate).
L'amministratore delegato di Fs Mauro Moretti - che rifiuta il
confronto e non ammette repliche - sostiene che solo l'erogazione di nuovi fondi
e con l'equiparazione dei contributi statali alla media europea il trasporto
regionale per ferrovia, potrà essere rigenerato, soprattutto in termini di treni
mezzi. Oggi, il contributo per ogni passeggero trasportato è di 11,8 cent a
chilometro: stando a Moretti ce ne vorrebbero 14,5. Per quanto riguarda la
puntualità, va ricordato che le Fs hanno modificato le norme di circolazione in
modo da garantire ai treni pendolari l'arrivo a destino in orario, specie nelle
fasce cruciali 6-9 e 17-19, in cui anche gli Eurostar si bloccano per dare la
precedenza. Ma tutto ciò non risolve quello che per Legambiente resta il
problema cruciale, sottolineato anche dal ministro "ombra" del Pd Ermete
Realacci. Cioè l'erogazione massiccia di finanziamenti ancora troppo sbilanciati
a favore della strada. "I soldi sono pochi e vanno selezionati - ammette
Realacci - ma la priorità assoluta va al trasporto dei pendolari su ferro,
concertato in un rapporto di trasparenza tra e Ferrovie e il Paese".
Infatti, il 70 per cento dei fondi stanziati dai governi precedenti
sono finiti nel traffico gommato. Con la Finanziaria attuale invece, nel 2009
verranno sottratte risorse tanto ad Anas (355 milioni), quanto a Rfi (1.138
milioni), mentre l'elenco delle priorità del governo Berlusconi vede ai primi
posti il Ponte sullo Stretto (6 miliardi la spesa prevista, proprio quanto
costerebbe il progetto dei 1000 treni per i pendolari), le autostrade e l'Alta
Velocità. Assenti gli investimenti per le aree urbane e per il servizio
ferroviario pendolare. Legambiente chiede, da parte sua, maggiori risorse per la
rotaia, l'acquisto dei famosi mille treni regionali (per i quali ha organizzato
una raccolta di firme), più spese a favore delle metropolitane e dei tram nelle
grandi città. Infine, l'istituzione una carta dei diritti dei pendolari che
fissi gli obiettivi del servizio, i diritti dei cittadini utenti, le condizioni
minime di informazione, i livelli di qualità e il rimborso per disfunzioni e
disagi.
VINCENZO FOTI
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 19 novembre 2008
Pd: il municipio snobba la differenziata - OMERO:
«ELENCA PROGRAMMI MA FA POCO SUI RIFIUTI»
Raccolta differenziata, termovalorizzatore, tariffe della Tarsu. Sono stati
questi i principali temi affrontati alcuni giorni fa al convegno dal titolo «I
costi e la qualità dei servizi a Trieste. Forum del Pd sullo smaltimento dei
rifiuti e la raccolta differenziata». Materie sulle quali, a detta del
capogruppo del Pd in Consiglio comunale Fabio Omero, «l’Amministrazione parla
tanto, elencando impegni e obiettivi, ma fa molto poco».
Per Omero il nodo criciale è la raccolta differenziata, che a Trieste stenta a
decollare. «I dati sono sconfortanti - spiega -. Nel 2007 si è fermata al 17%,
mentre l’obiettivo di legge prevedeva di raggiungere il 35% e il 50% nel 2010.
Pena una multa per infrazione delle norme europee, che ricadrà integralmente sui
costi del Comune e sulle tariffe, già elevatissime per i cittadini. E in tutto
questo, a parte un corso nelle scuole dell’infanzia per promuovere la raccolta
differenziata, il Comune non fa».
Per quanto riguarda la Tarsu, il capogruppo del Pd afferma che «con il bilancio
2007 le tariffe vengono incrementate del 27,3%, per dare copertura al 100% delle
spese sostenute dal Comune relativamente alla gestione dell’intero ciclo del
servizio di igiene ambientale. Si tratta del costo della gestione - continua - e
non solo del costo reale della raccolta e smaltimento dei rifiuti, e comunque a
un “prezzo” concordato con Acegas-Aps, che nel 2007 ha ottenuto il
riconoscimento di 1,3 milioni di euro di maggiori corrispettivi. Ma a fronte di
36 milioni di Tarsu - continua - il servizio smaltimento rifiuti e la spazzatura
delle strade sono costati al Comune 1 milione di euro in meno di quanto
prelevato dalle tasche dei cittadini, senza poi sapere se nelle spese per queste
funzioni sono stati imputati anche i costi generali, l’ammortamento degli
investimenti ed eventuali utili per la società».
«In realtà al Comune di Trieste non interessa aumentare la raccolta
differenziata. Il sindaco Dipiazza vanta che ”produciamo energia elettrica”. Ma
qualcuno dovrebbe spiegargli che termovalorizzatore e raccolta differenziata non
sono alternativi. Del resto - conclude Omero - la mission di Acegas-Aps e di
tutte le utilities dovrebbe essere quella di far coesistere gli obiettivi di
business con gli obiettivi di compatibilità sociale e di compatibilità
ambientale. Ma questo è compito prioritario della politica».
Bagnoli, strategie per la Riserva - OGGI INCONTRO
SULLA VAL ROSANDRA
SAN DORLIGO DELLA VALLE Oggi alle 18.30 all’interno del rinnovato Centro visite
di Bagnoli della Rosandra verrà presentato alla cittadinanza e alle associazioni
il bando per l’affidamento dell’incarico di redazione del Piano di conservazione
e sviluppo della Riserva naturale della Val Rosandra. Il bando verrà illustrato
all’interno del forum plenario inserito nel Progetto Varco che l’amministrazione
comunale di San Dorligo della Valle sta portando avanti oramai da più di un
anno. Nel corso del forum, oltre all’illustrazione dei criteri per la redazione
del Pcs, verranno comunicate inoltre le prossime azioni relative a problematiche
emerse nel corso delle riunioni precedenti, già risolte da parte del Comune in
qualità di organo gestore della Riserva.
Durante la serata verrà anche presentato il nuovo progetto «Partecipassieme» di
Agenda 21, l’iniziativa nata qualche mese fa che ha come soggetti-partner il
Comune di San Dorligo della Valle, quello di Muggia e la Provincia di Trieste.
(r.t.)
IL PICCOLO - MARTEDI', 18 novembre 2008
PIANO DEL TRAFFICO - Nuova area
pedonale, primo sì dalla giunta - Si parte con la pavimentazione di piazza
della Borsa e le vie Einaudi e Cassa di risparmio
Chiesto agli uffici comunali di trovare soluzioni alternative in vista
dell’eliminazione di almeno quaranta posti auto
La giunta Dipiazza ha approvato il progetto preliminare generale per la
pavimentazione dell’area che abbraccia piazza della Borsa, via Einaudi e via
Cassa di risparmio. Un’opera divisa in più lotti, non solo per esigenze
economiche, che può già contare sul progetto definitivo del primo lotto da 1,8
milioni di euro. Un impegno di spesa destinato alla sola piazza della Borsa che
il Comune intende riqualificare nel 2009.
È il primo e anche il solo cantiere che, rispetto al quadro complessivo
dell’opera, può partire nell’immediato. In sostanza si ripavimenta l’unica area
pedonale, piazza della Borsa appunto, nell’attesa di chiudere al traffico le vie
Einaudi e Cassa di risparmio. Una pedonalizzazione di fatto anticipata dalla
delibera di giunta, illustrata ieri mattina dall’assessore ai Lavori pubblici
Franco Bandelli, che ha però un forte impatto urbanistico. Una delega che il
sindaco Roberto Dipiazza ha voluto tenere per sé.
La delibera è passata all’unanimità dei presenti, ma non sono mancati i
distinguo e le richieste di chiarimento su un percorso pedonale che, nelle
intenzioni dell’amministrazione comunale, una volta realizzato il ponte sul
Canal grande di Ponterosso collegherà le vie Cassa di risparmio e Trento, fino
all’incrocio con via Macchiavelli. Nell’ottica di una passeggiata completa che
andrà dalla Stazione centrale fino a piazza Venezia. Quest’ultima è direttamente
collegata alla riqualificazione di piazza della Borsa che, come in origine,
erediterà la fontana del Nettuno pronta a fare spazio alla statua di
Massimiliano.
Sul giro di valzer dei monumenti non c’è stata discussione. Il dibattito in
giunta ha piuttosto riguardato il mini piano del traffico necessario alle future
pedonalizzazioni. Il Piano generale urbano del traffico in vigore dal ’98,
infatti, indica via Cassa di risparmio, da piazza della Borsa fino a via San
Nicolò, quale «corsia dedicata al trasporto pubblico», mentre nel tratto fino a
via Genova «strada locale attrezzata con parcometro». Allo stesso tempo la prima
parte di via Einaudi fino a piazza Verdi è «strada locale di accesso a siti
pubblici» e fino a piazza della Borsa «corsia dedicata al trasporto pubblico».
Indicazioni che dovranno per forza essere rovesciate in Consiglio comunale,
rendendo le aree pedonali, assieme alla cancellazione delle Ztl (Zona a traffico
limitato) in via Genova direzione Rive e via San Spiridione. Unica strada
percorribile da via Roma per raggiungere, ad esempio, l’autorimessa di proprietà
della Fondazione CRTrieste.
Modifiche che comporteranno non solo la perdita di 40 posti auto a rotazione in
via Cassa di risparmio, gestiti dalla Amt spa, ma anche di due parcheggi
riservati alle due ruote inserendo anche l’area di via Trento. Una riduzione che
non sarà compensata dal park sotterraneo per le moto, in un primo momento
previsto in piazza della Borsa, scartato dal progetto definitivo. Da qui le
perplessità manifestate in giunta in considerazione del fatto che, sempre nel
2009, saranno cancellati altri 40 stalli per automobili in piazza Ponterosso.
Altro sito da riqualificare.
La mediazione ha riguardato la richiesta, affidata agli uffici preposti del
Comune, per individuare altre aree per la sosta alternativa. Un’impresa molto
ardua. La discussione fra il sindaco e gli assessori si è soffermata anche
sull’aspetto economico di un’operazione che, oltre al costo dei cantieri,
comporterà una riduzione degli introiti derivanti dalla sosta a pagamento in
quella zona. Le strisce blu nella sola via Cassa di risparmio, ad esempio,
fruttano ogni anno 160mila euro all’Amt. Una spa controllata all’84,7 per cento
dal Comune che per svolgere la sosta a pagamento, prevista dal Piano urbano del
traffico del ’98, versa la tassa di occupazione del suolo pubblico e effettua il
riparto dei dividenti.
Un mancanto introito, per la spa e il l’amministrazione pubblica, che non è
considerata una priorità. Il progetto di pedonalizzazione va avanti, per volere
del sindaco e della sua giunta, ma spetterà al Consiglio comunale l’ultima
parola. Nell’attesa dello strumento tecnico da portare in aula, per modificare
le destinazioni previste dal vecchio Piano del traffico, tutti gli sforzi sono
concentrati sui lavori in piazza della Borsa. Una continuazione del salotto
buono di piazza Unità e capo di piazza Bartoli.
PIETRO COMELLI
IL VERTICE ITALO-TEDESCO - Scajola: cerchiamo l’intesa su energia e clima - «A breve
l’autorizzazione per il rigassificatore di Trieste. Fincantieri in Borsa? Meglio
aspettare»
Il ministro per lo Sviluppo economico traccia l’agenda degli incontri in
programma con i partner tedeschi
TRIESTE Sconti sulle bollette del gas e della luce da 800 milioni di euro e
social card da 400 milioni per le famiglie più povere. Fondo per le
infrastrutture da 16 miliardi, incentivi per l’innovazione, semplificazioni
fiscali e amministrative per i distretti e le reti d’impresa. Claudio Scajola
conferma l’avanti tutta del governo sul pacchetto anti-crisi da 80 miliardi:
«Rilancerà investimenti e consumi». Al contempo, mentre condanna nuovamente «il
comportamento autolesionistico» dei ribelli di Alitalia, frena sulla quotazione
in borsa di Fincantieri: «È probabilmente opportuno avviare l’operazione in un
momento di minore turbolenza dei mercati». Ma soprattutto, alla vigilia del
vertice di Trieste cui prenderà parte, il ministro allo Sviluppo economico
annuncia la riapertura del confronto con il suo collega tedesco sul pacchetto
clima-energia e su quello non meno delicato delle emissioni di Co2 delle auto.
Ministro, la crisi economica mondiale è ai primi posti nell’agenda del vertice
italo-tedesco. Quali sono gli strumenti fiscali da mettere in campo, in Italia,
per il rilancio?
La rotta è segnata dall’Europa e dai parametri che hanno permesso al nostro
Paese di avviare il risanamento dei conti. È una rotta che il governo Berlusconi
intende perseguire con fermezza e con la consapevolezza che ci troviamo di
fronte a una crisi mondiale senza precedenti per le nostre generazioni. Stiamo
mettendo in campo - anche attraverso il mio ministero - un pacchetto di misure
per le imprese e per le famiglie, in grado di rilanciare investimenti e consumi,
per un totale di 80 miliardi di euro.
Quali le misure più significative?
Penso al Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese esteso anche
all’artigianato, al Fondo infrastrutture da 16 miliardi di euro, di cui oltre 7
provenienti dal Fondo aree sottoutilizzare, agli incentivi per l’innovazione, la
banda larga, le energie rinnovabili. E sul fisco, ci sono novità importanti a
favore della capitalizzazione dei distretti e delle reti d’impresa, così diffusi
nel nord-est. Per le famiglie disagiate ci saranno interventi fiscali e bonus
come gli 800 milioni per sconti sulle bollette del gas e della luce e la Social
card da 400 milioni di euro.
Quali sono i temi specifici di cui parlerà oggi a Trieste nei colloqui con il
suo omologo tedesco?
Saranno molti. Avremo uno scambio di opinioni sulla politica energetica dei due
Paesi, in particolare le rispettive posizioni sul pacchetto europeo
clima-energia e sul pacchetto europeo Co2 auto - che vogliamo discutere in modo
coordinato - in vista del prossimo Consiglio energia, che si terrà a Bruxelles
l’8 dicembre. Saranno esaminate le misure per proteggere il sistema industriale
europeo dal rischio di delocalizzazione verso Paesi che non hanno vincoli di
rispetto del protocollo di Kyoto. Valuteremo anche una collaborazione sui
progetti dimostrativi per la cattura e il sequestro in giacimenti sotterranei
della Co2. Non dimenticheremo l’innovazione tecnologica in campo industriale e
la collaborazione in campo spaziale. Insomma, avremo un dialogo a 360 gradi, con
un focus su energia e innovazione.
Privatizzazione Alitalia. Lei ha definito folle lo sciopero dei piloti, ma i
disagi continuano.
Scioperare in questo momento è un comportamento autolesionistico perché
significa ostacolare l’avvio della nuova Alitalia che assumerà 12.600 dipendenti
della vecchia compagnia che in caso di fallimento si troverebbero in mezzo a una
strada. Ma spero ancora che la ragione prevalga e il passaggio tra la vecchia e
la nuova Alitalia possa avvenire nelle prossime settimane senza eccessivi disagi
per i clienti.
Quando l’ingresso di un partner industriale straniero? Meglio Air France o
Lufthansa? Ne parlerete al vertice di Trieste?
La scelta del partner spetta alla nuova Alitalia, ai suoi vertici e ai suoi
azionisti, che hanno condotto le trattative e hanno tutti gli elementi per
valutare l’offerta più conveniente per lo sviluppo della compagnia. Ogni
ingerenza da parte dei politici sarebbe indebita. Non so se il presidente
Berlusconi riterrà di parlarne con la cancelliera Merkel.
È confermata la quotazione in Borsa di Fincantieri per la prossima primavera o
la crisi finanziaria modificherà il quadro?
Fincantieri ha tutte le carte in regola per essere quotata in Borsa e il governo
giudica l’operazione prioritaria. Proprio per questo è probabilmente opportuno
avviare l’operazione in un momento di minore turbolenza dei mercati.
Questione energia. A che punto è il piano nazionale che dovreste presentare a
primavera?
È in corso l’organizzazione della Conferenza nazionale Energia-Ambiente prevista
per la prossima primavera durante la quale si terrà una discussione completa e
aperta a tutti sugli obiettivi a breve e lungo termine della politica energetica
italiana. Per l’occasione, avvieremo una consultazione di tutti i soggetti
istituzionali e delle organizzazioni scientifiche nazionali ed internazionali, e
intendiamo coinvolgere l'opinione pubblica, anche grazie ad un’informazione che
auspico serena e senza pregiudizi. Al termine di questa fase, raccolti i pareri
di tutti i soggetti coinvolti, sarà definita la Strategia Energetica Nazionale,
con gli obiettivi e i relativi strumenti. Ricordo che è da più di vent'anni che
il nostro Paese non dispone di una strategia energetica.
Lei ha già annunciato che le prime centrali nucleari saranno operative nel 2018.
A quante pensava? Come ci si arriverà?
Puntiamo a creare le condizioni affinché entro la fine di questa legislatura sia
posata la prima pietra di un gruppo di centrali nucleari. L’obiettivo è ridurre
la dipendenza dalle fonti fossili, soprattutto gas, e i prezzi dell'energia per
imprese e famiglie. Il nostro mix ideale di fonti di energia elettrica prevede
un 50% di fonti fossili (gas, olio e carbone pulito), un 25% di fonti
rinnovabili (idroelettrico, solare, eolico, biomasse) e un 25% di nucleare.
Quando sarà pronto lo studio sui territori adatti ad ospitare le centrali?
Quanti siti serviranno?
Definiremo i criteri per la localizzazione dei siti entro la primavera. Poi le
imprese energetiche che vorranno costruire una centrale potranno individuare i
siti sulla base dei criteri indicati dalla legge e presentare il proprio
progetto alle Regioni e agli enti locali. Tutto il processo avverrà sotto il
controllo dell’Agenzia per la sicurezza nucleare prevista dal disegno di legge
sviluppo che il Parlamento approverà entro fine anno.
Il presidente del Friuli Venezia Giulia, Renzo Tondo, ha proposto una
partnership italo-slovena in vista del potenziamento della centrale nucleare di
Krsko. Il governo è interessato? Ci sono già stati contatti con Lubiana? L’Enel
si è mossa?
Durante il recente vertice italo-sloveno, tenuto a Roma, abbiamo parlato di
collaborazioni sul nucleare, ma non siamo entrati nel concreto di progetti
specifici. D’altro canto, il ritorno al nucleare del nostro Paese e la
collaborazione con Paesi esteri, Slovenia compresa, prevedono l’intervento delle
nostre imprese energetiche in una logica di mercato ma attenta all’interesse
pubblico.
Il governo giudica prioritario, nell’ambito del piano nazionale, il
rigassificatore che Gas Natural intende realizzare a Trieste? Quando si
concluderà l’iter autorizzativo?
Il governo giudica prioritario dotare il nostro Paese di infrastrutture
energetiche per diversificare le aree geografiche di approvvigionamento. Stiamo
seguendo attentamente l’iter del rigassificatore di Trieste e confidiamo che in
tempi brevi arriverà l’autorizzazione.
Quando sarà firmato l’accordo di programma per la bonifica del sito inquinato di
Trieste? Quante risorse saranno complessivamente stanziate? Quante dal suo
ministero?
Trieste rientra tra i 60 siti eleggibili, vale a dire potenzialmente
finanziabili. Avremo novità per la metà del prossimo anno.
ROBERTA GIANI
IL PICCOLO - LUNEDI', 17 novembre 2008
IL CASO CINGHIALI - Wwf, Lipu, Legambiente e Lav:
prima di sparare vanno provati i previsti metodi ecologici -
Gli ambientalisti: frenate il sindaco-cacciatore
«Dopo aver condotto la sua battaglia per armare i vigili urbani, ora il
sindaco-cacciatore Roberto Dipiazza vuole aprire il fuoco sui cinghiali che
vivono nelle zone urbane di Trieste: non vorremmo che la passione per le armi
del primo cittadino mettesse a rischio l’incolumità pubblica assai più di quanto
non possano fare gli animali selvatici». Questa la frecciata di Wwf, Lipu,
Legambiente e Lav nei confronti del sindaco Dipiazza che nei giorni scorsi si
era detto favorevole all’abbattimento di esemplari di animali.
«Preoccupa poi il fatto che il sindaco, che è pure cacciatore e dunque un esame
in merito deve pur averlo superato, non conosca la normativa sui cosiddetti
”abbattimenti in deroga”. Ai sensi della legge sulla caccia, infatti, prima di
poter aprire gli abbattimenti di animali selvatici nelle aree vietate alla
caccia è necessario dimostrare di aver esperito inutilmente i cosiddetti “metodi
ecologici”, ossia dei tentativi incruenti per ridimensionare il problema o
riportare la questione alla normalità. Nel caso del cinghiale - continua la nota
delle associaizoni ambientaliste -, essendo un animale estremamente
intelligente, che si sposta nei luoghi dove è più facile trovare cibo, il metodo
ecologico per eccellenza è il taglio dei viveri. Davanti al progressivo
aumentare della confidenza dei cinghiali rispetto agli ambienti urbani e
all’uomo il sindaco avrebbe così dovuto da tempo emanare un’ordinanza per
vietare la massiccia alimentazione artificiale in atto da anni ad opera di
cacciatori e cittadini nelle aree urbane di Trieste, come fatto a suo tempo da
suoi colleghi liguri, toscani e dal primo cittadino di Genova».
Ma poi le associazioni aggiungono che «la colpa non può certo essere attribuita
in toto al sindaco. Le centinaia di cinghiali che ormai vivono nell’area
periurbana ed urbana di Trieste provengono da un allevamento di un noto
imprenditore -cacciatore che all'inizio degli anni '90, dopo il rumoroso crack
della sua azienda, ha abbandonato Trieste e il suo allevamento di suidi
selvatici provenienti dagli Appennini posto nei pressi della cava Faccanoni a
qualche centinaio di metri dal centro abitato».
«Ma le responsabilità non finiscono qui - continua la nota -. I cacciatori
triestini hanno messo in atto una strategia finalizzata a diffondere al massimo
la bengodi del cinghiale: le riserve di caccia, che si estendono su quasi il 90%
della provincia di Trieste, da anni predispongono piani di abbattimento che
raggiungono a malapena la metà del limite previsto dalla normativa regionale».
Val Rosandra, un Piano per sviluppare la Riserva
- FORUM A BAGNOLI
La presentazione del bando per l’affidamento dell’incarico di redazione del
Piano di conservazione e sviluppo della Riserva naturale della Val Rosandra.
Questo lo scopo del forum plenario inserito nel progetto «Varco» che il Comune
comunale di San Dorligo della Valle ha organizzato per mercoledì alle 18.30 al
Centro visite di Bagnoli.
Il Piano di conservazione e sviluppo (Pcs) è il documento pianificatorio
necessario per dettare le regole base per la gestione dell’area protetta della
Val Rosandra. Per stabilire i criteri cui il piano dovrà uniformarsi il Comune
ha optato per il coinvolgimento di tutti i «portatori d’interesse», sia quelli
appartenenti a gruppi e categorie (comunelle e associazioni), sia i singoli
cittadini. «Quello che è emerso negli incontri precedenti è stato recepito nella
formulazione dei criteri contenuti nel bando – ha affermato l’assessore ai
Lavori pubblici Laura Riccardi Stravisi – e ciò conferma che impostare e
attivare le azioni, specie quelle di notevole rilevanza come la redazione di
strumenti pianificatori con un processo partecipato, rappresenta il modo
corretto di azione della pubblica amministrazione».
Verrà anche presentato il nuovo progetto «Partecipassieme» di Agenda 21,
l’iniziativa nata mesi fa che ha come soggetti partner i Comuni di San Dorligo
(gestione della Riserva della Val Rosandra) e di Muggia (mobilità sostenibile).
Riccardo Tosques
Buccari, l’area dell’ex cokeria sarà bonificata -
Il terreno ha assorbito una notevole quantità di catrame fino a sei metri di
profondità
I LAVORI DURERANNO 7-8 MESI
Per quasi un ventennio, dal 1976 al 1995, ha appestato gli abitanti di
Buccari e di una vasta area quarnerina e nordadriatica ed ora, a tredici anni
dalla sua chiusura, continua a dare grattacapi e a costringere le autorità a
spese non indifferenti. E’ l’ex cokeria buccarana, chiusa ai tempi del governo
accadizetiano di Nikica Valentic, ma non ancora «defunta» del tutto.
Infatti, il terreno di Buccari che ospitava l’inquinante impianto ha assorbito
per anni una quantità incredibile di catrame, derivante dalla conversione del
carbone in coke.
A detta degli esperti, la massa nera arriva fino a sei metri di profondità e
dunque è necessaria una robusta opera di risanamento del terreno, senza la quale
è impossibile attuare il riutilizzo dell’area, per la quale sono in piedi
diversi progetti.
L’anno scorso, il Fondo per la salvaguardia ambientale e per l’efficacia
energetica (agli ordini del ministero dell’ Ambiente della Croazia) ha dato luce
verde al progetto di risanamento della zona, programma presentato giorni fa
nella cittadina in fondo all’omonima baia.
E’ stato così comunicato che le ruspe agiranno in profondità, tirando fuori
tutta la massa inquinata dal catrame (precisamente dai suoi idrocarburi
policiclici, altamente cancerogeni).
Il terreno rimosso innanzitutto dai macchinari edili sarà asciugato, trasformato
in polvere e quindi mescolato in uno speciale contenitore assieme a cemento e
additivi speciali.
Il terreno sarà così finalmente inertizzato e quindi ricollocato nello stesso
luogo da cui era stato estratto. Questo è un procedimento, sostengono gli
esperti, destinato a disinquinare il vasto sito dell’ex cokeria di Buccari,
operazione che dovrebbe concludersi nei prossimi 7–8 mesi, ovvero entro il mese
di giugno dell’ anno venturo.
Naturalmente non si tratterà di un risanamento dai costi molto contenuti:
secondo i responsabili dell’importante programma di bonifica dell’area, si
tratterà di spendere qualcosa come 25 milioni di kune, circa 3 milioni e mezzo
di euro.
Dopo il risanamento della superficie terrestre, si procederà a riportare agli
antichi splendori i fondali marini antistanti l’ex stabilimento. Sono fondali
marini di particolare importanza e di grande bellezza.
Si tratta di una superficie complessiva di 16 mila metri quadrati, una porzione
di fondali sulla quale per 19 anni si sono depositati in enormke quantità il
catrame di coke, oli inquinanti e le famigerate polveri sprigionate dalla
cokeria.
Solo dopo questo importante e complesso intervento di bonifica ambientale, tutta
l’area dell’ex cokeria di Buccari potrà dirsi finalmente recuperata e pronta ad
ospitare strutture di tutt’altro tipo.
Ricordiamo che il simbolo della cokeria, la gigantesca ciminiera alta ben 250
metri, era stata abbattuta nel 2005. Il governo aveva destinato a tale scopo 9
milioni di kune (un milione e 260 mila euro), con i quali erano stati fatti
crollare 4 mila metri cubi di cemento, 60 tonnellate di ferro e 500 tonnellate
di cemento armato.
A. M.
IL PICCOLO - DOMENICA, 16 novembre 2008
«Rigassificatori, si pronunci la Procura» - I
sindaci di Muggia e S. Dorligo: chiarezza su ipotetiche irregolarità nei
documenti
DEPOSITATA UNA SEGNALAZIONE SUL PROGETTO DI GAS NATURAL
Nesladek: verificare quanto sostenuto pubblicamente dal geologo Sirovich, è in
gioco la sicurezza della gente
La Procura della Repubblica dovrà pronunciarsi sull’insediamento del
rigassificatore che la società «Gas Natural» vuole costruire nell’area ex Esso.
I sindaci di Muggia Nerio Nesladek e di San Dorligo della Valle-Dolina, Fulvia
Premolin, hanno depositato nella segreteria di questo ufficio giudiziario una
dettagliata segnalazione in cui chiedono di fare chiarezza su quanto è emerso
nella riunione pubblica sul rigassificatore, convocata nella sala «Gastone
Millo» il 17 ottobre scorso. In quella occasione erano state autorevolmente
sottolineate numerose irregolarità nella documentazione fornita dalla «Gas
natural» alla Regione e al Ministero dell’Ambiente perché valutassero
dell’impatto ambientale del rigassificatore.
«L’assemblea era pubblica ed era stata convocata in base a due precise delibere
votate dal Consiglio comunale» ha spiegato ieri il sindaco di Muggia Nerio
Nesladek. «Il 17 ottobre in quella sede il geologo Livio Sirovich ha illustrato
quanto era emerso da un suo studio della documentazione fornita alla Regione e
al Ministero. Sono state sottolineate davanti a più di 200 persone, tra cui il
sindaco di Capodistria Boris Popovich e il sottosegretario all’ambiente del
Governo della Repubblica di Slovenia Marko Starman, alcune situazioni che come
sindaco non posso sottovalutare. Non sposo né l’una né l’altra tesi, ma ritengo,
come pubblico ufficiale e come amministratore, di avere il preciso dovere di
coinvolgere la Procura della Repubblica su quanto di potenzialmente irregolare è
stato annunciato in quella sede. Erano presenti carabinieri e funzionari di
polizia e una verifica puntuale non può essere elusa. Prima di agire assieme
alla collega Fulvia Premolin ci siamo consultati con gli avvocati dei due nostri
Comuni. Ripeto: non sposiamo a occhi chiusi la tesi illustrata dal geologo
nell’assemblea pubblica, ma una verifica deve essere fatta perché è in gioco la
sicurezza delle popolazioni. Saranno i magistrati e i loro consulenti a dire se
tutto è regolare nei documenti depositati. In sintesi la carica pubblica di
sindaco mi impone per legge questa scelta, ma me la impone anche la correttezza
dell’amministrazione che deve essere gestita con il criterio adottato dai buoni
padri di famiglia. Non sono un giustizialista, non credo in questa via, ma
chiarezza deve essere fatta».
I sindaci di Muggia e di San Dorligo-Dolina, a livello politico chiedono di
essere direttamente coinvolti nella valutazione sull’impatto prodotto dal
rigassificatore, e chiedono l’entrata in scena di enti terzi, come ad esempio
l’Università, per affermare se con la realizzazione del progetto della Gas
Natural le popolazioni che vivono attorno al rigassificatore siano a rischio o
possano ritenersi al sicuro.
Fin qui il sindaco, anzi i due sindaci che hanno firmato di conserva la
segnalazione alla Procura, depositata poche ore fa in cancelleria dai loro
legali.
I punti salienti del documento mettono a fuoco quattro problemi. I documenti
depositati al Ministero a Roma e quelli forniti alla Regione per la valutazione
di impatto ambientale, avrebbero date diverse. Quelli romani risalgono al
dicembre 2006, mentre quelli per gli uffici regionali sarebbero stati redatti
nel maggio 2007. Così almeno emerge dalla cronologia del ’file’ fornito dalla
stessa Regione a chi ne fa richiesta. Secondo la segnalazione non è indicato il
nome dell’autore della ricerca e ovviamente non esiste la firma del
responsabile.
Inoltre la cartografia fornita per la valutazione dell’impatto ambientale risale
a più di 40 anni fa e molti, moltissimi insediamenti industriali, non vi sono
riportati. Va aggiunto che dal sito della Regione Friuli Venezia Giulia possono
essere scaricati gratuitamente tutti i fogli della carta tecnica del nostro
territorio. È costantemente aggiornata e non si spiega perché la Gas Natural, di
fronte a questa disponibilità gratuita e a tutti nota a livello tecnico, abbia
usato rilevazioni vecchie di quarant’anni in cui sono assenti importantissimi
stabilimenti industriali.
Un altro punto su cui la magistratura dovrà confrontarsi è quello dell’impatto
delle acque fredde e clorate del rigassificatore sul vallone di Zaule. Secondo i
consulenti della società il raffreddamento non produrrebbe danni, mentre molti
ambientalisti sostengono che 600 mila o un milione di metri cubi con cinque
gradi in meno del mare circostante che si riverserebbero nel vallone ogni 24
ore, avrebbero effetti molto pesanti. La perizia che supporta questa tesi
dell’impatto zero, secondo quanto è emerso nell'assemblea pubblica del 17
ottobre, è in parte «viziata» da un errore nelle batimetrie. In sintesi nella
valutazione della profondità delle acque, che si riferiscono all’area di Ancona,
con -50 metri, anziché a quella di Muggia dove vengono raggiunti solo i 20-25
metri.
Questo è accaduto nonostante l’Osservatorio Geofisico sperimentale di Borgo
Grotta sia in grado di fornire 4300 profili di fondo delle acque del golfo di
Trieste. Perché questi dati non sono stati utilizzati, o meglio perché durante i
20 e più mesi dello studio preliminare la «Gas Natural» non ha effettuato una
ricerca mirata sulle temperature dell’Alto adriatico invece di estrapolare dati
riferibili alle acque della costa marchigiana?
CLAUDIO ERNE’
Dipiazza: centrale elettrica, uno spot di Lucchini
- «Lo leggo dai giornali, e non si parla di chiudere la Ferriera». Timeo (Uil):
siamo noi quelli all’oscuro
REAZIONI ALL’ANNUNCIO DELL’OPERAZIONE DA AVVIARE NELL’AREA TRA L’EX
ACCIAIERIA E L’EX ESSO
«Una cosa così importante si discute prima a livello politico, invece la sto
apprendendo dai giornali. Non so se è il sistema. Mi sembra che la Lucchini
abbia fatto solo uno spot pubblicitario, e inoltre non trovo traccia, in quel
che leggo, dell’accoglimento delle nostre pregiudiziali: la chiusura dello
stabilimento siderurgico. Quando l’azienda avrà cura di dirmi dove, come, quando
e che cosa, solo allora potrò esprimermi sulla nuova centrale elettrica».
Così Roberto Dipiazza commenta l’annuncio della Lucchini-Severstal di voler
aprire accanto alla Ferriera e ad Elettra, negli spazi dismessi dell’ex
acciaieria e sui terreni che arrivano fino alla zona ex Esso (di fronte alla
quale dovrebbe sostare il presunto rigassificatore di Gas Natural contro il
quale i Comuni di Muggia e San Dorligo, come detto sopra, hanno appena
presentato un esposto in Procura) una nuova centrale elettrica che sfrutterebbe
appunto il metano del nuovo impianto a mare e la rete, già in ampliamento, di
Snam. Sottinteso anche un gradito coinvolgimento di Acegas-Aps specie perché già
si parla di dotare il rione di Servola di innovativi e convenienti sistemi di
teleriscaldamento.
Parlando di voler chiudere la Ferriera il sindaco lo aveva detto da tempo:
«Potremmo indurre la Lucchini a diversificarsi, a smettere la siderurgia che
inquina e a virarsi sull’energia sfruttando l’arrivo del rigassificatore, e
coinvolgendo magari anche Acegas-Aps per la produzione di energia». Ed ecco che
sono passati pochi mesi e la Lucchini-Severstal annuncia in effetti la prossima
creazione di una nuova centrale elettrica da trecento milioni alimentata a
metano, legata a doppio filo fin da ora all’eventuale rigassificatore dato che
il progetto dovrebbe essere stilato dalla stessa società che attualmente prepara
i terreni per Gas Natural.
«È senza dubbio un’operazione di investimento in campo energetico che mira a
dare appoggio all’insediamento di un rigassificatore - commenta Adriano
Sincovich, segretario provinciale della Cgil -, ma aspettiamo gli sviluppi. Si
tratta, è evidente, di un disegno politico-industriale certo non ideato a
Trieste ma ben più in alto, del resto non è nemmeno nuovo in assoluto, l’azienda
lo aveva già citato da tempo».
Quanto alle prospettive che questa novità apre o chiude Sincovich mette un
paletto chiaro: «Non c’è alcun automatismo sul fatto che se apre un polo
energetico la siderurgia chiude, su numeri e professionalità dei lavoratori da
reimpiegare c’è ancora tutto da ragionare».
Quanto al fatto che il sindaco definisca «spot» le dichiarazioni della proprietà
(che parla di una centrale attiva già dal 2012) Sincovich ribatte: «Non posso
pensare a uno ’’spot’’, sarebbe ben grave che un gruppo di tale portata la
mettesse in barzelletta, vedo piuttosto prendere forma un rapporto diretto tra
privati, Gas Natural e Lucchini-Severstal, nell’ambito appunto di decisioni
strategiche. Del resto è stupido impedire a una azienda di esprimere una
strategia industriale, se il sindaco afferma di non conoscerla, che si può
dire?»
Sulla stessa lunghezza d’onda Enzo Timeo, segretario provinciale della Uilm ed
ex operaio della dismessa acciaieria: «Non sono sorpreso - racconta -, la
Lucchini ha sempre detto che una delle sue ’’gambe’’ era la produzione
energetica, lo aveva annunciato arrivando a Trieste. Potrebbe essere che Elettra
produca autonomamente anche senza la siderurgia, e viceversa che una centrale si
alimenti col rigassificatore, ma via!, il sindaco certamente ne ha parlato con
l’azienda. Può darsi che ci siano convenienze politiche, poi, a consigliare una
memoria selettiva e qualche dimenticanza, Dipiazza ha già vinto due elezioni con
la Ferriera, ma tende a trascurare ogni citazione positiva al riguardo. Sappiamo
benissimo - aggiunge Timeo - che è andato a Roma a parlare di e con
Lucchini-Severstal molto più di noi, quindi siamo noi quelli non a conoscenza
del progetto».
Timeo sottolinea che «era l’ex acciaieria la fabbrica di morte» (chiusa da oltre
10 anni «e benedico quel momento»). E resta anche per lui irrisolto il
nodo-principe: «Un rigassificatore a regime occupa 80-100 persone, una centrale
elettrica mai più di 80. Dove li mettiamo gli operai della Ferriera e quando?
Intanto che si riqualificano (quelli che per età possono) devono stare a casa o
dove?».
GABRIELLA ZIANI
Da Roma via libera all’impianto Teseco - Sì alla
piattaforma all’ex Aquila: servirà a recuperare i terreni inquinati
Teseco, la società pisana specializzata nel trattamento di rifiuti industriali e
nelle bonifiche ambientali, proprietaria dell’area dell’ex raffineria Aquila, ha
ottenuto dai ministeri dell’Ambiente e dei Beni culturali il parere positivo
sulla compatibilità ambientale della piattaforma per il trattamento dei terreni
derivanti dalle bonifiche del Sito inquinato nazionale).
La firma del decreto da parte dei due dicasteri consente ora a Teseco di
continuare con le procedure, in sede locale, per arrivare alla realizzazione
dell’impianto.
Ricordando che l’iter è iniziato ancora nel 2004, l’ing. Stefano Vendrame,
direttore dell’area Nordest di Teseco, spiega che «la piattaforma, progettata
come punto di riferimento per il territorio, verrà realizzata, anche per singoli
lotti, in prossimità del Canale industriale, su un’area dismessa dell’ex
raffineria Aquila. Il terreno su cui sorgerà – aggiunge – sarà oggetto di
preventiva bonifica, come previsto dal progetto definitivo in fase di
autorizzazione da parte del ministero dell’Ambiente».
Teseco prevede che la fase delle autorizzazioni si possa concludere entro il
giugno del prossimo anno. La bonifica di parte dell’area su cui verrà realizzata
la piattaforma dovrebbe richiedere sei mesi, per concludersi entro il dicembre
2009. L’installazione di una prima sezione dell’impianto richiederà altri sei
mesi, e quindi dovrebbe essere effettuata entro il giugno 2010.
La piattaforma occuperà complessivamente un’area di circa 48 mila metri quadri,
di cui circa 18 mila coperti. I fabbricati tecnici avranno un volume di 33 mila
metri cubi. E’ prevista inoltre una palazzina per uffici e laboratori, ricavata
dal riutilizzo di quella esistente.
L’impianto sarà costituito da diverse sezioni, tra cui quelle per lo stoccaggio,
il lavaggio, il trattamento biologico dei terreni contaminati, e l’inertizzazione
dei fanghi e delle polveri, nonchè delle acque reflue contenenti inquinanti
organici e inorganici.
La potenzialità della piattaforma sarà di circa 240 mila tonnellate l’anno, così
suddivisa: inertizzazione di fanghi e polveri 40 mila tonnellate/anno; lavaggio
terreni contaminati 60 mila tonnellate/anno; trattamento biologico dei terreni
18 mila tonellate/anno; trattamento chimico-fisico 50 mila tonellate/anno;
modulo biologico 75 mila tonnellate/anno.
Quando la piattaforma entrerà in funzione sarà possibile ricollocare,
all’interno del Sito inquinato, i materiali decontaminati. Il recupero e il
riutilizzo in loco delle diverse frazioni di materiali tratttati, incluse quelle
derivanti dalle attività portuali e produttive della provincia, permetterà di
ridurre drasticamente i trasporti dei terreni inquinati (e i relativi costi)
destinati ai centri di smaltimento finali, che hanno sede solo a notevoli
distanze dal Sito.
«La progettazione dell’impianto – precisa Teseco – ha avuto come principio
cardine la minimizzazione dell’impatto ambientale, attraverso la scelta del
processo, delle apparecchiature, delle strutture di confinamento e raccolta dei
colaticci e dei sistemi di abbattimento degli inquinanti gassosi. Sono state
inoltre usate le miglio tecnologie per ridurre al minimo il consumo di risorse,
ad esempio attraverso il recupero delle acque chiarificate e igienizzate da
ricircolare all’interno delle varie sezioni dell’impianto».
GIUSEPPE PALLADINI
Bambini, si va a scuola con il «pedibus» - Oltre
70 gli alunni della elementare Giotti che hanno aderito all’iniziativa -
Ripartito il progetto con la Uisp
Fermata dopo fermata, alla fine sono stati 75 i bambini che ieri mattina sono
andati a scuola a bordo del... pedibus di via Cumano, ovvero formando un
simpatico serpentone di piccoli pedoni affiancati dai genitori che già in una
decina si sono offerti quali accompagnatori volontari.
Protagonisti dell’iniziativa attuata dalla sezione provinciale della Uisp
(Unione italiana sport per tutti) con Francesca Visintin, studentessa di
architettura, i bambini delle classi quarte A e B della scuola primaria Giotti
di Strada di Rozzol, facente parte dell’Istituto comprensivo Tiziana Weiss, che
già lo scorso anno avevano progettato l’iniziativa disegnando un percorso che
fosse il più adeguato alle abitazioni di partenza e anche alle caratteristiche
del percorso da compiere. In quella fase progettuale, gli alunni avevano infatti
studiato i dati riguardanti i flussi di traffico, le aree più verdi, la presenza
o meno di punti di riferimento e così via.
Adesso, dunque, si riparte con l’obiettivo di ripetere l’esperienza del Pedibus
una volta al mese: il prossimo appuntamento è già fissato per il 13 dicembre, i
pedibus transiteranno fino a primavera.
Ieri i bambini si sono ritrovati ai «capolinea» fissati in via Rossetti, in via
San Luca e di fronte all’Aci di via Cumano, da dove partono i rispettivi
percorsi per raggiungere l’istituto di Strada di Rozzol. Semplici ma da
rispettare le regole fissate per tutti: farsi trovare in tempo utile alla
fermata più comoda in base alla propria abitazione, portare con sé
l’impermeabile o l’ombrello in caso di maltempo, non fare ritardo: in questo
caso il pedibus non aspetta.
Gli obiettivi del progetto pedibus portato avanti dall’istituto Weiss e dalla
Uisp di Trieste sono molteplici. Intanto, come si legge nel modulo da compilare
per iscriversi, «per una volta al mese ogni bambino iscritto percorrerà un
eco-chilometro, risparmiando 120 grammi di anidride carbonica ciascuno».
Naturalmente si tratta poi di decongestionare il traffico nell’area attorno alla
scuola, dirottando le auto in punti di raccolta più comodi alle fermate del
pedibus. Non secondario, l’obiettivo di fare un po’ di movimento fisico già al
mattino prima di entrare in classe; e infine quello di fare acquisire
gradualmente ai bambini autonomia.
IL FISCO I CITTADINI - Risparmio energetico e caldaie:
tutte le agevolazioni
Il perseguimento di una maggiore efficienza energetica e la necessità di una
riduzione generalizzata dei consumi, priorità sia della politica nazionale che
di quella europea, sono stati attuati nel nostro Paese con un complesso di
agevolazioni dirette ad incentivare comportamenti cosiddetti "sostenibili". In
proposito, la Finanziaria 2007 ha introdotto, inizialmente solo per il periodo
d'imposta 2007, prorogato poi fino al 31/12/2010, nuove detrazioni relative alle
spese sostenute per particolari tipologie di interventi realizzati su edifici
esistenti e volti a favorirne la riqualificazione energetica. Tali agevolazioni
si collocano accanto a quelle già disposte per gli interventi di
ristrutturazione edilizia, disciplinati dalla Legge 449/97, anche se si
differenziano per alcuni, ma sostanziali, aspetti.
Sugli interventi di riqualificazione energetica degli edifici esistenti è
riconosciuta una detrazione dalle imposte sui redditi in misura pari al 55%
delle spese sostenute, con un valore massimo della detrazione fiscale pari a 30
mila euro. Trattasi di interventi di sostituzione di impianti di climatizzazione
invernale, concernenti la sostituzione, integrale o parziale, di impianti
esistenti con impianti dotati di caldaie a condensazione e contestuale messa a
punto del sistema di distribuzione. Per fruire della agevolazione è necessario,
quindi, sostituire gli impianti preesistenti e installare le caldaie a
condensazione. Non risultano agevolabili l'installazione di sistemi di
climatizzazione invernale in edifici che ne erano sprovvisti, così come pure la
sostituzione di impianti di climatizzazione invernale con generatori di calore
che, sia pure ad alto rendimento, siano diversi da quelli espressamente
individuati dalla norma.
Occorre tenere presente, inoltre, che l'agevolazione può riguardare lo
smontaggio e la dismissione dell'impianto di climatizzazione invernale
esistente, parziale o totale, la fornitura e posa in opera di tutte le
apparecchiature termiche, meccaniche, elettriche ed elettroniche, delle opere
idrauliche e murarie necessarie per la sostituzione, a regola d'arte, di
impianti di climatizzazione invernale con impianti dotati di caldaie a
condensazione, nonché con impianti dotati di pompe di calore ad alta efficienza
e con impianti geotermici a bassa entalpia. L'agevolazione non è riconosciuta
per tutte le spese sostenute per le opere funzionali alla realizzazione
dell'intervento di risparmio energetico; è infatti compito del tecnico abilitato
individuare quali sono strettamente connesse e quindi detraibili.
A ciò bisogna aggiungere che condizione indispensabile per fruire della
detrazione è che gli interventi siano eseguiti su unità immobiliari e su edifici
(o su parti di edifici) residenziali esistenti, compresi quelli strumentali (per
l'attività d'impresa o professionale).
FRANCO LATTI - direttore dell’Agenzia delle Entrate del Friuli Venezia
Giulia
Krsko, patto Italia-Slovenia sulle emergenze -
PROTOCOLLO SULLA CENTRALE NUCLEARE
Tra i punti cardine codice unico e scambio di informazioni. Ora manca
solo il sì di Lubiana
TRIESTE Un codice unico fra Italia e Slovenia per le emergenze nucleari alla
centrale di Krsko. Un patto che prevede tre punti cardine: la pronta notifica a
Roma in parallelo con i canali internazionali, l’unificazione del linguaggio per
evitare interpretazioni diverse, e lo scambio di informazioni in tempo reale
sull’attività nucleare.
Sono i contenuti della bozza di protocollo bilaterale fra i due Paesi, che
attende solo l’ok sloveno, stilata dopo l’ultimo episodio del giugno scorso
quando una fuoriuscita dal sistema di raffreddamento dell’impianto atomico
sloveno, a 130 chilometri in linea d’aria dall’Italia, aveva generato un’allerta
a livello di Unione europea. In realtà, l’incidente si era rivelato molto meno
grave rispetto alle prime ore dell’allerta, ma la vicenda aveva ottenuto vasta
eco nell’opinione pubblica, e quindi era emersa in modo netto la necessità di
comunicazioni tempestive, ma soprattutto con un «linguaggio» comune. Da qui il
protocollo sulle emergenze nucleari, che non prevede l’invio di ispettori
italiani a Krsko, ma nemmeno li esclude dato che questo tipo di attività è
comunque previsto da accordi internazionali. «Abbiamo trasmesso il testo alla
parte slovena - spiega Roberto Mezzanotte, già a capo dell’Apat, Agenzia atomica
italiana, ora Ispra - e fra una decina di giorni dovrebbero arrivarci le
eventuali osservazioni di Lubiana». Il testo del documento prevede, in termini
generali, una collaborazione tra Italia e Slovenia per quanto concerne la
sicurezza relativa alla centrale di Krsko, entrando poi in aspetti più
specifici: in particolare si parla dell'impegno, da parte del governo di
Lubiana, di notificare qualsiasi evento potenzialmente pericoloso. Ma non solo:
l'Italia avrà a disposizione i codici utilizzati dall'altra parte del vecchio
confine per avere la possibilità di interpretare in maniera corretta, tempestiva
ed immediata le notizie che arrivano dalla centrale.
Il direttore del dipartimento nucleare del neonato Ispra sottolinea l'importanza
della previsione che garantisce «lo scambio del ”vocabolario” utilizzato per la
comunicazione degli eventi a rischio. Questo ci garantisce l'opportunità di
leggere le informazioni in tempi più rapidi». Nessuna preoccupazione, invece,
sul mancato inserimento della possibilità di ispezione da parte italiana nella
centrale slovena, previsto comunque dal protocollo europeo sulla sicurezza
nucleare: «Non ci sono ostacoli come peraltro è stato ampiamente dimostrato da
quanto accaduto a giugno - sostiene Mezzanotte -. Siamo certi che nel caso di
altri eventi simili, che naturalmente ci auguriamo non avvengano, la
collaborazione sarà nuovamente massima».
ALESSIO RADOSSI - (ha collaborato Roberto Urizio)
IL PICCOLO - SABATO, 15 novembre 2008
AREE INDUSTRIALI - Sito inquinato, 100 milioni
per test e depuratore - Accordo di programma verso la firma tra i tre ministeri
e gli enti locali
Ma per le bonifiche serviranno altri finanziamenti: 140 milioni in cinque
anni
Cento milioni di euro sono pronti per dare il via all’accordo di programma
sul Sito inquinato. Altri 140 sono previsti in una fase successiva, tenuto conto
che l’accordo dovrebbe coprire un arco di tempo di cinque anni.
Il documento finale, che l’assessore regionale all’Ambiente Vanni Lenna e quello
al Bilancio Sandra Savino hanno messo a punto in questi giorni attraverso una
serie di incontri con gli enti locali e i vertici del ministero, è pronto. Il
testo doveva arrivare ieri da Roma alla Regione, la quale aveva già convocato
una riunione con le associazioni di categoria per discuterlo. Ma il documento
non è arrivato.
«Spero di riceverlo lunedì, così da poterlo esaminare in settimana con gli enti
locali e le categorie», commenta Lenna. Quanti sono i finanziamenti previsti dal
nuovo accordo? «C’è una prima fase – spiega l’assessore – nella quale 100
milioni sono a disposizione da subito, già assegnati alla Regione e al ministero
dell’Ambiente, che serviranno per le caratterizzazioni (i test dei terreni, ndr),
la messa in sicurezza della falda, il nuovo depuratore di Servola e il
depuratore delle acque di falda».
Questi fondi servono dunque solo per far partire l’accordo, tanto è vero nella
prima fase non sono comprese le bonifiche. E nella seconda quanto si prevede di
spendere? «E’ una fase programmatica – precisa Lenna – per la quale sono
previsti circa 140 milioni. Visto che l’accordo di programma ha un respiro di
cinque anni, l’ammontare di questi 140 milioni potrebbe subire variazioni a
seconda delle esigenze tecniche che emergeranno».
A firmare il documento (ma nessuno si azzarda a ipotizzare una data, dopo gli
annunci degli scorsi mesi andati a vuoto) saranno i tre ministeri, Ambiente,
Infrastrutture e Sviluppo economico, e gli enti locali. L’Ezit, come era già
emerso, non figura tra i sottoscrittori ma solo come braccio operativo
nell’attuazione delle varie fasi.
In tempi di duri tagli ai finanziamenti per tutti i ministeri, il
sottosegretario all’Ambiente Roberto Menia non vede comunque rischi per questo
accordo di programma. «Anche se tagli ci dovessero essere da parte del governo –
rimarca – è il ministero che decide la ripartizione dei fondi. E sull’accordo
per il Sito di Trieste, che mi auguro si chiuda quanto prima, gli stanziamenti
già destinati non cambiano».
Ma c’è la nuova voce di spesa relativa all’adeguamento del depuratore di Servola,
che porta via una fetta dei fondi per la prima fase. «Il Comune di Trieste ha
fatto presente che l’impianto è fuori norma da tempo – spiega Menia – e funziona
grazie alla proroga della Provincia. Si è quindi dovuto inserirlo».
La cifra necessaria per questa opera non è comunque ben chiara. In una recente
riunione con gli enti locali l’assessore regionale Savino ha parlato di 59
milioni, previsti però «nell’ambito dei progetti del Fas, il Fondo per le aree
sottoutilizzate, nella programmazione 2007-2013». L’ammontare di questa voce di
spesa potrebbe però essere diminuito di molto. «Mi pare – dichiara Menia – che
siano stati previsti 25 milioni».
Nella definizione dell’accordo, uno dei nodi che hanno complicato la stesura è
stato il timore dei Comuni di Trieste e Muggia e della Provincia (timore
prodotto dai contenuti del testo originario) di dover essere chiamati a
concorrere ai finanziamenti. «Abbiamo diviso l’accordo in due fasi – rileva il
sottosegretario – proprio per rassicuare gli enti locali sul fatto che in
periodi successivi non gli si chiederà di stanziare fondi».
Ma i 140 milioni della seconda fase sono suscettibili di future variazioni, come
ha precisato l’assessore Lenna. Il che lascia capire che di milioni ne
serviranno molti di più. Quanti, complessivamente, non è però ancora chiaro.
Una certa quota di liquidità il ministero la attende dalle future transazioni
con le aziende insediate su aree inquinate. Lo stesso ministero ricorda che, in
altre zona d’Italia, chi non ha transato, se responsabile del danno ambientale,
alla fine ha pagato molto ma molto di più.
«Una decina di grandi aziende ha già dato la disponibilità a transare – ricorda
Menia –. Una volta firmato l’accordo di programma, queste potranno perfezionare
subito la transazione e presentare i loro progetti di ampliamento. Poi le
bonifiche si faranno tutte assieme, con le singole aziende che concorreranno ai
costi pro quota, in base alle rispettive transazioni».
GIUSEPPE PALLADINI
Trecento milioni per la centrale elettrica a Servola
- Nasce a Trieste la Lucchini energia. Un polo energetico con il
rigassificatore. Teleriscaldamento nel rione
IL GRUPPO SIDERURGICO SEVERSTAL RIVELA I DETTAGLI DEL PIANO ANTI-CRISI
TRIESTE Trecento milioni di euro di investimento per la nuova centrale
termoelettrica nello stabilimento siderurgico di Servola. Il Gruppo Severstal
Lucchini svela i dettagli del piano industriale di diversificazione per lo
stabilimento di Trieste, ma soprattutto conferma la strategicità del sito e, con
questo nuovo progetto, la volontà di rimanere in maniera stabile a Trieste. Dopo
il fronte siderurgico e quello terminalistico con il decollo delle rinfuse nasce
il ramo energetico e il gruppo annuncia la creazione di una società ad hoc, la «Lucchini
energia» con sede in città che vedrà in concreto tutte le ricadute economiche e
fiscali della nuova iniziativa industriale.
E in realtà quello che si delinea nel tratto di area costiera che va dalla
Ferriera di Servola all’area dell’ex Esso, e che comprende anche il terminal
Siot dell’oleodotto, è un vero e proprio polo energetico di grande rilievo:
oltre alla vecchia centrale Elettra (che lavora a combustione mista, gas di
risulta dell’impianto siderurgico e metano) vedrà la nuova centrale
termoelettrica a metano e, a fianco, anche il rigassificatore di Gas natural.
Il nuovo impianto sarà di elevata potenza, 400 megawatt, ben superiore alle
tradizionali centrali (sui 170 megawatt), funzionerà esclusivamente a metano e,
grazie ad avanzate tecnologie, produrrà energia elettrica e vapore e
massimizzerà al massimo l’efficienza energetica con valori attorno al 60%
limitando al contempo le emissioni in atmosfera.
Ieri nella sede della Servola l’illustrazione dei dettagli del progetto (deve
essere ancora avviato dal punto di vista formale) da parte dell’amministratore
delegato Francesco Rosato, del direttore delle relazioni esterne della Lucchini,
Francesco Semino e dell’ingegner Francesco Giunto della Medea che stilerà il
progetto tecnico. È la stessa società che lavora per il progetto del
rigassificatore di Gas natural e che sta monitorando e analizzando l’area
industriale di Trieste ormai da anni.
La centrale funzionerà esclusivamente a metano, ma non dipenderà dal progetto
del rigassificatore: «Ci riforniremo di metano attingendolo dalla rete che la
Snam sta ampliando nell’area» hanno spiegato Rosato e Giunto aggiungendo anche
però che l’eventuale presenza del rigassificatore «potrebbe aumentare la
convenienza dell’approvvigionamento». Una vera filiera energetica quella che si
profila per quell’area portuale e per la gestione dell’impianto la Lucchini «è
aperta ad accogliere nell’iniziativa partner competenti e qualificati». Il
riferimento è chiaramente diretto non solo a Gas natural, fonte del metano, ma
anche ad AcegasAps, la multiutility che distribuisce i prodotti energetici in
rete.
«Non ci sono ancora contatti su questo progetto con AcegasAps – sottolinea
Semino – ma nel futuro siamo pronti a ogni collaborazione». Non si tratta di un
progetto imposto della Severstal Lucchini, Semino e Rosato sottolineano che si
tratta di un «progetto per Trieste» che dovrà essere «condiviso dal territorio»,
dalle amministrazioni ai cittadini. Non siamo di fronte all’attuazione del mero
piano di diversificazione industriale in vista della famosa «discontinuità del
mercato», nel 2015-2016, quando finiranno le agevolazioni CIP 6 legate alla
centrale di cogenerazione Elettra. È un progetto di sviluppo globale che
potrebbe trasformare l’area siderurgica. Il terminal rinfuse sta decollando con
i traffici conto terzi, ci sarà la nuova centrale energetica, nell’area si
sistemerà, per il settore meccanico, la bresciana Redaelli tecna, leader europeo
nella produzione di funi d’acciaio e cavi di ancoraggio (acquisita dalla
Severstal). Resta il settore siderurgico e bisognerà vedere come sarà il mercato
nel 2015. Il riassetto del Gruppo Lucchini-Severstal a Trieste comunque
permetterà, grazie al nuovo equilibrio basato su più gambe produttive, di
assorbire eventuali scossoni del mercato.
Questa la «rotta» che intende seguire la società, Semino lo ribadisce, e uno dei
tasselli sarà proprio la centrale. L’impianto occuperà una superficie di 30-40
mila metri quadri, troverà spazio nell’area dell’acciaieria attualmente dismessa
e per la sua costruzione (serviranno 24-30 mesi) la Lucchini prevede l’impiego
di almeno 400 persone. In fase di esercizio serviranno 150 persone tra diretti
(50-70) e indotto (80-100). E le novità non sono finite. Con semplici modifiche
in fase progettuale la Lucchini è disposta a fornire il teleriscaldamento alle
abitazioni e alle aziende dell’area di Servola (la fornitura di acqua calda con
tubazioni che arrivano direttamente nelle case e che permettono di fare a meno
degli impianti di riscaldamento). Ma sarà anche necessario realizzare un nuovo
tratto di elettrodotto per trasportare (con un cavo sotterraneo) l’elettricità
da Servola sino a Padriciano. L’attivazione dell’impianto è prevista non prima
del 2012.
GIULIO GARAU
Torna «Pedibus», casa-scuola a piedi - INIZIATIVA
UISP
Riparte oggi il progetto Pedibus, che coinvolgerà i bambini della scuola
primaria Virgilio Giotti di Strada di Rozzol, che oggi alle 7.30 andranno da
casa a scuola tutti insieme come su uno scuolabus, però a piedi. L’iniziativa è
organizzata dallo Uisp (Unione italiana sport per tutti). L’inziativa torna da
novembre a marzo e quest’anno l’obiettivo sarà riuscire a promuovere il pedibus
anche in altre classi.
Rifiuti a Muggia, raddoppiata in un mese la raccolta di
verde - DATI DEL COMUNE: DA 16 A 32 TONNELLATE
MUGGIA Sono aumentati da 22 a 30 i cassonetti per la raccolta differenziata
della frazione verde dei rifiuti sul territorio comunale di Muggia. La
differenziata su base mensile è quasi raddoppiata, dal 17 al 28%. Da settembre
sono state raccolte 53 tonnellate di frazione verde. Il nuovo capitolato
d'appalto esperito dall'amministrazione per garantire la raccolta dei rifiuti
dai primi mesi dei 2009 prevede il raddoppio dei cassonetti.
L'assessore comunale all'Ambiente, Edmondo Bussani, risponde così alle critiche
del coordinatore di Muggia di Forza Italia, Claudio Grizon, che lamentava «la
mancata regolarità nella raccolta dei rifiuti e l'insufficienza dei cassonetti»
e criticava il servizio del Comune, definito «non in grado di gestirlo».
«L'episodio denunciato è un caso isolato frutto di scarso senso civico di pochi
cittadini - replica Bussani - e i numeri significano che il servizio funziona e
sarà consolidato dopo la fase sperimentale. Ci sono margini di miglioramento, ma
le critiche appaiono strumentali. Non è vero che non c'è regolamentazione: è
prevista una raccolta settimanale ora spostata dal lunedì al mercoledì. A
conferma del buon funzionamento, l'ultima raccolta ha visto asportate 5
tonnellate e mezzo di frazione con risparmio del 50% nel costo di conferimento
all'inceneritore. In ottobre abbiamo raccolto 32 tonnellate di verde: a
settembre ne avevamo raccolte 16».
Il servizio sperimentale in collaborazione tra Servizio ambiente e sviluppo
energetico del Comune e Italspurghi Ecologia attuato da agosto proseguirà per
tutto novembre per poi riprendere a primavera.
(g.t.)
Fianona, cresce il fronte del no alla terza centrale a
carbone - RACCOLTE PIÙ DI SEIMILA FIRME
POLA In Istria sta assumendo i connotati di una mobilitazione di massa la
protesta contro la terza centrale termoelettrica a carbone di 500 Megawatt che
il governo croato vorrebbe costruire nel Golfo di Fianona. L’impianto rientra
nelle politiche di sviluppo della Croazia, dettate dal crescente fabbisogno di
energia elettrica.
A giudizio del governo di Zagabria la località istriana è la più adatta visto
che sono già operative le strutture per lo sbarco del carbone che arriva via
mare, destinato all’alimentazione delle Fianona 1 e Fianona 2. Contro questo
scenario ritenuto devastante per l’ambiente, si è mosso il Club giovanile della
Dieta democratica istriana che un anno fa ha avviato una raccolta di
sottoscrizione. «Finora - dice il segretario del partito Tedi Chiavalon -
abbiamo raccolto 6.000 firme e l’iniziativa continua».
Per lo stesso Chiavalon, ma anche per l’opinione pubblica in generale, una terza
centrale termoelettrica verrebbe accettata qualora fosse alimentata a gas. E a
questo proposito viene indicato il metanodotto magistrale Pola-Karlovac che
passa nelle vicinanze di Fianona e che porta nell’interno del paese il gas degli
enormi giacimenti sottomarini al largo di Pola sfruttati congiuntamente dalla
croata Ina e dall’italiana Eni. Un’altra sorgente di gas sarebbe il futuro
rigassificatore dell’Alto Adriatico per il quale non è stata ancora scelta
l’ubicazione.
Il secco «no» ad un terzo impianto a carbone è stato ribadito alla recente
riunione dell’Assemblea regionale dal Presidente della Regione Istria Ivan Nino
Jakovcic. «Non intendiamo recedere di un millimetro dalle nostre posizioni - ha
detto -. La nostra contrarietà verrà inviata in forma scritta al governo del
premier Sanader».
Va anche detto che nel Piano d’assetto territoriale della Croazia, varato nel
1999, sta scritto che prima del 2015 non può nemmeno venir pensata la
costruzione di nuove centrali a carbone nel paese. Un altro ostacolo sul cammino
che dovrebbe portare alla nuova centrale riguarda il piano dell’Unione europea
di ridurre del 20% le emissioni dei gas a effetto serra entro il 2020,nel
rispetto del Protocollo di Kyoto. Un imperativo che vincolerà anche la Croazia
visto che nel frattempo verrà sicuramente accolta nell’Ue.
(p.r.)
IL PICCOLO - VENERDI', 14 novembre 2008
Una metropolitana leggera tra Trieste Capodistria e
Gorizia: caccia ai fondi Ue
Realizzare una metropolitana leggera che abbracci Trieste, Capodistria, Gorizia
e Nova Gorica, con collegamenti a Venezia e al suo aeroporto, oltre che a quelli
di Ronchi dei Legionari e di Lubiana. E che permetta ai cittadini di quest’ampia
fetta di territorio transfrontaliero di raggiungere rapidamente tutti i luoghi
disposti su questo ring di rotaie costruito tra Veneto, Friuli Venezia Giulia e
Slovenia. Oggi sembra fantascienza. Ma nel 2017 potrebbe diventare realtà.
Ne sono convinti gli amministratori locali e i rappresentanti di tutti gli enti
coinvolti nel progetto, riuniti attorno a un tavolo ieri nella sede dell’Ince
(Iniziativa Centro europea). I funzionari del Comune e della Provincia di
Trieste, della Regione, dell’Autorità portuale e dell’aeroporto, assieme agli
omologhi veneti, isontini e sloveni, ieri hanno infatti posto il primo mattone
per la possibile costruzione di questa rete ferroviaria transfrontaliera per il
solo trasporto passeggeri. Un’opera che, se ricevesse l’ok di Bruxelles,
potrebbe beneficiare delle casse europee, unendo per la prima volta territori
geograficamente vicini, ma completamente staccati a causa di storiche carenze
infrastrutturali. Degli esempi? Trieste e Capodistria oppure Gorizia e Nova
Gorica, non collegate dalla ferrovia.
Un esempio di ciò cui si vuole arrivare corre proprio vicino a noi, lungo i
binari veneti. La Regione Veneto, assieme agli enti locali e alle Ferrovie, sta
infatti realizzando il Sistema ferroviario metropolitano regionale, una rete di
treni regionali a elevata frequenza, che sfrutta le ferrovie già esistenti
integrate da nuove tratte. Il sistema da seguire è simile, ma in questo caso la
posta è più alta: non si vogliono unire città della stessa Regione, ma di due
Stati diversi, fino a pochi mesi fa separate da un confine.
L’Ince si è fatto promotore di un’iniziativa già da tempo nell’aria (era stata
proprio la nostra Provincia a portare alla ribalta, un paio d’anni fa, l’idea
della metropolitana leggera per Capodistria e Sesana), creando un forum
istituzionale e coordinando i rapporti con l’Ue per la richiesta dei fondi.
«Entro il primo dicembre dovremo avanzare la domanda di finanziamento a
Bruxelles - ha spiegato Giuseppe Razza, general manager del Segretariato del
Corridio 5 dell’Ince -. Le risorse dovrebbero essere reperite dai fondi per il
progetto Interreg Italia-Slovenia. Per il solo studio di fattibilità saranno
necessari tre milioni di euro. Non è possibile definire il costo complessivo
dell’opera adesso, ma certo è che serviranno centinaia di milioni di euro».
Come si procederà? Numero uno: richiesta dei finanziamenti e attesa
dell’eventuale risposta affermativa, entro marzo 2009. Numero due: elaborazione
dello studio di fattibilità. Numero tre: realizzazione di un progetto esecutivo,
per cui serviranno due anni. Numero quattro: spazio alle ruspe e via libera ai
cantieri, che potrebbero aprire tra il 2013 e il 2014. Alcune tratte già
esistono, mentre altre dovranno essere costruite. Il cash necessario sarà così
suddiviso: finanziamenti europei a fondo perduto, risorse della Banca europea
per gli investimenti, co-finanziamenti nazionali e regionali e, infine,
eventuali investimenti di privati interessati alla co-gestione
dell’infrastruttura.
«L’obiettivo è dare la possibilità agli abitanti delle aree transfrontaliere di
spostarsi agevolmente - ha affermato ancora Giuseppe Razza -. Non si può
progettare l’alta capacità e non pensare che, prima delle merci, devono potersi
muovere le persone. E poi bisogna pensare al turismo. Un esempio: un visitatore
tedesco raggiunge Trieste in poche ore grazie all’alta velocità, ma poi deve
barcamenarsi tra mille peripezie per raggiungere altri centri limitrofi, ma non
collegati dalla ferrovia». Soddisfazione per l’esito dell’incontro è stata
espressa dalla presidente della Provincia Bassa Poropat: «È stata la nostra
amministrazione a proporre questa nuova sfida, progettando una metropolitana
leggera con due linee, la Trieste-Capodistria e la Trieste-Sesana. Il nostro
progetto verrà inglobato nel mega anello di ferro transfrontaliero. Abbiamo
messo a disposizione dell’Ince il nostro studio».
ELISA COLONI
«Muggia, cassonetti pieni di ramaglie» - Grizon (Fi):
raccolta annunciata ma irregolare. Nesladek: ottimi risultati
La situazione di Darsella San Bartolomeo, dove i cassonetti della raccolta
indifferenziata dei rifiuti sono pieni di ramaglie e queste cadendo invadono la
carreggiata, è al centro di un'interrogazione che verrà presentata al sindaco
Nerio Nesladek dal coordinatore di Forza Italia a Muggia, Claudio Grizon. Scrive
Grizon: «Il pur utile servizio di raccolta delle ramaglie annunciato con enfasi
non è svolto con regolarità e nel contempo continua la maleducazione della
gente». Replica il sindaco: «A fronte del nulla espresso della precedente
amministrazione abbiamo ottenuto ottimi risultati. Il nuovo capitolato d'appalto
prevede il raddoppio dei cassonetti per il verde».
Lo scorso agosto era partito un servizio sperimentale di raccolta differenziata
della frazione verde dei rifiuti - erba, ramaglie, residui di potatura - in
collaborazione tra il Servizio ambiente e sviluppo energetico del Comune e
Italspurghi Ecologia, gestore del servizio. Per il verde sono stati distribuiti
22 cassonetti, svuotati una volta la settimana. «Se la vuotatura fosse regolare
e i cassonetti sufficienti, non saremmo in queste condizioni - sottolinea Grizon
- dove si improvvisano discariche abusive e i cittadini usano i cassonetti per
smaltire erba e rami. È inutile annunciare servizi se non si è in grado di
gestirli - prosegue - e di sanzionare i cittadini maleducati. Dopo il fallimento
della gestione Ecoverde, nonostante l'intervento dell'Italspurghi, continua una
certa improvvisazione. Speriamo che la gara in corso porti a un unico gestore
per asporto rifiuti e differenziata che sia in grado di recuperare il tempo
perduto da questa amministrazione».
«Grizon dovrebbe essere soddisfatto - replica Nesladek - il risultato da noi
ottenuto è il doppio di quanto raggiunto nella raccolta differenziata
dall'amministrazione di centrodestra, con un misero 17% registrato nel 2005,
mentre oggi la percentuale raggiunge un record del 28% frutto anche della
raccolta del verde. Se poi - situazioni isolate - non si riesce a raccogliere
tutto il verde conferito con i passaggi previsti, è segno che i cassonetti sono
ancora pochi e a breve ne collocheremo di altri».
(g.t.)
IL PICCOLO - GIOVEDI', 13 novembre 2008
FERRIERA - Il piano Lucchini: Trieste non chiude, nuova
centrale - L’ad Kerbrat: «Via ai tagli alla produzione». A Servola solo
riduzioni leggere
A Lecco gli impianti sono fermi Dipendenti in cassintegrazione: sono 450
nella sola Piombino
Il progetto anticrisi del gruppo controllato dai russi di Severstal prevede la
chiusura dell’altoforno di Piombino fino alla fine del 2008
TRIESTE Nessun ritiro dagli investimenti strategici, nessun disimpegno
dall’Italia della Lucchini in questo momento di crisi globale. La tempesta
finanziaria si è abbattuta in maniera violenta sul comparto siderurgico, sta
toccando in maniera pesante il gruppo bresciano controllato dal colosso russo
Severstal, sono già stati fermati alcuni impianti e centinaia di dipendenti sono
stati messi in cassintegrazione. Ma l’azienda annuncia reazioni rapide e
«opportune strategie» con il rallentamento della produzione per resistere e
contrastare il ciclo negativo. Tra le novità più rilevanti per Trieste il nuovo
progetto di diversificazione con la realizzazione di una centrale termoelettrica
a ciclo combinato che sarà illustrato ufficialmente domani.
IMPEGNI CONFERMATI
L’impianto di Servola proseguirà sino a fine anno con «riduzioni leggere» della
produzione siderurgica. Lo stabilimento di Bari connesso alla filiera
ferroviaria (meno toccata dalla crisi) proseguirà normalmente, mentre le
difficoltà resteranno a Piombino e a Lecco dove gli impianti sono praticamente
fermi con i dipendenti in cassintegrazione (450 nella sola Piombino).
Proseguiranno invece gli investimenti su ambiente e la sicurezza, a Trieste e a
Piombino.
MORDASHOV FIDUCIOSO
Ad annunciarlo è l’amministratore delegato del Gruppo Lucchini, Hervé Kerbrat
che la scorsa settimana ha analizzato la situazione con l’amministratore
delegato della Severstal, Alexej Mordashov il quale, dice lo stesso Kerbrat «ha
riconfermato la piena fiducia nel futuro del nostro gruppo». L’ad della Lucchini
ha deciso di far partecipe della situazione ogni singolo lavoratore del gruppo e
per questo ha scritto una lettera che in questi giorni viene consegnata ai
dipendenti in cui si parla anche di futuro della produzione e del mercato
siderurgico. Kerbrat sa che questo periodo richiede «molto lavoro e sacrificio»,
assicura che sta prendendo le «decisioni necessarie per il bene dell’azienda» e
ringrazia ciascuno per lo sforzo personale. «Sono certo che tutti insieme
supereremo rafforzati questa difficile prova».
LA SITUAZIONE
La Lucchini, spiega Kerbrat, sin dall’inizio di settembre procede con la normale
attività sulle rotaie. Fortemente ridotta invece la produzione di vergella e
barre. Molto debole quella per i semilavorati. Il portafoglio ordini si presenta
instabile con un orizzonte limitato. A ottobre infatti gli ordini sono a un
livello molto inferiore rispetto al normale funzionamento delle fabbriche. Una
situazione generale, spiega l’ad citando ad esempio Ascometal in Francia «che va
bene sul mercato per gas e petrolio, male invece per la perdita di volumi (-20%)
nel settore auto».
NESSUNO È RISPARMIATO
Kerbrat ricorda che in Italia la «stragrande maggioranza» dei produttori di
acciaio sta procedendo a chiusure cicliche degli impianti» e «nessuno è
risparmiato». Tutti hanno ridotto la produzione, in Italia, in Francia (Arcelor-Mittal
ha annunciato lo stop di un altoforno in tutti i siti) e i costruttori di auto (Renault,
Psa, Fiat, Bmw) hanno annunciato 3-4 settimane di chiusura delle linee di
montaggio
LUCCHINI E SEVERSTAL
Siamo stati tra i primi a reagire per adattarci alla situazione, sottolinea
l’ad, riducendo la produzione e chiudendo temporaneamente stabilimenti e
impianti con il ricorso alla cassintegrazione. Ridotti drasticamente arrivi di
materie prime per le prossime settimane. Non si produce più senza ordini, non si
aumentano gli stock e non si vende in perdita. Tutto viene riadattato alla
situazione, dal carico di lavoro in fabbrica sino a quello degli uffici e
vengono rivisti livelli e tempistica degli investimenti.
MISURE DI PROTEZIONE
C’è una generale grave contingenza economica, insiste Kerbrat, e «sono state
adottate queste misure per proteggere la solidità della nostra azienda e dei
suoi posti di lavoro». La situazione è molto seria. «Il Gruppo Lucchini gode
oggi di una buona situazione finanziaria, ma di fronte a tale rapido degrado
della situazione economica globale una reazione troppo lenta potrebbe comportare
problemi». Per la fine 2008 e per il 2009, in tutto o in parte, «dovremo
conservare un livello di produzione adattato al mercato e alla situazione
economica generale».
PREVISIONI A BREVE
Visti gli ordinativi per novembre e dicembre 2008 si fermano sino a fine anno
l’altoforno di Piombino a partire da fine mese o inizio dicembre. Lecco,
attualmente fermo, riparte a gennaio o prima se ci saranno ordini sufficienti.
Condove fermerà a metà novembre. Trieste con Servola prosegue sino a fine anno
con riduzioni leggere, Bari invece che è connesso alla filiera ferroviaria
prosegue normalmente.
SCENARIO 2009
«Stiamo elaborando due scenari di funzionamento con connessi piani d’azione –
annuncia Kerbrat. 1. Un primo semestre abbastanza simile a quello di fine 2008
ma con una ripresa nella seconda metà dell’anno. Un’annata 2009 simile
all’ultimo trimestre 2008 senza riprese sensibili dell’economia».
INVESTIMENTI
In questo periodo di difficoltà «abbiamo la volontà di preservare gli
investimenti strategici necessari per il nostro futuro adattandoli alla nostra
capacità finanziaria». Vista l’incertezza globale «attenderemo la fine del primo
trimestre 2009 prima di confermare livello e tempistiche degli investimenti
complessivi – aggiunge l’ad – ma quelli su ambiente e sicurezza rimarranno
invariati».
AMBIENTE
Massimo impegno per il nodo Servola, Kerbrat spiega che «nella difficile
contingenza attuale il mondo politico a tutti i livelli sembra aver preso
coscienza della necessità di trovare soluzioni realistiche ai numerosi problemi
storici, in particolare quelli ambientali con cui ci confrontiamo a Piombino e a
Trieste. Stiamo lavorando per definire accordi favorevoli al Gruppo».
GIULIO GARAU
Prefettura: ad alta tecnologia i sistemi di sicurezza
della Siot - «Remota la possibilità di incidenti come quello simulato: 8,8
ogni 100mila anni»
Premolin: a breve partiremo con informazione preventiva alla cittadinanza
SAN DORLIGO DELLA VALLE «La Società italiana per l’oleodotto transalpino
dispone di sistemi di sicurezza, di monitoraggio e di intervento ad elevata
tecnologia ed eventi come quello ipotizzato nella recente esercitazione hanno
una possibilità di accadimento assolutamente remota: 8,8 incidenti ogni
centomila anni».
Con queste parole la Prefettura rassicura in modo netto la cittadinanza dopo
l’esercitazione effettuata lunedì scorso dai vigili del fuoco e dopo la
pubblicazione del Piano di emergenza esterno redatto per lo stabilimento
industriale diretto da Adriano Del Prete. In una nota, la Prefettura ricorda poi
che «la Siot rientra per l’attività svolta, come altri depositi in regione, tra
gli stabilimenti a rischio di incidente rilevante ai sensi del decreto
legislativo 17 agosto 1999 n. 334. Ciò comporta in aggiunta alle richieste di
legge comuni a tutte le aziende (analisi dei rischi, formazione del personale,
certificato di prevenzione incidenti) anche l’obbligo di un rapporto di
sicurezza, l’istituzione di un sistema di gestione della sicurezza, il controllo
da parte del Comitato tecnico regionale dei Vigili del fuoco, l’aggiornamento
almeno quinquennale del piano o comunque ogni volta che vi siano modifiche di
una certa rilevanza».
Confermati i dati sull’attività svolta nel deposito, che consiste essenzialmente
nel ricevimento di petrolio greggio trasportato con navi petroliere, nello
stoccaggio e nel trasferimento nell’Europa Centrale a mezzo oleodotto che si
diparte dal Golfo di Trieste. Inoltre vengono effettuate operazioni di
movimentazione e stoccaggio di – seppure in misura notevolmente inferiore -
gasolio, benzina grezza (virgin naphta), olio combustibile e lubrificante.
Annualmente nel deposito costiero di San Dorligo della Valle-Dolina vengono
movimentati circa 40 milioni di metri cubi di prodotto.
Questo il commento del sindaco di San Dorligo della Valle-Dolina Fulvia Premolin:
«Cerchiamo di non allarmare i nostri cittadini: la Siot è una realtà situata sul
nostro territorio con la quale conviviamo da tanti anni. Personalmente posso
dire che con la direzione ci sentiamo spesso e che i rapporti sono buoni». Il
Pee (piano di emergenza esterno) presentato recentemente prevede anche alcune
esercitazioni su scala reale con il coinvolgimento della popolazione. A tale
proposito la Premolin ribadisce il proprio pensiero: «È una cosa positiva che
sia stilato un progetto per la sicurezza dell’area e dei cittadini che la
abitano ed entro breve verranno allestite delle esercitazioni con la popolazione
e partiremo, in accordo con la Prefettura, con l’informazione preventiva della
popolazione».
D’accordo con Premolin sul fatto che il piano d’emergenza esterno sia un
passaggio positivo in cui debbano essere coinvolti i cittadini si dice il
sindaco di Muggia Nerio Nesladek, il quale nell’occasione ribadisce - come già
fatto in precedenza - che la presenza della Siot costituisce «un motivo in più
per dire no al rigassificatore progettato a Zaule». Resta, come si diceva, la
percentuale «assolutamente remota» di possibilità di incidenti alla Siot come
quello simulato lunedì scorso: 8,8 ogni centomila anni, scrive la Prefettura.
Riccardo Tosques
Riccardi: 2 miliardi per le infrastrutture - IN CINQUE
ANNI - Dalla Terza corsia A4 alla Gorizia-Villesse. Via anche ai Tir sui
treni
TRIESTE Il Friuli Venezia Giulia punta ad attivare circa due miliardi di
euro nel quinquennio 2009-2013 nel campo delle infrastrutture. Lo ha confermato
ieri l'assessore regionale alla Viabilità e Trasporti Riccardo Riccardi,
incontrando i sindacati di categoria.
Gli investimenti - ha precisato Riccardi - verranno fatti utilizzando risorse
del bilancio della Regione, di Autovie Venete, di Fvg Strade, dell'Anas e dello
Stato.
Riccardi ha precisato che «il 2009 sarà l'anno dedicato ai progetti, ai timbri,
alle gare, ma il 2010 sarà finalmente ”l'anno dei cantieri”».
L'impegno economico importante riguarda in particolare gli interventi sulla A4 e
sulla Villesse-Gorizia (1,5 miliardi), il trasferimento modale del traffico
pesante dalla strada verso la ferrovia e il mare, la sottoscrizione con
Trenitalia del contratto di servizio per il trasporto pubblico locale «senza
arretrare di un passo - ha precisato Riccardi - rispetto alle nostre richieste
di verifica su pulizia e puntualità». Ma, ha confermato ai sindacati, «ho
l'impressione che ci sia ancora una distanza significativa tra Regione e
Trenitalia».
Tra le altre infrastrutture da realizzare e da riqualificare figurano i
collegamenti di Manzano e Cervignano verso l'asse autostradale, quello tra l'Aussa
Corno e la A4, la soluzione del nodo monfalconese verso Cervignano e Grado,
l'ultimazione della A28, la viabilità del distretto del Mobile nella Destra
Tagliamento, la circonvallazione a Sud di Pordenone, la direttrice pedemontana
da Spilimbergo ad Udine, la metropolitana leggera nell'area triestina, la
connessione dell'autoporto di Fernetti alla rete ferroviaria.
Allo strumento del project-financing, infine, si intende ricorrere per i lavori
sull'ex statale 354 dal casello di Ronchis in direzione Lignano Sabbiadoro e per
la Cimpello-Sequals-Gemona.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 12 novembre 2008
La Prefettura: Siot a rischio incidente - DOPO IL
TEST - La simulazione dell’altro giorno ha evidenziato alcuni problemi
Il sindaco di San Dorligo Premolin: faremo esercitazioni con la popolazione
SAN DORLIGO «Lo stabilimento industriale Siot spa è da considerarsi a
rischio di incidente rilevante in quanto, per alcune peculiari caratteristiche,
in caso di emergenza, esso costituisce un pericolo sia per l’area urbana
circostante, sia per gli altri impianti operanti nella zona».
Questo il testo inserito all’interno del documento intitolato «Piano di
emergenza esterno definitivo Siot» stilato dalla Prefettura di Trieste
all’indomani dell’esercitazione dell’incidente simulato inscenato lunedì
mattina.
DATI SULLA SIOT Lo stabilimento industriale sito nel comune di San Dorligo della
Valle in via Muggia 1 è un deposito costiero in cui vengono effettuate
operazioni di stoccaggio e movimentazione da mare e via oleodotto di prodotti
estremamente infiammabili.
Si parla di una superficie (recintata) di oltre 1.000.000 mq in cui lavorano
circa una sessantina di persone.
Attualmente sono in esercizio 32 serbatoi di stoccaggio per una capacità
geometrica totale di 2.030.000 m³.
L’attività svolta nel deposito consiste essenzialmente nel ricevimento di
petrolio greggio trasportato con navi petroliere, nello stoccaggio e nel
trasferimento nell’Europa Centrale a mezzo oleodotto che si diparte dal Golfo di
Trieste e, dopo aver valicato le Alpi termina in prossimità di Ingolstadt in
Germania (Baviera).
Nel deposito costiero di San Dorligo della Valle vengono annualmente movimentati
circa 40.000.000 m³ di prodotto. Inoltre vengono effettuate operazioni di
movimentazione e stoccaggio –seppur in misura notevolmente inferiore- di
gasolio, benzina grezza (virgin naphta), olio combustibile e lubrificante.
IL PEE In base al Piano di emergenza esterno (Pee) gli eventi incidentali
possono essere di due tipi: «quelli correlati ai possibili incendi dei serbatoi
con emissione di radiazioni termiche stazionarie e quelli correlati
all’esplosione non confinata di vapori».
Tre le zone a rischio: zona di sicuro impatto – elevata letalità (zona rossa):
limitata esclusivamente alle aree immediatamente adiacenti ai serbatoi e sempre
contenute all’interno del perimetro dello stabilimento; zona di danno – lesioni
irreversibili (zona arancione): coinvolge aree attorno ai serbatoi che si
estendono anche all’esterno del perimetro di proprietà, interessando porzioni di
territorio a destinazione d’uso sia industriale sia residenziale;
zona di attenzione – lesioni reversibili (zona gialla): coinvolge aree attorno
ai serbatoi che si estendono anche all’esterno del perimetro di proprietà, in
forma più estesa rispetto alle precedenti relative alla zona 2, interessando
porzioni di territorio a destinazione d’uso sia industriale sia residenziale.
COINVOLGIMENTO DELLA POPOLAZIONE Il Pee prevede anche alcune esercitazioni su
scala reale con il coinvolgimento della popolazione. E su questo punto il
consigliere di San Dorligo Giorgio Jercog (Per San Dorligo- Oltre il Polo) ha
ricordato come «purtroppo la popolazione ivi residente e le aziende poste a
ridosso della Grande Viabilità non sono state ancora coinvolte ed informate a
riguardo: questo nuovo piano deve essere reso pubblico se si vuole predisporre
una esercitazione veritiera ed efficace».
Questa la replica del sindaco Fulvia Premolin: «Entro breve faremo delle
esercitazioni con la popolazione e partiremo, in accordo con la Prefettura, con
l’informazione preventiva della popolazione».
Riccardo Tosques
Rifiuti, Forum sulla differenziata - PROMOSSO DAL
PD
Il gruppo consiliare del Pd in Regione e il Partito Democratico di Trieste
organizzano oggi una iniziativa pubblica su «i costi e la qualità dei servizi a
Trieste» con riferimento al tema dei rifiuti. L’appuntamento è alle 16.30 nella
Sala Oceania della Marittima. Dopo l’apertura dei lavori con il capogruppo in
Consiglio comunale Fabio Omero, sono previsti interventi del capogruppo Pd in
Consiglio provinciale Maria Monteleone e del segretario provinciale Pd Roberto
Cosolini. La presidente dell’Otc Luisa Nemez presenterà il punto di vista dei
consumatori. Toccherà poi ai sindaci di Muggia Nerio Nesladek, di San
Dorligo-Dolina Fulvia Premolin e di Sgonico Mirko Sardoc. Le conclusioni
dell’assemblea sono affidate al presidente del gruppo Pd in Consiglio regionale
Gianfranco Moretton. Sempre oggi, ma alle 18 nell'aula magna dell'Enfap di via
S.Francesco 25 inizia il primo corso organizzato dalla neonata Scuola di
Formazione del Pd.
TORINO-LIONE - I sindaci vogliono il dossier
presentato dal ministro all’Ue
TORINO I sindaci non lasciano l'Osservatorio sulla Torino-Lione ferroviaria (Ltf)
, ma chiedono al ministro Matteoli «di avere qualche anticipazione» del dossier
di aggiornamento presentato all'Ue. È quanto emerso dalla riunione
dell'Osservatorio stesso, che si è svolta ieri negli uffici della Prefettura di
Torino, alla presenza di una settantina di sindaci. Il dossier, che aggiorna
quello consegnato dall'ex ministro Di Pietro nel luglio 2007, è stato redatto
dalla Ltf su mandato della cig per conto dei due ministri, italiano e francese.
La richiesta dei sindaci è stata trasmessa al ministro dei Trasporti dal
presidente dell'Osservatorio, Mario Virano, e dal prefetto di Torino, Paolo
Padoin. Dall'Osservatorio è venuta anche la richiesta di mettere all'ultimo
posto dell'agenda la disamina sulle specifiche tecniche dei progetti che saranno
presentati dalla Ltf per la parte internazionale, e dalla Rfi, per il tratto
italiano. Prima, sostengono i sindaci, vanno chiusi i capitoli del potenziamento
del trasporto locale e il trasferimento delle merci dalle strade alle ferrovie.
A SPALATO Al posto della discaric - a una cittadella
dello sport - Nessun costo per il Comune Il progetto presentato da una
società austriaca
FIUME L’amministrazione cittadina di Spalato sta seriamente vagliando una
proposta austriaca che porterebbe alla soluzione definitiva (e gratuita)
dell’assillante problema costituito dalla discarica in zona Karepovac,
praticamente ai limiti del perimetro urbano. La proposta, notificata in forma
scritta alla Giunta cittadina del capoluogo dalmata, è quella sottoscritta dalla
«IuT» (Innovation und Technik AG), con sede a Seebenstein, in Bassa Austria.
La «IuT» si impegnerebbe a bonificare l’intera area della discarica con
l’impiego di una nuova tecnologia, la «Smell-well», definita «rivoluzionaria» e
già applicata con successo in alcuni siti analoghi.
La ditta di Seebenstein promette di disinnescare la bomba ecologica di Karepovac
– circa 6 milioni di metri cubi di rifiuti -, che verrebbe neutralizzata e
compressa in un arco di tempo massimo di 36 mesi. Il costo dell’operazione
sarebbe piuttosto elevato, ma la «IuT» promette di fare tutto senza chiedere un
centesimo alle casse dell’amministrazione spalatina. In cambio, però, questa
dovrebbe impegnarsi a concedere in usufrutto a lungo termine alla ditta
austriaca l’area in questione: circa 300 ettari che verrebbero riconvertiti e
trasformati in una vera e propria «cittadella» con al suo interno contenuti
commerciali, turistico-alberghieri e sportivi. Si calcola che l’intero progetto
- che richiederebbe la riqualificazione dell’area nei piani di assetto
territoriale e urbanistico - avrebbe un costo di circa 60 milioni di euro. Da
quanto si è appreso, la tecnologia che la «IuT» intenderebbe applicare
inizialmente per la bonifica del colossale agglomerato di rifiuti un
procedimento di aerazione basato sull’impiego dei «ROTTE filter». Attraverso
l’introduzione in profondità di tubi o condotte soffianti/aspiranti la pancia
della discarica verrebbe svuotata dell’aria o dei gas al suo interno, in cui
verrebbero iniettati microrganismi in grado di smaltirne i contenuti biologici.
Il tutto verrebbe inoltre compresso in modo da ridurre l’intera massa della
discarica di circa la metà, ossia a tre milioni di metri cubi, e reso inerte.
L’ultima fase consisterebbe nella differenziazione dell’ammasso residuo
(separazione di plastiche, metalli, scarti lignei, gomma, vetro, ecc.) e nella
loro distruzione tramite trattamento termico o eventuale riutilizzo. Il
risultato sarebbe, appunto, la completa bonifica di un’area di circa 300 mila
metri quadri immediatamente nei sobborghi orientali della città, che verrebbe
concessionata alla «IuT» e da questa trasformata nella predetta cittadella
commercial-sportivo-turistica. Che, oltre a un mega-centro distributivo,
includerebbe pure impianti e attrezzature per lo sport e il tempo libero, un
albergo e un ostello studentesco: il tutto per circa 2.500 nuovi posti di
lavoro. L’offerta della Innovation und Technik di Seebenstein è stata subito de=
finita allettante dall’amministrazione spalatina e sembra avere l’incondizionato
appoggio dell’ex sindaco Jaksa Milicic, per il quale si tratta di «un occasione
da non perdere». Per il momento nessun commento ufficiale da parte dell’attuale
sindaco Ivan Kuret, in questi giorni fuori sede.
(f.r.)
Villa del Nevoso: discarica abusiva a pochi metri dal
confine croato
FIUME Le diatribe confinarie che agitano a intermittenze regolari i rapporti fra
Croazia e Slovenia stanno per arricchirsi di un nuovo capitolo. Originato,
stavolta, non nel contestato Golfo di Pirano/Salvore, bensì nella regione
quarnerino-liburnica e nell’area che la sovrasta a monte. Per la precisione in
quel di Mattuglie. Si tratta della discarica Zalescine, presso Jelsane, sorta in
tempi piuttosto recenti in territorio sloveno, nella parte bassa della
municipalità di Ilirska Bistrica (Villa del Nevoso). La discarica in questione
si trova in prossimità del valico confinario di Rupa e praticamente a poche
decine di metri dal territorio croato. A dare l’allarme e sollevare le prime
proteste sono state le autorità locali di Mattuglie (circoscrizione cittadina di
Abbazia), che dalle informazioni raccolte hanno accertato la presenza nella
discarica di rifiuti altamente tossici, in primo luogo cascami o residui di
amianto.
Ma forse anche altro materiale non propriamente innocuo e indicato come scarti
di lavorazione industriale. Le rimostranze sono state subito recepite
dall’amministrazione abbaziana e poi da quella conteale di Fiume, facendo poi
drizzare le orecchie al ministero dell’Ambiente a Zagabria. A detta
dell’amministratore della Comunità locale di Rupa, Davorin Mrvicic, solo nella
seconda metà di ottobre nella discarica di Zalescine sarebbero state depositate
quasi un migliaio di tonnellate di materiale ad alto contenuto di amianto.
(f.r.)
IL PICCOLO - MARTEDI', 11 novembre 2008
Arci: taglio dei fondi, a rischio i nuovi bandi per il
servizio civile - AVVIATA UNA PETIZIONE
«In Italia il servizio civile è seriamente a rischio». Il grido d’allarme arriva
dall’Arci, preoccupata del taglio drastico del 42% delle risorse economiche a
disposizione per il servizio civile nazionale. «Si passa dai 299 milioni
stanziati per il 2008 dal precedente esecutivo ai 171 previsti nella finanziaria
per il 2009 - precisa l’Arci servizio civile in una nota - . Una cifra che mette
a rischio la possibilità di avere bandi per il 2009 se non per un esiguo numero
di volontari. Volontari (tra i 18 e 28 anni) che finora, dietro un
riconoscimento di circa 400 euro mensili per una anno, vivevano un’esperienza
educativa nella società civile in ambiti quali assistenza, protezione civile,
ambiente, promozione culturale e sportiva». Per contrastare i tagli, l’Arci
invita a firmare on line (il sito è www.arciserviziocivile.it) la petizione
«salviamo il servizio civile nazionale».
Decarli: AcegasAps, confronto sulla società dei
termovalorizzatori
Una richiesta di convocazione della terza Commissione consiliare per avere un
confronto con il management di Acegas-Aps e Acegas-Holding. A presentarla è
stato l’esponente dei Cittadini, Roberto Decarli, preoccupato dal progetto,
annunciato recentemente dai vertici dell’ex municipalizzata, che prevede la
costituzione di una società per la gestione dei termovalorizzatori.
«Decisioni simili però - osserva Decarli - non andrebbero annunciate sulla
stampa, ma nelle sedi istituzionali. E questo anche tenendo conto che il Comune
di Trieste ha il pacchetto di maggioranza azionaria della Holding».
La decisione di richiedere la convocazione della terza Commissione, presieduta
dall’esponente della Lista Dipiazza Gianfranco Trebbi, è stata presa dal
consigliere comunale di opposizione dopo il silenzio calato sia sulla mozione
che sull’interrogazione presentate in merito alla gestione del
termovalorizzatore e al servizio di spazzamento e smaltimento rifiuti. Testi
presentati l’uno il 29 settembre e l’altro il 23 ottobre.
«Il problema - spiega ancora Decarli - è che ci avviamo verso una divisione e
una frammentazione totale di tutti i servizi pubblici. Andando avanti di questo
passo per il Comune sarà impossibile controllare e incidere sulle strategie
delle società partecipate a tutela degli interessi dei cittadini. Ecco perché
credo sia importnate discuterne nelle sedi appropriate». «Il punto - conclude il
capogruppo dei Cittadini - non è tanto la privatizzazione dei servizi o la
costituzione di società di capitale, bensì proprio l’impossibilità di esercitare
le legittime verifiche in merito ai servizi erogati e ai costi sostenuti dai
cittadini. Il Comune dovrebbe rispettare l’articolo 112 comma 7 dello Statuto
che prevede la possibilità di promuovere consultazioni tra gli utenti singoli o
fra gruppi di utenti sul livello di gradimento delle prestazioni».
IL PICCOLO - LUNEDI', 10 novembre 2008
I VERDI AL COMUNE «Muggia chieda la certificazione
ambientale»
La «Certificazione ambientale» del Comune di Muggia, ottenibile attraverso
misure quali la crescita della raccolta differenziata, il traffico urbano e le
piste ciclabili, l'adozione di un nuovo regolamento edilizio con l'istituzione
della certificazione energetica degli edifici, l'installazione sugli edifici
pubblici di impianti energetici che utilizzino fonti di energia rinnovabili, la
valorizzazione del territorio attraverso la realizzazione di circuiti turistici
verdi, la riqualificazione delle periferie.
A proporla, è la Federazione dei Verdi-Muggia con una nota firmata dal
presidente provinciale, Giorgio Millo, dal portavoce dei Verdi-Muggia, Giorgio
Della Valle e dallo stesso assessore al Bilancio della giunta Nesladek, Omero
Leiter.
«Si tratta di un obiettivo condiviso da questa giunta - conferma il sindaco di
Muggia, Nerio Nesladek – e che fa parte del nostro programma elettorale». La
proposta che la Giunta comunale avvii un programma di lavoro che abbia come
obiettivo conseguire la «Certificazione ambientale» è stata presentata in una
riunione di maggioranza, richiesta dalla Federazione dei Verdi-Muggia per
definire gli obiettivi che il centrosinistra intende perseguire da qui a fine
mandato.
«Per l'ottenimento di questo prestigioso riconoscimento internazionale -
scrivono i Verdi - sarà necessario dotare l'organizzazione comunale di un
"Sistema di gestione ambientale" che comprenda tutta una serie di programmi di
prevenzione e di miglioramento sia dell'aspetto ambientale che delle sue risorse
con conseguente miglioramento delle qualità della vita dei cittadini. In
particolare attuare il "Sistema di gestione ambientale" significherà intervenire
da subito, con un progetto mirato, su una serie di attività e servizi già
previsti nel programma elettorale del centrosinistra e ancora purtroppo in fase
di gestazione. In un contesto di scelte difficili per il territorio che il
Comune dovrà affrontare o subire (bonifiche, rigassificatori) un progetto
finalizzato alla "Certificazione ambientale" permetterà di ottenere, già nel
breve periodo, un miglioramento della qualità della vita».
«Le misure proposte dai Verdi - precisa Nesladek - sono in linea con le azioni
che questa amministrazione sta adottando, a cominciare dall'incremento della
raccolta differenziata su cui stiamo già operando, le piste ciclabili che
saranno oggetto di progetti di mobilità sostenibile in fase di attuazione e non
da ultimo il Nuovo piano regolatore che ne terrà debito conto. Confidiamo che
Leiter, nella duplice veste di firmatario della proposta e assessore al
Bilancio, saprà reperire i fondi necessari». (g.t.)
IL PICCOLO - DOMENICA, 9 novembre 2008
CASO FERRIERA - Bucci al Circolo Miani: «Perdete
consensi»
«Non partecipando all’incontro promosso dalla IV Commissione regionale per
discutere di Ferriera, Maurizio Fogar ha perso un’occasione preziosa». Così
l’esponente del Pdl Maurizio Bucci replica al presidente del Circolo Miani che,
dopo il mancato confronto di giovedì in Regione, ha annunciato di voler dar vita
ad una nuova manifestazione in piazza. «Forse Fogar, convinto di essere l’unico
interlocutore sul territorio, si è offeso quando ha visto che erano stati
invitati all’audizione anche Wwf, Italia Nostra e il comitato ”No smog” -
continua Bucci -. Per questo, anzichè salire ed esporre le proprie idee, ha
preferito restare a rumoreggiare davanti all’ingresso del palazzo di piazza
Oberdan. Ma non è così che si affrontano i problemi della Ferriera. E la gente
se ne è accorta, tant’è che il gruppo di Fogar è sempre più fiacco».
I parcheggi sotterranei e gli obbrobri urbani
Mentre Trieste progetta (con colpevole ritardo) nuovi parcheggi sotterranei, è
forse il momento d’implorare i nostri amministratori e gli uffici comunali di
riservare molta cura e attenzione alle opere in superficie che li
caratterizzeranno. Abbiamo alcuni precedenti di sovrastrutture rozze e invadenti
che hanno turbato la sobrietà di Foro Ulpiano, Campo San Giacomo, piazza
Perugino, piazza Vittorio Veneto. Pesanti spallette e guide di cemento, volumi
dozzinali di casse e di portinerie, stanghe automatiche di sbarramento che
degradano il decoro del centro cittadino a periferia industriale o a casello
autostradale, prese d’aria volgari con griglie rialzate che non tengono conto
dei piani e livelli precedenti: non hanno dignità d’architettura e corrispondono
solo a esigenze funzionali che bisognava nascondere alla vista.
In tutta Europa i parcheggi sotterranei non corrompono la storia estetica dei
luoghi. A Torino i due megaparcheggi sotto le centralissime piazze Vittorio
Veneto e San Carlo neppure si notano e s’intuiscono, tanto bene sono inseriti
nell’ambiente: le due piazze non hanno subìto sfregi o alterazioni e la
pavimentazione è tornata perfetta come prima.
Un caloroso invito ai responsabili affinché anche gli sprovveduti mettano il
naso fuori Trieste e provvedano a copiare gli esempi migliori che già sono stati
realizzati.
Furio Finzi
LA REPUBBLICA - SABATO, 8 novembre 2008
Nucleare, gli italiani ci ripensano - Sondaggio della
Demos nell'anniversario del referendum che lo fermò: la maggioranza ora è
favorevole
LE TABELLE (
119KB)
Più favorevoli al nord e nel centro-destra. Contrari invece i giovani
In questi giorni ricorre l'anniversario dei referendum che, nel 1987, hanno
di fatto sancito l'uscita dell'Italia dal gruppo di paesi produttori di energia
nucleare. Ventun anni fa, attraverso l'abolizione di tre articoli di legge, il
popolo italiano sentenziava il rifiuto alla presenza di centrali nucleari sul
territorio nazionale. Il tema, tuttavia, è rimasto nel dibattito pubblico e,
anche recentemente, alcuni esponenti politici, tra cui il Presidente del
Consiglio Silvio Berlusconi e il leader dell'Udc Pierferdinando Casini, hanno
espresso la volontà di tornare ad investire nella soluzione nucleare. I dati
raccolti da Demos nelle scorse settimane mostrano un'opinione pubblica piuttosto
aperta verso l'opzione nucleare, per quanto siano da segnalare importanti
distinguo, soprattutto dal punto di vista generazionale e politico.
Nucleare: sì o no? Quanto rilevato nel sondaggio ci mostra una realtà mutata e
interessante. I favorevoli alla costruzione di centrali nucleari in Italia sono
il 47%, mentre a confermare il rifiuto per l'energia prodotta dalla fissione
dell'atomo è il 44%. E' dunque la maggioranza relativa a "ripensare" l'esito del
referendum, anche se non possiamo ignorare il 9% che sceglie di non esprimersi.
Spostando l'ipotetica centrale dalla generica nazione alla provincia di
residenza del rispondente, le opinioni mutano leggermente verso. I contrari alla
costruzione, in questo caso, sono esattamente la metà - il 50% - mentre quanti
si dicono comunque "a favore" sono il 41% - con, ancora, un 9% di incerti.
Giovani contro. Se osserviamo i risultati in base alla classe d'età del
rispondente, vediamo come siano proprio i più giovani, quanti cioè non hanno
preso parte al referendum di oltre vent'anni fa, a esprimere il parere
maggiormente negativo. Infatti il dato si alza tra coloro che hanno tra i 25 e i
34 anni (48%) e nella fascia tra i 35 e i 44 anni (dove tocca il 50%). Se invece
consideriamo quanti non vogliono la centrale nella propria provincia di
residenza, vediamo come siano sempre le generazioni più giovani ad esibire
l'opposizione più netta: tra i 15 e i 44 anni, infatti,
sono oltre il 54% ad esprimersi negativamente, contro una media del 50%.
Nord e Sud. Il nucleare taglia in due anche la penisola. Se il Nord tende ad
essere più favorevole al ritorno al nucleare, il Centro e il Sud mostrano
scetticismo. In particolare, è il Nord Ovest a manifestare maggiore apertura,
sia per la costruzione di centrali in Italia (54%, +7 punti percentuali rispetto
alla media) che nel territorio (46%, +5 punti percentuali). I più scettici sono
invece i cittadini del Centro: il 37% accetterebbe la costruzione di una
centrale nella propria provincia, mentre è il 43% ad auspicarne la costruzione
nella penisola (per entrambi lo scarto rispetto alla media nazionale è negativo
di circa quattro punti).
L'ambiente e la politica. Anche la variabile elettorale offre spunti
interessanti di riflessione e ci aiuta a comprendere come le posizioni
discendano anche - e soprattutto - da ragioni "politiche". La spaccatura tra
destra e sinistra, in altre parole, divide anche tra favorevoli e contrari alla
costruzione di centrali nucleari. Gli elettori di PdL e Lega Nord, ma anche
quelli dell'Udc, si distinguono per il grande favore con cui vedono la
costruzione di centrali, sia in Italia che nella realtà locale. Le aree di
maggiore scetticismo (o di aperta opposizione) si concentrano invece tra gli
elettori del Pd, dell'IdV e, soprattutto, della Sinistra Arcobaleno.
FABIO BORDIGNON e NATASCIA PORCELLATO
IL PICCOLO - SABATO, 8 novembre 2008
Ferriera, comitati pronti a scendere in strada per
chiedere la chiusura - DOPO IL MANCATO CONFRONTO IN REGIONE
Il circolo «Ercole Miani», l’associazione «Servola Respira» e il Coordinamento
dei comitati di quartiere sono pronti a scendere in strada, per sottolineare il
loro malcontento sul problema della Ferriera. Dopo la mancata partecipazione
all’audizione congiunta delle seconda, terza e quarta commissioni consiliari
regionali di giovedì, alla quale hanno invece preso parte Legambiente, Wwf e
No-Smog, i movimenti dei cittadini hanno deciso di organizzare una
manifestazione, che si terrà, tempo permettendo, sabato 22 novembre nel rione di
Valmaura. Una protesta che potrebbe avere serie ripercussioni sulla viabilità
cittadina, dato che gli organizzatori intendono formare cortei per bloccare la
circolazione dei mezzi in tutte le principali arterie viarie della zona,
compresa la superstrada. «Ci siamo resi conto, sulla base di quanto emerso
dall’incontro del 30 ottobre e ribadito anche giovedì, che la nostra presenza
alla riunione era assolutamente inutile, dato che il meeting stesso era inutile,
perché non avremmo potuto sottoporre le nostre richieste all’assemblea – spiega
il presidente del circolo Miani, Maurizio Fogar -. Forse con la manifestazione
qualcuno capirà che il problema richiede urgentemente una soluzione e non si può
lavorare come i gamberi, facendo due passi avanti e tre indietro». Le richieste
dei movimenti sono principalmente tre: l’istituzione immediata di un gruppo di
lavoro per redigere un piano di dismissione e riconversione dello stabilimento
siderurgico, secondo quanto previsto dalla risoluzione parlamentare promossa
dalla Lega nord e votata all’unanimità; la convocazione della conferenza dei
servizi, che deve pronunciarsi sul procedimento di revisione dell’autorizzazione
integrata ambientale (Aia) e infine la riassegnazione dei contributi finanziari
annuali previsti dalla legge al circolo Miani. Oltre a questi elementi Romano
Pezzetta dell’associazione «Servola respira», richiama l’attenzione sul rispetto
delle norme di sicurezza all’interno della Ferriera. «Gli impianti sono in
metastasi e non serve cercare di salvarli con una chemioterapia».
(m.a.)
Il depuratore nella bozza delle bonifiche - In un
incontro in Regione esaminata la base dell’accordo di programma
Riunione ieri a Udine tra gli assessori regionali Savino e Lenna e gli enti
locali triestini per esaminare la bozza di accordo di programma sul sito
inquinato nazionale. È stato inserito il depuratore di Servola nel piano delle
bonifiche.
Confermati dunque gli interventi pubblici già in precedenza previsti, ma entra
nel programma questa novità.
I contenuti della bozza di accordo di programma per la bonifica del Sin, Sito
inquinato d'interesse nazionale dell'area industriale triestina, che indica gli
interventi di riqualificazione ambientale funzionali alla possibilità di
realizzare infrastrutture e accogliere nuove industrie in quella parte di
territorio, sono stati al centro ieri a Udine di un incontro degli assessori
regionali alle Risorse economiche e finanziarie, Sandra Savino, e all'Ambiente e
lavori pubblici, Vanni Lenna, con i rappresentanti della Provincia di Trieste,
dei Comuni di Trieste e Muggia, dell'Autorità portuale e dell'Ezit.
La bozza di accordo, segnala la Savino, è stata condivisa da tutte le
amministrazioni e gli enti partecipanti alla riunione. E l’assessore segnala
come sia stata inserita in via prioritaria nel testo, proprio nell'ottica
dell'avvio delle attività di reindustrializzazione e di recupero
infrastrutturale dell'area, la realizzazione dell'impianto di depurazione di
Servola.
«L'inserimento di quest'opera - sottolinea l'assessore Savino - permetterà di
dare copertura finanziaria alla realizzazione dell'impianto grazie alle risorse
finanziarie che sarà possibile reperire in quest’ambito, pari a 59 milioni di
euro: sono previste nell'ambito dei progetti del Fas, il Fondo per le aree
sottoutilizzate, nella programmazione 2007-2013».
IL PICCOLO - VENERDI', 7 novembre 2008
Gli ambientalisti: Ferriera oltre i limiti -
Frattura tra i Comitati: No Smog in Regione, Miani non va all’audizione
INCONTRO CON TRE COMMISSIONI REGIONALI
Nuovo inasprimento sulla Ferriera. Frattura tra le associazioni
ambientaliste e alcuni dei comitati di protesta che ieri non si sono presentati
all’audizione congiunta indetta in Regione dalle commissioni seconda, terza e
quarta dopo che il circolo Miani - tra gli assenti di ieri - aveva incontrato il
presidente del consiglio regionale, Ballaman, e sollecitato il nuovo incontro.
Oggi lo stesso circolo, assieme a Servola respira, «illustrerà le ragioni della
non partecipazione».
Si sono invece incontrati coi consiglieri regionali Legambiente, Wwf e No-Smog,
gli stessi che hanno depositato all’assessorato all’Ambiente osservazioni
critiche in merito alle procedure di revisione dell’Autorizzazione integrata
ambientale (Aia). Una revisione chiesta dal Comune di Trieste, ma il cui
procedimento è di fatto bloccato. «Abbiamo inviato a tutti gli enti le
osservazioni - spiega Pierpaolo Gubertini, responsabile del settore tutela
dall’inquinamento della Direzione regionale ambiente - ma fatto nient’altro,
perché la Lucchini ha tempo fino a dicembre 2008 per apportare le modifiche
imposte dall’Aia, poi ci vorrà un tempo congruo per verificare se hanno prodotto
benefici sull’ambiente». Dunque, tempi lunghi, mentre la Ferriera ha fatto
ricorso al Tar.
Intanto ieri Fabio Gemiti per il Wwf, Lino Santoro per Legambiente e Alda Sancin
per No-Smog hanno illustrato alla seconda commissione (Maurizio Franz, Lega
Nord), alla quarta (Alessandro Colautti, Pdl) e alla terza (Sergio Lupieri, Pd)
e a vari consiglieri presenti una situazione di persistente inquinamento. Ha
detto la Sancin: «Nel 2008 la centralina Arpa di rilevamento delle polveri
sottili più vicina alla Ferriera, quella di San Lorenzo in Selva, ha registrato
113 giorni di sforamento del limite giornaliero di 50 milligrammi per metro cubo
quando la media consentita è di 35 giorni». Contestato il fatto che altre due
centraline, «di proprietà di Elettra, la stessa ’’spa’’ che possiede la
Ferriera, hanno segnalato invece 26 e 19 giorni di sforamento», e denunciato poi
«che nel 2008 le centraline con periodi più lunghi di mancata segnalazione (62
giorni per via Svevo, 36 per via Pitacco) siano proprio quelle dell’Elettra».
Legambiente ha sottolineato che «i tempi previsti dalla prescrizioni dell’Aia
non sono stati rispettati». Santoro ha segnalato che l’Aia non ha previsto
«alcun obbligo al confinamento del deposito di carbon fossile e dei minerali,
esposti ai venti e allo spray marino». Gemiti per il Wwf ha definito
«illegittima» l’Aia, citando le centinaia di segnalazioni di protesta dei
cittadini per odori acri e nauseanti arrivate in questi ultimi mesi.
Maurizio Bucci (Pdl, già assessore comunale all’Ambiente) ha chiamato «bomba» la
Ferriera, chiedendone la chiusura, ma auspicando anche più forti controlli
dell’Arpa assieme a Stefano Alunni Barbarossa (Idv-Cittadini), Alessandro
Colautti (Pdl), Stefano Pustetto e Igor Kocijancic (Sinistra arcobaleno), il
quale ha aggiunto: «Ancora un po’ e sarà la crisi a far chiudere la Ferriera,
lasciando in dote il problema occupazionale e dell’inquinamento». Per Sergio
Lupieri (Pd) occorrono nuove «risorse nella finanziaria per aumentare i
controlli dell’Arpa, nuovi esami sanitari su lavoratori e cittadini, la
riconvocazione del tavolo tecnico in Regione già chiesta e accettata
dall’assessore Lenna».
(g. z.)
Temperature di 7 gradi oltre la media -
L’esperto: «La percezione del caldo viene ingigantita dall’umidità» -
Dalla prossima settimana una brusca diminuzione
Crescono la temperatura e anche l’umidità. A novembre il caldo a Trieste è
quello che c’era a settembre qualche anno fa. Le temperature in città sono di 7
gradi sopra la media. E poi c’è scirocco con alternanza di giornate serene con
altre in cui si scatenano piogge torrenziali come è accaduto pochi giorni fa: è
una sorta di effetto-tropici.
«Se l’autunno inizia tardi, in molti casi le erbe sono ancora in fioritura»,
commenta Sergio Nordio previsore dell’agenzia regionale per l’ambiente. E poi
aggiunge: «L’aumento delle temperature è un trend degli ultimi anni. Ma in
questi giorni la percezione del caldo viene accentuata dall’umidità. Le
temperature stagionali dovrebbero essere di 14, 15 gradi e invece si è arrivati
a 21. Non è un record, perchè nel ’94 il termometro aveva raggiunto in novembre
i 25 gradi, Certo è che negli ultimi anni il trend delle temperature è sempre
stato in ascesa, anche se nel 2006 c’era stata una brusca inversione».
«Mercoledì - commenta Giancarlo Visciano, responsabile del servizio meteo
dell’Istituto nautico - la temperatura raggiunta è stata di 22 gradi. Nella
stagione autunnale prima c'era una frequenza elevata di giorni di tramontana,
con i tipici venti freschi da Nord. Negli ultimi anni abbiamo assistito a un
crescendo dei venti sciroccali».
Questo per effetto dei campi di alta pressione: aria calda che proviene
dall’Africa. «Ma a metà della prossima settimana ci sarà un crollo. - annuncia
Visciano - Lunedì e martedì le massime saranno di 16, 17 gradi, mercoledì di
arriverà a 12 e giovedì, il termometro si fermerà a 10».
La prova indiretta dell’effetto tropici è data dalla quantità delle piogge
cadute e dalla loro particolare intensità. Nel 2007 in tutto il mese di novembre
erano stati registrati appena 20 millimetri di acque meteoriche. In questa prima
settimana, quest’anno, si è già arrivati a 44 millimetri.
Commenta l’esperto: «Non c’è dubbio, è lo stesso femomeno delle piogge
tropicali». La conferma arriva dall’analisi della percentuale di umidità. Negli
ultimi giorni si è arrivati all’80 per cento, due anni fa il livello era appena
del 59. Non solo: in questi giorni la temperatura dell’acqua del mare è di 17
gradi.
«La variazione climatica sta cambiando pure il parco dei prodotti a disposizione
dei pescatori. Oltre alla riduzione di numero e all’anticipazione dell’arrivo
stagionale, si assiste al cosiddetto fenomeno della tropicalizzazione delle
specie: «Anche in Adriatico - ha detto recentemente il vicedirettore del
Dipartimento di oceanografia biologica dell’istituto triestino, Marina Cabrini -
sta cambiando il tipo di pesce a disposizione. E così scompaiono calamari,
sgombri e sarde, mentre si materializzano il pesce nastro e il pesce
pappagallo».
Gli anziani dell’Itis per il risparmio energetico
- Fino al 16 novembre in via Pascoli una mostra sui temi dell’ambiente
S’intitola «Tutti su per terra, buone abitudini in mostra»
la rassegna dedicata alla Settimana dell'educazione allo sviluppo sostenibile
allestita nel centro di aggregazione dell’Itis, l’Istituto triestino per gli
interventi sociali di via Pascoli 31. Il tema della campagna 2008 dell’Onu
coordinata dall’Unesco, affronta il tema della riduzione e del riciclaggio dei
rifiuti. La capofila del progetto in regione è l’LaRea (Laboratorio Regionale di
Educazione Ambientale) dell’Arpa Fvg, che ha coinvolto molteplici soggetti
pubblici e privati, tra cui l’Itis con il suo programma «Itisecosolidale».
«La nostra residenza è una grande casa inserita nel tessuto sociale di un
quartiere vivace e popoloso - spiega il direttore Fabio Bonetta - il nostro
obiettivo è creare un ponte verso la città e i suoi abitanti, e far sì che tra i
nostri ospiti e il mondo esterno ci siano dialogo e scambio reciproco. Non
dimentichiamo che la saggezza dell’età è una risorsa preziosa».
La mostra fornita dall’LaRea-Arpa Fvg è costituita da circa 140 pannelli con
testi divulgativi, riflessioni e vignette umoristiche illustrate da autori
italiani su quattro tematiche che riguardano il nostro bistrattato pianeta:
acqua, clima, energia e trasporti. Ed è proprio l’energia che ha messo in moto «Itisecosolidale».
Un gruppo di anziani, infatti, ha sensibilizzato tempo fa la direzione della
residenza sul risparmio energetico, proponendo la costituzione di un gruppo di
studio per alleggerire le bollette di luce, acqua e gas. «L'educazione alle
buone pratiche per l'ambiente - spiega Federica Flapp dell’LaRea-Arpa Fvg, che
ha proposto l’Itis come contenitore della rassegna - non è una prerogativa delle
generazioni giovani e del mondo esterno. Dovrebbe, al contrario, diventare un
abito mentale e comportamentale di tutta la società».
Familiari dei residenti, cittadini, abitanti del rione e naturalmente gli ospiti
della struttura assistenziale, ma anche le scuole di primo e secondo grado della
provincia, potranno visitare la mostra fino al prossimo 16 novembre (lunedì e
giovedì dalle 16 alle 18, martedì, mercoledì e venerdì dalle 10 alle 12). Il
percorso «Itisecosolidale» prevede, inoltre, la proiezione di un ciclo di film
su temi ambientali, preceduti dalla prolusione di esperti in materia, e un
laboratorio didattico per bambini e anziani, dove riscoprire l'antica arte di
creare i giocattoli utilizzando materiale povero e di recupero.
Patrizia Piccione
Rifiuti a San Dorligo, Gombac resta solo - JERCOG
ABBANDONA L’OPPOSIZIONE AL «PORTA A PORTA»
SAN DORLIGO «Le richieste sottoscritte dalla nostra lista per effettuare il
referendum consultivo per l’abolizione del servizio dei rifiuti ”porta a porta”
nel comune di San Dorligo della Valle e l’installazione di alcuni pannelli
fotovoltaici sui terrazzamenti di Monte d’Oro sono oramai superate».
A sorpresa il capogruppo della lista civica «Per San Dorligo–Oltre il Polo»
Giorgio Jercog ha dunque deciso di ritirare l’appoggio alla proposta avanzata
pochi mesi fa da Boris Gombac, capogruppo della lista civica «Uniti nelle
tradizioni», motivando durante l’ultimo Consiglio comunale la propria scelta.
«Con l’imminente campagna elettorale di primavera alle porte – ha spiegato in
Jercog - questi argomenti potranno essere sviluppati con soluzioni e proposte
più dignitose sicuramente per quanto riguarda la raccolta ”porta a porta” e che
saranno inserite nei nuovi programmi elettorali dei partiti che si presenteranno
alla tornata elettorale». Il capogruppo di «Oltre il Polo» ha ricordato infine
che «in questo momento di recessione e di crisi finanziaria che sicuramente
interesserà tutto il 2009, ogni risorsa di questo Comune dovrà essere usata
oculatamente, un discorso che vale anche per i referendum”. È dunque rimasto
solo, in una battaglia per altro da egli stesso iniziata, il consigliere Boris
Gombac, il quale ha così commentato in aula lo scaricamento da parte di Jercog:
«A raccogliere le firme per il No alla raccolta ”porta a porta” sarà la gente
stessa, ma rimane il fatto che i soldi a disposizione per i referendum ci
dovranno essere, perché solo nelle dittature fasciste e comuniste non si trovano
i soldi per effettuare elezioni politiche o referendum popolari». Grazie anche
alla solerzia di Gombac pochi mesi or sono, con l’approvazione all’unanimità del
Consiglio comunale della proposta di deliberazione, era stata nominata la
commissione dei garanti per l’effettuazione dei referendum, la quale aveva
designato i nomi di Walter Koren per la maggioranza e Luciano La Barbera per
l’opposizione. Anziché la raccolta ”porta a porta” Gombac preferirebbe fossero
create apposite isole ecologiche con cassonetti separati «in maniera tale da non
costringere la gente ad avere in casa tre contenitori diversi, dati dal Comune
in comodato d’uso, che si possono svuotare solo negli orari prefissi
dall’amministrazione».
Riccardo Tosques
Cinema e montagna, al via la rassegna - Dal 13 novembre
film che affrontano anche temi di guerra e globalizzazione
Presentata ufficialmente ieri la rassegna internazionale sul cinema di montagna
«Alpi Giulie Cinema 08/09» organizzata dall'Associazione Monte Analogo. «Si
tratta di un'offerta culturale importante - spiega il presidente Sergio Serra -
sia per la varietà dei titoli in programma che per la sua estensione
geografica».
La rassegna avrà inizio a Gorizia e Trieste, per poi espandersi nel corso del
prossimo anno alla zona pedemontana e alla Carnia.
A Trieste il calendario degli eventi sarà diviso in due parti: «La prima parte –
continua Serra – si svolgerà questo novembre al Caffè San Marco, e consisterà in
proiezioni di film che, sullo scenario della montagna, trattano temi importanti
come la guerra, il mutamento delle tradizioni e l'impatto della globalizzazione
sulle comunità montane». La seconda parte avrà luogo nel febbraio 2009 con tre
serate di proiezioni al Teatro Miela sul tema dell'alpinismo come sport o
performance spettacolare. La rassegna si concluderà il 26 febbraio, al San
Marco, con l’assegnazione del premio «Scabiosa Trenta», che prende il nome dal
fiore misterioso cercato invano da Kugy.
«L'associazione si occupa di selezionare le pellicole ai più importanti film
festival, come quelli di Lubiana e di Trento, e di tradurle – dice Giulio Gelci,
responsabile organizzativo della rassegna –. Le nostre proposte vengono poi
vagliate dalle realtà locali con le quali collaboriamo.» Tra queste si trovano
il Cai di Gorizia, Trento Film Festival, la Cooperativa Bonawentura, l'Arci
Servizio Civile e la Società Alpina della Giulie di Trieste. La rassegna è
patrocinata dalla Regione, nonché dalla Provincia e dal Comune di Trieste.
Parallelamente Monte Analogo organizza anche un omonimo premio cinematografico.
Le proiezioni di novembre si terranno al Caffè San Marco, via C. Battisti 18,
alle 20.30. La serata di giovedì 13 sarà incentrata sul tema delle tradizioni
delle comunità montane con due film «Martha. Memorie di una strega» e «Schafskalte»
ambientati rispettivamente sulle Dolomiti e sulle Alpi austriache. Giovedì 20
sarà la volta di «Marsho» un film sulla resistenza cecena, mentre giovedì 27
novembre sarà proiettato «Journey of a red fridge», sull'impatto della
globalizzazione nelle valli dell'Himalaya.
In occasione dell'apertura ufficiale della rassegna l'Associazione ha presentato
una raccolta videoantologica su Julius Kugy realizzata per i centocinquanta anni
dalla nascita dello scrittore alpinista. Curatore del video è il regista Giorgio
Gregorio: «Il fine è quello di far rivivere con le immagini quello che Kugy ha
descritto nei suoi libri, un amore per la montagna che andava al di là del mero
atto sportivo.» Il video unisce tre film che trattano l'opera di Kugy, con
l'aggiunta di una presentazione del giornalista Luciano Santin, che ha
dichiarato: «Kugy era un intellettuale multiculturale. Se nel '900 le sue idee
sembrava destinate alla sconfitta, nella nuova Europa lo scrittore triestino
potrebbe divenire un modello per gli anni a venire.» Il video è stato realizzato
dal Centro Produzioni Televisive regionale su progetto dell'Associazione Monte
Analogo, nella cui sede è in distribuzione gratuita.
L'Associazione Monte Analogo è nata tre anni fa, e mira a sviluppare e dare un
nuovo impulso alla divulgazione, alla didattica e alla diffusione di immagini e
materiale riguardanti la montagna e i suoi protagonisti. L'Associazione dispone
di 300 film e 2500 volumi sul tema, ed è contattabile tramite il sito
www.monteanalogo.net e l'email info@monteanalogo.net.
Giovanni Tomasin
www.lavoce.info - GIOVEDI', 6 novembre 2008
COME DARE ENERGIA ALLE FONTI RINNOVABILI
Le fonti rinnovabili di energia possono aiutare il nostro paese a ritrovare
vigore economico. Lo testimoniano alcune imprese italiane che hanno
diversificato la loro attività verso questo settore con risultati economici di
rilievo. Ritardare ancora l'avvio degli investimenti su larga scala può
allargare la distanza che ci divide dall'Europa al punto da renderla
incolmabile, sul piano industriale e ambientale. Ma la soluzione passa
necessariamente per la definizione di regole chiare e stabili, lasciando che il
mercato selezioni gli investitori più attivi. (leggi
l'articolo)
Arturo Lorenzoni
IL PICCOLO - GIOVEDI', 6 novembre 2008
Ezit, 40 aziende in attesa delle bonifiche -
Chiedono 250mila metri quadrati. Previsti circa 300 posti di lavoro
L’annosa questione della bonifica del Sito inquinato blocca da tempo i piani di
crescita di quaranta aziende, che attraverso nuovi insediamenti o ampliando
quelli attuali potrebbero creare circa 300 nuovi posti di lavoro.
I settori sono i più diversi, e comprendono imprese con tecnologie anche
all’avanguardia, come la produzione di biodiesel o sistemi per il riciclaggio
dei rifiuti, ma tra le aziende che hanno fatto domanda vi sono anche quelle ad
alto valore aggiunto, come un noto cantiere della Liguria che costruisce
megayacht. Scorrendo l’elenco delle categorie in attesa di spazi si trovano poi
imprese del legno e derivati, del settore auto-moto, dell’edilizia,
dell’elettronica, dell’alimentazione e della meccanica.
Le richieste – per complessivi 256 mila metri quadri – sono da tempo sul tavolo
del presidente dell’Ezit, Mauro Azzarita, che però non potrà soddisfarle finchè
non saranno disponibili terreni bonificati.
I primi dovrebbero essere pronti nella primavera 2011. Si tratta di parte dei
250 mila metri quadri che la Teseco sta bonificando alle Noghere (area ex
Aquila) e per i quali l’Ezit sta predisponendo il contratto preliminare.
Un caso emblematico delle difficoltà che le lungaggini – tecniche e politiche –
legate al Sito inquinato causano alle imprese, e quindi all’economia locale, è
quello del gruppo Crismani, che opera particolarmente nella prevenzione
dell’inquinamento nelle acque marittime e interne, fornendo essenziali servizi
alle navi che attraccano in porto, petroliere in primis.
La Crismani ha in progetto, sul canale industriale, un impianto per la
depurazione delle acque di sentina, sia delle navi sia dei grandi yacht. Si
tratta di acque inquinanti che oggi, prelevate sottobordo con delle bettoline,
vengono trasportate via terra agli impianti di trattamento. «Ogni giorno –
racconta Paolo Crismani – facciamo partire tre o quattro autocisterne per
Milano, Ravenna o Livorno, con i costi che si possono immaginare».
Intanto, nell’area prevista sul canale industriale sono in corso le
caratterizzazioni del terreno, mentre continuano le procedure relative
all’impatto ambientale dell’impianto. Perchè la struttura entri in funzione ci
vorranno ancora due o tre anni. «Se avessi oggi la licenza per costruire –
osserva con rammarico Crismani – in sei mesi sarebbe tutto pronto, gli impianti
li ho già ordinati».
Al di la di questo progetto, il gruppo Crismani (240 dipendenti e 20 milioni di
fatturato per il 2008) ha da tempo problemi di spazio. Ed è per questo che ha
fatto domanda all’Ezit, chiedendo 20 mila metri quadri alle Noghere, «pur
sapendo – annota sempre Crismani – il rischio di impresa legato ai tempi di
bonifica di quelle aree».
Si tratta di spazi che serviranno per riunire in un’unica struttura gli oltre
cento camion (speciali, per vari impieghi) dell’azienda, gru e un centinaio di
container per il trasporto di sostanze solide e liquide.
Se Crismani può permettersi di attendere, pur tra cento difficoltà, altri
imprenditori, di fronte alla carenza di aree industriali, non hanno potuto
aspettare. Il caso più clamoroso risale a due anni fa, quando un’azienda del
Veneto voleva impiantare nella zona industriale una fabbrica per produrre vetro,
che avrebbe occupato 300 persone. Ha dovuto rinunciare.
In qualche situazione gli sforzi dell’Ezit hanno comunque permesso di trovare
soluzione ai problemi di crescita delle aziende. E’ quanto accaduto con il
gruppo Revas, 130 dipendenti e 15 milioni di fatturato, impegnato in vari
settori: carpenteria pesante (in particolare per conto di Wärtsilä Italia),
lavorazioni meccaniche (fra cui motori elettrici per Ansaldo), e manutenzioni di
macchine utensili.
A suo tempo la Revas aveva opzionato un terreno alle Noghere, ma ha dovuto
abbandonare il progetto a causa dei problemi legati al Sito inquinato. «Il Sito
è un grosso handicap per gli imprenditori che vogliono fare qualcosa a Trieste –
sottolinea il titolare della Revas, Carlo Stefanoni –. Fortunatamente siamo
riusciti a trovare e acquistare un terreno di 33 mila metri quadri, nell’alta
valle del Rio Ospo, al di fuori del Sito inquinato. Stiamo predisponendo il
progetto, e spero di ottenere il permesso per costruire».
Nella struttura che sta predisponendo, la Revas intende riunire le attività
attualmente sparse in quattro sedi, piuttosto distanti fra loro, con gli
immaginabili problemi logistici e di costi: una è situata nella zona artigianale
di San Dorligo, un’altra è a Monfalcone, una terza a Cervignano e l’ultima
addirittura in provincia di Torino.
GIUSEPPE PALLADINI
Nuove piattaforme marine per il metano -
INIZIATIVA DELLA SOCIETÀ MISTA TRA LA CROATA INA E L’ITALIANA AGIP
Entro il 2010 previste altre sei strutture per lo sfruttamento degli abissi
POLA Fino al 2005 erano otto, negli ultimi 3 anni il loro numero è salito a
13 ed entro il 2010 ne verranno collocate altre 6. Stiamo parlando delle
piattaforme per lo sfruttamento degli enormi giacimenti sottomarini di gas,
scoperti negli anni '70 a Sudest della costa istriana. E si è dovuto attendere
il 1999 per l'avvio del loro sfruttamento, reso possibile dalla collaborazione
tra l'azienda petrolifera croata Ina e l'italiana Agip. Le piattaforme ora in
funzione sono collegate tra loro da metanodotti sottomarini della lunghezza pari
a 300 km. Evidentemente la grandezza dei giacimenti (stando a qualcuno le
riserve ammonterebbero al minimo a 40 miliardi di metri cubi in grado di
garantire l' estrazione per circa 30 anni) e la richiesta di gas impongono la
collocazione di nuove piattaforme. L'operazione per legge viene preceduta dal
dibattito pubblico, con in primo piano l'impatto ambientale. Stando al progetto
proposto le piattaforme saranno collocate nel mare profondo tra 42 e 60 metri e
non si prevedono effetti dannosi per la fauna. Anzi,secondo gli esperti la
struttura metallica favorirebbe la riproduzione degli organismi marini. E non
sarà necessario ridefinire le rotte di navigazione. L'unica per cosi dire
limitazione, riguarderà i pescatori che dovranno mantenere la distanza minima di
500 metri dalle piattaforme. Interessante notare che al primo dibattito pubblico
sul progetto organizzato a Pola dall'assessorato regionale allo Sviluppo
sostenibile, oltre ai giornalisti non c'era nessuno. Probabilmente per una
questione di disinformazione oppure per il fatto che lo sfruttamento dei
giacimenti di gas non viene ritenuto una minaccia per il mare e l'ambiente in
generale: finora in 10 anni di attività non c'è stato alcun problema.
(p.r.)
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 5 novembre 2008
Sviluppo sostenibile - Turismo «verde» grazie ai
fondi Ue - Regione e Governo in tandem su progetti per il watefront in
chiave ecologica
Tecnologie per la produzione di biomasse, diffusione del fotovoltaico, mobilità
alternative nelle aree turistiche, riqualificazioni urbane con impatto soft sul
territorio. Il ministero dell’Ambiente e la Regione, per non farsi scivolare via
ingenti risorse comunitarie già stanziate nel settore delle energie alternative,
si accordano per mettere in pista progetti turistico-ecologici. A partire da
Trieste e proprio dal Porto Vecchio.
Nel palazzo della Regione di Udine, in conferenza stampa, si sono citate la
riqualificazione del Porto Vecchio, la baia di Sistiana e la Costiera triestina
come potenziali modelli pilota per il Paese. Vanni Lenna, l’assessore regionale,
e Corrado Clini, direttore generale dell’Ambiente accompagnato dal delegato Pdl
ai rapporti con i ministeri Luciano Manno, restano sul vago quanto a cifre
(svariati milioni di euro tra fondi regionali, statali ed europei) ma hanno idee
già chiare sulla filosofia: il Friuli Venezia Giulia necessita di sviluppo e
turismo ecosostenibile. Concretamente? Un turismo a basso impatto ambientale e
con consumi energetici ridotti, immaginato per le persone, non per le auto.
Tra i progetti sotto esame per fattibilità e costi ci sono interventi sulla baia
di Sistiana e ipotesi «ecofriendly» per la riqualificazione urbana del Porto
Vecchio. Ma tra le ipotesi di lavoro c’è anche quella di assicurare una
protezione dai venti alla costa.
Lenna annuncia prossimi incontri con l’Autorità portuale, il sindaco Dipiazza,
la Camera di commercio, «per poter creare un modello ecourbanistico
all'avanguardia sfruttando fondi strutturali». Incontri da allargare anche alla
Slovenia. «Tramite un accordo – prosegue l’assessore regionale – vorremmo
giungere a una cessione di acque a Nord della regione in cambio della
realizzazione di due prese a Sud, nel bacino dello Slizza».
Ieri il primo tavolo di confronto con Roma, sufficiente a concordare una
collaborazione che, auspica Clini, potrà produrre qualcosa di concreto già in un
paio d’anni. Perché i soldi ci sono. «Esiste un fondo – spiega il dirigente
ministeriale – destinato alla promozione di soluzioni ambientalmente favorevoli,
che lo Stato cofinanzia d’intesa con le Regioni». Lombardia, Veneto, Umbria e
Lazio sono già operative sulla progettualità. In Friuli Venezia Giulia?
«Pensiamo anche allo sviluppo di tecnologie avanzate per la produzione di
biomasse energetiche – dice Clini –, soprattutto in ambito montano. Entrambi i
settori, tra l'altro, sono strategici perché si collegano a filiere in grado di
produrre occupazione».
(m.b.)
IL PICCOLO - LUNEDI', 3 novembre 2008
POLITICA ENERGETICA - Il gas del mare croato
nelle case dell’Istria - Il 15 novembre arriverà alle industrie di Siana a
Pola
POLA È sempre più vicino ai consumatori il gas degli enormi giacimenti
sottomarini individuati negli anni ’80 dello scorso secolo al largo della costa
occidentale dell'Istria. Il 15 novembre andrà ad alimentare i grossi utenti
industriali nel rione di Siana mentre per l'uso domestico si dovra' pazientare
ancora qualche tempo.
Un altro grosso consumatore industriale sarà la contestata fabbrica di lana di
roccia della danese Rockwool a Sottopedena. E l’Istria spinge per l'impiego del
gas anche nella futura centrale termoelettrica Fianona 3 che l'Ente energetico
nazionale vorrebbe invece che fosse alimentata a carbone. Intanto è in ritardo
la costruzione del metanodotto Dignano–Umago di 71,5 km che porterà il gas della
stessa fonte fino all'altro capo della penisola istriana, attraversando i
territori di Valle, Rovigno, Orsera, Parenzo, Cittanova e Verteneglio. Stando
agli intendimenti iniziali i lavori dovevano partire nella seconda metà del
2008, però si è sempre in alto mare. Siamo infatti ancora nella fase dei
preparativi e in attesa del licenza di ubicazione. Subito dopo - come afferma
Branko Radosevic, presidente della direzione dell'investitore, ossia l’azienda
statale Plinacro - si procederà alla soluzione delle questioni patrimoniali,
dopodiché si farà richiesta delle licenza edilizia. Il passo successivo sarà la
scelta della ditta appaltatrice dei lavori che potrebbero finalmente partire nei
primi mesi del 2009. Stando alle previsioni, la costruzione del metanodotto
incluse le stazioni del gas a Rovigno, Parenzo, Covri e Umago, dovrebbe
concludersi nell' arco di 7 mesi. Pertanto, come precisa la Plinacro, già alla
fine del 2009 il gas potrebbe arrivare nelle case dei consumatori. Ovviamente a
patto che le reti di distribuzione a livello locale siano pronte.
Ricordiamo infine che il metanodotto magistrale Dignano-Umago avra' il diametro
di 300 millimetri e che il gas al suo interno avrà la pressione di 50 bar. La
sua capacità sara' di 50.000 metri cubi di gas all’ora.
(p.r.)
IL PICCOLO - DOMENICA, 2 novembre 2008
Sistiana, 4 anni per la Cava - Sono i tempi
previsti da una variante presentata per l’edificabile - I permessi furono
bloccati l’anno scorso
MODIFICHE DOPO UNA TRATTATIVA PROPRIETÀ-SOPRINTENDENZA
DUINO AURISINA Circa quattro anni di lavori per completare tutto il progetto
turistico nell’ex Cava di Sistiana. Queste le previsioni sulla base della
documentazione presentata al Comune di Duino Aurisina negli ultimi mesi,
arricchitasi nelle settimane scorse dalla richiesta di una variante rispetto al
Comparto 11, ovvero all'edificato.
Una variante che nasce dal dialogo tra la proprietà del sito e la Soprintentenza
ai beni culturali, attraverso la mediazione del Comune e del sindaco Ret in
prima persona. Lo scorso anno, infatti, proprio la Soprintendenza aveva bloccato
le concessioni edilizie del Comparto 11 e solo dopo mesi il dialogo aperto da
Giorgio Ret tra le parti aveva permesso d’individuare soluzioni condivise
relativamente alla gestione del paesaggio dell’ex sito estrattivo. Soluzioni che
sono contenute appunto nella variante presentata nelle scorse settimane dalla
proprietà della Baia alla Commissione edilizia del Comune duinese, che andranno
esaminate - dice il sindaco - a breve.
L'iter amministrativo, quindi, pare a buon punto tanto che l'intero edificato,
compreso nel Comparto 11, e la parte «a mare», con la realizzazione della
profonda insenatura che costituirà un porticciolo sono state esaminate dalle
autorità competenti. Per il fondo Cava l'iter è ancora in corso, il Comparto 11
ha tutte le autorizzazioni, che verranno integrate a breve con le modifiche
concordate con la Soprintendenza. Un iter lungo molti anni, che a breve vedrà il
proprio punto di arrivo e che ora deve concentrarsi sulla parte operativa. I
lavori sono già sotto gli occhi di tutti: passando lungo la Statale che da
Sistiana porta a Trieste, infatti, la zona di fronte a Borgo San Mauro è
interessata da molti interventi: si sta lavorando sul raccordo stradale che
dalla Statale 14 condurrà all’ex Cava, sulla realizzazione dei nuovi marciapiedi
e del sottopasso pedonale per collegare Borgo San Mauro. Ma il vero cantiere si
trova poco più sotto, sotto il ciglio del costone dell’ex Cava, dove prosegue il
lavoro di messa in sicurezza e si prepara il terreno per l'edificato. Un lavoro
impegnativo che continuerà - a quanto è dato sapere - ancora per tutto
l'inverno.
Solo a messa in sicurezza terminata, quando tutte le zone periferiche saranno
state rinverdite e si saranno realizzati i gradoni previsti per eliminare
l'impatto dell’ex Cava, la proprietà inizierà a pensare alla realizzazione
dell'edificato: il cantiere, allora, si dividerà in più parti e s’inizierà a
costruire.
«È presto - commenta la proprietà - per fare previsioni ma serviranno ancora
quattro anni per vedere completato in tutte le sue parti il progetto turistico
all'interno dell’ex Cava. Quattro anni nei quali il cantiere dovrà realizzare
strade e alberghi, negozi e residence, un porticciolo turistico e ricreare
l'ambientazione di un borgo. Attualmente gli ingegneri e gli architetti stanno
lavorando per gestire gli aspetti idrogeologici e completare, dove necessario,
lungo le pareti il rinverdimento, per eliminare anche le più profonde tracce del
passato, del paziente e lungo lavoro di scavo effettuato per decenni.
Francesca Capodanno
Raccolta differenziata sopra la media nazionale a
Gorizia e Pordenone. Trieste è il fanalino - Lenna: un termovalorizzatore
nel Piano rifiuti
TRIESTE Gorizia si conferma la provincia più virtuosa in materia di raccolta
differenziata: nel 2007 ha toccato quasi quota 53% (+7,5% rispetto al 2006).
Trieste, al contrario, non si stacca dall’ultimo posto in regione. Peggiora,
anzi, di qualche decimo: da 17,71% a 17,08%. In Friuli, Pordenone continua ad
andare meglio di Udine: 15 punti percentuali in più per la provincia della
Destra Tagliamento.
I NUMERI La fotografia della raccolta differenziata in Friuli Venezia Giulia
viene scattata anno dopo anno dalla sezione regionale del catasto dei rifiuti
una volta raccolti i dati provenienti dai 219 comuni della regione. Il quadro
del 2007 è definitivo: 605.982 le tonnellate di rifiuti prodotte, circa 4.400
più del 2006. Quanto alla differenziata, Gorizia è nettamente in testa con il
52,95%, quindi Pordenone con il 49,45% (2,5 punti in più del 2006), Udine con il
34,75% (meno di un punto di crescita), chiude Trieste appena sopra il 17%.
GLI OBIETTIVI Grazie a Pordenone e Gorizia la media regionale è del 36,79% (8
punti di crescita rispetto al 2004), sufficiente a superare l’obiettivo del 35%
fissato per il 2007 dal testo unico ambientale, il decreto legislativo 152 del
2006. Quel decreto, però, aumenta l’asticella per gli anni successivi: già nel
2008 le amministrazioni locali devono raggiungere il 45%, nel 2010 il 50%, nel
2012 il 65%, poco meno del quadruplo dell’attuale raccolta differenziata in
provincia di Trieste.
IL COMMENTO «Gli obiettivi che ci sono posti davanti non sono facili da
raggiungere – ammette l’assessore regionale Vanni Lenna – ma quelli sono e
quelli dobbiamo impegnarci a inseguire». Il primato di Gorizia e le difficoltà
di Trieste? «Si trattata di trend confermati. Gorizia si è avviata da tempo su
una strada virtuosa e ora ne raccoglie i frutti. Trieste continua invece a
faticare per la conformazione del territorio e per la presenza di molti anziani.
Quella della differenziata è una cultura non facile da assimilare in tempi
brevi».
LA REGIONE Che farà la Regione per incrementare quei numeri? Lenna annuncia a
fine novembre un convegno «che porrà le basi per definire il Piano regionale di
raccolta rifiuti». Un Piano, prosegue l’assessore, «che poggerà su tre pilastri:
differenziata, termovalorizzazione, informazione». Per termovalorizzazione non
si intendono più, tuttavia, gli inceneritori. Non quelli tradizionali almeno. Si
punta sui dissociatori molecolari, considerati «puliti».
DIMENSIONI E COSTI Un impianto da 20mila tonnellate, in grado di coprire un
bacino produttore di 50 mila tonnellate di rifiuti occupa, compresa la
movimentazione, lo spazio di un campo: 3mila metri quadrati. Il costo è di 8
milioni di euro.
(m.b.)
IL PICCOLO - SABATO, 1 novembre 2008
Menia sul no della Slovenia al rigassificatore:
«L’Italia va avanti, per l’Ue è tutto in regola»
La Slovenia dice ancora no al rigassificatore di Zaule, come pure alla soluzione
off shore nel golfo triestino, e pronte arrivano le repliche dall’Italia.
Risposte dal contenuto chiaro sia da Trieste, che da Roma: la visione espressa
dalla vicina Repubblica merita il dovuto rispetto, ma le decisioni spettano a
chi, sul territorio, è il padrone di casa. Specie se da Bruxelles il giudizio
comunitario sulle procedure tecniche messe in piedi fin qui dal governo italiano
sul progetto per l’area ex Esso risulta positivo. «Per quanto ci riguarda -
chiarisce subito il sottosegretario all’Ambiente, Roberto Menia - la procedura
portata avanti è stata corretta sotto il profilo bilaterale, vista la riunione
tecnica comune con la Slovenia in cui abbiamo chiarito ogni passaggio. Si
sappia, peraltro, che l’Unione europea ha confermato come l’iter italiano
sull’applicazione delle norme sia stato corretto. L’ha sancito una dichiarazione
ufficiale da parte del commissario europeo all’Ambiente, il greco Stavros Dimas».
Quanto alla lettera inviata dal ministro sloveno Janez Podobnik al suo alter ego
italiano Stefania Prestigiacomo, Menia mostra gli artigli: «La mia reazione è di
stupore, non è una cosa corretta che le anticipazioni di questi atti vengano
lette prima sui giornali. O c’è qualche talpa, oppure si tratta di cose fatte ad
arte».
Sulla doppia firma del ministero dell’Ambiente e di quello dei Beni culturali
sul decreto, che Gas Natural auspica arrivi a fine mese, l’esponente di An non
si sbilancia: «Quando una procedura si conclude bene tecnicamente, di solito poi
c’è la firma dei ministeri. Tuttavia, non so dire oggi, anche perché non mi
spetta, se in questo caso il documento verrà sottoscritto. Come considerazione
generale, aggiungo solo che questo governo ritiene ci debba essere una prima
fase del modello di sviluppo italiano nella quale è previsto si dislochino dei
rigassificatori in alcune aree del paese. Una delle zone indicate è quella di
Trieste. Ma tutto si deve concludere in piena trasparenza».
«Prendiamo atto della lettera inviata dal ministero sloveno - è il pensiero del
sindaco di Trieste, Roberto Dipiazza -. Ma siamo uno stato sovrano e possiamo
prendere delle decisioni, anche se non sono condivise da tutti». Sulle ricadute
positive del progetto da oltre 500 milioni di euro relativo al terminale di
rigassificazione nella zona di Zaule, Dipiazza continua a non avere dubbi: «Lo
ribadisco, è un’opportunità per la nostra città e in prospettiva andrebbe anche
a risolvere la situazione della bonifica nell’area ex Esso». Quanto ancora alla
posizione slovena, il sindaco aggiunge: «Quando la Slovenia ha realizzato la
centrale nucleare di Krsko, nessuno ci ha chiesto il permesso. E, fra l’altro,
se dovesse saltare in aria, una struttura del genere provocherebbe la morte di
migliaia di persone. Qualora capitasse la stessa cosa al rigassificatore,
avremmo eventualmente qualche ferito. La differenza fra i due casi è
sostanziale».
Poche preoccupazioni anche per Gas Natural, dopo l’atto formale firmato da
Podobnik. «Riguardo la lettera, non prendiamo alcuna posizione ufficiale perché
non ci sentiamo parte in causa in questo quadro - spiega il responsabile delle
relazioni esterne di Gas Natural Italia, Giuseppe Muscio -. Non siamo stati
coinvolti formalmente, si tratta di una questione fra i due paesi. Dal canto
nostro, ci siamo attenuti e continuiamo ad attenerci alla legge italiana.
Abbiamo ottenuto il parere favorevole della commissione Via e ora l’augurio che
ci facciamo è quello di avere presto la firma dei ministeri dell’Ambiente e dei
Beni culturali sul decreto».
A favore della costruzione dell’impianto del colosso spagnolo dell’energia, si
schiera anche la Femca (Federazione energia, moda, chimica e affini) Cisl, per
voce del suo segretario provinciale Mauro Ferrante: «Siamo favorevoli al
rigassificatore perché in un momento di crisi sul piano dell’approvigionamento
energetico, il fatto di potersi servire direttamente sul territorio senza
attingere da altri paesi porterebbe indubbi vantaggi per le nostre aziende.
Risparmierebbero e sarebbero più concorrenziali sul mercato. Sui risvolti
collegati all’impatto ambientale, non spetta a noi dare giudizi visto che ci
sono degli enti preposti a questo».
In Slovenia c’è attesa per sapere dal nuovo esecutivo di centro-sinistra se in
futuro vi sarà effettiva continuità sul rifiuto dell’ipotesi di un
rigassificatore a Zaule o nel golfo di Trieste. Il neo-premier Borut Pahor
dovrebbe pronunciarsi lunedì sul nome definitivo del nuovo ministro
dell’Ambiente, gli analisti intanto scommettono che la visione della maggioranza
non potrà essere meno «ambientalista» rispetto a quella dei predecessori di
centro-destra. Una condotta che potrebbe portare, come eventuale ultimo passo,
al ricorso al Tribunale europeo di Lussemburgo contro le decisioni da parte
italiana.
MATTEO UNTERWEGER
SERVOLA - FERRIERA - Scontro tra il «Miani» e le Rsu
Fim, Fiom e Uilm
È scontro tra il Circolo Miani, che con Servola Respira e al Coordinamento
comitati di quartiere porta avanti da anni la battaglia contro la Ferriera, e le
Rsu di Fim Fiom Uilm. Sul sito www.circolomiani.it il Circolo attacca i
sindacati: i delegati Uil e Cisl hanno avviato nello stabilimento una raccolta
di firme su una denuncia-querela contro le «notizie esagerate o palesemente
fasulle» - così il delegato Uil Franco Palman - diffuse «da politici
irresponsabili e leader di minuscole associazioni rionali»: iniziative che
turberebbero «l’ordine pubblico e la serena convivenza nel mondo del lavoro».
Ma la denuncia-querela produce, contrattacca il Miani via web, solo «la rottura
definitiva di ogni possibilità di contatto con quella opinione pubblica e con le
migliaia di persone rappresentate - rivedersi le immagini delle tante
manifestazioni cittadine e fare il confronto con le pochissime decine di
lavoratori impietosamente fotografati alle assemblee sindacali - da quelle
“minuscole associazioni rionali” che si limitano a diffondere i dati ufficiali
della Procura, del Cigra, della Direzione centrale del ministero dell’Ambiente,
e perfino dell’Arpa». Le stesse associazioni, prosegue la nota, che «nel 1999
hanno raccolto in poche ore 2436 firme autenticate in calce all’esposto di 53
pagine sull’inquinamento prodotto dalla Ferriera».
«Strano - dice ancora il Miani - che le Rsu non abbiano mai pensato di
denunciare veramente chi in questi anni ha diffuso balle sugli investimenti
fatti e sulla riduzione dell’inquinamento prodotto dalla Ferriera». Il
«sindacato, Rsu in testa», viene definito «più attento agli interessi della
proprietà che a quelli dei lavoratori». Su www.circolomiani.it, poi, si riporta
che la raccolta di «firmette operaie», sebbene «i maligni dicono che vengano
tirate su anche negli spogliatoi e sotto le docce in calce non più alla
denuncia-querela ma ad un più modesto esposto», siano «sotto le 250 unità».
Fim Fiom e Uilm si dicono «stanchi del provocatorio e continuo delirare del
Circolo Miani». «Quello dei presunti maligni è un errore che va scritto al
singolare e ha un nome a tutti noi ben conosciuto». Dopo avere ricordato di non
essere «sovvenzionati da introiti regionali come il Circolo Miani», Fim Fiom e
Uilm ribadiscono che «a noi per vivere serve un lavoro» e parlano di «pesanti e
ignobili insinuazioni sul sindacato» con l’obiettivo «di dividere i lavoratori».
Le Rsu - si legge ancora nella nota - hanno «chiaro il significato e la
differenza tra il difendere il posto di lavoro e il difendere gli interessi
della proprietà». Infine, un invito: «Smettetela di provocarci».
CONSUMATORI - il mensile dei soci COOP - novembre 2008
Differenziare i rifiuti - "Ma e' util anche acquistare prodotti senza imballaggi"
In un convegno a Trieste, che ha visto tra i promotori
Coop Consumatori Nordest, sono state messe a fuoco le azioni che occorre
sviluppare sul tema della spazzatura: dal suo recupero e riciclo alle campagne
di sensibilizzazione di giovani e adulti.
Invito
IL PICCOLO - VENERDI', 31 ottobre 2008
Lubiana scrive a Roma: no al rigassificatore - Il
governo sloveno teme ricadute transfrontaliere sull’ambiente: «In pericolo pesca
e turismo»
IL PROGETTO DI GAS NATURAL PER ZAULE
La costruzione del rigassificatore a Zaule per la Slovenia resta una
soluzione inaccettabile. Lo ha ribadito ieri il ministro sloveno dell'ambiente
Janez Podobnik nella lettera inviata al ministro italiano dell'ambiente e della
tutela del territorio e del mare Stefania Prestigiacomo.
Nel documento, Podobnik ha riassunto i risultati dello Studio di valutazione
dell'impatto transfrontaliero del progetto della Gas Natural sul rigassificatore
nel comune di Muggia. Si tratta di un’analisi effettuata da esperti sloveni
sulla base della documentazione fornita la scorsa primavera dall'Italia. Gli
esperti ritengono che l'impatto ambientale transfrontaliero sarebbe rilevante,
per cui nello studio si esprime parere negativo in merito al progetto.
È ancora in fase di preparazione, invece, lo studio sull'impatto ambientale
transfrontaliero dell'altro progetto di rigassificatore nel golfo di Trieste,
quello per il terminal off shore, in mezzo al mare. Il ministro sloveno ha
comunicato che dei risultati dello studio informerà anche la parte italiana
della commissione tecnica mista italo-slovena, costituita lo scorso settembre
proprio per seguire i passi fatti nella direzione della realizzazione dei
rigassificatori.
Janez Podobnik è alla fine del suo mandato, ma è poco probabile che la posizione
slovena cambi con la costituzione del nuovo governo. Contro i rigassificatori
nel golfo di Trieste si sono espressi negli ultimi anni sia la politica locale
(non solo il Consiglio comunale di Trieste, ma anche quelli di San Dorligo della
Valle e Muggia) sia gli ambientalisti sloveni, oltre alle autorità locali delle
città della costa slovena.
Si temono infatti ricadute transfrontaliere sull'ambiente, con pesanti
conseguenze per il turismo e la pesca. Il terminal off shore – sempre secondo
chi contesta gli impianti – porterebbe necessariamente alla violazione delle
norme internazionali sulla navigazione sicura.
Poche settimane fa il presidente della Commissione interministeriale slovena per
i rigassificatori, Marko Starman, aveva auspicato l'adozione di strategie e
programmi comuni per l'Adriatico, e l'individuazione di siti e tecnologie
conformi ai criteri ecologico–ambientali. Realizzare progetti condivisibili di
impianti energetici nell'Alto Adriatico è possibile, sostengono a Lubiana, ma un
rigassificatore nel golfo di Trieste, così come è concepito, non è la soluzione
giusta.
Da Roma non è arrivato ancora alcun commento ufficiale sulla lettera inviata da
Podobnik: non è stato possibile fino a tarda sera contattare il sottosegretario
triestino all’Ambiente, Roberto Menia, a causa dei suoi impegni istituzionali.
Nessuna replica sulla questione è giunta nemmeno da Gas Natural. Dalla sede
italiana del colosso spagnolo dell’energia hanno fatto sapere solo come continui
l’attesa per la decisione congiunta sul progetto da parte dei ministri
Prestigiacomo (Ambiente) e Bondi (Beni culturali), che dovrebbe arrivare -
questo è l’auspicio della società - a fine novembre. Gas Natural, in ogni caso,
conferma la propria convinzione relativamente alla bontà del lavoro svolto per
quanto riguarda gli approfondimenti e la documentazione presentati a Roma. E,
per fornire il quadro informativo più preciso possibile ai cittadini, ha deciso
di pubblicare sul proprio sito (www.gasnaturalitalia.com) gli studi integrativi
dell’impatto ambientale legati al progetto del rigassificatore di Zaule.
Disponibile la
documentazione tecnica relativa al progetto per
la costruzione di un rigassificatore nel vallone di Zaule:
www.gasnaturalitalia.com
FERRIERA - Servola, circoli delusi dall’incontro in
Regione: Tondo non li ha ricevuti - ISTANZE RACCOLTE DA BALLAMAN E LENNA
L’unico risultato portato a casa è stato quello di ottenere per giovedì
prossimo la convocazione congiunta della Seconda e Quarta commissione
consiliare. Un risultato peraltro definito «deludente», visti gli obiettivi che
ieri avevano mosso i rappresentanti del Circolo Miani, di Servola Respira e del
Coordinamento comitati di quartiere a presidiare il palazzo della Regione di
piazza Oberdan.
I cittadini si erano infatti dati appuntamento alle 14 per incontrare, oltre al
presidente del Consiglio regionale Edouard Ballaman e l’assessore all’Ambiente
Vanni Lenna, il presidente Renzo Tondo, con l’obiettivo di valutare i motivi per
i quali a due mesi dalla conclusione dell’istruttoria sulla revisione
dell’Autorizzazione integrata ambientale alla Ferriera, non era stata ancora
fissata la data di convocazione della Conferenza dei Servizi, chiamata a
pronunciarsi sul ritiro dell’Aia allo stabilimento del gruppo Lucchini.
Il governatore però non li ha incontrati e ha dato mandato a Lenna di ascoltare
le istanze dei comitati, accolti alle 15.15 da Ballaman e dai capigruppi
consiliari nella sala verde. Tutti i rappresentati della forze che siedono in
consiglio presenti alla riunione (Kocijancic, Alunni Barbarossa, Lupieri, Ferone,
De Mattia, Tononi e Sasco) hanno sottolineato la grande attenzione posta sulla
questione. «Abbiamo monitorato la situazione con l’Arpa - ha riferito Lenna - Va
iniziata la revisione dell’Aia e la procedura per la Conferenza dei servizi, ma
si deve ricordare che la Lucchini ha presentato ricorso e occorre attendere il
pronunciamento del Tar. Il tema della chiusura e della riconversione va
affrontato in un confronto tra Regione, proprietà e tutti coloro che hanno un
ruolo attivo, pensando anche alle persone che non troverebbero più occupazione.
Con il ministero stiamo elaborando un accordo di programma per mettere in
sicurezza il sito».
(ti.ca.)
Anche studenti con operai e sindacati per difendere il
lavoro alla Ferriera
Attorno alla Ferriera si scalda un nuovo movimento. Fa rialzare la testa
agli operai e a un certo sopito orgoglio di fabbrica contro la politica in
doppiopetto che la rifiuta. Rafforza i sindacati che chiedono lavoro e più
industria. E, novità inedita, aggrega infine gli studenti. Dalla piazza dove
protestano per i tagli alla scuola ieri si sono trasferiti al Circolo aziendale
di via San Lorenzo in Selva portando solidarietà al nuovo comitato «Una città
per il lavoro» alla sua prima presentazione pubblica. «I vostri figli - ha detto
Pierre Ginon del gruppo ’’La scintilla’’ - non potranno più andare
all’università, la scuola che ci stanno costruendo sarà solo per le élite dei
ricchi, siamo solidali con voi mentre difendiamo la scuola pubblica».
Una svolta inattesa. Al Circolo della Ferriera pieno di operai usciti dal turno
aveva appena parlato la fondatrice Norvena Pecorella, la mamma uscita tempo fa
alla ribalta in difesa del salario del figlio, presentata dal consigliere
comunale Roberto Decarli (Cittadini), per 30 anni dipendente della Ferriera: «La
signora - ha detto - ha avuto il merito di riportare umanità nel dibattito sulla
fabbrica». «Voglio dare una mano ai sindacati - ha detto la Pecorella,
affiancata dal marito Dario Pedrocchi e da Silvia Carboni -, voglio una
centralina dell’Arpa anche sotto casa mia, voglio chiedere che cosa faranno i
nostri figli e nipoti, non voglio assistenzialismo per Trieste, non voglio che
si finisca come con l’Aquila e oggi la Caffaro, e voglio capire perché a Servola
c’è gente che insiste per essere ammalata quando l’Azienda sanitaria dimostra
che non lo è». Accuse sono state rivolte ai comitati anti-inquinamento: «Ricordo
queste persone quando bisticciavano per avere le case sui terreni della Ferriera
- ha detto la Carboni -, sono gli stessi che ormai in pensione oggi vogliono
rivalutare gli appartamenti, mi danno profondamente fastidio». Franco Palman (Rsu
Uil) ha parlato di «terrorismo psicologico» da parte «di politici che fanno
scappare gli industriali». Antonio Saulle (Fiom Cgil): «A Trieste manca
qualunque idea di sviluppo per l’industria, che invece è una forma di riscatto
per i giovani che non finiscono la scuola, questa città non vuole mai difendere
le sue aziende, e il primo che non lo fa qui è l’imprenditore, dobbiamo invece
tornare a ragionare sul lavoro». Vivo il ricordo delle battaglie del ’94 per
impedire che la fabbrica chiudesse. Dicendo «difendiamo Servola per difendere la
città» il sindacalista ha offerto al governatore Tondo un compito alternativo a
quello di chiudere la Ferriera: «Discuta col governo di un nuovo sviluppo della
siderurgia in Italia, questo paese s’indebita per comprare energia». Luigi
Pastore (Failms-Cisal) ha invocato «meno inquinamento per poter contenere le
rimostranze dei cittadini». Un altro studente ha messo in guardia da lotte
intestine: «Succederà che l’imprenditore chiuderà la fabbrica dicendo che lo fa
per ambientalismo».
GABRIELLA ZIANI
IL PICCOLO - GIOVEDI', 30 ottobre 2008
Il Comitato di piazza Libertà rilancia:
ecco il controprogetto che salva gli alberi
La riqualificazione di piazza Libertà potrebbe avvenire, facilitando i flussi
pedonali ma anche mantenendone la struttura storica, con l’allargamento del
marciapiede prospiciente la Stazione centrale e il corrispondente spostamento
delle corsie di marcia fino al bordo del giardino, previa eliminazione delle due
corsie di sosta dei bus.
La proposta, elaborata dall’ing. Gianvito Laterza, è stata illustrata ieri
nell’incontro in cui il Comitato per la salvaguardia degli alberi, il Wwf e
Italia Nostra hanno spiegato le osservazioni al progetto per la riqualificazione
della piazza, consegnate di recente al Comune.
Secondo l’ing. Laterza la direttrice verso Corso Cavour e quella verso viale
Miramare non richiederebbero modifiche. Non sarebbe poi necessario abbattere
alcun albero, la larghezza delle corsie attorno alla piazza risulterebbe
equilibrata evitando l’effetto autostrada, e ancora i veicoli provenienti dalle
Rive farebbero, come adesso, un semplice percorso per ritornare indietro.
I fondi risparmiati semplificando l’intervento potrebbero essere usati, sempre
secondo l’ing. Laterza, per realizzare un ingresso al sottopasso interno alla
stazione (dotato di scale mobili o ascensore), e un altro sottopasso, collegato
a quello esistente, con ingresso all’angolo di via Cellini».
In merito alle osservazioni presentate al Comune, la portavoce del Comitato per
la difesa degli alberi, Ilaria Ericani, ha rilevato che «sono rimaste disattese
le previsioni del decreto sui programmi in ambito urbano, cioè la promozione e
la partecipazione degli abitanti alla definizione degli obiettivi e la
partecipazione all’investimento dei privati. Non sono state inoltre effettuate –
ha aggiunto – valutazioni dell’impatto ambientale del progetto, previste dalle
direttive europee, in relazione alla qualità dell’aria e al livello del rumore,
e non si è tenuto conto degli sviluppi futuri del traffico».
Critiche alla procedure seguite dal Comune sono state espresse dalla presidente
di Italia Nostra, Giulia Giacomich: «Per la formazione della variante al piano
regolatore – ha sottolineato – il Comune si è richiamato alla legge regionale
52, abrogata da tempo. La variante quindi va rifatta. La variante stessa e il
progetto preliminare – ha proseguito – si richiamano a un programma nazionale
per interventi in quartieri degradati, ma il progetto non persegue le finalità
di tale programma. Inoltre non si tiene conto del valore storico-culturale della
piazza e del giardino, legato alla stazione e al porto che hanno segnato lo
sviluppo della città».
«Il progetto è tutto uno sviamento – ha rimarcato Lia Brautti (Wwf) – dalle
leggi statale e regionale e anche dal regolamento del verde pubblico, che
permette l’abbattimento di alberi in casi di pubblica necessità. La prevista
viabilità disattende poi i principi della rotatoria e dei sensi unici, che ci
sono già, e non risolve le difficoltà di collegamento fra la stazione feroviaria
e quelle delle autocorriere».
(gi. pa.)
Comune, impianti termici più efficienti con la
revisione - Negli oltre duecento edifici coinvolti la rendita è salita del
14 per cento
INTERESSATI 50MILA UTENTI
Un miglioramento nel rendimento degli impianti termici negli edifici
comunali del 14 per cento. Buoni rilievi per quanto riguarda le condizioni di
salvaguardia ambientale: - 21% di presenza di anidride carbonica, - 45% di
ossido di azoto, -88,5% di polveri. Sono questi alcuni dati che sintetizzano il
lavoro svolto nell’ambito della riqualificazione tecnologica degli impianti
termici dal Comune attraverso il contratto di Servizio energia, in
collaborazione con Siram e Sinergie spa del gruppo Acegas-Aps. «Sono 233 gli
immobili riqualificati – ha spiegato l’assessore alle Risorse economiche e
finanziarie, Giovanni Ravidà - con oltre 453mila metri quadrati di superfici di
edifici che servono circa 50mila utenti». I dati sono stati diffusi nell’ambito
di un seminario sulla riqualificazione tecnologica degli impianti termici
attraverso il contratto Servizio Energia. «Abbiamo ottenuto positivi risultati –
ha sottolineato Ravidà - con l’ottimizzazione dell’uso degli impianti termici e
con una riduzione delle potenzialità istallate passata da 71.740 kW a 52.762 kW».
Ravidà ha ricordato anche che «sono stati trasformati e alimentati a gas metano
il 97% di tutti gli impianti termici mentre è stata ridotta del 27% la
potenzialità termica installata». Sono stati sostituiti il 57% dei componenti
d’impianto istallati (1.375 unità), con l’istallazione di un sistema di
supervisione e controllo con monitoraggio degli ambienti. «Il passo successivo
sarà di avviare contatti di servizi energetici a risultato, in grado di
comprendere altri servizi manutentivi».
(u. s.)
IL PICCOLO - MARTEDI', 28 ottobre 2008
COMITATO - Piazza Libertà, un controprogetto
Nuovo appuntamento indetto dal Comitato per la salvaguardia degli alberi di
piazza Libertà. Insieme a Italia Nostra e Wwf domani presenteranno il contenuto
delle osservazioni presentate in merito al progetto preliminare e e alla
variante al Prgc del Comune che è stata adottata contestualmente per la
riqualificazione di piazza della Libertà a Trieste e spiegheranno le motivazioni
per le quali le tre associazioni dicono no al progetto. Nell’occasione verrà
presentata da Gianvito Laterza la proposta alternativa per la riqualificazione
della piazza. Nelle scorse settimane i rappresentanti del Comitato hanno
consegnato al Comune le diecimila firme raccolte, oltre a un documento di
opposizione. Nel loro documento è stato sottolineato che «l’attuale sistema
della circolazione veicolare» nella piazza «è il migliore possibile e va quindi
mantenuto fino a quando non sarà possibile attuare finalmente l’accesso alla
città dal cavalcavia di viale Miramare».
Antenne a Monte Radio: «Il Corecom non ha alcuna
competenza» - DEL CAMPO REPLICA AL COMITATO
Il Corecom avrebbe dovuto intervenire per l’eliminazione delle antenne
inutilizzate di Monte Radio? Questo ha sostenuto nei giorni scorsi Antonio
Farinelli come coordinatore del Comitato di Monte Radio. Ma si tratta di
un’affermazione «del tutto» priva «di fondamento».
La replica arriva direttamente da Franco Del Campo, presidente pro tempore del
Corecom stesso che ha retto negli ultimi cinque anni: «Nella lettera - apparsa
prima sul giornale e poi arrivata nei nostri uffici - Farinelli cita numeri e
leggi che evidentemente non conosce per sostenere che il Corecom avrebbe dovuto
intervenire. Il Corecom - precisa Del Campo - non ha alcuna delega da parte
dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, né alcun obbligo né
competenza sul tema in questione. Se Farinelli si fosse rivolto al Corecom -
come migliaia di cittadini hanno fatto in questi anni, ma anche istituzioni ed
enti locali - per presentare il suo problema, avrebbe potuto verificare che il
nostro ente non ha alcuna competenza a riguardo». Invece da Farinelli sono
arrivate solo «accuse improprie, ma che hanno avuto il "pregio" di dare una
piccola visibilità mediatica. Non meraviglia, visto il metodo adottato, se i
problemi che denuncia da anni non siano arrivati ad alcuna soluzione».
Chiude Del Campo: «Se lo ritiene opportuno», Farinelli «può passare quando vuole
negli uffici del Corecom e troverà persone competenti e disponibili, pronte a
esporgli la lettera e il senso delle leggi che ha citato tanto impropriamente».
Veglia: via all’iter per il rigassificatore - A breve
la stesura del piano di impatto ambientale. Saranno sentiti i cittadini
VEGLIA Nelle prossime settimane comincerà la stesura del Piano di impatto
ambientale riguardante il rigassificatore di Castelmuschio (Omisalj), a Veglia,
megaimpianto da un miliardo di euro che dovrebbe entrare in funzione fra 5 o 6
anni. Formulato il documento, che dovrà ottenere l’approvazione del ministero
croato dell’Ambiente, Pianificazione territoriale ed Edilizia, si darà il via al
pubblico dibattito che certamente costituirà un’opportunità per le municipalità
interessate, per ambientalisti e semplici cittadini, che potranno dire la loro
sulla scelta del sito effettuata dal governo e sulle conseguenze che il terminal
metanifero potrebbe avere nell’isola quarnerina e dintorni. I comuni veglioti, e
non solo essi, attendono con impazienza di vedere alla luce il documento che
dovrà contenere anche informazioni dettagliate sugli eventuali danni
all’ambiente da parte del rigassificatore, sia nel corso del normale processo
produttivo, sia in caso di incidente. Proprio nei giorni scorsi le autorità
comunali di Castelmuschio, con in testa il sindaco Tomo Sparozic, hanno
dichiarato di essere a favore dell’impianto Lng nella loro municipalità,
definendosi però contrarie alla sua sistemazione nell’area dello stabilimento
petrolchimico Dina. Ciò in quanto, hanno dichiarato alla stampa, la presenza di
due simili industrie in poche centinaia di metri sarebbe da ritenersi oltremodo
rischiosa per la popolazione e per l’ambiente.
È stato così che Miljenko Sunic, presidente dell’Associazione nazionale degli
esperti in gas e docente alla facoltà zagabrese di chimica industriale, si è
rivolto ai giornalisti per cercare di fugare dubbi e paure. Secondo Sunic, la
Dina è il sito migliore per il rigassificatore, in quanto si trova in fondo ad
una lunga insenatura che facilita il trasporto del gas e, grazie alle sue acque
profonde, non costituisce un pericolo per la navigazione delle navi metaniere.
«È da 50 anni che esistono i rigassificatori – così l’esperto – ed ora, con le
tecnologie avanzate, si può affermare che non sono praticamente possibili
incidenti dalle conseguenze catastrofiche. Secondo il mio parere, il danno più
grosso per la Croazia sarebbe quello di restare senza terminal Lng». Insomma,
per Sunic sarebbero prive di fondamento le tesi degli ecologisti quarnerini e
istriani sulla devastazione ambientale cui andrebbe incontro questa regione
nordadriatica in presenza di un rigassificatore.
(a.m.)
Segna, pronto il primo generatore del parco eolico
- INVESTIMENTO DI 57 MILIONI DI EURO DI UNA SOCIETÀ MISTA ISTRO-TEDESCA
FIUME Come da programma, in questi giorni una decina di chilometri a monte di
Segna è stato innalzato il primo dei generatori di 80 metri di altezza previsti
dal progetto del «parco eolico» in zona Vrataruša. Una volta ultimato - con i
suoi 42 megawatt di potenza installata – il «parco» sarà la maggiore fonte di
energia prodotta dal vento non solo in Croazia, ma in tutta l'area del Sud-Est
Europa. Se le condizioni meteo lo consentiranno, e bora permettendo, dall'inizio
dell'anno prossimo l'intera batteria di 14 generatori fornirà sui 125 milioni di
kilowattora di corrente all'anno, sufficienti a sopperire al fabbisogno
energetico di circa 125 mila utenti. Il progetto della centrale eolica a poca
distanza dal Passo del Vratnik, che dalla litoranea Segna (Senj) permette di
raggiungere l'entroterra superando la barriera naturale delle Alpi Bebie (Velebit),
si deve alla rovignese «Valalta» e al suo partner tedesco, la «Wallenborn GmbH &
Co.KG».
L'investimento per la realizzazione del «parco eolico» di Vratarusa dovrebbe
ammontare all'equivalente di 57 milioni di euro, inclusi gli otto generatori
eolici aggiuntivi, da erigersi in una seconda fase e che faranno salire la
potenza installata a 62 MW. Ciascuno dei 14 piloni di supporto delle eliche
tripala azionate dal vento è alto 80 metri, mentre il diametro delle eliche è di
45 metri. Il trasporto dei piloni e delle eliche da Segna alla zona prescelta ha
richiesto anche l'apprestamento di una strada di accesso di 3,5 km. Da qui il
costo piuttosto elevato del progetto. L'investimento predetto – al quale ha
contribuito in minima parte anche il Fondo statale per le fonti energetiche
alternative – comprende inoltre l'apprestamento di una centrale di
trasformazione e la posa del cavo interrato di allacciamento all'elettrodotto da
110 kilovolt Segna-Crikvenica.
(f.r.)
CAROVITA - Ecorisparmio condiviso
In data 26 agosto abbiamo presentato, discusso e approvato nel consiglio della
4.a circoscrizione una mozione in cui si è impegnato il presidente della stessa,
e di conseguenza l’assessore comunale di competenza, ad attivarsi al fine di
promuovere iniziative già sperimentate di «eco-risparmio», quali ad esempio la
vendita di prodotti «sfusi» sia solidi sia liquidi, attraverso la creazione di
un tavolo di lavoro e confronto con le categorie commerciali presenti sul
territorio. Tutto ciò per aiutare concretamente chi si trova in difficoltà
economiche a causa del carovita e consentire, quindi, un notevole risparmio
sulla spesa quotidiana (dal 20 al 70%).
Nonostante avessimo accolto alcuni emendamenti (vedi il coinvolgimento
nell’iniziativa non solo della grande ma anche della piccola e media
distribuzione), la mozione è stata approvata dall’opposizione, con l’unico voto
di un esponente di An; gli altri consiglieri di An si sono astenuti mentre Fi ha
votato contro in quanto a loro avviso non «rientrata nei compiti del Comune». Ma
non stanno governando loro la città?
In data 9 ottobre 2008 abbiamo letto su Il Piccolo nella pagina Rioni, che nella
6.a circoscrizione il gruppo di An ha presentato una mozione simile alla nostra,
approvata in tal caso all’unanimità.
A quasi due mesi di distanza, anche An e Fi hanno evidentemente apprezzato la
validità della nostra proposta (i primi non l’avrebbero presentata e gli altri
votata favorevolmente).
Ne siamo contenti perché ora sul tavolo dell’assessore competente ci sono due
richieste che vanno nella stessa direzione, una proposta dall’opposizione (Pd) e
una dalla maggioranza (An).
Siamo sicuri che riceveranno l’attenzione necessaria in quanto il benessere dei
cittadini dovrebbe essere un obiettivo condiviso che va al di là
dell’appartenenza politica.
I consiglieri del Pd della IV circoscrizione - Domiziana Avanzini - Lucia
Barbo - Giuliana Giuliani Cesaro - Luigi Franzil - Elena Pentassuglia
ALBERI - In piazza Libertà
Egregio signor sindaco, il cartello affisso ad un palo di piazza Libertà ricorda
e raccomanda a noi cittadini che il verde oltre a essere un bene prezioso
appartiene a tutti, pertanto rispettarlo non costa nulla.
Conservarlo e rispettarlo dovrebbe rientrare nei doveri del Sindaco e delle
istituzioni che dovrebbero rappresentarci.
Eva Bercè
IL PICCOLO - DOMENICA, 26 ottobre 2008
Bonifiche, nuovo stop all’accordo di programma -
Testo diverso da quello già approvato dagli enti: costi a carico
di aziende. Ezit estromesso dai firmatari
SALTA ANCHE LA DATA DEL 31 OTTOBRE
Si allontana, ancora una volta, la firma dell’accordo di programma per la
messa in sicurezza e la bonifica del Sito inquinato. Il 31 ottobre, già
annunciato ufficialmente come data per la sigla (dopo che il 15 settembre, altro
termine dato per certo, era trascorso senza passi in avanti), non potrà essere
rispettato. I contenuti del testo discusso giovedì scorso, nella riunione
convocata in Regione dal sottosegretario Roberto Menia, risultano infatti
piuttosti diversi dalla bozza di accordo che gli enti locali avevano approvato
nei primi mesi dell’anno.
I problemi emersi sono di vario genere: i costi che vengono messi a carico delle
aziende, i finanziamenti che risultano essere solo quelli del ministero
dell’Ambiente (e non degli altri due dicasteri, Sviluppo economico e
Infrastrutture, come invece annunciato), l’obbligo per gli enti locali di
anticipare risorse per le bonifiche e la scomparsa dell’Ezit dai firmatari
dell’intesa.
Drastico il commento del parlamentare Ettore Rosato (Pd): «Il giudizio lo
daranno gli imprenditori quando si renderanno conto che è un accordo costruito a
loro spese, che rovescia cioè i costi sulle aziende. Va rispettato poi il
principio secondo cui chi non ha inquinato non paga; se salta, viene meno la
possibilità di arrivare realmente alla bonifica dell’area».
Quanto al nodo dei finanziamenti, Rosato rivolge un invito indiretto a Menia:
«Confido molto che faccia valere il suo ruolo per ottenere che i fondi del
ministero dell’Ambiente arrivino anche a Trieste. Le premesse perché ce li
portino via tutti ci sono già».
E che quello dei fondi sia un problema tutto da chiarire lo conferma la
presidente della Provincia, Maria Teresa Bassa Poropat. «Le risorse di cui si
parlava nell’accordo precedente sono notevolmente diminuite. Tutto si basa –
sottolinea – sul fatto che i privati provvedano: se è un privato grande ce la
fa, ma per i piccoli imprenditori cifre sui 10-20mila euro possono essere un
problema».
E per quanto riguarda i tempi, oltre alla necessità di un approfondimento
tecnico, il documento dovrà passare al vaglio della giunta provinciale. «Visto
che prima della firma dovrebbe essere convocato un incontro tecnico-politico –
annota la Bassa Poropat – non credo che realisticamente riusciremo a essere
pronti per il 31 ottobre».
Ma al di là delle procedure di ciascun ente, c’è un altro aspetto tutto da
definire. La bozza di accordo prevede infatti che le amministrazioni locali
siano tenute ad anticipare certe risorse. «Stiamo scherzando? Chi mi dà questi
soldi? Anche la Regione si è detta perplessa», rimarca la presidente della
Provincia, che aggiunge: «Questo vorrebbe dire che dobbiamo aprire una posta di
bilancio, con un punto di domanda enorme vista l’incognita sulla cifra. Intanto
il ministero dell’Ambiente dice: spenderò dopo, una volta verificato quanto
pagheranno le aziende. C’è bisogno di approfondimenti a vari livelli. Il
documento precedente – conclude – mi sembrava buono. Questo mi pare un po’
raffazzonato. Senza contare che l’Ezit non figura più tra i firmatari».
E se per la Provincia basta il passaggio in giunta, per il Comune di Muggia è
necessario anche quello in consiglio. «Me lo impongono le norme – rileva il
sindaco Nerio Nesladek – perché l’accordo proposto contiene importanti
differenze rispetto a quello che abbiamo approvato a primavera. Non è poi
accettabile che il Comune sia chiamato ad anticipare fondi. E, anche se lo
fosse, dovrebbero poi dirmi quanto mettere a bilancio».
Nesladek è infine molto critico sulla chiamata in causa delle aziende, grandi e
piccole, «che dovranno apportare gran parte delle risorse. Non so – sottolinea –
quanto siano disponibili ad accollare i costi alle imprese, dopo che abbiamo già
approvato un documento che non prevedeva ciò».
GIUSEPPE PALLADINI
Oltre un triestino su 3 è a contatto con l’amianto
- I RISULTATI DI UN SONDAGGIO: I CITTADINI SEGNALANO I SITI PERICOLOSI
Il 36,8% delle persone intervistate per capire quanto oggi i triestini sappiano
dell'amianto ritiene di essere stato a contatto, nella vita lavorativa e non,
con questo materiale. Le donne in particolare affermano di conoscere persone o
di vivere e lavorare loro stesse in ambienti dove c'è ancora presenza di
amianto. Sono alcuni dei dati emersi dal sondaggio commissionato
dall'Associazione esposti amianto Fvg alla Società Alan Normann Comunicazione.
Il sondaggio demoscopico è stato effettuato in settembre mediante interviste
telefoniche su un campione casuale di 800 persone, tutte maggiorenni, residenti
in provincia. Il 16,5% degli intervistati ha dichiarato di avere o conoscere
persone ammalate a causa dell'amianto e l'8,3% ha conosciuto o avuto parenti
deceduti per questo motivo. La percentuale di chi ha parenti, familiari o amici
ammalati è più alta tra hli over55 (25%), mentre è più bassa tra i 18 e 34 anni
(13,8%) e tra i 35 e 54 (17,5%). Preoccupante il dato relativo alla presenza di
discariche abusive o situazioni di chiara presenza di cemento-amianto, oltre il
32% degli intervistati ha dichiarato di aver visto discariche simili nelle zone
in cui vive e lavora: a Cattinara, Montebello, Ferriera di Servola, via Berin,
Carso, via delle Campanelle, ma anche Campo Marzio, Strada di Fiume, vicino alla
Grandi Motori. Nonostante l'impiego di amianto sia ormai proibito dalla legge.
Il sondaggio è stato presentato ieri in un convegno da Massimo Lombardo, della
Alan Normann Comunicazione. «Sono dati importantissimi - ha spiegato Aurelio
Pischianz, presidente dell'Aea Fvg -, li consegneremo alle istituzioni che
potranno farne tesoro». Dopo un approfondimento medico sulla distinzione di
ispessimento pleurico, placche pleuriche e mesotelioma, il dottor Maurizio
Cortale ha invitato le autorità locali ad effettuare rilevazioni aeree per
individuare una mappatura dell'amianto. Molto importante risulta l'assistenza
psicologica per chi è malato: Maddalena Berlino ha evidenziato l'importanza di
un'azione da affiancare a quella medica nei confronti dei pazienti, ma anche dei
familiari. «È un aspetto molto importante - ha concluso il vicepresidente dell’Aea,
Claudio Grizon -, contiamo di offrire ai nostri soci anche questo servizio».
Secondo il 36,1% degli intervistati le istituzioni pubbliche non dedicano la
giusta attenzione a questi problemi, per il 35,9% potrebbero fare di più. Il
32,8% ritiene che deve essere lo Stato a tutelare la salute del cittadino, solo
per il 22,7% dovrebbero occuparsene le aziende, per il 21,5% gli enti locali e
per l'11,6% un'autorità apposita.
(s. st.)
Rigassificatori e politica - DIBATTITO
Dibattito sul rigassificatore a Muggia. Fanno riflettere le cose dette da tre
relatori, due politici e un tecnico. Il primo politico è il sindaco di
Capodistria, Boris Popovic. Le sue durissime parole (durissime in quanto
veritiere, il tono è amabile) sono le seguenti. «Sono molto deluso. Deluso
innanzitutto da Riccardo Illy, che ho conosciuto e con cui ho collaborato; lo
consideravo un amico. Poi ho scoperto che nel periodo della nostra
collaborazione è nata l’idea di due rigassificatori a Trieste, e Illy mi ha
sempre tenuto nascosto i progetti e il suo appoggio alla realizzazione. L’ho
scoperto leggendolo sui giornali. Allora mi sono allontanato da Illy e mi sono
avvicinato a Tondo. Lui era contrario ai rigassificatori, e per questo l’ho
appoggiato. Una volta eletto Tondo ha cambiato opinione e ora è favorevole al
rigassificatore».
Il tecnico è un geologo triestino, Livio Sirovich. Spiega come da semplice
cittadino - «non contrario a nulla preliminarmente» sono le sue parole - abbia
analizzato i documenti della valutazione di impatto ambientale (Via).
La procedura Via, ricorda Sirovich, è quella che lo Stato adotta, attraverso il
ministro dell’Ambiente e il ministro dei Beni Culturali, per quei progetti di
natura complessa e di notevole impatto ambientale. È una procedura trasparente
(tutti gli atti sono consultabili) ed è a tutela di tutti noi cittadini, poiché
un numeroso e qualificato gruppo di tecnici nominati dai ministeri valutano per
noi i progetti. E cosa scopre il nostro concittadino? Scopre 1) che la relazione
che accompagna i progetti della società proponente (Gas Natural) è praticamente
anonima (la carta intestata è priva di nomi e indirizzi di società, i firmatari
sono indicati per il solo nome, è difficile risalire a loro, non ci sono timbri
professionali; e ancora 2) che la parte di maggior importanza, la pagina su cui
si basa il parere della relazione, che è la traduzione di un precedente studio
spagnolo, omette parte della traduzione. Tale omissione, dice e documenta
Sirovich, è tale da cambiare il senso della relazione. Vorrei soffermarmi su
queste enormità.
Quello che è avvenuto 1) è come se un cittadino, uno di noi, volendo ottenere
una qualsiasi autorizzazione edilizia, si presentasse in Comune con i progetti
della ditta costruttrice ma senza una firma (ed un timbro) riconducibili ad un
professionista autorizzato. Nessuno lo farebbe mai, il progetto sarebbe respinto
già all’Ufficio Protocollo, e comunque mai esaminato mancando di un requisito
ineludibile, la paternità (e quindi la responsabilità) del progetto. Nonostante
questa macroscopica carenza la Commissione - l’organismo statale di più alto
profilo tecnico e di maggior garanzia per i cittadini - ha valutato il progetto,
e 2) non si è accorta della macroscopica incongruenza e delle lacune contenute
nello stesso.
Il secondo politico è il sottosegretario all’Ambiente del Governo sloveno.
Riferisce degli incontri avuti con la Commissione della UE. Incontri difficili,
non positivi, anche perchè la Commissione aveva ricevuto solo due proteste per
il rigassificatore, tutte da parte slovena. Come dire: in Italia, in Friuli
Venezia Giulia, tutti d’accordo.
Ognuno tragga la conclusione che crede. Certo è che, se le cose dette sono vere
(ed io sono propenso a crederlo) si può dire che per il rigassificatore, una
volta individuato il sito (Roma non ha mai lesinato le sue attenzioni su Trieste
in campo energetico), non ci sono stati più ostacoli. Chi era al governo
regionale (Illy e il Pd) entusiasticamente d’accordo; l’opposizione ovviamente
contro. Cambiate le maggioranze per il rigassificatore non è cambiato nulla. La
maggioranza è per definizione favorevole (ora Tondo e il Pdl), la minoranza
probabilmente contro (non ha ancora esaurito il giro di valzer necessario). Dai
controlli Via sulla sicurezza e l’ambiente, anche in presenza di documenti
taroccati, parere favorevole. Dai sindaci, anche se indotti a mozioni, votate in
Consiglio Comunale, contrarie al progetto, nessun disturbo: basta inviare le
mozioni solo al Piccolo (figurone) e non alla Commissione Europea. C’è qualcosa
che non va.
Jacopo Rothenaisler
IL PICCOLO - SABATO, 25 ottobre 2008
Wwf: basta potenziare le ferrovie esistenti - UN
CONVEGNO ALLA MARITTIMA
Debernardi: «Con i costi dei progetti sulla Tav si potrebbe raddoppiare
la Udine-Cervignano»
TRIESTE Sfruttare e potenziare le linee esistenti per garantire maggiori
traffici su rotaia. E’ la linea che Andrea Debernardi, consulente del Wwf italia,
porta avanti nel suo studio sulle strategie da perseguire per lo sviluppo della
rete ferroviaria del Friuli Venezia Giulia. Una strategie alternativa, o
quantomeno precedente alle faraoniche opere legate al Corridoio V. La prima di
quattro fasi indicate nel documento presentato ieri alla Stazione Marittima in
un convegno moderato dal giornalista de Il Piccolo, Mauro Manzin prevede il
pieno utilizzo delle linee esistenti che, secondo Debernardi, «consentirebbe di
instradare verso i valichi alpini un volume di traffico pari al 120-130% di
quello odierno». Il consulente del Wwf definisce «buona la rete ferroviaria
presente, in particolare la Pontebbana e le linee che da Udine e Trieste portano
a Venezia, esclusi alcuni tratti da rimodernare come quello costiero tra
Monfalcone e Trieste. Ma nel complesso la situazione è buona ma l’utilizzo della
rete è inferiore alle capacità, penso ad esempio alla linea Trieste-Udine via
Ronchi».
Il flusso di merci potrebbe aumentare fino a 3,5 volte quello attuale con
interventi limitati di potenziamento della rete con il raddoppio della
Udine-Cervignano e della Divaccia-Capodistria o l’ammodernamento della ferrovia
a nord di Udine sulla Pontebbana.
«Si tratta di interventi relativamente a basso costo – afferma Debernardi – Oggi
si spendono decine di milioni di euro per progetti legati al Corridoio V quando
con le stesse cifre si potrebbe raddoppiare la Udine-Cervignano». La terza fase
ipotizzata nello studio comporta interventi più pesanti come il quadruplicamento
della Monfalcone- Bivio Aurisina che, accompagnato da interventi analoghi nella
Villach-Furnitz ed i raddoppi della Treviso-Portogruaro e della
Sempeter-Prvacina consentirebbero di quintuplicare l’attuale flusso di merci che
viaggiano sulle rotaie, «riducendo tempi e costi e senza dover bucare il Carso»
. La Regione, rappresentanta dal direttore centrale trasporti, Dario Danese, ha
garantito massima disponibilità al confronto con gli enti locali e con le
associazioni ambientaliste: «L’assessore Riccardi – ha affermato – conferma la
scelta strategica dell’amministrazione per la linea ad alta velocità ed alta
capacità lungo l’asse del Corridoio V. Resta il problema di come affrontare i
punti critici del sistema ferroviario nel medio-breve periodo».
(r. u.)
Baia, Greenaction contro il progetto - DUE ESPOSTI
DUINO-AURISINA Raffica di esposti di Greenaction Transnational contro il
progetto turistico per la Baia di Sistiana. L’associazione di tutela ambientale
ha presentato due esposti alla Procura regionale della Corte dei Conti del
Friuli Venezia Giulia e alla Procura della Repubblica di Trieste, motivati da
presunte irregolarità del progetto. Una denuncia è anche stata inviata ieri alla
Commissione europea Ambiente, mentre si sta predisponendo una petizione da
inviare al Parlamento europeo.
Questo ha spiegato ieri in una conferenza stampa il responsabile di Greenaction
Transnational Roberto Giurastante: «Durante gli interventi di sbancamento - ha
aggiunto - gli scavi sono andati oltre il perimetro consentito. Toccano infatti
il Sic, e cioè una zona protetta di interesse comunitario: da ciò la denuncia
alla Commissione europea. Ma tutte le nostre accuse e considerazioni sono il
risultato di una nostra approfondita inchiesta presente in un dossier di 180
pagine, dove sono emersi elementi di irregolarità del progetto e danni
ambientali all’ecosistema. Abbiamo anche intenzione di avviare una petizione da
consegnare al Parlamento europeo».
(d.c.)
IL PICCOLO - VENERDI', 24 ottobre 2008
Gelci presidente di Arci servizio civile - ELETTO IL
CONSIGLIO
Oggi alle 17 al liceo Dante inizia il corso sulla «Cittadinanza consapevole» con
«Problemi della democrazia in Italia nell'era della globalizzazione e
dell'integrazione europea». Giorgio Negrelli, ordinario di Storia delle dottrine
politiche alla facoltà di Lettere e Filosofia, parlerà su «L'idea politica di
nazione. Ieri, oggi». Promuovono il Centro studi Dialoghi europei e Laboratorio
democratico Pincherle.
L’Assemblea territoriale di Arci servizio civile Trieste riunitasi nei giorni
scorsi ha eletto all'unanimità per il consiglio Alfio Dilissano (in
rappresentanza dell’Uisp), Giuliano Gelci (che rappresenta invece l’Ics), Nives
Cossutta (esponente di Zskd-Uccs), Alberto Pecorari (Arci Nuova Associazione),
Francesco Mosetti (rappresenta l’Itit) e per il Collegio revisori Ettore
Calandra (in rappresentanza di Lega Ambiente), Diana Tomasi (Arci Nuova
Associazione), Marino Marsic (Zskd-Uccs), Paolo Privitera (Lega Ambiente), Elena
Debetto (Uisp). Alla presidenza di Arci Servizio civile Trieste è stato
nuovamente confermato Giuliano Gelci. «Visto il taglio drastico delle risorse
economiche per il servizio civile, si è deciso di presentare un documento da
proporre a tutte le associazioni, enti, Università della Regione Friuli Venezia
Giulia - si legge in una nota che è stata diffusa al termine dei lavori
dell’assemblea di Arci servizio civile di Trieste - Un documento, questo, che
venga condiviso per iniziative comuni».
Studio sul Corridoio 5: porterà guadagni per 152
milioni annui
TRIESTE La realizzazione del Corridoio 5 potrebbe rendere possibile una
riduzione dei tempi di percorrenza per le persone (circa 3,8 milioni di
passeggeri annui) per un guadagno di 152 milioni di euro in soli dodici mesi. Ma
non solo: parallelamente, infatti, potrebbero raddoppiare (da 10,5 a 21,5) anche
le tonnellate di merci trasportate.
Questi alcuni dei dati più significativi scaturiti, sotto forma di stime, da uno
studio commissionato e coordinato dall’Iniziativa centro europea. Un’analisi
realizzata dalla «Scott & Wilson», società con quartier generale in Gran
Bretagna e specializzata in consulenze sull’impatto delle grandi infrastrutture.
La S&W, tenuto conto anche delle valutazioni degli esperti dell’Università di
Trieste, è giunta alla conclusione che, nonostante gli impegnativi costi, il
collegamento ferroviario ad alta velocità e alta capacità tra Italia e Slovenia,
nell’ambito dello stesso Corridoio 5 (destinato a unire Lisbona a Kiev),
potrebbe comportare ingenti «benefici alla collettività regionale del Friuli
Venezia Giulia».
A evidenziarlo, ieri a Trieste nel corso del progetto comunitario «Cross-5», è
stato Giuseppe Razza (direttore generale del segretariato permanente del
Corridoio 5 dell’Ince) alla presenza dell’assessore regionale alla Mobilità e
alle Infrastrutture di trasporto, Riccardo Riccardi, di Mario Goliani (Rete
ferroviaria italiana), Blagomir Cerne ed Edmund Skerbec (ministero dei Trasporti
sloveno) e di Roberto Camus e Fabio Santorini (Università di Trieste). Razza ha
illustrato lo studio strategico sui scenari futuri derivanti dalla realizzazione
della parte di tracciato tra l’Italia e la vicina Repubblica. «Primo fra tutti -
ha sottolineato - la riduzione dei tempi di viaggio per le persone e le merci
regionali ma anche per chi usa il territorio del Friuli Venezia Giulia e i suoi
porti come piattaforma logistica». Per quanto concerne l’ambiente, inoltre, gli
effetti «saranno altrettanto significativi grazie alla riduzione delle emissioni
inquinanti legate alla sostituzione del trasporto su gomma con quello su
rotaia». E non certo trascurabile anche la «prevista diminuzione degli incidenti
stradali, connessa al maggior utilizzo del treno per un beneficio sociale
indicato in 16 milioni l’anno».
In merito ai tempi per la realizzazione della «Trieste-Divaccia» (tratta
transfrontaliera realizzata con finanziamenti comunitari Interreg). Riccardi ha
ricordato che la Commissione europea ha già stanziato i fondi per il progetto
esecutivo da completare entro il 2010-2011. I lavori, invece, dovrebbero essere
ultimati entro il 2015. Smentita, infine, la voce secondo la quale «la linea
passerà sotto la Val Rosandra: le planimetrie - è stato detto - sono ben
chiare». Della Trieste-Divaccia sono state analizzate anche caratteristiche
tecniche, costi e benefici. «Il tracciato - ha spiegato Ricciardi - è stato
condiviso da Italia e Slovenia. Non possiamo immaginare di costruire il futuro
solo sul trasporto su gomma».
DANIELE BENVENUTI
AcegasAps cede il 40% della nuova società con i
termovalorizzatori di Trieste e Padova - L’OPERAZIONE ENTRO L’ANNO
TRIESTE AcegasAps cederà entro l’anno il 40% di una nuova società in cui saranno
conferiti, a breve, i termovalizzatori di Padova e Trieste. Due impianti che
ogni anno bruciano attorno alle 300 mila tonnellate di rifiuti e il cui valore
complessivo si aggira sui 350 milioni.
La gara, a invito, per la cessione di questo 40% (che vale quindi 140 milioni) è
in corso. Alla multiutility sono già pervenute alcune manifestazioni di
interesse, anche da parte di gruppi internazionali.
Alla base della decisione di vendere parte della nuova società, la volontà di
AcegasAps di creare una piattaforma industriale per allargare il bacino di
utenza, in un settore come quello dell’ambiente dal quale arrivano le maggiori
«soddisfazioni» economiche, mantenendo comunque sempre la maggioranza della
società.
Non è escluso poi che il ragionamento, in corso con soggetti già operano nel
settore ambiente, possa anche portare a un’aggregazione, limitatamente al
comparto ambiente.
Intanto AcegasAps, che fra tutte le società quotate in Borsa del Triveneto è
quella i cui titoli hanno perso meno nelle ultime settimane, lancia una nuova
proposta di aggregazione ad Ascopiave. Il presidente della multiutility
giuliano-padovana Massimo Paniccia ha offerto a quello del gruppo trevigiano
Gildo Salton l’acquisto del 51% di Estenergy (la società di vendita del gas, di
cui Ascopiave detiene da un anno il 49%) nonchè dell’intera rete di
distribuzione del metano.
In cambio AcegasAps chiede un numero di azioni di Ascopiave corrispondente al
valore dell’eventuale cessione. Per il momento si tratta comunque di una
proposta solo verbale, senza alcuna quantificazione degli asset. «Stiamo
valutando la proposta con il nostro advisor – ha dichiarato Salton –. Se sarà
possibile raggiungere un’intesa sui valori, si tratterà di un passo importante
verso l’integrazione tra le due società». E ieri, a margine di un convegno di
Federutility in corso a Pisa, ha aggiunto: «Stiamo cercando di aggregare i
business del gas. C'è un'operazione in corso che spero si concluda entro fine
mese».
Tornando al settore ambiente, AcegasAps è stata contattata di recente dalla
società slovacca Olo, che gestisce raccolta e smaltimento dei rifiuti nelle
capitale Bratislava. Con 360 dipendenti, un termovalorizzatore di cui sta
progettando la terza linea e che tratta 135 mila tonnellate dei rifiuti
all’anno, la Olo è in cerca di partner stranieri, che abbiano una consistente
esperienza nella gestione dei termovalorizzatori, grazie ai quali poter accedere
ai fondi europei.
E la richiesta avanzata ad AcegasAps riguarda proprio la possibilità di
partecipare alla costruzione della terza linea dell’impianto di Bratislava.
Cosi, nei giorni scorsi l’ad Pillon, il vicedirettore Baroncini e il
responsabile commerciale estero Pepe, sono stati a Bratislava, dove hanno
incontrato, oltre ai rappresentanti istituzionali, il direttore generale e il
direttore tecnico della Olo, ai quali è stata data la disponibilità a
partecipare alla costruzione della terza linea. E ora AcegasAps sta iniziando a
valutare i percorsi necessari per arrivare al progetto del nuovo impianto.
GIUSEPPE PALLADINI
Accordo sulle bonifiche: Menia accelera, imprenditori
perplessi - RIUNIONE CONVOCATA DAL SOTTOSEGRETARIO ALL’AMBIENTE
L’accordo di programma del 31 ottobre prevederebbe anche interventi a spese
delle aziende per la messa in sicurezza
Fare prestissimo per concludere l’accordo di programma sul Sito inquinato,
perchè la situazione delle risorse pubbliche è quella che è. Più tempo si perde,
tanto più si rischia che i fondi vengano destinati ad altri ministeri.
Non ha usato mezzi termini il sottosegretario all’Ambiente Roberto Menia, in una
riunione convocata ieri pomeriggio in vista della firma dell’accordo, annunciata
per venerdì prossimo, 31 ottobre.
All’assessore regionale all’Ambiente Lenna, al sindaco Dipiazza, alla presidente
della Provincia Bassa Poropat e al presidente dell’Authority Boniciolli, il
sottosegretario ha poi fatto presente che alle risorse per la messa in sicurezza
e la bonifica del Sito inquinato concorrono altri 62 siti italiani.
E se ciò non bastasse c’è anche la «gara» per accaparrarsele fra quelli che
ricadono sotto la giurisdizione delle Autorità portuali, come nel caso di
Trieste e Piombino.
Intanto, negli ambienti industriali si registra un certo malumore per quanto
l’accordo prevederebbe a carico delle imprese. Una parte delle risorse
necessarie verrebbe infatti dalle transazioni che le aziende sarebbero chiamate
a raggiungere con il ministero per sanare gli inquinamenti del passato e anche
per partecipare alla messa in sicurezza dell’area.
Pare infatti che nel documento riemerga il «famoso» muro di contenimento della
falda acquifera, che già qualche anno fa sollevò un vespaio di polemiche da
parte delle aziende, facendo naufragare il dialogo tra il ministero e le
controparti locali.
Tornando alla riunione di ieri pomeriggio, il sindaco Dipiazza e la presidente
della Provincia hanno fatto presente che, prima di firmare, devono ottenere
l’autorizzazione delle rispettive giunte a siglare l’accordo. Dubbi sono poi
emersi sull’obbligo o meno degli enti locali di inserire, a fronte della firma,
apposite poste nei rispettivi bilanci.
Entrambe le questioni saranno risolte nel giro di qualche giorno. «Ho proposto
di trovarci a brevissimo con la Regione, la Provincia, l’Autorità portuale e il
sindaco di Muggia, assieme ai rispettivi direttori generali – annuncia il
sindaco di Trieste Dipiazza – per capire se, approvando l’accordo, dobbiamo
inserire qualcosa a bilancio. L’assessore regionale Lenna – aggiunge –
convocherà la riunione per la prossima settimana; chiariremo, passeremo in
giunta e poi andremo a firmare».
Sulla validità dell’accordo Dipiazza non ha dubbi: «E’ la soluzione dei problemi
di quella vasta area inquinata – afferma – e quindi porto avanti questo accordo
costi quel che costi. E’ il momento di firmare. Non bisogna avere paura delle
cifre che si dovrebbero pagare per la bonifica, sarebbero comunque molto
inferiori al reale valore dei terreni».
Anche l’Autorità portuale si dice favorevole all’intesa. «Le proposte del
ministero – annota il il presidente dell’Authority, Claudio Boniciolli – sono
soddisfacienti sia sul piano finanziario sia su quello dei tempi, e danno un
notevole contributo alla realizzazione di nuove banchine portuali e della
piattaforma logistica. Soddisfano inoltre tecnicamente, per quanto riguarda
carotaggi e analisi prima della realizzazione delle opere».
(gi. pa.)
Roberto Menia - KYOTO, PROTOCOLLO DA RIVEDERE
L'enfasi e i furori ideologici che hanno animato il dibattito intorno al
perseguimento degli onerosi obiettivi del Protocollo di Kyoto cominciano a
ridimensionarsi e questo permette a tutti coloro che hanno realmente a cuore il
problema di ragionare freddamente. Gli effetti della globalizzazione delle
produzioni e dei mercati, nonché gli effetti pesantemente onerosi
dell'attuazione del discusso Protocollo di Kyoto.
Gli effetti del protocollo per la riduzione delle emissioni di gas ad effetto
serra, stanno da tempo, e non ora, mettendo in crisi l'intero modello di
sviluppo del nostro Paese: quel modello industriale e postindustriale che si è
sviluppato con innegabili successi a partire dalla ricostruzione postbellica.
E' ormai notorio l'emergere prepotente sui mercati mondiali delle produzioni a
bassissimo costo, spesso copiate senza remore e limiti da analoghi prodotti dei
paesi più industrializzati, specie nel campo delle merci a bassa tecnologia
fabbricate con elevato impegno di manodopera. Tutto ciò ha messo in crisi alcuni
importanti settori produttivi italiani: in primo luogo, il tessile e
l'abbigliamento, ma anche alcune produzioni metal meccaniche, per esempio nel
campo degli elettrodomestici, e dell'elettronica di consumo. Nel contempo,
l'obbligo per l'Italia di seguire il Protocollo di Kyoto, a rimorchio dell'ecologismo
esasperato di alcuni paesi dell'Unione Europea, senza peraltro che ad esso si
riuscisse a far aderire i principali produttori mondiali di emissioni ad effetto
serra come Cina e India, minaccia di scaricare sull'intera U.E. e, quindi, su di
noi oneri unilaterali pesantissimi capaci di mettere in crisi interi settori
industriali dal cemento, alla produzione di energia termoelettrica, dalla
chimica alla siderurgia ecc..
Le nostre difficoltà nascono inoltre dalla nostra carenza strutturale di materie
prime energetiche che ci ha costretto ad operare per tempo costosi interventi di
risparmio nei consumi di energia non compresi negli impegni di Kyoto, in quanto
precedenti ad esso. Nel breve periodo il nostro sistema industriale ha reagito
alla globalizzazione concorrenziale delocalizzando nei paesi dell'Europa
dell'Est, oggi entrati nell'U.E., e persino in Asia forti aliquote di produzioni
a bassa tecnologia e ad alta intensità di manodopera.
Ecco perché è venuto il momento per l'Italia di ripensare a cosa fare nel
medio-lungo periodo per adattare il proprio modello di sviluppo alla nuova
realtà della globalizzazione e del risparmio energetico, imposto sia da esigenze
di difesa ambientale sia dalla propria forte dipendenza dall'importazione di
materie prime e di prodotti energetici. Occorre, dunque, un ripensamento globale
del nostro modello di sviluppo, cercando di sfruttare al meglio le opportunità
anche positive che la stessa globalizzazione e i vincoli ambientali ci offrono,
proprio in conseguenza dell'ingresso in campo nella competizione economica
mondiale delle grandi realtà asiatiche in via di rapida e dirompente
industrializzazione, nonché per l'intensificarsi degli oneri energetici dovuto
alle esigenze ecologiche e di inquinamento atmosferico mondiali.
Per questo possiamo affermare con forza l'evidente paradosso che ci sono Paesi
meno inquinatori come il nostro che rischiano di pagare di piu' di quelli che
inquinano veramente. La verita' e' che la riflessione voluta dal nostro governo
ed accolta dal Consiglio Europeo, proprio quello dove nasce il pacchetto
20-20-20 (cioè la riduzione del 20% di emissioni di gas serra entro il 2020 e la
contestuale raggiungimento del 20% di utilizzo di energie rinnovabili e mdi
miglior5amento dell'efficienza energetica), a differenza di quanto affermato
dall'opposizione, e' tutt'altro che una posizione isolata ma condivisa
largamente e pubblicamente da molti paesi, come ha ribadito il Presidente
Berlusconi. L'impegno che si era inteso prendere per ridurre le emissioni di
CO2, prima della riflessione chiesta ed ottenuta dal nostro governo, peserebbe
troppo sul bilancio delle nostre imprese. Secondo le stime più rigorose e
attendibili l'attuazione, sic stantibus rebus, del Protocollo di Kyoto verrebbe
a costare all'Italia 181,5 miliardi di euro. Una cifra che in un momento di
storica crisi economica, con la recessione alle porte, si abbatterebbe come una
mannaia sulle nostre imprese che sarebbero costrette a licenziare migliaia di
dipendenti. Consolerebbe le famiglie di questi lavoratori sapere che con
l'adesione a questi parametri otterremo lo 0,3% in meno di emissioni globali?
Dice Bjorn Lomborg, lo scienziato autore del citatissimo libro "L'ambientalista
scettico", che i costi legati alla riduzione delle emissioni sono enormi anche
in termini di abitudini sociali: sarebbe infatti, con una metafora, come pensare
di eliminare gli incidenti stradali costringendo tutti a viaggiare a 5 Km orari.
Modalità meno onerose per raggiungere obiettivi similari ce ne sono d il dovere
di un Governo responsabile è quello di cercarle ed i convincere i partners
europei che c'è un tempo per i sogni ed un tempo per la concretezza.
Per questo e giustamente l'Italia ha chiesto una pausa di riflessione con
l'intento di giungere ad una rinegoziazione del protocollo di Kyoto. Questa
rinegoziazione, nel momento in cui tutti gli analisti concordano sul cambiamento
epocale delle regole economiche stesse e in cui si ipotizza di rivedere altri
trattati internazionali come quello di Bretton Woods, sarà un'opportunità
importantissima. E' l'opportunita' di ridiscutere, tenendo presenti le
specificità e le diverse condizioni di partenza, paese per paese, obiettivi che
impegnano anche eticamente Abbiamo di fronte lo sviluppo economico del nostro
Paese e più vastamente quello che sara' il futuro del Pianeta.
On. Roberto Menia - Sottosegretario all’Ambiente
Doppiette e ambientalisti alleati per vietare la caccia
in braccata - ESPOSTO IN PROCURA
TRIESTE Ambientalisti e cacciatori – oltre 10mila in regione, 500 nel Carso
triestino e goriziano – si uniscono per stoppare la caccia in braccata, quella
con il segugio all’inseguimento di cervi e caprioli. «La caccia ha un’etica»,
premette il presidente del Circolo friulano cacciatori Marco Buzziolo
presentando l’esposto, di cui è primo firmatario, alle Procure di Udine e
Pordenone «contro una pratica illegale che trova spazio solo in Friuli Venezia
Giulia, unico in Italia a non vietarla». Sentito l’Istituto superiore per la
protezione e la ricerca ambientale, i firmatari hanno trovato conferma che la
caccia in braccata «contrasta con il dettato di due leggi nazionali».
Carico di scorie radioattive imbarcato a Capodistria -
Il materiale trasportato in treno dall’Ungheria Operazione pagata dagli Usa
CAPODISTRIA Un treno speciale con un carico di materiale radioattivo, tra cui
uranio altamente arricchito, ha attraversato il mese scorso la Slovenia.
Proveniente dall'Ungheria, il carico è stato imbarcato a Capodistria su una nave
diretta al porto russo di Murmansk, da dove è stato trasferito in un deposito di
massima sicurezza a Mayak, in Siberia. La notizia è stata diffusa ieri
dall'agenzia di stampa americana Associated Press ed è stata confermata dal
Ministero dell'ambiente sloveno. Il trasporto, finanziato dagli Stati Uniti
d'America nell'ambito del loro programma contro il rischio di terrorismo
nucleare, finora era stato tenuto segreto per motivi di sicurezza. Centodieci
tonnellate di scorie radioattive, tra cui una quantita di uranio arricchito
sufficiente per fabbricare sei bombe atomiche, dovevano essere trasferite da un
reattore ungherese – considerato poco sicuro – in un luogo di massima sicurezza,
come appunto il deposito di Mayak, in Siberia. Non potendo attraversare
l'Ucraina, il carico e' stato sistemato in otto contenitori e con un treno
speciale ha raggiunto il porto di Capodistria, dove è stato trasferito sulla
nave che ha costeggiato praticamente tutta l'Europa – sempre in acque
internazionali, a più di 12 miglia dalle coste – prima di raggiungere Murmansk,
dove è stato nuovamente caricato sui vagoni fino alla destinazione finale, Mayak,
in Siberia, dove sarà al sicuro. L'intero viaggio, che si è concluso due giorni
fa nella localita' siberiana, è durato più di tre settimane.
Il trasporto in treno attraverso la Slovenia, da Hodos a Capodistria, è durato
otto ore. Il convoglio è stato scortato da un'unità speciale della polizia ed è
stato sempre monitorato dagli esperti dell'Agenzia slovena per la sicurezza
nucleare. Il trasferimento del materiale radioattivo si è svolto con tutte le
autorizzazioni e precauzioni necessarie e nel rispetto delle norme europee, si
rileva nel comunicato pubblicato sul sito Internet del Ministero dell'ambiente.
Il materiale radioattivo e' stato prodotto ai tempi della guerra fredda in
Unione Sovietica ed è stato stoccato per decenni a Budapest. Il suo
trasferimento in Russia è stato chiesto e finanziato dagli Stati Uniti,
preoccupati che il materiale potesse finire in mano a qualche gruppo terrorista.
Secondo Kenneth Baker, dell'Agenzia statunitense per la sicurezza nucleare, si è
trattato del carico più grosso e del trasporto più impegnativo mai realizzato
dal 1950, anno in cui Washington e Mosca hanno dato il via al programma
sull'utilizzo civile delle risorse nucleari. Dal 2005, gli Usa hanno riportato a
casa 15 carichi di materiale radioattivo di origini americane da più di 10
Paesi. Il reattore sperimentale ungherese, che non era abbastanza protetto da
eventuali attacchi terroristici, sarà ora modificato, in modo da usare uranio
poco arricchito, con il quale non è possibile fabbricare nessun tipo di ordigno
nucleare.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 23 ottobre 2008
Italia Nostra: no al nuovo ponte L’area del canale va
conservata - L’associazione: tutelare l’architettura storica della zona di
Ponterosso
Bandelli: attendano almeno di vedere il progetto, che è ancora in fase di
preparazione
Da Italia Nostra arriva un no deciso al previsto ponte sul canale. Il parere
sull’area di Ponterosso viene espresso in una lettera inviata sia agli assessori
e alle diverse autorità competenti del Municipio, sia alla Soprintendenza e al
direttore regionale per i Beni culturali Roberto Di Paola. La missiva precisa
che il ponte non può essere condiviso dall’associazione: Italia Nostra da sempre
sostiene che una struttura di forme e materiali moderni, come il metallo e il
vetro che andranno utilizzati, mal si inserirebbe in un ambiente ottocentesco.
Ma l’assessore comunale ai lavori pubblici Franco Bandelli replica osservando
come siano inopportune le critiche su un progetto che nessuno, e nemmeno lui,
conosce in quanto in via di realizzazione: inoltre, aggiunge Bandelli, il nuovo
ponte rivitalizzerà tutta la zona posta attorno alla via Trento, attualmente
poco utilizzata dai triestini sebbene inserita nel cuore del centro cittadino.
Ma ecco nel dettaglio gli argomenti utilizzati dalla presidente
dell’associazione Giulia Giacomich, che specifica come il Ponterosso occupi una
zona ben definita in tutte le sue parti, sia per caratteristiche architettoniche
che epoca storica: «Un altro ponte comporterebbe una variazione prospettica
difficile da valutare, ma probabilmente peggiorativa dell’immagine del vecchio
porto-canale con la chiesa di Sant’Antonio Nuovo sullo sfondo». Per Italia
Nostra si tratterebbe insomma di un intervento non giustificato dalla reale
necessità pratica di passare da una sponda all’altra. E in quanto al vecchio
ponte al quale si rifanno i sostenitori del progetto, quello posizionato sul
posto dagli Alleati in epoca postbellica, «era stato installato per motivi di
emergenza e non per niente poi fu eliminato dopo l’occupazione». Si legge ancora
nel documento che «Italia Nostra si oppone in tutto il Paesealla manomissione
delle aree storiche con l’inserimento di nuove costruzioni che ne modificano
l’armonia storicamente consolidata. Trieste è un incontro di culture la cui
mescolanza ha prodotto identità generatrici di ricchezza, civiltà e di un
equilibrio architettonico-paesaggistico su cui è pericoloso intervenire».
Sempre secondo l’associazione, il progetto di questo ponte, che si vuole
inserire in un mirabile e particolare contesto, potrebbe essere una minaccia per
il fragile equilibrio estetico del luogo e per la sua memoria collettiva. Si
chiede perciò al Comune, anche tenendo conto del dissenso di una vasta frangia
di cittadini, di rinunciare a mettere mano alle aree storiche ed a questa in
particolare, evitando di ripetere quanto in questo senso è stato già fatto
«anche da precedenti amministrazioni» con risultati assai discutibili.
Ma dal Municipio non arriva alcun accenno a retromarce sul progetto. «Sono
allibito - dice Bandelli - il progetto è ancora in fase di preparazione e la
signora Giacomich sa già tutto e aprioristicamente si dice contraria. Che
attenda almeno di vedere il progetto prima di dire la sua. Ricordo comunque che
il mondo non si è fermato e che nessuno vuole fare opere invasive. A Venezia ad
esempio il sindaco Cacciari di centrosinistra, che rispetto, ha fatto costruire
il ponte di Calatrava che rivitalizza tutta una zona del Canal Grande. Lo stesso
avverrà per il nostro nuovo ponte del Ponterosso che spalancherà al turismo, in
un itinerario pedonale che parte da piazza Venezia, anche la zona attorno alla
via Trento oggi occupata solo dai cinesi».
Daria Camillucci
«Antenne in disuso a Monte Radio: Corecom intervenga» -
LETTERA DEL COMITATO
Per mezzo di una pepata lettera indirizzata al Corecom (Comitato regionale per
le comunicazioni) e al presidente della Regione Renzo Tondo, continua la
battaglia del Comitato di Monte Radio contro le dieci antenne in disarmo da anni
poste appunto in quella zona: di queste, otto sono di proprietà della Telecom,
che le aveva acquisite a suo tempo dal ministero delle Poste, e due della Rai. I
tralicci di monte Radio, alti anche cento metri, attirerebbero durante i
temporali numerosi fulmini mettendo a rischio la salute e gli elettrodomestici
degli abitanti della zona, che lamentano danni continui agli utensili
casalinghi.
Spiega il referente del Comitato di Monte Radio, Antonio Farinelli: «Il Corecom
è obbligato per legge a intervenire sulle trasmissioni, sui disturbi e
interferenze prodotti da tralicci e antenne per la salvaguardia dell’ambiente e
della salute dei cittadini: lo dice il regolamento di applicazione della legge
381/98, ma anche l’articolo 9 della legge regionale 11. Perché non si fa niente
per smantellare queste dieci antenne che Telecom e Rai non usano più da un
decennio».
Secondo Farinelli le antenne dismesse sarebbero assai dannose perché, in casi di
temporale, formerebbero una sorta di griglia elettromagnetica attraendo i
fulmini: problema che non si presentava con questa rilevanza quando erano
attive, perché la costante manutenzione garantiva la sostituzione della treccia
di rame posta nei pozzetti sotto i tralicci, dove veniva a scaricarsi tutta la
potenza magnetica dei fulmini.
(da.cam.)
Piazza Libertà, in campo i proprietari di case -
Lettera al Comune: i cittadini «si riservano ogni azione a tutela» dei propri
immobili
Poco meno di una ventina di firme sul documento presentato al Municipio
Dopo le diecimila firme raccolte dal Comitato per la salvaguardia degli
alberi di piazza della Libertà e consegnate al Comune, un altro documento è
stato depositato nei giorni in Municipio, all’indirizzo del Consiglio comunale,
firmato da poco meno di una ventina di persone in gran parte residenti - o con
attività - nella zona. Si tratta di una «opposizione» al progetto di
riqualificazione dell’area, articolata in una decina di punti al termine della
cui esposizione i firmatari «si riservano comunque ogni azione a tutela della
piazza Libertà».
La lettera osserva innanzitutto che «l’attuale sistema della circolazione
veicolare» nella piazza «è il migliore possibile e va quindi mantenuto fino a
quando non sarà possibile attuale finalmente l’accesso alla città dal cavalcavia
di viale Miramare». Mentre «l’ingente spesa» da sostenere «verrebbe finanziata
con denaro in ultima analisi di tutti i contribuenti», la stazione ferroviaria,
«recentemente molto ben sistemata, non necessita sicuramente di maggiori spazi».
Inoltre di fatto il progetto «allontanerebbe le fermate degli autobus rispetto
all’uscita della stazione».
Il documento concorda con la costruzione di sottopassaggi tra la stazione e il
Silos, ma si oppone a un sottopassaggio in via Ghega «che provocherebbe disagi
per la circolazione anche pedonale e potrebbe danneggiare gli edifici contigui
nonché la fognatura e il torrente sottostante».
Ancora, i previsti nuovi sensi di marcia - prosegue il documento - «sicuramente
verrebbero ad allungare il percorso rispetto a quelli attuali, e lo renderebbero
meno scorrevole, anche per i camion diretti al Punto franco, con sensibile
aumento dei consumi e dell’inquinamento». Oltre al danno «ambientale ed
estetico» derivato poi dall’abbattimento degli alberi secolari, «gli imponenti
palazzi ottocenteschi che fanno corona a piazza Libertà e via Ghega verrebbero
danneggiati dal nuovo flusso circolatorio», motivo per il quale «i proprietari
si riservano ogni azione a tutela oltre che del bene pubblico, della proprietà
privata».
Infine, «altro aspetto negativo del progetto è l’eliminazione del parcheggio su
suolo pubblico in piazza Libertà, sempre molto usato, necessario per il Borgo
Teresiano (strutturalmente mancante di spazi) e per chi si reca alla Stazione».
Sito inquinato, il 31 la firma dell’accordo - Il
documento fisserà tempi, modi e risorse da destinare al recupero
DOPO IL RINVIO DI SETTEMBRE - Annunciata più volte per il 15 settembre,
senza però nessun seguito concreto, la data della firma dell’accordo di
programma, per la messa in sicurezza e la bonifica del Sito inquinato, adesso è
definitiva e ufficiale. La sigla del documento, atteso ormai da qualche anno,
avverrà il 31 ottobre, molto probabilmente a Trieste.
Ad apporre la firma all’accordo, che stabilirà tempi, modi e finanziamenti per
il risanamento di aree di cui il mondo imprenditoriale ha un bisogno più che
urgente, non saranno solo gli enti locali (Regione, Provincia, Comuni di Trieste
e Muggia) e il ministero dell’Ambiente, ma, come annunciato a suo tempo dal
sottosegretario Roberto Menia, anche i dicasteri dello Sviluppo economico e
delle Infrastrutture.
All’origine dello slittamento della firma di un mese e mezzo ci sarebbe stato un
problema di risorse tra questi ultimi due dicasteri, nel senso che il ministero
dello Sviluppo economico si sarebbe detto disponibile ad aderire all’accordo
(con i relativi finanziamenti) solo in relazione a concreti progetti di nuovi
insediamenti industriali nei terreni da bonificare.
Il nodo pare sia stato sciolto nelle ultime settimane, e ciò ha dato un’indubbia
accelerata in direzione del traguardo, per il quale ora c’è appunto una data che
dovrebbe veramente essere quella definitiva.
Nel complesso, secondo quanto si era appreso a suo tempo, le risorse dovrebbero
superare i 120 milioni di euro, 60 dei quali a carico della Regione. I fondi
dello stato dovrebbero essere reperiti fra i 450 milioni per lo sviluppo
economico del Nord, a loro volta inseriti nei 3 miliardi stanziati dal Cipe lo
scorso aprile.
Finanziamenti, tutti questi, per i quali l’accordo stabilirà la ripartizione fra
i tre dicasteri. E se il ministero dell’Ambiente dovrà concretizzare la messa in
sicurezza e la bonifica delle aree, quello dello Sviluppo economico sarà
impegnato nella reindustrializzazione delle aree una volta bonificate. Al
ministero delle Infrastrutture spetterà invece la gestione delle risorse
destinate a concretizzare tutte le attività legate allo sviluppo portuale del
Sito inquinato, a cominciare dalla tanto discussa piattaforma logistica.
Altro punto cruciale dell’accordo, il principio secondo cui chi non ha inquinato
non paga. Un punto nodale, sul quale erano sorte molte polemiche e che nella
bozza di intesa predisposta dal precedente governo non era esplicitato nella
maniera più completa, anche se richiamava le norme europee che sanciscono tale
principio.
Nel documento che si andrà a firmare, secondo quanto già precisato dal
sottosegretario Menia, il principio stato definitivamente messo nero su bianco.
GIUSEPPE PALLADINI
Sviluppo di Krsko, il governo affida l’incarico
all’Enel
TRIESTE - «Gli italiani sono interessati a una collaborazione attraverso l’Enel
allo sviluppo della centrale nucleare di Krsko». Lo aveva detto all’ex ministro
degli Esteri sloveno Dimitri Rupel Massimo D’Alema in visita ufficiale a
Lubiana. Lo aveva ribadito Renzo Tondo nella capitale slovena nel luglio scorso.
E ieri l'Enel è stata incaricata dal Governo italiano di «contattare le autorità
istituzionali slovene» in relazione all'ipotesi di collaborazione per lo
sviluppo della centrale nucleare di Krsko, che si trova a un centinaio di
chilometri da Trieste.
La notizia è stata diffusa dal presidente del Friuli Venezia Giulia, Renzo
Tondo, nel suo blog (renzotondo.blogspot.com), precisando che l'incarico è stato
conferito dal sottosegretario allo Sviluppo economico, Alfredo Urso, e
ricordando che, dopo le elezioni delle settimane scorse, «in Slovenia il Governo
non è ancora stato formato».
Nei mesi scorsi, Tondo aveva espresso l'interesse della Regione Friuli Venezia
Giulia per una collaborazione transfrontaliera nel campo dell'energia nucleare.
Lunedì prossimo Tondo sarà a Sanremo (Imperia) a un incontro bilaterale
Italia-Russia sull'energia, al quale è stato invitato dal ministro per lo
Sviluppo economico Claudio Scajola. Insomma il governo italiano sta premendo
sull’acceleratore per trovfare risorse energetiche alternative alla dipendenza
dal petrolio arabo o al gas della Russia.
«Sarà l'occasione - conclude Tondo - per parlare con il Ministro anche della
vicenda Caffaro», l'azienda chimica di Torviscosa (Udine) il cui impianto
cloro-soda è sotto sequestro dall'11 settembre scorso nell'ambito di un'indagine
su presunti reati ambientali.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 22 ottobre 2008
Classifica degli inquinanti Trieste è sesta in Italia
- Alta la percentuale di mercurio e piombo nell’acqua ma i dati si riferiscono a
due anni fa
Mappa dell’Italia inquinata dalle ciminiere: a Trieste va un poco invidiabile
sesto posto nazionale assoluto in quanto a presenza di mercurio (489 chilogrammi
l’anno) e di piombo (ben 1168 chilogrammi in dodici mesi) presenti nell’acqua.
Questa la statistica pubblicata da «PeaceLink» (telematica per la pace) e
relativa al «Rapporto 2008 sulle Emissioni industriali cancerogene, mutagene,
teratogene e neurotossiche». Per elaborare questa ricerca, gli esperti si sono
affidati al seguente «paniere» di inquinanti inventariato tra le emissioni del
registro «Ines» («Inventario nazionale emissioni e loro sorgenti») ma relative
solo all’anno 2006: diossine, furani e Pcb (emissioni in aria); mercurio, Ipa,
benzene, piombo e arsenico (in aria e acqua). Tali indicatori, inoltre, spesso
sfuggono alle misurazioni delle centraline urbane di monitoraggio che rilevano
solitamente i «macroinquinanti» e non possono essere monitorati con sistemi
automatici. La fonte è invece l’Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i
servizi tecnici che, a sua volta, contempla i dati relativi alle fonti di
emissione «legalmente» comunicate dalle aziende stesse al ministero
dell’Ambiente, rendendo perciò incompleto il panorama che deve fare i conti
anche con numerosi casi di dispersioni illecite. Entrando nel dettaglio, su
tutte le città svetta Taranto alla quale il macro-indicatore statistico «regala»
529 punti (gli indici sono ricavati dalla somma delle percentuali delle
emissioni industriali annuali delle sette sostanze considerate). Seguono,
ampiamente staccati, Livorno (101), Nuoro (93), Venezia (83), Caltanisetta (78),
Trieste (50), Siracusa (45), Carbonia Iglesias (21), Sassari (17), Ravenna (17)
e Udine (13). Il capoluogo giuliano, inoltre, si segnala anche per il secondo
posto in quanto a presenza di mercurio (13,8%), alle spalle di Taranto (49%) e
davanti a Livorno (6,5%).
(da.ben.)
Rifiuti, sbarca in regione il colosso tedesco
Becker - A SAN GIORGIO DI NOGARO
UDINE Sbarca in Italia, aprendo la sede San Giorgio di Nogaro, la multinazionale
tedesca Becker una delle principali aziende operative in tutto il centro Europa
nel settore della raccolta e smaltimento dei rifiuti, anche pericolosi, e nelle
demolizioni di grandi impianti.
Per entrare nel mercato italiano, il gruppo ha acquisito la totalità delle quote
societarie della Siderurgica Srl di San Giorgio di Nogaro proprietaria
dell’impianto di recupero di materiali ferrosi sito nella zona industriale dell'Aussa-Corno.
Si tratta del più grande impianto in Italia – e uno dei principali in Europa
–per la macinazione di materiali ferrosi destinati alla fusione in acciaieria
che è in grado di trattare 400.000 tonnellate all’anno, 275.000 delle quali di
ferro e 125.000 fatte di autopacchi (ovvero veicoli compressi). Con
l'acquisizione da parte della Becker, presentata ieri nella sede di
Confindustria Udine, in futuro l'impianto sarà rifornito anche con materiali
ferrosi provenienti dall’Est Europa e dai Balcani dove la multinazionale tedesca
possiede propri impianti di recupero.
L’acquisizione, inoltre, consente alla società tedesca di chiudere il ciclo del
fluff tra Italia e Austria, ovvero il residuo non ferroso derivante dalla
demolizione degli autoveicoli.
Il fluff, infatti, ha un elevato potere calorifico e può essere smaltito come
combustibile nei termovalorizzatori che la Jakob Becker gestisce in Europa, tra
i quali quello privato di Arnoldstein in Austria verso il quale saranno
principalmente destinati i materiali recuperati nell’impianto friulano.
La nuova società si chiamerà Becker Italia Srl e sarà guidata da Mag.
Carlo Tomaso Parmegiani
IL PICCOLO - MARTEDI', 21 ottobre 2008
A rischio i treni per Praga e Vienna - Trenitalia
potrebbe cancellarli da dicembre. Il Pd: «Regione sempre più isolata»
EMERGENZA TRASPORTI. INTERPELLANZA SUL TAGLIO DEL VOLO PER MILANO
TRIESTE Drastica riduzione del collegamento ferroviario con Vienna e
cancellazione di quello per Praga. Trenitalia starebbe pensando ad un forte
ridimensionamento delle linee che collegano il Friuli Venezia Giulia con il
centro Europa e, dopo la soppressione ad aprile della linea Venezia-Villa
Opicina-Lubiana, potrebbe tagliare già a dicembre due dei tre collegamenti
Venezia-Udine-Vienna, incluso l’unico che prosegue verso Praga. Rimarrebbe
quindi un solo treno, quello del pomeriggio, per Vienna.
Lo denuncia il Pd che porta il caso in Consiglio regionale. La società, per ora,
non conferma né smentisce: «I nuovi orari invernali saranno presentati il 13
novembre e fino a quel giorno non c’è nulla di deciso e tutto può essere in
discussione». Tuttavia Trenitalia afferma che «l’apertura della linea ad alta
velocità Milano-Bologna-Roma farà sì che l’intera offerta verrà rivista tenendo
sempre in primo piano la sostenibilità economica». Sul rischio soppressione si
muove sin d’ora il Pd con un’interpellanza nella quale chiede «quali iniziative
urgenti la giunta regionale intenda mettere in atto per scongiurare il
ridimensionamento dei collegamenti con l'estero che passano attraverso il
territorio regionale».
Nell’interpellanza, firmata dal consigliere Igor Gabrovec e da altri esponenti
del Pd, si evidenzia «che mentre Venezia diventa capolinea del traffico a lunga
percorrenza, il Nord-Est viene relegato al solo servizio locale. Tutto questo
senza minimamente affrontare le nuove esigenze di mobilità transfrontaliera
attraverso i transiti di Tarvisio, Gorizia e Villa Opicina». Una strategia che,
secondo il gruppo del Pd, penalizza pesantemente la nostra regione, già
applicata con la creazione della rete Eurostar e confermata dal piano di
Trenitalia che intende sviluppare il servizio verso l'estero esclusivamente
sulla linea Milano-Chiasso.
Sull’emergenza trasporti un’altra interpellanza arriva dal consigliere del Pd
Franco Brussa che interviene sul collegamento tra Ronchi dei Legionari e Milano
che verrà meno dal 25 ottobre: «Un fatto gravissimo perché non solo priva lo
scalo regionale di un collegamento con il capoluogo lombardo ma, soprattutto,
isola la nostra regione da una molteplicità di collegamenti europei ed
internazionali, che hanno come base di riferimento l’aeroporto di Malpensa».
Secondo Brussa sono «sconcertanti le dichiarazioni di Roberto Dipiazza,
presidente di Aeroporto Fvg Spa» quando afferma che «non c’è niente di cui
preoccuparsi» e che «lui, assieme agli esponenti del governo, risolverà in pochi
giorni il problema» e «la stessa posizione dell’assessore Riccardo Riccardi
appare, nel merito, debole e rassegnata». Proprio Riccardi si incontrerà nei
prossimi giorni con il ministro dei Trasporti, Altero Matteoli, per valutare la
situazione con il governo e capire se e come sarà possibile ripristinare il
collegamento aereo con Linate.
Roberto Urizio
Sul clima nuovo scontro Ue-Italia - BRUXELLES
CHIEDE UN TAVOLO TECNICO - Il ministro Prestigiacomo: «Senza modifiche non ci
sarà accordo»
LUSSEMBURGO L’Italia, cifre alla mano, chiede modifiche e flessibilità
nell’applicare il pacchetto Ue per combattere i cambiamenti climatici e minaccia
di porre veti, la Germania punta il dito sugli altri ma poi esige esenzioni per
le proprie industrie dell’acciaio, del cemento, della chimica e della calce che
sono responsabili del 67% delle emissioni di CO2, i paesi dell’ex blocco
comunista più Cipro e Malta, ma anche l’Italia, domandano deroghe per altri
settori tra cui il termoelettrico. La Commissione europea pone l’altolà e alla
Francia, che esercita la presidenza di turno dell’Unione europea, sembra che non
resti che cercare di trovare un accordo su un minimo denominatore comune che
permetta alla Ue di presentarsi entro il 12 dicembre con una sola posizione alla
prossima conferenza internazionale dell’Onu per il rilancio degli accordi di
Kyoto a Poznan, cui parteciperanno 190 paesi.
Questa la situazione ieri alla riunione dei ministri dell’Ambiente dei
Ventisette che, in vista del vertice dei capi di stato e di governo dell’11 e 12
dicembre, hanno il compito di trovare un accordo sul pacchetto climatico varato
all’unanimità dai paesi della Ue nel 2007 ed ora rimesso in discussione a causa
della crisi economica e per i costi aggiuntivi che esso produrrebbe.
Il ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo ha riferito che l’Italia non è
isolata poichè «la riunione ha confermato che sono almeno dieci i paesi che
hanno mostrato l’esigenza di modificare il pacchetto clima alla luce
dell’analisi costi-benefici». Tra i Ventisette, secondo il ministro, «le
perplessità sono molte, le distanze notevoli ma speriamo di arrivare ad un
accordo entro dicembre».
La Prestigiacomo ha detto di non aver chiesto, come annunciato in precedenza dal
governo, l’introduzione di una clausola annuale di revisione poichè già prevista
nel pacchetto dopo tre anni.
«Vediamo prima - ha detto - se le nostre richieste di modifica troveranno
spazio. Una nuova Maastricht per l’ambiente - ha proseguito - si può accettare
solo se c’è accordo su tutto. Una volta passato il principio dell’unanimità - ha
osservato - sarebbe suicida non accettare almeno in parte le richieste di
modifica che sono state avanzate da molti paesi. E’ chiaro quindi - ha
puntualizzato il ministro - che se non ci saranno modifiche importanti del
pacchetto a dicembre non ci potrà essere accordo».
Per la Prestigiacomo, rimane comunque fermo il punto che prevede una verifica
delle posizioni degli altri grandi attori mondiali come Stati Uniti, Cina e
India altrimenti il grande sforzo che si appresta a compiere l’Europa
diventerebbe inutile e controproducente. Il pacchetto climatico, che prevede una
riduzione del 20% delle emissioni di CO2, una quota del 20% del consumo
energetico proveniente da fonti rinnovabili e un risparmio energetico del 20%
entro il 2020, costerebbe all’Italia, secondo calcoli governativi, 18,2 miliardi
l’anno e la perdita dell’1,14% del pil.
Secondo il Commissario all’Ambiente Stavros Dimas, per il quale non vi sarà
alcun rinvio, il pacchetto è invece in linea con la crisi economica e all’Italia
costerebbe tra i 9,5 e i 12,3 miliardi l’anno e una perdita tra lo 0,51% e lo
0,66% del Pil.
Per Dimas il pacchetto produce sviluppo. «Vogliamo promuovere gli investimenti
nelle energie pulite -ha detto il Commissario- aumentare i posti di lavoro e
diminuire la dipendenza dalle importazioni di petrolio».
RIGASSIFICATORI - Opinioni personali
Mi rendo conto che al lettore la distinzione può apparire di lana caprina.
Tuttavia, ci terrei si sapesse che sui progetti dei rigassificatori mi sono
espresso e mi espongo a titolo privato, in nome del mio personale,
discutibilissimo, concetto di civismo. Sono dipendente dell’Ogs e coordinatore
di un suo gruppo di ricerca, ma la sigla dell’istituto non va associata a queste
attività del mio tempo libero.
Fra l’altro (lo sto scrivendo prima del suo svolgimento), mi va stretta anche
l’impostazione della manifestazione del 17 ottobre, indetta dai comuni di Muggia,
S.Dorligo-Dolina, e Koper-Capodistria. Chi scrive non è infatti semplicemente
per il «no»; sarebbe favorevole agli impianti di rigassificazione giudicati
necessari per l’Italia e per l’Europa. Ma vanno fatti bene e nei siti adatti.
Livio Sirovich
IL PICCOLO - LUNEDI', 20 ottobre 2008
Nuove zone pedonali, a rischio 100 parcheggi -
Il provvedimento dovrà passare per il Consiglio comunale per
essere approvato -
CHIUSURE AL TRAFFICO
Servirà uno stralcio alla decisione per fare partire il progetto -
Fondazione CRTrieste e Generali potrebbero rimanere «blindate»
La scelta di eliminare le automobili da via Cassa di risparmio e zone limitrofe,
con 100 posti auto e moto a rischio, dovrà prima passare in Consiglio comunale.
Non basta il pronunciamento della giunta, che arriverà a breve. Il Piano
generale urbano del traffico in vigore dal ’98, infatti, non prevede la sua
pedonalizzazione.
IL PIANO. Nel documento redatto all’epoca dall’ingegnere Fiorella Honsell via
Cassa di risparmio, da piazza della Borsa fino a via San Nicolò, è indicata
quale «corsia dedicata al trasporto pubblico», mentre nel tratto fino a via
Genova «strada locale attrezzata con parcometri (posti auto a pagamento, la
situazione attuale ndr)».
LA DELIBERA. Ecco che per assegnarla solo ai pedoni il progetto definitivo dovrà
andare in aula, per una sorta di provvedimento stralcio del piano del traffico.
Ma il voto sulla delibera non è così scontato come si potrebbe immaginare. Alla
volontà, più o meno trasversale, di allargare le aree pedonali fa da contraltare
il bisogno di parcheggi.
I PROBLEMI. È il caso dei garage di via San Nicolò. Una volta sbarrato l’accesso
da via Cassa di risparmio, potrebbero esserci difficoltà nel raggiungerli. Ma
anche dell’autorimessa di via Genova, di proprietà della Fondazione CRTrieste e
gestita dall’Aci, attualmente raggiungibile proprio da via Cassa di risparmio.
«Nulla vieta di pedonalizzare via Cassa di Risparmio, ma immagino che il
progetto del Comune - dice Paolo Santangelo, segretario generale della
Fondazione - consentirà l’accesso delle automobili alla nostra autorimessa».
IL PROGETTO. Senza un percorso alternativo, infatti, i 50 posti auto (quasi
sempre esauriti) diventerebbero inservibili. Allo stesso tempo potrebbero
sorgere delle difficoltà per il palazzo della Fincantieri che, sempre in via
Genova, conta su un’area di carico e scarico. «Il nostro disagio potrebbe
manifestarsi - è il messaggio della Fincantieri - nel caso il progetto
prevedesse un divieto tassativo d’accesso per le automobili in via Genova».
LE ALTERNATIVE. La pedonalizzazione di via Cassa di risparmio dovrebbe in realtà
lasciare inalterata via Genova, con la possibilità di accedervi da via Roma,
scendendo verso le Rive oppure salendo in direzione via San Spiridione. Un
provvedimento che, di fatto, cancellarebbe in quel punto la Ztl (Zona a traffico
limitato). Altro passaggio da portare in aula.
L’AUTORIMESSA. Una soluzione che dovrebbe quindi permettere all’autorimessa
della Fondazione CRTrieste di sopravvivere, mentre sparirà in via Genova la zona
riservata alla Fincantieri. Un passaggio interno al palazzo che insiste anche
sulle Rive e via Mazzini, fanno sapere dal Comune, dovrebbe garantire
all’azienda una valida alternativa.
IL TAGLIO. Nessuna speranza, invece, per gli stalli a rotazione di via Cassa di
risparmio. Sono destinati a scomparire i 40 posti auto che, oltre ad essere
sempre occupati, fruttano ogni anno 160mila euro all’Agenzia per la mobilità
territoriale. In altre parole al Comune, visto che l’Amt spa è controllata
all’87,4 per cento dall’amministrazione di piazza Unità.
LE CRITICHE. Una scelta che non sembra piacere ai banchi dell’opposizione. «La
pedonalizzazione di via Cassa di Risparmio non ha ragione - dice Fabio Omero,
capogruppo del Partito democratico in Consiglio comunale - perché andrà a creare
problemi nella ricerca di un posto auto in un’area avara di spazi. A maggior
ragione dopo la bocciatura in aula del park Audace (da realizzare proprio sulle
Rive ndr)».
GLI STALLI. È la prima dichiarazione di voto contro il provvedimento, annunciato
dall’assessore ai Lavori pubblici Franco Bandelli, che piace al sindaco Roberto
Dipiazza. Ma fa storcere il naso alla stessa Amt che, sempre nel 2009, andrà a
perdere altri 40 stalli per la riqualificazione di Ponterosso che tornerà alla
sola funzione di piazza. La riduzione complessiva si assesterà dunque attorno ai
100 stalli, compresi quelli nel tratto di via Genova fra piazza Ponterosso e via
Cassa di risparmio.
LA LETTERA. Non a caso il presidente di Amt ha inviato al Comune una serie di
lettere che descrivono gli scenari futuri. «Immagino che alla pedonalizzazione
di via Cassa di Risparmio - dice Rocco Lobianco- seguirà una pianificazione
seria e complessiva del traffico. Tenendo anche conto di come verranno a mancare
parcheggi a rotazione e, alla nostra società, un indotto di oltre 200mila euro.
Minori introiti che si ripercuoteranno sul bilancio».
IL PONTE. Assieme ai posti auto a rotazione saranno cancellati anche quelli per
le due ruote, nell’ultimo tratto di via Cassa di risparmio, per fare posto alla
costruzione del ponte sul Canal grande che consentirà un collegamento diretto
con via Trento. A sua volta pedonalizzata fino a via Machiavelli, sacrificando
altri stalli per motorini e parcheggi. Ma se la pedonalizzazione dovesse
proseguire sull’intera via Trento, anche il garage Generali potrebbe esserne
interessato.
LA REPLICA. «E dove sta la novità di quello che dice Omero? Lo sappiamo che è
innamorato del Piano Camus (il documento sul traffico di cui la giunta Dipiazza
accoglierà solo una parte, ndr). Questa sinistra inesistente è pronta a dire
solo di no - replica Bandelli - e a definire la pedonalizzazione di via Cassa di
Risparmio come il collegamento fra due locali (all’altezza di piazza della
Borsa, ndr). A Lobianco dico che non comandano le strisce blu: la città va
avanti. E gli ricordo che come Amt andrà a gestire il parcheggio riservato ai
camper».
LA POLEMICA. Una serie di stoccate trasversali in cui si inserisce Maurizio
Ferrara, capogruppo della Lista Dipiazza, pronto a sottolineare come sia
opportuno che ogni assessore «si esprima sulle propria deleghe». Traduzione:
l’Urbanistica appartiene a Dipiazza e non a Bandelli. «Tutto dovrà passare in
Consiglio comunale e quindi bisogna aspettare il progetto definitivo, anche
perché mi pare che molti politici non conoscono né il piano Camus né quello
Honsell».
IL PROVVEDIMENTO. Un riferimento preso al volo da Omero che, citando il piano
del traffico in vigore, ricorda come la prima parte di via Einaudi fino a piazza
Verdi è «strada locale di accesso a siti pubblici» e fino a piazza della Borsa
«corsia dedicata al trasporto pubblico», mentre la stessa via Genova è dalle
Rive fino a via Cassa di risparmio «strada locale attrezzata a parcometri» e poi
tutta «area pedonale o a traffico pedonale privilegiato».
L’AULA. Anche in questo caso «qualsiasi decisione in contrasto con il Pgtu in
vigore - dice il capogruppo del Pd - è da ritenersi illegittima, oltre a essere
una esautorazione del ruolo del Consiglio comunale».
PIETRO COMELLI
Ferriera, raccolta di firme tra i lavoratori
«Denunciamo chi lancia falsi allarmi» - INIZIATIVA GIUDIZIARIA DEGLI OPERAI
Il via entro la settimana. Nel mirino anche la mozione del
leghista Fedriga - «Da 5 anni politici e associazioni diffondono notizie
esagerate. E noi ci sentiamo minacciati»
Un nuovo fronte sta per aprirsi nella guerra politico-giudiziaria che
da anni coinvolge la Ferriera, i dipendenti della società Lucchini-Severstal e
la popolazione dei rioni adiacenti allo stabilimento siderurgico. L’iniziativa è
dei delegati di Uil e Cisl all’interno della Rappresentanza sindacale unitaria.
«Inizieremo entro questa settimana a raccogliere le firme di adesione a una
denuncia- querela predisposta dai nostri avvocati. Poi la presenteremo alla
Procura della Repubblica» spiega Franco Palman, delegato Uil nella Rsu.
L’iniziativa giudiziaria parte proprio dal suo sindacato. «Come operai ci
sentiamo da tempo minacciati. Rischiamo il posto di lavoro perché da almeno
cinque anni politici irresponsabili e leader di minuscole associazioni rionali,
diffondono notizie esagerate o palesemente fasulle sullo stabilimento in cui
lavoriamo. Qualcuno come il deputato leghista Massimiliano Fedriga le riprende e
ne fa una mozione parlamentare. che di fatto assomiglia a un ultimatum. Il
proliferare di simili iniziative, a nostro giudizio, turba l’ordine pubblico e
la serena convivenza nel mondo del lavoro. Ecco perché riteniamo giusto attivare
la magistratura. La situazione è difficile e di fronte ad iniziative che spesso
si commentano da sè, non possiamo più stare zitti. Inerti. Tutti i sindacati
rappresentati all’interno della Ferriera sono ovviamente invitati ad aderire
alla raccolta di firme. Qui non si tratta più di attribuirsi la medaglia d’oro
del più bravo, ma di reagire alle troppe parole in libertà che dal 2003
avvelenano e condizionano il clima politico cittadino mentre noi e le nostre
famiglie viviamo nell’insicurezza e nella precarietà. Se lo stabilimento deve
essere riconvertito dicano con chiarezza come intendono farlo e soprattutto con
quali soldi. A noi risulta che ne siano disponibili molto pochi e del tutto
insufficienti a realizzare nuovi progetti. Oggi alla Ferriera lavoriamo in 545
come dipendenti. Altre centinaia di famiglie dipendono dall’indotto. Non ci
stiamo più a questi giochi. Alle voci, alle interpretazioni,e alle
estrapolazioni dei dati, agli annunci di chiusura fatti solo per acquisire
facili consensi.. Il dibattito è sacrosanto, ma la diffusione di notizie create
ad arte, no. ecco perché la magistratura inquirente sarà investita di questo
problema. Il dossier su ciò che è accaduto di strano dal 2003 e già pronto. Con
le firme che raccoglieremo nei prossimi gironi il cerchio si chiude. Spero che
non si spari più nel mucchio».
Enzo Timeo, segretario provinciale dei metalmeccanici della Uil, mette a fuoco
ulteriormente l’iniziativa. «Tutto è nato nell’ambito del dibattito apertosi
nella Rsu della ferriera che si era riunita per valutare il ’report dei cento
giorni” presentato dall’assessore regionale al lavoro Alessia Rosolen. La
situazione economica generale sta cambiando. Da tempo molti giovani triestini
anche diplomati si presentano alla ferriera chiedendo di essere assunti. Sono
disponibili a lavorare all’altoforno e alla cokeria. Due anni fa questo era
impensabile. Quei posti venivano coperti da immigrati...»
CLAUDIO ERNE’
Un patto regionale per tutelare l’ambiente -
Proposta avanzata a Trieste durante l’ottavo «Convegno meteo» - Il livello
del mare sale di 1 mm l’anno
Le mutazioni già in atto, se non rallentate, possono causare gravi danni alla
qualità della vita
L’OBIETTIVO È PREVEDERE GLI EFFETTI DEGLI ATTUALI CAMBIAMENTI
TRIESTE Un tavolo regionale sul clima e sul mare che cambiano per prevedere
al meglio gli effetti degli attuali cambiamenti climatici, anche a livello
locale, per i prossimi 10 anni. La proposta, stilata ieri a Trieste a margine
dell’ottavo «Convegno meteo» organizzato dall'Unione meteorologica del Friuli
Venezia Giulia, dovrebbe coinvolgere non solo scienziati ma anche rappresentanti
delle autorità locali o imprenditori.
Tra le prime priorità, la stipula di un possibile patto sul clima per
canalizzare anche investimenti verso tecnologie pulite ed efficienti. «Un gruppo
di lavoro simile potrebbe aiutarci ad affrontare meglio il futuro - ha
commentato Renato Colucci, presidente dell’Unione – visto che nel gruppo alcuni
esperti potrebbero presentare, alla presenza delle autorità, le loro idee sulle
azioni necessarie nel settore (per esempio emissioni di gas serra, a cominciare
dalla CO2, ndr.)». Il tutto partendo da uno scenario che indica chiaramente come
i cambiamenti climatici già in atto, se non venissero rallentati e fermati,
potrebbero causare danni davvero gravi all'economia e mettere in discussione la
nostra qualità della vita.
Secondo alcuni esperti presenti al convegno di Trieste, la proposta del tavolo
«sul clima» ha un significato particolare poiché avviene qualche giorno dopo la
feroce polemica tra Italia e Unione europea sugli interventi per contenere le
emissioni di anidride carbonica, nel corso dei quali Roma ha proposto di
congelare la discussione per dodici mesi. Tra i meteorologici c’è anche chi non
usa mezzi termini sulle reazioni del ministro per la Pubblica amministrazione e
l’Innovazione, Renato Brunetta, secondo il quale il piano Ue è una follia per le
imprese e per i Paesi. «L’Italia – aveva dichiarato Brunetta - ha fatto bene a
rallentare i processi decisionali, anche perchè sarebbero costati dieci miliardi
di euro in più al 2020. Noi vogliamo un ambiente pulito. Vogliamo controlli di
tipo ambientale che non uccidano le nostre imprese e le nostre famiglie».
Secondo molti scienziati, invece, le dichiarazioni di Brunetta mostrano che
comunque il mondo politico non ha preso consapevolezza del fatto che solo
l’energia pulita, unita all’uso efficiente e alla fine dello spreco di energia,
porterà benefici che supereranno i costi.
È ormai ben noto da tempo, anche ai non addetti ai lavori, il rischio ambientale
legato a una possibile accelerazione dei cambiamenti climatici in atto a livello
planetario. «Nel nostro caso, nel Friuli Venezia Giulia e in generale su tutte
le coste dell'Adriatico settentrionale - ha notato Renato Colucci - uno dei
rischi è legato proprio agli effetti che tali variazioni potrebbero produrre sul
mare (Golfo di Trieste e Mare Adriatico, ndr) e sulle linee di costa
(innalzamento del livello marino di 1 millimetro l’anno ed erosione costiera,
ndr). I rischi sarebbero direttamente connessi all’aumento della temperatura
dell’acqua e, quindi, dell’incidenza di questo parametro fisico sulla fauna
ittica e sulla flora pelagica, ed alla fusione dei ghiacci terrestri (Antartide,
Groenlandia e Ghiacciai alpini). E, quindi, a un possibile innalzamento del
livello marino».
Gabriela Preda
Avifauna: è mutato l’orologio biologico - ALLARME
DEGLI ESPERTI
ROMA A causa dei mutamenti climatici, l'orologio biologico del grande popolo
migratore è cambiato. Negli ultimi 30 anni, infatti, il complesso degli uccelli
che in inverno si trovano a sud del Sahara e decidono in primavera di partire
verso nord a nidificare (in particolare in Europa) ha anticipato la partenza
almeno di un giorno ogni 3 anni. Quindi, in tutto circa dieci giorni.
Non tutti, però, riescono a tenere il passo con la velocità con cui si
modificano le stagioni e per qualcuno, come la balia nera (piccolo insettivoro
di appena 11 grammi) si è registrato un crollo delle popolazioni. Conferme del
cambio di calendario dei migratori arrivano dai dati del progetto di studio e
monitoraggio «Piccole isole», pensato e coordinato dal Centro di inanellamento
italiano e attivo in sette Paesi del Mediterraneo con una rete di 40 stazioni.
Come Ventotene, dove gli uccelli migratori vengono «inanellati», identificati e
contati.
«In 21 anni di lavoro, con il coinvolgimento di 700 volontari - spiega Fernando
Spina, dirigente di ricerca dell'Istituto superiore per la protezione e la
ricerca ambientale (Ispra) - abbiamo inanellato e monitorato 800mila esemplari.
I dati della serie più lunga, dell'isola di Capri, hanno confermato la partenza
anticipata, tra uno e due giorni ogni cinque anni, di una specie come la balia
nera dalle aree di svernamento a sud del Sahara in primavera».
L'Olanda costituisce la destinazione di questa specie, mentre il Mediterraneo è
una «fermata» di passaggio. «Abbiamo potuto confermare che gli esemplari non
effettuano un volo più rapido, ma effettivamente hanno anticipato il loro
viaggio». In natura più che mai, infatti, vige la legge del «chi arriva prima
meglio alloggia» e, evidentemente, questi animali non sono riusciti ad adattarsi
in tempo alla velocità del cambiamento del clima.
IL PICCOLO - DOMENICA, 19 ottobre 2008
Un Comitato del no per i rigassificatori -
PROPOSTA DEI VERDI - Si chiede il coinvolgimento dei paesi vicini.
«Appello che non ha colore politico»
MUGGIA La costituzione del «Comitato per il no» ai rigassificatori nel golfo. A
proporla è la Federazione dei Verdi di Muggia intervenendo con una nota a firma
del presidente provinciale, Giorgio Millo, e del portavoce, Giorgio Della Valle,
sul tema dibattuto in un incontro pubblico alla sala Millo. L’incontro era stato
promosso dai Comuni di Muggia e di San Dorligo della Valle-Dolina con la sezione
Wwf di Trieste e i Circoli Legambiente di Muggia e Trieste. Vi avevano preso
parte i sindaci di Muggia, Nerio Nesladek, di San Dorligo-Dolina, Fulvia
Premolin, e di Capodistria, Boris Popovic.
«I Verdi di Muggia – si legge in una nota – si dichiarano concordi con la
posizione espressa dal sindaco di Capodistria e dal sottosegretario di Stato
sloveno nel ribadire che la progettualità della gestione del territorio deve
essere condiviso con i paesi limitrofi, e che pertanto anche le problematiche
energetiche e le scelte di impianti ad esse correlate è bene che diventino
argomento di valutazione politica allargata e non di confronto limitato al solo
ambito locale».
I Verdi propongono la formazione di un «comitato unitario per dire no al
rigassificatore che comprenda più soggetti possibili sia istituzionali, che
associazioni ambientaliste, comitati, e partiti, passando da singoli cittadini
che non si identificano in nessuna di queste categorie, da personalità di pregio
nel campo culturale, economico e scientifico, escludendo scelte di campo
preconcette quali destra o sinistra, in quanto l’ubicazione dell’impianto e le
possibili conseguenze negative non guarderebbero certamente al colore politico
di chi andrebbe a raggiungere. Muggia – proseguono i due rappresentanti dei
Verdi - nel suo recente passato ha già dato prova di sapersi opporre con
fermezza, determinazione e intelligenza, a progetti nefasti quali la centrale a
carbone e i depositi di Gpl».
Gianfranco Terzoli
Rifiuti in Slovenia, sequestrati 14 camion - La
società è dell’imprenditore già indagato per la discarica allo Scalo Legnami
LE INDAGINI DELLA GUARDIA DI FINANZA HANNO SMASCHERATO IL TRAFFICO
«Siete di nuovo qui, nella sede della mia ditta?»
Con queste stupite parole Cataldo Marinaro, un piccolo imprenditore del settore
rifiuti, ha accolto nel suo ufficio gli investigatori della Guardia di Finanza.
Gli uomini del Gico - il Gruppo investigativo sulla criminalità organizzata - un
attimo dopo hanno notificato allo stupito imprenditore il sequestro preventivo
di tutti i quattordici camion della sua società. Nei loro cassoni sono stati
trasportati illegalmente in Slovenia, secondo l’inchiesta diretta dal pm
Maddalena Chergia, centinaia di metri cubi di rifiuti speciali.
In dettaglio fanghi scavati dal mare per consentire la realizzazione di una
darsena. Avrebbero dovuto essere trattati, come prevede la legge, in una
apposita area autorizzata con tutti i costi che questa operazione comporta. Sono
invece finiti in una cava abbandonata nei pressi di Nova Gorica, grazie alla
accondiscendenza del proprietario. Se sia stato pagato o abbia lavorato gratis,
lo dovranno accertare le autorità giudiziarie della vicina repubblica.
Cataldo Marinaro, originario di Cirò Marina, in provincia di Crotone, è già
indagato da mesi per la gestione abusiva della discarica realizzata nei pressi
dello Scalo legnami di Trieste. Questa discarica, anch’essa finita sotto
sequestro per iniziativa del pm Maddalena Chergia, era gestita dalla Isp
Riciclati srl di Monfalcone. Due i soci, lo stesso Cataldo Marinaro e Diego
Romanese. La nuova indagine coinvolge un’altra ditta e il solo Marinaro.
Ma andiamo con ordine. L’inchiesta che ha portato al sequestro dei quattordici
camion e quella sulla discarica abusiva, seppure distinte, fanno parte dello
stesso fascicolo aperto da mesi alla Procura di Trieste. Tutta l’attività di
smaltimento rifiuti gestita da Cataldo Marinaro in questo periodo, è stata
costantemente «monitorata»» dagli investigatori del Gico di Trieste. Un primo
risultato è arrivato a giugno, quando i finanziari hanno bloccato al valico
goriziano di Sant’Andrea due camion carichi di fanghi diretti in Slovenia e
privi dei documenti di autorizzazione all’esportazione. Da questo primo
sequestro risalire all’origine dei fanghi e alla ditta ora finita nei guai, non
è stato difficile. I fanghi provenivano dallo scavo di una darsena in via di
realizzazione accanto alla sede della Canottieri Timavo di Monfalcone,
completamente estranea a queste attività finite nei mirino degli investigatori.
La Procura e i finanzieri hanno indagato ancora e pochi giorni fa il pm
Maddalena Chergia ha chiesto il sequestro preventivo di tutti i camion della
nuova ditta di Cataldo Marinaro. Il giudice Massimo Tomassini ha detto «sì» alla
richiesta e i militari hanno notificato il blocco nella sede della società.
«Siete di nuovo qui, negli uffici della mia ditta?»
A maggio era accaduto qualcosa di molto simile. I militari si erano presentati
nella sede della Isp riciclati srl a Monfalcone, in via Timavo 69/8, e avevano
sequestrato numerosa documentazione che con clamorosi vuoti, attestava
l’irregolarità della gestione della discarica dello scalo legnami. Secondo le
autorizzazioni in quei ventimila metri quadrati di terreno avrebbero dovuto
essere depositati per un tempo limitato pietre e calcinacci destinati a essere
miscelati e usati per lavori marittimi sulle dighe che proteggono il vallone di
Muggia o sul Mose di Venezia.
«Invece nel sito - come ha scritto il giudice Massimo Tomassini che ha concesso
i due sequestri richiesti dalla Procura-sono stati depositati grandi
quantitativi di rifiuti di vario genere e natura». Questi rifiuti in parte erano
finiti anche in mare, estendendo di fatto la superficie della discarica».
L’inchiesta ha anche documentato con fotografie e filmati le centinaia di viaggi
effettuati da camion che appartenevano alla ditta Bruno Costruzioni e ad
padroncini. «L’attività investigativa- si legge nel rapporto che il Gico aveva
inviato alla Procura nella scorsa primavera- ha consentito di verificare un
continuo flusso di automezzi con materiale proveniente da demolizioni e scavi
come quelli riconducibili alla ditta Bruno Costruzioni. La stessa ditta aveva
realizzato su incarico del Comune la ristrutturazione delle rive, rimuovendo
tutto l’asfalto dalle carreggiate. Secondo l’inchiesta tutti questi rifiuti
bituminosi sono finiti nella discarica dello Scalo legnami.
Chiusa questa discarica per intervento della magistratura, secondo l’ipotesi
investigativa, potrebbe essere stata potenziata l’attività di esportazione
illegale di rifiuti in Slovenia.
Viene da chiedersi ad esempio perché l’autista di uno dei camion bloccati al
valico di Sant’Andrea con il cassone pieno di fanghi, abbia esibito ai
finanzieri un documento ufficiale con tanto di timbri e firme, scritto in lingua
slovena. Avrebbe dovuto attestare la regolarità dell’esportazione dei rifiuti
speciali. Al contrario, come hanno accertato i finanzieri dopo la traduzione, il
contenuto era diverso. Anzi opposto. Era una diffida delle Autorità slovene a
rimuovere i fanghi depositati nella cava di Nova Gorica.
Ora gli investigatori al di qua e al di là della frontiera, cercano di definire
l’ampiezza del nuovo fenomeno dell’esportazione di rifiuti dall’Italia verso le
doline, le cave e le grotte situate in Slovenia. C’è il rischio che quanto di
tossico finiva un tempo dal Nord Italia in Campania, oggi cerchi nuove strade
all’estero per essere interrato abusivamente.
CLAUDIO ERNÈ
Avifauna protetta: progetto europeo - In Croazia e
Slovenia saranno investiti circa 620mila euro
FIUME È stato denominato «Gli uccelli non conoscono confini» il progetto
congiunto croato-sloveno, candidato ai finanziamenti dell’Unione europea, che
richiede investimenti per un valore complessivo di 620mila euro. La metà di tale
somma sarà investita nei prossimi tre anni in Croazia. L’iniziativa, inoltre,
sarà supportata anche dalla Contea litoraneo-montana con altri 52mila euro. Lo
ha deciso ieri la giunta regionale riunitasi a Fiume. Il progetto si prefigge la
tutela degli uccelli migratori ma saranno svolte ricerche riguardanti i
territori paludosi mediterranei, come per esempio quello nei pressi di Njivice
sull’isola di Veglia. In queste terre, nel 2007, erano state «anellate» 159
specie di uccelli migratori. Partner del progetto saranno l’ente pubblico «Priroda»
(«Natura»), il Museo di scienze naturali di Fiume, il Centro per lo sviluppo
sostenibile delle isole altoadriatiche e l’agenzia regionale «Porin».
(v.b.)
Gli effetti dei mutamenti climatici sul mare e sulle
coste della regione - UNIONE METEOROLOGICA A CONVEGNO
l I comunicati devono arrivare in redazione via fax (040 3733209 e 040 3733290)
almeno tre giorni prima della pubblicazione.
l Devono essere battuti a macchina, firmati e avere un recapito telefonico
(fisso o cellulare).
l Non si garantisce la pubblicazione dei comunicati lunghi.
«Clima che cambia, mare che cambia». È questo il titolo del convegno - il
settimo - che l’Unione meteorologica del Friuli Venezia Giulia (Umfvg) onlus
presieduta da Renato Colucci organizza oggi, dalle 10 alle 17.30, nella sala
conferenze della Scuola interpreti di via Filzi 14.
È ormai noto anche ai non addetti ai lavori il rischio ambientale legato a una
possibile e verosimile accelerazione dei cambiamenti climatici in atto a livello
planetario. Nella nostra regione - come ricorda in una nota l’Umfvg - «uno dei
rischi maggiori è legato proprio agli effetti che tali cambiamenti climatici
potrebbero produrre sul mare (golfo di Trieste e Adriatico) e sulle coste
regionali (innalzamento del livello marino, erosione costiera)». E questo a
causa «essenzialmente dell'aumento della temperatura dell'acqua, e quindi
dell'incidenza di questo parametro fisico sulla fauna ittica e sulla flora
pelagica, e della fusione dei ghiacci terrestri», dall’Antartide alla
Groenlandia ai ghiacciai alpini.
In questo senso l'azione della Umfvg vuole essere quella di informare al meglio
la popolazione in merito al grado di possibilità che questi fenomeni possano
verificarsi, alla luce delle attuali conoscenze scientifiche disponibili nel
panorama della ricerca italiana ed internazionale.
Il convegno, che vedrà la partecipazione di varie istituzioni scientifiche
italiane (Cnr, Enea, Ogs, Arpa) ed estere, sarà coordinato da Fabio Pagan,
giornalista e vicedirettore del master in comunicazione della scienza alla Sissa,
nonché tra i conduttori di «Radio3 Scienza».
ILTUONO - SABATO, 18 ottobre 2008
Rigassificatori: sarebbe ora che intervenisse la magistratura.
Il dibattito sul tema "Rigassificatore di Zaule" si incendia e le associazioni ambientaliste continuano a dirsi contrarie.
IL PICCOLO - SABATO, 18 ottobre 2008
«No al rigassificatore» con Capodistria -
Il sindaco della città slovena si allea nella protesta con Muggia e San Dorligo
- ASSEMBLEA PUBBLICA DEL FRONTE DEI CONTRARI
Ribadiscono il loro fermo «no» al progetto del
rigassificatore di Zaule. E prospettano eventuali azioni legali, nuovi studi sul
rischio ambientale commissionati a enti specializzati e raccolte firme per
esercitare un pressing transfrontaliero anti-impianto. I comuni di Muggia e San
Dorligo della Valle non sono da soli: al loro fianco scende in campo anche
quello di Capodistria.
«La nostra posizione continua ad essere di totale contrarietà sia al
rigassificatore a mare che a quello nella zona di Zaule - ha sottolineato ieri
il sindaco di Capodistria, Boris Popovic, nell’ambito dell’incontro organizzato
alla sala Millo di Muggia -. Sono stati fatti tanti sbagli in passato, da noi in
Slovenia come qui in Italia: basta pensare alla Ferriera di Servola. Non
ripetiamoli». Il primo cittadino capodistriano, confermando l’identità di vedute
di tutto il suo consiglio comunale, non risparmia poi un doppio attacco alla
Regione Friuli Venezia Giulia: «Illy non ci ha neanche avvisati, all’epoca,
riguardo al progetto di Gas Natural. L’ho saputo dai giornali. Anche Tondo, poi,
mi ha deluso, bocciando sì l’ipotesi della collocazione in mezzo al mare, ma
dando luce verde a quello a terra».
Intervenuto all’affollato dibattito, il sottosegretario di Stato sloveno, Marko
Starman, ha puntualizzato come «si sia già tenuto l’ultimo tavolo tecnico fra
Italia e Slovenia. A fine mese verrà prodotto un documento che illustrerà ancora
gli aspetti nocivi per tutto il territorio, derivanti dalla presenza di un
impianto».
Dure critiche all’iter amministrativo che ha portato alla valutazione positiva
della commissione «Via» sul progetto Gas Natural (per il quale devono ora
pronunciarsi i ministeri dell’Ambiente e dei Beni culturali) sono giunte dal
responsabile regionale territorio ed energia del Wwf, Dario Predonzan. Il
geologo Livio Sirovich ha messo in dubbio la validità dell’indagine di impatto
ambientale e cosiddetto «effetto domino» consegnata da Gas Natural alla Regione,
giudicandola «falsificata».
Lino Santoro, presidente del circolo Verdeazzurro di Legambiente, ha messo in
allerta i presenti sui rischi derivanti dalla dispersione di gas e formazione di
una nube fredda anche letale per l’uomo.
«Da amministratori pubblici - ha chiuso quindi il sindaco di Muggia, Nerio
Nesladek - abbiamo il dovere di verificare subito l’opportunità di intraprendere
azioni legali per chiarire la validità delle documentazioni in possesso di
Regione e Ministero. Inoltre, ci faremo promotori di un nuovo studio
approfondito sui rischi ambientali con uno degli enti di ricerca del territorio.
Inoltre, da San Dorligo a Muggia e coinvolgendo ancora Pirano, Isola e
Capodistria potremmo far partire una raccolta di firme che avrà valore
transfrontaliero». Come Nesladek, anche il sindaco di San Dorligo della Valle,
Fulvia Premolin aveva ricordato che il suo consiglio comunale si era espresso
più volte «per il no al rigassificatore».
(m.u.)
CONVEGNO SUI RIFIUTI - Materiali per produrre
cemento dai residui del termovalorizzatore
AcegasAps ha presentato al Comune il progetto per un impianto di «lavaggio»
delle ceneri prodotte dal termovalorizzatore di via Errera. L’impianto,
destinato anche al trattamento dei terreni del Sito inquinato, permetterà di
ridurre dell’80% la quantità di ceneri (35 mila tonnellate annue) che ora devono
essere trasportate nelle discariche, con un costo di circa 1,8 milioni di euro
l’anno.
Di questo progetto, che ha già ricevuto un parere positivo dalla giunta comunale
e che potrebbe entrare in funzione fra due, tre anni, ne ha parlato l’assessore
allo Sviluppo economico, Paolo Rovis, al convegno «Rifiuti, che fare?»,
organizzato dal «Club della Repubblica» al palazzo della Marineria e moderato
dall’avv. Sergio Pacor.
«L’impianto – ha spiegato Rovis – sarà posto a valle del termovalorizzatore e
permetterà di ricavare materiali destinati all’industria cementizia. E’ un
impianto che costa, ma che si sostiene economicamente grazie al risparmio sui
costi di trasporto delle ceneri in discarica».
Il tema della separazione dalle ceneri di materiali «utili» è emerso anche
nell’intervento del prof. Paolo Bevilacqua, associato di Ingegneria delle
materie prime alla nostra università, che ha partecipato all’elaborazione di un
progetto, capeggiato dall’ex municipalizzata di Brescia (ora A2A, dopo la
fusione con Milano), per separare metalli e altri materiali dalle ceneri
pesanti.
L’impianto, del costo di 36 milioni, sarà in grado di trattare 250 mila
tonnellate di ceneri all’anno. «Il sistema è già stato testato in laboratorio –
ha spiegato Bevilacqua – e potrà partire nel 2010. Dal trattamento delle ceneri
si ricaverano materiali per l’industria cementizia, aggregati per la
preparazione del calcestruzzo e inerti per il riempimento di rilevati stradali».
E’ stata però la raccolta differenziata il tema ricorrente dell’incontro, che ha
visto l’assessore Rovis sottolineare che «anche se a Trieste si differenzia meno
che in altri luoghi, l’assenza di discariche nel nostro territorio indica che
non lo gestiamo male». E contestando le classifiche sulle località più o meno
virtuose in tema di raccolta differenziata, Rovis ha aggiunto che «altre
province, dove la differenziata raggiunge quote maggiori, mandano però in
discarica grandi quantità di rifiuti indifferenziati».
Un netto sostegno alla raccolta differenziata è venuto dal prof. Carlo Merli,
triestino, docente di Tecnologie ambientali alla Sapienza di Roma e componente
della commissione Bertolaso per i rifiuti della Campania. «Sono assolutamente
favorevole alla differenziata – ha affermato – perchè più un materiale rimane
nel ciclo del riutilizzo meno inquina. Nessuno dei materiali raccolti copre i
costi, ma la raccolta è comunque conveniente perchè si evita che finiscano in
discarica, risparmiando quindi sui costi di trasporto e smaltimento».
Sottolineando che non esistono ricette uniche per risolvere il problema rifiuti,
ma che ogni situazione rappresenta un caso a sè, Merli ha poi ammonito che
«spingendo a livelli elevati la raccolta differenziata si arriva a un punto
oltre il quale l’inquinamento indotto sale rispetto a quello evitato. Va quindi
trovato un mix fra incenerimento, riciclaggio e discarica».
(gi. pa.)
Ferriera, la Fiom-Cgil ritira l’appoggio al Report
della Regione: «Tra le pagine nulla di concreto»
Si spacca il fronte sindacale sul «Report dei cento giorni» presentato alle Rsu
della Ferriera dall'assessore al Lavoro Alessia Rosolen. Durante la relazione
presentata all'assemblea dei lavoratori avvenuta ieri, infatti, la Fiom-Cgil ha
ritirato il suo appoggio al documento.
Le altre sigle, invece, hanno confermato il loro «sì» pur con tutte le riserve
del caso, già espresse in precedenza. E, in più, hanno anche deciso per
un'azione dimostrativa, ovvero la querela contro chi, nel corso degli anni, a
loro giudizio «ha diffuso notizie false e tendenziose con la finalità di turbare
l'ordine pubblico e la serena convivenza nel mondo del lavoro». La Fiom-Cgil,
almeno al momento, non ha aderito all'azione, anche se da parte di Fim-Cisl e
Uilm rimane l'apertura a chiunque voglia partecipare. Ma le critiche maggiori,
da parte della Rsu Cgil, sono state proprio per il Report. «Siamo assolutamente
contrari a qualsiasi ipotesi di ricollocamento – spiega Tiziano Scozzi (Fiom) –
specie con uno studio che già nomina ammortizzatori sociali,senza presentare
nulla di concreto. Per quanto ci riguarda, quindi, il tavolo di lavoro politico
finisce qui: eventualmente riprenderemo il discorso in un tavolo tecnico». Gli
stessi dubbi vengono espressi da Antonio Saulle (Fiom). «Lo studio dell'ingegner
Gambardella era giunto alla conclusione che non si può pensare di chiudere e
contemporaneamente rioccupare il personale, lo studio proposto dall'assessore
Rosolen dà per acquisita la chiusura e si concentra, senza indicarli, sui tempi
di reimpiego».
Con ipotesi, secondo la Fiom, alquanto labili. «Piattaforma logistica dal costo
previsto di 278 milioni di cui disponibili solo 78, rigassificatore la cui
realizzazione prevede tre anni con un'occupazione di 500 lavoratori, bonifiche
legate alla dismissione dell'impianto». Ma gli stessi lavoratori hanno deciso di
entrare in campo. Lo fanno con un'azione dimostrativa e simbolica, che però
riveste un significato molto importante. «I lavoratori dello stabilimento –
spiegano Umberto Salvaneschi (Fim) e Franco Palma (Uilm) – non si sentono più
sostenuti dalla città, soprattutto nelle sue componenti politiche». Questo stato
di cose, secondo le Rsu, ha anche conseguenza pratiche, perchè i lavoratori non
sono più in grado di progettare il loro futuro e hanno difficoltà a programmare
la loro vita, anche familiare. «Si è creata l'assurda situazione di lavoratori
ai quali viene negata la dignità del lavoro perchè è più importante il 'gioco
politico' che si è attorcigliato negli anni attorno alla Ferriera» denunciano le
Rsu. Ecco quindi l'idea di un'azione dimostrativa. Fim e Uilm hanno proposto nel
corso dell'assemblea «trovando convinta adesione da parte di moltissimi
lavoratori» di chiedere «che sia l'autorità giudiziaria a valutare se dietro
propagarsi di notizie, voci, diffusione di dati falsi o contraddittori ci sia un
disegno per creare allarme sociale». Nei prossimi giorni le Rsu inizieranno una
raccolta di firme per inviare l'esposto alla magistratura.
ELENA ORSI
URBANISTICA - Piazza Libertà
Venerdì 3 ottobre partecipavo all'assemblea pubblica indetta dall'Associazione
per la difesa di Opicina su «Quale futuro per Opicina».
L'ing. Sasco, responsabile del Comune per la commissione urbanistica e ambiente,
e un'architetta appartenente a «Ingegneria senza frontiere», hanno fatto una
larga introduzione in cui spiegavano, ognuno per la sua parte, cosa si deve fare
affinché una città e/o un borgo conservino la loro identità e come in qualunque
intervento debba essere coinvolta la popolazione, come è stato fatto da
Ingegneria senza frontiere a Quito, in Ecuador, per esempio. Siamo stati anche
intrattenuti sul valore di un fantasma qual è l'Agenda 21...
Ho chiesto tre cose a Sasco: come può essere che vada avanti, con il suo voto,
un progetto che rinnega tutti i valori da lui enunciati con passione; 2) come
mai, quanto a partecipazione, il signor sindaco dice che si fa un baffo delle
10mila firme raccolte contro la «dequalificazione» di piazza Libertà; 3) come
mai il progetto sia stato reso «materialmente visibile» alla cittadinanza solo
dopo la firma della delibera, il 29 maggio 2008 (quando se ne parlava già da
prima di Natale).
Mi ha risposto che è colpa di Boniciolli che ha negato la bretella... Si può
rinunciare a tutto ciò in cui si crede per una bretella? Speriamo che
«Ingegneria senza frontiere», oltre che della città di Quito in Ecuador, si
occupi anche di Trieste in Italia.
Mariangela Barbiero
LA REPUBBLICA - VENERDI', 17 ottobre 2008
Clima, la Ue contesta l'Italia - Dura contestazione del commissario all'ambiente sui veti al piano: "Stime sproporzionate"
Il leader Pd: "Esecutivo irresponsabile. La crisi finanziaria non fermi
l'impegno contro l'inquinamento" - Veltroni: "Il Governo ci isola"
BRUXELLES - A Bruxelles sono "allibiti": sul costo del pacchetto di misure
europee per contenere l'effetto serra, l'Italia dà numeri sbagliati". Se
Berlusconi ieri calcolava che il costo sarà di 18 miliardi all'anno (mercoledì
erano 25 miliardi), per il commissario Ue all'ambiente Stavros Dimas, i costi
sarebbero tra i 9,5 e i 12,3 miliardi. Anzi, per la Ue, "l'Italia è uno dei
Paesi che probabilmente farà l'affare migliore" sul clima, anzichè subire uno
svantaggio insopportabile.
"In Italia - ha detto il commissario - i numeri sono completamente al di fuori
di ogni proporzione rispetto a quello che chiediamo ai Paesi di fare. Non so da
dove vengono, ma non sono quelli che noi chiediamo", ha precisato il
commissario.
E dall'opposizione, si alza la voce del leader del Pd Walter Veltroni che accusa
il governo di "isolare il nostro paese dal nucleo storico dell'Unione europea.
La drammatica crisi finanziaria di queste settimane non ferma i mutamenti
climatici e dunque non può e non deve fermare l'impegno per arginarli".
Lapidario Ermete Realacci, ministro dell'Ambiente del governo ombra del Pd:
"Come al solito, Berlusconi ci regala una pessima figura a livello
internazionale".
IL PICCOLO - VENERDI', 17 ottobre 2008
Gas Natural: ok da Roma entro fine mese - IL
PROGETTO DEL RIGASSIFICATORE A ZAULE
«Siamo fiduciosi, date tutte le garanzie al Ministero dei Beni culturali»
Menia: la Slovenia ragiona sul doppio impianto ma l’Italia pensa a uno solo.
Oggi il fronte del «no» a Muggia
«Attendiamo la firma del decreto che riteniamo possa avvenire attorno alla fine
di questo mese». Gas Natural, il colosso spagnolo promotore del progetto
rigassificatore nell’area ex Esso di Zaule, non nasconde il proprio ottimismo.
Attraverso le parole del responsabile delle relazioni esterne, Giuseppe Muscio,
la società conferma di essere in continuo contatto con le stanze dei bottini a
Roma: «Stiamo lavorando con il Ministero dei beni e le attività culturali, cioè
crediamo di aver risposto in modo esaustivo alle loro richieste». Dopo il parere
favorevole della Commissione «Via» (valutazione impatto ambientale), spetta ora
infatti al dicastero del ministro Bondi, oltre che a quello di Stefania
Prestigiacomo (Ambiente), dare l’assenso o meno all’operazione.
Gas Natural tenta quindi di superare quel «no» ribadito più volte dalla
Soprintendenza locale, motivato da una consolidata volontà di salvaguardare la
zona sul piano dell’impatto ambientale. «Essendo il paesaggio un bene tutelato
dalla Carta costituzionale si ritiene non superabile il parere negativo già
espresso», aveva sottolineato una volta di più il Soprintendente Monti un mese e
mezzo fa.
Dovesse arrivare davvero in tempi brevi l’eventuale fumata bianca da Roma, i
delegati iberici potrebbero fissare subito una nuova visita in città. «In
effetti, penso che sarebbero previsti dei nuovi sopralluoghi. Con Trieste
vogliamo stabilire un legame forte», dice ancora Muscio.
DA ROMA Il sottosegretario all’Ambiente, Roberto Menia, dal canto suo, si limita
ad osservare come «sia necessario attendere l’esito dell’ultimo tavolo tecnico
con la Slovenia che si terrà in questi giorni per avere novità». E, quanto ai
dubbi manifestati dalla vicina Repubblica, osserva: «Sulle questioni di un
possibile impatto ambientale transfrontaliero, legato secondo le autorità
slovene alla realizzazione non solo del rigassificatore a Zaule ma anche di
quello in mezzo al mare, dico che in questo momento si deve ragionare su un
contesto singolo. E, quindi, riguarda il nostro territorio e basta. Visto che,
in qualche modo, le aperture istituzionali esistono solo verso l’ipotesi
dell’area ex Esso».
Sull’ottimismo di Gas Natural, Menia commenta infine: «Forse è motivato proprio
dal fatto che a Roma sia stato fatto notare come il discorso in qualche modo
riguardi solamente l’Italia».
VISITA L’amministratore delegato di Gas Natural, Rafael Villaseca, e il country
manager per l’Italia Daniel Lopez Jordà si erano presentati per l’ultima volta
in città a metà del luglio scorso. Avevano incontrato in municipio, fermandosi
per quasi un’ora, il sindaco Roberto Dipiazza ed il suo vice Paris Lippi. A
proposito dell’amministrazione comunale, nessuna novità emerge da piazza Unità
sull’argomento.
IL FRONTE DEL NO Se da una parte Gas Natural confida in riscontri confortanti
dalla capitale, dall’altra il fronte che si oppone al progetto continua la sua
battaglia. Proprio questo pomeriggio alle 17, nella sala «Millo» a Muggia, si
terrà un dibattito dal titolo «Rigassificatore di Trieste: le ragioni del no».
L’incontro è stato organizzato dai comuni di Muggia e San Dorligo della Valle e
vedrà intervenire i rispettivi sindaci, Nerio Nesladek e Fulvia Premolin, oltre
che il primo cittadino di Capodistria, Boris Popovic. Le successive relazioni di
Dario Predonzan (Wwf), Lino Santoro (Legambiente) e Livio Sirovich (Ogs)
mireranno - secondo gli organizzatori - a fornire «un’adeguata informazione alla
cittadinanza» e un «approfondimento sulle possibilità di reazione, eventualmente
anche sul piano giudiziario».
RICERCHE Il tutto segue alla questione degli studi sull’«effetto domino»,
scaturita in un botta e risposta sulle pagine del Piccolo fra Fabio Bevilacqua,
responsabile del lavoro firmato dal Consorzio Interuniversitario Nazionale per
l’Ingegneria delle Georisorse (Cinigeo, cui hanno preso parte le Università di
Bologna, Cagliari, Roma La Sapienza e Trieste), e Livio Sirovich, geologo e
ricercatore dell’Ogs. Quest’ultimo aveva dichiarato come le uniche
documentazioni in possesso della Regione fossero quelle contenute in un testo di
46 pagine che trattava solamente delle conseguenze di eventuali incidenti ed
incendi esterni. Bevilacqua, però, aveva poi precisato di aver condotto una
ricerca condotta su tre filoni sono: l’effetto domino da insediamenti
industriali verso l’impianto di rigassificazione, quello verso gli insediamenti
industriali e infine l’effetto domino dai pontili di attracco di impianti
limitrofi verso l’impianto di rigassificazione e viceversa. Una posizione
confermata anche da Gas Natural Italia.
(m.u.)
FERRIERA - Failms-Cisal: «Chiediamo garanzie
serie sulla ricollocazione»
Interviene anche la Failms-Cisal sulla questione della chiusura della Ferriera,
chiedendo «certezze occupazionali a tempo indeterminato» per tutti i lavoratori
coinvolti in un possibile processo di ricollocazione. «E non parlo di promesse,
ma di un testo scritto e firmato – spiega Luigi Pastore – che prevede il
ricollocamento di tutti i dipendenti più l'indotto, ovvero mille lavoratori.
Faccio presente ai politici che parliamo di famiglie monoreddito, spesso con un
mutuo sulle spalle». Per cui la richiesta della Failms Cisal è che ognuno debba
prendersi le proprie responsabilità. «Noi puntiamo ad avere le massime garanzie
in vista del ricollocamento dei dipendenti continua Pastore - anche se visto
come va l'economia a Trieste ho le mie perplessità». Proprio oggi, le Rsu
aziendali hanno intanto in programma l'assemblea generale con tutti i lavoratori
per illustrare loro la situazione dello stabilimento nonché la bozza di studio
su una possibile ricollocazione degli eventuali esuberi sul territorio
provinciale. Lo studio, presentato mercoledì dall’assessore regionale al Lavoro
Alessia Rosolen, prevede un'analisi, da effettuarsi in cento giorni, quindi
entro i primi mesi del prossimo anno, sulle possibilità occupazioni di varie
realtà economiche del territorio triestino.
(e.o.)
Oggi l'inaugurazione del Parco della Rosandra
BAGNOLI - Verrà inaugurato mercoledì alle 18, a Bagnoli
della Rosandra, il Centro visite della Riserva naturale regionale della Val
Rosandra. Dopo il saluto delle autorità, alle 18.30, verrà presentato
l’allestimento e l’attività del centro visite. Seguirà un breve rinfresco.
La serata verrà allietata dal gruppo femminile «Stu Ledi». Parteciperanno alla
cerimonia il sindaco Fulvia Premolin e l’assessore ai Lavori pubblici, Ambiente
e Progetti europei Laura Riccardi Stravisi.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 16 ottobre 2008
Sala Millo, dibattito sul rigassificatore - INCONTRO
PUBBLICO COMUNE-ECOLOGISTI SUL «NO»
MUGGIA Domani alle 17 nella Sala Millo di piazza della Repubblica a Muggia si
terrà l’incontro pubblico denominato «Il rigassificatore di Zaule: le ragioni
del “No”» organizzato congiuntamente dai Comuni di Muggia e San Dorligo della
Valle in collaborazione con Wwf Trieste e i Circoli Legambiente di Muggia a
Trieste. L’incontro vedrà la partecipazione del sindaco di Muggia Nerio Nesladek,
di quello di San Dorligo della Valle Fulvia Premolin e del delegato del governo
sloveno per la questione inerente al rigassificatore, Marko Starman, oltre che
del primo cittadino di Capodistria Boris Popovic. Dario Predonzan, responsabile
Territorio ed energia del Wwf regionale, terrà una relazione sul tema: «Come non
è stato valutato l’impatto ambientale»; Lino Santoro, presidente del Circolo
Verdeazzurro di Legambiente, parlerà invece de «Il rischio per la popolazione»,
mentre Livio Sirotich, geologo dell’Ogs, tratterà «L’impatto ambientale sulla
Baia di Muggia». Dopo gli interventi sarà data parola al pubblico e tratte le
conclusioni.
I sindaci Nesladek e Premolin hanno espresso più volte la loro contrarietà
all’ipotesi di un rigassificatore da allestire sul territorio provinciale o nel
Golfo di Trieste, tanto che anche il Consiglio comunale di San Dorligo della
Valle (come anche quello di Muggia) ha espresso recentemente all’unanimità
parere sfavorevole sulla compatibilità ambientale del progetto e per quanto
concerne l’aspetto della sicurezza. Ciò anche in considerazione della vicinanza
dei serbatoi della Siot, l’oleodotto che da Trieste arriva fino in Austria, al
sito ove dovrebbe insistere l’impianto di rigassificazione proposto dalla
società Gas Natural, nella zona di Zaule.
(r.t.)
Ferriera, 100 giorni per trovare alternative -
Rosolen ai sindacati: uno studio dirà come sistemare i dipendenti in caso di
chiusura
Salvaneschi (Fim): un’azione teorica che deve fare i conti con molti
elementi, come i necessari stanziamenti. Palma (Uilm): non bastano interventi a
spot
Cento giorni per sapere che cosa ne sarà della Ferriera. O, meglio quali
possibilità di ricollocazione potrebbero essere possibili in un prossimo futuro.
Questa è la proposta di studio che l'assessore al Lavoro Alessia Rosolen ha
sottoposto all'attenzione delle Rsu nel corso dell'incontro tenutosi ieri. Una
bozza di lavoro che ha ottenuto il giudizio positivo da parte dei sindacati,
fermo restando il fatto che rimanga una specie di 'paracadute', e non un
'mettere le mani avanti' per una chiusura. A rendere perplesse le sigle
sindacali, infatti, soprattutto il fatto che ci si riferisca allo studio come
una 'simulazione', e non come a un'ipotesi. Lo studio si concretizzerà in una
quantificazione di possibili posti di lavoro, a seconda delle loro competenze,
nelle realtà già esistenti sul territorio di Trieste. «Un'azione utile – spiega
Umberto Salvaneschi (Fim) – di competenza dell'assessorato al Lavoro. Diciamo
che, una volta concluso, si tratta pur sempre di un'azione teorica che deve fare
i conti con molti altri elementi, come i necessari stanziamenti nel caso in cui,
ad esempio, si parli di bonifiche». In ogni caso, spiegano le Rsu, sarà fornito
l'apporto necessario perchè, qualunque sia il risultato dell'analisi, sarà
comunque una base da cui partire. «Se si renderà evidente che sul territorio
sono disponibili duemila posti, tanto meglio – spiega ancora Salvaneschi – ma
se, invece, si scoprirà che non ce ne sono, sarà stata comunque un'azione utile
per avere il polso della situazione. A patto, naturalmente, che non sia un
'preparare il terreno' per altro». Le speranze di avere riscontri sul territorio
sono a dire la verità labili. «Dal 1991 a oggi, il settore della siderurgia
triestina ha perso 700 posti di lavoro – continua il rappresentante Fim – e se
siamo ancora qui a parlare di Ferriera significa che alternative sarà difficile
trovarne». La situazione è grave, e rischia di diventarlo sempre più in futuro.
«E forse non si è ancora capito che per affrontarla non bastano interventi 'a
spot' – spiega Franco Palma, Rsu Uilm – .Ogni giorno ci troviamo ad affrontare
questioni legate a nuove richieste di Cassa integrazione, e politicamente non si
sta prendendo molto sul serio questo problema. Basti pensare che Cgil Cisl e Uil
ancora la scorsa settimana hanno richiesto al presidente Tondo un incontro
formale e, a tutt'oggi, non abbiamo ancora ricevuto nessuna risposta». Sia i
risultati di questa riunione, sia la situazione generale dell'impianto, che
comunque è stata giudicata buona (a fronte di una crisi generalizzata della
siderurgia a livello globale) saranno oggetto dell'assemblea generale che si
svolgerà venerdì.
(e.o.)
Il «report» si svilupperà in quattro fasi - All’esame perdita di posti
di lavoro, ricollocazione ma anche situazione generale
Il «report dei cento giorni», come è già stato nominato, si svilupperà in
quattro fasi, che andranno dall'analisi della situazione lavorativa della
Ferriera (con tanto di previsione dell'emorragia di posti di lavoro che si
prevede vengano causati nell'eventualità di una chiusura) all'esame della
ricollocazione sul territorio, ai contatti con gli uffici provinciali del
lavoro, fino alle analisi dirette nelle imprese, come Sertubi o altre. Il tutto,
appunto, in meno di quattro mesi dalla partenza 'effettiva’ del progetto.
Partenza per la quale però ancora non c’è una data precisa, anche se da parte
sindacale si spera che avvena a breve in modo da poter avere in mano qualche
dato entro i primi mesi del 2009. Al progetto lavoreranno assieme Regione (con
varie Direzioni: accanto all'assessorato al Lavoro vi saranno coinvolte, ad
esempio, anche le Attività produttive) nonché l'Agenzia per il Lavoro, Comune e
Provincia, e soprattutto le sigle sindacali. Che, però, già alla presentazione
del documento hanno sollevato un piccolo dubbio: quello sul titolo. Che, per
usare un eufemismo, non era esattamente quello che ci si sarebbe attesi, ovvero
«La chiusura della Ferriera». Cosa che i sindacati non hanno mancato di far
notare. «Diciamo che avremmo preferito ci fosse scritto almeno ''eventuale
ipotesi''..» hanno chiosato. Un piccolo intoppo, che comunque non ha
pregiudicato il risultato finale dell'incontro.
Ferrovie, un treno sloveno Trieste-Lubiana - LA
SOCIETA’ SZ PUNTA A RILANCIARE IL TRAFFICO PASSEGGERI
Vertice con Trenitalia per la reintroduzione della linea Gorizia-Nova Gorica
e del Casanova
GORIZIA Le Ferrovie slovene, le Slovenske železnice, puntano a rilanciare il
traffico passeggeri con l’Italia, al momento limitato a un solo treno
Venezia-Lubiana nella notte, che peraltro non passa per Trieste centrale.
Tre le linee del possibile sviluppo indicate dai vertici del servizio passeggeri
delle Slovenske železnice nel corso di un incontro a Lubiana con i
rappresentanti di Trenitalia: il prolungamento della linea Lubiana-Sesana fino a
Trieste (o almeno fino a Opicina), la riapertura del collegamento Gorizia-Nova
Gorica e il ripristino dell’eurocity Casanova Venezia-Lubiana, soppresso il
primo aprile scorso.
Ora Trenitalia si è riservata un mese di tempo per dare una risposta in merito
ai collegamenti per Trieste e Gorizia, mentre, per ciò che concerne la
reintroduzione del «Casanova», le Ferrovie slovene si sono impegnate a
presentare un piano che verifichi il numero di passeggeri interessati a
viaggiare su questa linea e a definire anche il giusto prezzo di mercato del
biglietto mentre Trenitalia dovrà approfondire i problemi tecnici e finanziari
legati al rilancio del Venezia-Lubiana.
Le Slovenske železnice hanno motivato la richiesta di rilanciare i servizi per
Trieste e Venezia con la necessità di offrire una risposta alle esigenze dei
passeggeri che provengono anche da tutta l’area della ex Jugoslavia: i servizi
infatti verrebbero studiati in maniera tale da porsi in coincidenza con i treni
da e per Zagabria e Belgrado.
In particolare, per quel che riguarda il collegamento diretto con Trieste, la Sž
propone la realizzazione di almeno due coppie di treni locali il cui attuale
tragitto Lubiana-Sesana (una delle direttrici più importanti nel traffico
passeggeri d’oltre confine) venga prolungato fino a Trieste Centrale o, in
alternativa, almeno fino a Opicina.
Quanto al «Casanova» i dirigenti delle Ferrovie slovene hanno anche sottolineato
come la sua soppressione sia stata decisa unilateralmente da Trenitalia e questo
nonostante gli accordi avessero previsto un periodo di prova più lungo, a
coprire tutto il 2008.
Diverso invece il dicorso per quel che riguarda la Gorizia-Nova Gorica: le
«corsette» - come venivano chiamate le due coppie di collegamenti quotidiani
sugli 8 chilometri 254 che dividono la stazione della Transalpina da Gorizia
centrale - vennero abolite nel maggio 1999, ma già dal 1993 erano scomparse
dall’orario ufficiale delle ferrovie dello Stato per sopravvivere sull’orario
sloveno un altro paio di anni. Quasi un treno fantasma, dunque, dopo che
l’inaugurazione della linea, il 2 ottobre 1960, rappresentò una vera e propria
svolta nelle relazioni di confine tra Italia e Jugoslavia.
Oggi su quei binari corrono solo, oltre ai merci, i treni storici diretti a Bled,
una decina di viaggi all’anno organizzati dall’agenzia slovena Club con un
successo sempre crescente di partecipazione da parte degli appassionati.
Ebbene, ora le Ferrovie slovene vogliono sfruttare proprio il collegamento
Gorizia-Nova Gorica, con le adeguate coincidenze con le linee italiane, per
sviluppare ulteriormente il turismo lungo la linea dell’ultracentenaria ferrovia
Transalpina. «Con l’ingresso della Slovenia nell’area Schengen non ci sono più
ostacoli» hanno detto.
E adesso aspettano la risposta di Trenitalia.
GUIDO BARELLA
Pendolari, la Regione fa pressione sulle Fs - Viaggio
blitz di Riccardi: «Migliori servizi e confronto sul piano dei trasporti»
UDINE Un incontro «dal vivo» per verificare, seppure in modo puntuale, eventuali
disservizi del servizio ferroviario regionale (che ieri non si sono manifestati)
sulla tratta tra Udine e Trieste ma anche per valutare una partecipazione
organica del Comitato pendolari ai tavoli di confronto che la Regione Friuli
Venezia Giulia ha in corso con il Gruppo Ferrovie dello Stato.
L'assessore regionale ai Trasporti Riccardo Riccardi ha incontrato ieri i
rappresentanti del Comitato dei pendolari del nodo di Udine, Antonella Peresan,
Marco Chiandoni ed Emanuele Forte, sul treno regionale 2843 che questa mattina è
partito dalla stazione di Udine per raggiungere Trieste.
«La volontà di tutti - ha rilevato Riccardi - non è certamente quella di
considerare FS come un avversario, bensì di istaurare un dialogo costruttivo con
l'ente ferroviario a favore dell'utenza quotidiana dei treni regionali, con lo
scopo di trovare soluzione ai problemi piccoli e grandi di chi utilizza per
lavoro o per studio il mezzo su rotaia».
«Insieme pertanto – aggiunge l’assessore – Regione e Comitato pendolari, ci
confronteremo con Ferrovie dello Stato per cercare di migliorare le condizioni
di servizio attuali, quindi con operazioni a breve termine, ma più in generale,
dal punto di vista strutturale - ha affermato l'assessore - desideriamo che il
Comitato intervenga con proprie proposte nella fase di revisione del Piano
regionale del TPL (il Trasporto pubblico locale), in via di elaborazione».
Ieri, all'assessore Riccardi, Peresan, Chiandoni e Forte hanno illustrato alcuni
dei «punti critici» del servizio. In particolare, la puntualità (comunque molto
migliorata negli ultimi anni, è stato confermato), la pulizia delle carrozze, le
comunicazioni a bordo e nelle stazioni, la vetustà materiale carrozzabile, la
talvolta scarsa presenza di personale a bordo, le coincidenze troppo strette, la
sempre difficile fruizione del mezzo ferroviario da parte delle persone
disabili: «per loro - è stato infatti indicato - il percorso in ferrovia resta
sempre un viaggio da diverso».
L'ESPRESSO - GIOVEDI', 16 ottobre 2008
Stefania atomica (L'Espresso ( 638KB)
La scelta del nucleare. Lo stop su Kyoto. Le concessioni ai cacciatori. Le mire sui Parchi. Sotto accusa la politica del ministro Prestigiacomo.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 15 ottobre 2008
Ferriera, sindacati duri al confronto «Per i 1000
lavoratori non si parli di esuberi». Critiche sullo studio regionale
IL DIBATTITO SUL FUTURO DELLO STABILIMENTO - Forza Italia: «Bene il
monitoraggio sull’occupazione, ma servono termini precisi per la chiusura»
«I mille lavoratori della Ferriera non sono esuberi e non si possono
considerare tali». Con queste premesse si presenteranno, oggi, al tavolo di
discussione con l'assessore al Lavoro Alessia Rosolen le Rsu della Ferriera, che
pure si dichiarano perfettamente disposte a fornire alla Regione tutte le
informazioni che verranno richieste in merito alla forza lavoro. «Non credo che
ci verranno richieste le nostre previsioni per il futuro – spiega Umberto
Salvaneschi (Rsu Fim) – ma nel caso ribadiremo che di ammortizzatori sociali non
vogliamo neppure sentire parlare». Lo stesso assessore al Lavoro Alessia Rosolen
aveva infatti anticipato che le Rsu non saranno chiamate a esprimersi o
approvare il documento redatto dall’Agenzia del Lavoro sulle ripercussioni della
chisuura dell’impianto, che verrà illustrato come progetto di lavoro e riguardo
al quale si è ritenuto «giusto» discuterne con le forza di rappresentanza dei
lavoratori. «In merito al documento – spiega ancora Salvaneschi – forniremo
tutte le informazioni in nostro possesso sulla composizione della forza lavoro,
livelli retributivi, specializzazioni, livelli e così via, ma tenendo sempre
presente che il discorso 'ricollocamento' è al momento chiuso, non se ne può
parlare». Come anche non si può parlare di mille posti di lavoro 'persi'. «Come
prima cosa noi non consideriamo questi mille lavoratori come esuberi - spiega
Luca Visentini (Uil) – perchè lo stabilimento c'è e funziona bene. Come abbiamo
più volte specificato, prima si spieghi con chiarezza quali sono le alternative,
prima si avanzino delle ipotesi e poi si parli di eventuali perdite di posti di
lavoro». E, proprio riguardo allo studio che ha portato a quantificare l'ipotesi
di mille lavoratori, Visentini sottolinea come «sia ridicolo che serva uno
studio per quantificare un numero di lavoratori tra dipendenti diretti e
dell’indotto che tutti avevano sotto gli occhi» e specifica che «l'incontro del
15, secondo quanto ci era stato detto, doveva essere solo 'tecnico', visto che
avevamo più volte sottolineato come prima di parlare di ricollocamenti a
qualsiasi titolo si sarebbe dovuto avere un piano preciso». Piano che, ancora,
non c'è. Nessuna notizia infatti è arrivata dal presidente della Regione Tondo,
interpellato dai Cgil, Cisl e Uil per un tavolo di discussione 'politico'. E al
coro adesso si aggiunge anche la Failms Cisal, che sottolinea il suo disaccordo
«a interventi alternativi ai posti di lavoro con ammortizzatori sociali: i
lavoratori devono uscire dal processo di riconversione con una continuità
lavorativa e senza perdite contributive». Per lo stesso motivo, si ritiene che
«la partita riconversione della Ferriera debba rientrare in un piano concordato
tra tutti i soggetti interessati, a cominciare dal governo centrale fino alle
associazioni sindacali, che porti a un superamento della siderurgia a Trieste».
Allo stesso tempo, però, la Failms Cisal pone l'accento sulle attuali condizioni
di lavoro dello stabilimento, sottolineando che «le condizioni impiantistiche e
in particolare l'altoforno non garantisce degli standard di sicurezza», e chiede
che «si debba da subito intervenire, nominando magari una commissione tecnica
che verifichi la funzionalità dei sistemi di sicurezza». Intanto, a livello
politico, quello che si richiede è la certezza. «L'approccio dell'assessore
Rosolen, che ha dato compito di effettuare un monitoraggio per le collocazioni
alternative e la situazione, è corretto – spiega Bruno Marini (Fi) – ma quello
che temo è che si vada verso un allungamento dei tempi. Lo stesso 2015 a mio
parere è troppo distante nel tempo. In tal caso, cosa diremmo alla popolazione
di Servola? Per cui la cosa importante è che il termine, qualunque sia, sia
certo, sempre naturalmente senza trascurare le esigenze dei lavoratori, e
infatti in tale direzione va l'iniziativa dell'assessore nell'effettuare il
monitoraggio sulle potenzialità occupazionali». Dello stesso parere si dichiara
il capogruppo di Forza Italia Piero Camber. «Questa è la prima volta che si
parla di una scadenza precisa: finora sono stati aperti tavoli a bizzeffe, ma
senza alcuna concretezza. Quello che è necessario è un tavolo tra Regione,
proprietà e Comune che dia termini della bonifica e della riconversione e un
adeguato cronoprogramma, qualunque esso sia, con tanto di ipotesi di
ricollocazione anche in futuro opere come, mi viene in mente, la piattaforma
logistica. Quello del 2015 è il limite massimo. l’importante è che il termine,
qualunque sia, sia certo». Da parte dell'assessore Rosolen, comunque, viene
ribadito che non si è mai pensato di posticipare al 2015 il termine di chiusura
dell'impianto. «Ho solo specificato che se la chiusura avvenisse nel 2015 come
previsto dall’azienda, o anche prima, ci sarà comunque il tempo per definire
percorsi di reimpiego dei lavoratori».
MUGGIA - Mobilità, oggi incontro pubblico -
APPUNTAMENTI DELL’AGENDA 21
La mobilità sostenibile del territorio comunale e la sua riqualificazione con il
cittadino coinvolto direttamente nella pianificazione. La prima fase del Piano
per la mobilità sostenibile e la rivitalizzazione degli spazi urbani che rientra
nel progetto della rete Agenda 21, progetto che ha come obiettivo lo sviluppo
sostenibile, ponendo al centro la qualità della vita dei cittadini e quindi
coinvolgendoli in modo ampio, sarà presentata al pubblico oggi alle 17.30, alla
Sala Millo in piazza della Repubblica a Muggia. Nel corso dell’incontro verranno
illustrati una Relazione sullo stato dell'ambiente che «fotografa» lo stato
della mobilità evidenziandone le criticità e un Piano di azione locale (Pal) che
- recependo indicazioni proposte dal Forum attuato con i cittadini - pianifica,
fornendo anche un ordine di priorità, gli interventi ritenuti essenziali.
Partito nel settembre 2007, ha permesso a Muggia di essere tra i primi enti
locali ad avvalersi di questa nuova metodologia di programmazione. Per avviare
l’Agenda 21 sulla mobilità sostenibile il Comune ha impiegato un contributo
regionale di quasi 23 mila euro.
(g.t.)
IL PICCOLO - MARTEDI', 14 ottobre 2008
ECOSISTEMA URBANO - Nella
classifica di Legambiente Trieste passa dal
59° al 50° posto - «Promossi i bus, male rifiuti e acqua»
- Dispersione idrica del 48%
Ottimo servizio di trasporto pubblico, percentuali di raccolta differenziata al
di sotto delle aspettative, significative perdite a livello di rete idrica. Sono
le luci e le ombre della realtà triestina messe a fuoco dal rapporto «Ecosistema
urbano 2009», l'annuale ricerca di Legambiente sulla qualità delle 103 città
capoluogo di provincia, realizzata in collaborazione con il Sole 24 ore.
Lo studio, che ha attribuito lo scettro di città più virtuosa del Paese a
Belluno, colloca la nostra città al 50° posto della classifica, in miglioramento
quindi rispetto al del 2008, anno in cui Trieste aveva guadagnato la
cinquantanovesima posizione. Ma il balzo in avanti, secondo il presidente
provinciale di Legambiente Lino Santoro, non autorizza a cantar vittoria. «È
vero, abbiamo guadagnato qualche punto ma rimaniamo sempre a metà graduatoria -
commenta -. Questo significa che Trieste non va nè avanti nè indietro.
Evidnetemente resta ancora tanta strada da fare a livello di gestione
ambientale».
Per dare le pagelle ai capoluoghi italiani, Legambiente ha utilizzato decine di
parametri: dalle quantità di anidride carbonica presente nell’aria al consumo
pro capite di acqua, dal numero di auto in circolazione ai metri quadrati di
verde a disposizione di ogni cittadino. Indicatori che, in Friuli Venezia
Giulia, hanno registrato i risultati migliori a Udine, che si piazza al 22°
posto, e a Gorizia, in 39esima posizione. Fanalino di coda è Pordenone, inserita
nella parte bassa della classifica al 62° posto.
Tornando alla realtà triestina, secondo Legambiente il punto di forza è
rappresentanti dall’efficienza del trasporto pubblico. La nostra è l’unica
grande città a superare i 300 viaggi annui per abitante a bordo di un mezzo
pubblico - per la precisione 320, in leggero calo rispetto ai 349 dell’anno
precente. «Un dato positivo sul quale, comunque, incide l’età avanzata della
popolazione - continua Lino Santoro -. La ricerca non dice però che, a
differenza di quanto accade in altre città, da noi i bus osservano l’orario
notturno, e quindi diradano le loro corse, già dopo le 21, costringendo chi esce
la sera a prendere sempre l’auto».
Note positive riguardano anche la produzione di rifiuti solidi, 484 chili pro
capite all’anno, l’11° miglior risultato italiano. Il rovescio della medaglia è
rappresentato però dai livelli della raccolta differenziata: appena il 15,6% del
totale. Insolito, infine, il dato relativo alle perdite idriche. Secondo lo
studio, a Trieste il 48% dell’acqua complessivamente immessa nella rete non
viene consumata. «Una percentuale a dir poco allarmante - conclude Santoro -,
specie se si considera che in città paghiamo la bolletta dell’acqua più salata
di tutta la regione».
Il dato viene però contestato dal Comune. «La nostra dispersione è attorno al
38% e quindi inferiore alla media nazionale - replica l’assessore Paolo Rovis -.
La situazione, tra l’altro, è in miglioramento grazie alla progressiva
sostituzione delle vecchie condotte. Quanto ai rifiuti, non basta puntare
l’indice contro il bassi livelli di diffenziata, come fa Legambiente, senza
tener conto della presenza a Trieste del termovalorizzatore».
MADDALENA REBECCA
Lo studio sulla Ferriera: mille posti in gioco -
Gli sbocchi: piattaforma logistica, rigassificatori e Porto Vecchio. Tondo non
ha risposto ai sindacati
REPORT DELL’AGENZIA REGIONALE DEL LAVORO - Rosolen: per la chiusura c’è
tempo fino al 2015. No agli ammortizzatori sociali
Mille: questo è il numero di posti di lavoro in gioco nella Ferriera e
attorno, fra aziende collegate, indotto e fornitori. È il calcolo fornito
dall’Agenzia regionale del lavoro su incarico della giunta regionale, che ha
specificamente deliberato l’avvio di questa indagine destinata a proseguire con
una mappa di possibili sbocchi lavorativi se l’azienda siderurgica, come è ormai
deciso a livello politico, sarà «accompagnata» a spegnere i motori e chiudere i
battenti.
«Mille persone, più le famiglie - considera l’assessore regionale al Lavoro,
Alessia Rosolen - se perdono il posto non costituiscono una crisi, ma una vera
emergenza sociale, specie in momenti di depressione economica mondiale,
nazionale, regionale, locale». E sarà proprio la Rosolen a comunicare domani i
dati dell’Agenzia del lavoro ai sindacati di fabbrica. Una convocazione che le
segreterie considerano invece solo «tecnica» e di scarso impatto sulla questione
di fondo. La vera risposta sul destino della fabbrica e sui dipendenti è attesa
infatti dal presidente della Regione, Renzo Tondo. Ma alla lettera inviata in
tal senso la scorsa settimana dalle forze sindacali non è ancora giunta
risposta. «Siamo in attesa» rispode Luca Visentini per la Uil. «Se risposta non
ci sarà a giorni - ribatte però Antonio Saulle della Fiom-Cgil - daremo incarico
alle segreterie provinciali di sollecitarla, perché di incontri e tavoli tecnici
ne abbiamo fatti a bizzeffe per anni, qui occorre invece una risposta
complessiva sul futuro della siderurgia».
«È stata una scelta di responsabilità fare questa mappatura delle risorse umane
che di fronte a una chiusura della Ferriera verrebbero coinvolte in una crisi
che per le sue dimensioni sarebbe appunto non solo industriale - risponde
l’assessore Rosolen -, ma sociale, chiusura che comunque è chiaro non può
avvenire domani mattina, mettiamo che accada nel 2013, o addirittura nel 2015
come prefigurato dall’azienda stessa: c’è il tempo per definire percorsi di
reimpiego dei lavoratori, e dunque anche di formazione. Domani - aggiunge -
parleremo di questo con la Rsu. E non certo di ammortizzatori sociali». Parole
che i sindacati temono e sono pronti ad avversare. La lista comprende da 565 a
580 dipendenti della Ferriera, da 240 a 270 (a seconda dei periodi) della
Sertubi, 50 fra Linge Gas ed Elettra, più l’indotto e i fornitori.
Rosolen sottolinea comunque di essere previdente nelle azioni, ma ultima nella
scaletta delle decisioni: «Prima la parola va all’Ambiente, assessore Lenna, poi
all’Energia, assessore Riccardi, poi alle Attività produttive, assessore Ciriani,
poi da ultimo al Lavoro». Che appunto sta misurando l’impatto del progetto di
dismissione: mettendo in ballo almeno 1000 posizioni di lavoro (coi fornitori
forse perfino di più) coinvolgerebbe, calcolando il peso delle famiglie,
l’economia di una quantità di persone pari a un intero paese di medie
dimensioni.
Il compito dell’Agenzia regionale del lavoro dovrebbe essere in seguito, secondo
l’assessore, anche di pensare a prospettive concrete di ricollocazione di questi
lavoratori, in un quadro industriale ed economico che comunque deve solo
guardare al futuro per intravedere qualche possibile sbocco in ambito triestino:
«Nel 2015 per esempio - prosegue Rosolen specificando che per ora si tratta di
una lista di ipotesi - la piattaforma logistica in porto sarà stata certamente
già realizzata, e assorbirà persone nel frattempo diventate competenti in questo
campo, la Ferriera stessa potrebbe mantenere o ampliare il proprio terminal
portuale, poi ci sono le bonifiche, il possibile rigassificatore, la produzione
di energia di AcegasAps, il rifacimento del Porto vecchio, perfino. C’è una
città che si muove - dice l’assessore - ed è a questo che si deve guardare».
Al di là dell’effettivo impatto che la conta di stipendi in ballo potrà avere,
la titolare del Lavoro sottolinea di nuovo: «È comunque la prima volta che viene
realizzata una fotografia dell’esistente, in passato e lo dico senza polemica ma
con un senso di sorpresa, neanche di fronte alle procedure per l’Aia ci si è
preoccupati di guardare a fondo la situazione dell’impiego».
La Rsu non saranno chiamate ad approvare o a esprimersi ufficialmente sul
documento che l’assessore illustrerà come un progetto di lavoro: «Spero che
siano d’accordo - dice -, io ho ritenuto giusto parlare proprio con le Rsu
dell’azienda, e non con le segreterie».
Intanto corre voce che la Sertubi stessa, che produce usando la ghisa della
Ferriera, starebbe per avviare una cassa integrazione entro l’anno. «Voce non
confermata - dice Saulle -, nessuna comunicazione ufficiale è mai arrivata, se
ne sente parlare però all’interno della fabbrica. La relativa debolezza di
questa azienda - prosegue il sindacalista - è che il suo mercato è solo
all’estero e non decolla in Italia, ma è un problema di sempre e non dipende
dalle attuali circostanze dei mercati mondiali. Il nuovo contratto con la
Ferriera è stato firmato. Potrebbero esserci stati problemi di ordinativi
disdetti, o di rinegoziazioni, ma per ora non risultano decisioni ufficiali».
GABRIELLA ZIANI
Omero: traffico, decida il Consiglio - LE
POLEMICHE SULLE PEDONALIZZAZIONI
«Non tocca nè al sindaco nè alla sua giunta esprimersi sulla bontà o meno del
piano del traffico redatto dall’ingegner Camus. Quel compito spetta al consiglio
comunale».
Il capogruppo del Pd Fabio Omero replica così all’assessore ai Lavori il quale,
intervenendo nel dibattito sulle ultime pedonalizzazioni. aveva affermato: « la
bozza elaborata dal preside della Facoltà di Ingegneria non è mai andata bene a
nessuno».
«Ricordo che sulla base dell’art.66 dello Statuto comunale - continua Omero -
l’indirizzo politico-amministrativo è esercitato dal consiglio comunale anche
attraverso l’approvazione dei piani territoriali e urbanistici e dei programmi
pluriennali per la loro attuazione».
Piazza Libertà, oggi consegna di firme AL COMUNE
- Il Comitato deposita 10mila appelli e chiede un incontro al sindaco
Stamattina Paola Vattovani e Ilaria Ericani, in rappresentanza del Comitato per
la salvaguardia degli alberi di piazza Libertà, consegneranno al Comune, per la
registrazione, copia delle 10mila firme di cittadini poste in calce alla
petizione popolare contro l’iniziativa dell’amministrazione.
L’abbattimento è previsto dal progetto preliminare denominato «Riqualificazione
Trieste nord - programma innovativo in ambito urbano», approvato dal consiglio
comunale, con delibera n.43 del 30 maggio 2008. Nell’occasione, le due esponenti
del Comitato allegheranno una lettera in cui si chiede al sindaco, Roberto
Dipiazza, un incontro.
«Se ci sarà concesso, come speriamo – spiega la Ericani - presenteremo le nostre
perplessità rispetto al progetto preliminare proposto e illustreremo al sindaco
una bozza di proposta alternativa per la riqualificazione di piazza Libertà».
Punti fermi del ragionamento del Comitato sono: «L’inutilità delle opere
previste, rispetto agli obiettivi prefissati dal programma, l’impatto ambientale
negativo sull’area e sul paesaggio, le carenze del progetto preliminare e dello
studio di impatto ambientale, l’incoerenza con la pianificazione di livello
comunale e di tutela ambientale e paesaggistica, il degrado del patrimonio
artistico, culturale e storico, la violazione dei vincoli paesaggistici e
artistici, l’inattendibilità delle stime dei volumi di traffico e l’inutilità
rispetto alle finalità dello smaltimento del traffico e dell’inquinamento».
I responsabili del Comitato infine chiedono che le competenti autorità, in
particolare la Direzione regionale per i Beni culturali e paesaggistici, oltre
che il servizio Verde pubblico del Comune, «esprimano parere negativo al
progetto preliminare approvato, poiché in contrasto con i vincoli insistenti
sull’area, con il rispetto e la conservazione di importanti valori storici,
artistici, culturali, paesaggistici e ambientali di Trieste, nonché con la
necessità di salvaguardare la salute dei cittadini».
«Fra i punti più importanti – conclude la Ericani – l’attenzione che deve essere
riservata, prima di qualsivoglia approvazione di interventi, alla valutazione di
impatto ambientale, riferita ai processi di formazione delle decisioni relativi
alla realizzazione di questo progetto».
(u.s.)
L'UNITA' - LUNEDI', 13 ottobre 2008
ECOSISTEMA URBANO 2009 - Qualità ambientale, a Belluno
il primato -
vedi tabella
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Per il secondo anno consecutivo è Belluno è la città dove si vive meglio. Si è
aggiudicata, infatti, il primo posto nella classifica Ecosistema Urbano 2009,
stilata come ogni anno da Legambiente, Sole 24 Ore e Ambiente Italia. Dopo
Belluno si piazzano Siena, Trento, Verbania e Parma. Brusco calo per Roma,
mentre il Sud continua ad arrancare. Maglia nera a Frosinone, ultima delle 103
città esaminate.
Sono i dati a confermare l'alto livello della qualità della vita a Belluno. La
città veneta, che conta circa 36 mila abitanti, ha una buona qualità dell'aria
visto che la media annuale delle polveri sottili scende da 26 a 23 microgrammi
per metro cubo, mantenendosi ampiamente nei limiti previsti dalla legge. Ottimi
i risultati sul capitolo rifiuti: raccolta differenziata al 57.4% e bassa
produzione di rifiuti. Un altro punto forte di Belluno è sicuramente quello
della mobilità che, nella cittadina veneta, fa rima con ecologia: buona
dotazione di spazio per le bici (4,6 metri per abitante), crescita costante
degli spazi vietati alle auto e un sufficiente trasporto pubblico con 76 viaggi
a testa ogni anno. Infine i bellunesi hanno, meglio di altri, capito
l'importanza della risorsa acqua. E infatti i consumi idrici sono bassi: 136
litri pro-capite.
La medaglia d'argento va invece a Siena, dove la percentuale di acque reflue
depurate arriva al 95%. Inoltre la città toscana ha aumentato gli spazi dedicati
alle bici (dai 3,51 metri quadrati per abitante ai 4,51) e quelli pedonali.
Terzo posto per Trento, a cui è stato riconosciuto il merito di aver aumentato
la raccolta differenziata, passando dal 47 al 50.3 per cento.
Nella sfida metropolitana tra Roma e Milano, la spunta il capoluogo lombardo. Un
anno fa le due metropoli erano sostanzialmente pari: Roma era al 55esimo posto
mentre Milano al 58esimo. A distanza di un anno la capitale arretra di ben 15
posizioni fermandosi alla 70esima posizione mentre Milano sale al 49esimo posto.
La città del cupolone batte quella della Madonnina solo per l'inquinamento
atmosferico. Per il resto a Milano, se si considerano la raccolta differenziata
(31% a 17%), le isole pedonali e le piste ciclabili, si vive meglio che a Roma.
In fondo alla classifica Trapani, Benevento, Catania, Ragusa e Frosinone. Nelle
città in coda alla classifica sono depurate il 70% delle acque contro una media
dell'85%, i trasporti pubblici sono carenti, la raccolta differenziata è a un
terzo della media nazionale, le zone a traffico limitato e piste ciclabili sono
quasi inesistenti, il verde pubblico non sufficiente.
La classifica mostra dunque un Mezzogiorno ancora in forte ritardo. La prima
città del Sud e delle Isole che si incontra è Cagliari che si piazza al 35esimo
posto. Napoli guadagna tre posizioni ma è ancora all'88esimo posto mentre
Palermo dall'89esima posizione scende alla 98esima. Positivo il salto di Bari
che guadagna 22 posizioni rispetto allo scorso anno e si porta al 60esimo posto.
Per il presidente di Legambiente, Vittorio Cogliati Dezza, molti buoni risultati
sono dovuti alle virtuose politiche locali anche se queste, spesso, «sono state
fortemente penalizzate dai governi nazionali, che poco o nulla hanno investito
in infrastrutture per il trasporto pubblico e nel miglioramento delle condizioni
dei viaggiatori pendolari». E da Legambiente si fa notate che gli ultimi non
sono unicamente i più poveri, ma anche, o soprattutto, quelli che peggio curano
le loro risorse ambientali.
IL PICCOLO - LUNEDI', 13 ottobre 2008
Piano del traffico Dipiazza: corso Italia non sarà mai
pedonale
«Via Mazzini non si tocca finché c’è Stream» Fipe e Dettaglianti divisi
sulle aree senz’auto
Via Mazzini pedonale? «Non possiamo prendere alcuna decisione fino a quando
non sarà definitivamente risolta la vicenda Stream». Corso Italia chiuso al
traffico? Sciocchezze: «Nessuno ha mai parlato di eliminare le auto da
un’arteria così importante».
Il sindaco Roberto Dipiazza smorza così le speranze di chi, dopo le annunciate
pedonalizzazioni in via Cassa di Risparmio, via Einaudi e nel primo tratto di
via Trento, confidava in una possibile estensione dell’isola pedonale del centro
cittadino. Nessuna buona notizia quindi per i comitati di corso Italia e via
Mazzini che, delusi dall’esclusione delle due strade dal perimetro delle aree
«off limits» per le quattro ruote, erano tornati a far sentire con forza le
proprie voci.
Più morbida nei toni, ma altrettanto ferma nei contenuti, la posizione espressa
dall’assessore comunale ai Lavori pubblici. «Non chiudiamo alcuna porta -
precisa Franco Bandelli -. Anzi, siamo aperti a ogni ragionamento. Ovviamente
però non si può pretendere che venga fatto tutto e subito. La nostra strategia è
procedere per passi successivi. E di passi sulla strada delle pedonalizzazioni
finora, contrariamente a quanto sostiene l’opposizione, ne abbiamo fatti tanti:
da via Torino a via di Cavana fino, appunto al Borgo Teresiano e Giuseppino.
Quanto a via Mazzini e corso Italia - continua Bandelli - fosse per me chiuderei
entrambe al traffico, ma il buon senso ci dice che non è possibile».
È possibile, invece, pensare di ridurre intanto i disagi dei residenti di via
Mazzini eliminando i «danni provocati dal disastro Stream». «Finora non abbiamo
nemmeno potuto asfaltarla perché c’era sempre in piedi la causa con l’Ansaldo -
precisa il sindaco -. A breve però questa storia sciagurata che dura sette anni
dovrebbe concludersi e, finalmente, potremmo pensare a un intervento in quell’area».
«Già rimuovendo le canalette e rifacendo il manto stradale si riuscirebbe a
eliminare il primo problema dei residenti, vale a dire quello delle vibrazioni -
aggiunge Bandelli -. E questo potrà essere fatto anche a breve. Per interventi
più impegnativi come la pedonalizzazione, invece, andranno eseguite altre
verifiche tecniche. Soluzioni che però, di certo, non potranno essere ispirate
al piano Camus. Perché, è ora di dirlo, quel piano non è mai andato bene a
nessuno».
Affermazione contestata dal Coped-CamminaTrieste che al Comune chiede proprio
l’applicazione integrale dello studio redatto dal preside della facoltà di
Ingegneria Roberto Camus. «A colpi di singole pedonalizzazioni e schermaglie tra
comitati non si arriva da nessuna parte - afferma il presidente
dell’associazione Sergio Tremul -. Trieste ha bisogno di un riassetto
complessivo che incentivi il trasporto pubblico, proprio come previsto dalla
bozza Camus».
Si dice già soddisfatto dei provvedimenti attualmente adottati dal Comune,
invece, il presidente della Fipe, Beniamino Nobile. «Sono favorevolissimo alle
pedonalizzazioni - chiarisce -. Creare un’isola pedonale significa consentire ai
pubblici esercizi di sistemare tavolini all’esterno ed incrementare quindi
l’attività. Certo, pedonalizzare anche via Mazzini e corso Italia come chiede
qualcuno, sulle prime, potrebbe creare qualche ”pasticcio”. Ma alla lunga
farebbero il bene di un sacco di gente».
Di avviso diametralmente opposto la presidente dei dettaglianti, Donatella Duiz.
«Sono contraria a queste pedonalizzazioni e non ho problemi a dirlo - chiarisce
-. Si finisce infatti per portar via posti macchina preziosi, come quelli in via
Cassa di Risparmio, senza crearne degli altri. Tutto il traffico poi finirà per
concentrarsi nelle strade vicine con il risultato che via Genova e piazza
Ponterosso, per la quale al contrario era stata annunciata una riqualificazione,
diventeranno delle autostrade».
MADDALENA REBECCA
IL PICCOLO - DOMENICA, 12 ottobre 2008
«Rigassificatore, studiato l’effetto domino» - Il
professor Bevilacqua dell’Università difende la relazione data alla Regione
- Il geologo Sirovich: dati carenti
L’Università di Trieste ha svolto uno studio dell’«effetto domino» relativo
all’impianto di rigassificazione Gas Natural a Zaule. Lo afferma il professor
Paolo Bevilacqua, responsabile dello studio, che, come da lui stesso precisato,
è stato eseguito dal Consorzio Interuniversitario Nazionale per l’Ingegneria
delle Georisorse (CINIGeo, cui afferiscono le Università di Bologna, Cagliari,
Roma La Sapienza e Trieste. Le professionalità e le esperienze richieste in
questo studio – rileva – hanno coinvolto un team di esperti composto da
professori universitari, ingegneri, impiantisti, esperti di analisi di rischio,
nonché geologi.
Il professore replica così alle affermazioni del geologo Livio Sirovich che nei
giorni scorsi aveva segnalato la mancanza di studi sull’«effetto domino» verso
l’esterno dell’impianto.
«Lo studio - sostiene Bevilacqua - ha riguardato 3 profili, analizzati in
dettaglio con riferimenti scientifici e riscontri oggettivi. I tre profili sono:
l’effetto domino da insediamenti industriali verso l’impianto di
rigassificazione; l’effetto domino dell’impianto di rigassificazione verso gli
insediamenti industriali; l’effetto domino dai pontili di attracco di impianti
limitrofi verso l’impianto di rigassificazione e viceversa».
«Leggendo il documento del CINIGeo – prosegue il professor Bevilacqua
riferendosi agli appunti del geologo – è agevole constatare che, contrariamente
a quanto riferito, è stato analizzato anche l’effetto domino dell’impianto di
rigassificazione verso gli insediamenti industriali. Per quanto riguarda
l'analisi preliminare del rischio sismico nella zona interessata dal progetto
del rigassificatore, va segnalato che, al momento della redazione dello studio,
la norma vigente in materia di classificazione sismica del territorio
rappresentata dall'ordinanza del Presidente del Consiglio 3274 dd. 20/03/2003,
classificava la zona di Trieste in Categoria 4 per la quale, come si legge nella
norma, era lasciata facoltà alle Regioni di introdurre o meno l'obbligo della
progettazione antisismica; nell’epoca di cui si tratta il Friuli Venezia Giulia
non aveva ancora prescritto l’obbligatorietà».
Da parte sua, Livio Sirovich conferma le proprie osservazioni. «L'unica
relazione su possibili incidenti industriali a catena (effetto domino)
depositata presso la Direzione Ambiente della Regione ha 46 pagine e tratta
esclusivamente le conseguenze di eventuali incidenti ed incendi esterni. È sulla
base di tale relazione che la Regione ha emesso il proprio parere. La stessa
relazione è stata già distribuita su CD dalla Regione a varii enti. Il nome del
file è: "03246-E&E-R-0-116 INT SIA Zaule - Allegato 1.pdf". Suggerirei al prof.
Bevilacqua di verificare l'originalità delle relazioni (non firmate) circolanti
a suo nome su carta intestata del Consorzio che comprende l'Università di
Trieste».
LE ANTICIPAZIONI DEL PIANO DEL TRAFFICO DEL COMUNE
- Aree pedonali, protestano le vie escluse
Comitati di corso Italia e via Mazzini: «Ignorati». Soddisfatti i negozianti
delle vie Trento e Cassa di Risparmio
I commercianti e i residenti delle vie interessate sono entusiasti. Quelli
delle vie escluse – o almeno per ora non previste – protestano.
L'annunciato provvedimento del Comune di Trieste per la pedonalizzazione di
alcune vie del centro suscita, come prevedibile, reazioni entusiaste ma anche
critiche feroci. Queste ultime, in particolare, da parte delle zone che per ora
sono rimaste fuori dal provvedimento.
L'azione del Comune prevede infatti la pedonalizzazione di via Cassa di
risparmio, via Einaudi e del primo tratto di via Trento. Nessun provvedimento,
invece per via Mazzini e corso Italia. Con le reazioni vivaci dei Comitati che,
negli scorsi mesi, si sono mossi raccogliendo migliaia di firme per chiederne la
chiusura.
«Avevamo chiesto la pedonalizzazione di corso Italia, e non è stata fatta –
afferma Roberto Rosini, componente del Comitato per la chiusura e negoziante del
corso - Ora, con l'ampliamento della zona pedonale, corso Italia diventerà lo
sfogo di tutto il traffico della zona. Se si voleva fare una pedonalizzazione,
allora andava fatta nell'intero quadrilatero, altrimenti si prevedono disastri».
Altra «esclusa eccellente» della pedonalizzazione è via Mazzini. «Visto che
qualche mese fa abbiamo consegnato i risultati delle prove effettuate su
vibrazioni e rumore nella percorrenza della strada, ci saremmo aspettati almeno
una telefonata del Comune - spiega Paola Gaggi, una delle responsabili del
Comitato per la pedonalizzazione e negoziante della via- Ci sono mille modi per
venirci incontro: se ad esempio non si può pedonalizzare, almeno che si preveda
un intervento per limitare la velocità. E questo chiederemo al Comune: che si
limiti almeno ai bus la percorrenza a 30 chilometri all'ora. Non vogliamo certo
che la zona diventi un parco pedonale, ma almeno almeno rispettare i diritti di
chi ci vive».
Che a Trieste piacciano le vie pedonali è assodato. Nelle vie che il Comune
chiuderà, infatti, è quasi un coro. «Avere una via pedonale sarà una bella cosa
per i nostri affari – spiegano, ad esempio, i titolari del bar Laila di via
Cassa di Risparmio – anche perchè potremo sistemare fuori i tavolini e questo
per noi è ottimo». Anche al buffet Da Pepi il coro è unanime: «Siamo
contentissimi». Anzi, c'è pure chi invoca maggior rigore, come i responsabili
del caffè Rossini, alla fine di via Trento. «La chiusura è un provvedimento che
ci soddisfa pienamente - spiegano - anzi, la sola cosa che vorremmo dire, in
più, è che il Comune non dovrebbe badare solo alle auto ma anche ai motorini».E,
in effetti, l'ultima parte della via è un parcheggio quasi selvaggio di due
ruote. A guadagnarci, nella chiusura, sono prevedibilmente soprattutto i bar,
che potranno approfittare di maggior spazio e più tranquillità. Più problemi per
le altre attività commerciali, che non potranno essere raggiunge dalle auto. E
in alcuni casi ciò si trasforma in un dramma.
È il caso della rivendita di accessori automobilistici Adria Auto di via Cassa
di Risparmio. «Per noi è una tragedia perchè sarà impossibile vendere gli
accessori più ingombranti, per i quali è necessario fare le prove direttamente
sul veicolo. Speriamo solo che il Comune ci conceda, magari qualche permesso
speciale, altrimenti dovremmo chiudere, e aprire magari un altro bar».
ELENA ORSI
PIANO DEL TRAFFICO - Il Wwf: sì alla chiusura ma serve
un piano globale - Omero (Pd): «Inutilizzato lo studio di Camus costato
oltre 250mila euro»
Se le reazioni dei diretti interessati, ovvero i commercianti delle vie che
saranno pedonalizzate, sono in maggioranza positive, ben diverse le prese di
posizione da parte degli ambientalisti e dell'opposizione. «In linea di
principio ogni chiusura, se accompagnata da una concezione generale, va bene –
spiega il responsabile regionale del Wwf, Dario Predonzan - Bene sarebbe, però,
che le modifiche vengano decise sulla base di un piano organico come sarebbe il
piano del traffico, che invece dorme nel cassetto da oltre tre anni». Un
intervento organico è infatti una cosa, altro è agire in base a spinte emotive.
«La chiusura 'a spot' ha un senso relativo – specifica Predonzan – ben diverso
da come sarebbe sulla base di un piano di programmazione. Si agisce
probabilmente in base a spinte di singoli, ma senza una visione globale, con il
risultato che si chiudono le vie principali ma si va a creare un'autostrada
sulle Rive».
La richiesta dell'associazione ambientalista va in un senso ben preciso. «Che ci
si renda conto che nella programmazione del traffico si deve agire sulla base di
precise strategie, senza prestare attenzione solo e unicamente all'arredo
urbano, ma anche alle infrastrutture alternative all'auto, come tram e
automobili. Invece si preferiscono le politiche del risparmio e dello spot,
anche se non è che i soldi manchino, tutt'altro: solo che si impegnano in altri
modi».
Il capogruppo del Partito Democratico al Comune di Trieste, Fabio Omero, attacca
direttamente l’assessore Franco Bandelli. «L'assessore comunale ai grandi eventi
e al protagonismo (quello suo personale) illustra alla stampa le
pedonalizzazioni di via Cassa di Risparmio, via Trento e via Einaudi. È ormai
evidente da tempo che il ragazzo voglia fare a suon di spot la propria
candidatura per il 2011. Ma la fortuna sua e del sindaco stesso è che, ahimè, è
morto il procuratore De Luca della Corte dei Conti, perchè è uno scandalo che
l'assessore spezzetti la viabilità cittadina, quando c'è un piano generale del
traffico redatto dall'ingegner Camus, costato alle casse comunali e ai cittadini
oltre 250mila euro e chiuso in un cassetto».
(e.o.)
Piazza Libertà più verde nel
progetto rivisto
Il comitato rilancia con diecimila firme - Cittadini e associazioni contrari al
taglio degli alberi chiedono un incontro al sindaco
Le modifiche principali: un solo sottopassaggio, ritoccati i cordoli,
ridimensionate le corsie
I margini di manovra per «correggere» l’intervento di riqualificazione di
piazza Libertà sono di fatto esauriti. Il progetto definitivo, annuncia il
Comune, è ormai completato e attende solo di ricevere il parere da parte degli
enti interessati - tra cui Regione, Provincia, Trieste Traporti alle Ferrovie -
prima di approdare in giunta. Eppure, nonostante l’imminente chiusura dei
giochi, il comitato che da mesi si batte per evitare il taglio di alcuni degli
alberi del giardino davanti alla stazione non solo non si rassegna ma, al
contrario, è pronto a rilanciare. Tra due giorni infatti consegnerà in municipio
le 10 mila firme raccolte a difesa delle piante secolari e chiederà un incontro
al sindaco per illustrare le proprie osservazioni al progetto.
Osservazioni che non si limitano a contestare il taglio degli alberi, ma
denunciano anche presunte violazioni di vincoli paesaggistici e artistici, la
mancata valutazione di impatto ambientale dell’opera e, più in generale,
«l’inutilità del progetto rispetto alle finalità dello smaltimento del traffico
e dell’inquinamento». A detta del comitato composto anche da esponenti di Wwf,
Italia nostra, Lav e Gruppo Beppe Grillo, insomma, l’intervento previsto dal
Comune anzichè riqualificare e renderla davvero fruibile per i cittadini piazza
Libertà, finirebbe per umiliarla, trasformandola in una semplice autostrada a
sette corsie a doppio senso di marcia.
Critiche respinte con forza dal Comune, che accusa di disfattismo i promotori
della raccolta firme. «Il loro unico obiettivo è bloccare lo sviluppo di un’area
vitale della città attorno a cui gravitano la sala Tricpovich, l’ingresso al
Porto Vecchio, la stazione e il Silos - afferma l’assessore ai Lavori pubblici,
Franco Bandelli -. Le proposte del comitato non sono assolutamente costruttive:
l’unica alternativa suggerita l’abbandono totale del progetto. Anche la
battaglia a difesa degli alberi è stata portata avanti con toni a dir poco
esagerati. Delle attuali 54 piante, soltanto 7 verranno tagliate. Una di queste,
tra l’altro, è già destinata a morire perchè afflitta da una malattia
certificata da un agronomo di Treviso, mentre altre 2 verranno trapiantate in
un’altra zona verde della città, per esempio il bosco Farneto. Quest’ultima
operazione ha un costo notevol, tra i 15 e i 40 mila euro, che il Comune ha
deciso comunque di sostenere pur di venire incontro alle sensibilità degli
ambientalisti. Non va dimenticata inoltre che, a intervento finito, in piazza
Libertà avrà a disposizione 80 nuovi alberi e 2500 metri quadrati di verde in
più rispetto alla situazione attuale».
Proprio per ridurre al minimo il sacrificio di alberi, il pool di progettisti
incaricati di ridisegnare il volto della piazza - una società temporanea
d’impresa formata da architetti di Trieste e Bolzano ndr -, ha apportato alcune
modifiche rispetto al progetto preliminare. È stato per esempio eliminato uno
dei due sottopassaggi originariamente previsti. Inoltre è stato rivisto il
posizionamento dei cordoli: quelli che rischiavano di toccare gli alberi sono
stati spostati e, al loro posto, sono state immaginate delle curve che
consentiranno di inglobare le piante. Sempre in tema di aree verdi, è stato
ampliato il giardino attorno all’area pedonale che unirà il monumento agli esuli
alla sala Tripcovich. Tripcocvich che sarà «ripulita» e liberata dalla scalinata
e dai container retrostanti.
Qualche modifica è stata apportata anche a livello di viabilità. «Con il
progetto definitivo - spiega ancora Bandelli - andremo a tagliare 20 metri
lineari di strada, riducendo così la larghezza delle corsie. Una risposta quindi
a chi ci accusa di voler creare un circuito automobilistico davanti alla
stazione».
Per quanto riguarda i pedoni, infine, è stato introdotto un nuovo passaggio in
superficie e previsto l’allargamento del marciapiede sul lato della piazza verso
il palazzo della Soprintendenza.
L’inserimento di queste piccole variazioni ha fatto slittare i tempi rispettoi
al tabella di marcia. Il Comune ha concesso una proroga di un mese agli
architetti per la presentazione del progetto definitivo, atteso originariamente
per la fine di agosto. Il nuovo documento dovrà ora essere visionato e approvato
da tutti gli enti interessati. A tale scopo proprio la settimana prossima è
prevista una riunione con Autorità portuale, Agenzia delle dogane e Guardia di
finanza, interessate in particolar modo all’ingresso in Porto vecchio.
L’iter prevede poi l’approvazione in giunta, l’elaborazione del progetto
esecutivo e l’affidamento dell’appalto. «Passaggi - conclude Bandelli - che
contiamo di completare entro fine anno».
MADDALENA REBECCA
PIAZZA LIBERTA' - PREVISTI 14 CAPOLINEA - Spazi per bus
e taxi
Non solo automobili e pedoni. Il progetto di riqualificazione di piazza Libertà,
che costerà complessivamente 3 milioni e 800 mila euro stanziati da Stato,
Regione e Comune, andrà a rivoluzionare anche gli spostamenti di mezzi pubblici
e taxi. La postazione dedicata a questi ultimi sarà ricavata in via Flavio
Gioia. Una soluzione che ha già incassato l’ok delle associazioni dei tassisti.
Quanto al trasporto pubblico, il progetto prevede di dare ospitalità all’interno
della piazza a 14 capolinea degli autobus, che verranno ricavati attorno alla
sala Tripcovich. Per bus e taxi il progetto prevede anche corsie preferenziali.
IL PICCOLO - SABATO, 11 ottobre 2008
RIPARTE IL PIANO DEL TRAFFICO -
Nuove aree pedonali in centro - Le
vie Trento e Cassa di Risparmio saranno chiuse alle auto
Via Cassa di risparmio pedonalizzata, così come il primo tratto di via Trento. E
pure via Einaudi chiusa al traffico. Quelle che fino a poche settimane fa erano
solamente delle idee, diventeranno molto presto dei progetti concreti, destinati
a rivoluzionare parzialmente la viabilità dell’area compresa fra piazza della
Borsa e via Bellini. Il tutto potrebbe tradursi in realtà già entro il primo
quadrimestre del 2009.
DELIBERA Il nuovo quadro, pronto per la fine di questo mese, verrà presentato in
giunta entro la metà di novembre dall’assessore comunale ai Lavori pubblici,
Franco Bandelli, attraverso la delibera che prevede anche la riqualificazione di
piazza della Borsa: il documento dovrà passare al doppio vaglio di sindaco e
assessori, inframezzato dall’esame delle commissioni, e verrà infine votato dal
Consiglio comunale. «Si tratta di una revisione del vigente piano del traffico -
spiega Bandelli - nell’ambito di quell’opera di pedonalizzazione che, partendo
da piazza Venezia, dovrà portare nelle nostre intenzioni fino a piazza Libertà,
creando una sorta di unica passeggiata. Un percorso pianificato già dal 2006,
secondo un’attenta programmazione, concordata passo dopo passo con il sindaco
Roberto Dipiazza che ha la delega su mobilità e traffico». Per le opere previste
dalla delibera prossima alla presentazione sono già stati destinati 3 milioni di
euro, gran parte dei quali serviranno principalmente per la ristrutturazione di
piazza della Borsa.
COSA CAMBIA Con il progetto, previa approvazione naturalmente, via Cassa di
risparmio verrà completamente resa off-limits al traffico veicolare e
pedonalizzata. Lo stesso toccherà alla parte iniziale di via Trento, fino
all’incrocio con via Machiavelli. Inoltre, verrà interdetta alla circolazione
tutta via Einaudi, quella breve striscia che sostanzialmente congiunge piazzetta
Tommaseo a piazza della Borsa. Dalle Rive in corso Italia, quindi, si arriverà
in teoria sempre da via Canal Piccolo (oltre che, facendo il giro più lungo, da
via del Mercato vecchio e proseguendo poi per via del Teatro romano). Per
ritornare indietro, invece, bisognerà immettersi lungo via San Spiridione per
girare successivamente in via Valdirivo.
VIA GENOVA Ma le novità non finiscono qua. Perché sulle Rive si potrà accedere
ancora da via Genova, sulla base da quanto previsto da questo specifico
riordino. Ovviamente, però, non più da via Cassa di risparmio. «Lo confermo: via
Genova verrà aperta a tutti i mezzi sia nel tratto a salire, verso via San
Spiridione, che a scendere da via Roma. Pertanto si potrà svoltare verso le Rive
subito dopo piazza Ponterosso. Un cambiamento che non andrà a interferire in
alcun modo con le occupazioni del suolo pubblico dei locali che hanno ottenuto
le relative e regolari autorizzazioni», afferma Bandelli. Nessuna variazione,
per il momento, è stata pensata per via Mazzini, da anni al centro del dibattito
sulla possibile pedonalizzazione di alcune delle principali strade del centro
cittadino. Nulla cambierà nemmeno per via Machiavelli.
MEZZI PUBBLICI Ritornando invece alla chiusura di via Einaudi, sono già allo
studio le soluzioni per lo spostamento dei mezzi pubblici che vi transitano e
sostano. La lunga fermata riservata ai taxi dovrebbe essere trasferita in blocco
lungo il lato sinistro di piazza della Borsa, quello dove hanno sede una
farmacia e alcune banche. Di fronte, al posto delle colonnine che attualmente
delimitano lo spazio della piazza davanti alla sede della Camera di commercio,
sarà creata un’area per il lavoro di carico e scarico delle merci. Quanto agli
autobus, «stiamo concordando le soluzioni con la Trieste Trasporti», puntualizza
ancora Bandelli. Che aggiunge: «Ritengo comunque che alla fine gli spazi in cui
far confluire i bus che oggi si fermano in piazza della Borsa saranno quelli di
piazza Tommaseo e del primo tratto di corso Italia».
PONTE Nell’ambito di questa mini-rivoluzione rientrerà anche il nuovo
collegamento fra via Cassa di risparmio e via Trento, ovvero il ponte sul canale
di Ponterosso. Che, a livello burocratico, viaggia comunque autonomamente
rispetto alla delibera sulle prossime vie pedonalizzate e su piazza della Borsa.
Il progetto definitivo del ponte, il cui iter ha preso il via dopo il periodo
sperimentale del Bailey e il favorevole sondaggio popolare, è in fase di
ultimazione da parte dei tecnici comunali. La giunta dovrebbe avere la
possibilità di esaminarlo entro un mese. La realizzazione costerà in tutto
750mila euro.
CANTIERI Il cantiere di piazza della Borsa e vie limitrofe sarà aperto entro i
primi quattro mesi dell’anno nuovo. Il 2008, invece, si chiuderà con
l’annunciata consegna di piazza Venezia e l’inversione del senso di marcia fra
le vie Diaz e Cadorna. Tra la fine del 2009 e l’inizio del 2010 «ci occuperemo
invece della riqualificazione di piazza Ponterosso», conclude Bandelli.
MATTEO UNTERWEGER
Puliamo il Mondo - Pulita la Grotta dei Colombi -
Intervento della Federazione speleologica triestina - Asportati
elettrodomestici
DUINO AURISINA Anche quest'anno la Federazione speleologica triestina ha
organizzato l’ultima domenica di settembre, nel contesto della manifestazione a
livello nazionale patrocinata dalla Società speleologica italiana «Puliamo il
buio» e di quella di Lega Ambiente Puliamo il mondo» sponsorizzata dal Comune di
Duino Aurisina, la pulizia della Grotta dei Colombi, avente numero di Catasto
Regionale 400. Un’operazione quanto mai preziosa, per le obiettive difficoltà
che presenta la ripulitura di cavità da parte di personale non specializzato.
La cavità è ubicata nelle vicinanze della strada che conduce al Villaggio del
Pescatore e ha una profondità complessiva di 18 metri. Data la sua vicinanza
alla strada, negli anni 60-70 è stata interessata da un cospicuo inquinamento
prodotto con materiali domestici desueti: cucine, stufe, carrozzine, letti,
materassi, carogne di animali (cani), bottiglie, indumenti, gomme, parti di
automobili, ecc.
All'opera di pulizia hanno partecipato 32 speleologi appartenenti ai 10 gruppi
speleologici della provincia di Trieste.
A fine lavori il materiale in abbandono raccolto, sia nella Grotta dei colombi
che nelle sue vicinanze, è ammontato a circa 9 metri cubi.
L'operazione di pulizia ha impegnato 5 speleologi anche il sabato precedente
l’operazione: questi volontari hanno approntato all'imboccatura della Grotta un
paranco e una teleferica di tipo speleologico per potere estrarre dal pozzo, con
manovre combinate, i materiali ingombranti e di un certo peso.
IL PICCOLO - VENERDI', 10 ottobre 2008
Accordo tra Trieste e Lubiana sul turismo e
sull’ambiente - Dipiazza e Jankovic si alleano: si farà un tavolo tecnico
per depuratore e multiutility
Le città faranno reciproca promozione e scambieranno
tecnici
Pacchetti turistici comuni e scambio di conoscenze nel campo delle
multiutility. Sono i capisaldi dell’alleanza tra Trieste e Lubiana sancita ieri,
nella capitale slovena, dal sindaco Roberto Dipiazza e il collega Zoran Jankovic.
Un incontro iniziato nel pomeriggio all’ambasciata d’Italia, proseguita nella
residenza del diplomatico Alessandro Pietromarchi e conclusa nella sede del
municipio di Lubiana. Alla presenza anche di Ettore Romoli, sindaco di Gorizia.
Non una semplice cena fra primi cittadini, che distano meno di 100 chilometri,
ma un incontro per gettare le basi di una collaborazione fra Comuni che porterà
a breve Trieste e Lubiana promuoversi a vicenda sul piano turistico. Dipiazza ha
chiesto di spingere a Trieste i turisti stranieri - soprattutto giapponesi,
americani e dell’Europa del Nord - trovando anche l’aggancio delle crociere.
Lubiana non si è tirata indietro, chiedendo come contropartita di spiegare ai
crocieristi che non esiste solo Venezia.
Un progetto da mettere nero su bianco grazie all’istituzione di una tavolo
tecnico. Anzi, i tavoli a breve saranno due. «Trieste ha bisogno di un nuovo
depuratore, che loro hanno da poco costruito, Lubiana deve dotarsi di un
termovalorizzatore che noi abbiamo in casa - spiega Dipiazza - Andremo così a
collaborare per arrivare a uno scambio di conoscenze su entrambe le
problematiche che abbracciano il ramo delle multiutility». Non a caso ieri sera
il sindaco Jankovic era affiancato da quasi tutta la giunta e anche da alcuni
tecnici comunali.
E così dopo l’incontro con il Comune di Sesana - che aveva creato qualche
imbarazzo nella maggioranza di centrodestra, motivato dalle diverse proporzioni
fra le due realtà - adesso Trieste guarda alla capitale slovena. Una
collaborazione che, a quanto pare, questa volta piace a tutti gli alleati di
Dipiazza proprio per il peso dell’interlocutore. Un rapporto che in realtà si
rafforza perché Dipiazza e il sindaco indipendente Jankovic, in realtà, hanno
già avuto modo di incontrarsi più volte.
«In qualità di presidente dell’aeroporto di Ronchi dei Legionari ho affrontato -
racconta il primo cittadino di Trieste - anche il tema dei collegamenti. I due
Comuni potranno dialogare anche su altri argomenti, ma il turismo e le
multiutility sono in questo momento quelle principali». A tavola è stato fatto
solo un accenno al rigassificatore di Zaule che vede la Repubblica di Slovenia
nettamente contraria. «Quelli sono discorsi che spettano ai governi - dice
Dipiazza - La nostra è solo un’alleanza fra Comuni».
PIETRO COMELLI
La Provincia: il termovalorizzatore può fruttare di più
«Il Comune con AcegasAps potrebbe ottenere utili accogliendo i rifiuti di Udine
e Pordenone»
«Il Comune, tramite AcegasAps, potrebbe ottenere utili sia accogliendo al
termovalorizzatore le immondizie di altri comuni come Udine e Pordenone, sia
gestendo la filiera di recupero-riciclaggio della plastica, vetro, carta e
alluminio». Con un conseguente abbassamento della Tarsu, la seconda più alta
d’Italia con i suoi 231 euro di media. La riflessione arriva dal presidente
della Prima commissione consiliare della Provincia, Albino Sosic, ed è condivisa
anche da Maria Monteleone, capogruppo del Pd in Consiglio provinciale. I
componenti della commissione hanno visitato ieri mattina la struttura di via
Errera, ottendo dati e informazioni dal dirigente Paolo Dalmaso e dal
responsabile dell’impianto Stefano Gregorio.
Il messaggio lanciato al Comune è chiaro: aumentare la percentuale di raccolta
differenziata (Trieste è tra le peggiori realtà del Nord, a fronte di una tassa
per lo smaltimento tra le più onerose) per liberare spazio utile ad accogliere
rifiuti da altre città. Un servizio che verrebbe pagato dai committenti: i soldi
poi potrebbero rimpiazzare una parte degli incassi garantiti dalla Tarsu. Il
Comune prevede di incrementare la differenziata del 7 per cento entro la fine
del 2009: attualmente il termovalorizzatore brucia 100mila tonnellate annue di
rifiuti prodotti a Trieste (su un totale di 140mila), in un anno scenderebbero
quindi a 93mila (7mila in meno). Il costo a tonnellata «è pari a 100 euro»,
conferma l’assessore comunale allo Sviluppo economico Paolo Rovis. Facendo un
rapido calcolo, sarebbero 700mila euro scalabili dalla Tarsu. Ma sarebbe una
riduzione minima. Molto più consistente potrebbe risultare nel lungo periodo il
risparmio in caso di avvio della differenziata sul rifiuto umido (in primis gli
avanzi del cibo consumato), «che attualmente è pari al 20-25 per cento del
totale destinato al termovalorizzatore». In quel caso, ci sarebbero però dei
costi da mettere in conto, legati alle nuove campane ed ai trasporti
all’impianto di compostaggio di Moraro, dove il rifiuto umido viene riciclato
come fertilizzante. «Tutto dipenderà dalla revisione dei contratti con AcegasAps
e dai fondi messi a disposizione dalla Provincia, con cui dovremmo firmare
l’accordo di programma entro la fine dell’anno», conclude Rovis. Un documento in
cui gli enti si impegneranno ad avvicinare quel 50 per cento di differenziata
indicato da una direttiva Ue come l’obiettivo per il 2009.
(m.u.)
Bonifiche Ezit, scende in campo l’Università - IERI LA
FIRMA DEL PROTOCOLLO
L’Ateneo collaborerà mettendo a disposizione le sue competenze scientifiche
Sarà l'Università degli studi di Trieste, grazie a un accordo sottoscritto
ieri, a dare il suo contributo all'Ezit, in termini di competenze e di
conoscenze scientifiche, per la bonifica del Sito inquinato di interesse
nazionale. E questo, a parte la rilevanza del fatto, è anche un segno
fondamentale dell'importanza che l'Università si trova a ricoprire in questo
territorio. Importanza che deve essere conservata. «Al di là del rilievo
dell'accordo – ha spiegato il rettore Francesco Peroni alla presentazione della
convenzione con l'Ezit – questa è la manifestazione di come non sia indifferente
avere o meno un'università a Trieste. È una cosa che non mi stancherò mai di
ripetere, specie di fronte ai tentativi neppure troppo nascosti di mandare il
nostro ateneo 'in discarica'. L'università non è una variabile indipendente, per
questo non ci arrendiamo e continueremo nella nostra azione di apertura verso le
diverse realtà del territorio». In particolare, con l'Ezit l'università ha
sottoscritto una convenzione quadro per la ricerca sui temi legati al sito
inquinato di interesse nazionale. L'accordo prevede l'individuazione e
l'utilizzo di nuove metodologie e tecnologie da applicare ai processi di
caratterizzazione e bonifica, la creazione di strumenti e di metodi per la
conoscenza delle problematiche ambientali a favore degli operatori della zona
industriale e di tutti coloro che operano in campo ambientale. Nel dettaglio,
l'università e l'Ezit realizzeranno studi, ricerche e analisi a livello
specialistico, tramite interventi concreti in loco, organizzando campagne di
monitoraggio e simulazioni. Sarà inoltre costituito un Comitato di coordinamento
composto da tre docenti dell'Università e da tre rappresentanti dell'Ezit, che
avranno il compito di programmare gli interventi. «Vogliamo avere la possibilità
di agire sul tema delle bonifiche con gli standard più elevati possibile - ha
spiegato il presidente dell’ente, Mauro Azzarita -. Questo anche per assicurare
alle aziende del territorio il maggior supporto possibile». Grazie alle nuove
tecniche e conoscenze che l'Università potrà mettere a disposizione, l'Ezit
potrà anche intervenire sui 450mila metri cubi di bonifica del Sin con tecniche
meno invasive di quelle previste dalla legge. «Le procedure amministrative nelle
quali siamo coinvolti con altri soggetti - ha spiegato il direttore dell’ente,
Paolo De Alti - ci richiedono la conoscenza di competenze specifiche, e vorremmo
dare le migliori risposte possibili. Per questo l'alleanza con l'Università è
così importante». Il programma di attività previsto dall'accordo si riferisce in
particolare a studi di livello specialistico, progettazione di interventi in
situ o in laboratorio, campagne di monitoraggio, mappatura degli esistenti o
prevedibili fenomeni di contaminazione, nonché eventi per la divulgazione delle
iniziative intraprese.
(e.o.)
VIABILITÀ in piazza Libertà
Pongo alcuni quesiti: il Comune, che cerca di risolvere i nodi del traffico con
rotatorie come in via Giulia o a San Giacomo, vuole forse ristrutturare la
viabilità già esistente in piazza Libertà in vista di un aumento di veicoli per
la prossima apertura del Silos? E perché mai inserire una zona pedonale di
fronte alla stazione, dal momento che si prevede per il futuro un traffico a
rischio collasso? Da dove deriva la necessità di collegare la stazione al
giardino? Forse per accogliere gli improbabili viaggiatori in attesa di
coincidenze che, notoriamente, da Trieste non partono? Al di là del dubbio per
questa operazione, non mi sembra giustificato un previsto taglio di alberi
secolari. Sarebbero sacrificati alla volontà di protagonismo della politica che
vuol vantarsi di aver prodotto nuove costose opere, senza valutare se siano
realmente necessarie e gradite ai cittadini.
Del resto, per scarsa manutenzione ordinaria nelle opere pubbliche, si tende a
far degradare anche le piazze recentemente ricostruite per far sì che se ne
desideri la ristrutturazione totale.
Elisabetta Borgia
IL PICCOLO - GIOVEDI', 9 ottobre 2008
Ferriera, i sindacati: prima un piano preciso poi
parlare di lavoratori
Cgil, Cisl e Uil si oppongono a un dialogo al buio: «Tondo chiarisca la
posizione della Regione»
Nessuna apertura sull’ipotesi di ammortizzatori sociali per i lavoratori
della Ferriera interessati da una riconversione o chiusura dell'impianto, fino a
che la Regione non avrà chiaramente indicato su quali binari si ha intenzione di
muoversi. È quanto viene ribadito da Cgil, Cisl e Uil direttamente al presidente
della Regione Renzo Tondo in una lettera personale con la richiesta di una presa
di posizione politica sull’argomento che è partita, come previsto, ieri. Di
tempi certi per la risposta non ce ne sono («Attendiamo fiduciosi» specifica il
segretario regionale Uil Luca Visentini, che firma la la lettera assieme al
responsabile Cisl Adriano Sincovich e a quello Cgil Luciano Bordin), ma si spera
che la risposta stessa possa arrivare entro l'incontro programmato per il 15
ottobre con l'assessore al Lavoro Alessia Rosolen.
La richiesta dei sindacati è chiara, così come il panorama che viene dipinto. Le
Rsu chiedono «di convocare un confronto politico sulle strategie che la Regione
intende adottare in merito alla supposta dismissione dello stabilimento
siderurgico». I sindacati ricordano che «in un incontro tra sindacati e massimi
responsabili della Severstal Italia, l’azienda ha chiarito con precisione le
iniziative che potrebbero consentire l’avvio della riconversione di Servola: il
rigassificatore con il suo indotto industriale, la piattaforma logistica o una
seconda centrale», e chiedono quindi di approfondire con Tondo «queste
alternative industriali: solo se si realizzassero, e a condizione che la
proprietà della Ferriera vi sia coinvolta, si potrebbe pensare di dismettere lo
stabilimento dal 2015». A tutto questo si aggiunge il problema dei costi
elevatissimi per la bonifica ambientale dell’area a terra e a mare. Insomma, le
questioni sul piatto sono molte. «Per cominciare a discutere di riconversione,
abbiamo perciò bisogno di sapere se la Regione condivide questo percorso e come
intende realizzarlo: tempi e risorse sono essenziali. A nostro avviso lo
strumento più adatto per procedere sarà quello dell’adozione di un accordo di
programma tra regione stessa, governo, enti locali, azienda, sindacati,
associazioni ambientaliste e di cittadini» affermano Cgil, Cisl e Uil. Ponendo,
anche, dei limiti precisi all'incontro già previsto con l'assessore Rosolen, che
potrà essere «una utile sede di confronto se servirà a ricostruire la mappatura
occupazionale della fabbrica e del suo indotto», ma nel quale «non si potrà né
dovrà parlare di ammortizzatori sociali o modalità di ricollocazione dei
lavoratori». Questo perché, specificano le stesse sigle, non si è disposti a
mettere «il carro davanti ai buoi»: come spiega ancora Visentini, «di
ammortizzatori si può parlare solo quando esisterà un qualche piano di
riconversione, del quale al momento nessuno ha parlato».
Tutto questo viene ribadito direttamente a Tondo. «Prima la Regione dica cosa
intende fare per creare le condizioni industriali per la riconversione della
fabbrica – si legge nella lettera - poi si parlerà del destino dei lavoratori.
Senza nuovi posti di lavoro nell’area (e ce ne vogliono circa 900) nessun
lavoratore della Ferriera potrà essere licenziato». Da qui, la precisa richiesta
sindacale. «Fino a oggi si sono sentite molte parole, ma non si sono visti né
atti né fatti – concludono Cgil, Cisl e Uil - .I due tavoli di confronto
attivati dalla precedente giunta, quello politico e quello ambientale, si sono
ovviamente interrotti dopo le elezioni. Non siamo affezionati a questi o ad
altri strumenti, ma vorremmo sapere come si intende procedere per dare seguito
alle posizioni espresse in campagna elettorale e nel programma».
ELENA ORSI
LEGAMBIENTE SULLA CHIUSURA DELLA FERRIERA «Niente
scambi col rigassificatore» - Per l’associazione la
prospettiva di ricollocazione è insufficiente
«La chiusura della Ferriera non può e non deve fare da contraltare all'eventuale
realizzazione di un rigassificatore». L'avvertimento viene da Legambiente e il
Comitato per la Salvaguardia del Golfo, e riguarda l'ipotesi di un possibile
«scambio» tra la chiusura dell'uno e la riapertura dell'altro, con tanto di
ipotesi di ricollocazione occupazionale. «Che non esiste – ribadisce per
l'associazione ambientalista Lino Santoro – visto che il rigassificatore potrà
garantire al massimo 50, 70 posti di lavoro e comunque tutti di diversa
qualifica». Occasione della specifica, la presentazione delle osservazioni su
«carenze e omissioni» del documento della Commissione di Via sull'ok
all'impianto. «Ci si deve chiedere - ha spiegato ancora Santoro - perchè nessuno
si è preoccupato del fattore sicurezza, mentre negli Usa simili impianti sono
permessi solo a 20 chilometri dalla costa. Nessuno si è preoccupato del valore
di un documento approvato con 18 assenti su 58 componenti, peraltro pochi
tecnici e molti avvocati ed economisti. Infine, non si considera la sentenza del
Tar della Toscana con la quale viene annullata l'autorizzazione ministeriale
alla costruzione di un rigassificatore vicino a Livorno con iter simile a quello
di Zaule, né che effettuare due procedure di Via, come fatto a Trieste, è
contrario alle leggi comunitarie».
(e.o.)
Castelmuschio, no al rigassificatore - IL
COMUNE VEGLIOTA IMPONE PRECISE CONDIZIONI «Due impianti non possono coesistere»
Il sindaco Sparozic: «Troppi i rischi ambientali se affiancato alla Dina»
VEGLIA Levata di scudi da parte del Comune vegliota di Castelmuschio (Omisalj)
contro la decisione del governo croato di costruire il futuro rigassificatore
nordadriatico nell’ambito della Dina, grande stabilimento petrolchimico a poche
centinaia di metri dalla cittadina isolana.
È stato il sindaco di Castelmuschio, Tomo Sparozic, a esprimere i motivi di un
rifiuto, che potrebbe complicare i piani di edificazione del terminal
metanifero, la cui entrata in funzione è prevista fra sei anni. «Noi non siamo
contrari alla presenza del rigassificatore nel nostro Comune - ha detto Sparozic
- tuttavia non vogliamo che due simili maxi impianti siano a stretto contatto di
gomito. Abbiamo ingaggiato una squadra di esperti in materia, i quali hanno
concluso che la vicinanza tra i due complessi sarebbe assolutamente pericolosa e
a rischio di disastro ambientale».
In questo senso, il primo cittadino ha rilevato che il piano regolatore di
Castelmuschio, formulato quasi due anni fa (quando già si parlava del terminal
Lng), prevede la presenza del rigassificatore su una collinetta a distanza di
sicurezza dalla Dina. «Non si tratta dell’unica condizione che porremo per
ospitare l’infrastruttura - ha specificato il sindaco - Chiederemo infatti che
tutti i locali stabilimenti industriali siano azionati a gas e che la
municipalità ottenga altri benefit come l’indennizzo inquinamento, il 2 per
cento del valore dell’investimento, il 2 per cento dei ricavi e altre
agevolazioni».
Sparozic ha espresso parole di critica all’indirizzo della ditta zagabrese «Ekonerg»,
alla quale il governo aveva affidato la stesura dello «Studio per
l’individuazione del sito del rigassificatore», documento che le autorità
comunali hanno definito lacunoso e fuorviante. «La Ekonerg aveva formulato uno
stesso studio per la Dina - queste le parole del sindaco - contro il quale si
sono espressi gli isolani con 1800 firme in calce alla petizione inviata a
Zagabria».
Prime battute d’arresto, dunque, nella realizzazione del processo del
rigassificatore, destinato comunque a sorgere a Castelmuschio dopo la
«benedizione» arrivata la settimana scorsa dal governo Sanader. L’impianto sarà
costruito dal consorzio internazionale «Adria Lng» e comporterà investimenti da
800 milioni a un miliardo di dollari. L’apertura dei lavori è prevista nel 2011,
mentre il rigassificatore dovrebbe diventare realtà nel 2014.
A dare del filo da torcere a Castelmuschio, inoltre, è stato fino all’ultimo il
Canal d’Arsa (lungo le coste orientali dell’Istria), sito però bocciato
dall’amministrazione regionale, zupano Ivan Nino Jakovcic in testa, che aveva
proposto il canale di Fianona. Un team di esperti ha però ritenuto Fianona area
inadeguata per i suoi fondali troppo bassi in relazione alle navi gasiere.
Andrea Marsanich
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 8 ottobre 2008
Rigassificatore terzo tra i progetti in Italia -
UNO STUDIO ANALIZZA LA FATTIBILITÀ DI TUTTI GLI IMPIANTI PROPOSTI
Il progetto per il rigassificatore di Gas Natural a Zaule è terzo nell’indice
della fattibilità degli impianti in Italia. Due mesi fa erano sei i progetti che
venivano considerati più vicini alla realizzazione rispetto a quello nell’area
dell’ex Esso. Adesso il progetto vieno accreditato delle stesse possibilità
degli impianti ipotizzati a Brindisi, a Augusta in Sicilia e a Gioia Tauro.
A mettere in fila, stilando un vero e proprio rating, dei futuri rigassificatori
in Italia è Nomisma Energia. L’amministratore delegato della società, Alessandro
Bianchi, osserva che «pare evidente da qualche mese un’accelerazione dei
processi autorizzativi per i rigassificatori nel nostro Paese».
Nel report si sottolinea che «pocede positivamente il cammino per la
realizzazione del rigassificatore di Gas Natural a Zaule. Oltre alla recente
approvazione della Via (Valutazione d’impatto ambientale, n.d.r.), l’impianto
gode dell’appoggio sia dei nuovi vertici della Regione Friuli Venezia Giulia sia
delle autorità slovene (il cui territorio sarà interessato dalla sua attività),
che hanno dichiarato di preferire la realizzazione di un impianto onshore,
esprimendo indirettamente una preferenza per il progetto di Gas Natural rispetto
a quello, offshore, di Endesa».
Quest’ultimo – che doveva venir realizzato al largo del golfo, tra Trieste e
Grado, viene sempre meno accreditato. Nella graduatoria della fattibilità è
infatti collocato nelle retrovie. Sarebbero dieci i progetti che vengono
considerati più vicini alla realizzazione in confronto a quello di Endesa.
È fuori classifica quello che è il progetto italiano nello stadio più avanzato
di realizzazione, l’arrivo nell’offshore di Rovigo del rigassificatore del
terminale Lng Adriatico.
L’analisi tracciata da Nomisma Energia valuta quantitativamente ciascuna delle
seguenti 10 variabili: 1) processo di autorizzazione; 2) processo di
negoziazione e conclusione degli approvvigionamenti; 3) esistenza di progetti di
importazione alternativi; 4) livello di accettazione politica (Enti Locali il
cui territorio è interessato dal progetto); 5) livello di accettazione sociale
(popolazioni residenti nel territorio interessato dal progetto); 6) tempistiche
di realizzazione dichiarate dai proponenti; 7) stato di avanzamento dei lavori;
8) esenzioni; 9) problematiche legate all’accesso alla rete di trasporto
nazionale; 10) strategie e posizionamento del proponente sul mercato italiano
dell’energia ed europeo, e integrazione lungo la filiera. Il rating si articola
su 12 livelli (dal maggiore «aa+» al minore «c-»).
Raccolta differenziata in ritardo, ma la Tarsu è fra le più salate d’Italia - Tassa media di 231 euro contro i 175 di Genova.
Barduzzi: la città si è adagiata sull’inceneritore -
Col 16,7% Trieste è terzultima a livello nazionale: mancano porta a porta,
campane e un impianto di selezione. Rovis: puntiamo al 24% entro il 2009. Ma
Gorizia mira al 65% nel 2012
Trieste è in ritardo sulla raccolta differenziata dei rifiuti. A livello di
percentuale sul totale delle immondizie prodotte, solo le province di Genova
(14,2%) e Imperia (15%) hanno fatto peggio del 16,7 per cento triestino nel Nord
Italia. Rispetto al capoluogo ligure, però, la tassa media che una famiglia si
trova a dover pagare per lo smaltimento dei rifiuti urbani è più cara di 56
euro. A Trieste il dato del 2007 si attesta - secondo i dati forniti da «L’altro
consumo» - a 231 euro mentre a Genova a 175. In provincia il costo del servizio
è più alto anche di quelli di Roma, Milano, Torino, Bologna, Genova, Trento,
Bolzano, Udine e Firenze. Una recente indagine della Uil, peraltro, aveva
sottolineato già come Trieste si trovasse al secondo posto nella classifica
delle città italiane con la Tarsu più onerosa.
LE RAGIONI Presenza dell’inceneritore, assenza di un impianto di selezione e
recupero materiali, niente lavoro porta a porta per il ritiro degli imballaggi
dagli esercizi commerciali, poche campane per i materiali distribuite sul
territorio e mancanza del passaggio dalla Tarsu alla Tia. Queste le cause del
ritardo triestino sulla differenziata. «La città si è adagiata sulla presenza
dell’inceneritore, che prima o poi raggiungerà un livello di saturazione -
spiega l’assessore provinciale con delega all’Ambiente, Ondina Barduzzi -.
Diventa fondamentale la creazione di un impianto come quello previsto dal Piano
degli imballaggi recentemente approvato, con cui si produrrebbero in un anno
40mila tonnellate di differenziata. Potrebbe tranquillamente essere dato in
gestione all’AcegasAps. Si creerebbe così un circolo virtuoso capace di far
convivere i due impianti».
TIA Un incentivo alla gente verso una maggiore ricerca della differenziazione
nella raccolta rifiuti potrebbe darlo il passaggio dalla Tarsu (Tassa rifiuti
solidi urbani) alla Tia (Tariffa di igiene ambientale). «Se il calcolo della
Tarsu si basa sulla superficie dell’immobile di residenza - puntualizza la
Barduzzi -, la Tia risulta invece più equa perché conteggia la reale produzione
di rifiuti». Come? In primis, tenendo conto del numero di persone che compongono
la famiglia. E poi «attraverso metodi come il conteggio dei sacchetti utilizzati
e delle tessere magnetiche che registrano la quantità di rifiuti al momento del
loro conferimento nei cassonetti», aggiunge la Barduzzi.
IL PROBLEMA «Al Comune di Trieste non interessa cambiare perché con la Tarsu più
alta rispetto al passato recupera il mancato incasso derivante dall’Ici, che
sulla prima casa è stata abolita», afferma ancora la Barduzzi, «e non pare
intenzionato a rinunciare anche agli introiti garantiti dall’inceneritore». A
San Dorligo della Valle la Tia è entrata in vigore lo scorso 1° gennaio: nel
2007 la differenziata si era già attestata al 31,75 per cento, a fine agosto è
volata al 38,31. «È il Comune di Trieste ad abbassare la percentuale della
provincia», osserva la Barduzzi.
FUTURO Tra crescita del ritiro imballaggi da supermercati ed altri esercizi,
implementazione del servizio con 500 campane in più per vetro, plastica e
lattine e carta in città al posto dei cassonetti tradizionali, «si aumenterà la
differenziata del 7 per cento entro la fine del 2009», afferma Paolo Rovis,
assessore comunale allo Sviluppo economico. Si arriverà così attorno al 24 per
cento. Gorizia, che ha già adottato una politica più spinta in questa direzione,
punta al 65 per cento nel 2012.
MATTEO UNTERWEGER
RIFIUTI - Dalla raccolta mirata solo un 7,6% in più
- L’INCREMENTO PIU’ BASSO IN REGIONE
E a Gorizia per la tassa comunale si pagano soltanto 124 euro, quasi la metà
di Trieste
L’incremento più basso fra le quattro province del Friuli Venezia Giulia in
otto anni. Dal 1999 al 2006, la percentuale della raccolta differenziata dei
rifiuti effettuata a Trieste è aumentata solamente del 7,6 per cento. Questo
dicono i numeri assemblati e analizzati da Apat/Onr. A Udine, la correzione
verso l’alto si è attestata nello stesso periodo sul 12,1, mentre ancora meglio
hanno fatto Gorizia (+26,7 per cento) e Pordenone (+31,3).
I dati sono emersi l’altro giorno nel corso del convegno organizzato dalla
Legacoop nell’auditorium della Friulia. Allarmato dalla situazione regionale e
triestina in particolare, il sottosegretario all’Ambiente, Roberto Menia ha
subito invitato istituzioni ed enti del territorio a darsi da fare per
incrementare la differenziata e a puntare maggiormente sulle politiche
ambientali, garantendo loro il supporto di adeguate ricerche scientifiche. Una
posizione che ieri, attraverso il proprio portavoce, Menia ha ribadito in
velocità tra i vari impegni istituzionali.
I segnali in questo senso, però, arrivano al momento in modo piuttosto relativo.
L’assessore comunale Rovis parla di aumenti sulla differenziata per il prossimo
futuro attorno al 7 per cento, mentre l’ambiziosa Gorizia - per voce del
presidente di Iris, Armando Querin - «ha già raggiunto un’autosufficienza sulla
differenziata pari al 53 per cento nel 2007 e quest’anno la proiezione dice che
il dato dovrebbe andare a toccare il 63 per cento».
Per il servizio di raccolta rifiuti, Querin ha specificato come a Gorizia il
costo medio per abitazione si attesti a 124 euro (contro i 231 di Trieste). «Ma
l’obiettivo è di abbassare il dato a 90 euro», conclude Querin.
(m.u.)
Raccolta differenziata e consumi energetici sotto controllo all'ERDISU.
A Trieste l’acqua più cara del Fvg - Una famiglia
spende in media 236 euro contro i 131 di Pordenone
Acqua a peso d'oro a Trieste. Secondo l'Osservatorio prezzi e tariffe di
Cittadinanzattiva, che ha preso in esame i costi del servizio idrico integrato
di tutta la regione, Trieste è la città del Friuli Venezia Giulia dove l'acquaè
più cara. Nel capoluogo regionale infatti l'acqua costa 236 euro annui (127 di
acquedotto, 27 di fognatura, 73 di depurazione più 9 euro di quota fissa) contro
i 173 di Gorizia, i 132 di Udine e i 131 di Pordenone. In pratica, gli abitanti
di Trieste si trovano a dover pagare la fornitura idrica quasi il doppio di
quanto fa un cittadino del pordenonese. Trieste si colloca invece al secondo
posto se si considerano gli aumenti di prezzo: l'aumento percentuale più
consistente si è verificato infatti a Gorizia (il costo è passato dai 164 euro
del 2006 ai 173 del 2007 con un aumento del 5%) e solo dopo viene Trieste, con
un +4 per cento. Più fortunati gli abitanti di Pordenone e Udine, dove non ci
sono stati aumenti nel 2007 rispetto all'anno prima. «I dati - ha spiegato
Cittadinanzattiva - sono il risultato del costo annuo supportato da una famiglia
di tre persone che consuma all'anno 192 metri cubi di acqua come calcolato dal
Comitato di vigilanza sull'uso delle risorse idriche». La sola consolazione
possibile è il classico «mal comune mezzo gaudio»: secondo i dati rilevati da
Cittadinanza attiva, infatti, l'acqua è sempre più cara ovunque. Scorrendo i
dati dell'osservatorio,si evince che il costo è aumentato del 4,6% rispetto al
2006 e del 32% da gennaio 2002 a agosto 2008: complessivamente in un anno una
famiglia ha sostenuto una spesa di 229 euro per il servizio idrico integrato. A
livello nazionale, gli aumenti più consistenti si sono visti a Novara, dove si è
passati da un importo annuo di 123 euro del 2006 a 184 euro del 2007, Verbania,
dove dai 150 euro del 2006 si è arrivati a 218 nel 2007 e infine Agrigento, dove
si è giunti dai 322 euro del 2006 ai 445 del 2007, valore che la porta ad essere
la città più cara d'Italia con un costo quattro volte superiore a quello di
Milano. Su 104 capoluoghi monitorati, 70 hanno registrato aumenti, 33 sono
rimasti invariati e la sola città di Benevento ha subito una riduzione della
spesa pari al 24% rispetto al 2006. La Toscana detiene il primato di regione più
costosa per il servizio idrico (308 euro annui), con 7 città nella lista delle
più care, ed è seguita da Puglia (299 euro) e Umbria (290 euro). E con
l'aumentare dei costi aumentano anche gli sprechi. Complessivamente in Italia il
35% dell'acqua immessa nelle tubature va persa. Per quanto riguarda Trieste,la
media è leggermente più alta: la rete idrica triestina presenta infatti una
dispersione pari al 38,6 per cento. Ciò significa che più di 38 litri d’acqua su
100 vanno persi, a causa di fughe, rotture delle condotte e tubature in alcuni
casi vetuste. Un dato che oltre a essere superiore a quello nazionale, è anche
lontano da quello che secondo studi di settore europei dovrebbe essere il valore
fisiologico per una città come Trieste, ovvero il 33 per cento. (e.o.)
IL PICCOLO - MARTEDI', 7 ottobre 2008
Raccolta dei rifiuti, Trieste sotto accusa:
differenziata al 17% - A Padova il valore, con la stessa AcegasAps è al
55%. Godina: «Si vada al porta a porta»
Comune sul banco degli imputati, ieri, al convegno sulla programmazione
regionale sui rifiuti e sulla raccolta differenziata, organizzato dalla Legacoop
nell’auditorium della Friulia. I dati portati da Enzo Gasparutti, presidente di
Idealservice, secondo cui Trieste è la città italiana col più alto costo del
servizio di asporto dei rifiuti (231 euro) mentre è in coda per la raccolta
differenziata (16,7% nel 2006, ultima fra le province della regione), ha
innescato un vicace dibattito, moderato dal direttore del «Piccolo» Sergio
Baraldi, che ha coinvolto in particolare l’assessore allo Sviluppo economico
Paolo Rovis e l’ad di AcegasAps Cesare Pillon.
«Si può sicuramente migliorare – ha sottolineato Rovis – ma Pordenone, che è la
più virtuosa in regione (45,3% di differenziata), dispone di discariche e
inoltre manda i suoi rifiuti al termovalorizzatore di Trieste. E questo impianto
utilizza il rifiuto indifferenziato per produrre energia elettrica, che ammonta
al 13% di quella consumata dalla città».
L’assessore ha poi spiegato che con AcegasAps è in atto un’azione per aumentare
la quota di rifiuti riciclabili. «La carta raccolta è salita del 30% in ter anni
– ha rimarcato – e stiamo lavorando per aumentare di 500 unità il numero delle
campane per il conferimento dei vari materiali».
A Padova , ha obiettato Baraldi, opera sempre AcegasAps ma la raccolta
differenziata è al 55%, mentre a Trieste è al 16%. «Dipende quindi – ha
sottolineato – dalle direttive del singolo Comune».
L’assessore Rovis ha contrabattuto dicendo che «c’è un programma con AcegasAps
per la raccolta porta a porta degli imballaggi, che dovrebbe portare a un 2% in
più di differenziata e un altro 5% arriverà con le nuove campane», e
sull’elevato ammontare della Tarsu ha spiegato che «a Trieste l’elevato numero
di famiglie composte da una sola persona incide sul dato medio della tassa».
Rimarcando che l’unico sistema per raggiungere gli obiettivi di legge è la
raccolta porta a porta, l’assessore provinciale allo Sviluppo economico, Walter
Godina, ha intanto chiesto alla Regione chiarezza sulle competenze provinciali
in tema di rifiuti ma anche strumenti. «Serve poco la competenza – ha rilevato –
se poi la Provincia non ha gli strumenti per intervenire dove le direttive non
vengono applicate».
Una spiegazione del basso livello della differenziata a Trieste è stata poi
fornita dal direttore del Servizio ambiente della Regione, Roberto Della Torre:
«Il Comune ha interesse a non aumentare la raccolta differenziata per evitare il
calo dei rifiuti al termovalorizzatore ed evitare così problemi economici per la
sua gestione».
«Ma così si cambia la missione di AcegasAps», ha rimarcato Baraldi. Immediata la
risposta di Rovis: «L’input ad AcegasAps è di incrementare la differenziata per
allegerire il termovalorizzatore e dare così un servizio alle aree vicine e alle
altre province».
Deciso, e a momenti tagliente, l’intervento dell’ad di AcegasAps, Cesare Pillon:
«AcegasAps non è un socio di assistenza dei Comuni, è una spa quotata in Borsa
che gestisce un servizio ma deve anche garantire il risparmio dei suoi
azionisti». E sulla raccolta differenziata ha spiegato che «un conto è farla a
Padova, in pianura, e un altro a Trieste dove l’orografia è simile a quella
della Liguria che è agli stessi livelli. Comunque – ha sottolineato – non
abbiamo ricevuto alcuna indicazione dal Comune a ridurre la differenziata. Da un
anno, anzi, stiamo studiando soluzioni per aumentarla tenendo il costo
invariato».
«Il problema – ha concluso Baraldi – è che AcegasAps, come le altre multiutility
italiane, non è ancora una società sul mercato: gli amministratori sono indicati
dai sindaci di Trieste e Padova. Così produce utili perchè i due Comuni hanno
bisogno di fondi per le loro opere, utili che così non vengono investiti per
dare servizi migliori e a costi più bassi».
(gi. pa.)
IL SOTTOSEGRETARIO MENIA «Ambiente, la ricerca si
impegni»
Rimarcando che a Trieste la percentuale di raccolta differenziata «è
oggettivamente troppo bassa», il sottosegretario all’Ambiente Roberto Menia ha
invitato la Regione a riflettere sull’esigenza di aumentare la raccolta
differenziata (siamo ben staccati dalle altre regioni del Nord, con il 33%) e ad
essere più incisiva nelle politiche ambientali. Un altro invito è stato
indirizzato dal sottosegretario al mondo della ricerca di Trieste e all’Area
Science Park in particolare. «È paradossale – ha detto – che non si pensi a
studi che portino a produrre nuovi materiali partendo da certi rifiuti».
«Non credo - ha continuato l’esponente dell’esecutivo - alla teoria della
raccolta differenziata al 100%, funziona solo se c’è una filiera a valle. Oggi
la filiera della carta, della plastica e dell’alluminio rendono, altri materiali
non sono trattabili con risultati economici. Raccolta differenziata, discariche
e termovalorizzatori sono quindi le tre strade complementari per il trattamento
dei rifiuti». Una posizione netta, dunque, quella che Menia ha evidenziato
concludendo il convegno sulla raccolta differenziata in regione organizzato da
Legacoop: «Il Ministero si farà promotore di ricerche e riflessioni sul modello
di sviluppo, favorendo sinergie a livello locale.
Barcolana ecologica con Operazione Paguro - La Riserva
marina di Miramare ripropone la campagna per la pulizia del golfo
Durante le regate, o le semplici uscite con la propria imbarcazione, non gettare
mai i rifiuti in mare, non lanciare in acqua i mozziconi delle sigarette e non
scaricare giù dalla barca ciò che resta di pasti o spuntini.
È il messaggio che anche quest'anno lancia la Riserva Marina di Miramare, con
«Operazione Paguro, per una Barcolana sostenibile», iniziativa contro
l'inquinamento del golfo e del litorale.
Spiegano i responsabili della Riversa: «È da un paio d'anni che l'Amp, area
marina protetta, si prodiga in modo particolare per aumentare la coscienza
pubblica ambientale verso il pesante impatto dei rifiuti che finiscono sulle
spiagge e sulle coste. Grazie alla campagna ”Operazione Paguro”, lanciata in
occasione della Barcolana del 2007, Miramare si è fatta portavoce di molte
”specie pericolose” che invadono le nostre coste: bottiglie, plastica, cicche,
lattine, e molti altri micro e macro rifiuti, che deturpano il paesaggio marino
e spesso necessitano di tempi lunghissimi prima di biodegradarsi nell'ambiente».
Con questa iniziativa, una campagna promossa con il contributo della Provincia
di Trieste, l'area marina di Miramare vuol sottolineare proprio in occasione di
una kermesse di fama internazionale come la Barcolana, che il mare deve essere
tutelato tutto l'anno, anche d'inverno, quando magari si affievolisce per molti
il legame creatosi durante la bella stagione. Fare attenzione, soprattutto in
occasione di eventi e manifestazioni, ma anche di uscite in mare per diporto, a
non lasciar cader nulla in acqua serve a ritrovare, l'estate successiva, spiagge
più pulite e ambienti più salubri per la biodiversità di tutto il Golfo di
Trieste.
La campagna quindi ha l'obiettivo di sensibilizzare gli amanti della vela e del
mare in generale, per spiegare ai triestini e ai turisti, che in questi giorni
visiteranno Miramare, quanto sia prezioso l'ambiente e quanto sia importante
tutelarlo, a partire da gesti piccoli, ma fondamentali. Durante la settimana
della Barcolana il Centro Visite dell'area marina di Miramare sarà aperto alle
persone con orario continuato 10-16, con la possibilità di visite guidate su
prenotazione.
L'«Operazione Paguro» fa parte di un progetto più ampio, presentato in estate,
che si è concretizzato anche in una serie di uscite, che hanno coinvolto
numerosi volontari nella pulizia del litorale. «Lungo la costiera triestina, e
in particolare nella parte ovest a partire da Miramare fino a Duino Aurisina, si
assiste a un accumulo sulle spiagge libere di macrorifiuti. L'azione delle onde
e delle correnti fa depositare sul bagnasciuga oggetti di plastica, contenitori,
bottiglie e a volte pezzi di polistirolo e oggetti di metallo - precisano dalla
Riserva - crediamo che i bagnanti, assidui frequentatori estivi della costiera
triestina, siano i primi a risentire di questo inquinamento, perché i luoghi
ricreativi si presentano degradati e perché vengono a trovarsi a contatto con
sostanze in deperimento che non sempre li lasciano tranquilli nel godersi il
mare».
La Riserva quindi ad agosto e nei primi giorni di settembre ha avviato
un'iniziativa, chiedendo la collaborazione dei bagnanti per una pulizia
volontaria delle spiagge, grazie al supporto dello «Spazzamare», il battello
ecologico messo a disposizione dal Ministero dell'Ambiente e della Tutela del
Territorio e del Mare, che ha trasportato quanto accumulato ai centri di
raccolta comunali.
Per tre settimane, ogni lunedì a partire dal 14 agosto, Spazzamare ha messo in
pratica un servizio di raccolta dei rifiuti rastrellati dai bagnanti, così da
agevolare la rimozione delle immondizie anche dove è solitamente più difficile.
A ogni volontario è stato fornito il necessario per sistemare le immondizie in
luoghi precisi.
Finita l'estate la riserva marina vuole continuare a divulgare il messaggio di
tutela dell'ambiente, anche nel corso dell'inverno, quando sono tantissimi gli
appassionati del mare che scelgono di trascorrere giornate a bordo delle proprie
imbarcazioni o partecipando a regate veliche. A partire dalla Barcolana, con
centinaia di persone in mare, l'obiettivo è quindi quello di ricordare che i
rifiuti vanno riportati a terra e gettati negli appositi contenitori. Il rischio
è quello di trovare spiagge e natura deturpate, sporcizia e degrado, una volta
tolto il cappotto e infilato nuovamente il costume da bagno.
Micol Brusaferro
IL PICCOLO - LUNEDI', 6 ottobre 2008
Terrapieno di Barcola inquinato Il caso va in
discussione a Bruxelles - ACCOLTA LA DENUNCIA DI GREENACTION
«La Commissione per le petizioni del Parlamento europeo ha deciso di accogliere
la denuncia presentata da Greenaction Transnational sull’inquinamento del
terrapieno di Barcola e della costiera triestina affidando l’inchiesta alla
Commissione europea». Lo annuncia Greenaction Transnational. Il terrapieno di
Barcola, ricorda l’associazione ambientalista in una nota, è stato utilizzato in
passato «in particolare come discarica» per «gli inceneritori di Trieste e del
nord Italia; è stato inoltre utilizzato come discarica per i rifiuti delle
industrie locali». Oggi vi sono insediate società nautiche. «Parzialmente
sottoposto a sequestro nel dicembre 2005 - ricorda Greenaction - è stato
dissequestrato nel settembre 2007». I motivi del’archiviazione dell’inchiesta
penale «risiedono, secondo il Tribunale di Trieste, nella prescrizione essendo
trascorsi troppi anni» dal «reato». E «nessun provvedimento cautelativo è stato
adottato nonostante la gravità della situazione. Di fatto l’autorità
giudiziaria, pur riconoscendo la pericolosità dell’inquinamento, ha rimandato
alle autorità amministrative tutte le competenze per interventi di messa in
sicurezza e bonifica, che a oggi non sono nemmeno abbozzati».
Al Parlamento europeo Greenaction ha denunciato la violazione di numerose
direttive europee, tra cui quella secondo cui «i depositi di rifiuti in attesa
di smaltimento per» oltre un anno «sono da considerarsi discariche e vanno
soggetti alle disposizioni della direttiva. Ricadono in questa definizione i
depositi di rifiuti generati da operazioni di messa in sicurezza e in attesa di
smaltimento definitivo. È il caso del terrapieno di Barcola», annota Greenaction.
Greenaction sottolinea infine come Roberto Giurastante, responsabile
dell’associazione e membro del comitato esecutivo di Alpe Adria Green, rete
italo-sloveno-croata, «è stato oggetto di un grave tentativo di intimidazione da
parte di ignoti che mentre la famiglia era in casa hanno preso a calci e
spallate la porta dell’abitazione, poi fuggendo. Il fatto - scrive Greenaction -
è stato denunciato».
«La Ferriera non fa danni? È lungo l’elenco delle
pensioni di invalidità» - DOPO LA LETTERA DELL’EX TURNISTA
Operai della Ferriera in ansia per la propria sorte? È semmai la presenza dello
stabilimento che «impedisce un futuro certo ai suoi dipendenti e fa da tappo
alla possibilità di sviluppare molte altre occasioni di lavoro e occupazionali
che si aprirebbero per esempio con la costruzione della piattaforma logistica e
con il suo indotto, non paragonabile all’attività di banchinaggio per conto
terzi inopinatamente concessa dall’Autorità portuale a un privato ma negata per
esempio al Comune».».
È una delle affermazioni che Romano Pezzetta fa in una lettera in cui replica a
quella di un ex turnista per trent’anni al lavoro in Ferriera che, restando
nell’anonimato, ha evidenziato le contraddizioni nel dibattito sullo
stabilimento, come i presunti danni alla salute che comporterebbe - smentiti
dalle analisi cliniche, precisa l’ex turnista - o l’opera di certi «solerti
servolani» che dopo avere mantenuto la famiglia per decenni lavorando proprio in
Ferriera non esitano a scoprirsi, una volta raggiunta la pensione e dopo aver
magari fatto da pensionati-consulenti per lo stabilimento, ecologisti «duri e
puri».
Se l’ex turnista giustifica l’anonimato coi «tempi duri», secondo Pezzetta (che
è portavoce del Comitato Servola respira) «questi varrebbero eventualmente per
coloro che dal 1998 si battono per far cessare l’inquinamento prodotto dalla
Ferriera, come attestano le minacce al presidente del Circolo Miani». Rischi per
la salute? «All’Inail - ribatte Pezzetta - c’è un impressionante elenco di
pensioni di invalidità per broncopatia ostruttiva e altre patologie correlate
rilasciate ai lavoratori dello stabilimento, di cui per esempio sarebbe utile
sapere quanti sono assunti a tempo indeterminato e quanti apprezzano le
assunzioni a termine».
Quanto ancora ai presunti rischi per la salute, le «dichiarazioni di qualche
dirigente dell’Azienda sanitaria confermano una volta di più l’assoluta
inaffidabilità della stessa che si rifiuta pervicacemente di fare quell’indagine
epidemiologica sul territorio della provincia ripetutamente richiesta fin dal
dicembre 1999».
Infine: la preoccupazione per il lavoro, «la cui retribuzione media si aggira
tra i 900 e i mille euro al mese»? «Fanno bene operai e dipendenti ad averla -
chiude Pezzetta - a fronte di una proprietà che ha comunque, anche senza
interventi parlamentari poiché è improprio dare al sindaco meriti che non ha,
deciso e annunciato di volere chiudere lo stabilimento prima nel 2009 e poi nel
2015».
Rifiuti, come aumentare la raccolta differenziata
- CONVEGNO LEGACOOP
«Una corretta programmazione regionale sui rifiuti e sulla raccolta
differenziata» è il tema del convegno che Legacoop Fvg organizza oggi dalle
15.30 alla Friulia (via Locchi 19), per illustrare la situazione soprattutto
nella nostra provincia: qui la differenziata si è attestata nel 2006 (ultimo
dato ufficiale) al 16,7%, di molto inferiore rispetto al resto della regione. La
cooperazione vuole portare un contributo a creare strategie utili per
raggiungere gli obiettivi di legge: 65% di differenziata entro il 2012. Il
convegno, moderato dal direttore del Piccolo Sergio Baraldi, vedrà presenti tra
gli altri il sottosegretario Roberto Menia, il presidente e il vice Legacoop Fvg
Renzo Marinig e Loris Asquini, l’ad di AcegasAps Cesare Pillon e Armando Querin,
presidente di Iris.
Pahor: migliorare i rapporti con l’Italia
Rigassificatore, serve un accordo a due - IL FUTURO CAPO
DEL GOVERNO INCONTRERÀ IL DEPUTATO BATTELLI
CAPODISTRIA «I rapporti italo-sloveni non sono così buoni come credo potrebbero
essere. Vorrei far sì che Roma si rendesse finalmente conto di avere a est un
vicino aperto alla collaborazione politica ed economica. Perciò, intendo
impegnarmi per aumentare gli scambi commerciali tra i due Paesi: ritengo che ci
siano molte opportunità non ancora sfruttate» .
Il futuro capo del governo sloveno Borut Pahor, ospite della giornalista Mojca
Juratovec nella trasmissione «Tuttoggi attualità» del programma italiano di Tv
Capodistria, ha anticipato (almeno in parte) quelle che saranno le linee guida
del suo governo nei rapporti con i Paesi vicini.
Parlando del problema dei rigassificatori nel golfo di Trieste, inoltre, Pahor
ha auspicato che la questione si risolva attraverso normali vie diplomatiche tra
Lubiana e Roma, senza che la Slovenia debba denunciare l'Italia per la
violazione delle norme sull'impatto ambientale transfrontaliero.
«Non credo, comunque, che si arriverà a questo punto. Prima - ha spiegato Pahor
- va cercata una soluzione con le autorità regionali e con Roma per arrivare a
una soluzione accettabile da entrambe le parti». Il politico ha anche aggiunto
di comprendere gli sforzi dell'Italia per trovare il modo migliore per far
fronte al deficit energetico: «Anche la Slovenia sta cercando delle soluzioni in
questo senso - la sua conferma - ma l'Italia non può farlo a nostro danno».
In quanto ai rapporti con la Croazia, Pahor ha annunciato che considera la
mancata definizione del confine una questione di interesse nazionale. E, su
questo delicato argomento, intende consultarsi con tutti i partiti parlamentari,
e non solo con quelli che appartengono alla futura maggioranza di governo.
«Vorrei che il nodo dei confini venisse risolto prima dell'entrata della Croazia
nell'Unione europea», ha spiegato Pahor, aggiungendo anche di voler essere
considerato un politico che tutela gli interessi nazionali sloveni senza
tuttavia minacciare gli interessi croati. Un compromesso accettabile da entrambe
le parti, secondo Pahor, è infatti raggiungibile.
Da oggi, intanto, continuano i colloqui di Pahor con i leader delle forze
politiche per definire il testo dell'accordo di coalizione e per distribuire le
cariche. Il suo Partito socialdemocratico ha rinunciato in partenza alla
presidenza della Camera di Stato. L’incarico, però, non sembra interessare
nemmeno Gregor Golobic (leader di Zares, secondo partito più forte della
coalizione di centrosinistra). Gli altri due partiti praticamente sicuri della
futura maggioranza di governo, e che rivendicano alcuni posti ministeriali, sono
la Democrazia liberale e il Partito dei pensionati Desus.
Insieme, le quattro formazioni dispongono di 50 voti in Parlamento su 90
(socialdemocratici 29, Zares 9, Democrazia liberale 5 e Desus 7). Il Partito
popolare (5 deputati), che insieme ai Pensionati faceva parte della maggioranza
uscente (guidata dai democratici di Janez Jansa), deciderà domani se accettare
l'invito di Pahor e quindi avviare le trattative per entrare nel nuovo governo.
Oppure, in caso contrario, restare nell'opposizione per i prossimi quattro anni.
La settimana prossima, Pahor incontrerà anche i deputati delle minoranza
nazionali: l’italiano Roberto Battelli e l’ungherese Laslo Goncz. L’incarico di
formare il governo, comunque, sarà ufficialmente affidato a Borut Pahor soltanto
dopo il 15 ottobre, quando è stata convocata la seduta costitutiva della nuova
Camera di Stato.
IL PICCOLO - DOMENICA, 5 ottobre 2008
SERVOLA - Diossina, Ferriera a processo -
Emissioni del 2005: in aula le prove dell’avvenuto risanamento - Domani
udienza in Tribunale
L’impianto di agglomerazione della Ferriera ora è sotto controllo e risponde a
tutti i parametri previsti dalla legge. Domani però si discuterà nell’aula del
Tribunale delle emissioni di diossina che nell’agosto del 2005 avevano indotto
il pm Federico Frezza a decretare il sequestro preventivo dell’impianto. Due
sono gli imputati: Francesco Rosato, direttore dello stabilimento e Giovanni
Schinelli, presidente della «Servola spa». Secondo l’accusa non «hanno osservato
o non si curavano che fossero osservate le prescrizioni dell’autorizzazione
regionale per quanto attiene le emissioni in atmosfera provenienti dall’impianto
di agglomerazione. Ciò per colpa, consistita nell’omesso, doveroso controllo del
ciclo produttivo e nell’omesso colposo adeguamento alla migliore tecnologia
disponibile».
I due dirigenti industriali domani chiederanno al giudice Giorgio Nicoli di
essere ammessi all’oblazione. Pagando un somma poco più che formale, potranno
uscire dall’indagine, senza che sia pronunciata una eventuale condanna.
Già in altri casi i difensori del gruppo Lucchini Severstal, gli avvocati
Giovanni Borgna e Giuseppe Frigo, hanno scelto analoghe strategie. Per essere
ammessi all’oblazione i due imputati dovranno però dimostrare al giudice che
l’impianto di agglomerazione non emette più diossina o meglio che le emissioni
rientrano nei severissimi parametri introdotti dalla Regione con il Decreto del
16 marzo 2005. Il limite massimo è stato fissato a 0,4 nanogrammi di diossina
per metro cubo d’aria. Nel periodo precedente, gli sforamenti aveva raggiunto
livelli preoccupanti: 1,527 nanogrammi il 13 luglio 2005 e 0,723 il 21 aprile
dello stesso anno.
Fornire la prova dell’avvenuto risanamento non sarà difficile anche perché
l’impianto ha potuto essere dissequestrato nell’ottobre 2006 grazie a una serie
di importanti aggiustamenti messi a punto dai tecnici della Ferriera sotto il
costante controllo dei consulenti della Procura. Dopo un anno di verifiche e
sperimentazioni il professor Marco Boscolo alla fine dell’estate del 2006 aveva
sottolineato che per far entrare le emissioni di diossina nei parametri di
legge, l’agglomerato doveva essere costantemente irrorato con urea: esattemente
con lo 0,15 per cento della massa del materiale che poi finisce nell’altoforno.
La sperimentazione ha avuto esito positivo. «L’agglomerazione risulta totalmente
restituibile alla proprietà» aveva scritto il professor Boscolo nel documento
inviato al pm Federico Frezza. Quest’ultimo ne aveva disposto il dissequestro e
nel provvedimento tra l’altro si leggeva. «Il procedimento è stato connotato da
una visione non meramente ed esclusivamente repressiva dell’azione penale, bensì
da una visione attenta al comportamento dinamico della pluralità di interessi
coinvolti. Quali siano questi «interessi» il magistrato lo aveva spiegato a
chiare lettere. «Il diritto alla salute e all’ambiente salubre, primari e
intangibili. Ma anche, sia pure un gradino al di sotto, il diritto all’esercizio
dell’iniziativa economica privata, che è libera, purché non in contrasto con
l’utilità sociale e purché non rechi danno alla sicurezza, alla libertà e alla
dignità umana».
Va aggiunto che ora la massa dell’agglomerato non viene solo irrorata con urea:
sono state adottate altre precauzioni per limitare ulteriormente il livello
della diossina. Ad esempio l’altezza del «letto» non deve superare i 40
centimetri e il nastro trasportatore non deve superare la velocità di un metro
al secondo.
(c.e.)
Casa Moderna: vivere con l’energia solare - La
Fiera che si chiude domani propone nuovi stili d’abitazione
UDINE La Fiera Casa Moderna, che si chiuderà domani a Udine, è pronta
all’allungo finale della 55ma edizione. Al tema dell’energia solare sarà
dedicato l’ultimo convegno di Casa Moderna in programma oggi alle 17.00 in sala
convegni a cura dell’azienda espositrice Solar Systems dal titolo «Energie
pulite: sole e acqua» rivolto al cittadino, ma anche alle Amministrazioni
Comunali, Provinciali e Regionali per illustrare le potenzialità di nuovi
strumenti e nuove modalità di approccio per lo sfruttamento consapevole e
intelligente di quelle che sono le fonti più antiche di energia presenti sul
pianeta. Un argomento che guarda in avanti confrontandosi anche con le mutate e
particolari condizioni climatiche che caratterizzano il pianeta: per quanto
riguarda l’Italia, secondo uno studio della Commissione Europea, il Bel Paese
per la sua posizione geografica con elevato irraggiamento, fra soli 7 anni avrà
il prezzo dell’energia solare pari alla metà di quello pagato da una famiglia
media. Un investimento per il futuro quindi, supportato dalle sempre nuove
tecnologie sviluppate, affiancate da diverse normative che offrono interessanti
contributi d’installazione.
IL PICCOLO - SABATO, 4 ottobre 2008
Raccolta differenziata, Trieste prepara il
business - LUNEDÌ CONVEGNO CON ACEGASAPS, IRIS E MENIA
Idealservice in pole position: 400 persone in città, fatturato di 47 milioni
e una rete in regione
TRIESTE Quarantasette milioni e mezzo di fatturato nel 2007 in costante
crescita (nel 2005 era a 32 milioni, nel 2006 a 42 milioni), una previsione di
60 milioni di euro per il 2008, un patrimonio netto che quest’anno supera i 13
milioni di euro: è il quadro economico di Idealservice, cooperativa che opera
nel settore della raccolta differenziata dei rifiuti inserita anche in Friuli
Venezia Giulia e in particolare a Trieste dove operano 400 persone. A
testimonianza di un settore che si sta dimostrando strategico e lo confermeranno
anche gli esperti del convegno su Programmazione regionale sui rifiuti e la
raccolta differenziata, previsto per lunedì prossimo nella sala convegni di
Friulia in via Locchi alle 15.30. Tra gli interventi, dopo l’introduzione del
presidente di Legacoop, Renzo Marinig, proprio quello del vertice di
Idealservice, Enzo Gasparutti, ma ci saranno anche l’amministratore delegato di
AcegasAps, Cesare Pillon, il presidente di Iris, Armando Querin e le conclusioni
saranno svolte dal sottosegretario all’Ambiente, Roberto Menia.
Un appuntamento importante quello di lunedì che analizzerà la situazione nel
settore dei rifiuti di Trieste che vede la raccolta differenziata attestarsi al
16,7% (dati 2006) un valore molto inferiore rispetto alle altre province della
regione. Con l’evento di lunedì il mondo della cooperazione punta a creare le
strategie per raggiungere gli obiettivi previsti dalle leggi in materia che
impongono di raggiungere entro il 2012 una percentuale di raccolta differenziata
del 65%.
E a dare il suo contributo di esperienza sarà Idealservice, realtà attiva in
tutto il Nord Italia con oltre 1200 persone, presente in tutte e quattro le
province del Friuli Venezia Giulia, nel Veneto orientale con appendici
importanti nelle province di Venezia, Rovigo, Ferrara e Reggio Emilia.
A Trieste le 400 persone impegnate nella divisione Facility management (che
conta globalmente su 790 addetti) offre una gestione integrata dei servizi per
ottimizzare costi e tempi. Si tratta di una serie di servizi che vanno dalle
manutenzioni ordinarie e straordinarie dei patrimoni immobiliari, delle
infrastrutture e degli impianti all’installazione e gestione di caldaie ad alto
rendimento; dalle pulizie sanitarie, civili e industriali alla gestione dei
depuratori; dalla gestione del verde pubblico e aziendale alla cura di strade,
piazzali e aree organizzate.
Fra gli obiettivi futuri di questa divisione – alla quale si integrano i settori
“Ecologia” (circa 400 addetti in totale) ed “Energia” (costituito nel 2008 per
operare nel campo degli impianti energetici a basso impatto ambientale) e che,
insieme, forniscono soluzioni personalizzate alle amministrazioni comunali, ai
consorzi e alle aziende – si evidenziano il consolidamento e lo sviluppo della
presenza sul territorio interregionale e nazionale, con particolare riferimento
al Nord Italia, attraverso la gestione integrata e coordinata di quei servizi
definiti «no core business», ottimizzando il controllo della qualità e dei costi
degli stessi in un quadro di rispetto dei valori etici e delle leggi di
riferimento.
Rigassificatore: garanzie e dubbi del geologo - I
periti di Gas Natural: nessun effetto domino. Ma ci sono zone d’ombra
Gli approfondimenti sul progetto di Zaule sono di uno sconosciuto ingegnere
per una società del Lussemburgo - Dopo il «Via» atteso il parere di due
ministeri
Pubblichiamo la prima puntata di un’analisi del geologo Livio Sirovich sul
progetto per realizzare un impianto di rigassificazione in provincia di Trieste.
L’impianto preso in esame è quello della società spagnola Gas Natural e l’area
che andrebbe a occupare è quella dell’ex Esso.
È ormai possibile fare il punto sulla sicurezza e sulle conseguenze ambientali
del rigassificatore che la multinazionale spagnola Gas Natural propone di
costruire a Zaule. La valutazione del progetto da parte della Commissione «Via»
(valutazione impatto ambientale) del ministero dell'Ambiente si è conclusa dopo
che la Gas Natural in aprile aveva presentato gli ultimi documenti integrativi.
Ed è trapelata la notizia che il parere della Commissione è stato favorevole,
sia pure con una serie di raccomandazioni (favorevole il 48,3% dei 58
componenti, nessun contrario, ma ben 12 astenuti e 18 assenti). Non resta che
attendere la decisione congiunta dei ministri dell’Ambiente (Prestigiacomo) e
dei Beni culturali (Bondi).
SICUREZZA- EFFETTO DOMINO
L'espressione «effetto domino» indica ipotetici incidenti industriali a catena,
ad esempio incendi, che possano innescarsi dal rigassificatore verso l’esterno,
oppure dagli stabilimenti circostanti verso il rigassificatore. Lo studio
principale dell’«effetto domino» è rimasto quello del dicembre 2006, non più
aggiornato. Teniamo presente che il rigassificatore sarà a 120-150 metri dalle
prime case e capannoni commerciali-artigianali della zona Errera-Giarizzole e
confinerà con il terminal petrolifero e l'inceneritore.
Scrivono i consulenti di GasNatural: «Per quanto riguarda le modalità di
valutazione ed i criteri da adottare nell’analisi, non sono ancora state emanate
(in Italia, n.d.r.) norme cogenti». Ci si ritiene quindi autorizzati - scrivono
gli autori - a non esaminare l'effetto domino verso l’esterno, ma solo quello
dagli impianti circostanti verso il rigassificatore. Tutti i possibili incidenti
industriali esterni elencati sono per altro di lieve entità. Fra i pericoli
esterni, vengono anche considerate le conseguenze di possibili maremoti
innescati da terremoti nella regione.
Qui una verifica puntuale è più facile che nel caso precedente dei lievi
incidenti esterni e purtroppo i numeri riguardanti i «Principali eventi sismici
avvenuti in Friuli Venezia Giulia negli ultimi 500 anni» sono sbagliati. Ad
esempio, alla scossa del 15 settembre 1976 in Friuli (la terza di quell’anno
terribile) viene attribuita un’energia trenta volte più alta del terremoto del 6
maggio (che fu ben più forte e fece mille vittime). Vengono inoltre indicati un
terremoto nel 1964 nel «Carso» con un’irrealistica magnitudo 6,5 (più di quello
del 6 maggio 1976) ed uno a Gemona nel 1511 con valore addirittura 8.
Com’è noto, le navi gasiere possono costituire un punto «debole» della
sicurezza. Ma, avendo scelto di guardare solo gli incidenti «esterni», i
consulenti in questione hanno ritenuto di non dover toccare l’argomento perché
le gasiere sarebbero «interne» al ciclo di lavorazione. Essi esaminano invece l’incidentalità
delle semplici autocisterne dirette agli impianti della zona, perchè possono
costituire pericolo dall’esterno verso il rigassificatore. Una volta affrontato
l’effetto domino in modo così parziale, il risultato dichiarato dallo studio è
del tutto rassicurante. Chi ne sono gli autori?
CHI SONO I CONSULENTI
La relazione reca il logo di un Consorzio «per l’ingegneria delle georisorse»
fra alcune università italiane, Trieste compresa, ma non è firmata nè risultano
i nomi degli estensori. Tuttavia, nella pagina e mezza di accompagnamento, la
società anonima di diritto lussemburghese Medea, con sede in una casetta di
Massagno, Lugano, di cui si è molto parlato in passato, la attribuisce (non si
sa se a torto o a ragione) al «Prof. P. Bevilacqua dell’Università di Trieste in
qualità di responsabile scientifico e da un team di esperti del settore».
A fronte di queste stranezze, non risultano agli atti studi di approfondimento
chiesti dalla Regione o dal Ministero. La stessa pagina e mezza dell’anonima
lussemburghese, preparata da uno sconosciuto ingegnere campano poco più che
trentenne, accredita scenari tranquillizzanti anche in caso di attacchi
terroristici: «la tipologia di mezzi impiegati e le relative modalita`
realizzative di un atto terroristico, rendono altamente probabile, se non
scontato, l’immediato innesco di un pool-fire (incendio di pozza di gas liquido
in evaporazione; un caso relativamente poco allarmante, n.d.r.) di dimensioni
limitate e tali da presentare una distanza di rispetto compatibile con il
dimensionamento del canale di accesso e del bacino di evoluzione».
Vediamo di capire. Cos’è la «distanza di rispetto»? Quella oltre la quale si
riportano serie ustioni sulla pelle se si rimane esposti per più di 40 secondi.
In pratica, questo documento valuta che, verso sud, il tratto di mare largo
circa 1000-1200 metri sia sufficiente ai muggesani per non rimanere gravemente
ustionati in pochi secondi. Ma non dice cosa avverrebbe verso la zona abitata a
nord (Giarizzole-Errera ecc...) e quale effetto avrebbe questo calore
sull'adiacente terminal petroli e sugli impianti vicini (G.T.S. deposito gas
liquefatti, Ferriera Servola, Linde Gas Italia produzione e deposito, Si.Lo.Ne.
e Depositi costieri S.p.A. oli minerali, chimica e petrolchimica Alder, Chiurlo
prodotti combustibili), né il motivo per cui eventuali terroristi (che a Zaule
distrussero alcuni depositi di petrolio già nel 1972) non dovrebbero essere
capaci di causare danni gravi alle navi gasiere o ai depositi a terra, riuscendo
viceversa a provocare solo un incendio «di dimensioni limitate».
(1- continua)
LIVIO SIROVICH
RIGASSIFICATORE - I CONTROLLI
Un'obiezione sorge spontanea: tutti questi studi sono stati pure esaminati dai
tecnici preposti ed anche dalla supercommissione ministeriale. Possibile che
nessuna Regione in Italia sia dotata di funzionari capaci di fare le pulci ad un
consulente internazionale che usa codici idraulici tridimensionali, oppure
(ancora per Zaule) l’assai discusso metodo di calcolo del rischio sismico del
famoso consulente privato inglese Gordon Woo, che può consentire dimensionamenti
meno costosi delle strutture (ma anche meno sicuri)?
Nel caso di Zaule (GasNatural) e Grado (progetto Endesa), alcuni funzionari
hanno chiesto alla Regione l'aiuto di istituzioni scientifiche esterne per
misure sperimentali e calcoli di controllo. Ma non sono stati esauditi.
E la supercommissione ministeriale? Discorso complesso. In parte politicamente
lottizzata, forte presenza di avvocati in rapporto ai tecnici-scienziati, dubbia
presenza di specialisti in modellistica marina (sismica, etc.) in grado di
sopperire alle carenze di base delle analisi. E poi sono inondati da centinaia
di documenti spesso inutili, costretti a dividersi in gruppetti istruttori di
2-3 esperti, senza potersi avvalere di efficienti servizi tecnico-scientifici
dello Stato. Perché il problema è anche questo e lo sanno più che bene i
super-liberisti statunitensi: solo la ricerca pubblica può garantire analisi e
controlli indipendenti, volti al bene complessivo della Comunità.
(l.s.)
RIGASSIFICATORE - Il confronto con la baia di Tokyo
- PRESENTI CINQUE IMPIANTI
Nel 2007, l’ex presidente della Regione dichiarò ripetutamente: «Ricordo che
nella baia di Tokyo, che è profonda 16 metri contro i 22 del golfo di Trieste, e
che è grande circa il doppio, ci sono 5 terminal di rigassificazione e non è
stato mai rilevato alcun problema di temperatura dell’acqua. Quindi anche questo
è un problema inesistente».
Come si vede dalla
sezione qui accanto, quella baia è invece lunga
circa 60 km, con profondità crescenti oltre gli 80 m fino a sprofondare nel
Pacifico. Fujiwara e Yamada (J.G.R., 2002) avevano già calcolato che le forti
maree giornaliere, le correnti oceaniche ed il regime monsonico ne rinnovano
tutto il volume d’acqua in soli 8-16 giorni.
Il consulente di GasNatural, Alatec, che conosceva la nostra baia, nel 2006
aveva scritto: è «un bacino in cui le correnti sono molto deboli ed il ricambio
con il mare aperto praticamente nullo», ma è stato sostituito.
IL PICCOLO - VENERDI', 3 ottobre 2008
Urbanistica, approvata la liberalizzazione di serre e
pannelli solari - L’aula rimuove i vincoli sugli interventi finalizzati al
risparmio energetico
TRIESTE Per il centrosinistra è un «indulto urbanistico», per il centrodestra
elimina vincoli e burocrazia. La legge che modifica la riforma urbanistica di
Lodovico Sonego è stata approvata ieri in Consiglio regionale: prevede il
ritorno alla vecchia normativa (la 52/1991), a fronte del mancato varo del piano
territoriale regionale, ma introduce anche diverse novità. La nuova legge,
infatti, consente ai Comuni con meno di 15 mila abitanti di intervenire in opere
urbanistiche con un’espansione del 20% e liberalizza diversi interventi.
Diventa possibile realizzare costruzioni come verande o depositi per gli
attrezzi fino a 20 metri cubi nonché tettoie o barbecue fino a 20 metri quadri
senza dover presentare la Dia (denuncia inizio attività) così come vengono
liberalizzate le opere di raccordo alle reti di acqua, luce, gas e
telecomunicazioni e il collocamento di lapidi, targhe e decorazioni. Non vengono
conteggiati nella volumetria e nella superficie dell’edificio gli interventi per
il risparmio energetico: libertà quindi nell’inserire spessori nelle murature
esterne e nei solai intermedi e di copertura da 30 a 60 centimetri e nessun
vincolo (se non quelli relativi alle distanze minime) per le serre solari che
non occupano più del 15% dell’intera superficie abitativa e per gli interventi
di isolamento termico e acustico, per l’installazione di pannelli solari e
l’ombreggiamento delle facciate nei mesi più caldi. Previsto anche l’obbligo di
installare l’ascensore, raggiungibile da rampe prive di gradini, negli edifici
con due o più piani.
Il Consiglio rinvia invece la discussione sulle mozioni relative alla specialità
mentre la conferenza dei capigruppo stabilisce il calendario dei lavori di
ottobre e novembre: andranno in aula i ddl su commercio, benzina regionale,
lingue comunitarie e gestione del patrimonio immobiliare, oltre ai ddl
dell’opposizione su nomine e polizia locale.
Rigassificatore a Veglia, sì di Zagabria - Via libera
del governo alla realizzazione dell’impianto di Omisalj
ZAGABRIA Decisione ufficiale del governo croato: il futuro rigassificatore
nordadriatico sorgerà a Castelmuschio (Omisalj), località vegliota che si
affaccia sul golfo di Fiume e decenni fa ridente centro di villeggiatura. Ma la
costruzione dello stabilimento petrolchimico Dina, del porto petroli e
dell’oleodotto, l’hanno trasformata in un concentrato di industria pesante, che
tempo 5–6 anni accoglierà anche un gigantesco terminal metanifero. L’esecutivo
di centrodestra del premier Ivo Sanader ha aperto al suggerimento della
competente commissione del ministero dell’Economia, che aveva indicato nel sito
isolano la migliore ubicazione per il maxi–impianto Lng. «Dopo anni di intoppi e
ritardi di varia natura – è quanto dichiarato dal ministro dell’Economia e
vicepresidente del governo, Damir Polancec – abbiamo deciso di puntare su
Castelmuschio. Ora possono iniziare i lavori di prospezione e i preparativi per
l’edificazione del rigassificatore. Agli investitori chiederemo di avere in
tempi relativamente brevi sia il progetto ideale, sia lo studio di impatto
ambientale, come pure altre relazioni che altrimenti non vengono contemplate
dalle legge sulla salvaguardia ambientale». Il braccio destro di Sanader per il
comparto economico ha fatto quindi sapere che saranno avviati colloqui con il
comune di Castelmuschio e la Regione quarnerino–montana per scoprire le loro
aspettative legate all’ambizioso progetto energetico. Alle dichiarazioni di
Polancec si è collegato il primo ministro, rilevando che una delle priorità del
suo governo è quella di dare alla Croazia una sicura autonomia in termini di
petrolio, gas ed energia elettrica. «Il rigassificatore vegliota – ha aggiunto –
si inquadra proprio in questa strategia». Oltre alla scelta di Castelmuschio,
nei prossimi mesi dovrebbe scaturire l’accordo sul nome delle aziende croate che
entreranno a far parte del consorzio Adria Lng, al quale spetterà la costruzione
del terminal.
Secondo le ultime informazioni provenienti da Zagabria, saranno la compagnia
petrolifera nazionale Ina, l’Azienda elettrica di Stato e la Plinacro a venire
inglobate nell’Adria Lng, che comprende le tedesche Rwe e E.ON Ruhrgas, la
francese Total, l’austriaca OMV e la slovena Geoplin. La presenza croata, con
una quota probabilmente del 25 per cento, si è resa necessaria onde permettere
che parte del gas movimentato resti in Croazia. Tempo fa si era parlato» che dei
15 miliardi di metri cubi di gas movimentati annualmente a Veglia, il 30 per
cento entrerebbe nel sistema distributivo nazionale, mentre il resto sarebbe
destinato ai mercati europei. Come già scritto, il rigassificatore altoadriatico
verrebbe a costare da 700 milioni a un miliardo di euro e contribuirà all’
apertura, assieme all’ indotto, di circa 10 mila posti di lavoro.
Andrea Marsanich
IL PICCOLO - GIOVEDI', 2 ottobre 2008
Rigassificatori, la Slovenia vuole negoziare con Roma
il nodo energia - Lubiana ribadisce il no ai due impianti nel Golfo di
Trieste
PIRANO Rigassificatori nel golfo di Trieste: la Slovenia non si accontenta di
essere trattata da partner sul piano tecnico, ma vuole molto di più, ossia
negoziare con Roma a livello strategico le politiche energetiche e il loro
impatto transfrontaliero in un'area così sensibile come l'Alto Adriatico.
Le posizioni di Lubiana sui progetti per i due impianti di rigassificazione
contestati – uno offshore nel golfo, l'altro a Trieste (Zaule) – sono state
ribadite ieri a Pirano dal presidente della Commissione interministeriale
slovena per i rigassificatori Marko Starman e dal sottosegretario all'Ambiente
Mitja Bricelj.
«La nostra posizione di partenza è nota: i terminal non vanno costruiti nel
golfo di Trieste, sopratutto non in questo modo e a queste condizioni. Gli
stessi obiettivi economici ed energetici – ha dichiarato Starman – possono
essere realizzati scegliendo un sito più adatto».
«Non siamo contrari ai terminal in generale, alla diversificazione energetica e
allo sviluppo – gli ha fatto eco Bricelj – ma vogliamo che si trovi una
soluzione ottimale». E per soluzione ottimale, hanno fatto capire i due
funzionari, Lubiana intende una soluzione che emerga da un esame strategico
comune dell'impatto ambientale transfrontaliero e dell'intera problematica che
riguarda la fornitura energetica dell'area altoadriatica.
In particolare, la Slovenia vuole essere consultata, e partecipare alla
decisioni insieme alla controparte italiana sulle scelte energetiche più adatte
e, a livello di esperti, su che cosa è in grado di sostenere il golfo di
Trieste: dalla natura delle merci all'intensita dei traffici, dal regime di
navigazione allo sviluppo di zone protette. E vuole farlo non solo per quanto
riguarda l'immediato futuro, ma in una prospettiva più ampia, per i prossimi
dieci, vent’anni.
È una richiesta, hanno spiegato Starman e Bricelj, basata sulle direttive
europee in materia ambientale, e Lubiana è pronta a ricorrere anche al Tribunale
europeo di Lussemburgo, se sarà necessario, per essere coinvolta nelle
decisioni. Una misura, quest'ultima, ha precisato nei giorni scorsi il ministero
Affari esteri della Slovenia, che rappresenta soltanto un’iniziativa estrema,
visti tutti gli strumenti di collaborazione bilaterale attualmente a
disposizione.
Più che bloccare i terminal, dunque, Lubiana vuole negoziarne l'ubicazione e le
caratteristiche tecnologiche, per evitare che un domani il prezzo da pagare per
degli impianti comunque necessari si riveli troppo alto, in termini di impatto
ambientale e ricadute negative su turismo, pesca e altre attività produttive.
L'incontro di ieri con la stampa è stato organizzato in chiusura del dibattito
pubblico sui progetti per i due rigassificatori organizzato dall'Agenzia slovena
per l'ambiente, che ha dato in visione la documentazione sui terminal progettati
da Endesa e Gas Natural. Tutti i pareri espressi da parte di singoli e di
istituzioni sono risultati negativi: 44 bocciature per il rigassificatore
offshore – basterebbe, secondo gli sloveni, spostarlo un centinaio di chilometri
in direzione sudovest – e 26 bocciature per il terminal di Zaule. Contro i
rigassificatori nel golfo di Trieste si sono sempre espresse anche le autorità
locali di Capodistria.
FERRIERA - TAVOLO DI LAVORO TRA ASSESSORI -
Riconversione a Servola: la Regione convoca i sindacati, parte lo studio
La giunta Tondo ha affidato ufficialmente all'Agenzia regionale del lavoro e
della formazione professionale l'incarico di realizzare uno studio sulle
caratteristiche professionali dei lavoratori che operano nella Ferriera di
Servola. L’esecutivo del Friuli Venezia Giulia ha dunque recepito la proposta
dell'assessore Alessia Rosolen (deleghe al Lavoro, Università e Ricerca) che
aveva preannunciato il progetto ma che, documenti alla mano, ha dovuto attendere
qualche giorno per una conferma che fa seguito anche alla recente risoluzione
con la quale la commissione Ambiente della Camera impegna governo e Regione a
stilare entro 60 giorni un piano per la riconversione o la chiusura dello
stabilimento. E, di conseguenza, per la ricollocazione del personale e la
gestione di esuberi o di una crisi occupazionale.
«Il presidente Tondo ha dato l’incarico - conferma l’assessore Rosolen - per
quello che ritengo il primo atto di pianificazione responsabile da parte della
politica sul caso specifico. Inutile dibattere, infatti, se non si conosce la
realtà dei lavoratori. Ora, parallelamente a questo studio, ci muoveremo in due
direzioni». La prima prenderà il via nei prossimi giorni e sarà costituita «da
un tavolo di lavoro per unire tutti gli anelli della catena e ottenere dati su
ogni genere di impatto. Oltre alla sottoscritta, ne faranno parte gli assessori
all’Ambiente, Vanni Lenna (coordinatore), alla Mobilità, Riccardo Riccardi, e
alle Attività produttive, Luca Ciriani». Il secondo punto, «visto che non si può
prescindere dal problema occupazionale», è legato a una riunione della Rosolen
con le rappresentanze sindacali della Ferriera già fissata per il 15 ottobre.
«Si sono sempre lamentati per non essere mai stati contattati perciò - conclude
l’assessore - mi auguro che abbiano accolto l’invito con soddisfazione. Sarà
l’occasione per un confronto e per chiedere la loro collaborazione».
Secondo dati relativi all’aprile scorso, a Servola lavorano 545 dipendenti, più
236 di Sertubi e una cinquantina occupata tra Linge Gas ed Elettra Hoding.
Difficilmente quantificabili, inoltre, le altre realtà dell'indotto. Lo studio
riguarderà le caratteristiche socio-professionali dei lavoratori direttamente
occupati ma anche il sistema di fornitura, le imprese esterne e i colleghi
dell’indotto. L’analisi valuterà anche gli ammortizzatori sociali e i programmi
di formazione e riqualificazione professionale, insieme a ipotesi occupazionali
alternative. Lo studio dovrà concludersi entro luglio 2009.
Francesco Semino, responsabile delle relazioni esterne della Lucchini Spa ,
preferisce «non commentare l’iniziativa regionale. Lo faremo, eventualmente,
valutando i contenuti finali». L’azienda, comunque, avrebbe appreso con un certo
favore l’iniziativa portata avanti dalla Regione. Roberto Decarli (Cittadini)
ricorda invece di essere «un ex lavoratore della Ferriera. Dal 2000 siamo in
attesa che qualcuno faccia qualcosa. Conosco la serietà e l’impegno della
Rosolen ma non posso distrarmi dall’attendere, entro 60 giorni, il progetto
occupazionale alternativo che salvaguardi quasi tremila persone tra lavoratori e
familiari. Se ci riusciranno, sarò il primo a compiacermi. Ma sono convinto che
non sarà possibile e, allora, farà una battaglia all’ultimo sangue contro Comune
e Regione».
DANIELE BENVENUTI
Un ex turnista: di Ferriera non si muore -
Contestati i pensionati-consulenti «ora trasformatisi in ecologisti»
Aspetta l’ultima riga per presentarsi, come nei «thriller» che si rispettino. Ma
dietro questa sorta di lettera aperta, ironica e amara, al sindaco Dipiazza, c’è
tutto lo smarrimento di uno che, da turnista, la Ferriera l’ha vissuta
realmente, e per 30 anni. «Alla fine – scrive l’ex operaio, che, tempi
difficili, chiede solo la garanzia dell’anonimato – la fermezza paga. Bravo
sindaco Dipiazza. È riuscito nel progetto di poter far chiudere la Ferriera di
Servola e soprattutto in modo bipartisan. Che il centrodestra con lungimiranza
potesse scegliere questa «soluzione» per calcolo politico (voti) mi sembra
rientri nella normalità italica. Che il centrosinistra nella speranza (?) di
recuperare consensi facesse altrettanto mi lascia, oltre che sgomento, anche
molto in...cavolato (è vero Rosato?)».
«Dopo le battaglie del Circolo Miani e Servola Respira – si legge ancora – dopo
le visite mediche (a tempo di record) sui servolani e sui lavoratori della
Ferriera che hanno dato (qualcuno ne dubitava?) esiti negativi, abbiamo appurato
che di Ferriera non si muore. L’unica alternativa: bisognava fare delle
forzature ”politiche”».
«L’importante – continua il testo – era trasferire il problema nella capitale
dove i giochi possono essere fatti senza controparti. Risultato quasi immediato:
la maledetta Ferriera è incompatibile con l’ambiente e quindi va chiusa e
riconvertita. I lavoratori? I lavoratori sono un problema marginale se si
considera che tutta la giunta comunale (da sempre) sostiene che il reimpiego di
450 lavoratori (con famiglia) più indotto è un ostacolo facile da rimuovere. Lo
possono fare perché nella realtà regionale abbiamo un potenziale ed enorme
bacino di reimpiego. O forse non è così? Soprattutto a Trieste in questo
particolare momento di difficoltà politico-economico».
L’ex turnista si tira via un ulteriore «sassolino». «Vogliamo parlare di certi
solerti servolani scopertisi ecologisti e ambientalisti duri e puri che operano
nei circoli sopracitati? Forse lei non lo sa, illustre signor sindaco, ma alcuni
di quei personaggi che adesso sbraitano e si ergono a paladini di un mondo
pulito lavoravano all’interno del famigerato e inquinante stabilimento
siderurgico (che adesso demonizzano). Non solo: questi personaggi dopo aver
lavorato per moltissimi anni nell’infernale Ferriera e aver raggiunto il tanto
agognato traguardo della pensione hanno pensato bene di ritornarci. Ritornarci
da pensionato e consulente. Consulenza che veniva pagata molto, ma molto bene».
Provate a riflettere per un momento – conclude il testo – sulle paure,
l’insicurezza e l’angoscia dei lavoratori e delle loro famiglie in questo
momento dopo le ultime brutte notizie ricevute. Io le ho vissute. Non auguro a
nessuno di trovarsi in tali condizioni. Ma, mai dire mai».
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 1 ottobre 2008
I genitori di Servola: «La Ferriera danneggia la
salute dei nostri figli» - Una lettera con 224 firme per
controbattere alle dichiarazioni della mamma di un operaio
«Vogliamo tutelare l’esistenza di milleduecento bambini i quali sono
costretti a convivere per 24 ore al giorno con le polveri prodotte dall’attività
siderurgica»
Sono preoccupati. Prima di tutto per la salute ed il futuro dei loro figli.
E sono esasperati da quella che giudicano essere ormai diventata una situazione
insostenibile. Non ne possono più di vivere a stretto contatto con la Ferriera
di Servola e lo dicono, o meglio lo scrivono in una lettera aperta: la protesta
arriva da un gruppo di mamme, papà, nonni e zii di giovanissi residenti proprio
nel rione servolano o in zone limitrofe che «devono convivere 24 ore al giorno
con gli effetti dell’attività siderurgica», come specificato nel documento. Uno
scritto firmato da 224 persone desiderose di tutelare «l’esistenza dei nostri e
di altri bambini, più di 1.200, che passano tutto il loro tempo scolastico a una
distanza non superiore ai mille metri dai confini dello stabilimento (la
Ferriera appunto, ndr) e ne respirano a pieni polmoni l’aria ”salubre” emessa».
Ma la presa di posizione di queste famiglie, che per la maggior parte vivono tra
via Pitacco, via San Lorenzo in Selva, via dei Giardini, via dei Vigneti, via
del Ponticello, vuole essere anche una risposta alle ragioni espresse da chi in
passato ha voluto sottolineare l’importanza della salvaguardia del posto di
lavoro assicurato dalla fabbrica di proprietà della Servola Spa (gruppo
Lucchini-Severstal). Il riferimento - peraltro contenuto in maniera esplicita
all’interno della lettera - è a quella che si è autodefinita la «madre di tutti
gli operai» della Ferriera, Norvena Pecorella, il cui figlio effettivamente
lavora dentro lo stabilimento. In passato, anche dalle colonne del Piccolo, la
donna aveva espresso la propria solidarietà a chi, prestando quotidianamente la
propria opera dentro la fabbrica, guadagna da vivere per sè e i propri cari.
Pensieri preoccupazioni che l’avevano portata, neanche un mese fa, a proporre
l’istituzione di un comitato pro-Ferriera da contrapporre a tutti i gruppi «anti»
già esistenti.
Nell’ultima lettera che getta altra benzina sul fuoco del dibattito, i 224
firmatari scrivono: «Vogliamo sottolineare la violenza delle polveri che ci
attanagliano e penetrano ovunque nelle nostre case, perfino in armadi e
cassetti, oltre che, naturalmente, nei nostri polmoni e in quelli dei nostri
figli e nipoti». E viene segnalata poi «la comparsa di nuovi profumi», che - si
chiedono gli autori della lettera - forse potrebbero derivare da una
«volutamente mal interpretata politica dei Rifiuti Zero?». A chi, come la
signora Pecorella, non convidide le loro riflessioni, gli autori dello scritto
dicono di controllare gli sforamenti registrati dalle centraline «in particolare
quella di via San Lorenzo in Selva» dove, all’inizio di settembre, sono stati
rilevati «102 superamenti dei limiti di legge per le Pm10, cioè superiori di tre
volte il massimo annuale consentito dalla legge, che è di 35».
«Il problema di un ambiente di lavoro salubre - aggiungono ancora - dovrebbe
interessare anche chi nello stabilimento ci lavora». E, alla fine della lettera,
si specifica come tutte le questioni sull’impiego siano un problema dei
sindacati, «non delle mamme», ribadendo che «non accetteremo più supinamente
alcun ricatto occupazionale sulla pelle nostra e dei nostri figli e useremo ogni
mezzo lecito per contrastarlo».
MATTEO UNTERWEGER
UNIVERSITA' - Risparmio energetico, venti posti per
diventare esperti degli "eco-edifici" - E' forte la domanda da parte del
mercato.
Stage retribuiti in azienda per il nuovo corso per laureati: iscrizioni
aperte fino al 10 ottobre.
IL PICCOLO - MARTEDI', 30 settembre 2008
Raccolta dei rifiuti, a Muggia aumenta la
differenziata: +19,5% - In agosto il risultato migliore ma la media a
livello regionale resta troppo bassa
L’assessore Bussani: «Presto nuove iniziative per rendere migliore e più
fruibile il servizio. Continuano gli abbandoni illegali e l’utilizzo errato dei
cassonetti»
MUGGIA È in aumento a Muggia la percentuale di raccolta differenziata dei
rifiuti solidi urbani. A oggi, su base annua, la percentuale di differenziata
del 2008 è pari al 19,53% ma, con specifico riferimento al mese di agosto, ha
raggiunto il 21,75%.
Particolarmente importanti i risultati raggiunti con la raccolta differenziata
del verde (83 quintali nelle sole ultime tre raccolte settimanali dei giorni 10,
17 e 22 settembre), svolta mediante i 22 contenitori collocati sul territorio.
Lo rileva l’assessore all’Ambiente, energia e infrastrutture Edmondo Bussani,
che sottolinea come a seguito di una serie d’iniziative recentemente attuate si
stia registrando un aumento, sia pur lieve, delle percentuali di raccolta
differenziata. Ma allo stesso tempo rivolge un appello alla cittadinanza per un
corretto utilizzo dei contenitori. «Siamo pienamente consapevoli di essere
ancora su livelli molto bassi rispetto ai valori previsti - afferma - dalla
normativa e alla media raggiunta nelle altre provincie della regione, tuttavia
il segnale che stiamo registrando ci fa ben sperare e dimostra che l’impegno
profuso dagli uffici comunali e dalla ditta affidataria del servizio comincia a
dare qualche risultato, spronandoci a proseguire con maggiore vigore nelle
iniziative che stiamo sviluppando».
«È un piccolo incremento dal punto di vista numerico - aggiunge - ma molto
significativo, al quale hanno sicuramente contribuito le sperimentazioni sul
territorio: la raccolta porta a porta dei rifiuti differenziati in 33 esercizi
commerciali e pubblici esercizi e quella della raccolta differenziata del
“verde” (erba, ramaglie, sfalci di potature e foglie), che contiamo di
sviluppare ulteriormente in questa ultima parte dell’anno». «Un risultato
ritengo positivo quindi che, nei limiti consentiti dall’attuale contratto con la
ditta affidataria, contiamo di migliorare ancora nei prossimi mesi - precisa
Bussani - mettendo a punto le giuste misure per rendere più efficiente il
servizio ma anche attraverso l’attuazione di altre misure che contiamo di
avviare quanto prima: l’avviamento di un’adeguata campagna informativa sulle
modalità di separazione e di conferimento dei rifiuti prodotti; la
sensibilizzazione e la ricerca della collaborazione della cittadinanza;
l’attivazione di controlli sul territorio con l’obiettivo di ridurre
drasticamente di quei gravi fenomeni di degrado e di mancanza di senso civico
che certi cittadini (pochi fortunatamente) dimostrano nel conferire in modo
anomalo e sconsiderato i rifiuti». Particolarmente gravi l’abbandono di rifiuti
ingombranti sulla strada o accanto ai cassonetti anziché nell’apposito Centro di
raccolta (piazzola ecologica); l’abbandono di sacchi d’immondizie al di fuori
dei cassonetti, a volte anche in presenza di cassonetti vuoti; il conferimento
nei cassonetti di materiali di natura impropria (elettrodomestici, televisori,
sanitari, gomme d’automobile e altro che dovrebbero essere conferiti alla
piazzola ecologica); il conferimento di cartoni ingombranti nei cassonetti o
fuori da essi, anziché negli appositi centri di raccolta esistenti di via
Manzoni (Caliterna), via Roma e nella Piazzola ecologica; l’abbandono di rifiuti
ingombranti o di altro tipo al di fuori della Piazzola negli orari di chiusura
dell’impianto. Altrettanto dannosi i conferimenti anomali nei contenitori della
carta, del vetro e della plastica ove, spesso, si registra la presenza di generi
misti. O nei cassonetti della raccolta del verde dove, spesso, il materiale
viene depositato assieme ai sacchi di plastica utilizzati per il trasporto.
«Tutti problemi che, con il nostro impegno e la buona volontà di tutti, si
possono risolvere. L’obiettivo finale su cui stiamo operando – conclude
l’assessore - è di migliorare ulteriormente e strutturalmente il servizio reso
alla cittadinanza attivando, con la nuova gara di affidamento che ci apprestiamo
a pubblicare, un sistema che si rapporti adeguatamente alle necessità del
territorio e alle norme vigenti».
Gianfranco Terzoli
S. Dorligo, referendum più vicino - RIFIUTI:
INSEDIATA LA COMMISSIONE DEI GARANTI
Passo avanti nella battaglia di Gombac sul porta a porta
SAN DORLIGO La battaglia del consigliere d’opposizione Boris Gombac per il
referendum consultivo sull’abolizione della raccolta dei rifiuti porta a porta
di San Dorligo della Valle ha raggiunto nei giorni scorsi un primo significativo
risultato. La Commissione dei garanti, organo per accedere al quesito
referendario per via popolare, si è insediata ufficialmente per la prima volta
su convocazione del sindaco Fulvia Premolin.
Walter Koren, la cui elezione era stata suggerita dalla maggioranza, Luciano La
barbera, eletto per l’opposizione e la segretaria comunale Luisa Musso
prenderanno visione giovedì delle due iniziative referendarie portate avanti da
Gombac (milita in Uniti nelle tradizioni) con il compito di esprimere un parere,
anche se non vincolante. Due per ora le mozioni referendarie: la prima,
presentata già nell'agosto dello scorso anno, riguardante l'abolizione del
servizio di asporto dei rifiuti porta a porta e l’introduzione delle «isole
ecologiche», la seconda, presentata nel febbraio di quest'anno, relativa
all'installazione dei pannelli fotovoltaici sui terrazzamenti creati a Monte
d'Oro con i materiali di riporto degli scavi per la realizzazione delle due
gallerie.
La Commissione dopo essersi riunita e avere preso visione dei documenti avrà 30
giorni per esprimere un parere da fornire al sindaco, il quale a sua volta avrà
poi 15 giorni per inserire nell’ordine del giorno i due quesiti. Prevedendo la
sicura bocciatura da parte del Consiglio comunale su un ipotetico referendum,
Gombac ha già in serbo la prossima mossa: la nascita di un comitato referendario
per raccogliere le firme direttamente tra i cittadini.
(r.t.)
Rigassificatore, primo sì all’impianto in Croazia Sorgerà sull’isola di Veglia - PREVISTI 10MILA POSTI DI LAVORO
Via libera alla valutazione di impatto ambientale La
piena operatività della struttura prevista nel 2013
FIUME Rigassificatore di Castelmuschio (Omisalj), isola di Veglia: manca
solo il sì del governo croato. Lo scorso weekend si è riunita a Zagabria la
commissione del ministero dell’ Economia incaricata di individuare il sito dove
sorgerà il terminal metanifero, un affare da 800 milioni di euro a cui la
Croazia non vuole rinunciare.
I membri della commissione sono stati unanimi nel rilevare che la scelta
vegliota sia la migliore, a prescindere che anche l’altra località papabile – il
Canal d’ Arsa in Istria – presenti degli indubbi vantaggi. A Castelmuschio sono
però già presenti altre infrastrutture industriali, come il complesso
petrolchimico, il polo petroli e l’oleodotto dello Janaf, il che ha fatto pesare
l’ago della bilancia a favore dell’ isola quarnerina. Non ci sono pertanto più
dubbi e incertezze e adesso spetterà all’esecutivo di centrodestra del premier
Ivo Sanader prendere la decisione definitiva, che appare comunque scontata. Via
libera dunque a Castelmuschio, con gli abitanti di Veglia e le autorità locali
che avevano già dato il placet al progetto.
Tornando alla commissione ministeriale, questa ha proposto al governo di fare
pressione sui futuri investitori affinché agiscano in tempi brevi, formulando
subito il progetto ideale e ordinando lo studio di impatto ambientale.
L’ambizione è di avere il rigassificatore nel 2012 o al più tardi nel 2013, ma
per realizzare l’intento sarà necessario operare a ritmi molto spediti. Per
facilitare la procedura, evitando sorprese che potrebbero incidere sui tempi di
realizzo, si chiederà il parere su Castelmuschio sia alla stessa municipalità,
sia alle regioni quarnerino – montana e istriana.
Sono le contee maggiormente interessate al megaimpianto, vuoi per gli aspetti
economici, vuoi per quelli di salvaguardia ambientale, visto che il golfo del
Quarnero è destinato a venire attraversato da gigantesche navi gasiere. Sempre a
Zagabria è stato approvato il rapporto del ministero dell’Ambiente sulle
conseguenze che il rigassificatore avràsull’habitatquarnerino–istriano. Si è
pure accettato lo studio dell’azienda specializzata croata Ekonerg, in base al
quale si è deciso di puntare su Castelmuschio. Come già detto, la parola
definitiva spetta al governo e nel contesto ricordiamo che era stato il premier
Sanader, nel 2005, a dichiarare che la Croazia avrebbe costruito un terminal Lng.
Da allora sono trascorsi tre anni, un periodo troppo lungo secondo gli esperti.
Nonostante i ritardi, il progetto va avanti e non potrebbe essere diversamente
poiché il rigassificatore quarnerino contribuirà all’apertura (direttamente e
con l’indotto) di qualcosa come 10 mila posti di lavoro. Un argomento che ha
disarmato le autonomie locali e gli ambientalisti, in un primo momento contrari
alla presenza del terminal.
Si sa poi che l’ impianto movimenterà annualmente sui 15 miliardi di metri cubi
di gas, di cui il 30 per cento andrà al Paese – risolvendo buona parte dei
problemi energetici croati – mentre il restante 70 pc sarà destinato ai mercati
europei. Tutto liscio dunque? Non proprio.
Per Vjeran Pirsic, presidente degli agguerriti ambientalisti di Eko Kvarner, il
raffreddamento del mare in prossimità dell’ impianto potrebbe avere effetti
molto negativi sull’ ambiente, con ricadute disastrose su turismo e pesca.
Andrea Marsanich
L'ESPRESSO - LUNEDI', 29 settembre 2008
Traditi da Kyoto - Studiosi e ambientalisti accusano l'accordo per abbattere i gas responsabili dell'effetto serra
I meccanismi adottati contro la CO2 non sono efficaci e rischiano di
inquinare più di quanto puliscono l'atmosfera. Mentre i ghiacci si sciolgono a
ritmi record e il clima è ormai del tutto imprevedibile Iceberg nello stretto di
Gerlach. Furbetti anche a Kyoto? Gruppi di scienziati, tecnici dell'Onu e grandi
organizzazioni ambientaliste stanno pubblicando studi e dossier che, per la
prima volta, mettono in dubbio l'efficacia del più importante meccanismo di
lotta al riscaldamento globale, varato con un accordo internazionale siglato nel
1997 nella città giapponese ed entrato in vigore nel 2005.
Per limitare il riscaldamento del pianeta e i suoi effetti
catastrofici, il protocollo di Kyoto ha previsto, come rimedio principale, un
sistema di riduzione contrattata dei gas serra su scala mondiale. L'accordo ha
creato un mercato planetario del disinquinamento che è gestito da un'apposita
struttura dell'Onu: le monete di scambio sono i Certificati di riduzione delle
emissioni (in sigla Cer), che vengono comprati dagli Stati o direttamente dalle
aziende che inquinano. A venderli sono quei paesi e quelle imprese che creano
nuovi impianti energetici approvati dal Palazzo di vetro, che ne quantifica la
capacità di abbattimento dei gas serra. Il meccanismo si basa su uno scambio:
per poter continuare a produrre oltre un certo limite (un tetto di emissioni
concordato a livello nazionale), un'industria inquinante deve acquistare dai
produttori più ecologici tutti i Cer necessari a compensare questo suo impatto
ambientale 'addizionale'. Il risultato è un trasferimento planetario di risorse
che mira a innescare un circolo virtuoso. Le vendite dei certificati servono a
finanziare nuovi impianti meno inquinanti (e più costosi) soprattutto nei paesi
in via di sviluppo. Mentre l'obbligo di acquistare i Cer diventa una specie di
tassa sull'inquinamento, che dovrebbe incentivare i grandi produttori di gas
serra, cioè gli Stati più industrializzati, ad avvelenare meno per pagare meno.
Il problema è che le prime analisi indipendenti sull'effettivo funzionamento di
questo mercato portano a conclusioni allarmanti. Secondo una ricerca
dell'Università di Stanford, pubblicata nel marzo 2008, "circa due terzi dei
progetti finanziati non sono supportati da reali riduzioni dell'inquinamento".
Altri ricercatori e tecnici delle stesse Nazioni Unite hanno
poi denunciato "gravi irregolarità" nelle procedure di finanziamento, "assurde
carenze" nei controlli e perfino casi di "grossolana incompetenza" e "sospetti
di frode". La stampa inglese ha dato ampio spazio a un pesante intervento del
direttore di International Rivers, una della maggiori organizzazioni
ambientaliste, che ha pubblicato un documentato dossier con questo titolo: "La
grande truffa delle compensazioni dei gas serra: come il mercato dei certificati
sta facendo a pezzi il protocollo di Kyoto".
La posta in gioco è enorme. I Cer si vendono a milioni e
ognuno di essi certifica una riduzione di una tonnellata di biossido di
carbonio. Il 15 aprile scorso il comitato dell'Onu che ne gestisce il mercato ha
approvato il progetto internazionale numero mille. L'obiettivo è di raggiungere
entro il 2012, quando scadrà la prima fase del protocollo di Kyoto, un giro
d'affari di 36 miliardi di dollari. Secondo i dati dell'Onu, però, finora il 95
per cento dei Cer ha finanziato impianti concentrati in otto Stati con economie
in crescita: Cina, India, Brasile, Cile, Messico, Egitto, Malesia e Corea del
Sud. Mentre i Paesi dell'Africa sub-sahariana non sono ancora riusciti a farsi
riconoscere neppure un Cer.
Gli Stati Uniti, che producono più di un terzo del totale
mondiale dei gas serra, hanno ritirato, sotto la presidenza Bush, l'adesione a
Kyoto, per cui i grandi finanziatori del sistema sono l'Europa e il Giappone.
Non a caso uno dei primi dossier critici era stato commissionato dal ministero
dell'Ambiente tedesco, che già nel 2007 aveva messo in dubbio la regolarità
dell'86 per cento degli impianti presi a campione. Il problema di fondo è la
carenza di controlli sull'effettivo calo delle emissioni inquinanti. Il comitato
dell'Onu esclude il nucleare, ma si accontenta di un miglioramento solo
marginale per tutti gli altri tipi di energia, compreso il petrolio: non è
necessario che un nuovo impianto azzeri i gas serra, basta che inquini meno di
un'ipotetica alternativa tradizionale. In India il colosso privato Tata è
riuscito a farsi accreditare una maxi-centrale a carbone, sulla costa di Gujarat,
sicuramente più efficiente dei vecchi impianti, ma che diffonderà nell'aria 26
milioni di tonnellate di biossido di carbonio all'anno per il prossimo quarto di
secolo, tanto da ritrovarsi classificata come "la sedicesima struttura più
inquinante del mondo". Solo il 16 per cento dei nuovi progetti utilizza fonti di
energia rinnovabili. E gli impianti solari sono appena lo 0,5 per cento.
Il tipo di progetto che rastrella più fondi è l'abbattimento del trifluorometano,
usato nella produzione di frigoriferi dopo la messa al bando dei Cfc, i gas che
bucano lo strato di ozono che protegge la Terra. Ma anche questo è un
gas-killer: secondo uno studio finanziato dal Wwf, inquina "11.700 volte di più"
dell'anidride carbonica. Ora cresce il sospetto che alcuni Stati stiano aprendo
nuove fabbriche di trifluorometano (o evitino di smantellare le vecchie) solo
per poter vendere montagne di Cer fingendo di disinquinarle.
Critiche altrettanto severe riguardano l'effettiva novità
ecologica dei progetti autorizzati. E il nodo dei controlli. La struttura dell'Onu
non ha personale né risorse sufficienti a garantire verifiche su scala mondiale.
Di fatto i controlli vengono appaltati a poche società specializzate: aziende
private in teoria indipendenti, ma di fatto scelte e pagate dai controllati. E
riunite nella stessa associazione internazionale (Ieta) che rappresenta
inquinatori e disinquinatori. Fino al primo marzo scorso, l'Onu aveva bocciato
solo 59 impianti su mille. Le conseguenti polemiche hanno portato a rafforzare
lo staff del Palazzo di vetro, ma non di molto. Da allora i progetti respinti
sono saliti, tra le proteste dei potenti lobbysti della Ieta, al 12 per cento.
Quasi nove progetti su dieci, dunque, continuano a passare l'esame di Kyoto
senza alcuna obiezione.
Paolo Biondani
IL PICCOLO - LUNEDI', 29 settembre 2008
Park interrato di Riva III Novembre, 662 posti su 4
piani per 24 milioni - TUTTI I DETTAGLI DEL PROGETTO PRELIMINARE
Quattro piani interrati lungo le Rive per complessivi 662 posti auto a
rotazione. Non è il progetto del park Stazione Marittima promosso da Saba Italia
spa, che vanta già il parere della Via positiva, ma il park Audace da realizzare
davanti al Canale di Ponterosso. Liberando così le Rive delle automobili
lasciate a pettine in superficie.
IL COSTO. Un’opera da 24 milioni di euro inserita nel Piano urbano parcheggi che
sta muovendo i primi passi dopo la presentazione del progetto preliminare da
parte della Interparking Italia srl, controllata dall’omonimo del colosso belga,
e il decreto della Regione, che individua le autorità preposte (Comune,
Provincia, Azienda sanitaria, Soprintendenza, Wwf) a presentare i pareri per la
procedura di Valutazione di impatto ambientale.
IL PROGETTO. La struttura di Riva 3 novembre dovrebbe occupare lo spazio
interrato da palazzo Carciotti fino al molo Audace all’interno di un’area mista,
demaniale e comunale come previsto da un accordo, che per la realizzazione dei 4
piani interrati prevede uno scavo di 13 metri. Proprio a due passi dal mare in
un terreno in parte argilloso e a bassissima permeabilità. Un progetto delicata
ma non impossibile da realizzare che impone ai progettisti (Vfv consultecno spa
di Milano e Amg sas di Trieste) di tenere in debita considerazione le indagini
geologiche dello Studio geofisico e geologico di Udine.
LA STRUTTURA. Nel sottosuolo c’è il mare e quindi non si scherza. Ecco quindi
che l’edificio da realizzare lungo le Rive a forma di semicorona, con 34,40
metri di larghezza e 165,50 metri di lunghezza, dovrà necessariamente essere
garantito dalle paratie che tengano conto della spinta dell’acqua.
I PIANI. Al centro sono previste le due rampe di accesso ai piani in entrata e
uscita, con una pendenza media del 16 per cento che scende a 8 nei raccordi, a
senso unico di marcia con un marciapiede per i pedoni. Assieme al corpo scale,
dove è previsto di ricavare i locali di controllo, i servizi igienici e le
casse, mentre nei due lati laterali delle strutture il progetto individua le
scale di sicurezza. All’interno del parcheggio 4 piani con una capienza di 145
posti auto al primo, seguito da 173 al secondo e 172 sia al terzo sia al quarto.
Un posto ogni 50 è riservato invece ai disabili.
LE MAREE. La quota di sicurezza da rispettare per evitare l’allagamento del park
Audace è di 2,5 metri sopra il livello del mare, ma da abbinare alle paratoie
mobili automatiche e a un sistema di pompaggio dell’acqua. Agli accessi,
infatti, sono previste due barriere di protezione con un’altezza fino a 3,5
metri sul livello del mare. È il sistema automatico Anhamm Gmbh che si comporta
come un galleggiante sospinto dall’acqua: nel momento in cui inizia a penetrare
all’interno di una griglia, infatti, le barriere iniziano ad alzarsi. Allo
stesso tempo invece le eventuali acque piovane o di falda entrate vengono
espulse da un impianto di 4 pompe più 4.
LE RIVE. Quello dell’acqua è il problema più delicato, che si ripresenterà anche
per il park Stazione Marittima, ma con in più un cantiere di non facile
allestimento e l’impatto visivo delle strutture esterne. Nella tabella dei
lavori presentata dalla Interparking, infatti, è previsto non solo lo
spostamento dei sottoservizi.
LO SCAVO. È necessaria la deviazione del traffico veicolare lungo le Rive con un
restringimento della carreggiata in direzione Riva Mandracchio. Si tratta di un
cantiere, insomma, con il quale Trieste in caso di Via e autorizzazioni positivi
dovrà fare i conti; a causa di uno scavo che per alcuni anni renderà off limits
il tratto di Rive. E poi, una volta completata l’opera, cosa si vedrà in
superficie?
L’IMPATTO. Il progetto prevede di attutire l’impatto con un abbondante utilizzo
di vetro cristallo nei parapetti e nelle rampe. Solo i pilastri sono in pietra.
Una soluzione simile a un dolmen, con il successivo riposizionamento delle
vecchie pietre in basole davanti al molo Audace, le pietre in arenaria delle
nuove Rive, la fontanella e la lingottiera in acciaio vicino alla Capitaneria di
Porto tolte per consentire i lavori.
PIETRO COMELLI
Interparking deciso a sbarcare a Trieste -IL GRUPPO
BELGA - In Europa gestisce 240 strutture con 115mila posti auto
Il park Audace deve essere ancora realizzato. Siamo appena al progetto
preliminare, mancano ancora il Via (Valutazione di impatto ambientale) e tutte
le autorizzazioni ma nel sito Internet della Interparking Italia srl la
casellina di Trieste è già illuminata. Per carità si tratta solamente di un
puntino giallo sulla cartina d’Italia e d’Europa, che indica i parcheggi gestiti
dalla società, però rappresenta un segnale molto chiaro.
La Interparking Italia srl, presente a Venezia Tronchetto e a Roma, fa parte del
gruppo belga NV Interparking SA. Nell’arco degli ultimi 50 anni, il gruppo belga
si è sviluppato, trasformandosi in una delle maggiori realtà europee nel settore
della gestione parcheggi pubblici a rotazione, realizzati con le diverse
tecnologie oggi disponibili.
In Europa gestisce attualmente 240 parcheggi con oltre 115mila posti auto di cui
il 77 per cento sono di proprietà ed è presente in 7 paesi e 70 città. Nel 2000
i parcheggi del gruppo sono stati frequentati da oltre 45 milioni di automobili.
Leader incontrastato in Belgio ed in Germania, il gruppo ha consolidato
ultimamente la sua presenza in Austria, mentre rimane fra i più importanti
operatori in Francia e Olanda. Nel Sud Europa, NV Interparking SA è già presente
in Spagna dove ha inaugurato ultimamente il suo ventesimo parcheggio.
Nel marzo 1999, il gruppo ha deciso di insediarsi sul mercato italiano aprendo
una filiale a Roma e adesso una a Venezia. E ora l’Interparking sembra
intenzionata a sbarcare a tutti gli effetti anche a Trieste.
A quel punto in città ci sarebbero ben tre gestori di posti auto a rotazione:
Amt spa, Saba Italia spa e Interparking Italia srl, senza dimenticare la Trieste
terminal passeggeri spa che controlla il tratto demaniale sulle Rive.
Viabilità ridotta per allestire il cantiere -
INEVITABILI I DISAGI PER TRE ANNI IN CENTRO - Incombono i lavori
alla Stazione Marittima e sotto il Colle di San Giusto
Vibrazioni nel sottosuolo, verifica della stabilità degli edifici limitrofi,
polveri, rumori, emissioni in atmosfera, camion che trasportano metri cubi di
materiale da riporto... Sono i principali nemici di un cantiere come quello del
park Audace che, oltre all’invasione della carreggiata per allestire il
cantiere, inevitabilmente dovrà sottostare a delle prescrizioni. Anzi, il
problema non riguarda solo il progetto della Interparking.
A poche centinaia di metri sulle Rive, infatti, un altro parcheggio interrato
della Saba Italia dovrebbe vedere la luce davanti alla Stazione Marittima. Una
struttura interrata, sempre su quattro livelli, con 491 posti auto e un costo di
18 milioni di euro. Ma anche in questo caso per realizzarlo servirà uno scavo di
16 metri. Le stesse problematiche dei colleghi di Interparking.
In via del Teatro romano in cui dovrebbe essere costruito il park San Giusto,
che può vantare già il parere positivo del Via, non c’è il mare a pochi metri.
Ma le problematiche anche qui non mancano. Sotto il Colle di San Giusto, dopo
uno scavo di 120mila metri cubi di terra e roccia, il progetto prevede di
ricavare una struttura da 724 posti auto per un costo vicino ai 24 milioni di
euro. Un’opera unica in Italia per tipologia di intervento.
Rispetto alle altre due società, la Park San Giusto è una spa rappresentata al
75 per cento dalla Amt spa, il 5 per cento è della Sistema sosta e mobilità di
Udine mentre Acupark srl conta l’uno per cento. Sono tre società che gestiscono
la sosta a rotazione e, nel caso della Amt, il controllo è pubblico con oltre
l’87 per cento in mano al Comune di Trieste. La rimanenza delle quote pari a
circa il 18,5 per cento è invece dei costruttori (Riccesi, Celsa, Mecasol,
Fedrigo, Carena, Arm enginering di Padova). Società del settore chiamate a
realizzare il parcheggio.
E se domani tutte e tre le strutture iniziassero i lavori in contemporanea?
Potrebbe accadere, magari con una sovrapposizione di anni o di mesi. È il
risultato della corsa ai parcheggi in struttura che, davanti ai lavori nei tre
principali park, comporterebbero una chiusura forzata del centro storico. (p.c.)
IL PICCOLO - DOMENICA, 28 settembre 2008
Ferriera, gli operai: garantiteci un lavoro -
DOPO LA RISOLUZIONE DEL PARLAMENTO
Alcuni si dicono preoccupati, sempre di più, al punto di soffocare la voglia
d’investire nel domani, dal mutuo per la casa alla famiglia. Altri invece,
complice una già lunga convivenza con l’incertezza, non perdono la fiducia ma
non esitano, al tempo stesso, a urlare la loro insofferenza verso la politica
che li tiene sulla corda. Ma a tutti (o quasi) gli operai della Ferriera - dopo
la risoluzione dalla commissione Ambiente della Camera, che dà mandato al
Governo di definire in due mesi un piano di riconversione con tanto di
«eventuale chiusura» della fabbrica» - preme anzitutto una cosa: la garanzia di
«un posto di lavoro a pari stipendio», e possibilmente a Trieste, nel momento in
cui prenderà effettivamente corpo il de-prufundis dello stabilimento.
«Lavoro in Ferriera da 11 anni e da allora sono cresciuto con lo spauracchio
della chiusura», racconta il 35enne Dennis Orlando, che sta in affitto e non è
sposato perché «non mi fido a spendere i miei soldi vista la situazione. Oggi
dove li trovi da un’altra parte 1.300 euro al mese? Non vedo poi tante
possibilità occupazionali in questo territorio». «Sto cercando di prendere casa
ma con questi presupposti la vedo dura», gli fa eco Riccardo Denzi, 33 anni,
impiegato da dieci nella fabbrica servolana. «La risoluzione - aggiunge - è
irrealistica perché impone di trovare 600 posti di lavoro in due mesi. Non
vorrei trovarmi costretto, per vivere, ad andarmene a Piombino o in qualche
altra sede del gruppo». «Sono sempre stato abituato a rimboccarmi le maniche
come metalmeccanico e se necessario anche a girare - rileva un altro 33enne,
Roberto Morittu, con moglie e due figli piccoli a carico - ma da due anni sono
fisso in Ferriera, il che ha permesso ai miei bambini di avere un padre a casa.
Se la fabbrica dovesse chiudere, mi auguro facciano di tutto per trovarci un
posto alternativo, altrimenti dovrei ricominciare a viaggiare». Sposato con due
figli, «ma ormai hanno iniziato a lavorare pure loro sebbene siano ancora
precari», è anche Francesco Antonello, 55 anni, da 18 in Ferriera, con almeno
sei di lavoro davanti prima della pensione. «Tutte queste chiacchiere ci
disturbano - assicura - in quanto da 30 anni non sono mai seguite dai fatti. Non
siamo contrari alla riconversione e non siamo sposati alla fabbrica. L’unica
cosa irrinunciabile è una paga».
«Ci batteremo per la ricollocazione, a cominciare dai lavoratori-residenti a
Trieste, lo Stato deve intervenire, non vogliamo fare la fine di Alitalia»,
sbotta il 52enne Luigi Pastore, Rsu della sigla autonoma Failms-Cisal e
responsabile sicurezza per conto dei dipendenti, mentre Fabio Fuccaro,
rappresentante della Fiom-Cgil, ammette che «in fabbrica c’è gente col morale a
terra, spaesata, d’altronde viene naturale pensare a come si manterrà la propria
famiglia se il futuro non andrà in un certo modo...».
La Provincia intanto, competente in materia di politiche attive del lavoro,
attende un «la» dalla Regione, dove sta per partire uno studio sull’impatto
occupazionale derivante dalla riconversione e dalla chiusura eventuale dello
stabilimento servolano. Ma scontato in partenza, come fa notare l’assessore di
Palazzo Galatti Adele Pino, è che «per il caso Ferriera servirebbe la
costituzione di un’unità di crisi complessa, di un pool che si occupi a tempo
pieno di percorsi di formazione, work-experience e possibile ricollocazione
fortemente individualizzati. A meno che - precisa la Pino - non subentrino
contesti occupazionali capaci di assorbire tutte le persone oggi impiegate in
quella fabbrica. Buone prospettive possono venire dalle bonifiche, dalla
piattaforma logistica e dal rigassificatore: cose che comunque, anche tutte
assieme, difficilmente potrebbero garantire un assorbimento totale».
Attualmente la Ferriera ha 544 dipendenti, di cui il 91% locali. Tra gli altri,
sloveni e croati, più un paio di extracomunitari. La maggioranza è in età non
prepensionabile: la fascia prevalente degli operai è quella dai 31 ai 40 anni, e
a ruota la nuova generazione under 30 «con specifica formazione
tecnico-professionale». «La nostra - chiude Francesco Semino, responsabile delle
relazioni esterne della proprietà Lucchini-Severstal - è una realtà che
funziona, che investe in sicurezza e in abbattimento dell’impatto ambientale,
che dà reddito e lavoro. Ribadiamo la disponibilità a un confronto con le
istituzioni ma non intendiamo entrare nel merito finché qualcuno non ci
convocherà e non ci renderà partecipi della questione. D’altronde la notizia
della risoluzione del Parlamento l’abbiamo appresa dalla stampa».
PIERO RAUBER
Rigassificatore di Zaule, Slovenia pronta a denunciare
Roma alla Corte europea - RISCHIO AMBIENTALE PER IL SOTTOSEGRETARIO
STARMAN
CAPODISTRIA «Rigassificatore a Zaule: Lubiana si prepara a denunciare Roma alla
Corte europea in Lussemburgo per la violazione della Convenzione di Espoo
sull’impatto ambientale transfrontaliero, documento che impone un accordo tra
Stati quando un impianto industriale, in questo caso il terminal, rischia di
avere un impatto sull’ambiente anche oltre confine». L’annuncio è stato dato dal
sottosegretario del Ministero sloveno per l’ambiente Marko Starman.
La commissione interministeriale incaricata di seguire i progetti legati ai
terminal di rigassificazione presieduta dallo stesso Starman, ha proposto al
governo di raccogliere tutta la documentazione necessaria per rivolgersi alla
giustizia internazionale. La risposta del commissario europeo per l’ambiente
Stavros Dimas sulla questione dei rigassificatori nel golfo di Trieste - il
primo passo verso l’internazionalizzazione del problema - non ha infatti
accontentato Lubiana. Dimas, sollecitato alcuni mesi fa da parte del ministro
per l’Ambiente sloveno Janez Podobnik a esprimersi, si è limitato a precisare
che il parere positivo sul terminal di Zaule espresso in giugno dal Ministero
italiano non è definitivo, che si tratta di una questione interna italiana e che
l’Italia non ha violato alcuna norma europea. Dimas ha invitato inoltre Italia e
Slovenia a trovare un accordo da sole. Come spiegato dal sottosegretario Starman
al termine della riunione della commissione interministeriale, il procedimento
di fronte alla Corte europea si svolge in due fasi. Nella prima, Lubiana deve
informare ufficialmente Bruxelles di quelle che considera violazioni italiane
del diritto europeo. La Commissione ha poi tre mesi di tempo per rispondere e se
Lubiana non è soddisfatta, può sottoporre il caso alla Corte in Lussemburgo. La
breve comunicazione del commissario Dimas, ha precisato comunque Starman, il
governo sloveno non la considera quale posizione ufficiale di Bruxelles.
Starman, come riporta il quotidiano capodistriano Primorske Novice, si è
lamentato anche per le incomprensioni che stanno emergendo tra Lubiana e Roma
sul ruolo della commissione tecnica mista incaricata di valutare gli effetti del
rigassificatore sull’ambiente e la cui costituzione è stata decisa lo scorso 8
settembre a Roma, nel corso del Coordinamento intergovernativo tra i due Paesi,
guidato dai ministri degli esteri Frattini e Rupel. «Ci sembra - ha dichiarato
Starman - che Roma voglia affidare le decisioni a questo gruppo, mentre noi
pensiamo che i tecnici debbano soltanto preparare e presentare gli argomenti,
perche poi si decida a livello ministeriale». A Capodistria intanto si è
conclusa nei giorni scorsi la presentazione pubblica dei progetti di costruzione
dei terminal nel golfo di Trieste, quello off-shore e quello a Zaule. Tutti
contrari i pareri espressi dalla popolazione.
IL PICCOLO - SABATO, 27 settembre 2008
Ferriera, via allo studio per ricollocare gli operai
- La Regione affida all’Agenzia del lavoro un’indagine sulle
conseguenze occupazionali della riconversione
ANNUNCIO DELL’ASSESSORE ROSOLEN DOPO LA RISOLUZIONE DELLA CAMERA
Uno studio sull’impatto occupazionale che potrebbe derivare da un’eventuale
riconversione o chiusura della Ferriera. Un modo per fare chiarezza sul destino
dei lavoratori. A due giorni dalla risoluzione con cui la commissione Ambiente
ha impegnato governo e amministrazione regionale a stilare un programma per la
riconversione dello stabilimento di Servola entro 60 giorni (cui far seguire
l’eventuale chiusura), arriva il primo passo ufficiale della Regione.
L’assessore al Lavoro, università e ricerca, Alessia Rosolen, annuncia infatti
l’imminente avvio di una sorta di indagine approfondita sul possibile scenario
futuro.
Sostanzialmente, con questo strumento, si punterà ad ottenere un quadro utile a
progettare interventi adeguati per la gestione di eventuali esuberi o crisi
occupazionali. Insomma, prima di tutto, si troveranno alternative a tutela di
tutte quelle famiglie il cui futuro è legato al destino dei 544 dipendenti della
fabbrica.
TEMPI «Darò mandato all’Agenzia del lavoro e della formazione professionale di
realizzare questo studio in una delle prossime riunioni di giunta. Anzi, credo
già a quella di martedì», conferma la Rosolen. Il presidente della Regione,
Renzo Tondo, e i suoi assessori si sarebbero dovuti incontrare giovedì prossimo
in realtà, ma l’appuntamento è stato anticipato di due giorni: 48 ore in meno
che hanno messo in qualche modo a rischio la tempestiva presentazione di tutti i
documenti ufficiali da parte della stessa Rosolen. Carte che devono essere
preparate ad hoc e per stilare le quali, comunque, ci vuole un po’ di tempo.
CHIUSURA Lo studio, quindi, sarà chiamato ad approfondire la questione.
L’assessore smentisce che questa azione possa in qualche modo rallentare o porsi
in antitesi con le indicazioni e le tempistiche richieste dalla risoluzione
bipartisan approvata dalla commissione a Roma: «So che un giorno la chiusura
della Ferriera arriverà - dice la Rosolen -, questo non è in dubbio. Ma è
necessario conoscere la situazione per trovare una strategia che rispetti le
persone, le professionalità, i livelli salariali e l’economia del territorio. Un
lavoro che, prima del mio arrivo in questo assessorato, non è mai stato fatto.
Già a pochi giorni dalla nomina, avevo incontrato le parti interessate,
dall’Autorità portuale alla proprietà dello stabilimento e anche l’AcegasAps.
Nelle prossime settimana vedremo invece le Rsu dell’azienda».
RICERCA Le finalità dello studio che i tecnici dell’Agenzia del lavoro saranno
chiamati a predisporre in tempi piuttosto brevi saranno quelle di fornire idee e
indicazioni per individuare eventuali ammortizzatori sociali da impiegare. Ma i
prospetti dovranno contenere soluzioni sulle risorse da utilizzare e su
programmi di riqualificazione professionale: una strada per favorire il
reimpiego immediato dei lavoratori. Il riassorbimento occupazionale sarà una
conseguenza: quanto ai numeri partirà, in prima battuta, dal calcolo della
manodopera necessaria per i lavori di bonifica e riuso del sito dove oggi sorge
la Ferriera.
ESTERNI Nell’ambito delle valutazioni, andrà analizz