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dicembre 2007
     
 
 
 
 
 
IL PICCOLO - 
LUNEDI', 31 dicembre 2007 
 
  
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    Un 2007 di cattive maniere 
    sulle nostre strade   | 
  
  
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    C'è ancora qualche ora di tempo 
    per realizzare entro l'anno i buoni propositi che ci eravamo prefissi giusto 
    un anno fa e che non siamo riusciti a portare a termine.  
    Per esempio, di essere buoni e bravi alla guida dei nostri veicoli. Non 
    siamo stati molto bravi perché sembra che gli incidenti siano diminuiti di 
    pochissimo (dico sembra perché le statistiche non sono ancora pronte), in 
    uno scenario globale che ci impegna a dimezzare gli incidenti entro il 2010 
    (dal 2000). 
    Non siamo stati buoni perché le scorrettezze in strada sono ancora 
    all'ordine del giorno.  
    Non me ne abbiano i motociclisti ed i ciclomotoristi, ed i loro 
    rappresentanti, ma questa volta dedico a loro un particolare pensiero 
    affinché migliorino la guida. Forse non dal lato tecnico, ma da quello 
    comportamentale. Sono sotto gli occhi di tutti il zigzagare ai semafori per 
    raggiungere la pool position, incuranti di specchietti e carrozzerie delle 
    autovetture ferme o quasi. Per non parlare di quello che mi sembra un 
    fenomeno dilagante (spero di avere una sensazione sbagliata) e cioè il 
    sorpasso a destra. È un malvezzo estremamente pericoloso soprattutto per 
    loro che non hanno protezione o quasi. Mi meraviglia la diffusione del 
    fenomeno, proprio perché, in caso di incidente, chi ci rimette fisicamente è 
    proprio l'utente a due ruote.  
    Rivolgendomi agli automobilisti, non è ancora superata l'abitudine di 
    oltrepassare gli incroci, soprattutto quelli semaforizzati, incuranti, in 
    caso di traffico e quindi di file, di impegnare il centro strada senza poter 
    proseguire, bloccando, di conseguenza, la colonna dei veicoli provenienti 
    dalla strada incrociante. Evidenziamo che non farlo non è solo una 
    gentilezza, ma è un preciso obbligo previsto dal Nuovo Codice della Strada. 
    Ricordiamoci che se siamo in una strada trafficata e procediamo lentamente, 
    non ci costa nulla fermarci un attimo per far convergere un veicolo che 
    marcia nella direzione opposta alla nostra e che vuol girare alla sua 
    sinistra. Se gli lasciamo cortesemente un varco, a noi non ci costa nulla, e 
    facciamo un favore a lui ed a quelli che lo seguono che altrimenti, spesso, 
    sarebbero bloccati.  
    E se siamo noi ad usufruire della gentilezza di un altro, ricordiamoci di 
    ringraziare con un cenno di mano o con un lampeggio di fari. Sono gesti di 
    «solidarietà» umana che fanno sicuramente piacere: a chi li fa e a chi li 
    riceve. 
    Non posso concludere senza un pensiero ai pedoni cui deve essere data la 
    precedenza sempre, ma che, a loro volta non devono fermarsi a chiacchierare 
    a bordo delle strisce pedonali, senza alcuna intenzione, per il momento, di 
    attraversare la strada. 
    Buon anno a tutti e che i nuovi buoni proponimenti siano messi in atto dalle 
    ore 0 del 1° gennaio 2008.  | 
  
 Giorgio Cappel
 
 
IL PICCOLO - 
DOMENICA,  30 dicembre 2007 
 
 
  
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    Sulla Ferriera si riapre lo 
    scontro politico La Cgil: una lotta comune, non dividiamoci  | 
  
  
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    KOCIJANCIC: 
    La concessione dell’Aia rischia di essere l’ennesimo favore a una proprietà 
    che si sta comportando come la ThyssenKrupp  | 
  
  
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    Dopo l’ok 
    ambientale della Regione si delineano gli schieramenti. Belci: il voto 
    regionale condiziona già tutto  
    
    Il caso Ferriera, dopo il 
    rilascio dell’ok ambientale della giunta regionale rischia di diventare un 
    tutti contro tutti. La guerra Comune-Regione al Tar è solo la madre di tutti 
    i confronti. Il sindaco Dipiazza precisa subito che a ipotizzare anche una 
    denuncia per abuso di potere è l’assessore Bucci, non lui. Si passa poi per 
    il presidente dei Cittadini per Trieste, Uberto Drossi Fortuna, che lascia 
    intendere al governatore Illy che l’Aia sarebbe stata più stringente se 
    avesse imposto all’azienda il versamento di una cauzione preventiva. E si 
    arriva a Rifondazione comunista, che sconfessa (come il verde Metz) la 
    giunta regionale e ribadisce di non dare per scontato un matrimonio-bis con 
    il centrosinistra in vista delle regionali di maggio. 
    È proprio l’imminente campagna elettorale a fare da sfondo al caso. Lo fa 
    notare il segretario Cgil Franco Belci: «Non vorrei che la comunanza 
    d’intenti che si era costituita tra istituzioni e sindacati vacilli più ci 
    si avvicina al voto, allontanando il dibattito da questioni di merito». «Il 
    ricorso al Tar - aggiunge Belci - non risolve il problema. L’Aia era un atto 
    dovuto per cui la giunta regionale si è presa le sue responsabilità e che 
    impedisce all’azienda di agire in campo libero». 
    «Se non si fosse data l’Aia - gli fa eco Drossi - l’azienda avrebbe potuto 
    fare lei ricorso continuando chissà quanto in ”zona franca”. Avrei 
    preferito, questo sì, che in Consiglio regionale fosse approvato il mio 
    ordine del giorno che obbligava la giunta a imporre il versamento di una 
    cauzione a svincolo parziale, via via che l’azienda ottemperava agli 
    interventi. Al Comune dico che non si può delegare alla Regione 
    responsabilità di cui è deputato il sindaco. Se Dipiazza fosse stato 
    convinto avrebbe già chiuso la Ferriera». «Questa è demagogia», replica 
    Bucci. «Si è persa l’occasione - prosegue - per l’ok a un’Aia condizionata 
    allo stop dell’inquinamento. Lo stabilimento veniva così messo subito al 
    minimo regime fisiologico e parte dei dipendenti andava in cassa 
    integrazione, con lo stipendio, in attesa di rientrare allorché l’azienda 
    avrebbe ottemperato alle prescrizioni. Se ne ricorderà chi voterà per 
    confermare o meno qualcuno in Regione». Il rilascio dell’Aia - per il 
    capogruppo in Consiglio regionale di Rc Igor Kocijancic e il responsabile 
    lavoro Paolo Hlacia - è «un atto profondamente sbagliato» che «rischia di 
    essere l’ennesimo favore a una proprietà che, come la ThyssenKrupp, intende 
    arrivare alla chiusura degli impianti con il massimo di profitto pagando il 
    minor prezzo possibile». «Quanto alla permanenza in giunta e in maggioranza 
    - concludono - è una decisione che assumerà il partito sulla base di una 
    valutazione dell’esperienza di questi 5 anni e della piattaforma 
    programmatica cui tenteremo di contribuire, senza dare nulla per scontato». 
    «Nessuna istituzione - così il sottosegretario agli Interni Ettore Rosato - 
    dice che la Ferriera è meglio che stia lì». Ma il percorso «deve avvenire 
    senza slogan. La Ferriera può essere proprio il primo tema da mettere sul 
    tavolo tra le istituzioni che ho proposto a Dipiazza di creare». 
    
    Piero Rauber  | 
  
 
 
  
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     FERRIERA - I servolani: 
    lavoratori da tutelare - C’è chi dice: «È l’azienda che deve limitare 
    l’inquinamento»   | 
  
  
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    «Se è possibile far funzionare 
    in sicurezza una centrale nucleare, non vedo come non sia possa mettere a 
    norma una struttura come quella della Ferriera. Il progresso e il futuro di 
    questa città, devono puntare a salvaguardare sia i posti di lavoro che la 
    salute delle persone». Antonio Vigini abita in via Puschi. Servola la 
    vive, la frequenta. La decisione presa venerdì dalla giunta regionale non lo 
    sorprende, anzi, lo trova concorde. «E' inutile vivere bene e non avere 
    lavoro - spiega - quei posti vanno salvaguardati e non eliminati, altrimenti 
    ci diamo la zappa sui piedi. E' la proprietà - sottolinea - che deve 
    risolvere il problema adeguando il suo impianto». Nella zona sulla quale si 
    sprigionano i fumi e le polveri della Ferriera vive anche Daniela Nordio: 
    «Ho acquistato casa in via Tribel nel 1978 pagandola 18 milioni. 
    Un'abitazione della stessa metratura - ammette - all'inizio di via Valmaura, 
    nella parte più distante dall'impianto di Servola, costava 25 milioni. Si 
    sapeva - precisa - che le case in questa zona costavano di meno perché c'era 
    il problema della Ferriera: c'erano i pro e i contro. Chi non voleva subire 
    questa situazione - sostiene - poteva acquistare da un'altra parte: mi 
    sembra assurdo lamentarsi oggi». La signora Nordio sulla sua terrazza trova 
    ogni giorno polvere nera, luccicante, ma sembra subirla in silenzio. «E' 
    giusto trovare un accordo se in ballo ci sono posti di lavoro, in fondo - 
    continua - questo inquinamento c'è sempre stato, non ci sono stati 
    incredibili cambiamenti negli anni. Forse - conclude - è la sensibilità 
    ambientalista che è mutata». Carlo Gerunti è diventato un «servolano» 
    da soli sette mesi. Prima abitava a Livorno ed è arrivato a Trieste per 
    esigenze lavorative. «Quello che posso assicurare - afferma - è che gli 
    odori nauseabondi e la polvere nera che si deposita ovunque è incredibile. 
    Se devo essere sincero - ammette - appena avrò sicurezze lavorative, 
    cercherò di andare a vivere in un'altra parte della città». In via Valmaura, 
    in affitto in una casa dell'Ater da 25 anni, vive Lucina Nottolini. 
    Sessantasettenne con un figlio che ogni mattina, per 1.100 euro al mese, si 
    sposta fino a Campoformido. «Con la crisi di lavoro che c'è - dice la donna 
    - non è possibile pensare di chiudere la Ferriera. Da anni ribadiamo che la 
    proprietà dovrebbe dotarsi dei filtri adatti a permettere dignità a chi ci 
    lavora e a chi ci vive intorno. Tutti quelli che passano con la macchina da 
    queste parti si turano il naso per la puzza disgustosa». E proprio 
    all'interno della Ferriera di Servola ha lavorato per 18 anni Graziano 
    Sorci. Ora è in pensione. «Quando ci ritroviamo tra ex colleghi - 
    racconta - specialmente quelli che vivono a Servola, ribadiamo sempre il 
    fatto che, allora, tutto questo inquinamento non c'era, non si tenevano i 
    ritmi lavorativi di oggi». 
    l.t.  | 
  
 
 
  
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    I pendolari promuovono la 
    linea Trieste-Udine - Resta invece critica la situazione sulla 
    Udine-Pordenone: «Ritardi continui e carrozze troppo affollate» 
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    TRIESTE Il sistema regionale dei 
    trasporti ferroviari, nel 2007, ha offerto prestazioni assai altalenanti. Ha 
    avuto ottimi risultati, e poche defaillance, la linea Trieste-Udine. Mentre 
    la Udine-Pordenone si è confermata la più problematica del Friuli Venezia 
    Giulia. A metterlo in evidenza, sulla base delle relazioni effettuate 
    durante l’intero anno, il Comitato pendolari. 
    Tali relazioni prendono in considerazione i ritardi, il sistema di 
    comunicazione a bordo, il funzionamento dell’impianto di riscaldamento e 
    raffreddamento, la correttezza e la tempestività degli annunci dati in 
    stazione e delle informazioni date dal personale viaggiante in caso di 
    disservizio, la cortesia e il servizio del personale viaggiante a bordo 
    treno, e le condizioni igieniche generali. La linea Trieste-Udine, dunque, 
    si conferma una delle migliori, totalizzando voti vicini all’eccellenza in 
    voci come la correttezza e la tempestività degli annunci dati in stazione 
    relativi al treno preso. Unico neo: qualche mancanza nelle informazioni 
    fornite a bordo del treno. Anche i ritardi all’arrivo sono poca cosa, e 
    comunque inferiori ai 10 minuti, se si escludono poche eccezioni: 12 minuti 
    il 15 gennaio, 38 il 16 maggio, 23 il 31 maggio e addirittura 117 il 28 
    maggio). «La linea Udine-Trieste – spiega il portavoce del Comitato, Marco 
    Chiandoni – è molto buona. Ci sono comunque questioni che andrebbero 
    risolte, in particolare l’anticipo della partenza degli Eurostar da Udine e 
    da Trieste, che crea problemi a chi non ha l’automobile, in quanto in quell’orario 
    non ci sarebbero coincidenze con i mezzi pubblici su gomma». 
    Resta invece critica la situazione sulla linea Udine-Pordenone dove i 
    ritardi sono all’ordine del giorno. E, da tre anni in qua, non accennano a 
    diminuire. Ma non basta: i pendolari segnalano una preoccupante riduzione 
    del numero delle carrozze aperte, con conseguenti affollamenti a bordo-treno 
    e ritardi in partenza perché talvolta la gente non riesce a salire (in 
    particolare nella tratta di ritorno); le comunicazioni a bordo quasi 
    inesistenti in caso di disservizi; i controlli dei biglietti rari e casuali. 
    I ritardi, però, restano il problema prioritario: in ottobre, ad esempio, i 
    treni sulla Udine-Pordenone hanno accumulato in media 3,6 minuti di ritardo 
    all’andata e 4,7 nel ritorno, con 4 ritardi superiori ai 10 minuti su 46 
    viaggi. A novembre la media dei ritardi è stata di 7,6 minuti all’andata e 
    6,4 minuti al ritorno, con 7 ritardi sopra i 10 minuti su 37 viaggi. A 
    dicembre, ancora, la media è stata di 10,1 minuti all’andata e di 7,1 minuti 
    nel ritorno. 
    Elena Orsi   | 
  
 
 
  
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    Patenti nautiche nell’Ue: 
    Bruxelles vara regole uniche  | 
  
  
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    Regole uniche per le rotte 
    navali dei cargo, per le politiche legate alla protezione del mare, per la 
    gestione dei siti turisti e, anche, per le patenti nautiche. Questo l'obiettio 
    della Commissione europea, che da oltre un anno sta lavorando a un progetto 
    di omologazione a livello europeo delle norme che riguardano il mare e la 
    navigazione, in particolare per quanto riguarda sicurezza, tecnologia e 
    rotte. Le normative europee, infatti, variano non poco: dall'obbligo di 
    patente per tutti i tipi di natante in alcuni stati, dal liberismo in altri, 
    dove la patente non è obbligatoria se non per grandi stazze, fino alla 
    differenza di età alla quale può essere erogata una patente, ai mezzi (come 
    moto d'acqua) che possono essere guidati con o senza licenza. Un caos 
    normativo che si ripercuote anche in settori più ampi e strategici, come lo 
    sfruttamento dell'ambiente marino a fini di pesca e a fini di turismo, la 
    protezione delle coste, l'inquinamento. Per trovare punti in comune, e 
    avviare una normativa uguale per tutti gli stati europei bagnati dal mare 
    (si pensi anche ai nuovi entrati, come la Romania e la Slovenia, ma anche la 
    Francia, che ha numerose norme autonome) la Commissione europea ha varato lo 
    scorso ottobre un documento, una sorta di piano di azione per arrivare in 
    pochi anni a comuni normative che disciplinano i mari. 
    L'unificazione delle politiche marittime, o meglio le integrazioni tra esse 
    ha l'obiettivo di trovare punti comuni tra gli interessi dei diversi Stati, 
    è per questo motivo la proposta è partita dal basso, ovvero da una 
    commissione tecnica composta da dici esperti che ha licenziato il documento 
    proposto alla Commissione europea lo scorso ottobre. Ora spetta alla 
    Commissione europea convincere gli stati a integrare le proprie norme: i 
    punti salienti, per quanto concerne gli aspetti più "diportistici" della 
    questione, sono legati alle procedure di navigazione in sicurezza, alle 
    emissioni dei motori, all'ingresso nelle zone protette e alla pesca. Su 
    quest'ultimo aspetto il Presidente della Commissione europea Jose Manuel 
    Barroso risulta essere particolarmente determinato, e ha sottolineato 
    l'importanza di eliminare la pesca illegale e di frodo di in tutte le 
    dimensioni (quindi anche quella "turistica" che alcuni diportisti praticano 
    tra grotte e anfratti d'estate per procurarsi la grigliatina in barca), 
    oltre a mettere al bando la pesca allo strascico. 
    Ancora, la questione della gestione dei dati e delle informazioni relative 
    ai mari. Chi parte per una crociera impegnativa , o una vera e propria 
    avventura, ha bisogno di informazioni certe, integrate e facilmente 
    raggiungibili: tra le politiche proposte vi è anche l'ipotesi di creare un 
    osservatorio unico, in grado di mettere a disposizione di tutti i naviganti 
    - grandi e piccoli, a vela, a remi e a motore -, informazioni aggiornate e 
    facilmente raggiungibili su condizioni e stato di mari e oceani, nonché 
    rotte di navigazione. 
    Francesca Capodanno  | 
  
 
 
IL PICCOLO - 
SABATO, 29 dicembre 2007 
 
 
  
    
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      Ferriera, la Regione dà l’ok: 
      il Comune attacca - 
      Il sindaco annuncia un ricorso al Tar e ipotizza una 
      denuncia per abuso d’ufficio  | 
    
    
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      L’autorizzazione d’impatto ambientale resta vincolata a una serie di 
      interventi che la proprietà dovrà effettuare entro un anno 
       
      
      L’Autorizzazione integrata 
      ambientale della Regione sulla Ferriera era attesa da settimane. Tanto che 
      figurava già all’ordine del giorno di due precedenti sedute della giunta 
      regionale. Ma quando è arrivata - cioé ieri, nell’ultima riunione 
      dell’anno per l’esecutivo di Riccardo Illy - ha scatenato a livello 
      politico un effetto domino incontrollabile. Comune e Regione in guerra 
      davanti al Tar. E il verde Alessandro Metz autore di una nota stampa che 
      prelude a un distacco polemico dal centrosinistra. 
      L’amministrazione regionale dunque, dopo due rinvii del documento alla 
      propria avvocatura, nell’ottica di renderlo inattaccabile dal punto di 
      vista giuridico, ha rilasciato l’Aia alla Lucchini, vincolando l’azienda a 
      una serie di interventi di sostenibilità ambientale nell’atmosfera e al 
      suolo - dai filtri sugli impianti di aspirazione delle polveri a una vasca 
      per il raffreddamento degli inquinanti - da rispettare entro 12 mesi. Il 
      vicepresidente della Regione e assessore all’ambiente Gianfranco Moretton 
      ne ha dato notizia al termine della seduta di giunta, in cui la delibera è 
      passata all’unanimità. Erano assenti l’assessore alla cultura di 
      Rifondazione Roberto Antonaz e quello al personale dei Cittadini Gianni 
      Pecol Cominotto. «L’Aia - ha spiegato Moretton - consente d’intervenire 
      anche in termini coercitivi, arrivando alla chiusura qualora l’azienda non 
      rispettasse le prescrizioni. Si tengono conto delle prescrizioni imposte 
      dalla magistratura per il dissequestro degli impianti, delle osservazioni 
      di Legambiente e Wwf e anche quelle del Comune, che pur non avendo 
      partecipato alla conferenza dei servizi le ha lasciate in forma 
      epistolare». 
      Moretton ha partecipato poco dopo all’inaugurazione di strada del Friuli. 
      Con lui Illy e Dipiazza. È stato l’ultimo atto di distensione prima del 
      muro contro muro. «Questo provvedimento - ha poi dichiarato il sindaco - 
      puzza come le emissioni della Ferriera». «È molto brutto che l’Aia venga 
      rilasciata alla vigilia di Capodanno. Voglio proprio vedere quale 
      escamotage sia stato usato per scavalcare la legge che spiega a chiare 
      lettere come, se vi è inquinamento accertatato, non è possibile rilasciare 
      l’Aia», ha aggiunto Dipiazza preannunciando che «il Comune impugnerà 
      l’Aia». Infatti nel pomeriggio l’assessore all’ambiente Maurizio Bucci ha 
      confermato che «non appena il documento perverrà al Comune, verrà vagliato 
      dall’avvocatura». «Faremo ricorso al Tar - ha precisato Bucci - con una 
      richiesta di sospensiva affinché l’esame di merito non ci porti a perdere 
      troppo tempo». La guerra Comune-Regione davanti al Tar, tecnicamente, 
      potrebbe concretizzarsi già il 9 gennaio, data della prima udienza del 
      2008. «Inoltre - ha aggiunto Bucci - vedremo se vi sono gli estremi di una 
      denuncia alla magistratura ordinaria per abuso d’ufficio e abuso di 
      potere. Avevamo già espresso il nostro parere negativo. E poi avevamo 
      anche diffidato la Regione a concedere l’Aia in tali condizioni. Se 
      avessero recepito le nostre osservazioni non avrebbero avvallato alcuna 
      autorizzazione. Stanno consegnando una cambiale in bianco nelle mani della 
      Lucchini». 
      «Il Comune - la replica di Moretton - è libero di promuovere i ricorsi che 
      ritiene opportuni. L’Aia però consente di migliorare e non peggiorare la 
      situazione. Se il Comune non intende migliorare la situazione, il sindaco 
      può con le sue prerogative di legge emettere un’ordinanza di chiusura 
      dello stabilimento». «Mi auguro - gli ha fatto eco l’assessore regionale 
      al lavoro Roberto Cosolini - che il ricorso lo perdano, altrimenti 
      verrebbero meno le prescrizioni vincolanti dell’Aia per l’azienda e la 
      tutela dell’ambiente e della salute sarebbe minore». 
      
      Piero Rauber  | 
    
  
  
   
  
   
  
    
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      FERRIERA - I servolani: 
      «Altro che cittadini, siamo sudditi»  | 
    
    
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      Dura la 
      presa di posizione del consigliere regionale Metz (Verdi): «Sarebbe 
      interessante sapere quanto ne hanno parlato Moretton e Beltrame» 
       
      
      «Che tristezza. Altro che 
      cittadini, siamo sudditi». Pietro Lepre e la moglie Licia Fonda vivono in 
      via Valmaura. Con i fumi della Ferriera ci convivono. «Siamo schifati - 
      affermano - e siamo stufi di promesse mai mantenute. È facile per i 
      politici che vivono tra il verde e in zone lontane prendere decisioni 
      così. In Ferriera hanno promesso più volte di mettere in regola l’impianto 
      ma non è mai stato fatto niente».  | 
    
    
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      La signora Fonda è sorpresa 
      dalla decisione della Regione. «Quella di quest’anno è stata l’estate 
      peggiore - precisa - altro che provvedimenti anti-inquinamento. Ci 
      prendono in giro. Cosa dice il sindaco che è di fatto il responsabile 
      della nostra salute?». È di Servola anche Gabriella Civita: «Sono 
      esterrefatta, ma come si permettono di prendere una decisione con così 
      tanta leggerezza, quando in ballo c'è la nostra salute? Perché non ci 
      vogliono fare le analisi? La verità è che hanno paura. Quella polvere buca 
      la vernice delle auto, figuriamoci cosa fa ai polmoni. Chi pagherà i danni 
      alla salute causati dalla Ferriera?». 
      Dal mondo politico, intanto, il consigliere regionale dei Verdi Metz 
      affida a un comunicato il suo «strappo». «Sarebbe interessante - scrive - 
      sapere quanto ne hanno parlato. Non ci sembra un tema in cui Moretton si 
      sia mai poi tanto impegnato. Immaginiamo che l’assessore alla salute 
      Beltrame non abbia aperto un fuoco di sbarramento di domande su controlli 
      e analisi epidemiologiche. Probabilmente il nuovo segretario regionale del 
      Pd (Zvech, ndr) gli avrà spiegato che tanto a Servola non lo votano lo 
      stesso». «Ero fuori Trieste per motivi personali - fa sapere Antonaz - ma 
      se l’ultima versione della delibera fosse stata simile alla precedente 
      avrei votato no». «Fossi stato presente - replica Pecol - io l’avrei 
      votata. L’Aia non è un’autorizzazione a inquinare, è il contrario». 
      «Concedere l’Aia - spiega Sergio Lupieri del Pd - significa tutelare la 
      salute di cittadini e lavoratori, perché impone al gestore di rispettare 
      la legge». 
      Circolo Miani, Servola Respira, La tua Muggia e Coordinamento dei comitati 
      di quartiere bollano infine l’Aia come «un atto di puro banditismo 
      politico, che conferma lo spirito reazionario della maggioranza 
      regionale». E chiedono «ai due unici consiglieri che hanno ritenuto di 
      condividere la protesta», il capogruppo di Rc Kocijancic e Metz, di 
      ritirare sia Antonaz dalla giunta che il loro appoggio alla maggioranza. 
      pi.ra. - l.t.  | 
    
  
  
   
  
   
  
    
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      Sito inquinato, sì 
      all’accordo di programma - Ok dall’esecutivo di Illy 
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      La giunta regionale ha dato 
      ieri il via libera all’accordo di programma sul Sito inquinato di 
      interesse nazionale, che andrà ora approvato anche da Provincia, Comuni di 
      Trieste e di Muggia, Autorità portuale e Ezit. L’assessore Gianfranco 
      Moretton auspica la firma definitiva «tra tutti gli enti entro fine 
      gennaio». Mauro Azzarita, presidente dell’Ezit, saluta l’ok come «il modo 
      migliore in cui potesse chiudersi questo 2007». 
      È previsto un investimento di 200 milioni di euro: 120 verranno coperti 
      dallo Stato, 80 saranno a carico delle aziende responsabili 
      dell’inquinamento, ma «in termini volontari», dice Moretton. «Con i 200 
      milioni - precisa Azzarita - potremo effettuare la caratterizzazione del 
      sito inquinato, realizzare le analisi del rischio e bonificare il terreno 
      sul posto: entro il 2010 gran parte del lavoro potrà essere concluso». La 
      caratterizzazione riguarderà anche le aree portuali del sito. Come già 
      fatto rilevare dalla Confartigianato, l’accordo non dichiara 
      esplicitamente che «chi non ha inquinato non paga», come pure rileva - 
      ricorda il presidente Dario Bruni - una direttiva europea. Vengono però 
      considerate aree pubbliche e inquinate dal pubblico tutte quelle che le 
      imprese hanno acquistato dall’Ezit, purché l’attuale proprietario non 
      inquini. Così, dice Azzarita, «stimiamo che solo il 10% delle aziende 
      insediate nel sito», in tutto circa 300, si troverà una cifra a carico: 
      «Ma anche per queste cercheremo una strada». Inoltre c’è un certo numero 
      di aziende responsabili di inquinamento presente o passato, che se 
      vorranno partecipare al sistema di contenimento delle acque di falda - e 
      sarà il ministero a redigere un progetto - potranno farlo con il 50% delle 
      spese totali. 
      Mentre la Provincia saluta l’accordo come un’«accelerazione» verso la 
      bonifica, dice la presidente Maria Teresa Bassa Poropat, più prudente è 
      l’assessore comunale Maurizio Bucci: «La giunta dirà sì al documento, non 
      si sono alternative. In vista del voto in aula cercheremo poi di 
      trasmettere ai capigruppo quanto recepito durante le tante riunioni fatte: 
      resta da vedere» quale sarà la sorte delle imprese che restano fuori 
      dall’intervento pubblico. Anche Confartigianato mantiene le perplessità: 
      «Non sappiamo quali siano le imprese che rientrano nel 10% escluso dalla 
      mano pubblica», dice Bruni auspicando stime più precise. 
      p.b.  | 
    
  
  
   
  
   
  
    
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      Rifiuti, allarme diossina 
      in Campania  | 
    
    
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      NAPOLI L'emergenza rifiuti fa 
      scattare l'allarme diossina per la notte di San Silvestro. «È urgente - 
      sostiene Maria Triassi, docente di igiene dell'Università Federico II - 
      rimuovere la spazzatura prima di Capodanno per scongiurare seri pericoli 
      per la salute dei napoletani. Con l'esplosione dei fuochi d'artificio 
      aumenta il rischio d'incendio dei rifiuti». Da qui deriva l'allarme: 
      «Soprattutto la plastica contenuta nei rifiuti, se incendiata - spiega 
      Triassi - sprigiona notevoli quantità di diossina e altri fumi che hanno 
      effetti mutageni e cancerogeni a lungo termine sulla salute». Inoltre 
      «nell'immediato queste sostanze possono provocare un'impennata di casi di 
      intossicazione e forti irritazioni all'apparato respiratorio. È 
      preoccupante - aggiunge Triassi - anche l'accumulo della spazzatura vicino 
      ai terreni agricoli e alle aree di pascolo. Anche la decomposizione dei 
      sacchetti di plastica genera diossina e se questa sostanza altamente 
      tossica finisce nei terreni può inquinare tutta la catena alimentare». Si 
      è intanto conclusa la manifestazione di protesta di 2000 cittadini di 
      Carinola e dei comuni limitrofi che hanno impedito, anche con trattori e 
      auto, l'entrata nell'area «Carabottoli», di alcuni mezzi dell'esercito e 
      di ditte private, incaricate di effettuare lavori per preparare il terreno 
      ad accogliere ecoballe.  | 
    
  
   
 
 
 
IL PICCOLO - 
VENERDI', 28 dicembre 2007 
 
 
  
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    Commissariata la Provincia 
    per lo smaltimento dei rifiuti La Regione: manca un piano - Serve un 
    regolamento sugli imballaggi   | 
  
  
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    La Regione mette sotto tutela la 
    Provincia in materia ambientale. Davanti alla mancata approvazione del piano 
    per lo smaltimento dei rifiuti (imballaggi e policlorobifenili), infatti, la 
    giunta Illy ha nominato un commissario ad acta. L’amministrazione 
    provinciale di Trieste è in buona compagnia, perché il commissario, 
    l’ingegner Giovanni Cozzarini, all’inizio del mese ha sostituito sul piano 
    operativo e politico anche le province di Udine e Gorizia. Solo Pordenone ha 
    rispettato i tempi e approvato sia il Piano degli imballaggi sia quello 
    delle Pcb (il liquido contenuto nei trasformatori e condensatori). 
    La nomina di Cozzarini risale allo scorso 28 novembre, ma nei corridoi di 
    palazzo Galatti è emersa solo ieri dopo un’interrogazione presentata da 
    Marco Vascotto, capogruppo di An in Consiglio provinciale, alla presidente 
    Maria Teresa Bassa Poropat. «Sì è vero, ma per noi è una fortuna. Il 
    commissario ci consentirà di compiere alcuni passi importanti - dice Ondina 
    Barduzzi, assessore provinciale all’Ambiente - in un settore che dobbiamo 
    rifondare. Avevamo del personale precario che recentemente ha lasciato 
    l’ente, stiamo ricominciando tutto da capo con alcune recenti assunzioni». 
    La Provincia non vede come una punizione, insomma, l’arrivo di un 
    commissario ad acta. Anzi, stando alle parole della Barduzzi rappresenta uno 
    stimolo per arrivare «entro gennaio all’approvazione, dopo aver recepito i 
    pareri dei diversi enti, del Piano degli imballaggi». Ma l’opposizione 
    attacca, ricordando come lo scorso 20 dicembre una mozione proprio per la 
    revoca dell’assessore provinciale all’Ambiente (in relazione al caso della 
    Ferriera di Servola) fosse stata respinta dalla maggioranza. «Quella mozione 
    di sfiducia, davanti a questi nuovi fatti a noi ignoti, assume una forte 
    rilevanza. Invece di pensare alla metropolitana leggera - dice Vascotto - la 
    Barduzzi si preoccupi di fare le cose dovute prima della scadenza. Il fatto 
    che il commissariamento sia stato deciso da una giunta regionale ”amica” la 
    dice lunga... Il commissario ad acta non ha precedenti né sotto la 
    presidenza Scoccimarro né in quella di Codarin (gli ex amministratori della 
    Provincia governata dal centrodestra, ndr)». 
    «La Provincia avrebbe dovuto fare il Piano degli imballaggi ancora anni fa 
    durante le precenti amministrazioni, noi siamo arrivati e abbiamo subito 
    ripreso i contatti con la Regione», replica Barduzzi confidando di 
    licenziare in aula, dopo quello degli imballaggi, il Piano sui Pcd entro 
    marzo. 
    Un lavoro che spetterà all’ingegner Cozzarini mandare avanti, sostituendosi 
    all’organo politico nell’adozione dei piani. «A Trieste siamo a buon punto 
    sul Piano degli imballaggi, mentre quello sui Pcb è fermo. Stando a una loro 
    interpretazione - spiega il commissario - la Provincia sosteneva che 
    spettasse alla Regione farlo. Un problema di interepretazione che adesso è 
    stato risolto». Anche in questo caso spetterà all’amministrazione 
    provinciale dotarsi di un piano sullo smaltimento di tali rifiuti. 
    p.c.  | 
  
 
 
  
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    Borgo San Sergio: 2200 firme 
    contro l’antenna in via Maovaz   | 
  
  
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    Tornano alla carica i cittadini 
    di Borgo San Sergio presentando oltre 2200 firme contro l'antenna di via 
    Maovaz 11, chiedendo che venga spostata in un vicino terreno comunale. 
    Capofila della protesta ancora Romano Umer, residente al civico 13, che già 
    il 12 ottobre scroso, subito dopo l’installazioend ell’antenna, aveva 
    intrapreso una raccolta firme per disinstallare «l'aquila»- come viene 
    chiamata l’antenna per il suo aspetto un po’ sinistro simile a un rapace - 
    dal tetto del condominio. «Siamo tutti preoccupati, soprattutto le mamme dei 
    bambini del rione - spiega Umer - l'antenna sovrasta una zona densamente 
    abitata: ci sono le scuole materne, elementari e medie, il ricreatorio e i 
    campi di calcio. Quel ripetitore rappresenta un pericolo per la nostra 
    salute e per quella dei nostri figli». 
    Già a giugno del 2005 era stato fatto un tentativo di posizionare un'antenna 
    nella stessa zona ma, tramite la VII Circoscrizione, una petizione popolare 
    aveva convinto il Comune a non concedere le necessarie autorizzazioni. Ma di 
    fronte al rifiuto della concessione per motivazioni legate all' impatto 
    ambientale e paesaggistico, la compagnia telefonica Tim Italia Spa, 
    proprietaria dell'antenna, aveva fatto ricorso al Tar ottenendo il via 
    libera. L’antenna è stata anche mascherata in modo - si legge nella 
    petizione - «di non fare rilevare più la sua pericolosità, pericolosità 
    attestata da molti studi che confermano come le radiazioni elettromagnetiche 
    provochino tumori». Ora i residenti tornano a fare sentire la loro voce, e 
    chiedono che l'antenna venga rimossa e collocata in un'area più consona e 
    meno a rischio. Il terreno, di proprietà comunale, identificato come 
    possibile postazione per la nuova antenna, comprende tra i 15 e i 20 ettari 
    di terreno e si trova ad una distanza sufficientemente sicura dal centro 
    abitato. La petizione è stata presentata al Comune di Trieste lo scorso sei 
    dicembre, gli abitanti invieranno questi giorni una lettera al sindaco 
    Dipiazza, richiedendo un incontro pubblico nella zona per discutere la 
    questione. Il Presidente della VII Circoscrizione Andrea Vatta rassicura che 
    non appena le firme saranno presentate in Circoscrizione «chiamerò 
    l'assessore competente e faremo quanto sarà possibile per dare voce alla 
    richiesta della popolazione». 
    Linda Dorigo  | 
  
 
 
 
IL PICCOLO - 
GIOVEDI', 27 dicembre 2007 
 
 
  
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    Via al progetto della metrò 
    leggera Trieste-Ronchi  - La Regione chiede alle ferrovie uno studio 
    anche per la nuova fermata per l’aeroporto  | 
  
  
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    Dal primo 
    gennaio passano al Fvg le competenze della gestione dei servizi su rotaia: 
    ecco le 
    
    linee guida del piano regionale dei 
    trasporti  
    
    TRIESTE Nuova fermata a Ronchi 
    Aeroporto e progettazione del sistema su ferrovia che possa essere 
    funzionale alla futura metropolitana leggera tra Trieste e Monfalcone. 
    Queste sono solo alcune delle indicazioni che la Regione ha formulato per il 
    servizio di trasporto su rotaia a partire dal 2008, anno in cui si 
    realizzerà la gestione diretta in collaborazione con Rfi delle linee 
    ferroviarie regionali. Dal 1 gennaio prossimo, infatti, secondo il decreto 
    legislativo 111/2004 in materia di trasporto pubblico regionale e locale, la 
    Regione sarà competente per la gestione dei servizi ferroviari regionali e 
    locali. In vista di tale traguardo, dal momento che sulla base della legge 
    regionale vengono individuati diversi livelli della rete di trasporti e che 
    dal 1 gennaio 2011 si prevederà di arrivare ad un’unica gestione ferro-gomma 
    attraverso l’indizione di gara unica ad evidenza pubblica, la Regione ha 
    ritenuto necessario definire un sistema di trasporto pubblico su ferro 
    coerente con il sistema in via di delineazione. Fin dal mese di giugno 2007, 
    quindi, è stato avviato un contatto diretto con la Società Rete Ferroviaria 
    Italiana per la definizione degli aspetti tecnici relativi alla 
    formalizzazione di un accordo quadro, con particolare riferimento alla 
    procedura per l’acquisizione delle tracce orario e del cadenzamento di treni 
    nonché delle migliorie necessarie nel servizio da inserire poi nel bando di 
    gara. 
    I MIGLIORAMENTI La Regione ha inserito nel programma tutte le principali 
    direttive, ovvero Udine-Trieste e Trieste-Venezia o Udine-Venezia. 
    Dall’analisi risulta che, oltre agli interventi già previsti dalla 
    programmazione di Rfi, per consentire la regolarità del servizio, eliminando 
    elementi di criticità presenti sulla rete ferroviaria, si deve prevedere 
    anche altre migliorie. Per esempio, l’istituzione di nuove fermate, previste 
    soprattutto sulla linea Trieste-Cervignano-Tarvisio. In quest’ambito infatti 
    si annuncia l’istituzione della nuova fermata Ronchi aeroporto, ma anche il 
    raddoppio della linea Udine–Cervignano, e la necessità di un intervento 
    infrastrutturale per elevare il rango di velocità del materiale leggero 
    (dalla classe B alla C). Si tratta, come spiega la Regione, di modifiche da 
    attuarsi ‘nel lungo periodo’, e che potrebbero ulteriormente migliorare i 
    servizi resi anche all’interno del periodo di affidamento dei servizi 
    integrati oggetto della prossima gara. Nuove fermate sono poi da programmare 
    anche, secondo il piano regionale, lungo la linea Trieste-Udine-Venezia.  
    METROPOLITANA Per quanto riguarda la linea Trieste- Portogruaro, invece, si 
    dovrà mettere in conto la possibile futura realizzazione del sistema di 
    metropolitana leggera Muggia-Trieste-Ronchi dei Legionari, e riflettere sul 
    relativo adattamento della linea. Altre modifiche sono poi previste anche in 
    altre linee regionali, come sulla Gemona-Sacile, con l’istituzione di una 
    “bretella” che colleghi la linea pedemontana alla linea per Pordenone, onde 
    evitare la stazione di regresso di Sacile, oppure l’elettrificazione della 
    linea Casarsa Portogruaro, e l’istituzione di una “bretella” che colleghi la 
    linea proveniente da Portogruaro alla linea per Pordenone, per evitare la 
    stazione di regresso di Casarsa. 
    Infine, il piano regionale prevede anche azioni in merito agli orari. In 
    particolare delinea l’elaborazione di un sistema di “offerta ad orario 
    cadenzato”, finalizzato all’ottimizzazione dei piani di interscambio tra i 
    vari sistemi nei nodi di Venezia Mestre, Udine, Cervignano, Casarsa, Sacile, 
    per assicurare il servizio di collegamento pendolare sia tra i poli 
    nell’ambito regionale che interregionale. Il tutto avverrà prevedendo 
    cadenze orarie o biorarie a seconda delle necessità e assicurando servizi di 
    rinforzo nelle fasce pendolari sulle varie tratte.  
    Elena Orsi   | 
  
 
 
  
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    Ricerche sul clima, Trieste 
    si allea con l’Onu - Il sistema scientifico cittadino collaborerà con il 
    programma mondiale che studia i mutamenti atmosferici 
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    Al via nuove collaborazioni tra 
    la Trieste scientifica e il Programma mondiale di ricerche sul clima (World 
    Climate Research Program), un ente sotto l'egida delle Nazioni Unite con 
    sede a Ginevra, finalizzato a comprendere i processi che regolano il sistema 
    climatico globale, con la possibilità di prevedere l'andamento futuro del 
    clima e l'impatto delle attività umane su di esso. 
    Lo ha annunciato Ann Henderson-Sellers, direttrice del prestigioso 
    Programma, alla fine di una breve visita a Trieste per partecipare ad un 
    corso internazionale di formazione per tecnici e scienziati specializzati in 
    studi sull'ambiente dei paesi in via di sviluppo,ospitato nel campus 
    scientifico di Miramare.  
    «Con questo corso -ha notato - si inaugura di fatto un nuovo programma di 
    collaborazione che passerà attraverso il Centro Internazionale di Fisica 
    teorica Ictp, che speriamo di formalizzare l'anno prossimo». 
    Secondo Ann Henderson-Sellers, con questa nuova partnership, la città 
    rafforzerà di fatto la sua posizione nel panorama internazionale che mira a 
    costruire un nuovo e più efficiente sistema globale per le scienze 
    ambientali, mettendo in rete più spesso il sud ed il nord del pianeta. 
    In altre parole, Trieste si assicura un ruolo chiave nello scenario globale, 
    in un momento di grandi cambiamenti che richiede più coordinamento nei 
    progetti comuni, con una particolare attenzione al coinvolgimento di 
    scienziati dei paesi in via di sviluppo. 
    «Il vantaggio di Trieste - ha concluso la direttrice del World Climate 
    Research Programme - è la sua esperienza con i paesi in via di sviluppo, che 
    ha trasformato la città in un luogo perfetto e quasi unico di incontro e 
    scambio tra gli scienziati di tutto il mondo, sia dell'Est che dell'Ovest, 
    sia del Sud che del Nord». 
    ga.pr.  | 
  
 
 
  
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    L’acqua non è una merce ma un 
    bene e un diritto   | 
  
  
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    Da pochi giorni il Consiglio 
    Comunale ha approvato all'unanimità una mozione che chiede un impegno alla 
    giunta sulla gestione delle reti idriche e in particolare sul tema della 
    dispersione, oltre alla possibilità di utilizzare l'acqua potabile in 
    sostituzione dell'acqua minerale confezionata in bottiglie di plastica.  
    Nella nostra città come tutti sappiamo è AcegasAps a gestire la rete idrica, 
    ovvero una holding quotata in Borsa attenta innanzitutto alle dinamiche di 
    mercato piuttosto che a corretti e puntuali interventi di manutenzione. La 
    nostra rete idrica, infatti, presenta una dispersione valutabile attorno al 
    38% e la risposta ufficiale che viene data su questo tema è che nulla si può 
    fare se prima non si ritocca la tariffa.  
    La mozione contiene inoltre la proposta di incentivare l'utilizzo dell'acqua 
    di rubinetto come acqua potabile in alternativa all'acqua delle bottiglie di 
    plastica, vista l'ottima qualità che la nostra acqua presenta. 
    In proposito ricordiamo che a quasi un anno dall'inizio della campagna per 
    la ripubblicizzazione dell'acqua, che ha coinvolto più di seicento comitati 
    territoriali e ha portato in Parlamento un testo di legge sostenuto da oltre 
    400.000 firme, l'impegno non è certo finito. Il movimento per l'acqua è 
    consapevole che la visione ideologica delle virtù del mercato sia ancora 
    viva nella classe politica italiana, anche a fronte delle innumerevoli 
    smentite sull'inefficienza della gestione privata rispetto a quella 
    pubblica.  
    Il primo dicembre la presenza di 40.000 persone a Roma ha ribadito la 
    necessità di riconoscere l'acqua come bene comune e diritto umano 
    universale, dimostrando come la difesa dell'acqua dalla mercificazione sia 
    divenuta una vertenza nazionale e costituisca il paradigma di un percorso 
    più ampio teso a rifondare la democrazia, attraverso la riappropriazione 
    degli spazi di partecipazione politica e la gestione dei beni comuni in seno 
    alle comunità locali. 
    La società civile ha dato prova di saper incidere sull'agenda politica 
    nazionale, con l'approvazione in Senato a fine ottobre della moratoria sulle 
    privatizzazioni in corso. I rischi della deriva liberista si sono però fatte 
    risentire, con il tentativo di inserire nella Finanziaria in corso il 
    decreto Lanzillotta per la privatizzazione di tutti i servizi pubblici 
    locali. Anche in questo caso l'opposizione del movimento per l'acqua è 
    riuscita a frenare tale manovra. 
    Di fronte agli effetti tangibili di un sistema economico iniquo e 
    insostenibile è responsabilità collettiva tutelare e garantire l'accesso 
    equo e globale a questa risorsa vitale, solidarizzando con le realtà 
    italiane e mondiali protagoniste di vertenze territoriali in difesa dei beni 
    comuni. 
    Un'importante vittoria è stata raggiunta nel 2000 nella cosiddetta Guerra 
    dell'Acqua a Cochabamba in Bolivia, dove la protesta della società civile è 
    riuscita a sottrarne la gestione alle multinazionali.  
    Tappa importante di un percorso comune che va a rafforzare le lotte anche 
    nei nostri territori, per la costruzione di alternative dal basso al sistema 
    di mercato. Un percorso che non può che declinarsi a partire dalla difesa 
    del bene più prezioso per tutti gli esseri viventi: l'acqua. 
    Alfredo Racovelli - Consigliere Comunale Verdi per la Pace  | 
  
 
 
 
IL PICCOLO - 
LUNEDI', 24 dicembre 2007 
 
 
  
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    Rapporto sulla mobilità  
    - Macchine a gpl e metano, Trieste ultima in classifica  | 
  
  
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    A Trieste quasi nessuno usa 
    macchine a gpl e metano, a differenza di altre città d’Italia come Reggio 
    Emilia, Ferrara e Ravenna. Lo rivela il primo rapporto su «Mobilità 
    sostenibile in Italia: indagine sulle principali 50 città», elaborato da 
    Euromobility e Kyoto Club in collaborazione con Assogasliquidi e Consorzio 
    Ecogas. Nel rapporto si legge che la presenza dei mezzi a gpl e metano si 
    attesta intorno al 3,3 per cento rispetto al totale. I valori più alti, 
    oltre il 10 per cento solo nelle tre città dell’Emilia Romagna, mentre 
    fanalini di coda, senza nemmeno un punto percentuale, sono Monza, Aosta e, 
    appunto, Trieste.   | 
  
 
 
 
 
 
IL PICCOLO - 
DOMENICA, 23 dicembre 2007 
 
 
  
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    Popovic: «La Kemiplas sarà 
    chiusa»  - Il sindaco di Capodistria rassicura gli abitanti di Villa 
    Decani che hanno manifestato davanti alla fabbrica  | 
  
  
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    Il direttore 
    dell’azienda replica: «Protesta non autorizzata»  | 
  
  
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    CAPODISTRIA Circa 500 abitanti 
    del comune di Capodistria hanno manifestato ieri in modo pacifico davanti ai 
    cancelli della fabbrica di prodotti chimici «Kemiplas» di Villa Decani 
    chiedendo la chiusura immediata dell'impianto. 
    Non c'è più alcun spazio per eventuali trattative con la direzione della 
    fabbrica, finora si è soltanto perso del tempo senza ottenere nulla, hanno 
    spiegato i manifestanti, che hanno annunciato nuove azioni di protesta e di 
    disubbidienza civile se la «Kemiplas» continuerà a produrre. 
    Pazienteranno, ha dichiarato la presidente della Comunità locale di Villa 
    Decani, Ingrid Kocijancic, qualche mese ancora, dopo di che, se sarà 
    necessario, sono intenzionati a bloccare l'autostrada pur di attirare 
    l'attenzione dell'opinione pubblica sul loro problema. 
    Davanti ai cancelli della fabbrica era presente anche il direttore della «Kemiplas» 
    Muharem Kadic, che ha definito la manifestazione «un circo». «La protesta 
    non è autorizzata - ha dichiarato ai giornalisti - mentre la fabbrica ha 
    tutte le licenze necessarie per portare avanti la sua produzione». 
    Alle centinaia di presenti si è rivolto pure il sindaco di Capodistria Boris 
    Popovic. Il primo cittadino di Capodistria ha ribadito la dura posizione 
    dell’amministrazione ocmunale. «Sono con voi - ha detto Popovic - e dico 
    chiaramente che questa fabbrica sarà chiusa». 
    Il rappresentante legale del Comune di Capodistria, l'avvocato Franci Matoz, 
    ha raccolto finora 200 firme di procura e sta preparando una causa 
    collettiva contro la «Kemiplas», alla quale sarà chiesto anche un indennizzo 
    per i danni provocati alla salute della popolazione locale. Ufficialmente, 
    le misurazioni sull'inquinamento prodotto dalla «fabbrica dei veleni» non 
    hanno mai dimostrato l'esistenza di valori superiori ai limiti tollerati 
    dalla legge, ma sono in molti a dubitare sul modo in cui questi risultati 
    sono stati ottenuti. 
    La «Kemiplas», ricordiamo, produce tra l'altro anidride dell'acido ftalico, 
    sostanza che viene usata nella sintesi di altri prodotti chimici come 
    coloranti, insetticidi, plastificanti e farmaci. L'intera produzione, della 
    Kemiplas, 30.000 tonnellate all'anno, viene esportata in Austria, Germania, 
    Croazia e Italia.  | 
  
 
 
IL PICCOLO - 
SABATO, 22 dicembre 2007 
 
 
  
    
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      I test: Ferriera, superato 
      il limite di sforamenti  - Per il Cigra 54 episodi da aprile ad 
      agosto, per l’Arpa da luglio a dicembre 32: la soglia annua è di 35  | 
    
    
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      I numeri dell’inquinamento prodotto dalla Ferriera  | 
    
    
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      Gli ultimi 
      dati nella zona della Ferriera sono stati consegnati dall’Azienda 
      sanitaria a Comune e Regione. Rotelli contesta Lucchini sui siti delle 
      centraline  
      
      È stato superato in via San 
      Lorenzo in Selva a Servola il numero di sforamenti consentiti in un anno 
      per polveri sottili, benzene e benzoapirene. Le Pm10, da aprile ad agosto 
      2007 (secondo le rilevazioni del Consorzio universitario Cigra) hanno 
      superato i limiti di legge per 54 volte, mentre la legge impone non più di 
      35 superamenti all’anno. Secondo le analisi dell’Arpa, tra luglio e 
      dicembre gli sforamenti sono stati 32. Il sondaggio nell’intero anno in 
      via Carpineto e in via Svevo parla rispettivamente di 43 e 54 superamenti. 
      Per il benzene, sempre in via San Lorenzo in Selva, tra gennaio e ottobre 
      è stata misurata una concentrazione media di 14,4 microgrammi per metro 
      cubo. La media annuale consentita non deve essere superiore agli 8, e 
      nella zona risulta già oltrepassata in pochi mesi. Altrettanto seria la 
      situazione per il benzoapirene che, secondo i dati Cigra, nella medesima 
      via tra aprile e giugno ha raggiunto un valore medio di 19,11 nanogrammi, 
      e tra luglio e ottobre di 4,4 secondo l’Arpa. In ogni caso, proiettando i 
      dati su scala annuale, il limite di legge (un nanogrammo per metro cubo) è 
      oltrepassato. 
      Sono questi gli ultimi dati disponibili sulla zona attorno alla Ferriera, 
      che il 14 dicembre l’Azienda sanitaria ha inviato sia al Comune sia 
      all’assessore regionale all’Ambiente, che l’altro giorno ha presieduto il 
      «tavolo istituzionale» sulla Ferriera senza renderli noti. 
      Nel medesimo testo, firmato dal direttore generale Franco Rotelli, si 
      avverte: «Questa Azienda, anche qualora vi sia una sola persona che abita 
      nella zona limitrofa a una stazione di misurazione, ritiene indispensabile 
      che presso la stazione stessa vengano rispettati i limiti di legge». Ciò 
      per rispondere alla Lucchini che contestando il posizionamento delle 
      centraline faceva anche valere la scarsa residenzialità nell’area. 
      «I cittadini - ribatte Alessandro Metz, consigliere dei Verdi che prosegue 
      in una intensa azione di denuncia sull’inquinamento a Servola - hanno il 
      preciso diritto di essere messi a conoscenza dei dati ambientali che 
      possono avere effetti negativi sulla propria salute, se vengono secretati 
      si provoca appunto l’’’allarme sociale’’ che si dice di voler evitare, 
      viceversa se i dati sono allarmanti non si risolve il giustificato allarme 
      nascondendo gli elementi di valutazione, ma rispondendo in maniera 
      efficace».  
      Mentre Igor Kocijancic, consigliere regionale di Rifondazione, e Paolo 
      Hlacia, responsabile lavoro dello stesso partito, s’interrogano sulle 
      reali condizioni di sicurezza all’interno della fabbrica dopo il disastro 
      dei morti alla «Tyssen Krupp» di Torino («la concessione di una 
      Autorizzazione integrata ambientale a un’azienda che ha dichiarato di 
      voler arrivare alla chiusura degli impianti significa aumentare i rischi e 
      i pericoli per i lavoratori»), Metz chiede conto anche di altre cose: 
      «Perché non si verifica quello che è stato sversato nella vasca di 
      raffreddamento dell’ex acciaieria nel 2005 (di notte e da personale 
      fidato) e poi ’’tombato’’ con una gettata di cemento? O l’amianto 
      interrato nel terreno di proprietà dell’azienda, o ancora il milione e 200 
      mila tonnellate di rifiuti presenti in un capannone di cui non è chiara la 
      provenienza e la proprietà, perché non si fanno analisi sull’avanzamento 
      del piano di costa di 70 metri fatto dagli scarti di produzione e buttati 
      a mare?». 
      g.z.  | 
    
  
  
   
  
   
  
    
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      Campagna contro gli sprechi 
      d’acqua - L’iniziativa è promossa dalla Provincia e da AcegasAps e rivolta 
      ai giovani   | 
    
    
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      Il cittadino è il protagonista 
      della campagna sulla risorsa acqua promossa dalla Provincia di Trieste e 
      da AcegasAps in collaborazione con Achab Triveneto. 
      Nei prossimi mesi sarà distribuito materiale informativo alle singole 
      utenze del materiale informativo e aperti alcuni info-point di 
      sensibilizzazione sulla risorsa idrica destinati agli abitanti. In 
      particolare sarà possibile ottenere preziose indicazioni sull'uso 
      razionale della risorsa idrica in casa, limitando gli spreghi e preferendo 
      comunque l'acqua dell'acquedotto a quella imbottigliata. 
      «Siamo abituati a dire facile come bere un bicchiere d'acqua - ha detto 
      Dennis Visioli, assessore all'Educazione ambientale della Provincia - 
      perché è un atto che fa parte della nostra vita dall'infanzia alla 
      vecchiaia. Ne parleremo con i cittadini del nostro territorio perché sia 
      anche un atto sano e ragionato». 
      Gli obiettivi principali di questa iniziativa consistono nel dare le 
      informazioni necessarie a consentire una scelta consapevole dell'acqua da 
      bere; per aumentare il grado di consapevolezza e di fiducia sull'acqua; 
      per educare ad un uso razionale della risorsa idrica; per limitare la 
      produzione di rifiuti da imballaggio e per informare la cittadinanza sul 
      servizio idrico. 
      Materiale didattico rivolto ai giovani delle scuole sarà predisposto a 
      breve sui siti internet della Provincia di Trieste 
      (www.provincia.trieste.it) e di AcegasAps.  | 
    
  
  
   
  
   
  
    
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      Protesta a Villa Decani 
      contro la Kemiplas - Manifestazione oggi degli abitanti della zona: 
      «L’impianto va chiuso»  | 
    
    
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      Il Comune 
      di Capodistria adirà le vie legali. È venuto meno l’accordo sulla 
      dismissione dell’impianto chimico  
      
      CAPODISTRIA Gli abitanti di 
      Villa Decani, pochi chilometri da Capodistria, non ne possono più: stamane 
      alle 10 daranno vita a una manifestazione di protesta davanti ai cancelli 
      della fabbrica di prodotti chimici «Kemiplas». 
      I maniferstanti chiederanno due cose: l'immediata chiusura dell'impianto e 
      un intervento deciso dell'Ispettorato e del ministero dell'Ambiente. «Non 
      abbiamo più intenzione di permettere che si continui ad avvelenare 
      l'ambiente nel quale viviamo», spiega la presidente della Comunità 
      d'abitato di Villa Decani Ingrid Kocjancic. 
      La protesta è l'ennesimo tentativo degli abitanti del luogo di sollecitare 
      la chiusura e lo smantellamento dell'impianto. Se la situazione non 
      dovesse cambiare, non escludono il ricorso ad azioni di disubbidienza 
      civile. 
      La battaglia sul futuro della «Kemiplas» si fa dunque sempre più dura. Il 
      Comune di Capodistria, dopo anni di inutili tentativi di raggiungere un 
      accordo per far chiudere e smantellare la fabbrica, ha annunciato di 
      recente il ricorso a vie legali. 
      Da diversi giorni – e l'iniziativa andrò avanti anche dopo Capodanno – 
      l'amministrazione comunale sta raccogliendo i dati delle persone che si 
      ritengono danneggiate dall'inquinamento prodotto dalla fabbrica per 
      preparare una causa collettiva contro la «Kemiplas». Per tutte le 
      procedure necessarie, nel bilancio comunale per il 2008 è già stato 
      previsto uno stanziamento di 120 mila euro. 
      Il ricorso alla giustizia contro la fabbrica è stato annunciato 
      personalmente dal sindaco Boris Popovic. 
      Nella denuncia contro la «Kemiplas», il Comune di Capodistria, che sarà 
      rappresentato dall'avvocato Franci Matoz, chiederà direttamente la 
      sospensione dell'attività produttiva. 
      Le autorità comunali intendono inoltre procedere alla modifica del piano 
      urbanistico per l'area dove si trova la fabbrica in modo da vietare questo 
      tipo di produzione. Un modo per evitare che rientri dalla finestra quel 
      che si vuole far uscire al più presto dalla porta. 
      In quest’area, nota come Bivio, secondo i responsabili 
      dell'amministrazione comunale capodistriana si potrebbe dar vita a 
      un'attività economica che non danneggi l'ambiente e sia accettata dagli 
      abitanti del luogo. 
      Quanto al centinaio di persone che oggi lavorano nella fabbrica, a 
      Capodistria sono convinti che potrebbero trovare una nuova occupazione 
      nelle attività produttive alternative che sostituiranno la «Kemiplas».  
      Secondo la direzione della fabbrica, però, la «Kemiplas» ha tutte le carte 
      in regola per continuare a prodirre, e, dati alla mano, i dirigenti dicono 
      che lo stabilimento non inquina oltre i valori consentiti dalla legge. 
      «Non abbiamo nulla da nascondere – ha dichiarato alcuni giorni fa il 
      direttore dell'impianto di Villa Decani, Muharem Kadic - produciamo 30 
      mila tonnellate di anidride dell'acido ftalico all'anno, che vengono 
      esportate in Austria, Germania, Croazia e Italia». E' una sostanza che 
      viene usata nella sintesi di altri prodotti chimici, come coloranti, 
      insetticidi, plastificanti e farmaci. 
      Kadic non esclude, per il futuro, lo smantellamento dell'impianto, ma per 
      ora non ci pensa: la spesa ammonterebbe a 10 milioni di euro, e la «Kemiplas» 
      non ha intenzione di sostenerla da sola. 
      Alcuni mesi fa, la vicenda della fabbrica chimica sembrava ormai risolta, 
      dopo l'accordo raggiunto tra il Comune e la direzione della «Kemiplas», 
      accordo che prevedeva la chiusura e lo smantellamento dell'impianto, ma 
      poi è venuto a galla che la societa' madre, la tedesca «Kemokopleks», ha 
      dichiarato fallimento, per cui delle sue proprietà, e dunque anche 
      dell'impianto di Villa Decani, al momento dell'accordo poteva disporre 
      soltanto il curatore fallimentare, e non anche i dirigenti locali della 
      fabbrica.  | 
    
  
 
 
 
 
 
IL PICCOLO - 
VENERDI', 21 dicembre 2007 
 
 
  
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    «Aia, la Ferriera dia 
    garanzie» E il consiglio regionale si spacca  - Intanto Metz contesta 
    l’analisi di Moretton e la non diffusione dei dati ambientali  | 
  
  
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    Sull’odg di 
    Fortuna Drossi 20 voti a favore e 20 contro  
    
    Venti voti favorevoli, venti 
    voti contrari. E l’ordine del giorno sulla Ferriera presentato ieri in 
    consiglio regionale da Uberto Fortuna Drossi (Cittadini) non passa. Il 
    documento chiedeva maggiori garanzie per la concessione dell’Autorizzazione 
    integrata ambientale, il cui testo è ancora all’esame dell’Ufficio legale 
    della Regione, e soprattutto che a fronte degli interventi tecnici richiesti 
    dalla Conferenza dei servizi per abbattere l’inquinamento si imponesse alla 
    Lucchini il pagamento di una cauzione, da scalare via via che i lavori 
    fossero arrivati a compimento.  
    Nel contempo Fortuna Drossi chiedeva un preciso piano dei tempi e dei costi 
    delle modifiche e stigmatizzava recenti affermazioni di Dipiazza («La 
    Ferriera si chiuderà da sola») affermando che così il sindaco «si 
    deresponsabilizza, mentre la salute dei cittadini è di sua competenza». In 
    aula è stato sottolineato che se l’azienda si dimostra inadempiente rispetto 
    agli obblighi dell’autorizzazione c’è la possibilità di sequestrare gli 
    impianti. E comunque al momento del voto il consiglio si è spaccato 
    esattamente a metà. 
    Contesta invece le valutazioni che l’assessore all’Ambiente Moretton ha 
    diffuso ieri a chiusura del «tavolo istituzionale» il verde Alessandro Metz 
    (sottolineando anche che «a norma di legge regionale sull’accesso dei 
    documenti amministrativi non può secretare dati che riguardano la tutela 
    dell’ambiente e la salute dei cittadini»): «Quando si parla di 200 milioni 
    di euro per pagare i costi delle bonifiche del Sito inquinato di interesse 
    nazionale e del relativo Accordo di programma - dice Metz - si parla di 
    altre zone, pubbliche, e non delle contaminazioni provocate dalla fabbrica, 
    del resto è noto che la Ferriera non solo ha manifestato l’intenzione di 
    affrontare autonomamente i lavori di bonifica del sito, ma a tutt’oggi (come 
    reclamato anche dal ministero) non ha presentato un piano di messa in 
    sicurezza, né un progetto di massima e certamente dovrà corrispondere 
    all’erario il risarcimento per danno ambientale che è stato preannunciato». 
    Ma la Ferriera ha già contestato al Tar l’ultimativa richiesta ministeriale 
    di analisi sui terreni demaniali. 
    g.z.  | 
  
 
 
  
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    Il Comune dà via libera al 
    piano antenne chiesto lo spostamento per 5 ripetitori  | 
  
  
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    Confermata 
    la necessità di una distanza minima tra gli impianti e le scuole e gli 
    ospedali Il «piano 
    antenne» ha ottenuto l’approvazione del Consiglio comunale e Trieste dispone 
    finalmente di uno strumento per la localizzazione degli impianti radiobase 
    di telefonia mobile. Sul territorio, fino a oggi, ne sono già stati 
    installati 196. «Nel 2004 erano 114, poi in un anno si è verificato un 
    autentico boom», ha osservato il consigliere d’opposizione Alessandro 
    Minisini (La Margherita). 
    All’interno del piano, che definisce i requisiti legati all’installazione, 
    si specifica la differenza fra zone idonee, non idonee e siti sensibili, 
    ovvero asili, scuole, ricreatori, oratori, strutture assistenziali e 
    ospedali. Riguardo a queste ultime aree, è stato sottolineato come attorno 
    al perimetro delle stesse si debba identificare un campo d’attenzione pari a 
    50 metri. Fra gli emendamenti approvati spicca quello con cui il Comune «si 
    impegnerà con i gestori a tentare di spostare le cinque antenne al momento 
    considerate più impattanti, ovvero quelle di via Sara Davis, via Nazionale a 
    Opicina, via Masaccio (sotto Longera), piazzetta Belvedere e via del 
    Lazzaretto vecchio», ha confermato Bruna Tam (La Margherita). Il documento 
    non è retroattivo, ma potrà determinare indirettamente dei cambiamenti di 
    localizzazione quando i gestori richiederanno dei lavori di adattamento 
    legati al progresso tecnologico. 
    Va sottolineato come il lavoro abbia coinvolto, oltre alla sesta commisione 
    consiliare, all’assessorato all’urbanistica e allo studio architettura 
    Gambirasio, anche un pool di cui hanno fatto parte Arpa e azienda sanitaria, 
    i gestori della telefonia mobile, le associazioni ambientaliste, gli ordini 
    professionali, le associazioni di categoria, le circoscrizioni e i comitati 
    di cittadini. A sottolinearlo è l’assessore Maurizio Bucci (Forza Italia): 
    «È stato un ottimo lavoro, lungo e frutto della concertazione fra diverse 
    realtà del territorio. Mi pare vi sia stata pure la giusta mediazione negli 
    emendamenti proposti, per evitare che il documento possa essere impugnabile 
    dai gestori, come capitato tre anni fa (quando il Tar aveva fermato il 
    piano, ndr)». Il lavoro comune con cui si è giunti alla fumata bianca «ha 
    determinato il nostro voto favorevole al piano», ha puntualizzato Fabio 
    Omero, capogruppo dei Democratici di sinistra in Consiglio comunale. 
    A fargli eco pure il collega forzista, Piero Camber: «Era un piano 
    necessario, credo che la soddisfazione sia stata generale. Inoltre, 
    quotidianamente i dati verranno pubblicati sul sito Internet del Comune, 
    dopo essere stati monitorati». 
    Mentre Roberto Decarli (Cittadini per Trieste) ha osservato come «la tutela 
    e la cautela tanto proclamate relative all’installazione di questi impianti 
    viene superata dagli interessi delle compagnie che gestiscono il servizio 
    della telefonia mobile» 
    ma.un.  | 
  
 
 
  
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    Tav, altolà sul tracciato da 
    9 sindaci Sonego: a gennaio si dovrà decidere  | 
  
  
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    Incontro fra 
    la Regione e i primi cittadini della Bassa friulana che presentano un 
    documento 
    CERVIGNANO Nuovo tracciato ferroviario della Tav, è scontro aperto tra 
    Sonego e nove sindaci della Bassa Friulana. Questo il verdetto dell’incontro 
    tenutosi ieri pomeriggio a Cervignano, in cui non sono mancati momenti di 
    tensione tra il rappresentante della giunta regionale e alcuni sindaci di 
    centrosinistra da una parte, e il gruppo di amministratori dissidenti 
    dall’altra, in gran parte riconducibili al centrodestra. Lo stesso assessore 
    Lodovico Sonego ha individuato nelle logiche meramente politiche l’origine 
    della frattura: «I sindaci del Centrodestra, guidati da Mario Pischedda - ha 
    attaccato in una nota - hanno tentato di far saltare il banco riportando la 
    discussione sulla ferrovia Alta Velocità/Alta Capacità (AV/AC) a prima di un 
    anno fa, con un documento ostruzionistico dal taglio tutto politico». «La 
    strategia del Centrodestra è evidente: dilazionare i tempi, sollevare 
    problemi pretestuosi, ricorrere ad argomenti pseudotecnici con l'unico 
    obiettivo di impedire la nuova ferrovia del Corridoio V». Tagliente la 
    conclusione: «Il Centrodestra è contro la modernizzazione del Friuli Venezia 
    Giulia e del Paese. La Regione è di opinione diversa. Si tratta di 
    accelerare il confronto tecnico e politico per individuare la soluzione 
    progettuale più adeguata. Il risultato positivo è a portata di mano e non 
    bisogna sprecare l'occasione: ci si rivedrà il 15 gennaio con l'intento di 
    chiudere l'intesa in tempi brevi». Sonego auspica chiaramente un decollo 
    della situazione che porti alla definizione del progetto entro gennaio, «il 
    mese delle decisioni» come lui stesso ha rimarcato. I nove sindaci della 
    Bassa Friulana invocano viceversa uno slittamento delle operazioni al fine 
    di analizzare tutte le soluzioni in modo puntiglioso. Proprio Pischedda 
    replica a Sonego rincarando la dose: «E’ stato lo stesso assessore a 
    esasperare i toni e definire il nostro documento, assolutamente in linea con 
    le richieste degli ultimi mesi, un atto che procura un vulnus al tavolo 
    tecnico. Il suo è un gesto, programmato e grossolano, per scaricare su di 
    noi tutte le colpe. In questo modo potrà sostenere la tesi per cui da parte 
    sua c’è stata la volontà di allacciare un canale comunicativo efficace, e 
    solo la nostra miopia ha vanificato il suo sforzo. Da parte mia, ritengo che 
    gli interventi veementi di alcuni sindaci (chiaro riferimento a Duz di 
    Torviscosae Del Frate di San Giorgio, nda) rientrino nell’ambito di un piano 
    partorito alla vigilia. Sonego è determinato a calpestare le richieste del 
    territorio? Proceda pure, poi però si assumerà le sue responsabilità. Che a 
    quel punto saranno, inevitabilmente, politiche». 
    A firmare nero su bianco il documento della discordia sono stati i sindaci 
    di Villa Vicentina, Aiello, Bagnaria, Palazzolo, Palmanova, Pocenia, 
    Porpetto, Ronchis, e Teor. La prima, essenziale, richiesta avanzata è che «Rfi 
    dichiari le specifiche tecniche desiderate per il tracciato, o si adegui a 
    quanto deciso dagli organi deputati alla gestione del territorio». Ancora, 
    invitano la Regione a «non riconoscere come controparte all'interno del 
    gruppo tecnico di lavoro Rfi». I firmatari ritengono «inaccettabile che dopo 
    mesi di discussione e di presenza continua di responsabili della spa 
    all'interno del gruppo tecnico, gli stessi, nel corso dell'ultima seduta, 
    abbiano dichiarato, a margine dell'incontro, che loro intendono comunque 
    realizzare un tracciato ad alta velocità, in evidente contrasto con le 
    scelte prese in esame». Al secondo punto i sindaci ribadiscono la necessità 
    di continuare gli approfondimenti di tutti i tracciati presentati dai 
    tecnici. «Solo successivamente - ritengono - si potrà procedere con 
    l'approvazione o meno di ogni singolo tratto, che andrà quindi a formare una 
    delle possibili alternative da studiare nella valutazione di impatto 
    ambientale propedeutica alla redazione dell'eventuale nuovo progetto 
    preliminare. Si ricorda infatti che avevamo concordato sull'opportunità di 
    iniziare la fase di approfondimento proprio dal tracciato centrale, ma mai 
    avevamo pattuito che tutti gli altri tracciati sarebbero stati 
    definitivamente scartati». Motivo per cui viene chiesta la proroga 
    dell'incarico ai tecnici e la partecipazione al gruppo di lavoro di 
    rappresentati Anas e Autovie Venete.  
    Giovanni Stocco   | 
  
 
 
  
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    Arriva in giunta il via 
    libera alla vetreria  - Oggi esecutivo a Palmanova 
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    TRIESTE Via libera alla vetreria 
    di San Giorgio di Nogaro e diritto di opzione su oltre settemila azioni di 
    Promotur del valore di quasi 4 milioni di euro. Sono questi i provvedimenti 
    più importanti della giunta regionale odierna, in programma nel pomeriggio a 
    Palmanova. L’esecutivo, tramite l’assessore Gianfranco Moretton, si dovrebbe 
    pronunciare oggi sulla compatibilità ambientale del progetto per la 
    costruzione di un impianto di produzione di vetro float nella zona 
    industriale di San Giorgio di Nogaro. Impianto della Sangalli Italia. Il 
    parere sarà favorevole, anche perché il progetto è già stato approvato dalla 
    commissione Via regionale. I malumori comunque non mancheranno, in prima 
    fila quelli di Verdi e ambientalisti. Si tratta di un impianto che andrà a 
    produrre lastre di vetro a ciclo continuo 24 ore su 24 per 365 giorni 
    l’anno. Il vicepresidente porterà all’attenzione della giunta anche 
    l’approvazione dell’elenco annuale dei lavori pubblici (secondo la legge 14 
    Disciplina organica dei lavori pubblici), l’assegnazione di anticipi per 
    circa 10 milioni di euro per interventi di edilizia sovvenziona alle ater di 
    Gorizia (3,8 milioni) e Trieste (6,4 milioni). Altre delibere riguardano la 
    situazione delle servitù militari. In ambito finanziario la giunta, 
    attraverso l’assessore Michela Del Piero, si prepara ad esercitare il 
    diritto di opzione, con relativa autorizzazione di spesa, per la 
    sottoscrizione di 7744 nuove azioni ordinarie di Promotur (da nominali) del 
    valore complessivo di 3.999.466 (516,46 euro l’una). La giunta dovrà inoltre 
    recepire il patrimonio stradale trasferito dallo Stato alla Regione.  
    L’assessore Roberto Antonaz invece, oltre alle delibere sulle variazioni di 
    bilancio dell’azienda speciale di Villa Manin e dell’Arlef, porterà le 
    modifiche all’intesa Stato Regione (come da indicazione dello Stato) per la 
    fondazione di Aquileia. «L’atto costitutivo lo sta elaborando un notaio di 
    Trieste – spiega l’assessore – e andrà approvato da comune di Aquileia e 
    Provincia di Udine. Credo che a gennaio saremo in grado di nominare 
    presidente e consiglio di amministrazione». Tra le delibere di sanità, la 
    giunta dovrebbe adottare quelle di autorizzazione e accreditamento delle 
    strutture pubbliche e private di medicina del lavoro, nefrologia e dialisi e 
    provvedere all’analisi del rendiconto economico fino a settembre di quest’anno. 
    Approvazione del bilancio dell’ente parco naturale delle Prealpi Giulie, su 
    proposta dell’assessore Marsilio, mentre l’assessore Jacop darà il via 
    libera alla preparazione del materiale informativo in vista delle elezioni. 
    Naturalmente in più lingue,come è prassi: oltre all’italiano, sloveno, 
    friulano e tedesco.   | 
  
 
 
IL PICCOLO - 
GIOVEDI', 20 dicembre 2007 
 
 
  
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    Ferriera, forse sforamenti: 
    la Regione secreta i dati  - Alla ripresa dei lavori del tavolo 
    istituzionale il comunicato ufficiale della Regione non riporta i risultati 
    dell’Arpa   | 
  
  
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    Il «tavolo 
    istituzionale» non diffonde i risultati Arpa: voci ufficiose parlano di 
    inquinamento da polveri sottili e benzoapirene oltre i limiti 
     
    
    Accordo di 
    programma entro fine anno: stanziate risorse per 200 milioni 
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    Sforamenti di polveri sottili e 
    una media di benzoapirene di quattro volte superiore ai limiti nel 
    territorio di Servola nel mese di dicembre: sarebbero questi i dati 
    presentati ieri nella riunione del «tavolo istituzionale» sulla Ferriera che 
    ha ripreso i propri lavori dopo la chiusura di quelli relativi 
    all’Autorizzazione integrata ambientale (Aia). Forma dubitativa, dal momento 
    che da quella riunione non è uscita alcuna informazione ufficiale, l’unica 
    alla quale la Regione si richiama obbligando i partecipanti a non riferire 
    il contenuto della discussione. 
    L’incontro era guidato dall’assessore Gianfranco Moretton che si affida solo 
    a un comunicato ufficiale nel quale non sono citati i dati riferiti 
    dall’Arpa. L’assessore all’Ambiente, e vicepresidente della giunta, ha 
    rimarcato invece che «le problematiche legate al disinquinamento dell’area 
    riguardano non solo la Ferriera ma tutto il Sito inquinato di rilievo 
    nazionale, una competenza diretta del ministero dell’Ambiente con il quale - 
    dice la nota regionale - la Regione collabora pienamente». È annunciata per 
    fine anno l’approvazione dell’Accordo di programma tra Regione, dicastero 
    dell’Ambiente, Provincia, Comuni di Trieste e Muggia, Ezit e Autorità 
    portuale. Ci sono risorse «pari a 200 milioni di euro per la complessiva 
    opera di disinquinamento». Il che è anche una risposta alle intimazioni 
    dello stesso ministero, che ha denunciato come inadempiente agli impegni 
    presi la Ferriera di Servola.  
    La delibera per la concessione dell’Autorizzazione integrata ambientale 
    («strumento ’’garantista’’ ha sottolineato Moretton) è però ancora all’esame 
    dell’Ufficio legale della Regione e sarà valutata entro fine anno. Prossima 
    riunione del «tavolo» entro metà gennaio. 
    Intanto, a seguito delle notizie secondo cui mancano attualmente i 160 mila 
    euro per realizzare le analisi sull’eventuale accumulo di diossine nei 
    residenti del quartiere reagisce il consigliere dei Verdi, Alessandro Metz: 
    «La loro richiesta, specie di fronte a una analisi annunciata, è 
    assolutamente fondata, visto che la stessa Azienda sanitaria ha di recente 
    evidenziato rischi elevati per la salute pubblica». Metz si dice «sorpreso» 
    dal fatto che l’Azienda sanitaria parli di «procurato allarme sociale» 
    rispetto alle richieste dei cittadini («vengono così richiamate pratiche di 
    controllo sociale disciplinari e repressive»), senza i quali, afferma, «non 
    si sarebbero mai scoperte la situazione reale a Porto Marghera e i casi di 
    mesotelioma correlati all’amianto». Metz si è già dichiarato contrario - 
    come il Comune di Trieste - al rilascio dell’Aia, ritenendo «poco affidabile 
    fin qui il comportamento dell’azienda in termini di ambiente». Il presidente 
    della commissione regionale Urbanistica, Uberto Fortuna Drossi, ha invece 
    presentato un ordine del giorno con cui chiede che l’Aia sia il frutto di un 
    più vincolante Accordo di programma e che alla Lucchini sia imposta una 
    cauzione proporzionale al costo degli interventi correttivi da realizzare 
    nella fabbrica. Una cauzione, dice, da scalare via via che gli impianti 
    vengono adeguati. 
    g. z.  | 
  
 
 
  
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    Nuove discariche abusive a 
    Cattinara  - Nonostante i continui interventi di pulizia la gente 
    abbandona rifiuti di ogni genere  | 
  
  
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    Immondizie e 
    detriti nella fascia verde che costeggia la statale 202 e nella zona 
    superiore del rione di Campanelle  
    
    Battaglia 
    (Quinta circoscrizione): «Presenteremo un documento al Comune» 
     
    
    Nella zona verde che costeggia 
    la strada statale 202 sono nuovamente sorte alcune discariche abusive. È 
    sufficiente allontanarsi di qualche passo dal margine dell’arteria rendersi 
    conto della presenza di cumuli di immondizia. 
    La maggior parte della sporcizia si concentra a ridosso di una piazzola di 
    sosta, vicino al viale d’accesso di un terreno privato. Tra gli alberi sono 
    stati abbandonati oggetti di ogni tipo e dimensione. I più evidenti sono 
    elettrodomestici, mobili e materassi, ma ci sono anche materiali edilizi di 
    scarto, provenienti con tutta probabilità da lavori di costruzione o 
    ristrutturazione. 
    Inoltre, se d’estate le foglie e i cespugli rendono impossibile capire cosa 
    si celi dietro le fronde, in questa stagione si riconoscono senza fatica 
    motocicli, copertoni d’automobile, televisori, porte e infissi, il tutto 
    circondato da sacchetti di plastica e cassette della frutta. 
    Nonostante i continui interventi di pulizia, alcuni dei quali effettuati 
    recentemente, qualcuno continua a liberarsi dei propri rifiuti ingombranti 
    lasciandoli sul ciglio della strada, oppure spingendoli lungo il fianco 
    della collina. 
    «Si tratta di un problema tipico della zona sotto Cattinara e della parte 
    superiore di Campanelle – spiega il coordinatore della commissione 
    urbanistica della Quinta circoscrizione, Francesco Battaglia -. In passato 
    sono stati effettuati sopralluoghi nell’area per controllare le condizioni 
    degli alvei dei rii. Ora valuteremo anche la presenza di immondizia e 
    detriti. Dopo aver definito con precisione quali siano le dimensioni del 
    fenomeno, verrà elaborato un documento che sarà, poi, presentato al Comune». 
    I punti maggiormente utilizzati per gli scarichi abusivi si trovano ai 
    margini del territorio di competenza del parlamentino. Verrà quindi 
    rafforzata la collaborazione tra la Quinta e la Settima circoscrizione. «La 
    cooperazione porterà risultati positivi sotto diversi punti di vista – 
    commenta Nattaglia -. Inoltre, in questo modo, potrà esserci una maggiore 
    sorveglianza della zona». 
    Concorda il presidente del settimo parlamentino, Andrea Vatta, che vede 
    favorevolmente lo scambio di informazioni e dati tra le due assemblee 
    rionali per risolvere tali problematiche. «In passato si sono già svolti 
    riunioni e consigli congiunti, proprio su tematiche ambientali, che 
    coinvolgono un territorio esteso. Il risanamento e la tutela di aree verdi e 
    torrenti sono problemi reali, e come tali meritano di essere affrontati con 
    la massima attenzione e serietà». 
    Della questione si occuperà anche la commissione ambiente della Settima 
    circoscrizione, il cui coordinamento è stato recentemente assunto dal 
    consigliere della Margherita Michele Maier, il quale ha già dato la propria 
    disponibilità a collaborare con i colleghi degli altri parlamentini. 
    Per combattere la formazione di discariche abusive l’Acegas-Aps ha attivato 
    da molto tempo sul territorio provinciale sette punti di raccolta per i 
    rifiuti ingombranti, nei quali è possibile conferire gratuitamente quasi 
    tutti i tipi di oggetti dei quali ci si vuole disfare. 
    Mattia Assandri   | 
  
 
 
  
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    Di Pietro affida la terza 
    corsia all’Anas  - Accordo tra i tecnici di Italia e Slovenia 
    sull’ipotesi di tracciato del Corridoio V. Sarà la tratta a Sud  | 
  
  
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    Vertice con 
    il ministro delle Infrastrutture a Trieste. Salta la proposta di nomina del 
    commissario: accordo finale con Illy sull’incarico al presidente Ciucci
     
    
    TRIESTE Terza corsia 
    dell’autostrada, il ministro alle Infrastrutture Antonio Di Pietro affida 
    all’Anas la gestione del progetto di realizzazione come in Veneto, ma allo 
    stesso tempo «apre» alla proposta del presidente della regione, Riccardo 
    Illy, che per accelerare i tempi e le procedure aveva chiesto un 
    commissario. Non ci sarà una nuova figura in questo senso ed eventualmente 
    «lo farà lo stesso presidente dell’Anas il commissario se davvero accelera 
    le procedure». Di Pietro lo ha detto ieri a Illy durante un incontro a cui 
    era presente lo stesso presidente dell’Anas Pietro Ciucci e poco dopo, alla 
    riunione della prima Commissione intergovernativa italo-slovena, ha 
    annunciato che «sarà pronto entro giugno 2008» lo studio di fattibilità 
    della tratta transfrontaliera Trieste-Divaccia della linea di alta 
    velocità/alta capacità del corridoio V, Lione-Kiev. Un vertice ad altissimo 
    livello, alla vigilia della caduta dei confini, tutto concentrato sulla 
    logistica e i trasporti alla presenza delle due delegazioni di tecnici 
    italiani e sloveni delle Ferrovie e coordinato oltre che da Di Pietro e Illy, 
    dal vice ministro dei Trasporti sloveno Peter Verlic e dallo stesso 
    coordinatore del progetto del Corridoio V, Jan Brinkhorst. Di Pietro visto 
    l’immininente passaggio della presidenza semestrale dell’Unione europea alla 
    vicina Repubblica, ha proposto di affidare alla Slovenia anche la presidenza 
    della Commissione intergovernativa. E ieri i tecnici sloveni e italiani si 
    sono accordati anche sul «tracciato» definitivo del Corridoio V scegliendo 
    quello che è giudicato migliore e che tra l’altro aveva visto d’accordo i 
    ministri sloveno e italiano al termine di un vertice lo scorso luglio. Oggi 
    da segnalare un incontro tra l’assessore regionale ai trasporti Lodovico 
    Sonego e i sindaci della Bassa Friulana per trovare un accordo sul 
    tracciato. 
    Ma è soprattutto sul versante dell’emergenza e dunque sul fronte 
    autostradale, che si sono visti i risultati dagli incontri tra Illy e Di 
    Pietro. Il vertice a margine della Commissione intergovernativa, da quanto 
    si è potuto apprendere, era iniziato in maniera bollente quando il 
    presidente ha ribadito al ministro la richiesta di un commissario per 
    velocizzare la realizzazione della terza corsia autostradale. Di Pietro, 
    confermando le scelte fatte in Veneto, ha subito dichiarato la sua 
    contrarietà al commissario. Ma poi si è convinto della tesi di Illy che ha 
    spiegato al ministro che non si trattava di istituire una nuova «poltrona» 
    quanto di trovare una sopluzione per velocizzare al massimo tempi e 
    procedure di realizzazione. A quel punto, spiegano fonti attendibili, lo 
    stesso Illy avrebbe detto a Di Pietro che se c’era la necessità di lasciare 
    il coordinamento all’Anas il commissario poteva farlo lo stesso vertice se 
    ciò agevolava il progetto. 
    Su questo punto è stata trovata l’intesa tra Illy e Di Pietro che hanno 
    anche concordato di inserire un articolo ad hoc nel prossimo aggiornamento 
    del protocollo d’intesa tra Regione e Governo. 
    «Non possiamo accettare che i ruoli che spettano ai ministeri e all’Anas 
    siano fatti da soggetti diversi, sarebbe un fallimento – ha spiegato Di 
    Pietro – siamo disponibili da sempre affinchè le procedure siano le più 
    abbreviate possibili nel rispetto delle popolazioni locali. Ribadiremo in un 
    apposito protocollo: se si tratta di individuare il commissario per 
    l’accelerazione delle procedure e se davvero le aumenta rispetto alla legge 
    obiettivo noi possiamo prevederlo questo commissario. A patto che che lo 
    faccia il presidente dell’Anas». Da registrare anche la richiesta a Di 
    Pietro da parte della Regione di una «riflessione» per il trasferimento di 
    ulteriori 200 chilometri di strade Anas a ridosso dei confini, dopo i 700 
    già trasferiti e che ha visto la costituzione di una società, la Friuli 
    Venezia Giulia strade. 
    Definito questo punto il ministro si è dedicato ai lavori della Commissione 
    intergovernativa. E proprio ieri le delegazioni tecniche, slovena e 
    italiana, hanno confermato l’accordo su un’ipotesi di tracciato del 
    corridoio V nel tratto trasfrontaliero Trieste-Divaccia. In realtà quella di 
    ieri è stata la conclusione di un precedente incontro tra le due delegazioni 
    che stanno lavorando a fondo sul tracciato. «Sono state analizzate varie 
    ipotesi ma quella scelta è sempre risultata la migliore – conferma Mario 
    Goliani, direttore compartimentale delle Ferrovie e responsabile del 
    progetto per la parte italiana – ed è la tratta inserita ufficialmente nella 
    domanda di finanziamento presentata congiuntamente da Italia e Slovenia». Il 
    tratto ferroviario, denominato tratta Sud, sprofonda in galleria e dopo 
    Trieste passa in Slovenia atraversando la zona tra Pesek e Draga Sant’Elia, 
    fa un’ampia curva verso sud e poi si riunisce con un’ulteriore controcurva a 
    Nord della valle dell’Ospo, sotto San Servolo, e va sul tracciato della 
    Capodistria Divaccia, proprio sul by-pass. 
    «Il compito della Commissione intergovernativa è quello di individuare la 
    progettazione del tratto transfrontaliero e le azioni da intraprendere per 
    condividere copn il territorio la realizzabilità. Abbiamo ottrenuto assieme 
    alla Slovenia i primi fondi dall’Ue, oggi inizia il lavoro per il crono 
    programma – ha detto Di Pietro – c’è la volontà politica chiara ed evidente 
    che vogliamo lavorare assieme e trovare nel trattato un punto di incontro». 
    Sulla stessa linea il viceministro Vrlic: «Sono convinto che i lavori della 
    commissione saranno molto efficaci per rendere operativo il progetto». 
    
    Giulio Garau  | 
  
 
 
 
LA REPUBBLICA - 
MERCOLEDI', 19 dicembre 2007 
 
 
Clima, "il catastrofismo non 
serve"  - Verità 
e speranza nella morsa di media e politica
 
Ormai quasi 
nessuno nega i pericoli del riscaldamento globale - Crescono però i dubbi sui 
toni ipercatastrofisti usati nella divulgazione
L'Ipcc: "Minaccia seria, ma non è 
vero che rischiamo l'estinzione" - Realacci: "Il pessimismo non paga, serve solo 
per coprire l'inerzia"
ROMA - Fosse stato un Nobel per la fisica o la medicina, non sarebbe 
potuto accadere. Non avrebbero mai potuto essere premiati insieme due scienziati 
che dicono cose diverse tra loro. Il Nobel per la pace invece è tutta un'altra 
storia e nessuno si è meravigliato che il riconoscimento sia andato 
contemporaneamente ad Al Gore e all'Ipcc. Eppure l'ex vicepresidente 
statunitense e il comitato scientifico messo insieme dall'Onu per studiare i 
cambiamenti climatici affermano cose molto differenti. 
Le iperboli dei premier. A sottolineare la contraddizione è stato 
recentemente David Henderson, ex economista capo dell'Ocse,
in un 
articolo pubblicato sull'ultimo numero di Limes. Henderson se la 
prende in particolare con tutti quei leader politici che come Gore hanno alzato 
eccessivamente i toni nel grido di allarme per i cambiamenti climatici. Si va da 
Tony Blair, che nel 2006 afferma "abbiamo solo 10-15 anni per adottare le misure 
necessarie per scongiurare la catastrofe", a Nicolas Sarkozy che nel maggio 
scorso, poco prima di insediarsi all'Eliseo, dichiara: "Ad essere in gioco è il 
destino stesso dell'umanità". 
Dichiarazioni davanti alle quali Henderson scuote la testa: "Non è ai rapporti 
dell'Ipcc che queste affermazioni si rifanno, si tratta, in realtà, di audaci 
estrapolazioni, con una forte connotazione congetturale. Esse sono però in 
sintonia con il pensiero di buona parte dell'opinione pubblica". 
"Minaccia seria, ma non è la fine del mondo". Un'osservazione che 
Vincenzo Artale, fisico oceanografo dell'Enea e uno dei pochi climatologi 
italiani presenti nell'Ipcc, sottoscrive. "Il riscaldamento globale - dice - è 
un problema serio, che rischia di innescare in futuro dinamiche molto 
pericolose, ma parlare di civiltà umana sull'orlo dell'estinzione e di rischi 
per la sopravvivenza del genere umano, come sento dire da più parti, al momento 
è assolutamente prematuro. Bisogna intraprendere tutte le strade indicate dall'Ipcc 
per contrastare i cambiamenti climatici, anche perché si tratta di provvedimenti 
dalle molteplici ricadute positive su ambiente, occupazione, democrazia, 
distensione internazionale. Inoltre dobbiamo finanziare più generosamente la 
ricerca scientifica per capire sempre meglio come funziona il clima e 
anticiparne l'evoluzione. Parlare di catastrofe imminente non solo è fuorviante, 
ma non fa bene alla causa di chi vuole davvero cambiare il corso delle cose".
La deriva del "climate 
porn". L'Ippr (Institute for Public Policy Research), una fondazione 
britannica di orientamento laburista, si è spinta ancora più in la, utilizzando 
addirittura il termine climate porn, pornografia climatica, non per negare 
l'esistenza del problema, ma per denunciare l'esagerato catastrofismo dei media. 
Ma allora come si è arrivati a questo punto, come è stato possibile che un 
severo e circostanziato allarme lanciato da un migliaio di scienziati si sia 
trasformato in qualcosa di molto diverso? Le risposte possibili sono diverse e 
riguardano tutti gli attori interessati dalla vicenda: mondo scientifico, mass 
media, politica e movimento ambientalista, anche se in pochi sono disposti a 
riconoscere le proprie responsabilità. 
L'autodifesa della scienza. Sul mondo accademico pesa ad esempio il 
sospetto di aver contribuito all'equivoco cercando di bucare con i toni 
iperallarmisti il muro di omertà che ha circondato 
a lungo le problematiche del riscaldamento globale e ottenere così più fondi per 
la ricerca. Artale però non è d'accordo. "In Italia questa colpa la scienza 
sicuramente non ce l'ha, per il semplice fatto che è mancato l'oggetto del 
contendere: non ci sono fondi per il clima, tranne quelli del Piano Nazionale 
del 2000, che certo sono stati distribuiti non in base agli strilli 
catastrofisti. Ma credo che questo non sia accaduto neppure all'estero". Lo 
scienziato italiano gira quindi la palla ai mass media. "Il dibattito - denuncia 
- soprattutto in Italia dovrebbe essere portato su livelli più tecnici a non a 
quelli da soap opera a cui stiamo assistendo". 
Il futuro rubato dalla tv. Un problema che Antonio Scurati, scrittore e docente 
di Teorie e tecniche del linguaggio televisivo all'Università di Bergamo, ha 
posto al centro di un articolo comparso ad ottobre su
Internazionale. 
"Spesso - ha scritto - si sente dire che l'umanità non ha più un futuro perché 
ha perso la capacità di immaginarselo. Viviamo con lo sguardo a terra, 
schiacciato sul presente, indifferenti al passato e all'avvenire. Forse è vero. 
È vero perché il nostro futuro appartiene ai signori dei media e a quelli della 
guerra, che l'hanno già immaginato per noi. È vero non perché il futuro non 
accadrà, ma perché, qualunque esso sia, sarà già accaduto. E tutto ciò che potrà 
avvenire in questo tempo che ha smesso di muoversi in avanti sarà la guerra o la 
catastrofe". 
L'allarme che produce inerzia. A ispirare l'editoriale erano i venti 
gelidi che soffiavano sulla crisi con l'Iran, ma Scurati è convinto che la 
dinamica sia la stessa per quanto riguarda la crisi ambientale. "Il 
moltiplicarsi di scenari catastrofici - spiega - fanno sì che ogni previsione 
finisca per essere messa sullo stesso piano. C'è un invalidamento preventivo che 
ci consente di pre digerire il problema, impedendo una risposta e un'assunzione 
di responsabilità. Questa disposizione a premediare un ipotetico futuro, senza 
necessariamente arrivare alla teoria del complotto, induce l'opinione pubblica a 
passività e fatalismo. Un atteggiamento che oggettivamente avvantaggia chi ha un 
interesse fortissimo a non intervenire, come gli Stati Uniti. L'allarme produce 
inerzia anziché azione, è paradossale ma è così". 
La tentazione catastrofista. E sempre restando nel campo del paradossale, 
è possibile che a contribuire a questa situazione siano stati anche gli 
ambientalisti, attraverso il facile ricorso, soprattutto in passato, a toni 
catastrofisti? Ermete Realacci, uno dei leader storici dell'ecologismo italiano, 
la pensa diversamente. "Il ricorso a toni apocalittici - risponde - è stata una 
tentazione presente nella crescita dell'ambientalismo, ma non è un atteggiamento 
efficace e io non vi ho mai fatto ricorso. Credo che il catastrofismo di oggi 
abbia altre origini". 
Tanto rumore per nulla. Realacci, che oggi è nel vertice del Partito 
democratico, punta quindi il dito contro la politica. "Con l'innalzamento dei 
toni si cerca soprattutto di coprire l'inadeguatezza della risposta politica. In 
Italia poi, dove figure di primissimo piano come Berlusconi hanno assunto a 
lungo posizioni negazioniste, il problema è ancora più serio. Abbiamo una 
politica che oscilla tra proclami alti e un'azione scarsa, come quest'ultima 
legge finanziaria che non è certo segnata da un'adeguata tensione sul contrasto 
ai cambiamenti climatici". 
Il futuro che non si vede. Il catastrofismo come un rumore di fondo che 
mette quasi completamente a tacere qualsiasi spunto per l'ottimismo. E in questo 
caso la scienza, da possibile carnefice si trasforma in vittima, con il suo 
potenziale di speranza ridotto nel migliore dei casi a fare da contorno 
marginale. Se il riscaldamento globale è una minaccia gravissima a benessere, 
salute e stabilità, la scienza ha appena imboccato due strade come bioingegneria 
e nanotecnologie che promettono potenzialità enormi per trovare soluzioni alle 
nuove sfide. 
La scienza che fa paura. Eppure di questo potenziale positivo nel 
dibattito non c'è quasi traccia e spesso i progressi della ricerca vengono 
vissuti come ulteriori motivi di angoscia. "E' vero, prevalgono i toni 
apocalittici", dice Enrico Bellone, docente di Storia della scienza 
all'Università di Milano e direttore del mensile Le Scienze. "Sui grandi canali 
di comunicazione - aggiunge - è più facile la vita per le notizie a fortissime 
tinte, rispetto alle informazioni e ai dati di matrice scientifica. Sul piano 
delle notizie rende di più, in un paese scientificamente denutrito come il 
nostro, parlare con enfasi sui pericoli (immaginari) connessi agli Ogm". Un 
atteggiamento, prosegue Bellone, "che ha le proprie radici nell'evoluzione della 
cultura italiana durante l'ultimo secolo, che ha sempre più spiccatamente visto, 
nella razionalità scientifica, non una forma di cultura, ma una miscela di 
servizi pratici e di paure". 
VALERIO GUALERZI
 
IL PICCOLO - 
MERCOLEDI', 19 dicembre 2007 
 
 
  
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    FERRIERA - Analisi sui 
    servolani: mancano 160mila euro  - E’ il costo dei test sull’accumulo 
    di diossine nei residenti pronto dal 2005 ma non finanziato 
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    Oggi i primi 
    risultati sugli esami ambientali e clinici per chi lavora nella cokeria. 
    Manifestazione dei comitati in piazza Oberdan   | 
  
  
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    I cittadini 
    chiedono prelievi per misurare l’assorbimento di metalli: «Non è detto che 
    si abbiano risultati utili ai fini della salute pubblica»  | 
  
  
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    I cittadini di Servola firmano 
    una petizione all’Azienda sanitaria per ottenere le stesse analisi sullo 
    stato di salute realizzate per i lavoratori della Ferriera, reparto cokeria 
    (di cui forse già oggi, giorno in cui si riunisce di nuovo anche il tavolo 
    regionale, si saprà qualche risultato) e il Dipartimento di prevenzione 
    risponde: «Per l’analisi sull’eventuale accumulo di diossine, già in 
    progetto da tempo, siamo pronti a partire ma il problema sono i soldi, 
    quest’analisi costerà 160 mila euro, misurare l’assorbimento di metalli e 
    benzoapirene è invece tutto un altro discorso, forse la domanda è perfino 
    mal posta, e comunque non si può prendere in considerazione prima di aver 
    visto l’esito delle indagini interne alla Ferriera». 
    ANALISI È dal 2005, quando dal camino della Ferriera uscì diossina, che 
    l’Azienda sanitaria propone l’analisi sull’accumulo di diossine. Progetto 
    discusso anche con la Regione, ma allora reso «invisibile» nei verbali. 
    Negli ultimi tempi dopo l’allarme inquinamento dell’aria è stato 
    ufficialmente riproposto.  
    DUE ANNI Sarebbero tecnicamente pronti a mettersi all’opera l’Azienda 
    sanitaria, il Burlo Garofolo, l’Istituto universitario di Medicina del 
    lavoro, l’Istituto di Igiene di Udine. Si trattarebbe di analizzare il latte 
    di 35-40 puerpere del Burlo abitanti a Servola e di altrettante abitanti in 
    zone non inquinate; contestualmente, di analizzare il sangue di una ventina 
    di operai del reparto di agglomerazione e di altrettanti lavoratori di zone 
    non inquinate. Durata totale prevista, fino alle statistiche: ben due anni. 
    I campioni sarebbero analizzati dal Consorzio interuniversitario nazionale 
    «La chimica per l’ambiente» di Marghera. Costo per campione: 980 euro più 
    Iva.  
    COSTI Ma il prezzo totale comprende anche altri esami da fare a Trieste e la 
    somma totale fa dunque 160 mila euro. Dovrebbe darli la Regione, che però ne 
    ha appena stanziati 300 mila per indagini ambientali in aree potenzialmente 
    cancerogene di tutto il Friuli Venezia Giulia. A oggi dunque non si sa se 
    Trieste sarà finanziata o no, visto che occorre la metà della cifra totale. 
    Ben che vada, ci vorrà comunque ancora molto tempo prima di arrivare al 
    punto concreto. 
    BENZOAPIRENE La gente a Servola (ieri i comitati hanno di nuovo manifestato 
    sotto il consiglio regionale) chiede verifiche come per i lavoratori della 
    Ferriera. Ma i medici del lavoro obiettano: «Prima dobbiamo verificare se 
    l’ambiente della fabbrica provoca un alto assorbimento di sostanze, tra cui 
    benzoapirene, e poi valutare se è il caso di estendere il sondaggio». Perché 
    se i valori nella cokeria risultassero relativamente contenuti, se ne 
    potrebbe dedurre che nel quartiere sono abbastanza bassi da non richiedere 
    specifici esami. Già oggi potrebbero esserci i primi risultati. 
    METALLI La petizione con le 110 firme esige un controllo sulla 
    concentrazione di metalli nel sangue. «Non abbiamo nemmeno i dati relativi 
    all’inquinamento del terreno - informa il Dipartimento di prevenzione - e 
    comunque non è detto che un po’ di manganese in più nel sangue significhi 
    malattia». A corredo del discorso letteratura scientifica, dove lo stesso 
    manganese come ferro, zinco, rame, vanadio, magnesio, cobalto, molibdemo e 
    stagno sono classificati «essenziali» (sono utili all’organismo). In 
    eccesso, però, provocano danni. 
    TERRORE «Per l’accumulo invece di metalli potenzialmente tossici, come 
    piombo, mercurio e cadmio la gente ha forse ragione, ma non ci sono esami 
    che permettano di valutare esattamente la soglia di pericolo per la salute». 
    Residenti di Servola nell’ultimo mese si sono presentati al Dipartimento di 
    prevenzione con un «foglietto» in mano in cui - racconta l’Azienda sanitaria 
    - c’era scritto che era urgente fare questi esami, che a Trieste nessuno li 
    esegue, era specificato che bisogna andare a Udine e si indicavano anche i 
    nomi di due medici». I sanitari hanno fortemente sanzionato questa forma di 
    attivismo: «È procurato allarme sociale, è fomentare il terrore nella 
    popolazione senza averne motivo». 
    DENUNCE Il foglietto di Servola è stato inviato come denuncia all’Ordine dei 
    medici («perché denotava abuso di professione medica, solo un medico può 
    ordinare esami») e anche alla Procura della Repubblica. Adesso il foglietto 
    è diventato una raccolta di firme ed è stato presentato in forma di 
    richiesta ufficiale.  
    
    Gabriella Ziani  | 
  
 
 
  
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    Filippo Giorgi replica agli 
    scettici del clima   | 
  
  
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    «Mai nella storia del Nobel si è 
    creata tanta confusione fra politica e scienza. Al Gore nel suo film fa un 
    elenco di catastrofi improbabili previste dalla presunta scienza che gli sta 
    dietro. L'Ipcc pretende di fare delle previsioni quando il suo lavoro 
    assomiglia molto più a quello di una chiromante». 
    Giudizio senza appello quello di Guido Visconti, professore di fisica 
    dell'atmosfera, sull'ultimo numero di Limes, dedicato all'intreccio tra 
    crisi climatica ed energetica. E Visconti persevera nella sua vis polemica 
    sull'ultimo fascicolo del mensile «Le Scienze», facendo le bucce all'Ipcc, 
    Intergovernmental Panel on Climate Change, che il 10 dicembre ha ricevuto a 
    Oslo il premio Nobel per la pace assieme ad Al Gore, ex vice di Clinton alla 
    Casa Bianca. 
    «Il problema è che che questo genere di critiche vengono da chi non ha fatto 
    davvero ricerca sul clima, si tratti di chimici, oceanografi o fisici, 
    ribatte Filippo Giorgi, assurto agli onori di «Nobel triestino» n quanto 
    membro da cinque anni del bureau direttivo dell'Ipcc. «Conosco bene 
    Visconti, era mio professore all'Università dell'Aquila e siamo in buoni 
    rapporti personali. Ma è sempre stato un bastian contrario e non ha mai 
    lavorato a quei modelli su cui si basano gli studi sul clima. E magari gli 
    rode anche un po' di non far parte dell'Ipcc...» 
    E allora mettiamo in fila le risposte di Filippo Giorgi agli scettici del 
    riscaldamento globale. Eccole: «Può essere il Sole responsabile dell'aumento 
    della temperatura sulla Terra? No, perché la nostra stella ha semmai 
    diminuito la sua attività negli ultimi vent'anni. E il riscaldamento della 
    troposfera, la parte inferiore dell'atmosfera, e il raffreddamento della 
    stratosfera? Sono fenomeni compatibili con l'aumento dell'anidride 
    carbonica, che dilata l'effetto serra. Ma fino a che punto le simulazioni al 
    computer rappresentano il clima reale? In modo assai soddisfacente, e poi 
    non è vero che questi modelli simulano solo fenomeni semplici, lineari. 
    Davvero l'uomo provoca l'aumento della temperatura bruciando petrolio e 
    carbone? L'ultimo rapporto dell'Ipcc dà una certezza al 90-95 per cento. E 
    come mai alcuni prestigiosi scienziati hanno lasciato l'Ipcc? Il caso più 
    noto è quello di Richard Lindzen, illustre climatologo americano, il quale 
    nel 2001 criticò il fatto che dal «sommario per i decisori politici» erano 
    sparite le incertezze sui trend climatici presenti invece nel rapporto 
    finale. Ma un ”sommario” di diecipagine non può rispecchiare tutto quanto 
    c'è nelle mille pagine prodotte da ciascuno dei tre gruppi di lavoro dell'Ipcc. 
    Così ai miei colleghi scettici consiglio di leggersi i rapporti completi, e 
    non i ”sommari” per politici e media. Io non ho alcun dubbio nel dire che i 
    rapporti dell'Ipcc sono quanto di meglio oggi esiste nella letteratura 
    scientifica sul clima. Veri e propri libri di testo».  | 
  
 
 
 
IL PICCOLO - 
MARTEDI', 18 dicembre 2007 
 
 
  
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    Richiesta di 110 servolani: 
    fateci i test sulla salute  - Nella lettera citati gli sforamenti di 
    Pm10 e le concentrazioni di benzoapirene  | 
  
  
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    Hanno 
    scritto all’Azienda sanitaria per essere sottoposti a tutte le analisi 
    cliniche 
    
    La proposta 
    si collega ai controlli effettuati su un campione di 50 operai della 
    Ferriera e sulle mamme in fase di allattamento  
    
    «E adesso fate le analisi anche 
    a noi». È la richiesta all’Azienda sanitaria di 110 cittadini che risiedono 
    vicino alla Ferriera di Servola. Chiedono di essere sottoposti ad analisi 
    cliniche, come il campione di operai dell’impianto siderurgico, atte a 
    verificare il livello di benzoapirene, nonché l’eventuale presenza nei loro 
    corpi di una serie di metalli (cromo, nichel, cadmio, mercurio, 
    manganese...). 
    Una richiesta indirizzata al Dipartimento di prevenzione di via Giovanni Sai 
    (lasciando nome e cognome, indirizzo e numero telefonico), citando 
    «l’inquinamento provocato dalla Ferriera di Servola» e anche il documento 
    dell’Azienda sanitaria, firmato dal direttore generale Franco Rotelli, in 
    cui sono indicati i rilevamenti del Cigra trasmessi al sostituto 
    porocuratore Federico Frezza. In particolare per quanto attiene gli 
    sforamenti delle Pm10 e le concentrazioni di benzoapirene. 
    «Abbiamo inoltrato l’altro ieri la richiesta all’Azienda sanitaria dopo una 
    raccolta porta a porta delle adesione. Ormai qui ci conosciamo tutti - 
    spiega Nevio Tul, uno dei firmatari della richiesta - a causa 
    dell’inquinamento. Aspettiamo di essere contattati per effettuare le analisi 
    cliniche, proprio come è stato fatto per gli operai della Ferriera». 
    Il riferimento è alla «settimana di controllo sanitario» sui lavoratori 
    dell’impianto di Servola, disposta dall’Azienda sanitaria per il reparto 
    cokeria. Una verifica su 50 operai ai quali è stato prelevato un campione di 
    urina nell’arco di una settimana, allo scopo di mettere a confronto la 
    concentrazione di benzene, benzoapirene e fenantrene fra una giornata che 
    segue due di riposo e una che conclude la settimana di lavoro e permanenza 
    in fabbrica. I campioni, sigillati a piombo, sono stati inviati per le 
    analisi a un laboratorio specializzato di Brescia in attesa dei risultati. 
    Accanto agli operai un altro protocollo già avviato prevede anche l’analisi 
    su un campione di mamme abitanti a Servola e in fase di allattamento. Il 
    latte materno, infatti, è particolarmente «assorbente» e rivelatore della 
    presenza di eventuali sostanze cancerogene. Sempre l’Azienda sanitaria ha 
    recentemente messo a disposizione dei residenti un medico a chiamata per un 
    pronto intervento speciale in caso di conclamati disturbi di cui potrebbe 
    essere responsabile l’ambiente. I residenti pretendono di più, chiedono una 
    puntuale analisi di sangue e urina. «Vogliamo sapere cosa abbiamo assorbito 
    in questi anni. Ovviamente speriamo di non aver subito danni alla salute - 
    dice Nevio Tul - ma per saperlo serve un’accurata visita di controllo. La 
    semplice radiografia ai polmoni non basta». 
    
    Pietro Comelli  | 
  
 
 
  
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    Bonifica sito inquinato, 
    Regione pronta al sì  - Azzarita: «L’Ezit deciderà ai primi di 
    gennaio». La Confartigianato chiede modifiche  | 
  
  
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    L’assessore 
    Moretton conta di portare venerdì in giunta l’accordo di programma per la 
    zona costiera: ultimi aggiustamenti giuridici  
    
    TRIESTE E’ atteso questa 
    settimana il via libera della Regione all’accordo di programma sul Sito 
    inquinato di interesse nazionale. Superati nelle scorse settimane alcuni 
    problemi giuridici, venerdì prossimo l’assessore all’Ambiente Gianfranco 
    Moretton conta infatti di sottoporre alla giunta il testo del documento. 
    C’è molta attesa per questa approvazione, sia da parte degli enti coinvolti 
    nell’accordo (Provincia, i Comuni di Trieste e Muggia, Ezit e Autorità 
    portuale), che a loro volta dovranno deliberare sull’intesa, sia da parte 
    della Camera di commercio e delle associazioni di categoria, per gli effetti 
    positivi sull’economia della provincia che ci si aspetta dalle bonifiche. 
    «Sono pronto a convocare il consiglio di amministrazione – annuncia il 
    presidente dell’Ezit, Azzarita – non appena avrò notizia dell’approvazione 
    da parte della Regione. Speravo di poterlo fare entro dicembre, ma a questo 
    punto la convocazione sarà per i primi giorni di gennaio». 
    Dicendosi certo del successivo via libera anche della Provincia, del Comune 
    di Muggia e dell’Autorità portuale (la posizione del Comune di Trieste è 
    ancora incerta, ndr), Azzarita prevede, in seguito alla firma dell’accordo, 
    «un’accelerazione delle attività di caratterizzazione e bonifica in quanto 
    l’intesa prevede i finanziamenti per attuarle». Luce verde all’accordo di 
    programma anche dalla Camera di commercio (non coinvolta direttamente ma 
    presente nel cda dell’Ezit). «La scorsa settimana – spiega il presidente 
    Paoletti – con la giunta e le associazioni di categoria abbiamo incontrato 
    il presidente Azzarita. Alla luce di quella riunione abbiamo deciso di 
    appoggiare l’accordo, perchè così come è redatto costituisce un buon 
    risultato». 
    A non essere soddisfatta è invece la Confartigianato, che alcuni giorni fa 
    ha spiegato le proprie ragioni in una lettera, firmata dal presidente Bruni 
    e dal rappresentante all’Ezit Prelz, inviata al ministero dell’Ambiente, 
    alla Regione e agli enti coinvolti nell’accordo di programma. Nella missiva 
    l’Associazione degli artigiani chiede a tutte le parti interessate un 
    impegno affinchè il testo dell’accordo contenga il riferimento esplicito al 
    principio della direttiva Ue secondo cui «chi non ha inquinato non paga». 
    Ciò perchè, secondo la bozza dell’accordo stesso, il 10% delle aziende 
    interessate (circa una quarantina) se non subentreranno modifiche saranno 
    costrette a sopportare tuti gli oneri, dalla messa in sicurezza ai carotaggi 
    e alle bonifiche, non avendo inquinato ma per il solo fatto di aver 
    acquistato il terreno o il capannone da un’altra impresa. 
    Le aziende che hanno invece comperato la propria area dall’Ezit, purchè non 
    svolgano attività inquinanti non dovranno, sempre in base alla bozza 
    dell’intesa, sopportare alcun costo per le operazioni legate alla bonifica. 
    A questo riguadro la Confartigianato chiede poi che l’«esenzione» riguardi 
    tutti i passaggi di proprietà fra l’Ezit e le aziende dalla costituzione 
    dell’ente nel 1949 ad oggi. 
    Sul mancato riferimento esplicito al principio della direttiva Ue si è 
    espresso negativamente, qualche settimana fa, anche il rappresentante del 
    Comune di Trieste nel cda dell’Ezit, Maurizio Ferrara, preannunciando la 
    presentanzione di un emendamento in sede di cda. 
    La posizione del Comune triestino, come si diceva, deve comunque essere 
    ancora definita. «Dobbiamo discuterne a breve – precisa l’assessore 
    all’Ambiente, Maurizio Bucci – con il sindaco e con l’assessore al Commercio 
    Rovis». Posto che la bozza di accordo dovrà passare sia in giunta sia in 
    consiglio, l’esito della discussione fra Dipiazza, Bucci e Rovis è tuttaltro 
    che scontato. Di recente l’assessore al Commercio è stato infatti eletto 
    alla vicepresidenza della Confartigianato. 
    
    Giuseppe Palladini  | 
  
 
 
  
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    L’alta velocità 
    Venezia-Trieste parte nel 2010  - Il ministro dei Trasporti Bianchi 
    fissa i tempi della grande opera. Di Pietro domani nel capoluogo regionale
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    I tempi per 
    la costruzione della linea ad alta velocità-alta capacità in Friuli Venezia 
    Giulia si accorciano. Il cantiere partirà entro tre anni  
    
    PORDENONE I tempi per la 
    costruzione della linea ad alta velocità – alta capacità in Friuli Venezia 
    Giulia si accorciano. Il cantiere partirà entro tre anni. Ad annunciarlo il 
    Ministro dei Trasporti Alessandro Bianchi: «I lavori per la Tav tra Venezia 
    e Trieste – ha detto Bianchi a Venezia, a margine di un convegno sul futuro 
    del porto veneto - partiranno entro il 2010. Ho visitato ieri la tratta 
    Milano-Bologna che entrerà in funzione a fine 2008. Entro il 2009 dovrebbe 
    entrare in funzione la Torino-Milano». L’accelerazione sulla costruzione 
    della rete ferroviaria arriva in un momento importante per il Friuli Venezia 
    Giulia, nella fase in cui la Regione sta cercando a sua volta di concludere 
    la parte di sua competenza. Proprio giovedì l’assessore regionale Lodovico 
    Sonego incontrerà nuovamente gli amministratori comunali della Bassa 
    friulana, l’area in cui esistono ancora incertezze e posizioni diverse 
    sull’opportunità dell’opera oltre che sul tracciato. 
    In un anno il Friuli Venezia Giulia ha fatto importanti passi avanti 
    rivoluzionando il primo progetto di Rete ferroviaria italiana attraversa una 
    concertazione serrata. Le amministrazioni stanno continuando a confrontarsi 
    con la Regione che ha ristretto il campo dei lavori a due ipotesi di 
    tracciato. Il calendario degli appuntamenti prevede una riunione giovedì e 
    una il 15 gennaio che potrebbe essere risolutiva. 
    Ora che però anche il Ministero ha dettato i suoi tempi, il pressing della 
    Regione potrebbe farsi più incalzante. Al momento gli enti locali e le 
    Ferrovie stanno discutendo solamente del tracciato, tutta la progettazione 
    deve essere predisposta e per un’opera come questa non è pensabile che ciò 
    avvenga in pochi mesi. Viste le caratteristiche del territorio la Regione 
    sembra orientata alla costruzione di una linea che abbia caratteristiche 
    soprattutto di alta capacità (con una velocità che non dovrebbe superare i 
    200 – 220 chilometri orari).  
    L’altro confronto aperto è con il Veneto. Dopo aver discusso con i comuni 
    del Friuli Venezia Giulia, la Regione dovrà trovare un’intesa con i «vicini 
    di casa» perché la linea di cui parla Bianchi parte da Venezia. Le due 
    Regioni hanno visioni diverse sulla funzione della linea ad alta velocità – 
    alta capacità e la discussione, anche in passato, ha avuto toni accesi. Il 
    Veneto sarebbe orientato a realizzare una linea a ridosso della costa e ha 
    deliberato il non affiancamento della Tav all’autostrada. Una scelta dettata 
    sia dal bisogno di accelerare la costruzione della terza corsia sulla 
    autostrada A 4 sia dal volere mano libera sul tracciato della ferroviaria. 
    Il Friuli Venezia Giulia, invece, ha optato per un tracciato che mantenga il 
    più possibile l’affiancamento con l’autostrada. La linea ferroviaria è uno 
    dei punti di forza del Corridoio V, l’altro è la rete autostradale. Autovie 
    Venete e Anas hanno da poco firmato la convenzione che di fatto dà il via 
    libera alla costruzione della terza corsia e alla conversione della Villesse 
    Gorizia in autostrada. Queste due opere sono di vitale importanza per la 
    regione che, con la caduta dei confini e la costruzione della rete 
    autostradale del Corridoio V in Slovenia (che dovrebbe essere ultimata a 
    fine 2008) diventerà sempre più un imbuto per il traffico che collega 
    l’Italia all’Europa dell’est. In quest’ottica di futuro ormai alle porte il 
    presidente della Regione, Riccardo Illy, ha chiesto al governo nazionale 
    alcuni interventi urgenti: un commissario per la A 4, l’introduzione di 
    pedaggi differenziati (di notte e di giorno) per i tir e incentivi per 
    favorire l’intermodalità. Domani il Ministro alle Infrastrutture Antonio Di 
    Pietro sarà a Trieste, ospite della Regione, proprio per parlare del futuro 
    del Corridoio V. Alcune risposte ai bisogni del territorio potrebbero 
    arrivare in quella sede.  
    Martina Milia  | 
  
 
  
   
  
   
IL PICCOLO - 
LUNEDI', 17 dicembre 2007 
  
   
  
   
  
    
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      Domani contro la Ferriera 
      manifestazione alla Regione  | 
    
    
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      Domani, alle 18, 
      manifestazione con corteo in piazza Oberdan davanti al palazzo della 
      Regione Fvg, in concomitanza con la seduta del Consiglio regionale, 
      organizzata da Circolo Miani, Servola Respira, La tua Muggia, 
      Coordinamento dei Comitati di quartiere. L’iniziativa punta, si legge in 
      una nota diramata dal Circolo Miani, «a fare sentire il deciso No al 
      rilascio dell’Autorizzazione integrata ambientale alla Servola spa, 
      proprietaria della Ferriera, annunciato dalla giunta regionale».  | 
    
  
  
   
  
   
  
    
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      Tav, fra un anno la tratta 
      Milano-Bologna (vedi 
      lo sviluppo del progetto) - 
      Nel Friuli Venezia Giulia i 
      lavori per l’Alta velocità da Mestre a Trieste partiranno nel 2010  | 
    
    
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      L’opera 
      costa 6,9 miliardi di euro, i convogli viaggeranno a 300 km orari. 
      Vantaggi per il traffico dei pendolari   | 
    
    
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      Parole di 
      ottimismo del premier: «Dopo anni di lungaggini, nuova era nel sistema dei 
      trasporti»  | 
    
    
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      MILANO «Speriamo che cominci 
      una nuova epoca nel sistema dei trasporti italiani». È un messaggio di 
      ottimismo, dopo tanti anni di ritardi per la realizzazione del sistema di 
      Alta Velocità tra Milano e Napoli, quello che il presidente del Consiglio 
      Romano Prodi affida a giornalisti e autorità. L'occasione è la cerimonia, 
      nel piazzale della stazione di Bologna, per l'avvio del countdown a 365 
      giorni per l'apertura della linea Bologna-Milano. Insieme 
      all'amministratore delegato delle Ferrovie Mauro Moretti, al presidente 
      dell'Eni Paolo Scaroni che guida il consorzio Cepav Uno, realizzatore 
      dell'infrastruttura (6,9 mld di investimento), al ministro dei trasporti 
      Alessandro Bianchi, il premier alle 13.50 accende un grande orologio 
      digitale montato su una colonna totem alta diversi metri. Scandirà il 
      tempo che manca al viaggio inaugurale del primo treno, che a partire dal 
      dicembre 2008 coprirà la distanza di 182 km in un'ora con una velocità che 
      potrà arrivare anche a 300 orari. 
      In Friuli Venezia Giulia i lavori per l’alta velocità ferroviaria, secondo 
      un progetto preliminare presentato da Rfi, dovrebbero partire nel 2010 e 
      concludersi nel 2015. La progettazione della linea Mestre-Ronchi 
      Sud-Trieste con prosecuzione verso Divaccia e Lubiana rappresenta il 
      futuro dei treni super-veloci in regione. Secondo il progetto i treni 
      nella tratta Portogruaro-Ronchi (con 10 viadotti) svilupperanno una media 
      di 200 chilometri orari.  
      La progettazione della linea Mestre-Ronchi Sud-Trieste con prosecuzione 
      verso Divaccia e Lubiana è articolata nelle seguenti tratte: 
      Mestre-Portogruaro (la progettazione sarà avviata nel corso dell’anno); 
      Portogruaro-Ronchi Sud (il progetto preliminare s’è concluso nel 2006, ma 
      la Regione ha preannunciato parziali variazioni del tracciato); Ronchi 
      Sud-Trieste (il progetto preliminare è in corso di ripubblicazione per 
      essere presentato al Cipe); Ronchi Sud-Trieste-Divaccia (progettazione 
      complessa per le problematiche politiche internazionali; a fine 2006 era 
      stata siglata una convenzione con la quale si dava avvio allo studio di 
      fattibilità per la realizzazione della tratta italo-slovena). 
      Il numero uno di Trenitalia Moretti è ottimista sui tempi e snocciola la 
      scaletta delle realizzazioni che porterà fra due anni, nel dicembre 2009, 
      al completamento di tutta la linea da Torino a Salerno esclusi i nodi. E 
      fra un anno sarà pronto anche il raddoppio della Bologna-Verona, un'opera 
      progettata per la prima volta nel 1919. «Stiamo recuperando il ritardo 
      accumulato», osserva ancora il presidente del Consiglio. Fra due anni - 
      aggiunge - saremo al livello della Francia e poi si andrà avanti verso 
      Venezia». Il premier non nasconde una speranza: che il progetto possa 
      espandersi «con una biforcazione nel Mezzogiorno», da una parte verso Bari 
      e dall'altra verso Battipaglia e poi Reggio Calabria. Moretti da parte sua 
      nega che vi siano stati aumenti di costi «da quando nel 2001 il progetto è 
      stato stabilizzato» e sottolinea, in sintonia con Prodi, che la 
      realizzazione dell'Alta Velocità andrà a vantaggio anche dei pendolari, 
      che potranno disporre dei vecchi binari ma ben più sgombri per i treni 
      regionali ed intercity. 
      «Siamo felici di aver dato un contributo al fare in un Paese in cui è 
      difficile fare le cose», dice da parte sua Scaroni, dando appuntamento a 
      tutti fra un anno per il viaggio inaugurale vero e proprio. A Milano la 
      cerimonia del totem si ripete e ad accendere l'orologio c'è anche il 
      presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni, che dialoga con il 
      collega Vasco Errani ed il sindaco di Bologna Sergio Cofferati, fra i 
      passeggeri vip del Minuetto. 
      L'appuntamento è dunque a dicembre 2008, sperando che le nuove linee 
      contribuiscano ad evitare anche gli incidenti come quello accaduto ieri 
      all'Eurostar Lecce-Roma, bloccato per ore al gelo. «Ci siamo assunti le 
      nostre responsabilità senza accampare pretesti», taglia corto Moretti, che 
      tiene a precisare però che le Fs sono state le uniche ad operare mentre si 
      fermavano strade ed aeroporti, e a tutti i passeggeri è stata fornita 
      tutta l'assistenza possibile in un freddo cane oltre a taxi, biglietti 
      aerei a chi l'aveva perso e rimborso al 100% di quelli ferroviari 
      all'arrivo nella capitale.   | 
    
  
  
   
  
   
  
    
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      Inquinamento: la scelta del 
      metano   | 
    
    
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      Parlare di ambiente e di 
      inquinamento è un dovere di ogni corretto cittadino.  
      Farlo con ragionevolezza è un obbligo. Senza scendere in troppi dettagli, 
      vorrei richiamare brevemente l'attenzione su i dovuti interventi 
      strutturali, per ovviare all'emergenza, più volte invocati e quasi mai 
      materializzati. 
      Uno di questi consiste senz'altro nella promozione della diffusione del 
      metano che per ogni applicazione si presenta migliore di altri 
      combustibili. Indubbiamente, limitando il discorso all'autotrazione, i 
      problemi della diffusione sono legati principalmente all'ancor modesta 
      estensione della rete distribuzione. Se non esistono le stazioni di 
      servizio, non si può pretendere che l'automobilista si metanizzi. 
      Recentemente il Governo si è posto il problema e si è attivato per 
      favorire la diffusione di tali impianti.  
      Ma costruire stazioni a metano non è semplice perché, per motivi di 
      sicurezza, servono grandi spazi e maggiori costi. Un esempio, vicino a 
      noi, riferito al trasporto collettivo: a Udine circolano gli autobus a 
      metano. Lì è stato possibile grazie, oltre alla volontà di farlo, alla 
      grande disponibilità di spazi, indispensabili anche per motivi logistici, 
      legati alla materiale erogazione del gas nei serbatoi degli autobus che ha 
      una durata significativamente superiore a quella del gasolio.  
      A Trieste, sempre come esempio, non mi risultano disponibili tali spazi, a 
      meno di non andare in profonda periferia, situazione non compatibile 
      economicamente con i percorsi di entrata ed uscita in linea. Ovviamente il 
      problema è generalizzato e vale, nel bene e nel male, anche per le altre 
      città. 
      Alle osservazioni fin qui formulate, si può aggiungere che la diffusione 
      delle vetture a metano è ostacolata dal fatto che la trazione diesel ha 
      fatto passi da gigante, sorretta da un'intensa pubblicità, facendo 
      ritenere inutile all'utente la complicazione del gas, essendo già 
      ecologicamente ed economicamente soddisfatto dalla scelta del gasolio. 
      A tal proposito sarà interessante osservare l'immediato futuro perché è 
      noto che negli ultimi tempi il costo del gasolio si è prepotentemente 
      avvicinato a quello della benzina, facendo cadere uno dei motivi di 
      economicità per l'acquisto. Resta, a favore del gasolio, il minor consumo 
      rispetto alla benzina. 
      Nonostante tutto, ritengo che nel prossimo futuro il mercato del gas 
      riprenderà. Nel frattempo bisognerà accelerare, come già detto e 
      stradetto, anche la trasformazione delle vecchie caldaie da riscaldamento.  | 
    
  
  
  Giorgio 
  Cappel
 
 
 
IL PICCOLO - 
DOMENICA, 16 dicembre 2007 
 
 
  
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    «La Tav ridurrà il 7,5% del 
    traffico stradale»  - Gli ambientalisti: è troppo poco. E l’alta 
    velocità non ci sarà  | 
  
  
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    Italia 
    nostra, Wwf ed ecologisti all’attacco sulla base dello studio strategico 
    commissionato dall’Ince  
    
    TRIESTE Solo il 7,5 per cento 
    del trasporto passeggeri passerà dalle strade alla ferrovia quando la Tav 
    sarà in funzione. Ad evidenziare il dato sono le associazioni Italia nostra, 
    Società speleologica italiana, Comitato contro il Corridoio V e Www (sezione 
    isontina) alla luce dell’esame dello «Studio Strategico per lo Sviluppo del 
    Corridoio Pan-Europeo V (PP6)» elaborato dalla società inglese Scott Wilson 
    business consultancy nel settembre 2007 su incarico dell’Iniziativa 
    Centro-Europea (Ince). 
    Le associazioni ambientaliste hanno formulato alcune controdeduzioni. La 
    prima riguarda proprio la diminuzione del trasporto passeggeri su gomma. Il 
    trasferimento modale del traffico passeggeri a livello regionale dalle 
    strade alle ferrovie nel 2045, come risultato dell’attuazione del Corridoio 
    V, secondo Scott Wilson vedrà la quota delle ferrovie aumentare dello 0,62% 
    ma - spiegano le associazioni – con un uguale calo del traffico su strada. 
    Secondo gli ambientalisti, pertanto, «ben il 92,5% del traffico passeggeri 
    regionale rimarrà sulla strada e solo il 7,5% andrà su ferrovia. La quota di 
    traffico eliminato dalla strada sarà inferiore all’1% tra 37 anni e con il 
    Corridoio V già in funzione da 30 anni» 
    C’è poi l'incognita del trasporto aereo. «Lo studio prevede una diminuzione 
    del numero di viaggiatori aerei di circa 440.000 passeggeri all’anno (25 per 
    cento circa). Questo dato appare però in netta contraddizione con la 
    prevista costruzione di un grande polo intermodale all’Aeroporto di Ronchi 
    dei Legionari – aggiungono Italia nostra, Società speleologica italiana, 
    Comitato contro il Corridoio V e Wwf -. Secondo lo studio inglese il 
    miglioramento delle infrastrutture ferroviarie comporterà un aumento della 
    domanda, ma ciò dipenderà anche dai modelli di esercizio che i gestori della 
    rete saranno in grado di attuare». Da qui i dubbi. 
    Anche sull’alta velocità gli ambientalisti fanno le pulci al rapporto. Lo 
    studio consiglia una velocità di 250 chilometri orari e «ricorda come la 
    ferrovia ad alta velocità sia adeguata per servire punti distanti più di 
    250/300 chilometri, mentre nel nostro caso, nei 320 chilometri che dividono 
    Mestre da Lubiana, il treno dovrebbe effettuare tre fermate intermedie 
    (aeroporto Marco Polo di Venezia, aeroporto di Ronchi e Trieste). Tuttavia – 
    aggiungono - questa previsione difficilmente sarà accolta dalla Slovenia che 
    nel suo piano territoriale nazionale ha indicato per il corridoio tra 
    (Trieste)-Koper e Ljubljana-Maribor una velocità di 160 chilometri orari». 
    Preoccupazione è espressa poi per «una grave sottovalutazione degli impatti 
    ambientali e paesaggistici, in quanto si definisce il Carso italiano come 
    semplici “colline” e quello sloveno caratterizzato da un non meglio 
    identificato “ambiente litografico”».  
    Secondo le associazioni le teorie ipotizzate dal rapporto sono poi 
    strettamente vincolate ai termini del completamento dell’opera fissati nel 
    2015. Ma i lavori della tratta Trieste – Divaca «non partiranno prima del 
    2013» e per gli ambientalisti non potranno essere terminati in meno di 10-15 
    anni. 
    Martina Milia   | 
  
 
 
  
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    Raggiunto a Bali l’accordo 
    sul clima  - Previsto entro il 2009 un nuovo accordo sul taglio delle 
    emissioni   | 
  
  
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    Il ministro 
    Pecoraro Scanio: «Un successo per l’Onu e per l’Ipcc», recente premio Nobel
     
    
    NUSA DUA-BALI La lotta al 
    riscaldamento globale non si ferma. Entro il 2009 un nuovo accordo taglia 
    emissioni, il Kyoto-2. A Bali è stato raggiunto l'accordo per una roadmap 
    che fissa due anni di negoziati da far partire al massimo nell'aprile del 
    2008. Fino a quella data, però, Per i paesi nessun nuovo vincolo in termini 
    di cifre di riduzione dei gas serra . Si è chiusa così la 13ma Conferenza 
    internazionale Onu sui cambiamenti climatici (Cop13). Oltre 10.000 persone e 
    190 paesi per 13 giorni, uno in più sul programma, al capezzale del clima 
    malato. 
    La trattativa è stata lunga ed estenuante, finita tra lacrime, applausi e 
    colpi di scena. Fino alla fine si è temuto, poi gli Stati Uniti hanno deciso 
    di dare il consenso negato soli pochi minuti prima trovandosi isolati 
    nell'opporsi al documento. 
    Il braccio di ferro dell'ultimo giorno è stato tra Usa e Paesi in via di 
    sviluppo. Questi ultimi si sentivano trattati alla pari dei paesi 
    industrializzati mentre gli Stati Uniti chiedevano loro maggiori impegni. 
    Uno scontro che ha bloccato le trattative tanto che lo stesso segretario 
    generale dell'Onu, Ban Ki Moon è dovuto arrivare a Bali per imprimere uno 
    sprint all'assemblea. E dopo l'accordo si è detto «profondamente grato nei 
    confronti di molti membri di stati per il loro spirito di flessibilità e 
    compromesso». 
    Ma per giorni a tenere banco nelle trattative è stato il corpo a corpo sul 
    taglio delle emissioni. Un capitolo sul quale l'Europa ha dovuto cedere alla 
    irremovibilità statunitense. La prima bozza in discussione conteneva 
    riduzioni nell'ordine del 25-40% al 2020 rispetto ai livelli del 1990 per i 
    paesi industrializzati. Ora si va avanti senza questo range anche se è stato 
    concesso il riconoscimento al lavoro degli scienziati del panel 
    intergovernativo sui cambiamenti climatici (Ipcc). 
    Per il ministro dell'Ambiente, Alfonso Pecoraro Scanio, l'accordo significa 
    aver «sconfitto chi voleva boicottare Kyoto e Bali». «Un successo per l'Onu 
    - ha detto il ministro - e per l'Ipcc». Unico rammarico: «Aver tolto 
    l'indicazione, fin da ora, degli obiettivi di taglio delle emissioni». 
    Ecco i capitoli principali dell'accordo e dei negoziati: 
    ROADMAP: la tabella di marcia è raccolta in tre pagine. Si riconosce tra 
    l'altro, la necessità di un'azione internazionale per la lotta ai 
    cambiamenti climatici e per la prima volta si lancia un processo che 
    coinvolge Paesi industrializzati e in via di sviluppo. Per i Paesi 
    industrializzati si parla di impegni e azioni appropriate evitando la parola 
    «vincoli», mentre i Paesi in via di sviluppo hanno ottenuto azioni 
    verificabili e misurabili. Si rafforzano inoltre i finanziamenti disponibili 
    e gli investimenti per sostenere azioni di attenuazione delle emissioni. 
    NEGOZIATI E POST-KYOTO: i negoziati dovranno aprirsi non più tardi 
    dell'aprile del 2008. Nel 2009, nel summit sul clima che avrà come sede 
    Copenaghen si deciderà l'accordo post-Kyoto il cui regime entrerà in vigore 
    nel 2012, cioè dopo la scadenza del Protocollo salva-clima la cui durata è 
    per il periodo 2008-2012. 
    CIFRE RIDUZIONE CO2: la roadmap di Bali verso Kyoto-2 non indica obiettivi 
    di taglio delle emissioni di gas serra. Il richiamo è soltanto una postilla 
    inserita in fondo alla pagina della premessa che rimanda a tre pagine del IV 
    Rapporto Ipcc, relative al Working group III, quello sulla mitigazione. In 
    queste pagine sono contenuti diversi scenari tra cui, quello più 
    raccomandato del taglio di gas serra del 25-40% al 2020 rispetto ai livelli 
    del '90 da parte dei Paesi industrializzati e del 50% per tutto il mondo al 
    2050. 
    LE ALTRE DECISIONI: nuova gestione del fondo di adattamento per aiutare i 
    Paesi più poveri già sotto gli effetti del cambiamento climatico, previsto 
    dal Protocollo di Kyoto, che verrà affidato al Fondo mondiale dell'Ambiente 
    (Gef) e avrà sede a Washington; le foreste entrano nella lotta ai gas serra; 
    gruppo di lavoro sul trasferimento di tecnologie nei paesi in via di 
    sviluppo.  | 
  
 
 
  
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    Montecitorio accoglie l’odg 
    sulla Trieste-Divaccia ma boccia l’idea dei casinò   | 
  
  
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    Il testo 
    presentato dal deputato di An Menia  
    
    TRIESTE Niente casinò come 
    risarcimento del confine che si dissolve. E stato, infatti, bocciato ieri 
    dalla Camera dei deputati il passaggio di un Ordine del giorno presentato 
    dal vicepresidente dei deputati di An, Roberto Menia che affermava 
    l'opportunità di consentire l'apertura di una o più case da gioco nelle 
    province confinarie e in Friuli Venezia Giulia, per contrastare l'offerta 
    dei casinò nelle vicine località slovene. Il testo di Menia, relativo alla 
    prossima caduta, il 21 dicembre, dei confini tra Italia e Slovenia, è stato 
    accolto per la parte dove sollecita la realizzazione della tratta 
    transfrontaliera Trieste-Divaccia, nell'ambito della realizzazione del 
    sistema ferroviario lungo l'asse del Corridoio 5. L'Odg definisce inoltre 
    «prioritaria» la realizzazione del collegamento Trieste-Capodistria, 
    indispensabile per la proiezione immediata ad est dello scalo giuliano.  | 
  
 
 
 
IL PICCOLO - 
SABATO, 15 dicembre 2007 
 
 
  
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    Metz: «Ferriera, Lucchini 
    inadempiente» - Il consigliere regionale dei Verdi sull’intimazione 
    ministeriale e l’Aia   | 
  
  
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    «La Lucchini non ha mai 
    ottemperato agli accordi sottoscritti: in campo sindacale, sulla bonifica 
    del sito inquinato di rilievo nazionale, sulla progettata chiusura nel 2009, 
    perché mai dunque si vuole attribuirle credito concedendo l’Autorizzazione 
    integrata ambientale?». Così il consigliere regionale dei Verdi, Alessandro 
    Metz, che ieri ha voluto «dare una visione d’assieme del problema Ferriera, 
    con l’aiuto di tutta la documentazione esistente» ha detto, denunciando 
    «manifesto danno ambientale sulla linea di costa dove i 70 metri di 
    avanzamento creato con scarti di produzione va dritto in bocca ai pesci e 
    non è stato mai risanato». Dopo che il ministero dell’Ambiente, su 
    sollecitazione dello stesso Metz, ha inviato alla Lucchini un perentorio 
    ordine di provvedere alla bonifica dell’area rientrante nel sito inquinato 
    di rilevanza nazionale, mai attuata nonostante le prescrizioni vincolanti 
    della Conferenza nazionale dei servizi, e ha minacciando di rivalersi 
    economicamente sull’azienda inviando copia del testo anche alla Procura, il 
    sindaco Dipiazza ha sfidato la Regione a concedere l’Aia «in condizioni di 
    palese inquinamento» e l’assessore Moretton ha risposto: «Sono cose 
    diverse». Metz riunifica il problema: «La Lucchini non rispetta i patti, 
    dice di aver denunciato al Tar alcuni obblighi, come la caratterizzazione 
    anche delle aree demaniali, ma al ministero aveva scritto cose diverse, e 
    cioé che l’avrebbe realizzata ’’entro ottobre 2007’’. Inoltre - ha 
    proseguito Metz, che in tema di sicurezza sul lavoro accusa l’Azienda 
    sanitaria di ’’insufficiente controllo’’ - il piano triennale del gruppo 
    dimostra che la Lucchini entro il 2008 investirà 235 milioni di euro a 
    Piombino (il 36% in ambiente), e niente a Servola, stabilimento che vuole 
    solo sfruttare».  | 
  
 
 
  
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    Da Usa e Russia stop 
    all’intesa sul clima - I nodi aperti: il taglio dei gas serra e le 
    responsabilità dei singoli Paesi  | 
  
  
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    Per un 
    accordo in extremis slitta a oggi a Bali la conclusione dei lavori della 
    conferenza Onu  
    
    ROMA Negoziati a oltranza al 
    vertice di Bali. La tredicesima Conferenza mondiale Onu sui cambiamenti 
    climatici doveva concludersi ieri nell’isola indonesiana, ma in serata, dopo 
    una giornata di estenuanti trattative, mancava ancora un accordo sul 
    documento finale e la chiusura dell’evento è stata rimandata ad oggi. Ad 
    allungare i tempi sono soprattutto le profonde divergenze tra Unione 
    Europea, che preme per misure vincolanti per tutti i Paesi, e Stati Uniti, 
    che escludono un impegno obbligatorio per la lotta ai cambiamenti climatici. 
    Nonostante due settimane di tempo, i 190 governi riuniti alla Conferenza Onu 
    sui cambiamenti climatici non sono riusciti a mettersi d’accordo per una «Bali 
    roadmap» che rappresenterà il protocollo per arrivare ad approvare l’accordo 
    taglia emissioni post-Kyoto al summit di Copenaghen del 2009. L’assemblea 
    plenaria della conferenza è stata sospesa e i delegati sono stati convocati 
    per questa mattina mentre le trattative proseguivano ad oltranza nella 
    notte. 
    Per tutto giovedì e ieri un gruppo ristretto di Paesi, con 20 ministri 
    coordinati da Australia e Argentina, ha negoziato i termini del documento 
    finale, da sottoporre all’approvazione dell’assemblea generale, che 
    raccoglie le sintesi delle posizioni dei vari Paesi. Due i temi al centro 
    della discussione: i tagli dei gas serra per i paesi industrializzati entro 
    il 2020 rispetto ai livelli del ’90 e la divisione delle responsabilità tra 
    paesi ricchi e quelli in via di sviluppo. 
    L’Unione Europea insieme all’Onu, all’Australia e all’Indonesia si battono 
    perchè la Conferenza si chiuda con un documento che impegni i Paesi 
    industrializzati a tagliare le emissioni di gas serra del 25-40 per cento 
    entro il 2020 e vogliono la citazione dei dati dell’ultimo rapporto del 
    panel intergovernativo di scienziati sui cambiamenti climatici (Ipcc). In 
    caso contrario, la Ue minaccia di boicottare il processo avviato ad ottobre 
    da Bush a New York del Major economies meeting. Mentre Stati Uniti e Canada 
    (secondo i dati, responsabili di circa metà delle emissioni) si oppongono a 
    una presa di posizione così drastica e impegnativa. In particolare gli Stati 
    Uniti, che non hanno ratificato il Protocollo di Kyoto e sono da sempre 
    contrari a obiettivi vincolanti, non accettano impegni di riduzione a medio 
    termine e obiettivi comuni, ma puntano a un accordo su obiettivi nazionali 
    decisi dai singoli Stati: insomma vogliono l’eliminazione di ogni 
    riferimento numerico sui tagli. E giovedì notte al "fronte del no" si è 
    aggiunta anche la Russia bloccando i negoziati perchè contraria al 
    riferimento al "paletto" del 25-40% entro il 2020. Mentre il Giappone sembra 
    avere ammorbidito la propria opposizione all’inserimento del riferimento 
    numerico. Il terzo fronte è composto da Cina e India che si dicono disposti 
    ad accettare i tagli voluti dalla Ue, lasciando però la responsabilità ai 
    Paesi industrializzati.  
    Monica Viviani  | 
  
 
 
 
IL PICCOLO - 
VENERDI', 14 dicembre 2007 
 
 
  
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    In 300 all’assemblea pubblica 
    a Servola sulla Ferriera   | 
  
  
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    L’assessore regionale 
    all’ambiente Gianfranco Moretton annuncia che comunque sarà concessa 
    l’autorizzazione ambientale alla Ferriera, anche dopo l’ultimatum sulle 
    bonifiche dato dal ministero all’azienda, e il comitato di coordinamento 
    delle associazioni dei residenti di Servola risponde con un’assemblea dai 
    toni infuocati. 
    Il comitato delle associazioni servolane replica sul fronte giudiziario 
    coinvolgendo oltre all’avvocato milanese Roberto Spazzali, anche l’ex 
    parlamentare Nereo Battello e un terzo legale triestino. Ieri in molti dei 
    trecento partecipanti all’assemblea convocata al ricreatorio «Gentili» hanno 
    firmato la procura speciale «anche per formalizzare la diffida che sarà 
    trasmessa in Regione. Una diffida - è stato sostenuto dai promotori 
    dell’iniziativa nel corso dell’assemblea - a tutti i consiglieri a non 
    votare un provvedimento che è in contrasto con le direttive europee. La 
    Regione non si è posta nessun ostacolo nel proseguire nella linea 
    dell’autorizzazione. Non esistono alibi, perché i termini sono scaduti. Ma 
    anche questa classe dirigente fino ad ora non è stata in grado di risolvere 
    il problema ricollocando i lavoratori». 
    Parole dure hanno annunciato la manifestazione di martedì 18 quando il caso 
    Ferriera sarà affrontato dal consiglio regionale. «Il problema - è stato 
    sottolineato - non riguarda solo il rione di Servola tutta la città». 
    Si è parlato di rilevazioni dell’Arpa ma anche di analisi epidemiologiche 
    eseguite recentemente a Capodistria dove – è stato sostenuto – è emerso che 
    i bambini che vivono nel territorio che dà sul mare dalla parte della 
    Ferriera soffrono di serie patologie bronchiali. 
    Intanto il consigliere regionale dei Verdi Alessandro Metz ha chiesto 
    urgentemente un’audizione straordinaria al presidente del consiglio Tesini. 
    «Considerata l’esasperazione degli abitanti del rione di Servola che da anni 
    domandano un dialogo con le rappresentanze politiche domando che sia 
    convocata una seduta straordinaria».   | 
  
 
 
  
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    I Verdi: «C’è sempre più 
    confusione sulla Tav»  | 
  
  
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    TRIESTE «Sul progetto per l’alta 
    velocità in Friuli Venezia Giulia sorge sempre più confusione e sempre più 
    perplessità e spiazzamento». Alessandro Metz, consigliere regionale dei 
    Verdi, non ha dubbi. E, all’indomani dell’incontro di Lodovico Sonego con i 
    sindaci della Bassa per decidere le caratteristiche del tracciato, muove 
    all’attacco: «I Verdi, così come i molti comitati spontanei No Tav sorti 
    nella nostra regione, hanno sempre sostenuto che il modello ferroviario ad 
    alta velocità non è geograficamente compatibile con il nostro territorio». 
    Secondo l'esponente ambientalista, inoltre, «la linea ferroviaria attuale 
    che congiunge Mestre a Trieste attraverso la Bassa Friulana è fortemente 
    sottoutilizzata è offre ancora il 50% di capacità per i trasporti». Non 
    basta: «Un progetto serio di pianificazione concreta dello spostamento da 
    gomma a rotaia - incalza Metz - è un'azione di calcolata e logica sensatezza 
    che un governo regionale ha il potere di attuare, al di là delle uscite 
    propagandistiche».  | 
  
 
 
  
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    Al Gore sul clima: «Avanti 
    senza Bush»  | 
  
  
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    ROMA L'Unione europea è pronta a 
    disertare il vertice sull'ambiente fissato per il mese prossimo alle Hawaii 
    se da quello di Bali non uscirà un risultato concreto. «Se Bali fallisce» ha 
    detto Humberto Rosa, rappresentante della presidenza portoghese dell'Unione, 
    «non avrebbe senso avere un altro incontro delle economie più importanti». 
    Rosa non ha voluto definire un boicottaggio la posizione europea nei 
    confronti del meeting convocato da George W. Bush. «Non stiamo ricattando 
    nessuno» ha detto da Bali, dove l'Ue sostiene l'obiettivo Onu di tagliare le 
    emissioni dal 25 al 40 per cento entro il 2020 rispetto ai livelli del 1990. 
    Gli inviati di 180 Paesi hanno tempo fino a venerdì per trovare una intesa 
    sul dopo-Kyoto, il protocollo sull'ambiente che scadrà nel 2012.  
    Nel frattempo è arrivato l'ospite più atteso: il premio Nobel per la pace Al 
    Gore che ha invitato a trovare un accordo anche senza gli Stati Uniti. «Non 
    sono un funzionario e non sono vincolato alle carinerie diplomatiche» ha 
    detto Gore, «per questo posso premettermi di svelare una verità scomoda: il 
    mio Paese è il principale responsabile dell'ostruzionismo che si sta 
    incontrando qui a Bali. Potete sentirvi arrabbiati e frustrati e prendervela 
    con gli Stati Uniti. Ma avete un'altra opzione: decidere di andare avanti e 
    fare tutto il difficile lavoro che bisogna fare. Dobbiamo andar via da qui 
    con un mandato forte».  | 
  
 
 
IL PICCOLO - 
GIOVEDI', 13 dicembre 2007 
 
 
  
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    La Regione: daremo comunque 
    l’ok alla Ferriera - «L’ultimatum del ministero non riguarda gli impianti e 
    l’autorizzazione ambientale»  | 
  
  
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    L’assessore 
    Moretton polemico con il sindaco Dipiazza. Oggi assemblea pubblica delle 
    associazioni dei residenti di Servola  
    
    «L’ultimatum del ministero 
    dell’Ambiente alla Lucchini non condizionerà minimamente l’iter per il 
    rilascio dell’Autorizzazione ambientale alla Ferriera. E questo non perchè 
    la Regione intenda ”proteggere” l’azienda, come insinua Roberto Dipiazza, ma 
    semplicemente perchè si tratta di due partite del tutto distinte». Così 
    Gianfranco Moretton replica a distanza al sindaco di Trieste colpevole, a 
    suo dire, di voler strumentalizzare il richiamo fatto da Roma.  | 
  
  
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    L’impressione del vicepresidente 
    della Giunta, infatti, è che il primo cittadino stia facendo volutamente 
    confusione sulla vicenda, per lanciare accuse pretestuose 
    all’amministrazione regionale ed ergersi a «vincitore» di questa partita. 
    «Non capisco quale sia la vittoria di cui parla Dipiazza - spiega Moretton 
    -. Lui è convinto che il contenuto della lettera inviata da Roma alla 
    Lucchini gli dia ragione perchè, ribadendo la presenza di fenomeni di 
    inquinamento, confermerebbe le motivazioni che hanno spinto finora il Comune 
    a dare parere negativo al rilascio dell’autorizzazione ambientale. Dimentica 
    però che le due questioni sono completamente separate. Il ministero fa 
    riferimento alla caratterizzazione e alla bonifica dei terreni e delle acque 
    di falda. L’”Aia”, invece, riguarda gli interventi da realizzare negli 
    impianti della Ferriera ed è il passaggio con il quale viene imposto 
    all’azienda di adottare misure che consentano di far rientrare nei parametri 
    di legge le emissioni inquinanti. Inutile quindi che il sindaco si chieda 
    ”come farà la Regione ad ignorare l’ultimatum e a concedere come se nulla 
    fosse l’autorizzazione ambientale”. Tra i due passaggi non c’è assolutamente 
    alcun collegamento. Il ministero non ha fatto altro che dar seguito a quanto 
    già disposto in occasione delle precedenti Conferenze, trasformando da 
    ordinatoria a perentoria l’azione di risanamento ambientale».  
    L’ultimatum lanciato da Roma («se entro 20 giorni l’azienda non provvederà 
    alla messa in sicurezza dei terreni e delle acque di falda, il ministero 
    assumerà i poteri sostitutivi e avvierà la messa in mora»), dice dunque 
    Moretton, non condizionerà il rilascio dell’«Aia». Rilascio che subirà 
    comunque un altro rinvio: la delibera per la concessione della 
    certificazione ambientale, infatti, non approderà nemmeno domani in Giunta a 
    causa dell’assenza di uno dei pareri richiesti. Motivi tecnici, dice però 
    l’assessore, e non dettati dalle pressioni del Comune.  
    Moretton invita quindi Dipiazza ad esaminare «le norme che gli mettono a 
    disposizione importanti strumenti da utilizzare in caso di pericoli per la 
    salute dei cittadini. La legge nazionale 267 _ spiega l’assessore - assegna 
    ai sindaci poteri ben precisi per affrontare situazioni delicate come quelle 
    che riguardano l’attività della Ferriera di Servola.In particolare prevede 
    che possa essere emessa opportuna ordinanza di chiusura, e non solo di 
    semplice sospensione, delle realtà inquinanti. Qualora ne ravveda la 
    necessità, dunque, Dipiazza ha la possibilità di bloccare lo stabilimento 
    emanando una semplice ordinanza. Se insomma crede che questo sia il 
    passaggio necessario, agisca subito e si assuma la responsabilità che gli è 
    attribuita dalla legge».Inutile infine, secondo Moretton, che il Comune 
    tenti di confondere le acque e camuffare il vero significato del duro 
    richiamo alla Lucchini. «Va ricordato che solo il ministero dell’Ambiente ha 
    competenza diretta ed esclusiva nel richiedere interventi da parte della 
    proprietà in materia di caratterizzazioni e bonifiche. Lo si capisce anche 
    dal fatto che l’area della Ferriera si trova all’interno del Sito inquinato 
    di interesse nazionale. Contrariamente a quanto afferma il sindaco dunque - 
    precisa ancora l’assessore - la Regione non ha alcun margine di manovra in 
    questo settore. Ciò che compete alla Regione invece è il rilascio dell’Aia». 
    E’ di avviso diverso, però, , l’esponente dei Verdi, Alessandro Metz, che ha 
    chiesto un'audizione «straordinaria e urgente» sulla Ferriera, alla luce 
    della «grave situazione che continua a emergere dall'area dove insiste 
    l'impianto siderurgico e dell'esasperazione degli abitanti del rione di 
    Servola». 
    Gli stessi residenti questa sera alle 20.30 al ricreatorio comunale «Gentilli», 
    in via di Servola 127, terranno un’assemblea pubblica per illustrare le 
    azioni giudiziarie intraprese contro la Lucchini e «gli amministratori 
    pubblici inadempienti». Per martedì prossimo, infine, è in programma una 
    manifestazione di protesta in piazza Oberdan in concomitanza con la seduta 
    del Consiglio regionale. 
    m.r.  | 
  
 
 
  
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    Depuratori da mettere a norma 
    a Servola e a Barcola Ma i lavori partiranno nel 2009 - Già disponibili 
    soluzioni tecniche e finanziamenti   | 
  
  
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    Il secondo 
    impianto verrà declassato e la conduttura confluirà sul primo 
    
    A Trieste è in atto un vero e 
    proprio piano di risanamento dei depuratori. Un adeguamento doveroso per due 
    delle quattro strutture presenti in città che a oggi non risultano a norma. 
    Nel mirino i depuratori di Servola e Barcola, che a differenza di quelli di 
    Zaule e Basovizza non rispettano i nuovi parametri previsti dalla legge 
    152/2006. In quest'ottica la Provincia di Trieste stanzierà 500mila euro per 
    la progettazione definitiva ed esecutiva dell'adeguamento del depuratore di 
    Servola e un milione e 300mila euro per la progettazione e realizzazione di 
    una conduttura che trasporterà i liquami da Barcola a Servola.  
    «Il finanziamento - spiega l'assessore provinciale all'Ambiente Ondina 
    Barduzzi - proviene dal Piano di stralcio provinciale per la gestione delle 
    acque ed è frutto di un accordo di programma che verrà sottoscritto nei 
    prossimi giorni con le realtà interessate. Con questa soluzione la Provincia 
    potrà concedere un'autorizzazione provvisoria agli impianti che anche se non 
    a norma, potranno continuare ad operare fino a quando non si procederà con i 
    lavori». 
    Acegas-Aps, su istanza della Provincia e del Comune di Trieste, ha già 
    redatto uno studio di fattibilità per l'adeguamento dello scarico 
    dell'impianto di Barcola per la messa a punto del quale sono necessari 3 
    milioni 900mila euro. «Attualmente - spiega l'ingegnere Enrico Altran di 
    Acegas-Aps - il carico di liquami che grava sul depuratore di Barcola è 
    troppo esiguo e questo non consente un corretto funzionamento di un impianto 
    biologico (così come a Servola) che tra l'altro è obbligatorio per legge». 
    La soluzione più semplice per ovviare al problema: prevedere di declassare 
    la struttura da depuratore a stazione di pompaggio. «Il progetto - precisa 
    Altran - prevede la creazione di una stazione di sollevamento e di una 
    condotta lungo viale Miramare per trasportare i liquami da Barcola ai 
    collettori principali della città già presenti a Roiano. Da qui 
    raggiungeranno il depuratore di Servola». Se il progetto sarà approvato 
    dalla Conferenza dei servizi entro gennaio, tenendo conto dei tempi per la 
    progettazione e la gara, i lavori dovrebbero incominciare nel 2009.  
    Silvia Stern  | 
  
 
 
  
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    Tav più veloce, correrà a 220 
    km all’ora  - Si tratta ancora sulle due ipotesi di tracciato. Resta il 
    no di Porpetto e Villa Vicentina  | 
  
  
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    Nuovo 
    incontro fra Sonego e i sindaci della Bassa friulana. Innalzato il limite di 
    velocità (160 km/h): era considerato troppo basso  
    
    TRIESTE «Il treno ad alta 
    velocità non supererà i 220 chilometri orari, mantenendo di fatto 
    caratteristiche di alta capacità». A spiegarlo l’assessore ai Trasporti 
    Lodovico Sonego che ieri pomeriggio ha dovuto affrontare un’altra maratona 
    con i sindaci della bassa friulana. Uno degli oggetti del contendere sono 
    proprio le caratteristiche tecniche dell’infrastruttura sulle quali si sono 
    scontrati anche i tecnici (di Regione, Rfi e comuni). Intanto sulle ipotesi 
    del tracciato la Regione, pur nella disponibilità al confronto, non fa passi 
    indietro. Ne restano due all'esame e l'assessore incalza i comuni. Giovedì 
    20 un nuovo incontro e poi un altro già fissato il 15 gennaio. Forse quello 
    definitivo.   | 
  
  
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    I DUE TRACCIATI Che sia l’ipotesi A 
    oppure quella B, nessuna sembra trovare il pieno accordo di tutti. «Tra i 
    tecnici è nata una discussione iper specialistica – spiega l’assessore – che 
    va chiarita e approfondita. Santorini sostiene che la soluzione B (quella 
    che prevede il passaggio sul tracciato storico) finirebbe per avere un 
    impatto forte su Torviscosa perché richiederebbe un ampliamento notevole del 
    fascio binario. Entrambe le soluzioni, poi, richiederebbero un quinto 
    binario sul ponte ferroviario di Cervignano che però ne può ospitare solo 
    quattro.  
    L’alternativa sarebbe un declassamento della linea in quel punto in quanto 
    servirebbe creare un bivio ferroviario». Partendo da questo l’assessore ha 
    dato disposizione ai tecnici di presentare una relazione che spieghi le 
    eventuali criticità e i pro delle due soluzioni e di presentarla ai sindaci 
    per ragionare in modo mirato sulle questioni. «Abbiamo comunque fatto passi 
    avanti anche oggi – prosegue Sonego – e abbiamo già fissato le prossime 
    riunioni. Avanti tutta». La Regione non fa previsioni su quando la partita 
    sarà chiusa ma vuole accelerare.  
    LA VELOCITA’ Una delle ragioni del confronto acceso tra i tecnici sarebbe 
    stata poi la questione della velocità delle linee. «Il problema che è stato 
    sollevato – spiega il sindaco di Bagnaria, Anselmo Bertossi – è quello della 
    velocità. Chi dice (ndr il tecnico dei comuni, De Bernardi) che la linea 
    deve seguire quanto avviene in Slovenia, dove i treni non dovrebbero 
    superare i 160 all’ora, e chi ritiene che possano arrivare a 200, 220 
    all'ora. Da questo dipendono le curvature e diverse caratteristiche 
    dell’opera. Tutte cose su cui a questo punto attendiamo chiarimenti. Da 
    parte della Regione resta la disponibilità a discutere ma non credo che oggi 
    (ieri per chi legge) abbiamo fatto passi avanti. Vedremo giovedì». Sulla 
    questione velocità però Sonego precisa. «Anche la Slovenia si sta allineando 
    ai criteri europei in quanto si rende conto – aggiunge l’assessore – che 
    l’investimento è rilevante per cui vale la pena realizzare un’opera che 
    abbia determinate caratteristiche. Quando parliamo della nostra alta 
    velocità, comunque, non ci discostiamo dall’alta capacità perché le linee 
    sosterranno treni che viaggeranno a 200-220 all'ora, non di più».  
    I CONTRARI In trincea restano il comune di Porpetto e Villa Vicentina. Il 
    sindaco Mario Pischedda ha chiesto di fare un passo indietro e di analizzare 
    in modo approfondito le ipotesi scartate. Ma questa strada sembra senza 
    uscite. «I tracciati di cui parliamo oggi – insiste Pischedda – sono quelli 
    che avevamo deciso di iniziare ad approfondire perché ci sembravano i meno 
    impattanti. Questo per noi non voleva dire scartare tutti gli altri. Non ci 
    può essere fretta per prendere una decisione tanto importante». 
    E Pischedda ne ha anche per alcuni colleghi. «La coerenza è importante – 
    pungola – mi lascia perplesso vedere che alcuni sindaci che inizialmente si 
    dichiaravano molto preoccupati per l’impatto dell’opera, oggi siano 
    diventati favorevoli alla Tav perché il nuovo tracciato li tocca 
    marginalmente». 
    I CHIARIMENTI Il prossimo incontro dovrà servire ad avere una visione più 
    chiara su alcune caratteristiche dell’opera (la velocità ma non solo). 
    «Finora abbiamo ragionato su linee sulla carta – dice il primo cittadino di 
    Torviscosa, Roberto Duz – ma ora bisogna entrare più in profondità. Anche 
    perché ai nostri cittadini dobbiamo essere in grado di dire perché la 
    ferrovia passerà da una parte e non dall’altra e quali caratteristiche 
    (altimetria, binari eccetera) avrà».  
    Martina Milia  | 
  
 
 
IL PICCOLO - 
MERCOLEDI', 12 dicembre 2007 
 
 
  
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    Il ministero: la Ferriera 
    bonifichi la costa  - «Entro 20 giorni la proprietà metta in sicurezza 
    i terreni o la metteremo in mora»  | 
  
  
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    La lettera 
    si riferisce all’inquinamento delle acque di falda. Dipiazza: «Aveva ragione 
    il Comune, ora la Regione darà ancora l’Aia?»  
    
    L’ultimatum è pesante e non 
    lascia spazio ad interpretazioni: se entro fine mese la Lucchini non 
    provvederà agli interventi di messa in sicurezza dei terreni e delle acque 
    di falda nell’area occupata dalla Ferriera, previsti dalla Conferenza dei 
    servizi sul Sito inquinato di rilevanza nazionale, il ministero 
    dell’Ambiente «attiverà i poteri sostitutivi» a danno della società e 
    procederà alla messa in mora della stessa. In altre parole, avvierà 
    autonomamente le operazioni di risanamento ambientale, presentando alla fine 
    il conto al gruppo bresciano, finora inadempiente, e «attivando le procedure 
    per l’iscrizione dell’ipoteca legale sulla proprietà».  
    La doccia fredda per l’azienda è contenuta in una lettera datata 7 dicembre, 
    firmata dal responsabile della Direzione per la qualità della vita del 
    ministero, Gianfranco Mascazzini, e inviata per conoscenza anche a Regione, 
    Comune, Provincia e Avvocatura dello Stato. Una missiva di sei pagine in cui 
    viene evidenziata la portata dell’inquinamento riscontrato nel comprensorio 
    servolano, e ribadita l’impossibilità di accettare ulteriori ritardi nella 
    messa in sicurezza d’emergenza.  
    «La caratterizzazione delle acque di falda eseguita nel 2005 - si legge nel 
    testo - ha evidenziato un’elevata contaminazione dovuta alla presenza di 
    diversi agenti inquinanti». Tra questi vengono citati metalli come il cromo 
    esavalente e il manganese (quest’ultimo con concetrazioni vicine ai 1900 
    microgrammi per litro a fronte di un limite di 50 mg/l), nitriti, e 
    idrocarburi aromatici come benzene ed etil benzene. Allarmante, per il 
    ministero, anche la situazione del suolo, dove sono stati accertati 
    sforamenti nei valori di ben 11 metalli (dal piombo allo zinco), e di 9 
    idrocarburi policiclici. 
    Eppure, nonostante l’inquinamento sia stato evidenziato in maniera così 
    netta, continua il documento, «da parte dell’azienda non è pervenuta alcuna 
    comunicazione relativa agli interventi di messa in sicurezza d’emergenza 
    attivati o in corso di attivazione». Di qui la scelta della linea dura: o la 
    Lucchini correggerà la rotta avviando le necessarie procedure entro 20 
    giorni dal ricevimento della lettera, o entrerà direttamente in azione il 
    ministero, che provvederà anche a denunciare penalmente il gruppo ai sensi 
    dell’articolo 257 del decreto legislativo 152/06 (inadempienze in materia di 
    bonifiche). 
    Una mossa interpretata quasi come una vittoria personale da Roberto Dipiazza 
    che, dopo aver letto la lettera, ha immediatamente scritto alla Regione per 
    ribadire la contrarietà del Comune al rilascio dell’Autorizzazione integrata 
    ambientale all’impianto siderurgico. «Ciò che scrive ora il ministero, 
    l’avevamo banalmente già detto noi nella Conferenza dei servizi del 30 
    ottobre - chiarisce il sindaco -. Questa lettera quindi conferma che avevamo 
    ragione. Ora voglio proprio vedere come farà la Regione, che finora ha 
    sempre protetto la Lucchini, ad ignorare questo intervento. Chissà quale 
    escamotage inventeranno per riuscire a far finta di niente e a rilasciare, 
    come se niente fosse, l’autorizzazione ambientale».  
    «Ci può essere una fabbrica che non inquina che sta su un terreno inquinato, 
    ma anche viceversa» risponde Ondina Barduzzi, assessore provinciale 
    all’Ambiente, come a dire implicitamente che Aia e Sito inquinato di 
    rilevanza nazionale sono due capitoli da tenere distinti. Ieri Barduzzi era 
    ancora all’oscuro dell’ iniziativa ministeriale, così come i sindacati, 
    mentre il verde Alessandro Metz in una sua nota spiegava apertamente di 
    essere il suggeritore di questa iniziativa: «Insisto sulla verifica delle 
    anomalie della gestione dell’impianto, dopo un lungo incontro al ministero, 
    fatte le dovute verifiche, sono state rilevate le reiterate inadempienze 
    della proprietà». Per la quale risponde il responsabile delle relazioni 
    esterne, Francesco Semino: «Noi, ma anche altre aziende dei 54 Siti 
    inquinati nazionali - dice - abbiamo fatto ricorso al Tar specificamente 
    dove ci si impone la caratterizzazione anche delle aree demaniali, e questo 
    perché la materia è controversa e diseguale sul territorio, anche a 
    Trieste». 
    La Lucchini dice anche che, avendo messo in azione delle pompe per 
    l’aspirazione e il trattamento dell’acqua di lavorazione nei punti più a 
    rischio per evitare l’inquinamento delle falde sottostanti il terreno 
    inquinato, pensava di aver «messo in sicurezza» il sito. «Ma il ministero 
    non fa cenno di questo, né ci dice che cosa sia sbagliato e come fare» 
    aggiunge Semino, citando sentenze in cui al ministero è stato dato torto, 
    una modifica della legge sulle bonifiche in arrivo e tutta una serie di 
    considerazioni (anche economiche) che hanno dettato la resistenza. Il resto 
    è demandato «ai tecnici e ai legali». 
    «C’è una questione di priorità - commenta invece Franco Belci, segretario 
    Cgil -, certo se il ministero interviene avrà le sue buone ragioni, che il 
    sito sia inquinato dopo 100 anni di siderurgia è chiaro, ma se il sindaco 
    vuole strumentalizzare l’argomento chiuda la fabbrica e sistemi 1000 
    persone, questo mi sembra tutto un gesto politico, a noi stanno a cuore la 
    salute dei cittadini e dei dipendenti, non si può intervenire su tutto 
    contemporaneamente. Ma se il gioco consiste nel colpire la Ferriera 
    comunque, affinché chiuda, allora lo si faccia più in fretta». 
    «Sorpreso» si dichiara Vincenso Timeo della Uil settore industria. «Sorpreso 
    - dice - dalla perentorietà del dettato ministeriale, noi siamo d’accordo su 
    ogni prescrizione di bonifica data alla Ferriera, ma stiamo soprattutto 
    lavorando per la sicurezza interna ed esterna allo stabilimento, e ho paura 
    - prosegue il sindacalista - per le conseguenze che questa azione potrebbero 
    avere sui lavoratori: se l’azienda non volesse ottemperare e volesse 
    smettere un’attività non più conveniente? Vorrei - conclude Timeo - che chi 
    parla di sicurezza e ambiente mettesse in campo le medesime energie per 
    occuparsi della riconversione della fabbrica, a noi la politica dei due 
    tempi non va assolutamente bene».  
    
    Maddalena 
    Rebecca e Gabriella Ziani  | 
  
 
 
  
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    Ripetitore per telefonini 
    vicino ad Altura 
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Un lettore 
sottolinea la pericolosità della struttura che è in fase di realizzazione per la 
Tim/Telecom 
Tempo fa sono stato contattato da 
una nota azienda telefonica (Tim/Telecom) che mi proponeva una cifra 
considerevole (quasi 20mila euro all’anno) per realizzare vicino al magazzino 
della mia attività un ripetitore, credo per l’Umts.
Mi fu detto che si sarebbe trattato di un semplice palo di 16 metri, che sarebbe 
stato rivestito da «finto albero» per non danneggiare la paesaggistica, ma 
soprattutto che l’irradiazione sarebbe consistita in un «cono» atto a coprire la 
superstrada sottostante, e non avrebbe assolutamente investito le numerose 
palazzine di Altura, a me vicine.
Ero quasi convinto da tutte queste rassicurazioni, ma al momento dell’arrivo dei 
tecnici ho capito come stavano realmente le cose. Non si trattava di un palo, ma 
di un traliccio di almeno 20 metri, non intendevano mettergli il (costoso...) 
rivestimento di finto albero, con l’argomentazione che l’allora assessore Rossi 
era (giustamente) contrario a questi «trucchi» (effettivamente ingannevoli); 
poi, al momento del sopralluogo «decisero» che quel punto più nascosto dove il 
loro agente mi aveva proposto la realizzazione, era troppo basso, e si doveva 
farlo nel prato della mia abitazione soprastante. Ma, soprattutto, si erano 
«dimenticati» di spiegarmi che l’irradiazione non era affatto un cono verso la 
superstrada, ma che doveva irradiarsi a 360 gradi, investendo quindi totalmente 
le case di Altura (qualche migliaio di persone). Al mio rifiuto, mi fecero avere 
una simulazione al computer di come, grazie al travestimento da albero, questo 
traliccio non sarebbe stato troppo di impatto: questo dopo aver precedentemente 
detto che tali travestimenti non erano a norma per il nostro Comune.
Tutta questa tendenza all’argomentazione approssimativa, se non ambigua, deve 
farci riflettere su quanto altrettanto approssimative, e ambigue, sono le loro 
argomentazioni tese a «tranquillizzarci» circa la pericolosità di questi 
ripetitori. Dovrei fidarmi di qualcuno che, al mio rifiuto, mi dice: «Ti 
ritroverai un ripetitore a pochi metri da casa, ma senza più prendere una 
lira...»? Questa è la moralità con cui operano. Mi dicono che la gente non si 
deve lamentare, perché è la gente che vuole usare il cellulare: ma se sono così 
sicuri che la gente è d’accordo fino a questo punto, perché allora fanno tutto 
di nascosto alla gente stessa?
Adesso stanno concretizzando quanto mi paventarono, realizzando sul colle qui 
sopra il ripetitore: solo che, tanto per dirne una, anche il cartello 
obbligatorio di informazioni pubbliche è stato messo nascosto, in un punto dove 
nessuno può vederlo e al mio invito di spostarlo nel secondo accesso al cantiere 
si sono rifiutati. Specifico peraltro che quel sito, oltre a essere vicinissimo 
alle numerose palazzine di Altura, ai due parchi giochi appena rinnovati dal 
Comune, a essere non così lontano dalla scuola don Milani, si trova esattamente 
poco più sotto del sito vicinissimo dove verrà realizzato il nuovo Burlo 
Garofolo, che si troverà in linea d’aria con l’irradiazione «a ombrello» del 
ripetitore.
Vorrei dire a quel qualcuno che ha concesso il proprio terreno per questo 
ripetitore, che anche a me tutto quei soldi avrebbero fatto comodo, ma ho 
rifiutato per rispetto di migliaia di abitanti di Altura, che verranno 
«irradiati» da un tipo di onde che, a tutt’oggi, molti studiosi considerano 
pericolose, ivi compreso un fisico sentito dal mio avvocato.
Agli abitanti di Altura vorrei dire invece che, se recentemente non lontano da 
noi gli abitanti di un rione sono riusciti a fermare la costruzione già avviata 
di un traliccio simile, significa che non bisogna partire rassegnati, verso 
un’industria che, asserendo di lavorare per assecondare le nuove (spesso futili) 
esigenze della gente, in realtà guadagna una montagna di soldi mettendo in 
ultimo piano i rischi possibili per la salute della gente stessa.
Queste colline, che già sono vittime di chi anni fa permise la concomitanza tra 
un borgo popoloso e la superstrada che l’attraversa, non si meritano ulteriori 
scempi, e in questo senso va sinceramente ringraziato, e appoggiato il sindaco 
Dipiazza, che si è opposto al progetto di un malaugurato svincolo, sempre qui ad 
Altura.
Paolo Mizzan
 
 
  
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    Alberi minacciati in viale 
    Sanzio  | 
  
  
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    Tanto difficile fare progetti in 
    cui non ci vadano di mezzo gli alberi? 
    Se in viale Miramare il dio petrolio ha già fatto le sue vittime, vedremo 
    cosa succederà in viale Sanzio. Anche se in questo viale le cose si 
    risolvono lasciando alla bora il compito di schiantare gli alberi lasciati 
    senza un minimo di cura. 
    Ultimamente è andata distrutta una macchina, ma si aspetta il peggio? 
    Per la pista di ghiaccio da spostare, calma triestini! verrà spostata non 
    appena si troverà un bel sito da disboscare. Farla in Fiera, in Giardino 
    pubblico o pensare finalmente a un impianto fisso visto il successo che 
    incontra? Per noi il 25 dicembre è un giorno qualsiasi, ma quelli che ci 
    credono come fanno a festeggiare cementando abeti? Probabilmente con lo 
    stesso spirito con cui mettono cubi di pietra al posto di panchine. 
    Marina e Tullio Marchioli  | 
  
 
 
 
IL PICCOLO - 
MARTEDI', 11 dicembre 2007 
 
 
  
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    Ferriera: decreto sull’Aia al 
    Senato  | 
  
  
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    Riprende oggi al Senato la 
    discussione sul decreto legge in materia di autorizzazione integrata 
    ambientale. Un provvedimento che recentemente ha comportato il differimento 
    dei termini (per un periodo di 6 mesi, la scadenza è fissata a marzo), 
    comprendendo quindi anche il rilascio dell’Aia da parte della Regione per lo 
    stabilimento siderurgico della Ferriera di Servola. La discussione è 
    all’esame dell’aula di palazzo Madama, che si riunirà oggi alle 16,30 e 
    domani alle 9.30 e alle 16.30. 
    L’Autorizzazione integrata ambientale è il provvedimento che autorizza 
    l’esercizio di un impianto, imponendo misure tali da evitare oppure ridurre 
    le emissioni nell’aria, nell’acqua e nel suolo per conseguire un livello 
    elevato di protezione dell’ambiente nel suo complesso. L’Aia sostituisce 
    ogni altra autorizzazione, visto, nulla osta o parere in materia ambientale 
    previsti dalle disposizioni di legge e dalle relative norme di attuazione. 
    Nei tavoli tecnici solo il Comune ha espresso la sua contrarietà 
    all’autorizzazione integrata ambientale per lo stabilimento siderurgico 
    della Ferriera di Servola, mentre altri enti hanno indicato delle 
    prescrizioni. A breve la giunta regionale dovrebbe concedere all’impianto 
    della Lucchini-Severstal il nulla osta.   | 
  
 
 
  
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    Cambiamenti climatici: anche 
    l’Italia a rischio  - Lo rivela uno studio cui ha partecipato il fisico 
    triestino Giorgi, Nobel con l’Ipcc  | 
  
  
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    I Paesi più 
    esposti sono India, Cina e Stati Uniti. Ieri a Oslo la consegna del premio 
    dell’Accademia all’istituto di Miramare  
    
    TRIESTE Sono Cina, India e Stati 
    Uniti le nazioni con le più alte emissioni di gas serra e anche quelle più 
    esposte al cosiddetto rischio socio-climatico, vale a dire alle conseguenze 
    sociali ed economiche dei cambiamenti climatici in atto sul Pianeta. Ma pure 
    il Mediterraneo (e l'Italia in particolare) rientra – in minor misura – in 
    questa categoria a rischio. Lo dimostra uno studio che appare sull'ultimo 
    numero dei prestigiosi «Proceedings of the National Academy of Sciences» e 
    che è firmato tra l'altro da Filippo Giorgi, responsabile della sezione di 
    Fisica della Terra al Centro di fisica teorica di Trieste e uno dei 
    vicedirettori dell'Ipcc, il Comitato intergovernativo sui cambiamenti 
    climatici. Proprio ieri, a Oslo, l'Ipcc ha ricevuto il premio Nobel per la 
    pace assieme ad Al Gore per aver contribuito a una presa di coscienza 
    collettiva dei problemi climatici. Racconta Filippo Giorgi: «Ho lavorato a 
    questa ricerca la scorsa estate, qui a Miramare, con un giovane e brillante 
    studioso americano, Noah Diffenbaugh, professore associato di scienze della 
    Terra alla Purdue University dell'Indiana, negli Stati Uniti, che ha pure 
    firmato l'articolo assieme a Leigh Raymond, un suo collega esperto di 
    problemi politico-economici, e a Xunqiang Bi, un fisico cinese che lavora da 
    ormai dieci anni all'Ictp. Si tratta di una ricerca che va molto al di là 
    degli aspetti puramente fisici dei fenomeni climatici, come il 
    riscaldamento, l'innalzamento del livello degli oceani o le variazioni nelle 
    precipitazioni. Per la prima volta, infatti, si è cercato di mettere insieme 
    i fattori climatici con quelli sociali ed economici. E' l'inizio di una 
    linea di ricerca che contiamo di portare avanti in futuro». «Uno dei 
    messaggi principali del nostro lavoro – precisa ancora Giorgi – è che con i 
    cambiamenti climatici non vi saranno né vincitori né vinti. E anche se Cina, 
    India e Stati Uniti risultano le nazioni più a rischio, in realtà buona 
    parte delle aree geografiche della Terra saranno esposte a minacce sociali 
    ed economiche legate ai cambiamenti climatici che si potranno verificare nel 
    corso del secolo. Ci auguriamo davvero che tutto ciò venga preso nella 
    giusta considerazione alla Conferenza dell'Onu sul futuro del Protocollo di 
    Kyoto che è in corso in questi giorni a Bali, in Indonesia». Osserva Noah 
    Diffenbaugh: «Come dimostra quanto sta avvenendo al summit di Bali, le 
    negoziazioni sul clima sono basate sempre di più non solo su chi è 
    direttamente responsabile dei cambiamenti climatici, ma anche su chi ne sarà 
    maggiormente svantaggiato. Nel nostro studio noi abbiamo creato una misura 
    di rischio socio-climatico per ogni nazione, integrando simulazioni 
    climatiche avanzate e diversi indicatori sociali ed economici, quali la 
    popolazione, la povertà e la ricchezza». Ma i cambiamenti climatici 
    ipotizzabili per il secolo appena iniziato rappresentano solo una parte 
    della storia. Le diverse aree geografiche sono infatti minacciate in diversa 
    misura dal clima. Quelle più povere dispongono di minori risorse per 
    fronteggiare i disastri climatici. Ma quelle più ricche hanno infrastrutture 
    più avanzate che potrebbero andare distrutte. Infine, le aree ad elevata 
    densità di popolazione sono soggette a un più alto rischio di perdita di 
    vite umane. Lo studio di Filippo Giorgi e dei suoi collaboratori dimostra 
    come il rischio socio-climatico sia il risultato di numerosi e complessi 
    fattori, in cui le variabili climatiche si intersecano con quelle sociali ed 
    economiche. Facciamo l'esempio della Cina, che dovrebbe risentire dei 
    cambiamenti climatici meno di altre nazioni. Ma la Cina ha un'economia che 
    per dimensioni è la seconda al mondo e ha una fascia di povertà ancora molto 
    ampia e una popolazione che è la più numerosa della Terra. Questi fattori 
    rendono dunque la Cina particolarmente vulnerabile: per questa ragione essa 
    presenta il rischio socio-climatico più elevato. E considerazioni simili 
    valgono per l'India e per gli Stati Uniti. 
    Fabio Pagan   | 
  
 
 
 
IL PICCOLO - 
LUNEDI', 10 dicembre 2007 
 
 
  
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    Qualità della vita, Trieste 
    perde 10 posizioni - Dal 40° al 50° posto nella classifica nazionale di 
    «Italia Oggi». Primato nei depositi bancari   | 
  
  
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    Trieste non teme rivali in 
    Italia per numero di depositi bancari ma nella classifica complessiva della 
    qualità della vita perde addirittura dieci posizioni, scendendo dal 40° al 
    50°. A metà graduatoria, cioè, tra le province italiane. 
    La classifica viene stilata da «Italia Oggi» per il nono anno consecutivo 
    con la collaborazione di due docenti del Dipartimento di Teoria economica e 
    metodi quantitativi per le scelte politiche dell’Università La Sapienza di 
    Roma. Considera aspetti come la spesa procapite, l'importo medio delle 
    pensioni e i depositi. 
    Trieste è la peggio classificata tra le quattro province della regione: 
    Udine è 24° e precede di una posizione Pordenone, Gorizia è invece 42°. 
    Secondo l’indagine le città dove in Italia si vive meglio sono Bolzano e 
    Trento. 
    A condizionare negativamente la classifica di Trieste è la voce relativa 
    alla sicurezza: solo sette province in tutta Italia hanno ottenuto 
    riscontri peggiori. Un dato evidentemente falsato dai parametri presi in 
    considerazione, che non terrebbero nella dovuta considerazione gli aspetti 
    prettamente criminali, quali il numero e la gravità dei reati, che nel 
    capoluogo del Friuli Venezia Giulia sono fortunatamente inferiori alla media 
    nazionale. E così Pordenone, in questo contesto, sembra quasi il Paradiso: è 
    seconda a livello nazionale. 
    Trieste si difende bene per quanto riguarda i servizi: è ottava, 
    completando un bilancio regionale eccellente visto che Gorizia è seconda e 
    Udine terza. Nella classifica relativa a affari e lavoro  
    Per quanto concerne invece l’ ambiente Gorizia, rinomata per la 
    qualità delle sue zone verdi e il traffico contenuto, è 26.a, Pordenone 
    29.a, Udine 51.a e Trieste 71.a. 
    Le quattro province del Friuli Venezia Giulia sono in fondo della classifica 
    per quanto riguarda il disagio sociale e personale (al primo posto si 
    trova Caserta) con Trieste e Gorizia che chiudono addirittura al 103° e 102° 
    posto. Al 85° e 88° si trovano Pordenone e Udine. 
    Anche per quanto riguarda la popolazione (34.a Pordenone e 77.a 
    Udine) Gorizia e Trieste sono in coda al 98.o e 99.o posto. Ma Trieste 
    sconta un’età media tra le più elevate del Paese. 
    Infine, per quanto riguarda la graduatoria relativa al tempo libero 
    Trieste è la migliore in regione (21.a) seguita da Gorizia (31.a), Udine 
    (40.a) e Pordenone (60.a). Non molto tempo fa, tuttavia, altre indagini 
    nazionali avevano regalato alla nostra città un posto di preminenza 
    nazionale nel tempo libero, soprattutto grazie al numero di presenze agli 
    spettacoli teatrali, proporzionalmente di molto superiore alla media 
    italiana.  | 
  
 
 
  
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    «La Kemiplas non smantellerà 
    i suoi impianti»  - Il comune di Capodistria vuole la chiusura e ha già 
    messo a bilancio 120mila euro per le procedure necessarie  | 
  
  
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    Il direttore 
    Kadic illustra i dati relativi all’inquinamento: «Siamo nei limiti di legge»
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    CAPODISTRIA La fabbrica di 
    prodotti chimici Kemiplas di Villa Decani passa al contrattacco. Dopo che 
    una decina di giorni fa il comune di Capodistria ha annunciato il ricorso 
    alla magistratura per ottenere la chiusura e lo smantellamento 
    dell'impianto, il direttore della Kemiplas, Muharem Kadic, ha deciso di 
    rispondere alle accuse. 
    E lo ha fatto aprendo la fabbrica ai giornalisti e rispondendo alle loro 
    domande. Ha presentato inoltre i dati delle più recenti misurazioni della 
    qualità dell'aria nella zona dell'impianto. Questi dati, secondo Kadic, 
    parlano chiaro: la Kemiplas non inquina oltre i valori consentiti dalla 
    legge. I livelli del primo gruppo di sostanze inquinanti, quelle più 
    pericolose (tra cui la formaldeide e l'acetaldeide) sono molto al di sotto 
    del limite: 5,3 miligrammi per metro cubo, rispeto ai 20 consentiti. Lo 
    stesso vale anche per gli altri gruppi di sostanze inquinanti. 
    Sono relativamente alti soltanto i valori del monossido di carbonio – 3848 
    miligrammi per metro cubo – ma qui non esiste un limite stabilito dalla 
    legge. Le misurazioni risalgono al 20 settembre e sono state effettuate 
    dall'Istituto per la sicurezza sul lavoro e la tutela dell'ambiente di 
    Maribor e dall'istituto TUV di Colonia. 
    «Non abbiamo nulla da nascondere, – ha dichiarato Kadic – la produzione 
    della Kemiplas è di 30.000 tonnellate di andidride dell'acido ftalico, che 
    viene esportata in Italia, Germania, Austria e Croazia». L'andidride 
    dell'acido ftalico, ricordiamo, è una sostanza che viene usata nella sintesi 
    di altri prodotti chimici, come coloranti, insetticidi, plastificanti e 
    farmaci.  
    Per quanto riguarda il trasferimento della produzione, Kadic non la esclude, 
    ma per il momento non ci pensa. La spesa ammonterebbe a circa 10 milioni di 
    euro, e la Kemiplas non ha intenzione di sostenerla da sola. La proposta 
    formulata in questo senso dalle autorità comunali di Capodistria, che 
    insieme agli abitanti di Villa Decani (una decina di chilometri dal 
    capoluogo costiero) tentano ormai da anni di far chiudere l'impianto, 
    secondo Kadic, è discriminatoria. 
    Il Comune, sostiene Kadic, non ha ancora modificato il piano regolatore per 
    l'area del Bivio, cosa che permetterebbe alla Kemiplas di avviare un'altra 
    attività al posto dell'industria chimica, e i rappresentanti del comune 
    ormai da tempo non si presentanto alle riunioni del Consiglio di esperti 
    costituito da tutte le parti interessate per studiare le possibilità per il 
    trasferimento della fabbrica. 
    Al comune di Capodistria continuano intanto sulla propria strada, decisi a 
    far chiudere e smantellare l'impianto. Ultimamente stanno raccogliendo i 
    dati necessari per una causa collettiva contro la Kemiplas. Per tutte le 
    procedure necessarie, nel bilancio comunale per il 2008 sono stati già 
    previsti 120.000 euro.   | 
  
 
 
  
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    I controlli della Guardia 
    costiera - Un lettore chiede come mai vengano calate le reti in mezzo al 
    porto   | 
  
 
Qualche settimana fa in una delle 
pagine di cronaca del Piccolo è apparso un articolo nel quale la Guardia 
costiera rivendicava a sé il diritto-dovere del controllo della pesca sportiva 
nelle acque marittime regionali. La domanda che mi pongo è questa: esercita 
anche il controllo sulla pesca professionale? Se, come suppongo, così è, 
qualcuno sarebbe in grado di spiegarmi perché da parecchi mesi del corso della 
primavera, estate e autunno, praticamente ogni notte, vengono calate le reti in 
mezzo agli impianti portuali – da imbarcazioni che tra l’altro non sono 
immatricolate e non navigano con le luci regolamentari – e come mai per intere 
settimane i pescherecci con le lampare hanno tranquillamente pescato all’interno 
delle grandi dighe foranee mentre altre passavano all’ecoscandaglio ogni metro, 
rasentando i moli, per individuare i banchi di pesce senza che nessuno dicesse o 
facesse nulla? La Guardia costiera tra i suoi compiti, se non vado errato, ha 
anche quello di controllare la provenienza del pescato e le dimensioni del pesce 
catturato prima che venga ammesso alla vendita. In una vetrina di pescheria ho 
visto in questi giorni ombrine grandi pochi centimetri così come spesso mi 
accade di vedere pagelli (riboni per i triestini) ed orate talmente piccole da 
non costituire nemmeno un boccone: una vera e propria strage degli innocenti. È 
consentito ciò dalle vigenti disposizioni di legge? Chi di dovere si rende conto 
che in tal modo si attua uno scempio devastante dal punto di vista ittico ed 
ecologico? Ritengo inutile rivolgermi alla sensibilità dei pescatori che si 
comportano in questo modo, perché la loro scarsa intelligenza è comprovata dai 
loro comportamenti i quali, oltre a dimostrare la mancanza assoluta di 
professionalità, finiranno per ritorcersi contro loro stessi per primi al 
momento, non tanto lontano, in cui avranno ridotto a un deserto il Golfo poiché 
pescando all’interno del porto, oltre a costituire un pericolo, devastano quelle 
poche aree riproduttive ancora esistenti. E per favore si evitino risposte di 
circostanza perché per mesi ho assistito di personal a questi fatti senza che 
nessuno dei corpi dello Stato preposti alla vigilanza costiera (carabinieri, 
polizia, guardia di finanza, guardia costiera) abbia voluto o potuto impedirlo. 
Meglio che fumose giustificazioni da parte di addetti stampa sarà metter in atto 
misure di prevenzione e, quando occorre, di severa repressione, contro i 
delinquenti che disonorano una antica e nobile categoria.
Lettera firmata
 
 
 
IL PICCOLO - 
DOMENICA, 9 dicembre 2007 
 
 
  
    
      
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        Nasce un’azienda agricola 
        didattica tra Muggia e Capodistria voluta dal Circolo Istria 
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        «Parco 
        della concordia» al posto delle sbarre il sogno durato un anno ora 
        diventa realtà  | 
       
      
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        TRIESTE Metà di qua, metà di 
        là. Tredicimila metri quadrati di terra a Cerei, vicino a Muggia, 
        tagliati in due da quel confine che tra pochi giorni si dissolverà. Ma 
        alla famiglia Vodopivec, proprietaria dell’appezzamento, quella 
        divisione politica, pure così visibile, quella linea spogliata dalle 
        piante e percorsa dalle guardie a caccia di clandestini, non ha impedito 
        di realizzare un sogno. E il 21 dicembre qui si farà festa con gli 
        scolari italiani e sloveni di qua e di là dal confine, per celebrare la 
        nascita del Parco della Concordia. Un confine che si cancella nel segno 
        del ritorno alle radici. 
        Un’integrazione che esce dalla retorica e diventa un impegno 
        concreto, comune. L’obiettivo è creare una grande azienda agricola 
        didattica che recupererà, custodirà e farà crescere le risorse genetiche 
        autoctone del territorio. Piante, animali, antiche abilità artigiane, 
        che i ragazzini impareranno a conoscere e a riconoscere. 
        L’iniziativa è voluta dal Circolo Istria, dalla Comunità culturale degli 
        sloveni di Muggia, di cui fa parte la famiglia Vodopivec, dalla Comunità 
        degli italiani di Capodistria e dalla Compagnia del Boscarin, che tutela 
        il possente bovino istriano, a rischio di estinzione. «Sono 
        elettrizzato», dice il veterinario Livio Dorigo. E definisce il Parco 
        della Concordia una «gemma» all’interno di quel grande progetto dal nome 
        evocativo, «da Cherso al Carso», che il Circolo Istria, di cui è 
        presidente, sta portando avanti da anni, spesso tra le perplessità delle 
        altre associazioni di esuli, per rendere permeabile il confine nel segno 
        della cultura, delle tradizioni agricole ed alimentari, della 
        riflessione sulla storia. 
        Era il 1954 quando i Vodopivec si ritrovarono con la casa in Italia e 
        con una bella fetta della loro terra in un altro Stato. Pareva che 
        l’area dovesse rientrare nella zona A, ma all’ultimo momento venne 
        assegnata alla Jugoslavia con Ancarano, Skofije, Crevatini. Negli anni 
        bui della seconda guerra mondiale qui venivano macellati gli animali per 
        la borsa nera. Poi furono gli uomini in fuga verso l’Italia a lasciare 
        tracce del loro passaggio. E’ un terreno «strategico», carico di 
        simboli. 
        E i simboli rimarranno ancora a segnare la nuova destinazione del Parco 
        della Concordia. Quattro arnie sono state infatti collocate a cinquanta 
        centimetri le une dalle altre, due in territorio italiano, due in 
        territorio sloveno. Le separano pochi passi e una montagna di burocrazia 
        diversa: per le api «muggesane» la lotta ai parassiti e la catalogazione 
        del miele seguono le leggi italiane, le api d’oltreconfine sono regolate 
        dalle disposizioni slovene. «E sarà questa la vera sfida del futuro», 
        dice Livio Dorigo. «Cancellare questa disparità di situazione e varare 
        strumenti legislativi uniformi». 
        Al Parco della Concordia circoli e associazioni lavorano già da un anno. 
        Si è preparato il territorio ad accogliere di nuovo quegli animali che 
        in questa zona hanno vissuto per millenni, adattandosi alle condizioni 
        climatiche, vegetazionali, orologiche, pedologiche. Alcune di queste 
        specie si trovano tuttora nei pressi dell’area: le pecore, che da 
        «reliquie» genetiche hanno raggiunto il consistente numero di settecento 
        capi, il bovino istriano, i cui primi esemplari sono già nati nel Parco 
        grazie alla pratica dell’embrio transfer, le api. Tra poco arriverà 
        anche la capra istriana, l’antica dea degli Istri, un simbolo comune a 
        profughi e rimasti. E tra le colture ci sono meli, viti, ulivi. 
        Tredicimila metri quadrati destinati a realizzare una fattoria modello, 
        che in un prossimo futuro sarà ampliata con l’aggregazione di 
        appezzamenti vicini. Dove gli esponenti delle varie comunità metteranno 
        insieme esperienze e sapienze. Trasversalità di etnie e di generazioni: 
        giovani e anziani, infatti, potranno adottare insieme un’arnia, 
        realizzando quella trasmissione di conoscenze oggi così complicata e 
        frammentaria. 
        Il 21 dicembre, al Parco della Concordia, quando l’ingresso della 
        Slovenia nell’area Schengen sarà celebrato con tutti i crismi 
        dell’ufficialità, qui la festa comincerà bruciando le scorie. Gli 
        scolari italiani e sloveni di Muggia, di San Dorligo e di Capodistria 
        assisteranno a una delle pratiche più comuni della vita agricola, che 
        quel giorno significherà soprattutto la volontà di voltare pagina e di 
        iniziare insieme un futuro da europei. «Qui i ragazzi ritroveranno le 
        proprie radici - sintetizza Dorigo - perchè chi non ha radici non vola». 
        Gli organizzatori sono fiduciosi: nel giro di due anni il Parco dovrebbe 
        essere perfettamente funzionante. Un agronomo seguirà la messa a coltura 
        delle erbe officinali, mentre, col tempo, una vecchia stalla accoglierà 
        un museo delle tradizioni. Negli obiettivi c’è anche l’integrazione 
        scientifica, ovvero il coinvolgimento delle Università, italiana e 
        slovena, che verranno stimolate a studiare se le essenze vegetali del 
        Parco possano essere esportate in Ciceria, quella zona che da Opicina 
        corre fino al Monte Maggiore. Qui, un tempo, vivevano 
        duecentocinquantamila pecore, che scendevano lungo gli antichi tratturi 
        già regolati dal diritto romano. Poi l’agricoltura industriale e la 
        frattura politica del confine hanno determinato lo spopolamento. Oggi la 
        ricomposizione del territorio potrebbe favorire la ripresa di una 
        significativa economia agricola. 
        «Sappiamo bene che il difficile viene adesso», commenta Dorigo. «I 
        confini psicologi comunque restano e io stesso so bene quanto sia 
        difficile che la ragione comprima il ricordo. Ma non si tratta solo di 
        sentimenti. Finora il commercio dei prodotti locali era protetto dal 
        confine, ora bisogna trovare soluzioni per favorire le sinergie e non la 
        conflittualità». 
        Dorigo non lo nasconde: il progetto dell’azienda didattica, ancora per 
        pochi giorni «transfrontaliera», non è stato facile da portare avanti. I 
        rapporti del Circolo Istria con gli ex nemici e con gli italiani 
        «rimasti» oltreconfine, sono stati spesso guardati con fastidio e 
        sospetto. Per questo il 21 dicembre avrà il sapore di un giorno 
        speciale, una sorta di riconoscimento postumo a chi per anni ha lavorato 
        per smantellare il confine, prima di tutto nella testa della gente. «Nel 
        Parco della Concordia - anticipa Dorigo - i bambini cominceranno a stare 
        insieme. Il vero bilinguismo nasce nella fase emozionale 
        dell’apprendimento. Vorremmo che qui imparassero a diventare europei». 
        
        Arianna Boria 
        
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        Minisini: «Al Farneto si 
        può cacciare» - La Commissione trasparenza: divieto solo nelle aree 
        effettivamente attrezzate   | 
       
      
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        Nel parco del Farneto si può 
        praticare la caccia. Purché ci si limiti ad agire nella parte ancora 
        «selvaggia», nonostante sia dal piano regolatore destinata a parco 
        urbano. Proibito cacciare solo nei 600 metri quadrati che il Comune ha 
        effettivamente attrezzato: qui la legge impedisce l’attività venatoria.
         
        Così risponde il presidente della Commissione trasparenza, Alessandro 
        Minisini, al presidente onorario di Federcaccia, Pietro Petruzzi, il 
        quale sosteneva che sparare si può dappertutto, al Farneto, poiché il 
        parco urbano «esiste solo sulla carta», e che è sufficiente attenersi 
        alle norme in materia della legge 157 del 1992 che indica le distanze 
        obbligatorie da abitazioni e strade. 
        «Si specifica - scrive Minisini riferendo l’esito della riunione - che 
        nella vasta zona sita nel comune di Trieste, di origine naturale e 
        caratterizzata dalla presenza di vegetazione erborea, la caccia può 
        essere praticata nei modi e nei termini consentiti dalla legge, anche se 
        il piano regolatore la destina a parco urbano». Infatti, continua il 
        documento, questa area è a tutti gli effetti solo un bosco, e non già un 
        parco urbano (codificazione quest’ultima che la legge 157 chiaramente 
        specifica come luogo dove non è ammesso l’esercizio venatorio).  
        Infatti, si afferma, un’area boschiva diviene a tutti gli effetti «parco 
        urbano» solamente se si dà attuazione al piano urbanistico, 
        attrezzandola e organizzandola a finalità ricreative. Le aree del parco 
        urbano del Farneto di proprietà comunale sono valutabili in circa 600 
        metri quadrati. L’intero parco urbano del Farneto misura circa 800 mila 
        metri quadrati, dei quali altri 40 mila appartengono all’Enpa.  
        Daria Camillucci  | 
       
     
    
      
    
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    Tav, restano solo due 
    ipotesi. Invariato il tracciato A4 - 
    Ma i sindaci della Bassa si 
    dividono. Porpetto contraria, Bagnaria e Villa Vicentina perplesse 
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    Dopo 
    l’incontro di venerdì la maggioranza dei comuni è favorevole ad andare 
    avanti. Sonego: non so se chiuderemo entro l’anno, il progetto va cucito su 
    misura  
    
    Sono rimasti due tracciati e un 
    nodo da sciogliere: il passaggio della linea ad alta capacità tra San 
    Giorgio di Nogaro e Porpetto. 
    Riparte da qui il confronto tra la Regione e le amministrazioni comunali 
    della bassa friulana per individuare il tracciato della Tav. Dopo un 
    confronto durato mesi e 13 ipotesi di partenza, si è arrivati a stringere il 
    cerchio. Per qualcuno, però, questo cerchio è troppo stretto. Alcuni sindaci 
    si sono incontrati venerdì sera a Porpetto per valutare ipotesi alternative 
    e assumere una posizione comune nella riunione di mercoledì. La maggioranza 
    dei primi cittadini resta comunque favorevole ad andare avanti, nella 
    consapevolezza che per nessun territorio sarà una passeggiata. 
    L’appuntamento per cercare di arrivare alla sintesi del percorso è fissato 
    per il 12 dicembre. «Non posso dire se riusciremo a chiudere il confronto 
    entro l’anno – dice l’assessore Lodovico Sonego -, quello che è certo è che 
    abbiamo fatto molti passi avanti con il dialogo. Le due ipotesi rimaste non 
    variano di molto ma ci sono tante famiglie di proposte, per intervenire nei 
    singoli tratti, che devono essere valutate. Possiamo dire che il tracciato è 
    un po’ come un vestito che va cucito su misura». 
    All’incontro, però, arriveranno ancora una volta i dubbi di alcuni sindaci. 
    Sono i dubbi dell’amministrazione di Porpetto, contraria finora a gran parte 
    delle ipotesi prospettate, ritenute troppo impattanti per il comune. Poi ci 
    sono Bagnaria e Villa Vicentina ancora al palo. «Quello che chiediamo – dice 
    Mario Pischedda, sindaco di Villa – è che ci sia un approfondimento di tutte 
    le ipotesi. Non si capisce perché alcune siano state scartate senza essere 
    valutate con i dovuti accorgimenti. Quest’accelerazione non ci va bene, non 
    si può avere fretta per decidere di un’opera tanto importante». All’incontro 
    di venerdì sera anche Anselmo Bertossi, sindaco di Bagnaria. «Se avessimo 
    degli studi preliminari sarebbe più facile decidere e soprattutto discuterne 
    anche con i nostri cittadini. Sicuramente ci sono stati passi avanti 
    rispetto alle ipotesi iniziali di Rfi – dice – però il percorso non è 
    concluso». C’è anche chi guarderebbe con favore ad un ritorno al tracciato 
    storico (la stessa Bagnaria e Torviscosa), che però è fortemente osteggiato 
    dal comune di San Giorgio. La maggior parte dei sindaci della Bassa sono 
    comunque aperti al dialogo e sono convinti che, al di là dei sacrifici che 
    tutti dovranno fare, il progresso non possa essere fermato. «Il nodo non è 
    Porpetto – dice Pietro Paviotti, sindaco di Cervignano – perché tutti i 
    comuni devono pagare un prezzo. Tutti vogliamo un’opera che non crei 
    problemi alla popolazione e credo che molte richieste andranno accolte in 
    fase di progettazione. Il punto centrale è capire che a quest’opera è legata 
    la crescita della nostra regione visto che i trasporti contribuiscono in 
    modo importante allo sviluppo di un territorio». A Cervignano la linea 
    passerà probabilmente su quella esistente (viadotto compreso) per cui in 
    centro al paese. La tecnologia moderna dovrebbe tuttavia evitare problemi di 
    rumori e disagi per i residenti. Ancor più esplicito il sindaco di 
    Fiumicello, Paolo Dean. «Credo che un’opera come questa non possa essere 
    fermata dal comune di Porpetto – dice -. Questo non perché il sindaco non 
    abbia il diritto e il dovere di tutelare il suo territorio, ma perché 
    dobbiamo tutti ragionare in un’ottica di costi e benefici collettivi. Anche 
    su Fiumicello devo capire quale sarà l’impatto sull’Isonzo. Nel momento 
    della progettazione si valuta. Condividiamo intanto un tracciato massima, 
    dopo approfondiremo tutti temi dell’impatto ambientale che non interessano 
    tutta la bassa».  
    Fino a dieci giorni fa si era ipotizzata anche una terza soluzione che 
    contemplava lo spostamento del tracciato dell’autostrada A4 nell’area 
    occidentale della bassa. E’ stata stralciata durante un incontro con i 
    vertici di Autovie Venete. Accogliere un’idea di questo tipo significava 
    bloccare l’iter della terza corsia e rinviare tutto di altri tre anni. 
    «Questo dà l’idea di come sia stata portata avanti la concertazione – 
    affonda il sindaco di Torviscosa -. Autovie andava coinvolta dall’inizio non 
    a giochi fatti».  
    Martina Milia   | 
  
 
 
  
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    A Trieste «se pol»: tagliare 
    gli alberi - L’episodio del progetto di piazza Libertà è soltanto uno degli 
    esempi   | 
  
  
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    Senza entrare nel merito del 
    progetto di riqualificazione di piazza Libertà, perché ai cittadini non é 
    dato conoscere nei dettagli i progetti se non dalla stampa e prima delle 
    immediate esecuzioni, vorrei fare una sola considerazione «a latere». 
    Leggo che uno degli esecutori del progetto è un architetto di Bolzano: credo 
    proprio che nella sua città e nella sua regione questo professionista 
    difficilmente avrebbe osato elaborare un progetto che preveda il taglio di 
    ben 12 piante! Tanto e tale è il rispetto e l’attenzione per il verde in 
    quella regione. 
    Ma qui, oramai lo sanno tutti, l’unica cosa che «se pol» è tagliare alberi, 
    spesso centenari, inventando le più trite delle scuse; la più frequente è 
    attribuita a «malattie della pianta»: sfido io, la cura del verde in questa 
    città, salvo rare eccezioni, è prevalentemente circoscritta all’impianto di 
    piantine stagionali che muoiono nel giro di poche settimane, perché non 
    curate e non bagnate, o di arbusti spesso non compatibili con clima e 
    quantità di smog. 
    Ogni volta vengono promessi nuovi reimpianti come «contentino»: ma ci 
    prendono per stupidi? Di sicuro non potrà trattarsi di alberi secolari, 
    altrimenti perché li taglierebbero (la proposta avventata per piazza 
    Vittorio Veneto docet!)? 
    La funzione «polivalente» di un albero centenario non può essere sostituita 
    da piante giovani o, peggio, da arbusti! Una città senza alberi è triste, 
    insana e squallida. 
    Non sono contraria a cambiamenti ed innovazioni, se e quando servono, ma la 
    bravura di un progettista si misura proprio nella sua capacità di 
    raggiungere un obbiettivo (migliorare la viabilità) senza distruggere quanto 
    di bello, antico e utile c’è. 
    È fin troppo facile distruggere, radere al suolo per ricostruire, più 
    difficile è la ricostruzione/riqualificazione conservativa. Dopo il 
    «Giardino di gesso» vedremo proiettata «la città di cemento»? 
    Giuliana Giuliani Cesàro  | 
  
 
 
  
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    Il destino della Ferriera  | 
  
  
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    Gentile signora X, rispondo alla 
    sua lettera pubblicata su questo giornale il 13 novembre. Si concorda con 
    Lei nell’auspicio di una soluzione positiva sia per i residenti (chiusura 
    definitiva con la siderurgia) sia per il lavoratori (ricollocazione in altri 
    ambiti lavorativi), anche se questi ultimi avrebbero potuto avere, grazie 
    alle loro organizzazioni sindacali, ben più forza degli abitanti 
    nell’ottenere un comportamento ambientalmente meno impattante. 
    Tutto il resto non è condivisibile, non per antagonismo preconcetto, bensì 
    per rispetto della realtà sulla quale lei sorvola, forse perché vittima 
    della disinformazione creata e mantenuta ad arte come elemento di 
    contrapposizione tra residenti e lavoratori dello stabilimento 
    (nell’interesse di chi, sta al lettore scoprirlo). 
    Lei ritiene verosimile che tutte le migliaia di pensionati residenti nelle 
    zone (Servola, Chiarbola, Valmaura, Campi Elisi, Borgo S. Sergio e persino 
    Muggia e zone limitrofe) interessate da quell’ignobile e illecita 
    alterazione ambientale abbiano un trascorso lavorativo nella Ferriera? 
    Lei crede veramente che tutte le abitazioni delle zono succitate siano state 
    edificate dopo la costruzione, a fine Ottocento, dello stabilimento? Lei 
    reputa giustificabile aggiungere danno a danno quando afferma che anche 
    altre sono le fonti di malessere ambientale (cioè tanto peggio tanto 
    meglio?). 
    Gentile signora X, fra chi le scrive ci sono persone che sono riuscite a 
    guadagnarsi il pensionamento anche grazie ai contributi figurativi della 
    mobilità, ammortizzatore sociale ora presente ma di non certa permanenza 
    fino al 2011-2015, meta tanto agognata dagli attuali demiurghi della 
    Trimurti sindacale, in singolare, diligente perfetta sintonia con la 
    proprietà. 
    Quanto al generoso gesto natalizio da lei auspicato, non dovrebbe essere 
    richiesto ai residenti, che già pagano un pesante tributo in termini di 
    salute e qualità della vita, bensì a chi forse poca sensibilità e rispetto 
    ha dimostrato nella tutela del proprio capitale umano, privilegiando 
    presumibilmente altre forme di capitalizzazione, ed alla classe politica che 
    da anni si dimostra inerte e dilatoria nell’affrontare il problema. 
    Cara signora X, i fumi bianchi e rossi non sono innocui tifosi della 
    Triestina ma pericolosi hoolingans, date le sostanze venefiche di cui, come 
    è ormai universalmente palesato, sono composti. 
    Lei ha mai sentito parlare del problema amianto cui anni fa, per ignoranza, 
    si irrideva? Ora qualcuno ci piange. Sarebbe auspicabile non ripetere lo 
    stesso percorso. 
    Insomma signora X, e potentati vari, parafrasando persona più degna, la 
    sopportazione non è più una virtù. 
    Alda Sancin e altre 18 firme  | 
  
 
 
 
 
IL PICCOLO - 
SABATO, 8 dicembre 2007 
 
 
  
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    Autorizzazione alla Ferriera 
    slitta di un’altra settimana la delibera della Regione - Protesta delle 
    associazioni   | 
  
  
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    Nemmeno ieri, seduta di giunta, 
    la Regione ha espresso il proprio definitivo parere sull’Autorizzazione 
    integrata ambientale per la Ferriera di Servola, di cui è titolare dopo 
    l’ultima riunione della conferenza dei servizi, il 15 novembre, quando il 
    «no» del Comune ha reso più flebili le firme di Provincia, Arpa, Azienda 
    sanitaria e Regione stessa, pur apposte sotto una discreta lista di 
    ulteriori prescrizioni rispetto al piano antinquinamento della Lucchini spa. 
    Protestano per questo rinvio le associazioni attive sul problema (Circolo 
    Miani, Servola respira, La tua Muggia, Coordinamento dei comitati di 
    quartiere) che annunciano un’assemblea provinciale e una nuova 
    manifestazione in piazza Oberdan, sotto il consiglio regionale, 
    rispettivamente per giovedì 13 e martedì 18 dicembre. 
    La delibera in realtà è pronta da almeno due settimane, ma si trova ancora 
    all’esame dell’Avvocatura. Lo conferma l’assessore Gianfranco Moretton: «È 
    del tutto normale che una delibera complessa come questa sia passata al 
    vaglio dall’Avvocatura regionale, succede sempre, anche per le Valutazioni 
    d’impatto ambientale, quindi non vedo che cosa vi debba essere di 
    eccezionale nel fatto che sull’Aia per la Ferriera la giunta non si sia 
    ancora pronunciata». 
    Già appena conclusi i complessi lavori della conferenza tra enti, durati 
    molti mesi e chiusi da una seduta durata ben sette ore ininterrotte, era 
    stato anticipato che la delibera di giunta non sarebbe stata pronta prima di 
    alcune settimane, e che altrettante sarebbero state necessarie per la 
    stesura del documento finale a cura della Direzione regionale ambiente, 
    settore Tutela dall’inquinamento. È noto che, in assenza di un «piano 
    regionale dell’aria» che consenta di misurare le diverse fonti di 
    inquinamento potendo attribuire a ciascuna una diretta e misurata 
    responsabilità l’Aia per la Ferriera era difficile da portare a compimento, 
    a prescindere dai suoi contenuti, e che dunque l’Arpa ha dovuto prevedere un 
    «piano stralcio» per Trieste proprio sulla qualità complessiva dell’aria, da 
    completarsi al massimo in un anno. Situazione, dunque, oltremodo complicata. 
    Le associazioni si ribellano però ai rinvii, criticano come troppo asciutte 
    le risposte di Moretton, che accusano di «false promesse» in materia di 
    approvazione, e danno appuntamento: giovedì 13 alle 20.30 al ricreatorio «Gentilli» 
    in via di Servola 127 saranno illustrati i termini dell’azione giudiziaria 
    promossa dall’avvocato Giuliano Spazzali contro Ferriera ed enti locali 
    «inadempienti». Martedì 18 dicembre presidio sotto il consiglio regionale 
    riunito. 
    g. z.  | 
  
 
 
  
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    Costerà 655mila euro il nuovo 
    piano regolatore  - La somma necessaria è in gran parte già finanziata  | 
  
  
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    Insufficiente il personale comunale: verrà affiancato da sei tecnici esterni  | 
  
  
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     La 
    giunta ha dato il via libera alla costituzione del gruppo di lavoro che avrà 
    due anni di tempo per redigere il progetto   | 
  
  
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    Ci vorranno almeno due anni di 
    lavoro, una spesa di 655mila euro e un team composto da professionisti 
    interni ed esterni al Comune per stendere il progetto definitivo della 
    variante al piano regolatore comunale. Nei giorni scorsi la giunta ha 
    approvato la delibera che avvia l’iter del nuovo piano, sulla base degli 
    indirizzi votati lo scorso luglio a maggioranza dal consiglio comunale. 
    A occuparsi delle varie fasi della procedura sarà il Servizio pianificazione 
    urbanistica, il cui personale però non è sufficiente ad affrontare la mole 
    di lavoro ulteriore richiesta dal progetto a causa della carenza di 
    organico, giacché negli ultimi anni, si legge nel documento approvato 
    dall’esecutivo, si è verificato un «esodo» di personale «in possesso di 
    specifica professionalità»: hanno cessato di lavorare quattro funzionari 
    tecnici e un collaboratore tecnico che non sono stati sostituiti. Da qui 
    l’esigenza di creare una squadra chiamata «unità di progetto». Alla 
    responsabile della struttura, il direttore del Servizio pianificazione 
    urbana Ave Furlan, e ad altro personale interno si affiancheranno così 
    persone da ingaggiare «a supporto»: cinque tecnici - «laureati in 
    architettura o affini con esperienza specifica in materia, o tecnici 
    diplomati», precisa la delibera, e un consulente tecnico cui affidare un 
    incarico professionale per lo studio geologico e la valutazione di incidenza 
    del progetto. 
    L’«unità di progetto» resterà attiva per 24 mesi a partire dallo scorso 
    primo dicembre, «con possibilità di rinnovo». L’obiettivo è di arrivare 
    appunto al progetto definitivo, che verrà preceduto dall’analisi dello stato 
    di fatto e da una bozza di piano: tutti documenti che di volta in volta 
    andranno approvati dalla giunta prima di aprire la strada alla fase 
    successiva. 
    La spesa complessiva prevista per la redazione della variante è quantificata 
    per l’esattezza in 655mila 644,85 euro, 400mila dei quali sono già stati 
    finanziati mentre la quota che manca verrà inserita nel prossimo bilancio 
    comunale. Per il maggiore impegno richiesto al personale interno in termini 
    di prestazioni professionali sono previsti 255.644,85 euro, mentre 320mila 
    euro sono stanziati per contratti «co.co.co.» (cioè di collaborazione 
    coordinata e continuativa) e 80mila per «prestazioni professionali». 
    Per i professionisti che supporteranno il personale comunale nella redazione 
    del piano verranno anche allestiti spazi adeguati, sempre all’interno del 
    palazzo dell’Anagrafe dove è stanziato l’assessorato all’urbanistica. 
    Fin qui quanto stabilito dalla giunta comunale. Operativamente però, con 
    contratti e allestimento degli spazi, si partirà con l’anno nuovo: «Abbiamo 
    lanciato l’iter, dopo le festività definiremo contratti e servizi esterni», 
    dice l’assessore all’urbanistica Maurizio Bucci. 
    p.b.  | 
  
 
 
  
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    La conferenza di Bali 
    sull’ambiente  - Gas serra, Roma non fa il suo dovere. Pecoraro 
    promette una sterzata  | 
  
  
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    ROMA La conferenza sul clima di 
    Bali entra nel vivo solo ora e già è arrivata una bacchettata per l'Italia. 
    A mettere all'indice il nostro Paese sul fronte delle emissioni è stata la 
    Ong tedesca Germanwatch: l'Italia è tra le nazioni che emettono la maggiore 
    quantità di gas serra nell'atmosfera e sono dotate di politiche climatiche 
    «insufficienti e inadeguate». L'indice elaborato dagli ambientalisti tiene 
    conto sia dei livelli delle emissioni che delle politiche applicate: 
    l'Italia risulta al 41.o posto della classifica complessiva, stilata sulle 
    56 nazioni responsabili del 90% delle emissioni mondiali, dietro anche a 
    Cina e India. «I dati confermano che l'Italia ha bisogno di una svolta più 
    decisa nelle politiche per il taglio delle emissioni di gas ad effetto serra 
    e nelle azioni di contrasto ai cambiamenti climatici - ha commentato il 
    ministro dell'Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio - i ritardi accumulati negli 
    anni scorsi pesano ancora troppo e la svolta sulle energie pulite e 
    rinnovabili, come il solare, e sull'efficienza energetica, avviata con la 
    scorsa Finanziaria, è ancora debole».  | 
  
 
 
  
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    Nave contro una petroliera: 
    disastro ecologico in Corea - Quasi 15 mila tonnellate di greggio finiscono 
    nel Mar Giallo  | 
  
  
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    SEUL La Corea del Sud ha 
    conosciuto ieri la sua peggiore esperienza di marea nera in seguito alla 
    collisione tra una petroliera e una nave nel Mar Giallo al largo della costa 
    Ovest del Paese che ha provocato la perdita di 15 mila tonnellate di 
    greggio. Le autorità temono una «catastrofe ecologica» e hanno approntato 
    delle boe per impedire che la marea possa raggiungere le vicine zone 
    costiere, ritenute tra le più sceniche del paese. 
    La petroliera Hebei Sprint da 146.000 tonnellate, registrata ad Hong Kong, 
    ha urtato una nave di 11.800 tonnellate che trasportava una gru. La 
    petroliera si trovava nella regione di Taenan per scaricare presso il porto 
    di Daesan del greggio proveniente dal Medio Oriente. La collisione è 
    avvenuta con la Hebei Sprint ancorata al largo di Mallipo, 5 miglia fuori 
    dal porto, mentre era in procinto di farvi rotta. 
    L'incidente, verificatosi a 90 km. a sud-ovest di Seul, è il più grave 
    avvenuto nel Paese dopo che nel 1995 5.000 tonnellate di greggio finirono in 
    mare a Yeosu, un altro porto a sud di Seul. 
    Complessivamente la perdita è di circa un terzo rispetto alla quantità 
    record per le zone costiere dell'incidente del 1989 della Exxon Valdez in 
    Alaska. Kim Jong-Sik, un responsabile del ministero degli affari marittimi e 
    della pesca, ha detto: «E’ la peggiore marea nera della storia del Paese». E 
    ha aggiunto che la petroliera ha già scaricato quasi tutte le 15.000 
    tonnellate che trasportava. Secondo Jong-Sik, dai primi elementi, 
    all'origine dell'incidente ci potrebbero essere «delle corde troppo 
    allentate sulla nave più piccola». 
    Secondo l'agenzia sudcoreana Yonhap la fune che collegava le due 
    imbarcazioni si è infranta a causa dei venti violenti e delle onde. 
    Una cellula di crisi è stata costituita dalle autorità che hanno inviato 40 
    guardie costiere, diverse navi e quattro elicotteri. Peraltro le operazioni 
    di pompaggio sono rallentate a causa del cattivo tempo e dei rischi di 
    esplosione.  | 
  
 
 
 
L'ESPRESSO -  
VENERDI', 7 dicembre 2007 
 
Missione terra: Lo 
sviluppo è compatibile con la conservazione dell'ambiente? Un Nobel dice di sì. 
E in questo articolo spiega come la crescita dei diritti umani e della 
democrazia aiuti un'economia sostenibile e responsabile per l'equilibrio del 
pianeta 
 
Undicesimo: non 
inquinare - La generazione di calore, le 
attività energivore, le auto e gli aerei. L'Unione europea propone tagli 
drastici alle emissioni di CO2. Ma pochi paesi si adeguano. E l'industria non 
vuole pagare da sola 
Buste di carta e 
semafori ecologici - Mai più plastica  
- Siamo a cavallo - Luce sul risparmio - 
Il papa è verde ma il patriarca 
lo è di più - E sulle emissioni l'Europa fa flop
 
 
IL PICCOLO - 
VENERDI', 7 dicembre 2007 
 
 
  
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    Antenne vietate in oratori e 
    ricreatori  - Pronto il nuovo progetto di settore per la telefonia 
    mobile: 196 le stazioni già autorizzate sul territorio 
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    E il consiglio comunale 
    chiederà lo spostamento di cinque impianti - «Questo piano è il meno peggio 
    tra i possibili»  | 
  
  
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    L’assessore all’urbanistica 
    Maurizio Bucci lo giudica «il meno peggio che potessimo fare sapendo che i 
    margini di manovra sono ristretti, anche se su questo documento è stata 
    creata una falsa aspettativa». L’opposizione sostiene che «si regolamenta la 
    vicenda quando i buoi ormai sono scappati», cioè quando sul territorio 
    comunale sono state già installate o autorizzate 196 antenne e, per 
    ammissione degli stessi dirigenti comunali, le richieste da parte dei 
    gestori ormai sono molto rallentate. 
    Giudizi opposti sul «piano di settore per la localizzazione degli impianti 
    radiobase di telefonia mobile», delle antenne cioè, discusso ieri dalla 
    sesta commissione consiliare e redatto nel corso di un lungo iter che oltre 
    all’assessorato - e allo studio di architettura Gambirasio che lo ha steso - 
    ha coinvolto una commissione di cui hanno fatto parte Arpa e Azienda 
    sanitaria, gestori, associazioni ambientaliste, Ordini professionali, 
    associazioni di categoria, circoscrizioni e comitati di cittadini. 
    Rivisto dopo che una prima delibera consiliare tre anni fa era stata 
    impugnata al Tar dai gestori, il piano in sostanza definisce le aree in cui 
    sarà possibile localizzare nuove antenne dopo avere analizzato lo stato di 
    fatto: analisi che evidenzia come «un recente rilevamento dell’Arpa (ma si 
    tratta dello scorso anno, ndr) relativo al sito di Conconello-Monte 
    Belvedere ha riscontrato un elevato numero di superamenti dei limiti di 
    legge» relativi all’esposizione ai campi elettromagnetici: da ciò la 
    decisione «di non autorizzare nuovi impianti fino a che non sarà attuata la 
    riduzione a conformità del sito». Tra le aree vietate - in base alla legge 
    regionale - rientrano asili nido, scuole di ogni ordine e grado, case di 
    riposo e strutture per disabili, ospedali: il piano aggiunge ora all’elenco 
    - anche in base alle richieste di più circoscrizioni - ricreatori e oratori. 
    In tutti i casi, la condizione è che l’intero immobile sia destinato a uno 
    di questi usi. Niente antenne poi sui palazzi vincolati, nei cimiteri e sui 
    sagrati delle chiese, sui ciglioni panoramici, nelle zone di tutela 
    ambientale e archeologica. 
    Attorno a questi «siti sensibili» le antenne potranno essere posizionate a 
    non meno di 50 metri di distanza, salvo però esigenze particolari per 
    «carenza di localizzazioni alternative»: in questo caso ci vorrà il via 
    libera del consiglio comunale. 
    Aree preferenziali per l’installazione saranno invece quelle dove sono già 
    presenti tralicci per linee a media e alta tensione, zone connesse al 
    sistema viario, zone di servizi tecnologici, aree nei pressi di grandi 
    infrastrutture, aree sportive - qui gli impianti andranno collocati su 
    «torri-faro di altezza adeguata» e aree dove già esistano impianti per 
    telefonia mobile. 
    Duri, si diceva, i giudizi espressi dagli esponenti del centrosinistra che 
    ha parlato di ritardi nella redazione del piano e ha sottolineato, con il 
    Cittadino Roberto Decarli, come «la politica debba sottostare alla volontà 
    delle compagnie»: troppo risicati i margini di manovra, ampie le 
    discrezionalità di cui di fatto i gestori potranno godere. Secondo 
    l’esponente del comitato dei cittadini Enrico Lena, però, si è cercato di 
    perseguire al meglio l’unica linea possibile: «Trovare una mediazione» con i 
    gestori. Fermo restando che il piano non è retroattivo, e dunque non c’è 
    alcuna possibilità di intervento sulle antenne già collocate, la stessa 
    commissione ha deciso di preparare un emendamento mirato a vedere 
    ricollocate cinque antenne considerate «pericolose»: sono collocate in via 
    Sara Davis, in via Nazionale a Opicina, in via Masaccio, in piazzetta 
    Belvedere e in via del Lazzaretto Vecchio. 
    p.b.  | 
  
 
 
  
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    Malati d’amianto Trieste in 
    vetta alle classifiche - Dopo La Spezia e Genova   | 
  
  
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    Trieste rimane una delle città 
    d'Italia dove le morti causate dall'esposizione all'amianto hanno una 
    incidenza molto elevata, anche se il drammatico primato va a La Spezia, 
    seguita da Genova. Trieste sta in terza posizione (ma bisogna aggiungere 
    anche la provincia di Gorizia, con Monfalcone, città di cantieri). Se ne è 
    parlato al congresso dell'Associazione italiana pneumologi ospedalieri (Aipo) 
    in svolgimento a Firenze, dove l’esperto Pier Aldo Canessa ha avvertito: «Il 
    peggio deve venire perchè la malattia si manifesta 40 anni dopo il contatto 
    con l'amianto, e quindi ci si aspetta, purtroppo, casi di malattia fra 
    quanti hanno lavorato in cantieri navali, edili e in altre aree piene di 
    amianto prima che l'Italia dichiarasse stop a queste costruzioni, nel 1992. 
    La Gran Bretagna è intervenuta molti anni prima».  
    Fu proprio negli anni ’70, come è stato reso noto lo scorso ottobre in un 
    convegno tenutosi a Trieste con la partecipazione delle Associazioni esposti 
    all’amianto, che si ebbe un picco nell’uso di questo materiale, con un 
    milione e 400 mila tonnellate di asbesto maneggiato soprattutto nei settori 
    delle costruzioni e della cantieristica navale. 
    Il convegno di Firenze ha esposto le cifre nazionali: «Ogni anno - ha 
    sottolineato Valerio Gennaro dell'Istituto tumori di Genova - muoiono più di 
    3000 persone che sono state in contatto con l'amianto: 1000 per mesotelioma, 
    il tumore primario della pleura; 1500 per tumore polmonare; il resto per 
    tumori in altre parti del corpo». 
    Na se gli esperti riuniti a congresso hanno anche lamentato che «si vive 
    ancora a contatto con l’amianto perché le bonifiche vanno a rilento», la 
    regione Friuli Venezia Giulia e soprattutto Trieste da questo punto di vista 
    sono più al riparo. Come certificato lo scorso settembre alla terza 
    conferenza regionale sull’argomento dal presidente della specifica 
    commissione regionale, Umberto Laureni, «sul territorio nel suo complesso 
    dal 1994 al 2004 sono stati realizzati 11 mila piani di bonifica regolare, e 
    Trieste ha contribuito col numero più alto, cioé 3786». L’Arpa intanto ha 
    realizzato una foto aerea a raggi infrarossi del territorio, evidenziando 
    tetti, pensiline e coperture ancora in amianto, che sbriciolandosi potrebbe 
    diventare altamente pericoloso.  | 
  
 
 
 
IL PICCOLO - 
GIOVEDI', 6 dicembre 2007 
 
 
  
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    Attività venatoria nel parco 
    del Farneto: il Comune dice no ma per i cacciatori è lecita - Riunione della 
    Commissione trasparenza  | 
  
  
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    La denuncia 
    dell’Enpa: «Noi curiamo gli animali selvatici, e appena li liberiamo vengono 
    uccisi dalle doppiette. Sparano a 50 metri dal recinto»  
    
    È infuocata polemica sulla 
    caccia nel bosco Farneto. Ieri la Commissione trasparenza del Comune ha 
    chiarito che non si può imbracciare il fucile nell’ambito di una zona di 
    rispetto di 150 metri dai confini dell’Oasi faunistica dell’Enpa e dai 
    percorsi naturalistici di proprietà comunale, che vanno da villa Revoltella 
    al torrente Farneto. Ma il parere della Federcaccia risulta del tutto 
    opposto. Anzi l’associazione, interpretando diversamente la legge regionale 
    157 del 92, afferma che il divieto venatorio riguarda soltanto la vicinanza 
    a case e non alle recinzioni. Perciò è in regola con la legge chi spara a 
    pochi centimetri dai reticolati dell’Enpa. Ma andiamo per ordine. 
    L’incontro di ieri, presieduto da Alessandro Minisini, si è svolto su 
    sollecitazione del presidente Enpa, Gianfranco Urso che ha denunciato 
    uccisioni di diversi animali selvatici nelle immediate vicinanze del 
    reticolato della protezione animali: «Hanno sparato a 50 metri dalla 
    recinzione, sicchè noi curiamo gli animali feriti che appena rimessi in 
    libertà vengono subito uccisi da chi li aspetta al varco». L’Enpa ha una 
    concessione comunale per una porzione di bosco pari a 40 mila metri 
    quadrati, dei quali 5 mila recintati. Dal canto loro i rappresentanti della 
    provincia Fabio Cella e della Regione, Cavani, hanno sottolineato la 
    difficoltà di far coesistere esigenze diverse come quelle di chi tutela gli 
    animali e di chi ama l’attività della caccia. Comunque la legge impone di 
    osservare le distanze dai caseggiati (150 metri) , dalle strade e delle 
    limitazioni esistono anche per la recinzione dell’Enpa. L’architetto Sello 
    del Comune ha anche specificato che la normativa parla di divieto di caccia 
    nei parchi urbani, come è il caso dei sentieri che vanno da villa Revoltella 
    al torrente Farneto. Su sollecitazione di diversi consiglieri, ha anche 
    detto che accanto alle segnalazioni di parco urbano, «verranno messe altri 
    cartelli di divieto di caccia». 
    La risposta della Federcaccia, non presente all’incontro, è giunta a stretto 
    giro di posta: «La legge 157- è sbottato il presidente onorario Federcaccia 
    Pietro Petruzzi- dice che se si spara in direzione di una casa la lontananza 
    deve essere di almeno 150 metri, in direzione opposta bastano 100. Inoltre 
    la distanza dal punto di fuoco dalle strade provinciali, comunali e statali 
    è di 50 metri, ma non si citano i viottoli o i sentieri. Tantomeno la legge 
    parla di recinzioni. In quanto al parco urbano, esiste solo sulla carta ed è 
    stato creato per frenare l’espansione edilizia, non la caccia». 
    Nell’incontro, dove si è sottolineato che non si tratta di una campagna 
    contro la caccia bensì è il Farneto che non va usato per l’attività 
    venatoria, i consiglieri di maggioranza ed opposizione (ma sono anche 
    intervenuti Porro, Edera, Trebbi) Tam, De Carli, Sulli, Furlanich hanno 
    predisposto una interrogazione contro l’attività venatoria nel «parco urbano 
    del Farneto», e la richiesta al sindaco di inviare vigili urbani a 
    controllare «che non si spari dove si portano a passeggiare i bambini». 
    Daria Camillucci   | 
  
 
 
  
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    Industrie e ambiente: studio 
    sugli effetti per la salute - Emendamento bipartisan per casi come il 
    cementificio nella Bassa o la Ferriera di Servola  
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TRIESTE Un finanziamento di 300mila 
euro in tre anni alle Agenzie per la Sanità e l’Ambiente, finalizzato a un 
progetto-studio di carattere epidemiologico e ambientale. E’ quanto ha partorito 
ieri la commissione Bilancio, approvando un emendamento che sancisce un 
sostanziale perfezionamento all’articolo 2 in materia di salute e protezione 
sociale. A tale scopo l’Azienda regionale della sanità si avvale della 
collaborazione dell’Arpa, delle Università e degli enti del servizio sanitario 
regionale. Il piano deve contemplare il perseguimento di tre traguardi minimi: 
l’identificazione delle aree a rischio elevato per la presenza di carcinogeni 
ambientali, la valutazione dei rischi per l’insorgenza di tumori e 
identificazione dei gruppi di popolazione a rischio aumentato, e la valutazione 
della quota dei tumori attribuibili all’esposizione a carcinogeni ambientali e 
alla stima dell’incidenza di altre patologie non neoplastiche rilevanti. Il 
documento è stato votato dalla maggioranza consigliare e dalla Lega Nord. Mauro 
Travanut, del Pd, commenta: «Nel momento in cui abbiamo rifiutato il 
cementificio, abbiamo sollevato il problema di come l’area della Bassa friulana 
fosse funestata da elementi cancerogeni. Abbiamo chiesto una ricerca 
approfondita al fine di rilevare ed eliminare queste presenze, e questi 300mila 
consentiranno di sviluppare un adeguato percorso ambientale e mondare la zona da 
fattori malevoli. Dal punto di vista politico, è lodevole che la salvaguardia 
della salute dei cittadini prevalga nei confronti di logiche partitiche, il 
fatto che movimenti del centrodestra abbiano trovato una convergenza con la 
maggioranza certifica la sconfitta delle visioni ideologiche«. Alessandro Metz, 
dei Verdi, riferisce: «Non posso che valutare positivamente questo passaggio. 
Con il sostegno di Alessandra Guerra avevo già presentato un emendamento in 
aula, ma era stato bocciato. Oggi (ieri per chi legge) sono state ammainate le 
bandiere dei partiti, annientate dal buon senso». Chiude Alessandra Guerra: 
«Finalmente è andata in porto una grande battaglia che il gruppo consiliare 
regionale della Lega Nord aveva cominciato nel 2001».
«Riteniamo che sia un grande atto di civiltà, il segno di una Regione moderna e 
attenta alla salute, una risposta ai timori di aree da tempo considerate a 
rischio. Penso per esempio a quella del Monfalconese, della Bassa Friulana, 
penso alla Carnia o a quartieri come quello della Ferriera di Servola, a 
Trieste. Così si potrà finalmente avviare un percorso a monte, di tutela del 
territorio e prevenzione dei rischi». 
Giovanni Stocco
 
 
  
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    Pista ciclabile: galleria 
    illuminata  | 
  
  
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    Finalmente! Dopo anni la tanto 
    attesa illuminazione nella galleria nei pressi dell’abitato di S. Giuseppe 
    della chiusa, sulla pista pedonale/ciclabile, è arrivata. 
    L’altra mattina, come già in precedenza infinite volte, mi accingevo con la 
    mia bicicletta ad entrare nella buissima galleria munito di un flash a 
    batteria, quando, miracolo, mi s’è aperta una imponente doppia fila di luci 
    sul tracciato che via via si accendevano mentre procedevo nel percorso. Alla 
    fine è stata un’esperienza quanto meno eccitante. Ma quanto abbiamo dovuto 
    attendere noi amanti della bici e del trekking? Io mi chiedo: non era forse 
    possibile realizzare qualcosa di più modesto ma in tempi più brevi? Comunque 
    grazie all’amministrazione provinciale che credo sia competente alla 
    realizzazione dell’intera opera della pista ciclabile. Si spera che, quanto 
    prima, venga realizzato il tratto da S. Giacomo al campo sportivo 
    Campanelle, affinché, grazie all’apertura del confine con la Slovenia, si 
    possa pedalare senza incontrare automobili sul proprio percorso, da Trieste 
    fino a Cosina. 
    La nostra pista ciclabile non avrà nulla da invidiare ai tanto 
    reclamizzati percorsi in Alto Adige e nella vicina Carinzia. 
    Fabio Bertuzzi  | 
  
 
 
  
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    Trieste capitale, senza 
    collegamenti  | 
  
  
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    Sul Piccolo del 30 novembre si 
    legge in prima pagina che Trieste diventa capitale dell’Euroregione, vasta 
    area aperta ad Est. Una Trieste che diventa importante. 
    Ma questa novella capitale presenta dal lato collegamenti ferroviari uno 
    spaventoso isolamento. I vari tagli realizzati dalle patrie ferrovie per 
    motivi di economia hanno di fatto negli ultimi 10 anni isolato Trieste. E 
    proprio adesso pare vi sarà un ulteriore taglio, sulla linea con la Puglia. 
    Se guardiamo all’Est (ma anche a Nord) è di fatto impossibile da Trieste 
    arrivare a Lubiana, Zagabria, Budapest, Vienna; lo si può fare sole con giri 
    spaventosi e cambi di treno. Oppure recandosi in automobile a quella che è 
    oggi la vera stazione di Trieste verso l’Europa centro-orientale, Sesana. Da 
    qui si può abbastanza facilmente proseguire. Ma andare in treno da Trieste a 
    Sesana è impossibile: ci sono i binari, ma non i treni! 
    Importanti treni internazionali collegano Vienna, Praga, Budapest, Zagabria 
    con Lubiana. Non potrebbero questi treni proseguire fino a Trieste? 
    Tecnicamente è di una facilità estrema; non occorrerebbe nemmeno cambiare la 
    motrice a Villa Opicina. È che non si vuole che arrivino. O che il problema 
    non interessa. 
    Egregio signor Governatore Illy, dice per favore al suo assessore Sonego di 
    svegliarsi, di trastullarsi un po’ meno con le carte dell’ipotetico 
    Corridoio 5 (che io personalmente ritengo di non riuscire a vedere 
    realizzato, la vita è troppo breve) e di guardare un poco la realtà e le 
    linee esistenti, con questo spaventoso isolamento internazionale di Trieste. 
    Poi si potrà parlare di Trieste capitale dell’Euroregione. Oltre a un 
    ipotetico futuro, ricordiamoci anche del presente. 
    Paolo Petronio  | 
  
 
 
 
IL PICCOLO - 
MERCOLEDI', 5 dicembre 2007 
 
 
  
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    Niente più rottamazione per 
    auto e moto  - Il no deciso di Verdi e Legambiente cancella 
    l’emendamento. I soldi andranno all’acquisto dei treni 
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    Promotor: 
    «Senza incentivi vendite in calo del 13%». Fiat perde il 3,73%  | 
  
  
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    ROMA. Proverbio del giorno: 
    «Fare e disfare è tutto un lavorare». La rottamazione delle auto Euro 2 e 
    delle moto Euro 0 in Finanziaria non c’è più. «L’emendamento non lo avevo 
    presentato», dice il relatore, Michele Ventura, Ulivo. 
    No, ma lo avevano preparato i tecnici del governo. Niente da fare, 
    cancellato dal no deciso dei Verdi e di Legambiente. I soldi andranno 
    all’acquisto di treni. «Senza incentivi le immatricolazioni nel 2008 
    caleranno del 13%», dicono al Centro studi Promotor, i gestori del Motor 
    Show. Intanto ieri in borsa la Fiat ha preso una scoppola del 3,73%. «Gli 
    incentivi per la rottamazione sono utili sia alla crescita che all’ambiente, 
    sarebbe bene tenerlo in considerazione», osserva il direttore generale di 
    Confindustria Maurizio Beretta. 
    Quanto alla prescrizione anticipata delle contravvenzioni, ci sono dubbi da 
    parte del presidente della Commissione Bilancio, Lino Duilio: «E’ opportuno 
    acquisire ulteriori elementi dal governo perché la norma proposta può 
    comportare una diminuizione delle entrate degli enti locali. E’ necessario 
    capire le compensazioni». Una compensazione a dire il vero nell’emendamento 
    c’è: l’aumento sostanzioso degli interessi di mora sulle contravvenzioni non 
    prescritte. 
    Notizie di giornata. I soldi sequestrati a un «furbetto del quartierino» 
    andranno in asili nido e materiale da cancelleria dei tribunali. Lo 
    annunciano i ministri Clemente Mastella, Giustizia, e Rosy Bindi, Famiglia: 
    i 94 milioni confiscati alla Banca popolare italiana di Giampiero Fiorani 
    dal gip Clementina Forleo entrano subito nel bilancio. 70 i milioni che 
    serviranno a creare 7mila asili nido. 
    Via libera al fondo per la riduzione della pressione fiscale (con i soldi di 
    eventuali tesoretti) per i lavoratori dipendenti, la Cdl vota contro. Per 
    quanto riguarda la tassazione al 18% sul Tfr il relatore della manovra 
    lavora per ottenere lo sgravio anche oltre il 2008. 
    Il dibattito del giorno è quello sulle norme che potrebbero aprire ai 
    privati i servizi locali. «Si produrrebbero risparmi per 751 milioni», dice 
    Confartigianato. Favorevole anche Confindustria, ma si deve attendere 
    l’esito dell’iter del disegno di legge che contiene la riforma e che dalla 
    prossima settimana sarà in aula al Senato. 
    Lo sconto Ici vale anche se il proprietario è in situazione di separazione 
    legale, annullamento o scioglimento degli effetti civili del matrimonio e 
    non sta nell’appartamento. 
    Curiosità finale: Tito Boeri e Pietro Garibaldi, economisti di LaVoce.Info, 
    svelano che senza la Finanziaria i conti pubblici sarebbero andati meglio.
     
    Alessandro Cecioni   | 
  
 
 
  
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    Cacciatori al Farneto, 
    incontro in Comune - La Commissione trasparenza si occuperà del fenomeno 
    denunciato dall’Enpa   | 
  
  
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    La Commissione trasparenza si 
    riunirà oggi in Comune per rendersi conto della portata del problema dei 
    cacciatori nel bosco del Farneto denunciato da tempo dall’Ente protezione 
    animali: la presenza di cacciatori di frodo che starebbero decimando la 
    fauna del bosco. A sollecitare l’intervento della commissione è stato 
    proprio il presidente dell’Enpa, Gianfranco Urso, deciso a fermare a tutti 
    costi «la decimazione degli animali selvatici», e a garantire 
    contemporaneamente la sicurezza di chi passeggia nella zona. Una linea 
    condivisa da Alessandro Minisini: «Non è possibile che si rischi di finire 
    impallinati in un parco posto praticamente in città - osserva il presidente 
    della Commissione trasparenza -. Se si va avanti così, si rischia di trovare 
    i cacciatori anche nel giardino Pubblico. Bisogna anche considerare che il 
    bosco confina con importanti istituzioni come il Mib eil parco dell’Enpa. 
    Quello inoltre è luogo dove le mamme portano a passeggiare i bambini. In un 
    posto simile non si può andare a sparare. E’ troppo pericoloso».  
    A rivolgersi con decisione alla Commissione, nelle ultime settimane, sono 
    stati anche gruppi di cittadini e frequentatori abituali del bosco. Persone 
    che denunciano la presenza, ormai ciclica, di cacciatori di frodo armati di 
    doppietta che vanno a fare il tiro a segno a spese degli animali selvatici 
    che vi vivono e vi si moltiplicano. La caccia nel polmone verde cittadino 
    inoltre è vista con preoccupazione da chi frequenta i sentieri per fare 
    jogging, dai proprietari di cani e da chi attraversa in moto o in macchina 
    il bosco: tutti temono di finire impallinati per sbaglio al posto di una 
    lepre o di un cerbiatto.  
    Daria Camillucci  | 
  
 
 
  
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    Confronto a Era su rifiuti e 
    ambiente tra gli studenti e il corpo forestale - Continua alla Marittima la 
    biennale di divulgazione scientifica  | 
  
  
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    Spiegati ai 
    giovani ruoli e competenze dell’istituzione che conta soltanto 282 uomini in 
    tutta la nostra regione con un vasto patrimonio naturale da salvaguardare 
    
    Alla Stazione Marittima, in 
    occasione della nona edizione della biennale di divulgazione scientifica di 
    Era (Esposizione di ricerca avanzata) si è affrontasto il delicato problema 
    dei rifiuti e delle violanzioni ambientali. Argomenti sui quali è 
    intervenuto il geologo Alfonso Zampatti del Corpo forestale regionale, 
    direzione risorse agricole, naturali, forestali e montagna.  
    L’incontro ha visto la partecipazione di una trentina di studenti delle 
    scuole superiori triestine, ed è stato proprio ai giovani che si è rivolto 
    Zampatti nell'illustrare e diffondere il concetto di «corretta progettazione 
    urbanistico-ambientale». 
    «È fondamentale la conoscenza delle leggi esistenti in materia - ha 
    sottolineato Zampatti - ed è altrettanto necessario rispettare queste norme 
    per tutelare l'ambiente e la collettività alla quale apparteniamo». 
    La legge, in questo senso, risulta essere la naturale conseguenza 
    dell'esperienza tecnica unita alla volontà politica del Paese, e in quanto 
    tale, secondo il geologo, enuncia dei principi generali che rispondono alle 
    esigenze dell'ecosistema e ai fabbisogni dell'uomo. Le problematiche 
    relative ai rifiuti e ai materiali di scavo così come la gestione delle 
    gomme abbandonate sono soltanto alcuni degli esempi del cattivo 
    funzionamento della rete di comunicazione e recepimento delle normative 
    vigenti in questo settore: «Quest'anno ci sono state almeno quindici denunce 
    da parte del Corpo forestale per violazione delle norme paesaggistiche - 
    continua Zampatti - molti non conoscono le recenti modifiche alle leggi in 
    materia e si trovano così a dover fare i conti con delle sanzioni penali». 
    Il Corpo forestale regionale è un corpo ‹‹eclettico››, al quale spettano 
    diverse competenze, anche molto diverse tra loro, per le quali vi è la 
    necessità di una conoscenza approfondita delle normative vigenti. Ma, come 
    spiega Zampati, «siamo pochi, troppi pochi. Nel Corpo forestale regionale si 
    contano 282 uomini, un numero esiguo se paragonato a quello della Protezione 
    civile o all'Arma dei carabinieri». Si auspica quindi che la grande mole di 
    lavoro e responsabilità affidata al Corpo forestale, sotto la cui tutela si 
    trova un' intero territorio, possa trovare nuovi addetti: «C’è bisogno di 
    persone forti e determinate, caratterizzate da quel particolare spirito 
    motivazionale che è proprio dei giovani». 
    Linda Dorigo  | 
  
 
 
I rifiuti, una 
risorsa per l’umanità - il 60 per cento degli studenti è sensibilizzato su 
questo problema
 
Quanti cittadini di Trieste sono 
consapevoli del fatto che riciclare i rifiuti può aiutare a salvare l'ambiente e 
la salute? Si è visto che la nostra città, rispetto a molte altre, è in fondo 
alla classifica per la raccolta differenziata, in quanto solo il 15% della 
popolazione sa quanto questa sia utile. La classe 2.a dell'Istituto "G. 
Carducci" (oggi 3° B) ha dato inizio lo scorso anno ad un progetto che continua 
anche oggi intitolato "Raccolta Differenziata dei rifiuti", inserito 
nell'iniziativa "cittadinanza attiva", partendo dalle "5R": Riduzione, Riuso, 
Riparazione, Riciclo, Ricerca. Nella prima fase la classe, divisa in gruppi di 
lavoro, ha iniziato una ricerca su internet, su quali fossero i rifiuti 
riciclabili (vetro, plastica, carta, alluminio e ferro) e non riciclabili; ha 
imparato a conoscere la possibilità di convertire i rifiuti umidi in energia 
termica ed elettrica. E' stata messa in evidenza poi la necessità di imparare a 
ridurre la produzione di rifiuti, ad esempio evitando di acquistare prodotti 
confezionati. È importante segnalare che un gruppo di lavoro si occupa dell'ecomafia. 
Il lavoro di ricerca ha interessato anche la parte normativa sia nazionale che 
europea. Attraverso un questionario elaborato da un gruppo di lavoro, per 
conoscere la percentuale della popolazione scolastica che pratica la raccolta 
differenziata in casa; si hanno avuti risultati soddisfacenti in quanto il 60% 
degli studenti la pratica regolarmente. Sono stati preparati due cartelloni che 
illustrano la raccolta differenziata e i rifiuti che quotidianamente produciamo 
a scuola. E' stato realizzato un power point che sintetizza il lavoro svolto 
nella prima fase di ricerca. Attraverso questo lavoro abbiamo capito 
l'importanza della salvaguardia dell'ambiente attraverso la raccolta 
differenziata: con il riciclaggio della carta si evita la deforestazione che sta 
ormai diventando un grosso problema per il nostro ecosistema e per la vita degli 
esseri viventi; la plastica è invece un sostituto del vetro, ma più inquinante 
in quanto è il prodotto della lavorazione del petrolio (diversi sono i tipi di 
plastica termoindurenti, elastomeri, termoplastici e bioplastica); il vetro è il 
prodotto ottenuto dalla lavorazione dei minerali; l'alluminio utilizzato per 
produrre le lattine è ottenuto attraverso la lavorazione della bauxite, un 
minerale. Al progetto ha partecipato un alunno non vedente e il materiale è 
stato tradotto in Braille. III B (Liceo socio psico pedagogico G. Carducci - 
Trieste) 
 
 
  
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    Vertice sul biodiesel a 
    Cervignano  - L’Ersa punta all’energia pulita: «Convertiamo gli scarti 
    agricoli per produrre biogas e bioetanolo»  | 
  
  
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    CERVIGNANO Convertire gli oli e 
    i residui vegetali in carburante e combustibile. Questa una delle proposte 
    avanzate nel corso del convegno «produzione e utilizzo degli oli vegetali e 
    biodisel in Fvg» tenutosi ieri mattina alla Villa Chiozza di Cervignano. Il 
    summit, cui hanno preso parte relatori provenienti da un vasto territorio 
    che trascendeva i confini nazionali, ha permesso di fare il punto 
    sull’effettivo utilizzo delle fonti energetiche alternative nella nostra 
    regione. Secondo quanto emerso, le bioenergie rappresentano un’importante 
    opportunità per tutelare l’ambiente e sono un potenziale volano economico: 
    consentono di ridurre sensibilmente l’uso di carbone e petrolio, risorse 
    peraltro in via di estinzione, con conseguente attenuazione dell’impatto 
    ambientale e, contestualmente, incentivano la creazione di nuovi assetti nel 
    mercato dell’energia. Un esempio lampante viene proposto dal direttore dell’Ersa 
    Josef Parente: il 15% della produzione totale di patate viene gettato per 
    vari motivi, alimentando in modo lampante lo spreco energetico. Questi 
    scarti potrebbero essere impiegati per la produzione di biogas e soprattutto 
    bioetanolo. Tramite l’utilizzo delle eccedenze, dei rifiuti urbani, dei 
    residui di lavorazioni agricole, potremmo arrivare al 10% di copertura del 
    fabbisogno. Ma ,soprattutto, diviene necessario investire decisamente sul 
    risparmio energetico, ricorrendo all’impiego del fotovoltaico e dell’energia 
    eolica.  
    Giovanni Stocco  | 
  
 
 
 
IL PICCOLO - 
MARTEDI', 4 dicembre 2007 
 
 
  
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    Dissequestrati gli scarichi a 
    Cattinara  - Annullato il provvedimento della Procura per il nosocomio: 
    non nocive le acque reflue   | 
  
  
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    Decisione della Cassazione 
    dopo la polemica sui laboratori  | 
  
  
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    L’ospedale di Cattinara a breve 
    scadenza potrà nuovamente scaricare nella rete fognaria cittadina le acque 
    reflue provenienti dai suoi laboratori di analisi. Il via libera è venuto 
    dalla Cassazione che ha annullato il sequestro voluto dalla Procura sei mesi 
    fa. Gli scarichi dei laboratori comunque oggi sono ancora sigillati e 
    costringono l’ospedale a servirsi per lo smaltimento delle acque reflue di 
    taniche che poi finiscono in discarica o nel forno dell’inceneritore. 
    Il «via libera» all’uso della rete fognaria verrà tra qualche settimana, 
    perché la Corte di Cassazione ha annullato, ma ha anche deciso il rinvio 
    degli atti al Tribunale del riesame di Trieste che aveva confermato nel 
    luglio scorso il blocco degli scarichi, costringendo l’Azienda sanitaria ad 
    accollarsi una serie di consistenti costi aggiuntivi per garantire 
    l’operatività del laboratorio del Dipartimento di medicina. 
    In sintesi gli scarichi non avrebbero dovuto essere posti sotto sequestro 
    perché al laboratorio di analisi andava applicata la normativa degli 
    scarichi idrici e non quella dei rifiuti, come è stato in effetti fatto, 
    dalla Procura, dal gip e dal Tribunale del riesame. 
    Il ricorso vincente è stato presentato dall’avvocato Giovanni Borgna su 
    incarico del dottor Maurizio Canaletti, indagato per l’ipotesi di 
    inquinamento, assieme ai manager dell’Azienda sanitaria e della società che 
    gestiva alcune apparecchiature di analisi. Tra essi Bruno Biasoli, Mohamad 
    Lasri, Lucia Pelosi e Franco Zigrino. 
    In sintesi nel suo ricorso in Cassazione l’avvocato Borgna ha sostenuto che 
    l’impianto di smaltimento delle acque di laboratorio dell’Ospedale di 
    Cattinara, ha sempre operato nel rispetto della legge e con le prescritte 
    autorizzazioni. Ma ha anche aggiunto che le acque di laboratorio subivano 
    prima un trattamento e poi una progressiva diluizione in ambito fognario. La 
    procedura aveva ottenuto le prescritte autorizzazioni dal Comune. 
    Raccogliendo invece le acque di laboratorio in apposite taniche, come sta 
    accadendo dopo il sequestro, il rischio per l’ambiente è più alto se non 
    altro perché le stesse taniche potrebbero rompersi, rovesciarsi, subire 
    lesioni durante il trasporto. E il loro contenuto non è nè diluito in acqua, 
    nè trattato. 
    Nel ricorso è stato sottolineato che la «fuorviante interpretazione della 
    Procura, spostata acriticamente dal Tribunale del riesame, oltre a procurare 
    gravi danni ed inefficienze, rischia di provocare il collasso del sistema 
    dello smaltimento idrico, aprendo una ferita che può portare a ritenere non 
    conformi alla norme tutte le strutture dove le acque contengano residui 
    chimici o biologici come accade in tutti i sistemi industriali. Invece la 
    normativa sugli scarichi idrici contempla sistemi di controllo idonei e di 
    trattamento anche migliori di quelli previsti per lo smaltimento dei 
    rifiuti». 
    Il ricorso spiega anche com’è nata l’inchiesta. «In seguito alla denuncia di 
    una dipendente dell’Azienda sanitaria, intervenivano i Nuclei 
    antisofisticazioni e Sanità dei Carabinieri». Quella dipendente oggi non è 
    più tale: è stata licenziata in tronco dall’Azienda sanitaria ed è evidente 
    che sull’eventuale ricorso al giudice del lavoro, pesarà anche la decisione 
    della Cassazione. 
    
    Claudio Ernè  | 
  
 
 
  
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    Bonifiche, accordo di 
    programma a rischio  - Si allungano i tempi per l’approvazione 
    dell’intesa. Ezit e giunta regionale hanno rinviato la discussione  | 
  
  
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    Dalla Confartigianato, 
    intanto, arriva un secco «no» ai contenuti del documento  | 
  
  
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    Si complica la procedura finale 
    dell’accordo di programma per le bonifiche del Sito inquinato di interesse 
    nazionale. Mentre l’Ezit ha rinviato di sette giorni, dal 7 al 13 dicembre, 
    il cda che doveva votare il documento, la bozza dell’accordo non sarà 
    discussa dalla giunta regionale neanche questa settimana. A precisarlo è 
    l’assessore regionale all’Ambiente Gianfranco Moretton, che spiega così il 
    motivo del rinvio: «Domani (oggi, ndr) è previsto un incontro fra l’ufficio 
    legale della Regione e l’Avvocatura dello Stato, perchè vanno approfonditi 
    aspetti giuridici sostanziali dell’accordo». 
    Intanto la Confartigianato annuncia il voto contrario al documento del suo 
    rappresentante nel cda dell’Ezit, Giorgio Prelz (che rappresenta anche Cna e 
    Ures). Una lettera a firma del presidente di Confartigianato Dario Bruni e 
    dello stesso Prelz verrà inviata oggi al presidente dell’Ezit Mauro Azzarita. 
    Un’analoga lettera sarà spedita anche al ministero dell’Ambiente, in cui 
    Confartigianato lamenta anche di aver ricevuto solo la bozza datata 7 
    novembre e non quella del 16, contenente numerose modifiche, sulla quale 
    hanno lavorato i vari enti. 
    Nella missiva al presidente dell’Ezit, l’Associazione degli artigiani, 
    preannunciando il voto contro l’accordo di programma ne spiega le ragioni. 
    «Non è un no ad Azzarita – precisa la Confartigianato – che anzi si è 
    adoperato molto per risolvere la questione, ma al ministero e agli enti che 
    hanno predisposto la bozza dell’accordo». 
    Due le motivazioni del no. La prima: nell’ultima bozza, datata 16 novembre, 
    manca un riferimento chiaro ed esplicito al principio comunitario secondo 
    cui chi non ha inquinato non paga. Conseguenza di ciò, rileva la 
    Confartigianato, è che le imprese che non hanno acquisito il capannone o il 
    terreno dall’Ezit dovranno assumersi totalmente le spese di 
    caratterizzazione, messa in sicurezza e bonifica della propria area. 
    L’Associazione degli artigiani chiede inoltre di conoscere quali sono queste 
    imprese e dove sono ubicate, poichè finora si è detto solo che tale numero 
    si aggira attorno al 10% delle aziende. 
    Il secondo motivo del no di Confartigianato riguarda il punto dell’accordo 
    in cui si dice che gli imprenditori che hanno acquistato dall’Ezit sono 
    sollevati da ogni responsabilità, purchè ovviamente non svolgano attività 
    inquinanti. 
    Nel documento non si definisce, rilevano gli artigiani, quanti passaggi di 
    proprietà sono esentati dal pagamento: se dal 1946 (anno di nascita dell’Ezit) 
    ad oggi, oppure solo l’ultimo passaggio. Siccome si stima che il 50% delle 
    aziende abbia acquistato la sede da privati, sottolinea Confartigianato, per 
    esse non c’è la certezza che siano considerate acquirenti dall’Ezit. 
    Ma non è solo l’Associazione degli artigiani ad esprimere contrarietà 
    all’accordo di programma. Maurizio Ferrara, rappresentante del Comune di 
    Trieste nel cda dell’Ezit, condiziona il suo voto. «Presenterò un emedamento 
    – spiega – chiedendo che venga inserito nel testo il principio del ”chi non 
    ha inquinato non paga”. Se verrà accolto voterò a favore, in caso contrario 
    il mio voto sarà no. Le categorie – aggiunge – non possono essere 
    penalizzate da una norma che non è assolutamente chiara». 
    
    Giuseppe Palladini  | 
  
 
 
Corridoio 5, Di Pietro a Trieste il 
19 dicembre
 
TRIESTE Il ministro delle 
Infrastrutture Antonio Di Pietro sarà a Trieste il 19 dicembre prossimo per la 
prima riunione della Conferenza Intergovernativa Italia-Slovenia per la 
realizzazione del Corridoio 5.
All'incontro - informa oggi una nota della Regione Friuli Venezia Giulia - 
prenderà parte il ministro dei Trasporti sloveno Radovan Zerjav, con il quale Di 
Pietro punta a definire il trattato bilaterale che disciplinerà la materia della 
progettazione, costruzione e gestione della tratta ferroviaria transfrontaliera 
del «Progetto prioritario 6».
È prevista inoltre la presenza del coordinatore europeo del «Pp6» Laurens 
Brinkhost, che ha seguito la questione della tratta italo-slovena della nuova 
ferrovia.
 
 
  
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    Capodistria-Divaccia: il 
    raddoppio nel 2015  - Il ministro dei Trasporti Zerjav: «La tratta è il 
    fulcro per lo sviluppo del Corridoio 5» 
    
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    Celebrati i 
    40 anni della linea ferroviaria. Proseguono i contatti con «Deutsche Bahn». 
    L’ammodernamento costa 8 miliardi di euro   | 
  
  
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    Lungo la 
    linea passa il 40% delle merci trasportate in un anno dalle Ferrovie slovene  | 
  
  
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    DIVACCIA La tratta 
    Capodistria–Divaccia è la spina dorsale della rete ferroviaria slovena, ma 
    nell'arco di pochi anni non basterà più per sostenere il crescente traffico 
    merci da e verso il porto di Capodistria. 
    È necessario pertanto portare avanti quanto prima i progetti di 
    ammodernamento della tratta attuale e procedere in tempi quanto più rapidi 
    alla costruzione del secondo binario, in modo da collegare in modo efficace 
    lo scalo capodistriano al Quinto corridoio europeo e poter continuare a 
    valorizzare la sua ottima posizione geografica. 
    Un tanto è stato ribadito ieri a Divaccia nel corso della cerimonia in 
    occasione del quarantesimo anniversario della costruzione della ferrovia 
    Capodistria–Presnica (presso Cosina), primo collegamento su rotaia tra il 
    porto capodistriano e l'altipiano carsico, costruito tra il 1964 e il 1967. 
    «La tratta attuale sarà ammodernata entro il 2010, il secondo binario sarà 
    costruito entro il 2015» ha annunciato a Divaccia il ministro sloveno dei 
    Trasporti Radovan Zerjav. 
    Il vero problema, ha ammesso il ministro, è l'entità dell'investimento. 
    Lubiana in questo momento non dispone degli oltre 8 miliardi di euro 
    necessari per il secondo binario. I mezzi europei annunciati, 94 milioni, 
    sono solo una piccolissima parte. Una soluzione, secondo Zerjav, potrebbe 
    essere il partenariato tra pubblico e privato. 
    Invitato dai giornalisti a spiegare se e come procedono le trattative con il 
    consorzio tedesco «Deutsche Bahn», il ministro non ha voluto sbilanciarsi. 
    Le Ferrovie tedesche restano comunque uno dei possibili partner di Lubiana, 
    intenzionata a creare un forte polo logistico che comprenda anche «Luka 
    Koper» e «Interereuropa» e che possa attirare capitali esteri indispensabili 
    per modernizzare la rete ferroviaria nazionale. 
    La ferrovia è fondamentale, ha ribadito nel suo intervento anche il 
    direttore del Porto Robert Casar: per rotaia passa ormai più del 60 per 
    cento dei traffici da e verso lo scalo capodistriano. 
    E le quantità di merci continuano a crescere. Nel 2006 sono stati manipolati 
    176.000 vagoni, quest'anno si pensa di arrivare a 200.000. 
    Sfruttando le risorse interne e migliorando l'organizzazione dei trasporti, 
    si potrà andare avanti di questo passo ancora per qualche anno, poi, è 
    convinto Casar, si rischia di dover rinunciare a carichi e mercati. 
    La Capodistria–Divaccia è la spina dorsale delle ferrovie slovene, ha 
    ricordato nel suo intervento il direttore generale delle Ferrovie Tomaz 
    Schara: è lunga soltanto 46 chilometri ma vi passa il 40 per cento di tutte 
    le merci traportate dall'azienda. 
    Solo nel 2006, si trattava di 7,4 milioni di tonnellate. Non bisogna inoltre 
    dimenticare il traffico passeggeri. 
    Per tutti questi motivi, è stato categorico Schara, è più che evidente il 
    bisogno di un nuovo collegamento di Capodistria con il suo entroterra: «Ne 
    ha bisogno il porto di Capodistria, ne hanno bisogno le Ferrovie slovene, ne 
    ha bisogno la Slovenia». 
    Un nuovo moderno collegamento di Capodistria, ma anche di Trieste, con 
    l'altopiano carsico, è indispensabile per sfruttare appieno le possibilità 
    di crescita date dal Corridoio paneuropeo numero 5 e per valorizzare i porti 
    dell'Alto Adriatico, potenzialmente i principali punti di riferimento per i 
    traffici da e verso il Centro e l'est europa, ma ancora non al livello della 
    concorrenza dei porti del Mare del Nord.  
    Non a caso ultimamente si sono intensificati i rapporti tra il Porto di 
    Trieste e quellodi Capodistria. «Bisogna fare sistema», ha ribadito nei 
    giorni scorsi a Roma ilpresidente del Consiglio Romano Prodi incontrando il 
    premier sloveno, Janez Jansa. Insomma le sinergie politiche ci sono. Ora 
    bisogna passare al alto pratico della realizazione delle infrastrutture.  | 
  
 
 
Pedena: un’associazione contro la «Rockwool»
 
PEDENA È nata l'associazione «Terra 
nostra» che si propone il fine di far chiudere e smantellare la fabbrica di lana 
di roccia della Rockwool, causa i noti problemi di inquinamento. Per il momento 
hanno aderito all'iniziativa una trentina di persone, anche delle vicine 
località di Chersano e Santa Domenica. Il fondatore dell'associazione Ivan 
Smilovic annuncia la prima riunione di lavoro per domani, per definire il 
programma operativo. E precisa che il più importante strumento di lotta contro 
la fabbrica saranno i comizi di protesta della popolazione per la quale 
l'esistenza quotidiana è diventata un martirio dopo l'apertura, avvenuta due 
mesi fa, dell'inquinante struttura industriale.
 
 
 
LA REPUBBLICA - 
LUNEDI', 3 dicembre 2007 
 
 
Tutti in fila nel 
Belpaese ostaggio delle quattroruote - Lo conferma l'Eurobarometro, la 
statistica effettuata nei Paesi Ue
 
Bus e tram che 
non funzionano, piste ciclabili insufficienti e così l'utilitaria resta ancora 
il nostro mezzo di trasporto preferito
 MILANO - Le micidiali 
polveri sottili, i centri urbani chiusi e i cartellini rossi esposti in molte 
città per fermare i mezzi più inquinanti non sono riusciti ancora nel miracolo 
di cambiare le abitudini degli italiani: il Belpaese infatti ha conquistato 
nell'ultima edizione dell'Eurobarometro (la summa annuale delle statistiche Ue) 
il poco invidiabile primato di paradiso delle quattroruote. Le cifre parlano 
chiaro: tra i big del Vecchio continente, siamo i più compulsivi utilizzatori 
dell'auto. Ogni cittadino italiano macina in media al volante 12.282 chilometro 
l'anno, un migliaio di meno dei lussemburghesi ma molto di più degli inglesi 
(11.672) e dei tedeschi (10.349). 
Un amore viscerale - quello per i motori - che sommato ai guai di bus, tram e 
metro di casa nostra ci ha regalato pure l'Oscar continentale per la diffidenza 
verso il mezzo pubblico: il 72% dei nostri connazionali - secondo il 
ponderosissimo studio statistico di Bruxelles - sosteneva nel 2005 "di non 
essere incoraggiato a utilizzare meno la sua auto dall'offerta di servizi 
alternativi". Un valore che ci colloca lontanissimi dalla media Ue (58%) e a 
distanza siderale da paesi come Germania, Spagna, Danimarca e Austria dove più 
della metà delle persone ammette di avere buone ragioni - leggi mezzi pubblici 
adeguati - per lasciare la macchina in garage durante la settimana. 
L'Italia insomma - e forse non servivano i dati dell'Eurobarometro per 
dimostrarlo - è ancora una Repubblica a misura auto. Rinunciarci è difficile. La 
media dei nostri tragitti singoli è bassissima anche rispetto al livello 
europea, circa 4 chilometri. Segno che la utilizziamo anche quando forse non è 
necessario. Magari per andare a comprare il pane dietro l'angolo o per portare i 
bambini a scuola a poche centinaia di metri da casa. 
Ma se la penisola è uno stivale dove le quattroruote (ce ne sono 670 ogni mille 
abitanti, una cifra inferiore a livello mondiale solo agli 800 degli Usa) 
spadroneggiano indisturbate dalle Alpi alla Sicilia è più per demeriti altrui 
che per convenienza effettiva. 
Sul fronte delle infrastrutture viarie, ad esempio, non siamo messi molto meglio 
del resto del Vecchio continente. Ogni italiano "dispone" statisticamente di 110 
metri di autostrada. Gli spagnoli ne hanno 240 metri a testa, i francesi 170. E 
solo in Gran Bretagna, in proporzione, stanno peggio di noi e non arrivano 
nemmeno all'ettometro. La nostra cronica idiosincrasia per i mezzi pubblici non 
è nemmeno una questione di soldi. Anzi, su questo fronte ci riteniamo a torto o 
a ragione tra i più fortunati del Vecchio continente: il livello di gradimento 
delle tariffe di tram, metro, treno e bus nel nostro paese è (su base 100) di un 
bel 82, voto che ci mette sopra a quasi tutte le altre nazioni. 
Qual è allora la palla al piede dei mezzi pubblici, proprio nella settimana in 
cui gli scioperi hanno lasciato a piedi milioni di italiani? I numeri di 
Bruxelles aiutano a dare una chiave di lettura: il vero problema di tram e bus 
tricolori è quello della scarsa accessibilità. I cittadini del Belpaese (magari 
c'entra un po' la nostra tradizionale pigrizia) ritengono inadeguata la 
struttura della rete. I mezzi sono pochi, le fermate troppo lontane da casa. 
Nella speciale classifica relativa a questa voce, non a caso, indossiamo una 
disonorevolissima maglia nera. Solo 69 italiani su 100 considerano i trasporti 
statali un network "di facile accesso", cifra che ci colloca in ultima posizione 
di una graduatoria guidata dalla Grecia (95), dove quasi tutti i nostri vicini 
continentali viaggiano ben sopra quota 80. 
Le cose non vanno meglio se dal dato nazionale si passa a quello locale. 
Bruxelles ha provato a chiedere ai cittadini delle grandi capitali Ue quale 
fosse il grado di soddisfazione, in termini generali, del servizio di trasporto 
pubblico. E Roma - anche al netto del caos taxi degli ultimi giorni - non ne 
esce proprio benissimo, conquistando un disonorevole ultimo posto con solo 40 
abitanti su 100 contenti della rete dei mezzi alternativi. A Vienna, Berlino, 
Parigi e Atene sono quasi il doppio. 
L'Italia però si conferma anche nei dati della Ue un paese difficile da 
catalogare in gabbie socio-numeriche troppo strette. L'impopolarità dei mezzi di 
trasporto pubblici tricolori sancita senza possibilità d'appello dall'Eurobarometro 
non significa che vengano utilizzati. Anzi. È vero il contrario. Ci lamentiamo, 
borbottiamo, imprechiamo contro il disservizio. Ma alla fine riempiamo più dei 
nostri concittadini europei tram, bus e metropolitane. 
Per l'esattezza li usiamo per 6,4 chilometri al giorno a testa - calcola con 
precisione millimetrica la statistica comunitaria - distanza che ci mette di un 
pezzo sopra la media di 5,4 km. del Vecchio continente. Dato di per sé 
ugualmente buono visto che nel 1970 nella Ue eravamo fermi a 4,2 e solo una 
quindicina di anni fa abbiamo rotto la barriera dei cinque chilometri. 
Sommando tutti i dati relativi ai trasporti via terra, gli italiani sono in 
assoluto i maggiori viaggiatori del vecchio continente con 41 km al giorno (di 
cui 34,2 in macchina) dopo il piccolo Lussemburgo (44) ma ben davanti a Gran 
Bretagna (36), Germania (33) e Spagna (27). Merito anche della scarsa popolarità 
in Italia dell'aereo. I guai della nostra compagnia di bandiera - in questo caso 
- c'entrano poco. Il Belpaese, più semplicemente, sta imparando a volare solo 
oggi. 
Nel 2006 oltre 120 milioni di italiani hanno superato il check in per imbarcarsi 
a bordo di un jet. Più del doppio di quelli che volavano dieci anni prima. Ma 
ancora molti meno delle altre nazioni più mature dal punto di vista aeronautico 
come la Gran Bretagna (230 milioni) e persino la Spagna (180) dove gli aeroporti 
di Londra e Madrid rischiano addirittura un collasso nei prossimi anni per 
l'eccessivo carico della domanda, troppo alta in diverse ore della giornata 
rispetto alla disponibilità di slot per i decolli e gli atterraggi. 
L'ultima fotografia scattata dall'eurobarometro ai mezzi di trasporto pubblici 
europei è quella dei prezzi. Su questo fronte la deregulation, il balzo dei 
costi per i carburanti, le privatizzazioni e l'austerity di bilancio di molti 
paesi stanno gonfiando la spesa. L'aumento dal 2001 al 2005 è stato in media del 
15%, qualche punto in più dell'inflazione. L'Italia, almeno in questo, brilla in 
positivo con un incremento percentuale dell'11,1%, generato da un +4,2% delle 
tariffe ferroviarie (valore balzato all'insù negli ultimi due anni), un +11% di 
tram, bus e metro e un +6% per i traghetti via mare. 
Aumenti comunque elevati soprattutto a confronto di stipendi che - in 
particolare nel caso dei lavoratori dipendenti - tendono a muoversi verso l'alto 
con molte più difficoltà. Proprio una banale questione di soldi però - più del 
senso civico e della voglia di un mondo più pulito - potrebbe alla fine 
raffreddare l'antica passione degli italiani per le loro quattroruote. Il costo 
del pieno negli ultimi quattro anni è aumentato quasi del 60%. I nostri 12.282 
chilometri l'anno costavano nel 2000 circa 785 euro. Oggi per fare la stessa 
distanza se ne spendono 1.325. E questo, forse, più che la paura delle polveri 
sottili o degli Ecopass vari, rischia di essere il vero asso nella manica per 
convincere gli italiani a lasciare la loro macchina in garage e salire, magari 
lamentandosi per la qualità del servizio e i ritardi, a bordo di tram, autobus e 
metropolitane. 
ETTORE LIVINI
 
 
IL PICCOLO - 
LUNEDI', 3 dicembre 2007 
 
 
  
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    Ferriera, Regione pronta a 
    firmare l’ok ambientale  - 
    Gli esperti del ministero: in 15 
    giorni un solo sforamento ma i dati Cigra sono attendibili  | 
  
  
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    La giunta, 
    dopo aver esaminato tutta la documentazione, nella prossima seduta 
    concluderà l’iter dell’autorizzazione  
    
    Alla prossima riunione di 
    giunta, venerdì 7 dicembre, la Regione dirà l’ultima parola 
    sull’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) per la Ferriera di Servola. 
    Se sarà un sì, la Ferriera avrà ottenuto un’autorizzazione che supera e 
    ingloba ogni altra. Il fascicolo, all’ultima seduta, è stato rimandato per 
    necessità di ulteriori analisi del documento, che contiene il piano di 
    lavoro annunciato (e in parte già avviato) dalla Lucchini, con data di 
    completamento a fine 2008, finalizzato ad abbattere le fonti d’inquinamento 
    interne ed esterne, nonché le numerose prescrizioni aggiunte dagli enti che 
    hanno partecipato alla redazione. Quanto alla Regione, è rimasta unica 
    titolare del giudizio dopo che il Comune di Trieste ha depositato, in sede 
    di conferenza dei servizi, il suo parere negativo («Non diamo autorizzazioni 
    con inquinamento in corso»). Un atto che ha svuotato di potere il voto di 
    tutti gli altri enti, delegando la responsabilità al solo governo regionale. 
    Intanto l’Apat, l’Agenzia nazionale per la protezione ambientale, conferma 
    un primo importante risultato delle analisi condotte dal laboratorio mobile 
    arrivato da Roma su sollecitazione del sindaco Dipiazza e del verde 
    Alessandro Metz che avevano interessato alla questione Ferriera il ministro 
    dell’Ambiente, Pecoraro Scanio, a fronte di allarmanti e ripetuti sforamenti 
    di polveri sottili e benzoapirene «con pericolo per la salute pubblica» 
    secondo l’avviso ufficiale dell’Azienda sanitaria. 
    Lo strumento era stato posizionato per 15 giorni nella seconda metà di 
    ottobre a Servola stazione, assieme a quelli dell’Arpa regionale e del Cigra, 
    il Consorzio universitario incaricato dalla magistratura di monitorare la 
    zona. Il dato scientificamente meno rilevante - a giudizio dei tecnici 
    stessi - è l’unico concreto: «In 15 giorni si è verificato un solo 
    sforamento di Pm10 - spiega Maria Belli, responsabile del laboratorio -, ma 
    non è un elemento significativo perché siamo rimasti a Trieste per un 
    periodo breve e caratterizzato da bora costante». Benzene, benzoapirene e 
    altri idrocarburi captati dagli strumenti sono ancora sotto analisi: «I test 
    richiedono molto tempo - aggiunge Belli - e abbiamo avuto qualche ritardo». 
    Si attende l’esito per metà dicembre. 
    Intanto però si materializza il risultato principale. «Abbiamo adesso la 
    certezza - afferma la responsabile del laboratorio Apat - che le notizie 
    sugli inquinanti ottenute dalle centraline dell’Arpa e del Cigra sono 
    perfettamente valide, del tutto coincidenti con quelle che abbiamo avuto dai 
    nostri strumenti, il cui compito principale era proprio verificare e 
    validare i sistemi di captazione e di lavoro». La validazione adesso c’è. 
    Questo significa che «nessun dubbio può sussistere - scandisce Belli - sui 
    dati raccolti da Arpa e Cigra prima che arrivassimo noi, né su quelli che 
    saranno raccolti da ora in poi». Le polemiche dunque che avevano investito 
    un po’ tutti, con contestazioni incrociate, vengono così a cadere. E quando 
    il Cigra a fine mese concluderà l’ulteriore sondaggio dell’aria con le altre 
    due centraline aggiunte nell’abitato di Servola, ordinato sempre dal 
    magistrato a completamento e integrazione dei dati sul quartiere (come 
    richiesto a gran voce, e con carte bollate, dalla Lucchini, ma come anche 
    imposto da una legge nel frattempo approvata) i risultati dovranno essere 
    considerati, in sè, altrettanto inoppugnabili. 
    g. z.  | 
  
 
 
 
IL PICCOLO - 
DOMENICA, 2 dicembre 2007 
 
 
  
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    Trieste-Divaccia, 760 nuovi 
    posti di lavoro  - Per l’avvio dei lavori. Gli esperti: nel 2025 il 
    tracciato fino a Mestre assorbirà 27mila occupati   | 
  
  
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    Lo studio 
    inglese Scott Wilson, commissionato dalle Regioni Friuli Venezia Giulia e 
    Veneto, misura l’impatto economico del Corridoio 5  
    
    MONFALCONE Il Corridoio 5 è 
    destinato a spostare l’asse del traffico merci e passeggeri da Nord a Sud 
    delle Alpi. Il progetto dovrebbe diventare operativo nel 2015. La velocità 
    ottimale sarebbe quella dei 250 chilometri-orari, sia sotto il profilo 
    ambientale che economico. Sono le «direttrici» elaborate dallo studio 
    inglese Scott Wilson, commissionato dalle Regioni Friuli Venezia Giulia e 
    Veneto, in merito all’impatto della tratta di competenza del Corridoio 
    paneuropeo 5. Lo studio è stato presentato ieri a Fogliano Redipuglia 
    presenti i vertici del porto di Trieste, dell’aeroporto di Ronchi e della 
    concessionaria Autovie Venete con il presidente Santuz. 
    Il modello Wilson ha elaborato le proiezioni circa i risultati prodotti dal 
    Corridoio 5 in Friuli Venezia Giulia dal 2015 al 2045: lo studio prende in 
    esame la progettazione della linea Mestre-Ronchi Sud-Trieste con 
    prosecuzione verso Divaccia e Lubiana. 
    In termini di posti di lavoro, si parte dai 760 occupati all’avvio della 
    tratta per approdare ai 27.600 del 2025 fino ai 116 mila nel 2045. In fatto 
    di Pil, nel 2015 si prevede un aumento di 0,05 miliardi di euro, fino a 8,6 
    miliardi di euro nel 2045. Nel 2015 l’aumento per il traffico ferroviario 
    sarà di 32,4 milioni di tonnellate, fino ad arrivare a 76,6 
    milioni/tonnellate nel 2045. Dalle strade saranno tolti oltre 469 mila 
    autotreni nel 2015, fino a oltre 916 mila nel 2045. Abbattuti anche i costi 
    sociali (-16 milioni di euro nel 2015 fino a -27,9 milioni nel 2045). 
    L’aumento della domanda ferroviaria, nel modello Wilson, si attesterà sul 
    30% per le merci e sul 33% per i passeggeri. Con il traffico pesante ridotto 
    ad oltre il 4,5%. Per contro, l’aumento del traffico ferroviario è stimato 
    nel 25% per le merci e nel 10% per i passeggeri. 
    Veniamo allo stato dei progetti. Nel 2002 è stato completato lo studio di 
    fattibilità della linea veloce Venezia-Trieste che ha usufruito anche del 
    sostegno finanziario della Commissione europea. Sono inoltre intercorsi 
    contatti a livello governativo tra Italia e Slovenia che hanno portato alla 
    definizione dell’accordo sottoscritto nel febbraio 2002, con il quale è 
    stato individuato il tratto a cavallo del confine. In tale ambito, sarà 
    possibile sviluppare lo studio di fattibilità del tratto di linea afferente 
    al confine (circa 7 chilometri). La progettazione della linea Mestre-Ronchi 
    Sud-Trieste con prosecuzione verso Divaccia e Lubiana è articolata nelle 
    seguenti tratte: Mestre-Portogruaro (la progettazione sarà avviata nel corso 
    dell’anno); Portogruaro-Ronchi Sud (il progetto preliminare s’è concluso nel 
    2006, ma la Regione ha preannunciato parziali variazioni del tracciato); 
    Ronchi Sud-Trieste (il progetto preliminare è in corso di ripubblicazione 
    per essere presentato al Cipe); Ronchi Sud-Trieste-Divaccia (progettazione 
    complessa per le problematiche politiche internazionali; a fine 2006 era 
    stata siglata una convenzione con la quale si dava avvio allo studio di 
    fattibilità per la realizzazione della tratta italo-slovena). 
    Autovie Venete: tra 7 anni - la terza corsia dell’«A4» 
    Il Corridoio 5 si deve fare se non vogliamo che i traffici escludano il 
    Friuli Venezia Giulia dall’Europa continentale. Del resto, ha detto il 
    presidente di Autovie Venete, Giorgio Santuz, la «mappa» è già disegnata. «E 
    noi - ha aggiunto - siamo chiamati alla responsabilità operativa sul 
    segmento di competenza che passa a Nord-Est. L’autostrada da sola non può 
    bastare. Oggi tutto il peso del traffico è sostenuto dall’A4 che, in certi 
    momenti della settimana, rischia la chiusura. E il trend di traffico è 
    destinato a crescere». Si punta con decisione sulla terza corsia dell’A4 
    prevedendone la realizzazione in 6-7 anni. È già stata bandita la gara, 
    «anche se i commissari deputati ad aprire le buste devono giungere da Roma». 
    Tre le priorità ci sono altresì la trasformazione della Gorizia-Villesse in 
    autostrada (messa in sicurezza da Autovie Venete) ipotizzando una velocità 
    di 80 chilometri orari e la conclusione dell’«A28», per la quale è appaltato 
    l’ultimo chilometro. Infine, un dato di massima: nei prossimi 8 anni sono 
    previsti investimenti per 1 miliardo e 700 milioni di euro. 
    l.b.  | 
  
 
 
  
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    Cittadini interpellati sulla 
    riserva in Val Rosandra - Il Comune di Dolina ottempera ai dettati di Agenda 
    21: partono i forum di partecipazione   | 
  
  
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    SAN DORLIGO DELLA VALLE 
    Assemblea plenaria nei giorni scorsi a Bagnoli nell’ambito di Agenda 21 per 
    la riserva della Val Rosandra. Una riunione che ha dato vita ai forum di 
    discussione, i quali presto cominceranno a lavorare per stabilire le 
    linee-guida del nuovo piano di conservazione e sviluppo della riserva. 
    L’assemblea ha fatto seguito alla serie di incontri con i residenti della 
    varie frazioni di San Dorligo della Valle.  
    Il sindaco Fulvia Premolin dice: «Si è voluto fare il punto della situazione 
    e render noti ai cittadini gli interventi che sono già stati attuati dal 
    Comune». 
    Dalla riunione sono emersi anche i dubbi della popolazione sulla creazione 
    riserva della Val Rosandra: si è parlato per esempio della poca chiarezza 
    dei limiti territoriali, e anche della difficoltà di amministrare il 
    territorio così protetto. Ma sono stati espressi anche giudizi positivi 
    sull’iter compartecipativo scelto per affrontare questo tema. 
    Tra le iniziative che vengono portate avanti dal Comune in merito alla 
    riserva, il sindaco ricorda l’iniziativa regionale «Conoscere per crescere», 
    con la quale la Val Rosandra diverrà un’aula a cielo aperto su temi 
    ambientali. Oppure l’approvazione del progetto di riqualificazione del 
    centro visite, l’organizzazione di simposi tecnico-scientifici dai quali è 
    nata anche la prima guida interattiva della flora della valle. Presto, 
    inoltre, la Val Rosandra disporrà anche del suo sito web,per la promozione 
    del territorio.Nel frattempo il Comune sta trattando per acquisire la 
    vecchia stazione di Draga Sant’Elia, interna alla riserva. 
    Nel corso dell’assemblea è stata formalizzata la nascita del forum 
    costituito nell’ambito dell’Agenda 21, che comprende una ventina di 
    rappresentanti dei cittadini e delle associazioni che sono attive sul 
    territorio comunale. 
    Il calendario delle prossime riunioni del forum è ancora in via di 
    definizione: verrà comunque approntato a breve. 
    s.re.   | 
  
 
 
  
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    Capodistria fa causa alla 
    Kemiplas  - Dopo quindici anni di proteste, il Comune dà una svolta 
    alla questione ambientale della frazione di Villa Decani 
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    Il sindaco Popovic: «Sarà 
    battaglia legale, va chiusa perché inquina»  | 
  
  
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    Se non va con le buone, si prova 
    con le cattive. Il comune di Capodistria, dopo anni di inutili tentativi di 
    raggiungere un accordo per far chiudere e smantellare la fabbrica di 
    prodotti chimici «Kemiplas» di Villa Decani, ha deciso di ricorrere alle vie 
    legali. Lo ha annunciato il sindaco di Capodistria Boris Popovic. «Visto il 
    tergiversare della direzione e visto che la vicenda non si sblocca – ha 
    dichiarato il primo cittadino di Capodistria - abbiamo deciso di procedere 
    per via legale. Spero che la fabbrica possa essere chiusa quanto prima». 
    Il Comune, che sarà rappresentato dall'avvocato Franci Matoz, presenterà 
    denuncia contro la «Kemiplas» e chiederà la sospensione dell'attività' 
    produttiva perchè ritenuta inquinante. Le autorità comunali intendono 
    inoltre procedere alla modifica del piano urbanistico per l'area dove si 
    trova la fabbrica in modo da vietare questo tipo di produzione e mettere di 
    fatto «fuori legge» l'industria chimica in questione. A Capodistria si 
    rendono conto che questa seconda sarebbe una via più lunga e più 
    dispendiosa, ma sono decisi a risolvere definitivamente il problema, in un 
    modo o nell'altro. Nell'area nota come Bivio - sostengono i responsabili 
    dell'amministrazione comunale - si potrebbe dar vita a un'attività economica 
    che non danneggi l'ambiente e che sia accettata dagli abitanti del luogo. 
    Esiste il problema del centinaio di persone che oggi lavorano nella fabbrica 
    e che resterebbero senza lavoro, ha ammesso il sindaco, che ha però aggiunto 
    come queste stesse persone, insieme ad altre, potrebbero trovare una nuova 
    occupazione nelle attività produttive alternative che sostituiranno la «Kemiplas».
     
    Alcuni mesi fa, la vicenda della fabbrica chimica di Villa Decani sembrava 
    ormai risolta, dopo l'accordo raggiunto tra il Comune e la direzione, 
    accordo che prevedeva la chiusura e lo smantellamento dell'impianto di 
    produzione di formladeidi, ma poi è venuto a galla che la società madre 
    della «Kemiplas», la tedesca «Kemokompleks», ha dichiarato fallimento, per 
    cui delle sue proprietà, e dunque anche dell'impianto di Villa Decani, al 
    momento dell'accordo poteva disporre soltanto il curatore fallimentare, e 
    non i dirigenti locali della fabbrica. Gli abitanti di Villa Decani si 
    dicono soddisfatti dell’iniziativa comunale. Loro, la chiusura della 
    fabbrica la chiedono ormai da più di 15 anni, e sono disposti anche a 
    firmare una denuncia collettiva per i danni subiti. Dell'inquinamento 
    prodotto dalla Kemiplas e delle misure da intraprendere, così come dei danni 
    all'ambiente e alla salute nel Capodistriano provocati da altre industrie 
    della zona, comprese quelle di oltre confine, in Italia, il sindaco di 
    Capodistria Popovic ha annunciato che ha intenzione di discuterne con il 
    sindaco di Trieste Roberto Dipiazza e il presidente della Regione 
    Friuli-Venezia Giulia Riccardo Illy, forse già tra poche settimane, in 
    occasione delle manifestazioni per la caduta dei confini e l'ingresso della 
    Slovenia nell'area Schengen.   | 
  
 
 
  
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    Immobilismo in Comune fino 
    alle elezioni regionali  | 
  
  
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    Assistiamo costantemente ad 
    annunci eclatanti fatti a mezze pagine di giornale con lo scopo di vendere 
    la propria personale immagine annunciando progetti faraonici, che risultano 
    poi irrealizzabili. Solo alcuni esempi di ciò. La galleria sotto corso 
    Italia, il piano del traffico nascosto nei cassetti per anni, il piano dei 
    parcheggi affrontato in maniera artigianale senza il necessario collegamento 
    con ciò che ne è il naturale corollario, cioè il piano del traffico; e 
    ancora, la costruzione di megaparcheggi annunciati, cassati e poi nuovamente 
    ripescati. Ora si riscopre, dopo tanto tempo, la necessità di allargare le 
    zone pedonali, di valorizzare il centro città, eliminando auto e motocicli, 
    dando spazio ai pedoni ed all’abbellimento estetico. Ma quello che non si 
    riesce a capire è il perché poi non si dia mai corpo e gambe a tante 
    intenzioni annunciate. 
    In occasione delle ultime elezioni è stato annunciato che la costruzione del 
    parcheggio sotto San Giusto sarebbe iniziata entro 6 mesi; a conferma di ciò 
    l’amministrazione aveva fatto erigere un «grande manifesto», per ammissione 
    dello stesso assessore Rossi a puro scopo elettorale, con il quale si 
    informava la cittadinanza dell’imminente apertura dei cantieri. Ora dopo 
    quasi 18 mesi dall’annuncio «civetta» ovviamente nulla è stato ancora fatto, 
    anzi, da quanto risulta, i tempi di inizio dei lavori si stanno 
    ulteriormente allungando. Da notare che l’iter per la costruzione dell’opera 
    è iniziato sotto la giunta Illy nel lontano 2001. 
    Dalle informazioni trasversali che giungono alle orecchie dei consiglieri, 
    l’immobilismo regnerà nel nostro Comune fino alle prossime elezioni 
    regionali; fino ad allora non si farà nulla che possa scontentare i 
    cittadini elettori. Si farà solo polemica contro gli avversari, in questo 
    caso contro la giunta Illy, utilizzando anche l’aula del consiglio comunale. 
    L’ultima seduta del consiglio comunale ne è l’emblema: gli intensi attacchi 
    della destra contro la riforma sanitaria che l’amministrazione regionale ha 
    appena iniziato coinvolgendo tutti gli enti e le istituzioni pubbliche e 
    private interessate, non può che essere definita strumentale perché si è 
    spesa tanta demagogia in una discussione che si è incentrata su una minima 
    parte della proposta di legge, tralasciando completamente quanto essa 
    contiene in tema di tutela del cittadino, di obblighi che le amministrazioni 
    pubbliche della salute saranno tenute a rispettare nell’interesse 
    dell’utente. 
    Il dilemma che mi si prospetta è riassumibile in questi termini: è forse 
    meglio agire politicamente come la giunta Dipiazza, cioè aspettare tempi più 
    opportuni per decidere, aspettare la chiusura delle urne e poi fare ciò che 
    si potrebbe/dovrebbe benissimo fare ora (a più di un anno di nuova giunta 
    Dipiazza), ma con il rischio di scontentare qualcuno, oppure come fa il 
    presidente Illy, affrontare e risolvere le questioni di governo della cosa 
    pubblica e poi affidarsi al voto popolare per capire se si è fatto bene o 
    male? Credo che nella valutazione mi possa aiutare il buon senso: 
    aspettando, i problemi della città non solo non si risolvono, ma crescono, i 
    cittadini hanno molte aspettative e gli assessori, in feroce concorrenza tra 
    loro, le cavalcano dando luogo ad un’aspra battaglia nelle file della 
    maggioranza, con l’unico risultato di creare illusioni magiche, che nulla 
    hanno a che fare con la realtà e continuare nell’immobilismo, questo sì 
    purtroppo reale. 
    Luciano Kakovic - consigliere comunale della 
    Margherita nel Partito democratico  | 
  
 
 
 
IL PICCOLO - 
SABATO, 1 dicembre 2007 
 
 
  
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    Dal primo gennaio a regime a 
    San Dorligo la nuova tariffa rifiuti  - Approvato dal Comune il 
    regolamento  | 
  
  
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    Il documento 
    sarà illustrato in una serie di incontri pubblici: il primo si farà a Zindis 
    
    DOLINA - 
    Si conferma il primo gennaio come data d’applicazione piena 
    della tariffa sui rifiuti a San Dorligo. Ieri il consiglio comunale ha 
    effettuato una nuova modifica del regolamento per definire alcune esenzioni, 
    suscitando l’ira dell’opposizione. I rifiuti e la raccolta differenziata 
    porta a porta non sono un argomento facile in consiglio comunale a San 
    Dorligo della Valle. 
    Le posizioni di maggioranza e minoranza sono diametralmente opposte, e 
    quest’ultima non si esime dal ricordarlo ad ogni occasione. L’ultima, 
    proprio ieri, quando l’aula è chiamata ad approvare alcune modifiche al 
    regolamento per definire meglio le previste esenzioni dal pagamento della 
    tariffa (la Tia), che entrerà a regime (con l’effettiva modifica-riduzione 
    della parte variabile a seconda della quantità di rifiuti fatti conferire 
    all’inceneritore) il primo gennaio. 
    Critico, come sempre, il consigliere Boris Gombac (Uniti nelle tradizioni) 
    che contesta formalmente il regolamento, non ha digerito il sistema di 
    raccolta e ritiene che la Tia si sarebbe dovuta applicare appieno fin da 
    subito. Ne è nato un vivace battibecco tra alcuni componenti la maggioranza 
    e il consigliere di opposizione. Alla fine, le modifiche al regolamento sono 
    state approvate solo dalla maggioranza. Contrari Oltre il Polo e Uniti nelle 
    tradizioni. Astenuti Lega e Verdi. 
    Altra discussione anche sull’assestamento di bilancio. Tra le righe 
    contabili sono emerse maggiori entrate correnti, che ieri sono state 
    applicate per varie spese. Ad esempio, 100 mila euro vanno alle manutenzioni 
    straordinarie del centro sportivo. Altri 78 mila euro a manutenzioni delle 
    strade e 10 mila per lavori alle scuole medie. Gombac ha sbottato: «Il 
    centro sportivo è come un “pozzo di San Patrizio”. Servono ancora soldi, 
    dopo tutti quelli già spesi?». La risposta l’ha fornita l’assessore Igor Tul: 
    «Si tratta di finanziare parte dell’illuminazione del campo e la 
    realizzazione del promesso campo giochi per bambini. Una quota servirà anche 
    per gli infissi». 
    L’assestamento di bilancio è stato approvato dalla maggioranza, con 
    l’astensione della minoranza. Approvata, infine, la perimetrazione delle 
    zone di recupero del patrimonio edilizio e urbanistico, che permetterà di 
    ottenere contributi per lavori alle facciate delle case. Dopo le modifiche 
    richieste dalle opposizioni, la delimitazione comprende tutto il comune. Una 
    scelta non condivisa dall’assessore Sigoni che ha preferito uscire dall’aula 
    al momento del voto: «Il territorio così delimitato è troppo ampio. Finirà 
    che nessuno riceverà i contributi». 
    s.re.  | 
  
 
 
  
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    Case costruite vicino alla 
    Ferriera  | 
  
  
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    Gentile signora della 
    segnalazione del 13 novembre «Il destino della Ferriera». Forse lei non lo 
    sa quanto fastidio dia leggere una lettera offensiva come la sua, perciò 
    voglio darle modo di provarlo, anche se ciò va contro la mia abitudine e per 
    questo chiedo scusa a tutti i lettori. Con tutte le cose tragiche e tristi 
    che segnano le nostre giornate dal momento che ci alziamo, il suo scritto 
    potrebbe farci sorridere se non fosse fuori posto come una barzelletta 
    raccontata ad un funerale. Probabilmente lei e suo marito dimenticano le 
    case fatte a ridosso dello stabilimento in questione (una vergogna come dice 
    lei), non sono le sole interessate al problema. Problema che investe 
    purtroppo l’intero villaggio di Servola e che, contrariamente a quanto 
    asserito con arroganza da un sindaco, di evidente lacunosa cultura, non è 
    sorto dopo la Ferriera, ma ben cinquecento anni prima. Il suo discorso un 
    po’ strampalato che corre da un argomento all’altro, ad un certo punto, ci 
    ricorda (parlando di pesci al mercurio) che la Ferriera sta pure inquinando 
    il mare, avvelenando anche pesci oltre che i prodotti della terra. Pesci, 
    verdura e frutta che anche lei, cara signora, e i suoi cari, volenti o no, 
    state mangiando. Attribuendo poi agli ex dipendenti della Ferriera le 
    proteste e le iniziative volte alla chiusura di questo mostro, lei sbaglia e 
    lo fa di proposito, sapendo molto bene che essi sono una esigua minoranza 
    rispetto al numero delle persone legate a questo triste problema. Io non 
    sono servolana, se però vorrà considerarmi tale perché abito qui da molti 
    anni, riterrò un onore aiutare, come lo faccio sempre e nelle più svariate 
    occasioni, la famiglia che lei benevolmente nella sua lungimiranza vorrà 
    accollarmi. Non nutro speranza che le mie parole la facciano vergognare per 
    ciò che ha scritto, perché gente come lei, oltre a non aver coraggio delle 
    proprie azioni, non è nemmeno in grado di valutare l’imbecillità di certe 
    affermazioni. Di fesserie, ahimè, ne diciamo un po’ tutti, purtroppo, ma – 
    per l’amor del cielo – evitiamo di diffonderle con tanta leggerezza.  
    Senza rancore. 
    Lettera firmata  | 
  
 
 
IL PICCOLO - 
VENERDI',  30 novembre 2007 
 
 
  
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    Muggia: commissione comunale 
    di controllo sui fumi della Ferriera - Mozione approvata all’unanimità
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    A Muggia nasce una commissione 
    interna che si occuperà di acquisire dati sulle emissioni in atmosfera, e il 
    Comune si impegna a tenere sotto controllo la situazione della Ferriera di 
    Servola. È il risultato di una mozione presentata inizialmente dal gruppo di 
    Forza Italia, è che poi stata emendata ed approvata unanimemente dal 
    consiglio comunale, mercoledì. L’atto fa riferimento al recente dibattito 
    politico istituzionale sulle possibili e conseguenti ripercussioni sulla 
    salute dei cittadini. Ma prende soprattutto in considerazione la recente 
    diffusione «degli allarmanti dati del Cigra dell’Università di Trieste – si 
    legge nella mozione -, sulle emissioni dello stabilimento siderurgico, 
    commissionate dal pm Federico Frezza, in merito alle quali sono state 
    espresse preoccupazioni sulle possibili ricadute sulla salute pubblica». 
    Le analisi hanno riguardato anche Muggia, dove è stata utilizzata una 
    particolare metodologia di studio con i licheni, che ha confermato che 
    l’inquinamento a Servola è simile a quello di Muggia. Da qui la volontà del 
    Comune di farsi parte attiva nella complicata vicenda, e di aderire ai 
    tavoli istituzionali finalizzati a promuovere gli approfondimenti sulle 
    emissioni dello stabilimento di Servola e, se necessario, a richiedere o 
    promuovere ulteriori specifiche analisi sul territorio di Muggia. Nascerà 
    una commissione di consulenza per il Comune, guidata dal sindaco, con un 
    rappresentante di maggioranza (Giorgio Kosic - Prc) e uno di opposizione (Christian 
    Gretti – An) che raccoglierà le indagini, analisi, studi e documenti 
    disponibili. «Qualora fossero confermati i sospetti relativi ai pericoli per 
    la salute pubblica – ancora nella mozione – il Comune metterà in atto, 
    insieme a tutti gli enti competenti, tutto quanto in suo potere per 
    concertare un piano di dismissione e riconversione della Ferriera che 
    salvaguardi i livelli occupazionali e garantisca l’utilizzo dei cosiddetti 
    ammortizzatori sociali». Il sindaco commenta: «È stato fatto un ottimo 
    lavoro. Il problema non è da sottovalutare. Ci siamo già mossi l’estate 
    scorsa, chiedendo di essere sempre informati, e di essere ammessi alla 
    conferenza dei servizi, anche se solo come uditori. Questo non ci è stato 
    concesso, ma siamo almeno al tavolo tecnico di coordinamento. Non lasciamo 
    nulla di intentato». Il coordinatore di Forza Italia, Claudio Grizon, dice: 
    «Su questo tema molto importante il consiglio comunale, su nostra 
    iniziativa, è riuscito a portare un voto unanime che in altri enti non si è 
    riusciti ad ottenere. È una prova di responsabilità a tutela della salute 
    pubblica». 
    s.re.  | 
  
 
 
No alla Tav. No ai rigassificatori. 
No alla ferriera di Servola. No alle casse di espansione sul Tagliamento. No 
agli elettrodotti in Carnia e Valli del Natisone. No al cementificio di 
Torviscosa. No alla vetreria di S.Giorgio di Nogaro. No alle discariche e ai 
termovalorizzatori. No agli Ogm. No alla caccia con i segugi e i pallettoni. No 
all'uccellagione. No alle funivie del Pramollo e del Cansiglio. No alla 
superstrada Sequals-Gemona. No all'autostrada Carnia-Cadore. No alla Baia di 
Sistiana. No alla devoluzione urbanistica e ambientale a Comuni e Province. No 
naturalmente anche al nucleare. E sicuramente non è tutto.
Si direbbe il quadro di una regione in subbuglio dove, alle storiche 
associazioni per la tutela dell'ambiente, si sono affiancati numerosi comitati 
locali sorti per contrastare, finora con molta efficacia, le iniziative della 
pubblica amministrazione, ovvero dei privati, ritenute lesive del proprio 
territorio.
Un sondaggio condotto da Swg in vista delle elezioni regionali del 2008, reso 
pubblico su Il Piccolo del 18 settembre 2007, ci informa però che ben l'84% dei 
cittadini consultati si dichiara soddisfatto della qualità ambientale del Friuli 
Venezia Giulia, suscitando un'immediata curiosità interpretativa del dato, 
proprio in relazione alle manifestazioni di grave e tenace dissenso 
sopraricordate.
La domanda posta dal sondaggio era del tutto generica, la prima di una serie di 
quesiti di tutt'altra natura e di stampo prettamente politico- elettorale. La 
risposta data può quindi ragionevolmente essere interpretata in conseguenza del 
fatto che gli intervistati sono consapevoli di vivere in una regione che 
possiede ancora una qualità ambientale assolutamente accettabile, sia per quanto 
riguarda il contesto urbano ma anche per la ricchezza degli spazi naturali 
esistenti e del territorio agro-silvo-pastorale coltivato.
Sono valutazioni condivisibili, specialmente se messe in relazione alle 
situazioni di grave disagio urbanistico e territoriale che caratterizza buona 
parte della pianura padana veneta e lombarda, da cui il Friuli Venezia Giulia è 
ancora, tutto sommato, ben distante. Il dato, dunque, non contrasta affatto con 
il movimentismo ambientalista di cui si è dato conto in precedenza: si tratta 
infatti in tutti i casi di iniziative condotte esattamente a difesa di quella 
qualità ambientale così ben apprezzata e dunque da difendere e custodire 
strenuamente contro ogni proposta e progetto che inevitabilmente provoca 
occupazione di suolo, consumo di risorse naturali, inquinamento dell'aria, delle 
acque, riduzione della biodiversità.
A questo punto, però, varrebbe la pena di eseguire una verifica, una prova del 
nove sulla specialità dei cittadini di questa regione, attraverso un sondaggio 
per misurare quanto i cittadini del FriuliVenezia Giulia siano contaminati dalla 
famosa sindrome NIMBY (acronimo inglese che significa "not in my backyard", 
ossia "non nel mio giardino"). 
Un sondaggio condotto con competenza, precisione e che sia basato su quesiti la 
cui interpretazione si presti a non essere equivoca o incerta. Molti anni fa, ad 
esempio fu condotto un sondaggio con domande del tipo "Lei è favorevole ai 
parchi naturali?", che produsse trionfalistiche conclusioni in qualche parte 
politica convinta che il 95% della popolazione regionale fosse a sostegno degli 
stessi. Peccato che i cittadini direttamente coinvolti da quelle iniziative non 
fossero invece d'accordo e dei 14 Parchi naturali proposti ben 12 furono di 
fatto soppressi.
Nel sondaggio che si propone dunque le domande dovrebbero essere del tipo "Lei è 
favorevole a una centrale nucleare/ un rigassificatore/ un termovalorizzatore / 
una ferriera/ ecc, nelle vicinanze di casa sua?". Siamo sicuri che si potrebbero 
ricavarne interessanti conclusioni.
Franco Musi
 
 
  
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    Semaforo verde degli Stati Ue 
    ai fondi per le reti transeuropee: sì ufficiale alla Trieste-Divaccia - 
    All’Italia finanziamenti per 590 milioni   | 
  
  
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    BRUXELLES Semaforo verde degli 
    Stati membri dell'Ue alla proposta della Commissione per i finanziamenti 
    delle reti transeuropee che comprendono anche i fondi per la Torino-Lione, 
    il Brennero e la Trieste-Divaccia. L'Italia si conferma così il primo 
    beneficiario con circa il 18% del pacchetto complessivo dei 5,1 miliardi di 
    stanziamenti comunitari messi in campo dal 2007 al 2013. 
    Il via libera all'unanimità è arrivato con il voto espresso dai 
    rappresentanti dei 27 riuniti nel Comitato finanziario Ten dopo l'esame, in 
    due sedute, ieri pomeriggio e stamani, sia delle proposte relative alla 
    programmazione pluriennale 2007-2013 sia di quelle per l'anno in corso. Agli 
    studi per Ronchi-sud Trieste vanno 24 milioni e per quelli relativi a 
    Trieste-Divaccia 50,70 milioni 
    Per le sole reti transeuropee, i finanziamenti all'Italia ammontano a 960 
    milioni di euro, mentre sull'insieme dei progetti l'attribuzione per il 
    2007-2013 supera il miliardo di euro (1066 milioni). Per la Torino-Lione il 
    finanziamento previsto è di 671,80 milioni (due terzi Italia e un terzo 
    Francia); per il Brennero la cifra, anch'essa da dividere tra Italia e 
    Austria, è pari a 786 milioni. La quota di contribuzione Ue sul totale della 
    spesa per i progetti italiani supera nell'insieme il 30%. 
    Sulla Torino-Lione intanto continua la protesta dei no-tav che hanno 
    annunciato anche la consegna delle firme della petizione dei contrario 
    all'alta velocità al presidente francese Nicolas Sarkozy. 
    Soddisfatto del voto espresso dai Ventisette il commissario ai Trasporti, 
    Jacques Barrot, che ritiene vincente la sua scelta che privilegia le sezioni 
    transfrontaliere, in particolare per superare la barriera delle Alpi. «Si 
    può parlare di un vero valore aggiunto europeo», ha commentato. Barrot ha 
    quindi ricordato i principi a cui la Commissione si è ispirata per la 
    programmazione pluriennale dei fondi: concentrarsi su un numero limitato di 
    «progetti sensibili», privilegiare i progetti transfrontalieri e le modalità 
    di trasporto rispettose dell'ambiente come le vie navigabili e la ferrovia. 
    La proposta di finanziamento, dopo il via libera degli Stati, passerà ora 
    all'esame del Parlamento europeo, con una procedura solo consultiva. Gli 
    eurodeputati avevano già discusso il pacchetto di finanziamenti con il 
    commissario Barrot nel corso di una riunione congiunta delle commissioni 
    bilancio e trasporti. In quell'occasione, il commissario aveva annunciato un 
    attento monitoraggio ogni anno sull'utilizzo dei fondi: se non saranno stati 
    impegnati potranno essere destinati altrove o essere risparmiati. 
    Per il solo 2007 la Commissione ha poi stanziato una cifra complessiva pari 
    112 milioni di euro, a fronte di richieste per 945 milioni. Nella lista 
    delle opere a cui sono stati destinati i fondi figurano i 4,7 milioni di 
    euro per le strade di accesso al tunnel di base della Torino-Lione, 1,7 
    milioni per l'aeroporto di Malpensa, 0,90 per l'area di Marghera, 4,6 per il 
    porto di Genova e un milione di euro per Civitavecchia.  | 
  
 
 
  
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    Il no dei pescatori alla 
    riserva per delfini da Cherso a Lussino  - Raccolte oltre 2500 firme  | 
  
  
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    LUSSINPICCOLO Oltre 2500 firme 
    contro la riserva per delfini proclamata in una vasta area (526 chilometri 
    quadrati) a est delle isole di Cherso e Lussino. La raccolta di firme è 
    avvenuta in pochi giorni nelle due isole quarnerine, iniziativa promossa 
    dalla sezione pesca dell’ Unione artigiani di Cherso e Lussino, i cui 
    responsabili si sono rivolti al ministero della Cultura croato, chiedendo la 
    soppressione della zona in regime di tutela. Era stato proprio questo 
    dicastero, su volere degli ambientalisti lussignani di Mondo blu (Plavi 
    Svijet), a dare vita alla riserva, con la motivazione che queste acque 
    ospitano una colonia di 120 – 150 esemplari, da proteggere adeguatamente. La 
    decisione assunta a Zagabria ha scatenato subito le reazioni dei pescatori 
    quarnerini – supportati dai colleghi istriani e dalmati – in quanto sussiste 
    il timore che un giorno tale zona possa venire completamente interdetta alle 
    attività alieutiche. Si spiega così come in breve tempo centinaia di isolani 
    abbiano sottoscritto la petizione, appoggiando le istanze dei pescatori. 
    Quest’ultimi, oltre a consegnare al ministero della Cultura le migliaia di 
    firme raccolte, hanno voluto pure illustrare le posizioni assunte in materia 
    da alcuni biologi marini croati. Il professor Hrvoje Gomercic, dell’ 
    Istituto di Veterinaria di Zagabria (ritenuto unanimemente il maggiore 
    esperto in Croazia di mammiferi marini), ha fatto presente che la riserva 
    non ha alcuna importanza scientifica, né pratica, in quanto copre un’ area 
    in cui non vivono gruppi numerosi di delfini. Per il dottor Emin Teskeredzic, 
    dell’Istituto di biologia marina Rudjer Boskovic di Rovigno, i delfini sono 
    distribuiti in modo proporzionato lungo tutto il versante orientale del mare 
    Adriatico. «Sono una specie protetta dal 1995 – ha aggiunto – con normative 
    rigorose. Dunque, non si vede la ragione per l’ esistenza di una simile 
    riserva». I pescatori di Cherso – lussignani hanno già fatto sapere di non 
    credere alle spiegazioni giunte dal ministero della Cultura, secondo cui l’ 
    istituzione di una riserva marina non debba necessariamente significare 
    anche la proibizione della pesca. A tale scopo, hanno pubblicato le due 
    circolari del dicastero fatte pervenire alla società di pesca sportiva Udica 
    di Lussinpiccolo. I dirigenti di quest’ ultima avevano chiesto di poter 
    effettuare due gare per pescasportivi nella riserva per delfini.  
    La risposta era stata: «Gli sportivi possono competere senza divieti. Nel 
    caso venisse però avvistato un branco di delfini, i pescatori e le loro 
    imbarcazioni debbono immediatamente allontanarsi dalla zona tutelata». Da 
    qui al divieto di pesca, sostengono i pescatori professionisti, il passo 
    potrebbe essere breve.  
    A. M.   | 
  
 
 
 
IL PICCOLO - 
GIOVEDI', 29 novembre 2007 
 
 
  
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    Piazza Libertà, il progetto 
    torna in giunta Bucci: «Esiste una rotatoria alternativa» - Al centro del 
    dibattito gli alberi da tagliare se si vuole rivoluzionare la viabilità  | 
  
  
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    Torna oggi all’attenzione della 
    giunta il progetto preliminare di riqualificazione di piazza della Libertà, 
    redatto da un pool di professionisti di Trieste e di Bolzano vincitori a suo 
    tempo della gara di progettazione. Il sindaco Roberto Dipiazza, lunedì 
    scorso, ha voluto rinviarne l’esame per un motivo preciso: il progetto, che 
    prevede una viabilità rivoluzionata e aree pedonali ampliate, contempla però 
    la riduzione di una fascia di quattro o cinque metri del giardino storico 
    esistente, e il conseguente abbattimento di dieci-dodici alberi. E sebbene 
    sia prevista la piantumazione di 52 nuove piante, «il mio parere - così 
    Dipiazza - è di rivedere il progetto cercando di non sacrificare gli 
    alberi». 
    Il fatto è che i tempi, ribadisce l’assessore ai lavori pubblici Franco 
    Bandelli, sono strettissimi: la nuova piazza dovrà essere completata entro 
    la fine del 2009, pena la perdita di finanziamenti statali già concessi; e 
    la Regione deve ricevere il progetto entro il 7 dicembre. Ma poi, «a questo 
    progetto si è lavorato per otto mesi», dice Bandelli. Come rivederlo? Il 
    taglio degli alberi serve per allargare la strada nel tratto allineato a via 
    Sant’Anastasio per ricavarci sette corsie e due sensi di marcia. E il cuore 
    dell’intervento sta nella modifica della viabilità studiata «per sostenere 
    l’impatto che sul traffico dell’area avranno l’ex Silos ristrutturato e la 
    nuova sede Greensisam in Porto Vecchio». 
    Intanto la vicenda diventa terreno di stoccate tra Bandelli e il suo collega 
    all’urbanistica e al traffico Maurizio Bucci, i cui uffici tecnici hanno 
    collaborato al progetto le cui redini però sono state tenute dai Lavori 
    pubblici. «Valuteremo serenamente il da farsi», esordisce Bucci. E se 
    salvare gli alberi significherebbe rivedere totalmente l’impianto della 
    nuova viabilità prevista, «un’alternativa c’è», dice Bucci: «La proprietà 
    del Silos aveva presentato a suo tempo il progetto per una rotatoria tra 
    Sala Tripcovich e corso Cavour, dalla quale accedere al Silos passando 
    dietro la Tripcovich, o proseguire lungo le Rive». E allora, «non è detto 
    che i soldi si debbano perdere se non procediamo con il progetto previsto: 
    si possono utilizzare comunque per una riqualificazione di cui la piazza ha 
    bisogno. In ogni caso - è la battuta di Bucci pronunciata senza citare il 
    collega ai lavori pubblici - se fossi stato responsabile del progetto lo 
    avrei illustrato alle varie associazioni per capire se era percorribile: 
    avrei usato l metodo della partecipazione con cui sto portando avanti i 
    piani rionali del traffico». 
    «Ma lui ha coinvolto la cittadinanza quando ha portato a Trieste le navi da 
    crociera?», è la secca risposta di Bandelli, che si dice «contento che Bucci 
    dica che bisognava pensarci prima: mi fa leggermente ridere, visto che i 
    suoi tecnici erano sempre presenti mentre lavoravamo». E poi «su cosa 
    avremmo dovuto confrontarci, prima che fosse pronto il progetto preliminare 
    redatto dai professionisti? Ora che lo abbiamo, ne possiamo discutere. 
    Comunque, accaparriamoci i finanziamenti, poi tutto è perfettibile. Ma da 
    una parte o dall’altra, se vorremo fare entrare le auto al Silos, qualche 
    pianta la dovremo buttare giù», chiude Bandelli. 
    Sull’opportunità di una discussione preventiva però concorda anche il Wwf, 
    con il responsabile regionale del territorio Dario Predonzan: «Il progetto 
    sembra interessante perché aumenta gli spazi pedonali, anche se bisognerebbe 
    tener conto della vegetazione storica esistente. Potrebbero comunque esserci 
    ragioni valide per sacrificare qualche albero nell’ambito di un più ampio 
    bilancio positivo: non possiamo dare giudizi nel merito perché, al solito, 
    il Comune parte con dei progetti senza confrontarsi con la cittadinanza né 
    metterli a disposizione di tutti, come sarebbe giusto avvenisse. È un 
    difetto storico dell’amministrazione». 
    «Non abbiamo obblighi di comunicare con il Wwf né di confrontarci su un 
    progetto preliminare: lo faremo al momento opportuno», rimarca Bandelli. 
    Oggi, intanto, il confronto in giunta: piazza della Libertà è di nuovo 
    all’ordine del giorno. 
    p.b.  | 
  
 
 
  
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    Denuncia dell’Enpa: 
    cacciatori nel parco del Farneto - L’ente protezione animali ha inviato un 
    esposto alla procura segnalando il pericolo anche per chi passeggia 
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    Pericolo sparatorie per i 
    visitatori del parco del Farneto. A denunciarlo è l’Enpa - Ente nazionale 
    protezione animali, attraverso un esposto alla Procura firmato dal 
    presidente della sezione locale, Gianfranco Urso. L’ente «denuncia una 
    pericolosa attività venatoria», in spregio alle norme vigenti all’interno 
    dell’area. Questa, secondo l’Enpa, è stata messa in atto da «vari cacciatori 
    - si legge nel documento -, non personalmente individuati, ma rintracciabili 
    attraverso la documentazione venatoria, che hanno abbattuto animali nel 
    comprensorio e, in particolare nell’area di proprietà dell’Enpa dove, nella 
    sicurezza di muoversi in parco urbano, soci dell’Enpa, scolaresche e privati 
    cittadini circolano osservando e studiando gli animali ricoverati e quelli 
    liberi». 
    Al riguardo l’Enpa chiama in causa pure la Provincia che, una volta ricevute 
    le segnalazioni e le richieste di intervento da parte dei cittadini, «ha 
    sostenuto di aver ricevuto disposizioni di tollerare le attività di caccia 
    purché non venga svolta nei vialetti del parco urbano costruiti dal Comune 
    di Trieste». 
    Le stesse guardie zoofile dell’Enpa hanno individuato alcuni cacciatori nei 
    pressi del bosco del Farneto: questi avevano con loro, nelle automobili, dei 
    fucili e - stando all’esposto - esploravano aree utili all’attività 
    venatoria. Tuttavia, non è stato possibile sanzionare i diretti interessati 
    «non essendovi l’atteggiamento venatorio conclamato». 
    «La situazione - conclude lo scritto diffuso dall’Enpa - è di estrema 
    pericolosità sociale ed il rischio che qualche visitatore del parco del 
    Farneto possa subire danni da saparatorie è presente e concreta». 
    All’inizio di novembre, è stata segnalata dall’Enpa la presenza di 
    cacciatori che stavano caricando degli animali uccisi su delle automobili 
    ferme in sosta lungo via Battigelli. Questa taglia proprio il bosco del 
    Farneto ed è vicina ad alcune abitazioni. A conferma di ciò sono giunte 
    all’ente analoghe segnalazioni dalle residenze per anziani Casa Serena e 
    Casa Bartoli che si affacciano sul bosco. 
    L’area è racchiusa tra i popolosi rioni di San Giovanni, San Luigi, 
    Rozzol-Melara e Longera ed è un luogo naturale di serena convivenza tra 
    uomini ed animali nel rispetto di ogni biodiversità.  | 
  
 
 
  
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    Agenda 21 per Val Rosandra - 
    Assemblea a Bagnoli  | 
  
  
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    SAN DORLIGO DELLA VALLE Oggi 
    alle 19.30 al Teatro Prešeren di Bagnoli 2007 si terrà la riunione plenaria 
    del processo di Agenda 21 per la gestione della Riserva naturale della Val 
    Rosandra. L’incontro chiude la fase di riunioni svoltesi nelle scorse 
    settimane, e che hanno coinvolto cittadini, associazioni, Comunelle, e tutti 
    i «portatori d’interessi». Verrà riassunto tutto ciò che è stato fatto 
    finora e spiegati i passi successivi, ovvero il forum, che con il tavolo 
    tecnico scientifico redigerà il Piano di conservazione e sviluppo.  | 
  
 
 
  
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    Sonego: interesse inglese per 
    la gara Tpl  | 
  
  
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    TRIESTE I principali operatori 
    britannici del trasporto pubblico locale, gomma e rotaia, sono interessati a 
    partecipare alla gara che la Regione sta per indire, allo scopo di 
    individuare il soggetto unico che gestirà tutto il trasporto pubblico locale 
    del Friuli Venezia Giulia dal primo gennaio 2011 al 31 dicembre 2019. La 
    notizia arriva dall’assessore ai Trasporti, Lodovico Sonego, dopo la tappa 
    londinese del road show svoltasi all’ambasciata d’Italia. Lo scopo di questi 
    incontri - i prossimi saranno Parigi e Berlino - è sollecitare tutti i 
    competitori europei, affinché partecipino alla gara. «Siamo consapevoli che 
    più la gara sarà combattuta - dice Sonego - maggiormente saremo nella 
    condizione di offrire un servizio migliore ai cittadini».  | 
  
 
 
Piazze cittadine chiuse solo a a 
certe iniziative
La domanda non viene posta 
casualmente e investe un problema centrale riguardante la necessità che le 
piazze cittadine offrano l'occasione per chi ne richiede l'utilizzo, di poter 
svolgere attività culturali o di carattere ludico o sociale e che vedono come 
promotori quasi sempre associazioni o enti non a fine di lucro. Recentemente ho 
fatto un'interrogazione al Sindaco e all'assessore Greco sul mancato patrocinio 
da parte del Comune riguardante la manifestazione «Electroblog» e della 
conseguente richiesta di 10.000 euro all'associazione per l'utilizzo del 
giardino di via San Michele. Il Sindaco ha risposto che era legittimo chiedere 
anche 50.000 euro causa vandalismo dei giovani ecc. (un argomento sempre di 
moda!).
Il 27 ottobre l'associazione «Rete artisti contro le guerre» ha organizzato un 
concerto in piazza Goldoni in solidarietà con il popolo birmano e si è vista 
chiedere una cauzione di 5.000 euro dal Comune perché in base all'art. 2 del 
Regolamento Comunale del Canone di Occupazione Spazi ed Aree Pubbliche, 
l'amministrazione intende tutelarsi per eventuali danni. Su questo argomento ho 
intenzione di interrogare l'assessore ai Lavori Pubblici Franco Bandelli. Il 
problema però non è solo tecnico ma investe chiaramente il diritto per chi vive 
nella nostra città di poter usufruire degli spazi pubblici senza per questo 
vedersi imposte cauzioni di migliaia di euro che inevitabilmente tagliano fuori 
la gran parte delle associazioni che vivono sul nostro territorio. La funzione 
delle piazze e la loro libera fruizione non solo è importante ma spiega molto 
chiaramente l'idea di democrazia, civiltà e convivenza. Sappiamo anche che le 
piazze come luogo d'incontro e di dibattito o anche solo per combattere il 
degrado attraverso un uso partecipato di cittadini e residenti, quelle per 
capirci che ci insegnavano i professori a scuola sono ben lontane. Oggi 
frequentiamo e ci incontriamo... in televisione, le cose stanno cambiando e 
negli ultimi decenni sono accaduti eventi che hanno indebolito ovunque il 
carattere comune e collettivo della città mentre hanno prevalso i valori che 
segnano il primato dell'individuo sulla comunità e dell'economia e della 
speculazione urbana sui servizi ai cittadini, determinando sempre meno spazi 
agli usi collettivi.
In molte città le amministrazioni, per combattere il degrado degli spazi comuni 
hanno realizzato ampie zone pedonali, limitato il traffico, sviluppato il 
trasporto collettivo, le piste ciclabili e dove ciò non è accaduto, come a 
Trieste, la vita è diventata molto difficile soprattutto per le persone più 
deboli: i bambini, gli anziani, le donne ed anche i giovani ovviamente. In 
generale il bisogno dei cittadini di disporre di spazi comuni è stato 
strumentalmente utilizzato per aumentare artificiosamente il consumo di merci e 
nel nostro territorio le opere di «riqualificazione» del centro cittadino con 
decine di milioni di euro spesi praticamente ogni anno vanno inevitabilmente in 
questa direzione, senza tenere conto del bisogno di connettere gli spazi 
pubblici con il quartiere e la città e delle funzioni finalizzate all'uso comune 
che dovrebbe costituire il principio fondante di qualsiasi opera di 
riqualificazione. 
Alfredo Racovelli - Consigliere comunale Verdi per la Pace
 
 
  
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    Alberi abbattuti  | 
  
  
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    Qualcuno in Comune non ama il 
    verde, e abbatte gli alberi appena può. Una storia vecchia e ricorrente a 
    Trieste che si verifica sempre più spesso. 
    L’ultimo (sarà proprio l’ultimo?) è stato raso al suolo il giorno 26 
    novembre all’angolo di via Vergerio e via del Ghirlandaio. Tra le 13 e le 
    14, con un frastuono incredibile, le implacabili motoseghe del Comune hanno 
    ridotto in sterpi e ceppi una bella acacia (così mi pare) che tutte le 
    primavere annunciava la stagione con una chioma odorosa e prolungava la 
    grata ombra fino all’autunno inoltrato. 
    I motivi per abbattere un albero sicuramente sono tanti, ma non è anche buon 
    motivo tenerli in vita per fare la città più bella è più gradevole? Non si 
    venga a dire che era vecchio e malato: la sua ultima stagione è stata più 
    lussureggiante che mai. 
    Gianna Smonker  | 
  
 
 
 
PUNTO INFORMATICO - 
MERCOLEDI', 28 novembre 2007
 
 
L'eolico galleggia 
sul magnete
 
Roma - Si chiama MagLev Wind 
Turbine, e promette di rivoluzionare il settore dell'energia 
eolica. Una megaturbina che per funzionare sfrutta la levitazione magnetica, 
proprio come i
treni superveloci giapponesi, ed è in grado di produrre fino ad 1 gigawatt 
di potenza: per fare lo stesso con i dispositivi tradizionali ci vorrebbero 
oltre 60 eliche. Una rivoluzione.
Ma i vantaggi dell'eolico magnetico non si esauriscono qui: la turbina è
in grado di funzionare già con brezze leggere di soli 1,5 metri al secondo, 
ed è in grado di resistere anche a regimi più sostenuti da 40 metri al secondo 
(oltre 140 chilometri all'ora). Inoltre, l'assenza di parti meccaniche in 
movimento elimina l'attrito: solo l'1 per cento della forza del vento viene 
dispersa per muovere le pale, mentre il restante 99 per cento può essere 
convertito in energia pulita. 
Le pale magnetiche
sono anche economiche: costruirne una può costare fino al 75% in meno 
rispetto all'equivalente tradizionale, senza contare che mancando i complessi 
meccanismi che consentono al rotore di allinearsi con la direzione del vento 
viene anche considerevolmente ridotta la difficoltà di progettarle e 
realizzarle. E la manutenzione, che ha un costo, è di gran lunga inferiore: un 
apparato eolico-magnetico secondo i suoi progettisti potrebbe funzionare per 500 
anni con un minimo di controlli periodici.
La nuova turbina è ancora un concept, è stata presentata all'inizio dell'estate 
in Cina al
Wind Power Asia 2007, ma è destinata a diventare presto realtà: costruttori 
cinesi e 
statunitensi sono al lavoro per realizzare quanto prima esemplari 
funzionanti, con potenze comprese tra 400 e 5.000 watt cadauna, tanto per 
cominciare. A regime, produrre un kilowatt di elettricità potrebbe costare 
appena 0,7 centesimi di euro.
Luca Annunziata 
 
 
Toyota, 
il guidatore non serve
 
Roma - Lunedì scorso Toyota ha 
presentato alla stampa internazionale il suo ultimo ritrovato per la sicurezza 
automobilistica. No, non si tratta di un cervello di riserva per automobilisti 
incoscienti, ma di una serie di sistemi, di "cooperazione 
veicolo-infrastrutturale", che consentono la comunicazione wireless fra auto ed 
elementi ambientali - come semafori e cartellonistica stradale.
Come
riporta Endgadget si tratta della nuova evoluzione di tecnologie basate su 
Intelligent Transport Systems (ITS) 
- il progetto mondiale che si propone appunto di integrare l'alta tecnologia 
elettronica nel settore del trasporto.
All'Higashi Fuji Technical Center, Toyota ha mostrato in una simulazione come 
sia possibile far interagire mezzi, strutture e pedoni per far diminuire 
notevolmente i rischi di incidente. In verità il sistema utilizzato è 
prettamente auto-centrico: ogni comunicazione proveniente dall'esterno viene 
elaborata e tradotta in segnali audio o visivi all'interno dell'abitacolo. In 
pratica, nei pressi di un semaforo, incrocio, o di un cartello stradale - 
attrezzati per interagire in modalità wireless con l'auto - il conducente è in 
grado di visualizzare sul cockpit i segnali di alert correlati. 
Le tre simulazioni chiave hanno 
mostrato così semafori, segnali, veicoli e pedoni con trasmittenti. In ogni 
situazione il sistema ha dimostrato che non solo è possibile attuare una 
"ridondanza informativa", ma anche intervenire direttamente sui comandi del 
mezzo. Ad esempio, un semaforo rosso o un pedone che attraversa la strada può 
indurre la centralina a rallentare o fermare il veicolo.
L'azienda giapponese nel
comunicato ufficiale sottolinea che si tratta di una delle soluzioni 
tecnologiche che fanno parte del suo
Integrated Safety Management Concept, una sorta di pacchetto sicurezza 
varato nel 2006 e da allora in continuo sviluppo. Gli obiettivi sono chiari: 
rendere i veicoli e le strade più sicure, educare gli automobilisti alla 
sicurezza, diminuire il numero degli incidenti e vendere più veicoli possibile.
La scorsa primavera proprio Toyota
aveva mostrato l'auto elettrica I-unit, un mezzo praticamente bioplastico; a 
ottobre è stato il momento della sua
concept-car 1/x, capace di percorrere 100 km con neanche 3 litri di benzina. 
Se sfornano un altro veicolo da frontiera digitale si potrebbe finire per 
credere che facciano sul serio.
Dario d'Elia 
 
 
IL PICCOLO - 
MERCOLEDI', 28 novembre 2007
 
 
  
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    A Muggia nuovi test sulla 
    qualità dell’aria Bonifica sulla litoranea - Nodi ambientali al Consiglio 
    comunale   | 
  
  
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    Il Comune di Muggia dovrà essere 
    partecipe di tutte le decisioni in merito alla Ferriera di Servola; si dovrà 
    discutere tra tutte le forze politiche sui dati sull’inquinamento in città e 
    si dovranno anche effettuare nuovi rilevamenti della qualità dell’aria.  
    Sono precise richieste che saranno avanzate oggi in Consiglio comunale (alle 
    15) dal gruppo di Forza Italia, all’opposizione. I consiglieri presenteranno 
    infatti una mozione, che fa seguito alle recenti affermazioni del sindaco 
    Nesladek sulla riscontrata presenza d’inquinanti nell’aria, e alle vicende 
    della Ferriera di Servola. Ma non sarà l’unico argomento legato all’ambiente 
    in discussione. Tra i punti in agenda c’è infatti il nuovo Accordo di 
    programma per la definizione degli interventi di messa in sicurezza e poi 
    bonifica nel Sito d’interesse nazionale di Trieste (Sin). Documento che 
    riguarda anche il futuro della zona litoranea di Muggia, inserita nel Sin. 
    Si parlerà anche di bioedilizia: una mozione del consigliere Lorenzo 
    Gasperini (Fi) solleciterà adeguamenti alle norme urbanistiche locali per 
    agevolare la qualità bioecologica degli interventi.  | 
  
 
 
  
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    Barcola: distributore Tamoil: 
    primo platano abbattuto  | 
  
  
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    Per costruire il nuovo mega 
    distributore di benzina a Barcola il 21 novembre hanno abbattuto il primo, 
    meraviglioso, sano, enorme platano secolare e altri seguiranno. Questo è un 
    delitto che colpisce tutti i triestini che hanno a cuore la loro città e non 
    solo chi vi abita vicino, come subdolamente asserito da chi ha interesse che 
    ciò avvenga. 
    Dove sono i Verdi? Dove sono i difensori dei diritti dei cittadini? E dove 
    sono i bagnanti che verranno defraudati di una cinquantina di posti 
    macchina? 
    Ci sentiamo traditi dai nostri amministratori che non avrebbero mai dovuto 
    approvare tale scempio, ma in futuro ne terremo conto. 
    Fausto Massa, Doretta Martinoli  | 
  
 
 
 
IL PICCOLO - 
MARTEDI', 27 novembre 2007 
 
 
  
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    La pulizia 
    delle strade diventa meccanizzata «Differenziata» al 20% - Nel 2008 nelle 
    zone pedonali 15 macchine   | 
  
  
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    Il prossimo anno nelle strade 
    cittadine ci saranno meno operatori con le ramazze in mano e più macchine 
    spazzatrici. Una svolta meccanizzata nella pulizia che sarà inserita (come 
    richiesto dal Comune all’AcegasAps) nella gara di appalto, indetta a 
    primavera, per il prossimo servizio spazzamento urbano. Le macchinette 
    pulitrici con mono operatore, in tutto una quindicina, entreranno in azione 
    nelle aree pedonali e per eseguire la pulizia dei marciapiedi. Mezzi 
    elettrici o versione diesel dalle dimensioni ridotte (larghezza di 80 
    centimetri), che grazie alla dotazione di una lancia e un serbatorio d’acqua 
    consentiranno anche la pulizia di piccole superfici. 
    «Il servizio di spazzamento a Trieste è garantito attualmente dagli 
    operatori (223.012 ore uomo nel 2006), con un utilizzo minimo dei mezzi 
    meccanizzati (587 tonnellate di rifiuti). La fruizione di queste macchinette 
    già testate in viale XX settembre - dice Paolo Rovis, assessore comunale con 
    delega ai rapporti con le società partecipate - consentirà una maggiore 
    efficienza e una contestuale riduzione dei costi». 
    Ma le novità in tema di rifiuti per il 2008 non si limiteranno alla pulizia 
    delle strade. Nell’attesa che il piano rifiuti della Provincia, sullo 
    smaltimento degli imballaggi, diventi operativo il Comune sta analizzando i 
    dati sulla raccolta differenziata. «L’andamento è virtuoso, ormai Trieste si 
    sta attestando nel 2007 attorno al 20 per cento», dice Rovis. I dati 
    disponibili parlano di una crescita della raccolta differenziata, passata 
    dalle 15.235 tonnellate nel 2004 (15 per cento, su un totale di 101.537 
    tonnellate) alle 19.253 del 2006 (19 per cento, su un totale di 101.418 
    tonnellate). 
    Nella raccolta differenziata, insomma, la città di Trieste è ancora lontana 
    rispetto alle percentuali di altre città (nel comune di Padova, dove opera 
    sempre l’AcegasAps, è stata di 42,40 per cento nel 2006). Ma qualcosa sta 
    cambiando, almeno c’è un segnale. «Dobbiamo tenere conto della differente 
    morfologia della nostra città - dice Rovis - Non bisogna poi dimenticare che 
    il nostro termovalorizzatore produce energia (brucia 612 tonnellate di 
    rifiuti al giorno, con una potenza elettrica prodotta di 14,9 MW)». 
    Gli sforzi per cercare di migliorare il servizio saranno concentrati su un 
    rafforzamento nella raccolta degli imballaggi. Una raccolta differenziata 
    per gli esercizi commerciali che, in alcuni casi, scaricano i cartoni 
    direttamente nei cassonetti. Senza utilizzare i contenitori gialli per la 
    raccolta carta. Nel dettaglio proprio carta e cartone (7.021 tonnellate) con 
    il 6,90 per cento guida la raccolta differenziata nel 2006. Seguita con 
    2.117 tonnellate dai rifiuti ingombranti e con 2.138 tonnellate dal legno 
    (2,10 per cento). Poco distante metallo e vetro, entrambi con una 
    percentuale dell’1,90 (rispettivamente 1.959 e 1.938 tonnellate), mentre a 
    parte gli inerti (1.188 tonnellate, 1,20 per cento) sono insignificanti gli 
    altri dati. La plastica si ferma ad esempio allo 0,80 per cento con 813 
    tonnellate raccolte. 
    Bisogna lavorare ancora molto, insomma, a cominciare dai locali pubblici che 
    stando alle statistiche non sono abituati a separare il vetro e la plastica 
    dagli altri rifiuti. «Un passo alla volta, iniziamo con una raccolta dei 
    cartoni», dice l’assessore Rovis.  
    Una scelta che il piano rifiuti dell’assessore provinciale all’Ambiente, 
    Ondina Barduzzi, per la riuscita intende abbinare alla Tarsu («la tassa si 
    paga in virtù di quanto si consuma»). Ma per l’entrata in vigore del Piano 
    sugli imballaggi, che dovrà andare anche in Regione, bisognerà aspettare 
    alcuni mesi. Poi sarà la volta delle altre categorie, a cominciare dalle 
    batterie esauste, con l’obiettivo di incrementare la raccolta differenziata. 
    
    Pietro Comelli  | 
  
 
 
  
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    Tagliati 
    alberi centenari in Via Cologna - Proteste dei residenti: un uomo minaccia 
    di legarsi al tronco di una pianta  | 
  
  
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    Una ecatombe di acacie e di 
    ippocastani con un residente che ha minacciato di legarsi ad un albero per 
    bloccare tagli di fusti alti anche venti metri. È quanto è avvenuto ieri in 
    via Cologna in un giardinetto di proprietà Ater, che fa da contorno ad un 
    gruppo di case con appartamenti in affitto delle case popolari e 
    condominiali.  
    A nulla però sono servite le vibrate proteste perché il taglio degli alberi, 
    anche centenari, è proseguito nello spazio verde, posto dirimpetto al 
    costruendo park interrato. Secondo la dirigenza delle case popolari, che a 
    seguito delle proteste è intervenuta a verificare il decorso 
    dell’intervento, questo sarebbe destinato a sistemare a giardino un terreno 
    incolto, che otterrà vantaggi in tema di vivibilità dallo sfoltimento di 
    alcune piante cresciute in modo spontaneo.  
    Ma gli abitanti della zona non ci stanno ed hanno protestato più volte, 
    anche in modo vivace e colorito, con l’impresa Perla Due che sta facendo gli 
    abbattimenti.  
    Tra i più arrabbiati c’è Mark Newbould, proprietario di un appartamento nel 
    caseggiato ex Ater e che rimarca, dopo aver minacciato di legarsi ad un 
    albero, come si fosse parlato di potatura delle piante del giardino e non di 
    abbattimenti: «Ho comprato qua casa - dice - perché c’erano tutti questi 
    alberi davanti. Ora con il taglio di tante piante come vista avrò un grande 
    e grigio casermone. L’Ater non poteva promuovere un incontro con i residenti 
    prima di agire? Non poteva consultarci prima di eliminare quasi tutto il 
    polmone verde?». 
    Identico il parere di Mira Lenzer: «Hanno già tagliato 5 o 6 grossi fusti e 
    hanno l’ordine di abbattere altri 7 enormi piante e 9 piccole tra 
    ippocastani e acacie. Non è un delitto, visto che solo una era una pianta 
    non sana?» 
    Chiamato in causa l’Ater parla per bocca del dirigente Enzo Macchiussi: 
    «Prima di arrivare agli abbattimenti - spiega - abbiamo affidato ad un 
    agronomo il compito di studiare la situazione. Per riqualificare il sito, ha 
    consigliato di diradare le piante presenti che erano cresciute in modo 
    spontaneo ed incolto, conservando gli alberi migliori. Pertanto si è deciso 
    di eliminare le dieci acacie poste sul confine del giardino con la strada e 
    quattro ippocastani dei quali almeno uno era morto. Il concetto è quello di 
    ampliare gli spazi per migliorare la crescita delle piante restanti». 
    Ad intervento ultimato resteranno nel piccolo polmone verde 3 ippocastani, 
    un olmo e due alberi di Giuda.  
    Al posto delle acacie eliminate, spiegano sempre all’Ater, verrà creata una 
    siepe, piantata dell’erbetta e sistemate delle panchine e creati dei 
    percorsi pedonali tra il verde della collinetta posta nelle adiacenze dei 
    caseggiati. 
    Daria Camillucci   | 
  
 
 
  
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    Accordo a 
    Sistiana, polo turistico nell’ex Cava  - Intesa tra Soprintendenza, 
    Comune di Duino Aurisina e Regione. Da definire solo piano colori e pietre  | 
  
  
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    La proprietà 
    non si sbilancia sull’inizio lavori: potrebbero cominciare tra uno o due 
    mesi. Si partirà con gli edifici della parte alta, difficile l’opera a mare
     
    
    DUINO AURISINA Pace fatta tra 
    Soprintendenza, Comune di Duino Aurisina e Regione: può partire il progetto 
    turistico nell’ex Cava di Sistiana. 
    Data storica, dopo 33 anni, quella di ieri: mai il progetto per la 
    riqualificazione della Baia, in tutte le sue versioni, era arrivato a questo 
    punto, quello in cui la concessione edilizia per la realizzazione del 
    progetto nella Cava è efficace e utilizzabile praticamente da subito per 
    posare la prima pietra del «Comparto 11», ovvero l'edificato, che comprende 
    appartamenti per vacanze, alberghi e strutture ricettive. Così in realtà non 
    sarà, perché la proprietà della Baia attenderà ancora qualche mese prima di 
    dare il via ai lavori ma il momento, per il futuro di Duino Aurisina, è di 
    quelli importanti. 
    Ieri mattina il sindaco Giorgio Ret, con la consulenza dell'avvocato del 
    Comune, ha analizzato e accolto le richieste finali della Soprintendenza e 
    al contempo ha annullato il ricorso al Tar pendente nei confronti della 
    Soprintendenza stessa in calendario il prossimo 12 dicembre: l'accordo tra 
    le parti, infatti, è arrivato dopo un mese di dialogo e colloqui tecnici, e 
    si compone - come ha spiegato il primo cittadino di Duino Aurisina - di una 
    serie di raccomandazioni e indicazioni dettate dalla Soprintendenza che 
    l'amministrazione comunale intende seguire e fare rispettare alla proprietà 
    della Baia. Il tema riguarda, in particolare, il piano colore e l'uso della 
    pietra: la Soprintendenza ha voluto garantita la massima integrazione con il 
    territorio e l'utilizzo di colori e materiali del posto. La documentazione 
    relativa a questi due aspetti deve essere ancora presentata dalla proprietà 
    della Baia all'amministrazione comunale e il sindaco si è impegnato a far 
    valere le indicazioni del soprintendente Rezzi.  
    Costruzioni nella cava. Fatta salva la presentazione di questi due 
    documenti, la posa della prima pietra nell’ex Cava è ora solo una questione 
    di tempo da parte della proprietà della Baia, che non si sbilancia sul 
    giorno in cui questa avverrà. Probabilmente ci vorrà un mese o forse due ma 
    si tratta di questioni puramente operative e di cantiere: non più di blocchi 
    di carattere amministrativo e burocratico. Si costruirà quindi il Comparto 
    11: l’ex Cava di Sistiana, attualmente in fase di rimodellamento, si 
    trasformerà in un abitato composto da alberghi (il primo dei quali già 
    venduto all'imprenditore Gilberto Benvenuti la scorsa estate), case per 
    vacanze e strutture ricettive, una sorta di paese che si affaccerà sul mare. 
    Contestualmente alla realizzazione del Comparto 11, partiranno anche le 
    prime opere di urbanizzazione: si realizzerà il nuovo marciapiede tra 
    Sistiana e l'ingresso della cava di fronte al Borgo San Mauro e si risolverà 
    il problema delle acque meteoriche all'altezza dell'incrocio dei Tre Noci. 
    Tornando alla realizzazione del Comparto 11, la proprietà ora dovrà decidere 
    con cosa iniziare i lavori: dal punto di vista logistico, si affaccia 
    l'ipotesi dell'avvio con la parte alta del costruito, per procedere poi in 
    basso, verso il mare.  
    Bilancio. Scompaiono così anche i dubbi relativi alle entrate in Bilancio 
    del Comune alla voce oneri di urbanizzazione: risolto il contenzioso con la 
    Soprintendenza, infatti, i soldi già introitati dall'amministrazione per la 
    concessione edilizia non sono in alcun modo vincolati e non lo saranno 
    nemmeno i 300 mila euro circa che la proprietà verserà all'avvio dei lavori, 
    quindi tra qualche mese, come costi di costruzione.  
    Futuro. Superato l'ostacolo con soddisfazione, ora Comune e proprietà 
    guardano avanti: il prossimo passo, a livello di amministrazione e 
    burocrazia, riguarda il Comparto 12, ovvero la parte più complicata del 
    progetto nell’ex Cava, quella in riva al mare. E' previsto infatti 
    l'affondamento di parte del fondo cava per realizzare una profonda 
    insenatura, creando ex novo un porticciolo che non c'è. Congelato al momento 
    invece il progetto per la Baia vera e propria: non sono previste nuove 
    edificazioni ma solo il recupero di quanto esistente, oltre alla soluzione - 
    come compete però al Comune - della situazione delle società nautiche. 
    Francesca Capodanno  | 
  
 
 
  
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    Polo turistico 
    nell’ex Cava: il sindaco: «Dopo 33 anni capitolo chiuso bene»  - Ret 
    respinge le accuse di avere esercitato pressioni inappropriate: «Vittoria di 
    tutti»  | 
  
  
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    Anche il 
    centrosinistra soddisfatto: «L’auspicata mediazione ha dato i suoi frutti». 
    La proprietà: «Soluzione attuabile»  
    
    DUINO AURISINA 
    «L'amministrazione comunale ha lavorato oltre un mese per trovare un accordo 
    con la Soprintendenza nazionale ai beni culturali e ambientali.  
    In un clima molto positivo e propositivo abbiamo trovato la soluzione. Così 
    c'è il via libera della Soprintendenza all'autorizzazione paesaggistica che 
    rende efficace la concessione edilizia per il progetto turistico nell’ex 
    Cava».  
    Così commenta il sindaco Ret, dopo un mese di intensi colloqui a Trieste e a 
    Roma, la questione della Cava di Sistiana: «Mi hanno accusato di avere fatto 
    pressioni ma la verità è assolutamente un'altra: alcuni gruppi che si 
    opponevano al progetto hanno fatto precedenti pressioni, creando volutamente 
    una confusione tra Baia e Cava. Ho dovuto a lungo lavorare per spiegare che 
    il Comparto 11 nulla aveva a che fare con la Baia di Sistiana, ma si trova 
    nell’ex Cava». 
    E' contento, il sindaco, che tutto sia finito per il meglio. «Mi aspettavo 
    un percorso difficile - dichiara - dopo 33 anni di tormentone su questa 
    Baia, ora credo che tutti devono essere soddisfatti, anche gli 
    ambientalisti, perché è stato fatto il meglio a vantaggio di tutto il 
    territorio».  
    Soddisfazione, in effetti, arriva anche dal centrosinistra, dove si sostiene 
    che era necessario trovare un accordo con la Soprintendenza e che sarebbe 
    stato inutile andare allo scontro, in sede Tar (Tribunale amministrativo 
    regionale). «La mediazione, auspicata dal centrosinistra, ha dato i propri 
    frutti» dice l'opposizione. 
    Il sindaco parla di «una vittoria di tutto il comune» ed è lusingato in 
    particolare dell'avvio del dialogo con la Soprintendenza: «L'iter è ancora 
    lungo, per le altre parti del progetto. Quanto costruito fin qui è solo il 
    punto di partenza della collaborazione». 
    Dalla proprietà della Baia nessuna dichiarazione ufficiale, se non l'attesa 
    dei documenti che attestano l'efficacia dell'accordo. «Siamo evidentemente 
    soddisfatti - ha dichiarato il portavoce Cesare Bulfon -: l'accordo è stato 
    un processo di carattere istituzionale e la soluzione che ci è stata 
    prospettata è per noi attuabile e positiva». 
    Non si sbilancia, la proprietà, sul breve futuro, su cerimonie di posa della 
    prima pietra e inizio lavori, ma il sindaco conferma che i tempi sono 
    maturi: «Salvo gli adempimenti del Piano del colore e della specifica dei 
    materiali, la pietra in particolare, la documentazione per il Comparto 11 è 
    ora a posto. Alla fine, grazie alla collaborazione di tutti, questo progetto 
    sarà più un ripristino ambientale che un grande insediamento». 
    fr. c.  | 
  
 
 
  
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    Rigassificatori: nessun risparmio  | 
  
  
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    Ho letto sulle «Segnalazioni» 
    del Piccolo di Trieste dell’8 novembre l’intervento del signor Paolo 
    Ruggieri sul «Rischio dei rigassificatori». 
    Concordo totalmente su quanto egli dice, ma ritengo tuttavia che nel suo 
    intervento siano stati tralasciati alcuni problemi essenziali che tenterò di 
    sintetizzare per una maggiore chiarezza sull’argomento. Viene dato credito 
    alle parole del vicesindaco Paris Lippi con le quali asserisce che i 
    rigassificatori porterebbero un notevole risparmio economico sui consumi di 
    gas metano ai cittadini. 
    Devo, purtroppo, smentire questa illusione. Poco prima di essere sostituito 
    nella carica di ad dell’Acegas Spa, il signor Giacomini (che più di un anno 
    fa dava per scontata la presenza di almeno un rigassificatore), aveva 
    quantificato un possibile risparmio per la famiglia media triestina, di 
    25/30 euro all’anno. 
    Una carità pelosa! Sui nuovi posti di lavoro: una delle società proponenti 
    (l’Endesa), in sintonia con le corrispondenti notizie sulla manodopera 
    occorrente per far funzionare «la bestia inquinante», ha indicato nel 
    proprio Sia (Studio di impatto ambientale) una forza lavoro tecnica – 
    specializzata di 70 (settanta) unità. Settanta assunzioni su 650/700 milioni 
    di euro impiegati creano una proporzione di assoluto squilibrio. Le 
    proporzioni devono essere ben altre per poter considerare l’impegno valido 
    sotto il profilo dell’interesse economico sociale. I parametri logici sono 
    ben altri. 
    Un esempio? Pasta Zara: con un quarto della spesa sopra indicata, ha assunto 
    quasi il triplo del personale previsto per il rigassificatore. Il signor 
    Ruggieri chiede, con evidente ironia, perché la popolazione non viene 
    informata sui rischi che tali impianti comportano. Se le istituzioni 
    facessero informazione, i cittadini saprebbero la verità, e il business 
    programmato sui rigassificatori andrebbe all’aria. 
    Sulla sicurezza: oltre alla Legge Seveso, correttamente citata, ci sono 
    innumerevoli accordi protocollari internazionali (accettati e sottoscritti 
    anche dall’Italia), da cui sorge il divieto di costruire impianti pericolosi 
    a ridosso dei centri abitati. C’è poi l’obbligo per le istituzioni di 
    coinvolgere consapevolmente e in modo partecipativo le popolazioni dei siti 
    compromessi da simili impianti. 
    Non c’è nulla di tutto questo. L’ho già detto e lo ripeto: qui si vive 
    all’ombra della legalità e in totale separatezza dalla realtà. Per avere 
    alfine un quadro abbastanza realistico su «Il peggior incidente 
    immaginabile», ho letto da «La sfida del secolo» di Piero Angela (vedi pagg. 
    99/100) l’accadimento incidentale legato alle metaniere e quindi al metano: 
    «L’incidente più catastrofico immaginabile tra tutte le fonti energetiche». 
    Il saggista Angela, fa riferimento soltanto a una metaniera da 125.000 mc, 
    che, in caso di incidente o di un non escludibile attacco terroristico, 
    potrebbe innescare una catastrofe, definita dal citato autore «...corrispondente 
    a un megaton, questa volta nell’ordine di potenza distruttiva delle bombe 
    atomiche». 
    Ma qui da noi (in specie nel sito di Zaule), oltre alle metaniere si devono 
    aggiungere i due enormi serbatoi da 150.000 mc ciascuno, esposti a terra 
    vicino al rigassificatore, quindi il pericolo che noi corriamo (in potenza 
    distruttiva) dev’essere valutato tre volte maggiore di quello considerato da 
    Piero Angela: l’Apocalisse! 
    La controparte parlerà di allarmismo e utopia, perciò non attuabile: lo ha 
    forse stabilito il calcolo razionale? Io dico di no, perché è stato 
    volutamente dimenticato il «fattore X»: l’imponderabile. 
    Giorgio Jercog  | 
  
 
 
  
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    Pista 
    ciclabile  | 
  
  
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    Vorrei gentilmente avere una 
    risposta dal Comune o dalla Regione (non so di chi sia la competenza) 
    riguardo alla mancata attivazione dell’illuminazione della galleria sotto 
    Cattinara sulla pista ciclabile Trieste-Draga Sant’Elia. 
    Dato che percorrere la suddetta galleria (che si sviluppa in curva) a piedi 
    o peggio in bicicletta con famiglia al seguito risulta scomodo e pericoloso 
    sia per i pedoni sia per i ciclisti, mi chiedo a quando l’attivazione. Per 
    altro l’impianto è già completato e pronto all’uso da tempo e anzi, il tutto 
    si sta degradando con le lampade interrate completamente coperte dalla 
    ghiaia. Non vorrei che questo fosse l’ennesimo esempio di soldi (nostri) 
    buttati al vento. Attendo con fiducia una risposta da chi di dovere. 
    Andrea Mandich  | 
  
 
 
 
IL PICCOLO - 
LUNEDI', 26 novembre 2007
 
 
  
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    Santuz: la 
    terza corsia sarà pronta già nel 2014 Autovie rincara i pedaggi dei Tir, 
    piano all’Anas   | 
  
  
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    Il via 
    libera di Prodi alla nomina del commissario accelera i tempi dell’opera. 
    Sonego: «Ora ci sono più certezze»  
    
    TRIESTE Si muove Bruxelles, si 
    muove il governo Prodi. Dopo i 74 milioni finanziati dalla Commissione 
    europea per la progettazione della Trieste-Divaccia e Ronchi Sud-Trieste, il 
    via libera del premier alla nomina del commissario per la terza corsia sulla 
    autostrada A4, sollecitato dal governatore Illy (con una lettera), accelera 
    la realizzazione delle grandi opere viarie in Friuli Venezia Giulia. Il 
    presidente di Autovie Venete, Giorgio Santuz, ora è convinto di essere sulla 
    strada giusta. La firma della convenzione fra Autovie e Anas sbloccava 
    impegni finanziari e investimenti ma non garantiva tempi rapidi. L’arrivo 
    del commissario consentirà invece di risparmiare due-tre anni di tempo (per 
    la terza corsia fatta e inaugurata si parla del 2016, ora il traguardo 
    potrebbe essere 2014): «Commissariati? Non ci sentiamo affatto commissariati 
    -dice Santuz. Questa nomina (servirà un decreto del Consiglio dei ministri, 
    ndr.) è da noi graditissima perchè accelera i tempi della burocrazia e 
    velocizza i progetti. Non influirà sulla gestione di Autovie». Illy, nella 
    lettera inviata a Prodi e ai ministri competenti Di Pietro e Bianchi, ha 
    chiesto «misure straordinarie» per la viabilità in Friuli Venezia Giulia, 
    inasprimenti tariffari per convincere i Tir a viaggiare di notte liberando 
    l’autostrada dal traffico pesante durante il giorno. Nella lettera al 
    Professore il governatore scrive che gli autocarri che transitano attraverso 
    le nostre autostrade producono un'usura dieci volte superiore rispetto alle 
    automobili, pagando un pedaggio che è appena il doppio. 
    E qui Santuz annuncia di essersi già mosso: «Abbiamo già spedito una 
    proposta di aumento delle tariffe per i Tir all’Anas. Di quanto? Per ora non 
    posso dirlo. Ma è un provvedimento urgente e indispensabile. L’autostrada A4 
    è stata invasa da autotreni provenienti dall’Est Europa che viaggiano verso 
    Ovest, intasano il traffico, logorano il manto stradale». 
    L’assessore regionale ai Trasporti, Lodovico Sonego, considera l’arrivo del 
    commissario come una svolta attesa e positiva. Sonego insiste sul fatto che 
    Illy non si è limitato però a sollecitare Prodi sulla nomina del commissario 
    e sulle tariffe, ma ha chiesto al premier di definire una politica 
    industriale e dei trasporti complessiva per il Nordest. Prodi (che ai tempi 
    dell’Iri a metà anni Ottanta aveva governato con affollatissime conferenze 
    dei servizi la crisi delle partecipazioni statali a Trieste) ha raccolto il 
    messaggio: «Mi sembra significativo -sottolinea Sonego- che nella 
    ripartizione dei fondi destinati al Corridoio 5, gli unici finanziamenti 
    programmati da Bruxelles a Nordest (una settantina di milioni) siano stati 
    destinati alla Trieste-Divaccia e alla Ronchi Sud-Trieste. La realizzazione 
    della terza corsia è un risultato che ci stiamo guadagnando sul campo». 
    Anche il dialogo con il governatore del Veneto Galan funziona? «Sì, ma noi 
    facciamo la nostra politica, scandisce Sonego. E nel campo delle 
    infrastrutture abbiamo recuperato tutto lo svantaggio rispetto al Veneto». 
    Per l’assessore regionale ai Trasporti «la terza corsia ha subìto una 
    accelerazione consistente negli ultimi tre mesi. Stiamo andando avanti con 
    la progettazione». Ma a che punto sono i progetti? Santuz chiarisce che è 
    stata avviata la gara per affidare la progettazione delle tratte fra 
    Porpetto e Villesse e da San Michele al Tagliamento fino a San Donà-Quarto 
    d’Altino. Già completato l’iter per il ponte sul Piave: qui Autovie ha già 
    affidato la progettazione. 
    Lo scorso luglio il Ministero delle Infrastrutture ha dato il via libera 
    alla progettazione dell’intera opera senza porre vincoli. Se per i tratti in 
    cui non è previsto affiancamento con la ferrovia non ci sono problemi, per 
    gli altri si attende la definizione del tracciato della linea ad alta 
    capacità. Santuz, a questo punto, accelera i tempi della realizzazione della 
    terza corsia. La Giunta Illy ha ottenuto garanzie sufficienti da Prodi: 
    «Possiamo lavorare in un quadro di certezze definite -commenta Sonego. Forse 
    siamo messi anche meglio rispetto al Veneto». A questo punto la partita si 
    sposta nuovamente a Roma: si attende il decreto per la nomina del 
    commissario. E per la terza corsia comincia un’altra storia. 
     
    
    Piercarlo Fiumanò  | 
  
 
 
  
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    Wwf: «Niente 
    edifici ai laghetti delle Noghere»  - «Per erigere un capannone 
    minacciate alcune specie protette»  | 
  
  
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    Il movimento 
    ambientalista polemizza con la Regione e il Comune di Muggia 
     
    
    Il Wwf regionale chiede che 
    attorno al biotopo dei laghetti delle Noghere sia creata una zona di 
    protezione, ma anche che siano fermate le edificazioni in progetto. La 
    richiesta non è nuova, e trae origine dall’autorizzazione paesaggistica 
    rilasciata di recente dalla Regione ad una società per la costruzione di un 
    capannone (per rimessaggio camper e roulotte) nell’area vicina ai laghetti. 
    «Per costruirlo – dice Dario Predonzan, responsabile territorio del Wwf 
    regionale - verrebbero anche distrutte alcune migliaia di metri quadrati di 
    bosco planiziale igrofilo, una formazione di grande valenza naturalistica». 
    Critica quindi l’autorizzazione regionale, e quella rilasciata 
    dall’Ispettorato ripartimentale delle Foreste per il taglio delle aree 
    boscate. «Si tratta – osserva Predonzan – dell’ennesima dimostrazione di 
    noncuranza per i beni paesaggistici». La prevista «compensazione», cioè un 
    parziale rimboschimento lungo l’argine dell’Ospo, non basterebbe a 
    salvaguardare l’ habitat della zona umida dei laghetti. Già nel febbraio 
    scorso il Wwf aveva chiesto di fermare il progetto, e aveva ritenuto 
    inaccettabile la «compensazione» prevista allora, che doveva essere fatta 
    mediante la manutenzione di pinete a Draga S.Elia, quindi in tutt’altra 
    zona. Il Wwf, avvalendosi di una relazione del naturalista Cristian Trani, 
    osserva che la costruzione del capannone con le annesse infrastrutture «avrà 
    un impatto negativo sulla fauna locale, di cui fanno parte uccelli e anfibi 
    protetti da direttive europee». Perciò Predonzan chiede che sia realizzata 
    una zona cuscinetto intorno al perimetro dei laghetti, ma per un’effettiva 
    tutela va modificata la destinazione urbanistica: «Oggi la porzione di 
    territorio tra il rio Ospo e la strada provinciale è classificata “zona 
    industriale di interesse regionale”, malgrado la presenza del vincolo 
    paesaggistico del 1991. Lo stesso piano regolatore di Muggia sovrappone alla 
    zona industriale un’area “di interesse ambientale”, che include anche i 
    laghetti delle Noghere». Tali richieste sono state inviate anche al Comune 
    di Muggia.  
    s.re.  | 
  
 
 
 
IL PICCOLO - 
DOMENICA, 25 novembre 2007 
 
 
  
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    Legambiente 
    dice no alla galleria sul Carso  - Chiesto un confronto con il 
    presidente della Regione Illy per riaprire il dialogo sui progetti del 
    Corridoio 5   | 
  
  
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    Per 
    l’associazione sono da individuare soluzioni e opere meno impattanti  | 
  
  
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    Legambiente chiede un incontro 
    al presidente della Regione Illy per riaprire il dialogo sui progetti del 
    passaggio del Corridoio 5 in regione che l’associazione ritiene poco chiari 
    e non concordati con popolazioni e istituzioni locali. «Non è detto che la 
    strada della legge-obiettivo - ha affermato ieri a Monfalcone il 
    vicedirettore generale di Legambiente Andrea Poggio - sia più veloce e il 
    caso della Val di Susa dimostra che il percorso più rapido è quello fatto di 
    ascolto, dialogo e poi, sì certamente, anche da una decisione finale. Per 
    questo chiediamo che le opere relative alla realizzazione della 
    Venezia-Trieste siano stralciate dalla legge obiettivo». Alla Regione 
    l’associazione ieri è tornata comunque a domandare il rispetto della 
    Convenzione di Aarhus, ratificata dall’Italia nel 2001, sulla partecipazione 
    del pubblico alle decisioni relative a opere di questa portata, ma non solo. 
    Legambiente vuole soprattutto chiarezza sulle caratteristiche tecniche della 
    linea, definendo cioé velocità massima da raggiungere e sistema di 
    alimentazione. «È un parametro non indifferente, se si considera - ha 
    spiegato Rudy Fumolo, coordinatore assieme ad Andrea Wehrenfennig del gruppo 
    sui trasporti di Legambiente Fvg - che linee di 25 Kilovolt sono rivelatrici 
    di un progetto orientato all’alta velocità, oltre 250 chilometri all’ora, 
    diversamente da una normale alimentazione elettrica a 3 Kilovolt, che viene 
    utilizzata per linee ferroviarie che possono raggiungere i 180-200 km/h. I 
    dati a nostra disposizione dicono le Ferrovie stanno lavorando su un 
    progetto di alta velocità classica». Legambiente chiede alla Regione di 
    rinunciare alla galleria Ronchi-Trieste e che si vada a una comparazione con 
    un progetto di ferrovia ordinaria, avviando così una concertazione tra più 
    soggetti che, in tempi definiti, individui le opere e le relative soluzioni 
    meno impattanti. «Se l’obiettivo è quello di rafforzare il traffico merci, 
    che si proceda a tassare il traffico pesante - ha osservato Fumolo -, perché 
    al momento la Venezia-Trieste è percorsa ogni giorno da 83 convogli merci, 
    mentre ne potrebbe veder transitare fino a 230, senza grossi interventi». 
    Legambiente propone la velocizzazione della Mestre-Ronchi dai 150 chilometri 
    all’ora attuali a 180-200 chilometri orari e il potenziamento dei circa 12 
    chilometri esistenti tra il bivio di San Polo a Monfalcone e il bivio di 
    Aurisina. Opere che garantirebbero «un aumento della capacità per il 
    traffico merci sull’asse del progetto prioritario numero 6 senza devastare 
    il territorio della Bassa friulana e il Carso». Per migliorare il 
    collegamento tra Italia e Slovenia l’associazione sposa invece la creazione 
    di un breve tunnel ferroviario tra Muggia e Capodistria. 
    «Questo breve tratto può essere finanziato - ha detto Wehrenfennig - 
    utilizzando i fondi richiesti all’Ue per il collegamento Trieste-Divaccia 
    del tutto superfluo dato che dovrebbe comunque collegarsi alla nuova linea a 
    binario unico della Capodistria-Divaccia, da costruire». Legambiente non è 
    contraria in modo pregiudiziale al Corridoio 5, ha sottolineato Michele 
    Tonzar, coordinatore regionale, ma non vuole che in regione siano create 
    cattedrali nel deserto con spreco di risorse pubbliche. «Non è inoltre 
    escluso che qui si ripeta quanto accaduto in Val di Susa - ha osservato 
    Tonzar - nel momento in cui si avvicina il momento di espropriare i terreni 
    e decidere quali abitazioni saranno sacrificate al passaggio del Corridoio 
    5». 
    Laura Blasich  | 
  
 
 
  
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    Commissario per la terza 
    corsia: via libera del premier - 
    Disco verde anche alla richiesta 
    di Illy di aumentare i pedaggi autostradali per i Tir  | 
  
  
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    I nodi delle 
    infrastrutture viarie al centro di un vertice tra il presidente del Friuli 
    Venezia Giulia e il capo del governo  
    
    VENEZIA Un commissario per 
    accelerare la realizzazione della terza corsia da Trieste a Venezia. Lo sta 
    chiedendo da tempo il presidente della Regione Riccardo Illy per realizzare 
    prima possibile questa infrastruttura indispensabile per uscire dalla 
    drammatica saturazione che blocca l’autostrada e ieri ha avuto una risposta 
    positiva dal presidente del Consiglio Romano Prodi. Ma Illy ha avuto anche 
    l’ok dal premier sulla possibilità di aumentare le tariffe autostradali per 
    i Tir per indurli a viaggiare di notte. 
    Ieri all’ora di pranzo nel cantiere di Venezia in occasione della cerimonia 
    di consegna della Queen Victoria da parte della Fincantieri all’inglese 
    Cunard il vertice tra il presidente del Friuli Venezia Giulia Illy e il 
    premier Prodi. Un incontro fitto in cui Illy ha consegnato un documento in 
    cui spiega le motivazoni della richiesta del commissario. Una scelta che, 
    secondo lo stesso presidente, permetterà di risparmiare uno o due anni nella 
    realizzazione di questa corsia che è indispensabile per evitare i blocchi 
    del traffico leggero e pesante. Prodi ha detto a Illy che esaminerà il 
    documento e ha comunque dato già la sua disponibilità. Ok anche al piano per 
    l’aumento delle tariffe autostradali a carico dei Tir che vogliono viaggiare 
    di giorno per invogliarli piuttosto a effettuare i trasporti di notte e 
    alleggerire la pressione sull’autostrada. 
    Un tema cruciale quello delle infrastrutture nel Nordest e ieri Illy ne ha 
    sicuramente parlato anche con il viceministro ai trasporti Cesare De Piccoli 
    ma anche poi con il presidente della Commissione europea dei trasporti, 
    Paolo Costa (entrambi presenti alla cerimonia) che sta seguendo da vicino 
    tutto il Corridoio multimodale quinto. Presente anche il sindaco di Venezia 
    Massimo Cacciari, assente invece il presidente della Regione Veneto 
    Giancarlo Galan. 
    Servono 8 anni per realizzare la terza corsia e per viaggiare senza 
    rallentamenti e blocchi tra Trieste e Venezia, questi i tempi del progetto 
    emersi proprio recentemente a Roma (era l’inizio di novembre) in occasione 
    della firma della convenzione sottoscritta da Autovie Venete con l’Anas alla 
    presenza del ministro alle Infrastrutture, Antonio Di Pietro. Impegni 
    finanziari, investimenti della società autostradale, un crono programma 
    preciso: questa la scaletta prevista a Roma con un panorama chiarissimo. Se 
    si va per le vie ordinarie, ovvero senza commissario, la terza corsia non 
    sarà pronta fino al 2016. Troppi per il Nordest che è carente di 
    infrastrutture e che ora sono anche sature. L’unica via di accelerazione è 
    il commissario, una figura con poteri straordinari in grado di dare una 
    svolta. Una svolta chiesta e ottenuta da Illy dopo l’incontro con Prodi. 
    g. g.   | 
  
 
 
  
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    Rifiuti, a Muggia entro 
    l’anno raccolta per il compostaggio  | 
  
  
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    L’operazione 
    riguarderà le sostanze organiche: verranno destinate direttamente 
    all’impianto. Dalla Provincia 81mila euro  
    
    MUGGIA Entro l'anno partirà a 
    Muggia per la prima volta la raccolta differenziata dei rifiuti organici. Un 
    toccasana non solo per l'ambiente ma anche per le casse comunali: in questo 
    modo scarti alimentari, vegetali, animali, sfalci e residui di potatura 
    invece di essere portati al termovalorizzatore (per il quale l'Ente paga a 
    peso), verranno destinati direttamente all'impianto di compostaggio a costo 
    zero.  
    Il servizio sarà possibile grazie a un finanziamento di oltre 81 mila euro 
    erogato dalla Provincia di Trieste al Comune di Muggia proprio a questo 
    scopo.  
    «Entro novembre - assicura il sindaco Nerio Nesladek - convocheremo una 
    riunione con le grandi utenze del territorio e con le rappresentanze di 
    categoria per individuare una mappatura delle zone che necessitano della 
    raccolta dei rifiuti organici. Il Comune ha già individuato 81 punti, da 
    Lazzaretto ad Aquilinia, tra supermercati, trattorie, scuole e caserme ma 
    ora dovranno essere i diretti interessati a confermare la necessità di 
    questo servizio e le modalità. Sarà infatti necessario capire anche gli 
    orari più adeguati nei quali intervenire». Il Comune provvederà ad 
    acquistare in tempi brevi una trentina di contenitori destinati ai rifiuti 
    organici che andranno ad aggiungersi ai 50 già comperati ed utilizzati in 
    occasione del Carnevale. Inoltre, spetterà sempre agli uffici del municipio 
    la distribuzione di appositi sacchetti di nylon biodegradabili. Non appena 
    verranno stabilite le modalità di raccolta, il Comune partirà con una 
    campagna informativa a tappeto con depliant e manifesti. «Questa fase 
    preliminare - conclude il primo cittadino - ci consentirà di collaudare un 
    servizio, quello della raccolta differenziata, che con l'anno prossimo 
    incomincerà a entrare a pieno regime non solo per le grandi utenze ma per 
    tutti i cittadini». «Abbiamo destinato questo finanziamento al Comune di 
    Muggia - spiega l'assessore provinciale al Territorio e ambiente Ondina 
    Barduzzi - perchè a livello di progettazione ha dimostrato di allinearsi 
    alle nostre politiche nel settore della raccolta differenziata. Come 
    amministrazione provinciale infatti, ci siamo posti l'obiettivo di adeguarci 
    entro il 2008 a quanto previsto in materia dalle norme comunitarie. È per 
    questa ragione che abbiamo già stanziato un ulteriore finanziamento 
    complessivo di 400 mila euro per tutti i Comuni della provincia che hanno 
    presentato progetti sia per raccolta differenziata, sia per la 
    trasformazione della Tarsu in Tia». «In questi giorni - conclude la Barduzzi 
    - stiamo valutando i progetti che sono già pervenuti nei nostri uffici. 
    Contiamo di esaurire la disamina delle proposte delle amministrazioni 
    comunali entro la fine dell'anno». 
    Silvia Stern  | 
  
 
 
  
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    Pista poco piacevole  | 
  
  
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    Scrivo riguardo la pista 
    ciclabile da Campanelle ad Altura, finalmente finita. È divisa in due parti: 
    una di circa 1 metro di mattonelle, – bellissima – l’altra di 2 metri 
    asfaltata, credo, per le biciclette, bruttissima da vedere in mezzo al 
    verde. Il Comune non poteva lasciare al posto dell’asfalto la terra battuta 
    ed asfaltare piuttosto tutte le buche che ci sono in città? 
    Moreno Montalto  | 
  
 
 
 
IL PICCOLO - 
SABATO, 24 novembre 2007 
 
 
  
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    I pedoni testano la pista di 
    Altura - Sopralluogo di Coped-Camminatrieste fino a Campanelle  | 
  
  
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    Una comitiva di circa 30 persone 
    ha inaugurato ieri pomeriggio il nuovo tratto della pista ciclo-pedonale che 
    da Altura si snoda fino al rione di Campanelle. A intraprendere questa 
    passeggiata autunnale di circa due chilometri, sfidando anche il maltempo, 
    sono stati i soci di Coped CamminaTrieste, che guidati dal presidente Sergio 
    Tremul hanno così visionato di persona il tanto atteso completamento dei 
    lavori. «Iniziative come questa – ha spiegato il presidente Tremul prima 
    della partenza – tengono viva la nostra voglia di scoprire la città a piedi. 
    Questo è solo un assaggio: a primavera, con il completamento degli altri 
    tratti della pista ciclabile, organizzeremo nuove passeggiate e stiamo 
    pensando anche a un weekend in Val Rosandra». I partecipanti, infatti, si 
    sono trovati attorno alle 14.15 in Barriera e hanno raggiunto Altura con i 
    mezzi pubblici, prendendo il bus 48. Dopo aver percorso a piedi i due 
    chilometri di pista panoramica, sono scesi nuovamente in città da 
    Campanelle, stavolta con la 33. «Non è la prima volta che anticipiamo le 
    inaugurazioni ufficiali testando per primi i nuovi percorsi – ha continuato 
    Tremul -: già con il bosco del Farneto lo avevamo fatto, portando con noi 
    anche gli studenti delle scuole e un gruppo di non vedenti». 
    Prima di vedere completata l’intera pista ciclabile, che dal centro si 
    snoderà fino alla Slovenia, bisognerà però attendere il 2008: i lavori, 
    iniziati nel 2000, sono in leggero ritardo rispetto alla tabella di marcia. 
    All’inizio del prossimo anno verrà realizzata la passerella metallica sopra 
    via dell’Istria, che permetterà di sviluppare il percorso che S.Giacomo 
    arriverà fino a Draga S.Elia, snodandosi lungo il tracciato della ferrovia 
    Campo Marzio. Una volta completata la passatoia, verrà ultimata anche la 
    parte della pista tra le vie Ponziana e Orlandini. 
    e.l.  | 
  
 
 
  
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    Semafori sulle Rive  | 
  
  
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    Nonostante qualche 
    giustificazione già fornita sulla decisione di rendere alcuni semafori di 
    attraversamento pedonale delle Rive non sincronizzati nelle due carreggiate, 
    non riesco ancora a capirne l’utilità. Si costringono pertanto le persone a 
    fermarsi anche per settanta secondi sul salvagente centrale in attesa del 
    via libera sulla carreggiata opposta (Riva III Novembre, semaforo di fronte 
    al Caffé Tommaseo). 
    Recentemente sono ritornato dalla civilissima e rispettosa Londra, dove agli 
    incroci importanti, nel caso di traffico fermo, è ben indicato a terra il 
    divieto per i veicoli di occupare l’area di intersecazione delle due strade, 
    onde evitare il blocco della circolazione nell’altra direzione (puntualmente 
    rispettato). Ho notato anche il sistema semaforico della Cromwell Road, una 
    larga e lunga strada a scorrimento veloce che collega il centro della città 
    con le autostrade, dotata di due carreggiate distinte con tre corsie per 
    carreggiata. I numerosissimi attraversamenti pedonali con salvagente 
    centrale hanno i semafori tutti regolati in modo tale da dare il verde ai 
    pedoni contemporaneamente su tutte e due le carreggiate o al massimo dopo 
    pochissimi secondi, assecondando così, senza fermate al centro strada, 
    l’attraversamento dei pedoni. Il flusso veicolare, che si può stimare in 
    8-10 volte quello delle nostre Rive non subisce rallentamenti o altre 
    penalizzazioni nelle due direzioni della regolazione semaforica sopra 
    descritta. 
    È proprio necessario che a Trieste coloro che attraversano le Rive si 
    debbano fermare al centro della carreggiata, talvolta in lunga attesa del 
    verde, per raggiungere la parte opposta? Si è voluto enfatizzare il veloce 
    scorrimento veicolare lungo le Rive riqualificate, come se qualche manciata 
    di secondi avesse un’enorme importanza strategica, dimenticando che il più 
    debole fra l’automobile e il pedone è quest’ultimo. Auspico quindi che venga 
    realizzata una più attenta regolazione delle sequenze semaforiche per 
    agevolare i pedoni senza che ciò provochi alcuna ripercussione significativa 
    sul flusso veicolare. 
    Bernardino de Hassek  | 
  
 
 
  
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    Difendere il tram  | 
  
  
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    Sul Piccolo del 16 novembre è 
    stato pubblicato l’ennesimo intervento riguardo al tram di Opicina. È giusto 
    parlarne, il tram non è un mezzo di trasporto qualunque, fra l’altro è uno 
    dei simboli della città. È giusto chiedersi e chiedere spiegazioni a chi è 
    in grado di darle, per essere informati se, quando e come riprenderà a 
    funzionare e su chi ricade la responsabilità dell’attuale situazione di 
    incertezza. 
    Sono passati 30 mesi dall’inizio dei lavori straordinari, con uno sforamento 
    di 24 mesi sulle previsioni, spendendo 7.450.000 euro, che prevedevano nel 
    programma di questa spesa pure una serie di lavori marginali, ma non per 
    questo meno importanti, che non sono mai stati iniziati e alcuni mai 
    terminati (chioschi delle fermate intermedie). 
    In questi mesi c’è stato un continuo susseguirsi di incidenti di tutti i 
    tipi, quindi una continua incertezza sulla funzionalità del tram, che a 
    lungo andare ha disamorato l’utenza. 
    Su tutto regnava l’assoluto silenzio del Comune, rotto nell’articolo del 16 
    novembre dal signor Giuseppe Colotti, consigliere comunale, che 
    sull’argomento non ha trovato niente di meglio da dire «che i ragazzi 
    preferiscono il motorino al tram». Si riferiva ai giovani dell’altipiano o 
    ai giovani in generale? Perché in questo secondo caso pian piano si potrebbe 
    incominciare a sopprimere oltre al nostro tram anche gli autobus, il che 
    porterebbe un bel risparmio al Comune, che potrebbe così per esempio 
    diminuire le tasse comunali. 
    Il ruolo istituzionale del signor Colotti non sarebbe piuttosto quello di 
    partecipare a salvaguardare il bene prezioso che è costituito dal nostro 
    tram? E per finire vogliamo far presente a chi ci governa che in tutta 
    Europa chi ha i tram se li tengono cari soprattutto perché non inquinano 
    l’ambiente. 
    Giovanna Crismani Venturini  | 
  
 
 
 
IL PICCOLO - 
VENERDI', 23 novembre 2007 
 
 
  
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    Ferriera, esami dell’Azienda 
    sanitaria su cinquanta lavoratori  | 
  
  
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    Sta per concludersi la 
    «settimana di controllo sanitario» sui lavoratori della Ferriera disposta 
    dall’Azienda sanitaria per il reparto cokeria. Lunedì scorso a una 
    cinquantina di operai è stato prelevato un campione di urina, oggi 
    l’operazione sarà ripetuta: lo scopo è di mettere a confronto la 
    concentrazione di benzene, benzoapirene e fenantrene fra una giornata che 
    segue due di riposo e una che conclude la settimana di lavoro e permanenza 
    in fabbrica. I campioni, sigillati a piombo, verranno inviati per le analisi 
    a un laboratorio specializzato di Brescia. Contemporaneamente è stata 
    avviata l’indagine ambientale. All’interno della fabbrica sono state 
    installate dieci centraline del Cnr, una dell’Arpa e tre dispositivi di 
    captazione dell’aria sistemati addosso ai lavoratori.  
    Vengono prelevati tre campioni al giorno per ciascuna delle undici 
    centraline. Le analisi avverranno separatamente: l’Arpa regionale farà la 
    propria lettura, e il Cnr porterà i campioni nei propri laboratori a Roma. 
    Quando l’esito sarà disponibile l’Azienda sanitaria ne porterà i risultati 
    al tavolo regionale sulla Ferriera, cui partecipano gli enti amministrativi, 
    l’Arpa, l’Azienda sanitaria e i sindacati.  
    Intanto si stanno ultimando gli accordi con gli istituti di Medicina del 
    lavoro di Trieste e Udine, nonché col Burlo Garofolo, per dare avvio 
    all’indagine sull’eventuale assorbimento di diossine da parte della 
    popolazione di Servola.  | 
  
 
 
  
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    L’auto resti a casa: 
    iniziativa del Coped  | 
  
  
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    Invitare i cittadini a lasciare 
    a casa l’auto per un giorno e offrire la possibilità di cogliere insoliti e 
    suggestivi scorci della città. È lo spirito dell’iniziativa lanciata dal 
    Coped-CamminaTrieste che oggi, con ritrovo alle 14.15 in largo Barriera, 
    promuove una passeggiata autunalle attraverso la pista ciclo-pedonale da 
    Altura a Campanelle.  | 
  
 
 
  
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    Mille firme per via Donizetti 
    pedonale L’assessore Bucci: progetto pronto - E i Cittadini per Trieste 
    lanciano l’idea: corso Italia chiuso in alcune fasce orarie 
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    Mille firme per pedonalizzare 
    via Donizetti. Le adesioni sono state raccolte la scorsa primavera tra i 
    clienti del caffè San Marco e dell’omonima libreria, entrambi affacciati 
    (almeno in parte) sulla via che collega le vie Battisti e San Francesco. Ma 
    «le firme le abbiamo consegnate all’assessore all’urbanistica Maurizio Bucci 
    senza vedere alcun risultato», sostiene l’amministratore della libreria 
    Alexandros Delithanassis. Bucci però replica: «Ho visto tutto, ho già fatto 
    fare un progetto di massima». 
    L’iniziativa dei due esercizi, spiega Delithanassis, è nata in 
    considerazione della «notevole condizione di abbandono in cui versa la via» 
    in questione, che invece potrebbe divenire spazio all’aperto sia per il 
    caffè che per organizzare in estate «un piccolo polo artistico di qualità: 
    ne abbiamo già parlato con vari artisti». Inoltre la zona è frequentata da 
    numerosi turisti che vi giungono anche per visitare la sinagoga. Ma, 
    appunto, «sinora non abbiamo avuto alcun risultato». 
    Bucci, si diceva, rassicura: il progetto, redatto dagli uffici comunali, «è 
    in fase di approvazione» da parte della giunta. «L’ipotesi però - precisa 
    l’assessore - non è quella di pedonalizzare totalmente la via, bensì di 
    ampliarne notevolmente uno dei marciapiedi - e dovremo stabilire quale, 
    anche se il buon senso direbbe quello sul lato della sinagoga - così da 
    realizzare un buono spazio pedonale senza togliere al contempo l’area di 
    carico e scarico oggi presente nella via. Perché non vorrei - precisa Bucci 
    - che poi i residenti o i commercianti mi contestassero di avere cancellato 
    quelle aree, e di conseguenza alcuni posti auto occupati dai camion che da 
    qualche parte dovrebbero comunque fermarsi». Insomma, il messaggio 
    dell’assessore è: «Sono pronto a pedonalizzare anche domattina, ma valutiamo 
    la misura in cui intervenire». 
    E intanto, nell’inesausta discussione su aree pedonali e chiusure al 
    traffico, in una nota il gruppo di lavoro dei Cittadini sulla viabilità 
    lancia quella che Bucci definisce prontamente «una buona idea». Si parte da 
    una constatazione: «Tra le 10 e le 12 e tra le 16 e le 18 di ogni giorno le 
    strade del centro sono praticamente prive di traffico: ci sono solo vetture 
    parcheggiate». Dunque in quegli orari si potrebbe pensare a «deviare i pochi 
    mezzi» in circolazione «su percorsi alternativi forse un po' più lunghi, ma 
    altrettanto deserti, e chiudere del tutto corso Italia e via Roma». Negli 
    stessi orari i bus potrebbero comunque procedere, ma a passo d’uomo, nelle 
    aree chiuse. Il tutto andrebbe completato con la possibilità di parcheggio 
    al Molo Quarto. 
    
      
    
      
    
      
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        La Ferriera non può 
        chiudere  | 
       
      
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        Mentre a Trieste si discute 
        sul destino della Ferriera, a S. Giorgio di Nogaro Akhmetov compra la 
        Trametal, impianto siderurgico da 350.000 tonnellate. A Verona i russi 
        già possiedono la Ferriera Valsider. 
        I triestini debbono farsi chiudere uno stabilimento che funziona, visto 
        l’andamento dell’acciaio? Noi dobbiamo stare zitti e subire i veti dei 
        Verdi, della destra che vuol fare la «piccola Montecarlo» di questa 
        sfortunata città che non ha più occhi per piangere, per come ci hanno 
        ridotto certi politici. 
        Noi, donne che hanno come figli, fratelli, mariti, uomini che vivono 
        lavorando in quello stabilimento dobbiamo unirci e gridare forte la 
        nostra protesta contro i mille allarmismi che giungono da parti 
        interessate a fomentare odio fra cittadini, rancore e ostilità, verso 
        chi vuole solo lavorare per vivere. 
        Lavorare onestamente senza pesare su nessuno, senza chiedere aiuto a 
        nessuno, famiglie che vogliono vivere senza che i figli vengano 
        dileggiati a scuola perché il loro padre lavora nella Ferriera, dove i 
        signori servolani hanno lavorato per un secolo. 
        Ora arriva il sindaco friulano e la Ferriera si deve chiudere? Aprite il 
        tavolo delle trattative con Arvedi e finitela di strombazzare a destra e 
        a manca la storia dell’inquinamento, perché allora si devono chiudere 
        gli aeroporti, le stazioni, le autostrade. È questo il vostro concetto 
        di andare avanti? Di porci come paese europeo a tutti gli effetti? 
        È come parlare dell’energia nucleare. Tutta Europa ha centrali nucleari: 
        producono energia pulita, noi la compriamo da loro a caro prezzo; 
        credete forse che se succedesse qualcosa in una centrale nucleare di un 
        paese limitrofo noi non ne verremmo toccati? 
        Vorrei che gli operai e le loro famiglie si trovassero uniti nella lotta 
        alla salvaguardia del posto di lavoro, uniti a combattere questa 
        campagna di livore e odio lanciata contro uno dei pochi posti di lavoro 
        esistenti nella nostra città. Difendiamo la nostra dignità di esseri 
        umani e di lavoratori! 
        Signor sindaco, ci assumerà tutti lei nei suoi supermercati? Ci daranno 
        posti di lavoro i signori che siedono in Comune? Tutti così sicuri del 
        loro cadreghino, con relativo emolumento, così beati a disquisire sulla 
        salute e l’aria pulita (che non esiste più da nessuna parte) e così 
        pronti a gettare nella disperazione famiglie intere in nome di... in 
        nome di cosa? 
        Grazie a chi ci appoggerà a livello politico, poiché ricordatevi egregi 
        signori che anche noi abbiamo, pur se trattati da paria, diritto di voto 
        e ogni voto delle mille persone che lì lavorano deve essere moltiplicato 
        per i componenti delle loro famiglie. 
        Come al solito, ora che l’acciaio ha un mercato sempre più forte deve 
        sparire da Trieste. 
        Cui prodest? 
        Norvena Pecorella  | 
       
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IL PICCOLO - 
GIOVEDI', 22 novembre 2007 
 
 
  
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    Posti auto a pagamento in 
    strada Trieste fra le ultime dieci in Italia  - Studio della 
    Confcommercio e della Aipark. Gli stalli in superficie sono circa 2mila
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    Lo studio 
    propone una serie di tariffe differenziate a seconda delle zone - Mezzi 
    pubblici: l’87 per cento favorisce l’accesso dei disabili 
    
    A Trieste ci sono poche «zone 
    blu». Posti auto su strada che, proprio per il fatto di essere a pagamento, 
    consentono una rotazione continua e impediscono la sosta prolungata (anche 
    di mesi) nelle aree libere. 
    Il dato è contenuto nello studio della Confcommercio e della Aipark, 
    presentato ieri a Roma, che fotografa la realtà italiana dei parcheggi a 
    pagamento (su strada e in struttura). Un’indagine che ha ricevuto risposta 
    da 84 dei 111 Comuni capoluogo di provincia interpellati; quello di Trieste 
    non si è sottratto alla richiesta, finendo nella lista delle dieci città 
    dove il rapporto abitanti/posto auto su strada a pagamento è fra i peggiori. 
    Un dato che potrà far piacere ai cittadini, non alla Confcommercio. 
    Il braccio di ferro fra i piccoli commercianti e la grande distribuzione, 
    infatti, poggia in molti casi proprio sulla disponibilità di parcheggi. Un 
    posto auto all’interno di un centro commerciale si trova sempre, mentre 
    lasciare la macchina nelle città italiane per andare a fare shopping è 
    sempre più difficile. La maglia nera spetta a Caltanissetta (un posto ogni 
    303 abitanti), mentre Trieste si ferma all’ottavo posto ma fra le ultime 
    dieci in Italia. Il rapporto è di 116,14 e, visti i numeri della città, 
    prende come riferimento all’incirca i 2000 posti auto blu. 
    Parcheggi a pagamento in superficie, disciplinati quasi tutti con i 
    parcometri, così ripartiti: 1000 posti gestiti dall’Agenzia per la mobilità 
    territoriale; 800 lungo le Rive al momento affidate ad alcune cooperative (Cgs, 
    San Cristoforo e Aci servizi; tranne l’area Bianchi di competenza della Amt) 
    e 200 da Saba Italia. 
    «L’indagine evidenzia che la sosta tariffata - si legge nell’estratto del 
    documento della Confcommercio e della AiPark - comincia ad avere una parte 
    importante nella vita cittadina. La regolamentazione dell’uso delle strade 
    urbane con l’introduzione della sosta tariffata è ormai una realtà». Secondo 
    lo studio rimane in Italia il gap infrastrutturale in tema di parcheggi, 
    compresi quelli in struttura. Posti auto in ogni caso a pagamento, un 
    concetto ancora molto lontano dalla mentalità dei cittadini. Trieste non è 
    da meno. 
    «Siena è invece in cima alla lista per il maggior uso degli autobus, con il 
    60 per cento degli spostamenti in auto e il 25 per cento con il trasporto 
    pubblico. Questo dato fa riflettere - si legge nella relazione che 
    accompagna lo studio - perché proprio Siena è anche la città con la maggiore 
    offerta di posti auto in struttura (uno ogni 12,42 abitanti)». Traduzione: 
    la gente parcheggia la propria automobile in garage e per spostarsi usa il 
    mezzo pubblico. A tale proposito Trieste, in un’altra classifica (nata dalla 
    collaborazione di Asstra e l’istituto Hermes sul trasporto pubblico), è la 
    città più virtuosa con oltre l’87 per cento di autobus con i dispositivi di 
    accesso per i disabili. 
    Ma la politica dei parcheggi secondo AiPark, che raggruppa i gestori di 
    parcheggi, non può prescindere dalle tariffe quale regolatore della domanda 
    di sosta. Per regolatore si intende uno strumento che condizioni le scelte 
    di durata di utilizzo, secondo logiche di base che richiedono l’applicazione 
    di tariffe differenziate per indurre a scegliere il grado di avvicinamento 
    al centro (più vicino arrivi più paghi). 
    «È evidente che se le tariffe sono troppo basse o non differenziate 
    l’efficacia del sistema della sosta cittadina è compromesso o fortemente 
    limitato», sostiene nelle conclusioni l’indagine. Notando come le tariffe 
    per la sosta su strada siano «tendenzialmente più basse delle tariffe per la 
    sosta nei parcheggi in struttura». È dunque assente la strategia di 
    «favorire i parcheggi in struttura per liberare progressivamente o 
    specializzare la sosta su strada, che dovrebbe essere più cara, vista anche 
    la sua maggiore comodità e visto l’obiettivo di ridurre la sosta in 
    superficie a favore di usi diversi del suolo». 
    Una politica dei prezzi presente, in parte, anche a Trieste dove la sosta su 
    strada è divisa in tre fasce: zona rossa 1,40 euro all’ora, zona gialla 1 
    euro, zona verde 0,80 centesimi, mentre la zona azzurra non è mai stata 
    attivata. Fra i parcheggi in struttura, invece, le tariffe all’ora variano a 
    seconda delle strutture: 1,10 euro al Silos, 1,25 euro al park in Foro 
    Ulpiano, 1,50 in quello via Fabio Severo, 1,30 nel garage in via Xydias, 1 
    euro al centro commerciale Il Giulia, 0,40 alle Torri d’Europa e 0,60 al 
    park di via Locchi-Carli.  | 
  
 
 
  
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    Storie della Ferriera: 
    «Guerra tra poveri»  - L’operaio: «Non criminalizzateci». L’abitante: 
    «I danni alla salute sono accertati, va chiusa»  | 
  
  
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    Quattro 
    testimonianze di servolani. Una donna: «Mio marito lavorava in cokeria ed è 
    morto per un cancro ai polmoni»   | 
  
  
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    Una «guerra tra poveri». Fausto 
    Sancin, 79 anni, servolano «doc» - la sua famiglia vive dal 1850 nella 
    stessa casetta di via di Servola 93 -, definisce così la contrapposizione 
    tra i residenti, che chiedono la chiusura della Ferriera in nome del diritto 
    alla salute, e gli operai, decisi a difendere la realtà che ogni mese 
    garantisce loro uno stipendio. «Alla fine hanno ragione tutti - spiega -, 
    per questo è una guerra tra poveri. È giusta la battaglia degli operai, che 
    lottano per salvare il posto di lavoro, un po’ come facevo io 40 anni fa per 
    evitare la chiusura del cantiere San Marco. E forse è proprio per questo che 
    mi sento più vicino alle loro posizioni e mi chiedo a chi possa venire in 
    mente l’idea di lasciare in strada 600 famiglie più quelle che vivono grazie 
    all’indotto. Tuttavia riconosco anche le ragioni degli abitanti, perchè 
    vivere e respirare a Servola di questi tempi è un problema, e lo dico io che 
    sono asmatico e ogni giorno devo andare in ospedale per le terapie. Il nodo 
    della questione - conclude Sancin - è che per troppi anni la situazione 
    della Ferriera è stato ignorata ed è stato permesso alla proprietà di non 
    fare i lavori necessari. Il risultato oggi è lo scontro tra persone che 
    hanno tutte interessi legittimi e comprensibili». 
    Uno scontro, secondo Antonio Pantaso, 54 anni di cui quasi 30 anni passati 
    in Ferriera, che ha finito per assumere i toni della criminalizzazione degli 
    operai. «Io sono innamorato della siderurgia e orgoglioso di lavorare in una 
    realtà produttiva che ha portato alla città ricchezza e occupazione - 
    afferma -. E non accetto chi cerca di fare passare me e i miei colleghi per 
    complici di un’azienda che vuol far morire gli abitanti del rione. Non sono 
    disposto a passare per assassino. Così come non accetto di riunciare al mio 
    impiego solo perchè qualcuno ha in mente una non meglio precisata idea 
    alternativa di sviluppo per la città. Lo stesso vale per i dati 
    sull’inquinamento. Attualmente - aggiunge Pantaso - non c’è nessun risultato 
    certo che giustifichi la chiusura. Non si può pensare di distruggere la vita 
    di centinaia di persone per un semplice sospetto. Perchè è proprio questo 
    che accade quando perdi il lavoro: vieni distrutto e ti senti come 
    annullato. Sensazioni che ho provato sulla mia pelle nel ’94, quando la 
    chiusura sembrava ormai inevitabile».  
    Ma quelli che per gli operai sono «semplici sospetti», per molti residenti 
    sono invece prove inconfutabili. «Che la Ferriera inquini è ormai ampiamente 
    dimostrato - afferma Andrea Nascimbeni, uno dei residenti di via del 
    Ponticello 10 che lottano quotidianamente con le polveri, capaci di entrare 
    in casa anche con le finestre chiuse -. Non può essere un caso il fatto che 
    a Trieste ci sia un numero di tumori superiore del 30% alla media nazionale, 
    e che nella mia via abitino diversi bambini ammalati di leucemia. Lo 
    stabilimento crea danni seri alla salute e di questo dovrebbero prendere 
    atto anche gli operai, che forse finora non sapevano o fingevano di non 
    sapere. È ora di dire basta alle promesse di certe istituzioni e alle prese 
    in giro, come la concessione di altri 6 anni all’azienda per ottenere 
    l’autorizzazione ambientale integrata».  
    Ne è convinta anche la signora Anna (il nome è di fantasia ndr), che 5 anni 
    fa vide morire per un tumore ai polmoni il marito, per 20 anni addetto alla 
    cokeria. «Quando il cancro si manifestò, chiesi ai medici se l’ambiente di 
    lavoro ne fosse la causa. Mi risposero che era solo una con-causa, dal 
    momento che mio marito fumava. Eppure, molti anni prima, l’equipe medica 
    dello stabilimento aveva spiegato ai lavoratori quanto fosse inutile 
    smettere, visto che respirando l’aria della Ferriera era come se si 
    fumassero 200-300 sigarette al giorno. Qualcuno insomma ha coperto le spalle 
    all’azienda? Per i tanti ammalati e morti, passati e futuri - conclude Anna 
    - è giusto che si sappia la verità e che chi ha eventualmente taciuto paghi 
    per il male che ha fatto». 
    
    Maddalena Rebecca  | 
  
  
 
  
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    FERRIERA - La protesta di 200 
    servolani tiene barricati i consiglieri della Regione per 40 minuti  | 
  
  
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    Barricati per 40 minuti nel 
    palazzo della Regione in piazza Oberdan per evitare problemi con i 
    manifestanti del corteo pro-chiusura immediata della Ferriera di Servola e 
    contrario alla concessione dell’Aia. I consiglieri regionali sono stati 
    costretti a rinviare il rientro a casa per «decisione della Digos, che ha 
    scelto così per questioni di sicurezza», ha spiegato Uberto Fortuna Drossi. 
    La manifestazione, che ha coinvolto oltre 200 persone ed era promossa dai 
    comitati di Servola, era partita da piazza Unità, proprio sotto il 
    municipio.  | 
  
 
 
  
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    Inquinamento a Cattinara - 
    Zigrino: inevitabile licenziare chi ha denunciato l’ospedale ai Nas  | 
  
  
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    Il direttore 
    dell’Azienda spiega l’atto al centro di una causa di lavoro. Ricorso in 
    Cassazione contro il sequestro del laboratorio con scarichi inquinanti. 
    Interrogazione di Metz  
    
    «Non è nei miei poteri 
    licenziare, il provvedimento contro la dipendente dell’Azienda ospedaliera 
    che ci ha denunciato con l’accusa di effettuare scarichi inquinanti nei 
    laboratori è stato preso dall’Ufficio disciplinare e non avrei potuto 
    modificarlo, ma anche se avessi potuto, non lo avrei fatto». 
    Lo afferma Franco Zigrino, direttore generale dell’Azienda 
    ospedaliero-universitaria a commento della causa di lavoro intentata dalla 
    tecnica di laboratorio allontanata dopo i fatti: un’indagine dei Nas a 
    seguito della denuncia, una causa in corso, il sequestro degli impianti, ora 
    parzialmente rientrato. 
    E mentre Zigrino stesso annuncia che l’Azienda ha fatto ricorso in 
    Cassazione per vedersi annullare del tutto l’atto di sequestro, ribadisce 
    «la totale certezza di non aver smaltito inquinanti in maniera scorretta» e 
    conferma doversi considerare illecita la denuncia fatta all’esterno da un 
    dipendente senza prima allertare le gerarchie interne, il verde Alessandro 
    Metz ha depositato sulla vicenda una interrogazione rivolta all’assessore 
    regionale alla Salute, Ezio Beltrame. 
    Metz parte dal fatto che «la denuncia ha portato all’iscrizione sul registro 
    degli indagati di diverse persone, tra cui il direttore generale Zigrino», 
    quindi, aggiunge, «evidentemente l’esposto non era del tutto infondato, e 
    ora l’Azienda motiva il licenziamento con il danno che ha subito in quanto 
    dopo i sequestri dei Nas sono state attivate modalità di scarico dei residui 
    di laboratorio mediante affidamento a una ditta specializzata con un 
    importante aggravio di costi. La domanda - prosegue Metz - sorge spontanea: 
    se adesso costa smaltire prima come si faceva?». Il consaigliere regionale 
    sottolinea la delicatezza della materia, («secondo l’inchiesta stiamo 
    parlando di rifiuti sanitari, a rischio infettivo e pericolosi») e quindi 
    depreca che «a pagare sia chi questa prassi ha denunciato»: «Pensare di 
    ricattare i lavoratori imponendo l’omertà e la complicità anche nei casi in 
    cui questo significhi violare la legge per contenere le spese ritengo sia un 
    sopruso che non possiamo tollerare». 
    Molto diversamente la vede Zigrino, il quale con decisione afferma che «non 
    sono stati trovati inquinanti». Tranne il tolluene, «in proporzione pari a 
    due litri, ma è sostanza non in uso all’ospedale, e quindi - ribadisce il 
    direttore - siamo convinti sia stata sversata nei condotti di smaltimento da 
    qualcuno, o colposamente o dolosamente». 
    A controprova di una situazione che non ritiene compromessa Zigrino porta il 
    fatto che «la stessa magistratura ha parzialmente dissequestrato il 
    laboratorio, e siamo sicuri - aggiunge - di poter dimostrare la bontà della 
    nostra posizione in sede di processo». 
    Anche sul licenziamento della dipendente (che Metz chiede di reintegrare in 
    attesa che si scopra «chi sono i buoni e chi i cattivi») Zigrino ha una 
    posizione ferma: «Ritengo che in qualunque azienda chi fotografasse impianti 
    interni senza autorizzazione affermando poi cose non vere in sede di 
    denuncia verrebbe licenziato. Il dipendente ha il dovere di segnalare 
    all’interno per via gerarchica ciò che a suo giudizio non funziona o ha 
    necessità di essere corretto». 
    L’Azienda ospedaliera aspetta il processo e il verdetto della Cassazione, la 
    dipendente adesso aspetta l’esito della causa di lavoro e Metz aspetta 
    risposte da Beltrame, tra cui quella alla domanda finale: cosa ha fatto la 
    Regione per verificare se - vista l’accusa che parla di «inquinamento da 
    rifiuti sanitari pericolosi e a rischio infettivo» - non si siano «prodotti 
    effettivamente danni». 
    g. z.  | 
  
 
 
  
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    Il Comune vara una task force 
    ambientale: 12 agenti in divisa verde contro chi sporca 
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    I cittadini 
    potranno telefonare e segnalare le irregolarità, dalle deiezioni canine 
    all’immondizia  
    
    Indossano divise di colore 
    verde, ma non sono le Guardie padane che piacciono al Senatur. Sono le 
    Guardie ambientali, una task force lanciata dal Comune e contraddistinta 
    dallo slogan «Un gesto di civiltà per migliorare la città». Può suonare come 
    una frase soft, ma il giro di vite è dietro l’angolo. 
    A farlo capire è la nuova denominazione, con la trasformazione da 
    osservatori in guardie, corredata dall’ampliamento delle funzioni 
    sanzionatorie approvato dalla giunta Dipiazza. Tolleranza zero per i padroni 
    che non rimuovono dal marciapiede le deiezioni dei loro cani, ad esempio, ma 
    anche per gli automobilisti che parcheggiano in divieto davanti ai 
    cassonetti impedendo la rimozione della spazzatura. Senza dimenticare chi 
    getta rifiuti sul suolo pubblico o nelle caditoie stradali. 
    Un provvedimento portato all’attenzione dei colleghi dall’assessore Paolo 
    Rovis, con delega al controllo delle attività esternalizzate, che di fatto 
    dichiara guerra alla maleducazione. Il tutto abbinato a una campagna di 
    sensibilizzazione, attraverso la distribuzione di un depliant che contiene 
    le regole del gioco. Quelle del senso civico. «Fra poco arriveranno le 
    divise, spero che quella scritta Guardie ambientali - dice Rovis - abbia una 
    funzione deterrente, ma è chiaro che per in alcuni casi sarà più efficace 
    l’appostamento in borghese». Appostamenti anche su segnalazione degli stessi 
    cittadini. La signora porta il cane ogni mattina in quella strada a fare i 
    bisogni, ma non usa la paletta? L’esercizio pubblico scarica rifiuti sciolti 
    o liquidi nei cassonetti, senza averli preventivamente raccolti e chiusi in 
    un sacco? Forse non lo faranno più dopo una telefonatina alle Guardie 
    ambientali (040.6758443 e fax 040.6758577, e-mail urpôcomune.trieste.it). 
    Ma il servizio di controllo comunale, rispetto ai poteri già attribuiti, 
    avrà anche l’incarico di verificare la pulizia che l’AcegasAps attuerà nelle 
    aree verdi, nonché controllare come i cittadini a cominciare dai locali 
    pubblici effettuano il deposito dei rifiuti. Non sempre i 1500 contenitori 
    per la raccolta differenziata (carta, plastica, vetro, indumenti, pile 
    esauste), infatti, sono usati correttamente. Ma soprattutto troppo spesso 
    gli imballaggi di cartone delle attività commerciali, nonostante sia attiva 
    una raccolta specifica, sono depositate nei cassonetti. 
    Violazioni del regolamento che, fra gennaio e agosto di quest’anno, hanno 
    visto gli osservatori ambientali staccare 56 sanzioni (multa di 200 euro per 
    la lordatura delle strade); cogliendo sul fatto 8 padroni di cani 
    disattenti, 20 automobilisti in divieto e 28 persone che non rispettavano il 
    regolamento sulla nettezza urbana. Ma con l’avvento delle Guardie ambientali 
    i numeri sono destinati a lievitare. 
    
    Pietro Comelli  | 
  
 
 
  
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    Confermato: a Trieste 
    l’agenzia Unesco per l’ambiente - Dell’Iped si è parlato alla Farnesina 
    nell’ambito dell’incontro tra il ministro D’Alema e il direttore Matsuura
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    È stata confermata ieri a Roma, 
    in un incontro tra il vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri 
    Massimo D’Alema e il direttore generale dell’Unesco, Koichiro Matsuura, la 
    prossima istituzione a Trieste, anche con il sostegno del ministero 
    dell'Ambiente, dell'Agenzia internazionale per la formazione ambientale (Iped).
     
    L’Agenzia avrà tra i suoi particolari settori d’intervento le esigenze dei 
    paesi in via di sviluppo. La sua costituzione è stata approvata di recente 
    nell’ambito della conferenza generale dell’Unesco. 
    Nell’ambito del nuovo organismo delle Nazioni unite dovrebbero svilupparsi 
    in modo particolare le attività di formazione per chi si occupa di problemi 
    ambientali. 
    È da oltre un anno che si parla dell’istituzione di questo nuovo organismo 
    internazionale, al quale ha promesso appoggio e collaborazione anche il 
    Centro di fisica teorica di Miramare, nell’ambito del vasto parco 
    scientifico triestino, che con questa nuova agenzia si arricchirebbe di un 
    nuovo elemento di portata internazionale. L’annuncio di ieri alla Farnesina, 
    alla presenza anche del ministro dell’Ambiente, Pecoraro Scanio, che 
    conferma precedenti impegni presi, è avvenuto nell’ambito di un ampio 
    riconoscimento da parte di Matsuura del ruolo dell’Italia in campo culturale 
    e ambientale  | 
  
 
 
  
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    Primo sì alla vetreria della 
    Sangalli I Verdi: parere ambientale risibile - La Commissione Via ha dato l’ok 
    all’impianto di San Giorgio   | 
  
  
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    TRIESTE La Commissione Via ha 
    dato il via libera al progetto vetreria della ditta Sangalli a San Giorgio 
    di Nogaro. Assenti i due professori universitari, i voti favorevoli sono 
    stati sei, due quelli contrari, degli ambientalisti Gasparo e Gemiti. L’ok 
    all’impianto scatena immediatamente la reazione dei comitati. «Studieremo le 
    carte e faremo ricorso al Tar», dice Mareno Settimo, che fu portavoce di «No 
    al cementificio». Sul piede di guerra anche Alessandro Metz. Il consigliere 
    dei Verdi parla di iter “dubbioso” e di parere “risibile”. 
    «La vicenda del cementificio – prosegue – non ha insegnato nulla sul piano 
    della trasparenza dei procedimenti né della coerenza dell’agire politico». 
    Metz ricorda le relazioni tecniche di luglio redatte dagli uffici regionali: 
    «La prima esprimeva forte perplessità sulla possibilità di esprimere parere 
    positivo, la seconda proponeva 57 prescrizioni. In agosto venivano richieste 
    ulteriori integrazioni alla società proponente pur di garantirsi una 
    pseudo-serietà nella gestione della pratica autorizzativa». Ma c’è anche 
    spazio per una denuncia, visto che la Sangalli ha preventivamente presentato 
    ricorso al Tar. 
    «Non vorremmo che questo atto – dice Metz – possa aver influenzato o 
    condizionato in forma ricattatoria gli ultimi accelerati passaggi del 
    procedimento». Il commento, infine, di Mauro Travanut (Pd): «Mi auguro che 
    le cose siano state fatte con correttezza e che siano state seguite le 
    regole. Se è così, non ci sarebbe motivo per non dare parere positivo».  
    m.b.   | 
  
 
 
  
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    «Industrie e auto, Trieste 
    inquina Capodistria»  - Ricadute ambientali del rigassificatore sul 
    Litorale: Lubiana coinvolgerà l’Italia  | 
  
  
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    Malattie polmonari croniche 
    riscontrate nei bambini che vivono a Pobeghi e a Crevatini 
    
    Uno studio dell’Agenzia per 
    l’ambiente della Slovenia rileva sforamenti dei limiti: la causa attribuita 
    allo smog portato dal vento TRIESTE L’inquinamento prodotto dalle industrie 
    triestine, e tra queste anche la Ferriera di Servola, arriva fino a 
    Capodistria. E le conseguenze non sono trascurabili. L’Agenzia della 
    Repubblica di Slovenia per l’ambiente ha riscontrato infatti un preoccupante 
    accrescimento delle melattie respiratorie soprattutto nei bambini. Ma sotto 
    accusa sono anche le altre industrie triestine e il traffico del capoluogo 
    giuliano. Il fenomeno diventa particolarmente accentuato quando il vento 
    soffia da Trieste in direzione Capodistria portando con sè l’inquinamento. 
    La ricercatrice dell’Agenzia per l’ambiente della Slovenia, che ha lavorato 
    su mandato del Comune di Capodistria, ha rilevato che il fattore più 
    proccupante è costituito dall’ozono e dalle polveri sottili. Nel 2006 i 
    livelli rilevati dalla centralina collocata a Markovec hanno superato per 
    ben 38 volte i limiti consentiti. La concentrazione di ozono lo scorso anno 
    è stata di 79 milligrammi il metro cubo quando il limite si ferma a 40. Per 
    quanto riguarda le polveri sottili il limite di 50 milligrammi il metrocubo 
    è stato superato per ben 48 volte, quando la normativa europea tollera solo 
    35 sforamenti. La centralina collocata il 26 aprile a Laurana ha rilevato 
    più di uno sforamento dei 120 microgrammi il metro cubo in otto ore e, una 
    volta, anche i 180 microgrammi il metro cubo in un’ora. 
    L’aria di Capodistria è inquinata anche dalla diossina derivante dallo zolfo 
    e da quella dell’azoto, dal monossido di carbonio e dal benzene e da altri 
    benzoderivati. Le misurazioni, secondo gli esperti, hanno dimostrato che 
    l’inquinamento è dovuto dall’aria che giunge da Trieste, dalle sue industrie 
    e dal traffico urbano del capoluogo giuliano. Il dottor Ivan Erzen 
    dell’Istituto per la tutela della salute di Celje ha poi riscontrato che nel 
    31% dei bambini di Pobeghi e nel 27% di quelli abitanti a Crevatini, tra i 6 
    e gli 11 anni, (centri sul monte di Capodistria) sono state riscontrate 
    patologie respiratorie croniche. La maggior parte di essi vive sul versante 
    che dà verso Trieste mentre in quelli che vivono su quello rivolto a 
    Capodistria l’incidenza delle patologie è praticamente ininfluente. 
    L’imputato principale, dunque, resta, per lo studioso sloveno, il vento 
    carico di sostanze inquinanti che soffia da Trieste. 
    Intanto il ministro dell’Ambiente sloveno, Janez Podobnik ha comunicato al 
    Wwf del Friuli Venezia Giulia che le procedure per la valutazione degli 
    impatti sull’ambiente del terminale di rigassificazione e annessa centrale 
    termoelettrica proposti a Capodistria devono ancora cominciare e che 
    l’Italia sarà comunque consultata in merito. Podobnik ha precisato che per 
    il momento è stata presentata dalla società Tge Engeneering al ministero 
    sloveno per l’Economia soltanto una domanda volta ad ottenere il «permesso 
    energetico». Sono appena da cominciare, invece, sia la valutazione 
    ambientale strategica (Vas), sia l’eventuale successiva valutazione di 
    impatto ambientale (Via). La Slovenia, ha concluso Podobnik, non appena Tge 
    Engeneering farà pervenire la domanda per l’avvio di queste procedure, 
    coinvolgerà l’Italia, chiedendole se intende parteciparvi. 
    Il Wwf attende invece ancora la risposta dal ministero dell’Ambiente 
    italiano al quale aveva chiesto di attivarsi affinché, qualora partisse 
    l’iter delle valutazioni ambientali sul progetto di Capodistria, sia 
    consentito anche a enti locali e cittadini interessati di partecipare alle 
    procedure previste dalle direttive così come ha fatto la Slovenia quando 
    sono stati presentati i progetti per i rigassificatori a Trieste. 
     
    
    Mauro Manzin  | 
  
 
 
  
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    Ferriera: inquinamento, 
    lavoro e salute pubblica  | 
  
  
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    Rispondo sinteticamente al 
    signor Silvano Baldassi (Segnalazioni 1/11) che la Ferriera di Servola deve 
    essere chiusa perché da questo stabilimento escono veleni che, oltre che 
    generare tumori, sono in grado di produrre mutazioni genetiche. Semplice e, 
    spero, anche chiaro! I dati che portano a queste gravissime conclusioni sono 
    il risultato di analisi effettuate da personale altamente qualificato, al di 
    fuori da ogni interesse che non sia quello scientifico, e pubblicati anche 
    da «Il Piccolo». Se siamo d’accordo sull’indiscussa competenza delle persone 
    che sono pervenute a queste conclusioni (cosa che non mi risulta sia stata 
    messa finora in discussione), mi chiedo come sia possibile mettere sullo 
    stesso piano il problema della salute di decine di migliaia tra triestini e 
    muggesani e quello dell’occupazione di 500 persone (fossero anche 
    diecimila). 
    Sono certo che quello del posto di lavoro del personale della Ferriera è un 
    problema che non lascia indifferenti né le istituzioni, né i cittadini, 
    compresi coloro che chiedono la chiusura dello stabilimento. Se peraltro da 
    una parte c’è chi pensa al proprio lavoro, dall’altra c’è chi pensa alla 
    propria vita, a quella dei propri figli e nipoti, e non intende sacrificarla 
    a nessuna causa, per nobile che possa essere. In tutto il mondo si sta 
    lottando in favore dell’abolizione della pena di morte, e qui non si esita a 
    infliggere questa pena a decine di migliaia di triestini. L’informazione, 
    anche qui, gioca un ruolo determinante. Nel nostro paese, purtroppo, chi sa 
    tace e chi non sa parla. 
    Chi esprime preoccupazione per i posti di lavoro a causa dell’interruzione 
    delle trattative tra la Lucchini e la società Arvedi, capace quest’ultima, a 
    sentire loro, di assicurare il risanamento dello stabilimento di Servola, o 
    è male informato oppure è in malafede. È sufficiente, infatti, collegarsi a 
    Internet per scoprire quali grossi problemi ambientali debba affrontare oggi 
    la società Arvedi a causa dell’inquinamento prodotto dalla sua acciaieria di 
    Spinadesco, dove l’intera popolazione sta organizzando manifestazioni di 
    protesta fin dall’inizio dell’anno. 
    C’è sempre chi ha la memoria corta quando c’è da ricordare ciò che più volte 
    è stato ribadito da esperti del ramo, e cioè che gli attuali impianti della 
    Ferriera sono vetusti a tal punto che non possono essere risanati. Ora, 
    anche nel caso in cui l’Arvedi fosse un esempio di società che opera nel 
    rispetto dell’ambiente, quando dovesse subentrare all’attuale proprietà, non 
    potrebbe fare niente di diverso da quello che sta facendo la Lucchini. 
    Ricordo a chi per scarsa informazione, o per studiato calcolo, difende a 
    oltranza questi posti di lavoro, ipotizzando soluzioni irrealizzabili, che 
    presto o tardi dovrà fare i conti con la propria coscienza per quanti a 
    Servola, Valmaura, Chiarbola, Muggia e dintorni sono morti e moriranno in 
    seguito a decisioni che nulla hanno a che fare con l’interesse dei 
    cittadini, e con il futuro di Trieste. 
    Argeo Stagni  | 
  
 
 
 
IL MESSAGGERO VENETO - 
MERCOLEDI', 21 novembre 2007
 
 
  
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    Trasporti, 
    1.100 treni fra Fvg e Romania  - Presentato il progetto Iris: su 
    rotaia, tra il 2007 e il 2010, oltre 500 mila tonnellate di merci  | 
  
  
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    UDINE. Trasferire il 
    trasporto di oltre 500 mila tonnellate di merci dirette verso i paesi 
    balcanici, da gomma a rotaia, attraverso la messa in opera di 1.100 treni 
    che copriranno la tratta Cervignano - Arad (Romania). Questo è soltanto uno 
    degli obiettivi che ruotano attorno al nuovo servizio ferroviario 
    intermodale tra l’Interporto della Bassa friulana e, appunto, la Romania. 
    Un’opera finanziata per un terzo da fondi comunitari per una cifra che si 
    aggira attorno ai 560 mila euro e che tra l’altro interessa circa 2.500 
    aziende del Nordest di cui quasi la metà friulane. 
    E’ quanto emerso nel corso del convegno dal titolo «Trasporti e 
    intermodalità: nuove opportunità per le aziende del Nordest: il progetto 
    Iris (Italian-Romanian Intermodal Solutions)»,organizzato ieri dall’Assindustria 
    udinese a Palazzo Torriani. 
    Un’intermodalità che si presenta come vera alternativa all’intasamento delle 
    infrastrutture viarie e al congestionamento del traffico. Opinione, questa, 
    rilanciata anche dal presidente degli industriali udinesi Adriano Luci che 
    ha sottolineato come questa rappresenti «il punto nevralgico nel sistema 
    della logistica», ammettendo però anche come «la differenza tra realtà ed 
    effettive esigenze sia molto accentuata se i nostri operatori per fare 
    intermodalità debbono servirsi di Villacco nella direttrice verso il Nord 
    Europa o di Lubiana verso l’area balcanica». 
    Quindi il pieno apprezzamento al progetto in fase di realizzazione: «Si 
    tratta di un’iniziativa che segna un inversione di tendenza e si inserisce 
    in modo concreto nella costruzione di quella piattaforma logistica che 
    dovrebbe costituire un indubbio fattore di competitività». 
    Obiettivo principale, come si diceva, è «lo spostamento delle merci da gomma 
    a rotaia per mezzo di treni blocco in grado di compiere il tragitto in 3 
    giorni» ha spiegato Stefano Ghilardi, amministratore delegato di Pool Rail, 
    la società di Udine capofila del progetto. Progetto da realizzarsi, stando 
    agli auspici dei referenti, nel corso del triennio dal 2007 al 2010 tramite 
    l’utilizzo di alcune tra le maggiori direttrici viarie europee, tra cui il 
    Corridoio V la cui sorte attende ancora il definitivo disco verde degli 
    addetti ai lavori. Scontata quindi la richiesta di lumi in materia di 
    viabilità all’assessore regionale alla viabilità e ai trasporti Lodovico 
    Sonego, che se da un lato ha affermato che «di lavoro da fare ne abbiamo 
    ancora parecchio», dall’altro ha espresso un verdetto positivo per il 
    progetto, aggiungendo però che «per metterlo in pratica ciò le ferrovie 
    devono diventare più competitive, tanto a livello di prezzi quanto di 
    affidabilità». 
    Marina Torrisi  | 
  
 
 
  
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    Pecol contro 
    le Province: ritardi sui rifiuti  - L’assessore: «Soltanto una minima 
    parte degli impianti di smaltimento è stata realizzata»  | 
  
  
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    TRIESTE. Allarme rifiuti 
    in Friuli Venezia Giulia. Troppi gli impianti di smaltimento non 
    funzionanti, ancora da realizzare o bloccati: lo denuncia il consigliere 
    regionale Adriano Ritossa (An) in un’interrogazione. Ma la Regione 
    chiarisce: le Province non applicano i programmi attuativi previsti nel 
    Piano regionale di gestione. E afferma: «Tale situazione impiantistica 
    garantisce limitati margini di manovra in caso di blocco di uno o più 
    impianti esistenti e funzionanti». Puntando anche il dito contro la 
    provincia di Udine. E contro la Provincia di Udine, in particolare, era 
    intervenuto alcuni mesi fa anche il vicepresidente della Giunta regionale e 
    assessore all’ambiente Gianfranco Moretton, che ne aveva denunciato notevoli 
    ritardi. 
    Il piano regionale di gestione dei rifiuti (sezione rifiuti urbani) ha 
    individuato sul territorio regionale il numero e la tipologia degli impianti 
    tecnologici, esistenti o da realizzare, in grado di soddisfare le esigenze 
    di trattamento e smaltimento dei rifiuti urbani prodotti da ogni singolo 
    bacino di utenza. Previsioni che sono state recepite dalle Province nei 
    propri programmi attuativi.  
    Province che - per legge - hanno competenze primaria sull’osservanza delle 
    norme sulla gestione dei rifiuti e sul controllo del rispetto delle 
    prescrizioni previsti negli atti autorizzativi. 
    Per questo - ha detto ieri l’assessore regionale al Personale, Gianni Pecol 
    Cominotto, che in Consiglio regionale ha risposto alle interrogazioni - la 
    Regione ha diffidato le province di Udine, Gorizia e Trieste per la mancata 
    adozione dei Progranni attuativi relativi ai rifiuti speciali e agli 
    imballaggi per lo smaltimento dei rifiuti urbani.  
    «Solo una minima parte degli impianti per lo smaltimento dei rifiuti urbani 
    - ha spiegato Pecol Cominotto - sono stati realizzati dalla Province».  
    La Regione, ha detto l’assessore, ha sollecitato più volte gli enti 
    intermedi all’applicazione dei programmi attuativi. «Si ritiene - ha 
    evidenziato l’assessore - che la situazione di criticità in cui si sta 
    dibattendo la Regione non avrebbe assunto gli attuali livelli se le 
    province, specialmente quella di Udine, avessero garantito, anche in qualità 
    di organi di controllo, il pieno rispetto delle previsioni programmatorie 
    contenute nei rispettivi programmi attuativi». 
    Degli impianti previsti dal Piano regionale, ha spiegato Pecol Cominotto, «nonchè 
    dai Programmi attuativi provinciali, solo una minima parte è stata 
    realizzata, ovvero gestiti e funzionanti in accordo alle previsioni del 
    Piano stesso». L’assessore ha affermato che «tale situazione impiantistica 
    garantisce limitati margini di manovra in caso di blocco di uno o più 
    impianti esistenti e funzionanti». 
    Il piano sarà comunque modificato in breve, con una revisione generale al 
    fine di adeguarlo alla nuova normativa vigente, sia nazionale che regionale. 
    Inoltre, si prevede di ottimizzare il panorama impiantistico esistente alle 
    indicazioni programmatorie «che potranno scaturire - ha detto l’assessore - 
    da una attenta analisi economica ed industriale redatta in comune accordo 
    tra Regione, Province e Comuni».  
    
    (s.s.)  | 
  
 
 
IL PICCOLO - 
MERCOLEDI', 21 novembre 2007
 
 
  
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    Riserva della Val Rosandra, 
    giovedì 29 l’assemblea plenaria  - Proseguono a San Dorligo gli 
    incontri per l’ applicazione di Agenda 21   | 
  
  
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    SAN DORLIGO Giovedì 29 novembre 
    alle 19.30 al teatro Prešeren di Bagnoli 2007 si terrà la riunione plenaria 
    del processo di Agenda 21 per la gestione della Riserva della Val Rosandra. 
    L’incontro chiude la fase di riunioni svoltesi nelle scorse settimane e che 
    hanno coinvolto cittadini, associazioni, Comunelle, e tutti i «portatori di 
    interessi». 
    Nella riunione del 29 novembre verrà riassunto tutto ciò che è stato fatto 
    fino ad oggi e verranno spiegati i passi successivi, ovvero il forum, che 
    avrà poi il compito di collaborare, assieme al tavolo tecnico scientifico, 
    alla stesura del piano di conservazione e sviluppo. 
    Nelle singole riunioni è stato presentato il percorso e si sono individuati 
    i cittadini che svolgeranno la funzione di portavoce di ogni frazione. Il 7 
    novembre, inoltre, si è svolto il secondo incontro con le Comunelle, durante 
    il quale si è discusso, in presenza di alcuni rappresentanti della Regione, 
    delle azioni da svolgere e delle effettive opportunità che la presenza di 
    una riserva naturale, se gestita in modo corretto, può apportare al 
    territorio. 
    Adesso si tratta di vedere gli sviluppi di questo processo che, come lo 
    definisce l’assessore comunale di San Dorligo, Laura Stravisi, «è un 
    processo “irreversibile” che difficilmente rimane nei confini della Riserva, 
    nel senso che, una volta dato inizio a un percorso di partecipazione, è 
    naturale che da parte dei cittadini vengano portate alla luce svariate 
    esigenze, che non possono limitarsi a un solo argomento scelto a priori». 
    L’incontro di giovedì intende dunque entrare più nel merito dei progetti, 
    scegliendo il percorso migliore per il prossimo futuro e cercando di 
    coinvolgere il più possibile i cittadini. 
    s.re.  | 
  
 
 
  
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    Rockwool bocciata dalla 
    Regione Istria  | 
  
  
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    POLA Dopo gli ambientalisti e i 
    consigli comunali di Pedena e Chersano, anche la Giunta regionale è scesa in 
    campo contro la contestata fabbrica di lana di roccia della danese Rockwool, 
    costruita a Pedena con un investimento pari a 75 milioni di euro. La 
    struttura, aperta a regime di collaudo due mesi fa è al centro di dure 
    accuse e critiche causa l'inquinamento chiaramente percepibile anche senza 
    gli strumenti. Ieri la Giunta regionale nel corso di una riunione telefonica 
    ha chiesto la sua chiusura fino a che non verranno rispettate le norme 
    ecologiche sia dello stato croato che dell'Unione europea. Inoltre al 
    ministero dell'Ambiente si chiede di procedere alla revisione dello studio 
    d'impatto ambientale della Rockwool. Evidentemente c'è il sospetto che il 
    documento sia stato manipolato. Al ministero dell' Economia invece si chiede 
    di quantificare gli investimenti complessivi nella fabbrica compresi quelli 
    per le infrastrutture. 
    p.r.  | 
  
 
 
  
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    «Grandi opere: il Wwf fa 
    proposte costruttive» - Replica alle critiche di un lettore che accusava gli 
    ambientalisti di opposizioni preconcette   | 
  
  
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    Sulle «Segnalazioni» del 12 
    novembre, il signor Luciano Emili 
    (leggi) accusa «associazioni 
    ambientaliste e comitati vari (ma nomina solo il Wwf) di opporsi a qualsiasi 
    opera, improvvisandosi progettisti e tecnici. Dobbiamo in realtà 
    ringraziarlo, perché la sua lettera ci permette di puntualizzare alcune 
    informazioni, spesso ignote a una parte dell’opinione pubblica. 
    Innanzitutto, il Wwf si è sempre avvalso – nelle proprie azioni – di 
    competenze tecniche e scientifiche, spesso ben superiori a quelle delle 
    «controparti». Prova ne sia che è assai difficile smentire i nostri 
    argomenti, mentre spesso quelli a sostegno dei progetti da noi avversati si 
    rivelano carenti o infondati. 
    Emili attacca il Wwf a proposito del sincrotrone di Basovizza. Dimentica di 
    dire però, forse perché non lo sa, che non ci siamo mai opposti alla 
    costruzione della «macchina di luce», bensì abbiamo contestato la scelta del 
    sito (in quanto di elevato pregio ambientale), proponendone anche di 
    alternativi in aree di scarso pregio. Nessuno smentì tecnicamente la 
    validità delle alternative da noi proposte. Avevamo anche paventato 
    edificazioni nelle aree circostanti, moltiplicando la distruzione del 
    territorio carsico. Il che si sta puntualmente verificando, con il piano 
    particolareggiato dell’Area science park per la costruzione a Basovizza di 
    svariate decine di migliaia di metri cubi (per edifici che con il 
    sincrotrone non c’entrano nulla) e con il recente accordo di programma, 
    mediante il quale nei pressi si vorrebbe costruire anche la nuova sede della 
    Scuola internazionale di Trieste. 
    Analogo discorso vale per altri esempi citati da Emili come l’ampliamento 
    del campo di golf di Padriciano e l’intervento di Muja Turistica, i 
    rigassificatori, la baia di Sistiana ecc. Abbiamo sempre prodotto, a 
    sostegno delle nostre critiche e opposizioni, ampia documentazione tecnica e 
    fiori di pareri scientifici (ricordo ad esempio quelli del professor Poldini 
    in merito alla baia di Sistiana), che nessuno è stato capace di smontare e 
    che chiunque può consultare nel sito www.wwf.it/friuliveneziagiulia, oppure 
    visionare rivolgendosi alla nostra sede di Trieste, in via Rittmeyer 6 
    (e-mail: wwfts@libero.it). L’attacco virulento di Emili sul Corridoio 5 
    merita qualche parola in più. Perché citare i trafori del Lötschberg e del 
    Gottardo a sostegno del progetto di Rfi per la tripla galleria sotto il 
    Carso, fa un po’ sorridere: una cosa è scavare nel granito, altro è bucare 
    il sottosuolo carsico. 
    Non noi, ma la Commissione Via del ministero dell’ambiente (e il ministero 
    dei beni culturali) hanno bocciato il progetto di Rfi, stante la mancanza di 
    conoscenze sull’idrologia sotterranea e la concreta probabilità di 
    distruggere uno straordinario patrimonio geo-speleologico, senza neppure la 
    certezza di poter effettivamente realizzare l’opera, per l’enorme incertezza 
    sulla fattibilità – e sui costi – di un’opera del genere. Non mi dilungo 
    sulle tante altre considerazioni possibili, non certo irrilevanti, come 
    quelle sui costi astronomici della Tav (Rfi non sa spiegare come mai in 
    Italia un km di linea ad alta velocità costi 4 volte di più rispetto a 
    Francia o Spagna), o sull’effettiva necessità di costruire linee per treni 
    passeggeri da 300 km/h, quando la priorità dichiarata è quella di aumentare 
    il traffico merci su rotaia rispetto alla gomma, mentre le linee attuali 
    sono utilizzate per meno della metà della capacità massima. 
    Sinceramente, analizzando con scrupolo (come noi, a differenza di altri, 
    facciamo sempre) progetti e studi presentati a supporto della Tav, dei 
    rigassificatori, ecc., abbiamo trovato abbondanti esempi di pressappochismo 
    e arroganza, ma nessuna traccia dell’«ingegno di professionisti capaci e 
    motivati», nel quale tanto confida il signor Emili. Ancor meno ne abbiamo 
    trovate nei discorsi dei politici e dei lobbysti che propugnano tali opere. 
    In fondo è soprattutto una questione di cultura: c’è chi si affida al metodo 
    dell’analisi critica, e chi invece preferisce fare atto di fede nella 
    saggezza dei tecnici-sapienti (e dei loro committenti), cioè nel principio 
    di autorità. Probabilmente perché così evita la fatica di pensare con la 
    propria testa. 
    Dario Predonzan - responsabile settore territorio WWF Friuli Venezia 
    Giulia  | 
  
 
 
IL PICCOLO - 
MARTEDI', 20 novembre 2007 
 
 
  
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    Ferriera, entro 15 giorni il 
    sì della Regione. Domani corteo di protesta  | 
  
  
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    Non ancora 
    fissata la data precisa per il via libera definitivo all’Autorizzazione 
    integrata ambientale. Assemblea pubblica a Chiarbola  
    
    È atteso entro i prossimi 15 
    giorni, anche se non risulta ancora ufficialmente calendarizzato, il 
    pronunciamento della Giunta regionale sull’ok ambientale alla Ferriera di 
    Servola. Spetta infatti all’esecutivo guidato da Illy - con il provvedimento 
    finale a cura di Pierpaolo Gubertini, responsabile del settore tutela 
    dall’inquinamento della Direzione regionale ambiente - deliberare o meno 
    l’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) successiva alla 
    pre-autorizzazione sancita giovedì da un verbale firmato da Regione, 
    Provincia, Arpa, Azienda sanitaria ma non dal Comune di Trieste. 
    Il provvedimento prevede la prosecuzione delle attività dello stabilimento 
    per altri sei anni con prescrizioni antinquinamento più rigide rispetto al 
    piano presentato dalla Lucchini. «La Giunta si pronuncerà presumibilmente 
    questa settimana, al massimo la prossima», ha confermato in serata 
    l’assessore regionale al lavoro Roberto Cosolini. 
    Ieri, intanto, oltre settecento persone - informa un comunicato - hanno 
    partecipato all’assemblea pubblica organizzata al Palasport di Chiarbola dal 
    Circolo Miani, dal comitato Servola respira, dal comitato La tua Muggia e 
    dal coordinamento dei Comitati di quartiere. La manifestazione è stata 
    promossa, spiega Ferrucco Diminich per il Circolo Miani, «per protestare 
    contro la volontà della Regione e della Provincia di concedere l’Aia alla 
    Ferriera, nonostante il permanere e l’aggravarsi del devastante inquinamento 
    emesso dallo stabilimento». 
    Nel corso dell’assemblea è stato deciso, spiega ancora Diminich, «di avviare 
    una ricerca epidemiologica dal basso, curata da alcuni medici volontari, 
    nella popolazione che abita le aree di Muggia e Trieste dove vivono 60mila 
    persone, in modo da verificare i dani alla salute acusati dalle sostanze 
    tossiche che escono dalla Ferreira». Alla fine l’assemblea ha deciso di 
    organizzare per domani, alle 17.30, con partenza da sotto il municipio in 
    piazza dell’Unità, un corteo che, passando per piazza della Borsa, Corso 
    Italia, piazza Goldoni e via Carducci, si concluderà in piazza Oberdan 
    davanti alla Regione. A quell’ora sarà in corso una seduta del Consiglio 
    regionale.  | 
  
 
 
  
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    Aperto il cantiere Tamoil a 
    Barcola  | 
  
  
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    Il cantiere adesso è realtà. 
    Ieri a Barcola è stata recintata l’ampia area all’intero della quale, 
    nell’arco dei prossimi sei mesi, dovrebbe sorgere il distributore di 
    carburanti della Tamoil spa. I primi curiosi hanno già cominciato a 
    sbirciare oltre i divisori, ma c’è ancora poco da vedere. I lavori veri e 
    propri cominceranno nei prossimi giorni. Per l’intanto è possibile farsi una 
    precisa idea della dimensione della nuova struttura di viale Miramare 233. 
    La concessione riguarda un’area di 869 metri quadrati, stabilita il 23 
    dicembre 2005, decisamente vasta. In precedenza, in quel giardinetto 
    operavano quattro impianti, ma la trasformazione della categoria di «area 
    verde pubblico attrezzato di interesse collettivo» in «area per servizi 
    stradali» ha permesso l’avvio del progetto della Tamoil spa. Il nuovo 
    impianto rispecchierà la fisionomia delle più recenti stazioni di servizio 
    sorte in città: si tratta di strutture grandi, polivalenti, destinate ad 
    accogliere contemporaneamente decine di automobili.   | 
  
 
 
  
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    Ambientalisti a difesa 
    dell’Adriatico  - Il Coordinamento dei Verdi chiede alla Regione 
    istriana la chiusura della Rockwool  | 
  
  
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    POLA Il Coordinamento del Foro 
    verde dell'Alpe Adria riunito a Pola ha richiamato l'attenzione su un nuovo 
    pericolo per la situazione ecologica dell'Adriatico. E cioé sul deposito in 
    mare nel Meridione italiano di rifiuti tossici ad opera della criminalità 
    organizzata che guadagnerebbe attraverso questa operazione miliardi di euro. 
    Contro questa nuova emergenza, è stato detto, occorre un’unione di forze e 
    intenti per la salvaguardia del bacino mediterraneo. Nell’ottica della 
    tutela ecologica e' stata appoggiata l'attivazione della fascia ittico 
    ecologica del mare da parte dell’Adriatico. Il Coordinamento del Foro verde 
    associa gli ambientalisti di Italia, Slovenia, Austria e Croazia. Si è 
    parlato nell’occasione anche della questione della fabbrica di lana di 
    roccia della danese Rockwool a Pedena. A causa delle emissioni inquinanti 
    della fabbrica, ha osservato il Coordinamento, la vita della popolazione 
    locale è diventata un incubo. Responsabile del via libera all’impianto viene 
    indicato dai verdi delle due sponde il presidente della Regione Ivan Nino 
    Jakovcic.  | 
  
 
 
IL PICCOLO - 
SABATO, 17 novembre 2007 
 
 
  
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    Lucchini: per la Ferriera 
    spesi 11 milioni  - Per ottenere l’autorizzazione ambientale il gruppo 
    siderurgico sarà tenuto a rispettare una serie di obblighi 
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    Tra le 
    
    prescrizioni quella di installare una 
    nuova cappa e irrorare strade e piazzali  | 
  
  
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    Sostituire le porte dei 
    forni. Rifare le carpenterie. Installare una nuova cappa di aspirazione. 
    Irrorare a pioggia con comando automatico strade e piazzali. È il compito 
    della Ferriera per avere l’Aia.  | 
  
  
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    Benché abbia suscitato scandalo 
    il rinvio dei termini a livello nazionale per le procedure relative 
    all’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) alle aziende potenzialmente 
    inquinanti, a Trieste come s’è visto l’altro giorno i tempi si sono rappresi 
    e la Ferriera è ora in attesa che la Giunta regionale formalizzi o meno la 
    firma apposta da tutti gli enti, meno che dal Comune. Intanto in Provincia 
    scoppia la contestazione politica del centrodestra contro l’assessore Ondina 
    Barduzzi (che risponde), Rifondazione interroga l’assessore regionale, e il 
    consigliere regionale dei Verdi commenta: «Documenti dicono che c’è ben 
    altro da bonificare a Servola...». 
    Ma quali sono le prescrizioni che all’azienda sono state consegnate, come 
    accettazione e come integrazione del piano antinquinamento presentato dalla 
    Lucchini stessa ai fini dell’ottenimento dell’Aia? Monitoraggio costante dei 
    camini, monitoraggio degli ambienti interni, irrorazione a pioggia 
    telecomandata da un sistema sensibile alle condizioni atmosferiche di strade 
    e piazze, un nuovo impianto di captazione delle polveri, il rifacimento 
    della torre di spegnimento del coke, la messa a punto del sistema di 
    captazione e abbattimento dei fumi e altro. 
    La stessa Lucchini ne dà informazione aggiungendo: «Tra gli interventi già 
    previsti e i nuovi che sono stati aggiunti in sede di istruttoria Aia il 
    costo complessivo per l’azienda raggiunge quasi gli 11 milioni di euro per 
    il triennio 2006-2008». Dice la Lucchini: «Non è un traguardo ma un punto di 
    partenza che dà nuovi stimoli a proseguire sulla strada intrapresa, non 
    priva di difficoltà, per un miglioramento costante degli impianti e della 
    compatibilità ambientale». Se l’azienda non accettasse quanto deliberato 
    dalla Regione, andrebbe da sola - questo il commento dei tecnici - verso il 
    rischio di chiusura. 
    Non si è dato per soddisfatto il Comune, che ha negato il consenso, né si dà 
    per soddisfatto il verde Metz: «Dove si parla dei rifiuti? E dello 
    sversamento di oli esausti? E dei liquami in mare? E dell’impianto ecologico 
    interno che non funziona? Ci sono materiali d’avanzo che si buttano sopra il 
    fossile prima che entri in cokeria, e tutto va a bruciare... Lo posso dire - 
    prosegue Metz - perché ho i documenti, e come me li hanno i sindacati, e 
    dunque l’azienda, dubito siano ignoti agli organi preposti alla sorveglianza 
    cui tutto questo ho già notificato». Metz dice che la partita non è chiusa, 
    «né tecnicamente né politicamente» e critica le Rsu «che ricattano i 
    colleghi: se riveli, se denunci, perdiamo il posto». 
    Atmosfera non meno lieta in Provincia, dove il centrodestra con Grizon ha 
    nuovamente chiesto le dimissioni di Barduzzi, che risponde: «L’Aia è un atto 
    burocratico dovuto, se vuoi chiudere la fabbrica devi fare altri passi, 
    accanirsi contro di me è solo spostare il problema: che al posto di Barduzzi 
    venga un altro, le leggi non cambiano, piuttosto - prosegue l’assessore - 
    perché se la pigliano con me che ho la delega per la Ferriera da gennaio 
    2007, e non guardano a quanto hanno fatto loro stessi fino a oggi?». 
    Barduzzi precisa che tutta la materia tecnica uscita dalla Conferenza dei 
    servizi ricalca le prescrizioni che Marco Boscolo, l’ingegnere consulente 
    della Procura, aveva consegnato al pm Frezza all’ora del dissequestro dopo 
    il «caso diossina». Stesso consulente, dunque, per enti e magistratura. 
    «Il Pd rinnega la mozione Grizon - protesta il consigliere ex Ds Marisa 
    Skerk -, e appoggia il lavoro dell’assessore: la conferenza dei servizi ha 
    deciso di non chiudere la Ferriera, ma di prescrivere controlli e misure più 
    severe. Della salute pubblica - conclude Skerk - è però responsabile sempre 
    il sindaco, che da anni fa proclami senza decidere niente». Tra i non 
    contenti anche Igor Kocijancic (Rifondazione), che citando i dati di 
    inquinamento, anche quelli del Cigra, interroga l’assessore Moretton per 
    sapere «in base a quali garanzie fornite dalla proprietà la Giunta intende 
    autorizzare l’azienda fino al 2014» e per avere «pubblica e comprensibile 
    informazione circa i dati ambientali». 
    
    Gabriella Ziani  | 
  
 
 
  
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    Bonifica Acquario, la Regione 
    dà 500mila euro - Entro il 2009 una spiaggia pubblica con ciotoli da Porto 
    San Rocco a Punta Olmi  | 
  
  
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    Il 
    contributo servirà al Comune per integrare il piano di caratterizzazione 
    della zona. Nesladek: «È il primo passo concreto»  
    
    MUGGIA La Regione erogherà al 
    Comune di Muggia quasi 500 mila euro per l’integrazione del piano di 
    caratterizzazione del terrapieno inquinato di Acquario, sul lungomare. 
    Intanto forse già entro il 2009 sarà realizzata una spiaggia pubblica con 
    ciottoli da Porto San Rocco a Punta Olmi, ma solo dopo che quel tratto sarà 
    liberato dai vincoli del Sito inquinato nazionale. «Dopo un lungo periodo di 
    inerzia – dice il sindaco Nerio Nesladek - è il primo passo concreto verso 
    la soluzione della vicenda».  
    Un primo piano di caratterizzazione del terrapieno, con decine di prelievi e 
    carotaggi, a terra e a mare, era stato fatto già nel 2004 dalla stessa 
    società Acquario assieme a Porto San Rocco. E aveva portato anche alla 
    conferenza dei servizi tra enti, che però non aveva condotto ad una bonifica 
    del terrapieno, essendo in corso un processo in tribunale. Grazie a questo 
    finanziamento regionale, approvato ieri dalla giunta regionale, in base al 
    Dpr 132 di quest’anno, il Comune potrà dunque continuare il percorso, con 
    nuovi prelievi e carotaggi, e disporre una iniziale messa in sicurezza di 
    emergenza. «Lo abbiamo richiesto – così Nesladek - per poter integrare il 
    piano di caratterizzazione già esistente, che risale a tre anni fa. 
    Riteniamo che le cose possano essere cambiate da allora e che forse c’è 
    stata una attenuazione dell’inquinamento grazie a fenomeni naturali.  
    Con le nuove analisi avremo un quadro migliore della distribuzione di 
    eventuali inquinanti, e la bonifica potrebbe essere più ridotta di quanto 
    previsto all’inizio». Il sindaco precisa: «Il Comune si avvale di strumenti 
    legislativi messi a disposizione dalla Regione, e si è fatto parte diligente 
    e proattiva per rispondere ai residenti e porre fine all’inquinamento, 
    recuperando quell’area. Restano ferme le responsabilità di chi ha inquinato 
    e di chi lo ha permesso, i quali alla fine pagheranno». Per il piano di 
    caratterizzazione, il sindaco auspica di continuare la collaborazione con 
    gli esperti del Cigra dell’Università di Trieste. Per la fase successiva di 
    bonifica, si continua a pensare a metodi di fitodepurazione (con piante che 
    assorbono gli inquinanti) o altri sistemi più «tradizionali», a seconda 
    della gravità dell’inquinamento. 
    Ma il terrapieno non è l’unica area inquinata sul litorale muggesano. La 
    planimetria della parte a mare del Sito inquinato di interesse nazionale (il 
    Sin), infatti, comprende anche il tratto di costa che da dopo Porto San 
    Rocco va fino a Punta Olmi. E per quell’area il Comune ha in mente di 
    realizzare un ripascimento dell’arenile (in base ad un progetto donato 
    dall’Università), in modo da creare, con il versamento di ciottoli, un 
    spiaggia pubblica. «L’inserimento di quel tratto nel Sin, gesto che 
    definisco un po’ arbitrario, blocca ogni intervento – dice Nesladek -. È in 
    corso la trattativa per arrivare all’accordo di programma tra enti per 
    bonificare il Sin, ed ho ottenuto la promessa che la caratterizzazione e 
    l’eventuale bonifica degli arenili ad uso pubblico (come il nostro) siano 
    considerate prioritarie nel cronoprogramma generale. In questo modo posso 
    pensare che entro un anno e mezzo, al massimo, l’area sarà libera dai 
    vincoli del Sin, e poi nei successivi sei o sette mesi si potrà realizzare 
    la spiaggia. Non un nuovo terrapieno, per intenderci, ma un allargamento 
    della spiaggia con ciottoli, ad un costo sostenibile, e ad uso della 
    collettività».  
    Sergio Rebelli   | 
  
 
 
  
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    Vertice sul tracciato della 
    Tav: rimangono due alternative   | 
  
  
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    TRIESTE Continua l’accelerazione 
    delle consultazioni tra la Regione e gli enti territoriali per definire il 
    percorso della Tav nel territorio della Bassa Friulana. Dopo gli ultimi 
    incontri le ipotesi di progetto in campo sono rimaste soltanto due. È 
    ipotizzabile dunque che entro la fine dell’anno si giunga a una soluzione 
    che metta d’accordo le esigenze progettuali, della direttrice verso Est 
    della linea ferroviaria, con i problemi sollevati dalle amministrazioni 
    locali. 
    «Le 15 alternative a suo tempo individuate dal Comitato dei Tecnici per la 
    realizzazione della ferrovia Av/Ac nel Cervignanese - spiega l’assessore 
    Lodovico Sonego - si sono ridotte a due dopo un lungo e proficuo lavoro, 
    tecnico e politico, che ha visto impegnati i sindaci, il presidente della 
    Provincia Marzio Strassoldo, la Regione, Rete Ferroviaria Italiana». 
    La dichiarazione arriva al termine al termine della riunione con gli enti 
    locali svoltasi ieri al municipio a Cervignano.  
    «I sindaci - secondo l’assessore - hanno pubblicamente apprezzato 
    riconoscendo che si stanno affrontando i problemi della nuova ferrovia che 
    attraverserà la Bassa Friulana sulla base di un confronto aperto e di un 
    dialogo utile. 
    Per il 10 e il 17 di dicembre sono previsti due ulteriori incontri che 
    serviranno a scegliere, fra le due alternative di tracciato residue, quale 
    sarà la soluzione definitiva e condivisa. Gli incontri saranno impiegati 
    anche per iniziare a trattare il tema della minimizzazione dell'impatto 
    ambientale e paesaggistico.  
    «La Regione - ha dichiarato l’assessore ai Trasporti e alle infrastrutture 
    Lodovico Sonego - intende agire con grande rigore e senza sconti perché non 
    desidera consentire schifezze come quelle della Torino-Novara».  | 
  
 
 
  
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    ISTRIA - Caso Rockwool: il 
    Consiglio comunale vuole fermare gli impianti di Pedena  | 
  
  
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    La città di 
    Albona contro l’inquinamento prodotto dalla fabbrica. Problemi respiratori 
    per gli abitanti 
    Inquinamento sul quale hanno più volte richiamato l'attenzione gli 
    ambientalisti e gli abitanti della zona. Questa volta però, come detto, è 
    sceso decisamente in campo anche il Consiglio comunale che ha invitato la 
    Rockwool a interrompere la produzione fino a che non sarà elaborato un nuovo 
    studio d'impatto ambientale. 
    La relativa conclusione è stata votata all'unanimità. La drastica richiesta 
    viene motivata con il degrado dell'ambiente da due mesi a questa parte, cioè 
    da quando è iniziata la produzione a regime di collaudo. 
    Non servono gli strumenti per accertare l'alto tasso di inquinamento, è 
    stato detto, sono sufficienti gli organi sensoriali dell'uomo. 
    Come emerso durante il dibattito, oltre all'intenso fumo che esce dalla 
    ciminiera, la gente dell'area si lamenta dei forti odori e delle irritazioni 
    all'apparato respiratorio che a lungo andare potrebbero causare danni 
    irreparabili alla salute. 
    Il presidente del Consiglio comunale Livio Svic ha dichiarato che il potere 
    locale non ha la competenze per chiudere la fabbrica però il suo parere è 
    vincolante sul rilascio del permesso di agibilità e di altre licenze di cui 
    la Rockwool avrà bisogno. 
    Ha lanciato quindi un chiaro messaggio-ricatto alla direzione della 
    fabbrica. Come dire: o vi decidete una buona volta a rispettare alla lettera 
    gli standard ecologici previsti dalla legge oppure vi faremo chiudere 
    baracca. 
    Da notare che anche l'ex sindaco Branko Ruzic si è schierato dalla parte dei 
    contestatori dopo aver perso la poltrona in seguito alle forti critiche per 
    aver agevolato lo sbarco della Rockwool a Pedena. 
    La conclusione del Consiglio comunale è stata inviata al ministero per la 
    Tutela dell'ambiente e ad altri fori competenti.  
    p. r.   | 
  
 
 
  
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    Abitare a Servola  | 
  
  
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    Vorrei rispondere alla lettera 
    del signor Valerio Staccioli di giovedì 1 novembre, riguardo al corteo della 
    Ferriera. Ho partecipato anch’io alla manifestazione e quando l’operaio 
    della fabbrica ha preso la parola, cominciando a parlare del loro futuro, lo 
    abbiamo applaudito perché anche noi condividevamo il loro disagio. Se i 
    politici non tutelano la salute (compresa la loro), figuriamoci il lavoro! 
    Ma ad un certo punto ha cominciato a dire che noi di Servola le case le 
    abbiamo pagate poco. Ed è qui che è scoppiata la nostra amarezza. Mi chiedo 
    chi regali qualcosa. Chi possedeva le vecchie case le ha ristrutturate (e 
    malta e mattoni costano per tutti uguale). Chi come me ha comperato la casa 
    in zona la sta ancora pagando con il mutuo e, l’assicuro, non è poco. I 
    prezzi della zona di Servola e delle zone limitrofe sono allineati al 
    mercato di qualsiasi altro rione di periferia. In più le nostre care 
    istituzioni si sono ben guardate dal dirci che la zona non era solo 
    imbrattata (un po’ di polvere non ci spaventa), ma altamente inquinata 
    (ricordo che nel 1995 nei corsi di formazione per i neoassunti in Ferriera, 
    insegnavano ai lavoratori che il fumo che fuoriusciva dallo stabilimento era 
    solo vapore acqueo). Quasi un aerosol. Stiamo vivendo un’altra Marghera e 
    come sempre i pochi ricchi e le amministrazioni non pagheranno, ma ci 
    penseranno tutti i poveri a pagare le conseguenze con la propria vita. 
    Maura Sergon  | 
  
 
 
 
IL PICCOLO - 
VENERDI', 16 novembre 2007 
 
 
  
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    Via libera all’ok ambientale 
    alla Ferriera per 6 anni con più controlli. Il Comune è contrario  | 
  
  
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    La 
    pre-autorizzazione con il sì di Regione, Provincia, Arpa e Azienda 
    sanitaria. Bucci abbandona l’aula 
    Sette ore di conclave senza pranzo né merenda e 
    alla fine la Ferriera di Servola ottiene una pre-Autorizzazione integrata 
    ambientale (Aia) con un verbale firmato da Regione, Provincia, Arpa, Azienda 
    sanitaria. Non dal Comune di Trieste. La ottiene per un tempo più lungo 
    dell’ordinario, cioé per sei anni. Con prescrizioni, cioé l’ordine di 
    ulteriori aggiustamenti antinquinamento rispetto al piano presentato dalla 
    Lucchini (che però non sono noti).  
    È tutto top secret quanto avvenuto ieri alla Direzione regionale ambiente, 
    tranne un fatto non certo di poca rilevanza: il Comune ha confermato il suo 
    parere negativo, al momento della firma l’assessore Maurizio Bucci è uscito 
    dalla sala, e dunque come prevede la legge ora l’autorizzazione vera e 
    propria verrà concessa o meno (sulla base di questi ampi atti d’istruttoria) 
    direttamente dalla Giunta regionale, e il provvedimento finale sarà a cura 
    di Pierpaolo Gubertini, responsabile del settore tutela dall’inquinamento 
    della Direzione regionale ambiente, il quale lo conformerà a quanto 
    deliberato in sede di Giunta. Indicativamente, è stato detto, ci vorranno 
    alcune settimane per le decisioni dell’esecutivo, e altrettanto per la 
    redazione della carta ufficiale. 
    La Conferenza dei servizi si è aperta alle 9.30 del mattino. Si è conclusa 
    alle 16.30. Dirigenti regionali (assente l’assessore Gianfranco Moretton), 
    Arpa, Azienda sanitaria, Provincia, sono scesi quasi tutti per ingurgitare 
    in fretta due calorie e un caffè. Perché immediatamente dopo si sono 
    riseduti allo stesso tavolo fino a sera: quello «di crisi», per commentare i 
    lavori del mattino. I sindacati si sono seccati: «Megariunioni continue, ma 
    carenti di informazione». Né hanno saputo che cosa la Lucchini dovrà fare o 
    non fare per inquinare meno. Luca Visentini (Uil) ha preteso dati 
    sull’ambiente certi e comprensibili, «altrimenti questo tavolo a che cosa 
    serve?». Franco Belci (Cgil): «Finché non abbiamo i dati sulle analisi 
    dell’aria, e nessuno ancora ci ha consegnato un solo documento, a quel 
    tavolo non sediamo più». 
    I giornalisti sono stati esclusi. In tutti i casi si è saputo che la Regione 
    ha chiarito come spetti ora alla Giunta l’ultima parola, che ad 
    autorizzazione concessa vi sarà un monitoraggio delle emissioni della 
    Ferriera ancora più severo e con possibilità di revoca dell’Aia. E’ 
    intervenuto anche l’assessore Bussani di Muggia, esigendo che il suo Comune 
    sia coinvolto, poiché l’aria della Ferriera si convoglia sulla cittadina 
    dove non per niente c’è una centralina apposita. Spesso con polveri oltre i 
    limiti. Il direttore regionale Ambiente, Roberto Della Torre, che conduceva 
    le sessioni di lavoro, si è scusato e ha promesso. Lo stesso Della Torre ha 
    anche specificato che la Regione è responsabile dell’osservanza delle leggi, 
    ma non della salute dei cittadini che è materia per Azienda sanitaria e 
    Comune. In mattinata l’assessore provinciale Ondina Barduzzi aveva 
    sottolineato che il sindaco, ancorché in totale disaccordo con l’Aia, 
    conserva sempre il potere d’azione in difesa della salute pubblica. Ma Bucci 
    ha replicato secco: «Se dovrà agire lo farà, ma contestualmente farà anche 
    causa alla Regione per omissione di atti d’ufficio».  
    Bucci afferma che il ministero dell’Ambiente è perfettamente in linea con le 
    posizioni del Municipio, e cioé contrario ad autorizzare in presenza di 
    inquinamento. E Dipiazza commenta: «Stiamo sbagliando, ma adesso ai 
    cittadini risponderà chi mette la propria firma. Aspetto le brume di 
    novembre e i nuovi dati dell’aria, poi non avrò pietà per nessuno. Qualcuno 
    ha letto che a Trieste c’è il 30 per cento in più di malattie respiratorie 
    gravi? Non vuole riflettere? Speriamo che l’Aia contenga vincoli importanti 
    per la Ferriera, ma prevedo che nei prossimi anni la risposta sarà sempre 
    quella: ’’Stiamo lavorando, stiamo modificando...’’. Oggi non si è risolto 
    alcun problema dei cittadini - chiude Dipiazza -, ma io mica posso 
    incatenarni davanti al Parlamento...». 
    Chiedere ad Arpa e Azienda sanitaria se è tutto a posto, adesso, è inutile: 
    si mettono la manina sulla bocca. «Non parlo», «non posso». Nessuno parla e 
    può dire su un argomento di cui tutti parlano, né rispondono sull’argomento 
    degli inquinanti in mare e in terra, segnalati proprio dall’Arpa. Ma si è 
    saputo tuttavia che l’Arpa stessa ha prodotto un «piano stralcio» per 
    Trieste sulla qualità dell’aria, con un’azione in sei tempi (completamento 
    in quattro mesi-un anno), che sta per partire un inventario delle emissioni 
    in aria come richiesto dalla Provincia, che probabilmente ci saranno 
    cambiamenti nel numero e nella postazione delle centraline, e che i 
    risultati saranno resi noti anche «cammin facendo».  
    
    Gabriella Ziani  | 
  
 
 
  
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    FERRIERA -  opposizione: 
    Claudio Grizon «La Barduzzi si deve dimettere»   | 
  
  
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    «Chiediamo all’assessore 
    all’Ambiente Ondina Barduzzi di dimettersi, rimettendo la propria delega al 
    presidente della Provincia Maria Teresa Bassa Poropat. Assumendo “ad 
    interim” la delega, il presidente potrà finalmente fare chiarezza definitiva 
    sulla posizione dell’ente in merito alla questione Ferriera». È questa la 
    posizione della coalizione di opposizione in seno a Palazzo Galatti, ieri 
    rappresentata in una conferenza stampa sul tema siderurgico dal capogruppo 
    azzurro Claudio Grizon, dal capogruppo Lista di Piazza Paolo De Gavardo, da 
    Marco Vascotto e Arturo Governa, rispettivamente capogruppo e consigliere di 
    Alleanza Nazionale. Per i rappresentanti della Casa delle Libertà 
    l’assessore provinciale all’ambiente non si è mai dimostrato disponibile a 
    dare informazioni e documentazione sulle problematiche relative 
    all’inquinamento dello stabilimento servolano. «Una posizione – ha osservato 
    Claudio Grizon – che oltre a aver lasciato perplessità negli stessi compagni 
    nella coalizione di maggioranza, è stata pubblicamente e negativamente 
    stigmatizzata pure da Alessandro Metz, consigliere dei Verdi». «È evidente – 
    sostiene Marco Vascotto – che il centro sinistra non era in grado di 
    sostenere una discussione sulla Ferriera, e “proteggere” un assessore che 
    nella sostanza appare sfiduciato dalla sua stessa maggioranza». «L’assessore 
    all’ambiente – ha sostenuto Paolo De Gavardo – andrà ancora una volta a 
    contribuire alla risoluzione dei problemi dei proprietari della Ferriera a 
    scapito della salute dei cittadini». 
    m.l.   | 
  
 
 
  
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    Cementificio nella Bassa 
    L’impresa fa dietrofront e ritira il progetto bis - 
    Lettera 
    a Regione e Comune di Torviscosa  | 
  
  
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    TORVISCOSA La Cementi Nord-Est 
    ritira il progetto e l’ipotesi cementificio a Torviscosa salta. 
    Definitivamente? Chissà. Di sicuro, con una lettera inviata a Regione e 
    Comune, l’azienda rende noto che «ha verificato che non sussistono i 
    presupposti per una compiuta valutazione del progetto in mancanza di alcuni 
    elementi di analisi» e «dichiara di ritirare il progetto e chiede 
    conseguentemente la restituzione della documentazione a suo tempo 
    presentata». La lettera è stata letta dal sindaco Roberto Duz durante il 
    consiglio comunale tenutosi ieri sera. Indiscrezioni e voci di corridoio che 
    si erano rincorse nel pomeriggio avevano in qualche modo ipotizzato che 
    l’assise potesse riservare un colpo di scena, ma nessuno si aspettava un 
    simile dietrofront da parte della Cementi Nord Est. 
    Vicenda quindi da archiviare? Non necessariamente. Lo stesso Duz ha 
    puntualizzato che il ricorso al Tar inerente il primo progetto di 
    cementificio presentato nella scorsa primavera «procede e vedremo come andrà 
    a finire». Poi ha aggiunto: «Noi, coerenti con la nostra posizione iniziale, 
    continuiamo a ritenere che un impianto industriale debba essere compatibile 
    con il contesto ambientale». Mareno Settimo, consigliere di opposizione e 
    referente dei comitati ambientalisti, non si illude e prospetta una chiave 
    di lettura molto prudente: «È chiaro che vogliono attendere le elezioni 
    regionali per poi riproporre un piano che spacceranno per nuovo. In questo 
    momento, all’alba della campagna elettorale, nessuno si assume la 
    responsabilità di appoggiare un progetto fortemente osteggiato dalla 
    cittadinanza». 
    Nel momento in cui dovesse essere avanzato un nuovo disegno, spetterebbe ai 
    cittadini di Torviscosa emettere la sentenza finale. Infatti, verrebbe 
    indetto un referendum consultivo, strumento che consentirebbe ai cittadini 
    di esprimere il proprio orientamento. Qualora si giungesse a questa ipotesi, 
    il referendum sarebbe ritenuto valido solo se si recasse alle urne il 50% 
    più uno dei cittadini residenti e domiciliati a Torviscosa. Senza il 
    raggiungimento del quorum, non si procederebbe neppure allo spoglio delle 
    schede. Duz ha spiegato: «Il risultato deve essere incontrovertibile e dare 
    un’impronta forte. Dopo quello che è successo nei mesi scorsi non posso 
    permettere che la maggioranza sia in balia del mondo, devono essere i 
    cittadini a decidere. La nostra posizione, che avremmo tenuto anche nel caso 
    in cui fossimo andati al referendum, resta di assoluta equidistanza tra 
    favorevoli e contrari all’insediamento. In ogni caso, l’amministrazione 
    comunale avrebbe garantito la massima diffusione delle informazioni presso i 
    residenti, questa volta».  
    Giovanni Stocco   | 
  
 
 
 
IL PICCOLO - 
GIOVEDI', 15 novembre 2007 
 
 
  
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    In città 330 morti all’anno 
    per difficoltà respiratorie - Casistica superiore del 30% alla media 
    nazionale  | 
  
  
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    Il nome è brutto, del resto la 
    malattia non è da meno: bronco-pneumo-patia cronico-ostruttiva, in sigla 
    Bpco. In sostanza, difficoltà respiratorie e polmonari tanto gravi da 
    rendere difficile una vita normale, e spesse volte necessaria la bombola di 
    ossigeno. In Italia ne soffrono circa quattro milioni di persone. A Trieste 
    il 30 per cento in più della media. Si contano in città 330 morti all’anno 
    per questa patologia. E 200 sono le persone costrette a vivere con 
    l’ossigeno. 
    Dietro questi seri problemi c’è anche quello psicologico: a una invalidità 
    del 100 per cento non corrispondono attenzioni sociali adeguate. Lo afferma 
    l’Atmar, Associazione triestina malattie respiratorie, nata tre anni fa per 
    «ascoltare i problemi di malati respiratori e fornire sostegno mirato e 
    concreto alle famiglie». Domani alle 17.30, nella sala convegni della 
    Friulia in via Locchi 19/b l’associazione presenterà i risultati di una 
    ricerca di carattere psicologico condotta con pazienti che hanno avuto una 
    diagnosi di Bpco, e con le persone che si occupano di assisterli. Quale 
    relazione c’è - questa la domanda sottesa all’indagine - fra la sofferenza 
    psicologica e il disagio fisico dell’ammalato, e quali sono i riflessi sulla 
    vita lavorativa, in ambito familiare e nella quotidianità più in generale? 
    «Quello affetto da broncopatia grave - spiega il direttore della Pneumologia 
    di Cattinara, Marco Confalonieri - non è un paziente ben compreso, di tanti 
    altri gravi disagi la collettività è cosciente (i dializzati, i malati di 
    cuore), ma chi soffre di respiro è più nascosto, e quindi più a disagio 
    quando la sua vita lavorativa e sociale è limitata, o quando deve servirsi 
    della bombola d’ossigeno». 
    Esiste anche l’ossigeno «portatile», lo fornisce l’Azienda sanitaria. Si 
    camuffa in borse e zainetti. «Ma molto spesso la solitudine del paziente fa 
    sì che egli si senta a disagio, che si vergogni di questa condizione, e 
    spesso finisce per non uscire più di casa, e questo ha naturalmente pesanti 
    riflessi anche sulla famiglia, specialmente sul coniuge, e il contesto 
    sociale della persona» racconta Confalonieri. 
    In Friuli Venezia Giulia sono 2000 i cittadini sottoposti a terapia con 
    l’ossigeno, e a Trieste appunto 200. Ma è la più alta incidenza che si 
    registra nel capoluogo a creare la non felice sorpresa: come mai una città 
    di mare, ben dotata di bora, ha più cittadini con tanti malanni polmonari? 
    E’ forse l’abitudine al fumo, o c’è un inquinamento che incide? «Ci sono 
    fattori genetici - elenca Confalonieri -, cui si sommano quelli ambientali e 
    anche le abitudini di vita, in realtà la ricerca sui motivi non è ancora 
    stata fatta, salvo quella realizzata da Arpa, Azienda sanitaria e Medicina 
    del lavoro che misurava gli effetti dello smog sui ricoveri».  
    Nelle nostre zone si sommano (e rientrano sempre nella categoria Bpco) anche 
    le gravi conseguenze dell’esposizione ad asbesto e amianto, benché 
    naturalmente e per fortuna restino una porzione marginale rispetto al 
    complesso dei pazienti. 
    In Italia si registrano circa 8000 decessi all’anno per cause respiratorie, 
    spiega l’associazione, e a Trieste sono 300. Secondo le fonti scientifiche 
    citate dall’Atmar la malattia è destinata ad avere negli anni futuri 
    un’incidenza ancora maggiore: «Attualmente - si dice - già il 14 per cento 
    degli uomini e il 6 per cento delle donne dopo i 45 anni hanno una 
    ostruzione bronchiale cronica moderata o grave, nelle persone oltre i 65 
    anni la percentuale della forma grave supera il 10 per cento». 
    g. z.  | 
  
 
 
  
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    La segretaria nazionale Ugl: 
    Ferriera, prioritario tutelare l’ambiente  - Polverini: Ue, opportunità 
    da cogliere  | 
  
  
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    Cogliere l’opportunità della 
    prossima caduta dei confini «per rimarcare la vocazione strategica di 
    Trieste quale polo commerciale internazionale». Renata Polverini, segretario 
    nazionale Ugl, ieri in città per un incontro pubblico del suo sindacato, ne 
    ha parlato durante l’incontro con il sindaco Dipiazza. «Abbiamo analizzato 
    le problematiche della città – ha precisato la segretaria dell’Ugl, che ha 
    superato la Uil per numero di iscritti diventando il terzo sindacato del 
    Paese – cominciando dalla Ferriera. Le esigenze di tutela ambientale devono 
    prevalere, anche se non si possono dimenticare il migliaio di addetti che 
    operano diretti o indiretti». Polverini ha poi ricordato che «la popolazione 
    di Trieste è di età media piuttosto elevata perciò in questa città si sono 
    trascurati i giovani, ai quali bisognerebbe dedicare maggiori attenzione e 
    risorse». Passando ai temi nazionali, la segretaria nazionale dell’Ugl ha 
    detto che «l’organizzazione si è mobilitata contro la Finanziaria per le 
    scarse risposte che dà su sicurezza, riduzione delle tasse, emergenza 
    Mezzogiorno e famiglia. Non sono stati mantenuti gli impegni per la 
    riduzione delle tasse per il lavoro dipendente – ha evidenziato – per i 
    rinnovi contrattuali del pubblico impiego. Questa Finanziaria tradisce il 
    Sud del Paese e dimentica l’infrastruttura principale che serve per 
    rimettere in moto lo sviluppo: la sicurezza, un problema che ormai si fa 
    sentire anche al Nord». 
    u. s.   | 
  
 
 
  
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    Ferriera, si decide 
    sull’autorizzazione ambientale - Vertice alla direzione regionale con 
    Provincia, Comune, Azienda sanitaria e Arpa  | 
  
  
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    Oggi alle 9.30 alla Direzione 
    regionale ambiente si decide se concedere o meno l’Autorizzazione integrata 
    ambientale alla Ferriera di Servola. Attualmente in posizione favorevole si 
    trovano la Regione e la Provincia. Il Comune si ripresenta con il parere 
    negativo già depositato. L’Arpa dovrebbe presentare un progetto di 
    «stralcio» della situazione triestina rispetto al Piano regonale dell’aria, 
    tuttora inesistente, che la scorsa volta aveva ritenuto imprescindibile per 
    poter controllare le reali emissioni della fabbrica. L’Azienda sanitaria è 
    in posizione molto critica, affermando che da quanto presentato dalla 
    Lucchini è difficile dedurre che sarà possibile misurare effettivamente 
    l’inquinamento prodotto, e ha chiesto un monitoraggio severo anche 
    all’interno degli ambienti di lavoro. 
    Ma su questa riunione pesano anche i dettagli analitici che i vari enti 
    hanno messo su quel tavolo il 30 ottobre, e specialmente quelli dell’Arpa. 
    Lo richiama il consigliere regionale dei Verdi, Alessandro Metz, sulla 
    scorta dei documenti ufficiali prodotti in quella sede: «Qui per l’Aia - 
    afferma - si tengono in preminente considerazione le emissioni in atmosfera, 
    ma la norma sull’autorizzazione richiede misure antinquinamento anche del 
    suolo e dell’acqua».  
    E a questo proposito Metz cita i documenti agli atti: «L’Arpa ha segnalato 
    che desta particolare preoccupazione il fatto che nell’acqua di falda il 
    benzene supera i limiti anche di tre ordini di grandezza, nei fondali marini 
    il piombo ha superato il limite nel 57 per cento dei campioni, per gli 
    idrocarburi nel 37 per cento», mentre vi è presenza di anche di diossine. 
    Quanto al Sito inquinato di rilevanza nazionale, in cui la Ferriera rientra, 
    ma per il quale ha deciso una bonifica per conto proprio, «nel giugno 2001 
    fu presentato un piano di caratterizzazione al quale non è mai stato dato un 
    seguito operativo, se non nel 2005, ma solo parzialmente: sulle aree di 
    proprietà e non su quelle demaniali» come ricorda sempre l’Arpa. 
    Critica anche la gestione dei rifiuti. Lo ha segnalato la Provincia che 
    aveva chiesto delucidazioni sul loro stoccaggio: «Si evidenzia la produzione 
    o giacenza di circa un milione e 120 mila tonnellate di rifiuti senza 
    precisa indicazione di chi siano produttore e detentore». Tutti gli enti 
    sono in possesso di corposi dossier: oggi si vedrà che esito avrà lo’ennesimo 
    summit.  | 
  
 
 
  
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    Bonifiche, accordo nel giro 
    di un mese  - Azzarita (Ezit): «Il 90% delle aziende non pagherà nulla. 
    Inserita l’analisi del rischio»  | 
  
  
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    Enti e 
    ministero hanno raggiunto in Regione l’intesa su un testo che ora dovrà 
    essere approvato dai singoli consigli  
    
    L’accordo di programma per il 
    Sito inquinato di interesse nazionale può essere firmato nel giro di un 
    mese. Al termine di una lunga riunione nella sede della Regione, presieduta 
    ieri pomeriggio dall’assessore regionale all’Ambiente Gianfranco Moretton, 
    gli enti interessati all’accordo (Regione, Provincia, Comuni di Trieste e 
    Muggia, Autorità portuale ed Ezit) e il direttore generale del ministero 
    dell’Ambiente Gianfranco Mascazzini hanno apportato le ultime modifiche a 
    quello che si avvia ad essere il testo definitivo dell’intesa. 
    Entro stasera la bozza, con le integrazioni e le specifiche inserite ieri, 
    verrà inviata dal ministero ai vari enti, che avranno due settimane per 
    l’approvazione da parte dei rispettivi organi (Giunta regionale, consiglio 
    provinciale, consigli comunali, consiglio di amministrazione e comitato 
    portuale). 
    «E’ un accordo molto migliorato rispetto ai testi precedenti – commenta il 
    presidente dell’Ezit, Mauro Azzarita –. Non siamo riusciti a inserire 
    esplicitamente il principio secondo cui chi non inquina non paga, anche se 
    sono richiamate la direttiva comunitaria che esplicita il principio stesso e 
    la legge regionale 15. E’ invece riconosciuta l’applicazione dell’analisi 
    del rischio. Abbiamo comunque ottenuto – precisa – che siano considerate 
    aree pubbliche e inquinate dal pubblico anche tutte quelle che le imprese 
    hanno acquistato dall’Ezit, purchè l’attuale proprietario non inquini». 
    In base a quest’ultima modifica, secondo una prima stima dell’Ezit il 90% 
    delle imprese presenti del Sito inquinato non dovrà pagare nulla. Pagheranno 
    lo Stato e la Regione, che trasferiranno i fondi all’Ezit, il quale potrà 
    così continuare le caratterizzazioni di tutto il Sito inquinato e 
    partecipare anche alla messa in sicurezza, assumendo un ruolo ancora più 
    centrale nell’intera operazione. 
    «L’accordo prevede comunque che le imprese possono sveltire i tempi 
    raggiungendo una transazione col ministero – spiega ancora Azzarita – nel 
    senso che il 50% del costo dell’eventuale danno ambientale e della messa in 
    sicurezza sarà coperto dallo stato e il restante 50% dall’azienda, 
    dilazionato in dieci anni senza interessi. A quel punto, non appena 
    l’azienda avrà presentato il piano di bonifica l’area su cui è insediata 
    sarà restituita all’uso industriale». 
    Soddisfazione anche da parte dell’assessore regionale all’Ambiente, 
    Gianfranco Moretton. «Abbiamo ottenuto tutte le risposte – osserva – ai 
    chiarimenti necessari per arrivare all’approvazione dell’accordo. E’ un 
    accordo importante, perchè fissa regole, tempi e soprattutto il reperimento 
    dei 200 milioni necessari alla messa in sicurezza e alle bonifiche. Spero – 
    aggiunge – di portare il testo in giunta la prossima settimana. Se i vari 
    enti stringono i tempi, si può firmare l’accordo entro l’anno». 
    Più cauto l’assessore all’Ambiente del Comune di Trieste, Maurizio Bucci. 
    «Tutti gli enti – rileva – si sono mostrati compatti di fronte alle 
    richieste del ministero. Con i chiarimenti ottenuti ci stiamo avvicinando 
    alla stesura finale, che ha preso un indirizzo soddisfaciente. C’è ancora 
    bisogno di qualche modifica – precisa – per disporre di indicazioni più 
    chiare in certi passaggi. Resta aperto, tra l’altro, il problema 
    dell’impresa privata che ha acquistato il terreno da un’altro privato». 
    Molto soddisfatto, invece, il sindaco di Muggia Nerio Nesladek, che parla di 
    «grande passo in avanti, un grande lavoro da parte di tutti». 
    Osservando che «si è molto vicini alla soluzione del problema», Nesladek 
    sottolinea che il Comune di Muggia è riuscito a far inserire nel testo, 
    oltre all’interesse per lo sviluppo della zona industriale, il punto che 
    nella caratterizzazione (ed eventuale bonifica) delle zone a mare del sito 
    inquinato sarà data priorità al tratto di costa fra Porto San Rocco e Punta 
    Olmi, in quanto zona destinata a fruizione pubblica. 
    
    Giuseppe Palladini  | 
  
 
 
  
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    I commercianti: subito i 
    parcheggi  - Leonori: «È l’unica maniera per sostenere la concorrenza 
    dei centri commerciali»  | 
  
  
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    Nel 
    dibattito sulla pedonalizzazione del centro subentra il tema della scarsa 
    ricettività del centro per gli automobilisti  
    
    Godina: «In 
    città vige ancora il nosepol, durante la Barcolana nessuno trovava un posto 
    macchina mentre il Porto Vecchio è rimasto ostinatamente vuoto» 
     
    
    Va bene ampliare le aree 
    pedonali, ma c’è qualcosa da fare ancora prima perché altrimenti si rischia 
    di ottenere un pericoloso effetto contrario: bisogna costruire 
    immediatamente nuovi parcheggi, se per quelli sotterranei servono tempi 
    troppo lunghi passare immediatamente alla realizzazione di altri fuori 
    terra, e inoltre diminuire le tariffe dei posti a pagamento oggi esistenti 
    perché il ridotto potere d’acquisto degli stipendi continua a farsi sentire. 
    Sono queste le richieste che arrivano da commercianti ed esercenti che 
    operano in centrocittà. «Più ampie aree pedonali sono auspicabili perché 
    migliorano la qualità della vita e la città dal punto di vista estetico - 
    sostiene Marino Moretti - è bello vedere gente che sosta sulle panchine e 
    mamme che passeggiano con le carrozzine». Moretti è titolare di un negozio 
    di moda giovane in via Mazzini dove è più acceso il dibattito 
    sull’opportunità o meno di una completa pedonalizzazione. «È un errore però 
    - afferma - credere che la creazione di una zona interdetta ai veicoli 
    significhi automaticamente anche più affari per i negozi. Se la gente non ha 
    soldi in mezzo al traffico, non li ha nemmeno in zona pedonale e allora è 
    necessario aumentare la capacità di spesa dei cittadini». 
    Non è allineato con le statistiche che rilevano famiglie che tagliano le 
    spese e negozi in perdita di clienti, Gabriele Leonori titolare di un 
    negozio di intimo e articoli per la casa di via San Spiridione che registra 
    semmai un aumento degli affari, ma segnala comunque la necessità di nuovi 
    parcheggi nelle immediate vicinanze del centro. «Solo in questo modo - 
    sostiene - i negozi del centrocittà potranno sostenere anche in futuro la 
    forte concorrenza dei centri commerciali che hanno il vantaggio di mettere a 
    disposizione dei clienti i parcheggi all’interno della medesima struttura». 
    Per costruire i parcheggi sotterranei però ci vogliono molti anni e nel 
    frattempo i piccoli negozi rischiano di essere già falliti. «Lo si vede - 
    denuncia Roberto Rosini, vicepresidente dei dettaglianti - da quanto sta 
    accadendo per il decantato parcheggio sotto il colle di San Giusto. Da anni 
    poteva essere realizzato un bel parcheggio nella struttura dell’ex cinema 
    Filodrammatico e non si è fatto nulla. Bisogna individuare altri stabili e 
    partire com’è stato fatto recentemente in via San Francesco». 
    «La pedonalizzazione va bene quando non intacca arterie stretegiche di 
    scorrimento - rileva Sergio Godina uno dei principali commercianti triestini 
    - quindi no a un corso Italia proibito alle macchine. Per il resto si può 
    ampliare se parcheggi sono disponibili. Noi registriamo un successo della 
    formula in base alla quale con un acquisto anche minimo rimborsiamo un’ora 
    di parcheggio al ParkSi di Foro Ulpiano. Ma a Trieste - conclude Godina - il 
    nosepol comanda ancora: durante la Barcolana nessuno trovava un parcheggio e 
    il Porto Vecchio era vuoto». 
    Infine i locali pubblici. «Più zone pedonali - commenta Beniamino Nobile, 
    presidente Fipe - significa più tavolini all’aperto che per i locali sono 
    come una quinta stagione da aggiungere all’incasso di un anno. Oltre a fare 
    i parcheggi però bisognerebbe ridurre i prezzi di quelli che ci sono: in 
    città vicine per sostare si spende molto di meno». 
    
    Silvio Maranzana  | 
  
 
 
  
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    Rovis: «Rifare piazza della 
    Borsa e Ponterosso già nel 2008» - L’assessore invita a dribblare il limite 
    del piano del traffico che non arriva   | 
  
  
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    Le elezioni regionali si 
    avvicinano e nella maggioranza di centrodestra in molti lo sostengono: non è 
    ancora il momento di mettere mano al piano del traffico, la cui bozza di 
    Roberto Camus risale peraltro a inizio 2005. Ma se il commercio continua a 
    invocare l’ampliamento delle aree pedonali, una soluzione esiste: anche 
    senza considerare il piano «ci sono interventi puntuali da attuare per 
    estendere la pedonalità di alcune aree». La proposta arriva dall’assessore 
    forzista Paolo Rovis: «Sarebbe bene che le riqualificazioni delle piazze 
    Ponterosso e Borsa fossero inserite già nel piano comunale delle opere 2008. 
    Si potrebbe anche chiudere via Genova nel tratto fra le vie Roma e San 
    Spiridione, per creare un unico collegamento pedonale con la successiva area 
    Genova-San Lazzaro. E poi - aggiunge Rovis - in via Battisti i posti auto 
    andrebbero resi paralleli alla carreggiata per recuperare ampio spazio fra 
    negozi e traffico». 
    Posizione simile a Rovis sostiene il capogruppo della Lista Dipiazza 
    Maurizio Ferrara, da sempre «sfavorevole a un piano così impattante» come 
    quello di Camus: «Si potrebbe portare avanti la valorizzazione dell’asse 
    piazza Libertà-via Trento e oltre fino a piazza Hortis». E il forzista Piero 
    Camber, a commento di Rovis, aggiunge che «il via a piazza della Borsa 
    potrebbe essere già inserito nella variazione al bilancio di quest’anno». La 
    riqualificazione comporterà «matematicamente» la chiusura di via Einaudi: ma 
    non è chiaro - aggiunge Camber - come la viabilità dell’area verrà risolta. 
    Il sindaco Dipiazza ha annunciato di volere «sperimentare» una soluzione 
    mirata a chiudere piazza della Borsa fino a via Roma, da dove le auto si 
    immetterebbero in corso Italia dopo avere percorso, dalle Rive, il tratto 
    via Mazzini-via Roma. 
    Si torna così al piano del traffico. E Alessia Rosolen, da An, lo ribadisce: 
    «Condivido ciò che ha detto l’assessore Bucci: importante e apprezzabile è 
    prendere una decisione, regionali o non regionali in vista, perché questo 
    vivere nel limbo non accontenta nessuno». Ciò detto, l’attacco a Bucci è 
    netto: «Forse, se avesse lavorato a ulteriori modifiche al documento anziché 
    al tunnel di corso Italia, avrebbe qualche elemento da portare alla 
    discussione. L’assessore ci dica esattamente a che punto siamo. Di certo il 
    piano non se lo farà da solo, visto che il consiglio comunale ha competenza 
    sul tema». E infine, «An - così Rosolen - ribadisce il suo no alla chiusura 
    al traffico di corso Italia per la conformazione stessa della città, ma dice 
    un sì convinto al piano del traffico e alla pedonalizzazione. Non possiamo 
    rimanere silenti davanti agli appelli del mondo del commercio e ai numeri 
    drammatici in termini di chiusura delle attività. Attorno a corso Italia e 
    via Carducci ci sono aree da pedonalizzare». 
    Il diessino Fabio Omero non respinge le pedonalizzazioni ma avverte: 
    «Attenti a pensare solo ad alcune categorie, come i commercianti, e non a 
    disabili o anziani, persone cioè che devono essere messe in condizione di 
    accedere a uffici e abitazioni». Quanto ai centri commerciali all’aperto, 
    «il Comune - aggiunge Omero - non ha nemmeno posizionato un cartello che 
    indichi la presenza dell’antico ghetto dietro piazza Unità». E il Cittadino 
    Roberto Decarli sottolinea come «questa maggioranza non ha il coraggio di 
    amministrare la città». 
    p.b.  | 
  
 
 
  
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    Ue, 60 milioni per la 
    Trieste-Divaccia  - All’Italia andranno 5,7 miliardi. Barrot conferma 
    il piano della Torino-Lione   | 
  
  
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    La proposta 
    della Commissione europea per la ripartizione dei finanziamenti per le reti 
    transeuropee è pronta  
    
    BRUXELLES La proposta della 
    Commisione europea per la ripartizione dei finanziamenti per le reti 
    transeuropee è ormai pronta. Su un pacchetto complessivo pari a 5,7 
    miliardi, all'Italia dovrebbe andare oltre un miliardo di euro, la fetta più 
    grossa tra quelle che saranno assegnate da Bruxelles ai vari richiedenti. Il 
    commissario Ue ai Trasporti, Jacques Barrot, si avvia così a mantenere 
    quanto promesso più volte. «L'Italia sarà tra i paesi che saranno serviti 
    meglio e questo perchè bisogna assicurare l'attraversamento delle Alpi», 
    aveva ripetuto il commissario solo pochi giorni fa nel corso di un incontro 
    organizzato dall'ambasciata italiana in Belgio. Per la Torino-Lione l'Italia 
    potrà contare sui due terzi di un pacchetto complessivo di circa 670 milioni 
    da dividere con la Francia; per il Brennero dovrebbero arrivare 400 milioni, 
    mentre la stessa cifra dovrebbe andare all'Austria. Barrot ha sempre 
    sostenuto che la priorità dell'Unione è quella di sostenere le opere a 
    carattere transfrontaliero (cofinanziamento Ue fino ad un massimo del 30% 
    del costo dell'opera) ed in questo quadro al pacchetto di fondi destinati 
    all'Italia si aggiungerebbero anche 60 milioni per la Trieste-Divaccia. Per 
    il Terzo valico sulla direttrice Genova-Rotterdam si profila invece 
    l'inserimento tra quelle opere a cui non sono assegnati finanziamenti. 
    La lista dei progetti ammissibili dovrebbe essere accompagnata da una 
    seconda con i progetti non ammessi al finanziamento perchè non rispettano i 
    criteri previsti e da una terza in cui sono inseriti quei progetti che, pur 
    potenzialmente finanziabili, restano fuori per mancanza di fondi. 
    Le cifre, sulle quali la Commissione mantiene tuttora il più stretto 
    riserbo, sono ormai state messe nero su bianco dai tecnici e saranno 
    ufficializzate dallo stesso Jacques Barrot mercoledì prossimo, 21 novembre, 
    nel corso del suo intervento in Commissione trasporti del Parlamento 
    europeo. Successivamente le proposte messe a punto da Bruxelles saranno 
    esaminate dal comitato Ten, dove sono rappresentati gli Stati membri, nel 
    corso di una riunione che si dovrebbe tenere entro fine mese. 
    Le prime indiscrezioni sono state intanto giudicate «credibili» dal 
    presidente della commissione trasporti dell'Europarlamento, Paolo Costa. «Ai 
    progetti transfrontalieri Ten-T di interesse italiano (Torino-Lione; 
    Verona-Monaco di Baviera; Ronchi sud-Trieste-Divaccia) sarebbe riservato 
    quasi un quarto dei fondi di cofinanziamento europeo.  | 
  
 
 
  
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    In arrivo 140 milioni di euro 
    per nuove strade  - Infrastrutture in primo piano nella manovra. Al 
    sistema universitario vanno 29 milioni. Incentivi alla raccolta 
    differenziata   | 
  
  
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    Sonego: 
    «Saranno disponibili dal 2009». Per la rete ex Anas stanziati 45 milioni  | 
  
  
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    TRIESTE Ci sono gli incentivi ai 
    comuni più virtuosi nella raccolta differenziata dei rifiuti che vengono 
    ceduti alle Province. E ci sono 45 milioni di euro per la nuova spa che, dal 
    1. gennaio, dovrà gestire le strade ex Anas. Ci sono 29 milioni, in vent’anni, 
    per il sistema universitario. E 140 in quattro anni per viabilità e banda 
    larga. 
    Eppure, nonostante valga più di 5 miliardi di euro, la Finanziaria 2008 - la 
    prima che segue la riforma della contabilità imposta da Riccardo Illy - è la 
    più esile che il palazzo di piazza Oberdan ricordi: diventa, già nel nome, 
    una legge strumentale; conta su soli sei articoli che occupano poche pagine 
    e cancella le poste con «nome e cognome». L’articolo più robusto, già 
    approvato da sindaci e presidenti di Provincia, è proprio il primo: quello 
    sulle autonomie locali che riserva il 9% di compartecipazioni in più a 
    Comuni, Province e Comunità montane. Il secondo articolo, su salute e 
    protezione sociale, riscrive invece le regole del fondo agevolativo per le 
    strutture destinate a servizi socio-educativi o socio-sanitari per anziani e 
    disabili, stanziando 10 milioni di euro. 
    Il terzo articolo, su progettazioni, tutela dell’ambiente, edilizia e 
    trasporti, affida alle Province il «premio» a misura di ambiente: i comuni 
    in cui la raccolta differenziata supera il 40% dei rifiuti urbani raccolti 
    si vedono riconoscere un incentivo che varia da un euro a cinque euro per 
    abitante. Un euro va ai comuni che non superano il 50% di raccolta 
    differenziata e cinque a quelli che sfondano l’80%. A disposizione, per ora, 
    200 mila euro. L’articolo quarto, su istruzione, cultura e sport, prevede un 
    intervento straordinario di 240 mila euro per la socializzazione degli 
    alunni delle scuole dell’infanzia e primarie della Carnia, mentre l’articolo 
    quinto, su formazione, lavoro, università e attività produttive, investe 
    l’Agenzia Turismo Fvg del compito di promuovere i prodotti agroalimentari e 
    garantisce 29 milioni di euro di contributi pluriennali per la realizzazione 
    di opere e interventi edilizi «finalizzati al potenziamento del sistema 
    universitario, dell’alta formazione e della ricerca scientifica». L’articolo 
    sesto, su norme intersettoriali e contabili, autorizza infine un progetto di 
    dismissione di beni regionali, blinda la benzina regionale e destina 100 
    mila euro all’Anci. 
    Le infrastrutture, tema caro alla giunta, occupano un capitolo a parte: 
    «Abbiamo destinato 140 milioni per nuove strade e banda larga» annuncia 
    Lodovico Sonego. Ma quei 140 milioni, cui si aggiungono «45 per Fvg strade 
    spa e 4,8 per la ferrovia Udine-Cividale», sono disponibili solo a partire 
    dal 2009: «Parliamo di opere che vanno programmate per tempo. E quindi 
    abbiamo stanziato le risorse in modo che siano spendibili nel momento 
    giusto» afferma l’assessore. Aggiungendo però che la delibera d’impegno, con 
    l’elenco dei beneficiari, «verrà approvata entro fine legislatura». 
    Adesso, sebbene manchi ancora il passaggio finale al tavolo della 
    concertazione dopo quello di ieri mirato su agricoltura, edilizia e 
    ambiente, la parola passa al consiglio: la sessione di bilancio si apre il 
    28 novembre in commissione. Il 21 dicembre, a meno di imprevisti, il voto 
    finale in aula. 
    r.g.  | 
  
 
 
 
IL PICCOLO - 
MERCOLEDI', 14 novembre 2007 
 
 
  
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    I commercianti: rilanciare le 
    aree pedonali - Marchetti (Coop): puntiamo anche sui negozi di quartiere. 
    Cobez: troppi gli ipercentri  | 
  
  
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    Opinioni 
    unanimi sulla validità dei progetti per le zone chiuse al traffico. Rigutti: 
    «C’è bisogno di chiarezza su dove intervenire»   | 
  
  
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    «Sono già 
    eccessive le attuali due sedi della grande distribuzione»  | 
  
  
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    Il commercio triestino paga la 
    presenza di un numero già eccessivo di centri commerciali per il suo 
    territorio e la partenza ritardata delle opere di abbellimento del centro 
    cittadino. Ma il rilancio può effettivamente passare attraverso la 
    valorizzazione e la pedonalizzazione delle aree urbane. Questi, in sintesi, 
    i pensieri dell’universo degli esercenti locali. 
    Livio Marchetti, presidente delle Cooperative operaie di Trieste, Istria e 
    Friuli, osserva: «Guardiamo con favore alla pedonalizzazione e agli accordi 
    fra commercianti nelle aree urbane, come mezzi per attrarre i cittadini in 
    centro. Il discorso legato all’insediamento dei grandi centri commerciali, 
    invece, non è positivo dal punto di vista economico per quanto ci riguarda. 
    Noi siamo più indirizzati a valorizzare i negozi di quartiere. L’ipotesi dei 
    centri commerciali naturali è buona ma bisogna capire se, in merito, 
    economicamente i negozianti possano rispondere in modo adeguato». 
    Il presidente uscente dell’Associazione commercianti al dettaglio di Trieste 
    e proprietario di un negozio di abbigliamento in pieno centro, Franco 
    Rigutti aggiunge: «In relazione ai progetti sui centri commerciali naturali, 
    c’è bisogno di certezze sulle zone pedonali che verranno create. Notizie 
    sicure su quali saranno, senza alcun suggerimento o prevaricazione da parte 
    nostra, e come si articolerà definitivamente la distribuzione dei parcheggi 
    in città. Ci sono vari imprenditori e commercianti, locali e non, pronti a 
    investire sul territorio, ma prima di farlo vorrebbero conoscere con 
    precisione quale sarà lo scenario della zona dove poi insediarsi. Siamo 
    disposti a collaborare in maniera costruttiva per arrivare alla definizione 
    delle linee guida». 
    «La nostra è una bella città, in cui si è sempre sostenuto come i negozianti 
    lavorino bene - spiega Guido Cobez, titolare della cartoleria di via 
    Nazionale (esercizio storico, avviato 104 anni fa) a Opicina, una delle aree 
    interessate dai progetti della Confcommercio sui centri commerciali naturali 
    -. Ma adesso si paga la presenza esagerata di strutture della grande 
    distribuzione in una realtà come la nostra: già due, ovvero quelle 
    esistenti, sono troppe, figuriamoci come sarà la situazione alla conclusione 
    dei progetti programmati (il riferimento è a quelli del Silos e al polo 
    Montedoro, Arcobaleno ed ex Aquila nella zona di Muggia, ndr). È una 
    battaglia dei piccoli contro i grandi, già squilibrata in partenza: non si 
    vede un futuro per i nostri figli nelle attività dei negozi di famiglia. 
    Inoltre, l’amministrazione dovrebbe intervenire ancora per rendere le vie 
    del centro un salotto autentico, non solo piazza Unità. La soluzione delle 
    aree urbane gestite assieme fra i commercianti - conclude - è validissima, 
    ma i capitali che noi possiamo mettere sul tavolo sono pochi. Mi pare che ci 
    siano tante buone idee come Centri in via (il nome del progetto iniziale 
    della Confcommercio, ndr), ma queste si arenano». 
    Interessato dalla prospettiva del centro commerciale naturale potrebbe 
    essere in futuro anche il rione di San Giacomo: «Si garantirebbe un contatto 
    migliore con la clientela - dice Enrico Zuballi, che nel rione gestisce un 
    negozio di articoli sportivi - rispetto ai grandi centri commerciali, dentro 
    i quali si registra una certa freddezza nel rapporto tra venditore e 
    acquirente. Trieste può recuperare il ritardo accumulato grazie anche alla 
    caduta dei confini con la Slovenia: prima era considerata l’appendice 
    dell’Italia, ora ha l’opportunità di essere un punto centrale dell’Europa». 
    Infine, l’opinione di Cristina De Marchi, titolare di una storica 
    pasticceria in Barriera: «Tutte le promozioni sono ben accette, in 
    riferimento all’idea dei centri commerciali naturali, ma una realtà come la 
    mia va tutelata pure sul piano dell’identità. È importante distinguersi. 
    Forse varrebbe riflettere sul fatto che già gli attuali due centri 
    commerciali sono troppi per una città come Trieste».  
    
    Matteo Unterweger  | 
  
 
 
  
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    Bucci: «Auto fuori del 
    centro, è il futuro»  - «È difficile che si torni a parlare del piano 
    del traffico prima delle regionali»  | 
  
  
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    L’assessore 
    conferma il suo gradimento per la pedonalizzazione, «chiave di volta per 
    commercio e turismo»  
    
    Inutile negarlo, e difatti 
    nemmeno in giunta c’è più chi lo fa: con le regionali alle porte «purtroppo 
    del piano del traffico si tornerà a discutere dopo il giugno 2008», premette 
    l’assessore all’urbanistica Maurizio Bucci. Che però aggiunge subito: «Ne 
    sono fermamente convinto, la gente vuole le pedonalizzazioni. E al contempo 
    le pedonalizzazioni sono una delle chiavi di volta per rivitalizzare il 
    commercio - via San Nicolò lo dimostra - e il turismo, per riqualificare la 
    città stessa. Il futuro è questo, e mi batterò per attuarlo». 
    Avanti tutta con la chiusura al traffico di vaste porzioni del «salotto 
    buono», dunque. In questo senso, Bucci spezza un’ultima lancia a favore 
    dell’abortita idea del tunnel sotto corso Italia, che non ha raccolto molti 
    favori né tra i politici né nell’opinione pubblica: «Sarebbe stata la 
    soluzione ideale per salvare capra e cavoli, le esigenze del traffico e 
    quelle dei pedoni e, su un fronte politico, anche la sensibilità di An che 
    vuole mantenere il corso aperto alle auto». Ma tant’è: superata la boa del 
    voto regionale, sarà il momento di assumere le «grandi decisioni». Quel 
    momento che «sta maturando, e nel quale spero» di non restare solo, dice 
    l’assessore. 
    Del resto, a dare manforte a Bucci è il collega forzista di giunta Paolo 
    Rovis, titolare della delega al commercio e totalmente allineato - lui che 
    per primo nel 2005 lanciò l’ipotesi di corso Italia pedonale - sulla 
    necessità di chiudere aree centrali alle auto: per la vivibilità, ma anche 
    per dare ossigeno al commercio. Certo le dichiarazioni sinora sono rimaste 
    tali. Anche Rovis lo deve riconoscere: «Manca la svolta». E però, aggiunge, 
    «sinora il Comune ha fatto molto: 40 milioni di euro dal 2001 in qua spesi 
    per ripavimentazioni, dal Viale XX Settembre a piazza Verdi e a piazza tra i 
    Rivi di Roiano; e 12 milioni per l’illuminazione pubblica». 
    Insomma, annota Bucci, varato anche il piano parcheggi - indispensabile 
    perché «la pedonalizzazione deve viaggiare di pari passo con i servizi», 
    verrà il momento di dovere scegliere. Ma quando? I tempi non si profilano 
    brevi. Perché «sindaco e giunta vogliono attendere di vedere gli effetti 
    della Grande viabilità prima di intervenire con il nuovo piano del 
    traffico», ribadisce Rovis. E la Grande viabilità sarà completata solo 
    nell’ottobre 2008. «Ma intanto si potrebbero comunque ampliare alcune aree 
    pedonali», propone Rovis. Ipotesi che però Bucci giudica difficile da 
    percorrere: «Qui si tratta di intervenire sui grandi assi di scorrimento del 
    centro, non possiamo farlo a spot». 
    E intanto, i comitati per la pedonalizzazione di via Mazzini e di corso 
    Italia continuano a perseguire i propri obiettivi. «Ma il discorso - dice il 
    presidente del comitato del corso, Pierguido Collino, che aveva sostenuto 
    l’idea del tunnel - non deve limitarsi a comprendere una sola via: gli 
    antagonismi tra aree sono assurdi, la valorizzazione va perseguita per tutto 
    il centro storico». A una condizione, però: che non manchino i collegamenti 
    pubblici. «Non penso ad autobus, ma a delle navette elettriche» meno 
    impattanti dei bus e che comunque consentano di vivere l’area. 
    Per il comitato di via Mazzini, invece, Paola Gaggi non ha dubbi: «Il tunnel 
    non avrebbe risolto granché, oltre a essere molto costoso. Resta un fatto: 
    nella zona pedonale il commercio lavora di più». C’è un fatto però che Gaggi 
    sottolinea: «Quello della pedonalizzazione sarà un lavoro molto lungo. Resto 
    convinta che gli stessi cittadini non siano pronti per una cosa del genere». 
    L’assessore Bucci, come detto, è di parere contrario, e anzi - per restare 
    in tema di regionali - «secondo me la gente ti premia anche per le decisioni 
    che assumi. Il piano del traffico però - chiude - non posso certo farmelo da 
    solo».  | 
  
 
 
  
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    Centro commerciale naturale: 
    i quattro progetti esistenti per ora sono ipotesi sulla carta - Dopo 
    Barriera, Muggia, Opicina e S. Giacomo   | 
  
  
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    Un’idea lanciata due anni fa, ma 
    un iter che sta andando avanti a rilento a causa sostanzialmente della 
    mancanza di certezze assolute sulla disponibilità di fondi per l’avvio 
    esecutivo dei progetti. I centri commerciali naturali o «all’aperto» 
    destinati (secondo gli esperti del settore) a rilanciare il commercio 
    cittadino, convivendo con la grande distribuzione ma differenziando da 
    questa la propria offerta, sono ad oggi ancora esclusivamente delle ipotesi 
    sulla carta. 
    A livello operativo, infatti, solamente il piano per la zona di Barriera è 
    pronto e attende di diventare esecutivo. Da mesi è chiuso nei cassetti della 
    Confcommerio di Trieste e aspetta il via libera. «Nel frattempo, Terziaria 
    Trieste, Centro di assistenza alle imprese del terziario della stessa 
    Confcommercio, si è aggiudicato il finanziamento complessivo di circa 
    200mila euro dalla Regione per la realizzazione di tre progetti del genere 
    su altrettante aree. A Muggia, Opicina e San Giacomo. Il prodotto finale 
    sarà cartaceo, ribadisco che si parla dunque solo di progettazione», a 
    puntualizzare la questione è il direttore generale della Confcommercio 
    provinciale, Pietro Farina. 
    Per rendere tangibile il tutto, infatti, «bisognerà aspettare la conferma 
    dell’arrivo attraverso l’ente regionale dei fondi comunitari 2007-2013 a 
    favore di questi interventi - continua Farina -, un tipo di finanziamento 
    previsto da un’apposita legge per la valorizzazione dei centri urbani e che 
    non riguarda interventi strutturali come la pedonalizzazione di aree o 
    simili, che spettano direttamente agli enti pubblici locali, ma 
    semplicemente sostiene l’avvio di operazioni promozionali e collettive fra i 
    vari esercizi delle zone interessate. Riguarderebbe, ad esempio, 
    l’uniformità della gestione dell’immagine, la stesura di calendari relativi 
    a eventi promozionali e ancora l’acquisto della segnaletica indicativa dei 
    vari esercizi e della loro offerta. Si tratta di contribuiti, finiti i quali 
    toccherebbe poi ai commercianti finanziare le proprie promozioni. Non è 
    certo, però, che siano stanziati, anche se le indicazioni in merito sembrano 
    piuttosto chiare verso una soluzione positiva. Ipotizzando, il primo 
    progetto presumibilmente potrebbe concretarsi nel 2008. È possibile si 
    tratti di giugno, ma è più probabile che avvenga in autunno». 
    Quanto all’idea relativa all’introduzione di una figura manageriale unica 
    che sappia gestire le iniziative comuni di un’area del centro, Farina 
    osserva: «Il modello a cui ci si riferisce è tipico dei paesi anglosassoni o 
    scandinavi, ma noi come Confcommercio non ambiamo a questo tipo di figura 
    perché non possiamo portare avanti un progetto che comporti un costo certo 
    del genere. Siamo un’associazione di categoria e dobbiamo tutelare i nostri 
    affiliati. Qualora gli stessi commercianti dovessero rilevare una fonte di 
    ritorno economico sicura nell’impiego di un manager, allora credo che 
    sarebbero i primi a proporlo e sostenerlo». 
    ma. un.  | 
  
 
 
  
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    Confartigianato: «Bonifiche, 
    un passo in avanti ma non completo»  | 
  
  
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    Il 
    presidente Bruni e il vice Rovis intervengono sull’ultima versione della 
    bozza di accordo. La Camera di commercio protesta per essere stata esclusa 
    dai recenti incontri  
    
    La Confartigianato accoglie con 
    soddisfazione, ma solo in parte, l’ultima bozza dell’accordo di programma 
    sulle bonifiche, pervenuta ai vertici dell’associazione venerdì scorso. 
    Il neo presidente Dario Bruni, affiancato dalla giunta appena nominata, 
    definisce «un punto di forza» dell’ipotesi di accordo il fatto che le 
    imprese che hanno acquistato un terreno o un capannone dall’ente pubblico 
    non dovranno sopportare alcun onere per caratterizzazioni e bonifiche. 
    Allo stesso tempo Bruni contesta la suddivisione fra «imprenditori di serie 
    A e di serie B», nel senso che lo stesso testo prevede che coloro che hanno 
    acquistato aree o edifici da privati debbano farsi carico della 
    caratterizzazione e della messa in sicurezza. «Non è giusto – rimarca – che 
    si addebitino tali costi a chi non ha inquinato e ha l’unica colpa di aver 
    acquisto un terreno, per creare un’azienda, prima che venisse perimetrato il 
    sito inquinato». 
    Di passi in avanti con l’ultima bozza parla anche il vicepresidente di 
    Confartigianato Paolo Rovis, che entrando nei dettagli cita il punto 15 
    dell’articolo 5, dove si legge che «l’ente pubblico titolare di aree incluse 
    nel sito di interesse nazionale attua la messa in sicurezza e bonifica delle 
    acque di falda e dei suoli delle proprie aree, ivi comprese quelle già 
    alienate dall’ente medesimo il cui inquinamento non sia riconducibile 
    all’attività produttiva del soggetto attualmente titolare dell’area». 
    «E’ un passo in avanti, ma non un passo completo», aggiunge Rovis, spiegando 
    che l’articolo 14, in merito ai benefici per i privati che aderiscono 
    all’accordo, dove si parla di «concorrere pro quota agli oneri progettuali, 
    di investimento e gestione degli interventi di messa in sicurezza e bonifica 
    delle acque di falda, in ragione della superficie delle aree di ciascun 
    soggetto», crea «una sorta di equivoco, mantenendo la spada di Damocle sulla 
    testa di aziende non colpevoli dell’inquinamento». 
    Quanto al principio del «chi non ha inquinato non paga», sul cui rispetto 
    Confartigianato ha insistito in più occasioni, citando in particolare la 
    direttiva comunitaria 2004/35/CE Rovis riconosce che la direttiva stessa è 
    richiamata nella parte iniziale dell’accordo ma sottolinea che il concetto 
    non è inserito in modo chiaro nell’articolato. «Gli enti locali – ricorda il 
    vicepresidente di Confartigianato – hanno fatto fronte compatto nel ribadire 
    il concetto della direttiva. E’ una battaglia – aggiunge – a difesa di 350 
    aziende che sono il nerbo dell’economia provinciale». 
    Sempre con riguardo all’ultima bozza dell’accordo, nei giorni scorsi il 
    testo è giunto anche ad Assindustria. Fra i destinatari non c’è stata invece 
    la Camera di commercio, cosa che ha innescato la protesta del presidente. 
    «Ho scritto al ministero dell’Ambiente e alla Regione – spiega Paoletti – 
    chiedendo il motivo per cui il nostro ente non è stato invitato alle ultime 
    riunioni, dopo che da anni ci occupiamo della questione bonifiche, 
    attraverso apposite strutture e appositi tavoli con le associazioni di 
    categoria. Aspetto una risposta». 
    
    Giuseppe Palladini  | 
  
 
 
  
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    Rifiuti, Duino boccia il 
    porta a porta  - Il Comune vuole incrementare la raccolta differenziata 
    ma con cassonetti  | 
  
  
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    Sulla 
    decisione in controtendenza rispetto ad altri enti avrebbe pesato la 
    tormentata esperienza di Monfalcone   | 
  
  
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    Il sistema 
    del territorio limitrofo ha avuto ripercussioni: perdita di 20mila euro. 
    Saranno potenziate le piazzole ecologiche e acquistati nuovi contenitori  | 
  
  
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    DUINO AURISINA Duino Aurisina 
    non «cederà alla tentazione» del porta a porta.  
    Diversamente dalle scelte effettuate da altri Comuni della provincia di 
    Trieste, come San Dorligo della Valle o dai confinanti Comuni del mandamento 
    monfalconese, la raccolta delle immondizie, pur restando differenziata 
    passerà per l'utilizzo pubblico dei cassonetti. Resta tuttavia l'obiettivo, 
    molto ambizioso, di abbassare del 20% entro il 2008 la quantità di rifiuti 
    «indifferenziati» e quindi da destinare all'inceneritore. Questo il progetto 
    e questi gli intendimenti dell'assessore ai Lavori pubblici di Duino 
    Aurisina Andrea Humar, reso noto nei giorni scorsi nell'ambito di un 
    incontro sul tema rifiuti organizzato dall'associazione Ambiente è Vita. La 
    scelta del contrastato porta a porta di Monfalcone - che ha causato non 
    pochi disservizi e un forte aumento dei costi anche a carico di Duino 
    Aurisina, perché molte persone del mandamento scaricano i rifiuti 
    indifferenziati nei bottini lungo la strada costiera e a San Giovanni di 
    Duino, causando un aggravio dei costi per l'amministrazione del territorio, 
    quantificato in circa 20mila euro - non ha contagiato Duino Aurisina. Che 
    invece prosegue nella propria politica, iniziata da alcuni anni, di 
    promuovere sì la raccolta differenziata ma utilizzando i normali cassonetti 
    già differenziati lungo le strade e nelle aree ecologiche. 
    All'inizio del prossimo anno, l'amministrazione comunale acquisterà - come 
    già annunciato - una serie di nuovi contenitori per la raccolta del verde 
    risultato di sfalci e potature e anche sulla base delle segnalazioni dei 
    cittadini provvederà a razionalizzare il posizionamento delle aree di 
    raccolta, le attuali piazzole ecologiche. Duino Aurisina non intende avviare 
    la raccolta porta a porta, come avviene nei Comuni del mandamento 
    monfalconese ma punta, con una campagna di sensibilizzazione rivolta ai 
    cittadini, ad aumentare la quota di rifiuti destinati al reciclo - ovvero 
    plastica, carta, metalli, rifiuto umido e vetro - pro capite, diminuendo 
    così quella indifferenziata che, destinata all'inceneritore, costa molto 
    all'amministrazione. 
    «Il nostro progetto - ha dichiarato l'assessore Humar - delinea una chiara 
    strada da percorrere, che non è quella della raccolta porta a porta e si 
    allontana dalla strada scelta da Monfalcone e San Dorligo della Valle: 
    porteremo avanti un progetto di aumento della differenziazione dei rifiuti 
    senza portarlo all’esasperazione conciliando recupero dei rifiuti, una buona 
    qualità del servizio e a una buona situazione igienico sanitaria». Tra i 
    progetti che si pensa di avviare a breve, anche l'introduzione di uno sconto 
    per i cittadini che avviano progetti di compostaggio, ovvero di reciclo 
    autonomo dell'umido per concimazione nel proprio giardino. 
    fr. c.  | 
  
 
 
  
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    Eni: il prezzo del gas 
    aumenterà. Rischi energetici per l’Italia - Parlano Scaroni e Medvedev (Gazprom)
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    Patrimonio 
    personale di 2 miliardi. È già entrato nella classifica della rivista Forbes 
    
    ROMA Il prezzo del gas è 
    destinato ad aumentare nel giro di sei mesi, sulla scia lunga delle 
    quotazioni del greggio, mentre l'Europa - e con lei l'Italia - è sempre più 
    fragile ed esposta al rischio di una carenza del combustibile che alimenta 
    impianti elettrici, riscaldamento, industrie. 
    È lo scenario tratteggiato oggi al congresso mondiale dell'energia dal 
    numero uno dell'Eni, Paolo Scaroni. Il vice presidente di Gazprom, Alexander 
    Medvedev, gli ha dato man forte, mettendo in campo anche il tema della 
    separazione delle reti e prospettando, su questo fronte, nuovi rischi per il 
    Vecchio Continente. 
    La chiave del problema l'ha riassunta bene il commissario europeo 
    all'Energia, Andris Piebalgs: è l'eccessiva dipendenza dalle importazioni di 
    gas, che si traduce, sottolinea Piebalgs, in una «eccessiva dipendenza dalla 
    volatilità del prezzo del petrolio», schizzato verso i cento dollari per 
    «motivi non ancora chiari». Le due variabili sono legate, e con una 
    tempistica abbastanza prevedibile, secondo Scaroni, «i prezzi del gas 
    cresceranno nei prossimi sei mesi», ha prospettato oggi l'a.d. dell'Eni. Una 
    preoccupazione per i consumatori, a cui se ne aggiungono altre di più ampia 
    portata, che investono l'Europa, sempre più esposta al «rischio di una 
    carenza gas nel prossimo futuro. Gas significa luce, riscaldamento, 
    produzione industriale - sintetizza Scaroni - Restare senza è un rischio che 
    non ci possiamo permettere». Di più. Se questo rischio oggi esiste, è anche 
    perchè l'Ue ha avuto una «visione limitata»: attenta al «dettaglio delle 
    regole di funzionamento del mercato interno», ma ha perso di vista le 
    «minacce esterne». 
    Una chiave di lettura che ha notevoli punti di contatto con quella espressa 
    da Gazprom, partner forte dell'Eni. Il vice presidente del colosso russo del 
    gas, Alexander Medvedev, non ha fatto mistero di essere preoccupato di 
    fronte alle proposte dell'Ue per separare la proprietà delle reti di 
    trasporto, cioè i gasdotti, dalle società che forniscono il gas. Questa 
    strada, secondo Medvedev, è poco «compatibile con le regole del mercato» e 
    percorrerla produrrà ripercussioni «negative per la sicurezza europea in 
    campo energetico». Parole forti da parte di uno dei principali fornitore di 
    gas per i paesi dell'Unione, un soggetto che continua a guardare con forte 
    interesse alle società energetiche italiane per «incentivare accordi», come 
    ha confermato ieri Medvedev, citando Enel, Edison e anche Terna. Con Eni, il 
    rapporto è consolidato da tempo. E proprio cogliendo l'occasione del forum 
    in corso a Roma, il ministro dell'energia russo, Victor Khristenko, ha 
    prospettato la possibilità di un ingresso del cane a sei zampe nel capitale 
    di Gazprom. Ma oggi Scaroni ha frenato: «Il tema - si è limitato a dire - 
    non è all'ordine del giorno».   | 
  
 
 
  
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    ISTRIA - Richiesta di danni 
    alla Rockwool  | 
  
  
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    ALBONA Un’altra denuncia degli 
    ambientalisti per inquinamento contro la fabbrica di lana di roccia della 
    Rockwool a Pedena. Sotto accusa «intense emissioni di fumo e odore 
    sgradevole» in seguito alle quali gli abitanti della zona hanno chiesto 
    aiuto al 112. Intanto alcuni cittadini hanno annunciato che intendono citare 
    la Rockwool in tribunale per chiedere il risarcimento dei danni visto che, 
    questa la motivazione, la qualità della vita è notevolmente peggiorata  | 
  
 
 
 
IL PICCOLO - 
MARTEDI', 13 novembre 2007 
 
 
  
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    Incontro pubblico sulla 
    Ferriera di Servola  - Il Circolo Miani: «Il problema dell’inquinamento 
    dell’aria va affrontato anche a Muggia»  | 
  
  
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    MUGGIA Il Circolo Miani, il 
    Coordinamento dei Comitati di quartiere, Servola Respira e La tua Muggia 
    hanno organizzato ieri a Muggia un incontro pubblico per parlare dei 
    problemi dell’inquinamento e della Ferriera. La sede scelta non è casuale. 
    All’incontro infatti è stato rimarcato che Muggia, assieme ad Aquilinia, è 
    con Servola la realtà più a rischio per la salute collettiva. Ma solo di 
    recente si è parlato anche di Muggia nel trattare la tematica degli 
    inquinamenti dell’aria, comprovati da analisi scientifiche svolte da vari 
    soggetti e su cui si è già espressa anche l’Azienda sanitaria. L’argomento 
    era stato toccato anche dal sindaco muggesano Nesladek in Consiglio 
    comunale, la settimana scorsa.  
    Un inquinamento a Muggia di cui, è stato detto ieri alla Sala Millo, «si 
    sapeva e si sarebbe dovuto parlare già tempo fa», vista la vicinanza 
    geografica con Trieste e con gli impianti ora sotto accusa, ma sul quale si 
    sarebbe mantenuto un silenzio che ieri è stato duramente criticato. «Un 
    problema che non si limita a polveri da ripulire dalle auto e dai davanzali 
    - è stato rilevato alla riunione - ma che ha anche ripercussioni sulla 
    salute. Le amministrazioni sono rimaste senza fare nulla per quasi 10 anni, 
    nonostante i fatti fossero noti da tempo».  
    Critiche sono state rivolte anche allo stesso sindaco di Muggia Nesladek, 
    «reo», secondo i promotori dell’assemblea di ieri, di avere ammesso di avere 
    letto solo ora i dati dell’inquinamento in città.  | 
  
 
 
  
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    San Giacomo, pista ciclabile 
    finita nel 2008  - Nei primi mesi del prossimo anno sarà realizzata la 
    passerella metallica in via dell’Istria  | 
  
  
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    Anche se in 
    ritardo proseguono i lavori per il completamento della via che porterà fino 
    a Muggia e alla Slovenia  
    
    Nei primi mesi del 2008 la pista 
    ciclabile che dal centro di Trieste porterà in futuro fino alla Slovenia 
    avrà un impulso determinante. La passerella metallica sopra via dell’Istria, 
    a San Giacomo, per permettere il passaggio della pista ciclabile, verrà 
    infatti realizzata entro i primi mesi del prossimo anno. La notizia arriva 
    dall’assessore provinciale ai Lavori pubblici, Mauro Tommasini, il quale 
    segue in prima persona lo sviluppo del percorso che da San Giacomo si 
    snoderà, lungo il tracciato della ferrovia Campo Marzio – Erpelle, fino a 
    Draga Sant’Elia. Inoltre prende sempre più corpo la possibilità di collegare 
    la pista con la Slovenia attraverso Muggia, progetto che verrà messo a punto 
    in un secondo momento, quando le principali strutture della ciclabile 
    saranno finalmente realizzate, a cominciare appunto dal cavalcavia. 
    Se le tabelle di marcia saranno rispettate le fondamenta del cavalcavia di 
    via dell’Istria verranno realizzate tra dicembre e gennaio. 
    Contemporaneamente sarà assemblato il ponte che, una volta posizionato, 
    sostituirà quello esistente. La struttura, lunga in totale circa 160 metri, 
    sarà composta interamente d’acciaio inossidabile, per ridurre i costi di 
    manutenzione. 
    Nelle ultime settimane sono stati completati il tratto che va da Campanelle 
    a Sant’Anna, fino all’incrocio tra via Costalunga e via Naldini e quello che 
    collega la zona di Raute con Cattinara. In questi due segmenti il percorso è 
    stato completamente asfaltato ed è stata installata l’illuminazione 
    pubblica. Una volta completata la passatoia verrà ultimata anche la parte 
    della pista tra le vie Ponziana e Orlandini, che sarà, così, collegata al 
    resto del tracciato. 
    «I lavori proseguono – dichiara Tommasini – e ci stiamo impegnando per 
    concludere l’opera nel minor tempo possibile. La costruzione della pista ha 
    permesso di realizzare anche opere collaterali, che porteranno sicuramente 
    benefici ai residenti. All’inizio del 2008 ci occuperemo della posa del 
    cavalcavia e del cantiere nelle vicinanze dell’ospedale infantile Burlo 
    Garofolo. Una volta terminato l’intero il percorso ci impegneremo per 
    firmare un’intesa con il Comune di Muggia di modo da estenderlo fino alla 
    Slovenia, con la quale saranno caduti i confini». 
    Al momento l’ostacolo maggiore per il completamento della pista ciclabile è 
    la presenza sul tracciato di un deposito privato, del quale 
    l’amministrazione provinciale vuole lo spostamento.  
    «Sulla questione sono stati presi provvedimenti di tipo legale, dato che 
    sull’area esiste un problema di titolarità – dice Tommasini -. Ritengo, 
    però, che la controversia sarà risolta in breve tempo e così potremo 
    concludere definitivamente l’opera». 
    Per nulla soddisfatto dell’andamento dei cantieri Francesco Battaglia, 
    coordinatore urbanistico della Quinta circoscrizione, che sottolinea 
    l’importanza di una maggiore collaborazione tra il parlamentino e la 
    Provincia. 
    «I lavori avrebbero dovuto essere già conclusi – dice -. L’informazione e il 
    coinvolgimento delle altre istituzioni nella realizzazione della pista 
    ciclabile sono inesistenti. Il progetto darà un servizio nuovo ai cittadini, 
    per cui ritengo che i residenti debbano essere tenuti al corrente dello 
    stato di avanzamento dell’opera. Inoltre – conclude Battaglia -, i ritardi 
    subiti dai lavori sono ingiustificati perché il tracciato era noto e i 
    problemi emersi andavano risolti in precedenza». 
    Il cantiere della pista ciclabile è stato aperto sette anni fa, nel 2000, 
    con la costruzione della prima parte del tracciato, tra San Giuseppe della 
    Chiusa e il confine di Stato. Due anni fa sono stati realizzati il 
    sottopassaggio della strada provinciale 11 «di Prebenico» e un parcheggio in 
    via Gramsci. 
    All’inizio del percorso ciclabile a San Giacomo è stato, inoltre, costruito 
    un infopoint, all’interno del quale, una volta inaugurata la pista troverà 
    spazio anche un punto di ristoro. Anche qui i tempi per la piena operatività 
    dell’info-point non sono ancora certi.  
    Mattia Assandri   | 
  
 
 
  
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    Secondo i manager italiani  
    - «Via nucleare obbligatoria»  | 
  
  
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    ROMA L'Italia «non può 
    prescindere dal nucleare». Nè è convinto il presidente dell'Enel Piero Gnudi 
    anche se è costretto a dar ragione al ministro Bersani (nella foto), secondo 
    il quale il nostro Paese «non ha il fisico» per fare una scelta del genere. 
    L'energia nucleare tiene banco alla seconda giornata del Wec, il Congresso 
    Mondiale dell'Energia, che per la prima volta si tiene in Italia. Oltre a 
    Piero Gnudi, a sottolineare l'importanza della scelta sono stati i manager 
    di grandi società italiane: Giuliano Zuccoli, amministratore delegato di Aem 
    e presidente di A2A, la joint venture nata dalla fusione della 
    municipalizzata milanese con la bresciana Asm che si dice pronto a un 
    progetto di fattibiltà. E Umberto Quadrino, ad di Edison che ha sottolineato 
    come non ci possa essere «soluzione al problema dell'energia senza il 
    nucleare» e che dunque è «assolutamente necessario trovare un accordo su 
    questo tema».  | 
  
 
 
  
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    Il destino della Ferriera  | 
  
  
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    Mando questa lettera in quanto 
    tutti sono favorevoli a chiudere la Ferriera, noi invece non ne vediamo il 
    bisogno, mio marito lavora nell’indotto. Questo mostro che emette fumi 
    bianchi e rossi, credo sia il primo tifoso della Triestina; il rione è 
    cresciuto attorno a essa, quando degli scellerati hanno dato 
    l’autorizzazione a costruire le case vicino, i fumi già uscivano dal camino. 
    Ora inquina, bisogna chiuderla. Ma da quante altre cose siamo inquinati? Con 
    il beneplacito dei nostri politici. Esempio: pesce al mercurio, mucche 
    pazze, polli schizofrenici, vino al metanolo e se ne possono elencare molte 
    altre. 
    Ma quello che mi preme è questo: non si parla tanto della fine di quei 1000 
    lavoratori, che avranno di sicuro una famiglia, figli, mutui o affitti da 
    onorare. Chi gli assicura di trovare un altro posto? A Trieste non c’è 
    realtà lavorativa, non si trova nell’immediato un lavoro. 
    Ora chiedo ai nostri cari servolani, a coloro che grazie alla Ferriera ora 
    si godono la pensione: presto è Natale, fate un gesto generoso, accollatevi 
    una famiglia a testa e mantenetela visto che volete portar via il lavoro a 
    queste famiglie. 
    Ora salute, salute. Ma prima voi dell’inquinamento ve ne infischiavate, 
    bastava lavorare per essere tranquilli economicamente, lavoratori prima, 
    pensionati ora. 
    L’unica speranza è che si concluda il tutto in maniera positiva per i 
    lavoratori e per la stessa Ferriera, tenendo conto della crisi in atto in 
    tutte le categorie. 
    Lettera firmata  | 
  
 
 
IL PICCOLO - 
LUNEDI', 12 novembre 2007
 
 
  
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    Sul caso Ferriera  - 
    Oggi il dibattito sulla sfiducia del centrodestra alla Barduzzi  | 
  
  
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    Si discuterà nel Consiglio 
    provinciale di questo pomeriggio, con inizio alle 18, la mozione di sfiducia 
    all’assessore all’ambiente Ondina Barduzzi, presentata il 20 ottobre 
    dall’opposizione di centrodestra sul caso Ferriera. La mozione - ricorda in 
    una nota stampa il capogruppo di Alleanza Nazionale Marco Vascotto - è 
    motivata dalla «scarsa incisività del suo operato, tendente a sottovalutare 
    i dati sull’inquinamento prodotto dalla Ferriera, poco collaborativo con le 
    altre istituzioni in vista della chiusura dello stabilimento e già criticato 
    da esponenti anche della sua stessa maggioranza, ad esempio il consigliere 
    regionale dei Verdi Alessandro Metz». Forza Italia, nello spiegare la 
    mozione nei giorni scorsi, aveva ricordato i «20 mila euro» spesi dalla 
    Provincia nel progetto metropolitana leggera, mentre «Barduzzi non ha avuto 
    il tempo per promuovere analisi sul territorio provinciale per misurare le 
    immissioni in atmosfera della Ferriera». Un attacco politico, questo, che il 
    centrodestra intende rivolgere pure alla Regione che sulla Ferriera «ha 
    sempre mantenuto una posizione palesemente ondivaga». «Ho fatto tutto quanto 
    di mia competenza», era stata la replica dell’assessore alla notizia della 
    mozione. «I dati sono pubblici, quando i limiti venivano superati li ho 
    sempre comunicati allo stabilimento e alla Procura». 
    Nel corso dell’odierna seduta del Consiglio - fa sapere Vascotto - si 
    dicuterà anche di Ogm e del «Giorno della libertà» del 9 novembre, istituito 
    con legge nazionale nel 2005 per ricordare la caduta nell’89 del muro di 
    Berlino.  | 
  
 
  
  
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    Prodi: incentivi per le 
    imprese di energia pulita  - «Razionalizzare i consumi». Protesta di 
    Greenpeace contro il nucleare  | 
  
  
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    La proposta 
    è stata lanciata dal premier all'Europa durante l'apertura del ventesimo 
    World Energy Congress  
    
    ROMA «Gli incentivi previsti per 
    il consumo dell'energia pulita devono essere estesi anche alle imprese 
    operanti lungo la filiera energetica, senza che questi incentivi vengano 
    classificati come aiuti di stato»: la proposta è stata lanciata all’Europa 
    dal presidente del Consiglio, Romano Prodi, durante l'apertura del ventesimo 
    World Energy Congress. Prodi ha detto che è importante razionalizzare i 
    consumi di energia e puntare sulla ricerca: «Tra poco la domanda indiana e 
    cinese di energia avrà un peso determinante - ha dichiarato Prodi - il 
    problema non è bloccare la domanda ma razionalizzare i consumi e farne un 
    uso ottimale da parte nostra poi ricerca, ricerca, ricerca per nuove 
    energie». Proposta che viene lanciata in un clima poco favorevole sui 
    mercati globali a causa dell’aumento del prezzo del petrolio lanciato verso 
    quota 100 dollari. Secondo Prodi per evitare nuove emergenze bisogna 
    contenere il meccanismo speculativo sulle fonti energetiche: «Sullo 
    squilibrio tra domanda ed offerta -ha detto- si innesta un pericoloso 
    meccanismo speculativo che deve essere fortemente contenuto».  
    Al forum, in primo piano, anche il tema del nucleare. Proprio durante 
    l'intervento del premier italiano due climbers di Greenpeace si sono calati 
    dal soffitto della sala ed hanno srotolato uno striscione con scritto: 
    «Chiudiamo la follia nucleare. Rivoluzione energetica subitò». Sono 
    intervenute le forze dell'ordine. Gli attivisti di Greenpeace, spiega una 
    nota dell'associazione, sono entrati in azione per ricordare che il nucleare 
    è una falsa soluzione al problema dei cambiamenti climatici. I lunghi tempi 
    di realizzazione delle centrali non permetteranno, infatti, di abbattere le 
    emissioni mondiali di gas serra in tempo, l'uranio è una risorsa molto 
    limitata e i soldi spesi nel nucleare saranno sottratti allo sviluppo delle 
    vere soluzioni: fonti rinnovabili ed efficienza energetica». 
    Prodi non ha rinunciato a chiarire la sua posizione su questo tema. Per il 
    premier si deve intensificare la ricerca sul carbone pulito, sul nucleare di 
    nuova generazione e sul fotovoltaico: «Oggi più che mai abbiamo bisogno che 
    ricerca scientifica e sviluppo tecnologico offrano soluzioni e diano 
    risposte ai vari problemi che abbiamo di fronte e non solo per colmare i 
    crescenti squilibri tra domanda ed offerta di energia. La tecnologia deve 
    accompagnare e facilitare cambiamenti nello stile di vita e nelle abitudini 
    dei cittadini. La ricerca e l'innovazione ci devono consentire di poter 
    produrre energia in modo più efficiente nella più completa tutela 
    dell'ambiente. Deve quindi essere intensificata la ricerca nel settore del 
    carbone pulito, nel nucleare di nuova generazione e nelle energie 
    rinnovabili e soprattutto sul fotovoltaico. Molti paesi - ha sottolineato 
    Prodi - stanno puntando proprio sulle rinnovabili, ma ingenti investimenti 
    sono necessari se vogliamo che queste nuove fonti raggiungano quote sempre 
    più crescenti dei consumi energetici mondiali».  | 
  
 
 
  
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    Quei «no» preconcetti degli 
    ambientalisti - Secondo un lettore associazioni e movimenti ecologisti 
    frenano lo sviluppo del Paese   | 
  
Esemplare mania, delle associazioni 
ambientaliste e comitati vari, d’autopromuoversi e di trovare bello e buono 
soltanto ciò che da loro promana. Tritano miscele di individualismo e furbizia 
in modo da apparire all’opinione pubblica paladini e protettori dell’ambiente, 
anche a costo di costi rilevanti in termini di sviluppo economico del Paese. 
Quanto costa cedere alla sindrome Banana «Build absolutly nothing anywhere near 
anything, non costruire assolutamente nulla in nessun posto vicino a niente»?
Per essere presenti nelle scelte s’improvvisano: progettisti, tecnici ecc. senza 
mai applicare all’argomento, oggetto di studio, la solidità tecnico/scientifica 
necessaria. La mappa dei no è sterminata, e scoraggia chiunque, pubblico o 
privato, intenda mettere mano alla costruzione di opere e infrastrutture. Giusto 
per limitarsi all’orizzonte della nostra città cito: la Grande viabilità, il 
Corridoio 5, la Baia di Sistiana, i rigassificatori, il campo di golf Trebiciano, 
Muja Turistica, la limitazione ai traffici navali, Hotel Europa ecc. (è proprio 
tutto sbagliato?). 
Reminescenze ambientali: avvilente è stata la posizione assunta dal Wwf di 
Trieste in merito al Sincrotrone di Basovizza. Oggi polo scientifico di 
rilevanza nazionale e «fiore all’occhiello della nostra città» queste cose non 
andrebbero dimenticate.
In merito all’ Av/Ac (Corridoio 5) s’inventano soluzioni quali il rifacimento 
delle linee attuali. Il tutto in contrasto con gli indirizzi progettuali delle 
Rfi. L’alternativa al tunnel, sostenuta dalle associazioni, comporta delle 
ricadute negative sulla popolazione in termini di: «espropri», «rumore», 
«frammentazione del Carso» ecc. Espropri: è risaputo che i cittadini del Carso 
hanno dato già tanto, lascio giudicare gli stessi. Cosa dicono in merito l’on. 
Stojan Spetic e il segretario Igor Kocjancic? Rumore: si sta delineando come una 
delle maggiori fonti di disturbo per la nostra società. Scientificamente sono 
dimostrati gli effetti sulla salute delle persone esposte a livelli di rumore 
elevati. Il trasporto su rotaia non sfugge a tali criticità (a 100 km/h il 
livello di rumore si aggira sui 95 dB (A) mentre i valori limite differenziali 
si applicano se il rumore misurato diurno è superiore ai 50 dB(A)e notturno ai 
40dB(A) – Dpcm 14/11/97). Probabilmente molti degli abitanti residenti lungo le 
linee ferroviarie, in modo particolare nel tratto Aurisina-Trieste, farebbero a 
meno di tale quotidiano disagio. Ambiente: nelle linee per la Tav normalmente 
sono installate barriere anti intrusione o fonoassorbenti le quali 
costituiscono, per la fauna, degli ostacoli insuperabili. 
Dopo i trafori del Lotschberg e del San Gottardo di 36,4 e 57 km e relativa 
stazione di Sedrun posta a ben 800 metri di profondità (asse Ten 24 
Genova-Rotterdam) un progetto infrastrutturale che preveda un tunnel in Carso 
non può certamente preoccupare eccessivamente i progettisti e le imprese. 
Sorprende però riscontrare tanta credulità nei «miracoli» degli ambientalisti 
più che nelle capacità dell’ingegno e del lavoro di staff di professionisti 
capaci e motivati.
Luciano Emili
 
 
 
IL PICCOLO - 
DOMENICA, 11 novembre 2007 
 
 
  
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    Il consigliere dei Verdi 
    interviene sull’autorizzazione alla Ferriera  - Metz: «Serve il piano 
    dell’aria»  | 
  
  
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    «Anche se non credo alla 
    possibilità di mettere a norma un impianto obsoleto come quello di Servola, 
    mi preme almeno che gli iter procedurali vengano rispettati rigorosamente. 
    C’è dunque la necessità del piano della qualità dell'aria o di un suo 
    eventuale stralcio per la sola area triestina, e quindi la successiva 
    approvazione del piano da parte degli uffici ministeriali, prima di un 
    possibile rilascio dell'autorizzazione ambientale alla Lucchini spa». 
    Lo afferma in una nota il consigliere regionale dei verdi Alessandro Metz, 
    il quale afferma poi che la correlazione tra la procedura autorizzativa e la 
    stesura del piano della qualità dell'aria non è di tipo tecnico-legale bensì 
    di carattere tecnico scientifico, e soprattutto pragmatico. 
    Metz ricorda poi che già nella riunione in Regione del 30 ottobre è stata 
    evidenziata l’urgenza del problema, e cita il verbale della seduta: «L’Arpa 
    chiarisce nelle sue conclusioni che in mancanza del piano regionale di 
    qualità dell'qria non è in grado di valutare se il quadro delle emissioni 
    sia o meno compatibile con il territorio sul quale lo stabilimento si 
    colloca». 
    Nello stesso verbale Pierpaolo Gubertini, direttore del Servizio tutela da 
    inquinamento ambientale e rappresentante regionale alla conferenza, propone 
    la redazione di un piano stralcio di qualità dell'aria per l'area triestina 
    coinvolta e chiede all'Arpa di presentare nella prossima riunione del 15 
    novembre una proposta di piano stralcio.  | 
  
 
 
  
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    Ambientalisti e cittadini 
    manifestano chiedendo la chiusura della Rockwool   | 
  
  
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    Rimbalzano 
    nei palazzi politici della Contea istriana gli slogan contro la fabbrica di 
    lana di roccia di Pedena  
    
    PEDENA Rimbalza a Pola, sede 
    dell’assemblea conteale istriana, e a Pisino, sede della giunta, l’eco della 
    vivace manifestazione di protesta svoltasi ieri a Pedena davanti alla sede 
    della Rockwool. Oltre duecento abitanti della zona di Pedena si sono infatti 
    riuniti attorno alla fabbrica di lana di roccia Rockwool per chiederne la 
    chiusura e lo smantellamento lamentando, con cartelloni e slogan, l’impatto 
    delle attività dello stabilimento sull'ambiente. La struttura, aperta a 
    regime di collaudo neanche due mesi fa, ha dovuto a più riprese interrompere 
    la produzione causa l'emissione di gas inquinanti e il cattivo funzionamento 
    degli strumenti di monitoraggio ecologico. 
    Il presidente del Partito dei verdi della Croazia Josip Anton Rupnik ha 
    lanciato dure accuse all' amministrazione regionale e soprattutto al suo 
    presidente Ivan Nino Jakovcic «per aver portato in Istria un'industria 
    sporca mosso da interessi personali e non della collettività». Ha quindi 
    lanciato frecciate nei confronti dell'Ufficio dell'amministrazione statale 
    «per aver ignorato la richiesta di referendum sulla fabbrica, richiestav 
    sottoscritta da 6.651 cittadini». 
    L'architetto Bruno Poropat, ex dietino, da anni impegnato nella salvaguardia 
    dell'ambiente, ha richiamato l'attenzione dei manifestanti e dei cittadini 
    della zona su presunte gravi violazioni nel percorso burocratico che hanno 
    portato all'apertura della fabbrica. «Lo studio di impatto ambientale - ha 
    accusato - è stato manomesso e anche la licenza edilizia è stata concessa in 
    base a documenti manipolati». Ha poi concluso affermando che «l'Istria e' la 
    nostra terra e non vogliamo andarcene a causa di questa fabbrica». 
    Vjeran Pirsic dell'associazione «Eko Kvarner» si è detto costernato per il 
    fatto che la più fertile vallata istriana sia stata sacrificata 
    all'industria. «I progetti di rilancio dell'agriturismo e della produzione 
    di alimenti biologicamente sani sono falliti - ha detto - con pesanti danni 
    economici per la gente che si è indebitata per realizzarli». 
    Al comizio si sono visti sventolare striscioni con slogan del tipo «Rockwool 
    go home!», e «Toscana=Istria-Cernobyl» con riferimento, quest’ultimo, al 
    fatto che l’Istria avrebbe un futuro degno di regioni apprezzate in tutto il 
    mondo per l’ambiente e i prodotti agricoli, quali la Toscana, se non venisse 
    rovinata dagli insediamenti industriali». 
    La manifestazione è stata disertata dagli altri esponenti politici. La 
    Rockwool è attualmente di verifiche e controlli da parte dell'Agenzia 
    statale per la competitività di mercato per presunte violazioni della legge 
    sugli incentivi di stato. Stando agli ambientalisti la fabbrica avrebbe 
    beneficiato di 17 milioni di euro quali contributi e di altre infrastrutture 
    date senza contropartita. 
    p.r.  | 
  
 
 
 
IL PICCOLO - 
SABATO, 10 novembre 2007 
 
 
  
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    Sito inquinato, via libera 
    della Regione all’Ezit per il piano di caratterizzazione: 1,343 milioni  | 
  
  
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    Via libera dalla Regione alla 
    copertura finanziaria necessaria ad attuare la caratterizzazione di parte 
    delle aree pubbliche e di quelle inquinate dal settore pubblico nella Valle 
    delle Noghere e nell’alveo del Rio Ospo. 
    Si tratta della conferma di un trasferimento legato alla «delegazione 
    amministrativa», che è già stato inserito nei giorni scorsi fra le entrate 
    del bilancio di previsione 2008-2010 dell’Ezit. Ieri, infatti, la giunta 
    Illy ha approvato su proposta del vicepresidente Moretton la delibera che 
    autorizza la spesa «per attività previste dal piano di caratterizzazione» 
    per un importo di un milione e 343mila euro. 
    Tali risorse derivano proprio dall’incarico complessivo per l’attuazione del 
    piano di caratterizzazione affidato dalla Regione all’Ezit. Secondo il 
    decreto, l’ente presieduto da Mauro Azzarita deve avviare entro 12 mesi le 
    procedure per attivare le operazioni previste dal piano nelle aree pubbliche 
    e in quelle inquinate dal pubblico alle Noghere, mentre il termine per 
    l’attuazione è fissato in 36 mesi. 
    Ma i tempi potrebbero ridursi, come ha lasciato intendere di recente 
    Azzarita. Del resto la caratterizzazione delle aree di proprietà dell’Ezit 
    alle Noghere (450 mila metri quadri), iniziata in primavera, si è conclusa 
    nei giorni scorsi, con due mesi di anticipo sulle previsioni. 
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    Bucci: «Nessuna 
    autorizzazione alla Ferriera che inquina» - Il Comune aveva chiesto la 
    sospensione dell’attività  | 
  
  
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    «Potremo dare un parere positivo 
    sull’Aia, l’Autorizzazione integrata ambientale per la Ferriera di Servola, 
    solo se la fabbrica, dopo aver sospeso l’attività per interrompere il flusso 
    di inquinanti, e dopo aver nel frattempo realizzato tutte le misure 
    necessarie a non produrne di ulteriore, riprenderà a funzionare in modo 
    accettabile, ma siccome questo non sta avvenendo, il nostro parere non 
    cambia e se ci sarà un voto in sede di conferenza dei servizi esso resterà 
    negativo». Lo conferma l’assessore all’Ambiente Maurizio Bucci, all’indomani 
    del «tavolo di crisi» in cui la Regione ha fatto chiaramente intendere che 
    l’autorizzazione è la via prescelta per instradare l’azienda su un assetto 
    ambientale corretto, riservandosi (come da legge) azioni di verifica 
    costante, e dopo aver scartato - su parere dell’avvocatura - l’ostacolo 
    costituito dall’assenza di un «piano dell’aria». 
    Consenso a questa posizione è venuto dalla Provincia e anche dalla Cgil: il 
    sindacato ha ipotizzato che il Comune possa modificare il proprio parere 
    sulla scorta di questi indirizzi. Ma così non è. In sede di voto 
    l’amministrazione comunale si manterrà in posizione con le stesse 
    motivazioni già depositate: «Si basavano - afferma Bucci - non sull’ostacolo 
    del piano dell’aria, bensì sulla presenza di inquinamento: la conferenza dei 
    servizi sull’Aia si è riunita più volte, in un arco di tempo molto lungo, 
    nessuna modifica è stata fatta intanto dalla Lucchini, che anzi ha impugnato 
    le ordinanze del sindaco così affermando che non accetta di calare 
    l’inquinamento, e dunque non vedo che cosa sia cambiato da indurci a 
    modificare la nostra posizione, se avesse accettato di sospendere l’attività 
    per mettersi in regola le cose sarebbero state diverse». 
    Quando anche un solo ente con diretta competenza sul territorio vota «no» 
    all’interno della conferenza dei servizi per l’Aia la materia passa al voto 
    della sola Giunta regionale: «La Regione - prosegue Bucci - ragiona così: 
    inquina pure, tanto hai degli anni per metterti in regola, e questa è una 
    valutazione politica, è una scelta della Giunta regionale, noi continueremo 
    a richiamarci alle leggi vigenti, che certo non mancano, e non daremo 
    cambiali in bianco di fronte a conclamato inquinamento, cosa che la legge 
    stessa sull’Aia impedisce di fare». 
    g. z.  | 
  
 
 
  
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    Lega Nord: «Necessario 
    chiudere la Ferriera»  | 
  
  
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    MUGGIA La Lega Nord di Muggia si 
    appella al sindaco Nesladek per la tutela della salute dei muggesani, 
    «eliminando totalmente le cause che minacciano al salute dei cittadini». 
    Tullio Pantaleo, esponente locale del Carroccio, si riferisce alla presenza 
    di sostanze inquinanti nell’aria, comprovata da studi biologici, di cui 
    aveva dato notizia il sindaco nei giorni scorsi. E aggiunge: «Perché la 
    centralina di analisi dell’aria, che segnalava notoriamente già nel 2001 
    sostanze inquinanti, è stata spostata in una zona che è sterrata e 
    ventilata? Perché non riposizionarla là dov’era un tempo?». Pantaleo non usa 
    mezze parole e rivolgendosi anche al sindaco di Trieste chiede «la chiusura 
    della Ferriera di Servola. Gli operai – aggiunge – potrebbero essere 
    reimpiegati nei nuovi centri commerciali in via di completamento proprio a 
    Muggia». 
    s. re.  | 
  
 
 
IL PICCOLO - 
VENERDI', 9 novembre 2007 
 
 
  
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    Ferriera verso 
    l’autorizzazione ambientale  - Moretton (Regione) smentisce il 
    ministro: «Non serve aspettare il piano dell’aria»  | 
  
  
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    Nuova 
    riunione del tavolo di crisi. Tra una settimana potrebbe venir concessa 
    l’Aia indipendentemente dalle scelte del Comune   | 
  
  
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    L’Azienda 
    sanitaria segnala valori in lieve miglioramento nelle concentrazioni delle 
    polveri e del benzoapirene  | 
  
Non occorre un piano regionale 
dell’aria per concludere le procedure relative all’Autorizzazione integrata 
ambientale la cui concessione o meno pende sulla Ferriera. La Regione ha 
analizzato la materia e deciso così, mettendosi dunque in netta contrapposizione 
col ministro dell’Ambiente, Alfonso Pecoraro Scanio, che l’altro giorno aveva 
sollecitato un tanto direttamente a Illy.
È quanto scaturito ieri dalla riunione del «tavolo di crisi» sulla Ferriera, che 
si è tenuta stavolta - per esplicita richiesta dell’assessore Gianfranco 
Moretton che la presiedeva - a porte chiuse. Lo stesso Moretton ha dato la 
linea: «Nell’ambito dell’Aia possiamo chiedere all’azienda tutti i correttivi 
necessari a calare le emissioni inquinanti, del resto l’autorizzazione una volta 
concessa obbliga a continue verifiche, e se la fabbrica si dimostra inadempiente 
rispetto agli impegni può essere anche revocata».
Ininfluente, è stato detto, la riapertura dei termini decisa dal governo con una 
dilazione di 6 mesi per la chiusura delle Aia in Italia. La prossima riunione 
del 15 novembre potrebbe anche essere quella risolutiva, sia che il Comune 
mantenga la propria posizione negativa sia che la modifichi in sede di 
votazione. Ma come mai adesso non serve un piano dell’aria, esplicitamente messo 
come condizione dalla stessa Arpa, agenzia regionale? «Neanche la Lombardia - ha 
risposto Moretton - ha pronto quel piano, ed è tutto dire con le industrie che 
ha».
Intanto l’Azienda sanitaria, su richiesta del sindaco Dipiazza che ha lasciato 
molto presto la sala ha esposto i dati sugli inquinanti di cui l’ha fornita 
l’Arpa, compresi gli ultimi di settembre misurati su tre centraline di Servola: 
«Risultano - ha detto la responsabile del Dipartimento di prevenzione, Marina 
Brana - dati in lieve miglioramento sia per il numero di sforamenti delle 
polveri sia per la concentrazione di benzoapirene, ma non sappiamo se ciò 
dipenda da misure correttive installate dalla Lucchini o da condizioni 
metereologiche particolarmente favorevoli».
Persiste però il «rischio salute» che più volte l’Ass ha segnalato al sindaco, 
perché «da gennaio a oggi tutti i dati sono andati peggiorando, e benché 
settembre sia un po’ migliore siamo sempre a oltre 2 nanogrammi di benzoapirene 
per metro cubo, cioé il doppio del limite consentito». Per Brana non è nemmeno 
ininfluente (come protesta la Lucchini) l’alta concentrazione riscontrata in via 
San Lorenzo in Selva: «C’è sempre una diffusione graduale nell’aria del rione, e 
il vento o qualche accidente possono sempre buttar fuori ciò che sta dentro la 
fabbrica». L’Arpa tuttavia ha affermato di voler confrontare i propri dati con 
quelli in possesso dell’Apat nazionale, che li ha promessi in parte per metà 
mese e in parte per la fine. Senza dire che i lavoratori sono comunque 
sottoposti a livelli di sostanze estremamente alte. Ieri è stato ufficialmente 
annunciato che il monitoraggio sulla presenza di benzoapirene nei liquidi 
biologici si farà su 100 operai dal 19 al 24 novembre.
Cosa che soddisfa i sindacati, per lo meno la triplice (meno le Rsu interne): 
«Benissimo - commenta Franco Belci della Cgil -, l’Aia si può fare in qualunque 
momento e porterà a migliorare la situazione, l’Ass ha portato dati più 
positivi, su queste basi penso che anche il Comune potrebbe rivedere la propria 
posizione finora negativa». Ma Giulio Frisari della segreteria provinciale 
Failms-Cisal ha lanciato accuse pesanti: «Con lo slittamento delle 
autorizzazioni anche questo tavolo regionale non porta più da nessuna parte, 
siamo piombati nel caos, molti lavoratori ci denunciano giornalmente disumane 
condizioni di lavoro, specie alla cokeria, che puntualmente denunciamo anche 
all’Ass nella speranza che qualcosa cambi ma il direttore dello stabilimento ha 
fatto un’assemblea coi dipendenti per convincerli che le sostanze emesse dagli 
impianti non sono nocive».
Per l’assessore provinciale all’Ambiente, Ondina Barduzzi, convinta dal parere 
legale della Regione che il piano dell’aria non è vincolante, la strada 
intrapresa ieri va bene: «Noi comunque il catasto delle emissioni lo facciamo, è 
indispensabile, ma se non diamo l’autorizzazione lasciamo mani libere 
all’azienda, con quel vincolo invece possiamo imporre migliorie e controllare».
Gabriella Ziani 
  
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    FERRIERA - Dipiazza senza 
    colpo a sorpresa: «Aspetto la lettera dell’Ass»  | 
  
  
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        Quand’è stato il suo turno 
        il sindaco Dipiazza, che aveva annunciato sorprese eclatanti al tavolo 
        regionale, ha letto i carteggi con l’Azienda sanitaria e chiesto 
        risposta sugli ultimi dati dell’aria disponibili, quelli che il 
        direttore Rotelli lo aveva rimandato a sentire proprio in Regione, 
        negandoli in via diretta. Poi ha chiesto di avere il documento, gli è 
        stato risposto che lo riceverà non appena controfirmato dal direttore 
        generale, ed è uscito lasciando alla riunione l’assessore Bucci. 
        «Aspetto la lettera con le cifre» ha commentato seccamente. Il nuovo 
        corso è quello annunciato l’altro giorno: «Parlerò solo per atti». Ma 
        l’assenza della carta ha forse impedito di dar corso al promesso guizzo, 
        «una cosa per cui domani ridiamo» aveva preannunciato. Resta il fatto 
        che il Comune ha già depositato (senza voto) un parere negativo 
        sull’Aia. Non sembra che torni sui propri passi. Il 15 mattina si terrà 
        la nuova riunione, che verrà commentata da tutti gli enti già nello 
        stesso pomeriggio, sempre in Regione. Se si procede al voto, e manca 
        l’unanimità, la materia passa interamente alle responsabilità della 
        Giunta regionale.  | 
       
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    Illy a Barroso: 
    Tav in ritardo, intervenga l’Ue  - La Regione: da risolvere subito le 
    difficoltà in Slovenia per la ferrovia ad alta velocità   | 
  
  
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    A Trieste e 
    non a Gorizia la festa d’addio al confine. Rosato: probabile a Fernetti 
    
    Il 
    presidente della Commissione Europea ieri a Trieste e poi a Udine per 
    l’assemblea dell’Are: a colloquio con il governatore  
    
    TRIESTE Josè Manuel Barroso ha 
    incontrato ieri a Trieste il presidente della Regione Illy: i due hanno 
    discusso della nuova prospettiva del Friuli Venezia Giulia con la caduta del 
    confine orientale. Si è parlato di infrastrutture ma anche della scelta 
    della sede dei festeggiamenti (Trieste al posto di Gorizia, probabilmente a 
    Fernetti, come dice il sottosegretario Rosato) per la caduta del confine 
    previsti per il 20 e il 21 dicembre. Illy ha indicato al presidente della 
    Commissione europea le difficoltà finora riscontrate con la Slovenia per la 
    realizzazione della linea ferroviaria ad Alta velocità. Il presidente ha 
    suggerito la necessità di arrivare a una soluzione «particolare» per 
    l'attraversamento della Slovenia da parte della Tav. «L’anno prossimo verrà 
    completata l'autostrada, ma che c'è ancora una situazione vischiosa sulla 
    nuova linea ferroviaria, quindi ho indicato l'esigenza di una soluzione 
    particolare per la Slovenia, che viene attraversata dalla linea ma che per 
    l'alta velocità avrà solo una fermata». Oggi Barroso sarà a Udine per 
    chiudere i lavori dell’Are, l’Assemblea delle regioni europee.  | 
  
 
 
IL PICCOLO - 
GIOVEDI', 8 novembre 2007 
 
 
  
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    Ferriera, scontro 
    Dipiazza-sindacati - 
    Cgil-Cisl-Uil: cerca alibi per non essere riuscito a chiudere 
    lo stabilimento   | 
  
  
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    Il sindaco 
    promette «grosse sorprese» al tavolo di oggi con la Regione. «Mi divertirò 
    molto, comincio a fare il gioco sporco anch’io»  
    
    Alla riunione di questo 
    pomeriggio del «tavolo di crisi regionale» sulla Ferriera il sindaco 
    Dipiazza si toglierà qualche pietra dalle scarpe, non già sassolini. Così 
    annuncia, senza dettagli. «E poi rideremo - aggiunge soltanto -, mi 
    divertirò molto, perché a fare il gioco sporco comincio anch’io». Il tema 
    dell’arrabbiatura è la proroga di sei mesi decisa a livello nazionale per il 
    rilascio dell’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) alle aziende 
    potenzialmente inquinatrici, 8000 in Italia, 200 in Regione, una a Trieste: 
    la Ferriera di Servola. 
    È ben vero che i ritardi di tutt’Italia potrebbero non combaciare con quelli 
    triestini e che quindi la procedura qui, se tutto fosse (ma non è) in ordine 
    potrebbe ugualmente concludersi in qualsiasi giorno del calendario, ma la 
    dilazione mentre pende sulla città un inquinamento ancora oggi certificato, 
    con una media di 2,2 nanogrammi di benzoapirene in via Pitacco e cioé non 
    sulla porta della fabbrica ma nel quartiere, manda sulle furie Dipiazza. 
    Verde di bile, e non solo: adesso anche di bandiera. Dà per imminente e 
    certa la sua iscrizione a un’associazione ambientalista: «Mi iscrivo eccome. 
    Pochi li ascoltano davvero? Avranno in me un supporto nuovo». 
    Il motivo dello scandalo è nella discrepanza tra una responsabilità 
    amministrativa che il sindaco non può scansare in materia di salute pubblica 
    e i sei mesi di tempo che vanno ora in groppa al problema-Servola dopo tanti 
    anni di irrisolte questioni. «La legge - riflette Dipiazza - non è uguale 
    per tutti, è chiaro, e noi amministratori finiamo per apparire vessatori di 
    cittadini: multiamo e puniamo la signora Peppa per una veranda senza 
    permesso, o un varco di camino per la stufa di casa, e non siamo in grado di 
    far rispettare la legge a chi inquina la città». Il sindaco è scandalizzato 
    per Servola, per l’inceneritore - che buttò fuori diossina -, per i mari 
    malati, per lo sporco che dilaga «in un immobilismo totale». 
    Da oggi, dalla riunione tra Regione, enti amministrativi e sanitari e 
    sindacati fissata per le 14.30 alla Direzione ambiente, Dipiazza annuncia 
    che «parlerà solo per atti, però ogni giorno». E ce l’ha col governo perché 
    «manda avanti una proroga su temi ambientali proprio l’ultimo giorno di 
    scadenza, mentre la legge è del 2005», e con la Regione che già dal 2003 
    avrebbe dovuto redigere un «piano territoriale dell’aria», senza il quale in 
    effetti la Regione stessa non può proprio autorizzare nulla alle aziende, 
    perché non è in grado di fissare, misurare e di seguito verificare il 
    relativo inquinamento singolo, che va a sommarsi con quello di altre 
    fabbriche o fonti d’insalubrità ambientale. Più alto è il dato complessivo, 
    più basso dev’essere il livello di emissione concesso a ciascuna unità 
    produttiva. 
    È per l’assenza di questo documento che all’ultima riunione per l’Aia, 
    chiusasi con un nulla di fatto a eccezione del «no» depositato proprio dal 
    Comune, è stata cercata la via d’uscita di verificare se l’Arpa possa 
    esprimere un parere «a prescindere per ora dalla qualità dell’aria». Sembra 
    un’operazione ardita. Da qui anche il richiamo del ministro Pecoraro Scanio 
    al presidente Illy e l’avvertimento del sindaco secondo cui il Comune alla 
    prossima riunione in tema (15 novembre) non ci sarà. «Manderò i funzionari 
    ad ascoltare - precisa -, noi il lavoro in quella sede l’abbiamo chiuso con 
    un parere, e dunque io non vado». 
    L’Azienda sanitaria oggi ricorderà i dati di benzoapirene a Servola, il 
    nuovo elemento che ha squassato la città. Tra i ritardi di legge (e non 
    locali), c’è da registrare infatti anche questo: lo Stato ha fissato i 
    limiti di benzoapirene a un nanogrammo per metro cubo con un decreto datato 
    appena agosto 2007 (le prescrizioni alla Ferriera date dal magistrato sulla 
    scorta della «relazione Boscolo» parlano ancora solo di polveri, e la nuova 
    sostanza è diventata evidente con le successive analisi del Cigra). 
    Intanto i sindacati devono riorientarsi, ma lo fanno subito. Franco Belci (Cgil): 
    «L’Aia è una cosa, il nostro lavoro col Comune e l’azienda per ridurre le 
    emissioni e soprattutto l’inquinamento dei lavoratori è altra cosa, e lì 
    continuiamo a batterci, non mi vanno questi atteggiamenti emotivi del 
    sindaco: torni al tavolo regionale, e non si arrabbi con l’Azienda sanitaria 
    che a quello rimanda, mentre altre volte a questa si appoggia per descrivere 
    quadri drammatici». Luca Visentini (Uil): «Mi pare che il sindaco sia solo 
    alla ricerca di alibi per addossare agli altri il fatto di non essere 
    riuscito a chiudere la Ferriera: per noi il rinvio è cosa neutra, il nostro 
    obiettivo è far rientrare la Ferriera entro limiti di legge per 
    l’inquinamento, bisogna stabilire un luogo certo per sistemare le 
    centraline, raccogliere velocemente i dati, fare le necessarie prescrizioni 
    all’azienda, e tutto questo è un procedimento parallelo all’Aia». Luciano 
    Bordin (Cisl): «Non si arriva mai al punto, è dal 2001 che partecipo a 
    tavoli sulla Ferriera, ed ecco altri sei mesi: restiamo al punto, 
    occupazione e salvaguardia di ambiente e qualità della vita, con 
    investimenti. O si riprende a ragionare con l’acquirente Arvedi nella 
    speranza di modificare la produzione, oppure si fa un accordo fra tutti per 
    decidere il destino finale di quell’area, e chi deve pagare le bonifiche e 
    via. Ma urgono interventi certi, e molto in fretta, è in gioco la salute dei 
    lavoratori in primo luogo, e quella di tutti i cittadini». 
     
    
    Gabriella Ziani  | 
  
 
 
  
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    FERRIERA - I servolani: ora 
    ci sentiamo presi in giro - 
    Ma il ministero precisa: scelta 
    nazionale, non fatta ad hoc per Servola  | 
  
  
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    Dopo lo 
    slittamento dei termini per l’autorizzazione i residenti contestano 
    l’immobilismo politico e i continui cambi di rotta   | 
  
  
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    Menia: «Pecoraro 
    Scanio si fa complice dei ritardi di Illy, che ha lasciato scadere la 
    prescrizione». Rosato: «Gli enti e l’azienda dimostrino responsabilità»  | 
  
  
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    I servolani cominciano a non 
    crederci più. Iniziano ad abituarsi a quell'altalena che un giorno accende 
    in loro la speranza di vedere chiuso quel mostro d'acciaio che sbuffa 
    polvere e fumo e che, il giorno dopo, spegne le illusioni.  
    «La mia è la casa più vicina alla Ferriera - afferma Gabriella Civita, che 
    vive nella struttura che un tempo ospitava la mensa e le abitazioni dei 
    dirigenti dello stabilimento - e quando ho letto che il decreto firmato dal 
    Presidente della Repubblica Napolitano allunga ancora i tempi, ho chiuso il 
    giornale perché mi sono sentita proprio presa in giro».  
    Le finestre della camera da letto della figlia, sono rivolte proprio verso 
    la cokeria. «Guardi che spettacolo - afferma ironicamente la signora Civita 
    - sei mesi in più di questi fumi densi e neri non sono uno scherzo. Tredici 
    anni fa dormivamo con le finestre aperte, e ora non mando nemmeno mia figlia 
    a giocare in giardino o nel cortile del ricreatorio. Questa non è vita, e 
    con la salute non si scherza. Io ho una forte tosse e ho paura di andare a 
    farmi dei controlli. Il sogno di noi servolani è di rivedere i nostri 
    bambini correre e giocare all'aria aperta, in tranquillità».  
    A due passi dalla chiesa di Servola c'è la rivendita di tabacchi di Licia 
    Medri. «E' una tribolazione - dice disperata - ma a Roma non capiscono che 
    per noi significa vivere altri sei, sette, otto mesi respirando veleni, 
    polveri e fumo? Il sindaco Dipiazza cerca di chiudere, e poi arrivano quelli 
    che lo fermano. Non è possibile, i politici devono mettersi una mano sulla 
    coscienza e, prima di prendere certe decisioni, dovrebbero venire a vivere 
    per un po' di giorni nelle nostre case, a due passi dalla Ferriera. Se devo 
    essere sincera - conclude la tabaccaia - inizio ad avere seri dubbi sul 
    fatto che si riesca a farla chiudere».  
    Arrabbiata e delusa anche Lucia Lepre: «Io abito in via Valmaura - precisa - 
    e quest' estate ho dovuto vivere perennemente con le finestre sigillate e il 
    ventilatore: questa non è vita. Io non ho nulla contro la Ferriera - 
    sottolinea - ma la salute dei cittadini viene prima di ogni altra cosa. O mi 
    sbaglio?».  
    «Ma non è possible - afferma Gabriella Fullone, incredula di fronte ad un 
    altro rinvio - ma hanno capito che c'è gente che rischia la salute.I 
    politici farebbero vivere tra questi fumi, anche solo per pochi giorni, i 
    loro figli? Io abito in via Baiamonti e le terrazze sono piene di polvere 
    nera: non oso immaginare le condizioni di chi vive a pochi metri dalla 
    Ferriera. Comunque è un peccato, perché questa volta sembrava veramente che 
    qualche cosa si stesse muovendo».  
    Intanto sul fronte politico si accendono le polemiche attorno al 
    decreto-legge del Presidente della Repubblica che ha prorogato di sei mesi 
    la scadenza per l’autorizzazione integrata ambientale. «E’ una proroga 
    generale, per tutto il Paese, e non per la Ferriera – sottolinea il 
    sottosegretario agli Interni Ettore Rosato – proroga sulla quale il sindaco 
    Dipiazza spera di poter scaricare le sue responsabilità. Il problema 
    Ferriera dipende dal senso di responsabilità e concretezza degli enti locali 
    e dell’azienda. Il problema legislativo è secondario – rimarca – vengono 
    prima le responsabilità politiche e amministrative». 
    E Andrea Ferrara, consulente del ministro Pecoraro Scanio aggiunge che «il 
    decreto è stato pensato per sopperire a difficoltà a livello nazionale, non 
    è stato fatto certo per la Ferriera. Ogni azienda è un caso a sè. 
    L’autorizzazione integrata ambientale (Aia) per la Ferriera fa capo alla 
    Regione: il ministero non c’entra e come tale non sarà mai presente alla 
    conferenza dei servizi che deve decidere sull’Aia». 
    Violente bordate vengono indirizzate infine al ministro Pecoraro Scanio e al 
    presidente della Regione Illy da Roberto Menia, vicecapogruppo di An alla 
    Camera. «Con la decretazione di straordinaria necessità ed urgenza – afferma 
    Menia – vengono coperte le vergogne e le responsabilità di Illy, che aveva 
    lasciato scadere il termine di attuazione delle prescrizioni 
    dell'autorizzazione integrata ambientale per la Ferriera. Si abbia il 
    coraggio di dire – aggiunge – che è questa una legge ”ad personam”, firmata 
    da un ministro (Pecoraro Scanio) che dovrebbe tutelare l'ambiente e la 
    salute dei cittadini, ma che invece si fa complice dei comportamenti di Illy 
    e gli offre copertura giuridica e politica, lasciando che i triestini 
    continuino a respirare i mortiferi lezzi della Ferriera». 
    l. t.  | 
  
 
 
  
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    Aria inquinata a Muggia, 
    Ferriera nel mirino - 
    Il problema specie nella parte Est: odori e fumi non 
    individuabili. Chiesto il ricollocamento della centralina  | 
  
  
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    Il Consiglio 
    comunale concorda: per dati più verosimili il rilevatore va spostato. Il 
    Comune sarà coinvolto nella gestione della crisi dell’impianto metallurgico
     
    
    MUGGIA Ci sono dati scientifici 
    della presenza di sostante inquinanti nell’aria di Muggia. Il Comune 
    chiederà lo spostamento dell’attuale centralina di rilevamento per avere 
    dati più adeguati ma ha anche richiesto alla Regione di partecipare al 
    previsto incontro fra enti locali in merito all’autorizzazione integrata 
    ambientale per la Ferriera di Servola. 
    È stato il sindaco muggesano Nerio Nesladek, ieri nel corso del Consiglio 
    comunale, a comunicare all’aula le recenti decisioni in merito all’attuale e 
    dibattuta questione degli inquinamenti dell’aria. Lo spunto è giunto da 
    un’interrogazione del consigliere Italo Santoro (Insieme per Muggia) che ha 
    sottolineato l’importanza di controllare scrupolosamente l’aria che si 
    respira in città, e ha sollecitato l’installazione di nuove centraline di 
    rilevamento, anche alla luce di frequenti presenze di odori e fumi per ora 
    non individuabili, che Santoro non sa se fare risalire alla Ferriera di 
    Servola o all’inceneritore. Il sindaco, rispondendo all’interrogazione, ha 
    confermato l’intenzione di chiedere uno spostamento dell’attuale centralina, 
    posta al Molo Balota: «Quell’impianto ci dice ben poco della situazione 
    reale, essendo spesso spazzato dai venti. Chiederemo all’Arpa di spostarlo, 
    in modo da avere rilevazioni più adeguate». In merito alla presenza di 
    sostanze inquinanti nell’aria, il sindaco ha sottolineato che la centralina 
    attuale non ha rilevato sforamenti rilevanti delle polveri sottili 
    nell’ultimo anno, ed è volontà dell’amministrazione scoprire l’origine dei 
    cattivi odori segnalati dal consigliere Santoro. Ma Nesladek ha anche detto 
    di avere ricevuto due giorni fa, in via informale, dal sindaco di Trieste 
    Dipiazza la bozza di autorizzazione integrata ambientale per la Ferriera. 
    «Non l’avevo mai vista – così Nesladek -. Su due pagine di questo documento 
    si parla di Muggia e si citano due studi diversi, uno recente dell’Arpa e un 
    altro fatto da uno studioso di tossicologia nel 2004». «Questi studi – ha 
    spiegato Nesladek – sono stati svolti con un monitoraggio biologico, ovvero 
    si è analizzato lo stato di alcuni licheni che hanno la caratteristica di 
    modificarsi reattivamente in presenza di certe sostanze nell’aria, 
    soprattutto il biossido di azoto. Quindi sono dati aggiuntivi a quelli delle 
    centraline ma non sono in grado di dimostrare le cause di questi effetti. Ma 
    non per questo vanno trascurati». 
    «È emerso - ha concluso il primo cittadino - che nella parte orientale di 
    Muggia si sono riscontrate alterazioni medio-alte della naturalità (insomma, 
    dei licheni) a causa d’inquinanti, che trovano riscontro anche in uno studio 
    precedente». Nesladek ha pure detto che si tratta del primo dato che giunge 
    al Comune di Muggia e «che mette per iscritto, con criteri scientifici, i 
    nostri sospetti di sempre». Già l’estate scorsa sono state fatte valutazioni 
    dei dati forniti dalla centralina del Molo Balota, ed è stato chiesto 
    all’Arpa di segnalare tempestivamente ogni anomalia. «Non appena mi è giunta 
    la documentazione da Trieste - così ancora il sindaco – ho incaricato gli 
    uffici di fare richiesta alla Regione per essere invitati alla Conferenza 
    dei servizi che la prossima settimana si esprimerà sull’autorizzazione 
    integrata ambientale per la Ferriera. Almeno come uditori. Dell’argomento 
    parleremo nuovamente in Consiglio comunale». E sulle mosse da seguire c’è 
    già una concordanza di vedute tra i partiti. 
    Il gruppo di Forza Italia ha presentato proprio ieri una mozione in cui in 
    parte impegna la giunta a prendere decisioni analoghe a quelle già 
    annunciate dal sindaco, ma aggiunge anche la richiesta di concordare con gli 
    altri enti eventuali decisioni in merito all’impianto di Servola. 
    Sergio Rebelli   | 
  
 
 
  
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    DOLINA - 
    Successo della raccolta 
    differenziata Diminuiscono i rifiuti per l’inceneritore  | 
  
  
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    SAN DORLIGO DELLA VALLE 
    Dall’adozione del sistema di raccolta rifiuti porta a porta, a San Dorligo 
    della Valle è più che raddoppiata la percentuale dei rifiuti differenziati e 
    si è conseguentemente ridotta la quantità d’immondizie conferite 
    all’inceneritore. 
    Il nuovo sistema di raccolta è partito il primo luglio scorso. Il sistema 
    prevedeva la consegna (gratuita) a ogni nucleo familiare di tre contenitori: 
    uno blu da 40 litri per la carta, uno giallo da 120 litri per vetro, 
    plastica e lattine, uno verde, sempre da 120 litri, per tutto il resto. I 
    cassonetti vanno tenuti in casa e portati all’esterno della proprietà nei 
    giorni stabiliti per la raccolta. La raccolta avviene infatti secondo un 
    calendario ben preciso, con la suddivisione del territorio in specifiche 
    zone. All’inizio c’è stato un inevitabile periodo di rodaggio e 
    assestamento. Ora le cose sono quasi a pieno regime. Ma i primi risultati di 
    questo tipo di raccolta differenziata (unico esempio in provincia) sono 
    notevolmente positivi, e migliorano di mese in mese.  
    A luglio su un totale di poco più di 216 tonnellate di rifiuti prodotti, 
    oltre 180 erano non differenziati e quasi 36 riciclabili, con una incidenza 
    quindi del 17 per cento. Il mese dopo, a quasi parità di rifiuti 
    complessivi, 164 tonnellate erano non riciclabili e 51 differenziati, quindi 
    già un 24 per cento. A settembre piccolo calo complessivo, con 186 
    tonnellate di rifiuti totali, ma aumento della percentuale di differenziata, 
    ovvero il 27 per cento (51 tonnellate contro le 135 di non riciclabili). A 
    ottobre, oltre 204 tonnellate di rifiuti, di cui però quasi 70 tonnellate di 
    differenziati e più di 134 di non riciclabili. Il che significa che a 
    ottobre il 34 per cento di rifiuti erano riciclabili, contro una media 
    mensile di poco inferiore al 15 per cento fino all’anno scorso. L’assessore 
    Igor Tul commenta: «Siamo molto soddisfatti di questi primi risultati. 
    Alcune cose sono certamente da migliorare e ottimizzare. Ora stiamo dando 
    attenzione alle utenze con condizioni logistiche un po’ critiche, come 
    alcuni condomini o case senza cortile, che non hanno spazi adatti dove 
    lasciare i contenitori per la raccolta». Ma è anche il raffronto con gli 
    anni scorsi (negli stessi mesi) a dare esiti interessanti. Da luglio ad 
    ottobre la differenza tra il 2005 e il 2007 è di ben 261 tonnellate di 
    rifiuti in meno conferiti al termovalorizzatore. Finora, in media, dal 
    comune andavano all’inceneritore oltre 2500 tonnellate annue. «La riduzione 
    dei rifiuti da incenerire è dovuta anche al maggiore uso della discarica 
    comunale per i rifiuti riciclabili ingombranti o speciali – dice Tul -. 
    Finora capitava che nei cassonetti finissero anche materiali edili. Di 
    sicuro il calo sarà ancora maggiore quando saranno tolti tutti i cassonetti 
    stradali». L’aumento della quantità di rifiuti riciclabili comporterà 
    gradualmente una riduzione della parte variabile della tariffa sulle 
    immondizie e quindi un risparmio per le famiglie. Intanto il Comune sta 
    attendendo un contributo dalla Provincia per poter fornire ai cittadini pure 
    i composter per ramaglie e foglie. Il contributo servirà anche per il 
    miglioramento della piazzola ecologica, che sarà tenuta aperta dal lunedì al 
    sabato. 
    Sergio Rebelli  | 
  
 
 
  
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    Barrot: Bruxelles pronta a 
    finanziare la Trieste-Divaccia  - In Italia interventi per 5,7 miliardi
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    BRUXELLES L'Unione europea 
    sosterrà finanziariamente soprattutto le opere a carattere transfrontaliero. 
    Lo ha detto il commissario Ue ai Trasporti, Jacques Barrot, sottolineando 
    che questa è una caratteristica che, tra i progetti presentati a Bruxelles 
    dall'Italia, hanno la Torino-Lione, il tunnel del Brennero e la 
    Trieste-Divaca.  
    Secondo le informazioni raccolte da diverse fonti, il finanziamento di 
    queste tre opere sarebbe ormai dato per scontato, ma sui numeri sono ancora 
    in corso limature che saranno completate nei prossimi giorni. Cioè prima che 
    le indicazioni della Commissione vengano trasmesse alle competenti autorità 
    nazionali. Un passaggio che dovrebbe avvenire entro il 20 novembre. Alla 
    fine, secondo alcuni, l'Italia potrebbe risultare addirittura il maggior 
    beneficiario dei finanziamenti europei, che complessivamente ammontano a 5,7 
    miliardi di euro. 
    Nel corso dell'incontro, Barrot ha poi ricordato che per il finanziamento 
    delle grandi opere infrastrutturali nazionali l'unica strada al momento 
    percorribile sembra essere quella del partenariato pubblico-privato. Per 
    favorire questa formula la Commissione europea intende indicare alcune linee 
    guida, ma al di là di questo resta la necessità di trovare soluzioni 
    adeguate al problema dell'assegnazione delle concessioni necessarie ad 
    assicurare il ritorno degli investimenti. 
    In questo contesto, il vicepresidente della Commissione ha osservato che 
    «gli italiani dovrebbero essere disposti a pagare un pò di più il prezzo del 
    biglietto per avere servizi migliori». Ed anche che le Regioni possono 
    svolgere un ruolo molto importante «nel mobilitare» interessi e risorse 
    necessarie per la realizzazione delle grandi opere.  
    Come dovrebbe avvenire per assicurare lo sviluppo del porto di Genova, uno 
    scalo che per Barrot «può svolgere un ruolo fondamentale» nell'ambito del 
    traffico marittimo del Mediterraneo.  | 
  
 
 
  
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    Il rischio rigassificatori  | 
  
  
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    Rispondo all’articolo del signor 
    Clayton J. Hubbard apparso sul Piccolo il 26 settembre 2007 «Rigassificatori 
    da fare». Il mio articolo era rivolto al vicesindaco Paris Lippi al solo 
    scopo di sensibilizzare gli amministratori locali a una maggiore riflessione 
    e attenzione nel proporre un insediamento industriale considerato ad alto 
    rischio. Comunque leggo che lei concorda con quanto sostiene il vicesindaco 
    nella nota del 25 agosto pubblicata sul nostro quotidiano locale. Su un 
    punto sono d’accordo con il vicesindaco quanto dice che Trieste ha perso 
    molti treni importanti. Ma siamo sicuri che il treno del rigassificatore gnl 
    è il treno giusto per Trieste? Se così fosse perché non informano la 
    popolazione sui rischi ai quali è esposta accettando la realizzazione del 
    rigassificatore invece di sottolineare solo il risparmio economico per 
    l’intera comunità sul costo energetico e i possibili nuovi posti di lavoro? 
    Ammesso che ci fosse un considerevole risparmio economico per tutti lei 
    sarebbe disposto a dormire su una bomba al metano? Perché tutti sono pronti 
    a giurare sulla sicurezza dei rigassificatori? Se i rigassificatori sono 
    sicuri perché sono sottoposti alla direttiva Seveso? Una direttiva europea 
    che è stata recepita in Italia dal dpr 175 del 1988 ha imposto il censimento 
    degli stabilimenti a rischio con l’identificazione delle sostanze 
    pericolose. Tra questi impianti sono contemplati anche i rigassificatori che 
    rientrano quindi negli impianti in cui si svolgono attività a rischio di 
    incidente rilevante. La nuova tecnologia ci dà una mano sulla sicurezza ma 
    qualcuno ha mai pensato alla possibilità del rischio attentati oppure a un 
    eventuale incidente come è successo nel novembre 2002 a Hong Kong dove si è 
    incendiata la sala macchine di una nave gassiera tenendo con il fiato 
    sospeso le autorità locali per il pericolo devastante che avrebbe provocato 
    un’eventuale esplosione nonostante la nave si trovasse a circa 38 chilometri 
    da Hong Kong... pensate alla distanza che c’è tra la Siot, Muggia e Trieste. 
    Dopo il referendum sul nucleare, l’Italia non è stata capace di realizzare 
    un piano energetico nazionale e mi chiedo perché si rivolge proprio a noi 
    giuliani per recuperare il ritardo storico nel campo energetico. Lei è 
    sicuramente una persona intelligente e sa che una cosa è il gas di città e 
    una rete di distribuzione, mentre cosa diversa è il deposito di gas gnl 
    oppure la nave gassiera gnl. 
    Da uno studio fatto in America dal Pentagono, l’energia di una gassiera 
    equivale a quella di diverse bombe atomiche. 
    Paolo Ruggieri - segretario organizzativo Dc per le autonomie  | 
  
 
 
  
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     Indifferenza sulla Ferriera  | 
  
  
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    Ho appena visto la 
    manifestazione sotto il municipio contro la Ferriera. La cosa che mi ha più 
    colpito è il menefreghismo generale, c’erano poche persone a far valere i 
    loro giusti diritti contro l’inquinamento non più sopportabile della 
    suddetta. 
    Mi chiedo, ma quei signori che non abitano a Servola (e io sono uno di 
    quelli), cosa pensano che i miasmi schifosi e inquinanti che vengono fuori 
    da quel rottame obsoleto, via da Servola si trasformano in ossigeno di 
    montagna? Ad esempio, tutti gli abitanti di Muggia dov’erano? Quelli di 
    borgo San Sergio, Valmaura, ecc. hanno il naso otturato? Non arriva anche a 
    loro la tremenda puzza di uova marce? Posso capire quelli che hanno parenti 
    che vi lavorano, che fanno finta di niente, ma le altre migliaia che con la 
    Ferriera non hanno niente a che fare, non gli girano un poco? O pensano solo 
    e sempre alla tintarella? 
    Vedete, secondo me è da queste cose che si capisce che qui a Trieste non si 
    farà mai nulla, come non si ha carattere per protestare contro le 
    ingiustizie, non lo si ha nemmeno per altre cose. Diventerà una città 
    pattumiera dove tutti faranno i porci comodi, industriali per primi... 
    Che tristezza! 
    Franco Castiglione  | 
  
 
 
IL PICCOLO - 
MERCOLEDI', 7 novembre 2007 
 
 
  
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    Ferriera, proroga di 6 mesi 
    per l’ok ambientale - 
    Dipiazza attacca Regione e governo: «E’ una 
    vergogna». La proprietà: «Andiamo avanti con gli interventi»  | 
  
  
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    Un decreto 
    legge firmato da Napolitano allunga i tempi per l’autorizzazione a centinaia 
    di aziende in tutta Italia, tra cui anche la Servola Spa  
    
    Ci sono ancora sei mesi di tempo 
    per l’autorizzazione integrata ambientale relativa alla Ferriera. Lo 
    stabilisce il decreto-legge che il Presidente della Repubblica Napolitano ha 
    firmato il 30 ottobre scorso, su proposta del presidente del Consiglio Prodi 
    e del ministro dell’ambiente Pecoraro Scanio. Il nuovo termine è quindi il 
    31 marzo 2008.  | 
  
  
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    Il documento, che interessa 
    centinaia di aziende in tutta Italia (non solo siderurgiche ma anche quelle 
    chimiche e le centrali elettriche), ha mandato su tutte le furie il sindaco 
    Roberto Dipiazza, che ieri pomeriggio ha convocato sul tamburo una 
    conferenza stampa assieme all’assessore all’Ambiente Maurizio Bucci. 
    «Queste documentazioni sono una vergogna nazionale – ha tuonato Dipiazza – e 
    costituiscono un caso di una gravità assoluta. Nessuno ora potrà più 
    chiedermi cosa fare della Ferriera. Lo rimando a chi ha voluto questa 
    proroga, mentre io devo rispondere alla gente di Servola. Ora abbiamo capito 
    tutti – ha aggiunto il sindaco visibilmente arrabbiato –. Quando dicevo che 
    c’erano di mezzo poteri forti nessuno mi credeva. Questa è la dimostrazione 
    della copertura politica. Basta che dalla Regione parta una telefonata al 
    Governo e viene emanato un decreto, con cui si salva la situazione ma di 
    fatto si continua ad avvelenare i cittadini». 
    Dipiazza ha poi rincarato la dose lamentando che l’assessorato comunale 
    all’Ambiente ha scoperto il provvedimento sul sito del ministero. «Non è 
    mica arrivato qui – ha osservato ironicamente –. Volete che mi mandino un 
    decreto che riguarda la salute della citta?». 
    Leggendo l’articolo secondo cui «gli impianti già in esercizio, per i quali 
    sia stata presentata nei termini la relativa domanda, possono proseguire 
    l’attività nel rispetto della normativa vigente», il sindaco ha poi fatto 
    capire di trovarsi con le mani legate riguardo a un’eventuale provvedimento 
    che sospenda l’attività della Ferriera: «Anche se domani dovessi dimostrare 
    la cosa più evidente, poi arriverebbe un altro decreto. Perchè – si è 
    chiesto Dipiazza quasi sconsolato – devo fare il paladino di una legalità 
    che non esiste?». 
    Nella tumultuosa conferenza stampa, il decreto-legge si è intrecciato più 
    volte con la risposta dell’Azienda sanitaria sull’esame delle rilevazioni. 
    Risposta che ha fatto infuriare Dipiazza al pari del provvedimento del 
    Governo. 
    Una decina di giorni fa il sindaco ha chiesto al direttore generale 
    dell’Azienda sanitaria, Rotelli, se in base agli ultimi dati dell’Arpa 
    (polveri sottili e idrocarburi policiclici in settembre) sussista ancora la 
    «grave situazione di inquinamento» che comporta «la necessità di 
    provvedimenti atti a ridurre le emissioni a salvaguardia della salute 
    pubblica». 
    E Rotelli ha riposto che «la valutazione dei dati relativi al mese di 
    settembre deve avvenire nell’ambito del tavolo di coordinamento istituito 
    presso la direzione regionale dell’ambiente». 
    «Viviamo nel paese delle banane – è sbottato Dipiazza –. Chiedo all’Azienda 
    sanitaria cosa devo fare riguardo agli sforamenti e mi rispondono: 
    troviamoci attorno a un tavolo». E domandandosi chi ora si assumerà le 
    responsabilità verso i cittadini, il sindaco ha concluso annunciando 
    l’assenza del Comune al prossimo tavolo regionale (previsto il 15 novembre) 
    e l’invio di tutti i rilevamenti dell’inquinamento alla Procura della 
    Repubblica. 
    A complicare il quadro politico sulla Ferriera, intanto, c’è la lettera che 
    il ministro dell’Ambiente Pecoraro Scanio ha inviato al presidente della 
    Regione Illy (ne riportiamo il testo a fianco). Ma tutto questo non sembra 
    turbare la Severstal-Lucchini. «Il decreto era atteso – commenta il 
    portavoce Francesco Semino – perchè in Italia c’è un ritardo generalizzato 
    su queste autorizzazioni. Noi comunque non restiamo fermi. Gli interventi 
    previsti dall’autorizzazione per Servola sono per la maggior parte speculari 
    con le prescrizioni del perito della Procura, Marco Boscolo, che stiamo 
    attuando sotto il controllo della stessa Procura». 
    
    Giuseppe Palladini  | 
  
 
 
  
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    FERRIERA - Barduzzi: «Un 
    accordo è possibile tra 10 giorni» Rotelli: «Per discutere c’è il tavolo 
    regionale»   | 
  
  
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    L’assessore 
    Moretton replica al ministro: «Ma la Severstal vuole continuare l’attività»
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    «Non c’è nessun ritardo da parte 
    della Regione nella predisposizione dei piani di risanamento dell’aria, in 
    quanto la legge regionale sull’inquinamento acustico e atmosferico è stata 
    recentemente licenziata dal Consiglio». È la risposta dell’assessore 
    regionale all’Ambiente, Gianfranco Moretton, alla lettera inviata 
    alla Regione dal ministro Pecoraro Scanio. 
    Moretton ricorda che la legge regionale «prevede le modalità e i tempi di 
    predisposizione dei piani di risanamento dell’aria per tutta la regione», e 
    quanto alla correlazione fra i piani e la procedura per il rilascio dell’Aia 
    «al momento - dice l’assessore - sembra non esistere correlazione». Quanto 
    al protocollo del 2003 sulla Ferriera, Moretton ricorda che quell’accordo 
    era stato siglato prima dell’arrivo di Severstal, che nel suo piano 
    industriale ha previsto «di non chiudere la Ferriera nel 2009, ma procedere 
    ad azioni di risanamento ambientale e di riconversione laddove necessario». 
    Se Moretton ribatte a Pecoraro Scanio, al direttore dell’Azienda sanitaria
    Franco Rotelli spetta invece replicare alle parole pronunciate dal 
    sindaco Dipiazza. «L’Azienda sanitaria si muove seguendo compiti specifici e 
    questioni tecniche, che preferiamo portare nei tavoli istituzionali. I 
    nostri tecnici - dice Rotelli - seguono scrupolasamente la questione, il 
    Comune è presente al tavolo e qualsiasi delucidazione vista la stretta 
    periodicità degli incontri può essere data in quella sede». 
    Definisce necessaria «la proroga per impedire di vedere vanificata la 
    procedura Aia» il consigliere regionale Alessandro Metz (Verdi). «Non 
    può esserci adeguamento se non c’è prescrizione, perché a tutt’oggi nessuna 
    autorità - sostiene - ha concluso tutti i procedimenti pendenti. Parliamo di 
    ben 8000 procedimenti aperti, che avrebbero portato a una sicura 
    impugnazione davanti al tribunale». 
    Per la Ferriera, secondo l’assessore provinciale all’Ambiente Ondina 
    Barduzzi non cambia nulla. «E’ facile che nella prossima riunione del 
    tavolo regionale tra 10 giorni – osserva – si chiuda l’accordo. Siccome il 
    Comune ha già detto no, non essendoci l’unanimità ora per legge la palla 
    passa alla giunta regionale».  | 
  
 
 
  
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    FERRIERA - Pecoraro Scanio a 
    Illy: «Lucchini si impegnò a chiuderla nel 2009»  | 
  
  
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    Questo è il testo della lettera 
    inviata il 31 ottobre dal ministro dell’Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio al 
    presidente della Regione Riccardo Illy. 
    Caro Presidente, come Ti è noto, la qualità dell’aria di una parte della 
    città di Trieste è fortemente condizionata dalle emissioni in atmosfera di 
    sostanze inquinanti da parte della Ferriera di Servola. La magistratura è 
    già intervenuta nel recente passato sui gravi episodi di superamento dei 
    valori di qualità dell’aria che garantiscono la tutela della salute pubblica 
    soprattutto nelle aree circostanti l’impianto. 
    Attualmente presso i competenti uffici della Regione é in corso la procedura 
    per il rilascio dell’Autorizzazione Integrata Ambientale dell’impianto. A 
    tale riguardo risulta ai miei Uffici che la Regione Friuli non ha ancora 
    predisposto il piano di risanamento della qualità dell’aria,obbligo previsto 
    dal D.Lgs. n.51/99. Il piano che la Regione avrebbe dovuto predisporre già 
    dal 2003 costituisce a mio parere uno strumento indispensabile sia per 
    l’individuazione degli obiettivi di riduzione delle emissioni inquinanti 
    necessarie a conseguire gli standard di qualità posti a protezione della 
    salute umana e dell’ambiente, sia per individuare le misure idonee al 
    conseguimento di tali obiettivi.  
    In particolare il piano costituisce fondamentale presupposto per il rilascio 
    delle Aia in quanto da esso dovrebbero emergere specifiche indicazioni 
    riguardo le riduzioni attese da ciascun settore energetico. Nel merito 
    specifico dell’impianto di Servola devo evidenziare che un apposito 
    protocollo sottoscritto dalla Lucchini Spa, dagli Enti locali, dalla 
    Regione, dall’allora Ministero delle Attività produttive nel 2003 prevedeva 
    un preciso impegno delle proprietà a dismettere l’intero stabilimento entro 
    il 2009. Tale accordo andrebbe comunque onorato dalla Lucchini Spa e l’Aia 
    regionale dovrebbe definire le modalità di dismissione dell’ impianto nei 
    termini concordati, unitamente a quelle di bonifica e di messa in sicurezza 
    del sito. Sin da ora Ti rappresento la piena collaborazione del mio 
    Ministero in ordine alle iniziative che la Tua regione vorrà adottare in 
    merito. 
    Alfonso Pecoraro Scanio  | 
  
 
 
  
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    Rifiuti, cassonetti «lignanesi» 
    disorientano i muggesani  | 
  
  
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    MUGGIA 
    Desta ancora qualche perplessità tra i muggesani l’indicazione apposta sui 
    cassonetti che invitano a depositarvi «solo rifiuto secco», ma anche le 
    scritte con riferimento alla città di Lignano. Il motivo di queste ultime è 
    presto detto: i cassonetti erano usati in precedenza a Lignano Sabbiadoro 
    (da qui lo stemma comunale e la scritta sull’adesivo frontale) e 
    curiosamente questo modello di cassonetti è brevettato proprio col nome di «Lignano», 
    che appare sulle targhette metalliche sul fianco, accanto al numero di 
    serie.  
    Ma la distinzione «rifiuto secco» (tradotto anche in tedesco e inglese) è 
    ancora lontana dalle abitudini dei muggesani e dalla realtà locale. A 
    Lignano invece la differenziazione è diffusa già da tempo e vale anche per i 
    turisti stranieri. E a Muggia, soprattutto nei primi giorni, si vedevano 
    sguardi un po’ disorientati della gente, intenta a chiedersi se vi si può 
    introdurre il solito sacchetto con le immondizie di casa. L’assessore Piero 
    Veronese spiega: «La ditta deve rifare ancora tutti gli adesivi da applicare 
    ai cassonetti, su cui sarà indicato l’uso corretto e, come è giusto che sia, 
    il simbolo del Comune di Muggia». A poco più di un mese dall’avvio del 
    servizio gestito da Ecoverde, le cose sono tornate alla normalità o quasi. 
    «Mancano ancora i contenitori per le pile» dice Veronese. 
    s.re.  | 
  
 
 
 
IL PICCOLO - 
MARTEDI', 6 novembre 2007 
 
 
  
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    Grande viabilità, disponibili 
    i 9 milioni  - Si allontana definitivamente il rischio di ritardi al 
    cantiere dovuti alla mancanza di liquidità   | 
  
  
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    L’amministrazione municipale restituirà i soldi non appena questi 
    arriveranno da Roma 
    
    La Regione 
    anticiperà al Comune l’ultimo stanziamento atteso dall’Anas 
    
    L’ultimo ostacolo che avrebbe 
    potuto frapporsi al completamento della Grande viabilità nel termine 
    previsto, quello di fine ottobre 2008, è stato superato: non ci saranno 
    ritardi nel cantiere, non a causa dei finanziamenti. Nella stessa mattinata 
    di ieri la giunta regionale da una parte e quella comunale dall’altra, con 
    due distinti provvedimenti, hanno infatti formalizzato quella che in pratica 
    sarà una partita di giro fra Anas e amministrazioni: cosa che permetterà al 
    Comune di avere subito disponibili gli ultimi nove milioni di euro che la 
    scorsa primavera era emersa la necessità di reperire. 
    I fondi permetteranno in sostanza di adeguare l’infrastruttura alle più 
    recenti normative comunitarie in materia di sicurezza. Già lo scorso giugno 
    era arrivata dal governo l’assicurazione della copertura finanziaria, 
    attraverso l’Anas. Fino a ieri restava però aperto il problema dei tempi: i 
    soldi infatti arriveranno da Roma nel corso dell’anno prossimo. Proprio per 
    evitare problemi di liquidità di cassa ed eventuali ritardi nel cantiere, 
    ieri la Regione ha deliberato di anticipare i nove milioni al Comune. Mentre 
    la giunta municipale ha approvato lo schema di convenzione in base al quale, 
    non appena riceverà i soldi dall’Anas, li girerà alle casse della Regione. 
    «L’anticipo dei nove milioni è stato deciso nell’ottica di non bloccare il 
    cantiere nemmeno per un giorno», rimarca l’assessore comunale ai lavori 
    pubblici Franco Bandelli. Mentre l’assessore regionale ai trasporti Lodovico 
    Sonego esprime «grande soddisfazione per una erogazione che consente il 
    completamento delle gallerie della Grande viabilità». Sonego ricorda 
    peraltro come ci siano stati «momenti di apprensione un paio di anni fa, 
    quando si temeva il blocco dei cantieri» dopo che nel marzo 2006 era emersa 
    la mancanza di una quarantina di milioni senza i quali l’opera si sarebbe 
    fermata nel giro di poche settimane. «Con la Finanziaria nazionale 2007 - 
    aggiunge Sonego - il problema è stato affrontato con serietà e 
    disponibilità. E i risultati si vedono. Questa è una conferma dell’impegno 
    del governo per il Friuli Venezia Giulia e per Trieste», chiude l’assessore 
    regionale. 
    I nove milioni di euro che perverranno al Comune serviranno nello specifico 
    all’adeguamento dell’impiantistica nelle gallerie attualmente in costruzione 
    nell’ambito del secondo stralcio del terzo e ultimo lotto del collegamento 
    stradale Molo Settimo-Cattinara. L’impiantistica, si diceva, verrà modulata 
    sulle più recenti normative comunitarie ponendosi al contempo in linea con 
    quella prevista nel tratto Lacotisce-Rabuiese. 
    Come viene precisato in una delibera assunta la scorsa estate dalla giunta 
    comunale, l’ultimo stanziamento ha portato la spesa complessiva della 
    Cattinara-Padriciano alla quota di 223 milioni 79 mila 28 euro: ai 174 
    milioni inizialmente arrivati dallo Stato attraverso la Regione, si sono 
    aggiunti i 40 milioni assicurati a inizio anno dal governo e infine, 
    appunto, gli ultimi nove. 
    Dal punto di vista amministrativo si chiude così una vicenda che risale ai 
    tempi di Riccardo Illy sindaco, quando l’allora premier Massimo D’Alema 
    promise i 300 miliardi di lire allora stimati necessari per avviare il 
    cantiere dell’ultimo tratto della Grande viabilità. La gara d’appalto si 
    concluse nel luglio del 2002 con l’aggiudicazione dei lavori - tra ventidue 
    concorrenti - all’Ati (associazione temporanea) costituita dalle imprese 
    Collini Rabbiosi e Cossi, che aveva proposto un ribasso del 32,8% rispetto 
    alla base d’asta fissata in 121 milioni di euro. 
    I costi in seguito sono lievitati causa le nuove normative cui adeguarsi, e 
    anche per la difficoltà di operare nella roccia carsica, sventrata anche a 
    forza di cariche esplosive. 
    
    Paola Bolis  | 
  
 
 
  
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    SAN DORLIGO 
    DELLA VALLE - 
    Assemblea pubblica sulla nuova autostrada  | 
  
  
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    Stasera alle 20 al Centro Anton 
    Ukmar–Miro di Domio, si terrà un’assemblea pubblica sul tema: «Nuova 
    autostrada Lacotisce-Rabuiese, tratto Domio-Lacotisce-Mattonaia, lavori 
    conclusivi, barriere antirumore e arredo urbano». Si tratta di una riunione 
    voluta e organizzata dai comitati locali, assieme al Comune di San Dorligo 
    della Valle, per affrontare coi rappresentanti della Ditta Collini (che sta 
    costruendo la superstrada) i lavori di arredo urbano, le barriere 
    antirumore, i marciapiedi e le altre migliorie alla viabilità e all’impatto 
    visivo, previsti nella zona di Domio al termine della costruzione della 
    bretella autostradale. 
    Nel corso dell’incontro si farà anche il punto sullo stato di avanzamento 
    dei lavori, cercando di risolvere altre criticità dell’intervento 
    nell’abitato, tentando di ridurre disagi e di ottimizzare gli interventi. 
    s.re.  | 
  
 
 
  
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    Ortis: necessari i 
    rigassificatori nel golfo di Trieste - 
    Promosso il 
    piano energetico regionale: «Coerente con gli obiettivi nazionali e europei»
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    Il 
    presidente dell’Authority per l’energia a Villa Manin. L’assessore regionale 
    all’Energia Sonego: «Risparmi dall’elettrodotto Redipuglia-Udine» 
     
    
    UDINE «L'energia in Italia 
    dipende troppo dal mercato del petrolio». A ribadirlo il presidente dell' 
    Autorità per l'energia elettrica, Alessandro Ortis, concludendo i lavori del 
    convegno «Energie rinnovabili, opportunità di sviluppo sostenibile in Friuli 
    Venezia Giulia», organizzato dalla Cassa di Risparmio del Fvg a Villa Manin. 
    Ma ha anche promosso la politica energetica della regione «si colloca in una 
    linea complessivamente coerente con gli obiettivi nazionali ed europei». 
    Ricordando poi l'impegno della Regione per lo sviluppo delle strutture 
    energetiche, per il miglioramento dei rapporti con le vicine repubbliche di 
    Austria e Slovenia, il presidente dell'Autorità ha ribadito che «si tratta 
    di scelte necessarie all'intero sistema nazionale ed europeo». 
    In particolare, Ortis si è riferito allo sviluppo degli elettrodotti con 
    Slovenia e Austria e ai rigassificatori nel Golfo di Trieste. «Si tratta di 
    strutture importanti non solo per i problemi energetici di quest'area, ma di 
    interventi che hanno rilievo sia per la diversificazione delle forniture di 
    gas sia per quanto riguarda la sicurezza dell'alimentazione». Nell’occasione 
    l'assessore regionale all'energia Lodovico Sonego ha illustrato il nuovo 
    piano energetico regionale (Per) e ha parlato dei prossimi progetti 
    infrastrutturali. «Per la realizzazione del nuovo elettrodotto tra 
    Redipuglia e Udine Terna smantellerà 2,3 km di vecchi elettrodotti per ogni 
    chilometro di nuova struttura». 
    «Nonostante questo saldo positivo eclatante - ha proseguito l'assessore - 
    sono sorti comitati contro quest'opera e quattro sindaci non hanno firmato 
    il protocollo d'intesa. Noi andremo avanti lo stesso». 
    Sonego ha detto che il Piano energetico regionale «punta a risolvere i 
    problemi delle industrie e delle famiglie». Si tratta di rendere più 
    efficiente il sistema regionale, di raccordarlo meglio con le vicine 
    repubbliche di Slovenia e Austria, di inserirlo in un contesto europeo, di 
    integrarlo con «una corretta politica che consideri le energie alternative 
    ma anche che sfrutti le opportunità che ci giungono dai rigassificatori».
     
    Per Ortis bisogna sviluppare i contributi di varie fonti energetiche, 
    immaginando politiche energetiche che consentano di diversificare. In tal 
    senso possono giocare un ruolo importante anche le energie rinnovabili, ma 
    in particolare un uso razionale dell'energia che, per Ortis, è la «fonte 
    virtuale più virtuosa che esiste». Il risparmio non va inteso, secondo il 
    capo dell'Authority,come privazione, ma come un modo per ottenere gli stessi 
    vantaggi dell'utilizzo consumando meno energia. 
    Ortis non ha, invece, voluto esprimersi sull'opzione nucleare. «All'Autorità 
    - ha tagliato corto - non compete fare politica energetica. A ciò sono 
    preposti il Governo, il Parlamento e l'opinione pubblica». «La situazione 
    dell'approvvigionamento di energia – ha aggiunto il presidente dell'Autorità 
    - merita tutta l'attenzione che il Governo sta dando. L’approvvigionamento 
    dell'Italia è sotto controllo e le famiglie possono stare tranquille, ma 
    molto dipenderà dall'andamento climatico del prossimo inverno». D'accordo 
    sulla necessità di impegnarsi tutti insieme, dalle industrie, alle 
    istituzioni, ai cittadini, per un utilizzo migliore dell'energia si è detto 
    anche il presidente degli industriali udinesi, Adriano Luci. 
    c.t.p.  | 
  
 
 
 
LA REPUBBLICA - 
LUNEDI', 5 novembre 2007 
 
 
Sull'eolico ambientalisti senza 
pace: ora è scontro anche nell'oasi Marche
 
Due anni fa un progetto simile 
era stato salutato con favore come un esempio da seguire - Ora invece le 
organizzazioni, già protagoniste di diversi "duelli", si danno battaglia
La Regione ha 
adottato un piano energetico innovativo, apprezzato da Legambiente e Greenpeace
Ma 
sull'Appennino sono previsti due impianti a pale contestati da Wwf, Italia 
Nostra e altre associazioni
ROMA - Doveva essere la 
frontiera della pace ritrovata, si sta trasformando in una nuova trincea di 
guerra. La progettazione di due impianti eolici nelle Marche rischia di tornare 
a inasprire le divisioni dell'universo ambientalista su come, quando e dove 
costruire le grandi pale per ricavare energia dalla forza del vento. 
Da una parte Italia Nostra, Wwf, Lipu, Comitati nazionali del paesaggio e Club 
alpino italiano, fermamente decisi a difendere la bellezza dell'Appennino 
maceratese e a impedire la nascita di due nuove centrali nella Comunità montana 
di Camerino, a ridosso dei comuni di Serravalle di Chienti, Montecavallo e Pieve 
Torina. Dall'altra parte Legambiente e Greenpeace, convinte invece che il 
passaggio a un sistema energetico sostenibile valga qualche piccolo sacrificio a 
spese della bellezza delle vallate. 
Il conflitto in corso sui progetti marchigiani non è certo l'unico e neppure il 
più duro: recentemente i due fronti si sono dati battaglia in Toscana, dove il 
Tar su richiesta di Italia Nostra ha fermato l'impianto di Scansano, 
costringendo Legambiente a costituirsi parte civile davanti al Consiglio di 
Stato; in Molise, dove al centro dello scontro c'è il primo progetto di eolico 
offshore in Italia; sui monti del Sannio, all'incrocio tra Molise, Puglia e 
Campania, dove la contrapposizione riguarda la possibilità di impiantare sedici 
torri. 
Inoltre, ad allontanare ancora di più i due schieramenti, il giro di vite 
imposto dal ministero dell'Ambiente per l'introduzione dell'eolico. Se il fronte 
dei critici ha salutato l'iniziativa con favore, Legambiente e Greenpeace hanno 
avuto la reazione opposta, scrivendo un'allarmata lettera congiunta al ministro 
Pecoraro Scanio. 
Lo scontro delle Marche rispetto agli altri ha però un grandissimo valore 
simbolico. Poco più di due anni fa i criteri scelti nella regione per sfruttare 
il suo potenziale eolico erano stati salutati infatti da Wwf e Legambiente come
"la lezione marchigiana" e "il decalogo di Fiuminata". In vista della 
progettazione di un impianto nel piccolo comune al confine con l'Umbria, non 
distante dal luogo dove dovrebbero sorgere gli altri due ora al centro della 
polemica, le due associazioni ambientaliste e un gruppo di parlamentari avevano 
sottoscritto insieme alle istituzioni locali un "decalogo dell'eolico 
sostenibile" che aveva messo finalmente tutti d'accordo. Al centro dell'intesa 
c'era in particolare l'impegno del Comune a garantire il controllo rigoroso 
dell'impatto ambientale e paesaggistico e l'utilizzo di parte delle risorse 
ricavate in politiche di sviluppo sostenibile. 
I progetti in ballo nella Comunità montana di Camerino paradossalmente 
rafforzano ulteriormente quei criteri, ma quella che era stata ribattezzata "la 
pax ecologica" ha lasciato ora il posto a una dura contrapposizione. 
"Si tratta di due impianti che dovrebbero sorgere in un'unica macroarea, uno 
composto di sette macchine da due megawatt ciascuna e un altro da diciassette 
macchine, anche queste da due megawatt ciascuna", spiega Andrea Perduca, 
responsabile dell'eolico per la Sorgenia. "Uno dei due è nostro - racconta 
ancora - l'altro è gestito direttamente da una Srl creata dalla Comunità 
montana. Ora le carte sono al vaglio della commissione regionale per la 
valutazione di impatto ambientale, che deciderà a giorni. Noi siamo tranquilli 
perché la scelta del territorio non è stata casuale, ma rientra in uno dei rari 
casi di pianificazione regionale". 
A individuare la zona in questione è stato infatti il Pear delle Marche, il 
Piano energetico ambientale regionale, dopo un lungo lavoro preparatorio. 
"Abbiamo tenuto conto di tutti i vincoli presenti sul territorio, degli studi 
commissionati alle università regionali sul valore botanico delle zone e anche 
della presenza faunistica, compresa la valutazione delle rotte migratorie degli 
uccelli", ricorda la responsabile del Pear, l'architetto Silvia Catalino. Un 
piano, caso più unico che raro, che punta molto, fissando quote e percentuali, 
su microproduzione distribuita, fonti rinnovabili e cogenerazione, impegnando 
chi realizza le nuove centrali a reinvestire gli utili nella valorizzazione del 
territorio. 
Linee di intervento, concorda Edoardo Zanchini di Legambiente, che sono da 
sempre cavalli di battaglia degli ecologisti. "Francamente prendersela con le 
Marche mi pare dura", aggiunge cercando di non infiammare gli animi ancora di 
più. Ancora più netto il giudizio di Giuseppe Onufrio di Greenpeace: "Le grida 
contro l'eolico sono voci a favore delle tecnologie fossili se non del nucleare 
e come tali le attacchiamo decisamente. Si possono mitigare alcuni impatti, ma 
ribadiamo un concetto fondamentale per noi: i cambiamenti climatici sono la 
priorità ambientale in assoluto e queste posizioni contro l'eolico sono 
antiambientali". 
Ma il punto di vista del Wwf è un altro. "Vale per l'eolico quello che diciamo 
anche per i rigassificatori e per le altre infrastrutture energetiche: non si 
può andare avanti senza una seria pianificazione nazionale", osserva il 
segretario generale Michele Candotti. "Per questo - aggiunge - ci accingiamo a 
presentare un documento la cui bozza abbiamo già inviato a enti centrali e 
locali per instaurare degli strumenti di valutazione che tengano conto della 
potenza degli impianti, del loro impatto sul territorio e dell'interazione con i 
vincoli che insistono sulle varie zone. In un Paese che procede per conflitti 
ideologici, la nostra vuole essere anche una provocazione, offrendo uno 
strumento di pianificazione che consenta di fare finalmente le cose per bene".
VALERIO GUALERZI
 
 
IL PICCOLO - 
LUNEDI', 5 novembre 2007 
 
 
  
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    Metro leggera anche per il 
    Porto: servono 15 milioni 
    - Boniciolli 
    sposa l’opera voluta dalla Provincia. Domani presenterà il progetto ai 
    vertici delle Ferrovie  | 
  
  
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    Ultimato il 
    secondo studio degli esperti dell’ateneo. Lungo le linee tra Campo Marzio, 
    Muggia e Opicina potranno viaggiare anche le merci  
    
    Servono 15 milioni di euro per 
    mettere in funzione la metropolitana leggera nelle linee Muggia-Campo Marzio 
    e Campo Marzio-Villa Opicina. Tratte destinate a servire il traffico 
    passeggeri ma anche quello merci nell’ottica del potenziamento dei traffici 
    portuali. Domani il presidente dell’Authority Boniciolli chiederà alle 
    Ferrovie di partecipare al progetto.  | 
  
  
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    In due o tre anni, una volta 
    reperiti i fondi, potrebbero essere realizzati i primi due lotti del 
    progetto: la linea Campo Marzio-Noghere, e poi la Campo Marzio-Opicina. È un 
    piano a medio termine invece - sebbene compreso nei 15 milioni necessari - 
    il terzo lotto, che prevede di attrezzare per il trasporto passeggeri la 
    galleria di cintura: ciò che consentirebbe di collegare la linea urbana alla 
    Trieste-Ronchi nell’ambito della metropolitana regionale 
    Ronchi-Trieste-Capodistria. 
    Interventi e costi definiti, e la conferma di un elemento importante: che 
    cioè il recupero delle infrastrutture in funzione di metrò leggero 
    servirebbe anche a rivitalizzare il trasporto merci su rotaia da e per il 
    porto di Trieste. Merci che potrebbero viaggiare in particolare nelle ore 
    notturne. Sono questi alcuni dei punti nodali del secondo studio che la 
    Provincia ha commissionato al Dipartimento di ingegneria civile e ambientale 
    dell’Ateneo cittadino. Redatto in collaborazione con la dirigenza locale di 
    Rfi (Rete ferroviaria italiana), lo studio «non solo ha riconfermato la 
    fattibilità dell’operazione», dice l’assessore provinciale ai trasporti 
    Ondina Barduzzi, «ma ne ha anche individuato priorità e potenzialità». In 
    prima fila, appunto, il convergere dell’interesse di Palazzo Galatti per il 
    trasporto pubblico, e di quello dell’Autorità portuale per le merci. 
    Inoltre, aggiunge Barduzzi, «alcuni interventi sono già previsti nei 
    programmi di Rfi». La priorità della Provincia è la Campo Marzio-Muggia, 
    utile anche per porto e Ezit. Il secondo passo sarebbe la Campo 
    Marzio-Opicina. Sono già stati chiesti al Fondo Trieste 750 mila euro con 
    cui Palazzo Galatti realizzerebbe il collegamento con il terminal di 
    Fernetti, così da avere un’area retroportuale servita da rotaia. 
    Domani il presidente dell’Authority Claudio Boniciolli, nell’ambito di una 
    serie di appuntamenti a Roma, incontrerà l’amministratore delegato di Rfi 
    Mauro Moretti per discutere di vari temi: tra questi, il metrò leggero. 
    Boniciolli illustrerà il progetto chiedendo che Rfi si inserisca nel 
    protocollo d’intesa siglato in giugno fra Provincia, Ezit e Autorità. 
    Obiettivo, allargare «il forte lavoro di sinergia» tra enti sin qui attuato, 
    dice Barduzzi. «Questo progetto - commenta Boniciolli - è di grandissima 
    importanza anche per l’Authority, cui interessa tutta la corona di stazioni 
    che stanno intorno a Trieste e dalle quali si può alimentare il traffico 
    ferroviario verso lo scalo. Ci interessano le merci, con lo sbocco verso 
    l’Est e la Slovenia: a Moretti parlerò dei sei chilometri di binari mancanti 
    per collegare gli scali di Trieste e Capodistria. Ma l’interesse del 
    tracciato, capace di trasportare sia merci che persone, è anche in chiave 
    turistica: Capodistria sta costruendo il nuovo terminal passeggeri, e con 
    l’apertura completa delle frontiere possiamo iniziare davvero a pensare che 
    ogni nave che attraversa il canale di Otranto possa essere ”acquisita” 
    dall’Alto Adriatico». 
    L’obiettivo di inserire Rfi nell’accordo di programma è di tipo economico: 
    «Potremmo richiedere a Rfi di anticipare alcuni interventi che già ha in 
    programma», commenta Barduzzi. I 15 milioni restano infatti in gran parte da 
    reperire: l’Ap dà «pieno sostegno politico e progettuale», ribadisce 
    Boniciolli, ma sul fronte economico per ora deve curare la propria rete 
    interna di binari. La Provincia intende rivolgersi però a Rfi e al ministero 
    delle Infrastrutture, puntando sull’importanza della linea per il porto. In 
    futuro, soprattutto per la galleria di cintura potrebbe intervenire la 
    Regione. Regione la cui nuova legge sul trasporto pubblico locale, annota 
    Barduzzi, ha inserito a livello di gestione anche il trasporto su rotaia: i 
    fondi per la gestione della metropolitana non mancherebbero.  | 
  
Paola Bolis
 
 
  
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    La priorità è il collegamento 
    con Muggia - Chiesti al Fondo Trieste 750mila euro per collegare ai binari 
    il terminal di Fernetti   | 
  
  
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    Uno degli elementi-chiave dello 
    studio redatto dall’Università, e presentato nei giorni scorsi 
    dall’assessore Ondina Barduzzi ai presidenti della Provincia Maria Teresa 
    Bassa Poropat, dell’Authority Claudio Boniciolli e dell’Ezit Mauro Azzarita, 
    sta nel fatto che i lavori sugli impianti ferroviari utili ai traffici del 
    porto «consentirebbero di per sé di configurare, con il solo costo 
    aggiuntivo delle fermate, una prima ipotesi di servizio di trasporto 
    urbano», anche se limitato all’area Campo Marzio-Muggia-Opicina senza 
    toccare Ronchi da una parte e Sesana dall’altra.  
    Questo fattore vale in primo luogo per la prima tratta che alla Provincia 
    preme, la Campo Marzio-Noghere/Muggia. Si tratta qui di realizzare 
    interventi che vanno dalla risagomatura della galleria di Monte San 
    Pantaleone alla realizzazione di nuovi impianti elettrici. La linea 
    partirebbe da Campo Marzio, fermerebbe fra l’altro alle Torri d’Europa e 
    allo stadio Rocco, in zona Ezit - novemila le persone che qui lavorano, e 
    che dunque sono potenzialmente interessate al collegamento - per arrivare 
    alle Noghere. Di qui, nell’ambito di una futura metropolitana 
    interregionale, il trasporto potrebbe proseguire fino a Capodistria. 
    L’altra linea - che lo studio dell’Università contempla come secondo lotto 
    del progetto - è la Campo Marzio-Opicina, che richiede tra l’altro un minore 
    numero di interventi. Il treno passerebbe - fermandosi - per San Giacomo, 
    Guardiella, area Università, nuova sede della Sissa al Santorio, dov’è 
    prevista la realizzazione di una nuova fermata. Inoltre, con i 750mila euro 
    richiesti al Fondo Trieste verrebbe realizzato il collegamento con il 
    terminal di Fernetti. Anche questa linea, spiega l’assessore provinciale 
    Ondina Barduzzi, può avere uno sviluppo oltreconfine: «Nel piano regolatore 
    del Comune di Sesana questo collegamento è già previsto. Ci sono due 
    possibilità: il riatto della vecchia ferrovia o la costruzione di nuovi 
    binari» che si allaccino a quelli della metropolitana leggera. 
    Il terzo lotto del progetto redatto dall’Università riguarda la galleria di 
    cintura che collega Campo Marzio a Roiano e Barcola, dove si riallaccia al 
    tracciato per Udine e Venezia. L’intervento previsto è quello di attrezzare 
    e abilitare la galleria anche per il traffico passeggeri, così da 
    utilizzarla sia da parte dei treni RoLa, quelli della cosiddetta «autostrada 
    viaggiante» Trieste-Salisburgo, sia per il trasporto pubblico. In questo 
    modo un domani la metropolitana leggera potrebbe prevedere delle fermate in 
    corrispondenza di piazza dei Volontari giuliani e di Roiano, due dei rioni 
    toccati dalla galleria.  | 
  
 
 
  
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    INTERMODALITA' - E dalle 
    Noghere un servizio di autobus a chiamata  | 
  
  
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    Trasporto pubblico locale: quale 
    rapporto tra la metropolitana leggera - se questa verrà realizzata - e gli 
    autobus? Lo studio commissionato dalla Provincia al Dipartimento di 
    ingegneria civile e ambientale dell’Ateneo cittadino osserva che i servizi 
    su gomma oggi risultano «particolarmente apprezzati per la loro capillarità 
    spazio-temporale», cioè per le zone che raggiungono e la frequenza con cui 
    transitano, e dunque «andrebbero mantenuti ai livelli attuali per non 
    favorire le modalità di trasporto alternative» come l’auto privata. In ogni 
    caso, il servizio su ferro non può risultare «sostitutivo» di quello su 
    gomma, ma può invece «rinforzare collegamenti giù esistenti». 
    Parte del servizio tradizionale però potrebbe essere sostituito da un 
    servizio di bus a chiamata. Lo studio comprende infatti anche una prima 
    valutazione dell’ipotesi, concentrandola nel Comune di Muggia. La 
    metropolitana leggera si fermerebbe alla stazione di Noghere: proprio per 
    questo, viene proposto «l’avvio sperimentale» di un servizio che farebbe 
    capo all’attuale capolinea della linea 20 a Muggia. Si tratterebbe di un 
    servizio aggiuntivo, non alternativo a quelli attuali, mirato a collegare - 
    a richiesta, appunto - il capolinea della metropolitana delle Noghere 
    all’area di Muggia: partenza, arrivo, orari e percorsi sarebbero determinati 
    di volta in volta sulla base delle richieste dei cittadini. 
    Quanto alla metropolitana che dovrebbe collegare Muggia a Campo Marzio - e 
    che servirebbe anche al trasporto merci, come rilevato dal presidente dell’Authority 
    Claudio Boniciolli - la frequenza minima ritenuta necessaria per rendere 
    appetibile il servizio è di trenta minuti. In ogni caso, avverte lo studio, 
    per riuscire a invertire la tendenza a spostarsi in auto o altri mezzi 
    privati e invogliare all’utilizzo del trasporto pubblico resta 
    indispensabile una «pianificazione a livello di sistema» integrato: 
    interventi singoli e «parziali» non porteranno alcun cambiamento nel modo di 
    muoversi della cittadinanza.  | 
  
 
 
 
IL PICCOLO - 
DOMENICA, 4 novembre 2007 
 
 
  
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    Ravignani: «Vicino agli 
    operai della Ferriera ma anche l’ambiente deve essere tutelato»  | 
  
  
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    Celebrazioni per San Giusto: 
    nell’omelia del vescovo anche le nuove prospettive di sviluppo della città 
    Le incertezze legate al destino della Ferriera di Servola e le speranze 
    riposte nelle nuove prospettive di sviluppo che si aprono alla città, ma 
    anche il complesso rapporto tra fede e scienza e gli altrettanto delicati 
    equilibri tra Stato e Chiesa. Ha toccato i temi centrali per il futuro di 
    Trieste e le sfide più alte con cui è chiamata a confrontarsi l’intera 
    comunità cristiana, l’omelia tenuta ieri mattina in cattedrale dal vescovo 
    durante il Pontificale che celebra la figura del patrono San Giusto.  
    Un intervento che ha ribadito, se mai ce ne fosse stato bisogno, la capacità 
    di Eugenio Ravignani di farsi interprete delle inquietudini che turbano il 
    suo «gregge». «L’amore di un vescovo è la sua città. E il mio amore è 
    proprio Trieste - ha affermato il vescovo davanti a centinaia di fedeli che, 
    assieme alle autorità civili e militari, hanno affollato la cattedrale -. 
    Perciò non posso non sentire come mie le forti preoccupazioni di tanti 
    lavoratori di una grande industria che temono per la perdita del posto di 
    lavoro e vedono assai problematica una riconversione della loro 
    professionalità in un impiego diverso. E con affetto sono accanto alla 
    sofferenza delle loro famiglie». 
    Un affetto che va comunque di pari passo con la vicinanza ai residenti, 
    decisi a difendere il loro diritto alla salute, e con il monito rivolto alle 
    istituzioni, chiamate a fare squadra per indivudare soluzioni concrete. 
    «Allo stesso tempo - ha continuato monsignor Ravignani - non posso non 
    condividere i timori di chi vede pericolosamente alterarsi la purezza del 
    clima in cui respirare e vivere con i propri figli. Mi sento inoltre di 
    esprimere vivissima gratitudine a coloro che, nella loro responsabilità di 
    pubblici amministratori e imprenditori, continueranno a impegnarsi perchè 
    sollecitamente siano fugate incertezze e dubbi nella soluzione di una 
    difficile composizione tra legittime, diverse esigenze».  
    Ma nella solennità di San Giusto, «figura che ha segnato la storia della 
    prima esperienza cristiana a Trieste», è arrivato anche un messaggio carico 
    di speranza: la città, ha sottolienato il vescovo, potrà vivere una nuova 
    stagione positiva se solo saprà cogliere le opportunità legate alla caduta 
    dei confini e valorizzare i suoi punti di forza. «Guardo con viva fiducia 
    alle nuove prospettive che aprono, o meglio riaprono, la città ad un respiro 
    internazionale - ha sottolienato Ravignani -, mentre importanti strutture 
    stanno riprendendo vigore e sono promessa di reale rilancio nel campo 
    dell’economia e del lavoro, condizione di una reale prosperità che sia 
    condivisa da tutti i cittadini. Provo ammirazione poi per la prestigiosa 
    presenza e l’intensa attività dei tanti istituti scientifici. Sono un onore 
    per la nostra città ed auspico che tra essa e il mondo della scienza si dia 
    vita ad un dialogo permanente e proficuo».  
    Dal canto suo però, ammonisce il vescovo, la scienza non deve diventare 
    strumento per arrivare alla negazione della fede: religione e progresso non 
    vanno infatti messe in competizione, ma riconosciute come due distinte e 
    altrettanto preziose «forme del conoscere», basate su un «diverso accesso 
    alla verità». Allo stesso modo va difesa la corretta convivenza tra Stato e 
    Chiesa, perchè «solo una malintesa laicità può voler relegare la Chiesa 
    nella sfera del rito e della devozione e la fede nell’ambito di una mera 
    esperienza privata e personale. La laicità vera - ha concluso Eugenio 
    Ravignani - è garanzia di spazio etico in cui le religioni possono e debbono 
    trovare espressione in piena libertà, senza subire condizionamenti da 
    culture o poteri dominanti». 
    
    Maddalena Rebecca  | 
  
 
 
IL PICCOLO - 
SABATO, 3 novembre 2007 
 
 
  
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    Ferriera, la Regione chiede 
    aiuto al ministero dell’Ambiente  - Dopo il primo no dell’anno scorso 
    Moretton sollecita la risposta alla nuova domanda  | 
  
  
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    Nell’ambito 
    delle procedure per l’autorizzazione integrata doppio appello allo Stato per 
    decidere sul futuro dell’impianto di Servola  
    
    Sull’ingarbugliata vicenda della 
    Ferriera pende anche, e ancora, una risposta del ministero dell’Ambiente. La 
    Regione ha per due volte chiesto un accordo speciale con lo Stato 
    nell’ambito delle procedure per la concessione dell’Autorizzazione integrata 
    ambientale (Aia). Ha inviato una prima richiesta nel settembre 2006, 
    ricevendo risposta negativa. Ha ripetuto la domanda nel maggio 2007, e 
    ancora attende l’esito. Intanto però tutti gli enti chiamati a dare un 
    giudizio sulla situazione della fabbrica in riferimento ai dati ambientali 
    hanno rispettato la data che la legge 59 del 2005 sull’Aia indica come 
    ultimativa per chiudere la pratica (30 ottobre 2007), e non hanno preso - 
    come si sa - una risoluzione, eccezion fatta per il Comune di Trieste che ha 
    dato parere negativo. 
    Ma che cosa chiede la Regione e perché? Si appella al comma 20 dell’articolo 
    5 di quella legge, il quale prevede che in presenza di «particolare e 
    rilevante impatto ambientale, della complessità e del preminente interesse 
    nazionale dell’impianto» si possano fare accordi specifici con lo Stato «al 
    fine di garantire, in conformità con gli interessi fondamentali della 
    collettività, l’armonizzazione tra lo sviluppo del sistema produttivo 
    nazionale, le politiche del territorio e le strategie aziendali». In questo 
    caso i tempi per il rilascio da parte della Giunta regionale della 
    definitiva autorizzazione ambientale passano da 150 giorni a un anno. 
    L’assessore regionale Gianfranco Moretton lo spiega con pochissime parole: 
    «Un accordo che consente di avere contributi ministeriali, la richiesta era 
    motivata dal fatto che la situazione triestina non è delle più semplici». 
    Nel frattempo sempre la Regione deve predisporre il «piano dell’aria», per 
    sapere il livello complessivo di inquinanti in una certa area - lo ha detto 
    proprio il ministero -, altrimenti non sarà in grado di fissare i limiti 
    della singola azienda, in questo caso della Ferriera di Servola, nel 
    documento autorizzativo. 
    Due punti di domanda, dunque, a lunga scadenza, mentre per l’Aia (una 
    autorizzazione ambientale che di fatto, dice la legge, sostituisce ogni 
    altra) tutti gli enti si ritroveranno comunque in conferenza il 15 novembre. 
    «La Regione questa domanda non la poteva neanche inoltrare» commenta il 
    consigliere regionale dei Verdi Alessandro Metz, che in una lunga nota parla 
    del caso-Ferriera come della «storia del sior intento» che «perpetuamente si 
    ripete senza raccontare, fondamentalmente, nulla».  
    Dice Metz: «Solo per impianti di grandissima dimensione di può ottenere che 
    lo Stato si sostituisca alla Regione per l’autorizzazione, e non è il caso 
    della Ferriera, dove la competenza è proprio solo regionale, e certo la 
    Regione si trova ora col cerino in mano, anche perché l’Aia non si può 
    concedere senza avere il piano dell’aria». Il consigliere ripercorre le 
    vicende complicate della Ferriera criticando il nulla di fatto: «Servolani, 
    triestini - scrive - cercate di non respirare almeno nei giorni di bassa 
    pressione quando non soffia la bora, perché fino al 2015 la Ferriera può e 
    deve continuare a produrre, visto che poi salta sempre fuori chi annuncia 
    che l’impresa è redditizia, e ricatta la città con la crisi occupazionale». 
    Una bacchettata anche ai segretari sindacali «che anche in futuro saranno 
    ancora in attesa delle ricette del piano Gambardella o delle bacchette 
    magiche dell’Arvedi di turno». Chiude Metz: «La ’’storia del sior intento’’ 
    è cara ai triestini, ma forse qualcuno è stanco e stufo di sentirla». 
    g. z.  | 
  
 
 
  
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    Laghetti delle 
    Noghere risistemati a inizio anno  - Il Consiglio comunale di Muggia 
    voterà il progetto a giorni: sbloccati 50mila euro  | 
  
  
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    In base al 
    piano che finalmente vedrà impiegati i fondi regionali l’area sarà ripulita 
    e recintata: diverrà un’aula naturalistica all’aperto  
    
    MUGGIA Partirà agli inizi del 
    2008 la sistemazione, a fini didattici e naturalistici, dei Laghetti delle 
    Noghere. Il Consiglio comunale di Muggia voterà il progetto nella seduta 
    prevista mercoledì. 
    La zona dei laghetti rappresenta l’ultimo lembo di zona umida di una certa 
    consistenza nella provincia di Trieste, tanto che la Regione li ha definiti 
    «biotopo naturale» nel giugno del 2001, in base alla legge regionale 42. E, 
    dal punto di vista naturalistico, il laghetti sono un caso raro, anche 
    perché la provincia è caratterizzata perlopiù da fenomeni carsici (fiumi 
    sotterranei) e quindi manca una rete idrografica superficiale. Nell’area, 
    una valle alluvionale marnoso-arenacea, c’erano impianti di estrazione 
    dell’argilla. Le cave, una volta abbandonate, nel tempo si sono riempite 
    d’acqua facendo nascere, appunto, i laghetti. E proprio, la pioggia e le 
    tracimazioni periodiche del rio Ospo e del suo tributario, il torrente 
    Menariolo, che attraversano l’area, hanno rinaturalizzato la zona. Ne è nato 
    dunque un ambiente vivo, con la presenza di numerose specie ittiche, uccelli 
    e piante, che hanno assunto un notevole pregio naturalistico.  
    Già alla fine degli anni Ottanta l’area fu soggetta a interventi di pulizia 
    e riordino parziali, in vista della costituzione di un’oasi naturalistica, 
    poi mai realizzata. Proprio alla luce del riconoscimento della valenza 
    geo-ecologica, la Regione nel 2003 ha stanziato 50 mila euro per la 
    sistemazione dell’area, rimasti però bloccati per la non titolarità del 
    Comune sull’area. Titolarità risolta solo un anno fa, quando il Comune ha 
    trovato l’accordo con l’Ezit per l’acquisto di tutta l’area (all’inizio 
    sembrava possibile acquisirne solo un terzo) a 37 mila euro, dilazionati in 
    12 anni, chiudendo così una lunga vicenda (iniziata nel 1983), che aveva 
    visto, nel tempo, richieste, ripensamenti e persino dimenticanze da parte 
    (soprattutto) delle amministrazioni succedutesi a Muggia. L’area in totale 
    misura 93.500 metri quadrati. Un primo progetto per un utilizzo 
    naturalistico e didattico era stato già elaborato qualche anno fa. Mercoledì 
    il Consiglio comunale sarà chiamato a votare quello definitivo.  
    L’assessore allo Sviluppo del territorio Moreno Valentich (Pd-Ds) spiega: 
    «Si tratta di applicare così il primo finanziamento ottenuto per quell’area. 
    Dopo l’acquisto, il Comune ha intenzione di fare dei Laghetti delle Noghere 
    un laboratorio e un’aula ambientalista e di studio all’aperto, in modo che 
    ornitologi e scuole ne possano usufruire tutto l’anno, per vedere le specie 
    di piante e animali che vivono o transitano nella zona». In base al 
    progetto, si provvederà alla pulizia dell’area e soprattutto dei sentieri 
    (saranno ricoperti di ghiaia) e di parte delle sponde dei laghetti, alla 
    realizzazione di un cancello d’entrata e alla sistemazione della recinzione 
    per delimitare la zona. Sono previste anche tabelle d’indicazione a fini 
    didattici. Altri lavori potranno essere realizzati in una fase successiva, 
    con nuovi finanziamenti. «Dopo l’approvazione del progetto in aula – 
    continua Valentich – si potrà andare in gara. Si prevede che i lavori 
    potrebbero iniziare entro la primavera prossima, rispettando anche il 
    calendario naturalistico». 
    Sergio Rebelli  | 
  
 
 
  
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    Ambiente e sviluppo, parte la 
    settimana dell’educazione  | 
  
  
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    TRIESTE «Alt ai cambiamenti 
    climatici! Riduciamo la CO2». È il titolo della seconda edizione della 
    Settimana di educazione allo sviluppo sostenibile che, inquadrata nella 
    campagna promossa dall’Unesco, si terrà dal 5 all’11 novembre in molte 
    località del Friuli Venezia Giulia. Il programma predisposto dal Laboratorio 
    regionale di educazione ambientale prevede, tra l’altro, tre confronti già 
    lunedì a Villa Manin su stato dell'ambiente in Friuli Venezia Giulia, 
    cambiamenti climatici gestione delle acque; una tavola rotonda a Trieste 
    sugli ecovillaggi e un’altra a Gorizia con Luca Mercalli. 
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    I pescatori: no al parco di 
    Arbe  - Manca il regolamento delle attività consentite. L’area marina a 
    difesa della colonia di delfini   | 
  
  
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    Anche gli amministratori 
    pubblici temono troppi divieti  | 
  
  
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    FIUME Incontra sempre più 
    oppositori la riserva per delfini, proclamata nel luglio 2006 dal ministero 
    della Cultura e che riguarda uno specchio di mare fra le isole 
    altoadriatiche di Veglia, Cherso, Lussino e Pago.  
    L’area in questione si estende su una superficie di ben 540 chilometri 
    quadrati, in cui vive una consistente colonia di delfini, che secondo stime 
    molto attendibili conterebbe almeno cento esemplari. Anni fa, 
    l’organizzazione ambientalista lussignana Plavi Svijet (Mondo blu) aveva 
    avviato l’iniziativa per rendere questa porzione del Quarnerolo una zona in 
    regime di tutela per i delfini, proposta che è stata accettata a Zagabria. 
    Anche se fino a questo momento non è stato formulato ancora il regolamento 
    sulle norme da osservare nella riserva (regolamento da apportare entro il 
    2009), i pescatori della regione quarnerina – supportati dai colleghi 
    istriani e dalmati – si sono espressi senza mezzi termini contro la zona 
    protetta, temendo che possa limitare o persino impedire la loro attività. 
    Proprio in questi giorni la presa di posizione dei pescatori ha avuto il 
    sostegno della giunta comunale di Arbe, che ha votato una delibera con cui 
    si chiede al competente dicastero di cassare la decisione sull’istituzione 
    della riserva. L’esecutivo arbesano ha voluto così ingrossare le fila delle 
    autonomie locali e delle associazioni, motivando tale mossa con le 
    preoccupazioni che la riserva possa nuocere non solo ai pescatori, ma anche 
    al turismo, alla nautica da diporto, ai ristoratori e a tutti quei settori 
    economici di vitale importanza per le sorti della regione insulare 
    quarnerina. Secondo la giunta (e la tesi è sposata in pieno dai pescatori), 
    lo studio sulle minacce cui andrebbero incontro questi mammiferi sarebbe in 
    contrasto con quanto osservato dagli stessi pescatori e dai diportisti. 
    Infatti, i delfini continuano ad essere presenti numerosi nel Quarnerolo e 
    proprio le possibile norme rigorose della riserva, dicono i pescatori, 
    potrebbero scatenare le ritorsioni della gente contro gli animali.  
    Anche il sindaco di Lussinpiccolo, Gari Cappelli, ha bocciato il progetto 
    della riserva se questa dovesse incidere negativamente sulle attività 
    economiche legate alla vita sulle isole quarnerine: «Tra un mese al massimo 
    discuteremo della zona tutelata a livelo di giunta e consiglio comunali – ha 
    detto il primo cittadino – personalmente sono contrario al progetto anche 
    perché non accompagnato da un regolamento chiaro. Se dovessimo attenerci 
    strettamente a quello che implica una riserva, allora sarebbe notte fonda 
    per i nostri pescatori. Attualmente c’è un vuoto che impedisce ad un 
    pescatore, ad esempio, di acquistare oggi un peschereccio per 100 mila euro 
    che domani potrebbe risultare inutile se nell’area protetta si dovessero 
    proibire le attività di pesca». 
    Insomma, non ci sono solo i pescatori italiani, la zona ittico–ecologica e 
    il generale impoverimento del patrimonio marino a rovinare il sonno ai 
    pescatori croati dell’ Adriatico settentrionale. Di mezzo vi sono pure i 
    delfini, la cui presenza nel Quarnerolo rischia di essere foriera di 
    incidenti, polemiche e proteste. 
    a.m.  | 
  
 
 
IL PICCOLO - 
VENERDI', 2 novembre 2007 
 
 
  
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    Ferriera, il dirigente 
    indagato: la Regione sapeva  - Pierpaolo Gubertini: «Ho avuto l’avviso 
    di garanzia un anno fa. Ho subito informato gli uffici»  | 
  
  
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    Il 
    funzionario è il coordinatore della procedura per la concessione allo 
    stabilimento della nuova autorizzazione integrata ambientale 
     
    
    «Sì, sono indagato dalla procura 
    per omissione d’atti d’ufficio. Ma non è un’inchiesta nuova, recente. 
    L’avviso di garanzia mi è stato recapitato poco meno di un anno fa e 
    l’indagine, avviata dal pm Federico Frezza, è ancora aperta». Lo ha 
    dichiarato ieri l’ingegner Pierpaolo Gubertini, 55 anni, direttore del 
    Servizio regionale di tutela dall’inquinamento.   | 
  
  
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    Attualmente Gubertini è il 
    regista-coordinatore di quanto si sta discutendo a livello regionale e 
    locale per concedere alla Ferriera una nuova Autorizzazione integrata 
    ambientale all'esercizio dei suoi impianti. Dall’inizio del 2007 l’ingegnere 
    non si occupa infatti più direttamente delle emissioni della Ferriera dal 
    momento che questo compito è stato trasferito per legge all’Amministrazione 
    provinciale. 
    «Quando l’avviso di garanzia mi è stato notificato, ho immediatamente 
    avvisato la Regione: in dettaglio l’avvocatura interna» afferma l’ingegner 
    Gubertini. 
    «Per difendermi ho dovuto però rivolgermi a un legale di mia scelta. La 
    legge non prevede infatti nelle inchieste penali un’assistenza legale 
    diretta per dirigenti, funzionari e dipendenti degli enti pubblici: è 
    previsto solo che l'amministrazione pubblica paghi la parcella in caso di 
    proscioglimento del suo dipendente. Ho così nominato un avvocato di Milano 
    esperto in problemi ambientali e ho inviato al pm Federico Frezza una 
    memoria sul mio operato. Respingo l’accusa che mi viene rivolta. Ho sempre 
    informato l’assessore e le giunta regionale della situazione della Ferriera. 
    L’ho fatto verbalmente ma anche attraverso delibere di generalità. Non ho 
    detto alcunché sull’avviso di garanzia perché non avevo nulla da comunicare. 
    È un atto che riguarda me e la procura. Lo ribadisco. Non ho insabbiato 
    nulla. Anzi, sono stato io a far chiudere nel 2005 l’agglomerato della 
    Ferriera. Ho infatti emanato un decreto in cui limitavo a 0,4 nanogrammi per 
    metro cubo d’aria la quantità di diossina ammessa nelle emissioni 
    convogliate. E l’impianto ha dovuto chiudere dopo le misure effettuate 
    dall’Arpa che attestavano il superamento di questo valore. Poi è intervenuta 
    la procura e il pm Federico Frezza è riuscito a far sequestrare 
    l’agglomerato. La Servola spa si è adeguata e ha installato un impianto con 
    l’urea. Oggi l’agglomerato diffonde molto meno diossina che nel 2005 e i 
    limiti fissati dal mio ufficio sono quelli imposti dalle norme più severe». 
    «Valutare ciò che accadeva all’agglomerato è stato facile: la legge fissa in 
    modo chiaro come devono essere effettuate le misure sulle emissioni 
    convogliate in un camino. Ben diverso è il discorso per le emissioni 
    diffuse, che escono nell’atmosfera da svariati punti della Ferriera. Basta 
    citare la macchina a colare, priva di adeguate cappe di intercettazione 
    delle polveri e dei fumi. Compiere misure in queste condizioni è molto più 
    difficile e la legge è tutt’altro che chiara. Lo ripeto che dall’inizio del 
    2007 non mi occupo più di controlli sulle emissioni perché questo compito è 
    passato alla Provincia e in dettaglio all’assessore Ondina Barduzzi che sta 
    dicendo oggi le stesse cose che dicevo io più di un anno fa». 
    «L’inchiesta che mi coinvolge non è chiusa» continua l’ingegner Gubertini. 
    «Ma tutto tace dal giorno in cui ho inviato la mia memoria difensiva al pm 
    Federico Frezza. Ho incontrato il magistrato parecchie volte in questi mesi 
    in riunioni organizzate a livello istituzionale, ma lui non mi ha mai detto 
    nulla sull’inchiesta che mi coinvolge. Al contrario anche nelle ultime 
    settimane il pm che mi indaga, ha fatto recapitare al mio ufficio i 
    risultati delle misure sul benzopirene effettuate a Servola dal Cigra su suo 
    specifico incarico. Mi ha spedito anche molti documenti e parecchie 
    fotografie scattate agli impianti da un suo stretto collaboratore». 
    «Spero di aver chiarito il mio ruolo e attendo con fiducia la conclusione 
    delle indagini. Penso che il mio nome sia finito sul registro degli indagati 
    perché si cerca sempre l’anello debole della catena. Non sono un politico, 
    non frequento politici. Sono un tecnico, un ingegnere, abituato a valutare 
    percentuali, livelli, soglie. E poi a decidere in base al mio ruolo e ai 
    poteri che mi sono stati conferiti». 
    
    Claudio Ernè  | 
  
 
 
  
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    FERRIERA - Giovedì tavolo di 
    crisi alla Direzione lavori pubblici - Il calendario con gli appuntamenti 
    per l’Azienda sanitaria, l’Arpa, la Lucchini e i sindacati 
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    La complessità della 
    questione-Ferriera si fotografa per sezioni: tra atti pubblici, numeri e 
    unità di misura, ricorsi, interventi tecnici, politici e sindacali, c’è 
    anche la griglia veramente fitta del calendario. I lavoratori, in Consiglio 
    comunale, si sono detti sbalorditi e delusi da tanto «aprire tavoli», 
    peraltro invocando nel contempo un tavolo ulteriore: quello che decida, 
    semplicemente e in fretta, nientemeno che il futuro della città. Per far 
    ordine è bene tornare alle date e al loro intreccio. 
    Il prossimo appuntamento per tutti gli enti amministrativi, per l’Azienda 
    sanitaria, l’Arpa, la Lucchini spa e i sindacati è fissato all’8 novembre 
    alla Direzione regionale lavori pubblici e ambiente. Si tratta del 
    cosiddetto «tavolo di crisi» creato dall’assessore regionale Moretton per 
    mettere tutti i protagonisti a confronto stabile in vista di una auspicata 
    decisione comune. Sarebbe dovuto essere un appuntamento settimanale. Dopo 
    due riunioni, il rinvio. La puntata di venerdì 21 ottobre avrebbe dovuto 
    proseguire venerdì 28. Ma il 30 ottobre era in scaletta l’incontro degli 
    stessi protagonisti istituzionali per l’ultima e (si pensava) decisiva 
    conferenza dei servizi in cui decidere se dare o no alla Lucchini 
    l’Autorizzazione integrata ambientale (Aia), una sorta di «via libera» se 
    l’azienda avesse accettato tutte le modifiche e le garanzie chieste dai vari 
    enti per calare l’inquinamento. E dunque perché trovarsi prima? Meglio dopo. 
    Il venerdì successivo al 30 cadeva il 4 novembre, ponte festivo. Fu proposto 
    il venerdì 9, ma l’assessore comunale Bucci chiese l’anticipo a giovedì 8: 
    «Preferisco parlare avendo alle spalle i miei uffici aperti, il venerdì 
    pomeriggio sono chiusi». 
    Intanto però l’appuntamento del 30 ottobre non è stato affatto risolutivo. 
    Un parere netto è venuto, sull’Aia, solo dal Comune, che ha detto «no». Gli 
    altri hanno presentato ulteriori carte, e tutti hanno deciso di rivedersi 
    ancora: «Appuntamento il 15 novembre». 
    Ma sarà proprio il 15 novembre quando l’Apat, l’Agenzia per l’ambiente del 
    ministero, renderà note le analisi dell’aria realizzate fino all’altro 
    giorno in via San Lorenzo in Selva. Come si intrecceranno con i discorsi 
    precedenti? E non basta, perché un’altra data importante è già fissata: il 
    magistrato ha ordinato nuove analisi nell’abitato di Servola, affidandole 
    ancora al consorzio universitario Cigra. Dureranno due mesi e si 
    concluderanno il 31 dicembre. E saranno queste, realizzate secondo i criteri 
    di un decreto legge uscito appena a settembre, quelle da considerare 
    probanti. Sempreché qualcuno non contesti nel frattempo gli strumenti usati 
    dal Cigra, messi sotto osservazione dall’Apat, così come quelli dell’Arpa.
     
    g. z.  | 
  
 
 
  
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    FERRIERA - Paris Lippi: «Sia 
    fatta chiarezza» Moretton: «Assessori all’oscuro»  | 
  
  
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    Il Comune con il vicesindaco 
    Paris Lippi attacca pesante, la Regione con l’assessore all’ambiente 
    Gianfranco Moretton ribatte secca. È scontro sul caso di Pierpaolo Gubertini, 
    dirigente regionale indagato perché, pur conoscendo i dati, non avrebbe 
    assunto iniziative per limitare le emissioni della Ferriera né avrebbe 
    informato la giunta regionale. «Non conosco la vicenda e mi auguro che il 
    dirigente sia innocente», premette Lippi, «ma mi piacerebbe venisse fatta 
    chiarezza. Se le cose stessero così, la vicenda mi pare abbastanza grave. E 
    non penso si sia trattato di un’idea solo della persona indagata», aggiunge 
    il vicesindaco. «Lippi si assumerà la responsabilità delle sue dichiarazioni 
    nelle sedi più opportune», replica Moretton. Che precisa: «L’indagine è un 
    atto conosciuto dal diretto interessato e al momento non dall’organo 
    politico», ossia gli assessori. Gubertini è il dirigente incaricato di 
    gestire l’iter, tuttora aperto, per l’Autorizzazione integrata ambientale 
    (Aia) allo stabilimento. E l’indagine «fino a prova contraria, finché non ci 
    siano colpevoli, non inficia il ruolo» dell’indagato, precisa l’assessore 
    esprimendo «piena fiducia che, nei tempi compatibili con l’istruttoria, 
    quanto prima conosceremo l’esito» dell’indagine. 
    Moretton intanto interviene anche sull’interrogazione presentata dal Verde 
    Alessandro Metz, che ieri ha chiesto se, da quando è in carica, l’assessore 
    sia stato «effettivamente informato dalla Direzione regionale dell’ambiente 
    dei rapporti allarmati dell’Arpa». «Non ho visto l’interrogazione, ma i 
    rapporti dell’Arpa sono pubblici e tutte le istituzioni ne erano a 
    conoscenza», dice l’assessore.  
    Ma Lippi punta il dito: «La Regione ha mai presentato un piano di 
    riqualificazione professionale degli operai, prime vittime della vicenda? O 
    ha mai ammesso di essere impotente nell’individuare soluzioni? E poi stiamo 
    ancora aspettando il piano sulla qualità dell’aria. Non vorrei - prosegue - 
    che questo dilazionare e rinviare fosse parte di un disegno per far sì che 
    nulla cambi», chiude Lippi. «La legge regionale sull’inquinamento è stata di 
    recente approvata e in tempi precisi è prevista la predisposizione di piani 
    di risanamento dell’aria: non mi risultano ritardi», risponde Moretton 
    annotando che la conferenza dei servizi sull’Aia è stata aggiornata al 15 
    novembre per potere «esaminare i documenti presentati da Lucchini», nonché 
    attendere «la proposta del’Arpa di predisporre un ”piano stralcio” di 
    risanamento dell’aria». «Seguiamo in modo serio l’evolversi della 
    situazione, e perciò oltre alla conferenza dei servizi è attivato un tavolo 
    politico che, presenti tutti gli enti, monitora settimanalmente la 
    situazione. Lippi poi - chiude Moretton - sa che eventuali provvedimenti di 
    fermo» della Ferriera «possono essere legittimamente assunti anche e in 
    particolare dall’autorità comunale». 
    Resta aperto il dibattito sull’opportunità di non chiudere la porta al 
    dialogo con il gruppo Arvedi. «Il sindaco fa bene a tenere le porte aperte a 
    tutti - commenta Lippi - ma An continua a ritenere che l’area della Ferriera 
    vada riconvertita in chiave portuale». 
    p.b.  | 
  
 
 
  
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    Sul Piano parcheggi: Italia 
    Nostra: «Il Comune escluda dal centro storico i park interrati»  | 
  
  
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    Italia Nostra scende in campo 
    contro il Piano parcheggi del Comune. Un documento che, secondo 
    l’associazione, rischia di creare seri danni al patrimonio archeologico 
    cittadino. «A nostro giudizio - scrive la presidente della sezione di 
    Trieste, Giulia Giacomoch, in una lettera inviata al sindaco e alla giunta - 
    andrebbero esclusi dal centro storico i parcheggi interrati e «in 
    edificato», perchè finirebbero per deformare l’aspetto dei luoghi con 
    elementi costruttivi esterni, trasformerebbero le piazze in coperture di 
    garage e, nel caso di edifici nuovi, deturperebbero gravemente il paesaggio 
    urbano di luoghi di grande pregio. Ecco perchè - continua la nota - 
    chiediamo al Comune di rinunciare al parcheggio in via del Teatro romano e a 
    quello interrato in piazza Sant’Antonio. Abbiamo inoltre seri dubbi 
    sull’opportunità di creare parcheggi sulle Rive dove torrette, bussole e 
    muretti rovinerebbero la coerenza architettonica e paesaggistica del 
    lungomare». 
    A fronte delle critiche, Italia Nostra avanza anche delle proposte. Il 
    suggerimento dell’associazione è che i progetti dei parcheggi, specie se da 
    costruire in aree di pregio, «si pongano come obiettivo prioritario la 
    mimetizzazione delle strutture d’accesso e uscita per le auto e per i pedoni 
    e di quant’altro si possa vedere in superficie». 
    «Esprimiamo infine dei dubbi sull’opportunità di costruire parcheggi privati 
    in aree pubbliche per le quali andrebbe previsto invece un uso a favore 
    della collettività. La costruzione di tanti parcking in aree densamente 
    abitate o frequentate per lavoro - conclude Giulia Giacomich -, sembra una 
    rinuncia definitiva da parte della pubblica amministrazione all’incremento 
    del trasporto pubblico e alla parziale pedonalizzazione del centro auspicata 
    da molti».  | 
  
 
 
  
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    Spezzatino Endesa, si decide 
    a fine anno - Non si definirà prima della metà dicembre la vicenda di 
    cessione degli assetti a EOn dopo l’opa dell’Enel   | 
  
  
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    ROMA La vicenda Endesa Italia 
    non si definirà prima della metà del prossimo dicembre. È quanto riferiscono 
    due lettere che Enel e Asm hanno inviato in risposta ai sindacati - 
    Filcem-Cgil, Flaei-Cisl e Uilcelm-Uil - dando una propria disponibilità a 
    incontrare le organizzazioni dei lavoratori. Lo si apprende da fonti 
    sindacali. 
    Il 19 ottobre Filcem-Cgil, Flaei-Cisl e Uilcelm-Uil avevano proclamato lo 
    stato di agitazione e avevano scritto una lettera a Enel, Asm ed E.On, 
    chiedendo un incontro urgente, preoccupate per l'«ipotesi spezzatino» di 
    Endesa Italia. Una richiesta inoltrata anche al ministero per lo Sviluppo 
    economico, che al momento, fanno sapere i sindacati, non ha fatto arrivare 
    un suo riscontro. 
    La lettera di Asm, secondo quanto si apprende, è datata 25 ottobre. Nel 
    breve testo la società afferma che è in corso una trattativa complessa che 
    potrebbe definirsi solo attorno al 15 dicembre. Viene però data la 
    disponibilità ad un incontro con i sindacati per il 15 novembre, allo scopo 
    di «comunicare le linee guida che hanno informato l'azione di Asm». La 
    lettera di Enel è datata 26 ottobre. Il testo sottolinea che solo entro la 
    prima quindicina di dicembre sarà possibile avere un incontro per fornire 
    una quadro definito su Endesa Italia, ma si dà comunque la disponibilità a 
    vedere i sindacati anche prima di questo termine - senza però indicare una 
    data - per chiarire come si sta muovendo Enel. 
    Sia la lettera di Asm, sia quella di Enel sono inviate per conoscenza anche 
    ad E.On e al ministero dello Sviluppo economico.  
    Pochi giorni fa l'ad dell'Enel, Fulvio Conti, ha annunciato l'avvio del 
    processo di cessione degli asset Endesa ad E.On. L'operazione rientra negli 
    accordi presi col gruppo di Duesseldorf in cambio del suo ritiro dalla 
    competizione per acquisire la società spagnola (sui cui Enel ha lanciato un'opa 
    con Acciona, chiusa a inizio ottobre). L'intesa prevede la cessione di circa 
    10mila megawatt, che incorporano Endesa Europa e, a scendere, Endesa Italia. 
    Il 20% del capitale di quest'ultima società è detenuto dalla bresciana Asm. 
    Il timore dei sindacati è che si passi a un break up e che il passaggio di 
    mano di alcuni asset comporti tagli occupazionali e un aumento della 
    precarizzazione.   | 
  
 
 
IL PICCOLO - 
GIOVEDI', 1 novembre 2007 
 
 
  
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    Per la 
    Ferriera ritorna l’ipotesi Arvedi  - Cgil, Cisl e Uil auspicano il 
    riavvio dei colloqui. Metz interroga la Regione sul caso Gubertini  | 
  
  
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    «Una 
    soluzione che potrebbe salvare ambiente, occupazione e industria». «No 
    comment» di Dipiazza, ma ci sarebbe una sua «non chiusura» 
     
    
    Da un lato le emissioni che 
    hanno indotto il sindaco Roberto Dipiazza a ipotizzare decisioni 
    «drammatiche» se nuovi dati confermassero gli sforamenti - tra gli altri - 
    del cancerogeno benzoapirene. Dall’altro i lavoratori, che martedì sera in 
    consiglio comunale hanno espresso netta la preoccupazione per il loro 
    impiego e per il futuro economico della città. 
    L’emergenza Ferriera si muove su un crinale strettissimo. E si rifà il nome 
    di Arvedi. «Ci auguriamo che in un percorso chiaro di contenimento delle 
    emissioni ci sia ancora la possibilità di una interlocuzione con il gruppo 
    cremonese». Questo Franco Belci, Luciano Bordin e Luca Visentini, segretari 
    di Cgil Cisl Uil, hanno detto ieri durante l’incontro avuto con il sindaco e 
    con l’assessore regionale Roberto Cosolini. Quest’ultimo in consiglio 
    comunale aveva sottolineato che l’estate scorsa, quando Arvedi manifestò il 
    proprio interesse per Servola, «a tutti era sembrata un’opportunità per 
    salvare ambiente, occupazione e industria»: perché «se un imprenditore che 
    già c’è non ha alternative nello stare in una situazione complessa e 
    delicata, uno che arriva ha sicuramente obiettivi e motivazioni per 
    superarla». Fermo restando - aggiungeva l’altra sera Cosolini a margine - 
    che la Regione, Lucchini o Arvedi che sia, mira a condividere «un programma 
    chiaro che dia garanzie sotto i profili dell’impatto con l’esterno, 
    dell’occupazione e delle prospettive di medio periodo anche con la 
    diversificazione dell’attività». 
    Arvedi di recente ha rotto le trattative con Lucchini dicendosi in attesa di 
    un «chiarimento» sul fronte ambientale. Ma i sindacati ritengono che il 
    gruppo, potenzialmente interessato a uno sviluppo dell’area anche in chiave 
    di logistica e energia, potrebbe proporre un progetto industriale capace di 
    segnare una svolta ambientale e di travalicare il 2015, anno in cui secondo 
    Lucchini spa la Ferriera non sarà più redditizia. Da Dipiazza arriva solo un 
    «no comment» su quanto ieri è stato detto in proposito durante l’incontro, 
    anche se Belci e Visentini parlano di una sua «non chiusura» sul tema Arvedi. 
    Una settimana fa il vicesindaco Paris Lippi e l’assessore allo sviluppo 
    economico Paolo Rovis sbarravano però la porta a insediamenti siderurgici 
    nell’area di Servola. 
    Resta intanto da gestire la situazione attuale, con la procedura ancora 
    aperta per l’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) cui il Comune ha già 
    detto no. Ieri è emerso che se l’Aia sarà concessa dalla Regione, lo sarà 
    solo con prescrizioni molto restrittive. Il tavolo aperto dall’assessore 
    regionale Gianfranco Moretton potrebbe portare però anche a una nuova 
    prospettiva ieri ipotizzata: un accordo di programma tra le parti mirato a 
    spingere Lucchini spa a ulteriori interventi, aldilà dell’Aia. «In ogni caso 
    - rileva Belci - resteranno determinanti per noi i risultati dei controlli 
    dell’Azienda sanitaria sulla salute di lavoratori e cittadini». Cosolini 
    intanto dell’incontro di ieri commenta solo che «c’è stato lo stesso clima 
    serio che ha caratterizzato la discussione dell’altra sera in consiglio». 
    Da registrare infine un’interrogazione presentata dal consigliere regionale 
    dei Verdi Alessandro Metz dopo la notizia del dirigente regionale Pierpaolo 
    Gubertini indagato perché, pur ricevendo i dati dell’Arpa, per anni non 
    avrebbe assunto alcuna iniziativa per limitare le emissioni. Metz chiede di 
    sapere se «da quando è in carica l’attuale assessore regionale all’ambiente, 
    è stato effettivamente informato dalla Direzione regionale dell’ambiente dei 
    rapporti allarmati dell’Arpa che segnalavano i ripetuti sforamenti sulle 
    emissioni in atmosfera prodotte dalla Ferriera». 
    
    Paola Bolis  | 
  
 
 
Qualità dell’aria, concluse le rilevazioni Apat Dal 5 
novembre a Roma le analisi dei dati
 
Se ne sono andati ieri i laboratori «capta-aria» dell’Apat, 
l’Agenzia nazionale per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici, 
inviati dal ministero dell’Ambiente su sollecitazione del sindaco Dipiazza e del 
consigliere regionale dei Verdi, Alessandro Metz, quando scoppiò l’allarme 
generale per i picchi di benzoapirene rilevati dal Cigra (il Consorzio 
interdipartimentale per la gestione e il recupero ambientale dell’Università di 
Trieste), su incarico del pm Federico Frezza. Fu allora deciso che la centralina 
del Cigra, a Servola stazione, sarebbe stata affiancata da quella dell’Arpa, e 
appunto da una terza super-partes, quella dell’Apat, delegata anche a verificare 
la metodologia d’azione degli altri specialisti sul campo.
«Ieri abbiamo lasciato Trieste - spiega la responsabile del laboratorio, Maria 
Belli - e dal 5 novembre a Roma cominceremo le analisi gravitometriche (quelle 
sulle polveri sottili, ndr), di seguito quelle relative agli idrocarburi e ai 
metalli, i cui dati saranno noti a fine novembre».
Nei quindici giorni di lavoro dell’Apat, però, il mosso quadro della vicenda 
Ferriera ha avuto un cambiamento sostanziale proprio nella decisione del pm di 
far sistemare al suo consulente Cigra due altre centraline, in zone diverse e 
più distanti dalla fabbrica, in pratica delegittimando l’azione di controllo di 
tutte e tre le apparecchiature di via San Lorenzo in Selva e di conseguenza i 
risultati che avrebbero portato. 
Frezza era stato fortemente sollecitato dalla Lucchini, che sosteneva 
impossibile derivare una nozione di inquinamento ambientale (come avevano fatto 
Azienda sanitaria e sindaco) da un rilevamento in area industriale. Nel 
frattempo era anche uscito un nuovo decreto che normava la sistemazione delle 
centraline. E dunque il pm aveva acconsentito a cambiare i punti di controllo. 
L’Apat come ha seguito questi mutamenti d’orizzonte?
«Non solo eravamo al corrente - afferma Belli -, ma sia noi sia l’Arpa lo 
sapevamo fin dal principio che quella postazione non era molto esatta, comunque 
la decisione del magistrato non ha assolutamente inficiato la nostra presenza e 
il nostro lavoro, che avevano soprattutto l’obiettivo di verificare e 
armonizzare metodi di campionamento dell’aria e successive analisi». Dunque i 
dati verranno resi noti, ma non saranno questi a dirci qualcosa di definitivo 
sull’inquinamento di Servola.
g.z.
 
 
  
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    «L’industria 
    pesa: nel 2006 ha generato mille milioni»  | 
  
  
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    «Diteci che città avete in mente 
    di qui a vent’anni». «Vogliamo un tavolo sul disegno per Trieste: tutto il 
    resto sono pagliacciate». Lo hanno ripetuto più volte l’altra sera gli 
    esponenti sindacali in consiglio comunale, ampliando i termini del dibattito 
    sull’emergenza Ferriera dai posti di lavoro che lo stabilimento direttamente 
    o indirettamente procura, a una più generale visione del futuro industriale 
    - o meno - della città. 
    Ed è un tema, questo, che viene ribadito con forza dalle segreterie 
    provinciali di Cgil, Cisl e Uil. «Lo abbiamo detto anche nell’incontro avuto 
    stamane (ieri, ndr) con il sindaco Roberto Dipiazza e con l’assessore 
    regionale Roberto Cosolini: la nostra impostazione - dice per la Cgil Franco 
    Belci - è quella di ridare il baricentro alla produzione industriale, perché 
    lo sviluppo della città non può essere retto soltanto dai lavori pubblici, 
    dal terziario e dal turismo. Serve anche la ”gamba” di chi il reddito lo 
    produce. Ed è una indicazione precisa - aggiunge Belci - questa che noi 
    diamo al sindaco e alle forze politiche: in caso contrario, la città è 
    destinata a un declino che in definitiva riguarda soprattutto i giovani e le 
    loro prospettive». 
    Ma quanto pesa l’industria oggi sull’economia triestina? I dati dell’Istat 
    relativi al 2006 dicono di 15.676 occupati nell’industria nel suo complesso: 
    numeri in crescita rispetto al 2005, quando il dato era di 13.423 
    lavoratori. La percentuale resta nell’ordine del 15-16% di occupati nel 
    settore in ambito provinciale. 
    Sempre in base ai dati Istat 2006, l’economia generata dall’industria a 
    Trieste è pari al 14,7% del Pil provinciale, pari a un volume di mille 
    milioni di euro. In termini di imposte il contributo più diretto arriva 
    dall’Iva che vale 300 milioni di euro, ai quali se ne aggiungono suppergiù 
    altrettanti in termini di versamenti Irpef, addizionali regionali e 
    comunali, Ici e Tarsu. Cifre cui vanno aggiunti i contributi relativi a Inps 
    e Inail. 
    Sono questi i dati che fornisce Assindustria, l’altra sera presente come 
    uditore in consiglio comunale con il direttore dell’Associazione Paolo 
    Battilana. E proprio su questi dati, dice Battilana, bisogna «valutare 
    l’opportunità di mantenere e sviluppare occasioni per ospitare insediamenti 
    produttivi: perché si tratta di un elemento di ricchezza che, come 
    confermano i numeri, va anche redistribuita a livello collettivo». 
    Poche parole da Assindustria sul dibattito che si è tenuto l’altra sera 
    nell’aula di piazza dell’Unità: Battilana esprime «apprezzamento per come 
    tutte le parti hanno messo in evidenza i propri punti di vista in maniera 
    pacata e civile, a partire dai lavoratori che hanno puntualizzato le proprie 
    gravi preoccupazioni. Questo - chiude il direttore dell’Associazione - può 
    essere un primo passo per iniziare ad avviare un ragionamento più 
    complessivo sul futuro industriale ed economico della nostra provincia».  | 
  
 
 
  
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    La chiusura 
    della Ferriera  | 
  
  
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    Il 23 ottobre ho assistito in 
    piazza Oberdan alla manifestazione promossa dai comitati di residenti di 
    Servola per chiedere la chiusura della Ferriera e sono rimasto profondamente 
    deluso dalla reazione violenta dei manifestanti nei confronti di quel 
    dipendente della Ferriera che ha voluto prendere la parola in difesa del suo 
    posto di lavoro. Certo che la battaglia in difesa dell’ambiente e della 
    salute è sacrosanta, ma è anche certo che disinteressarsi della sorte di un 
    migliaio di persone, e quindi di famiglie, che rischiano di essere private 
    del loro reddito, è assolutamente inconcepibile. Ma se il disagio di queste 
    famiglie potrà forse essere alleviato dagli ammortizzatori sociali promessi, 
    l’aspetto più preoccupante, anzi tragico, è la perdita definitiva di mille 
    posti di lavoro nell’industria triestina, cioè mille posti in meno per i 
    nostri giovani. 
    Mille posti di lavoro in meno sono, più o meno, mille famiglie che non 
    spenderanno più nella nostra provincia, quindi ulteriore crisi per il nostro 
    commercio con conseguente chiusura di negozi e perdita ulteriore di altri 
    posti di lavoro. Come si fa a non riflettere su ciò? La progressiva 
    sparizione dell’industria è andata di pari passo con la decadenza della 
    città. Difatti dopo il 1954 a Trieste sono state chiuse decine di attività 
    industriali di alto livello (Crda, Cantieri S. Rocco, Felszegi, S. Marco, 
    Officine Ponti e Gru, Vetrobel, Arrigoni, l’Aquila, solo per citarne alcune) 
    con la perdita di oltre diecimila posti di lavoro, mai recuperati. Il 
    risultato sconsolante è che l’economia ne ha risentito, con grave danno alle 
    attività commerciali e artigianali e con la conseguente progressiva 
    riduzione della popolazione della provincia di Trieste, che è passata dai 
    300.309 del 1971 ai 239.717 del 2006. 
    Per quanto riguarda l’eliminazione o la riduzione dell’inquinamento della 
    Ferriera si possono seguire due strade: la prima è chiudere lo stabilimento, 
    come propongono i comitati appoggiati da alcuni amministratori cittadini; la 
    seconda è quella di adottare, e mantenere in efficienza, validi sistemi di 
    depurazione. Ricordo solo quando la Ferriera faceva parte del gruppo 
    Italsider l’aspetto ambientale era oggetto di grande attenzione e il livello 
    di inquinamento era notevolmente inferiore a quello attuale. 
    Se poi si vuol chiudere la Ferriera perché altri sono gli interessi che 
    gravitano su quell’area, allora si operi per insediare nella nostra 
    provincia attività industriali «pulite» e capaci di offrire le migliaia di 
    posti di lavoro persi in questi ultimi anni e si abbandoni l’idea di 
    proporre l’insediamento dei rigassificatori nel nostro golfo che, oltre ad 
    essere altrettanto inquinanti della Ferriera e assai più pericolosi, 
    darebbero lavoro a poche decine di persone, ostacolando nel contempo, come 
    dicono gli esperti, l’attività portuale (finalmente in ripresa), la pesca e 
    il turismo. 
    Silvano Baldassi  | 
  
 
 
 
IL PICCOLO - 
MERCOLEDI', 31 ottobre 2007
 
 
  
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    Ferriera, indagato 
    funzionario regionale  - Finisce in un’inchiesta del pm Frezza il 
    direttore del Servizio di tutela dall’inquinamento atmosferico, Pierpaolo 
    Gubertini   | 
  
  
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    Per anni, pur conoscendo i 
    dati, non avrebbe assunto iniziative per limitare le emissioni 
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    L’accusa: avrebbe potuto 
    diffidare la società proprietaria degli impianti ma non ha mai ritenuto di 
    sospendere o revocare l’autorizzazione a operare sul territorio 
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    E’ indagato per omissione d’atti 
    d’ufficio l’ingegner Pierpaolo Gubertini, 61 anni, direttore del Servizio di 
    tutela dall’inquinamento atmosferico dell’amministrazione regionale. E’ 
    l’uomo che doveva controllare che i vertici della Ferriera di Servola 
    rispettassero quanto la stessa Regione ha imposto a livello di emissioni e 
    immisioni nell’aria, secondo quanto previsto dal Decreto del 12 luglio 1990. 
    Inoltre l’ingegner Gubertini è il dirigente incaricato di gestire l’iter 
    della nuova Autorizzazione integrata ambientale chiesta dallo stabilimento. 
    Di questa autorizzazione si è discusso ieri nella sede della Regione e la 
    riunione ha prodotto un «nulla di fatto», con un rinvio a nuova data. 
    Secondo le indagini dirette dal pm Federico Frezza, il nome dell’ingegner 
    Pierpaolo Gubertini è stato annotato sul registro degli «indagati» perché 
    per anni come direttore del Servizio di tutela dall’inquinamento, non ha 
    assunto alcuna iniziativa per limitare le emissioni della Ferriera. Non ha 
    diffidato la società proprietaria degli impianti; non ha sospeso o revocato 
    l’autorizzazione. Tutto questo, secondo l’accusa, è accaduto anche se sul 
    suo tavolo sono puntualmente arrivati i rapporti allarmati dell’Arpa su 
    ripetuti sforamenti. I dati gli erano stati comunicati dall’Arpa, un organo 
    tecnico delle Regione; ma sul piano ammnistrativo non è accaduto nulla. 
    Ma non basta. Secondo l’inchiesta l’ingegner Pierpaolo Gubertini ha persino 
    omesso di segnalare questi ripetuti e reiterati sforamenti ai vertici della 
    Giunta regionale. In questo modo nè gli assessori, nè il presidente sono 
    stati posti nelle condizioni di valutare se e come sopperire all’inerzia del 
    dirigente dell’ufficio a cui erano affidati i controlli amministrativi sulle 
    emissioni. In altre parole gli inquirenti sospettano di essersi imbattuti in 
    un «insabbiamento» delle relazioni inviate dall’Arpa alla Direzione 
    regionale dell’ambiente. Va aggiunto che l’ingegnere indagato per omissione 
    d’atti d’ufficio, nella sua lunga attività istituzionale ha inviato ai 
    responsabili della Ferriera un’unica diffida che porta la data del 18 
    ottobre 2006. Il documento è stato notificato - sbagliando indirizzo- non 
    alla Lucchini spa- bensì alla Servola spa. 
    Nell’inchiesta diretta dal pm Federico Frezza sono stati prese in esame 
    numerose segnalazioni dell’Arpa. Gli episodi segnalati iniziano il 23 agosto 
    2004 e proseguono nel marzo del 2005, nel luglio e nell’agosto del 2006. In 
    totale più di 30 giornate in cui sono state violate le prescrizioni 
    introdotte dal Decreto ministeriale del 12 luglio 1990. La mancata 
    osservanza di quanto previsto non ha, secondo la Procura, innescato alcun 
    provvedimento. «L’indagato ometteva di assumere qualsivoglia iniziativa». 
    
    Claudio Ernè  | 
  
 
 
  
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    FERRIERA - Autorizzazione 
    ambientale solo il municipio è per il no - Bucci: «Non capisco le dilazioni, 
    per noi la conferenza dei servizi è chiusa»   | 
  
  
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    Il Comune è stato l’unico ente, 
    ieri mattina in Regione, a presentare un esplicito e lungo documento di 
    diniego all’Autorizzazione integrata ambientale per la Ferriera, per il cui 
    procedimento scadevano proprio ieri i termini di legge. La riunione, 
    piuttosto convulsa, è durata dalle 9.30 alle 15 e l’amministrazione comunale 
    è rimasta praticamente sola. L’Azienda sanitaria ha presentato ulteriori 
    prescrizioni, cioé richieste di maggiori garanzie ambientali: tra queste la 
    proposta di installare delle telecamere nella cokeria per tenere sotto 
    controllo visivamente se le azioni di salvaguardia contro le emissioni 
    diffuse sono messe in pratica oppure no. 
    L’Arpa ha presentato un altro documento, relativo all’analisi della qualità 
    dell’aria rilevata attraverso i licheni (che risale allo studio «Gea» con 
    dati 2002-2004) dove si vede che parte del centro città, Servola e Muggia 
    sono severamente inquinate. Ha inoltre fatto presente che, mancando un 
    «piano dell’aria» complessivo (quello che la Regione dovrebbe stendere), 
    sarebbe difficile misurare l’eventuale miglioramento una volta che la 
    Lucchini avesse implementato tutte le correzioni strutturali richieste. 
    L’assessore provinciale Barduzzi ha quindi trovato sostegno alle proprie 
    convinzioni più volte espresse e ha aggiunto che è necessario anche 
    completare «il catasto delle aziende». Dunque alla fine la Regione, in vesti 
    di arbitro col suo dirigente Roberto Della Torre, e senza prescrizioni da 
    presentare, ha aggiornato la seduta al 15 novembre. 
    La materia è passata di seguito in consiglio comunale (vedi articolo a 
    fianco), ma l’assessore Maurizio Bucci commenta: «Non ho ben capito queste 
    dilazioni, per noi la conferenza dei servizi è chiusa, presenzieremo alla 
    prossima riunione, ma senza altro da dire: la legge sull’Aia dice che non 
    può essere concessa l’autorizzazione se è in corso inquinamento, e a questo 
    ci siamo attenuti, peccato - commenta l’assessore - che l’azienda abbia 
    perso l’occasione di dimostrarsi collaborativa e abbia rigettato tutte le 
    ordinanze, e peccato che le istituzioni non si siano dimostrate unite di 
    fronte ai cittadini». E il sindaco Dipiazza conclude: «Non escludo che i 
    misuratori dell’aria possano avere qualche problema tecnico, ma qui la 
    questione è un’altra: in presenza di inquinamento il Comune non può 
    concedere la patente». 
    g. z.  | 
  
 
 
  
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    FERRIERA - Palman: 
    «Riconversione di cosa, dopo dieci anni ci ritroviamo senza niente». 
    Pastore: «Dove si possono trovare mille posti?»   | 
  
  
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    Vogliono chiarezza su ambiente e 
    salute di cui - dicono - sono i primi a preoccuparsi. Esigono che finisca il 
    «palleggiamento di responsabilità» che li fa sentire «precari» in un posto 
    di lavoro per il quale al contempo si sentono «sparare addosso» da più parti 
    ogni giorno. Ma soprattutto invocano dalle istituzioni un disegno chiaro che 
    delinei quello che sarà il futuro loro ma anche della città tutta, una città 
    la cui classe dirigente «deve dire cosa ha in mente per Trieste di qui a 
    vent’anni». Perché il problema, e lo ripetono con forza, sta in una visione 
    che - se c’è - resta nascosta dietro «beghe politiche» e 
    «strumentalizzazioni» che li colpiscono di continuo. Mentre le mille 
    famiglie che di Ferriera direttamente o indirettamente vivono, dopo anni di 
    dibattiti, campagne elettorali e «allarmismi» lanciati e rilanciati, 
    continuano a non sapere che ne sarà di loro. Consapevoli che «la città non 
    può privarsi di questi posti di lavoro». Perché di alternative, a oggi, non 
    ce ne sono. 
    Protagonisti in consiglio comunale tornano a essere i lavoratori di Servola. 
    Si accalcano a decine e decine nello spicchio di aula riservato al pubblico, 
    e sostengono i rappresentanti sindacali - Rsu ed esponenti delle segreterie 
    di categoria - che rappresentano tutta la rabbia e l’insicurezza che la 
    vicenda Ferriera rovescia su di loro: «Vogliamo un tavolo sul disegno per 
    Trieste: tutto il resto sono pagliacciate». 
    Sfilano così, ieri sera, le voci dei rappresentanti dei lavoratori che 
    occupano un’ora buona della seduta straordinaria del consiglio dedicata alla 
    vicenda. In aula ci sono Provincia, Regione, Lucchini spa, Arpa, Azienda 
    sanitaria, Assindustria. Il sindaco Roberto Dipiazza lo chiarisce subito: 
    «Oggi a rischio non è solo la popolazione di Servola, siete anche voi. Ci 
    rendiamo conto che si tratta di 7-800 lavoratori. Ed è una grossa 
    preoccupazione». Perché - le cita - ci sono le lettere dell’Azienda 
    sanitaria, dell’Arpa e del pm Frezza che evidenziano i dati allarmanti 
    dell’«inquinamento». Stelio Vatta, direttore dell’Arpa, riassume gli 
    sforamenti: benzene, pm10, benzoapirene. Marina Brana, del Dipartimento 
    della prevenzione dell’Azienda sanitaria, elenca le indagini sulla salute 
    attuate e in corso. L’assessore regionale Roberto Cosolini rimarca che 
    l’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) è uno strumento di controllo che 
    non corrisponde a «un via libera illimitato» e si dice in linea con le 
    prescrizioni di Azienda sanitaria e Procura. 
    Poi scendono in campo i rappresentanti dei lavoratori. Che l’uno dopo 
    l’altro - Cgil, Cisl, Uil, Cisal - additano i punti chiave. Primo tra tutti, 
    un futuro che nessuno ancora intravede: perché «riconversione di cosa? Dopo 
    dieci anni ci ritroviamo senza niente», denuncia Franco Palman della Uil. 
    Mentre dalla Cgil Marco Relli denuncia la tensione psicologica costante cui 
    i lavoratori sono sottoposti e centra il punto: se Lucchini ha già 
    annunciato che dal 2015 la Ferriera non sarà più redditizia, «da oggi ad 
    allora si faccia un lavoro serio con l’azienda» per tracciare un futuro. Ma 
    intanto, interviene Luigi Pastore della Cisal, «dove li troviamo mille posti 
    di lavoro?» Da Antonio Saulle ad Alberto Monticco a Enzo Timeo, i sindacati 
    lo ribadiscono a più riprese: «Le istituzioni ci dicano cosa vogliono fare 
    di questa città» dove l’industria sotto un certo livello non può scendere. 
    La proprietà, con il direttore dello stabilimento Francesco Rosato, 
    ringrazia i lavoratori che continuano a operare ogni giorno in un «contesto 
    non facile» con un «atteggiamento di attaccamento e responsabilità che forse 
    non tutti in altri ambiti hanno dimostrato». E gli operai applaudono, mentre 
    Rosato aggiunge che l’azienda ha bisogno di «un quadro normativo certo che 
    purtroppo non c’è». Mentre per la Provincia l’assessore Ondina Barduzzi 
    esorta a tracciare un percorso condiviso. 
    Sfilano poi, l’uno dopo l’altro, i capigruppo di maggioranza e opposizione. 
    Alla fine, Cosolini rilancia: per evitare di proseguire in una insostenibile 
    incertezza, un’Aia con prescrizioni «le più rigorose possibili» e controlli 
    minuziosi può essere una strada da percorrere. E intanto occorre mettersi a 
    un tavolo per iniziare a costruire subito e seriamente un futuro che guardi 
    oltre il 2015, aggiunge Cosolini «auspicando un ritorno» sulla scena di 
    Arvedi, il gruppo cremonese che poco prima i sindacalisti hanno additato la 
    città di essersi «lasciato scappare» con grave responsabilità. La seduta si 
    chiude con Dipiazza che ai lavoratori promette massima trasparenza: se nuovi 
    dati ufficiali dovessero confermare emissioni inquinanti, dice, se ne 
    riparlerà insieme. 
    
    Paola Bolis  | 
  
 
 
  
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    Ferriera, a Servola assemblea 
    pubblica al circolo Canciani   | 
  
  
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    Organizzato dalla federazione 
    provinciale di Rifondazione comunista e dal circolo territoriale «J. 
    Canciani» di Servola si svolge oggi alle 18, alla casa del popolo Zora 
    Perello di Servola (via di Servola 114) un'assemblea pubblica sul tema 
    «Ancora problema Ferriera». All'incontro, che sarà introdotto e moderato dal 
    segretario provinciale del Prc Igor Kocijancic, interverranno il segretario 
    provinciale della Cgil Franco Belci, il presidente del Circolo Miani 
    Maurizio Fogar, il coordinatore della Commissione lavoro del Prc Paolo 
    Hlacia e il presidente provinciale di Legambiente Lino Santoro.  | 
  
 
 
  
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    Regole per l’ambiente anche a 
    Duino Aurisina  - Firmato dal ministro Pecoraro Scanio il decreto che 
    definisce i criteri per le Zone di protezione speciale  | 
  
  
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    Il verde Rozza: «Divieti per 
    la pesca a strascico ma anche incentivi per i pascoli»  | 
  
  
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    DUINO AURISINA Il ministro 
    dell'Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio ha firmato il decreto che definisce i 
    criteri per le Zone speciali di conservazione (Zsc) e delle Zone di 
    protezione speciale (Zps). Un atto che riguarda da vicino il Carso, di cui 
    buona parte è stata inclusa nelle aree appartenenti alla Rete europea Natura 
    2000, finalizzata alla tutela della biodiversità. L'emanazione dell'atto 
    dovrebbe fare chiarezza anche sulla gestione delle Zps presenti nel comune 
    di Duino Aurisina.  
    Il decreto, che verrà pubblicato a giorni sulla Gazzetta ufficiale, contiene 
    divieti, obblighi e attività da favorire. «Tra gli obblighi più importanti - 
    anticipa Maurizio Rozza, dei Verdi - va segnalato quello di eseguire 
    mitigazioni ambientali sugli elettrodotti, sia all'atto della loro 
    realizzazione che in occasione di manutenzioni straordinarie. Sarà vietato 
    anche pescare a strascico in tutte le aree facenti parte della Rete Natura 
    2000, e la norma riguarda anche il Villaggio del Pescatore». 
    «Il decreto impone poi alle Regioni e agli enti locali – continua Rozza – la 
    costruzione di sistemi di incentivo per il ripristino delle attività di 
    pascolo tradizionali, la conservazione dei muretti a secco, la manutenzione 
    e la ricostruzione di stagni e pozze».  
    «Diventa ora urgente avviare quanto avevamo proposto nel nostro programma 
    elettorale - aggiunge Massimo Veronese, capogruppo di Insieme Skupaj a Duino 
    Aurisina –. Va avviata una variante urbanistica con cui recepire le 
    indicazioni del decreto ministeriale e le linee guida della Regione; in 
    questo modo realizzeremo un vero e proprio piano di gestione rispetto alle 
    aree incluse in Natura 2000, limitando così al minimo le procedure di 
    valutazione di incidenza e sbloccando i finanziamenti previsti dalle 
    normative per sostenere le attività compatibili e per compensare le 
    limitazioni».  
    «Con le modifiche al piano regolatore - concludono Rozza e Veronese - si 
    dovranno anche aggiustare i pasticci combinati con la variante agricola 
    approvata dalla precedente amministrazione comunale, cancellando norme come 
    quella che vieta di pascolare ovini a meno di 150 metri dalle case o quella 
    che impone - in modo del tutto arbitrario - limitazioni alla realizzazione 
    di strutture agricole a meno di 300 metri dai confini delle aree Natura 
    2000». 
    Su questo argomento si è svolta lunedì sera una riunione a Medeazza, nel 
    corso della quale Coldiretti e Alleanza contadina hanno chiesto 
    all'amministrazione comunale di ricorrere al Tar contro la Regione, per aver 
    imposto nella variante agricola del Comune la norma relativa alla zona di 
    rispetto di 300 metri oltre alle Zps. 
    L'amministrazione comunale, che era rappresentata dagli assessori Tamaro e 
    Svara, ha deciso che valuterà in giunta la richiesta delle associazioni 
    degli agricoltori. 
    fr. c.   | 
  
 
 
  
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    Prima pietra per il gasdotto 
    fino a Spalato  - Il tronco di 290 chilometri costerà 185 milioni di 
    euro. Entro il 2011 anche un acquedotto da 38 milioni 
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    Iniziati i lavori della 
    struttura che porterà il metano in Dalmazia e Lika  | 
  
  
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    SPALATO Ha preso il via ieri il 
    progetto che porterà alla metanizzazione della Dalmazia e della Lika. In 
    località Podredro, a sud di Zagabria, sono infatti iniziati i lavori di 
    approntamento del gasdotto «Bosiljevo-Spalato», un troncone lungo 290 
    chilometri che per l’impresa investitrice, la Plinacro (in mano allo Stato 
    croato), comporterà una spesa di 185 milioni di euro.  
    Alla cerimonia inaugurale dei lavori erano presenti il ministro 
    dell’Economia, Branko Vukelic, il vicepresidente del parlamento, Darko 
    Milinovic, e il direttore generale della Plico, Branko Radosevic. Le 
    autorità hanno sottolineato che il gas naturale contribuirà a elevare il 
    tenore di vita della popolazione dell’intera area, ridando fiato pure 
    all’economia delle due regioni.  
    E’ stato fatto subito presente che il Bosiljevo-Spalato sarà allacciato al 
    gasdotto «Pola-Karlovac» (entrato in funzione l’anno scorso) che trasporta 
    il metano estratto dai giacimenti sottomarini situati una quarantina di 
    chilometri al largo di Pola. Questi giacimenti sono gestiti dalla Inagip, la 
    joint-venture paritetica italocroata tra Eni e Ina Naftaplin.  
    Per quanto concerne l’infrastruttura Bosiljevo-Spalato, si tratta di un 
    metanodotto che attraverserà sei regioni e sarà suddiviso in sei segmenti. 
    Avrà una capacità di trasporto annua di 2 miliardi e mezzo di metri cubi di 
    gas. Il primo tratto, da Bosiljevo a Josipdol (complessivi 29 chilometri) 
    sarà ultimato in capo a otto mesi, mentre il metano arriverà a Spalato entro 
    la fine del 2009. Gli abitanti dell’antica Ragusa (Dubrovnik) si vedranno 
    erogare il gas naturale a partire invece dal 2011.  
    Intervenendo all’inaugurazione dei lavori, Radosevic ha affermato che il 
    metanodotto Bosiljevo-Spalato fa parte del secondo ciclo di investimenti 
    della Plinacro, azienda che ha in progetto di collegare tutta la Croazia 
    alla rete del gas naturale. «Dopo le direttrici Pola-Karlovac e 
    Bosiljevo-Spalato – ha aggiunto Radosevic – intendiamo metanizzare tutto il 
    Paese, per una spesa in totale di 443 milioni di euro».  
    Dal gas all’acqua potabile. A Spalato è stato infatti firmato il contratto 
    per la costruzione di una grande rete idrica (investimento di 38 milioni di 
    euro) che riguarderà le contee di Spalato, Zara e Sebenico. L’acquedotto 
    permetterà di superare una volta per tutte i problemi legati 
    all’approvvigionamento idrico in questa vasta area croata. E ciò soprattutto 
    sulle isole di Lesina, Brazza, Solta e Lissa. Inoltre, sarà permesso a 
    90mila utenti di collegarsi per la prima volta a un acquedotto pubblico. La 
    nuova rete idrica dalmata sarà completata nel 2011.  
    Andrea Marsanich  | 
  
 
 
IL PICCOLO - 
MARTEDI',  30 ottobre 2007
 
 
  
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    Ferriera, oggi si discute 
    dell’autorizzazione ambientale In serata consiglio comunale - Ieri altra 
    manifestazione di protesta   | 
  
  
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    Al mattino la conferenza dei 
    servizi per l’Autorizzazione integrata ambientale (Aia); alle 18.30 il 
    consiglio comunale straordinario. Giornata densa, oggi, per la Ferriera e 
    per la città, stretta fra il nodo dell’occupazione e quello dell’ambiente. 
    Il sindaco Dipiazza la scorsa settimana ha ipotizzato decisioni 
    «drammatiche» sullo stabilimento, citando i dati dell’Arpa che evidenziano a 
    settembre sforamenti sulle emissioni di benzoapirene. Stamane, nella sede 
    della Regione, si parlerà dell’Aia. Rappresentanti politici o tecnici di 
    Comune, Provincia e Regione affiancati da Arpa e Azienda sanitaria dovranno 
    votare il sì o il no nella misura in cui riterranno soddisfatte le 
    condizioni di qualità degli impianti ai fini della salvaguardia ambientale. 
    Ma non è certo che si arrivi al dunque. Non per nulla la Uil, con il 
    segretario Luca Visentini, «auspica che le istituzioni chiamate a 
    pronunciarsi lo facciano nei tempi previsti e basandosi sui dati di fatto 
    acquisiti riguardo all’inquinamento e agli interventi che l’azienda si è 
    impegnata a realizzare». Perché «un ulteriore rinvio sarebbe molto grave, 
    visto che l’iter si è già prolungato molto più del previsto», così come 
    «grave sarebbe che il Comune o altri soggetti decidessero in base a 
    motivazioni politiche e non all’evidenza dei fatti», ricordando che «l’unica 
    strada per ridurre le emissioni inquinanti è richiamare Lucchini spa a 
    mettere in campo tutti gli investimenti necessari». 
    Dice l’assessore regionale all’ambiente Gianfranco Moretton (che oggi non 
    sarà presente al tavolo che peraltro, nota, è tecnico): «Saranno i tecnici a 
    dovere esaminare le carte, e hanno tre ipotesi: il sì, il no o la richiesta, 
    se necessaria, di altre integrazioni». E per il direttore del Servizio 
    regionale tutela da inquinamento Pierpaolo Gubertini è anzi «probabile» che 
    la discussione non si chiuda oggi. Ma il Comune è netto: «Noi non chiederemo 
    slittamenti», annuncia l’assessore Maurizio Bucci, «e presenteremo carteggi 
    e dati dettagliati». Alle 18.30, si diceva, il consiglio comunale. 
    Interverranno le segreterie sindacali di categoria e le Rsu della Ferriera 
    che ribadiranno la volontà di avere dati certi sull’inquinamento, ma anche 
    chiarezza sul futuro dei lavoratori; non ci saranno, perché invitate solo 
    ieri dal presidente del consiglio Sergio Pacor, le segreterie provinciali. 
    Confermate la presenza della Provincia con l’assessore Ondina Barduzzi, 
    della Regione e della proprietà con il direttore dello stabilimento 
    Francesco Rosato e altri rappresentanti. Invitati anche Arpa e Azienda 
    sanitaria. Dalle 17.30 sotto il Comune il presidio dei lavoratori. Ieri 
    pomeriggio invece, sempre in piazza Unità, ha manifestato un gruppo di 
    cittadini che poi ha attraversato in corteo la città. 
    p.b.  | 
  
 
 
  
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    Bonifiche, pagherà l’ente 
    pubblico  - Importanti modifiche alla bozza dell’accordo di programma 
    fra gli enti coinvolti nel Sito nazionale   | 
  
  
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    L’intervento riguarderà i 
    terreni venduti alle imprese dal ’97 in poi  | 
  
  
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    La mano pubblica interverrà 
    sulle aree inquinate vendute alle imprese da enti pubblici, dal 1997 in poi. 
    La novità, che in sostanza risolve la stragrande maggioranza del problemi 
    per le aziende insediate nel Sito inquinato di interesse nazionale, è emersa 
    nell’incontro che il direttore generale del ministero dell’Ambiente, 
    Mascazzini, ha avuto ieri in città con una decina di imprese che hanno già 
    aderito alla messa in sicurezza della falda freatica, fra le quali Teseco, 
    Bic, AcegasAps e Frigomar. 
    A margine dell’incontro con le aziende, la bozza dell’accordo di programma – 
    la cui ultima versione ha sollevato le proteste degli enti locali, che hanno 
    disertato la riunione – è stata migliorata in alcuni punti, fra cui quello 
    già citato, e oggi dovrebbe essere recapitata a Regione, Comune di Trieste, 
    Comune di Muggia, Provincia, Ezit e Autorità portuale. 
    «Sono soddisfatto della proposta del ministero – dichiara Gianni Pizzati, 
    presidente regionale dei Verdi e braccio destro del ministro Pecoraro Scanio 
    per il Sito inquinato – perchè risponde sia alle esigenze della bonifica sia 
    a quelle emerse a livello locale». Una nuova riunione con il ministero, per 
    discutere la bozza con gli ultimi emendamenti, dovrebbe tenersi nel giro di 
    una settimana. 
    Per la progettazione della messa in sicurezza, fra qualche mese verrà 
    intanto bandita una gara europea, che sarà gestita dagli enti locali e nella 
    quale verranno privilegiati i progetti con un rapporto ottimale 
    costi/benefici e che svilupperanno la possibilità di effettuare le bonifiche 
    sul posto. 
    Un aspetto importante in tutto questo contesto riguarda il livello 
    «naturale» di inquinamento dei terreni, quello che attraverso la falda 
    «entra» da monte nel sito inquinato (Sin). Per determinarlo, a breve la 
    Regione incaricherà l’Arpa di effettuare una serie di misurazioni 
    all’esterno del sito stesso. 
    Sempre all’interno del Sin, la Seastok, il cui progetto per un deposito 
    sotterraneo di Gpl è stato bocciato due anni fa dalla conferenza dei 
    servizi, sta verificando la possibilità di vendere l’area che aveva 
    acquistato per realizzarlo. Si tratta di 90 mila metri quadri nel complesso 
    ex Aquila, parte nel comune di Trieste e parte in quello di Muggia. E ancora 
    con riguardo a Seastok, oggi il Comitato portuale dovrebbe deliberare la 
    decadenza dell’atto di sottomissione, firmato nel 1999, per l’anticipata 
    occupazione di un’area demaniale marittima di 46 mila metri quadri e dello 
    specchio acqueo adiacente il pontile della Silone.  | 
  
Giuseppe Palladini
 
 
  
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    Ap: «Niente bici davanti alla 
    Marittima» - Pista ciclabile sulle Rive, l’Authority denuncia problemi di 
    sicurezza   | 
  
  
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    L’assessore Maurizio Bucci ce 
    l’ha messa tutta per far tornare le navi bianche a Trieste, ma quelle navi 
    diventano ora un potenziale problema per la pista ciclabile che gli stessi 
    uffici comunali di Bucci progettano. La pista partirebbe dalla stazione 
    centrale per giungere fino a via Orlandini (dove si congiungerebbe con la 
    ciclabile provinciale che prosegue fino al confine e oltre) snodandosi lungo 
    le Rive nella parte interna, tra l’area riservata alla viabilità principale 
    e quella dei parcheggi. In ballo un finanziamento regionale da 258 mila 
    euro. 
    Per il tratto che interessa le Rive il Municipio ha chiesto all’Autorità 
    portuale di avallare il progetto. La risposta, lo scorso luglio, è stata 
    negativa: l’Authority, «pur partecipando all’iniziativa intesa a migliorare 
    la vivibilità delle aree urbane», fa notare che «il percorso attraversa aree 
    demaniali marittime interessate da attività portuali collegate ai servizi 
    portuali, alla nautica da diporto e al tempo libero»: così scrive il 
    segretario generale dell’Ap Martino Conticelli citando le «numerose 
    ordinanze» che limitano il transito in zona. 
    Il Comune in settembre è tornato alla carica. Pochi giorni fa, la nuova 
    risposta dell’Authority che apre alla possibilità della pista lungo le Rive 
    III Novembre, Caduti per l’italianità di Trieste, Gulli e Grumula. Resta 
    però il no per il tratto davanti alla Stazione marittima, per le «esigenze 
    portuali collegate al traffico crocieristico». In quel tratto - 
    contropropone l’Ap - le bici potrebbero «eventualmente transitare lungo la 
    normale viabilità delle Rive interne o esterne», secondo le esigenze legate 
    alla presenza di navi. 
    Il Comune intende ora proporre un incontro tecnico «per far capire che non 
    stiamo invadendo in modo sensibile l’area: due metri di pista ciclabile non 
    cambiano nulla - commenta Bucci - a meno che all’Autorità portuale non 
    pensino a strane chiusure dell’area con sbarre o cancellate...» «Nessuna 
    chiusura e nessuno steccato - replica Conticelli - pensiamo solo al traffico 
    pesante che si crea con le navi in rada, e che non potrebbe intersecarsi con 
    una pista ciclabile dove transitano liberamente adulti e bambini. Non 
    vogliamo creare problemi a un’iniziativa che può essere utile alla città, ma 
    ribadisco le necessità di tipo operativo e di sicurezza. Senza dire che 
    proprio davanti alla Marittima il Comune ha dato l’ok alla costruzione di un 
    parcheggio interrato». 
    Bucci, ricordando che è in scadenza il termine entro cui richiedere i 
    finanziamenti alla Regione, giudica però «impensabile interrompere la pista 
    per fare correre i ciclisti lungo la viabilità principale delle Rive». Dalla 
    Provincia, che ha chiesto a tutti i Comuni di vedere illustrati i rispettivi 
    progetti di ciclabili per collegarli con la propria pista, l’assessore Mauro 
    Tommasini suggerisce di vagliare anche altri percorsi nel centro città. 
    p.b.  | 
  
 
 
  
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    Percorsi pedonali a Muggia, 
    nuovi progetti  - Prima assemblea pubblica con i cittadini nell’ambito 
    di Agenda 21 sulla mobilità sostenibile   | 
  
  
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    Raccolte indicazioni su piste 
    ciclabili e strade chiuse al traffico  | 
  
  
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    MUGGIA «Grazie per essere venuti 
    qui a cominciare a dedicare un po’ del vostro tempo alla costruzione della 
    città». Con queste parole il sindaco di Muggia Nerio Nesladek ha aperto ieri 
    in una affollata sala Millo i lavori della prima assemblea generale del 
    forum di Agenda 21 sulla «Mobilità sostenibile, riqualificazione e 
    rivitalizzazione degli spazi urbani di uso pubblico». Insomma, si parlerà di 
    mobilità a piedi, su piste ciclabili, su percorsi protetti, e di 
    collegamenti (esistenti e futuri) nel territorio. E nel suo saluto il 
    sindaco ha proprio sintetizzato il senso di Agenda 21: i cittadini 
    partecipano nella progettazione della propria città. L’assemblea di ieri fa 
    seguito ad una serie di tappe del processo di Agenda 21 a Muggia, che ha 
    portato recentemente il Comune ad illustrare l’iniziativa nei rioni 
    cittadini, per raccogliere i 18 rappresentanti della popolazione che fanno 
    parte del forum. A questi, ieri, si sono aggiunti i cosiddetti «stakeholder», 
    i «portatori di interesse», sul tema della mobilità. 
    Ovvero, associazioni, enti, gruppi, comitati locali, sindacati, forze 
    politiche, invitati dal Comune perché, in un modo o nell’altro, possono 
    offrire il loro apporto di esperienza e conoscenza nella elaborazione del 
    Piano di azione, che è il documento consuntivo finale che conterrà proposte 
    concrete per l’amministrazione comunale. «L’obiettivo di questo forum di 
    Agenda 21 è di aiutare il Comune a pianificare il territorio – ha detto 
    ancora Nesladek -. La mobilità sostenibile sembra un argomento piccolo, ma 
    invece coinvolge la vita quotidiana di tutti». 
    L’assessore Loredana Rossi ha ricordato, tra l’altro, gli impegni dei 
    partecipanti e le scadenze previste: «Ci saranno sette o otto riunioni 
    settimanali, in modo da terminare a gennaio, quando sarà pronto il Piano di 
    azione, che sarà sottoposto al Comune. Accanto al forum, si à già formato un 
    laboratorio dei bambini e delle bambine, che raccoglie alunni delle scuole 
    di Muggia, e che produrrà proposte, che saranno vagliate e prese in 
    considerazione dal forum». Presidente dell’assemblea è stato nominato, su 
    delega del sindaco, Gianmarco Scarpa, già consigliere di minoranza nella 
    precedente amministrazione. 
    Il suo sarà un ruolo di raccordo tra il forum e la giunta: «Lo scopo di 
    queste assemblee – ha detto - sarà di cercare punti di incontro sui vari 
    temi, dovremo trovare gli elementi comuni accanto agli apporti dei singoli. 
    È un lavoro strutturato, formalizzato, con ruoli precisi». 
    Ieri sono state raccolte le schede di adesione di cittadini e portatori di 
    interessi, e sono stati costituti i tre tavoli tematici previsti. I temi 
    sono: stato di fatto della mobilità, analisi su come è sfruttata la mobilità 
    attualmente, e ambiente e mobilità alternativa (sentieri, piste ciclabili, 
    ed altro). Con oggi, quindi, il processo di Agenda 21 passa alla fase 
    operativa, e alla fine produrrà una o più proposte migliorative sul modo di 
    spostarsi nel territorio: a piedi, in auto, in bici, su mezzi pubblici. Il 
    tutto in un’ottica ecosostenibile. Questa prima esperienza a Muggia di 
    Agenda 21 sulla mobilità, fa da preludio ad un futuro analogo approccio che 
    sarà adottato anche per la stesura del nuovo Piano regolatore, e in generale 
    anche per affrontare tutte le tematiche che riguardano lo sviluppo della 
    città.  
    Sergio Rebelli   | 
  
 
 
  
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    Duino, l’Associazione 
    agricoltori chiede il ricorso al Tar contro le Zone protette  | 
  
  
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    DUINO AURISINA «Contro la 
    delibera regionale che immobilizza l’agricoltura di una buona fetta del 
    comune di Duino Aurisina, chiediamo alla locale Amministrazione Comunale di 
    ricorrere al Tar. Altrimenti saranno le organizzazioni del territorio e di 
    categoria a attivarsi in prima persona contro una legislatura che ingessa il 
    territorio e danneggia pesantemente la comunità slovena che prevalentemente 
    vi risiede». Così si esprime Edi Bukavec, segretario dell’Associazione 
    Agricoltori, ieri riunita a Medeazza assieme alla Coldiretti e alle altre 
    rappresentante di categoria dell’agricoltura triestina per illustrare ai 
    coltivatori della zona gli effetti di quella delibera regionale di 
    approvazione della Variante Agricola del comune di Duino Aurisina (la 1719 
    del 13 luglio 07) per la quale i proprietari agricoli delle località di San 
    Giovanni di Duino, Medeazza e Ceroglie, inseriti nei Siti di interesse 
    comunitario (Sic) «Timavo e Ermada», devono attenersi a una serie di 
    prescrizioni tassative. La nuova Variante, che succede a una precedentemente 
    ritirata dalla Regione la scorsa primavera, prevede che nelle aree citate, e 
    nel raggio di 300 metri dal confine dalle stesse, non sia consentita alcuna 
    nuova edificazione né agli agricoltori professionali né a quelli part – 
    time, concedendo eventuali ampliamenti e ristrutturazioni ai soli 
    agricoltori professionali. Sempre per queste zone non risulta consentita la 
    variazione della coltura catastale. 
    «Siamo di fronte a delle norme rigide – sostiene Bukavec – che non esistono 
    altrove. Potremo capirle se applicate a zone montane o, comunque, a aree 
    isolate e non antropizzate. Ma qui – insiste il segretario – siamo di fronte 
    a delle zone fortemente caratterizzate dall’opera dell’uomo. Questo 
    documento espropria letteralmente le famiglie che vivono in queste località, 
    negando loro qualsiasi iniziativa o cambiamento, costringendole a muoversi 
    altrove per poter lavorare. E visto che in questa zona la popolazione è 
    prevalentemente slovena, la nuova norma viola apertamente la Legge di tutela 
    per tale minoranza». Già lo scorso luglio le organizzazioni di categoria 
    avevano formulato un ricorso al Presidente della Repubblica contro 
    l’inserimento del Carso triestino e isontino nelle zone SIC e di Protezione 
    Speciale (Zps). Sulla questione è stato ufficialmente interpellato il Comune 
    di Duino Aurisina.  
    Maurizio Lozei   | 
  
 
 
  
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    Albona, altro stop per la 
    Rockwool  - Emissione di sostanze inquinanti   | 
  
  
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    Dovrà rimanere ferma per altre 
    due settimane la fabbrica di lana di roccia della danese Rockwool nella 
    piana di Pedena. Lo ha disposto l’ispettrice per la tutela dell’ambiente, 
    Marijana Bozicevic, che ha prolungato lo stop già deciso il 22 ottobre. La 
    produzione viene sospesa, questa la motivazione del provvedimento, a causa 
    dell’emissione nell’atmosfera di sostanze inquinanti e del cattivo 
    funzionamento degli strumenti di monitoraggio ecologico della fabbrica. La 
    ripresa della produzione dipenderà anche dall’esito delle analisi in 
    laboratorio, da effettuare a Maribor, sui campioni dei residui tecnologici 
    della Rockwool.  | 
  
 
 
  
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    La Ferriera va chiusa  | 
  
  
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    Scusate, vi sembrero cattiva, ma 
    l’unico pensiero che mi viene in mente è: quello che non hanno potuto i 
    titini e i partigiani, potrà la Ferriera di Servola, con grande 
    soddisfazione di qualcuno. Secondo me non ci sono posti di lavoro che 
    tengano: la ferriera dovrebbe chiudere domani e basta. Sono anni che vedo i 
    fumi rossi incendiare il cielo di notte e mi chiedo cosa si aspetta: che 
    tutti muoiano? Ci vuole una semplice denuncia al tribunale da parte di un 
    gruppo di residenti, consegnata alla cancelleria della Procura, con una 
    piccola marca da bollo, magari con l’appoggio di un legale, ma non è 
    indispendabile, perché è così che funziona. Cosa aspettano i cittadini 
    esposti a un tale pericolo? Devono muoversi in prima persona visto che i 
    nostri cari rappresentanti, sindaco in testa, non se la «sentono». Da parte 
    mia il voto per Forza Italia qui a Trieste se lo possono scordare. 
    Maria Novella Loppel Paternolli  | 
  
 
 
 
LA REPUBBLICA - 
LUNEDI', 29 ottobre 2007
 
 
Nel Pacifico l'Isola della 
spazzatura per l'80 per cento formata di plastica
Come un deserto oceanico, dove la 
vita è ridotta solamente a pochi grandi mammiferi o pesci
Si chiama Pacific 
Trash Vortex. Ha un diametro di 2500 chilometried è profonda 30 metri. Il suo 
peso ha raggiunto 3,5 milioni di tonnellate
LO CHIAMANO Pacific Trash Vortex, il 
vortice di spazzatura dell'Oceano Pacifico, ha un diametro di circa 2500 
chilometri è profondo 30 metri ed è composto per l'80% da plastica e il resto da 
altri rifiuti che giungono da ogni dove. "E' come se fosse un'immensa isola nel 
mezzo dell'Oceano Pacifico composta da spazzatura anziché rocce. Nelle ultime 
settimane la densità di tale materiale ha raggiunto un tale valore che il peso 
complessiva di questa "isola" di rifiuti raggiunge i 3,5 milioni di tonnellate", 
spiega Chris Parry del California Coastal Commission di San Francisco, che è da 
poco tornato da un sopralluogo. 
Questa incredibile e poco conosciuta discarica si è formata a partire dagli anni 
Cinquanta, in seguito all'esistenza della North Pacific Subtropical Gyre, una 
lenta corrente oceanica che si muove in senso orario a spirale, prodotta da un 
sistema di correnti ad alta pressione. L'area è una specie di deserto oceanico, 
dove la vita è ridotta solo a pochi grandi mammiferi o pesci. 
Per la mancanza di vita questa superficie oceanica è pochissimo frequentata da 
pescherecci e assai raramente è attraversata anche da altre imbarcazioni. Ed è 
per questo che è poco conosciuta ai più. Ma proprio a causa di quel vortice 
l'area si è riempita di plastica al punto da essere considerata una vera e 
propria isola galleggiante. Il materiale poi, talvolta, finisce al di fuori di 
tale vortice per terminare la propria vita su alcune spiagge delle Isole Hawaii 
o addirittura su quelle della California. 
In alcuni casi la quantità di plastica che si arena su tali spiagge è tale che 
si rende necessario un intervento per ripulirle, in quanto si formano veri e 
propri strati spessi anche 3 metri. La maggior parte della plastica giunge dai 
continenti, circa l'80%, solo il resto proviene da navi private o commerciali e 
da navi pescherecce. 
Nel mondo vengono prodotti circa 100 miliardi di chilogrammi all'anno di 
plastica, dei quali, grosso modo, il 10% finisce in mare. Il 70% di questa 
plastica poi, finirà sul fondo degli oceani danneggiando la vita dei fondali. Il 
resto continua a galleggiare. 
La maggior parte di questa plastica è poco biodegradabile e finisce per 
sminuzzarsi in particelle piccolissime che poi finiscono nello stomaco di molti 
animali marini portandoli alla loro morte. Quella che rimane si decomporrà solo 
tra centinaia di anni, provocando da qui ad allora danni alla vita marina.
LUIGI BIGNAMI
 
IL PICCOLO - 
LUNEDI', 29 ottobre 2007
 
 
  
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    DOPO-FERRIERA TUTTO DA 
    PROGETTARE   | 
  
  
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    C'è un dopo a cui pensare, ed è 
    doveroso pensarci prima. Che i destini della Ferriera siano segnati, anche 
    se con tempi ben più lunghi di quelli suggeriti dalle cronache, è probabile. 
    Dietro l'ostico intreccio di centraline ed emissioni inquinanti, di 
    misurazioni e posizionamento degli apparecchi, c'è proprio una questione di 
    sensibilità collettiva. Rileva fino a un certo punto la mole d'investimenti 
    necessaria a rendere lo stabilimento pulito, come pure la raffreddata 
    disponibilità dell'acquirente Arvedi. Il punto è che nel sentire attuale 
    dell'opinione pubblica, nella percezione dell'uomo della strada di fine 
    2007, l'esistenza stessa di uno stabilimento di quel tipo, nel cuore di un 
    quartiere popoloso e affacciato sul golfo, risulta inaccettabile. 
    Non così era fino a poco tempo fa. Fa una certa impressione rammentare le 
    immagini in diretta tv di quell'imponente corteo cittadino di 13 anni or 
    sono, guidato da tutte le autorità di ogni colore triestine e regionali. 
    
    Senza una sola voce fuori del 
    coro, con cui si chiedeva al governo d'incentivare il passaggio di mano e la 
    sopravvivenza della fabbrica. Arrivarono così Lucchini e gli incentivi: da 
    allora Servola ha fatto buoni utili, ma non grazie all'attività siderurgica, 
    bensì alla produzione di energia elettrica che la mano pubblica è obbligata 
    ad acquistare a prezzo maggiorato. Allora fu la salvezza, oggi appare una 
    jattura. E' un segno dei tempi e di cultura del vivere: la probabile 
    chiusura della Ferriera, oltre che con la salute di chi ci lavora e vive, ha 
    a che fare con il coacervo di temi ambientali che occupano le nostre 
    attenzioni, dal riscaldamento globale alle polveri sottili nelle città. E' 
    anzi lodevole che le posizioni di lavoratori e residenti non siano più 
    concepite in contrapposizione. Se chi vive a Servola è esposto, chi ci 
    lavora è esposto tre volte: due per l'aria che respira, una per il posto che 
    rischia. Insomma: non sarà oggi né domani, non sarà come tirare giù una 
    saracinesca, ma presto o tardi quell'impianto chiuderà. E se la politica - 
    tutta - si deciderà, sarà anche grazie all'azione rigorosa e per una volta 
    composta della magistratura. Senza l'indagine di Federico Frezza e i severi 
    accertamenti disposti in silenzio, proprio l'antitesi del garrulo sventolìo 
    di fascicoli a cui in Italia assistiamo da 15 anni, la questione si sarebbe 
    trascinata ancora per un bel po'. 
    Ma proprio perché non sarà come tirare la saracinesca, è indispensabile che 
    fin d'ora la politica - tutta - si faccia carico del dopo, senza ritrovarsi 
    a chiedere "e adesso?" a saracinesca serrata. E il rischio è forte, perché a 
    oggi non c'è l'ombra di un'idea concreta, se non di qualche spunto tutto da 
    coltivare. Tre, in sostanza, sono gli elementi in gioco: l'imprenditore, i 
    lavoratori, l'area. 
    Il primo punto è il rispetto di chi ha investito. La Lucchini, oggi 
    Severstal, non è il babau. E' un'impresa che fa i suoi affari, e a Trieste 
    ne sta facendo di buoni, ma il cui arrivo fu letteralmente invocato dalla 
    città. Produce con emissioni insostenibili, ma l'impianto lo ha trovato 
    dov'era. Non lo ha rifatto da cima a fondo (condizione unica per renderlo 
    compatibile, e però economicamente impraticabile), ma per migliorarlo ha 
    speso parecchio. Insomma, non merita un'indegna cacciata, ma un 
    ringraziamento e una dignitosa stretta di mano: che significa, in soldoni, 
    un possibile coinvolgimento nelle future attività di riconversione 
    dell'area. 
    I lavoratori sono l'anello più debole. Tra dipendenti e indotto, centinaia 
    di persone in strada dall'oggi al domani (e non a causa dei conti aziendali, 
    tutt'altro che in rosso) sono un problema serio. Lungi da chi scrive 
    proporre soluzioni all'italiana quali vitalizi mascherati, prepensionamenti 
    generosi, posti di lavoro fittizi. L'unica soluzione sostenibile è un solido 
    programma di riconversione professionale che trovi sbocco nella 
    riconversione dell'area. 
    Di qui il terzo e decisivo elemento: che fare lì, dopo? La risposta sta 
    all'economia e non alla politica, a cui compete semmai crearne le 
    condizioni. L'area della Ferriera ha due punti di eccezionale valore: la 
    posizione sul mare, che la sposa alle esigenze di vasti spazi a terra di un 
    porto moderno, e l'attività di produzione di energia elettrica, un bene di 
    cui il Paese intero ha bisogno come d'aria, potenzialmente collegabile - con 
    una seconda centrale a metano - all'eventuale rigassificatore nel golfo. 
    Porto e Acegas: sono questi gli attori a cui far capo per la riconversione. 
    Il primo per la turbinosa attività di sviluppo dei traffici in cui è 
    lanciato, la seconda perché è la sola, per qualità manageriali, risorse 
    finanziarie e capacità di relazione (la futura e auspicabile multi-azienda 
    del Nordest) a potersi impegnare in un'operazione veramente complessa. Tale 
    è infatti una riconversione siffatta. Per questo ci permettiamo una proposta 
    ai pubblici amministratori: si dimentichino le centraline, lascino ad 
    occuparsene l'Arpa, la magistratura e l'azienda. Si dedichino subito a 
    progettare il dopo con chi saprà progettarlo. Perché tenere aperto quell'impianto 
    ancora per anni sarebbe insostenibile. Ma vederne le carcasse abbandonate 
    per gli stessi anni, una tetra replica del porto vecchio con i lavoratori a 
    casa, sarebbe imperdonabile. 
    Roberto Morelli  | 
  
 
 
  
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    Ferriera: Drossi e Visentini 
    contro Dipiazza, Lippi lo difende  - Divampa la polemica politica dopo 
    le ultime vicende   | 
  
  
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    «Sono sei anni che Dipiazza 
    sulla Ferriera ripete le stesse cose, prima acquisisca le certezze e poi 
    faccia le sue dichiarazioni, un comandamento che dovrebbe valere per tutti è 
    ”non illudere”», sbotta il presidente dei Cittadini per Trieste Uberto 
    Fortuna Drossi. «Il polverone che il sindaco ha sollevato sfila tra 
    l’irresponsabilità e l’incapacità di quello che dice, se non ha mai chiuso 
    la fabbrica significa che non poteva farlo», rincara la dose il segretario 
    regionale della Uil Luca Visentini. Il doppio attacco al primo cittadino 
    arriva alla vigilia dell’attesa Conferenza dei servizi da cui domani uscirà 
    il sì o il no all’Autorizzazione integrata ambientale alla Servola. A 
    prendere le difese di Roberto Dipiazza, replicando con sdegno alle 
    dichiarazioni di Drossi e Visentini, è il vicesindaco Paris Lippi: «Dipiazza 
    fa bene - tuona Lippi - a sollevare il problema in maniera chiara, a me 
    dispiace vedere come certe persone, anziché guardare al futuro della città, 
    continuino ad arroccarsi su posizioni stantie e vecchie anche davanti a dati 
    sull’inquinamento che sono inequivocabili». 
    Sale la pressione in vista del tavolo decisivo nel quale Regione, Provincia, 
    Comune, Arpa e Azienda sanitaria sono chiamate a concedere o meno il via 
    libera alla Lucchini in base alle condizioni di qualità degli impianti e ai 
    piani d’intervento. Drossi Fortuna, da presidente della Quarta commissione 
    ambiente del Consiglio regionale, rompe il silenzio: «In quel tavolo mi 
    sembra che si fosse deciso di tenere le bocce ferme, di raccogliere i dati e 
    risparmiare le dichiarazioni. È ovvio che la Ferriera oggi non è più 
    compatibile se non c’è un piano d’abbattimento dell’inquinamento. Qui si 
    tratta di conciliare come dice Illy salute e occupazione, senza più cercare 
    rinvii, prendendo se serve per il collo l’azienda, cui le ordinanze non 
    fanno più caldo né freddo, visto che vi si può opporre». «È necessario - 
    chiude Drossi Fortuna - un accordo di programma, che è legge, che stabilisca 
    chi fa che cosa, e non un protocollo d’intesa che rimane aleatorio. Quelle 
    di Dipiazza sono dichiarazioni che ”inquinano” da un punto di vista 
    psicologico e non fanno bene né all’azienda, né ai potenziali acquirenti, né 
    alla gente». 
    «Con la missione a Trieste - gli fa eco Visentini - i vertici dell’azienda 
    hanno ripetuto ciò che si sapeva: l’affare con Arvedi per ora è sfumato, il 
    che significa che Lucchini conferma il suo piano industriale e intende 
    mettere in campo quegli interventi propedeutici all’Autorizzazione integrata 
    ambientale. Quello di Dipiazza è stato ”tanto rumore per nulla. Nella 
    prossima Conferenza dei servizi confidiamo che si prendano le decisioni in 
    base ai fatti e non agli orientamenti politici». 
    «L’ambiente non è di destra né di sinistra», è la risposta di Lippi. «Non 
    siamo davanti a scelte di parte - aggiunge l’esponente finiano - ma di 
    logica e coerenza. E poi se l’azienda non ha ancora fatto quegli interventi 
    necessari contro l’inquinamento significa che fino ad ora siamo stati presi 
    tutti in giro. Invece di pensare al ricollocamento del personale, che 
    rappresenta la categoria che rischia di più oggi anche in salute, si 
    continua a discutere contro la realtà dei fatti». «Azzardare che noi 
    vogliamo una chiusura senza pensare al futuro degli operai - conclude il 
    vicesindaco - è una grande offesa. Già cinque anni fa Sergio Dressi, 
    quand’era assessore in Regione, aveva cercato di dare soluzione a un 
    eventuale ricollocamento con un tavolo delle istituzioni. Se lì si facesse 
    una banchina portuale, o si mettesse la piattaforma logistica, si potrebbe 
    garantire lavoro a buona parte della gente oggi impiegata in Ferriera. Ma 
    invece di agire si spendono soldi per studi finiti nel vuoto, come quello 
    commissionato a Gambardella dall’amministrazione Illy». 
    pi. ra.  | 
  
 
 
  
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    Trasporto pubblico, è 
    polemica - Provincia nel mirino per la decisione di affidare a terzi parte 
    del servizio   | 
  
  
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    Trasporto pubblico, An punge la 
    Provincia perché «ha autorizzato Trieste Trasporti all'affidamento a terzi 
    di parte del servizio di trasporto pubblico locale. Si tratta - sottolinea 
    una nota a firma di Marco Vascotto, Arturo Governa e Piero Degrassi - della 
    prima volta che ciò avviene, benché previsto sin dal 2000 in base a precise 
    norme e già in passato ventilato e auspicato dal concessionario. Lasciano 
    perplessi numerosi elementi nell’atto della Provincia, di competenza della 
    funzione Trasporti afferente all'assessore Barduzzi». 
    I rappresentanti dell’opposizione proseguono evidenziando «innanzittutto le 
    motivazioni che sono alla base dell'autorizzazione. Per prima il fatto che 
    "Trieste Trasporti spa lamenta un elevato tasso di mancata prestazione, che 
    si aggira attorno al 12% annuo"». Era stata «nostra premura chiedere una 
    particolare attenzione all'assessore Barduzzi affinché ci fosse una forma di 
    persuasione nei confronti della parte datoriale e di quella sindacale per 
    ridurre eventuali "mancate prestazioni" dovute a criticità nei rapporti 
    sindacali tra le parti e, conseguenti, scioperi. Tale richiesta rimane 
    inascoltata. Più facile prevedere che le linee serali vengano affidate a 
    terzi, ancora da individuare, anziché, come era logico, prevedere una più 
    attenta gestione ed eventualmente l'incremento del personale viaggiante 
    (conducenti) in Trieste Trasporti».  | 
  
 
 
 
 
 
LA REPUBBLICA - 
DOMENICA, 28 ottobre 2007
 
 
Biocarburante, l'allarme dell'Onu - "Un crimine contro l'umanità"
 
"Riduce i terreni arabili, così si affamano i 
popoli più poveri" - Più una società è indigente, più alta è la quota di spesa 
destinata
L'inflazione alimentare nei paesi emergenti è 
doppia che nel resto del mondo - Secondo il rapporto Onu, 854 milioni di 
individui nel mondo soffrono la fame
ROMA - Aveva ragione Fidel Castro e torto George Bush: la 
corsa al granturco per produrre ecobenzina colpisce drammaticamente i poveri. A 
dirlo, ora, è l'Onu. "Un crimine contro l'umanità" l'ha definita Jean Ziegler, 
l'inviato speciale Onu per "il diritto al cibo". 
Una definizione di una violenza insolita, studiata, probabilmente, per catturare 
i titoli dei giornali e attirare l'attenzione sugli effetti che l'impennata dei 
prezzi agricoli - determinata, almeno in parte, dal boom dell'etanolo - sta 
avendo sui paesi più poveri, dove anche limitate oscillazioni dei prezzi del 
cibo possono spostare il confine della fame. 
I dati del Fondo monetario internazionale confermano, infatti, che, in media, 
nel mondo, i prezzi del cibo hanno subito una brusca accelerazione: rispetto 
all'anno precedente, nei primi quattro mesi del 2006 l'aumento risultava del 3%. 
Nei primi quattro mesi del 2007 è stato del 4,5%. Ma questa è una media 
mondiale. Nei paesi emergenti, la cosiddetta inflazione alimentare è stata del 
9%. Ma non basta questo scarto a spiegare perché il dramma del rincaro del cibo 
si concentri sui paesi più poveri. Più una società è povera, infatti, più alta è 
la quota di spesa destinata agli alimenti. Un consumatore americano spende il 
10% del suo budget quotidiano per mangiare. Un cinese il 30%. Nell'Africa 
subsahariana il 60%. 
E, per questo motivo, gli effetti si irradiano in modo diverso sul complesso 
dell'economia: mentre nei paesi industrializzati, il rincaro degli alimentari, 
dice sempre il Fmi, non sembra avere effetti visibili sull'inflazione generale, 
in paesi come Brasile e Cina comporta un'accelerazione di mezzo punto. In 
Tanzania e Uganda di quasi un punto. Come se non bastasse, a scavare un solco 
fra fortunati e meno fortunati c'è il fatto che alcuni paesi guadagnano dal 
rincaro delle derrate alimentari: Argentina, Bolivia, Cile, come anche Sud 
Africa, Namibia, Swaziland hanno beneficiato dell'aumento dei prezzi, perché 
esportano derrate alimentari. I paesi perdenti sono quelli che importano e, 
spesso, sono anche i più poveri: Ghana, Niger, Bangladesh, oltre a Cina e Medio 
Oriente. 
Insomma, il rincaro dei generi alimentari colpisce tutti, ma in misura 
sproporzionatamente più alta i paesi più poveri. È tutta colpa dell'etanolo? In 
realtà, l'attuale impennata dei prezzi - soprattutto dei cereali - è il frutto 
anzitutto di alcune annate di cattivi raccolti, per via della siccità. Ma l'ira 
di Ziegler si spiega con il fatto che, mentre con i disastri naturali si può far 
poco, la corsa all'etanolo - che dell'attuale aumento dei prezzi è una 
componente - è una decisione politica. Nel caso specifico, della politica 
americana, determinante, perché gli Usa sono il maggior esportatore agricolo al 
mondo e, da soli, rappresentano il 70% dell'export mondiale di granturco, un 
alimento centrale anche per i mangimi animali. Nei mesi scorsi, la Casa Bianca 
ha scelto di incentivare massicciamente l'utilizzo del granturco per 
biocarburanti. In parte, per aggirare la necessità di provvedere con altre 
misure di risparmio all'emergenza petrolio. In parte, per conquistare i voti del 
Middle West (ciò che renderà assai difficile rovesciare questi incentivi, dato 
il peso che la "Corn Belt", gli Stati della cintura del granturco, hanno nel 
panorama elettorale americano). Ma la decisione di Bush di quintuplicare 
l'obiettivo ufficiale di produzione di etanolo da granturco ha avuto un impatto 
devastante sui prezzi. La quotazione del granturco ha raggiunto record storici, 
di fronte alla nuova domanda. 
Contemporaneamente, aree sempre più vaste sono state destinate alla produzione 
di mais. È questo, specificamente, il "crimine contro l'umanità" di cui parla 
Ziegler: la sottrazione di preziosa terra arabile alla produzione alimentare, 
per destinarla ai carburanti. Man mano che la popolazione mondiale aumenta, 
infatti, la quantità di terra arabile a disposizione diminuisce: pro capite, è 
quasi dimezzata rispetto al 1970. La corsa all'etanolo rischia di strangolare 
questa risorsa: un recente studio calcola che, per aumentare la produzione di 
biocarburanti in misura sufficiente ad assicurare il 5% dei combustibili per il 
trasporto, occorrerebbe destinarvi il 15% del totale di aree coltivate. 
Probabilmente, è impossibile. Quasi certamente, sarebbe un disastro. Perché, in 
ogni caso, non ne vale la pena. L'errore più grave di Bush è aver puntato sul 
cavallo sbagliato: il futuro non è nell'etanolo da granturco. In uno studio 
diffuso la scorsa settimana, il Fmi mette a confronto benzina, gasolio e 
biocarburanti. Il costo di produzione della benzina (negli Usa) è di 34 
centesimi di dollaro al litro. Solo l'etanolo derivato, in Brasile, dalla canna 
da zucchero costa di meno: 23-29 centesimi. E, infatti, a togliere ogni dubbio 
sui reali obiettivi degli incentivi per l'etanolo della Casa Bianca, l'etanolo 
brasiliano è pesantemente tassato alla dogana per renderlo non competitivo. 
L'etanolo da granturco costa, infatti, 40 centesimi al litro, notevolmente di 
più, dunque, sia della benzina, sia, soprattutto del concorrente brasiliano. Un 
discorso analogo vale per il biodiesel, su cui hanno puntato gli europei. Il 
gasolio costa 41 cents al litro, mentre il biodiesel da olio di colza ne costa 
87. 
Solo un nuovo biodiesel (da una pianta indiana, la jatropha, coltivata apposta 
per biocarburante) potrebbe costare di meno di quello da petrolio. 
Questo maggior costo è giustificato dai benefici per l'ambiente? Non parrebbe, 
almeno per il granturco. Il guadagno, rispetto alla benzina normale, in termini 
di minori emissioni di Co2 è di meno del 20% per l'etanolo da granturco (del 
91%, invece, per l'etanolo brasiliano). Questo non significa che i biocarburanti 
diversi da quello brasiliano siano un vicolo cieco. 
Ziegler, ieri, ha proposto una moratoria di cinque anni nella produzione 
agricola per etanolo, perché guarda alle prospettive di produzione non più dal 
frutto della pianta, come oggi, ma dagli scarti e anche dal riciclaggio della 
cellulosa. Viaggiare, dunque, con la benzina da rifiuti, salvaguardando la 
produzione agricola. L'etanolo prodotto in questo modo consentirebbe un 
risparmio dell'88% nelle emissioni di anidride carbonica e anche di moltiplicare 
l'efficienza energetica del combustibile. Il problema è che, oggi, l'etanolo 
prodotto in questo modo (soprattutto attraverso enzimi) costa ancora troppo: 
circa il doppio della benzina. Ma è la frontiera più vicina del dopo petrolio.
MAURIZIO RICCI
 
IL PICCOLO - 
DOMENICA, 28 ottobre 2007
 
 
  
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    Dipiazza: garanzie sulla 
    Ferriera o interverrò  - Il sindaco: «Non dò patenti al buio». La Cgil: 
    «L’inquinamento si può ridurre»  | 
  
  
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    Inquinamento 
    e lavoro: dopo la scesa in campo dei vertici della Lucchini il mondo 
    politico e sindacale prende posizione  
    
    Dopo che la Lucchini l’altro 
    giorno è scesa a Trieste coi suoi più alti vertici per rendere esplicita a 
    tutti i livelli la propria posizione qualcuno dice «ormai il tempo è 
    scaduto» e qualcun altro accoglie: «Diamoci tempo e ordine». Intanto, mentre 
    in sede di conferenza stampa il vicepresidente operativo della società, 
    Giovanni Gillerio, ha affermato - citando il fatto che la sostenibilità 
    economica dell’azienda si proietta non oltre il 2015, «poi ci vuole o un 
    acquirente o uno scatto di fantasia» - che un rilancio della centrale 
    elettrica sarebbe possibile se a Trieste si realizza il gassificatore, ma 
    che non sarà la Lucchini a gestire questa attività, e che la Ferriera 
    movimenta molte tonnellate via mare, ma non è interessata alla piattaforma 
    logistica portuale («lì non siamo a casa nostra»), i sindacati ricevuti al 
    mattino hanno ricavato un’impressione diversa. Riferisce Franco Belci (Cgil): 
    «Ci è stato detto che la banchina portuale è un’attività significativa, e 
    che in quella direzione si può pensare a uno sviluppo». 
    Ma questi sono gli interrogativi sul futuro più lontano. Intanto il sindaco 
    Roberto Dipiazza, sollecitato dalla Regione a voler conciliare salute e 
    lavoro, non si sposta: «I dati Arpa di settembre dicono 2,2 nanogrammi di 
    benzoapirene come media a Servola, cioé il 120 per cento del limite: come 
    conciliare, se ci vogliono quattro anni perché l’azienda si metta in regola 
    secondo le prescrizioni del magistrato, ancora non adottate? Questo è un 
    trabocchetto: promesse di adeguamento, e chi ti vede più. Che cosa dirò il 
    30, all’autorizzazione integrata ambientale? Chiederò come la Lucchini 
    intende risolvere nell’immediato i 2,2 nanogrammi, e deciderò la mia 
    posizione a seconda della risposta. Comunque, quando concedi la patente, 
    come lo controlli poi?». Dipiazza ha scritto al direttore dell’Azienda 
    sanitaria, Franco Rotelli, per un ultimo parere, e attende posta. 
    L’assessore regionale al Lavoro, Roberto Cosolini, è del partito 
    dell’«ordine e attesa». «Ci sono stati sforamenti pesanti, sono seguite 
    indicazioni da Procura e Azienda sanitaria, rendiamo omogenea la rete di 
    monitoraggio (come sta avvenendo), aspettiamo l’esito, e affidiamoci al 
    tavolo unico regionale: lì si vedranno i risultati oggettivi, senza fughe in 
    avanti». 
    Ai sindacati, ricorda invece Belci, è stata prospettata dopo il 2015 una 
    riduzione di attività («dunque ci vorranno pensionamenti»). «L’azienda 
    afferma che il pm Frezza, posizionando due nuove centraline, ha dato due 
    mesi di respiro, il risultato si avrà a fine dicembre, comunque se il 
    sindaco di allarma per i 2,2 nanogrammi di benzoapirene io penso che si può 
    lavorare per farli rientrare nei limiti, il problema è che per i lavoratori 
    non c’è un limite di soglia, abbiamo chiesto e ottenuto monitoraggi 
    periodici». Belci vuole che il tavolo regionale sia presidiato 
    dall’assessore: «Altrimenti proseguono carteggi a due che escludono gli 
    altri e creano solo confusione».  
    L’accenno è alla comunicazione Azienda sanitaria-sindaco riferita in 
    consiglio comunale e relativa ai tempi prevedibili per una verifica totale 
    dei dati ambientali una volta completati i prescritti lavori si 
    ristrutturazione interna (cokeria, ecc.). Si citava il 2011, aggiungendo che 
    nel frattempo il monitoraggio sarebbe stato costante. 
    «Il presidente Gillerio ha detto una cosa sacrosanta - commenta Roberto 
    Decarli (Cittadini), che ha notato un miglioramento della situazione da 
    quando in Lucchini è entrata la russa Severstal - e cioé che la siderurugia 
    è invasiva sul territorio, e va resa compatibile: è la chiave di tutto. Ma 
    si è dovuto prendere la Lucchini per i capelli affinché lo riconoscesse. 
    Abbiamo ora bisogno di dati completi, sovrapponibili, certi e confermati, 
    perché ora e dopo tanto tempo - conclude Decarli - non abbiamo proprio 
    niente: né dati certi né garanzie di reimpiego dei lavoratori». 
    Non si fida invece Fabio Omero (Ds): «Ho perso fiducia nella Lucchini - 
    spiega -, e ho rammarico che Arvedi si sia ritirato, a differenza del 
    sindaco penso che con buone tecnologie l’industria possa ancora convivere 
    con la città, fatta salva la salute. Alternative non ce ne sono: recuperiamo 
    Arvedi e si salvi capra e cavoli. Altrimenti avremo sì la chiusura della 
    Ferriera, ma per esaurimento...». Di parere contrario Alessia Rosolen (An) 
    che imputa alla Regione una «grande assenza» e aggiunge: «I lavoratori e 
    l’indotto sono l’unico vincolo che la città ha con la Ferriera, lo 
    stabilimento non può restare nell’abitato neanche con lavori per la messa in 
    regola, gli operai mi raccontano di 32 forni per turno anziché i normali 24 
    per aumentare la produttività, per questo esce più inquinamento. La firma il 
    30? Con questi dati non si può dare». La Lega Nord, reduce da un incontro 
    con gli abitanti, tuona (anche in nome di accordi elettorali): «La Ferriera 
    deve andarsene e l’area deve essere riqualificata, la salute non può essere 
    barattata con gli interessi di pochi». 
    Il presidente della circoscrizione di Servola, Andrea Vatta (Forza Italia), 
    riferisce di bambini malati, di «sforamenti così grossi da giustificare la 
    chiusura», di «lavori così importanti per la messa a norma che alla Lucchini 
    non convengono». Aggiunge: «Non auguro male all’azienda, ma in bocca al lupo 
    se riescono a rimediare una situazione fuori da ogni limite, ed è 
    paradossale che si contestino Azienda sanitaria, Arpa, Cigra: dei 
    professionisti di tale calibro». Conclude Vatta: «È la prima volta che vedo 
    muoversi decisamente enti amministrativi e di controllo. Il cerchio si 
    chiude». 
    
    Gabriella Ziani  | 
  
 
 
  
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    FERRIERA - I servolani: 
    «Siamo sconfortati, è un gioco delle parti»  - «Sarà una storia lunga». 
    Domani nuovo sit-in davanti al Municipio  | 
  
  
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    Gli abitanti 
    del rione si sentono sempre più confusi mentre cresce la rassegnazione e la 
    protesta non si placa   | 
  
  
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    «Bisogna 
    pensare ai lavoratori e anche agli interessi economici, ma l’inquinamento 
    non era mai così»  | 
  
  
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    «La Ferriera può rendere fino al 
    2015? A quel tempo saremo tutti morti, l’unico superstite sarà il signor 
    Lucchini». A Servola, nelle ultime ore, stanno montando sconforto e 
    rassegnazione. E un velo di amara ironia. La discesa di via dei Giardini, 
    affacciata su quello che per molti è ormai il «mostro» e basta, è tappezzata 
    di richiami, da parte dei comitati, a un nuovo sit-it anti-Ferriera davanti 
    al Municipio, domani alle 18. Diversi residenti, tuttavia, si dicono pronti 
    a scommettere che, alla fine, il «mostro» rimarrà al suo posto. Nonostante 
    le proteste. Perché - dicono i servolani - rischiano di prevalere una volta 
    ancora gli interessi economici. «Resterà tutto come adesso, i soldi sono più 
    importanti», taglia corto Edoardo Cujec. «La vedo lunga», gli fa eco il 
    giovane Alessandro V., uscendo dalla casa di via dei Giardini. «Assistiamo - 
    aggiunge - a un continuo passarsi la palla tra le parti, mentre noi 
    cittadini ci sentiamo con le mani legate, vittime di questioni di soldi. A 
    me non preme che la fabbrica chiuda per partito preso, ma ritengo 
    indispensabile che l’azienda si metta in tutto e per tutto in regola con gli 
    impianti. Io, alla mia automobile, devo far fare la revisione periodica. E 
    devono rilasciarmi il bollino blu sui gas di scarico, altrimenti non 
    circolo. Quel bollino blu lo facciano anche loro...». Alessandro V. abita da 
    quattro anni a Servola, ma frequenta il quartiere da 15. «E una volta - 
    assicura - l’inquinamento, ’sta carbonella sull’auto e i panni stesi fuori, 
    non era così». 
    «Sono servolano da sempre - conferma Maurizio Del Re - e in quella fabbrica 
    ci hanno lavorato mio nonno, mio papà, mio fratello e mio nipote. E in 
    passato andava decisamente meglio con l’inquinamento. Io adesso sono per la 
    chiusura dell’impianto. Parlano del 2015, ma mi sembra che la promessa era 
    il 2009. L’area va riqualificata e trasformata in zona portuale, così si 
    potrebbe garantire lavoro dopo la dismissione». 
    «Lo stabilimento - rincara la dose la signora G. M., che preferisce riferire 
    solo le iniziali - dev’essere chiuso. È giusto pensare anche ai lavoratori. 
    Ma, più che il loro posto in fabbrica, va preservata la loro salute. Ci 
    rendiamo conto che la Ferriera rende alla proprietà, ma si sarebbe dovuto 
    intervenire a suo tempo con degli accorgimenti decisivi contro 
    l’inquinamento. Ormai non se ne può più. Davanti a casa abbiamo un po’ di 
    verde e ci tocca vedere le foglie annerite e sentire la gola secca dopo 
    essere stati sotto un arbusto». 
    «La mia sensazione è che i proprietari vogliano prendere i soldi dallo Stato 
    finché sarà possibile. Poi diranno ”signori, arrivederci”», aggiunge Fulvio 
    B., riferendosi al fatto che nel 2015 verrà meno il regime di Cip 6 con cui 
    lo Stato concede aiuti alle aziende che producono energia con fonti 
    rinnovabili. 
    «Fosse per me - dice Jasmine Mazic, cittadino bosniaco che vive a Servola - 
    non ci sarebbero problemi, visto che sono un muratore e mangio polvere ogni 
    giorno. Ma penso a mio figlio, questo sì». 
    Antonio Racanelli, all’incrocio fra di via Servola e via dei Giardini, è al 
    lavoro per ristrutturare la casa che ha comprato a marzo. Ci verrà a vivere 
    con la famiglia, fra cui due figli, uno di cinque anni e l’altro di due e 
    mezzo. «Con le finestre aperte - spiega - purtroppo gli effetti della 
    fabbrica si sentono. Se la Ferriera inquina, e questo ormai mi pare un dato 
    reale, è giusto chiuderla o quantomeno prendere dei provvedimenti drastici». 
    «Serve un intervento sugli impianti serio, non per finta», fa presente 
    Claudio Stefani, un altro giovane che sta mettendo a posto casa, in via 
    Soncini. «Prima di chiudere, ad ogni modo, bisognerebbe sapere dove mettere 
    tutti questi lavoratori» ammonisce Livio, il padre. 
    «Sono nata e vissuta sempre a Servola - concorda Annamaria Ponis - e in 
    Ferriera mio marito ci ha lavorato ed è morto. Ma sono dell’idea che prima 
    bisogna dare un futuro ai dipendenti e poi chiuderla». 
    Sulla necessità di una chiusura immediata torna invece Ester Passeri: «Vivo 
    qui dal 1981 e oggi è peggio di una volta. Una di queste sere passavo di qua 
    con il cane e ho visto uscire una nuvola dallo stabilimento. Quando mi sono 
    tolta gli occhiali sentivo come gli occhi pieni di sabbia». «E poi guardi 
    come si rovinano pure le macchine parcheggiate», conclude la signora Ester. 
    La quale conferma i racconti di alcuni altri residenti: «Se ci si rivolge 
    all’azienda, questa paga il rinnovo delle carrozzerie danneggiate dai fumi 
    dell’impianto, è vero». 
    pi. ra.  | 
  
 
 
  
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    Bonifiche, la Regione 
    incarica l’Ezit  - L’ente curerà le caratterizzazioni alle Noghere 
    nelle aree pubbliche e in quelle inquinate dall’attività pubblica  | 
  
  
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    Azzarita: 
    «Partiamo subito, risultati nel giro di un anno»  | 
  
  
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    Sarà l’Ezit a coordinare le 
    caratterizzazioni nelle aree pubbliche, e in quelle private ma inquinate da 
    attività pubbliche, nella Valle delle Noghere e nell’alveo del Rio Ospo. 
    L’incarico ufficiale per l’attuazione del piano di caratterizzazione è stato 
    infatti assegnato all’Ente zona industriale dalla Regione. 
    «E’ l’inizio vero dell’attività di risanamento, il primo confronto reale con 
    le aziende sulla complessa questione delle aree inquinate», commenta il 
    presidente dell’Ezit Mauro Azzarita, che annuncia: «Partiamo subito. La gara 
    d’appalto sarà bandita quanto prima. Nel giro di dodici mesi avremo il 
    quadro dell’inquinamento in queste aree, dove sono insediate anche circa 
    ottanta aziende private». 
    Sul piano formale l’incarico all’Ezit è stato dato attraverso un decreto di 
    delegazione amministrativa, un passaggio indispensabile per permettere di 
    continuare il lavoro avviato qualche anno fa con il piano di 
    caratterizzazione dell’intero Sito inquinato di interesse nazionale, 
    passando appunto dall’elaborazione del piano alla sua attuazione. 
    «Finalmente – osserva ancora Azzarita – siamo riusciti ad avviare un’impresa 
    tuttaltro che facile. Questo risultato ha richiesto molto tempo e molto 
    lavoro, e devo dare atto all’assessore regionale Moretton di essere venuto 
    incontro a tutte le esigenze del nostro ente. Il decreto – annota – non è 
    comunque un punto di arrivo ma di partenza. Non possiamo dimenticare che 
    esiste ancora una grande incertezza sulle risorse, gli ormai noti 5 milioni 
    di euro necessari a completare la caratterizzazione». 
    La soddisfazione di Azzarita è legata anche al fatto che questo primo 
    traguardo dovrebbe spianare la strada ai successivi passaggi amministrativi. 
    «L’auspicio – aggiunge – è che, superato questo scoglio, si riesca a 
    velocizzare l’iter delle caratterizzazioni prima, e quello delle bonifiche 
    poi. Il prossimo anno ci attendiamo la delegazione amministrativa per altre 
    aree, spero più vaste di quelle assegnateci adesso, cioè quelle private non 
    inquinate da attività pubbliche». 
    Il decreto della Regione assegna anche i finanziamenti necessari per attuare 
    il piano di caratterizzazione. Il costo dell’operazione è stato stabilito in 
    un milione 343 mila euro, somma che è stata inserita nel bilancio di 
    previsione della Regione per il periodo 2007-2009. 
    Parte dell’importo, 500 mila euro, sarà ricavata dal bilancio di previsione 
    per il 2007, come quota derivata dall’esercizio 2006. Altri 500 mila euro 
    saranno attinti dall’esercizio 2007, mentre la parte restante, 343 mila 
    euro, arriverà dall’esercizio finanziario 2008. 
    Secondo il decreto l’Ezit deve avviare entro dodici mesi le procedure per 
    attivare le operazioni previste dal piano di caratterizzazione. Il termine 
    per l’attuazione del piano è invece fissato in 36 mesi. 
    Come ha dichiarato Azzarita, però, l’ente intende bruciare le tappe, cosa 
    che del resto sta facendo per la caratterizzazione delle aree di sua 
    proprietà alle Noghere (450 mila metri quadri), caratterizzazione iniziata 
    alcuni mesi fa e che si concluderà entro novembre, in anticipo sui tempi 
    previsti. 
    La Regione, dal canto suo, oltre ad effettuare eventuali verifiche (tramite 
    l’Arpa) nel corso dell’attività di caratterizzazione, approverà e invierà al 
    ministero dell’Ambiente i risultati finali. Giuseppe Palladini  | 
  
 
 
 
IL PICCOLO - 
SABATO, 27 ottobre 2007 
 
 
  
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    Piano parcheggi, no al 
    progetto in largo Canal  - Confermati invece i siti delle ex officine 
    Holt di via Gambini e di piazzale Vittime dell’11 settembre a Barcola 
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    Il Consiglio 
    comunale stralcia uno dei 18 contenitori previsti in origine  | 
  
  
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    Valutazione 
    di impatto ambientale positiva per la struttura interrata che dovrà sorgere 
    davanti al palazzo della Stazione Marittima 
    
    Sono diventati 17 i contenitori 
    previsti dal nuovo piano urbano dei parcheggi, che il consiglio comunale ha 
    approvato mercoledì sera. Rispetto ai 18 siti originari, infatti, l’aula ha 
    deciso di eliminare largo Canal, dove era prevista una struttura interrata 
    per 91 posti auto in quattro livelli: opera che è stata giudicata «troppo 
    costosa e problematica in termini di viabilità», come ricorda il presidente 
    della commissione urbanistica Roberto Sasco. È stata confermata invece la 
    volontà di aggiungere al piano i siti delle ex officine Holt di via Gambini 
    e di piazzale Vittime dell’11 settembre a Barcola. 
    La modifica sostanziale apportata al documento consiste però nel fatto che 
    sarà il consiglio comunale a decidere, con una nuova delibera, i criteri da 
    seguire per l’assegnazione dei lavori alle imprese in regime di project 
    financing (cioè costruzione a proprio carico e successiva gestione, concessa 
    dal Comune, così da rientrare dell’investimento effettuato). Maggioranza e 
    opposizione hanno trovato una convergenza, e in base a questo accordo - 
    formalizzato in un unico testo in origine presentato dal Cittadino Roberto 
    Decarli - sono stati ritirati quasi tutti gli emendamenti (una trentina), 
    relativi in buona parte proprio ai criteri di assegnazione dei posti auto. 
    Sarà dunque il consiglio a indicare quale quota di posti auto nelle aree di 
    superficie vicine ai nuovi contenitori lasciare libera, quale quota 
    riservare a posti a rotazione anche nelle strutture destinate alla vendita, 
    il tipo di prescrizioni da adottare sull’impatto ambientale e visivo, le 
    eventuali tariffe agevolate per i residenti. La gran parte di questi temi 
    era stata toccata in una serie di emendamenti presentati tanto da componenti 
    del centrodestra quanto del centrosinistra. 
    Nella delibera è stata inoltre ricordata - come da richiesta della 
    capogruppo di An Alessia Rosolen - l’esistenza di Amt, società controllata 
    dal Comune il cui core business è proprio la gestione dei parcheggi: formula 
    che potrà aprire la strada a una partecipazione diretta di Amt stessa nella 
    costruzione e gestione in alcune delle strutture da costruire. Fatto proprio 
    dalla giunta un emendamento della forzista Raffaella Del Punta mirato a 
    riservare dei «parcheggi rosa» per donne in gravidanza e neomamme. 
    Grazie all’accordo, l’opposizione (esclusa Rifondazione comunista) si è 
    astenuta sul documento, perché se «manca un’idea di quale accessibilità 
    vogliamo dare al centro città - piazze, aree pedonali, servizi pubblici e 
    privati, rete di negozi - e ai quartieri storici e a quelli della 
    periferia», come annota il capogruppo diessino Fabio Omero, pur tuttavia il 
    consiglio comunale «si è riappropriato», aggiunge, del suo «ruolo politico» 
    con le scelte che potrà fare con la delibera sui criteri. 
    L’aula ha anche dato l’ok sulla valutazione di impatto ambientale per il 
    parcheggio interrato davanti alla Stazione marittima che Saba Italia 
    progetta di cantierare l’anno prossimo. È stato accolto - con i voti di 
    opposizione e An - l’emendamento con cui Omero ha richiesto che le opere 
    fuori terra non superino i due metri e mezzo sopra il livello del mare: il 
    progetto originario prevedeva torrette per gli ascensori alte 3,8 metri.  | 
  
 
 
  
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    Lucchini: Ferriera redditizia 
    fino al 2015  - «Arvedi ha interrotto le trattative spiegando che la 
    città non lo vuole»  | 
  
  
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In città il 
vicepresidente esecutivo Gillerio per una serie di incontri con Comune, Autorità 
portuale e Regione 
Mentre il sindaco Dipiazza ha da 
poco ribadito che gli ultimi dati attesi sulle emissioni potrebbero indurre a 
decisioni «drammatiche», Lucchini spa rompe il silenzio nelle giornate convulse 
che si susseguono attorno ai destini della Ferriera, dei lavoratori, della 
città. L’azienda fa sentire la sua voce: parla il vicepresidente operativo della 
società Giovanni Gillerio, accanto a lui l’ad Hervé Kerbrat e il direttore dello 
stabilimento e consigliere delegato della spa Francesco Rosato, accompagnati dal 
responsabile relazioni esterne Francesco Semino. Uno spiegamento di voci e volti 
per una giornata di incontri: i giornalisti e poi, nel pomeriggio, il sindaco, 
l’Autorità portuale, il governatore Riccardo Illy. Il tutto alla vigilia 
dell’appuntamento del 30 ottobre, il tavolo in Regione al quale si discuterà 
dell’autorizzazione integrata ambientale da dare - o meno - allo stabilimento, 
in base a una serie di migliorìe ambientali.
L’azienda, dunque. Gillerio fissa tre punti: primo, nel piano strategico della 
società la Ferriera «non sarà brillantissima, ma ha una sua dignità» economica 
nell’ambito del gruppo Lucchini-Severstal «fino al 2015». Secondo: il gruppo 
Arvedi - con cui la trattativa è stata interrotta - avrebbe offerto una 
prospettiva all’insediamento oltre quella data anche in termini di migliorìe 
ambientali, «e non è escluso che pensasse a qualcosa di innovativo approfittando 
degli spazi» disponibili a Servola. Terzo: Arvedi ha rotto la trattativa 
spiegando che «la città» non lo vuole: e la città «non sono i sindacati, né la 
Regione, né il Porto». Davanti a una soluzione di futuro offerta e rifiutata - 
ragiona Gillerio - «non capisco più niente». «Non capiamo il sindaco». Il 
messaggio è chiaro: «Rispettiamo le regole. Se però le istituzioni, la 
cittadinanza ritengono di non poter più continuare, qualcuno ce lo deve dire 
formalmente, istituzionalmente. E assumersene le conseguenze».
LA SCADENZA Nel 2015 verrà meno il regime di Cip 6, con cui lo Stato concede 
aiuti finanziari alle aziende che producano energia con fonti rinnovabili: è la 
centrale di cogenerazione. A quella data «rischiamo una criticità economica». 
Questo Lucchini spa riferisce di aver detto in maggio a Regione, Comune e Ap: 
«Preoccupiamoci di vedere come arrivarci preparati, per progettare in modo 
opportuno un futuro - qualunque esso sia - di questo insediamento».
ARVEDI «Subito dopo» - parla Gillerio - ecco Arvedi. L’industriale sta ampliando 
la propria attività a Cremona e vuole aumentare la produzione. La ghisa è per 
lui fondamentale, e gli interessa la presenza del porto: «Ha una strategia 
chiara e una visione che supera il 2015», ribadisce Gillerio citando l’interesse 
di Arvedi per un’attività «innovativa» e la sua «disponibilità» sul tema 
ambiente. Lucchini informa gli enti locali della novità. E trova «entusiasmo», 
ricorda Gillerio citando il «forse ho fatto Bingo» pronunciato la scorsa estate 
dal sindaco. Il negoziato prosegue. Poi Arvedi frena: «La città non mi vuole, mi 
mettono difficoltà». La trattativa va a monte: «Sappiamo che Arvedi è 
interessato, ma che non ci sono le condizioni per finalizzare». La vicenda però 
è servita a confermare che «Servola vale, non è zero. Non si svende».
L’ATTACCO Ed è qui che parte l’attacco al sindaco. Perché - così Gillerio - «con 
la Magistratura abbiamo un rapporto non ottimale ma solido: ci capiamo perché 
discutiamo di regole scritte. Ci capiamo anche con la Regione, che è una nostra 
controparte. Non ci capiamo quando in nome della protezione della salute ci 
vengono contestati fatti che non corrispondono alle regole». E allora, «capisco 
l’interlocutore quando ci incontriamo, non quando parla sui giornali».
IL RICHIAMO Perciò, prosegue Gillerio, l’azienda è stata «costretta» a inviare a 
Dipiazza una lettera (in cui lo ha avvisato di eventuali azioni legali che 
potrebbe avviare nei suoi confronti). Perché il problema «non è solo sociale: 
chiudere è un fatto economico. Se ne hai il diritto, la possibilità fallo, 
altrimenti assumiti le responsabilità e l’azionista non sarà inerte di fronte a 
questo fatto».
IL FUTURO L’azienda, ha ribadito Gillerio, si impegna a rispettare le regole 
ambientali (vedi l’articolo qui sotto). E «tra il 2004 e il 2008 - interviene 
Rosato - sfioriamo i 20 milioni di investimento complessivo» in materia. Il 
futuro resta da costruire. Se si arrivasse al 2015? La cessazione del Cip 6 
allora, ribadisce Gillerio, «metterà in crisi il sistema: evitiamo il trauma». 
Serve «qualche idea o qualche altro Arvedi. Ci stiamo ingegnando», e anche il 
ruolo della centrale - sebbene non esaustivo - potrebbe diventare importante, 
soprattutto se fosse costruito il rigassificatore: «Non sarà dificile trovare 
investitori». E se non si arrivasse al 2015? «Dire ”si deve chiudere” è 
dimostrazione di poca serietà: si deve porre il problema e risolverlo», chiude 
il vicepresidente.
Paola Bolis
 
 
  
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    FERRIERA - Dipiazza: «Parlo 
    solo con i dati» - Incontro in Municipio   | 
  
  
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    Nell’ambito di una serie di 
    incontri istituzionali concentrati nella giornata di ieri la Lucchini ha 
    visto ieri pomeriggio per primo il sindaco Dipiazza. Un vis-à-vis delicato, 
    vista la totale contrapposizione, e le minacce di far chiudere lo 
    stabilimento che scendono dal Municipio. 
    «Ho portato i documenti - riferisce Dipiazza -, li ho letti, così come ho 
    fatto in consiglio comunale, e ho detto che dal 4 ottobre, da quando cioé ho 
    ricevuto nota dall’Azienda sanitaria che a Servola erano state rilevate 
    quantità oltre la norma di sostanze cancerogene e mutagene, il titolo stesso 
    di questa vicenda è cambiato, da imbrattamento a grave inquinamento, ho 
    aggiunto che aspetto le ultime rilevazioni in corso, e poi ci riparliamo». 
    Incontro definito «cordiale» («siamo tutti imprenditori»), ma posizioni 
    distanti. 
    Il sindaco cita nuovamente anche le ultime informazioni avute dall’Arpa su 
    settembre: «Una media di benzoapirene a Servola stazione di 2,2 nanogrammi 
    per metro cubo, cioé il 120 per cento di sforamento. L’attività 
    amministrativa di un sindaco - prosegue - procede solo per atti, ne ricevo e 
    a questi rispondo con altri atti, qui non c’entra la politica. E comunque - 
    conclude Dipiazza - non dormo la notte pensando agli operai, è il mio più 
    difficile momento». 
    Il consiglio comunale straordinario sulla questione è stato intanto spostato 
    al 30 ottobre, invitati tutti gli enti e i sindacati. Si svolgerà 
    esattamente nel giorno in cui in Regione si terrà la riunione definitiva per 
    il rilascio dell’Autorizzazione integrata ambientale. 
    Ma sulle ultime vicende interviene nuovamente il segretario provinciale 
    della Cgil, Franco Belci, a commento delle informazioni che Dipiazza ha 
    dato, atti alla mano, in consiglio: «Dipiazza - afferma - non può 
    strumentalizzare documenti ufficiali dell’Azienda sanitaria quando afferma 
    che dati certi sulle emissioni e sull’inquinamento si potranno avere solo 
    nel 2011, quando saranno state completate e verificate le modifiche 
    strutturali richieste alla fabbrica nell’ambito dell’Autorizzazione 
    integrata ambientale. E non può farlo - conclude il sindacalista - perché la 
    stessa Azienda sanitaria ha anche detto che durante tutto quel periodo vi 
    sarà un costante monitoraggio per controllare le emissioni nocive, e dunque 
    non è vero che i dati saranno noti appena nel 2011». 
    g. z.  | 
  
 
 
  
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    FERRIERA - L’azienda: 
    inquinamento, dateci regole chiare  - Contestati i punti di 
    rilevamento. «Chiusura? Il sistema triestino non può gestirla»  | 
  
  
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    Lo staff 
    dirigente difende lo stabilimento: «La siderurgia è invasiva ma bisogna 
    renderla compatibile»  
    
    «La Ferriera crea disturbo ai 
    cittadini di Servola? Come tanti altri». Lo ha detto ieri lo staff dirigente 
    della Lucchini affrontando solo in seconda battuta la questione ambientale, 
    per la quale tutte le amministrazioni e istituzioni del territorio sono in 
    allerta e al lavoro. 
    «La siderurgia - ha affermato il vicepresidente della Lucchini, Giovanni 
    Gillerio - è certo invasiva su un territorio, ma siccome il nostro sistema 
    industriale la ammette bisogna solo renderla compatibile: occorrono regole, 
    e a noi devono essere imposte, ma non si possono contestare fatti che alle 
    regole non corrispondono». E ha aggiunto: «Si può invocare la chiusura se 
    un’azienda non è disposta a modifiche, ma se la si decide senza avere 
    l’appoggio giuridico l’azionista non resterà inerte, proteggerà i propri 
    interessi». 
    Alla Ferriera viene imputata una posizione energicamente difensiva sui temi 
    dell’inquinamento, ma Francesco Rosato, consigliere della Servola spa e 
    direttore di fabbrica, ha controbattuto: «Quando nel luglio 2005 si scoprì 
    diossina nei camini sulla base di un decreto del marzo, noi non contestammo 
    nulla, ci sottoponemmo a sei mesi di fermo con una perdita di quattro 
    milioni di euro. E il dissequestro del magistrato fu poi un atto esemplare». 
    Totale comunque la denuncia delle misurazioni dell’aria in punti ritenuti 
    «sbagliati», con conseguente negazione che esista un allarme-inquinamento e 
    qualche motivo di preoccupazione: «Una centralina attaccata alla fabbrica va 
    bene se si vuole dedurre la performance ambientale in ambito produttivo, ma 
    non si può estendere il dato per valutare la salute del rione, se metto il 
    naso in una marmitta mi soffoco io, non si soffoca un quartiere».  
    Dunque sotto accusa la centralina di via San Lorenzo in Selva sistemata dal 
    Cigra su incarico del pm Frezza, che ora ha concordato invece 
    sull’opportunità di installare altri due misuratori in aree diverse. «Il 
    magistrato ha deciso a suo tempo di inviare i primi incompleti dati di 
    quella centralina alle amministrazioni: ma che finalità reale aveva dunque 
    quella centralina?» ha insinuato Gillerio. Sono stati proprio quei numeri, 
    giudicati allarmanti per le concentrazioni di polveri sottili e soprattutto 
    di benzoapirene, a convincere il sindaco, su rapporto dell’Azienda 
    sanitaria, che superiori motivi di salute pubblica dovevano indurre 
    l’amministrazione a porre a chiusura la fabbrica. 
    Intanto l’azienda si prepara al 30 ottobre, quando la definitiva conferenza 
    dei servizi dirà sì o no al rilascio dell’Autorizzazione integrata 
    ambientale: tutti gli enti dovranno accogliere o meno le controdeduzioni 
    dell’azienda circa le modifiche strutturali richieste (monitoraggio costante 
    dei camini, ristrutturazioni alla cokeria, ecc): «Il costo degli interventi 
    - ha detto Rosato - sarà di 10 milioni di euro». L’Azienda sanitaria prevede 
    che non saranno completati prima del 2009, con possibilità tecnica di 
    verificarne l’esito appena a inizio 2011. Risposta: «No, basteranno alcuni 
    mesi...». 
    La Ferriera ha ribadito che «i controlli sanitari sugli operai si fanno 
    costantemente», che «ora è solo partito un protocollo nuovo». Ha peraltro 
    ammesso che «non si sa a quali livelli di benzoapirene sono sottoposti i 
    lavoratori». L’Azienda sanitaria parlava di 200 nanogrammi per metro cubo 
    (il limite per le aree abitate è di uno). Rosato: «Gli strumenti non erano 
    capaci di rilevare concentrazioni più basse, è tutto da rifare». 
    E i cittadini che protestano? «Dal 1997 - ha risposto ancora Rosato - 
    abbiamo 300 lavoratori in meno, dal 2002 si è dimezzata la produzione di 
    ghisa, abbiamo chiuso uno dei due altiforni e l’acciaieria, spostato le 
    produzioni che diffondevano grafite: è la sensibilità che è aumentata, non 
    l’inquinamento». E Gillerio ha chiuso: «Se istituzioni e cittadinanza 
    ritengono di non poter più convivere con questa tipologia industriale, 
    devono porsi il problema di affrontare la decisione. Ma il sistema 
    triestino, per quanto ho visto fin qui, non è in grado di farlo». 
    
    Gabriella Ziani  | 
  
 
 
  
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    FERRIERA - Illy: salute e 
    lavoro possono convivere  - I vertici della società hanno incontrato il 
    governatore confermando di voler proseguire l’attività 
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    Cosolini: 
    «Comune, una commedia senza assunzioni di responsabilità» 
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    «La Regione ritiene che sia 
    ancora possibile cogliere il duplice obiettivo di tutela delle condizioni di 
    salute dei cittadini e di continuazione dell’attività industriale, e perciò 
    della significativa occupazione che ne deriva». Così si legge in una nota 
    della Regione giunta al termine dell’incontro che si è tenuto nel pomeriggio 
    tra i vertici della Lucchini spa e il governatore Riccardo Illy affiancato 
    dall’assessore Roberto Cosolini. 
    Illy dunque lo ribadisce: la Ferriera può continuare a produrre, 
    salvaguardando però l’ambiente. Perché «è certo necessario - puntualizza la 
    nota - che l’azienda evidenzi gli interventi finora effettuati e attui 
    quelli ulteriormente necessari». E se la Ferriera otterrà l’autorizzazione 
    integrata ambientale «dovrà rispettare le prescrizioni in essa contenute». A 
    Illy e Cosolini ieri la Lucchini ha confermato la propria volontà di 
    continuare l’attività produttiva esprimendo la sua adesione alle 
    prescrizioni della Procura, mentre Illy ha riconfermato come il tavolo 
    attivato dall’assessore regionale all’ambiente Gianfranco Moretton sia la 
    «sede propria» in cui tutti devono impegnarsi per la verifica delle 
    emissioni, anche tenuto conto delle nuove prescrizioni sul posizionamento 
    delle centraline. 
    E sulle centraline interviene l’assessore Cosolini, annotando come «le 
    lettere dell’Azienda sanitaria vadano lette nella loro interezza». Il 
    riferimento è al fatto che il sindaco Roberto Dipiazza nell’ultimo consiglio 
    comunale ha letto un passo della missiva firmata dal direttore dell’Azienda 
    Franco Rotelli, che segnala come i «dati attendibili» sugli esiti degli 
    investimenti ambientali si avranno «appena all’inizio del 2011». «Ma la 
    lettera - annota Cosolini - condivide le posizioni della Procura, che erano 
    per certi versi anche quelle dell’azienda, nel richiedere che la rilevazione 
    del benzoapirene sia basata su una rete di centraline estesa e dunque molto 
    oggettivata». L’Ass scrive che la centralina di via Pitacco «può essere 
    considerata la più rappresentativa in quanto inserita nel contesto urbano e 
    nello stesso tempo la più vicina allo stabilimento», laddove una centralina 
    in prossimità della Ferriera - ad esempio in via San Lorenzo in Selva - 
    «appare indispensabile per monitorare nel tempo l’efficacia degli interventi 
    di miglioramento» che verranno attuati. «È utile - aggiunge Cosolini - che 
    tutti attendano gli esiti delle rilevazioni dai nuovi posizionamenti». 
    E nel frattempo, dall’assessore regionale giunge una considerazione che è un 
    attacco pesante al Comune: «Se non fosse in gioco la preoccupazione dei 
    cittadini per la salute e quella dei lavoratori per il lavoro ci sarebbe da 
    ridere. C’è un sindaco che ha dichiarato di avere fatto bingo con Arvedi, 
    poi c’è il suo vicesindaco che dichiara di non volere né Arvedi né la 
    Ferriera. Si continua con una sostanziale commedia che è ben lontana - 
    chiude Cosolini - dall’assunzione di atteggiamenti seri e responsabili che 
    debbano tutelare salute e posti di lavoro».  | 
  
 
 
  
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    Bonifiche, allarme per la 
    nuova bozza sull’accordo - Azzarita: «È inaccettabile»  | 
  
  
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    E’ di nuovo braccio di ferro 
    sulle bonifiche tra gli enti locali e il ministero dell’Ambiente. Di fronte 
    alla nuova bozza dell’accordo di programma, che il dicastero ha fatto 
    pervenire giovedì convocando lunedì una riunione per discuterla, Comune di 
    Trieste, Provincia ed Ezit hanno immediatamente scritto a Regione e 
    ministero chiedendo un rinvio dell’incontro. 
    Il problema non sta tanto, o solo, nel pochissimo tempo a disposizione per 
    esaminare il documento, quanto nei contenuti. «Inaccettabile» lo definisce 
    il presidente dell’Ezit Azzarita, che sottolinea la necessità di una 
    verifica congiunta del testo da parte degli «attori» locali prima del 
    prossimo incontro con il direttore generale del ministero Mascazzini. 
    «La bozza – rimarca Azzarita – non accoglie nessuna delle nostre richieste, 
    a cominciare dalla distinzione tra privati responsabili e non responsabili 
    dell’inquinamento. E sulla barriera per il contenimento a mare della falda 
    freatica, si torna a parlare di penalizzazioni per chi non vi aderisce».  
    La Provincia, sulle stesse posizioni, coinvolge il ministero Pecoraro Scanio. 
    La presidente Bassa Poropat, infatti, ha chiesto l’intervento del ministro 
    per una mediazione sullo scottante documento, oltre a rilevare la necessità 
    di spostare la riunione prevista lunedì. «Il ministero ha riproposto la 
    barriera a mare – osserva l’assessore all’Ambiente Ondina Barduzzi – e ciò 
    rende inaccettabile la bozza. Abbiamo chiesto al ministro di intervenire, 
    perchè non ha senso che ci si trovi tutti, si faccia una proposta comune e 
    poi questa non venga accettata dal ministero». 
    Sul piede di guerra anche il Comune. L’assessore all’Ambiente Maurizio Bucci 
    ha già scritto a tutte le parti coinvolte per rinviare la riunione di 
    lunedì. «C’è bisogno di rileggere tutto il documento – rimarca – che 
    conferma quanto si temeva. Avevo già fatto presente le mie preoccupazioni 
    sulla prevista partecipazione delle imprese al costo delle bonifiche. Il 
    ministero sta stringendo il cappio al collo delle aziende».  | 
  
Giuseppe 
Paladini
 
 
  
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    Lubiana sui rigassificatori: 
    «L’Italia non collabora»  | 
  
  
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    MUGGIA La questione dei 
    rigassificatori nel Golfo di Trieste va affrontata con una visione 
    complessiva del territorio e quindi anche transfrontaliera. Intanto la 
    Slovenia tiene conto dei pareri già espressi in Italia nel suo approccio 
    alla proposta di rigassificatore a Capodistria. 
    La complessa tematica è stata affrontata a un’assemblea pubblica ieri a 
    Muggia, per la prima volta in forma transnazionale, su iniziativa del Tavolo 
    della sinistra muggesana. Si è voluto così tenere alta l’attenzione sul nodo 
    dei rigassificatori proposti in Italia e quelli che ora si profilano anche 
    in Slovenia e, seppur più lontano, pure in Croazia. Ribadita da Giorgio 
    Millo, dei Verdi, moderatore dell’incontro, lo stallo attuale in Italia con 
    una valutazione ministeriale d’impatto ambientale il cui iter sembra 
    bloccato. Ma ha anche sottolineato la necessità di un approccio comune tra 
    Italia e Slovenia sulla tema e di una visione globale. Appello lanciato 
    anche da Marko Starman, presidente della Commissione interministeriale 
    slovena sui rigassificatori, che ha però evidenziato una scarsa condivisione 
    di questa idea da parte dei colleghi italiani. Sul rigassificatore 
    prospettato a Capodistria ha detto: «È solo una proposta, di cui è appena 
    iniziato lo studio. La nostra Commissione sta valutando l’impatto 
    ambientale, tenendo conto delle valutazioni già espresse in Italia sugli 
    altri due rigassificatori. È molto probabile che la nostra valutazione sarà, 
    alla fine, negativa». Un’affermazione accolta con un applauso dai numerosi 
    convenuti alla Sala Millo. Tra gli altri interventi, Dario Predonzan 
    (responsabile al Wwf regionale) ha rilevato la lentezza del procedimento e 
    ricordato i vari pareri negativi ricevuti dai progetti: «Il Wwf si è già 
    rivolto al ministero, chiedendo che la questione sia così chiusa». Dai 
    rappresentanti sloveni è emerso anche che il governo di Lubiana, nel suo 
    piano di sviluppo territoriale, non prevede questi impianti. L’Italia 
    invece, come rilevato anche da Gianni Naggi, responsabile nazionale Energia 
    per il Prc, non ha nemmeno un piano energetico nazionale. «Da nostre 
    valutazioni – afferma – i metanodotti attuali sono sufficienti, visti anche 
    i previsti potenziamenti. I rigassificatori possono essere una soluzione 
    isolata e d’emergenza. In Adriatico, invece, si concentrano tanti progetti, 
    con un mare che però ha poco ricambio di acque e bassi fondali. Ma il 
    ministero non ci ascolta. Il governo attuale e quelli passati si vogliono 
    porre come porta metanifera verso l’Europa, ma a un prezzo che è da vedere 
    se possiamo pagare». 
    s. re.  | 
  
 
 
  
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    Il caso Baia finisce alla 
    Camera - Interrogazione dei Verdi: «Pressioni di Illy per cementificare il 
    sito»   | 
  
  
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    TRIESTE Un'interrogazione 
    parlamentare sulle «reiterate pressioni del presidente della Regione Friuli 
    Venezia Giulia Riccardo Illy a favore del progetto di cementificazione della 
    Baia di Sistiana» è stata rivolta al ministro per i Beni culturali Francesco 
    Rutelli. Lo rende noto il Wwf di Trieste. 
    Il documento è stato sottoscritto da cinque deputati Verdi: Grazia 
    Francescato, Luana Zanella, Tana de Zulueta, Marco Boato e Giuseppe 
    Petriccione. L'interrogazione ripercorre le vicende del progetto di 
    «valorizzazione turistica» della Baia e in particolare quelle successive 
    all'autorizzazione paesaggistica rilasciata - per due volte - dal Comune di 
    Duino-Aurisina (Trieste), annullata altrettante volte dal Soprintendente ai 
    beni architettonici e paesaggistici. Ciò ha dimostrato - sottolineano gli 
    interroganti - che questo «organo periferico del Ministero per i Beni e le 
    attività culturali rappresenta ormai l'unico baluardo contro gli scempi 
    paesaggistici e ambientali avallati e anzi propugnati dai poteri locali». 
    Per i deputati Verdi, infatti, il progetto ha goduto del totale appoggio sia 
    del Comune di Duino Aurisina, sia da parte della Regione, «la quale ha 
    avallato addirittura la distruzione di parte del bosco soprastante la Baia e 
    l'ex cava di Sistiana, benchè inserito all'interno di un Sito naturalistico 
    d’importanza comunitaria».  | 
  
 
 
  
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    Aussa Corno - La logistica e 
    il Corridoio V «carte vincenti per le imprese»  | 
  
  
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    UDINE Collegare con una rete di 
    trasporti orientata ai Paesi balcanici il Corridoio 5 all'interporto di 
    Gorizia e al porto di Trieste, scalo più settentrionale del Mediterraneo e 
    per questo punto di riferimento per la quasi totalità dei Paesi dell'Europa 
    centrale. Una rete che, trasformando la regione in una naturale piattaforma 
    logistica mettendola "in asse" con la direttrice di traffico Lisbona - Kiev, 
    è solo una delle carte vincenti che le imprese del Friuli Venezia Giulia 
    devono sapersi giocare. 
    A sostenerlo è Fabrizio Ceriello, consulente per il commercio 
    internazionale, ospite a un ciclo di seminari organizzati dal Consorzio 
    Aussa Corno nell'ambito del progetto europeo Nuovi Mercati e rivolti alle 
    aziende, oltre trenta da tutta la regione, di cui metà dal solo isontino. 
    Un'opportunità che, secondo Ceriello, dovrebbe spingere i protagonisti 
    dell'economia regionale a investire in misura sempre maggiore nei mercati 
    esteri, proprio per rendersi visibili in quei nuovi scenari economici che si 
    stanno aprendo con l'allargamento dell'UE a Est. 
    «Quello che ho notato nelle imprese della regione - sostiene Ceriello - è la 
    loro grande capacità di adattamento ai mutati scenari internazionali e, 
    soprattutto, la notevole preparazione tecnica che consente di gestire in 
    maniera ottimale il percorso dei soggetti economici verso l'estero». 
    Qualità che però, secondo l'esperto, devono accompagnarsi a un'attenzione 
    particolare dedicata agli Stati confinanti o vicini alla regione. Ad 
    esempio, con l'apertura dei confini con la Croazia, candidata a entrare 
    nell'Ue all'inizio del 2008 e con un'economia in crescita che nei primi mesi 
    del 2007 ha fatto registrare un aumento del PIL addirittura del 7,2%, le 
    produzioni italiane, e in particolare quelle regionali, beneficeranno 
    certamente di questa maggiore ricchezza disponibile e che, si suppone, 
    favorirà un aumento dei consumi e, quindi, delle importazioni.  | 
  
 
  
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    Porto: Luka Koper, sul Carso 
    il polo logistico  - La struttura sorgerà a Sesana su 650mila metri 
    quadrati. L’area costerà 15 milioni di euro  | 
  
  
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    Siglato 
    l’accordo tra la Spa di Capodistria e tre ministeri sloveni per realizzare 
    un Centro di distribuzione a livello europeo   | 
  
  
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    Per 
    ulteriori interventi di costruzione sarà investita una cifra di circa 80 
    milioni di euro  | 
  
  
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    CAPODISTRIA Come il porto, così 
    l’autoporto: se Trieste finalmente si è messa in moto, Capodistria è 
    letteralmente in volo, come del resto testimoniano i dati sul primo semestre 
    dello scalo che riportiamo a parte. Sarà la stessa Luka Koper infatti e cioé 
    la società di gestione del porto, che assieme ai ministeri sloveni 
    dell'Economia, dei Trasporti e dell'Ambiente, progetterà un nuovo Centro di 
    Distribuzione europeo che sorgerà sul Carso in base a un accordo 
    sottoscritto in questi giorni. 
    Per continuare nei propri obiettivi di sviluppo e liberare nuovi spazi 
    all’interno dell’area portuale, Luka Koper ha infatti deciso di realizzare 
    il Centro di Distribuzione europeo (Edc) a Sesana, in un’area vicinissima al 
    confine con Trieste e l’Italia, che oltretutto cadrà il 21 dicembre. Luka 
    Koper si è accordata per procedere all’acquisto dalla società di logistica e 
    trasporti Btc di Lubiana - realtà che opera attualmente su circa 120 mila 
    metri quadrati - di una parte del suo terminal. Il Centro di Distribuzione 
    europeo coprirà così almeno 650 mila metri quadrati, la maggior parte dei 
    quali sarà dato in affitto. Il costo di acquisto ammonta a circa 15 milioni 
    di euro, mentre per interventi vari di costruzione si prevede una spesa 
    ulteriore che si aggirerà intorno agli 80 milioni di euro.  
    Il centro di Sesana è praticamente a vista rispetto al Terminal intermodale 
    di Fernetti, l’ex autoporto triestino, dove però il porto di Trieste sta 
    tentando un’analoga operazione, ma ancora senza successo. L’Authority 
    infatti vorrebbe aumentare considerevolmente la propria partecipazione 
    azionaria, oggi esigua, all’interno del terminal per fare dell’ex autoporto 
    una sorta di proprio molo Ottavo, vista anche la scarsità di spazi che sta 
    penalizzando lo scalo triestino, per creare nuovi settori per la 
    movimentazione delle merci, e per trasferire qui una porzione del Punto 
    franco, liberando in questo modo una parte del Porto vecchio ad attività di 
    cosiddetta portualità allargata. 
    È un’operazione però che trova resistenze politiche. La Camera di commercio 
    si è già detta contraria alla cessione di proprie quote di Fernetti e anche 
    l’assessore allo sviluppo economico Paolo Rovis si è già pronunciato contro 
    una perdita di ruolo del Comune di Trieste in un terminal destinato a 
    divenire sempre più strategico. Dal canto suo la Provincia si è detta 
    disponibile a cedere, ma soltanto se gli altri soci lo faranno in 
    proporzione alle quote oggi possedute. Sullo sfondo c’è anche il rinnovo 
    delle cariche di vertice che vengono decise su basi di schieramento 
    politico. Una riunione tra gli enti interessati si è conclusa un paio di 
    giorni fa in modo interlocutorio con un mandato dato alla presidente della 
    Provincia Maria Teresa Bassa Poropat di verificare le singole posizioni. 
    Queste strategie contrapposte rischiano però di favorire ancora una volta il 
    porto di Capodistria dato che armatori e spedizionieri puntano su scali che 
    hanno alle spalle infrastrutture adeguate e al servizio dei porti stessi. Le 
    ragioni che stanno dietro alla stessa scelta di Sesana da parte di Luka 
    Koper derivano anche dalla sua posizione favorevole e vicina ai Corridoi 
    paneuropei 5 e 10 (il primo collega Barcellona a Kiev, il secondo Salisburgo 
    a Salonicco), oltre alla vicinanza con le principali direttrici autostradali 
    verso Italia e Croazia. Sesana, infine, si trova a ridosso di quattro porti 
    dell’Adriatico del Nord (Capodistria, Trieste, Monfalcone e Fiume) nonché 
    vicino a due aeroporti internazionali (Lubiana e Ronchi Legionari). 
    Per utilizzare al meglio le proprie e le altrui risorse finanziarie, Luka 
    Koper si dice addirittura pronta a fornire l'infrastruttura fondamentale, 
    cioè una piattaforma logistica di servizio, creata in base ai requisiti che 
    potrebbero essere richiesti dai vari partner. 
    
    Silvio Maranzana  | 
  
 
 
IL PICCOLO - 
VENERDI', 26 ottobre 2007 
 
 
  
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    Ferriera: due 
    nuove centraline  - INQUINAMENTO Tutto l’abitato di Servola finora ne 
    era sguarnito: misureranno il benzoapirene nell’aria  
    
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    La richiesta 
    è stata fatta dalla Lucchini: il pm Frezza le farà installare  | 
  
Sarà il dottor Pierluigi Barbieri, 
da tempo consulente tecnico della Procura, a studiare dove installare a Servola 
due nuove centraline per misurare la presenza di benzoapirene nell’aria.
Lo ha deciso il pm Federico Frezza nell’ambito dell’inchiesta in cui sono 
«indagati» i vertici dello stabilimento e della società proprietaria, primo fra 
tutti Giuseppe Lucchini.
Pierluigi Barbieri è uno dei due ricercatori universitari del Cigra e da mesi 
sta monitorando l’area adiacente alla Ferriera su incarico della stessa Procura. 
La nuova nomina, effettuata ieri, ha uno scopo preciso: quello di estendere la 
rete di rilevamento del benzoapirene al di là di quanto finora è stato fatto 
nell’area ristretta di via dei Giardini e di via San Lorenzo in Selva.
«Sarà il consulente a scegliere i due punti nell’abitato di Servola dove 
installare i nuovi campionatori ad alto volume. La scelta dei punti dovrà 
avvenire in base a quanto stabilito dal Decreto legislativo 152/07 entrato in 
vigore nello scorso settembre» ha spiegato il pm Federico Frezza. Il nuovo 
accertamento tecnico andrà avanti per due mesi e il consulente riferirà i 
risultati delle analisi al magistrato ogni venti giorni.
la richiesta di avviare questo approfondimento sulla presenza del benzoapirene è 
stato avanzata alla Procura dagli avvocati Giovanni Borgna e Giuseppe Frigo che 
da anni assistono il gruppo Lucchini. In altri termini dopo aver esaminato il 
Decreto legislativo appena entrato in vigore, anche il magistrato inquirente ha 
ritenuto di implementare i dati finora raccolti dal Cigra, dall’Arpa e dai 
tecnici inviati a Trieste dal Ministero dell’ambiente unicamente in via san 
Lorenzo in Selva.
Lì a stretto contatto di gomito per giorni e giorni hanno funzionato all’unisono 
tre centraline, mentre tutto l’abitato di Servola risultava sguarnito. La nomina 
decisa ieri e l’installazione di due nuove centraline dovrebbero migliorare la 
precisione delle misure.
Va infatti sottolineato che l’azienda sanitaria già l’11 giugno scorso aveva 
scritto al sindaco Roberto Dipiazza che i «dati raccolti dal Cigra non 
consentono, visto l’esiguo numero di campionamenti effettuati, di poter valutare 
correttamente il rischio igienico sanitario per la popolazione. I valori 
riscontrati sono sicuramente preoccupanti, per cui si rende necessario 
effettuare un adeguato approfondimento della campagna di rilevazione».
L’approfondimento, come abbiamo detto, inizierà il 31 ottobre e si protrarrà 
fino all’ultimo giorno dell’anno. Non è solo un problema di tempi ma anche del 
numero dei punti di prelievo. Verrà così tracciata una mappa altamente 
significativa delle immissioni e della loro dispersione a seconda della distanza 
dallo stabilimento e dell’orografia dei rione. Importantissime saranno anche le 
misure della direzione e dell'intensità dei venti che influenzano la dispersione 
di ciò che fuoriesce dallo stabilimento siderurgico. Benzoapirene compreso. 
Va aggiunto che è la cokeria l'impianto ritenuto responsabile delle emissioni di 
benzoapirene nell’atmosfera. Lo dicono le relazioni dei tecnici. «La maggior 
parte dell’emissione di benzoapirene parrebbe da ascrivere agli sfornamenti 
prematuri della cokeria e la relazione del professor Boscolo, prevede una forte 
riduzione di tale fenomeno attraverso lo sdoppiamento del sistema di 
riscaldamento» 
Ma entro la fine del maggio 2008 lo sdoppiamento del sistema di riscaldamento 
della cokeria sarà completato e di conseguenza le emissioni dovrebbero 
dimezzarsi. I lavori sono già iniziati nell’ambito del piano di ristrutturazione 
concordato tra la Procura e la Servola spa. 
Claudio Ernè
 
 
  
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    Ferriera: due 
    nuove centraline  - INQUINAMENTO Tutto l’abitato di Servola finora ne era 
    sguarnito: misureranno il benzoapirene nell’aria   | 
  
  
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    «Coordinamento e condivisione di 
    responsabilità ai vari tavoli rischiano di essere svuotati dalle recenti 
    prese di posizione che il sindaco e l’Azienda sanitaria hanno messo in campo 
    autonomamente». Lo afferma il segretario provinciale della Cgil, Franco 
    Belci, a commento dell’ultimo consiglio comunale in cui il sindaco ha 
    annunciato «decisioni drammatiche nell’arco di 10-15 giorni» ed esposto una 
    lettera dell’Azienda sanitaria in cui si prefigurano tempi di anni prima di 
    poter certificare l’eventuale rientro dell’inquinamento. «Un conto - dice 
    Belci - è battersi per ricondurre le emissioni nocive ai limiti di legge, un 
    altro è sostenere che un’acciaieria non può essere integrata nel tessuto 
    urbano e quindi non si può continuare la produzione. Su questo punto - 
    prosegue Belci - il sindaco deve mettersi d’accordo col vicesindaco, ma 
    ancor prima con se stesso». Quanto all’Azienda sanitaria, Belci si chiede 
    come mai «del valore dell’Autorizzazione integrata ambientale e del parere 
    del perito della Procura parli solo adesso senza averne fatto il minimo 
    cenno in Regione».  
    Forti perplessità sull’Autorizzazione ambientale anche da Alessandro Metz, 
    consigliere regionale dei Verdi, che cita «i ripetuti impegni già presi e 
    non mantenuti dalla Ferriera» e prefigura (nella migliore delle ipotesi) 
    tempi molto lunghi per la correzione di rotta e le successive verifiche. In 
    più Metz cita tanti dettagli di gestione interna non corrispondenti a 
    criteri «di prevenzione dell’inquinamento e della sicurezza dei lavoratori», 
    e ricorda che la relazione del prof. Boscolo per la Procura, dicendo 
    necessaria una nuova torre di spegnimento del coke, ne indica anche 
    l’irrealizzabilità: «18 mesi di spegnimento della cokeria, 12 milioni di 
    euro di spesa». Metz afferma che la concessione dell’Aia si tradurrebbe solo 
    «in una serie di proroghe». E se l’inquinamento persistesse, «ci vorrebbe 
    altro tempo per la revoca dell’autorizzazione o la chiusura dell’impianto. 
    Qual è il costo sociale, ambientale e umano - chiede Metz - che dovremo 
    pagare?».  | 
  
 
 
  
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    FERRIERA - 
    Servola, giorni cruciali e tempi lunghi per ogni soluzione  | 
  
  
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    INQUINAMENTO 
    L’analisi del sindaco in Consiglio comunale si è conclusa col preannuncio di 
    «ore drammatiche»   | 
  
  
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    In tutti i casi, tempi molto 
    lunghi per placare il «caso Ferriera». Il magistrato (come si legge qui 
    sopra) attende nuove analisi del Cigra, con nuove centraline, da effettuarsi 
    tra il 31 ottobre e il 31 dicembre. Se il 30 in Regione la conferenza dei 
    servizi chiuderà i lavori per la concessione dell’Autorizzazione integrata 
    ambientale, e cioé se la Ferriera dirà di accettare tutte le prescrizioni 
    date da Comune, Provincia, Azienda sanitaria e Arpa (con relativi tempi e 
    costi), e se tutti gli enti si riterranno soddisfatti dell’accettazione da 
    parte dell’azienda delle modifiche da ciascuno richieste per abbassare le 
    emissioni, si aprirà un nuovo capitolo: la Giunta dovrà approvare 
    l’autorizzazione, e la Ferriera dovrà dare il via a nuovi lavori interni. 
    Che dureranno un certo tempo (anni?). Poi partiranno le dovute verifiche. 
    Che però hanno valore di legge, solo su base annuale. Ecco perché il sindaco 
    in consiglio ha reso noto il parere chiesto all’Azienda sanitaria e ha 
    parlato di «certezza dei dati nel 2010, 2011». 
    L’Azienda sanitaria non commenta. Si tiene ai dati tecnici già espressi. C’è 
    però anche la ventilata possibilità che il 30 ottobre il tavolo in Regione 
    salti, o si vada a un rinvio. E dunque altro tempo verrà speso solo per 
    questo singolo aspetto della questione. Intanto Dipiazza continua ad 
    annunciare «decisioni drammatiche» e cioé annunci di chiusura della fabbrica 
    appoggiandosi istituzionalmente ai pareri dell’Azienda sanitaria, ma se 
    anche davvero scrivesse - saltando «tavoli», accordi coi sindacati, 
    misurazioni in corso, lavori di adeguamento della fabbrica già in opera su 
    ordine del magistrato - l’ordinanza di chiusura, i tempi sarebbero 
    lunghissimi ugualmente. Per concordare la dismissione con l’azienda? Per 
    spegnere l’enorme impianto siderurgico? Per affrontare il problema dei 
    lavoratori? Per affrontare viceversa nuove cause legali? Per ordinare una 
    bonifica? Ore cruciali ogni giorno, e molti giorni ci vorranno.  | 
  
 
 
  
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    I costruttori: 
    «Subito il via al Park S. Giusto»  - Riccesi sul contenzioso per 
    Ponterosso: «Non aspetteremo altri 4 anni, vogliamo le alternative» 
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    Chiesta 
    l’approvazione immediata della variante dopo il pasticcio delle planimetrie 
    sbagliate contenute nel Pup approvato in Consiglio   | 
  
  
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    «Non c’è errore nel Piano urbano 
    parcheggi che tenga: Park San Giusto si farà, magari in ritardo ma si farà». 
    Il giorno dopo l’approvazione in Consiglio comunale del Pup - contenente 
    però le planimetrie sbagliate del parcheggio, che sarà ricavato sotto il 
    Colle di San Giusto - i soggetti pubblici e privati coinvolti nel progetto 
    non gettano la spugna. Anzi, pur criticando gli uffici competenti per il 
    «pasticcio» - che adesso impone una variante al Piano regolatore generale, 
    necessaria a giustificare gli espropri dei terreni privati - chiedono una 
    soluzione in tempi rapidi.  
    «Ho chiesto un colloquio all’assessore all’Urbanistica, Maurizio Bucci, per 
    sollecitare l’avvio delle pratiche e penso che ci vedremo la prossima 
    settimana. Non bisogna perdere tempo», dice deciso Claudio Morgera, 
    presidente della Park San Giusto spa. Una compagine societaria composta da 
    alcuni costruttori (Riccesi, Celsa, Mecasol, Fedrigo, Carena, Arm enginering 
    di Padova) con il 2,5 per cento ciascuno; la società di gestione dei 
    parcheggi Ssm di Udine con il 5 per cento e la Acu park, società del gruppo 
    Aci con l’uno per cento. Il resto, all’incirca il 75 per cento, è 
    dell’Agenzia per la mobilità territoriale (Amt) che è una spa controllata 
    dal Comune di Trieste. Un project financing, insomma, con in realtà una 
    forte partecipazione pubblica. 
    «Confido che gli uffici dell’assessorato all’Urbanistica, unitamente ai 
    consulenti e ai rappresentanti di Park San Giusto, già dalla prossima 
    settimana - spiega Rocco Lobianco, presidente di Amt - inizino con serenità 
    ad affrontare il problema. Non è un parcheggio come tutti gli altri, ci sono 
    problematiche in ordine architettonico, nonché relativi agli espropri delle 
    aree private e del demanio militare. Il tutto in un regime tavolare unico 
    come quello triestino». 
    L’errore è stato mal digerito, insomma, però si cerca di guardare avanti. Ma 
    non mancano i giudizi, a cominciare dal progettista che, rispetto al 
    documento definitivo, si è visto inserire nel Pup quello preliminare: «Se 
    veniva inserita la planimetria giusta - dice Franco Sergas - non c’era 
    bisogno di ricorrere alla variante. Vorrà dire che sfrutteremo questo tempo 
    per sistemare gli ultimi dettagli di un parcheggio unico nel suo genere». 
    Tutti alla ricerca del modo più veloce, insomma, rispetto alla classica 
    variante al Prg (servirebbe più di un anno), da concordare con gli uffici 
    regionali. «Park San Giusto è un’opera già finanziata, si sta lavorando da 
    anni - dice il costruttore Donato Riccesi - per realizzare un’opera 
    irrinunciabile. Sono già stati spesi tanti soldi». 
    Una realtà imprenditoriale, quella di Riccesi, chiamata in causa anche per 
    il contratto di novazione con il Comune, che deve risolvere il contenzioso 
    sul parcheggio di Ponterosso. Un progetto cassato dalla prima 
    amministrazione Dipiazza in cambio di tre aree alternative: via 
    Tigor-Cerreria, largo Roiano e via del Teatro romano. Quest’ultima una zona 
    inserita nel Pup, dove insiste però Park San Giusto, ma sulla quale il 
    Comune è intenzionato tornare indietro. 
    «Cambiano opinione frequentemente, ma adesso l’amministrazione ce lo 
    comunichi ufficialmente. In questo momento pare di capire - dice Riccesi - 
    che il Comune intenda concedere solo via Tigor (al posto di largo Roiano 
    l’amministratore proporrebbe via dei Moreri, ndr), quindi dovranno esserci 
    altre due locazioni». Le aree appetibili all’interno del Pup, però, secondo 
    il costruttore non sono molte. 
    «Spetta al Comune fare una proposta, fino a questo momento siamo stati fin 
    troppo accondiscendenti - spiega Riccesi - e adesso, se non arriverà una 
    proposta alternativa, chiederemo il pagamento del danno per altro già 
    quantificato (3 milioni di euro, ndr)». E aggiunge: «Noi preferiamo lavorare 
    e guadagnare i soldi realizzando delle opere come i parcheggi - dice - di 
    cui Trieste ha fortemente bisogno. Ma questa volta non siamo disposti ad 
    aspettare altri quattro anni, facendoci portare di nuovo in giro per tutta 
    la città alla ricerca di un sito». 
    p.c.  | 
  
 
 
  
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    Il parcheggio 
    del Ponzanino passa al Comune - Sono settanta posti auto che non sono mai 
    stati utilizzati in attesa di un’iscrizione al tavolare   | 
  
  
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    Il parcheggio del Ponzanino è 
    rimasto chiuso e inutilizzato per anni. Una struttura da 70 posti auto nuova 
    di zecca ma inaccessibile, nell’attesa di un’iscrizione al tavolare 
    propedeutica alla sua acquisizione da parte del Comune. Dopo una lunga 
    trafila il passaggio fra il costruttore (l’impresa edile Celsa) e 
    l’amministrazione di piazza Unità, come da delibera della giunta Dipiazza 
    approvata ieri mattina, vedrà la firma a mezzogiorno del verbale di consegna 
    all’interno dei locali di via del Rivo. 
    Una presa in carica che sarà accompagnata dalla consegna contestuale 
    all’Agenzia per la mobilità territoriale (Amt), con un contratto triennale 
    rinnovabile, che gestirà il parcheggio in abbonamento. Un pacchetto mensile 
    (90 euro) oppure annuale (900 euro), con la possibilità di accesso 24 ore su 
    24, che sarà messo a disposizione dei residenti e delle persone che 
    quotidianamente devono raggiungere il rione di San Giacomo per motivi di 
    lavoro.  
    Il parcheggio realizzato nell’ambito del Peep Ponzanino rappresenta gli 
    oneri di urbanizzazione primaria, che per legge il costruttore deve 
    concedere all’amministrazione comunale. Un passaggio che non sempre avviene 
    in maniera lineare. È il caso di via del Rivo, ma anche di altre realtà in 
    fase di definizione. 
    «Dopo una lunga trafila burocratica andiamo a sbloccare l’utilizzo della 
    struttura di San Giacomo, presto ne seguiranno molte altre. È il frutto di 
    un lavoro di razionalizzazione delle proprietà comunali - spiega Piero 
    Tononi, assessore al Patrimonio - che troppe volte vedono un utilizzo 
    improprio. L’affidamento alla Amt consentirà al Comune di incassare un 
    affitto dalla spa, per contribuire alle spese condominiali dell’immobile, 
    assieme all’introito che la stessa riversa nelle nostre casse (è una 
    controllata del Comune all’87 per cento, ndr)».  
    L’affidamento in house è previsto esplicitamente per l’affidamento di un 
    servizio pubblico, in questo caso sollecitato anche dalla Cirscoscrizione di 
    San Giacomo-Barriera Vecchia proprio per venire incontro alla fame di 
    parcheggi nel rione. 
    L’accesso al parcheggio di via del Rivo vedrà l’utilizzo del sistema 
    antipassback, un sofisticato software che consente di verificare con una 
    telecamera la presenza delle singole automobili. Un modo per controllare, 
    attraverso il numero di targa, l’ingresso e l’uscita del singolo abbonato 
    che potrà accedere al parcheggio anche con automobili diverse, ma con non 
    più di un mezzo per volta. L’abbonamento è infatti per uno stallo. «È un 
    risultato importante per l’azienda, portato avanti in collaborazione con 
    l’assessorato al Patrimonio», dice Rocco Lobianco, presidente di Amt. Il 
    parcheggio sarà operativo entro l’anno, il tempo di acquisire le 
    strumentazione e programmare l’allestimento tecnico agli ingressi. 
    p.c.  | 
  
 
 
  
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    Aumentano le 
    biciclette in centro Mozione per avere più zone di sosta  | 
  
  
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    Crescono a Trieste gli amanti 
    della bicicletta, persone che preferiscono sempre più il mezzo ecologico a 
    due ruote per muoversi in città, nonostante le tante salite e discese 
    presenti. A tutela dei tanti triestini che amano pedalare Lucia Barbo (Ds), 
    consigliere circoscrizionale del quarto parlamentino, ha proposto una 
    mozione, approvata a unanimità dal consiglio circoscrizionale qualche giorno 
    fa, per chiedere al Comune di dotare il centro cittadino, e in particolare 
    le aree pedonali, di un numero maggiore di supporti per la sosta regolare 
    delle biciclette. L’esigenza di nuovi stalli per le biciclette, secondo il 
    consigliere, riguarda alcune zone centrali, dove è sempre più difficile 
    trovare un punto sicuro e libero in cui lasciare la due ruote. «Si sta 
    diffondendo, fortunatamente, l'uso della bicicletta anche come mezzo 
    alternativo all'automobile – sottolinea Lucia Barbo - e i vantaggi sono 
    chiari per tutti: meno inquinamento, meno traffico. I supporti posizionati 
    in piazza della Borsa e in piazza Hortis sono quasi sempre pieni, mentre 
    nella zona di S. Antonio Nuovo, ad esempio, o di Viale XX Settembre mancano 
    del tutto, e le biciclette vengono così sistemate in "parcheggi di 
    fortuna"».  
    C’è chi lascia il proprio mezzo legato ai pali della luce o dei segnali 
    stradali, chi ancora sistema la bicicletta vicino a cancelli o ringhiere per 
    assicurarla a un supporto stabile con catene o lucchetti, chi infine cerca 
    di «Aumentare gli stalli per le biciclette – conclude la Barbo – sarebbe un 
    piccolo segnale per rendere più vivibile la nostra città». 
    m.b.  | 
  
 
 
  
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    Ferriera, 
    perché tenerla aperta?  | 
  
  
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    Premetto di essere un cittadino 
    che abita e lavora lontano dalla Ferriera, pertanto i veleni emessi da 
    questo impianto per me e la mia famiglia sono relativi. Quello che non 
    riesco a capire del sindaco è che vuole mantenere quel posto di lavoro tanto 
    malsano per i suoi lavoratori, che si impegnano giornalmente a trascorrere 
    le 8 ore immagazzinando e respirando quel tipo di inquinamento. 
    Mi viene da pensare che fra qualche anno diventerà un caso «amianto...» per 
    tutti gravando così ulteriormente sulla Sanità. Questo problema al sindacato 
    non importa nulla, dovrebbe occuparsi di trovare un altro posto di lavoro 
    agli operai in un impianto più salutare; e di non trattare un’ulteriore 
    compravendita per continuare così ad avvelenarli sempre di più. 
    Lettera firmata  | 
  
 
 
IL PICCOLO - 
GIOVEDI', 25 ottobre 2007 
 
 
  
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    Dipiazza: Ferriera, ora 
    decisioni drammatiche   | 
  
  
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    I rilevamenti Arpa relativi 
    alla media di settembre confermano il benzoapirene al doppio del limite 
    
    Il sindaco 
    in Consiglio sull’inquinamento: «Ho 15 giorni di tempo, poi dovremo dare 
    risposte a chi vive nell’ansia a Servola». Asl: dati reali solo nel 2011
     
    
    «Prima correvamo dietro a 
    questioni di imbrattamento, ma ora stiamo parlando di inquinamento, di 
    sostanze mutagene e cancerogene. Con serietà e serenità chiedo al Consiglio 
    comunale, alla città, un’assunzione di responsabilità: dobbiamo affrontare 
    un problema angosciante e drammatico che rappresenta forse uno dei momenti 
    più difficili di questi anni. Vi chiedo di ragionare tutti assieme: entro 
    dieci, al massimo quindici giorni questa amministrazione dovrà prendere 
    delle decisioni che potrebbero essere drammatiche. Ma con questi dati non 
    possiamo pensare di lasciare così chi vive con l’ansia». 
    Questo il senso dell’appello che ieri sera il sindaco Roberto Dipiazza ha 
    lanciato al consiglio comunale dopo avere illustrata la situazione della 
    Ferriera e letti passi del carteggio intercorso di recente fra piazza Unità, 
    Azienda sanitaria, Arpa, Lucchini spa, Procura della Repubblica. Una 
    situazione che appare «drammatica», come l’ha definita più volte Dipiazza 
    durante l’attesa audizione sul tema (di cui l’aula discuterà lunedì 
    prossimo), anche alla luce dei dati giunti il 22 ottobre dall’Arpa, 
    l’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente: dati sulle emissioni di 
    settembre, che non presentano nella media mensile lo sforamento del Pm10, ma 
    evidenziano - sempre nella media mensile - il dato di 2,2 nanogrammi per 
    metro cubo di benzoapirene, contro il limite previsto in 1. 
    È questo uno degli elementi che Dipiazza ha portato in aula. Assieme a un 
    altro: una lettera inviata il 19 ottobre al Comune dal direttore 
    dell’Azienda sanitaria Franco Rotelli in merito all’autorizzazione integrata 
    ambientale, quella su cui gli enti locali - Comune, Provincia, Regione, Arpa 
    e Azienda sanitaria - dovranno votare il 30 ottobre se riterranno 
    soddisfatte le condizioni di qualità degli impianti ai fini dell’ambiente. 
    Lucchini spa - che ha sollevato a più riprese obiezioni precise sul 
    posizionamento delle centraline da cui i dati provengono - ha progettato una 
    massiccia serie di interventi sullo stabilimento, dichiarandosi più volte 
    disponibile a collaborare con gli enti locali per proseguire l’attività nel 
    rispetto delle norme e dell’ambiente. I lavori progettati, secondo il 
    consulente della Procura, l’ingegnere Marco Boscolo, sono «di pronta 
    eseguibilità e di ottima efficacia» e possono portare a un abbattimento 
    delle polveri totali «pari al 45%». 
    La relazione dell’ingegnere, scrive Rotelli, non consente però di valutare 
    quale possa essere «la riduzione quantitativa della frazione delle polveri 
    inalabili né di altri importanti inquinanti quali gli Ipa, nei loro cogeneri, 
    e il benzene». Inoltre, considerando i tempi di attuazione delle migliorie, 
    «si può ritenere che l’abbattimento delle polveri totali possa avvenire 
    appena nell’ottobre 2009». E giacché la legge prevede che le verifiche 
    possano essere fatte entro sei mesi dalla messa a regime dell’impianto, 
    «dati attendibili sull’efficacia degli interventi», conclude Rotelli, 
    «saranno disponibili appena all’inizio del 2011». Commento di Dipiazza: 
    «Questo significa che se chiudiamo l’accordo per l’autorizzazione integrata 
    ambientale potremo presentarci a Servola» per verificare i dati sull’aria 
    «nel 2011: cosa che non credo sia possibile», ha dichiarato ricordando come 
    l’Azienda sanitaria osservi che «nel periodo di transizione dovranno essere 
    sempre rispettati i valori limite di qualità dell’aria». 
    È questa, si diceva, solo una delle lettere che Dipiazza ha pubblicamente 
    letto citando l’iter fin qui percorso, dalla missiva con cui il 21 settembre 
    l’Azienda sanitaria segnalava sforamenti del Pm10 e di benzoapirene, alla 
    richiesta da parte del Comune di dati aggiornati a settembre, a una lettera 
    con cui il pm Federico Frezza il 10 ottobre evidenziava a sua volta, nei 
    dati fin lì disponibili, concentrazioni di Pm10 e benzoapirene superiori ai 
    limiti consentiti. 
    Gli ultimi dati forniti dall’Arpa andranno analizzati dall’Azienda 
    sanitaria. Ma «la verità - per Dipiazza - è che non esiste la possibilità 
    che un’acciaieria resti nel centro della città». Ma «c’è un problema che si 
    aggiunge al problema: ho chiesto a Sertubi», azienda la cui produzione è 
    vincolata a quella della Ferriera, «cosa comporterebbe l’eventuale 
    dismissione della Ferriera: riuscirebbero a inserire un forno elettrico?» Ne 
    è uscito - sempre nella relazione di Dipiazza - che «Sertubi perde 5-6 
    milioni di euro l’anno, e un forno elettrico porterebbe a ulteriori 4 
    milioni di passivo», assorbiti dal gruppo di cui fa parte. E in Sertubi 
    «abbiamo altri 200 lavoratori», che si aggiungono ai 500 di Servola con i 
    quali «dovremo parlare». 
    Altro tema toccato da Dipiazza, l’interesse che Arvedi ha ribadito per 
    un’eventuale acquisizione della Ferriera: «Non me la sentivo di dire ad 
    Arvedi di investire qui, per poi magari chiudere...». «Non ho fatto alcuna 
    considerazione, l’imprenditore è libero», ha precisato più tardi Dipiazza: 
    «Ma mi sono sentito in dovere di comunicargli la situazione». Fin qui la 
    situazione delineata dal sindaco all’aula, perché «il problema vero c’è 
    stato quando la Ferriera l’abbiamo riaperta», ha aggiunto. Dipiazza ha 
    annunciato per oggi un incontro con la proprietà dello stabilimento: «Ci 
    confronteremo, vedremo a che punto siamo, considereremo soluzioni e tempi». 
    Il sindaco ha anche detto che «se prendiamo decisioni diffili avremo 24 mesi 
    di tempo» (il riferimento è al salario che in quel periodo spetterebbe ai 
    lavoratori) «e il nostro impegno è di corrispondere la differenza ai 
    dipendenti». Terminata la relazione, «vorrei che qualcuno mi dicesse qual è 
    la soluzione alternativa al mio no», ha chiuso Dipiazza. 
    
    Paola Bolis  | 
  
 
 
  
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    FERRIERA - Partono le analisi 
    sui lavoratori della cokeria   | 
  
  
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    Verrà controllato anche 
    l’ambiente con centraline del Cnr e dell’Arpa 
    
    Siglato il 
    protocollo tra Servola spa e Azienda sanitaria per i controlli 
    sull’eventuale assorbimento di inquinanti   | 
  
  
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    Le verifiche 
    partiranno a metà novembre: sotto esame l’accumulo di benzene e benzoapirene 
    le sostanze più dannose presenti nel reparto  | 
  
  
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    Per la prima volta verranno 
    sottoposti a specifica indagine sull’assorbimento di sostanze inquinanti gli 
    operai che alla Ferriera di Servola lavorano nella cokeria, il reparto più a 
    rischio per diffusione nell’ambiente di sostanze nocive. Ieri l’Azienda 
    sanitaria col suo Dipartimento di prevenzione ha raggiunto l’accordo 
    definitivo con la Lucchini-Severstal, i sindacati interni e l’Inail 
    nell’ambito di un progetto che ha la collaborazione dell’Istituto 
    universitario di Medicina del lavoro e dell’Arpa.  
    Alla riunione, come chiesto nei giorni scorsi in sede di «summit» regionale, 
    l’Arpa ieri ha partecipato col suo direttore, Stelio Vatta. Assenti invece i 
    rappresentanti della Direzione regionale ambiente e lavori pubblici, 
    altrettanto invitati. 
    E’ dal 2005 che il Dipartimento di prevenzione dell’Azienda sanitaria ha in 
    corso un «tavolo» per affrontare in maniera concordata i problemi della 
    sicurezza sul lavoro e soltanto ora parte questa indagine sull’esposizione 
    effettiva dei lavoratori al benzoapirene e al benzene, entrambe sostanze 
    altamente cancerogene e capaci di aggredire perfino il Dna umano, con 
    effetti mutageni. «Gli inquinanti - spiega Marina Brana, direttore del 
    Dipartimento - vengono assorbiti per via respiratoria, cutanea e alimentare, 
    si trasformano quindi in metaboliti che vengono espulsi con le urine». Dal 
    liquido biologico si ricaverà dunque notizia sul livello di inquinamento 
    assorbito dai «cokeristi». In Regione l’altro giorno Valentino Patussi, che 
    del Dipartimento di prevenzione dirige il settore della sicurezza negli 
    ambienti di lavoro e che ha personalmente seguito tutte le trattative 
    «sanitarie» con la Lucchini, ha rivelato che gli operai all’interno della 
    fabbrica sono stati esposti a livelli di 200 nanogrammi per metro cubo di 
    benzoapirene, mentre il limite per le zone esterne agli insediamenti 
    produttivi è fissato a un nanogrammo. L’azienda, si è detto, avrebbe scelto 
    «il parametro più sfavorevole» tra quelli esistenti a livello 
    internazionale, e su questo dato già enorme sarebbero stati certificati 
    addirittura 88 sforamenti in un anno. 
    Dunque ora la Lucchini-Severstal ha accettato l’indagine sulla salute ma 
    anche un rilevamento molto approfondito della situazione degli ambienti. E’ 
    stato ieri concordato che una decina di centraline saranno poste nel reparto 
    cokeria per misurare sempre i due peggiori inquinanti, benzoapirene e 
    benzene. L’indagine sarà a carico dell’azienda, che si è avvalsa di esperti 
    del Cnr. L’Arpa metterà a fianco centraline proprie, così da validare 
    immediatamente i dati. L’operazione partirà entro novembre e si protrarrà 
    per una settimana.  
    Nessuna risposta ancora, invece, da Regione e Provincia all’Azienda 
    sanitaria che ultimamente ha reiterato la richiesta di contributo economico 
    per poter far fronte alla lungamente programmata indagine sull’eventuale 
    accumulo di diossine nella popolazione di Servola usando campioni di latte 
    materno prelevati da donne del quartiere e del resto della città, in 
    collaborazione col Burlo Garofolo e le Università di Trieste e Udine. 
    La prima proposta era del 2005, ed è quella che poi «scomparve» per lungo 
    tempo dai verbali della Regione nonostante le reiterate richieste di Azienda 
    sanitaria e Arpa. Né peraltro si sarebbero potute portare a termine non 
    esistendo allora un laboratorio attrezzato allo scopo. Che ora è stato 
    trovato a Mestre. 
    Nuove cifre si addensano dunque attorno alla questione di Servola, mentre 
    l’Arpa ha appena reso noti i dati sul benzene in via San Lorenzo in Selva da 
    gennaio al 17 ottobre (una media di 14,4 contro un limite di 8), individuati 
    con un sistema laser (Doas) che ha consentito 5793 rilevamenti. E mentre l’Apat 
    nazionale sta concludendo le proprie «captazioni» di aria nella stessa zona, 
    assieme ad Arpa e Cigra, da cui pure si attendono le ultime elaborazioni 
    relative al benzoapirene, coi dati di settembre. 
    E sono proprio queste, oltre alle polveri sottili, le sostanze che hanno 
    allarmato l’Azienda sanitaria con ripetute note di richiamo al sindaco: il 
    26 giugno si puntò l’accento su sforamenti di benzene del 60 per cento oltre 
    i limiti specificando che la sostanza causa leucemie e mutazioni del Dna, il 
    19 luglio si ribadì il concetto. Infine il 4 ottobre l’ultimo avvertimento, 
    dopo i preoccupanti (dalla Ferriera contestati) dati Cigra. A ogni 
    sollecitazione Dipiazza emise una ordinanza, il 4 ottobre disse: «Chiudere 
    la fabbrica per motivi di salute pubblica». 
    
    Gabriella Ziani  | 
  
 
 
  
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    Piano parcheggi al via, 
    bloccato Park S. Giusto   | 
  
  
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    Scoperto un 
    pasticcio: inserito un progetto sbagliato. Ora la variante per sbloccare gli 
    espropri  
    
    Ieri sera in 
    Consiglio comunale l’approvazione del documento urbanistico per la 
    costruzione delle strutture interrate in città  
    
    Il Piano urbano parcheggi (Pup), 
    approvato ieri sera dal Consiglio comunale con i voti favorevoli della 
    maggioranza, i due pareri contrari di Rifondazione comunista e l’astensione 
    degli altri rappresentanti dell’opposizione, fa già parlare di una sua 
    modifica. Questo strumento urbanistico semplificato, che fa variante al 
    Piano regolatore generale, non consente alla Park San Giusto spa di 
    procedere agli espropri delle aree private per la costruzione del parcheggio 
    sotto il Colle (800 posti auto). 
    Nel documento dell’amministrazione comunale, infatti, sono state inserite le 
    planimetrie antecedenti al progetto preliminare, che differiscono da quelle 
    contenute nel definitivo. Il vecchio progetto prevedeva l’ingresso e 
    l’uscita del parcheggio a fianco della scalinata della chiesa di Santa Maria 
    Maggiore, mentre un domani le automobili passeranno immediatamente dopo 
    l’edificio dell’Inail. Una differenza di non poco conto, che riguarda le 
    aree interessate e di fatto impedisce gli espropri dei terreni privati (per 
    quelli del demanio militare è stato avviato l’iter). 
    Un errore materiale che ad ogni modo ieri sera, pare di capire, non poteva 
    essere ovviato, pena il riavvio di tutta la procedura (giunta, 
    Circoscrizioni, Regione) e non solo. Su alcune particelle catastali indicate 
    nel progetto definitivo di Park San Giusto, portato avanti dal Comune in 
    project financing, insiste anche un altro parcheggio: quello di via del 
    Teatro romano. Una zona concessa dal Comune alla ditta Riccesi, assieme ad 
    altre due aree (via Tigor-Cerreria e largo Roiano) per costruire altrettanti 
    parcheggi, quale compensazione della mancata realizzazione della struttura 
    sotto piazza Ponterosso, cassato dalla prima amministrazione Dipiazza. 
    Un gioco contrattuale e urbanistico ad incastro viziato da più fattori tra i 
    quali proprio la novazione con la Riccesi che, davanti a un mancato 
    riconoscimento, è pronta a chiedere al Comune un risarcimento di 3 milioni 
    di euro. L’inghippo burocratico non si poteva emendare pena la 
    sovrapposizione dei due parcheggi; allo stesso tempo lo stralcio di via del 
    Teatro romano non poteva essere fatto, proprio davanti all’impegno 
    contrattuale del Comune con la Riccesi. 
    «Sono venuto a conoscenza del problema all’ultimo momento, purtroppo c’è 
    stato un problema di comunicazione sul nuovo progetto di Park San Giusto», 
    dice Maurizio Bucci, assessore all’Urbanistica. E aggiunge: «Non blocchiamo 
    il parcheggio sotto il Colle di San Giusto - dice - tanto quello attiguo al 
    Teatro romano non si farà mai (giudizio espresso già dal sindaco Dipiazza, 
    ndr)». 
    Ma come si viene fuori da questo impasse? La soluzione è una variante al 
    Piano regolatore generale, che richiede però tempi lunghi e quindi ritarda 
    l’inizio dei lavori di Park San Giusto. L’alternativa era ritirare il Pup e 
    predisporre un nuovo documento: stralciando via del Teatro romano, trovando 
    un accordo con la Riccesi e inserendo il progetto definitivo che intacca 
    parte di quell’area. Una soluzione con altrettanti problemi nella 
    tempistica, ma con in più l’inevitabile scadenza del 30 novembre quale data 
    ultima indicata per il contratto di novazione. 
    Un pasticcio che è il frutto di vecchie questioni, insomma, compreso lo 
    spostamento degli ingressi di Park San Giusto chiesto alla società dallo 
    stesso Comune nella precedente amministrazione. Quando all’Urbanistica, al 
    posto di Bucci, l’assessore era Giorgio Rossi con delega anche al project 
    financing, oggi invece assunta da Roberto Dipiazza. 
    Paradossalmente l’approvazione del Pup rallenta la partenza del parcheggio 
    sotto San Giusto, che vede il Comune contribuire alla realizzazione 
    dell’opera, sbloccando invece tutti gli altri progetti a cominciare da 
    quello davanti alla Stazione Marittima (per il quale ieri è stata approvata 
    anche l’immediata esecutività) e il raddoppio di Foro Ulpiano, entrambi 
    gestiti dai privati di Saba Italia spa. «Ci sono e ci saranno i soldi, c’è 
    la Valutazione di impatto ambientale e anche il progetto in tutte le sue 
    versioni - spiega Claudio Morgera, presidente della Park San Giusto - 
    compreso quello esecutivo e adesso viene a mancare la copertura urbanistica. 
    È stata fatta una scelta politica confidando, nella celerità della futura 
    variante. Ormai non non si può tornare indietro». 
    
    Pietro Comelli  | 
  
 
 
  
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    Impatto ambientale 
    transfrontaliero: progetto innovativo  - Varato dalla Provincia 
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    Con un progetto particolarmente 
    innovativo, la Provincia di Trieste parteciperà al Com-Pa 2007, il Salone 
    europeo della comunicazione pubblica dei servizi al cittadino e alle imprese 
    che si svolgerà a Bologna il 6, 7 e 8 novembre. Si tratta del progetto 
    Mapsharing, messo a punto dall'assessorato provinciale al Territorio, grazie 
    al quale è stata individuata una metodologia di lavoro comune tra Friuli 
    Venezia Giulia e Slovenia in materia di pianificazione territoriale e 
    valutazione ambientale.  
    Senza confini. «Il lavoro compiuto - spiega Ondina Barduzzi, 
    assessore provinciale al territorio - ha sviluppato un metodo per poter 
    valutare gli effetti dei rispettivi piani e programmi non solo sul proprio 
    territorio di riferimento, ma anche su quelli contermini nella convinzione 
    che l'ambiente non può seguire i limiti dei confini amministrativi».  
    I rischi. Il progetto, cofinanziato nell'ambito di Interreg IIIA 
    Italia-Slovenia, ha come partner assieme alla Provincia, il Centro regionale 
    di sviluppo di Capodistria, la Provincia di Pordenone, e i Comuni di Udine, 
    Muggia e Capodistria. La costruzione di significati condivisi rispetto alle 
    varie categorie territoriali (valori, rischi, opportunità, criticità ecc.) 
    permetterà di stendere i futuri piani territoriali con comuni informazioni e 
    cartografie. E' stato realizzato un modello di Carta delle conoscenze 
    territoriali condivisa (Cctc) e un Sistema informativo territoriale.  
    A Muggia. «L'applicazione pratica di questo nuovo sistema - spiega 
    Barduzzi - ci permetterà di elaborare quadri conoscitivi congiunti per 
    condividere le conoscenze e valutare gli impatti transfrontalieri. E' un 
    metodo ideale con il quale affrontare la Valutazione ambientale strategica (Vas) 
    introdotta dalla normativa comunitaria. E il know-how del progetto può 
    essere trasportato in qualsiasi contesto locale, regionale e multiregionale». 
    I risultati del lavoro, prima di approdare al Com-Pa di Bologna, saranno 
    illustrati al convegno «Progetto Mapsharing» martedì 30 ottobre a partire 
    dalle 9,30 al centro «Millo» di Muggia (piazza della Repubblica 4). «Un 
    appuntamento - afferma Barduzzi - che sarà l'occasione per condividere i 
    risultati del progetto con tutti i soggetti istituzionali e i professionisti 
    che lavorano sul territorio: valuteremo la possibilità della sua 
    implementazione a livello euro-regionale».   | 
  
 
 
  
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    Rozzol, alt alla vendita di 
    un’area comunale   | 
  
  
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    Due donne ne rivendicano 
    l’usucapione: «L’abbiamo sempre curata». A giudizio il 24 febbraio 
    
    Il terreno 
    adibito a verde in via dell’Eremo, del valore di 240.500 euro, è difeso da 
    un gruppo di residenti che teme nuove costruzioni  
    
    A pochi giorni dalla 
    pubblicazione del bando d’asta sull’alienazione di alcuni immobili di 
    proprietà comunale, l’amministrazione di piazza Unità è costretta ad 
    escludere dall’elenco il terreno di via dell’Eremo (p.c.n. 776 del C.C. di 
    Rozzol). Un lotto di 1370 metri quadrati di area verde (stimato 240.500 
    euro, prezzo base d’asta destinato a lievitare in sede di offerta) difeso da 
    un gruppo di residenti contrari alla costruzione di altre abitazioni in via 
    dell’Eremo. 
    Lo stralcio del terreno, deciso dagli uffici comunali preposti alla vendita, 
    si è reso necessario davanti al deposito di un atto di citazione per 
    usucapione presentato da due residenti nella zona. Nell’istanza di Ondina 
    Zergol e Olga Sergas, rappresentate dagli avvocati Alessandro Giadrossi e 
    Gilberto Tommasini, il Comune è citato davanti al Tribunale di Trieste il 25 
    febbraio del prossimo anno. Il giudice sarà chiamato ad accertare il diritto 
    di usucapione da parte delle due signore, proprietarie di un altro terreno 
    attiguo a quello conteso. 
    Secondo l’istanza di Ondina Zergol e Olga Sergas, infatti, l’area comunale 
    posta al confine della loro proprietà è stata dal 1970 - dal vecchio 
    proprietario Emilio Zergol, deceduto nel 1995 - e successivamente dalle sue 
    eredi accudito senza che qualcuno avesse nulla da accepire. Interventi 
    nell’area verde che andavano dalla semplice pulizia al taglio dell’erba, 
    dalla piantumazione di alcuni alberi da frutto alla loro raccolta. 
    «L’abbiamo sempre curata evitando l’abbandono», dice Ondina Zergol. 
    Un lavoro che continua ancora oggi anche con l’accatastamento della legna, 
    nonché la sistemazione di una rete e una porta d’ingresso. Un utilizzo vero 
    e proprio del terreno, secondo le due signore, che davanti a un possesso 
    ultraventennale comporterebbe l’usucapione dello stesso. Una tesi che è 
    pronta ad essere avallata da alcuni testimoni residenti nella zona. 
    L’atto di citazione vedrà ovviamente l’amministrazione comunale costituirsi 
    in giudizio. «Stiamo cercando tutti gli elementi in nostro possesso - dice 
    Piero Tononi, assessore al patrimonio - da fornire ai nostri avvocati». Il 
    Comune dunque si opporà all’usucapione pervenuto a pochi giorni dal bando di 
    gara che vede una serie di immobili e terreni alienati per fare cassa. Soldi 
    in parte già iscritti a bilancio e chiamati a coprire l’esecuzione di alcune 
    opere (ristrutturazioni di scuole, impianti sportivi, strade...). 
    «Davanti a un’usucapione accertata non avremo nulla da eccepire - aggiunge 
    Tononi - e spero che dietro a questo atto non ci sia la volontà di 
    rallentare semplicemente l’iter della vendita». Lo scorso giugno il Comune 
    aveva deciso lo stralcio i lotti di via dei Narcisi e quello in prossimità 
    di vicolo dei Roveri, laterale di via San Cilino, assieme ad altre aree 
    verdi in via Verga, via delle Viole e via Berchet. Il bando potrà contare su 
    quindici lotti da alienare come l’immobile di via dell’Ospitale 12, un 
    terreno in strada di Rozzol (50.500 euro, 460 mq), il locale commerciale in 
    piazza Vecchia 2 e 2/a (65.340 euro, 28 mq), il locale commerciale in piazza 
    Vecchia 2/b e 2/c (51.300 euro, 22 mq), il locale commerciale in corso Saba 
    24 e via Carducci 41 (301.600 euro, 130 mq), l’area in via Capitelli 
    (291.600 euro, 417 mq), l’edificio in via delle Beccherie 5 e via Androna 
    del Pane 3 (359.700 euro, 275 mq), il terreno in via Risorta. 
    p.c.  | 
  
 
 
  
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    A San Dorligo ultimo incontro 
    sulla Riserva della Val Rosandra - Coinvolti i cittadini 
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    SAN DORLIGO DELLA VALLE Si 
    svolgerà stasera alle 19.30 al Circolo culturale Fran Venturini di Domio 
    l’ultimo dei sei incontri che il Comune di San Dorligo della Valle sta 
    organizzando per la gestione partecipata della Riserva Naturale Regionale 
    della Val Rosandra, nell’ambito di Agenda 21. Da qualche mese il Comune di 
    San Dorligo della Valle è diventato l’Ente gestore della Riserva della Val 
    Rosandra e proprio in veste di organo gestore, ha intrapreso un percorso di 
    partecipazione con i cittadini sulle importanti scelte legate al futuro del 
    territorio della Riserva naturale Regionale della Val Rosandra, oltre che 
    alla sua conservazione. 
    Gli incontri nelle frazioni hanno come obiettivo la presentazione delle 
    iniziative che il Comune intende attivare per gestire la Riserva, e 
    sollecitare ogni gruppo di popolazione invitata agli incontri ad individuare 
    uno o più «portavoce» che facciano da tramite tra il proprio gruppo ed il 
    Comune, consentendo a essi il costante aggiornamento su ogni azione 
    intrapresa. «Il Comune – così l’assessore Laura Stravisi - attivando questo 
    tipo di percorso partecipato, avvalendosi delle metodologie di Agenda 21 
    locale, si è messo in gioco e si è prefissato un obiettivo decisamente 
    ambizioso, ma la Riserva della Val Rosandra è un patrimonio prezioso che va 
    non solo tutelato, ma gestito vedendolo come un opportunità e non come un 
    limite. Le indicazioni che stanno emergendo durante questi incontri con i 
    cittadini ci permettono di avere una maggiore conoscenza della situazione e 
    anche tenendo conto dei preziosi suggerimenti che emergono dalla popolazione 
    il Comune baserà le scelte di gestione della Riserva». 
    s.re.  | 
  
 
 
Assemblea sui rigassificatori
 
MUGGIA Il Tavolo della Sinistra 
muggesana, comprendente Verdi, Pdci, Rifondazione comunista, Sinistra 
democratica e Sdi, ha organizzato ieri un incontro per presentare l’assemblea 
pubblica su «Rigassificatori nel Golfo - Le scelte politiche sovranazionali e le 
ragioni del territorio», che si terrà domani alle 17 nella Sala Millo di piazza 
della Repubblica a Muggia.
Scopo dell'incontro pubblico di domani, per gli organizzatori, «è ribadire che 
la progettualità della gestione del territorio deve essere condivisa con i Paesi 
limitrofi e che pertanto anche le problematiche energetiche e le scelte 
d’impianti a esse correlate è bene che diventino argomento di valutazione 
politica allargata e non di confronto limitato al solo ambito locale».
 
 
  
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    Inquina troppo: chiusa la 
    Rockwool di Pedena  - Gli ambientalisti accusano il presidente della 
    Regione istriana Jakovcic: «Ha violato le normali procedure necessarie»
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    A un mese dall’inizio della 
    produzione. La fabbrica è costata 75 milioni di euro 
    
    Sono troppo 
    elevate le emissioni nell’aria di formaldeide e di anidride solforosa 
    
    POLA Si prende la sua rivincita 
    morale il presidente del Partito dei verdi Josip Anton Rupnik, a proposito 
    della contestata fabbrica di lana di roccia della società danese Rockwool a 
    Pedena,nel cuore dell'Istria. Come dire: «Ve l' avevo detto io che era 
    un'industria sporca e inquinante». Ricordiamo che la fabbrica è stata 
    provvisoriamente chiusa dal ministero croato dell'Ambiente causa le 
    emissioni di formaldeidi e anidride solforosa (da qui la forte puzza nella 
    zona) oltre i limiti consentiti dalle norme croate.Ma non solo: gli 
    ispettori accorsi in fabbrica su segnalazione degli abitanti dell' area 
    hanno scoperto che erano difettosi gli strumenti di monitoraggio ecologico 
    della Rockwool, per cui non hanno mai suonato l'allarme. 
    Parlando ai giornalisti Rupnik ha dichiarato che la fabbrica deve venir 
    chiusa per sempre e smantellata in quanto a poco più di un mese dall'inizio 
    della produzione ha già causato troppi danni all'ambiente. Ha ricordato che 
    la struttura è stata costruita in una vallata tra le più fertili in Istria. 
    «Nel sottosuolo - ha continuato - ci sono enormi giacimenti di acqua dolce 
    ora in pericolo. Tra l'altro alcuni abitanti non possono più usare l'acqua 
    dei loro pozzi a scopi alimentari». «E poi - ha detto ancora - nella zona 
    non c'è circolazione d'aria per cui i fumi della fabbrica finiscono al suolo 
    inquinandolo». Per Rupnik il maggiore responsabile di questo scempio 
    ambientale è il presidente della Regione istriana Ivan Nino Jakovcic, 
    accusato di aver spalancato le porte all'industria sporca per interessi non 
    trasparenti, violando le normali procedure con la complicità degli enti 
    locali. 
    «Se si voleva costruire una fabbrica e dare lavoro alla gente del posto - ha 
    continuato Rupnik - era sicuramente più conveniente accettare la proposta 
    austriaca di costruire un impianto per la produzione di medicinali». La 
    fabbrica dunque venuta a costare 75 milioni di euro al momento è ferma, 
    nell'attesa che i tecnici adeguino le emissioni alle norme croate. E questa 
    è anche la condizione fondamentale per l'ottenimento del permesso di 
    agibilità definitivo dopo la fase di collaudo che potrebbe durare alcuni 
    mesi. 
    p. r.   | 
  
 
 
  
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    Ferriera inquinante  | 
  
  
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    Leggo con stupore e malcelata 
    rabbia sul quotidiano del 12 ottobre l’articolo relativo alla presa di 
    posizione della Ferriera di Servola sulla vicenda inerente l’inquinamento 
    prodotto dallo stabilimento. Cito per esempio la contestata posizione di una 
    centralina di rilevamento sita in via San Lorenzo in Selva presso la 
    stazione ferroviaria. Dicendo per altro che l’alto livello di benzene e 
    benzoapirene sarebbe stato influenzato dal ripetuto passaggio di treni 
    trainati da motrici diesel. 
    A parte il fatto che la linea non è la Mestre-Milano o la Roma-Napoli, ma 
    poco più di un raccordo ferroviario con un traffico non di certo 
    considerevole. Tra l’altro, non tutti i treni transitanti sono a trazione 
    diesel, come evidenziato dalla catenaria aerea per i locomotori elettrici 
    che trainano parte dei convogli, come per esempio quello serale di cisterne. 
    Ci sono invece linee ferroviarie in diverse parti d’Italia, esercite 
    esclusivamente a trazione termica. 
    Per esempio in Cadore, in Toscana, ai margini del Parco nazionale d’Abruzzo. 
    Allora se la teoria dei legali della Ferriera è corretta, dovremmo avere in 
    rinomati posti turistici picchi di benzene e benzoapirene considerevoli, 
    sprigionati dalle «littorine» che portano su e giù le genti di quelle 
    vallate. Ma per piacere! 
    È palese che l’inquinamento presente nei rioni di Servola e Valmaura in 
    particolare è dovuto all’ormai obsoleto impianto siderurgico e altre realtà 
    quali ferrovia, grande viabilità o altro, influiscono sì. Ma solo 
    marginalmente rispetto alle emissioni diffuse dalla Ferriera. 
    Per quanto riguarda gli sforamenti di Pm 10, nei mesi di giugno e luglio ho 
    avuto modo di vedere dei tabulati dell’Arpa con i miei occhi. Secondo voi 
    avvocati, lo sforamento ripetuto di Pm 10 non giustifica l’intervento del 
    sindaco? Non costituisce «serio pericolo per la popolazione o emergenza 
    sanitaria»? Pensate siano salubri? 
    Per concludere sono convinto che nell’opinione pubblica abbiano più peso le 
    parole e i dati della Procura e degli organi di controllo che quelle di una 
    proprietà che non ha saputo produrre alcun risultato per quanto riguarda 
    l’ambiente e la salute dei cittadini e dei lavoratori. 
    Rifletteteci cari avvocati... 
    Alessandro Bergamaschi  | 
  
 
 
 
IL PICCOLO - 
MERCOLEDI', 24 ottobre 2007
 
 
  
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    Ferriera, i sindacati 
    attaccano Dipiazza e Lippi  - Bordin: «I 1000 disoccupati li 
    assumeranno in Comune». Visentini: «È aria fritta»  | 
  
  
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    BELCI - Così cambia lo 
    scenario. Spero sia stata solo una sparata elettorale  | 
  
  
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    Dopo le 
    esternazioni del vicesindaco sulla chiusura dello stabilimento e sul 
    disinteresse a far subentrare l’imprenditore Arvedi  
    
    La giunta comunale, sollecitata 
    dal vicesindaco di An Paris Lippi, dà una svolta politica alla vicenda della 
    Ferriera e trancia quel segmento di discorso fatto fin qui dal sindaco 
    Dipiazza che da un lato ha tuonato «chiudo la fabbrica per motivi di salute 
    pubblica» e dall’altro ha firmato coi sindacati e con l’assessore regionale 
    al lavoro Cosolini un accordo teso a ottenere la bonifica dagli attuali 
    inquinamenti e la prosecuzione dell’attività (con successivi ammonimenti 
    all’acquirente in attesa degli sviluppi, il gruppo Arvedi).  
    «No» all’autorizzazione integrata ambientale il giorno 30 in Regione se non 
    ci sono tutte le garanzie sanitarie» e «no anche ad Arvedi perché a Servola 
    non deve più stare una fabbrica siderurgica» è adesso la posizione della 
    giunta comunale, così come espressa da Lippi, e i sindacati reagiscono con 
    stupore e fastidio: «I mille lavoratori li assumerà Dipiazza in Comune» 
    taglia corto Luciano Bordin, segretario Cisl. «Parlare così senza alcun 
    progetto di reinserimento del personale è solo aria fritta» risponde intanto 
    Luca Visentini della Uil. E Franco Belci della Cgil sbotta: «O ci prende in 
    giro il sindaco, o la giunta, o tutti e due, comunque entrambi prendono in 
    giro i lavoratori». 
    I ragionamenti poi sono più estesi. Belci stesso aggiunge: «Se prende piede 
    questo atteggiamento pregiudiziale, che supera l’intento concordato col 
    sindaco e la Regione di puntare a un’azienda con dati di emissioni nei 
    limiti di legge, cambia lo scenario e dunque ci aspettiamo da Dipiazza una 
    seconda convocazione pari alla prima, e nel contempo non si capisce tutto 
    questo fervore di riunioni, questo clamore sulle analisi e le centraline, e 
    tutto il resto. Spero che questa di Lippi sia una sparata elettorale - 
    conclude Belci -, e comunque non gli fa onore, se invece è opinione 
    sostanziale il Comune ci presenti un piano di ricollocazione dei dipendenti 
    che abbia qualche patente di serietà e concretezza». 
    Così Visentini ricorda che «il gruppo Arvedi avrebbe in programma la 
    dismissione della cokeria, il che già eliminerebbe la più gran parte di 
    emissioni diffuse, questa espressa da Lippi sarà anche la posizione politica 
    del Comune, o un richiamo agli impegni elettorali - dice -, ma noi non ci 
    spostiamo di una virgola: attendiamo gli ultimi dati, vogliamo verificare se 
    l’impresa intende farsi carico del risanamento, e comunque ricordiamo che 
    bonificare quell’area per altri scopi significa prevedere milioni e milioni 
    di euro per le bonifiche che attualmente nessuno ha». 
    «Politicamente - ragiona Bordin - sono posizioni che il Comune può benissimo 
    prendere e mantenere, ma noi restiamo fermi al fatto che è meglio fare un 
    accordo. Se però questa è la legittima posizione della politica locale, 
    allora ci dicano come occuperanno mille persone. Dire ’’chiudiamo’’ è 
    facile». 
    Oggi intanto riunione tra Azienda sanitaria e Ferriera per dare il via ai 
    controlli sulle concentrazioni di inquinanti e la salute nei lavoratori e 
    l’eventuale accumulo di diossina misurato nel latte delle neomamme di 
    Servola. 
    g. z..  | 
  
 
 
  
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    FERRIERA - In 500 al corteo 
    contro la fabbrica. Sit-in sotto la Regione  | 
  
  
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    I comitati dei residenti, 
    supportati dal Gruppo Beppe Grillo, hanno manifestato contro la possibile 
    certificazione ambientaleCinquecento persone, «armate» di striscioni, 
    fischietti e tamburi per richiamare l’attenzione dei politici e della città 
    intera, si sono ritrovate ieri pomeriggio in piazza Oberdan, sotto la sede 
    del Consiglio regionale, tornando a chiedere la chiusura della Ferriera. Il 
    rumoroso sit-in davanti al palazzo della Regione è stato il momento-clou del 
    corteo che si è poi snodato per le vicine vie Giustiniano, Cicerone, Fabio 
    Severo e Carducci. La protesta, promossa dai comitati dei cittadini di 
    Servola con il supporto del Gruppo Beppe Grillo Trieste e del coordinamento 
    regionale dell’Italia dei Valori, si è conclusa attorno alle 19.30, dopo due 
    ore abbondanti di manifestazione, sempre in piazza Oberdan. E sempre davanti 
    al «bersaglio» scelto per l’occasione dai promotori, ovvero la Regione. 
    Dalla quale, alla luce anche della fresca posizione del Comune (si faccia 
    riferimento all’articolo sopra, ndr), dipende il possibile rilascio 
    dell’Autorizzazione integrata ambientale entro la fine di questo mese. 
    Molti gli slogan esposti ai piedi del Consiglio regionale. «Dalla politica 
    solo chiacchiere, dalla Regione solo arroganza, da Ass e Arpa solo 
    silenzio», recitava uno striscione. «Alla Lucchini non interessa neanche la 
    salute dei bambini», c’era scritto su un altro, sollevato accanto a un 
    gruppo di piccoli allievi delle scuole di Servola, che portavano sulla bocca 
    delle simboliche mascherine anti-inquinamento. 
    Ma in piazza non si sono raccolti solo Grillo-boys e servolani. «Abitiamo in 
    via dell’Istria e a Valmaura e non siamo indenni dai fumi di quella 
    fabbrica», hanno testimoniato alcune persone accomunate dalla protesta. Gli 
    organizzatori, nell’occasione, hanno lamentato l’indisponibilità della 
    Regione, in primis dell’assessore all’ambiente Gianfranco Moretton, a ogni 
    forma di dialogo. «Il primo ottobre - hanno tuonato - eravamo stati ricevuti 
    dai capigruppo del Consiglio regionale, ci avevano assicurato che saremmo 
    stati reinvitati d’urgenza, al massimo entro dieci giorni. Invece sono 
    trascorse tre settimane e non siamo ancora stati convocati». 
    pi.ra.  | 
  
 
 
IL PICCOLO - 
MARTEDI', 23 ottobre 2007
 
 
  
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    FERRIERA - Lippi: a Servola 
    né Ferriera né Arvedi - Il numero due del Comune boccia in giunta anche 
    l’ipotesi che il gruppo lombardo rilevi lo stabilimento siderurgico  | 
  
  
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    Il sindaco, 
    diffidato con lettera dalla Lucchini, non aggiunge commenti  | 
  
  
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    Sulla vicenda Ferriera «la 
    giunta ha dato mandato al sindaco Roberto Dipiazza di proseguire con la 
    linea dura su entrambi i fronti». Ossia: «No all’autorizzazione integrata 
    ambientale se non ci sarà una limpida e inequivocabile chiarezza» sulle 
    condizioni di qualità degli impianti. E poi - soprattutto - «no 
    all’eventuale possibilità di insediamento di altre società che abbiano lo 
    stesso tipo di attività» di quella svolta oggi dalla Lucchini. Perché «noi 
    quell’area la dobbiamo restituire alla città e soprattutto al porto». 
    Con queste affermazioni il vicesindaco Paris Lippi delinea chiaramente il 
    significato dell’«atto politico», come lo definisce dandone la notizia, 
    intrapreso ieri dall’esecutivo Dipiazza su sollecitazione dello stesso Lippi, 
    il quale ha sollevato il problema all’approssimarsi di un momento cruciale: 
    il 30 ottobre infatti è in programma la conferenza dei servizi in cui 
    Regione, Provincia, Comune, Arpa e Azienda sanitaria dovranno concedere - o 
    meno - l’autorizzazione integrata ambientale: un via libera alla Servola da 
    votare se si riterranno soddisfatte le condizioni di qualità degli impianti. 
    Nessun documento dunque ieri da parte della giunta, ma un’indicazione chiara 
    - concordi tutti i presenti compreso il sindaco, aggiunge Lippi - sulla 
    linea da tenere: a Servola non ci deve essere in futuro alcuno stabilimento 
    siderurgico. E «useremo tutti gli strumenti a nostra disposizione» per 
    arrivare a questo risultato, insiste il vicesindaco citando il gruppo Arvedi. 
    Gruppo che proprio nei giorni scorsi - dopo la rottura delle trattative con 
    Lucchini - aveva ribadito il proprio interesse a un eventuale acquisto dello 
    stabilimento, condizionandolo però a certezze sulla situazione ambientale e 
    sulla stessa volontà della città di vedere ancora attiva o meno la Ferriera. 
    Il «no» che ora Lippi esterna - e che l’assessore allo sviluppo economico 
    Paolo Rovis ripete confermando l’orientamento assunto dalla giunta - suona 
    come una risposta chiara a queste due domande. Anche se si tratta di un no 
    «politico», precisano i due assessori, consapevoli del terreno su cui si 
    muovono. Perché certo il Comune non potrebbe legittimamente annunciare un 
    diniego preventivo all’autorizzazione su cui assieme ad altri enti dovrà 
    votare sulla base di documenti e dati precisi ancora da valutare. Né 
    l’amministrazione potrebbe entrare in una trattativa fra industriali per la 
    compravendita di un’attività privata su un’area in gran parte di proprietà 
    privata. Lo sottolinea con forza l’assessore all’ambiente Maurizio Bucci, 
    ieri assente alla seduta della giunta, che conferma «la massima attenzione» 
    al problema delle emissioni esploso con evidenza nelle ultime settimane, ma 
    tira il freno su eventuali altri commenti. 
    Del resto lo stesso sindaco Dipiazza si astiene da qualsivoglia 
    dichiarazione sulla seduta di giunta di ieri e sulla propria posizione: si 
    agirà solo con i fatti, dice attraverso il suo portavoce ribadendo di essere 
    in attesa di ricevere dall’Arpa (l’Agenzia regionale per la protezione 
    dell’ambiente) gli ultimi dati sulle emissioni che poi l’Azienda sanitaria 
    dovrà analizzare. 
    Il silenzio del primo cittadino del resto può essere interpretato alla luce 
    della lettera che Francesco Rosato, direttore della Ferriera e consigliere 
    delegato di Servola spa, gli ha inviato pochi giorni fa richiamandolo al 
    corretto esercizio dei poteri e a una lettura dei dati raccolti a Servola 
    sul benzoapirene, conforme alle leggi. Confermando la propria volontà di 
    continuare a collaborare con la pubblica amministrazione «per svolgere 
    seriamente la nostra attività produttiva a Trieste», Servola spa si è 
    riservata però nei confronti di Dipiazza «ogni azione legale a tutela nostra 
    e dei nostri dipendenti, anche con riferimento ai danni che sono stati o 
    potranno essere ingiustamente procurati». Laddove i «danni» sarebbero 
    secondo l’azienda quelli portati dalle parole di Dipiazza, che più volte 
    aveva di recente affermato che se i dati sul benzoapirene fossero stati 
    confermati anche per agosto e settembre, avrebbe firmato l’ordinanza di 
    chiusura dello stabilimento. Al sindaco la proprietà ha fatto presente anche 
    «l’ingiustificato allarmismo» in materia ambientale che sarebbe alla base 
    dell’interruzione delle trattative con Arvedi. 
    Mentre dunque Dipiazza tace, l’assessore Paolo Rovis torna a spiegare: 
    «Abbiamo dato un mandato al primo cittadino su due fronti. Perché 
    prioritario è l’aspetto ambientale, ma in seconda battuta c’è una visione 
    strategica dello sviluppo economico-produttivo della città: visione in cui 
    la Ferriera non rientra, perché quelle aree vanno riutilizzate a fini 
    portuali». 
    Dalla Lucchini - interpellata attraverso i suoi legali - non arriva alcun 
    commento: se il terreno è politico, si fa sapere, non è un terreno di 
    competenza della proprietà. Che attende il tavolo del 30 ottobre. Mentre 
    anche Arvedi sceglie il silenzio. 
    
    Paola Bolis  | 
  
 
 
  
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    FERRIERA - Servola: Cisl e 
    Fim  - I sindacati: «Sugli occupati numeri imprecisi»  | 
  
  
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    «Sul caso Ferriera, c’è qualcuno 
    che ”dà letteralmente i numeri”, facendo circolare dati privi di 
    fondamento». È l’accusa lanciata dalle segreterie provinciali di Cisl e Fim, 
    e dai rispettivi rappresentanti all’interno delle Rsu dell’impianto di 
    Servola. 
    «I numeri a cui si riferisce - precisano i sindacati in una nota - sono 
    quelli degli occupati del settore siderurgico triestino. Sono dati che 
    dovrebbero essere conosciuti visto che, in occasione dei vari tavoli 
    istituzionali, vengono frequentemente richiamati e diffusi dagli organi 
    d’informazione. Dobbiamo dedurre che per molti e per nulla disinteressati 
    soggetti, l'"amnesia" è una malattia grave». 
    «Forse - sottolinea Luciano Bordin - questi tavoli sono stati vissuti da 
    qualcuno più come un palcoscenico personale che come un momento di confronto 
    per risolvere un problema dai risvolti industriali, ambientali, 
    occupazionali e sociali. Detto questo, appare importante ricordare come 
    stanno veramente le cose, ribadendo ancora una volta il numero degli 
    occupati diretti delle due aziende siderurgiche del territorio: Lucchini 
    S.p.A. e Sertubi S.p.A». 
    Al 30 settemebre scorso, precisa la Cisl, i dipendenti a libro matricola 
    della Lucchini erano 543 (forza attiva 535) di cui 33 a tempo determinato, 
    12 dipendenti somministrati e 160 appalti strutturali. Solamente un 
    centinaio di lavoratori ha più di 50 anni, un’età che comunque non 
    garantisce, allo stato attuale, garanzia per poter accedere alla pensione 
    tramite i normali ammortizzatori sociali. Sul fronte Sertubi, invece, i dati 
    di fine settembre parlano di 205 dipendenti a libro matricola, di cui 10 a 
    tempo determinato e 50 appalti strutturali. In questa azienda gli "over 50" 
    sono poco più di una ventina. 
    «La delegazione Cisl di Trieste - osserva ancora Alberto Monticco - segnala 
    questi numeri con la stessa preoccupazione con cui ha preso atto dei dati 
    dell'Azienda per i servizi sanitari sull'inquinamento chiedendo, come ormai 
    da anni, a tutte le istituzioni, dal Governo sino al Comune, e alla 
    proprietà, di arrivare ad una soluzione condivisa che coniughi salute dei 
    lavoratori e della popolazione, con occupazione e sviluppo del settore 
    industriale del territorio triestino».  | 
  
 
 
  
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    FERRIERA - Corteo dei 
    Grillo-boys contro la fabbrica  - Partirà alle 17.30 da piazza Oberdan 
    e coinvolgerà i comitati dei residenti   | 
  
  
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    Prevista una 
    sosta davanti al palazzo del Consiglio regionale  | 
  
  
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    Partirà questo pomeriggio alle 
    17.30 da piazza Oberdan la manifestazione promossa dai comitati di residenti 
    di Servola, e supportata dal Gruppo Beppe Grillo Trieste, per chiedere la 
    chiusura della Ferriera. I parteciperanno si ritroveranno sotto il palazzo 
    della Regione, in concomitanza con la riunione del Consiglio.  
    Proprio all’amministrazione Illy i manifestanti chiedono «di non concedere 
    il rilascio della certificazione ambientale al Gruppo Lucchini- Severstal, 
    proprietario dello stabilimento, alla luce dei ripetuti monitoraggi che 
    hanno evidenziato seri rischi per la salute dei cittadini e dei lavoratori». 
    Il corteo si snoderà poi lungo via Giustiniano, via Cicerone, via Fabio 
    Severo, e farà infine ritorno in piazza Oberdan.  
    Nel corso dell’appuntamento verrà inoltre illustrata la prossima iniziativa 
    in programma contro la Ferriera: una manifestazione che si terrà lunedì 29, 
    sempre alle 17.30, sotto il palazzo del Comune in piazza Unità, in occasione 
    della seduta straordinaria dell’assemblea municipale convocata proprio per 
    discutere della situazione dello stabilimento siderurgico.  
    La battaglia dei comitati di residenti può contare anche sul sostegno 
    arrivato di recente dai «Grillo boys» di Trieste. Il gruppo che si richiama 
    al comico genovese ha già dato il proprio contributo al successo della 
    manifestazione di questo pomeriggio chiamando a raccolta anche i «grillini» 
    di Udine, Gorizia e Pordenone.  
    La volontà del «Gruppo Beppe Grillo Trieste», infatti, è quella di informare 
    sul caso Ferriera il maggior numero di persone, convinto che finora il 
    discorso sia stato relegato agli abitanti di Servola e delle vie adiacenti. 
    «La gravità del problema Ferriera invece - spiegano- deve iniziare ad 
    interessare anche gli abitanti di tutte le zone della città nonchè, 
    possibilmente, i cittadini di altre zone del Friuli Venezia Giulia». 
    Proprio per cercare di dare ampio respiro alla protesta, i «Grillo boys» 
    triestini hanno preso contatti con lo staff del comico genovese per esporre 
    le ragioni della mobilitazione popolare.  
    La speranza è che la battaglia per la difesa della salute di residenti e 
    operai, date l’attualità dell’argomento e la rilevanza del Gruppo Lucchini- 
    Severstal proprietario dell’azienda, possa trovare spazio nel blog 
    giornaliero di Beppe Grillo, uno dei più cliccati al mondo. Riuscire ad 
    ospitare lì anche solo qualche riga sul caso Ferriera, significherebbe 
    infatti avere una vetrina di primissimo livello, in grado di produrre 
    un’importante cassa di risonanza per i sostenitori della mobilitazione.  | 
  
 
 
  
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    Bucci: un tunnel sotto corso 
    Italia  - Piano del traffico, l’assessore annuncia una nuova ipotesi 
    con cui concorrere a un fondo ministeriale di 19 milioni 
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    Lungo 800 
    metri, a una corsia collegherebbe via Canalpiccolo a via Imbriani  | 
  
  
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    Un tunnel lungo suppergiù 
    ottocento metri, che parte all’altezza di via Canalpiccolo e scorre al 
    centro della carreggiata di corso Italia - non più di cinque metri sotto il 
    manto stradale - per riemergere poco oltre l’incrocio con via Imbriani. 
    Lì per lì l’assessore al traffico Maurizio Bucci la definisce solo «un’idea, 
    una boutade». Ma poi aggiunge che «sì, ci stiamo lavorando con i nostri 
    uffici perché la domanda va presentata a Roma entro il 15 novembre. In ballo 
    ci sono 19 milioni di euro». E allora, ecco l’«idea» che secondo Bucci 
    potrebbe rappresentare «l’uovo di colombo» grazie al quale risolvere 
    l’infinita vicenda del piano del traffico: un tunnel di scorrimento 
    sotterraneo a senso unico in Corso Italia. Il concetto-chiave è semplice: le 
    auto che oggi scorrono in superficie transiterebbero pochi metri più sotto 
    nel tunnel a una sola corsia (più una d’emergenza) in senso unico, mentre il 
    Corso resterebbe riservato agli autobus. Ma i mezzi pubblici lo 
    percorrebbero tanto in salita quanto in discesa: di qui, prefigura Bucci, la 
    possibilità di pedonalizzare totalmente via Carducci, via Imbriani, piazza 
    della Borsa... Quanto a corso Italia, il transito dei mezzi pubblici in sole 
    due corsie di scorrimento permetterebbe di ampliare considerevolmente l’area 
    dei marciapiedi e di ricavarne magari anche una pista ciclabile. E via 
    Torrebianca, che la bozza di piano del traffico redatta a inizio 2005 
    dall’ingegnere dei trasporti Roberto Camus prevede aperta al traffico 
    privato in direzione via San Francesco, manterrebbe il suo assetto attuale. 
    «L’uovo di Colombo» appunto, secondo Bucci. 
    Al momento questa del tunnel «è un’ipotesi che stiamo valutando sotto il 
    profilo economico e tecnico con l’obiettivo di presentare un’idea 
    progettuale al ministero delle infrastrutture entro il 15 novembre». Quello 
    infatti è il termine entro il quale le città metropolitane possono 
    richiedere di concorrere all’assegnazione di uno stanziamento di 19 milioni 
    di euro previsto dalla Finanziaria 2007, dice Bucci, e riservato 
    specificamente - in collaborazione con il ministero dell’Ambiente - a 
    infrastrutture volte a migliorare i centri urbani in termini di spazi 
    pedonali e sviluppo del trasporto pubblico. 
    Il conto economico del tunnel? Bucci non ne è preoccupato: «Si tratta di 
    realizzare una trincea in prefabbricato che poi viene chiusa. È poco più di 
    uno scavo dell’Acegas», dice. Ad ogni modo, nessuna decisione in merito è 
    stata assunta né la giunta ha ancora valutato il progetto. Il percorso è 
    questo: «Innanzitutto capiamo se c’è la possibilità di accedere a quel 
    finanziamento, poi - se appunto ci sarà - analizzeremo e condivideremo il da 
    farsi», spiega Bucci. 
    Il tunnel rappresenta l’ultima - in ordine di tempo - di una serie di 
    ipotesi che da molti mesi ormai sono allo studio del Comune. L’originaria 
    bozza commissionata dal Comune a Camus prevede tra l’altro il Corso chiuso 
    alle auto e aperto solo in salita ai mezzi pubblici, i quali per scendere 
    verso le Rive transitano lungo via Mazzini: il traffico privato viene invece 
    spostato lungo via Torrebianca in direzione San Francesco. Da tempo il 
    sindaco Roberto Dipiazza ha definito questa bozza superata dalle nuove Rive 
    e dall’imminente apertura della Grande viabilità, e l’argomento piano del 
    traffico - visto l’aspro dibattito interno alla maggioranza che da anni 
    suscita - è rimasto per mesi congelato. Lo scorso agosto, per la prima volta 
    la bozza Camus è stata resa pubblica grazie a una busta anonima consegnata 
    al Piccolo. Adesso, la nuova ipotesi del tunnel sotto corso Italia.  | 
  
 
 
  
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    Evergreen, fiume inquinato 
    ritarda la nuova sede  - Maneschi: «Comune o Authority devono 
    bonificare l’area». Il sindaco: «È compito suo»  | 
  
  
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    In Porto 
    Vecchio il torrente Chiave scarica liquami nello specchio di mare 
    prospiciente, il problema doveva venir risolto 5 anni fa  
    
    Non è più la contestata altezza 
    degli edifici, bensì è il fiume che scorre nel sottosuolo ora la più grave 
    minaccia alla realizzazione della sede di Italia Marittima, l’ex Lloyd 
    Triestino, e di quella di Evergreen per il Mediterraneo, in Porto Vecchio. 
    «Lì sotto scorre il torrente Chiave che ha anche inquinato tutto lo specchio 
    d’acqua prospiciente - spiega Pierluigi Maneschi, presidente di Italia 
    Marittima - già oltre un anno fa abbiamo mandato alle autorità la richiesta 
    di provvedere alla bonifica, ma com’era prevedibile non si è mossa una 
    foglia: Comune e Autorità portuale non si mettono d’accordo su chi debba 
    fare il lavoro». 
    Secondo Martino Conticelli, segretario generale dell’Autorità portuale è al 
    Comune che spetta l’onere dei lavori. «Approfondirò la questione, ma non 
    ritengo sia un’opera da addebitare al Comune - replica il sindaco Roberto 
    Dipiazza - in base alla mia esperienza sarà necessario costruire un ampio 
    contenitore da calare sottoterra dove raccogliere le acque del fiume per 
    convogliarle poi nel depuratore. Ho fatto qualcosa di analogo quand’ero 
    ancora sindaco di Muggia. Ma qui siamo nell’ambito dei cosidetti 
    sottoservizi che comprendono condutture e fognature e dovrebbe essere la 
    stessa Evergreen a realizzarli come oneri di urbanizzazione anche perché ha 
    ottenuto in concessione cinque magazzini per novant’anni in cambio di un 
    canone veramente modesto». 
    Oltre alle sedi delle due società di navigazione in quei magazzini Evergreen 
    intenderebbe realizzare anche magazzini e servizi per un prospiciente 
    porticciolo nautico, negozi, ristoranti, foresteria e un parcheggio 
    multipiano. Dopo aver minacciato un mezzo disimpegno, recentemente Maneschi 
    ha ribadito l’intenzione di costruire a Trieste anche la sede di Evergreen 
    per l’Europa meridionale con nuove assunzioni di dipendenti. 
    «Noi stiamo redigendo il progetto esecutivo per le nostre sedi - aggiunge 
    Maneschi - e speriamo di partire con i lavori nell’autunno 2008. Con 
    l’Autorità portuale forse riusciremo a trattare per un metro di altezza in 
    più dei magazzini riqualificati, ma ora il problema principale è questo del 
    fiume Chiave che non spetta a noi risolvere». 
    Dopo un consulto con i suoi tecnici, l’assessore comunale all’urbanistica 
    Maurizio Bucci propone l’ennesima versione: «In base a una nuova norma di 
    legge è la Regione competente in materia di torrenti per cui spetterà alla 
    Regione intervenire anche in questo caso». Difficilmente si erano viste 
    responsabilità rimbalzare in modo così vorticoso. 
    La faccenda diventa addirittura grottesca andando a rileggere un resoconto 
    del «Piccolo» del 9 agosto 2002, quindi oltre cinque anni fa, in cui si 
    riporta che il Comune e l’Autorità portuale hanno siglato una convenzione 
    per l’ammodernamento delle infrastrutture del Porto Vecchio: strade, rete 
    fognaria, illuminazione, parcheggi, rete elettrica, idrica e del gas, 
    sistema semaforico, rete telefonica e telematica. Tutte opere di 
    urbanizzazione e di sottoservizi, per svariate decine di milioni di euro, 
    che si rendono indispensabili prima di iniziare qualsiasi discorso di 
    ristrutturazione del vecchio emporio. «Prima opera che partirà a breve - era 
    stato rilevato oltre cinque anni fa - sarà la bonifica del torrente Chiave 
    che scorre nel sottosuolo e che sfocia tra il molo Terzo e il molo Quarto. 
    Il corso d’acqua, che in passato si riversava nel canale di Ponterosso, 
    raccoglie gli scarichi meteorici e acque nere di mezza città. Da qui 
    l’urgenza di intervenire anche con l’apporto dell’Acegas». 
     
    
    Silvio Maranzana  | 
  
 
 
  
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    Rigassificatore di Trieste: 
    accordo Snam-Gas Natural per la connessione alla rete - Investimento 
    complessivo di 1 miliardo di euro  | 
  
  
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    MILANO Il gruppo Gas Natural e 
    Snam Rete Gas hanno raggiunto l'intesa in base alla quale quest'ultima 
    realizzerà la costruzione dei due gasdotti di connessione dei due progetti 
    di rigassificazione di Taranto e Trieste alla rete di distribuzione 
    nazionale del gas, una volta ottenute le autorizzazioni previste. 
    Questo accordo - afferma una nota - segna un importante passo avanti per i 
    due progetti che il gruppo Gas Natural ha presentato tre anni fa alle 
    autorità italiane.  
    L'accordo prevede inoltre un significativo investimento da parte di Snam 
    Rete Gas per il quale Gas Natural ha presentato le garanzie necessarie 
    ottenute da uno dei maggiori istituti bancari italiani. 
    I due progetti - della capacità di 8 miliardi di metri cubi di gas ciascuno 
    - prevedono un investimento complessivo di circa 1 miliardo di euro. 
    I due progetti sono sottoposti attualmente alla procedura per il rilascio 
    della via da parte del ministero per l'Ambiente.   | 
  
 
 
  
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    Gas radon, ultimato il primo 
    monitoraggio Presto l’elenco completo dei comuni a rischio 
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    Presentato a 
    Pordenone lo studio dell’Arpa. Ogni anno 90 morti nel Fvg, secondo dati 
    dell’Oms TRIESTE È 
    la seconda causa, insieme al fumo, del tumore ai polmoni. Ogni anno in 
    regione conta 90 morti (dati Oms). È il radon, un gas cancerogeno fortemente 
    presente in Friuli Venezia Giulia dove le aree a maggior concentrazione 
    sono: il Carso triestino e goriziano, il medio Friuli e la Pedemontana 
    pordenonese. Il quadro emerge dalla campagna, promossa dalla Regione, 
    realizzata grazie alla sinergia tra Arpa e Protezione civile. I primi 
    risultati sono stati presentati ieri a Pordenone dall’assessore 
    all’Ambiente, Gianfranco Moretton, dal direttore generale di Arpa, Giuliana 
    Spogliarich, dal direttore della Protezione Civile regionale, Guglielmo 
    Berlasso, e dai dirigenti tecnici dell'Arpa, Claudio Villalta e Concettina 
    Giovani.  
    I DATI La campagna di misurazione (effettuata tra settembre 2005 e marzo 
    2007) ha coinvolto oltre 1.500 volontari della Protezione Civile regionale 
    che hanno seguito un corso di formazione. Fa seguito a quella già effettuata 
    negli edifici pubblici (scuole in primis), iniziata nel 2000. I volontari in 
    questo caso hanno posizionato, in due successivi semestri, oltre 12 mila 
    dosimetri in 2.500 abitazioni dei 219 comuni del Friuli Venezia Giulia, 
    scelte sulla base di criteri statistici e di rappresentatività. Il 14 per 
    cento di queste case – secondo i rilevamenti effettuati nel semestre 
    invernale (quello più a rischio) che dovranno essere confermati – presentava 
    valori al di sopra della soglia di attenzione e quindi presenza preoccupante 
    di radon. Mediamente si è evidenziata una maggiore possibilità di trovare 
    alte concentrazioni di radon in locali situati al piano terra, in abitazioni 
    con soletta controterra e con i muri portanti formati da pietra e in edifici 
    costruiti prima del 1976.  
    IL RILEVAMENTO Le misure sono state effettuate per mezzo di rivelatori 
    passivi a tracce (due per ogni abitazione) che sono rimasti esposti per un 
    periodo di 6 mesi, dopodichè sono stati sostituiti da altri 2 rivelatori per 
    i successivi 6 mesi, in modo da poter valutare la media annua della 
    concentrazione di radon all'interno delle abitazioni. Il posizionamento, il 
    cambio e il ritiro dei dosimetri è stato realizzato in contemporanea su 
    tutta la regione e nel più breve tempo possibile. Al termine della campagna 
    di misurazione è iniziata l'analisi dei dati con la predisposizione delle 
    prime mappe. «L’Arpa del Friuli Venezia Giulia – ha precisato Claudio 
    Villalta – è uno degli enti che ha partecipato al primo interconfronto 
    nazionale sulla misura della concentrazione di attività di radon con metodi 
    passivi e i risultati hanno dimostrato che la metodologia di misurazione è 
    una delle migliori d’Italia».  
    L’OBIETTIVO «La fase di monitoraggio dovrà essere completata in 6–8 mesi» ha 
    detto Moretton ai tecnici dell’Arpa. Una volta conclusa la rilevazione sulle 
    abitazioni, «Avremo a disposizione tutti i dati per la predisposizione di un 
    disegno di legge con la mappa del rischio e le indicazioni ai Comuni delle 
    norme da inserire nei regolamenti edilizi per ridurre e se possibile 
    eliminare il pericolo radon». Una volta completata la classificazione la 
    Regione pubblicherà sul Bur l’elenco dei comuni a rischio che sarà il 
    presupposto, anche per le amministrazioni locali, per intervenire nei piani 
    urbanistici e per regolarsi con le nuove concessioni edilizie.  
    I CITTADINI Ogni residente delle abitazioni analizzate riceve una lettera 
    che contiene i risultati, i numeri per contattare l’Arpa e richiedere 
    eventualmente un sopralluogo, una pubblicazione con le linee guida da 
    seguire. «Spesso è possibile risolvere il problema con un intervento che non 
    costa più di 1000–1500 euro – spiega Concettina Giovani – anche se c’è, è 
    bene che si sappia, chi chiede cifre astronomiche, 60–100 mila euro». Non 
    sempre aerare i locali è il metodo giusto per tenere lontano il pericolo 
    radon. «D’estate tenere le finestre aperte può andar bene – dice Giovani – 
    ma d’inverno può addirittura essere controproducente perché ciò che fa 
    alzare il livello del gas è lo sbalzo di pressione». Chi vive in una zona a 
    rischio, ma non è rientrato nella campagna di monitoraggio, può richiedere i 
    dosatori direttamente a casa. Il costo del materiale e la spedizione, è a 
    carico del cittadino: 70 euro più iva.  
    m. mi.   | 
  
 
 
 
IL PICCOLO - 
LUNEDI', 22 ottobre 2007
 
 
  
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    Belci: «La città non sprechi 
    la chance Arvedi per la Ferriera»  | 
  
  
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    Secondo il 
    sindacalista Cgil «è esplicito l’impegno a trovare una produzione 
    compatibile con l’ambiente». Metz: «Regione ambigua»  
    
    «Se la città spreca questa 
    occasione deve essere consapevole del fatto che non ne avrà altre». Così il 
    segretario provinciale della Cgil Franco Belci invita a riconsiderare la 
    vicenda Ferriera alla luce delle dichiarazioni rese sabato da Giovanni 
    Arvedi. L’industriale dell’acciaio ha riconfermato l’interesse del proprio 
    gruppo a investire su Trieste, malgrado le trattative con Lucchini siano al 
    momento interrotte. «Siamo interessati alla Ferriera ma prima vogliamo 
    chiarezza», ha ribadito Arvedi dicendosi in attesa di un chiarimento sul 
    fronte ambientale «per avere parametri certi di funzionamento», posti come 
    «condizione inderogabile». 
    Belci dunque osserva come «l’impegno di Arvedi a trovare una produzione 
    compatibile con l’ambiente è esplicito». E allora «tutto ciò non elimina 
    certo la gravità dei dati» sulle emissioni, «ma deve portare a un 
    chiarimento». Perché «un conto è battersi per la chiusura della Ferriera, un 
    conto è costringere Lucchini a lasciare ad Arvedi uno stabilimento che 
    rientra nei parametri di compatibilità con l’ambiente». Per Belci «è il 
    momento di decidere cosa fare del futuro industriale della città. È 
    difficile, ma l’ideale sarebbe trovare una modalità di trattativa tra 
    venditore e acquirente in cui l’amministrazione cittadina entrasse senza 
    certo alterare domanda e offerta, ma dando uno sfondo di politica 
    industriale e di politica dell’ambiente». 
    Sull’argomento si registra anche un intervento di Alessandro Metz, 
    consigliere regionale dei Verdi, che in una nota precisa che «finalmente un 
    po’ di chiarezza stia arrivando in merito ai dati di inquinamento della 
    Ferriera di Servola, l’Arpa conferma gli sforamenti anche nel mese di 
    settembre e della prima parte di ottobre, e adesso aspettiamo quelli del 
    Cigra». 
    Metz attacca la Regione, «e nella fattispecie l’Assessore all’Ambiente 
    Moretton, ma con il concorso del Presidente Illy e dell’Assessore al lavoro 
    Cosolini, sta continuando a mantenere un’ambiguità che rappresenta il vero 
    punto interrogativo della vicenda, non è più il tempo della difesa ad 
    oltranza dell’industria, di questa industria, e di un imprenditore che ha 
    dimostrato di saper fare carta straccia di qualsiasi accordo e disatteso 
    qualsiasi impegno o prescrizione. Questo è il momento di decisioni serie 
    capaci di rispondere alla tutela della salute dei cittadini, della tutela 
    ambientale e del diritto al reddito dei lavoratori della Ferriera». 
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    Gas radon, pronta la mappa 
    Raccolti dati su 2500 case - Oggi la presentazione  | 
  
  
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    PORDENONE E’ pronta la mappa del 
    radon in Friuli Venezia Giulia. Una cartografia che indicherà per la prima 
    volta, in modo completo, le cosiddette Radon pron areas (Rpa), zone del 
    Friuli Venezia Giulia in cui è probabile la presenza di elevate 
    concentrazioni del radioisotopo radon. La presenterà oggi a Pordenone 
    l’assessore all’Ambiente Gianfranco Moretton che illustrerà i risultati di 
    uno studio durato un anno e mezzo. «Grazie al lavoro di 1500 volontari della 
    protezione civile – spiega – e alla sinergia tra loro e l’Agenzia regionale 
    per la protezione dell’ambiente, è stato possibile campionare 2500 
    abitazioni scelte in base a studi statistici sulla rappresentatività delle 
    aree». Il problema radon è noto da alcuni anni e l’Inail stessa, prima della 
    campagna regionale aveva lanciato l’allarme per la presenza del gas 
    radioattivo naturale, in Friuli Venezia Giulia, in concentrazioni più 
    elevate rispetto alla media nazionale. Prodotto dal decadimento dell’uranio 
    il radon è considerato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità causa 
    principale del tumore polmonare dopo il fumo. Il Friuli Venezia Giulia con 
    96 Bequerel per metro cubo, si situa tra le regioni con la più alta 
    concentrazione media di gas radon. La nocività del gas sta nel fatto che una 
    parte dei prodotti di decadimento del radon si attacca a polvere, fumo e 
    vapore e può dunque essere inalata. Ma mentre in ambienti aperti la 
    concentrazione del gas non raggiunge mai livelli pericolosi (essendo 
    normalmente inferiore a 30 Bq/m3), nei luoghi chiusi (abitazioni, scuole, 
    ambienti di lavoro) può raggiungere valori elevati potenzialmente dannosi 
    per la salute. Da qui la scelta di un rilevamento massiccio nelle 
    abitazioni. La fase di campionatura è iniziata a settembre 2005 e proseguita 
    fino a marzo 2007.   | 
  
 
 
 
IL PICCOLO - 
DOMENICA, 21 ottobre 2007
 
 
  
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    Arvedi: «La 
    Ferriera ci interessa ancora»  - «Crediamo nella produzione ma 
    aspettiamo di avere dati certi sulla situazione ambientale»  | 
  
  
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    Intanto il 
    centrodestra in Provincia presenta una mozione di sfiducia per l’assessore 
    Barduzzi: «Non fa che criticare il sindaco»   | 
  
  
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    Per la 
    manifestazione dei comitati di martedì si mobilitano anche i «Grillo boys» 
    regionali  | 
  
  
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    Il Gruppo Arvedi, nonostante le 
    trattative interrotte, è sempre interessato ad acquisire la Ferriera di 
    Servola, ma non farà alcun passo fino a quando non sarà fatta chiarezza 
    sulla situazione ambientale. Lo ha detto lo stesso cavalier Giovanni Arvedi, 
    ospite ieri a Buttrio di una manifestazione della Danieli. Arvedi ha anche 
    detto che lo stabilimento siderurgico può avere ancora un ruolo e ha fatto 
    capire che il gruppo di Cremona ha un progetto per una svolta produttiva e 
    ambientale.  | 
  
  
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    «Non verremo a Trieste per fare 
    la guerra delle carte bollate, ma per avere parametri certi di 
    funzionamento. È una condizione inderogabile, altrimenti un imprenditore non 
    può investire. Non è possibile restare nel limbo». 
    Gentile, riservato, quasi schivo, modi di fare da gentleman vecchio stile, 
    l’imprenditore che è noto nel mondo dei produttori siderurgici come 
    «l’innovatore dell’acciaio che dà lezione ai tedeschi» (che per le sue 
    aziende a Cremona ha scelto il massimo rigore ambientale ed è anche 
    l’inventore di un sistema rivoluzionario con una macchina a ciclo continuo 
    in cui entra l’acciaio liquido ed esce in rotoli), spiega la posizione 
    dell’azienda di fronte all’attuale situazione della Ferriera. 
    «Certo che siamo interessati allo stabilimento di Servola – conferma Arvedi 
    – non bisogna dimenticare che siamo clienti della Ferriera e che crediamo 
    fortemente nella produzione dell’acciaio. Su questo lo stabilimento di 
    Servola credo possa avere un ruolo importante». Decisivo sarà l’ottenimento 
    dell’Aia, l’autorizzazione integrata ambientale che dovrebbe arrivare dalla 
    Regione alla conclusione della conferenza dei servizi. Un documento 
    essenziale per proseguire la produzione, atteso dalla Ferriera ma anche da 
    altre aziende della regione. 
    «Stiamo aspettando che si chiarisca la situazione dal punto di vista 
    ambientale – continua l’imprenditore – che dovrebbe sfociare con termini 
    chiari e parametri certi nell’Aia, l’Autorizzazione ambientale integrata, 
    che guarda al futuro dell’azienda. Siamo interessati alla Ferriera, ripeto, 
    ma prima vogliamo chiarezza. E credo sia giusto farla pensando anche ai 600 
    dipendenti». Il gruppo Arvedi ha fatto già tutte le valutazioni sullo 
    stabilimento e avrebbe anche un progetto per una svolta produttiva e 
    ambientale per Servola come è accaduto per Cremona. Da Giovanni Arvedi, in 
    questo caso, tuttavia nessuna conferma. 
    Intanto il centrodestra in Provincia ha presentato ieri la preannunciata 
    mozione di sfiducia per l’assessore all’Ambiente Ondina Barduzzi. «Si è 
    limitata a criticare pesantemente il sindaco - scrive il capogruppo di Fi 
    Claudio Grizon -, il quale può contare sulla solidarietà o collaborazione di 
    Azienda sanitaria, ministero dell’Ambiente, Arpa, Regione, pm Frezza, mentre 
    la Provincia continua a dimostrare scarso impegno sulla Ferriera». 
    Infine fa sentire la propria voce anche il Gruppo Beppe Grillo Trieste. I 
    «Grillo boys» hanno scelto di sostenere la battaglia dei comitati di 
    residenti a Servola. Martedì alle 17.30 in piazza Oberdan parteciperanno 
    alla manifestazione organizzata per chiedere la chiusura dello stabilimento. 
    L’evento, già ribattezzato «F-day», a richiamo del «Vaffa-day» voluto dal 
    comico genovese poche settimane fa, è stato pubblicizzato ieri con un 
    volantinaggio al centro commerciale «Torri d’Europa» e davanti ai cancelli 
    dello stadio Rocco. I supporter di Grillo hanno invitato a partecipare anche 
    i gruppi di Udine, Pordenone e Gorizia, per allargare la base della protesta 
    e far conoscere al maggior numero di persone «la pericolosità dello 
    stabilimento certificata dagli allarmanti dati del Cigra». Della 
    mobilitazione popolare è stato informato anche lo staff di Beppe Grillo. La 
    speranza dei supporter triestini è che il caso, vista la rilevanza 
    nazionale, possa trovare spazio nel blog del comico. 
    g.g.  | 
  
 
 
  
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    FERRIERA - 
    Bucci: «Potremmo dare voto negativo» - Il 30 ottobre determinante scadenza 
    per il rilascio dell’Autorizzazione integrata ambientale   | 
  
  
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    Il 30 ottobre sarà una data 
    importante per la Ferriera e per tutti gli enti chiamati a concedere (o no) 
    l’Autorizzazione integrata ambientale sulla scorta del decreto legislativo 
    18 febbraio 2005, numero 59, che dà questa competenza alla Regione la quale 
    agisce nell’ambito di una conferenza dei servizi. Comune, Provincia, Arpa, 
    Azienda sanitaria e Regione dovranno votare a maggioranza: se riterranno 
    soddisfatte le condizioni di qualità degli impianti ai fini della 
    salvaguardia ambientale (indicate in questi mesi con precise prescrizioni) 
    voteranno a favore. In questo caso l’autorizzazione così concessa 
    sostituirà, di fatto, ogni altra e specifica. 
    Dunque sarà un «via libera» che molti - il Comune in primo luogo che è fra i 
    massimi contestatori dell’inquinamento rilevato da Arpa e Cigra, ma anche i 
    comitati di cittadini e i sindacati - si chiedono se sia il caso di 
    concedere mentre si susseguono contese su benzene, benzoapirene e Pm10 
    nell’area esterna della fabbrica e mentre si citano all’interno, dove stanno 
    i lavoratori, 200 nanogrammi di benzoapirene per metro cubo (per l’ambiente 
    esterno il limite è uno) e si attendono i nuovi test dell’Apat. 
    «All’ultima riunione nessuna delle prescrizioni date era stata assolta - 
    dice l’assessore all’Ambiente, Maurizio Bucci, l’altro giorno in Regione in 
    pubblica «lite» con la Lucchini sulla postazione delle centraline -, e 
    dubito fortemente che in un mese sia stato possibile portare a termine tanti 
    lavori». 
    Bucci afferma anche che in sede di votazione il parere del Comune è talmente 
    decisivo che col suo eventuale voto contrario viene a cadere il peso degli 
    altri e la palla passa direttamente alla Regione: «In quel caso sarà da sola 
    a prendersi ogni responsabilità». Le regole per ottenere l’autorizzazione 
    integrata ambientale impongono «valori limite di emissione fissati per le 
    sostanze inquinanti» e «un livello elevato di protezione dell’ambiente nel 
    suo complesso». Sotto inchiesta la cokeria, l’impianto di produzione di 
    ghisa, l’impianto di lavorazione dei metalli. Ma la Ferriera sta appunto 
    contestando la legittimità della «lettura dati» come significativa per 
    «l’ambiente nel suo complesso» e minaccia altre cause. Bucci esplode: «È 
    vergognoso che un’azienda privata faccia intimidazioni a un sindaco 
    nell’espletamento della sue funzioni istituzionali, è terrorismo, allora noi 
    dovremmo accusarli di strage?». 
    Dipiazza ha deciso di sollecitare i dati del Cigra e poi, in caso di 
    sforamenti ancora una volta accertati, di chiamare in Municipio Regione, 
    Provincia e Azienda sanitaria affinché firmino una propria soluzione o 
    proposta. Dipiazza sarà per la chiusura.  
    Bucci ancora ricorda che esiste un accordo firmato tra tutte le 
    amministrazioni col ministero per la dismissione dell’attività nel 2009, 
    «che la giunta regionale ha unilateralmente abolito senza coinvolgere gli 
    altri attori»: «Perché mai, con questo protocollo ancora per aria e in fase 
    di vendita la Lucchini dovrebbe aver serio interesse a investimenti?» 
    conclude l’assessore. Intanto martedì i comitati di cittadini e alcune forze 
    politiche protesteranno sotto la Regione affinché l’autorizzazione, il 30, 
    non sia concessa. 
    g. z.   | 
  
 
 
IL PICCOLO - 
SABATO, 20 ottobre 2007 
 
 
  
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    L’Arpa: nuovi 
    sforamenti alla Ferriera  - Il sindaco: «Voglio aspettare anche gli 
    ultimi dati delle analisi del Cigra»   | 
  
  
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    Lucchini: 
    monitoraggio biologico sui lavoratori da novembre. Polemica sui dati 
    
    Riunione 
    dell’unità di crisi in Regione: ancora fuori limite il benzoapirene. Patussi 
    (Ass): nello stabilimento esami con valori troppo tolleranti 
     
    
    L’Arpa ha certificato ieri al 
    «tavolo di crisi» sulla Ferriera in Regione gli sforamenti di Pm10, benzene 
    e benzoapirene a Servola fino al 17 ottobre: quest’ultima sostanza (il 
    limite è di un nanogrammo per metro cubo di aria) ha toccato i 40 nanogrammi 
    a luglio attestandosi su una media del periodo di 5,6. Benzene a 14,4 con un 
    limite di 8. L’affollatissima riunione ha visto lo scontro diretto tra 
    Comune e Lucchini. L’Azienda sanitaria ha esplicitato le esposizioni dei 
    lavoratori: nel 2006 oltre 200 nanogrammi di benzoapirene nella fabbrica.  | 
  
  
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    Sotto la regia ordinata di 
    Roberto Della Torre, direttore dell’Ambiente in Regione, si è tuttavia 
    manifestato il grande disordine che attornia il problema. Il sindaco 
    Dipiazza (ieri rappresentato dall’assessore) annuncia intanto una riunione 
    da lui stesso convocata per i prossimi giorni, quando avrà a disposizione 
    anche gli ultimi dati del Cigra: «Farò mettere a verbale le decisioni che 
    ciascuno degli enti intende prendere, la mia proposta è già nota». Ma ieri 
    non è stata annunciata la chiusura dell’azienda. 
    Troppe cose premono. La Lucchini, rappresentata dal direttore Francesco 
    Rosato, dal consulente Gianfranco Fruttuoso e dal responsabile ambiente 
    Vincenzo D’Auria ha tentato di delegittimare la postazione e le analisi 
    della centralina a Servola stazione, chiedendo: «Ma quanti abitanti ci sono 
    in quel punto? Se una centralina sfora si può dedurne che Servola corre 
    rischio di salute? È una centralina adatta a misurare la qualità 
    dell’aria?». Bucci ha chiesto all’intero tavolo di pronunciarsi sulla 
    legittima postazione della centralina dell’Arpa, che è poi la stessa dell’Apat 
    nazionale e del Cigra, quella che l’Azienda contesta anche legalmente, e ha 
    chiesto che fosse messo a verbale. Provincia e Azienda sanitaria hanno 
    giurato: «Mi fido». L’Arpa, con una sorta di esplicita meraviglia da parte 
    del direttore tecnico-scientifico Gianni Menchini e del direttore di Trieste 
    Stelio Vatta ha dovuto garantire per se stessa, poggiandosi anche sul fatto 
    che l’Apat si è messa contigua coi suoi laboratori. 
    E Bucci ha rincarato: «E se davanti alla centralina ci fosse anche una sola 
    persona? Il suolo comunale è tutto pubblico». Mentre l’Azienda sanitaria, 
    con la responsabile del Dipartimento prevenzione Marina Brana e il direttore 
    del servizio Sicurezza negli ambienti di lavoro Valentino Patussi dopo aver 
    enunciato le numerose azioni di diffida sulla salute pubblica già inviate 
    all’amministrazione comunale ha umanizzato il discorso: «Nell’arco fra due 
    centraline vivono 500 mila persone». E dai sindacati si è levata una voce: 
    «E i lavoratori sono cittadini anche loro, o no?». Risposta: «Pensiamo 
    all’accumulo di sostanze nel loro corpo se lavorano nella Ferriera e poi 
    vanno a dormire a San Lorenzo in Servola...». 
    E qui è partito l’ennesimo filone del problema. L’Azienda sanitaria ha 
    annunciato l’imminente varo di una indagine sui tumori nei residenti del 
    terzo distretto sanitario in cui Servola ricade, e l’avvio dell’indagine 
    sull’accumulo di diossine nei lavoratori del reparto di agglomerazione. Il 
    24 ottobre terrà l’ultima riunione con sindacati, Lucchini e Inail (ma ieri 
    sono stati invitati anche Arpa e Regione) per dare partenza a questo lavoro 
    che si sta costruendo già dal 2005. E a questo punto Patussi si è rivolto 
    direttamente alla Lucchini: «Limiti sul benzoapirene per i lavoratori in 
    Italia non ce ne sono, ma voi avete scelto un parametro estero tra i 
    peggiori, per cui se nel 2002 il limite interno era fissato a 20 nanogrammi 
    per metro cubo, nel 2006 l’avete portato a 200, e noi abbiamo rilevato 
    sforamenti nell’88 per cento dei casi». 
    La Lucchini a questo punto ha rivelato in anticipo ciò che avrebbe inteso 
    dire solo il 24, all’altro tavolo. «Abbiamo deciso di fare d’ora in poi 
    riferimento al limite di un nanogrammo, nella cokeria creeremo dieci centri 
    ambientali con strumenti del Cnr, con filtri da otto ore, e avvieremo il 
    monitoraggio biologico entro la terza settimana di novembre». 
    Intanto Della Torre dava i «compiti a casa» per la prossima riunione, tenuto 
    conto che la Regione ha anche citato l’impossibilità di distinguere in una 
    determinata area l’attribuzione dell’inquinamento e l’imprecisione delle 
    leggi. E si è richiamata alla necessità di redigere un piano dell’aria 
    complessivo. L’Arpa dunque come compito aggiuntivo dovrà dimostrare 
    l’utilità di avere più centraline e certificare che le analisi del Cigra 
    sono compatibili con le proprie. Alla Lucchini è stato chiesto - su 
    richiesta dell’Arpa stessa - documentazione sui livelli di produzione da 
    gennaio a oggi. 
    Ma intanto (ennesimo filone) si è discusso anche del 30 ottobre, quando 
    tutti si ritroveranno per decidere o meno la concessione della 
    Autorizzazione integrata ambientale, che impone all’azienda di dimostrare 
    l’uso della migliore tecnologia sul mercato. A causa di questo snodo, che 
    però non incide sul resto, il «tavolo di crisi» regionale ha rimandato 
    comunque l’appuntamento all’8 novembre.  
    
    Gabriella Ziani  | 
  
 
 
  
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    FERRIERA - La 
    proprietà a Dipiazza: «Se il suo allarmismo ci danneggia potremmo ricorrere 
    a azioni legali»  | 
  
  
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    Il direttore dello 
    stabilimento di Servola invia una lettera al primo cittadinoFrancesco 
    Rosato, direttore della Ferriera e consigliere delegato della «Servola spa», 
    ha inviato ieri una lettera al sindaco Roberto Dipiazza. Rosato richiama 
    nella missiva il primo cittadino al corretto esercizio dei poteri e a una 
    lettura dei dati raccolti a Servola sul benzoapirene, conforme alle leggi. 
    La lettera è pacata nella forma, ma il suo contenuto non lascia spazio alle 
    divagazioni e alle interpretazioni. La «Servola spa» infatti scrive al 
    sindaco: «Dobbiamo invitarLa al rispetto dei nostri diritti e ugualmente 
    delle normative vigenti, avvisandoLa che ci riserviamo ogni azione legale, 
    in ogni sede, a tutela nostra e dei nostri dipendenti, anche con riferimento 
    ai danni che sono stati o potranno essere ingiustamente procurati». 
    I «danni» sono quelli che, secondo la «Servola spa», sono stati procurati 
    dalle dichiarazioni del sindaco che più volte ha affermato pubblicamente che 
    se i dati sul benzoapirene dovesse essere confermati anche per agosto e 
    settembre, avrebbe firmato l’ordinanza di chiusura dello stabilimento. 
    Nella lettera si fa riferimento all’«interruzione delle trattative fra 
    Lucchini spa e Gruppo Arvedi motivata proprio dalla situazione di 
    ingiustificato allarmismo in merito alla situazione ambientale che sarebbe 
    determinata dalla Ferriera. Già il 24 luglio avevamo rappresentato il 
    rischio che tale operazione potesse essere compromessa dalla diffusione di 
    manifestazioni di volontà di chiusura dello stabilimento, non adeguatamente 
    supportate sul piano scientifico, ma ciò nonostante da Lei costantemente 
    ripetute, in più occasioni, anche con toni gravemente diffamatori, che hanno 
    creato pesanti disagi all’impresa e ai suoi dipendenti, nonché allarme nella 
    popolazione». 
    La lettera sottolinea inoltre che i dati raccolti finora dal Cigra a Servola 
    non sono rilevanti. La centralina non è del tipo previsto dalla legge 
    entrata in vigore in settembre, mentre quella attivata da poco dall’Arpa è 
    conforme al nuovo provvedimento ma non rispetta i criteri di legge per il 
    posizionamento. 
    La «Servola spa» nella stessa missiva, conferma la propria volontà di 
    collaborare con la pubblica amministrazione «in tutte le sedi opportune. È 
    nostra intenzione continuare a svolgere seriamente la nostra attività 
    produttiva a Trieste, con le benefiche ricadute occupazionali ed economiche 
    che riteniamo ciò comporti». 
    
    Claudio Ernè  | 
  
 
  
  
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    FERRIERA - 
    Martedì alle 15.30 manifestazione pro chiusura  | 
  
  
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    I «Grillo boys» scendono in 
    campo per difendere il diritto alla salute degli abitanti di Servola. Anche 
    loro, infatti, parteciperanno alla manifestazione per chiedere la chiusura 
    della Ferriera che si terrà martedì prossimo alle 15.30 sotto il palazzo 
    della Regione. L’appuntamento, organizzato dal Gruppo Beppe Grillo Trieste e 
    dai comitati di residenti, verrà presentato questa mattina alle 10 sotto il 
    palazzo del consiglio regionale.  | 
  
 
 
  
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    FERRIERA - 
    Sulle centraline c’è ancora confusione  - I sindacati ne chiedono il 
    più possibile, la Direzione ambientale ne vuole poche ma definitive  | 
  
  
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    Luca Visentini (Uil): «Per noi 
    più centraline ci sono a Servola e meglio è». Della Torre, direttore 
    regionale: «Troppe centraline fanno confusione». Lucchini: «Quanti abitanti 
    ci stanno dietro?». Patussi, medico della prevenzione: «Dietro ci sono 
    case». Bucci, assessore comunale: «La qualità della vita dipende forse dalla 
    quantità di persone? A me basta anche una centralina». Ecco un pezzo di 
    conversazione ieri alla Direzione regionale Ambiente, dove la riunione è 
    stata aperta con una lettera inviata dal procuratore capo di Trieste, Nicola 
    Maria Pace, dato che la Procura è parte integrante di questa battaglia sulla 
    Ferriera.  
    Già il pm Frezza, che aveva ordinato al Cigra universitario le analisi che 
    poi hanno suscitato grandissimo scalpore, l’aveva detto che i magistrati non 
    possono prender parte a riunioni amministrative. E Pace ha mandato il 
    messaggio ufficiale, spiegando che la segretezza insita nelle indagini in 
    corso impedisce la presenza di magistrati, disponibili comunque sempre a 
    fornire «ogni possibile informazione e collaborazione». 
    Di fatto però gli esperti universitari del Cigra ieri non si sono visti, e 
    il loro lavoro è stato solamente evocato. «Sono integrabili le analisi 
    dell’Arpa, dell’Apat e del Cigra?» è stato chiesto all’Arpa, che aveva 
    appena esposto le analisi di settembre e ottobre con sforamenti dei limiti. 
    «Arpa e Apat sì» ha risposto il direttore Stelio Vatta. «E quelle del Cigra?». 
    «Quelle non so». 
    Su questi crinali, interrotti nei giorni scorsi solo dalle terremotanti 
    decisioni del sindaco di far chiudere la Ferriera, si sono per la seconda 
    volta misurati ieri Comune, Provincia, Regione, Azienda sanitaria, sindacati 
    provinciali e Rsu della Ferriera, rappresentanti degli industriali.  
    A latere ci sono indagini della magistratura e ricorsi al Tar. E il 
    calendario delle successive riunioni plenarie è già saturo: 24 e 30 ottobre 
    e 8 novembre.  
    g. z.  | 
  
 
 
  
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    Parcheggi a 
    San Vito, emendamento per i posti a rotazione - Il piano prevede solo la 
    vendita  | 
  
  
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    Emendamento in consiglio 
    comunale al Piano parcheggi per favorire i posti a rotazione nelle erigende 
    strutture di Largo papa Giovanni e di via Tigor, che complessivamente 
    forniranno circa 200 posti macchina, destinati alla vendita tramite project 
    financing.  
    L’emendamento che verrà presentato mercoledì prossimo dal consigliere 
    comunale Emiliano Edera (Lista Rovis) è la risposta ad una richiesta 
    arrivata da più parti. «Sono entusiasta per il previsto parcheggio di Largo 
    Papa Giovanni, destinato a lenire una fame di posti macchina che è cronica- 
    dice l’amministratore delegato della Casa di cura Salus, Guglielmo Danelon 
    -. Chiedo però al Comune di lasciare almeno una parte dei nuovi posti che si 
    creeranno alla rotazione, e non di destinarli tutti alla vendita, come 
    sembrerebbe deciso». 
    Danelon per perorare questa causa si è già recato più volte in municipio. 
    Una richiesta simile riguarda da vicino anche la Biblioteca Civica e 
    l’Università Vecchia, con i dipartimenti di lettere e psicologia, il museo 
    Sartorio, eccetera. Tutti presidi questi attorno ai quali orbitano ogni 
    giorno centinaia e centinaia di persone che prima di trovare un punto dove 
    lasciare l’auto sono costrette a lunghe gimcane. La creazione del parcheggio 
    di Largo Papa Giovanni con entrata sulla via Santi Martiri, che consterà di 
    116 posti macchina dipartiti su 4 piani interrati, potrebbe infatti 
    alleviare la crisi imperante dei posti auto. 
    Specialmente se si considera che non lontano, in via Tigor-Cereria, è 
    previsto un altro parcheggio di 3 piani (su pastini) per globali 75 posti 
    macchina. Purtroppo però, spiega il consigliere Emiliano Edera , il Piano 
    parcheggi che verrà discusso in consiglio comunale parla di parcheggi 
    «pertinenziali». Ossia posti macchina da vendere ai residenti. E dunque per 
    le numerose istituzioni della zona c’è il rischio che non resti nulla. «Per 
    questo motivo - chiarisce ancora Edera - presenterò un emendamento al Piano 
    parcheggi nel quale chiedo che almeno il 30% dei circa 200 stalli che si 
    creeranno, venga lasciato per la rotazione. Non bisogna dimenticare che nel 
    quartiere c’è un grande movimento di persone e che la caccia al parcheggio è 
    sempre più disperata». 
    d.c.  | 
  
 
 
  
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    Tav, fra un 
    mese forse il tracciato - Incontro Sonego-sindaci   | 
  
  
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    TRIESTE Decisione rinviata di un 
    mese. Un altro passo avanti nell’incontro di ieri pomeriggio tra gli 
    amministratori della bassa friulana e l’assessore regionale Lodovico Sonego, 
    ma non abbastanza lungo per indurre le parti a raggiungere l’intesa. Le 
    ipotesi di tracciato su cui ragionare si sono di molto ridotte ma esistono 
    ancora delle resistenze che andranno limate. Resta la totale contrarietà del 
    sindaco di Porpetto, Cecilia Shiff, l’unica ad aver posto un veto sull’opera 
    ritenendola troppo impattante per il proprio comune.  
    Prosegue il dialogo con l’amministrazione di Villa Vicentina, altra spina 
    nel fianco per l’assessore, che pur avendo riconosciuto nelle nuove 
    soluzioni presentate dai tecnici dei forti miglioramenti rispetto al 
    tracciato storico, non scioglie le riserve su quella che sarà la sua 
    posizione. «Non è detto che voteremo a favore. Perché mancano le risposte ai 
    quesiti iniziali (primo tra tutti perché si fa l’opera), domande che 
    continuerò a porre». C’è anche chi, come il sindaco di Torviscosa, vorrebbe 
    riabilitare il tracciato storico, ma in linea di massima le opposizioni più 
    radicali sono state smussate. I tecnici tuttavia non possono ancora dormire 
    sonni tranquilli. Dovranno continuare a lavorare, incontrando anche i 
    singoli amministratori, per appianare le resistenze e cercare di arrivare ad 
    un tracciato che sia il più vicino alle esigenze dei comuni. Naturalmente 
    non potrà accontentare tutti e questo le amministrazioni, così come la 
    Regione, lo sanno. La realizzazione della linea ad alta capacità non è e non 
    sarà, però, in discussione. E a pungolare l’assessore Sonego non sono solo i 
    comuni. Rifondazione comunista ha presentato un’interrogazione a risposta 
    immediata – a firma di Kristian Franzil e Igor Kocijancic – nella quale 
    chiede se la giunta intenda revocare la procedura della legge Obiettivo, se 
    ritenga adeguato il metodo indicato per la Via e se abbia certezza dei 
    finanziamenti della Trieste-Divaccia.  | 
  
 
 
  
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    Caso cementificio I Verdi 
    bocciano il progetto bis: «È insostenibile» - «La giunta ha già detto no»
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    TRIESTE Perplessità sull’ipotesi 
    che il gruppo Grigolin presenti un nuovo progetto per un cemetificio 
    Torviscosa è stata espressa dal consigliere regionale dei Verdi Alessandro 
    Metz. «Alla Cementi Nord-Est - ha affermato Metz - non possiamo che 
    ricordare che la giunta regionale con delibera 1469 del 14 giugno scorso ha 
    tassativamente respinto il progetto non ritenendolo compatibile con 
    l'ambiente». Metz, inoltre, ha ricordato che «sono scesi in piazza migliaia 
    di cittadini per gridare un secco no a ulteriori progetti di sviluppo 
    industriale altamente impattante, in un'area storicamente abusata e 
    violentata da un inquinamento diffuso dell'aria, dell'acqua e del suolo».
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    La Ue alla 
    Slovenia: fuori controllo la qualità dell’aria - Aperta una procedura 
    d’infrazione   | 
  
  
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    LUBIANA Sotto accusa la qualità 
    dell’aria in Slovenia. La Commissione europea ha aperto una procedura di 
    infrazione per la violazione delle normative comunitarie sulla qualità 
    dell'aria. A superare i limiti stabiliti sono le concentrazioni nell'aria di 
    biossido di zolfo (So2), un inquinante prodotto dalle installazioni 
    industriali che può causare problemi respiratori ed aggravare le malattie 
    cardiovascolari. L’esecutivo comunitario ha chiesto informazioni sulle 
    misure che si stanno attuando per ridurre i livelli di particolato Pm10 
    (polveri sottili)per rispettare gli standard europei. La procedura 
    d’infrazione riguarda anche Italia, Francia, Spagna, Gran Bretagna.  | 
  
 
 
 
IL NUOVO - 
VENERDI', 19 ottobre 2007 
 
    
Dalla Val Rosandra al Carso: Scarpe&Cervello 2007 
- escursioni, convegni e appuntamenti per conoscere meglio, insieme a 
Legambiente, il territorio in cui viviamo. La prossima uscita e' domenica 20 
ottobre con partenza da Bagnoli-Boljunec 
(
 
527KB) 
 
 
 
IL PICCOLO - 
VENERDI', 19 ottobre 2007 
 
 
  
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    Ferriera, oggi i dati sulle 
    emissioni di settembre - L’Arpa renderà note le sue rilevazioni al tavolo 
    allestito in Regione con l’assessore Moretton  | 
  
  
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    I dati sulle emissioni della 
    Ferriera nel mese di settembre potrebbero essere comunicati dall’Arpa oggi, 
    nel corso della seconda riunione del tavolo voluto dall’assessore regionale 
    all’Ambiente Gianfranco Moretton per disporre costantemente di un quadro 
    aggiornato della situazione attraverso un confronto tra enti locali, 
    responsabili sanitari e proprietà dell’azienda. 
    Secondo indiscrezioni trapelate ieri pomeriggio, l’Arpa sta infatti 
    completando l’elaborazione delle rilevazioni effettuate in settembre nella 
    zona dello stabilimento siderurgico, per cui potrebbe essere in grado di 
    portare i risultati alla riunione di oggi. 
    Se le misurazioni degli inquinanti dovessero confermare quelle relative a 
    luglio e ad agosto, si aprirebbe un confronto molto delicato. 
    Il sindaco Dipiazza, che nel caso fossero disponibili i nuovi dati potrebbe 
    essere presente all’incontro di oggi, ha ripetutamente dichiarato di voler 
    attendere queste rilevazioni solo per un eccesso di zelo. 
    Già in base ai dati di luglio e agosto, il primo cittadino è stato invitato 
    dal direttore dell’Azienda sanitaria Rotelli a prendere provvedimenti a 
    difesa della salute pubblica. 
    «Se i dati di settembre confermeranno quelli di luglio e agosto – ha 
    dichiarato nei giorni scorsi il sindaco – sono pronto a firmare l’ordinanza 
    di chiusura dello stabilimento». 
    La riunione odierna si profila quindi particolarmente importante, anche alla 
    luce del consiglio comunale straordinario sulla Ferriera, chiesto 
    dall’opposizione e fissato per lunedì 29 ottobre  | 
  
 
 
  
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    Tracciato della Tav, tre 
    ipotesi per l’intesa con la Bassa friulana - Oggi il nuovo incontro con i 
    sindaci   | 
  
  
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    TRIESTE Da 15 le ipotesi si sono 
    ridotte a tre. La soluzione per individuare un tracciato comune, della linea 
    ferroviaria ad alta capacità, sembra più vicina. La strada della 
    concertazione dà i primi frutti. Oggi si terrà un nuovo incontro tra 
    amministrazioni comunali della bassa friulana, assessore alla Viabilità 
    Lodovico Sonego, Rfi e tecnici nominati dalla varie parti, ma il clima è 
    molto più disteso rispetto a quello che si respirava quest’estate. Non 
    soltanto perché lo studio di più soluzioni alla fine ne ha individuate 
    alcune capaci di trovare consensi trasversali, ma anche perché la 
    concertazione con le amministrazioni ha permesso di superare alcune 
    criticità strettamente legate al singolo territorio. «Non so dire se sarà un 
    incontro risolutivo – dice Sonego –. Ogni volta però che discutiamo si fanno 
    importanti passi avanti. Ormai siamo arrivati a ragionare su due tre 
    soluzioni». Le ipotesi più drastiche, quelle a Nord e a Sud, sembrano essere 
    state abbandonate mentre prevale l’indicazione di mantenere la nuova linea 
    il più vicino possibile a quella esistente. Questo ridimensiona l’impatto 
    sui territori anche se ci sono dei nodi da sciogliere ancora. Uno di questi 
    è il tipo di collegamento tra Cervignano e Udine che diventa strategico per 
    il Friuli vista la presenza dell’interporto e le prospettive di sviluppo. I 
    rapporti più tesi, ovvero quelli con il comune di Villa Vicentina e Porpetto, 
    si sarebbero ammorbiditi grazie ad una soluzione di minor impatto per questi 
    territori, una soluzione che allontana il tracciato dai centri abitati 
    rispetto alla prima versione. E poi ci sono soluzioni strategiche innovative 
    come quella prevista per oltrepassare l’Isonzo. L’idea, condivisa 
    dall’amministrazione di Fiumicello, è quella di abbattere i due ponti 
    ferroviari esistenti e realizzarne uno unico in cui far passare entrambe le 
    direzioni della linea. Se in regione si accorciano le distanze politiche sul 
    corridoio V, a livello nazionale il dibattito resta acceso. «Per i 
    finanziamenti europei alle tratte transfrontaliere del Corridoio 5 bisogna 
    parlare di meno. E soprattutto sulla base di atti concreti» ha detto ieri 
    Roberto Musacchio, capogruppo di Rifondazione comunista al Parlamento 
    europeo. 
    m.mi.   | 
  
 
 
Piano parcheggi: il centro diventa 
una camera a gas
 
In questi giorni si sta discutendo 
il Piano parcheggi, fortemente voluto dall'assessore Bucci, nonostante la Grande 
Viabilità non sia completata e da sei anni la nostra città sia senza un Piano 
del traffico. Su quest'ultimoa tema i commenti si sprecano, alla luce della 
paradossale situazione verificatasi solo poche settimane fa che però non ha 
determinato una presa di coscienza da parte di Giunta e Sindaco sulla necessità 
di svelare i contenuti di uno strumento fondamentale per la mobilità urbana di 
una città come il Piano del Traffico, costato tra l'altro150 mila euro per la 
consulenza dell'ingegner Camus. Il citato Piano è rimasto nei cassetti e se ne 
discuterà, forse, nel 2008. A questo punto Bucci «rilancia» e annuncia 18 nuovi 
park sotterranei per 5.000 (cinquemila) posti macchina, per quella che 
l'assessore definisce, la «città dirigenziale». Una città in realtà sempre più 
povera, come testimoniano gli stessi poveri che sempre più spesso riempiono 
strade e piazze.
Come evidenzia l'indagine dell'Espresso di settembre, su 12 città italiane con 
più di 200.000 abitanti Trieste è al penultimo posto, solo Bari sta peggio di 
noi e la maglia nera per la nostra città è dovuta alle soluzioni attuate dalle 
giunte Dipiazza di questi anni per ridurre traffico e smog che invece hanno 
ottenuto l'effetto contrario. Bucci, invece di confrontarsi con i cittadini 
sulle scelte strategiche ha affermato che l'indagine non era veritiera. Se 
esaminiamo i documenti che accompagnano la delibera notiamo che al Capitolo 1 
sotto la voce Introduzione-Premessa sta scritto che «la quantità spesa alla 
ricerca di un parcheggio genera un traffico parassita, un innalzamento dei 
livelli di inquinamento atmosferico ed acustico ed un impoverimento della 
qualità urbana». Questo dovrebbe significare una volta per tutte lavorare per 
disincentivare l'uso della macchina in centro città, come il Sindaco ha 
affermato per anni e come Camus ha svolto secondo le indicazioni ricevute, ed 
intervenire in modo strutturale non solo sui parcheggi ma anche e soprattutto 
sul trasporto pubblico, sulle due ruote e sull'uso della bicicletta, così come 
stanno facendo molte città in Europa. Ovvero fare una proposta sui mezzi che i 
cittadini usano per raggiungere il centro.
Durante l'incontro-vetrina di due mesi fa quando l'assessore presentò il Piano 
parcheggi e annunciò che l'idea di «sotterrare» le macchine avvicina la nostra 
città a quella di New York che ha fatto la medesima scelta, ottenne un sicuro 
ritorno in termini di «appeal». Il Sindaco di Parigi invece ha lanciato il 
progetto Velib, ovvero il più importante esperimento di noleggio pubblico di 
biciclette del mondo. Partito nel luglio di quest'anno, prevede l'utilizzo di 
10.000 biciclette presso 750 stazioni di noleggio. A due mesi dall'inaugurazione 
un parigino su 5 ha usato Velib e l'8% per cento ne è un cliente abituale, 
quotidiani e settimanali ne parlano in continuazione e con questa proposta 
Bertrand Delanoe si presenta alle prossime elezioni mentre invece Bucci rischia 
di portare alle elezioni regionali del 2008 un'idea di città che diventa una 
camera a gas! Per rendere una città vivibile bisogna tenere in considerazione 
tutti coloro che usufruiscono della viabilità del centro urbano e non solo gli 
automobilisti. La città è fatta per essere vissuta e non soltanto per circolare.
Alfredo Racovelli - consigliere comunale dei Verdi per la pace
 
 
IL PICCOLO - 
GIOVEDI', 18 ottobre 2007 
 
 
  
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    Lucchini: da Arvedi nessuna 
    proposta sulla Ferriera - il 29 ottobre un Consiglio comunale straordinario  | 
  
  
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    La proprietà 
    bresciana conferma lo stop alle trattative per il possibile passaggio di 
    mano dello stabilimento   | 
  
  
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    Ma l’aula 
    municipale ascolterà in audizione mercoledì 24 il sindaco, che non potrà 
    essere presente alla seduta successiva  | 
  
  
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    Arvedi ha interrotto le 
    trattative con Lucchini per la Ferriera. La conferma a quanto anticipato 
    ieri dal Piccolo arriva dalla proprietà bresciana, che precisa che le 
    trattative erano state avviate a luglio su iniziativa del Gruppo Finarvedi. 
    Alla loro interruzione, recita una nota di Lucchini, «si è giunti in assenza 
    di proposte concrete da parte del potenziale acquirente».  
    La Lucchini - così la nota - perseguirà con rinnovata determinazione gli 
    obiettivi di consolidamento dell'assetto industriale e sviluppo delle 
    attività dello stabilimento, risanamento ambientale, miglioramento della 
    sicurezza e salute dei propri lavoratori «in coerenza col piano industriale 
    presentato al ministero dello Sviluppo economico nel luglio 2006» e con 
    quanto «discusso e ribadito al tavolo di concertazione promosso dalla 
    Regione». Dell’urgenza Ferriera si discuterà intanto in due sedute del 
    Consiglio comunale. Una riunione straordinaria dell’aula era stata richiesta 
    dall’opposizione la settimana scorsa, ed è stata fissata ieri dalla 
    conferenza dei capigruppo per lunedì 29 ottobre. Saranno invitati a 
    partecipare tutti i principali attori della vicenda, dalla Regione alla 
    Provincia, dall’Arpa alla Lucchini-Severstal e alle Rsu dello stabilimento. 
    Non ci sarà il sindaco Roberto Dipiazza, causa impegni già fissati per il 
    29. Il primo cittadino verrà dunque sentito in audizione nel consiglio 
    comunale di mercoledì prossimo, 24 ottobre. 
    Se il Consiglio è stato richiesto dall’opposizione, la stessa maggioranza 
    non ha posto obiezioni. «È opportuno che della situazione della Ferriera si 
    discuta ora che si è arrivati al punto di potere parlare seriamente, dato 
    che tutti convergono sull’obiettivo di risoluzione del nodo ambientale», è 
    il commento della capogruppo di An Alessia Rosolen. La quale però ancora una 
    volta si augura, all’approssimarsi della campagna per le regionali 2008, che 
    «la Ferriera non diventi il tormentone della vigilia elettorale». 
    Un’osservazione che il capogruppo diessino Fabio Omero rispedisce subito al 
    mittente notando che «il centrosinistra non ha mai usato la Ferriera come 
    clava: sono stati semmai Roberto Antonione (allora presidente della Regione, 
    ndr) e poi il sindaco a cavalcare la questione». Decisamente meno positiva, 
    intanto, la valutazione dell’opportunità di convocare il consiglio sulla 
    Ferriera da parte del capogruppo forzista Piero Camber: «La seduta non 
    servirà a nulla, perché chiudere lo stabilimento ormai è inevitabile». Omero 
    ribadisce innanzitutto la propria «preoccupazione per la salute dei 
    lavoratori dello stabilimento e dei cittadini» rammaricandosi per 
    l’interruzione della trattativa con Arvedi, che «nei suoi stabilimenti ha 
    dimostrato tutt’altra considerazione per lavoratori e ambiente, mentre 
    Lucchini non ha rispettato gli impegni».  
    E intanto il Cittadino Robero Decarli lancia l’allarme sui lavoratori dello 
    stabilimento e dell’indotto. Perché «se i dati sugli inquinanti fin qui 
    emersi venissero confermati la Ferriera andrà chiusa, ma che ne sarà dei 
    lavoratori - 500 dello stabilimento più quelli dell’indotto, certo oltre 
    mille persone in tutto - che si troveranno disoccupati?». Preoccupazioni non 
    condivise da Piero Camber: «A Trieste non mancano i soldi per la 
    realizzazione di grandi opere, le bonifiche e la piattaforma logistica per 
    citare. Per le prime ci sono decine di milioni a disposizione, la seconda 
    occuperà almeno 200 persone per tre anni. I lavoratori della Ferriera 
    possono trovare spazio in questi cantieri».  | 
  
 
 
  
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    FERRIERA - Assindustria: «Una 
    mossa attesa» Rovis: «Soluzioni per i lavoratori» - Reazioni unanimi alla 
    scelta del gruppo di Cremona   | 
  
  
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    «Comprendo la cautela dell’Arvedi. 
    Di fronte a un percorso avviato verso la chiusura, mostra una giusta 
    prudenza. Forse non le erano stati prospettati gli ingenti investimenti 
    necessari a contenere le emissioni. I dati sono peraltro allarmanti». 
    Paolo Rovis, assessore comunale all’economia, non si mostra sorpreso 
    dalla decisione del gruppo di Cremona di interrompre le trattative sulla 
    Ferriera. Sollecita invece a trovare soluzioni per i lavoratori: «Tavoli 
    regionali o nazionali devono prevedere ammortizzatori o percorsi per il 
    reimpiego, come corsi di formazione o l’avvio delle bonifiche, che da sole 
    garantirebbero alcuni anni di lavoro». 
    Nessuna sorpresa per l’interruzione del dialogo Arvedi-Lucchini anche nella 
    sede dell’Assindustria. «Nel quadro attuale – commenta il direttore Paolo 
    Battilana – era una mossa che ci si attendeva. E non ci saranno novità 
    finchè la situazione non verrà chiarita nei punti essenziali della 
    compatibilità ambientale e della possibilità che lo stabilimento possa 
    continuare ad operare. Non resta che attendere i risultati delle rilevazioni 
    in corso». 
    Pure sul fonte sindacale la possibilità che le trattative si interrompessero 
    era messa nel conto. «La cosa non ci sorprende, considerando quanto sta 
    succedendo attorno allo stabilimento – dichiara Antonio Saulle, 
    segretario provinciale della Fiom-Cgil –. Ora si pone la necessità di un 
    confronto con la Severstal, per capire come intendono precedre con il piano 
    industriale del 2006: se lo cambiano, lo confermano o cos’altro». Saulle si 
    rammarica comunque della sospensione delle trattative: «Il mancato acquisto 
    da parte di Arvedi – osserva – lascia lo stabilimento in una situazione in 
    cui manca quella verticalizzazione del prodotto che appunto Arvedi avrebbe 
    potuto dare. Non so comunque quali siano state le intenzioni di questa 
    azienda, perchè non abbiamo mai avuto alcun incontro». 
    «Avevamo già anticipato il timore che Arvedi potesse lasciare il tavolo 
    delle trattative – commenta a sua volta il segretario provinciale della Uilm,
    Enzo Timeo –. Se chi ora sta gioendo pensa di aver risolto il 
    problema della Ferriera e dei cittadini resterà deluso, perchè 
    Lucchini-Severstal finchè potrà continuerà ad usare lo stabilimento. Gli 
    attuali proprietari non chiuderanno infatti la Ferriera per questioni di 
    logica industriale, visto che rende almeno 50 milioni di euro l’anno». 
    Timeo sottolinea poi come ora Arvedi stia ad osservare cosa accade in città 
    e come si comportano le istituzioni: «A fare dichiarazioni di principio – 
    rileva – sono bravi tutti. Nessuno parla invece degli ammortizzatori sociali 
    da attivare nel caso di un’eventuale chiusura». E precisa che il sindacato 
    non rimarrà insensibile alle richieste del personale: «Abbiamo sempre 
    evitato – osserva – di fare da sponda sia all’azienda sia a una o all’altra 
    delle istituzioni, ma quando avreno la spinta all’intervento da parte dei 
    lavoratori non potremo far altro che intervenire». 
    Un invito a non chiudere il discorso con Arvedi viene dal fronte politico, 
    nella fattispecie dal segretario provinciale dei Ds Fabio Omero: «In 
    qualche modo il dialogo va proseguito – rimarca – perchè Arvedi ha la fama 
    di rispettare i parametri ambientali, mentre Lucchini in questi anni ha 
    dimostrato di non voler percorrere la strada del risanamento. Le istituzioni 
    devono quindi sollecitare la Lucchini a riaprire il dialogo». 
    Sull’aspetto ambientale fa leva anche Uberto Fortuna Drossi, 
    consigliere regionale dei Cittadini: «Il problema è che chiunque acquisti lo 
    stabilimento deve fare le opere necessarie perchè non sia inquinante. 
    Tappeto rosso quindi all’Arvedi se prevederà un intervento serio e radicale, 
    come sembra avesse intenzione di fare. Trieste vuole l’industria, ma pulita 
    e innovativa». 
    gi. pa.  | 
  
 
 
  
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    FERRIERA - Perplesso 
    l’assessore provinciale Godina: «Inopportuno dire che sia la città a dover 
    decidere»   | 
  
  
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    Walter Godina, assessore 
    provinciale allo sviluppo economico, dichiara di comprendere l’atteggiamento 
    dell’Arvedi, «posso capire – osserva – che l’azienda chieda certezze», ma si 
    mostra sorpreso per l’affermazione del gruppo di Cremona sul fatto che la 
    città deve chiedersi che tipo di stabilimento vuole. 
    «Mi sembra inopportuno – commenta – che ci venga detto decidete cosa si vuol 
    fare, proprio perchè stiamo decidendo, con tutti i passaggi che consentono 
    un’eventuale prosecuzione dell’attività della Ferriera, su basi certe anche 
    dal punto di vista ambientale». 
    Secondo Godina le istituzioni possono decidere, e quindi dare certezza agli 
    imprenditori, solo dopo che sono state chiarite le questioni ambientali e 
    della salute pubblica. «L’incertezza sulle emissioni – rileva – dura da 
    troppi anni: bisogna avere dati certi, una volta per tutte, per poter 
    garantire gli investimenti degli imprenditori, la salute dei cittadini e il 
    lavoro dei dipendenti».  | 
  
 
 
IL PICCOLO - 
MERCOLEDI', 17 ottobre 2007
 
 
  
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    Arvedi: stop alle trattative 
    per la Ferriera  - Il gruppo lombardo interessato all’acquisto ha 
    sospeso i contatti con la Lucchini. «Inutile fare progetti ora» 
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    «La città e le istituzioni 
    dicano se vogliono ancora uno stabilimento industriale» 
    
    Il sindaco 
    Dipiazza ribadisce di voler attendere i dati di settembre: «Chiamerò 
    sindacati e lavoratori e poi deciderò che fare» 
    
    Le trattative per la vendita 
    della Ferriera fra la Lucchini-Severstal e il gruppo Arvedi di Cremona, che 
    aveva avanzato l’intenzione di acquistare lo stabilimento di Servola, sono 
    completamente bloccate. Dopo le voci su un’interruzione del dialogo 
    circolate di recente e legate all’allarme ambientale per l’attività della 
    Ferriera, la notizia adesso è ufficiale. 
    A darla è la stessa Arvedi, i cui vertici aziendali non nascondono stupore e 
    perplessità per quanto si sta verificando. «Trieste deve dire che tipo di 
    stabilimento industriale vuole – dichiara un portavoce dell’Arvedi – e se 
    vuole ancora uno stabilimento industriale. E’ la città che deve dirlo – 
    rileva – e la domanda va fatta in particolare alle istituzioni. Devono farsi 
    un’idea precisa di cosa vogliono». 
    E a spiegare l’interruzione delle trattative la società cremonese aggiunge 
    che «di fronte a questi dubbi e alle situazioni sollevate, un’azienda non 
    può che stare completamente ferma. E’ inutile fare valutazioni, piani e 
    progetti». 
    L’interesse di Arvedi, che della Servola spa è uno dei principali clienti, 
    ad acquistare lo stabilimento era emerso prima dell’estate. Negli scorsi 
    mesi gruppi di tecnici del gruppo di Cremona, ma anche altri esperti, hanno 
    effettuato numerose valutazioni, con l’obiettivo di arrivare a un’offerta 
    all’inizio dell’autunno. 
    La proposta di acquisto, con tanto di prezzo, alla Lucchini-Severstal era 
    attesa in queste settimane. Le dichiarazioni riportate più sopra 
    ufficializzano invece una brusca interruzione delle trattative, che allo 
    stato delle cose non si sa se, e quando, riprenderanno. 
    Sul fronte istituzionale, intanto, il sindaco Dipiazza ribadisce di voler 
    attendere i dati di settembre sulle emissioni rilevate dal Cigra e 
    dall’Arpa. Il posizionamento di ulteriori centraline del Cigra nell’area di 
    Servola, deciso dal pm Frezza (ne riferiamo a fianco), non fa cambiare 
    l’atteggiamento del sindaco. 
    «Gli sforamenti nel mese di agosto – sottolinea Dipiazza – oltre che dal 
    Cigra sono stati registrati anche dall’Arpa. Nella lettera del 4 ottobre il 
    direttore dell’Azienda sanitaria Rotelli mi scrive che non è cambiato nulla 
    dopo le due ordinanze sulle emissioni che ho emanato nei mesi scorsi. Se i 
    dati di settembre confermeranno quelli di luglio e agosto, sono pronto a 
    firmare l’ordinanza di chiusura dello stabilimento». 
    Il primo cittadino ricorda poi che nella stessa lettera il direttore dell’Ass 
    lo ha invitato a prendere provvedimenti a tutela della salute pubblica. 
    «Solo per un eccesso di zelo ho deciso di attendere i dati di settembre – 
    rimarca Dipiazza – ma gli elementi per decidere ci sono già. Comunque, 
    quando avrà in mano i dati di settembre chiamerò istituzioni, sindacati e 
    lavoratori e si discuterà il da farsi». 
    gi. pa.  | 
  
 
 
  
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    FERRIERA- La Procura indica 
    un terzo sito per i test - Dirottata la centralina di via Fleming, verrà 
    spostata anche quella in via San Lorenzo in Selva   | 
  
  
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    Dall’Università a Servola, per 
    misurare in altri punti dell’abitato, le eventuali concentrazioni di 
    benzoapirene nell’aria. 
    La centralina del Cigra che dall’inizio dell’anno ha funzionato in via 
    Fleming per consentire un paragone tra questi dati e quelli raccolti 
    nell’area adiacente alla Ferriera, nelle prossime ore verrà spostata a 
    Servola. Sarà installata in una zona più lontana dalla cokeria di quella di 
    via San Lorenzo in Selva, oggi monitorata da tre centraline. Quella 
    originaria del Cigra, voluta dalla Procura; quella dell’Arpa, posizionata 
    dal Comune e quella inviata tre giorni fa dal Ministero dell’ambiente. I 
    dettagli del nuovo posizionamento sono stati stabiliti ieri il pm Federico 
    Frezza che ha firmato un decreto in cui vengono accolte alcune delle 
    osservazioni sollevate lunedì dai legali della Lucchini. 
    Il magistrato ha inoltre stabilito che entro il 22 ottobre anche la prima 
    centralina del Cigra, oggi posta in via San Lorenzo in Selva, sia spostata 
    in un’altra zona di Servola, meno prossima alla cokeria. In questa area 
    continuerà invece a operare il campionatore dell’Arpa. Le ragioni della 
    scelta della Procura sono chiare: «Si potrà così disporre dei dati di tre 
    campionatori del benzoapirene in tre diversi punti di Servola. In questo 
    modo si disporrà di una mappa altamente significativa delle immissioni dello 
    stabilimento e della loro dispersione nell’aria a seconda della distanza 
    dalla cokeria, dell’orografia e della direzione in cui soffiano i venti».
     
    Nel decreto firmato ieri il magistrato ribadisce che «era scontato i dati 
    raccolti nei primi mesi andavano implementati». Ricorda inoltre che più 
    volte è emerso «che i dati Cigra non consentono, visto l’esiguo numero di 
    campionamenti effettuati, di poter valutare correttamente il rischio 
    igienico sanitario per la popolazione». Da qui la scelta di aumentare i 
    punti di misura. 
    c.e.  | 
  
 
 
  
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    Ue: 30 milioni per la 
    Trieste-Divaccia  - Il progetto di valico ferroviario nelle priorità di 
    Bruxelles accanto ai piani per il nuovo Frejus e il tunnel del Brennero  | 
  
  
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    L’Italia ne aveva chiesti 90. 
    Di Pietro: «Non risulta una decisione sui finanziamenti» 
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    TRIESTE Trenta milioni per il 
    progetto definitivo della tratta Trieste-Divaccia. A circa un mese dalla 
    decisione ufficiale di Bruxelles le indiscrezioni sulle cifre destinate ai 
    progetti Tav e in particolare alle tratte di valico si moltiplicano. Per la 
    progettazione della Trieste-Divaccia in realtà erano stati richiesti oltre 
    90 milioni, ne dovrebbero arrivare solo 30, ma a livello locale c’è comunque 
    soddisfazione: il valico è nelle priorità Ue ed è accanto ai progetti del 
    nuovo Frejus e il tunnel del Brennero. 
    Le notizie anticipate ieri dal Sole 24 Ore e ripetutamente confermate a 
    livello locale in particolare dall’assessore regionale ai Trasporti, 
    Lodovico Sonego e dal direttore del segretariato tecnico del Corridoio 5 (ha 
    sede a Trieste), Giuseppe Razza, hanno comunque sollevato un polverone tra 
    Bruxelles e l’Italia per la fuga di indiscrezioni. «Quelle pubblicate sulla 
    stampa sono cifre false» ha dichiarato in tarda mattinata il portavoce Ue, 
    Michele Cercone rispondendo ai giornalisti che domandavano sui finanziamenti 
    per le reti transeuropee tra cui la Tav. «Smentisco ufficialmente quello che 
    è stato scritto – ha precisato poi il portavoce del commissario Ue ai 
    Trasporti, Jacques Barrot – il lavoro dei tecnici è ancora in corso», non 
    nascondendo una certa irritazione da parte di Bruxelles per la fuga di 
    notizie visto che la Commissione in teoria dovrebbe rendere note le 
    decisioni solo a metà-fine novembre. 
    Poche ore dopo ecco anche l’intervento piccato del ministro alle 
    Infrastruitture, Antonio Dipietro: «Da Bruxelles non è arrivato 
    assolutamente nulla. Smentisco che all’Italia siano arrivate decisioni da 
    parte dell’Ue sui finanziamenti delle linee transnazionali». 
    «Un polverone che irrita la Ue e che deve preoccupare anche l’Italia che si 
    mette nuovamente in cattiva luce», insiste il presidente della Commissione 
    trasporti del Parlamento europeo, Paolo Costa che (come spiega nell’articolo 
    a fianco) invita alla cautela anche perchè le cifre per l’Italia potrebbero 
    essere anche superiori a quelle indicate. 
    Il costo complessivo del progetto per la tratta transfrontaliera supera i 
    100 milioni e dovrà essere cofinanziato anche dall’Italia e dalla Slovenia. 
    per la costruzione di questa parte le stime parlano di un costo attorno ai 
    3,5 miliardi. Soddisfatto delle indiscrezioni, come detto, il direttore del 
    segretariato tecnico per il Corridoio 5, Razza, che fa sapere che sono 
    positive ed è un buon risultato di fronte alla collaborazione 
    transfrontaliera al progetto. 
    «Le indiscrezioni che filtrano da Bruxelles sono positive, confermano che la 
    Commissione Europea, come avevo già anticipato, crede molto nel collegamento 
    ferroviario del Corridoio V tra Italia e Slovenia» commenta l’assessore 
    Sonego confermando le notizie che giungerebbero alla Regione anche da altre 
    fonti e canali Ue. «Attendiamo le conferme finali – conclude – che 
    dovrebbero arrivare nel corso delle prossime settimane e poi al lavoro per 
    la Trieste-Divaccia che offrirà grandi vantaggi competitivi a tutta la 
    portualità del Friuli Venezia Giulia. La Commissione sembra orientata ad 
    assegnare 30 milioni per la progettazione, in questi tre anni il Corridoio 
    ha fatto passi da gigante. Non era nemmeno incluso nella programmazione 
    comunitaria, oggi si parla dei primi finanziamenti. Anche l’Italia dovrà 
    mettere mano alla borsa». 
    
    Giulio Garau  | 
  
 
 
IL PICCOLO - 
MARTEDI', 16 ottobre 2007
 
 
  
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    Ferriera e 
    smog, il pm ordina nuove indagini  - Dopo l’allerta inquinamento e le 
    richieste dell’azienda: un’altra centralina sarà attivata a Servola  | 
  
  
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    I primi dati 
    contestati dai legali dello stabilimento: la stazione di rilevamento del 
    Cigra verrà sistemata più distante dall’impianto  
    
    Una nuova centralina misurerà a 
    Servola su incarico della procura della Repubblica le emissioni di 
    benzoapirene e si affiancherà alle altre tre in funzione a pochissima 
    distanza l’una dall’altra. La nuova centralina sarà posizionata- nell’ambito 
    di un supplemento di indagine deciso dal pm Federico Frezza- in un punto 
    diverso e meno a ridosso dello stabilimento siderurgico. Finora l’unico 
    campionatore del «Cigra» a cui si sono aggiunti di recente quelli dell’Arpa 
    e del Ministero dell’ambiente, aveva funzionato tra via dei Giardini e via 
    San Lorenzo in Selva, a pochi metri dalla recinzione della ferriera. Aveva 
    raccolto risultati la cui lettura ha suscitato allarmate prese di posizione 
    politiche , amministrative e sindacali per i livelli raggiunti nell’aria dal 
    benzoapirene, un idrocarburo aromatico policiclico, giudicato «mutageno e 
    cangerogeno». 
    All’allarme sono seguite riunioni ai massimi livelli e il sindaco Roberto 
    Dipiazza ha più volte affermato che se i dati ancora parziali della 
    centralina raccolti negli ultimi mesi dovessero essere confermati dalle 
    analisi sui campioni di settembre, avrebbe bloccato l’attività dello 
    stabilimento per tutelare la salute della popolazione. 
    La decisione di posizionare una centralina del «Cigra» in un punto diverso 
    da quello di via dei Giardini, è stata assunta formalmente ieri dal pm 
    Federico Frezza nell’ambito dell’inchiesta in cui sono coinvolti Giuseppe 
    Lucchini, Giovanni Gillerio e Francesco Rosato, rispettivamente presidente e 
    amministratore della Servola spa, nonché il direttore dello stabilimento 
    Francesco Rosato. 
    Ieri il magistrato inquirente aveva incontrato per 90 minuti nel suo studio, 
    gli avvocati Giovanni Borgna e Michele Bontempi, da tempo difensori del 
    gruppo siderurgico bresciano. Alla riunione avevano partecipato l’ingegner 
    Giancarlo Fruttuoso, consulente della «Servola spa» e il direttore dello 
    stabilimento, indagato in questa inchiesta. L’istanza di riposizionare una 
    nuova centralina è stata avanzata dai legali della Ferriera per verificare 
    in un diverso punto del rione le caratteristiche dell’aria. 
    La «Servola spa» non contesta infatti i dati sulla presenza di benzoapirene 
    raccolti finora dal «Cigra» in via dei Giardini e in via San Lorenzo in 
    Selva. Ma la proprietà, attraverso i propri legali e consulenti, ieri ha 
    voluto richiamare l’attenzione sui parametri di legge introdotti da poche 
    settimane dal Decreto legislativo 152/07. Il provvedimento detta una serie 
    di prescrizioni per posizionare le centraline e per leggerne i dati. Finora 
    questi parametri non sarebbero stati applicati nelle misure effettuate a 
    Servola. Ecco perché ieri è emersa in procura la necessità di attivare un 
    apparecchio di misura posto in un punto diverso del rione, da quello finora 
    monitorato. 
    La tesi di una lettura parziale e atipica dei dati raccolti dal «Cigra» e 
    poi diffusi dalla procura alle amministrazioni locali, era già emersa nel 
    ricorso al Tribunale amministrativo regionale presentato dal gruppo Lucchini 
    pochi giorni fa. Erano state impugnate le tre ordinanze firmate dal sindaco 
    tra giugno e luglio, quando erano emersi i primi dati su una altissima 
    presenza di benzoapirene in via dei Giardini e in via san Lorenzo in Selva.
     
    Dove e quando la nuova centralina sarà posizionata per effettuare nuove 
    misure sul benzoapirene, al momento non è ancora stato definito. «I dati 
    finora raccolti sono parziali e vanno completati attraverso una rete di 
    monitoraggio formata da più centraline poste in punti diversi del rione» ha 
    affermato in serata il pm Federico Frezza. Certo è che in via San Lorenzo in 
    Selva sta operando da 48 ore il Laboratorio mobile dell’Agenzia per la 
    protezione dell’ambiente, inviato a Trieste dal ministro Alfonso Pecoraro 
    Scanio. Il mezzo è posizionato accanto a quello dell’Arpa. Due p,metri più 
    in là è in funzione quella del Cigra. 
    Tre stazioncine stanno in pratica misurando la presenza di benzoapirene in 
    un unico punto, mentre al contrario la «rete» di controllo della qualità 
    dell’aria dovrebbe essere la più estesa possibile.  
    
    Claudio Ernè  | 
  
 
 
Apat e Arpa, a fine mese i primi 
dati - Il verde Metz sospetta una riduzione di attività per abbassare 
l’inquinamento
 
In un comunicato firmato da Apat e 
Arpa le due agenzie (nazionale e regionale) che stanno rilevando i dati 
d’inquinamento attorno alla Ferriera (in via San Lorenzo in Selva 166) 
comunicano che i primi risultati - analizzati congiuntamente - saranno 
disponibili a fine ottobre per i dati gravimetrici (Pm10, Pm2,2 e Pm1) e entro 
novembre per i microinquinanti, cioé idrocarburi policiclici aromatici (tra cui 
il benzoapirene sotto accusa in questi giorni) e i metalli. «Le procedure 
operative - afferma l’Apat - sono state elaborate congiuntamente con l’Arpa e 
cono conformi alla normativa vigente». Nove i campionatori dell’Apat sul suo 
laboratorio mobile e analisi che dureranno 15 giorni. Intanto però Alessandro 
Metz, consigliere regionale dei Verdi (ieri a colloquio con molte famiglie di 
Servola) persegue nel ritenere «strano» - come gli riferiscono anche i cittadini 
- che appena iniziate le analisi l’aria attorno alla Ferriera sia diventata 
molto respirabile. Temendo una riduzione del ciclo produttivo, ha chiesto al 
ministero dell’Ambiente e all’Arpa un’indagine sulla tracciabilità del lavoro 
nella Ferriera. Cittadini gli hanno anche consegnato analisi mediche che Metz 
intende sottoporre a «sanitari esperti». I sindacati tuttavia, e lo afferma 
Franco Palman delle Rsu, attribuiscono l’«aria pulita» di questi giorni al 
borino e all’alta pressione: «Non c’è stata riduzione di attività». Intanto 
Fabio Gemiti del Wwf, chimico e membro del consiglio di indirizzo dell’Arpa in 
rappresentanza di ambientalisti e consumatori triestini, ha spedito una lettera: 
all’assessore regionale all’Ambiente, Gianfranco Moretton, che presiede il 
consiglio Arpa. «Ho chiesto - spiega - chiarimenti sull’attendibilità della 
raccolta dati e della loro interpretazione da parte dell’Arpa». Il motivo: 
l’Arpa ha cominciato a misurare il benzoapirene solo dopo che il consorzio Cigra 
ha trovato benzoapirene e polveri sottili oltre limiti in via San Lorenzo in 
Selva. «Spero - conclude Gemiti - che le condizioni meteo siano adesso conformi 
alla media annuale, altrimenti il vento potrebbe di nuovo farci mancare, in 
questi 15 giorni, una veritiera fotografia della situazione».
g. z.
 
 
  
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    Bonifiche, 
    firma dell’accordo entro novembre  - Anticipazione dal vertice svoltosi 
    in città tra gli enti interessati e i rappresentanti del ministero 
    dell’Ambiente   | 
  
  
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    Ferrara: 
    «Pronti per le emergenze in regione 5-600 milioni, 62 subito a Trieste»  | 
  
  
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    ’accordo di programma sulle 
    bonifiche del Sito inquinato di interesse nazionale potrebbe essere firmato 
    entro novembre. Ne è convinto il rappresentante del ministro Pecoraro Scanio, 
    Andrea Ferrara, che ieri ha partecipato al vertice istituzionale in Regione 
    (presenti Provincia, i Comuni di Trieste e Muggia, Ezit, Autorità portuale e 
    Assindustria) con il direttore generale del ministero dell’Ambiente 
    Gianfranco Mascazzini. 
    «Ci siamo dati appuntamento all’inizio di novembre – precisa Ferrara – per 
    quello che, alla luce della riunione di oggi (ieri,ndr), ritengo sarà 
    l’ultimo incontro prima della firma dell’accordo entro il mese prossimo. Tra 
    qualche giorno – aggiunge – invieremo la bozza ai diversi enti, che potranno 
    fare le loro considerazioni in vista della riunione finale». 
    Non altrettanto convinto sui tempi brevi per il raggiungimento dell’intesa 
    si dice il vicepresidente della Regione e assessore all’Ambiente Gianfranco 
    Moretton: «E’ stata una riunione interlocutoria – rileva –. Le parti si sono 
    impegnate ad esaminare l’ipotesi di accordo di programma, alla luce di 
    quello che verrà firmato a giorni per il sito inquinato di Napoli. 
    Esamineremo quindi il testo che ci verrà inviato e faremo le nostre 
    controproposte». 
    Moderatamente soddisfatto si dichiara il presidente dell’Ezit, Mauro 
    Azzarita: «Anche se non abbiamo visto ancora un pezzo di carta – annota – ci 
    sono state dichiarazioni di apertura rispetto al passato. In qualche modo si 
    estendono le aree di pertinenza del settore pubblico. Sembra che anche per 
    le aree del nostro ente, comprese quelle vendute prima della perimetrazione 
    del sito inquinato, le bonifiche saranno a carico degli enti pubblici». 
    Cauto anche l’assessore provinciale all’Ambiente Ondina Barduzzi: «Ci siamo 
    riservati di vedere la bozza, come del resto ha fatto l’Ezit, perchè pare 
    che certe nostre richieste indicate nella prima bozza non siano state 
    accolte dal ministero». 
    L’intervento dei soggetti pubblici per le aree Ezit viene comunque 
    confermato da Ferrara: «Stato, Regione, Provincia e Comuni pagheranno la 
    messa in sicurezza, la caratterizzazione e la bonifica delle aree Ezit, e di 
    quelle ex Ezit indipendetemente da quando sono state vendute, che 
    complessivamente interessano il 60-70% del sito. Si vuole evitare – aggiunge 
    – qualsiasi ricaduta negativa sui piccoli imprenditori e sugli artigiani che 
    svolgono attività non inquinanti». 
    Sul fronte dei finanziamenti, da un’analisi fatta dal ministero 
    dell’Ambiente emerge che a disposizione delle emergenze ambientali nel 
    Friuli Venezia Giulia ci sono 5-600 milioni. «Di questi – precisa Ferrara – 
    62 sono già destinati, e tanti altri lo saranno nel corso della 
    ripartizione». 
    La partecipazione del settore pubblico ai costi delle bonifiche viene 
    sottolineata anche dall’assessore comunale all’Ambiente Maurizio Bucci, che 
    però osserva che «Stato e Regione copriranno il 50% della spesa complessiva 
    prevista in 35 milioni; l’altra metà la dovrebbero pagare gli enti locali». 
    E la tanto contestata la barriera a mare? «La Sogesid, spa del ministero – 
    risponde Ferrara – farà un bando di gara europeo per la progettazione e la 
    costruzione della messa in sicurezza della falda. Verrà applicata la 
    soluzione che risulterà più efficace e più economica». 
    
    Giuseppe Palladini  | 
  
 
 
  
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    Trieste 
    promossa nel trasporto pubblico, male spazi verdi e raccolta rifiuti  | 
  
  
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    Nella 
    pagella stilata da Legambiente la città scende al 59° posto. Dipiazza: 
    «Realizzati nuovi giardini e aree pedonali, la differenziata non paga»
     
    
    Belluno conquista il voto più 
    alto nella «pagella verde» di Legambiente, Ragusa chiude mestamente la 
    classifica al 103° posto. E Trieste? Né bene né male, si ferma al 59° posto 
    perdendo sei piazzamenti rispetto allo scorso anno. Un dato contenuto nella 
    graduatoria «Ecosistema urbano», pubblicata ieri dal quotidiano Sole24Ore, 
    capace di monitorare 125 parametri ambientali fotografando le criticità 
    delle città italiane. 
    Parte da un aspetto positivo per Trieste la statistica. Legambiente annota 
    che «aumentano significativamente i fruitori del mezzo pubblico» (349 viaggi 
    per abitante l’anno) e, rispetto ad altre realtà, le centraline di 
    monitoraggio dell’inquinamento rispettano la normativa di legge. 
    Ma subito dopo arrivano anche le mazzate, che fanno scendere Trieste nella 
    speciale classifica. Qualche esempio? La produzione pro capite di rifiuti 
    urbani, che vede i triestini al 13° posto con 490,5 chilogrammi per abitante 
    l’anno. Immondizie che non trovano una gran partecipazione nella raccolta 
    differenziata: appena il 15,8% sul totale dei rifiuti prodotti, con Trieste 
    al 66° posto. 
    Un parametro che non piace al sindaco. «Quando sento parlare di raccolta 
    differenziata mi metto le mani nei capelli. Pensiamo al business, 
    analizziamo i costi e poi cerchiamo di capire i motivi», dice Roberto 
    Dipiazza. E aggiunge: «Bisogna avere il coraggio di dire che funziona solo 
    la raccolta del vetro, perché i cartoni conviente acquistarli all’estero - 
    sostiene il primo cittadino - e la plastica costa meno comprarla che 
    riciclarla. È il mercato che detta le regole, serve quindi un piano 
    altrimenti si rischia di fare battaglie contro i mulini a vento». 
    Ma fra i parametri presi in considerazione da Legambiente non c’è solo la 
    raccolta differenziata. Le criticità riguardano ad esempio la disponibilità 
    di piste ciclabili, isole pedonali e zone a traffico limitato. Il 
    piazzamento più basso per Trieste, 95° posto, riguarda il verde urbano 
    fruibile pro capite (1,36 mq per abitante).  
    Una carenza di aree verdi che non trova d’accordo Dipiazza. «Negli ultimi 
    anni sono aumentate, pensiamo a Borgo San Sergio, Opicina, Roiano, Barriera 
    Vecchia, San Giacomo e le Rive dove le aree verdi - spiega il sindaco - sono 
    state messe a posto o ricavate nelle piazze e nelle nuove zone pedonali. 
    Abbiamo allargato la città, basta pensare a cos’era prima largo Barriera». 
    Ecco che tornano d’attualità le scelte urbanistiche e sulla viabilità, in 
    una città dove solo il 34% delle automobili circolanti è «ecologica» (euro 3 
    e euro 4). 
    p.c.  | 
  
 
 
 
LA REPUBBLICA - 
LUNEDI', 15 ottobre 2007
 
 
Ambiente urbano, 
la prima città è Belluno ma la migliore è quella che non c'è
 
Pubblicato 
Ecosistema Urbano 2008, ricerca sulla qualità ecologica dei capoluoghi - Il 
centro veneto si piazza primo, ma la situazione generale è sconsolante
In coda alla 
classifica Ragusa, migliorano i risultati della Toscana - Legambiente: 
"Investire sulla mobilità, l'energia pulita e la casa"
ROMA - Bisogna trasformarsi in Peter Pan e 
inventarsi non un'isola, ma "La città che non c'è", per trovare un capoluogo 
dall'ambiente a dimensione d'uomo. Arriva a questa sconsolante conclusione 
Ecosistema Urbano 2008, il consueto rapporto sulla qualità ambientale delle 
città italiane stilato da Legambiente in collaborazione con il Sole 24 Ore e con 
la consulenza scientifica di Ambiente Italia. 
Cosa viene calcolato. A vincere questa edizione, dopo anni di anonimato, è 
Belluno, ma come avvisano i curatori dello studio è una vittoria di Pirro. La 
graduatoria finale emerge dall'incrocio di oltre 125 mila dati ricavati da 
informazioni e statistiche riferite a 125 parametri che vanno dall'affidabilità 
del sistema di trasporto urbano al numero di superficie verde per abitante, 
dall'efficienza del sistema idrico alla qualità dell'aria, dai chilometri di 
piste ciclabili alla quantità di acque reflue depurate, dalla diffusione delle 
energie rinnovabili alla gestione dei rifiuti e alla loro raccolta 
differenziata. 
Incubo polveri sottili. Indicatori che su scala nazionale segnalano 
sostanzialmente una stasi o dei peggioramenti. Si aggrava infatti la situazione 
delle polveri sottili, con oltre il 50% dei capoluoghi che sfora annualmente in 
almeno una centralina di rilevamento la media di 40 microgrammi per metro cubo, 
soglia limite per la protezione della salute. Allo stesso modo sale il tasso 
generale di motorizzazione, mentre non si notano miglioramenti nei trasporti 
pubblici e nell'estensione delle piste ciclabili. Passi da lumaca poi, 
nell'aumento della raccolta differenziata e nella riduzione della quantità di 
rifiuti prodotti. 
Una ricerca difficile. Alla fine in testa alla graduatoria dei centri urbani si 
piazza Belluno, con un grande balzo in avanti rispetto al 13esimo posto della 
passata edizione, ma c'è poco da stare allegri. "Cercare la città italiana più 
sostenibile - si legge nelle note che accompagno lo studio - è davvero 
difficile, non c'è, non ci sono centri dove la qualità ambientale sia a livelli 
elevati, dove un sindaco sia riuscito a dare un'impronta di vivibilità e qualità 
ambientale al proprio comune". Eppure non si tratta di un'ambizione impossibile. 
Lo dimostrano i risultati delle città europee e i dati di singole performance di 
alcune città italiane. Così quelli di Legambiente, proprio come il bambino che 
non voleva crescere e arrendersi alla mancanza di fantasia degli adulti, hanno 
messo insieme il meglio della classifica creando "La città che non c'è". 
L'invenzione di Belnomi. "Se proprio dovessimo individuare una città dove 
l'amministrazione ha cercato di fare consistenti progressi - spiegano ancora i 
curatori di Ecosistema urbano - allora dovremmo premiare Belnomi". Ovvero un 
capoluogo immaginario formato dalle zone a traffico limitato di BErgamo (più di 
40 metri quadrati per abitante), dal verde di Lucca (45 mq a testa), dalla 
gestione dei rifiuti di NOvara (dove si ricicla quasi il 70% della spazzatura), 
dal trasporto pubblico di Milano e dal basso inquinamento di Isernia. 
I meriti di Belluno. Ma Belnomi non esiste e così bisogna accontentarsi di 
Belluno che si piazza prima, distanziando di diversi punti le inseguitrici 
Bergamo, Mantova, Livorno e Perugia "senza primeggiare in nessuno degli 
indicatori", ma ottenendo buoni risultati nella qualità dell'aria, nella 
riduzione dei rifiuti (381 kg prodotti ogni anno pro capite contro i 618 della 
media nazionale) e nella raccolta differenziata, che raddoppia da un anno 
all'altro passando dal 27 al 55%. Neppure nel capoluogo veneto sono però tutte 
rose e fiori e così ad abbassare la media ci sono le mancate risposte 
sull'efficienza della rete idrica e della capacità di depurazione e i dati 
deludenti sulla diffusione delle fonti rinnovabili e del teleriscaldamento. 
Il disastro di Ragusa. Se non è esaltante lo stato di salute ambientale della 
vincitrice, è facile immaginare quanto possa essere degradata la situazione 
delle città che occupano le ultime posizioni della classifica, ancora una volta 
tutte del Mezzogiorno. All'ultimo posto si piazza Ragusa, dove, solo per citare 
alcuni risultati, la raccolta differenziata si ferma al 3%, la rete idrica perde 
il 26% dell'acqua e il verde pubblico non arriva neppure a 5 mq per abitante. 
Poi, risalendo la classifica, troviamo Benevento, Frosinone, Oristano e 
Caltanissetta. 
Le contraddizioni del Centro. La parte bassa della graduatoria continua a essere 
dominata dal Sud, con quasi la metà delle ultime venti città situate in Sicilia, 
ma non mancano capoluoghi di Abruzzo, Lazio, Sardegna, Liguria e, per la prima 
volta, Piemonte con Alessandria e Vercelli, rispettivamente all'87esimo e al 
90esimo posto. Se quindi una parte d'Italia centrale e settentrionale si scopre 
con problematiche vicine a quelle meridionali, come nota positiva va segnalata 
la conquista di posizioni di città più dinamiche del Centro, come Livorno (dal 
nono al quarto posto), Perugia (dal 14esimo al quinto) e Siena (dal ventesimo al 
sesto). 
Metropoli ferme. Una gara a parte è quella tra le metropoli, ma anche qui, 
sottolinea la ricerca, "si conferma la fotografia non certo esaltante del 
Paese". In alcuni casi le città più grandi come Roma e Milano salgono di poco, 
passando rispettivamente dal 60esimo al 55esimo e dal 62esimo al 58esimo posto, 
oppure indietreggiano vistosamente come Torino (74esima), Bari (82esima), 
Palermo (89esima) e Napoli che perde ben 24 posizioni e si piazza 91esima. 
Sicurezza e questione ambientale. "Più delle altre, le città italiane sono 
insostenibili, caotiche, inquinate - commenta Roberto Della Seta, presidente 
nazionale di Legambiente - le nostre politiche ambientali urbane spesso non 
tengono il passo con l'Europa". "Occorre investire sulla qualità ambientale come 
elemento caratterizzante della riqualificazione urbana, come motore di una 
migliore qualità della vita" in grado, spiega ancora Della Seta, di ridurre "il 
senso di crescente insicurezza che affligge milioni di italiani". Di pari passo 
con la trasformazione delle città in "somme di luoghi e spazi privati", secondo 
il presidente di Legambiente si perde infatti quella "dimensione comunitaria 
senza la quale non può esservi sicurezza né reale né percepita". 
Un programma in tre punti. I punti su cui intervenire, secondo Legambiente sono 
tre: "Il primo è quello della mobilità: serve una vera rete di trasporto 
pubblico che consenta di ridurre rapidamente e drasticamente il traffico 
privato, una scelta imprescindibile. Le città sono anche l'ideale banco di prova 
per una nuova politica energetica che punti a rendere molto più efficiente l'uso 
di energia e a promuovere le fonti energetiche che non inquinano e non 
alimentano i cambiamenti climatici. Un altro fronte decisivo per la città del 
futuro è quello della casa: dare nuovo impulso al mercato degli affitti è una 
necessità sociale e ambientale inderogabile". 
VALERIO GUALERZI
 
 
IL PICCOLO - 
LUNEDI', 15 ottobre 2007
 
 
  
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    Raccolti i 
    primi campioni dell’aria di Servola  - Il laboratorio mobile inviato 
    dal ministero dell’Ambiente ha iniziato le rilevazioni insieme all’Arpa e ai 
    tecnici del Cigra  | 
  
  
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    Metz: «È 
    sospetto che ieri la Ferriera non abbia prodotto fumi». Belci polemico con 
    la Lega 
    
    È cominciata ieri la raccolta di 
    campioni d’aria nella zona della stazione di Servola da parte del 
    laboratorio mobile dell’Apat inviato dal ministero dell’Ambiente, cui si 
    affiancano gli strumenti dell’Arpa e del consorzio universitario Cigra: la 
    tripla verifica sui terreni adiacenti la Ferriera dovrà portare a una 
    super-verifica della situazione ambientale dopo l’evidenza delle ultime 
    analisi che hanno scatenato una situazione di emergenza istituzionale. 
    «I campioni saranno raccolti nell’arco di quindici giorni - spiega Maria 
    Belli, responsabile del settore Metrologia ambientale dell’Apat, a Trieste 
    assieme a due chimici e a un tecnico diplomato -, poi le misurazioni 
    verranno fatte in laboratorio, a Roma». 
    Intanto Alessandro Metz, consigliere regionale dei Verdi e attivo ponte di 
    collegamento col ministero, testimonia: «Sarà stato effetto dell’atmosfera 
    della Barcolana o forse del premio Nobel che arriva anche a Trieste, ma ieri 
    i servolani dicevano: ”Magia, hanno già chiuso la Ferriera?”, infatti non 
    c’erano fumi e rumori, e l’aria sembrava profumata. Si fatica a credere - 
    prosegue Metz - che siano state messe in atto così prontamente tutte quelle 
    accurate indicazioni contenute nella relazione di maggio fatta dall’ingegner 
    Marco Boscolo, consulente tecnico della Procura, relative a misure di 
    protezione ambientale interne allo stabilimento e gravemente carenti: non 
    sarà che la tripla presenza delle équipe tecniche di Apat, Arpa e Cigra 
    abbiano indotto la proprietà a ridurre il regime di produzione e rallentare 
    i ritmi di lavoro?». 
    Protesta invece Franco Belci, segretario Cgil, contro la Lega Nord che 
    invoca la chiusura della Ferriera proiettandosi già su una trasformazione 
    dell’area con insediamenti portuali, turistici, residenziali e commerciali, 
    e contro l’Italia dei valori che ha criticato l’operato di tutti gli enti e 
    anche dei sindacati: «In Regione si è costituito un ”comitato” di crisi per 
    valutare con modalità condivise i dati d’inquinamento con l’obiettivo di 
    ricondurli ai limiti di legge. Cgil, Cisl e Uil hanno giudicato 
    positivamente questo passo, augurandosi che cessino le contrapposizioni tra 
    istituzioni e la strumentalizzazione a fini politici. Messaggio non raccolto 
    da Lega e Idv, che mai si erano sentiti prima, e oggi promettendo 
    trasformazioni immediate dell’area e dicendo che nessuno ha fatto niente (il 
    sindacato già due anni fa ha firmato un protocollo con Azienda sanitaria e 
    Lucchini sulla sicurezza e salute in fabbrica) prendono in giro i lavoratori 
    e i servolani: esempio - conclude Belci - del peggior volto della politica 
    esibito da coloro che se ne propongono come i critici più accesi». 
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IL PICCOLO - 
DOMENICA, 14 ottobre 2007
 
 
  
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    Clima, impegno 
    dell’esecutivo contro i gas serra - Dopo il Nobel a Gore e Ipcc  | 
  
  
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    ROMA Il Pianeta, o meglio, i 
    sostenitori della lotta ai cambiamenti climatici, si sentono oggi più forti. 
    Il Nobel per la pace ad Al Gore e al Comitato intergovernativo per i 
    cambiamenti climatici (Ipcc) sembra aver dato una sferzata di energia a 
    quanti sono in campo per un impegno vincolante di riduzione dei gas serra. 
    Anche in vista della Conferenza mondiale sul clima a Bali, dal 3 al 14 
    dicembre, tappa clou per pianificare «un nuovo Kyoto più coraggioso». A 
    parlare, il giorno dopo i Nobel al clima, è il ministro dell'Ambiente, 
    Alfonso Pecoraro Scanio, che interpreta il Nobel come un riconoscimento ai 
    risultati della Conferenza nazionale sul clima di Roma, lo scorso 12 e 13 
    settembre, basati sul rapporto Ipcc. Il Nobel ad Al Gore e all'Ipcc «è la 
    più grande soddisfazione, dopo le critiche ingenerose, e il riscatto agli 
    attacchi meschini, legati a gelosie personali, verso la Conferenza nazionale 
    sui cambiamenti climatici», ha detto Pecoraro annunciando per febbraio, il 
    mese del Protocollo di Kyoto, il Climate day, il 16. Il ministro si augura 
    che proprio per febbraio Al Gore possa venire in Italia dopo averlo invitato 
    ieri con una lettera, di intesa con il presidente del Consiglio Prodi. Il 
    ministro auspica «un momento di incontro a Palazzo Chigi con i ministri 
    interessati», quindi con i parlamentari e il mondo universitario «per fare 
    in modo che questi incontri siano l'occasione perchè l'Italia presenti un 
    nuovo piano per realizzare gli obiettivi di Kyoto di riduzione dell'anidride 
    carbonica. Un piano più operativo rispetto alle iniziative messe in campo 
    fino ad ora». E il pensiero va alla Finanziaria: «C'è bisogno di una 
    svolta», ha detto. La lotta ai cambiamenti climatici «deve essere una 
    priorità come quella di ridurre il deficit».  | 
  
 
 
  
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    Moretton e Duz: 
    cementificio, nessun progetto bis - Assessore e sindaco negano d’aver 
    ricevuto nuove istanze. Ma i comitati insistono: «È questione di giorni»
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    TORVISCOSA «Nessun progetto è 
    stato a tutt’oggi presentato» dice l’assessore regionale Gianfranco Moretton. 
    «Non sono a conoscenza di nessun nuovo progetto. Si sta parlando del nulla» 
    afferma il sindaco di Torviscosa Roberto Duz. Le istituzioni assicurano che 
    non c’è nulla di ufficiale. Che non esiste nessun atto formale che preluda a 
    un cementificio bis. Ma la Bassa friulana non si tranquillizza. E, dopo aver 
    lanciato l’allarme già una decina di giorni fa, rilancia i suoi timori: a 
    quattro mesi dalla bocciatura del progetto del gruppo Grigolin, un nuovo 
    progetto di dimensioni ridotte rispetto a quello originario starebbe 
    prendendo corpo. Le indiscrezioni sono sempre più fitte e circostanziate, 
    danno ormai per imminente il preludio al bis di un film trasmesso a giugno, 
    ma Moretton insiste: «Fino a venerdì nessun progetto è stato presentato in 
    Regione». Lo stesso assessore, però, non esclude che possa arrivare in 
    futuro: «Quando arriverà, seguirà l’iter di legge». E subito dopo, 
    garantisce: «Ci sarà un dialogo con le comunità e le istituzioni locali per 
    garantire una partecipazione attiva alla valutazione di iniziative legate 
    allo sviluppo sostenibile». 
    Dialogo assai ostico, però. Paolo De Toni, referente dei comitati 
    ambientalisti, avverte sin d’ora: «Forse già lunedì la cementi Nordest 
    depositerà il progetto in Regione per ottenere parere e delibera di 
    compatibilità ambientale. Eravamo a conoscenza delle possibili mosse di 
    Grigolin e abbiamo giocato d’anticipo sollevando il problema e 
    sensibilizzando la comunità. Con il disco verde (subordinato a alcune 
    considerazioni) alla fabbrica del biodiesel nell’Aussa Corno, abbiamo 
    dimostrato l’infondatezza delle accuse di chi ci considera “il partito dei 
    no”». 
    Dure reazioni anche politiche. Mauro Travanut (Ds) parla di «contraddizione 
    logica dopo le intense polemiche. Trovo tutto quanto fuori dalla portata del 
    senso comune, rimango sbalordito davanti a questa recrudescenza». Claudio 
    Violino(Lega) conclude: «Il cementificio non è che un tassello di un 
    progetto organico che contempla la realizzazione della terza corsia e del 
    Corridoio 5. Per il sistema imprenditoriale realizzare un simile impianto, 
    che deturpa l’ambiente, a Torviscosa è evidentemente strategico».  
    Giovanni Stocco  | 
  
 
 
  
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    «Pronti 150 
    milioni per le bonifiche»  - Domani vertice in Regione con il direttore 
    generale dell’Ambiente  | 
  
  
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    Pizzati, 
    delegato del ministro Pecoraro Scanio, assicura che ci sono i fondi. Rivista 
    la bozza dell’accordo di programma  
    
    «Ci sono almeno 150 milioni già 
    stanziati per la bonifica del sito inquinato: fondi strutturali, legati 
    anche agli accordi già presi nel Protocollo d’intesa Stato-Regione. 
    Nell’incontro di lunedì verrà prodotto lo schema dell’insieme dei 
    finanziamenti che da varie fonti si rendono disponibili». 
    Lo afferma Gianni Pizzati, presidente regionale dei Verdi e braccio destro 
    del ministro dell’Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio sul tema del sito 
    inquinato di interesse nazionale. Pizzati cita il lunedì perché proprio per 
    domattina il direttore generale del ministero Gianfranco Mascazzini ha 
    convocato - con preavviso di 4 giorni - una riunione all’assessorato 
    regionale all’Ambiente. Tema dell’incontro sarà la bozza dell’accordo di 
    programma sulle bonifiche che a livello locale tutti gli enti hanno 
    sottoscritto inviandola poi in agosto, attraverso la Regione, a Roma per il 
    via libera. Il sito inquinato di interesse nazionale si estende dalla 
    Ferriera fino alle porte di Muggia, comprendendo gran parte della zona 
    industriale, l’ex Aquila e le Noghere. 
    Domani perciò Regione, Provincia, Comuni di Trieste e Muggia, Ezit e 
    Autorità portuale avranno una risposta. Ufficialmente nessuno ha ancora 
    visto la bozza rispedita da Roma con le modifiche. Le indiscrezioni dicono 
    però di dati positivi ma anche di campanelli d’allarme forti legati per 
    esempio, annota il presidente di Ezit Mauro Azzarita, al fatto che dal 
    documento sarebbe scomparsa l’affermazione esplicita del «chi non ha 
    inquinato non paga», quella cioè che metterebbe i vari soggetti - in prima 
    fila oltre 350 piccole e medie imprese - al riparo da esborsi ingenti. 
    Ma Pizzati è categorico: «Il principio del chi non ha inquinato non paga 
    c’è». Così come Roma declassa definitivamente a una delle tante possibilità 
    il progetto di barrieramento a mare che a suo tempo mise in allarme aziende 
    e organizzazioni di categoria: «Il barrieramento così come era descritto non 
    è economico né conveniente, e questo è chiarissimamente scritto», dice 
    Pizzati. Che ribadisce come «proposte e progetti dovranno essere sviluppati 
    a qualunque livello»: a mettersi in gioco potranno essere dunque soggetti 
    come l’Università o anche realtà straniere. 
    Su un altro aspetto da Roma arrivano voci diverse rispetto a quelle che 
    corrono a Trieste. All’assessore comunale Maurizio Bucci risulta per esempio 
    che un’eventuale opera di banchinamento sarebbe finanziata nell’attuale 
    bozza «almeno al 50% della spesa dal ministero», laddove per l’opera si era 
    sempre parlato di impegno pubblico: con i bilanci dei Comuni, si chiede 
    Bucci, chi ha decine di milioni per coprire l’eventuale mancante 50%? Però 
    «nella bozza condivisa da tutti gli enti locali - risponde Andrea Ferrara, 
    consigliere del ministro – si era parlato di un intervento del ministero 
    pari al 50%: nel documento attuale la percentuale viene portata al 60 a 
    carico di soggetti pubblici, non solo il ministero: tant’è che presenteremo 
    durante la riunione i vari fondi da ripartire». Ferrara non parla di 150 
    milioni, ma di una somma inferiore. In ogni caso, precisa, «non appena la 
    caratterizzazione avrà accertato che un’area non risulta inquinata né nel 
    suolo né nella falda, l’azienda che vi insiste potrà subito uscire, con 
    decreto, dal sito inquinato». 
    Pizzati riassume: «La prima cosa da chiarire è che tutti dovranno aderire 
    alla messa in sicurezza del sito. Il secondo punto-cardine consisterà nella 
    salvaguardia delle piccole imprese, che sono il vero tessuto connettivo». 
    L’azienda che non ha inquinato, ribadisce Pizzati, «non sarà responsabile in 
    solido anche se dovrà aderire al principio della messa in sicurezza». 
    Azzarita però, salutando con favore la definitiva scomparsa dell’obbligo 
    della barriera di contenimento, attende di vedere «nero su bianco il chi non 
    ha inquinato non paga». E si prepara a una riunione, quella di domani, 
    piuttosto breve: «A venerdì sera la bozza non l’avevamo ancora vista». 
    
    Paola Bolis  | 
  
 
 
  
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    È a Servola il 
    laboratorio mobile che dovrà fornire i dati definitivi sulla Ferriera - I 
    risultati attesi tra due settimane  | 
  
  
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    Il laboratorio mobile dell’Apat, 
    l’Arpa nazionale, è da ieri a Servola. Parte così l’annunciata verifica 
    delle sostanze inquinanti nel quartiere attorno alla Ferriera, che verranno 
    testate in contemporanea da Apat, Arpa e Cigra. Ci vorranno circa due 
    settimane per avere i risultati, ma nel frattempo sono attesi i dati di 
    settembre su benzoapirene e polveri sottili prodotti dal Cigra stesso 
    nell’ambito delle inchieste della magistratura: quei numeri che il sindaco 
    Dipiazza continua a considerare determinanti, dopo averne visto l’allarmante 
    livello da gennaio ad agosto, validato per luglio e agosto anche dall’Arpa, 
    e che aspetta, dice, solo per massimo di cautela prima di rendere concreta 
    la decisione di chiudere lo stabilimento.  
    L’ipotesi non è affatto tramontata, nemmeno dopo l’importante riunione in 
    Regione, che si ripeterà venerdì 19 ottobre. E trova il più convinto 
    sostegno nella Lega Nord, che in un comunicato a firma del gruppo consiliare 
    regionale ribadisce: «Siamo esterrefatti per i penosi tira e molla della 
    vicenda Ferriera, da Servola deve andarsene e basta, la Regione si sbrighi a 
    prendere atto che la Valutazione di impatto ambientale deve essere negativa 
    e il sindaco si decida a passare dalle parole ai fatti». 
    Secondo la Lega «non è ammissibile che nel 2007 esista all’interno di una 
    città come Trieste una ferriera stile primi ’900, è una vergogna già da un 
    punto di vista urbanistico e paesaggistico, figuriamoci poi quando si mette 
    a rischio la salute di decine di migliaia di cittadini e di oltre 1000 
    bambini che frequentano le scuole della zona». Il Carroccio vuole in quell’area 
    «insediamenti portuali, turistici, persino residenziali o commerciali». Dice 
    che porterebbero occupazione e che dunque il problema dei disoccupati va 
    visto in questa prospettiva. 
    L’Italia dei valori invece, a firma del coordinatore regionale Paolo Bassi, 
    richiama la responsabilità «di tutti coloro che hanno consentito fino a oggi 
    l’inquinamento provocato dalla Ferriera», notando che «il merito di aver 
    messo a nudo quanto si sapeva ma non si riusciva a dimostrare è degli 
    abitanti e della Procura». Critiche all’Arpa, che «non ci risulta abbia mai 
    misurato il livello di benzoapirene». A centrosinistra e centrodestra che si 
    sono alternati al ministero, in Provincia e in Regione («solo il Comune è 
    rimasto di centrodestra»). Al sindaco «che dal 2001 si dice pronto alla 
    chiusura ma dopo sei anni non l’ha ancora fatto malgrado sia suo compito 
    salvaguardare la salute pubblica». Ai sindacati, «che solo in questi giorni 
    scoprono che i livelli d’inquinamento sono pericolosi». Intanto, nota 
    l’Italia dei valori, i lavoratori «sono due volte danneggiati: gravi rischi 
    di salute e rischio di perdere il posto».  
    Il movimento sarà di nuovo in piazza coi cittadini di Servola il 23 ottobre, 
    annuncia, invocando «un tavolo da cui esca una soluzione per i lavoratori, 
    ricordando però che paga chi inquina, e anche chi ha avuto responsabilità 
    omissive». 
    g. z.  | 
  
 
 
  
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    Federazione 
    speleologica  - Trovati in una grotta di San Pelagio i resti di un 
    cranio umano  | 
  
  
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    DUINO AURISINA Un resto osseo, 
    che potrebbe corrispondere a una parte di calotta cranica umana, è stato 
    trovato dagli speleologi della Federazione speleologica triestina 
    all’interno della grotta del cimitero militare di San Pelagio. 
    Il ritrovamento è avvenuto nel corso delle operazioni di pulizia della 
    cavità, la cui profondità arriva a 45 metri, organizzate nell’ambito delle 
    manifestazioni «Puliamo il buio», patrocinata dalla Società speleologica 
    italiana, e «Puliamo il mondo» di Lega ambiente. 
    «Non sono un antropologo, nè un esperto in merito, ma non credo ci voglia 
    molto a capire che quanto ritrovato, considerate le dimensioni ridotte, 
    possa appartenere anche a una giovane donna. Sull’effetuazione di eventuali 
    analisi, però, al momento non so nulla di preciso», spiega il presidente 
    della Federazione speleologica triestina, Furio Premiani. «Il reperto - 
    aggiunge – è stato consegnato immediatamente alla stazione dei carabinieri 
    di Aurisina». 
    Al momento del ritrovamento, i 23 speleologi impegnati stavano eseguendo la 
    raccolta differenziata delle immondizie, che alla fine dell’operazione sono 
    state valutate attorno ai quattro metri cubi. Fra le molteplici ossa di 
    animali, alcune appartenenti a cavalli e cani, è stata rinvenuta anche la 
    possibile parte di calotta cranica. All’interno della cavità sono stati 
    trovati inoltre i resti di lavatrici, materiali domestici, edili, parti 
    d’auto e vestiario. 
    L’operazione di pulizia, non facile per la presenza di alcune strozzature 
    nella grotta, e comunque riguardante solo la parte superficiale del fondo 
    della stessa, ha visto emergere anche scatolette di viveri americane e 
    austriache. 
    Nel periodo della Prima guerra mondiale, nei pressi della cavità si 
    trovavano alcuni cimiteri militari. La Federazione speleologica triestina 
    ritiene dunque possibile che al suo interno ci possano essere pure dei resti 
    di soldati austriaci. 
    ma. un.   | 
  
 
 
  
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    Convegno sulla 
    Val Rosandra: nasce la prima guida interattiva - All’assise di domani, 
    incentrata sulla flora, anche l’assessore regionale Marsilio 
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    SAN DORLIGO DELLA VALLE Domani 
    alle 10, nella sede del Comune di San Dorligo della Valle, si terrà il 
    convegno «La Flora della Val Rosandra». Un’assise alla quale parteciperanno, 
    in veste di relatori, Tone Wraber, del Museo sloveno di Storia naturale di 
    Lubiana, che parlerà della «Flora della Val Rosandra», Livio Poldini, del 
    Dipartimento di biologia dell’Università di Trieste, che interverrà su «Il 
    nuovo atlante della flora del Carso», oltre all’assessore comunale ai Lavori 
    pubblici, ambiente e progetti europei Laura Riccardi Stravisi e 
    all’assessore regionale alle Risorse agricole, naturali, forestali e 
    montagna Enzo Marsilio. 
    Nel corso del convegno Pier Luigi Nimis, del Dipartimento di biologia 
    dell’Università di Trieste, presenterà la prima guida interattiva alla flora 
    della Val Rosandra, «Uno strumento per conoscere la biodiversità». 
    La guida è un’iniziativa del Comune di San Dorligo della Valle in 
    collaborazione con il progetto europeo «KeyToNature», coordinata dal 
    professor Nimis. Di semplice utilizzo, sarà uno strumento a disposizione di 
    studenti, appassionati ed amanti della natura, che potranno conoscere 
    (grazie alle descrizioni delle specie floreali e alle foto contenute nel 
    software) tutta la flora che vive nella valle. 
    La guida è al momento disponibile in italiano, sloveno, inglese, tedesco e 
    spagnolo, e presto anche in francese. Potrà essere ritirata al centro visite 
    o si potrà scaricare il programma dal sito internet della Riserva (non 
    ancora attivo) e installarlo su palmare o telefonino di ultima generazione. 
    s. re.  | 
  
 
 
  
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    Alta velocità, 
    Comuni e ambientalisti divisi -  Perplessità sul raccordo in galleria 
    di Dobbia e sul sistema elettrico delle Ferrovie  | 
  
  
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    Nell’incontro pubblico di Ronchi dei Legionari contestato l’accordo sul 
    nuovo percorso sottoscritto dai sindaci con la Regione  
    
    GORIZIA È sempre un muro contro 
    muro quello che, sull’alta velocità ferroviaria, vede protagoniste in 
    provincia di Gorizia le amministrazioni comunali e le associazioni 
    ambientaliste. I sindaci hanno appena firmato un nuovo accordo con 
    l’assessore regionale ai Trasporti, Lodovico Sonego, per un nuovo percorso 
    che viene definito più rispettoso dell'ambiente, che usa e potenzia percorsi 
    ferroviari già esistenti, prevedendo un futuro collegamento con la Slovenia 
    da Gorizia, ma le perplessità non mancano. Come si è capito in occasione del 
    confronto tenutosi nei giorni scorsi a Ronchi dei Legionari. Di fronte i 
    sindaci di città mandamento ed i responsabili di Wwf, Legambiente, comitato 
    contro il corridoio 5, Italia Nostra e della società speleologica italiana. 
    Le municipalità locali si schierano a favore dell’alta velocità, motivando 
    questa scelta dalla volontà di creare un’alternativa valida al trasporto su 
    gomma. E quindi piuttosto che pensare a 3 o 4 corsie autostradali è da 
    perseguire lo sviluppo del sistema ferroviario, che possa servire l’intero 
    territorio ed avere collegamenti con l'area triestina. 
    All’attenzione dei sindaci anche la possibilità che il collegamento di 
    Gorizia con le grandi reti trovi concretizzazione nell'accordo regionale, 
    prevedendo la realizzazione delle cosiddette lunette, ovvero binari fatti a 
    semicerchio che potranno collegare Sant’Andrea-Vrtoiba e la rete slovena. 
    Sparirebbe poi la «goccia» e le altre alternative per collegare Gorizia con 
    Ronchi dei Legionari sud, sostituite da un raccordo circolare in galleria 
    all’altezza di Dobbia. Un accordo che appare di gran lunga meno impattante 
    rispetto all’ipotesi presentata da Rfi nel 2005. Ma non mancano le 
    argomentazioni contrarie da parte delle associazioni ambientaliste. I lavori 
    per la costruzione dell’alta velocità tra Ronchi dei Legionari e Trieste 
    inizieranno nel gennaio del 2009. Questo è quanto emerge da un documento di 
    Italferr, società di progettazione ferroviaria che nel 2003 presentò la 
    prima ipotesi progettuale. Secondo gli ambientalisti le tratte tra Ronchi 
    dei Legionari e Portogruaro e tra Ronchi dei Legionari e Trieste sono 
    legate, in quanto proprio per la prima delle due tratte saranno necessari 
    qualcosa come 4milioni 500.mila metri cubi di materiale, in parte ricavati 
    dallo scavo del cunicolo esplorativo della Ronchi dei Legionari-Trieste. 
    Dallo studio Italferr emerge che per la Ronchi dei Legionari Trieste si 
    parla sempre di Tav, con un sistema elettrico totalmente differente da 
    quello dei treni ordinari che richiederà anche la realizzazione di un 
    elettrodotto dedicato. Non sarebbero quindi esclusi gli scavi, le gallerie, 
    il passaggio sotto il Carso, opere che sono state sempre contrastate dalle 
    associazioni ambientaliste perchè potenziali strumenti di distruzione del 
    territorio e dell´equilibrio idrogeologico del Carso. Gli ultimi 
    aggiornamenti tecnici su altre opere di alta velocità ferroviaria, come la 
    Torino-Milano, dimostrano che dove passa la Tav, viene espropriata una 
    fascia di circa 100 metri di larghezza. In molte situazione nemmeno barriere 
    antirumore alte più di 7 metri riescono a mantenere il rumore entro limiti 
    accettabili. 
    Luca Perrino  | 
  
 
 
  
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    Veglia, 
    rigassificatore al consorzio Adria Lng -  Il futuro terminal servirà 
    anche il gasdotto che dal Quarnero arriverà a Trieste. Una diramazione 
    giungerà in Ungheria   | 
  
  
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    Croati a 
    Castelmuschio insieme ad Austria, Germania, Francia e Slovenia  | 
  
  
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    FIUME A meno di colpi di scena 
    redatti dal governo di Zagabria (quello successivo alle elezioni del 27 
    novembre), a costruire in una località litoranea il futuro terminal per lo 
    sbarco e la distribuzione del gas naturale liquefatto (Lng – Liquefied 
    natural gas) dovrebbe essere il consorzio internazionale costituitosi di 
    recente grazie a un’iniziativa congiunta tedesca, austriaca, francese, ceca 
    e slovena.  
    Denominato Adria Lng, del consorzio fanno parte il gruppo tedesco E.On 
    Ruhrgas, l’austriaco Omv, il ceco Rwe Transgas, il francese Total e lo 
    sloveno Geoplin. I cinque hanno fondato l’Adria Lng con sede a Zagabria, 
    sottoscrivendo un impegno scritto e attribuendo chiaramente la loro 
    preferenza per quanto attiene all’ubicazione del terminal: la località 
    prescelta è quella quarnerina di Castelmuschio (Omisalj), sull’isola di 
    Veglia (Krk), praticamente accanto al porto petroli dell’oleodotto Janaf e 
    su un’area messa a disposizione dal petrolchimico Dina. La costituzione di 
    Adria Lng aveva suscitato parecchio scalpore pochi giorni orsono, quando era 
    sembrato che si intendesse precludere la partecipazione al consorzio di 
    ditte croate.  
    La smentita è arrivata quasi subito. Non solo: è stata anche indicata la 
    quota azionaria spettante ai soci croati. Questi dovrebbero essere la Ina 
    (idrocarburi, con una quota del 25 per cento nel portafoglio della Mol 
    ungherese) e quindi, con fette minori, la Hep (Azienda elettrica di stato) e 
    la Plinacro (estrazione e distribuzione del metano estratto al largo delle 
    coste istriane). In tutto alla parte croata spetterebbe una quota azionaria 
    della Adria Lng pari al 25 per cento: alla Ina andrebbe il 14, alla Hep il 
    10 e a Plinacro (anch’essa statale) l’uno per cento. Questa configurazione 
    da parte croata dovrebbe essere confermata in via definitiva nei prossimi 
    giorni. Resta per il momento «riservata» la distribuzione del pacchetto 
    azionario Adria LNG fra i partner stranieri. Tra i quali a suscitare 
    immediatamente qualche riserva (lo scandalo della Ljubljanska Banka è 
    tuttora una ferita aperta) è stato lo sloveno Geoplin. Quanto alla 
    collocazione del terminal Lng (o rigassificatore), ultimamente tutto sembra 
    propendere per la scelta di Castelmuschio, unanimemente consigliata dai 
    tecnici ma ancora non «consacrata» dai politici. Qualcosa in questo senso è 
    trapelata anche dalle parole profferite solo qualche giorno fa dal 
    presidente della Repubblica, Stjepan Mesic, durante una sua visita a Veglia, 
    Fiume e Abbazia. Nel soffermarsi sulle potenzialità di sviluppo dell’isola, 
    Mesic ha accennato proprio alla probabile ubicazione del terminal a 
    Castelmuschio. Il progetto del rigassificatore, con annessi depositi di 
    stoccaggio (10–15 miliardi di metri cubi di gas all’anno), dovrebbe 
    comportare investimenti per circa 700 milioni di euro. Il gas naturale 
    liquefatto proveniente via mare dall'area caspico–caucasica e dal Qatar, 
    scaricato dalle metaniere e immagazzinato a –162 gradi centigradi, potrebbe 
    fare da input a tutta una serie di attività in loco, industriali e non, che 
    in concatenazione sinergica trarrebbero diretto beneficio dall'abbattimento 
    dei costi. Ovviamente il terminal Lng fungerebbe pure da centro distributivo 
    per una lunga serie di utenze europee anche grazie a un gasdotto che dal 
    Quarnero si inoltrerebbe verso il territorio sloveno e Trieste, mentre una 
    diramazione verso nord sboccherebbe in territorio ungherese. 
    f.r.  | 
  
 
 
 
IL PICCOLO - 
SABATO, 13 ottobre 2007 
 
 
  
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    Nobel a Gore, 
    vittoria anche per Trieste  - Nell’Ipcc, il gruppo di studio premiato, 
    c’è lo scienziato triestino Filippo Giorgi  | 
  
  
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    Importante 
    riconoscimento al responsabile della sezione clima e fisica meteorologica 
    del Centro di Miramare  
    
    TRIESTE C’è anche un giovane 
    ricercatore di Trieste, il fisico Filippo Giorgi, nel board del Comitato 
    vincitore del premio Nobel per la Pace Ipcc, insieme ad Al Gore. Lo 
    scienziato è infatti l’unico italiano presente nell’organo esecutivo del 
    Comitato intergovernativo per i cambiamenti climatici dell’Onu, vincitore 
    del prestigioso riconoscimento. È stato uno degli autori del secondo e del 
    terzo rapporto sui mutamenti climatici nel mondo. A Trieste, lo studioso 
    lavora come ricercatore responsabile di una sezione del Centro 
    Internazionale di Fisica Teorica «Ictp Abdus Salam», con sede a Miramare. 
    Alla notizia del premio Nobel, Giorgi non ha nascosto la sua profonda 
    emozione. «Ho ricevuto la notizia da un collega tedesco - ha raccontato - ed 
    ancora non capisco bene cosa stia succedendo». Secondo Giorgi, «il motivo 
    per il quale l'Ipcc è stato scelto per il Nobel è la coscienza che i 
    cambiamenti climatici possano creare ancora molti contrasti fra le nazioni, 
    visto i problemi come la scarsità di acqua in regioni più vulnerabili di 
    altre con conseguenti esodi di massa». 
    «Con questo riconoscimento - ha aggiunto Giorgi - viene premiato anche 
    l’impegno del comitato Ipcc per divulgare la gravità della situazione 
    all'opinione pubblica». Per quanto riguarda il futuro, secondo Giorgi, 
    «dobbiamo concentrarci sempre di più sulla comunicazione e sulla 
    divulgazione scientifica». «L'opinione pubblica - ha spiegato - è al momento 
    consapevole della gravità del problema ma bisogna convincere anche i governi 
    e trovare politiche che, da un lato, riescano a diminuire le emissioni dei 
    gas serra e, dall'altro, non impediscano la crescita dei paesi, soprattutto 
    di quelli in via di sviluppo». 
    «La situazione si presenta preoccupante - ha spiegato Giorgi - e si deve 
    agire presto per farsi che questi cambiamenti climatici non diventino così 
    forti da mettere veramente in pericolo la società». Insomma, secondo lo 
    scienziato uno dei messaggi più importanti del Nobel è proprio quello che di 
    rimboccarci tutti le maniche, a partire anche da Trieste. Il tutto perché il 
    riscaldamento globale è al momento in atto, e nell’Europa, è più marcato che 
    in altre zone del pianeta. L’ultimo rapporto dell’Ipcc - sul quale Giorgi ha 
    lavorato per anni - attesta che è l’uomo la causa principale di tale 
    riscaldamento, per lo meno negli ultimi 50 anni. Sotto accusa - le emissioni 
    di gas serra, ovvero di anidride carbonica, metano, ozono, generate dal 
    complesso delle attività umane (industria, agricoltura, spostamenti ecc). 
    Secondo le proiezioni attuali, nei prossimi decenni, la temperatura 
    terrestre si innalzerà ancora, con effetti sempre più preoccupanti. «Il 
    problema è che le emissioni continuano ad aumentare ad una velocità maggiore 
    di quelle che erano le peggiori previsioni di cinque anni fa» ha affermato 
    lo scienziato di Trieste. Se non si si agisce presto, assisteremo quindi fra 
    l’altro a fenomeni come l’ulteriore riduzione dei ghiacciai, il calo delle 
    riserve d’acqua dolce o delle precipitazioni, ma anche ad un aumento delle 
    patologie legate al caldo o ad una crescita di fenomeni meteorologici 
    estremi quali tempeste o uragani. In questo contesto, quali sono però le 
    azioni che ci porterebbero a fare un grosso passo avanti oltre a prevedere 
    lo stato di salute del nostro pianeta? «Investimenti in tecnologie 
    alternative per esempio» ha risposto Giorgi, sottolineando inoltre che entro 
    i prossimi 30 anni bisognerà attuare delle politiche di riduzione delle 
    emissioni di gas serra nell’ordine del 30-40%. 
    E per quanto riguarda la ricerca sui cambiamenti climatici? Secondo lo 
    studioso siamo ad «un punto di svolta». Nel prossimo appuntamento con gli 
    scienziati del Comitato Ipcc, programmato il 12 novembre a Valencia in 
    Spagna, saranno presentate infatti le ultime valutazioni tecniche del quarto 
    rapporto Ipcc, che ha coinvolto migliaia di esperti provenienti da circa 130 
    paesi. Si tratta di un documento tecnico che dovrà stare alla base delle 
    politiche che a fine anno saranno discusse in una conferenza mondiale a Bali 
    da tutte le nazioni Onu, nel tentativo di stabilizzare la quantità di gas 
    serra sotto i valori di guardia. «Spero - ha commentato infine Giorgi - che 
    questo premio Nobel contribuisca anche alla buona volontà dei paesi che 
    parteciperanno a queste negoziazioni». 
    Il ricercatore non ha nascosto che “non è facile portare avanti un lavoro 
    simile poiché ogni singola frase viene rivista, discussa e solo poi 
    approvata”. Nel 2001 infatti, in occasione del precedente rapporto mondiale 
    sul clima, si è infatti discusso per ore prima di decidere se scrivere nel 
    rapporto che i cambiamenti climatici sono attribuibili all’uomo «molto 
    probabilmente», «quasi certamente» o «in modo certo». Diverse sfumature che 
    posso però fare la differenza... 
    Gabriela Preda   | 
  
 
 
  
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    Ferriera, 
    partono le analisi nel rione  - Oggi o domani al via i rilevamenti. 
    Apat: «Le faremo con Arpa e Cigra, stesso posto e stessa ora» 
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    Caracciolo: 
    «Previste misurazioni anche su metalli e Pm 25» 
    
    Il 
    commissario Vignola: «Non appena avremo riscontri certi informeremo 
    l’opinione pubblica». Metz: «La Regione non faccia censure» 
    
    La dirigente del laboratorio 
    dell’Apat inviato dal ministero dell’Ambiente per una validazione dei dati 
    sull’inquinamento a Servola è già arrivata a Trieste, e fa base all’Arpa. 
    Ieri era in attesa che da Roma arrivasse il furgoncino, partito in 
    mattinata, che contiene il laboratorio mobile con cui verranno effettuate, 
    forse già da oggi ma con domani sicuramente (seppure sia domenica), le 
    analisi dell’aria nella zona circostante la Ferriera. 
    «Faremo aspirazioni dell’aria assieme all’Arpa e al Cigra, nello stesso 
    luogo, nello stesso momento e nelle stesse condizioni - spiega peraltro il 
    capo del dipartimento del settore aria dell’Apat, Roberto Caracciolo, anche 
    capodelegazione per Trieste - al fine di capire i dati precedenti, ci 
    vorranno circa 15 giorni per avere un primo quadro di risultati, nel caso 
    non arrivassimo subito a una fotografia definitiva della situazione 
    ripeteremo le analisi».  
    Dice Caracciolo che compito istituzionale dell’Apat è proprio quello di 
    assistere le Agenzie locali dell’ambiente affinché siano in grado di fornire 
    dati omogenei e confrontabili. «Così in un certo senso - prosegue - la 
    nostra missione a Trieste, sollecitata dal prefetto che ne ha interessato il 
    ministero, il quale ci ha dato l’incarico e al quale risponderemo, è anche 
    di routine, ma in questo caso, data la situazione di emergenza, faremo 
    qualche misurazione in più, anche su metalli e Pm25, per le quali solo noi 
    abbiamo l’attrezzatura che serve». Se i risultati non fossero in linea con 
    le norme di legge l’Apat segnalerà al ministero la necessità di interventi 
    correttivi «che comunque - conclude Caracciolo - non sta a noi mettere in 
    atto, si interviene a livello centrale solo se a livello locale non si 
    prendono le necessarie misure». 
    Il commissario dell’Apat, l’avvocato Giancarlo Viglione, assicura d’altro 
    canto che non appena ci saranno dati certi «verranno immediatamente 
    comunicati all’opinione pubblica». Nell’accordo firmato l’altro giorno in 
    Regione tra i rappresentanti di amministrazioni, sindacati, organi sanitari, 
    tecnici, politici e istituzionali è stato peraltro inserito un punto che 
    vincola gli attori in campo a delegare d’ora in poi alla sola Direzione 
    regionale la facoltà di fornire informazioni sulla Ferriera e la «salute» di 
    Servola. Il motivo: troppe voci, troppi «allarmismi». 
    L’assessore comunale all’Ambiente, Maurizio Bucci, ha già reagito con 
    fastidio e con una battuta all’aceto: «Questo succedeva solo nella vecchia 
    Unione sovietica...». Più perentoria la protesta del consigliere regionale 
    dei Verdi, Alessandro Metz, che ricorda come secondo le leggi nazionali e 
    regionali (l’ultima del 2000) esiste il «diritto di accesso ai documenti 
    amministrativi al fine di assicurare trasparenza dell’attività 
    amministrativa e di favorire lo svolgimento imparziale». Metz, che ha 
    affiancato Dipiazza nell’azione di coinvolgimento del ministero 
    dell’Ambiente, si chiede: «Sono i lavoratori della Ferriera o gli abitanti 
    di Servola, ma non solo, direttamente interessati e dunque con diritto di 
    sapere? I triestini - conclude - non sono un corpus astratto, con un 
    quoziente intellettivo medio-basso, ma 102 mila famiglie che hanno il 
    diritto di essere informate, e visto quanto successo negli ultimi anni 
    sarebbe la prima volta». 
    
    Gabriella Ziani  | 
  
 
 
  
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    FERRIERA - 
    Cifre, controlli, salute e fumi E ciascuno contesta l’altro  | 
  
  
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    Secondo la Provincia 
    l’inquinamento a Servola dipende anche da altre aziende e dal traffico. Il 
    Comune l’accusa di «voli pindarici» e il verde Metz scrive: «L’assessore 
    Barduzzi è ancora confusa». Barduzzi ripete sempre che «i camini della 
    Ferriera sono monitorati e non ne escono sostanze oltre i limiti». 
    L’assessore Bucci le ricorda che non ha compiti di spazzacamino e che si sta 
    parlando d’altro. L’Azienda sanitaria allerta il Comune dopo aver visto i 
    dati del Cigra che misurano gli inquinanti sul terreno del rione, e il 
    sindaco dice: «Chiudo». Ma i camini? Storia di ieri, seppure viva. Qui si 
    parla di inquinamento diffuso, non di emissioni. Ma la Ferriera ricorre al 
    Tar contro il sindaco: le indagini del Cigra, dice, son fatte male. Poi 
    viene fuori che l’Arpa le ha rifatte tali e quali (stesso posto, stesse 
    sostanze) e che i dati negativi si sovrappongono: c’è una media di polveri 
    sottili che a luglio secondo l’Arpa ha toccato gli 86,6 microgrammi per 
    metro cubo quando il limite è 50, con un picco di 128,7 (e sei sforamenti su 
    otto giorni controllati), ad agosto la media è stata di 51,8 con un picco di 
    104,4 (14 sforamenti su 31 giorni). E dunque? Intanto, per lentezze 
    burocratiche e problemi tecnici, l’Azienda sanitaria ha ancora in piedi il 
    progetto di controllare l’accumulo di diossine nel corpo umano: ma l’idea è 
    di due anni fa, quando diossina uscì effettivamente da un camino. 
    Molte battaglie sulla Ferriera e su Servola potrebbero sembrare una lite su 
    chi è il «piccolo chimico» in possesso della formula migliore. Da qui accuse 
    e contromosse e l’intervento di registi (politicamente la Regione e 
    tecnicamente l’Apat). Il problema dove nasce? Dalla complessità orizzontale 
    e verticale della mai risolta questione. Chi parla di benzoapirene per le 
    strade di Servola si sente rispondere con argomenti riguardanti le emissioni 
    dei camini, chi certifica che il benzoapirene di oggi - rilevato fino a 90 
    volte oltre i limiti - può causare mutazioni genetiche sperimentate in 
    laboratorio in questi giorni con le sostanze appena raccolte dal terreno 
    fronteggia l’altro che ancora parla di diossine da due anni, la magistratura 
    ha cause in corso e prescrizioni che fa osservare, l’Arpa valida i dati 
    Cigra ma l’azienda siderurgica va al Tar ugualmente. I sindacati traballano 
    sui burroni e il sindaco crede comunque all’autorità sanitaria. La Regione, 
    che a giorni (ennesimo filone, ennesime riunioni) deve o meno concedere una 
    Valutazione integrata d’impatto ambientale, ha intimato «zitti tutti». Come 
    se fosse inquinamento acustico. 
    g. z.  | 
  
 
 
  
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    FERRIERA - 
    Rosato: «Non è più tempo di azioni legali Bisogna verificare i dati 
    scientifici»  | 
  
  
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    «Non è più tempo di battaglie 
    legali, ma di verifica dei dati scientifici». Ettore Rosato, sottosegretario 
    agli Interni, commenta così gli ultimi sviluppi del caso Ferriera che 
    l’altro ieri hanno visto da una parte tutti i protagonisti della vicenda, 
    sotto la regia dell’assessore regionale all’Ambiente Gianfranco Moretton, 
    dar vita a un’unità di crisi che vigili su smog e salute pubblica; ma 
    dall’altra i legali della Lucchini-Severstal impugnare davanti al Tar le 
    delibere con cui il sindaco Dipiazza ha intimato di «far cessare le 
    emissioni inquinanti». 
    E allora, Rosato non ha dubbi: «Non è più tempo di battaglie legali». Certo 
    «il ricorso al Tar - precisa il sottosegretario - è legittimo: ma non è la 
    soluzione del problema». I dati fin qui usciti dalle centraline «sono 
    talmente chiari che o la proprietà attua interventi radicali, o lo 
    stabilimento diventa incompatibile con l’ambiente». Quelli sull’inquinamento 
    «sono risultati scientifici e su questi ci confronteremo». 
    Lucchini-Severstal contesta il posizionamento delle centraline? «Sarà il 
    tavolo» «a affermare quali siano le centraline» cui far fede e «asseverare 
    gli strumenti con cui si controllano i dati». Perché «il problema non sta in 
    cosa dice il Tar, ma in ciò che dicono le centraline. Né un tribunale 
    amministrativo potrà mai dire se la Ferriera inquini o meno». 
    Rosato lo ribadisce: se si è giunti a questa situazione «ci sono 
    responsabilità delle istituzioni locali e della proprietà». Ma «ho sempre 
    difeso il diritto dei lavoratori a un posto di lavoro salubre. La Ferriera 
    deve rispettare le norme ambientali: lo dico anche in difesa della 
    proprietà, che ha tutto l’interesse a valorizzare l’area con attività 
    coerenti con le norme. Istituzioni e proprietà insieme devono definire un 
    percorso che porti a rispettare i parametri ambientali e consentire che i 
    dati siano leggibili da tutti».  | 
  
 
 
  
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    FERRIERA - 
    Cgil: «Agire, basta dispetti» - Mentre la Confsal chiede la chiusura «perché 
    i lavoratori da tutelare sono anche i cittadini»   | 
  
  
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    «Noi siamo l’unico sindacato che 
    insiste a chiedere la chiusura della Ferriera, ma non c’era un accordo già 
    firmato per lo stop nel 2009?». Fuori dal più prudente coro dei sindacati, 
    la Confsal con Filippo Caputo all’indomani dell’incontro in Regione non ha 
    dubbi: «Ci sono lavoratori sia nella Ferriera sia fuori, lo sono anche i 
    cittadini inquinati, e in questo caso direi che la città si deve comprare 
    l’aria pulita, io penso che i triestini qualche sacrificio lo farebbero per 
    aprire un fondo di solidarietà, inoltre questa fabbrica non fa cioccolata, e 
    inquinamento lo produrrà sempre, e se l’azienda dice che ’’l’acciaio tira’’, 
    non per questo bisogna ammalarsi». 
    Invita alla concretezza e velocità d’azione Franco Belci della Cgil, che 
    comunque giudica un «passo importante» la concertazione avviata in Regione. 
    «Bisogna arrivare a una interpretazione univoca dei dati, e poi a decisioni 
    conseguenti, il fatto che l’azienda ricorra al Tar ci affascina assai poco: 
    non è il Tar che risolverà i problemi di Servola, è solo un’azione di 
    autotutela, ma ci piacerebbe che analogo impegno si mettesse nel contenere 
    le emissioni». Da ultimo, ricordando i battibecchi che nemmeno in Regione 
    sono mancati, Belci conclude: «Speriamo che le polemiche cessino, quella 
    sede non è una palestra di dispetti». 
    Offeso dall’idea che qualcuno debba fare raccolta di soldi per integrare 
    l’eventuale cassa integrazione dei dipendenti della Ferriera se questa 
    chiudesse è Vincenzo Timeo della Uil (in Regione come responsabile industria 
    per il sindacato): «È poco dignitoso fare regali alla gente che lavora - 
    dice -, se i dati oggettivi dell’inquinamento saranno tali da far 
    prefigurare la chiusura, ne prenderemo atto, ma la cosa più sgradevole è che 
    si parla di ammortizzatori sociali senza conoscerne i contenuti: la cassa 
    integrazione è la cosa più facile da ottenere - prosegue Timeo -, ma sono 
    700 euro al mese al posto di uno stipendio, e nessuno in realtà sa quali 
    saranno i tanto citati sostegni al reddito». Per Timeo, che soffre all’idea 
    che per i lavoratori sia quasi impossibile accedere a processi di formazione 
    nel mentre garantiscono gli organici di una fabbrica in funzione, «è una 
    vera eresia politica l’idea del sindaco di non abbassare l’Ici per via degli 
    operai, se vuole inasprire definitivamente l’opinione negativa di Trieste 
    sulla Ferriera non può scegliere argomento migliore». 
    Per il segretario della Cisl, Luciano Bordin, permane il rischio, «dopo anni 
    di incertezza sulla situazione, che ancora adesso ciascuno vada per la 
    propria strada». E conclude: «Vedremo a partire dalla prossima riunione in 
    Regione, ma c’è poco da parlare: i dati sull’inquinamento ci sono già, e 
    dunque già adesso si deve agire».  | 
  
 
 
  
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    Discarica a 
    Sgonico, Sardoc chiama l’Arpa - Dopo l’allarme-amianto urgono verifiche  | 
  
  
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    SGONICO L’amministrazione 
    comunale di Sgonico ha richiesto ufficialmente all’Associazione regionale 
    per l’ambiente (Arpa) un monitoraggio ambientale per un’area di pertinenza 
    situata a ridosso del Centro polisportivo Ervatti e della vicina Zona 
    artigianale comunale. Un sito che, a quanto segnalato dall’organizzazione 
    ambientalista «Greenaction Transnational», ospiterebbe una discarica abusiva 
    con dei pericolosi residui di cemento amianto, disposta a nemmeno due km di 
    distanza dal sito turistico della Grotta Gigante. 
    La denuncia dell’associazione ambientalista risulta documentata da un testo 
    e da un video inclusi nel proprio sito Internet www.greenaction-planet.org, 
    filmato ripreso pure dal famoso sito internazionale «You Tube». «La 
    richiesta d’intervento – spiega il sindaco di Sgonico Mirko Sardoc – è stata 
    inoltrata al Dipartimento provinciale dell’Arpa di via Lamarmora e, per 
    conoscenza, al Nucleo operativo ecologico Carabinieri di Udine, alla Regione 
    Fvg e all’Ufficio ecologia e promozione ambientale della Provincia di 
    Trieste». «A fronte della denuncia ambientalista – continua Sardoc – sono 
    necessarie opportune e tempestive verifiche. Per competenza abbiamo dunque 
    inviato la richiesta all’Arpa, affinché si provveda a controllare se nel 
    sito individuato vi siano sostanze inquinanti». 
    Le analisi e monitoraggi che verranno effettuati – si legge in una nota del 
    Comune – permetteranno di verificare le reali condizioni ambientali e di 
    accertare l’esistenza o meno delle necessarie condizioni di sicurezza 
    ambientale per l’emissione degli opportuni provvedimenti. Se tra i cumuli di 
    rifiuti denuncianti verrà dunque accertata la presenza del cancerogeno 
    amianto, che gli ambientalisti avrebbero individuato in più punti del 
    terreno in termini frazionati, si renderà necessaria un’attenta bonifica. La 
    presenza di cemento amianto ridotto ai minimi termini e sbriciolato è di 
    particolare gravità, vista l’ampia dispersione che l’elemento tossico 
    continuerebbe a subire causa l’opera del vento e delle brezze. Un autentico 
    pericolo per chi risiede e lavora negli immediati paraggi della discarica 
    inquinata. 
    m.l.  | 
  
 
 
  
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    Brambati: 
    «Sbagliati gli allarmismi sul clima»  - Lo scienziato ha spiegato che 
    non tutti i cambiamenti sono attribuibili all’uomo  | 
  
  
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    Il docente 
    di scienze geologiche del nostro ateneo ha illustrato il fenomeno alla 
    conviviale del Rotary Trieste  
    
    «Sarà il caso di prendere sul 
    serio le notizie allarmistiche che vedono dietro l'angolo stravolgimenti 
    climatici da film catastrofico - ha detto Maurizio De Vanna, presidente del 
    Rotary Club Trieste alla conviviale all'Hotel Greif Maria Theresia - o 
    abbiamo qualche via di scampo»? Per fare chiarezza sul delicato argomento 
    della salute del pianeta, è intervenuto Antonio Brambati, professore 
    ordinario al Dipartimento di scienze geologiche, ambientali e marine, della 
    nostra università. con la relazione «Da una glaciazione all'altra: bugie e 
    verità sul clima».  
    «Troppo spesso le notizie pubblicate dai mass media sono finalizzate a 
    suscitare scalpore nell'immediato, e non si basano su dati scientifici, 
    grazie anche rapporti e conferenze che mettono in campo più la politica che 
    la scienza»: così Brambati ha commentato la visione ecocatastrofista del 
    ministro Alfonso Pecoraro Scanio, peraltro poi contestati dal climatologo 
    Franco Prodi. Si dice che gli anni '90 siano stati i più caldi dell'ultimo 
    secolo, mentre la tabella delle temperature mondiali, assegna il primo posto 
    al 1934, e ai primi del novecento, l'industrializzazione portatrice di Co2, 
    era ancora in fasce. Questo vale anche per il lungo periodo caldo del 
    medioevo, contraddistinto da temperature notevolmente superiori a quelle 
    attuali. 
    «Certo che bisogna cercare di preservare l'ambiente, però non si possono 
    addossare tutti i mutamenti del clima all'effetto serra antropogenico - 
    aggiunge Brambati - l'aumento di Co2 a causa dell'uomo non va negato, ma la 
    sua influenza ridimensionata». Studiando le carote di ghiaccio - la cui 
    acqua intatta risale a milioni di anni fa - prelevate a oltre 3mila metri di 
    profondità dal lago Vostok nell'Antartide, è possibile ricostruire le 
    variazioni climatiche di migliaia di anni fa. L'analisi delle bolle di 
    ghiaccio al loro interno, hanno dimostrato che ci sono sempre state 
    variazioni nella concentrazione di Co2, a seconda degli aumenti o 
    diminuzioni delle temperature, che avvenivano senza bisogno di alcun 
    intervento umano.  
    Patrizia Piccione   | 
  
 
 
  
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    Rigassificatori in golfo  | 
  
  
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    Non crediamo assolutamente che 
    la proposta della Tge Gas Engineering sia una cosa seria e tantomeno 
    fattibile, se non in probabile funzione dimostrativa ai cosiddetti «nimbisti» 
    di Trieste con cui si vorrebbe lanciare un preciso messaggio: «Vedete che 
    cosa sta accadendo? Rischiamo di perdere il rigassificatore a Trieste e ce 
    lo fanno a Capodistria». 
    Abbiamo iniziato dicendo che non crediamo nella veridicità del programma né 
    che sia una cosa seria: sia lo Stato sloveno che quello croato hanno 
    ripetutamente detto «no» ai rigassificatori proposti a Trieste. Sarebbe 
    inesprimibile qualsiasi valutazione sul comportamento dei responsabili dei 
    governi sloveno e croato se tutto il loro negativo affermare contrarietà 
    alle iniziative italiane nel Golfo di Trieste, si capovolgesse 
    all’improvviso passando sulla testa di tutti i cittadini, sulla moralità 
    dell’impegno «contro», sulla coerenza comportamentale. 
    Chi scrive, seguito ed elogiato insieme agli altri componenti il Comitato, 
    per la dura, specifica e integerrima lotta fin qui portata avanti contro i 
    programmatori d’ingiustizia e di prefigurato, quanto interessato progresso, 
    nel segno esclusivo degli interessi di casta, è notoriamente presente sul 
    «mercato» ambientale (con specifico riferimento al pericolo del terrorismo 
    internazionale), in armonia con il suo sostanziale atteggiamento 
    «agnostico», verso qualsiasi espressione o movimento che non tenga nel 
    dovuto rispetto i rigori comportamentali verso la libertà, la democrazia e 
    la relativa giustizia che sono alla base delle regole fondamentali cui deve 
    ispirarsi una società democraticamente avanzata e libera. 
    Nell’articolo apparso su «Il Piccolo» ci sono, tuttavia, due passaggi 
    rassicuranti: il riferimento a fonti governative secondo le quali il «no» 
    all’iniziativa sarebbe scontato e, a fine articolo si evidenzia ciò che già 
    sapevamo: il giudizio di Marko Starman, segretario di Stato presso il 
    ministero per l’Ambiente e responsabile del gruppo interministeriale 
    incaricato di valutare la proposta, il quale afferma che il rigassificatore 
    nel Porto di Capodistria non ha grandi possibilità di essere approvato.  
    Ricordiamo alfine il «clamoroso lapsus freudiano» in cui è incappato il 
    portavoce della società nel punto in cui afferma che «la tecnologia adottata 
    sarebbe decisamente meno inquinante di quella prevista dai progetti Endesa e 
    Gas Natural nel golfo di Trieste». Meno inquinante, significa comunque 
    inquinante, anche se meno di quella molto inquinante degli impianti previsti 
    a Trieste. 
    Bravo Puklavec, continui pure così. Ce ne racconti qualche altra sulla 
    sicurezza: sia quella dovuta alla movimentazione marittima all’interno del 
    golfo minuscolo di Koper e di possibili pericoli dovuti ad accadimenti 
    incidentali o per mano del terrorismo internazionale. 
    Arnaldo Scrocco - Comitato per la salvaguardia del Golfo di Trieste  | 
  
 
 
IL PICCOLO - 
VENERDI', 12 ottobre 2007 
 
 
  
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    Creata l’unità 
    di crisi per la Ferriera  - Maxivertice in Regione: gli enti siglano un 
    protocollo. Dipiazza: a fine mese, con i risultati in mano, convoco io un 
    tavolo   | 
  
  
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    Il 
    coordinamento vigilerà su smog e salute pubblica e avrà tutti i dati sotto 
    controllo  | 
  
  
    | 
     
    Una megariunione ogni settimana, 
    a partire dalla prossima, in cui passare al setaccio ciascuno le proprie 
    novità ed evidenze sulla Ferriera. Un protocollo, da tutti firmato, che 
    fissa compiti, intenti, obiettivi e procedure comuni in tema di rilevazione 
    e conferma dei dati ambientali e che ribadisce con accento definitivo la 
    priorità della salute degli abitanti di Servola. E una informazione 
    «concordata» e univoca da dare ai cittadini. Il summit sulla Ferriera 
    organizzato ieri mattina dall’assessore regionale all’Ambiente, Gianfranco 
    Moretton, e durato quasi quattro ore, si è rivelato un capolinea 
    (temporaneo) dal quale tenere a briglia la sempre più scottante e scomoda 
    questione della fabbrica siderurgica a fronte dei dati di inquinamento 
    accertati nelle strade del rione e alle ultimative intenzioni del sindaco di 
    procedere a chiusura se la situazione non migliora. Ieri stesso peraltro, 
    mentre in Regione si scambiavano coincilianti parole, la Lucchini-Severstal 
    ha depositato al Tar un ricorso in cui rigetta tutte le ordinanze del 
    sindaco, successive alle note di richiamo dell’Azienda sanitaria e alle 
    analisi del Cigra disposte dal magistrato. Dunque la storia continua. 
    All’assessorato sono arrivati ieri di buon’ora, alle 8.30, Dipiazza con 
    l’assessore Bucci, il prefetto Balsamo, la presidente della Provincia 
    Poropat con l’assessore Barduzzi, il direttore sanitario dell’Azienda 
    sanitaria Reali coi dirigenti del Dipartimento di prevenzione, 
    l’amministratore delegato della Lucchini-Severstal, Rosato, il direttore 
    dell’Associazione industriali, Battilana, i segretari provinciali di Cgil, 
    Cisl e Uil e altre sei sigle sindacali, Pierluigi Barbieri e Ranieri Urbani 
    del Consorzio Cigra (delegati dal pm Federico Frezza), dirigenti dell’Arpa e 
    della Direzione regionale Lavori pubblici, il presidente della quarta 
    commissione regionale (Urbanistica) Drossi Fortuna. 
    Un gran parterre. E il risultato, dopo discussioni e qualche affilata 
    scaramuccia - che si propaga anche fuori - è stato infine accettato come 
    utile e credibile da ognuno dei partecipanti, contenti infine di discostarsi 
    da una solitudine istituzionale che finora ha portato esiti sconsolanti, 
    emergenze, proteste. Ma di cui Dipiazza si mantiene la fetta di pertinenza: 
    «Ho rispiegato la situazione, e ho detto che quando a fine mese avrò i 
    risultati delle analisi di settembre che stiamo attendendo, allora un tavolo 
    lo convoco io con la domanda: e adesso che si fa?». 
    Bucci, che è rimasto in Regione più a lungo perché il sindaco aveva 
    appuntamento con Illy, rincara: «Riunione e protocollo sono un’ottima cosa, 
    si vede adesso che il problema non è solo del Comune, ma se poi ci 
    ritroviamo con la situazione allarmante che sappiamo, il sindaco è 
    determinato, e dice ’’chiudo’’. E anche i sindacati - commenta l’assessore - 
    hanno mantenuto in questo senso un atteggiamento estremamente responsabile». 
    L’ipotesi di dover fronteggiare una cessazione di attività non è esclusa 
    nemmeno da Drossi Fortuna: «Se i dati certificati secondo questo nuovo modo 
    di procedere che ci si è dati saranno drammatici, c’è poco da fare, la 
    Regione dovrà allora occuparsi del salvagente per i lavoratori». 
    Moretton ha definito «collaborativa» la posizione dell’azienda che si 
    appresta a fine ottobre a un altro esame: quello per ottenere la richiesta 
    Valutazione integrata d’impatto ambientale. «In quella sede - aggiunge - i 
    vari enti valuteranno la corrispondenza tra le norme di legge e prenderanno 
    le determinazioni del caso, c’è la garanzia che le istituzioni seguono il 
    caso con competenza e serietà». 
    Non per questo però è nato ieri il «pensiero unico». Anzi. Per prima cosa è 
    giunta al Comune nel pomeriggio notizia che la Lucchini-Severstal proprio 
    ieri ha impugnato al Tar tutte le ordinanze del sindaco. L’assessore Bucci 
    se ne dice scandalizzato: «Al mattino in Regione come colombe, e poi salta 
    fuori questa novità, ma che buon gusto, perfino. Vedremo alla prossima 
    riunione: se l’azienda ci va col cannone, io porterò la mitraglia». 
    Barduzzi poi ha ribadito l’intenzione della Provincia di monitorare in 
    continuità l’emissione dei camini, ma Barbieri del Cigra ha contestato: «E’ 
    la cokeria che produce inquinanti, non i camini, se restiamo ai camini non 
    affrontiamo il problema». E sempre Bucci accusa la collega di «voli 
    pindarici» e le manda a dire bruscamente: «La Provincia non è una 
    cooperativa di spazzacamini». E anche: «Perché adesso vuole occuparsi 
    dell’inquinamento del mondo intero e non di quello specifico? Forse - si 
    risponde - perché a fine anno le competenze di verifica torneranno alla 
    Regione, e quindi preferisce un blando profilo basso fino a quella data». Ma 
    lo stesso Moretton non ignora il punto di vista: «Alla Ferriera pesano 
    fattori storici, ma anche derivanti da inquinamento più generale». E 
    aggiunge: «Le analisi comunque non sono finite, la stessa Procura deve farne 
    delle altre». 
    Ma il Comune, pur oggi contornato da collaborazioni e regia, continua a 
    mantenersi in prima linea e Bucci, che comunque definisce «insperata» 
    l’attenzione che ieri è stata da tutti dedicata al problema ribadisce: 
    «L’azienda rigetta tutte le ordinanze, come autodifesa in senso commerciale 
    lo posso anche capire, uno protegge il proprio capitale, ma c’è in questo 
    modo di fare un’arroganza incredibile, anche umanamente parlando: per la 
    gente gli agenti inquinanti hanno conseguenze ben gravi».  
    
    Gabriella Ziani  | 
  
 
 
  
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    FERRIERA - I 
    legali della società: «Centraline irregolari»  - Gli avvocati chiedono 
    l’annullamento delle tre delibere firmate da Dipiazza  | 
  
  
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    Nel ricorso 
    depositato al Tar: «La relazione del Cigra del 29 marzo scorso è in aperto 
    contrasto con la normativa vigente»   | 
  
  
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    Nell’atto 
    depositato ieri la «Servola Spa» rende noti per la prima volta i livelli di 
    benzoapirene misurati annualmente a partire dal 2002  | 
  
  
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    «Le centraline del Cigra che 
    hanno misurato il benzoapirene, sono state collocate in via dei Giardini e 
    in via San Lorenzo in Selva, nei pressi della stazione ferroviaria di 
    Servola: queste due posizioni sono state adottate senza chiarire in alcun 
    modo i criteri di scelta. Ecco perché la relazione del Cigra del 29 marzo 
    2007 si presenta in aperto contrasto con la disciplina in vigore». 
    E’ questo uno dei punti più significativi del ricorso presentato ieri al Tar 
    dai legali della Ferriera di Servola. Gli avvocati Guido Barzazi e Giovanni 
    Borgna, con questo atto chiedono ai giudici amministrativi di annullare le 
    tre delibere firmate dal sindaco Roberto Dipiazza il 28 giugno e il 12 e 19 
    luglio 2007. Nei tre documenti veniva e viene ordinato alla «Lucchini Spa» e 
    alla «Servola Spa» di «far cessare immediatamente le emissioni inquinanti e 
    in particolare quella di polveri, benzene e idrocarburi policiclici 
    aromatici prodotte della cokeria, attuando tutti gli adeguati interventi 
    necessari allo scopo, anche incidendo sul ciclo produttivo della stessa 
    cokeria». 
    Il gruppo siderurgico con questa iniziativa di tutela ha voluto ricordare a 
    tutte le autorità gli impegni assunti e i lavori già avviati per abbattere 
    le emissioni dello stabilimento. Il piano è stato concordato con la Procura 
    nell’ambito di un procedimento penale ancora in corso. Ma il gruppo Lucchini 
    ha inteso anche sottolineare che molte norme non sarebbero state rispettate 
    nel compiere le misure sulle polveri, sul benzene e sul benzoapirene che 
    tanto scalpore stanno suscitando. La lettura delle misure sarebbe stata 
    falsata da un posizionamento non rispettoso dei parametri indicati dalla 
    legge. Ad esempio la lettura del livello di benzene sarebbe stato 
    influenzato dal ripetuto passaggio di treni trainati da motrici diesel. La 
    centralina, secondo il ricorso, non doveva essere installata accanto ai 
    binari della stazione di Servola. 
    Nell’atto depositati ieri la «Servola Spa» rende noti per la prima volta i 
    livelli di benzoapirene misurati a partire dal 2002 dalle centraline poste 
    per controllare l’attività della centrale Elettra, in via Pitacco, in via 
    Svevo e a Muggia. Quella di via Pitacco si trova a 260 metri dalla cokeria 
    della ferriera. Nel 2002 la media annuale del penzoapirene è stata di 1,08 
    nanogrammi per metro cubo d’aria; nel 2003 di 1,06; nel 2004 di 0,96; nel 
    2005 di 0,88 e nel 2006 di 0,86. Presenze decrescenti che nessuna delle 
    amministrazioni locali ha mai contestato, nè nei risultati, nè nei metodi di 
    rilevazione. E questi dati di Elettra sono molto diversi da quelli raccolti 
    dal Cigra nella scorsa primavera, dati che hanno innescato le tre ordinanze 
    del sindaco e le numerose e allarmate prese di posizione.. 
    Ma non basta. La «Servola Spa» sostiene che il sindaco ha poteri in materia 
    di igiene pubblica ed emergenza sanitaria solo qualora sussistano situazioni 
    di eccezionalità e imprevedibilità. «Il potere di ordinanza concretamente 
    esercitato dal sindaco di Trieste tra giugno e luglio, risulta privo di 
    qualsiasi concreta giustificazione». 
    
    Claudio Ernè  | 
  
 
 
  
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    FERRIERA - Rc: 
    «Non si può dare altro tempo all’azienda»  | 
  
  
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    «Sulla base del protocollo 
    firmato oggi (ieri, ndr), tenendo conto dei dati del Cigra, dell’Arpa e dei 
    test che faranno i tecnici del ministero, la chiusura della Ferriera 
    potrebbe avvenire entro l’anno». Ad affermarlo è il segretario provinciale 
    di Rifondazione comunista, Igor Kocijancic, che annota poi come «ormai tutti 
    non possono cavarsela dando altro tempo all’azienda». 
    Il segretario di Rc guarda già a quello che potrebbe essere il quadro in un 
    futuro prossimo, sottolineando che «bisogna capire in termini molto 
    operativi e stretti cosa si farà dei lavoratori», e in relazione al 
    riutilizzo dell’area ricorda che «non esistono finanziamenti statali per la 
    bonifica». 
    Kocijancic non si esime poi da lanciare precise accuse alle istituzioni sui 
    ritardi nell’affrontare il nodo Ferriera: «Se tutti avessero operato nel 
    senso che si era detto nel 2003 – rileva – oggi ci sarebbe una proposta per 
    il dopo-chiusura dello stabilimento. Adesso c’è invece il pericolo che la 
    Ferriera venga chiusa con un anno di anticipo sui tempi previsti. E’ un 
    problema – conclude – di difficilissima soluzione, che richiede interventi 
    tempestivi. Quella tempestività che è mancata in tutti questi anni». 
    Rc aveva del resto ribadito l’allarme sul futuro dello stabilimento di 
    Servola già nel giugno scorso, con un volantino. «La Severstal-Lucchini – si 
    legge – chiuderà lo stabilimento: lo avevamo affermato pubblicamente dopo 
    aver letto il piano industriale 2006-2008. Il possibile proseguimento 
    dell’attività legato a un andamento favrevole del mercato dell’acciaio è 
    stato smentito dai fatti e dalle decisioni aziendali».  | 
  
 
 
Piano parcheggi in 
aula Verso il rinvio al 24 ottobre
 
La discussione del piano parcheggi è 
all’ordine del giorno del Consiglio comunale di lunedì, ma quel giorno stesso i 
capigruppo ne formalizzeranno il rinvio alla successiva seduta, programmata per 
mercoledì 24 ottobre. Con questa decisione si è conclusa ieri la discussione da 
parte della commissione urbanistica, alla quale il documento è stato illustrato 
dall’assessore Maurizio Bucci e dai dirigenti comunali. Il rinvio costituisce 
una mediazione tra Forza Italia e Lista Dipiazza, pronte a portare in aula il 
piano, e lo schieramento trasversale composto dal centrosinistra - che con il Ds 
Fabio Omero ha chiesto per primo il posticipo - e An. Nessun bastone tra le 
ruote di chicchessia, ha precisato la capogruppo dei finiani Alessia Rosolen: 
solo la volontà di avere più tempo per stendere emendamenti da presentare.
A proposito di emendamenti: Forza Italia, con il capogruppo Piero Camber, non 
annuncia osservazioni ma esprime «qualche dubbio» da chiarire sulla novazione 
secondo cui la Riccesi spa, che nel 2002 non potè costruire il parcheggio di 
piazza Ponterosso, dovrebbe edificare i contenitori di largo Roiano, via Tigor e 
via del Teatro Romano: struttura questa che il sindaco Dipiazza ha già 
annunciato destinata a non essere realizzata. In questo senso l’Udc Roberto 
Sasco annuncia di volere chiedere di espungere il parcheggio dal piano. An, dice 
Rosolen, insisterà sulla richiesta di coinvolgere nella realizzazione delle 
strutture l’Amt (detenuta all’87,4% dal Comune) e di indurre l’assessorato a 
«vigilare» affinché le imprese realizzino contenitori in più aree cittadine, non 
solo in quelle più economicamente appetibili (richiesta questa giunta, in altri 
termini, anche da Iztok Furlanic di Rifondazione comunista). An chiederà anche 
la possibilità di prevedere forme di agevolazioni per i residenti, mentre i Ds 
con Omero puntano a chiedere attenzione alla riqualificazione urbanistica delle 
piazze soprastanti i parcheggi.
 
 
  
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    Da Barriera a 
    San Giacomo Assemblea su traffico e park - Il 23 la riunione promossa dalla 
    Quinta circoscrizione  | 
  
  
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    Il traffico caotico di Barriera 
    Vecchia, tra vie interdette al traffico per i cantieri aperti, sensi unici e 
    divieti di sosta. Oppure la questione di San Giacomo e della sua rotatoria, 
    risolta in questi giorni con i parcheggi per il carico scarico. O ancora la 
    galleria di largo Mioni, che malgrado le rassicurazioni del sindaco Roberto 
    Dipiazza e quelle recentissime dell’assessore ai lavori pubblici, Franco 
    Bandelli - «La galleria non si farà» - ha prodotto ben mille firme contrarie 
    all’intervento, del quale gli agguerritissimi abitanti del quartiere proprio 
    non vogliono sentire parlare. 
    In una assemblea pubblica, intitolata «Viabilità. Posteggi e traffico nella 
    quinta circoscrizione» prevista per il giorno 23 ottobre alle 17.30 nella 
    casa parrocchiale di Campo San Giacomo (con ingresso in via Gramsci) si 
    affronteranno tutti questi e altri problemi, dando voce ai cittadini che 
    potranno far valere le loro opinioni. Verrà invitato anche il sindaco 
    Roberto Dipiazza. 
    L’iniziativa non a caso è promossa dalla Quinta circoscrizione, che 
    comprende il cuore nevralgico cittadino per quanto riguarda i problemi della 
    viabilità, con Barriera Vecchia e San Giacomo, zone densamente abitate e 
    frequentate anche dal punto di vista commerciale. Spiega il vice presidente 
    del parlamentino rionale Antonio Lippolis: «Al di là dei problemi della 
    rotatoria e del traffico in generale di San Giacomo, sono in questo momento 
    di grande attualità le problematiche di Barriera Vecchia per la sua 
    vivibilità caotica». 
    Capita spesso infatti che in circoscrizione arrivino le proteste degli 
    automobilisti per la chiusura indeterminata di alcune strade, come ad 
    esempio la via Foscolo: «Questa via è off limits da oltre dieci giorni - 
    continua Lippolis - e pare che così resterà sino a dicembre. Noi vorremmo 
    sapere qualche cosa di più preciso anche perché ci sono tante lamentele per 
    i disagi, visto che viene a mancare una direttrice che dall’Ospedale porta 
    verso via Oriani». 
    Nei giorni scorsi analogo problema era stato sollevato dal consigliere 
    circoscrizionale Corso, il quale chiedeva una viabilità diversa per la via 
    Pascoli, che in discesa (verso città) si può percorrere solo per un piccolo 
    tratto. «Perché non far svoltare le auto sulla via d’Azeglio, soluzione che 
    semplificherebbe il percorso e eliminerebbe alcune gimcane?», aveva chiesto.  | 
  
 
 
  
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    San Luigi, un 
    questionario sul piano del traffico  - Fra le proposte discusse con 
    l’assessore Bucci diversi sensi unici per raggiungere via Rossetti  | 
  
  
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    I moduli con 
    cui i cittadini possono esprimere i loro giudizi sono disponibili in diverse 
    associazioni e nelle parrocchie della Circoscrizione  
    
    Un anello attorno alla chiesa di 
    San Luigi e diversi sensi unici per raccordarsi con la zona di via Rossetti 
    sono le ultime proposte per il nuovo piano del traffico particolareggiato, 
    di cui si è discusso l’altra sera nella Circoscrizione di San Luigi, 
    Chiadino, Rozzol con l’assessore al traffico Maurizio Bucci. 
    A latere c’è da registrare anche qualche strascico della polemica tra il 
    presidente della Circoscrizione Gianluigi Pesarino Bonazza e quello di 
    Camminatrieste, Sergio Tremul. 
    «Sull’ormai famoso supermercato da realizzare a San Luigi, l’azione della 
    Circoscrizione e quella delle istituzioni è del tutto propositiva, ma non 
    possiamo agire al posto degli investitori privati che dovrebbero farsi 
    avanti e che invece, a quanto pare, tentennano». Risponde così il presidente 
    della Sesta circoscrizione, Gianlugi Pesarino Bonazza, alla recente denuncia 
    dell’associazione Coped Camminatrieste, che ha sollevato il problema del 
    supermercato e non solo. 
    Bonazza specifica ancora che questa estate, per quanto riguarda la 
    realizzazione di un mercato rionale, si era fatto un sopralluogo con 
    l’assessore Rovis in alcune aree definite «papabili» e suggerite dal 
    consigliere Miani, vicino al ricreatorio Lucchini e via Archi. A breve si 
    farà inoltre un nuovo sopralluogo, con i vigili urbani del settore mercati, 
    anche nella zona posta all’ingresso del parco Farneto. 
    Ma la polemica non finisce qui. Ribatte ancora Bonazza all’associazione dei 
    pedoni: «La realizzazione del piano del traffico è imminente e la sua 
    attuazione non avverrà di certo tra un paio di anni come sostiene Sergio 
    Tremul». 
    Proprio per affrontare il tema del piano del traffico particolareggiato, e 
    partecipato, come detto si è svolto l’altra sera un incontro nella sede 
    della Circoscrizione con l’assessore al traffico Maurizio Bucci. 
    In questi giorni, infatti, in alcune realtà della Circoscrizione, fra cui le 
    Acli e le parrocchie, sono disponibili i questionari con cui i cittadini 
    possono suggerire soluzioni e modifiche alla viabilità. 
    Analoga filosofia partecipata è già stata attuata a San Vito, San Giacomo e 
    Borgo San Sergio. «La raccolta e un primo vaglio dei questionari - spiega il 
    presidente - dovrebbe avvenire entro la fine di dicembre. Intanto, 
    nell’incontro dell’altra sera si è prospettata anche un’assemblea pubblica 
    che terremo per discutere sulle proposte dei cittadini e su quelle della 
    stessa circoscrizione». 
    Fra ipotesi scaturite l’altra sera anche la trasformazione a senso unico di 
    alcune strade particolarmente strette ed impervie, come via dei Porta, via 
    Buonarroti e via dell’Eremo. L’ultima parola spetterà comunque agli abitanti 
    di queste zone. 
    Daria Camillucci  | 
  
 
 
  
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    Il Coped: 
    «Troppi ostacoli per i ciechi in centro» - CamminaTrieste lancia l’allarme 
    attraverso la testimonianza di Fernanda Flamigni   | 
  
  
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    Spazi 
    occupati sui marciapiedi, mezzi parcheggiati sulle pedonali, tasti 
    semaforici piazzati male 
    
    Il centro cittadino è sempre più 
    difficile da vivere per le persone diversamente abili, con ostacoli e 
    barriere spesso insormontabili. E’ il grido d’allarme lanciato dal Coped 
    CamminaTrieste Camminacittà, supportato dalla testimonianza di Fernanda 
    Flamigni, non vedente, che collabora con il comitato e che in un testo 
    presentato ieri racconta tutti i disagi quotidiani affrontati attraversando 
    le strade o semplicemente utilizzando l’autobus. 
    Fernanda rileva i problemi riscontrati agli attraversamenti pedonali, ai 
    semafori, nel trasporto pubblico, nei parcheggi e nell’utilizzo del sistema 
    di guida a raggi infrarossi, con la disponibilità ancora ridotta di 
    ricevitori con i quali girare in città e sui bus. 
    «Vorrei proporre al Comune tante soluzioni – spiega Fernanda, che fa parte 
    anche del Gruppo Beppe Grillo Trieste per la mobilità - vorrei che sui 
    marciapiedi venissero segnalate e delimitate chiaramente le aree occupate da 
    tavolini e sedie, per non sbatterci contro. Mi piacerebbe trovare liberi gli 
    attraversamenti pedonali, senza auto o scooter ad ostacolare il passaggio. 
    Le mattonelle tattilo-plantari e le pedane non sono ben fatte in diversi 
    punti della città – sottolinea – ad esempio in piazza Goldoni o in via 
    Polonio sono ottime per chi utilizza la carrozzina, ma noi non vedenti ci 
    ritroviamo sulla strada senza accorgerci che il marciapiede è finito: è 
    pericoloso. Quando vogliamo attraversare una via inoltre il tasto per la 
    chiamata del verde non è vicino al percorso tattile, non lo troviamo». 
    Fernanda sottolinea come l’obiettivo sia quello di arrivare a soluzioni non 
    costose o complicate, ma semplici ed efficaci. «Basta ripensare alla 
    posizione delle mattonelle e dei tasti semaforici – suggerisce – alla luce 
    del mancato funzionamento di alcuni percorsi con i segnali a infrarossi, 
    installati anni fa ma attualmente non tutti attivi». 
    Un altro problema sollevato da Fernanda è l’utilizzo degli autobus, che 
    spesso costituiscono un problema sia per i non vedenti che per i disabili 
    con handicap fisici. «So che chi è in carrozzina non riesce sempre a salire 
    facilmente sui mezzi pubblici – ricorda – e per i non vedenti le difficoltà 
    crescono. Io ad esempio non capisco il numero della linea in arrivo e la 
    fermata dove scendere. Chiedo che vengano quindi posizionati annunci vocali 
    esterni e interni. Voglio sottolineare che il sistema infrarossi, che è 
    stato predisposto, non è utilizzabile quando un autobus è affollato. Infine, 
    anche per gli ipovedenti il viaggio è duro: nei nuovi bus i pali sono grigi 
    e non riescono a notarli, inoltre mancano appigli in alto, fondamentali per 
    noi che li utilizzavamo per arrivare in tutta sicurezza all’uscita». 
    Sui sistemi a infrarossi inoltre Fernanda evidenzia che gli strumenti 
    adottati dal Comune e quelli scelti dalla Trieste Trasporti appartengono a 
    due ditte diverse, con la conseguente necessità di trasmettitori differenti 
    in mano ai non vedenti. 
    Il Friuli Venezia Giulia in più, ricorda, è l’unica regione ad aver adottato 
    tale tipo di sistema, inutilizzabile dai ciechi che arrivano da altre zone 
    d’Italia. 
    Micol Brusaferro   | 
  
 
 
  
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    La Provincia 
    vara 5 itinerari per riscoprire il territorio - Oggi e domani prende avvio 
    la prima iniziativa   | 
  
  
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    TRIESTE Tra ottobre 2007 e 
    maggio 2008 la Provincia di Trieste presenta una serie d’itinerari turistici 
    alla scoperta del ricco territorio triestino, in occasione di alcuni dei 
    principali eventi sportivi e culturali dei prossimi mesi. 
    Si comincia in occasione della Barcolana con cinque itinerari proposti in 
    due giorni, oggi e domani, che toccano tutti i comuni della provincia. 
    Promuovere il territorio della Provincia di Trieste nel suo complesso, 
    valorizzare le zone meno conosciute, ottimizzare l’occasione delle 
    manifestazioni locali di maggiore successo, migliorare la conoscenza della 
    provincia, sostenere la promozione dei prodotti tipici dell’enogastronomia, 
    favorire, a medio-lungo termine, l’indotto economico dello sviluppo 
    turistico: sono le idee-guida che sottendono al progetto di promozione 
    territoriale realizzato dalla Provincia di Trieste con l’organizzazione di 
    Ape Giramondo, società che sviluppa progetti e consulenze di turismo 
    sostenibile. Gli «Itinerari turistici per la promozione del territorio» 
    nascono per intercettare l’interesse di quanti si trovano a Trieste per 
    importanti eventi sportivi, culturali e ricreativi (la Barcolana, la 
    Bavisela, il periodo pasquale e le festività del 25 Aprile e del 1 Maggio, 
    il Trieste Film Festival), ma anche di cittadini di Trieste e della regione 
    vogliano approfondire la conoscenza del ricco entroterra triestino, su rotte 
    che attraversano natura, gusto, storia, scienza. Sono in tutto cinque gli 
    itinerari turistici gratuiti tra mare e Carso realizzati nel territorio 
    provinciale con l’ausilio di un mezzo di trasporto collettivo. La prima 
    occasione è offerta dalla Barcolana: tra la mattina e il pomeriggio di oggi 
    e domani, infatti, gli interessati potranno approfittare di queste variegate 
    proposte. 
    Tre gli itinerari proposti oggi con ritrovo alle 9 in piazza Unità partenza 
    per il primo tour, «Il Carso»: mondo in superficie e mondo sotterraneo, con 
    visita al Giardino botanico Carsiana, la Grotta Gigante e la Casa Carsiana, 
    dove sarà realizzata una degustazione di prodotti; sempre da piazza Unità 
    alle 14 partirà il tour «La scienza da vicino», con una visita guidata ad 
    uno dei laboratori dell’Area Science Park e una passeggiata nella Riserva 
    naturale della Val Rosandra: anche in questo caso l’escursione sarà conclusa 
    con degustazione di prodotti tipici. Sempre alle 14 la Stazione centrale 
    sarà luogo di ritrovo per l’itinerario «Viaggio nel tempo», visita guidata 
    nel Carso triestino dalla Rocca di Monrupino, al sentiero Rilke con una 
    passeggiata spettacolare all’interno della Riserva naturale delle Falesie di 
    Duino, sosta e degustazione di prodotti tipici. 
    Per domani, invece, saranno due le proposte offerte a cominciare dalle 9, 
    quando da Piazza Unità partirà la visita a «Borghi basiliche e frantoi», 
    itinerario che toccherà il centro di Muggia per conoscere le caratteristiche 
    della cittadina veneta, per spostarsi poi a un frantoio di San Dorligo della 
    Valle, con degustazione finale. Alle 14 da piazza Oberdan partirà, invece, 
    l’itinerario «Guardando il Golfo dall’alto»: partendo dal centro di Trieste 
    con il pullman, una passeggiata naturalistica lungo il sentiero Cobolli, 
    osservando Trieste dall’alto. Seguirà una visita alla Casa Carsica di 
    Rupingrande, con una degustazione di prodotti tipici.  | 
  
 
  
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    Riserva 
    naturale della Val Rosandra: nuovi incontri con le frazioni  | 
  
  
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    SAN DORLIGO Si è tenuta nei 
    giorni scorsi a Bagnoli Superiore, al Rifugio Premuda, la seconda delle sei 
    riunioni con la popolazione promosse dal Comune di San Dorligo della Valle 
    per il coinvolgimento dei cittadini sulle attività legate alla gestione 
    della Riserva naturale della Val Rosandra. La riunione era rivolta solo ai 
    cittadini delle frazioni di Botazzo, Bagnoli della Rosandra e Bagnoli 
    Superiore, poiché le altre frazioni saranno coinvolte in altri incontri 
    nelle settimane successive, secondo un calendario inviato a tutti i 
    cittadini. 
    L'assessore Stravisi spiega: «Anche questo incontro aveva come obiettivo la 
    presentazione delle iniziative che il Comune intende attivare per gestire la 
    Riserva naturale regionale e sollecitare ogni gruppo di popolazione a 
    individuare uno o più "portavoce" che facciano da tramite tra il proprio 
    gruppo e il Comune, consentendo il costante aggiornamento su ogni azione 
    intrapresa. Come a Dolina i cittadini hanno colto l'occasione per esprimere 
    le proprie opinioni, anche su argomenti che vanno al di là della gestione 
    della Riserva. Sono state fornite le risposte ai quesiti posti». Il prossimo 
    incontro si terrà martedì 16 ottobre alle 19.30 alla Locanda Mario, Draga 
    Sant'Elia, per le frazioni di Draga S. Elia, Draga, Grozzana, Pesek, San 
    Lorenzo.  | 
  
 
 
  
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    Pronta la 
    guida interattiva della flora della Val Rosandra  | 
  
  
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    SAN DORLIGO DELLA VALLE Nasce la 
    prima guida interattiva della flora della Val Rosandra. Sarà presentata 
    lunedì alle 10 al convegno «La flora della Val Rosandra» che si svolgerà al 
    Comune di San Dorligo. Il progetto nasce a seguito della nomina del Comune 
    quale gestore della Riserva naturale della Val Rosandra: una delle 
    iniziative promosse dall’amministrazione per valorizzare la Riserva è 
    proprio la creazione di uno strumento informatico che permetterà alle 
    persone di passeggiare nella Valle potendo identificare piante e fiori 
    tenendo in mano un palmare o un telefonino. 
    La nuova guida interattiva è realizzata in collaborazione con docenti 
    universitari e il progetto europeo «Key to Nature». Grazie a un sistema 
    informatizzato che privilegia caratteri facilmente riconoscibili anche da un 
    principiante chiunque, passeggiando in Val Rosandra, potrà trovare il 
    corretto nome scientifico di una pianta. Sarà uno strumento utile a 
    studenti, appassionati e amanti della natura. Si potranno poi creare pagine 
    Web semplificate dedicate a siti di particolare interesse o progetti 
    didattici per le scuole. La guida è disponibile in cinque lingue (italiano, 
    sloveno, inglese, tedesco e spagnolo) e presto in francese. Sarà reperibile 
    al Centro visite. A breve attivo il sito Internet della Riserva: sarà 
    possibile scaricare gratis anche una versione della guida per palmari e 
    telefonini di ultima generazione: si potrà così utilizzarla direttamente sul 
    campo. Da lunedì sarà già possibile consultarla al sito www.dryades.eu.  | 
  
 
  
  
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    Corridoio 5, 
    la Ronchi-Trieste costa 1,7 miliardi A luglio il progetto, nel 2013 l’avvio 
    dei lavori  | 
  
  
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    Le 
    previsioni di spesa dell’infrastruttura in uno studio della società di 
    consulenza inglese Scott Wilson presentato all’Ince 
    TRIESTE Un miliardo e 700 
    milioni di euro: queste le risorse che serviranno per la costruzione della 
    tratta ferroviaria del Corridoio 5 Ronchi sud-Trieste, ovvero quella sezione 
    della Trieste-Divaccia compresa tra l’Isonzo e l’ospedale di Cattinara. 
    L’indicazione di spesa per realizzare questa porzione dell’immenso corridoio 
    paneuropeo che collegherà, presumibilmente entro il 2025, Lisbona a Kiev, 
    deriva, come confermato dall’assessore regionale alle Infrastrutture 
    Lodovico Sonego, dai dati contenuti nel progetto preliminare dell’opera. Ma 
    la conferma arriverà il prossimo luglio, quando verrà concluso lo studio di 
    fattibilità della Trieste-Divaccia, finanziato dal programma di cooperazione 
    transfrontaliera Interreg IIIA Italia-Slovenia, che darà il via libera alla 
    realizzazione del progetto esecutivo e, infine, all’inizio dei lavori, che 
    potrebbero essere avviati entro il 2013.  
    Questi sono alcuni dati relativi alla tratta triestina del Corridoio 5, 
    emersi ieri nella sede dell’Iniziativa Centro-europea (Ince), durante la 
    presentazione dello «Studio strategico per lo sviluppo del Corridoio 5», 
    elaborato dalla società di consulenza britannica Scott Wilson per conto 
    dell’Ince e del Segretariato permanente del Corridoio 5 (illustrato nel 
    pomeriggio anche a Lubiana). Si tratta del primo studio europeo che fornisce 
    dati precisi su quello che sarà l’impatto economico, sociale e ambientale 
    della costruzione e dell’uso della nuova infrastruttura su due macro-aree: 
    Fvg e Veneto da una parte e Slovenia dall’altra. Dati che dimostrano che 
    entro il 2045, grazie alla realizzazione del Progetto prioritario numero 6 
    (ovvero il tratto ferroviario del Corridoio V che unirà Lione, Torino, 
    Milano, Trieste, Capodistria, Lubiana e Budapest, per complessivi 39 
    miliardi di euro) porterà «enormi vantaggi sul fronte economico, ambientale 
    e occupazionale» anche per il Friuli Venezia Giulia. Tra questi, ad esempio, 
    la diminuzione del 4,5% del traffico su gomma nell’area compresa tra Veneto 
    e Slovenia (previste 40 mila autovetture in meno all’anno) e l’aumento del 
    25% di quello su rotaie per il trasporto merci e del 10% per i passeggeri 
    (ce ne saranno 440 mila in più ogni anno sui treni), che porterà a un forte 
    calo dell’inquinamento (33,5 milioni di tonnellate di anidride carbonica in 
    meno) e degli incidenti stradali, con un risparmio di costi sociali pari a 
    1,1 miliardi di euro. Oltre a una crescita del pil di queste regioni di 8,6 
    miliardi di euro e alla creazione di 116 mila nuovi posti di lavoro, nel 
    settore legato alla movimentazione delle merci, sia terrestre che portuale: 
    entrambe conseguenze della rivoluzione infrastrutturale che permetterà di 
    potenziare (attraverso la maggiore capacità trasportistica e l’accorciamento 
    dei tempi di viaggio) i collegamenti e gli scambi commerciali sia con l’Est 
    Europa che con l’Italia Nord Occidentale e la Francia, e che rappresenterà 
    quell’efficiente rete di collegamento che oggi manca ai porti dell’alto 
    Adriatico per essere più competitivi a livello internazionale. «Si tratta di 
    benefici enormi – hanno spiegato ieri il direttore generale dell’Ince Harald 
    Kreid e il direttore del Segretariato permanente del Corridoio 5 Giuseppe 
    Razza – che per la prima volta vengono messi nero su bianco da una ricerca e 
    consegnati alla classe politica, che deve capire l’urgenza di procedere 
    velocemente con la costruzione del corridoio paneuropeo». Parole condivise 
    dall’assessore Sonego: «Negli ultimi anni abbiamo fatto passi da gigante – 
    ha affermato -. Basti pensare che all’inizio del 2004 la realizzazione del 
    Corridoio 5 nella zona di confine tra Italia e Slovenia non rientrava 
    nemmeno nella programmazione comunitaria. Oggi, invece, si cominciano a 
    delineare tempi, costi e vantaggi che questa grande infrastruttura 
    ferroviaria avrà anche nella nostra Regione». 
    «Vantaggi che grazie a questo studio, che è molto serio e attendibile, 
    risultano evidenti. Il Corridoio 5, per l’Italia, è fondamentale – ha 
    aggiunto Sonego -. I finanziamenti necessari per la nascita di questa 
    infrastruttura, dal confine con la Francia a quello con la Slovenia, sono 
    già stati stanziati per un terzo dell’opera». 
    Elisa Coloni   | 
  
 
 
  
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    Il Wwf: Prodi 
    non firmi il nuovo protocollo  | 
  
  
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    TRIESTE «Prodi non firmi l'atto 
    aggiuntivo al Protocollo di intesa per il Friuli Venezia Giulia dell'ottobre 
    2006, predisposto da Illy»: lo chiedono Wwf e Italia nostra. Le due 
    associazioni ambientaliste - informa una nota - hanno infatti scritto al 
    presidente del Consiglio, chiedendo una sostanziale revisione dei punti 
    critici del documento.  
    «Si tratta - ha spiegato Stefano Lenzi, responsabile dell'Ufficio 
    legislativo di Wwf Italia - di un documento che contiene solo un elenco di 
    nuove infrastrutture, perlopiù strade e autostrade, senza che venga fornito 
    alcuno studio di fattibilità economico-finanziaria, nè alcuna valutazione 
    ambientale strategica».  | 
  
 
 
  
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    La Lega Nord: 
    «La giunta regionale risponda in aula sui rigassificatori» 
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    TRIESTE Interrogazione della 
    Lega con i consiglieri Violino, Follegote e Franz sulla questione dei 
    rigassificatori. «Preso atto che esistono due domande di altrettante società 
    (Endesa e Gas Natural) intenzionate a realizzare un rigassificatore nella 
    nostra Regione - scrivono i consiglieri - e ritenendo indispensabili massime 
    garanzie di affidabilità quando si tratta di energia, territorio e 
    rigassificatori chiediamo al presidente Illy e agli assessori affinché 
    riferiscano in Aula per spiegare: se le società proponenti abbiano fornito 
    gli approfondimenti richiesti dalla Regione per la valutazione di impatto 
    ambientale e quali siano, nel dettaglio, i contenuti degli approfondimenti.  | 
  
 
 
IL PICCOLO - 
GIOVEDI', 11 ottobre 2007 
 
 
  
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    Ferriera, 
    scattano i controlli sui tumori  - Test dell’Ass anche sul benzoapirene. 
    Nuovo monitoraggio dei camini. L’Arpa conferma i dati del Cigra  | 
  
  
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    Oggi il 
    summit convocato d’urgenza in Regione e che vedrà attorno allo stesso tavolo 
    gli enti locali, medici, ricercatori e sindacati  
    
    Si stringe la pressione attorno 
    al caso della Ferriera di Servola e la riunione convocata stamattina dalla 
    Regione con tutti i protagonisti (tecnici e politici) probabilmente 
    dimostrerà che ognuno si è messo a correre anche nell’imminenza dell’arrivo 
    dei «verificatori» del ministero dell’Ambiente, i quali si riservano di far 
    intervenire i carabinieri del Noe se necessario. 
    Non solo il sindaco tiene pronta l’ordinanza di cessazione attività se i 
    dati d’inquinamento ambientale fuori ogni limite saranno a giorni confermati 
    su settembre, ma il Cigra e l’Arpa produrranno già lunedì prossimo le attese 
    e determinanti cifre che coincidono sui valori delle polveri sottili e del 
    benzoapirene in luglio, mentre la Provincia stamattina chiederà nell’ambito 
    delle competenze sulla verifica delle emissioni affidatele dalla Regione un 
    monitoraggio continuo e non periodico dei camini, con strumenti installati 
    dalla Lucchini-Severstal («finora comunque - dice l’assessore Ondina 
    Barduzzi, che sarà in Regione con la presidente Poropat - i doppi controlli 
    incrociati hanno sempre dimostrato assenza di sforamenti»). 
    L’Azienda sanitaria, dopo aver rivelato i ritardi burocratici che hanno 
    impedito un solerte avvio dello studio sull’eventuale accumulo di diossina 
    nella catena biologica si appresta a ricontrollare l’incidenza di tumori 
    nell’area di Servola, a riscrivere al sindaco una lettera di monito sui 
    rischi per la salute umana se le analisi di settembre riprodurranno la 
    situazione misurata tra gennaio e agosto, e anche a far partire lo studio 
    sulla presenza di benzoapirene nell’urina dei lavoratori della cokeria, 
    sospesa a suo tempo perché non probante in assenza di dati relativi al 
    territorio. Che adesso Cigra e Arpa hanno invece prodotto. 
    Di questo si parla nella riunione convocata dall’assessore all’Ambiente 
    Gianfranco Moretton e l’intento generale è di chiudere dati e correttivi in 
    un unico, leggibile paniere. Ieri mattina intanto il sindaco Dipiazza si è 
    incontrato con l’assessore regionale al Lavoro Roberto Cosolini e coi 
    segretari provinciali di Cgil, Cisl e Uil (Franco Belci, Luciano Bordin e 
    Luca Visentini). Ne è uscito un comunicato congiunto secondo cui «gli 
    obiettivi sono tre, la salute degli abitanti della zona e dei lavoratori 
    dello stabilimento, prevedendo per questi ultimi anche specifici controlli 
    medici; la richiesta di avere un sistema di rilevamento della qualità 
    dell’aria che sia univoco, in modo da poter contare su dati il più possibile 
    attendibili; infine, se i significativi sforamenti dovessero essere 
    confermati - chiude la nota - indifferibili misure che dovranno essere 
    applicate anche dall’azienda siderurgica». 
    Una posizione concordata, molto più prudente rispetto alla minacciata 
    chiusura della fabbrica ma il sindaco chiarisce: «Se i dati di settembre ci 
    confermeranno sforamenti di 90 rispetto ai limiti di uno, non c’è più trippa 
    per gatti, si deve chiudere, se saranno molto bassi si vedrà come migliorare 
    la situazione, importante è che per la prima volta si affronta seriamente la 
    faccenda, aspetteremo anche i dati del ministero, una settimana non cambia 
    la situazione». 
    Il pm Federico Frezza, invitato dalla Regione, non sarà presente. Ha inviato 
    una lettera al sindaco e manderà in rappresentanza i docenti del Cigra 
    (autori su sua richiesta delle indagini territoriali a Servola) Ranieri 
    Urbani e Pierluigi Barbieri, il quale ultimo si limita a dire: «Risponderemo 
    alle domande, quanto al fatto che si dicano non regolari le nostre analisi, 
    siamo un’unità di ricerca che fa le cose come si deve e abbiamo gli 
    strumenti che occorrono, metteremo comunque a confronto i dati». 
    «Importante è che se ci sono state sfasature si ricompattino - commenta 
    Mario Reali, direttore sanitario dell’Azienda sanitaria che oggi sarà in 
    Regione con il Dipartimento di prevenzione -, anche a fronte del fatto che i 
    rilievi Cigra coincidono con quelli fatti dall’Arpa». Reali sottolinea che 
    «il ritardo nell’analisi sulla diossina fu dovuto anche all’inesistenza di 
    un laboratorio attrezzato, individuato nel luglio scorso». 
    La Provincia intanto si appresta a realizzare il «catasto delle emissioni 
    industriali» e sta aprendo un tavolo tecnico con tutti gli esperti della 
    città. «Se tre aziende confinanti stanno tutte singolarmente nei limiti - 
    ribadisce Barduzzi - e il territorio s’inquina per sommatoria, quale delle 
    tre aziende va chiusa? Per questo è indispensabile il ”piano regionale 
    dell’aria”, ma per farlo ci vogliono otto mesi». 
    
    Gabriella Ziani  | 
  
 
 
  
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    FERRIERA - Il 
    pm Frezza: «Quei valori al di sopra della tollerabilità andavano resi 
    pubblici»  | 
  
  
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    «Quanto è finora emerso sul 
    benzoapirene nell’atmosfera di Servola, è solo un punto di partenza, non un 
    traguardo. Tutte le misure vanno approfondite e implementate». 
    L’ha dichiarato ieri sera il pm Federico Frezza, il magistrato che nel 1999 
    ha aperto il primo fascicolo d’indagine sulle emissioni dell’impianto 
    siderurgico. A questa prima inchiesta ne sono seguite altre. Le consulenze 
    tecniche pochi mesi fa hanno rivelato la presenza di benzoapirene in 
    percentuali altissime, anche decine di volte superiori ai limiti di legge. 
    «Questi dati andavano doverosamente forniti alle autorità pubbliche. I 
    prelievi sono stati effettuati dai ricercatori del Cigra a cinque metri da 
    una casa in cui vivono molte persone. Il benzoapirene è stato più volte 
    definito come agente mutageno e la situazione andava resa pubblica». 
    Ora a Servola sono in azione due «campionatori ad alto volume», le macchine 
    che hanno permesso d’individuare i livelli di benzoapirene. La prima è 
    gestita dal Cigra e funziona dai primi mesi dell’anno. La seconda è stata 
    installata dall’Arpa e ha iniziato a fornire dati a partire dall'ultima 
    settimana di luglio. I due campionatori - il primo manuale, il secondo 
    automatico - sono posti a breve distanza l’uno dall’altro e i dati raccolti 
    quasi «in tandem» dicono all’unisono che i livelli di benzoapirene sono 
    sempre molto alti, altissimi. La media dell’ultima settimana di luglio, 
    raccolta dai tecnici dell’Arpa è di 12,8 con picchi in taluni giorni, come 
    il 26 e il 27, di 21 e 38,2 nanogrammi di benzoapirene per metro cubo 
    d’aria. La norma dice che il livello massimo è 1. Le doppie misurazioni 
    stanno dunque confermando quanto finora emerso. 
    «I rilievi devono essere completati e approfonditi» ha affermato ieri il 
    magistrato. Ha confermato che la proprietà della Ferriera si è anche 
    impegnata per ottenere il dissequestro condizionato, poi revocato dalla 
    Cassazione, a ristrutturare e migliorare l’efficienza tra l’altro della 
    cokeria, la principale imputata per il benzoapirene. Oggi il pm Frezza non 
    parteciperà alla riunione in Regione. Alle 9 sarà nell’aula del Gip, 
    impegnato in una lunga serie di processi. Il «calendario» delle presenze dei 
    magistrati in udienza è stabilito con grande anticipo e le deroghe sono 
    quasi impossibili. 
    
    Claudio Ernè  | 
  
 
 
  
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    FERRIERA - 
    L’opposizione chiede un Consiglio comunale straordinario  | 
  
  
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    Per il Consiglio regionale sarà 
    alla riunione di oggi sulla Ferriera anche Uberto Fortuna Drossi 
    (Cittadini), presidente della commissione urbanistica: «Servono - afferma - 
    punti fermi sulle analisi, e una scelta chiara e tonda, se i dati sul 
    benzoapirene saranno confermati certo bisogna cominciare a pensare al 
    reddito dei futuri disoccupati, oppure esser certi che in un paio d’anni la 
    situazione si risolve, ma il problema è chi pagherà la bonifica (circa 30 
    milioni di euro): è questo che forse frena le trattative tra Severstal e 
    Arvedi, e comunque finora ogni proprietà ha deluso, ci si sente presi per i 
    fondelli». 
    Intanto il consigliere regionale e capogruppo comunale Sergio Lupieri 
    (Margherita), ha chiesto col collega Tarcisio Barbo la convocazione urgente 
    di un Consiglio comunale straordinario sulla Ferriera, in accordo con tutta 
    l’opposizione. Domanda tenuta poi ferma in attesa della riunione in Regione 
    e a fronte del fatto che Dipiazza ne riferirà in consiglio il 15 ottobre, 
    prima della seduta dell’aula. La Lega Nord sposa in pieno la tesi di 
    chiusura del sindaco: «La Ferriera deve andarsene da Servola e basta, il 
    ricatto occupazionale non deve preoccupare, in quella zona si creeranno 
    nuova occupazione e ricchezza». Il verde Metz e il presidente del gruppo 
    regionale di Rifondazione, Kocijancic, rigettano invece l’ipotesi di 
    Dipiazza di togliere ai triestini il ribasso dell’Ici per integrare 
    l’eventuale cassa integrazione degli operai: «Non si ricatti la città, paghi 
    la Lucchini».  | 
  
 
 
  
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    Rifiuti, i 
    muggesani «ridisegnano» la nuova mappa dei cassonetti - Pattume depositato 
    sui vecchi luoghi di raccolta. Il Comune vigila   | 
  
  
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    MUGGIA Ora sono i muggesani a 
    «vigilare» sulla disposizione dei cassonetti dei rifiuti. Li richiedono 
    anche in posti non segnati sulla mappa ufficiale ma utilizzati fino alla 
    precedente gestione, oppure si lamentano per le dimensioni cambiate, ma 
    anche per il mancato svuotamento, seppure il calendario sia sempre lo 
    stesso. C’è bisogno dunque di ancora qualche giorno per portare a regime 
    completo il nuovo appalto dei rifiuti a Muggia. 
    Il Comune controlla e cerca di fare fronte alle segnalazioni dei cittadini. 
    L’assessore Piero Veronese spiega: «Ci sono richieste di cassonetti anche in 
    posti in cui non ci sono i segni gialli a terra. Posti in cui però c’erano i 
    contenitori della passata gestione e la gente ormai si era abituata. Altri 
    protestano sulle dimensioni soprattutto se, a esempio, laddove un tempo 
    c’era un cassonetto da mille litri ora ne è stato posizionato uno da 2mila. 
    Un fatto che dovrebbe migliorare il servizio ma che non incontra i favori 
    della gente». 
    E il risultato è sempre lo stesso: laddove manca un cassonetto che c’era 
    fino a poco tempo fa (ciò vale anche per la differenziata), la gente lascia 
    i rifiuti a terra e spesso non è disposta a fare nemmeno qualche passo in 
    più per raggiungere il cassonetto più vicino. E le lamentele giungono anche 
    per la frequenza di raccolta che, tuttavia, è stabilita dal capitolato 
    d’appalto e si rifà a quella precedente. Per lo più è quotidiana ma in certe 
    zone può essere anche trisettimanale. 
    «Al momento seguiamo l’operato della ditta e ci atteniamo anche alle 
    segnalazioni – dice Veronese -. La ditta riesce a svuotare 200 cassonetti 
    per ogni giro. Sul territorio ce ne sono quasi 400, per cui lo svuotamento 
    deve avvenire in due fasi, in base anche al calendario. Sappiamo pure che 
    alcuni contenitori sono da spostare, che a esempio sono messi su posti 
    macchina a bordo strada. Si porrà rimedio a tutto». 
    Intanto, i cassonetti ancora da posizionare (meno di una trentina) e i mezzi 
    della ditta «Ecoverde» sono parcheggiati al piazzale Alto Adriatico. Una 
    scelta non condivisa dal consigliere Massimo Santorelli (Fi), che dice: 
    «Spero sia una soluzione temporanea. Non è il caso che tali mezzi e 
    materiali (magari anche maleodoranti) siano parcheggiati proprio 
    all’ingresso di Muggia. È questa l’immagine turistica della città?». 
    In base al contratto, la ditta dovrà trovare un luogo di deposito dei mezzi, 
    che dovrà essere segnalato al Comune. Cosa che però non è ancora avvenuta. 
    Veronese afferma: «Già in precedenza la ditta Ecoverde aveva il suo camion 
    parcheggiato in quel piazzale o dietro gli uffici tecnici comunali di via di 
    Trieste. È vero che ora ci sono dei mezzi in più, ma è solo una collocazione 
    temporanea. La ditta deve ancora individuare la sua area di deposito e deve 
    farne richiesta al Comune. Siamo ancora in attesa». 
    s.re.  | 
  
 
 
  
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    RISERVA 
    NATURALE DELLA VAL ROSANDRA - San Dorligo cerca i portavoce delle frazioni  | 
  
  
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    Continuano 
    gli incontri per coinvolgere i cittadini nella gestione della Riserva 
    naturale della Val Rosandra 
    SAN DORLIGO DELLA VALLE Proseguono a San Dorligo gli incontri 
    per coinvolgere i cittadini sulle attività legate alla gestione della 
    Riserva naturale della Val Rosandra. Si tratta degli incontri preliminari 
    (sei in totale, con cadenza quasi settimanale) inseriti nel processo di 
    Agenda 21, attivato dal Comune proprio per coinvolgere al massimo la 
    popolazione su questo argomento che interessa tutto il territorio. In questa 
    fase si sta informando la popolazione e si stanno cercando dei portavoce per 
    le varie frazioni, che faranno poi parte del forum di lavoro per la stesura 
    del Piano di conservazione e sviluppo della riserva. 
    Ieri l’incontro di Prebenico ha interessato i cittadini delle frazioni di 
    Aquilinia, Caresana, Crociata, Francovez, Monte d'Oro e Prebenico. 
    L’assessore Laura Stravisi spiega: «Anche questo incontro aveva come 
    obiettivo la presentazione delle iniziative che il Comune intende attivare, 
    per gestire la Riserva naturale regionale della Val Rosandra, e sollecitare 
    ogni gruppo di popolazione invitata agli incontri ad individuare uno o più 
    portavoce che facciano da tramite tra il proprio gruppo ed il Comune, 
    consentendo ad essi il costante aggiornamento su ogni azione intrapresa». 
    E c’è già una prima risposta da parte dei cittadini. Ai vari incontri sono 
    state formulate domande ed espresse opinioni sull’argomento, di cui si terrà 
    conto nel processo decisionale. «Rispetto all’individuazione dei portavoce – 
    dice Stravisi -, alcuni dei presenti alle riunioni si sono già offerti di 
    avere questo ruolo lasciando il proprio nominativo mettendosi a disposizione 
    del processo. Questo conferma che le riunioni nelle frazioni sono 
    fondamentali per la gestione condivisa della Riserva della Val Rosandra». 
    Il prossimo incontro si terrà martedì 16 ottobre alle 19.30 alla locanda 
    Mario di Draga Sant’Elia, e sarà rivolto ai cittadini delle frazioni di 
    Draga Sant’Elia, Grozzana, Pesek e San Lorenzo. Martedì 23 ottobre invece, 
    alle 19.30 alla casa comunale di Sant’Antonio in Bosco, ci sarà l’incontro 
    con i residenti di Hrvati, Log, Moccò, Sant’Antonio, San Giuseppe. E per 
    finire, giovedì 25 ottobre alle 19.30 al circolo culturale Fran Venturini di 
    Domio, incontro con la popolazione di Domio, Lacotisce, Mattonaia, Puglie. 
    s.re.  | 
  
 
 
  
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    Cifre e 
    previsioni sul Corridoio 5: il pil aumenterà di 8,6 miliardi - Anticipazioni 
    dallo studio strategico commissionato dall’Ince   | 
  
  
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    TRIESTE «Se Italia e Slovenia 
    adotteranno strategie economiche coerenti nello sviluppo del sistema 
    infrastrutturale del Corridoio V, allora la nuova rete ferroviaria porterà 
    enormi benefici, sia economici che ambientali. Entro il 2045 il Fvg, il 
    Veneto e la Slovenia potrebbero beneficiare di una diminuzione 
    dell’inquinamento ambientale pari a 33,5 milioni di tonnellate di anidride 
    carbonica, con un risparmio di costi sociali legati alla riduzione degli 
    incidenti stradali pari a 1,1 miliardi di euro». 
    «Grazie al miglioramento delle infrastrutture il traffico ferroviario 
    aumenterebbe del 25% per le merci e del 10% per i passeggeri, con una 
    conseguente crescita economica: il pil di queste regioni aumenterebbe di 8,6 
    miliardi di euro e verrebbero creati 116mila nuovi posti di lavoro nel 
    settore legato alla movimentazione delle merci, sia terrestre che portuale». 
    E’ questa la fotografia scattata dalla società di consulenza britannica 
    Scott Wilson, che dopo un anno di ricerche ha elaborato lo «Studio 
    strategico per lo sviluppo del Corridoio 5», per conto dell’Iniziativa 
    Centro-europea (Ince) e del Segretariato permanente del Corridoio 5. 
    L’analisi, che viene presentata oggi nella sede triestina dell’Ince, è parte 
    integrante dello Studio di fattibilità per la realizzazione della tratta 
    ferroviaria Trieste-Divaccia, ed è stata recentemente utilizzata nella 
    richiesta congiunta di finanziamento comunitario dei progetti di 
    collegamento ferroviari fra Italia e Slovenia, presentata alla Commissione 
    europea dal ministro delle Infrastrutture Antonio Di Pietro e dall’ex 
    ministro dei Trasporti sloveno Janez Božic. Obiettivo di questo studio, 
    finanziato dall’Ince (per complessivi 325mila euro) è appunto delineare 
    l’impatto economico, sociale e ambientale che la costruzione del Corridoio V 
    ferroviario comporterà sulle macro-aree costituite dal Nordest italiano (Fvg 
    e Veneto) e dalla Slovenia. 
    «E’ noto che oggi le aziende del Friuli Venezia Giulia e del Veneto scontano 
    notevoli svantaggi competitivi a causa delle infrastrutture insufficienti – 
    si legge nello studio elaborato dalla società londinese -. I collegamenti 
    con l’Est Europa e con la Russia sono inadeguati per permettere alle imprese 
    di sviluppare relazioni commerciali con questi potenziali mercati. I 
    vantaggi economici derivanti dalla realizzazione del Corridoio V – si legge 
    ancora - saranno evidenti, come evidenti saranno anche quelli prodotti dal 
    rafforzamento della connettività di Fvg e Veneto con l’Italia Nord 
    occidentale e la Francia, attraverso la maggiore capacità trasportistica, lo 
    sviluppo dell’intermodalità e l’accorciamento dei tempi di viaggio». 
    Un discorso non diverso da quello che riguarda lo sviluppo dei tre porti 
    dell’Alto Adriatico (che è stato anche uno degli argomenti al centro della 
    due giorni alla Stazione Marittima organizzata proprio dal Segretariato 
    permanente del Corridoio 5 e dell’Ince, conclusasi l’altro ieri): «La 
    posizione strategica degli scali di Trieste, Venezia e Capodistria – emerge 
    ancora dall’analisi della Scott Wilson - dovrebbe essere maggiormente 
    sfruttata per incrementare il vantaggio competitivo nei confronti dei porti 
    dell’Europa settentrionale e del Mar Nero, grazie all’ulteriore aumento di 
    traffici previsto dall’Estremo Oriente. Tale vantaggio è attualmente 
    compromesso dalle infrastrutture di collegamento insufficienti e scarsamente 
    utilizzate». 
    Elisa Coloni  | 
  
 
 
IL PICCOLO - 
MERCOLEDI', 10 ottobre 2007
 
 
  
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    Ferriera, summit d’urgenza in 
    Regione  - Moretton replica all’Ass: «Due anni fa nessuno spinse 
    davvero per effettuare i test della diossina»   | 
  
  
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    Convocati 
    domani enti locali, Azienda sanitaria, procura e sindacati. Il «mistero del 
    verbale» del 2005 al centro di un’interrogazione del Verde Metz 
     
    
    «La salute dei cittadini – ha 
    dichiarato Moretton – è una priorità alla quale ci atteniamo, e nel caso del 
    quartiere di Servola continuiamo ad avere la massima attenzione perchè 
    abbiamo presenti le criticità della situazione». 
    All’incontro di domattina, che avrà inizio alle 8.30 alla Direzione 
    regionale dell’Ambiente, sono stati invitati il Comune, la Provincia, la 
    Prefettura, l’Azienda sanitaria, rappresentanti della magistratura, il 
    presidente della quarta commissione del Consiglio regionale Fortuna Drossi e 
    le organizzazioni sindacali. 
    Sul caso Ferriera interviene anche il governatore Illy, che avanza 
    perplessità sulle rilevazioni effettuate nell’area. Nel corso di una 
    trasmissione televisiva, Illy ha dichiarato: «Mi risulta che alcune 
    misurazioni su sostanze inquinanti non sono state fatte seguendo le 
    metodologie di legge, e quindi alcune delle conclusioni tratte sono 
    risultate affrettate». 
    Reazioni istituzionali e politiche, intanto, si registrano sul ritardato 
    avvio del progetto per la misurazione delle condizioni di salute degli 
    abitanti di Servola, da parte dell’assessore Moretton, del consigliere 
    regionale dei Verdi Alessandro Metz e del segretario provinciale della Cgil 
    Franco Belci. 
    Il ritardo, denunciato al nostro giornale dai responsabili del Dipartimento 
    di prevenzione, riguarda il progetto che l’Azienda sanitaria aveva chiesto 
    di attivare nel corso di una riunione del gruppo tecnico diossina, alla 
    quale, nel settembre 2005, avevano partecipato autorità sanitarie ed enti 
    locali. Secondo quanto dichiarato dal dottor Valentino Patussi, la richiesta 
    dell’indagine, fatta durante la riunione, non figurava invece nel successivo 
    verbale redatto dalla Regione. 
    «Non è rilevante che la richiesta figuri o meno nel verbale – replica 
    l’assessore regionale Moretton –. Solo di recente i nostri uffici hanno 
    invece ricevuto una lettera in cui si afferma la necessità di integrare le 
    analisi con un progetto specificio. La Direzione dell’Ambiente ha quindi 
    chiesto all’Azienda sanitaria di conoscere i dettagli e i costi del 
    progetto. Il costo è ingente, ma comunque la Regione lo finanzierà». 
    Sul caso, il consigliere regionale dei Verdi Alessandro Metz ha presentato 
    ieri un’interrogazione al presidente della Regione Illy. «Ci sembra un fatto 
    di una gravità inaudita – osserva Metz – che necessita di un accertamento 
    delle responsabilità, amministrative e penali». 
    «Che cosa si voleva nascondere? Cosa o chi si voleva proteggere?» si chiede 
    ancora Metz, secondo il quale «emerge ogni giorno di più un quadro 
    inquietante. Vogliamo sapere – aggiunge – quanto successo in questi anni 
    attorno alla questione della Ferriera di Servola nella catena delle 
    responsabilità, capire il ruolo giocato da parte di Regione, Provincia, 
    Comune, Azienda sanitarie a Arpa». Sottolineando che il tutto ha cominciato 
    a svelarsi da pochi mesi «grazie alle proteste dei cittadini e alle indagini 
    della Procura della Repubblica», Mezt conclude ricordando gli sforamenti di 
    sostanza cancerogene nel suolo e nelle acque antistanti la Ferriera, 
    ufficializzati nella conferenza dei servizi del 10 maggio, e i recenti dati 
    delle emissioni nell’aria risultati dalle analisi del Cigra e dell’Arpa. 
    Estrema chiarezza viene chiesta dal segretario provinciale della Cgil Franco 
    Belci, che si dice «preoccupatissimo per la salute degli abitanti e dei 
    lavoratori, mentre si scopre che non è stato fatto niente per responsabilità 
    di ordine burocratico». 
    Il gioco sui dati disorienta sia i sindacati sia la gente, rimarca ancora 
    Belci, che annuncia di voler chiedere un incontro sia alla Servola spa sia 
    alla Regione «perchè sia fatta definitivamente chiarezza sulla diversità dei 
    dati», e rileva che «da parte dell’Azienda sanitaria non si può gridare al 
    lupo al lupo, mentre poi si scopre che dal 2005 non si è fatto niente. 
    L’Azienda sanitaria – conclude – non è assolutamente innocente».  | 
  
 
 
  
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    FERRIERA - Arrivano i 
    tecnici di Pecoraro Scanio - 
    Definiti i dettagli della 
    missione triestina della delegazione del ministero dell’Ambiente 
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    In città in settimana: 
    faranno le analisi con un laboratorio mobile  | 
  
  
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    I tecnici dell’Apat (l’Arpa 
    nazionale) saranno a Trieste entro la settimana per validare, anche con 
    l’uso di laboratori mobili, i dati esistenti sulle rilevazioni dei vari 
    inquinanti, in particolare del benzoapirene. 
    «I tempi operativi – annuncia Giancarlo Viglione, commissario nazionale 
    dell’Apat, che lunedì ha coordinato un’apposita riunione al ministero 
    dell’Ambiente – saranno molto rapidi. I primi risultati li avremo nel giro 
    di un paio di giorni. La nostra azione – aggiunge – dev’essere incisiva, 
    precisa, veloce, in maniera da rispondere esaustivamente all’incarico datoci 
    dal ministro Pecoraro Scanio». 
    Proprio la necessità di ottenere risultati inequivocabili ha spinto l’Apat a 
    inviare a Trieste anche un laboratorio mobile. «Per poter verificare in 
    maniera certa i dati esistenti – osserva ancora Viglione – abbiamo bisogno a 
    nostra volta di essere certi dell’efficacia degli strumenti di misura». 
    A coordinare il gruppo di tecnici sarà il prof. Roberto Caracciolo, a capo 
    del Dipartimento qualità dell’aria dell’Apat. «Avremo la necessità di 
    campionare grandi volumi di aria – spiega – soprattutto con riguardo alla 
    misurazione degli idrocabruri policiclici aromatici, fra cui il benzoapirene. 
    Le sostanze raccolte attraverso speciali filtri saranno poi analizzate nel 
    nostro laboratorio». 
    Inizialmente il laboratorio mobile dell’Apat sarà uno solo, e la squadra 
    sarà composta da quattro, cinque persone. Se ne potrebbe però aggiungere un 
    secondo, con un altro team di tecnici. «Dipenderà – precisa Caracciolo – 
    dalla natura dei fenomeni inquinanti che rileveremo». 
    La fase operativa, che inizierà quindi entro la settimana, è preceduta in 
    questi giorni da una serie di approfondimenti scientifici e da contatti 
    logistici, per poter operare poi nella maniera più rapida ed efficace. 
    Se da un lato l’Apat sta prendendo contatto con gli enti locali e con i 
    carabinieri del Noe (Nucleo operativo ecologico) per quelle che saranno le 
    necessità operative, dall’altro sta effettuando una ricognizione della 
    documentazione e degli studi effettuati sulla Ferriera, in maniera da 
    disporre di un quadro il più possibile completo in base al quale impostare 
    l’indagine. 
    Le modalità delle rilevazioni sono dunque ancora da determinare. Va da sè, 
    comunque, che le misurazioni riguarderanno l’aria della zona circostante lo 
    stabilimento di Servola. Ma sono previsti anche campionamenti all’interno 
    della Ferriera? «Per fare misurazioni in uno stabilimento ci vogliono 
    normalmente numerose autorizzazioni – osserva Caracciolo – ma se ci sarà 
    l’esigenza ci faremo accompagnare dai carabinieri del Noe». 
    gi. pa.  | 
  
 
 
  
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    FERRIERA -  Arpa: «I 
    nostri dati sono attendibili» - 
    L’Agenzia regionale per 
    l’ambiente respinge le accuse sui rilevamenti   | 
  
  
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    «Le stazioni di monitoraggio di 
    Arpa Fvg sono tutte certificate da una ditta esterna, che ne garantisce il 
    corretto funzionamento e il ripristino entro 48 ore in caso di guasto. Ciò 
    consente d’avere un tasso di operatività superiore al 90 per cento, contro 
    un valore del 75 per cento previsto dalla vigente legislazione come soglia 
    minima affinché i dati giornalieri possano essere considerati 
    rappresentativi e accettabili». È la risposta della direzione regionale di 
    Palmanova dell’Agenzia regionale per l’ambiente alle polemiche sollevate in 
    questi giorni sulla vicenda della Ferriera e la presenza di benzopirene. 
    «Da alcune affermazioni riportate emergerebbe come i dati di monitoraggio 
    dell’Arpa - si legge nel comunicato - siano non attendibili per la presenza 
    di ”buchi” e per averli analizzati con metodiche errate, tanto che i 
    ”risultati sono sempre falsati”».  
    Questi due punti meritano un approfondimento. Accuse a cui l’Arpa ribatte 
    segnalando come nella vicenda della Ferriera «non sia venuto mai a mancare 
    l'impegno del dipartimento di Trieste nel monitorare la situazione 
    ambientale nel comprensorio abitativo circostante lo stabilimento». Un 
    impegno portato avanti attraverso le centraline di via Carpineto, via San 
    Sabba, monte San Pantaleone, via San Lorenzo in Selva (mezzo mobile e 
    stazione Doas), via Pitacco, via Svevo e Muggia, ma anche durante alcuni 
    sopralluoghi nell’abitato di Servola. 
    «In qualsiasi attività di monitoraggio i dati raccolti devono essere 
    sottoposti a un processo routinario di ”validazione”, ossia ad un processo 
    attraverso il quale si valuta se l’informazione - si legge nella nota 
    dell’Arpa - può essere considerata consona alle finalità per le quali è 
    stata prodotta. Ciò è stato fatto anche per i dati relativi alla Ferriera di 
    Servola». Una difesa del proprio lavoro, accompagnato dalla fornitura di 
    supporto che l’Arpa darà ai tecnici inviati dal ministero dell’Ambiente a 
    Trieste.  | 
  
 
 
  
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    FERRIERA -  La 
    Lucchini: «Pronti a collaborare» - 
    Il legale dell’azienda: «Va bene 
    qualsiasi forma di monitoraggio legittima»  | 
  
  
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    «Il gruppo Lucchini è 
    disponibile a ogni forma legittima di monitoraggio ambientale e a ogni 
    collaborazione con le autorità pubbliche». 
    Lo ha dichiarato ieri in serata l’avvocato Giovanni Borgna che assieme al 
    professor Giuseppe Frigo da anni sta gestendo su incarico del gruppo 
    siderurgico bresciano le numerose vertenze giudiziarie ed extragiudiziarie 
    innescatasi a Trieste attorno alla Ferriera. 
    In questi giorni gli avvocati e i dirigenti dello stabilimento di Servola 
    stanno prendendo contatto con i vertici della Regione, della Provincia, del 
    Comune, della Procura della Repubblica e dell’Azienda sanitaria, in quelli 
    che vengono definiti «incontri esplicativi». 
    In questi incontri, alcuni dei quali si sono già svolti, sono stati esibiti 
    e messi a disposizione degli enti locali, documenti e misure. 
    Domattina anche la proprietà della Ferriera parteciperà alla riunione 
    plenaria sulla situazione delle emissioni convocata dall’assessore regionale 
    all’Ambiente e vicepresidente della giunta, Gianfranco Moretton. 
    L’unico neo che il gruppo Lucchini ha finora sottolineato riguardo gli 
    sviluppi degli ultimi giorni è un certo clima di aggressione che ha 
    rischiato di instaurarsi in città; critiche sono venute anche alla mancata 
    considerazione in talune misure, di tutti i parametri stabiliti dalle norme. 
    «Il problema benzoapirene esiste» hanno detto i ricercatori del Cigra 
    attivati dal pm Federico Frezza. Ma prima di giungere a risultati definitivi 
    e categorici, le misure devono essere effettuate nell’arco di un anno e in 
    più punti di rilevazione. Va aggiunto il monitoraggio interno ed esterno che 
    il gruppo Lucchini ha affidato a un’azienda specializzata, ha fornito dati 
    rispettosi dei valori-limite stabiliti da leggi e regolamenti.  
    Nelle prossime ore gli avvocati della società che gestisce la Ferriera 
    depositeranno nella segreteria del Tribunale amministrativo regionale, il 
    ricorso contro le tre ordinanze firmate dal sindaco Roberto Dipiazza tra la 
    fine dello scorso giugno ed agosto. 
    Verrà chiesto ai giudici di annullare per illegittimità i tre atti del 
    Comune. «L’azione inquinate dello stabilimento è grave e inequivocabile. Ho 
    ordinato alla Servola spa di attivarsi immeditamente per riportare i 
    parametri entro i limiti di legge. Se non verrà fatto, a tutela della salute 
    pubblica emetterò l’ordinanza di chiusura dello stabilimento» aveva 
    affermato a giugno il sindaco. 
    Il ricorso verrà presentato nelle prossime ore e con buona probabilità verrà 
    discusso nel merito in tempi non certo brevi. Diversa sarebbe stata una 
    richiesta di «sospensiva», ma questa via non appare percorribile perché le 
    tre ordinanze hanno impartito degli ordini precisi ma non hanno bloccato 
    alcun impianto. 
    
    Claudio Ernè  | 
  
 
 
  
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    Duino, il Corridoio 5 sarà 
    modificato - Ha avuto effetto l’ordine del giorno bipartisan. Spostamento a 
    Nord di Medeazza e Visogliano   | 
  
  
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    Ferrovie e Regione accolgono 
    i rilievi del Comune: nuovo tracciato  | 
  
  
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    DUINO AURISINA Il percorso del 
    Corridoio 5 che riguarda Duino Aurisina non è definitivo. Anzi, verrà 
    rimesso in discussione: saranno riaperte tutte le procedure di confronto e 
    di consultazione. E' questo l'importante esito dell'incontro svoltosi nei 
    giorni scorsi tra Ferrovie, Regione e Comune di Duino Aurisina. L'incontro è 
    il risultato dell'ordine del giorno bipartisan - presentato dal 
    centrosinistra e dalla Lista Ret, poi sottoscritto anche da An - nell'ultimo 
    consiglio comunale, proprio per ottenere dettagli relativi alla procedura 
    del Corridoio 5 relativa a Duino Aurisina.  
    La delegazione comunale, guidata dal sindaco Ret, era formata dai capigruppo 
    e dai consiglieri della commissione competente per i problemi del 
    territorio, mentre per le Ferrovie è intervenuto Mario Goliani, responsabile 
    del progetto per la tratta Venezia-Trieste; per la Regione un responsabile 
    della Direzione ambiente.  
    La disponibilità delle Ferrovie a ridiscutere il progetto deriva dalle 
    modifiche necessarie lungo il tratto isontino del tracciato, anche dopo le 
    richieste dei Comuni della provincia di Gorizia: le Ferrovie, su indicazione 
    della Regione, hanno dovuto elaborare nuove ipotesi progettuali nel tratto 
    da Ronchi dei Legionari verso Trieste e quindi, dovendo avviare una nuova 
    procedura di Valutazione d’impatto ambientale, c'è spazio per esaminare 
    nuovamente il tracciato che percorre il territorio di Duino Aurisina. In 
    sostanza il progetto è diverso da quello sul quale il Comune aveva già 
    espresso un parere nel 2004. Pertanto sul tracciato così modificato si apre 
    un nuovo iter in materia d’impatto ambientale.  
    La Regione intende cogliere questa occasione per avviare una consultazione 
    preliminare delle istituzioni e della popolazione; individuare le eventuali 
    criticità e inserire le proposte nel progetto prima della riapertura della 
    nuova Valutazione d’impatto ambientale. Nel nuovo tracciato - ha precisato 
    Mario Goliani - si potranno quindi inserire modifiche. 
    Ma non basta: il sindaco Ret ha ottenuto la disponibilità dell'assessore 
    regionale Sonego a partecipare, entro fine ottobre, a un incontro con 
    l'amministrazione comunale, occasione nella quale verrà stabilito un 
    calendario di consultazioni che riguarderà la popolazione. «Il progetto 
    presentato nel 2004 dalle Ferrovie per quanto concerne il nostro territorio 
    - afferma - va ridiscusso e questo è un dato molto importante. Nell'incontro 
    a fine mese con l'assessore Sonego il Comune potrà presentare le proprie 
    richieste di modifica, anche se sappiamo che alcuni aspetti sono già stati 
    accettati a priori, e verranno inseriti direttamente dalle Ferrovie nel 
    nuovo progetto». Le modifiche più importanti - che saranno confermate quando 
    il nuovo progetto sarà pubblico e dovrà ottenere il via libera anche dal 
    Comune di Duino Aurisina - riguardano lo spostamento del tracciato a Nord di 
    Medeazza e Visogliano, l'aumento della profondità di scavo, con le rotaie 
    che passeranno in galleria a 65 metri sotto il terreno, la creazione di uno 
    svincolo autostradale provvisorio per l'uscita dei camion e dei mezzi 
    tecnici durante la costruzione, senza passare per il territorio di Duino 
    Aurisina, nonché l'interramento dell'elettrodotto collegato al progetto.  
    Soddisfazione è stata espressa anche dal centrosinistra e in particolare da 
    Massimo Veronese e da Lorenzo Corigliano, che aveva presentato la mozione in 
    Consiglio comunale. «La mozione - hanno detto - ha avuto l'effetto che 
    speravamo. Dopo le numerose preoccupazioni manifestate dai cittadini, si 
    apre una nuova fase di consultazioni con la dichiarata disponibilità della 
    Regione e delle Ferrovie di tenere conto delle proposte e dei suggerimenti 
    che saranno avanzati. Il Comune potrà quindi svolgere in modo appropriato il 
    suo ruolo di garante dell'interesse della cittadinanza».  | 
  
 
 
  
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    Sgonico, sopralluogo del 
    sindaco alla discarica  | 
  
  
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    «Ho preso atto dell’allarme 
    lanciato dal gruppo ecologista. E, subito dopo, ho provveduto a avviare 
    tutte le procedure necessarie a inquadrare il problema». Così Mirko Sardoc, 
    sindaco di Sgonico, reagisce alla notizia diffusa lunedì da «Greenaction-Planet» 
    che, anche attraverso cartografia on-line, identifica in un sito del proprio 
    comune una discarica con residui contenenti amianto.  
    Stando agli ambientalisti, che sulla questione hanno realizzato anche un 
    filmato, la discarica risulterebbe coperta dalla vegetazione, anche se 
    l’occhio più attento sarebbe in grado di cogliere alcuni resti del materiale 
    cancerogeno. «Come avviene in questi casi – riprende Sardoc – bisogna 
    attenersi ai fatti e predisporre le opportune verifiche. L’attenzione della 
    nostra amministrazione verso queste tematiche è molto alta, pertanto sarà 
    mio impegno compiere il necessario sopralluogo sul posto e, subito dopo, 
    identificare chi è proprietario dell’area. Se sarà accertata la presenza 
    dell’amianto e degli altri detriti od oggetti inquinanti dovremo avviare un 
    percorso di bonifica». 
    «Il ripristino dei siti inquinati - precisa il primo cittadino - richiede un 
    notevole esborso economico e dunque è necessario operare con la massima 
    attenzione e in modo equilibrato». 
    Secondo gli ecologisti di «Greenaction-Planet» il sito in questione si 
    troverebbe a circa due chilometri dalla famosa Grotta Gigante, luogo 
    frequentato dai turisti specie d’estate. 
    m.l.  | 
  
 
 
  
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    Pannelli solari e impianti 
    eolici, autorizzazioni più facili  - La legge sull’energia semplifica 
    l’iter per le installazioni di uso domestico. Avviato l’esame consiliare 
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    Illustrato 
    il «ddl Sonego» che prevede la liberalizzazione di strutture di piccole 
    dimensioni a fonti rinnovabili. Previsti i catasti comunali 
     
    
    TRIESTE Liberalizzazione dei 
    pannelli solari fotovoltaici e obbligo di installazione di pannelli solari 
    per la produzione di acqua calda negli edifici di nuova costruzione o in 
    fase di ristrutturazione. Sono le principali novità del disegno di legge in 
    materia di energia illustrato ieri alla quarta commissione consiliare 
    dall’assessore regionale Lodovico Sonego. Il testo prevede la 
    liberalizzazione per alcuni impianti di piccole dimensioni a fonti 
    rinnovabili: oltre ai pannelli solari fotovoltaici (purchè rimangano 
    all’interno degli edifici), non dovranno ottenere l’autorizzazione 
    energetica, ma solo il via libera urbanistico, sanitario e ambientale, gli 
    impianti di produzione elettrica in cogenerazione alimentati a gas naturale 
    di potenza inferiore o uguale a 3 megawatt, i gruppi elettrogeni di soccorso 
    e quelli a basso impatto inquinante, gli impianti eolici per uso domestico 
    fino a 5 chilowatt, gli impianti di microgenerazione elettrica alimentati a 
    biomasse di potenza inferiore a 1 megawatt termico, gli impianti di 
    stoccaggio di oli minerali (inferiori a 25 metri cubi se per usi privati, 
    agricoli e industriali, o di capacità inferiore 10 metri cubi se per usi 
    commerciali), i depositi d igpl se in bombole con meno di 1000 kg e le linee 
    elettriche di 20 chilovolt inferiori ai 500 metri di lunghezza.  
    Dovranno invece passare per la fase autorizzativa gli impianti di maggiori 
    dimensioni ed impatto come elettrodotti, gasdotti, rigassificatori, impianti 
    di produzione di energia elettrica che utilizzano fonti rinnovabili e grandi 
    depositi di oli minerali. Il ddl prevede anche l’obbligo di installazione 
    negli edifici di nuova costruzione o in fase di ristrutturazione di pannelli 
    solari termici per la produzione di acqua calda per almeno il 50% del 
    fabbisogno annuale dell’impianto termico dell’edificio, salvo documentati 
    impedimenti tecnici o eventuali vincoli paesaggistici e monumentali. Sempre 
    negli edifici nuovi o da ristrutturare dovranno essere predisposti gli 
    impianti necessari alla successiva installazione di pannelli solari 
    fotovoltaici. «Quello del risparmio energetico rappresenta una sfida 
    importante per i prossimi anni – sostiene il presidente della quarta 
    commissione, Uberto Fortuna Drossi – della quale in Italia non si è ancora 
    compresa la reale importanza». Entro fine anno l’Unione europea dovrebbe 
    emanare una direttiva che imporrà l’applicazione di misure forti per ridurre 
    il consumo energetico. Ancora non si conoscono con precisione i termini di 
    questa direttiva ma appare plausibile che l’obiettivo che verrà indicato a 
    livello comunitario si avvicini ad un 20% di produzione energetica da fonti 
    rinnovabili entro il 2015ed in Italia attualmente siamo al 4,9%. «La 
    principale fonte di consumo energetico – spiega Fortuna Drossi – è 
    l’edilizia con circa il 62% contro il 25% dell’industria che in Regione è 
    più incidente in quanto scontiamo la presenza di industri pesanti». Per 
    contenere il consumo energetico, il disegno di legge indica la promozione di 
    accordi con le imprese di distribuzione nonché, per contenere i costi a 
    carico dell’utenza, di forme associative per l’acquisto di energia sul 
    mercato. Prevista anche, secondo quanto indicato dalla normativa nazionale, 
    l’istituzione del catasto comunale degli impianti termici che indicherà 
    ubicazione, potenza e anno di installazione, in modo da garantire la 
    maggiore efficienza degli accertamenti da parte dei Comuni. Previsto anche 
    il catasto regionale degli elettrodotti che disporrà l’inventario delle 
    linee elettriche per valutare campi elettrici e magnetici derivanti dalle 
    linee esistenti e l’eventuale impatto in questo senso in caso di costruzione 
    di altri elettrodotti.  
    Roberto Urizio   | 
  
 
 
IL PICCOLO - 
MARTEDI', 9 ottobre 2007
 
 
  
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    Ferriera, test 
    della diossina con 2 anni di ritardo  - L’Azienda sanitaria: «Il nostro 
    progetto del 2005 era sparito dal verbale della Regione»  | 
  
  
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    Si era già 
    svolto un incontro per decidere i controlli da effettuare a Servola con la 
    partecipazione di Ass, Burlo e Medicina del lavoro   | 
  
  
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    Ogni esame 
    costa 1300 euro. L’unico laboratorio in grado di leggere le analisi è a 
    Mestre  | 
  
  
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    Si nasconde dietro una intricata 
    vicenda il motivo per cui a Servola non sono mai state effettuate le 
    previste analisi sulla presenza di diossina nei terreni e nella catena 
    biologica (mamme in allattamento e dipendenti della Ferriera) proposte 
    dall’Azienda sanitaria già nel settembre 2005, all’indomani delle emissioni 
    di diossina dal camino E5 della fabbrica. E’ una storia che oggi è possibile 
    ricostruire, e sulla quale nel frattempo è piombata nei giorni scorsi la 
    nuova emergenza con l’evidenza di dati sopra i limiti di benzoapirene e 
    polveri sottili.  | 
  
  
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    La richiesta alla Regione di 
    poter effettuare questi controlli sulla salute e sull’ambiente è stata 
    reiterata il 3 ottobre scorso e l’Azienda sanitaria attende una risposta, 
    anche se in questo preciso momento è diventata dirompente la notizia degli 
    altri inquinanti che hanno portato il sindaco molto vicino a materializzare 
    la già promessa ordinanza di chiusura, con il consenso di istituzioni, 
    sindacati e mondo politico, e il coinvolgimento diretto del ministero 
    dell’Ambiente. 
    Ma negli stessi giorni in cui il direttore generale dell’Azienda sanitaria 
    Franco Rotelli e il Dipartimento di prevenzione firmavano l’avvertimento sul 
    rischio per la salute pubblica dopo aver preso visione del rapporto stilato 
    dal Cigra per la magistratura, ancora si stava lavorando (dopo due anni) 
    all’affare della diossina, bloccato da una incredibile serie di inciampi, 
    intoppi e pure strane omissioni. 
    «Era il 22 settembre 2005 - racconta Valentino Patussi, medico del 
    Dipartimento di prevenzione, assieme alla dirigente del servizio Marina 
    Brana - quando si tenne una riunione del gruppo tecnico ristretto sulla 
    diossina, dopo la notizia di emissioni dal camino E5. C’erano l’Istituto 
    tecnico diossina del ministero, rappresentanti dell’Istituto superiore di 
    sanità, l’Arpa, il Comune, la Provincia, l’Azienda sanitaria, per la Regione 
    era presente la Direzione centrale dei Lavori pubblici, servizio tutela 
    inquinamento atmosferico, acustico e ambientale, e in quella sede 
    consegnammo una proposta, in collaborazione con la Medicina del lavoro 
    dell’Università di Trieste, tesa a misurare lo stato di salute della 
    popolazione di Servola. Diossina, ma non solo». 
    Si volevano controllare i terreni e la catena biologica. Si proponeva a quel 
    consesso di alto livello di misurare il dosaggio di diossina nel latte delle 
    partorienti al Burlo Garofolo, scegliendone un campione di Servola e uno del 
    resto della città, da mettere a confronto. Si voleva testare il siero degli 
    abitanti del quartiere e dei lavoratori della Ferriera (cioé il sangue 
    depurato dei globuli rossi e bianchi, che trattiene e rende visibili 
    determinate sostanze). 
    «Si disse anche - prosegue Patussi - che l’analisi del siero sarebbe stata 
    forse impossibile, non si era trovato alcun laboratorio in Italia in grado 
    di eseguire questo esame». La Regione verbalizzava la riunione. «Ma quando 
    il verbale arrivò, era scomparsa del tutto la parte che riguardava la 
    proposta sulla diossina dell’Azienda sanitaria». 
    Siamo al 20 ottobre 2005. Rotelli richiede formalmente per lettera alla 
    Regione di integrare il documento. E riassume nuovamente il progetto. 
    «Altrettanto - dice il medico, carte alla mano - fece l’Arpa, che spedì alla 
    Regione analoga richiesta in termini ancora più forti, ma a oggi nessuno ha 
    visto il verbale riscritto». 
    Si arriva a quest’anno. Il 3 luglio l’Azienda sanitaria chiede un incontro 
    in Provincia, che avviene il giorno 19. Il 27 Rotelli e la responsabile del 
    Dipartimento prevenzione Brana sono nuovamente in Regione: «Sollecitano - 
    riepiloga Patussi - la stessa cosa, l’analisi sulle diossine, e informano di 
    aver intanto individuato a Mestre un laboratorio in grado di analizzare 
    anche il siero, dicono che ogni esame costa 1300 euro, e chiedono la 
    collaborazione economica della Regione, presentando un organico progetto 
    complessivo». 
    Il 31 agosto la Regione risponde per iscritto «e in quella lettera per la 
    prima volta attesta la nostra richiesta del settembre 2005, mai verbalizzata 
    - dice il medico -, ma chiude con una strana domanda: ’’Come i risultati 
    ottenuti verranno o meno attribuiti alla presenza della Ferriera?’’». Il 3 
    ottobre - siamo a questi giorni - l’Azienda sanitaria risponde, per 
    conoscenza anche all’Arpa, alla Direzione regionale salute, alla Direzione 
    regionale Lavori pubblici, elencando il livello dei professionisti 
    coinvolti: «L’Azienda sanitaria, l’Irccs Burlo Garofolo, la Medicina del 
    lavoro dell’Università di Trieste, il Dipartimento di patologia medica 
    sperimentale e clinica dell’Università di Udine con la cattedra di Igiene ed 
    epidemiologia, vale a dire - conclude Patussi - i massimi specialisti del 
    settore, dal triestino Bovenzi all’udinese Barbone a Tamburlini del Burlo, 
    garantendo che saranno in grado di adeguatamente leggere le analisi». Si 
    attende risposta. 
    
    Gabriella Ziani  | 
  
 
 
  
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    FERRIERA - Da 
    tre mesi la Lucchini tratta con la procura un piano di abbattimento del 
    benzoapirene 
    
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     I contenuti dell’impegno 
    assunto il 21 giugno scorso. L’intervento richiede dai 12 ai 18 mesi 
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    Del benzoapirene, la sostanza 
    cancerogena segnalata dal Cigra con valori superiori alla norma, da mesi 
    stanno discutendo la Procura della Repubblica e la proprietà della Ferriera 
    di Servola. I legali del gruppo Lucchini, gli avvocati Giuseppe Frigo e 
    Giovanni Borgna, hanno parlato su questo tema con il pm Federico Frezza, il 
    magistrato che dal 1999 ha iniziato a indagare sui ripetuti episodi di 
    imbrattamento e sulle emissioni diffuse dello stabilimento. 
    La base della discussione sul benzoapirene e sul modo di azzerarne o 
    contenerne al massimo la presenza, è rappresentata da un capitolo della 
    consulenza affidata al professor Marco Boscolo proprio dalla Procura 
    nell’ambito di un procedimento penale, sfociato prima in un sequestro e poi, 
    per decisione della Cassazione, nel dissequestro degli impianti più a 
    rischio. 
    Nell’ambito di questo procedimento il gruppo Lucchini si è impegnato a 
    effettuare un massiccio piano di investimenti per abbattere le emissioni, un 
    piano che è stato concordato nei tempi e negli interventi proprio con la 
    Procura e suoi consulenti. L’impegno coinvolge anche le misure per abbattere 
    il benzoapirene. L’azienda si assunta questo onere pur contestando i metodi 
    del rilevamento del Cigra. Ecco l’impegno del gruppo Lucchini, pervenuto 
    alla Procura il 21 giugno scorso. 
    «Sulla presunta concentrazione di benzoapirene in alcuni campioni prelevati 
    in via dei Giardini, se da un lato non si evince una prova attendibile sul 
    superamento del limiti previsti dalle attuali norme, dall’altro la 
    realizzazione dello sdoppiamento del sistema di riscaldamento delle batterie 
    di distillazione della cokeria, descritto dal professor Boscolo, appare in 
    grado di far conseguire l’eliminazione, ovvero la riduzione al minimo 
    tecnicamente possibile anche delle eventuali emissioni di sostanze 
    contenenti benzoapirene». Per realizzare questo sdoppiamento del sistema di 
    riscaldamento delle batterie di distillazione, sono necessari dai 12 ai 18 
    mesi di lavoro. 
    Il 26 giugno il pm Federico Frezza risponde al gruppo Lucchini. «Gli 
    interventi sulla cokeria come rappresentati dal professor Boscolo, 
    dovrebbero avere anche un effetto benefico nel limitare le fuoriuscite di 
    benzoapirene. Ma ciò verrà valutato in altra sede, atteso che le misurazioni 
    delle immissioni, con incarico di questa Procura al Cigra, sono iniziate da 
    pochi mesi, al punto che l’Azienda sanitaria ha scritto al sindaco l’11 
    giugno che i dati del Cigra non consentono, visto l’esiguo numero di 
    campionamenti effettuati, di poter valutare correttamente il rischio 
    igienico sanitario per la popolazione. I dati emersi sono preoccupanti per 
    cui è necessario effettuare un approfondimento della campagna di 
    rilevazione». 
    Da tempo il gruppo Lucchini misura attraverso più centraline, i valori delle 
    immissioni - benzoapirene compreso - all’interno dello stabilimento di 
    Servola e nelle immediate adiacenze. Questi dati nei prossimi giorni 
    verranno resi pubblici e messi a disposizione di tutte le autorità, 
    amministrative, politiche, sanitarie e giudiziarie. Assieme a questi dati, 
    che sarebbero in controtendenza con le rilevazioni del Cigra, verrà 
    illustrato quello che secondo l’azienda è il corretto metodo per raccogliere 
    i campioni e leggerli nella loro completezza, secondo le norme vigenti. 
    
    Claudio Ernè  | 
  
 
 
  
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    FERRIERA - 
    Vertice al ministero per inviare i tecnici - Confronto tra il sindaco 
    Dipiazza, il legale della proprietà e il pm Frezza   | 
  
  
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    Riunione al ministero 
    dell’Ambiente ieri pomeriggio sul caso della Ferriera di Servola. Giancarlo 
    Viglione, commissario dell’Apat (l’Arpa nazionale), ha esaminato tutta la 
    documentazione inviata da Trieste e ha incontrato i tecnici dell’Agenzia per 
    dare avvio al piano di lavoro. Verranno stabiliti sia le strumentazioni 
    necessarie per avviare la validazione dei dati esistenti, sia i tempi 
    tecnici e la metodologia. 
    La decisione di varare un monitoraggio a livello nazionale era stata presa 
    con grande immediatezza nei giorni scorsi dal ministro Alfonso Pecoraro 
    Scanio, al quale il sindaco Dipiazza e il consigliere regionale dei Verdi 
    Alessandro Metz avevano inviato con tempestività i dati delle analisi del 
    Cigra, dopo che l’Azienda sanitaria aveva reiterato il proprio avvertimento 
    sul «rischio per la salute pubblica» in presenza sul territorio di Servola 
    di livelli di benzoapirene molto eccedenti i limiti di legge e di polveri 
    sottili che a fine agosto avevano già oltrepassato il limite dei 35 
    sforamenti annui consentiti. 
    Intanto Dipiazza ha avuto ieri un incontro con il pm Federico Frezza 
    titolare delle inchieste sull’inquinamento nell’ambito delle quali ha 
    chiesto al Cigra un monitoraggio degli inquinanti a Servola e con l’avvocato 
    della Ferriera, Giovanni Borgna, che fin qui a nome dell’azienda ha 
    rigettato al Tar tutte le ordinanze emesse dal sindaco su impulso 
    dell’Azienda sanitaria. 
    g. z.  | 
  
 
 
  
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    SGONICO - 
    Denuncia: «Discarica con amianto»  | 
  
  
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    TRIESTE Un nuovo allarme 
    ambiente giunge dal gruppo ecologista Greenaction-Planet (gestisce l’omonimo 
    sito Internet): secondo gli attivisti pro natura «sul Carso nuove discariche 
    emergono da uno scomodo passato che si sta cercando di nascondere». 
    La discarica in questione, secondo gli ecologisti, si può vedere nel video 
    girato da Greenaction Transnational (inserito su You Tube) si trova a 
    ridosso di un centro polisportivo, di un centro commerciale e dell'area 
    artigianale del Comune di Sgonico, a non più di 2 km dalla Grotta Gigante, 
    una delle maggiori attrazioni turistiche del Carso. La discarica ha una 
    lunghezza di circa 250 metri ed è coperta dalla vegetazione. «Tra i tanti 
    cumuli di rifiuti - denunciano gli ecologisti - spiccano quelli con 
    affioramenti di cemento amianto (anche sbriciolato), fatto questo che deve 
    destare un giustificato allarme, vista la presenza nei paraggi di centri 
    frequentati dal pubblico». I cumuli di amianto, per gli autori della 
    denuncia, sono infatti esposti all'azione del vento di bora e le fibre 
    possono essere disperse su una superfice molto vasta. Bisognerebbe 
    perimetrare e metere in sicurezza l’area.  | 
  
 
 
  
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    Muggia, sui 
    rigassificatori dibattito con sloveni e croati  - I partiti della 
    sinistra preparano una serie di incontri con gli esperti d’oltreconfine  | 
  
  
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    Gli 
    organizzatori vogliono affrontare i temi delle scelte energetiche e delle 
    pratiche d’autorizzazione procedurale in ottica di Euroregione 
     
    
    Il «Tavolo della sinistra 
    muggesana» ha deciso di organizzare a breve un incontro con i cittadini per 
    una discussione pubblica sul tema dei rigassificatori. Sono previsti 
    interventi di esperti e politici italiani, sloveni e croati per approfondire 
    e avere percorsi comuni sui temi d’interesse condiviso. 
    I rappresentanti dei partiti della sinistra di Muggia prendono spunto da 
    recenti incontri governativi tra Italia e Slovenia sul tema dei 
    rigassificatori e intendono portare avanti la loro battaglia. «Dopo una 
    nostra riunione – dicono gli esponenti politici - si è deciso 
    d’intraprendere una serie d’incontri con esponenti politici e di 
    associazioni ambientaliste slovene, per avere anche da parte loro un quadro 
    più approfondito della situazione e degli sviluppi che l'incontro dei due 
    capi di Stato potrà innescare nelle scelte in campo energetico e soprattutto 
    nel prosieguo delle pratiche di autorizzazione ai progetti di impianti di 
    rigassificazione previsti nei golfi di Trieste e Capodistria». I partiti 
    della sinistra muggesana ritengono inoltre che con la caduta dei confini e 
    in un ottica di Euroregione, anche la progettualità della gestione del 
    territorio deve essere condivisa con i Paesi limitrofi. 
    «Pertanto – dicono - anche le problematiche energetiche e le scelte 
    d’impianti a esse correlati è bene che diventino argomento di valutazione 
    politica allargata e non di confronto limitato al solo ambito locale. In 
    considerazione del fatto che dei suddetti impianti si sia cominciato a 
    parlare anche nell'Istria croata è ormai evidente che la discussione in 
    merito deve essere allargata il più possibile e deve coinvolgere pure i 
    rappresentanti di quelle zone». 
    s. re.  | 
  
 
 
  
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    Verso un 
    collegamento ferroviario tra i due scali Luka Koper pronta a collaborare: «È 
    essenziale»  | 
  
  
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    Mancano solo 
    sei chilometri per completare la tratta che unisce i due porti, due in 
    territorio italiano, quattro in quello sloveno  
    
    CAPODISTRIA Il porto di 
    Capodistria non solo è favorevole, ma considera opera essenziale il 
    completamento del collegamento ferroviario che deve mettere in comunicazione 
    diretta i due scali. È la notizia di dettaglio tecnico di maggior rilievo 
    emersa già dopo la cinquantina di minuti in cui le due delegazioni sono 
    rimaste a colloquio nella sala del consiglio di amministrazione di Luka 
    Koper, prima della visita dello scalo e della colazione di lavoro. «È un 
    fatto di grande importanza perché noi consideriamo il collegamento 
    prioritario - ha commentato subito il presidente dell’Autorità portuale 
    triestina Claudio Boniciolli - ma non era per nulla scontato che Capodistria 
    avesse la medesima opinione». 
    Per completare la tratta mancano sei chilometri di binari, dei quali solo 
    due in territorio italiano (dalle Noghere al confine) e quattro in quello 
    sloveno. È già stato fatto uno studio di fattibilità che ha quantificato la 
    spesa complessiva in 85 milioni. Chiaro però che ora dovranno entrare in 
    azione anche gli enti ferroviari e i Governi dei due Paesi. «Credo che sia 
    Casar che io dobbiamo lamentarci della lentezza con cui procedono i progetti 
    del Corridoio cinque e delle sue ramificazioni verso il mare», ha detto 
    Boniciolli. Del resto anche la collaborazione tra i porti di Trieste e di 
    Capodistria ha potuto essere sollecitata dagli stessi premier Prodi e Jansa 
    solo dopo che Lubiana ha approvato il collegamento diretto dell’Alta 
    velocità tra Trieste e Divaccia. 
    Altra concordanza di vedute c’è stata immediatamente anche per quanto 
    concerne il marketing comune perlomeno in occasione delle principali 
    manifestazioni fieristiche internazionali. Il presidente di Luka Koper, 
    Casar ha espresso l’auspicio che i due porti si presentino con uno stand 
    congiunto al prossimo Transport logistic di Monaco di Baviera, la principale 
    fiera europea della logistica la cui prossima edizione si svolgerà nella 
    primavera 2009. 
    Ma a questo punto, come rileva lo stesso comunicato emesso nel pomeriggio da 
    Luka Koper, Boniciolli ha rilanciato chiedendo che si parta prima con altri 
    passi concreti. Quello del turismo nautico in Adriatico e specificatamente 
    delle crociere potrebbe essere uno dei campi di più immediata collaborazione 
    con vicendevoli partecipazioni miste nelle società che si occupano dei 
    rispettivi Terminal passeggeri. 
    s.m.   | 
  
 
 
  
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    Un ecomostro 
    potrebbe sorgere vicino alle Brioni  - L’allarme lanciato dal sindaco 
    di Dignano. Pronta all’investimento la società «Pelagius»  | 
  
  
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    L’area 
    interessata verrebbe trasformata in terreno coltivabile per poi edificare un 
    complesso alberghiero di almeno 100 ettari  
    
    DIGNANO Il sindaco Klaudio 
    Vitasovic non dorme sicuramente sonni tranquilli dopo aver saputo che la 
    società Pelagius di Salvore ha buttato l'occhio su 212 ettari di terreno 
    ubicati ai lati della strada che porta a Peroi, con vista sulle Isole Brioni. 
    L'incubo si manifesta con le sembianze di un mostro di catrame e cemento. 
    L'immobile in questione appartiene allo Stato e la sua destinazione, in base 
    al piano territoriale, è quella di bosco. Ebbene la Pelagius spinge per 
    modificare la destinazione in terreno coltivabile in quanto apparentemente 
    interessata a impiantarvi un grande oliveto. Una richiesta in tal senso 
    all'amministrazione municipale è già stata fatta dall'Azienda forestale di 
    stato, in questo caso evidentemente sponsor della Pelagius. «Se la 
    destinazione dell'immobile dovesse essere agricola - dice il sindaco - 
    allora dovremmo essere noi a gestire il terreno, dandolo in affitto ai 
    nostri agricoltori, per cui gli investitori paracadutati dall'esterno non 
    hanno cosa cercare».  
    Vitasovic quindi non nasconde il disappunto per il fatto di non esser stato 
    interpellato direttamente né dalla Pelagius né dal ministero 
    dell'Agricoltura e foreste sicuramente al corrente di quanto sta succedendo. 
    A questo punto sorge spontanea la domanda: perché il sindaco ha i sonni 
    turbati considerato che alla fine la Pelagius vorrebbe strappare l'immobile 
    in questione dall'abbandono e trasformarlo in grande uliveto con vantaggi 
    economici anche per le casse municipali? La risposta è semplice: perché c'è 
    l'atroce sospetto che l'oliveto in questione sia il Cavallo di Troia 
    dell'ennesimo progetto di cementificazione in Istria. 
    Spieghiamo. In base al piano territoriale di Dignano sul terreno 
    coltivabile, ogni due ettari si può costruire una casa o villa padronale che 
    poi si potrebbero sfruttare a fini turistici e commerciali. E 212 ettari 
    diviso 2 uguale a circa 100 ettari edificabili. Una prospettiva che spaventa 
    i dignanesi e il loro sindaco visti i continui attacchi al patrimonio 
    naturale da parte degli speculatori. L'ipotesi della cementificazione in 
    questo caso non è campata in aria visto che la Pelagius, come scrive la 
    stampa croata, è in mano direttamente o indirettamente ad alcuni 
    imprenditori coinvolti nei progetti Residence Skipper e Kempinski nell'umaghese. 
    p. r.  | 
  
 
 
IL PICCOLO - 
LUNEDI', 8 ottobre 2007
 
 
  
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    Ferriera, test 
    diossina su mamme e operai  - Il direttore sanitario Reali: in passato 
    nessuna differenza sull’incidenza dei tumori tra chi vive nel rione e le 
    altre zone  | 
  
  
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    L’Ass: esami 
    anche fuori dello stabilimento, monitoriamo le servolane in allattamento  | 
  
  
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    Mentre questa settimana arrivano 
    i tecnici del ministero dell’Ambiente per validare i dati dell’inquinamento 
    della Ferriera, e consenso alla chiusura arriva anche dal vicepresidente 
    della commissione regionale sanità Sergio Lupieri (Margherita) per superiori 
    ragioni di salute pubblica «che non hanno tessere di partito», l’Azienda 
    sanitaria si appresta a controllare eventuale assorbimento di diossina in un 
    campione di lavoratori della Ferriera e in un altro di mamme abitanti a 
    Servola e in fase di allattamento. 
    Il latte materno è particolarmente «assorbente» e rivelatore. L’idea non è 
    nata ieri, sull’impulso dei nuovi dati che stanno portando il sindaco e 
    tutte le istituzioni (compresi i sindacati) a fronteggiare l’ipotesi di 
    chiusura della fabbrica per superamento reiterato dei limiti, ma le fasi 
    preparatorie avranno adesso una forte accelerazione, così come riprenderanno 
    le indagini sulle urine degli operai per controllare la presenza o meno di 
    benzoapirene, il pericoloso idrocarburo policiclico aromatico che il corpo 
    umano assorbe specialmente veicolato dalle polveri sottili, di cui a Servola 
    sono stati oltrepassati i limiti di legge anche su base annua. 
    Uno screening in tal senso era stato già realizzato un anno e mezzo fa. I 
    sindacati dell’azienda si sono di recente lamentati che questo controllo sia 
    stato sospeso e ne hanno chiesto la ripresa: «Erano stati controllati i 150 
    lavoratori della cokeria - ha raccontato di recente Giulio Frisari, 
    segretario provinciale della Failms-Cisal, sindacato autonomo dei 
    metalmecanici e siderurgici - e in seguito a ciò una decina di operai era 
    stata spostata in altro reparto, perché era stato riscontrato nel loro 
    liquido biologico un livello di benzoapirene superiore ai limiti». 
    Il direttore generale Franco Rotelli si trova in questi giorni all’estero. 
    Risponde il direttore sanitario Mario Reali: «Con la lettera inviata alle 
    istituzioni il 4 ottobre l’Azienda sanitaria ha inteso indurire la propria 
    posizione nei confronti di dati sulle Pm10 e sul benzoapirene (cancerogeno e 
    causa di mutazioni genetiche) a livelli decisamente molto alti. Le nuove 
    analisi sulle diossine saranno condotte in collaborazione con Regione, 
    Provincia e Ferriera stessa, in quanto hanno un costo piuttosto elevato, 
    quelle sull’urina per verificare il benzoapirene avvengono in accordo col 
    sindacato e con l’Inail». 
    Ma per quale motivo non è stata proseguita allora quell’indagine, visto che 
    adesso sembra fatto nuovo ed eclatante l’inquinamento da benzoapirene, che 
    sul territorio di Servola ha toccato punte di 90 nanogrammi per metro cubo 
    mentre il limite, fissato tra l’altro da un decreto legislativo di agosto, è 
    di un solo nanogrammo? «Perché - risponde Reali - era un dato disaggregato, 
    mancava l’evidenza di analisi complessive». 
    Che ora il Cigra universitario ha realizzato e di cui il sindaco attende la 
    tranche finale relativa al mese di settembre prima di prendere una decisione 
    definitiva sul futuro della fabbrica di ghisa, che proprio il 24 novembre 
    festeggerà i 110 anni esatti dalla nascita. I campionamenti sono stati già 
    fatti ma per l’elaborazione delle analisi il Cigra si è appoggiato - lo 
    dichiara nel proprio report - ai laboratori del Consorzio Inca (Consorzio 
    interuniversitario nazionale «La chimica per l’ambiente»), che coordina 30 
    università e 80 centri di ricerca, con sede principale a Venezia. 
    Da gennaio a giugno in via dei Giardini (tetto) e in via San Lorenzo in 
    Selva (stazione ferroviaria) il Cigra ha rinvenuto tra il 31 gennaio e il 2 
    giugno 2007 una media di 16,9 nanogrammi per metro cubo di benzoapirene, con 
    picchi appunto di 90, 54 e 56. Mentre in via Giorgieri (terzo piano) e in 
    via Fleming (zona università) non è stato superato il livello medio di 0,22. 
    «In tutti i casi - prosegue Reali, descrivendo l’attività del Dipartimento 
    di prevenzione cui tutta questa attività pertiene - sono stati messi a 
    confronto i dati di salute della città con quelli di chi abita a Servola, e 
    non è stato riscontrato, come già riferito da Rotelli, alcun aumento di 
    malattie tumorali attorno alla Ferriera. Inoltre abbiamo messo a 
    disposizione dei residenti un medico a chiamata per un pronto intervento 
    speciale in caso di conclamati disturbi di cui potrebbe essere responsabile 
    l’ambiente». Basta chiamare il centralino, 040.399.1111, chiedere del medico 
    di turno dell’Igiene pubblica, il quale fa una visita a domicilio e tiene un 
    registro dei casi che serve come monitoraggio delle conseguenze sulla salute 
    di emissioni e fumi. 
    Medico, consigliere regionale della Margherita e vicepresidente della 
    commissione regionale sanità, interviene sul tema anche Sergio Lupieri: «Se 
    la Ferriera di Servola non è più compatibile con il tessuto urbano di 
    Trieste il sindaco Dipiazza intervenga secondo i poteri conferitigli dal suo 
    mandato, sono poteri enormi quando coinvolgono la salute dei cittadini». 
    Anche Lupieri salda l’appoggio politico che si sta creando attorno alla 
    convinzione di Dipiazza: «La salute dei cittadini - prosegue - non deve 
    avere né tessera di partito né colore politico, ma essere un patrimonio di 
    civiltà di tutta la comunità di cui il sindaco è il primo cittadino». 
    Bisogna tener conto dei dati che emergono, continua il medico-consigliere, e 
    del fatto che le precedenti ordinanze non hanno conseguito effetti, e 
    inoltre, aggiunge, «non può esistere sviluppo economico laddove non possa 
    essere garantita la compatibilità in termini di tutela della salute pubblica 
    e di sicurezza di salute per i lavoratori e per l’ambiente». 
    Certamente, conclude Lupieri, sono necessarie soluzioni politiche «che 
    garantiscano ai lavoratori riconversioni e garanzie, ma la salute di una 
    città e di una provincia di 240 mila abitanti è condizione primaria, e 
    bisogna cogliere il momento attuale dello studio per il rilascio della 
    autorizzazione integrata ambientale da parte della Regione per prendere 
    decisioni non più rinviabili». 
    
    Gabriella Ziani  | 
  
 
 
  
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    FERRIERA - In 
    Provincia chiesta dal centrodestra la sfiducia a Barduzzi - La replica: ho 
    fatto quanto dovevo  | 
  
  
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    Sulla Ferriera un attacco 
    pesante alla Provincia, e all’assessore all’ambiente Ondina Barduzzi, era 
    giunto ieri dal Verde Alessandro Metz: «Abbia l’umiltà di leggere i dati, o 
    si dimette o risponde in modo adeguato». E ora anche i consiglieri 
    provinciali di centrodestra attaccano Palazzo Galatti e in particolare 
    Barduzzi. «Ancora una volta - scrivono per An Marco Vascotto e Arturo 
    Governa - dobbiamo constatare l’assoluto disinteresse dell’amministrazione 
    provinciale nei confronti della difficile situazione». L’assessorato 
    all’ambiente, scrivono, «continua a rimanere silente», così come 
    l’assessorato al lavoro, quello alle attività produttive e la stessa 
    presidente Bassa Poropat, «cha ha evidentemente rinunciato a dare un ruolo 
    all’ente che presiede su questioni così decisive». 
    Forza Italia e Lista Dipiazza annunciano intanto «una mozione di sfiducia» 
    verso Barduzzi, «facendo nostre le accuse» di Metz. «Fin dal suo 
    insediamento Barduzzi si è limitata a accusare pesantemente il sindaco 
    Dipiazza, lavandosene le mani e lasciandolo solo», ma oggi - si stupiscono 
    Grizon e De Gavardo - «anche l’ing. Barduzzi si è accorta che la ”salute è 
    la cosa più importante”». I due esponenti dell’opposizione ricordano i «20 
    mila euro» spesi dalla Provincia nel progetto metropolitana leggera, mentre 
    «Barduzzi non ha avuto il tempo per promuovere analisi sul territorio 
    provinciale per misurare le immissioni in atmosfera della Ferriera». Di qui 
    l’annuncio della mozione, in un attacco che il centrodestra rivolge anche 
    alla Regione che sulla Ferriera «ha sempre mantenuto una posizione 
    palesemente ondivaga». 
    Decisa la risposta di Barduzzi: «Grizon e De Gavardo fanno polemica, è il 
    loro ruolo, ma io ho fatto tutto quanto di mia competenza. I dati sono 
    pubblici, quando i limiti venivano superati li ho sempre comunicati allo 
    stabilimento e alla Procura». Barduzzi lo ribadisce: «A partire da gennaio, 
    sia nelle misurazioni dell’Arpa che in quelle della società ingaggiata dalla 
    Severstal non si sono avuti sforamenti dai camini: perché sono queste le 
    emissioni che noi, su delega della Regione, dobbiamo controllare». Quanto 
    alle emissioni diffuse, l’autorizzazione regionale su cui la Provincia deve 
    sorvegliare «non pone limiti, restano quelli di legge che stanno 
    controllando Comune e Procura». E poi «ho sempre partecipato personalmente 
    alle conferenze di servizi sulla richiesta di autorizzazione integrata» 
    richiesta dallo stabilimento alla Regione, aggiunge Barduzzi, «e ho avuto 
    incontri con gli abitanti di Servola». 
    Quanto all’accusa rivoltale da Metz, quella cioè di parlare di dati derivati 
    da traffico, Ferriera e altri impianti industriali, «non lo dico io: lo 
    stesso ingegnere Agricola (direttore generale del ministero dell’Ambiente, 
    ndr) nella riunione in Prefettura di due settimane fa ha parlato di vari 
    fattori di inquinamento», precisa Barduzzi. L’assessore ribadisce di aver 
    sempre fatto «tutto quanto si doveva e poteva fare», aggiungendo che 
    «abbiamo creato un database per la verifica delle emissioni da tutte le 
    circa 70 aziende che dobbiamo controllare», e che «stiamo organizzando un 
    tavolo con esperti per valutare la possibilità di dismissione o 
    riconversione della Ferriera, i temi legati a una futura nuova destinazione 
    urbanistica e alla bonifica del sito». Infine, «non ho mai attaccato 
    Dipiazza», chiude Barduzzi: ho sempre detto invece che se il problema 
    riguarda la salute pubblica è lui la massima autorità in campo sanitario, ed 
    è per questo che può emettere un’ordinanza».  | 
  
 
 
  
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    FERRIERA - 
    Dipiazza: «Ora potrei non abbassare più l’Ici, quei soldi integreranno la 
    cassa integrazione»  | 
  
  
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    Il sindaco deciso a firmare 
    la chiusura: «Se un giudice mi dà torto mollo tutto e vado a coltivare 
    patate»Potrebbe non abbassare l’Ici per integrare la cassa integrazione 
    dei futuri disoccupati della Ferriera così da mantenerne - come chiesto dai 
    sindacati - stabile il livello di reddito. Ha un’idea su come assorbire le 
    pesanti conseguenze di una chiusura di attività industriale, anche al di là 
    dello storico stabilimento (Sertubi, per esempio, e altro indotto, pari a 
    circa 1000 stipendi a perdere). E intanto Dipiazza incassa un consenso 
    inedito. «Ne prendo atto - dice - tutti adesso sono con me, mi ero dato 
    degli obiettivi e li ho raggiunti, ho portato l’opinione pubblica a 
    concordare sul Porto Vecchio e adesso sulla necessità di chiudere la 
    Ferriera, ho passato momenti di grande sofferenza quando parlavo da solo, ma 
    adesso sono molto soddisfatto». 
    Naturalmente non è un valzer allegro ciò di cui si parla, e il sindaco non 
    se lo nasconde. Ma a tutto ha una risposta. In primo luogo ribadisce: 
    «Quella fabbrica non rappresenta lo sviluppo per la città». Poi manda un 
    avvertimento all’azienda: «Adesso tutti hanno capito, e non ci stanno, la 
    Ferriera ha sempre giocato sulle nostre divisioni politiche, e ha goduto di 
    vaste e gravi coperture, e sulla presenza di benzoapirene, se è vero che ha 
    fatto proprie analisi, ha sempre bluffato». Infine guarda la cosa in senso 
    storico-antropologico: «Quarant’anni fa eravamo poveri, e disposti a 
    barattare la salute col lavoro, ma adesso i tempi sono molto cambiati e 
    questo scambio non lo accetta nessuno». 
    Ma come risolvere le disoccupazioni e gli effetti a catena? «Cassa 
    integrazione, e integrazione di salario, credo collaboreranno anche Regione 
    e Provincia, ma se il Comune restasse solo penso per esempio alla soluzione 
    Ici, ma non è l’unica, la Sertubi potrebbe produrre con un forno elettrico, 
    la centrale di cogenerazione potrebbe usufruire del futuro 
    rigassificatore... Tante cose si possono fare» dice Dipiazza, che nella 
    raffica di incontri e contatti istituzionali e sindacali di questi giorni, 
    fino al ministero dell’Ambiente, afferma di non aver parlato finora con 
    l’Associazione industriali: «Stanno sempre dalla parte della proprietà, la 
    difendono a oltranza, so già le risposte». 
    Ma su quale punto di legge baserebbe il sindaco la propria ordinanza di 
    chiusura della Ferriera? «Se davvero c’è pericolo per la salute - esclama 
    Dipiazza senza nemmeno entrare nel merito - voglio proprio vedere chi mi 
    verrà contro. Pensiamo solo a che cosa può succedere davanti al primo che 
    muore di cancro e fa causa. Ma ci ricordiamo che a Marghera sono stati 
    incriminati per strage? Se poi un giudice mi darà torto - conclude il 
    sindaco acceso -, allora davvero mando all’aria tutto a mi ritiro a 
    coltivare patate in Friuli». 
    g. z.  | 
  
 
 
  
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    Rogo alla 
    centrale Enel di Monfalcone, fiamme visibili da Duino  | 
  
  
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    Fiamme alte 
    fino a 30 metri e esplosioni che hanno allarmato centinaia di persone. 
    L’incendio provocato dal surriscaldamento di un trasformatore elettrico
     
    
    Fiamme alte fino a 30 metri, 
    esplosioni e sibili che hanno fatto sobbalzare centinaia di cittadini, una 
    colonna di fumo che ha rischiato di investire case, bar e alberghi vicini, 
    un black-out di venti minuti che ha privato della corrente elettrica tutta 
    Monfalcone, compreso l’ospedale. Un furioso incendio, visibile anche da 
    Duino Aurisina, innescato probabilmente dal surriscaldamento di un 
    gigantesco trasformatore elettrico, ha semidistrutto nel corso della notte 
    l’impianto di trasformazione di Enel Distribuzione lungo la statale 14, 
    all’ingresso della città per chi proviene da Trieste, e che serve a fornire 
    energia elettrica a tutta Monfalcone. 
    Le fiamme sono divampate all’improvviso attorno alle 2.15 e immediato è 
    stato l’allarme ai vigili del fuoco che è stato lanciato da alcuni 
    automobilisti di passaggio e soprattutto dagli abitanti delle palazzine che 
    si trovano a qualche centinaio di metri dall’impianto e che all’improvviso 
    sono stati svegliati da micro-esplosioni e da un bagliore che ha illuminato 
    a giorno tutto il quartiere Est. 
    I pompieri sono stati impegnati per oltre 4 ore per aver ragione del fuoco e 
    mettere in sicurezza l’area. I danni agli impianti elettrici ammonterebbero 
    - anche se Enel non ha ancora fornito dati certi - a qualche centinaia di 
    migliaia di euro: l’incendio ha distrutto due grossi trasformatori e ha 
    danneggiato le strutture circostanti dell’impianto di trasformazione. 
    
    Fabio Malacrea  | 
  
 
 
  
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    Le case 
    intorno alla Ferriera  | 
  
  
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    La Ferriera è lì da oltre un 
    secolo. Era stata messa lì perché lontana dalle case. Fa parte della 
    tradizione industriale della città. I servolani ci sono sempre convissuti. 
    Ma negli ultimi decenni lì attorno sono sorti enormi caseggiati, penso 
    inizialmente dell'Iacp: già i poveri possono anche crepare... Poi le 
    immobiliari hanno fatto il resto. Oggi la Ferriera è circondata da 
    abitazioni. 
    Non sapevano i costruttori che dalla sua ciminiera esce il fumo forse? Certo 
    che lo sapevano, ma il fumo rende semplicemente basso il valore dell'area 
    edificabile. Quindi è la logica del mercato la causa dell'urbanizzazione del 
    suo circondario, sono le amministrazioni comunali che hanno data la licenza 
    edilizia, sono lo Iacp e le immobiliari i responsabili dei mali che i fumi 
    recano ai cittadini. 
    Ma si sa: è più facile chiudere la Ferriera che perseguire chi ha dato le 
    licenze edilizie. Ormai sarà tutto «archiviato», come l'amianto e la 
    diossina di Barcola. Le immobiliari mai sazie vorrebbero chiudere anche il 
    porto vecchio per farne un'area edificabile.  
    Risalta poi la contraddizione fra le preoccupazioni «ecologiche» di certi 
    politici riguardo la Ferriera e la loro bramosia dei rigassificatori che 
    sterilizzerebbero la vita del nostro mare già moribondo. Turismo su un mare 
    morto? A proposito, perché non si parla di rigassificatori che non usano il 
    mare per il riscaldamento del gas ma parte del gas stesso? Perché costa di 
    più? 
    Fabio Mosca  | 
  
 
 
 
IL PICCOLO - 
DOMENICA, 7 ottobre 2007 
 
 
  
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    Ferriera, il 
    ministro manda i suoi tecnici  - La situazione dello stabilimento 
    servolano diventa un caso nazionale. Verdi e Wwf chiedono esami sulle 
    diossine  | 
  
  
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    Pecoraro 
    Scanio: «Dati preoccupanti, sosterremo le scelte del Comune»  | 
  
  
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    «Si tratta - scrive il ministro 
    in una nota diffusa all’indomani stesso delle informazioni sui livelli di 
    Pm10 e benzoapirene riscontrate a Servola - di dati preoccupanti, il 
    superamento accertato rappresenta un rischio per la salute umana e per 
    l’ambiente nel suo complesso: nel caso di validazione e conferma di queste 
    cifre il ministero dell’Ambiente supporterà le scelte che il sindaco riterrà 
    opportuno adottare per evitare ulteriori danni». La chiusura dell’impianto 
    preannunciata da Dipiazza al governo, alle istituzioni locali e ai sindacati 
    nel caso i dati finali relativi a settembre confermino quelli precedenti 
    elaborati dal Cigra per il pm Federico Frezza, trova dunque credito. 
    «Se il sindaco di fronte a un allarme per la salute pubblica non agisce 
    secondo i propri poteri rischia una denuncia penale per omissione di atti 
    d’ufficio» ha detto ieri Metz in una conferenza stampa indetta per 
    presentare l’azione del ministro. «Però adesso - ha aggiunto - non è più 
    solo coi suoi poteri e con la palla avvelenata in mano, o il cerino che gli 
    brucia, perché il caso Ferriera è diventato un obiettivo comune». Il 
    consigliere dei Verdi ha messo sotto accusa tutta la classe politica: 
    «Un’assenza clamorosa hanno dimostrato fin qui Regione, Provincia, e Comune 
    fino a poco tempo fa, c’è voluta la mobilitazione dei cittadini, che ha 
    mosso la Procura, alla quale si devono le ultime analisi: e come mai - ha 
    provocatoriamente chiesto - il magistrato si è rivolto al Cigra 
    universitario e non all’Arpa? I tabulati Arpa hanno sempre molti ”buchi”, ma 
    le medie annuali degli inquinanti si ottengono dividendo il totale per 365 
    giorni, quindi quei risultati sono sempre falsati».  
    Metz, assecondato da Fabio Gemiti e altri rappresentanti del Wwf presenti 
    assieme ad alcuni cittadini di Servola, ha invocato anche analisi sulle 
    diossine («che l’Arpa non è in grado di fare»). Un attacco specifico Metz ha 
    riservato all’assessore provinciale all’Ambiente, Ondina Barduzzi, che 
    spesso ha riferito i dati dell’inquinamento alla somma di Ferriera, traffico 
    e altri impianti industriali: «Abbia l’umiltà - ha detto - di leggere i 
    dati, e poi agisca, o si dimette o risponde in modo adeguato, altrimenti fa 
    vergognare l’intera giunta». 
    Infine il consigliere ha assicurato che secondo la letteratura scientifica 
    produzioni come quelle della Ferriera inevitabimente producono «benzoapirene, 
    cancerogeno e capace di provocare mutazioni del Dna umano, e altre emissioni 
    non abbattibili con alcuna tecnologia, neanche la più supermoderna». E ha 
    annunciato che il gruppo consiliare dei Verdi pagherà in proprio un’analisi 
    già ordinata alla facoltà di Chimica per verificare se anche il pescato 
    oltre le dighe sia contaminato: «Diossina era stata già trovata nei pesci 
    sotto costa». 
    «Da lunedì - ha concluso riferendosi all’avvio dei lavori da parte dei 
    tecnici del ministero - ci si dovrà ormai preoccupare del diritto al reddito 
    e dei problemi occupazionali».   | 
  
 
 
  
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    FERRIERA - Il 
    nuovo acquirente Arvedi prende tempo - Gli sviluppi degli ultimi giorni 
    rischiano di condizionare la trattativa per la cessione dell’impianto  | 
  
  
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    L’amministratore delegato di Servola: «Le misurazioni vanno interpretate 
    meglio» 
    
    Un portavoce 
    del gruppo industriale cremonese: «Il clima non sembra dei più favorevoli 
    sulla prosecuzione dell’attività produttiva» 
    
    Rischia di venir condizionata la 
    vendita della Ferriera di Servola al gruppo Arvedi. Le valutazioni tecniche 
    dell’azienda di Cremona sono finite da tempo, l’offerta doveva essere fatta 
    già nelle scorse settimane alla Lucchini-Severstal, ma ora ritarda. Il caos 
    sulle emissioni, il clima infuocato tra le istituzioni, Comune di Trieste in 
    testa, gli interventi della Procura della Repubblica hanno spiazzato il 
    gruppo Arvedi che stava facendo le sue valutazioni, ma soprattutto avrebbero 
    messo in allarme il cavalier Giovanni Arvedi. 
    Non è tanto il business-Ferriera (Arvedi è uno dei principali clienti di 
    Servola, l’azienda di Cremona era assolutamente interessata all’acquisto) 
    quanto a preoccupare i cremonesi sarebbe il «clima sfavorevole» da parte 
    delle istituzioni per gli imprenditori che vogliono investire a Trieste e la 
    mancata certezza sull’intenzione di mantenere il sito produttivo della 
    Ferriera. 
    Queste le indiscrezioni che arrivano dal gruppo Arvedi che per ora non 
    intende fare dichiarazioni ufficiali. «Il clima a quanto si è visto non è 
    dei più favorevoli – si limita a commentare un portavoce – soprattutto sulla 
    prosecuzione dell’attività produttiva a Servola. Per ora non intendiamo 
    prendere posizione, stiamo ultimando le analisi e non è stato deciso ancora 
    nulla». 
    La Lucchini-Severstal pare abbia deciso di fare una mossa per uscire da 
    questo stallo. A giorni, la prossima settimana, dal quartier generale di 
    Brescia potrebbe arrivare una richiesta ultimativa ad Arvedi. Trieste per la 
    Lucchini Severstal non è considerata affatto strategica e a confermare ciò è 
    la trattativa con Arvedi per la cessione dello stabilimento. Per Trieste il 
    contatto con il gruppo di Cremona potrebbe essere l’occasione reale per dare 
    una svolta innovativa sul fronte ambientale e produttivo. Arvedi è 
    considerato nel settore dell’acciaio uno tra gli imprenditori più 
    all’avanguardia (dà lezione pure ai tedeschi) ed ha inventato nuovi sistemi 
    produttivi. 
    Dal fronte di Servola intanto si attendono sviluppi sui dati delle emissioni 
    inquinanti. «L’azienda è seriamente interessata a chiarire tutti gli aspetti 
    tecnici di queste emissioni – fa sapere l’amministratore delegato di 
    Servola, Francesco Rosato – non contestiamo certo i numeri, ma vorremmo che 
    le misurazioni fossero interpretate in maniera più corretta. Sia le 
    istituzioni che la Procura ci hanno chiesto di fare chiarezza. Non si tratta 
    solo di un aspetto giuridico e di ricorsi al Tar. L’azienda ha un patrimonio 
    da tutelare. Per quanto riguarda la gestione la situazione è sotto 
    controllo, periodicamente, come prevede la legge, vengono eseguite tutte le 
    analisi sui lavoratori. Sta a cuore anche a noi che la vicenda sia chiarita. 
    Ed è proprio per questo che stiamo preparando una nota tecnica su cosa dice 
    la legge sul fronte emissioni e inquinamento». 
    
    Giulio Garau  | 
  
 
 
  
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    FERRIERA - La 
    Provincia: «Non ostacoleremo Dipiazza»  - Il sindaco: «Tra 2 anni 
    potremo realizzare al posto dell’impianto una nuova banchina portuale»  | 
  
  
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    Reazioni 
    concordi degli enti locali dopo gli ultimi dati resi noti: «Lo stabilimento 
    va chiuso, ma bisogna anche pensare al dopo»  
    
    Nessuna voce contraria: se s’ha 
    da chiudere l’antica fabbrica di ghisa, si chiuderà. Perfino i sindacati 
    prendono atto e dicono che in fabbrica gli operai son d’accordo: «Meglio un 
    disoccupato vivo che un operaio morto» è il nuovo slogan all’interno della 
    Ferriera. Dirompente è stata la rivelazione dei dati sul benzoapirene 
    (livelli sforati anche di 90 volte per il pericolosissimo cancerogeno) e 
    delle Pm10, già oltre i limiti fissati per l’anno intero. Sulla base di 
    questo scenario il sindaco Dipiazza ha intanto raggiunto un risultato: 
    «Tutti ora hanno capito la gravità della situazione, ciò che temevo finora 
    era proprio lo scontro politico».  | 
  
  
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    Massimo piacere gli fa 
    l’appoggio incondizionato del ministro dell’Ambiente, che di filato questa 
    settimana manda propri tecnici per validare le analisi e svolgerne di 
    ulteriori, promettendo il supporto governativo se si arriverà all’ordinanza 
    di cessazione attività: «Lo scenario è cambiato - commenta il sindaco - e 
    più generalmente penso che una città può fare un sacrificio se si tratta di 
    un investimento proficuo per il domani, ma la Ferriera non è il domani di 
    Trieste, è un vecchio cadavere, con tutto il rispetto per chi ci sta dentro. 
    Anzi: è una realtà che ha fin qui penalizzato lo sviluppo. E fra un po’ di 
    tempo non troveremo più nessuno che voglia andarci a lavorare». 
    Lo sguardo va già oltre, a ottenere aiuto dal governo per la cassa 
    integrazione dei lavoratori e per una rapida bonifica del sito (peraltro già 
    inserito in quello di rilevanza nazionale): «Due anni bastano - riflette 
    Dipiazza -, e lavorando con energia potremmo realizzare al posto della 
    Ferriera, che si trova in linea con la futura piattaforma logistica del 
    porto, una meravigliosa e innovativa banchina per lo scarico delle navi».
     
    Nel frattempo il sindaco è rimasto colpito dalla reazione dei sindacati: «Mi 
    hanno sorpreso, hanno commentato che la Ferriera evidentemente fin qui li ha 
    presi in giro». E ha preso contatti anche con il gruppo Arvedi, sulla via di 
    acquistare lo stabilimento: «O arriva e si mette a norma, oppure non ci 
    prostreremo come sempre accade a Trieste davanti a qualunque investimento, 
    pur che sia. E ora, uomo avvisato...». 
    «Non ostacoleremo la posizione del sindaco se dovrà chiudere la Ferriera - 
    assicura la presidente della Provincia, Maria Teresa Bassa Poropat -, la 
    salute è cosa assolutamente prioritaria per la città, e quanto alle 
    soluzioni per i lavoratori la Provincia farà sicuramente la sua parte, ci 
    vuole un tavolo tecnico-politico a largo spettro, e prendere decisioni, 
    altrimenti tra un rimbalzo e l’altro si alimenta nella gente un clima di 
    sospetto verso le istituzioni». 
    Ma la Bassa Poropat tuttavia ha anche una perplessità di fondo: «Mi sembra 
    strano - riflette - che l’azienda affermi di avere dati molto diversi da 
    quelli in mano al Cigra, alla magistratura e all’Azienda sanitaria, non 
    credo che sia così ingenua... Comunque, se lo sforamento è provato, è 
    necessario che il sindaco provveda». 
    «La salute prima di tutto» dice anche l’assessore all’Ambiente, Ondina 
    Barduzzi, ieri pesantemente attaccata dal verde Metz per aver voluto leggere 
    i dati dell’inquinamento a Servola come frutto di emissioni varie, e non 
    prevalentemente della Ferriera. «È chiaro - commenta ora - che la salute è 
    la cosa più importante, che sforare i limiti di legge significa incorrere in 
    un reato, e che il reato va represso. Ma non basta dire ’’chiudo’’ - 
    sottolinea Barduzzi -, perché ci sono a seguire i problemi dell’occupazione 
    e anche quelli della bonifica». 
    g. z.  | 
  
 
 
  
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    FERRIERA - I 
    servolani: «Va garantito un futuro ai lavoratori»  - «L’inquinamento 
    c’è ma bisogna trovare soluzioni per chi rischia di restare disoccupato»  | 
  
  
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    Nel rione è 
    grande la preoccupazione sia per la tutela della salute che 
    dell’occupazione. E c’è chi spera in nuovi correttivi ecologici 
     
    
    Gran parte degli abitanti di 
    Servola si schiera a favore della chiusura della Ferriera. Prima, però - lo 
    sostengono in tanti -, andrebbe trovata assolutamente una soluzione 
    occupazionale alternativa per tutti i dipendenti dello stabilimento, che 
    resterebbero senza impiego.   | 
  
  
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    «Ho lavorato per trent’anni alla 
    Ferriera, ma oggi devo ammettere che produce troppo inquinamento - osserva 
    Gianfranco Paulica -. Egoisticamente direi che va chiusa, ma deve essere 
    assolutamente trovata una soluzione occupazionale per i dipendenti. Finora, 
    al riguardo, sono state spese soltanto parole. Ci sono tante case ormai 
    vicino allo stabilimento, la salute della gente va tutelata, come quella 
    degli operai». 
    Secondo Danilo Rodela non ci sono dubbi: «La Ferriera è un rottame, da 
    buttare. La Lucchini non ha effettuato gli adeguati lavori di manutenzione 
    nel tempo, lasciando letteralmente andare la struttura. I lavoratori poi non 
    vengono tutelati a dovere dal punto di vista medico». Sulla stessa linea, 
    pure Michela Gosdan: «Inquina troppo, la Ferriera va chiusa. Lo dico anche 
    per le persone che ci lavorano dentro, prima o poi si ammalano. Un altro 
    impiego sicuramente lo troverebbero, altrimenti ci rimetteranno la salute». 
    «Se effettivamente verrà confermato che l’inquinamento prodotto è realmente 
    nocivo - spiega Lino Vallefuoco -, allora chi di dovere avrà il compito di 
    provvedere, chiudendo lo stabilimento, ma sistemando contestualmente la 
    situazione dei lavoratori e quella dell’indotto economico che verrebbe meno 
    per la città. Qualora, invece, si trattasse solamente di problemi di 
    imbrattamento, allora ci vorrà un importante intervento di manutenzione». 
    Dice no all’eventuale stop, invece, Rodolfo Baez: «La Ferriera non va chiusa 
    ma corretta. Vanno effettuati degli accorgimenti, affinché l’inquinamento 
    non ci sia più. La responsabilità è di chi comanda la struttura, deve 
    intervenire. La chiusura, però, va esclusa in primis per quanti ci lavorano 
    all’interno». 
    Fabio Poslep, dal canto suo, osserva: «Abito a Servola, vorrei che lo 
    stabilimento chiudesse perché inquina. Per i dipendenti, è la proprietà che 
    dovrebbe trovare un’altra occupazione. Da anni si sente parlare di soluzioni 
    per ridurre l’emissione di agenti inquinanti, eppure i livelli massimi 
    vengono continuamente superati». 
    «Sarebbe stato giusto introdurre filtri adeguati una volta - dice Michele 
    Vascotto -. Per me adesso la Ferriera è da chiudere, tuttavia vanno tenuti 
    presente gli operai assunti al suo interno. Un’idea valida potrebbe essere 
    quella di trasformarla in una centrale ecologica, operante in una direzione 
    diversa dall’attuale». 
    Marta Sommariva analizza la situazione sulla base dell’esperienza familiare: 
    «Dopo anni di attività, ora ci si accorge che la Ferriera disturba. Forse, 
    in realtà, non serve più? Mio marito ci ha lavorato per 35 anni, all’epoca 
    della sua assunzione garantiva uno dei contratti migliori che ci fossero in 
    giro. Ci ha aiutati, quando ne avevamo bisogno. Se dovesse chiudere, allora 
    lo stesso destino andrebbe riservato a inceneritore, depuratori e anche le 
    automobili non dovrebbero più circolare. Tutto produce cattivi odori e 
    inquinamento». 
    Dario Sancin sottolinea una volta di più ancora la questione 
    dell’occupazione: «La mia casa è vicina alla Ferriera, sul davanzale la 
    quantità di polvere che trovo è normale, da anni è così. Se anche una 
    persona sola dovesse rimanere sulla strada, in caso di chiusura, sarei 
    diposto a continuare a vivere in questa maniera. Lo ribadisco, pure se si 
    trattasse di un unico dipendente». 
    «Per questioni di salute, preferirei che la Ferriera venisse chiusa - è 
    l’opinione di Gianluca Paoli -. Non capisco poi i discorsi sull’inquinamento 
    dimezzato o da ridurre: a mio avviso, o c’è o non c’è, le possibilità sono 
    queste». 
    Infine, Livia Sancin Ursic afferma: «La mia preoccupazione, in caso di 
    possibile chiusura, andrebbe subito ad alcuni ragazzi che conosco. Lavorano 
    lì, dove verrebbero dirottati? I responabili ci pensino, il sindaco Dipiazza 
    pure. Le polveri? Io in casa pulisco a terra con la scopa e via». 
    ma.un.  | 
  
 
 
  
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    FERRIERA - 
    Cgil, Cisl e Uil: «L’azienda dimostri se i dati sono falsi» - Critiche sul 
    ricorso al Tar  | 
  
  
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    «È irresponsabile 
    l’atteggiamento della Ferriera di ricorrere al Tar e di contestare i dati 
    d’inquinamento senza produrne di diversi, andremo direttamente all’attacco 
    dell’azienda affinché risponda: o i dati del Cigra sono veri, e allora deve 
    limitare le emissioni, o sono falsi, e allora ce lo dimostri». 
    È già delinata la linea d’azione da qui in avanti, in questo delicatissimo 
    periodo in cui tutti aspettano l’integrazione delle analisi a Servola coi 
    numeri aggiornati a settembre, per Luca Visentini, segretario provinciale 
    Uil. 
    «Siamo molto preoccupati, per i lavoratori, per le famiglie e per la 
    popolazione a rischio di salute, nessuno pensava che il benzoapirene potesse 
    essere a livelli così alti, c’è una responsabilità molto pesante di chi ha 
    fatto finora i controlli» afferma Luciano Bordin, segretario Cisl, il quale 
    accusa esplicitamente «la politica locale» parlando di «sette anni persi fra 
    tavoli e altri tavoli di centrodestra e di centrosinistra per arrivare a una 
    riconversione dell’attività che non si è mai raggiunta». 
    «Non ci affascina proprio che l’azienda percorra le vie legali anziché 
    mettere fuori la verità» dice Franco Belci, segretario Cgil, che già l’altra 
    sera, dopo il summit della triplice col sindaco, aveva affermato: «Se si 
    arriverà alla chiusura, ne prenderemo atto». Secondo Bordin quando si avvia 
    lo stop ai motori di uno stabilimento siderurgico «difficilmente poi 
    l’attività può essere riavviata». E il pensiero ovviamente va ai «550 
    lavoratori diretti, ai 300 indiretti, quelli di Sertubi», così come 
    Visentini ricorda che l’età media è di 40 anni, «troppi per cambiare del 
    tutto lavoro, troppo pochi per avviarsi a qualche forma di pensionamento». 
    Il sindacalista della Uil intravede, dopo gli ammortizzatori sociali di 
    transizione, uno sbocco possibile nella costruzione della piattaforma 
    logistica portuale e nel rigassificatore previsto in golfo. 
    «Concordo - rafforza Belci, sul rigassificatore però contrario - che 
    difficilmente si può riprendere la produzione quando questa viene sospesa, 
    aspettiamo l’approfondimento dei dati, e se il peggio arriverà sarà 
    necessario che Trieste intera si faccia carico dei problemi di questi 
    lavoratori, che fin qui hanno contribuito all’economia della città e anche 
    con un lavoro ingrato, occorre - prosegue - non solo una cassa integrazione 
    dallo Stato, ma fondi aggiuntivi da Comune e Regione affinché siano 
    mantenuti stabili i livelli di reddito, poi si dovranno cercare tutte le 
    alternative possibili per accelerare una ricollocazione». Ma in questa 
    provincia riassorbire specializzati in siderurgia, nessuno se lo nasconde, 
    non è semplice. 
    g. z.  | 
  
 
 
  
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    I ricercatori: 
    il benzoapirene è una sostanza cancerogena  | 
  
  
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    Il benzoapierene è un 
    idrocarburo di cui è riconosciuto il potere cancerogeno. I ricercatori del 
    Cigra hanno messo a confronto le misurazioni effettuate a Servola in via dei 
    Giardini e in via San Lorenzo in Selva con quelle di via Fleming nei pressi 
    dell’Università.  | 
  
 
 
Polveri sottili 
oltre i limiti ma anche in piazza Libertà
 
Le polveri sottili a Trieste sono 
tornate a superare i valori limite. È successo due giorni, secondo i dati 
dell’Arpa. Sono stati registrati sforamenti, sia pure di non molto superiori ai 
50 microgrammi per metro cubo in via Svevo, via Carpineto e in piazza Libertà
 
 
  
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    Il terrapieno 
    di Barcola è stato dissequestrato ma la bonifica è lontana - All’Authority 
    il decreto del magistrato  | 
  
  
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    Il terrapieno di Barcola è 
    ufficialmente dissequestrato. Il decreto firmato alcuni giorni fa dal 
    sostituto procuratore Cristina Bacer è stato notificato venerdì scorso 
    all’Autorità portuale. 
    Alla fine di settembre lo stesso magistrato ha chiesto al Gip Paolo Vascotto, 
    che l’ha accolta l’archiviazione del procedimento aperto nel novembre 2005 
    in base a un esposto dell’associazione Amici della Terra. Accogliendo la 
    richiesta di archiviazione, il gip ha in sostanza accolto le motivazioni del 
    pm sia con riguardo alla prescrizione dei reati sia alla normativa, troppo 
    diversa fra gli anni Settanta e Ottanta, quando l’area era stata usata come 
    discarica (anche per le ceneri contenenti diossina provenienti dall’impianto 
    di Monte San Pantaleone), ed oggi. 
    L’archiviazione del procedimento ha sollevato immediatamente la protesta 
    dell’associazione ambientalista Greenaction Transnational, che ha annunciato 
    di voler ricorrere contro il provvedimento in tutte le sedi istituzionali 
    competenti, italiane e ed europee. 
    L’associazione, che si è costituita recentemente e ha tra i suoi aderenti 
    anche l’astrofisica Margherita Hack, ha affermato che l'apertura di 
    discariche a mare non era consentita, prima ancora dell'entrata in vigore 
    della legislazione comunitaria, già dalle leggi nazionali del 1934 e del 
    1976, nonchè dalla stessa Costituzione. 
    Secondo gli ambientalisti, il reato commesso nella discarica di Barcola, 
    dove è stata rilevata la presenza di diossina in misura undici volte 
    superiore al consentito, è di natura permanente, ed è stato perpetrato in un 
    «unico disegno criminoso continuativo», iniziato nella zona industriale di 
    Zaule e poi delle Noghere (ora per questo Sito inquinato di interesse 
    nazionale), proseguito a Barcola e infine a Muggia con la recente discarica 
    Acquario. Secondo Greenaction, inoltre, devono essere comunque ricercate e 
    contestate le responsabilità civili. 
    Con la notifica del dissequesto, intanto, l’area è libera a tutti gli 
    effetti. Rimangono peraltro in vigore i vincoli ambientali, in particolare 
    il divieto di scavo, stabiliti dalla conferenza dei servizi. 
    I futuri interventi sul terrapieno (compresa l’eventuale bonifica) saranno 
    decisi da una nuova conferenza dei servizi, che verrà convocata dalla 
    Regione dopo che l’Autorità portuale avrà trasmesso i dati delle analisi che 
    la stessa Ap ha fatto rifare in gran parte sui disposizione dell’Arpa. 
    gi. pa.  | 
  
 
 
  
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    Nuovi 
    parcheggi: mappa degli accessi - La Commissione urbanistica convoca il 
    sindaco per chiedere chiarimenti   | 
  
  
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    Ecco quale 
    sarà la viabilità prevista dai tecnici comunali in seguito alla 
    realizzazione dei 18 impianti  
    
    Sarà il sindaco Roberto Dipiazza 
    a chiarire martedì alla commissione urbanistica alcuni aspetti del piano 
    parcheggi sui quali gli stessi consiglieri comunali - An e Forza Italia in 
    prima fila - hanno chiesto notizie precise. Lo annuncia il presidente della 
    commissione Roberto Sasco (Udc), che riunirà poi la commissione anche 
    giovedì. 
    Dipiazza detiene la delega sui project financing: dal primo cittadino 
    dovrebbero venire chiarimenti innanzitutto sui tre parcheggi che la Riccesi 
    spa dovrebbe costruire in largo Roiano, in via Tigor e in via del Teatro 
    Romano in base alla novazione condotta con il Comune dopo che quest’ultimo 
    impose lo stop al parking di piazza del Ponterosso, nel quale la Riccesi 
    stessa era impegnata. Se entro novembre la società non avesse l’ok 
    definitivo dal Comune per i tre contenitori alternativi si dovrebbe passare 
    alla monetizzazione del danno, quantificata in oltre tre milioni. 
    Nel frattempo i consiglieri stanno visionando la documentazione del piano. 
    Nello stendere il documento gli uffici hanno redatto per ciascuno dei 18 
    impianti previsti - quasi tutti interrati - schede tecniche con costi, 
    analisi idrogeologiche e metaprogetti, schemi che individuano le 
    caratteristiche principali dell’impianto. I dati proposti sono «puramente 
    indicativi e funzionali a una verifica preliminare della fattibilità», 
    avvertono i tecnici. Le imprese interessate potranno insomma proporre 
    variazioni. Ecco comunque lo schema degli impianti. 
    VIA DEI MORERI L’impianto è situato nell’area Polstrada tra le vie dei 
    Moreri, Villan de Bachino e Montorsino. Ingresso e uscita sono previsti 
    entrambi in via dei Moreri, ma l’uno subito prima di via Villan de Bachino e 
    l’altro in prossimità di piazza tra i Rivi. 
    LARGO ROIANO Parcheggio delimitato da viale Miramare e via S.Teresa: 
    ingresso e uscita da questa via. 
    FORO ULPIANO Il parcheggio viene ampliato fino a piazza Oberdan, da cui si 
    entra ed esce. Ulteriore entrata in via Cicerone (per chi arriva da via 
    Fabio Severo): dalla stessa via si esce in direzione Coroneo. 
    PIAZZA SANT’ANTONIO NUOVO Il parcheggio si sviluppa sotto la piazza da via 
    San Spiridione e fino all’altezza della via XXX Ottobre: qui sono previsti 
    ingresso e uscita. 
    UNIVERSITÀ NUOVA Contenitore situato sotto il piazzale, delimitato da via 
    Fabio Severo con ingresso e uscita lungo i rettilinei della strada. 
    IL GIULIA Il parcheggio è nella superficie affacciata su via Pindemonte, da 
    cui si accede. 
    STAZIONE MARITTIMA Per il parking del piazzale antistante l’edificio, 
    ingresso e uscita sono previsti nelle due direzioni in parallelo alle Rive. 
    Ma il progetto già presentato da Saba Italia prevede l’ingresso dall’altezza 
    di via del Mercato Vecchio, l’uscita al lato opposto solo verso Campo 
    Marzio. 
    RIVA GULLI Sotto l’area ex Bianchi: ingresso e uscita entrambi verso Campo 
    Marzio. 
    RIVA III NOVEMBRE Il parcheggio costeggia le Rive, sul lato mare, da via 
    Genova fino a oltre piazza Tommaseo. Ingresso e uscita in direzione 
    obbligata verso Campo Marzio. 
    VIA DEL TEATRO ROMANO La struttura è situata tra il Teatro romano e il 
    palazzo dell’Inail, in posizione arretrata rispetto alla strada. 
    COLLE DI SAN GIUSTO Anche questo parcheggio sotto il colle ha ingresso e 
    uscita in via del Teatro Romano. 
    VIA TIGOR-CERERIA Il parcheggio, fuori terra su pastini, è all’incrocio tra 
    le due vie con ingresso e uscita su via della Cereria. 
    LARGO PAPA GIOVANNI XXIII Sotto il largo fino all’altezza di via Baciocchi, 
    con ingresso e uscita sul lato via Santissimi Martiri. 
    LARGO CANAL Parcheggio accessibile da via Montecucco, da dove si esce in 
    direzione Navali o Canal. 
    LARGO PESTALOZZI Si accede sia da via dell’Istria che da via del Molino a 
    Vento: due direzioni possibili anche per l’uscita. 
    LARGO SONNINO Struttura sviluppata a forma di triangolo: si accede dal lato 
    via Settefontane. 
    PIAZZA FORAGGI Delimitato da piazza Foraggi e via della Tesa, con ingresso e 
    uscita su questa stessa via. 
    PIAZZALE DELLE PUGLIE Ingresso e uscita sono situati sullo stesso piazzale.  | 
  
 
 
  
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    I fondali di 
    San Bartolomeo «fotografati» dai biologi dell’Università di Trieste - Studi 
    e analisi con base alla caserma Slataper  | 
  
  
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    MUGGIA Una fotografia dei 
    fondali marini della zona di Muggia. Per la prima volta, il Dipartimento di 
    Biologia marina del nostro ateneo è stato ospite della caserma Slataper di 
    Muggia, per una tre giorni di studi e analisi che ha avuto al centro i 
    fondali marini della baia di San Bartolomeo, nei quali appunto si specchia 
    il comprensorio dell’Esercito. 
    Non a caso, e a più riprese, da parte di diversi enti istituzionali si è 
    parlato di realizzare nella baia, vista la peculiarità delle popolazioni 
    marine che vivono nel territorio di cui la caserma è il baricentro, una 
    riserva marina protetta. Senza per questo ovviamente ledere gli aspetti di 
    fruizione balneare del sito. 
    Ma vediamo che cosa ha detto ieri, ultimo giorno della kermesse di studi il 
    professore di Ecologia marina (Dipartimento di Biologia dell’università), 
    Giuliano Orel: «Dopo la settimana a Salvore, che frequentiamo da 25 anni, 
    per la prima volta gli studenti hanno potuto lavorare nella baia di San 
    Bartolomeo, grazie all’ospitalità della base, a una profondità di 6-7 metri 
    ed a 2-300 metri dalla costa. I rilievi in mare, ripresi da tre postazioni 
    diverse, e le analisi, fatte a seconda dei casi sulla spiaggia o nei locali 
    che avevamo a disposizione, ci hanno permesso di cogliere la fisonomia della 
    zona e di fotografarne insediamenti e peculiarità». 
    L’ospitata, che potrebbe ripetersi anche negli anni prossimi, ha visto il 
    soggiorno completo di una trentina di studenti delle diverse discipline 
    relative alla biologia marina, di una decina di tutor e dei ricercatori 
    universitari Zamboni e Auriemma. 
    Spiega il comandante della base logistico addestrativa dell’Esercito, 
    Claudio Tomasi: «Nel periodo invernale il comprensorio funziona come una 
    caserma vera e propria, anche se abbiamo fatto un’eccezione per l’equipe di 
    studio del Dipartimento di Biologia marina, dopo la recente ospitalità a 50 
    membri del corpo dei Vigili del fuoco, nell’occasione del loro grande 
    raduno». 
    Diversa è infatti la situazione estiva del centro, che da caserma si 
    trasforma in luogo di relax e di ferie per i militari e le loro famiglie, 
    grazie alla disponibilità di un campeggio, di mini appartamenti e di camere, 
    oltre che di spazi verdi e di numerose strutture per il divertimento e lo 
    sport. 
    Ed è proprio agli impianti sportivi della base che si appoggiano, per 
    allenamenti e incontri nel periodo estivo, anche diverse società e 
    organizzazioni muggesane e triestine, come l’Asda Basket, l’Interclub, la 
    Cri e l’Opera figli del popolo. 
    Recentemente anche il vescovo Ravignani ha visitato la base per benedire, 
    nella chiesetta del comprensorio intitolata a Maria ausiliatrice, una bella 
    e antica tela, restaurata su input del comandante Tomasi che è appassionato 
    di storia ed arte, raffigurante la madonna con il bambino. 
    Daria Camillucci   | 
  
 
 
  
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    Rifiuti a 
    Muggia, vertice sui disagi  - Il sindaco: «Comportamenti inopportuni 
    della multiutility»  | 
  
  
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    Il Comune 
    incontrerà AcegasAps per chiarire i problemi sorti nel passaggio di gestione 
    a Ecoverde   | 
  
  
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    L’azienda si 
    scusa e replica alle contestazioni Il primo cittadino intanto risponde 
    all’opposizione: «Paventare rischi sanitari è francamente fuori luogo»
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    MUGGIA Il Comune di Muggia 
    incontrerà nei prossimi giorni i vertici AcegasAps per parlare di 
    comportamenti che il sindaco Nesladek definisce «inopportuni» da parte della 
    multiutility nel passaggio di gestione della raccolta rifiuti, che ha avuto 
    ritardi e disagi. 
    L’AcegasAps, però, ha una versione diversa dei fatti. Il subentro di 
    Ecoverde alla stessa AcegasAps, con la sostituzione dei cassonetti sul 
    territorio, ha avuto alcuni noti intoppi a Muggia, seguiti da proteste sulla 
    gestione di questa fase da parte del Comune. 
    Il sindaco osserva: «Come ha detto il consigliere Tarlao, era meglio gestire 
    il tutto in accordo tra Comune e le due aziende. Ma di fatto ciò non è stato 
    possibile per l’indisponibilità di AcegasAps». 
    Nesladek parla esplicitamente di «difficoltà nel gestire il passaggio delle 
    consegne, per alcuni problemi creati dal pregresso gestore. Innanzitutto – 
    spiega il sindaco - AcegasAps non ha accettato di gestire con Ecoverde il 
    cambio dei cassonetti, e questo ha comportato un ritardo inevitabile e 
    fastidioso. Inoltre ha ritirato con grande sollecitudine le campane per la 
    differenziata, quando ancora era in discussione la possibilità di un loro 
    acquisto da Ecoverde. AcegasAps si era dichiarata disponibile a venderle, 
    salvo poi rifiutare all’ultimo minuto». 
    Una situazione pesante, dunque, tra vecchio e nuovo gestore, che secondo 
    Nesladek si è esplicitata anche in altri modi: «Non parliamo infatti - 
    precisa il sindaco - dei controlli particolarmente fiscali ai compattatori 
    in entrata all’inceneritore, di proprietà della stessa AcegasAps, che hanno 
    comportato altri ritardi. Si tratta di comportamenti senz’altro legittimi, 
    sulla cui opportunità però nutriamo forti dubbi. Siamo convinti che questa 
    non è una politica voluta da chi ha alte responsabilità nell’azienda. Per 
    questo abbiamo chiesto, e prontamente ottenuto, un colloquio 
    chiarificatore». 
    L’AcegasAps, tramite il responsabile della comunicazione, si scusa per i 
    disguidi, ma precisa: «A fine settembre in Comune si è parlato del cambio di 
    consegne. Noi abbiamo evidenziato che tra lunedì e martedì sarebbero stati 
    tolti i cassonetti normali, e mercoledì quelli per la differenziata. Non ci 
    è giunta nessuna indicazione diversa su come operare». 
    Sulla cessione ad Ecoverde dei contenitori per la differenziata, AcegasAps 
    sottolinea che «il nuovo gestore ci aveva chiesto inizialmente di 
    noleggiarli. Cosa per noi impossibile, per ragioni pratiche. Abbiamo quindi 
    proposto la vendita, ma volevamo una risposta rapida, altrimenti si sarebbe 
    rispettata la scadenza di mercoledì per il loro asporto. E così abbiamo 
    fatto. Il nuovo gestore ha accettato tardi la proposta, quando ormai i 
    contenitori erano già stati tolti e destinati altrove». 
    Infine sui controlli apparentemente troppo «fiscali» dei compattatori di 
    Ecoverde all’inceneritore, la multiutility risponde: «È la normale prassi 
    quando si tratta di mezzi di ditte diverse dalla nostra». 
    Posizioni diverse, dunque, tra le due parti, che dovrebbero trovare un 
    chiarimento ufficiale proprio nell’incontro previsto in settimana. 
    Il sindaco Nesladek, infine, replica alle polemiche degli esponenti 
    dell’opposizione: «Parlare di rischi igienico-sanitari, come fa la 
    consigliera Carboni, è francamente fuori luogo. L’accumulo di rifiuti si è 
    verificato per un tempo così breve da non costituire minaccia reale alla 
    salute. La situazione – aggiunge - è stata costantemente monitorata 
    dall’assessore competente (sono maldestramente strumentali le richieste di 
    dimissioni) e da me. Sono stato presente ogni giorno nelle zone più 
    difficili. Forse per questo non ho avuto tempo di far sentire la mia voce, 
    come sottolineato dalla Carboni. Ero impegnato a lavorare per una rapida 
    soluzione del problema». 
    «La situazione ora si può dire sotto controllo – conclude il sindaco -. Ci 
    saranno ancora aggiustamenti, come il posizionamento di alcuni cassonetti. 
    Presto sarà anche completata la posa delle campane per la differenziata. 
    Siamo contenti della disponibilità e dell’impegno dimostrati dal nuovo 
    gestore». 
    Sergio Rebelli   | 
  
 
 
IL PICCOLO - 
SABATO, 6 ottobre 2007 
 
 
  
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    IL CASO FERRIERA - Dipiazza 
    pronto a chiudere la Ferriera  - Rotelli (Ass) gli scrive denunciando 
    «rischi per la salute umana e per l’ambiente»  | 
  
  
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    Il sindaco 
    chiede ai tecnici del Cigra i dati aggiornati sugli inquinanti nel terreno 
    di Servola. Se saranno negativi firmerà l’ordinanza  
    
    Tra pochissimi giorni il sindaco 
    Roberto Dipiazza potrebbe emettere l’ordinanza di chiusura della Ferriera di 
    Servola. Dopo tante e reiterate minacce, sembra che resti poco spazio adesso 
    per le armi della dissuasione verbale. Decisivi si sono rivelati i nuovi 
    dati sulla massiccia presenza del cancerogeno benzoapirene associato a 
    valori fuori norma di polveri sottili per le strade del quartiere rilevati 
    dal Cigra per conto della magistratura. E soprattutto la conseguente 
    comunicazione ufficiale dell’Azienda sanitaria datata 4 ottobre che a fronte 
    dei dati d’inquinamento, e notando come la fabbrica non abbia evidentemente 
    adottato alcun provvedimento dopo le precedenze ordinanze del sindaco, ha 
    richiamato l’amministrazione sul fatto che esiste in città «un rischio per 
    la salute umana e per l’ambiente».  
    Il dato nuovo è proprio l’altissima concentrazione a Servola di benzoapirene, 
    un idrocarburo policiclico aromatico di cui - scrive il direttore generale 
    Franco Rotelli nella lettera - «è nota l’azione mutagena e cancerogena». Ad 
    agosto, data delle ultime rilevazioni, era già stato superato il massimo 
    valore consentito nell’arco di un intero anno. 
    In una conferenza stampa convocata ieri assieme all’assessore all’Ambiente, 
    Maurizio Bucci, Dipiazza ha detto che «la situazione è gravissima, la 
    peggiore di tutti questi anni», e che l’avvertimento dell’Azienda sanitaria, 
    in questi termini espresso, impone di agire senza ulteriori dilazioni, se 
    non un breve lasso di tempo (circa 20 giorni, presumibilmente) per ottenere 
    i dati aggiornati al 30 settembre. «In questo modo - hanno precisato 
    Dipiazza e Bucci - la Ferriera non potrà protestare che il Comune si avvale 
    di analisi superate, ma è da dubitare che in settembre una situazione che ha 
    portato a rilevare fino a 90 nanogrammi per metro cubo di benzoapirene possa 
    dare risultati pari a zero». La soglia indicata dalla legge è di un solo 
    nanogrammo, e tale deve essere la media annuale. A Servola sono già stati 
    superati anche i 35 sforamenti annuali ammessi per le Pm10 (che giovedì sono 
    state superiori ai limiti in tutta la città con piccolo di 70 microgrammi 
    per metro cubo in via Carpineto quando il limite è 50). 
    Il sindaco ieri ha velocemente incontrato i sindacati d’azienda. Si è 
    consultato con l’assessore regionale al Lavoro, Roberto Cosolini, trovando 
    ampia collaborazione. Ha preavvertito il prefetto. Assieme al consigliere 
    regionale dei Verdi, Alessandro Metz, recente autore di un nuovo esposto 
    alla magistratura sulla Ferriera, ha fatto pervenire tutta la documentazione 
    al ministro Alfonso Pecoraro Scanio. In serata ha visto i segretari 
    provinciali di Cgil, Cisl e Uil. «La salute è più importante del lavoro - ha 
    pubblicamente ragionato Dipiazza -, è inutile che continuiamo a salvare il 
    posto in fabbrica a lavoratori che in quella fabbrica rischiano di ammalarsi 
    seriamente». 
    Nessuno tuttavia - esplicite parole - sarà lasciato in strada se l’ordinanza 
    di cessazione d’attività dovesse imporsi: l’amministrazione conta sulla 
    collaborazione col governo al fine di trovare una via d’uscita «per famiglie 
    che di quello stipendio vivono, che hanno figli e mutuo». Si parla di nuovo 
    quantomeno di una possibilità di cassa integrazione. 
    «La lettera di Rotelli mi sarebbe già stata sufficiente per decidere la 
    chiusura, ma ho voluto usare cautela - ha aggiunto il sindaco -, però questa 
    è davvero l’ultima chance per la Lucchini-Severstal, e quanto all’acquirente 
    Arvedi che si approssima, vedremo, ma in tutti i casi non ci faremo più 
    prendere in giro dalla promessa di piani industriali che poi durano dieci 
    anni, fin qui la Ferriera ha goduto di una evidente copertura, c’è voluto un 
    magistrato, Frezza, che ha pagato di tasca propria le indagini, per capire 
    davvero la situazione: a Servola per anni e anni il controllato ha fatto il 
    controllore di se stesso, pagando una società di verifica». 
    Resta il fatto che l’Arpa, titolare dei controlli sullo stato dell’ambiente 
    e del rispetto dei limiti di norma, solo tra luglio e agosto ha misurato per 
    la prima volta il benzoapirene (trovandone traccia così come il Cigra). Ma 
    non è evidente che un certo tipo di produzione genera invariabilmente 
    determinate sostanze? «Esistono anche fabbriche che riescono a non buttare 
    queste sostanze nell’ambiente - sottolinea Rotelli - e comunque non spetta 
    all’Azienda sanitaria fare indagini ambientali, non ne ha proprio né 
    competenze né strumenti, può solo occuparsi dei riflessi sulla salute umana, 
    e lo fa». Indagini sulla salute dei servolani sono state effettuate 
    consultando i database interni: «Non è risultata alcuna differenza di salute 
    e malattia rispetto agli altri cittadini - rileva il direttore -, ricerche 
    ne faremo ancora, ma sostanze come queste possono dare risultati devastanti 
    anche a distanza di anni». 
    Stamattina intanto il verde Metz, che ha dato ampia collaborazione al 
    sindaco, illustrerà in una conferenza stampa una risposta del ministro 
    Pecoraro Scanio (che proprio di recente si è occupato della Ferriera nel 
    corso di una visita a Trieste) ai documenti appena inviati. Il Comune ha 
    intanto spedito a tutti gli enti una ufficiale comunicazione sulla sua 
    richiesta di dati aggiornati al 30 settembre. Ma intanto la Ferriera dà 
    battaglia, e contesta non solo il sindaco, ma anche le analisi e i loro 
    risultati. 
    
    Gabriella Ziani  | 
  
 
 
  
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    La proprietà: 
    «Dati sbagliati, andremo al Tar» - Il legale della Lucchini: «Il metodo di 
    raccolta dei valori non è corretto, qualsiasi atto amministrativo è 
    illegittimo»   | 
  
  
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    Cosolini: 
    «Se verrà sospesa l’attività si potrà chiedere la cassa integrazione» 
    
    Moretton: 
    «Convocherò tutti i soggetti interessati per individuare le misure più 
    opportune». Belci (Cgil): «Chiederemo all’Azienda sanitaria test sui 
    lavoratori» 
    
    «Le ordinanze del sindaco 
    vengono impugnate tutte e comunque». Così afferma l’avvocato della Ferriera, 
    Giovanni Borgna. Finora sono state spediti al Tar tre documenti comunali. Ma 
    ci si appresta a fare altrettanto se quelli non fossero gli ultimi. «Intanto 
    come autotutela - dice Borgna -, e poi riteniamo che poggino su presupposti 
    giuridici e tecnici non fondati, e su dati sbagliati, la Ferriera sta 
    conducendo da tempo analisi in proprio e ottiene risultati in netta 
    controtendenza». A oggi questi esiti non sono stati comunicati. Lo saranno a 
    breve. 
    Che cosa si contesta al sindaco? «C’è violazione di competenze, infondatezza 
    sul piano tecnico perché il metodo di raccolta dati non è corretto, e 
    illegittimità dell’atto amministrativo» elenca l’avvocato, contrario a ogni 
    pubblicizzazione d’indagini. 
    Adesso però si muove anche la Regione. E perfino i sindacati non si 
    oppongono più a ipotesi di chiusura. Dipiazza ha dalla sua l’assessore 
    regionale al Lavoro, Roberto Cosolini, deciso egli pure a mettere uno stop a 
    questa sequenza rotonda di inquinamenti rilevati e ordinanze rispedite al 
    mittente, mentre l’assessore all’Ambiente, Gianfranco Moretton, ha messo al 
    corrente la giunta regionale sui dati del benzoapirene e intende convocare 
    «tutti i soggetti interessati al fine di individuare le misure più 
    opportune». Moretton si rifà al decreto legislativo del 3 agosto 2007 che 
    fissa i limiti del benzoapirene e stabilisce che la Regione, entro quattro 
    mesi dall’entrata in vigore del decreto stesso (cioé gennaio 2008) individui 
    le zone con superamento dei limiti e le fonti, e adotti «misure, che non 
    comportino costi sproporzionati, necessarie per il raggiungimento del valore 
    obiettivo entro il 31 dicembre 2012». Un dato (e una data) che potrebbero 
    influenzare le decisioni che si affacciano. 
    «Se ci sono problemi per la salute dei cittadini - afferma invece Roberto 
    Cosolini - vanno affrontati senza reticenza, con tutti gli strumenti a 
    disposizione, e l’esito non può più essere questo circolo chiuso, 
    collaboreremo col sindaco, dobbiamo vedere se ci sono, e quali sono, le 
    condizioni che rendano compatibile la salute col lavoro, ma siamo comunque 
    alla stretta finale, abbiamo sempre detto che l’attività deve essere 
    condizionata a certezze sul rispetto della salute e dell’ambiente, e se le 
    cose vanno troppo per le lunghe è ovvio che bisognerà prendere decisioni, la 
    precedente scadenza del 2009 era subordinata a investimenti, ma non per 
    questo si possono produrre disastri fino a quella data». Dunque appoggio al 
    sindaco se decide la chiusura? «Se esistono gli estremi, il sindaco deve 
    agire - mette in chiaro Cosolini -, e ci siamo pericolosamente vicini». 
    Se poi l’azienda manda a dire che «sparare col ventilatore notizie 
    allarmanti mentre c’è un compratore in vista potrebbe costituire elemento di 
    turbativa», anche l’assessore regionale ha invece un messaggio per Arvedi: 
    «Deve sapere che se acquista ha da produrre in salute, e comunque per 
    decidere deve anche sapere a che cosa va incontro». Cosolini è più aperto 
    ora all’ipotesi di cassa integrazione, a suo tempo invocata da Dipiazza: «Se 
    si sospende l’attività, allora la si chiede». 
    E il sostegno, amaro, arriva perfino dai sindacati, preavvertiti ieri sera. 
    «Prima viene la salute dei lavoratori» afferma Franco Belci, segretario 
    provinciale della Cgil. Che prosegue: «È singolare che dati così gravi 
    vengano alla luce appena adesso, chiederemo all’Azienda sanitaria indagini 
    (a sue spese) su tutti i lavoratori, e se si arrivasse alla chiusura ne 
    prenderemo atto. Serviranno soluzioni alternative, e intanto forti 
    ammortizzatori. Ci appelleremo alla città intera, la Ferriera è un problema 
    di tutti i 209 mila triestini. Però - conclude - speriamo che si trovino 
    strumenti stringenti per ridurre gli inquinanti, è una situazione davvero 
    esplosiva». 
    g.z.  | 
  
 
 
  
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    Polvere di 
    carbone in mare   | 
  
  
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    Polvere di carbone che 
    galleggiava su un ampio specchio di mare fra la Ferriera e l’Arsenale. La 
    segnalazione dell’esteso inquinamento (è stata riscontrato su una superficie 
    lunga mille metri e larga 400) è stato segnalato verso le 8.30 di ieri alla 
    Capitaneria di porto, che ha fatto uscire alcuni mezzi e ha allertato a sua 
    volta l’Autorità portuale, la quale ha chiesto l’intervento delle speciali 
    unità della Sea Service. L’operazione di bonifica dello specchio acqueo si è 
    conclusa solo verso le 17. Ancora da accertare l’origine dell’inquinamento: 
    Analisi in questo senso sono state avviate dall’Agenzia regionale per la 
    protezione dell’ambiente.  | 
  
 
 
  
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    Un impianto 
    fotovoltaico per fornire energia elettrica al palazzo dell’Anagrafe - Il 
    Comune sperimenta le fonti alternative   | 
  
  
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    Progetto 
    realizzato dall’Università: il sistema funzionerà dall’anno prossimo 
    
    Il Comune sperimenta le fonti di 
    energia alternative: dall’anno prossimo il palazzo dell’Anagrafe potrà 
    sfruttare la luce solare. Sul tetto dell’edificio verranno installati i 174 
    pannelli di un impianto fotovoltaico da cui ci si attende una potenza di 
    picco connessa in rete di 20 kilowatt a 400 volt: numeri non tali da coprire 
    l’intero fabbisogno del palazzo, dice l’assessore ai lavori pubblici Franco 
    Bandelli, ma una sua «buona parte». 
    Tutto nasce da un bando che il ministero dell’Ambiente ha emanato attraverso 
    la Regione. Il Comune ha risposto presentando un progetto redatto dal 
    Dipartimento dei materiali e delle risorse naturali dell’Ateneo cittadino, 
    con il quale ha attivato una convenzione. Di qui i 108 mila euro assegnati 
    da Roma come contributo alla realizzazione dell’impianto per il quale la 
    spesa prevista era di 232 mila 405 mila euro. 
    Di recente, la giunta ha deliberato una ulteriore spesa di 120 mila euro: 
    «La bora - racconta Bandelli - non ci consente di posizionare i pannelli con 
    la consueta inclinazione di 45 gradi: i moduli vanno appoggiati sul solaio e 
    ancorati al tetto piano con tutte le precauzioni connesse alle guaine 
    impermeabili» che lo ricoprono. Comunque «è un primo esperimento che 
    facciamo - commenta l’assessore - nell’ottica di ottimizzare e abbassare i 
    consumi energetici ma anche di varare l’utilizzo di fonti di energia 
    alternative». 
    L’impianto dovrebbe funzionare a regime entro il primo trimestre del 2008. 
    Ed è questa al momento l’unica opera prevista sul palazzo dell’Anagrafe. 
    Alcuni mesi fa l’assessore Maurizio Bucci, parlando del suo progetto di fare 
    dell’ex scuola Carli di via del Teatro Romano un «palazzo dell’urbanistica» 
    dove concentrare servizi e uffici dei settori collegati, aveva sottolineato 
    come il palazzo dell’Anagrafe - dove oggi l’Urbanistica ha sede - sia fuori 
    norma in termini di sicurezza e come in ogni caso «vada ristrutturato».  
    Bandelli però ribadisce l’inattualità del tema: «A oggi sul palazzo non c’è 
    alcuna previsione di lavori, a parte l’impianto fotovoltaico. Del resto, va 
    considerata la situazione generale degli edifici del Comune: quasi tutte le 
    scuole sono fuori norma», chiude Bandelli. 
    p.b.  | 
  
 
 
  
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    Raccolta dei 
    rifiuti, a Muggia torna la normalità ma Forza Italia chiede le dimissioni di 
    Veronese  - Concluso lo svuotamento dei cassonetti   | 
  
  
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    MUGGIA Sta tornando alla 
    normalità la raccolta dei rifiuti a Muggia. La ditta Ecoverde ieri ha chiuso 
    il giro di svuotamento dei cassonetti, e sta completando la loro 
    distribuzione nelle aree ancora scoperte. I partiti di opposizione, intanto, 
    chiedono le dimissioni dell’assessore Veronese. 
    Non è stata facile questa fase di passaggio di consegne della gestione dei 
    rifiuti a Muggia. Ma, tra cassonetti mancanti, immondizie lasciate a terra 
    (atto eccezionalmente tollerato dal Comune) e cassonetti non svuotati da più 
    giorni, la zona di Chiampore e Zindis, fino a Muggia vecchia, è stata quella 
    che ha lamentato i maggiori disagi. 
    Ieri mattina, finalmente, a più riprese il camion della ditta ha provveduto 
    a svuotare gli ultimi cassonetti stracolmi e a portar via i sacchetti 
    lasciati a terra, dal lungomare Venezia fino a Chiampore. Il motivo di 
    questo ritardo pare sia di natura prettamente tecnica. Il camion 
    compattatore, infatti, doveva essere parzialmente modificato per scongiurare 
    ogni eventuale problema nel passare sotto la galleria di via Roma. Si 
    trattava, sembra, di una questione di ingombri. Da qui l’impossibilità di 
    intervenire nella zona ovest della città. 
    L’assessore Piero Veronese conferma il quasi totale completamento delle 
    operazioni: «Sto seguendo costantemente ciò che accade. Ho chiesto anche ai 
    funzionari di monitorare tutto il territorio, e abbiamo sollecitato la ditta 
    a risolvere gli ultimi problemi, soprattutto quello dell’asporto dei rifiuti 
    che, con l’avvicinarsi del fine settimana, stava diventando sempre più 
    grave. Alle 13 di oggi (ieri, ndr) il giro è stato completato e i cassonetti 
    sono stati tutti svuotati. Ora la situazione tende a normalizzarsi con la 
    posa degli ultimi contenitori, ma continuiamo a vigilare». 
    Ci vorrà invece ancora un po’ per le campane della raccolta differenziata. 
    Quelle precedenti ormai sono state tutte portate via dall’AcegasAps, e la 
    Ecoverde non ha ancora cominciato la nuova distribuzione. «Ringrazio i 
    cittadini per la pazienza e la comprensione in questa difficile fase - dice 
    ancora Veronese –. Il Comune aveva auspicato che il passaggio fosse quanto 
    più breve e simultaneo, ma è stato impossibile». 
    Le polemiche intanto non si placano. Il consigliere forzista Dennis Tarlao 
    (opposizione) sbotta: «Chiedo le dimissioni dell’assessore Veronese per come 
    è stato gestito questo avvicendamento. Se davvero erano prevedibili questi 
    disagi, perché l’amministrazione non ha agito meglio, concordando le 
    operazioni tra AcegasAps ed Ecoverde? Se ciò fosse successo ad 
    un’amministrazione di centrodestra, loro sarebbero subito scesi in piazza a 
    manifestare». 
    E la forzista Viviana Carboni aggiunge: «Tutti parlano all’assessore 
    Veronese, ma ci si meraviglia che proprio il sindaco, da medico e quindi 
    ancora più degli altri interessato ai problemi di ordine igienico e 
    sanitario, non abbia aperto bocca in una situazione di emergenza difficile e 
    delicata come questa». 
    s. re.  | 
  
 
 
  
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    Sinistra 
    muggesana, riunione pubblica sui rigassificatori   | 
  
  
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    MUGGIA Il «Tavolo della sinistra 
    muggesana» ha deciso di organizzare a breve un incontro con i cittadini per 
    una discussione pubblica sul tema dei rigassificatori. Previsti interventi 
    di esperti e politici italiani, sloveni e croati, per approfondire e avere 
    percorsi comuni su temi d’interesse condiviso. I rappresentanti dei partiti 
    della sinistra muggesana prendono spunto da recenti incontri governativi tra 
    Italia e Slovenia sui rigassificatori, e intendono portare avanti la loro 
    battaglia: «Dopo una nostra riunione – dicono gli esponenti politici - si è 
    deciso di intraprendere una serie di incontri e colloqui con esponenti 
    politici e di associazioni ambientaliste slovene, per avere anche da parte 
    loro un quadro più approfondito della situazione e degli sviluppi che 
    l'incontro dei due Capi di stato potrà innescare nelle scelte in campo 
    energetico, e soprattutto nel prosieguo delle pratiche di autorizzazione ai 
    progetti di impianti di rigassificazione previsti nei golfi di Trieste e 
    Capodistria». 
    I partiti della sinistra muggesana ritengono inoltre che con la caduta dei 
    confini, e in un’ottica di Euroregione, anche la progettualità della 
    gestione del territorio deve essere condivisa con i paesi limitrofi. 
    «Pertanto - dicono - anche le problematiche energetiche e le scelti di 
    impianti ad esse correlati è bene che diventino argomento di valutazione 
    politica allargata e non di confronto limitato al solo ambito locale».  | 
  
 
 
  
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    Rigassificatore a Veglia, gli austriaci accelerano  - La società 
    d’Oltralpe ha già creato a Zagabria una controllata per gestire la 
    costruzione dell’impianto  | 
  
  
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    Superato 
    l’imbarazzo di Zagabria sull’assetto della partnership che dirigerà il 
    progetto: il 25% del pacchetto azionario sarà riservato a aziende croate
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    La promessa 
    di 10mila posti di lavoro zittisce le proteste in chiave ecologista  | 
  
  
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    VEGLIA Decisa accelerata della 
    compagnia petrolifera austriaca Omv nella costruzione di un rigassificatore 
    a Veglia, precisamente a Castelmuschio (Omisalj), località che si affaccia 
    sul Golfo di Fiume. L’Omv ha diffuso a sorpresa un comunicato in cui precisa 
    di avere intensificato i preparativi per l’approntamento del terminal 
    metanifero isolano, dando vita a un’azienda denominata Adria Lng, con sede a 
    Zagabria.   | 
  
  
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    Il consorzio è formato da Omv 
    Gas International (25,58%), Eon Ruhrgas (31,15), Total (25,58), Rwe (16,69) 
    e Geoplin (1). 
    Nel comunicato non si cita alcuna azienda croata, il che a opinione pubblica 
    e osservatori non è passato inosservato. Infatti, al Ministero dell’economia 
    croato hanno prontamente reagito, affermando che l’impianto non sarà 
    edificato senza la partecipazione delle aziende nazionali. «Possiamo 
    confermare – così il portavoce del predetto dicastero Domagoj Vricko – che a 
    prendere parte alla costruzione del rigassificatore saranno certamente la 
    compagnia petrolifera croata Ina, l’Ente elettrodistributivo nazionale e la 
    Plinacro, l’azienda per la distribuzione del gas in Croazia». E’ seguito un 
    secondo comunicato dell’Omv nel quale si precisa che una quota del 25 per 
    cento dell’Adria Lng è prevista per le compagnie croate. «Ben vengano – si 
    legge – ma facciano in fretta». E non mancano pure le polemiche legate al 
    sito del futuro impianto energetico Lng.  
    L’Omv ha più volte citato l’isola quarnerina come area ospitante l’impianto, 
    mentre invece non è stato deciso ancora niente. «Sarà la Croazia e nessun 
    altro a fissare l’ubicazione del terminal – ha aggiunto il portavoce – e 
    voglio ricordare quanto dichiarato dal ministro dell’Economia Branko Vukelic, 
    secondo cui la scelta della località in cui sorgerà la struttura sarà presa 
    entro la fine dell’anno». All’Omv si spinge per l’isola vegliota, ritenuta 
    la migliore quanto a infrastrutture e servizi già presenti. Sull’isola di 
    Veglia già operano un porto petroli, l’oleodotto Janaf e l’azienda 
    petrolchimica Dina. Alla compagnia austriaca si aggiungono gli esperti 
    croati e i loro colleghi d’oltreconfine, i quali ritengono che Castelmuschio 
    sia il sito ideale per il rigassificatore. Ciò è stato ribadito al 22.o 
    convegno internazionale dei produttori di gas, tenutosi ad Abbazia pochi 
    mesi fa. 
    Nella «Perla del Quarnero» si era parlato del 2012 come dell’anno in cui il 
    terminal Lng avrebbe potuto entrare in funzione, con una produzione di 
    partenza annuale di 10 miliardi di metri cubi. Ricordiamo che il progetto 
    del rigassificatore aveva incontrato l’opposizione compatta di politici, 
    autonomie locali e regionali e della popolazione locale. Poi è balzato fuori 
    un dato molto «appetibile»: l’impianto contribuirà ad aprire direttamente e 
    indirettamente circa 10 mila posti di lavoro. Un numero notevolissimo, 
    basato non si sa su quali basi economico-tecniche. Certo è che tale 
    «argomento» è riuscito a fare presa se non sugli ecologisti di sicuro sui 
    cittadini anche locali, cambiando l’atteggiamento nei riguardi del 
    rigassificatore, giudicato ora il benvenuto nella parte croata dell’Alto 
    Adriatico. 
    Andrea Marsanich  | 
  
 
 
  
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    Zona ittica 
    nell’Adriatico, ok dai pescatori - No alla riserva per delfini a Lussino
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    FIUME Pieno sostegno da parte 
    della sezione Pesca della Camera artigianale quarnerino-montana all’entrata 
    in vigore, il primo gennaio 2008, della Zona ittico-ecologica nel Mare 
    Adriatico. A detta dei responsabili della sezione, sarebbe necessario 
    introdurre il fermo biologico per la ripopolazione ittica nella fascia sotto 
    tutela. Per venire incontro invece alle esigenze dei pescatori, si dovrebbe 
    togliere il divieto di pesca – nelle giornate di sabato e domenica – nella 
    zona compresa entro 12 miglia dall’isoletta di Pomo. Inoltre, i 
    rappresentanti dei pescatori hanno annunciato che chiederanno la 
    soppressione della riserva per delfini, proclamata mesi fa nelle acque 
    dell’isola di Lussino. La richiesta sarà avanzata alle competenti autorità 
    statali nel corso del 12.o «Incontro nazionale dei pescatori» in programma 
    il 26 ottobre a Pago.  | 
  
 
 
  
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    Fianona 3, 
    sottoscrizione contro la centrale a carbone  | 
  
  
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    POLA Questo fine settimana 
    riprende la raccolta di firme per la petizione contro la costruzione della 
    futura centrale termoelettrica Fianona 3 a carbone. La sottoscrizione è 
    promossa dai giovani della Dieta democratica istriana e oggi i banchetti 
    saranno in piazza al Ponte a Rovigno, al mercato di Abbazia e in riva a 
    Fasana. Come soluzione alternativa viene proposto l’impiego del gas 
    naturale.  | 
  
 
 
IL PICCOLO - 
VENERDI', 5 ottobre 2007 
 
 
  
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    Servola, i 
    dati della procura: 
    «Valori fuorilegge»  - L’analisi del Cigra: i 
    livelli massimi di benzoapirene e Pm10 misurati in giornate di vento  | 
  
  
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    L’indagine 
    sulle sostanze nocive nel rione della Ferriera è stata incrociata coi 
    riscontri meteorologici dell’Osmer-Arpa: inquinamento anche con la bora
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    Anche se nei 
    prossimi mesi il livello di idrocarburi fosse pari a zero i limiti annuali 
    sarebbero superati  | 
  
  
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    Tra benzoapierene e polveri 
    sottili il nesso è strettissimo, quasi inscindibile. 
    L’idrocarburo di cui tutti i ricercatori riconoscono il potere cancerogeno, 
    viene infatti assorbito dalle polveri sottili e «viaggia» nell’aria 
    trasportato dalle stesse polveri. Benzoapirene e Pm10 possono essere dunque 
    assimilati ai passeggeri e alla vettura che li ospita. Ecco il motivo per 
    cui il pm Federico Frezza sta monitorando nel rione di Servola questi due 
    parametri, collegati entrambi alla combustione del carbone fossile e alla 
    sua pericolosità per la popolazione. 
    Sono così finite sotto osservazione da mesi le emissioni diffuse della 
    Ferriera. Al centro delle analisi effettuate dai ricercatori del Cigra 
    dell’Università di Trieste, la qualità dell’aria e il rispetto dei parametri 
    previsti dalla più recente normativa italiana che fa riferimento alle 
    Direttive del Parlamento europeo. 
    Com’è noto i risultati raccolti negli ultimi mesi dai ricercatori del Cigra 
    attorno a Servola sono allarmanti e per quanto parziali e incompleti vanno 
    ben al di là dei limiti previsti dalla legge. Paradossalmente se anche nei 
    mesi che ancora mancano per completare l’anno il livello di benzoapirene 
    nell’aria fosse pari allo zero, il limite previsto sarebbe stato già 
    superato. Inoltre la legge prevede che il «campionamento» debba essere 
    esteso a un periodo di dodici mesi. Prima di intervenire sarà necessario 
    attendere il completamento dell’anno. Prima è impossibile farlo, come 
    insegna l’esperienza della cokeria di Piombino, chiusa dal sindaco della 
    città toscana solo alla conclusione dei dodici mesi di «osservazione» e 
    misure.  
    Ma non basta. Il confronto tra le misure di benzoapirene effettuate a 
    Servola in via dei Giardini e in via San Lorenzo in Selva con quelle di via 
    Fleming nei pressi dell’Università, sottolineano lo stretto nesso tra lo 
    stabilimento siderurgico del gruppo Lucchini-Servestal e la presenza di 
    benzoapirene e di polveri sottili. 
    La differenza delle misure effettuate nelle due aree è macroscopica. A 
    Servola la stragrande maggioranza delle misure superano i livelli di legge: 
    attorno all’Università tutto rientra nella norma. 
    Cinque sono le «giornate» in cui i picchi del benzoapirene sono risultati 
    particolarmente elevati. Il record va al Primo maggio, la Festa dei 
    lavoratori, quando le apparecchiature del Cigra hanno misurato in via San 
    Lorenzo in Selva ben 90,04 nanogrammi di benzoapirene per metro cubo d’aria. 
    Nella classifica il Primo maggio è seguito da martedì 17 aprile con 56,25 
    nanogrammi; da giovedì 17 maggio con 54,29; da giovedì 19 aprile con 27,11 e 
    da domenica 6 maggio con 22,84. 
    Per capire se il vento e la sua direzione hanno in qualche modo influenzato 
    le misure, soffiando ad esempio da Sud, gli investigatori della Procura 
    intendono verificare le condizioni atmosferiche di quei giorni, attingendo 
    ai dati raccolti dalle centraline dell’Osmer-Arpa. Quando soffia la bora 
    Servola respira, è un dato incontrovertibile. Del tutto opposta la 
    situazione con lo scirocco. Ma il Primo maggio, il giorno in cui il livello 
    misurato di benzoapirene è stato massimo, hanno soffiato in prevalenza 
    schiacciante proprio venti provenienti da Nord, da NordEst e da Est. Lo 
    stesso fenomeno si è verificato il 17 aprile. Questi dati vanno 
    ulteriormente approfonditi ed estesi a tutti i periodi in cui le misure sono 
    state affettuate nei pressi della Ferriera e dell’Università. 
    
    Claudio Ernè  | 
  
 
 
  
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    Idrocarburi 
    cancerogeni  | 
  
  
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    I benzopireni sono idrocarburi 
    della serie aromatica. Sono contenuti nel catrame di carbone fossile e in 
    molti carboni. La loro azione cancerogena è ampiamente riconosciuta e per 
    questo vengono utilizzati negli studi dei tumori. La pericolosità è molto 
    alta. Infatti il penzopirene viene assorbito molto facilmente dalle polveri 
    fini Pm10 che si formano in fase di combustione. Le polveri, per le loro 
    ridottissime dimensioni, non vengono fermate dai «filtri» presenti nel 
    nostro corpo e arrivano direttamente nella basse vie respiratorie , dove 
    oltre ad intasarle«liberano» le sostanze tossi assorbite. da qui vengono 
    trasferite attraverso il sangue, negli altri organi, fegato in particolare. 
    Va aggiunto che a livello sperimentale è stato dimostrato che tra i vari 
    inquinanti si sviluppano pericolose e in gran parte sconosciute patologie. 
    Sia l’anidride solforosa che il biossido di azoto, agiscono con il 
    benzopirene, aumentando il potere mutageno di questo idrocarburo.  | 
  
 
 
  
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    Negative le 
    misure della Sanitas incaricata dalla Lucchini  | 
  
  
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    Sono state sempre negative le 
    misure dei livelli di benzoapirene effettuate per legge all’interno della 
    Ferriera dalla ditta «Sanitas», incaricata e pagata dal gruppo 
    Lucchini-Servestal. Un dato in controtendenza con quanto misurato 
    nell’abitato di Servola dai tecnici del «Cigra», incaricati dal pm Federico 
    Frezza. A breve scadenza però ai tecnici della «Sanitas» si affiancheranno 
    alcuni ricercatori del Cnr che dovranno chiarire la clamorosa anomalia. Non 
    sfuggono infatti a nessuno gli eventuali riflessi sulla salute degli operai. 
    Sulla salute degli operai è intervenuto ieri Maurizio Ferrara, già assessore 
    comunale all’ambiente e capogruppo della Lista Dipiazza. «Altro che 
    difendere l’occupazione. Qui bisogna difendere la salute e la vita. Il 
    sindacato dovrebbe far causa all’azienda per i danni che sta provocando alla 
    salute dei lavoratori della Ferriera e agli abitanti di Servola. Dovrebbe 
    essere il sindacato a chiedere per primo la cessazione dell’attività. 
    Sullo stesso tema è intervenuto anche il consigliere regionale dei Verdi 
    Alessandro Metz che ha presentato un esposto alla Procura chiedendo di 
    «verificare i numerosi passaggi non chiari sulla conduzione della Ferriera e 
    sull’attività degli organi di controllo sull’inquinamento». «I cittadini- ha 
    continuato Metz- non possono più attendere, i lavoratori della Ferriera 
    devono uscire dalla lente agonia e incertezza sul loro futuro occupazionale 
    in cui la politica li ha costretti».  | 
  
 
 
  
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    Bucci: «Il 
    park sulle Rive parte a marzo»  - L’assessore illustra in aula la 
    delibera sui parcheggi. Entro sei mesi il primo cantiere, poi Foro Ulpiano
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    «Ma 
    approvate subito il piano». Critiche anche dalla maggioranza 
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    Sulle Rive, davanti alla 
    Stazione Marittima e subito dopo in Foro Ulpiano, a due passi dal liceo 
    Dante. Sono le aree che potranno beneficiare nell’immediato 
    dall’approvazione del Piano parcheggi comunale. Almeno è quanto assicurato 
    ieri mattina dall’assessore all’Urbanistica, Maurizio Bucci, ai consiglieri 
    comunali della sesta commissione. Pronto quasi a scommettere che entro sei 
    mesi, quindi a marzo, la costruzione della struttura davanti alla Stazione 
    Marittima (4 piani interrati, con 486 posti auto) diventerà una realtà. 
    Seguita dall’ampliamento del parcheggio di Foro Ulpiano lungo via 
    Giustiniano (3 piani interrati, 450 posti auto). Due parcheggi in struttura 
    entrambi portati avanti dalla Saba Italia, che in città gestisce anche il 
    Silos. 
    Ma per avviare i cantieri oltre alle autorizzazioni serve l’approvazione del 
    Piano parcheggi da parte del Comune. Ecco quindi la riunione convocata ad 
    hoc dal presidente Roberto Sasco, per illustrare un Piano che conoscono 
    ormai anche i muri. Solo che ieri è entrato ufficialmente nell’aula preposta 
    alla sua approvazione. Un voto che, davanti alle premesse viste ieri 
    mattina, sarà passibile di modifiche in sede di discussione consiliare. La 
    delibera illustrata da Bucci, infatti, lascia perplessi non solo gli 
    esponenti dell’opposizione, ma anche quelli della maggioranza. Pronti a 
    sparare, a cominciare dai banchi di An, sul lavoro dell’assessore 
    all’Urbanistica. 
    Rapporti non proprio idilliaci emersi prima sulla tempistica 
    dell’approvazione («non poniamoci limiti», è il pensiero di An con Angela 
    Brandi), poi sull’«assenza del piano del traffico, che dovrebbe invece 
    essere approvato contestualmente» (a cavalcare il tema soprattutto Roberto 
    Decarli dei Cittadini, Alfredo Racovelli dei Verdi e Iztko Furlanic di 
    Rifondazione). 
    Una serie di perplessità avanzate anche dal presidente della commissione 
    Sasco (Udc), pronto a sollevare il tema dei costi: «Perché non pensare a 
    parcheggi a prezzi ragionevoli, da realizzare in superficie nelle 
    periferie?». Ma anche Forza Italia, partito dello stesso Bucci, non è andata 
    per il sottile chiedendo con Piero Camber lumi sulla novazione con la ditta 
    Riccesi (il contenzioso che, al posto del progetto cassato di piazza 
    Ponterosso, vede il Comune cedere le aree di via del Teatro Romano, largo 
    Roiano e via Tigor). Seguito a ruota dal collega forzista Bruno Marini che 
    interroga l’assessore all’Urbanistica sul futuro delle aree di largo papa 
    Giovanni e largo Canal, dove sono previsti due parcheggi. 
    L’affondo è spettato ad Alessia Rosolen (An), con uno scambio di battute al 
    vetriolo, interdetta davanti all’illustrazione di Bucci. «Quali sono i 
    parcheggi cantierabili nei prossimi sei mesi che giustificano questa 
    celerità nell’approvazione dell delibera? Ci rendiamo conto che 8 parcheggi 
    (dei 18 indicati nel Piano) sono incompatibili con l’attuale Piano 
    regolatore?». An non capisce poi il mancato inserimento nella delibera anche 
    di piazzale 11 settembre a Barcola e le ex Officine Hölt di via Gambini. 
    «Proprio per accelerare i tempi. Faremo un’altra delibera. Ben venagno poi 
    altri progetti di privati per parcheggi da realizzare nelle periferie», 
    ribatte Bucci chiarendo a Marini che le due aree da lui citate sono le 
    uniche a non prevedere una pedonalizzazione. 
    E aggiunge, mantenendo il fair play ma punzecchiando con qualche battuta in 
    codice Rosolen e An (che per altro ricambia, con la stessa arma): «Questo 
    non è un piano dei sogni. Il parcheggio davanti alla Stazione Marittima è 
    già cantierabile, poi arriveranno gli altri. Approvare questo Piano 
    significa - dice Bucci - sancire la chiusura del contenzioso con la Riccesi 
    che altrimenti chiede come risarcimento 3 milioni di euro». 
    
    Pietro Comelli  | 
  
 
 
  
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    Rigassificatore, pronto il progetto  - L’infrastruttura sul colle di 
    Sermino alle spalle di Capodistria. Governo sloveno scettico  | 
  
  
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    L’impianto 
    proposto dalla tedesca TGE costa 900 milioni di euro. Fornirebbe 5 miliardi 
    di metri cubi all’anno di gas  
    
    LUBIANA Terminal rigassificatore 
    nel porto di Capodistria, la «TGE Gas Engineering» torna alla carica. La 
    società tedesca, che fa capo al gruppo francese «Suez», ha presentato nei 
    giorni scorsi all'opinione pubblica slovena il progetto per un impianto 
    congiunto di rigassificazione e di produzione di energia elettrica da 
    costruire nella zona portuale. 
    Alla fine di luglio, ricordiamo, la «TGE» aveva presentato al ministero 
    dell'Economia della Repubblica di Slovenia l'istanza per ottenere le 
    autorizzazioni generiche per il progetto, ma finora non ha ottenuto alcuna 
    risposta. Comunque, anche se Lubiana dovesse dire di no - il che, secondo 
    fonti governative, è quasi scontato - la società tedesca per il momento non 
    ha alcuna intenzione di mollare. 
    «Il terminal rigassificatore nell'area del porto di Capodistria - ribadisce 
    il direttore della TGE Gas Engineering, Vladimir Puklavec - sarebbe un 
    ottimo affare per tutta la Slovenia e una grande occasione per il Litorale». 
    Quali le caratterisctiche del previsto intervento? Il progetto, del valore 
    complessivo di circa 900 milioni di euro (inclusivo dei costi di 
    finanziamento e con un'incidenza pronosticata del valore delle opere da 
    affidare a esecutori e fornitori di servizi sloveni, stimata in una quota 
    del 33 per cento) impegnerebbe una superficie di 25 ettari. Esso prevede la 
    costruzione, in prossimità dei preesistenti impianti di stoccaggio di 
    carburanti liquidi ai piedi del colle di Sermino e a 2,5 chilometri 
    dall'attracco delle navi cisterna (dovrebbe essere ampliato il Molo 2 dello 
    scalo capodistriano, ndr.), di due contenitori in acciaio da 150.000 metri 
    cubi, dentro strutture in calcestruzzo pretensionato, collegati con un dotto 
    criogeno al punto d'attracco stesso, dell'impianto di rigassificazione in 
    senso stretto e della centrale elettrica. 
    L'impianto sarebbe in grado di fornire 5 miliardi di metri cubi di gas 
    all'anno. In assenza di imprevisti e alla condizione di uno svolgimento 
    indisturbato delle procedure autorizzative, la rigassificazione e la 
    produzione di energia elettrica potrebbero essere avviate nel 2012. 
    È previsto, a regime, l'impiego di 70 dipendenti di formazione in prevalenza 
    tecnico universitaria con un indotto stimato di 1200 addetti complessivi. La 
    centrale elettrica, caratterizzata da una potenza di circa 240 Mw, 
    sopperirebbe a buona parte del fabbisogno della regione litoranea. 
    A detta dei proponenti, la tecnologia proposta appare particolarmente adatta 
    ai fondali poco profondi della baia di Capodistria e non implicherebbe 
    l'utilizzo dell'acqua marina per il riscaldamento del Gnl. L'incremento dei 
    traffici marittimi indotto dall'intervento è stimato in 50-60 navi cisterna 
    all'anno. La TGE ha annunciato fin dall'inizio la volontà di rispettare i 
    massimi standard di tutela dell'ambiente, sottolineando tra l'altro che la 
    tecnologia adottata sarebbe decisamente meno inquinante di quella prevista 
    dai progetti Endesa e Gas Natural nel golfo di Trieste. 
    «Saremmo distanti 750 metri dalle prime case di Ancarano e più di un 
    chilometro da Capodistria – spiega Puklavec – e queste sono distanze 
    superiori a quelle minime richieste dagli standard internazionali». 
    Alla domanda dei giornalisti sui mezzi spesi finora per i vari studi di 
    fattibilità del progetto, il direttore della TGE ha risposto in modo 
    evasivo: «Avremmo speso molto se non otterremo i permessi, poco se questi 
    permessi arriveranno». La documentazione presentata dalla società tedesca è 
    ancora oggetto di studio, ma a giudizio di Marko Starman, segretario di 
    stato presso il ministero per l'Ambiente e responsabile del gruppo 
    interministeriale incaricato di valutare la proposta, il progetto per il 
    rigassificatore nel Porto di Capodistria non ha grandi possibilità di essere 
    approvato. 
    Alla TGE restano comunque ottimisti, convinti che le soluzioni da loro 
    proposte sono tecnologicamente all'avanguardia ed economicamente valide.
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IL PICCOLO - 
GIOVEDI', 4 ottobre 2007 
 
 
  
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    A Servola livelli allarmanti 
    di benzoapirene  - Picchi di 90 nanogrammi per metro cubo (il limite è 
    1) della sostanza  | 
  
  
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    Lo studio 
    realizzato dal Cigra per la magistratura. Il Comune ha deciso di finanziare 
    l’ultima parte delle analisi   | 
  
  
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    L’indagine è 
    stata condotta in via San Lorenzo in Selva, i risultati messi a confronto 
    con la curva dell’Università dove l’inquinamento risulta di 50 o 90 volte 
    inferiore  | 
  
  
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    Dipiazza: 
    «Dati pazzeschi». Ma non parla più di chiusura. «Bisogna sedersi tutti 
    attorno a un tavolo e comportarsi responsabilmente»  | 
  
  
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    Il rapporto trimestrale sulle 
    analisi del territorio circostante la Ferriera di Servola realizzato per 
    conto della magistratura dal Centro interdipartimentale di gestione e 
    recupero ambientale (Cigra) dell’Università di Trieste emette dati 
    allarmanti circa l’inquinamento del rione. 
    Le analisi sono state svolte in via San Lorenzo in Selva, in prossimità 
    della fabbrica, e per contrasto nell’area, pur trafficata, di via Fabio 
    Severo sul curvone dell’Università. Ieri il circolo Miani ne ha presentato 
    alcuni contenuti: «Dal 31 gennaio al 2 giugno - è stato detto - la media di 
    emissioni di benzoapirene è stata di 21,71 nanogrammi per metro cubo (il 
    limite di legge è di un nanogrammo), le emissioni sono state nella norma un 
    solo giorno, a fronte di picchi di addirittura 90 (il 1.o maggio), 56,25 (il 
    17 aprile) e 54,9 (il 17 maggio). All’Università invece la media non ha 
    superato gli 0,13 nanogrammi di metro cubo». Di recente i sindacati hanno 
    lamentato che l’Azienda sanitaria abbia sospeso specifiche analisi sui 
    lavoratori per individuare le concentrazioni di questa tossica sostanza 
    nelle urine. 
    Il benzoapirene è infatti altamente cancerogeno, e secondo due test 
    specifici prodotti sempre dal Cigra l’esposizione a livelli alti associata a 
    quella di polveri sottili è talmente nociva per il corpo umano da provocare 
    una modificazione genetica del Dna e alterare i fattori di crescita.  
    «Quello sul benzoapirene è un dato folle» commenta il sindaco Dipiazza. Il 
    Comune, con Azienda sanitaria, Provincia e Arpa è uno dei destinatari dello 
    studio, oltre al magistrato. Da qui in avanti sarà anche il finanziatore 
    dell’ultima tranche di analisi. La Procura infatti che le ha ordinate 
    nell’ambito delle indagini condotte dal pm Federico Frezza ha esaurito i 
    fondi a disposizione. La giunta comunale ha già deliberato la decisione di 
    finanziare il resto del lavoro, che si potrà considerare definitivo a fine 
    2007, perché i dati hanno una rilevanza autentica e probante solo a livello 
    di media annuale. 
    Il sindaco adesso non parla più di «chiudere la Ferriera». Ma giudica 
    «inammissibile, di una gravità assoluta che finora non si sapesse e che 
    tanti pur sapendo - aggiunge - abbiano avuto atteggiamenti protettivi», e 
    per giunta «che si continui a tollerare». Dice Dipiazza: «Così non si può 
    andare avanti, la città mi sollecitava a chiudere il traffico per uno 
    sforamento di due punti di polveri sottili, da 50 a 52, e a Servola si sono 
    trovati livelli di Pm10 tra 600 e 2200, cioé fino 44 volte superiori ai 
    limiti di legge, lo stesso pm Frezza ha letto in Prefettura uno studio 
    inglese secondo cui è impossibile, in processi industriali che lo producono, 
    neutralizzare il benzoapirene». 
    E allora? «Intanto prendiamo atto - prosegue il sindaco -, poi una risposta 
    a questi poveri cittadini di Servola bisogna pur darla, e non più con 
    modeste multe all’azienda per semplice imbrattamento com’è stato per anni, 
    ma finalmente con serietà: bisogna sedersi a un tavolo tutti, e comportarci 
    responsabilmente». 
    In quale direzione, però, non è più così esplicito. Il 30 ottobre (e i 
    cittadini già hanno protestato e lo faranno nuovamente il 23 ottobre) è 
    atteso il verdetto della Regione sulla Valutazione integrata d’impatto 
    ambientale, che ha coinvolto fin qui un’ampia conferenza dei servizi per 
    ottenere dalla fabbrica il contenimento delle emissioni. E lo stesso 
    Dipiazza crede nello strumento, a prescindere dai dati Cigra. 
    Dalla Ferriera invece una sorta di no comment: «Le carte sono appena 
    arrivate - risponde Francesco Semino, portavoce dell’azienda - e i nostri 
    tecnici le stanno analizzando da un punto di vista scientifico, troppo 
    presto per dire qualsiasi cosa». 
    (Ha collaborato Elisa Lenarduzzi) 
    
    Gabriella Ziani  | 
  
 
 
  
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    PIANO PARCHEGGI - Entro 
    novembre la Riccesi Spa attende risposte dal Comune sui posteggi in via del 
    Teatro Romano, via Tigor e largo Roiano   | 
  
  
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    An e Fi: 
    diteci se si faranno i tre parcheggiPrende 
    il via la discussione del nuovo piano parcheggi nell’ambito del consiglio 
    comunale. La commissione urbanistica ascolterà oggi l’illustrazione del 
    documento da parte dell’assessore Maurizio Bucci e dei tecnici comunali. 
    Nella successiva seduta toccherà ai consiglieri presentare osservazioni o 
    emendamenti, in vista del voto finale in aula. 
    Il piano individua 18 siti per altrettanti parcheggi, quasi tutti interrati. 
    Sono ipotizzati 5310 nuovi posti auto per un costo complessivo di quasi 135 
    milioni di euro. L’approvazione del piano non comporterà la certezza 
    dell’edificazione di tutti i contenitori: il Comune intende lanciare delle 
    gare per operazioni in project financing, dando in concessione la 
    costruzione delle strutture alle imprese che poi rientrerebbero degli 
    investimenti grazie alla vendita o alla gestione dei parcheggi stessi. 
    Maggioranza e opposizione preferiscono attendere la seduta di oggi prima di 
    esprimersi. Ma già si delinea la possibilità che il dibattito in parte si 
    sviluppi sui tre parcheggi interrati delle Rive e più in generale, come dice 
    la capogruppo di An Alessia Rosolen, sull’opportunità di inserire nel piano 
    tutti i contenitori previsti nel centro cittadino. E il capogruppo forzista 
    Piero Camber ha già introdotto un’ulteriore tematica, facendo sapere di 
    ritenere «pregiudiziale» l’avere un quadro certo in merito ai tre parcheggi 
    di via del Teatro Romano, via Tigor-Cereria e largo Roiano: sono i 
    contenitori che la Riccesi spa dovrebbe costruire in base alla novazione 
    contrattuale chiusa lo scorso anno con il Comune dopo che quest’ultimo, nel 
    2002, decise di non procedere con la prevista costruzione del parking di 
    Ponterosso da parte della cordata capeggiata dalla stessa Riccesi. 
    Come Camber, anche Rosolen annuncia di attendere chiarimenti. Da parte 
    dell’impresa, Donato Riccesi ricorda che in base alla novazione «entro 
    novembre» la stessa spa deve ottenere una risposta precisa dal Comune sulla 
    cantierabilità dei tre parcheggi previsti»: «In caso contrario dovremmo 
    passare alla monetizzazione del danno subìto», dice Riccesi, quantificato in 
    «circa tre milioni e mezzo di euro» che il Comune dovrebbe sborsare. «Io mi 
    auguro di costruire parcheggi perché significano lavoro per noi e perché 
    Trieste ne ha bisogno, ma se dopo sei anni l’amministrazione non riuscisse a 
    varare un’alternativa percorribile non ci resterebbero alternative», 
    prosegue Riccesi. 
    Le strutture individuate per la novazione sono previste nel piano, ma 
    secondo Riccesi le incertezze non mancano: «Dall’amministrazione comunale 
    informalmente abbiamo avuto sentore di una sostanziale contrarietà» sul 
    parcheggio di largo Roiano dovuta alla vicinanza degli esercizi commerciali. 
    Per via del Teatro Romano invece l’impresa aveva proposto un progetto che il 
    Comune ha modificato arretrando di parecchio l’edificio fin dentro il colle: 
    ubicazione che di fatto - dice Riccesi - esporrebbe l’impresa al rischio di 
    blocco lavori di fronte ai probabili rinvenimenti archeologici. Almeno due 
    dei tre parking previsti dalla novazione, insomma, sarebbero in bilico. 
    Nessuna dichiarazione però, per ora, arriva in merito dal sindaco Dipiazza. 
    Se ne riparlerà in commissione consiliare.  | 
  
 
 
  
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    Disagi nella raccolta dei 
    rifiuti a Muggia  - Immondizie per strada, cassonetti in ritardo. 
    Veronese: «Era prevedibile»  | 
  
  
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    Il passaggio 
    di consegne da AcegasAps a Ecoverde scatena immediate proteste soprattutto 
    nelle zone più distanti dal centro  
    
    MUGGIA Il passaggio di consegne 
    a Muggia tra AcegasAps ed Ecoverde nella gestione dei rifiuti presenta non 
    pochi disagi. In certe zone periferiche mancano del tutto i cassonetti e le 
    immondizie sono ammucchiate a terra. Oggi tutto dovrebbe tornare normale. Ma 
    ieri non si assisteva a un bello spettacolo, in particolare lungo le strade 
    a Chiampore, Zindis e anche a Muggia Vecchia. Spariti i cassonetti, si sono 
    visti mucchi di sacchetti di rifiuti, a volte posati nei riquadri gialli che 
    delimitano lo spazio dei contenitori, e a volte no. 
    Il consigliere Massimo Santorelli (Fi) sbotta: «Non è concepibile che dopo 
    tre giorni dal cambio di gestione persistano i disagi, e che i sacchetti 
    siano a terra, in preda ai gatti randagi se non ai topi. E dove ci sono già 
    i cassonetti, nessuno li svuota. Ancora una volta - dice il consigliere - 
    sono soprattutto le periferie a essere lasciate indietro. La gente è 
    inorridita da questo modo di fare. Dove sono l’assessore Veronese e il 
    Comune? Perché nessuno vigila?». 
    L’assessore Piero Veronese ribatte: «Seguo da vicino l’avvicendamento e ho 
    visto i problemi a Chiampore, Muggia Vecchia e non solo. Sono zone ancora da 
    coprire. Abbiamo sollecitato la ditta, che ha chiesto un po’ di tempo in più 
    per la posa dei cassonetti. Entro domani (oggi, ndr.) avrà chiuso il giro. 
    Ritardi e sfasature li avevamo previsti - prosegue l’assessore -, la 
    contemporaneità delle operazioni di ritiro e distribuzione, seppur 
    auspicata, è difficile. Né sarebbe stato possibile affiancare i cassonetti 
    nuovi ai vecchi». 
    Da rimediare anche le posizioni dei cassonetti stessi. Molti sono troppo 
    spostati dai marciapiedi o dal bordo strada e rischiano di intralcare il 
    traffico. Altri hanno il pedale dalla parte della strada, mettendo a rischio 
    l’incolumità delle persone. Ieri AcegasAps ha cominciato a ritirare anche le 
    campane per la differenziata, che però Ecoverde non ha ancora fornito. 
    «Saranno distribuite fra un paio di giorni», assicura Veronese. 
    Interviene anche il segretario della Lista per Muggia Dario Grison: 
    «Tralasciando l'aspetto tecnico del passaggio e gli inevitabili disagi, e 
    senza tener conto del problema della leggerezza dei cassonetti, sono 
    preoccupato a seguito dell'offerta provocatoria fatta da Acegasaps che ha 
    evidentemente rinunciato a vincere la gara offrendo una cifra più alta, 
    ritenendo anche che l'appalto fosse stato ’’mal formulato’’. È evidente – 
    dice Grison - che qualcosa non torna e seppur confidando che la nuova ditta 
    saprà far fronte alla mole di lavoro, sorge il dubbio se riuscirà a 
    contenere i costi o se per far quadrare i conti dovrà ridurre il servizio. 
    Auspico che eventuali costi aggiuntivi non ricadano sulle spalle dei 
    muggesani e che si dia chiarezza su una gara d'appalto che più che curiosa 
    possiamo definire preoccupante». 
    s.re.   | 
  
 
 
  
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    I Verdi al sindaco di Duino: 
    «Non usare le terre bruciate distrugge la pastorizia» - Chiesta una deroga 
    urgente alla legge antipiromani   | 
  
  
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    DUINO AURISINA Una legge che a 
    livello nazionale serve per disincentivare gli incendi dolosi nei boschi 
    rischia di far collassare la pastorizia dell'altopiano, mettere a rischio la 
    landa carsica e creare danni ai giovani imprenditori che stanno rivolgendosi 
    al settore agricolo. Si tratta della legge nazionale del 2000, una norma 
    approvata per disincentivare la pratica con cui soprattutto nel Sud Italia i 
    boschi vengono incendiati per liberare nuove superfici disponibili per il 
    bestiame, e vieta per dieci anni il pascolo sulle superfici percorse dal 
    fuoco. Il ministero dell'Ambiente, dopo la recente estate di fiamme, ha 
    spinto presso le Regioni per la completa attuazione della legge, e per una 
    sua rigida applicazione: ma questo, almeno sul Carso, potrebbe causare seri 
    danni, tanto che i Verdi hanno inviato al sindaco di Duino Aurisina, con 
    l'intendimento di estenderlo a tutti i comuni del Carso triestino e isontino, 
    un ordine del giorno che impegni il sindaco a ottenere o una specifica della 
    norma stessa, o una deroga per i territori interessati dalla landa carsica.
     
    «Nel caso del Carso - spiega il Verde Maurizio Rozza, impegnato nella 
    salvaguardia della landa carsica e in progetti di reintroduzione 
    dell'allevamento e della pastorizia sul Carso, sistemi che permettono di 
    evitare la crescita spropositata degli arbusti, che a loro volta soffocano 
    la landa - il divieto di pascolo sulle aree vocate alla landa carsica, per 
    buona parte colpite da fuochi nell'arco degli ultimi dieci anni, darebbe il 
    colpo di grazia a questi delicati ecosistemi e ai giovani imprenditori 
    agricoli che - da Basovizza a Medeazza - stanno investendo per riprendere 
    questa attività storica».  
    La norma nazionale che tende a limitare l'attività dei piromani privandoli 
    di quello che risulta essere il loro scopo economico è, per quanto riguarda 
    il Carso, in contrasto anche con le norme della Comunità europea, che - 
    spiegano i Verdi - «ha imposto all'Italia di costituire sul Carso Siti di 
    importanza comunitaria e Zone di protezione speciale per tutelare gli 
    ecosistemi e le specie legate alla landa, imponendo al nostro Stato di 
    adottare tutte le misure utili alla sua conservazione o al suo ripristino. 
    Con la mozione presentata - concludono i Verdi - si vuole attivare una 
    azione sinergica con gli altri Comuni del Carso, con le Province, con la 
    Regione e con il ministero dell'Ambiente per modificare o reinterpretare la 
    norma affinché il pascolo controllato, quando utilizzato proprio per 
    salvaguardare gli ecosistemi tutelati dalle direttive comunitarie, venga 
    consentito anche sulle aree percorse dal fuoco, posto che il Carso tutto è 
    stato, negli ultimi dieci anni, percorso dalle fiamme, dolose o meno».  
    L'attività dei Verdi rientra nel più ampio progetto - in parte già attivato 
    a Basovizza - di riavvio economico delle attività agricole, di pastorizia e 
    di allevamento nel Carso, una serie di progetti che utilizzano anche fondi 
    comunitari e che coinvolgono in particolare giovani imprenditori del luogo.
     
    fr.c.   | 
  
 
 
  
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    Gas, allarme di Ortis: 
    «Italia a rischio-freddo, l’offerta è insufficiente» - Il monito dell’Authority 
    dell’energia   | 
  
  
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    ROMA Sul fronte del gas l'Italia 
    non è in sicurezza e «in caso di punte di freddo intenso alla fine della 
    stagione invernale, l'attuale offerta non è in grado di fronteggiare 
    compiutamente la domanda». Permane, quindi, «una seria preoccupazione», 
    mentre per essere in sicurezza, il sistema dovrebbe poter disporre di 130 
    milioni di metri cubi di gas al giorno aggiuntivi. L'allarme arriva dal 
    presidente dell'Autorità per l'Energia, Alessandro Ortis, che ha affrontato 
    il tema dell'emergenza gas in un'audizione alla commissione Bilancio della 
    Camera. Ortis ha sottolineato che le misure prese dal governo con «la 
    massimizzazione delle importazioni e il sistema di interrompibilità della 
    domanda industriale, consentono di mitigare il rischio». Ma allo stesso 
    tempo ha lanciato un avvertimento chiaro: «Se ai rischi del clima si 
    sommassero altre cause di riduzione dell'offerta invernale, quale ad esempio 
    l'interruzione accidentale delle importazioni da uno dei principali 
    metanodotti (che hanno capacità dell'ordine degli 80 Mmc/g), il sistema 
    potrebbe non essere in grado di far fronte alla domanda». 
    «Poichè in inverno la domanda di gas naturale nei giorni feriali è 
    mediamente superiore di circa 80 milioni di metri cubi al giorno rispetto 
    alla attuale capacità di produzione e importazione - ha spiegato ancora 
    Ortis - il ricorso agli stoccaggi è indispensabile in modo sistematico e non 
    occasionale. E quindi al termine di un inverno mediamente freddo l'offerta 
    da stoccaggi si riduce a circa 120 Mmc/g.  
    Complessivamente quindi l'offerta massima a fine inverno può scendere ai 400 
    Mmc/g, mentre la domanda può ancora raggiungere punte superiori ai 450 Mmc/g 
    in caso di freddo particolarmente intenso». Dai dati emerge che «un sistema 
    del gas adeguato alla attuale domanda dovrebbe disporre di almeno 130 Mmc/g 
    aggiuntivi di offerta». Un valore «rilevante se confrontato con gli 
    investimenti in corso. Basti considerare che il rigassificatore di Rovigo 
    apporterà appena 25 Mmc/g aggiuntivi, mentre gli ancora attesi potenziamenti 
    dei metanodotti da Russia e Algeria contribuiranno nel complesso per circa 
    35 Mmc/g».  
    La capacità di stoccaggio di gas, «quasi interamente del gruppo Eni, risulta 
    largamente insufficiente». Tecnicamente ed economicamente «sarebbe fattibile 
    un raddoppio delle capacità di stoccaggio», ma si registra una «inerzia» da 
    parte della Stogit, che non deriva da «scarsità di risorse», ma da «altre 
    motivazioni, di strategia di mercato dell'Eni».  | 
  
 
 
 
IL PICCOLO - 
MERCOLEDI', 3 ottobre 2007 
 
 
  
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    Test sui terreni di Servola: 
    inquinamento oltre i limiti  - Gli sforamenti avrebbero già superato il 
    numero che la legge consente nell’arco di un anno intero  | 
  
  
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    È il 
    risultato delle ultime analisi trimestrali realizzate attorno alla Ferriera 
    dal Cigra universitario per conto del pm Federico Frezza  
    
    Sforamenti dei limiti 
    d’inquinamento che per quantità hanno già superato quelli ammessi nell’arco 
    di un anno intero. 
    È la situazione certificata attorno alla Ferriera di Servola, sui terreni 
    circostanti, nel quartiere.  
    I dati appartengono all’ultima indagine realizzata per conto della 
    magistratura dal Cigra (Centro interdipartimentale per la gestione e il 
    recupero ambientale). Analisi e test svolti nell’ultimo trimestre. 
    Il documento che gli esperti dell’Università di Trieste hanno consegnato al 
    pm Federico Frezza è stato da questi in seguito inviato a tutte le parti 
    interessate: Azienda sanitaria, Provincia, Comune, Arpa, associazioni di 
    rappresentanza dei cittadini. Alcuni termini generali dei dati sarebbero 
    stati anticipati in una recente riunione coi comitati locali.  
    Peraltro numerosi cittadini di Servola, come si sa, sono tornati a 
    manifestare in Regione, e lo faranno nuovamente il 23 ottobre. 
    Il Cigra non anticipa né illustra, invece, il proprio lavoro. Ha un vincolo 
    di rapporto riservato con la magistratura che ha richiesto le indagini.  
    Altrettanto fa l’Azienda sanitaria. La Provincia, per voce dell’assessore 
    all’Ambiente, Ondina Barduzzi, afferma di non aver ancora ricevuto questa 
    posta. In tutti i casi si sa che quelle pagine contengono cattive notizie: 
    sostanze nocive sono depositate in quantità massiccia nell’area che circonda 
    la fabbrica. 
    Ovviamente per polveri sottili e altri prodotti di combustione (di cui è 
    provata l’azione cancerogena) va tenuto conto che essi sono pestifero frutto 
    anche del traffico – via Svevo e Grande viabilità – ma ciò che conta a tutti 
    gli effetti è il risultato finale: anche se sono in corso gli adempimenti 
    per la Valutazione ambientale integrata che obbliga l’azienda a un assiduo 
    controllo delle emissioni e a una decisa contrazione dell’inquinamento 
    dell’aria, gli sforamenti dei «picchi» nell’ambito delle ricadute a terra 
    vengono definiti «allarmanti» e la situazione complessiva della zona è 
    ampiamente fuori norma. 
    Negli scorsi giorni una riunione in Prefettura tra tutti gli attori 
    coinvolti (dall’azienda stessa alla magistratura) aveva posto l’accento 
    specialmente sul prossimo Piano della qualità dell’aria che la Regione 
    dovrebbe redigere, ma non prima di otto mesi, e dal quale prendere base per 
    definire anche i limiti cui deve sottostare la Ferriera. 
    Così adesso, mentre i cittadini stanno facendo cause legali al Comune, alla 
    Provincia e alla proprietà della Ferriera, si allineano ormai numerose 
    opzioni e pressioni attorno alla fabbrica di ghisa: le inchieste del pm, le 
    analisi dell’Azienda sanitaria e quelle dell’Arpa, la Valutazione ambientale 
    integrata (gli ultimi documenti prodotti saranno esaminati entro fine mese, 
    una riunione fra enti è fissata per il 30 ottobre), le indagini sui terreni 
    firmate dal Cigra, le raccomandazioni del ministro Pecoraro Scanio che ha 
    fatto per primo il riferimento al Piano dell’aria (subito raccolte dai Verdi 
    e pure da altri), e non certo da ultimo il minaccioso e reiterato intento 
    del sindaco di chiudere definitivamente la Ferriera. 
    Intanto si attendono sviluppi sulla trattativa per l’acquisto dello 
    stabilimento di Servola da parte del gruppo cremonese Arvedi. Emissari 
    dell’azienda nelle scorse settimane hanno visitato le strutture della 
    Ferriera.  | 
  
 
 
  
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    Un tavolo di lavoro a Sgonico 
    per gestire la raccolta dei rifiuti  - Decisione del consiglio 
    municipale   | 
  
  
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    SGONICO Un tavolo di lavoro per 
    gestire in modo efficace la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti in ambito 
    municipale. 
    L'idea è del Comune di Sgonico, che nella sua ultima riunione del consiglio 
    ha deciso di istituire ufficialmente un tavolo di lavoro per fronteggiare in 
    modo efficiente la questione rifiuti lungo il proprio territorio. La 
    decisione segue una stagione di impegno che ha visto l'amministrazione 
    comunale particolarmente attiva su questo fronte. 
    Nel corso dell’ultimo anno infatti il Comune si è adoperato per la 
    sensibilizzazione dei cittadini sul tema, provvedendo alla distribuzione 
    alla comunità di un opuscoletto informativo sulla raccolta differenziata, 
    realizzato grazie a un contributo dell'ente provinciale di Trieste. 
    Il nuovo tavolo di lavoro che è stato istituito rappresenta un ulteriore 
    passo in questa direzione, e avrà il compito di rintracciare delle soluzioni 
    appropriate per migliorare il servizio dello smaltimento delle immondizie. 
    Per implementare le operazioni di recupero e suddivisione dei materiali, 
    risulterà di notevole supporto quella mappa interattiva che rileva le 
    differenti postazioni dei cassonetti presenti lungo il territorio comunale 
    di Sgonico. 
    Lo strumento di lavoro è stato realizzato dall'ufficio tecnico municipale, e 
    permette di evidenziare la densità dei contenitori di rifiuti rispetto alla 
    distanza dalle abitazioni degli utenti. 
    Attualmente, sul territorio comunale di Sgonico, risultano dislocati 
    complessivamente 208 cassonetti, dei quali 158 utili alla raccolta dei 
    rifiuti domestici, 12 riservati al deposito del vetro, 24 riservati alla 
    carta e 14 che sono destinati alla raccolta della plastica. 
    Del tavolo di lavoro comunale, oltre al primo cittadino di Sgonico Mirko 
    Sardoc e all'assessore all'Ambiente Igor Gustincic fanno parte sia esponenti 
    della coalizione Skupaj/Insieme di maggioranza, vale a dire i consiglieri 
    Adriano Regent e Grilanz Bozic, che dell'opposizione, ovvero Nicola Guarrino 
    per il Poloper Sgonico e Barbara Zivec in rappresentanza della Slovenska 
    Skupnost. 
    m.l.  | 
  
 
 
  
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    Sviluppo della Val Rosandra: 
    presentazione pubblica delle iniziative agli abitanti di Bottazzo e Bagnoli 
    - Domani un incontro al Rifugio Premuda   | 
  
  
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    SAN DORLIGO Si svolgerà domani 
    alle 19.30 a Bagnoli Superiore, al Rifugio Premuda, un nuovo incontro 
    nell’ambito del processo di Agenda 21 volto a sentire la cittadinanza in 
    merito alla stesura del Piano di conservazione e sviluppo della Val Rosandra. 
    Il Comune ha infatti organizzato una serie di incontri, il primo dei quali 
    si è svolto settimana scorsa a Dolina. 
    L’appuntamento di domani è rivolto ai residenti delle frazioni di Botazzo, 
    Bagnoli della Rosandra e Bagnoli Superiore. L’assessore Laura Stravisi 
    spiega: «L’incontro ha come obiettivo la presentazione delle iniziative che 
    il Comune intende attivare per gestire la Riserva naturale regionale della 
    Val Rosandra, e sollecitare ogni gruppo di popolazione invitata agli 
    incontri ad individuare uno o più “portavoce” che facciano da tramite tra il 
    proprio gruppo ed il Comune, consentendo ad essi il costante aggiornamento 
    su ogni azione intrapresa». 
    All’incontro di Dolina, i cittadini hanno già colto l’occasione per 
    esprimere le proprie opinioni e hanno anche messo l’accento su argomenti che 
    vanno al di là della gestione della Riserva. «Alcuni dei presenti – così 
    Stravisi - hanno dichiarato di apprezzare il fatto che il Comune abbia 
    deciso di consultare i cittadini su un tema così vicino a loro, che vivono 
    il territorio, e questo ci ha dato in qualche modo conferma di essere 
    partiti in maniera corretta, ma soprattutto condivisa, per la gestione della 
    Riserva». 
    s.re.  | 
  
 
 
  
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    Sinergia con la Slovenia 
    sulle energie alternative - Presentati gli effetti del progetto Interreg
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    Grazie alle opportunità offerte 
    dai diversi programmi comunitari a cui ha preso parte la Regione, in questi 
    anni è stato possibile valorizzare lo sviluppo sostenibile e le energie 
    alternative sull’intero arco alpino del Friuli Venezia Giulia. A mettere in 
    luce l’importanza della programmazione comunitaria in un settore attuale e 
    quanto mai delicato come quello delle energie rinnovabili è stato il 
    convegno «Sviluppo sostenibile ed energie alternative: verso nuove 
    opportunità», nel corso del quale sono stati presentati dati ed effetti 
    della programmazione Interreg III A Italia-Slovenia 2000-2006.  
    L’incontro, svoltosi a Tarcento lo scorso 18 settembre, ha dato il via a una 
    serie di incontri che saranno organizzati in diverse località regionali fino 
    alla fine di quest’anno, proprio per far emergere quanto di buono è emerso 
    dal bilancio sulla vecchia programmazione Interreg IIIA Italia-Slovenia. ”«i 
    tratta - ha commentato l’assessore regionale alle Relazioni internazionali 
    Franco Iacop - di trarre frutto dallo scambio di esperienze, individuando la 
    miglior utilizzazione possibile delle fonti alternative, nel rispetto 
    dell'ambiente e del paesaggio». Nel corso delle assise sono stati illustrate 
    tutte le attività portate avanti in questo ambito nella regione: lo studio 
    per l’individuazione, l’organizzazione e la gestione di un bacino 
    territoriale transfrontaliero per la valorizzazione, ai fini energetici, 
    delle biomasse forestali nella Comunità montana del Torre, Natisone e Collio, 
    nonché la pianificazione partecipata transfrontaliera di aree di elevato 
    valore naturalistico nell'area meridionale delle Giulie e la realizzazione 
    di centri gestionali e di informazione sul territorio protetto dell'arco 
    alpino orientale (Prealpi Giulie).  
    L’incontro del mese scorso, però, non aveva solo lo scopo di fare il punto 
    sul lavoro svolto finora, ma anche quello di stimolare l’interesse degli 
    enti e delle realtà locali sulle potenzialità dell’azione comunitaria mirata 
    a valorizzare le attrattive del territorio e di favorire nel contempo la 
    fruizione delle risorse naturali anche ai fini dello sviluppo delle energie 
    alternative. Ma non solo: una parte non meno importante del convegno è stata 
    anche dedicata alle prospettive future della nuova programmazione 2007-2013. 
    Se si considera il recente allargamento dell’Unione Europea, salta subito 
    agli occhi come l’area programmatica italo-slovena abbia assunto 
    un’importanza strategica fondamentale sia a livello europeo che 
    internazionale, trasformandosi da zona periferica ad area centrale nel 
    contesto geografico della nuova Europa allargata. 
    La cooperazione transfrontaliera Italia-Slovenia 2007-2013, quindi, offrirà 
    svariate opportunità agli enti locali da una parte e l’altra del confine, 
    ormai in procinto di cadere. Rispetto al periodo di programmazione 
    2000-2006, infatti, l’estensione dell’area di riferimento è aumentata 
    considerevolmente, includendo anche le Province emiliano-romagnole di 
    Ravenna e Ferrara e la Provincia veneta di Padova. Un allargamento che non 
    ha risparmiato nemmeno la vicina Slovenia, dove ad aggiungersi è stata la 
    Regione statistica Gorenjska. I nuovi ingressi hanno comportato un notevole 
    incremento dell’area ammissibile e della popolazione interessata, pari, 
    rispettivamente, a +62,9 per cento e a +65,8%. Obiettivo principale del 
    programma 2007-2013 sarà quello di «rafforzare l’attrattività e la 
    competitività dell’area-programma». 
    e. le.  | 
  
 
 
 
IL PICCOLO - 
MARTEDI', 2 ottobre 2007 
 
 
  
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    FERRIERA - Servola, i 
    residenti protestano in Consiglio regionale  - Delegazione ricevuta dai 
    capigruppo. Momenti di tensione: occupato l’atrio dell’edificio  | 
  
  
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    Qualche centinaio (circa 400 
    secondo gli organizzatori) di residenti del rione di Servola hanno 
    manifestato sotto la sede del Consiglio regionale per esprimere la loro 
    preoccupazione in merito alla vicenda legata alla Ferriera di Servola.  
    Una delegazione è stata ricevuta dai capigruppo del Consiglio al termine 
    della seduta di ieri per chiedere un incontro istituzionale e per far 
    conoscere ai rappresentanti dei partiti la situazione di inquinamento di 
    Servola con gravi conseguenze per la salute dei residenti.  
    Non sono mancati momenti di tensione quando alcuni manifestanti che hanno 
    cercato di forzare l’entrata in Consiglio ed è dovuta intervenire la polizia 
    per evitarlo. Tuttavia, dopo il breve incontro con i capigruppo (avvenuto 
    verso le 19), un gruppo di una cinquantina di persone ha occupato l’atrio 
    dell’edificio impedendo di fatto l’uscita.  
    Il vicepresidente del Consiglio regionale, Roberto Asquini, ha 
    immediatamente contattato il presidente Alessandro Tesini per comunicargli 
    la richiesta degli abitanti di Servola. «Ho consigliato ai rappresentanti 
    degli abitanti di Servola di contattare gli uffici della presidenza per 
    concordare l’incontro - racconta Asquini - ricordando tuttavia che il 
    Consiglio ha un ruolo politico e non può arrogarsi quello esecutivo».  
    Un’altra manifestazione è stata inoltre annunciata per il 23 ottobre, in 
    concomitanza con la seduta del Consiglio regionale. 
    Intanto, il Comitato lavoratori aziende in crisi si è rivolto con una nota 
    ai colleghi della struttura di Servola. Secondo questa rappresentanza, le 
    conclusioni sono che «oggi i Centri provinciali per l’impiego non 
    funzionano, la piattaforma sindacale per il rilancio dell’industria nella 
    provincia di Trieste non ha sortito effetti e - questo l’epilogo del 
    comunicato - ognuno cerca soluzioni individuali con il minor danno possibile 
    a un problema che riguarda invece tutti i lavoratori».  | 
  
 
 
  
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    Incontro sulla Variante 
    generale al Piano regolatore  | 
  
  
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    Questo pomeriggio alle 17, nella 
    sede del Mib in largo Caduti di Nassiriya 1, si terrà un incontro che avrà 
    come oggetto l’illustrazione dei contenuti della delibera del Consiglio 
    comunale n. 83 del 27 luglio scorso. Con essa, sono state impartite le 
    direttive per la predisposizione della Variante generale al Piano regolatore 
    comunale in regime di salvaguardia. All’incontro interverrà l’assessore 
    comunale alla Pianificazione territoriale, Maurizio Bucci.  | 
  
 
 
  
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    Oggi a Zindis il primo 
    incontro di Agenda 21 - Scattano i confronti pubblici nelle frazioni sul 
    tema «Mobilità sostenibile»   | 
  
  
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    MUGGIA Inizierà oggi la serie di 
    incontri pubblici nelle frazioni muggesane, per illustrare il processo di 
    Agenda 21 avviato dal Comune per un progetto di «Mobilità sostenibile, 
    riqualificazione e rivitalizzazione degli spazi urbani di uso pubblico» sul 
    territorio. 
    Il processo prevede infatti di avviare una serie di incontri con la 
    popolazione, per individuare i possibili partecipanti al forum che poi 
    affronterà la tematica e presenterà le sue proposte. Da ogni rione saranno 
    nominati tre rappresentanti, che si affiancheranno ad altri portatori di 
    interessi che lavoreranno assieme. Accanto al forum, nascerà anche un 
    laboratorio della città sostenibile dei bambini e delle bambine, composto da 
    alunni rappresentanti di tutte le scuole muggesane, che si esprimerà in 
    particolare su mobilità e riqualificazione degli spazi urbani. 
    Oggi l’appuntamento è alle 17.30 alla scuola Zamola per i residenti di 
    Zindis. Alle 19, invece, alla scuola elementare di Chiampore per i residenti 
    della frazione e di Muggia Vecchia. Si prosegue poi giovedì alle 17.30 alla 
    scuola «Giardino dei mestieri» per il rione di Fonderia. Alle 19 invece i 
    residenti di Aquilinia saranno invitati in palasport. Martedì 9, infine, 
    alle 17.30 incontro alla sala Millo per i residenti di Muggia centro, e alle 
    19 alla ex scuola elementare di Santa Barbara per i residenti della frazione 
    collinare. 
    Ma intanto il consigliere Claudio Grizon (Fi), pur condividendo l’importanza 
    della partecipazione della gente, ritiene Agenda 21 uno spreco di denaro 
    pubblico. «Per il progetto sulla mobilità che sarà oggetto dei lavori non 
    c'è un euro – dice -, però per francobolli, consulenze e contratti di 
    collaborazione la giunta Nesladek per ora potrà spendere 23 mila euro della 
    Regione e altri 10 delle casse comunali. Si tratta – aggiunge il consigliere 
    forzista - di un Forum consultivo, politicamente su misura della giunta, che 
    darà voce e farà da gran cassa alle proposte della maggioranza. Prevede 
    sostanzialmente la partecipazione volontaria dei cittadini e di esperti che 
    saranno scelti dalla giunta, assieme ai consulenti pagati novemila euro per 
    tre mesi di lavoro». Il consigliere chiosa polemico: «Se per tagliare l'erba 
    vicino alle scuole o per pulire i marciapiedi o le caditoie la giunta ora 
    dovrà attivare il Forum di Agenda 21 siamo davvero alla frutta. La 
    partecipazione dei cittadini alle scelte dell'amministrazione è una cosa 
    importante, ma quella della maggioranza è un assemblearismo alla ricerca di 
    un demagogico consenso». 
    s.re.  | 
  
 
 
 
IL PICCOLO - 
LUNEDI',    1 ottobre 2007
 
 
  
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    Parte il 
    
    piano parcheggi: 8 
    su 18 a rotazione  - Previsti l’eliminazione delle auto dal lungomare e 
    il dimezzamento del fabbisogno nell’area Tribunale-S. Antonio  | 
  
  
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    Al via 
    l’iter per l’approvazione in Consiglio comunale. 5310 i nuovi stalli nel 
    progetto. Dopo il sì le gare per il project financing  
    
    Nuovo piano parcheggi, si parte. 
    Approvato in primavera dalla giunta comunale, il corposo documento che 
    individua le localizzazioni di 18 possibili nuovi contenitori - quasi tutti 
    multipiano e interrati - sarà presentato giovedì alla commissione 
    urbanistica, da cui passerà poi all’esame del consiglio comunale. 
    Le cifre sono rilevanti: 5310 nuovi posti auto previsti, 134 milioni 950 
    mila euro di costi complessivi stimati, 51 mila 790 metri quadri di piano 
    stradale interessati dalle nuove strutture, che comportano la 
    riqualificazione delle aree di superficie. Se realizzato, il piano 
    risolverebbe in buona parte i problemi globali di parcheggio in città che 
    sono stati fotografati in uno studio condotto due anni fa dal Comune sul 
    fabbisogno di posti (cioè la differenza tra domanda e offerta) e riassunti 
    in queste cifre: 11.972 posti da reperire per le auto, 20.732 per le due 
    ruote. Numeri ridotti di notte rispettivamente a 4.455 e 13.816. 
    Il via libera al piano non ne comporterà l’automatica attuazione: in gran 
    parte dei casi il Comune lancerà delle gare per affidare la costruzione dei 
    parking a imprese che potranno poi rientrare degli investimenti con la 
    vendita o la gestione delle strutture. 
    Curato dagli uffici tecnici comunali, il piano ha considerato le aree più 
    centrali della città, comprese grossomodo nella zona delimitata da 
    cavalcavia di viale Miramare-Roiano, Università nuova, via Baiamonti e Rive. 
    Questo perimetro è stato suddiviso in 18 zone, per ciascuna delle quali sono 
    stati quantificati la carenza di parcheggi e il tipo di posti più richiesto, 
    per esempio con sosta a rotazione o legata alle esigenze dei residenti. Per 
    questo, il documento indica - in modo comunque non vincolante - le tipologie 
    dei parcheggi da costruire: 10 su 18 di tipo residenziale, le altre 8 a 
    rotazione. Spiccano tra queste i tre parking interrati sulle Rive e il 
    contenitore sotto il colle di San Giusto. 
    Ma vediamo la mappa dei parcheggi e i benefici che secondo il piano 
    comporterebbero (qui sopra la tabella). Due le strutture a Roiano: l’una in 
    largo Roiano, l’altra in via dei Moreri. I due parcheggi in pratica 
    coprirebbero il fabbisogno diurno. Almeno per la struttura destinata a 
    sorgere al posto della caserma Polstrada, però, i lavori - legati appunto 
    allo spostamento della caserma - non potranno partire prima del 2010. 
    Ridotto di metà il fabbisogno diurno di posti anche nell’area 
    Tribunale-Carducci, dove si prevede l’ampliamento del parking di Foro 
    Ulpiano (già inserito nell’attuale piano) e il parcheggio di piazza Sant’Antonio, 
    segnalato dalla stessa relazione allegata al piano per le «diverse 
    problematiche» che presenta tanto per il contesto urbanistico quanto per le 
    difficoltà che lo scavo in un’area vicina ai palazzi potrebbe comportare. Ma 
    «la sua collocazione strategica - precisa lo studio - può contribuire a 
    eliminare» buona parte dei posti auto lungo le vie adiacenti. 
    Altri due impianti sono previsti in zona Università nuova e al Giulia, dove 
    il parcheggio occuperebbe un’area in superficie. Concentrati lungo le Rive e 
    in aree limitrofe sette contenitori, tra cui quello sotto il colle di San 
    Giusto (i lavori non sono partiti, sebbene annunciati un anno e mezzo fa) e 
    i tre sulle Rive. Qui i contenitori porterebbero a ridurre del 280% il 
    fabbisogno di posti auto: una scelta assunta nell’ottica di liberare le Rive 
    dai parcheggi. 
    In aree più periferiche sono invece situati gli ultimi cinque impianti: il 
    più importante è quello di piazzale delle Puglie, che abbatterebbe del 55% 
    il fabbisogno di posti auto in zona. Non rientrano infine nel piano, ma sono 
    stati citati in una delibera a sé stante per farne partire l’iter, due 
    ulteriori contenitori proposti da An: in piazzale Vittime dell’11 settembre 
    a Barcola, e alle ex Officine Holt in via Gambini. 
    
    Paola Bolis  | 
  
 
 
  
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    PIANO PARCHEGGI - Ma il 
    documento non riguarda la richiesta per le due ruote  | 
  
  
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    Il piano parcheggi considera le 
    sole auto e non le moto. sebbene lo studio realizzato due anni fa dal Comune 
    abbia evidenziato che per queste ultime la situazione risulta ancora più 
    critica. In tutti i nuovi contenitori previsti però, si legge nella 
    relazione acclusa al piano, «è possibile individuare stalli per i motocicli, 
    anche in relazione alla notevole domanda di sosta»: in questo caso, l’area 
    occupata da un’auto sarebbe sufficiente a ospitare quattro motocicli. 
    Il documento sottolinea anche il «forte legame» tra il piano del traffico - 
    di cui si discute da quasi tre anni - e l’aggiornamento del piano parcheggi, 
    giacché le scelte in termini di viabilità sono «di notevole impatto sulle 
    strutture» di posteggio previste. I tecnici comunali annotano comunque come 
    le scelte operate per il nuovo piano parcheggi «non contrastano» con il 
    piano del traffico oggi vigente e «neppure con quanto previsto dalla bozza 
    del nuovo strumento», quella redatta dall’ingegnere dei trasporti Roberto 
    Camus, che però il Comune sta modificando.  | 
  
 
 
 
 
IL PICCOLO - 
DOMENICA,    30 settembre 2007
 
 
  
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    «Puliamo il buio»: volontari 
    al lavoro per bonificare le grotte  | 
  
  
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    I volontari 
    della Federazione speleologica triestina e di Legambiente saranno impegnati 
    oggi nell’asporto delle immondizie gettate nel Pozzo del Cimitero militare 
    di Duino  
    
    DUINO AURISINA Torna oggi la 
    manifestazione nazionale «Puliamo il Buio», organizzata dalla Società 
    speleologica italiana in collaborazione con Legambiente nell’ambito di 
    «Puliamo il Mondo», iniziativa dedicata alla pulizia di ambienti naturali da 
    parte di gruppi di volontari. A Trieste uno dei punti più colpiti 
    dall’inquinamento è il Carso. «L’utilizzo di grotte naturali e cavità 
    artificiali come discariche abusive di rifiuti è un fenomeno diffuso ancora 
    ovunque», spiega Mila Bottegal, della Federazione speleologica triestina: 
    «Questa pessima abitudine ha origini antiche, quando si pensava che fosse 
    possibile ignorare le immondizie. Ma oggi il problema non è più eludibile, i 
    nostri stessi rifiuti stanno avvelenando il pianeta». 
    Nel settembre 2006 la Protezione civile di Duino e alcuni ragazzi del 
    Collegio del Mondo unito hanno raccolto 31 metri cubi di spazzatura, in due 
    giornate di lavoro, con il supporto di 31 speleologi. Alcuni gruppi aderenti 
    alla Federazione speleologica triestina, in collaborazione con il Comune di 
    Duino, avevano pulito la Caverna a nord ovest di Duino e il Pozzetto a ovest 
    di Precenico, anche con l’installazione di teleferiche per recuperare 
    rifiuti ingombranti, gettati nella grotta, eliminati poi dall’intervento 
    dell’Acegas-Aps. 
    All’interno delle cavità vengono recuperate immondizie di ogni tipo, dalle 
    borse di plastica a vecchie lavatrici, batterie e rottami vari. Solo sul 
    Carso, in provincia di Trieste, la Federazione ha calcolato che, sulle oltre 
    2600 grotte censite, circa 150 risultano inquinate e quindi a rischio 
    ambientale. Per questo anche oggi verrà ripetuta la vasta operazione di 
    bonifica. Su segnalazione del Corpo forestale i volontari puliranno il Pozzo 
    del Cimitero militare, sempre nel comune di Duino. L’imbocco della cavità, 
    vicino al quadrivio di San Pelagio, è stato esplorato per la prima volta nel 
    1924, quando gli abitanti di Prepotto raccontarono che durante la guerra nel 
    pozzo venivano scaricare le salme dei caduti. 
    Speleologi e volontari saranno al lavoro dal mattino per l’intera giornata. 
    Informazioni sul sito www.puliamoilbuio.it, www.spin.it/speleo/FedTs.  
    Micol Brusaferro   | 
  
 
 
 
IL PICCOLO - 
SABATO, 29 
settembre 2007
 
 
  
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    Ferriera, 200 persone 
    all’assemblea dei comitati  | 
  
  
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    Più di 200 persone hanno 
    partecipato l’altra sera all’assemblea sull’inquinamento prodotto dalla 
    Ferriera, promossa al ricreatorio comunale di Servola dai comitati locali. 
    L’incontro ha fatto il punto sulle iniziative legali, avviate dall’avvocato 
    Giuliano Spazzali per conto di decine di residenti, nei confronti della 
    proprietà dello stabilimento e degli amministratori locali (sindaci di 
    Trieste e Muggia, presidenti di Provincia e Regione). Nell’occasione è stata 
    illustrata la relazione inviata la settimana scorsa al pm Federico Frezza da 
    parte del Cigra, il soggetto che cura le campionature delle emissioni della 
    Ferriera. I dati contenuti in quella relazione sono stati definiti 
    «terrificanti», specie quelli riferiti al benzopirene e alle polveri 
    sottili. Preoccupanti sono stati giudicati anche i risultati, contenuti 
    sempre nella relazione, dei test sulle cellule e sul dna dopo l’esposizione 
    ad emissioni di agenti inquinanti simili a quelle prodotte a Servola. Test 
    che rivelerebbero mutazioni cellulari e genetiche.  
    L’assemblea ha infine deciso di organizzare una manifestazione di protesta, 
    lunedì prossimo alle 17.30 in piazza Oberdan, contro la decisione della 
    Regione di accettare la richiesta del gruppo Lucchini-Severstal di ottenere 
    l’autorizzazione di impatto ambientale  | 
  
 
 
  
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    Cambia la raccolta dei 
    rifiuti a Muggia  - La ditta Ecoverde subentra lunedì ad AcegasAps: 
    cassonetti da sostituire  | 
  
  
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    Dai veneti 
    un’offerta al ribasso del 18%. Ma per l’ex municipalizzata la base d’asta 
    era «incongrua»   | 
  
  
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    La modifica 
    dei contenitori avverrà nel weekend: possibili disagi per la cittadinanza  | 
  
  
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    MUGGIA Da lunedì la gestione 
    della raccolta dei rifiuti a Muggia passa dall’AcegasAps alla Ecoverde di 
    Caorle, che ha vinto la gara d’appalto. Tra i motivi, un’offerta economica 
    più alta della base di gara da parte della ditta triestina. Il subentro 
    comporta la sostituzione dei cassonetti, e ci potrebbero essere disagi per 
    la cittadinanza. 
    L’affidamento comprende tutta la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti 
    solidi urbani, la raccolta differenziata, la realizzazione di isole 
    ecologiche e la gestione della piazzola ecologica di Noghere.  
    Con questo rinnovo l’amministrazione punta molto sulla raccolta 
    differenziata. Vuole vedere attuato infatti un incremento che parte da un 
    30% nel 2008 per arrivare all’obiettivo del 70% nel 2011. L’aumento previsto 
    della raccolta differenziata sul territorio comporterà anche un aumento del 
    numero di cassonetti e campane da posizionare sulle strade (ora ce ne sono 
    quasi 400). All’aggiudicatario è richiesto tra l’altro anche di realizzare 
    una campagna di sensibilizzazione ambientale, promuovendo - tramite dépliant 
    o altro - la raccolta differenziata e i servizi resi.  
    Alla gara si erano presentate l’AcegasAps (la cui gestione era in scadenza 
    dopo alcune proroghe) e la Ecoverde di Caorle, che già opera a Muggia in 
    subappalto proprio per l’Acegas. Il bando si è chiuso a fine agosto. La 
    commissione ha effettuato ben sei sedute di gara per vagliare le offerte. La 
    base d’asta era di poco più di 2 milioni e 600 mila euro, con proposte al 
    ribasso. La Ecoverde ha presentato un’offerta del 18% in meno sulla base 
    d’asta (quindi, poco più di due milioni e 170 mila euro). 
    L’offerta AcegasAps invece è stata più alta, oltre 4 milioni e 200 mila, 
    citando una «manifesta incongruità dell’importo posto a base di gara 
    rispetto alle prestazioni richieste» (così l’AcegasAps nel testo 
    dell’offerta, riportata nel verbale di gara). Il motivo di tale differenza 
    sarebbe costituito soprattutto dai maggiori costi per lo smaltimento dei 
    rifiuti non differenziati, proprio in vista degli obiettivi di aumento della 
    percentuale di raccolta differenziata richiesti nel capitolato d’appalto. 
    L’offerta (in base proprio al capitolato d’appalto) non è stata ammessa 
    dalla commissione di gara. 
    E c’è stato anche un piccolo battibecco. Il delegato dell’AcegasAps ha 
    infatti voluto che fosse riportata nel verbale la sua dichiarazione: «La 
    ditta che si è aggiudicata la gara ha ritenuto congrui i prezzi, e pertanto, 
    che nel quinquennio in argomento non chieda la loro revisione». La Ecoverde 
    opererà dunque a Muggia dal primo ottobre fino al 31 dicembre 2011. Il 
    passaggio fra le due società determinerà la sostituzione dei cassonetti 
    posizionati sul territorio. 
    Una sostituzione che dovrebbe essere per lo più contemporanea, ma dato anche 
    che ciò avviene nell’arco di un fine settimana, ci potrebbero essere dei 
    disservizi: in alcune zone potrebbero temporaneamente non esserci i soliti 
    cassonetti per i rifiuti. 
    Il Comune, prevedendo tali disagi, chiede la collaborazione dei cittadini 
    nell’agevolazione delle operazioni. Per qualsiasi informazione o problema si 
    potrà contattare la segreteria del Servizio territoriale e ambiente al 
    telefono 040-3360413, o direttamente la ditta Ecoverde, al numero 
    0421-290645. 
    Sergio Rebelli  | 
  
 
 
  
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    Urbanistica di Dolina Sì ai 
    pannelli solari e ai lucernari sui tetti - Variazioni di bilancio Previsti 
    più fondi per lo smaltimento delle immondizie  | 
  
  
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    Il consiglio 
    comunale approva la variante  
    
    SAN DORLIGO DELLA VALLE Il 
    consiglio comunale di San Dorligo della Valle ha approvato nella seduta di 
    ieri la variante numero 1 al piano particolareggiato della frazione di 
    Dolina. L’iter di approvazione aveva preso il via già lo scorso anno, con 
    l’adozione del documento urbanistico; adesso, dopo il passaggio in Regione e 
    l’accoglimento delle osservazioni della popolazione, è passato alla sua fase 
    conclusiva. 
    Sono state sei le osservazioni alla variante presentate dai residenti, tre 
    delle quali sono peraltro state emendate dai gruppi di maggioranza (una 
    anche dai Verdi). Il consigliere dei Cittadini, Elisabetta Sormani, ha 
    presentato gli emendamenti discussi in aula e alla fine approvati. Tra 
    questi, uno ha riguardato la possibilità di installare serbatoi di accumulo 
    esterni ai pannelli solari anche sui tetti laddove non ci siano soluzioni 
    alternative e meno impattanti. Oppure anche il permesso di costruire bussole 
    agli ingresso delle abitazioni, ma non su strada o su aree che siano gravate 
    da servitù. 
    Proprio la possibilità di installare dei pannelli solari (assieme a quella 
    di aprire dei lucernari sui tetti) costituisce una delle novità inserite 
    nella variante approvata, che va così a modificare il precedente piano 
    particolareggiato approvato già sei anni fa, nel 2001. 
    La seduta del consiglio comunale ha visto anche l’approvazione della 
    ricognizione dell’attuazione del programma e degli equilibri di bilancio, 
    oltre ad alcune variazioni al documento finanziario dell’ente. Tra queste, 
    un maggior finanziamento per lo smaltimento rifiuti. E proprio la delibera è 
    stata criticata dal consigliere Boris Gombac (Uniti nelle tradizioni): «Si 
    dimostra così che la raccolta differenziata ci costa più di quanto era 
    previsto», ha attaccato, «e si prelevano i soldi da spese correnti che 
    presentano economie, come l’assistenza e i servizi scolastici. Guarda caso 
    l’anno scorso era stato aggiunto il balzello di un euro per lo scuolabus». 
    L’assessore Igor Tul (Ds) ha spiegato in replica tale aumento (pari a 20 
    mila e 500 euro) con la maggior quantità di rifiuti ingombranti raccolti 
    finora. 
    Nel corso della seduta, il consigliere di Uniti per Dolina, Sergio Mahnic, 
    ha proposto infine di devolvere il gettone di presenza odierno alle famiglie 
    delle vittime della recente alluvione in Slovenia. 
    s.re.  | 
  
 
 
  
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    Missione ecologica  - 
    Domani pulizia a San Pelagio  | 
  
  
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    Il Circolo Verdeazzurro di 
    Legambiente Trieste, in collaborazione con il Comune di Duino Aurisina e con 
    la Federazione speleologica Triestina, organizza per domani (con ritrovo 
    alle 9 al ristorante Gruden di San Pelagio) la pulizia di una zona carsica 
    nella zona di San Pelagio. Si interverrà in una grotta e sul territorio 
    circostante.  | 
  
 
 
 
IL PICCOLO - 
VENERDI', 28 settembre 2007
 
 
  
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    Navi nucleari, piano 
    d’emergenza - Il Golfo è uno dei punti di sosta. Presentato un opuscolo che 
    spiega che fare in caso di necessità  | 
  
  
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    Un opuscolo per informare la 
    popolazione sugli aspetti legati alla sosta di navi a propulsione nucleare 
    nel Golfo di Trieste. E’ stato presentato ieri in Municipio perché «la rada 
    di Trieste – ha spiegato l’assessore Piero Tononi - è uno dei punti di sosta 
    del territorio italiano dove possono fermarsi navi militari a propulsione 
    nucleare». In questa prospettiva, la Prefettura ha messo a punto un piano 
    d’emergenza realizzando, assieme a Comune, Arpa, Ospedali riuniti e Azienda 
    sanitaria, Vigili del Fuoco e Capitaneria di Porto, una sintetica 
    pubblicazione, presentata, oltre che da Tononi, da Natalino Benedetti per la 
    Prefettura, Concettina Giovani per l’Arpa, dal vicecomandante provinciale 
    dei Vigili del Fuoco Romeo Giacuzzo, Sara Sanson per l’Azienda sanitaria, 
    Mauro Silla, vice direttore generale del Comune. «L’obiettivo - ha aggiunto 
    l’assessore - è favorire una capillare informazione in caso d’emergenze». 
    Gli opuscoli sono 65.600 e saranno distribuiti dagli uffici Urp del Comune e 
    dell’Azienda Sanitaria, nei Centri civici e nelle scuole. Copie dei testi 
    potranno essere visibili e scaricati dai siti internet degli enti e delle 
    istituzioni che hanno realizzato l’iniziativa  | 
  
 
 
  
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    CASA BIOLOGICA 
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    UDINE Continua l'appuntamento 
    con Casa Moderna: fino al 1° ottobre è aperta la kermesse alla Fiera di 
    Udine. Casa Biologica torna protagonista domani con gli incontri sul 
    risparmio energetico. La «bio casa» infatti è una realtà che si sta sempre 
    più affermando: per scoprirne tutte le opportunità e i vantaggi, Casa 
    Moderna propone un'altra occasione di aggiornamento domani con ben quattro 
    incontri siglati Casa Biologica e curati da Casambiente per parlare di bio 
    edilizia ed eco compatibilità. Il primo a partire dalle 9.00 sarà un vero e 
    proprio corso teorico pratico dedicato al Conto Energia 2007 che, grazie ai 
    nuovi sviluppi di legge, non è più solamente un incentivo all'acquisto dei 
    pannelli fotovoltaici, bensì una vendita vera e propria all'Enel 
    dell'energia non utilizzata per il fabbisogno quotidiano. Gli incontri 
    proseguiranno con «il risparmio energetico fai da te», incontro curato 
    dall'Associazione P.A.E.A. (Progetti Alternativi per l'Energia).  | 
  
 
 
 
IL PICCOLO - 
GIOVEDI',  27 settembre 2007
 
 
  
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    Terrapieno, ricorso contro 
    l’archiviazione  | 
  
  
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    Ricorso in tutte le sedi 
    istituzionali competenti, italiane ed europee, contro la decisione di 
    archiviazione, presa dalla Procura e dal Tribunale di Trieste, per il 
    terrapieno inquinata di Barcola, è stato annunciato dalla organizzazione 
    ambientalista Greenaction Transnational. 
    L’associazione si è costituita recentemente e ha tra i suoi aderenti anche 
    Margherita Hack.  
    L'associazione transnazionale afferma, in una nota, che l'apertura di 
    discariche a mare non era consentita (prima ancora dell'entrata in vigore 
    della legislazione comunitaria) già dalle leggi nazionali del 1934, 1976, 
    nonchè dalla stessa Costituzione della Repubblica Italiana, e che si tratta 
    di un reato di natura permanente, perpetrato a Trieste in un «unico disegno 
    criminoso continuativo», iniziato nella zona industriale di Zaule e poi 
    delle Noghere (ora perciò sito inquinato di interesse nazionale), proseguito 
    a Barcola ed infine a Muggia con la recente discarica Acquario. 
    Secondo Greenaction, inoltre, devono essere comunque ricercate e contestate 
    le responsabilità civili. L’archiviazione dell’inchiesta sul terrapieno di 
    Barcola è avvenuta a quasi due anni dal sequestro dell’area. Erano state 
    rintracciate tracce di diossina in una percentuale undici volte superiore al 
    consentito.  | 
  
 
 
  
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    San Pelagio - Discarica nella 
    Grotta del cimitero  - L’assessore Humar: «Faremo intervenire gli 
    speleologi o ditte specializzate»  | 
  
  
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    Rifiuti di 
    tutti i tipi rinvenuti dalla Forestale di Duino nella cavità situata a poca 
    distanza dal valico confinario  
    
    DUINO AURISINA Copertoni, 
    cestelli di lavatrici, ferri arrugginiti, un vecchio scaldabagno, una stufa 
    e addirittura la carcassa di un motorino. Sono solo alcuni dei rifiuti che 
    gli uomini della Forestale di Duino hanno individuato sul fondo di una 
    grotta, vicino al cimitero austriaco, nella zona di San Pelagio, poco 
    lontano dal valico di confine. Una grotta tra l’altro numerata e 
    riconosciuta dal Cai che, a causa dell’inciviltà di qualcuno, da paradiso 
    per gli speleologi si è trasformata in una sorta di discarica abusiva.  
    Dopo aver fatto l’amara scoperta, i forestali hanno segnalato la situazione 
    di degrado all’amministrazione comunale, che ora sta definendo le modalità 
    dell’intervento di pulizia. «Per operazioni di questo tipo - spiega 
    l’assessore al Territorio, Andrea Humar - in genere ci rivolgiamo alla 
    Protezione civile che entra in azione con i suoi volontari. Nel caso della 
    grotta di San Pelagio (conosciuta dagli esperti dei sentieri del Carso con 
    il nome di «grotta del cimitero militare», ndr), la situazione però è 
    diversa. I rifiuti – fa notare Humar – si trovano sotto terra a una 
    profondità almeno di quindici-venti metri. Per chi non ha la preparazione e 
    le competenze adatte è troppo pericoloso scendere per recuperare le 
    immondizie. Ecco perchè stiamo sondando la disponibilità dei gruppi 
    speleologi di Trieste. Nel caso in cui loro non potessero intervenire, 
    abbiamo previsto anche una seconda opzione: affidarci a una di quelle ditte 
    edili che dispongono di personale specializzato in grado di con le tecniche 
    dei rocciatori». 
    Ancora da definire, quindi, i tempi dell’intervento di pulizia. «Qualora 
    però i gruppi speleologi garantissero la loro disponibilità - conclude Humar 
    - potremmo iniziare le operazioni nel giro di qualche settimana e risolvere 
    così quella sitazione annosa». 
    Basta guardare lo stato di conservazione dei rifiuti, infatti, per rendersi 
    conto che si trovano sul fondo della grotta da diversi anni. Gli uomini 
    della Forestale li hanno scoperti a seguito di una serie di controlli nella 
    zona vicina al cimitero, area non nuova ad episodi di abusivismo. 
    In passato, vicino al cimitero austriaco, per esempio, erano sorti alcuni 
    manufatti non in regola. Qualcuno, senza richiedere il benchè minimo 
    permesso, aveva elevato muretti a secco ricavando così una sorta di recinto 
    all’interno del quale sistemare delle roulotte. 
    Più di recente si erano accesi i riflettori sull’allevamento di pastori del 
    Caucaso creato da una famiglia sul fondo in una dolina di San Pelagio. Erano 
    infatti partite delle indagini per verificare la fondatezza delle accuse di 
    maltrattamento ai cani, mosse appunto agli allevatori. 
    E’ stato proprio nel corso delle verifiche legate a quella vicenda che gli 
    uomini della Forestale di Duino si sono imbattuti nella sporcizia accumulata 
    sul fondo della «grotta del cimitero militare».  
    Un caso peraltro non isolato. Negli ultimi mesi, infatti, l’attività di 
    verifica sul territorio è stata intensificata e ha portato a numerose 
    segnalazioni inviate sia al Comune di Duino Aurisina sia a quello di Sgonico. 
    m.r.  | 
  
 
 
  
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    In 150 a spasso per la città 
    contro traffico e inquinamento - Il corteo organizzato dal Coped 
    Camminatrieste cui hanno aderito anche gli alunni di alcune scuole  | 
  
  
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    Tutti a piedi in città ieri 
    mattina, bambini, adulti e anziani, per la manifestazione «Un’idea per 
    Trieste che può cambiare la città», la prima passeggiata organizzata dal 
    Coped-Cammina Trieste – Camminacittà nelle vie e nelle piazze del centro, un 
    percorso ideato per evidenziare le criticità del traffico veicolare e i 
    pericoli per i pedoni. 
    La passeggiata è iniziatia alle 10 del mattino tra le vie Battisti e Giulia, 
    con ritrovo vicino al monumento Rossetti, per poi snodarsi lungo via 
    Battisti, via Carducci, via Coroneo, piazza Vittorio Veneto, con ritrovo 
    finale in piazza Goldoni. «Anche questa iniziativa ha visto la 
    partecipazione di moltissime persone - racconta Sergio Tremul – hanno 
    aderito 150 cittadini, tra i quali alcune classi della scuola elementare 
    Rossetti e un gruppo di non vedenti. E’ stata una bella passeggiata, per 
    esaminare insieme le proposte per migliorare la vita di tutti in città». Nel 
    corso della mattinata ai partecipanti iniziali si sono aggiunte altre 
    persone, che hanno saputo della manifestazione attraverso i voltantini. Per 
    ogni strada percorsa sono stati sottolineati i disagi e i problemi legati 
    alla viabilità. Per via Battisti il Coped chiede la regolamentazione del 
    traffico, una corsia preferenziale per i bus, marciapiedi liberi per i 
    pedoni, il progetto urbano collegato alle proposte del centro Domenico 
    Rossetti, l’isola salvagente per agevolare la salita ai mezzi pubblici 
    provveimenti sulle vie laterali, che spesso intralciano il flusso veicolare. 
    Su via Carducci vengono segnalate le soste di auto e moto in divieto e sui 
    parciapiedi, gli stessi marciapiedi sporchi e dissestati e la perciolosità 
    dell’attraversamento all’inizio di via Battisti, mentre su via Coroneo il 
    Coped segnala la difficoltà del traffico intenso, ancora la sosta abusiva e 
    le fermate dei bus sempre occupate dalle auto. 
    Infine, per quanto riguarda le piazze, viene messo in luce il caos e lo smog 
    di piazza Vittorio Veneto, in aggiunta alla mancanza di giochi e 
    attrezzature nell’area e anche la confusione che caratterizza piazza Goldoni, 
    con poche corsie riservate ai mezzi della Trieste Trasporti e i passaggi 
    pedonali mal regolati. Il Coped inoltre ha in programma a breve un altro 
    appuntamento, aperto al pubblico: la passeggiata di pedoni e studenti 
    fissata il 4 ottobre, in occasione della «Giornata Europea del pedone-per la 
    sicurezza stradale-per città vivibili», da Chiampore (comune di Muggia) a 
    Crevatini (comune di Capodistria-Koper). 
    Il percorso si svolgerà dalle 10 alle ore 12 e in caso di maltempo 
    l’incontro si terrà nella sede della Comunità di Crevatini alle 10.30.  
    m.b.   | 
  
 
 
  
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    Urbanistica, l’aula rifiuta 
    la proroga - Respinta la richiesta dell’opposizione di rinviare l’entrata in 
    vigore della nuova normativa   | 
  
  
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    TRIESTE Nessuna proroga 
    all’entrata in vigore della riforma urbanistica. Il consiglio regionale ha 
    respinto la mozione della Cdl che chiedeva alla giunta di rinviare 
    l’applicazione della legge 5/2007, entrata in vigore il 27 agosto, «ad un 
    termine congruo con la completa predisposizione degli atti regolamentari 
    previsti dalla legge». Ad oggi il regolamento di attuazione della legge è 
    stato approvato solo per la parte che riguarda l’attività edilizia (ed è 
    entrato in vigore il 19 settembre) mentre qualche ritardo, ammesso anche 
    dall’assessore Lodovico Sonego e dalla maggioranza, ha interessato la 
    disciplina urbanistica e paesaggistica. «Si avverte una diffusa 
    preoccupazione nonché un temporaneo blocco delle attività. Il non voto del 
    Consiglio delle autonomie al regolamento della giunta - afferma il 
    capogruppo dell’Udc, Roberto Molinaro – è uno specchio della situazione. 
    L’impressione è che le cose non stanno andando come l’amministrazione si 
    aspettava». Nessuna paralisi, replica la maggioranza con il presidente della 
    commissione competente, Uberto Fortuna Drossi: «L’entrata in vigore del 
    regolamento sull’edilizia è avvenuta in tempi accettabili mentre quello 
    sull’urbanistica dovrebbe arrivare entro metà novembre». La legge prevede 
    inoltre che i piani particolareggiati e le varianti ai piani regolatori 
    avviati prima dell’applicazione della riforma fossero soggette alla 
    normativa precedente: «L’espressione del Consiglio delle autonomie – 
    aggiunge Fortuna Drossi – appare conservativa e di schieramento». 
    «L’attuazione della riforma – dichiara Sonego – non è un gioco da ragazzi e 
    richiede impegno e pazienza. Paralisi dei Comuni? Non c’è una sola pratica 
    di edilizia bloccata». Sonego chiede anche all’opposizione «uno sforzo 
    comune per far sì che questa riforma possa trovare sollecita attuazione». 
    “Sì può chiedere collaborazione quando c’è coinvolgimento. Questa richiesta 
    l’assessore Sonego deve rivolgerla a sé stesso» ribatte Molinaro.  | 
  
 
 
  
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    «Ferriera, gli impianti vanno 
    chiusi» - Lettera aperta di una servolana al ministro Pecoraro Scanio 
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    Lettera aperta al ministro 
    Alfonso Pecoraro Scanio. 
    Mi chiamo Alda Sancin, sono nata nel rione di Servola nel lontano 1947 e 
    ivi risiedo, a poche centinaia di metri dalla Ferriera. Nel medesimo rione 
    hanno abitato i miei genitori e i miei nonni, sicuramente dalla fine del 
    1800 e forse già da prima della costruzione dello stabilimento. Mio padre e 
    i miei nonni hanno lavorato nella Ferriera stessa. 
    Un tanto per presentare le mie credenziali di servolana Doc. Ora: 1) nei 
    paraggi dello stabilimento, zona intensamente abitata, da alcuni anni a 
    questa parte ormai tutti i giorni e per molte ore del giorno (e della notte) 
    l’aria è irrespirabile. A seconda della direzione del vento varia solamente 
    la zona più colpita; poi lentamente, la nuvola si estende di volta in volta 
    verso vari rioni limitrofi (circa 20 mila persone). 
    2) Per percepire gli inquinanti non occorrono strumentazioni sofisticate, 
    bastano gli occhi per vedere le polveri provenienti dall’altoforno e dai 
    pontili di scarico che offuscano la luce del sole, il luccichio delle 
    particelle di grafite che si depositano nella casa, sul cuscino dove 
    dormiamo, sulla tavola dove mangiamo, i granuli di materiale ferroso che si 
    infiltrano in ogni angolo; bastano le narici per percepire l’odore di vari 
    idrocarburi aromatici (cancerogeni?), di carbone, di composti dello zolfo 
    ecc., basta la gola per avvertire il senso di soffocamento e bruciore che 
    provoca l’inalazione prolungata di tali prodotti. 
    3) Per preoccuparsi seriamente della salute pubblica basta considerare che 
    le sostanze che piovono adosso ai residenti cadono prima e da più vicino 
    sulla testa e nei polmoni dei 500 dipendenti della Ferriera; basta 
    considerare che nel raggio di meno di un chilometro dai punti origine delle 
    polveri e fumi ci sono scuole pubbliche, asili infantili, nidi e un 
    ricreatorio che accolgono complessivamente 1500 (diconsi millecinquecento) 
    bambini dagli zero ai quattordici anni, i quali sono costretti a respirare, 
    beninteso a tempo pieno, tutte queste meraviglie. E facciamo grazia degli 
    ospiti di alcune case di riposo, che sono bensì soggetti deboli e magari un 
    po’ asmatici, ma tant’è, sono già prossimi al trapasso naturale! I numeri 
    hanno un peso? 
    4) Scarsi risultati hanno dato a tutt’oggi le pressoché quotidiane chiamate 
    inoltrate dai residenti a vigili urbani, vigili del fuoco, Arpa, polizia 
    ecc. per tentare di limitare il disagio. 
    5)Per porre termine a questo scandalo basta un poco di buon senso da capire 
    che degli impianti vetusti, per la cui manutenzione la proprietà 
    evidentemente non è interessata a spendere il dovuto, creano e creeranno un 
    inquinamento crescente di giorno in giorno. Ci vuole però anche un’altra 
    piccola cosa, forse un poco più difficile da reperire: la volontà politica 
    di anteporre la salute dei cittadini a... 
    6) Quando sopra, affinchè nei limiti della sua potestà, signor ministro, 
    unitamente a un percorso legale, peraltro già intrapreso grazie 
    all’interessamento dei vari circoli, ci aiuti a uscire dal labirinto di 
    disagi, silenzi, disinformazione, acquiescenze che ci attanaglia ormai da 
    troppi anni. 
    Alda Sancin  | 
  
 
 
 
IL PICCOLO - 
MERCOLEDI',  26 settembre 2007
 
 
  
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    Il gip firma l’archiviazione 
    dell’inchiesta sull’inquinamento di diossina a Barcola - Gli ambientalisti: 
    il terrapieno va comunque bonificato   | 
  
  
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    Il Wwf: «Gli 
    enti che negli anni Ottanta autorizzarono il deposito di sostanze tossiche 
    ora dovrebbero pagare il risanamento»  
    
    L’inchiesta della procura sul 
    terrapieno di Barcola è stata definitivamente chiusa ieri mattina. Il gip 
    Paolo Vascotto ha formalmente accolto la richiesta di archiviazione, da 
    parte del pm Cristina Bacer, del procedimento nato nel 2005 da un esposto 
    dell’associazione Amici della terra. 
    In pratica il giudice ha condiviso le motivazioni del pm riguardo 
    all’aspetto della prescrizione dei reati ma anche a quello inerente la 
    normativa, troppo diversa tra quando l’area era stata usata come discarica, 
    negli anni Settanta e Ottanta, e adesso. È infatti passato troppo tempo, e 
    ora non ci sono più gli strumenti giuridici per agire. Lo dichiara a chiare 
    lettere il pm Bacer: «In questo quadro normativo nessuna azione può essere 
    utilmente intrapresa». 
    La decisione del magistrato viene commentata come «inevitabile» da Dario 
    Predonzan, responsabile regionale del Wwf per il territorio, «per il 
    semplice fatto che dopo vent’anni i reati vanno in prescrizione». Predonzan 
    ricorda però che nel 1980 il Wwf invocò l’applicazione alla discarica di 
    Barcola della legge Merli, che vietava gli scarichi nelle acque di materiali 
    pericolosi, ma quelle norme non vennero allora prese in considerazione 
    nonostante fosse nota la pericolosità delle ceneri, che contenevano diossina 
    e metalli pesanti. 
    «Il lato del terrapieno che si affaccia sul mare – prosegue l’esponente del 
    Wwf – non è mai stato protetto in maniera seria ed efficace per evitare la 
    dispersione in acqua dei materiali, e ciò ha contribuito a inquinare acque e 
    fondali. Gli enti che allora tollerarono l’inquinamento – aggiunge – a 
    cominciare dal Comune, ma anche l’Autorità portuale, erede dell’Ente porto, 
    e la Capitaneria di porto che allora rilasciava le autorizzazioni, oggi 
    dovrebbero ritenersi moralmente responsabili e mettere mano al portafogli 
    per la futura bonifica, che va comunque fatta». 
    Proprio con riguardo alla bonifica, ancora due anni fa l’Autorità portuale 
    ha chiesto al ministero dell’Ambiente l’inserimento del terrapieno di 
    Barcola nel Sito inquinato di interesse nazionale, ma una risposta non è 
    ancora giunta alla Torre del Lloyd. 
    «Alla fine a pagare sarà lo stato, cioè i cittadini», osserva Lino Santoro, 
    presidente della sezione triestina di Legambiente, che si interroga sulle 
    tecniche di bonifica per un’area delicata come quella del terrapieno di 
    Barcola. 
    «Un bonifica con l’asporto dei materiali inquinanti – osserva Santoro – 
    sarebbe pericolosa. Non so se sia prevista la valutazione del rischio, che 
    permetterebbe di capire come e in che tempi gli inquinanti raggiungono il 
    mare. Questa valutazione è un elemento chiave per capire come muoversi con 
    riguardo alla bonifica». 
    Il presidente di Legambiente sottolinea poi che nei pressi del terrapieno 
    c’è uno stabilimento balneare, e che comunque il pesce si alimenta sul 
    fondo, per cui «sarebbe necessario capire se gli inquinanti finiti sul 
    fondale incidono sulla salute umana». 
    Per bloccarne definitivamente la dispersione in mare delle sostanze 
    rinvenute nel terrapieno, ma anche la loro eventuale movimentazione, Santoro 
    ritiene che «la soluzione migliore sia quella di ”sigillare” il terrapieno, 
    tenendo però presente che poi, rimanendo il sottosuolo inquinato, su quell’area 
    non sarebbe possibile realizzare neanche la più piccola costruzione. Gli 
    unici utilizzi sarebbero solo di superficie, ad esempio parcheggi e depositi 
    di imbarcazioni». 
    
    Giuseppe Palladini  | 
  
 
 
  
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    Val Rosandra, incontro 
    pubblico - A Dolina oggi il primo appuntamento di «Agenda 21» 
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    SAN DORLIGO DELLA VALLE Stasera 
    alle 19.30 al centro culturale Valentin Vodnik di Dolina, primo incontro con 
    la cittadinanza nell’ambito del progetto «Varco», del processo di Agenda 21 
    attivato per la definizione delle regole di gestione della Riserva naturale 
    della Val Rosandra. Fin dall’assegnazione della gestione della Val Rosandra, 
    da parte della Regione, il Comune di San Dorligo ha portato avanti le varie 
    iniziative per l’elaborazione di regole per la corretta gestione di un’area 
    protetta, che coinvolgono anche la cittadinanza. Da qui, la volontà di 
    utilizzare il metodo dell’ Agenda 21 locale. 
    La novità sta proprio nel meccanismo di coinvolgimento, che consente a tutti 
    i cittadini di partecipare concretamente alla formazione di proposte per la 
    gestione del territorio. Da questa settimana il progetto entra nel vivo 
    delle attività e chiede la partecipazione della popolazione di tutto il 
    territorio, che è stato diviso in sei zone, omogenee per numero di abitanti. 
    Ai cittadini si chiede la partecipazione ad un unico incontro. «L’invito – 
    così il Comune - è a cogliere questa opportunità: cercando la propria 
    frazione nel calendario allegato e venendo all’appuntamento serale che le 
    compete». Oggi, in particolare, l’incontro è rivolto alla popolazione di 
    Crogole e Dolina. Mercoledì 3 ottobre invece, al rifugio Premuda di Bagnoli 
    sarà la volta dei residenti a Bagnoli e Botazzo Intanto lunedì si è svolta 
    in municipio la prima riunione del Gruppo di lavoro tecnico-scientifico, che 
    deve fornire il necessario supporto conoscitivo e tecnico per la redazione 
    del Piano di conservazione e sviluppo della Riserva. 
    L’assessore Laura Stravisi dice: «Durante la discussione sono emerse, 
    inoltre, delle prime interessanti proposte sulla possibilità di ridurre gli 
    iter burocratici legati alle attività ricadenti nell’area della Riserva. Il 
    gruppo dovrà dare indicazioni tecniche sul Piano di Conservazione e 
    sviluppo, ma dovrà anche essere al corrente di ciò che emergerà dagli 
    incontri con i cittadini e fare in modo che i professionisti che si 
    occuperanno della redazione del piano ne tengano conto. Queste modalità di 
    lavoro sono la base del tipo di approccio che il Comune ha voluto 
    intraprendere per la gestione della Riserva della Val Rosandra». 
    s.re.  | 
  
 
 
  
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    Oggi la marcia dei pedoni 
    contro il caos del traffico e a favore di nuove linee bus - Manifestazione 
    indetta dal Coped. Partenza alle 10 da via Battisti   | 
  
  
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    Si intitola «Un’idea per Trieste 
    che può cambiare la città» la prima passeggiata organizzata dal 
    Coped-Cammina Trieste – Camminacittà oggi nelle vie e nelle piazze del 
    centro, per sensibilizzare i triestini sulle problematiche legate al 
    traffico e ai disagi registrati dai pedoni. La passeggiata partirà alle 10 
    del mattino tra le vie Battisti e Giulia, con ritrovo vicino al monumento 
    Rossetti, ed è aperta a tutti. 
    Il serpentone di persone a piedi attraverserà via Battisti, via Carducci, 
    via Coroneo, piazza Vittorio Veneto e piazza Goldoni, punto di arrivo finale 
    della manifestazione. Gli organizzatori prevedono la conclusione del 
    percorso attorno alle 10.30. Nel corso della mattinata saranno discusse 
    tematiche già affrontate in passato dal Coped: il piano urbano del traffico, 
    la possibile metropolitana, le isole pedonali, la necessità di una riduzione 
    del traffico veicolare e in genere argomenti legati alla mobilità. 
    L’iniziativa anticipa la passeggiata di pedoni e studenti promossa il 4 
    ottobre, in occasione della «Giornata Europea del pedone-per la sicurezza 
    stradale-per città vivibili», da Chiampore (comune di Muggia) a Crevatini 
    (comune di Capodistria-Koper). 
    Il percorso si svolgerà dalle 10 alle 12 e in caso di maltempo l’incontro si 
    terrà nella sede della Comunità di Crevatini alle 10.30. Il Coped annuncia 
    la richiesta al Comune di Muggia, alla Provincia di Trieste e la 
    collaborazione della Trieste Trasporti, di istituire per la giornata, in via 
    sperimentale, alcune corse di una linea bus Muggia – Crevatini, per favorire 
    il trasporto pubblico locale integrato verso i colli muggesani, da parte di 
    tutte le persone che vorranno aderire. Alla base delle due iniziative, 
    ricorda il Coped, anche il messaggio inviato dal Ministro della Salute Livia 
    Turco all’associazione triestina, una sentita approvazione alla 
    manifestazione organizzata. Entrambe le passeggiate sono aperte a tutti, 
    basta presentarsi alla partenza per partecipare ai percorsi predisposti. 
    Informazioni direttamente al Coped, in via Foscolo 7, 040762674, 
    cammts-coped@tcd.it, www.retecivica.trieste.it/camminats. 
    Il Coped-CamminaTrieste, Coordinamento nazionale pedoni per salvare le città 
    e l'ambiente, opera dal 1997 in molte cittá italiane, con l'appoggio di 
    Istituzioni, Enti ed Associazioni.  
    Il Coped si preoccupa di «ricercare una soluzione ai problemi delle cittá, 
    rendendole piú vivibili e sicure, salvaguardando i pedoni, ponendo a 
    fondamento la carta europea del pedone».  
    CamminaTrieste, comitato per la sicurezza stradale ed i diritti del pedone 
    si è costituito invece nel 1991 dando corpo ad una attività giornaliera 
    conquistando consenso tra la cittadinanza e le Istituzioni. Negli anni 
    seguenti si consolida in qualità e quantità; sono molti i cittadini che 
    aderiscono al sodalizio.  
    Nel 1997, per allargare l’area di intervento, nel corso di un incontro a 
    Roma con diverse Associazioni dei pedoni il comitato nel tentaivo di dare 
    corpo ad un coordinamento nazionale ha assunto come indirizzo il Coped. 
    Coordinamento nazionale pedoni per salvare le città e l’ambiente, riuscendo 
    in questa veste ad organizzare due convegni nazionali, uno a Trieste e uno a 
    Palermo ed altre numerose iniziative.  
    L’Associazione ha uno statuto ed è iscritta nel Registro Generale delle 
    Organizzazioni del Volontariato della Regione Autonoma Friuli Venezia 
    Giulia. 
    m.b.  | 
  
 
 
  
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    Enel, più vicina l’opa su 
    Endesa - Modificato lo statuto  | 
  
  
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    ROMA Strada sempre più in 
    discesa per l'opa di Enel dell’ad Fulvio Conti e Acciona su Endesa. 
    Dall'assemblea della società spagnola è arrivato il via libera alle 
    modifiche statutarie per eliminare il tetto del 10% ai diritti di voto. Un 
    ok che spiana l'operazione, condizionata alle modifiche dello statutoe al 
    raggiungimento di oltre il 50% del capitale di Endesa.  | 
  
 
 
Rigassificatori da fare
 
Concordo con la nota del 
Vice-Sindaco di Trieste Paris Lippi riportato su Il Piccolo del 25 agosto scorso 
dal titolo «An: rigassificatore sloveno, Roma si sbrighi a decidere». Perciò 
sono perplesso e contrariato da quanto scritto dal Segretario Organizzativo Dc 
per le autonomie il 3 settembre. Si può essere pregiudizialmente contrario ai 
rigassificatori e dire no e comunque no. Sarebbe bene, però, inquadrare la 
vicenda tenendo conto dei fatti.
Il 5 aprile 2006 il ministro ambiente della Slovenia esamina i documenti dei 2 
progetti, Endesa e Gas Natural, forniti dal Ministro Altero Matteoli, salvo 
dichiararsi insoddisfatto. Maggio 2006 il Parlamento Sloveno vota un ricorso 
alla UE avverso tali impianti. Luglio 2006, protesta a Trieste insieme a Sloveni 
e Croati contro i rigassificatori, salvo l’Associazione Eko-Kvarner proporlo a 
40 km a sud di Pola. Il 25 luglio il Commissario Europeo per l’Ambiente Stavros 
Dimas risponde ad una interrogazione della Europarlamentare Slovena Murko, 
confermando di essere al corrente dei progetti nel Golfo di Trieste e di non 
avere alcun motivo per ritenere disattese le direttive EU. Su Il Piccolo 29 
agosto 2006 il deputato sloveno Aurelio Juri contrario ai rigassificatori invita 
ad un tavolo tripartito Italia, Slovenia, Croazia per considerarli.
Preoccupazione per sicurezza. Poi la Slovenia oggi contempla il progetto tedesco 
di un rigassificatore nei pressi di Capodistria ed il governo Croato uno studio 
simile su Veglia o nel canale di Fianona. Per questi progetti ambientalisti e 
politici “verdi” hanno meno da obbiettare. Giustissimo perciò l’intervento del 
Vice-Sindaco Paris Lippi. L’Italia abbia reciprocità nell’esaminare i progetti 
della Slovenia. Non tergiversare nell’esaminare seriamente quelli in piedi da 
anni nel golfo di Trieste.
Il gas può essere pericoloso. D’altra parte il gas metano lo abbiano già tutti 
in casa, si vedono auto a GPL e a metano, in campeggio e barca usiamo gas in 
bombole perciò non è un mostro sconosciuto ed incontrollabile.
Clayton J. Hubbard
 
 
 
IL PICCOLO - 
MARTEDI',  25 settembre 2007 
 
 
  
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    Terrapieno inquinato: nessun 
    colpevole  - Il pm chiede l’archiviazione: è passato troppo tempo dallo 
    scarico delle ceneri   | 
  
  
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    La procura 
    dispone il dissequestro completo dell’area di Barcola dove è stata accertata 
    la presenza di sostanze tossiche  
    
    Colpo di spugna sul terrapieno 
    di Barcola. Per l’inquinamento dell’area non c’è alcun colpevole. È passato 
    troppo tempo fa e adesso non ci sono gli strumenti giuridici per agire. 
    Sottoterra rimangono la diossina e gli altri rifiuti. Ma chi li ha messi lì 
    non sarà mai ufficialmente chiamato a rispondere. 
    Il pm Cristina Bacer ha chiesto al gip Paolo Vascotto l’archiviazione del 
    procedimento (contro ignoti) per aver utilizzato l’area del terrapieno di 
    Barcola come discarica di rifiuti tossici tra cui, appunto, anche le ceneri 
    contenenti diossina provenienti dall’inceneritore di Monte San Pantaleone. 
    Il motivo tecnico indicato dal magistrato è che i reati riguardano periodi 
    troppo lontani e che quindi sarebbero comunque prescritti dal Codice. «In 
    questo quadro normativo - scrive con amarezza il pm Bacer - nessuna azione 
    può essere utilmente intrapresa». Poi aggiunge: «Rimane l’auspicio che il 
    procedimento di bonifica, che pare aver preso avvio anche in seguito 
    all’ispezione dei carabinieri, possa giungere a completamento in tempi 
    brevi, restituendo alla collettività un’area degna sicuramente di usi 
    migliori di quelli cui tristemente in passato è stata destinata». 
    La storia. «All’epoca dei fatti - scrive nella motivazione il 
    magistrato - mancava una normativa che disciplinasse specificatamente la 
    gestione dei rifiuti e degli scarichi e non vi erano norme specialistiche 
    che vietassero il deposito di ceneri ancorchè nocive. Ma - sottolinea il pm 
    Bacer - il nodo cruciale è rappresentato dal decorso del tempo: dobbiamo 
    rilevare che le attività inerenti alla discarica sono cessate al più tardi 
    nella metà degli anni Ottanta, sicchè tutti i reati eventualmente 
    ipotizzabili connessi alla gestione illecita della discarica, sia a danno 
    dell’ambiente, sia della pubblica amministrazione risulterebbero in ogni 
    caso prescritti». 
    I limiti della legge. Impossibile anche perseguire chi, dopo 
    l’entrata in vigore del decreto Ronchi, non si era attivato per la messa in 
    sicurezza e per la bonifica dell’area. Il motivo è che la legge non sanziona 
    l’inadempimento, ma fa riferimento solo a chi abbia creato con la propria 
    condotta il pericolo di inquinamento.  
    Le responsabilità pregresse. Nelle premesse al provvedimento il pm 
    Bacer punta chiaramente il dito contro chi negli anni Ottanta pur sapendo 
    come era la situazione non è intervenuto. «In una nota del 26 settembre del 
    1980 del servizio nettezza urbana del Comune si segnala - ricorda il pm - 
    che «nel terrapieno vengono scaricati anche materiali diversi da quelli di 
    risulta di scavi e demolizioni, come fosse assolutamente legittimo che le 
    ceneri provenienti dall’inceneritore venissero accumulate in un’area in 
    attesa di essere utilizzate come materiali di riempimento della coronella 
    che si stava formando a mare con materiale arido. Significativa - scrive 
    ancora il pm - la nota sempre dl Servizio nettezza urbana del Comune nella 
    quale si proponeva a titolo sperimentale e provvisorio di depositare le 
    ceneri in un avvallamento nei pressi di una scuola elementare a Banne». 
    Gli interventi attuali. Quella del pm Cristina Bacer non è stata una 
    sorta di caccia alle streghe, una ricerca di un colpevole di cinquant’anni 
    fa. Ma senza dubbio ha rappresentato un punto di partenza che costringe gli 
    attuali responsabili diretti o indiretti e cioè Autorità Portuale e Comune a 
    disporre un’azione di bonifica. 
    Per studiare la storia del terrapieno era stata affidata una consulenza a 
    Giuseppe Gisotti e Mauro Sanna, considerati tra i tecnici più esperti di 
    problemi ambientali a livello nazionale. Il primo è dirigente dell’istituto 
    geologico d’Italia e componente della commissione di valutazione ambientale 
    del ministero dell’Ambiente, il secondo lavora alla struttura regionale di 
    protezione ambientale del Lazio. 
    
    Corrado Barbacini  | 
  
 
 
  
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    L’Autorità portuale ha appena 
    ricevuto i dati. La bonifica costa 9 milioni di euro  - I risultati 
    delle ultime analisi confermano: nel sottosuolo diossina e idrocarburi
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    Il quadro dell’inquinamento nel 
    terrapieno di Barcola adesso è definitivo. L’Autorità portuale ha ricevuto 
    di recente dall’Arpa i risultati della seconda serie di analisi su una parte 
    dei campionamenti effettuati a suo tempo dalla Multiproject di Gorizia. 
    Nel giro di una decina di giorni l’Authority trasmetterà il quadro dei 
    risultati alla Regione, che potrà così convocare la conferenza dei servizi, 
    in cui gli enti coinvolti decideranno come sbrogliare l’intricata matassa. 
    «La situazione sostanzialmente non è cambiata – dichiara Fabio Rizzi, 
    responsabile del servizio sicurezza e ambiente dell’Ap –. La discarica è 
    inquinata soprattutto da ceneri provenienti dall’inceneritore (quello 
    vecchio di Monte San Pataleone, ndr)». 
    Nel dettaglio, le ulteriori verifiche hanno confermato che la superficie 
    della parte interna del terrapieno è inquinata. Ma le sostanze più 
    pericolose sono presenti nel sottosuolo, a profondità che arrivano anche a 
    7-8 metri, dove sono stati rilevati idrocarburi, diossina e 
    policlorobifenili (presenti ad esempio negli oli esausti). 
    Nella fascia costiera del terrapieno, solo in alcuni dei campionamenti, sono 
    presenti invece metalli pesanti come rame e piombo. La zona adiacente al 
    molo Zero presenta infine, a una certa profondità, sacche di idrocarburi. 
    I tempi lunghi con cui si è conculsa la fase delle analisi sono dovuti al 
    fatto che le analisi stesse sono state in parte rifatte. A suo tempo, 
    infatti, le verifiche delle prime analisi da parte dell’Arpa avevano dato 
    esiti discordanti con i risultati prodotti inizialmente dalla ditta 
    goriziana. 
    L’Arpa aveva quindi richiesto una nuova serie di esami, che l’Authority ha 
    consegnato all’Arpa stessa all’inizio di giugno. È seguita poi la 
    validazione di questi nuovi test da parte dell’Agenzia per l’ambiente, che 
    si è conclusa qualche settimana fa e il cui esito è stato comunicato, come 
    si è detto, all’Autorità portuale. 
    Il quadro dell’inquinamento nel terrapieno di Barcola, quindi, ora è 
    definito in maniera univoca. Ma a questo punto sorge il vero problema, cioè 
    come procedere. 
    Un’eventuale bonifica del terrapieno potrebbe costare, secondo le tariffe di 
    mercato, attorno ai nove milioni di euro. Ma questa cifra, ottenuta stimando 
    un costo di 100 euro per bonificare ciascuno dei 90 mila metri quadri 
    dell’area, nessuna delle istituzioni coinvolte sembra intenzionata a 
    sostenerla. 
    Senza contare che questa stima potrebbe lievitare in base alla profondità da 
    raggiungere con gli scavi, alle concentrazioni con cui sono presenti i 
    diversi inquinanti e alle destinazioni che verranno scelte per il 
    terrapieno, a seconda che si preveda, o meno, la costruzione di edifici e 
    quindi la necessità di andare in profondità nel terreno. 
    
    Giuseppe Palladini  | 
  
 
 
  
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    Ferriera, si farà il piano 
    dell’aria  - Vertice in Prefettura con Regione, Comune, Provincia, Arpa 
    e Azienda sanitaria   | 
  
  
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    Il ministero: strumento 
    essenziale per controllare le emissioni  | 
  
  
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    Senza il Piano della qualità 
    dell’aria, che compete alla Regione, è impossibile affrontare la riduzione 
    delle emissioni prodotte dalla Ferriera di Servola. Assieme a quelle di 
    tutte le realtà industriali presenti in Friuli Venezia Giulia. 
    L’approvazione del provvedimento stabilito dalla normativa nazionale è stato 
    sollecitato ieri mattina, durante il tavolo convocato in prefettura, 
    dall’ingegner Bruno Agricola, direttore generale per la Salvaguardia 
    ambientale. 
    «Doveva essere già espletato, però mi dicono che ci sono dei ritardi 
    tecnici», dice il funzionario del ministero per l’Ambiente al termine della 
    riunione presieduta dal prefetto Giovanni Balsamo. E aggiunge: «Abbiamo 
    stimato di ridurre del 30-40 per cento le emissioni - spiega Agricola - ma 
    per farlo serve il Piano della qualità dell’aria, solo a quel punto potremmo 
    adottare delle soluzioni più radicali. Il mio è un invito alla Regione ad 
    accelerare i tempi, la scelta politica diventa la base di partenza». 
    Il Piano altro non è che una suddivisione del territorio in comparti 
    (agricoltura, industria, traffico...) a cui spettano, a scalare, diverse 
    quote di emissioni. Un nuovo capitolo della questione Ferriera, insomma, 
    accanto all’Autorizzazione integrata ambientale (Ati) che è invece il 
    provvedimento che autorizza l’esercizio di un impianto. E spetta ancora alla 
    Regione. 
    Ad ascoltare le parole di Agricola ieri in Prefettura c’erano i referenti 
    dell’Arpa e dell’Azienda sanitaria, l’ingegner Pierpaolo Gubertini per la 
    Regione e i rappresentanti politici del Comune, con il sindaco Roberto 
    Dipiazza, e della Provincia con Ondina Barduzzi, assessore all’Ambiente. Ma 
    anche l’amministratore delegato della Lucchini-Severstal, Francesco Rosato, 
    e il magistrato Federico Frezza della Procura. Tutte le parti in causa, in 
    alcuni casi pronte a pizzicarsi sulle competenze, i dati prodotti dall’Arpa, 
    le direttive dell’Unione europea in materia e la relazione sulle emissioni 
    dell’Ass. 
    «È emersa da parte dai soggetti preposti al controllo l’esistenza di una 
    situazione di pesante sofferenza nella zona di Servola. La novità è che il 
    ministero dell’Ambiente - dice Dipiazza - ha pesantemente chiamato in causa 
    la Regione per non aver ancora emanato il Piano di qualità dell’aria. Uno 
    strumento di programmazione essenziale, perché dovrebbe definire le 
    eventuali possibilità di sviluppo per un’attività industriale in un’area 
    densamente abitata come quella di Servola». 
    Se il sindaco auspica un’accelerazione nella redazione del Piano, lo stesso 
    fa il consigliere regionale Alessandro Metz (Verdi), molto vicino al 
    ministro Alfonso Pecoraro Scanio, che sollecita l’assessorato regionale 
    all’Ambiente. In altre parole Gianfranco Moretton. Il diretto interessato 
    risponde: «Abbiamo fatto la legge, il prossimo passo sarà quello di 
    predisporre il Piano della qualità dell’aria. Siamo una delle poche Regioni 
    in Italia - ricorda Moretton - capace di varare la legge sull’inquinamento 
    atmosferico. Adesso ci vuole un po’ di tempo, almeno otto mesi, forse un 
    anno, per suddividere il territorio regionale. Non è mica una cosa da 
    ridere». 
    Il sindaco Dipiazza ricorda che «la produzione industriale, per non essere 
    invasiva dovrebbe stare almeno un chilometro dalle abitazioni». Una lettura 
    che l’assessore provinciale Barduzzi rovescia però su tutte le attività 
    presenti nell’area. «Bisogna avere una visione complessiva di quello che 
    c’è. Le riduzioni delle emissioni - dice - valgono per le attività 
    economiche, il traffico e gli impianti di riscaldamento». E aggiunge, 
    ricordando il percorso intrapreso dalla Provincia nell’attesa del Piano 
    della qualità dell’aria: «Andremo da una parte a posizionare degli 
    analizzatori in continuo sui camini della Ferriera, portando avanti - spiega 
    Barduzzi - anche un catasto delle aziende presenti sul territorio. Una sorta 
    di database, perché non c’è solo la Ferriera». 
    Tutto rinviato al prossimo tavolo in prefettura, insomma, con la 
    Lucchini-Severtal che in ogni caso punta ad ottenere l’Ati per l’impianto di 
    Servola. «Lo scorso venerdì abbiamo presentato alla Regione le integrazioni, 
    con il dettaglio progettuale - spiega Francesco Semino, responsabile delle 
    relazioni esterne della Servola spa - degli interventi che intendiamo 
    realizzare così come concordato con la Procura». Il Piano della qualità 
    dell’aria, passa così in secondo piano. «Mi risulta che la Regione lo stia 
    preparando, è un atto formale - dice Semino - che discende dalle direttive 
    comunitarie e diventa un punto di riferimento per entrare nella questione». 
    
    Pietro Comelli  | 
  
 
 
  
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    Piste ciclabili, incontro 
    alla Millo - Viene presentato il progetto sulla mobilità sostenibile scelto 
    dal Comune muggesano  | 
  
  
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    MUGGIA Stasera alle 18 nella 
    sala «Millo» di piazza della Repubblica a Muggia sarà presentato alla 
    cittadinanza il progetto sulla mobilità sostenibile scelto 
    dall'amministrazione comunale all'interno di Agenda 21. Muggia è tra i primi 
    enti locali ad avvalersi di questa nuova metodologia di approccio alla 
    programmazione del territorio, che si basa sulla più vasta partecipazione e 
    condivisione delle idee da parte della popolazione. L’argomento scelto è 
    «Mobilità sostenibile, riqualificazione e rivitalizzazione degli spazi 
    urbani di uso pubblico». Il tema riguarda quelle forme di mobilità che 
    promuovono la salute e la sicurezza, come le piste ciclabili e i percorsi 
    protetti per i bambini che collegano le case con gli edifici scolastici.  
    L'incontro è rivolto a cittadini e associazioni affinché possano prendere 
    parte attiva nelle decisioni dell'amministrazione. I soggetti che avranno 
    manifestato il loro interesse parteciperanno quindi ad un forum dal quale 
    usciranno delle proposte concrete. Al forum, infatti, sarà chiamata a 
    partecipare la popolazione, che sarà avvicinata e coinvolta con una serie di 
    incontri rionali nelle prime due settimane di ottobre. Da ogni rione saranno 
    nominati tre rappresentanti, che si affiancheranno ad altri portatori di 
    interessi che lavoreranno assieme. 
    Accanto al forum, nascerà anche un laboratorio della città sostenibile dei 
    bambini e delle bambine, composto da alunni di tutte le scuole muggesane, 
    che si esprimerà in particolare su mobilità e riqualificazione degli spazi 
    urbani. s.re.  | 
  
 
 
  
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    Quegli strani ritardi sul 
    piano del traffico  | 
  
  
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    Uno dei temi cittadini di questi 
    giorni è il piano del traffico o meglio il «giallo» del piano del traffico. 
    «Il Piccolo» del 23 agosto e dei giorni precedenti riporta in merito alcune 
    autentiche «chicche» dei nostri amministratori. L’assessore Rossi afferma 
    «Trieste non ha un serio problema di traffico... del piano non c’è alcuna 
    urgenza. Si deduce che l’assessore Rossi vice in un’altra città o viaggia 
    abitualmente in elicottero. L’assessore Tononi e il vicesindaco Lippi, a 
    fronte del fatto che il «contropiano» del traffico predisposto dagli uffici 
    comunali è stato reso pubblico in forma per così dire impropria, 
    «proporranno alla giunta di sporgere denuncia contro ignoti». Lippi e Tononi 
    «confondono» la normativa relativa alla pubblicazione di atti giudiziari con 
    quella di un documento tecnico-amministrativo e dunque pubblico? 
    O ritengono che uno studio tecnico del Comune sia un documento privato che 
    solo loro hanno il diritto di conoscere e di rendere pubblico come e quando 
    vogliono? Bell’esempio di trasparenza e di democrazia! Ultimo il sindaco 
    Dipiazza. Afferma che del piano predisposto dall’ingegnere Camus gli «va 
    bene solo il 30%». Non mi risulta che Dipiazza abbia la competenza tecnica 
    per parlare di flussi di traffico e non accetto che – come sua abitudine – 
    affermi che su queste questioni «basta il buon senso». Ma se – grazie alla 
    sue presunte competenze tecniche – sapeva già quale piano del traffico 
    serviva alla città e aveva già deciso tutto, perché ha fatto spendere al 
    Comune 150.000 euro per commissionare lo studio Camus? La verità è che il 
    piano del traffico dell’ing. Camus disturba perché priviletgia il trasporto 
    pubblico a scapito di quello privato (corsie riservate + 163%, con una stima 
    di aumento della mobilità pubblica dell’11%) incentiva aree pedonali e piste 
    ciclopedonali, presuppone un radicale cambiamento nella testa dei triestini 
    su «come spostarsi» e su come «usare la città». Ma nessuno a Trieste ha il 
    coraggio di dire chiaramente che bisogna lasciare l’auto a casa, usare il 
    mezzo pubblico, camminare e non invadere i marcipaiedi con moto e motorini, 
    i cui parcheggi fra le gambe dei pedoni sono ampiamente «tollerati» da 
    vigili urbani evidentemente ben istruiti in merito. Far rispettare la legge 
    e il codice della strada è infatti molto pericoloso in chiave di consenso 
    elettorale, vero sindaco? 
    Come è molto pericoloso scegliere, perché si scontenta sempre qualcuno... o 
    i commercianti di via Mazzini o quelli di Corso Italia... o chi usa il 
    motorino o chi usa l’auto. Ecco perché il piano Camus non va bene a Dipiazza. 
    Perché il piano Camus sceglie! E sceglie di tutelare interessi collettivi e 
    non interessi privati. Ma la tutela dell’interesse collettivo è un concetto 
    del tutto estraneo a chi governa il Comune di Trieste. 
    Paolo Geri  | 
  
 
 
 
IL PICCOLO - 
LUNEDI',    24 settembre 2007
 
 
 
  
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    Bucci: piano 
    del traffico pronto solo nel 2008  - L’assessore alla Pianificazione: 
    stiamo lavorando a una serie di ipotesi con la volontà di condividere le 
    scelte  | 
  
  
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    Decarli 
    (Cittadini): finalmente chiarezza. Camber (Fi): si arriverà oltre le 
    regionali 
    
    I dubbi di 
    Rosolen (An): a questo punto il documento non verrà più varato, sarà 
    un’occasione perduta. Ma l’assessore ribatte: ragiono in termini positivi 
    
    «Certo, il piano del traffico 
    non verrà varato prima del 2008: gli uffici tecnici stanno lavorando a una 
    serie di ipotesi e la volontà diffusa è quella di condividere le scelte. 
    Perciò quella del 2008 è la data giusta». 
    L’assessore al traffico Maurizio Bucci conferma con queste parole una data - 
    anzi, un’annata - che nel documento sullo stato di attuazione dei programmi 
    del Comune è riportata anche alla voce «piano del traffico», per un progetto 
    però a esso connesso. Il tema è stato anche sfiorato nel corso della 
    riunione della seconda commissione consiliare che ha discusso la delibera 
    alla quale il documento in questione è allegato. Il Cittadino Roberto 
    Decarli infatti ha commentato che «un po’ di chiarezza ci voleva». E adesso, 
    Decarli rincara: «Dopo le innumerevoli dichiarazioni del sindaco Roberto 
    Dipiazza che ci ha allegramente intrattenuti durante il periodo 
    ferragostano, dopo sette anni di attesa, dopo che un professionista (Roberto 
    Camus, ndr) scelto dal sindaco ha presentato il documento e dopo che 
    Dipiazza ha cassato il 70%» della bozza di piano del traffico, «il rinvio al 
    prossimo anno mi pare una decisione forte, meditata e rispondente alle 
    esigenze della città, il che dimostra ancora una volta il decisionismo 
    asburgico di questa giunta comunale», è l’ironica conclusione del 
    consigliere d’opposizione. 
    Il piano del traffico da un paio d’anni è oggetto di discussione all’interno 
    della maggioranza nel merito e nel metodo: con ad esempio il tormentone 
    corso Italia chiuso al traffico sì o no, ma anche con l’intero centrodestra 
    che già mesi fa chiedeva di vedere resa nota la bozza Camus, poi pubblicata 
    a fine agosto grazie a una busta anonima arrivata al Piccolo. 
    Ora che Bucci conferma la previsione 2008 per il documento definitivo, resta 
    da appurare se questo verrà varato prima o dopo le elezioni regionali. Il 
    capogruppo di Forza Italia Piero Camber commenta: «Se la data confermata è 
    il 2008, ne prendo atto e la lettura non può che essere politica. Si vuole 
    superare la boa delle regionali», appuntamento che non rappresenta il 
    momento più adatto nel quale proporre alla cittadinanza modifiche alla 
    viabilità che - quali che siano - potrebbero scontentare qualcuno. Bucci 
    però non è dello stesso avviso: «Ci sono due scuole di pensiero. Io ritengo 
    che proprio quello della campagna elettorale possa essere un buon periodo 
    nel quale dimostrare da parte di una coalizione capacità propositiva, anche 
    in materia di traffico». 
    La capogruppo di An Alessia Rosolen è però pessimista: «Se si parla del 
    2008, allora mi vien da pensare che il piano in questa consiliatura non 
    verrà varato». Perché superato lo scoglio delle elezioni regionali, ritiene 
    Rosolen, si navigherà già con lo sguardo rivolto alle comunali 2011... «E 
    sarà un’occasione perduta». Niente piano del traffico, allora? Bucci non ci 
    sta: «Sono abituato a ragionare in termini positivi», è la risposta.  | 
  
 
 
IL PICCOLO - 
DOMENICA,  23 settembre 2007
 
 
  
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    Ferriera: 
    pronto il piano di adeguamento  - Ultimate le analisi da parte dei 
    tecnici dell’Arvedi: imminente la formalizzazione della proposta d’acquisto
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    La proprietà consegna alla 
    Regione i progetti degli interventi ambientali  | 
  
  
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    È una fase decisiva per la 
    Ferriera di Servola. La Lucchini-Severstal ha consegnato la documentazione 
    integrativa richiesa dalla Conferenza dei servizi (che dovrebbe dare 
    l’Autorizzazione integrata ambientale). ma proprio in questi giorni si 
    dovrebbe decidere sul destino della Ferriera dopo l’offerta da parte del 
    gruppo cremonese Arvedi di rilevare lo stabilimento siderurgico. 
    I tecnici e gli esperti dell’Arvedi che hanno lavorato a lungo durante 
    l’estate hanno terminato tutte le valutazioni e le analisi ed ora il gruppo 
    siderurgico di Cremona potrebbe essere pronto a sciogliere i dubbi se 
    acquistare o meno e soprattutto a presentare l’offerta di acquisto (con il 
    prezzo) per la Ferriera. I tempi sono maturi e dalla prossima settimana in 
    poi ogni giorno potrebbe essere quello giusto per la notizia ufficiale delle 
    mosse dell’Arvedi. 
    Su questo fronte c’è massimo riserbo da parte della Lucchini Severstal che 
    invece ha confermato ufficialmente la consegna della documentazione alla 
    Regione per giungere all’Autorizzazione integrata ambientale, atto 
    necessario per la continuazione della produzione. 
    Si tratta del programma di interventi strutturali che hanno come obiettivo 
    il contenimento dell’inquinamento dell’impianto siderurgico. Questo piano di 
    interventi, per il contenimento nei limiti di legge di polveri sottili, 
    idrocarburi policiclici aromatici e benzene, era stato chiesto alla fine di 
    agosto dalla Conferenza dei servizi e in particolare dai componenti del 
    tavolo tecnico, la Regione, la Provincia, Il comune, l’Arpa e l’Azienda 
    sanitaria. Tutta la documentazione consegnata ora sarà valutata dalla 
    Conferenza dei servizi che si riunirà tra un mese circa (la Regione ha 
    deliberato che la data ultima per decidere è comunque la fine di ottobre). 
    «Ieri era l’ultimo termine per la consegna della documentazione — spiega il 
    direttore della Ferriera, Francesco Rosato – abbiamo preparato e portato 
    tutto alla Regione. Ci sono tutti i chiarimenti che sono stati richiesti e 
    c’è tutto il dettaglio dei progetti». 
    Un punto molto discusso questo, ribadito dall’Arpa, per il poco tempo a 
    disposizione della Ferriera per poter presentare progetti approfonditi e 
    tecnicamente esaustivi.  
    «L’investimento previsto è di 10 milioni di euro – prosegue Rosato – abbiamo 
    fatto nostre tutte le prescrizioni che aveva individuato il Comune, i 
    progetti sono illustrati nel dettaglio richiesto». 
    Una vera e propria relazione tecnica nella quale sono stati approfonditi i 
    diversi progetti che sono stati relizzati (o che sono in via di 
    realizzazione) per gli impianti. Alcuni di questi, fa sapere la stessa 
    azienda, sono già in fase di esecuzione e gli interventi erano state in 
    parte decisi anche in una sorta di accordo di lavoro tra la 
    Lucchini-Severstale la Procura della repubblica che aveva messo in evidenza 
    l’inquinamento di certe aree e soprattutto le emissioni di gas e di polvere. 
    
    Giulio Garau  | 
  
 
 
  
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    Depuratore di 
    Servola: soluzione in vista per proseguire l’attività - La Provincia non 
    bloccherà l’impianto  | 
  
  
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    Si apre una soluzione per il 
    nodo che ha bloccato l’ampliamento e l’adeguamento alle norme del depuratore 
    di Servola. In una riunione convocata giorni fa dall’assessore comunale allo 
    Sviluppo economico, Paolo Rovis, con l’Autorità portuale e l’AcegasAps si 
    sono infatti chiariti i tempi sulla disponibilità dell’area, che dapprima 
    sarà usata dalla Sertubi e successivamente verrà assegnata a Comune e 
    AcegasAps per costruire il nuovo impianto. 
    «L’esito dell’incontro è stato ottimo – commenta Rovis. – Abbiamo fissato un 
    programma preciso: il cantiere aprirà nel 2010, e la struttura sarà a regime 
    nel 2012. Nel frattempo – prosegue – i 30 mila metri quadrati necessari, di 
    proprietà dell’Autorità portuale, potranno essere occupati dalla Sertubi per 
    depositare i suoi prodotti. La Sertubi deve infatti liberare aree che 
    veranno occupate dalla Cartubi, la quale a sua volta deve lasciare la zona 
    della Lanterna per consentire la realizzazione del marina di Porto Lido». 
    In seguito all’incontro le parti firmeranno un documento in base al quale 
    l’Autorità portuale darà in concessione alla Sertubi l’area interessata 
    all’ampliamento del depuratore, fino al momento (il 2010) in cui l’area 
    stessa servirà al Comune e all’AcegasAps per realizzare il nuovo impianto. 
    Intanto il depuratore, pur essendo non adeguato alle normative, non verrà 
    bloccato dalla Provincia. Venerdì scorso, nella conferenza dei servizi 
    convocata da Palazzo Galatti, cui hanno preso parte Regione, Autorità 
    portuale, Comune, Azienda sanitaria e Arpa, si è concordata la bozza di un 
    accordo di programma, il cui testo domani verrà discusso dalla giunta 
    provinciale. Martedì la bozza verrà inviata a tutte le parti e venerdì ci 
    sarà la prima di una serie di riunioni sul documento, che la Provincia conta 
    di vedere firmato entro ottobre, per poter poi rilasciare l’autorizzazione 
    provvisoria. 
    «L’autorizzazione per proseguire l’attività del depuratore – spiega 
    l’assessore provinciale all’Ambiente Ondina Barduzzi – scade a fine mese. 
    L’unico modo per non bloccare l’imapianto è di avere la certezza che quello 
    nuovo si farà, in base ad accordi ben precisi. La Regione — prosegue – deve 
    così approvare il piano delle acque. Al Comune spetta di stilare il piano 
    finanziario attraverso AcegasAps, progettare l’impianto (col finanziamento 
    della Provincia) e costruirlo. Azienda sanitaria e Arpa devono controllare 
    gli scarichi. L’Autorità portuale deve mettere infine a disposizione l’area 
    entro una data certa». 
    
    Giuseppe Palladini  | 
  
 
 
  
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    Il popolo del 
    blog di Beppe Grillo lancia le sue proposte al sindaco: Internet gratis, 
    ecologia e risparmi - Riunione informale in piazza Verdi   | 
  
  
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    Internet senza fili per tutti, 
    la revisione del regolamento edilizio con l’obiettivo del risparmio 
    energetico, la diffusione del riduttore di flusso per l’acqua da dare alle 
    famiglie. Il popolo triestino di Beppe Grillo andrà a chiedere questo al 
    sindaco Roberto Dipiazza. Non si tratta del programma di un partito, nemmeno 
    di un movimento, è il popolo del Blog su Internet, che discute e fa opinione 
    a voler chiedere al primo cittadino di Trieste s è possibile un dialogo e un 
    confronto su alcuni temi. 
    Ne hanno parlato ieri in un caffè di piazza Verdi i protagonisti del V-day 
    di Beppe Grillo e che ora cercano di concretizzare qualcosa mettendo insieme 
    alcune proposte. Si è trattato di un appuntamento assolutamente non formale 
    organizzato dopo la raccolta delle firme portate avanti nelle piazze. 
    «In totale sono 3240 – conferma Paolo Menis, uno dei portavoce e 
    catalizzatore assieme Enrico Rossini e Antonella Vento – e da lunedì (domani 
    ndr) partirà la fase di certificazione in Comune. Non fonderemo alcun 
    partito, è solo un movimento di opinione e di pressione politica che discute 
    via Internet. Stasera ci siamo trovati per questo, e porteremo alcune idee 
    al sindaco». A Dipiazza il popolo del blog di Beppe Grillo chiederà il 
    sistema Wi-max da installare in tutta la città (internet senza fili gratis 
    per tutti), la revisione del regolamento edilizio per favorire gli 
    interventi di risparmio energetico e le fonti alternative. Poi sarà 
    presentato un progetto sul risparmio d’acqua con la diffusione nelle 
    famiglie di un riduttore di flusso per risparmiare sull’acqua e 
    sull’elettricità.  
    Il movimento di Grillo ha anche già espresso l’opinione critica sul 
    rigassificatore a Trieste. Tutte le altre informazioni sul blog del forum di 
    meetup: Beppegrillo.meetup.com/52.  | 
  
 
 
  
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    Clima, effetto 
    serra: anticipo di 10 anni sulla riduzione dei gas - Il taglio dei «killer 
    dell’ozono» potrebbe evitare 100 milioni di tumori - Accordo a Montreal tra 
    190 nazioni   | 
  
  
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    MONTREAL Accordo importante alla 
    Conferenza di Montreal per accelerare l'eliminazione delle sostanze nocive 
    per lo strato di ozono e per il clima. Intesa che arriva a 20 anni dal 
    Protocollo di Montreal che nel 1987 ha messo, in teoria, uno stop ai killer 
    dell'ozono dettando norme stringenti per il loro commercio e uso. 
    «Abbiamo raggiunto un accordo storico - ha detto Nick Nuttal, portavoce del 
    Programma delle Nazioni Unite per l'ambiente -: i Paesi sviluppati e quelli 
    in via di sviluppo hanno trovato un'intesa per accelerare la riduzione degli 
    idroclorofluorocarburi (Hcfc), a beneficio dello strato di ozono e (della 
    lotta contro) i cambiamenti climatici». E già si guarda a lunedì, al vertice 
    dell'Onu a New York sul clima con la convinzione che gli accordi di Montreal 
    rappresentino un «segnale vitale». La Conferenza di Montreal, che raggruppa 
    190 Paesi, è stata riunita da inizio settimana con l'obiettivo principale di 
    trovare un'intesa sull'accelerazione dell'eliminazione degli Hcfc, sostanze 
    nocive per l'ozono utilizzate nella refrigerazione e nella climatizzazione. 
    La loro eliminazione contribuirà allo stesso tempo alla lotta contro il 
    riscaldamento della Terra la cui causa, in parte, può essere ritrovata anche 
    negli Hcfc, gas a effetto serra.  
    Il Protocollo di Montreal, sottoscritto il 16 settembre 1987, prevedeva 
    l'eliminazione degli idroclorofluorocarburi entro il 2030 per i Paesi 
    industrializzati e entro il 2040 per quelli in Via di sviluppo. Ora 
    l'accelerazione sui tempi, fissato un anticipo di 10 anni, dovrebbe 
    permettere di ridurre del 3,5% le emissioni dei gas a effetto serra.  
    Il 20.o anniversario del Protocollo di Montreal è stato anche visto come un 
    momento di grande successo per essere riusciti a eliminare praticamente una 
    prima generazione di sostanze mangia-ozono, i clorofluorocarburi (Cfc) 
    utilizzati principalmente per i frigoriferi e le bombolette spray. In merito 
    all'ozono, è uno dei gas che si trovano nell'atmosfera: fa da schermo 
    naturale ai raggi ultravioletti, responsabili del cancro alla pelle. Certo 
    il Protocollo di Montreal non ha chiuso il buco dell'ozono ma ha affrontato 
    il problema riuscendo a stabilizzare la situazione. Tanto che la comunità 
    scientifica stima che da qui al 2050-2060 lo strato d'ozono potrebbe 
    ritrovarsi nella situazione vicina a quella nel 1980. Inoltre, senza il 
    Protocollo di Montreal, da qui al 2020 ci sarebbero stati circa 100 milioni 
    di casi ulteriori di cancro alla pelle.  
    Nonostante gli sforzi, però, circa 88.000 tonnellate di sostanze killer 
    dell'ozono continuano a essere prodotte ogni anno, di queste l'85% nei Paesi 
    sviluppati. Secondo gli esperti, inoltre, una quota ulteriore compresa tra 
    le 10 mila e le 15 mila tonnellate sono prodotte illegalmente.  | 
  
 
 
  
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    Cipolletta: 
    «Il Corridoio 5? Non abbiamo i soldi»   | 
  
  
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    Enrico Letta: «Sogno una 
    azienda di servizi per tutto il Nord». Profumo: «Guardare all’Europa» 
     
    
    Il 
    presidente delle Ferrovie a Vicenza al meeting dei quarantenni della rivista 
    Nordesteuropa.it: «Il Veneto faccia come il Fvg e trovi i finanziamenti»
     
    
    VICENZA La prima stoccata, 
    neanche troppo velata, arriva, da Innocenzo Cipolletta, presidente di 
    Ferrovie dello Stato e come tale responsabile di quel Corridoio cinque tanto 
    agognato dal Nordest, ma pieno di «buchi» a Est di Milano. «I soldi non ce 
    li abbiamo, neanche per la progettazione di alcune tratte. Sarebbe bene che 
    il Veneto, intanto si muovesse in questo campo e che la Regione facesse come 
    il Friuli-Venezia Giulia e trovasse finanziamenti». L'altra provocazione, o 
    meglio le altre due, questa volta aperte, arrivano dal sottosegretario alla 
    Presidenza del Consiglio Enrico Letta, impegnato nella contesa per la 
    leadership del nascente Partito Democratico. 
    La prima: «Ma perchè‚ il Nordest dell'industria, che a tutto titolo ne 
    avrebbe diritto, non esprime un candidato per la presidenza della 
    Confindustria che in Italia è una carica istituzionale e non solo 
    rappresentativa del mondo dell'imprenditoria?». La seconda: «Nelle 
    infrastrutture i grandi progetti sono avviati o in via di definizione. Il 
    Nordest deve puntare in alto. Ho un sogno: che fra cinque anni nasca Ans, 
    un'azienda nord servizi, che per tutto il Nord metta insieme le 
    municipalizzate da Milano al Friuli, passando per Brescia e l'Emilia di 
    Iride ed Enia. Sarebbe davvero un passo che darebbe valore aggiunto al Nord 
    e al Paese che altrimenti rischia che quel valore aggiunto, in pezzi, vada 
    appannaggio di altre aziende e di altri Paesi». 
    A Vicenza, al meeting dei quarantenni del Nordest, organizzato dalla rivista 
    Nordesteuropa.it per il secondo anno, si discute di come affrontare le sfide 
    del futuro: dalla trasformazione del sistema industriale alla 
    riorganizzazione del territorio, dalla creazione vera di una metropoli alla 
    individuazione di una classe dirigente, che come dice Aldo Bonomi, abbia 
    consapevolezza di sè‚ e si trasformi così in borghesia. Operazione 
    difficile, per la sfida di superare i campanilismi che per ora hanno 
    frammentato il territorio e ne hanno impedito un'unitarietà di visione, 
    quasi impossibile se a questo si aggiunge un sistema centrale e una politica 
    nazionale che sembra annaspare in un marasma quotidiano e progettuale. 
    Ma Alessandro Profumo, banchiere ormai europeo, traccia un cammino possibile 
    che ha segnato la sua esperienza. Racconta che quando nacque Unicredit si 
    consumarono mille difficoltà per mettere insieme istituti con radici locali 
    forti: Torino, Verona e poi Treviso e un pezzo di Trieste con le loro Casse 
    di Risparmio sembravano un baluardo insormontabile. «Alla fine tutto ha 
    funzionato: perchè siamo riusciti con Unicredit a mettere in cantiere un 
    grande progetto europeo. L'Europa - dice - è una soluzione per i 
    tradizionali problemi italiani». Ma per Roberto Maroni non lo è affatto. 
    L'unica ricetta possibile per risolvere se non tutti, quasi tutti, i 
    problemi, è che il territorio si riprenda il controllo delle sue variabili 
    finanziarie e delle funzioni, dalle tasse ai centri di spesa, in un progetto 
    di federalismo spinto: «Se lo Stato ridesse alle Regioni del Nord le tasse 
    che un sistema come quello della Catalogna gli potrebbe assegnare, oggi 
    tutti i problemi di finanziamento delle infrastrutture sarebbero risolti». 
    Che soluzione è l'Europa dei grandi campioni e dei grandi gruppi? «Guardate 
    che cosa è successo con Abn Amro-Antonveneta, abbiamo forse oggi una banca 
    più efficiente?». Ma Profumo ribatte di fare attenzione: a forza di 
    federalismo e di frammentazione si rischia che le imprese restino nane, che 
    non si possano aggregare, che non attraggano manager. Insomma che tutti, 
    imprese e territori, siano condannati all'arretratezza e all'assenza di 
    modernità». 
    Ma nel dibattito le paure che emergono non sono solo quelle che non si 
    riesca ad avere una classe dirigente consapevole e un territorio più 
    moderno. Emergono anche questioni più immediate. Ad esempio che il governo 
    tolga l'occhio da un'industria che fa sempre più fatica con il cambio e i 
    problemi della spesa pubblica. «La finanziaria, deve prevedere una riduzione 
    delle tasse - dice con decisione Andrea Tomat. Ma Letta promette: «Con la 
    prossima manovra le tasse sulle imprese caleranno». Chissà. 
    
    Alessandra Carini  | 
  
 
 
  
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    Fianona, firme 
    anti-centrale - Iniziativa dei giovani della Dieta democratica istriana: 
    finora 3mila adesioni   | 
  
  
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    POLA Prosegue la raccolta di 
    firme avviata dai giovani appartenenti alla Dieta democratica istriana 
    contro la costruzione della Centrale termoelettrica Fianona 3, che 
    impiegherebbe carbone. 
    Ieri i tavoli degli attivisti che fanno firmare la sottoscrizione sono stati 
    organizzati a Dignano, al mercato di Pola, a Parenzo, a Mattuglie e a 
    Laurana. Finora la petizione è stata firmata da 3000 cittadini. 
    I giovani dietini fanno presente che non sono a priori contrari alla 
    costruzione di una nuova centrale. «Però al posto del carbone che qualcuno 
    vuole imporci - dicono - vogliamo che sia utilizzato un combustibile più 
    accettabile dal punto di vista sanitario ed ecologico, come ad esempio il 
    gas naturale, di cui c'è grande disponibilità, visto che nelle vicinanze 
    passa il metanodotto magistrale Pola-Karlovac». Come alternativa viene 
    proposto anche il gas dei futuri terminali Lng che verranno costruiti 
    nell'Alto Adriatico e che tante polemiche hanno suscitato già in tempi 
    recenti. 
    p.r.  | 
  
 
 
 
IL PICCOLO - 
SABATO, 22 
settembre 2007
 
 
  
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    Ecomostro alle 
    Noghere  | 
  
  
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    Sta prendendo corpo l’ecomostro 
    del Centro Freetime alle Noghere. Uno spettacolo poco edificante per il 
    turista che entra in Italia da Rabuiese. A piccoli significativi passi si 
    distrugge inesorabilmente l’ambiente naturale e il paesaggio integro che 
    circonda la città di Trieste e la rende così unica al mondo. Centri 
    commerciali, aree di servizio, zone artigianali e industriali, autostrade, 
    edilizia sconsiderata, coste fittamente urbanizzate e spesso inquinate, ecc. 
    sono un cancro che dilaga ovunque spesso senza una reale effettiva esigenza. 
    È su questa strada che vogliamo combattere l’inquinamento, rientrare nei 
    parametri di Kyoto, decongestionare il traffico, vivere e non sopravvivere? 
    È così che si concretizza la tanto strombazzata e auspicabile vocazione 
    turistica della nostra provincia e aree circostanti? Offrendo una piccola 
    perla incastonata in una colata di cemento e asfalto non si attira il 
    turista di pregio, disposto a soggiornare più giorni e dare linfa vitale 
    all’economia locale, ma solo il viaggiatore mordi e fuggi che viene a 
    gravare solo sui servizi, senza portare alcun beneficio economico e portando 
    con sé un ricordo mediocre e anonimo di una città del tutto convenzionale. 
    Las Vegas, sorta nel deserto, non ha avuto vincoli ambientali 
    nell’espandersi indefinitivamente. Ha puntato giustamente tutto 
    sull’ottenere il massimo dell’efficenza nel divertimento. Non si doveva 
    preservare una unicità del territorio circostante che potesse costituire uno 
    dei motivi principali della sua attrazione. Desertificando la cintura verde 
    che circonda Trieste finalmente potremo avere anche noi la nostra Las Vegas. 
    E’ questo che vogliamo? All’inizio dei lavori, da buonpensante, immaginavo 
    che si stesse recuperando un terreno abbandonato semincolto. Che bravi! 
    pensavo, adesso impianteranno un nuovo uliveto. 
    Considerando l’inevitabile disastro provocato dalla costruzione 
    dell’autostrada, sarebbe stato auspicabile, a compensazione del danno, il 
    recupero di un’area equivalente stravolta da uno sconsiderato sviluppo 
    industriale e da destinare a scopi ecologicamente compatibili. Invece si è 
    aggiunto danno al danno e beffa alla beffa. In cambio ci resterà per i 
    prossimi decenni questa mirabile visione di una immane muraglia che nessun 
    architetto al mondo potrà rendere gradevole e che deturperà la dolcezza 
    delle linee e dei colori delle verdi colline sovrastanti. Che 
    l’Amministrazione Pubblica si renda parte diligente e recepisca un messaggio 
    condiviso da gran parte della popolazione, affinchè il nostro futuro anche 
    prossimo non sia in un ambiente totalmente snaturato e artificiale. Il mito 
    di Re Mida ci metta in allarme. Su un manifesto pellerossa in Arizona ho 
    letto questa sentenza: Solo dopo che l’ultimo albero sia stato abbattuto. 
    Solo dopo che l’ultimo fiume sia stato avvelenato. Solo dopo che l’ultimo 
    pesce sia stato catturato. Solo allora scoprirai che il denaro non può 
    essere mangiato.  
    Nico Zuffi  | 
  
 
 
  
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    Distributore a 
    Barcola  | 
  
  
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    Lo stesso sindaco di Trieste 
    Dipiazza in passato (e per la verità anche recentissimamente) si è espresso 
    in pubblico decisamente contro il progetto del distributore Tamoil a Barcola 
    dicendo che esso srebbe stato offensivo rispetto ai piani di 
    ristrutturazione della riviera di Barcola, ma ora ci troviamo a lottare 
    contro gli avvocati del Comune che lo difendono. Eppure la Circoscrizione 
    (50.000 cittadini) si è espressa più volte all’unanimità contro questa 
    follia, e naturalmente Wwf, Italia Nostra, Amici della Terra e altre 
    associazioni ambientaliste si sono ripetutamente dichiarati contrari... Ma 
    nel frattempo la pratica è stata approvata definitivamente e, se non succede 
    qualcosa, tra poco potrà iniziare il taglio degli alberi, col che la strada 
    sarà spianata... in ogni senso. 
    Paolo Rovatti  | 
  
 
 
 
IL PICCOLO - 
VENERDI', 21 settembre 2007
 
 
  
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    Idrocarburi e 
    ceneri nell’area Ezit alle Noghere  - Rilevato un inquinamento fino a 
    otto metri di profondità. La Teseco ha già avviato le bonifiche  | 
  
  
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    Rilevate 
    sostanze nocive dall’azienda di Potenza che sta effettuando la mappatura dei 
    450mila metri quadri di proprietà dell’ente   | 
  
  
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    Potrebbero 
    essere i residui della vecchia discarica di Monte San Pantaleone  | 
  
  
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    Idrocarburi e ceneri nell’area 
    Ezit alle Noghere, a profondità che arrivano anche a otto metri. A 
    individuare questi inquinanti è stata l’azienda specializzata di Potenza che 
    si è aggiudicata la gara per le caratterizzazioni dei 450 mila metri quadri 
    di proprietà dell’Ente zona industriale. 
    Anche se si tratta di dati ancora poco significativi (devono poi essere 
    validati dall’Arpa), la presenza di idrocarburi e di ceneri è giudicata come 
    qualcosa di scontato dal presidente dell’Ezit, Azzarita, dato l’utilizzo in 
    passato di quelle aree come parco serbatoi dell’ex raffineria Aquila e come 
    pubblica discarica per materiali inerti. 
    Le ceneri, in particolare, potrebbero essere quelle del vecchio impianto di 
    Monte San Pantaleone, che sarebbero state scaricate alle Noghere negli anni 
    Ottanta dopo la chiusura della discarica che allora funzionava sul 
    terrapieno di Barcola. 
    Le caratterizzazioni stanno intanto procedendo con ritmi più veloci del 
    previsto. «Siamo al 40% dell’operazione – precisa Azzarita –. Contiamo di 
    ultimarla un mese prima del previsto, e cioè verso la fine di novembre. A 
    quel punto, però, anche se disporremo della mappa dettagliata 
    dell’inquinamento non potremo partire subito con le bonifiche. I fondi per 
    effertuarle, infatti, al momento non ci sono. Dovremo battere cassa». 
    Chi ha iniziato le bonifiche, sempre nella valle delle Noghere, è invece la 
    Teseco, la società proprietaria dell’intero comprensorio ex Aquila, che 
    qualche mese fa ha concluso appunto alle Noghere la demolizione dei serbatoi 
    dell’ex raffineria. 
    Da alcune settimane, così, nell’area di 225 mila metri quadri già venduta 
    alla Coop Nord Est nel dicembre 2006, e su cui sorgerà il previsto centro 
    commerciale, Teseco ha avviato la bonifica, in base al progetto approvato a 
    suo tempo dal ministero dell’Ambiente, sotto lo stretto controllo dell’Arpa. 
    Bonifica che si concluderà nella prossima primavera e riguarderà anche 30 
    mila metri quadri di verde «connettivo», che successivamente verranno ceduti 
    per uso pubblico. 
    L’asporto del terreno risultato inquinato è iniziato dai bacini che 
    circondavano i singoli serbatoi. Lo strato di terra che viene rimosso ha uno 
    spessore variabile fra uno e tre metri. Le migliaia di metri cubi che ne 
    risultano vengono poi trasportati e stoccati in una discarica autorizzata 
    nel Veneto (nel Friuli Venezia Giulia non ne esistono). 
    Per facilitare l’operazione di bonifica, in attesa dell’autorizzazione 
    ministeriale a realizzare l’impianto di trattamento dei terreni già 
    progettato, Teseco non esclude comunque di usare un analogo impianto mobile. 
    Se le operazioni procederanno secondo i programmi, all’inizio dell’estate 
    2008 Coop Nord Est disporrà quindi dell’intera area (risanata) sulla quale 
    costruirà il suo centro commerciale. Si tratta di una struttura a un piano 
    fuori terra, con parcheggi interrati, il cui progetto verrà depositato a 
    breve al Comune di Muggia. 
    Degli 80 mila metri quadri che verranno occupati dall’edificio, la 
    superficie di vendita ammonterà a 48 mila. E di questi, 37 mila 
    riguarderanno il settore «non alimentare» e 11 mila quello alimentare. 
    
    Giuseppe Palladini  | 
  
 
 
  
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    L’Agenzia per 
    l’energia di Udine a Klagenfurt: progetti in comune  | 
  
  
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    UDINE Summit fra l’Agenzia per 
    l’Energia di Udine e quella di Klagenfurt. Il presidente dell’Ape Loris 
    Mestroni ed il direttore Matteo Mazzolini hanno incontrato il direttore di 
    Klagenfurt Gerard Moritz, già capo progetto del termovalorizzatore di 
    Arnoldstein. Da anni infatti l’Austria finanzia una politica energetica 
    orientata alla riduzione dei consumi, all’efficienza energetica ed 
    all’utilizzo delle fonti rinnovabili. Un patrimonio di conoscenze accumulato 
    notevole con numerosi interventi realizzati. Per questo motivo l’Agenzia 
    Provinciale per l’Energia di Udine ha avviato una serie di collaborazioni 
    trans-nazionali per trasferire e valorizzare a livello locale esperienze già 
    consolidate nei territori confinanti. Oltre alla collaborazione con la 
    Carinzia, sono infatti già in atto attività di cooperazione con l’Agenzia di 
    Nova Gorica e di sostegno alla creazione dell’Agenzia istriana per l’energia 
    di Pola in Croazia. L’Agenzia Provinciale per l’Energia di Udine è impegnata 
    nella costruzione di un network tra Friuli, Carinzia, Slovenia ed Istria.  | 
  
 
 
  
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    Eco-energia: 
    sgravi fiscali   | 
  
  
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    ROMA Dichiarazione dei redditi 
    più leggera con le detrazioni previste nella Finanziaria 2007 al capitolo 
    risparmio energetico. E per informare i cittadini sono scesi in campo il 
    ministero dello Sviluppo Economico e l'Enea. Prende il via infatti la 
    campagna informativa sugli sgravi fiscali per interventi di riqualificazione 
    energetica. Si parla di detrazioni fino al 55% delle spese per l'involucro 
    edilizio, la sostituzione di infissi, l'acquisto di pannelli solari per la 
    produzione di acqua calda e le caldaie ad alta efficienza. 
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    «Nuovo 
    cementificio a Torviscosa». Duz smentisce - Il portavoce dei Comitati Mareno 
    Settimo ipotizza: la Grigolin intende presentare un nuovo progetto 
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    UDINE Il portavoce del comitato 
    «No al cementificio» chiede se esiste un progetto bis per una fabbrica di 
    clinker nella Bassa friulana e il sindaco di Torviscosa risponde che no, «in 
    questo momento non c’è alcuna richiesta per un nuovo insediamento». Un 
    giallo? Per adesso c’è la richiesta di un consigliere comunale e la risposta 
    di un sindaco. Mareno Settimo, il consigliere, si rivolge a Roberto Duz, il 
    sindaco, chiedendo «quali siano le sue informazioni sulla vicenda». A 
    Settimo risulta infatti che stia per accadere qualcosa: «Appare ormai 
    imminente la presentazione formale del progetto». «Da fonti solitamente bene 
    informate – scrive in premessa il portavoce del comitato anti-cementificio 
    –, mi sono pervenute informazioni molto dettagliate sulla ventilata 
    intenzione, da parte della Cementi Nord-Est del gruppo Grigolin, di 
    presentare un nuovo progetto di impianto per la produzione di clinker e di 
    cemento da insediarsi a sud-est dell'attuale impianto cloro-soda della 
    Caffaro». Settimo prosegue ricordando che il precedente progetto «è stato 
    duramente bocciato dalla stragrande maggioranza della popolazione di 
    Torviscosa e dell'intera Bassa friulana», e pure «dalla Regione, dalla 
    Provincia e dalla stragrande maggioranza delle amministrazioni comunali del 
    territorio». E ancora precisa: «Anche se di dimensioni minori rispetto al 
    progetto precedentemente proposto, il nuovo cementificio aggraverà 
    ulteriormente la già precaria situazione ambientale del nostro territorio». 
    La risposta di Duz è secca: «Ci fosse qualche richiesta, un consigliere 
    comunale l’avrebbe vista in protocollo. Non c’è nulla. Se Settimo sa 
    qualcosa lo dica, altrimenti parliamo del sesso degli angeli».  
    m.b.   | 
  
 
 
 
IL PICCOLO - 
GIOVEDI',  20 settembre 2007
 
 
  
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    Legge caccia, 
    meno burocrazia per le licenze - La bozza approda al comitato ristretto: 
    introduce l’autogoverno dell’attività venatoria   | 
  
  
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    TRIESTE I cacciatori del 
    Friuli-Venezia Giulia si autogoverneranno. Saranno infatti investiti di 
    responsabilità dirette per quanto riguarda la disciplina della propria 
    attività: saranno essi stessi, attraverso le proprie associazioni, a 
    concordare tra loro – e poi anche a gestirle – le norme sull’assegnazione 
    alle riserve, sugli aspetti disciplinari e sulle attività regolamentari. Per 
    cui non potranno più scaricare i propri contenziosi interni 
    sull’amministrazione pubblica. 
    È questa una delle principali innovazioni previste dal disegno di legge 
    varato dalla giunta Illy la scorsa primavera e di cui prosegue il vaglio in 
    sede di commissione consiliare. Si tratta della legge che riordina le norme 
    regionali sulla caccia, ridisegnando le competenze della Regione stessa, la 
    quale conserverà la titolarità della protezione faunistica con la 
    predisposizione di un piano pluriennale cui dovrà riferirsi tutta l’attività 
    venatoria; però delegherà il vero e proprio esercizio della caccia appunto a 
    un’istituenda associazione fra distretti territoriali e riserve. Laddove in 
    capo alle province figureranno le sanzioni amministrative, i prelievi in 
    deroga e quell’osservazione faunistica che permetterà di partecipare 
    attivamente alla programmazione distrettuale e regionale. 
    Un ruolo importante – rileva l’assessore Enzo Marsilio – verrà assunto da un 
    comitato faunistico regionale di nuova costituzione, che sarà formato da 
    esperti nominati dai cacciatori, dagli ambientalisti, dal mondo agricolo e 
    da quello universitario e che sarà chiamato a pronunciarsi sui piani 
    distrettuali con cui le varie «zone omogenee» (ne sono state individuate 15) 
    programmeranno la caccia alle varie specie di animali in linea col piano 
    faunistico regionale, i cui obiettivi sono la tutela della fauna selvatica e 
    della biodiversità oltreché un razionale prelievo venatorio. 
    «Ridisegnando ruoli e competenze – osserva a sua volta Igor Dolenc, 
    presidente del comitato ristretto riunitosi anche ieri per produrre entro il 
    mese alla quarta commissione un testo che tenga conto anche di una proposta 
    di legge della Lega – si otterrà nel contempo una semplificazione 
    burocratica che consisterà nell’eliminazione di ben 3500 atti quali sono 
    previsti dall’attuale normativa». 
    Giorgio Pison  | 
  
 
 
  
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    I Verdi di 
    Muggia alla maggioranza: «Opere pubbliche senza priorità» - «La periferia 
    necessita di una serie di interventi di manutenzione a strade e marciapiedi»  | 
  
  
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    Giorgio 
    Millo attacca l’assessore Valentich  
    
    MUGGIA I Verdi di Muggia 
    bacchettano la loro stessa maggioranza in merito ai lavori pubblici, e la 
    accusano di non aver dato «nessun segno di discontinuità con l’operato della 
    giunta precedente». Lo spunto arriva dalle recenti dichiarazioni 
    dell’assessore allo Sviluppo del territorio, Moreno Valentich, il quale 
    elencava alcune opere in via di completamento e in programma nel territorio 
    muggesano. 
    Giorgio Millo, dei Verdi muggesani, afferma: «Notiamo con dispiacere come 
    ancora una volta vengono posti in essere una serie di interventi di cui non 
    intendiamo disconoscere l’utilità, ma che in una scala di priorità attenta 
    ai bisogni immediati del territorio, pensiamo non possano avere una 
    precedenza su lavori quali manutenzioni e rifacimenti di strade, bordi e 
    marciapiedi, segnaletica. Opere di cui tutta la periferia è in perenne 
    bisogno, ed in assenza delle quali la circolazione viaria e pedonale ne 
    riceve notevole danno». 
    Ed è proprio questa «scala di priorità» che fa spazientire i Verdi e li 
    porta ad uscire allo scoperto anche sul piano politico: «È più di un anno 
    che chiediamo inutilmente a giunta e maggioranza un elenco degli interventi 
    prioritari, condiviso da tutti». Ma non solo. 
    Le critiche dei Verdi riguardano anche ciò che finora è stato fatto: «Anche 
    i pochi interventi intrapresi in questi mesi sono stati iniziati e non 
    completati, come a Pisciolon o Zindis, ma rappresentano comunque una piccola 
    parte di tutto ciò di cui le periferie muggesane abbisognano». 
    Ma il discorso si allarga, all’insegna della critica, e arriva a comprendere 
    anche quelli che vengono definiti «sprechi»: «Non si capisce – è ancora 
    Millo a parlare - chi a Muggia sente l’impellente necessità, appresa dalla 
    stampa qualche settimana fa, di alzare il ponte sul Rio Ospo per favorire 
    chi è impossibilitato ad uscire con la barca». 
    E tornando alle recenti dichiarazioni dell’assessore Valentich, Millo ha da 
    ridire anche sulla annunciata richiesta di 800 mila euro al Fondo Trieste 
    per le tribune coperte dello stadio Zaccaria, che non lo trova affatto 
    d’accordo. 
    Il verde, al riguardo, manda un messaggio allo stesso Valentich: «Pur 
    comprendendo che quello rappresenta il suo bacino elettorale, ci pensi 
    ancora un poco su, assessore, e la richiesta la dirotti ad iniziative quali 
    implementazione e sviluppo economico del territorio muggesano in generale, e 
    con particolare riguardo al settore commerciale che è in continua 
    sofferenza, dove molti addetti ed operatori stanno perdendo la pazienza 
    oltre che il lavoro». 
    Nella lamentela del direttivo verde rientra in finale anche il recente 
    accordo tra Comune e Teseco in merito alla cessione e rifacimento (da parte 
    della stessa società) del manto del campo di calcio dello Zaule-Rabuiese. 
    «Non si capisce con quale logica ad un azienda come Teseco, che non ha 
    ancora esposto con chiarezza il suo piano industriale né si sa quali 
    tecniche utilizzerà per le bonifiche, si possa chiedere di sistemare un 
    campo di calcio». 
    s.re.   | 
  
 
 
  
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    Corteo in 
    Costiera contro la cementificazione  | 
  
  
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    Il Club autonomo di Trieste dei 
    soci di Amici della Terra organizza per domenica 23 settembre alle 9.30 un 
    corteo, che si snoderà da Barcola (capolinea della 6) a Strada del Friuli, 
    per protestare contro la cementificazione della costiera barcolana. 
    L’associazione contesta l’urbanizzazione forzata della zona.  | 
  
 
 
  
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    Il laghetto di 
    Contovello  | 
  
  
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    Pur condividendo alcune 
    affermazioni del signor Ursini rimango stupito quando lo stesso scrive «Però 
    quel signore non ha raccontato tutta la verità». Spiace contraddirlo, si 
    leggano gli innumerevoli articoli stilati sull’argomento, in particolar modo 
    quello dd. 2.4.2007, in cui la I Circoscrizione lancia l’ennesimo allarme 
    sul rischio di prosciugamento del laghetto di Contovello. Si sono messi 
    sotto accusa innumerevoli interventi e rifacimenti sulle edificazioni nella 
    stretta vallata, tutto ciò compromettendo le sorgenti sotterranee che danno 
    origine al laghetto. Il Consiglio circoscrizionale nel 2003 ha espresso 
    parere contrario sui progetti motivando con «sussiste la possibilità che 
    durante la costruzione s’incontrino fonti sotterranee che alimentano il 
    laghetto, la cui cementificazione o deviazione provocherebbe danni al 
    laghetto stesso». 
    Auspico di aver dato un’esauriente chiarificazione sull’operato del 
    Consiglio circoscrizionale e nel contempo ringrazio il signor Ursini per 
    avermi dato l’opportunità di lanciare un nuovo appello: «Chi può salvare il 
    laghetto di Contovello che si sta prosciugando?». 
    Bruno Rupel - presidente dellaI Circoscrizione Altipiano Ovest  | 
  
 
 
 
IL PICCOLO - 
MERCOLEDI',  19 settembre 2007
 
 
  
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    Parte a Muggia 
    un piano Agenda 21 sugli spazi urbani - Previsti incontri pubblici 
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    MUGGIA Parte a Muggia il primo 
    progetto che si avvale delle procedure di Agenda 21, all’insegna, cioè, 
    della più vasta partecipazione e condivisione delle idee da parte della 
    popolazione. L’argomento scelto è «Mobilità sostenibile, riqualificazione e 
    rivitalizzazione degli spazi urbani di uso pubblico». 
    Muggia così sarà tra i primi enti locali ad avvalersi di questa nuova 
    metodologia di approccio alla programmazione del territorio, e, come ha 
    specificato ieri il sindaco nel presentare l’iniziativa, il primo progetto 
    farà da apripista anche per un altro Agenda 21 sull’intera tematica 
    urbanistica, per predisporre il nuovo piano regolatore generale. Per avviare 
    l’Agenda 21 sulla mobilità sostenibile, il Comune si avvale di un contributo 
    regionale di quasi 23 mila euro. 
    E sono in programma già i primi incontri per delineare i soggetti e gli 
    strumenti di confronto per giungere alle proposte finali. L’assessore 
    Loredana Rossi ha spiegato: «Non si parlerà di parcheggi o viabilità, che 
    comunque resteranno sullo sfondo. Qui si intende delineare la mobilità a 
    piedi, su piste ciclabili, su percorsi protetti, i collegamenti nel 
    territorio. Anche in un’ottica turistica, perché fra le questioni da 
    chiarire sarà anche quale tipo di turismo vogliamo e che destinazioni 
    avranno gli spazi urbani». È prevista la nascita di un forum e di laboratori 
    di studio. 
    «Partecipare per decidere» è il motto del progetto. E in quest’ottica per il 
    forum sarà chiamata a partecipare la popolazione, coinvolta con incontri 
    rionali nelle prime due settimane di ottobre. Da ogni rione saranno nominati 
    tre rappresentanti. Accanto al forum, nascerà anche un laboratorio della 
    città sostenibile dei bambini e delle bambine, composto da alunni 
    rappresentanti di tutte le scuole muggesane, che si esprimerà in particolare 
    su mobilità e riqualificazione degli spazi urbani. «Agenda 21 non decide e 
    non è antitetica all’ente locale – ha detto Nesladek -. Propone le sue 
    soluzioni, anche più di una, di cui poi l’amministrazione dovrà tener conto. 
    È un modo, per noi, di metterci in gioco». Il primo incontro pubblico si 
    terrà martedì 25 settembre alle 18 alla sala Millo. 
    s.re.  | 
  
 
 
  
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    Patto con 
    Prodi, Illy insiste su terza corsia e Tav  - I parlamentari di 
    centrosinistra: massimo appoggio alla Regione. Cdl, presente solo Contento (An)  | 
  
  
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    Incontro a Roma fra deputati 
    e senatori del Friuli Venezia Giulia e il governatore: a fine mese prevista 
    la firma del protocolloTRIESTE Finanziamenti sicuri per la terza corsia, 
    l’impegno a realizzare la ferrovia ad alta capacità e a costruire il 
    collegamento tra la A27 Venezia-Belluno e la A23 Udine-Tarvisio, già 
    ribattezzata autostrada del Cadore. Sono queste alcune delle novità 
    contenute nel corposo protocollo bis Stato-Regione che, strutturato in 20 
    articoli, il presidente Riccardo Illy ha presentato ieri sera ai 
    parlamentari del Friuli Venezia Giulia e che sottoporrà all’attenzione del 
    governo nazionale nei prossimi giorni, prima del varo della Finanziaria 
    previsto entro il 28 settembre. Tra le richieste anche un passaggio graduale 
    delle competenze in materia di istruzione. 
    Il nuovo protocollo Illy-Prodi è stato esaminato ieri sera nel corso di un 
    incontro per pochi. Le votazioni in corso a Camera e Senato hanno infatti 
    visto partecipare quattro parlamentari di centrosinistra (Ivano Strizzolo, 
    Flavio Pertoldi, Sabina Siniscalchi e Carlo Pegorer) e solamente uno del 
    centrodestra (Manlio Contento). Nel documento è stata inserita anche la 
    partita portualità, ovvero il trasferimento alla Regione delle funzioni 
    relative alle concessioni sulle aree demaniali marittime. A questo 
    proposito, Illy ha confermato che il passaggio delle competenze alla Regione 
    sull'area del Porto Vecchio di Trieste è da considerarsi temporaneo, in 
    vista del trasferimento al Comune di Trieste. Nell'ultima versione del testo 
    dell’atto aggiuntivo si fa infatti esplicito cenno a questo successivo 
    passaggio. 
    Nel documento sono inseriti altri punti, che riguardano impegni del governo 
    in materia di ambiente: difesa del suolo, tutela delle acque, cassa di 
    espansione del fiume Tagliamento, siti di bonifica di interesse nazionale. 
    Diversi articoli affrontano il tema del trasferimento dallo Stato alla 
    Regione di ulteriori beni (foresta di Tarvisio, altre caserme dimesse) e 
    competenze, in particolare in materia di istruzione e di catasto. Sono 
    richiamati anche gli impegni a suo tempo inseriti nei protocolli 
    sottoscritti tra la Regione e i ministeri dell’Interno e della Giustizia in 
    materia di sicurezza e giustizia. 
    «Quello che quanto meno colpisce è che se per il protocollo attuale si 
    prevedeva una verifica ogni quadrimestre – dice Manlio Contento (An) – il 
    nuovo atto fissa la prossima scadenza a luglio 2008». Contento dal canto suo 
    ha proposto una modifica per quel che riguarda lo statuto di Finest: «Il 
    protocollo chiede che la finanziaria possa ampliare la sua mission ai paesi 
    asiatici. A nostro avviso dovrebbe mutare a seconda degli indirizzi della 
    giunta che a loro volta tengono conto dei bisogni delle imprese regionali».
     
    Soddisfatti del confronto i parlamentari di maggioranza. «È stato un 
    incontro sereno che ci ha permesso di approfondire diversi aspetti – ha 
    detto Strizzolo -. Ora bisognerà capire cosa riusciremo ad ottenere dal 
    governo. Il nostro sostegno alla Regione sarà totale». Secondo Pegorer «il 
    documento afferma l’autonomia del Friuli Venezia Giulia in un’ottica di 
    dialettica positiva tra Stato e Regione».  
    Martina Milia  | 
  
 
 
  
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    «Legge 
    sull’urbanistica da rinviare» - Lo chiedono i capigruppo dell’opposizione: 
    mancano ancora i regolamenti  | 
  
  
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    TRIESTE Rinviare l'entrata in 
    vigore della Legge regionale sull'urbanistica: è quanto chiedono i 
    capigruppo regionali del Centrodestra del Friuli Venezia Giulia, Roberto 
    Molinaro (Udc), Luca Ciriani (An), Isidoro Gottardo (Fi) e Alessandra Guerra 
    (Lega), con una mozione presentata al Consiglio.  
    I gruppi di opposizione hanno depositato una mozione che chiede alla Giunta 
    regionale di riconsiderare la data di entrata in vigore della legge 
    regionale 5/2007 sull'urbanistica.  
    Chiedono un congruo rinvio che consenta di predisporre tutti gli atti 
    regolamentari inseriti nella stessa legge e che sia al contempo presentato 
    un progetto di legge che preveda un tanto. Il 27 agosto scorso - ricordano i 
    quattro firmatari - è entrata in vigore l'intera legge 5 concernente la 
    riforma dell'urbanistica e la disciplina dell'attività edilizia e del 
    paesaggio, ma il regolamento di attuazione, che doveva essere approvato 
    entro il termine di entrata in vigore del provvedimento, è stato predisposto 
    e approvato successivamente, il 14 settembre, e soltanto relativamente alla 
    parte II della legge (disciplina dell'attività edilizia), mentre mancano le 
    fondamentali parti I (urbanistica) e III (paesaggio). Questa 
    regolamentazione parziale, peraltro non ancora in vigore, ha ottenuto parere 
    contrario dal Consiglio delle Autonomie locali. Una situazione normativa e 
    politico istituzionale - sottolineano i capigruppo di opposizione - che 
    compromette in modo grave l'attività dei Comuni, con l'applicazione presso 
    gli stessi (sino all'entrata in vigore del regolamento regionale) della 
    normativa edilizia statale di cui al Dpr 380/2001 e, più in generale, con 
    pesanti incertezze e rallentamenti dell'attività amministrativa che si 
    ripercuote negativamente sui cittadini e sulle imprese. Tale insostenibile 
    situazione - concludono - che è stata già rappresentata all'Amministrazione 
    regionale anche dall'Anci, rende necessario un pronto intervento normativo 
    per evitare colpevoli rallentamenti ai processi di crescita economica e 
    sociale nel territorio.   | 
  
 
 
  
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    Amianto, 
    50mila tonnellate già rimosse con le bonifiche  | 
  
  
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    TRIESTE Sono poco meno di 50 
    mila le tonnellate di amianto rimosse in Friuli Venezia Giulia negli ultimi 
    undici anni grazie alle bonifiche. Lo ha reso noto Umberto Laureni, 
    presidente della commissione ad hoc, presentando la terza conferenza 
    regionale sull'amianto che avrà luogo il 24 settembre a Monfalcone. La 
    Conferenza, prevista per legge, serve a fare il punto su quanto è stato 
    fatto e quanto ancora resta da fare in una regione che ha avuto l’incidenza 
    di tumore per amianto più elevata d'Italia. Laureni ha spiegato che sono 
    state fatte, dal 1994 ad oggi, più di 15 mila rimozioni di amianto e sono 
    stati formati 1.111 operai specializzati. Permane però il problema dello 
    smaltimento dei rifiuti con amianto: si sta comunque predisponendo a Porcia 
    una discarica ad hoc. Laureni ha infine anticipato le nuove opportunità 
    offerte dal «registro esposti», che d'ora in poi consentirà agli iscritti di 
    accedere gratuitamente agli esami clinici e all'iscrizione nella tessera 
    sanitaria dello status di esposto all'amianto.  | 
  
 
 
Greenaction 
Transnational, nasce il nuovo ambientalismo
 
Prende il via da Trieste, con 
l’illustre sostegno di Margherita Hack, la nuova rotta internazionale 
dell’impegno ambientalista. Si chiama «Greenaction Transnational» ed è stata 
presentata ieri nella sede di via Cadorna 5, assicurando in tempi brevi la 
nascita di ulteriori filiali nel Nord Italia (il primo battesimo avverrà a 
Torino) ma anche in Slovenia, Croazia e Austria. L’associazione Gt «per la 
difesa dell’ambiente, dei diritti dell’uomo e degli animali» è stata fondata a 
Trieste «in quanto città europea transnazionale e centro scientifico di livello 
planetario» e manifesta l’intenzione di «non tenere più conto dei confini di 
Stato con indipendenza da qualsiasi parte politica, un approccio scientifico e 
sociale ai problemi e informazione libera via internet. Anche sui temi più 
scottanti». Non a caso, il sito www.greenaction-planet.org (sarà completato 
entro la settimana) costituirà uno strumento fondamentale multilingue e proporrà 
immediatamente «un’inchiesta inedita, documentata anche da indagini giudiziarie 
condotte dalla Guardia di finanza - spiega il presidente Roberto Giurastante - 
sullo smaltimento dei rifiuti tra Africa ed Europa». Il sodalizio collabora con 
la sezione locale degli Amici della terra Italia (realtà della quale lo stesso 
Giurastante è consigliere nazionale) e vede Chiara Bernardoni in qualità di vice 
presidente e Paolo G. Parovel segretario. «L’atto della fondazione è avvenuto da 
circa un mese - spiega il massimo dirigente - e presto aprirà la sede di Torino. 
Il nostro obiettivo è quello di ridare slancio al movimento ambientalista non 
solo italiano che in questo momento non gode di buona salute». Si chiama 
Greenaction («Azione verde») perché «non bastano più parole o intenzioni ma 
serve l’azione concreta, decisa, continua e solidale di tutti, con gli strumenti 
etici e pratici della democrazia, della legalità, della cultura, della scienza e 
dell’informazione».
Daniele Benvenuti
 
 
 
IL PICCOLO - 
MARTEDI',  18 settembre 2007 
 
 
  
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    Traffico e 
    inquinamento: solo Bari peggio di noi - Inchiesta dell’Espresso con Italia 
    Nostra  | 
  
  
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    Bocciati in tema di lotta allo 
    smog e al traffico. Secondo un’indagine realizzata da «L’Espresso» in 
    collaborazione con Italia Nostra, pubblicata sul numero in edicola, su 
    dodici città italiane con oltre 200 mila abitanti Trieste è al penultimo 
    posto, davanti solo a Bari e dietro a Palermo. 
    La classifica – che vede in vetta Firenze – è il risultato della «fusione» 
    tra la gravità di alcune situazioni legate alla circolazione e le soluzioni 
    attuate dalle singole amministrazioni comunali per ridurne l’impatto. 
    La serie dei problemi si apre con le temibili polveri sottili (pm10), la cui 
    media annuale per Trieste è di 23,4 microgrammi per metro cubo, il più basso 
    delle dodici città prese in esame (il massimo è a Verona con 59). 
    Siamo ai minimi anche con riguardo ai pendolari (13,3% gli arrivi di 
    pendolari in città sul totale degli spostamenti in un giorno feriale), ma la 
    situazione si rovescia con il numero di motocicli per 100 abitanti (15,9), 
    che ci vede al terzo posto, preceduti solo da Genova (19,5) e Firenze (16). 
    Nuovamente basso, invece, il numero di auto per 100 abitanti (53), che vede 
    in testa Roma (73), Torino (62) e Verona (61). 
    È però l’altra serie di fattori – le soluzioni adottate per affrontare i 
    nodi del traffico – a pesare negativamente sulla posizione di Trieste nella 
    classifica delle dodici città. A cominciare dalle zone a traffico limitato 
    per 100 abitanti: soli 9,6 metri quadri, quasi il minimo in Italia (Bari ne 
    ha zero), poco meno di Milano (15,9), mentre la media delle altre città è di 
    alcune centinaia di metri quadri (a Firenze sono addirittura più di 1.000). 
    Il successivo parametro, la valutazione sull’efficacia delle Ztl, è quindi 
    «scarsa». 
    Trieste è ai minimi anche con riguardo ai parcheggi a pagamento (ogni 1.000 
    auto circolanti), con un valore di 17, superiore solo a Genova (12,8) mentre 
    al vertice figura Bologna, seconda nella classifica assoluta, con 195,9 
    posti auto a pagamento ogni mille auto in circolazione. 
    Addirittura senza un valore è la nostra città relativamente agli utenti del 
    «car sharing», posizione comunque analoga ad altre delle città esaminate, 
    anche se in diverse delle dodici questi utenti superano il migliaio. 
    Trieste è invece quasi a centro classifica per quanto riguarda le aree 
    pedonali: 27,4 metri quadri ogni cento abitanti, con Palermo al minimo (3,7) 
    e Firenze al vertice con addirittura 81 metri quadri, sempre ogni cento 
    abitanti. 
    Torniamo a livelli bassi in tema di piste ciclabili, con 51.600 abitanti per 
    chilometro di pista, valore inferiore solo a quelli di Palermo e Bari, 
    mentre meglio di tutti sta Padova, che registra 2.800 abitanti per ogni 
    cilometro di pista ciclabile. 
    Ultimo parametro preso in esame dall’inchiesta de «L’Espresso», con riguardo 
    alle soluzioni per il traffico, il trasporto pubblico. E qui Trieste ritorna 
    fra le prime. Il numero di viaggi per abitante, in un anno, sui mezzi 
    pubblici della nostra città si attesta a 349,4, in una graduatoria che vede 
    primeggiare Milano (623,7) e Roma (485,6), e nella quale il fanalino di coda 
    è Bari (53,7).  | 
  
 
 
  
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    SONDAGGIO SWG 
    in FVG - Ambiente e cultura promossi, friulano bocciato  - Solo il 26% 
    è favorevole alle lezioni in marilenghe. Opposizione «poco efficace» per il 
    64%  | 
  
  
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    Dall’indagine dell’istituto 
    di Trieste emerge un giudizio positivo su tutti i grandi temi, da sanità a 
    lavoro. Rimane il «problema extracomunitari»TRIESTE Danno il voto più 
    alto alla qualità dell’ambiente. E quello più basso ai rapporti con gli 
    extracomunitari. Ma, compilando una pagella complessiva sul Friuli Venezia 
    Giulia, sui suoi punti di forza e debolezza, i cittadini dispensano un 
    giudizio lusinghiero. E concedono la promozione piena. Sono assai più 
    freddi, invece, sull’insegnamento della marilenghe a scuola e diventano 
    gelidi sull’utilizzo della lingua friulana per insegnare materie diverse, 
    come matematica, inglese o geografia. 
    Lo rivela la Swg di Trieste nell’indagine che, intervistando un campione di 
    mille residenti del Friuli Venezia Giulia, «fiuta» l’aria in vista delle 
    elezioni del 2008. Su commissione di Telepordenone, ancor prima di 
    focalizzare gli sforzi sulla sfida «virtuale» tra Riccardo Illy e Edi 
    Snaidero, una sfida che vede in vantaggio il presidente in carica, 
    l’istituto di ricerca si sofferma sul «clima». 
    E così la Swg chiede al suo campione di esprimere un voto positivo, 
    sufficiente o negativo su una ventina di temi che attengono alla qualità 
    della vita in Friuli Venezia Giulia. Il risultato? L’84% dispensa un voto 
    positivo o sufficiente alla qualità dell’ambiente, mentre solo il 16% dà 
    un’insufficienza. Il 75% promuove l’offerta culturale, il 74% i servizi 
    sanitari, il 72% la sicurezza, il 69% la scuola e le opportunità di lavoro, 
    il 67% i servizi per gli anziani, il 66% le prospettive di sviluppo, il 64% 
    i servizi per l’infanzia e quelli sociali, il 61% i rapporti tra italiani e 
    sloveni... «Un risultato eccellente. La percezione che i cittadini hanno, 
    rispetto alla Regione e al suo governo, è ottima» sintetizza Roberto Weber, 
    presidente della Swg. Nessuno dei temi, nemmeno quelli a più basso tasso di 
    gradimento, riceve una bocciatura: il rapporto con gli extracomunitari, 
    all’ultimo posto, accontenta comunque il 53% del campione, pur incassando il 
    voto negativo del 42%. E i collegamenti ferroviari e stradali, al penultimo 
    posto, soddisfano il 55% del campione, pur registrando lo scontento del 40%. 
    Lo studio del friulano a scuola, il tema politicamente più caldo delle 
    ultime settimane, con il disegno di legge regionale a firma della giunta a 
    un passo dall’approvazione in aula, riceve invece un’accoglienza assai 
    diversa. La Swg chiede al suo campione se è d’accordo che, in classe, si 
    insegni la marilenghe. Il 44% dice di sì, ma il 41% dice di no, mentre il 
    15% è indifferente: la spaccatura è netta. Pesa, nella risposta, 
    l’appartenenza politica: le adesioni alle lezioni di friulano raggiungono il 
    48% tra gli elettori di centrosinistra, mentre tra quelli di centrodestra le 
    adesioni e i rifiuti si equivalgono (43 a 43). Pesa ancor di più, però, 
    l’appartenenza territoriale: in provincia di Udine il 54% è favorevole, in 
    quella di Pordenone il 41%, in quella di Gorizia il 36% e in quella di 
    Trieste solo il 28%.  
    La Swg va oltre. E chiede, ovviamente allo stesso campione, se è d’accordo 
    con l’ipotizzato utilizzo della lingua friulana per l’insegnamento di altre 
    materie. Non c’è partita: solo il 26% dice sì, mentre il 63% si oppone e 
    l’11% non si sbilancia. L’appartenenza politica, stavolta, non incide molto. 
    Incide, invece, quella geografica: il 74% dei triestini rigetta le lezioni 
    in marilenghe, come il 72% dei goriziani, mentre gli udinesi ostili sono 
    «solo» il 54%.  
    La Swg, a quel punto, si spinge oltre. E chiede un giudizio complessivo 
    sull’operato della giunta regionale in carica: il 49% lo ritiene «molto o 
    abbastanza efficace», mentre il 45% lo considera «poco o per nulla 
    efficace». Una curiosità: il 51% degli elettori indecisi o astensionisti 
    approva l’azione illyana. 
    L’istituto di ricerca, subito dopo, chiede un analogo giudizio sull’operato 
    dell’opposizione regionale: solo il 26% del campione lo reputa «molto o 
    abbastanza efficace», mentre il 64% lo definisce «poco o per nulla 
    efficace». Una sorpresa: appena il 32% degli elettori di centrodestra 
    promuove il comportamento della sua «squadra». Non è un dato da 
    sottovalutare tanto più che il trend nazionale, come ricorda Weber, è ben 
    diverso. E premia, con un notevole distacco, l’opposizione a Romano Prodi e 
    al suo governo. 
    
    Roberta Giani  | 
  
 
 
  
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    Le Ferrovie 
    tedesche sbarcano in Slovenia - Deutsche Bahn gestirà anche le Ferrovie 
    slovene. Verso un sistema integrato con gli scali aerei  | 
  
  
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Capodistria: 
holding tedesca per porto e trasporti 
TRIESTE L’appello del presidente del 
Consiglio Romano Prodi di trasformare i porti di Trieste, Capodistria e Fiume in 
un unico scalo ha lasciato il segno nel mondo imprenditoriale sloveno. 
  
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    In dirittura d’arrivo le 
    trattative con il governo sloveno. Lubiana fa stimare il valore commerciale 
    di Luka Koper e di Intereuropa   | 
  
  
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    Ma la risposta italiana ai 
    progetti sul capoluogo del Litorale di Deutsche Bahn, le Ferrovie tedesche, 
    sembra essere giunta in ritardo. L’accordo tra il partner tedesco e la 
    Slovenia, infatti, è oramai a un punto di non ritorno. Anzi è in dirittura 
    finale. A breve, infatti, nascerà un’unica holding di comproprietà di 
    Deutsche Bahn che raggrupperà la società che gestisce il porto di 
    Capodistria (Luka Koper), la principale azienda di trasporti e di logistica 
    della Slovenia (Intereuropa) e le stesse Ferrovie slovene. 
    Il principale obiettivo della mega operazione, spiega il sottosegretario 
    sloveno alle Finanze nonché capo della delegazione che sta trattando con le 
    Deutsche Bahn, Andrej Sircelj, è quello di collegare la logistica con la 
    gestione delle ferrovie e del porto di Capodistria, ma anche con altri 
    settori collegati quali gli aeroporti e il turismo. Quale sarà il modello 
    che renderà operativi tali collegamenti non è ancora dato a sapere, ma il 
    governo sloveno ha avviato in questi giorni la procedura che porterà a 
    quantificare il valore di mercato di Intereuropa, Luka Koper e delle 
    Ferrovie slovene, nonché il valore aggiunto che alle stesse porterebbe il 
    collegamento con Deutsche Bahn, la quale si è offerta altresì come 
    principale partner anche nel rinnovo della rete ferroviaria slovena che 
    costerà a Lubiana circa 9 miliardi di euro. E, dicono gli esperti in 
    Slovenia, è proprio la portata dell’operazione che non è passata inosservata 
    in Italia. 
    L’altro grande tema sollevato da Prodi nel suo summit bilaterale con il 
    primo ministro sloveno Janez Jansa a Brdo è stata la cooperazione nel 
    settore energetico, evidenziando la necessità di costruire quanto prima 
    (entro il 2007 dovrà essere elaborato il progetto per non perdere i 
    finanziamenti europei del piano Ten) un nuovo elettrodotto tra la Slovenia e 
    il Friuli Venezia Giulia. Bene, anche qui il discorso non è tanto lineare. 
    Eles, il gestore sloveno dell’elettricità, ha già da qualche anno pronti i 
    progetti per la realizzazione di un eletrodotto tra Okroglo e Udine, ma la 
    sua realizzazione viene ora condizionata alla revisione delle quote di 
    elettricità da esportare e alle capacità commerciale di fruizione della 
    stessa nell’area confinaria. 
    Lubiana non ha dubbi: nell’interscambio di elettricità con l’Italia il suo 
    guadagno è troppo limitato come evidenziato già due anni dal direttore di 
    Eles, Vitoslav Turk. Attualmente, spiegano gli esperti sloveni, l’Italia 
    importa dalla Francia e dalla Svizzera circa 5mila megawatt di elettricità 
    la quale circola poi anche lungo la rete slovena. Da tutto ciò Lubiana 
    ottiene solo una compensazione finanziaria, definita, come detto, del tutto 
    insufficiente. Ma oggi la Slovenia non si accontenta più e vuole valutare 
    tutte le ricadute commerciali che ne possono derivare. Del nuovo 
    elettrodotto, dicono fonti slovene, non si farà niente fino al 2012. 
    In quest’ottica appaiono ancor più significative le considerazioni in merito 
    svolte dall’analista economico del «Delo» (uno dei due più autorevoli 
    quotidiani della Slovenia) Miha Jenko. «La Slovenia - spiega - deve 
    approfonditamente meditare su quale futuro assicurare al Porto di 
    Capodistria». Insomma Lubiana deve prendere tempo così «come sanno fare 
    molto bene i nostri vicini», aggiunge Jenko. «Vediamo come i diversi governi 
    italiani che si sono succeduti - precisa - non hanno avuto assolutamente 
    fretta di ritirare il denaro che la Slovenia ha già versato in un conto 
    fiduciario presso la filiale lussemburghese della Drsdner Bank quale 
    indennizzo dei beni abbandonati dai profughi italiani». Con il ministro 
    Massimo D’Alema a capo della Farnesina si è ora avanzato il proposito di 
    risolvere questo problema «in un modo più complesso» e sotto una «nuova 
    luce». «L’Italia - sostiene Jenko - vuole sul problema» del risarcimento dei 
    beni abbandonati (Accordi di Roma del 1981) «coinvolgere anche la Croazia». 
    «In altre parole - precisa - gli italiani hanno evidentemente ancora grandi 
    progetti relativi alla restituzione dei beni abbandonati in Istria e 
    Dalmazia e proprio per questo non pensano minimamente di ritirare il denaro 
    versato sul conto fiduciario in Lussemburgo». 
    L’Italia, è la convinzione che più sta prendendo piede in queste ore in 
    Slovenia, ha dietro agli interessi economici di collaborazione con la 
    Slovenia anche un preciso piano geopolitico che però si scontra con gli 
    interessi della Germania. «Non c’è alcuna necessità - scrive ancora Jenko - 
    che la Slovenia affrettatamente cada oggi nell’abbraccio del capitale 
    italiano o di quello tedesco». «Come gli altri sfruttano il loro patrimonio 
    territoriale, umano e di capacità finanziaria nelle loro strategie operative 
    sarebbe il caso che lo stesso facesse anche il governo sloveno». «Come 
    alcuni anni fa se imprenditori sloveni di chiara appartenenza al 
    centrosinistra non avessero praticamente svenduto la proprietà di Bank Koper 
    al gruppo San Paolo Imi, ora la più propulsiva regione della Slovenia in 
    campo economico-industriale non si troverebbe senza un proprio istituto di 
    credito con cui operare». 
    Insomma, a Lubiana sembra prevalere l’idea di non affrettare processi così 
    importanti. «E sarebbe molto meglio - conclude Jenko - scegliere un partner 
    pronto a investire che non provenga da uno Stato confinante con la 
    Slovenia». Deutsche Bahn, a questo punto, sembra proprio sul punto di 
    concludere l’affare.  | 
  
Mauro Manzin
 
 
  
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    Ambiente, 
    Muggia coinvolge la gente - Al via le consultazioni per i progetti 
    finanziati dall’Agenda 21  | 
  
  
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    MUGGIA Il Comune di Muggia ha 
    deciso di avviare un programma sul tema della mobilità sostenibile e della 
    riqualificazione e rivitalizzazione degli spazi urbani di uso pubblico. Il 
    metodo scelto è quello di Agenda 21, e sarà presentato oggi alla stampa e 
    martedì 25 settembre alle 18 alla sala Millo sarà illustrato alla 
    popolazione che sarà protagonista di questo percorso. Il progetto prevede, 
    fra l’altro, la realizzazione di piste ciclabili, percorsi protetti e 
    collegamenti sul territorio. La metodologia di Agenda 21 prevede che venga 
    costituito un Forum, formato dai rappresentanti dei cittadini coinvolti nel 
    progetto, i cui risultati saranno valutati dal Comune. Il Comune ha già 
    ottenuto un contributo di poco più di 23 mila euro, pari al 70 per cento 
    della spesa totale prevista. 
    s.re.   | 
  
 
 
 
 IL PICCOLO - 
LUNEDI',    17 settembre 2007
 
 
  
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    Traffico, i 
    «rischi» per via Rossetti - Preoccupazioni degli abitanti della zona sul 
    futuro piano della viabilità   | 
  
 
 Dalla pubblicazione dei 
contenuti salienti del progetto di piano del traffico redatto dal prof. Camus, 
ho avuto conferma della fondatezza delle voci - riportate anche da questo 
giornale, dopo alcune «esternazioni» di taluni membri del Consiglio 
circoscrizionale di Barriera Vecchia-San Giacomo all’epoca evidentemente già ben 
informati e, purtroppo, consenzienti – che vorrebbero l’istituzione nel tratto 
di via Rossetti compreso tra l’incrocio con via Revoltella e l’incrocio con via 
Pascoli, di una corsia riservata ai mezzi pubblici diretti verso il centro 
cittadino, lasciando nel contempo l’altra metà della carreggiata disponibile per 
l’attuale traffico di mezzi pubblici e privati diretti verso Rozzol o verso 
piazzale De Gasperi.
Mi permetto di osservare che si tratterebbe di una scelta dissennata, foriera 
solamente di rallentamenti di un traffico che ad oggi scorre in modo spedito, 
nonché di un considerevole incremento dello smog in una delle poche aree 
alberate della semiperiferia.
A tali ben evidenti disagi si accompagnerebbe, inoltre, la perdita di parcheggi, 
già notoriamente rari nella zona. Insieme ad altri residenti nelle vie Rossetti 
e Piccardi, alquanto preoccupati per la possibile diminuzione della qualità 
della vita nella parte della città in cui viviamo, ho già raccolto in modo 
casareccio, tra gennaio e febbraio di quest’anno, un migliaio di firme in calce 
a una petizione che, non appena rientrato a Trieste dopo qualche giorno di 
assenza per motivi familiari e professionali, conto di presentare al sindaco 
assieme a coloro che mi hanno dato una mano, sperando vivamente che nel 70% 
delle parti dello studio Camus che egli ha dichiarato di non condividere più ci 
sia anche il paventato assetto futuro delle nostre due vie.
Confidiamo vivamente, quindi, nel buon senso dei nostri amministratori, anche in 
relazione alle assennate considerazioni fatte su queste stesse colonne, pochi 
giorni fa, dal consigliere De Gavardo e che fanno ben sperare soprattutto per 
quanto attiene al «metodo» con il quale saranno assunte decisioni comunque 
importanti per la città.
Diversamente, qualora la parte di Piano che ci riguarda dovesse rimanere così 
come sta, per parte mia, e per parte di un già folto gruppo di sottoscrittori 
della petizione, il rimedio dovrà essere purtroppo trovato mediante i ricorsi 
nelle competenti sedi giurisdizionali, stante l’assoluta irrazionalità della 
soluzione che ci riguarda.
La scadenza del giugno 2008 è ancora lontana, e ci sono quindi tutti gli spazi 
per una serena disamina dei problemi: ma è bene che si sappia sin d’ora, nei 
Palazzi dove si deciderà la viabilità della Trieste del domani, che le relative 
conseguenze ricadranno comunque su cittadini consapevoli dei propri diritti, e 
non già su sudditi acriticamente disponibili a subire scelte - non importa se di 
fonte «tecnica» o «politica» - palesemente contrarie ai criteri di un corretto 
assetto viario.
L’esperienza dell’abortito «Bucone» dovrebbe aver insegnato qualcosa...
Fulvio Rocco
 
 
 
 
 
 IL PICCOLO - 
DOMENICA,  16 settembre 2007
 
 
  
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    Rifondazione: 
    no alla Tav e all’elettrodotto italo-sloveno - Lauri contro Sonego  | 
  
  
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    TRIESTE «Alta velocità, 
    elettrodotti e rigassificatori non servono». Rifondazione, con il segretario 
    regionale Giulio Lauri, non ha dubbi. E lancia un avvertimento a Lodovico 
    Sonego, l’assessore regionale ai Trasporti, «reo» d’aver sponsorizzato le 
    tre grandi opere a gran voce, alla luce del vertice tra Romano Prodi e Janez 
    Jansa. «La Slovenia - afferma Lauri - si appresta ad assumere la presidenza 
    di turno della Ue. Non deve dunque stupire, ed è positivo, se questo paese 
    vive una fase di protagonismo nella dialettica bilaterale e multilaterale 
    con gli altri paesi Ue. E sono positivi i riflessi che ne possono venire per 
    lo sviluppo della cooperazione con il nostro paese». Bene, benissimo «se ciò 
    comporterà un impegno immediato per il potenziamento dei collegamenti 
    ferroviari fra i porti di Trieste e Capodistria». 
    Attenzione, però: «Guai a fare confusione o peggio propaganda preconcetta a 
    favore di una nuova linea ad alta velocità: il collegamento fra i due porti, 
    paradossalmente, rende ancora meno utile e motivata la proposta del 
    Corridoio 5 così come è stata proposta fino a questo momento in Friuli 
    Venezia Giulia, in particolare a Trieste con le gallerie nel Carso e la 
    discesa di una nuova linea fino in città».  
    Quanto agli elettrodotti, aggiunge Lauri, «il problema dell’italia non è 
    tanto l’importazione di energia dagli altri paesi attraverso nuove 
    infrastrutture, quanto lo sviluppo di un modello energetico alternativo che 
    abbandoni progressivamente le fonti fossili ed utilizzi quelle rinnovabili: 
    per fare questo, anche la realizzazione dei rigassificatori non è una scelta 
    coerente, perché anche la produzione di gas è destinata ad esaurirsi in 
    tempi molto brevi. Italia Slovenia e Friuli Venezia Giulia possono invece 
    sviluppare la cooperazione per la ricerca e la produzione di energia da 
    fonti rinnovabili e pulite».  | 
  
 
 
  
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    Maggioranza 
    divisa sul nucleare  - Pecoraro Scanio critica un sondaggio che dice 
    che sette italiani su dieci sono favorevoli all’atomo  | 
  
  
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    Studio Usa: 
    in Italia ci sono 90 bombe atomiche, 50 nella base Usaf di Aviano 
    
    Il 
    sottosegretario Enrico Letta favorevole alla proposta Bersani. Netta 
    contrarietà espressa da Pdci e Verdi  
    
    ROMA La discussione sull’ipotesi 
    di ritorno al nucleare ha di nuovo avuto l’attenzione dei protagonisti della 
    politica italiana. A partire dal ministro dell’ambiente Pecoraro Scanio, che 
    commentando per Sky Tg24 un sondaggio secondo cui sette italiani su dieci 
    sarebbero favorevoli a riaprire le centrali nucleari ha detto che il 
    dibattito è «fasullo» e parte da una domanda sbagliata. Ma l'Italia, in 
    effetti, è già un paese nucleare. A rivelarlo è uno studio americano, 
    secondo il quale sul territorio italiano ci sono 90 bombe atomiche 
    statunitensi. Cinquanta sono nella base di Aviano, in Friuli, e altre 40 si 
    trovano a Ghedi, nel Bresciano.  
    Intanto Pecoraro Scanio si scaglia contro il sondaggio. «Invece di chiedere 
    ”vuoi le centrali o rimanere senza luce?” - ha detto il ministro - perché 
    non si è posta la domanda ”vuoi una centrale vicino casa ricordando 
    Chernobyl?”: il risultato sarebbe stato sicuramente diverso. Nessuna Regione 
    e nessun comune - ha ribadito ancora il ministro - direbbe mai di sì alla 
    costruzione di una centrale nucleare nel proprio territorio». Ma a scatenare 
    ieri le maggiori reazioni sono state soprattutto le dichiarazioni del 
    ministro delle attività produttive Pieluigi Bersani e del sottosegretario 
    alla presidenza del Consiglio Enrico Letta, di segno contrario rispetto a 
    quelle di Pecoraro Scanio. A «La Repubblica» Bersani ha detto che non si 
    deve rinunciare «alla ricerca sul nucleare» perché «è importante non perdere 
    un altro treno tecnologico che avrà ricadute in un paio di decenni». 
    Di opinione simile Letta, secondo cui in Italia «si fa troppo ambientalismo 
    del no». Parole che hanno incontrato il favore di molti esponenti politici. 
    A partire da Daniele Capezzone, presidente della Commissione Attività 
    produttive della Camera, che si è detto «d’accordissimo» con i due esponenti 
    dell’Ulivo, sottolineando che rinunciare al nucleare con il referendum del 
    1987 «è stato un grave errore». D’accordo anche Bruno Tabacci, esponente Udc 
    e predecessore di Capezzone. «Sono valutazioni che coincidono con quello che 
    alcuni di noi pensano», ha detto Tabacci. Dal canto suo, l’economista di 
    Forza Italia Renato Brunetta ha ribadito che il nucleare «è la soluzione di 
    lungo periodo». Anche il ministro delle Infrastrutture Antonio Di Pietro si 
    è detto «non contrario a priori» al nucleare. «Gli impianti - ha 
    sottolineato Di Pietro - sono tecnologicamente più avanzati di quelli di 
    ieri ed essendo situati dall’altra parte delle Alpi, è ingenuo pensare che 
    in presenza di problemi questi si fermerebbero al confine territoriale». 
    Di senso opposto le reazioni di Marco Rizzo, europarlamentare del Pdci, che 
    ha detto che «più che rispolverare il nucleare che è stato bocciato dagli 
    italiani», la priorità è «rendere più efficiente il sistema che abbiamo», e 
    il verde Paolo Cento, sottosegretario all’Economia, secondo cui «c’è da 
    rimanere sorpresi nel vedere autorevoli esponenti dell’Ulivo rilanciare 
    strumentalmente il nucleare», che «oltre a essere ecologicamente 
    insostenibile è economicamente costoso». 
    Ma, come detto, bemobe atomiche in Italia ci sono già. A rigor di legge, la 
    presenza di questi ordigni non sarebbe consentita: la legislazione la vieta 
    espressamente dal 1990. Il nostro Paese ha inoltre sottoscritto i trattati 
    internazionali di non proliferazione nucleare e ha dichiarato di non far 
    parte del club atomico, con tutti gli obblighi internazionali che ne 
    derivano. Secondo il rapporto «Us nuclear weapons in Europe» dell'analista 
    statunitense Hans Kristensen del Natural Resources Defence Council di 
    Washington, invece, l'Italia ospita 90 delle 481 bombe nucleari americane 
    presenti nel Vecchio continente. Cinquanta sono nella base di Aviano, in 
    Friuli, e altre 40 si trovano a Ghedi, nel Bresciano. Tra Italia e Stati 
    Uniti esisterebbe anche un accordo segreto per la difesa nucleare, rinnovato 
    dopo il 2001. Le bombe atomiche in Italia sono di tre modelli: B 61-3, B 
    61-4 e B61-10. Il primo ha una potenza massima di 107 kiloton, dieci volte 
    superiore all'atomica di Hiroshima; il secondo modello ha una potenza 
    massima di 45 kiloton e il terzo di 80 kiloton.   | 
  
 
 
  
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    Clima: è 
    scontro sui dati della conferenza  - Il professor Prodi del Cnr: 
    «Presentate tesi senza alcun fondamento scientifico» 
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    Ferrara 
    dell’Enea: negli ultimi 50 anni l’aumento delle temperature in Europa è 
    stato pari a 1,4 gradi  
    
    ROMA A tre giorni dalla chiusura 
    dei lavori, è polemica sulla Conferenza nazionale sul clima convocata dal 
    ministero dell’Ambiente Pecoraro Scanio per inaugurare una nuova politica di 
    mitigazione e adattamento agli effetti dei cambiamenti attesi sul pianeta. 
    Effetti che stando alle misurazioni appaiono indissolubilmente legati 
    all’immissione in atmosfera dei gas di serra. 
    Ad attaccare a testa bassa, dalle colonne del Corriere della Sera, è stato 
    ieri il direttore dell’Istituto di Fisica dell’atmosfera del Cnr, Franco 
    Prodi. Il professore, che ha espresso la sua protesta anche in una lettera 
    inviata al ministro per l’Università e la Ricerca Fabio Mussi, ha parlato di 
    «dati equivocati» e di un consesso che non aveva nulla di scientifico, se 
    non nell’apparenza, e al quale gli scienziati non sono stati invitati. 
    «Dire che l’Italia si sia riscaldata quattro volte più che il resto del 
    mondo è una cosa che non ha senso», ha detto il professore che dirige 
    l’Istituto preposto alla misurazione delle temperature e che sottolinea come 
    sia ancora da definire la quota di responsabilità umana nel riscaldamento 
    del globo. Prodi non nasconde neppure di essere tra i favorevoli all’atomo. 
    Perchè il ritorno al nucleare, ha detto al quotidiano milanese che già 
    l’altro ieri aveva ospitato un intervento pro nucleare di Casini, «è una 
    scelta inevitabile per la compatibilità col clima». 
    A replicare al professore è stato ieri il ministro dell’Ambiente Alfonso 
    Pecoraro Scanio, che ha parlato di «gelosie tra scienziati», e ha ribadito 
    la necessità di intervenire subito per affrontare un cambiamento ormai certo 
    per l’intera comunità scientifica. «Negare l’evidenza non aiuta a costruire 
    il futuro», ha detto Pecoraro Scanio ricordando che alla Conferenza erano 
    presenti i maggiori esperti dell’Organizzazione mondiale sul clima nonchè 
    delle Nazioni Unite. «Invito il professor Prodi a chiarirsi con loro», ha 
    detto il ministro ribadendo quanto emerge dagli studi internazionali: vale a 
    dire che «nell’area Mediterranea, una delle fasce del mondo di per sè a 
    rischio maggiore, il riscaldamento è stato di quattro volte più veloce 
    rispetto alla media globale». «Questi sono i dati ufficiali e se non abbiamo 
    commissionato studi aggiuntivi è stato per non sprecare denaro pubblico», ha 
    detto il ministro. 
    Secondo la lettura dei dati presentata alla Conferenza dal climatologo 
    dell’Enea, Vincenzo Ferrara, la tendenza al maggiore surriscaldamento di 
    tutta l’area europea, e non solo dell’Italia, è già comprovata. Negli ultimi 
    50 anni, l’aumento delle temperature sul Vecchio continente è stato pari ad 
    1,4 gradi mentre nel resto del mondo la colonnina di mercurio è salita 
    globalmente di 0,7 gradi nel corso di un intero secolo. Da qui la 
    constatazione che la velocità con la quale la temperatura sta salendo è 
    quattro volte più alta rispetto alla media. Un fenomeno, è stato spiegato, 
    comune anche ad altre zone del mondo come i Caraibi e la Siberia.  | 
  
 
 
  
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    CLIMA - 
    Agibile il Passaggio a Nordovest  | 
  
  
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    PARIGI L'ultima prova del 
    riscaldamento globale è la «completa navigabilità» del «Passaggio a 
    Nordovest». Lo scioglimento dei ghiacci a un livello mai raggiunto prima con 
    una calo del 25%, pari a un milione di chilometri quadrati in un solo anno, 
    ha aperto la rotta più diretta tra Pacifico e l'Atlantico attraverso le 
    acque canadesi. Lo ha annunciato l'Agenzia Spaziale Europea che sul suo sito 
    web ha pubblicato una foto satellitare che mostra le acque solitamente 
    bloccate ora completamente sgombre. «L'area coperta dai ghiacci si è ridotta 
    a appena tre milioni di chilometri quadrati, un milione in meno rispetto ai 
    precedenti minimi registrati nel 2005 e il 2006», ha spiegato Leif Toudal 
    Pedersen dell'agenzia spaziale danese, aggiungendo che «il calo è stati pari 
    a 100.000 chilometri quadri all'anno».  | 
  
 
 
  
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    Il piano del 
    traffico  | 
  
  
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    Quando i nostri amministratori 
    vengono accusati dall'opposizione di non avere una visione globale e 
    d'insieme si offendono e gridano alla falsità. Ma come si potrebbe spiegare 
    diversamente quello che sta accadendo a proposito del Piano del Traffico? 
    Forse con il detto popolare, e perciò di più facile comprensione, che la 
    mano destra non sa quello che fa la mano sinistra? La sostanza non cambia. 
    Viene commissionato, e pagato con i soldi dei contribuenti, un piano del 
    traffico con le seguenti indicazioni (rilevate dalle dichiarazioni dei 
    soggetti interessati): pedonalizzare il più possibile, rendere appetibile il 
    trasporto pubblico (che suppongo significhi incremento di corsie 
    preferenziali e ampliamento della rete di trasporto pubblico), senza 
    escludere una maggiore scorrevolezza del trasporto privato e la previsione 
    di percorsi ciclabili. Tutto ciò per migliorare la qualità della vita di 
    tutti i cittadini: meno caos, meno rumore, meno inquinamento, spostamenti 
    agevoli con tutti i mezzi, dai piedi alle quattro ruote – pubbliche o 
    private –. 
    Nell'affidare questo incarico il committente ha forse dimenticato, o non ne 
    sapeva niente, di come sarebbe cambiato il traffico sulle Rive di lì a poco? 
    A sentire le sue dichiarazioni odierne (TG regionale - 27/8) sembrerebbe di 
    no! Così come niente sapeva, il Committente, di un imminente Piano dei 
    Parcheggi in gestazione e partorito prima e indipendentemente dal Piano del 
    Traffico? Però l'ingegner Camus va pagato al 100% e non in base alla 
    percentuale del Piano che oggi soddisfa il Committente! Ma cosa importa, i 
    soldi sono dei cittadini Lui deve solo Amministrarli! 
    I consiglieri d'opposizione, dalle circoscrizioni al consiglio comunale, 
    hanno insistito, fino all'afasìa, che Piano dei parcheggi – Piano del 
    traffico – Piano antinquinamento – Piano di risparmio energetico – problema 
    del surriscaldamento vanno trattati contemporaneamente (visione globale!), 
    perché interdipendenti, se veramente si ha a cuore la qualità della vita dei 
    cittadini tutti e non suddivisi per lobbies.  
    Le indicazioni originarie fornite all'ingegner Camus erano e sono più che 
    condivisibili ma se si vuole che i cittadini lascino l'auto «a casa», con 
    positive ricadute «a cascata», i costi dei parcheggi per i residenti (in 
    superficie, elevati o interrati) devono essere appetibili e gestiti dal 
    Comune; gli «investitori», si sa, devono trarne necessariamente profitto, 
    per definizione. Lasciamo ai turisti e ai pendolari la scelta di posteggiare 
    all'ingresso della città a un prezzo equo o arrivare in centro... ad un 
    prezzo giustamente elevato. 
    Naturalmente, se si opta per la qualità della vita di tutti e non per la 
    tasca di pochi eletti. 
    Giuliana Giuliani - capogruppo Ds IV circoscrizione  | 
  
 
 
 
IL PICCOLO - 
SABATO,15 
settembre 2007
 
 
  
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    Marini: piano 
    traffico da varare solo dopo la Grande viabilità   | 
  
  
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    An scalpita per iniziare l’iter 
    amministrativo del piano del traffico, con un primo passaggio in giunta 
    sulla bozza Camus. Il leader locale di Forza Italia Bruno Marini, invece, 
    offre la sponda per rinviare il tutto «a Grande viabilità triestina 
    conclusa». Fra non meno di un anno, dunque, dopo la campagna elettorale 
    delle regionali. «A patto che - avverte il coordinatore azzurro - la giunta 
    faccia al più presto un atto in cui ”formalizza” che se ne riparla con 
    l’entrata a regime della Gvt, ponendo così fine a un dibattito di cui non se 
    ne può più». Ma il sindaco Dipiazza taglia corto: «Da mesi dico che senza 
    Gvt è inutile discuterne. Non serve tuttavia un atto di giunta». 
    Sul piano del traffico, dunque, tornano a montare nel centrodestra i 
    messaggi incrociati, dopo il rinvio della Sesta commissione di martedì 
    scorso, cui è seguita giovedì la notizia che Ansaldo ha perso la causa 
    Stream in sede civile. 
    Tornando alla bozza del piano traffico, «al momento - rileva la capogruppo 
    di An in consiglio comunale Alessia Rosolen - il documento non ha alcuna 
    validità amministrativa, non essendo stato ancora deliberato dalla giunta. 
    Il consiglio dev’essere in grado di discutere, ma non sul nulla come ha 
    rischiato di fare martedì. Perciò è necessario che la giunta avvii l’iter 
    per una discussione serena ma seria sulla bozza». 
    «Quanto successo in commissione è vergognoso», tuona quindi Marini, che ne 
    ha per tutti: «L’assessore Bucci, come i suoi colleghi, è portatore della 
    volontà politica della giunta: poteva anche risparmiarsi di venire se erano 
    questi i presupposti. A Roberto Sasco, invece, dico che deve rendersi conto 
    che presiede la commissione urbanistica: dovrebbe avere più attenzione al 
    ruolo istituzionale e ragionare meno in termini di visibilità personale». 
    «Avevo il dovere di convocare quella commissione - replica Sasco - e non 
    sento di essere stato imprudente. Il problema non è di regolamento, ma 
    politico. La seduta di martedì è stata il finale di un percorso malgestito. 
    Sto lavorando per compattare la maggioranza». 
    Dipiazza parla chiaro: «Come si fa a fare una commissione su un atto che non 
    esiste in quanto non deliberato dalla giunta? Continuiamo a parlare del 
    nulla. Del piano discuteremo in funzione della Gvt completata, ragioneremo 
    tenendo della bozza Camus quello che c’è di buono e scartando il resto, 
    forse anche tutto... Gran parte dei problemi del traffico - incalza Dipiazza 
    - li abbiamo già risolti con largo Barriera e le Rive. Passerò già alla 
    storia per aver fatto più degli altri per la viabilità cittadina, anche 
    senza piano del traffico...». 
    Intanto ieri il Cittadino Roberto Decarli ha inviato a Sasco una lettera - 
    firmata da tutta l’opposizione - in cui insiste sulla necessità di 
    informazione. Citando i piani del traffico rionali e l’apertura del cantiere 
    nelle vie laterali a Lazzaretto Vecchio, cantiere che ha eliminato «ogni 
    possibilità di sosta dei veicoli senza disporre di alternative per i 
    residenti», il consigliere chiede a Sasco di convocare la commissione 
    affinché l’assessore illustri in modo organico i progetti della giunta. 
    Sasco non si sottrae, precisando però come la commissione debba essere sì 
    luogo di confronto, «ma costruttivo e non portatore di sterili polemiche». 
    pi.ra.  | 
  
 
 
  
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    Infrastrutture: 15 progetti per il Corridoio 5  - Ai sindaci della 
    Bassa friulana un mese di tempo per scegliere la soluzione  | 
  
  
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    L’assessore 
    Sonego: «L’intenzione della giunta regionale è di arrivare entro fine anno a 
    una soluzione condivisa»   | 
  
  
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    Cressati: 
    «Le opzioni che ci sono state presentate cercano di limitare l’impatto 
    ambientale». Bolzonello: «Sono deluso sia da Illy che da Galan»  | 
  
  
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    CERVIGNANO Sono 15 le ipotesi 
    tra le quali i sindaci della Bassa friulana dovranno scegliere il tracciato 
    della linea ferroviaria ad alta capacità che passerà in Friuli Venezia 
    Giulia. La scadenza è stata posta durante l’incontro tenutosi ieri a 
    Cervignano in un clima più disteso del solito. I sindaci hanno ascoltato e 
    ora studieranno per capire quali delle ipotesi presentate dai tecnici siano 
    da salvare e approfondire. «L’approccio è migliorato – dice il sindaco di 
    Palmanova, Cressati – e le opzioni presentate vanno nella direzione di 
    limitare l’impatto ambientale». La certezza per ora è che il tratto da San 
    Michele al Tagliamento fino a Porpetto prevederà l’affiancamento con 
    l’autostrada. «La soluzione migliore – dice Pietro Paviotti, primo cittadino 
    di Cervignano – è quella di utilizzare fino a Torviscosa la linea 
    ferroviaria esistente e da lì a Porpetto, costruirne una nuova».  
    Da Cervignano a Fiumicello sarebbe previsto il raddoppio della linea mentre 
    «sul come arrivare da Cervignano a Porpetto le ipotesi sono varie – precisa 
    Paolo Dean, sindaco di Fiumicello -. Non scarterei la possibilità di 
    eliminare le due linee esistenti (quella da Dan Giorgio a Udine e quella da 
    Cervignano a Udine) per costruirne una sola». I sindaci avranno un mese di 
    tempo per confrontarsi, anche tra loro, e individuare linee comuni. Il 19 
    ottobre si terrà il nuovo incontro.  
    L’obiettivo della giunta regionale è quello di arrivare «entro fine anno a 
    una soluzione condivisa» ha detto l’assessore Sonego durante il convegno sul 
    Corridoio V organizzato ieri pomeriggio in Fiera a Pordenone. Un convegno al 
    quale hanno dato forfait i principali relatori: presidente e assessore alla 
    mobilità della Regione Veneto e presidente della Regione Friuli Venezia 
    Giulia. «Sono molto deluso dai presidenti delle due Regioni – ha esordito il 
    sindaco Sergio Bolzonello nell’intervento di saluto – perché si è persa 
    un’opportunità. Ai confini dell’impero, dove siamo noi, il tema 
    infrastrutturale è molto sentito, ma è un tema ormai globale. Mentre la Cina 
    investe in nuove strade e porti noi dobbiamo ripensare al posizionamento dei 
    nostri porti». Secondo Bolzonello i rappresentanti istituzionali dei 
    territori hanno un ruolo centrale per cui «le Regioni devono dar vita a un 
    tavolo permanente su queste problematiche. Diversamente perderemo un treno 
    che non passerà più». Quello della Tav prima di tutto, che – secondo un 
    sondaggio effettuato in Friuli Venezia Giulia su 500 persone e illustrato 
    ieri da Renato Mannheimer – l’89 per cento degli intervistati vuole ma non 
    vicino a casa propria. «C’è un problema di comunicazione – ha evidenziato lo 
    studioso – per cui le istituzioni devono fare tutto il possibile per 
    spiegare la validità dell’opera. Le grandi opere ormai si devono fare con il 
    consenso sociale». E l’opposizione non è mancata né a Cervignano né a 
    Pordenone dove si sono presentati e fatti sentire i rappresentati del 
    comitato No Tav. «Nel loro impegno sono encomiabili – ha detto non senza la 
    consueta ironia l’assessore Sonego -. Mi seguono dovunque vada». Sonego ha 
    ricordato che il Friuli Venezia Giulia non è però la Val di Susa. «Per il 
    tratto tra l’Isonzo e Trieste abbiamo raggiunto un accordo, seppur faticoso, 
    con i sindaci. Siamo ora al lavoro con i primi cittadini della bassa». Per 
    l’assessore non si può ragionare sul breve periodo «altrimenti le opere non 
    si fanno. Ci deve essere qualcuno che inizia, anche se ci sono delle 
    contrarietà e anche se i risultati si vedranno tra anni. Questa volta è 
    toccato a me». Al convegno era presente anche Mario Pischedda, sindaco di 
    Villa Vicentina. Rispetto all’incontro di Cervignano, Pischedda dice: «Mi è 
    piaciuto l’approccio del tecnico nominato dai comuni che non ha spiegato non 
    tanto il tracciato quanto le esigenze a cui si intende dare risposte e quali 
    potrebbero essere gli standard da seguire. Quanto alle proposte ce ne sono 
    effettivamente di interessanti. Siamo ancora lontani però da un accordo».
     
    Martina Milia   | 
  
  
  
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    ISTRIA - 
    Chiusura della Kemiplas: ora interviene il governo  | 
  
  
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    CAPODISTRIA Torna d'attualità la 
    vicenda dell'industria chimica Kemiplas di Villa Decani – a pochi chilometri 
    da Capodistria - da anni oggetto di polemiche per l'inquinamento prodotto 
    dai suoi impianti. Del progetto di chiusura e trasferimento della fabbrica 
    hanno discusso in questi giorni i rappresentanti di un apposito Comitato di 
    esperti e il ministro sloveno per l'ambiente Janez Podobnik. «Il ministero 
    farà la sua parte», ha assicurato Podobnik. Nel lungo braccio di ferro tra 
    il comune di Capodistria e gli abitanti di Villa Decani da una parte e i 
    proprietari e la direzione della Kemiplas dall'altra, l'intervento dello 
    stato potrebbe rivelarsi determinante per sbloccare la situazione di stallo. 
    Come annunciato dallo stesso Podobnik, il ministero per l'Ambiente agirà in 
    due direzioni: garantirà parte dei mezzi necessari per il trasferimento 
    degli impianti e sosterrà il comune di Capodistria nelle modifiche del Piano 
    regolatore dell'area del cosiddetto Bivio in modo da permettere ai 
    proprietari della Kemiplas – dopo che la fabbrica sarà smantellata – di 
    avviare in zona un'altra attività economica (forse legata al turismo), 
    purchè non si tratti di industrie inquinanti. 
    L'accordo di massima sulla chiusura della fabbrica di prodotti chimici (formaldeidi) 
    tra il Comune di Capodistria e il proprietario della Kemiplas, Enver Moralic, 
    era stato raggiunto già la scorsa primavera. In tutti questi anni di 
    trattative però restavano sempre da risolvere due problemi: la copertura 
    finanziaria dell'operazione e la garanzia sulla possibilità di avviare nella 
    stessa zona un'altra attività economica. Moralic ha ora due settimane di 
    tempo per esprimersi, ma l'affare, a questo punto, sembra quasi fatto. 
    L'accordo dello scorso aprile, ricordiamo, prevedeva la chiusura della 
    Kemiplas entro due anni, periodo sufficiente per consentire ai proprietari 
    di smantellare gli impianti e trasferire la produzione altrove, 
    probabilmente in Ungheria ma forse anche in qualcuno dei Paesi dell'ex 
    Unione sovietica. 
    La battaglia della popolazione locale contro la fabbrica chimica dura ormai 
    da anni. Nonostante gli sporadici incidenti e i dubbi sull'attendibilità 
    delle misurazioni del livello di inquinamento prodotto dalla fabbrica, la 
    produzione di formaldeidi non è stata praticamente mai interrotta. Finora 
    sono stati chiusi e smantellati soltanto alcuni impianti produttivi meno 
    importanti. Nei prossimi due anni, se le cose si svilupperanno – costi 
    permettendo - nella direzione auspicata ormai da tutti i protagonisti della 
    vicenda, la Kemiplas, con il concorso del Comune di Capodistria e del locale 
    Ufficio di collocamento, dovrebbe risolvere anche la questione del centinaio 
    di dipendenti che in seguito alla chiusura della fabbrica resteranno senza 
    lavoro.   | 
  
 
 
 
IL MESSAGGERO VENETO - 
VENERDI', 14 settembre 2007
 
 
  
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    «Potenziamo 
    l’attuale tratta della Tav»  - Paviotti ritiene che sia la proposta più 
    accreditata e più rispettosa dell’ambiente  | 
  
  
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    Cervignano. 
    Oggi alle 11.30 in municipio l’incontro fra sindaci e tecnici per discutere 
    le 12 proposte alternative al progetto delle ferrovie  
    
    CERVIGNANO. Saranno illustrati 
    per la prima volta oggi i 12 elaborati sui tracciati alternativi a quello 
    proposto da Ferrovie Italiane. In municipio, alle 11.30, si incontreranno i 
    sindaci della Bassa ed i tecnici di Regione, Provincia e Comuni; alla 
    presenza dell’assessore regionale Lodovico Sonego. Il tratto interessato 
    dalle varianti al progetto presentato lo scorso marzo da Rfi riguarda il 
    segmento tra Porpetto e Villa Vicentina. «L’unico del tratto Venezia-Trieste, 
    aveva dichiarato Sonego, soggetto a cambiamenti rispetto il progetto 
    originario». Quest’ultimo prevede la realizzazione del percorso del 
    Corridoio 5 parallelo all’autostrada; all’altezza di Bagnarla Arsa scende a 
    sud superando l’abitato di Strassoldo nella parte orientale; taglia la 
    frazione di Scodovacca e il paese di Villa Vicentina per poi rimettersi 
    sulla linea esistente. Per cercare di limitare l’impatto sul territorio è 
    stato incaricato un gruppo tecnico che domani appunto illustrerà le ipotesi 
    alternative. 
    La piu’ accreditata, secondo il sindaco Paviotti, riporterà il percorso 
    sulla linea cervignanese già esistente. L’unico tratto da realizzare su un 
    terreno ancora vergine è limitato al percorso Porpetto-Cervignano. Quella 
    delle Ferrovie Italiane invece avrebbe tagliato a metà la campagna e creato 
    difficoltà sia a Scodovacca che a Villa Vicentina, andando a lambire il 
    campo sportivo e la palestra. La soluzione meno impattante tra l’altro 
    rispetterebbe in termini di capacità la richiesta che il tracciato ad alta 
    velocità sia dotato di quattro binari, e la linea Cervignanese è già idonea 
    ad accogliere due binari per treni merci e due per treni passeggi. Oggi 
    pertanto siederanno nuovamente attorno allo stesso tavolo primi cittadini 
    favorevoli e contrari alla maga infrastruttura. Sarà probabile che in aula 
    approdi un ciclostilato firmato dal comitato “no tav di Bagnari Arsa” nel 
    quale si contesta il rapporto costi/benefici dell’opera che, solo per il 
    tratto Venezia Trieste, costa 6.129 milioni di euro. Il sindaco Paviotti 
    precisa cosi’ la propria posizione: «Dobbiamo in realtà parlare di un 
    progetto di interesse comunitario e sposato dallo Stato italiano che mira a 
    migliorare i collegamenti tra l’est e l’ovest dell’Europa ed in particolare 
    a migliorare l’efficienza del trasporto ferroviario a scapito del 
    tradizionale trasporto su gomma per persone e per merci che, è risaputo, ha 
    un impatto molto piu’ inquinante». 
    Consuelo Modesti  | 
  
 
 
IL PICCOLO - 
VENERDI', 14 settembre 2007
 
 
  
    
      
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         Bucci: 
        piano traffico, non c’è più alibi  | 
       
      
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        L’assessore all’Urbanistica: ora siamo liberi di ragionare sul futuro 
        dell’arteria. Piero Camber: adesso scelte in «tempi reali» 
         
        
        An ribadisce di essere 
        favorevole alla pedonalizzazione della strada. Omero (Ds): resta il 
        problema delle scelte nel complesso 
          
        
        VIABILITA’: GLI SCENARI  | 
       
      
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        La vittoria in primo grado 
        di Amt su Ansaldo estende i suoi effetti anche al piano del traffico: 
        c’è infatti un nesso diretto fra Stream e la nuova viabilità, della 
        quale - il sindaco Dipiazza lo aveva detto più volte - era inutile 
        ragionare prima di conoscere le sorti delle rotaie di via Mazzini. 
        L’assessore all’urbanistica Maurizio Bucci lo dice chiaro: «La notizia 
        su Stream ci toglie un pensiero. E onestamente anche un alibi». Quello 
        di rinviare il nodo traffico al dopo Stream, appunto. E dunque ora 
        «andiamo avanti», esorta Bucci, «finalmente liberi di ragionare 
        sull’utilizzo o meno di via Mazzini», nodo fondamentale per la 
        risoluzione del rebus viabilità. 
        Autobus sì, autobus no? Chiusura totale dell’arteria che già nel 2001 
        Dipiazza voleva restituita alla sua funzione di «cannocchiale sul mare», 
        o invece corsia di scorrimento per il trasporto pubblico? Il primo 
        cittadino ora non si sbilancia, ma in passato lo aveva dichiarato più 
        volte: chiusa la vicenda Stream si sarebbe potuti partire con la 
        «sperimentazione». Questa l’ipotesi prospettata a suo tempo da Dipiazza: 
        aprire via Mazzini al traffico privato in salita dalle Rive fino a via 
        Roma, imboccata la quale le auto e i bus possano immettersi dopo un 
        percorso a «S» in corso Italia, lasciato dunque aperto ai veicoli. 
        Mentre via Mazzini potrebbe diventare totalmente pedonale dall’incrocio 
        con via Roma in su. 
        «Se è così ne sono contentissimo, le sperimentazioni aiutano a 
        ragionare», è il sibillino commento di Bucci, d’altronde (come altri 
        esponenti di Forza Italia) sostenitore dell’ipotesi corso Italia 
        pedonale. L’assessore non si sbilancia oltre, confermando però il 
        proprio desiderio di vedere «pedonalizzato quanto più possibile il 
        centro cittadino, convinto come sono che la gente questo chieda». 
        Quanto alla «sperimentazione», c’è un problema: dove far transitare i 
        bus in discesa, se via Mazzini fosse off-limits nella sua parte alta? «I 
        bus potrebbero risalire via Valdirivo, ma la mia sensazione è che così 
        peggioreremmo il servizio pubblico», commenta Bucci. L’assessore 
        peraltro guarda con favore all’apertura di via Torrebianca al traffico 
        in salita prevista dal piano Camus (ma avversata esplicitamente da 
        Dipiazza): apertura che consentirebbe ai soli bus l’accesso a via 
        Mazzini. 
        A tutt’oggi, comunque, l’ipotesi resta una delle tante. E alle auto in 
        via Mazzini An con la capogruppo in comune Alessia Rosolen ribadisce la 
        propria netta contrarietà, confermandosi favorevole invece a una 
        pedonalizzazione dell’intera via. Prudente anche il capogruppo forzista 
        Piero Camber, che sul piano in generale auspica però a questo punto 
        «tempi reali»: «Dopo Stream, bisogna ripartire. Finora il professionista 
        (Camuus, ndr) si è attenuto alle disposizioni dategli da giunta e 
        consiglio comunale. Il suo contratto prevede che ora perfezioni il piano 
        secondo direttive che devono partire dalla giunta: auspico scelte in 
        tempi reali. Ma il problema - aggiunge Camber - è il trasporto pubblico: 
        i cittadini hanno il diritto di raggiungere in modo comodo ogni punto 
        della città. Non posso certo pensare di spostare le fermate bus su via 
        Valdirivo o via Milano». La «S» in via Mazzini? «Me ne convincerò quando 
        vedrò gli autobus, anche quelli snodati, girare senza difficoltà 
        all’incrocio con via Roma», è la perplessità di Camber. E intanto, ai 
        dati su cui ragionare - rende noto Bucci - si aggiungeranno a breve 
        quelli aggiornati delle Rive: il Comune ha ultimato la posa delle 
        spirali magnetiche utili a «monitorare il flusso delle auto». 
        Dall’opposizione intanto il capogruppo diessino Fabio Omero ribadisce 
        che «non si tratta di risolvere il nodo Mazzini ma di chiudere un 
        ragionamento organico sull’intera viabilità», mentre commenta l’esito 
        della vicenda Stream ricordando come l’amministrazione Dipiazza abbia 
        cancellato un’iniziativa - avviata dalla giunta Illy - «interessante 
        anche dal punto di vista turistico». Dall’Udc Roberto Sasco, 
        professandosi «soddisfatissimo per l’esito della causa che avrebbe 
        potuto provocare uno spaventoso danno erariale», si dice d’accordo «al 
        mille per mille con Dipiazza» sulla «S» di via Mazzini. Ipotesi, secondo 
        Sasco, che «consentirebbe di pedonalizzare buona parte della via 
        lasciando il traffico in corso Italia». I tempi del piano della 
        viabilità? «Lo si può mettere a punto anche tra un anno e mezzo: sono da 
        perfezionare subito, anche in vista dell’approvazione definitiva del 
        piano parcheggi e delle direttive del piano regolatore, solo alcuni 
        elementi di connessione strategica tra viabilità urbana ed extraurbana», 
        chiude Sasco. 
        p.b.  | 
       
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        Rifiuti a 
        Duino, 300mila euro per realizzare l’impianto di smaltimento delle 
        ramaglie - Finanziato dall’Ue, potrebbe produrre energia per il 
        riscaldamento   | 
       
      
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        DUINO 
        AURISINA Un impianto, del costo di 300mila euro che potrebbe essere 
        finanziato dalla Unione europea attraverso progetti comunitari per 
        bruciare le ramaglie ottenendo in cambio calore sufficiente a scaldare 
        il municipio di Duino Aurisina, la palestra comunale e anche una serie 
        di case della zona. Lo propone il centrosinistra, e il particolare il 
        consigliere comunale Verde Maurizio Rozza, all'indomani dell'aumento dei 
        costi di smaltimento dei rifiuti, non solo per compensare la spesa 
        eccessiva, ma per produrre calore «pulito». L'impianto - una tecnologia 
        ormai esistente e rodata, ad esempio a Padova - sarebbe utile per 
        smaltire in maniera verde il risultato dello sfalcio dell'erba e del 
        giardinaggio nelle numerose abitazioni con verde a Duino Aurisina, ma 
        soprattutto risulterebbe indispensabile nell'ambito dell'applicazione 
        delle normative relative al riconoscimento del Carso quale zona Zps a 
        Protezione speciale da parte dell'Unione Europea e della Regione. «Per 
        effetto di questo riconoscimento - ha spiegato infatti Rozza - il 60 per 
        cento del Carso potrebbe, potenzialmente, tornare alla condizione di 
        Landa, ovvero un pianoro dedicato al pascolo. Ovviamente non è possibile 
        applicare in una volta sola un progetto così ampio, ma anche solo 
        l'avvio, in qualche zona, dei lavori di pulizia dalla vegetazione 
        spontanea che interferisce con la landa creerebbe la necessità di uno 
        smaltimento di ramaglie immane». Da qui, l'opposizione assieme alle 
        comunelle di Duino Aurisina (che possiedono gran parte dei terreni 
        interessati a queste ipotesi di ritrasformazione a landa) hanno iniziato 
        a pensare a un sistema di smaltimento: «Il sistema che abbiamo 
        individuato permette di utilizzare le ramaglie per produrre direttamente 
        calore. Una sorta di grande caldaia a bassissimo livello di inquinamento 
        che risolve due problemi in un colpo solo: lo smaltimento delle ramaglie 
        da un lato, e il riscaldamento a costo molto basso». Aggiungendo il 
        fatto che i contributi europei sono disponibili, «e basta solo lavorare 
        per intercettarli», dice ancora Rozza, il progetto si fa concreto. La 
        ritrasformazione in landa di porzioni di Carso oggi diventate boscaglia 
        è già stato applicato, in piccola parte, a Basovizza, ma in questo caso 
        le ramaglie sono state portate in un impianto di Romans d'Isonzo. 
        Poterle utilizzare sul territorio significa risparmiare in traffico, e 
        ottenere calore a costo molto basso. Nel più lungo periodo, il progetto 
        di trasformazione della boscaglia in landa prelude a nuove forme di 
        allevamento: sono infatti pecore, mucce e qualche capra a garantire che 
        una volta pulito il territorio la landa possa riaffermarsi: «Pensiamo - 
        ha detto Rozza - a progetti di allevamento di qualità, mirati e di alto 
        valore biologico, da realizzare sempre in sinergia con le comunelle che 
        possiedono i territori interessati, e che stanno dimostrando grande 
        entusiasmo in queste nuove forme di utilizzo del territorio non 
        invadente dal punto di vista ambientale». 
        
        
        Francesca Capodanno   | 
       
     
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    Elettrodotto 
    italo-sloveno nella galleria Tav  - Lo propone la Regione dopo il 
    summit Prodi-Jansa. Oggi vertice con i sindaci sul tracciato della Bassa  | 
  
  
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    LA SFIDA 
    EUROPEA-2 L’assessore Sonego fa il punto dopo il vertice bilaterale: 
    «Lubiana corre sempre più veloce, non dobbiamo restare al palo» 
    TRIESTE «La Slovenia ha 
    alzato l’asticella. E allora, se non vogliamo che ci lasci al palo, dobbiamo 
    darci da fare. In fretta». Lodovico Sonego conferma l’avanti tutta sulla 
    Tav. Ribadisce l’urgenza di un rigassificatore nel Golfo di Trieste. Lancia 
    l’elettrodotto che, sfruttando e occupando la galleria esplorativa del 
    futuro Corridoio V, colleghi Redipuglia a Divaccia. Ma l’assessore regionale 
    alle Infrastrutture e all’Energia, dopo quattro anni di intensi rapporti su 
    più fronti e con alterne fortune con gli «amici» di Lubiana, insiste ancor 
    di più sulla nuova cornice politica. Quella che il vertice tra Romano Prodi 
    e Janez Jansa, lunedì al castello di Brdo, ha messo sotto i riflettori: «La 
    Slovenia, da qualche mese, ha adottato un profilo del tutto nuovo. È passata 
    da una scarsa mobilità nelle interlocuzioni, assai probabilmente frutto del 
    suo retaggio storico, a un grande dinamismo in chiave europea». Le prove, 
    osserva Sonego, sono sotto gli occhi di tutti: il premier sloveno, nel 
    meeting bilaterale di pochi giorni fa, ha aperto sull’Euroregione. 
    Rassicurato sulla Trieste-Divaccia. Tolto le barricate sui rigassificatori. 
    TRIESTE Ma chi non ricorda i niet, le resistenze, i veti e le ostilità che 
    fioccavano sino a pochi mesi fa? Sonego, di sicuro, li rammenta tutti. E, 
    non a caso, insiste: «A Lubiana è in atto un cambiamento profondo, un 
    percorso in crescendo che non potrà che proseguire con il semestre europeo 
    di presidenza, e guai se non lo comprendiamo. Sono evidenti le forti 
    interlocuzioni su porto e Corridoio V con Deutsche Bahn, la ferrovia 
    tedesca. È noto il progetto di un rigassificatore a Capodistria della 
    tedesca Tge Gas Engineering. Non sfuggono i rapporti sempre più intensi con 
    il Ppe che ha in Angela Merkel un esponente di spicco, rapporti cui peraltro 
    sarebbe bene se ne accompagnassero di analoghi e organici tra i partiti del 
    Pse di Italia, Slovenia, Austria e Croazia». 
    Non c’è dubbio, insomma. La Slovenia sta assimilando in fretta le regole 
    comunitarie e ne vuole cogliere appieno i vantaggi: «A mio avviso - prosegue 
    Sonego - questo è un fatto largamente positivo. Va salutato con favore. Ma, 
    come Friuli Venezia Giulia, dobbiamo trarne le logiche conseguenze: o 
    riusciamo ad essere altrettanto dinamici oppure, nella competizione con i 
    vicini di casa, finiremo sconfitti». 
    Che fare, allora? Come arginare un rischio che c’è? L’assessore alle 
    Infrastrutture, dopo aver respinto con una scrollata di spalle le polemiche 
    sull’assenza di Riccardo Illy al vertice di Brdo «perché, anche se non c’era 
    fisicamente, il presidente della Regione era ben presente, così come la 
    giunta era ben presente alla visita di Massimo D’Alema», non esita un 
    attimo. E dà la risposta: «Il Friuli Venezia Giulia, cogliendo il nuovo 
    clima oltreconfine, deve giocare al rilancio, a partire dai 6 chilometri di 
    collegamento ferroviario tra il porto di Trieste e quello di Capodistria». 
    Quei 6 chilometri, emblema storico dei «niet» sloveni, vanno fatti. Subito: 
    «Non molliamo» garantisce Sonego. 
    Ma non basta, ovviamente. E allora l’assessore, ben sapendo quali e quanti 
    sono gli ostacoli «casalinghi» da aggirare o superare, riprende i cavalli di 
    battaglia dell’amministrazione illyana: infrastrutture più moderne ed 
    efficaci, nuove fonti di energia, traffici portuali più intensi. Il 
    Corridoio V - che, accogliendo treni più veloci e capienti, deve accorciare 
    le distanze tra Ovest e Est - sta naturalmente in cima alla lista. Passi 
    avanti sono stati fatti, Italia e Slovenia si sono accordate sulla tratta 
    transfrontaliera e chiesto risorse a Bruxelles, ma adesso bisogna tradurre 
    l’intesa. 
    «Con Lubiana il lavoro sta procedendo, solo martedì a Trieste si sono 
    ritrovati i tecnici delle ferrovie italiana e slovena, mentre Roma ha 
    formalizzato la sua delegazione nella commissione intergovernativa che deve 
    presiedere alla progettazione e alla stesura del trattato in base al quale 
    si costruirà e gestirà l’opera comune» sintetizza Sonego che, in quella 
    commissione, rappresenta la Regione. Ma le difficoltà maggiori, 
    paradossalmente, rischiano di essere quelle domestiche, dove le contrarietà 
    alla Tav sono molte e variegate. L’assessore, però, tira dritto. 
    E, ribadendo che il Friuli Venezia Giulia non può perdere più tempo, confida 
    in un esito proficuo del confronto in atto con i sindaci della Bassa sul 
    tracciato: oggi c’è un nuovo appuntamento, «abbiamo una quindicina di 
    ipotesi e inizieremo a scremarle», ma «non ho dubbi che i sindaci sapranno 
    scegliere la soluzione migliore». Quando? «Il prima possibile, confido entro 
    ottobre».  
    Nel frattempo, mentre ritiene che il tracciato carsico richieda 
    «aggiustamenti migliorativi» ma non stravolgimenti rispetto all’ipotesi 
    iniziale, Sonego anticipa un potenziale, innovativo utilizzo del nascente 
    Corridoio V: nel cunicolo esplorativo può accogliere l’elettrodotto 
    transfrontaliero invocato a gran voce da Prodi. «È un’opera strategica 
    perché consente di trasportare in Italia l’energia elettrica dalla Cechia e 
    perché rafforza la sicurezza del sistema nazionale, riducendo il rischio di 
    blackout» premette Sonego. «L’ipotesi iniziale - ricorda - era quella di un 
    elettrodotto aereo da Okroglo, nell’alta valle dell’Isonzo, a Udine ovest. 
    Ma l’impatto ambientale sarebbe stato troppo alto e quindi, come giunta, 
    abbiamo detto no. L’unico no a una grande opera». Subito dopo, però, la 
    Regione si è messa a cercare su un’alternativa: «E così abbiamo pensato di 
    utilizzare il cunicolo esplorativo che correrà in mezzo alle due gallerie 
    del Corridoio V da Monfalcone a Divaccia. Quel cunicolo, che avrà diametro 
    di 5,20 metri, può essere usato non solo a servizio del Corridoio 
    ferroviario, ma anche per accogliere un elettrodotto Gil». La tecnologia, 
    assicura Sonego, lo consente, tramite due coppie di tre tubi di acciaio, gas 
    inerte e il cavo dell’elettricità in mezzo: «Un elettrodotto interrato del 
    genere può portare 400 mila volt con potenze altissime. È il modello del 
    Brennero quello a cui ci ispiriamo e che ci consentirebbe di collegare le 
    stazioni di Divaccia e Redipuglia».  
    I tempi, naturalmente, non sono immediati: non c’è nemmeno il Corridoio V. 
    «Ma, con quest’opera, diverrebbe davvero intermodale. E perciò abbiamo già 
    iniziato a discuterne con Lubiana che ha ritenuto interessante la proposta» 
    afferma Sonego. Nel frattempo, a poche ore dall’allarme dell’amministratore 
    delegato di Enel Fulvio Conti, l’assessore insiste sulla necessità di un 
    rigassificatore a Trieste: «Se la Slovenia lo realizza a Capodistria, e noi 
    non facciamo nulla, patiremo tutti gli svantaggi ambientali, senza avere i 
    vantaggi economici». Ma, su questo fronte, l’ultima parola spetta a Roma: 
    saprà essere dinamica come la «nuova» Slovenia?  | 
  
Roberta Giani
 
 
 
L'UNITA' - 
GIOVEDI',  13 settembre 2007
 
 
«Sulle rinnovabili 
siamo in ritardo» - Prodi: il rispetto del clima grande opportunità di sviluppo
 
  
  Il presidente del Consiglio Romano 
  Prodi è intervenuto alla conferenza nazionale sui cambiamenti climatici che si 
  sta svolgendo alla sede Fao di Roma confermando l’impegno del governo per «un 
  nuova alleanza con la natura». Riconosce che «sullo sviluppo delle energie 
  rinnovabili l'Italia è molto in ritardo. Rispetto a paesi come l'America, la 
  Germania e la Spagna noi abbiamo sprecato decenni». Anche perché resta il 
  problema annoso «della dipendenza energetica, a cominciare dalle diversità dei 
  punti di origine del gas». 
  Poi rilancia: «Va combattuto il fatalismo, comprendendo che il rispetto 
  dell'ambiente può essere un grande fattore di sviluppo. Nel mondo c'è chi ne è 
  già consapevole, con risultati economici straordinari». Per questo propone di 
  creare un «osservatorio» che metta insieme esperti capaci di prevedere come i 
  mutamenti climatici incidano «sugli aspetti scientifici, industriali e 
  ambientali» della nostra esistenza. 
  Del resto «il problema è globale e richiede risposte da tutti» ha continuato 
  il premier. Bisogna iniziare mettendo «un termine alle emissioni dei gas 
  serra» attraverso «misure per poter vivere nel miglior modo possibile, almeno 
  nelle prossime generazioni». E annuncia che nella Finanziaria ci saranno 
  misure «ampliate in linea con quanto detto dal ministro Bersani» e «un Piano 
  d'azione per l'efficienza energetica, che il governo ha appena inviato alla 
  Commissione europea». Il premier ha anche parlato della possibilità di 
  inserire l'obbligo del fotovoltaico nei nuovi edifici mentre una normativa sul 
  solare potrebbe rappresentare «un'occasione per il mezzogiorno». 
  Pecoraro Scanio: 5 priorità da perseguire in tre anni
  Accanto a lui il ministro dell'Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio, che in 
  conclusione dei lavori ha proposto un manifesto per il clima che dovrebbe 
  lanciare «un new deal per l'adattamento sostenibile e la sicurezza ambientale. 
  Una strategia nazionale da definire entro il 2008» e da portare a compimento 
  in tre anni. In termini operativi il ministro ha definito 5 priorità: 
  interventi per la difesa del suolo, la gestione integrata delle coste, 
  l'adattamento del turismo in Italia, la gestione delle risorse idriche, un 
  programma nazionale di partecipazione, informazione e sensibilizzazione dei 
  cittadini sui cambiamenti climatici. 
  
  Tenendo presente anche gli 
  obiettivi indicati dal protocollo di Kyoto, che impongono entro il 2012 una 
  riduzione ulteriore di emissioni di gas serra. Infine Pecoraio Scanio vorrebbe 
  per l’Italia un ente simile all'Agenzia per la protezione dell'ambiente 
  tedesca (Apat), con «funzioni di centro di competenza sugli impatti e 
  sull'adattamento ai cambiamenti climatici». 
 
 
 
IL PICCOLO - 
GIOVEDI',  13 settembre 2007
 
 
  
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    L’Italia soffoca, coste a 
    rischio  - L’allarme di Pecoraro Scanio alla conferenza nazionale sul 
    clima. Napolitano: «L’Europa parli con una sola voce» 
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    E’ 4 volte più calda rispetto 
    alla media mondiale. Previsti 50 miliardi di danni all’anno 
    
    Piogge: -5%. 
    Pianura Padana a rischio siccità, salute in pericolo 
    
    ROMA Italia sotto emergenza 
    clima. Il nostro Paese è tra quelli che pagheranno il maggiore prezzo in 
    termini di danni ambientali. La temperatura in Italia è aumentata a un ritmo 
    quattro volte più veloce che nel resto del mondo; le piogge sono diminuite 
    del 5% nell'ultimo secolo; avanza la siccità e non solo nel Sud ma anche 
    sulla Pianura Padana.  
    Questo l'allarme clima lanciato dalla prima Conferenza nazionale sui 
    cambiamenti climatici promossa dal Ministero dell'ambiente e organizzata 
    dall'Agenzia per la protezione dell'Ambiente (Apat) apertasi ieri a Roma al 
    Palazzo della Fao, alla presenza del Presidente della Repubblica Giorgio 
    Napolitano e di quello della Camera Fausto Bertinotti. Per il Capo dello 
    Stato «è essenziale che l'Europa parli con una sola voce». Il presidente 
    della Camera Bertinotti ha parlato di «politica di rapina e di dominio della 
    natura che per un lungo ciclo economico ha perpetrato un tipo di sviluppo 
    fordista-taylorista». E il ministro dell Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio ha 
    detto: «Il cambiamento climatico è qui e ora». Ha chiesto un «piano 
    nazionale di sicurezza ambientale» perchè l Italia pagherà il maggiore 
    prezzo in termini di danni ambientali, perdite di vite umane e salute, costi 
    economici. Presenti anche i ministri dello Sviluppo Economico Pierluigi 
    Bersani e delle Politiche Agricole Paolo De Castro.  
    Ecco di seguito i nodi dell’emergenza clima in Italia. 
    COSTI: a partire da 50 miliardi l'anno la stima dei costi per fare 
    fronte ai danni prodotti dai cambiamenti climatici. Secondo Pecoraro Scanio, 
    per tagliare le nostre emissioni di gas a effetto serra servono da 3 a 5 
    miliardi l'anno, predisporre le misure di adattamento costa da un miliardo e 
    mezzo a due miliardi di euro l'anno. La differenza tra i costi della non 
    azione e quelli dell'azione è tra 10 e 40 volte maggiore a favore 
    dell'azione. Tagliare le emissioni e fare l'adattamento costa tra meno di 
    cinque e sette miliardi ogni anno. 
    RISCALDAMENTO RECORD: negli ultimi 50 anni in Italia si è registrato 
    un aumento di temperatura di 1,4 gradi, una velocità di 2,8 gradi per 
    secolo, quattro volte sopra la velocità media mondiale degli ultimi 100 
    anni. Attualmente l'aumento di temperatura è pari a 0,28 gradi per decade, 
    un ritmo di crescita che se si confermasse porterebbe l'aumento alla quota 
    di 2,8 gradi di media al secolo. 
    COSTE: un chilometro su tre delle nostre coste basse è in 
    arretramento e 33 aree costiere rischiano di essere sommerse dal mare nei 
    prossimi decenni, per l’aumento d’acqua dovuto allo scioglimento delle 
    calotte polari e dei ghiacciai. Oltre il 40% della attuale costa bassa 
    sabbiosa italiana è in erosione. Tempeste, piogge e innalzamento del mare 
    creano condizioni di rischio potenziale per tutti i 4.000 km di costa bassa 
    e sabbiosa italiana. 
    GHIACCI: hanno perso la metà del loro volume e il 30% della loro 
    superficie in meno di un secolo. Negli ultimi 20 anni i ghiacciai alpini 
    hanno perso il 20% della loro estensione. Non sfuggono a questo destino gli 
    800 ghiacciai italiani: secondo i dati infatti il caldo cresce sulle Alpi a 
    un ritmo doppio rispetto alle pianure e alle coste europee. 
    PIOGGE E SICCITÀ: piogge in diminuzione del 5% nell'ultimo secolo. 
    Oggi ci sono 14 giorni di pioggia in meno ogni anno nel Sud. Così la 
    siccità  avanza e la desertificazione sta diventando un problema non solo 
    per il Sud ma anche per la Pianura Padana. Le piogge primaverili, a esempio, 
    saranno insidiate da episodi alluvionali (in 25 anni l’Europa ha già visto 
    238 alluvioni disastrose, con morti e feriti) e alle precipitazioni molto 
    intense seguiranno periodi più o meno lunghi di siccità. Da qui la necessità 
    improrogabile di tagliare le emissioni del 60% entro il 2050. 
    SALUTE: l’incremento dei decessi in Europa a causa delle ondate di 
    calore è stimato tra le ottomila e le 12 mila persone l'anno e per ogni 
    grado di aumento della temperatura media. 
    BINARIO VERDE: la lotta ai cambiamenti climatici può essere vinta 
    solo con forti politiche nazionali di taglio alle emissioni accompagnate da 
    concrete politiche di adattamento. Due temi paralleli che formano un 
    «binario verde», come l'ha definito il Wwf, capace di combattere la più 
    grande sfida planetaria. Secondo l'organizzazione ambientalista l'Italia è 
    in forte ritardo sulla riduzione di Co2 ed i grandi produttori di energia 
    continuano a proporre scelte «da dinosauro» come il carbone. «Il clima che 
    cambia è oggi il tema trasversale che deve accompagnare tutte le scelte 
    politiche e istituzionali - ha dichiarato Gianfranco Bologna, direttore 
    scientifico del Wwf Italia, intervenendo alla Conferenza -: nessuno può 
    dunque rinviare le scelte obbligate che questo comporta. Occorre agire ora, 
    nel nostro Paese senza rimandare ad altri la responsabilità».  | 
  
 
 
  
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    Il Golfo di Trieste in 
    pericolo, l’allerta dei biologi: mare impoverito, per salvarlo più fondi 
    alla ricerca  | 
  
  
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    Il 
    dipartimento di Oceanografia: «C’è la necessità di un piano di monitoraggio 
    per trovare i rimedi al surriscaldamento»   | 
  
  
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    L’effetto 
    serra alla base dei problemi: dai fiumi meno sostanze nutritive 
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    Investire sulla ricerca. É 
    questa l’unica strada percorribile per bloccare il processo di 
    desertificazione marina (ossia la scomparsa di flora e fauna marine) che sta 
    colpendo il mare Adriatico e, di conseguenza, il golfo di Trieste. Solo così 
    sarà possibile limitare i danni alle specie di pesci presenti in acqua, alla 
    salute delle persone e pure quelli economici. «Per poter capire esattamente 
    come il riscaldamento globale vada a incidere sull’ecosistema marino - 
    spiega il direttore del dipartimento di oceanografia biologica dell’Ogs, 
    Renzo Mosetti -, dovremmo avere in mano un piano di monitoraggio continuo di 
    tutti i mari che bagnano l’Italia. Per questo, al termine della Conferenza 
    nazionale sui cambiamenti climatici, a cui sto presenziando a Roma, la 
    nostra esigenza verrà espressa al Presidente del Consiglio, Romano Prodi». 
    Mosetti ribadisce poi come le situazioni che, nei giorni scorsi, hanno 
    portato il ministro all’ambiente Alfonso Pecoraro Scanio a lanciare 
    l’allarme prospettando un Adriatico destinato a diventare la copia del Mar 
    Morto non siano da considerare strutturali e, pertanto, la prospettiva non 
    può essere così catastrofica: «L’anomalia registrata nel 2003, con 
    l’innalzamento della temperatura invernale della superficie del mare fino a 
    13 gradi e il conseguente mancato scambio di correnti nell’Adriatico, è 
    stata un episodio eccezionale. Negli anni successivi, le cose sono tornate 
    alla normalità e solo nel 2007 abbiamo assistito a una condizione simile, 
    anch’essa a sè stante. Non possiamo dire che siano fenomeni consolidati». 
    Proprio dai laboratori dell’Ogs arriva un altro messaggio chiaro: «Bisogna 
    fare prevenzione, per riuscirci lo Stato e in particolare il Ministero 
    dell’università e della ricerca dovrebbe investire di più nel nostro lavoro 
    - tuona il vicedirettore del Dipartimento di oceanografia biologica 
    dell’istituto triestino, Marina Cabrini -. Nella fattispecie, per risolvere 
    i problemi di cui stiamo parlando, sarebbe necessario programmare un lavoro 
    decennale. In questo modo, potrebbe essere risolta anche la problematica 
    della precarietà del personale dell’Ogs. Qui non c’è un biologo che abbia un 
    contratto a tempo indeterminato. L’Italia, da questo punto di vista, è alla 
    deriva». 
    Come puntualizzato due giorni fa da Paola Del Negro, la situazione in 
    evoluzione nell’Adriatico, andando avanti, potrebbe portare già tra vent’anni 
    ad un panorama di povertà di micro-alghe, organismi e pesci. Una condizione 
    simile a quella dell’oceano, in cui le caratteristiche di massa dell’acqua 
    rimangono simili a quelle del mare, ma vi è una quasi totale assenza di 
    fauna marina (oligotrofia). Quasi una piscina gigante, insomma. Una 
    situazione diversa da quella prospettata dal ministro Pecoraro Scanio: il 
    Mar Morto è un bacino chiuso, ristretto, con un’alta concentrazione di sale, 
    dove le uniche forme di vita sarebbero batteri e micro-organisimi. I 
    rilevamenti dicono invece che la mutazione oceanica è possibile, alla lunga. 
    Intermedia sarebbe poi una condizione paragonabile a quella del Mar Nero: 
    profondità consistenti ma assenza di ossigeno e quindi di vita per il poco 
    scambio di flussi d’acqua con la superificie. Anche in questo senso, però, 
    non esiste alcun allarme. 
    L’impoverimento dell’Adriatico, comunque, è un dato di fatto legato al 
    global warming del pianeta, ma non ha un rapporto di relazione decisiva con 
    l’assenza della corrente fredda mancata nel 2003 e nell’ultimo inverno: «La 
    tendenza che si sta riscontrando nel nostro mare - prosegue la Cabrini - è 
    dettata da due cause. In primis, l’effetto serra che determina un aumento 
    delle temperature e con esso la mancata formazione di nevi e ghiacciai, 
    oppure il loro rapido scioglimento. Pertanto la portata dei fiumi che si 
    riversano nel mare non solo è inferiore rispetto al passato, ma anche meno 
    ricca sotto il profilo delle sostanze nutrienti per i micro-organismi. Si 
    interrompe alla base, così, la catena alimentare del mare: perciò i pesci 
    scappano o muoiono e l’effetto serra aumenta per l’assorbimento inferiore di 
    anidride carbonica. Inoltre, ovviamente, la seconda causa è l’inquinamento. 
    A tal proposito sarebbe auspicale un sempre maggiore ricorso da parte di 
    industrie e fabbriche a depuratori e, inoltre, andrebbero approfonditi i 
    controlli sugli scarichi e sulle ciminiere». 
    La variazione climatica sta cambiando pure il parco dei prodotti a 
    disposizione dei pescatori. Oltre alla riduzione di numero e 
    all’anticipazione dell’arrivo stagionale, si assiste al cosiddetto fenomeno 
    della tropicalizzazione delle specie: «Anche in Adriatico - conferma la 
    rappresentante dell’Ogs - sta cambiando il tipo di pesce a disposizione». E 
    così scompaiono calamari, sgombri e sarde, mentre si materializzano il pesce 
    nastro e il pesce pappagallo. 
    
    Matteo Unterweger  | 
  
 
  
  
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    Dalla Riserva di Miramare 
    arriva l’allarme rifiuti  | 
  
  
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    Prospettive preoccupanti per il 
    nostro mare non solo a causa del riscaldamento del clima, ma anche a causa 
    dei rifiuti di ogni tipo che ogni anno invadono le acque marine. Il vetro, 
    la bomboletta spray, la plastica, il mozzicone di sigaretta, il polistirolo, 
    il contenitore in tetrapak, il detersivo, il pezzo di poliuretano o 
    l'alluminio hanno effetti disastrosi per l'ambiente marino, poichè la loro 
    durata media di conservazione in acqua varia da decine a centinaia d'anni. 
    Secondo gli esperti della Riserva Marina di Miramare, il problema è serio e 
    i segni dei rifiuti diventano sempre più evidenti: tali elementi non si 
    decompongono come accade ai materiali naturali. Il mare, il moto ondoso, il 
    sole e l'abrasione meccanica riducono per esempio la plastica in minuscoli 
    frammenti. I rifiuti di plastica tendono inoltre ad accumularsi in quelle 
    aree di mare dove i venti e le correnti sono deboli. «Si stima che in tutto 
    il mondo ogni giorno circa otto milioni di tonnellate di rifiuti prodotti 
    dall'uomo arrivino in mare, comportando un grosso pericolo per l'ecosistema» 
    spiega Milena Tempesta, esperta della Riserva di Miramare. 
    Per quanto riguarda Trieste, è difficile quantificare però esattamente il 
    volume di rifiuti che arrivano nel mare, poiché i loro effetti negativi si 
    fanno sentire nel tempo non solo sull’habitat marino, ma anche su altri 
    settori dell'economia. Secondo Milena Tempesta, lo scenario più pessimistico 
    parla di «possibili perdite negli anni per esempio nel settore turistico a 
    seguito del degrado delle coste e dei mari, ma anche di eventuali danni 
    materiali sulle imbarcazioni o di una riduzione della quantità di pescato o 
    di altissimi costi per il risanamento delle zone inquinate. I rifiuti 
    possono arrivare dalle spiagge, ma anche dalle strade e dai fiumi, dalle 
    abitazioni o dalle imbarcazioni». La Riserva Miramare si è fatta promotrice 
    di varie iniziative pubbliche di sensibilizzazione. Tra queste anche la 
    campagna di pulizia dei fondali «Cosa c'è sul fondo?», organizzata 
    annualmente assieme ai circoli subacquei triestini. «Da un’ulteriore 
    indagine fatta tra Trieste e le zone confinanti, si evince che il 57 per 
    cento delle persone individua nella plastica il tipo di rifiuto maggiormente 
    presente lungo le coste del golfo», osserva Milena Tempesta. Alla richiesta 
    di dare possibili suggerimenti su come ridurre o evitare che i rifiuti 
    giungano sulle coste, il 36 per cento degli intervistati indica nelle azioni 
    di educazione e sensibilizzazione il metodo migliore, seguito da una 
    necessità  di maggiori controlli e multe ai trasgressori oltre che da una 
    raccolta più frequente. 
    g.p.  | 
  
 
 
  
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    In città il primo corso sulla 
    tutela ambientale sotto l’egida Unesco  | 
  
  
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    Trieste ospiterà quest’anno 
    sotto l'egida dell'Unesco il primo corso internazionale di alta formazione 
    sulla tutela ambientale, organizzato della neonata «Agenzia per lo Sviluppo 
    internazionale dell’ambiente - Asia», con sede a Trieste, che riunisce 
    rappresentanti della Provincia di Trieste, del Ministero dell’Ambiente, 
    dell’Unesco e di due enti scientifici cittadini, l’Area Science Park e il 
    Centro internazionale di fisica teorica Ictp. Lo ha annunciato ieri il 
    Consiglio di indirizzo della fondazione, riunito nella sede della Provincia 
    per decidere il tema del corso, che sarà dedicato ai «Servizi degli 
    ecosistemi, lo sviluppo sostenibile e il benessere». «Il corso si rivolge a 
    circa 20 alti dirigenti e tecnici provenienti da dieci paesi diversi – ha 
    spiegato Maria Teresa Bassa Poropat, presidente della Provincia di Trieste - 
    e prenderà il via entro la fine del 2007». Il corso sarà organizzato nella 
    sede dell’ex Imo-Ima, all’interno dell’ex comprensorio di San Giovanni. «Nei 
    prossimi giorni faremo il sopralluogo per capire meglio in che stato si 
    trova lo stabile – ha aggiunto la Bassa Poropat -. Poi, nel futuro, 
    valuteremo seriamente anche la possibilità di assegnare l’edificio alla 
    fondazione Asia e al nascente Istituto internazionale per una Partnership a 
    favore dello Sviluppo Ambientale (Iped)». Il futuro Istituto, la cui nascita 
    dovrà essere approvata dall’Assemblea generale dell’Unesco questo fine mese, 
    sarà una nuova Agenzia delle Nazioni Unite, che si dedicherà specificamente 
    alla formazione di tecnici internazionali nei settori della tutela 
    dell'ambiente. 
    Gabriela Preda  | 
  
 
 
  
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    Immondizie a Duino, spunta 
    l’ipotesi di un impianto di riciclaggio  | 
  
  
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    DUINO AURISINA Un fenomeno 
    temporaneo destinato ad estinguersi, ma è necessario vigilare affinché non 
    diminuisca a Duino Aurisina la raccolta differenziata. Questa, in sintesi, 
    la posizione dell'opposizione di centrosinistra a Duino Aurisina dopo il 
    vertiginoso aumento dei costi dovuti all'asportazione delle immondizie, 
    22mila euro extrabudget causati per buona parte dalla nuova abitudine dei 
    monfalconesi di lasciare le loro immondizie a Duino Aurisina scavalcando il 
    sistema del porta a porta instaurato nel loro comune. «Pensiamo - hanno 
    dichiarato in una nota ieri Massimo Veronese e Maurizio Rozza, che il 
    fenomeno dell'aumento dei costi dovuti alle immondizie dei monfalconesi 
    debba essere considerato transitorio e destinato ad attenuarsi con 
    l'incremento della raccolta differenziata porta a porta nel Monfalconese. 
    Tuttavia, considerate anche le lamentele dei cittadini monfalconesi, 
    l'esperienza induce a non prendere in considerazione il sistema porta a 
    porta, fonte di notevoli disagi per gli utenti». L'opposizione ha proposto 
    di incrementare la raccolta differenziata del vetro, soprattutto d'estate, e 
    l'utilizzo delle ramaglie: «Abbiamo preso contatto con la comunella di 
    Aurisina - dicono ancora Rozza e Veronese - e stiamo elaborando un progetto 
    mirato: realizzare, con fondi della Provincia e del piano regionale di 
    sviluppo rurale, un impianto per il riciclaggio del "verde" che consenta la 
    produzione di energia, insomma un progetto innovativo di teleriscaldamento».
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    Inquinamento ignorato  | 
  
  
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    In questo periodo si parla tanto 
    di giovani, ma come al solito le persone si limitano soltanto a parlare 
    senza poi concludere niente. 
    Sono uno studente sedicenne a cui il futuro interessa particolarmente e ho 
    una critica costruttiva da fare nel riguardo della società moderna: il 
    problema di cui voglio parlare è l’inquinamento, si parla tanto ma si 
    conclude poco niente infatti basta vedere come poche persone girano con i 
    mezzi pubblici, con biciclette o a piedi. Inutile parlare di euro4 quando 
    buona parte della popolazione fa fatica ad arrivare alla fine del mese, 
    l’unica soluzione plausibile sarebbe eliminare le automobili e i ciclomotori 
    da tutta la città ma ovviamente è una cosa che richiede molto impegno e di 
    conseguenza siamo in pochi a volerlo realmente, ma in una città come questa 
    è importante! Si parla della Trieste famosa, importante, dell’antico 
    splendore di una città che ora è morta. Una cosa però ci sarebbe per 
    renderla importante e famosa nell’Europa: togliere le macchine e i motorini. 
    Pensate quante persone parlerebbero della città dove sono stati vietati i 
    mezzi privati? E poi per ora cosa si è fatto per l’inquinamento in città? 
    Girando vedo solo una specie di autostrada sulle Rive che sembra fatta 
    apposta per scoraggiare noi poveri ciclisti a circolare mentre zone 
    periferiche come via Terz’Armata rimangono con muri pericolanti. Senza 
    contare il numero ingente di incidenti a volte anche mortali che ci sono 
    sulle strade. Se cercate di convincere un giovane a non guidare da ubriaco 
    riuscirete con difficoltà a renderlo consapevole di quello che fa, facendo 
    un sondaggio tra miei amici, 3 persone su 4 hanno il motociclo truccato che 
    supera senza problemi i 50 km orari e a volte arriva fino a 100! 
    Probabilmente questo è solo un sogno di un qualsiasi tardolescente che però 
    ci crede, ci spera! Più di tanta gente che se ne frega, e non provate a dire 
    che i mezzi privati servono agli anziani per muoversi per città perché la 
    maggior parte degli anziani si muove usufruendo dei mezzi pubblici come 
    dovrebbero fare tutti! Spero che questa lettera serva a svegliare qualcuno 
    che aiuti seriamente noi giovani a realizzare un sogno: vivere in una città 
    pulita e originale che diventi importante per qualcosa di giusto! 
    Filippo Bua  | 
  
 
 
  
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    La Ferriera di Servola  | 
  
  
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    Per primo è stato il sindaco a 
    gridare al miracolo (leggi Bingo!) quando la società Arvedi ha fatto sapere 
    di avere delle mire sulla Ferriera di Servola. Dopo di lui anche i 
    lavoratori hanno espresso di nutrire speranze nel caso fosse andato in 
    porto, da parte dell’Arvedi, l’acquisto della Ferriera. 
    Forse anche i residenti dei molti rioni danneggiati in vario modo dalla 
    suddetta fabbrica hanno sperato in qualcosa a loro favore sentendo affermare 
    la volontà della futura proprietà di riservare attenzione all’impatto 
    ambientale. 
    Purtroppo non è oro tutto ciò che luccica! 
    Leggendo un articolo apparso su una rivista locale ho acquisito notizie ben 
    poco rassicuranti! A chi dice che la Arvedi sarebbe capace di conciliare la 
    produzione siderurgica con la tutela dell’ambiente e della salute dei 
    lavoratori e residenti viene contrapposto il fatto che la popolazione di 
    Spinadesco (ove si colloca l’Arvedi) non solo non sostiene il potenziamento 
    dell’acciaieria già esistente ma esprime parere contrario causa le emissioni 
    nocive nell’atmosfera, i rumori persistenti, le scorie di cui si vorrebbe 
    sapere la natura. Gli abitanti di Spinadesco inoltre lamentano la bocciatura 
    della richiesta di un referendum col quale potrebbero pretendere maggior 
    cura verso l’impatto ambientale. 
    Si noti che la Costituzione affida ai Comuni la facoltà di approvare 
    l’indizione di un referendum. Perché il sindaco di quella cittadina lombarda 
    ha respinto la richiesta dei cittadini? A detta della consigliera Maria 
    Teresa Puliti «... a Sinasco c’è tanta paura di fronte alla potenza di 
    Giovanni Arvedi che viene considerato uno contro il quale non si può fare 
    nulla, che nella sua città è un re che gode di appoggi trasversali, che ha 
    il consenso di tutte le forze politiche...». 
    Siccome l’ampliamento (vorrebbero un forno...) delle acciaierie Arvedi non 
    sembra possibile in Lombardia (ci sono dei ricorsi al Tar, uno a Brescia 
    contro la Regione e uno a Cremona contro il Comune), perché non volgere lo 
    sguardo a Trieste dove da anni i residenti lamentano notevoli disagi, un 
    alto numero di morti per tumore, leucemia specie in soggetti giovani e 
    malattie respiratorie di vario tipo ma dove, malgrado tutto ciò la Lucchini 
    continua, anzi aumenta a dismisura le sue emissioni nocive, accetta il 
    carico e lo scarico di Klinger che viene portato nella Slovenia ma che la 
    stessa non vuol fare transitare per il porto di Capodistria, brucia, specie 
    di notte, materiali che versano nell’aria fumi tossici a non finire (ultima 
    vittima martedì 28 agosto il vigile urbano che si è sentito male durante un 
    controllo mattutino sull’inquinamento della Ferriera). 
    Queste considerazioni dovrebbero insegnare ad essere molto cauti di fronte 
    alle facili e fallaci lusinghe. Auspico che anche le autorità preposte alla 
    salute dei cittadini meditino su quanto scritto, sappiano smascherare le 
    facili promesse, si facciano carico di decisioni che solo a loro è dato 
    prendere. 
    Mirella Della Puppa  | 
  
 
 
  
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    Polmoni verdi  | 
  
  
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    Dopo due anni di confronto, 
    valutazioni tecniche, stime patrimoniali e colloqui con i residenti si è 
    finalmente messo fine alla questione inerente l’alienazione di alcuni 
    terreni comunali, attualmente adibiti ad aree verdi. 
    Un ringraziamento al sindaco Dipiazza e all’assessore Tononi che dopo 
    un’attenta analisi hanno convenuto sull’impossibilità di cedere ai privati 
    zone di pregio della nostra città. 
    Ma se nei prossimi anni Trieste riuscirà a non essere ulteriormente 
    soffocata dal cemento ma altresì conserverà piccoli, ma vitali, polmoni 
    verdi come via delle Viole, via dei Narcisi, via Berchet, via Verga e vicolo 
    dei Roveri, il merito più grande va dato al consigliere comunale forzista 
    Lorenzo Giorgi che da anni si è battuto per la loro salvaguardia. 
    Gli scriventi Comitati esultando per l’obiettivo ottenuto lo ringraziano 
    pubblicamente. 
    Comitati salvaguardia via delle Viole, via dei Narcisi, via Berchet, via 
    Verga, vicolo dei Roveri  | 
  
 
 
 
 IL PICCOLO - 
MERCOLEDI',  12 settembre 2007
 
 
  
    
      
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        Enel: inverno al freddo e 
        al buio  - L’amministratore delegato Conti lancia l’allarme, ma il 
        ministero dell’Ambiente ribatte   | 
       
      
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        «Il gas non è 
        sufficiente. Sono state fatte valutazioni errate»  | 
       
      
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        MILANO Torneremo a scaldarci 
        con legna e carbone, come i nostri nonni o bisnonni? Possibile. 
        L’allarme è stato lanciato ieri da Fulvio Conti, amministratore delegato 
        dell’Enel. «Rischiamo ancora di rimanere al freddo e al buio. Siamo 
        ancora più fragili di due anni fa, quando scoppiò il contenzioso fra 
        Russia e Ucraina», ha detto il manager. Il riferimento è al gas che il 
        nostro Paese importa dalla Russia e ai sistemi di stoccaggio. 
        «Il gas - dice Conti - sarà sempre più caro e sarà sempre legato al 
        prezzo del petrolio, e anche con i rigassificatori il prezzo non 
        scenderà. Non scende in Francia dove ne stanno costruendo quattro e non 
        scende in Spagna, dove ne stanno facendo sette. Però i rigassificatori 
        sono importanti perchè riducono il rischio di approvvigionamento da soli 
        tre tubi». 
        Per Conti, la «fragilità» del sistema dipende da una «errata valutazione 
        del ministero dell’Ambiente che ha blocato 500 milioni di metri cubi». 
        L’amministratore delegato dell’Enel, dunque, spiega che i 
        rigassificatori restano utili e cita il caso dell’impianto di Porto 
        Empedocle (in Sicilia), capace, da solo, di soddisfare il 10% del 
        mercato italiano, ma in attesa da anni di autorizzazioni. 
        Immediata la replica del ministero dell’Ambiente. «Nessuna errata 
        interpretazione - dice una nota - e se Conti si riferisce al sito di 
        stoccaggio di Settala (Milano), si deve sapere che la società che l’ha 
        in gestione ha chiesto una valutazione di impatto ambientale per essere 
        autorizzata ad aumentare del 7% la pressione di stoccaggio». Una 
        risposta, però, non è arrivata. 
        Contro il manager dell’Enel anche il verde Bonelli. 
        «L’Italia - dice - ha un potenzione di energia elettrica installata di 
        80 mila megawatt, mentre il consumo registrato quest’anno è di 56 mila 
        megawatt, tanto che in alcuni periodi dell’anno esportiamo energia. L’Enel 
        è tenuta a rispettare le leggi dello Stato e non ad alimentare psicosi». 
        Si fa sentire anche Legambiente. «L’Enel, con questi discorsi, fa capire 
        di volere più carbone per alimentare le proprie centrali. In Italia ci 
        sono problemi irrisolti che sono quelli delle nuove centrali elettriche 
        e dei rigassificatori, però il carbone va contro l’impegno di abbattere 
        drasticamente l’emissione di gas serra nel nostro Paese». 
        Una soluzione «per non restare al freddo e al buio» la propone la 
        Coldiretti. «Si possono usare il legno o il granoturco. Servono a 
        risparmiare e a ridurre l’emissione di gas», spiega una nota. «E’ 
        possibile riscaldare una casa di centro metri con una speciale caldaia 
        alimentata a chicchi di granoturco. Ci vogliono 30 chili al giorno di 
        «carburante», che costa 13-15 centesimi al chilo. Secondo i tecnici, 
        consente un risparmio del 50-60% rispetto al gasolio o al metano, 
        contribuendo a ridurre l’emissione di gas a effetto serra». 
        Gigi Furini  | 
       
     
    
      
    
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    Golfo di Trieste sempre più 
    caldo, pesci in fuga   | 
  
  
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    I biologi 
    dell’Ogs sui pericoli per l’Adriatico: «Rischia di diventare una sorta di 
    piscina, senza più flora né nutrimento per le specie ittiche» 
     
    
    «Se le temperature del mare 
    continueranno a salire, in 20 anni sarà desertificato, senza più vita» 
    
    Il surriscaldamento della Terra 
    nella sua globalità e, quindi, anche della superficie del mare, con la 
    derivante scomparsa di micro-alghe, la conseguente interruzione della catena 
    alimentare marina alla sua base e la progressiva riduzione nell’assorbimento 
    di anidride carbonica (con aumento dell’effetto serra per la mancanza di 
    precipitazioni) potrebbero portare infatti tra 20-30 anni a una situazione 
    comunque estrema, anche se un po’ diversa da quella paventata da Pecoraro 
    Scanio, pure nella zona triestina. «Stiamo assistendo ad un progressivo 
    impoverimento del mare Adriatico - spiega Paola Del Negro, biologa 
    dell’Ogs, Istituto nazionale di oceanografia e geofisica sperimentale - per 
    il quale tra almeno vent’anni si potrebbe materilizzare una situazione molto 
    simile a quella di una piscina, un contesto quasi oceanico cioè con 
    pochissimi micro-organismi e pesci. La prospettiva invece che si formi una 
    palude non è supportata al momento da dati sufficienti». I mutamenti 
    climatici comportano al momento un doppio rischio: «Oltre ad avere meno 
    alghe e pesci - prosegue la Del Negro -, ci potremmo trovare sempre più a 
    fare i conti con specie tossiche di organismi. L’aumento di batteri patogeni 
    comporterebbe dei pericoli maggiori direttamente per i bagnanti. Ovvio che a 
    questo quadro andrebbero a sommarsi le difficoltà per i pescatori: senza 
    micro-alghe, ovvero il loro nutrimento, i pesci non sopravviverebbero». 
    L’aumento della temperatura del mare nel golfo di Trieste è un fenomeno 
    innegabile: «Rispetto al periodo 1991-2003 c’è stato ultimamente un 
    innalzamento di due gradi e mezzo nel periodo estivo. Il problema è che in 
    tutto l’Adriatico c’è stata una forte riduzione negli apporti dati dalle 
    acque dolci, dai fiumi: veicolano sostanze inquinanti, ma allo stesso modo 
    contengono tanti nutrienti per gli organismi che popolano il mare. Ora, 
    invece, è in corso una sorta di desertificazione di flora e fauna marine 
    collegata appunto al caldo eccessivo. La soluzione a queste problematiche? 
    La ricerca di laboratorio in cui si forzano alcuni parametri, per vedere 
    cosa succede, prevedere e comportarsi di conseguenza». La condizione del 
    golfo triestino, peraltro, potrebbe aggravarsi per altri motivi: «Dovessero 
    bloccare davvero il depuratore di Servola - conclude la Del Negro - e 
    comparisse un giorno un rigassificatore in mezzo al mare, si avrebbe 
    l’ennesimo impatto ambientale con un depauperamento della fauna marina». 
    Sulla questione dell’incremento dell’effetto serra torna Marina Cabrini, 
    collega della Del Negro: «L’anidride carbonica presente nell’atmosfera è 
    assorbita per metà dalle foreste e per metà dal fitoplancton, ecco perché è 
    importante studiare in modo approfondito la situazione. Oltre all’aspetto 
    quantitativo, però, va curato pure quello qualitativo: la biodiversità e il 
    caldo comportano sempre più l’introduzione e la prolificazione di organismi 
    esotici e dannosi». 
    Sarà a Roma in questi giorni anche Renzo Mosetti, direttore del 
    personale del Dipartimento di biologia dell’Ogs, che sulla previsione del 
    ministro Pecoraro Scanio osserva: «L’ipotesi estrema, di vedere l’Adriatico 
    trasformarsi rapidamente in Mar Morto è catastrofica e non è avallata da 
    dati evidenti. Nell’ultimo anno, è vero, si è verificata una situazione 
    particolare, con una media della temperatura della superficie del mare di 10 
    gradi, più alta del passato. Ciò che è venuto a mancare, per un regolare 
    raffreddamento, è stata la formazione di acqua densa, salina che solitamente 
    era generata grazie alla bora e, uscendo dal canale di Otranto, generava la 
    corrente che contribuiva alla concentrazione del Mediterraneo. Però, da qui 
    a dire che il vento non riesca più a raffreddare il mare, ancora ce ne 
    passa. Per trarre conclusioni di un certo tipo, è il caso di studiare serie 
    lunghe, i cui fenomeni si ripetano nel tempo. Come non è detto che il 
    problema del surriscaldamento globale sia riconducibile a ragioni 
    antropiche».  | 
  
 
 
  
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    Pescherecci, in tre anni 
    caleranno del 50%  - Il taglio della flotta regionale legato alla 
    riduzione del pescato. Doz: «Attività chiusa già a metà agosto»  | 
  
  
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    Da 600 a 300 barche: i 
    cambiamenti climatici colpiscono l’economia  | 
  
  
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    La flotta regionale dei 
    pescherecci verrà ridotta del cinquanta per cento nei prossimi tre anni. Il 
    numero delle imbarcazioni passerà così da 600 a 300 entro la fine del 2010. 
    Uno dei rischi maggiori, derivanti dall’ulteriore impoverimento della catena 
    alimentare marina che potrebbe verificarsi nel prossimo futuro nell’area 
    adriatica, è infatti direttamente quello economico. Strettamente legato, 
    quindi, alla pesca e alla vendita dei prodotti ittici. 
    Già negli ultimi anni, i professionisti del settore si sono trovati di 
    fronte a riduzioni sostanziali nelle quantità disponibili. Messi a confronto 
    costi e benefici, i primi superano i secondi ormai di gran lunga. Sono 
    insostenibili. Ecco perché è alle porte un taglio drastico sui mezzi 
    disponibili, aspetto che in ogni caso non verrà accompagnato da rinunce a 
    livello di personale. I posti dei lavoratori non sono assolutamente in 
    pericolo. 
    «I cambiamenti climatici hanno portato delle mutazioni evidenti in mare - 
    spiega Guido Doz, presidente di Agci Pesca provinciale -. Nel periodo 
    estivo degli ultimi tre anni, ad esempio, si sono verificati degli anomali 
    anticipi nell’arrivo del pesce già a marzo. Solitamente, invece, dovevamo 
    aspettare fino a maggio o addirittura l’inizio di giugno per dare il via 
    all’attività. A metà agosto, poi, il golfo si è completamente svuotato, 
    mentre in passato si proseguiva sino a settembre. Anche col fermo pesca non 
    c’è stato nulla da fare, per la totale mancanza di risorse. Le sarde sono 
    sparite, calamari e sgombri pure, cernie e scarpene sono praticamente 
    impossibili da trovare se non comperandole all’estero». La situazione è 
    avviata a farsi sempre più difficile: «In prospettiva siamo molto 
    preoccupati - continua Doz -, per poter tenere in piedi il settore e far 
    fronte a tutte le spese, nei prossimi tre anni abbiamo programmato di 
    ridurre da 600 a 300 la nostra flotta regionale. I rappresentanti delle 
    cooperative che operano in Friuli Venezia Giulia si sono detti d’accordo e, 
    in più, abbiamo già esposto la questione sia alla Regione che al Governo. 
    Questo scenario non comporterà comunque alcuna riduzione dei posti lavoro. 
    Anzi, a dire il vero siamo sempre alla ricerca di personale» 
    Secondo Salvatore Pugliese, delegato della Lega Pesca, le difficoltà 
    della zona dell’Alto Adriatico sono da ascrivere non solamente a questioni 
    ambientali: «Il problema principale che ci troviamo davanti non è tanto 
    quello dell’innalzamento della temperatura - dice -, ma piuttosto il fatto 
    che non si riesca a capitalizzare tutto lo sforzo lavorativo attuato dai 
    pescatori di quest’area. Abbiamo un numero eccessivo di pescherecci rispetto 
    alla carenza di prodotto generale. Siamo l’ultimo compartimento 
    dell’Adriatico, dunque la problematica della povertà ittica ricade per forza 
    su di noi». Proprio per questo, Pugliese si dice assolutamente concorde con 
    il progetto di riduzione delle imbarcazioni disponibili illustrato da Doz: 
    «Il fatto che la quantità di pesce stia calando anno dopo anno è indubbio, 
    per tanto ritengo utile un taglio dei motopescherecci». 
    A non far dormire sonni tranquilli l’intero settore locale, poi, è anche 
    un’altra ipotesi: «Dovessimo trovarci davanti pure alla presenza di un 
    rigassificatore in mezzo al mare, allora le cose peggiorerebbero 
    ulteriormente. Inciderebbe sicuramente sull’attività, non ci piove», 
    aggiunge Pugliese. 
    Infine, il rappresentante della Lega Pesca si sofferma su un altro aspetto, 
    prettamente commerciale: «Le difficoltà dei pescatori triestini vanno 
    ricondotte anche alla scarsa valorizzazione del nostro pesce azzurro. Le 
    istituzioni non lo pubblicizzano a dovere, oppure lo fanno male». 
    ma. un.  | 
  
 
 
  
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    Addio sarde, ecco il pesce 
    nastro - Come cambia il panorama ittico della zona: in aumento le acciughe
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    Scompaiono le sarde, i calamari 
    e gli sgombri, di cernie e scarpene nemmeno l’ombra già da un paio d’anni, 
    da registrare invece le novità pesce nastro e pesce pappagallo. Questo il 
    nuovo scenario della fauna marina nel golfo di Trieste. Le variazioni del 
    clima e le conseguenze delle stesse sugli «abitanti» del mare stanno 
    cambiando, nella sostanza, anche il mercato della pesca. Nell’ultimo 
    triennio, infatti, i professionisti e gli esperti del settore, hanno 
    assistito a una sorta di mini-rivoluzione in campo ittico. Sarde, calmari e 
    sgombri, ormai, si importano quasi esclusivamente dall’estero in tutta 
    Italia e, dunque, pure nell’area adriatica. Scarseggiano anche le mormore in 
    inverno, mentre recentemente, tra luglio e metà agosto, si è verificato un 
    notevole incremento nel numero di acciughe. Un’eccezione nel parco del 
    cosiddetto pesce azzurro che sembra risentire in maniera decisamente 
    negativa della riduzione delle microalghe, legata al riscaldamento del mare. 
    I cambiamenti climatici, però, hanno evidentemente comportato alcune 
    migrazioni. Ecco perché i pescatori triestini hanno avvistato la presenza 
    nel golfo del pesce nastro, specie pelagica dal corpo argenteo che vive tra 
    la superficie e una profondità massima di 900 metri e le cui uova erano 
    state spesso individuate in passato nella zona dello stretto di Messina. 
    Noto a Napoli come «Squaglia sole», al massimo può raggiungere anche i tre 
    metri di lunghezza. 
    Il pesce pappagallo presenta un corpo molto allungato, con squame grandi e 
    pinne lunghe. Arriva anche a toccare i due metri di lunghezza. Come 
    caratteristiche peculiari, vanno segnalate una certa attitudine 
    all’interazione con gli esseri umani e, in generale, una vivacità diffusa in 
    tutti gli esemplari. Dorme solitamente sotto uno strato di sabbia, avvolto 
    in un velo formato da una sostanza vischiosa. 
    ma.un.  | 
  
 
 
  
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    Piano del traffico, rinvio 
    con polemiche - Passa una mozione di Fi. L’opposizione: «Nascondono le loro 
    divisioni»   | 
  
  
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    IN COMMISSIONE URBANISTICA  | 
  
  
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    Doveva essere il «grande giorno» 
    del piano del traffico: quello della prima uscita della bozza Camus in una 
    sede istituzionale. Ma la seduta della Sesta commissione, convocata ieri dal 
    presidente Roberto Sasco dell’Udc su richiesta del centrosinistra, si è 
    risolta in un nulla di fatto. Seminando imbarazzo nella maggioranza e 
    facendo gridare allo scandalo l’opposizione, che ha abbandonato i lavori per 
    protesta.  
    La presentazione della bozza redatta dal professor Camus (che non è stato 
    invitato dalla commissione) è stata infatti rinviata a data da destinarsi. 
    Motivo: l’approvazione di una mozione d’ordine proposta a sorpresa da 
    Everest Bertoli di Forza Italia (che non fa parte della commissione, ma che 
    era autorizzato a partecipare in sostituzione di Piero Camber) il quale ha 
    chiesto «il rinvio dell’illustrazione dopo che ai consiglieri sarà 
    consegnata una copia del documento per poterlo analizzare preventivamente».
     
    Una mossa, questa, messa in atto subito dopo le dichiarazioni dell’assessore 
    Maurizio Bucci, che aveva definito la bozza Camus, «a disposizione dei 
    consiglieri dal 15 febbraio 2005», un fascicolo «di cui si può prendere 
    visione ma che non può essere distribuito all’esterno».  
    «Non mi sembra giusto - ha ribattuto Alessandro Minisini della Margherita - 
    perdere l’utilità di questa seduta. Sentiamo la proposta e poi chiediamo di 
    farci pervenire gli atti per successive valutazioni». «Si sta ledendo un 
    diritto democratico della maggioranza», gli ha fatto eco il segretario dei 
    Ds Fabio Omero. 
    Alla fine, però, la mozione è stata messa ai voti e il rinvio è passato per 
    otto a sette per effetto delle mani alzate fra i banchi del centrodestra. 
    «Mosche bianche» il forzista Giovanni Russo e lo stesso Sasco, i quali hanno 
    votato con il centrosinistra. 
    L’opposizione, per voce del capogruppo della Margherita Sergio Lupieri, 
    boccia l’accaduto come «l’ennesima dimostrazione che la maggioranza è divisa 
    e non è capace di far fronte ai bisogni urgenti della città». Questo mentre 
    il centrodestra, a cominciare da Bucci, se la prende implicitamente proprio 
    con Sasco, giudicando «inopportuna una convocazione della commissione in una 
    fase strettamente tecnica come questa, su un documento che la giunta non ha 
    ancora valutato in maniera definitiva e sul quale, pertanto, la commissione 
    non può ancora incidere. Forse sarebbe stato più giusto un incontro 
    riservato». 
    «Mi resta l’amaro in bocca - replica tuttavia Sasco - perché è stata 
    un’importante occasione persa per affrontare, in un organo ufficiale, un 
    tema di cui discute tutta la città». «È stata una brutta figura per la 
    commissione - chiude Claudio Giacomelli di An - ma non ne farei un dramma. 
    Non mi risulta, però, che ci sia alcun segreto istruttorio che consente solo 
    di visionare il documento senza averne copia». 
    pi.ra.  | 
  
 
 
  
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    «Duino paga 22 mila euro per 
    i rifiuti altrui»   | 
  
  
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    Ret: più immondizie da 
    smaltire da quando è iniziato il porta a porta a Monfalcone 
     
    
    Alcuni 
    cittadini del comune limitrofo utilizzano i bottini dell’indifferenziata a 
    San Giovanni di Duino, Sistiana e lungo la costiera 
    DUINO AURISINA Una bolletta di 
    22mila euro. E' quanto costerà, extra budget, per tutto il 2007, al comune 
    di Duino Aurisina l'avvio della raccolta differenziata porta a porta avviata 
    a Monfalcone. L'amministrazione comunale di Duino Aurisina ha quantificato 
    il problema, nel momento in cui, con il riassetto del Bilancio, ha sfogliato 
    i dati relativi ai costi di asportazione e incenerimento delle immondizione, 
    clamorosamente sforati dal budget. Non si tratta di un conto sbagliato a 
    preventivo, ma di un aumento inatteso e molto sensibile della qualità di 
    immondizie da trasportare e portare all'inceneritore: «La gran parte di 
    questo extra - ha affermato ieri il sindaco Giorgio Ret - deriva 
    dall'aumento della presenza di immondizie nella zona di San Giovanni di 
    Duino, Sistiana e lungo la Costiera. Un aumento iniziato con l'avvio della 
    raccolta differenziata porta a porta a Monfalcone». 
    Se le cose continueranno con questo ritmo, tra due mesi si arriverà a un 
    costo extra di 22mila euro: anche che una piccola parte dell'aumento delle 
    immondizie sia da imputare al turismo (tremila arrivi in più) essendo la 
    popolazione stabile e il trend costante, non ci sono altre spiegazioni. 
    «Abbiamo la certezza che questo fenomeno dipende in molta parte da 
    Monfalcone: i bottini delle immondizie di San Giovanni di Duino erano sempre 
    mezzi vuoti, ora sono traboccanti, e purtroppo chi li utilizza non butta le 
    immondizie in maniera differenziata, ma solo nel residuo secco, e quindi per 
    noi i costi aumentano. Abbiamo continue telefonate in comune di residenti 
    che denunciano la situazione». Sotto accusa, almeno secondo le segnalazioni, 
    i cittadini di Monfalcone e zone limitrofe, ma anche i proprietari di 
    esercizi pubblici, alle prese con tanta immondizia da smaltire: «Una 
    situazione che non può continuare - dichiara Ret - ma contro la quale non 
    abbiamo armi, perché buttare le immondizie in un altro comune non è un 
    reato. Potremmo solo multare le persone che in maniera indifferenziata 
    utilizzano solo i bottini del secco residuo per buttarci di tutto, ma non è 
    una soluzione fattibile». Il sindaco la prende con ottimismo: «Ho parlato 
    pochi giorni fa con i sindaci del mandamento: quando Staranzano iniziò il 
    porta a porta, molte persone buttavano le immondizie a Ronchi, poi Ronchi si 
    è adeguata, e tutti buttavano a Monfalcone, ora tocca a noi, ma sono 
    fiducioso che questo trend si interrompa, nel momento in cui il servizio a 
    Monfalcone sarà rodato». 
    Resta il fatto che Duino Aurisina ha dovuto spostare 22mila euro in quel 
    capitolo, soldi che si sarebbe potuti utilizzare diversamente: «Non ci sono 
    problemi di bilancio, certo la cosa non è piacevole - ha concluso il sindaco 
    - e dobbiamo fare in modo che si risolva, anche perché gli abitanti di Duino 
    Aurisina sono sempre stati molto ligi nell'applicare la raccolta 
    differenziata». 
    Anche su questo fronte, per il 2008, l'amministrazione comunale intende però 
    lavorare di più: «Le quote di raccolta indifferenziata sono leggermente 
    salite, indipendentemente dal fenomeno Monfalcone: «Dobbiamo tornare a fare 
    promozione a favore della differenziata, abbiamo in preventivo di inviare 
    una lettera di sensibilizzazione ai cittadini per tornare agli standard di 
    qualche tempo fa». 
    Francesca Capodanno  | 
  
 
 
  
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    Rigassificatori: sondaggio  | 
  
  
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    In merito al sondaggio della Swg 
    sui rigassificatori a Trieste (Il Piccolo del 4 agosto 2007), sono rimasto 
    colpito dall’alta percentuale (54%) degli intervistati che ha dichiarato di 
    essere poco o per nulla informata sull’argomento. 
    Mi sembra quindi che sia proprio la disinformazione l’aspetto su cui puntano 
    i nostri amministratori per far accettare questi impianti. 
    Anche le parole dell’assessore Sonego, riportate dal Piccolo del 23 agosto 
    scorso, sembrano distinguersi per questa caratteristica, quando egli indica 
    solo negli ambientalisti i contrari a questi insediamenti. 
    Vorrei ricordargli che, sulle colonne del Piccolo, ad esprimersi contro i 
    rigassificatori nella baia di Muggia con argomentazioni precise ed 
    approfondite, sono state persone delle nostre istituzioni scientifiche di 
    cui elenco alcuni nomi: il professore emerito di chimica all’Università di 
    Trieste Giacomo Costa, il docente di Fisica Tecnica alla Facoltà di 
    Ingegneria dell’Università di Trieste Enrico Nobile, il ricercatore 
    Pierluigi Barbieri, docente di Valutazione del Rischio Chimico 
    all’Università di Trieste e il geologo dell’Ogs Livio Sirovich. 
    Non mi pare che questi studiosi siano degli sprovveduti imbonitori di popolo 
    o degli attivisti delle associazioni ambientaliste. 
    Ricordo solo, per restare vicino a casa, ciò che accadde con il Vajont. 
    Anche allora, come oggi, gli amministratori pubblici assecondarono le 
    imprese (la Soc. Sade), mentre i geologi e i giornalisti che denunciavano i 
    pericoli ambientali furono ignorati, licenziati e denunciati per diffusione 
    di notizie false e tendenziose. Poi ci fu la catastrofe. 
    Ad ogni modo, se l’assessore Sonego è tanto sicuro della bontà delle sue 
    opinioni, rassicuri la popolazione («male informata da esperti che non sono 
    esperti sulla materia», come disse a suo tempo il governatore Illy) 
    provvedendo ad organizzare quanto prima una serie di dibattiti politici, in 
    televisione, dove le diverse tesi possano confrontarsi in modo completo e 
    convincente. E se si riuscirà a dimostrare che tutte le preoccupazioni di 
    carattere ambientale, economico e di sicurezza sono infondate, saremo felici 
    di accogliere i rigassificatori. Altrimenti sarà doveroso e onesto 
    rinunciarvi definitivamente. 
    Silvano Baldassi  | 
  
 
 
 IL PICCOLO - 
MARTEDI',  11 settembre 2007 
 
 
  
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    Prodi: «Sì 
    all’elettrodotto fra Italia e Slovenia»  - Per i rigassificatori intesa 
    tra Roma e Lubiana: «Faremo progetti trasparenti e accettabili»  | 
  
  
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    Il vertice a 
    Brdo pri Kranju rinsalda i rapporti fra i due Paesi. Non si è parlato della 
    rinegoziazione degli accordi sui beni abbandonati  
    
    BRDO PRI KRANJU Italia e 
    Slovenia devono fare sistema ed attuarlo nella regione transfrontaliera 
    dell’Alto Adriatico. È questa una delle conclusioni del vertice bilaterale 
    di ieri tra il presidente del Consiglio, Romano Prodi e il premier sloveno, 
    Janez Jansa svoltosi a Brdo pri Kranju. 
    Un sistema che comprende settori strategici quali l’energia, la portualità e 
    le infrastrutture. «Abbiamo bisogno di un nuovo grande elettrodotto» tra 
    Italia e Slovenia», ha affermato Prodi nella conferenza stampa congiunta 
    convocata al termine dei colloqui con il premier Jansa. Prodi ha osservato 
    che, pur a fronte «divergenze sul tracciato con il Friuli, è interesse 
    comune dei due Paesi l'integrazione tra i sistemi elettrici», anche sotto il 
    profilo dei prezzi. Il presidente del Consiglio ha indicato l'esempio del 
    mercato transfrontaliero dell'energia già in atto tra Francia, Germania e 
    Benelux e ha auspicato pertanto il coinvolgimento dell'Austria in un nuovo 
    mercato tra Italia e Slovenia. Ma è necessario fare in fretta, avverte. 
    L'elettrodotto rientra tra le opere finanziate dal programma europeo Ten, ma 
    per ottenere il sostegno di Bruxelles è indispensabile presentare il 
    progetto entro il 2007, quindi, insiste, «i tempi sono limitati» e le 
    divergenze sul percorso dovranno essere risolte in tempi brevi.  
    I temi economici nell'agenda dei colloqui con Jansa hanno toccato anche 
    altri aspetti delle relazioni tra i due Paesi, che tra l'altro fanno 
    registrare, ha sottolineato Prodi, una «crescita straordinaria» nel 
    commercio. «Nel 2006 - ha precisato Jansa - l’interscambio è aumentato di 
    5,5 miliardi di euro pari a un più 15%» e per facilitare questo processo il 
    premier ha annunciato l’apertura della Slovenia di un nuovo ufficio 
    commerciale a Milano. Si è dunque parlato di infrastrutture ed in 
    particolare del sistema portuale. Prodi ha ribadito la sua proposta di 
    collaborazione tra Trieste e Capodistria, definendo i due scali «due 
    banchine dello stesso porto», osservando che va imparata la lezione di 
    Rotterdam e Amburgo e quindi non ci devono essere ragioni perchè i Paesi che 
    vanno dalla Svizzera all'Ungheria non si servano dell'Alto Adriatico, così 
    come gli enormi mercati asiatici. «Sarò ossessivo - ha precisato Prodi - ma 
    Trieste, Capodistria, assieme a Fiume devono diventare un unico porto se non 
    non avremo lo spazio economico necessario affinchè un porto esista». Impegno 
    in questo senso è stato altresì garantito anche dal premier sloveno Jansa. 
    Su Luka Koper, la società che gestisce lo scalo capodistriano, e su 
    Intereuropa, la principale società di trasporti e logistica della Slovenia, 
    hanno messo gli occhi le Deutsche Bahn (Ferrovie tedesche) che in cambio del 
    pacchetto azionario di maggioranza sono pronte a investire nella 
    realizzazione della tratta slovena del Corridoio 5 tra Capodistria e 
    Divaccia e al confine ungherese. Ma molti osservatori in Slovenia fanno 
    notare il rischio che così facendo la Germania veicoli tutta la merce 
    «sporca», ossia carbone e altri elaborati industriali verso lo scalo del 
    Litorale, riservando per i porti del Nord Europa le merci «pulite», quali 
    container e altri prodotti finiti. Anche per questo un raccordo con l’Italia 
    potrebbe fornire maggiori garanzie operative. 
    Italia e Slovenia sono inoltre impegnate nella futura realizzazione di 
    rigassificatori, a Trieste e a Capodistria (anche se qui c’è la netta 
    avversione del sindaco Popovic), ma con una comune attenzione per 
    l'ambiente. «Ne abbiamo parlato - ha riferito Prodi - e ho assicurato il 
    premier che comunicheremo ogni dettaglio del progetto in maniera analitica, 
    l'Italia ha necessità di questo rigassificatore» e, conclude, lo faremo in 
    «trasparenza» per ogni passaggio esecutivo. «Sono sicuro - gli ha fatto eco 
    Jansa - che così operando renderemo il progetto accettabile». 
    Esaminate anche le opportunità per i gruppi italiani in vista di nuovi 
    possibili investimenti diretti nel Paese, «che - ha precisato Prodi - sono a 
    tutt’oggi troppo lacunosi». Il presidente del Consiglio ha citato in 
    particolare gli esempi di Finmeccanica e di Autostrade per la quale 
    potrebbero aprirsi opportunità per quanto riguarda la diffusione 
    dell'automazione della riscossione dei pedaggi.  
    Ampio spazio è stato concesso anche ai temi delle minoranze, quella slovena 
    in Italia e quella italiana in Slovenia. Prodi ha definito le minoranze «un 
    patrimonio di risorse da valorizzare e non disperdere con lo spirito di 
    cooperazione nel comune destino europeo». Jansa ha ringraziato il presidente 
    del Consiglio per l’attuazione della legge di tutela globale della minoranza 
    slovena e ha altresì annunciato che nel processo di regionalizzazione in 
    corso nel Paese «sarà garantita la rappresentatività della minoranza 
    italiana e nelle nuove istituzioni locali saranno attuati tutti i principi 
    di tutela». 
    Non si è parlato invece di una rinegoziazione degli Accordi di Roma relativi 
    all’indennizzo per i beni abbandonati dagli esuli nel dopoguerra. E 
    l’Italia, per ora, non ha nessuna intenzione di prelevare quanto già versato 
    (70 milioni di dollari) dalla Slovenia su un conto fiduciario presso la 
    Dresdner Bank di Lussemburgo per quanto riguarda i 110 milioni di dollari 
    allora pattuiti con la Repubblica federativa socialista di Jugoslavia. «Su 
    Osimo - ha detto Prodi - c’è la commissione mista che lavora e mi auguro che 
    si elaborino proposte che diano significato allo spirito di collaborazione 
    tra Italia e Slovenia». «Noi abbiamo fatto quello che dovevamo - ha 
    precisato invece Jansa - e dopo aver versato la somma sul conto 
    lussemburghese per noi il problema è chiuso e attualmente non ci sono 
    situazioni nuove a riguardo». 
    
    
    Mauro Manzin  | 
  
 
 
  
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    Dipiazza: «Il 
    nuovo depuratore realizzato in project financing» - Il sindaco anticipa la 
    soluzione del leasing per adeguare l’impianto di Servola  | 
  
  
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    «Quello del depuratore fognario 
    di Servola è un problema che dobbiamo risolvere tutti quanti assieme, perché 
    ci sono delle esigenze che devono essere rispettate». È il monito del 
    sindaco Roberto Dipiazza davanti all’imminente conferenza di servizi («sarà 
    convocata a giorni», dice il primo cittadino) che metterà attorno a un 
    tavolo Comune, Provincia, AcegasAps e Autorità portuale. 
    In ballo c’è l’adeguamento alle norme di legge di un impianto che serve il 
    centro cittadino (dal cavalcavia di Barcola e strada del Friuli fino a via 
    Valmaura, per complessivi 180mila abitanti equivalenti), per il quale a fine 
    mese scade l’autorizzazione dello scarico a mare rilasciato dalla Provincia. 
    Sulla concessione della «proroga» Dipiazza non ha il minimo dubbio. «Qui si 
    sta ripetendo la storia dell’inceneritore (chiuso dopo uno sforamento nei 
    parametri di emissioni, ndr). Paradossalmente in Italia è controllato solo 
    chi possiede un impianto che consente di limitare l’inquinamento - dice il 
    sindaco - mentre chi non ce l’ha può fare ciò che vuole». 
    Davanti alla richiesta dell’assessore provinciale all’Ambiente, Ondina 
    Barduzzi, che chiedeva delle garanzie sul «piano di adeguamento» del 
    depuratore di Servola, il primo cittadino risponde che «il programma messo a 
    punto dall’AcegasAps esiste già, compreso il progetto preliminare». Prima di 
    realizzarlo, però, bisognerà ottenere dall’Autorità portuale un terreno di 
    27mila metri quadrati attiguo all’impianto. Un’altra questione delicata che 
    coinvolge anche altre realtà; nello stesso sito, infatti, doveva insediarsi 
    la Sertubi per fare posto alla marina di Porto Lido. Un intreccio che, 
    sempre secondo Dipiazza, si risolverà nel corso della conferenza di servizi. 
    L’unico problema pratico indicato dal sindaco è il reperimento dei 50 
    milioni di euro per la realizzazione dell’opera. «Non sono quattro soldi, ma 
    posso anticipare che attorno a questo progetto - dice il sindaco - c’è molto 
    interesse da parte di alcune società specializzate in leasing. Bandiremo un 
    project financing per finanziare l’opera». Un adeguamento ormai 
    improrogabile quello del depuratore, sul quale AcegasAps sta lavorando da 
    tempo, senza dimenticare l’impianto esistente che, dal 2000 in poi, è stato 
    più volte migliorato negli scarichi a mare realizzando una condotta 
    sottomarina lunga 7 chilometri con 3 chilometri di diffusori. 
    p.c.  | 
  
 
 
  
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    Spuntano sette 
    nuove case sulla Costiera  - La circoscrizione ha dato parere negativo. 
    Bucci: «Il progetto ha già avuto il via libera»  | 
  
  
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    Intervento 
    edilizio in un’area pregiata della costa: si tratta di una costruzione 
    turistica ma si teme che diventi residenza fissa  
    
    Un tempo, ancora dopo il secondo 
    dopoguerra, quei terreni ospitavano viti e olivi, tra poco i resti di quelle 
    pregiate colture mediterranee disposte su antichi terrazzamenti, faranno 
    spazio a sette unità immobiliari per residenze a uso turistico, in un tratto 
    sottostante la strada statale n. 14, meglio nota come Costiera, non distante 
    da una nota trattoria, vicina a una vecchia casa cantoniera, e non troppo 
    lontano dalla frazione di Grignano. 
    Si tratta dell’ennesimo intervento edilizio sulla costiera triestina, l’area 
    più pregiata e panoramica di tutto il comprensorio provinciale. Sul piano 
    particolareggiato privato, destinato a tradurre nella realtà i nuovi 
    insediamenti, la circoscrizione di Altipiano Ovest è stata chiamata a dare 
    il proprio parere puramente consultivo ed è stato del tutto negativo. 
    «Dalla lettura del piano – spiega il presidente del primo parlamentino Bruno 
    Rupel – abbiamo appreso che si tratta di un progetto che prevede la 
    realizzazione di 7 unità immobiliari residenziali a uso turistico che 
    verranno dislocate su di una superficie di circa 3.000 metri quadrati. Ogni 
    appartamento dovrebbe misurare attorno ai 70 mq, e godrà della vista sul 
    golfo». Il parlamentino ha espresso in modo unanime un parere negativo al 
    progetto. 
    «Non siamo contrari tout court a tali opere – riprende il presidente – ma 
    qui ci troviamo di fronte all’ennesimo attacco a una delle aree panoramiche 
    più importanti dell’intero capoluogo. Di questo passo rischiamo di snaturare 
    completamente la costiera triestina, senza dimenticare poi che vi sono 
    concrete possibilità che nuovi interventi edilizi vadano a compromettere la 
    stabilità di versanti che da tempo risultano a rischio di slittamento verso 
    il mare». 
    Accanto al parere negativo, due ulteriori considerazioni: «Il Comune ha 
    detto di recente di voler tutelare la costiera e le altre aree pregiate 
    della nostra città – continua Rupel – e dunque non mi spiego come oggi ci 
    troviamo a dover esprimerci sull’ennesima costruzione che si insinua lungo 
    la fascia costiera. La cosa singolare – ragiona il presidente – è che ci 
    dicono che le palazzine servono a scopo turistico, ma tra un paio di anni 
    chi ci dice che non diventeranno abitazioni continuative?». 
    «Questo progetto andrà avanti perché ha già ottenuto il parere positivo 
    dalla Commissione Edilizia – spiega l’assessore alla Pianificazione Urbana e 
    all’Edilizia privata Maurizio Bucci. E dunque chi è causa del suo mal, 
    pianga se stesso. Il vigente Piano Regolatore – continua Bucci – è stato 
    prodotto dalla Giunta Illy, e dunque è stato approvato anche dalla loro 
    circoscrizione. E’ grazie a quello strumento urbanistico se in questi anni 
    si è costruito a dismisura nelle zone di alto valore paesaggistico senza un 
    criterio di attenzione per la salvaguardia del territorio. La nostra 
    Amministrazione – continua – ha portato in consiglio comunale gli indirizzi 
    per il nuovo Prg, provvedendo a salvaguardare le aree pregiate sino alla 
    definizione del nuovo strumento urbanistico. Ma sul pregresso, non possiamo 
    fare nulla». 
    Per quel che riguarda il tratto costiero interessato dal nuovo progetto, il 
    Piano Regolatore parla di zona Bt, ovvero di area costruibile e turistica. 
    «Ma aihmé – riprende Bucci, il concetto di turistico risulta piuttosto vago. 
    Come si fa a dire a chi acquisterà uno di quegli appartamenti che non può 
    utilizzarlo anche d’inverno, se magari vi passa per farvi le pulizie? Siamo 
    di fronte a una situazione di poca chiarezza da parte del Piano Regolatore 
    per la quale non mi sento responsabile». 
    Maurizio Lozei  | 
  
 
 
  
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    San Dorligo, 
    l’opposizione dice no alla ferrovia ad alta velocità - Audizione in 
    Consiglio comunale con i tecnici di Rfi   | 
  
  
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    SAN DORLIGO «”No” alla ferrovia 
    ad alta velocità a San Dorligo che andrebbe a martoriare ancora una volta 
    questo territorio». È l’opinione espressa ieri sera anche ad alta voce da 
    parte dei consiglieri di opposizione al Comune di San Dorligo, durante una 
    audizione in sala consiglio, da loro stessi richiesta, coi tecnici della 
    Rete ferroviaria italiana (Rfi) in merito al possibile tracciato del 
    collegamento tra Trieste e Divaccia, in Slovenia. Erano presenti i dirigenti 
    Mario Goliani e Daniel Zorni della Rfi. Lo stesso Goliani ha risposto ad 
    alcune domande dei consiglieri, ed ha illustrato alcuni aspetti di uno dei 
    tracciati possibili, già presentato in altre occasioni. Ed ha ribadito: 
    «Entro giugno 2008 dovrà essere completato lo studio di fattibilità per uno 
    o più possibili percorsi. Ora siamo solo alle ipotesi». A preoccupare i 
    consiglieri di minoranza, il passaggio per e sotto il territorio comunale. 
    Giorgio Jercog (Oltre il polo) ha chiesto chiarimenti tecnici, osservando si 
    tratta di progetti a ben lungo termine. Franco Majcen (Rinnovamento di 
    centro) ha proposto di tenere maggiormente in considerazione un passaggio 
    per Opicina, dove spostare anche lo snodo totale dei tracciati, evitando la 
    stazione centrale triestina. Roberto Massi (Oltre il polo), 
    provocatoriamente, ha auspicato che anche qui ci sia un sollevamento 
    popolare come in val di Susa. Ma ad esprimere con maggior forza il 
    malcontento è stato il consigliere Boris Gombac (Uniti nelle tradizioni) che 
    ha proposto, tra l’altro, di attivare un’Agenda 21, ed ha rimarcato: 
    «Bisogna interpellare la gente. Il Comune tace sempre. Se gli sloveni sono 
    riusciti a dire di “no” al passaggio nella valle del Vipacco, anche noi qui 
    dobbiamo dire “basta” alle deturpazioni di questo territorio. I progetti 
    possono e devono essere cambiati». Il sindaco Premolin ha ribattuto: «Qui 
    stiamo parlando con dei tecnici che alla fine non hanno compiti politici. Il 
    Comune ha già espresso il suo disappunto al passaggio del Corridoio 5 ma 
    sono altri a decidere. I toni adottati qui sono fuori luogo. Si sarebbe 
    potuto organizzare un’assemblea pubblica, invece di far convocare una seduta 
    consiliare che ha notevoli costi sul Comune, con un unico punto all’ordine 
    del giorno». Premolin ha poi assicurato di aver parlato con l’assessore 
    regionale Sonego per poter organizzare altri incontri pubblici su questo 
    tema. 
    s.re.   | 
  
 
 
  
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    Allarme 
    ambientale: «La costa adriatica invasa dal cemento» - Accuse di speculazione 
    edilizia   | 
  
  
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    POLA Il dilagare della 
    cementificazione lungo la costa adriatica (con la complicità anche degli 
    amministratori che, nei confronti degli speculatori immobiliari ed edilizi, 
    mantengono un atteggiamento quasi di benevolenza) ha scatenato una dura 
    reazione da parte del «Forum azzurro». In questo ente convergono le 
    associazioni schierate contro l’urbanizzazione incontrollata che in Croazia 
    rappresenta il business di inizio millennio. 
    Ebbene, il Forum ha inviato al governo, alle forze politiche all’opposizione 
    e all’opinione pubblica una lettera aperta nella quale si afferma che i 
    grandi investimenti nel turismo del Paese sono solo la facciata di quelli 
    che sono i veri interessi tenuti nascosti. Vale a dire, la costruzione di 
    appartamenti e case di villeggiatura agli stranieri. 
    Che, sotto sotto, ci sia qualcosa di losco lo confermano anche alcuni 
    esperti neutrali per i quali, a detta del Forum azzurro, i conti non 
    tornano. Ossia, i proventi della stagione turistica 2007 sono inferiori 
    rispetto alle previsioni basate sugli enormi investimenti negli alberghi e 
    negli altri impianti ricettivi. Se ne deduce che buona parte degli 
    investimenti è destinata proprio alle speculazioni.  
    In questo modo, prosegue la lettera, la costa sviene devastata e svenduta, 
    ci si inchina alle lobby edilizie con la distruzione a lungo termine 
    dell’attività turistica in funzione della collettività. 
    Tra i progetti mascherati vengono citati Punta Skala in Dalmazia e Brioni 
    Riviera in Istria, fortemente voluto dal presidente della Regione, Ivan Nino 
    Jakovcic. In questo secondo caso, è prevista la costruzione di ville e 
    appartamenti che, secondo il Forum, sarebbero in funzione degli interessi di 
    pochi singoli. Gli speculatori operano su un terreno fertile, si dice 
    infine, visto che mancano i meccanismi di controllo dell’ambiente sulla 
    costa e si tentenna anche nell’applicazione dei documenti di sviluppo 
    strategico.  
    p.r.  | 
  
 
 
 
 IL PICCOLO - 
LUNEDI',    10 settembre 2007
 
 
  
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    Depuratore di Servola verso 
    il blocco  - Metterlo a norma costa 50 milioni di euro. AcegasAps 
    chiede all’Authority un’area per l’ampliamento destinata alla Sertubi 
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    Serve 180mila triestini: va 
    adeguato entro il mese o i rifiuti fognari finiranno in mare  | 
  
  
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    I depuratori di Servola e 
    Barcola non rispettano le norme di legge. L’autorizzazione per lo scarico a 
    mare, rilasciata provvisoriamente dalla Provincia, scade rispettivamente a 
    fine mese e il prossimo 30 ottobre. Nel caso da palazzo Galatti non dovesse 
    arrivare una proroga, gli impianti dovrebbero essere bloccati con la 
    conseguente dispersione in mare dei reflui fognari senza alcun trattamento, 
    con danni immaginabili per l’ambiente e la salute. Ma se per l’impianto di 
    Barcola - che interessa gli scarichi della riviera fino a Grignano, più una 
    parte dell’abitato di Prosecco - gli adeguamenti sono già partiti, a 
    preoccupare il gestore AcegasAps è il depuratore di Servola. 
    I DATI. L’impianto serve il centro cittadino - compreso tra il 
    cavalcavia di Barcola e strada del Friuli, fino a via Valmaura - per 
    complessivi 180mila abitanti equivalenti. Rispetto al depuratore di Zaule 
    con 66mila utenti stimati - già dotato di impianto ecologico, con 
    un’efficienza media dell’83 per cento - quello di Servola è l’anello debole. 
    I LIMITI. Gli interventi effettuati dal 2000, da quando la gestione 
    dei servizi di fognatura e depurazione è stata affidata dal Comune all’Acegas, 
    secondo la multiutility hanno permesso, grazie al trattamento chimico-fisico, 
    il raggiungimento di ottime performances comunque non sufficienti a portare 
    gli scarichi nei limiti di legge. 
    IL COSTO. Il depuratore di Servola, infatti, è privo del trattamento 
    biologico tanto che la Provincia, competente in materia ambientale, non è 
    disposta a concedere ulteriori proroghe all’impianto in assenza di un piano 
    operativo che permetta di rientrare nei parametri previsti dalla normativa. 
    Solo che per realizzare le opere necessarie, di cui esiste già un progetto 
    preliminare, servono 50 milioni di euro. Accanto ai contributi che 
    dovrebbero arrivare da Stato e Regione, la multiutility sta già accantonando 
    un fondo spalmato sulle bollette degli utenti. Solo che attualmente i 
    problemi non sono di natura economica. Molto presto il Comune, proprietario 
    del depuratore di Servola, dovrà acquisire le aree necessarie alla 
    realizzazione delle nuove vasche per il trattamento dei reflui fognari. 
    IL TERRENO. Solo che il terreno individuato, attiguo all’impianto, è 
    del demanio marittimo, dunque amministrato dall’Autorità portuale. Secondo 
    una relazione dell’AcegasAps - illustrata nell’ultima giunta, alla presenza 
    del dirigente della multiutility Enrico Altran - non è ipotizzabile il 
    trasferimento del depuratore in zona industriale dove non insistono vincoli 
    demaniali. 
    GLI OSTACOLI. L’AcegasAps evince ostacoli di tipo tecnico ed 
    economico. Il trasferimento non solo comporterebbe una spesa superiore a 
    quella preventivata, ma sarebbe tecnicamente impossibile a causa della posa 
    di condotte talmente grandi all’interno di uno spazio non sufficiente ad 
    ospitarle.  
    LE RICHIESTE. Ma quella del gestore AcegasAps, assieme al 
    proprietario Comune, non è l’unica richiesta per quell’area amministrata 
    dall’Autorità portuale. Sulla medesima doveva essere spostata la Sertubi, a 
    sua volta sloggiata dalla zona attigua alla Lanterna per fare spazio al 
    progetto della marina di Porto Lido. Un bel problema che solo un’imminente 
    conferenza di servizi, auspicata dall’AcegasAps, potrà risolvere. 
    GLI INTERESSI. Attorno al tavolo troveranno posto il Comune, l’AcegasAps, 
    la Provincia e l’Autorità portuale; amministrazioni di diverso colore 
    politico, chiamate a trovare una soluzione di non poco conto. E in fretta. 
    Nonostante la decisione sulla destinazione d’uso dell’area spetta 
    all’Autorità portuale, infatti, la multiutility e il Comune insistono 
    sull’aspetto della mancanza di valide alternative. Davanti a possibili 
    fenomeni di inquinamento del mare, quindi, a prevalere sarebbe l’interesse 
    pubblico. 
    IL CONFLITTO. Ma la soluzione, proprio per i diversi interessi che 
    insistono su quell’area, non appare così imminente. Accanto a un problema 
    ambientale, infatti, bisogna risolvere anche uno di tipo immobiliare e di 
    conseguenza economico. Nell’area di circa 27mila metri quadrati, infatti, 
    sono presenti alcuni capannoni. Strutture di proprietà dell’Autorità 
    portuale da abbattere e bonificare, a causa della presenza di amianto, e poi 
    eventualmente da ricostruire in un altro sito. 
    LE SPESE. Nella conferenza di servizi, oltre ai problemi di spazio, 
    inevitabilmente dovrà entrare anche la suddivisione delle spese. Chi 
    pagherà? In ballo c’è non solo un terreno - con ripercussioni su altre 
    attività, quali la realizzazione di una marina - ma anche quello che 
    attualmente ospita per le attività portuali. Ecco che davanti a possibili 
    conflitti fra gli enti coinvolti, un domani potrebbe essere chiamato a 
    partecipare alla conferenza di servizi anche la prefettura di Trieste e il 
    ministero dell’Ambiente. 
    IL PROGETTO. Un intervento per ribadire il carattere prioritario 
    dell’intervento, secondo l’AcegasAps, nell’interesse della città che 
    necessità di un depuratore a norma di legge. Struttura che attende il 
    progetto definitivo, dopo il preliminare già approvato, che dovrà essere 
    messo a gara dall’amministrazione comunale. 
    
    Pietro Comelli  | 
  
 
 
  
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    DEPURATORE - Barduzzi: «Senza 
    un piano, niente proroga»   | 
  
  
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    E sulla concessione del 
    terreno l’Authority attende la conferenza di servizi  | 
  
  
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    L’assessore 
    provinciale all’Ambiente chiede al Comune e alla multiutility un programma 
    prima di rilasciare l’autorizzazione   | 
  
  
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    L’assessore 
    Rovis: «È l’unico sito in grado di ospitare delle enormi vasche. Questo è un 
    intervento di pubblica utilità»  | 
  
  
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    Tutti aspettano al varco 
    Claudio Boniciolli. Ma lui, il presidente dell’Autorità portuale, prima 
    di esprimersi sulla destinazione di quell’ambito terreno di proprietà 
    preferisce attendere. «Voglio capire alcuni aspetti, aspetto la conferenza 
    di servizi», dice Boniciolli. 
    Parla invece a ruota libera l’assessore provinciale Ondina Barduzzi, 
    con delega all’Ambiente. Spetta al suo assessorato, infatti, rilasciare 
    ulteriormente una proroga allo scarico a mare per il depuratore di Servola. 
    Il problema più urgente. «È cambiata la normativa, bisogna rivedere i limiti 
    e quindi aggiornare l’impianto. L’Acegas per conto del Comune sta già 
    accantonando i fondi (5 milioni di euro), che dovranno essere accompagnato - 
    spiega Barduzzi - da un mutuo di almeno vent’anni. È un lavoro piuttosto 
    lungo...». E nel frattempo cosa accadrà? La Provincia concederà la proroga 
    al depuratore di Servola? «Vogliamo sia fatto un programma serio, che 
    preveda precisi impegni e un adeguato piano finanziario. Solo a fronte di 
    questo la Provincia - spiega l’assessore all’Ambiente - sarà in grado di 
    rilasciare un’autorizzazione provvisoria, non possiamo andare avanti a 
    proroghe». Parole eloquenti, non a caso nell’ultima giunta fuori dalla porta 
    c’erano il dirigente del Comune Edgardo Bussani assieme a Enrico 
    Altran, ingegnere dell’Acegas, convocati con una certa urgenza per la 
    questione depuratori. 
    In ballo per il momento c’è la proroga di palazzo Galatti che «qualsiasi 
    giudice andrebbe a concedere - ammette Barduzzi - perché altrimenti un po’ 
    tutti saremo in difetto». Solo che al dispositivo per evitare di scaricare a 
    mare liquami, senza filtraggio, deve esserci contestualmente anche un lavoro 
    di adeguamento alle norme di leggi. «Parliamo tanto di inquinamento 
    (evidente il riferimento alla Ferriera, ndr) e poi abbiamo davanti il 
    problema depuratore... È arrivato il momento di mettere mano a un pacchetto 
    altre volte prorogato», sostiene Barduzzi. 
    Già, il programma di adeguamento del depuratore principale della città. Ma 
    dove? «Bisogna realizzare delle vasche enormi, serve l’area attigua 
    dell’Autorità portuale - spiega l’assessore comunale Paolo Rovis, con 
    delega ai rapporti con le società partecipate - a cui chiediamo di cederla 
    per un intervento di pubblica utilità, che prevede anche la copertura del 
    depuratore per evitare anche la dispersione degli odori». E aggiunge: 
    «Sull’autorizzazione della Provincia auspico - dice - che ci sia la proroga 
    di un provvedimento non ordinatorio e perentorio. Dopo tutto anche se l’area 
    dell’Autorità portuale fosse a disposizione, il progetto non potrebbe essere 
    realizzato nell’immediato». 
    Il Comune rivendica quindi un’«esigenza prevalente» sull’area dell’Autorità 
    portuale, anche se a Rovis «dispiace non metterla a disposizione di attività 
    produttiva». È l’assessore allo Sviluppo economico, ma in questo caso a 
    prevalere è un’altra delega assieme alle competenze di altri colleghe di 
    giunta. 
    C’è ad esempio l’aspetto immobiliare, che coinvolge Piero Tononi 
    preoccupato dalla presenza nell’area destinata al raddoppio del depuratore 
    di alcuni capannoni. «Il Comune non ha le risorse per abbattere e 
    ricostruire - dice l’assessore al Patrimonio - quelle strutture (si parla di 
    20 milioni di euro, ndr)». Il riferimento è alla lettera di intenti, senza 
    però copertura finanziaria, che nel 2004 stabiliva una sorta di prelazione 
    sul sito. All’epoca però i protagonisti erano diversi: a presiedere 
    l’Autorità portuale c’era Marina Monassi, con l’assessore Giorgio 
    Rossi controparte in Comune. 
    Adesso bisogna mettere nero su bianco l’accordo, con in prima linea Claudio 
    Boniciolli e l’assessore comunale all’Ambiente e all’Urbanistica. Deleghe in 
    capo a Maurizio Bucci: «A breve convocheremo un tavolo - dice - dove 
    chiederemo la concessione dell’area. Senza di quella non si fa niente». E 
    aggiunge: «Sia chiaro, il nostro depuratore è in piena efficienza, deve però 
    essere adeguato - sottolinea Bucci - con un intervento economico piuttosto 
    ingente. Soldi che dovremo reperire, non so come ma ce la faremo». Più che 
    ai 50 milioni di euro l’assessore sembra preoccupato dalla risposta 
    dell’Autorità portuale. «Auspico di trovare una disponibilità, altrimenti il 
    problema si complica. Il tavolo tecnico servirà per chiarire soprattutto 
    questo aspetto. Non stiamo lavorando per i marziani - dice Bucci - ma per la 
    città. Quindi dobbiamo aiutarci a vicenda». 
    p.c.  | 
  
 
 
  
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    Bus «a chiamata», servizio 
    esteso anche ai giovani   | 
  
  
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    Le novità 
    del Piano sul trasporto pubblico locale che entrerà in vigore entro l’anno. 
    Sperimentazione già avviata nel Cervignanese  
    
    Il costo sarà di un euro. Un 
    numero verde unico regionale per prenotare il trasporto 
    
    TRIESTE Il trasporto ‘a 
    chiamata’, uno dei punti forti del prossimo piano del trasporto pubblico 
    locale, allargherà il panorama dei suoi destinatari e diverrà potenzialmente 
    universale, fruibile quindi da tutti gli utenti. È una delle novità 
    principali del piano del trasporto pubblico locale, che gli uffici regionali 
    stanno predisponendo per sottoporlo, secondo le previsioni, alla giunta 
    regionale entro il mese di novembre. Secondo le prime anticipazioni, il bus 
    ‘a chiamata’, ovvero il servizio di trasporto pubblico che verrà attivato su 
    richiesta dell’utente, inizialmente doveva essere riservato a anziani con 
    più di 65 anni e i portatori di handicap. Adesso però in regione si sta 
    lavorando per una sua concezione più ampia: destinato sempre in primo luogo 
    alle zone a bassa densità abitativa, potrà essere attuato, per il prossimo 
    anno in via sperimentale, potenzialmente a qualsiasi tipo di utenza.  
    IL PIANO DEL TRASPORTO Il piano verrà elaborato infatti sulla base 
    della nuova legge sul Tpl appena approvata. Che prevede il passaggio dalla 
    sperimentazione prevista dalla legge 20 all’attuazione del servizio in aree 
    che saranno valutate naturalmente dando priorità alle categorie 
    originariamente previste. Ma che non saranno le ‘uniche’. «Si studieranno, 
    in aree determinate, dei meccanismi per realizzare questo tipo di trasporto 
    – spiega la Direzione trasporti regionale – che non saranno però ristrette 
    necessariamente a disabili o over 65, o ai residenti in zone scarsamente 
    popolate». La legge prevede infatti che tale servizio possa venire esteso a 
    tutte le aree e tutte le categorie di utenza. Quindi, se una Provincia 
    volesse attivare il trasporta a chiamata, ad esempi oper gli studenti, ora 
    lo potrebbe fare ? «Certamente – spiega la Regione – anche se, fino 
    all’approvazione del piano del trasporto pubblico, lo potrà fare a livello 
    sperimentale. Poi, con la gara in partenza che regolamenterà i nuovi modi di 
    gestione, si potranno prevedere attuazioni ‘stabili’ nel territorio secondo 
    modalità da individuare».  
    IL SERVIZIO Del trasporto pubblico a chiamata se ne era discusso già 
    anni addietro, quando la Regione aveva deciso la sua applicazione 
    sull’intero territorio regionale. Il servizio, aveva spiegato lo stesso 
    assessore regionale ai Trasporti, Lodovico Sonego, «funziona già nel 
    Cervignanese e nel Maniaghese e sta dando ottimi risultati». Ecco quindi la 
    decisione della Regione di universalizzarlo. Come funzionerà? Il cittadino 
    che ne ha bisogno telefona a un numero verde, unico a livello regionale, e 
    prenota il mezzo per andare dal medico, al cinema piuttosto che al cimitero, 
    mezzo attrezzato anche per il trasporto dei disabili. All’ora concordata il 
    mezzo arriva, porta l’utente a destinazione, e sempre all’ora concordata lo 
    riporta a casa: si tratta, in pratica, di una sorta di taxi pubblico che 
    costa 1 euro all’andata e 1 euro al ritorno. Ecco quindi spiegata 
    l’intenzione di attivarlo principalmente per anziani e disabili, ovvero 
    categorie che hanno difficoltà di movimento. Ma, e qui sta la novità, non 
    solo per loro, stando almeno a quanto sarà previsto nel piano.  
    I TEMPI Il disegno di legge sul trasporto pubblico locale ha già 
    passato l’esame dell’aula. Adesso si è appunto in attesa del piano, che 
    dovrà indicare anche il sistema tariffario, i parametri di qualità del 
    servizio, il sistema infrastrutturale, il quadro economico e gli indirizzi 
    per la pianificazione complementare che spetta a Provincia e Comuni. Secondo 
    la Direzione trasporti, il documento arriverà in giunta a fine novembre, e 
    dovrà essere approvato entro il primo trimestre del 2008, per poter essere 
    recepito nel bando di gara per l’affidamento del trasporto pubblico locale, 
    a partire dal 2011, a un gestore unico.  
    Elena Orsi   | 
  
 
 
 
 IL PICCOLO - 
DOMENICA,  9 settembre 2007
 
 
  
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    «CamminaTrieste» in corteo 
    per difendere i diritti dei pedoni contro traffico e sosta selvaggia  | 
  
  
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    L’iniziativa 
    si svolgerà mercoledì 19 in centro  
    
    Si svolgerà mercoledì 19 
    settembre la prima «Passeggiata in città» organizzata dal Coped 
    CamminaTrieste per ribadire, ancora una volta, i diritti e le ragioni dei 
    pedoni. L’annuncio è stato fatto nel corso della conferenza stampa di 
    presentazione delle attività per il 2007-2008 dell’associazione dal 
    presidente di CamminaTrieste, Sergio Tremul e da quello nazionale di 
    Camminacittà, Carlo Genzo. 
    Il percorso della marcia si articolerà lungo via Battisti, dopo il ritrovo 
    vicino al monumento a Rossetti, le vie Carducci, Coroneo, le piazze Vittorio 
    Veneto, Sant’Antonio e Goldoni. L’appuntamento per tutti gli interessati è 
    fissato alle 10, con l’arrivo previsto alle 11.30. «È questo il solo modo 
    che abbiamo – ha precisato Tremul – per evidenziare che in centro città il 
    traffico e la sosta selvaggia sono la regola, che i mezzi pubblici fanno 
    fatica a circolare, che i marciapiedi sono occupati e sottratti al loro 
    normale uso da parte di pedoni, bambini, non vedenti e diversamente abili». 
    Durante il percorso, gli intervenuti potranno esprimere giudizi e proporre 
    idee sulle soluzioni da adottare.  
    Genzo ha invece ricordato che «Trieste ha il triste primato nazionale di 
    città che registra il maggior numero di incidenti nel rapporto con quello 
    dei residenti». Tremul ha anche presentato la Giornata europea del pedone 
    2007, in programma per il prossimo 4 ottobre. Nel corso dell’incontro i due 
    presidenti hanno sottolineato la necessità di «trasferire una importante 
    aliquota di utenti dai veicoli privati al trasporto pubblico, che va 
    potenziato. Bisogna anche istituire corsie preferenziali per i bus – hanno 
    aggiunto – e migliorare alcuni collegamenti fra i rioni semi periferici 
    della città, a cominciare da quello fra largo Mioni e via D’Alviano».  | 
  
 
 
  
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    Le case della Ferriera  | 
  
  
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    Desidero replicare in merito 
    alla segnalazione «Le case della Ferriera», pubblicata lo scorso 2 
    settembre. Certamente, fu prudente la scelta di quei dipendenti della 
    Ferriera che optarono per abitazioni lontane dallo stabilimento. Occorre 
    però dire che all’epoca erano ancora praticamente inesistenti sia 
    l’interesse per l’ambiente sia le informazioni sull’ambiente.  
    Ci vollero purtroppo delle tragedie (Seveso, Chernobyl, l’amianto ecc.) per 
    far perdere l’illusione che lo sviluppo industriale ed il benessere 
    materiale fossero la panacea universale. 
    Le polveri, certo che c’erano (non nella quantità attuale) ma non si era 
    informati di quali e quante sostanze inquinanti fossero composte (tra cui 
    diossina e benzo-apirene altamente cancerogeno). Infatti non più soltanto di 
    imbrattamento si tratta, bensì di inquinamento. 
    In secondo luogo, è da sfatare la convinzione, tuttora diffusa, che tali 
    sostanze tossiche emesse dalla Ferriera riguardino soltanto le case 
    circostanti lo stabilimento e tutt’al più Servola, Valmaura e Baiamonti. 
    Dalla mia «postazione» sulla collina di Servola, oltre che godermi le 
    polveri quando spira scirocco, posso vedere benissimo come le fumate 
    investano Muggia e le colline soprastanti quando tira vento da ovest e come 
    si dirigano gagliarde verso Campi Elisi e centro città quando spira da est. 
    Talvolta la nube decide di scindersi e dirigersi democraticamente in 
    entrambe le direzioni a mo’ di tenaglia fin sopra l’altopiano carsico ed 
    inanellarsi sopra la città per poi planare evidentemente un po’ dovunque. 
    Parlare solo delle case attorno alla Ferriera e zone circostanti è molto 
    riduttivo. In occasione di una delle recenti manifestazioni contro 
    l’inquinamento prodotto dalla Ferriera, tenutasi in piazza Oberdan, ho 
    sentito il commento di una barista del locale situato all’angolo tra via 
    Carducci e piazza Oberdan: «xe quatro m... de servolani che protesta contro 
    la Feriera» e seguitava così: «la Feriera xe stada sempre e la sarà sempre». 
    A parte la villania dell’espressione, proprio a quella manifestazione 
    parteciparono abitanti della zona Campi Elisi, di Borgo S. Sergio, persino 
    di S. Luigi, investiti ormai anche loro da polveri ed odori. 
    Trovo infine molto infelice la sortita a proposito dei «panni bianchi». Mi 
    ha richiamato alla mente un’analoga uscita del signor Pittini (già padrone 
    della Ferriera) in occasione di un’intervista televisiva trasmessa da 
    Telequattro, che suonava così: «...la signora pretende di avere le lenzuola 
    bianche vicino al camino». Peccato che poco prima l’emittente avesse messo 
    in onda la telefonata di una residente che diceva di star lottando da due 
    anni contro un cancro ai polmoni. 
    Aurora Marconi Incontrera  | 
  
 
 
 IL PICCOLO - 
SABATO,    8 
settembre 2007
 
 
  
    
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      I fumi della Ferriera  | 
    
    
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      Leggo su Piccolo del 30 
      agosto, con sempre maggior stupore l'ennesimo articolo sulla Ferriera, e 
      apprendo che un vigile urbano addetto ad annusare di notte l'aria attorno 
      allo stabilimento, si è sentito male ed è stato accompagnato al pronto 
      soccorso. Già la notizia basterebbe nella sua gravità. Il parossismo si 
      raggiunge leggendo che il sindacato autonomo Csa, ha «stigmatizzato queste 
      verifiche inutili e pericolose per gli agenti che mettono in pericolo la 
      salute dei lavoratori».. Invito tutti gli abitanti di Servola ad 
      iscriversi a questo Sindacato, forse più forte nella difesa dei propri 
      iscritti, che nella capacità di capire che le persone in pericolo non sono 
      solo i lavoratori esteri o interni della Ferriera ma anche tutte le 
      persone che abitano a Servola e dintorni. Questo sindacato dovrebbe 
      aggiungersi al coro di denunce per una situazione oramai insostenibile e 
      non «intervenire suo malgrado sulle problematiche inerenti l'inquinamento» 
      come se la cosa fosse troppo spinosa per discuterne. Non riesco poi a 
      capire come non siano mai stati evidenziati malesseri dei lavoratori della 
      Ferriera, perlomeno dal sindacato che li assiste, se un'annusata basta a 
      far star male un agente nel parcheggio, ma questo è l'ennesimo mistero 
      della Ferriera di come venga trattato il problema. Come ulteriore 
      consiglio, via i vigili notturni, via le centraline dell'Arpa più volte 
      tacciate di «imprecisione» e l'Enpa non me ne voglia, reintroduciamo i 
      canarini in gabbietta come facevano i minatori... 
      Enrico Stagni  | 
    
  
  
   
  
   
  
    
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      Chiarezza sul piano del 
      traffico  | 
    
    
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      Con riferimento agli articoli 
      recentemente apparsi sul Piccolo, relativi al nuovo Piano del traffico del 
      Comune di Trieste (la cosiddetta “bozza Camus”), in qualità di Consigliere 
      della VI Circoscrizione e, ancor di più, come abitante del Rione di San 
      Giovanni mi sento in dovere di chiedere chiarezza alla Giunta Comunale e a 
      tutti i politici triestini. 
      In primo luogo chiedo chiarezza alla Giunta Comunale, nelle persone del 
      Sindaco e dell'Assessore con delega al Traffico.  
      Invito questi ultimi, infatti, a illustrare alla cittadinanza in tempi 
      brevi e agli stessi pubblici amministratori (Consiglieri Comunali e 
      Circoscrizionali), quella che risulta essere la proposta del Piano del 
      Traffico. Son state investite - a mio avviso giustamente - somme di danaro 
      per un Piano del Traffico indispensabile per una città come la nostra, 
      indi per cui, affinché si possa instaurare un dibattito serio e 
      costruttivo necessitiamo di vedere quello che è il progetto stesso in 
      maniera completa. 
      Un vero dibattito lo si avrà solo con la presentazione del Piano del 
      Traffico. 
      Chiedo inoltre chiarezza a tutti i politici triestini, che lanciano 
      proposte, per lo più contestabili, quando concretamente, se non attraverso 
      informazioni passate in via non ufficiale (la famosa “talpa”) e a parere 
      mio in modo incompleto, non possiedono materiale per mezzo del quale 
      avanzare commenti, accorgimenti o addirittura varianti. È in una 
      situazione di buio, in cui circolano solo voci (o peggio ancora 
      indiscrezioni) che, da quanto pare di capire dalla carta stampata, 
      sembrano emergere preoccupanti scheletri dall'armadio... 
      Così una proposta tenacemente combattuta nel Rione di San Giovanni come 
      quella del cosiddetto “Bucone” nella Rotonda del Boschetto pare essere 
      resuscitata da noti politici e fa già rabbrividire gli animi di qualcuno. 
      Una siffatta proposta però, peccherebbe di intelligenza politica per due 
      motivi: in primo luogo per la summenzionata constatazione che non si può 
      proporre una cosa se non si ha chiaro il problema su cui la cosa stessa 
      verte. 
      Poi, non si può avanzare una proposta del tutto “impopolare” quando il 
      popolo stesso del Rione di S. Giovanni si è mosso già qualche anno fa 
      contro la stessa proposta e il contesto non è cambiato affatto. 
      Attendiamo risposte chiare e concrete, finché queste non giungeranno non 
      azzardiamoci a far progetti nel buio...tra talpe e “Buconi” perderemmo la 
      direzione giusta. 
      Guglielmo Montagnana - consigliere DL La Margherita - Circoscrizione VI  | 
    
  
   
   
 
 
 IL PICCOLO - 
VENERDI',  7 settembre 2007
 
   
  
    
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      I lavoratori 
      della Ferriera: «Ci hanno abbandonati»  - Le Rsu di Fim, Fiom e Uilm 
      chiedono di annullare il protocollo sulla chiusura nel 2009  | 
    
    
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      Nel corso 
      di un’assemblea denunciato il disinteresse degli amministratori pubblici 
      per il futuro dello stabilimento  
      
      L’assenza del mondo politico 
      sui problemi cruciali della Ferriera e la mancanza di specifici controlli 
      sulla salute di chi lavora nello stabilimento di Servola sono state 
      denunciate dalla Rsu di Fim, Fiom e Uilm in un’assemblea (la prima di una 
      serie) svoltasi ieri nella sala mensa. 
      «L’assenza totale della politica – ha affermato Franco Palman (Uilm) – è 
      testimoniata dal fatto che la Ferriera diventa argomento di battaglia solo 
      quando ci si avvicina alle elezioni. Dal 2003 ci sono stati tavoli con 
      tutte le giunte, di qualsiasi colore, senza che si sia approdati a nulla. 
      E oggi – ha aggiunto – che la Severstal dichiara di voler proseguire 
      l’attività anche dopo il 2009, i politici non replicano, anche se esiste 
      il protocollo che prevede la chiusura dello stabilimento fra un anno e 
      mezzo. Chiediamo alle istituzioni di ritirare le loro firme da quel 
      protocollo». 
      Ma nonostante il futuro dei 527 dipendenti (e dei 300 dell’indotto) si 
      quantomai incerto, sul tavolo del capo del personale ci sono cento domande 
      di assunzione, e di queste una cinquantina sono di giovani. «E’ la prova – 
      ha rimarcato Palman – che la Ferriera e la Wärstilä sono le due uniche 
      industrie che assumono a Trieste». 
      L’incertezza sul dopo-2009 coinvolge anche l’azienda, con particolare 
      riguardo agli investimenti. «Senza investimenti – ha rilevato ancora il 
      rappresentante della Uilm – lo stabilimento non va avanti. Ma la colpa di 
      questa incertezza è dei politici, e non si può dimenticare che gli 
      investimenti sugli impianti hanno effetti positivi anche sull’ambiente». 
      Intanto la politica vuole chiudere la Ferriera «pensando di usare solo gli 
      ammortizzatori sociali, senza un piano preciso anche per quanto riguarda 
      le complesse operazioni di bonifica». E a rimarcare ancora una volta 
      l’assenza della politica, Palman ha ricordato che «un mese fa il ministro 
      Pecoraro Scanio ha promesso di inviare un sottosegretario per seguire la 
      Ferriera, ma non lo si è ancora visto. E un anno fa a Roma, quando venne 
      presentato il piano industriale, il sottosegretario all’industria si 
      impegnò a seguire il problema. Mai visto neanche lui». 
      Le responsabilità della classe politica sono state sottolineate anche dal 
      consigliere comunale Roberto Decarli (Cittadini), ex dipendente della 
      Ferriera. «Dal 2000 in poi – ha ricordato – tutte le amministrazioni hanno 
      approfitatto della situazione, e a un anno dalla scadenza fissata per la 
      chiusura non è successo ancora nulla. Per salvaguardare i posti di lavoro 
      e l’ambiente – ha aggiunto – non ci si può dividere: sindacati e politici 
      hanno bisogno dell’apporto dei lavoratori». 
      Fra i tanti nodi sul tappeto, anche quello della salute di chi lavora 
      nello stabilimento siderurgico. «Ogni tanto si viene a conoscenza 
      dall’esterno di nuovi pericoli, come la diossina uscita da alcuni camini – 
      ha rilevato Umberto Salvaneschi (Fim-Cisl) – ed è ora che si approfondisca 
      la questione salute in termini seri. Finora – ha proseguito – ci sono 
      state solo visite mediche ordinarie per i lavoratori, ma mai specifiche su 
      particolari problemi. Invece nel consiglio provinciale di luglio sulla 
      Ferriera si è più volte parlato di analisi a campione sugli abitanti di 
      Servola, con il benestare dell’Azienda sanitaria. I lavoratori – ha 
      concluso – non sono invece neanche stati invitati a quella seduta. Ci 
      sono, allora, persone di serie A e di serie B?». 
      
      Giuseppe Palladini  | 
    
  
   
   
 
 
 
 IL PICCOLO - 
GIOVEDI',  6 settembre 2007
 
 
  
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    Rigassificatori, Pecoraro 
    Scanio frena  - Il ministro: «Prima il piano nazionale». Il Wwf: «La 
    Regione ci ripensi»  | 
  
  
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    Si accende 
    il dibattito dopo l’annuncio di Bersani della necessità di realizzare un 
    impianto nel golfo di Trieste  
    
    TRIESTE Se il golfo di Trieste 
    possa ospitare uno, due o nessun rigassificatore è una cosa che si deciderà 
    solo con l’elaborazione del piano energetico nazionale, che sarà elaborato 
    presumibilmente entro la fine dell’anno. È questa la posizione del Ministero 
    dell’Ambiente, il cui referente, il Ministro Alfonso Pecoraro Scanio, frena 
    quindi sull’ipotesi di «almeno un rigassificatore necessario» nella baia di 
    Trieste, avanzata dal Ministro Bersani. «Finchè non ci sarà un piano 
    nazionale, basato sugli studi portati avanti da esperti, non è possibile 
    prevedere quanti impianti possono essere previsti nel golfo di Trieste – 
    spiega il collaboratore del ministro, Andrea Ferrara - .Se nella cabina di 
    regia per l’elaborazione del piano si deciderà che oltre a quelli esistenti 
    ne serviranno altri tre o quattro, solo allora si delibererà quali saranno 
    le sistemazioni migliori». «I lavori al ministero sono ripresi la scorsa 
    settimana dopo la pausa estiva – spiega ancora lo staff ministeriale –. È 
    possibile che il documento sia pronto entro la fine dell’anno». Le 
    associazioni ambientaliste comunque già adesso mettono le mani avanti, 
    assicurando battaglia. «Le nostre posizioni sono ben chiare: in un golfo 
    piccolo come quello triestino senza ricambio di acqua, anche una sola 
    struttura sarebbe deleteria per ambiente e paesaggio – spiega Vinicio 
    Collavini, responsabile regionale del Wwf –. Non so se si è considerato che 
    la Croazia costruirà un suo rigassificatore davanti Capodistria e che ne è 
    stato previsto un altro davanti Ferrara. Ormai abbiamo poche aspettative che 
    la giunta regionale torni suoi passi, ma la speranza è l’ultima a morire: 
    per questo ci batteremo in ogni sede per impedire che il rigassificatore si 
    realizzi». E lo stesso Wwf, in una nota, chiede che anche l’Italia venga 
    coinvolta nella procedura di Via proprio per il rigassificatore di 
    Capodistria. Secondo il Wwf, alcuni impatti dell’impianto supererebbero i 
    confini nazionali, motivo per il quale la valutazione ambientale deve essere 
    aperta anche al contributo dei pareri e delle osservazioni di enti e 
    cittadini italiani. «Si parla di un impianto della capacità di 5 miliardi di 
    metri cubi annui, il che implicherebbe un traffico di circa 60 navi gasiere, 
    affiancato da una centrale termoelettrica e collegato alla rete di 
    distribuzione del metano da un nuovo gasdotto – afferma il Wwf - . Le 
    gasiere in arrivo al porto sloveno dovrebbero inevitabilmente percorrere il 
    “corridoio” destinato al traffico commerciale esistente nel golfo di 
    Trieste. Inoltre, anche se la tecnologia utilizzata sembra non preveda 
    l’utilizzo dell’acqua di mare per il processo di rigassificazione, l’impatto 
    delle emissioni della centrale termoelettrica invece potrebbe interessare la 
    provincia di Trieste. Il gasdotto, poi, potrebbe allacciarsi alla rete di 
    trasporto e collegamento del metano italiana, interessando quindi il 
    territorio carsico». Come previsto a livello internazionale, ricorda il Wwf, 
    i paesi confinanti e i loro cittadini devono essere consultati in caso di 
    impatti ambientali che possano oltrepassare i confini di uno Stato. 
    «Così è stato fatto, nei confronti della Slovenia e della Croazia, per le 
    procedure di Via sui rigassificatori proposti a Trieste-Zaule e nel centro 
    del golfo – afferma l’associazione - .Ora la stessa procedura venga seguita 
    nei confronti dell’Italia: ciò implica che tutta la documentazione relativa 
    al progetto sia resa disponibile, in lingua italiana, alle istituzioni e ai 
    cittadini italiani interessati, e che a questi venga assegnato un termine 
    congruo di tempo per esprimere pareri e osservazioni».  
    Elena Orsi   | 
  
 
 
 IL PICCOLO - 
MERCOLEDI',  5 settembre 2007
 
 
  
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    Rigassificatori, solo An e Ds dicono «sì»  - Dopo 
    l’uscita del ministro Bersani secca bocciatura agli insediamenti nel golfo 
    di ambientalisti e partiti   | 
  
  
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    Metz (Verdi): «Non basta l’okay di un singolo 
    rappresentante del governo per decidere»  | 
  
  
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    «L’uscita di un singolo rappresentante del governo non 
    ”abilita” la futura presenza di un rigassificatore su questo territorio». 
    Alessandro Metz, consigliere regionale dei Verdi, stoppa le dichiarazioni 
    rilasciate lunedì dal ministro per lo sviluppo economico Pierluigi Bersani. 
    Ma non è il solo. Oltre che da comitati e ambientalisti, infatti, la 
    bocciatura arriva a larga maggioranza anche dalle forze politiche, seppur 
    con diverse sfumature (parte delle quali riferiamo nell’articolo a destra, 
    ndr). Si discostano invece da questo fronte, formando un asse trasversale, 
    Ds e An, che puntano sulla pista Gas Natural. 
    «Quanto ha affermato Bersani - spiega il segretario diessino Fabio Omero - è 
    in linea con ciò che ha sostenuto il nostro gruppo in Consiglio comunale, 
    che si espresse favorevolmente sul parere preventivo alla Via richiesto 
    dalla Regione per Gas Natural, bocciato invece dalla maggioranza per ragioni 
    finanziarie. Lo spazio per un rigassificatore, dopo tutte le garanzie del 
    caso, va ricercato proprio nel progetto di Gas Natural perché a Zaule si 
    andrebbe a intervenire su un’area industriale degradata da bonificare». 
    «Concordo sul fatto che debbano essere ancora chiarite le questioni legate 
    alla compatibilità ambientale - gli fa eco il vicesindaco Paris Lippi da 
    presidente provinciale di An - ma trovo che Bersani ha lanciato un segnale 
    per noi importante, anche alla luce delle notizie che parlano di una 
    Slovenia attiva per costruire un impianto a casa sua. Una volta ricevute 
    tutte le certezze sulla sicurezza, ritengo si possa procedere con l’iter del 
    rigassificatore a terra. Quello off-shore, infatti, rovinerebbe il golfo in 
    un momento in cui si dibatte sul rilancio turistico del territorio». 
    «Se in prima battuta ero personalmente contrario - interviene il capogruppo 
    della Lista Dipiazza Maurizio Ferrara - sto rivedendo la mia posizione solo 
    per il fatto che la Slovenia si sta muovendo. Se dovessimo avere un 
    rigassificatore all’estero ma a dieci chilometri da qui, allora non vedo 
    perché non dovremmo pensarci noi». 
    Il verde Alessandro Metz, però, smonta il Bersani-pensiero. «Mi sembra molto 
    bizzarro che Bersani abbia detto che un rigassificatore va fatto in Friuli 
    Venezia Giulia quando, a livello, governativo, c’è il ministro dell’ambiente 
    Alfonso Pecoraro Scanio che parla di quattro rigassificatori come necessità 
    su scala nazionale a fronte di ben 21 richieste. Visto che Bersani era qui 
    in vista delle primarie del Partito democratico, era meglio che parlasse 
    solo di quello». 
    «La posizione di Bersani è solo politica - rincara la dose il segretario di 
    Rifondazione Igor Kocijancic - perché non contiene la spiegazione di una 
    reale necessità, da parte del Paese e del territorio, di ospitare un 
    impianto del genere, visto che come approvigionamento di gas siamo ben 
    oltre». 
    «Ci auguriamo che sia solo una sparata - aggiunge Giorgio Jercog, 
    responsabile del Comitato per la salvaguardia del golfo - perché altrimenti 
    si condanna la città a un mancato sviluppo, si tradiscono le aspettative del 
    futuro del porto e dei suoi collegamenti con il Nord Europa, il tutto sulla 
    testa dei triestini». 
    «Bersani può dire quello che vuole - conclude Dario Predonzan del Wwf - ma 
    le sue sono parole al vento: ogni decisione è subordinata a valutazioni 
    d’impatto ambientale che sono ancora in corso, fra le quali manca oltretutto 
    la più importante, quella del ministero dell’Ambiente». 
    
    Piero Rauber  | 
  
 
 
  
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    RIGASSIFICATORI - Camber: «Progetti politici» Lupieri: 
    «Restiamo in attesa» - Gli scettici tra Forza Italia, Udc, Margherita e 
    Cittadini   | 
  
  
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    Non danno un no definitivo ai rigassificatori sullo 
    stampo di quello già espresso dalla sinistra radicale. Ma non seguono 
    neppure l’apertura dimostrata dai Ds e da Alleanza Nazionale. E guardano con 
    sospetto e forte critica alle parole dette lunedì scorso da Bersani. Sono i 
    rappresentanti di Forza Italia, Udc, Cittadini per Trieste e Margherita, che 
    formano in questo caso il fronte dei «perplessi». 
    «Non credo proprio - tuona il capogruppo di Forza Italia in Consiglio 
    comunale Piero Camber - che un impianto sia assolutamente necessario come 
    sostiene invece il ministro. È notorio che esiste, a livello nazionale, un 
    accordo interno ai Ds (partito di cui Bersani fa parte, ndr) nel quale 
    Trieste è un prezzo da pagare. Per quanto riguarda il progetto Gas Natural, 
    in particolare, si capisce che cosa intendono venire a prendersi questi 
    investitori a Trieste, ma non ancora che cosa vengono a dare al territorio. 
    Il costo sociale di un’opera del genere, infatti, è indubbio, mentre è 
    ancora tutto da valutare e approfondire l’eventuale beneficio», aggiunge 
    Camber riferendosi alla trattative informali sulle «contropartite» con Gas 
    Natural che non andarono in porto e che portarono, a inizio anno, alla 
    clamorosa bocciatura del progetto in Consiglio comunale. «Si sono 
    autoeliminati ma evidentemente si sentono con le spalle coperte», dice 
    ancora l’esponente forzista degli spagnoli senza citarli. «Attenti che non 
    venga fuori un altro caso sul genere cementificio di Torviscosa», chiude 
    Camber rivolgendosi implicitamente, stavolta, al centrosinistra che governa 
    la Regione. 
    «Quelle del ministro Bersani - interviene quindi l’Udc Roberto Sasco - sono 
    dichiarazioni estemporanee non suffragate dal punto di vista tecnico. Che ci 
    fornisca, prima di parlare, i dati aggiornati del piano energetico nazionale 
    che confermano la necessità assoluta dell’opera, dal momento che l’impatto 
    ambientale sarebbe comunque fortissimo e dovrebbe essere equilibrato da una 
    comprovata carenza di approvvigionamenti per i quali, invece, non mi sembra 
    ci siano problemi oggi. E poi va sfatato il mito secondo il quale a Trieste, 
    nel caso ci fosse un rigassificatore, il gas costerebbe di meno, perché ci 
    sono direttive europee che impongono di non privilegiare un tipo di utenza 
    rispetto ad altre». 
    «Per quanto ci riguarda - aggiunge dal centrosinistra il capogruppo della 
    Margherita in Consiglio comunale Sergio Lupieri - ribadiamo la nostra 
    posizione di attesa di risposte, soprattutto da parte di Gas Natural, 
    rispetto alle nostre prescrizioni. Al momento la documentazione è 
    insufficiente, non ne siamo soddisfatti. Ad oggi riteniamo quindi che non ci 
    siano affatto le condizioni di compatibilità, ambientale e non solo, per 
    fornire una risposta favorevole». 
    «Le carte prodotte finora da Gas Natural - gli fa eco Roberto Decarli dei 
    Cittadini per Trieste - sono assolutamente insufficienti. L’anno scorso 
    avevamo chiesto di fare un referendum cittadino e ce l’hanno bocciato, salvo 
    poi farci assistere a una seduta del Consiglio comunale in cui è arrivato un 
    parere negativo, su suggerimento del sindaco, misurato soltanto su termini 
    finanziari e non ambientali». 
    «Dopo le parole del ministro - conclude Decarli - mi convinco che qui stanno 
    cercando di tirare avanti il più possibile prima di decidere sopra le teste 
    dei triestini, in Comune come in Regione, ente che non ha nemmeno tenuto 
    conto delle opinioni contrarie espresse dai comitati dei cittadini. Non sono 
    un ambientalista, ma non voglio neanche essere preso in giro. E credo che, 
    alla fine, almeno il rigassificatore di Zaule lo faranno». 
    pi.ra.  | 
  
 
 
  
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    RIGASSIFICATORI - La posizione di Roma  | 
  
  
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    «Condividiamo che un’infrastruttura vada fatta e che 
    un impianto è assolutamente necessario, non solo per la sicurezza 
    dell’approvvigionamento, ma anche per cominciare una politica di 
    abbassamento dei prezzi e con grande attenzione rispetto alle norme 
    ambientali». Così il ministro Bersani davanti al governatore Illy. Nel caso 
    l’ostacolo degli approfondimenti richiesti ma non ancora forniti dalle 
    società proponenti dovesse essere superato in sede di valutazione di 
    governo, la giunta regionale ha confermato il suo parere positivo alla 
    realizzazione di uno dei due impianti.  | 
  
 
 
 
 IL PICCOLO - 
MARTEDI',  4 settembre 2007
 
 
  
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    Illy apre al Wwf: «Sull’Alta velocità auspico ci sia 
    più collaborazione» - Incontro tra il governatore e il segretario generale 
    Candotti   | 
  
  
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    TRIESTE Il superamento delle attuali «difficoltà di 
    comunicazione» e un ampliamento della collaborazione reciproca per 
    conseguire un più adeguato equilibrio del trasporto modale in Friuli Venezia 
    Giulia, oltre che nella gestione e nella messa in rete dei parchi e delle 
    riserve naturali regionali: è quanto ha proposto il presidente della 
    Regione, Riccardo Illy, al segretario generale del Wwf Italia, Michele 
    Candotti. 
    Durante il colloquio, Illy ha toccato il tema delle casse di espansione sul 
    Tagliamento, dove «preferiremmo avere il Wwf alleato piuttosto che 
    avversario - ha detto - dal momento che l'interlocutore è il ministero 
    dell'Ambiente e la Regione ha un mero ruolo di esecutrice della volontà 
    dello Stato», ed ha parlato della realizzazione della linea ferroviaria ad 
    alta velocità/alta capacità. «Mi aspetterei - ha aggiunto - che il Wwf 
    dichiari di vedere positivamente una nuova linea ferroviaria, che consenta 
    di sgravare il traffico su strade e autostrade». 
    Il presidente ha quindi sottolineato il preoccupante aumento di traffico - 
    del 10% l'anno - sulle autostrade della regione ed in particolare sulla 
    Trieste-Venezia, un incremento su cui pesa sostanzialmente il traffico 
    pesante, che «non è nè originato nè destinato all'Italia». «Anche su questo 
    - ha detto Illy - mi piacerebbe avere alleato il Wwf nel reclamare una 
    modifica del sistema tariffario per i mezzi pesanti, raddoppiandolo 
    perlomeno nelle ore diurne». 
    Candotti ha dato la sua disponibilità ad «incontrarsi sui tavoli opportuni» 
    e ha chiesto al presidente Illy di considerare le proposte del Wwf alla 
    stregua di «indicazioni su situazioni che di solito si sviluppano anni 
    dopo». Ha quindi concordato con Illy sull'emergenza traffico, proponendo di 
    mettere a disposizione della Regione «una proposta molto strutturata e 
    dotata di dati, cifre e modelli» elaborata dal Wwf nazionale. All'incontro 
    ha fatto seguito una visita in barca di Illy ai 30 ettari della riserva 
    marina, meta ogni anno di 38 mila studenti e di circa 1.500 visitatori.  | 
  
 
 
  
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    Dipiazza: «Non farò mai la galleria tra largo Mioni e 
    via d’Alviano» - Il sindaco replica alla Barduzzi   | 
  
  
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    «La galleria fra largo Mioni e via D’Alviano non si 
    farà». Roberto Dipiazza respinge la proposta lanciata dal centrosinistra, e 
    in particolare dall’assessore provinciale ai trasporti Ondina Barduzzi, 
    all’interno del dibattito sul piano del traffico. «Quell’infrastruttura - 
    spiega il sindaco - verrebbe realizzata sotto San Giacomo e io sono 
    contrario a passare con una galleria sotto tutte quelle abitazioni. Visti i 
    ”risultati” dei lavori di largo Niccolini, nei pressi dei quali è stato 
    evacuato un edificio, e dopo l’esperienza della Grande viabilità, non mi 
    passa nemmeno per l’anticamera del cervello di procedere con un’opera 
    simile. Non si tratta soltanto di un problema di risorse finanziarie ma 
    soprattutto di vivibilità per i residenti delle zone eventualmente coinvolte 
    nei lavori». 
    A chi gli contesta che, se il progetto non fosse stato accantonato nel 2002, 
    adesso il tunnel sarebbe già realtà e avrebbe evitato le polemiche legate al 
    piano del traffico, Dipiazza risponde così: «Girate per la città oggi e 
    ditemi se esistono, ancora, punte di traffico pesante. Io, onestamente, non 
    ne vedo. Per quanto riguarda me e la mia amministrazione, tale opera non 
    verrà realizzata. Se poi i sindaci che verranno dopo cambieranno idea... 
    liberi di farlo». 
    La richiesta di riabilitare l’ipotesi del tunnel sotto San Giacomo era stata 
    avanzata nei giorni scorsi dal segretario Ds Fabio Omero, dal presidente dei 
    Cittadini per Trieste Uberto Drossi Fortuna e dal capogruppo della 
    Margherita Sergio Lupieri. A rilanciare quindi il progetto era stata Ondina 
    Barduzzi, che da componente della giunta comunale Illy all’epoca del piano 
    Honsell (commissionato nel ’96 e oggi in vigore) seguì l’iter dell’opera. 
    Un’opera contenuta nel piano infrastrutturale del traffico e prevista anche 
    dal prg, ma poi stralciata dal Prusst nel 2002. Un’opera, inoltre, invisa 
    agli stessi residenti della zona di largo Mioni, che nelle ultime ore sono 
    tornati a contestarne un’eventuale realizzazione. 
    pi.ra.  | 
  
 
 
  
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    I danni della Ferriera  | 
  
  
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    Sono rimasta a dir poco sconcertata nel leggere 
    l’articolo pubblicato il 30 agosto intitolato «Vigile urbano si sente male 
    davanti alla Ferriera durante un controllo notturno dell’inquinamento».  
    Si rende conto il vicecoordinatore regionale del sindacato Csa, Sergio 
    Rudini, di quanto il suo comunicato sia contraddittorio ed offensivo? Egli 
    definisce «risibile, ridicola ed inconcludente» l’attività di controllo 
    notturno dell’inquinamento da parte della polizia Municipale. 
    Ritiene dunque risibile il fatto che un agente durante tale attività di 
    controllo si sia sentito male oppure ritiene che lo stesso, nonché il medico 
    che ne ha accertato le condizioni, non siano in buona fede? 
    Abito in via di Servola ed ho constatato personalmente che tenendo aperte le 
    finestre di notte mi succede di svegliarmi con un forte bruciore alla gola. 
    Mi risulta inoltre che anche di recente diversi residenti si siano dovuti 
    recare al pronto soccorso per episodi di acuzie di patologie respiratorie. 
    La sprezzante definizione di «leggende metropolitane» riferita all’aumento 
    di inquinamento in zona Ferriera durante la notte offende profondamente 
    quanti sono lesi dall’inquinamento persistente nella zona. 
    Quanto poi all’utilità di andare a «sniffare» l’aria attorno alla Ferriera, 
    invito anzi anche il Rudini ad andarci nonché tutta la potente lobby che in 
    tanti anni si è pervicacemente opposta alla chiusura e quindi alla 
    riconversione dello stabilimento, aggravando così sia i problemi di salute 
    dei residenti sia quelli occupazionali e di salute dei dipendenti. La 
    conclusione del comunicato del Rudini è ineffabile! 
    Il Csa si preoccupa dunque della salute dei vigili urbani in quanto 
    lavoratori, dopo averne deriso l’operato. Quanto ai «dati concreti 
    sull’effettivo inquinamento», preso atto che evidentemente per il Csa disagi 
    e malattie appartengono alla sfera dell’astratto, dell’opinabile, non sono 
    abbastanza concreti i dati relativi agli sforamenti forniti dal Cigra e 
    dalla stessa Azienda sanitaria? 
    Aspettiamo di avere finalmente anche i dati sull’inquinamento del mare e del 
    patrimonio ittico e vedremo che cosa ci sarà di «risibile». 
    Aurora Marconi Incontrera  | 
  
 
 
 
 IL PICCOLO - 
LUNEDI',  3 settembre 2007
 
 
  
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    Galleria di largo Mioni: conferenza della consulta per 
    illustrarne l’utilità - Annuncio del consigliere Sulli   | 
  
  
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    Un sì convinto al progetto della galleria tra largo 
    Mioni e via D’Alviano. Ad esprimerlo, intervenendo così nel dibattito degli 
    ultimi giorni, è Bruno Sulli, ex presidente del Consiglio comunale e attuale 
    consigliere della Circoscricione di Barriera vecchia. «Circoscrizione - 
    scrive Sulli in una nota - che già 20 anni fa sosteneva la realizzazione 
    della galleria, a differenza della sinistra che, prima fermamente contraria, 
    oggi arde di un nuovo e improvviso interesse verso questa opera pubblica. 
    Che l’opera sia necessaria alla città si capisce anche dalle previsioni 
    dell’ingegner Camus sulle percentuali di traffico che verrebbero spostate 
    soprattutto da via Oriani e Madonnina. Senza pensare che tali considerazioni 
    sono solo un esempio della diminuzione di traffico che si avrebbe in quella 
    vera strettoia che è piazza Garibaldi , migliorando la velocità degli 
    spostamenti e dimezzando l’inquinamento». 
    L’utilità del progetto, secondo Sulli, appare ancora più evidente se si 
    inserisce l’opera nella più ampia cornice della viabilità cittadina. 
    «Prendiamo in considerazione la galleria di piazza Foraggi - continua l’ex 
    presidente dell’assemblea municipale - Già da tre consigliature vengono 
    rimandati i lavori di manutenzione di quel tunnel che, peraltro, si presenta 
    in condizioni pietose. Se per caso la si dovesse chiudere per lavori 
    urgenti, tutto il traffico si bloccherebbe in via Molino a Vento, via 
    dell’Istria e, per ben che vada, viale Ippodromo e nelle altre strade 
    collegate a San Giacomo. Alla luce di tutto questo, la circoscrizione di 
    Barriera Vecchia intende organizzare questo mese una conferenza pubblica per 
    illustrare ai cittadini i vantaggi del collegamento tra largo Mioni e via D’Alviano. 
    In quella sede esprimerò un sì convinto, come lo è sempre stato». 
    Da Sulli, infine, arriva una stoccata all’immobilismo che sembra dominare la 
    città. «Ogni volta che un politico illuminato vuol portare avanti nella 
    nostra addormentata Trieste un’opera pubblica importante, viene regolarmente 
    bloccato dagli interessi di pochi, come insegna l’esperienza dell’ex 
    assessore regionale Franzutti. La costruzione delle gallerie di 
    circonvallazione, che in definitiva supplivano al piano regolatore del 1934 
    per la parte mai portata a termine, è stata sempre accompagnata dalle 
    proteste di chi guarda esclusivamente al proprio tornaconto».   | 
  
 
 
  
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    Rigassificatori e competenze  | 
  
  
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    Intervengo all'articolo del 25 agosto 2007 del 
    vicesindaco Parisi Lippi: «Rigassificatore Sloveno, Roma si sbrighi a 
    decidere». Che il vicesindaco 
    Lippi solleciti Roma a dare una risposta mi lascia alquanto perplesso e 
    nello stesso tempo preoccupato. Roma non decide proprio nulla, al massimo 
    potrebbe proporre, ma l'ultima parola spetta, per nostra fortuna, alla 
    popolazione dell’intera Provincia di Trieste. Suggerisco sia al vicesindaco 
    che al sindaco di leggere la (Seveso1) Legge 137/97 art.1 comma 1 e 
    (Seveso2) Decreto Legge334/1999 e le direttive comunitarie 96/82/CE. La 
    (Seveso1) impone l’obbligo al Sindaco di informare la popolazione vicina ai 
    siti industriali pericolosi, sulle misure di sicurezza e l'eventuale piano 
    di evacuazione della stessa in caso di incidente doloso o causale. 
    Ho letto molti articoli pubblicati sul «Piccolo» sui Rigassificatori Gnl a 
    Trieste e ho assistito anche a presentazioni sui progetti dei 
    rigassificatori gnl sia «On-Shore» che «off-Shore», tutti molto ben 
    organizzati e pronti ad evidenziare solo l’aspetto positivo 
    dell’insediamento industriale. Ma nessuno ha mai parlato in maniera chiara e 
    dettagliata sulla pericolosità per la popolazione in caso di incidente 
    catastrofico e i danni ambientali che provocherebbe l'emissione in mare in 
    un anno di circa 20-30 ton. di cloro attivo. 
    Questo non è falso ambientalismo ma soltanto voler bene all’umanità e al 
    proprio territorio. Per Trieste. 
    Paolo Ruggieri - Segretario Organizzativo Dc per le Autonomie  | 
  
 
 
 
 IL PICCOLO - 
DOMENICA,  2 settembre 2007
 
 
  
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    Il comitato dei residenti pronto a un’altra petizione 
    per contestare la galleria largo Mioni-D’Alviano - L’ipotesi emersa nel 
    dibattito sul piano del traffico   | 
  
  
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    Si riapre il fronte della protesta dei cittadini 
    contro l’ipotesi della galleria che dovrebbe collegare largo Mioni con via 
    d’Alviano. Un progetto previsto dal piano del traffico Honsell-Barduzzi del 
    ’97, ma stralciato nel 2002 dall’amministrazione Dipiazza, che ne aveva 
    fatto un cavallo di battaglia in campagna elettorale. 
    L’ipotesi della galleria, che nelle intenzioni dovrebbe alleggerire il 
    traffico nella zona piazza Garibaldi-Foraggi, è tornata alla ribalta in 
    questi giorni. Nella bozza del nuovo piano del traffico Camus la possibilità 
    non viene esclusa nel medio-lungo termine e diversi esponenti del 
    centrosinistra l’hanno rilanciata. 
    Gli abitanti della zona di largo Mioni tornano a protestare: non vogliono la 
    galleria soprattutto per motivi inerenti all’appesantimento del traffico e 
    dello smog nel rione. Qui, spiegano, si è giunti alla bonifica e 
    riqualificazione della collina della vergogna, dove si è anche rifatta la 
    stradina che porta sino a via Rigutti e verso san Giacomo. 
    «Ma ora - spiega Donatella Verazzi, rappresentante del comitato dei 
    cittadini del rione sorto nel 2001 - se si riprende in considerazione 
    l’ipotesi della galleria i soldi per la riqualificazione della collina 
    saranno soldi buttati. Siamo preoccupati per questa idea, nata ancora ai 
    tempi del fascismo e poi bocciata, malgrado i lavori sulla via D’Alviano 
    fossero partiti, perché le escavazioni si erano imbattute in terreni poco 
    stabili di arenaria, percorsi da numerosi corsi d’acqua. Ma con tutti i 
    problemi che ci sono a Trieste, proprio su quella galleria ci si è 
    incaponiti?». 
    A titolo personale si dichiara contrario anche il presidente della 
    circoscrizione quinta Silvio Pahor che spiega come il consiglio sulla 
    questione non si sia ancora riunito perché i cittadini avranno modo di dire 
    la loro in una assemblea pubblica indetta dal parlamentino rionale: 
    «L’ipotesi rischia – dice- comunque di appesantire il traffico anche sul 
    versante della via D’Alviano che è già caotico per il polo attrattivo delle 
    Torri. Per quanto riguarda la zona di largo Mioni, dove si stanno costruendo 
    molte case nuove, è già di suo assai trafficata. Mi chiedo dunque a chi 
    gioverebbe una simile soluzione». 
    Daria Camillucci   | 
  
 
 
 
 IL PICCOLO - 
SABATO,    1 
settembre 2007
 
 
  
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    Il Corridoio V e il porto  | 
  
  
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    Ringrazio il lettore Iginio Zanini (29 agosto). 
    Sintetizzando: rispetto al progetto del 2003, l’attuale percorso previsto 
    per il Corridoio V non peggiora le prospettive del nostro porto; il fatto è 
    che, purtroppo, il collegamento Trieste-Capodistria non era previsto già da 
    prima. Il tracciato presentato – senza pubblicità, bisogna dire – a 
    Bruxelles è più lento e meno soddisfacente per i passeggeri, nonché più 
    lungo e costoso, con oltre 60 km di gallerie triple da Monfalcone a 
    Divaccia. Ma anche il progetto del 2003 non scherzava. Cosa si può dire? Che 
    il rapporto costi/benefici dell’opera (che non è stato divulgato) dovrebbe 
    essere alquanto peggiorato. 
    Livio Sirovich  | 
  
 
 
 
 
 IL PICCOLO - 
VENERDI',  31 
agosto 2007
 
 
  
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    Barduzzi a 
    Dipiazza: traffico, servono le gallerie  - «Il sindaco ha accantonato 
    il collegamento Mioni-via D’Alviano studiato da Lunardi»  | 
  
  
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    L’assessore 
    provinciale ai Trasporti chiede che il nuovo piano recuperi le proposte cui 
    aveva collaborato l’ex ministro di centrodestra  
    
    «La galleria mai realizzata fra 
    largo Mioni e via D’Alviano? Un’occasione persa, nel 2002, dalla prima 
    amministrazione Dipiazza. E di cui ora il sindaco, alle prese con l’annosa 
    definizione del nuovo piano del traffico, sta pagando le conseguenze. Tanto 
    che Dipiazza farebbe bene a riconsiderare la realizzazione di quel 
    progetto». 
    A sostenerlo è l’attuale assessore provinciale ai trasporti Ondina Barduzzi, 
    che da componente della giunta comunale retta da Riccardo Illy all’epoca del 
    piano Honsell (commissionato nel ’96 e oggi in vigore) seguì l’iter dei 
    progetti delle due gallerie urbane contenuti nel piano infrastrutturale del 
    traffico e previsti anche dal prg: la prima riguardava, per l’appunto, il 
    collegamento sotto San Giacomo fra largo Mioni e via D’Alviano, con annesso 
    un parcheggio, mentre la seconda disegnava un eventuale tunnel fra la 
    Rotonda del Boschetto e via Revoltella. 
    Ma se negli anni immediatamente precedenti alle elezioni del 2001 (che 
    avrebbero poi premiato Roberto Dipiazza) le procedure per la galleria fra 
    San Giovanni e la Fiera erano rimaste in una fase embrionale, il percorso 
    burocratico per la realizzazione del tunnel sotto San Giacomo - assicura la 
    Barduzzi - era in dirittura d’arrivo. «Ma poi ci furono le elezioni» e 
    l’opera (contro cui insorsero gli abitanti della zona di largo Mioni, ndr) 
    venne stralciata nel 2002 dal Prusst, il programma di recupero urbano e 
    sviluppo sostenibile del territorio. 
    LA CONSULENZA LUNARDI «Per la galleria di largo Mioni - ricorda l’attuale 
    assessore provinciale ai trasporti - ci eravamo avvalsi della consulenza 
    dello staff dell’ingegner Pietro Lunardi, che allora non era ancora ministro 
    e che, sulla piazza, era riconosciuto da tutti come uno dei massimi esperti 
    in infrastrutture». «Lui stesso - prosegue la Barduzzi - era intervenuto in 
    prima persona in alcune occasioni, tanto che mi aveva portato a Roma, 
    davanti al Consiglio superiore dei Lavori pubblici, dove il progetto aveva 
    ricevuto l’ok». 
    «Prima delle elezioni del 2001 - aggiunge l’ex assessore dell’allora giunta 
    Illy - avevamo così uno studio di fattibilità approvato, un finanziamento 
    per l’opera già stanziato dalla Cassa depositi e prestiti e addirittura una 
    gara europea già bandita, che avrebbe consentito al Comune di avvalersi dei 
    migliori costruttori internazionali per la costruzione di un tunnel urbano 
    da circa 500 metri, dotato di appositi sistemi di filtraggio delle emissioni 
    per il transito dei pedoni». 
    IL DOPO ELEZIONI «Una volta insediatasi la prima amministrazione Dipiazza - 
    insiste la Barduzzi - all’assessorato arrivò Maurizio Bradaschia che annullò 
    la gara, mentre il finanziamento venne dirottato altrove. Secondo me, in 
    quella circostanza, hanno sottovalutato la portata di quell’opera. Se 
    avessero proseguito nell’iter, a quest’ora la galleria sarebbe già stata 
    costruita. Il che, oggi, avrebbe aiutato il sindaco Dipiazza nelle sue 
    scelte di pedonalizzare corso Italia o altre direttrici. È stato un peccato, 
    se le elezioni fossero capitate qualche mese dopo le procedure non si 
    sarebbero più fermate». 
    IL FUTURO «Credo - chiude la Barduzzi - che ora il progetto potrebbe essere 
    ripreso con successo. Dipiazza ha davanti a sé quattro anni di mandato, 
    potrebbe fare leva sui buoni rapporti che immagino avrà acquisito in questi 
    anni con Lunardi, attraverso i contatti con l’ex governo Berlusconi». 
    I COMMERCIANTI Con gli ultimi rientri dalle ferie, intanto, si profilano i 
    primi contatti per una valutazione del piano del traffico «carte alla mano» 
    da parte delle categorie. A conoscere a breve il documento, costruito sulla 
    bozza Camus anticipata dal Piccolo, saranno i commercianti. «Ho accennato la 
    questione al sindaco nei giorni scorsi - fa sapere il presidente della 
    Camera di Commercio Antonio Paoletti - e proprio oggi (ieri, ndr) ne ho 
    riparlato con l’assessore Rovis. Il piano del traffico ci sarà consegnato e 
    illustrato entro il mese di settembre. Noi lo recepiremo, lo analizzeremo e 
    faremo sapere al municipio le nostre osservazioni». 
    ASSOCIAZIONI E SINDACATI Da venerdì prossimo, infine, cominceranno a 
    muoversi ufficialmente anche associazioni e sindacati. Per quel giorno, 
    infatti, il Coped-Camminatrieste - che chiede da sempre maggiore tutela dei 
    pedoni e le aree di fermata dei bus libere dalle macchine in sosta, 
    nell’ambito di un’«immediata applicazione del piano del traffico» - 
    organizzerà un incontro stampa sull’argomento, alla presenza del presidente 
    nazionale di Camminacittà Carlo Genzo, coinvolgendo alcuni rappresentanti 
    sindacali. La Cgil, a questo proposito, ha confermato di avere in agenda un 
    ingresso nel dibattito, a breve scadenza. 
    
    Piero Rauber  | 
  
 
 
 
LA REPUBBLICA - GIOVEDI', 30 
agosto 2007
 
 
Il mondo rischia di finire il cibo - Troppi campi dedicati 
al biofuel - Uno studio choc pubblicato dal quotidiano inglese The Guardian: il 
rebus biocarburi
Il cambio di destinazione provoca l'aumento dei costi 
delle derrate
Meno prodotti agricoli, sempre più cari. Aggiungete 
carenza d'acqua disastri naturali e sovrappopolazione: è la ricetta per il 
disastro
LONDRA - Da anni viviamo 
con l'incubo del riscaldamento globale. Ma un'altra minaccia, ancora più 
immediata, potrebbe essere la fame globale: sempre meno prodotti alimentari 
disponibili, sempre più cari, contesi da una popolazione terrestre sempre più 
grande, in un periodo già reso critico da risorse idriche sempre più scarse e da 
un clima sempre più imprevedibile. "La fine del cibo", riassume il titolo del 
Guardian di Londra, puntando il dito contro un fenomeno che sta accelerando il 
deficit alimentare: sempre più terre, in America e in Occidente ma anche nel 
resto del pianeta, finora utilizzate per coltivare prodotti agricoli, adesso 
vengono adibite alla coltivazione di biocarburi, come l'etanolo e altri 
carburanti "puliti", sia per ridurre l'inquinamento atmosferico, sia per ridurre 
la dipendenza dall'energia petrolifera di un esplosivo e instabile Medio 
Oriente. E' questo, sostengono gli esperti, il fattore scatenante dell'aumento 
dei prezzi del cibo. Aggiungendovi il declino delle acque, i disastri naturali e 
la crescita della popolazione, ammonisce il quotidiano londinese, si arriva a 
"una ricetta per il disastro". 
Lester Brown, presidente della think-tank Worldwatch Institute e autore del 
best-seller "Chi sfamerà la Cina?", presenta così la questione: "Siamo di fronte 
a un'epica competizione per le granaglie tra gli 800 milioni di automobilisti 
del pianeta e i due miliardi di poveri della terra". Come in quasi tutte le 
sfide tra ricchi e poveri, non è difficile immaginare chi la stia vincendo. 
Esortati dal presidente Bush a produrre entro dieci anni un quarto dei 
carburanti non fossili di cui necessitano gli Stati Uniti, migliaia di 
agricoltori americani stanno trasformando il "granaio d'America" in una immensa 
tanica di biocarburi. L'anno scorso già il 20 per cento del raccolto di 
granoturco Usa è stato usato per la produzione di etanolo, i cui stabilimenti 
raddoppiano di anno in anno. Una politica analoga è in corso un po' ovunque, 
dall'Europa all'India, dal Sud Africa al Brasile. Diminuendo la terra destinata 
alla coltivazione di grano, il prezzo del frumento è aumentato del 100 per cento 
dal 2006, e ciò sta portando ad aumenti da record dei prezzi dei generi di prima 
necessità: pane, pollo, uova, latte, carne. 
Ad accrescere le preoccupazioni del dottor Brown c'è il boom demografico ed 
economico di Cina e India, i due giganti in cui vive il 40 per cento della 
popolazione mondiale: anche perché cinesi ed indiani stanno abbandonando la loro 
tradizionale dieta ricca di verdure a favore di un'alimentazione più 
"americana", che contiene più carne e latticini. Non tutti condividono gli 
scenari catastrofici. "Il Brasile ha 3 milioni di chilometri quadrati di terra 
arabile, di cui solo un quinto è attualmente coltivato e di cui solo il 4 per 
cento produce etanolo", dice il presidente brasiliano Lula. Ma le Nazioni Unite 
calcolano che la richiesta di biocarburi aumenterà del 170 per cento solo nei 
prossimi tre anni. Ci sarà abbastanza cibo per tutti? O presto verrà il giorno 
in cui dovremo scegliere tra una pagnotta e un pieno di biocarburi per la nostra 
auto? 
ENRICO FRANCESCHINI
 
 
 
IL PICCOLO - GIOVEDI',  30 
agosto 2007
 
 
  
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    Traffico: 
    «Basta idee, ora la parola ai tecnici»  - Dopo il nuovo profilo della 
    circolazione urbana proposto dal sindaco Dipiazza, la maggioranza prende le 
    distanze   | 
  
  
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    Rovis (Fi): 
    «Parliamone seriamente». Rosolen (An): «Contesto metodo e merito»  | 
  
  
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    Sulle ultime idee del sindaco 
    Dipiazza in merito alla viabilità urbana (un Ring alla viennnese lungo le 
    rive, via Carducci e Corso Italia, quest’ultimo dunque non pedonale, e 
    progressiva pedonalizzazione del Borgo Teresiano) la maggioranza in Comune 
    prende atto ma dice basta alle parole. Alessia Rosolen (An) mette il segnale 
    di stop: «Contesto il metodo: non può essere che da tre anni a questa parte 
    ogni giorno il sindaco ci dà la sua proposta quotidiana, non saranno le sue 
    dichiarazioni a portarci il piano del traffico, l’argomento deve passare per 
    un confronto serio e per le vie amministrative. Quando si fa una proposta 
    bisogna tener conto del contesto, dei parcheggi e dei servizi per i 
    residenti: se chiudiamo Borgo teresiano la gente dove mette la macchina?». 
    Ma l’esponente di An contesta anche nel merito: «Chiudere corso Italia è 
    chiaramente impossibile, ci sono parcheggi in zona in avanzato stato di 
    costruzione, e questo discorso è come un cane che si morde la coda». 
    Difende invece la propria idea, pur aperto ai consigli dei tecnici (più che 
    dei politici) l’assessore al Commercio Paolo Rovis (Fi): corso Italia 
    pedonalizzato. «E’ lì - dice - come in via Mazzini che si trovano le 
    maggiori realtà commerciali che avrebbero beneficio dalle zone pedonali, il 
    traffico dei futuri park potrebbe dirottarsi su via San Spiridione, ormai i 
    negozianti hanno del tutto superato l’ostracismo al pedonale, anzi lo 
    vogliono, e non è necessario ipotizzare chiusure tout court, a Graz per 
    esempio ci sono i paletti mobili, che si abbassano quando è l’ora del 
    carico-scarico merci e si alzano quando l’area torna ai pedoni». Comunque 
    anche Rovis pianta il suo cartello di stop: «Basta dibattito, la bozza di 
    piano deve essere discussa in sede politica e con il supporto del 
    professionista che ne è l’autore e dei tecnici: sono loro, al di là delle 
    idee di ciascuno, che possono aiutare a raggiungere una condivisibile 
    possibilità alternativa». 
    Altrettanto s’invoca da centrosinistra. «Mi sembra - osserva Roberto Decarli 
    (Cittadini) - che in questa fine estate il sindaco tenga caldo l’argomento 
    soprattutto per rallegrare i triestini, proponendone ogni giorno una nuova. 
    Comunque ricordo che l’idea del Ring e dei bus elettrici è quanto aveva 
    proposto l’allora assessore all’Urbanistica Maurizio Bradaschia, ed eravamo 
    nel 2001. Ora, nel 2007, siamo ancora qui e non è successo niente, spero che 
    la prossima settimana sia convocata la sesta commissione, come chiesto dal 
    centrosinistra, e che si apra un confronto finalmente serio quanto meritano 
    argomenti come traffico e ambiente». 
    Per la Confcommercio Franco Rigutti ammette che l’idea di Dipiazza non è 
    disprezzabile (ma la categoria ne discuterà il 30 agosto), ricorda che anche 
    in via Mazzini c’è un comitato pro-pedonalizzazione, e che comunque «la cosa 
    importante è che le aree pedonali siano messe in collegamento e i 
    commercianti, come promesso dagli assessori, siano consultati nel merito». 
    Nel dibattito entra anche Giorgio Cappel, presidente dell’Aci, che esordisce 
    dicendo: «Il piano del traffico ha scatenato i più opposti sentimenti, in 
    una situazione in cui paradossalmente tutti hanno ragione». Cappel aggiunge 
    che ognuno è d’accordo quando si parla di circolazione più fluida, compresa 
    quella degli autobus, e del non avere problemi di parcheggio, ma imputa a 
    questo dibattito di essere troppo «epidermico» mentre dovrebbe essere 
    «scientifico». «Ciascuno di noi di fronte a un ingorgo inventa una soluzione 
    - scrive Cappel -, pensa a un senso unico o a un nuovo semaforo, ma chi va 
    per via scientifica utilizza il computer e i relativi programmi dedicati che 
    attualmente sono in grado di calcolare in ciascuna strada l’effetto della 
    chiusura o apertura o dell’inversione di un senso di marcia».  
    Anche la «volontà politica (in senso nobile) - aggiunge Cappel appellandosi 
    a un approccio tecnico - spesse volte non è asettica, ma affetta da 
    personali esigenze quoitidiane. Il metodo epidermico tornerà a essere 
    essenziale per verificare a posteriori le soluzioni tecniche: la storia ci 
    insegna che ogni soluzione progettuale necessita di una verifica pratica, e 
    in questo caso (essendo il piano modulare) si può realizzarlo 
    sperimentalmente a piccoli lotti. Pronti - chiude Cappel - a tornare 
    indietro». 
    g. z.  | 
  
 
 
  
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    Vigile urbano 
    si sente male davanti alla Ferriera durante un controllo notturno 
    sull’inquinamento 
      
    
    La sigla 
    sindacale Csa: «Stigmatizziamo queste verifiche inutili e pericolose per gli 
    agenti»   | 
  
  
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    Un vigile urbano, in servizio 
    l’altra notte con due colleghi del corpo, si è sentito male dopo essere 
    sceso dalla macchina della municipale nei pressi della Ferriera, per il 
    controllo notturno di routine sullo stato dell’aria attorno allo 
    stabilimento. Il vigile ha accusato in breve tempo bruciore agli occhi, 
    forte salivazione e un persistente aroma dolciastro in bocca, tanto che i 
    colleghi l’hanno accompagnato al Pronto soccorso di Cattinara, dove gli è 
    stato rilasciato un referto che parla di una prognosi di tre giorni. 
    A rendere noto l’episodio, che risale alla notte fra martedì e ieri è la 
    sigla sindacale autonoma Csa, per voce del vicecoordinatore regionale Sergio 
    Rudini. 
    «Il Coordinamento indacale autonomo - scrive Rudini in una nota stampa - 
    deve intervenire suo malgrado sulla questione della Ferriera. Sono note a 
    tutti le problematiche inerenti l'inquinamento del sito ma non tutti sanno 
    che la polizia municipale effettua controlli di ruotine durante le notti. 
    Controlli, si fa per dire: ad intervalli regolari, una pattuglia si reca nei 
    pressi dello stabilimento, scruta l’orrizzonte e annusa l’aria».  
    «Malgrado la probabile buona volontà e buona fede che arriva dai vertici 
    comunali - si legge ancora nel comunicato - appare risibile, ridicolo ed 
    inconcludente questo tipo di attività. Infatti, pur in quest’epoca di 
    pretoriani ed agenti superdotati, sembra singolare che le doti del personale 
    siano simili a quelle dell’uomo bionico, capaci cioè di rilevazioni 
    superiori a quelle dell’Arpa». 
    Rudini, a questo punto, riferisce del fatto accaduto «nella notte tra il 28 
    ed il 29 agosto: la pattuglia impegnata in questo compito si reca nei pressi 
    della Ferriera, due restano a bordo, un terzo scende e sniffa. Così come le 
    leggende metropolitane raccontano che nella notte le emissioni dello 
    stabilimento misteriosamente aumentano, così la persona che scruta e annusa 
    si sente male. L’avvenimento si somma alle innumerevoli segnalazioni dei 
    residenti in zona. Come sigla sindacale stigmatizziamo questi tipi di 
    controlli che mettono in pericolo la salute dei lavoratori, senza ottenere 
    nessun dato concreto sull’effettivo inquinamento».  | 
  
 
 
 
LA REPUBBLICA - MERCOLEDI', 
29 
agosto 2007
 
 Istat, 
Trento la città più "ecologica" - In Italia cresce la raccolta differenziata - 
Rapporto sul 2006 che analizza 111 capoluoghi di provincia. Male Massa, Enna e 
Olbia
Aumentano le due ruote, l'inquinamento da polveri 
sottili ma anche il verde pubblico
ROMA - Trento è il comune più 
eco-compatibile d'Italia. Il più attento, insomma, a non trascurare l'impatto 
ambientale delle sue politiche. Lo dice l'Istat che, nell'indagine sugli 
"Indicatori ambientali urbani" per il 2006, stila una classifica delle città più 
"ecologiche". Trento è seguito da Venezia, Modena e Bologna. Vanno male, invece, 
Massa, Enna e Olbia. 
Dallo studio emergono anche tante contraddizioni nel modo di vivere le 
problematiche ambientali da parte degli italiani. Che amano sempre più le due 
ruote ma sono anche più attenti alla raccolta differenziata. Nelle città, 
comunque, cresce l'inquinamento da polveri sottili Pm10, ma anche lo spazio 
dedicato al verde pubblico. 
La classifica. I dieci comuni più eco-compatibili del 2006 sono, 
nell'ordine, Trento, Venezia, Modena, Bologna, Bolzano, Livorno, Brindisi, 
Genova, Avellino e Aosta. La "regina" delle città ecologiche, Trento, ha una 
percentuale di raccolta differenziata vicina al 50 per cento, un'alta densità di 
verde urbano e ha sviluppato interventi di bonifica del rumore. Massa invece è 
il comune meno eco-compatibile: qui si raccolgono (e quindi si producono) troppi 
rifiuti, si registra un alto consumo d'acqua e una totale assenza di un piano 
del traffico. 
Trasporti. Secondo il rapporto nel 2006 è aumentato il tasso di 
motorizzazione (+0,7 per cento rispetto all'anno prima): in media, ci sono 619,7 
auto ogni mille abitanti. I comuni più "motorizzati" sono Viterbo, Roma e 
latina. Ma gli italiani, anche a causa delle difficoltà di trovare parcheggio e 
delle limitazioni alla circolazione, puntano sempre più sui motocicli. Le due 
ruote, infatti, hanno registrato un'impennata del 7,1 per cento. Le città in cui 
moto e motorini sono più diffusi sono Imperia, Livorno e Savona. Per quanto 
riguarda i trasporti, aumenta anche la richiesta di quello pubblico: +2,6 per 
cento. 
Rifiuti. A fronte di un aumento della quantità di rifiuti urbani raccolti 
(+1,6 per cento: ogni abitante produce in media 633,9 chili di spazzatura 
all'anno), si registra anche una crescita significativa della raccolta 
differenziata. Che segna un +7,1 per cento, e dunque una maggiore attenzione da 
parte dei cittadini per i problemi collegati al riciclo. La percentuale di 
raccolta differenziata varia a seconda delle zone d'Italia: 33,6 per cento al 
Nord, 23 al Centro e 10,1 al Sud. La carta è il materiale più raccolto nel 
servizio differenziato. 
Verde urbano. Il verde pubblico, tra parchi e giardini, si ritaglia un 
piccolo spazio in più (1 per cento) rispetto al 2005. Bari, Milano e Bologna 
registrano le maggiori variazioni in positivo dal 2005. Pisa è la città che ha 
la più alta percentuale di verde urbano sulla superficie comunale: il 71,9 per 
cento. 
L'inquinamento. Nei 73 comuni che monitorano le polvere sottili, le 
centraline hanno segnalato che il Pm10 ha superato in media i limiti previsti 
67,2 giorni l'anno, con un incremento del 7,3 per cento rispetto all'anno 
precedente. La situazione migliora scendendo da Nord a Sud: nel Settentrione 
infatti i limiti sono stati superati in media 88,6 giorni, al Centro 64,5 giorni 
e nel Meridione 27,9. 
Energia. Nel 2006 è diminuito il consumo pro-capite di gas metano per uso 
domestico e per il riscaldamento: -4,8 per cento. Giù anche il consumo 
pro-capite di energia elettrica per uso domestico, che scende del 6,2 per cento. 
Reggio Calabria è la città che usa meno gas metano, Avellino quella che consuma 
meno energia elettrica. 
 
 
 
IL PICCOLO - MERCOLEDI',  29 
agosto 2007
 
 
  
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    PIANO DEL TRAFFICO - «Via le 
    auto dal Borgo Teresiano»  - 
    «Anello tra via Carducci, Rive e 
    corso Italia e via Mazzini pedonale»  | 
  
  
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    Il sindaco 
    Dipiazza sfoggia ottimismo per la conclusione della vicenda Stream e 
    prefigura possibili nuovi scenari del traffico  
    
    Passa per la soluzione della 
    vicenda Stream una fetta determinante dei problemi della viabilità 
    cittadina. Liberata l’area di via Mazzini, come per un effetto tornasole, si 
    dovrebbe sbloccare lo stesso piano del traffico e far partire un percorso a 
    tappe che dovrebbe portare alla pedonalizzazione completa del Borgo 
    Teresiano entro dieci anni e alla creazione di una sorta di «ring» alla 
    viennese che avrebbe in via Carducci, nelle Rive e in corso Italia il 
    perimetro importante. 
    Il sindaco Dipiazza, che si è trovato a palleggiare tra le critiche sulla 
    materia arrivategli addosso più dalla sua maggioranza che dall’opposizione, 
    sembra sicuro. «Diciamo che – debutta il primo cittadino – c’è un cauto 
    ottimismo sulla possibilità che la vertenza civile ancora in corso con 
    l’Ansaldo (ideatrice di Stream ndr) vada a buon fine. A quel punto 
    ripartiremo proprio da via Mazzini, che attualmente spezza in due la città. 
    Sì, le conosco le perplessità, c’è chi sostiene che la via è bruttina e si 
    presta meno alla pedonalizzazione di corso Italia. Ma non era forse – si 
    infervora Dipiazza – la stessa cosa che si diceva anni fa di via San Nicolò, 
    che oggi è un gioiello? No, credetemi, se l’affare Stream finisce come 
    pensiamo e speriamo in via Mazzini, con qualche bell’alberetto piazzato 
    sulla carreggiata e fanali lungo la strada, come in via Muratti cambierebbe 
    volto in maniera decisiva. E allora sì che anche i negozi potrebbero 
    beneficiarne». 
    Un passo indietro. L’ottimismo del sindaco nasce in prima battuta dalla 
    sentenza del Consiglio di Stato che ha dato ragione all’Agenzia per la 
    mobilità territoriale (Amt), controllata all’87 per cento dallo stesso 
    Comune ma formalmente responsabile dei rapporti diretti con l’Ansaldo. La 
    disdetta di Stream, era stato deciso in quell’occasione, era regolare. 
    Smentendo in questo il Tar (Tribunale amministrativo regionale), che aveva 
    annullato la delibera con la quale il Comune bloccava la sperimentazione del 
    bus elettrico. Dalla rimozione della rotaia magnetica, che tuttora 
    caratterizza la via Mazzini e dalla successiva riasfaltatura potrebbe 
    partire la Fase due della soffertissima rivoluzione della viabilità. Prima 
    della rotaie, però, va rimosso con sentenza, «prevista ai primi di ottobre», 
    ricorda Dipiazza, un macigno che si chiama 24 milioni di euro di richiesta 
    danni inoltrata dall’Ansaldo all’Amt. 
    «Non voglio rifare tutta la storia – dice Dipiazza – ma Stream doveva andare 
    da San Giovanni a Riva Traiana, ma ha incontrato problemi notevoli nella 
    sperimentazione, tanto che l’installazione della rotaia si è fermata ai soli 
    6-700 metri di via Mazzini, rimasta, nei fatti, blindata e bloccata». Non si 
    preoccupa apparentemente, Dipiazza, delle cifre in ballo, roba da 
    prosciugare mezzo bilancio comunale. «Mah, in questi casi le cifre sono 
    sempre così, in libertà. Porrei invece l’accento sul fatto che i sei anni 
    finora persi hanno condizionato lo sviluppo di tutta quell’area. Sei anni 
    significa un mandato più un anno da sindaco in cui non ho potuto mettere 
    mano a niente. Così come non farò niente per quanto riguarda la rimozione 
    della banda magnetica fino a quando non ci sarà la certezza della sentenza». 
    Visto che l’ottimismo sembra comunque di casa, Dipiazza pensa al «dopo». E 
    qui, in un ipotesi «Borgo Teresiano completamente pedonale entro una decina 
    d’anni», spunta l’ipotesi bus elettrici. Una possibilità che era stata fatta 
    circolare subito dopo la «rottura» con Stream e viene confermata adesso, sia 
    pure come scelta di massima. «A Roma e Firenze – racconta – esistono autobus 
    elettrici di piccole dimensioni che andrebbero benissimo, per dire, su 
    un’ipotetica direttrice tra via Ghega e Corso Italia». Non sembrano poter 
    esserci, dunque, margini di recupero per quell’idea lungamente vagheggiata 
    da ampi strati della coalizione di centrodestra, e cioè di pensare a un 
    corso Italia chiuso perennemente al traffico e non solo in poche occasioni 
    ludiche nell’arco dell’anno. «Il problema principale – taglia corto Dipiazza 
    – è adesso quello di chiudere tutto al traffico in quell’area. A quel punto, 
    come nei modelli tedeschi o austriaci (Vienna, per non andare troppo 
    lontani) si può ipotizzare un anello tra via Carducci, corso Italia e le 
    Rive, perchè senza questi tre sfoghi spiegatemi voi come ci si può muovere 
    ai margini della città pedonale». 
    
    Furio Baldassi  | 
  
 
 
  
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    PIANO DEL TRAFFICO - 
    L’opposizione vuol recuperare le gallerie  - Il centrosinistra appoggia 
    i progetti Largo Mioni-via d’Alviano e Boschetto-via Revoltella  | 
  
  
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    Ripescate le 
    direttive del piano Honsell-Barduzzi del ’96. Drossi Fortuna: «Faremo una 
    controproposta che aiuterà anche il sindaco»   | 
  
  
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    Omero: «Per 
    rivedere certi progetti non basta concentrarsi sui flussi della circolazione 
    ma anche sulle strutture a loro disposizione»  | 
  
  
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    Riabilitare il progetto della 
    nuova galleria fra largo Mioni e via D’Alviano, sotto San Giacomo, prevista 
    dal piano del traffico Honsell-Barduzzi (commissionato nel ’96 e oggi in 
    vigore) ma stralciata dal Prusst nel 2002 dall’amministrazione Dipiazza. E 
    abbinarvi, eventualmente, l’ipotesi di un tunnel fra la rotonda del 
    Boschetto e via Revoltella (inclusa sempre nel piano Honsell) creando così 
    un anello periferico per la circolazione dei mezzi privati in grado di 
    decongestionare il centro. Da qui parte la controproposta che l’opposizione 
    di centrosinistra lancerà a breve sul piano del traffico, sulla base della 
    bozza Camus venuta alla luce nei giorni scorsi. Tale bozza accenna alle due 
    gallerie nel capitolo degli «scenari di medio-lungo periodo», non previsti 
    però fra gli interventi di una bozza nata per «un piano a breve termine, 
    teso alla razionalizzazione delle infrastrutture esistenti». 
    «Se si vuole aggiornare un piano del traffico non ci si può limitare ai 
    flussi, ma bisogna riconsiderare le strutture a disposizione dei flussi», fa 
    notare subito Fabio Omero, segretario dei Ds. 
    L’INCONTRO «Faremo un incontro fra i rappresentanti del 
    centrosinistra - annuncia quindi il presidente dei Cittadini Uberto Drossi 
    Fortuna, senza però sbilanciarsi sui tempi - per elaborare una 
    controproposta che verrà in soccorso allo stesso sindaco Dipiazza, il quale 
    si smentisce di giorno in giorno». Anche perché la nuova legge regionale sul 
    trasporto pubblico locale - rileva ancora Drossi da presidente della Quarta 
    commissione di piazza Oberdan su viabilità e pianificazione territoriale - 
    «impone ai comuni di mettere a punto entro il 2011 un piano del traffico che 
    potenzi l’uso dei mezzi pubblici, pena il taglio dei trasferimenti 
    finanziari». 
    Il primo atto del contropiano targato centrosinistra - lascia intendere il 
    capogruppo della Margherita in Consiglio comunale Sergio Lupieri - arriverà 
    la prossima settimana, quando la Sesta commissione (competente su 
    urbanistica e traffico) tornerà a riunirsi dopo la parentesi estiva. «Come 
    capigruppo d’opposizione - spiega Lupieri - abbiamo chiesto al sindaco che 
    in quell’occasione ci sia consegnata la bozza Camus, che noi non abbiamo 
    ancora avuto modo di vedere se non attraverso il giornale». 
    LE GALLERIE Solo con il documento fra le mani, dunque, potrà scattare 
    l’iter del contropiano. Che dovrebbe comunque poggiare - insiste Omero - 
    sulle due gallerie previste dal piano Honsell, in particolare quella sotto 
    San Giacomo: «Una volta insediatasi - ricorda il leader della Quercia - la 
    prima giunta Dipiazza decise di non dar corso al tunnel (lungo circa 380 
    metri, contro cui insorsero gli abitanti della zona di largo Mioni, ndr). 
    Salvo rendersi conto, poi, che ciò rendeva impraticabile la pedonalizzazione 
    di corso Italia». «Per me quella galleria va fatta - dice polemico Drossi 
    Fortuna - nonostante Piero Camber sostenga che in quella zona rischio di 
    perdere voti. Ma io penso allo sviluppo della città nel suo complesso». 
    «Sarebbe un’ottima risposta - chiude il cerchio Lupieri - anche per 
    alleggerire l’inquinamento del centro». 
    CORSO ITALIA Per corso Italia Omero ne considera «tecnicamente 
    difficile» la pedonalizzazione «perché se metti un nuovo parcheggio sotto 
    San Giusto e un altro nei pressi del Teatro Romano, per quasi mille stalli 
    totali, dove si dirigono poi le auto in uscita? Sulla sola via San 
    Spiridione?». «Sono sempre stato contrario alla pedonalizzazione di corso 
    Italia - incalza Drossi Fortuna - mentre lì ci vedo un allargamento dei 
    marciapiedi e dell’arredo, a partire dall’illuminazione, senza escludere la 
    viabilità».  
    BORGO TERESIANO Su Borgo Teresiano libero dalle auto (ieri si è 
    espresso anche Dipiazza, vedi sopra, ndr) per Omero «non si può 
    pedonalizzare la zona dei negozi di pregio verso corso Italia e non la parte 
    opposta, verso via Ghega, dove ci sono i cinesi. Sarebbe una scelta 
    classista non compatibile con l’unicum storico del Borgo». 
    I PARCHEGGI Il piano del traffico, aggiunge Omero, «dovrebbe inoltre 
    guardare di più alle piste ciclabili e ai parcheggi a corona attorno al 
    centro, serviti da bus navetta». Per Drossi Fortuna, però, «l’autentico 
    peccato mortale e ingiustificato della gestione Dipiazza è non aver 
    continuato nella realizzazione dei parcheggi previsti dal piano del 2000. 
    Ponterosso, Rive, Barriera, via Giustiniano e Roiano: potevano essere tutti 
    già fatti». 
    «Sono i park del centro - conclude il consigliere regionale illyano - i 
    presupposti per un nuovo piano del traffico. Assieme alla galleria di largo 
    Mioni». 
    
    Piero Rauber  | 
  
 
 
  
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    LE OMBRE DELLA TAV 
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    Più vengono alla luce le 
    criticità dei progetti Tav, più aumenta il battage propagandistico dei loro 
    sostenitori, battage in verità sempre più affannoso. Ecco, per esempio, in 
    un'intervista al Piccolo, il presidente della Fondazione Nord Est Daniele 
    Marini esaltare il modello spagnolo. Non è forse inopportuno ricordare che 
    la Fondazione Nord Est è un «istituto di ricerca sociale ed economico - si 
    legge nel suo sito - promosso dalle associazioni confindustriali e dalle 
    Camere di commercio del Trentino Alto Adige, del Veneto e del Fvg». 
    
    Tra i soci benemeriti la 
    Provincia di Trento e la Regione Friuli Venezia Giulia.  
    Tornando alla Tav, bastano 20 minuti con il treno ad alta velocità - afferma 
    Marini - per coprire i 70 km tra Madrid e Toledo. Il che, aggiunge, permette 
    ad esempio di vivere a Toledo ("dove le case costano la metà") e lavorare a 
    Madrid. 
    Sul sito di Renfe (le ferrovie spagnole) si può vedere che: il tragitto tra 
    le due città viene coperto in 30 (non 20) minuti; il biglietto costa 8.60 
    euro (classe unica); l'abbonamento più conveniente è quello mensile (50 
    corse) e costa 193 euro. Quanti sono i lavoratori che possono permettersi di 
    spendere oltre 2.300 euro (193 volte 12) all'anno di treno per abitare a 
    Toledo e lavorare a Madrid? I dirigenti, certo, ma gli altri? 
    C'è un altro paio di cose che Marini dimentica. La linea Madrid-Toledo, 
    inaugurata meno di due anni fa, è costata a consuntivo 215 milioni di euro 
    per 74 km, vale a dire meno di 3 milioni a km. Per i 150 km della 
    Venezia-Trieste il ministro Di Pietro, nel documento sulle "Infrastrutture 
    prioritarie" del novembre 2006, stima un costo di 6.129 milioni di euro, 
    cioè quasi 41 milioni a km. Togliamo pure i 1.929 milioni previsti per i 37 
    km della Ronchi Sud-Trieste, dove incidono i costi per le gallerie (28 km) 
    sotto il Carso. Rimangono 4.200 milioni per i restanti 113 km (tutti in 
    pianura), vale a dire circa 37 milioni a km.  
    Qualcosa non torna. Del resto da anni molti chiedono spiegazioni sul 
    differenziale di costo tra le linee Tav costruite in Italia e quelle 
    francesi e spagnole, senza però riuscire ad avere risposte. Quanto finirebbe 
    per costare il biglietto sull'ipotetica Tav Venezia-Trieste? 
    Intanto, però, l'assessore Sonego si affanna a ripetere che la Tav servirà 
    soprattutto alle merci, per "togliere i Tir dalle autostrade". Eurostat lo 
    smentisce: le statistiche europee sui trasporti mostrano infatti che anche 
    dove la Tav esiste da anni, i mezzi su gomma dominano incontrastati nel 
    trasporto merci: in Francia il 21,3% delle merci viaggiava su ferro nel 
    1994, ma nel 2005 la percentuale era scesa al 16. Nello stesso arco di 
    tempo, il trasporto di merci su gomma è salito dal 75,3 all'80,5. In Spagna, 
    solo l'8,5% delle merci viaggiava sui treni nel '94, ma nel 2005 la 
    percentuale è scesa al 4,8 e nel frattempo la gomma ha aumentato la sua 
    quota dal 91,5 al 95,2. Peggio dell'Italia, dove nel '94 viaggiava su ferro 
    il 12,8 delle merci (e l'87,1 su gomma), mentre nel 2005 la percentuale è 
    scesa al 9,7 (il 90,3 su gomma). 
    Ma almeno i passeggeri su ferro saranno aumentati, dov'è c'è la Tav? Manco 
    per niente. Secondo i dati Eurostat, in Francia nel 1991 solo l'8,8% dei 
    passeggeri ha scelto la rotaia, mentre nel 2002 (non sono disponibili dati 
    più recenti) la percentuale era dell'8,6. In Spagna, il 5,8% su treno nel 
    '91 e il 4,8 nel 2002. Più o meno come in Italia: sui treni il 6,7 dei 
    passeggeri nel '91 e il 5,4 per cento nel 2002. 
    Eppure c'è un'Europa che presenta situazioni e tendenze diverse. L'Austria, 
    ad esempio (nel '94 il 42,9% delle merci nel '94 viaggiava su ferro, 
    percentuale scesa al 32,6 nel 2005, ma siamo comunque su un altro pianeta 
    rispetto ai Paesi citati prima), oppure la Gran Bretagna (7,7% delle merci 
    su ferro nel '94, 11,9 nel 2005), o la stessa Slovenia (32,4% di traffico 
    merci su ferro nel '94, e 22,7 nel 2005). Nessuno di questi Paesi intende 
    costruire Tav, bensì buone ferrovie moderne, dal costo ragionevole. 
    Non sarà forse che l'attrattiva della ferrovia, rispetto alla gomma, dipende 
    dall'organizzazione complessiva del sistema dei trasporti, molto più che 
    dalle caratteristiche delle infrastrutture? Dall'efficienza (puntualità, 
    comodità, competitività delle tariffe, ecc.) del sistema ferroviario 
    rispetto alle alternative su strada? Perché è anche falso, poi, che negli 
    ultimi anni nel nord est non si sia realizzato nulla di nuovo: basti pensare 
    alla "Pontebbana", inaugurata nel 2002, che però funziona solo al 25 per 
    cento circa della sua capacità (mentre la parallela A 23 è piena di Tir), o 
    al raddoppio dei binari sulla Gorizia-Cormons (ma i tempi di transito sulla 
    linea sono aumentati rispetto a quand'era a binario singolo…). 
    Dario Predonzan - Wwf Friuli Venezia Giulia  | 
  
 
 
  
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    Terza corsia A4, via al 
    progetto Villesse-Gonars  - Convocata per il 27 settembre l’assemblea 
    di Autovie per approvare la convenzione con l’Anas  | 
  
  
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    Il consiglio 
    di amministrazione ha deciso i passi formali per l’affidamento della 
    concessione. L’incontro risolutivo si terrà il 24  
    
    TRIESTE La decisione finale è 
    attesa tra un mese. L’assemblea dei soci di Autovie Venete, che dovrà 
    ratificare la bozza di convenzione unica (che riguarda l’affidamento della 
    concessione per l’A4, la A23 e la A28) firmata dalla società con l’Anas, è 
    stata convocata il 27 di settembre. 
    Tre giorni prima della scadenza che i due enti si sono dati per completare i 
    passaggi formali di loro competenza, prima del nuovo incontro. Quello che 
    dovrebbe ratificare la convenzione e rendere più rosa il futuro della 
    concessionaria. Ma nel frattempo, grazie alla deroga ricevuta a Roma, la 
    progettazione della terza corsia dell’A4 va avanti. Il consiglio di 
    amministrazione ha dato il via libera alle gare per la progettazione 
    definitiva dei tratti Quarto D’Altino San Donà e Gonars Villesse, ovvero 
    quelli liberi dall’affiancamento con la ferrovia. 
    LA CONVENZIONE Il consiglio di amministrazione ha analizzato per la 
    prima volta i termini della convenzione che Autovie e Anas hanno 
    sottoscritto in via provvisoria. Il documento non contiene il cronoprogramma 
    delle opere, contiene però una serie di adempimenti e impegni, da parte 
    della concessionaria, che il consiglio di amministrazione ha chiesto di 
    studiare prima dell’approvazione. Il via libera del cda prima, e 
    dell’assemblea poi, consentiranno di stendere lo schema di convenzione unica 
    (concordata tra Anas e Autovie Venete), ai sensi e per gli effetti 
    dell’articolo 2 comma 84 del decreto legge 262 del 2006, che sarà poi 
    sottoscritto congiuntamente da Autovie e Anas. A questo proposito, 
    l’amministratore delegato Pietro Del Fabbro, ha comunicato che l’assemblea 
    ordinaria della società (che fa parte di Friulia Holding) è stata convocata, 
    a Trieste, giovedì 27 settembre alle 10.30. Il cda risolutivo sarà quindi il 
    24 settembre. I maliziosi ritengono che l’assemblea sia stata convocata tre 
    giorni prima della scadenza che Anas e Autovie si sono date per approvare la 
    bozza, in modo da non mettere i soci nella condizione di chiedere modifiche. 
    In realtà in queste settimane ci sarebbero già stati diversi incontri 
    informali con i soci della Holding per verificare eventuali obiezioni. 
    L’approvazione del documento è molto importante perché modifiche sostanziali 
    porterebbero annullare l’accordo con Anas e dilatare ulteriormente i tempi 
    di realizzazione della terza corsia. 
    TERZA CORSIA Approvati intanto i bandi di gara (per complessivi 6 
    milioni di euro) per la progettazione dei tratti della terza corsia non 
    interessati dal parallelismo ferroviario, ovvero: Gonars-Villesse e San Donà 
    di Piave (svincolo di Alvisopoli) – San Michele al Tagliamento , mentre per 
    la restante tratta (San Michele al Tagliamento – Gonars), interessata dal 
    parallelismo ferroviario, è stato chiesto all’Anas di avviare un programma 
    di lavoro con Rfi per mettere a punto tutte le condizioni necessarie (dalla 
    definizione dei cavalcavia all’ altezza delle due reti, fino alle 
    problematiche delle loro interferenze) derivanti dall’affiancamento tra la 
    rete autostradale e quella ferroviaria, messa a punto indispensabile alle 
    redazione del progetto definitivo. Il nodo da sciogliere resta la posizione 
    del Veneto che non vorrebbe affiancamento alla linea ad alta capacità/alta 
    velocità nel suo territorio. Sempre nell’ambito dell’iter per la 
    realizzazione della terza corsia, resta aperta anche la partita «commissario 
    straordinario». I governatori di Friuli Venezia Giulia e Veneto continuino a 
    fare pressing sul governo, ma decisioni in merito non sarebbero attese prima 
    di metà settembre. Riccardo Illy ha incontrato di recente il sottosegretario 
    alla Presidenza del Consiglio, Enrico Letta, e in quella occasione avrebbe 
    nuovamente affrontato l'argomento. 
    A 28 Il cda di Autovie ha confermato anche la data della posa della prima 
    pietra per il lotto 29 dell’A28: mercoledì 12 settembre. 
    L’affidamento dei lavori dell’ultimo lotto autostradale concluderanno il 
    prolungamento da Pordenone a Conegliano (importo a base d’asta 45 milioni di 
    euro, importo netto di assegnazione 30 milioni e 500 mila euro, più 2 
    milioni di euro per gli interventi di sicurezza). Il consiglio ha affidato 
    il lavori alla ditta Cmb. di Carpi, vincitrice della gara. 
    Martina Milia  | 
  
 
 
  
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    Costiera cementificata  | 
  
  
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    Verso la fine di luglio 
    durante le assemblee consigliari imperniate principalmente su problemi di 
    urbanistica cittadina, si è osservato che prima è stata approvata 
    l’edificazione definita di Cedassamare, poi il raddoppio dell’hotel Riviera, 
    poi l’insediamento della scuola internazionale nell’area scientifica del 
    Sincrotrone di Basovizza e da ultimo (e solo dopo) sono state approvate le 
    nuove direttive di revisione del piano regolatore. Alla fine di questa 
    maratona il commento unanime o quasi dei consiglieri, assessori e sindaco è 
    stato di grande soddisfazione per avere finalmente posto un punto fermo alla 
    cementificazione selvaggia in Costiera, sul Carso e comunque nei siti di 
    interesse della città. 
    Ci chiediamo: tutte le delibere dei giorni precedenti cosa sono? 
    Di chi sono i progetti delle delibere approvate? 
    Ci viene la tentazione di credere che l’intero Consiglio comunale abbia 
    lavorato per giorni interi fino a tardissima ora per una sola persona 
    approvando prima delle direttive generali le problematiche particolari del 
    singolo privato e solo dopo quelle generali riguardanti la comunità. 
    Daniela Valentini  | 
  
 
  
  
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    Il progetto dell’alta 
    velocità  | 
  
  
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    Ottimo, veramente ottimo e 
    chiaro l’articolo di Livio Sirovich sul Piccolo del 19 agosto sul problema 
    della Tav o ex Tav. In sintesi e ho capito bene, l’originario progetto che 
    avrebbe rilanciato il porto di Trieste, non si farà più. Si farà invece 
    attuazione agli interessi della Slovenia che, giustamente, punta a 
    valorizzare il porto di Capodistria, a discapito del vicino concorrente. 
    A questo punto a noi conviene ancora partecipare a questo progetto? 
    Visti gli scenari, non rosei, prospettati, quando sentiremo e vedremo la 
    mobilitazione sindacale, sempre pronta a difendere posizioni «particolari» e 
    non l’interesse generale? 
    Mi aspetto, e spero a breve, una risposta da parte di tutti inostri 
    parlamentari che veramente dovrebbe «fare sistema» per salvare il futuro del 
    porto. Non so se l’assessore ai Trasporti Sonego e il nostro presidente Illy 
    hanno qualcosa da dire e chiarire in proposito, oltre alle solite frasi di 
    circostanza. Un parere del presidente Boniciolli mi chiarirebbe molte cose. 
    Iginio Zanini  | 
  
 
 
 
IL PICCOLO - MARTEDI', 28 
agosto 2007
 
 
  
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    Largo ai bus 
    con il Piano traffico - Previsti fino all’11% di aumento passeggeri e il 
    162% in più di corsie riservate   | 
  
  
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    Mentre il 
    sindaco Dipiazza conferma il «no» al Corso Italia pedonale e rinvia le 
    decisioni su via Mazzini  
    
    Il piano del traffico resta nel 
    cassetto, ma almeno una cosa viene data per certa dall’ingegnere Roberto 
    Camus, suo estensore: chi avrebbe da beneficiarne, in prima battuta, sarebbe 
    il servizio di trasporto pubblico. Equazione facile: meno parcheggi liberi 
    eguale più vetture bloccate a casa, ergo non rimane che il bus. Camus, nella 
    bozza, dà anche la cifre: l’aumento del numero di utenti che utilizzano 
    l’autobus per spostarsi sarebbe immediatamente quantificabile nel 4,4 per 
    cento, «a parità di configurazione viaria». 
    Ma qui, altro dato interessante, si apprende che lo sviluppo delle corsie 
    riservate ai mezzi pubblici aumenterebbe del 162 per cento, portando il 
    totale a oltre 10 chilometri (per la precisione 10.381 metri) e, unendolo 
    agli altri provvedimenti in divenire, farebbe configurare un aumento di 
    utenza che si aggirerebbe sull’11,5 per cento «rispetto al carico 
    attualmente rilevato a bordo del servizio pubblico nell’ora di punta della 
    mattina» e sul 10,35 per cento «rispetto al carico attuale con riferimento 
    all’intera giornata». 
    E che alla base di questa rivincita del bus ci sia il previsto calo nella 
    circolazione delle moto e delle auto lo spiega il paragrafo successivo che 
    parla di chiara «inversione di tendenza». Gli incrementi, insomma, sarebbero 
    dichiaratamente ottenuti «a scapito della mobilità motorizzata sia sulle due 
    che sulla quattro ruote, rispettivamente col -1,4 e il -14,1 per cento». 
    Un certo rilievo viene anche assegnato alle razionalizzazioni di linee, e al 
    riguardo vengono citate la 5 che assorbe la 18, la 15 che si fonde con la 17 
    e la 20 barrata, «che assumono la rilevanza di nuove linee portanti». Questi 
    ritocchi, viene ancora aggiunto, porterebbero a ridurre i trasbordi dell’11 
    per cento e a un incremento del coefficiente di occupazione dei bus stessi. 
    Saranno dunque i trasporti pubblici i veri, reali beneficiari del piano 
    Camus, sia pur emendato o modificato? Per intanto, il tema continua a far 
    discutere.  
    Il sindaco Dipiazza ha ribadito anche ieri come allo status quo sia 
    impossibile contemplare l’ipotesi del Corso Italia totalmente pedonale, cara 
    a più di qualche esponente della sua giunta, e come il piano del traffico 
    stesso nella sua futura, finale stesura, non possa non tener conto delle 
    variazioni subentrate dopo l’avvio della rinnovata viabilità sulle Rive e in 
    Barriera Vecchia. La stessa via Mazzini rimane per il momento un tabù, per 
    motivi facilmente comprensibili: sta per concludersi il lungo contenzioso 
    tra Comune e Ansaldo sul bus a trazione elettrica Stream, la cui 
    sperimentazione in città fu troncata unilateralmente dalla prima giunta 
    Dipiazza. 
    Sebbene alcune indiscrezioni parlino di possibile esito favorevole per il 
    Municipio (che diversamente sarebbe chiamato a un rimborso milionario) la 
    prudenza è dovuta. E tale, comunque, da non ipotecare il futuro di quella 
    via e, a catena, di quelle che ne seguirebbero collateralmente il destino. 
    La riapertura, almeno parziale, di via Mazzini al traffico privato resta per 
    il momento nel Limbo.  
    f.b.  | 
  
 
 
  
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    San Sabba, 
    nuova perdita di gasolio nel porticciolo dei pescasportivi - Restano ancora 
    misteriose anche le cause del primo inquinamento   | 
  
  
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    Nuovo allarme inquinamento nel 
    porticciolo di San Sabba, già invaso nei giorni scorsi, assieme all’area 
    adiacente della «Depositi costieri spa», da ripetute ondate di idrocarburi. 
    In dettaglio gasolio uscito da una falla di una vecchia tubazione non ancora 
    compiutamente individuata. 
    Ieri nel pomeriggio una schiuma oleosa di colore bruno sframmista a grumi è 
    entrata tra le imbarcazioni all’ormeggio. I dirigenti dell’Associazione di 
    pescasportivi che gestisce i pontili, hanno immediatamente allertato la 
    Capitaneria di Porto che ha inviato a San Sabba prima una motovedetta, poi 
    una squadra via terra. 
    Sono stati coinvolti nel sopralluogo anche i tecnici della ditta «Crismani» 
    che assieme agli uomini della Capitaneria hanno raccolto alcuni «campioni» 
    della schiuma e dei grumi in essa contenuti. Saranno analizzati per 
    comprenderne la natura e l’origine. 
    «Non dovrebbe trattarsi di idrocarburi» hanno affermato in Capitaneria 
    usando il condizionale. Di fatto l’invasione del porticciolo di ieri 
    pomeriggio non ha avuto le caratteristiche delle precedenti, accompagnate 
    sempre da un forte odore di gasolio che irritava naso e gola. 
    «Potrebbe trattarsi di una fuoriuscita in mare degli addittivi usati 
    nell’impianto di raffreddamento della Ferriera. Di solito sono molto chiari, 
    quasi bianchi, mentre in questa occasione hanno il colore del cioccolato» ha 
    azzardato un frequentatore del porticciolo di San Sabba. Altri hanno invece 
    indicato come possibile responsabile della nuova ondata inquinante, la 
    vicina foce cementata del Rio Primario. 
    Insomma, un nuovo mistero da chiarire che si affianca a quello della 
    precedente fuoriuscita di gasolio, protrattasi per una decina di giorni. In 
    effetti la zona coinvolta nel misterioso spandimento è ancora delimitata da 
    tre linee di panne che se altro carburante dovesse finire in mare, sono 
    pronte a trattenerlo in uno spazio circoscritto, dove possono agire le 
    imbarcazioni antinquinamento della ditta Crismani. 
    La presenza della panne è stata inserita nei giorni scorsi nell’elenco degli 
    «avvisi ai naviganti» per evitare problemi ai rimorchiatori e alle 
    «bettoline» che si riforniscono di gasolio ai pontili della «Depositi 
    costieri spa». 
    Nell’area interessata al versamento di gasolio - sempre su incarico della 
    Capitaneria e dell’Autorità portuale - sono stati effettuati nei giorni 
    scorsi numerosi sondaggi nel terreno per verificare l’entità dello 
    spandimento. Sono stati scavati alcuni pozzetti che hanno confermato che il 
    carburante non ha raggiunto strati profondi. Le panne galleggianti sono 
    rimaste al loro posto anche perché esiste ancora la possibilità che in 
    occasione di alte maree un’onda di dimensioni inusuali, attivi nuovamente lo 
    spandimento in mare. 
    c.e.  | 
  
 
 
  
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    «Sindaco 
    indeciso sul piano del traffico» - Un lettore evidenzia l’incertezza che 
    circonda il documento programmatico comunale   | 
  
  
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    lApprendo dalla stampa che il 
    Piano del traffico, alla cui stesura sta lavorando da molti anni uno stimato 
    ed esperto professionista, non va più bene al nostro sindaco in quanto 
    quest’ultimo ha un piano diverso, ovvero delle idee alternative. 
    Mi permetto allora, da semplice cittadino che ha votato proprio per questa 
    amministrazione, di chiedere quale finalità ha avuto la spesa di tali 
    ingenti risorse pubbliche (150 mila euro al solo professionista) per far 
    predisporre tale studio, ma soprattutto perché si sia sprecato tutto questo 
    tempo (a oggi cinque anni). In base a quali considerazioni non va più bene 
    il piano di cui si discute oggi? 
    Quando ho espresso la fiducia all’attuale sindaco, con il mio voto ho inteso 
    delegare a lui e alla sua squadra il compito di amministrare la città. In 
    una realtà complessa come quella della città di Trieste non si chiede 
    all’amministratore pubblico di redigere personalmente progetti e piani di 
    così grande importanza e per i quali non è possibile prescindere da 
    conoscenze tecniche e approfondite analisi scientifiche che oltretutto 
    richiedono molto tempo. 
    Il senso e la forza di un amministratore si esplicano nel sapere indicare le 
    direttive dello sviluppo e del futuro e, di conseguenza nello scegliere 
    persone esperte, capaci e motivate che sviluppino tali direttive. Nel 
    recente passato è proprio questa la strada che ha percorso la nostra 
    amministrazione, nel presente invece questo sentiero appare più accidentato 
    e incerto. 
    Preoccupa molto, per il futuro della città, che l’impegno degli 
    amministratori sia concentrato nella redazione di un Piano del traffico (o 
    in qualsiasi altro strumento tecnico quale il Piano regolatore) e non nel 
    necessario lavoro di indirizzo e di sintesi, proprio perché i risultati 
    sarebbero inevitabilmente pessimi. In poche parole e, con un esempio forse 
    più chiaro delle righe precedenti, così come qualsiasi appassionato della 
    Ferrari non chiederebbe mai a Montezemolo di fare il meccanico ai box, così 
    i triestini non chiedono al sindaco di redigere i progetti per la Triete del 
    futuro bensì di fornirne gli indirizzi, far predisporre le migliori proposte 
    tecniche e quindi di scegliere tra queste con le virtù di un buon padre di 
    famiglia. 
    In base a questa capacità i cittadini valutano il proprio amministratore. 
    Diego Grubor 
      
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    Pochi 
    cassonetti a Dolina  | 
  
  
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    Qualche tempo fa, complice la 
    bella e ventilata giornata di sole e la temperatura non troppo elevata, 
    decisi di fare un’escursione in Val Rosandra: posi il punto di partenza e 
    d’arrivo in località Draga (comune di Dolina) per la comodità dei 
    parcheggio, avendo scelto un giorno feriale per la mia passeggiata. 
    Andò tutto bene, senonché, al mio ritorno, trovai un «regalino» sul 
    parabrezza dell’auto: avendo parcheggiato sotto un albero di fichi, questi 
    pensò bene di effettuare un lancio strategico di munizioni prendendo di mira 
    proprio la mia quattro ruote. Non mi persi d’animo, recuperai uno straccio e 
    mi dedicai ad aspartare i frutti ormai ridotti a marmellata e ad eseguire 
    una seppur minima pulizia del parabrezza che mi permettesse una guida 
    sicura. Compiuto questo passaggio, ecco sorgere il problema più grande: dove 
    gettare lo straccio con i residui della «marmellata»? 
    Se la memoria non m’ingannava, ricordavo bene che c’erano dei cassonetti 
    delle immondizie nel piazzale, quasi al termine della strada che conduce a 
    Draga: mi guardo a destra, mi guardo a sinistra, ma di questi cassonetti non 
    c’è traccia alcuna. 
    Pazienza, salgo in macchina con straccio e «marmellata» alla ricerca di un 
    cassonetto, che trovo appena giunto a Basovizza (comune di Trieste), dove 
    riesco finalmente a liberarmi del mio «fardello». 
    Se la tanto decantata e celebrata raccolta differenziata promossa 
    dall’amministrazione comunale di Dolina sembra funzionare così a meraviglia 
    e tutti i residenti del comune ne sono così entusiasti, da non residente e 
    appassionato fruitore della Val Rosandra non posso che rammaricarmi del 
    fatto che, nonostante questa sia così promossa a livello turistico con 
    indicazione stradali ad ogni incrocio e così frequentata da triestini e non, 
    non esista neanche un piccolo cestino per le immondizie nei luoghi che 
    normalmente si sa costituiscono punti di arrivo e partenza per qualsivoglia 
    escursione. 
    Mauro Balbo  | 
  
 
 
  
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    Il piano 
    regolatore  | 
  
  
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    Lettera aperta al sindaco sul 
    Piano regolatore. 
    Egregio signor sindaco, entro pochi giorni dovrebbero essere fissate le 
    linee guida cui dovranno far capo gli estensori del nuovo piano regolatore. 
    Poiché riteniamo che l’attuale piano regolatOre – datato 1997 – sia più che 
    altro una semplice zonizzazione con regole molto permissive, non sarà 
    sufficiente una sua revisione anche se condotta in modo serio e obiettivo ma 
    sarà necessario disegnare un piano completo in cui vengano indicate 
    chiaramente nelle zone di espansione strade, piazze, allineamenti, servizi 
    generali ecc. in modo da lasciare molto meno spazio a future varianti. Il 
    nuovo piano regolatore poi dovrebbe essere affidato a mani esperte e fuori 
    da influenze locali, poiché si tratta di un atto importantissimo che sarà il 
    regolare del futuro sviluppo della città. Immediatamente poi, nella lunga 
    attesa della sua realizzazione, vanno, come già da più parti richiesto, 
    tutelati in particolare i territori di pregio ambientale e storico, onde 
    evitare che diventino oggetto di un’ulteriore sfrenata edificazione. Noi 
    facciamo riferimento al territorio che ci compete, e cioè al Carso, ma lo 
    stesso discorso vale anche per la Strada del Friuli, Costiera, Barcola e per 
    tutta la collina che sovrasta Trieste e che è parte integrante della sua 
    immagine. Concludo signor sindaco, affidando a lei una severa e oculata 
    gestione di quanto sopra poiché riteniamo che a lei competa per larga parte 
    la custodia della città e del suo circondario. 
    Gianna Venturini Crismani - copresidente Associazione  difesa di 
    Opicina  | 
  
 
 
 
IL PICCOLO - LUNEDI',  27 
agosto 2007
 
 
  
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    Piano traffico, scompaiono 1119 posteggi liberi  
    - Ma sono previsti 5000 nuovi posti a pagamento e in parking. Per le moto 
    425 spazi in meno  | 
  
  
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    L’offerta di 
    sosta in città rivoluzionata nella bozza Camus con la cancellazione delle 
    Ztl e l’ampliamento delle aree pedonali  
    
    Nel centro e nella prima 
    periferia della città l’applicazione del piano del traffico comporta la 
    diminuzione di 425 posti moto e l’aumento complessivo di 3898 stalli per 
    auto. Un numero quest’ultimo frutto però di un nuovo assetto, che vede 
    salire di 4752 unità i posti auto negli impianti e di 532 quelli scoperti a 
    pagamento, mentre gli stalli non a pagamento per i residenti diminuiscono di 
    267 e calano in maniera drastica - di 1119 unità - quelli liberi. Queste le 
    cifre complessive riportate nella relazione tecnica firmata dall’ingegnere 
    dei trasporti Roberto Camus e dai responsabili del gruppo di lavoro interno 
    del Comune su incarico della stessa amministrazione municipale.  | 
  
  
    | 
     
    Le cifre prospettate discendono 
    anche da alcune linee-guida indicate dalla giunta comunale, sulla cui base 
    Camus ha redatto la bozza: incremento dell’appetibilità del trasporto 
    pubblico, revisione «e possibile eliminazione» delle zone a traffico 
    limitato (ztl), «verifica della possibilità di rivedere le aree di sosta 
    dedicate ai residenti», proposta di misure mirate a «un migliore utilizzo 
    della sosta su strada e in impianto». 
    Nel capitolo parcheggi, la bozza parte dall’analisi della situazione del 
    2004 (il piano è stato consegnato al Comune nel febbraio 2005), conteggiando 
    gli stalli esistenti zona per zona suddivisi per tipologia (residenti, 
    impianti, sosta libera...) Due le osservazioni di rilievo: la prima è che i 
    parcheggi su strada a pagamento risultano molto utilizzati, «con punte 
    attorno al 90% nelle aree centrali». La seconda riguarda l’utilizzo di 
    alcuni parking coperti, che si conferma «di molto inferiore alla relativa 
    capacità». 
    Nello scenario prefigurato con l’applicazione del piano traffico i posti 
    auto salgono complessivamente di 3898 unità grazie ai nuovi stalli a 
    pagamento e a quelli da utilizzare nei parking coperti, ma a fronte di una 
    diminuzione di stalli liberi. La scomparsa delle ztl comporta il passaggio 
    da 332 ai previsti 65 posti riservati ai residenti nel Borgo Teresiano. Per 
    contro, la relazione evidenzia «la crescente offerta di posti auto in 
    impianto» in prossimità delle attuali ztl con «797 posti macchina in fase di 
    avanzata realizzazione», come nei casi dei parking di via San Francesco, 
    Campo San Giacomo, via Cologna. Considerati anche nuovi parcheggi in 
    previsione destinati ai residenti, il numero complessivo per questi ultimi 
    «cresce ancora di 375 posti». 
    Lo studio peraltro è stato redatto prima dell’approvazione del nuovo piano 
    parcheggi che, licenziato dalla giunta la scorsa primavera, prevede 5310 
    posti auto in 18 nuovi contenitori: questi in massima parte non sono 
    contemplati nella bozza Camus, che si limita a prefigurare i parking già nel 
    2004 previsti, come quello del colle di San Giusto o l’ampliamento di Foro 
    Ulpiano. 
    La bozza propone poi che «per venire incontro ai residenti di tutte le aree 
    centrali», comprese quelle oggi non a traffico limitato, la fascia oraria a 
    pagamento venga modificata: non più dalle 8 alle 20, bensì dalle 9 alle 13 e 
    dalle 14.30 alle 19, con sosta libera nel resto delle 24 ore. 
    Quanto ai cosiddetti «visitatori», il numero di posti liberi scende di 1119 
    unità a causa della pedonalizzazione di alcune aree - che complessivamente 
    aumentano del 49,9% rispetto a oggi - e dell’istituzione di nuove corsie 
    riservate a bus e taxi (nel piano ad esempio scompaiono i posti auto in via 
    Battisti per far posto all’ampliamento dei marciapiedi e alle corsie 
    riservate per i bus). Scende il numero di stalli nelle aree Oberdan, 
    Battisti-Giulia, ospedale, Rive e San Giusto. Quanto ai nuovi posti, vengono 
    ricavati sia nelle ex ztl destinate ora a parcheggi a pagamento sia negli 
    impianti esistenti. Il numero complessivo di parcheggi a pagamento su strada 
    aumenta di 532. Per la sosta a rotazione si prevedono poi 1595 posti in più, 
    «senza considerare» nuovi impianti o «l’ampliamento di quelli esistenti». 
    Di segno negativo invece il saldo per i motocicli, che contano su 425 posti 
    in meno «parte dei quali - dice la relazione - potrebbe forse venire 
    ospitata» dentro gli impianti. La perdita di posti per le due ruote si 
    concentra in buona parte nel Borgo Teresiano, con 494 stalli in meno, mentre 
    ne figurano 175 in più nell’area della stazione, a fronte di una situazione 
    sostanzialmente invariata nelle altre zone. 
    
     Paola Bolis  | 
  
 
 
 
IL PICCOLO - DOMENICA,  26 
agosto 2007
 
 
  
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    PIANO DEL TRAFFICO - 
    Ponterosso, aperto ai bus il nuovo ponte sul canale  
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     IL 
    PIANO TRAFFICO SVELATO Nel documento redatto dal professionista si studiano 
    anche gli effetti dell’opera già prospettata dal Comune  | 
  
  
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    È una delle 
    ipotesi della bozza Camus per il futuro: consentirebbe di pedonalizzare via 
    Roma  | 
  
  
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    Mesi fa il 
    Consiglio comunale ha dato via libera a uno studio di fattibilità dell’opera  | 
  
  
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    Un nuovo ponte sul canale di 
    Ponterosso fra le vie Trento e Cassa di Risparmio? Se ne parla ormai da 
    anni. E la bozza di piano del traffico redatta dall’ingegnere dei trasporti 
    Roberto Camus ne promuove la funzionalità a pieni voti. Aggiungendovi un 
    ulteriore elemento di riflessione: il ponte potrà essere certamente 
    riservato ai soli pedoni, ma se ci potessero passare anche i mezzi pubblici 
    via Roma potrebbe a quel punto essere completamente pedonalizzata nel tratto 
    fra via Torrebianca e corso Italia. 
    Questo si legge nello studio redatto dal professionista su incarico del 
    Comune. Alle proposte relative al piano del traffico, che per sua natura non 
    prevede la creazione di nuove infrastrutture ma la sola risistemazione della 
    viabilità già esistente, l’ingegnere nell’ultima parte dello studio aggiunge 
    infatti alcune pagine dedicate a «scenari di medio-lungo periodo», 
    analizzando cioè gli effetti che eventuali nuove opere - di cui peraltro 
    negli anni si è già ciclicamente discusso - avrebbero sulla circolazione 
    cittadina. 
    Delle cinque opere prese in considerazione da Camus, quella tornata di 
    recente d’attualità riguarda appunto il nuovo canale. Lo scorso inverno il 
    consiglio comunale ha approvato una delibera mirata alla riqualificazione 
    urbana dei borghi Teresiano e Giuseppino. Il documento prevede anche 
    l’effettuazione di uno «studio di fattibilità per la realizzazione del ponte 
    pedonale» tra via Cassa di Risparmio e via Trento, ponte che di fatto 
    andrebbe a collegare piazza della Borsa a via Ghega. Lo studio di 
    fattibilità richiede un esborso pari a 50 mila euro. 
    Nel suo documento datato febbraio 2005, anche Camus sottolinea gli «indubbi 
    vantaggi» che il nuovo ponte porterebbe, consentendo di aprire al transito 
    «un collegamento la cui assenza ha contribuito in modo determinante in 
    particolare allo stato di degrado di via Trento». Posto che l’opera «si deve 
    inquadrare in uno scenario particolarmente delicato sotto il profilo 
    architettonico», scrive Camus, nel caso in cui si volesse realizzare un 
    ponte aperto anche al passaggio di bus e taxi si otterrebbero ulteriori 
    vantaggi: via Roma - che la bozza di piano del traffico prevede percorribile 
    solo da bus e taxi tra le vie Torrebianca e Mazzini - verrebbe a quel punto 
    sostituita dall’asse Trento-Cassa di Risparmio e dunque totalmente 
    pedonalizzata, «mantenendo una buona accessibilità» all’area sia con i mezzi 
    pubblici lungo l’asse Trento, sia con quelli privati in transito lungo le 
    vie San Spiridione-Filzi. 
    Inoltre, i percorsi di alcuni autobus che oggi passano per via Roma 
    potrebbero essere strutturati in modo da collegare direttamente la stazione 
    centrale con il salotto buono della città «attraverso la parte iniziale di 
    via Ghega». In base a queste considerazioni, quella di un ponte aperto tanto 
    ai pedoni quanto ai mezzi pubblici viene dunque definita a Camus una ipotesi 
    «conveniente». 
    Come si diceva, di un nuovo ponte sul canale si parla da anni. Un 
    attraversamento - ma solo pedonale - era contemplato anche in un documento 
    che il gruppo consiliare di Forza Italia compilò nel 2004 su «indirizzi e 
    obiettivi in tema di viabilità generale». Più di recente l’ipotesi del ponte 
    - sempre però pedonale - è stata inserita nella delibera con cui il 
    consiglio comunale ha approvato il progetto di riqualificazione dei Borghi 
    Teresiano e Giuseppino, che per l’attuazione abbisognerebbe di una cifra 
    stimata attorno ai nove milioni di euro. Il piano prevede il completamento 
    del percorso «prevalentemente pedonale» che da piazza Venezia passando per 
    Cittavecchia, piazza dell’Unità e via Roma termina in piazza della Libertà: 
    peraltro la pedonalizzazione dell’ultima parte di via Cavana in direzione 
    piazza Hortis è prevista anche nella bozza di piano del traffico firmata 
    Camus. 
    Nel piano relativo ai due Borghi del centro storico è prevista anche una 
    riqualificazione in tre lotti di via Roma: l’intervento, il cui costo è 
    previsto in oltre un milione di euro, risulta finalizzato a prevedere dove 
    possibile un ampliamento dei marciapiedi e la ripavimentazione in pietra 
    
    Paola Bolis  | 
  
 
 
  
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    PIANO DEL TRAFFICO - E la 
    galleria libera via Ginnastica dal caos - Dal tunnel di Montebello al 
    by-pass delle Rive, cinque scenari a lungo termine  | 
  
  
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    Come 
    potrebbe cambiare la circolazione se venissero realizzate alcune 
    infrastrutture: i numeri dell’analisi  
    
    Come cambierebbe la viabilità 
    cittadina se fossero realizzate alcune nuove infrastrutture? In coda alla 
    bozza di piano del traffico firmata Camus c’è un capitolo dedicato agli 
    «scenari di medio-lungo periodo» in cui, «su espressa indicazione 
    dell’amministrazione comunale», scrive il professionista, sono stati 
    analizzati gli effetti che sulla viabilità potrebbero produrre alcune opere 
    della cui realizzazione negli anni si è ciclicamente discusso: opere - e 
    relativi dati - cui guardare oggi in chiave puramente teorica, giacché anche 
    se alcune di esse erano state previste dalla giunta Illy, furono poi cassate 
    dall’amministrazione Dipiazza. 
    Oltre al nuovo ponte in Ponterosso, lo studio considera altri quattro 
    interventi. I primi riguardano due gallerie, l’una tra largo Mioni e via D’Alviano 
    e l’altra tra Rotonda del Boschetto e via Revoltella. Entrambe erano state 
    inserite negli anni Novanta dall’allora giunta Illy nel piano del traffico 
    ancora vigente, ma l’amministrazione Dipiazza nel 2002 le espunse dal Prusst, 
    il programma di recupero urbano e sviluppo sostenibile del territorio. 
    Prevista dalla variante 66 del piano regolatore, la galleria Mioni-D’Alviano 
    - contro la cui realizzazione insorsero gli abitanti dell’area di largo 
    Mioni - era già stata progettata in via preliminare nel 2001, e se ne 
    prevedeva una lunghezza di 380 metri circa. Camus ne analizza ora gli 
    effetti nel caso la galleria funzionasse con il nuovo piano del traffico in 
    vigore. Il traffico - scrive il professionista - si ridurrebbe soprattutto 
    in via San Marco (-27%), via Orlandini (-36/48%), via del Bosco (-51%). Meno 
    utilizzate sarebbero anche le Rive in direzione stazione (-16%), mentre in 
    viale D’Annunzio da largo Mioni a piazza Garibaldi si avrebbe un 26% di 
    traffico in più. «In conclusione - scrive il professionista dopo avere 
    fornito ulteriori dati - le variazioni non spostano sostanzialmente i punti 
    più critici, in alcuni casi determinano effetti negativi», come in via 
    Raffineria, mentre «gli aspetti positivi migliorano in diversi punti i 
    livelli di servizio, a partire però - sottolinea Camus - da livelli già 
    accettabili». 
    Diverso il discorso per la galleria Rotonda del Boschetto-Revoltella - 
    ribattezzata al tempo galleria di Montebello - che determinerebbe «una serie 
    di effetti sostanzialmente tutti positivi, diminuendo i livelli di 
    congestione in itinerari critici» come via Ginnastica alta (dove si avrebbe 
    -43% di auto), via Giulia-Battisti (con un -29/44% di auto nella parte 
    terminale di via Battisti verso via Giulia), via Milano, via Carducci e 
    piazza Garibaldi. Il traffico in entrata e in uscita dalla galleria - 
    secondo lo studio - non determinerebbe «sostanziali problemi». 
    Lo studio Camus considera poi il by-pass delle Rive, la cui possibilità di 
    realizzazione negli anni è stata contemplata in diversi termini: come 
    galleria sottomarina o come passaggio «in trincea» (quest’ultimo, da palazzo 
    Carciotti all’ex Pescheria, era previsto nel progetto con cui Franco Zagari 
    nel 2002 vinse il concorso internazionale di idee per la riqualificazione 
    del lungomare indetto dal Comune con il finanziamento di quasi 220 mila euro 
    della Fondazione CRTrieste). Il by-pass, scrive in sostanza Camus, 
    ridurrebbe ovviamente il traffico sulle Rive ma non modificherebbe i 
    «problemi di congestione» nel resto della città. 
    Infine il cosiddetto «bucone», il progetto di Penetrazione Nord - 17 
    chilometri di percorso sotterranei da Sgonico ai vari rioni - che nel 2003 
    fu presentato dall’allora assessore regionale ai trasporti Franco Franzutti 
    e rapidamente cassato anche a causa della sollevazione popolare che 
    produsse. Il progetto preliminare era stato commissionato nel 2002 dalla 
    Regione, allora guidata dal centrodestra, al Dipartimento di ingegneria 
    civile dell’Ateneo cittadino (cofirmatario del progetto lo stesso Camus): la 
    galleria figurava infatti già inserita tra le opere pubbliche da avviare 
    rapidamente grazie alla Legge obiettivo, e l’allora ministro per le 
    Infrastrutture Pietro Lunardi aveva inserito il «bucone» tra i 91 progetti 
    considerati prioritari a livello nazionale. L’opera - cassata dalla giunta 
    regionale Illy nel 2004 - comporterebbe in base alle proiezioni di Camus 
    un’ovvia riduzione del traffico sulla Costiera, «per il 79% in uscita e per 
    il 65% in ingresso in città». 
    p.b.  | 
  
 
 
  
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    PIANO DEL TRAFFICO - Due 
    comitati di cittadini e il Quarto parlamentino: faremo incontri pubblici  
    - Interviene anche «Trieste vivibile»   | 
  
  
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    Il documento fa discutere non 
    solo il mondo politico ma anche quella fitta galassia di comitati e 
    associazioni di cittadini che da tempo si occupano di problemi legati al 
    traffico. Se Coped-Camminatrieste e il comitato «Corso Italia per Trieste» 
    hanno già annunciato l’organizzazione di incontri pubblici, ora anche altri 
    sodalizi annunciano imminenti incontri. 
    Tra questi c’è, ad esempio, il comitato «Trieste vivibile», da tempo 
    impegnato in particolare sul problema degli schiamazzi notturni e della 
    pulizia di Cittavecchia, ma anche sul tema della viabilità. «Condivido lo 
    spirito della bozza Camus, che punta a una maggiore vivibilità e 
    pedonalizzazione del centro storico - afferma il presidente Paolo De Mottoni 
    - ma solo se la progettazione di nuove aree pedonali verrà portata avanti 
    con un certo criterio. Il nostro comitato ha deciso di riunirsi martedì, 
    perchè l’argomento necessita di una discussione ampia. La questione è 
    fondamentale per lo sviluppo del cuore della città». 
    Viene contestato da altri cittadini, invece, il punto della bozza Camus 
    relativo all’eliminazione delle zone a traffico limitato (Ztl). Non più 
    tardi di qualche mese fa, infatti, un gruppo di cittadini aveva dato il via 
    a una raccolta firme per la realizzazione di una Ztl nel Borgo Giuseppino, 
    chiedendo anche condizioni vantaggiose per i posteggi nelle fasce blu. Si fa 
    loro portavoce Aurora Gautier: «In qualsiasi città italiana in cui la 
    viabilità è organizzata in maniera efficiente esistono nei centri storici 
    delle Ztl. Non è pensabile che quella nel Borgo Teresiano venga eliminata». 
    Ma la discussione prosegue anche nel mondo politico cittadino, in 
    particolare, nella Quarta circoscrizione (Città-nuova e Barriera Nuova, San 
    Vito-Cittavecchia). «Il piano del traffico è ancora tutto da vedere - 
    afferma il presidente Alberto Polacco - perchè non ci è mai stato 
    presentato. Io esprimo quindi non la visione globale della maggioranza del 
    parlamentino, ma quella del mio partito, An, contrario alla chiusura di 
    corso Italia alle auto. Le vie Torrebianca e San Francesco, infatti, non 
    potrebbero sopportare l’intero traffico che dalle Rive va in direzione di 
    via Carducci. Sono invece d’accordo con le proposte di Camus per aumentare 
    le aree pedonali e le corsie preferenziali per i bus. Vorrei organizzare in 
    circoscrizione incontri pubblici, per ascoltare i cittadini». 
    Dominiziana Avanzini, consigliere del parlamentino per la Margherita, parla 
    dell’«inopportunità di procedere a spot su un argomento così importante. 
    Serve una visione globale, che per il momento è totalmente mancata a questa 
    amministrazione». 
    Su un punto Polacco e Avanzini sono d’accordo: il piano del traffico non può 
    essere disgiunto da quello sui parcheggi.  
    
    Elisa Coloni  | 
  
  
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    PIANO DEL TRAFFICO - Uno 
    studio datato 2005  | 
  
  
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    La giunta comunale decise nel 
    dicembre del 2003 di affidare a Roberto Camus la redazione del nuovo piano 
    del traffico. La bozza fu consegnata dal professionista nel febbraio del 
    2005, e da allora è stata oggetto di discussione nella maggioranza di 
    centrodestra che regge il Municipio. Mai reso noto in precedenza nella sua 
    interezza, il documento è stato reso noto grazie a una busta anonima giunta 
    alla redazione del Piccolo nei giorni scorsi. Il dibattito sulle soluzioni 
    da adottare si è così riacceso. L’altro ieri il sindaco Dipiazza ha 
    dichiarato che «entro giugno 2008 Trieste potrà contare sulla nuova 
    viabilità».  | 
  
 
 
  
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    PIANO DEL TRAFFICO - I 
    commenti sul Web: «Proviamo una sperimentazione di 6 mesi» 
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    Continua il 
    dibattito sul sito del Piccolo. Cresce il partito di chi vuole un 
    potenziamento della rete dei mezzi pubblici e difende le ragioni dei pedoni
     
    
    Il piano del traffico sta 
    catturando anche l’attenzione degli utenti del sito del Piccolo. Molte le 
    opinioni, spesso divergenti. 
    Un lettore che usa comne nickname Fcigoi, ad esempio, esordisce: «Due sole 
    considerazioni: non condivido il modo in cui il documento è stato reso noto, 
    giacchè in questo paese si vive di indiscrezioni. Però come mai nessuno di 
    coloro che sono stati così solerti a denunciare la mano ignota per aver 
    diffuso il documento ha mai pensato di denunciare il sindaco per averlo così 
    a lungo occultato? Il progetto Camus è frutto di un modello matematico 
    applicato a dati rilevati. Ciò significa che ogni variazione apportata va a 
    influire sul modello che va ricalcolato. Cioè toccando quelle due-tre cose 
    che il sindaco non vuole fare si renderà inutile tutto il resto, a meno di 
    riconsiderare il tutto nel suo insieme. Meditate gente, meditate...quando 
    Dipiazza verrà a venderci che il piano Camus non funziona». 
    Verolina osserva: «Il punto non è corso Italia chiuso o no, 
    Torrebianca-S.Francesco assi di scorrimento o no. La sostanza è: facciamo la 
    città bella valorizzando quelle chicche che sono piazza della Borsa e corso 
    Italia e, soprattutto, restituiamo la città ai pedoni e facciamo correre i 
    bus. E ancora: i nuovi percorsi proposti, pur rivoluzionari, in quanto a 
    portata (capacità) sono equivalenti all'esistente e la spesa necessaria alla 
    loro realizzazione mi sembra contenuta. Infine: nulla vieta una 
    realizzazione in toto del piano Camus con una sperimentazione di 6-12 mesi 
    delle parti controverse (C.so Italia-Torrebianca-S.Francesco-Battisti) con 
    possibilità di ripristino della viabilità attuale in caso di fallimento». 
    Secondo Triestefuturo «una città che si promuove come turistica e che vuole 
    essere moderna non può avere un centro storico attraversato da un autostrada 
    a tre corsie. È necessario cambiare il modo di vedere la città: non un 
    enorme parcheggio in cui fare slalom tra le auto ma un luogo in cui hanno 
    precedenza assoluta i pedoni. Chi oggi rimetterebbe le auto in via S. Nicolo 
    o in via Dante? Una città a misura d'uomo è possibile a Trieste in quanto il 
    centro storico non è particolarmente esteso. A sostegno di una 
    pedonalizzazione estesa ci devono essere mezzi pubblici efficaci (quindi più 
    corsie riservate e non occupate da auto in sosta selvaggia) e parcheggi 
    limitrofi disponibili (...l' ex cinema Filodrammatico non sarebbe adatto?). 
    Alcune scelte richiedono coraggio e lungimiranza, qualità che dovrebbero 
    essere proprie degli amministratori di una città». La proposta di ricavare 
    posti auto all’ex Filodrammatico provoca la risposta di un altro lettore dal 
    nickname Franzele1: «Penso che non sia il caso di fare parcheggi nei teatri. 
    Potevano restaurare il Fenice e invece hanno preferito fare un parcheggio. 
    Salviamo almeno il Filodrammatico». 
    Infine Serafina01 parla per conto dei pedoni: «Certo che se bisogna 
    attendere il nuovo piano traffico per avere dei marciapiedi degni di questo 
    nome...hai voglia! E pensare che Trieste è una città di anziani ed anche chi 
    è più giovane spesso ha problemi di deambulazione. Ma i nostri 
    amministratori camminano? E parlo dei marciapiedi del centro città...»  | 
  
 
 
 
IL PICCOLO - SABATO,  25 
agosto 2007
 
  
  
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    Piano del traffico: la destra 
    boccia anche via Torrebianca. Bucci: porto la bozza Camus dal sindaco - 
    Corso Italia pedonale divide An e Forza Italia   | 
  
  
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    La 
    maggioranza non crede alla scadenza di attuazione indicata dal sindaco: 
    «Giugno 2008? È troppo presto e coincide con le regionali» 
     
    
    L’assessore Maurizio Bucci 
    preferisce puntare a «ragionamenti» mirati a una sintesi: «Non vedo 
    allineamenti di partito, piuttosto sensibilità personali diverse». Sul piano 
    del traffico però le posizioni tra le forze principali della maggioranza 
    comunale restano per ora divise. Si profila così un asse tra il sindaco 
    forzista Roberto Dipiazza e An, concorde quest’ultima con il primo cittadino 
    che del piano Camus ha già bocciato alcune delle linee principali, come 
    corso Italia chiuso alle auto e le vie Torrebianca e San Francesco 
    percorribili in salita. Su un altro versante però Forza Italia insiste con 
    le pedonalizzazioni, né si spaventa di via Torrebianca. E Bucci - senza 
    volere rilanciare proposte che restano da «condividere», premette - coccola 
    la «sua» idea: via Mazzini completamente pedonale e corso Italia 
    percorribile solo da bus e taxi, ma in entrambe le direzioni. Su un fatto 
    invece quasi tutti concordano: Trieste «potrà contare sulla nuova viabilità» 
    ma non «entro giugno 2008», come annunciato ieri dal sindaco: troppo stretti 
    i tempi - l’iter prevede il confronto con le categorie - e impossibile la 
    coincidenza con le elezioni regionali. 
    Il piano del traffico resta al centro del dibattito. E il leader azzurro 
    Bruno Marini parla chiaro: «Mi sembra che la bozza Camus porti proposte 
    innovative e coraggiose, anche su corso Italia e via Mazzini. Come Forza 
    Italia ci insisteremo con molta forza: quella alla pedonalizzazione è una 
    tendenza europea da perseguire». Anche il capogruppo forzista in Comune 
    Piero Camber ribadisce il suo favore - ma «senza preconcetti» - alla bozza 
    Camus, sottolineando come essa sia direttamente collegata tanto al nuovo 
    piano del trasporto pubblico quanto a una pedonalizzazione che porterebbe 
    valore agli immobili. Ma poi, avverte, attenzione agli stralci: «Le scelte 
    si riflettono a cascata». Il «no» a via Torrebianca, ad esempio, rivoluziona 
    l’intera bozza Camus, che è un «lavoro scientifico» cui si potrà certo 
    mettere mano, ma senza «improvvisazioni». 
    An però i suoi dubbi li conserva tutti. Anche sui posti auto che 
    diminuirebbero nel centro: cosa impossibile, osserva l’assessore Piero 
    Tononi, «finché non saranno stati realizzati i nuovi parcheggi» coperti. 
    Quanto a corso Italia senz’auto, «dove andranno le macchine in uscita dal 
    nuovo parking di San Giusto?» Tononi è perplesso anche sulle nuove corsie 
    per i bus, «che servono solo se vanno rispettate», annota citando 
    all’opposto la situazione esistente in via Carducci. 
    La posizione del resto è totalmente in linea con quella del vicesindaco 
    Paris Lippi (An), che esprime perplessità sull’asse Torrebianca-San 
    Francesco e ribadisce che «la soluzione che potrebbe creare meno problemi» 
    permettendo comunque la creazione di un’area pedonalizzata sarebbe chiudere 
    totalmente via Mazzini mantenendo l’attuale assetto del corso. 
    Gli assessori azzurri sfoderano però un altro argomento per convincere chi 
    respinge l’ipotesi di un corso Italia sostituito come via di scorrimento da 
    via Torrebianca, «senza la quale troverei difficile attuare» alcunché, 
    precisa Bucci. E dunque: l’area del passeggio e del commercio ruota attorno 
    al corso e a via Mazzini, mentre altre zone - come appunto via Torrebianca - 
    ospitano in maggiore misura attività direzionali. Perché non dirottarvi il 
    traffico privato? Senza entrare in dettagli, precisano tutti, Bucci e il 
    collega delegato al commercio Paolo Rovis anche di questo hanno parlato ieri 
    in un incontro «informale» con il vicepresidente di Confcommercio Franco 
    Rigutti, con cui hanno «condiviso» linee quali la maggiore pedonalizzazione 
    abbinata ai nuovi parcheggi coperti. «La prossima settimana incontrerò il 
    sindaco per parlare della bozza Camus», quella originale, precisa Bucci: 
    «Ora discutiamone insieme confrontando le sensibilità di tutti». 
    Resta il nodo dei tempi. Da Lippi a Marini, tutti concordano: non sarà il 
    caso di prendere decisioni impattanti sulla viabilità sotto elezioni 
    regionali. Sarebbero scelte inevitabilmente «condizionate», osserva Marini, 
    né i cittadini avrebbero il tempo di valutarne gli effetti, aggiunge Lippi 
    secondo il quale il termine per il nuovo piano - considerati anche i 
    necessari confronti con le categorie - va spostato «diciamo nel 2008»; «a 
    dicembre 2008», conferma Marini. «Entro giugno potremmo dare le linee 
    definitive», spiega Camber. Ma Bucci avverte: «Non bisogna avere paura di 
    scelte coraggiose, la gente premia i progetti». 
    Dall’opposizione intanto arrivano critiche feroci a una maggioranza che dice 
    «un giorno bianco e un giorno nero», sintetizza il Cittadino Roberto Decarli. 
    Mentre il diessino Fabio Omero fa di conto, e «tra consulenze e contratti 
    dal 2001 a oggi per la redazione del piano sono stati spesi 284 mila euro», 
    dice: «Ma in sei anni un piano quest’amministrazione non è ancora riuscita a 
    vararlo». 
    
    Paola Bolis  | 
  
 
 
  
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    PIANO DEL TRAFFICO - 
    L’opposizione: «Il centrodestra anche stavolta ha mostrato tutte le sue 
    contraddizioni» - Otto consiglieri comunali all’attacco 
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    Il piano del traffico, dicono in 
    coro, è solo l’ultimo capitolo di un agosto in cui «la maggioranza ce l’ha 
    messa tutta per dimostrare le proprie contraddizioni interne». Perché dalle 
    armi ai vigili fino alla Ferriera, «si dice tutto e il contrario di tutto». 
    E questo modo di amministrare «ci fa arretrare come città». Questi alcuni 
    dei concetti che ieri otto consiglieri dell’opposizione compatta - dalla 
    Margherita a Rifondazione - hanno espresso in una conferenza stampa. Un 
    incontro indetto per bollare un centrodestra a loro giudizio «incapace di 
    governare» il Comune secondo quello che il capogruppo Dl Sergio Lupieri ha 
    definito «un progetto politico frutto di sintesi interna e di dialogo con la 
    città».  
    Ma è l’intero primo anno di questo mandato Dipiazza che si chiude mandando a 
    registro «solo aumenti di tutte le tariffe dei servizi gestiti dal Comune», 
    ha rimarcato Lupieri registrando «la situazione di grande disagio nella 
    maggioranza». Il Ds Fabio Omero si è soffermato su un aspetto del caso più 
    recente, quello del piano traffico: «È stato reso noto grazie a una busta 
    anonima recapitata al giornale e l’assessore Bucci ha detto che va bene 
    così, che è un’occasione per accelerare i tempi: parole che dimostrano la 
    cultura politica di questi signori». 
    E mentre da Rifondazione comunista Iztok Furlanic si è concesso la battuta 
    («Sinora l’unica misura presa sul problema traffico è stata quella di 
    eliminare lo scuolabus»), il Cittadino Roberto Decarli ha portato a esempio 
    delle «contraddizioni» della Cdl la proposta di armare i vigili «di cui ora 
    il sindaco sostiene la necessità mentre in passato la respingeva con forza, 
    mentre An lo contraddice ma in passato per le stesse armi portò avanti una 
    crociata»; per non parlare del centro congressi a palazzo Carciotti, «dove 
    l’onorevole Roberto Menia dice una cosa e Dipiazza il contrario». 
    E il taglio dello scuolabus, ha proseguito Decarli, conferma l’«arroganza» 
    di un’amministrazione che vuole cambiare il volto a una città, «ma solo a 
    un’area molto ristretta di essa, dalla stazione a Campo Marzio. Mentre un 
    anno fa nel suo programma elettorale il sindaco annunciava ”un tessuto 
    urbano armonico che non conosca differenze di attenzione tra centro e 
    periferia”».  | 
  
 
 
  
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    «Ferriera, serve il tavolo 
    regionale» - La Confsal chiede il coinvolgimento di Regione e Provincia
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    Preoccupazione per il futuro dei 
    dipendenti e degli operai della Ferriera di Servola dopo le ultime 
    dichiarazioni del sindaco che, per lo stabilimento, ipotizza una chiusura 
    anticipata rispetto alla data prevista del 2009. La esprime in una nota il 
    sindacato autonomo della Confsal. «Nell’atavico balletto ”chiusura sì, 
    chiusura no”, che ha prodotto nei lavoratori un serio clima di disagio in un 
    clima di perenne incertezza, risulta strano che a qualcuno, proprio ora, 
    venga improvvisamente in mente un’idea geniale su come risolvere il problema 
    occupazionale. La Confsal, per questo, è in disaccordo con la posizione 
    della Cgil che sprona il Comune a farsi carico del problema per non 
    incorrere nel rischio mobilitazioni. Non si capisce perchè solo il Comune 
    dovrebbe interessarsi della questione. La soluzione infatti - continua il 
    sindacato autonomo - va ricercata con la collaborazione di tutti, Regione e 
    Provincia compresi. Proprio in Regione è stato istituito un tavolo 
    istituzionale di confronto sui problemi dello stabilimento di Servola. 
    Sarebbe ora di convocarlo nuovamente, questa volta però facendolo funzionare 
    davvero, tralasciando le solite sterili polemiche che hanno contraddistinto 
    gli ultimi incontri. Anche perchè - conclude la Confsal - a quel tavolo 
    siedono anche i veri protagonisti della «telenovela Ferriera«: i 
    rappresentanti del gruppo Lucchini».  | 
  
 
 
  
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    An: «Rigassificatore sloveno, 
    Roma si sbrighi a decidere»  | 
  
  
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    TRIESTE «Perplessità e 
    preoccupazione» nel vedere che la Slovenia, dopo aver criticato ed espresso 
    pareri negativi sulle ipotesi progettuali per il rigassificatore da 
    realizzarsi nel golfo di Trieste, «ora sembra invece intenzionata ad 
    ottenerne uno di proprio», vengono espresse in una nota dal vicesindaco del 
    capoluogo giuliano Paris Lippi. 
    «Cerchiamo di essere intelligentemente attenti - esorta Lippi - ed evitiamo 
    che altri si prendano i vantaggi e noi solo e sempre i rischi. Se quindi 
    Lubiana accelera per realizzare il rigassificatore, si muova e decida presto 
    anche il governo italiano. L'importante è non rinunciare a fonti energetiche 
    preziose, salvo poi dover pagare comunque rischi e disagi senza benefici». 
    Secondo Lippi, la centrale nucleare di Krsko, situata in territorio sloveno 
    a pochi chilometri da Trieste, «insegna e dovremmo smetterla con quello 
    strumentale e troppo comodo ambientalismo di facciata, che blocca tutto in 
    Italia, salvo poi stare zitto sui rischi che comunque restano e si corrono 
    quando centrali o rigassificatori sono a due passi dalle nostre case, con il 
    problema di avere anche il vento a sfavore».  
    «Evidentemente tutto ciò - rileva Lippi - rientra forse in una precisa 
    strategia di falso ambientalismo, che critica e denuncia se il 
    rigassificatore è realizzato in Italia, ma di avvallo e sostegno se invece 
    il progetto rientra nel suo ambito nazionale». «Non vorrei - prosegue il 
    vicesindaco - che si ripetesse quanto successo per la centrale nucleare 
    slovena di Krsko, che è un prezioso riferimento energetico per la vicina 
    Repubblica mentre resta un pericolo e un rischio costante per Trieste e per 
    tutta la regione Friuli Inezia Giulia».  | 
  
 
 
IL PICCOLO - VENERDI',  24 
agosto 2007
 
 
  
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    PIANO DEL TRAFFICO - Dipiazza: 
    nuova viabilità entro giugno 2008   | 
  
  
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    Gli 
    assessori di An: «Inviamo la bozza Camus alle categorie e aspettiamo la 
    risposta, non c’è fretta» 
    
    Il sindaco 
    ignora le polemiche seguite alla divulgazione del piano del traffico e 
    rilancia: «Tireremo fuori da quel progetto quel che c’è di buono» 
     
    
    «Prenderemo in mano questo 
    benedetto Piano del traffico, tireremo fuori cosa c’è di buono ed entro 
    giugno 2008 Trieste potrà contare sulla nuova viabilità cittadina». Parola 
    del sindaco Roberto Dipiazza, che ieri mattina si è soffermato sulla 
    delicata questione in giunta, assieme agli assessori (assente solo Franco 
    Bandelli, in vacanza).  
    Adesso c’è una data precisa per la rivoluzione del traffico, appena dieci 
    mesi per risolvere tutte le problematiche: dalle scelte definitive al 
    reperimento delle risorse. «Applicare un simile piano comporta dei costi che 
    dovremo mettere a bilancio (una stima degli uffici parla di 3 milioni di 
    euro, ndr)», dice Dipiazza pensando alla nuova segnaletica, ai semafori da 
    installare... Già, ma dove visto che la bozza Camus è solo una base di 
    partenza. Accanto alla data e il piano economico, il primo cittadino 
    assicura che «l’asse Torrebianca-San Francesco in salita non si farà mai, 
    come il corso Italia non diventerà pedonale». Paletti fissati da Dipiazza, 
    che ricorda la nuova viabilità sulle Rive e in Largo Barriera, successive 
    alla bozza Camus e capaci di «risolvere molti problemi, decongestionando il 
    traffico». 
    Accanto alle indicazioni della politica, senza dimenticare il parere 
    decisivo del Consiglio comunale, arriveranno quelle dei cittadini 
    (associazioni, comitati...). Il dilemma è l’ordine di ascolto per arrivare a 
    un «piano condiviso». Secondo gli assessori di An, capitanati dal 
    vicesindaco Paris Lippi, il calendario dovrebbe essere il seguente: «Bozza 
    Camus da inviare a categorie e circoscrizioni - spiega - con richiesta di 
    parere, seguita dal giudizio della giunta. Un mese in più o in meno non fa 
    differenza». Un percorso chiesto esplicitamente da Lippi al primo cittadino 
    e all’assessore competente in materia Maurizio Bucci. Senza mettere al 
    momento dei paletti, anche se è risaputo che An non fa il tifo per corso 
    Italia pedonale. Anzi, il tema è stato motivo di attrito con gli alleati di 
    Forza Italia. 
    «Abbiamo davanti due strade: proporre la soluzione Camus alle categorie e 
    sentire le loro opinioni, oppure esternare prima le modifiche», dice il 
    forzista Bucci. Prendendo tempo, ma indicando la strada di una città «a 
    misura di pedone sul modello Graz, perché questo ci domandano i cittadini». 
    Una posizione condivisa dal collega di giunta e di partito Paolo Rovis, che 
    sposa senza mezzi termini la pedonalizzazione di corso Italia. Ma a tale 
    proposito dovrà vedersela con Dipiazza. «Le città stanno andando verso 
    l’estensione delle aree pedonali e l’aumento delle corsie destinate al 
    trasporto pubblico. Tutte caratteristiche che trovano soddisfazione - dice 
    Rovis - in questa bozza coraggiosa, però bisognerà trovare una sintesi». 
    Una mediazioni tra le parti, dalla giunta al Consiglio passando per i 
    cittadini, che anche l’assessore Giorgio Rossi, espressione della Lista 
    Dipiazza, auspica senza troppi peli sulla lingua. «L’estensione delle aree 
    pedonabili deve essere definita, perché tutti le vogliono a parole però... 
    Bisogna poi affrontare seriamente il problema del trasporto pubblico - dice 
    - affossato dalle due ruote. C’è qualcosa che non va, bisogna capire come 
    razionalizzare la rete». 
    
    Pietro Comelli  | 
  
 
 
  
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    PIANO DEL TRAFFICO - I 
    cittadini: interpellateci sui cambiamenti  - Tutti d’accordo 
    sull’eventuale chiusura del Corso Italia al traffico privato 
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    Associazioni 
    e comitati avvertono il Municipio: basta con le scelte di solo contenuto 
    politico, serve partecipazione  
    
    Parola d’ordine: 
    «Interpellateci». Sul piano del traffico, associazioni e comitati di 
    cittadini, ora più che mai non intendono mollare la presa 
    sull’amministrazione comunale. Dopo la svolta dell’ultim’ora sulla bozza 
    Camus, custodita negli uffici municipali fino a due giorni fa, i vari 
    sodalizi chiedono a gran voce di essere ascoltati, per evitare che il 
    documento urbanistico finisca per essere «un mero strumento politico». E si 
    preparano a chiamare all’appello i cittadini, con incontri pubblici e, se 
    necessario, con nuove raccolte di firme. 
    I comitati promuovono, nel complesso, la bozza Camus, anche se in qualche 
    caso con alcune perplessità, legate in particolare al drastico taglio di 
    parcheggi per auto e moto previsto dal progetto in centro città. Su un 
    punto, però, tutti convergono e plaudono alle scelte dell’ideatore della 
    bozza: «Il traffico privato in corso Italia deve scomparire. Largo a bus e 
    taxi, stop a scooter e auto». 
    Interdire il transito nell’arteria che attraversa piazza della Borsa ai 
    mezzi privati è, infatti, uno dei punti fermi del progetto. Un’opzione che 
    potrebbe non diventare realtà se andassero in porto le modifiche previste 
    dalla variante della bozza Camus elaborata dagli uffici del Municipio 
    (diventata anch’essa pubblica l’altro giorno). In base a questa versione 
    (che recepisce alcune osservazioni del sindaco e dall’assessore competente) 
    le due e quattro ruote continuerebbero a transitare in corso Italia. 
    Una promozione a pieni voti su tutta la linea Camus arriva da Sergio Tremul, 
    presidente di Coped-Camminatrieste, che annuncia di aver preso contatti con 
    associazioni ambientaliste e alcuni esponenti di sigle sindacali, per 
    organizzare incontri pubblici a fine mese sull’argomento. Obiettivo: 
    «avanzare proposte sulla viabilità cittadina e far sentire la voce della 
    gente su una questione importante, che non può dipendere esclusivamente 
    dalla volontà del Comune, fatta piombare sulla testa della gente senza un 
    necessario confronto». «Il centro città deve essere il regno dei pedoni, non 
    dei motori - afferma Tremul - e il piano redatto da Roberto Camus va in 
    questa direzione: nuove corsie riservate ai bus, più aree pedonali, corso 
    Italia senza veicoli privati, che andrebbero a confluire in via Torrebianca, 
    dove sarebbero eliminati i parcheggi in superficie. È un progetto coraggioso 
    che permetterebbe di trasformare Trieste in una città più vivibile. Lo 
    stesso Camus, prima di elaborare la bozza - aggiunge Tremul - sapeva che le 
    sue idee avrebbero sollevato le ire di qualcuno, ma è arrivato il momento di 
    prendere decisioni forti per il bene della città».  
    Una delle idee che potrebbero essere mal digerite è, ad esempio, quella di 
    incentivare in maniera «coatta» l’uso dei mezzi pubblici. Camus prevede 
    infatti un potenziamento delle linee dei bus, accompagnato dal taglio di 
    centinaia di parcheggi per auto e moto in alcune vie del centro e posteggi 
    più «salati», in particolare quelli in superficie. In questo modo, in base 
    ai suoi piani, i triestini salirebbero più volentieri a bordo delle 
    corriere. 
    Pierguido Collino, presidente del comitato «Corso Italia per Trieste», 
    approva appieno le direttive Camus sulla chiusura del Corso ad auto e moto, 
    anche in virtù della raccolta di firme (che aveva proprio lo stesso 
    obiettivo) che l’anno scorso il sodalizio ha lanciato, raggiungendo i 1.100 
    nominativi. «Non solo corso Italia, ma tutto il centro storico, dal canale 
    di Ponterosso a Cavana, dovrebbe essere interdetto ai mezzi privati - spiega 
    Collino -. È fondamentale però che tutti, in particolare anziani e disabili, 
    possano raggiungere il cuore della città con bus, taxi o navette». Non 
    concorda invece con la «linea dura» sui parcheggi: «Prima di tagliare i 
    posteggi in superficie bisogna costruirne di nuovi, interrati o multipiano, 
    in zone centrali, limitrofe alle vie in cui circolerebbero solo bus e taxi - 
    afferma ancora Collino -. I parcheggi in centro devono esserci, non si 
    possono obbligare i triestini e i turisti a lasciare l’auto a Valmaura o a 
    Opicine e salire sui bus».  
    
    Elisa Coloni  | 
  
 
 
  
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    PIANO DEL TRAFFICO - 
    Perplessità sulle varianti alla bozza Camus  - Bloccate le scelte 
    impopolari il traffico cittadino rischia nuovamente l’ingorgo  | 
  
  
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    Cosa cambia nel piano del 
    traffico, rimasto nudo come il re della mitica storia dopo la sua 
    inaspettata (?) pubblicizzazione? Praticamente tutto. Basti dire, al 
    riguardo, che i mutamenti, per così dire, epocali, rimarranno lettera morta. 
    E dunque: niente pedonalizzazione in Corso Italia, addio alla nuova 
    viabilità in via Mazzini, strettamente collegata, e infine saluti anche al 
    cambio di regime per la via Torrebianca, mentre salta pure la corsia 
    preferenziale per i bus in via Coroneo e via San Michele a senso unico, 
    probabilmente in giù, verso le Rive, fa venire i capelli bianchi agli 
    assessori e dunque con ogni probabilità sarà stralciata. 
    Detto questo, il piano del traffico potrebbe anche ritornare direttamente 
    nel cassetto. Inutile, infatti, sprecare energie per applicare un testo 
    monco, pavido, frutto più che di logiche razionalizzatorie di pressioni 
    delle categorie. Perchè è chiaro che, ad esempio, l’estensione delle aree 
    pedonali deve passare per scelte impopolari che nessuno ha voglia di fare. 
    Il Corso Italia pedonale, al momento, resta al massimo una (finta) scelta da 
    sfoggiare nella notte dei saldi o a Natale. Passata la festa, gabbati i 
    cittadini. Impossibile liberare un’arteria del genere se contestualmente non 
    si trovano vie di sfogo nelle aree laterali. E non è di certo l’unica 
    perplessità. «Credo – commenta Roberto Decarli, consigliere comunale dei 
    Cittadini – che vada puntualizzata una cosa e non da poco: il Piano 
    parcheggi presentato in giunta in primavera si riferisce ed è funzionale al 
    Piano del traffico elaborato dal prof.Camus, oppure si integra solo al 
    residuo 30% di questo, dato che il restante 70% è stato cassato dal sindaco, 
    oppure invece si dovrà rielaborarlo completamente tutto?». Non è finita. 
    Decarli ossserva ancora che «c'è un'altra possibilità, che il Piano 
    parcheggi sia stato già predisposto in funzione di un nuovo Piano del 
    Traffico infatti modificare il 70% del progetto presentato dal prof.Camus 
    significa stravolgere tutto e rifarlo completamente». 
    Fin qui l’opposizione, ma i nervi scoperti esibiti dalla maggioranza di 
    centrodestra non fanno sperare per una tempestiva conclusione della vicenda. 
    Dice Maurizio Ferrara della Lista Dipiazza, in replica alla Rosolen di An 
    che lo aveva attaccato: «E' vero, molti pensano ad un mio accordo con il 
    sindaco relativamente alla mozione sul piano del traffico. Lo smentisco 
    categoricamente, ho pensato di chiederne la pubblicazione per permettere 
    agli altri consiglieri di valutare il mio pensiero. Quello cioè che il piano 
    risultasse eccessivamente ed inutilmente impattante per le reali 
    problematiche della città. Il fatto che il sindaco, pubblicamente, abbia 
    confermato sostanzialmente tale tesi, mi ha indotto a ritenere la 
    pubblicazione un'inutile perdita di tempo. Che poi qualche burlone abbia 
    fatto recapitare al giornale un documento, forse già superato, è un altro 
    discorso». Parla ancora, Ferrara, ma solo per ribadire che non risponderà a 
    qualunque tipo di replica, «anche per rispetto dell'attuale assessore al 
    traffico che avrà molto da lavorare nei prossimi 4 anni ed al quale come 
    Lista Dipiazza daremo tutto il sostegno necessario». 
    Tecnicamente parlando, si resta in pieno ingorgo. E non sembra una 
    situazione di passaggio.  
    
    Furio Baldassi  | 
  
 
 
  
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    Il Wwf replica 
    a Sonego: sull’ipotesi rigassificatore Lubiana non ha deciso - Intervento 
    del leader Predonzan   | 
  
  
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    TRIESTE Per il responsabile 
    della sezione regionale del Wwf del Friuli Venezia Giulia, Dario Predonzan, 
    l'assessore regionale Lodovico Sonego «prende lucciole per lanterne» se 
    ritiene che la costruzione di un rigassificatore a Capodistria, in Slovenia, 
    è stata già decisa, come riportato nell’edizione di ieri del Piccolo. 
    Secondo Predonzan, «risulta invece soltanto che una società tedesca abbia 
    presentato al ministero dell'Economia di Lubiana l'istanza per essere 
    qualificata come ”legittima proponente del progetto”» e se poi il ministero 
    darà risposta positiva, la Slovenia dovrà seguire le norma europee per 
    quanto riguarda l'impatto ambientale.  
    «Ci sarà quindi modo anche per il ministero dell'Ambiente italiano e per la 
    Regione Friuli Venezia Giulia di partecipare - prosegue Predonzan - alla 
    procedura di valutazione del progetto, così come i competenti organi sloveni 
    hanno partecipato alla valutazione dei progetti dei terminali Gnl proposti 
    nel porto e nel Golfo di Trieste». 
    «Il Wwf chiederà infatti ai competenti organi ministeriali e regionali - 
    rileva Predonzan - di attivarsi affinchè anche ai cittadini italiani 
    interessati sia garantita la possibilità di esaminare gli elaborati del 
    progetto e di formulare le proprie osservazioni in merito».  
    «Se poi all'assessore Sonego - prosegue la nota del Wwf - che non si stanca 
    di vantare le proprie ottime entrature a Lubiana, risulta che, 
    politicamente, il governo sloveno (a prescindere dall'esito della procedura 
    di Via) abbia già deciso a priori che il rigassificatore di Capodistria si 
    farà, lo dica, possibilmente producendo qualche prova». 
    «Meglio pensare quindi - spiega ancora Predonzan nella nota - ad un'uscita 
    improvvida ed emotiva dell'assessore, obnubilato forse dal suo favore a 
    priori per i progetti dei rigassificatori nel Golfo di Trieste (e in 
    particolare per quello di Gas Natural a Trieste - Zaule). Il che forse 
    spiega anche perché Sonego se la prenda con "i sedicenti ambientalisti che 
    sventolano le bandiere del no"». «Il Wwf, ad esempio, - osserva infine - ha 
    fondato il suo giudizio negativo per entrambi gli impianti proposti su 
    un'attenta analisi delle tante e gravi carenze dei progetti e degli studi 
    presentati. Carenze, è bene ricordare, sottolineate anche nelle delibere con 
    cui il 1 giugno scorso la giunta regionale di cui Sonego fa parte (ma forse 
    quel giorno era assente…), ha ammesso - pilatescamente - di non essere in 
    grado di esprimere un giudizio sulla compatibilità ambientale dei progetti».  | 
  
 
 
  
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    TAV, IL 
    DESTINO IN SEI CHILOMETRI   | 
  
  
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    La Slovenia si prepara ad 
    assumere la presidenza temporanea del Consiglio dei ministri dell'Unione 
    europea. Per l'occasione, il ministro degli Esteri della Slovenia Dimitrij 
    Rupel ha invitato, tra gli altri, il presidente dell'Autorità portuale di 
    Trieste Claudio Boniciolli a partecipare al secondo Bled Strategic Forum. In 
    quella sede, il presidente parlerà dello spostamento dei traffici dalla 
    gomma alla ferrovia e al mare, lungo la via adriatica. Ma lo sfondo del suo 
    intervento saranno le prime intese tra Italia e Slovenia sul Corridoio 5. 
    Sono state elaborate alcune ipotesi di tracciati, che, però, non sono stati 
    resi noti. Ci sono state indiscrezioni, sono girate cartine, che sollevano 
    dubbi che sarebbe bene fossero fugati. 
    Che la Slovenia fosse interessata solo allo sviluppo della tratta 
    Capodistria-Lubiana, era noto. Come pure che, per finanziarla, bisognasse 
    inserire il tratto Capodistria-Divaccia nel più ampio quadro del Corridoio 
    5, con l'accordo italiano. Ma, dalle prime informazioni, in parte 
    confermate, emerge un rischio molto grave per il porto di Trieste. Si sta 
    progettando, infatti, di realizzare solo la tratta Capodistria-Divaccia, e 
    non la Trieste-Capodistria. Quest'ultimo pezzo non costituisce, ovviamente, 
    alcuna alternativa al Corridoio 5, bensì, casomai, un suo completamento. 
    Solo grazie a questa tratta sarebbe infatti possibile collegare l'arco 
    dell'Alto-Adriatico con tutte le direttrici. Quanto alle soluzioni tecniche, 
    meglio restare cautamente possibilisti, e attendere gli studi in corso. 
    Sembra improbabile che costruire sei chilometri possa presentare più 
    difficoltà che realizzare il Corridoio. 
    
    Gabriele Pastrello  | 
  
 
 
  
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    Controproposta 
    sulle scorie nucleari di Krsko - La Slovenia si dice disponibile a creare un 
    deposito sul proprio territorio anche per i residui croati 
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    LUBIANA A due giorni 
    dall'incontro tra i premier sloveno Janez Jansa e croato Ivo Sanader, che ai 
    margini del Forum strategico di Bled domenica prossima discuteranno delle 
    questioni aperte tra i due Paesi, Lubiana è uscita allo scoperto su quella 
    che è la sua proposta di soluzione del contenzioso relativo alla proprietà e 
    alla gestione della centrale nucleare di Krsko costruita negli anni Settanta 
    congiuntamente da Slovenia e Croazia. «Siamo disposti a costruire in 
    Slovenia un unico deposito per le scorie nucleari e immagazzinare anche la 
    quota croata di scorie», ha annunciato il ministro sloveno dell'economia 
    Andrej Vizjak. In cambio, la Slovenia chiede alla Croazia di ritirare il 
    ricorso contro Lubiana, presentato al Centro internazionale per la 
    composizione delle controversie relative agli investimenti, con sede a 
    Washington, per l'energia elettrica prodotta e non fornita dalla centrale 
    dal 1.mo luglio 2002 al 18 aprile 2003. 
    Zagabria, ricordiamo, ha chiesto 31 milioni di dollari a titolo di 
    indennizzo per la differenza tra il costo dell'energia elettrica che ha 
    dovuto acquistare altrove e il costo della stessa corrente elettrica 
    prodotta in quel periodo dalla centrale nucleare di Krsko, di cui i due 
    Paesi sono comproprietari al 50 per cento. Lubiana e Zagabria hanno 
    sottoscritto alcuni anni fa un accordo sulla proprietà della centrale, ma 
    sono rimasti irrisolti i problemi dello stoccaggio delle scorie radioattive 
    e dello smantellamento dell'impianto. «Sarebbe un po' ridicolo – ha 
    dichiarato il ministro Vizjak – che all'interno dell'area della centrale la 
    Slovenia conservasse temporaneamente la parte croata delle scorie se nelle 
    immediate vicinanze ci sarà il deposito finale per il materiale 
    radioattivo». Sempre secondo Vizjak, oltre a risolvere il problema aperto 
    tra i due Paesi, questo tipo di soluzione risparmierebbe a entrambi anche i 
    costi dei procedimenti legali di fronte al Centro di Washington. 
    Tornando al problema delle scorie, la Slovenia deciderà entro la fine 
    dell'anno il possibile sito del deposito, che dovrebbe essere operativo a 
    partire dal 2011. 
    Attualmente, i depositi provvisori per le scorie radioattive in Slovenia 
    sono due: a Krsko, appunto, dov'è sistmato il materiale della centrale, e a 
    Brinje, vicino a Lubiana, dove vengono immagazzinate tutte le altre scorie 
    nucleari prodotte in Slovenia. Il deposito permanente avrà una capienza di 
    20.000 metri cubi, di cui la sola centrale di Krsko, comprese le scorie che 
    saranno risultato dello smantellamento dell'impianto, previsto entro il 
    2023, produrrà 13.000 metri cubi.  | 
  
 
 
  
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    Trieste 
    cementificata  | 
  
  
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    Al signor Governatore della 
    Regione Friuli Venezia Giulia, Riccardo Illy. 
    Ho appreso dai media, con molta soddisfazione, che il presidente della 
    Regione Toscana si è impegnato a contrastare fenomeni di cementificazione 
    selvaggia destinati a compromettere quella immagine della Toscana che il 
    mondo conosce e apprezza. 
    Lei, che ha riproposto Trieste all’attenzione dell’Italia e dell’Europa, non 
    abbandoni proprio adesso il nostro territorio a interventi urbanistici 
    troppo invasivi, destinati a incidere in modo irreversibile sul paesaggio, 
    sull’ambiente, sulle condizioni di vita dei residenti, sull’immagine della 
    città. 
    Mi riferisco, in particolare, ai nuovi insediamenti previsti in zona 
    Cedassamare e salita di Contovello. Le aree verdi sono un bene 
    insostituibile, e ridurle ulteriormente sarebbe un danno per tutti. 
    Mirella Verdi  | 
  
 
 
 
IL PICCOLO - GIOVEDI',  23 
agosto 2007
 
 
  
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    Dipiazza: 
    piano traffico, la parola ai cittadini - Ma Lippi e Tononi (An) pensano alla 
    denuncia contro ignoti per la divulgazione del progetto  | 
  
  
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    Il sindaco: 
    «Non ho l’ansia di discuterlo». Ma non è dispiaciuto per la fuga di notizie. 
    Bucci: «Occasione per accelerare i tempi»  
    
    Sul metodo - i documenti resi 
    noti da una mano anonima che li ha consegnati al Piccolo - non concorda. Ma 
    nella sostanza non si dispiace che la bozza del piano del traffico redatta 
    nel 2005 dall’ingegnere dei trasporti Roberto Camus sia uscita dai cassetti 
    del Comune. «Mi va bene, così la gente vede il lavoro fatto e potrà darmi 
    ragione o meno», commenta il sindaco Roberto Dipiazza al rientro dalle 
    ferie, mentre attende le reazioni della gente e delle associazioni (fra cui 
    CamminaTrieste). E ulla base di questi commenti, annuncia, «vedremo cosa 
    fare». 
    Ma nella giunta, il giorno dopo la pubblicazione del materiale rimasto sin 
    qui uno dei segreti più gelosamente custoditi in piazza Unità, non tutti si 
    mostrano così tranquilli. E An lancia l’offensiva: «Il modo in cui il piano 
    è stato fornito alla stampa - dice l’assessore Piero Tononi - mi sembra 
    allucinante. Visto che qualcuno si è divertito a tirarlo fuori, domani 
    (oggi, ndr) io e il vicesindaco Paris Lippi proporremo alla giunta di 
    sporgere denuncia contro ignoti». Perché «questo balletto di indiscrezioni - 
    aggiunge Lippi - crea sconcerto tra la gente, va contro gli interessi della 
    comunità». 
    Ma con la bozza Camus si va avanti? «Certo, ma con logica», riprende il 
    sindaco ribadendo di non gradire le soluzioni di via Torrebianca e via San 
    Francesco a senso unico verso Fabio Severo: «Alcune situazioni vanno 
    attentamente valutate». E poi, «dopo lo studio è la politica a decidere. Le 
    variazioni alla bozza le faremo confrontandoci con gli uffici e poi in 
    giunta. Quindi il tutto andrà in consiglio, dove la maggioranza deciderà». 
    Il tutto, in tempi distesi. Perché, ribadisce Dipiazza, «non ho l’ansia di 
    discutere questo documento, che non è certo il piano che verrà attuato». E 
    nemmeno ora che la bozza è stata resa nota è in vista una presentazione 
    ufficiale, che avverrà - precisa il sindaco - «solo quando il documento sarà 
    stato approvato». E pazienza se alcuni capigruppo del consiglio comunale 
    notano che la storia infinita del piano del traffico lede l’immagine del 
    Comune: «Certo non va bene che escano documenti», concede Dipiazza, ma «non 
    mi pare - osserva - che ciò abbia recato danni alla città. Del resto è da 
    due anni che il documento è nelle mani dei capigruppo di maggioranza». 
    Anche l’assessore al traffico Maurizio Bucci pensa positivo. La bozza 
    pubblicata? «Un’occasione per accelerare i tempi», commenta. In che 
    direzione, resta da vedere: «Lo valuteremo col sindaco». Sulle modifiche da 
    apportare alla proposta, però, così come il sindaco Bucci ribadisce di avere 
    «le idee chiarissime», anche se «non mi pare giusto spiegarle attraverso la 
    stampa. Prima vanno discusse con i consiglieri comunali. Trovo corretto si 
    esca con un documento unitario». In ogni caso la bozza Camus secondo Bucci 
    «è un’ottima base di partenza. Se si vuole portarla avanti – avverte – ci 
    vuole però la condivisione politica». 
    Ma in An, si diceva, l’irritazione palpabile. Perché «i documenti a questo 
    punto li hanno tutti tranne chi li dovrebbe avere, la cosa sta perdendo di 
    credibilità», commenta Lippi lanciando un monito all’anonimo che ha fatto 
    uscire la bozza, «e che oltre a non aver fatto un favore a Bucci né ai 
    nostri uffici che si stanno impegnando ha dimostrato di volere portare 
    avanti soltanto un discorso di distruzione. Un piano che viene fuori così 
    sta nascendo già morto in partenza». 
    An solleverà il problema oggi in giunta, ribadisce il vicesindaco, per 
    «cercare di capire» come proseguire. Ma intanto, dalla Lista Dipiazza, 
    l’assessore Giorgio Rossi getta acqua sul fuoco. Il documento è venuto 
    fuori? «In Comune tutti sanno tutto: quella cosa proprio segreta non era. E 
    poi Trieste non ha un serio problema di traffico: di che stiamo parlando?», 
    aggiunge Rossi il cui piano - ricorda - è stato avviato quando era lui a 
    detenere la delega. Rossi concorda con il sindaco: «Del piano non c’è alcuna 
    urgenza. È stato fondamentale l’avere condotto una indagine scientifica - 
    che mancava - sugli spostamenti in città. Adesso vanno allargate le aree 
    pedonali e verificate alcune dorsali. Tutto il resto - chiude Rossi - è aria 
    fritta. Un problema più politico che di sostanza». 
    
    Giuseppe Palladini  | 
  
 
 
  
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    PIANO DEL 
    TRAFFICO - Paoletti: «Finora si è sentito di tutto di più»  | 
  
  
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    «L’invito ci è stato 
    preannunciato molte volte, restiamo in attesa di potere discutere il piano 
    del traffico con l’amministrazione comunale. Stasera (ieri, ndr) anzi 
    chiederò al sindaco Dipiazza di potere visionare il documento». 
    Antonio Paoletti, in veste di presidente della Confcommercio, non entra nel 
    merito delle proposte contenute nella bozza Camus, perché «finora abbiamo 
    sentito di tutto e di più». Ma ribadisce che l’associazione di categoria è 
    pronta a parlarne. E se il documento risultasse superato dagli orientamenti 
    dell’amministrazione, «meglio ancora. Abbiamo sempre chiesto di essere 
    coinvolti prima che i giochi fossero fatti o quasi, in modo da potere dare 
    un contributo costruttivo». 
    Anche Franco Rigutti, numero due di Confcommercio e presidente uscente dei 
    dettaglianti, dice di non volere giudizi sulla bozza pubblicata ieri dal 
    Piccolo, restando in attesa delle carte ufficiali: «E poi non sappiamo se 
    quello sia un documento attuale o se costituisca una versione superata». Una 
    perplessità però Rigutti la esprime: «Se quella pubblicata è la bozza Camus, 
    allora non riusciamo a capire dove stiano le isole pedonali. Si parla di 
    corso Italia e via Mazzini aperte ai soli mezzi pubblici, dunque non 
    totalmente fruibili dai pedoni: credo che le mezze misure non accontentino 
    nessuno e scontentino molti». Rigutti ripete poi quanto aveva già detto nei 
    giorni scorsi: «Siamo prontissimi a una collaborazione costruttiva, ma le 
    cose devono andare avanti in tempi ragionevolmente brevi perché dalle scelte 
    che il Comune vorrà assumere dipenderanno anche strategie di sviluppo del 
    settore commerciale».  | 
  
 
 
  
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    PIANO DEL 
    TRAFFICO - Critiche da destra e sinistra: inutile rimandare  | 
  
  
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    Commenti 
    perplessi dai consiglieri comunali. Omero (Ds): danneggiata l’immagine 
    dell’amministrazione. Rosolen (An): poco intelligente procrastinarlo 
     
    
    Il sindaco Dipiazza rimanda 
    ancora un’illustrazione ufficiale e completa della bozza Camus, ma da destra 
    e da sinistra i consiglieri comunali insistono: è ora che del documento si 
    discuta, documenti alla mano. E la capogruppo di An Alessia Rosolen, proprio 
    come il capogruppo Ds Fabio Omero, annota come la vicenda «danneggia 
    l’immagine dell’amministrazione». Anzi, commenta Rosolen, «trovo davvero 
    poco intelligente procrastinare la presentazione di questo piano, anche 
    perché sono soldi che questa amministrazione ha impiegato per capire cosa 
    fare di questa città». Perché qui sta il punto: «Se agiamo sul contingente è 
    evidente che Trieste non decollerà mai», aggiunge la capogruppo di An 
    lanciando una stoccata anche a Maurizio Ferrara, capogruppo della Lista 
    Dipiazza che giorni fa con una mozione ha riportato alla ribalta la vicenda 
    chiedendo di rendere nota la bozza e al contempo di cassarla: «I giochi 
    fanno male a tutti, anche a chi li propone e anche a Ferrara, che fu proprio 
    assessore al traffico lo scorso mandato». E insomma, Rosolen si dice 
    d’accordo con Dipiazza sul fatto che le Rive e la Grande viabilità 
    porteranno benefici al traffico, ma una direzione - ribadisce - va 
    intrapresa. 
    Intanto il capogruppo forzista Piero Camber dichiara di concordare, a 
    livello personale, con le proposte Camus su corso Italia e via Mazzini, e di 
    «non essere spaventato» da una via Torrebianca a senso unico in salita. Ma 
    un dato rimarca l’azzurro: «Una bozza c’è. Nessuno l’ha sposata, è un punto 
    di partenza su cui discutere». Discutere pubblicamente, suggerisce Camber: 
    «Esponiamo la documentazione per un mese, raccogliamo osservazioni, 
    ascoltiamo enti e categorie interessate entro dicembre, poi vediamo il da 
    farsi». Anche se «di un riordino del traffico, soft o pesante che sia, c’è 
    bisogno», dice Camber. Che quanto alla divulgazione del materiale, non si 
    scompone: «Il gioco d’agosto per essere presenti sui giornali...» 
    Si conferma schierato con il sindaco il capogruppo della Lista Dipiazza 
    Maurizio Ferrara, secondo il quale non c’è bisogno di un nuovo piano - né di 
    rendere nota la bozza Camus ormai obsoleta - ma soltanto di interventi 
    mirati ad alcune zone. Mentre per l’Udc Roberto Sasco annuncia di voler 
    richiedere «all’assessore competente» di illustrare il piano alla 
    commissione urbanistica di cui è presidente. Proprio ieri peraltro 
    l’opposizione ha presentato una domanda in questo senso, conferma il Ds 
    Omero. Il quale si dice in linea con lo spirito generale della bozza Camus, 
    mirato ad aumentare le zone pedonali e scoraggiare il traffico privato nel 
    centro cittadino. «Certo ci sono dei particolari da analizzare», precisa 
    Omero, «e quanto alle zone pedonali rovescerei il concetto partendo 
    dall’individuazione di edifici o luoghi pubblici ai quali verificare 
    l’accessibilità». 
    Concorda in termini generali con la bozza Camus anche il capogruppo della 
    Margherita Sergio Lupieri, che non condivide però la chiusura al traffico 
    privato di corso Italia. Quanto al modo in cui la bozza è stata resa nota, 
    «non mi stupisce - attacca Lupieri - rispecchia il modo di amministrare di 
    questa maggioranza litigiosa». «La busta con il piano del traffico? Metodo 
    da repubblica delle banane», sono le parole del capogruppo di Rifondazione 
    Marino Andolina. Che però contesta decisamente le soluzioni del piano, che 
    «se fossero davvero queste demoliscono la città». 
    Punta sull’ironia, infine, il Cittadino Roberto Decarli, che «ringrazia 
    l’anonimo perché senza di lui la vicenda piano del traffico - alla quale 
    hanno lavorato sei assessori in sei anni di amministrazione Dipiazza - 
    sarebbe rimasta ibernata». Ma «spero a questo punto - prosegue Decarli - che 
    l’anonimo faccia uno sforzo e faccia pervenire alla stampa anche il piano 
    parcheggi (che però è stato presentato pubblicamente in primavera, ndr), il 
    piano antenne e il piano dehors». 
    p.b.  | 
  
 
 
  
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    PIANO DEL 
    TRAFFICO - La bozza e le varianti: no a corso Italia senza auto 
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    Numerose le 
    correzioni prospettate dagli uffici tecnici comunali rispetto all’ipotesi 
    dell’ingegner Camus, soprattutto nelle aree cruciali del centro 
     
    
    Nessuna 
    modifica per le vie Mazzini e Torrebianca. Via Coroneo: niente corsia 
    preferenziale per i bus  
    
    La bozza di piano del traffico 
    elaborata dall’ingegnere dei trasporti Roberto Camus nel febbraio 2005 
    rappresenta il documento di base cui nel tempo sono state apportate dagli 
    uffici comunali - sulla base delle osservazioni degli assessori al traffico 
    che si sono susseguiti nei due mandati della giunta Dipiazza - numerose 
    proposte di varianti secondo un lungo «work in progress»: l’assessore al 
    traffico Maurizio Bucci lo scorso novembre prospettava otto diverse 
    soluzioni da proporre al sindaco Roberto Dipiazza per la nuova viabilità 
    nell’area compresa tra la stazione ferroviaria e corso Italia. 
    Quella che pubblichiamo oggi, ricevuta dal Piccolo assieme al resto della 
    documentazione - ma non protocollata - è una «proposta di variazione della 
    bozza del nuovo piano del traffico» redatta dagli uffici del Municipio «per 
    recepire - dice la legenda non datata - le osservazioni del sindaco e 
    dell’assessore competente, da verificarsi attaverso le simulazioni». 
    Scompare qui l’ipotesi di corso Italia aperto al solo traffico pubblico 
    (sostenuta invece da Bucci dall’inizio del suo mandato): la situazione resta 
    quella attuale tanto nel corso quanto in via Mazzini. Una soluzione che 
    potrebbe risultare gradita al sindaco Dipiazza, contrario alla progettata 
    apertura alle auto in salita di via Torrebianca, destinata secondo Camus a 
    sostituire la direttrice di corso Italia. Cancellata poi da via Battisti una 
    delle due corsie riservate ai bus che Camus ha previsto in discesa in 
    entrambe le direzioni, così come sparisce la corsia preferenziale in via 
    Coroneo. Queste modifiche portano al recupero di un certo numero di posteggi 
    in più punti del centro cittadino: per esempio nelle vie Torrebianca, 
    Coroneo e Battisti, via quest’ultima che Camus aveva previsto senz’auto in 
    sosta così da permettere l’ampliamento dei marciapiedi. Vengono mantenuti 
    inoltre i posteggi per motocicli in via Santa Caterina (dove con corso 
    Italia chiuso al traffico privato non si potrebbe invece arrivare) e nella 
    parte alta di via Torrebianca, recuperando così parte dei 425 posti che in 
    base alla bozza Camus scomparirebbero dal centro urbano, anche se «parte» di 
    essi «potrebbe forse venire ospitata» nei parking coperti. 
    La pianta qui pubblicata sarebbe una delle varie soluzioni emerse nel tempo, 
    come quella prospettata da Bucci lo scorso autunno con via Mazzini priva di 
    bus e corso Italia aperto al solo traffico pubblico ma in entrambe le 
    direzioni; o come l’ipotesi fatta balenare in tempi più recenti dal sindaco, 
    che ha annunciato di volere attuare degli «esperimenti»: aprire la parte 
    bassa di via Mazzini alle auto in salita, così da farle svoltare in via Roma 
    per vederle immettersi da qui in corso Italia. Il tutto per pedonalizzare 
    l’area piazza della Borsa-via Canalpiccolo. 
    Fin qui, si diceva, le ipotesi alternative. Tornando al piano Camus (di cui 
    riportiamo qui a lato le linee principali), per vedere incrementato l’uso 
    del mezzo pubblico a scapito di quello privato, il professionista propone 
    alcuni parcheggi di intescambio sulla cintura della città, dove lasciare 
    l’auto e salire sull’autobus: i siti sono Valmaura, l’area Università dove 
    viene «caldeggiato» il parking sotto piazzale Europa, la zona di Opicina 
    dove i due parcheggi del quadrivio potrebbero servire ai turisti «ai quali 
    potrebbero venire offerti diversi pacchetti incentrati sulla valorizzazione» 
    del tram, e infine l’area Barcola-Grignano. 
    Quanto ai parcheggi a pagamento, l’obiettivo è «favorire il trasporto 
    pubblico e ricercare un equilibrio tra la sosta su strada e in impianto». 
    Per questo, propone Camus, «l’importo minimo dovuto per la sosta nelle aree 
    centrali non può essere inferiore al costo di un biglietto dell’autobus», 
    cosa che invece incentiva ovviamente l’uso dell’auto. Inoltre parcheggiare 
    in superficie deve costare di più, a parità di durata, che lasciare l’auto 
    nel parking coperto: in questo modo si punta a sfruttare i contenitori 
    esistenti e liberare le strade. 
    La bozza Camus peraltro si affianca al progetto di revisione del trasporto 
    pubblico locale redatto dallo stesso professionista e consegnato già qualche 
    anno fa alla Provincia e a Trieste Trasporti, la cui attuazione però è 
    legata all’applicazione del nuovo piano traffico: il progetto prevede tra 
    l’altro la fusione di alcune line, la riduzione dei trasbordi e la 
    velocizzazione dei percorsi attraverso la creazione di nuovi dieci 
    chilometri di corsie riservate. 
    La bozza Camus, per redigere la quale l’ingegnere - secondo il contratto 
    stipulato con l’amministrazione - si è rapportato nell’intero iter a un 
    gruppo di lavoro interno al Comune, viene ritenuta dal responsabile del 
    gruppo stesso, in una relazione stesa per la giunta, «frutto di scelte 
    rigorose e incisive sotto il profilo tecnico che il professionista», nella 
    «propria autonomia progettuale, ha inteso operare per tradurre e perseguire 
    al meglio gli indirizzi forniti dall’amministrazione»; indirizzi che a 
    parere degli uffici comunali «sono stati sostanzialmente rispettati», anche 
    se gli uffici stessi segnalano alcune situazioni da valutare. 
    
    Paola Bolis  | 
  
 
 
  
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    PIANO DEL 
    TRAFFICO - Da Camus un elaborato fatto per favorire i bus  | 
  
  
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    Corso Italia chiuso al traffico 
    privato? Se ne discute da anni nella maggioranza, ed è questa una delle 
    proposte-chiave contenute nella bozza di piano del traffico redatta per il 
    Comune nel febbraio 2005 dall’ingegnere dei trasporti Roberto Camus. Sulla 
    base delle indicazioni fornitegli dalla giunta, Camus ha elaborato un piano 
    che mira in sostanza a favorire l’uso degli autobus a scapito di auto e 
    moto. Di qui le linee-guida del piano: incremento delle corsie riservate a 
    bus e taxi (dieci chilometri di nuove percorrenze, pari al 163% in più 
    rispetto a oggi) e ampliamento delle aree pedonali (quasi il 50% in più). 
    Molte le novità per il traffico privato. Tra le altre, l’apertura alle auto 
    in direzione via San Francesco di via Torrebianca, che sostituisce corso 
    Italia. C’è poi il collegamento via Reti-via Gallina-Passo San Giovanni che 
    porta da via Torrebianca a piazza Goldoni, da dove ci si può immettere nelle 
    due gallerie a senso unico in direzione periferia, mentre in senso opposto 
    corrono i bus: anziché lungo le gallerie, le auto dirette al centro possono 
    passare per via Madonnina e via Del Bosco. Da segnalare nuove corsie 
    riservate ai bus nei due sensi in via Battisti, mentre per le auto questa è 
    aperta solo in discesa da via Gatteri: chi sale può usare via Ginnastica (a 
    senso invertito) o le vie San Francesco e Coroneo, dove viene istituita una 
    corsia riservata ai bus.  | 
  
 
 
  
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    PIANO DEL 
    TRAFFICO - Un’indagine partita nel 2002 con le moto in forte crescita  | 
  
  
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    Data al 2002 l’indagine 
    propedeutica alla redazione del piano. Fra i dati scaturiti, l’invasione 
    delle due ruote a danno delle auto ma soprattutto dei bus: dal 1982 al 2002 
    i motocicli risultavano aumentati del 188% mentre gli spostamenti con i bus 
    erano scesi dai 19.640 di due decenni fa a 8.486.  | 
  
 
 
  
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    PIANO DEL 
    TRAFFICO - Rimane previsto il ponte sul canale di Ponterosso  | 
  
  
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    La bozza Camus ipotizza un ponte 
    sul canale di Ponterosso tra le vie Trento e Cassa di Risparmio, 
    sottolineandone la valenza positiva per la riqualificazione dell’area. 
    L’ipotesi è contenuta anche nel piano di riqualificazione dei Borghi 
    Teresiano e Giuseppino approvato dal consiglio comunale.  | 
  
 
 
  
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    Sonego: 
    rigassificatore, Lubiana accelera  - «Ora anche il governo italiano 
    dovrebbe decidere su uno dei due impianti»  | 
  
  
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    L’assessore 
    interviene dopo che la società tedesca Tge Gas ha diffuso il dossier sul 
    progetto da realizzare a Capodistria   | 
  
  
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    «Strumentale 
    la posizione slovena che critica le due proposte per il Golfo di Trieste». E 
    critica anche gli ambientalisti: «Sanno solo dire di no»  | 
  
  
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    TRIESTE Bacchetta Lubiana «per 
    la totale strumentalità dell’opposizione ai rigassificatori nella nostra 
    regione». Ma plaude il governo sloveno perché «da ciò che è possibile 
    capire, intende costruire un rigassificatore a Capodistria e vuole agire in 
    tempi stretti». Lodovico Sonego non arriva a parlare di modello sloveno da 
    imitare. Ma non ha dubbi che quella sia la strada anche per l’Italia: «Si 
    faccia presto pure a Roma».  
    Alla fine di luglio la società tedesca Tge Gas Engineering ha presentato al 
    ministero dell'Economia della Slovenia l'istanza per ottenere le 
    autorizzazioni generiche mirate a qualificarla come legittima proponente 
    dell'impianto congiunto di rigassificazione e di produzione di energia 
    elettrica nella zona portuale. Pare che la risposta di Lubiana sarà positiva 
    e Sonego anticipa dunque «i migliori complimenti alle autorità slovene che 
    dimostrano di saper affrontare in modo pragmatico il tema strategico 
    dell’approvvigionamento energetico». Emergono a questo punto, secondo 
    l’assessore regionale, due questioni: «La prima è quella della totale 
    strumentalità dell’opposizione slovena ai rigassificatori in Friuli Venezia 
    Giulia. La seconda concerne invece la miopia dei sedicenti ambientalisti che 
    trovano ogni pretesto per impedire qualsiasi ipotesi di modernizzazione 
    anche quando è assolutamente indifferibile, come nel caso della 
    rigassificazione. Appare evidente che, mentre in Italia questi sedicenti 
    ambientalisti sventolano le bandiere del no, a un chilometro di distanza 
    oltre il confine il governo di Lubiana agisce con serietà bruciando tutti 
    sui tempi». Secondo la Tge Gas Engineering – che ha progettato un intervento 
    di circa 900 milioni di euro su una superficie di 30 ettari – l'impianto 
    sarebbe in grado di fornire 5 miliardi di metri cubi di gas all'anno. In 
    assenza di imprevisti e alla condizione di uno svolgimento indisturbato 
    delle procedure autorizzative, la rigassificazione e la produzione di 
    energia elettrica potrebbero essere avviate nel 2012. Nessun dubbio sul 
    rispetto dei massimi standard di tutela dell’ambiente. La società tedesca ha 
    pure evidenziato che la tecnologia adottata sarebbe decisamente meno 
    inquinante di quella prevista dai progetti Endesa e Gas Natural nel golfo di 
    Trieste. «In realtà oggi ci sono varie scuole tecnologiche e sono tutte 
    affidabili - osserva Sonego -. Nessuna delle soluzioni in uso nel mondo 
    produce danni all’ambiente, basta farci un giro per toccare con mano». 
    Quanto al sindaco di Capodistria che si oppone, l’assessore afferma: «Quando 
    si tratta di progetti importanti trovi sempre uno che si mette di traverso». 
    Sonego assicura che il rigassificatore a Capodistria non toglierebbe spazio 
    a quello in regione: «Ce n’è per tutti. L’Italia e i paesi dell’Europa 
    centro-orientale hanno la necessità di sfuggire al ricatto del monopolio 
    russo e algerino, sempre più esplicitamente uniti nel cartello di una specie 
    di Opec». Infine l’aggiornamento sui due progetti nel golfo di Trieste con 
    la Regione che, prima dell’estate, ha previsto consistenti prescrizioni 
    modificative. «La giunta – ribadisce Sonego – auspica che in sede di 
    valutazione di impatto ambientale nazionale il governo accolga le nostre 
    prescrizioni e modifichi dunque quei progetti allo scopo di consentire la 
    realizzazione di un rigassificatore. Senza preferenze da parte nostra su 
    quale dei due».  
    Si fa intanto sentire il Comitato per la salvaguardia del golfo di Trieste 
    che, in una lettera al ministro Alfonso Pecoraro Scanio, ricorda uno dopo 
    l’altro i motivi del fronte del no.  
    Marco Ballico   | 
  
 
 
  
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    Doppio binario 
    sulla Capodistria-Divaccia, Lubiana vuole coinvolgere Deutsche Bahn  | 
  
  
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    Avviati 
    colloqui ai massimi livelli fra il governo sloveno e le Ferrovie tedesche. 
    Trattative a settembre   | 
  
  
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    Il colosso 
    europeo dei trasporti acquisirebbe quote di Luka Koper, di Intereuropa e dei 
    treni   | 
  
  
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    L’ammodernamento della rete richiede investimenti entro il 2020 per 9 
    miliardi di euroCAPODISTRIA Il governo 
    sloveno è disposto a vendere alla Deutsche Bahn (le Ferrovie tedesche) 
    importanti quote azionarie delle principali aziende logistiche nazionali - 
    Ferrovie, Luka Koper (ente di gestione del porto di Capodistria), 
    Intereuropa - ma chiede, in cambio, che il colosso tedesco investa 
    nell'ammodernamento della rete ferroviaria slovena, compreso la costruzione 
    del secondo binario sulla tratta Capodistria-Divaccia, 9 miliardi di euro 
    entro il 2020. La notizia non è ufficiale -si tratta per ora solo di 
    indiscrezioni - ma le trattative tra governo sloveno e Deutsche Bahn sono 
    già avviate. Il premier sloveno Janez Jansa, accompagnato dai ministri delle 
    finanze Andrej Bajuk e dei trasporti Janez Bozic, insieme ai presidenti dei 
    consigli d'amministrazione di Luka Koper, Intereuropa e Ferrovie slovene, ha 
    avuto lunedì sera un incontro con il presidente della Deutsche Bahn Hartmut 
    Mehdorn e i suoi collaboratori, ma nessuno, al termine dei colloqui, ha 
    voluto fornire particolari su quanto è stato detto. «Siamo soltanto agli 
    inizi - ha spiegato ieri alla stampa il sottosegretario sloveno alle Finanze 
    Andrej Sircelj - e non è stata presa ancora alcuna decisione». 
    In pratica, si stanno valutando tutte le possibilità su come realizzare 
    l'operazione e attuare la collaborazione tra il colosso logistico tedesco e 
    le più importanti società slovene del settore per riuscire a ottenere il 
    massimo effetto sinergico. La questione chiave da risolvere riguarda la 
    quota del partner straniero nell'eventuale futura holding logistica. 
    Secondo le stesse indiscrezioni, lo Stato sloveno venderebbe ai tedeschi il 
    49 per cento delle Ferrovie e la maggioranza del pacchetto azionario del 
    Porto e di Intereuropa, mantenendo il controllo del 25 per cento di azioni 
    delle due società. In cambio, la società tedesca, che sta puntando a 
    realizzare una rete logistica europea, porterebbe in Slovenia 9 miliardi di 
    euro necessari per migliorare i trasporti su rotaia (compresa la costruzione 
    del secondo binario sulla Capodistria–Divaccia) e parteciperebbe al 
    finanziamento della costruzione del terzo molo del porto di Capodistria. I 
    tempi e i dettagli dell'operazione, che se dovesse andare a buon fine 
    sarebbe uno dei progetti più importanti realizzati in Slovenia negli ultimi 
    quindici anni, sono ancora una grande incognita, ma già la notizia dei 
    colloqui del governo con i dirigenti della Deutsche Bahn ha fatto salire le 
    quotazioni in Borsa della Luka Koper di piu' del 5 per cento in un solo 
    giorno. 
    La Deutsche Bahn è la principale azienda logistica tedesca, un autentico 
    colosso europeo, presente sul mercato dei trasporti su rotaia ma operante 
    anche nel trasporto marittimo, stradale ed aereo. Con 230.000 dipendenti, un 
    fatturato di 30 miliardi di euro all'anno e 1,6 miliardi di utili 
    realizzati, è da molti considerata il partner strategico ideale per le 
    principali aziende logistiche slovene. Nuovi colloqui, a vari livelli, sono 
    previsti già a settembre.  | 
  
 
 
IL PICCOLO - MERCOLEDI',  22 
agosto 2007
 
 
  
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    Piano del 
    traffico:
    
    ecco la bozza Camus  - Tra le proposte 
    anche la novità della riapertura al traffico privato di via Gallina in 
    direzione Goldoni  | 
  
  
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    LA NUOVA 
    VIABILITÀ Svelati i contenuti del documento redatto su incarico del Comune, 
    consegnato nel 2005 e rimasto finora nel cassetto  
    
    Un deciso orientamento in favore 
    del trasporto pubblico, più efficiente grazie alle nuove corsie 
    preferenziali e destinato ad attrarre un 11% di utenti in più a fronte di 
    una contestuale riduzione di auto e moto. Nuove aree pedonali per 79.040 
    metri quadri, quasi il 22% in più rispetto a oggi. Ulteriori 18.100 metri 
    quadri recuperati con l’ampliamento dei marciapiedi, per un totale di un 
    +49,9% di superfici destinate ai pedoni. E poi eliminazione delle zone a 
    traffico limitato per i residenti; riduzione dei posteggi liberi; riassetto 
    di alcune direttrici urbane per decongestionare il traffico. 
    Questi alcuni dei dati relativi alla bozza di piano del traffico redatta 
    dall’ingegnere dei trasporti Roberto Camus a inizio 2005 su incarico del 
    Comune e da allora ampiamente discussa, ma mai svelata nella sua interezza 
    da parte dell’amministrazione. Ma ieri una fonte anonima l’ha resa nota 
    inviandola direttamente al «Piccolo». Ecco le proposte redatte da Camus e 
    ufficializzate nella bozza firmata anche dai direttori comunali della 
    Pianificazione, Carlo Tosolini, e del Servizio mobilità e traffico, Giulio 
    Bernetti. 
    LE INDICAZIONI Il progettista ha elaborato il documento sulla base 
    delle indicazioni fornite nel 2004 dalla prima giunta Dipiazza: incrementare 
    le aree pedonali nel centro cittadino, favorire il trasporto pubblico, 
    rimodulare la maglia viaria per garantirne maggiore funzionalità, 
    riconsiderare e eventualmente eliminare le zone a traffico limitato, 
    rivedere le aree di sosta per i residenti. 
    LA STRATEGIA Il piano mira a «invertire la tendenza in atto» negli 
    ultimi decenni, ovvero «una politica in tema di mobilità che ha 
    costantemente favorito l’uso del mezzo privato» determinando una «pesante 
    riduzione del ruolo del trasporto pubblico locale» e conseguenti «effetti 
    negativi» in tema d’inquinamento. Gli assi principali di intervento sono 
    dunque l’incremento delle corsie riservate al trasporto pubblico, la 
    creazione di nuovi percorsi pedonali, parcheggi di scambio in alcune aree 
    periferiche, l’ampliamento delle zone pedonali con «un servizio di trasporto 
    pubblico e una offerta di sosta adeguati», un aumento delle aree a pagamento 
    in superficie «senza trascurare le esigenze dei residenti». 
    TRAFFICO PRIVATO La soluzione che fin qui più ha fatto discutere 
    riguarda la chiusura al traffico privato di corso Italia, accessibile a 
    senso unico (direzione Goldoni) al solo trasporto pubblico, il quale per 
    scendere verso le Rive percorre via Mazzini. Il traffico privato che dalle 
    Rive si incanala in direzione Carducci viene dirottato su via Torrebianca, a 
    senso unico in salita fino a via Carducci. Da qui si può proseguire lungo 
    via San Francesco, che resta a senso unico ma in direzione invertita 
    rispetto all’attuale fino a via Rismondo. Chi punta verso piazza Goldoni da 
    via Torrebianca può imboccare via Reti, via Gallina e Passo San Giovanni, 
    riaperti al traffico privato con direzione invertita. Uguale l’itinerario da 
    via del Teatro Romano, che resta a senso unico e attraverso le vie San 
    Spiridione e Filzi porta a via Torrebianca, da cui si risale.  
    Da piazza Goldoni si imboccano le due gallerie, che diventano a senso unico 
    giacché la corsia opposta viene riservata a bus e taxi. Questo assetto 
    sposta il traffico privato diretto al centro su itinerari come le Rive, la 
    direttrice Baiamonti-Foraggi-D’Annunzio-Barriera ma anche - per chi giunge 
    da San Giacomo - su via Madonnina, il cui senso di marcia viene invertito. 
    Un’altra variazione significativa riguarda le vie Battisti e Ginnastica. La 
    prima per il traffico privato è a senso unico in discesa a partire da via 
    Gatteri, permettendo così dallo stesso punto l’istituzione di corsie 
    riservate in entrambi i sensi per i bus. Quanto a via Ginnastica, questa 
    sopperisce - assieme alle vie San Francesco e Coroneo - all’interdizione al 
    traffico privato di via Battisti in salita. 
    Il piano prevede tra l’altro la bretella di Porto Vecchio parallela a corso 
    Cavour, considerando l’apertura di un asse viario nell’antico scalo che 
    avrebbe potuto decongestionare l’asse di viale Miramare ma è stata in 
    seguito cassata con l’intesa raggiunta tra Comune e Autorità portuale. 
    TRASPORTO PUBBLICO Numerose le nuove corsie o vie riservate. A via 
    Tarabochia e Mazzini si aggiungono la parte terminale di via Roma (tra 
    Machiavelli e corso Italia) e il corso stesso tra piazza della Borsa e 
    piazza Goldoni. Nuove corsie sono previste in via Udine, verso il centro, 
    tra via Tasso e Rittmeyer; in via Coroneo, contromano in direzione centro, 
    tra via Favio Severo e via Carducci; in via Giulia, dal Giulia fino 
    all’incrocio con le vie Rismondo e Rossetti; in via Battisti in entrambi i 
    sensi; in via Rossetti, contromano direzione centro, fino a via Stuparich; 
    in viale D’Annunzio. Ancora, corsie bus e taxi in via del Molino a Vento tra 
    largo Pestalozzi e via Caprin; nelle gallerie Sandrinelli e San Vito; in via 
    dell’Istria, tra via Frausin e via Ponziana. Si giunge così a oltre 10 
    chilometri di corsie riservate, con un incremento del 163% rispetto a oggi e 
    con ricadute «positive sulla velocità commerciale dei mezzi» che 
    contribuiscono «in modo determinante all’incremento dell’appetibilità» del 
    bus. 
    AREE PEDONALI Di fatto, interrotta da alcune direttrici di trasporto 
    pubblico e privato, si delinea un’unica area pedonale tra Rive, corso 
    Italia, via Imbriani e via Torrebianca. L’elemento di maggiore impatto è 
    l’ampliamento delle zone pedonali di corso Italia e via Mazzini, impegnate 
    ciascuna da una sola corsia per bus e taxi a senso unico che consentono un 
    cospicuo allargamento dei marciapiedi. Essendovi interdetto l’accesso, 
    risultano così interamente pedonalizzate via Santa Caterina, via San Lazzaro 
    e via Imbriani (quest’ultima però percorribile dal trasporto pubblico). Il 
    piano prevede la pedonalizzazione anche dell’ultima parte di via di Cavana, 
    portando di fatto a una sostanziale continuità delle aree pedonali tra 
    piazza Venezia e Il Giulia. 
    Altro elemento di spicco, la proposta di liberare dalle auto in sosta 
    entrambi i marciapiedi di via Battisti, dove restano tre corsie: due 
    riservate ai mezzi pubblici, una ai mezzi privati. Di qui l’aumento 
    complessivo delle superfici pedonali del 49,9% rispetto a oggi. 
    
    Paola Bolis  | 
  
 
 
  
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    PIANO DEL 
    TRAFFICO - La stima del municipio: 3 milioni per l’attuazione  | 
  
  
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    Uno degli elementi di spicco del 
    piano - che secondo la stima degli uffici comunali prevede un impegno 
    finanziario di almeno tre milioni 150 mila euro - consiste nell’eliminazione 
    delle zone centrali a traffico limitato (Ztl) per i residenti. In compenso 
    la sosta diventa a pagamento nelle sole fasce orarie 9-13 e 14.30-19. Per 
    incentivare il trasporto pubblico vengono proposti parcheggi di scambio 
    nella cintura della città. Quanto ai posti auto nel centro urbano, risultano 
    267 quelli eliminati assieme alle Ztl, ma l’offerta doi posti in impianti va 
    salire gli stalli complessivi a 375 in più. Diminuiscono invece nettamente i 
    posti non a pagamento, con 1119 stalli in meno nell’ottica di scoraggiare 
    l’uso del mezzo privato. Crescono invece di 532 quelli a pagamento su 
    strada, e di 1600 circa i posti a rotazione negli impianti. «Leggermente 
    negativo» invece il bilancio complessivo dei posteggi per i motorini nelle 
    aree centrali. 
    Il piano prevede fasce orarie per il carico e scarico merci, diverse (ma 
    concentrate nelle ore notturne e in quelle del mattino) in base alla 
    tipologia del traffico consentito nelle strade. Infine, numerosi sono i 
    collegamenti ciclopedonali proposti per un totale di 34 chilometri, il 600% 
    in più rispetto a oggi. 
    Come procedere all’applicazione del progetto? Sono previste sei fasi 
    progressive. Dapprima vengono realizzate le corsie riservate ai mezzi 
    pubblici in via Giulia e in via Roma. Si passa poi alle corsie riservate su 
    via del Molino a Vento e nelle gallerie, all’inversione di marcia in via 
    Madonnina e ad altri interventi; si arriva da ultimo al senso unico e alle 
    corsie bus in via Battisti e alla chiusura al traffico privati di corso 
    Italia con l’istituzione del collegamento via Reti-Gallina, oltre alla 
    realizzazione della viabilità interna in Porto Vecchio, alla corsia bus in 
    via Udine e al collegamento via Udine-viale Miramare.  | 
  
 
 
  
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    PIANO DEL 
    TRAFFICO - Il segreto rivelato da una busta anonima  - Maggioranza e 
    opposizione da mesi chiedono di poter visionare le carte  | 
  
  
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    LA NUOVA 
    VIABILITÀ Recapitata alla sede del Piccolo senza indicazione del mittente ma 
    con il logo del Comune  
    
    Il dibattito 
    su chiusure e isole pedonali si era riacceso pochi giorni fa 
    
    È rimasto fino a ieri uno dei 
    segreti più gelosamente custoditi del Comune. E così del piano del traffico 
    - o meglio della bozza redatta dall’ingegnere dei trasporti (e preside della 
    facoltà di Ingegneria cittadina) Roberto Camus, si è discusso accanitamente 
    a più riprese per anni, dibattendo di corso Italia senz’auto o della 
    galleria Sandrinelli a senso unico, due degli elementi di spicco che erano 
    filtrati attraverso una serie di indiscrezioni. Il tutto però senza che 
    nessuno ufficialmente avesse mai voluto illustrare il documento nel suo 
    senso compiuto. 
    Fino a ieri, si diceva. Quando alla sede del Piccolo è arrivata una busta 
    senza indicazione di mittente ma con il logo del Comune: dentro, da parte di 
    una fonte che non ha voluto vedere pubblicato il suo nome, una corposa 
    documentazione - in gran parte protocollata - relativa all’iter del piano 
    del traffico. 
    La bozza si è così materializzata a poche ore di distanza dalla chiusura 
    dell’ultima vicenda maturata sul tema. Vicenda che la scorsa settimana ha 
    visto il capogruppo della Lista Dipiazza Maurizio Ferrara chiedere a sindaco 
    e giunta, in una mozione presentata «a titolo personale», di rendere 
    pubblico il documento ma al contempo di non darvi seguito, vista la 
    migliorata situazione della viabilità sulle nuove Rive e i piani rionali già 
    predisposti o in fase di attuazione. Perché a questo punto «le proposte di 
    modifica della viabilità cittadina, pur essendo sicuramente coraggiose ed 
    innovative, risultano, a parere dello scrivente, eccessivamente ed 
    inutilmente impattanti», scriveva Ferrara. 
    Una richiesta alla quale il sindaco Roberto Dipiazza ha risposto parlando 
    chiaro: innanzitutto ha fatto capire di non avere alcuna intenzione di 
    rendere noto il piano. E poi «il 60-70%» del documento «non mi va bene», ha 
    detto, giacché dopo le Rive «vanno tagliate alcune scelte che non servono 
    più». Inoltre, secondo Dipiazza, di varare un nuovo piano del traffico non 
    c’è alcuna urgenza.  
    A queste parole ha risposto Camus, che rompendo il consueto silenzio ha 
    voluto ribadire di avere redatto la bozza seguendo le indicazioni precise 
    che dalla giunta comunale gli erano giunte nell’estate del 2004. E anzi, se 
    il 70% del piano non va «avrei gradito che il sindaco me lo avesse detto nel 
    febbraio 2005, quando gli presentai il documento di cui mi pareva 
    entusiasta». In controreplica, il primo cittadino ha sottolineato come la 
    bozza oggi abbia una «coerenza residua con quella che è la situazione 
    attuale della viabilità cittadina», ribadendo che ai politici spetta 
    decidere sulla base della «ragionevolezza» e non solo dei modelli matematici 
    cari agli studiosi. 
    Che ne sarà dunque del piano Camus, costato sin qui all’amministrazione 
    oltre 150 mila euro? La presa di posizione di Dipiazza è stata commentata 
    con entusiasmo dallo stesso Ferrara, che a quel punto si è detto concorde 
    sull’inutilità di rendere pubblico un documento obsoleto. Ma intanto, ancora 
    nei giorni scorsi, voci dell’opposizione così come del centrodestra hanno 
    ribadito l’opportunità di avviare una discussione pubblica sul tema. Ed è 
    una richiesta che parte da lontano: già lo scorso autunno, e poi a più 
    riprese, in modo compatto i capigruppo del consiglio comunale avevano 
    espresso la volontà di visionare il documento. Documento che peraltro non 
    risulta più quello originario di Camus, sul quale negli ultimi mesi ha 
    lavorato Maurizio Bucci, assessore al traffico e successore dello stesso 
    Ferrara, che il piano lo portò avanti tra il 2005 e il 2006: Bucci infatti 
    alla bozza ha apportato delle modifiche corpose. E pochi giorni fa si è 
    dichiarato «prontissimo» a esporne finalmente i contenuti, quando il sindaco 
    - ha precisato - lo chiederà. Perché una cosa è chiara: sul documento è 
    innanzitutto la maggioranza a dovere trovare una condivisione che finora non 
    c’è stata, e che l’anno scorso ha portato prudentemente a congelare l’iter, 
    vista l’imminenza delle elezioni comunali. 
    Nella vicenda si intersecano le posizioni diverse assunte dai vari partiti 
    della Cdl, la prudenza di Dipiazza che sinora sul piano ha preferito 
    frenare, l’entusiasmo - contestatissimo, nel metodo, da An - di Bucci che 
    all’inizio del suo mandato parlò di un corso Italia pedonalizzato... Agli 
    atti resta un un emendamento al bilancio preventivo 2007 del Comune, 
    presentato dalla maggioranza consiliare lo scorso febbraio e poi fatto 
    proprio dalla giunta, che prevede che entro «la prima metà dell’anno» sia 
    redatto il testo definitivo del piano del traffico da portare in consiglio 
    comunale. E intanto, tra poco partirà la campagna per le regionali 2008.  | 
  
 
 
  
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    PIANO DEL 
    TRAFFICO - Le alternative ipotizzate da sindaco e assessore  | 
  
  
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    Nessuna rivoluzione né per corso 
    Italia, che resta aperto al traffico pubblico e privato, né per via Mazzini 
    dove i mezzi pubblici continuano a transitare in entrambe le direzioni. E 
    niente senso unico in salita in via Torrebianca. 
    Sono due dei punti nodali contenuti in un grafico, giunto in redazione ieri 
    assieme agli altri elaborati, non datato e intitolato «Proposta di 
    variazione della bozza del nuovo piano del traffico per recepire le 
    osservazioni del sindaco e dell’assessore competente, da veriricarsi 
    attraverso le simulazioni». Il grafico respinge dunque la soluzione di via 
    Torrebianca che il sindaco Roberto Dipiazza anche pochi giorni fa ha 
    dichiarato di non volere assolutamente attuare, e lascia intatta la 
    situazione di corso Italia e via Mazzini anche se prevede che l’ultima parte 
    di via Roma in direzione corso venga destinata ai soli mezzi pubblici. Altro 
    elemento diverso rispetto alla bozza Camus, l’assetto di via Battisti dove 
    delle due previste resta una sola corsia riservata (in salita) per gli 
    autobus: in questo modo viene espressamente indicato il recupero dei posti 
    auto sui marciapiedi e delle aree di carico e scarico merci sul lato rivolto 
    verso il viale XX Settembre, mentre scompare anche la corsia riservata ai 
    bus lungo via Coroneo.  
    Come ulteriore elemento forte di distinzione dalla bozza, il grafico prevede 
    il recupero di numerose aree di sosta, compresa naturalmente quella di via 
    Torrebianca.  | 
  
 
 
  
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    PIANO DEL 
    TRAFFICO - Tremul (CamminaTrieste): «È 
    necessario intervenire, la città è invasa dalle auto»  | 
  
  
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    «Cosa succede con il piano del 
    traffico? Tutti ne parlano, viene spezzettato, nessuno in realtà lo vuole e 
    intanto il tempo passa e probabilmente non si farà». A lanciare un grido di 
    allarme è il Coped-CamminaTrieste, la Federazione italiana per i diritti del 
    pedone e la salvaguardia dell’ambiente con una nota firmata dal presidente 
    Sergio Tremul. 
    «Sul piano del traffico abbiamo presentato proposte, idee e iniziative, ma è 
    mancata una consultazione più volte annunciata» denuncia il presidente che 
    offre appoggio al consulente del Comune sul piano del traffico. «Siamo 
    d’accordo con quanto dichiarato dal professor Camus – afferma Tremul – 
    bisogna attuare il piano del traffico, altrimenti, mancando il contesto, 
    tutto quello che viene fatto non avrà certezza di risultato, nulla cambierà 
    perchè tante situazioni non muteranno». Molti i nodi irrisolti secondo il 
    Coped: «la città è invasa e continuerà ad esserlo da macchine e moto a 
    dismisura – accusa Tremul – e così attuare un piano del traffico è un 
    problema politico che questa amministrazione non ha il coraggio di 
    affrontare». 
    Tremul elenca i punti «caldi»: piazza Goldoni, snodo importante per bus e 
    pedoni: «come è stata realizzata rappresenta un pericolo con i suoi semafori 
    e passaggi pedonali». Secondo Tremul c’è un’incertezza sulle corsie dei bus 
    che dovrebbero essere riviste riducendo il transito privato. Poi largo 
    Barriera e via Oriani: «molto bella l’area, non certo funzionale a causa 
    della mancata sincronizzazione dei semafori e la sosta dei pedoni a centro a 
    centro strada». Si passa alle Rive: «Per i pedoni e i turisti c’è un fronte 
    di difficoltà per i passaggi e lo scorrimento veicolare non ha raggiunto i 
    livelli attesi per ridurre lo smog». Ultimo «nodo», il peggiore: via 
    Carducci «sempre più intasata e occupata ai lati da macchine e furgoni». «Il 
    piano del traffico affronta queste questioni – conslude Tremul – non farlo 
    può essere una grave posizione rivolta contro tutta la città».  | 
  
 
 
  
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    Rigassificatore per sessanta navi cisterna  - Dal 2012 fornirebbe 5 
    miliardi all’anno di metri cubi di gas per 200 megaWatt   | 
  
  
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    Il terminal 
    a Capodistria costerà 900 milioni e con l’indotto occuperà fino a mille 
    addetti 
    
    In settembre 
    ripartirà il dibattito mentre la tedesca Tge ha già presentato l’istanza al 
    ministero per le autorizzazioni  
    
    CAPODISTRIA Ipotesi di un 
    terminal rigassificatore nell’area del Porto di Capodistria, si va verso un 
    «settembre caldo». Del progetto di costruzione della struttura, nelle ultime 
    settimane, si è parlato poco. Forse anche perché buona parte dei politici 
    era in vacanza. Ma già a partire dal mese prossimo l’argomento ridiventerà 
    uno dei temi centrali sui quali si concentrerà l'attenzione dell'opinione 
    pubblica slovena.  
    Alla fine di luglio, infatti, la società tedesca Tge Gas Engineering ha 
    presentato al ministero dell'Economia della Repubblica di Slovenia l'istanza 
    per ottenere le autorizzazioni generiche tese a qualificarla come legittima 
    proponente dell'impianto congiunto di rigassificazione e di produzione di 
    energia elettrica nella zona portuale. E, tra non molto, Lubiana dovrebbe 
    fornire la sua risposta.  
    Nel frattempo, la Tge Gas Engineering ha reso note le caratteristiche 
    previste dall'intervento. Il progetto, del valore complessivo di circa 900 
    milioni di euro (inclusivo dei costi di finanziamento e con un’incidenza 
    pronosticata del valore delle opere da affidare a esecutori e fornitori di 
    servizi sloveni, stimata in una quota del 40%), impegnerebbe una superficie 
    di 30 ettari.  
    Esso prevede la costruzione, in prossimità dei preesistenti impianti di 
    stoccaggio di carburanti liquidi ai piedi del colle di Sermino e a 2,5 
    chilometri dall'attracco delle navi cisterna, di due contenitori in acciaio 
    dentro strutture in calcestruzzo pretensionato, collegati con un dotto 
    criogeno al punto d'attracco stesso, dell'impianto di rigassificazione in 
    senso stretto e della centrale elettrica.  
    L'impianto sarebbe in grado di fornire 5 miliardi di metri cubi di gas 
    all'anno. In assenza di imprevisti e alla condizione di uno svolgimento 
    indisturbato delle procedure autorizzative, la rigassificazione e la 
    produzione di energia elettrica potrebbero essere avviate nel 2012.  
    E' previsto, a regime, l'impiego di 70 dipendenti di formazione in 
    prevalenza tecnico universitaria con un indotto stimato oltre mille addetti 
    complessivi. La centrale elettrica, caratterizzata da una potenza di circa 
    200 Mw, sopperirebbe a buona parte del fabbisogno della regione litoranea. 
    A detta dei proponenti, la tecnologia proposta appare particolarmente adatta 
    ai fondali poco profondi della baia di Capodistria e non implicherebbe 
    l’utilizzo dell'acqua marina per il riscaldamento del Gnl. L'incremento dei 
    traffici marittimi indotto dall’intervento è stimato dai proponenti in 50 
    navi cisterna all'anno (60, a detta di tecnici terzi).  
    La Tge ha annunciato fin dall'inizio la volontà di rispettare i massimi 
    standard di tutela dell’ambiente, sottolineando tra l'altro che la 
    tecnologia adottata sarebbe decisamente meno inquinante di quella prevista 
    dai progetti Endesa e Gas Natural nel golfo di Trieste. Le autorità locali, 
    almeno finora, si sono tuttavia sempre dette contrarie al progetto.  
    Il sindaco di Capodistria, Boris Popovic, agli inizi di maggio era stato 
    molto esplicito: fino a quando lui sarà primo cittadino - aveva detto - a 
    Capodistria non ci sarà alcun rigassificatore. Questa stessa posizione e' 
    stata ribadita successivamente dal consiglio comunale di Capodistria e dalla 
    Fondazione per lo Sviluppo sostenibile «Umanotera».  
    Per l'Associazione dei movimenti ecologisti, però, è comunque preferibile la 
    soluzione di una centrale a gas nel porto di Capodistria piuttosto che 
    garantire il fabbisogno energetico nazionale ampliando eventualmente con un 
    secondo blocco la centrale nucleare di Krsko. Il no al rigassificatore di 
    Capodistria e a quelli nel golfo di Trieste era stato ribadito anche nel 
    corso dell'incontro che il sindaco Popovic aveva avuto con il deputato di 
    Forza Italia e candidato alla presidenza del Friuli Venezia Giulia, Renzo 
    Tondo.   | 
  
 
IL PICCOLO - MARTEDI',  21 
agosto 2007
 
 
  
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    Dipiazza a 
    Camus: decidono i politici  - Il sindaco replica alla sortita del 
    professionista che ha redatto il piano del traffico poi non messo in pratica  | 
  
  
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    «La bozza ha 
    una coerenza relativa con l’attuale viabilità»  | 
  
  
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    Lo scontro 
    approda anche nell’assise comunale. Giorgi (Forza Italia): «Non è possibile 
    che 40 consiglieri non ne sappiano niente». Omero (Ds): «Già spesi 150mila 
    euro»  | 
  
  
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    Roberto Dipiazza invita Roberto 
    Camus a ricordare la distinzione dei ruoli: l’uno politico, l’altro tecnico. 
    Gli rammenta che ai politici corre l’obbligo di non accettare passivamente 
    le proposte dei tecnici, come accadde con quella Rozzol Melara che «oggi 
    nessuno avrebbe il coraggio di difendere». Gli fa notare che la bozza del 
    piano del traffico trova una coerenza solo «residua» con la situazione 
    attuale della viabilità cittadina. E insomma, chiude, l’amministratore deve 
    scegliere valutando anche la realtà, e non solo i modelli matematici. 
    Sono alcuni passaggi della lettera indirizzata dal sindaco all’ingegnere dei 
    trasporti che ieri, rompendo il silenzio, ha commentato la vicenda del piano 
    del traffico. Dipiazza domenica aveva ribadito che la bozza firmata da Camus 
    a inizio 2005 «non mi va bene al 60-70%» in quanto «superata» in alcune 
    scelte dalla nuova viabilità delle Rive. Il professionista, ieri, ha fatto 
    notare di avere redatto la bozza proprio sulla base delle indicazioni 
    fornite dalla giunta: favorire il trasporto pubblico e incrementare le zone 
    pedonali. Certo è la politica a dovere decidere, ha notato il 
    professionista, «ma sarebbe bene che lo facesse per tempo, così che chi 
    lavora per l’amministrazione sia in grado di assolvere al suo compito». 
    La replica del primo cittadino arriva nero su bianco. Ed è una replica in 
    cui Dipiazza contesta la «rivendicazione» di Camus sulla paternità delle 
    Rive precisando come il nuovo lungomare sia stato ideato da tre ingegneri 
    del Comune. Inoltre, Dipiazza reputa che gli sviluppi positivi del traffico 
    siano stati «in qualche modo sottovalutati», cosicché «una buona parte del 
    piano» Camus non sarebbe «più applicabile». 
    Il nodo del piano traffico è riemerso giorni fa, quando il capogruppo della 
    Lista Dipiazza Maurizio Ferrara in una mozione ha invitato sindaco e giunta 
    a rendere nota la bozza Camus ma al contempo a non darvi seguito. E la 
    vicenda continua a far discutere, malgrado il sindaco abbia fatto intendere 
    di non volere rendere nota la bozza e di volere incaricare gli uffici di 
    modificarla, ma senza fretta. 
    Tanto dalla Cdl quanto dall’opposizione arrivano però voci che ricordano il 
    ruolo dei consiglieri comunali: «Il piano del traffico va fatto - osserva il 
    forzista Lorenzo Giorgi - e non è possibile che 40 consiglieri a oggi della 
    bozza Camus non sappiano nulla». Giorgi annuncia la presentazione di una 
    mozione in cui chiederà che vengano ascoltate le circoscrizioni, gli organi 
    istituzionali più vicini ai cittadini, e che le diverse soluzioni possibili 
    vengano poi illustrate e lasciate in mostra in una delle sale espositive del 
    Municipio così da poterne mettere al corrente i cittadini. 
    Anche il diessino Fabio Omero ricorda il ruolo di indirizzo del consiglio 
    comunale, e «come opposizione - annuncia - chiederemo che la commissione 
    urbanistica venga convocata per visionare la bozza Camus. Un lavoro che è 
    costato al Comune oltre 150 mila euro, e che prima di essere cestinato va 
    esaminato dal consiglio comunale. Il tutto - chiude Omero - mentre resta a 
    oggi in vigore il piano Honsell, approvato dalla giunta Illy e considerato 
    già nel 2001, dall’amministrazione Dipiazza, come uno strumento da rifare». 
    Infine, una nota del consigliere regionale dei Cittadini (ed ex assessore 
    comunale) Uberto Fortuna Drossi: «Amministrare la città è una cosa seria. 
    Qui il copione è sempre lo stesso, quello del gioco degli specchi: tutto e 
    il contrario di tutto, interprete il primo cittadino. La peculiarità del 
    sindaco potrebbe essere invidiabile per un politico navigato: sedurre la 
    gente tanto da far dimenticare le cose dette ieri. La città ha bisogno di 
    trasporti pubblici che si muovano velocemente, di meno inquinamento, di un 
    traffico fluido, di parcheggi: abbiamo perso sei anni, senza parlare del 
    resto», chiude Fortuna Drossi. 
    
    Paola Bolis  | 
  
 
 
  
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    Bucci: arredi, 
    coinvolgeremo gli esercenti  - L’assessore: il Piano dehors mi 
    preoccupa, problemi nel rapporto tra locali e negozi  | 
  
  
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    Il titolare 
    dell’Urbanistica a Durissini e Di Lorenzo che avevano criticato il 
    documento: «Di che parlano se non l’hanno visto?»   | 
  
  
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    «Fosse stato 
    per me il documento sarebbe potuto restare nel cassetto: in alcune zone può 
    andare benissimo, ma in altre no»  | 
  
  
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    «Non rispondo a Pino Di Lorenzo 
    perché non so chi rappresenti, ma mi dispiace per le osservazioni di 
    Lionello Durissini, persona seria che ha sempre agito in maniera 
    equilibrata. Di che cosa parla se il piano non lo ha visto? Ma stia sereno: 
    il documento verrà discusso con le categorie prima di essere portato in 
    consiglio comunale». 
    Maurizio Bucci, assessore all’urbanistica, risponde così all’ennesima 
    contestazione sul Piano dehors, il regolamento al quale - quando sarà stato 
    varato - dovranno attenersi 1200 locali pubblici in materia di gazebo e 
    verande, tavolini e sedie, elementi di delimitazione degli esterni. Dopo 
    avere ripreso il suo iter, il piano degli arredi a breve andrà approvato 
    dalla giunta per poi passare all’aula municipale. 
    Ieri Lionello Durissini, direttore dell’associazione di categoria Acepe, ha 
    parlato dell’«impossibilità di uniformare le nuove strutture» anche quanto 
    ai colori (quello dominante nel documento così come si presenta ora è 
    l’antracite dei lampioni), mentre Pino Di Lorenzo, segretario politico della 
    Lista autonoma Regione Venezia Giulia, ha annunciato di aver avviato una 
    raccolta di firme tra esercenti «contro il piano». 
    Ma Bucci controbatte: «Si parla di una unificazione dei dehors che non 
    esiste, si raccolgono firme contro qualcosa che non si conosce. Ed è un dato 
    che svilisce la professionalità dell’Acepe...» L’assessore comunque lo 
    ribadisce: «Anche prima che altri si riempissero la bocca parlando di Agenda 
    21, io il coinvolgimento delle categorie l’ho sempre ricercato. Lo faremo 
    anche stavolta: appena il collega Tononi (assessore che detiene la delega 
    all’occupazione del suolo pubblico) avrà esaminato il piano, lo porterò in 
    giunta. Poi passeremo alla condivisione con le categorie, che del documento 
    riceveranno una copia per così da poterla analizzare e dare dei suggerimenti 
    secondo le rispettive sensibilità». Ma nessuno pensi di non rispettare un 
    contesto comune: «Vorrei vedere un dehors giallo...», rilancia Bucci. 
    Tutto bene allora? Non proprio. A chi contesta, Bucci risponde così: «Sono 
    il primo a essere preoccupato per i dehors, che nient’altro sono se non 
    verande che sporgeranno rispetto alle facciate degli edifici impattando in 
    modo determinante sotto il profilo estetico e visivo. E se la vetrina di un 
    negozio si ritroverà stretta tra due dehors di altrettanti locali? Tutti se 
    ne dimenticano, ma il problema starà nel rapporto tra pubblici esercizi e 
    commercianti. Ecco, dico allora che oltre ad Acepe Fipe e Cna dovremo 
    sentire anche Confcommercio e Confesercenti per tirare le somme tutti 
    insieme. E le categorie dovranno assumersi le proprie responsabilità 
    attraverso un giusto confronto». Insomma, Bucci lo dice chiaro: «Certo, 
    fosse per me quel piano potrebbe restare nel cassetto. In alcune zone 
    andrebbe benissimo, in altre no». Ma l’iter, ribadisce, lui l’ha ereditato 
    dalla precedente amministrazione (se ne occupava l’assessore Rossi).  
    Bucci peraltro già qualche settimana fa ha ripetuto di essere stato 
    costretto a «stravolgere completamente il progetto precedente perché era 
    qualcosa di scandaloso e inapplicabile», come nel caso delle «gigantesche 
    anfore stile Pompei» che sarebbero state facilmente rovesciate dalla bora, o 
    come nel caso delle coperture trasparenti facili a essere inzaccherate da 
    colombi e gabbiani. Rivisto, il piano ha ripreso dunque l’iter che finirà al 
    consiglio comunale. E sarà proprio l’aula del Municipio - rimarca Bucci - «a 
    dover dire l’ultima parola». 
    p.b.  | 
  
 
 
  
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    Gasolio in 
    mare, resta il mistero - Installato terzo sbarramento, nuovi controlli per 
    risalire all’origine della macchia  | 
  
  
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    Ancora gasolio nello specchio di 
    mare antistante il porticciolo di San Sabba e ulteriori decisioni 
    dell’Autorità portuale per evitare che il carburante si diffonda nel golfo. 
    L’area interessata al misterioso versamento di cui non si riesce a 
    individuare il punto di origine, ieri è stata ulteriormente circoscritta dai 
    tecnici della ditta «Crismani» con un terzo sbarramento di panne 
    galleggianti. Lo ha voluto l’Autorità portuale, allarmata e preoccupata 
    dalle possibili conseguenze dell’ondata di maltempo abbattutasi ieri sulla 
    città. L’acqua caduta dal cielo in astratto potrebbe trascinare nelle 
    prossime ore in mare altro gasolio finora sfuggito all’attività delle maree. 
    Ma non basta. La Capitaneria di porto sta facendo eseguire a una ditta 
    specializzata ulteriori controlli sulle tubazioni interrate da cui, 
    attraverso una falla, potrebbe essere finito in mare il gasolio. In tutte le 
    tubazioni presenti nell’area dov’è insediata la «Depositi costieri spa», ma 
    che potrebbero essere appartenuti anche alla ex Esso, è stato immessa 
    dell’acqua in pressione. Se i tubi sono integri, la pressione cala 
    lentamente; se al contrario vi è una falla, la diminuzione è molto più 
    veloce. Oggi la «mappatura» di questi grossi tubi dovrebbe concludersi con 
    l’individuazione del «colpevole» del versamento attivo da almeno otto 
    giorni. 
    c.e.  | 
  
 
 
  
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    La telenovela 
    della Ferriera  | 
  
  
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    L’associazione nata in difesa 
    dell’ambiente e per la tutela dei diritti di utenti e consumatori esprime il 
    proprio sconcerto di fronte alla ridicola telenovela sulla Ferriera di 
    Servola. Ultimo episodio l’esternazione estiva del sindaco e relativa 
    replica della Provincia per mezzo dell’assessore Barduzzi che ricorda al 
    primo cittadino che il responsabile della salute pubblica è lui. E su questa 
    linea si accoda il Codacons che invita il sindaco ad agire secondo i poteri 
    a lui conferiti dalla legge. Se è vero che i dati attuali dell’inquinamento 
    prodotto dallo stabilimento sono allarmanti e stanno mettendo a repentaglio 
    la salute soprattutto dei cittadini che abitano nelle zone limitrofe, 
    secondo la nostra associazione la chiusura deve essere drastica utilizzando 
    intanto gli ammortizzatori sociali per garantire il salario ai dipendenti e 
    operai in attesa di decidere con le Istituzioni un’altra sistemazione 
    lavorativa per loro. La posizione, forse un po’ dura, del Codacons è 
    motivata dalle troppe prese in giro che per anni, nonostante i gravi disagi 
    patiti dalla comunità a causa di imbrattamento e inquinamento, hanno 
    permesso al Gruppo Lucchini di promettere bonifiche senza mai effettuarle 
    sul serio e così continuare misteriosamente a vivacchiare tra un sequestro e 
    l’altro. Se un Comune cittadino attraverso un suo operato crea dei danni al 
    prossimo o addirittura ad una comunità intera è un po’ difficile che rimanga 
    costantemente impunito. 
    Ora si apprende che un campione di cittadini sarà sottoposto ad esami 
    medici. Se saranno riscontrate anomalie dell’organismo di costoro per colpa 
    delle sostanze inquinanti provenienti dalla Ferriera, chi ne risponderà in 
    Tribunale? È una bella domanda. 
    Elisabetta Lama - vicepresidente Codacons  | 
  
 
 
IL PICCOLO - LUNEDI',  20 
agosto 2007
 
 
  
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    Camus: 
    Dipiazza ha bocciato il «suo» piano del traffico  - «La bozza è stata 
    fatta seguendo le indicazioni della giunta: nel 2005 sembrava entusiasta»  | 
  
  
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    L’ingegnere 
    dei trasporti che ha redatto il documento rompe il silenzio dopo che il 
    primo cittadino ha cassato il 70% delle proposte   | 
  
  
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    «Sento che 
    la viabilità sulle Rive funziona: grazie, sono stato io a progettarla»  | 
  
  
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    Ringrazia il sindaco Roberto 
    Dipiazza «perché ha dichiarato pubblicamente che la viabilità delle nuove 
    Rive funziona benissimo: e quella viabilità l’ho progettata io». Aggiunge 
    che sarà «ben lieto di conoscere quale sia il 70% del piano che non va, così 
    da potere rivedere il tutto mantenendo il 30% che funziona. Anche se - è 
    l’affondo giocato sull’ironia - avrei gradito che il sindaco me l’avesse 
    detto nel febbraio del 2005, quando gli presentai il documento di cui mi 
    sembrava entusiasta». 
    Roberto Camus, l’ingegnere dei trasporti e docente universitario che ha 
    redatto la bozza di piano del traffico, rompe il silenzio sin qui tenuto. E 
    lo fa all’indomani delle dichiarazioni rilasciate dal primo cittadino. In 
    seguito alla mozione - firmata «a titolo personale» - in cui il capogruppo 
    della Lista Dipiazza Maurizio Ferrara invitava la giunta a «non dare 
    seguito» al documento, il sindaco ieri ha fatto intendere che la bozza non 
    verrà resa nota, precisando appunto che «il 60-70% del piano non mi va bene» 
    giacché è stato predisposto «prima del nuovo asse sulle Rive». E giacché la 
    Grande viabilità andrà a rimodulare «il modo di muoversi in città». 
    A inizio 2005 Camus firmò la proposta in cui - lo ribadisce - già si teneva 
    conto delle modifiche che al traffico cittadino sarebbero state portate 
    dalle Rive rifatte e dalla Grande viabilità. E allora, «il sindaco pensa che 
    con la Grande viabilità il traffico non graverà più tanto su via 
    Commerciale? Ecco - replica il professionista - la differenza è che lui 
    pensa mentre io so, perché esistono metodi matematici che ci consentono di 
    sapere cosa succede e come si affronta la materia. E dico che la Grande 
    viabilità non risolve il problema di via Commerciale, così come è vero che 
    le Rive consentono oggi un traffico più scorrevole ma non hanno cambiato 
    l’altra parte del mondo». E insomma, «non mi risulta che sia mutato 
    l’assetto della città e che non ci siano più problemi. Mi auguro anzi che 
    tutto il lavoro fatto con le Rive e con Largo Barriera non venga vanificato 
    dalle nuove ipotesi di viabilità che riguardano piazza della Libertà» (per 
    la quale ci sono studi in corso, ndr). 
    Se il piano a giudizio di Dipiazza non funziona, Camus ricorda di averlo 
    «redatto in base alle indicazioni che mi erano state fornite dalla giunta 
    comunale». Indicazioni precise: «Favorire il trasporto pubblico e 
    incrementare le zone pedonali, cosa che resta a oggi da fare». E certo «io 
    non entro in un discorso che ormai è diventato più politico che tecnico, con 
    problemi interni ai partiti o fra singole persone. È sicuramente la politica 
    a dover decidere - aggiunge l’ingegnere - ma sarebbe bene che lo facesse per 
    tempo, in modo che chi lavora per l’amministrazione fosse in grado di 
    assolvere al suo compito». 
    La chiusura al traffico privato di corso Italia, uno dei punti principali 
    contenuti nella bozza Camus? «La proposta da un punto di vista generale era 
    provocatoria e anche pesante, ma voleva dare un segnale di inversione di un 
    certo modo di concepire la città. Certo - dice Camus - per affrontare i 
    problemi bisogna avere un po’ di fegato... Oltretutto il piano proposto 
    prevede varie fasi di attivazione, che non devono essere necessariamente 
    accettate tutte». Comunque, ribadisce Camus, «il mio contratto prevede che 
    vengano recepite le osservazioni fatte in primo luogo dal committente, e io 
    sono disponibile a rivedere il piano mantenendo quel 30% che secondo il 
    sindaco è ottimo, e che dunque possiamo attuare». 
    Cosa succederà se Trieste non avrà un nuovo piano generale del traffico? 
    «Niente di spaventoso, visto che la città non ha grandi sviluppi 
    demografici. Ma teniamo presente il problema di carburanti e inquinamento. 
    Se prima le Rive erano percorribili in sette-nove minuti, ora lo sono in 
    tre-quattro: questo significa che le stesse auto inquinano ciascuna per 
    quattro-cinque minuti in meno. È un concetto - chiude l’ingegnere - che 
    andrebbe esteso quanto più possibile». 
    
    Paola Bolis  | 
  
 
  
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    IL SINDACO - Aveva detto: 
    «Alcune scelte non servono più»  | 
  
  
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    «Il 60-70% della bozza Camus sul 
    piano del traffico non mi va bene. È stato predisposto prima della viabilità 
    sulle Rive, alcune scelte sono superate». Erano state queste alcune delle 
    frasi del sindaco Roberto Dipiazza in merito al documento. «I tagli li 
    faremo noi, con gli uffici comunali. Ho idee chiarissime – aveva proseguito 
    – Ad esempio non farò mai il senso unico in via Torrebianca».  | 
  
 
 
  
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    Ferrara: 
    «Ritiro la mozione, sto con il sindaco»  - Il forzista Marini: «Ma 
    bisogna andare avanti con le isole pedonali» 
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    Il 
    capogruppo della lista civica di centrodestra propone di sentire l’opinione 
    dei cittadini tramite questionari nelle circoscrizioni  
    
    Era stato lui a riaprire il 
    dibattito sul piano del traffico firmando pochi giorni fa una mozione 
    urgente in cui chiedeva alla giunta di rendere nota la bozza redatta da 
    Roberto Camus e al contempo di non portarla avanti. E ora quel dibattito lo 
    chiude, annunciando: «Ritirerò la mia mozione a settembre, nella prima 
    conferenza dei capigruppo». Perché, dice il capogruppo della Lista Dipiazza 
    Maurizio Ferrara, «finalmente è stata fatta chiarezza». Il riferimento è 
    alla dichiarazione del sindaco Roberto Dipiazza: «Il 60-70% del piano non mi 
    va bene». E dunque «come speravo, quel piano non esiste più», è la deduzione 
    di Ferrara, secondo il quale «Dipiazza ha ragione a non volere rendere 
    pubblico un documento obsoleto. La mia mozione aveva proprio questo 
    obiettivo, quindi la ritengo superata dai fatti». 
    E però, aggiunge il capogruppo - che ribadisce di avere agito a titolo 
    personale - «ora non perdiamo altro tempo. Iniziamo subito ad ascoltare le 
    reali esigenze dei cittadini distribuendo dei questionari attraverso le 
    circoscrizioni. Predisponiamo poi una nuova bozza di piano - gli uffici 
    comunali sono assolutamente in grado di correggere l’esistente - e una volta 
    visti gli effetti della Grande viabilità», cioè non prima dell’autunno 
    avanzato del 2008, «indiciamo un referendum per l’approvazione» del 
    documento. 
    E se più di una voce in questi giorni ha notato come fosse stato lo stesso 
    Ferrara a portare avanti il piano quand’era assessore al traffico, «io avevo 
    solo cercato di portarlo in discussione, senza peraltro riuscirci: ma non 
    ero intervenuto sui contenuti», è la replica. 
    Interpellato, intanto, il vicecapogruppo di Forza Italia in consiglio 
    comunale Bruno Marini si dice «sostanzialmente d’accordo con il sindaco, che 
    è uomo da realizzazioni concrete più che da studi». Ma poi, precisato di non 
    poter dare giudizi sulla bozza Camus, «perché non l’ho vista», Marini spezza 
    una lancia a favore della pedonalizzazione estesa del centro cittadino 
    prevista dallo stesso Camus ma sposata - sebbene con soluzioni diverse - 
    anche dall’assessore al traffico Maurizio Bucci. «Innanzitutto ricordiamo 
    che quel piano è costato al Comune, cioè ai contribuenti, oltre 150 mila 
    euro: starei attento a non gettare il tutto definitivamente nel cestino», 
    ragiona Marini, dicendosi «d’accordo con Bucci sull’idea di arrivare 
    progressivamente a una pedonalizzazione del triangolo Borsa-Goldoni-Sant’Antonio 
    nuovo».  
    Non solo: «Credo non serva attendere il completamento della Grande viabilità 
    - rilancia Marini - e credo che quella prevista da Camus per via Mazzini e 
    corso Italia (chiusi entrambi al traffico privato e aperti a quello pubblico 
    con due sensi unici in direzioni opposte, ndr) fosse una proposta 
    intelligente. Ci si può arrivare anche prima delle elezioni regionali», 
    annota il forzista: «Ma bisogna a questo punto dare un’accelerata all’iter 
    dei grandi parcheggi previsti e soprattutto di quello sotterraneo del colle 
    di San Giusto. Ricordo benissimo che fu presentato nel giugno del 2003. Sono 
    trascorsi quattro anni, e sono un po’ tanti per l’avvio di un’opera 
    essenziale».  | 
  
 
 
IL PICCOLO - 
DOMENICA,  19 
agosto 2007
 
 
  
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    Il sindaco: il 
    70% del piano del traffico non va bene  - «Lo cambieranno gli uffici 
    comunali ma non c’è fretta. Non farò mai il senso unico in via Torrebianca»  | 
  
  
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    Dipiazza 
    replica all’iniziativa del capogruppo della sua lista civica. La bozza Camus 
    non sarà resa pubblica. «La nuova viabilità sulle Rive ha migliorato tutto»
     
    
    Con molta calma, e comunque dopo 
    che saranno stati conclusi i grandi interventi sugli assi di scorrimento 
    attorno alla città. Il sindaco Dipiazza, raggiunto telefonicamente a bordo 
    della barca sulla quale sta rientrando dalle vacanze in Dalmazia, non si 
    mostra eccessivamente sorpreso dai contenuti della mozione con cui Maurizio 
    Ferrara, capogruppo della Lista Dipiazza in consiglio comunale, gli chiede 
    di «non dare seguito» alla bozza del piano del traffico redatta 
    dall’ingegner Camus. 
    Il primo cittadino non sembra poi aver intenzione di rendere pubbliche le 
    proposte di Camus, come richiesto da Ferrara per far sì che il consiglio 
    comunale possa votare la mozione urgente. Che la bozza rimarrà nei cassetti 
    del Comune (definitvamente?) Dipiazza lo fa capire dicendo che «il 60-70% 
    del piano non mi va bene. E’ stato prediposto prima del nuovo asse sulle 
    Rive, e quindi vanno tagliate alcune scelte che non servono più». 
    Ma chi farà queste modifiche, il professor Camus o gli uffici comunali? «I 
    tagli li faremo noi – risponde Dipiazza con grande sicurezza –. Ho le idee 
    chiarissime». 
    E subito non si lascia scappare l’occasione di lanciare una frecciatina 
    all’amministrazione Illy che ha governato il Comune alcuni anni fa. «Abbiamo 
    tutti i dati del traffico, strada per strada – sottolinea Dipiazza –. E’ un 
    lavoro che non è mai stato fatto prima. Il piano Honsell (commissionato 
    dalla giunta Illy, ndr) era stato studiato senza disporre di dati». 
    Per spiegare la calma con cui intende affrontare eventuali scelte di 
    viabilità in centro (ad esempio la chiusura di Corso Italia al traffico 
    privato), il sindaco parte alla lontana, ricordando che l’amministrazione ha 
    risolto il problema delle Rive («tutti danno atto che è un nuovo asse di 
    scorrimento»), ha sistemato il traffico in Largo Barriera, ha approvato il 
    piano per San Vito. 
    «Ci sono da sviluppare ancora alcuni dettagli – osserva il primo cittadino – 
    ma soprattutto si deve tenere presente che entro il 2008 sarà completata la 
    Grande viabilità, che farà muovere la città in maniera diversa. E già adesso 
    non si può dire che sia una citta congestionata: con le nuove Rive è 
    cambiato il modo di muoversi». 
    Il tema «piano del traffico», dunque, nei programmi del sindaco è rinviato 
    di parecchi mesi, dopo che Grande viabilità e Lacotisce-Rabuiese saranno 
    state ultimate. Dipiazza però aggiunge: «Qualche via centrale potremmo 
    affrontarla anche prima». E subito dopo ribadisce: «La Grande viabilità, una 
    volta finito il tratto Cattinara-Padriciano, andrà a modulare di nuovo il 
    modo di muoversi in città. Penso ad esempio che il traffico che scenderà 
    dall’altipiano non graverà più tanto su via Commerciale, o su altre 
    direttrici, come accade adesso». 
    Insomma, per chi non lo avesse ancora capito, Dipiazza non ha «nessuna ansia 
    di affrontare il piano del traffico». Le Rive e Largo Barriera hanno già 
    dato buone risposte alla viabilità cittadina, ribadisce il primo cittadino, 
    che promette di «studiare quanto ha fatto Camus» ma allo stesso tempo 
    assicura di non voler «mai fare certi sensi unici, come quello previsto in 
    via Torrebianca verso via Carducci». 
    Ma c’è anche un altro fronte che rimane aperto. Per il suo lavoro il 
    professor Camus attende ancora dal Comune (come riferiamo a fianco) una 
    tranche del compenso. Alla domanda su quando l’amministrazione salderà il 
    debito, Dipiazza risponde in maniera sibillina: «Sarà pagato quando il piano 
    verrà attuato». Ma non si esime dal precisare che «non è un problema del 
    sindaco, ma della Regioneria». 
    
    Giuseppe Palladini  | 
  
 
 
  
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    Ferrara: «Un 
    referendum sulle isole pedonali»  - Dopo la mozione che ha fatto 
    riaprire il dibattito l’esponente della Lista Dipiazza rilancia: 
    «Coinvolgere i cittadini».  | 
  
  
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    Rigutti: al 
    commercio servono indicazioni certe. Centrosinistra: Cdl, spettacolo 
    indecoroso  | 
  
  
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    Il capogruppo della Lista 
    Dipiazza in consiglio comunale Maurizio Ferrara rilancia con l’idea di un 
    referendum su possibili pedonalizzazioni e rivoluzioni viarie. Franco 
    Rigutti ribadisce che Confcommercio, di cui è vice presidente, attende di 
    valutare il nuovo piano del traffico per poter dare «un contributo 
    costruttivo», ma sottolinea come il settore abbia bisogno di «conoscere la 
    linea che il Comune intende adottare» per muoversi - e investire - sulla 
    base di certezze. E dal centrosinistra si addita una Casa delle libertà 
    impegnata in uno spettacolo «indecoroso». 
    All’indomani della mozione con cui Ferrara ha fatto riemergere il nodo 
    irrisolto del piano del traffico, il dibattito sul tema riprende vigore. Sul 
    fronte politico, si diceva, Ferrara rilancia. Ieri ha invitato sindaco e 
    giunta a rendere pubblica la bozza di piano del traffico elaborata 
    dall’ingegnere Roberto Camus quasi tre anni fa, bozza che però a suo parere 
    andrebbe cassata viste le proposte «eccessivamente e inutilmente impattanti» 
    che contiene. E oggi ecco l’ulteriore proposta: se la viabilità costituisce 
    un tema centrale per la quotidianità della popolazione, «non restringiamo il 
    dibattito ai politici: rendiamo pubblica la bozza e chiediamo l’opinione dei 
    cittadini, con un referendum come quello che avremmo dovuto fare sui 
    rigassificatori». Ferrara non si dice contrario a ipotesi di 
    pedonalizzazione, «ma non possiamo parlarne in termini generali come stiamo 
    facendo. Io attendo di vedere la bozza, anzi la bozza Camus modificata 
    dall’assessore all’urbanistica Maurizio Bucci», dice Ferrara che il piano lo 
    seguì quando ricopriva il ruolo oggi tenuto dal suo successore forzista. E 
    «se è vero che Bucci ha modificato o stravolto il piano, allora avevo 
    ragione nel sostenere che quella bozza non andava bene. In ogni caso - 
    aggiunge Ferrara riferendosi alle dichiarazioni rilasciate ieri da assessori 
    di An e Forza Italia - abbiamo capito che la giunta quel piano lo vuole 
    discutere. A questo punto però ci vorrebbe Poirot (l’investigatore cui diede 
    vita Agatha Christie, ndr) per capire il motivo per cui non lo fanno». 
    Su un altro versante, e precisando di non volere entrare in un dibattito 
    politico che non gli compete, Franco Rigutti ribadisce posizioni che 
    Confcommercio ha già espresso più volte negli anni. «Ben venga se potremo 
    vedere la bozza del piano, siamo pronti a dare anche con i nostri tecnici - 
    se il Comune ce lo richiederà - un contributo propositivo e costruttivo, con 
    serenità». Confcommercio si è già in passato espressa a favore di 
    un’estensione delle aree pedonali nel centro cittadino, «a condizione - 
    ribadisce Rigutti - che ci siano i servizi e soprattutto i posti auto 
    necessari. L’importante però è che le cose vadano avanti in tempi 
    ragionevolmente brevi». Perché dalle scelte che il Comune vorrà assumere - 
    aggiunge il numero due dell’associazione di categoria - dipenderanno anche 
    strategie di sviluppo del settore commerciale: «Ci sono numerosi 
    imprenditori, colleghi pronti a ristrutturare e risistemare le proprie 
    attività, ma attendono di conoscere quale sarà in futuro la situazione». 
    Dall’opposizione frattanto piove una gragnuola di critiche sugli 
    amministratori comunali di centrodestra, additati di offrire «uno spettacolo 
    indecoroso». «È ora di finirla - attacca il vicecapogruppo dei Ds in Comune 
    Tarcisio Barbo - ne inventano ogni giorno una nuova contraddicendosi a 
    vicenda su nodi per i quali poi a pagare è la città. Si mettano d’accordo, 
    poi propongano qualcosa di concreto». 
    Tanto Barbo quanto il consigliere comunale della Margherita Marco Toncelli 
    sottolineano poi il passo compiuto «a titolo personale» da Ferrara, che 
    «pure è il capogruppo della Lista che rappresenta il sindaco». E allora, 
    «non si capisce se Ferrara venga a dire cose per conto di altri», osserva 
    Toncelli. Il diellino parla di «spettacolo indecente e indecoroso costituito 
    dal rimpallo di competenze, con Bucci che si dice pronto a parlare del piano 
    se il sindaco lo richiederà malgrado, come assessore all’urbanistica e al 
    traffico, sia responsabile di deleghe importanti. Intanto continuiamo ad 
    avere un’amministrazione che parla di progetti che nessuno conosce, e che la 
    città aspetta». 
    In una nota il consigliere dei Cittadini Roberto Decarli osserva che 
    «l’amministrazione di centrodestra si sta dimostrando molto più capace di 
    divertire i triestini che di amministrare la città, e lo sta facendo con una 
    maestria che ad agosto ha raggiunto livelli significativi». Gli esempi? «Ha 
    iniziato il sindaco con la proposta di armare i vigili, subito contrastata 
    dal vicesindaco Lippi malgrado An nella scorsa consiliatura perseguisse 
    l’obiettivo. Poi un importante membro della giunta (Giorgio Rossi della 
    Lista Dipiazza, ndr) ha suggerito alle famiglie di organizzarsi con nonni e 
    zii per portare i bambini a scuola, così da sopperire alla cancellazione del 
    servizio scuolabus. Adesso, dopo che il piano del traffico è in elaborazione 
    da cinque anni, ecco Ferrara - che alla sua stesura quand’era assessore avrà 
    certamente contribuito - proporre di fermare l’iter». Insomma «divertenti», 
    chiude Decarli, «ma governano la città ed è per questo che il minimo che 
    dobbiamo esigere è serietà e buona amministrazione nell’interesse della 
    comunità. Se non ne sono capaci lascino, avranno più successo - ne sono 
    certo - come commedianti». 
    
    Paola Bolis  | 
  
 
 
  
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    Un iter di 
    cinque anni Sborsati dal Comune più di 150mila euro - Resta aperto il 
    contratto con Camus  | 
  
  
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    Al Comune l’iter seguito per 
    giungere alla bozza di nuovo piano del traffico è costato sinora più di 150 
    mila euro. Si è partiti nel 2002 con un’indagine sulla mobilità 
    commissionata da Comune e Provincia all’Università cittadina, con un esborso 
    di circa 65 mila euro per entrambe le amministrazioni. Quell’indagine, 
    coordinata dall’ingegnere dei trasporti da Roberto Camus, ha delineato i 
    flussi di traffico individuando i mutamenti principali sopravvenuti in città 
    rispetto al 1982, anno al quale risaliva l’ultimo studio di questo tipo. 
    Sulla base dell’indagine è stato affidato a Camus l’incarico di stendere la 
    bozza del piano del traffico. Il professionista, che già negli anni Settanta 
    lavorò alla revisione del piano allora in vigore, ha steso la bozza 
    attenendosi alle linee-guida dettate dalla prima giunta Dipiazza nel 2004: 
    via libera a una maggiore pedonalizzazione del centro urbano senza escludere 
    l’ipotesi di corso Italia chiuso al traffco; cancellazione di qualsiasi 
    tentativo di disincentivare l’uso dei motorini; sì a una revisione delle 
    zone a traffico limitato. 
    Per questo incarico il contratto stipulato fra il professionista e 
    l’amministrazione prevede un compenso di 120 mila euro, la cui ultima 
    tranche di 20 mila dovrà essergli liquidata dopo la stesura del piano 
    definitivo. Formalmente infatti il contratto andrebbe chiuso quando la bozza 
    verrà trasformata in documento finale, cosa che Camus potrà fare solo quando 
    dal Comune gli perverranno le relative indicazioni. Negli ultimi anni il 
    professionista ha realizzato per l’amministrazione anche lo studio sulla 
    viabilità delle nuove Rive: la bozza del piano tiene infatti già conto sia 
    del nuovo assetto del lungomare sia dell’apertura della Grande viabilità.  | 
  
 
 
  
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    Tav, sparisce 
    la nuova stazione di Trieste E l’Italia sposa il tracciato della Slovenia - 
    L’aumento previsto del traffico su rotaia è pari al 6 per cento ma solo nel 
    2045  | 
  
  
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    Nel 
    documento ufficiale presentato a Bruxelles confermato l’addio all’alta 
    velocità: i treni viaggeranno a 180 chilometri all’ora   | 
  
  
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    Lubiana ha 
    chiesto alla Ue il 30 per cento del costo delle opere, Roma non l’ha fatto  | 
  
  
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    Tra gli 
    interrogativi rimasti aperti c’è il collegamento con il porto  | 
  
  
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    TRIESTE È confermato: non c’è 
    più la nuova stazione di Trieste in alta velocità sotto il livello di viale 
    Miramare, rimane la vecchia stazione con le manovre avanti e indietro per 
    immettersi sulla linea. Ma la prima vera novità viene dalle righe iniziali 
    della domanda di finanziamento presentata congiuntamente a Bruxelles da 
    Italia e Slovenia a fine luglio. Si tratta di un testo inglese di oltre 50 
    pagine, più una mappa, che riguarda esclusivamente il percorso 
    Trieste-Divaccia del Corridoio 5. 
    In teoria, sarebbe un testo riservato: all’assessorato regionale ai 
    Trasporti dicono che non ce l'hanno ancora. La sua lettura rivela tuttavia 
    non poche novità, chiarendo fra l’altro alcuni recentissimi dubbi sorti dopo 
    la diffusione da parte dello stesso assessorato di una versione non 
    aggiornata del percorso, pubblicata dal Piccolo il 19 luglio. Ad esempio, 
    pareva che ai treni merci provenienti dal porto di Trieste attraverso la 
    circonvallazione fosse preclusa la svolta verso oriente; fortunatamente, non 
    è così. 
    Nel documento ufficiale, l’Italia chiede all'Unione europea di finanziare al 
    50% la progettazione del tratto Trieste-confine di stato, mentre la Slovenia 
    - oltre alla propria progettazione - chiede il 30% del costo delle opere 
    ferroviarie che realizzerà prima del 2013, in totale 139 milioni di euro. 
    L’ALTA VELOCITÀ RALLENTA L'Italia e la Regione avevano sempre chiesto che la 
    tratta Trieste-Divaccia fosse in alta velocità ed invece ora, per adattarsi 
    alla Capodistria-Divaccia già decisa dal parlamento sloveno nel 2003, non lo 
    è più. A prescindere dal colore politico della maggioranza di governo, la 
    Slovenia ha sempre puntato il massimo su Capodistria-Koper perché è il suo 
    unico porto. Viceversa, per i governi italiani Trieste è sempre stato 
    inevitabilmente un porto secondario; ed è forse in questo contesto di forte 
    impegno sloveno che il percorso italiano presentato a Bruxelles ha finito 
    per riprendere semplicemente un tracciato elaborato dalla Slovenia fin dal 
    2004. Lo si vede dall’intestazione della mappa erroneamente divulgata. 
    Ingrandendo fortemente in basso a destra, si riesce infatti a leggere che il 
    disegno è proprietà della «Javna agencija za zelezniki promet Republike 
    Slovenije» di Maribor (Agenzia pubblica per il trasporto ferroviario della 
    Repubblica di Slovenia) e risale al 2004. L'assessore Lodovico Sonego 
    sottolinea che «il risultato più importante è stato conseguito, perché il 
    progetto garantisce la continuità verso est del Corridoio 5». Rete 
    Ferroviaria Italiana (Rfi) ha però confermato che lungo il tortuoso percorso 
    si viaggerà a 160-180 chilometri orari. Prima, si parlava di 280 chilometri. 
    «In Slovenia - ha precisato Rfi - la ferrovia attuale verrà ammodernata ed 
    in parte rettificata, conseguendo tempi di percorrenza molto migliori degli 
    attuali; e qualcosa si farà anche in Ungheria». In altre parole, secondo il 
    progetto, da Trieste si andrà verso est con una ferrovia moderna, 
    sotterranea, ma non ad alta velocità. Quanto ai treni passeggeri diretti in 
    città, devieranno dal Corridoio 5 sottoterra attraverso due gallerie, che 
    sboccheranno in superficie nell'attuale comprensorio ferroviario.  
    IL REBUS DELLE MERCI La mappa firmata dai due ministri italiano e sloveno 
    prevede i futuri imbocchi da e per i due porti e le linee esistenti, senza 
    però indicare dettagli, che infatti non sono stati ancora elaborati da parte 
    italiana. La figura presentata a Bruxelles mostra due monconi che si 
    staccano dalla linea sotterranea, l’uno grossomodo a sud di Opicina (vedi lo 
    schema a fianco), e l’altro verso la linea della Grandi Motori. Viceversa, 
    l'imbocco verso Capodistria è praticamente sicuro (in gergo viene chiamato 
    «la gambetta» verso Capodistria). Tale percorso garantirà a quel porto 
    ottimi collegamenti senza limiti di dimensione dei carri sia verso ovest 
    (Monfalcone etc via Corridoio 5), sia verso l'Est (Divaccia, Lubiana etc con 
    ferrovia moderna). La situazione del porto di Trieste non appare altrettanto 
    favorevole. Le merci dovranno infatti continuare a passare attraverso la 
    circonvallazione sotterranea, di cui non è previsto, neanche a medio 
    termine, l'allargamento necessario per ovviare agli attuali limiti di 
    sagoma. Per poterla allargare, occorrerebbe chiudere per un anno e mezzo 
    l'attuale galleria, che passa sotto la città, ed è per questo che la mappa 
    presentata a Bruxelles prospetta il futuro sbocco alternativo per le merci 
    triestine verso il Corridoio 5 attraverso il prolungamento della linea 
    ferroviaria accanto alla Grandi Motori. Questo tratto passerebbe fra lo 
    stabilimento e Bagnoli-Boljunec, ma poi ci vorrebbe anche un complesso snodo 
    fra Cattinara e San Giuseppe della Chiusa, senza il quale le merci 
    potrebbero girare solo verso l'Italia. Sia per l'allargamento che per questo 
    snodo, si tratta comunque di prospettive molto in là nel tempo. 
    «Riguarderanno i nostri figli» ha detto Rfi a San Dorligo. A noi genitori 
    balza invece agli occhi l'assenza del collegamento diretto fra i due porti, 
    i famosi 6 chilometri di cui già parlava la generazione dei nonni. Tratto 
    quasi indispensabile per Trieste, perché aprirebbe al nostro porto un’ottima 
    connessione con Divaccia e con l'est, ma utile (solo un po' meno) anche a 
    Koper per immettere le sue merci nella nostra circonvallazione e di qui 
    verso Monfalcone e oltre. Però non c'è stato verso, pare. 
    ALLA FINE, SI FARÀ? Sarebbe inutile negare che il tracciato presentato a 
    Bruxelles toglie molto fascino al nuovo Corridoio 5. Perché se ne esce con 
    gallerie ancor più lunghe e costose sulla tratta italiana, con il taglio 
    della nuova stazione sotto viale Miramare, con l'allargamento della 
    circonvallazione rimandato a chissà quando, ed addirittura con il mancato 
    collegamento Trieste-Koper, che avrebbe consentito ai due porti di fare 
    «fare sistema». E poi Bruxelles, si sa, è molto a corto di fondi e così 
    l’ipotesi che la costruzione della tratta transfrontaliera venga lasciata 
    cadere guadagna terreno. Viceversa, sono in molti a scommettere che la 
    Slovenia - giustamente - realizzerà il collegamento Koper-Divaca a qualsiasi 
    costo, magari con l'aiuto di capitali tedeschi, si dice. Non è davvero 
    chiaro, a questo punto, se il governo italiano creda ancora in questo 
    spezzone del Corridoio V o se ormai miri solo a prendere tempo, conquistando 
    finanziamenti per una progettazione destinata a restare senza seguito (come 
    si è visto, l'Italia non ha chiesto contributi per la costruzione). In 
    questo quadro di dubbi sull’effettiva convenienza delle decine di chilometri 
    della doppia curva sotterranea per scavalcare la Val Rosandra, il documento 
    firmato da Di Pietro e dal suo omologo Bozic contiene due valutazioni 
    pessimistiche, che sembrerebbero fatte apposta per svalutare l'importanza 
    della realizzazione della famosa «S» agli occhi dell'Unione europea. A meno 
    che non si tratti di una ingenuità non tanto della Regione, quanto del 
    governo nazionale.  
    IL TRAFFICO Solo il 6% in più su rotaia, e nel 2045. Ci si riferisce 
    innanzitutto alla stima della capacità futura del Corridoio 5 di sottrarre 
    traffico dalle strade ed autostrade «nelle regioni direttamente interessate 
    dalla infrastruttura», come recita il testo. A Bruxelles dicono che la stima 
    di questa conquista di una fetta di mercato - riferita al 2045 - sia dovuta 
    ai consulenti Scott & Wilson, ma il testo non lo dice. Ebbene, il documento 
    ora presentato all'Unione europea dichiara che - terminata la realizzazione 
    di questa tratta del Corridoio 5 - il traffico su rotaia passerà 
    dall'attuale 33% al 39% (pagg. 45 e 50); un incremento di sei punti in 
    alcune decine d'anni, a fronte di un costo di svariati miliardi di euro. 
    Altro dato strano, in clima di «sfide» di mercato sbandierate a proposito e 
    a sproposito, parrebbe essere l'ammissione che «il progetto non mostra 
    caratteristiche di convenienza per attrarre investimenti privati» (pag. 31). 
    Infine, agli eventuali «problemi ambientali» il testo - che ha tuttavia 
    altre finalità - dedica 8 righe a pag. 48. 
    I RISCHI E se i cinquanta chilometri circa di gallerie «italiane» 
    dell'attuale progetto - da Monfalcone oltre la «S» del Rosandra - non si 
    dovessero fare? La Ue, ipotesi abbastanza plausibile, potrebbe decidere che 
    costano troppo in rapporto ai benefici ottenibili. In quel caso, il porto di 
    Koper-Capodistria realizzerebbe comunque l'ottimo collegamento con l'Est, 
    mentre per l'Ovest potrebbe almeno godere di un imbocco facilitato alle 
    attuali linee sul Carso. Viceversa, per uscire dal porto di Trieste, le 
    nostre merci dovrebbero continuare ad usare le vecchie linee, senza potersi 
    indirizzare ad est attraverso Capodistria. Fortuna che abbiamo l'ottima 
    Pontebbana (poco utilizzata). Nel frattempo, in Croazia avanza a passo 
    spedito il progetto autonomo di collegamento di Fiume-Rjeka con l'Ungheria. 
    Con il che, ognuno per sé e Dio per tutti? Se dovesse accadere, Trieste non 
    si troverebbe in «pole position», ma tutto l'Adriatico settentrionale, da 
    porto Nogaro a Fiume, ne soffrirebbe. 
    GLI INTERROGATIVI Si poteva trovare una soluzione migliore? Le difficoltà 
    attuali sono forse la conseguenza dell’aver voluto ostinatamente un percorso 
    con Trieste vera stazione passeggeri sulla linea da 300 all'ora dalla Spagna 
    all'Ucraina, nonostante i pesanti costi e vincoli progettuali imposti dalla 
    posizione geografica della città? Le cose sarebbero andate meglio se 
    avessimo scelto un altro tracciato? Difficile dirlo. Davvero difficile farsi 
    un'idea precisa. Perché tutta la procedura relativa all'individuazione della 
    linea, iniziata almeno nel 1999, è sempre stata - e lo è tuttora - avvolta 
    dal riserbo. Non si sa se furono, e da chi, studiati percorsi alternativi. 
    Non si conoscono le analisi costi/benefici. Non si sa quale fosse 
    l'atteggiamento della Slovenia: avrebbe ad esempio accettato l'alternativa 
    lungo la Valle del Vipacco? Oppure era possibile una linea in galleria da 
    Monfalcone verso Opicina e poi in superficie verso est? Detto per inciso, 
    anche sui rigassificatori è sempre stato molto difficile avere informazioni. 
    L’INFORMAZIONE Pare che, a prescindere dal loro colore, i governi italiani e 
    regionali abbiano valutato che fosse meglio procedere in segreto, cercando 
    di mettere l'opinione pubblica di fronte al fatto compiuto. «Troppe 
    opposizioni preconcette, troppi ambientalisti sfegatati, troppi pessimisti 
    rassegnati al declino economico» si dice. Ma nemmeno il segreto funziona. In 
    assenza di informazioni, si fanno largo supposizioni e illazioni anche 
    malevole su lobby e clientele varie. Qui da noi, nessuno pare aver ancora 
    voluto provare a percorrere la via rettilinea: progettazione da parte dei 
    tecnici migliori, valutazioni pubbliche dei costi/benefici delle varie 
    soluzioni, informazione sulle trattative internazionali, tutto alla luce del 
    sole. Il punto è che, siccome non esistono soluzioni perfette, soltanto 
    l'informazione potrebbe far sì che, a fronte di molti eventuali pregi, 
    l'opinione pubblica maturasse la scelta di un percorso con qualche difetto. 
    Nascondere serve a poco, i difetti alla fine trapelano. Il segreto non fa 
    che alimentare la confusione e l'ostilità, ed alla fine ci si ritrova fermi 
    e con una società ancor più divisa. 
    Livio Sirovich  | 
  
 
 
 
IL PICCOLO - SABATO,  18 
agosto 2007
 
 
  
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    Piano del traffico - Ferrara: 
    stop al piano delle isole pedonali  - Il capogruppo della Lista 
    Dipiazza chiede (a titolo personale) di fermare la bozza Camus sul traffico  | 
  
  
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    Si riapre il 
    dibattito sulla viabilità. Il centrodestra: il documento va reso pubblico. 
    Bucci (Forza Italia): pronto a illustrarlo quando il sindaco me lo chiederà
     
    
    Maurizio Ferrara, capogruppo 
    della Lista Dipiazza in consiglio comunale, rilancia sul nodo irrisolto del 
    piano del traffico. E in una mozione invita sindaco e giunta «a non dar 
    seguito al piano predisposto da Roberto Camus», l’ingegnere che qualche anno 
    fa firmò la bozza - a oggi rimasta tale - in cui si prevedeva tra l’altro la 
    chiusura di corso Italia al traffico privato.  | 
  
  
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    Ma il consiglio comunale 
    chiamato a votare la mozione urgente lo potrà fare solo se il piano sarà 
    stato reso noto, aggiunge Ferrara: di qui l’invito a «rendere pubbliche le 
    proposte» di Camus, ingegnere dei trasporti dell’Università cittadina. 
    La mozione - firmata «a titolo personale», precisa il capogruppo della 
    formazione civica nata per sostenere il sindaco - ricorda che la bozza stesa 
    in base agli indirizzi dettati dalla prima giunta Dipiazza «non risulta 
    ancora proposta all’attenzione dell’attuale amministrazione». Intanto è 
    stata ultimata la nuova viabilità delle Rive, sono stati approvati alcuni 
    piani rionali, è in fase di ultimazione la Grande viabilità. E il traffico 
    non presenta «gravi problematiche» salvo «eccezioni in zone particolarmente 
    critiche» come l’area Battisti-Rossetti-Ginnastica-Carducci: ma potrebbero 
    bastare interventi «costanti e incisivi» dei vigili. 
    Con queste premesse, l’invito a «non dare seguito» alla bozza: «Le proposte 
    di modifica della viabilità, pur coraggiose e innovative, risultano 
    eccessivamente e inutilmente impattanti», scrive Ferrara pensando 
    evidentemente a ipotesi come corso Italia chiuso al traffico privato o la 
    galleria Sandrinelli a senso unico. Meglio allora intervenire su semafori e 
    sosta nelle aree critiche, predisporre nuovi parcheggi per due ruote, 
    potenziare le corsie per i bus, stilare ulteriori piani rionali. 
    La mozione riaccende i riflettori su un tema complesso e spinoso per la 
    maggioranza, dentro la quale divergenze e veti incrociati su merito e metodo 
    non si sono mai ricomposti. Mentre del piano si continua a non discutere. 
    L’assessore all’urbanistica Maurizio Bucci si dichiara «pronto a tirarlo 
    fuori, visto che le idee le ho chiarissime, quando me lo chiederanno». Cioè 
    quando Dipiazza lo vorrà, conferma Bucci. Il quale manda a dire a Ferrara, 
    che la bozza Camus la seguì quand’era assessore, di «parlarne piuttosto con 
    il sindaco». Peraltro, Bucci con il suo predecessore non è tenero: «Se ne 
    accorge ora che la bozza non va bene? Un consiglio spassionato da amico: 
    invece che fare mozioni a Ferragosto si compri la Settimana enigmistica e 
    una bibita, e si riposi aspettando il fresco». 
    Il vicesindaco Paris Lippi (An) rileva che le due richieste di Ferrara - 
    rendere noto il piano e cassarlo - «mi paiono un po’ in contraddizione tra 
    loro». Ma conferma che «un piano va redatto» e ribadisce la posizione di An, 
    che da mesi chiede di discuterlo: «Poi magari scopriremo che non è attuabile 
    o non è il meglio nell’interesse della città, ma intanto parliamone». Una 
    stoccatina a Ferrara la riserva anche Lippi: «Ne parli con il sindaco - 
    visto che è capogruppo della lista civica che porta il suo nome - proprio 
    per non mettere Dipiazza in difficoltà». 
    L’assessore forzista Paolo Rovis, che nell’agosto 2004 da consigliere 
    comunale lanciò l’idea di corso Italia pedonale, concorda sull’esigenza di 
    discutere il piano, anche perché - dice in linea con Lippi - «il lavoro di 
    Camus è costato soldi e impegno». Le scelte «impattanti» richiamate da 
    Ferrara? «Le linee di indirizzo votate dal consiglio comunale individuavano 
    come prioritaria l’estensione delle aree pedonali», ricorda Rovis. Il 
    presidente della commissione urbanistica Roberto Sasco (Udc) rileva intanto 
    come sia «opportuno che il piano del traffico venga analizzato nella fase di 
    redazione della variante al piano regolatore», strumento urbanistico che ha 
    connessioni precise con il piano del traffico. E poi «sì alla discussione - 
    rileva Sasco - ma che sia costruttiva, non mirata soltanto a mettere Bucci 
    alla gogna». 
    Resta comunque da capire di quale bozza si voglia parlare. Perché il piano 
    che Bucci si dice «prontissimo» a discutere con gli alleati è diverso (ne 
    parliamo qui a lato) rispetto alla bozza originaria firmata Camus. 
      
    
    Paola Bolis  | 
  
 
 
  
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    Piano del traffico - L’iter 
    partì dallo studio commissionato nel 2002 - Sei anni di incarichi, 
    relazioni, progetti. E un dibattito sempre aperto all’interno della Cdl
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    Il piano del traffico oggi in 
    vigore fu redatto dall’ingegnere Fiorella Honsell su incarico dell’allora 
    amministrazione Illy («la giunta precedente lo approvò dopo sette anni», 
    diceva già nel 2003 il sindaco Dipiazza a chi gli faceva notare i tempi 
    lunghi della sua giunta su questo versante). Di rivedere il piano - per 
    legge lo si dovrebbe fare ogni due anni - si iniziò a parlare quando 
    Dipiazza fu eletto sindaco nel 2001. Nel suo programma elettorale si parlava 
    già di via Mazzini pedonalizzata in funzione di «cannocchiale» sulle Rive. 
    L’allora assessore all’urbanistica Maurizio Bradaschia prefigurava 
    l’utilizzo di bus elettrici lungo un anello in un’area da interdire al 
    traffico privato compresa tra Rive, corso Italia e via Carducci. 
    Nel 2002 scattò un’indagine promossa da Comune e Provincia (costo 65 mila 
    euro per entrambe le amministrazioni) in collaborazione con l’Università, 
    propedeutica alla redazione del piano. Fra i dati più eclatanti che ne 
    scaturirono, l’«invasione» delle due ruote a danno delle auto ma soprattutto 
    degli autobus: dal 1982 al 2002 i motocicli risultavano aumentati del 188% 
    mentre gli spostamenti con i bus erano scesi dai 19.640 di due decenni fa a 
    8.486. 
    Dopo avere diretto l’indagine, Camus fu incaricato di redigere la bozza di 
    piano del traffico in base agli indirizzi emanati dalla giunta. Tra questi, 
    il via libera alla pedonalizzazione del centro urbano senza escludere 
    l’ipotesi di corso Italia chiuso al traffico; la cancellazione di qualsiasi 
    tentativo di disincentivare l’uso dei motorini; il sì a una revisione delle 
    zone a traffico limitato. 
    A cavallo tra 2004 e 2005 l’ingegnere consegnò al Comune il documento, mai 
    reso pubblico nella sua interezza. Infruttuosi da allora i tentativi di 
    trovare una sintesi all’interno della maggioranza, dentro la quale - 
    soprattutto tra An e Forza Italia - le posizioni sono rimaste diverse anche 
    sull’ipotesi di chiusura di corso Italia o via Mazzini. Con l’avvicinarsi 
    delle elezioni del 2006 si è preferito congelare l’iter del piano. E dopo la 
    sua conferma a sindaco, Dipiazza ha chiarito che del piano - fermi restando 
    una serie di interventi puntuali su alcune zone da portare comunque avanti - 
    si sarebbe parlato non prima del 2008, al termine cioè del cantiere della 
    Grande viabilità e del rifacimento della galleria di piazza Foraggi. In 
    seguito Bucci ha annunciato una discussione della bozza in giunta a fine 
    estate 2006. Nel frattempo, An e poi Forza Italia e l’intera maggioranza 
    hanno sollecitato a più riprese la giunta. Ma «contesto chi mi dice che 
    abbiamo immediato bisogno del piano del traffico», tagliava corto il sindaco 
    in una dichiarazione dello scorso aprile: «Dopo la risoluzione di alcuni 
    nodi viari come Rive, Largo Barriera e via Timeus, la città funziona anche 
    senza».  | 
  
 
 
  
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    Piano del traffico - Dal 
    nuovo triangolo senza auto agli «esperimenti» in via Mazzini  | 
  
  
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    Quale piano del traffico? A fine 
    2004 l’ingegnere Roberto Camus stese una bozza su cui Maurizio Ferrara, 
    allora assessore della prima giunta Dipiazza, portò avanti un primo 
    confronto con alcune categorie e associazioni. Dallo scorso anno, da quando 
    ha assunto la delega al traffico, Maurizio Bucci a quel piano ha apportato 
    modifiche consistenti. L’assessore forzista non è mai voluto scendere nei 
    dettagli invocando una preventiva «condivisione» con la maggioranza. Ma ha 
    sempre detto, e ora lo ribadisce, di essere per una pedonalizzazione spinta 
    del centro cittadino. Già lo scorso autunno Bucci prefigurava una via 
    Mazzini libera dai bus e un corso Italia aperto ai soli mezzi pubblici (ma 
    in entrambe le direzioni, non nella sola direzione Goldoni come previsto dal 
    piano Camus). Per il resto, come ha dichiarato lo scorso giugno l’assessore, 
    la sua proposta mira a «un triangolo pedonale tra le piazze della Borsa, 
    Sant’Antonio nuovo e Goldoni». 
    Il sindaco Roberto Dipiazza invece fin dalla sua rielezione, nel 2006, ha 
    precisato che il varo del nuovo piano del traffico non avverrà prima della 
    fine di due cantieri importanti per il traffico cittadino, quello della 
    Grande viabilità e quello relativo al rifacimento della galleria di piazza 
    Foraggi: non prima del 2008 avanzato, dunque. Il primo cittadino lo scorso 
    gennaio ha riconfermato l’intenzione di compiere degli «esperimenti» prima 
    di partire con la redazione del piano, secondo lui superato con l’apertura 
    delle nuove Rive anche se in realtà Camus ha simulato già operative sia le 
    nuove Rive che la Grande viabilità. Tra gli «esperimenti», il far transitare 
    le auto in via Mazzini dal lungomare in su, fino a farle girare in via Roma 
    e poi in corso Italia, per pedonalizzare l’area piazza della Borsa-via 
    Canalpiccolo. Auto in via Mazzini? «An voterà contro di qui all’eternità», è 
    stata in quell’occasione la replica della capogruppo dei finiani Alessia 
    Rosolen. E oggi il vicesindaco Paris Lippi infila la battuta: «Se la 
    soluzione di via Mazzini si rivelasse un miracolo, beh, davanti ai miracoli 
    ci inchineremo». Gli «esperimenti» potranno partire presumibilmente in 
    autunno, quando, chiusa la vertenza Stream, si potrà rimuovere la rotaia 
    magnetica  | 
  
 
 
  
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    Altre macchie di gasolio 
    esami alla «Depositi costieri»   | 
  
  
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    Altro gasolio nel mare di San 
    Sabba e altre ricerche dei tecnici che ormai da una settimana non riescono a 
    individuare il punto preciso da cui il carburante fuoriesce per poi finire 
    nel vallone di Muggia. 
    Ieri alcuni sondaggi hanno interessato l’area su cui sorgono i serbatoi 
    della «Depositi costieri spa», la società che con le sue bettoline 
    rifornisce di carburante le navi ferme in porto o ancorate in rada. 
    Difficile se non impossibile che da questi serbatoi possa essere uscito il 
    gasolio che ha imbrattato a intermittenza la linea di costa. Sul fondo dei 
    tank proprio per evitare problemi e facilitare le misure i tecnici di tutte 
    le società petrolifere inseriscono uno strato di acqua sul quale le diverse 
    qualità di carburante galleggiano. Anche le misure delle quantità di gasolio 
    e olio combustibile presenti nei tank sono estremamente precise. Un 
    millimetro in meno rappresenta dai 500 ai mille litri fuoriusciti o venduti. 
    Ed è evidente che i controlli non hanno trovato nulla di anomalo. 
    Le ricerche però continuano e anche le operazioni di bonifica degli specchi 
    acque affidate dall’Autorità portuale alla ditta «Crismani» che vanta 
    un’esperienza di almeno vent’anni di operazioni di disinquinamento, in mare 
    e a terra.  | 
  
 
 
  
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    Ds e Margherita a Rc e Verdi: 
    «La Tav non è negoziabile» - Intesa resta divisa sull’opera. Malattia: 
    «Scegliamo con attenzione i tecnici»  
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    Respinta la 
    richiesta di azzerare la discussione e ripartire da dati certi: «Nel 
    programma 2008 confermeremo il sì». I Cittadini concordano 
     
    
    TRIESTE Nel programma di Intesa 
    democratica, nel 2003, la Tav c’era. E nel 2008 le cose non cambieranno: «La 
    realizzazione dell’alta velocità-alta capacità è un obiettivo non 
    negoziabile». Margherita e Ds non transigono e definiscono non accoglibile 
    la richiesta di Verdi e Rc di discutere da zero della proposta, partendo da 
    dati certi. Concordano, sulla linea pro-Tav, i Cittadini per il presidente. 
    Prove di una nuova maggioranza? «Non credo proprio – dice Bruno Malattia –. 
    Ma, se nel 2003 era nel programma, non vedo perché non debba esserci nel 
    2008. L’importante è che la fase di nostra competenza sia conclusa entro la 
    prossima legislatura». Finanziamenti e tracciato passano in secondo piano. 
    Per i partiti di maggioranza di Intesa democratica, il sistema alta 
    velocità-alta capacità ferroviaria resta una priorità «non negoziabile», 
    come dice il capogruppo della Margherita, Cristiano Degano: «Bisogna 
    guardare opere di questo tipo in prospettiva se non vogliamo fare la fine 
    della terza corsia. Oggi che la situazione del traffico pesante è in forte 
    sofferenza, stiamo inseguendo un’opera che fino a qualche anno fa sembrava 
    non necessaria». In quest’ottica di ridistribuzione dei carichi di traffico, 
    aggiunge Degano, non può bastare il potenziamento della linea esistente: 
    «Non farei dei sofismi tra alta velocità e alta capacità. Quella sarà una 
    valutazione che spetta ai tecnici. Il punto è che, se vogliamo 
    infrastrutture capaci di stare al passo con i tassi di crescita del 
    traffico, l’opzione zero non è perseguibile. Servono nuove linee». Compatti 
    e convinti anche i Ds. «Sarebbe assolutamente senza senso tornare indietro 
    su una posizione che abbiamo espresso per tutto il mandato e su cui stiamo 
    lavorando con serietà – dice Mauro Travanut -. Non si spostano gli assi 
    centrali della politica. Altra cosa sono le modalità di discussione. Siamo 
    sempre stati convinti che un’opera tanto importante necessitasse del 
    coinvolgimento di tutti i soggetti interessati ed è così che stiamo 
    procedendo. Sul primo tratto l’ipotesi del parallelismo non incontra 
    resistenze. La discussione è aperta sul secondo tratto, Porpetto-Villa». Si 
    discute sulle caratteristiche tecniche del Corridoio V: «Se sia meglio 
    propendere per l’alta velocità o l’alta capacità in determinati punti – 
    aggiunge Travanut – è tutto da vedere. Diciamo che non possiamo rinunciare 
    al Corridoio V». Le obiezioni espresse dalla sinistra radicale partono 
    proprio dal fatto che l’alta velocità sarebbe un modello inadeguato per il 
    territorio regionale e che sia meglio orientarsi su un tracciato ad alta 
    capacità, ovvero in grado di garantire maggior frequenza di traffico 
    ferroviario. Per realizzare quest’obiettivo non sarebbe indispensabile, 
    secondo Verdi e Rc, costruire nuove linee. Il modello ad alta capacità è già 
    stato fatto proprio dalla giunta: l’assessore Lodovico Sonego nei giorni 
    scorsi ha ribadito che la Tav «si farà e avrà caratteristiche d’alta 
    capacità». Da qui riparte il dibattito. I contrari all’opera, amministratori 
    comunali e gruppi consiliari, chiedono sia studiato un potenziamento delle 
    linee esistenti – con conseguenti adeguamenti per far fronte ai problemi di 
    rumore e agli «effetti collaterali» – e una maggior sinergia con le 
    infrastrutture esistenti e quelle in progettazione. Riflessioni che sono 
    state affidate ai progettisti di Rfi e ai consulenti nominati da Comuni e 
    Provincia proprie in queste settimane.  
    «Il progetto ha un valore importantissimo - continua Malattia -. Noi siamo 
    assolutamente favorevoli alla realizzazione dell’opera ma è importante che 
    siano scelti tecnici di valore. Troppe volte, in ambito pubblico, 
    progettazioni importanti sono state affidate a tecnici scadenti e realizzate 
    in modo discutibile. Non possiamo correre questo rischio». 
    m.mi.   | 
  
 
 
  
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    Rigassificatore: sondaggio 
    Swg  | 
  
  
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    Non è possibile credere al 
    sondaggio effettuato dalla Swg sul tema del rigassificatore di Zaule. A 
    parte il risultato generale, il 52% favorevole, sono le risposte dei 
    triestini alle singole domande che sono sbalorditive, da qualunque parte si 
    vogliano considerare. Infatti, alla domanda sui problemi che i 
    rigassificatori potrebbero creare, la prima risposta, con ben il 60% dei 
    consensi, risulta essere l’impatto paesaggistico che, francamente, vista la 
    zona proposta per l’impianto sembra una battuta provocatoria, un viz! 
    Invece la limitazione della navigazione (di svago, di trasporto, sportiva), 
    certa conseguenza di quest’impianto, è vista come un problema solo dal 28% 
    degli intervistati. Riguardo poi alle ricadute positive, i triestini 
    sembrano non sapere che la possibilità di avere energia ad un prezzo 
    scontato è molto probabilmente una chimera e che i posti di lavoro previsti 
    sono al massimo un quinto di quelli coinvolti nella querelle «chiusura della 
    ferriera»! Sbalorditivo poi che più del 50% dei triestini non ritenga che 
    quest’impianto sia un rischio. 
    I risultati del sondaggio sono contraddittori e poco attendibili anche 
    perché tra gli aspetti positivi non sono state considerate le royalties e 
    l’indotto derivanti dall’impianto e tra gli aspetti negativi i rischi alla 
    popolazione da incidente e da attentato. È quindi un sondaggio estivo utile 
    affinché i cittadini vengano meglio informati, da settembre facciamo 
    seriamente. 
    Paolo Salucci - Cons. provinciale Margherita 
  
    
    A sostegno di quanto scritto da 
    Salucci posso confermare che durante le innumerevoli audizioni a cui ho 
    partecipato sull’argomento è emerso in maniera chiara che in nessun modo 
    potevano venir assicurati ai cittadini benefici quali costi minori per la 
    fornitura del gas in quanto questa dipenderà esclusivamente dal mercato, 
    dalle forniture, dalla politica aziendale dell’Acegas-Aps. 
    Bruna Tam - cons. comunale Margherita  | 
  
 
 
 
IL PICCOLO - VENERDI',  17 
agosto 2007
 
 
  
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    Rigassificatori, riparte la discussione in commissione a Roma  | 
  
  
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    Lo conferma 
    il ministero dopo lo stop della giunta regionale ai due impianti nel golfo 
    proposti da Endesa e Gas natural TRIESTE 
    Rigassificatori, si riparte a settembre. Lo conferma il ministero per 
    l’Ambiente, che ha adesso in carico l’iter per la riapprovazione dei 
    progetti, rinviatogli dalla Regione Fvg. «Ad agosto non sono previste 
    discussioni – spiega lo staff del Ministro Alfonso Pecoraro Scanio – ma a 
    settembre, quando ricominceranno i lavori, i vari ministeri interessati alla 
    questione si riuniranno e, nell’elaborazione del Piano Energetico Nazionale, 
    si deciderà quanti, dove e come potranno essere installati». L’iter, quindi, 
    dopo il ‘no’ a sorpresa della giunta regionale, ricomincerà da capo. E il 
    governo dovrà pronunciarsi ancora una volta sulla possibilità di ammettere i 
    due progetti di rigassificatori presentati da Endesa e Gas Natural, progetti 
    che negli scorsi mesi hanno infiammato la polemica in regione per lo scontro 
    sia interno alla stessa Intesa, sia con i Comuni che, naturalmente, con le 
    associazioni ambientaliste, del tutto contrarie alla presenza di anche uno 
    solo di questi impianti. Dopo numerosi incontri, tentennamenti, dopo la 
    richiesta alle due società di fornire una documentazione aggiuntiva che 
    avrebbe fatto ripartire l’iter di approvazione nei Comuni già lo scorso 
    anno, dopo che la giunta e il presidente Riccardo Illy si erano sempre 
    espressi in modo favorevole ai rigassificatori dal punto di vista 
    socio-economico (scontrandosi con la sinistra radicale), alla fine tutto si 
    è fermato davanti ai rischi potenziali sull’ambiente e sulla salute. La 
    giunta però aveva ottenuto il voto contrario di Roberto Antonaz 
    (Rifondazione Comunista), perché la giunta non aveva espresso un voto 
    negativo ai due insediamenti, ma semplicemente una valutazione tecnica che 
    si è configurata non come uno stop ma come una ‘frenata’. Che, in ogni caso, 
    mette una forte ipoteca sull’iter di approvazione, perché il Ministero 
    dell’Ambiente, che ha la competenza di dire l’ultima parola fornendo la 
    valutazione di impatto ambientale, difficilmente potrà non tenere conto 
    dell’indicazione deliberata dalla giunta. Le informazioni suppletive fornite 
    non sono riuscite a dissipare tutte le ombre sui due progetti. E quindi 
    adesso spetterà al Ministro dire l’ultima parola. La Regione infatti ha 
    deciso di segnalare le carenze documentali e progettuali al Ministero 
    dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare cui compete la 
    Valutazione di impatto ambientale di responsabilità statale. Una richiesta 
    avanzata anche in vista di eventuali integrazioni agli studi presentati: in 
    particolare, si è prospettato al Ministero la necessità di alcuni 
    adempimenti e prescrizioni ritenute imprescindibili in merito agli scarichi 
    delle acque fredde e clorate, agli indispensabili monitoraggi ambientali e 
    all’impatto sia visivo per il centro del golfo di Trieste sia turistico 
    soprattutto per la località di Grado.  
    e.o.   | 
  
 
 
  
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    SAN SABBA - Si 
    allarga la macchia di gasolio: l’origine resta un mistero  - Il 
    versamento è ormai di parecchi metri cubi e ha invaso l’area della «Depositi 
    costieri»   | 
  
  
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    Vertice 
    all’ex Idroscalo con l’Arpa, l’Autorità portuale e la ditta Crismani. 
    Ripulito il porticciolo di San Sabba. Preoccupati i pescatori 
     
    
    Gasolio, altro gasolio nello 
    specchio di mare antistante il porticciolo di San Sabba. 
    Il misterioso versamento, iniziato in sordina più di cinque giorni fa, si è 
    fatto ieri più intenso, favorito dall’alternarsi delle maree e dalle 
    concomitanti infiltrazioni di acqua nel terreno ormai zuppo di gasolio. 
    Quando il mare si ritira, scendendo di livello, l’acqua porta con sè 
    consistenti quantità di carburante che le correnti e il vento diffondono poi 
    nel vallone di Muggia. Accade ormai da giorni, senza che nessuno sia ancora 
    riuscito a individuare l’area della fuoriuscita. 
    «E’ un versamento importante. Non più valutabile come si è fatto finora in 
    centinaia di litri ma in parecchi metri cubi di gasolio» spiegano i tecnici 
    che anche ieri hanno lavorato per tutta la giornata a ridosso dei serbatoi 
    della «Depositi costieri spa», la società che con le proprie bettoline 
    rifornisce le navi presenti in porto o in rada.  
    Il gasolio ieri ha invaso proprio lo specchio d’acqua antistante i serbatoi 
    e gli impianti della società. Il carburante è finito in mare, percorrendo 
    l’identico itinerario sotterraneo seguito da alcune vecchie tubature, 
    peraltro perfettamente integre. Le ispezioni degli uomini della Capitaneria 
    di Porto a vari «pozzetti» non hanno trovato falle, perdite o altri guasti 
    nell’area e nelle strutture gestite da questa società. I grossi tubi 
    all’esterno erano completamente ricoperti da una patina nera e oleosa che 
    aveva invaso, imbrattandole, anche le pareti della canaletta percorsa dalla 
    conduttura.  
    «Nel nostro sito tutto è risultato perfettamente regolare» afferma il 
    comandante Franco Napp, amministratore della Depositi costieri spa. «Nessuna 
    falla, nessuna rottura. Inoltre, quando le nostre bettoline vengono 
    caricate, a una certa distanza dagli scafi viene sempre tesa a scopo 
    protettivo un doppia barriera di «panne galleggianti». Se eventualmente 
    dovesse finire in mare dell’olio combustibile, verrebbe bloccato all’interno 
    delle stesse barriere». 
    Ma il versamento continua da cinque giorni e continuano anche le riunioni 
    per venirne a capo. Ieri un vertice si è svolto negli uffici della 
    Capitaneria di Porto e vi hanno partecipato tecnici e rappresentanti 
    dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente, dell’Autorità 
    portuale, della ditta «Crismani», della «Depositi costieri spa» e della 
    stessa Capitaneria che coordina l’inchiesta. 
    Quattro tratti delle tubazioni interrate, probabilmente collegati ai vecchi 
    impianti dell’area dismessa e inquinata della ex Esso, verranno scoperchiati 
    per cercare la falla che ha originato la misteriosa infiltrazione di 
    gasolio. Sarà un lavoro lungo ma al momento non si vedono soluzioni 
    alternative. 
    Ieri tra il porticciolo di San Sabba e i depositi costieri, tre imbarcazioni 
    antinquinamento della ditta Crismani hanno ripulito dal gasolio gli specchi 
    acquei. A terra hanno operato tre autobotti e quattro cisterne carrabili in 
    cui è stata raccolta l’emulsione di acqua e di olio. «Finirà tutto in un 
    impianto specializzato» ha spiegato Ferdinando Borret, responsabile 
    dell’operazione. «Mischiati al gasolio finito in mare abbiamo trovato vecchi 
    residui quasi solidi. E’ una situazione anomala. Stiamo lavorando da poco 
    meno di una settimana e ogni giorno il problema si ripresenta uguale, se non 
    più grave». 
    Anche i soci del «Gruppo pescasportivi San Sabba», sono preoccupati. «La 
    presenza di gasolio in mare rende l’aria irrespirabile» afferma Livio 
    Gerussi, ex ormeggiatore. «Da giorni e giorni abbiamo sollevato il problema, 
    segnalandolo alle autorità. Le nostre imbarcazioni hanno subito dei danni, 
    sono sporche e a ogni alternanza di marea, il problema si ripresenta. In 
    queste condizioni pulirne serve poco. Il gasolio che era sparito nel corso 
    della notte, ritorna infatti nel porticciolo nella tarda mattinata. Molti 
    che d’estate non possono andare in vacanza, passavano le giornate su questi 
    due moli. Altri uscivano in barca a pescare. Adesso è tutto fermo, in attesa 
    di una definitiva pulizia. Stretti tra la Ferriera e questo inquinamento 
    vivere qui diventa difficile...» 
    
    Claudio Ernè  | 
  
 
 
  
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    San Dorligo, 
    strade forestali più larghe - La Regione ha dato parere favorevole agli 
    interventi a Moccò e a San Michele  | 
  
  
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    SAN DORLIGO Nel comune di San 
    Dorligo sarà migliorata l’accessibilità a fini antincendio di alcune zone 
    del territorio, grazie alla sistemazione di due strade forestali a San 
    Michele e a Moccò. Nei giorni scorsi la giunta regionale ha dato parere 
    favorevole nella valutazione di impatto ambientale, stralciando però dal 
    progetto la realizzazione di un percorso simile a San Lorenzo, definito 
    troppo impattante «sui valori naturalistici del Sic e del Zps» locali, vista 
    la presumibile maggiore frequentazione dell’area da parte di turisti ed 
    escursionisti. 
    Nel complesso, si tratta di un progetto presentato dal Comune nel 2005, con 
    fondi dell’allora «Piano Carso», che ora dunque giunge al termine del suo 
    iter autorizzativo con la valutazione di impatto ambientale. Il vicesindaco 
    Maurizio Sigoni (Prc) spiega: «La nostra richiesta riguarda la bonifica e 
    quindi l’eventuale allargamento di strade forestali, in modo che possano 
    fungere da linee tagliafuoco e anche da vie d’accesso per i mezzi in casi di 
    incendi. Infatti le strade avranno una larghezza minima di 2,60 metri, 
    proprio per far passare i mezzi forestali». 
    Ma vi potranno transitare solo quelli. Ogni altro traffico veicolare sarà 
    interdetto, mentre sarà libera la percorrenza a piedi. Il Comune potrà ora 
    provvedere alla progettazione esecutiva. Tra gli impegni richiesti dalla 
    valutazione regionale, si dovrà tener conto degli eventuali elementi 
    geologici di maggior pregio (come campi o pietraie) tanto da determinare 
    anche modifiche dei tracciati previsti. 
    Grande importanza riveste il bosco, che va colonizzato laddove si 
    abbandonano vecchi tracciati, e la cui crescita dovrà essere seguita per 
    almeno due stagioni consecutive. Ma visto che l’allargamento e la 
    sistemazione delle strade permetterà un maggior afflusso di persone, il 
    Comune avrà il compito di monitorare tale aumento della pressione antropica. 
    «Contiamo di portare avanti la progettazione e di far partire i lavori entro 
    l’inverno, anche per attenerci ai periodi migliori per la messa a dimora 
    delle piante – spiega Sigoni -. A primavera le strade dovrebbero già essere 
    agibili».  
    s. re.  | 
  
 
 
  
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    Rc: dubbi sui 
    finanziamenti Ue alla Tav  - Igor Kocijancic: non ci sono dati certi 
    sul progetto, Bruxelles potrebbe escluderci  | 
  
  
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    Anche il 
    leader dei Verdi Metz replica all’assessore Sonego: l’alta velocità non si 
    può fare fra Portogruaro e Trieste  
    
    TRIESTE «Non si può dire che la 
    Tav si farà per una posizione ideologica. Non si può dire perché l’alta 
    velocità non si può realizzare in Friuli Venezia Giulia, perché manca un 
    progetto e perché non ci sono i fondi».  
    Alessandro Metz, capogruppo dei Verdi risponde alle certezze dell’assessore 
    Lodovico Sonego (che l’altro giorno aveva confermato che invece la linea 
    alta velocità-alta capacità si farà, eccome, ndr) e invita la giunta «a 
    mettere da parte idee preconcette che creano solo tensioni sociali». 
    Con lui Igor Kocijancic di Rifondazione comunista. «Non solo continuiamo a 
    discutere di ipotesi di massima – dice il rappresentante della sinistra – ma 
    dalle notizie che arrivano dai parlamentari europei pare che non ci sia la 
    minima speranza di ottenere risorse per realizzare questa tratta».  
    Il primo nodo da sciogliere secondo i Verdi è quello dell’alta velocità. 
    «Dice bene Sonego quando parla di alta capacità – spiega Metz – perché da 
    quanto è stato spiegato dai tecnici in sede di riunione di maggioranza e non 
    solo, l’alta velocità in Friuli Venezia Giulia non è possibile. Non ci sono 
    le caratteristiche tecniche per realizzarla, né da Portogruaro a Ronchi né 
    nel tratto transfrontaliero». 
    Una linea ad alta capacità permette di far passare molti treni, una ad alta 
    velocità di farli passare veloci. Nel primo caso si adottano tecnologie 
    avanzate di gestione del traffico (anche a velocità ordinarie), nella 
    seconda deve essere necessariamente realizzato un tracciato nuovo il più 
    possibile pianeggiante e rettilineo.  
    «Se parliamo di alta capacità e quindi treni che non superano i 190 
    chilometri orari (come il Pendolino) – dice Metz – allora iniziamo a 
    ragionare sull’adeguamento dell’attuale linea ferroviaria». Una strada da 
    provare a tutti i costi, secondo l’esponente dei Verdi, anche per quel che 
    riguarda la tratta Ronchi Trieste.  
    «Resto sbalordito quando sento che non ci sono problemi per realizzare 
    gallerie nel Carso. L’unica cosa che sappiamo è che sono state censite due 
    grotte e che ci sono delle stime statistiche sulla presenza di altri 
    anfratti».  
    E in fatto di dati Metz chiede di più, chiede quello che stanno domandando 
    anche alcuni sindaci: «uno studio del rapporto costi – benefici e ancor 
    prima i dati di saturazione delle linee attuali che probabilmente Rfi ha, ma 
    che non sono stati divulgati. Esistono solo considerazioni empiriche. 
    Secondo noi le linee attuali sono utilizzate per il 40 per cento, il 
    presidente Illy parla del 70, ma non abbiamo documentazione certa da cui 
    partire. E’ inutile discutere del futuro se non sappiamo nemmeno quale sia 
    la situazione di partenza».  
    Una richiesta che ribadisce anche Kocijancic. «Non ci sono dati e nemmeno 
    progetti definiti visto che, anche nell’ultimo incontro, ci sono state 
    presentate delle varianti tracciate sulla carta con il pennarello. La 
    discussione stessa del progetto non ha senso – aggiunge il rappresentante di 
    Rfi – visto che dal Parlamento europeo arrivano voci che non ci saranno 
    fondi per finanziare l’opera nella nostra regione».  
    E se i consiglieri regionali aspettano gli alleati al varco – «la Tav sarà 
    il cuore della discussione politica di settembre – dice Metz – anche perché 
    si dovrà capire quale posizione inserire nel programma elettorale – i 
    sindaci della bassa sono al lavoro, con consulenti e tecnici». Le 
    amministrazioni in questione sono quelle comprese nella tratta tra Villa 
    Vicentina e Porpetto.  
    «Purtroppo noi siamo sempre dentro quando ci sono rogne – dice il sindaco di 
    Torviscosa, Roberto Duz, con una battuta -. Credo che al di là di tutto noi 
    amministratori siamo chiamati a cercare di ragionare superando il nostro 
    interesse particolare, nella consapevolezza che non sempre questo è facile».
     
    Per quel che riguarda Torviscosa, il sindaco ha chiesto ai tecnici di Rfi 
    «di valutare attentamente la possibilità di potenziare il tracciato 
    esistente e di raccordare l’opera con il progetto della nuova viabilità che 
    interesserà San Giorgio e l’Aussa Corno e con gli effetti della navigabilità 
    dei canali».  
    Duz vuole una certezza: «che alla fine si capisca che il percorso deciso sia 
    il meno impattante. E’ per questo che abbiamo chiesto ulteriori dati ai 
    tecnici. Non sono ancora convinto, infatti, che il vecchio tracciato, quello 
    che passava a nord per Strassoldo, non fosse migliore».  
    La possibilità di favorire l’utilizzo dei sedimi esistenti è stata chiesta 
    ai tecnici anche dal primo cittadino di Cervignano, Pietro Paviotti. 
    Una ipotesi che l’amministrazione prenderà in considerazione se le nuove 
    tecnologie garantiranno che non vi siano conseguenze per chi vive nell’area 
    della ferrovia. «Ai tecnici che hanno il compito di studiare il problema e 
    proporre agli amministratori locali una pluralità di opzioni ho ben chiarito 
    – spiega Paviotti ai concittadini che gli hanno chiesto spiegazioni sul blog 
    del comune - che l’ipotesi di riutilizzo dei nostri viadotti può essere 
    valutata ma solo se verranno previste opere di limitazione delle emissioni 
    sonore e consentite velocità di progetto dei treni compatibili con 
    l’attraversamento di un abitato».  
    Mentre viene nuovamente ribadita l’inconsistenza dell’apertura di una cava 
    di prestito in località Santa Maria la Longa di circa 28 ettari. Un punto di 
    riferimento per l’estrazione del materiale che sarebbe dovuta servire, 
    secondo Rfi, per costruire l’infrastruttura. L’ipotesi – che i sindaci hanno 
    appreso dalle tavole fornite dalla società e di cui nemmeno il primo 
    cittadino del comune interessato era al corrente – è stata però stoppata 
    subito dall’assessore Sonego.  
    Martina Milia   | 
  
 
 
 
IL PICCOLO - MERCOLEDI',  15 
agosto 2007
 
 
  
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    Sonego: 
    il tracciato della Tav non cambierà - «Modifiche previste solo 
    per il tratto Villa Vicentina-Porpetto. E per la Ronchi-Trieste si va 
    avanti»  | 
  
  
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    Parla 
    l’assessore regionale ai Trasporti dopo che i comuni della Bassa hanno 
    presentato 13 varianti per la linea ferroviaria dell’alta velocità 
     
    
    TRIESTE Indietro non si torna. 
    Metà del tracciato della linea alta capacità–alta velocità che collegherà 
    Portogruaro a Ronchi è già stabilito. «E’ in discussione – sottolinea 
    l’assessore regionale Lodovico Sonego – solamente il tratto tra Villa 
    Vicentina e Porpetto». Sono questi i confini posti dalla giunta regionale 
    nell’ambito del tavolo tecnico che sta discutendo del tracciato di un’opera 
    la cui realizzazione non è in discussione. «La ferrovia – dice senza mezzi 
    termini l’assessore – si farà».  
    L’AFFIANCAMENTO «Il progetto tra il fiume Tagliamento e Porpetto – dice 
    Sonego – è confermato. Chi dice che c’è stata un’apertura da parte mia su 
    questo dice falsità. Come ho ribadito fin dal primo incontro, e come 
    vogliono per altro i sindaci dei comuni interessati, quel tratto della linea 
    ferroviaria sarà costruito in modo da affiancare l’autostrada. Le 
    amministrazioni coinvolte non sono disposte ad accettare soluzioni diverse». 
    Questa scelta spiana anche la strada alla progettazione della terza corsia 
    per la quale – secondo l’accordo raggiunto tra ministero, Anas e Autovie – è 
    previsto affiancamento da Portogruaro a Gonars, mentre non ci sono vincoli 
    di tracciato in area veneta (tra Quarto D’Altino e Portogruaro) e tra Gonars 
    e Villesse. «Possiamo quindi dire – sintetizza l’assessore – che su metà del 
    tracciato esiste un progetto definito sul quale vi è adesione totale».  
    VILLA VICENTINA – PORPETTO Il tracciato “bocciato”, invece, è quello 
    previsto da Rfi per il tratto tra Villa Vicentina e Porpetto che vede le 
    amministrazioni comunali – «parliamo di comuni di centro destra» puntualizza 
    l’assessore – compatte sul fronte del no. Ed è in quest’ambito che 
    nell’ultima riunione sono spuntate 13 varianti, tra cui l’idea di un 
    tracciato che passi a nord dell’autostrada e uno a sud della ferrovia. 
    «L’ipotesi del percorso litoraneo – dice Sonego – avrebbe un impatto 
    ambientale devastante». La Regione ha comunque sollecitato i consulenti e i 
    tecnici «a proporre tutte le varianti possibili, anche le più stravaganti – 
    aggiunge l’assessore – per cercare di trovare una posizione condivisa». 
    L’apertura va in questa direzione ma passi indietro non se ne faranno. «Va 
    chiarito, se ancora ci fossero dubbi, che la ferrovia si farà e avrà 
    caratteristiche di alta capacità».  
    I TEMPI Anche i termini – almeno per quanto concerne le decisioni sul 
    tracciato – non sono lontani nel tempo. «Ritengo che, una volta presentate 
    tutte le alternative possibili per la tratta Villa – Porpetto – avverte 
    l’assessore – il momento dell’approfondimento sia concluso. A quel punto 
    deve seguire la decisione. E’ chiaro che, se le amministrazioni non 
    riterranno alcuna ipotesi perseguibile, andremo avanti comunque con il 
    progetto. La realizzazione dell’opera non è in discussione». Ed è proprio su 
    questo punto che si preannunciano le maggiori resistenze da parte delle 
    amministrazioni comunali coinvolte, Villa Vicentina e Porpetto in testa. I 
    sindaci, infatti, premono perché si studino soluzioni alternative alla linea 
    alta velocità-alta capacità rivendicando la mancanza di certezze sui 
    benefici dell’opera e chiamando in causa un impatto troppo pesante per il 
    territorio.  
    RONCHI–TRIESTE Il primo tratto ad essere realizzato sarà quello tra 
    Portogruaro e Ronchi, ma l’assessore è ottimista anche sul proseguimento 
    fino a Trieste. «Esiste un accordo, sottoscritto nel 2004 con le 
    amministrazioni dell’area tra Ronchi e Trieste – ricorda – sulla base del 
    quale ci stiamo muovendo. Andremo avanti senza difficoltà».  
    Martina Milia   | 
  
 
 
  
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    TAV - E spunta una mega-cava 
    per costruire l’infrastruttura. La Regione: ipotesi bocciata  | 
  
  
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    TRIESTE E sulla via della Tav, 
    spunta una cava di inerti. Nell’ambito del progetto redatto da Rete 
    ferroviaria italiana, i tecnici delle ferrovie hanno ipotizzato la 
    costruzione di una cava di prestito in località Santa Maria la Longa di 
    circa 28 ettari. Un punto di riferimento per l’estrazione del materiale che 
    servirà per costruire l’infrastruttura. L’ipotesi – che i sindaci hanno 
    appreso dalle tavole fornite dalla società e di cui nemmeno il primo 
    cittadino del comune interessato era al corrente – è stata però stoppata 
    subito dall’assessore Sonego.  
    «E’ vero che Rfi ha preventivato, come avviene sempre in fase di 
    progettazione, una fonte di approvvigionamento di materiale inerte 
    attraverso la costruzione di una cava. Ho detto però alle Ferrovie, proprio 
    durante l’ultimo tavolo tecnico in cui erano presenti gli amministratori, 
    che si tolgano dalla testa questa idea – dice senza mezzi termini Sonego -. 
    La Regione non autorizzerà nulla di tutto ciò».  
    Le disposizioni che la Regione ha dato sono chiare: «Rete ferroviaria 
    italiana – precisa l’assessore – dovrà adeguarsi al piano delle attività di 
    estrazione approvato dalla giunta regionale». Ciò significa che l’esecutivo 
    non autorizzerà alcun provvedimento ad hoc per la realizzazione della Tav, 
    ma che «ci si dovrà adeguare alle regole già fissate» ribadisce Sonego. 
    Questo vuol anche dire che, se il materiale per costruire l’infrastruttura 
    non sarà disponibile in Friuli Venezia Giulia – secondo le stime dei sindaci 
    la cava ipotizzata da Rfi sarebbe grande tre volte la discarica di 
    Trivignano -, dovrà provenire da fuori regione.   | 
  
 
 
  
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    Si allarga la macchia di 
    gasolio in mare  - Aria irrespirabile al porticciolo di San Sabba. 
    Misteriosa l’origine del versamento  | 
  
  
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    Per la 
    seconda volta in poche ore oltre cento litri di carburante hanno invaso la 
    costa e il porticciolo   | 
  
  
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    Indagini 
    della Capitaneria Ispezionato il vallone di Muggia per scoprire l’origine 
    della perdita   | 
  
  
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    Non si sa da dove arriva ma i 
    suoi vapori ti entrano nel naso, ti prendono alla gola. Il porticciolo di 
    San Sabba ieri è stato invaso per la seconda volta in poche ore da un 
    versamento di gasolio, esattamente com’era accaduto lunedì. Un centinaio di 
    litri hanno reso l’aria irrespirabile in una vasta zona attorno allo squero: 
    una trentina di imbarcazioni sono state imbrattate sulla linea del 
    bagnasciuga: nero oleoso sul bianco candido o sul legno tirato a lucido. 
    Altro olio si è appiccicato sui due moli in pietra, sulle scalette 
    metalliche e sui gavitelli.   | 
  
  
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    Sulla superficie dell’acqua è 
    adagiato uno strato marrone di idrocarburi. Da dove arriva questo gasolio 
    nessuno lo sa con certezza. Unico dato certo è che non si tratta di uno 
    spandimento collegato all’attività dell’oleodotto transalpino della Siot e 
    alle navi che lì riversano il contenuto dei loro serbatoi pieni di petrolio 
    «greggio». 
    «Forse si è incrinato un vecchio tubo della ’Esso’, peraltro chiusa da anni. 
    Forse il gasolio arriva da un altro deposito costiero» afferma Giorgio 
    Garbin, presidente del Gruppo pescasportivi San Sabba che gestisce in 
    concessione gli ormeggi del porticciolo. In tutto 52 barche a cui se ne 
    affiancano due degli ormeggiatori. 
    «Ho parlato con la Capitaneria di porto- afferma il presidente dei 
    pescasportivi- e ho li avvisati subito del versamento. Mi hanno consigliato 
    di scrivere una lettera e presentare un esposto. Le nostre barche hanno 
    subito danni e dovranno essere pulite e ridipinte. Qualcuno dovrà 
    risarcirci». 
    Giorgio Garbin lavora sullo squero e dipinge col pennello la poppa della sua 
    imbarcazione. «Lunedì nel pomeriggio quando abbiamo dato il primo l’allarme, 
    sono arrivati anche i carabinieri che hanno esaminato la testate del pontile 
    dell'oleodotto. La chiazza di gasolio è stata spinta verso terra dal vento. 
    Ma non è chiaro da dove arrivasse. Poi sono giunti i mezzi antinquinamento 
    della ditta Crismani e hanno ripulito lo specchio d’acqua. Ora però, dopo 20 
    ore di tregua, il problema gasolio si è ripresentato».  
    Non dissimile il racconto di Livio Gerussi, proprietario di un candido 
    motoscafo «Cigala & Bertinetti», messo in acqua da pochi giorni e subito 
    imbrattato dalla marea oleosa. 
    «Chiederò un risarcimento per il danno che ho dovuto subire. La carena dovrà 
    essere ridipinta con la vernice antivegetativa: 400 euro buttati al vento 
    senza parlare del costo di un nuovo alaggio. Purtroppo non sappiamo da dove 
    arriva il gasolio. Lunedì sera lo specchio d’acqua era stato ripulito. 
    Sembrava finita lì. Invece poche ore fa, all’inizio della mattina con la 
    marea crescente e il vento che soffiava da Sud, la chiazza di carburante si 
    è ripresentata all’ingresso del porticciolo e lo ha invaso. Un doppio danno, 
    perché qui a San Sabba siamo sotto tiro da anni e anni. Le polveri della 
    Ferriera sporcano tutte le barche e i moli. Spesso anche l’aria è 
    irrespirabile. Non ci voleva anche questo nuovo danno, quest’ altro sporco 
    oleoso...» 
    Anche per la Capitaneria di porto resta un mistero tutto da chiarire 
    l’origine del versamento di carburante. L’indagine è comunque aperta e ieri 
    un ufficiale ha ispezionato una vasta zona del vallone di Muggia, cercando 
    di individuare la fonte dell’anomala fuoriuscita. La ricerca è stata però 
    vana: nessun segno, nessun preciso indizio sono emersi per risalire al 
    «colpevole». I sospettati sono tanti e l’unico che per il momento è 
    risultato estraneo all’inchiesta, è proprio l'oleodotto della Siot e le 
    grandi navi cisterna. che vi approdano. 
    Forse la soluzione del mistero potrebbe essere più banale ma anche più 
    insidiosa. Ad esempio già nel marzo scorso più di mille litri di gasolio 
    erano finiti nel depuratore fognario di Zaule, affacciato al canale 
    industriale e direttamente collegato al mare. Per ore e ore pompieri, uomini 
    dell’Acegas-Aps, tecnici dell’Agenzia regionale per la protezione 
    ambientale, avevano cercato di scoprire l’origine dello spandimento. Era poi 
    emerso che tutto dipendeva dall’incrinatura apertasi in una tubazione 
    collegata al serbatoio del gasolio di uno stabile di Strada vecchia 
    dell’Istria. 
    Dal tubo rotto il carburante era finito nel terreno, aveva raggiunto le 
    fogne, arrivando infine all’impianto di depurazione. La sua presenza era 
    stata segnalata dai sensori ed era scattata la procedura di emergenza per 
    evitare che il carburante finisse in mare, inquinandolo. Allo stesso tempo 
    era iniziata la ricerca del punti di immissione lungo i collettori fognari. 
    Ecco, nelle prossime ore, in assenza di altri dati precisi sull’origine 
    dell’inquinamento, questa ricerca dovrà ripetersi. La quantità di gasolio 
    finita finora nel porticciolo di San Sabba è relativamente modesta, ma quel 
    che preoccupa è il ripetersi del fenomeno, collegato, secondo i diportisti, 
    all’alternarsi dell’alta e della bassa marea e al regime dei venti.  | 
  
 Claudio 
Ernè
 
  
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    Sversamento gasolio a San 
    Sabba - Tre barche per ripulire la superficie dell’acqua - Il lavoro della 
    ditta Crismani impegnata nell’opera di disinquinamento 
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    «Stiamo lavorando con tre mezzi 
    antinquinamento per ripulire del carburante versato lo specchio d’acqua 
    antistante il porticciolo di San Sabba. Purtroppo non nessuno sa ancora da 
    dove arriva il gasolio comparso per la prima volta lunedì e riemerso 
    misteriosamente nelle ultime ore. L’ordine di intervenire ci è arrivato 
    dall’Autorità portuale e dalla Capitaneria di Porto». 
    Federico Borrett coordina per conto della ditta «Crismani» gli interventi di 
    pulizia nel mare di San Sabba, tra il pontile della Siot e la banchina della 
    Ferriera. Il gasolio finito in mare viene raccolto meccanicamente dalle 
    imbarcazioni- pattumiera, senza che siano sparsi in mare solventi, ritenuti 
    più pericolosi ed inquinanti dello stesso carburante. 
    Il liquido oleoso emulsionato raccolto dalle imbarcazioni della «Crismani» 
    finirà poi in capaci cisterne dove l’olio e l’acqua lentamente si 
    separeranno: il primo verrà a galla, l’acqua resterà sul fondo. In questo 
    modo potrà essere misurata con buona precisione la quantità di gasolio 
    finita in mare. Cento litri, duecento o cinquecento?  
    Successivamente i risultati dell’analisi chimica diranno quale è l’origine 
    del carburante. Gasolio da riscaldamento? Gasolio per motori terrestri? 
    Gasolio marino, usato esclusivamente nelle barche da lavoro? 
    L’inchiesta della Capitaneria si sta sviluppando su più fronti: prima di 
    risalire alle singole responsabilità sarà necessario individuare l’origine 
    del versamento che si sta ripetendo in queste ore con l’alternanza delle 
    maree. 
    Se il responsabile sarà identificato dovrà mettere mano al portafoglio. Non 
    solo per risarcire i tanti proprietari di imbarcazioni da diporto imbrattate 
    e danneggiate dal combustibile entrato nel porticciolo, ma anche assumersi 
    l’onere di pagare gli interventi di pulizia in mare effettuati in questi 
    giorni.  | 
  
 
  
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    Dipiazza: «Per la Provincia 
    la Ferriera non inquina ma i dati sulle emissioni sono pagati dalla Lucchini»  | 
  
  
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    Il primo 
    cittadino attacca l’assessore all’Ambiente, ma Ondina Barduzzi replica: 
    «Abbiamo anche quelli dell’Arpa»   | 
  
  
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    Il sindaco: 
    «Presto avrò altri riscontri e potrò chiudere l’impianto di Servola» 
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    «La Provincia per legge rilascia 
    l’autorizzazione alle emissioni dei fumi della Ferriera. I dati per 
    effettuare questa valutazione vengono ad essa forniti da una società 
    commissionata, e quindi pagata, dalla stessa proprietà della Ferriera. Le 
    rilevazioni che hanno fondato il parere allarmante dell’Azienda sanitaria, 
    invece, sono state effettuate dall’Università su mandato del Tribunale». Il 
    sottile distinguo esce dalla bocca del sindaco Roberto Dipiazza, pronto ad 
    attaccare l’amministrazione di palazzo Galatti dopo le polemiche dei giorni 
    scorsi. Uno scontro sul committente dei rilevamenti, ma anche sugli enti e 
    le ditte private incaricate al monitoraggio delle emissioni. Quelle diffuse 
    nell’intera zona e quelle convogliate, cioè misurate direttamente sui camini 
    dell’impianto di Servola. 
    «Adesso spetto di avere in mano tutti i documenti e poi chiudo la Ferriera», 
    è il conto alla rovescia annunciato Dipiazza. Il primo cittadino, infatti, 
    attende con impazienza il 31 dicembre prima di emettere un’ordinanza di 
    chiusura dello stabilimento. Una data che coincide con la conclusione delle 
    rilevazioni («devono essere annuali», ricorda il sindaco) avviate lo scorso 
    gennaio dalla Procura della Repubblica. Un monitoraggio commissionato al 
    Cigra, a cui il Comune «darà un supporto economico» per dimostrare la 
    volontà di arrivare a una conclusione della vicenda. «Alla scadenza dei 
    dodici mesi, se la media degli sforamenti confermerà la tendenza di questa 
    prima parte dell’anno, l’ordinanza di chiusura - dice Dipiazza - sarà un 
    atto dovuto a tutela della salute pubblica. In piena trasparenza e nel 
    massimo rispetto delle leggi». 
    Una risposta al sottosegretario Ettore Rosato, ma soprattutto all’assessore 
    provinciale all’Ambiente, Ondina Barduzzi, che aveva invitato Dipiazza («se 
    esiste un problema di salute pubblica») a copiare il collega di Piombino e 
    chiudere lo stabilimento di Servola. Parole che evidentemente il primo 
    cittadino ha mal digerito, tanto da passare al contrattacco con quell’accusa 
    sui dati in possesso della Provincia. 
    Una querelle che Dipiazza pensa di chiudere in virtù dei nuovi rilevamenti, 
    che si concluderanno a fine anno e saranno disponibili nel gennaio 2008. 
    «Un’ordinanza di chiusura - sostiene Dipiazza - deve avere dei presupposti 
    giuridici estremamente solidi, viste le conseguenze prodotte da questo tipo 
    di decisione (il timore è un ricorso al Tar per l’immediata riapertura e una 
    contestuale causa milionaria della proprietà)». E aggiunge, ricordando la 
    strategia del Comune: «Sono state emesse già due ordinanze restrittive, 
    attraverso le quali la proprietà dello stabilimento è stata intimata - 
    spiega - a prendere dei provvedimenti urgenti sulle emissioni. Abbiamo 
    avviato, quindi, un percorso serio e legalmente strutturato per 
    salvaguardare la salute dei cittadini». 
    Una posizione che non convince la Provincia. «Sulla Ferriera noi abbiamo i 
    dati sulle emissioni diffuse fatte dall’Arpa oltre a quelli della società - 
    dice Barduzzi - E come dimostra il recente caso dell’inceneritore 
    (l’impianto venne chiuso per emissioni di diossina, ndr), qualsiasi anomalia 
    la segnaliamo prontamente alla Procura». E aggiunge: «Recentemente abbiamo 
    chiesto alla Lucchini-Severstal di mettere un analizzatore sui camini, ma se 
    Dipiazza ritiene che ci sia un problema di salute pubblica - ribadisce - 
    faccia un’ordinanza per chiudere subito la Ferriera». 
    Una posizione condivisa dal consigliere regionale Sergio Lupieri che invita 
    Dipiazza a «non mimetizzarsi» perché le ordinanze del Comune «non hanno 
    risolto la situazione». Secondo l’esponente della Margherita il sindaco 
    «deve esercitare i poteri che gli sono conferiti se si ritiene che la 
    componente delle PM10 attribuibile alla Lucchini - scrive Lupieri - 
    rappresenti la principale fonte di inquinamento nella zona e che possa 
    rappresentare rischi per la salute umana e l’ambiente nel suo complesso». Si 
    schiera con l’assessore provinciale all’Ambiente anche il Codacons: «Ha 
    ragione la Barduzzi, se i dati sono allarmanti il sindaco agisca». 
    Una situazione di profondo disagio, non solo per i cittadini ma anche per 
    gli operai che lavorano nell’impianto, che il sindacato Failms Cisal 
    denuncia parlando di «esposizione dei lavoratori della cokeria a sostanze 
    cancerogene», avanzando all’Azienda sanitaria le problematiche «dopo la 
    sospensione degli esami specifici agli operai e la mancanza di una 
    sorveglianza sanitaria». 
    
    Pietro Comelli  | 
  
 
 
  
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    Raccolta rifiuti a San 
    Dorligo  | 
  
  
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    Caro signor Berger, mio 
    concittadino, devo purtroppo smentirla nelle sue affermazioni per quanto 
    riguarda la contrarietà da parte degli abitanti del Comune che amministro al 
    nuovo sistema di raccolta differenziata «porta a porta», scelto da questa 
    amministrazione, perché quello con il miglior rendimento, sia in qualità sia 
    in quantità e pare anche il più efficace. Dai dati e dalle informazioni in 
    mio possesso risulta che anzi la gente e i dipendenti comunali e lo 
    ribadisco con orgoglio, per centrare gli obiettivi della legge, si stiano 
    adoperando mostrando un impegno non indifferente per svolgere nel migliore 
    dei modi questo nuovo tipo di sistema. Naturalmente ogni novità può 
    disorientare o anche infastidire più di qualcuno, soprattutto le persone 
    abitudinarie ma sono fermamente convinta come l’ho sempre detto che con un 
    po’ di buona volontà ce la faremo, in quanto non solo ce lo impongono le 
    normative europea e italiana e naturalmente il buon senso, ma soprattutto lo 
    pretende l’ecologia. Anche noi nel nostro piccolo dobbiamo fare qualcosa in 
    difesa dell’ambiente e credo che questa sia una «cosa seria», della quale 
    parla nella sua lettera, che vogliamo dare pulito alle generazioni future, 
    ai nostri figli dei quali parla anche lei riguardo ai pannolini sporchi. 
    Purtroppo in casamia non ce ne sono più. Le mie figlie sono già grandicelle, 
    ma sarei proprio contenta ad averli ancora per casa e troverei senz’altro il 
    modo di deporli, una volta usati. 
    Per quanto riguarda i suoi quesiti tecnici, la informo che la distribuzione 
    dei nuovi contenitori procede incessantemente da parte degli operai comunali 
    e l’ufficio è a disposizione della cittadinanza per fornire informazioni, 
    risolvere problemi puntuali e specifici ed effettuare sopralluoghi per 
    trovare d’intesa con gli utenti la soluzione migliore per le situazioni più 
    critiche e difficili. 
    Per quanto riguarda i vecchi cassonetti stradali ahimé non glieli posso 
    restituire: per ora intendiamo portare avanti il nuovo sistema, sperando di 
    raggiungere gli obiettivi prefissati per essere utili al nostro ambiente, 
    alla salute e perché no anche alle nostre tasche. Con ciò la saluto e le 
    auguro buon lavoro. 
    Fulvia Premolin - sindaco di San Dorligo della Valle Dolina  | 
  
 
 
 
IL PICCOLO - MARTEDI',  14 
agosto 2007
 
 
  
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    Barduzzi: se la Ferriera 
    inquina Dipiazza la chiuda  - L’Azienda sanitaria annuncia un’analisi 
    sulle diossine in un primo campione di residenti  | 
  
  
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    Si riaccende 
    la polemica dopo l’intervento in cui il sindaco ha accusato il 
    centrosinistra di avere cambiato opinione sul futuro dello stabilimento
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    Rosato: dal 
    Comune sinora soltanto dichiarazioni ma nessun progetto  | 
  
  
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    «Se non c’è un problema di 
    salute pubblica bisogna stare a quanto imposto dalla legge. Se invece c’è, 
    il sindaco chiuda la Ferriera come fece il primo cittadino di Piombino: 
    giacché è lui il responsabile della salute pubblica ed è l’unico titolato a 
    farlo, assieme alla Procura». L’assessore provinciale Ondina Barduzzi 
    risponde così a Roberto Dipiazza, che ieri ha rivendicato la coerenza del 
    centrodestra nel volere chiusa la Ferriera - il sindaco ha emanato due 
    ordinanze restrittive - e la contestuale posizione contraria del 
    centrosinistra, almeno fino a quando «l’ultima relazione dell’Azienda 
    sanitaria ha dichiarato la presenza nell’atmosfera di sostanze nocive per la 
    salute derivanti dall’inquinamento». Inquinamento che secondo Barduzzi, ha 
    aggiunto Dipiazza senza nominarla, potrebbe dipendere «da qualche altra 
    improbabile fonte di emissione». 
    «Premesso che la salute è il dato prioritario, ho detto - replica Barduzzi - 
    che non ci risultano sforamenti di emissioni dai camini, quelli che la 
    Provincia deve controllare. Il 22 si riunirà il tavolo sulla richiesta di 
    autorizzazione integrata ambientale avanzata dalla proprietà alla Regione: 
    la Provincia porterà le proprie prescrizioni, sono tre pagine. Se lo 
    stabilimento metterà in regola gli impianti, otterrà l’autorizzazione, 
    altrimenti no». 
    C’è poi il nodo dei dipendenti per i quali va trovata un’alternativa, così 
    come ha ribadito giorni fa il sottosegretario Ettore Rosato precisando di 
    ritenere che la Ferriera «non possa rimanere lì in eterno». E ieri Dipiazza 
    ha scritto di qualche «paracarro ulivista» che sul futuro della Ferriera ha 
    mutato idea. «Non mi piace polemizzare con il sindaco - dice ora Rosato - ma 
    ritengo che la sua sia un’autocritica rispetto ai passati anni nei quali il 
    centrodestra ha retto Comune, Governo e a lungo anche la Regione senza 
    produrre sul fronte Ferriera assolutamente nulla. Credo anch’io che non 
    servano diatribe d’agosto: occorre un progetto serio che pensi al futuro di 
    quell’area salvaguardando i residenti. Ma è un progetto che finora la 
    politica non ha prodotto. E poi un progetto di riconvensione dell’area non 
    può che passare per un rapporto costruttivo con le imprese: da parte del 
    Comune nemmeno su questo versante c’è stato alcunché, a parte le 
    dichiarazioni. I poteri del sindaco sono enormi: basta esercitarli. E mi 
    sembra - chiude Rosato - che ci sia spazio per lavorare insieme». 
    Intanto l’Azienda sanitaria si prepara a partire con un’analisi della 
    concentrazione di diossine nell’organismo umano su un primo campione di 
    residenti di Servola: lo annuncia il direttore sanitario Mario Reali. In 
    giugno il direttore dell’Azienda Franco Rotelli, nel valutare i dati 
    dell’Arpa sulla qualità dell’aria, in merito alle pm10 scriveva che la 
    «componente attribuibile alla Lucchini» rappresenta «la principale fonte di 
    inquinamento nella zona limitrofa allo stabilimento», anche se 
    l’inquinamento da benzene - precisava - «può derivare anche da altre fonti 
    quali il traffico veicolare». L’Azienda ora rilancia una proposta già 
    avanzata alla Regione nel 2005. Si tratta di rilevare le diossine nel sangue 
    e nel latte materno. Disponibilità a collaborare è arrivata informalmente 
    dal Burlo e dalle Università di Trieste e di Udine. Le analisi sono costose: 
    1300 euro a persona, precisa Valentino Patussi, responsabile della Struttura 
    di prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro dell’Ass. Ma intanto 
    l’Azienda partirà con un campione. È stato anche attivato un servizio che 
    funziona chiamando il centralino della Ass: un medico è pronto a valutare 
    l’impatto sulla salute in particolari situazioni. 
    p.b.  | 
  
 
 
  
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    Allarme a S. Sabba, chiazza 
    di petrolio nel porticciolo - Interviene la Capitaneria  | 
  
  
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    Allarme inquinamento a San Sabba 
    dove sono finite in mare decine di litri di olio combustibile grezzo. Si 
    sono mobilitati i mezzi della Capitaneria di porto, sono intervenuti i 
    tecnici dell’Arpa e gli addetti della ditta Crismani che hanno provveduto 
    alle operazioni di pulizia dopo che la chiazza, delle dimensioni 
    appossimative di 50 metri per 20, è stata delimitata con panne di 
    confinamento. 
    Sulla superficie del mare si era formata già l’altra sera una patina 
    iridiscente che ieri ha messo in agitazione, per presunti danneggiamenti 
    subiti, soprattutto i proprietari della settantina di piccole imbarcazioni 
    da diporto ormeggiate nel porticciolo che fa riferimento al Gruppo 
    pescasportivo di San Sabba che hanno allertato anche i carabinieri. Avevano 
    messo istintivamente in correlazione la chiazza oleosa, che poi è stato 
    appurato non essere neppure petrolio, con le vicine petroliere attraccate al 
    pontile della Siot. 
    Ma l’ipotesi è stata smentita perché come riferisce il comandante Ugo 
    Foghini della Capitaneria di porto lo sversamento in mare è avvenuto dalla 
    massicciata che delimita la ditta Depositi combustibili Trieste che sorge 
    accanto alla stessa Siot. Gli uomini della Capitaneria e i tecnici hanno 
    lavorato tutto il giorno per risalire alla sorgente specifica 
    dell’inquinamento che potrebbe derivare da una tubatura o da un serbatoio 
    dismesso. 
    s.m.  | 
  
 
 
  
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    DOLINA - «Uniti nelle 
    tradizioni» chiede un referendum sulle isole ecologiche - Polemica con il 
    sindaco Premolin  | 
  
  
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    SAN DORLIGO DELLA VALLE Un 
    referendum per sondare l’opinione degli abitanti di San Dorligo della Valle 
    sulla raccolta differenziata dei rifiuti. È la proposta che viene lanciata 
    dalla lista civica «Uniti nelle tradizioni» tramite il capogruppo Boris 
    Gombac in una nota polemica verso l’amministrazione del sindaco Fulvia 
    Premolin. 
    «Per quanto concerne l’opinione dei concittadini e le loro preferenze per la 
    raccolta differenziata basata sul potenziamento delle isole ecologiche – 
    annuncia Gombac nel suo documento – il nostro gruppo chiederà, in base alla 
    decisione presa dal Consiglio comunale nell’ultima seduta del 10 luglio 
    2007, la convocazione della conferenza dei capigruppo per apportare 
    lenecessarie modifiche all’art.92 dello statuto comunale riguardante il 
    referendum consultivo. Se la signora sindaco è così convinta del consenso 
    dei concittadini per le scelte fatte, non ci sono dubbi che non si opporrà 
    all’effettuazione del referendum». 
    Il capogruppo di «Uniti nelle tradizioni» sostiene ancora nella nota: 
    «Stiamo pagando per lo stesso servizio di asporto dei rifiuti due volte: per 
    la raccolta differenziata svolta dagli operatori ecologici del Comune con la 
    tariffa fissa nonché per la raccolta indifferenziata con la parte variabile 
    della tariffa». 
    La lista civica aggiunge: «I nostri concittadini sanno che nessuna normativa 
    nè europea nè tanto meno nazionale ci impone di tenere in soggiorno o in 
    cucina tre contenitori. Chiedono invece un indirizzo nazionale: la creazione 
    delle isole ecologiche. Questa scelta avrebbe sgravato i contribuenti del 
    nostro comune per un milione e 500mila euro a fronte di un bilancio comunale 
    pari a nove milioni di euro».   | 
  
 
  
  
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    L’importanza della Tav per 
    Trieste - Le inadeguate infrastrutture ferroviarie della nostra regione  | 
  
  
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    lOgni tanto bisogna ricordarsi 
    che esistono delle persone che speculano ai danni del povero cittadino 
    approfittando della sua vista e memoria corta, e della altrettanto scarsa 
    dimestichezza italica coi numeri, proponendo soluzioni localistiche di corto 
    respiro. 
    Un esempio di ciò è la Tav del corridoio V, che sembra costare tanto e 
    inciderà in qualche modo sul paesaggio, ma si tralascia di dire che le merci 
    dall’Est Europa per venire in Padania impiegano tre giorni su gomma e dieci 
    per ferrovia. Ed è per questa ragione che nascono le code interminabili di 
    Tir sulle autostrade del Nord Italia, camion polacchi, ucraini, ungheresi, 
    slovacchi, croati, sloveni. La rete ferroviaria dell’Est è capillare, ma 
    obsoleta con carichi assiali bassi e velocità altrettanto basse, e quindi 
    migliaia di camion invadono inquinando il nostro paese e sono mezzi 
    scarsamente sicuri perché poco controllati dalle loro legislazioni. Ciò 
    provoca inoltre il risentimento dei trasportatori nostrani, e questo stato 
    di cose va avanti da almeno vent’anni, quando cioè facendo un viaggetto in 
    treno si potevano ancora vedere i piazzali delle stazioni ferroviarie 
    italiane piene di carri merci. 
    Oggi basta guardare quanto non solo la nostra stazione di Trieste sia priva 
    di materiale rotabile. Piazzali vuoti sino a Bologna o a Verona, un Nordest 
    sguarnito. E la Trieste portuale è stata costruita per utilizzare la 
    ferrovia quale collegamento col suo retroterra e con una rete alle spalle 
    ferma a cent’anni fa le prospettive di rilancio sono infime. Quindi la Tav è 
    senza alcun dubbio molto importante per Trieste e lo è ancor di più perché 
    l’inquinamento diminuirà, sempreché le ferrovie nostrane la smettano di 
    considerarsi alla stregua di una società immobiliare, e si decidano a 
    praticare le stesse tariffe che adottano le società autostradali per il 
    trasporto su gomma. Solo così lo scalo di Cervignano potrà esplicare tutte 
    le sue potenzialità. 
    Un piccolo suggerimento: perché nel tratto Ronchi-Trieste non si pensa di 
    costruire una galleria artificiale parzialmente incassata e adagiata sul 
    fondale marino pianeggiante per poi una parte salire dal colle di Gretta 
    verso Divaccia e l’altra uscire in superficie nello scalo di Barcola? Sono 
    convinto che è una soluzione meno costosa e invasiva, se non altro perché si 
    ridurrebbero di metà i materiali scavati. 
    Piero Zanon  | 
  
 
 
 
LA REPUBBLICA - LUNEDI',  13 
agosto 2007
 
 
La pila del futuro è di carta - Ultrasottile, 
ricaricabile ed ecologica
 
In cellulosa, si può piegare come un normale foglio ed è 
resistente a temperature estreme
Le applicazioni in campo medico: può essere impiantata sotto pelle e alimentare 
i pacemaker
ROMA - Ultrasottile, 
leggerissima, pieghevole, ricaricabile, in grado di sopportare temperature 
estreme senza perdere in efficacia. Guardandola, sembra solo un innocuo 
foglietto, ma all'interno nasconde una potente batteria. La "pila" del futuro è 
di carta: il piccolo miracolo di nanoingegneria è stato creato da un gruppo di 
scienziati al Rensselaer Polytechnic Institute, negli Stati Uniti, che 
presentano la loro scoperta sull'ultimo numero dei Pnas, la rivista 
dell'accademia nazionale delle scienze americana. 
Per oltre il 90 per cento questa batteria di nuova concezione è formata da 
cellulosa, in cui sono stati integrati nanotubi in carbonio, microstrutture che 
funzionano come elettrodi e permettono alla pila di condurre elettricità. E' 
unica, spiegano i ricercatori, perché funziona sia come una batteria ad alta 
capacità che come supercapacitore - in grado, cioè, di rilasciare elettricità 
velocemente - che, di solito, sono componenti separate nei sistemi elettrici.
La pila del futuro, come la carta, può essere arrotolata, piegata, tagliata in 
una serie quasi infinita di forme e senza che la sua potenza o l'integrità 
meccanica vengano compromesse. Le sue possibili applicazioni, nel panorama 
elettronico sempre alla ricerca del componente più piccolo e potente, vanno dai 
vari gadget alle automobili, dall'industria aeronautica alla medicina più 
avanzata: questa batteria, per funzionare, può utilizzare i liquidi corporei 
come il sangue o il sudore ed essere inserita sotto la cute. 
In questo mini pezzetto di carta intelligente i componenti sono integrati a 
livello molecolare: "In molte delle altre batterie pieghevoli non lo sono - 
spiega Robert Linhardt, co-autore della ricerca e professore al Rensselaer 
Institute. "Quelle sfruttano elementi messi a contatto gli uni con gli altri, ma 
in questo modo, quando vengono flesse, i componenti si staccano e l'apparecchio 
non funziona più". Qui, invece, i nanotubi in carbonio sono inglobati nella 
carta, che è immersa nell'elettrolita. E il risultato finale è in tutto e per 
tutto simile ad un normale foglio di carta, nero per la presenza del carbonio.
La scoperta è frutto di uno sforzo collettivo, che ha coinvolto ricercatori di 
diverse discipline: dai laboratori specializzati in biopolimeri del professor 
Linhardt ad altri, specializzati nella ricerca sui nanotubi e sull'elettronica. 
Ma è proprio l'applicazione in campo medico una delle più promettenti: "I 
liquidi corporei potrebbero funzionare come elettroliti. La batteria potrebbe 
essere inserita sottopelle per alimentare un pacemaker o altre apparecchiature 
per il rilascio di medicinali, come la pompa per insulina", spiega ancora il 
professore, con il vantaggio di evitare di inserire all'interno del corpo 
sostanze chimiche forti come quelle che si trovano nelle comuni batterie. 
Per la loro pila, Linhardt e colleghi hanno usato un liquido ionico - un sale 
liquido, in pratica - che non contiene acqua, quindi non rischia di evaporare o 
di ghiacciare, rendendo così l'apparecchiatura adatta anche a temperature 
estreme. Ed è anche ecologica: "grazie all'alto contenuto di carta e alla 
mancanza di sostanze chimiche tossiche, non rappresenta un rischio per 
l'ambiente" aggiunge il dottor Manikoth Shaijumon, altro co-autore della 
ricerca. 
Può essere prodotta in diverse dimensioni ma quella che i ricercatori hanno 
sperimentato era un quadrato di 2 cm per 2. Quello che rimane da capire sono i 
costi: "Per ora stiamo lavorando su scala sperimentale, in laboratorio. Dobbiamo 
ancora sviluppare metodi per produrle su scala commerciale e per ora non abbiamo 
idea di quanto potrebbero costare" continua Linhardt. I singoli componenti di 
per sé non hanno prezzi elevati e in futuro queste pile potrebbero venire 
stampate in grandi fogli, usando rotative simili a quelle per i giornali. Ma 
quando potremo trovarle nei negozi? "Ci vuole tempo - conclude Linhardt - Almeno 
un paio d'anni per le prime applicazioni, che saranno ancora di tipo speciale".
ALESSIA MANFREDI
 
 
 
IL PICCOLO - DOMENICA,  12 
agosto 2007
 
 
  
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    Tav, si riparte con 13 nuove 
    ipotesi di tracciato  - Tratta Portogruaro-Ronchi, nuovo incontro a 
    settembre. In ballo anche il destino della terza corsia  | 
  
  
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    Dopo aver 
    accantonato lo studio elaborato dalle ferrovie spuntano altre varianti. I 
    sindaci della Bassa friulana: «La Regione sveli gli obiettivi» 
     
    
    TRIESTE Si riparte da zero. Si 
    riparte da 13 ipotesi che propongono tracciati diversi da quello contenuto 
    nella progettazione preliminare di Rete ferroviaria italiana. Il cammino 
    della Tav, per quel che riguarda il tratto che dovrebbe attraversare la 
    bassa friulana, dunque, sembra nuovamente in salita. Nell’ultimo incontro 
    tra comitato tecnico, sindaci e assessore regionale Lodovico Sonego, si è 
    deciso di considerare superata la progettazione preliminare elaborata dalle 
    ferrovie, ma questo per i sindaci non cancella i problemi. Un nuovo incontro 
    è previsto per il 14 settembre. «Sono state presentate 13 ipotesi 
    alternative che vanno approfondite – dice il primo cittadino di Villa 
    Vicentina, Mario Pischedda – una dal professor Santorini, quattro 
    dall’ingegner Honsell, consulente della Provincia, tre dai consulenti dei 
    comuni, e infine una soluzione che si articola in cinque corridoi, 
    illustrata dall’ingener De Bernardi. Da queste ipotesi ripartiamo». 
    Tra i tracciati previsti ci sarebbe anche quello a sud della ferrovia – in 
    continuità con l’ipotesi che il Veneto sposti la linea lungo la costa – e 
    uno che passerebbe a nord dell’attuale autostrada. «Si continua a chiedere a 
    noi cosa vogliamo quando non ci viene illustrata - dice Pischedda - la 
    logica di riorganizzazione del sistema trasportistico. La Regione deve 
    presentarci quali sono gli obiettivi e quali sono i passi che prevede per 
    realizzarli. Allora su quello possiamo ragionare e valutare la convenienza 
    di un tracciato in relazione al suo impatto sul territorio. Diversamente 
    rischiamo di sprecare tempo e buttare via soldi pubblici». I soldi e il 
    tempo impiegati ad esempio da Rfi per redigere una progettazione preliminare 
    che rischia ora di essere accantonata. 
    Ma c’è chi chiede di più, «uno studio preliminare – dice il sindaco di 
    Porpetto, Cecilia Schiff – che ci dica perché l’attuale linea ferroviaria 
    non viene utilizzata e ci aiuti a capire se un’opera come la Tav potrebbe 
    effettivamente avere una sorte diversa. Perché rischiare di creare due linee 
    ferroviarie, di cui una assolutamente impattante, che non vengono 
    utilizzate? Senza questi elementi di valutazione è inutile chiedere a un 
    comune dove vuole che passi il tracciato». 
    E le perplessità di Schiff, non vengono alleviate dai numeri. «Ci è stato 
    detto che il traffico pesante su gomma sarà assorbito per il 13 massimo 15 
    per cento dalla linea ad alta capacità. Numeri esigui se si considera che 
    solo a Porpetto, nelle ore di punta, passano mille camion l’ora». Altro nodo 
    è il coordinamento con gli altri interventi in materia di viabilità e 
    trasporti. «Si sta ipotizzando una viabilità alternativa per alleggerire il 
    traffico della zona Aussa Corno. Come non tenere conto di questo nella 
    progettazione della Tav?». Una progettazione che deve fare i conti anche con 
    il progetto della terza corsia della A 4. In sede ministeriale Autovie, Anas 
    e Infrastrutture, hanno concordato che terza corsia e Tav procederanno 
    affiancate da Portogruaro a Gonars. Ma se il tracciato della linea 
    ferroviaria fosse rimesso completamente in discussione, questo potrebbe 
    incidere sulla progettazione della corsia autostradale. 
    Martina Milia  | 
  
 
 
  
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    TAV - Fiumicello vuole 
    abbattere i ponti sull’Isonzo per farne uno solo  | 
  
  
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    Ridurre l’impatto attraverso la 
    tecnologia. È questa la speranza dei sindaci della bassa, consci 
    dell’impatto che la Tav avrà sul territorio. «Si sta lavorando per cercare 
    di individuare soluzioni che limitino l’impatto ambientale – dice Paolo Dean, 
    sindaco di Fiumicello - Per quel che ci riguarda vediamo con favore 
    l’ipotesi di abbattere i due ponti ferroviari sull’Isonzo e realizzarne uno 
    unico in cui far passare entrambe le direzioni della linea. Le tecnologie 
    moderne renderebbero sicuramente il ponte meno impattante».  
    Non tutti i sindaci, però, hanno ancora incontrato i tecnici per definire le 
    problematiche del proprio territorio. «Non capiamo se interlocutore sia la 
    Regione o Rfi – dice Federico Cressati, sindaco di Palmanova -. Lo dimostra 
    il fatto che le convocazioni delle amministrazioni locali non sono neanche 
    state concordate con i sindaci. A me è arrivata via fax un giorno prima e 
    quindi non mi sono presentato per impegni precedenti. Al sindaco di Bagnaria 
    è giunta quando era già partito per le ferie. Da parte nostra non c’è la 
    volontà di mettere i bastoni fra le ruote, ma non è questo il modo di 
    lavorare». 
    I sindaci che ancora non hanno incontrato i tecnici contano di farlo prima 
    del nuovo incontro di settembre. «Aspettiamo di capire quali possano essere 
    le alternative percorribili, non ultima quella del potenziamento delle rete 
    esistente», dice Anselmo Bertossi, sindaco di Bagnaria Arsa.  | 
  
 
 
 
IL PICCOLO - SABATO,  11 
agosto 2007
 
 
  
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    Compostiere gratis nelle 
    case, no del Comune alla proposta Udc - I contenitori dovevano venir 
    destinati alle abitazioni con giardino  | 
  
  
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    Il Comune risponde no alla 
    proposta di dotare gratuitamente di compostiere tutte le famiglie triestine 
    che vivono in una casa o un condominio con giardino. 
    L’ipotesi di affidare a migliaia di cittadini questi contenitori, nei quali 
    possono essere versati i rifiuti organici come gli scarti di cucina, il 
    fogliame e gli sfalci che, in base a un naturale processo di trasformazione 
    favorito dall’aria, dal calore del sole e dalla pioggia, si tramutano in 
    humus naturale, utilizzabile per arricchire i terreni dei giardini e il 
    terriccio dei vasi, era stata formulata in un primo momento dal gruppo 
    consiliare della Margherita con una mozione del capogruppo nella terza 
    Circoscrizione, Andrea Brandolisio. In una seconda fase, anche il gruppo 
    dell’Udc, perciò uno dei partiti che sostengono l’attuale giunta, aveva 
    caldeggiato questa soluzione: era intervenuto il capogruppo in consiglio 
    comunale, Roberto Sasco. 
    Alla base della proposta anche la considerazione che le compostiere 
    funzionano con la sola azione del sole e della pioggia, non richiedendo 
    consumi di energia. La risposta del Comune, firmata dall’assessore Paolo 
    Rovis, è però esplicita: «La possibilità di smaltire rifiuti organici con le 
    compostiere – scrive – costringerebbe a un servizio di raccolta del compost 
    prodotto dagli utenti che non hanno possibilità di impiegarlo, che sarebbe 
    troppo oneroso rispetto ai risultati. Sarebbe impossibile – prosegue Rovis – 
    controllare il reale utilizzo delle compostiere fornite e verificare le 
    reali quantità di rifiuti sottratti allo smaltimento da ogni utente. 
    Pensiamo piuttosto alla raccolta differenziata della frazione organica da 
    effettuarsi sull’intero territorio. Questa raccolta prevista anche dal 
    ”Piano provinciale rifiuti”, permetterebbe un risparmio più tangibile. È 
    allo studio una prima fase che vedrebbe coinvolte le grandi utenze, come 
    caserme, ospedali, servizi di ristorazione, iper mercati, per arrivare poi 
    alle singole utenze domestiche». 
    u. s.  | 
  
 
 
  
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    Muggia rinnova l’appalto per 
    smaltire i rifiuti e vuole il 70% di raccolta differenziata nel 2011  | 
  
  
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    MUGGIA Il Comune di Muggia 
    rinnova l’appalto per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti, e punta ad 
    ambiziosi obiettivi, come il raggiungimento del 70% nella raccolta 
    differenziata entro il 2011, ipotizzando anche un graduale passaggio dalla 
    tassa alla tariffa.  
    Finora era l’AcegasAps a gestire il servizio, ma il contratto era in 
    scadenza. Il nuovo aggiudicatario sarà reso noto il 20 agosto. L’appalto 
    avrà inizio il primo ottobre, per concludersi il 31 dicembre 2011. La base 
    d’asta era di poco più di 2 milioni e 600 mila euro. 
    Con questo rinnovo, l’amministrazione punta molto sulla raccolta 
    differenziata. Vuole, infatti, un incremento che parte da un 30% nel 2008 a 
    ben il 70% nel 2011. Oggi si attesta solo sul 15%. 
    «È una nostra precisa volontà aumentare tali indici, come avevamo promesso 
    da subito – afferma l’assessore alle Risorse tecniche, Piero Veronese –. Per 
    questo l’abbiamo specificato nel nuovo bando di gara. A parte ciò – aggiunge 
    - pensiamo di far partire a breve una sperimentazione per la raccolta 
    differenziata dell’umido, a iniziare dai ”grandi produttori”, come aziende e 
    ristoratori». 
    Curiosamente, proprio la tematica dei rifiuti di bar e ristoranti, riguardo 
    quantità, luoghi di conferimento e odori, ha tenuto banco in modo polemico 
    nei giorni scorsi. L’aumento previsto della raccolta differenziata sul 
    territorio, come previsto dal capitolato d’appalto, comporterà anche un 
    aumento del numero di cassonetti e campane da posizionare sulle strade, che 
    sarà proprio la ditta appaltatrice a dover fornire e distribuire all’utenza. 
    Attualmente nel comune di Muggia ci sono quasi 200 cassonetti per i rifiuti 
    solidi urbani, 47 per vetro e lattine, 41 per la carta e cartoni, 40 per la 
    plastica e 8 per le pile. Numeri che, appunto, sono destinati a crescere nei 
    prossimi anni. 
    All’aggiudicatario del novo contratto sarà inoltre richiesto di realizzare 
    una campagna di sensibilizzazione ambientale, promuovendo (tramite depliant 
    o altro) la raccolta differenziata e i servizi resi. Ma gli verrà chiesto 
    anche di preparare un progetto per la realizzazione di isole ecologiche di 
    conferimento, con un sistema di pesatura dei rifiuti e relativo 
    riconoscimento degli utenti. Andando così verso un possibile passaggio 
    dall’attuale tassa alla tariffa, come previsto dalla legge. 
    s. re.  | 
  
 
 
 
IL PICCOLO - VENERDI',  10 
agosto 2007
 
 
  
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    Sindaco di S. Dorligo: 
    funziona la raccolta differenziata dei rifiuti - Premolin conferma la scelta
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    SAN DORLIGO Sembra ancora mal 
    digerita, da alcuni residenti, la raccolta differenziata porta a porta, 
    avviata dal Comune di San Dorligo. L’amministrazione comunale invece è 
    convinta della validità del sistema, e oggi torna a parlarne il sindaco 
    Premolin, sollecitata da un’ennesima lamentela. «Il nuovo sistema è stato 
    scelto da questa amministrazione, perché è quello con il miglior rendimento, 
    sia in qualità che in quantità, e pare anche il più efficace», dice Premolin. 
    Il sindaco sottolinea l’impegno profuso dalla gente e dai dipendenti 
    comunali per svolgere nel migliore dei modi questo nuovo tipo di sistema. 
    «Naturalmente – continua Premolin - ogni novità può disorientare o anche 
    infastidire, soprattutto le persone abitudinarie.Ma con un po’ di buona 
    volontà ce la faremo, in quanto non solo ce lo impongono la normativa 
    europea e italiana e naturalmente il buon senso, ma soprattutto lo pretende 
    l’ecologia». 
    Premolin torna anche sulla questione dei contenitori ancora non consegnati 
    ad alcuni condomini. «La distribuzione procede incessantemente da parte 
    degli operai comunali e l’ufficio è a disposizione della cittadinanza per 
    fornire informazioni, risolvere problemi puntuali e specifici ed effettuare 
    sopralluoghi per trovare la soluzione migliore per tutti», dice il sindaco. 
    Alle richieste di un ripristino dei vecchi cassonetti stradali, Premolin 
    spiega: «Non è più possibile. Il nuovo sistema va avanti, sperando di 
    raggiungere gli obiettivi prefissati per essere utili, perché no, anche alle 
    nostre tasche». Sul tema interviene, ancora una volta, il consigliere di 
    opposizione Boris Gombac (Uniti nelle tradizioni), che in una interpellanza 
    chiede lumi in particolare sulla mancata distribuzione dei contenitori 
    all’abitato Val Rosandra. Il sindaco risponde: «Quel problema è in via di 
    soluzione. I contenitori saranno consegnati tutti a breve». 
    s.re.  | 
  
 
 
 
IL PICCOLO - GIOVEDI',  9 
agosto 2007
 
 
  
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    Slitta il parere ambientale 
    sulla vetreria  - Chiesti nuovi dati alla Sangalli. Metz: «Un errore. 
    Il no è scontato»  | 
  
  
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    La 
    commissione di Via si è aggiornata a settembre. Scettici anche i comitati: 
    «Rinvio senza precedenti»  
    
    TRIESTE Resta ancora irrisolto 
    il nodo della vetreria Sangalli che dovrebbe sorgere nell’area dell’Aussa 
    Corno. Dopo il rinvio della seduta della scorsa settimana, la commissione 
    regionale di valutazione d’impatto ambientale presieduta da Gianfranco 
    Moretton ha deciso di rimandare la decisione a settembre.  
    L’insediamento della Sangalli rischia di scatenare la protesta dei comitati 
    dei cittadini della Bassa, quelli che hanno di fatto bloccato la costruzione 
    del cementificio Grigolin di Torviscosa, che lamentano il forte impatto 
    sull’atmosfera e sul territorio delle emissioni della vetreria. E anche per 
    evitare pericolose frizioni la commissione Via, questa volta, si muove con 
    grande prudenza, nonostante siano già arrivati i pareri positivi 
    dell’Azienda sanitaria e dell’Arpa. Il rinvio è stato deciso in quanto sono 
    state chieste alla Sangalli integrazioni al progetto in ordine ad alcune 
    questioni che riguardano il traffico di automezzi, l’estrazione di acqua 
    dalla falda sottostante e le migliori tecniche che l’impresa proponente 
    intende introdurre per le emissioni. 
    Una decisione, quella assunta ieri, che comunque non soddisfa i Verdi e 
    suscita perplessità e sospetti nei comitati dei cittadini. «La commissione 
    ha esaminato in modo approfondito le relazioni - spiega Moretton - e ha 
    riscontrato la mancanza di alcuni elementi sugli effetti del traffico 
    veicolare, sull’emungimento della falda acquifera sottostante e sulle 
    tecnologie adottate per risurre al minimo le emissioni. La commissione ha 
    dunque chiesto delucidazioni alla Sangalli su questi aspetti». 
    Ma per il consigliere dei verdi Sandro Metz il rinvio al 4 settembre del 
    parere è «particolarmente favorevole per il proponente». «Mi sembra evidente 
    - sottolinea Metz - che non ci siano i presupposti per un parere positivo. 
    Il Servizio regionale Via aveva già chiesto alcune modifiche, alcune sono 
    state ottemperate altre no. Le due istruttorie del Servizio Via si sono 
    concluse l’una una con parere non compatibile e l’altra con 57 prescrizioni. 
    Questo significa riscrivere un progetto. A questo punto si dica no e si 
    chieda di ripresentare il progetto». «Siccome il ruolo di coordinare i 
    diversi aspetti progettuali dovrebbe averli il direttore generale della 
    Regione, Andrea Viero - conclude Metz - mi chiedo se riesce a tenere assieme 
    aspetti ambientali, turistici e industriali». Ma la decisione suscita dubbi 
    anche nei comitati dei cittadini. «Credo sia la prima volta che la Via 
    chiede un supplemento di documentazione che è una prerogativa del servizio 
    di Via - commenta Mareno Settimo -. Ritengo comunque che la posizione di 
    Moretton sia debole. Aspettiamo con curiosità il verbale e se ci saranno gli 
    estremi valuteremo l’eventualità di un ricorso». 
    ci. es.  | 
  
 
 
  
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    L’Austria boccia i due 
    elettrodotti transfrontalieri - No a Burgo e Alpe Adria energy 
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    TRIESTE L’Austria dice «no» alla 
    costruzione di elettrodotti interrati e quindi boccia i progetti di «merchant 
    line» tra Wurmlach e Somplago presentati da Burgo Group e Alpe Adria energy. 
    Lo rende noto l'assessore regionale all'Energia Lodovico Sonego, precisando 
    che la giunta ha preso atto della decisione adottata dal gestore della rete 
    austriaca di non accogliere i due progetti transfrontalieri. «La situazione 
    - spiega Sonego - è di una semplicità disarmante, perchè le autorità 
    elettriche austriache dicono di ”no” a impianti che siano del tutto o 
    parzialmente interrati. Rimane quindi in campo solo un elettrodotto aereo. 
    Se ci sono dei dubbi, i proponenti ne discuteranno con la popolazione 
    locale. Noi come Regione siamo favorevoli alla costruzione di un 
    elettrodotto».   | 
  
 
 
  
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    Gli ambientalisti al governo: 
    «Via quel piazzale a Capodistria creato per movimentare auto» - Continua il 
    braccio di ferro con Luka Koper   | 
  
  
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    CAPODISTRIA «Il piazzale 
    costruito con materiale da riporto dalla Luka Koper per il parcheggio delle 
    automobili nuove in transito nel porto di Capodistria è abusivo e andrebbe 
    smantellato quanto prima». Così i Verdi di Capodistria, che hanno lanciato 
    un appello pubblico al premier sloveno Janez Jansa invitandolo a intervenire 
    affinchè il porto di Capodistria rispetti la delibera dell'Ispettorato edile 
    e si ritiri dagli spazi abusivamente occupati sulla costa in direzione di 
    Ancarano. 
    Se le cose non si sbloccheranno entro il 15 agosto, i Verdi- ha annunciato 
    il loro rappresentante David Stepan - denunceranno il premier Jansa alla 
    Commissione anticorruzione. 
    Lo spiazzo in questione ha una superficie di diverse migliaia di metri 
    quadri e attualmente vi sono sistemate alcune centinaia di automobili, anche 
    se può ospitarne complessivamente 4000. 
    In seguito a una recente delibera dell'Ispettorato edile l’area interessata 
    sarebbe stata ufficialmente posta sotto sequestro, ma, secondo i Verdi di 
    Capodistria, il Porto continua a sfruttarlo. 
    Secondo la direzione della Luka Koper, la società di gestione delle attività 
    marittime nel porto ha presentato ricorso e in tempi brevi dovrebbero essere 
    concessi i permessi necessari per la legalizzazione della struttura. 
    «È comunque una soluzione temporanea – ha spiegato ai giornalisti il 
    vicepresidente del cda della Luka Koper, Aldo Babic – in quanto non potevamo 
    permetterci di rifiutare alcuni carichi, che in quel caso sarebbero stati 
    dirottati verso i porti italiani e croati. Sarebbe stato un danno non 
    soltanto per il lo scalo capodistriano ma per l'intero settore dei 
    trasporti». 
    Le automobili rappresentano una fetta importante del giro d'affari 
    dell'unico scalo marittimo sloveno. Nel 2006 ne sono state manipolate 
    400.000, quest'anno si prevede invece un movimento di 470.000 vetture.  
    Secondo le previsioni strategiche dei vertici della Luka Koper, entro il 
    2015 dovrebbe essere raggiunto il traguardo di un milione di automobili, tra 
    arrivi e partenze. Per realizzare questi progetti alquanto ambiziosi, lo 
    spazio attuale non è sufficiente, e non basta nemmeno lo spiazzo contestato, 
    costruito tra l'altro in un'area proclamata «zona d'interesse naturale» 
    dall'Istituto per la tutela dei beni naturali di Pirano. 
    Prossimamente è prevista la costruzione di tre grossi garage all'interno 
    dell'area portuale. La costruzione del primo, con 12.000 posti macchina, 
    inizierà già il mese prossimo. 
    Per richiamare l'attenzione su quella che secondo i Verdi «è devastazione 
    del demanio marittimo», gli ambientalisti hanno chiesto anche un incontro 
    diretto con il premier.  | 
  
 
 
  
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    Italiano salva sull’isola di 
    Cherso un grifone in difficoltà sul mare sotto osservazione degli ornitologi 
    - La colonia dei volatili ha raggiunto i 43 esemplari 
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    L’animale 
    recuperato con un remo e messo dentro una barca: è il simbolo della zona 
    
    CHERSO Era una tranquilla 
    mattinata d’agosto a Cherso, turisti e abitanti del posto a godersi il sole, 
    la temperatura mite e gli odori acuti ed inebrianti emanati dall’isola 
    quarnerina e dal suo mare. 
    Non sono stati in pochi ad accorgersi che nelle acque del porto c’era un 
    movimento inconsueto, qualcosa che si dibatteva nell’acqua, attirando 
    l’attenzione dei presenti. 
    La reazione è stata immediata e tre barche si sono dirette verso il volatile 
    che rischiava di affogare. Si trattava di un grifone, ossia di un avvoltoio 
    dalla testa bianca, il simbolo di Cherso in quanto impersonifica alla 
    perfezione il tratto selvaggio, magico e indomito dell’isola nordadriatica. 
    Tra i soccorritori c’è anche un turista italiano, Franco Palmieri, che 
    assieme ad altri quattro chersini riesce a trarre in salvo il volatile, con 
    un’operazione che si rivela più facile del previsto: da uno dei natanti si 
    sporge un remo in direzione del grifone, che vi sale sopra e si adagia nel 
    fondo della barca. 
    A riva sono state decine i curiosi che hanno assistito alla scena, 
    applaudendo ai soccorritori per aver salvato quell’uccello, maestoso ma 
    peraltro esausto, che sicuramente sarebbe morto senza l’intervento degli 
    uomini. 
    L’opera di salvataggio è durata alcune ore e l’avvoltoio è stato subito 
    trasportato al Centro ecologico Caput Insulae di Caisole (Beli), guidato dal 
    professor Goran Susic e che si occupa dei grifoni quarnerini. 
    Quello salvato a Cherso è un esemplare giovane, nato sei mesi fa e del peso 
    di sei chilogrammi e mezzo. Secondo gli esperti, è sottopeso in quanto 
    dovrebbe già avere dai sette agli otto chilogrammi.  
    Nelle settimane scorse, il grifone LE (tutti i volatili vengono 
    accuratamente marchiati) aveva evidenziato dei problemi durante il volo, 
    percorrendo la Riserva ornitologica chersina a quote troppo basse. 
    Secondo Susic, la povera bestiola deve aver mangiato delle esche avvelenate 
    oppure delle carcasse morte per avvelenamento. Infatti nell’isola vengono 
    disseminate delle esche per combattere animali che i chersini ritengono 
    dannosi per le loro colture. 
    Gli avvoltoi, ultimo anello della catena alimentare, si cibano di carogne e 
    finiscono a loro volta avvelenati. 
    Quest’anno l’opera di marchiatura della colonia chersina ha riguardato 43 
    esemplari, di cui 5 sono purtroppo deceduti per cause di vario genere. 
    Anche nel 2007 è stata purtroppo confermato l’alto tasso di mortalità 
    esistente fra i grifoni di Cherso. A badare ad essi, come già detto, il 
    Caput Insulae (10 mila i visitatori annui), dove decine di volontari 
    prestano la propria opera, nutrendo i volatili, pulendo le pozze d’acqua, 
    mettendo a posto i muretti a secco e illustrando ai turisti l’utilità del 
    grifone per l’ambiente chersino. Tra i volontari stranieri, i più numerosi 
    sono gli proprio italiani e gli inglesi.  
    Andrea Marsanich  | 
  
 
 
  
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    l’Udc propone di riciclare i 
    rifiuti domestici dando a ogni famiglia recipienti per il compostaggio - 
    Sasco: «Si crea terriccio risparmiando energia»  | 
  
  
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    Dotare gratuitamente tutte le 
    famiglie triestine, che vivono in una casa o un condominio con giardino, di 
    apposite compostiere. Si tratta di recipienti nei quali possono essere 
    versati i rifiuti organici come gli scarti di cucina, il fogliame e gli 
    sfalci che, in base a un naturale processo di trasformazione favorito 
    dall’aria, dal calore del sole e dalla pioggia, si tramutano in humus 
    naturale, utilizzabile per arricchire i terreni dei giardini e il terriccio 
    dei vasi. E’ questo il contenuto della proposta che l’Udc di Trieste 
    presenterà nei prossimi giorni al Comune, sotto forma di mozione in 
    consiglio.  
    «Quasi un terzo dei rifiuti domestici è composto da residui di questo tipo – 
    ha spiegato ieri il capogruppo dell’Udc in consiglio comunale, Roberto Sasco, 
    accompagnato dai colleghi di partito Piero Ambroset, capogruppo nella terza 
    circoscrizione, da Rendi Miccoli, capogruppo nella settima, e dall’esperto 
    Paolo Varani – e negli ultimi 20 anni in Italia l’aumento della produzione 
    dei rifiuti solidi urbani è cresciuto di circa il 20 per cento (e la tassa è 
    piuttosto salata). Chi ha un giardino non sarebbe obbligato a faticosi 
    trasporti dell’erba e dei rifiuti da cucina nei bottini». Tutto questo si 
    rifletterebbe in un risparmio di consumi per l’inceneritore: «Ciò 
    garantirebbe – ha concluso Sasco – un ridotto consumo di energia per la 
    combustione. E chi si dovesse dotare delle compostiere potrebbe ottenere una 
    riduzione della Tarsu o delle future tariffe sui rifiuti”.  
    u. sa.  | 
  
 
 
 
IL PICCOLO - MERCOLEDI',  8 
agosto 2007
 
 
  
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    Vetreria, oggi il parere 
    ambientale - Commissione di Via  | 
  
  
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    TRIESTE Arriva oggi sul tavolo 
    della commissione regionale di valutazione d’impatto ambientale il «dossier 
    vetreria». Lo conferma Gianfranco Moretton, vicepresidente della Regione con 
    delega all’Ambiente, alla vigilia dell’appuntamento: la commissione, dopo il 
    rinvio di sette giorni fa, deve appunto esaminare il dossier che vale 
    l’insediamento o meno a San Giorgio di Nogaro di un mega-impianto della 
    veneta Sangalli. E, successivamente, deve esprimere il suo parere. I Verdi e 
    i comitati di cittadini della Bassa friulana, contrari alla vetreria come 
    già al cementificio di Torviscosa, sono da tempo sul piede di guerra: Paolo 
    De Toni, uno dei «leader» dei comitati, ha già preannunciato ricorsi nel 
    caso di un via libera all’impianto. Ma, come ripete da tempo lo stesso 
    Moretton, il parere della commissione di Via (e quello successivo e decisivo 
    della giunta) non può che essere «tecnico», «nel rispetto della legge». Ad 
    accompagnare il progetto della Sangalli, in commissione, i due pareri già 
    rilasciati dall’Azienda sanitaria e dall’Agenzia per l’Ambiente: quello 
    dell’Ass, in particolare, è un «sì» condizionato al rispetto di due 
    prescrizioni forti, e cioé il trasporto via mare e un sistema più efficace e 
    continuo di monitoraggio.   | 
  
 
 
 
IL PICCOLO - MARTEDI',  7 
agosto 2007
 
 
  
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    Riserva marina, in 20 anni 
    soccorsi centinaia di animali  | 
  
  
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    Le 
    celebrazioni dell’area protetta di Miramare, la prima del genere nata in 
    Italia e che conta 20mila visitatori all’anno  
    
    Mille specie marine censite, tra 
    mammiferi, uccelli, pesci, invertebrati, alghe e fanerogame, centinaia di 
    animali soccorsi, decine di manuali e pubblicazioni realizzate per la 
    conoscenza ecologica del mare, oltre 20 mila visitatori l’anno, tra i quali 
    8 mila studenti e ancora 1500 tra subacquei e apneisti. 
    Sono solo alcuni numeri della Riserva Marina di Miramare, che festeggia in 
    questi giorni i 20 anni. Parte del sistema delle aree marine protette 
    italiane, la Riserva è stata istituita dal Ministero dell’Ambiente nel 1986 
    e, con i suoi 30 ettari di ampiezza, è la più piccola e nel contempo anche 
    la più anziana delle riserve marine italiane, oltre ad essere una delle 
    prime in Mediterraneo. 
    «Miramare è forse anche la più speciale delle riserve italiane: per la sua 
    storia, per le modalità di gestione affidate ad un soggetto privato, 
    l’Associazione Italiana per il Wwf for Nature Onlus, e per il contesto 
    territoriale del Golfo di Trieste in cui essa si inserisce – raccontano 
    Maurizio Spoto, direttore della Riserva, e Milena Tempesta, del settore 
    didattico - si può definire un’area marina protetta “urbana”, stretta tra 
    gli stabilimenti balneari della costiera triestina, a pochi chilometri dal 
    centro della città di Trieste e dalla zona industriale della baia di Muggia, 
    e a diretto contatto con una zona costiera fortemente utilizzata per la 
    pesca e specialmente per l’allevamento dei mitili. Con tali considerazioni 
    potrebbe sembrare quasi la “Cenerentola” delle zone tutelate in Italia, 
    invece - sottolineano - Miramare rappresenta uno degli esempi più concreti 
    di gestione eco-sostenibile del Golfo di Trieste, in cui si possono 
    ritrovare una biodiversità animale e vegetale notevoli, con valori di 
    presenza di specie molto elevati, che recenti censimenti subacquei, fatti 
    anche in altre aree marine protette, hanno dimostrato essere tra i più alti 
    in Italia». 
    Vent’anni di vita, dunque, vemt’anni di lavoro e di pasisone nel nome della 
    natura e del mare. Particolarmente amato dai visitatori, poi, è l’edificio 
    che ospita la sede della Riserva, al Castelletto di Miramare, dato in 
    concessione dal Ministero dei Beni ed Attività Culturali, che ospita uffici, 
    laboratori didattici e il grande centro visite, progettato con un percorso 
    multisensoriale, dove tatto, udito, vista e olfatto sono stimolati per 
    coinvolgere il visitatore e farlo sentire realmente immerso in uno spazio di 
    mare protetto. 
    Tra le tante iniziative organizzate per festeggiare il traguardo raggiunto 
    figura la mostra, realizzata in collaborazione con il Comune di Trieste, che 
    si terrà alla Sala del Giubileo dal 10 al 28 agosto, dalle 17 alle 21, 
    dedicata al mondo della Riserva Marina di Miramare: dalla natura della zona 
    alle attività di tutela del mare, dall’impegno educativo e divulgativo ai 
    progetti per il futuro. Per informazioni www.riservamarinadimiramare.it. 
    Micol Brusaferro   | 
  
 
 
  
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    Rifiuti a San Dorligo, tutti 
    contrari - La raccolta differenziata sta creando disagi e proteste fra i 
    residenti   | 
  
  
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    Vorrei esprimere un mio pensiero 
    riguardo la raccolta differenziata nel comune di San Dorligo della Valle. 
    Sono là residente e penso di poter parlare con cognizione di causa. Mi ha 
    fatto sorridere il comunicato gonfio di orgoglio del sindaco dottoressa 
    Premolin pubblicato qualche giorno fa dove sembrava che tutti fossero 
    entusiasti del nuovo sistema di raccolta. Il fatto che nessuno abbia 
    protestato presso i suoi uffici signor sindaco, ammesso che sia vero, non 
    significa niente. 
    Ho parlato di questa situazione con molta gente, compaesani, vicini di casa 
    e mi creda, non c’è stata una persona che abbia espresso un giudizio 
    positivo al riguardo. Ciò principalmente per due motivi: il primo è che noi 
    sudditi abbiamo cose più serie cui pensare che tenere a mente i vari 
    «appuntamenti col scovazin». Ad esempio come arrivare con i soldi a fine 
    mese. Succederà con il passare del tempo, e succederà di sicuro, che le 
    persone si dimenticheranno di chi verrà a prelevare cosa e quando e la 
    conseguenza sarà di ritrovarsi in casa i rifiuti accumulati. 
    Il secondo motivo, è bene ricordarlo, è che non tutti possiedono la villa 
    con giardino e quindi un posto dove poter posizionare i «bidoni» senza che 
    questi intralcino la vita. Anzi, ci sono molte famiglie che non hanno 
    nemmeno un poggiolo e che per forza di cose devono tenerseli in soggiorno 
    con tutto quello che ne consegue. Personalmente ho un problema di non poco 
    conto e di sicuro non sono l’unico. Ho due figli piccoli che per loro natura 
    riempiono circa tre pannolini al giorno a testa. Che moltiplicato per tre 
    giorni, intervallo di tempo tra una raccolta e l’altra, fanno 18 pannolini 
    circa. 18 pannolini pieni di cacca da conservare in casa. Le assicuro che 
    puzzano molto e, a meno che non voglia custodirli lei fino all’arrivo 
    dell’addetto, deve darmi la possibilità di buttarli via in qualsiasi 
    momento. Cosa ora non più possibile, visto che i cassonetti pubblici sulle 
    strade non ci sono più. 
    Questo è solo un esempio ma i problemi sono molti. Personalmente credo che 
    questo sistema non funzionerà mai. Con congruo aumento delle campane per la 
    raccolta differenziata sul territorio in modo da agevolare e quindi 
    invogliare la gente a questo tipo di smaltimento, sicuramente giusto e 
    doveroso, avrebbe avuto più successo e con costi irrisori. Tra l’altro a più 
    di un mese dall’inizio di questa procedura io non ho ancora ricevuto i 
    contenitori e a tutt’oggi sono costretto a portarmi a spasso nel bagagliaio 
    dell’auto i sacchi di immondizia in cerca di qualche cassonetto nei comuni 
    vicini. La cosa fastidiosa è che qualche volta mi dimentico di gettarla e me 
    la riporto a casa. 
    Sindaco Premolin, ci ridia i cassonetti! 
    Fulvio Berger  | 
  
 
 
  
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    Parcheggi a 
    Muggia, va tutelato l’ambiente   | 
  
  
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    Scrivo il presente intervento 
    visto quello pubblicato sulla pagina delle Segnalazioni in data 29 luglio a 
    firma della signora Eta Hrvatin. Ho constatato la confusione riguardo 
    all’associazione Legambiente, alla signora June Nicolini, a Nerio Nesladek, 
    all’associazione Ambiente e/è Vita, al senatore di Alleanza Nazionale 
    Matteoli e a un «fantomatico individuo». Voglio precisare che non è stato il 
    rappresentante dell’associazione Ambiente e/è Vita a sostituire quello di 
    Legambiente nella commissione per le antenne di telefonia mobile ma 
    viceversa; mentre nella Commissione edilizia integrata ambiente ormai da 
    circa un anno trova posto il responsabile del Wwf e non un rappresentante 
    delle associazioni di cui sopra. Comunque nulla di preoccupante; si consoli 
    pensando che a Muggia pare ci sia stato qualcuno, mi consenta il termine, 
    più sbadato di lei. Veda chi aveva autorizzato il versamento di 4 miliardi 
    di vecchie lire alla ditta costruttrice di un parcheggio senza avere in mano 
    la polizza fideiussoria, a garanzia dell’anticipo, giunta 
    all’amministrazione comunale più di un anno dopo. 
    Tornando però all’intervento della signora Hrvatin ho letto che, oltre a 
    quanto scrive circa il precitato rappresentante degli ambientalisti nella 
    commissione comunale per le antenne (con l’occasione preciso che da tempo 
    sono impegnato per risolvere il problema delle antenne di Chiampore con il 
    loro trasferimento in altro sito), interviene anche riguardo agli edifici 
    residenziali della società «Sea Muggia Srl» da lei denominati «costa alta e 
    costa bassa» (non è mai esistito un intervento denominato anche solo in 
    parte «costa bassa»). Senza entrare nel merito di comportamenti di terze 
    persone preciso che riguardo all’intervento residenziale nei pressi di Borgo 
    San Cristoforo ho fornito il mio impegno nel tentativo di impedire, nei modi 
    consentiti dalla legge, la realizzazione degli edifici progettati su aree 
    indicate come inedificabili nello studio idrogeologico facente parte 
    integrante del Piano regolatore comunale vigente, nonché per garantire la 
    realizzazione di opere di contenimento vista la recente frana verificatasi 
    in tale borgo per la quale è intervenuta anche la Protezione civile. 
    Riguardo a parte delle aree interessate dall’intervento residenziale, negli 
    scorsi giorni sono venuto in possesso di una relazione della Direzione 
    centrale Ambiente e Lavori pubblici della Regione che ricorda che il 
    Servizio geologico aveva fornito parere favorevole al Piano regolatore 
    comunale con alcune limitazioni tra cui la conferma del divieto di edificare 
    in varie zone «(ivi compresa dunque la zona del Piano di lottizzazione Costa 
    Alta)». Ritengo pertanto che delle due l’una: o il Comune non ha recepito le 
    limitazioni della Regione al momento di approvare il proprio Piano 
    regolatore, oppure parte dell’intervento ha ottenuto la concessione edilizia 
    dal Comune nonostante la sua eventuale inedificabilità per quanto prescritto 
    nel Piano regolatore generale. Seguiranno pertanto i necessari interventi. 
    Per i problemi di parcheggio a Borgo San Pietro e a Borgo San Cristoforo 
    ricordo il mio intervento che come risultato ha visto la modifica del 
    progetto preliminare, redatto per conto del Comune di Muggia, che prevedeva 
    l’eliminazione di un notevole numero di posti auto. Capisco pertanto l’astio 
    nei miei riguardi da parte di alcuni politici ai quali va tutta la mia 
    compassione. 
    Fabio Longo - Presidente Comitato Sos Muggia  | 
  
 
 
IL PICCOLO - LUNEDI',  6 
agosto 2007
 
 
  
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    Rifiuti: differenziata in 
    tutti gli istituti - La Provincia si prepara a varare l’iniziativa per 
    educare i bambini alla raccolta   | 
  
  
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    Sollecitare e favorire 
    all’interno di tutte le scuole di Trieste la raccolta differenziata, in 
    particolare della carta e delle lattine. 
    È questa l’iniziativa che la Provincia intende intraprendere con l’avvio, 
    oramai prossimo, dell’anno scolastico 2007-2008. È stata la stessa 
    presidente del consiglio di palazzo Galatti, Maria Teresa Bassa Poropat, a 
    fare propria la mozione presentata da Maria Monteleone, capogruppo della 
    Margherita in consiglio provinciale. Nelle scuole della Provincia le lattine 
    sono molto diffuse, perché gli studenti utilizzano i numerosi distributori 
    automatici di bibite. Non sempre però, una volta consumate le bevande, i 
    giovani prestano la sufficiente attenzione ai rifiuti, gettandoli nei 
    diversi raccoglitori; in questo modo carta e lattine finiscono nello stesso 
    contenitore. «Ho presentato la mozione – spiega la Monteleone - perché credo 
    chi i proclami, la propaganda, i concorsi scolastici per sensibilizzare e 
    invitare i cittadini alla raccolta differenziata non bastino più. Sono un’ 
    insegnante – aggiunge - e verifico di persona che i cestini dei rifiuti si 
    riempiono indistintamente di lattine e di bottigliette di plastica. Ho visto 
    invece che in alcune scuole slovene si raccolgono le lattine a parte. A 
    partire dalla scuola, luogo dell’educazione e della formazione del 
    cittadino, ma allargando il discorso agli enti pubblici come Regione, 
    Provincia e Comuni, credo tutti dovrebbero raccogliere in modo differenziato 
    i rifiuti». 
    Il testo della mozione fatta propria dalla Bassa Poropat, intervento che ha 
    così fatto superare la fase di voto, rendendo subito esecutivo il 
    provvedimento, si legge che «la Provincia e provvederà, in base alle proprie 
    attribuzioni e competenze, a sollecitare, sensibilizzare, favorire e 
    promuovere anche per tramite dei Comuni della Provincia, nelle scuole di 
    ogni ordine e grado, la raccolta differenziata, in primis della carta, ma 
    anche dei vuoti a perdere di lattine, bottiglie di plastica e di vetro, là 
    dove funzionano distributori automatici e bar all’interno delle scuole». 
    u. s.  | 
  
 
 
IL PICCOLO - DOMENICA,  5 
agosto 2007
 
 
  
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    Legambiente: Tav, la giunta 
    si fermi  - Ronchi-Trieste, basta una sola galleria da 1 km. Sonego: 
    dialoghiamo con i comuni  | 
  
  
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    Già 
    depositata un’interrogazione al Senato che richiede lo stralcio della tratta 
    giuliana dalla legge obiettivo  
    
    TRIESTE Ridisegnare la 
    tratta regionale del Corridoio 5 senza infierire sull’ambiente e i centri 
    abitati di Bassa friulana, Carso e territorio triestino. Anzi: potenziare il 
    tracciato ferroviario esistente, velocizzando l’attuale Portogruaro-Ronchi, 
    raddoppiando i binari fra il bivio monfalconese di San Polo e quello di 
    Duino Aurisina, realizzando un tunnel di un solo chilometro sul confine 
    italo-sloveno, che collegherebbe le rotaie dell’Ezit alle Noghere di Muggia 
    al porto di Ancarano. Con queste controproposte - che prevedono anche 
    l’aumento della tassazione del trasporto su gomma per non condannare 
    l’intermodalità al sottoutilizzo - Legambiente invita la Regione a frenare 
    l’iter «caldo» della Tav. E invoca persino uno scatto d’orgoglio di 
    ambientalisti e comuni interessati per chiedere lo stralcio del percorso 
    dalla legge Obiettivo, sulla scia dell’iniziativa avanzata di recente 
    all’amministrazione Illy da nove sindaci della Bassa e dalla Provincia di 
    Udine.  
    Legambiente invita la Regione a fare un passo indietro anche per coinvolgere 
    di più le comunità, come previsto dalla Convenzione di Aarhus recepita 
    dall’Italia nel 2001. La possibile applicazione della legge Obiettivo - 
    sostengono i vertici regionali dell’associazione ambientalista - «finirebbe 
    con esautorare i cittadini e i comuni dalla partecipazione e dalla modifica 
    dei progetti». 
    LA REGIONE Secca la replica dell’assessore ai Trasporti Lodovico Sonego: «La 
    politica del dialogo con le comunità locali è stata da noi già autonomamente 
    decisa senza che Legambiente si svegli a quattro anni di distanza. Se in 
    Friuli Venezia Giulia non c’è nessuna Val di Susa ciò è dovuto al fatto che 
    c’è un governo regionale intelligente che fa del dialogo e delle intese con 
    il territorio la sua bandiera. È la strada che abbiamo scelto per concordare 
    modifiche strutturali al progetto di Rfi per l’area del Monfalconese ed è la 
    strategia che stiamo usando anche nella Bassa». 
    IL CASO AL SENATO A rafforzare tuttavia il fronte a favore dello stralcio 
    della tratta regionale dall’intesa Stato-Regione del settembre 2002, spunta 
    un’interrogazione parlamentare, fortemente critica, rivolta al ministro 
    delle Infrastrutture Antonio Di Pietro. L’ha depositata due giorni fa il 
    senatore dell’Ulivo Francesco Ferrante, membro della commissione Ambiente di 
    Palazzo Madama ed esponente nazionale di Legambiente, che chiede sulla base 
    di quali elementi progettuali sia stata presentata la fresca richiesta di 
    finanziamento europeo da 53 milioni di euro per il progetto preliminare 
    della Trieste-Divaccia. 
    I SINDACI I sindaci della Bassa friulana, intanto, fanno sapere che 
    nell’ultimo tavolo tecnico per l’Alta Velocità, del 30 luglio, è stato 
    deciso di far slittare a metà settembre il giudizio sulla proposta di 
    tracciato di Rfi per la Portogruaro-Ronchi. Tale proposta prevede una scelta 
    fra il percorso originale, in corrispondenza dell’autostrada, e alcune 
    alternative più «basse» in prossimità della linea ferroviaria esistente, fra 
    Muzzana, San Giorgio, Torviscosa, Cervignano e il ricongiungimento con la 
    direttrice della A4 attorno a Villa Vicentina. 
    LE CRITICHE La notizia dell’esistenza di un’interrogazione parlamentare 
    sulla tratta locale del Corridoio 5 è stata data ieri mattina dai 
    rappresentanti regionali di Legambiente, che in una conferenza stampa hanno 
    reso nota la loro posizione in merito agli attuali orientamenti della 
    Regione sulla Tav. «Nel marzo 2005 - ha ricordato Michele Tonzar del 
    coordinamento Legambiente Fvg - il progetto Ronchi-Trieste è stato bocciato 
    dalla commissione ministeriale per la Valutazione d’impatto ambientale. 
    Regione e Rfi ripropongono un documento praticamente identico, con una 
    conseguente richiesta governativa di finanziamento europeo da 53 milioni per 
    la progettazione di un’opera che, per essere realizzata, necessita di due 
    miliardi di euro, come si evince dall’allegato infrastrutture del Dpef 
    inserito da Di Pietro. Cade poi il dogma della velocità massima a 300 
    chilometri all’ora, dato che il progetto della Capodistria-Divaca, già 
    approvato dalla Slovenia ma non realizzato per mancanza di fondi, prevede i 
    160 orari, gli stessi che dovrebbero essere tenuti nel collegamento 
    sotterraneo fra Trieste e Divaca. Legambiente non è contraria alle opere, ma 
    le vuole utili, senza sperperi di denaro e confusione. E che non vadano a 
    impattare sui territori urbani e naturali». 
    «Chiediamo lo stralcio dalla legge Obiettivo e l’istituzione di un tavolo 
    comune con le tratte di competenza della Regione Veneto», ha agggiunto Rudy 
    Fumolo del gruppo Trasporti di Legambiente, estendendo la questione alla 
    Portogruaro-Ronchi. «Il Veneto - ha precisato - è riuscito a imporre un 
    tracciato lontano dall’autostrada. Il punto di raccordo sarebbe 
    difficoltoso, non è possibile procedere per microtappe su un progetto così 
    vasto. Sappiamo che l’assessore Sonego ha lanciato una sorta di ultimatum ai 
    sindaci della Bassa affinché si esprimano al più presto sulle alternative di 
    percorso. La fretta diventa un palese controsenso normativo rispetto alla 
    Convenzione di Aarhus. Gli enti dovrebbero fare un controultimatum: nessuna 
    risposta finché il progetto non esce dalla legge Obiettivo». 
    «Il tratto triestino verso la Slovenia - ha concluso l’altro coordinatore 
    Trasporti di Legambiente Andrea Wehrenfennig - buca il Carso a ridosso della 
    città per almeno 5/6 chilometri. Si potrebbe invece sfruttare la linea che 
    arriva alle Noghere attraverso Opicina e fare un tunnel di appena un 
    chilometro per collegarsi ad Ancarano e alla Capodistria-Divaca». 
    LA REPLICA «Quanto alle modifiche che Legambiente propone per la tratta da 
    Aurisina al confine di Stato - risponde Sonego - si tratta di ipotesi 
    ambientalmente dannose. Se l’associazione avesse fatto un serio esame 
    tecnico del problema si renderebbe conto che le più recenti soluzioni 
    ipotizzate da Rfi sono quelle meno impattanti. Non ha poi senso aumentare i 
    costi del trasporto su gomma senza che ci siano credibili alternative 
    ferroviarie. E quelle che propone Legambiente non sono per nulla credibili». 
    
    Piero 
    Rauber  | 
  
 
  
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    Bassa friulana: slitta il 
    giudizio dei sindaci  | 
  
  
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    Pischedda 
    (Villa Vicentina): poca chiarezza. Cressati (Palmanova): «Manca uno studio 
    costi-benefici»  
    
    TRIESTE «Sulla nostra richiesta 
    di stralcio dopo la visita del ministro Pecoraro Scanio avevamo registrato 
    delle aperture da parte del presidente Illy, poi non ne abbiamo saputo 
    nulla». Così il primo cittadino di Villa Vicentina, Mario Pischedda, dal 
    fronte dei sindaci della Bassa che non hanno firmato il protocollo d’intesa 
    con la Regione per il tavolo tecnico sulla Tav. «A noi preme ancora capire - 
    aggiunge Pischedda, lamentando assenza di chiarezza - se è indispensabile 
    un’opera nuova o se è sufficiente la riqualificazione delle infrastrutture 
    esistenti». «Manca uno studio costi-benefici», gli fa eco il collega di 
    Palmanova Federico Cressati. Il quale, sul pressing di Sonego di cui ha 
    parlato Legambiente, fa notare che «la scadenza ipotetica del 30 luglio è 
    slittata a metà settembre. Impossibile dare un parere se molti sindaci 
    devono discuterne nei consigli comunali o con la gente». «Stiamo portando 
    avanti incontri tecnici per trovare la soluzione meno impattante», dice il 
    primo cittadino di Fiumicello Paolo Dean. «Non c’è una soluzione prefissata 
    - conclude il sindaco di Torviscosa Roberto Duz - così la decisione è stata 
    spostata a metà settembre».  | 
  
 
 
  
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    Rigassificatori, il Comitato 
    non crede all’indagine di Legambiente  | 
  
  
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    Secondo il 
    gruppo di difesa del golfo il sondaggio è stato realizzato prima del «no» 
    della Regione e su un campione troppo limitato  
    
    Il Comitato per la salvaguardia 
    del golfo di Trieste, fieramente contrario all’installazione di impianti di 
    rigassificazione, contesta con estrema forza sia i risultati scaturiti dal 
    sondaggio Swg commissionato da Legambiente secondo cui circa la metà dei 
    triestini non sarebbe sfavorevole a un rigassificatore nell’area ex Esso di 
    Zaule, sia la serietà e veridicità dell’indagine stessa, che pur essendo 
    firmata, si afferma in una nota, da una società di sondaggi famosa e 
    accreditata, risulterebbe «viziata»: realizzata a giugno, prima che i 
    tecnici della Regione dessero un parere negativo, su un campione di 600 
    persone troppo piccolo, e con domande che secondo il Comitato conterrebbero 
    alcune malizie, da cui l’inatteso risultato. 
    In più il Comitato - che agisce su Trieste ma soprattutto su Muggia e 
    raccoglie gli eredi del «no al Gpl» - afferma di non condividere l’idea 
    stessa di Legambiente di far realizzare alla Swg «questa inutile indagine», 
    si dice, «una buffonata alla quale si voleva trascinare anche il nostro 
    Comitato, che logicamente non si è prestato». Polemicamente la nota chiede 
    perché sia stata scelta proprio la Swg per interpellare i cittadini, e si dà 
    retoricamente la ovvia risposta che si tratta di una nota società triestina, 
    e quindi ribatte : «E’ di Trieste, ma il titolare è un ’’appassionato’’ 
    sostenitore di Illy e tanto bastava per far cadere la scelta altrove». 
    Al posto del sondaggio, dove comunque anche il Comitato nota che il 48 per 
    cento degli intervistati considera pericolosi i rigassificatori nel golfo, 
    tuttavia accettandoli in parte, si mettono in prima linea «i verbali delle 
    circoscrizioni cittadine che all’80 per cento hanno detto un secco no a 
    entrambi i rigassificatori». E le circoscrizioni, si sottolinea, «formate da 
    un presidente e da vari consiglieri, rappresentano decine di migliaia di 
    cittadini, non seicento, e prima di votare hanno voluto ascoltare comitati, 
    ambientalisti, tecnici e alcuni scienziati». 
    Comunque alla base della contestazione c’è soprattutto una sorta di sfiducia 
    nelle tecniche d’interrogazione dei cittadini, «avessimo posto noi le 
    domande - afferma ancora il Comitato - i risultati sarebbero stati diversi, 
    e dire questo non è offensivo, perché è arcinoto che sulla forma 
    dell’assunto gioca l’astuzia, il suggerimento subliminale». 
    Infine si ricorda che dal sondaggio è emerso che sarebbe proprio il 
    rigassificatore di Zaule quello meno contestato dai cittadini, e il Comitato 
    sottolinea: «Stranamente è questo il desiderio di Dipiazza». Resta da notare 
    che in sede d’illustrazione dei dati lo stesso Roberto Weber della Swg ha 
    avvertito: «Un sondaggio non fotografa esattamente la realtà, ma appunto si 
    limita a sondarla in un certo momento». E Legambiente stessa non si 
    attendeva né augurava questo esito. 
    g. z.  | 
  
 
 
  
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    Istria, un mare cristallino - 
    Inquinate solo tre spiagge  | 
  
  
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    POLA Il mare istriano è pulito e 
    cristallino. Questo il risultato dell’ultimo monitoraggio compiuto 
    dall’Istituto regionale per la salute pubblica tra il 23 e il 29 luglio.Tra 
    Salvore e Rabac sono stati prelevati 202 campioni d’acqua e 173 presentavano 
    un elevato livello sanitario. In 23 spiagge il livello era inferiore di un 
    solo gradino e il mare risultava adatto alla balneazione. È emerso un 
    parziale inquinamento solo a Medolino, Rabac e Umago.  | 
  
 
 
  
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    Abbazia, firme anti-centrale 
    - Un’idea dei giovani della Dieta   | 
  
  
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    ABBAZIA Il Club dei giovani 
    della Dieta Democratica Istriana è fortemente contrario alla centrale 
    termoelettrica Fianona 3 a carbone e ha deciso di promuovere un’azione di 
    vasta portata che prevede, tra l’altro, una petizione. Lo ha annunciato, ad 
    Abbazia, il presidente Darko Starcic. Scopo della petizione è quello di 
    raccogliere un numero significativo di firme per dimostrare l’opinione degli 
    abitanti dell’Istria e della regione liburnica.  | 
  
 
 
  
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    Delfini in adozione a 
    Lussingrande - Una somma annua di 27 euro per proteggere ed educare gli 
    amici del mare  | 
  
  
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    LUSSINGRANDE Il primo sabato di 
    agosto è trascorso a Lussingrande all’insegna dei delfini. Si è ripetuta, 
    infatti, la tradizionale giornata dedicata ai simpatici e socievoli 
    mammiferi acquatici. Articolato il programma che ha coinvolto non solo la 
    popolazione locale ma anche numerosi villeggianti. 
    Il delfino è infatti diventato il simbolo dei lussiniani nelle acque dei 
    quali vive un grande gruppo di cetacei, uno dei più studiati del 
    Mediterraneo. Si tratta di circa 120 individui, oggetto di studio dal 1987 
    da parte dell'équipe dell’Istituto di ricerche Tethys di Milano che ha 
    fondato lo studio sui delfini più «longevi» del Mediterraneo. Il progetto è 
    stato dapprima incluso nel Piano gestionale dell'arcipelago di Cherso e 
    Lussino e, nel 1996, il governo croato ha approvato i piani per la creazione 
    di una riserva naturale dedicata ai delfini. 
    La giornata dedicata ai simpatici cetacei è iniziata nel corso della 
    mattinata di ieri con l’allestimento di una mostra di disegni realizzati dai 
    bambini. Organizzati, inoltre, vari intrattenimenti sempre dedicati ai più 
    giovani (anche una caccia al tesoro) oltre a una mostra di fotografie e 
    proiezioni di diapositive: il tutto dedicato, ovviamente, ai delfini.  
    La particolarità della manifestazione è costituita dalla possibilità di 
    adottare un delfino. Infatti, tutti gli interessati lo potranno fare 
    versando la somma annua di 200 kune (circa 27 euro) contribuendo così alle 
    attività di ricerca ed educazione, aiutando nel contempo a proteggere i 
    delfini e il loro habitat. Chi fosse interessato all’adozione di un delfino 
    si può rivolgere all’Istituto per le ricerche e la tutela del mare «Plavi 
    svijet» («Mondo azzurro») con sede a Lussingrande chiamando il numero 
    0038551236256 oppure visitare il sito internet www.plavi-svijet.org.  
    v.b.  | 
  
 
 
IL PICCOLO - SABATO,  4 
agosto 2007
 
 
  
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    Rigassificatore di Zaule, il 
    52% è favorevole  - Lo dice a sorpresa un 
    
    sondaggio Swg commissionato 
    da Legambiente: «Ma si teme per il paesaggio»  | 
  
  
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    Triestini e 
    muggesani si ritengono poco informati e vorrebbero un referendum, i più 
    anziani sperano di ottenere il metano a buon prezzo  
    
    Rigassificatori nel golfo di 
    Trieste o a Zaule: i cittadini si dichiarano poco informati e tendono a 
    vagare d’opinione anche a seconda delle simpatie politiche, per quanto il 64 
    per cento degli elettori di centrosinistra non condivida le scelte della 
    Regione che ha dato un assenso di massima a entrambi gli impianti 
    dichiarandosi disponibile ad accoglierne però uno solo, e parteggi piuttosto 
    per le posizioni dei Comuni di Trieste e Muggia, che li hanno respinti 
    entrambi. Ma solo il 28 per cento della popolazione sarebbe davvero 
    contrario a entrambi gli impianti, mentre nei cittadini di età più elevata, 
    e di centrodestra, prevale la speranza di ottenere occupazione ma 
    soprattutto prezzi agevolati per il metano. 
    «Illusioni» ha commentato ieri Lino Santoro, presidente di Legambiente, 
    presentando questi dati, frutto di una indagine svolta dalla Swg per conto 
    dell’associazione ambientalista. «Un’informazione non opaca quella di 
    Legambiente - ha commentato Roberto Weber illustrando il sondaggio che ha 
    interessato uno spicchio di 600 triestini e muggesani - perché i risultati 
    vanno addirittura contro le opinioni del committente, mentre opaca sembra 
    l’azione degli enti pubblici dato che il 55 per cento degli intervistati 
    ritiene che la costruzione di siffatti impianti andrebbe deliberata 
    attraverso un referendum, e in genere metà del campione si è detto poco o 
    per niente informato, percentuale che nelle fasce d’età più elevate sale al 
    66». Fatto curioso: più bassa è la scolarità e più le persone si proclamano 
    «informate». Età alta, bassa scolarità e appartenenza al centrodestra sono 
    l’identikit della persona più incline ad avere un rigassificatore nel golfo. 
    In totale comunque la sorpresa è questa: il 52 per cento fra triestini e 
    muggesani sarebbe d’accordo per il rigassificatore a Zaule (percentuale 
    tecnica di errore statistico: 5 per cento). 
    Interessate sociologicamente l’esito del sondaggio nei punti in cui si 
    ricava che il maggior problema percepito in relazione ai rigassificatori nel 
    golfo è che «hanno un impatto negativo sul paesaggio» nel 60 per cento di 
    risposte, che poi fa pari con la speranza però di «avere energia a prezzo 
    più favorevole» (69).  
    «La stasi che Trieste ha subìto dal ’45 a oggi - ha aggiunto Weber - ha 
    conservato la città intatta e oggi i cittadini lo sentono come un patrimonio 
    inalienabile». Santoro, accompagnato dal segretario di Legambiente, Ettore 
    Calandra, ha sottolineato che «la metà dei cittadini teme che i 
    rigassificatori rappresentino un rischio» e soprattutto ha segnalato che «è 
    quasi un plebiscito la richiesta di essere coinvolti nelle decisioni, non 
    basta appellarsi a loro sotto elezioni». In coda una curiosità: 4 triestini 
    su 10 affermano di non conoscere la posizione del Comune sul problema. 
    
    Gabriella 
    Ziani 
    
      
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        RIGASSIFICATORI: tra i 
        «sì» prevalgono le donne  | 
       
      
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        Chi lo direbbe? Tra i 
        favorevoli al rigassificatore a Zaule le donne sono in maggioranza (59 
        per cento, 45 per cento i maschi). Eppure più «rischioso» viene 
        percepito proprio questo impianto fuori Muggia. Nella cittadina, in 
        particolare, un residente su due - dice la Swg che ha realizzato il 
        sondaggio - «osteggia il progetto che investe l’area del litorale nel 
        tentativo di preservare il patrimonio paesaggistico». Ma solo il 15 per 
        cento afferma di aver avuto informazioni da ecologisti o comitati 
        locali.  | 
       
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IL PICCOLO - VENERDI',  3 
agosto 2007
 
 
  
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    Appello a Rutelli: stop al 
    progetto della Baia  - «Duino Aurisina rischia la cementificazione, va 
    difeso il no della Soprintendenza»   | 
  
  
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    Intellettuali e politici del «Comitato per la Bellezza» hanno inviato una 
    lettera al ministro per bloccare le costruzioni  
    
    DUINO AURISINA Il mondo della 
    cultura e della politica nazionale scende in campo a difesa della Baia di 
    Sistiana. Intellettuali del calibro di Vittorio Emiliani, urbanisti di fama 
    come Bernardo Rossi Doria e Vezio De Lucia, esponenti politici come il 
    sottosegretario alla Giustizia Luigi Manconi, hanno firmato un appello per 
    tentare di bloccare il progetto di valorizzazione turistica del lungomare 
    Sistiana che, a loro dire, equivarrebbe ad un disastroso intervento di 
    cementificazione. 
    Da sempre sensibile alle tematiche ambientali e paesaggistiche e già 
    protagonista di accese battaglie in difesa di altre «perle» italiane, il 
    gruppo di intellettuali - che fanno tutti parte del Comitato per la Bellezza 
    Onlus - ha deciso di far sentire la sua voce. L’ha fatto con una lettera 
    inviata al Ministero dei Beni culturali, retto da Francesco Rutelli, e 
    all’amministrazione comunale di Duino Aurisina, nella quale si accusa di 
    miopia la politica locale, tanto di centrodestra, quanto di centrosinistra.
     
    «Ai primi di luglio di quest’ anno - scrive il Comitato - il soprintendente 
    del Friuli Venezia Giulia, Stefano Rezzi, ha coraggiosamente annullato per 
    la seconda volta la nuova autorizzazione paesaggistica rilasciata dal Comune 
    di Duino. Un’autorizzazione che avrebbe consentito l’inizio della 
    cementificazione nella splendida Baia di Sistiana, finora miracolosamente 
    preservata dalla speculazione edilizia. Un precente via libera 
    all’intervento - continua il gruppo di intellettuali - era già stato 
    annullato dalla Soprintendenza alla fine di febbraio. Il giudizio del 
    secondo annullamento, evidenziando che non è stata presentata nel frattempo 
    nessuna modifica progettuale, conferma e rafforza nella sostanza i contenuti 
    del primo».  
    «Errare humanum, perseverare diabolicum, verrebbe da dire - osservano 
    polemicamente gli avversari del progetto di valorizzazione turistica -. E 
    invece no. Non solo è stato fatto ricorso al Tar contro il primo 
    provvedimento della Soprintendenza, ma stando alle cronache locali sembra 
    che il sindaco di Duino Aurisina, Giorgio Ret, e il governatore del Friuli 
    Venezia Giulia, Riccardo Illy, abbiano difeso «politicamente» il progetto - 
    indifendibile per altra via -, davanti al ministro Rutelli in occasione di 
    una sua recente visita a Trieste».  
    «Non basta - continua il manipolo di intellettuali di cui fanno parte anche 
    l’ex direttore della Bnl Arturo Osio e il magistrato ed europarlamentare 
    Gianfranco Amendola -. Pochi giorni fa anche il sottosegretario agli 
    Interni, Ettore Rosato, si è affiancato a Illy e Ret per convincere Rutelli 
    della bontà della causa del progetto di «valorizzazione turistica» - leggi 
    cementificazione - della Baia di Sistiana. No comment. Noi chiediamo con 
    forza che non sia consentito a nessuno di delegittimare l’operato di 
    funzionari competenti e coraggiosi con il peso di pressioni 
    politico-affaristiche. Di simili tentativi - conclude il Comitato per la 
    Bellezza - la tormentata storia della Baia rappresenta un caso clamoroso, 
    purtroppo non unico in Italia. Ecco perchè sollecitiamo il Ministero a 
    mantenere ben ferma la propria posizione a sostegno dei provvedimenti della 
    Soprintendenza».  
    m.r.   | 
  
 
 
  
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    I problemi delle riserve 
    naturali  - San Dorligo, fissate con le Comunelle le date del piano 
    «Varco»  | 
  
  
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    Tra i 
    firmatari anche Vittorio Emiliani e Luigi Manconi 
    
    SAN DORLIGO Prima riunione, nei 
    giorni scorsi, in municipio a San Dorligo con le locali Comunelle, 
    nell’ambito del percorso di Agenda 21 attivato per la gestione della Val 
    Rosandra. Il progetto denominato Varco, acronimo che sta per «Verso 
    un‘Agenda 21 locale tra Riserva e Comune», prevede una serie di incontri di 
    confronto e partecipazione con i portatori di interesse dell’area, tra cui 
    quelle Comunelle il cui territorio rientra in quello della Riserva della Val 
    Rosandra, i cui rappresentanti sono stati incontrati nei giorni scorsi. 
    L’incontro ha avuto come principale obiettivo la presentazione del progetto 
    e la descrizione dei passi successivi che verranno intrapresi, ovvero il 
    percorso di Agenda 21. Il coordinatore del gruppo di facilitatori (figura 
    prevista proprio da Agenda 21, che coordina le attività e mette in contatto 
    i vari soggetti coinvolti) Marco Francese, presente con alcuni componenti 
    del suo staff, ha esposto le modalità con cui si intendono gestire queste 
    riunioni. Nel corso dell’incontro, le Comunelle hanno evidenziato una serie 
    di problemi legati al territorio, in particolare ai vincoli comunitari posti 
    per le zone Sic e Zps che combaciano in gran parte con l’area della Riserva. 
    «Il Piano di Conservazione e Sviluppo, in via di elaborazione – ha rilevato 
    l’assessore Laura Stravisi - rappresenta il documento fondamentale per la 
    Riserva, poiché dovrà contenere tutte le regole per la sua gestione ed è per 
    questo motivo che si cercherà di impostarlo in maniera condivisa e 
    partecipata, avvalendosi dei suggerimenti delle Comunelle e della loro 
    profonda conoscenza del territorio in questione». Il prossimo passo è, 
    quindi, quello di organizzare le future riunioni con le Comunelle (forse già 
    a fine agosto o inizi settembre) per le quali sia il Comune che i 
    rappresentanti delle Comunelle si prepareranno raccogliendo documentazione e 
    idee per cercare di sfruttare al meglio questa occasione di confronto. 
    A questi, seguiranno gli incontri con la cittadinanza. «Il buon esito della 
    riunione con le Comunelle fa ben sperare che gli incontri con la 
    cittadinanza avvengano con lo stesso successo - ha commentato Stravisi. Alla 
    conclusione degli incontri verrà istituito un forum, che sarà aperto a tutti 
    coloro che vorranno parteciparvi e portare il loro contributo sia sulla 
    gestione della Riserva che sulle tematiche legate allo sviluppo del 
    territorio dell’intero comune di San Dorligo della Valle. 
    Sergio Rebelli   | 
  
 
 
  
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    Mare inquinato, bagni vietati 
    a Marina Julia Presenza di batteri fecali oltre i limiti di legge  | 
  
  
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    Mare inquinato e bagni vietati 
    da ieri a Marina Julia. La tegola si abbatte, come mai era accaduto prima, 
    in piena stagione balneare, e segna davvero il punto più nero nella storia 
    della spiaggia monfalconese. I cartelli sono apparsi sulla spiaggia, tra lo 
    stupore dei bagnanti e lo sconforto dei gestori dei chioschi, dopo che 
    l’Arpa ha rintracciato, nelle ultime analisi, livelli di elementi inquinanti 
    ben superiori a quelli previsti per legge. Il 24 luglio le analisi 
    effettuate su due punti hanno rivelato una concentrazione di 140 e 340 unità 
    di coliformi fecali su 100 unità consentite in 100 millilitri d’acqua, e il 
    30 luglio i valori delle analisi su tre punti sono stati di 220, 380 e 273 
    unità. Dati di fronte ai quali il Comune non ha potuto far altro che 
    dichiarare l’immediata divieto di blaneazione. Ma certo non se ne starà con 
    le mani in mano: il sindaco infatti promette già indagini e controlli a 
    tappeto per scoprire la causa dell’inquinamento. Una tegola improvvisa? 
    Certo nessuno poteva pensare ad una tale gravità. Ma non doveva giungere 
    così inaspettata dal momento che le analisi Arpa dello scorso giugno avevano 
    già dato esiti negativi, anche se non a Marina Julia, bensì a Marina Nova, 
    trovata fuori limite anche se di poco. E prima c’era stata la Goletta Verde, 
    che in tempi non sospetti, a metà luglio, aveva dato alle acque di Marina 
    Julia il titolo di ”peggiori del golfo monfalconese”, in particolare per 
    quelle del tratto di mare antistante la Playa, dove era stata rilevata una 
    presenza di 700 coliformi fecali su 100 millilitri e valori di escherichia 
    coli (batteri che vivono nell’intestino umano) notevolmente maggiori 
    rispetto al limite di 500 unità formanti colonia su 100 millilitri. Il 
    Comune spiega che verranno adesso, come logico, effettuate altre rilevazioni 
    (la prossima il 7 agosto), nella speranza di fare rientrare il divieto il 
    prima possibile. «Il Dpr 470 del 1992 ci impone vincoli che dobbiamo seguire 
    – spiega l’assessore all’Ambiente, Paolo Frittitta -. Si sta discutendo 
    sulle possibili cause, che potrebbero anche essere meteorologiche, ma noi 
    abbiamo promesso attenzione e tutela ai nostri cittadini». E anche il 
    sindaco, Gianfranco Pizzolitto, si esprime sgomento per un colpo duro che 
    certo non ci si attendeva. «Un colpo che arriva in pieno agosto e mentre la 
    stagione andava per il meglio, e quando sembravano assopite le polemiche, 
    molte delle quali strumentali, che avevano colpito Marina Julia gli scorsi 
    anni».  | 
  
 
 
  
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    Polemica a Duino sul 
    Corridoio 5  - La Lista Insieme critica la scarsa informazione ai 
    cittadini  | 
  
  
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    Mentre 
    l’insediamento turistico di Sistiana continua a dividere maggioranza e 
    opposizione  
    
    DUINO AURISINA Si infiamma la 
    polemica, a Duino Aurisina: convocazione del consiglio straordinario sulla 
    Baia e Corridoio 5 sono i due temi sui quali il centrodestra ha pesantemente 
    attaccato ieri l'altro l'opposizione, che ieri non ha tardato con la 
    risposta. Ed è in particolare sulla questione del consiglio straordinario 
    sulla Baia che volano parole grosse da parte di Massimo Veronese, capogruppo 
    della Lista Insieme. «Da mesi, se non anni, il consiglio comunale - si legge 
    nella nota di Veronese - non si occupa della Baia mentre volano 
    autorizzazioni urbanistiche cervellotiche, bocciature della soprintendenza, 
    concessioni edilizie frettolose e incassi (non utilizzabili) di oneri di 
    urbanizzazione, ricorsi al Tar. Il sindaco, appiattito sulle posizioni della 
    proprietà, ha ingaggiato una specie di guerra privata con il Soprintendente, 
    guerra che recentemente si è arricchita di un capitolo intollerabile: le 
    pressioni politiche e le minacce verso l'autorità tutoria. Il consigliere 
    Fabio Eramo ha chiesto se ci fidiamo del sindaco: la risposta è negativa - 
    ha dichiarato Veronese - In questa vicenda il sindaco ha mancato alle 
    promesse, ha trasformato il Comune in un organismo di passacarte, innescando 
    un processo maldestro che porterà ulteriori ritardi nella realizzazione dei 
    progetti. Noi non siamo contro la valorizzazione turistica della baia, come 
    sostiene Eramo; ci opponiamo a una violenta speculazione edilizia che 
    priverebbe la popolazione del comune dei benefici derivanti da un corretto 
    investimento turistico, rispettoso dell'ambiente, capace di valorizzare 
    (anche economicamente) e non distruggere un patrimonio paesaggistico e 
    naturale prezioso e unico. La maggioranza ci ha accusato di far sprecare al 
    comune 3.600 euro in costi: si associno a noi a rinunciare all'indennità dei 
    consiglieri.  
    Per noi è irresponsabile tenere all'oscuro i cittadini delle manovre attorno 
    alla baia, non informarli su un tema che non è un balletto tra la proprietà 
    e il Sindaco Ret ma una grande opportunità di sviluppo economico e sociale, 
    la cui soluzione è minacciata proprio dalle manovre maldestre della 
    maggioranza di centro destra». 
    Fin qui la questione Baia, ma l'esternazione estiva del capogruppo della 
    Lista insieme in consiglio comunale non risparmia la questione Corridoio 5, 
    e le prese di posizione del vicesindaco Massimo Romita sull'inutilità - non 
    essendoci ancora progetti definitivi - dell'incontro pubblico convocato 
    lunedì scorso: «Ricordo a Romita - conclude Veronese - che l'impegno assunto 
    nell'ultimo consiglio comunale di informare la popolazione è scaturito da 
    un'iniziativa del centro sinistra. Nel corso dell'incontro al circolo Gruden 
    decine di cittadini hanno potuto chiedere informazioni su tutti i problemi, 
    compresa la tutela degli interessi dei privati. E hanno avuto risposte 
    esaurienti da tecnici documentati e molto disponibili. Romita, invece di 
    indignarsi, dovrebbe rispondere a una sola domanda: perché non è stata 
    l'amministrazione Ret a organizzare l'incontro, rompendo un silenzio di anni 
    su questa delicata materia che tocca da vicino tutti i cittadini? Comunque 
    non si preoccupi il vice sindaco: continueremmo a farlo noi, perché questo è 
    l'interesse della popolazione».   | 
  
 
 
  
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    Metano in tre anni anche a 
    Spalato  - Il gasdotto partirà dall’asse Pola-Fiume-Zagabria mentre la 
    tratta dalmata inizierà a Bosiljevo. Lavori al via in autunno  | 
  
  
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    Il premier 
    Sanader ha firmato un accordo da 190 milioni di euro con la Bei 
    
    Saranno 
    installate tubature e stazioni di pompaggio lungo 290 chilometri 
    
    FIUME Poco più di tre anni e il 
    metano arriverà anche a Spalato. Lo ha dichiarato il premier Sanader in 
    occasione della firma di un accordo di credito con la Bei (Banca europea per 
    gli investimenti) grazie al quale sarà finanziata una parte del gasdotto che 
    prenderà la strada della Dalmazia partendo dall’asse Pola-Fiume-Zagabria. La 
    diramazione che porterà il gas naturale nei centri della Dalmazia partirà da 
    Bosiljevo, poco a sud di Karlovac.  
    I lavori per la posa del «gasdotto dalmata», secondo Sanader, inizieranno in 
    autunno e c’è da scommettere che la data sarà fissata in prossimità delle 
    elezioni di novembre.  
    L’accordo sottoscritto con la Bei prevede un finanziamento di 190 milioni di 
    euro, a condizioni uguali a quelle abituali per i paesi dell’Unione Europea. 
    Per le rate di rimborso è stata concessa una moratoria di 5 anni. Il 
    prestito, infine, sarà restituito in un arco ventennale.  
    A sottoscrivere il documento – la firma è avvenuta martedì a Spalato – sono 
    stati il ministro delle Finanze, Suker, uno dei vicepresidenti della Banca 
    europea, Kollatz-Ahnen, e il presidente del cda della «Plinacro», Radosevic. 
    La ditta in questione ha stretti rapporti anche con l’italiana Eni e 
    gestisce la grande distribuzione del gas naturale su tutto il territorio 
    nazionale. A livello locale, invece, le forniture spettano a concessionari 
    scelti dalle amministrazioni cittadine o regionali. La Plinacro gestisce 
    anche il metanodotto che trasporta il gas naturale estratto dai giacimenti 
    al largo della costa istriana fino alle utenze dell’interno, transitando per 
    Fiume e Karlovac.  
    Per quanto concerne il «gasdotto dalmata», l’obiettivo indicato dal premier 
    Sanader è quello di portare il metano alle utenze dei principali centri 
    costieri, Spalato in testa, entro la fine del 2010. Inizialmente la data 
    indicata era stata il 2012, ma è stato lo stesso Sanader a fare pressioni 
    sulla Plinacro affinché l’arco di tempo venisse abbreviato il più possibile.
     
    Si tratta di installare tubazioni e stazioni di pompaggio su una tratta di 
    290 km, quella tra Bosiljevo e Spalato, ma anche di realizzare tutta la rete 
    distributiva a livello locale.  
    In occasione della firma dell’accordo di finanziamento con la Bei, il 
    premier ha rivolto un appello agli amministratori locali affinché non ci 
    siano intoppi o lungaggini e si possa procedere al più presto all’indizione 
    delle gare d’appalto e stabilire l’assegnazione delle concessioni. L’accordo 
    sottoscritto con la Bei è tuttavia solo una tessera del mosaico progettato 
    per consentire l’impiego del gas naturale come fonte energetica sull’intero 
    territorio nazionale. Non si tratta, ovviamente, solo di «diffondere» l’uso 
    di quello estratto dai giacimenti istriani, ma anche di quello dovuto alle 
    forniture russe. Il metano fornito dai giacimenti sottomarini al largo di 
    Pola consentirà tuttavia una minore dipendenza dalle importazioni. Ed è 
    anche per questo che la Plinacro ha ultimato in tempi tanto rapidi 
    l’apprestamento dell’asse Pola-Fiume-Zagabria. 
    La metanizzazione della Dalmazia (a Fiume il gas naturale dovrebbe 
    sostituirsi a quello attuale già a fine settembre) non sarà comunque che un 
    tassello del predetto mosaico distributivo. Un mosaico che prevede 
    stanziamenti per un totale di circa 443 milioni di euro.  
    f.r.  | 
  
 
 
  
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    «Ferriera, è necessario fare 
    una scelta»  | 
  
  
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    I dati diffusi da Verdi e 
    dall’Arpa sull’inquinamento a Trieste sono molto allarmanti: sapevamo che la 
    nostra zona industriale è inquinata, ora sappiamo quanto. Sapevamo anche che 
    questa situazione affonda le radici in più di un secolo di attività 
    industriali e che l’inquinamento tuttora continua, ad opera soprattutto 
    della Ferriera e della Siot. Nessuno si sogna di chiedere la chiusura della 
    Siot, l’approvvigionamento di petrolio è un interesse nazionale e i traffici 
    complessivi del nostro porto ne verrebbero più che dimezzati. E dunque si 
    dovrà chiudere la Ferriera, prima o poi. 
    Il sindacato è d’accordo, ma vorremmo sapere quando e come. Una domanda a 
    cui nessuno di quelli che chiedono la chiusura ha mai provato a rispondere. 
    Non risponde il sindaco Dipiazza, non rispondono le associazioni 
    ambientaliste, non rispondono i Verdi, non rispondono le forze politiche. 
    Dopo le roboanti richieste di chiusura, alla domanda: quando e come? Segue 
    sempre un silenzio assordante. La Regione, la Severstal-Lucchini e i 
    sindacati si stanno arrabattando da anni per trovare una soluzione. Avevamo 
    21 tavoli di confronto, adesso ne abbiamo uno solo, in queste settimane con 
    il nuovo amministratore delegato della Ferriera si è ipotizzata una data: il 
    2015. Da quell’anno finiranno i vantaggi del riutilizzo a fini energetici 
    dei gas della produzione, da quell’anno si potrà chiudere. Ma dove metteremo 
    i lavoratori? La zona industriale di Trieste, proprio perché è inquinata, 
    non può ospitare nuove iniziative. Quindi i posti di lavoro non ci sono e, 
    nonostante tutti i suoi sforzi, lo Sportello lavoro della Provincia non può 
    inventarli. Anche dell’inquinamento della zona industriale e delle centinaia 
    di milioni di euro che servirebbero per bonificarla si parla troppo poco. 
    Allora che fare? Azienda e sindacati stanno discutendo di alcune soluzioni 
    da proporre alla Regione. L’attività siderurgica potrà gradualmente essere 
    riconvertita puntando sulla logistica e sull’energia. Questo però significa 
    due cose: costruire la piattaforma logistica e impiantarvi attività 
    industriali, costruire il rigassificatore a terra e abbinare ad esso 
    un’altra centrale a turbo gas. Senza queste attività la Ferriera non 
    chiuderà, l’area su cui oggi si trova lo stabilimento non si potrà 
    bonificare, le oltre 500 persone che vi lavorano non potranno essere 
    ricollocate. Al di là dei vantaggi fiscali o tariffari che può portare il 
    rigassificatore, si pone quindi un problema di scelte strategiche. Chiudere 
    la Ferriera e bonificare le aree inquinate è possibile solo se si trovano 
    investimenti alternativi. Oggi gli unici investimenti possibili sono quelli 
    nei campi dell’energia, della logistica e delle attività industriali ad esse 
    collegate. Sono attività pulite, molto più pulite di quelle che abbiamo 
    oggi. 
    Il Comune di Trieste e gli altri Comuni, le forze politiche e le 
    associazioni ambientaliste, sono disponibili ad una assunzione di 
    responsabilità per assicurare ai cittadini una riduzione dell’inquinamento 
    che sia compatibile con lo sviluppo economico e occupazione? Vorremmo 
    sentire un sì o un no come risposta a questa domanda, non arrampicature 
    sugli specchi o i soliti «scarica barile». E se la risposta sarà no, 
    pretendiamo che venga fornita ai lavoratori e ai cittadini una seria 
    alternativa, che non è certo il turismo o la pesca.  
    Luca Visentini - segretario generale Uil  Trieste  | 
  
 
 
 
IL PICCOLO - GIOVEDI',  2 
agosto 2007
 
 
  
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    Corridoio 5, An attacca 
    l’assemblea del centrosinistra - Romita: «Solo fumo, parlano senza avere il 
    progetto finale con false accuse»  | 
  
  
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    Polemiche 
    anche sul Consiglio  
    
    DUINO AURISINA Toni accesi da 
    campagna elettorale, a Duino Aurisina. Ieri, con una nota a dir poco 
    polemica, Alleanza nazionale ha commentato l'iniziativa organizzata dal 
    centrosinistra lunedì sul Corridoio 5, l'assemblea informativa - alla 
    presenza dei resposabili delle Ferrovie e di rappresentanti della Regione - 
    per rendere conto dell'iter relativo al percorso dell'alta velocità che 
    interessa nel dettaglio Duino Aurisina. 
    «Solo fumo - ha scritto in una nota il vicesindaco Massimo Romita - è quanto 
    sta portando avanti il centrosinistra, che ha organizzato una presentazione 
    senza avere, come per altro già da noi annunciato, il progetto finale del 
    Corridoio 5. Accusano l'amministrazione di centro destra di non fare 
    informazione, quando a farla dovrebbero essere i proponenti, ovvero in prima 
    battuta la Regione e lo Stato, entrambi di centrosinistra». 
    Ancora sul Corridoio 5: «Nell'ultimo consiglio comunale abbiamo approvato un 
    ordine del giorno nel quale si impegna Il sindaco del Comune di Duino 
    Aurisina a farsi promotore nei confronti della Regione Fvg e del governo 
    nazionale della richiesta per l'ottenimento della documentazione relativa 
    alle opere in oggetto, al fine di far conoscere al consiglio comunale e alla 
    popolazione del Comune di Duino Aurisina il progetto attuale del Corridoio 
    5, dobbiamo attendere che ci venga prodotta la documentazione prima di dare 
    informazione ai cittadini». 
    Polemica anche sulla richiesta della convocazione del consiglio 
    straordinario sulla Baia: «Lo riteniamo - ha scritto ancora Romita - un atto 
    di grande irresponsabilità, seppur lecito e nelle loro piene facoltà di 
    consiglieri comunali, quello di far spendere 3600 euro all'amministrazione. 
    Concordiamo con la lista Ret: basterebbe un incontro audizione in 
    commissione capigruppo o allargata a tutti i consiglieri». 
    Il centrosinistra si è detto invece soddisfatto della riunione sul Corridoio 
    5: i consiglieri comunali Igor Gabrovez e Maurizio Rozza, in particolare, 
    hanno ribadito il valore dell'iniziativa promossa dal centro sinistra per 
    informare la popolazione. Rozza ha annunciato che in tutte le sedi politiche 
    sarà sostenuta la necessità di adottare, per la consultazione allargata 
    delle popolazioni interessate, il modello Agenda 21 che fissa criteri 
    collaudati della partecipazione.  | 
  
 
 
  
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    Scontro tra maggioranza e 
    opposizione sulla raccolta dei rifiuti porta a porta  | 
  
  
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    SAN DORLIGO È scontro politico a 
    San Dorligo tra maggioranza e opposizione sulla raccolta dei rifiuti porta a 
    porta. Le affermazioni pronunciate ieri del sindaco Fulvia Premolin, che 
    giudicava positivo il primo mese del sistema di raccolta, trovano del tutto 
    contrari i consiglieri Roberto Massi e Giorgio Jercog (Oltre il polo). 
    «Nemmeno la Provincia vede di buon occhio questo tipo di raccolta», dicono i 
    due consiglieri. Che aggiungono: «Anche a Monfalcone il sindaco Gianfranco 
    Pizzolito faceva proclami entusiastici, per poi essere smentito dai fatti e 
    dover far fronte all'emergenza con vigili urbani in borghese per contrastare 
    il rilascio di tonnellate di rifiuti per le principali vie cittadine e di 
    periferia. Finché non partirà del tutto il nuovo sistema, non serve fare 
    comunicati trionfalistici».  
    I due esponenti dell’oppisizione parlano quindi di «disinformazione», e 
    replicano anche ai riferimenti fatti agli abitati di Frankovec e Aquilinia 
    che, secondo il sindaco, sarebbero quelli che hanno risposto meglio,  
    «Rimangono da consegnare i bidoncini ad almeno il 30-35% dei residenti - 
    osservano polemicamente Roberto Massi e Giorgio Jercog -. Ad esempio, 
    proprio a Frankovec, dove i bidoncini non consegnati creano problemi per le 
    abitazioni condominiali. Ma alla fine saranno i cittadini a dare un vero 
    giudizio su questo sistema di raccolta, soprattutto quando saranno tolti del 
    tutto i cassonetti stradali. Se poi si parla di “riconoscimenti” alle 
    famiglie più “virtuose”, si sfiora davvero il ridicolo - concludono i due 
    consiglieri della lista Oltre il Polo -. Ma sarà di sicuro un autunno caldo 
    su questo fronte».  
    Analoga la posizione del collega Boris Gombac (Uniti nelle tradizioni) che 
    in una interpellanza chiede anche al sindaco chiarimenti su quantità 
    raccolte, soldi introitati dalla vendita dei rifiuti differenziati, e costi 
    dell’asporto dei rifiuti per le sagre.  
    s.re.  | 
  
 
 
  
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    Slitta il verdetto sulla 
    megavetreria  | 
  
  
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    La 
    commissione per la valutazione d’impatto ambientale ha rinviato all’8 agosto 
    l’esame del progetto che riguarda la Bassa  
    
    TRIESTE Slitta il parere sulla 
    megavetreria che la veneta Sangalli vuole aprire a San Giorgio di Nogaro e 
    che i comitati della Bassa e gli ambientalisti avversano con forza. 
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    La commissione regionale di Via, 
    riunitasi ieri mattina sotto la presidenza dall’assessore all’Ambiente 
    Gianfranco Moretton, non apre nemmeno il «dossier» sul progetto di 
    insediamento, ma lo rinvia di una settimana, dandosi appuntamento a 
    mercoledì 8 agosto. 
    Il motivo? «Non c’è stato il tempo materiale» afferma Moretton. E spiega, a 
    scanso di equivoci o interpretazioni maliziose, il perché: la commissione di 
    Via, nella seduta di ieri, si ritrova a dover fare lo screening a ben 16 
    progetti che riguardano il territorio del Friuli Venezia Giulia. Ebbene, 
    come ricorda l’assessore, lo screening è una sorta di esame preliminare che 
    serve a individuare quali progetti vanno sottoposti alla valutazione di 
    impatto ambientale e quali invece no. Ed è un esame obbligatorio per legge. 
    L’urgenza di analizzare già nella seduta di ieri tutti i 16 progetti, 
    continua Moretton, nasce dal fatto che, nel caso in cui la commissione non 
    decida entro 30 giorni, quei progetti superano automaticamente il passaggio 
    di Via. Impossibile attendere, insomma. 
    Quanto alla vetreria di San Giorgio, che solo l’altro ieri ha visto i 
    comitati mettere le mani avanti e preannunciare ricorsi in caso arrivasse il 
    «sì» della Regione, se ne riparla tra sette giorni: la commissione è 
    chiamata a decidere anche sulla base del parere dell’Azienda sanitaria, che 
    ha dato un via libera condizionato a due prescrizioni «pesanti», e di quello 
    dell’Arpa. Gli oppositori del progetto, però, non hanno dubbi: la vetreria 
    va stoppata, come già il cementificio, perché non è meno «devastante» per il 
    territorio della Bassa.  | 
  
 
 
 
IL PICCOLO - MERCOLEDI',  1 
agosto 2007
 
 
  
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    Corridoio 5, Duino chiede i 
    dettagli  - L’incontro sull’alta velocità voluto dal centrosinistra ha 
    coinvolto oltre 100 persone  | 
  
  
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    Illustrati 
    gli accordi tra la Regione e i governi di Italia e Slovenia. «Il progetto 
    dovrà tenere conto della popolazione locale»  
    
    DUINO AURISINA È il tempo della 
    concertazione per quanto riguarda il Corridoio 5. Questa la sintesi ultima 
    dell'incontro, organizzato dal centrosinistra ad Aurisina, per illustrare 
    alla popolazione l’esito degli accordi tra la Regione, il Governo italiano e 
    quello sloveno sul tracciato dell’alta velocità che interessa direttamente 
    Duino Aurisina. 
    Oltre un centinaio di persone hanno partecipato alla riunione organizzata 
    dall'opposizione in consiglio comunale, alla presenza di due responsabili 
    locali delle Ferrovie (Mario Golliani e Daniel Zorn), del consigliere 
    regionale Uberto Fortuna Drossi e del portavoce dell'assessore Lodovico 
    Sonego. Tutti insieme per ribadire come ci si trovi solo all'inizio 
    dell'iter, e come il percorso a oggi individuato sia un punto di partenza e 
    non di arrivo. Un primo documento necessario a ottenere, in sinergia con la 
    Slovenia, i fondi europei necessari per la progettazione di dettaglio 
    dell'intero tracciato. Una progettazione di dettaglio che dovrà tenere conto 
    della popolazione locale ed essere - è stato auspicato dal centrosinistra - 
    condotta all'interno dei sistemi dell'Agenda 21.  
    Un progetto, quello dell'Alta velocità - è stato ribadito ieri - che 
    potrebbe entrare in attività dopo il 2015, anche se già a partire dal 2010 
    (ha spiegato il professor Santorini dell'Università di Trieste) il sistema 
    economico locale soffrirà dell'assenza di un collegamento veloce. L’attuale 
    tratta ferroviaria che collega Trieste utilizzando anche il territorio di 
    Duino Aurisina, infatti, è concepita per la bassa velocità ed è attualmente 
    al limite della capacità: 160 treni attuali, contro i 190 allocabili lungo 
    la tratta stessa.  
    Per quanto riguarda la tratta attualmente ipotizzata lungo il territorio di 
    Duino Aurisina, la linea (nell'attuale fase di progettazione) entra in 
    galleria a Ronchi, riappare al Lisert, torna in galleria fino alla dolina 
    Senik ad Aurisina Cave, corre 250 metri all'aperto e poi si rituffa nel 
    Carso. La quota va da 20 metri sul livello del mare a 70 metri. I treni 
    passeranno sotto Visogliano a una profondità di 60 metri: la linea potrà 
    essere spostata verso monte per evitare quasi completamente l'abitato.  
    Il materiale scavato - è stato spiegato - sarà trasportato su camion che non 
    attraverseranno i paesi ma utilizzeranno un raccordo speciale con 
    l'autostrada. Il materiale sarà usato per costruire un tratto di linea da 
    Venezia a Ronchi.  
    «Siamo molto soddisfatti del risultato di questo incontro - ha dichiarato 
    Massimo Veronese - Abbiamo dimostrato all'amministrazione comunale di Duino 
    Aurisina che c'erano informazioni da dare alla popolazione e che la gente è 
    interessata. Ora bisogna lavorare per un progetto di dettaglio condiviso 
    anche dalla nostra popolazione. Alcuni dettagli, come quello importante del 
    trasporto su camion in autostrada, e non lungo le frazioni, del materiale di 
    risulta delle escavazioni per la costruzione delle gallerie, sono stati 
    chiariti. Al momento opportuno sarà necessario essere certi della concreta 
    applicazione e, come già sottolineato, nel coinvolgimento delle persone del 
    territorio sulle scelte strategiche». 
    Francesca Capodanno  | 
  
 
 
  
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    San Dorligo dice addio ai 
    cassonetti  - In tre settimane spariranno, sostituiti dalla raccolta 
    porta a porta  | 
  
  
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    Positivo il 
    bilancio del nuovo metodo per l’asporto dei rifiuti. Premolin: «Non abbiamo 
    avuto proteste»  
    
    SAN DORLIGO DELLA VALLE Fra tre 
    settimane al massimo, nel comune di San Dorligo della Valle spariranno del 
    tutto (o quasi) i cassonetti stradali per la raccolta dei rifiuti, resi 
    inutili dalla raccolta porta a porta che ad un mese dal suo avvio, è quasi a 
    regime pieno, con ottimi risultati. 
    A tracciare un bilancio di questi primi, concitati trenta giorni del nuovo 
    sistema di raccolta dei rifiuti, è il sindaco di San Dorligo della Valle, 
    Fulvia Premolin. 
    Bilancio positivo, almeno sulla risposta della gente, visto che i dati 
    effettivi sulla quantità di rifiuti riciclabili raccolti saranno noti solo 
    fra qualche tempo. «La gente ha accolto bene l’iniziativa, e dimostra di 
    voler bene al suo territorio, e di questo ero certa – dice Premolin -. Al 
    numero telefonico del Comune, dedicato a questo programma di raccolta, 
    riceviamo una media di una decina di telefonate al giorno, ma solo con 
    richieste di informazioni su qual è il miglior comportamento da adottare. Di 
    proteste, non ne abbiamo avute». 
    Richieste di informazioni vengono fatte anche agli operatori (comunali o 
    della ditta appaltatrice) che si occupano della raccolta. È emersa ad 
    esempio l’esigenza di istituire una raccolta mirata per i medicinali, ora 
    non prevista, che avverrà forse mensilmente, semplicemente raccogliendo i 
    sacchetti di medicine lasciate fuori casa dfai residenti, per portarle poi 
    nelle discariche autorizzate. 
    All’inizio erano stati i consiglieri di opposizione ad avanzare seri dubbi 
    sull’efficacia del sistema, e sull’effettivo risparmio per i cittadini. 
    «Proprio nelle frazioni in cui loro stavano mandando avanti la loro 
    battaglia, a Frankovec e Aquilinia, abbiamo avuto i risultati migliori», 
    ancora Premolin. 
    Si sta completando ancora, però, la distribuzione dei contenitori a quelle 
    famiglie (poche, invero) che non l’avevano ricevuto perché assenti o per 
    altri motivi. La distribuzione è stata però già completata nei centri 
    minori, dove, di conseguenza, sono stati tolti del tutto i cassonetti 
    stradali, in quanto inutili. 
    Ora si pensa già alle migliorie e ai ritocchi da apportare al servizio. 
    «Stiamo pensando di dotare i contenitori di ganci, in modo che non ci siano 
    problemi d’inverno, nelle zone del nostro territorio che sono maggiormente 
    esposte alla bora. Ma si pensa anche a dare una sorta di gratificazione alle 
    famiglie che si dimostreranno più scrupolose», spiega il sindaco. 
    Sulle modalità degli incentivi, ancora non c’è chiarezza. Forse anche un 
    ritocco della tariffa, o forse semplicemente un altro tipo di gratificazione 
    personale. «Prenderemo spunto da altri centri dove questo tipo di raccolta è 
    in vigore da più tempo», ancora Premolin. 
    Il raggiungimento del 40 per cento di rifiuti riciclabili (dal 17 per cento 
    attuale) è un obiettivo di legge che Premolin guarda con un certo 
    scetticismo: «Non so se ce la faremo – dice il sindaco di San Dorligo della 
    Valle -, ma vedendo come la gente si sta comportando, forse potremmo anche 
    raggiungere tale cifra».  
    Sergio Rebelli   | 
  
 
 
  
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    Si decide sulla vetreria, 
    comitati pronti al ricorso - Oggi si riunisce la commissione Via per 
    deliberare sull’impianto di San Giorgio. Comuni della Bassa divisi 
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    SAN GIORGIO DI NOGARO Vetreria 
    Sangalli, si decide. Si riunisce infatti oggi la commissione per la 
    valutazione dell’impatto ambientale dell’impianto che dovrebbe sorgere 
    nell’area industriale di San Giorgio di Nogaro. Se Gianfranco Moretton 
    demanda alla commissione la scelta finale, le indiscrezioni puntano su un 
    parere favorevole. In questo caso, però, si delinea all’orizzonte un nuovo 
    caso ambientale: i comitati garantiscono una campagna se possibile più 
    incisiva e pressante rispetto a quella contro il cementificio di Torviscosa. 
    L’Azienda sanitaria ha da tempo espresso parere favorevole al progetto, e si 
    attende che anche l’Arpa dia disco verde: al momento l’agenzia non ha 
    lasciato trapelare alcunché, e l’assessore all’Ambiente si è limitato ad 
    assicurare «un parere molto approfondito, competente e articolato». L’ok 
    concesso dall’Ass della Bassa Friulana si fonda su due elementi considerati 
    assolutamente prioritari, due prescrizioni che impongono cioé alla Sangalli 
    di provvedere via nave all’approvvigionamento di materia prima e prevedono 
    al contempo l’installazione di una centralina di monitoraggio delle 
    emissioni inquinanti, in modo da verificare costantemente il rispetto dei 
    parametri di legge. 
    Proprio il verdetto emesso dall’Azienda sanitaria suscita le ire dei 
    comitati che rimarcano come, a loro avviso, la decisione strida in modo 
    clamoroso con il parere negativo dato al cementificio. Paolo De Toni, alla 
    vigilia della seduta odierna, promette battaglia: «Il parere della 
    commissione Via e la conseguente delibera di giunta faranno inevitabilmente 
    acqua da tutte le parti, per cui sarà facile l’impugnazione degli atti da 
    parte di “soggetti portatori di interesse” cioè legittimati a ricorrere al 
    Tar». De Toni continua: «Ci eravamo illusi che, con la battaglia del 
    cementificio, fosse prevalso un approccio serio da parte degli enti. Ma così 
    non è stato. In particolare va stigmatizzato il comportamento della Azienda 
    sanitaria che, in sfregio al principio di non contraddizione, così caro alla 
    logica e alle scienze naturali, ha sottoscritto nello stesso giorno, il 6 
    giugno 2007, attraverso lo stesso responsabile, un parere negativo per il 
    cementificio ed uno positivo per la vetreria, quando è ben noto che le 
    entità delle emissioni dei due camini sono del tutto paragonabili ed 
    inserite in un contesto, quello della pianura padana, veneta e friulana, che 
    risulta una fra le zone più inquinate d’europa».  
    Pertanto, conclude De Toni, «il Comitato di difesa ambientale annuncia in 
    anticipo che verrà lanciata una battaglia sia sul piano legale per tentare 
    comunque di bloccare questo progetto, che su quello politico per individuare 
    i responsabili e i registi di questa operazione forzata ed assolutamente 
    inaccettabile».  
    Il fronte dei Comuni del territorio, sulla vetreria, si è spaccato: Marano e 
    Porpetto hanno esternato la propria assoluta contrarietà al progetto, mentre 
    Carlino, Torviscosa e San Giorgio si sono espressi favorevolmente; Terzo di 
    Aquileia ha invece assunto un atteggiamento prudente legato a «dati 
    oggettivi sulla base dei quali sarà possibile esternare una valutazione».
     
    Giovanni Stocco   | 
  
 
 
  
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    «Rigassificatori? Meglio 
    l’idrato di metano»   | 
  
  
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    Tra pochi anni vedremo solcare i 
    mari navi che trasportano il metano sotto forma di idrato invece che come 
    gas naturale liquefatto. Alla ventitreesima conferenza mondiale sul gas di 
    Amsterdam del 2006 è stato presentato uno studio della giapponese Mitsui 
    Engineering&Shipbuilding Co. Ltd. (Mes) sulla trasformazione del metano in 
    idrato di metano, con un impianto pilota che produce circa 1000 kg di 
    idrato/giorno sotto forma di pellets di forma diversa e di dimensioni 
    variabili da 5 mm a qualche centimetro. Con questo primo impianto pilota è 
    possibile produrre idrati di metano da trasportare via nave dal luogo 
    d’estrazione del metano al paese utilizzatore. L’idrato è quindi un vettore 
    del gas naturale più sicuro e più economico di quanto lo sia oggi l’attuale 
    tecnologia del gas naturale liquefatto. Rispetto al Lng trasportato a 160° 
    sotto zero, il gas idrato (Ngj) viene trasportato a 20° sotto zero. La 
    stessa quantità di metano nella forma idrata occupa un volume che è da 3 a 4 
    volte superiore al gas liquefatto. Però la sintesi dell’idrato, il suo 
    trasporto, la sua rigassificazione non comportano i pericoli del Gnl e i 
    costi energetici sono inferiori del 25%. Mes ha studiato anche gli effetti 
    delle vibrazioni della nave durante il trasporto per verificare la stabilità 
    dei pellets, con esiti positivi. Per il trasporto bastano stive o container 
    refrigerati a -20°, ma la stabilità dell’idrato è assicurata fino a -5° a 
    pressione ambiente. 
    L’idrato di metano – fase solida omogenea formata da molecole di acqua e da 
    molecole di metano ingabbiate dalle prime (composti di questo tipo sono noti 
    come clitrati) - ha l’aspetto della neve e del ghiaccio. Un volume di idrato 
    «ingabbia» da 150 a 180 volumi di metano. Gli idrati di gas naturale sono 
    composti presenti in natura in enormi quantità nei fondali marini da 500 a 
    4000 metri di profondità. La quantità di metano idrato – Natural Gas 
    Hydrates ovvero Ngh – presente in natura è stata statisticamente valutata 
    come oltre 100 volte maggiore delle attuali riserve sfruttabili di metano 
    esistenti nel pianeta. Gli idrati sono inoltre presenti nelle zone 
    climatiche polari dove costituiscono il permafrost. 
    La tecnologia di trasformazione del metano nell’idrato è studiata da oltre 
    dieci anni partendo dalla caratterizzazione degli idrati naturali. 
    Università e laboratori di ricerca statunitensi, canadesi, cinesi, 
    giapponesi, coreani, iraniani, del Qatar, La tecnologia utilizzata per la 
    produzione di idrato di metano, la sua conformazione in pellet, lo 
    stoccaggio, il trasporto marittimo e la rigassificazione è una tecnologia 
    ormai matura, più conveniente, meno costosa, priva di rischi in tutte le 
    fasi della lavorazione, nella catena che va dalla produzione al consumo. Si 
    discute tanto del «sistema Trieste», di fare rete fra Università ed altri 
    enti di ricerca come Ogs, l’area di ricerca, gl incubatori tecnologici per 
    essere attori dell’innovazione tecnologica nel nostro territorio. Per 
    diventare veramente protagonisti dell’innovazione sarebbe meglio riflettere 
    su questi aspetti piuttosto che insistere su un dibattito inutile sul numero 
    di rigassificatori. 
    Lino Santoro - Comitato Scientifico nazionale Legambiente  | 
  
 
 
 
KONRAD -  luglio-agosto 2007
 
 
  
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    Dario PREDONZAN risponde a 
    ILLY  | 
  
  
 
Alcune affermazioni del 
Presidente della Regione, Riccardo Illy, contenute nell’intervista apparsa su 
“Konrad” del giugno 2007, meritano una risposta.
Cementificio di Torviscosa e valutazione dell’impatto ambientale (VIA).
1) Illy ritiene che la VIA serva a “verificare se le norme (a tutela della 
salute e dell’ambiente) sono rispettate”, quando un’impresa chiede di poter 
insediare una nuova attività. Dopo di che, se la ditta dimostra che il suo 
progetto è in regola, la Regione “non può negare il permesso”.
Non è così: infatti “Per impatto ambientale si intende l’insieme degli effetti 
diretti, indiretti, secondari, cumulativi, sinergici, a breve, medio e lungo 
termine, permanenti e temporanei, a piccola e grande distanza, positivi e 
negativi indotti da un insieme o da singoli interventi sull’ambiente” (art. 2, 
comma 1 della legge regionale n. 43 del 1990 sulla VIA). Inoltre (art. 2, comma 
3) “L’impatto ambientale è valutato in rapporto agli effetti sull’uomo, la 
fauna, la vegetazione, il suolo, l’acqua, il clima, il paesaggio, i beni 
materiali, il patrimonio storico-culturale, l’ambiente socio-economico e le loro 
interazioni reciproche al fine di eliminare o comunque ridurre entro limiti 
compatibili l’impatto ambientale degli interventi”. La VIA è quindi cosa ben 
diversa e assai più complessa della mera verifica del rispetto dei limiti di 
legge (per le emissioni nell’aria e nelle acque), delle norme urbanistiche, 
ecc..
Applicando questa legge, il Servizio VIA della Regione ai primi di febbraio 
aveva espresso un giudizio negativo sull’impatto ambientale del cementificio di 
Torviscosa: poi però qualcuno aveva pensato bene di ribaltare quel giudizio. Per 
fortuna (ma solo dopo quattro mesi di polemiche, manifestazioni di piazza, 
ecc.), alla metà di giugno la Giunta regionale ha deciso che il giudizio del 
Servizio VIA era giusto e ha bocciato il progetto.
2) Illy sostiene che “la composizione della Commissione VIA regionale è regolata 
da norme europee e nazionali”. 
Non è vero. Nessuna norma europea, né nazionale, impone che la Commissione VIA – 
come accade in Friuli Venezia Giulia – sia presieduta da un politico, cioè 
dall’assessore all’ambiente, né che la maggioranza dei componenti sia costituita 
da funzionari regionali. Si tratta di una scelta politica (altre Regioni 
italiane hanno fatto diversamente), che risale peraltro a parecchi anni addietro 
ed è stata confermata e rafforzata dall’ultima modifica della legge regionale 
sulla VIA, avvenuta nel 2001, ai tempi della Giunta regionale di centro-destra. 
Modifica che, evidentemente, la Giunta attuale condivide.
Rigassificatori.
3) A proposito dell’impatto dei rigassificatori sull’ambiente marino, per lo 
scarico di acque fredde e clorate, Illy sostiene che “il cloro è presente anche 
nell’acqua del rubinetto… non è una sostanza tossica ed è volatile”, mentre 
l’abbassamento della temperatura del mare è “un fenomeno del tutto limitato”.
L’acqua del rubinetto è potabile proprio perché viene sterilizzata (a basso 
dosaggio) con il cloro, ma un mare di acqua potabile sarebbe biologicamente 
morto. Senza contare che il cloro (che è tossico e infatti veniva usato come gas 
asfissiante durante la I Guerra mondiale) dà origine nell’acqua a svariate 
sostanze “cloroderivate” di elevata pericolosità, se si accumulano negli 
organismi viventi. Il guaio vero è che nessuna seria valutazione sull’impatto 
ecologico delle acque clorate nel Golfo di Trieste o nella Baia di Muggia è 
stata fatta, malgrado il protrarsi della procedura di VIA: il problema rimane 
quindi aperto. Lo riconoscono le stesse delibere della Giunta regionale, la 
quale pilatescamente ha dichiarato di non avere gli elementi per esprimersi 
sull’impatto ambientale dei rigassificatori, rinviando la decisione al ministero 
dell’ambiente.
Quanto alle temperature, lo studio di Gas Natural per l’impianto di 
Trieste-Zaule ammette che tutta l’acqua della Baia di Muggia, a seguito del 
prelievo e del successivo scarico dell’acqua dal rigassificatore, verrebbe 
raffreddata (e clorata con l’immissione di 127 kg di cloro al giorno) 
all’incirca due volte l’anno, stante l’inesistente ricambio idrico in quel 
bacino.
Tanto che esiste il rischio concreto di rendere impossibile lo stesso processo 
di rigassificazione, alla lunga, essendo necessaria acqua relativamente “calda” 
per funzionare. 
4) Illy annuncia tuttavia che il parere della Regione al ministero dell’ambiente 
sul rigassificatore di Trieste-Zaule, comprenderà una prescrizione per imporre 
il prelievo e lo scarico delle acque al di fuori delle dighe foranee.
Allora, quindi, il problema dell’abbassamento della temperatura del mare non è 
poi un fenomeno così limitato, come Illy sembrava ritenere poche righe prima… In 
ogni modo, va detto che una modifica progettuale di tale portata comporterebbe 
la necessità di riavviare la procedura di VIA (andrebbero valutati infatti gli 
impatti legati alla posa delle condotte su fondali inquinati come quelli della 
baia di Muggia, ecc.) e che questa prescrizione non può certo ritenersi 
risolutiva. La situazione è infatti critica anche nel mezzo del Golfo di 
Trieste. Stanti i bassi fondali (poco più di 
20 m), lo scarso ricambio idrico naturale e le deboli forze di marea, l’acqua 
nell’Alto Adriatico ristagna anche per 30 giorni consecutivi.
5) Illy afferma che, una volta deciso il parere della Regione sui 
rigassificatori, “informeremo i cittadini nel modo più ampio e completo”.
Magari i cittadini avrebbero avuto il diritto di essere informati (e consultati) 
prima e non dopo, visto che questo prevedono – tra l’altro – Direttive europee e 
convenzioni internazionali…. 
Trasporti ferroviari.
6) Sulla TAV Illy sostiene che i traffici tra Est e Ovest Europa stanno 
aumentando lungo l’asse della pianura padana, mentre le linee ferroviarie tra 
Venezia e Trieste “saranno tra poco sature”. Si chiede poi: “il perché di questa 
ostilità al treno?”
I dati però non confermano la tesi della saturazione delle linee esistenti 
(siamo intorno al 50 per cento della capacità, che potrebbe essere anche 
aumentata senza costruire nuove linee).
Non c’è poi affatto “ostilità al treno”, da parte degli oppositori alla TAV, 
anzi, ma soltanto contrarietà alla linea superveloce voluta da Illy e dalla 
lobby delle costruzioni, perché: 1) non servirebbe alle merci; 2) costerebbe uno 
sproposito (circa 6,2 miliardi di Euro stimati per la sola Venezia –Trieste); 3) 
squarcerebbe il sottosuolo carsico e sarebbe pronta (forse) tra 20 anni, mentre 
servono (subito!) interventi per migliorare le linee esistenti, e soprattutto 
rendere efficiente il servizio, così da dirottare sul serio il traffico merci 
dalla gomma alla ferrovia. Un esempio: la linea “Pontebbana” Udine-Tarvisio, 
completata nel 2002 proprio in funzione del traffico merci, viene utilizzata per 
poco più del 20 per cento della sua capacità, mentre l’autostrada A 23 scoppia 
di TIR: perché?
Un ultimo commento. Illy dichiara che i suoi consulenti scientifici sono “i 
dirigenti della Regione che hanno competenze in materia, oltre ai membri esterni 
della Commissione VIA”. Stando a quanto afferma su VIA, rigassificatori e TAV, 
forse dovrebbe consultarli più spesso, o fare più attenzione a quello che 
dicono.
Dario Predonzan
 
 
 
 
LA REPUBBLICA - MARTEDI', 31 
luglio 2007
 
 
Oltre 100 
pesticidi nelle acque italiane - C'è anche l'atrazina, vietata da 20 anni - 
L'analisi dell'Agenzia protezione ambiente: contaminato il 47 per cento di laghi 
e fiumi
 
Gli erbicidi la fanno da padrone: 
solo nel Po 31 diverse sostanze. "Ma non è allarme"
ROMA - Ci sono 119 pesticidi 
nelle acque italiane (ne vengono utilizzate in agricoltura circa 150.000 
tonnellate ogni anno): 112 in quelle superficiali, 48 in quelle sotterranee. 
Vale a dire che sono contaminati il 47% delle acque superficiali, laghi e fiumi, 
(il 28% in maniera critica) e il 24,8% di quelle sotterranee (il 7,7% in maniera 
più significativa). Tra le sostanze rilevabili, l'atrazina, vietata da 20 anni.
Emerge dal primo rapporto sul piano nazionale di monitoraggio effettuato dall'Apat 
(Agenzia per la protezione dell'ambiente e i servizi tecnici) presentato 
stamattina e relativo a dati raccolti (e parziali per alcune realtà regionali) 
nel triennio 2003/2005 su incarico della Conferenza stato-regioni. 
"Nel 2005 (ultimo e più rappresentativo anno di indagini) - spiega l'Apat in 
dettaglio - i controlli hanno riguardato 3.574 punti di monitoraggio e 10.570 
campioni, per un totale di 282.774 misurazioni analitiche. Nelle acque 
superficiali è stata riscontrata la presenza di residui in 485 punti di 
monitoraggio (47% del totale), nel 27,9% dei casi con concentrazioni superiori 
al limite stabilito per le acque potabili". Nelle acque sotterranee, sono 
risultati contaminati 630 punti di monitoraggio "(24,8% del totale), nel 7,7% 
dei casi con concentrazioni superiori ai limiti di potabilità". 
Tra i pesticidi riscontrati, gli erbicidi sono le sostanze largamente più 
rinvenute. La presenza, generalmente riscontrata, di miscele di sostanze (fino a 
12 composti diversi) e le lacune conoscitive in relazione ai possibili effetti 
cumulativi impongono particolari cautele. Per alcune sostanze, osserva ancora 
l'agenzia, la contaminazione è molto diffusa, interessa sia le acque 
superficiali, sia quelle sotterranee di diverse regioni e prefigura la necessità 
di interventi di mitigazione dell'impatto. Tra queste gli erbicidi triazinici e 
alcuni loro prodotti di degradazione. 
Particolarmente critica è, ad esempio, la contaminazione da terbutilazina 
diffusa in tutta l'area padano-veneta (nel Po, ad esempio, si trova nel 52,7% 
dei campioni analizzati) ed evidenziata anche in alcune regioni del Centro-sud. 
Il Po, complessivamente, contiene 31 pesticidi, tra cui l'ancora diffusa (a 
distanza un ventennio dal divieto) l'atrazina: residuo di una contaminazione 
storica imputabile al forte utilizzo fatto in passato e alla persistenza 
ambientale della sostanza, ma - forse - risultato del persistente commercio 
illegale della sostanza. Non c'è però un allarme Po: i dati sembrano infatti in 
linea - sostengono i tecnici - con quelli relativi agli altri principali corsi 
d'acqua europei. 
Il lavoro è certamente parziale perché non è stata uniforme la risposta delle 
regioni. Ma i tecnici sottolineano che il percorso di monitoraggio intrapreso 
comincia a dare i suoi frutti. "Nel 2003 - spiegano - solo Piemonte ed Emilia 
Romagna facevano monitoraggio nel modo corretto. Oggi anche la Provincia di 
Trento, la Sicilia, il Lazio, le Marche, l'Abruzzo e la Basilicata hanno 
elaborato un piano per il monitoraggio, mentre Campania, Umbria e Veneto stanno 
agendo in modo virtuoso anche se non hanno stilato il piano". 
I dati riscontrati dall'Apat collimano con quelli osservati dal
dossier "Fiuminforma", curato l'anno scorso da Legambiente, utilizzando le 
analisi eseguite dal Corpo forestale dello Stato, che indicava un 21 per cento 
dei fiumi italiani malati "gravi". "Non siamo all'allarme - ha in ogni caso 
puntualizzato il Commissario straordinario dell'Apat, Giancarlo Viglione - ma la 
situazione è da tenere sotto controllo perché l'acqua monitorata impatta 
sull'ambiente e alla lunga i pesticidi potrebbero influire anche su quella 
potabile". La raccolta dei dati relativa al 2006 è in corso.
 
IL PICCOLO - MARTEDI', 31 
luglio 2007
 
 
  
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    Provincia: «Ferriera, 
    emissioni nei limiti» - L’azienda ha presentato ricorso al Tar contro 
    l’ordinanza del sindaco   | 
  
  
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    Secondo 
    l’assessore Barduzzi ora dai camini di Servola non escono sostanze 
    inquinanti  
    
    La Ferriera di Servola è ricorsa 
    al Tar contro l’ultima ordinanza del sindaco, emessa a seguito delle 
    informazioni avute dall’Azienda sanitaria, secondo cui è accertato 
    l’inquinamento in termini tali da configurarsi come pericoloso per la salute 
    pubblica. Il sindaco è stato diffidato con una lettera datata 24 luglio in 
    cui si dice che «non sussistono i presupposti giuridici di tali misure come 
    più in generale del potere di ordinanza già esercitato». Ieri Dipiazza ha 
    commentato: «Pagano piuttosto gli avvocati che spendere per non inquinare». 
    Intanto però dalla conferenza dei servizi convocata in Regione nell’ambito 
    delle procedure per l’autorizzazione integrata ambientale è risultato, come 
    conferma l’assessore provinciale all’Ambiente, Ondina Barduzzi, «che i 
    camini della Ferriera da quando la procedura è partita non hanno mai 
    prodotto emissioni fuori dai limiti». 
    Dunque, andare su questa strada o tenere sempre sul tavolo (come il sindaco 
    fa) la minaccia di chiusura dello stabilimento, pur in presenza (o proprio 
    per questo) di un nuovo acquirente? Ogni decisione, ha chiarito comunque lo 
    stesso Dipiazza, sarà possibile non prima di otto mesi, cioé allo scadere di 
    un anno dall’inizio delle indagini che hanno dato evidenza di inquinamento 
    (e non semplice inbrattamento). La legge tiene conto della media annuale. Ma 
    il sindaco ha tuttavia plaudito all’Azienda sanitaria: «Ass e Arpa si sono 
    finalmente sganciati dai poteri forti - ha detto – e Rotelli (il direttore 
    generale dell’Ass, ndr) ha dimostrato grande coraggio: a Servola si registra 
    una media di tumori più alta che altrove, ed è venuto fuori che la Ferriera 
    ha addirittura modificato la linea di costa con gli scarti in mare, cose per 
    le quali un privato cittadino sarebbe già finito nelle patrie galere. Il 
    nuovo acquirente deve sapere subito che se viene non può continuare a 
    inquinare». 
    Ma com’è letta questa strategia? Critici, s’è visto ieri, i sindacati. 
    Barduzzi oppone che c’è un po’ di confusione: «Se si vuol chiudere, perché 
    si è dato avvio alla procedura per l’autorizzazione integrata ambientale? In 
    Regione c’era anche il Comune. Per l’inquinamento dell’aria (polveri sottili 
    e benzene) le norme per l’autorizzazione parlano solo di ’’limiti 
    accettabili’’. Ci prepariamo a chiedere una specificazione concreta, sulla 
    scorta dei dati dell’Azienda sanitaria, la prossima riunione sarà il 22 
    agosto. La Ferriera anche qui contesta dicendo che negli ultimi cinque anni 
    la media annuale è rimasta nei termini. Ma se il sindaco ha in mano dati 
    tanto allarmanti, come responsabile della salute pubblica faccia dunque 
    questa ordinanza di chiusura». 
    «Sono d’accordo col sindaco sul fatto di alzare la voce, gli enti locali 
    sono sempre stretti in un recinto, poco possono fare - commenta Alessia 
    Rosolen di An -. Severstal o Arvedi che sia, o investono in sicurezza e 
    salute o possono smettere l’impianto tranquillamente. Comunque, è vergognoso 
    che la Regione, coi poteri che ha, in questi quattro anni non abbia fatto 
    assolutamente niente. e io come politico mi vergogno che a ogni campagna 
    elettorale salti fuori Servola». 
    E chiude Roberto Decarli dei Cittadini: «Vorrei capire le vere intenzioni di 
    Dipiazza. Disinquinare o soprattutto chiudere? Se ha tutti i dati i mano che 
    glielo consentono, agisca e chiuda. Ma non cambi idea ogni momento: quando 
    si è annunciato Arvedi era esultante». Anche Decarli conclude: 
    «L’inquinamento vien fuori sempre sotto elezioni». 
    
    
    Gabriella 
    Ziani  | 
  
 
 
  
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    Tre tracciati alternativi per 
    la Tav nella Bassa E Sonego apre ai sindaci - L’assessore: «Sì a proposte e 
    correttivi»   | 
  
  
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    CERVIGNANO «Ribadisco la 
    necessità che, senza paura di incorrere in ipotesi stravaganti, i sindaci 
    facciano lo sforzo massimo per individuare il maggior numero di varianti al 
    tracciato originario di Rete ferroviaria italiana». Lodovico Sonego, 
    assessore regionale ai Trasporti, apre ai sindaci della Bassa friulana sul 
    tracciato della Tav. E li incoraggia ad avanzare proposte, suggerimenti, 
    correttivi in vista della riunione potenzialmente decisiva del 14 settembre. 
    È a Cervignano, nella mattinata di ieri, che si tiene la riunione «plenaria» 
    con una ventina di sindaci, una schiera di dirigenti e tecnici di Rfi e il 
    presidente della Provincia di Udine Marzio Strassoldo. La riunione segue 
    quelle ristrette svoltesi negli ultimi quindici giorni. 
    Al centro c’è il «nuovo» tracciato della ferrovia ad alta capacità e 
    velocità che dovrebbe attraversare la Bassa: quello originario - che avrebbe 
    dovuto essere presentato ancora il 24 maggio 2006 al teatro Pasolini di 
    Cervignano - ha infatti innescato polemiche a non finire. Sonego e Mauro 
    Travanut, capogruppo regionale dei Ds, l’hanno definito «devastante 
    soprattutto per il territorio di Villa Vicentina e Bagnaria Arsa». Le 
    proteste sul territorio sono state diffuse: c’è stato chi, come i No Tav, ha 
    sposato l’opzione zero e chiesto l’utilizzo dell’attuale sedime ferroviario 
    e chi ha suggerito lo stralcio dalla legge obiettivo che «scavalca i 
    sindaci». Si sono così istituiti tavoli tecnici dove si sono confrontati 
    Regione e Comuni sino ad arrivare alla riunione plenaria di ieri.  
    A Cervignano, perciò, si vedono le prime tre ipotesi alternative di 
    tracciato: tutte e tre partono da Pocenia ad ovest e terminano a Pieris ad 
    est. L’assessore ricorda innanzitutto l’accordo con la Regione Veneto che 
    stabilisce come il tracciato della Tav attraverserà il fiume Tagliamento il 
    più possibile aderente all'autostrada, per puntare poi su Pocenia. Da qui, 
    secondo la prima ipotesi, proseguirà per Porpetto e per Palmanova (che 
    diverrebbe centro intermodale con autostazione, parcheggi di scambio, 
    stazione treni intercity e coincidenze per Udine e Gorizia a ogni arrivo di 
    Tav, centro commerciale, servizi, cine multisala), quindi raggiungerà 
    Strassoldo, Villa Vicentina e Pieris. La seconda ipotesi prevede che il 
    tracciato vada da Pocenia a Muzzana, prosegua sino a San Giorgio dove 
    riprenderebbe la linea ferroviaria attuale, tocchi quindi Torviscosa (che 
    diventerebbe il centro intermodale), Cervignano, Villa Vicentina e infine 
    Pieris, sempre usufruendo del sedime esistente. La terza ipotesi, invece, 
    vede la Tav andare da Pocenia a Muzzana, da qui a Carlino, scendendo a sud 
    della statale Venezia-Trieste, e poi a San Giorgio, a San Martino, sino a 
    Villa Vicentina e Pieris, ma senza utilizzare l'attuale linea ferroviaria. 
    In questo il centro intermodale sarebbe realizzato all'aeroporto di Ronchi 
    dei legionari. 
    Ognuna delle tre ipotesi, come emerso ieri, presenta vantaggi e svantaggi 
    che dovranno essere valutati dai sindaci, sollecitati a presentare ulteriori 
    varianti. Qualche perplessità tecnica è già emersa: quanto costerà, ad 
    esempio, un minuto di tempo guadagnato grazie ai treni ad alta capacità e 
    velocità? Si passerà effettivamente dalla gomma alla rotaia se non ci sarà 
    una politica di sostegno tariffaria? Si potrà armonizzare il tutto con la 
    soluzione meno impattante? 
    a.l.   | 
  
 
 
 
  
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    Salvaguardare l’ambiente  | 
  
  
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    Rispondo in merito alla 
    segnalazione dal titolo «Ambientalisti a Muggia», proprio perché i temi 
    ambientali non sono né di destra né di sinistra (anche se la sinistra è 
    molto abile ad appropriarsi di ogni argomento che possa creare consenso 
    elettorale.), comune dovrebbe essere l’obiettivo ossia la conservazione e la 
    salvaguardia dell’ambiente e la tutela del territorio e del suo patrimonio 
    naturalistico, storico ed architettonico, ma inevitabilmente diversi 
    diventano i percorsi per raggiungerlo a seconda che si parta da una 
    posizione meccanicistica e biocentrica o da una visione etica di tipo 
    antropocentrico. 
    Per «Ambiente e/è Vita» l’uomo non è un nocivo, anzi per noi va posto al 
    centro del «sistema» ambiente quale destinatario, fruitore, custode e 
    garante del Creato (o se preferite della Natura e delle sue risorse). 
    Premesso questo non è assolutamente vero che dopo aver parlato del Fugnan la 
    sezione muggesana di «Ambiente e/è Vita» non abbia fatto altro. Ricordo che 
    a seguito della nostra conferenza il corso del Fugnan è stato ripulito, 
    ricordo la nostra proposta di recupero conservativo del Lavatoio 
    dell’Arciduca, fatta propria dal Comune, ricordo la Festa degli alberi con 
    in nostri amici carinziani che hanno regalato un piccolo abete a ciascuno 
    dei ragazzi delle scuole di Muggia e ancora il lavoro svolto in Commissione 
    edilizia per consentirci di mitigare le ipotesi cementificatorie e di 
    contenere l’invasività di certi progetti, ad esempio quello, denominato 
    Costa Alta, elaborato dell’attuale assessore provinciale all’ambiente 
    contribuendo a salvaguardare – nei limiti del possibile – importanti ambiti 
    del territorio e concludo rammentando che la possibile nostra rappresentante 
    in seno alla Commissione Antenne avrebbe avuto dalla sua la competenza di 
    chi ha partecipato materialmente alla stesura del testo della LR 28 che 
    disciplina appunto questo argomento. 
    In merito al terrapieno «Acquario», ben prima di contestare il ricorso a 
    processi di fitodepurazione, avevamo ritenuto opportuno fornire indicazioni 
    circa la possibilità di avviare su quel sito, ma anche in altri ambiti delle 
    Valle delle Noghere ricadenti nel Sin di Trieste, sistemi di bonifica 
    innovativi impiegando ad esempio tecnologie elettrochimiche. 
    Non ne facciamo una questione di primogenitura, ma di metodo e di forma e 
    sicuramente né il metodo né la forma dello spoils system – scelta dal 
    sindaco Nesladek – ci convincono! 
    Sergio Bisiani - Segretario Regionale Fvg Ambiente e/è Vita  | 
  
 
 
 
IL PICCOLO - LUNEDI', 30 
luglio 2007
 
 
  
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    Dipiazza: se inquina ancora 
    chiudo la Ferriera  - Sindacati critici: «Pessimo biglietto da visita 
    per Arvedi»  | 
  
  
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    Il sindaco 
    conferma quanto affermato nell’intervento sul «Piccolo». Il verde Metz: «Quell’impianto 
    non può stare lì»  
    
    Cosolini: 
    «Lo dice da anni, lo faccia. Ma non mescolerei la salute con la politica» 
    
    «Otto mesi. Sia chiaro, sono 
    pronto ad agire». Roberto Dipiazza, dopo le ordinanze in cui ha 
    intimato alla Servola Spa di ridurre le emissioni, prepara il conto alla 
    rovescia per la chiusura della Ferriera. Un atto inevitabile, assicura il 
    sindaco, «se in questo periodo i dati sulle sostanze inquinanti 
    continueranno a sforare i limiti di legge». Così il primo cittadino 
    chiarisce - e conferma - l’orientamento messo nero su bianco ieri, con un 
    intervento sul Piccolo. «Se nei prossimi mesi - così aveva scritto - i 
    controlli commissionati dalla procura fornissero una media annuale delle 
    emissioni nocive oltre i limiti di legge, il provvedimento di chiusura 
    diverrebbe inevitabile». 
    «La legge - ha spiegato ieri sera Dipiazza - dice che per agire devo avere 
    un anno di sforamenti medi. Finora ne sono stati rilevati quattro, nei quali 
    l’azienda sanitaria ha certificato per la prima volta che non si tratta di 
    semplice imbrattamento, ma che tali emissioni nuocciono gravemente alla 
    salute». 
    Ma a chi spetterebbe, nel concreto, decidere la chiusura della Ferriera? 
    «Non è che domani - precisa - il sindaco va lì e dice ”chiudete tutto”. Mi 
    confronterò con la procura, è del tutto evidente. L’attuale proprietà, in 
    questo momento, dovrebbe essere furba e fare il possibile affinché la 
    trattativa con Arvedi vada avanti». Un rientro delle emissioni nei parametri 
    di legge, dunque, è per Dipiazza il presupposto-base per l’eventuale 
    passaggio della Ferriera dal gruppo Lucchini a quello di Cremona. E anche 
    davanti ad Arvedi, incalza il primo cittadino, «servirà un’unità 
    istituzionale tale da imporre alla nuova proprietà tutti i paletti 
    ambientali già prima di concludere l’affare». 
    «Ho avuto la sensazione che Arvedi abbia l’intenzione di presentare un piano 
    industriale compatibile con l’aspetto ambientale», conferma l’assessore 
    regionale al lavoro Roberto Cosolini. Il quale, però, bolla l’ultima uscita 
    di Dipiazza. «Non mi stupisce - commenta Cosolini - quanto ha detto il 
    simpatico sindaco. È chiaro che se le violazioni delle norme ambientali 
    comportano danni accertati alla salute dei cittadini, chi ha la 
    responsabilità di decidere dei provvedimenti lo deve fare. Il principio 
    della tutela della salute, tuttavia, è argomento troppo delicato per farlo 
    scivolare nel dibattito politico. È il momento di azioni serie e rigorose, 
    non di annunci roboanti quanto inconcludenti. Per anni Dipiazza ha 
    continuato a dire ”chiudo, chiudo”. Salvo poi, quando è emersa la soluzione 
    Arvedi, assumersi meriti che non aveva dicendo ”ho fatto bingo, salvo 
    l’industria e l’ambiente”. Ora, invece, se ne torna allo scoperto con un 
    nuovo annuncio». 
    Un annuncio, come lo chiama Cosolini, che peraltro arriva a pochi giorni di 
    distanza dalla missione triestina del ministro dell’Ambiente, il verde 
    Alfonso Pecoraro Scanio. Ed è proprio un altro verde, il consigliere 
    regionale Alessandro Metz,, a suggerire la strada più radicale. «I dati 
    ambientali - tuona Metz - dimostrano che la Ferriera in città non ci può più 
    stare. Le istituzioni, dal Comune alla Regione fino allo Stato, dovrebbero 
    farsi carico di garantire il prima possibile un reddito a chi lavora in 
    quello stabilimento. Facciamo questo passo anziché aspettare la solita 
    alternativa occupazionale. Ritengo che, anche sotto il profilo finanziario, 
    sarebbe più conveniente». 
    Dal fronte sindacale, intanto, l’uscita di Dipiazza scatena una pioggia di 
    critiche. «Mi sembra che il sindaco sia un po’ volubile visto che fino a 
    dieci giorni fa si era dimostrato entusiasta dell’ipotesi Arvedi», rileva il 
    segretario provinciale della Cgil Franco Belci. «Trovo che con le parole del 
    primo cittadino - gli fa eco Wally Trinca per l’Ugl - si fornisca un pessimo 
    biglietto da visita ad Arvedi». «Mi piacerebbe - aggiunge il segretario 
    della Uilm Enzo Timeo - che chi parla di chiusura adoperasse la medesima 
    forza, che ci mette per la difesa dell’ambiente, anche per la 
    riqualificazione dei posti di lavoro». «La questione è politica fin dal 2001 
    - fa notare infine il segretario provinciale della Cisl Luciano Bordin, 
    secondo cui «occorre un percorso condiviso e preciso altrimenti si rischia 
    di restare ostaggi del solito ricatto ”lavoro o ambiente”, 
    deresponsabilizzando al tempo stesso l’azienda». 
    
    Piero Rauber  | 
  
 
 
  
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    Sul Corridoio 5 oggi incontro 
    ad Aurisina  | 
  
  
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    Il percorso sul Carso del 
    Corridoio 5: progetti, problemi e proposte: è il tema di un'assemblea 
    pubblica organizzata dai consiglieri comunali di centro sinistra di Duino 
    Aurisina per stasera, con inizio alle 20.30, nella sala maggiore del circolo 
    Igo Gruden di Aurisina. 
    All'incontro, che avrà un carattere prevalentemente informativo, 
    parteciperanno il presidente della quarta commissione regionale (trasporti) 
    Uberto Drossi Fortuna, il direttore compartimentale delle ferrovie, 
    responsabile del progetto, ing. Mario Goliani, il capo della segreteria 
    dell'Assessore regionale Sonego, dott. Carlo Fortuna, e il geologo 
    dell'Osservatorio geofisico sperimentale Livio Sirovich. 
    Obiettivo del centrosinistra, che organizza l'appuntamento, è quello di 
    illustrare ai residenti il percorso del Corridoio 5 per quanto concerne 
    prevalentemente il tratto che interessa il comune di Duino Aurisina. 
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IL PICCOLO -
 DOMENICA , 29 
luglio 2007
   
   
  
  Verdi: 
  «Ferriera, servono controlli anche sul pesce delle acque circostanti»  - 
  Dopo la visita del ministro Pecoraro Scanio 
 
 
Con l’istituzione del tavolo tecnico 
sulla questione Ferriera ci sarà più attenzione nella verifica degli interventi 
di controllo e messa in sicurezza dell’impianto servolano. È questo uno dei 
punti qualificanti espressi dal ministro per l’Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio 
nel suo recente passaggio a Trieste. Una posizione che il gruppo dei Verdi ha 
voluto riproporre ieri in una conferenza stampa organizzata nel palazzo del 
Consiglio regionale alla quale hanno partecipato anche alcuni residenti di 
Servola.
«Sarà un tavolo da dove verranno avviati dei controlli all’impianto siderurgico 
secondo obiettivi parametri di valutazione validi a livello nazionale e europeo 
– ha spiegato il presidente regionale dei Verdi Gianni Pizzati –, e non 
basandosi sui soli dati forniti dall’azienda. Perché ormai deve essere chiaro 
per tutti che quando si parla dei risultati delle emissioni prodotte da quegli 
impianti non ci si trova davanti a imbrattamenti ma a inquinamento vero e 
proprio. Sulla questione – ha continuato Pizzati – concordano tutti, sindacati 
compresi, e dunque il problema Ferriera deve essere inquadrato nel tema delle 
bonifiche. Se dunque è vero che numerose aziende non aspettano altro che il 
recupero di tante aree per potervisi insediare, è logico pensare che attraverso 
ammortizzatori sociali e altri strumenti anche i lavoratori dell’impianto 
siderurgico potrebbero essere facilmente assorbiti da nuove realtà di 
produzione. La Ferriera ora non chiude ma partiranno quelle indagini che ci 
porteranno a delle definitive conclusioni».
«I recenti dati forniti dal Centro interdipartimentale di gestione e recupero 
ambientale dell’ateneo triestino al sostituto procuratore della Repubblica 
Federico Frezza – ha continuato il consigliere regionale Alessandro Metz – 
dicono che oggi la questione principale sul versante Ferriera riguarda la salute 
dei cittadini. L’accertata presenza di sostanze inquinanti, che oltre a essere 
state rilevate nell’area risultano pure nella circostante area marina, ci 
obbligano a chiederci se le stesse siano entrate nella catena alimentare del 
nostro comprensorio. Chiederemo controlli anche sui pesci del golfo».
I Verdi hanno inoltre commissionato uno studio dal quale - secondo Metz - 
emergono «chiaramente le modificazioni della linea di costa nell'area della 
Ferriera di Servola», in base alla rilevazione dei fotogrammi aerei fatti dal 
1974 al 1990.
m.l. 
 
  
 
    
    «Piano regolatore, salvo lo 
    sviluppo» - L’intera maggioranza critica l’opposizione per l’uscita 
    dall’aula al momento del voto 
  
 
   
  
  «Approvando le direttive per la 
  predisposizione della variante al Piano regolatore noi abbiamo limitato l’edificabilità 
  nel centro urbano e nella prima periferia, e bloccato la cementificazione in 
  Costiera, senza interrompere però lo sviluppo socio-economico di Trieste. 
  L’opposizione, invece, avrebbe voluto fermare totalmente l’attività edilizia 
  in città e togliere lavoro a tanta gente, in nome di una salvaguardia 
  indiscriminata del territorio». Così, all’unisono, i capigruppo dei partiti di 
  centrodestra in Comune, riuniti ieri per una conferenza in cui hanno ribadito 
  ancora una volta le motivazioni alla base del sì unanime sulla delibera sugli 
  indirizzi per la variante al Prg.
  La polemica sul voto di giovedì sera, infatti, non tende a placarsi. E 
  all’opposizione, uscita dall’aula, lasciando campo libero alla maggioranza 
  (che ha appunto approvato il documento), il centrodestra replica con un’unica 
  voce. Forza Italia, Alleanza Nazionale, Udc e Lista Dipiazza difendono a spada 
  tratta la delibera approvata. «Dopo la contrarietà iniziale, An ha deciso di 
  votare sì perchè il sindaco e la giunta hanno mostrato apertura nei confronti 
  del consiglio - ha spiegato la capogruppo Alessia Rosolen -. E l’aula ha avuto 
  la possibilità di emendare il documento e migliorarlo». «In questo modo siamo 
  riusciti a salvaguardare l’ambiente e il diritto dei lavoratori - ha aggiunto 
  il forzista Piero Camber -. Ds, Verdi e Prc hanno chiesto di bloccare i 
  progetti che hanno già ottenuto le concessioni dal Comune e dalla Regione: 
  impossibile. Questo si chiama eccesso di potere e i proprietari farebbero 
  sicuramente ricorso al Tar».
  Fari puntati, inoltre, sulle «spaccature tra Margherita e Ds»: «La Margherita 
  ha presentato degli emendamenti diversi da quelli della sinistra radicale - ha 
  aggiunto Camber - che erano delle fotocopie dei nostri». «Sono usciti 
  dall’aula perchè erano divisi - questa l’opinione di Roberto Sasco, capogruppo 
  Udc -. Con il Pd che sta prendendo forma loro non possono mostrare di essere 
  su posizioni opposte. Il documento approvato è condiviso da tutte le 
  categorie». «Il centrosinistra ha dimostrato di essere incapace di fare 
  politica - ha concluso Gianfranco Trebbi (Lista Dipiazza)- abbandonando l’aula 
  perchè non aveva una linea politica comune». 
  e.c. 
  
  
 
 
 
 
 
IL PICCOLO - SABATO, 28 
luglio 2007
 
 
  
  Piano regolatore, dopo il voto 
  è bagarre  - Il centrodestra: «Salvata la Costiera». Omero: «Il sindaco 
  ha tradito le promesse»
 
 
La discussione sulla delibera per 
le direttive sulla variante non si è chiusa in aula: polemica tra maggioranza e 
opposizione 
Il sindaco: «Sono state raccontate falsità, ero pronto ad accogliere il secondo 
emendamento ma poi la situazione è completamente precipitata»
Stop alla cementificazione in Costiera: questa una delle conseguenze 
dell’approvazione della delibera sulle «direttive per la predisposizione della 
variante generale al Piano regolatore». Ma dopo la bagarre scoppiata in 
Consiglio comunale, maggioranza e opposizione sono ancora in rotta di 
collisione. Giovedì sera gli esponenti della minoranza avevano infatti 
abbandonato l’aula prima del voto, lasciando che la maggioranza bocciasse tutti 
gli emendamenti del centrosinistra e approvasse il documento all’unanimità, con 
24 sì. 
Centrodestra e centrosinistra continuano a commentare il voto «mancato» della 
minoranza. Così il diessino Fabio Omero: «Dipiazza, dopo aver proclamato che i 
nostri emendamenti sarebbero stati presi in considerazione – ha precisato ieri 
Omero in una conferenza stampa congiunta del centrosinistra – non li ha neppure 
letti. Il sindaco è un fanfarore». Sulla stessa linea anche il Cittadino Roberto 
Decarli: «D’ora in poi la nostra sarà un’opposizione durissima». E Alessandro 
Minisini (Margherita) ha rincarato la dose: «Il documento dell’altra notte 
favorirà ancor di più il processo di cementificazione. Dipiazza è un 
temporeggiatore». Iztok Furlanic, di Rifondazione comunista, non ha esitato a 
definire il primo cittadino una «banderuola», mentre Alfredo Racovelli (Verdi) 
ha evidenziato che «con questo provvedimento la maggioranza ha autorizzato la 
cancellazione di intere aree verdi nella zona di Barcola e sulla salita di 
Contovello». 
Dichiarazioni a cui il primo cittadino si è affrettato a rispondere: «Giovedì 
sera l’opposizione ha difeso delle tesi basate su bugie - ha affermato Dipiazza 
-. Io avevo annunciato che l’emendamento numero due, presentato dal 
centrosinistra, sarebbe stato accettato e inserito nella delibera di giunta, ma 
poi la situazione è precipitata. L’opposizione si è barcamenata per ore facendo 
mera polemica, attaccando la maggioranza. Gli esponenti di centrosinistra hanno 
raccontato alla gente falsità: ad esempio che se la delibera fosse stata 
bocciata, il «cubone» di Campo Marzio non avrebbe potuto essere realizzato: 
un’assurdità, perchè i progetti già approvati non possono essere bloccati».
E tutto il centrodestra fa squadra intorno al sindaco. Per Piero Camber (Fi) 
l’opposizione «puntava a bloccare completamente lo sviluppo della città. Noi 
invece - ha spiegato - abbiamo approvato una delibera che prevede, ad esempio, 
che zone di particolare pregio ambientale come la Costiera, vengano tutelate: a 
partire da oggi nessuna domanda per l’edificazione in quella zona sarà 
accettata. Se fossero passati i loro emendamenti, però, non si sarebbe più 
costruito nulla per i prossimi anni. Loro hanno dovuto abbandonare l’aula solo 
per nascondere le divisioni tra Ds e Margherita». 
«Se fosse stato per l’opposizione - ha aggiunto Roberto Sasco (Udc) - in zone 
come quella della Fiera, del Burlo e di Campo Marzio si sarebbero potuti 
costruire solo giardini, musei, scuole o case Ater. Invece serve lasciare libera 
la strada a eventuali accordi tra pubblico e privato, per il rilancio della 
città. Ora dobbiamo lavorare insieme, ma il centrosinistra non deve fare 
propaganda. L’emendamento numero due è stato bocciato perchè privo di 
contenuti». Concorde Alessia Rosolen (An): «Quell’emendamento includeva dei 
vincoli urbanistici che erano già inclusi in un emendamento della maggioranza 
quindi diventata inutile approvarlo. La minoranza non ha voluto costruire un 
dialogo con noi su un tema importanti per la città». 
e.c.  - u.s.
 
 
  
  L’acquisto della 
  Ferriera
 
 
Di recente su questo quotidiano è 
apparsa la notizia secondo la quale il gruppo Arvedi sarebbe intenzionato ad 
acquistare la Ferriera.
Tale notizia ha destato interrogativi a Trieste e anche a Muggia; non va infatti 
dimenticato che con il vento di Bora i fumi della Ferriera possono arrivare fino 
a Muggia. E visto che gli strumenti di rilevamento dell’Arpa hanno fornito per 
Muggia un quadro tutt’altro che tranquillizzante la notizia di un possibile 
raddoppio dell’altoforno e del mantenimento della cokeria ha causato 
preoccupazione.
Premesso che deve essere garantito l’impegno per assicurare ai lavoratori un 
nuovo impiego, va comunque ribadita la necessità di trovare una soluzione anche 
e soprattutto dal punto di vista ambientale nell’interesse di Muggia, di una 
considerevole parte di Trieste e dei lavoratori stessi. Dal giornale apprendo 
che il gruppo Arvedi in una presentazione ha sintetizzato la politica ambientale 
complessiva di tutte le aziende precisando che per le emissioni, grazie ai 
sistemi di filtrazione, i limiti possono essere da 3 a 10 volte inferiori ai 
limiti di legge.
Il giorno successivo sul giornale si legge però che tra le ipotesi allo studio 
c’è la riapertura del secondo altoforno e che per compensare e ridurre le 
emissioni un’altra ipotesi potrebbe essere quella di rallentare (in maniera 
modulata a seconda delle stagioni e delle condizioni atmosferiche) la produzione 
di coke riducendo la produttività della cokeria. Ma non avevano detto che le 
emissioni possono essere ridotte, con sistemi di filtrazione, da 3 a 10 volte 
sotto il limite di legge?
Sempre dalla stampa apprendo che la recente perizia redatta da un esperto per 
conto della Procura della Repubblica precisa che per la Ferriera le emissioni 
non potranno essere ridotte in alcun modo oltre il 46%.
Considero pienamente attendibile la perizia e ritengo che la chiusura 
dell’impianto, richiesta da migliaia di cittadini, sia ormai inderogabile.
Fabio Longo
 
 
 
IL PICCOLO - VENERDI' , 27 
luglio 2007
 
 
    
    Piano regolatore, frattura in 
    aula: la minoranza abbandona i lavori e la maggioranza vota da sola  - 
    Bocciati tutti gli emendamenti dell’opposizione 
  
 
  
  Frattura in Consiglio comunale 
  sugli indirizzi della variante al piano regolatore. Ieri a tarda sera, poco 
  prima di mezzanotte, il colpo di scena con l’uscita della minoranza dell’aula 
  dopo la scoperta, alla fine di interminabili discussioni, che la maggioranza, 
  nonostante l’accordo iniziale al vertice dei capigruppo, avrebbe violato i 
  patti non accogliendo nemmeno i due emendamenti (su oltre 30) inizialmente 
  accettati. «Avete infranto i patti – ha tuonato il capogruppo dei Ds, Fabio 
  Omero – allora questa sarà solo la vostra variante». Poi l’uscita dall’aula. 
  La maggioranza a questo punto ha completato la bocciatura di tutti e 30 gli 
  emendamenti, ha accolto solo i suoi e ha approvato all’unanimità, dopo 
  mezzanotte, la delibera sulle «direttive per la predisposizione della variante 
  generale al Piano regolatore». Una prova di forza in barba alle 
  raccomandazioni fatte dal sindaco Roberto Dipiazza che poche ore prima aveva 
  invitato alla collaborazione.
  Tema nodale il ripensamento dell’espansione edilizia voluta dall’ex giunta 
  Illy, nuovi interventi di riduzione e salvaguardia di alcune aree. Oltre a 
  riduzioni della cementificazione sulla Costiera si sta pensando a una 
  reinterpretazione pure per la fascia di abitazioni attorno al centro storico. 
  Congelata qualsiasi ipotesi di cuboni, niente demolizioni ma recupero, ovvero 
  manutenzione straordinaria, restauro e conservazione del patrimonio edilizio. 
  Tra le novità la cancellazione definitiva del Cimitero per cani.
  Un consiglio comunale lunghissimo quello di ieri iniziato alle 17 con 
  l’intervento del sindaco Roberto Dipiazza che è intervenuto sul trasferimento 
  dell’International School da Opicina a Basovizza e ha «tirato le orecchie» 
  all’opposizione per l’eccessiva durezza contro il progetto. Ma il sindaco ha 
  anche invitato (invano) la maggioranza a lavorare assieme all’opposizione su 
  questa predisposizione delle direttive. Una delibera predisposta dalla giunta, 
  come ha spiegato il relatore di maggioranza, l’assessore all’urbanistica, 
  Maurizio Bucci che fa una ricognizione-analisi della mappa tracciata dal Piano 
  regolatore individuando le aree più critiche dove secondo la maggioranza 
  bisogna intervenire.
  È stato allora che il capogruppo dei Ds, Fabio Omero ha chiesto la 
  convocazione della conferenza dei capigruppo per risolvere la questione degli 
  oltre 30 emendamenti. Un vertice durato oltre due ore. Alla fine era sembrato 
  che fossero stati accolti solo due emendamenti, uno in particolare che poneva 
  alcune linee di principio adottate dalla maggioranza (concetti generici come 
  limiti di massima dell’edilizia, la salvaguardia delle aree protette, la 
  riduzione del consumo del territorio e la riduzione dell’urbanizzazione). Una 
  decisione che ha scontentato la minoranza che ha comunque illustrato, uno ad 
  uno gli emendamenti poco dopo in aula rendendo inutile la Conferenza dei 
  capigruppo.
  Numerosi gli interventi che si sono protratti sino a tarda ora. Poco prima di 
  mezzanotte il colpo di scena con l’uscita della minoranza e il voto alla 
  delibera. 
  
 
 
    
    «Ferriera, svolta ambientale 
    con Arvedi»  - Cgil e Uil indagano a Cremona: «Un imprenditore serio»
     
 
  
  I sindacati hanno affrontato la 
  questione inquinamento e investimenti con il ministro Pecoraro Scanio 
  Con l’arrivo del gruppo Arvedi una svolta per la situazione ambientale 
  della Ferriera di Servola? Una questione che è stata affrontata dai sindacati 
  mercoledì scorso durante la riunione con il ministro dell’Ambiente Alfonso 
  Pecoraro Scanio. C’è molta attesa sull’arrivo del gruppo di Cremona che ha 
  chiesto alla Lucchini-Severstal di rilevare la Ferriera, sia sul fronte del 
  piano industriale che ambientale. E le notizie raccolte dal giornale e dai 
  sindacalisti a Cremona appaiono confortanti. Anche sul fronte economico come 
  dimostrano i dati di bilancio appena resi noti.
  «Siamo in attesa di avere elementi di certezza – spiega il segretario della 
  Cgil, Franco Belci – lo abbiamo anche detto al ministro. Ma il passaggio di 
  proprietà potrebbe mutare radicalmente lo scenario dello stabilimento. Il 
  gruppo è robusto sotto il profilo economico-finanziario come attestano i dati 
  di bilancio». Ma soprattutto le notizie che arrivano da Cremona sono positive: 
  «Le informazioni che abbiamo raccolto alla Cgil di Cremona mettono in luce un 
  soggetto imprenditoriale importante – aggiunge Belci – sensibile alle 
  tematiche ambientali, attento alle relazioni sindacali e allo sviluppo della 
  contrattazione integrativa. L’azienda ha sempre messo in campo piani 
  industriali seri, investendo su ricerca e sviluppo e garantendo buoni livelli 
  occupazionali. Sono premesse interessanti che ci auguriamo trovino riscontro».
  Secondo i dati di bilancio 2006 il gruppo ha incrementato il fatturato del 16% 
  con ricavi per 1.160 milioni. Migliorato il margine operativo lordo del 22,8% 
  (da 108 ,8 a 133,6 milioni), l’utile netto è di 31,5 milioni in crescita 
  (+64,2%) rispetto al 2005. Ridotto pure l’indebitamento finanziario di 50 
  milioni, pari al 31,2%.
  Cgil, Cisl e Uil hanno detto chiaramente al ministro Pecoraro Scanio: ora non 
  ci sono alternative al proseguimento della produzione in Ferriera fino a 
  quando non sorgeranno altre iniziative industriali dopo le bonifiche. Ma 
  bisognerà fermare le emissioni nocive e fare gli investimenti ambientali, in 
  attesa di Arvedi. Anche la Uil ha fatto alcune verifiche a Cremona. «Non mi 
  esprimo ancora su Arvedi senza vedere un piano industriale – afferma il 
  segratario della Uil, Luca Visentini – ma dalle indiscrezioni raccolte e dalle 
  verifiche che abbiamo fatto a Cremona ci sembra un imprenditore serio. Sul 
  tema della Ferriera comunque il ministro Pecoraro Scanio ha mantenuto un ruolo 
  defilato, più positiva invece la situazione della soluzione del problema 
  bonifiche».
  Un tema decisivo quello delle bonifiche che potrebbe portare a reali 
  opportunità dopo l’arrivo di nuove imprenditori nelle aree ripulite. «È 
  chiaro, se non si liberano spazi non arrivano nuove imprese che potrebbero 
  assorbire gli eventuali esuberi della riconversione della Ferriera – conclude 
  il segretario della Cisl, Luciano Bordin – lo abbiamo detto chiaro al 
  ministro. Abbiamo dato un’apertura di credito al gruppo Arvedi, non ho alcun 
  motivo per dubitare sulla sua serietà e ipotizzare un cambiamento. In questa 
  situazione non credo che la chiusura della Ferriera si possa ipotizzare prima 
  del 2015. E una volta per tutte, anche visto il possibile arrivo di Arvedi, i 
  politici devono dirci se vogliono o meno la Ferriera. Arvedi non viene a fare 
  il pasticcere, ma un’industria siderurgica. Si sa quello che ci aspetta».
  
  
  Giulio Garau
  
 
 
    
    Un vertice a 
    Roma per la Baia di Sistiana Wwf contro le ingerenze politiche di Illy e Ret
 
 
  
  Wwf alza la difesa a tutela della 
  Baia di Sistiana. Nel mirino degli ambientalisti il sindaco di Duino Aurisina, 
  Giorgio Ret e il presidente della regione, Riccardo Illy «che stanno tentando 
  – hanno detto ieri Dario Predonzan e Guido Pesante, esponenti locali del Wwf – 
  di ingerirsi in questioni prettamente tecniche, facendo leva sul proprio ruolo 
  politico». Lo spunto per questa nuova e decisa presa di posizione dei 
  rappresentanti del Wwf di Trieste è stata la notizia di un prossimo incontro 
  fissato fra lo stesso Ret e il direttore generale del ministero dell’Ambiente. 
  «Il fatto che il sindaco di Duino Aurisina sia ricevuto a Roma dal diretto 
  superiore dell’architetto Stefano Rezzi, il Soprintendente per i beni 
  ambientali e culturali del Friuli Venezia Giulia «che per ben due volte ha 
  bocciato l’autorizzazione firmata dall’amministrazione comunale di Duino 
  Aurisina, che dava il via alla cementificazione – hanno precisato Predonzan e 
  Pesante – la dice lunga sulla volontà della classe politica locale di imporsi 
  comunque, allo scopo di perseguire i propri interessi, nonostante i pareri 
  contrari espressi dai tecnici». A preoccupare i due esponenti del Wwf il fatto 
  che «anche il sottosegretario Ettore Rosato – hanno affermato Predonzan e 
  Pesante – avrebbe sponsorizzato l’incontro fra Ret e il direttore generale del 
  ministero, intervendo personalmente sul ministro Francesco Rutelli». I due 
  ambientalisti hanno parlato di «maleodorante affaire politico affaristico, nel 
  quale pesanti e inammissibili interferenze della politica si accompagnano a 
  inquietanti silenzi». Sulla polemica relativa al futuro della Baia di Sistiana 
  si è impegnato anche il presidente nazionale del Wwf, Enzo Venini, che ha 
  scritto una lettera a Rutelli nella quale sottolinea «lo scarso rilievo che 
  può avere il giudizio di Riccardo Illy sulla qualità paesaggistica del 
  progetto, soprattutto se messo a confronto – evidenzia nel testo – con la 
  complessa analisi formulata dall’organo tecnico competente, che è la 
  Soprintendenza del Friuli Venezia Giulia». Venini, Predonzan e Pesante sono 
  molto preoccupati per «il tentativo attuato da Ret e Illy di delegittimare il 
  Soprintendente Rezzi, per ottenere una nuova e più favorevole valutazione sul 
  progetto turistico concernente la Baia di Sistiana».
  Ugo Salvini 
  
 
 
 
 
IL PICCOLO - GIOVEDI' , 26 
luglio 2007
 
 
  
  Pecoraro: supervertice per la 
  Ferriera  - Il ministro ha proposto anche un accordo di programma per le 
  bonifiche
 
 
L’esponente del governo si è 
confrontato con le autorità locali sulle problematiche ambientali più urgenti
Giornata triestina per il rappresentante dell’esecutivo con delega all’ambiente
Un nuovo sistema di rilevazione degli inquinanti, forse anche nuove e più 
sofisticate (e precise) centraline per il monitoraggio, per analizzare le 
emissioni della Ferriera «per provare che lo stabilimento inquina e non imbratta 
soltanto», ma anche la qualità dell’aria. Poi un tavolo, in Prefettura, a cui 
prenderanno parte pure i tecnici del ministero dell’Ambiente e dove siederanno 
il Comune, l’Azienda sanitaria e i vertici dello stabilimento per verificare che 
siano applicate da parte dell’azienda siderurgica tutte le misure necessarie a 
ridurre l’inquinamento e le emissioni nocive.
Doveva soltanto «ascoltare» il ministro dell’Ambiente, Alfonso Pecoraro Scanio, 
in realtà ieri durante la giornata trascorsa a Trieste, fitta di riunioni e 
incontri, ha dato un serie precisa di suggerimenti e di indicazioni sulle misure 
da adottare. Innanzitutto sullo stabilimento siderurgico su cui c’è lo stato di 
allerta per le emissioni. Ma poi il ministro ha anche affrontato l’altra grande 
questione, quella delle bonifiche e il problema della paralisi dello sviluppo 
industriale. E anche in questo caso, ha dato le risposte che gran parte degli 
attori locali, da Ezit ad Autorità portuale, sino ai Comuni di Trieste, San 
Dorligo della valle e Muggia (che si sono rivolti alla Regione per fare fronte 
unico), si attendevano. Il ministero dell’Ambiente aveva ipotizzato la necessità 
di un accordo di programma, la bozza è stata mandata a Trieste, le istituzioni 
hanno fatto modifiche ed ora il documento torna al ministro, promotore la 
Regione, per il placet.
Obiettivo, avviare realmente l’iter delle bonifiche e sbloccare la paralisi del 
tessuto industriale. Scorciatoie e buonismi? Niente affatto. Il ministro 
Pecoraro Scanio è stato netto: «È interesse del Governo e del ministero che le 
bonifiche si facciano, e non che si proclamino soltanto facendo chiacchiere. Il 
principio è uno solo ed è anche comunitario: chi inquina paga, e soluzioni di 
uscita vere. Lo abbiamo fatto a Bagnoli dove è stata data un’accelerazione 
facendo partire le bonifiche dopo anni di stasi, è successo a Gela dove sono 
stato il primo ministro dell’Ambiente a fare una visita. Accadrà pure a 
Trieste».
Pecoraro Scanio non ha parlato nè di legge 152 (quella invocata dalle 
istituzioni locali che chiedono la sua applicazione) e nemmeno del sistema di 
«analisi del rischio» per velocizzare le pratiche: «Le bonifiche si fanno e 
basta – ha tagliato corto – senza furbizie e con criterio scientifico. Chi 
inquina paga i danni e chi ha acquistato a basso prezzo aree e terreni 
approfittando, e sapeva, dovrà rimediare. Noi aiuteremo solo chi non ha 
inquinato e daremo una mano alle piccole e medie imprese che hanno difficoltà, 
velocizzeremo le pratiche burocratiche». Un approccio «intelligente» ha spiegato 
il ministro che sarà «modulato». Ovvero: «Bisognerà tenere conto delle 
circostanze e dei progetti – ha spiegato il ministro – privilegiando la 
reindustrializzazione con l’uso delle energie rinnovabili. Nel caso si decida di 
realizzare ad esempio uno stabilimento di pannelli fotovoltaici non servirà una 
bonifica totale, nel caso invece si pensi a un’azienda alimentare o a un luogo 
dove si riunisce del pubblico bisognerà pulire a fondo».
Lo ha detto chiaramente il ministro dell’Ambiente che sogna per quest’area del 
Paese dell’«estremo Nordest» una «riconversione ecologica dell’economia». Magari 
utilizzando il potenziale di innovazione e di ricerca locali. Ma per veder 
muoversi qualcosa localmente, Pecoraro Scanio ha avvertito subito le 
istituzioni, bisognerà attendere settembre. 
Una visita lunga e intensa quella del ministro dell’Ambiente (Pecoraro tra 
l’altro ha parlato anche di temi nazionali come l’emergenza incendi, delle 
intercettazioni e sul referendum) iniziata alle 11 con l’incontro con il 
direttore dell’Azienda sanitaria Franco Rotelli. Si è parlato della qualità 
dell’aria, delle diatribe sulle misurazioni effettuate da una parte dalle 
centraline dell’Arpa, dall’altro dei contributi del Cigra e degli ultimi 
sforamenti dei limiti di legge della Ferriera che ora vive un momento delicato 
dopo la manifestazione di interesse alla Lucchini da parte del gruppo Arvedi di 
Cremona. Con Rotelli Pecoraro Scanio ha anche affrontato il rilancio del parco 
di San Giovanni. Poi la corsa per l’incontro con il sindaco Roberto Dipiazza che 
al termine ha riconosciuto che «pur di parti politiche opposte, sulla questione 
ambientale abbiamo avuto la stessa identità di vedute». Subito dopo l’incontro 
con esponenti della Teseco, l’unica ad aver avviato le bonifiche nell’area ex 
Aquila, la scorsa settimana. Infine l’incontro con alcuni abitanti di Servola.
Nel pomeriggio il colloquio con la presidente della provincia, Maria Teresa 
Bassa Poropat e il vertice sulle bonifiche co-presieduto dall’assessore 
regionale all’Ambiente Gianfranco Moretton: c’erano tutti, dagli Industriali con 
il presidente Corrado Antonini al presidente dell’Ezit Mauro Azzarita, la 
Poropat per la Provincia, il comune di Trieste con Dipiazza, quello di Muggia 
Nerio Nesladek, di Dolina Fulvia Premolin, e il presidente dell’Autorità 
portuale, Claudio Boniciolli. Chiusura finale con i sindacati, Cgil, Cisl e Uil 
guidati dai tre segretari Franco Belci, Sergio Bordin e Luca Visentini. 
Giulio Garau
 
 
  
  Dagli abitanti 
  di Servola un dossier sull’inquinamento
 
 
«Una situazione veramente 
allarmante». Il ministro Alfonso Pecoraro Scanio aveva la faccia scura quando ha 
commentato al termine dell’incontro con una delegazione di abitanti di Servola. 
Una quindicina di persone, gente semplice, famiglie, anche un ragazzo giovane. 
Hanno portato pure un «omaggio» al ministro, un sacchetto di carbone con la 
«raccolta» di una notte.
«Voglio interventi che portino a soluzioni e non altri palleggiamenti di 
responsabilità. Conosco bene la situazione di Servola, ci sono stato, ho 
visitato la zona e la Ferriera» ha aggiunto Pecoraro Scanio che ha rimandato i 
controlli e la definizione della strategia di controllo da adottare al tavolo 
della prefettura. «Ordinare la sospensione dell’attività dello stabilimento? No, 
siamo in un Paese federalista, il ministro chiede di tutelare l’ambiente, tocca 
alle autorità locali il resto. Sono loro che devono affrontare la questione con 
azienda, lavoratori e sindacato».
E ieri a nome di tutti i presenti una donna servolana, Alda Sancin, padre e 
nonni ex lavoratori in Ferriera, ha consegnato una lettera al ministro per 
spiegare in dettaglio la situazione. Il fatto che per molte ore del giorno e 
della notte l’aria è irrespirabile», poi la presenza di una nuvola che si spande 
su un abitato di circa 20mila residenti. Particelle di grafite che penetrano 
dappertutto, granuli di materiale ferroso che si infiltrano, carbone. Per non 
parlare delle polveri e dei fumi che entrano nelle scuole, asili infantili, nidi 
e ricreatori che accolgono complessivamente 1500 bambini dai 0 ai 14 anni.
 
 
  
  «Corridoio 5, cittadini da 
  informare»: consiglio diviso a Duino Aurisina - Polemica sulla mozione del 
  centrosinistra 
 
 
DUINO AURISINA E' stata «baruffa» 
sul Corridoio 5. Il consiglio comunale di Duino Aurisina svoltosi ieri è durato 
circa sei ore, e ha visto tra gli argomenti principali una serie di variazioni 
di bilancio e riconoscimento del debito (votate dalla maggioranza, salvo un caso 
in cui l'opposizione si è astenuta) e la nomina della commissione sulla 
Toponomastica, per l'avvio del lavoro di attribuzione sul territorio dei nomi 
delle vie.
Ma a tenere banco è stata, soprattutto, una mozione e una interrogazione 
presentata dall'opposizione (rispettivamente da Rozza e Gabrovec). La mozione 
impegnava il sindaco a dare informazione ai cittadini e richiedere informazioni 
a regione e governo sul tracciato approvato dell'infrastruttura, per quanto 
concerne il territorio di Duino Aurisina. L'opposizione non ha accettato di 
votare la mozione e ha proposto un proprio testo, che ha lo stesso obiettivo, ma 
con una formulazione più «light». Votata all'unanimità (l'opposizione ha 
commentato di aver votato per «senso di responsabilità», mentre la maggioranza 
aveva considerato «invotabile quella della sinistra, perché sul corridoio 5 
basta demagogia e mala informazione») ora porta in primo piano l'impegno del 
sindaco a ottenere da Governo e Regione i documenti ufficiali, finali e 
approvati relativamente al tracciato.
A destra, intanto, Alleanza nazionale sostiene che «da tempo il gruppo dei 
Verdi, che siede in consiglio comunale di Duino Aurisina come opposizione, in 
maggioranza in Provincia di Trieste, alla Regione Fvg, al Governo, sta cercando 
di accusare il Sindaco Ret di scarsa informazione alla cittadinanza sul progetto 
del Corridoio 5. Abbiamo notizie di cittadini ai quali sono stati illustrati 
stralci di progetto, date informazioni allarmanti circa le abitazioni 
interessate al percorso e sulla costruzione di nuovi elettrodotti». La sinistra 
risponde confermando la propria preoccupazione, sostenendo che «è grazie al 
centrosinistra se a Duino Aurisina si affrontano questi argomenti», e con un 
incontro pubblico, organizzato per lunedì prossimo 30 luglio alle 20.30 al 
circolo Gruden di Aurisina, invitando rappresentanti delle ferrovie, esperti e 
l'amministrazione regionale. 
Come dire che un nuovo campo di battaglia, per le due fazioni, è ufficialmente 
aperto. 
 
 
  
  Un gazebo per 
  conoscere la raccolta differenziata
 
 
Sarà inaugurata oggi alle 10, in 
piazza della Borsa, la mostra sul recupero e il riciclaggio di materiali come 
l’acciaio, l’alluminio, la carta, il legno, la plastica e il vetro. Allestita a 
cura del Consorzio nazionale per il recupero degli imballaggi (Conai), la 
rassegna, che durerà fino a sabato, permetterà di approfondire il tema del 
recupero dei rifiuti. La mostra si inserisce nel Grand Tour nazionale del Conai. 
La tappa accompagnata, come tutte le altre, dalla promozione di una bellezza 
naturale locale; a Trieste è stata scelta la Grotta Gigante. Nel gazebo saranno 
fornite indicazioni per un corretto comportamento «che garantisca ai cittadini – 
ha detto il vice direttore del Conai, Walter Facciotto – di poter contribuire 
alla trasformazione dei rifiuti in risorse». L’assessore comunale Maurizio Bucci, 
ha ricordato che «Trieste si è dotata di un inceneritore, che rappresenta un 
vanto per la città». 
 
 
IL PICCOLO - MERCOLEDI' , 25 
luglio 2007
 
 
  
  Ferriera, il ministro vuole 
  nuove centraline  - Oggi in città Pecoraro Scanio per discutere anche 
  delle bonifiche
 
 
Previsti incontri con Rotelli, 
Dipiazza, Bassa Poropat e alcuni residenti di Servola 
Troppe incertezze sulle misurazioni degli inquinanti, troppi i contenziosi 
soprattutto in questa fase con la Ferriera di Servola dopo gli sforamenti delle 
emissioni, bisogna pensare a un sistema di monitoraggio certo e affidabile per 
Trieste. Lo chiederà oggi lo stesso ministro dell’Ambiente, Alfonso Pecoraro 
Scanio alle istituzioni nel corso dei vertici in città che dureranno tutta la 
giornata.
Proprio la Ferriera di Servola e in particolare e i problemi della salute dei 
cittadini sono il primo tema all’ordine del giorno. Il secondo punto che intende 
affrontare il ministro con le autorità locali è la questione dei siti inquinati 
e le bonifiche: oggi potrebbe essere la giornata della svolta e dello sblocco 
della paralisi al tessuto produttivo locale con precise indicazioni e una via 
d’uscita agevole.
Terzo e ultimo tema quello della fondazione Asia promossa dalla Provincia che 
punta alla formazione di tecnici ambientali: Pecoraro Scanio affiderà alla 
presidente Maria Teresa Bassa Poropat un cospicuo finanziamento per lanciare la 
struttura.
Una giornata intensa quella del ministro dell’Ambiente a Trieste che inizierà 
alle 10.45-11 negli uffici dell’azienda sanitaria locale. Pecoraro Scanio si 
incontrerà con il direttore Franco Rotelli. Alle 12 seguirà un vertice con il 
sindaco Roberto Dipiazza e al termine il ministro parlerà con un gruppo di 
cittadini di Servola. Alle 14 la visita alla Bassa Poropat sulla questione Asia 
e dopo la conferenza stampa, verso le 15.30 una riunione operativa in Prefettura 
con tutti gli attori delle bonifiche. Prima di ripartire per Roma il ministro 
incontrerà anche Cgil, Cisl e Uil. 
Nessun incontro con i vertici della Ferriera: Pecoraro Scanio vuole capire come 
Trieste sta affrontando la questione della salute dei cittadini soprattutto dopo 
l’allarme dell’azienda sanitaria e l’ordinanza del sindaco Dipiazza 
sull’emergenza provocata dalla Ferriera. Per quanto riguarda le emissioni 
industriali, ci sarebbe un’ambiguità di fondo nella legge secondo il ministero e 
dunque è necessario vagliare la situazione e mettere in piedi un sistema di 
monitoraggio affidabile per misurare gli inquinanti ma soprattutto per 
verificare la loro provenienza e la qualità dell’aria.
Sul fronte delle bonifiche, le istituzioni hanno fatto squadra e ci sarà una 
struttura unica che parla con il ministero. Quest’ultimo può impegnarsi a dare 
soluzioni per la messa in sicurezza con proposte economiche, agili e soprattutto 
reversibili. 
Giulio Garau
 
 
  
  Rigassificatori 
  in consiglio
 
 
Convocazione straordinaria del 
consiglio provinciale, alle 18 di domani, chiesta da Fi, An, Lista Dipiazza e 
Cdl per un’audizione del Comitato per la difesa e la salvaguardia del golfo a 
proposito dei progetti per i rigassificatori di Gnl.
 
 
  
  Piano regolatore, parte la 
  maratona in aula  - In discussione anche altre delibere urbanistiche. Il 
  Wwf: i cittadini siano presenti
 
 
Oggi e domani le sedute del 
consiglio comunale. Camber (Fi): tutela delle aree, trovato un punto di 
mediazione tra le diverse istanze 
Due-giorni impegnativa per il consiglio comunale, che prima della pausa 
estiva nelle sedute di oggi (dalle 18.30) e domani (dalle 17) dovrà approvare 
una serie di delibere tra cui quella sulle direttive per il nuovo piano 
regolatore. Il termine per presentare gli emendamenti al documento di giunta 
scadono stamani, ma il quadro è già chiaro. Gli stessi consiglieri di 
maggioranza hanno evidenziato la necessità di modificare il testo, giudicato 
generico e privo di risposte alle istanze di ambientalisti da una parte, e di 
ordini professionali e categorie economiche dall’altra.
La maggioranza consiliare ha trovato un accordo su un emendamento-quadro che 
secondo il capogruppo forzista Piero Camber «rappresenta una congrua via di 
mezzo». Primo elemento-chiave è che nelle zone B0, B1 e B2 (centro storico e 
aree di periferia edificabili) è consentita l’edificazione nei limiti minimi 
consentiti, ma si blocca la possibilità di raddoppio delle cubature, oggi 
permesso a chi abbia presentato un piano particolareggiato. Da questa 
limitazione sono però escluse «le aree comprese nei piani particolareggiati 
approvati o adottati per i quali sia già intervenuto parere favorevole da parte 
degli enti competenti». Su questa base potrebbero proseguire l’iter alcuni 
progetti da tempo in discussione, come i «cuboni» di via Belpoggio-Santa 
Giustina. La maggioranza poi prevede una salvaguardia nelle zone Bt (turistiche) 
e nella zona C2, nell’area della Costiera ricompresa nel piano paesaggistico 
regionale (non approvato dal Comune): stop a nuove costruzioni, ma «a meno che 
non abbiano superato il parere della commissione edilizia integrata».
Il centrosinistra invece ha presentato emendamenti che prevedono diversi livelli 
di tutela. L’obiettivo resta «la sospensione di ogni determinazione solo sugli 
interventi di ristrutturazione edilizia con demolizione e ricostruzione, di 
nuova edificazione e/o ampliamento» e invece il via libera a «interventi di 
manutenzione edilizia, restauro, conservazione tipologica risanamento 
conservativo». La proposta del Ds Fabio Omero è stata condivisa da tutte le 
forze d’opposizione tranne la Margherita. Il capogruppo Dl Sergio Lupieri - 
ribadendo l’importanza del nuovo prg quale volano di sviluppo della città - ne 
delina alcuni esigenze: compatibilità di interventi con i «valori urbani e 
paesaggistici», «limitazione dell’espansione urbana, recupero, riqualificazione 
di aree compromesse» e definizione di «nuove strategie», «salvaguardia degli 
ambiti di pregio ambientale e naturalistico». Delle direttive al prg - dice 
Camber - si inizierà a discutere probabilmente oggi, ma la delibera costituirà 
il nucleo della seduta di domani. Da licenziare sono infatti vari altri 
provvedimenti, dall’ok all’ampliamento dell’hotel Riviera al trasferimento dell’International 
School all’Area science park e all’aumento delle superfici commerciali all’ex 
Silos.
Da segnalare infine una nota del Wwf, che definisce «deprimente lo spettacolo 
offerto dal consiglio comunale» che l’altra sera ha approvato il piano 
particolareggiato per Cedassamare, con «ben pochi consiglieri» che «apparivano 
interessati al merito della questione e pochi che dimostravano di essere 
informati», scrive Dario Predonzan della sezione triestina del Wwf. Gli 
ambientalisti invitano i cittadini a assistere «numerosi alle sedute dedicate al 
prg, «per far capire a sindaco, giunta e consiglio che le questioni urbanistiche 
non stanno a cuore soltanto ai “pasdaran del cemento”». 
 
 
  
  Wwf: Cedassamare, Comune 
  deprimente - Predonzan: «Solo pochi consiglieri erano interessati al problema»
  
 
 
Gli ambientalisti contestano il 
piano di «cementificazione» a Barcola 
«Deprimente lo spettacolo offerto dal Consiglio comunale di Trieste nella 
discussione sul piano particolareggiato di salita Cedassamare, proposto dalle 
Costruzioni Meranesi». Questo il giudizio del Wwf presente alla seduta. «Ben 
pochi consiglieri apparivano interessati e pochi addirittura quelli informati - 
commenta Dario Predonzan della sezione triestina del Wwf - nonostante le varie 
approfondite discussioni in Commissione urbanistica. Sconcerta che tanti si 
siano pedissequamente allineati alla tesi dell'atto dovuto, quasi che esista un 
diritto alla cementificazione del territorio, riservato a pochi privilegiati»
«Lascia interdetti – continua Predonzan – anche il comportamento di chi, pur 
riconoscendo lo scempio che le ville di salita Cedassamare comporteranno per la 
costiera barcolana, non ha saputo far di meglio che astenersi dal voto, oppure 
fuggire dall'aula per non votare, terrorizzato dal rischio di rivalse per danni 
da parte dei cementificatori».
Il piano particolareggiato prevede la costruzione di cinque grandi ville, in una 
delle aree più belle della costiera triestina, a spese di un bosco a prevalenza 
di querce d'alto fusto su una superficie di circa 9 mila metri quadrati. La zona 
è adiacente un Sito di importanza comunitaria ed è parzialmente compreso dentro 
una Zona di protezione speciale, individuati in base alle direttive europee 
sulla protezione degli habitat naturali.
Di conseguenza, insiste il rappresentante del Wwf, il piano avrebbe dovuto 
essere sottoposto a valutazione di incidenza, come prescrivono le direttive, per 
verificarne le possibili incidenze negative sulle aree protette, ma ciò non è 
avvenuto.
«E' incredibile che questa macroscopica mancanza, segnalata ripetutamente dal 
Wwf - aggiunge Predonzan - non sia stata considerata e che anzi sia gli uffici 
comunali, sia la maggioranza dei consiglieri, abbiano preso per buona una 
relazione di incidenza (che ovviamente nega l'esistenza di incidenze negative) 
presentata dalle Costruzioni Meranesi e infarcita di grossolani errori. Basti 
dire che l'estensore della relazione cita tra la flora e la fauna nell'area di 
Cedassamare, le specie e gli tipiche delle zone palustri e fluviali, come il 
falco di palude, la gallinella d'acqua, l'oca selvatica, il gambero di fiume». 
«Il Wwf non mancherà di sollevare la questione, ma intanto - conclude Predonzan 
- bisogna augurarsi che nella seduta di oggi sulle direttive per la variante al 
piano regolatore, non si ripeta il triste spettacolo». 
 
 
  
  I problemi della 
  Ferriera
 
 
A proposito di siti inquinati, mi 
incuriosisce il fatto che, nel parlare della «intoccabile» Ferriera, luogo ameno 
sul mare, che offre gratis polveri e olezzi a tutta la città e non solo a 
Servola, si citi poco o niente il terrapieno sorto a ridosso del mare.
Negli ultimi 5-6 anni il nero prodotto ci risulta che viene costantemente 
accatastato, pressato, bagnato, ha formato un ampio altopiano con strade e rampe 
sulle quali circolano camion, ruspe, nastri trasportatori ecc. Non ci vuole 
molto ad immaginare il polverone sollevato dai mezzi meccanici o quello che 
viene messo in circolo nelle giornate di vento con buona pace dell’inquinamento 
marino e alla faccia della salute e del disagio di quanti abitano nelle 
vicinanze. Tutto sembra avere un carattere definitivo, la bruttura cresce a 
vista d’occhio ed è difficile comprendere perché lo smaltimento del materiale 
non avvenga contestualmente alla sua produzione.
Sorvolando sullo stato della salute dei cittadini che non sembra essere il 
motivo sufficiente per risolvere il problema, mi chiedo dove siano finite la 
associazioni naturalistiche di solito così vivaci nell’attività di controllo e 
protezione dell’ambiente. Quelle determinate nel chiedere l’analisi del terreno 
e nel denunciare possibili inquinamenti tanto da provocare l’interruzione di 
lavori ormai giunti in fase esecutiva. Vedi ad esempio il lungomare di Muggia, 
il terrapieno di Barcola, il quarantennale ostruzionismo che attraverso continui 
ricorsi impedisce la sistemazione della cava di Sistiana ecc. Evidentemente la 
Ferriera non è un elemento inquinante degno di attenzione o forse la tutela del 
sito non rientra nelle finalità di tali benemerite associazioni.
Fra 100 anni forse qualcuno riuscirà a far chiudere l’impianto dal quale ora 
sembra dipendere la produzione italiana di acciaio. Quel tale dovrà anche 
provvedere all’eliminazione della nera catena montuosa vomitata sul mare dal 
nostro personalissimo vulcano chiamato ferriera.
Ancora una volta sarà la città a sostenere le spese di bonifica dell’area alla 
faccia del principio ampiamente sbandierato che «chi inquina paga e bonifica».
Laura Dapretto
 
 
 
Non molto tempo fa alcuni si erano 
fatta l’idea che l’inquinamento urbano fosse anche a Trieste un problema molto 
serio, un problema reale. Le centraline indicavano valori nell’aria che andavano 
oltre il massimo tollerabile. Respirare quell’aria diventava assai pericoloso. 
Si prospettava la necessità di chiudere la città al traffico. Trieste diventava 
comunque da subito la città proibita perlomeno per bambini e vecchi.
Di fronte a questa situazione sembrava che l’unica via percorribile fosse quella 
di ridurre l’afflusso di veicoli in città, di disincentivare tale afflusso, di 
scoraggiarlo in ogni modo. Ma improvvisamente qualsiasi allarme è rientrato, 
ogni preoccupazione si è dileguata d’incanto. Risorge invece il progetto di una 
serie di megaparcheggi in pieno centro. Anziché creare più grandi zone pedonali 
si chiamano sempre più macchine. Allora viene da concludere che tutti gli 
allarmi erano solo una fantasia. L’inquinamento urbano non era un problema 
serio, era una montatura di ambientalisti contestatori per partito preso, di 
verdi un po’ fuori di testa, di nemici giurati del sano progresso.
Eppure qualche dubbio resta. Forse il problema dell’inquinamento urbano è 
davvero serio, ma non è serio il paese in cui viviamo.
Claudio Bianchi -  Lilt-sez. di Gorizia
 
 
IL PICCOLO - MARTEDI' , 24 
luglio 2007
 
 
  
  Ferriera a Arvedi, la scadenza 
  è settembre  - Positivo il primo sopralluogo. In diminuzione il livello 
  delle polveri sottili 
 
 
L’azienda lombarda ha affidato a 
alcuni tecnici austriaci il compito di verificare gli impianti. Perplessità per 
le proteste popolari 
Domani in città il ministro Pecoraro Scanio, giovedì in Regione la Conferenza 
dei servizi per avviare l’autorizzazione integrata ambientale
Sarà settembre il mese decisivo per la Ferriera di Servola, le trattative in 
corso per la vendita da parte della Lucchini-Severstal alla Arvedi di Cremona 
interessata allo stabilimento siderurgico prevedono che entro il 20-23 di quel 
mese sia siglato il contratto preliminare. Una data verosimile potrebbe essere 
fissata a metà settembre. Tutto questo se la «due diligence», il processo 
investigativo solitamente in atto per analizzare valore, condizioni degli 
impianti e la situazione ambientale dell’azienda si concluderà positivamente.
Se dovesse servire un ulteriore approfondimento sui temi ambientali, i tempi 
invece si allungheranno. Proprio per questo è in corso un’attività serrata di 
valutazione da parte dell’Arvedi che già alla fine della scorsa settimana ha 
inviato alla Ferriera i suoi consulenti (una squadra della Voest Alpine 
austriaca) che hanno fatto una verifica sugli impianti, in particolare quello 
dell’agglomerato (mescola il minerale prima di entrare nell’altoforno) e la 
cokeria che è la parte sotto accusa per l’emissione delle polveri. Ieri e oggi 
l’arrivo della seconda squadra di consulenti, i tecnici specializzati della 
Corus-Danieli esperti in altiforni.
Le relazioni saranno pronte non prima della fine settimana, ma dalle 
indiscrezioni raccolte dalla prima squadra sembra siano emerse sorprese 
positive. I tecnici avrebbero detto che «nonostante l’età gli impianti 
(agglomerato e coke) sono in buone condizioni». Notizie che giungono in una 
settimana calda sul fronte ambientale dopo l’ordinanza del sindaco Dipiazza che 
ha intimato allo stabilimento di ridurre la produzione (la cokeria) viste anche 
le condizioni meteorologiche. Domani è previsto anche l’arrivo del ministro 
dell’Ambiente Pecoraro Scanio a Trieste: vedrà il sindaco Roberto Dipiazza e una 
delegazione di abitanti di Servola. Ultima data significativa della settimana 
sarà quella di giovedì 26: in Regione si terrà la prima riunione operativa della 
Conferenza dei servizi che dovrebbe avviare il percorso per l’autorizzazione 
integrata ambientale alla Ferriera.
In questi ultimi giorni il livello delle polveri sottili (pm 10) è diminuito a 
Servola sotto il limite di 50 microgrammi per metrocubo (in particolare in via 
Svevo e Carpineto). L’azienda già tra giovedì sera e venerdì della scorsa 
settimana ha messo in atto «tutte le misure possibili» per ridurre le emissioni. 
Più che ridurre l’attività della cokeria è stata modificata la strategia di 
funzionamento dell’impianto. In realtà la cokeria in questi ultimi periodi non 
andava a pieno regime e a rendere problematica la situazione è stata la 
concomitante eccezionalità delle condizioni meteo accompagnate da un picco di 
attività logistica sulla banchina della Ferriera che potrebbe aver aumentato 
l’effetto delle emissioni di polveri.
La situazione a Servola è molto delicata, anche se sono dimunite le emissioni 
molti cittadini continuano a telefonare alle forze dell’ordine per lamentare la 
presenza di polveri e odori e non cessano le proteste. Le notizie sull’ondata di 
proteste e la resistenza da parte della popolazione (sul fronte politico c’è per 
ora un clima di attesa) sono rimbalzate a Cremona al gruppo Arvedi e stanno 
creando qualche perplessità al management che si starebbe orientando con qualche 
difficoltà di fronte allo scenario triestino.
Il gruppo Arvedi, da quanto si è saputo e dalle informazioni raccolte a Cremona, 
è molto orientato verso la tecnologia e i prodotti di alta qualità dell’acciaio 
e ha puntato da tempo alla qualità ambientale. È vero anche che a Cremona gli 
stabilimenti utilizzano forni elettrici (non altiforni, non c’è la cokeria e 
proprio Servola è il principale fornitore di ghisa per il gruppo lombardo) ma la 
convivenza a Cremona tra azienda e abitanti pare ottimale. Lo stesso Giovanni 
Arvedi pretende di avere rapporti diretti con i sindacati (ha annunciato 
l’intenzione di un vertice alle rappresentanze interne a Trieste) e per Servola 
pensa a uno sviluppo ambientalmente compatibile puntando a siderurgia (con 
l’abbassamento dei livelli produttivi della cokeria), logistica ed energia.
Giulio Garau
 
 
  
  Cedassamare, approvata la 
  variante  - Voto sofferto in consiglio comunale: 11 a favore e 10 contro
 
 
Per far passare il testo anche 
Dipiazza e Pacor si sono espressi. Kacovic e Edera con la maggioranza 
Era lo spauracchio dei consiglieri, vista la diffida dell’impresa 
costruttrice, pronta a far rispondere in solido chi avrebbe votato contro. Ma 
ieri sera l’aula di piazza Unità ha approvato dopo una serie infinita di rinvii 
la variante al piano particolareggiato di Cedassamare. Per un voto soltanto, 
probabilmente calcolato al millesimo dalla maggioranza: 11 sì contro 10 no, due 
gli astenuti, con tutti gli altri usciti al momento del voto, effettuato per 
appello nominale. A favore si sono espressi il sindaco Dipiazza, il presidente 
del Consiglio Pacor come Partito Repubblicano, Bertoli per Forza Italia, Rosolen 
e Brandi per An, Colotti e Trebbi per la Lista Dipiazza, Sasco per l’Udc, 
Kakovic per la Margherita, Di Tora per il gruppo misto e Edera per la Lista 
Rovis. Contrari Lupieri, Toncelli e Tam per la Margherita, Omero, Barbo, 
Cogliati e Ukmar per i Ds, Decarli per i Cittadini, Furlanic per Rifondazione e 
Racovelli per i Verdi. Astenuti Minisini e Svab per la Margherita.
Via libera dunque, da parte del Consiglio comunale, all’edificazione di cinque 
nuove villette in salita di Cedassamare, nel verde che domina la Costiera. La 
Costruzioni Meranesi srl intende realizzarle sulla base dell’attuale variante al 
piano regolatore generale del ’97 (Cedassamare è zona C2) dopo aver già 
costruito un primo lotto di due immobili, peraltro già abitati. A tale 
approvazione seguirà ora l’iter di concessione. Ma, a quanto pare di capire, il 
dado è tratto. Perché il via libera precede l’approvazione degli indirizzi della 
variante al piano regolatore generale, prevista fra domani e giovedì, con la 
maggioranza di centrodestra che pare orientata ad accordarsi proprio sulla messa 
in salvaguardia provvisoria di alcune parti del crinale del Carso.
Il fronte dei no, come da previsioni, è stato guidato dal segretario dei Ds 
Fabio Omero. «Rigetto - aveva detto il leader provinciale della Quercia durante 
le dichiarazioni di voto - quasiasi diffida degli avvocati della proprietà. Già 
nel precedente mandato di Dipiazza, avevamo condiviso con lui e con la sua 
maggioranza le critiche alla variante al prg del ’97, targata 
Illy-Cervesi-Barduzzi. Ma noi come centrosinistra avevamo anche proposto uno 
strumento urbanistico per fermare l’edificazione costiera. Strumento che fu 
bocciato. Ecco perché in quest’occasione abbiamo il dovere di votare contro». 
«Il piano regolatore del ’97 lo si doveva cambiare prima - gli ha fatto eco 
Roberto Decarli dei Cittadini - e noi lo chiedevamo da anni». «Le prescrizioni 
contenute nell’emendamento del sindaco - così il capogruppo della Margherita 
Sergio Lupieri - vogliono soltanto tutelare il punto di vista paesaggistico, non 
la sicurezza idrogeologica».
«Il piano particolareggiato di Cedassamare è figlio di un piano regolatore 
generale figlio di Illy, a capo della Regione che sul progetto, peraltro, ha 
dato il parere ambientale favorevole», è stata la risposta di Piero Camber, 
capogruppo di Forza Italia, che ha ricompattato la maggioranza per arrivare alla 
fine a un voto in più rispetto ai contrari. «Serve un voto istituzionale, di 
legalità» ha concluso Camber. 
Piero Rauber
 
 
  
  Polveri sottili: 
  Trieste è 15ª - In tre mesi 29 sforamenti 
 
 
A Trieste sono stati 29 i casi di 
superamento delle polveri sottili nei primi tre mesi dell’anno. Nella classifica 
delle 24 città italiane che hanno più di 150mila abitanti è la quindicesima per 
tasso di inquinamento da Pm10. Secondo i dati di Euromobility, l’associazione 
nazionale dei mobility manager, è Torino la città maglia con 75 superamenti: il 
numero massimo di giornate consentito dalla legge è di 35 giorni, dall'1 gennaio 
al 31 marzo 2007. Tra le città del Nord Est, sono stati 71 gli sforamenti a 
Verona, 66 a Padova, 58 a Venezia. 
 
 
 
IL PICCOLO - LUNEDI' , 23 
luglio 2007
 
 
  
   Piano 
  regolatore, il Wwf insiste: «No a salvaguardie di minima» Ds: sospendere nuove 
  costruzioni - Questa settimana in aula le direttive
 
 
URBANISTICA Si apre la settimana che 
vedrà il consiglio comunale esaminare la delibera di indirizzi per la variante 
al piano regolatore generale. E suscita commenti l’intervento con cui l’Ordine 
degli ingegneri ha paventato una salvaguardia «generica», che spingerebbe sul 
già «forte rallentamento dell’attività edilizia».
In una nota il capogruppo dei Ds in Comune Ds Fabio Omero sostiene che «parlare 
di una generica salvaguardia che paralizzerebbe qualsiasi attività edilizia è 
fare semplice terrorismo». Al contrario «escludere tale salvaguardia di qui 
all’adozione della variante, almeno un paio d’anni, comporterebbe una 
parossistica presentazione di progetti edilizi finalizzati alla saturazione 
delle ultime aree libere». Il centrosinistra, precisa Omero, ha «predisposto 
alcuni emendamenti che mirano a trovare proprio il giusto equilibrio», partendo 
dalla considerazione che «è coerente» ipotizzare una stabilizzazione della 
popolazione residente «sui valori attuali».
La variante, per il centrosinistra, deve valorizzare il patrimonio culturale, 
salvaguardare i siti di pregio, ridurre «il consumo di territorio», tutelare 
aree boscate e promuovere «politiche per la casa, quale grave emergenza 
sociale». Per questo, il centrosinistra - scrive Omero - propone che «la 
salvaguardia preveda la sospensione di ogni determinazione solo sugli interventi 
di ristrutturazione edilizia con demolizione e ricostruzione, di nuova 
edificazione e/o ampliamento. Ma ammetta gli interventi di manutenzione 
edilizia, restauro, conservazione tipologica e risanamento conservativo».
Intanto il responsabile della sezione Wwf di Trieste Dario Predonzan osserva 
come «gli Ingegneri si affiancano agli Architetti nel contestare l’introduzione 
della salvaguardia» e annota come le richieste di limitare la salvaguardia ad 
alcune «specifiche e circoscritte aree» si allinei alle richieste 
dell’Associazione costruttori. E poi «venerdì scorso - scrive Predonzan - Wwf e 
Italia nostra hanno consegnato al sindaco Dipiazza le quasi tremila firme 
raccolte, grazie anche all’appoggio di quattordici comitati cittadini», per «un 
nuovo piano egolatore ispirato all’esigenza di tutelare sia i valori ambientali 
e paesaggistici del territorio sia la vivibilità urbana». La risposta di 
Dipiazza, secondo il Wwf, è stata «perplessa e incerta», e fa il paio «con 
quanto traspare dai lavori della commissione urbanistica». Il rischio - secondo 
il Wwf - è che «sotto la pressione degli interessi forti si finisca per 
accontentarsi di una soluzione di minima, con salvaguardia limitata a pochissime 
zone e campo libero alle speculazioni». Il consiglio comunale dunque faccia «uno 
sforzo di dignità», esorta il Wwf.
In aula intanto oggi si tornerà a discutere della variante per l’edificazione di 
cinque villette in salita di Cedassamare, che la Costruzioni Meranesi srl vuole 
realizzare dopo aver già costruito un primo lotto di due immobili. L’impresa ha 
già diffidato il consiglio comunale sollecitandolo al via libera, visto l’iter 
fin qui positivo. Ma alla già complicata situazione si è aggiunto un nuovo 
elemento: con i suoi legali, uno dei proprietari delle case già realizzate 
annota come una porzione dell’area su cui costruire le nuove ville risulterebbe 
in realtà ora venduta ai nuovi proprietari di quelle già realizzate. Di qui la 
richiesta di risposta da parte degli uffici comunali. 
 
 
  
  Servola 
  inquinata: resta solo l’arma del voto - Un lettore ricorda alla giunta in 
  carica il ruolo determinante del quartiere alle ultime elezioni 
 
 
Parlare di polveri, d’inquinamento 
od altro, ormai è superfluo in quanto magistratura, forze politiche, Arpa, 
Azienda Sanitaria sono a sufficienza documentate. Ciò cui tutti dovranno 
pensare, per costringere gli enti e soprattutto i politici ad una riflessione, 
sono le future elezioni. Chi è attualmente in carica (per la seconda volta: 
sindaco, assessori, giunta comunale) ha beneficiato in modo esponenziale, nel 
momento cruciale del ballottaggio, dei voti pervenuti, dopo varie consultazioni, 
da parte della VII Circoscrizione. Forse escludendo il Sindaco, l’attuale 
maggioranza ignora questo fatto che invece le è stato determinante.
Ora i votanti di Servola e degli altri rioni altamente inquinati, potrebbero 
invertire il voto premiando, nel prossimo futuro, i personaggi disposti a 
sostenere le loro istanze riguardanti, in particolare la salute ed il desiderio 
di una vita normale. Ciò vale anche per chi lavora in quel mostro fumante e 
nocivo.
Leggendo le tabelle salariali di consiglieri, assessori, ecc. ci si rende conto 
del perché i titolari sono più interessati alle loro entrate che ad assolvere 
alle loro funzioni facendosi carico dei problemi scabrosi dei poveri cittadini 
ed operai che vorrebbero sopravvivere alla Ferriera.
L’unica penalizzazione che noi cittadini possiamo arrecare loro è di non 
rinnovare il voto a loro favore nelle prossime elezioni sia al Comune, sia alla 
Provincia, sia alla Regione. A dimostrazione di ciò si può ricordare che due 
candidati sindaci (Pacorini e Rosato) sono stati penalizzati proprio per non 
aver sostenuto le richieste degli abitanti della VII Circoscrizione.
Ultimamente, poi, ci sono delle novità: dopo tanti anni e tantissime promesse da 
parte della Lucchini-Severstal, quest’ultima si eclissa dopo aver portato parole 
inutili e danni concreti alla cittadinanza. Ora si affaccia una nuova cordata 
che, probabilmente, visti i precedenti, non ci offrirà sicurezza e non ci 
ispira, già da ora, fiducia.
A questo proposito sarebbe opportuno conoscere cosa ne pensano, ambientalmente 
parlando, le popolazioni di Cremona e dintorni dove sono installati i tanto 
decantati stabilimenti dell’Arvedi.
Non si può, infine, tacere il fatto che la situazione attuale per Servola e 
dintorni (molto estesi peraltro!) è diventata catastrofica: se prima si parlava 
di episodi sempre più frequenti di emissioni tossiche ora si parla di una 
continua e svariata nube tossica che incombe senza soluzione.
Alla fine «Chi farà Bingo?».
Claudio Giacca
 
 
IL PICCOLO - DOMENICA , 22 
luglio 2007
 
 
  
    
    
      
      Metropolitana leggera, 
      entro due anni da Muggia a Opicina in venti minuti  - Il piano messo 
      a punto dalla Provincia 
      
      
    
    A bordo della metropolitana 
    leggera in un quarto d’ora da Campo Marzio a Opicina e fino a Muggia in 
    venti minuti. Niente di faraonico o fantasioso, il progetto che si basa in 
    realtà sulla risistemazione di tratte di ferrovia, soprattutto di punti di 
    servizio (pensiline, scale di collegamento eccetera) già esistenti e in 
    esercizio è ormai a un passo dalla realizzazione visti anche i costi 
    contenuti. Un’idea ambiziosa, ma che una serie di esperti delle Ferrovie, 
    del trasporto pubblico e altri tecnici guidati dall’assessore provinciale ai 
    Trasporti Ondina Barduzzi ha fatto diventare possibile e concreta. «Dopo 
    tanti progetti la Provincia è riuscita a realizzare il primo studio organico 
    sulla rivitalizzazione della metropolitana leggera, un disegno che sta 
    all’interno del progetto che sta preparando la Regione con l’assessore ai 
    Trasporti Lodovico Sonego che punta all’integrazione tra gomma e rotaia. Noi 
    integreremo anche il trasporto marittimo dei traghetti, un sistema completo» 
    ha spiegato la Barduzzi. Poche settimane fa in Provincia la firma del 
    protocollo di intesa per il recupero degli impianti ferroviari del nodo di 
    Trieste tra Provincia, Autorità portuale ed Ezit. Tutti interessati al 
    progetto: in soli 2-3 anni potrebbe essere possibile ripercorrere le vecchie 
    rotaie che abbracciano la città e che collegano Muggia a Opicina passando 
    per la zona industriale, inutilizzate. Investimento ipotizzato 14 milioni di 
    euro. Un progetto che ha basi solide visto che la metropolitana leggera 
    sarebbe una parte della metropolitana regionale Ronchi-Trieste-Capodistria 
    (servono altri 70 milioni di euro per il collegamento costiero tra il 
    capoluogo e la città slovena) da utilizzare sia per le persone che per le 
    merci. Entro luglio, con l’illustrazione dei risultati del secondo studio di 
    fattibilità affidato dalla Provincia all’Università e a Rfi, i dettagli del 
    progetto, i tempi e i costi.   | 
  
 
 
 
IL PICCOLO   
- SABATO , 21 
luglio 2007
 
 
  
  Piano 
  regolatore, proposte più garanzie per tutelare zone di pregio ambientale - La 
  delibera all’inizio della prossima settimana in consiglio comunale. Bucci: 
  «Decida l’aula» 
 
 
La delibera di indirizzi sulla 
variante al piano regolatore generale approderà martedì o mercoledì in consiglio 
comunale. La certezza, come ha ribadito ieri davanti alla commissione consiliare 
urbanistica l’assessore Maurizio Bucci, è che la giunta, «dando un ruolo» 
politico all’aula (affidandole cioè la responsabilità di una scelta pesante), ha 
voluto lasciare al consiglio, «se lo riterrà opportuno, di istituire una 
salvaguardia su cui l’esecutivo non intende entrare nel merito». L’orientamento 
che al momento emerge chiaro dalla maggioranza - anche se i consiglieri 
mantengono il riserbo - è quello di portare in aula emendamenti per istituire 
regimi di salvaguardia di alcune zone mirate, come quelle di particolare pregio 
ambientale. Resta da capire se dai partiti di maggioranza arriverà un 
emendamento unitario e se sarà possibile un dialogo con l’opposizione. Quello 
della salvaguardia è del resto il vero nodo: auspicato dagli ambientalisti e 
temuto, in una sua eventuale applicazione generalizzata, da più categorie, dato 
che - come già ricordava un documento sottoscritto da Ance (associazione 
costruttori) e Cna - una salvaguardia generalizzata vedrebbe «bloccata qualsiasi 
attività edilizia almeno per i prossimi quattro o cinque anni».
Mentre dunque la partita si gioca tutta nella ricerca di un punto di equilibrio 
tra istanze diverse - ambientalisti, ordini professionali, categorie 
economiche... - proprio la salvaguardia è stata ieri al centro della 
discussione. Bucci ha sottolineato come la giunta abbia scelto di basare la 
redazione della variante sulla vecchia legge urbanistica regionale proprio 
perché la nuova - che entrerà in vigore a fine agosto - «non prevederà la 
possibilità di salvaguardie». Al consiglio scegliere, dunque. Ma a introdurre un 
altro elemento è stato il diessino Fabio Omero, che ha proposto di chiedere 
all’Avvocatura comunale un parere sulla possibilità di bloccare le concessioni 
anche su piani particolareggiati già adottati e approvati, citando una sentenza 
del Consiglio di Stato che va appunto in questa direzione. Un’opzione che 
richiederebbe «congrue motivazioni», ha risposto il capogruppo forzista Piero 
Camber.
Anche nel centrosinistra, intanto, si sta lavorando a una serie di emendamenti: 
oggi i capigruppo dell’opposizione si riuniranno per trovare un accordo, 
anch’essi comunque con il presupposto di porre alcune zone in salvaguardia. La 
partita del piano regolatore, del resto, si connette con alcuni nodi 
delicatissimi quali il piano per Cedassamare o quello dei cosiddetti «cuboni» di 
via Belpoggio-Santa Giustina (il cui comitato cittadino ieri era in aula per 
ribadire la propria richiesta di tutela sull’area di Campo Marzio).
Ancora critiche dall’opposizione, intanto, sull’inconsistenza di una delibera di 
indirizzi che in realtà lascia le porte aperte a ogni soluzione abdicando a 
tratteggiare «linee strategiche» per il futuro della città: scelta precisa, ha 
replicato Bucci, perché in caso contrario «non si potrebbe più tornare 
indietro».
Ieri in commissione si sarebbe dovuto discutere anche di altre delibere: quelle 
sull’ampliamento delle aree commerciali del Silos, quella sul trasferimento 
dell’International School nell’area del Sincrotrone, quella infine che dà via 
libera in materia di valutazione ambientale sul progetto (rivisto) di 
ampliamento dell’hotel Riviera. Tutte, però, sono state rinviate alla seduta di 
martedì. Maggioranza e opposizione concordi: impossibile discutere di documenti 
che erano arrivati sul tavolo dei consiglieri pochi minuti prima. Il fatto è - 
come ha ricordato Bucci - che per il via libera al Riviera scadranno il 22 
luglio (cioè domani) i termini del silenzio-assenso: insomma, niente voto uguale 
sì. Mezz’ora di dibattito sul da farsi, Bucci ha fatto presente che in fin dei 
conti il progetto è stato visto tempo fa dal consiglio comunale che ora ne deve 
solo licenziare la valutazione di impatto ambientale; ma lo stesso Sasco (senza 
voci di dissenso da An o Fi) ha sottolineato quanto il progetto da allora sia 
cambiato, e quanto, «visto il collegamento con il piano regolatore, il voto sia 
in realtà politico». 
p.b.  
 
  
  La Ferriera ricorre al Tar 
  contro i dati del sindaco - Il legale della proprietà: «I valori vanno 
  approfonditi». Il caso finirà anche in Tribunale
 
 
I risultati delle nuove analisi 
provengono da uno studio ordinato dalla Procura e affidato a ricercatori 
dell’Università 
La proprietà della Ferriera di Servola è passata al contrattacco e ha 
annunciato ieri che ricorrerà alla magistratura ordinaria e a quella 
amministrativa per far verificare i dati tecnici su cui sono incardinate sia la 
diffida del sindaco, sia la lettera dell’Azienda sanitaria. In sintesi rientrano 
in scena il Tribunale amministrativo regionale, la Procura della Repubblica e il 
Tribunale.
Per la Ferriera ha parlato l’avvocato Giovanni Borgna che assieme al collega 
Giuseppe Frigo assiste da anni il gruppo Lucchini in svariate vicende 
giudiziarie. Prima fra tutte quella di Servola.
«Di fronte alla contestazioni che curiosamente crescono proprio nel momento in 
cui l’impresa sta facendo il massimo sforzo per contenere l’impatto ambientale 
della Ferriera e mentre si prospettano nuove ipotesi che consentirebbero di 
conciliare occupazione e sviluppo economico con rispetto dei parametri 
ambientali - ha affermato l’avvocato Borgna- utilizzeremo tutte le vie di tutela 
giudiziaria, fondate come sempre su argomenti tecnici. Innanzitutto andremo a 
verificare i dati di cui oggi confusamente si discute, la loro portata e il modo 
in cui sono stati raccolti. Poi verranno evidentemente richieste le verifiche 
del caso all’autorità giudiziara ordinaria e amministrativa».
Sempre ieri il pm Federico Frezza ha confermato che i dati sulle emissioni di 
polveri e benzoapirene che stanno alla base della lettera inviata dell’Azienda 
sanitaria e della diffida firmata giovedì dal sindaco, sono stati raccolti dai 
consulenti tecnici della Procura della Repubblica nell’ambito di uno dei tanti 
procedimenti penali che coinvolgono i vertici dello stabilimento. «Sono dati 
nostri» ha affermato il magistrato.
Questi dati sono stati raccolti a partire dai primi mesi del 2007 mentre 
l’incarico risale al precedente novembre 2006- da due ricercatori del Cigra- il 
Centro interdipartimentale di Gestione e ricupero ambientale dell’Università di 
Trieste- i professori Pierluigi Barbieri e Ranieri Urbani. Fino a quel momento 
nessuno, nè la Regione attraverso l’Arpa, nè il Comune, la Provincia o l’Azienda 
sanitaria, avevano pensato e deciso di misurare le concentrazioni nell’aria 
della città di idrocarburi policiclici aromatici. Due le stazioni di 
rilevamento: una a Servola, in via dei Giardini a pochi metri dalla ferriera e 
dalla superstrada; l’altra in via Giorgeri, nell’ambito di un edificio 
dell’Università degli Studi dove l’aria non è influenzata da attività 
industriali.
I primi risultati delle misure effettuate con un apparecchio pagato dalla stessa 
Procura, sono stati disponibili a metà aprile. Già in quella sede era emersa una 
situazione inquietante. «Le concentrazioni di benzoapirene eccedono in quattro 
campioni su quattro il valore guida indicato dal Decreto ministeriale del 1994 e 
dalla direttiva del Parlamento europeo del 15 dicembre 2004». A chiare lettere i 
due ricercatori, fin dal primo approccio con il problema Ferriera, definiscono 
«severa» la situazione di Servola.
La seconda relazione inviata al pm Federico Frezza porta la data del 29 maggio. 
I dati raccolti dai ricercatori del Cigra pochi giorni dopo sono stati 
comunicati sia alla Regione, attraverso l’Arpa, sia al sindaco come primo 
responsabile sanitario della città.
«La valutazione del benzoapirene, l’unico fra gli idrocarburi policiclici 
aromatici a essere considerato nella normativa italiana, sembra convalidare la 
criticità della situazione della qualità dell’aria presso la Ferriera» scrivono 
i due consulenti della Procura. Nelle pagine successive riferiscono i primi 
risultati dell’effetto delle polveri PM25 provenienti da campioni raccolti a 
Servola sulla crescita delle cellule umane.
«I primissimi risultati mostrano un’attività mutagenetica degli estratti più 
concentrati, ma devono essere eseguite ulteriori sperimentazioni al fine di 
ottenere una curva dose- risposta completa ed esauriente».
In altri termini la ricerca non è conclusa e va ulteriormente approfondita e 
verificata. E’ questo un giudizio non dissimile da quello richiesto ieri 
dall’azienda siderurgica attraverso il proprio avvocato. 
Claudio Ernè
 
 
  
  Monte Grisa, impianto 
  fotovoltaico - Un lettore suggerisce come far fronte alle spese per il 
  restauro del tempio 
 
 
Dopo aver letto sul Piccolo i motivi 
della caduta del tetto, e sui problemi perché ciò non accada in futuro, credo 
che la soluzione migliore sia proprio il fotovoltaico. Visto che la Regione dà 
un contributo fino all’80% per il fotovoltaico in Friuli Venezia Giulia. Penso 
che basterebbe ricoprire il tetto del Santuario con questo sistema.
Con questo nuovo contributo vengono in effetti premiati gli impianti sino a 3000 
Wp come massimo e quelli integrati architettonicamente. Il restante 20% sarebbe 
coperto dalla vendita dell’energia, visto che a partire da fine febbraio 2007 è 
entrato in vigore il nuovo «conto energia», che è un’evoluzione decisamente 
migliorativa rispetto a quello in vigore sino ad allora.
Incentivi per gli impianti solari con i pannelli inseriti al posto delle tegole, 
superiori a 20kWp, che vanno da 36 a 49 centesimi per ogni chilowattora prodotto 
a seconda della categoria, che prevede impianti non integrati (cioè esterni alla 
struttura); parzialmente integrati (come pannelli sui tetti). Poi ci sono le 
detrazioni fiscali, che si ottengono scalando dall’Irpef il 41% dal 
fotovoltaico, dell’importo pagato, detraibile in 5 o 10 anni.
Pensate, aria condizionata d’estate e riscaldamento d’inverno per i pellegrini, 
praticamente gratis! Non m’intendo di termini tecnici e legali, ecc., ma credo 
sia una buona idea, lanciata anche da qualcun’altro proprio nelle Segnalazioni. 
Sto pensando alla pubblicità che ne ricaverebbe un’assicurazione o una banca che 
aiutasse la Curia triestina per il Santuario, anche la stessa ditta vincerebbe 
l’appalto per il fotovoltaico di un monumento importante, potrebbe poi 
pubblicizzarlo come il suo fiore all’occhiello. Comunque, se mancassero i soldi 
e venisse indetta una sottoscrizione all’Azione Cattolica, sarebbe mio desiderio 
contribuire con il 10% della mia pensione.
Adriano Bellini
 
 
IL PICCOLO - VENERDI' , 20 
luglio 2007
 
 
  
  L’Azienda sanitaria denuncia 
  nuovi sforamenti e la proprietà chiede chiarimenti sui dati dell’Arpa -  
  Dipiazza: Ferriera, stop alla cokeria 
 
  
  Il sindaco ha emesso 
  un’ordinanza «per bloccare le emissioni inquinanti»
 
L’Azienda sanitaria denuncia nuovi 
sforamenti delle emissioni della Ferriera di Servola misurati dall’Arpa e il 
sindaco Roberto Dipiazza emette una terza ordinanza e la invia alla Lucchini 
intimando la «cessazione immediata delle emissioni inquinanti». Sotto accusa la 
cokeria con le emissioni di benzene, polveri e idrocarburi policiclici 
aromatici. Ieri pomeriggio, a sorpresa, in una giornata di caldo torrido, 
caratterizzata anche da varie segnalazioni dei cittadini, in particolare di 
Servola, sulla presenza di maggiori polveri, fumi e odori imputati allo 
stabilimento siderurgico, la convocazione di una conferenza stampa del sindaco 
in Municipio. «Proprio stamattina ero a Muggia – esordisce Dipiazza – e ho visto 
che stavano scaricando del materiale e gli impianti erano in funzione. C’era una 
nuovola immensa. Insomma, ci sono 41 gradi, ho subito telefonato all’azienda 
invitandola a rallentare. Lo dico io come imprenditore, certe volte bisogna 
venire incontro alle esigenze della gente. Appena arrivato in ufficio è arrivata 
la lettera dell’Azienda sanitaria. Ho dovuto fare l’ordinanza vista la gravità 
della situazione. La Lucchini dovrebbe considerare seriamente il problema». 
Un’ordinanza che riguarda in particolare la cokeria, ma Dipiazza non chiede la 
chiusura degli impianti: «Chiedo di far cessare immediatamente le emissioni 
inquinanti – dice la nota – e in particolare quelle prodotte dalla cokeria 
ponendo in essere tutti gli interventi anche incidendo sul ciclo produttivo, 
fatta salva la correlata attivazione di quanto necessario alla messa in 
sicuirezza degli impianti».
Il sindaco ribadisce «non dico che devi chiudere, ma che non devi più emettere 
inquinanti. La Ferriera può rallentare, togliere il piede dall’acceleratore. 
Strano che non l’abbiano già fatto di fronte a questo caldo, ho ricevuto un 
sacco di telefonate dei cittadini. Da imprenditore non lo capisco. È la prima 
volta che l’Azienda sanitaria chiede in una lettera provvedimenti per la 
salvaguardia della salute pubblica».
La lettera dell’Azienda sanitaria firmata dal direttore generale Franco Rotelli 
è stata inviata anche alla Procura (che poco tempo fa ha deciso il dissequestro 
degli impianti visti gli interventi messi in atto dalla Lucchini) ed è giunta 
dopo le misurazioni fatte dall’Arpa che hanno inviato una nota mercoledì scorso. 
Un ulteriore tegola che arriva sulla Ferriera proprio mentre è in corso la 
valutazione da parte della Arvedi, gruppo siderurgico di Cremona, che ha chiesto 
di acquisire lo stabilimento dalla Lucchini. E proprio ieri sono arrivati i 
primi consulenti della Arvedi (tecnici della Voest Alpine) incaricati di 
studiare gli impianti e le misure ambientali per ridurre al massimo le emissioni 
aumentando la produttività degli altoforni e contemporaneamente riducendo 
l’attività della cokeria.
Sono arrivati pure i tecnici della stessa Arvedi di Cremona e tra lunedì e 
martedì giungeranno altri consulenti (esperti di altiforni) della Corus. Un 
momento delicatissimo che vede da un lato la Lucchini impegnata (con un 
confronto propositivo con la Procura) a fare i primi interventi ambientali sugli 
impianti (previsti 10 milioni di investimenti) in vista della conferenza dei 
servizi (il 26) che dovrebbe portare all’Autorizzazione intergata ambientale. 
Dall’altro l’offerta a sorpresa della Arvedi conosciuta (a Cremona, per detta 
degli stessi sindacati locali) per la sua attenzione ai problemi ambientali e 
che vorrebbe replicare l’esperienza a Trieste.
Ieri l’azienda ha fatto sapere di aver ricevuto l’ordinanza e ha confermato che 
«ottempererà alla richiesta di cessazione delle emissioni». Ma ha aggiunto anche 
che «resta in attesa di un chiarimento in merito ai dati dell’Arpa che non sono 
stati trasmessi». Oggi forse un chiarimento su una situazione difficile per 
l’azienda in un momento tra l’altro particolarmente delicato non solo per le 
trattative in corso, ma anche per le condizioni atmosferiche con il caldo 
torrido e l’elevata umidità che rende complicato non solo l’attività siderurgica 
ma anche quella logistica della banchina a mare dove sono in corso operazioni di 
scarico di materiale che potrebbe aver peggiorato la situazione sul fronte delle 
polveri. 
Giulio Garau
 
 
  
  In Provincia l’Arpa illustra i 
  dati ai comitati 
 
 
Ieri sera, quasi in contemporanea, 
era in corso in Provincia l’audizione sul nodo Ferriera. Dal Circolo Miani e i 
Comitati di Servola respira sino agli esperti dell’Azienda sanitaria e 
dell’Arpa. «Continuano a esserci rischi forti per la salute dei servolani», 
hanno ribadito i rappresentanti dei due circoli, mentre il direttore dell’Arpa 
Stelio Vatta ha illustrato i dati degli sforamenti confermando il «trend 
negativo». «La situazione è peggiorata in luglio – ha detto – per il benzene 
abbiamo registrato su una serie di 3805 rilevazioni orarie una media di 14,2 
microgrammi/metro cubo mentre la media precedente era di 12,8. Il limite di 
legge si ferma a 8». Stesso discorso per le polveri con le misurazioni delle 
centraline di via Pitacco, Carpineto, e il mezzo mobile di via San Lorenzo in 
Selva. «Per 4 giorni in queste zone la concentrazione media era ben al di spora 
del limite giornaliero di 50 microgrammi per metrocubo. In particolare in via 
San Lorenzo in Selva». 
 
  
 
 
IL PICCOLO - GIOVEDI' , 19 
luglio 2007
 
Primo sì dell’Ue alla 
Trieste-Divaccia  - Il progetto della ferrovia prevede una galleria a 150 
metri di profondità 
 
Incontro a Bruxelles tra Di 
Pietro e il commissario ai trasporti europeo: «Ok alle nostre soluzioni per il 
Corridoio V» 
Alitalia, gara chiusa senza concorrenti. L’Europa: no ad aiuti di Stato 
 Dopo un incontro a Bruxelles tra il ministro Di Pietro e il 
commissario ai trasporti europeo è arrivato ieri il primo sì alla costruzione 
della Trieste-Divaccia. Il progetto della ferrovia, che partirà da Opicina, 
prevede una galleria a 150 metri di profondità. Per Alitalia, intanto, la gara 
si è chiusa senza concorrenti e l’Europa ha detto no ad ulteriori aiuti di 
Stato, che erano già stati concessi una volta. Alto il rischio di fallimento.
 
 
    
    An: «Piano regolatore, non siamo isolati»  - 
    Secondo il vicesindaco Lippi la delibera deve essere migliorata
 
 
  
  La replica dopo che Dipiazza ha annunciato di voler 
  porre la fiducia sul documento originale 
  Sul siluretto lanciato 
  da Roberto Dipiazza in materia di variante al piano regolatore, i pompieri di 
  Forza Italia si mettono al lavoro fin dal mattino di ieri. Il sindaco martedì, 
  infastidito perché gli assessori di An in giunta si erano astenuti sulla 
  delibera di indirizzo, ha annunciato che in consiglio comunale porrà «la 
  fiducia sulla delibera originale», puntando di fatto a isolare il partito di 
  destra? Il capogruppo azzurro Piero Camber tenta una quadratura del cerchio: 
  «La delibera rimane uguale, verrà migliorata. La giunta ha posto le 
  fondamenta, noi metteremo i muri...» Perché in effetti c’è la volontà 
  condivisa di sottoporre al sindaco un documento da condividere, per giungere 
  in aula con «migliorie» che l’esecutivo potrebbe fare proprie.
  An sceglie la linea morbida. Certo il partito «non è isolato: basterebbe 
  parlare con i capigruppo», premette il vicesindaco Paris Lippi. Ma «stiamo 
  cercando di dare un contributo costruttivo, e lo stesso Dipiazza in giunta ha 
  detto che della delibera avrebbe riparlato con i colleghi ai lavori pubblici 
  Bandelli e all’urbanistica Bucci per esaminare migliorie su cui poter 
  concordare».
  Insomma, niente repliche puntute ma una conferma: la delibera - per An troppo 
  generica - va modificata. Come chiedono appunto i capigruppo, mirando a una 
  sintesi tra istanze ambientaliste e esigenze di sviluppo. Non è estraneo alla 
  partita il fastidio che in An (ma non solo) ha provocato il fatto che il 
  titolare dell’urbanistica Maurizio Bucci abbia sottoposto ai colleghi una 
  delibera mai discussa in precedenza. Del resto, dalla Lista Dipiazza Maurizio 
  Ferrara ricorda come lui stesso e gli altri capigruppo di maggioranza «non 
  appena ricevuto il documento della giunta hanno subito coinvolto gli ordini 
  professionali e le associazioni ambientaliste. Forse però questo compito 
  spettava ad altri. Qualcuno - aggiunge Ferrara - si deve rendere conto che 
  governare significa coinvolgere e poi decidere, non viceversa». Così facendo 
  «forse non ci sarebbe stata astensione di An». Ad ogni modo, Ferrara lo dice 
  chiaro: primo, l’accordo su eventuali emendamenti da presentare in aula andrà 
  cercato «anche con l’opposizione». Secondo, «il gruppo voterà solo gli 
  emendamenti condivisi con il sindaco». Ma una convergenza, avverte dall’Udc 
  Roberto Sasco, va trovata.
  E intanto, il capogruppo della Margherita Sergio Lupieri annota che nella 
  delibera «non si tengono in alcun conto le linee guida tracciate dall’Unione 
  europea» come tutela ed estensione del verde pubblico o riuso delle piazze, 
  mentre si rinuncia a una pianificazione capace di essere un volano per lo 
  sviluppo. Di «mancanza di obiettivi» parla anche il capogruppo diessino Fabio 
  Omero, che ha redatto alcuni emendamenti su cui «sono pronto a confrontarmi 
  con gli altri consiglieri e con il sindaco», precisa in replica a Dipiazza 
  («anche la sinistra è con me», aveva detto il primo cittadino). Si tratta di 
  emendamenti «concepiti come salvaguardia graduale: mettere in salvaguardia 
  cioè quegli interventi edilizi al di sopra di una certa cubatura per i quali 
  già oggi il piano regolatore prevede l’adozione di un piano particolareggiato, 
  tanto in zone del centro urbano quanto nelle periferie; autorizzare invece 
  interventi di risanamento e manutenzione». Meno costruzioni e più restauri, 
  insomma. Inoltre, Omero propone «la messa in salvaguardia per le zone 
  turistiche e quelle di particolare pregio, compresa la sospensione della 
  concessione edilizia per i piani già approvati». All’aula decidere: se ne 
  inizierà a parlare oggi nella commissione consiliare urbanistica.
  p.b. 
  
 
 
    
    Rifiuti, si farà la raccolta differenziata  - 
    Il progetto cancella la Tarsu e introduce la tariffa secondo quantità
     
 
  
  Presentato in Provincia il piano per separare carta, 
  vetro, plastica e ridurre il ricorso all’inceneritore 
  La legge regionale è del 2005, e appena adesso la Provincia presenta il 
  piano di attuazione per la raccolta differenziata degli imballaggi (vetro, 
  plastica, carta e contenitori, plastica e lattine) che se portato a termine 
  virtuosamente da tutti i Comuni potrebbe liberare i cittadini dal peso della 
  Tarsu, perché la legge prevede che la tassa (oggi calcolata sui metri quadrati 
  di abitazione) sia sostituita da una tariffa (Tia) con la quale si paga 
  l’effettiva quantità di rifiuti «normali» prodotti. Il che significa che più 
  il cittadino usa le «campane» per carta e vetro, meno spende per il servizio 
  rifiuti. In quattro anni si prevedono risparmi dell’ordine del 25-30 per 
  cento. Esclusa però la raccolta «porta a porta» che sta rivoluzionando i 
  costumi di Gorizia e Monfalcone, con vistoso disagio per i cittadini.
  Il piano è stato presentato ieri dall’assessore provinciale all’Ambiente 
  Ondina Barduzzi, che ha annunciato 400mila euro di stanziamento a favore dei 
  Comuni, con una prima tranche di 15mila come incentivo di partenza uguale per 
  tutti e poi premi per i migliori progetti. L’obiettivo (nonostante i ritardi 
  accumulati anche dalla precedente amministrazione) restano quelli fissati a 
  livello europeo e regionale: il 35 per cento di differenziata entro l’anno, il 
  60 per cento a fine 2008. Trieste adesso ha un indice basso: il 17-18 per 
  cento.
  Entro questa stessa data la Provincia dovrà anche dotarsi di un nuovo impianto 
  per la raccolta e il trattamento dei rifiuti da imballaggio capace di gestire 
  sia quelli urbani sia quelli speciali, delle imprese.
  Si calcola che su una tonnellata di rifiuti ben il 60 per cento sia 
  rappresentato da materiale riciclabile. Gli ultimi dati disponibili (2005) 
  indicano che la l’intera provincia triestina produce circa 18 tonnellate e 
  mezzo di rifiuti differenziati, di cui quasi 6000, cioé un terzo, sono 
  rappresentati da imballaggi. Oggi, tolta la piccola percentuale citata, 
  finisce tutto nell’inceneritore (coi problemi che ne possono derivare, visti i 
  recenti guasti, le emissioni nocive, lo stop imposto dalla magistratura, 
  l’emergenza di doversi appoggiare a Gorizia). 
  Il programma della Provincia prevede cassonetti verdi per la raccolta del 
  vetro, gialli per la carta, blu per la plastica e le lattine, grigio per il 
  resto. In alcune zone della città ci sono già, ma poco usati e non abbastanza 
  «sotto casa». Progetti sperimentali sono stati avviati in alcuni quartieri, a 
  Rozzol Melara, Valmaura e San Giacomo: «Con un risultato ottimo» ha detto 
  Barduzzi, che ora raccomanda a cittadini, enti, imprese di prendere visione 
  del piano per suggerimenti o miglioramenti (l’iter del provvedimento è 
  spiegato qui a parte).
  Assolta la prima parte burocratica, il compito sarà poi dei Comuni. «Più 
  difficile certamente a Trieste - ha ammesso Barduzzi - ma ci sono città e 
  regioni dove la ’’campane’’ sono state sistemate massicciamente da tempo, e se 
  ci sono riusciti gli altri possiamo farlo anche noi». Complicato soprattutto 
  individuare il sistema per passare dalla tassa - a Trieste appena lievitata di 
  ben il 30 per cento - alla tariffa individuale: «Ci sono vari sistemi - ha 
  aggiunto l’assessore -, si va dalla pesata del sacchetto registrata su una 
  card (potrebbe anche essere quella regionale) ai sacchetti venduti in 
  tabaccheria con registrazione: meno se ne prendono, meno si paga di tariffa».
  Resta poi il fatto che dal «differenziato» che confluisce nel nuovo impianto - 
  tutto da fare - bisogna ricavare anche un buon indice di riciclaggio effettivo 
  dei materiali, attraverso apposite ditte. «Ma già oggi - ha sottolineato 
  Barduzzi - l’Acegas ’’divide’’ i materiali, non è escluso che possa occuparsi 
  anche del nuovo servizio». E il termovalizzatore, cioé l’inceneritore che 
  produce energia e quindi denaro? «Non ha potenzialità infinite - ha concluso 
  l’assessore -, funziona meglio con rifiuti selezionati, e potrebbe avere più 
  spazio per occuparsi dei rifiuti speciali». Tutto il programma è iniziato con 
  un’azione educativa: 200 mila euro sono stati dati alle scuole per 
  propagandare comportamenti ecologici ai ragazzini. Con la speranza che 
  convincano anche i genitori. 
  
  Gabriella Ziani
  
 
 
    
    Ferriera, arrivano i tecnici dell’Arvedi - Il primo 
    sopralluogo dell’azienda lombarda 
  
 
   
  
  Il gruppo Arvedi lavora in maniera serrata sulla 
  valutazione per l’acquisto della Ferriera di Servola e per risolvere da un 
  lato le questioni ambientali e dall’altro per aumentare la produttività dello 
  stabilimento. Tra oggi e lunedì atteso a Servola l’arrivo di tecnici ed 
  esperti sul fronte ambientale e produttivo nel settore siderurgico incaricati 
  di approfondite consulenze per conto della Arvedi sullo stato degli impianti. 
  Le ipotesi per il futuro produttivo della Ferriera parlano di una riapertura 
  del secondo altoforno e del contemporaneo rallentamento dell’attività della 
  cokeria per abbassare il limite delle emissioni, soprattutto di polveri. E 
  proprio l’arrivo dei tecnici di questi giorni punta a studiare come abbassare 
  al massimo il livello degli inquinanti: da quanto si è saputo il gruppo Arvedi 
  punta addirittura a interventi aggiuntivi rispetto alle prescrizioni fatte 
  dalla procura della Repubblica alla Ferriera. Il gruppo Lucchini intanto 
  procede nelle operazioni di miglioramento ambientale degli impianti: la 
  settimana prossima (giovedì 26) prevista la prima vera riunione della 
  Conferenza dei servizi in Regione sulla procedura di autorizzazione integrata 
  ambientale dello stabilimento.
  Ma veniamo alle viste dei tecnici. In arrivo due gruppi diversi di esperti. 
  Tra oggi e domani sono attesi i primi tre che giungono direttamente dalla 
  Voest Alpine (il colosso siderurgico austriaco). Uno dei tecnici è esperto di 
  impianti di cokeria, uno sugli altoforni e uno di agglomerato (serve per la 
  produzione di ghisa). Sono i consulenti scelti dal gruppo Arvedi che 
  dovrebbero verificare i possibili presidi ambientali e gli interventi per 
  migliorare le condizioni di lavoro degli impianti. L’obiettivo, da quanto si è 
  saputo, è individuare ulteriori miglioramenti agli apparati di produzione per 
  limitare al massimo polveri ed emissioni. Il programma di verifica dei 
  consulenti della Arvedi è stato reso noto anche al personale dello 
  stabilimento e i vertici della Ferriera hanno informato le rappresentanze 
  sindacali interne.
  Altri due o tre tecnici invece sono attesi tra lunedì e martedì prossimi. Si 
  tratta stavolta di esperti spagnoli della Corus, una società leader sul fronte 
  siderurgico. Il loro lavoro dovrebbe essere mirato agli altiforni. Seri 
  approfondimenti infine sono in corso sul fronte logistico e portuale e la 
  Arvedi sta valutando (un progetto Lucchini) da subito il rapporto 
  costi/benefici sul prolungamento da 300 a 600 metri della banchina. L’ultima 
  verifica il gruppo Arvedi la sta facendo sulla logistica terrestre e in 
  particolare sulla possibilità di potenziare le linee ferroviarie per futuri 
  trasferimenti di prodotto direttamente da Trieste a Cremona. 
  
  Giulio Garau
  
 
 
   
  
  Sul Piccolo del 30 giugno ho letto l’articolo 
  concernente la ferriera. Siccome in passato mi ero già interessato in merito 
  al problema stesso, vorrei ritornare sull’argomento, che inquina l’atmosfera, 
  compromettendo le vie respiratorie di tutti gli abitanti della città, nessuno 
  escluso.
  Si parla ora di dimezzare le polveri entro tre anni, quindi si vuole 
  continuare a minare la salute della gente, senza parlare di eliminare 
  completamente i veleni sprigionati dagli altoforni, che intaccano 
  inesorabilmente il fisico di coloro che di fronte al profitto contano meno di 
  nulla. Questo stabilimento, che genera polveri mortali, deve venire chiuso 
  definitivamente; poiché il non farlo potrebbe portare i responsabili a 
  rispondere di lesioni dolose, al cospetto dell’autorità giudiziaria.
  Se non erro, il personale impiegato nella ferriera doveva essere trasferito in 
  altre attività produttive già predisposte: che cosa è stato fatto in 
  proposito? Il nostro sindaco si rende conto di tale macigno, che incombe sulla 
  città, tanto da chiedere la sua chiusura, senza sospensioni e successive 
  riprese dell’attività stessa; ma la chiusura definitiva di questo pericolo 
  permanente. Il signor Lucchini, il quale ha già guadagnato lautamente con la 
  ferriera, sia quindi tanto umanitario e cortese di concedere la grazia della 
  chiusura, o della conversione dello stabilimento in prodotti non nocivi.
  Tommaso Micalizzi
 
  
 
 
 
 
IL PICCOLO - MERCOLEDI' , 18 
luglio 2007
 
 
  
  Nessuna 
  modifica, An isolata - Piano regolatore, Dipiazza: «Chiedo la fiducia in aula»
  
 
 
Farà caldo in Comune negli ultimi 
giorni di luglio, ma le temperature torride dell’estate c’entrano poco. 
L’accordo sulla delibera che detta gli indirizzi per la variante al Piano 
regolatore - una sorta di maxi-emendamento di maggioranza, salvaguardando solo 
le aree più critiche e dando certezza ai privati - non è piaciuto a Roberto 
Dipiazza. «Porrò la fiducia in Consiglio comunale sulla delibera originale», 
dice il sindaco. Isolando An che in giunta, con i propri assessori, si è 
astenuta su quella delibera.
«Non abbiamo votato contro sulla base di un accordo che in aula sancirà il vero 
indirizzo», dice l’assessore Franco Bandelli (An). E aggiunge: «L’astensione è 
un passo avanti, se qualcuno non accetta questi passaggi sfugge alla vita 
democratica». Una tesi ribadita anche dal collega di partito e vicesindaco Paris 
Lippi, che parla di una delibera da «rendere consona alle aspettative» e dalla 
capogruppo Alessia Rosolen. Tutti aspettano i lavori in commissione e il voto in 
aula a fine mese per «ridefinire i parametri, dopo l’incontro - dice Rosolen - 
con le associazioni ambientaliste, gli ordini e le categorie». Lo stesso 
capogruppo forzista Piero Camber conferma: «Vediamo di dare sostanza alla forma. 
Una sostanza condivisa - dice - perché la coalizione lavora in sintonia». Fino a 
un certo punto, in realtà, viste le dichiarazioni del sindaco. «Ho già fatto un 
Piano regolatore a Muggia di cui non si sente parlare perché semplicemente è 
buono, mentre quello di Trieste lo critica anche la stessa sinistra». E 
aggiunge, strappando con An: «La fatica è insegnare agli altri come si fa un 
piano onesto. In Consiglio metterò la fiducia su questo documento - spiega - 
incassando i voti di Fi, Lista Dipiazza e Udc. Anche la sinistra è con me». 
p.c. 
 
 
 
IL PICCOLO - MARTEDI' , 17 
luglio 2007
 
 
  
  Piano regolatore, accordo in 
  maggioranza: salvaguardia solo per le aree più critiche - La delibera verso il 
  sì con l’astensione di An 
 
 
URBANISTICA La delibera che detta 
gli indirizzi per la variante al piano regolatore generale verrà discussa oggi 
dalla giunta comunale, che - annuncia l’assessore Franco Bandelli - la varerà 
con l’astensione degli assessori di An. La palla passerà poi al consiglio 
comunale, che in aula potrà apportarvi emendamenti significativi. Modificandola 
insomma anche in maniera pesante.
È questo il risultato di una giornata convulsa sul fronte della politica 
urbanistica. Una giornata che in poche ore ha visto l’esecutivo rinviare a oggi 
la delibera, gli assessori Maurizio Bucci e Bandelli impegnarsi in incontri con 
Ordini professionali ma anche con i capigruppo della maggioranza consiliare, e 
infine rappresentanti della giunta e della maggioranza consiliare pervenire a 
una mediazione e dunque a un accordo. 
Punto di partenza, si diceva, la giunta di ieri, con la delibera portata dal 
titolare della pianificazione territoriale Bucci. Una delibera che ancora una 
volta ha visto dubbiosa An: per le «questioni di metodo», quelle che nel primo 
passaggio in giunta - lo scorso giugno - avevano visto Piero Tononi, 
nell’occasione unico esponente dei finiani presente, votare contro lamentando il 
fatto che di un documento così importante per il futuro urbanistico (ed 
economico) della città il partito non fosse stato preventivamente messo a 
conoscenza. E come in precedenza, An ha continuato a sottolineare l’eccessiva 
genericità del documento, che secondo il partito - raccolte le indicazioni delle 
parti sociali - non forniva indicazione alcuna né su una eventuale messa in 
salvaguardia generale del territorio (che peraltro equivarrebbe a bloccare nuove 
concessioni edilizie) né una attenzione mirata a talune precise aree. 
E mentre il forzista Bucci, all’ora di pranzo, minimizzava la questione («Va 
trovata la condivisione, come sempre»), il suo collega ai lavori pubblici 
Bandelli precisava che «su un documento importantissimo An, da alleato serio e 
cosciente quale vuole restare, è disponibile a cercare tutte le strade possibili 
per riuscire a dare un documento che sia condiviso dall’intera maggioranza e 
recepisca le eventuali indicazioni che arrivano in prima fila da Ordini 
professionali, categorie, associazioni ambientaliste».
Da qui, nel pomeriggio, una serie di incontri, nei quali a Bucci si è affiancato 
Bandelli, dapprima con gli Ordini e in seguito con i capigruppo della 
maggioranza consiliare, questi ultimi - precisa in Forza Italia Piero Camber - 
«da sempre compatti». Infine, appunto, la mediazione: oggi l’ok alla delibera 
con l’astensione di An, mentre «la maggioranza del consiglio - così ancora 
Camber - punta a rivederla sostanzialmente adottando alcune salvaguardie 
congruamente motivate». Insomma, nessuna messa in salvaguardia generalizzata con 
la quale, come già sottolineato in un documento da Associazione costruttori e 
Cna, la città vedrebbe «bloccata qualsiasi attività edilizia almeno per i 
prossimi quattro o cinque anni»: ma attenzione ad alcune aree di particolare 
criticità. «Sono abbastanza soddisfatta - commenta la capogruppo di An Alessia 
Rosolen -: ora come maggioranza consiliare pensiamo di riuscire a redigere un 
documento che difenda un comparto economico della città dando contestualmente 
risposte anche a chi chiede attenzione per l’ambiente e il territorio».
«Sono stati fatti dei grandissimi passi avanti», è il commento serale di 
Bandelli: «An oggi in giunta si asterrà in base alla sorta di accordo raggiunta 
e in ossequio alla volontà del consiglio. Confido che dall’aula uscirà un 
documento che accontenterà anche a quelli che pensavano a salvaguardie 
indiscriminate: non è questa la volontà dell’amministrazione, così come non lo è 
quella di dare il via a cementificazioni selvagge». 
   
   
  
  Cedassamare, 
  nuove verifiche - Slitta a lunedì prossimo la discussione in Consiglio 
  comunale
 
 
Ancora un rinvio sul complesso 
abitativo da realizzare in salita Cedassamare. Nella seduta del Consiglio 
comunale di ieri sera, infatti, non è stata discussa la delibera sulla specifica 
variante al piano regolatore. L’argomento tornerà all’ordine del giorno della 
prossima seduta, fissata per lunedì, dove saranno illustrati alcuni aspetti del 
progetto presentato dalla costruzioni Meranesi srl.
Rispetto alla costruzione di cinque villette in salita Cedassamare, infatti, gli 
uffici comunali saranno chiamati in questi giorni a verificare la validità delle 
contestazioni mosse in una lettera dell’avvocato Diego, il legale che 
rappresenta i residenti della zona, recapitata all’amministrazione comunale.
Nel documento sono evidenziate alcune «discordanze» tra il progetto presentato 
dalla costruzioni Meranesi e l’attuale stato dell’area interessata. Le 
contestazioni riguardano la reale cubatura degli immobili e la distanza fra le 
facciate rispetto alle case già esistenti. Stando alla lettera dell’avvocato 
Diego nelle carte presentate dalla costruzioni Meranesi srl e lo stato di fatto 
dei luoghi, alcuni dati non sarebbero congrui. Una questione di cubature 
differenti, da qui la richiesta di un controllo dei numeri.
Il voto in calendario dallo scorso 25 giugno, insomma, è destinato a slittare 
ulteriormente di una settimana. Ma il problema rimane. La vicenda è una spina 
nel fianco per i consiglieri che, dopo la diffida da parte dell’impresa 
costruttrice, potrebbero essere chiamati a rispondere in solido nel caso di una 
bocciatura del progetto. 
 
 
 
Perché queste inutili tempeste nel 
bicchiere? Qualcuno sa spiegare/spiegarsi il perché di reazioni così 
sproporzionate? Dopo un anno dal suo insediamento, la giunta comunale di Muggia 
cambia il rappresentante degli ambientalisti nella commissione comunale per le 
antenne di telefonia mobile. E succede il finimondo.
Posto che i temi ambientali non sono né di destra né di sinistra, posto che le 
associazioni ambientaliste sono tante e non presenti dappertutto, posto che 
l’associazione «Ambiente e/è vita è stata nominata pochissimo tempo dopo la sua 
recente costituzione a Muggia nella Commissione edilizia integrata di Muggia e 
nella commissione per le antenne di telefonia mobile, viene da chiedersi come 
mai si era scelta proprio quella associazione che a memoria dei muggesani si è 
occupata soltanto delle acque del Fugnan (nella sua riunione costitutiva): ha 
avuto un seguito?
E giorni fa, cioè qualche anno dopo, della bonifica di Acquario: soltanto per 
avanzare gravi dubbi sulla sperimentazione che ci si propone di attuare. 
D’altronde io non conosco il parere dell’associazione «Ambiente e/è vita» 
rispetto ad alcuno dei gravi problemi ambientali che riguardano il territorio 
muggesano.
Mi permetto di segnalare ai lettori di questo giornale, anche se i cittadini 
muggesani se ne ricordano bene, che la Legambiente di Muggia è nata nel 1989, ha 
decine di tesserati, ha condotto rumorose battaglie ambientaliste che sono ben 
presenti nella memoria dei muggesani: contro la superstrada di circonvallazione, 
per la salvaguardia dei Laghetti delle Noghere, per la soluzione del problema 
delle antenne radio/tv di Chiampore, contro molti aspetti devastanti di vari 
Piani regolatori, contro la cementificazione della costa muggesana, solo per 
nominarne alcune.
Che dire per la completezza del discorso: che i membri della Commissione per le 
antenne di telefonia mobile vi partecipano a titolo assolutamente gratuito?
June 
Nicolini - segretaria Circolo Arcobaleno Legambiente Muggia
 
 
 
IL PICCOLO - LUNEDI' , 16 
luglio 2007
 
 
  
  Cedassamare, 
  oggi il voto Wwf: l’aula bocci il progetto
 
 
CONSIGLIO COMUNALE Torna stasera in 
Consiglio comunale la delibera sulla variante al piano regolatore in base alla 
quale in salita di Cedassamare dovrebbero sorgere cinque nuove palazzine. Il 
voto, in calendario fin dal 25 giugno, è stato rimandato già due volte. Per 
l’aula municipale si tratta di una spina nel fianco: la diffida inviata 
dall’impresa costruttrice mette i consiglieri di fronte alla possibilità di 
essere chiamati a rispondere in solido di un eventuale no al progetto, che 
sinora ha ottenuto una serie di pareri favorevoli.
In ballo il piano della Costruzioni Meranesi srl: cinque ville «in una delle 
zone non soltanto più belle e panoramiche della costiera triestina, ma 
importante anche sotto il profilo naturalistico». Così in una nota il Wwf, che 
nelle scorse settimane ha inviato delle osservazioni alle quali gli uffici 
comunali hanno risposto ribadendo la correttezza dell’iter svolto. Ma il Wwf 
insiste e invita il consiglio comunale a bocciare il progetto: «Sul piano 
particolareggiato non è stata svolta la valutazione di incidenza, prescritta 
dalle norme comunitarie per tutti i piani ed i progetti che possano comportare 
“incidenze significative” (cioè danni)» su siti di particolare interesse 
naturalistico come quello su cui insiste il progetto. «Il piano - sostiene il 
Wwf - prevede la distruzione di circa nove ettari di bosco (con prevalenza di 
querce d’alto fusto), di grandissimo pregio ambientale, ed è evidente che 
comporterà un grave danno per gli habitat e le specie vegetali e animali 
dell’area. Anche perché la cementificazione di quest’area - prosegue la nota - 
si aggiungerebbe a quelle già realizzate negli ultimi anni in altre aree 
costiere di analoghe caratteristiche, per tacere degli ulteriori piani che 
prevedono ”villettizzazioni” tra Barcola e Prosecco».
Gli uffici comunali – aggiunge Dario Predonzan per il Wwf – «hanno cercato 
maldestramente di negare la necessità della valutazione di incidenza per il 
piano di salita Cedassamare. Una memoria dettagliata che ribadisce l’esigenza di 
tale adempimento è stata però inviata dal Wwf a tutti i consiglieri comunali». 
Quanto alla diffida inviata dall’impresa ai consiglieri, il Wwf la ritiene 
«infondata» perché «non essendo stata effettuata la valutazione di incidenza, 
che deve comunque precedere l’approvazione del piano, lo stesso non è 
approvabile dal consiglio». Infine, gli ambientalisti definiscono 
«contraddittorio anche il parere favorevole espresso della Regione».
Intanto il «Club autonomo di Trieste dei soci di Friends of the earth-amici 
della terra, associazione per l’ambiente e i diritti dell’uomo» annuncia oggi 
dalle 18.30 alle 20 un presidio davanti al Comune, per dire «no alla 
cementificazione della Costiera». Al sindaco e ai consiglieri comunali verrà 
consegnata una «petizione dei comitati spontanei dei cittadini che partecipano 
all’iniziativa». 
 
 
 
IL PICCOLO - DOMENICA, 15 
luglio 2007
 
 
  
  La 
  Trieste-Divaccia non sarà ad alta velocità - Svelati nuovi particolari del 
  tracciato del «Corridoio 5» fra Italia e Slovenia
 
   
  
    
    TRIESTE Nonostante il riserbo 
    che circonda ancora il tracciato del Corridoio 5 fra Trieste e Divaccia 
    (progetto che Italia e Slovenia devono presentare all’Unione Europea entro 
    il 23 luglio), è già possibile fornire alcune informazioni sulle probabili 
    caratteristiche del percorso. Ed esse sono abbastanza sorprendenti anche se 
    il tracciato non è stato ancora approvato formalmente dai ministri italiano 
    e sloveno. Si sapeva infatti che, con i raggi di 2,7 km e le pendenze 
    dell’alta velocità, non sembravano esserci alternative all’attraversamento 
    del Rosandra o al passaggio in viadotto sulla piana di Zaule. Ebbene, da 
    sotto viale Miramare in avanti, il nuovo percorso sarà probabilmente tutto 
    sotterraneo - come quello che già si conosceva - ma con circa 10 km in più 
    sulla tratta Trieste-Divaccia. E non sarà più in alta velocità, come il 
    progetto di Rete Ferroviaria Italiana (Rfi) del 2003. PROSECUZIONE COMUNE - 
    Come nel progetto del 2003, le tre gallerie affiancate proseguirebbero dal 
    sottosuolo di viale Miramare in direzione sud-est. Giunte sotto alla zona di 
    S. Maria Maddalena superiore, invece di dirigersi verso Bagnoli imboccando 
    la progettata curva «M» in alta velocità sotto al Monte Carso, 
    descriverebbero una completa «S» a raggio abbastanza stretto. Nei limiti del 
    dettaglio concesso dal fermo immagine catturato dal video dell’ufficio 
    stampa regionale, le gallerie risalirebbero il fianco nord della Val 
    Rosandra (mantenendosi a grande profondità) passando sotto all'abitato di S. 
    Lorenzo. Da qui, le gallerie inizierebbero la prima curva in leggera salita 
    che attraverserebbe in profondità la valle, probabilmente al di là del 
    confine di Stato. Aggirato in profondità il Monte Carso in territorio 
    sloveno, le tre gallerie rientrerebbero in Italia subito a est di San 
    Dorligo-Dolina, per descrivere la seconda curva (probabilmente tutta 
    sotterranea) della «S» grossomodo nella zona a sud di S. Servolo-Socerb. La 
    confluenza - sempre in profondità - con la linea decisa dalla Slovenia 
    avverrebbe nella zona a metà strada fra S. Dorligo-Dolina e Klanec-S. 
    Pietro. Tutto suggerisce che questo sia effettivamente il tracciato che 
    Italia e Slovenia stanno per presentare all’Europa per ottenere un ingente 
    finanziamento di progettazione. CONCLUSIONE FACOLTATIVA - A parte i problemi 
    tecnici, e non solo idrogeologici, si delineerebbe una situazione generale 
    ancora più complessa rispetto il passato. Da un lato, la Slovenia 
    confermerebbe l’obiettivo che ha sempre esposto chiaramente: migliorare il 
    trasporto merci da e per il porto di Capodistria con una linea di buona 
    scorrevolezza, ma non di alta velocità passeggeri. E, quindi, con un 
    percorso non troppo profondo e perciò non eccessivamente costoso. La 
    Slovenia è riuscita a far approvare dall’Ue un Corridoio «Lione-Trieste/Koper-Divaca-Lubiana», 
    dove la barra «/» ha consentito di includere nel finanziamento europeo anche 
    la deviazione per Capodistria, che è fuori-linea. Dall’altra parte, la 
    Regione Fvg e l’Italia, dopo aver per anni giustificato i 50 km e passa di 
    gallerie triple con la necessità di costruire una linea da 300 km all’ora, 
    ora ripiegherebbero su gallerie ancora più lunghe, ma per velocità più 
    basse. Senza ricordare che né questo tracciato né il precedente 
    risolverebbero due questioni-chiave per il porto di Trieste: il collegamento 
    diretto con Capodistria (con conseguenti benefici per entrambi) e la 
    strozzatura costituita dalla galleria di circonvallazione. Il percorso che 
    si è intravisto nel servizio televisivo regionale rischia di far pendere 
    ulteriormente la bilancia dalla parte dei costi, piuttosto che da quella dei 
    benefici. 
    
    
    Livio 
    Sirovich 
  
 
 
 
 
IL PICCOLO - SABATO , 14 
luglio 2007
 
 
  
  Ferriera in 
  vendita, dubbi da Rifondazione
 
  
  
    
    Per il capogruppo di 
    Rifondazione comunista in Consiglio regionale, Igor Kocijancic, «non è 
    credibile un gruppo come Lucchini-Severstal che prima afferma di essere in 
    regola con le emissioni nocive in atmosfera, poi contatta la procura per gli 
    interventi e gli investimenti da attuare e, infine, dice di voler cedere ad 
    un altro imprenditore la Ferriera». Quanto al gruppo Arvedi, che si appresta 
    a subentrare alla Severstal-Lucchini nella gestione della Ferriera, 
    Kocijancic ha invitato tutti a informarsi su quanto sta avvenendo a Cremona.
    
  
 
 
 
 
  
  Via dell’Eremo, 
  firme contro i nuovi edifici
 
  
  
    
    Gli abitanti delle circa 20 
    basse casette rurali della «corte dei Gherdolici», così chiamata perché 
    anticamente vi erano insediate solo famiglie con il cognome Gherdol, le 
    stanno provando tutte perché il Comune non metta all’asta un terreno di 
    circa 1400 metri quadrati, posto accanto alle loro abitazioni in via 
    dell’Eremo. La base d’asta per la vendita del polmone verde edificabile, ma 
    sprovvisto di vincolo paesaggistico e per il quale il vigente piano 
    regolatore prevede edificazioni alte anche 4 o 5 piani, è di 250 mila euro. 
    Una soluzione che i residenti bocciano con una raccolta di 40 firme e che la 
    stessa circoscrizione sesta, capeggiata da Pierluigi Pesarino Bonazza (FI), 
    ha sempre ricusato. «Ho appena mandato una e-mail al sindaco - dice la 
    dipendente comunale Marina Arcion - per chiedergli di salvare il polmone 
    verde posto tra la vie dell’Eremo, Felluga e san Pasquale. In quella corte 
    viviamo da generazioni e generazioni e siamo tutti parenti con il comune 
    denominatore del cognome Gherdol». Identica la posizione di Ondina Zergol: 
    «La vendita del terreno porterà alla costruzione dei soliti casermoni per 
    niente adatti ad una zona rurale e caratteristica. Non avremmo avuto nulla 
    da dire se il piano regolatore avesse previsto edificazioni più modeste, ma 
    è ridicolo costruire un gigante tra casette così basse». Dal canto suo 
    Pesarino Bonazza, ricorda come sia antica la battaglia «per salvare diversi 
    polmoni verdi della città dalla cementificazione: ci siamo riusciti per 
    tutti tranne che via dell’Eremo». Chiamato in causa l’assessore comunale 
    competente Piero Tononi però dà una risposta categorica: «Gli altri terreni 
    che sono stati stralciati dalle vendite avevano tutti delle motivazioni 
    particolari, che a questo manca del tutto. Mancano delle motivazioni 
    plausibili per l’intera collettività che sarà beneficiata dai proventi della 
    vendita. Nella zona, oltre a case basse, ci sono anche diverse edificazioni 
    alte». d.c. 
  
 
 
 
 
 
IL PICCOLO - VENERDI' , 13 
luglio 2007
 
 
  
  Arvedi: vogliamo 
  la Ferriera - Una decisione a settembre. Da definire prezzo e «mission» 
  dell’azienda
 
   
  
    
    di Giulio Garau Il Gruppo Arvedi 
    è «seriamente interessato» all’acquisizione della Ferriera di Servola ed è 
    impegnato in una approfondita trattativa con il gruppo Lucchini per definire 
    una possibile cessione dello stabilimento siderurgico. Settembre il mese 
    decisivo, ma fino ad allora il cavalier Giovanni Arvedi fa sapere da 
    Cremona, tramite un portavoce, che per motivi industriali di riservatezza e 
    per il fatto che la trattativa è in corso, che non intende dire nulla fino a 
    quando l’operazione non sarà definita. È l’unica voce ufficiale per ora che 
    giunge dal Gruppo Arvedi che ha manifestato l’interesse alla Lucchini per 
    acquisire lo stabilimento di Trieste e alcune settimane fa ha avviato una 
    trattativa (un complesso percorso di due diligence che punta a definire il 
    prezzo finale dopo approfondite valutazioni industriali e finanziarie) che 
    potrebbe concludersi con la cessione dello stabilimento. Trovano conferma 
    intanto, anche all’interno dello stabilimento tra i rappresentanti dei 
    lavoratori, le ipotesi di raddoppio della produzione dello stabilimento e il 
    rallentamento dell’attività della cokeria per diminuire l’impatto ambientale 
    della fabbrica. Sarebbe in corso infatti uno studio congiunto 
    Lucchini-Arvedi sulle strategie di ristrutturazione dello stabilimento che 
    già ora produce fatturato e dà molti utili (rispettivamente 180 e 12 milioni 
    secondo i dati 2006) ma che con un nuovo riposizionamento potrebbe far 
    decollare volumi e guadagni offrendo la possibilità, dopo gli investimenti, 
    di ridurre le emissioni inquinanti rendendo compatibile l’impianto di 
    Servola. Tre i settori di business: acciaio, logistica ed energia. La 
    produzione industriale è la parte più critica per la Ferriera nel mirino 
    degli ambientalisti, degli abitanti di Servola e degli organi di controllo, 
    per i continui rilevamenti degli sforamenti delle emissioni (polvere di 
    carbone che provoca imbrattamento, polveri sottili fumi ed altri inquinanti) 
    che hanno provocato anche numerosi provvedimenti della magistratura. La 
    riconversione dello stabilimento dovrebbe partire proprio da lì. L’ipotesi è 
    quella di riattivare (servono investimenti mirati) il secondo altoforno, 
    spento ormai da un pezzo. Attualmente in Ferriera è in funzione un solo 
    altoforno che produce dalle 1200 alle 1400 tonnellate al giorno di ghisa 
    liquida (400 mila in un anno) e la produzione potrebbe raddoppiare. La 
    Ferriera è uno stabilimento molto flessibile, produce vari tipi e qualità di 
    ghisa (tutte della fascia di qualità alta) da quella semplice per acciaierie 
    a quella di affinazione fino a quella sferoidale. Una ghisa utilizzata anche 
    per costruire i motori. Non si sa ancora se Arvedi produrrà un tipo di ghisa 
    semplice o quella più complessa e se continuerà, come Lucchini a vendere 
    all’esterno i suoi prodotti o assorbirà completamente la produzione. Per la 
    cokeria ormai certo il rallentamento della produzione (in maniera modulata) 
    per limitare le emissioni inquinanti. Conferma anche sul fronte logistico: 
    la Arvedi è interessata a proseguire eventualmente (nel caso di 
    acquisizione) il progetto di allungamento della banchina a mare da 300 a 600 
    metri. Vi potranno attraccare due navi contemporaneamente e decollerà 
    l’attività, anche conto terzi, di trading di minerale, coke, rottame e ghisa 
    che finora ha visto la movimentazione di almeno 350 mila tonnellate che 
    hanno reso diversi milioni di euro. Infine l’energia: sarà mantenuto il 
    contratto con la centrale di cogenerazione valido sino al 2015 (che permette 
    di cedere energia a prezzo vantaggioso). Da Cremona intanto arrivano 
    conferme sull’attenzione del gruppo Arvedi sull’ambiente, la tecnologia e 
    l’innovazione. Ben 7 i brevetti internazionali ottenuti e 13 quelli che sono 
    in corso di analisi. Nel 2008 tra l’altro a Cremona (dopo l’accordo con la 
    Siemens) entrerà in funzione il primo impianto al mondo in grado di produrre 
    direttamente rotoli laminati a caldo in continuo partendo dall’acciaio 
    liquido. Molta l’attenzione e le attese da parte dei lavoratori che in 
    questi giorni stanno chiedendo informazioni sul gruppo Arvedi e non si 
    fidano. La Lucchini ha incontrato le rappresenzanze interne (Umberto 
    Salvaneschi della Fim, Franco Palman della Uilm, Fabio Fuccaro e Marco Relli 
    della Fiom) per metterli al corrente delle trattative in corso. Tutti 
    restano in attesa della conlcusione e della presentazione del piano 
    industriale. «Le prospettive sembrano molto buone – commenta cauto Relli – 
    da triestino, vista la storia e i passaggi che ha avuto la Ferriera, sono 
    restio a lasciarmi andare a facili ottimismi e all’entusiasmo. Il mio 
    scetticismo sarà smentito quando sarà conclusa l’operazione e quando vedrò 
    il piano industriale». 
  
 
 
 
 
 
IL PICCOLO - GIOVEDI' , 12 
luglio 2007
 
 
  
  Ferriera, i 
  piani di Arvedi: raddoppio tutelando l’ambiente
 
  
  
    
      
        
        Acciaio, logistica ed 
        energia: questi i tre business su cui il gruppo Arvedi pensa di basare 
        la riconversione della Ferriera di Servola. L’azienda siderurgica 
        cremonese si è fatta avanti con la Lucchini Severstal e sta valutando 
        l’acquisizione dello stabilimento a fine estate. Una scommessa che ha 
        apparentemente dell’impossibile: mantenere la produzione della Ferriera, 
        anzi addirittura potenziarla con la riapertura del secondo altoforno 
        (questa la novità), ma al tempo stesso rendere compatibile dal punto di 
        vista ambientale lo stabilimento con parametri al di sotto dei limiti di 
        legge. Tra le ipotesi emerse ci sarebbe anche quella di «ridurre 
        drasticamente» l’attività della cokeria, l’impianto nel mirino degli 
        ambientalisti. È previsto poi il raddoppio del traffico terminalistico, 
        potenziando e allungando la banchina accanto alla piattaforma logistica. 
        Infine si punta allo sfruttamento delle opportunità energetiche che 
        offre il contratto con la centrale di cogenerazione, garantito fino al 
        2015. Dopo le poche righe ufficiali congiunte tra le due società, che si 
        sono limitate a confermare le trattative in corso, non è arrivata 
        nessun’altra comunicazione ufficiale. Ma le numerose indiscrezioni, 
        supportate dalle osservazioni di esperti del settore dell’acciaio, 
        tratteggiano un quadro chiaro e confermano che oltre alle valutazioni 
        (due diligence industriali-finanziarie) è in corso anche un approfondito 
        studio industriale-economico per il futuro di Servola che dovrebbe 
        concludersi in un paio di mesi. Il gruppo siderurgico lombardo 
        interessato alla Ferriera – secondo le notizie provenienti da Cremona – 
        è fortemente orientato alla compatibilità ambientale e a rendere 
        credibile la politica adottata da Giovanni Arvedi (industriale che ha 
        fama di innovatore, amante della tecnologia e che con la realizzazione, 
        primo al mondo, di un impianto a ciclo continuo dalla colata al rotolo 
        di acciaio è il protagonista di una svolta storica nel settore) c’è 
        anche il fatto che l’azienda è una delle poche in Italia ad aver 
        ottenuto l’autorizzazione integrata ambientale. Una conferma su uno dei 
        tre obiettivi dell’Arvedi in realtà c’è e riguarda la logistica. Il vice 
        presidente della Lucchini, Giovanni Gillerio assieme al presidente 
        Giovanni Arvedi si sono incontrati martedì scorso anche con il 
        presidente dell’Autorità portuale Claudio Boniciolli. Un vertice di 
        un’ora sullo sviluppo dell’attività terminalistica della Ferriera 
        accanto alla futura piattaforma logistica anche conto terzi. «C’è stata 
        una perfetta armonia nell’individuare le aree portuali che servono alla 
        attuale proprietà e interessano anche l’eventuale futuro proprietario» 
        ha confermato Boniciolli che ha ribadito il progetto di sviluppo. 
        «Attualmente la Ferriera ha una banchina di 300 metri, è allo studio il 
        raddoppio a 600 e ciò consentirà di ampliare i traffici e di operare con 
        due navi contemporaneamente. Lo studio è stato avviato già dalla 
        Lucchini, è inserito nel piano opera tivo triennale e interessa anche 
        Arvedi». La logistica «conto terzi» della Ferriera ha movimentato già 
        350 mila tonnellate fra rottame, ghisa, coke e clinker (calce cotta 
        destinata ai cementifici). Un business da diversi milioni di euro che 
        può decollare. L’opzione economica più delicata riguarda la produzione 
        di ghisa con gli altiforni e la cokeria, gli impianti con il maggior 
        impatto ambientale. Le ipotesi allo studio sono precise: ora funziona 
        solo un altoforno, l’altro è stato spento e messo in sicurezza. La 
        Arvedi potrebbe fare investimenti di miglioramento degli impianti 
        rimettendo in funzione tutti e due gli altiforni. Per compensare e 
        ridurre le emissioni un’altra ipotesi potrebbe essere quella di 
        rallentare (in maniera modulata a seconda delle stagioni e delle 
        condizioni atmosferiche) la produzione del coke riducendo la 
        produttività della cokeria. Arvedi è un grande consumatore di ghisa ed è 
        questo che interessa al gruppo di Cremona. Il coke può essere prodotto 
        in casa ma ora (lo fanno molte altre aziende siderurgiche, compresa la 
        Lucchini) nel mondo c’è molta offerta e, stando agli esperti, potrebbe 
        essere acquistato anche a buon prezzo. 
      
 
     
    
    Giulio 
    Garau
 
 
 
 
IL PICCOLO - MERCOLEDI' , 11 
luglio 2007
 
 
  
  Il gruppo Arvedi 
  vuole la Ferriera - Avviata la trattativa con la Lucchini. Interesse su tre 
  fronti: acciaio, logistica e energia
 
   
  
    
    di Giulio Garau La Ferriera di 
    Servola alla fine dell’estate potrebbe essere ceduta alle acciaierie Arvedi, 
    uno tra i grandi gruppi privati italiani della siderurgia. Il gruppo 
    lombardo sta emergendo oltre che per il fatturato (1 miliardo e 200 mila 
    euro), per le sue produzioni ad alto contenuto tecnologico ma anche 
    (questione rilevante vista la situazione di Servola) per l’attenzione 
    all’ambiente. Ieri è stata ufficializzata la trattativa in corso da parte 
    della stessa Lucchini al termine di una intensa giornata che ha visto 
    protagonisti l’ex amministratore delegato del gruppo Lucchini, attuale 
    vicepresidente, Giovanni Gillerio assieme all’ad di Servola Francesco Rosato 
    e il responsabile delle relazioni istituzionali Francesco Semino, che hanno 
    accompagnato Giovanni Arvedi in una serie di incontri a Trieste. 
    L’industriale cremonese ha incontrato il presidente della Giunta regionale, 
    Riccardo Illy, l’assessore regionale al lavoro Roberto Cosolini, quello 
    all’economia, Enrico Bertossi, e il sindaco di Trieste, Roberto Dipiazza. 
    «Nell’ambito delle proprie strategie di sviluppo industriale il gruppo 
    Arvedi, primario operatore siderurgico nazionale – si legge in una nota – ha 
    avviato nelle scorse settimane un confronto con la Lucchini teso a 
    verificare la possibilità di acquisire Servola e i suoi impianti di Trieste. 
    Attualmente sono in corso le attività di due-diligence che si completeranno 
    entro la fine dell’estate». Questa l’ unica nota ufficiale congiunta: da 
    parte della Lucchini, ma anche dal Gruppo Arvedi nessun’altra notizia, 
    commento o dichiarazione. Tre i filoni di possibile attività del Gruppo 
    Arvedi che, oltre alle acciaierie e il tubificio di Cremona possiede la Ilta 
    Inox sempre a Cremona, l’Arinox a Genova e una finaziaria (Finarvedi) a 
    Milano: acciaio, logistica e energia elettrica. È di un miliardo e 206 
    milioni il fatturato consolidato del 2006, margine operativo lordo di 108 
    milioni, risultato netto 10,9%: questi i principali dati di bilancio di una 
    società che dal 2003 ha visto incrementare gli investimenti da 21 a 39,2 
    milioni. Oltre 1600 i dipendenti dell’acciaieria di Cremona che produce 
    oltre 1 milione di tonnellate: si tratta tutto di acciaio di altissima 
    qualità. Laminati e tubi in acciaio al carbonio, laminati sottili e tubi in 
    acciaio inox. A Cremona l’azienda fonde soprattutto rottame e utilizza un 
    altoforno elettrico. Numeri e situazioni ben diverse da Trieste dove la 
    produzione è solo di ghisa (400 mila tonn/anno) e coke (200 mila), i 
    dipendenti sono 520 (oltre mille con l’indotto) il fatturato si aggira sui 
    180 milioni mentre l’utile operativo è sui 12 milioni. Molti gli 
    interrogativi, dopo l’ufficializzazione della notizia e gli incontri 
    istituzionali, sui motivi reali di questo percorso di vendita che potrebbe 
    concludersi a fine estate e sui quali nè la Lucchini nè il gruppo Arvedi 
    vuole commentare. Per capire la situazione bisogna affidarsi alle 
    indiscrezioni. Che la Ferriera di Servola fosse «marginale» nel panorama 
    della Lucchini-Sever stal è stato chiaro sin dall’inizio dell’acquisizione, 
    quando il capo del colosso siderurgico russo, Alexej Mordashov, aveva 
    dichiarato che per Trieste «si sarebbe mantenuto lo status quo» in termini 
    di impianti e produzione. Negli ultimi tempi sarebbe aumentato il disagio da 
    parte della Lucchini-Severstal di fronte all’onda popolare contraria alla 
    Ferriera. Per non parlare poi dei provvedimenti di sequestro da parte della 
    magistratura e della spada di Damocle della minaccia di chiusura al 2009 del 
    protocollo ministeriale. La Lucchini, nonostante questo, ha continuato a 
    produrre, dare lavoro e soprattutto fare utili. Non c’era alcuna intenzione 
    di vendere a quanto pare e non c’era neppure alcuna caccia di nuovi 
    acquirenti. Almeno fino a quando, ed è una notizia di poche settimane fa, si 
    è presentato uno dei più forti clienti del gruppo, la Arvedi, grande 
    consumatore di ghisa (che alla Lucchini non interessa e che mette in 
    vendita) che utilizza per sfuggire ai rincari speculativi del rottame e per 
    accrescere in qualità (e carbonio) le sue produzioni, alla richiesta di 
    acquistare lo stabilimento di Trieste la Lucchini ci ha pensato seriamente. 
    Svariati i motivi alla base del forte interesse di un gruppo che è al 
    corrente dei i problemi ambientali di Servola. Innanzitutto la Arvedi sta 
    raddoppiando l’acciaieria di Cremona e dunque raddoppierà assieme alle 
    produzioni anche la necessità di materia prima: rottame e ghisa. Giovanni 
    Arvedi, oltre a essere un noto imprenditore (vice predidente di Federacciai, 
    laurea honoris causa) è anche considerato un appassionato di innovazione e 
    tecnologia. Probabilmente non ci ha pensato un attimo: da grande consumatore 
    di ghisa gli conveniva comperarsi direttamente la fabbrica. Che ne sarà 
    dunque della cokeria (il vero grande buco nero della Ferriera) e 
    dell’altoforno considerati molto inquinanti vista la produzione che avviene 
    nel cuore della città? Le notizie che arrivano da Arvedi sembrerebbero 
    rassicuranti dal punto di vista ambientale. Il gruppo conosce molto bene la 
    situazione di Trieste, vorrebbe acquistare lo stesso, e c’è la conferma che 
    il gruppo a Cremona ha già affrontato e risolto completamente i problemi 
    ecologici legati alla produzione siderurgica. Non solo: l’azienda è una 
    delle poche ad avere l’autorizzazione integrata ambientale (quella a cui 
    punta la Ferriera) e tra i punti che ritiene importanti, oltre all’etica e 
    la qualità, c’è proprio l’abbattimento degli inquinanti. «La protezione 
    dell’ambiente è uno dei doveri più importanti che la società deve 
    affrontare» spiega in una presentazione il gruppo Arvedi che sintetizza così 
    la politica ambientale complessiva di tutte le aziende: scarti e rifiuti 
    delle lavorazioni sono riciclati o recuperti per oltre il 95%, i consumi da 
    fonti idriche, grazie ai sistemi di ricircolo, consentono prelievi inferiori 
    al 4% del fabbisogno dei cicli produttivi. Emissioni gassose: grazie ai 
    sistemi di filtrazione gli inquinanti emessi sono da 3 a 10 volte inferiori 
    ai limiti di legge. Le emissioni liquide inquinanti sono da 3 a 30 volte 
    inferiori ai limiti di legge. Trieste per la Arvedi probabilmente 
    rappresenta il riempimento di una casella mancante: ghisa ad alto 
    quantitativo di carbonio, posizione stragica con lo sbocco al mare e una 
    prospettiva logistica, potenzialità di sviluppo energetico.
 
 
 
 
 
IL PICCOLO - MARTEDI' , 10 
luglio 2007
 
 
  
  Wwf e Italia 
  nostra: blocchiamo il cemento - Predonzan: sul Carso già tanti danni dal piano 
  voluto da Illy
 
  
  
    
    Soddisfatti per l’avvio di un 
    atteso percorso amministrativo, ma attenti alla salvaguardia del patrimonio 
    paesaggistico e architettonico della città. Gli ambientalisti del Wwf e di 
    Italia Nostra si sono espressi così ieri dopo che la giunta ha adottato nei 
    giorni scorsi ha deliberato le direttive per la variante del piano 
    regolatore generale. «Dopo anni di immobilismo dell’urbanistica e di 
    attivismo della speculazione edilizia – hanno detto Dario Predonzan del Wwf 
    e Franco Zubin di Italia Nostra – questo provvedimento ha il merito di 
    riavviare il percorso di revisione del piano regolatore generale vigente. 
    Non esibisce però un’idea di città, è debole in termini di efficacia e non 
    affronta i veri nodi dell’attuale piano, approvato dieci anni fa e 
    fortemente voluto dall’allora sindaco Riccardo Illy». Predonzan e Zubin 
    hanno sottolineato che «all’epoca la giustificazione dichiarata per il piano 
    fu quella di rilanciare l’edilizia». Fra le principali accuse degli 
    ambientalisti triestini, l’aver permesso «una selvaggia cementificazione 
    della costiera e del Carso. I danni oramai fatti non si possono più 
    correggere, ma c’è tempo per evitare che alcune zone, come l’attuale 
    comprensorio fieristico, la caserma di via Rossetti, il Burlo, Campo Marzio, 
    diventino anch’esse oggetto di speculazione». Predonzan e Zubin hanno poi 
    chiamato in causa il sindaco Dipiazza: «Speriamo mantenga le promesse in 
    materia di tutela ambientale comportandosi da uomo d’onore, evitando che 
    Trieste si trasformi sempre di più in enorme complesso edilizio». Predonzan 
    e Zubin hanno poi parlato di Trieste come «città nella quale la popolazione 
    sta calando, perciò non ha più senso seguire un piano che prevede 270mila 
    residenti». Intanto, i capigruppo della maggioranza del consiglio comunale 
    hanno invitato ordini professionali, Collegio costruttori e associazioni 
    ambientaliste a un incontro domani alle 17.30 al Circolo della stampa. 
    Oggetto della riunione, le direttive che il consiglio comunale dovrà votare. 
    Il messaggio politico dei consiglieri è chiaro: rivendicare il proprio ruolo 
    di attori protagonisti nelle scelte amministrative che investono il futuro 
    della città. «Riteniamo che il documento vada ampliato affrontando 
    problematiche che da esso sono escluse», dice per l’Udc Roberto Sasco. 
    «Cerchiamo un confronto su linee generali che vorremmo condividere», 
    aggiunge il forzista Piero Camber. La capogruppo di An Alessia Rosolen parla 
    di incontro indetto «volutamente al di fuori delle sedi istituzionali, per 
    sottolineare la differenza tra la politica, che interpreta istanze di 
    categorie e cittadinanza, e la pubblica amministrazione, che rappresenta un 
    passaggio successivo. Auspico che i nostri interlocutori domani arrivino 
    all’incontro con proposte concrete e di immediata applicazione». 
    
  
 
 
 
 
 
IL PICCOLO - LUNEDI' , 9 
luglio 2007
 
 
  
  Mattiussi (Forza 
  Italia) sull’Alta velocità: «I sindaci sono ostaggio dei comitati»
 
  
  
    
    AQUILEIA Alta velocità, i 
    sindaci sono ostaggio dei comitati. Lo ribadisce con fermezza Franco 
    Mattiussi, noto esponente di Forza Italia, che invita ad analizzare un 
    recente episodio che suffraga la tesi espressa solo due mesi fa, secondo cui 
    i primi cittadini hanno perso il controllo della situazione e si trovano 
    nella posizione di subire la condotta oltranzista dalle fazioni più radicali 
    della sinistra. Mattiussi spiega: «È di stretta attualità l’episodio 
    esecrabile che ha visto Ferrentino, rappresentante dei Ds della Val di Susa, 
    come vittima dei comitati. Il presidente della comunità montana aveva 
    partecipato a Roma a un vertice il cui fine era intavolare una discussione 
    per modificare il tracciato della Tav. In questa azione, i comitati hanno 
    ravvisato un’apertura da parte di Ferrentino, che al suo ritorno ha trovato 
    l’auto ”sistemata”. Quanto avvenuto conferma la veridicità del quadro che 
    avevo delineato: i comitati sono figli della cultura del ”no” e qualunque 
    presa di posizione assunta dai referenti politici lasci intravedere uno 
    spiraglio comporta una ritorsione. Da parte mia, indirizzo la piena 
    solidarietà a Ferrentino». Il forzista rimarca la necessità di realizzare 
    l’Alta velocità: «La Tav è un’opera necessaria, nell’ottica dello sviluppo 
    del settore dei trasporti. Nello schierarmi a favore, sottolineo l’esigenza 
    di ridimensionare e rivisitare il progetto, al fine di fornire tutte le 
    garanzie del caso ai cittadini e al territorio. Spesso ci lamentiamo 
    dell’assenza di infrastrutture sul territorio. L’Alta velocità garantirebbe 
    un determinante passo in avanti per la nostra economia». Stigmatizza 
    l’elevato numero di discussioni che si sono accese attorno al progetto e che 
    non hanno prodotto alcun risultato: «È inutile dilungarsi in discussioni 
    sterili, che risultano dannose per l’intera comunità. In Val di Susa, i 
    vertici si susseguono dal ’92 e non è ancora stata trovata una soluzione. 
    Gli emissari dei Verdi ricercano il consenso dei cittadini in modo 
    populistico grazie alla loro oratoria improntata alla simpatia, ma non 
    affrontano il problema nel modo corretto strumentalizzando quanto viene 
    proposto». Nel corso di un meeting tenuto a Villa Vicentina lo scorso 
    aprile, Mattiussi aveva provato a illustrare il proprio punto di vista, ma 
    il suo intervento era stato interrotto bruscamente dalla contestazione di 
    alcuni presenti. g. s. 
  
 
 
 
 
 
IL PICCOLO - DOMENICA , 8 
luglio 2007
 
 
  
  Con la Tav da Trieste a Ronchi 
  in 11 minuti - Treni a 250 chilometri all’ora. L’opera dovrebbe essere 
  realizzata entro il 2015. Costo: quasi 6 miliardi
 
  
  
    
     Un fiume che nasce dalla 
    porta di Brandeburgo, o meglio, dai ragazzi che abbattevano il muro di 
    Berlino nell’89. Un Danubio artificiale da navigare controcorrente. Per 
    mettere assieme le energie dell’Europa occidentale e di quella orientale. 
    Indispensabile per creare un flusso economico-sociale-culturale da 
    Barcellona a Kiev e ritorno. Ingombrante per chi, eletto democraticamente, 
    amministra il territorio. Il Muro è caduto nell’89, l’Unione europea ha 
    aperto il programma dei Corridoi paneuropei nel ’91. Sono passati 16 anni e 
    il risultato è che i francesi si sono mossi sulla Parigi-Lione, i tedeschi 
    stanno lavorando sull’asse Strasburgo-Monaco-Vienna-Bratislava. In Italia è 
    stato sviluppato l’asse Milano-Torino (grazie anche ai fondi delle Olimpiadi 
    del 2006), e dal capoluogo lombardo in direzione Roma-Napoli. Attendere 
    ancora significherebbe farsi scavalcare dall’asse, in fieri, al di là delle 
    Alpi. Dimenticando che l’Europa sta spingendo per lo sviluppo dell’asse-Sud, 
    che passa attraverso i porti di Genova e Trieste (ma anche quelli di 
    Capodistria e Fiume), nel tentativo di riequilibrare la predominanza 
    dell’alleanza anglo-franco-tedesca. Il Nordest è un tassello, fondamentale, 
    in questo puzzle internazionale. E il Nordest si sta muovendo. A fatica. C’è 
    da mettere insieme le volontà e le capacità operative di Veneto, Friuli 
    Venezia Giulia e Slovenia (oltre alla Croazia). Perché senza quel tassello 
    il famoso Corridoio 5 (da Barcellona e Kiev) non si realizza. Anche perché i 
    due «canali» verticali che scendono dalla Francia, dal Brennero e anche, pur 
    indirettamente, verso la Slovenia sono in agguato. È una partita decisiva in 
    proiezione futura ma che pesa sul presente. Gli oltre 4 miliardi di euro in 
    gioco (quando i progetti saranno approvati) per la Venezia-Ronchi e i quasi 
    2 miliardi (una somma che garantisce in un anno le prestazioni della sanità 
    ai cittadini del Friuli Venezia Giulia) per la tratta Ronchi-Trieste sono un 
    boccone appetitoso per chi ambisce agli appalti. E per la politica c’è la 
    difficoltà di acquistare o mantenere il consenso della popolazione 
    schiacciata da una proposta che prospetta disagi immediati per il territorio 
    e la promessa di benefici futuri (oltre il 2015). Le prospettive sono 
    allettanti. Secondo il progetto preliminare di Rfi i treni nella tratta 
    Portogruaro-Ronchi (con 10 viadotti) svilupperanno una media di 200 
    chilometri orari. E soprattutto con la ferrovia si potrà decongestionare il 
    traffico su gomma. Da Ronchi Sud a Trieste, i convogli passeggeri a una 
    velocità media di 190 km/h raggiungeranno il capolugo in 11 minuti. Quelli 
    merci dimezzeranno il tempo di percorrenza passando dagli attuali 60 
    chilometri orari medi a 120. Il porto di Trieste, per il quale è stata 
    predisposto uno sviluppo della piattaforma logistica (quasi 280 milioni di 
    euro), assicurerà come vuole la Ue, assieme al porto di Capodistria, i 
    flussi di merci che ammortizzino i costi dell’opera. E la Slovenia, grazie 
    al lavoro diplomatico del governatore Riccardo Illy e del governo e alla 
    pressioni dell’Ue, sembra essere intenzionata a dare il via libera alla 
    Trieste-Divaccia perfezionando a breve i dettagli del tracciato. Il ministro 
    per le Infrastrutture Antonio Di Pietro si è impegnato a presentare la 
    richiesta all’Ue (scadenza il 20 luglio) dei fondi (22 mln su 44) per la 
    progettazione della Ronchi-Trieste (4 tunnel per quasi 30 km) la cui prima 
    proposta è stata bocciata dal ministero dell’Ambiente. I disagi con i quali 
    si confronta il territorio, popolazione e imprese, sono evidenti. 
    L’autostrada A4 è ormai al collasso, statali e provinciali, sviluppate in un 
    contesto urbanistico cresciuto in modo disordinato non stanno meglio. Dalla 
    Slovenia annunciano che, quando sarà completato il collegamento autostradale 
    con l’Ungheria, il flusso verso l’A4 diventerà di oltre 5.000 Tir 
    giornalieri. Se partono i cantieri per l’Alta velocità ferroviaria (nel 
    2010) i territori dovranno sopportarne le conseguenze. Una soluzione, per 
    quanto transitoria, non è procrastinabile. «Nei giorni scorsi ci è stato 
    presentato dalla Regione il progetto preliminare di Rfi (le ferrovie) che è 
    stato ultimato nel 2005 - dice il sindaco di Villa Vicentina Mario Pischedda 
    (centrodestra), primo cittadino di uno dei 9 comuni della Bassa che hanno 
    chiesto alla Regione lo stralcio dalla legge obiettivo -. Ci è stato chiesto 
    di fare una valutazione sul progetto entro il 6 luglio. Per noi è 
    impossibile. Il gruppo tecnico d’istruttoria costituito dalla Regione con le 
    amministrazioni territoriali mi è sembrato una gentile concessione». «Non 
    c’è una chiusura da parte nostra - spiega il sindaco di Bagnaria Arsa 
    Anselmo Bertossi - ma vogliamo soltanto analizzare i progetti. Il pericolo è 
    quello di realizzare strutture sovrastimate. L’attuale rete ferroviaria non 
    è satura. Si potrebbero trovare soluzioni alternative all’Alta velocità. 
    Anche in Francia per il Tgv si utilizza la linea ferroviaria ordinaria. I 
    progetti fin qui presentati dimostrano scarsa sensibilità verso il 
    territorio. I Comuni della Bassa vogliono avere maggior peso nelle decisioni 
    pur comprendendo che ci sono interessi superiori». Gli uffici tecnici 
    dell’assessorato assicurano: «Il progetto della Ronchi-Trieste è stato 
    bocciato dal ministero per i Beni culturali e ambientali ma non dalla Via. 
    Reinvieremo entro l’autunno il progetto modificato in base alle indicazioni 
    che ci vegono dai Comuni. L’accordo raggiunto nei giorni scorsi con la 
    Slovenia e la conseguente lettera congiunta dei due Paesi sbloccherà anche 
    l’iter per la Trieste-Divaccia». Per Europa, Italia, Veneto, Friuli Venezia 
    Giulia, Slovenia, Comuni la partita è aperta.
    
    Ciro Esposito
 
 
 
 
  
  Gli 
  ambientalisti: «È solo una questione di business»
 
   
  
    
    TRIESTE Gli ambientalisti non 
    hanno mai nascosto la loro contrarietà al progetto della Tav. Il loro 
    ragionamento è tecnico e al tempo stesso politico. Sul primo fronte i Verdi 
    (ma anche il Wwf) sottolineano come i progetti, seppure preliminari, 
    manchino di adeguati approfondimenti sull’impatto ambientale. Dal punto di 
    vista politico sospettano che la Tav sia un grande business mentre, a loro 
    avviso, sarebbe sufficiente una minima parte di quei fondi per risolvere i 
    problemi congiunturali del territorio. «Il primo dato è che si parla in 
    assenza di progetti - spiega il consigliere regionale Alessandro Metz - e 
    siamo convinti che anche la richiesta di cofinanziamento all’Ue presentata 
    dal governo entro il 20 luglio non potrà che essere bocciata. Il progetto 
    sulla tratta Ronchi Sud-Trieste, come abbiamo sempre sottolineato, mancava 
    di un serio studio idrogeologico. E poi c’è l’assenza di tracciati. Mi 
    sembra che sulla Tav si sconti una posizione ideologica di quelli che 
    vogliono farla a tutti i costi. Sul fronte del trasporto dei passeggeri ad 
    esempio è evidente che il treno Venezia-Trieste viaggerebbe semi-vuoto». Ma 
    è indubbio che il traffico delle merci su rotaia e il collegamento con l’Est 
    europeo vada potenziato. «Allora non dobbiamo parlare di Alta velocità ma di 
    Alta capacità - dice Metz -. E allora ragioniamo su come potenziare, ad 
    esempio con il doppio binario, le linee esistenti che non sono sature. Forse 
    quella cifra di 44 milioni destinata alla progettazione della Ronchi-Trieste 
    potrebbero essere impiegati in quella direzione. Voglio ricordare, che anche 
    qualora il progetto Tav andasse in porto, sarebbe operativo tra non meno di 
    10-15 anni mentre un restyling delle infrastrutture esistenti si può 
    realizzare a breve. Le grandi opere non hanno tetti di denaro e di tempi 
    mentre il territorio chiede una soluzione immediata dei problemi esistenti. 
    Mi sembra che il progetto Tav sia un grande affare, una cambiale in bianco a 
    favore dei privati con costi enormi per il pubblico. Voglio aggiungere che è 
    evidente come su questa questione in regione, ma anche nel resto d’Italia, 
    ci sia stato un deficit di democrazia. Con la volontà di accelerare i tempi, 
    attraverso l’utilizzo della legge obiettivo, le amministrazioni locali non 
    sono state messe nelle condizioni di incidere nei percorsi decisionali». 
    
    ci. es. 
  
 
 
 
 
 
IL PICCOLO - SABATO , 7 
luglio 2007
 
 
  
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    Centrosinistra sul Corridoio 
    5: «La popolazione va consultata»  | 
  
  
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    DUINO AURISINA «Nessuno si è mai 
    preso la briga di spiegare agli abitanti di Medeazza che a pochi metri dalle 
    loro case qualcuno ha progettato una ferrovia sotterranea che intercetterà 
    il Timavo con conseguenze sconosciute; e nessuno ha informato gli abitanti 
    di Aurisina Cave che la loro frazione diventerà un mega cantiere, con tanto 
    di eliporto, e che attraverso le case verranno trasportati milioni di metri 
    cubi di materiale di escavazione dei tunnel». All'indomani dell'accordo tra 
    Slovenia, Friuli Venezia Giulia e Governo italiano sul Corridoio 5, i Verdi 
    di Duino Aurisina lanciano l'allarme, sostenendo che tutte le forze 
    politiche, eccetto i Verdi stessi e Rifondazione non hanno sensibilizzato le 
    persone relativamente a cosa accadrà ad Aurisina nel momento in cui 
    partiranno i lavori dell'alta velocità: «Abbiamo appreso dalla stampa in 
    questi giorni - scrive ancora Rozza, che i problemi relativi all'impatto sul 
    centro abitato di Iamiano della precedente proposta di tracciato sarebbero 
    stati risolti trasferendo il tracciato più a valle: il tunnel che trapasserà 
    da parte a parte il Carso sbucherà in una dolina situata ad Aurisina Cave, 
    esattamente come nel precedente progetto, per poi sfiorare pochi metri sotto 
    terra il centro storico della località carsica».  
    Rozza lamenta in particolare una decisione non partecipata sul territorio. 
    «Contrariamente a quanto previsto dal programma nazionale dell'Unione, dove 
    in sintesi si legge che, dopo l'esperienza della Val Susa, mai più le 
    cosiddette grandi opere strategiche sarebbero state calate sulla testa delle 
    popolazioni locali».  
    A seguito dell'intervento dei Verdi, su un tema tornato di attualità dopo 
    gli accordi italo-sloveni, che hanno visto la Regione protagonista, tutto il 
    centrosinistra di Duino Aurisina ha sottoscritto una forte presa di 
    posizione nei confronti in questo caso dell'amministrazione comunale: «La 
    precedente amministrazione - dichiarano i consiglieri comunali del 
    centrosinistra - per bocca del sindaco Ret ha espresso un parere sull'opera 
    senza informare e consultare la popolazione sui contenuti del progetto. 
    Questo errore non deve ripetersi». L'opposizione ha quindi chiesto una serie 
    di iniziative pubbliche per coinvolgere nelle scelte legate al tracciato del 
    Corridoio 5 la comunità di Duino Aurisina. 
    fr.c.   | 
  
 
 
  
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    Parco della Val Rosandra: San 
    Dorligo presenta il «Varco»  - Il sindaco Premolin: «Vogliamo sentire 
    tutti, preservare quest’ambiente e consegnarlo ai posteri»  | 
  
  
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    Incontro 
    pubblico al teatro Prešeren di Bagnoli per una preparazione comune del piano 
    di conservazione e sviluppo della riserva naturale  
    
    SAN DORLIGO Con un incontro 
    pubblico al teatro Prešeren di Bagnoli, il Comune di San Dorligo ha dato 
    avvio all’Agenda 21 per la preparazione del piano di conservazione e 
    sviluppo della riserva naturale Val Rosandra, con il progetto «Varco». Un 
    percorso che prevede la partecipazione della popolazione nelle scelte per il 
    futuro della valle, ma invero ieri sera tale «partecipazione» non si è 
    vista, e la sala era quasi vuota. Ad illustrare i passi di questo processo, 
    il sindaco Fulvia premolin, l’assessore Laura Stravisi e Marco Francese, un 
    «facilitatore», figura prevista nei processi di Agenda 21, che funge da 
    consulente sul metodo da seguire. 
    È stato solo il primo di una serie di incontri, che presto proseguiranno 
    nelle varie frazioni, per affrontare di volta in volta le tematiche più 
    specifiche e che interessano direttamente i singoli abitati della vallata. 
    Da questi incontri, il Comune, che è gestore della Riserva, si aspetta 
    (oltre alla partecipazione dei residenti) anche la designazione di 
    portavoce, che possano interagire direttamente con l’amministrazione in 
    queste fasi di elaborazione e possano poi comunicare gli esiti a chi essi 
    rappresentano. «La valorizzazione di questo territorio deve passare 
    attraverso la maggioranza dei soggetti qui presenti – così Premolin -.  
    La gente è molto legata alla valle ricca di peculiarità, di cui andiamo 
    fieri, e vogliamo conservare questo ambiente e consegnarlo ai posteri».  
    Il coinvolgimento della popolazione (assieme all’apporto di un tavolo 
    tecnico-scientifico che farà da consulente) porterà alla stesura del Piano 
    di conservazione e sviluppo. Stravisi ha detto: «la conservazione è già 
    dettata da norme a vari livelli. Ma lo sviluppo deve essere condiviso e 
    voluto da tutti». 
    Il processo avviato non è imbrigliato da regole e calendari, ma 
    assolutamente libero, dinamico e aperto a contributi. Francese ha spiegato: 
    «Gli incontri saranno fonte di idee costruttive, non luogo di chiacchiere o 
    critiche fini a se stesse. E sarà anche una “autostrada”, dalla quale, 
    speriamo, si aprano altre vie». 
    s.re.   | 
  
 
 
  
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    Illy: Tav, importante 
    l’apertura slovena - Il governatore incontra il coordinatore del progetto 
    europeo Brinkhost   | 
  
  
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    TRIESTE La decisione di Italia e 
    Slovenia di presentare a Bruxelles una domanda congiunta di finanziamento 
    per la progettazione della linea ferroviaria Trieste-Divaccia è «un 
    importante segnale di cooperazione tra i due Paesi»: lo afferma oggi una 
    nota congiunta del presidente del Friuli Venezia Giulia, Riccardo Illy, e 
    del coordinatore europeo del Progetto prioritario «Ten 6», Laurens Jan 
    Brinkhost, che si sono incontrati a Trieste.  
    Affrontare i problemi della mobilità delle persone e delle merci nella nuova 
    situazione geopolitica del continente richiede come premessa una forte 
    consapevolezza, nei governanti e nei cittadini, di partecipazione ad un 
    processo di sviluppo «europeo». Solo con questa consapevolezza è possibile 
    dare attuazione a progetti come quelli riguardanti la mobilità in Europa. Su 
    questa premessa Illy e Brinkhost si sono trovati pienamente concordi. In 
    questo primo incontro, al quale ha partecipato anche l'assessore alle 
    Infrastrutture Lodovico Sonego, è stata fatta una analisi della situazione 
    per quanto riguarda la parte transfrontaliera Italia-Slovenia del progetto 
    europeo che punta a realizzare adeguate infrastrutture di trasporto, in 
    particolare ferroviario, nella direttrice Ovest-Est del Sud europeo. 
    La decisione dei ministri dei Trasporti di Italia e Slovenia di presentare a 
    Bruxelles, entro il 20 luglio, una domanda congiunta di finanziamento per la 
    progettazione della linea ad alta capacità ferroviaria Trieste-Divaccia, è 
    stata ritenuta un importante segnale di cooperazione tra i due Paesi, che 
    dovrà fare ulteriori passi avanti verso la realizzazione di una parte del 
    progetto prioritario europeo n. 6, ritenuta concordemente, da Brinkhorst ed 
    Illy, un punto fondamentale per lo sviluppo dei trasporti nella direzione 
    Ovest-Est. 
    «Realisticamente ci resta molto da fare - ha commentato Brinkhorst - ma la 
    realizzazione del progetto europeo mette quest'area nel cuore dell'Europa». 
    Per raggiungere l'obiettivo, ha ancora commentato il Coordinatore europeo, è 
    necessario che Friuli,Venezia Giulia, Italia e Slovenia si sentano ed 
    agiscano con cultura e mentalità «europee».  | 
  
 
 
  
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    Ferrovie: ok al tracciato 
    Fiume-Ungheria  - Zagabria accelera i progetti: più facile l’esproprio 
    dei terreni  | 
  
  
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    Il 
    collegamento tra la città portuale e la località di Botovo costerà oltre un 
    miliardo di euro   | 
  
  
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    Attualmente 
    i treni merci diretti al confine magiaro impiegano 10 ore viaggiando in 
    media a 30 km l’ora. Kalmeta: «Nei trasporti investiremo oltre 1 miliardo»  | 
  
  
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    FIUME Ferrovia pianeggiante 
    Fiume-Ungheria, si fa sul serio. L’altro ieri il governo croato ha inviato 
    al parlamento (il Sabor) la proposta di modifiche alla legge sulle Ferrovie, 
    che parificherà la costruzione di strade ferrate all’infrastruttura viaria e 
    a quella del gas. In pratica si snellirà la realizzazione dei progetti in un 
    settore che Zagabria ritiene di vitale importanza per le sorti del Paese. 
    Tra l’altro, si renderà meno complicato il disbrigo delle questioni 
    giuridico-patrimoniali, tra cui l’esproprio di lotti di terreni privati su 
    cui passeranno le infrastrutture ferroviarie. Ad avvantaggiarsi della nuova 
    normativa sarà soprattutto il progetto della ferrovia di pianura che 
    collegherà Fiume e il Paese danubiano. Ne è convinto il ministro del Mare, 
    Trasporti, Turismo e Sviluppo, lo zaratino Bozidar Kalmeta: «Abbiamo voluto 
    uniformare lo status della rete ferroviaria nazionale – ha dichiarato 
    Kalmeta – a quello di altri comparti d’interesse strategico per il Paese. La 
    Croazia ha di fronte grandi progetti, tra i quali la ferrovia Fiume – 
    Ungheria, per investimenti che supereranno il miliardo di euro». 
    La Fiume–Zagabria–Botovo (località al confine con l’Ungheria) dovrebbe 
    venire a costare per l’esattezza sugli 8 miliardi di kune, circa un miliardo 
    e 90 milioni di euro, e potrebbe essere inaugurata nel 2013. Lunga 269 
    chilometri, permetterà tempi di percorrenza davvero rapidi se confrontati a 
    quelli attuali. Gli esempi non mancano. 
    Attualmente il viaggio su treni merci dal capoluogo quarnerino alla 
    frontiera croato-magiara dura ben 10 ore, con i convogli che marciano ad una 
    media di 30 chilometri orari, riuscendo a trasportare annualmente non più di 
    5 milioni di tonnellate. Fra sei anni avremo un quadro totalmente diverso: 
    la Fiume-Botovo vedrà i convogli sfrecciare ad una media di 120 chilometri 
    orari (si viaggerà all’incirca due ore), con una capacità di trasporto annua 
    di addirittura 25 milioni di tonnellate di merci. Notevoli vantaggi anche 
    per il trasporto passeggeri: ora da Fiume a Zagabria la velocità media dei 
    treni è di 65 chilometri, mentre dal 2013 si passerà a 160 km. Le ricadute 
    positive su Fiume saranno incredibili, specie sul settore dei trasporti 
    portuali. Va rilevato che adesso lo scalo contenitori in Brajdica (Fiume) 
    riesce a movimentare circa 100 mila Teu all’anno, mentre stime attendibili 
    indicano che nel 2016 si arriverà a toccare quota 750 mila Teu. 
    La Fiume-Ungheria giungerà pertanto a fagiolo, mentre secondo gli esperti le 
    spese di trasporto ferroviario dall’Adriatico verso la Mitteleuropa sono 
    destinate ad essere tre volte inferiori rispetto alle attuali tariffe. 
    Stando agli addetti ai lavori, entro la fine del 2007 cominceranno i lavori 
    di costruzione di un lungo segmento, la Fiume-Karlovac, tratta lunga 121 
    chilometri. Assorbirà gran parte dell’investimento, circa 950 milioni di 
    euro. 
    Andrea Marsanich  | 
  
 
 
  
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    La chiusura della Ferriera  | 
  
  
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    Seguo con interesse, come tutti 
    i miei concittadini, sul suo giornale, le vicende della Ferriera. Nei giorni 
    scorsi ero rimasto sbalordito di fronte alle dichiarazioni di incompetenza 
    delle autorità locali (sindaco, presidente della provincia, Regione), che 
    penalizzavano i cittadini desiderosi di ottenere una decisione urgente di 
    chiusura o di sospensione almeno dell'attività inquinante. Oggi si cerca di 
    correre ai ripari, sembra. L'impresa sostiene che dimezzerà le polveri 
    nocive in 36 mesi «in una logica di prospettiva». Cioè dovremmo rassegnarci 
    a respirare veleni per tre anni ancora. L'assessore comunale Bucci sostiene 
    che spettava alla Provincia emettere la diffida nei confronti della Ferriera 
    con contestuale sospensione dell'attività. Non avendolo fatto sarà 
    perseguita per omissione di atti di ufficio. Il sindaco, accortosi che la 
    situazione è disastrosa, ritrova improvvisamente la sua denegata competenza 
    ad agire e promette che attenderà solo qualche mese per la chiusura della 
    Ferriera. A questo punto, se fossimo inglesi, si potrebbe cominciare a 
    scommettere sulla chiusura della Ferriera entro l’anno. Dal momento che ai 
    sindacati interessa più il destino dei lavoratori della Ferriera (come se 
    questi non respirassero) che quello dei cittadini che vivono nei rioni 
    vicini alla stessa, trovo personalmente difficile formulare un pronostico. 
    Gli amministratori locali contano ancora su un intervento del govermo (deus 
    ex machina) ma questo purtroppo è tutto spostato a sinistra ed ha oggi ben 
    altre preoccupazioni e problemi urgenti. Staremo a vedere. 
    Gian Giacomo Zucchi  | 
  
 
 
IL PICCOLO - VENERDI' , 6 
luglio 2007
 
 
  
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    L’avvocato Spazzali: «Dipiazza 
    doveva chiudere la Ferriera»  | 
  
  
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    L’avvocato Giuliano Spazzali - 
    già presidente delle Camere Penali italiane - ha ricevuto l’ incarico da un 
    gruppo di cittadini residenti a Servola di procedere contro il Comune per 
    l’inquinamento causato dallo stabilimento della Ferriera. 
    Spazzali ha dato la propria disponibilità a preparare una serie di azioni 
    legali. Secondo il legale, il sindaco di Trieste, Roberto Dipiazza in quanto 
    garante della salute dei cittadini, «avrebbe già dovuto emettere un 
    ordinanza di sospensione delle attività dell’impianto». 
    Da parte sua il primo cittadino non ha voluto commentare l’azione legale del 
    gruppo di cittadini difesi da Giuliano Spazzali.  | 
  
 
 
  
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    Inceneritore, resta il 
    mistero diossina - La sesta commissione comunale in visita all’impianto di 
    via Errera  | 
  
  
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    Rimane un mistero, almeno per il 
    momento, il motivo che ha provocato la parziale interruzione dell’attività 
    dell’inceneritore di via Errera, che in questi giorni ha ripreso a 
    funzionare a pieno regime. Nel corso dell’incontro di ieri pomeriggio fra 
    Paolo Dal Maso, dirigente del servizio Ambiente dell’Acegas Aps e numerosi 
    componenti della sesta Commissione del consiglio comunale che si occupa di 
    problematiche ambientali, è emerso che non sono ancora state individuate le 
    cause della fuoriuscita di un quantitativo di diossina superiore ai limiti 
    di legge. 
    «Tutti i controlli che erano stati fatti in precedenza e quelli successivi 
    al sequestro deciso dalla Magistratura – ha spiegato Dal Maso – hanno sempre 
    dato esito negativo, se si esclude l’unica occasione di sforamento, che ha 
    provocato il provvedimento di sospensione dell’attività. Non abbiamo operato 
    modifiche all’impianto durante la sosta – ha aggiunto – perché il 
    termovalorizzatore non presenta difetti riscontrabili da parte nostra».  
    L’unica novità è stata la rinuncia da parte dell’Acegas Aps ad accogliere i 
    rifiuti ospedalieri, ma si tratta di una quantità minima che difficilmente 
    avrebbe potuto originare il problema della diossina.  
    Il dirigente dell’Acegas Aps ha anche sottolineato che «sarebbe utile 
    individuare un protocollo con le società incaricate per quanto concerne i 
    controlli da effettuare», ma ha lasciato intendere che al momento «non 
    esistono problematiche». L’impianto di via Errera brucia ogni anno 160mila 
    tonnellate di rifiuti solidi, producendo 80 milioni di kWh, che 
    rappresentano circa il 13 per cento del consumo totale di energia elettrica 
    della città. L’interruzione ha perciò provocato un danno, perché il Comune 
    ha dovuto ricorrere ad altri sistemi per l’eliminazione della spazzatura 
    comunque prodotta. 
    Il presidente della sesta Commissione, Roberto Sasco ha indicato 
    approssimativamente in 5 milioni di euro questo costo e ieri molti dei 
    presenti si sono chiesti chi sarà chiamato a sostenere questa spesa. 
    u. s.   | 
  
 
 
  
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    Rifiuti, un appello per 
    aiutare Duino  - Il vicesindaco di Monfalcone ai concittadini: non 
    scaricateli in altri Comuni  | 
  
  
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    Dopo le 
    polemiche suscitate dalla raccolta differenziata porta a porta nel vicino 
    mandamento  
    
    DUINO AURISINA Immondizie ancora 
    all'ordine del giorno a Duino Aurisina, con le critiche al sindaco da parte 
    del centrosinistra, in una lunga nota di Massimo Veronese, e gli appelli che 
    da Monfalcone lancia il vicesindaco Silvia Altran alla locale popolazione a 
    disertare i cassonetti duinesi, tenendo le immondizie entro i confini del 
    mandamento.  
    «Svegliandosi di soprassalto da un lungo sonno - scrive il capogruppo 
    dell'opposizione a Duino Aurisina, Massimo Veronese - il sindaco suona la 
    carica contro i cittadini monfalconesi che scaricano le immondizie nei 
    bottini di Duino Aurisina per risparmiare sulle imposte introdotte dalla 
    loro amministrazione con il sistema della raccolta differenziata non 
    quotidiana a domicilio. Ret ha dichiarato "la guerra delle scovazze" con 
    toni accesi, ma dimentica di riconoscere che la nostra amministrazione 
    comunale ha per anni sottovalutato la questione e ora si trova in un 
    pasticcio difficile da districare». «Mentre tutti i Comuni, molto più 
    seriamente - continua Veronese - affrontavano il problema dei costi dello 
    smaltimento anche sperimentando nuove soluzioni, il nostro si accontentava 
    di piccoli aggiustamenti inefficaci. Non si è voluto per tempo prendere atto 
    - dice ancora Veronese - che la monopolista Acegas, proprietaria 
    dell'inceneritore triestino, non ha alcun interesse alla raccolta 
    differenziata delle immondizie e che il sistema porta a porta non è privo di 
    inconvenienti». 
    Da Monfalcone, invece, arriva l'appello ai propri cittadini da parte 
    dell'assessore Silvia Altran, di non recarsi a vuotare le immondizie a Duino 
    Aurisina, ma a utilizzare le isole ecologiche installate in varie zone del 
    comune. Il vicesindaco di Monfalcone, sostiene, in ogni caso, che si tratta 
    di una "reazione" temporanea all'avvio del servizio: «Non si tratta di un 
    problema determinato dal Comune - dice la Altran - bensì da alcuni abitanti 
    residenti in città, che non vogliono accettare una scelta che è stata 
    democraticamente convalidata addirittura attraverso un referendum popolare. 
    Sono certa che, una volta risolte le iniziali criticità, il porta a porta 
    prenderà piede. Ho verificato personalmente come le file all'ecosportello 
    siano diminuite e non nego ci siano stati dei problemi, ma esorto i 
    cittadini a segnalarli, perché il Comune sta effettuando un monitoraggio 
    attento della situazione. Mi risulta che ci siano anche diversi cittadini 
    soddisfatti per il servizio». 
    fr.c.  | 
  
 
 
Miramare, la riserva resta al Wwf
 
La Giunta regionale, su proposta 
dell'assessore alle Risorse Naturali, Enzo Marsilio, ha espresso parere 
favorevole al rinnovo dell'affidamento in gestione dell'Area marina protetta di 
Miramare all'Associazione italiana per il Wwf for nature onlus.
Il parere, che sarà trasmesso al ministero dell'Ambiente e della Tutela del 
territorio, si basa sulla valutazione dell'attività didattica, educativa e 
divulgativa svolta finora con ottima capacità organizzativa e gestionale 
dall'Associazione, che è ente gestore della Riserva naturale marina.
La Riserva marina ha festeggiato recentemente i 20 anni dalla costituzione.
 
 
  
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    La Regione insiste: A4, 
    emergenza e commissario  - Gottardo: Di Pietro smentisce la giunta. 
    L’11 luglio vertice di maggioranza sulla Tav  | 
  
  
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    L’assessore 
    Sonego e il collega veneto Chisso replicano al ministro che aveva bocciato 
    l’ipotesi di un provvedimento straordinario  
    
    TRIESTE Friuli Venezia Giulia e 
    Veneto insistono nel pressing sul ministro Antonio Di Pietro per 
    l’assegnazione di un commissario straordinario per accelerare la 
    realizzazione della terza corsia dell’A4. All’indomani della dichiarazione 
    del responsabile del dicastero delle Infrastrutture sulla non opportunità 
    della nomina di un commissario, l’assessore Sonego ribadisce la necessità di 
    istituire una figura in grado di gestire in modo più semplice la burocrazia 
    e i finanziamenti e assieme al collega del Veneto Renato Chisso lancia un 
    nuovo appello al governo affinché venga dichiarato per l’A4 lo stato 
    d’emergenza nella tratta da Quarto d’Altino a San Donà di Piave. Intanto è 
    stato convocato per mercoledì prossimo, 11 luglio, il secondo round del 
    vertice di maggioranza sulla Tav. Ma la Cdl va all’attacco con il forzista 
    Gottardo: «Il governo di fatto ha smentito la giunta» 
    LA RICHIESTA «Il ministro Antonio Di Pietro ha assunto impegni molto 
    positivii per la realizzazione completa della terza corsia da Quarto d’Altino 
    a Villesse - dichiara l’assessore Sonego -. Desidero ringraziarlo per il 
    lavoro che sta facendo e confermo anche che la Regione continuerà a 
    mantenere un profilo altamente collaborativo con lo Stato». Ma, nonostante 
    la posizione conciliante con il governo, Sonego non si tira indietro sulla 
    richiesta del commissario. «Confermo - dice l’assessore - l’utilità 
    dell’individuazione di un commissario governativo che aiuti tutti ad 
    accorciare i tempi delle autorizzazioni. Friuli Venezia Giulia e Veneto sono 
    pronte a collaborare anche sul versante dei costi della gestione 
    commissariale qualora ciò fosse un problema». 
    IL VENETO Del problema dell’A4 ieri il governatore del Veneto Giancarlo 
    Galan ha incontrato a Roma oltre a Di Pietro anche il ministro Enrico Letta. 
    «Ho avuto l’opportunità - si legge in una nota - di precisare al 
    Sottosegretario Letta che ove la scelta del Commissario spettasse alla 
    Regione del Veneto, i costi dello stesso, del Commissario cioè, non 
    peserebbero di un solo euro né all’amministrazione regionale né a quella 
    statale. E’ bene si sappia che in presenza di un Commissario per la 
    realizzazione della terza corsia dell’A4 potremmo guadagnare 18 mesi nei 
    tempi di apertura dei cantieri». 
    L’INCONTRO Friuli Venezia Giulia e Veneto chiedono al Governo la 
    dichiarazione dello stato d’emergenza nella tratta Quarto d’Altino-San Donà 
    di Piave dell’autostrada A4, per accelerare l’iter di approvazione del 
    progetto e per giungere nel minor tempo possibile all’apertura dei cantieri 
    della terza corsia: lo hanno stabilito gli assessori regionali alle 
    Infrastrutture, Lodovico Sonego e Renato Chisso, in un incontro che si è 
    svolto ieri sera a Portogruaro. Nella riunione è stata ribadita la «totale 
    condivisione delle due Regioni sui contenuti e sui metodi per la 
    realizzazione della terza corsia dell’autostrada A 4 nella tratta Quarto d’Altino-Villesse 
    e dell’alta capacità ferroviaria Venezia-Trieste». Per quanto riguarda il 
    tracciato dell’alta capacità ferroviaria, le due Regioni hanno convenuto sul 
    non affiancamento con l’autostrada tra Quarto d’Altino e Portogruaro 
    (Venezia), mentre da Portogruaro verso Est è stato ribadito il tracciato in 
    affiancamento.  
    L’OPPOSIZIONE «La maggioranza di centrosinistra - attacca il coordinatore di 
    Forza Italia Isidoro Gottardo -, che con un voto in Consiglio regionale ha 
    chiesto la nomina del Commissario, è stata smentita dal suo stesso Governo 
    nazionale». «Inutile fingere - prosegue Gottardo - il fatto è molto grave. 
    Vogliamo sperare - prosegue - che quanto promesso ieri a Roma porti davvero 
    entro luglio a una nuova convenzione tra Autovie Venete e Anas, cosa questa 
    fino ad oggi negata, con il Ministro Di Pietro che ha accusato la Regione e 
    la concessionaria di inadempienza». 
    IL VERTICE L’11 luglio si svolgerà il secondo round del vertice di 
    maggioranza sulla Tav. Dopo la prima tappa di lunedì scorso, monopolizzata 
    dalla relazione dell’assessore Sonego, la seduta di mercoledì saraà dedicata 
    all’approfondimento dei dettagli tecnici del progetto. 
    
    Ciro Esposito  | 
  
 
 
  
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    TAV - Il Wwf attacca: 
    «Chiesti fondi Ue per progettare il nulla»  | 
  
  
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    TRIESTE «Il governo italiano e 
    sloveno chiedono all’Unione europea un finanziamento per la progettazione 
    della Tav Trieste-Divaccia e altri 44 per la Ronchi Trieste. Soldi chiesti 
    per progettare il nulla». Il Wwf di Trieste, attraverso il suo segretario 
    Dario Predonzan, attacca la politica di Regione e governo sull’Alta velocità 
    ferroviaria. «Nel caso particolare della Ronchi Sud-Trieste - scrive la nota 
    - il progetto è stato già bocciato dopo il passaggio della Via dal 
    ministero. Quindi sarebbe meglio parlare di nuovo progetto. E anche la 
    concertazione con il territorio si deve fare solo sul progetto definitivo. 
    Ha senso che solo per non smentire Illy, Sonego continui a ripetere che la 
    Ronchi sud-Trieste si farà, solo per giustificare in qualche modo i 1.900 
    miliono che il governo ha messo nel Dpef?». Una voce critica sale anche dai 
    Comunisti italiani. «Che senso ha fare una galleria di 60 km sotto il Carso 
    quando poi i treni dell’alta velocità non potranno superare i 180 km orari? 
    - è la domanda che si pone Stojan Spetic -. La Slovenia peraltro ha già 
    ribadito di non essere interessata alla tratta. E anche il progetto che 
    riguarda Trieste, illustrato dall’assessore Sonego, appare complicato per 
    non dire insostenibile. Forse tutto questo denaro potrebbe essere utilizzato 
    per ammodernare le linee ferroviarie esistenti».  | 
  
 
 
  
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    Via libera da Bruxelles ad 
    Enel ed Acciona per l’acquisto di Endesa  - Strada in discesa verso l’Opa  | 
  
  
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    ROMA Un altro tassello va a 
    incastrarsi nel puzzle di autorizzazioni necessarie ad Enel ed Acciona per 
    rilevare il controllo di Endesa. Dopo l'ok condizionato dell'Autorità per 
    l'Energia spagnola di mercoldì, ieri il consorzio italo-spagnolo ha ricevuto 
    la benedizione dell'Antitrust europeo, secondo il quale l'offerta delle due 
    società sul primo operatore elettrico iberico «non ostacolerà in maniera 
    significativa l'effettiva concorrenza nello Spazio economico europeo (See)». 
    L'elemento decisivo nell'ok di Bruxelles sembra essere stato l'accordo fra 
    Enel, Acciona e la tedesca E.On (che ha tentato invano di rilevare Endesa 
    per più di un anno), con il quale il gruppo tedesco ha rilevato importanti 
    asset del valore di 10 miliardi di euro in Italia, Francia e Spagna. Con 
    questa intesa, spiega la Commissione, «gli unici mercati che risentono della 
    transazione sarebbero quelli della generazione-fornitura all'ingrosso e al 
    dettaglio di elettricità in Spagna». Ma l'operazione in questione «non 
    rafforzerà in maniera significativa la produzione di Endesa in nessuno di 
    questi mercati». 
    Ma Enel potrebbe avere anche un altro motivo per ringraziare l'Unione 
    Europea: l'Antitrust Ue esaminerà «con estrema attenzione e in profondità» 
    le 12 condizioni poste dalla Cne all'offerta su Endesa per verificare se 
    esse violino le norme europee sulla libera circolazione dei capitali. Già in 
    precedenza, i vincoli imposti dalla Spagna ad E.On erano stati il fondamento 
    per l'avvio di una procedura di infrazione da parte di Bruxelles nei 
    confronti di Madrid.  | 
  
 
 
 
IL PICCOLO - GIOVEDI' , 5 
luglio 2007
 
 
  
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    Ret: «Stop ai rifiuti da 
    Monfalcone»  - Il sindaco di Duino Aurisina avvia un’inchiesta 
    sull’aumento dei costi  | 
  
  
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    Dopo l’avvio 
    della raccolta porta a porta gli abitanti del mandamento portano le 
    immondizie a San Giovanni di Duino  
    
    DUINO AURISINA È furibondo, 
    Giorgio Ret. Il sindaco di Duino Aurisina è pronto a scendere in campo per 
    difendere i cassonetti del suo Comune delle immondizie del territorio contro 
    l'invasione isontina. Da quando, infatti, a Monfalcone è iniziata la 
    raccolta differenziata con il sistema del porta a porta, si è assistito a un 
    continuo aumento delle immondizie: «A San Giovanni di Duino la situazione è 
    davvero drammatica - dice il sindaco Ret - non possiamo sostenere simili 
    episodi».  
    Si tratta di una catena che parte da lontano: da Staranzano, Ronchi e gli 
    altri comuni del mandamento isontino che hanno applicato il porta a porta 
    prima di Monfalcone e che portavano le proprie immondizie appunto a 
    Monfalcone; ora che anche nella città dei cantieri è iniziata la raccolta 
    porta a porta (e stanno via via sparendo i cassonetti liberi lungo le 
    strade), coloro che non effettuano la raccolta si spostano più a Est per 
    lasciare i propri, indifferenziati, sacchetti.  
    La «trasumanza» delle immondizie ha raggiunto Duino e Sistiana, e dopo un 
    primo allarme, nei giorni scorsi, ora il sindaco Ret è sceso sul piede di 
    guerra: «Ho chiesto agli uffici un rapporto di quanto sta avvenendo, una 
    proiezione dell'aumento dei costi di smaltimento e una analisi di carattere 
    igienico. Quando avrò questi dati in mano, tra qualche giorno, andrò a 
    bussare la porta del municipio di Monfalcone: è necessaria una riunione con 
    il sindaco Gianfranco Pizzolito, ma solo con dati alla mano».  
    Attualmente il sindaco di Monfalcone è in ferie, ma al ritorno, oltre alle 
    proteste di quanti non hanno ancora accettato il porta a porta, troverà 
    anche la missiva al vetriolo del sindaco Ret. «Così è davvero troppo facile, 
    e non mi vengano a dire che il porta a porta funziona. Prima il mandamento 
    occidentale ha riversato parte dei propri rifiuti su Monfalcone, ora tutti 
    coloro che passano per Duino li riversano su di noi. Certo che a Monfalcone 
    calerà il costo di smaltimento, ma solo perché toccherà a noi a pagare di 
    più».  
    Su questo tema è intervenuto ieri l'altro il consigliere provinciale Paolo 
    Salucci della Margherita: «Il comportamento di chi, residente a Monfalcone - 
    ha scritto in una nota - deposita per pigrizia l'immondizia nei contenitori 
    indifferenziati di Duino, è assai poco civile e soprattutto costoso per i 
    residenti di quest'ultima località». 
    La soluzione di Salucci passa per l'adeguamento al sistema, ovvero 
    applicando la raccolta differenziata porta a porta anche a Duino Aurisina: 
    «Ci sono - ha scritto ancora Salucci - per i Comuni, fondi pubblici 
    specificamente preposti a finanziare il passaggio ad una raccolta di rifiuti 
    differenziata, dobbiamo registrare il ritardo dell'amministrazione comunale 
    di Duino Aurisina ad affrontare un tema importante sia sul lato etico 
    economico sia su quello della qualità della vita dei cittadini». Ma secondo 
    Ret il sistema del porta a porta, «è fuori discussione». 
    La ricetta per le immondizie prodotte dai residenti di Duino Aurisina 
    comprende infatti il reciclo «autonomo» dell'umido, attraverso il 
    posizionamento di casse per il compostaggio nei giardini, un accordo che 
    riguarderà i privati ma anche i ristoranti: chi aderirà potrà avere uno 
    sconto sulla tassa delle immondizie. Proseguirà «e verrà ancora 
    implementata», dice Ret, la raccolta differenziata lungo le strade. «Abbiamo 
    raggiunto un buon equilibrio relativamente alla raccolta dei rifiuti sul 
    nostro territorio, ora non è tollerabile che il sistema venga messo in crisi 
    per strategie di altri».  
    Il sindaco è determinato anche a trovare un rimedio concreto: certo non è 
    possibile chiedere la residenza a chi vuota le immondizie nei bottini di 
    Duino Aurisina, ma l'amministrazione è alla ricerca di una soluzione per 
    evitare che le immondizie isontine finiscano nei cassonetti di San Giovanni 
    e Sistiana e che a pagare per lo smaltimento, in ultima analisi, siano gli 
    abitanti di Duino Aurisina.  
    fr.c.  | 
  
 
 
  
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    Differenziata, un comitato  | 
  
  
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    SAN DORLIGO Inizierà solo oggi 
    la distribuzione del materiale informativo dettagliato sulla raccolta 
    differenziata porta a porta, iniziata però già lunedì a San Dorligo. E 
    mentre sta nascendo un comitato di cittadini per «monitorare» (in senso 
    critico) l’andamento della raccolta differenziata a San Dorligo, l’assessore 
    Igor Tul risponde alle critiche di ieri. Ad esempio, in merito alla mancata 
    consegna dei tre bidoncini a casa dei cittadini. La consegna avviene in 
    questi giorni. «Non so dire il numero delle utenze ancora sprovviste. Non 
    molte. Ma stiamo completando la consegna», dice Tul.   | 
  
 
 
  
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    Cedassamare, si vota il 16 
    luglio Omero: «Area da salvaguardare» - Comune, la seduta dei capigruppo fa 
    slittare ulteriormente i tempi  | 
  
  
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    Si allontana ancora il voto del 
    consiglio comunale sulla variante in base alla quale in salita di 
    Cedassamare dovrebbero sorgere cinque nuove palazzine. Dopo avere rimandato 
    il voto previsto per lunedì (ma già in calendario il 25 giugno), ieri i 
    capigruppo hanno deciso di fissare la seduta al 16 luglio, «saltando» un 
    lunedì. La delibera è una spina nel fianco: la diffida inviata dall’impresa 
    costruttrice mette i consiglieri di fronte alla possibilità di essere 
    chiamati a rispondere in solido di un eventuale no al progetto, che sinora 
    ha ottenuto una serie di pareri favorevoli. Nuovo appello il 16: prima di 
    allora non ci sarebbero state altre delibere da votare «e parliamo di denaro 
    pubblico speso a ogni seduta», argomenta il forzista Piero Camber. Vanno poi 
    valutate le controdeduzioni degli uffici comunali alle valutazioni degli 
    ambientalisti: controdeduzioni che hanno ribadito la correttezza dell’iter 
    fin qui previsto. Ma il Ds Fabio Omero (che ieri, con Decarli dei Cittadini 
    e Edera della Lista Rovis, ha votato no al rinvio) scrive che «probabilmente 
    la Cdl vuole votare questo piano in concomitanza» con la delibera sugli 
    indirizzi per la redazione del nuovo prg, così che Cedassamare «passi in 
    secondo piano rispetto all’impegno dell’amministrazione a correggere» il 
    precedente prg firmato dalla giunta Illy. Omero propone: «Il consiglio 
    approvi anche la ”messa in salvaguardia” (delle zone non edificate, ndr) che 
    presenteremo, bloccando così Cedassamare». «Salvaguardia? Concetto 
    generico», replica Camber. E l’assessore Maurizio Bucci: «Le osservazioni 
    che Omero ha fatto sul piano parcheggi dimostrano che dall’opposizione non 
    sa più che pesci pigliare».  | 
  
 
 
  
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    A4, sbloccati i lavori ma 
    niente commissario - Di Pietro scrive a Illy e Galan: figura non necessaria, 
    l’iter procede. Definito il tracciato Tav  | 
  
  
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    Riunione a 
    Roma fra Autovie, Anas e ferrovie. Entro luglio una nuova convenzione per la 
    realizzazione della terza corsia   | 
  
  
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    Santuz: 
    prendiamo atto delle indicazioni. Siamo pronti a fare la nostra parte  | 
  
  
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    TRIESTE Una nuova convenzione 
    fra Autovie e Anas, da firmarsi entro questo mese, porterà allo sblocco dei 
    lavori per la terza corsia sull’A4, il cui costo è stimato in un miliardo di 
    euro. Parola del ministro alle Infrastrutture Antonio Di Pietro che così 
    boccia ufficialmente anche l’ipotesi del commissario straordinario, come 
    avevano invece chiesto Veneto e Friuli Venezia Giulia in una lettera 
    indirizzata a Prodi. «Con tutto questo - sottolinea Di Pietro, che ha anche 
    inviato una lettera ai governatori Riccardo Illy e Giancarlo Galan - la 
    figura di un commissario non c’entrava e non c’entra niente. I problemi 
    nascevano dal disaccordo delle Regioni, al cui senso di responsabilità è ora 
    demandata la definitiva risoluzione della vicenda».  
    E nemmeno il tracciato della Tav, che il Veneto vuole ”costiero” senza 
    affiancamento all’autostrada, sarà più un ostacolo per la realizzazione 
    dell’opera. Il Friuli Venezia Giulia, invece, potrà infatti mantenere il 
    parallelismo tra ferrovia e A4 tra Portogruaro e Gonars. Non sarà previsto 
    invece affiancamento nel quarto lotto, ovvero fino a Villesse. Nessun 
    cambiamento invece per la prima tratta autostradale, Quarto d’Altino-San 
    Donà (non interessata da affiancamento): le commissioni per la gara di 
    progettazione completeranno il proprio lavoro nelle prossime settimane, e la 
    gara si potrà indire in tempi rapidi. 
    L’intesa è stata raggiunta ieri nel vertice romano tra il ministro, i 
    rappresentanti della concessionaria autostradale (l’amministratore delegato 
    Pietro Del Fabbro e il direttore generale Riccardo Riccardi), di Anas 
    (Pietro Ciucci) e Rete ferroviaria italiana (Michele Elia). Se la vicenda 
    della terza corsia sembra quindi destinata a subire un’accelerata, bisognerà 
    capire se le Regioni insisteranno sulla figura del commissario. I 
    presupposti della richiesta di un commissario nascevano dall’esigenza di 
    ridurre i passaggi formali per l’approvazione della progettazione definitiva 
    e la gara vera e propria. Anche in presenza di un accordo sul tracciato, i 
    tempi necessari per rispettare questi vincoli burocratici, secondo alcune 
    fonti, non si accorciano più di tanto. Questo significa che prima del 2014 
    potrebbe non essere realizzato il primo lotto. E intanto il traffico lungo 
    l’arteria aumenta: più 10 per cento solo nel primo quadrimestre 2007.  
    Se sul commissario la discussione sembra archiviata per il ministro e 
    rinviata alle Regioni, l’intesa sul tracciato individuato ieri andrà 
    formalizzata entro il mese. Perché la proposta diventi impegno condiviso 
    saranno necessari due atti. Il primo sarà la sottoscrizione di una 
    convenzione unica Anas - Autovie Venete, che includa le tratte nel nuovo 
    piano finanziario. La sigla è prevista entro la fine di luglio. Anas e 
    Autovie dovranno quindi lavorare gomito a gomito e procedere in fretta con 
    la parte burocratica. Poi ci sarà la parte politica, con la valutazione 
    delle Regioni in sede Cipe. I due partner istituzionali non sono stati 
    inviatati al tavolo di ieri, ritenuto un appuntamento tecnico, ma al termine 
    della riunione il ministro ha scritto ai presidenti di Veneto e 
    Friuli-Venezia Giulia per comunicare gli esiti dell’incontro. «In base a 
    quanto deciso oggi – ha dichiarato Di Pietro – Anas e Autovie Venete hanno 
    garantito che formalizzeranno in tempi brevi la nuova convenzione, inserendo 
    le nuove tratte nel piano finanziario e permettendo così il completamento di 
    un’opera richiesta a gran voce e ritenuta fondamentale dalle popolazioni 
    locali. Allo stesso tempo, il ministero vigilerà affinché i lavori relativi 
    alla prima tratta già in convenzione procedano nei tempi previsti». «Ora ci 
    aspettiamo che le amministrazioni regionali esprimano il loro parere su 
    questa nostra proposta – ha concluso Di Pietro - quando la nuova convenzione 
    sarà discussa dal Cipe». Secondo il programma auspicato dal ministro, questo 
    dovrebbe avvenire entro i primi giorni di agosto. 
    Intanto, il primo commento all’incontro arriva dal presidente di Autovie 
    Venete, Giorgio Santuz, impegnato in Slovenia per il Corridoio V. «Prendiamo 
    atto delle indicazioni del ministro – dice Santuz – e ci attiveremo quanto 
    prima per fare la nostra parte. I primi passi saranno chiedere un incontro 
    con Anas e convocare un consiglio di amministrazione straordinario».  
    Martina Milia   | 
  
 
 
  
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    Trasporti pubblici, riforma 
    da 200 milioni - Fortuna Drossi: «Sforzo economico enorme». Oggi parte 
    l’esame consiliare. Incontro Sonego-sindacati   | 
  
  
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    VERSO LO 
    SCIOPERO  | 
  
  
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    TRIESTE «La Regione investirà, 
    l’ha già previsto, 200 milioni di euro all’anno». Uberto Fortuna Drossi, il 
    cittadino che presiede la quarta commissione, non ha dubbi: Riccardo Illy e 
    Intesa democratica si apprestano a «uno sforzo economico enorme» per far sì 
    che il trasporto pubblico locale, in Friuli Venezia Giulia, diventi più 
    efficiente e più rispondente ai bisogni dei cittadini.  
    Fortuna Drossi mette i puntini sulle «i» alla vigilia di un giorno cruciale 
    per il disegno di legge a firma Lodovico Sonego che getta le basi per la 
    «rivoluzione» su gomma e su rotaia, prevedendo una fortissima integrazione e 
    un gestore unico a partire dal 2011. Oggi, infatti, quel ddl - che ha già 
    portato i sindacati, con la sola eccezione della Cgil, a proclamare un 
    doppio sciopero di 4 ore dei ferrovieri e degli autoferrotranvieri, il 13 e 
    il 24 luglio - inizia il suo iter consiliare. Si parte alle 14.30, in quarta 
    commissione, con l’illustrazione e quindi con le audizioni: «È uno degli 
    argomenti più importanti, dopo quello della sanità, sia in termini economici 
    che finanziari. Ed è un tema - afferma, ancora, Fortuna Drossi - quanto mai 
    sentito anche dai cittadini che, tutti i giorni, si trovano a confrontarsi 
    con il servizio di trasporto pubblico locale».  
    Non basta: il disegno di legge attua appieno il trasferimento di competenze 
    e risorse statali sulle Motorizzazioni civili e su un migliaio o quasi di 
    strade ex Anas, definendo i destini di più di trecento dipendenti. E anche 
    quel trasferimento è finito nel mirino della Cisl e degli autonomi mentre 
    Cgil e Uil, dopo l’incontro di martedì, hanno pressoché raggiunto l’accordo 
    con l’assessore. 
    Ma oggi non è in programma solo l’avvio dei lavori consiliari: in prefettura 
    a Trieste, come conferma la Cisl, si tiene il tentativo di conciliazione per 
    tentare di scongiurare lo sciopero dei dipendenti della Motorizzazione 
    civile, contrari al passaggio alle Province. A Dignano, dove peraltro si 
    riunisce la giunta, si tiene invece un secondo incontro tra Sonego e i 
    sindacati, anche se Uil e Cisl hanno già annunciato l’intenzione di non 
    parteciparvi, dedicato esclusivamente al gestore unico. A Trieste, infine, 
    la Cgil indice una conferenza stampa per illustrare il suo giudizio sul ddl 
    Sonego e per tirare un primo bilancio della concertazione, spiegando la sua 
    posizione più «soft» rispetto a Uil e soprattutto Cisl.  | 
  
 
 
IL PICCOLO - MERCOLEDI' , 4 
luglio 2007
 
 
  
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    Parcheggi in arrivo, più 
    spazio ai pedoni  - Presentato a categorie e circoscrizioni il 
    documento che prevede 18 contenitori per complessivi 5310 posti auto 
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    Bucci: 
    «Piano tecnico, non politico». Omero: «In realtà non sanno decidere»  | 
  
  
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    L’assessore: 
    vogliamo eliminare le vetture dal lungomare entro il nostro mandato 
    
    Nuovi spazi pedonali per 50mila 
    metri quadrati. «Cinque volte piazza Unità», dice Maurizio Bucci. È solo una 
    delle comparazioni, tanto care all’assessore all’Urbanistica, utilizzate 
    durante la presentazione ufficiale del nuovo Programma urbano dei parcheggi 
    (Pup). Una mappatura dei posti auto, da realizzare nel sottosuolo, andando 
    ad eliminare le macchine in superficie e obbligando i costruttori a 
    riqualificare anche le aree limitrofe. Perché i 18 contenitori individuati 
    dagli uffici comunali, per complessivi 5310 stalli, dovranno essere 
    costruiti in project financing: «Il Comune mette il sottosuolo, le società 
    private - dice Bucci - costruiscono la struttura con all’interno box e posti 
    a rotazione». Pare di capire, quindi, che l’ente e le società controllate 
    non prenderanno parte a un piano che «se realizzato garantirà un’area di 
    sosta - per dirla con le comparazioni di Bucci - a un’ipotetica fila di 26,5 
    chilometri di automobili». 
    Ad ascoltare la presentazione ufficiale, nella sala del Mib all’interno 
    Ferdinandeo, siedono consiglieri circoscrizionali (i primi chiamati a dare 
    nei sette parlamentini un parere) e comunali, ma anche rappresentanti delle 
    categorie e dell’associazionismo. Guardano le slide che illustrano il piano, 
    ascoltano nell’ordine l’assessore Maurizio Bucci, il direttore dell’area 
    Pianificazione, Carlo Tosolini, il mobility manager Giulio Bernetti e il 
    sindaco Roberto Dipiazza. 
    Alla fine niente dibattito, dopo tutto è un lavoro che prima di soppiantare 
    il vecchio schema dovrà essere approvato dal Consiglio comunale. Il Pup 
    vigente, risalente al ’96, prevedeva 23 impianti (15 realizzati, quello di 
    San Giacomo pronto alla consegna, altri 7 cassati tranne il ripescaggio del 
    sito dell’Università e della Stazione Marittima); quello del futuro prende 
    in considerazione l’analisi della domanda degli utenti, la fattibilità 
    tecnica e la stima dei costi di ogni parcheggio. Verificando nei 18 ambiti 
    di sosta la presenza dei posti su strada (anche per motocicli), in impianto 
    e all’interno di box privati. 
    Nelle slide proiettate scorrono le immagini di piazza Sant’Antonio, al 
    centro di un project financing su cui la giunta Dipiazza a breve si 
    esprimerà, e quelle delle Rive. «Alla fine di questo mandato vogliamo 
    togliere tutte le automobili sul lungo mare», dice Bucci gongolando davanti 
    a una ricostruzione al computer che contiene anche una nave crociera. È la 
    Trieste del futuro, pensata nell’immaginario dell’assessore con «agli 
    ingressi alcuni segnalatori luminosi, che indicano al turista - dice - le 
    zone e i parcheggi liberi». 
    Nella sala equamente divisa fra esponenti di maggioranza e opposizione 
    scatta l’applauso per tutti, ma c’è anche chi alla fine dissente aspettando 
    di dare battaglia in aula. Nulla da dire contro il lavoro degli uffici 
    comunali, ma sulle scelte strategiche e il piano economico. Ma cosa si 
    prepara a contestare il centrosinistra? Bisogna partire dalla fine della 
    presentazione, per capirlo. «Le nuove Rive hanno già cambiato il modo di 
    muoversi dei triestini, quando sarà completata la Grande viabilità il 
    cerchio sarà chiuso», dice il primo cittadino. E aggiunge, chiedendo ai 
    cittadini più senso civico: «Ogni anno la polizia municipale emette sanzioni 
    per 5,5 milioni di euro, mentre alcuni parcheggi - spiega - in struttura 
    restano liberi. Bisogna cambiare mentalità, altrimenti...». 
    Una richiesta del sindaco, accompagnata dalla chiosa di Bucci che precisa 
    come «non c’è nulla di politico in questo piano». Una precisazione che 
    secondo Fabio Omero (Ds) è la dimostrazione che «non c’è una strategia, 
    manca il piano del traffico e le scelte sugli ingressi in città - dice - ma 
    una mappatura di parcheggi in centro, che aumenteranno il traffico, lasciati 
    ai privati senza una priorità». Critico anche Marco Toncelli (Margherita) 
    pronto a domandarsi «chi finanzierà queste strutture indispensabili a dare 
    certezze agli operatori, ma ancora lontane dalla loro realizzazione». 
    
    Pietro Comelli  | 
  
 
 
  
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    Cedassamare, nuovo rinvio: 
    «Dobbiamo studiare le carte»  | 
  
  
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    Cedassamare, nulla di fatto. 
    Nemmeno l’altra sera il consiglio comunale ha votato la delibera sul piano 
    particolareggiato in base al quale a Barcola, in un’area boschiva di pregio, 
    dovrebbero sorgere cinque nuove palazzine da affiancare a due già costruite 
    dalla stessa impresa proprietaria del fondo, la Costruzioni Meranesi srl. Il 
    problema per l’aula non è di poco conto: poche settimane fa l’impresa ha 
    inoltrato al Comune una diffida in cui, ricordando i «sì» già ottenuti, 
    chiede al consiglio di pronunciarsi sulla variante, «con ogni riserva di 
    richiesta risarcitoria in via solidale» e riservato il «ricorso alla 
    Magistratura competente». Chi dunque votasse no si accollerebbe il rischio 
    di affrontare richieste di risarcimenti milionari, sebbene tutti i 
    consiglieri guardino dichiaratamente con scarso favore al progetto. 
    Già nella seduta del 25 giugno la Cdl aveva deciso di chiedere agli uffici 
    un parere scritto su una nota aggiuntiva firmata da Wwf e Italia Nostra in 
    replica alle controdeduzioni a un precedente documento degli ambientalisti. 
    Secondo Italia Nostra e Wwf la documentazione sarebbe carente sulla 
    valutazione di incidenza ambientale del progetto, che mancherebbe anche 
    della valutazione ambientale strategica. Ma il controparere è arrivato 
    l’altra sera a seduta in corso, ed è stato distribuito in forma ufficiosa in 
    quanto non protocollato. A quel punto si è deciso di prendere tempo per 
    «studiare le carte», sintetizza il forzista Piero Camber; anche se c’è chi - 
    come il diessino Fabio Omero - sottolinea la singolarità del ritardo 
    nell’arrivo della documentazione. In ogni caso, se ne discuterà nella 
    prossima seduta. La «controdeduzione» comunque sostanzialmente respinge le 
    osservazioni degli ambientalisti, ribadendo la correttezza dell’iter fin qui 
    compiuto. 
    Da registrare intanto l’emendamento che lo stesso sindaco Roberto Dipiazza 
    ha presentato lunedì, e che elenca una serie di «indirizzi per la 
    progettazione esecutiva» delle villette, «dando atto che gli stessi sono 
    stati accettati dalla proprietà»: le costruzioni «dovranno integrarsi e 
    mimetizzarsi quanto più possibile nell’ambiente circostante» salvaguardando 
    l’ambiente di pregio. Tutte prescrizioni «comunque mirate a cercare di 
    migliorare la qualità dell’intervento», commenta Camber. Omero e il 
    consigliere della Lista Primo Rovis Emiliano Edera si sono opposti lunedì 
    all’ulteriore rinvio della decisione: «E l’ho fatto mettere a verbale - 
    commenta il diessino - perché non escludo che l’impresa possa procedere con 
    la diffida, giacché i termini fissati sono scaduti».  | 
  
 
 
  
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    S. Dorligo, polemica sulla 
    raccolta differenziata - Convocato un consiglio comunale straordinario a due 
    giorni dall’inizio del servizio porta a porta   | 
  
  
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    Sarà affrontata in consiglio 
    comunale a San Dorligo la tematica della raccolta differenziata porta a 
    porta, che ha preso avvio lunedì. A proporlo, i consiglieri di opposizione 
    con una specifica mozione e una richiesta di seduta straordinaria. Nei primi 
    due giorni della raccolta porta a porta, al Comune sono giunte una trentina 
    di telefonate con richieste di informazioni. In questi giorni, comunque, si 
    sta ancora provvedendo alla consegna dei bidoncini a chi ne fosse 
    sprovvisto. Per il Comune, il primo bilancio è positivo. Ma non tutti sono 
    d’accordo. «Siamo caduti nel ridicolo», sbotta il consigliere di opposizione 
    Boris Gombac (Uniti nelle tradizioni). «Il 2 luglio non è partita la 
    raccolta differenziata, ma solo la seconda fase della consegna dei 
    bidoncini. Questo metodo si dimostra sempre più casereccio. Questa giunta è 
    fatta di “pataccari”, come quelli del film di Alberto Sordi». Gombac 
    annuncia che l’argomento sarà affrontato con una mozione (in termini 
    negativi e di critica) in una prossima riunione del consiglio comunale, 
    richiesta proprio dalle opposizioni per affrontare vari temi, tra cui, 
    appunto, la raccolta porta a porta. Oggi anche Silvana Mondo, ex 
    consigliere, e iscritta alla lista civica Uniti nelle tradizioni, si 
    lamenta: «Non solo come esponente politico, ma anche come cittadina posso 
    dire che questo sistema è vergognoso. È una presa in giro: non avevano detto 
    di aver fornito tutto il materiale? Solo ora stanno completando la consegna 
    dei bidoncini, che molti non sanno dove mettere. Inoltre non ci è stato 
    fornito il calendario della raccolta, e non sappiamo bene le 
    
    zone in cui è 
    stato diviso il territorio. Ci sono molte proteste in giro. Spero che Sant’Ulderico, 
    patrono di San Dorligo, illumini questa amministrazione – scherza Mondo -, 
    affinché sia rispettosa di chi li ha votati e di chi, come me, non li ha 
    votati». E proprio per la festa di Sant’Ulderico, oggi gli uffici comunali 
    resteranno chiusi. La raccolta dei rifiuti differenziati, affidata agli 
    addetti del Comune, quindi sarà sospesa. Avverrà regolarmente invece quella 
    dei rifiuti non riciclabili, affidata ad una ditta esterna. 
    s.re.   | 
  
 
  
  
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    Corridoio 5, Italia e 
    Slovenia trovano l’intesa  - ALTA VELOCITÀ Superato il nodo delle 
    tratte da Trieste e Capodistria per Divaccia.  | 
  
  
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    Entro il 23 
    luglio Di Pietro e Bozic presenteranno a Bruxelles la richiesta di 42 
    milioni per la progettazione 
    
     Il 
    tracciato esaminato dall’assessore Sonego e dal sottosegretario Budin 
     
    
    TRIESTE Italia e Slovenia hanno 
    trovato un accordo sul punto di contatto fra la tratta Trieste-Divaccia e 
    quella Capodistria-Divaccia del Corridoio 5. Il superamento di questo nodo 
    consente ora ai due ministri dei trasporti, Di Pietro e Bozic, di firmare e 
    presentare a Bruxelles, entro il 23 luglio, la richiesta congiunta di 
    finanziamento, pari a 42 milioni di euro, per la progettazione della tratta 
    ad alta capacità ferroviaria Trieste-Divaccia. 
    Sempre entro il giorno 23, il ministro Di Pietro chiederà anche che l’Ue 
    affianchi l’Italia nella progettazione definitiva della tratta Ronchi 
    Sud-Trieste, erogando la metà dell’importo necessario (il costo complessivo 
    ammonta a 44 milioni di euro).. 
    Lo stato dell’arte sullo sviluppo del Corridoio 5 nella parte orientale del 
    Friuli Venezia Giulia è stato fatto ieri, nel corso di un incontro fra il 
    sottosegretario al Commercio estero Milos Budin e l’assessore regionale ai 
    Trasporti Lodovico Sonego. 
    Lunedì prossimo Budin sarà infatti a Lubiana, dove con i ministri sloveni 
    agli Esteri e all’Economia discuterà diversi temi della cooperazione 
    economica e commerciale italo-slovena. Un’occasione preziosa per portare 
    avanti il discorso, ormai a buon punto, relativo alla tratta regionale 
    (Ronchi Sud-Trieste) e a quella transfrontaliera (Trieste-Divaccia) del 
    Corridoio 5. 
    «A Lubiana – ha dichiarato Budin – mi attendo una conferma di quanto 
    esaminato con l’assessore Sonego. Il punto importante è che per il tratto 
    transfrontaliero si è individuata una soluzione che soddisfa i due Paesi. 
    Dal punto di vista della sostenibilità ambientale – ha aggiunto – il 
    progetto mi pare molto buono». 
    Nella fase attuale non si affronta problema di eventuali cavità carsiche che 
    si potrebbero incontrare durante lo scavo delle gallerie. «Al momento giusto 
    – rileva Budin – si studierà la questione con un’analisi attenta. L’impegno 
    è nel fare le cose nella maniera più accorta possibile». 
    Il punto dell’intesa fra Italia e Slovenia viene sottolineato anche 
    dall’assessore Sonego: «Il fatto nuovo è che i rapporti fra Italia e 
    Slovenia hanno consentito di definire il punto di contatto fra le tratte 
    Trieste-Divaccia e Capodistria-Divaccia, situato in territorio sloveno. 
    All’inizio la Slovenia considerava tuttaltro che prioritario il collegamento 
    transfrontaliero con l’Italia, preferendo anteporre quello fra il porto di 
    Capodistria e il nodo di Divaccia». 
    Altro fatto importante è che la Val Rosandra non viene interessata dal 
    tracciato del Corridoio. Un percorso ad «esse», passando sotto la località 
    di San Lorenzo, attraversa il confine, per rientrare in Italia per un breve 
    tratto prima di svilupparsi sino a Divaccia. 
    Il tracciato delle due tratte, che Sonego ha illustrato a Budin, è 
    praticamente quello definitivo e si svolge quasi interamente in galleria. 
    «Italia e Slovenia – ha precissato l’assessore – hanno mostrato pieno 
    accordo sull’importanza di realizzare opere che abbiano il minor impatto 
    ambientale possibile». 
    In merito alla Ronchi Sud-Trieste, Budin ha ricordato che il governo ha 
    inserito l’opera tra quelle di interesse prioritario, destinando 1,9 
    miliardi di euro per la sua reliazzazione con un provvedimento inserito nel 
    documento di programmazione finanziaria 2008. 
    Quanto al percorso, anche questa tratta, come detto, si sviluppa in 
    galleria. Due soli i punti in cui affiora in superficie: una dolina nei 
    pressi di Aurisina (per un tratto di 150 metri) e l’altro poco prima del 
    Lisert, nell’area di Pietrarossa. 
    Il progetto ha poi risolto, spostando il tracciato a valle, il problema del 
    passaggio nelle zone di Iamiano e dei laghetti delle Mucille. E dopo il 
    Lisert, in direzione di Trieste, il tracciato della galleria ferroviaria 
    correrà sotto l’autostrada. 
    Il tratto ancora da definire nei dettagli è quello che attraversa il 
    Monfalconese. «Stiamo rinegoziando in termini migiorativi l’accordo del 
    2004», ha precisato Sonego, aggiungendo che il progetto che Rete ferroviaria 
    italiana (Rfi) si accinge a presentare alla commissione governativa, per 
    l’approvazione definitiva, tiene conto di tutte le indicazioni giunte dal 
    territorio, fra cui il prefezionamento della tratta nell’area 
    Ronchi-Fogliano. «Nell’accordo 2004 con i sindaci – ha ricordato l’assessore 
    – abbiamo ipotizzato una soluzione interrata che passa sotto l’aeroporto e 
    arriva alla stazione di Redipuglia». 
    
    Giuseppe Palladini  | 
  
 
  
  
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    Grandi opere, Intesa rinvia 
    il confronto - I Verdi: siamo delusi. Riforma del tpl in aula il 24 
    nonostante le proteste sindacali  | 
  
  
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    La relazione 
    dell’assessore ai Trasporti monopolizza il summit: «Infrastrutture, 
    partecipazione garantita». Nuovo incontro entro il mese  
    
    TRIESTE Si era creata una grande 
    attesa per il vertice di maggioranza convocato dal governatore Riccardo Illy 
    sulla Tav. Soprattutto da parte della sinistra radicale.  
    Ma il summit tenutosi a Trieste si è concluso con un nulla di fatto. O 
    meglio, la gran parte delle due ore dedicate alla discussione sono state 
    monopolizzate da una relazione tecnica dettagliata presentata dall’assessore 
    ai Trasporti e alle Infrastrutture Lodovico Sonego.  
    Non c’è stato insomma tempo per la discussione anche se la maggioranza si è 
    ridata appuntamento a breve per un nuovo vertice tecnico al quale seguirà 
    uno politico.  
    Entrambi gli appuntamenti saranno fissati entro fine mese. Delusi i Verdi, 
    attendono il nuovo confronto quelli di Rifondazione, perplessi i Comunisti 
    italiani.  
    La maggioranza inoltre ha concordato che, nonostante le proteste dei 
    sindacati e la proclamazione degli scioperi di tranvieri e 
    autoferrotramvieri, il disegno di legge sul trasporto pubblico locale 
    approderà in Aula il 24 luglio al posto della legge sul friulano. 
    «C’è stato un monologo che francamente non ci aspettavamo - dice il verde 
    Gianni Pizzati - c’è poco da dire oltre a registrare da parte nostra una 
    certa delusione».  
    Su un argomento così delicato come quello delle infrastrutture, che sarà un 
    elemento chiave anche per tenere insieme la coalizione sul programma che 
    porterà Intesa alle regionali del 2008, i Comunisti italiani si aspettavano 
    una discussione che non c’è stata.  
    «Sonego ha parlato della Tav, dell’autostrada pedemontana, degli 
    elettrodotti ma molte questioni non sono ancora chiare - osserva Stojan 
    Spetic - penso ad esempio ai rapporti con la Slovenia. L’unica buona notizia 
    è che si sia conventuti sulla necessità di ritrovarci al breve per altre due 
    riunioni di maggioranza». «Il primo round è stato soltanto illustrativo - 
    commenta il capogruppo di Rifondazione Comunista Igor Kocijancic -. Ci sono 
    tanti aspetti politici aperti che approfondiremo nella seconda tappa che ci 
    sarà entro il 20 luglio».  
    Ma l’assessore Lodovico Sonego tranquillizza tutti sulla volontà della 
    maggioranza di condividere le scelte sul tema infrastrutture. «È stata una 
    riunione molto dettagliata e approfondita - spiega Sonego - che ci ha 
    consentito di mettere in luce il grande impegno della Regione per 
    organizzare la politica infrastrutturale in un quadro partecipato e di 
    consenso. Ulteriori approfondimenti, anche di carattere tecnico saranno 
    fatti nei prossimi giorni con lo scopo di individuare i problemi aperti 
    anche nel dettaglio».  
    Soddisfatto è anche il segretario diessino Bruno Zvech: «il nodo 
    infrastrutture non è in discussione. Le imprese della nostra regione, nella 
    quale l’export è in costante crescita, hanno dimostrato, al di là della 
    congiuntura economica internazionale favorevole, grandi capacità di 
    riorganizzazione. Ora la politica deve continuare a sostenerle».  
    «Nella prossima riunione - commenta il capogruppo della Margherita Cristiano 
    Degano - analizzeremo le opere nel dettaglio con i progetti alla mano. Mi 
    sembra tuttavia che la relazione di Sonego sia stata esaustiva. Comunque 
    tutta Intesa avrà modo di confrontarsi non solo nella prossima riunione 
    tencica ma soprattutto nel vertice politico che si terrà netro la fine del 
    mese». 
    ci.es.  | 
  
 
 
  
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    Spunta l’ipotesi di un 
    elettrodotto dalla Slovenia a Redipuglia  | 
  
  
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    TRIESTE Nel vertice di 
    maggioranza l’assessore Lodovio Sonego ha illustrato anche alcuni dettagli 
    tecnici sulle opere previste per lo sviluppo economico del Friuli Venzia 
    Giulia. In particolare sugli elettrodotti l’assessore ha informato i 
    colleghi di maggioranza che esiste un’ipotesi di creare un collegamento per 
    la rete elettrica interrata con la Slovenia sfruttando il cunicolo che sarà 
    scavato nei pressi di Redipuglia per il tratto della Tav Ronchi 
    Sud-Divaccia. Lo stesso Sonego ha poi comunicato che sarà difficile poter 
    realizzare la costruzione di un elettrodotto dall’Austria in quanto le 
    autorità d’oltralpe non intendono concedere le autorizzazioni per motivi di 
    sicurezza. È stato ribadito infine l’impegno del ministro Di Pietro che 
    firmerà, entro il limite ultimativo del 20 luglio, la richiesta all’Ue per 
    il finanziamento della progettazione delle tratte della Tav Trieste-Divaccia. 
    Per quanto riguarda il tema della Tav/Tac al termine del vertice Paolo 
    Bassi, coordinatore regionale dell’Italia dei Valori, ha sottolineato come 
    «il ministro Di Pietro si sia impegnato a partecipare al bando dell’Unione 
    Europea, sia per la tratta Trieste - Divaccia assieme al collega sloveno (40 
    milioni il finanziamento complessivo, di cui 20 di competenza italiana), che 
    per la tratta Ronchi – Trieste (40 milioni)».  | 
  
 
 
 
  
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    Metano a Fiume: gestori 
    friulani  - L’erogazione del gas estratto al largo di Pola inizierà in 
    città entro l’anno. Tempi più lunghi per le isole   | 
  
  
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    Amga di 
    Udine e Finest di Pordenone soci della locale municipalizzata  | 
  
  
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    FIUME Due società del Friuli 
    Venezia Giulia, la Amga Spa di Udine e la Finest Spa di Pordenone, in prima 
    fila per consentire entro la fine dell’anno la presenza del metano nelle 
    case degli utenti del gas a Fiume. Le due realtà economiche italiane 
    risultano infatti, nell’ambito dell’operazione, la prima uno dei principali 
    azionisti e la seconda uno dei partner più rilevanti dell’azienda 
    municipalizzata Energo che, nel caso specifico, si occuperà dell’erogazione 
    del metano. 
    Se non ci saranno dunque intoppi burocratici (e, per ora, non compaiono 
    all’orizzonte) e se non si verificheranno sgambetti o speculazioni di indole 
    politica (fenomeni da non escludersi in vista delle elezioni di novembre), 
    entro il 2007 i fiumani dovrebbero poter contare finalmente sul tanto atteso 
    gas. E, precisamente, su quello estratto dai giacimenti al largo della costa 
    istriana che approderebbe nell’area urbana del capoluogo quarnerino con una 
    diramazione del nuovo metanodotto Pola-Karlovac, inaugurato in primavera.
     
    In città la rete distributiva – con la quale attualmente viene erogato il 
    gas cosiddetto «miscelato», ossia prodotto con una forte componente di 
    petrolio – è già stata rinnovata. Oppure lo sarà tra breve e, perciò, la 
    conversione a metano non costituirà un problema.  
    A erogare il metano, come già avviene con il gas attualmente fruibile, sarà 
    dunque la Energo. Uno dei suoi maggiori azionisti è l’udinese Amga (grazie 
    ai capitali investiti circa quattro anni fa) ma quote rilevanti, oltre alla 
    municipalità, appartengono anche alla tedesca Thuga (di Monaco) e alla 
    Finest.  
    La Energo, con i suoi partner stranieri, sarà molto probabilmente anche 
    l’azienda di riferimento per la metanizzazione dell’intera regione 
    quarnerina per la quale, tuttavia, la decisione definitiva spetta 
    all’amministrazione conteale. E questa recentemente ha già stabilito di 
    sollecitare dalla Energo la presentazione di un’offerta (entro il primo 
    settembre) per l’ottenimento di una concessione ventennale per la 
    distribuzione del gas naturale su tutto il territorio della regione 
    Litoraneo-montana, suddiviso in tre settori. 
    Il primo è appunto costituito dall’area urbana di Fiume dove la nuova rete 
    distributiva è già in gran parte completata. Il secondo settore è invece 
    quello della restante zona costiera, inclusa l’isola di Veglia (Krk). Il 
    terzo, infine, è costituito dall’area montana del Gorski kotar e delle altre 
    isole: Cherso (Cres), Lussino (Losinj) e Arbe (Rab).  
    Si tratta di aree in cui la rete distributiva è ancora tutta da realizzare. 
    Solo in caso di rifiuto da parte della Energo (assolutamente improbabile) si 
    andrebbe «alle buste», ossia a una gara pubblica. Se tutto dovesse procedere 
    come previsto, nel prossimo ventennio la Energo e i suoi partner sarebbero 
    chiamati a progettare e realizzare o gestire nel territorio della Contea 
    litoraneo-montana una rete distributiva del gas di complessivi 1.200 
    chilometri inclusi quelli già realizzati a Fiume.  
    L’investimento sarebbe pari a circa 118 milioni euro. I «tentacoli» della 
    rete – inclusa una condotta sottomarina di 6 chilometri tra la terraferma e 
    Veglia – arriverebbero in tutti i principali centri della regione.  
    Ancora tutto da sciogliere, invece, il nodo relativo alla conversione a gas 
    della termocentrale a gasolio e della raffineria di Urinj, in prossimità di 
    Buccari. Risolta la faccenda delle concessioni, i lavori alla nuova rete 
    distributiva dovrebbero procedere con l’installazione di 40-45 chilometri di 
    condutture all’anno. 
    f.r.  | 
  
 
 
  
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    La giunta quarnerina: «L’Ina 
    chiuda subito la raffineria»  | 
  
  
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    FIUME Aut aut della giunta 
    cittadina di Fiume alla Società petrolifera croata Ina: entro il 2010 va 
    smantellata e trasferita la raffineria presente a Mlaka, che da ormai tanti, 
    troppi decenni sta inquinando l’aria rendendo molto difficile la vita agli 
    abitanti di diversi rioni occidentali del capoluogo quarnerino. Ieri si è 
    riunito l’esecutivo del sindaco Vojko Obersnel, prendendo in esame gli esiti 
    dei monitoraggi sulla qualità dell’aria nella zona di Mlaka e immediati 
    dintorni.  
    I risultati sono pessimi e confermano i gravi danni connessi con l’attività 
    della raffineria fiumana. Sia nel 2006 ma soprattutto nel 2007, 
    l’inquinamento atmosferico è passato dalla categoria II (inquinamento 
    atmosferico moderato) alla categoria III (aria inquinata). Si sono rivelati 
    dunque inutili tutti gli sforzi sostenuti dalla municipalità negli ultimi 10 
    anni, una battaglia con l’Ina che ora è destinata a entrare nella sua fase 
    più calda. «La situazione si va facendo insostenibile – ha dichiarato il 
    sindaco Obersnel – e da parte nostra abbiamo deciso di reagire con fermezza. 
    Entro tre anni e mezzo la raffineria di Mlaka deve chiudere i battenti in 
    quanto non possiamo permettere che i nostri concittadini continuino a essere 
    ”appestati” senza che nessuno ne risponda. Nei prossimi giorni invieremo al 
    governo la richiesta per lo smantellamento degli impianti, con termine 
    ultimo fissato nel 2010. Fino allora metteremo in moto i meccanismi di 
    tutela in nostro possesso e vogliamo proprio vedere se all’Ina continueranno 
    a fare orecchie da mercante». 
    I risultati delle analisi indicano che a inquinare l’aria sono soprattutto 
    l’anidride solforosa e l’acido solfidrico, con valori che superano di gran 
    lunga i limiti tollerati. «Sì, è giunto il momento di andare avanti senza 
    badare agli ostacoli che troveremo sul nostro cammino – ha proseguito il 
    primo cittadino –; adotteremo tutte le misure necessarie per impedire che le 
    emissioni mefitiche rovinino la qualità della vita ai fiumani. La raffineria 
    a Mlaka dovrà assolutamente usare il gas quale unico carburante, mentre in 
    caso di reiterato inquinamento le autorità cittadine avranno l’obbligo di 
    chiedere l’arresto degli impianti. Questo fino al 2010, dopo di che i 
    nuvoloni che ammorbano l’aria a Mlaka, Torretta, Podmurvize, San Nicolò e in 
    altri rioni dovranno diventare un lontano e sgradito ricordo». Va 
    sottolineato che proprio un paio di settimane fa dalla direzione dell’Ina a 
    Zagabria era giunta la conferma che lo smantellamento della raffineria 
    fiumana non è considerato un obiettivo primario della compagnia petrolifera. 
    Come dire che per i prossimi 10 – 15 anni non se ne parla nemmeno. Una presa 
    di posizione ritenuta inaccettabile da cittadinanza e autorità municipali, 
    mentre per il momento il governo si presenta defilato su questo scottante 
    tema. 
    a.m.  | 
  
 
 
  
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    Cosa fare della Ferriera  | 
  
  
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    Seguendo i dibattiti sulla 
    Ferriera ritengo che la democrazia sia ormai del tutto morta, come pure il 
    senso civico e il rispetto se non l’amore per il prossimo. Le istituzioni 
    pubbliche si palleggiano le responsabilità: la procura attua dei sequestri 
    senza bloccare nulla, l’Azienda servizi sanitari e l’Arpa sono mute, il 
    Comune non attua quanto è obbligato per legge e la Regione – grazie anche a 
    colui che ha salvato la Ferriera e ci ha regalato la centrale di 
    cogenerazione che avrebbe dovuto eliminare polveri e fumi – se può, aiuta 
    un’industria ormai straniera e non si interessa dei propri cittadini. Nel 
    contempo leggiamo che i dati relativi all’inquinamento sono spaventosi, che 
    Trieste ha il maggior numero di abitanti con malattie polmonari, che nelle 
    case di Servola ci sono già state morti per leucemia e attualmente ci sono 
    bambini con la stessa malattia. 
    Si ricattano gli abitanti con il problema dei 500 posti di lavoro, anche se 
    – secondo quanto dice il sig. Fogar nelle assemblee pubbliche – la chiusura 
    per problemi ambientali garantirebbe per legge lo stipendio ai lavoratori. 
    Si discute sui problemi occupazionali quando poi si legge che nella Regione 
    ci sono stati 16.000 nuovi posti di lavoro, che c’è carenza di manodopera e 
    bisogna assumere gli extracomunitari. Si legge che vengono stanziati 270 
    miliardi per la piattaforma logistica (di cui 80 già disponibili) e che si 
    finanzierà il Parco del Mare, ma non ci sono i milioni (non miliardi) per 
    far chiudere un’industria che ormai non vorrebbero nemmeno i Paesi più 
    sottosviluppati del mondo. Sentiamo sempre dal sig. Fogar che l’inquinamento 
    interessa tutta la città, ma i triestini presenti in piazza sono poche 
    centinaia, mentre in Campania i cittadini occupano autostrade per discariche 
    che ancora non esistono e in Friuli scendono in piazza anche i sindaci per 
    opporsi alla costruzione di un cementificio, e noi ne abbiamo uno vicino 
    alla Ferriera. Non so se i politici e le istituzioni si ravvederanno, ma 
    l’esempio di altre città dimostra che se c’è una coscienza collettiva si 
    possono certamente ottenere dei risultati. Se non tutta la città è sensibile 
    a questi problemi, almeno quelle centinaia di famiglie che hanno dei figli 
    nelle scuole e negli asili di via Svevo con i dati spaventosi delle 
    centraline dovrebbero pretendere che le istituzioni intervengano e facciano 
    il loro dovere. 
    Fabio Martini  | 
  
 
 
IL PICCOLO - MARTEDI' , 3 
luglio 2007
 
 
  
    
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      Ferriera, firme contro il 
      Comune - Un corteo di circa 200 persone residenti a Servola in piazza 
      Unità   | 
    
    
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      Un esposto contro il Comune, 
      perché «inattivo nei confronti dell’inquinamento prodotto dalla Ferriera». 
      Lo presenteranno i cittadini che ieri sera si sono radunati sotto il 
      Municipio, per protestare contro l’amministrazione comunale, guidata dal 
      sindaco, Roberto Dipiazza. 
      Il gruppo in precedenza, si era radunati in Campo Marzio, dando vita a un 
      mini-comizio e paralizzando il traffico sulla direttrice Campi Elisi-Rive, 
      che ha costretto i vigili urbani a un superlavoro.  
      Successivamente è partito il corteo che ha raggiunto piazza dell’Unità 
      d’Italia, dov’era in corso la seduta del consiglio comunale.  
      A dare corpo alla manifestazione i componenti del Comitato «Servola 
      respira» e i rappresentanti dei Comitati di quartiere. Complessivamente 
      circa 200 persone, che si sono dette «esasperate» dall’atteggiamento del 
      Comune e pronte a ricorrere all’Autorità giudiziaria pur di ottenere 
      ragione.  
      Nelle ultime settimane la tensione è salita molto nel rione di Servola, 
      perché i cittadini non si sentono tutelati dal Comune. La manifestazione 
      di piazza dell’Unità d’Italia è stata pacifica e la presenza delle forze 
      dell’ordine è servita soprattutto a fungere da deterrente. 
      Nel corso della seduta del consiglio si è deciso fra l’altro di rinviare 
      la discussione sul cantiere di Cedassamare, per mancanza di documenti.  | 
    
  
  
   
  
   
  
  «Il sindaco non può fermare la Ferriera»
   
  Da circa due settimane leggo doverosamente, un po’ sorpreso, autorevoli 
  interventi sul problema della Ferriera. Come ex assessore all’Ambiente del 
  Comune di Triese, seppur non particolarmente autorevole, credo di conoscere 
  discretamene la situazione, di conseguenza rimango appunto sorpreso, per non 
  dire altro, quando vedo che solo nell’avvicinarsi di una scadenza elettorale 
  c’è una ripresa collettiva delle esternazioni caratterizzate tra l’altro da 
  uno «scaricabarile» e da una incompetenza veramente poco dignitosi. Nel corso 
  del mio mandato, a parte le visite mediche inutilmente richieste e il mistero 
  mai risolto dell’introvabile registro tumori, credo di aver ottenuto dati, 
  grazie alla collaborazione con il mondo scientifico, che la maggior parte 
  della cittadinanza non conosceva. I livelli delle diossine, delle polveri 
  sottili, del benzopirene riscontrati per merito dell’elevata professionalità 
  del Cigra di Trieste avrebbero, a mio parere, già dovuto costringere la 
  Regione, all’epoca competente in materia, a bloccare l’attività dello 
  stabilimento. Oggi queste competenze, per chiarezza sono state delegate alla 
  Provincia. La Regione, invece, ha pensato bene di inventare, furbescamente, 
  inutili tavoli istituzionali con l’unico scopo di evitare l’assunzione di 
  quelle responsabilità che la Legge invece delegava a questo Ente. È ridicolo 
  solo ipotizzare la concessione allo stabilimento dell’autorizzazione integrata 
  ambientale. È altrettanto ridicolo o disonesto intellettualmente indicare nel 
  sindaco l’autorità preposta a bloccare l’attività della Ferriera per motivi di 
  salute pubblica. Il primo cittadino, non essendo un medico e non avendo il 
  Comune di Trieste nel proprio organico tali professionalità, può, anzi deve 
  farlo, solo nel caso la locale autorità sanitaria dovesse finalmente 
  formalizzare con atto ufficiale il grave rischio per la salute dei lavoratori 
  e dei residenti. Non capisco, forse perché neppure io sono un medico, come 
  sino a oggi tale Ente non lo abbia ancora fatto nonostante sia in possesso di 
  tutta la documentazione prodotta dall’Università di Trieste e dagli altri Enti 
  incaricati. Non capisco nemmeno come un’altra azienda sanitaria della nostra 
  Regione, per problematiche presunte e non ancora accertate, abbia invece 
  espresso un parere sostanzialmente negativo sull’attività di un cementificio.
  Forse c’è qualcosa che non quadra. Forse qualcuno teme siano poi chiesti 
  indennizzi alla proprietà dello stabilimento? In tutto questo contesto, per 
  fortuna, esistono a Trieste magistrati competenti e con grade senso di 
  responsabilità. Quel senso di responsabilità e quella collaborazione che, a 
  mio parere, mancano invece a certe istituzioni, sia a livello politico sia a 
  quello dirigenziale. I cittadini per fortuna credo l’abbiano capito e fanno 
  bene ad arrangiarsi da soli. Il risultato finale sarà esclusivamente merito 
  loro.
  Maurizio Ferrara - capogruppo consiliare Lista civica Dipiazza
 
   
  
    
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      San Dorligo: raccolta 
      differenziata al via senza intoppi - 
      Attività monitorate dal Comune  | 
    
    
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      Esordio senza particolari 
      intoppi, ieri, per la raccolta differenziata dei rifiuti porta a porta nel 
      comune di San Dorligo. Le prime visite degli operatori ai residenti sono 
      state monitorate da vicino dal Comune.  
      «Abbiamo ricevuto una quindicina di telefonate e cinque persone sono 
      venute direttamente in municipio - sottolinea il sindaco Fulvia Premolin - 
      ma solo per chiedere informazioni più dettagliate. Non c’è stata nessuna 
      protesta. Per ora pare sia filato tutto liscio». I timori della vigilia, 
      in effetti, c’erano. Almeno per la novità apportata nelle abitudini di 
      tutti.  
      Ieri mattina gli addetti hanno cominciato presto il loro giro, seguiti da 
      vicino dall’assessore Igor Tul: «In certi casi sono stati forniti 
      ulteriori bidoncini, a chi ancora non li aveva ricevuti. E già si sono 
      viste molte persone recarsi nel centro di raccolta dei rifiuti 
      riciclabili». 
      Insomma, una prima risposta positiva. Anche se alcune persone si sono 
      dichiarate non ancora a perfetta conoscenza del metodo di raccolta, 
      nonostante il Comune abbia fatto una serie di incontri pubblici nelle 
      frazioni nelle ultime due settimane.  
      La raccolta differenziata segue un dettagliato calendario, affinché i 
      rifiuti riciclabili siano prelevati ogni due settimane e quelli non 
      riciclabili due volte la settimana, a seconda delle zone. Oggi la raccolta 
      dei non differenziati riguarderà Bagnoli e Bagnoli superiore, Domio, 
      Lacotisce, Francovez e Aquilinia. I rifiuti riciclabili saranno asportati 
      invece a San Giuseppe e a Log. 
      Domani rifiuti differenziati a Prebenico, Caresana, Crociata e Monte 
      d’Oro. E non differenziati a San Giuseppe, Log, Puglie, Sant’Antonio, 
      Moccò, Grozzana, Draga, Pesek, San Lorenzo, Hervati e Bottazzo. La 
      raccolta indifferenziata riprenderà il ciclo, fino a sabato, sempre con la 
      stessa cadenza.  
      s.re.  | 
    
  
  
   
 
 
 
 
IL PICCOLO - LUNEDI' , 2 
luglio 2007
 
  
  
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    Rifiuti da Monfalcone a Duino 
    e sulla Costiera  - La differenziata nell’Isontino porta molti 
    residenti a «deviare» i sacchetti  | 
  
  
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    Allo 
    scattare del nuovo metodo è corrisposto un aumento della «pressione» lungo 
    la strada che porta a Trieste  
    
    Bottino delle immondizie 
    cercasi. Possibilmente lungo la statale per Trieste, con uno slargo per 
    accostare «al volo». È questa la ricerca a cui un buon gruppo di 
    monfalconesi che lavorano a Trieste, e ogni giorno si recano nel capoluogo 
    giuliano di prima mattina, si è dedicato nelle ultime settimane, da quando, 
    in particolare, a Monfalcone è scattata la raccolta differenziata dei 
    rifiuti, alla quale corrisponde, da qualche giorno, un aumento della 
    «pressione» nel settore immondizie lungo la strada che porta a Trieste e a 
    Duino. Lo hanno notato numerosi residenti, anche se la correlazione con 
    l'avvio del discusso porta a porta isontino non ha ancora un riscontro 
    numerico. 
    Certo è che capita sempre più spesso vedere automobili accostate e 
    bagagliaio aperto, al mattino, a vuotare l'immondizia la dove ancora non è 
    obbligatorio dividere e selezionare i tipi di rifiuti. Dall'avvio della 
    raccolta differenziata a Monfalcone i bottini delle immondizie lungo la 
    statale tra Duino e la Costiera risultano più pieni: potrebbe dipendere 
    dalla pressione del turismo, ma si tratta di una discontinuità con il 
    passato, e per quanto a Monfalcone siano presenti ancora i normali bottini 
    delle immondizie accanto alla raccolta differenziata, c'è chi già si allena. 
    È soprattutto il caso dell'«umido» nel giorno in cui non viene ritirato a 
    indurre i monfalconesi che si dirigono a Trieste a sostare di fronte ai 
    bottini lungo la statale, una decina dei quali, in particolare, è 
    strategicamente posizionata in slarghi e zone dove è semplice accostare. 
    Non si tratta di un fenomeno nuovo, anzi, si tratta di un fenomeno che la 
    stessa Monfalcone ha subito quando il sistema di raccolta differenziata è 
    entrato in uso nei paesi del mandamento confinanti, come Ronchi dei 
    Legionari e Staranzano: ora che anche Monfalcone si è adeguata, il confine 
    delle immondizie indistinte si sposta più a Est, ovvero verso Duino Aurisina, 
    dove per altro di differenziata tout court non si parla ancora. 
    Negli ultimi due anni, accanto a un aumento della Tarsu, infatti, il comune 
    ha previsto un potenziamento della versione soft della raccolta 
    differenziata, ovvero della versione che prevede la sola distinzione di 
    carta e plastica da un lato e vetro dall'altro, con il rifiuto umido 
    mescolato con il secco residuo. 
    Negli ultimi mesi, tuttavia, è stata potenziata (con 16 nuove benne sul 
    territorio) la raccolta del residuo di giardinaggio, e una lettera inviata a 
    tutti i cittadini invitava l'avvio della raccolta autonoma dell'umido in 
    casse di compostaggio da porre nel proprio giardino: si sta studiando, 
    infatti, un sistema di sconti alla Tarsu per coloro che in maniera autonoma 
    reciclano l'umido creando il proprio concime. Ma per il momento i cassonetti 
    restano al loro posto, anche a vantaggio dei monfalconesi diretti a Trieste 
    con le immondizie nel bagagliaio. 
    f.c.  | 
  
 
 
  
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    S. Dorligo, via al porta a 
    porta - Si comincia oggi la raccolta da Dolina, Prebenico e Caresana 
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    Partirà oggi dagli abitanti di 
    Prebenico, Caresana, Crociata, Monte d’Oro, Dolina, Crogole, Mattonaia e la 
    zona industriale per i rifiuti non riciclabili e dai residenti a Francovez e 
    Aquilinia per ciò che è differenziato, la raccolta porta a porta dei 
    rifiuti. Un progetto pilota, unico in provincia, che segue di un paio d’anni 
    l’adozione, nel Comune, della tariffa al posto della tassa sui rifiuti, come 
    del resto richiesto dal decreto Ronchi, il quale tra gli obiettivi ha 
    l’aumento della quantità di rifiuti riciclabili. 
    Attualmente, da San Dorligo vanno all’inceneritore quasi 2500 tonnellate di 
    rifiuti non riciclabili all’anno. Una media di 150 tonnellate ogni mese. Da 
    oggi, la raccolta avverrà in giornate prestabilite, a seconda delle zone del 
    comune (come riportato nella tabella a parte). I rifiuti non differenziati 
    saranno raccolti due volte la settimana. Quelli diversificati (carta, vetro, 
    plastica e lattine, in particolare) ogni due settimane. 
    s.re.  | 
  
 
  
  
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    Cedassamare, ultimo appello - 
    Torna in Consiglio comunale oggi la delibera sulle case di Barcola 
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    La vicenda Cedassamare torna 
    stasera in Consiglio comunale per quella che dovrebbe essere la volta buona, 
    dopo anni di rinvii e di polemiche. Si tratta della delibera valida per 
    l’approvazione definitiva di una variante al piano particolareggiato 
    comunale: variante che in salita di Cedassamare, a Barcola, prevede la 
    costruzione di cinque villette in un’area boschiva di pregio, destinate ad 
    aggiungersi alle due già realizzate dall’impresa proprietaria dei fondi, la 
    Costruzioni Meranesi srl. 
    La delibera era all’ordine del giorno lunedì scorso - nella seduta che poi 
    ha visto esplodere il caso Burlo di cui riferiamo a lato - ma la maggioranza 
    ha deciso di chiedere all’avvocatura del Comune un parere scritto su una 
    nota aggiuntiva firmata da Wwf e Italia Nostra in replica alle 
    controdeduzioni che a un precedente documento degli ambientalisti gli uffici 
    comunali avevano prodotto. Secondo Italia Nostra e Wwf - da sempre contrari 
    al progetto - la documentazione sarebbe carente sulla valutazione di 
    incidenza ambientale del progetto, che mancherebbe anche della valutazione 
    ambientale strategica. Di qui la volontà di conoscere il parere dei legali 
    prima di esprimersi in aula. 
    La cautela della Cdl - mentre Ds e Dl avevano già annunciato un orientamento 
    contrario - è presto spiegata. Qualche settimana fa l’impresa ha inoltrato 
    al Comune una diffida in cui ricorda come l’iter amministrativo sia sin qui 
    proseguito ottenendo vari pareri positivi. Di qui la richiesta di 
    pronunciamento sulla variante, «con ogni riserva di richiesta risarcitoria 
    in via solidale» e riservato il «ricorso alla Magistratura competente». Chi 
    dunque votasse no oggi si accollerebbe il rischio di affrontare richieste di 
    risarcimenti milionari. Ma un sì equivale al via libera a un progetto verso 
    il quale un po’ tutti i consiglieri si dichiarano scettici. Già dopo una 
    prima bocciatura da parte del consiglio comunale, e dopo un annuncio di 
    azione legale dell’impresa, la variante era stata adottata con due soli voti 
    a favore.  | 
  
 
 
  
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    ISTRIA - Piano metano, spunta 
    il canal d’Arsa - Nello studio sul rigassificatore nel Quarnero decadono 
    Fianona e Buccari   | 
  
  
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    FIUME Tre i siti candidati ad 
    ospitare il futuro rigassificatore croato. Si tratta di Castelmuschio (Omisalj) 
    e dell’ insenatura Blatno, nell’ isola di Veglia, e del Canal d’Arsa, sulla 
    costa orientale istriana. È quanto contenuto nello studio formulato 
    dall’azienda specializzata zagabrese Ekonerg e commissionato dall’esecutivo 
    statale, documento che la settimana prossima verrà ufficialmente alla luce 
    con la consegna alla competente commissione governativa. I responsabili del 
    progetto, interpellati dalla stampa, non hanno voluto scendere nei 
    particolari, ma hanno confermato che le aree papabili sono tre e che nel 
    novero non rientra il Canale di Fianona (Istria orientale). Si tratta del 
    sito maggiormente gettonato dalle autorità istriane e dallo stesso premier 
    croato Ivo Sanader. Nello studio tale località viene bocciata in quanto il 
    canale di Fianona, ovvero le sue acque, non potrebbe accogliere navi 
    metaniere di grandi dimensione. 
    Fari puntati dunque su due zone vegliote e sul Canal d’Arsa, più 
    precisamente l’area che va da Valmazzinghi (Koromacno) a Vallelunga (Duga 
    Uvala). Quest’ultima località offrirebbe le migliori caratteristiche 
    geologiche, importantissime quando si deve costruire un impianto di questo 
    genere. Castelmuschio e Blatno vantano invece infrastrutture già esistenti 
    (oleodotto, industria petrolchimica, porto petroli) che consentirebbero 
    minori spese nell’approntamento del terminal Lng. E’ invece stata bocciata 
    l’ipotesi che il rigassificatore sorga nella baia di Buccari, già messa a 
    dura prova per decenni dalla cokeria, chiusa nel 1994. Considerato che 
    nessuno dei responsabili dello studio ha voluto sbilanciarsi, da fonti 
    ufficiose si è venuto ad apprendere che alla Ekonerg sarebbero propensi a 
    dare i voti più alti a Castelmuschio, ovvero alla zona che comprende lo 
    stabilimento petrolchimico. Sarà comunque la commissione governativa per il 
    terminal metanifero ad esprimersi in merito, valutazione che avrà un enorme 
    peso nella prosecuzione dell’ iter che dovrebbe portare alla costruzione 
    dell’ impianto. Comunque sia, l’opinione pubblica attende con malcelata 
    impazienza una decisione in merito, cioè che venga fissata l’area del 
    rigassificatore. All’inizio l’idea di un terminal Lng nell’Adriatico 
    settentrionale venne accolta da bordate di polemiche e da una forte 
    opposizione, espressa soprattutto da popolazione, partiti politici e 
    organizzazioni ambientaliste. Ora la situazione sta mutando, specie dopo che 
    gli esperti hanno comunicato un dato molto adescatene: il rigassificatore 
    contribuirà ad aprire ben 10 mila posti di lavoro, argomento a cui in 
    Croazia non riesce a resistere nessuno. 
    a.m.  | 
  
 
   
 
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