RASSEGNA STAMPA gennaio -
giugno 2007
IL PICCOLO - SABATO , 30
giugno
2007
La Lucchini: Ferriera, 3 anni
per dimezzare le polveri - «Era già stata dissequestrata dalla Cassazione».
Cosolini: l’attività continui se c’è il risanamento |
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La proprietà
dello stabilimento di Servola ribadisce l’impegno assunto con la procura con
una precisa tempistica: il luglio 2010 |
Confermati
fino al 2015 gli aiuti finanziari alle aziende che producano energia con
fonti rinnovabili |
«Stiamo ottemperando e
ottempereremo alle prescrizioni del pm Federico Frezza sia in termini di
interventi che di tempistica. In una logica di prospettiva». Francesco
Semino, responsabile delle relazioni esterne della Lucchini, commenta così
l’impegno assunto dalla società per migliorare la situazione ambientale
dello stabilimento.
Ed è un impegno che sottende due aspetti. In primo luogo il gruppo Lucchini
agisce «in prospettiva», appunto, confermando la propria volontà di
proseguire l’attività a Trieste oltre il 2009 con interventi che
richiederanno fino a una decina di milioni di euro. Il secondo aspetto sta
nella «tempistica»: la Lucchini conta di possedere di qui a 36 mesi - ossia
entro il luglio 2010 - uno stabilimento che produca la metà delle polveri
che oggi da Servola finiscono nell’atmosfera. Ammonta a tre anni infatti il
termine massimo fissato dal magistrato per concludere alcuni dei più
cospicui interventi, mentre altri lavori andranno eseguiti entro otto o
sedici mesi. In tutti i casi, a far data dal primo luglio. Da domani.
Le prescrizioni sono quelle contenute nel provvedimento di dissequestro
dello stabilimento notificato alla Lucchini Piombino spa, e indicate nello
studio che Marco Boscolo aveva compiuto come consulente della Procura.
Ma c’è un altro aspetto che da Servola si fa notare, e che oggi l’azienda
sottolinea anche in una pagina a pagamento acquistata su questo quotidiano
scrivendo di avere voluto «sottoporsi spontaneamente all’attuazione del
piano» proposto dal pm. La spiegazione arriva da Giovanni Borgna, l’avvocato
che difende la Ferriera assieme allo studio Frigo di Brescia: «La società,
con senso di responsabilità, ha deciso» così «malgrado la vittoria nel
merito ottenuta in Cassazione, vittoria che avrebbe consentito altre scelte,
meno impegnative». La Lucchini - viene ribadito - avrebbe potuto decidere di
non effettuare interventi, giacché la Suprema Corte ha annullato l’ordinanza
del Riesame che aveva confermato il sequestro disposto dal gip.
Si rafforza dunque la prospettiva di un proseguimento dell’attività a
Servola. Semino non dice di più, ma è possibile che l’obiettivo del gruppo
sia quello di tenere aperta la Ferriera almeno per altri sette o otto anni.
Resta infatti in vigore la deliberazione Cip 6, che prevede aiuti finanziari
per le aziende che producano energia con fonti rinnovabili: il beneficio
permarrà fino al 2015, anche se dal 2009 verrà ridotto di circa un terzo.
Cauti, intanto, i commenti che arrivano dalle istituzioni. Ondina Barduzzi,
assessore provinciale all’ambiente, sottolinea che «le prescrizioni» della
Procura «sono molto puntuali. Che la società investa su Servola è comunque
un bene: la Provincia controllerà che gli interventi vengano realizzati e
soprattutto che portino risultati».
L’assessore regionale Roberto Cosolini la mette così: «Abbiamo sempre detto,
anche se qualcuno si è ostinato ad attribuire alla Regione posizioni
diverse, che per noi l’attività a Servola poteva continuare solo in presenza
di significativi miglioramenti nell’impatto esterno dello stabilimento. Se
ora si passa a misure concrete, e se queste porteranno a un miglioramento
importante della situazione, penso che potranno essere tutti contenti.
Perché in questa vicenda - chiude Cosolini - da più parti si sono consumate
troppe parole in cambio di fatti concreti. Ben vengano i fatti, allora».
p.b. |
FERRIERA
- Il sindaco: sono pronto a chiuderla - «Situazione grave da anni,
aspetterò solo qualche mese» |
vedi
tabella delle emissioni |
Il Comune non si ferma all’ordinanza che intima alla
proprietà di ridurre le emissioni
«L’azione
inquinante è grave e inequivocabile. Ho ordinato alla Servola spa di
attivarsi immediatamente per riportare i parametri entro i limiti di legge.
Se non lo farà, a tutela della salute pubblica, emetterò l’ordinanza di
chiusura dello stabilimento». Il sindaco Roberto Dipiazza ribadisce la sua
posizione sulla Ferriera e dà anche alcuni tempi d’azione: «Anche se gli
sforamenti che si sono già verificati nei primi quattro mesi andranno poi
conteggiati nell’arco di tutto il 2007, vista la situazione già grave negli
anni scorsi, se non vi sarà un immediato abbattimento delle immissioni non
dovrò attendere dicembre per emettere l’ordinanza di chiusura, ma lo farò
nel giro di qualche mese».
Il Comune sta agendo sulla base della relazione sull’inquinamento ambientale
a Servola chiesta all’Azienda sanitaria. «E lo fa perché la Provincia si sta
sottraendo ai propri obblighi di legge - sostiene l’assessore comunale
all’Ambiente Maurizio Bucci - Spettava alla Provincia emettere perlomeno la
diffida con contestuale sospensione dell’attività per un periodo
determinato. Non lo ha fatto ed è dovuto scendere in campo il sindaco
deputato a intervenire in situazioni quali epidemie e disastri ambientali.
Ma c’è da prevedere che dovrà rifarlo tra qualche mese per l’ordinanza di
chiusura e a quel punto la giunta provinciale sarà perseguibile per
omissione di atti d’ufficio».
«È ridicolo che l’assessore Barduzzi affermi che le emissioni diffuse di
sostanze inquinanti in quell’area non possono essere attribuite con certezza
alla Ferriera - commenta Dipiazza - sarebbe come dire che l’acqua non
bagna». Nell’ordinanza del sindaco si riprendono alcuni alcuni passaggi
della relazione dell’Azienda sanitaria, basata sui rilevamenti fatti
dall’Arpa. «Per quanto riguarda le Pm 10 - si legge - il valore limite
relativo al superamento nelle 24 ore della concentrazione di 50 milligrammi
per metrocubo per non più di 35 volte all’anno, è stato superato nel 2006 e
tale tendenza sembra ripetersi nel 2007. Pertanto si ritiene che la
componente delle Pm 10 attribuibile alla Lucchini rappresenti la principale
fonte di inquinamento nella zona limitrofa allo stabilimento e che possa
rappresentare rischi per la salute umana e per l’ambiente nel suo complesso.
Preoccupante appare anche l’inquinamento da benzene rilevato dalle
centraline di via Pitacco e di via San Lorenzo in Selva».
«Va doverosamente fatto rilevare - prosegue però l’Ass - che l’inquinamento
da benzene può derivare anche da altre fonti quali il traffico veicolare». E
infatti sull’argomento è in atto anche una sorta di guerra delle cifre.
Secondo la relazione annuale effttuata dall’Arpa per il 2006, i valori ad
esempio del biossido di azoto rilevano valore medi più bassi nelle vicinanze
della Ferriera (38 microgrammi per metrocubo in via Pitacco e 32 in via
Carpineto) che in piazza Libertà (83) e in piazza Vico (76). L’Arpa segnala
anche che «chi fuma venti sigarette inala una quantità di benzene pari a
circa cinque volte quella assorbita con l’aria».
Le considerazioni conclusive dell’Arpa per il 2006 evidenziano che «la
componente traffico incide in maniera sicuramente non esclusiva ma
decisamente significativa sulla matrice aria», e evidenzia anche «un
generale peggioramento della qualità dell’aria urbana che emerge dalla
valutazione comparativa con i dati acquisiti nel 2005».
Sul tema Ferriera, infine, lunedì si terrà una manifestazione di protesta
con un corteo da campo Marzio al Municipio promossa dal Circolo Miani,
Servola respira e il Coordinamento dei comitati di quartiere.
Silvio
Maranzana |
Cuperlo e
Budin: impegno sulle bonifiche - Nell’incontro all’Ezit annunciata la visita
della commissione ambiente della Camera |
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Intervenire
nell’attuale fase di riesamina parlamentare del decreto 152 sulle bonifiche
affinché venga rispettato il principio «paga solo chi inquina» e vengano
inserite le «analisi di rischio» prima di procedere alla bonifica delle aree
inquinate. Sono le due richieste che il presidente dell’Ezit, Mauro Azzarita,
ha avanzato al deputato Gianni Cuperlo e al sottosegretario Milos Budin in
un incontro con il cda dell’ente.
Lo scopo era sensibilizzare i due sulle bonifiche del sito inquinato di
competenza dell’Ezit, chiedendo di intercedere nel riesame del decreto 152
dell’ex ministro Matteoli ora in atto al Parlamento affinché ci siano
maggiori garanzie su due punti fondamentali: «In primo luogo - così Azzarita
– si deve distinguere tra chi ha inquinato e deve pagare e chi invece non ha
alcuna responsabilità e non deve accollarsi i costi per le bonifiche». Il
secondo punto riguarda le «analisi di zona», tecnica che consente di vedere
se la concentrazione inquinante presente sul territorio è in effetti
rischiosa per la salute o no, prima di bonificare. Sarebbe così possibile
far uscire dal sito inquinato le aziende che si trovano in zone non ritenute
dannose, anziché procedere con dispendiose bonifiche a tappeto anche dove
non necessario.
La richiesta dell’Ezit è di velocizzare il più possibile la
caratterizzazione del sito: il rischio di ulteriori ritardi – è stato
sottolineato – è di perdere le molte aziende che si sono dette interessate a
insediarsi nella zona e che potrebbero essere attratte da aree meno
«problematiche» come la Slovenia.
Cuperlo ha garantito il suo impegno e la volontà di portare a Trieste il
presidente della commissione ambiente della Camera, Ermete Realacci, per
fargli visitare il sito prima che la bozza vada in aula. Budin interesserà
il ministro all’Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio, il ministro allo sviluppo
economico Pierluigi Bersani e il sottosegretario Enrico Letta. |
San
Dorligo: comincia da lunedì la raccolta differenziata dei rifiuti - Sono già
stati distribuiti i contenitori alle famiglie dopo alcuni incontri pubblici
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Le prime zone coinvolte saranno Prebenico, Dolina, Caresana,
Crociata, Monte d’Oro, Crogole, Mattonaia e l’area del comprensorio
industriale
SAN DORLIGO
DELLA VALLE Da lunedì a San Dorligo inizia la raccolta differenziata dei
rifiuti porta a porta. Il progetto è stato presentato nei giorni scorsi
nelle varie frazioni, dove sono emerse perplessità ma soprattutto
apprezzamenti per l’iniziativa. Scopo principale del progetto di raccolta
differenziata a domicilio (annunciato già l’anno scorso, e che ha avuto una
lunga gestazione) è la riduzione della quantità di rifiuti da trasferire
all’inceneritore e quindi ridurre le spese per il Comune e di conseguenza
per le famiglie. Attualmente, da San Dorligo vanno all’inceneritore quasi
2500 tonnellate di rifiuti non riciclabili all’anno. Una media di 150
tonnellate ogni mese. L’aumento dei rifiuti riciclabili abbasserà,
inevitabilmente, tale quota. La raccolta avverrà in giornate prestabilite, a
seconda delle zone del comune. I rifiuti non differenziati saranno raccolti
due volte la settimana. Quelli diversificati (carta, vetro, plastica e
lattine, in particolare) ogni due settimane.
Per permettere la divisione delle immondizie, il Comune ha provveduto, nei
mesi scorsi, a fornire alle famiglie tre contenitori. Uno blu da 40 litri
per la carta. Uno giallo da 120 litri per vetro, plastica e lattine. Uno
verde, sempre da 120 litri, per tutto il resto. I cassonetti vanno tenuti in
casa, e portati all’esterno della proprietà nei giorni stabiliti per la
raccolta. Sul contenitore verde è applicato un microchip, che identifica il
proprietario e quindi permette il calcolo di quanto dovuto. Infatti, nel
computo finale, la tariffa si calcolerà solo su ciò che non è differenziato.
Per questioni pratiche, il consiglio è di portare fuori il contenitore verde
solo quando è pieno, anche perché (per ora) il calcolo viene fatto sulle
volte in cui viene svuotato, non sul peso di ciò che è stato smaltito.
Nei giorni scorsi, l’argomento è stato affrontato con gli abitanti delle
singole frazioni. Sono emerse, come già riportato da alcuni consiglieri di
opposizione, delle perplessità sull’effettivo risparmio per i cittadini e
anche dubbi pratici, sulla scomodità del sistema, ovvero del fatto di
tenersi in casa i cassonetti. Dai consiglieri di minoranza era stata
avanzata persino l’ipotesi che tale sistema non farà altro che favorire la
«migrazione» delle immondizie (senza differenziazione) in altri comuni.
L’assessore Igor Tull non la vede così: «Una sorta di “migrazione” c’è già
ora, soprattutto nella zona industriale. Ma non credo che cambierà poi
molto. Del resto la quantità nostra di rifiuti annua è pari a quanto Trieste
produce in una settimana». Tull si dichiara soddisfatto degli incontri con
la popolazione, ammettendo qualche voce contraria. Il successo
dell’iniziativa ora dipenderà dai cittadini. «Credo si tratti di una forma
di cultura. Gli stessi problemi che abbiamo noi con le immondizie ce li
hanno anche altri», dice Tull. Si tratterà, per ora, di una fase
sperimentale, di un anno, durante il quale si potranno apportare le
eventuali migliorie. In base al calendario, i primi ad essere interessati
dallo svuotamento dei rifiuti non differenziati (lunedì) saranno gli
abitanti di Prebenico, Caresana, Crociata, Monte d’Oro, Dolina, Crogole,
Mattonaia e la zona industriale. Per i rifiuti riciclabili saranno svuotati
i cassonetti a Francovez e Aquilinia.
s.re. |
IL PICCOLO - VENERDI' , 29
giugno 200
Ferriera
dissequestrata: tagliamo le polveri - La proprietà si impegna in
procura: investirà fino a 10 milioni per ridurre del 50% le emissioni |
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Il pm Frezza firma lo sblocco dell’impianto dopo un anno e
fissa una serie di prescrizioni che dovranno venir rispettate
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Già entro sei mesi dovrebbero entrare a regime i primi
accorgimenti |
La società «Lucchini
Piombino spa» da ieri ha nuovamente la piena disponibilità della Ferriera di
Servola. Si è impegnata infatti davanti al pm Federico Frezza a spendere a
breve scadenza una cifra fino a 10 milioni di euro per dimezzare la quantità
di polveri che dallo stabilimento finiscono nell’atmosfera. Di fronte a
questo impegno il magistrato ha restituito alla proprietà gli impianti
sequestrati il 29 maggio 2006. L’atto formale che ha innnescato questa
significativa svolta, è rappresentato da una serie di prescrizioni tecniche
molto precise inserite dalla Procura nel provvedimento di dissequestro
notificato ieri. |
Queste
prescrizioni per contenere la diffusione nell’atmosfera delle polveri, sono
direttamente indicate nello studio e nelle analisi che il professor Marco
Boscolo ha compiuto come consulente della Procura. La spesa prevista per
metterle in pratica è ingentissima e se il gruppo Lucchini l’ha fatta
propria, la decisione ha un preciso significato: la chiusura dell’impianto
di Servola prevista per il 2009 si allontana. Del resto già un anno fa il
gruppo siderurgico aveva manifestato questa intenzione con una lettera
inviata alla Regione. Ieri però Francesco Semino responsabile delle
relazioni esterne ha affermato che «è ancora presto per compiere una
valutazione. Nei prossimi giorni avremo gli elementi per ragionare. La
Procura ha dato delle prescrizioni a cui ci stiamo attenendo...».
Il provvedimento notificato ieri era stato sollecitato fin dal 21 giugno
scorso dai legali della società. Gli avvocati Giovanni Borgna e Giuseppe
Frigo avevano presentato una richiesta di dissequestro che il pm Frezza ha
accolto ponendo però molte condizioni per dimezzare la quantità di polveri
che finiscono nell’atmosfera da numerosi punti critici dello stabilimento:
ad esempio dal piano di colata, dove l’attuale sistema di aspirazione riesce
a intercettare solo il 10 per cento delle polveri prodotte. Coinvolti nel
progetto di ristrutturazione targato Procura, anche la macchina a colare, i
piazzali e i parchi in cui vengono stoccati i minerali e le batterie del
sistema di distillazione del carbon fossile.
Il provvedimento di dissequestro non prende invece in esame le emissioni di
fumi e polveri dei camini della Ferriera, emissioni autorizzate dalla
Regione e fissate con grande precisione nei loro valori massimi con un
apposito decreto, oltrechè costantemente monitorate per verificare che i
livelli non vengano superati. Una volta attuato quanto il professor Boscolo
ha segnalato nel suo studio per la Procura e sostanzialmente condiviso nei
contenuti anche della proprietà, le emissioni diffuse dalle attuali 380
tonnellate di polveri che di media finiscono in un anno nell’atmosfera
cittadina, dovrebbero ridursi a 176 tonnellate.
Nel suo provvedimento il pm Frezza dà atto che fin dall’agosto 2006 «il
management dello stabilimento ha assunto degli impegni e li sta portando
avanti: infatti la maggior parte dei rimedi sottolineati nella relazione del
professor Boscolo, sono stati pensati e proposti dalla proprietà e dai
dirigenti della Ferriera». Gli interventi proposti congiuntamente per la
salvaguardia ambientale prevedono la realizzazione di una cappa di
aspirazione totalmente nuova per il piano di colata: intercetterà il 90 per
cento delle attuali polveri prodotte da questo impianto e costerà 850 mila
euro. Dovrebbe essere pronta entro sei mesi anche perchè la proprietà l’ha
già ordinata.
La seconda realizzazione - un impianto di aspirazione nei pressi della
macchina a colare - dovrebbe abbattere del 75 per cento le polveri prodotte
dallo spillamento della ghisa. «Attualmente questo punto non è presidiato -
scrive il professor Boscolo - e l’abbattimento delle polveri è affidato al
parziale confinamento offerto dal padiglione industriale e a un’aspirazione
effettuata in prossimità della copertura. I limiti dell’attuale soluzione
sono evidenti, soprattutto se considerati alla luce della ampie aperture
ricavate nelle pareti perimetrali che, facilitando l’ingresso dell’aria,
impediscono di mantenere i locali in depressione».
Sarà coinvolta nei lavori anche la cokeria e in particolare le 132 porte
della batteria di distillazione del coke. «In dettaglio - scrive il
professor Boscolo - si prevede di intervenire su sei porte alla settimana,
sostituendo le molle deteriorate, riparando i refrattari, asportando i
depositi carboniosi, ripristinando la carpenteria metallica. L’impatto
sull’emissione delle polveri è poco incisivo ma l’intervento può risultare
positivo per la prevenzione degli sforamenti prematuri e dei violenti
fenomeni emissivi a essi collegati».
Il magistrato inquirente nelle 20 pagine del dissequestro si è sentito in
dovere di spiegare, in particolare modo ai cittadini di Servola, i motivi
della sua decisione. «Questo provvedimento è connotato da una visione non
meramente repressiva dei poteri dell’autorità giudiziaria, bensì da una
visione attenta al contemperamento della pluralità di interessi coinvolti:
il diritto alla salute e all'ambiente salubre, primari e intangibili; ma
pure, un gradino al di sotto, il diritto all’esercizio dell’iniziativa
economica che è libera, purché non in contrasto con l’utilità sociale e
purché non rechi danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana
come prevede l’articolo 41 della Costituzione».
Claudio
Ernè |
FERRIERA
- Frezza: «Benzopirene, controlli trascurati» - Il magistrato: «Le analisi
le abbiamo chieste noi, nessuno degli enti preposti si è mosso»
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Il pm
Federico Frezza ha aperto da tempo un’inchiesta sulla presenza nell’aria di
Servola di benzopirene. Nel dissequestro notificato ieri il magistrato
afferma «che gli interventi sulla cokeria della Ferriera previsti dal piano
del professor Boscolo, dovrebbero avere un effetto benefico nel limitarne le
fuoriuscite».
Le misure sulla presenza di benzopirene vengono effettuate da pochi mesi da
due docenti universitari, i professori Pierluigi Barbieri e Ranieri Urbani
riuniti sotto la sigla «Cigra». L’11 giugno l’Azienda sanitaria ha scritto
al sindaco Roberto Dipiazza che i «dati finora raccolti dal Cigra non
consentono, visto l’esiguo numero di campionamenti effettuati, di poter
valutare correttamente il rischio igienico sanitario per la popolazione. I
valori riscontrati nella relazione, sono sicuramente preoccupanti, per cui
si rende necessario una adeguato approfondimento della campagna di
rilevazione».
Il pm Federico Frezza si toglie un sassolino dalla scarpa è sostiene
nell’ordinanza di dissequestro che «suona alquanto singolare qualora si
tenga a mente che la misurazione del benzopirene a Servola è avvenuta su
esclusiva iniziativa e a esclusive spese della Procura, mentre nessuno degli
enti istituzionalmente preposti in via amministrativa al controllo della
qualità dell’aria, ha fatto alcunchè del genere. Se questa campagna è così
utile, se consente di far emergere dati preoccupanti, perché nessuno-
Comune, Provincia, Regione, Arpa e Azienda sanitaria.- l’ha posta in essere?
Perché l’unico soggetto ad aver assunto l’iniziativa è la Procura? Solo
molto di recente l’Arpa si è accodata all’iniziativa sul monitoraggio del
benzopirene a Servola, mentre fino a un mese fa nessuno aveva stanziato i
circa 15 mila euro necessari all’Arpa per acquistare un campionatore adatto
a eseguire questo tipo di controlli»,
c.e. |
FERRIERA
- Dipiazza, ultiatum allo stabilimento Provincia: nessuno pensa alla
chiusura |
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Ordinanza
di intimazione dal sindaco all’azienda dopo gli ultimi dati dell’Arpa e
dell’AssIl sindaco Roberto Dipiazza intima alla Servola spa di
«attivarsi immediatamente per riportare, nei limiti di legge, le emissioni
inquinanti della Ferriera». L’ordinanza firmata ieri mattina dal primo
cittadino (con riferimento in particolare alle polveri sottili pm10 e al
benzene) segue il pronunciamento dell’Azienda sanitaria in merito alla
relazione dell’Arpa sullo sforamento dei valori di legge registrati nel
corso del 2006 e 2007.
Un’analisi sanitaria consegnata in piazza Unità l’altro ieri, dopo quella
scientifica, che sottolinea gli effetti dannosi sulla salute delle polveri
sottili (sull’apparato respiratorio e cardiovascolare) e del benzene
(patologie di tipo leucemico). Sulle pm10 si ritiene, scrive il direttore
generale Franco Rotelli, che la «componente attribuibile alla Lucchini
rappresenti la principale fonte di inquinamento, nella zona limitrofa allo
stabilimento e che possa rappresentare rischi per la salute e l’ambiente».
Secondo l’Ass anche l’inquinamento da benzene risulta «estremamente
allarmante», ma si rileva che «può derivare anche da altre fonti quali il
traffico veicolare».
«Prima si parlava solo di imbrattamento, venivano multati con poche migliaia
di euro. Adesso abbiamo la certificazione dell’Azienda sanitaria», dice
Dipiazza. Al suo fianco l’assessore Maurizio Bucci e l’ingegner Gianfranco
Caputi, responsabile del servizio ambiente in Comune, spalleggiano il
sindaco nell’esposizione di un provvedimento giudicato una sorta di
«spartiacque» per l’amministrazione comunale. «Adesso non si gioca più»,
dice Bucci dando anche una stoccata a chi «in piazza usa il megafono
prendendo in giro la gente».
Ma cosa significa quel non si gioca più? Davanti ai dati dell’Arpa e
l’analisi dell’Ass, secondo il Comune, la Provincia (nell’ambito delle
attribuzioni demandate dall’articolo 9 della legge regionale 24 del 2006 e
degli articoli 278 e 279 del decreto legislativo 152 del 2006) «in qualità
di soggetto preposto all’attività di controllo sulle emissioni in atmosfera
dell’impianto» alla semplice diffida deve far seguire, se gli sforamenti
proseguiranno, la sospensione dell’attività oppure la revoca. I tre
provvedimenti indicati dalla legge.
Tutto chiaro? Mica tanto, almeno ascoltando l’altra campana, quella di
palazzo Galatti. «Dallo scorso gennaio come Provincia dobbiamo controllare -
replica Ondina Barduzzi, assessore con delega all’Ambiente - che la Ferriera
stia dentro alle autorizzazioni ricevute in merito ai camini. A me risulta
che non hanno sforato quel tipo di limiti, i dati dell’Arpa si riferiscono
alle emissioni diffuse e prima di attribuirle alla Ferriera bisogna
provarlo».
La Provincia, insomma, non è intenzionata a prendere alcun provvedimento.
«Non saremo di certo noi a poter fare un’ordinanza, basti pensare alla
vicenda dell’inceneritore: è stata la Procura a metterlo sotto sequestro»,
ribadisce Barduzzi. E aggiunge, bacchettando il primo cittadino: «Se
effettivamente c’è, come dice il sindaco, un problema di salute pubblica
allora chiuda la Ferriera. È l’unico titolato a farlo, assieme alla Procura,
mentre la nostra ordinanza - sostiene - sarebbe annullata dopo un paio di
giorni dal Tar».
Pietro
Comelli |
FERRIERA
- IL FUTURO DELL’IMPIANTO DI SERVOLA - IL BALLETTO DEI RINVII |
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La campagna
per le elezioni regionali del 2003 si giocò, a Trieste, sul tema della
chiusura della Ferriera. Lo stesso fu alle europee dell'anno successivo e
alle comunali del 2006. Lo stesso sarà alle regionali dell'anno prossimo e
forse, chissà, alle comunali del 2011. |
Se il tema dello
stabilimento di Servola occupa l'agenda cittadina da più di sei anni, e per
altri ancora l'occuperà, non è solo per l'inveterata tendenza dei politici di
ogni colore a parlare a vanvera; ma anche e soprattutto per la dimensione del
problema, che nessuno - proprio nessuno - è in grado di risolvere con un colpo
di bacchetta magica. La Ferriera è un carico più ingombrante della sua mole:
impossibile giustificarne la permanenza a queste condizioni, viste le mutate
sensibilità ambientali della nostra epoca e lo sviluppo auspicabile per il golfo
di Trieste; irrealistico trasformarla in un impianto pulito, per i costi
dell'operazione e la scontata indisponibilità dell'imprenditore; illusorio
immaginarne la dismissione in un paio di mesi, per i costi sia sociali che
pecuniari di uno smantellamento onerosissimo: ci troveremmo dall'oggi al domani
con i lavoratori a casa e quell'obbrobrio non più funzionante a deturpare il
golfo per decenni. I residenti a Servola obietteranno che l'obbrobrio spento
sarebbe pur meglio che acceso, ma accorderanno che non si tratterebbe di una
prospettiva fausta. E allora?
Converrà sintetizzare senza infingimenti i termini del problema, che nelle
maglie del dibattito spesso sfuggono ai più. La Ferriera è un impianto vetusto.
La proprietà (Lucchini prima, i russi di Severstal poi) ha investito molti
quattrini per circoscriverne l'impatto ambientale (più Lucchini di Severstal),
ma si è trattato di palliativi: per diventare veramente pulito, ammesso che
un'attività siderurgica possa mai esser tale, lo stabilimento andrebbero
disfatto e rifatto. E' quel che l'imprenditore non farà mai, per due motivi.
Primo, perché Servola è un'industria ormai inefficiente, i cui conti si reggono
solo grazie all'energia elettrica prodotta di risulta, che l'Enel è tenuta per
legge ad acquistare (fino a una scadenza che volge al termine) a un prezzo
superiore al mercato; il che rappresenta di per sé una scandalosa stortura di
principio che i cittadini pagano nelle bollette, ma questa è un'altra storia.
Secondo, perché nessun imprenditore al mondo andrebbe a gettare decine se non
centinaia di milioni in un impianto di cui da anni si recita il de profundis,
ancor più quando - come in questo caso - l'impianto è uno scarabocchio in un
impero internazionale che si attrezza a contrastare la concorrenza cinese. Come
stupirsi che il piano d'investimenti dei russi non faccia cenno di Trieste? In
una situazione così ingarbugliata, lo stallo della politica ha fatto il resto,
con il centrodestra a guardare principalmente alle ragioni dei residenti che
vivono (come gli operai, peraltro) in mezzo ai fumi e alle polveri, e il
centrosinistra a quelle dei dipendenti per i quali a tutt'oggi non s'è profilata
una realistica soluzione alternativa. In mezzo la proprietà è forte della sua
stessa debolezza, e in attesa di sviluppi inesistenti fa il meno possibile e
gioca sulle divisioni territoriali; o meglio lo farebbe se ad incalzarla non vi
fosse la magistratura, che da tempo ormai supplisce alla politica, forzando
l'azienda a ridurre le emissioni e addirittura proponendo essa stessa le
possibili soluzioni tecniche, il che suona a onore suo e a disonore della
politica.
Che fare, dunque? Non la voce grossa, ma una voce sola. La soluzione non può che
venire da una decisione sofferta fin che si vuole, ma definitiva, concertata tra
gli enti in gioco: Comune, Regione e Autorità portuale, proprietaria di gran
parte dell'area. Finché continua il balletto dei "tavoli", dei rinvii e delle
interdizioni reciproche, l'azienda non avrà motivo di fare alcunché. E poiché
pare finalmente condivisa la convinzione che, a breve o a medio termine, lo
stabilimento cessi la produzione (e a fargliela cessare sarà comunque il
mercato, quando verranno meno i prezzi di favore), si fissino una data e un
percorso chiaro. Ne hanno diritto i residenti e i lavoratori, illusi e
rispettivamente minacciati a ogni scadenza elettorale, come pure l'azienda,
oggettivamente impedita a programmare alcunché, per quanto comodo le torni la
paralisi attuale. Ne ha diritto la città intera, per la quale l'ex acciaieria,
benché radicata nella sua storia, è diventata incompatibile con un livello
decente di sviluppo del golfo e di qualità dell'ambiente. Molti segnali lasciano
intendere che la stessa Severstal (o altri dopo di lei) guardi per quell'area a
un futuro nella movimentazione logistica e di servizio al porto, attività in cui
si sta cimentando dedicandovi anche una parte del personale. La si spinga
avanti, dunque, parlandole con una voce sola, e non con tre o quattro
dissonanti. Una voce sola è il presupposto per riuscire. Altrimenti ci si
trascinerà così per molti altri anni, perpetuandosi il paradosso dello
stabilimento: impossibile da mantenere in vita, impossibile da chiudere.
Roberto Morelli
Beni
all’asta, il Municipio stralcia le aree verdi. Entra via dell’Ospitale |
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La decisione presa dopo un sopralluogo del sindaco Dipiazza e
dell’assessore Tononi. Verso una modifica della destinazione d’uso per le ex
Officine Hölt
Prima il
sopralluogo, poi lo stralcio. Nel prossimo bando di beni immobili messi
all’asta dal Comune non compariranno cinque lotti. Terreni edificabili che
il sindaco Roberto Dipiazza e l’assessore Piero Tononi, con delega al
Patrimonio, hanno deciso di togliere dal piano di cartolarizzazione dopo una
verifica sul posto.
Sono stati così stralciati i lotti di via dei Narcisi (prezzo base 600mila
euro, 4019 mq) e quello in prossimità di vicolo dei Roveri, laterale di via
San Cilino (155mila euro, 660 mq), assieme ad altre aree verdi in via Verga
(101mila euro, 430 mq), via delle Viole (890mila euro, 5073 mq) e via
Berchet (293mila euro, 2350 mq). Tutti terreni appetibili ai costruttori,
che avrebbero garantito alle casse comunali almeno 2 milioni di euro.
«Durante il sopralluogo abbiamo riscontrato alcune problematiche nella
viabilità in via Verga e via Berchet - racconta Tononi - assieme al
particolare pregio ambientale di via dei Narcisi e via delle Viola,
nonostante siano presenti già alcuni insediamento». E aggiunge: «Abbiamo
così deciso di stralciare questi lotti - spiega - dalla delibera e quindi, a
breve, concorderò con il presidente Lorenzo Giorgi una riunione della quarta
commissione (competente sul Patrimonio immobiliare, ndr) per definire il
piano di vendita».
Accanto alla conferma di tredici lotti pronti ad essere messi in vendita,
infatti, il Comune andrà a coprire il mancato guadagno inserendo nei beni da
alienare anche l’immobile di via dell’Ospitale 12. Quest’ultimo rientrava
nel project financing (bocciato dalla giunta Dipiazza) dell’impresa di
costruzioni Maltauro spa di Vicenza. Una prima stima non ufficiale dell’area
sotto San Giusto, che domina l’intera città, parla proprio di 2 milioni di
euro. La stessa cifra venuta meno dopo lo stralcio dei cinque terreni.
La prossima gara d’asta comprenderà così i seguenti lotti: terreno nei
pressi di via dell’Eremo e alla fine di via Felluga (240.500 euro, 1370 mq),
terreno in strada di Rozzol (50.500 euro, 460 mq), locale commerciale in
piazza Vecchia 2 e 2/a (65.340 euro, 28 mq), locale commerciale in piazza
Vecchia 2/b e 2/c (51.300 euro, 22 mq), locale commerciale in corso Saba 24
e via Carducci 41 (301.600 euro, 130 mq), area in via Capitelli (291.600
euro, 417 mq), edificio in via delle Beccherie 5 e via Androna del Pane 3
(359.700 euro, 275 mq), terreno in via Risorta (14.980 euro), edificio e
terreno in via Balbo e via Settembrini (155.015, 46 e 1235 mq), edificio in
via Costalunga 246 e terreno (97.660 euro, 108,50 e 157 mq), terreno in via
Barbariga (24.672 euro, 192 mq), terreno in via San Martino (21.000 euro).
Ma il piano di vendita del Comune non si ferma qui. Altri due lotti
importanti saranno alienati per «fare cassa» e finanziarie il piano delle
opere. L’amministrazione di piazza Unità punta di incassare almeno 2.370.000
euro (il prezzo base) per la vendita dell’ex macello in via Flavia di
Stramare a Muggia (area edificabile), mentre le ex Officine Hölt di via
Gambini 8/1, 10 e 12 saranno messe all’asta solo dopo aver modificato la
destinazione d’uso dell’immobile. Il bene è classificato dal Piano
regolatore come zona U1 (servizi ed attrezzature pubbliche), ma una volta
modificata la destinazione d’uso (attività residenziali, commerciali...) il
valore di acquisto andrebbe a superare l’attuale stima di 1,4 milioni di
euro.
p.c. |
Metropolitana leggera, 14 milioni di investimenti per collegare Muggia a
Opicina - I fondi saranno chiesti al governo, alla Regione e alle Ferrovie |
|
Accordo tra enti per il recupero dei binari
Da Campo
Marzio fino a Opicina in un quarto d’ora e fino a Muggia in venti minuti,
salendo a bordo della metropolitana leggera: un progetto fino a ieri
relegato alla sfera delle ipotesi, ma che ora sembra a un passo dal
diventare realtà.
Ieri, a Palazzo Galatti, Provincia, Autorità portuale ed Ezit hanno firmato
il protocollo d’intesa per il recupero degli impianti ferroviari del nodo di
Trieste, che collegano Muggia a Opicina, passando per la zona industriale. E
potrebbero volerci solo due o tre anni per calpestare le vecchie rotaie che
abbracciano il Golfo, inutilizzate da mezzo secolo. Investimento ipotizzato,
secondo le prime stime: 14 milioni di euro. La metropolitana leggera sarebbe
una parte della metropolitana regionale Ronchi-Trieste-Capodistria
(servirebbero altri 70 milioni di euro per il collegamento costiero tra
Trieste e la città slovena), sia per le merci che per il trasporto pubblico
locale.
Sarà solo a luglio, con l’illustrazione dei risultati del secondo studio di
fattibilità affidato dalla Provincia all’Università e a Rfi, che si potranno
definire i dettagli del progetto, i tempi e i costi. Ma ieri è stato segnato
un primo passo verso la rinascita delle linee e delle stazioni ferroviarie
che oggi appartengono perlopiù alla storia e ai gitanti del treno d’epoca
Rondò. I finanziamenti, come confermato dall’assessore ai Trasporti Ondina
Barduzzi, verranno chiesti al ministero delle Infrastrutture, Regione e
Ferrovie dello Stato per la realizzazione dell’opera, mentre si punterà a
una gestione pubblico-privato. E i responsabili dell’area Trasporti della
Regione, presenti ieri a Palazzo Galatti, hanno sottolineato la fattibilità
dell’intervento. «Una volta reperiti i finanziamanti - ha assicurato Ondina
Barduzzi - realizzeremo il progetto».
La struttura portante di questa nuova rete sarà composta da quattro linee:
stazione centrale di Trieste-Muggia; stazione centrale-Campo Marzio;
Muggia-Campo Marzio e Opicina-Campo Marzio. In buona sostanza, come
garantito dai tre enti, «bisogna solo adattare le infrastrutture già
esistenti su tutto il territorio provinciale. Per il tratto che collegherà
Trieste alla Slovenia si dovrà invece lavorare per trovare un accordo anche
politico».
Il progetto della metropolitana leggera è stato fortemente promosso
dall’amministrazione di Palazzo Galatti. Ieri la presidente Maria Teresa
Bassa Poropat lo ha definito «una soluzione importante per la città, frutto
di una sinergia finalmente raggiunta tra i diversi enti coinvolti, che
permetterà di scampare il pericolo che un grande patrimonio infrastrutturale
vengo dismesso». Sulla «necessità di espandersi verso Est» si è espresso il
presidente dell’Autorità portuale Claudio Boniciolli. «La metropolitana
regionale Monfalcone-Capodistria riguarda l’area in cui vogliamo sviluppare
le attività portuali - ha affermato Boniciolli -. Questa rete creerà le
premesse per l’aumento dei traffici verso il Sudest dell’Unione europea, in
cui Trieste deve e può svolgere un ruolo fondamentale».
Concorde il presidente dell’Ezit Mauro Azzarita: «Tutta la zona industriale
sarà interessata da questo progetto. Contribuirà allo sviluppo economico
delle 580 aziende presenti, perchè diminuiranno i costi del trasporto merci.
Ma sarà importante anche per i 9.700 dipendenti, che potranno scegliere la
metropolitana per raggiungere il posto di lavoro». |
Elisa Coloni
Tav, Roma
finanzia la Trieste-Divaccia - Il Consiglio approva la mozione sul
commissario per l’A4. Forza Italia: «È solo un alibi» |
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Il ministro per le Infrastrutture Antonio Di Pietro annuncia
l’inserimento del progetto nel piano delle opere prioritarie del Corridoio 5
TRIESTE Il
governo accelera per la realizzazione della Tav del Corridoio 5. Anche il
progetto della Trieste-Divaccia è stato inserito nel piano delle
Infrastrutture da cofinanziare con l’Ue. La notizia è stata data dal
ministro Antonio Di Pietro al termine del Consiglio dei ministri sul Dpef.
Intanto ieri il Consiglio regionale ha approvato la mozione della
maggioranza sul commissario per l’A4. |
Nel
dispositivo si sollecita il ministro Di Pietro per la nomina del commissario
che acceleri i tempi della realizzazione della terza corsia. Non è stata
invece approvata la mozione presentata dall’opposizione con la quale la Cdl
ha chiesto di alla Giunta con cui si voleva impegnare la Giunta regionale ad
agire nei confronti del governo per recuperare i ritardi nell'allargamento
dell'autostrada e nella costruzione della linea ferroviaria ad Alta
velocità. Intanto domenica partiranno i nuovi limiti di velocità sul tratto
da Quarto d’Altino alla tangenziale di Mestre per innalzare i livelli di
sicurezza (ieri in un altro tamponamento hanno perso la vita due persone di
nazionalità rumena).
LA MOZIONE È stata approvata a maggioranza la mozione presentata da Travanut
(Ds), Degano (Margherita), Paselli (Cittadini), Zorzini (Comunisti
italiani), De Angelis (Prc) che condivide la decisione della Giunta
regionale - assieme al Veneto - di chiedere la nomina in tempi brevi di un
commissario governativo che semplifichi il rilascio delle autorizzazioni e
delle approvazioni per la terza corsia. La mozione, sottoscritta da Ds,
Margherita, Cittadini e Prc, ha ottenuto i voti favorevoli della maggioranza
di Centrosinistra e il «no» di Forza Italia, Lega Nord, An e Udc; astenuto
il consigliere Paolo Panontin (Misto). Il testo auspica inoltre il
proseguimento della collaborazione con la Regione Veneto per tale scopo.
L’OPPOSIZIONE L'Aula ha invece respinto a maggioranza un'altra mozione,
presentata dai capigruppo del Centrodestra, e l'ordine del giorno da essi
allegato, con cui si voleva impegnare la Giunta regionale ad agire nei
confronti del Governo per recuperare i ritardi nell'allargamento
dell'autostrada e nella costruzione della linea ferroviaria ad Alta
velocità.
LA POLEMICA Il dibatto in Aula è stato acceso con l’opposizione a rimarcare
il ritardo nell’avvio dei cantieri per un opera di vitale importanza per la
Regione e la corresponsabilità della giunta regionale. La Cdl ha anche
sottolineato come non sembra esserci condivisione tra la posizione del
presidente di Autovie Giorgio Santuz, che sostiene che la terza corsia solo
sul tratto Quarto d’Altino-San Donà sarà operativa dal 2014 e le
dichiarazioni dell’assessore Sonego che conferma la partenza dei lavori
entro 15 mesi. «La nomina di un Commissario governativo - ha detto il
capogruppo forzista Isidoro Gottardo -, perchè non diventi puramente un
alibi deve essere accompagnata dalla definizione delle competenze, che
devono essere sostanziali e non formali. La maggioranza di centrosinistra ha
votato un ordine del giorno a sostegno della richiesta di un Commissario, ma
si è guardata dall'entrare nel merito delle competenze.Se qualcosa di nuovo
comincia a muoversi a favore dell'allargamento dell'autostrada A4 e della
Tav, questo lo si deve certamente al caos in cui è sprofondata la
situazione, ma anche all'azione incessante e continuativa che l'opposizione
di centrodestra ha svolto per costringere la Giunta regionale ad uscire
dall'inerzia».
Ma Sonego resta sulle posizioni già espresse. «L'obiettivo della Regione
Friuli Venezia Giulia e di Autovie - ha detto l’assessore - è di arrivare in
15 mesi all'assegnazione dei lavori del primo lotto della terza corsia da
Quarto d'Altino a San Donà di Piave».
I LIMITI Entreranno intanto in vigore domenica 1 luglio i limiti di
velocità. Da Quarto a Marcon le auto non dovranno superare i 70 km all’ora e
i Tir i 50, mentre da Marcon le automobili doovranno ridurre la velocità di
altri 10 km orari.
Ciro
Esposito |
Vetreria,
esposto dei Comitati alla procura - Settimo: area già a rischio per le
emissioni della centrale a turbogas priva dei filtri catalitici |
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Si profila un altro braccio di ferro tra i cittadini della
Bassa friulana e la Regione sul progetto dello stabilimento della Sangalli
TRIESTE I
Comitati dei cittadini della Bassa friulana continuano la loro battaglia a
salvaguardia della salute degli abitanti e dell’ambiente dell’area di
Torviscosa e dell’Aussa Corno. Dopo aver incassato una vittoria sudata con
il no della giunta al cementificio ora incalzano la Regione sulla vetreria.
E lo fanno con il loro leader, il consigliere comunale di Torviscosa Mareno
Settimo, che ha predisposto una relazione approfondita sull’impatto
ambientale e sulle emissioni dell’impianto dell’azienda Sangalli. E il
consigliere annuncia che nei prossimi giorni presenterà un esposto al
Ministero dell’Ambiente e alla Procura della Repubblica di Udine.
Si profila dunque un ulteriore braccio di ferro tra i cittadini e la giunta
che è chiamata a valutare il progetto sulla base dei pareri dell’Azienda
sanitaria (già favorevole), dell’Arpa e delle valutazioni fatte dalla
Commissione di valutazione di impatto ambientale.
«La questione centrale - dice Settimo - e che è escluso che si possa
autorizzare il progetto della vetreria prima che siano state ridotte le
emissioni della centrale a turbogas Edison di Torviscosa. Nel Friuli Venezia
Giulia, così come nel resto d’Italia, viene autorizzate la costruzione di
centrali che inquinano mediamente otto volte di più rispetto a quelle in
funzione negli ultimi anni ad esempio in California».
Secondo il ragionamento sviluppato da Settimo con l’attività a regime della
centrale sarebbe inevitabile un innalzamento nell’area della quantità di
Pm10 e di ossido d’azoto. «È necessario, prima ancora di affrontare la
questione della vetreria - continua il consigliere comunale - apllicare
all’impianto i filtri catalitici che abbattono in modo sensibile le
emissioni. Non è del resto una novità che nella zona dell’Aussa Corno la
situazione sia già critica. Non è una nostra opinione ma la situazione è
stata evidenziata dalle rilevazioni fatte dall’Arpa in tutta l’area della
Bassa Friulana. Non è un caso che nei primi 5 mesi dell’anno gli sforamenti
dei limiti massimi consentiti per le polveri sottili si siano moltiplicati.
L’Agenzia ha identificato nella situazione meteo negativa la causa
principale della crescita dell’inquinamento atmosferico ma proprio da
dicembre ha cominciato a funzionare, anche se appena nella fase di collaudo,
la centrale a turbogas. La situazione nei prossimi mesi, anche senza la
vetreria non farà che aumentare la criticità».
La relazione evidenzia infine come anche i valori al suolo rilevati a
Torviscosa e ancora di più a San Giorgio di Nogaro degli ossidi di azoto e
del materiale particolato presentano siano sopra la norma. «Pertanto -
conclude Mareno Settimo nel documento - non sussistono al momento attuale
gli elementi necessari per poter esprimere parere favorevole
all’insediamento, nella zona del Feraul, della vetreria proposta
dall’azienda Sangalli Vetroitalia». |
Pericolosi troppi semafori in città- L’annuncio del sindaco di mettere nuovi
impianti agli incroci |
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Con
sgomento, apprendo dall’intervento del sindaco su una televisione privata,
che prossimamente verranno installate delle postazioni semaforiche agli
incroci Giulia-Margherita e largo Giardino-Cologna. Ormai da una vita
esercito la professione di esperto in infortunistica stradale, che, come
noto ricerca pure i lati negativi della circolazione e quindi si sa che
tutti gli autoveicoli nuovi, da diversi anni sono muniti della marmitta
catalitica.
Marmitta catalitica che, per raggiungere la temperatura di esercizio non
inferiore a 400 gradi, il veicolo munito della stessa impiega almeno vari
chilometri in regime di libera corsa.
Ormai la città risulta essere soffocata da impianti semaforici che in ogni
caso producono inquinamento e precisamente il largo Barriera, piazza
Garibaldi, via Roma e sotto Servola, D’Alviano, Baiamonti. Da quasi 40 anni
abito nel rione di San Giovanni, e percorro quasi quotidianamente uno degli
assi principali della circolazione in Trieste, e cioè viale Sanzio, Rotonda
del Boschetto, via Giulia, p. V. Giuliani e via Battisti; e non ho mai
assistito a gare di velocità ivi, ma bensì su detto asse, qualche teppista
su due ruote durante le ore notturne. Piuttosto non è stato regolamentato il
flusso della circolazione – in diverse ore del giorno a passo d’uomo – per
le percorrenze Scoglio-Guardiella e ne viene che i due impianti semaforici
che, categoricamente non devono essere installati, produrrebbero
praticamente la quasi paralisi della circolazione. A titolo di cronaca,
esiste la cosiddetta commissione traffico dell’Aci in Trieste, che brilla
per la sua assenza?
Augusto Doria |
LA REPUBBLICA - GIOVEDI' , 28
giugno 2007
Goletta Verde approda a Monfalcone:
un salvataggio e un saluto ai delfini
Approdiamo oggi
in Friuli Venezia Giulia, dopo una traversata molto movimentata, soprattutto per
le condizioni meteorologiche. Goletta Verde nell'Adriatico quest'anno è partita
da Rovigno, in Croazia, dove abbiamo incontrato anche gli amici
dell'associazione ambientalista Zelena Istra, che insieme a Legambiente
partecipa al network per la tutela naturale dell'alto Adritico, l'Adriatic
Greenet. I risultati dei dodici campionamenti nella penisola di Istria sono
risultati complessivamente buoni ad eccezione di Villas Rubin a Rovigno dove uno
dei parametri indagati ha superato due volte il limite di legge.
Durante il viaggio abbiamo effettuato anche un salvataggio speciale: quello di
un uccello caduto in mare che non riusciva più a riprendere il volo. Un saluto
ai primi delfini che hanno incrociato la nostra rotta e via, verso Monfalcone.
Primo impegno italiano, la conferenza stampa di presentazione dei dati
sull'inquinamento e il convegno sui problemi energetici del Friuli Venezia
Giulia: abbiamo informato i cittadini e le amministrazioni locali sullo stato di
salute del mare fotografato dai primi campionamenti fatti dai tecnici del
laboratorio mobile, che a ogni tappa precedono di qualche giorno l'arrivo della
nostra barca. Il mare tutto sommato è pulito ma la situazione va tenuta d'occhio
soprattutto nei pressi delle foci dei fiumi Isonzo e Tagliamento.
A Monfalcone, abbiamo rilevato un dato di molto superiore ai limiti di legge.
Fuori dai parametri anche Duino Aurisina - in località Baia Sistiana - e Lignano,
molto meglio Muggia, Trieste e Grado. I fiumi in Italia continuano a essere un
problema costante per il mare, arrivando quasi ad annullare gli sforzi fatti
dalle amministrazioni costiere, che devono farsi carico dell'inquinamento che
arriva anche dall'interno. Troppo spesso infatti i fiumi sono trasformati in
condotti fognari dagli scarichi fuori controllo provenienti dai centri abitati e
dalle aziende.
Goletta Verde si fermerà a Monfalcone ancora un giorno. Domani si riparte, per
continuare il nostro lungo viaggio verso sud. Prossima tappa nell'Adriatico,
Porto Barricata, in provincia di Rovigo. Intanto a bordo si continua a lavorare,
ricevendo i visitatori, grandi e bambini, e cercando di tanto in tanto anche di
pranzare. Mare mosso permettendo.
IL PICCOLO - GIOVEDI' , 28
giugno 2007
GOLETTA
VERDE - Mare pulito a Trieste e Grado. Lignano in bilico - Promossa
Riviera, allerta per Sabbiadoro. Bocciata Marina Julia. Rimandata la Baia di
Sistiana |
vedi
tabella |
Bilancio di luci e ombre per Goletta Verde: cinque prelievi
su dodici registrano sforamenti dei limiti di legge. «Un dato che non può
tranquillizzare»
MONFALCONE
Il mare del Friuli Venezia Giulia tra luci e ombre per Goletta Verde.
Promosse Trieste, Muggia, Grado e Lignano Riviera. Bocciata Marina Julia.
Rimandate a settembre Duino Aurisina, Sabbiadoro e le foci dei fiumi Isonzo
e Tagliamento. Così Legambiente ieri a Marina Lepanto, a Monfalcone, ha
consegnato lo «stato di salute» delle coste in regione. L’«istantanea», l’ha
definita il portavoce Massimo Becchi, consegna un quadro che induce a
riflettere. Lo si evince dai 12 prelievi effettuati dalla campagna nell’Alto
Adriatico, partita da Rovigno in Istria. Il risultato, dunque, per il Friuli
Venezia Giulia è una sorta di «scacchiera». Quasi la metà dei prelievi non
superano la prova-balneabilità. La «mappatura» s’articola sostanzialmente
tra due «poli» opposti di giudizio. Passando dalle conferme di «buona
salute» per Grado (punti di prelievo, Tenuta Primero e Città Giardino,
spiaggia libera), Trieste Barcola e Grignano, Muggia con Porto San Rocco e
Punta Sottile. Per questi il mare non è inquinato, a quota 1 stella.
Culminando, dall’altro, con consolidati sforamenti dei parametri. È il caso
di Marina Julia, che con il giudizio di «inquinato» s’è portata a casa 3
stelle. La campionatura, effettuata di fronte alla piazzetta principale, ha
registrato uno sforamento di uno o più parametri di legge (Dpr 470/’82)
oltre 5 volte superiore rispetto al limite fissato. In mezzo le «zone
grigie», «leggermente inquinate», 2 stelle: Duino Aurisina-Baia di Sistiana
e le foci dell’Isonzo e del Tagliamento. Fuori dai parametri anche Lignano,
all’altezza della Terrazza a mare. Positivo invece il dato di Riviera. Tra i
parametri presi in considerazione ci sono i coliformi fecali e gli
enterococchi intestinali. I tecnici di Legambiente hanno inserito anche gli
escherichia coli, batteri che vivono esclusivamente nell’intestino umano,
già previsti dalla direttiva europea e che l’Italia introdurrà nel 2008.
Sono dati, tuttavia, ai quali fanno da contraltare le cifre fornite
dall’Arpa: sulla base delle analisi effettuate nel 2006 (prelievi
quindicinali, su 55 punti, 28 in provincia di Trieste, 18 di Gorizia, 9 di
Udine), ha spiegato la responsabile Luisella Milani, tutte le acque marino
costiere e di transizione, sono state giudicate idonee alla balneazione per
la stagione 2007. Lo ha sancito la delibera di Giunta regionale del 26
gennaio. Entro i parametri anche i prelievi effettuati da aprile a giugno di
quest’anno. Attualmente tutti i 55 punti di monitoraggio sono balneabili, ha
sostenuto Milani, pur assicurando un’ulteriore attenzione nel raccogliere il
suggerimento di Legambiente. Resta un quadro «che non può tranquillizzare»,
ha detto Becchi. Che precisando come i pur puntuali campionamenti siano
«istantanee» rispetto alla continuità delle analisi garantite dagli enti
preposti, ha lanciato un messaggio: approfondire la situazione e ripetere i
controlli. Con un’ulteriore avvertenza: i dati relativi alle foci dei fiumi
vanno considerati in virtù dell’entroterra. «I fiumi - ha spiegato Becchi -
continuano ad essere un problema per il mare arrivando quasi ad annullare
gli sforzi fatti dalle amministrazioni costiere che devono farsi carico
dell’inquinamento che arriva dall’interno. Bisogna quindi ragionare in
termini di bacino nell’affrontare il problema». Il presidente di Legambiente
di Monfalcone, Michele Tonzar ha osservato: «Non volevamo dare un nuovo dato
negativo per Marina Julia. A Monfalcone sono stati realizzati gli interventi
necessari. Le utenze sono collegate alla rete fognaria. Per questo il dato
negativo ci sorprende». Bandiera nera anche quest’anno? Risposta: «Non
abbiamo individuato un particolare elemento negativo, se non
l’atteggiamento, reiterato, della Regione e dell’assessore Sonego,
nell’affrontare problematiche come i rigassificatori, la Tav, il
cementificio. La bandiera nera consegnata lo scorso anno a Sonego è ancora
valida».
Laura
Borsani |
Ma per
l’Arpa le acque del Fvg sono tutte balneabili |
|
MONFALCONE
Mare balneabile in Friuli-Venezia Giulia. Lo dice l’Arpa, dopo aver
controllato nel 2006 la qualità delle acque attraverso la campionatura, a
cadenza quindicinale, di 55 punti di prelievo. Tutte le acque marino
costiere e di transizione sono state giudicate idonee per la stagione. Con
delibera di Giunta regionale del 26 gennaio. Non solo. Nel 2007, i dati
riguardanti i prelievi da aprile a giugno nei 28 punti della provincia di
Trieste, sono risultati entro i limiti di legge. Anche quelli effettuati nei
punti di Duino-scogliera e Duino-castello nel periodo di chiusura
prudenziale, dal 21 al 31 maggio, con ordinanza sindacale del Comune, per
lavori di manutenzione al depuratore. Tutto okay in provincia di Gorizia,
per le analisi del primo prelievo d’aprile. Il punto Grado-Isola Volpera fa
eccezione, ma i valori non sono stati confermati nelle analisi suppletive:
l’area è stata aperta alla balneazione. Regolari, infine, gli esiti in
provincia di Udine, per tutti i prelievi da aprile a giugno. Ieri
l’assessore di Monfalcone, Massimo Schiavo, a proposito di Marina Julia, ha
osservato: «Il dato fornito da Goletta Verde va colto come elemento su cui
riflettere. Ho tuttavia controllato gli esiti dell’Arpa, risultati molto
inferiori ai limiti di legge, eccetto che per una punta negativa per i
coliformi totali, pur sempre sotto il limite, registrato a giugno. Non
vogliamo chiudere gli occhi: intendiamo capire le cause per porvi rimedio». |
Goletta
Verde, riserve sul mare di Sistiana - «Non inquinate» invece risultano
le acque di Muggia, Barcola e Grignano |
vedi
tabella |
Il golfo testato dalla nave ambientalista: la presenza del
depuratore incrina la situazione in una parte della Baia
Ret: «Sono sorpreso perché i dati dell’Arpa sono sempre stati
rassicuranti». Perplesso anche l’assessore provinciale Barduzzi: «Chiederemo
ulteriori esami»
Goletta
Verde rimanda a settembre la Baia di Sistiana e promuove il resto del golfo
di Trieste. Il mare che si affaccia alle nostre coste risulta, in base a una
serie di analisi chimico-fisiche effettuate lo scorso 22 giugno, non
inquinato e perfettamente in regola con le più recenti normative comunitarie
in tema di sicurezza della balneazione.
Ma non si tratta, appunto, di una promozione a pieni voti. Se nel complesso
le acque della Provincia sono «a prova di bagnante», dai rilievi della «nave
ecologica» emerge infatti che esiste uno spicchio di mare in cui si verifica
uno sforamento dei limiti consentiti per legge: è quello situato sotto la
scogliera della Baia di Sistiana, di fronte al depuratore.
In questo punto dell’Alto Adriatico, in base ai dati resi noti ieri durante
una conferenza stampa, la concentrazione di coliformi fecali è pari a 180
Ufc (Unità formanti colonia) per 100 millilitri, quando il limite previsto
per legge è di 100 Ufc per 100 millilitri. «È l’Arpa che garantisce i dati
ufficiali sull’inquinamento delle acque - ha spiegato il portavoce di
Goletta Verde, Massimo Becchi - ma noi, attraverso analisi periodiche,
abbiamo come obiettivo allertare le istituzioni e spronarle a prendere
provvedimenti in casi di pericolo per la salute dei cittadini». E una fetta
di mare antistante la Baia di Sistiana sembrerebbe quindi rientrare, secondo
i dati illustrati ieri, nella lista dei punti «leggermente inquinati».
Quattro i parametri utilizzati da Goletta Verde per classificare la qualità
del nostro mare: i livelli di concentrazione di coliformi fecali,
streptococchi fecali, escherichia coli (tutti di origine fognaria) e
ossigeno disciolto. All’aumentare della concentrazione di queste sostanze
cresce il livello di inquinamento del mare e scattano le «stelline nere». In
una scala da una e cinque, lo specchio di mare sotto la scogliera di
Sistiana, di fronte al depuratore, ne colleziona due. Lontana da altri
tratti di mare italiano che crollano sotto il peso di cinque «stelline» e
anche da Marina Julia, che ne colleziona tre e detiene, in Regione, la
maglia nera. Ma lontana anche dai buoni risultati incassati invece da altre
località: San Rocco e Punta Sottile (a Muggia), Barcola e Grignano si
fermano infatti a una sola «stellina», che indica un mare «non inquinato».
«In base alle normative comunitarie più recenti - ha spiegato ancora Massimo
Becchi - negli specchi di mare inquinati i sindaci dovrebbero impedire la
balneazione. Due stelline, come nel caso di Sistiana, non dipingono una
situazione drammatica, ma comunque poco sicura. È risaputo - ha aggiunto -
che ingerendo i coliformi fecali contenuti nell’acqua, possono insorgere
patologie di natura gastrointestinale».
Ma il sindaco di Duino Aurisina Giorgio Ret, pur mostrandosi aperto a «ogni
indicazione utile a migliorare la qualità delle acque», difende a spada
tratta il «suo» mare, che «non è mai stato così pulito come quest’anno». «I
dati resi noti da Goletta Verde mi sorprendono - ha affermato Ret - perchè
io ricevo periodicamente le analisi dell’Arpa, che garantiscono che il mare
di Sistiana non è assolutamente inquinato». Poi il primo cittadino tenta di
analizzare il problema e individuarne le causa: «Non credo ci sia il
depuratore alla base di questi sforamenti - continua Ret - perchè il
depuratore scarica a 1860 metri dalla costa. Per far sì che quegli scarichi
tornino indietro, dovrebbero esserci delle correnti fortissime, che non
credo si verifichino in quel tratto di mare. Penso che il problema sia
riconducibile a qualche scarico fognario abusivo di barche e navi nell’area
in questione - afferma ancora il sindaco di Duino Aurisina -. Probabilmente
si tratta di un caso isolato, ma mi impegnerò affinchè l’Arpa verifichi la
situazione e, in caso i dati rivelassero una criticità, farò il possibile
per porvi rimedio».
D’accordo l’assessore provinciale all’Ambiente Ondina Barduzzi, soddisfatta
dei buoni risultati incassati complessivamente dal golfo di Trieste. E sul
caso Sistiana commenta: «Credo anch’io si tratti di un caso isolato, dovuto
agli scarichi di qualche nave di passaggio. Ma chiederò all’Arpa che
effettui le necessarie verifiche in tempi brevi».
Elisa
Coloni |
Inceneritore dissequestrato: torna a pieno regime - Il blocco dell’impianto
è durato 4 mesi e mezzo e secondo Acegas-Aps è costato 5 milioni di euro
alla città |
|
Il gip Tomassini accoglie l’istanza dell’ex municipalizzata:
dopo gli sforamenti della diossina nello scorso gennaio tutto è rientrato
nella norma
L’inceneritore di via Errera può ricominciare a lavorare. Lo ha deciso ieri
il giudice Massimo Tomassini che ha dissequestrato le linee 2 e 3
dell’impianto di smaltimento rifiuti dell’Acegas-Aps. L’attività delle due
linee era stata bloccata dalla magistratura il 14 febbraio scorso. |
Lo stop era
stato disposto perché le misure effettuate dall’Agenzia regionale per la
protezione ambientale alla sommità della ciminiera avevano segnalato
ripetute emissioni di diossina nell’atmosfera. Le emissioni delle linea 1,
al contrario, sono sempre rimaste al di sotto dei valori-limite fissati
dalla legge.
Subito dopo il sequestro l’impianto di via Errera è stato costantemente
monitorato dai tecnici nominati dalla Procura, ma anche da quelli della
multiutility triestino-padovana.
Nessun sforamento si è più verificato nelle emissioni di diossine, tant’è
che il giudice Massimo Tomassini già il 7 maggio scorso aveva dissequestrato
parzialmente la linea 3, consentendo successivamente anche l’esercizio
provvisorio della 2 per verificare eventuali carenze costruttive o di
gestione.
Ieri i dissequestri, a cui si è opposto il pm Maddalena Chercia, il
magistrato che ha gestito questa indagine. L’inchiesta comunque continua.
Ora le linee 2 e 3 possono ricominciare a incenerire, senza limitazioni di
sorta, i rifiuti solidi urbani. Unica prescrizione imposta dal magistrato, è
quella di non inserire nei forni rifiuti provenienti dagli ospedali.
Peraltro la stessa Acegas-Aps nell’atto con cui i suoi legali - gli avvocati
Tiziana Benussi e Giovanni Borgna - avevano chiesto il dissequestro delle
due linee, si era impegnata a non smaltire questo tipo di rifiuti.
Il blocco delle due linee dell’inceneritore è costato all’ex
municipalizzata, al Comune e indirettamente ai triestini, una somma
ingentissima, prossima ai cinque milioni di euro. Senza citare i costi per
il rinnovo dei filtri a carboni attivi effettuato prudenzialmente nel corso
dell’inchiesta. Parte dei rifiuti cittadini sono stati dirottati in
discariche poste fuori provincia mentre il termovalorizzatore dell’impianto
di via Errera, vista il blocco delle due linee, ha lavorato a ritmi ridotti,
dimezzando al normale produzione di energia termoelettrica.
Va aggiunto che le indagini tecniche svoltesi in questi mesi sotto il
controllo diretto dei consulenti della Procura della Repubblica, non sono
riuscite a individuare con precisione i motivi dei ripetuti sforamenti dei
valori di diossina che stavano alla base del provvedimento di sequestro
emesso a febbraio.
Non si sa ancora, secondo gli avvocati dell’ex municipalizzata, perché il 20
dicembre 2006 siano finiti nell’atmosfera 0,970 nanogrammi di diossine per
metro cubo d’aria, dieci volte in più del valore ammesso per legge. Le
misure erano state effettuate dall’Arpa che aveva informato degli sforamenti
i carabinieri del Noe e la Procura della Repubblica. Anche nelle successive
misure effettuate il 21 dicembre, e l’11 e 12 gennaio 2007 sulle linee 2 e 3
dell’inceneritore, erano stati trovati valori inquietanti: il 21 dicembre
0,189 nanogrammi; l’11 gennaio 0,300, il giorno successivo 0,200.
L’assessore provinciale all’ambiente l’ingegner Ondina Barduzzi, aveva
sostenuto che la presenza anomala di diossina fosse collegata ad un accumulo
di plastiche dovuto alle lamelle dei filtri «demister».
Fin qui tutto chiaro o quasi. Nelle misure effettuate successivamente, a
impianto già posto sotto sequestro ma autorizzato alla sperimentazione per
individuare le cause delle precedenti anomalie, i valori di diossina erano
sempre rimasti al di sotto dei limiti previsti dalle autorizzazioni.
«Nel periodo dal 21 al 30 aprile - aveva spiegato Acegas-Aps in una nota- il
collegio dei periti ha effettuato dieci rilevazioni dei livelli di diossina
presenti nei fumi, misurando valori compresi fra i 6 e i 13 picogrammi-
miliardesimi di milligrammo- per metro cubo. L’esito delle analisi ha
dimostrato che l’impianto di via Errera è in grado di assicurare lo
smaltimento dei rifiuti con impatti minimi sull’ambiente e sulla vita dei
cittadini».
c.e. |
Pecoraro
a Trieste per Ferriera, bonifiche e Siot - Vertice con i sindacati
dell’impianto siderurgico, assessori e il sindaco |
|
Gli uffici del ministro dell’Ambiente annunciano una visita a
fine luglio per risolvere alcune questioni ormai annose |
Al centro delle discussioni su Servola il problema del
lavoro. Per le aree inquinate l’ipotesi è l’uso di barriere leggere,
efficaci ed economiche |
Futuro della
Ferriera di Servola, Bonifiche e Siot rispetto alla collocazione nel sito
inquinato: luglio sarà un mese decisivo per dare una risposta a questi tre
nodi. A occuparsene sarà personalmente il ministro dell’Ambiente, Alfonso
Pecoraro Scanio, che ieri ha annunciato la sua visita a Trieste il 25. Sarà
una giornata lunga e soprattutto caldissima viste le novità che annuncia la
segreteria del ministro da Roma. Gli incontri sulla Ferriera infatti
verteranno soprattutto sulla questione del lavoro. Pecoraro Scanio ha già
fatto sapere che incontrerà «per primi i sindacati» e poi subito dopo i due
assessori al lavoro, quello regionale Roberto Cosolini (coordinatore per la
Regione tra l’altro del tavolo sulla Ferriera) e quello provinciale Adele
Pino. Ma il ministro ha anche prevvisato che intende vedere il sindaco di
Trieste Roberto Dipiazza e con lui parlerà in particolare della salute dei
cittadini rispetto al problema della Ferriera. Non è previsto alcun incontro
con i vertici dell’azienda anche se c’è massima disponibilità a un vertice
locale (a Roma sono in corso da tempo i carteggi con il dicastero
dell’Ambiente).
Piuttosto critica la posizione che trapela dal ministero sugli impianti
siderurgici di Servola che vengono ritenuti obsoleti: un’eventuale
ristrutturazione, con massicci investimenti, potrebbe infatti essere
considerata insufficiente per la soluzione dei problemi ambientali. Un nodo,
secondo quanto trapela dal ministero, irrimediabile. La soluzione? Il totale
rinnovo degli impianti, una strada che appare (quasi certamente)
impercorribile dal punto di vista industriale ed economico. Pecoraro Scanio
comunque punta molto sulla «questione lavoro» e dell’occupazione e ha fatto
sapere, tramite i suoi uffici, che intende approfondire la questione dello
sviluppo industriale della Ferriera sul fronte della «portualità e della
logistica».
Sono oltre 500 i lavoratori diretti della Ferriera, ma raggiungono quasi
quota 1500 considerando l’indotto (tutte le ditte di servizi) e in
particolare l’altra azienda che lavora strettamente connessa a Servola, la
Sertubi (utilizza la ghiasa liquida per fabbricare i tubi) che dà lavoro ad
almeno 300 persone. Per non parlare poi dei conti: Servola da quando è in
mano ai russi della Severstal (che hanno rilevato il gruppo Lucchini)
fattura 180 milioni di euro all’anno, garantisce utili di oltre 12 milioni e
produce 600 mila tonnellate di materiale siderurgico. L’azienda ha iniziato
a diversificare puntando anche sulla logistica ma è impensabile, in caso di
riconversioni, pensare di salvaguardare la stessa quantità di posti di
lavoro.
Altro fronte bollente, quello delle Bonifiche. Il territorio industriale
inserito nel sito inquinato di interesse nazionale è paralizzato e non ci
sono margini di sviluppo e per nuovi insediamenti. Il ministero
dell’Ambiente ora pensa a un concorso di idee per la messa in sicurezza con
la partecipazione di molte società (non un unico general contractor) e
all’utilizzo non più di sistemi fissi con pesanti barriere a mare, ma di
strutture più leggere, più efficaci ed economiche.
Ultimo nodo, ma non certo per importanza, la Siot. Il problema è scoppiato
soprattutto dopo i famosi «spandimenti» del 2006. L’area (apparentemente un
paradosso e non era così noto) non è ricompresa nel sito inquinato di
interesse nazionale. Il ministero ha fatto sapere che per il momento non si
ritiene di inserire l’area tra quelle inquinate, ma sarà necessario un
supplemento di indagini, anche approfondite, per capire se l’evento del 2006
è stato occasionale o se si tratta di un danno permanente. La giornata del
ministro, che sarà piuttosto intensa, non prevede vertici sul tema dei
rigassificatori visto che c’è già una precisa calendarizzazione di incontri
a livello romano.
Giulio
Garau |
Ambiente
e grandi opere, i Verdi attaccano Sonego: «Crea più conflitti di tutti» |
|
TRIESTE
«L’assenza di Lodovico Sonego al vertice su ambiente e grandi opere?
Speriamo diventi stabile...». È una frecciata velenosa quella di Gianni
Pizzati. Ma non è il passaggio più feroce dedicato all’assessore regionale
ai Trasporti che diventa, nelle parole del segretario regionale dei Verdi,
«l’uomo che riesce a gestire male anche le cose su cui si va d’accordo» e
ancora «che raggiunge il minimo di risultati di partecipazione con il
massimo di carte in mano» e, in sintesi, «la persona che riesce a creare
conflitti in misura da record». Il giorno dopo il vertice di maggioranza i
Verdi confermano di essere se non più vicini almeno non più lontani di prima
dalla maggioranza. Ma si aggiungono a Bruna Zorzini nel criticare Sonego.
L’esponente del Pdci, già martedì, aveva detto: «È necessario trovare un
minimo comun denominatore e far sì che la partecipazione sia reale. Come?
Facendo in modo che la procedura di Agenda 21 venga attuata e non sia
addomesticata da Sonego. Peccato la sua assenza al vertice». I Verdi vanno
oltre ma non chiedono la testa dell’assessore. «È l’ultimo anno di
legislatura e non avrebbe senso – afferma Pizzati –. Rileviamo solo che
sulla Tav si sarebbe potuto agire un po’ meglio, che si sarebbe potuto
essere meno drastici su questioni non definite e che, in questo modo, anche
su altri nodi, si sarebbe evitato di essere sempre tutti contro tutti.
Aggiungiamo – prosegue il segretario dei Verdi – che saremo anche stati
manchevoli in qualche fase ma abbiamo fatto un grande piacere alla giunta.
Decisioni come quelle su rigassificatori e cementificio hanno portato
indubbi vantaggi nel riconoscimento verso la giunta da parte della gente
che, mi pare, sia quella che va a votare». Quanto ai passi avanti del
vertice «è stato un incontro utile a chiarire che sia Illy che i Verdi
perseguono la strada della soluzione dei problemi. E non è irrilevante che
il presidente ci abbia chiesto di mettere nero su bianco le priorità. Non
sarà, il nostro, un ultimatum, ma un tentativo di accordo di fine
legislatura che faccia da anticamera a un programma per le elezioni in cui
noi possiamo stare a nostro agio in coalizione e gli alleati si riconoscano.
La sostenibilità – conclude Pizzati – deve diventare parametro dello
sviluppo, non una sorta di palla al piede dei progetti economici». Il banco
di prova chiave sarà il piano territoriale: «Le ferrovie, che condividiamo,
non possono essere elemento di devastazione ambientale».
m.b. |
IL PICCOLO - MERCOLEDI' , 27
giugno 2007
Metropolitana leggera, protocollo tra gli enti - Domani alleanza tra
Provincia, Ezit e Autorità portuale per rilancio del trasporto pubblico e
delle merci |
|
Un
protocollo di intesa tra Provincia, Autorità portuale e l’Ezit per
riutilizzare gli impianti ferroviari del nodo di Trieste, per il rilancio
dell’attività portuale e contestualmente per realizzare il progetto della
metropolitana leggera. I tre enti fanno sinergia per rivitalizzare il
trasporto integrato che riguarda non solo le merci ma anche i passeggeri con
il trasporto pubblico locale connesso al sistema su gomma dei bus. «Unendo
le forze avremo ancor più possibilità di realizzare i nostri progetti di
sviluppo – spiega l’assessore provinciale ai Trasporti Ondina Barduzzi che
sarà accanto alla presidente Maria Teresa Bassa Poropat – e soprattutto ci
sarà più forza per chiedere a Regione e ministero fondi e finanziamenti per
concretizzare le opere. Non serve molto, si tratta solo di riadattare una
rete ferroviaria che esiste già». L’obiettivo della Barduzzi è ambizioso.
«Dopo tanti progetti la Provincia è riuscita a realizzare il primo studio
organico sulla rivitalizzazione della rete ferroviaria provinciale che
creerà la metropolitana leggera, un disegno che sta all’interno del progetto
regionale che sta preparando l’assessore regionale ai Trasporti Lodovico
Sonego che punta all’integrazione tra gomma e rotaia nel trasporto in Friuli
Venezia Giulia».
La Provincia si occupa dei collegamenti provinciali da Monfalcone sino a
Muggia, ma anche da Trieste a Sesana, la Regione punta a continuare poi da
Ronchi sino a Capodistria collegando pure i dure porti.
«Noi integreremo il sistema su rotaia con quello su gomma dei bus – continua
la Barduzzi – ma avremo anche il trasporto marittimo dei traghetti. Un
sistema completo». La fase del progetto di metropolitana leggera in realtà è
in fase molto avanzata. La provincia si è già accordata con le Ferrovie (Rfi),
che hanno accolto con convinzione l’idea e assieme al Dipiartimento di
ingegneria civile e ambientale dell’Università è stato concluso mesi fa già
un primo studio di fattibilità che ha dato un parere più che favorevole al
progetto. È subito partito un secondo studio, promosso dalla Provincia, che
riguarda la fattibilità economic e che analizza in dettaglio, pezzo per
pezzo, tutti i tratti della metropolitana leggera e si attendono anche i
responsi sull’autobus a chiamata. Le conclusioni arriveranno ai primi di
luglio. |
FERRIERA
- I servolani: «Dieci anni di promesse» |
|
I residenti
di Servola non demordono: la Ferriera deve smetterla di cospargere fumi e
polveri sul quartiere. Circa 400 persone hanno manifestato in Piazza
dell’Unità contro l’inquinamnto. La posizione di Giuseppe Castellan, 61enne
che abita con la moglie in via del Ponticello 54, è netta: «Da persona
semplice dico questo: sono 10 anni che ci promettono interventi risolutivi
ma in definitiva è stato fatto poco o niente. Assistiamo a una situazione di
costante peggioramento: io non sono un tecnico, ma quando sento che
abbatteranno le emissioni del 48% mi viene da ridere. Non ho più fiducia e
la mia paura è che comunque non si cambi nulla. Per carità - aggiunge - io
stesso ho provato la cassa integrazione e posso capire lo stato d’animo dei
lavoratori, ma non è giusto continuare a sopportare tutto questo per via del
ricatto occupazionale: da un lato ci sono 500 lavoratori ma dall’altro 20
mila persone che respirano fumi e polveri dalla mattina alla sera. Magari i
tecnici ne sanno più di me e hanno ragione, ma resto scettico». «Da 7 anni
viviamo barricati in casa e consumiamo litri d’acqua per pulire via il
pulviscolo».
ti. c. |
Ambiente
e grandi opere, disgelo Illy-sinistra - Restano i dubbi dei Verdi. Il
governatore: elencate le criticità. Moretton: modifiche alle procedure di
Via |
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Vertice di maggioranza, rientrano le tensioni. Zvech: ok al
dialogo ma decisioni rapide. Festa a Torviscosa, il presidente bacchetta
Antonaz, Travanut e Metz
I partiti
della sinistra radicale, alle prese con le tensioni passate su cementifici e
rigassificatori e i timori futuri su Tav, vetrerie e casse di espansione, si
confrontano per tre ore nell’invocato summit con il presidente e gli alleati
di Intesa democratica. Ma, sebbene affrontino le questioni che più mettono
alla prova la convivenza sotto il comune tetto, non divorziano. Al
contrario, si (ri)avvicinano.
Concordano tutti, a fine riunione, seppur con sfumature diverse.
Rifondazione - che più si adopera affinché si trovi una sintesi su grandi
opere e ambiente - esprime soddisfazione: «Abbiamo discusso nel merito e le
posizioni si sono sensibilmente avvicinate» afferma Giulio Lauri. I
Comunisti italiani - che pur procedono d’intesa con i «cugini» - usano toni
più soft: «Ci sono ancora divergenze marcate, soprattutto in materia di
partecipazione, ma almeno abbiamo avviato un percorso comune» dice Bruna
Zorzini. E i Verdi - che peraltro animano un acceso botta e risposta con
Illy, al solito, indisponibile a fare sconti - prendono tempo: «Il
presidente ci ha invitato a presentare un documento in cui avanziamo
richieste e punti di vista. Lo faremo senz’altro. Poi, Illy valuterà se quel
documento è accoglibile o meno. A quel punto, e comunque entro luglio, si
saprà se la nostra strada si divide oppure no» dichiara Gianni Pizzati.
Di sicuro, però, sebbene non sciolga l’incognita dei Verdi che lamentano
ancora una volta «l’insufficiente attenzione all’ambiente», il vertice di
ieri pomeriggio «rasserena» i rapporti con Rifondazione e Pdci. E lo fa,
nell’attesa che a ottobre si apra il «cantiere» decisivo sul programma del
2008, sulla base delle proposte di Lauri. E delle risposte in tempo reale
che Illy fornisce, pur non risparmiando una bacchettata iniziale a chi come
Mauro Travanut, Roberto Antonaz e Sandro Metz è sceso in piazza a
festeggiare il no al cementificio.
Rifondazione avanza proposte «concordate con il Pdci» su tre versanti. Il
primo: «Il ritardo accumulato dal centrodestra nella passata legislatura sul
versante della pianificazione regionale va colmato con maggior celerità. I
piani dei trasporti, delle attività estrattive, della qualità dell’aria... -
cita Lauri - sono fondamentali per avere un quadro ambientale chiaro della
situazione di partenza. Eppoi è sbagliato separare le deleghe alla
Pianificazione e all’Ambiente». Il secondo: «Già allo stato attuale, e senza
modificare le leggi in vigore, si può migliorare l’azione ambientale. Un
esempio? Le procedure di Via possono svolgersi con maggior rigore, la
comunità scientifica regionale può essere coinvolta maggiormente, i sistemi
di controllo possono essere potenziati, l’applicazione di Agenda 21 può
essere codificata...». Il terzo: «Ci sono una serie di interventi
legislativi, regolamentari e politici che vanno portati avanti. Chiediamo
che la Regione non applichi la legge obiettivo nazionale né quella regionale
approvate dal centrodestra che consentono di aggirare la valutazione
d’impatto ambientale così come chiediamo che adotti i regolamenti attuativi
della Valutazione ambientale strategica e modifichi la composizione della
commissione Via».
Le proposte della sinistra radicale non cadono nel vuoto. Illy, come
racconta lo stesso Lauri, dice ad esempio sì al «codice» per Agenda 21 e
soprattutto all’accorpamento di Pianificazione e Ambiente: «Ha assicurato
che, se nel 2008 tornerà, affiderà le due deleghe a un solo assessore». E
Gianfranco Moretton non solo anticipa l’imminente presentazione del piano
sulle attività estrattive e dà garanzie sulla Vas ma, come spiega Lauri,
annuncia «di aver già messo in cantiere un disegno di legge che rivede le
procedure di Via e quelle di incidenza» e aggiunge «di poter valutare, in
quella sede, una modifica della composizione della commissione di Via». Non
basta. Illy e Intesa democratica decidono di ritrovarsi prima della fine di
luglio in un nuovo vertice di maggioranza, «speriamo alla presenza di
Lodovico Sonego» annota Zorzini, in cui confrontarsi su trasporti e Tav.
Conclusione? «Incontro utile e proficuo. Ci siamo spiegati, parlando di
tutto, dal cementificio alla vetreria alla Tav, e ci siamo dati un nuovo
appuntamento» risponde, sintetico, il diellino Cristiano Degano. E il
diessino Bruno Zvech, al termine della «maratona» in cui capita persino che
Travanut difenda Sonego, conferma e rilancia : «È iniziato il percorso
d’avvicinamento al lavoro sul programma della prossima legislatura». Ma
avverte, ancora una volta, gli alleati: «Il confronto su temi di grande
impatto nell’opinione pubblica ci deve essere e ci sarà. Ma le decisioni
vanno prese e in tempi certi: e quindi, sulle infrastrutture, non sono
possibili tentennamenti o indugi». |
Gas,
business per la Croazia da 250 milioni - Zagabria sollecita il
pagamento in dollari dei diritti di transito per oleodotti e metanodotti |
|
Dell’attraversamento delle grandi infrastrutture hanno
discusso Mesic e Sanader con Putin a margine del summit energetico
FIUME
La Croazia punta ad incassare 250 milioni di dollari l'anno per «diritti di
transito» sul suo territorio nazionale di gas e petrolio. E' una delle cifre
emerse al termine del summit energetico svoltosi a Zagabria e al quale ha
partecipato anche il presidente russo Putin. Putin ha avuto in merito un
incontro separato con Mesic e con il premier croato Sanader. |
Il
presidente della Federazione russa i è dimostrato molto interessato e
informato sugli obiettivi di politica energetica della Croazia. Tre gli
argomenti ecco quelli si è maggiormente focalizzata la sua attenzione: il
progetto Druzba Adria (ovvero il trasporto del metano dall'area
caspico-caucasica fino alle utenze Ue), l'annesso terminal Lng
(rigassificatore che si vorrebbe apprestare sull'isola di Veglia, nel
Quarnero, contestato tenacemente dagli ambientalisti) e il progetto già
avviato dell'oleodotto transeuropeo Peop, da Costanza a Trieste le cui
condutture "taglierebbero" tutta la Croazia continentale da est a ovest,
ossia dal confine con la Serbia fino a quello sloveno, per proseguire fino
al capoluogo giuliano.
Il punto più delicato è probabilmente il terminal Lng (rigassificatore e
impianti di stoccaggio), per il quale sembra preferita la zona di Veglia, e
precisamente quella di Castelmuschio (Omisalj), unanimemente ritenuta dagli
esperti come ottimale per farvi arrivare il gas caspico-caucasico, e farlo
proseguire quindi via mare fino ai centri di consumo europei.
Il terminal di Castelmuschio sarebbe quindi una sorta di mega-distributore
che comporterebbe un intenso viavai di metaniere in un fazzoletto di mare
come il Quarnero, dove attività industriali e turistico-alberghiere già da
tempo si guardano in cagnesco. Da qui la fiera opposizione degli
ambientalisti locali di Eko Kvarner, che ultimamente sembrano comunque avere
un po' ammorbidito i loro atteggiamenti.
Per la Croazia sono infatti in gioco, come detto, «diritti di transito» per
non meno di 250 milioni di dollari l'anno. Comprensibili, pertanto, le
esitazioni del governo di Zagabria, che si arrovella fra i proclami che
privilegiano le attività turistiche, la resistenza degli ambientalisti e le
riserve degli amministratori locali, da una parte, e il miraggio di cospicui
incassi dall'altra. Senza considerare, poi, il «peso» economico-politico che
il tutto comporterebbe per il Paese in una prospettiva eurocomunitaria.
Le esitazioni del governo croato sono ancor più accentuate dal fatto che in
novembre si andrà alle elezioni politiche, alle quali il governo Sanader si
avvicina con prospettive per ora incerte, gravate pesantemente dall'ombra
dell'ultimo scandalo legato alle privatizzazioni pilotate. Uno scandalo che
ha avuto ampia risalto sui media e che ha portato in cella quasi l'intero
staff a capo del preposto ente statale.
A proposito di Druzba Adria, cioé del progetto di trasporto del metano
dall'area caspico-caucasica fino alle utenze Ue) e del connesso (ma non
necessariamente) terminal Lng di Castelmuschio, da segnalare infine una
«sollecitazione» rivolta a Zagabria da Arkadij Dvorkovic, uno dei principali
consulenti economici di Putin.
Le sorti di Druzba Adria - come aveva dichiarato Dvorkovic, sabato, ossia
alla vigilia del vertice - dipendono ora solo dalle scelte della dirigenza
croata. Il Cremlino è tuttora vivamente interessato al progetto, anche se -
ha aggiunto - per i petrolieri russi Druzba Adria non è un imperativo. I
percorsi alternativi non mancano.
f.r. |
L’inquinamento della Ferriera |
|
Dire che la
Ferriera anni addietro inquinava più di adesso è una bugia. Chiunque abbia
lavorato in Ferriera venti o trent’anni fa e sia ancora vivo può smentire,
specialmente abitando nelle vicinanze dello stabilimento. Una delle cause di
questo degrado è lo sfruttamento massimo degli impianti abbinato ad una
manutenzione quasi inesistente. Si è passati dalla manutenzione preventiva
alla riparazione di rottura e con un numero di manutentori e addetti agli
impianti sempre più esiguo.
L’accusa poi di sputare nel piatto da dove ho mangiato proprio non regge,
dato che non è più lo stesso piatto. Dichiarare poi che la quantità di
polveri emesse sia la stessa è non tener conto delle misurazioni ufficiali
dell’ARPA (non certamente di sensazioni fobiche degli abitanti). Della loro
pericolosità ritengo sia superfluo parlarne, ed è proprio questo il motivo
che ci porta a combattere per la salute nostra, quella dei nostri figli e
nipoti.
Vorrei informare il sig. Tommasi (che forse non ne è a conoscenza) che il
suo genitore ha usufruito del prepensionamento per essere stato esposto alle
polveri di amianto (uno dei pochi elementi riconosciuti cancerogeni). Spero
per lui (e per tutti) che siano riconosciute pericolose anche le decine di
altre sostanze che sta e stiamo respirando ora. Noi siamo consci di quello
che abbiamo respirato e di quello che ci tocca, nostro malgrado, respirare e
di tutte le conseguenze che ne derivano e ci battiamo perché finiscano. Ci
sono state troppe morti di operai della Ferriera (anche nelle case abitate
dal sig. Tommasi). Nel 1967 ho sposato la Ferriera. Mi ha dato tanto. Poi ho
scoperto che adesso fa la «donna di facili costumi»: voglio il divorzio per
sua colpa.
Giuseppe Sindici |
IL PICCOLO - MARTEDI' , 26
giugno 2007
Sospeso
il voto sulle case di Cedassamare |
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Resta ancora
sospeso il voto del consiglio comunale sulla variante al piano regolatore
per il complesso edilizio di Cedassamare. Ieri sera, dopo una lunghissima
riunione di maggioranza, la Cdl ha ritenuto di mantenere all’ordine del
giorno la delibera, ma di «chiedere all’avvocatura del Comune - ha
dichiarato il capogruppo forzista Piero Camber - un parere scritto in merito
ad alcune osservazioni aggiuntive formulate dal Wwf», che in un documento
inviato al Comune ha sostenuto che la documentazione del progetto sarebbe
carente sulla valutazione di incidenza, sulla valutazione di impatto
ambientale e sulla valutazione strategica. |
I Verdi:
vetreria, sì dell’Ass per i venti a favore - Metz: bizzarro il parere
dell’Azienda sanitaria. Oggi il vertice sull’ambiente con Illy |
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Nel pomeriggio il confronto di maggioranza. Rifondazione:
«Sarà un chiarimento importante per il futuro di Intesa»
TRIESTE Il
parere favorevole dell’Azienda sanitaria della Bassa friulana sull’impatto
sulla salute della vetreria di San Giorgio di Nogaro non convince i Verdi.
In particolare suscita perplessità un passaggio della relazione che riguarda
l’influsso del vento sulla presenza di fattori atmosferici inquinanti sulle
aree ad alta concentrazione di abitanti. «L’ubicazione dello stabilimento -
si legge nella relazione - è stata individuata nell’area Fearul in
prossimità della laguna di Grado e Marano a notevole distanza dai centri
abitati e considerato che i venti dominanti nella zona vengono da Nord-est a
velocità alta in particolare nel periodo invernale, la stagione nella quale
si registrano le maggiori concentrazioni al suolo di polveri sottili e
ossido d’azoto». «In pratica - sottolinea il consigliere regionale
Alessandro Metz - tra le varie argomentazioni che portano al parere
favorevole, l’Ass evidenzia come il vento sposti l’inquinamento verso la
laguna di Grado e Marano. Mi sembra un’argomentazione quantomeno bizzarra».
Ma anche il responsabile dei comitati dei cittadini Mareno Settimo sta
approfondendo la relazione dell’azienda sanitaria: «Il vento che spira
prevalentemente da Nord-est - dice - può anche accrescere la concentrazione
di emissioni sommando quelle della vetreria a quelle della centrale a
turbo-gas che si trova sulla stessa direttrice. Il tutto poi rischia di
riversarsi nell’area lagunare. Prima di tutto comunuque è necessario ridurre
le emissioni della centrale». E proprio sull’impatto inquinante
dell’impianto di produzione di energia elettrica il comitato sta preparando
un esposto.
Intanto la questione ambientale, seppur sotto il profilo del metodo, sarà
affrontata questo pomeriggio dal vertice di maggioranza presieduto dal
presidente Riccardo Illy. Nell’occasione la maggioranza deciderà anche la
data del summit ristretto con l’assessore Gianfranco Moretton per discutere
della vetreria. Segretari, capigruppo e alcuni assessori competenti di
Intesa democratica si confronteranno sul tema «Metodologia e gestione dei
procedimenti relativi a opere di rilevante impatto ambientale».
«La riunione - spiega il capogruppo dei Ds, Mauro Travanut - fa seguito a
quella del mese scorso nella quale si era deciso di completare la
discussione sulle materie di carattere ambientale. Un metodo lo stiamo già
sperimentando da qualche anno per quanto riguarda il progetto della Tav da
Venezia a Ronchi con il convolgimento sui progetti dei sindaci e della
cittadinanza attraverso iniziative pubbliche».
«Ascolteremo innanzitutto il presidente e gli altri, per quanto riguarda le
grandi infrastrutture - dichiara il capogruppo Dl Cristiano Degano - non
siamo fra quelli che sono per un ”no” o un ”sì” a prescindere. Vanno poi
distinte le opere che hanno una loro strategicità generale, come Tav o
elettrodotti, da quelle che hanno un'importanza produttiva per lo sviluppo
industriale ma che non hanno la stessa valenza strategica».
Ma la sinistra radicale rivendica, al di là delle questioni tecniche,
l’importanza politica del confronto. Per Metz «sull'argomento è importante
la metodologia ma ci sono anche questioni politiche che noi abbiamo posto.
L'ambiente è stato un tema rimosso per tre anni e mezzo ed è esploso negli
ultimi mesi». «Le tecniche e le procedure non sono neutre - spiega il
segretario regionale di Rifondazione Giulio Lauri -. Dobbiamo condividere un
percorso. Credo sia anche nell’interesse della sinistra riformista trovare
un punto d’incontro». «Non possiamo andare avanti come sta succedendo
all’Unione sul piano nazionale - aggiunge il capogruppo di Rifondazione Igor
Kocijancic - a colpi di interpretazione del programma. Serve un metodo
chiaro e definito anche per il futuro della coalizione». «Quello che
chiediamo - dice Bruna Zorzini Spetic dei Comunisti italiani - è che si
rispetti il programma».
ci.es. |
La
variante 96 salvaguarda le aree verdi della città |
|
Il 12 giugno
2007 il Consiglio comunale ha approvato la variante n. 96 al Piano
regolatore generale comunale. Si conclude così una vicenda iniziata nel 1978
con i piani di edilizia economica e popolare (Peep) che destinavano varie
aree della città (denominate C1) a un’espansione ad alta densità edilizia.
Con la delibera approvata l’altra sera la destinazione di tali aree è stata
modificata per una miglior salvaguardia dell’ambiente e una più limitata
edificabilità. Ma se è doveroso dare ai politici quello che è dei politici
va dato ai cittadini quello che è dei cittadini. Senza l’interessamento
costante di questi ultimi le cose sarebbero probabilmente andate in modo
diverso. Parlo in particolar modo per quelli di Timignano che con il
sostegno della circoscrizione retta da presidenti di vari orientamenti
politici come Sulli, Tam e Pesarino, hanno costantemente portato
all’attenzione dell’amministrazione comunale la necessità di intervenire per
salvaguardare una zona paesaggisticamente significativa come quella della
valle di Timignano dove, a pochi metri dal centro cittadino, troviamo un
ambiente simile ai paesetti di mezza montagna.
Si poteva fare meglio, ma anche peggio per cui il traguardo raggiunto è
molto importante.
Si doveva fare sicuramente prima in modo da evitare le ultime costruzioni
realizzate che contrastano fortemente con il costruito preesistente e
restituire ai proprietari la disponibilità delle loro proprietà per le quali
da trent’anni pagano regolarmente le imposte senza poterne disporre.
Debbo inoltre riconoscere l’importante ruolo avuto dal sindaco Dipiazza che,
con la sua determinazione, ha contribuito, unitamente a tutti quei
consiglieri di maggioranza e opposizione che compatti hanno votato assieme a
lui, a scrivere la parola fine su questa annosa vicenda. Voglio chiudere
facendo un appello alla giunta affinché si appresti ad affrontare la
modifica dell’attuale Piano regolatore: la giunta regionale sta per varare
il Piano territoriale regionale al quale auspico che segua in tempi brevi la
predisposizione del Piano strutturale comunale, il nuovo strumento
pianificatorio che sostituirà l’attuale Piano regolatore.
Bruna Tam - consigliere comunale Dl La Margherita |
IL PICCOLO - LUNEDI' , 25
giugno 2007
Cedassamare, progetto in bilico - I consiglieri rischiano di dover risarcire
l’impresa |
|
Arriva oggi nell’aula municipale l’intervento edilizio di
Barcola: Cdl incerta, Ds e Dl verso il no |
La maggioranza valuterà la possibilità di votare contro la
variante sulla base di una carenza di documentazione segnalata dagli
ambientalisti |
Cedassamare,
ultimo appello. Dopo anni di polemiche, minacce di ricorsi e proteste di
cittadini e ambientalisti, torna stasera in consiglio comunale la delibera
valida per l’approvazione definitiva di una variante al piano
particolareggiato comunale. Variante che in salita di Cedassamare, a
Barcola, prevede la costruzione di cinque villette in un’area boschiva di
pregio, destinate ad aggiungersi alle due già realizzate dalla stessa
impresa proprietaria dei fondi, la Costruzioni Meranesi srl.
La partita non è di poco conto. Tanto che l’esito a ieri sera era aperto.
Perché se Ds e Margherita annunciano un orientamento contrario, la
maggioranza farà il punto in una riunione convocata oggi stesso. Qualche
settimana fa infatti l’impresa ha inoltrato al Comune una diffida nella
quale in sostanza ricorda come l’iter amministrativo sia fin qui proseguito
del tutto in regola. Di qui la richiesta di pronunciamento sulla variante,
«con ogni riserva di richiesta risarcitoria in via solidale» e riservato il
«ricorso alla Magistratura competente». Chi dunque votasse no si
accollerebbe il rischio di essere chiamato a far fronte a richieste di
risarcimenti milionari. Mentre un sì equivale al via libera a un progetto
che - rimarca il presidente della commissione urbanistica Roberto Sasco (Udc)
desta comunque «generale assoluta perplessità».
Già dopo una prima bocciatura del consiglio e un annuncio di azione legale
da parte dell’impresa, la variante era stata adottata con due soli voti a
favore e un’astensione di massa. Stavolta Forza Italia aveva pensato a un
meccanismo simile: astensione di tutti, tranne due sì - magari quelli del
sindaco e del presidente del consiglio comunale, si ipotizzava - utili a far
passare la delibera traendo d’impaccio il consiglio. Wwf e Italia Nostra
hanno però consegnato al Comune ulteriori documenti con osservazioni «che
merita approfondire», dice il capogruppo forzista Piero Camber: l’una
eccepisce su un via libera dato con due soli voti; l’altra addita una
carenza di documentazione nei progetti. Su questa supposta carenza Fi sta
conducendo nuovi approfondimenti. Perché «per bocciare una delibera servono
buone motivazioni tecniche», dice Camber: motivazioni da esibire
eventualmente davanti a un giudice.
Anche An, con Claudio Giacomelli, rimanda a stasera una presa di posizione
definita, dopo che saranno state valutate nella Cdl le «possibilità» di
azione.
E mentre Sasco ricorda come sia difficile stoppare solo a fine iter una
variante sin qui riconosciuta in regola, auspicando che «la vicenda non sia
utilizzata strumentalmente nel consiglio», il capogruppo della Margherita
Sergio Lupieri, pure riservandosi per oggi una parola definitiva, ritiene
che «ci siano degli estremi per dire no alla delibera con motivazioni forti
di tipo tecnico che crediamo di avere individuato».
Diversa invece la posizione del capogruppo diessino Fabio Omero, orientato
assieme agli altri esponenti della Quercia verso il no: «Il mio ruolo in
consiglio è politico, e proprio l’urbanistica è uno dei settori-chiave in
cui il consiglio esprime i propri giudizi e orientamenti. La questione
dunque non è di tipo tecnico ma politico: e politicamente io dico no al
progetto». Una posizione che secondo Omero metterebbe al riparo i
consiglieri da eventuali strascichi anche di fronte alla Magistratura. Il
problema della variante però resta aperto. A stasera la soluzione.
p.b. |
SCIENZA
Studio del gruppo coordinato da Filippo Giorgi pubblicato in America -
Anche dal Centro di fisica di Trieste un allarme per il clima della Terra |
|
TRIESTE
Nuovo scoop internazionale per il mondo scientifico triestino. Grazie a una
ricerca sul clima, Trieste - conosciuta come «città italiana della scienza»-
si trova un'altra volta al centro dell’attenzione della stampa estera ed è
entrata nelle rassegne dei potenti del mondo, che negli ultimi tempi si
mostrano più preoccupati che mai del costante peggioramento delle condizioni
climatiche.
Questa volta in primo piano sono un gruppo con base al Centro Internazionale
di Fisica Teorica «Abdus Salam» di Miramare e l'Università di Purdue negli
Stati Uniti, che ogni giorno ricostruisce con cura il puzzle climatico, per
capire il perché della «Terra che scotta» e il ruolo delle temperature,
delle piogge, delle correnti marine, dei venti. Un loro studio sul
Mediterraneo è stato pubblicato nel numero di giugno della rivista americana
«Geophysical Research Letters».
Il lavoro è stato coordinato a Trieste da un giovane abruzzese, Filippo
Giorgi, 48 anni, responsabile del settore di Fisica del clima all’Ictp,
famoso all’estero soprattutto per le varie nomine nei board Ipcc (Intergovernmanetal
Panel for Climate Change), l'istituzione delle Nazioni Unite incaricata di
monitorare i cambiamenti climatici. Lo studio prende in considerazione «una
simulazione a scala ad alta precisione sul Mediterraneo, con una risoluzione
di circa 20 km». È un traguardo mai raggiunto finora anche perchè «non si
tratta di previsioni meteorologiche – spiega Giorgi -, ma di previsioni del
clima, che fondamentalmente cambiano da decade a decade, da stagione a
stagione, da anno ad anno, fino a variazioni su periodi molto più lunghi,
come nel caso delle ere glaciali».
Dalla ricerca «made in Trieste» emerge un quadro preoccupante per il futuro,
visto i profondi mutamenti che anche il clima della zona ha subito nel corso
degli ultimi anni in sintonia con quanto avvenuto sul resto del pianeta.
Secondo gli studi, nel futuro ci confronteremo con meno piogge in media
d’estate, ma più intense, riscaldamento accentuato e aumento della frequenza
di eventi siccitosi. In altre parole, secondo gli scienziati di Trieste,
entro fine secolo le ondate di calore del Mediterraneo (come quelle che si
sono verificate nel 2003) potrebbero diventare la norma, fino ad aumentare
di cinque volte il numero di giorni con temperature massime superiori ai 35
gradi.
«Per la ricerca abbiamo preso in considerazione un modello matematico del
clima e due possibili scenari di come in futuro si evolverà la società,
scelti tra quelli sviluppati dal Intergovernmanetal Panel for Climate Change»
spiega Filippo Giorgi. Il futuro ipotizzato è uno dove le emissioni di gas
serra aumenteranno per tutto il secolo. «Il primo scenario chiamato “B2”
prevede un livello più moderato di gas serra, mentre l’altro denominato “A2”
è un livello quasi catastrofico perché esclude l’esistenza del protocollo di
Kyoto, con cui anche l'Italia si impegna a ridurre le emissioni di anidride
carbonica. In entrambi i casi le ondate di calore crescono, in una misura
che varia da un minimo del 200 per cento a un massimo del 500. La mappa dei
21 Paesi esaminati vede tra le zona più a rischio la Francia occidentale,
seguita dalle aree costiere di Spagna e Libia».
«Anche l'Italia sarà colpita duramente, e a soffrire saranno soprattutto le
coste - spiega Filippo Giorgi - perchè al caldo si sommerà l'umidità». Nelle
nostre previsioni, in alcune aree si potrebbe arrivare addirittura a 40
giorni torridi per ogni estate, rispetto agli 8-10 registrati adesso. Quindi
entro qualche decina d'anni le temperature che al momento registriamo nelle
due settimane più calde dell'estate diventeranno quelle delle due più
fredde».
La ricerca conferma, inoltre, alcuni studi che indicano il Mediterraneo come
la zona che sarà più colpita dai cambiamenti climatici nei prossimi anni. Il
tutto «perché è una regione che risponde più di altre ai cambiamenti
climatici - spiega Giorgi -. Qui siamo anche più vulnerabili perché è una
zona di transizione, non si sa se vuole essere un clima temperato oppure un
clima arido e non basta molto per farlo modificare notevolmente. Oltre
all'aumento della temperatura nel Sud Europa si ha anche una riduzione di
precipitazioni fino al 40 per cento che peggiora la situazione».
E per quanto riguarda le cause dei cambiamenti? Secondo il coordinatore
triestino del gruppo che ha curato lo studio pubblicato da «Geophysical
Research Letters», le cause sono in parte comuni a quelli a scala planetaria
ma anche legate ad una modifica della circolazione atmosferica, specie a
livello euro-atlantico, e a un surriscaldamento delle acque del
Mediterraneo. Sembrano però, avere la stessa matrice: il forte incremento
dell’effetto serra avvenuto negli ultimi 20-30 anni.
Ma che fare? L'unico rimedio, anche se parziale - una drastica diminuzione
delle emissioni di gas serra, che secondo lo studio potrebbe diminuire del
50 per cento gli effetti del riscaldamento. «Il problema dei nostri anni è
l'eccessiva presenza di gas serra nell'atmosfera», afferma Giorgi, secondo
il quale lo scopo dello studio è infatti anche quello di risvegliare
l’interesse sul costante peggioramento delle condizioni climatiche a causa
delle emissioni di gas ad effetto serra da parte dei politici e degli
economisti, solitamente piuttosto miopi nei confronti dei fenomeni di lungo
periodo. «È un nostro dovere morale verso le generazioni future», aggiunge
lo scienziato.
L’idea è, quindi, innanzitutto di elaborare dei modelli informatici in grado
di ottenere previsioni sempre più precise e dettagliate dei cambiamenti
climatici. Poi tradurre queste informazioni in dati utili ed in piani di
battaglia con l’aiuto delle autorità e dei politici per rispondere agli
stati di emergenza in ogni regione del mondo, quindi anche nel Mediterraneo,
in Italia o nel golfo di Trieste. «Finora ci sono state molte incertezze in
generale sulle previsioni climatiche specialmente a scala regionale –
conclude il coordinatore della ricerca -. Questo perché tutti i modelli
sviluppati al mondo confermano che la terra si scalderà ma tendono a dare
diagnostiche differenti in varie regioni».
Secondo il gruppo di ricerca di Giorgi, il Mediterraneo invece è una di
quelle poche zone dove quasi tutti modelli danno una risposta che
praticamente è molto simile alla loro simulazione, secondo la quale la
regione vedrà una grossa diminuzione di precipitazioni e di conseguenza un
aumento d’ inaridimento.
«L’attendibilità è quindi molto alta nel Mediterraneo – conclude lo
scienziato - anche perché sembra che gli eventi degli ultimi 25 anni siano
molto simili alle previsioni».
Gabriela Preda |
IL PICCOLO - DOMENICA , 24
giugno
2007
Ferriera,
i residenti: non crediamo più a nessuno - Servola: abitanti scettici sulle
promesse di comitati, politici e amministratori |
|
Mentre gli operai dello stabilimento difendono l’accordo e
chiedono certezze su riqualificazione e occupazione
Non ci
credono più, i residenti di Servola, negli interventi straordinari. Nemmeno
quando, secondo i periti, potrebbero servire a dimezzare l’«emorragia» di
fumi e polveri proveniente dalla Ferriera. Perchè, di interventi
straordinari, ne hanno sentito parlare troppo e inutilmente. E perchè,
snocciolati di volta in volta dal politico, amministratore delegato o
comitato di turno, non sono serviti a cambiare le loro condizioni di vita.
Così, nemmeno l'annunciato piano teso ad abbattere le emissioni di polveri
sembra l’ideale pancea per porre fine al calvario dei residenti e operai.
Che, in questi giorni, temono la chiusura tout court dello stabilimento,
senza una riqualificazione della forza lavoro.
Tra i residenti - in particolare i proprietari di immobili a ridosso degli
impianti - prevale dunque lo scetticismo e domani sera scenderanno in piazza
Unità, assieme ai cittadini, per chiedere la sospensione dell’attività
produttiva. Testimone della sfiducia collettiva, Bruno Vascotto, 76 anni,
nato a Isola, ex profugo e residente in via Pitacco dal ’66: «Non faccio
parte di alcun comitato e non mi mescolo coi partiti: sarei contento se
questi interventi risolvessero la situazione ma sono dubbioso, perchè tante
parole sono state pronunciate in questi anni. La situazione è grave, specie
quando il vento solleva le polveri, trasportandole in giro. Nessuno è immune
e chi abita qui si ritrova col pulviscolo a tavola». Il signor Vascotto è
stato operato al cuore e ha quattro bypass: «Quando sono stato visitato da
un dottore ha riscontrato che ho i polmoni fibrosi, come se avessi trattato
l'amianto. Ma io non ho mai impiegato quel minerale, perché ho sempre
operato all'interno della Manifattura tabacco. E non sono nemmeno un
fumatore».
Dall’altra parte del muro, dentro la Ferriera, c’è però chi accoglie con
rinnovata speranza la possibilità di abbattere le emissioni. «Perchè ci
permetterà di capire quali sono le intenzioni dell'azienda e, soprattutto,
se intende o meno investire». È quanto afferma Vincenzo Timeo, 47 anni,
segretario della Uilm ma dipendente della Ferriera, dove è entrato il 13
agosto del ’90 per trovare impiego all'acciaieria. Oggi ricopre il mandato
sindacale, ma coi colleghi ha mantenuto un rapporto quotidiano saldissimo,
raccogliendone le ansie. Un rapporto simboleggiato da un portachiavi
d’acciaio, che ha forgiato assieme agli ex compagni di reparto: «C'è
parecchia irritazione - esordisce - perché si sente parlare con estrema
facilità della chiusura dell'impianto, mentre con altrettanta prontezza non
si spendono riflessioni sulla riqualificazione degli operai. Che, per la
maggior parte, possiedono una professionalità specifica, non facilmente
rispendibile. Si sente, poi, discutere di ammortizzatori sociali: ma i
politici e la gente che fuori protesta sanno cosa vuol dire vivere con 700
euro al mese? Come si manda avanti una famiglia con tali disponibilità? E
non scordiamo che in ballo ci sono 520 dipendenti più l'indotto, le cui
ricadute saranno tutte a Trieste: solo il 4%, infatti, è rappresentato da
extracomunitari». Raccontando della Ferriera, Timeo si sofferma più volte
sul termine «strumentalizzazione»: «È dai tempi della chiusura
dell'acciaieria, che la produzione è diminuita del 50%: come può essere che
l’inquinamento sia superiore al passato? Gli ex dipendenti che giorni fa si
sono eretti a paladini dell'ambiente, poco hanno fatto per risolvere la
situazione». Nel rione, però, l’opinione è decisamente discorde: «È sempre
peggio - afferma Anita Marsich, 74 anni - e chi non ci crede dovrebbe
provare a stare qui per una settimana. Vivo in via Giardini, sono
praticamente tappata in casa e quando posso scappo con le amiche a San Luigi
per respirare un po' d'aria pulita. Le folate di puzza, certe vole, irritano
perfino la gola. Con lo straccio non faccio che pulire la veranda, dalla
mattina alla sera».
«Sono amareggiata - conclude Adriana Castellarin, 59 anni, da 11 in via
Ponticello - le emissioni andrebbero dimiuite 25 volte, non dimezzate. E,
come a suo tempo, magistratura e Ass, sequestrarono la linea
dell’inceneritore così potrebbero fare qui. Bisogna chiudere, poichè si sta
avvelenando tutto. Mare, terra e aria».
Tiziana Carpinelli |
FERRIERA:
ridurre le polveri costa 850mila euro - Le soluzioni possibili per il gruppo
Lucchini secondo la perizia tecnica |
|
Il piano di
colata è l’impianto più critico della Ferriera di Servola per quanto
riguarda le emissioni nell’atmosfera delle polveri. L’attuale sistema di
aspirazione non è infatti in grado di garantire una soddisfacente
captazione. Le «cappe» esistenti sono contrassegnate da diverse
inadeguatezze che ne limitano l’efficienza: troppo piccole, troppo lontane,
poca capacità di aspirazione.
Queste parole le scrive a chiare lettere il professor Marco Boscolo nello
studio redatto per la Procura della Repubblica. Nelle stesse pagine il
docente universitario propone al gruppo Lucchini una soluzione che dovrebbe
garantire l'intercettazione del 90 per cento delle polveri emesse oggi
dall’impianto. Su questa soluzione del costo di 850 mila euro si stanno
confrontando la proprietà della Ferriera e la Procura della Repubblica - in
dettaglio il pm Federico Frezza - nell’ambito di un accordo complessivo in
discussione da mesi e giunto ormai a poche battute dal traguardo.
La proposta per captare il 90 per cento delle polveri emesse dal piano di
colata, prevede la realizzazione di una cappa di aspirazione completamente
nuova, chiusa posteriormente e lateralmente, di dimensioni quintuplicate
rispetto alla attuale e dotata di una parte finale mobile per consentire
l’operatività del sovrastante carroponte.
Il professor Marco Boscolo propone inoltre per risolvere il problema delle
polveri collegate al piano di colata, lo sdoppiamento del canale di
aspirazione della cappa per aumentare la porta d’aria dagli attuali 60 mila
metri cubi all’ora a trecentomila.
La captazione del 90 per cento delle polveri emesse durante la colata della
ghisa, comporta una riduzione di circa il 23 per cento del particolato
complessivamente emesso dallo stabilimento. Va aggiunto che il gruppo
Lucchini Servestal ha già provveduto alla definizione degli aspetti
operativi della proposta, affidandone la progettazione e la realizzazione a
una ditta del settore che ha già redatto il progetto esecutivo.
I tempi necessari alla realizzazione sono contenuti: circa sei mesi dal
giorno dell’ordine di costruzione. I lavori dovrebbero essere realizzati
usufruendo delle periodiche fermate dell’impianto per manutenzione.
c.e. |
No alla
vetreria: cittadini pronti alla protesta - «Aumenterà il flusso dei camion».
Ma il sindaco di San Giorgio dice sì: impianto lontano dalle case |
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L’INCHIESTA I Comitati si mobilitano dopo il parere positivo
dell’Azienda sanitaria. De Toni: faremo ricorso al Tar, temiamo ci siano
pressioni degli industriali
SAN GIORGIO
DI NOGARO C’è un campo di mais dove dovrebbe sorgere la vetreria Sangalli.
Nel suo ufficio Pietro Del Frate, il sindaco di San Giorgio di Nogaro,
srotola il progetto sul tavolo e indica che le case sono lontane: «E’ una
situazione diversa dal cementificio». Non è solo per questo che il suo
consiglio comunale, già a gennaio, ha espresso parere positivo
all’insediamento: «Eravamo supportati da una relazione favorevole di un
gruppo di lavoro dell'Università di Trieste e dalla convinzione che la
vetreria può essere utile all’economia di tutta la regione».
PREOCCUPAZIONE Del Frate non ha dubbi: «E’ stato un parere
all’unanimità, motivato, convinto». I posti di lavoro che verrebbero creati
sarebbero circa 200: una cifra non trascurabile. Ma, a poche decine di metri
dal suo ufficio, la gente non condivide. A bassa voce, ma non condivide.
«Siamo preoccupati sia per la vetreria che per l’inceneritore – dice Daniele
Minazzoli, gestore del Caffè Sport – e non è per il fatto che stiamo zitti
che si debba pensare che questi insediamenti siano meno pericolosi del
cementificio. Pretendiamo chiarezza, quella che per ora è mancata».
SVILUPPO Tiziana Collavin confeziona bomboniere. Guarda verso il
municipio e trattiene il veleno nelle parole. Ma osserva: «Abbiamo la laguna
e il porto, non sarebbe preferibile pensare a un tipo di sviluppo del
territorio diverso da quello che prospettano fabbriche di cemento e di
vetro?». Il cementificio è bocciato, la vetreria no stando al parere
favorevole dell’Azienda sanitaria: «Forse perché è meno impattante
dell’impianto di Torviscosa. Forse. Ma il problema è un altro e riguarda il
traffico: ci saranno altri camion e non ne abbiamo certo bisogno».
CAMION Luisa Iacuzzo, commessa, vede i sangiorgini «rilassati, troppo
rilassati. La vittoria sul cementificio non deve far pensare che tutti i
rischi siano superati. La vetreria sarà anche meno pericolosa ma non ci
lascia tranquilli. Quando c’è un incidente in autostrada e la viabilità
viene deviata verso il paese non si riesce neppure ad attraversare la
strada. Con lo stabilimento della Sangalli ci saranno nuovi tir. E a ogni
passaggio di tir, già adesso, le case tremano».
STRISCIONI A Torviscosa, da mesi, hanno srotolato striscioni. Uno
dopo l’altro contro il cementificio. A San Giorgio non ce n’è uno contro la
vetreria, nemmeno contro l’inceneritore di “fluff”: guarnizioni e profili di
gomma, tessuti, plastiche, frammenti di pneumatici provenienti dalla
macinazione dei veicoli rottamati. «Non siamo gente da striscioni», dicono
al bar. E un po’ si autoaccusano: «Sembra ancora una questione che ci tocca
solo di riflesso, siamo un po’ amorfi». E citano il loro paladino: «Se non
ci fosse De Toni...».
CAMINO E FUMI Paolo De Toni è l’ambientalista che sabato scorso,
quando in piazza si festeggiava lo stop al cementificio, rilanciava la
prossima partita, quella della vetreria: «Se guardiamo alle emissioni siamo
sullo stesso piano del cementificio quantitativamente ma dobbiamo pure tener
conto che una vetreria lavora 24 ore su 24, senza soste. Insomma, l’impatto
ambientale è fortissimo».
Le case, però, sono lontane, dice il sindaco. Ma De Toni non ci sta: «Si
tratta di emissioni di area vasta e la gente fuori San Giorgio, fino a
Marano, fino a Lignano, non sarà contenta né di vedere un camino alto 80
metri e neppure del fumo che tira dalla sua parte».
RICORSO AL TAR A San Giorgio, prosegue De Toni, «nessuno sa ancora
cos’è una vetreria. Ma un impianto del genere ha un camino, brucia sabbia, è
inquinante. L’unica differenza in positivo rispetto al cementificio è che
non avrebbe un impatto devastante pure sulla viabilità». Pronti alle
barricate? «Credo si muoverà il Comune di Marano, c’è il parere
circostanziato della Provincia di Gorizia – e sono curioso di vedere come si
comporterà di fronte a quel “no” la commissione Via – e noi agiremo, nel
caso, anche da soli». Fino al Tar? «Se necessario fino al Tar. Non è
ammissibile che l’Ass abbia dato un parere opposto tra cementificio e
vetreria. Sin d’ora chiedo all’Azienda se, prima di dare il via libera, ha
subito pressioni dall’ambiente degli industriali».
Marco Ballico |
Grado e
Marano in allarme: i fumi finiranno nella laguna - I primi cittadini delle
due località temono che gran parte dell’impatto finisca sull’area marina
protetta |
|
UDINE «I
tecnici del progetto vetreria ci hanno detto che hanno studiato il percorso
dei fumi e ci hanno quindi assicurato che andranno tutti in laguna, non in
paese. Pensavano di farci un favore...».
Graziano Pizzimenti, il sindaco di Marano, è sul piede di guerra. Come del
resto sta facendo a Grado la neoeletta Silvana Olivotto, Pizzimenti difende
la laguna, «secondo il buon senso». La laguna, appunto, «rischia troppo con
la vetreria. L’insediamento – spiega il sindaco maranese – verrebbe
collocato a circa 150 metri dall'acqua, con i fumi di scarico che andrebbero
a danneggiarne pesantemente l’ambiente e le attività che vi si snodano». A
rimetterci sarebbero soprattutto i pescatori, «quelli che vengono
regolarmente considerati l’ultimo anello della catena ma che rappresentano
un valore fondamentale dell’economia locale». Pizzimenti sottolinea anche
una contraddizione: «Da un lato si nomina un commissario con l’obiettivo di
disinquinare la laguna, dall’altro si regala ai lagunari, oltre all’impatto
visivo di un camino di 80 metri, 50 in più del nostro campanile,
un’industria pesante che inevitabilmente scaricherà le scorie del silicio
bruciato in mare. Il nostro consiglio comunale, lo ha detto chiaramente,
auspica uno sviluppo diverso per il territorio, che non contempli la
presenza di industrie pesanti». Si è parlato di ricorso al Tar. Pizzimenti
non lo esclude ma aspetta di capire: «Vogliamo vedere le carte, approfondire
se c’è qualcosa che non va. Fosse così, siamo pronti a tutelare gli
interessi di cittadini e ambiente, fino al ricorso”.
m.b. |
Corridoio
5, da Fiume a Budapest in 2 ore - Il governo della Croazia spinge per
realizzare una nuova tratta ferroviaria nel 2013 |
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L’Istituto nazionale per l’edilizia fornirà la documentazione
tecnica. Costo previsto di 1 miliardo e 90 milioni di euro: prestito europeo
con moratoria
FIUME
L’affare del secolo, il progetto infrastrutturale destinato a mutare – in
meglio – il destino del porto di Fiume e con esso quelli della città
quarnerina e dell’economia nazionale. La futura ferrovia di pianura
Fiume–Ungheria è un progetto che definire ambizioso sarebbe eufemistico
tanto è importante e grandioso per questo fazzoletto d’Europa.
Un paio di settimane fa è stato firmato a Zagabria il contratto fra le
Ferrovie statali croate e l’Istituto nazionale per l’ edilizia che
consentirà di redigere la documentazione tecnica relativa all’approntamento
della linea a doppio binario Fiume–Karlovac, il rifacimento della tratta
Karlovac–Zagabria–Botovo (località al confine con il Paese magiaro) e
l’edificazione del secondo binario fra le citate Karlovac e Botovo.
Secondo gli esperti che hanno calcolato le spese, si tratta di un
investimento da 8 miliardi di kune, circa un miliardo e 90 milioni di euro.
Voglia di scappare via per l’importo pazzesco?
Niente paura perché a farsi avanti è già stata la Banca europea per gli
investimenti che ha mandato chiari segnali alla capitale croata: questa
istituzione finanziaria è pronta a concedere un credito in grado di coprire
il 75% delle spese. E si tratterebbe di un prestito a condizioni agevolate:
estinzione in 35–40 anni, con una moratoria di 10–15 anni per il versamento
della prima rata. Ecco dunque Zagabria pronta a gettarsi nella mischia, ben
sapendo che la ferrovia Fiume–Ungheria potrebbe assorbire parte dei traffici
che si fiondano verso Trieste e Capodistria. A detta di fonti ufficiali,
entro la fine del 2007 le ruspe entreranno in azione sul futuro
allacciamento Fiume–Karlovac, un segmento di 121 chilometri che costerà
circa 950 milioni di euro. Sarà più corto di 54 chilometri rispetto
all’attuale segmento, il che sarà permesso da un tracciato maggiormente
pianeggiante, dotato da un buon numero di ponti, viadotti e tunnel. La
Fiume–Ungheria a doppio binario, se non ci saranno grossi intoppi, dovrebbe
diventare realtà nel 2013: lunga 269 chilometri, avrà tempi di percorrenza
sui 120 minuti, mentre per raggiungere Zagabria dalla città dell’aquila
bicipite s’impiegheranno non più di 100 minuti. Ora invece il viaggio da
Fiume alla capitale dura all’incirca tre ore e mezza.
Molto ottimista il ministro del Mare, trasporti, turismo e sviluppo Bozidar
Kalmeta: «Fiume aumenterà la propria concorrenzialità nei riguardi degli
empori capodistriano e triestino. Eh sì, perché le tariffe dei trasporti in
direzione dell’Ungheria e dei Paesi mitteleuropei costeranno tre volte di
meno. A ciò si dovrebbe aggiungere quanto da tempo sostengono gli esperti e
cioè che fino al 2015–2017 i carichi potrebbero aumentare del 50%, per l’
allargamento dei mercati russi e asiatici». Soddisfatto per il progetto
ferroviario Fiume–Ungheria anche il direttore dell’Autorità portuale fiumana
Nenad Hlaca: «Quest’ anno il nostro terminal container dovrebbe movimentare
sui 150 mila Teu. Ma nel 2016, grazie all’aggiunta del secondo scalo
contenitori di Riva Zagabria, arriveremo a toccare i 750 mila Teu. La nuova
strada ferrata ci darà una mano a sbaragliare tutti i record».
Ancora un paio di dati indicativi: il traffico merci da Fiume a Botovo ha un
tempo di percorrenza di 10 ore, alla velocità media di 30 chilometri orari e
con una capacità di trasporto annuo di 5 milioni di tonnellate. Con la nuova
tratta di pianura, i treni viaggeranno a 120 chilometri orari, trasportando
annualmente fino a 25 milioni di tonnellate. Grosso pure il potenziamento
del traffico passeggeri da Fiume a Zagabria, che dagli attuali 65 passerà a
160 chilometri l’ora.
Andrea Marsanich |
Sonego:
«Positivo il sì di Lubiana per la Trieste-Divaccia» - Riconosciuta la
valenza del progetto. L’assessore: «Lotteremo anche per collegare
Capodistria» |
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TRIESTE La
Slovenia cambia idea e lavora insieme al Friuli Venezia Giulia per la
realizzazione della ferrovia Trieste-Divaccia, asse fondamentale nell’ambito
del Corridoio V.
Un cambio di rotta che segna «un risultato importante per la politica del
Friuli Venezia Giulia – dice l’assessore alle Infrastrutture Lodovico Sonego
– visto che la Slovenia era partita dicendo che il collegamento non era una
sua priorità. La nostra forza è stata ed è quella di promuovere la politica
voluta dall’Europa, in primo luogo dalla Commissione».
E se la Slovenia è venuta a miti consigli riconoscendo la valenza europea
del progetto – entro il 20 luglio i due Stati presenteranno il quadro di
fattibilità e l’accordo bilaterale necessari a richiedere i finanziamenti
per la costruzione dell’opera – la Regione intende proseguire in questa
direzione. Una direzione che ha valenza per entrambi gli Stati vicini che si
affacciamo sull’alto Adriatico.
Sulla questione abbiamo sentito l’assessore Sonego. «Dopo questa positiva
vicenda torneremo alla carica anche sui 6 chilometri di collegamento tra
Trieste e Capodistria – dice Sonego - La Slovenia è addirittura contraria ma
riproporremo il problema nell’ambito della cooperazione nordadriatica». |
IL PICCOLO - SABATO , 23
giugno
2007
Ferriera,
progetto per dimezzare le polveri - Stabilimento a un bivio: per
riportarne le emissioni entro limiti accettabili servono dai 5 ai 10 milioni
di euro |
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Lo ha realizzato il professor Boscolo su incarico diretto
della procura |
La prima
indagine della procura di Trieste sulle emissioni di polveri e fumi della
Ferriera di Servola, porta la data dell’8 agosto 1999. Il fascicolo era
stato aperto dal pm Federico Frezza, il magistrato che ancora oggi è in
prima linea nella gestione di queste inchieste.
Da quel giorno di otto anni fa, tra la magistratura triestina e il gruppo
proprietario dello stabilimento, è stata lotta aperta. Quattro sequestri,
tre dei quali revocati o superati dagli eventi, innumerevoli fascicoli di
indagine, condanne dei dirigenti poi prescritte, archiviazioni,
un’oblazione, pronunciamenti del Tribunale ordinario, di quello del Riesame
e della Corte di Cassazione.
Ora siamo a una svolta, a un punto di non ritorno. O le emissioni vengono
abbattute significativamente nel giro di pochi mesi, o il mondo della
politica che sulle polemiche attorno alla Ferriera ha costruito alcune
campagne elettorali, cercherà di agire sull’onda dell’emozione e della
richiesta popolare. Non passa infatti giorno che qualche voce non proponga
la chiusura dello stabilimento, aggrappandosi a dati parziali e talvolta a
interpolazioni al di fuori di quanto stabilito dalle leggi.
Chi agita la chiusura dello stabilimento, oggi ha facile ascolto. Chi invece
cerca di ricondurre il problema Ferriera nell’ambito delle leggi del nostro
Paese, in questo momento ha una certa difficoltà a farsi ascoltare. I dati,
le cifre, le misure, sono a disposizione di tutti. Su questi dati, su queste
misure raccolte direttamente sul campo, il professor Marco Boscolo ha
redatto un piano specifico di intervento su incarico della Procura. Se
questo piano fosse attuato, dimezzerebbe le emissioni di polveri dello
stabilimento. L’intervento coinvolge l’altoforno, la macchina a colare, il
traffico interno allo stabilimento, i parchi in cui vengono stoccati il
carbone e il minerale di ferro e altri impianti. Il costo stimato degli
interventi si attesta tra i cinque e i dieci milioni di euro che la
proprietà da mesi si è detta pronta a finanziare nell’ambito di un accordo
con la procura della Repubblica. Di questo accordo le parti discutono da
tempo, ancor prima che la Corte di cassazione revocasse l’ultimo sequestro
chiesto dal pm Federico Frezza, concesso dall’allora presidente aggiunto del
Gip Nunzio Sarpietro e ratificato dal Tribunale del riesame. I giudici di
legittimità poche settimane fa ne hanno ribaltato l’esito: niente sequestro.
I dati, le cifre, le statistiche, però restano, e fanno impressione. Il
professor Boscolo ha determinato la quantità di polveri che escono oggi
dalla Ferriera. In un anno le emissioni convogliate nei camini- regolate per
legge- ma anche le emissioni diffuse da impianti non proprio ’perfetti’,
immettono nell’atmosfera mediamente 380 tonnellate di polveri che si
depositano all’interno della Ferriera ma anche sulle case e sulle strade dei
rioni adiacenti. Se gli interventi prospettati dal piano ’Boscolo’ fossero
attuati, le emissioni di polveri verrebbero dimezzate: da 380 a 176
tonnellate, nelle stime medie. Vi sono anche stime più favorevoli e più
pessimiste, ma la media illustra bene la situazione.
Gli interventi più significativi sul piano dei risultati sono quelli che
prevedono il rifacimento del piano di colata, quello delle macchina a colare
e della torre di spegnimento. Il primo intervento- costo 850 mila euro-
diminuirebbe del 23 per cento le emissioni complessive; il secondo del 16,
il terzo dell’otto. Ulteriori abbattimenti del 6-7 per cento verrebbero
ottenuti intervenendo sulle strade dello stabilimento e sul parco dei
minerali.
Fin qui tutto chiaro. Va aggiunto però che, secondo il piano del professor
Marco Boscolo, il 46 per cento delle emissioni della Ferriera non è in alcun
modo eliminabile. L’intervento, come abbiamo detto deve coinvolgere
principalmente le emissioni diffuse perché quelle convogliare nei camini
sono già sottoposte a controlli periodici i così come previsti nelle
autorizzazioni regionali.
Sulle presenza di polveri sottili la ricerca del professor Boscolo ha preso
in considerazione non solo le aree adiacenti alla Ferriera. Sono state
effettuate misure in centrocittà, ben lontano dallo stabilimento. Per le pm
10 la legge fissa, a tutela della salute umana, un limite massimo di 40
milligrammi per metro cubo d’aria misurati nelle 24 ore. Nessuna «stazione»
ha superato questo valore nel 2006: in piazza Libertà è stata raggiunta
quota 26, in via Tor Bandena 23, in via del Carpineto 30, in via Pitacco 29,
in via Svevo 33, a Muggia 29, in via von Bruck 23, così come in via Tacco.
Per le stesse pm 10 la legge prevede che il limite di 50 milligrammi per
metro cubo d’aria non debba essere superato più di 35 molte in un anno in
una singola stazione di rilevamento. Solo in via Carpineto, non distante
dalla Ferriera questo limite è stato superato nel 2006 mentre nelle altre
stazioni è sempre rimasto al di sotto della soglia prevista. In piazza
Libertà gli sforamenti annuali sono stati 19, cinque in via Tor Bandena, 27
in via Pitacco, 47 in via Svevo, 20 a Muggia, 24 in via von Bruck e 26 in
via Tacco.
Il ministro dell’ambiente Alfonso Pecoraro Scanio sta intanto preparando un
dossier sulla Ferriera di Servola. «I dati ufficializzati nei giorni scorsi
sui livelli di inquinamento – ha detto l’esponente dei Verdi – non fanno che
confermare la necessità di chiudere la stagione delle negazioni per passare
a quella delle scelte. Siamo di fronte a una emergenza ambientale, sanitaria
e occupazionale che non consente sottovalutazioni».
Claudio Ernè |
Piano
regolatore, la variante sarà fatta in Comune - Bucci: dopo le piazze Goldoni
e Vittorio Veneto non diamo a nessuno carta bianca |
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Lunedì riunione con i consiglieri di maggioranza per
illustrare le linee guida. Rosolen (An): non voglio un documento
preconfezionato |
De Gavardo: «Un lavoro che chiude il cerchio delle belle
opere fatte da Dipiazza». Omero: «Si sbarra il recinto quando i buoi sono
scappati» |
Niente
incarichi esterni su «carta bianca», perché «vogliamo avere il controllo
politico diretto, mantenere dritta la barra ed evitare casi come piazza
Goldoni o piazza Vittorio Veneto». E dunque «certo, affideremo piccole
consulenze su necessità ad hoc perché la macchina comunale non può gestire
tutta la complessità, ma nella nuova variante al piano regolatore per la
prima volta il lavoro di sgrossatura verrà fatto dagli uffici del Comune».
Risparmiando su una consulenza «chiavi in mano» che «vale suppergiù una
milionata di euro».
Dice così l’assessore all’urbanistica Maurizio Bucci, all’indomani della
seduta di giunta che ha visto dare l’ok alla delibera sugli indirizzi per la
variante. Un passo che fa partire il lungo iter destinato a concludersi -
tra due anni, ipotizza Bucci - con l’adozione del nuovo strumento
urbanistico.
Sarà una variante «costruita in casa» sul concetto del «meno cemento e più
regole» dettato dal sindaco Dipiazza che ha già annunciato lo stop all’edificabilità
in aree di pregio. Nel merito del documento però Bucci non scende
limitandosi ad annotare che tra le novità vi saranno maggiori spazi per
insediamenti turistici (alberghi, insomma). Il riserbo punta a evitare di
irritare ulteriormente An, che in giunta ha detto no alla delibera
denunciando di esserne rimasta all’oscuro. La riunione che Bucci annuncia
per lunedì con i «consiglieri di maggioranza» dovrà essere dunque
l’occasione per illustrare loro gli indirizzi del prg e ricompattarli
attorno all’iter. Del resto, la posizione che la capogruppo di An Alessia
Rosolen ribadisce è chiara: «Apprendo dalla stampa le linee-guida della
delibera che in gran parte sono condivisibili perché rispondono a una
domanda che arriva dai comitati. Mi auguro però - ne sono anzi certa - che
il documento non arriverà già preconfezionato in consiglio. E magari, prima
di andare a divulgarlo, sarebbe stato corretto da parte di Bucci e del
sindaco presentare la delibera agli altri assessori e forse al consiglio
comunale, che deve avere dignità di ruolo su progetti che esulino
dall’amministrazione quotidiana».
E mentre Rosolen invita a riflettere sulle «modalità» ma anche sulla
«tempistica» (ricordando ad esempio che «il piano del traffico sarebbe
dovuto approdare in consiglio entro fine giugno, ma finora non se ne ha
notizia»), il presidente della Lista Dipiazza Paolo De Gavardo saluta «la
risposta a tutte le critiche piovute in cinque anni sul sindaco dalle
opposizioni che, dimenticandosi di avere votato il prg precedente (firmato
dalla giunta Illy, ndr), imputavano a Dipiazza la non volontà di
modificarlo. Questa variante - prosegue De Gavardo - chiude il cerchio su
quanto il primo cittadino ha fatto negli anni, rendendo bella la città nel
centro ma anche nelle periferie». Quanto ad An, «le critiche sono più di
forma che di sostanza - annota De Gavardo, osservando che anche sugli
alleati «si rifletterà sul piano elettorale quanto fatto in questi anni».
Dall’opposizione il Cittadino Roberto Decarli, definendo «abbastanza grave»
la posizione di An in giunta, sottolinea che il «no alla cementificazione è
un titolo su cui siamo tutti d’accordo, ma ora dovremo vedere insieme i
fatti». Di «un momento positivo, perché finalmente si avvia un percorso che
ci consentirà di discutere su dati di fatto» parla il capogruppo della
Margherita Sergio Lupieri, sperando si possa portare avanti un lavoro
«condiviso e concordato». Duro il Ds Fabio Omero: «Si chiude il recinto
quando i buoi sono scappati». Già qualche anno fa, prosegue, «avevamo
chiesto di recepire il piano paesaggistico regionale che avrebbe bloccato
alcune nuove costruzioni sulla Costiera, e anche che fossero messe in
salvaguardia alcune zone. Nessuna delle due cose è stata fatta. Così come
oggi nella nuova delibera non figura il regime di salvaguardia: questo vuol
dire che per almeno ancora un anno si potrà costruire senza impedimenti»,
dice Omero sottolineando come «in realtà nessuno si vuol prendere la
responsabilità di bloccare cantieri». «La messa in salvaguardia non è
obbligatoria nella delibera, ma se il consiglio lo vorrà la potrà inserire»,
replica Bucci.
E intanto il presidente della commissione urbanistica Roberto Sasco, vista
la posizione di An, invita a «non partire col piede sbagliato» e a «cercare
convergenze, anche con l’opposizione», perché «la conclusione del mandato
Dipiazza si giudicherà in buona parte su questo nuovo prg», il cui dibattito
coinciderà con «la campagna per le regionali 2008».
p.b. |
Ambiente
e infrastrutture, un’unica Ass per i rilevamenti - La proposta dei
Cittadini. Ds e Margherita: trovare equilibrio fra sviluppo e salute dei
cittadini |
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In vista del vertice di maggioranza di martedì i partiti del
centrosinistra sembrano ancora divisi. Metz: speriamo che Illy cambi
atteggiamento
«La
battaglia vinta del cementificio - aggiunge l’ambientalista - non è
sufficiente a garantirci che l’approccio alle problematiche ambientali della
giunta sia davvero destinato a cambiare».
SVOLTA Lo scorso 31 maggio, all’ultimo vertice di maggioranza, la sinistra
radicale aveva chiesto di voltare pagina su ambiente e infrastrutture. E
adesso, con il “no” al cementificio che è già un primo segnale, spera nella
svolta. «Ascolteremo – prosegue Metz – e cercheremo di capire se c’è la
chiara volontà di un cambio di gestione netto su queste tematiche o se,
invece, il caso di Torviscosa resterà isolato senza aver insegnato niente a
nessuno. Nel primo caso discuteremo nel merito, nel secondo la nostra
coesistenza in questa situazione diventerebbe ancora più critica. Se
usciremo dalla maggioranza? Speriamo ci sia una modifica sostanziale di
atteggiamento da parte di Illy e della sua giunta».
METODO E’ necessario individuare «un metodo condiviso sulle modalità di
partecipazione dei cittadini alle decisioni», aggiunge il segretario
regionale di Rc Giulio Lauri. «Si tratta di decidere come ci si deve
comportare di volta in volta sulle questioni che riguardano lo sviluppo del
territorio ma che comportano un elevato impatto sull'ambiente e sul sistema
socio-economico della regione. Non fosse così, già la vetreria di San
Giorgio rischia di diventare un nuovo cementificio viste le perplessità che
riguardano le emissioni in atmosfera, pari se non peggiori di quelle
dell’impianto di Torviscosa, e l’assenza di dati certi sulla situazione
inquinamento dell’area industriale sangiorgina». Bruna Zorzini, del Pdci,
invita soprattutto «al rispetto del programma elettorale». «Lo sviluppo è
una priorità ma deve essere sostenibile e condiviso – sottolinea –. Il
territorio e i comitati che ne sono espressione, del resto, esprimono disagi
reali che non possono essere distrattamente trascurati».
LA PROPOSTA Dai Cittadini per il presidente, intanto, arriva una proposta.
«Le rilevazioni degli aspetti sanitari spettano alle sei Ass, ognuna per il
proprio territorio di competenza, con sei uffici preposti – si legge in una
nota del movimento –: troppa frammentazione. In vista della
razionalizzazione del sistema sanitario che potrà portare a un'unica azienda
sanitaria regionale, proponiamo dunque un unico organismo preposto a questo
tipo di istruttoria, al fine di rafforzare tecnicamente ogni valutazione».
EQUILIBRIO Dai due partiti maggiori, infine, arriva l’urgenza di equilibrare
le esigenze del mondo delle imprese e quelle di un’opportuna tutela
ambientale. «Al vertice di martedì – anticipa Renzo Travanut, capogruppo
diessino – ricorderemo i passaggi positivi dell’introduzione per legge della
Vas e le pratiche di Agenda 21 e ribadiremo che l’intelaiatura di fondo del
ragionamento di Intesa è quello di un’attenzione estrema sia alla
produttività che alla compatibilità». «Porteremo al vertice la posizione di
coerenza della Margherita – dice il segretario diellino Antonio Ius –: non
si può tergiversare su infrastrutture e investimenti produttivi che
giudichiamo indispensabili per il territorio. Modalità rigorose e osservanza
delle norme, certo, ma non possiamo perdere l’occasione di sviluppo che ci è
stata consegnata dall’allargamento a est dell’Europa».
m.b. |
Corridoio
5, Italia e Slovenia battono cassa all’Ue - Sonego: «L’approccio con i
nostri vicini è cambiato». Costa: «Non si torna più indietro» |
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Rush finale nella corsa verso Bruxelles per la richiesta dei
finanziamenti. La presentazione del libro di Migliorino rivela le ultime
novità |
TRIESTE Rush
finale nella corsa verso Bruxelles per la richiesta dei co-finanziamenti per
la realizzazione del Corridoio 5. A «batter cassa» all’Ue ci sono anche
Italia e Slovenia, che entro il 20 luglio - scadenza del bando europeo -
dovranno presentare il progetto per la Trieste-Divaccia, uno dei nodi più
difficili da sciogliere nella costruzione di quell’immensa rete ferroviaria
e autostradale che, da Lisbona a Kiev, dovrebbe collegare, nel giro di una
ventina d’anni, la pancia del Vecchio Continente. «Ormai è fatta. Il
Corridoio 5 diventerà realtà - ha assicurato ieri l’assessore regionale alle
Infrastrutture Lodovico Sonego -. Il Friuli Venezia Giulia negli ultimi tre
anni ha fatto passi da gigante: se fino a due anni fa per la Slovenia il
Corridoio 5 non era una priorità, oggi l’approccio dei nostri vicini è
cambiato. Anche loro sono pronti a presentare la domanda di co-finanziamento
all’Ue».
Ieri al Caffè Tommaseo si è tenuto un incontro dal titolo «Alta velocità,
ultima chiamata». Il dibattito, moderato dal direttore de Il Piccolo Sergio
Baraldi, e a cui hanno preso parte il presidente della commissione Trasporti
dell’Europarlamento Paolo Costa, il presidente dell’Autorità portuale
Claudio Boniciolli e l’assessore Sonego, ha fatto da cornice alla
presentazione di un libro. Un testo di Franco Migliorini, edito da Marsilio,
dal titolo più che attuale: «Un corridoio tutto da inventare. L’alta
velocità per far crescere città e distretti».
Tempi lunghi (anzi, lunghissimi), ma fiducia e certezza che il Corridio 5 si
farà: ieri è emerso questo, nelle parole di Sonego e in quelle di Paolo
Costa. «Ormai non si torna più indietro. L’opera si farà e passerà al di qua
delle Alpi. L’Italia non perderà nessun treno». Pur restando ancora incerti
i tempi (Sonego ha previsto il termine dei lavori nel 2025, Costa invece nel
2020) e i costi del corridoio paneuropeo («Impossibile quantificare la cifra
totale - ha spiegato il deputato europeo - anche se si sa che i 30 progetti
che i vari Paesi presenteranno entro il 20 luglio, tra cui la
Trieste-Divaccia, la Torino-Lione e il Brennero, prevedono una spesa di 330
miliardi di euro), nessuno dei presenti ha voluto ipotizzare un’Italia senza
alta velocità e, in particolare, un Nordest tra vent’anni ancora in coda sul
passante di Mestre, ben lontano dai cugini d’oltralpe che si scambiano merce
alla velocità della luce.
«Tutti i cantieri devono essere aperti entro il 2010 e chiusi entro il 2020
- ha commentato Costa -. Il dialogo con le comunità locali serve, ma le
istituzioni devono essere capaci di decidere. I problemi ci sono in tutta
Europa, ma la differenza è che da noi si è abituati a rimandare le scelte».
Per la Trieste-Divaccia, invece, almeno a detta di Sonego, i giochi sembrano
fatti: «Stiamo discutendo con successo con la Slovenia sul punto di contatto
tra la Capodistria-Divaccia e la Trieste-Divaccia - ha affermato -
all’interno del progetto Interreg 3, promosso dall’attuale giunta regionale.
Il Fvg non è la Val di Susa. Noi abbiamo gestito bene la situazione e il
rapporto con i Comuni coinvolti».
E il Corridoio 17, quello che collegherà Strasburgo a Bratislava?
Rappresenta un concorrente per il Corridoio 5? Netta la risposta di
Migliorini: «Il 17 è già fatto nella mente dei franco-tedeschi - ha spiegato
- mentre il nostro è ancora tutto da inventare». E anche quella di
Boniciolli: «Il 17 si sta realizzando già, perchè al di là delle Alpi sono
capaci di organizzarsi e non aspetteranno che lo facciamo anche noi. Il
traffico di merci va dove trova le vie adatte. Quando ci decideremo a
costruire l’autostrada Trieste-Fiume? I porti da soli non bastano, non
sopravvivono senza collegamenti con il retroterra. E il Corridoio 5 è
un’opera indispensabile per collegare l’alto Adriatico con il resto del
mondo».
Ma l’incontro di ieri è stato anche occasione per «bacchettare» il
«laborioso» Nordest che, come spiega Migliorini nel suo libro, «ormai è al
collasso». «È un territorio saturo - ha affermato -. Non si riesce a
reinventare lo spazio. Non sappiamo gestire la mobilità di questa fetta
d’Italia, e il passante di Mestre è l’emblema di questo caos. Bisogerebbe
creare collegamenti veloci tra le città, consentendo ai centri del Nord di
fare massa critica. Solo così si diffonde la conoscenza, si spostano i
cervelli, marcia l’economia». |
Elisa
Coloni
Mare
pulito in tutta l’Istria e la Dalmazia - Le autorità sanitarie slovene e
croate hanno reso noti i dati relativi alla qualità delle acque |
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Osservati parametri più severi di quelli dettati dalle
normative europee. Fanno eccezione soltanto le aree portuali. Situazione
migliorata rispetto al 2006
CAPODISTRIA
Gli operatori turistici del Litorale sloveno, ma anche la popolazione
locale, sono soddisfatti: il mare sloveno è pulito e perfettamente adatto
per fare il bagno. I risultati del monitoraggio di tutti i punti di
balneazione nel 2006, ottenuti usando la metodologia europea, sono stati
eccellenti: la qualità del mare è conforme agli standard comunitari in tutti
e 19 punti presi in esame, e in 16 di questi punti sono rispettati anche gli
standard auspicabili, ossia quelli più severi.
Le tre spiagge che sono state promosse, non prettamente con il massimo dei
voti, sono quella tra il torrente Ricorovo e il bagno di San Simone, la zona
tra San Simone e Strugnano e parte della costa tra Fiesso e Pirano. Tutte le
altre spiagge dei comuni di Pirano, Isola e Capodistria, compresa la
spiaggia cittadina a Capodistria, che si trova a poche centinaia di metri
dal porto, sono in regola. I risultati sono stati presentati dall'Istituto
sloveno per la tutela della salute. Il miglioramento rispetto agli anni
precedenti è netto: nel 2004 il 10,5 per cento dei campioni prelevati non
aveva raggiunto la sufficienza, nel 2005 questa percentuale è scesa a 5,3,
mentre l'anno scorso tutte le spiagge sono risultate del tutto idonee alla
balneazione. Possono fare il bagno dunque anche i bambini piccoli e non sono
necessarie particolari precauzioni, almeno per quanto riguarda la qualità
del mare.
Meno buoni invece i risultati per quanto riguarda le acque interne, anche se
pure la situazione è drasticamente migliorata rispetto agli anni passati. Se
nel 2005 erano sotto il limite la metà dei siti per la balneazione, nel 2006
questa percentuale è stata ridotta al 16 per cento. E' importante rilevare,
comunque, che questi dati sono perfettamente attendibili, in quanto il
campionamento è stato effettuato tutti gli anni negli stessi punti. In
alcuni Paesi europei, invece, i siti cambiano di anno in anno, per cui è
difficile fare dei confronti. Il settore in cui invece la Slovenia può e
dovrà fare altri progressi, sono invece le piscine: l'acqua non è sempre
pulita come dovrebbe essere, e questo crea qualche rischio per la salute. Su
ogni sito di balneazione, è bene ricordarlo, vengono effettuate rilevazioni
chimico-fisiche dell'acqua (trasparenza, temperatura, salinità, ossigeno
discioolto e pH), ispezioni di natura visiva e olfattiva (colorazione,
sostanze tensioattive, oli minerali e fenoli) nonchè prelievi di campioni
per l'analisi microbiologica.
FIUME Anche la Croazia ha reso noti i dati relativi alla balneazione lungo
le coste istriane e dalmate. Il ministero dell’Ambiente ha pubblicato i
risultati della terza azione di monitoraggio delle acque costiere. Le
rilevazioni sono state effettuate lungo varie spiagge dall’Istria
all’estremo sud della Dalmazia onde accertarne la balneabilità. In tutto
l’azione di monitoraggio ha comportato prelievi di campioni di acqua marina
in 873 zone costiere, effettuati nell’arco di due settimane, ovvero dal 30
maggio al 15 giugno. Il punto più inquinato (colibatteri) è risultato la
spiaggetta dell’hotel Park nel rione di Pecine, a Fiume, dove ormai da tempo
sono affissi i cartelli con il divieto di balneazione. Si tratta di un
segmento di costa molto limitato. Il cartello di divieto era comparso per la
prima volta nel 2005. A parte la spiaggetta “off limits” dell’hotel “Park”,
sempre nell’area di Fiume la balneazione è poco raccomandabile pure nelle
adiacenze del cantiere navale Tre Maggio. Acque non proprio pulite, ma
comuque “agibili”, anche in un punto della costa abbaziana (località di Ika),
in una spiaggia all’altezza dell’autocampeggio di Medolino (poco fuori Pola),
in un breve tratto di costa a Crikvenica (in prossimità dell’ hotel “Thalassoterapija”),
in una frazione presso Sebenico e, sempre in Dalmazia, anche nella zona di
Ploce. Nell’elenco dei siti poco adatti alla balneazione – ma dove questa
non è comunque espressamente vietata - non compare stavolta il golfo dei
Castelli spalatini, probabilmente per il fatto che qui è ormai cessata ogni
attività industriale. Non vengono menzionati “punti neri” nemmeno nell’area
di Ragusa (Dubrovnik) dove in passato qualche perdita fognaria era stata
segnalata in concomitanza di alcuni alberghi a ridosso delle spiagge.
Nell’elenco non sono ovviamente comprese neppure le zone operative nei porti
o altri tratti di mare dove comunque la balneazione è impensabile per il
viavai di navi o battelli.
Nel resoconto del ministero dell’Ambiente si rileva inoltre che nel 95 per
cento dei campionamenti effettuati l’acqua è risultata perfettamente pulita
anche secondo le normative croate, che – sottolinea il dicastero – sono di
gran lunga più rigide di quelle comunemente in vigore nei paesi europei.
L’azione di monitoraggio, come precisa ancora il ministero anzidetto,
proseguirà negli 873 siti prescelti fino a tutto settembre. I campioni
d’acqua da avviare alle analisi di laboratorio verranno prelevati ogni 15
giorni.
f.r. |
L’inquinamento della Ferriera |
|
Sto leggendo
l'articolo sulla ferriera pubblicato sabato 16 giugno, fra le varie
interviste da voi fatte, ce n’è una di un certo Nicola Vallefuoco vi espongo
le ultime righe del suo commento: È ovvio che l'inquinamento c'e, ma la
faccenda non mi sembra così tragica! Mi chiedo cos'è tragico per questa
persona? Non gli bastano i dati forniti sul gravissimo inquinamento prodotto
dalla ferriera? Sforamenti a livello di terzo mondo? Neanche quello, tanto
che dei tecnici Vietnamiti per sostituire dei filtri (10 anni fa) avevano
detto che nemmeno ad Hanoi avevano visto macchine così vetuste! Comunque il
vero problema della ferriera, e che ormai anche i bambini l'hanno capito, è
che di metterla a norma non ci pensano proprio, e la cosa che dovrebbe
offendere di più, gli operai per primi, e servolani per secondi, è che il
Lucchini da anni vi sta prendendo in giro e se non fate un’autentica
rivolta, per altri anni andrà avanti così, è come se vi dicesse, siete dei
poveretti, e faccio di voi quello che mi pare.
Concludo prendendo spunto da un articolo scritto dal bravo giornalista Bruno
Tellia, siccome l'impresa per sopravvivere deve fare profitti, non si
riuscirà ad ottenerne l'adesione ai valori ambientali con le
raccomandazioni. Nè bastano le norme e le imposizioni. É indispensabile che
l'imprenditore si convinca che l'ambiente non costituisce un costo ma un
investimento redditizio, come lo sono la formazione e la sicurezza. Per
dirla come un famoso comico... Lucchini ci sei? Sei connesso?
Franco Castiglione |
IL PICCOLO - VENERDI' , 22
giugno 200
Dipiazza: così cambierò il piano regolatore - Meno cemento e più regole
le linee guida: «Basta con i maxi-obbrobri in mezzo al verde»
|
|
Il
sindaco anticipa gli indirizzi della variante al prg appena passata in
giunta: Capofonte, Pendice Scoglietto e Costiera le zone da tutelare
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An
vota contro L’assessore Tononi: «Nessuno ci aveva informato della
delibera» |
«La
Trieste che voglio non deve avere maxi-obbrobri in mezzo al verde, o
palazzi enormi uno attaccato all’altro. Meno cemento e più regole.
Cominciamo ora, prima che sia troppo tardi, a mettere mano a quella
variante del ’97 che conteneva errori evidenti, poiché prevedeva per
alcune zone di pregio indici volumetrici spaventosi». Il sindaco Roberto
Dipiazza è su di giri: ieri ha preso il via l’iter dell’attesa variante
al piano regolatore, che stopperà l’edificabilità in zone periferiche
come Capofonte, Pendice Scoglietto e la strada Costiera e riqualificherà
aree oggi degradate in nuovi quartieri residenziali. La giunta, infatti,
ha approvato gli indirizzi della variante, usciti soltanto 48 ore prima
dagli uffici dell’assessore forzista Maurizio Bucci: il documento reca
una trentina di punti-base, per ora molto generici e in larga misura
top-secret, su cui sarà costruito e varato, in non meno di un paio
d’anni, il nuovo strumento urbanistico del Comune. Quello che andrà a
integrare o, meglio, a superare la precedente variante del ’97 nata
sotto l’amministrazione Illy.
Anche in questa circostanza, però, è andata in scena una nuova frattura
fra An e i suoi alleati, Bucci in testa. Dei quattro assessori finiani,
l’unico presente ieri alla seduta di giunta - Piero Tononi, che di An è
anche vicepresidente provinciale - ha votato contro il documento,
lamentando che il partito non ne era a conoscenza. «Non è stato - ha
spiegato poi Tononi - un no sul merito, nel quale peraltro non sono
neanche sceso, bensì sul metodo. Ritengo che una delle più importanti
delibere del Dipiazza-bis andasse condivisa per tempo fra gli assessori
e soprattutto fra i capigruppo di maggioranza, visto che niente più del
piano regolatore è di competenza del Consiglio comunale. E invece la
delibera è stata messa al primo punto dell’ordine del giorno questa
mattina (ieri, ndr)».
Immediata la replica di Bucci, che ieri pomeriggio ha potuto illustrare
la delibera al cinema Ariston: «Lo spirito di questi indirizzi è una
raccolta sistematica di varie mozioni presentate già in aula da quando
il centrodestra è maggioranza. In realtà, ho seguito la volontà del
Consiglio. Consiglio che, dopo il parere delle circoscrizioni, avrà
tempo e opportunità di discutere e migliorare il contenuto della
delibera. Partiti e cittadini stanno sollecitando il varo di una nuova
variante. E noi abbiamo portato in giunta il documento non appena è
stato finito dagli uffici. Il fine giustifica il metodo».
Dipiazza, intanto, non fa una piega: «Siamo molto felici - così il
sindaco - perché abbiamo finalmente consegnato alla città l’inizio della
variante al piano regolatore. Comincia un iter entusiasmante. Ho fiducia
che entro il 31 luglio il Consiglio comunale possa votare gli indirizzi,
avviando il confronto con le categorie e i cittadini».
Le procedure per l’entrata in vigore della variante prevedono quindi,
dopo un periodo di concertazione e lavoro degli uffici che Dipiazza
quantifica in «un anno», l’esame della Regione e l’invio delle sue
osservazioni al Comune e a tutti gli enti coinvolti, dall’Ezit
all’Autorità portuale. Osservazioni che impongono, di fatto, un altalena
di correzioni e verifiche. «L’obiettivo - ha aggiunto Bucci - è quello
di riuscire a chiudere entro il mandato amministrativo».
«Oggi (ieri, ndr) - ha sintetizzato il capogruppo di Forza Italia Piero
Camber - abbiamo tolto la macchina dal garage. Sta in noi ora portarla
il più lontano possibile e nella direzione più giusta per Trieste».
Piero Rauber |
I
comitati cittadini compatti contro la «cementificazione» - Riunione con
Wwf e Italia nostra. Bucci spiazza tutti: variante in lavoro
|
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La
cementificazione «selvaggia» sulla Costiera, il distributore Tamoil di
Barcola, la «valanga» di malta sulle Rive, le palazzine Ater di via
Flavia: sono questi alcuni degli spauracchi contro cui combattono i
comitati della città. Comitati da tempo in guerra contro il Comune, e
che ieri sera, al cinema Ariston, si sono presentati al gran completo,
per il primo faccia a faccia con l’assessore alla Pianificazione
territoriale Maurizio Bucci.
Un incontro che, contrariamente alle aspettative, non si è trasformato
in un match «Bucci contro tutti», anche grazie alla notizia, servita
dall’assessore forzista su un piatto d’argento ai presenti in sala,
della delibera sugli indirizzi della variante al piano regolatore
approvata ieri dalla giunta. Una carta che Bucci si è giocato alla fine
del dibattito, che ha spiazzato i rappresentanti dei comitati (riuniti
per chiedere al Comune, appunto, una revisione del piano regolatore) e
che gli ha fatto guadagnare pure un applauso. Sono arrivati in tanti
ieri all’incontro organizzato da Wwf e Italia nostra, per ribadire
ancora una volta, davanti a una platea composta anche da alcuni
esponenti politici di maggioranza e opposizione, il loro «no» alla
cementificazione «senza regole» e agli «scempi» che l’attuale piano
regolatore, così come redatto nel 1997, «non impedisce in molte zone
della città».
In totale si sono presentati 14 comitati: Comitato Campo Marzio, di via
Belpoggio, per la difesa delle Rive, androna Santa Tecle e Sant’Eufemia,
Cedassammare, Salviamo via del Pucino e via Plinio, per la difesa di
Barcola, in difesa di Gretta e Roiano. E ancora: il comitato viale XX
Settembre, di via Timignano, per la tutela del giardino di via Flavia,
per la difesa di via Verga e via Berchet, e infine l’associazione
Capofonte e quella per la difesa di Opicina.
Uno per uno, i rappresentanti dei sodalizi hanno snocciolato i problemi
ancora irrisolti in molte zone della città e i successi raggiunti in
anni di battaglia, durante i quali «le amministrazioni comunali ci hanno
sempre trattato come un ostacolo da azzittire», questa l’opinione più
diffusa. «Se venisse costruito il distributore della Tamoil davanti alla
pineta di Barcola - ha spiegato ad esempio il rappresentante del
comitato per la salvaguardia dell’omonimo quartiere - i residenti si
troverebbero sotto casa una bomba da 100 mila litri di carburante».
«Temiamo che la giunta, contrariamente alle promesse del sindaco,
riempia di cemento il waterfront, costruendo mostri pluripiano al posto
dell’ex piscina Bianchi», ha spiegato il comitato per la difesa delle
Rive.
Elisa Coloni |
Wwf:
«Urbanistica nel caos» |
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«La
variante 93 per Porto Vecchio, approvata negli scorsi giorni dal
Consiglio comunale, non prevede uno sfruttamento intelligente ed
ecosostenibile dell’area. Quella è una zona strategica per Trieste, il
cui riutilizzo potrebbe rappresentare un punto di svolta per la città,
che gli amministratori locali rischiano di perdere». Così si è espresso
il responsabile sezione Wwf di Trieste Carlo Dellabella, ieri durante
l’incontro al cinema Ariston. «È il risultato di una gestione delle
strategie urbanistiche miope, che da anni ha caratterizzato le
amministrazioni comunali, e che manca di un reale coordinamento», hanno
aggiunto Dario Predonzan, responsabile del settore territorio Wwf
regionale e Giulia Giacomich, presidente di Italia nostra.
e.c. |
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FERRIERA
- I residenti di Servola chiedono test medici: vogliamo sapere le cause dei
nostri malesseri |
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Dopo
petizioni, striscioni e reclami alla Polizia municipale i cittadini si
rivolgono all’Ass
Non mollano
la presa né depongono gli striscioni di protesta, i residenti del rione
Servola. Anzi, dopo la Polizia municipale - che con cadenza regolare
contattano per segnalare imbrattamenti o rilevare la concentrazione di pm10
- iniziano a chiamare pure l'Azienda sanitaria. Perché, questo ormai è
chiaro, non sono più disposti a chiudersi in casa alla prima,
inconfondibile, zaffata della cosidetta «puzza di Ferriera», trasportata
dallo scirocco verso l'abitato, né a patire ulteriori disagi dai siti
industriali presenti nell'area.
Soprattutto, reclamano una cosa: che siano eseguiti dei test medici. Per
capire se le bronchiti, le lacrimazioni agli occhi, i bruciori di gola - da
parecchi residenti riferite - possano essere, in qualche modo, connessi alle
emissioni oppure no.
Una signora, in particolare, si è rivolta al Dipartimento di Igiene pubblica
per discutere il problema con i responsabili del servizio, i quali
consigliano sempre, in caso di malore, di rivolgersi alle strutture
sanitarie, così da essere visitati da un medico. Una prassi che, in queste
ore, viene sollecitata tramite il passa parola. La signora si chiama
Dajla Jakin, ha 36 anni, vive col marito e le due figlie Ambra e
Antonella, rispettivamente di 13 mesi e 9 anni, in una casetta di via
Ponticello, al civico 26. Risiede lì dal 2003 e ha già avuto modo di
pentirsi di quella scelta, nonostante i numerosi sacrifici che una famiglia
affronta per l’acquisto di un’abitazione. «Non posso nemmeno godere del mio
giardino - afferma - come arriva l’estate, prendo le bimbe e le porto fuori
città, perchè hanno diritto a godersi il sole senza respirare gli
imbrattamenti. L’altr’anno ho optato per il campeggio, quest’anno ho
noleggiato una cabina a Sistiana. Ha idea, la gente, di cosa significhi
vivere, durante la bella stagione, tappati in casa, con le finestre
sigillate? Sì, quando sono venuta a vivere qui, avevo sentito che c’erano
dei problemi, ma non immaginavo certo questo scenario. Due anni fa era
ancora possibile, almeno di notte, dormire con le finestre aperte per lenire
la calura. Oggi, assolutamente no. E poi, lo dico fracamente, contavo molto
sul fatto che la Ferriera, entro il 2009, sarebbe stata chiusa. Quindi
pensavo che i disagi potessero essere circoscritti nel tempo». «Non
prevedevo, all’epoca, una tale situazione esasperata - ricorda - non avrei
fatto, altrimenti, una tale scelta. Ora, soprattutto, per le bambine, voglio
andare fino in fondo. Ho parlato con le dottoresse Brana e Mazzoleni, del
Dipartimento di Prevezione, le quali mi hanno consigliato di contattare
l’ospedale, in caso di malore, per ricevere la visita di un medico. Io l’ho
fatto, l’altro giorno, quando ho accusato delle difficoltà respiratorie
mentre stendevo il bucato ad asciugare fuori. E il dottore ha poi constatato
la situazione. Anche gli altri lo possono fare». «È importante - prosegue la
signora Dajla - che vengano compiuti degli studi epidemiologici sulla
popolazione residente, per dissipare i nostri timori, visto che mancano dati
inconfutabili. C’è sempre stata, infatti, una certa ritrosia, anche in
passato, a rivolgersi ai sanitari».
Ma a creare disagi, non sono solo i fumi della Ferriera. La signora
Danila Petronio, 55 anni, che vive al civico 54 di via Ponticello, se la
prende anche coi rumori della centrale elettrica: «Sono nata a Servola e
abito nella casa dei miei bisnonni. Fino a qualche anno fa si stava
tranquilli, poi le cose sono notevolmente peggiorate. Nessuno ne parla,
perchè tutti si concentrano sulla Ferriera, ma chi risiede, come me, in
questa zona, ha il "piacere" di sussultare per gli improvvisi sfiati
dell’impianto. Per non parlare poi dei rumori continui, 24 ore su 24, o
delle vibrazioni: perfino le porte tremano!». «Ogni tanto - conclude - vedo
delle grosse nubi che si levano e oscurano il paesaggio. Mi chiedo chi abbia
dato le autorizzazioni a questi insediamenti e come abbia consentito la
costruzione, successiva, di altre case».
C’è, infine, chi se la prende per le dichiarazioni rese l’altro giorno da
alcuni giovani operai della Ferriera. «Non è vero che in passato la
situazione era peggiore - riferisce un ex dipendente oggi in pensione, il
quale desidera restare anonimo - ci sono studi che lo possono affermare.
Sono stati condotti da istituti ed esperti già a partire dagli anni ’50.
Quando ci lavoravo io, l’aria e l’ambiente era pulito, al punto che si
poteva addirittura mangiare in cokeria».
ti.ca. |
Bonifiche: «La barriera a mare non è tassativa» - Azzarita (Ezit): «Prima le
caratterizzazioni e poi si sceglierà la soluzione tecnica» |
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Gli enti locali hanno discusso assieme la bozza dell’accordo
di programma inviata dal ministero dell’Ambiente
Un
importante passo in avanti, nel senso che la barriera a mare non è più un
obbligo tassativo, anche se il testo va migliorato in punti non certo
secondari. La bozza dell’accordo di programma sulla messa in sicurezza della
falda inquinata, discussa ieri dagli enti locali in una riunione
all’assessorato regionale all’Ambiente, ha suscitato commenti
sostanzialmente positivi da parte dei rappresentanti di Provincia, Comune di
Trieste, Comune di Muggia, Ezit e Autorità portuale.
«Ho notato una posizione compatta dei vari enti – osserva il presidente
dell’Ezit, Azzarita –. Tutti hanno riconosciuto che nella bozza non si parla
più del muro di dodici chilometri, ma di progetti da valutare per contenere
la falda nei tratti in cui sarà necessario. E questo è un punto cruciale.
Non è invece cambiato – prosegue – l’atteggiamento del ministero verso i
privati che non intendono partecipare al futuro progetto: il principio ”chi
non ha inquinato non paga” non è ancora nero su bianco».
Azzarita annota poi che dalla bozza non risulta alcuna partecipazione
«forzata» all’accordo per le aziende del comprensorio Ezit, anche se «c’è
sempre il tentativo di far partecipare i titolari delle imprese. Ma prima di
scegliere il progetto di contenimento – aggiunge – si devono effettuare le
caratterizzazioni, e su questo punto ho insistito sul ruolo dell’Ezit come
soggetto unico deputato a gestirle».
«Condividiamo quanto segnalato dall’Ezit – osserva la presidente della
Provincia, Maria Teresa Bassa Poropat –. Bisogna partire con le
caratterizzazioni, e poi vedere chi ha inquinato e chi no. Puntiamo molto
sulle caratterizzazioni, per sbloccare le aree che risulteranno non
inquinate».
La presidente della Provincia sottolinea poi che va inserito il sostegno
agli imprenditori privati: «Nella caratterizzazione vanno supportati
finanziariamente anche i privati – spiega –. Nella bozza si parla solo di
enti pubblici e aree pubbliche. C’è il rischio che, se gli oneri delle
bonifiche fossero eccessivi, che qualche privato sia costretto a chiudere».
«E’ stato condiviso da tutti – concorda l’assessore all’Ambiente del Comune
di Trieste, Maurizio Bucci – che dalla bozza non si capisce che fine
facciano i privati. Abbiamo presentato – aggiunge – un documento con la
proposta di individuare a livello locale un ente che identifichi le aziende
in base al ciclo produttivo, ente che potrebbe essere la Provincia visto che
ha già competenze per i siti inquinati non di importanza nazionale».
Parla di passi in avanti il sindaco di Muggia Nesladek, ma rileva che vanno
chiariti punti come le caratterizzazioni, l’uso dell’analisi del rischio e
il principio secondo cui chi non ha inquinato non paga. «Fra i miglioramenti
– precisa il sindaco – anche quello sulle priorità nelle caratterizzazioni:
si parta subito per il tratto di costa del nostro comune fra Punta Olmi e
Porto San Rocco, zona dove storicamente non ci sono state attività
industriali e la cui uscita dal sito inquinato è essenziale per lo sviluppo
turistico».
Giuseppe Palladini |
Intesa,
vertice su ambiente e infrastrutture - Malattia: non parleremo di vetreria.
Travanut: mi rimetto al sì dell’Ass. Metz: parere contraddittorio |
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Martedì il chiarimento politico della maggioranza regionale
invocato dalla sinistra radicale: lo annuncia il capogruppo dei Cittadini
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Moretton: «Attendiamo il parere dell’Arpa e quello delle
Foreste, poi toccherà alla Via» |
TRIESTE «Il
tema della vetreria non è all’ordine del giorno. E non siamo disposti a
discuterne». Riccardo Illy non ha ancora inviato la convocazione ufficiale,
ma Bruno Malattia gioca d’anticipo: martedì pomeriggio, a meno di sorprese,
il presidente della Regione riunisce segretari e capigruppo di Intesa
democratica per il chiarimento politico promesso il 31 maggio, all’ultimo
vertice di maggioranza, quando aveva raccolto l’invito della sinistra
radicale, profondamente a disagio per il metodo decisionale adottato in
materia di ambiente e infrastrutture.
Eppure, nonostante quel chiarimento nasca sulla scia delle minacce
d’abbandono dei Verdi, dell’iter burrascoso del cementificio, dei voti
bipartisan, delle scelte future su Tav e dintorni e, alla fin fine, del
timore di un taglio delle ali estreme della coalizione in prospettiva 2008,
il capogruppo dei Cittadini mette le mani avanti. E avverte che la vetreria
di San Giorgio di Nogaro, ultimo «tormentone» che rischia di dividere la
maggioranza, non deve entrare nella riunione di martedì. Nemmeno di
straforo. «E perché mai deve entrarci? La riunione con il presidente serve a
discutere di politica» afferma il diessino Mauro Travanut. «Ed è molto
importante» aggiunge il rifondatore Giulio Lauri.
Di sicuro, però, nonostante la riunione tra Illy e la maggioranza abbia un
respiro politico diverso e più ampio, la vetreria occupa ancora la scena. E
il parere favorevole dell’Azienda sanitaria della Bassa, seppur condizionato
al trasporto via mare delle materie prime e al monitoraggio della qualità
dell’aria, non fuga paure e perplessità. Piuttosto, sembra incrinare il
«fronte del no» costituitosi attorno al cementificio: Verdi, sinistra
radicale e comitati confermano la contrarietà ma Travanut, dopo la battaglia
all’ultimo sangue contro il «mostro di Torviscosa», cambia registro. Più
esattamente, accetta il verdetto dell’Ass: «Non ho dubbi che sia valido e
non mi sogno di metterlo in discussione. L’Azienda della Bassa, peraltro, ha
più volte dimostrato di non inchinarsi alle pressioni esterne». Nessuno
stupore, quindi, se il parere sulla vetreria è diverso da quello sul
cementificio: «Ci sono differenze abissali, il secondo è in zona Seveso e la
prima no, il secondo prevede il trasporto via terra e la prima via mare, e
così via...» afferma il diessino. I comitati possono non gradire? «Rispondo
alla politica, al mio partito e alla mia logica». Sia chiaro, però: Travanut
non intende defilarsi. E, anzi, ricorda d’aver sollecitato una riunione con
il vicepresidente Gianfranco Moretton, quella sì dedicata alla vetreria, «da
tenersi la prossima settimana».
Come dimenticare, d’altronde, che l’impianto della Sangalli rimane un tema
caldo per la maggioranza? I Verdi non intendono permetterlo: «Il parere
dell’Ass lascia molto perplessi perché è in contraddizione con quello sul
cementificio, in cui si evidenziava che l’area della Bassa è satura di
emissioni. Cos’è cambiato? Come si può bonificare autorizzando impianti
inquinanti? Dove sono le centraline per misurare le ricadute
sull’ecosistema?» afferma Sandro Metz. E ancora: «La vetreria è a ridosso
della laguna di Grado e Marano e quindi di un sito di interesse comunitario
tanto da richiedere la valutazione d’incidenza che va inviata alla
commissione europea, pena la procedura d’infrazione». Nemmeno i comitati
intendono abbassare la guardia: «Aspettiamo di leggere il parere dell’Ass
per coglierne le sfumature e comprendere il peso delle prescrizioni.
Comunque - spiega il portavoce Mareno Settimo - noi riteniamo sin d’ora che
si debbano innanzitutto imporre i catalizzatori alla centrale a turbogas e
solo in seguito valutare l’impatto della vetreria». Nell’attesa, i comitati
annunciano l’invio di osservazioni alla commissione Via e riunioni a Marano
e Lignano «per sensibilizzare le popolazioni locali».
La strada della vetreria, d’altronde, è ancora lunga. Lo ribadisce Moretton:
ci vogliono il parere dell’Arpa e quello della direzione alle Foreste «in
quanto la vetreria confina con un sito di interesse comunitario e richiede
la valutazione d’incidenza», poi si apre l’istruttoria del servizio di Via,
quindi si riunisce la commissione, e solo alla fine si delibera in giunta.
Come finirà? «Decideremo, come sempre, nel rispetto delle norme» risponde il
vicepresidente. Ma sin d’ora, al fine di evitare i pasticci del passato,
Malattia chiede un rafforzamento del livello tecnico: «Quello politico, per
decidere, ha bisogno di risultati chiari e univoci».
Roberta Giani |
LA SFIDA
DEL CORRIDOIO 5 - TRIESTE E IL PASSAGGIO A NORD EST |
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Oggi alle
18 al caffè Tommaseo viene presentato il libro di Franco Migliorini «Un
corridoio tutto da inventare». Sul tema pubblichiamo questa riflessione.
Agli antichi romani, gente pratica, non sarebbe mai venuto in mente di
chiamarlo corridoio. Eppure, quello che oggi indichiamo come «Corridoio 5»,
destinato a collegare il Sud della casa comune europea da Ovest a Est
traversando la pianura padana, loro l'avevano già fatto.
Era
il grande asse della Postumia, che da Genova raggiungeva Vicenza e da qui
Aquileia, per poi affacciarsi ad est, oltre confine, fino a Iulia Aemona,
l'odierna Lubiana. Il tracciato, attraversando la parte meridionale delle
Alpi Giulie e i rilievi del Carso, aveva il pregio di unire la pianura
padana, attraverso la X Regio Venetia et Histria (praticamente l'odierno
Nordest), e il mar Adriatico, con i territori bagnati dalla Sava e dal corso
del basso Danubio. Un itinerario che a sua volta correva lungo le tracce
della grande Via dell'Ocra (esistente dai tempi preistorici), nome con cui
Strabone indica il collegamento tra il bacino adriatico e l'est del
continente. L'arteria venne realizzata in due tranches, tra gli inizi del
primo secolo avanti Cristo e la seconda metà; quest'ultima, in particolare,
in soli due anni, tra il 35 e il 33, a supporto della campagna di Ottaviano
in Pannonia, autentico granaio imperiale.
Duemila anni dopo, ormai da parecchio tempo e chissà ancora per quanto
(rischiando di farlo finire in un vicolo cieco), noi stiamo ancora
discutendo di "Un corridoio tutto da inventare", come lo sintetizza
efficacemente il titolo del libro appena proposto da Franco Migliorini per
la collana promossa dalla rivista "nordesteuropa.it". Migliorini, docente di
Storia e cultura del territorio, è uno dei più autorevoli esperti in
pianificazione urbanistica e territoriale, e ha il raro pregio di saper
trasmettere in maniera semplice quanto incisiva le nitide idee che ha in
testa, nutrite da una solida competenza: virtù che fa difetto a troppi di
coloro che a vario titolo (e a volte senza nessun titolo) disquisiscono
della materia.
Il libro, in realtà, affronta un tema molto più ampio del corridoio 5: la
risposta da dare all'interrogativo strategico "dove potrebbe andare il
Nordest". Una sua proposta l'autore la fa: riuscire a passare, grazie alle
dinamiche che ruotano attorno al corridoio, da oggetto di trasformazioni
profonde a soggetto di un cambiamento condiviso, "un luogo dove riconoscersi
e lavorare, guardando avanti". Che detta così sembra l'uovo di Colombo, se
non fosse che di frittate, nel frattempo, l'inconcludente Nordest ne ha
sfornate fin troppe. Accumulando nel contempo due pesanti ritardi, come
segnala nell'introduzione Paolo Costa, presidente della commissione
trasporti dell'Europarlamento: quello di attuare il corridoio 5 specie sul
fronte orientale, da Milano a Trieste e oltre in Slovenia; e quello di dar
vita a un asse forte metropolitano tra Venezia e Padova che faccia da volano
all'intera area.
Naturalmente, le cose non sono così semplici come ai tempi dei romani (i
quali peraltro stenterebbero assai a identificarsi nei loro odierni
discendenti). I dieci corridoi paneuropei in cui rientra quello oggetto del
libro riguardano 25mila km di reti ferroviarie, 23mila di reti stradali, 38
aeroporti, 13 porti marittimi e 49 porti fluviali. Inoltre, ciascuno di essi
è organizzato in un sistema a tre livelli che include trasporti, energia e
telecomunicazioni. Peccato che il famigerato numero 5 versi in ritardi e
incertezze tali da comprometterne la stessa realizzazione; mentre a non
molta distanza da noi, di là delle Alpi, galoppa l'alternativa del
cosiddetto "progetto Magistrale" per collegare Parigi con Budapest
incrociando tutte le direttrici nord-sud del Centro Europa ma raccordandole
a nord dell'arco alpino. Cioè un diretto quanto temibile concorrente, come
giustamente segnala Migliorini.
Il fatto è che in casa nostra il dibattito rimane prevalentemente ancorato
al tracciato e all'impatto ambientale, anziché cogliere l'occasione di
ragionare su una diversa visione del Nordest. Lasciamolo dire all'autore,
che sa farlo molto meglio: "E' questo il passaggio che manca, non una
questione di infrastrutture ma di come il Nordest si attrezza per stare in
Europa, usando gli strumenti che l'Europa offre, ma che non può imporre a
nessuno che non lo voglia, o che non sappia raccordare i problemi locali,
come il traffico, al dato più generale: un sistema di relazioni in crescita
esponenziale che richiede risposte strategiche e generali, e non solo rimedi
empirici e locali, a ridosso della cadenza elettorale. Qui si percepisce
l'esistenza di una governance, se c'è".
Se c'è, appunto. Ma se per governance s'intende "una condivisione di
obiettivi strategici alla quale una pluralità di decisori convintamente si
riferisce, sulla base di un'intesa sia esplicita che implicita, ma comunque
stabile nel tempo" (come la definisce Migliorini), allora è proprio di là da
venire. Rimane la realtà di un'area piena di potenzialità, che da Verona a
Trieste misura appena 250 km di distanza; peccato che quei chilometri, come
fa notare l'autore, oggi si percorrano in almeno (almeno…) 150 minuti di
auto e 200 di treno: fatte le debite proporzioni tecnologiche, più di quel
che ci mettevano duemila anni fa i convogli romani. Ma quella, con tutta
evidenza, era decisamente un'altra Roma.
Francesco Jori
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Incontro
su Corridoio 5 e Alta velocità |
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TRIESTE
Stringono i tempi per non perdere l'ultimo treno per il corridoio 5,
Lisbona-Kiev, che attraversa la pianura padana. A proporre una riflessione a
più voci sull'argomento, oggi alle 18 a Trieste, al caffè Tommaseo
nell'omonima piazza, viene presentato il libro di Franco Migliorini «Un
corridoio tutto da inventare (L'alta velocità per far crescere città e
distretti)», edito da Marsilio, e che rientra nella serie proposta dalla
rivista «Nordesteuropa.it», con la collaborazione della Fondazione Nordest.
Stimolante il tema scelto per l'incontro: «Alta velocità, ultima chiamata
(il corridoio 5 come strumento per aprire nuove relazioni a livello europeo
e locale)». A discuterne, con la regia del direttore de «Il Piccolo» Sergio
Baraldi, sono Paolo Costa, presidente della commissione trasporti
dell'Europarlamento, Claudio Boniciolli, presidente dell'Autorità portuale
di Trieste, ed Enrico Marchi, presidente di Save spa. Presenta Caterina
Della Torre, presidente di Aidda Friuli-Venezia Giulia |
IL CASO
SERVOLA - UN PROGETTO PER LA FERRIERA |
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Non credo,
francamente, che il sindacato possa essere annoverato tra i «peggiori
nemici» del benessere della città. |
E tantomeno dei
lavoratori della Ferriera. Né ci si può accusare di opporre il "ricatto
occupazionale" ad ogni ipotesi di chiusura. La posizione di Cgil, Cisl, Uil è
stata chiara fin dall'inizio: non sottoscrivemmo il protocollo condiviso nel
2002 dalle istituzioni, dalle categorie economiche e dalla proprietà di allora
sulla chiusura dello stabilimento entro il 2009, perché non veniva garantita la
ricollocazione dei dipendenti della fabbrica e dell'indotto. Questa condizione
non si è modificata da allora ad oggi, anzi, si è aggravata: il mercato del
lavoro fa fatica a riassorbire un numero significativo di lavoratori espulsi
dalle aziende entrate nel frattempo in crisi. Ciò deriva da un complesso di
motivazioni, delle quali la principale è costituita dal fatto che non si riesce
a venire a capo del problema delle procedure, dei costi e delle modalità della
bonifica del sito inquinato di interesse nazionale, precondizione per garantire
nuovi insediamenti mirati ad assorbire i più di mille dipendenti dello
stabilimento e dell'indotto.
Va ricordato che questa valutazione fu condivisa, capovolgendo l'impostazione
iniziale, da quasi tutti i firmatari del protocollo del 2002 (tranne Comune e
Provincia) in un documento sottoscritto in Camera di commercio nel novembre
2004, nel quale si chiedeva all'azienda di effettuare gli investimenti necessari
a continuare la produzione, riducendo entro limiti accettabili l'impatto
ambientale. Col cambio di proprietà e l'avvento di Severstal fu l'Azienda stessa
a manifestare - un anno dopo - l'intenzione di proseguire l'attività produttiva,
impegnandosi ad effettuare gli investimenti ambientali necessari. La Regione
pose tre condizioni, da noi condivise: riduzione verificabile dell'impatto
ambientale, garanzie sulla sicurezza nello stabilimento, mantenimento dei
livelli occupazionali. Le ultime due sono state sostanzialmente rispettate: sul
fronte della sicurezza attraverso un protocollo sottoscritto nell'aprile 2006
tra proprietà, Asl, Inail e sindacati di categoria maggiormente rappresentativi.
Su quello occupazionale con un leggero ma percepibile incremento degli addetti.
Siamo invece ancora a livello istruttorio per quanto riguarda la certificazione
ambientale. Proprio per questo siamo fortemente preoccupati per i dati emersi in
questi giorni, che non si limitano peraltro al fronte mare della Ferriera: ci
deve essere un chiarimento tra istituzioni e azienda e quest'ultima deve operare
per mantenere le emissioni nei limiti di legge e proseguire col piano di
investimenti che ci è stato illustrato dal nuovo Amministratore delegato solo
poche settimane fa. Peraltro nell'ultima riunione del tavolo istituzionale era
emersa per la prima volta una sintonia nelle posizioni delle amministrazioni
pubbliche (Regione, Comune, Provincia), dell'azienda e del sindacato su tre
punti condivisi: continuazione della produzione in sicurezza, diversificazione
degli investimenti, graduale riconversione in vista di un diverso assetto
produttivo capace di fornire quelle garanzie occupazionali che non costituiscono
un "ricatto", ma un diritto per i lavoratori che per anni hanno contribuito a
sostenere l'economia triestina con rischio e fatica.
Crediamo che questa rimanga la strada da percorrere con realismo e senso di
responsabilità. Essa richiede tuttavia un'accelerazione nella progettazione, che
deve coinvolgere Comune, Provincia, Regione e Governo nei rispettivi ruoli. Ma
crediamo anche che non vi sia spazio per scorciatoie né per fantasie anche
suggestive, facili da scrivere, ma molto più difficili da perseguire.
Continueremo perciò ad insistere perché l'Azienda metta in campo quegli
interventi ambientali che consentano di proseguire la produzione finchè non
matureranno le condizioni per un vero e proprio accordo di programma costruito
su singoli passaggi verificabili e su tempi certi, che preveda con precisione
soggetti contraenti, competenze, impegni di ciascuno, caratteristiche delle
iniziative industriali capaci di garantire e sviluppare l'occupazione, qualità e
natura degli investimenti. Solo allora, quando tutti gli operai e i tecnici
della Ferriera potranno contare su un nuovo posto di lavoro, potremo dire di
aver svolto il nostro compito. La nostra posizione è chiara. Chiediamo
all'Azienda e alle Istituzioni altrettanta chiarezza.
Franco Belci - segretario generale Cgil Trieste
Libro
sull’alta velocità al Caffè Tommaseo |
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Stringono i
tempi per non perdere l’ultimo treno per il corridoio 5, Lisbona-Kiev,
attraverso la pianura Padana. A proporre una riflessione sull’argomento,
oggi alle 18 al Caffè Tommaseo viene presentato il libro di Franco
Migliorini «Un corridoio tutto da inventare - L’alta velocità per far
crescere città e distretti» (ed. Marsilio), e che rientra nella serie
proposta dalla rivista «Nordesteuropa.it», con la collaborazione della
Fondazione Nordest. Il tema scelto per l’incontro è: «Alta velocità, ultima
chiamata (il corridoio 5 come strumento per aprire nuove relazioni a livello
europeo e locale)». A discuterne, con la regia del direttore de «Il Piccolo»
Sergio Baraldi, sono Paolo Costa, presidente della commissione trasporti
dell’Europarlamento, Claudio Boniciolli, presidente dell’Autorità portuale,
ed Enrico Marchi, presidente di Save spa. Presenta Caterina Della Torre,
presidente di Aidda regionale. |
IL PICCOLO - GIOVEDI' , 21
giugno 2007
Ferriera, i
residenti: «Polveri, ora la verità» - «Controllate anche il ricreatorio
Gentilli». Dipiazza: andrò a Roma con Illy |
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Le testimonianze di un gruppo di servolani che ha fatto
controllare le emissioni dall’Arpa e chiede verifiche più accurate
Vogliono
sapere se nel posto in cui vivono l’aria è pulita. Se il pulviscolo nerastro
che si deposita su davanzali, giardini e automobili possa in qualche modo
rappresentare un rischio per la loro salute. E per questo, in via autonoma,
hanno già fatto intervenire diverse volte i tecnici dell’Arpa. Ora chiedono
di più: che i periti effettuino dei rilevamenti a campione sulle
concentrazioni delle polveri sottili pm10 anche all’interno delle case e non
soltanto all’esterno, ovvero tramite le centraline presenti sulle pubbliche
vie. Chiudere o non chiudere lo stabilimento, per i residenti delle vie
immediatamente prospicenti alla Ferriera, è un aspetto della vicenda che
passa in secondo piano rispetto a quello primario dell’integrità fisica. Ed
è il motivo per cui diverse famiglie, deluse dal fatto di veder diventare
lettera morta le proprie proteste, si sono attivate da sole, sollecitando
interventi o raccolte firme, e chiamando con frequenza i vigili urbani del
Comune di Trieste per ottenere un riscontro ufficiale dei disagi patiti.
Così sono arrivati ad apprendere che, in taluni casi, i livelli di
concentrazioni delle polveri sottili hanno superato i limiti fissati per
legge.
Il sindaco Roberto Dipiazza, ieri sera, è intervenuto sulla Ferriera:
«L’impianto siderurgico, come testimoniano i dati Arpa, non può più
convivere con l’abitato. Noi siamo riusciti a creare un movimento comune,
ora l’obiettivo è trovare un modo per riconvertire la struttura e
ricollocare 500 lavoratori. I tempi sono maturi: chiederò a Illy di venire
con me a Roma per rintracciare assieme gli ammortizzatori sociali, così la
chiusura non avrà un costo sociale».
Ma intanto, da qualche giorno, una nuova battaglia si è aperta e riguarda il
ricreatorio Gentilli, un polo aggregativo assai frequentato. Il signor
Nevio Tul, che ha 67 anni e risiede al civico 15 di via Pitacco, si è
deciso a prendere carta e penna per inoltrare un reclamo al Servizio
ambiente del Comune, nel quale ha richiesto, venerdì scorso, la misurazione
costante delle polveri sottili all’interno del centro, da parte dei tecnici
Arpa. Questo perché, come ha rimarcato Tul allegando documenti relativi agli
sforamenti registrati in più occasioni dalla centralina di via Carpineto, il
ricreatorio si trova distante poche decine di metri dalla stessa centralina.
Una circostanza, questa, che evidentemente lo spinge a supporre che anche lì
ci potrebbero essere significativi superamenti dei valori. «Vivo da dieci
anni nella casa ch’era di mia madre - spiega Nevio Tul - e mi sono deciso a
inoltrare il reclamo al direttore del Servizio ambiente, l’ingegner Caputi,
perché è mio dovere, giunto a quest’età, preoccuparmi per le future
generazioni. Il ricreatorio, infatti, è meta quotidiana di tanti ragazzi,
tra cui pure mio nipote Pietro, di 7 anni. E non scordiamo che il quartiere
di Servola, vessato da fumi e imbrattamenti, ospita un asilo in via Pane
bianco e uno in via Svevo, dove ci sono anche una scuola elementare e una
media. E poi abbiamo l’elementare di via Marco Praga e la saletta della
scuola De Marchi. Vale quindi la pena ricordare che le polveri, una volta
penetrate nei locali, non sono di così facile rimozione». Una domenica
pomeriggio, lo scorso 18 marzo, Tul ha chiamato la Polizia municipale a
causa del rinvenimento di pulviscolo nero sul pavimento del proprio
terrazzo. La sera stessa, alle 20.30, un tecnico dell’Arpa ha misurato,
all’interno della casa, una concentrazione di pm10 pari a 68 microgrammi per
metro cubo. Il limite, solo per l’ambiente esterno, è fissato a quota 50.
Anche a seguito di ciò, duecento abitanti della zona prospicente lo
stabilimento della Ferriera (vie Pitacco, San Lorenzo in Selva, dei
Giardini, Ponticello) hanno sottoscritto una petizione nella quale, per via
delle «continue e abbondanti emissioni di polveri e gas irritanti che creano
problemi alle vie respiratorie e non solo», chiedono «che i rilevamenti
delle concentrazioni delle polveri sottili pm10 eseguiti dall’Arpa siano
effettuati a campione anche all’interno delle case e non soltanto
all’esterno». «È dal ’97 - conclude Tul - che le lamentele vanno avanti
senza che la situazione migliori davvero. E lo scenario non cambia
nonostante i recenti proclami fatti dall’azienda o le passate delibere
dell’amministrazione, la quale già nel ’99 annunciava tavoli di
concertazione per "permettere nel tempo un generale miglioramento, dal punto
di vista ambientale, del sito industriale con conseguente positiva
ripercussione sulla qualità della vita circostante" (delibera 28 giugno
1999, ndr). Ora siamo veramente stufi».
Che la situazione, negli ultimi tempi, sia diventata insostenibile lo
conferma anche chi nel rione ci abita da sempre. «Sono nata a Servola e ci
vivo da 59 anni - racconta la signora Luciana Suman, residente in via
Ponticello 24 - da bambina giocavo all’aperto senza accusare alcun tipo di
problema: oggi, quando vengono a trovarmi i nipoti di 11 mesi e 6 anni, non
li posso nemmeno portare in cortile. Già questo indica che qualcosa è
cambiato. Viviamo barricati in casa e non siamo liberi di tenere aperte le
finestre quando ci pare. Possiedo un ciliegio, ma non ne mangerei mai i
frutti. Due anni fa, dopo una giornata trascorsa tra puzze e fumi, nella mia
via sono stati rilevati 660 microgrammi per metro cubo di pm10. Posso
credere che ciò faccia bene alla nostra salute? Si vive male: da due anni ho
la bronchite, come altre persone nel quartiere, e non sono neppure una
fumatrice. E nella via Ponticello, ci sono bambini che soffrono di gravi
patologie: certo non si può dire nulla ma la situazione preoccupa». Il
marito della signora Luciana, Giuseppe Sindici, ha
lavorato a lungo nella Ferriera: «Prima non c’erano queste condizioni -
conclude - e lo so bene perchè tutti gli ambienti venivano controllati e
manutenuti con costanza e assiduità. L’ultimo anno di lavoro l’ho fatto
sotto la direzione Lucchini: ebbene, da 8 manutentori, in quei mesi, si
passò a 4 e pure la manutenzione preventiva non veniva più compiuta ma si
assicurava solo quella di rottura. La progressiva privatizzazione
dell’impianto ha generato le attuali condizioni. Oggi, a ogni protesta,
vengono promessi interventi per contenere o azzerare le emissioni, ma io
dico che se questi lavori fossero stati eseguiti, non ci troveremmo oggi in
queste condizioni».
Tiziana Carpinelli |
BONIFICHE -
«Sito inquinato, la Provincia non ha competenza» - Caratterizzazioni e
bonifiche spettano all’Ezit in base a una legge regionale |
|
La presidente dell’ente Bassa Poropat replica alla proposta
del senatore Camber sul «censimento» delle aziende |
Per superare la paralisi dello sviluppo economico,
Assindustria afferma che vanno trasferite all’Ente zona industriale le
risorse previste dal piano nazionale |
La già
intricata questione delle bonifiche si «arricchisce» della polemica
politica. Replicando indirettamente alla proposta del sen. Camber al
consiglio di amministrazione dell’Ezit (censimento dell’attività delle
singole aziende da assegnare alla Provincia, ndr), e a quanti l’hanno
sostenuta, la presidente dell’ente, Bassa Poropat, afferma che «una
disinformazione, forse strumentale, è alla base di quanti sostengono che la
Provincia abbia competenze dirette nella bonifica del Sito inquinato di
interesse nazionale».
La Bassa Poropat ricorda poi che è stata la Regione, con la legge 15/2004,
ad affidare all’Ezit il compito di predisporre il piano di caratterizzazione
dell’area, e aggiunge che «questa attribuzione fu polemicamente contestata
dalla passata amministrazione provinciale, che la definì illegittima, e
sulla base di questa convinzione la Provincia fu l’unico ente a non
sottoscrivere l’accordo di programma».
Entrando nel merito della proposta di una verifica azienda per azienda del
tipo di attività, per individuare quelle inquinanti, la presidente della
Provincia precisa poi che «il primo obiettivo del piano di caratterizzazione
consiste nel descrivere tutte le attività che si sono svolte e che si
svolgono sul sito inquinato. Il piano – aggiunge – deve inoltre individuare
le correlazioni tra le attività che si sono svolte storicamente nell’area e
la contaminazione ipotizzata».
La Bassa Poropat conclude affermando che «anche volendo la Provincia non
potrebbe occuparsi di un compito che una legge regionale ha affidato all’Ezit,
ente con il quale, a differenza della passata amministrazione, condividiamo
modalità e finalità dell’operato».
La Regione intanto va avanti sul fronte della bozza dell’accordo di
programma per la messa in sicurezza della falda inquinata (la contestata
barriera a mare), bozza che il ministero dell’Ambiente ha inviato agli enti
locali qualche settimana fa.
Nella sede dell’assessorato all’Ambiente stamane si riuniranno quindi, oltre
ai funzionari della Regione, la presidente della Provincia, il sindaco di
Muggia, il presidente dell’Ezit, il Comune di Trieste e l’Autorità portuale.
Al centro della discussione, come detto, i contenuti della bozza di accordo,
in vista della risposta che il ministero attende entro il 30 giugno.
Sul nodo del sito inquinato e delle bonifiche interviene anche
l’Associazione industriali, ricordando che sono trascorsi più di quattro
anni dal decreto di perimetrazione del sito. «I criteri di definizione delle
aree da porre sotto indagine – rileva Assindustria – in quanto non originati
da logiche scientifiche hanno introdotto ulteriori complicazioni giungendo
al risultato attuale: la totale paralisi dello sviluppo economico della
provincia». Paralisi dovuta al fatto che non ci sono aree per nuovi
insediamenti produttivi ma non si possono neanche ampliare le attività
esistenti.
Per superare l’impasse Assindustria ribadisce che «è necessario trasferire
all’Ezit le risorse destinate al piano nazionale di bonifica, per effettuare
le investigazioni delle matrici ambientali e quindi intervenire sui punti di
reale criticità».
Con le norme attuali, secondo gli industriali, i costi per le bonifiche sono
insostenibili. «Per il sito di Trieste, la stima delle risorse necessarie
ammonta a oltre 500 milioni di euro. E se da un lato – osserva Assindustria
– non è ancora chiarito come si garantirà la copertura economica, dall’altro
non c’è l’esplicita garanzia di tutela per chi è estraneo a ogni
responsabilità di inquinamento, in armonia con il principio comunitario ”chi
non ha inquinato non paga”». Si devono quindi focalizzare gli sforzi,
concludono gli industriali, per il recupero ambientale delle situazioni di
provata criticità, prevedendo gli interventi e i costi in relazione
all’accertamento delle responsabilità.
gi. pa. |
Cattinara,
dagli scarichi spunta il toluene - Tre i nomi degli indagati finora
emersi, sull’identità degli altri due massimo riserbo in Procura
|
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Una nota dell’azienda ospedaliera precisa le modalità di
eliminazione dei prelievi organici e aggiunge particolari inquietanti alla
vicenda
Non c’è solo
l’indagine del sostituto procuratore Maddalena Chergia sulla presunta
violazione delle norme ambientali nel laboratorio analisi di Cattinara, ma
ora spunta anche il caso del toluene. |
A
denunciarlo pubblicamente sono gli stessi vertici dell’Azienda ospedaliera
triestina (e non l’azienda per i servizi sanitari come erroneamente indicato
ieri). In una nota si legge che l’idrocarburo altamente cancerogeno usato
solitamente come solvente di vernici è stato «rinvenuto nei reflui
dell’ospedale» dai carabinieri dei Nas. «Appare quantomeno sorprendente -
continua il documento - che tale sostanza possa essere stata rinvenuta se
non per effetto di possibili comportamenti dolosi di soggetti interessati a
danneggiare l’immagine dell’ospedale di Trieste».
Intanto si è appreso che nei prossimi giorni il magistrato che dirige
l’indagine inizierà gli interrogatori degli indagati. Si tratta del
direttore di presidio Lucia Pelusi, del responsabile del laboratorio Bruno
Biasioli e del tecnico del dipartimento Maurizio Canaletti. Indagati anche
altri due dirigenti sulla cui identità viene mantenuto il massimo riserbo.
Per tutti i cinque è ipotizzata a vario titolo l’accusa di concorso nella
violazione dell’articolo 256 del decreto legislativo 152 del 2006
riguardante la gestione dei rifiuti speciali.
L’altra mattina i carabinieri dei Nas hanno posto sotto sequestro preventivo
- come ordinato dal gip Raffaele Morvay - sei apparecchiature per le analisi
concedendo «la facoltà d’uso condizionata - si legge nel provvedimento -
alla regolarità dello smaltimento dei rifiuti prodotti». In pratica il
provvedimento giudiziario riguarda esclusivamente i raccordi di collegamento
delle apparecchiature alla rete fognaria cittadina. Tant’è che anche ieri
sono state eseguite regolarmente le analisi. In tutto come ogni giorno in
numero di circa 400.
Sulla vicenda si registra una precisazione dell’Azienda ospedaliera. «In
nessun caso sostanze organiche potenzialmente infette, quali sangue, urine
ed altro o reagenti concentrati sono stati sversati nella rete fognaria
cittadina - si legge -. Ciò che invece è oggetto di verifica, a seguito
dell’ispezione dei Nas, è la liceità dello smaltimento attraverso la rete
fognaria delle acque di lavaggio delle apparecchiature oggetto di sequestro
che possono rientrare nella tipologia degli scarichi industriali la cui
eliminazione attraverso la rete fognaria risulta, tra l’altro, debitamente
autorizzata dal Comune».
Corrado Barbacini |
Timignano
resta zona verde - Importante decisione della giunta anche per i borghi
carsici |
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Opicina,
Timignano e Poggi Sant’Anna non diventeranno agglomerati di cemento, ma
conserveranno la fisionomia attuale, più equilibrata e a misura d’uomo.
L’annuncio è stato dato ieri dall’assessore Maurizio Bucci, che ha parlato
di «correzione di tiro rispetto al precedente progetto di urbanizzazione. Il
piano partiva dal presupposto di una crescita esponenziale della popolazione
residente in queste aree, fenomeno che non si è avverato. Abbiamo perciò
pensato di rivedere stime e progettazione, adottando la variante che
permette ai residenti, che più volte avevano chiesto quale sarebbe stato il
loro futuro, di dormire sonni più tranquilli».
I volumi di edificabilità di Poggi Sant’Anna e Timignano scendono del 50 per
cento, quelli di Opicina del 30 per cento. Calano anche le altezze massime:
le altezze delle costruzioni C3 non potranno superare i 6 metri e mezzo a
Timignano e Sant’Anna e i 7 e mezzo a Opicina. Quindici metri invece la
soglia per gli edifici ex C1. «Siamo soddisfatti di poter fare questo
annuncio – ha proseguito Bucci – perché così si salvaguarderanno le aree
verdi esistenti, che altrimenti avrebbero dovuto essere sacrificate a un
processo di cementificazione».
In particolare i nuovi limiti delle altezze sono stati giudicati
dall’assessore comunale «un concreto segnale di risposta alle esigenze della
popolazione residente, che temeva di veder modificato il proprio spazio e di
perdere, nei casi nei quali esiste – ha aggiunto – la possibilità di godere
del panorama». Nell’occasione, Bucci ha commentato anche altre scelte della
giunta: «Un ulteriore primo importante passo è stato fatto anche per
Basovizza, Trebiciano e Longera – ha specificato - tre borghi carsici che,
sentiti i residenti, abbiamo voluto mantenere e rispettare nei loro
equilibri e nella tipologia abitativa che è propria di queste specifiche e
caratteristiche zone». Bucci ha concluso: «Intervenire in questa materia è
molto delicato, si va a incidere direttamente su interessi economici
evidenti».
u. s. |
L’Azienda
sanitaria dice sì alla vetreria - Ma l’ok è vincolato a due prescrizioni:
trasporti via mare e monitoraggio delle emissioni |
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In Regione è arrivato il parere bis sulle ricadute per la
salute umana dell’impianto Sangalli a San Giorgio di Nogaro
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Ora si attende il verdetto dell’Arpa. Poi si riunirà la
commissione Via - I comitati del «no» sono già pronti a ricorrere alle vie
giudiziarie |
TRIESTE Un
parere favorevole con prescrizioni. Due in particolare: l’obbligo del
trasporto di materia prima via mare e un monitoraggio continuo al camino.
L’Azienda sanitaria della Bassa friulana dà il via libera, seppur
condizionato, alla vetreria di San Giorgio di Nogaro: un primo importante
passo verso l’insediamento in Friuli dello stabilimento voluto dall’azienda
Sangalli. Il documento, firmato dal responsabile del servizio igiene-tecnica
Carlo Piani, è arrivato ieri mattina negli uffici della direzione regionale
dell’Ambiente.
SÌ VINCOLATO Parere favorevole con prescrizioni, sintetizza l’Ass
numero 5. Innanzitutto si chiede alla Sangalli di provvedere via nave
all’approvvigionamento di materia prima, con movimentazione dal porto allo
stabilimento per mezzo di nastri trasportatori chiusi, in modo da non
superare i 4 viaggi di camion per ora. E, altra condizione per un via libero
definitivo, l’Azienda sanitaria impone l’installazione di una centralina di
monitoraggio delle emissioni inquinanti, in modo da verificare costantemente
il rispetto dei parametri di legge. In particolare, si controlleranno le
emissioni di polveri sottili, biossido di zolfo, ossido e biossido di azoto.
L’installazione, si precisa ulteriormente, dovrà avvenire prima della messa
a regime della vetreria e dovrà essere concordata con la stessa Azienda
sanitaria della Bassa.
PARERE BIS Il documento consegnato alla direzione dell’Ambiente è la
risposta alla richiesta della Regione che, di fronte a una prima espressione
dell’Ass che si prestava a interpretazioni difformi, aveva rispedito le
carte al mittente sollecitando un parere inequivocabile. Parere che adesso è
arrivato e che si aggiunge a quelli favorevoli di San Giorgio di Nogaro,
Torviscosa e Carlino, mentre a dire «no» al nuovo insediamento industriale
nella Bassa sono stati la Provincia di Gorizia, Marano e Porpetto.
L’OK DI SAN GIORGIO A inizio gennaio, con la premessa di una
relazione di un gruppo di lavoro dell'Università di Trieste che aveva
individuato varie prescrizioni, il consiglio comunale di San Giorgio aveva
dato il suo ok allo studio di impatto ambientale e alla relazione di
incidenza presentati dalla Sangalli su un progetto che ipotizza 220 occupati
e una produzione di 600 tonnellate al giorno di vetro float. Ma, da subito,
non erano mancate le perplessità di ambientalisti e cittadini, preoccupati
in particolare per le emissioni in atmosfera, soprattutto perché sommate a
quelle della centrale a turbo-gas di Torviscosa e, in prospettiva, pure a
quelle del cementificio.
LE POLEMICHE Il comitato di difesa ambientale parlò di «attentato
alla salute pubblica». Paolo De Toni, in particolare, segnalò le
concentrazioni di ossido di azoto «oltre i limiti di legge», denunciò la
riduzione del camino progettato da 80 a 60 metri, il non rispetto del
protocollo di Kyoto, la mancata realizzazione di una barriera di
mascheramento a protezione della laguna e l’assenza di una comparazione
quantitativa con gli impatti ambientali dello stabilimento che la Sangalli
ha già in Puglia.
IL NO DI GORIZIA Molto chiaro anche il «no» tecnico della Provincia
di Gorizia. Nel documento firmato dal responsabile della gestione ambientale
territoriale Fabrizio Mores si argomenta la bocciatura del progetto Sangalli
con la mancata notifica della valutazione ambientale, con conseguente
richiesta di parere alla commissione europea (necessaria per un insediamento
che impatta su un Sic, quello della laguna di Grado e Marano) e con problemi
relativi agli aspetti paesaggistici, al rumore e alle emissioni in
atmosfera.
LE EMISSIONI A questo punto la partita, una volta raccolto pure il
parere dell’Arpa, atteso a breve, si sposterà in commissione Via. Mentre,
inevitabilmente, i comitati torneranno a protestare. L’ambientalista
sangiorgino Paolo De Toni, sin d’ora, non esclude il ricorso al Tar. E pure
Mareno Settimo, portavoce del comitato «No al cementificio», si è già detto
pronto a replicare la battaglia vinta la scorsa settimana con lo stop della
giunta all’insediamento di Torviscosa (il cui consiglio comunale, questa
sera, discuterà dell’inceneritore di «fluff», bocciato martedì a San
Giorgio). Secondo Settimo le emissioni di ossido di azoto sono più rilevanti
nel progetto del cementificio (1700 contro 1400 tonnellate annue) ma la
vetreria creerebbe maggiori problemi con il biossido di zolfo (750 contro
300-350).
Marco Ballico |
Maxi-incentivi alle aziende non inquinanti - Li chiede Fortuna Drossi:
«Servono 50 milioni di euro per favorire una svolta nelle politiche di
sviluppo» |
|
TRIESTE
Chiusa la vicenda cementificio, ma con il caso-vetreria ancora in piena
bagarre, Uberto Fortuna Drossi lancia una proposta che coniughi le esigenze
di sviluppo dei territori «inquinati» con la compatibilità ambientale. Il
consigliere regionale dei Cittadini è pronto a presentare in consiglio un
ordine del giorno con il quale chiede alla Regione di stanziare dei
contributi importanti, ovvero 50 milioni di euro in 10 anni, alle aziende
non inquinanti che si insediano su territori da bonificare.
«Il problema che dobbiamo affrontare - spiega Fortuna Drossi - è che le
aziende che si insediano nei siti inquinati, come ad esempio la zona di
Torviscosa e dell’Aussa Corno, a loro volta nella maggior parte dei casi
producono inquinamento. Quindi, pur essendoci l’obbligo di bonificare
l’area, le popolazioni si ritrovano dopo qualche decennio a dover convivere
in una zona inquinata. Al tempo stesso la Regione ha un limite di intervento
sotto forma di contributi determinato dalla normativa europea sugli aiuti di
Stato che ammonta a 200 mila euro per azienda». La proposta di legge che
Fortuna Drossi intende depositare ha l’intento di incentivare lo sviluppo
nei siti inquinati di aziende innovative. In questo modo si verrebbe
incontro alle esigenze, più volte sottolineate negli ultimi giorni dai
sindaci della Bassa, di alimentare il tessuto economico della zona con
conseguenti importante ricadute sui livelli occupazionali ma senza incidere
sulla salute degli abitanti e sull’equilibrio dell’ecosistema.
«Per superare il ”de minimis” imposto dalla legge europea - spiega Drossi
Fortuna - sarebbe ammissibile il contributo della Regione alle imprese che
dimostrano di produrre a emissioni zero. E queste non possono che essere
aziende che operano nel campo dell’hi-tech, in quanto anche le imprese
”pesanti” che hanno adottato i sistemi più avanzati di filtraggio delle
emissioni, comunque inquinano l’atmosfera e il territorio. Nel bilancio
della giunta, visti gli importi degli incentivi erogati negli ultimi anni
alle imprese del Friuli Venezia Giulia, non è difficile trovare una posta di
50 milioni di euro da spalmare su dieci anni. Diventerebbe molto conveniente
dunque per le aziende accollarsi l’onere della bonifica per poi insediare le
loro strutture. Non dimentichiamo che il costo di un terreno industriale da
bonificare costa al metro quadro, oltre il triplo di un’altra area
edificabile destinata a uso industriale».
Ma quale potrebbe essere l’iter istituzionale e quali i tempi per rendere
operativa la proposta? «Io ho intenzione, come avevo già accennato in aula
durante il dibattito sul cementificio - conclude il consigliere dei
Cittadini - di depositare un ordine del giorno che preferirei fosse
concordato con la giunta regionale. Per rendere operativa l’iniziativa
sarebbe sufficiente apportare una modifica alla Finanziaria. Tutto diventa
facile se la maggioranza e l’esecutivo appoggeranno l’operazione che
comporta una scelta netta di una politica industriale volta a incentivare
attività produttive non tradizionali».
ci.es. |
Caldo
africano, consumi record di elettricità - Allerta nel Centrosud: domani
previste temperature oltre i 37 gradi. Protezione civile mobilitata
|
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ROMA
L’allarme arriva dai meteorologi: da ieri e fino a sabato le colonnine di
mercurio continueranno a salire, specie nelle regioni centromeridionali. Un
avvertimento subito rilanciato dalla Protezione civile che ha fatto scattare
l’allarme rosso a Catania, Palermo, Campobasso, Bari e Pescara, le cinque
città in cui viene segnalato il «livello 3» d’allerta, ossia il più alto.
Il momento più difficile, segnala sempre la Protezione civile, è atteso per
domani, quando le temperature supereranno abbondantemente i 30 gradi
arrivando a toccare i 37 gradi a Catania e i 35 a Bari e Palermo. E
parallelamente al gran caldo incalza la possibilità che possano crearsi
situazioni di pericolo per i più anziani, specie quelli che vivono soli, ma
anche la massima attenzione per i consumi di elettricità, volati in queste
ore verso i picchi storici in seguito all’utilizzo massiccio di
condizionatori d’aria e refrigeratori. Proprio ieri è stato toccato il
record del 2007, segnando intorno a mezzogiorno i 54 mila megawatt
consumati. Attesa oltre ogni limite, alla fine l’estate è arrivata
portandosi appresso un caldo afoso e umido.
Ma nonostante le già alte temperature di questi giorni siano destinate ad
aumentare ancora, non dovremmo arrivare ai picchi di calura toccata negli
anni scorsi. Per Gianfranco Maracchi, direttore dell’istituto di
biometeorologia Ibimet-Cnr di Firenze, «questa sarà un’estate con ondate
successive di calore ma non sarà come quella del 2003». In attesa di vedere
cosa accadrà nelle prossime settimane, il caldo comunque si fa sentire. Il
Centrosud continua a essere la parte d’Italia più presa dalla morsa del
caldo. Già ieri si boccheggiava nelle cinque città considerate più a
rischio. A Catania i 37 gradi attesi per domani si sono già sfiorati (36,8
gradi), contro i 35 di Palermo, 30 di Campobasso, 33,6 di Pescara e 34,6 di
Bari. Ieri consumati 54 mila megawatt, cifra non distante dal record del
2006: 55.600 megawatt. Nonostante la forte richiesta non dovrebbero
sussistere però pericoli di black-out.
Carlo Rosso |
IL PICCOLO - MERCOLEDI' , 20
giugno 2007
Ferriera,
polveri 40 volte oltre i limiti - Cinquanta sforamenti in un anno. Il 65%
delle pm10 è costituito da carbone
(vedi tabella) |
|
Il Comune ha diffuso i dati delle rilevazioni dell’Arpa
nell’ambito della convenzione per il monitoraggio dello stabilimento
L’inquinamento (grave) del suolo e del mare prodotto dall’attività della
Ferriera è stato quantificato qualche giorno fa attraverso i dati del
ministero dell’Ambiente diffusi dai Verdi. Ma anche le misurazioni degli
inquinanti nell’aria, attorno allo stabilimento di Servola, non sono meno
preoccupanti. E sono cifre pesanti, che in alcuni casi fotografano uno
sforamento delle polveri sottili di 40 volte il valore consentito.
In questo caso le rilevazioni sono dell’Arpa, effettuate nell’ambito
della convenzione triennale sottoscritta con il Comune, che ieri ha fatto un
primo bilancio del complesso dei monitoraggi sulle polveri sottili (pm10).
«Lo scorso anno le centraline attorno alla Ferriera, in via Svevo e via
Carpineto – ha spiegato l’assessore all’ambiente Bucci – hanno sforato il
limite di legge delle pm10 rispettivamente per 50 e 47 giornate, a fronte di
19 sforamenti rilevati in piazza Libertà».
Il limite attuale per le polveri sottili è di 50 microgrammi per metro cubo,
che non possono essere superati per più di 35 giorni l’anno. Ma dal 2010 il
numero massimo di sforamenti sarà di soli sette giorni annui. Nei primi
quattro mesi del 2007, poi, le emissioni di polveri sottili si sono
mantenute sui livelli dello scorso anno.
«La Ferriera emette polveri sottili in periodi di tempo molto brevi – ha
precisato l’assessore – per cui in pochi minuti si diffondono nell’aria
quantità incredibili di inquinanti. E’ un problema che sfugge alle
misurazioni medie giornaliere, che per forza di cose danno livelli molto più
bassi».
Il Comune ha quindi incaricato l’Arpa di effettuare interventi con
misuratori portatili, nei momenti in cui si verificano consistenti
emissioni. «Nell’ottobre scorso – ha sottolineato Bucci – l’Arpa ha misurato
picchi delle polveri sottili fino a 2200 microgrammi per metro cubo, valore
rilevato in via San Lorenzo in Selva, presso la stazione ferroviaria».
Per la prima volta, inoltre, l’Arpa ha collegato la presenza di elevate
concentrazioni di polveri sottili alle percezione di forti odori da parte
degli abitanti. «L’azienda ha sempre sostenuto – ha ricordato l’assessore –
che non c’era relazione tra odori e sforamenti delle polveri sottili. Ora è
provato che quando si sente odore si respirano le pm10, con tutti i relativi
disagi».
L’Arpa ha misurato anche la composizione delle polveri sottili. Dai rilievi
fatti fra il novembre 2006 e l’aprile scorso, risulta che il 65% delle pm10
è costituito da una componente carboniosa, il 25% è fatto di minerali di
ferro e il restante 10% da materiali inerti.
Nei primi quattro mesi di quest’anno sono state effettuate ben 2414
rilevazioni orarie, nel corso delle quali l’Arpa ha misurato anche il
benzene. La concentrazione media oraria di questo pericoloso inquinante è
risultata di 12,8 microgrammi per metro cubo, a fronte di un limite di 8.
«In pratica – ha commentato Bucci – uno sforamento costante».
Il Comune ha già trasmesso la documentazione ricevuta dall’Arpa all’Azienda
sanitaria e alla magistratura. «Attendiamo di sapere dall’Azienda sanitaria
– ha spiegato l’assessore – se questi livelli di inquinamento nuociono
gravemente alla salute. In caso affermativo serve un provvedimento deciso,
che spetta al sindaco in quanto responsabile della salute dei cittadini».
«La situazione complessiva è preoccupante – ha proseguito Bucci –. Basta
quindi col pensare che la Ferriera possa mettersi in regola. Sono troppi
anni che lo promettono. Il rispetto dell’ambiente impone l’applicazione
delle regole».
Concordando con quanto affermato dal segretario generale della Uil di
Trieste, Luca Visentini, Bucci ha poi sostenuto che, nella prospettiva di
una chiusura della Ferriera, «bisogna fare i tavoli per studiare la
ricollocazione dei lavoratori. La Regione invece continua a fare tavoli per
salvare lo stabilimento, cercando di dare l’autorizzaione integrata
ambientale a un’azienda che continua a inquinare aria, suolo e mare».
Il problema dell’inquinamento della Ferriera riguarda, secondo
l’amministrazione comunale, l’intera provincia. «Tutti i sindaci e le altre
istituzioni – ha concluso l’assessore – devono mettersi attorno a un tavolo
e studiare come ricollocare i lavoratori dello stabilimento. A nessuno
interessa più il business della Lucchini e dei russi. La gente ha diritto a
risposte e a chiare prese di posizione».
Intervenendo sul futuro economico della provincia, intanto, l’Associazione
industriali afferma in una nota di «non poter immaginare che lo sviluppo
industriale dei prossimi anni passi esclusivamente attraverso industrie ad
alta tecnologia e con forte tasso di conoscenza».
«E’ un auspicio di tanti – prosegue Assindustria – ma è irrealistico
sostenerlo. L’industria di base rimane ancora fondamentale, e sa competere
sui mercati proprio perchè ricca di contenuti tecnologici, anche di alto
profilo. Si rafforza quindi la necessità – conclude l’associazione – di
adottare le più appropriate tecnologie, anche per rendere sostenibile la
presenza di queste realtà produttive in termini di impatto ambientale e
tutela della salute».
Giuseppe Palladini |
Cattinara,
sotto sequestro il laboratorio analisi - Si sospetta che i prelievi
venissero scaricati nelle fogne. Indagati cinque dirigenti dell’Asl |
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Blitz nell’ospedale cittadino ordinato dal gip Raffaele
Morvay dopo un esposto presentato da una dipendente dell’Azienda sanitaria
|
I
carabinieri del Nas hanno messo sotto sequestro i macchinari delle analisi
del laboratorio di Cattinara per violazione delle norme ambientali. I nomi
di cinque dirigenti dell’Asl sono iscritti nel registro degli indagati. |
Il
provvedimento del Gip Raffaele Morvay è stato emesso su richiesta del pm
Maddalena Chergia. Per tutti i cinque indagati è ipotizzata a vario titolo
l’accusa di concorso nella violazione dell’articolo 256 del decreto
legislativo 152 del 2006 riguardante la gestione dei rifiuti speciali.
Il provvedimento di sequestro preventivo è stato notificato ieri mattina ai
responsabili del laboratorio e riguarda sostanzialmente i raccordi di
collegamento delle apparecchiature alla rete fognaria cittadina.
I carabinieri del Nas si sono presentati alle 8 e hanno controllato tutte le
macchine e le strumentazioni incollando copia del provvedimento su ognuna.
Sotto sequestro parziale sono finite sei apparecchiature, quattro fanno
riferimento al laboratorio che gestisce le urgenze del pronto soccorso, due
effettuano esami sierologici.
Le apparecchiature finite nel mirino eseguono ogni giorno non meno di 400
test ematici e altri controlli. In pratica gli esami effettuati ai pazienti
del pronto soccorso e ai degenti dell’intero ospedale di Cattinara.
L’ipotesi degli investigatori è che per un lungo periodo da quel laboratorio
siano usciti un fiume di sangue e altri liquidi organici. Dopo le analisi i
residui sono stati scaricati direttamente nelle fognature della città e non
trattati come invece si sarebbe dovuto fare. Un sistema di smaltimento
definito alla buona che - sostengono i carabinieri - sarebbe andato avanti
per molti anni.
Nel laboratorio analisi diretto dal dottor Bruno Biasioli lavorano quindici
tecnici specializzati. Vengono effettuate tutte le analisi riguardanti il
sangue ma anche l’urina e le feci.
Da ieri pomeriggio gli scarichi delle apparecchiature incriminate sono stati
staccati dalle fognature e in via temporanea sono stati collegati a
particolari taniche che verranno di volta in volta prelevate e smaltite da
una ditta specializzata. Nessuno dei pazienti dell’ospedale o del pronto
soccorso ha subito disagi. Ma è chiaro che il sistema delle taniche è un
escamotage provvisorio in attesa che venga realizzata una struttura adeguata
di smaltimento.
L’indagine del pm Maddalena Chergia è stata avviata qualche tempo fa dopo la
presentazione di un esposto da parte di una dipendente. Nella denuncia erano
state riportate con dovizia di particolari svariate presunte manchevolezze e
inadempienze della struttura sanitaria di Cattinara riguardanti non solo il
laboratorio analisi. Subito dopo la segnalazione è stato effettuato un
sopralluogo che ha confermato quanto esposto dalla dipendente. Il 15 giugno
il gip Morvay ha firmato il decreto. Ieri mattina è scattato il blitz con il
sequestro.
Ieri è stato impossibile avere una dichiarazione riguardo la vicenda da
parte della direzione dell’ospedale. I telefonini dei responsabili suonavano
a vuoto o erano staccati.
Corrado
Barbacini |
Via Foscolo:
50 firme contro il chiasso notturno |
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Petizione di
protesta degli abitanti di via Foscolo contro il chiasso notturno in strada.
Continua infatti in centro città la battaglia di chi vuole dormire la notte,
contro chi si trattiene fino a tarda ora fuori dai locali. Si tratta di un
problema che più volte ha coinvolto la zona di piazza della Borsa, così come
quella di Barriera Vecchia. La quinta circoscrizione presieduta da Silvio
Pahor (Forza Italia) ha appena consegnato in Municipio una raccolta di 50
firme dei residenti, che si scagliano contro l’eccessiva rumorosità
notturna, registrata davanti ad un pub, collocato nella parte alta di via
Foscolo, nei pressi della via Vecellio. I residenti due giorni fa avevano
consegnato la petizione al consigliere Marcello Corso (Cittadini), perché la
inoltrasse alla circoscrizione il prima possibile. «Il problema non è il pub
in sé stesso - spiega un residente che chiede l’anonimato - in quanto non fa
musica. Piuttosto la rumorosità, che continua ininterrotta sino alle 4-5 del
mattino, è dovuta alla clientela che staziona in strada, bevendo,
chiacchierando ad alto volume, come si trovassero nel salotto di casa»
d.c. |
Spiagge
deserte per paura del mare sporco - Il sindaco Ret, tempestato di
telefonate, assicura: «L’acqua è pulita» |
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Dopo le denunce di Doz e il temporaneo divieto di balneazione
per i lavori al depuratore
DUINO
AURISINA Scogli e zone balneari di Duino deserte, e municipio tempestato di
telefonate. Questo l'effetto della denuncia del giorni scorsi da parte di
Guido Doz, esponente della lista Un futuro per Trieste e di Agci pesca, che
in una conferenza stampa aveva denunciato il pessimo stato di salute del
Golfo di Trieste, collegando la mancata efficienza dei depuratori con lo
stato del mare, e con il divieto di balneazione temporaneo imposto alcune
settimane fa a Duino. Tutto ciò ha causato da parte dei bagnanti la scelta
di trascurare la zona degli scogli e i piccoli spazi a disposizione dei
bagnanti, e numerose proteste e richieste di informazioni sono state
indirizzate al sindaco, che ieri è corso ai ripari: «E' necessario informare
le persone che non vige alcun divieto di balneazione a Duino. Lo dico perché
mi stanno tempestando di telefonate di protesta, e la zona in questi giorni
è deserta. Ma non c'è divieto, e il temporaneo divieto di balneazione dei
giorni scorsi non era affatto causato dall'inquinamento».
Ironia della sorte, proprio a Duino - dove negli anni scorsi si erano
rilevati alti tassi di inquinanti appunto a causa del non corretto
funzionamento del depuratore - si sono concentrati i principali lavori
effettuati dall'amministrazione comunale per risolvere il problema della
fognatura. Ed era proprio la conclusione dei lavori - ha precisato il
sindaco - con la sostituzione di alcuni componenti, ad aver causato per soli
motivi tecnici e precauzionali, il temporaneo divieto di balneazione, durato
non più di due settimane.
I lavori alle fognature al porticciolo e nella zona a mare di Duino sono
stati effettuati negli ultimi mesi, e sono costati oltre 70mila euro: un
intervento che ha permesso da un lato di migliorare il sistema di
smaltimento, rendendo cioè più «pure» le acque che si riversano in mare, e
dall'altro ha previsto un sistema di «riserva», che entra in funzione nel
caso in cui quello principale abbia qualche problema: anche in questo caso i
liquami non finiscono in mare, ma una in una serie di casse di sicurezza.
«L'acqua a Duino è a posto - ha detto ancora il sindaco -. tanto che la zona
di balneazione, addirittura, quest'anno è stata estesa». Il problema
fognature a Duino Aurisina resta però tra i punti centrali: si attende la
realizzazione del nuovo depuratore che dovrà sostituire quello della Baia di
Sistiana, e anche si attendono ulteriori interventi al Villaggio del
Pescatore, dove la situazione è sempre stata particolarmente difficile, con
tracimazioni, in occasione di grandi piogge e alte maree.
Tornando alle dichiarazioni del sindaco Ret, il primo cittadino ha detto di
«non voler entrare nel merito delle affermazioni di Guido Doz per quanto
riguarda il generale stato di salute del mare: quello che è certo è che a
Duino Aurisina abbiamo investito molto e ci siamo impegnati non poco per
diminuire l'impatto della fognatura sull'ambiente circostante. Duino, che in
passato aveva sempre evidenziato problemi, quest'anno e anche l'anno scorso
aveva garantito un mare pulito. La gente può stare tranquilla, perché gli
investimenti hanno avuto ricadute positive».
fr.c.
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SAN DORLIGO
Critiche al sindaco dopo la scoperta di grave inquinamento - Gombac: «Siot,
allarme tardivo» |
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Curioso
apprezzamento, ma anche vibrante polemica con il Comune di San Dorligo da
parte della lista civica Uniti nelle tradizioni per l’inserimento della Siot
nel sito inquinato di interesse nazionale. Il capogruppo Boris Gombac dice:
«Esprimiamo viva soddisfazione per la decisione di inserire la Siot nel sito
inquinato presa dalla conferenza dei servizi il 18 maggio. Una richiesta in
tal senso era già stata formulata a gennaio dalla nostra lista civica:
mozione bollata però col voto contrario della maggioranza e l’astensione
dell’opposizione. Era stata presentata dopo due perdite di greggio tra
l'agosto del 2006 e il gennaio 2007». Gombac ricorda che la stessa mozione
faceva seguito a due interpellanze relative proprio alle perdite di greggio
e al sostegno dato alla Siot nella sua contrarietà a essere inserita nel
sito di interesse nazionale. «Ma il sindaco – racconta Gombac -, ha risposto
che la fuoriuscita di greggio non aveva provocato alcun inquinamento delle
risorse d'acqua, e che ’’l’opinione pubblica non è stata informata in quanto
non si è trattato di incidente rilevante’’».
Gombac rileva infine che, «al sindaco era stato dato mandato di appoggiare
in conferenza il non inserimento dell’azienda nel sito, non essendoci alcun
inquinamento delle falde. Su questo abbiamo chiesto chiarezza. Ma – aggiunge
- la giunta comunale ha nascosto la verità, e ha fatto approvare le varianti
al piano regolatore che consentono la costruzione di tre pozzi all'interno
della Siot per le opere irrigue destinate agli ulivi della ’’bonifica
agraria’’ a Monte d'Oro». Il consigliere giudica «estremamente grave» tale
situazione, visto che il benzene nelle acqua di falda supera di 100 volte i
limiti.
s.re. |
Wwf e Italia
nostra: «Piano regolatore da rifare»- Domani all’Ariston assemblea pubblica
con comitati e consiglieri comunali sul rischio cementificazione
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Guardare la
Costiera e le colline che sovrastano Barcola e vederci sopra solo ville e
villette, appiccicate l’una all’altra come funghi spuntati in ogni metro
quadro disponibile. Oppure camminare a Basovizza e imbattersi, invece che
nei prati che circondano il Sincrotrone, in un mega centro commerciale. Uno
scenario che oggi sembra paradossale. Ma Trieste potrebbe essere così tra
una decina d’anni? «Forse sì - giurano Wwf e Italia nostra - se le
amministrazioni locali non si decideranno a rivedere profondamente il piano
regolatore che, così come è stato redatto nel 1997, non impedisce che in
certe zone della città avvengano scempi irreparabili».
Ed è proprio per dire no alla cementificazione selvaggia e all’urbanistica
«miope e poco trasparente», che le sezioni triestine della due associazioni
hanno chiamato a raccolta 14 comitati cittadini, per dare vita a
un’assemblea pubblica che si terrà domani alle 18.30 al cinema Ariston in
viale Gessi. Un incontro «che speriamo sia caratterizzato da una
partecipazione plebiscitaria», hanno spiegato gli organizzatori ieri, nel
corso di una conferenza nella sede del Wwf. L’incontro di domani sarà un
faccia a faccia tra cittadini e amministratori locali: tra i presenti ci
saranno infatti l’assessore all’Urbanistica Maurizio Bucci e i consiglieri
comunali Roberto Sasco (Udc), Maurizio Ferrara (Lista Dipiazza), Fabio Omero
(Ds) e Alfredo Racovelli (Verdi).
In attesa che l’assessore Bucci, così come annunciato da tempo, tiri fuori
dal cilindro la variante al piano regolatore «che - assicura Bucci - punterà
a ridurre gli indici di edificabilità e a valorizzare spazi verdi e aree
pedonali», Wwf e Italia nostra continuano la loro battaglia in nome di una
profonda revisione dello strumento urbanistico. «Le voci delle associazioni
ambientaliste e dei cittadini sono rimaste sempre inascoltate - ha affermato
Dario Predonzan, responsabile del settore territorio del Wwf regionale -,
abbiamo lanciato una raccolta di firme e siamo a quota 3 mila. Però ora
serve un’urbanistica partecipata, per arrivare a un piano rispettoso
dell’ambiente, in cui lo spauracchio delle speculazioni immobiliari venga
allontanato una volta per tutte». Di «urbanistica fatta a casaccio, senza
una visione globale della città» hanno parlato Carlo Dellabella,
responsabile sezione Wwf di Trieste, e Giulia Giacomich, presidente di
Italia nostra.
e.c. |
Scienziati
triestini annunciano aumenti di ondate di calore - Saranno 5 volte di più
entro il 2100 |
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Se l’attuale
tendenza all’aumento delle emissioni di gas serra nell’atmosfera dovesse
continuare, le ondate di calore simili a quelle che nel 2003 provocarono
migliaia di morti nel Mediterraneo cresceranno fino a cinque volte entro la
fine del secolo.
È questo il preoccupante risultato di uno studio condotto da alcuni
ricercatori del Centro internazionale Abdus Salam di Fisica Teorica di
Trieste e della Purdue University di West Lafayette, in Indiana, pubblicato
sull’ultimo numero dalla rivista scientifica «Geophysical research letters».
Gli studiosi hanno concentrato le proprie analisi su 21 paesi del
Mediterraneo, applicando modelli matematici estremamente precisi ai dati sul
riscaldamento globale. Le loro deduzioni hanno portato a concludere che le
ondate di calore aumenteranno di una percentuale compresa tra il 200 e il
500%. In un tale scenario, sarà la Francia, secondo le proiezioni della
ricerca, il paese più colpito dal fenomeno, ma anche l’Italia accuserà il
contraccolpo determinato dai mutamenti climatici: «A soffrire saranno
soprattutto le coste - spiega Filippo Giorgi, direttore della sezione di
fisica della Terra dell’Ictp e coordinatore, per la parte triestina, della
ricerca - perchè al caldo si sommerà l’umidità. Nelle nostre proiezioni
abbiamo concentrato l’attenzione sulle giornate con più di 35 gradi di
massima e più di 20 di minima, così abbiamo visto che, se non si interverrà
con decisione sulle emissioni di gas serra, nelle zone più colpite si
arriverà a registrare 40 gradi per ogni estate».
L’ondata di calore che colpì l’Europa nel 2003, provocò in Italia un eccesso
di morti rispetto all’anno precedente pari a circa 3 mila unità, e
addirittura di 15 mila in Francia. Lo studio ha mostrato, infine, come una
riduzione nelle emissioni potrebbe ridurre del 50% l’intensificazione del
numero di giornate estremamente calde.
ti. c. |
AMBIENTE, È
L’ORA DELLE SCELTE |
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Da quando
esiste il dibattito sulla Ferriera di Servola le posizioni sono sempre le
stesse: da una parte chi chiede la chiusura per l'insopportabile livello di
inquinamento e dall'altra chi, con varietà di accenti, vuole che l'azienda
continui a produrre a qualsiasi costo.
Se la questione, posta in questi termini, non si è risolta in questi ultimi
15 anni pensiamo sia ora di cambiare alcuni fattori, pena il medesimo
risultato. |
I fatti degli
ultimi anni dicono che: le denunce in merito alla situazione ambientale non
erano follie di pochi visionari e così le valutazioni sui rischi della salute
dei lavoratori e dei cittadini; le politiche di ricollocazione non hanno
funzionato; le promesse di piani di ristrutturazione degli impianti in funzione
di una produzione non nociva sono rimasti lettera morta; i passaggi di mano
della proprietà hanno portato solo al peggioramento delle condizioni di lavoro e
allo sfruttamento degli impianti oltre il limite di sicurezza; gli utili si
realizzano soprattutto nella cogenerazione di energia e nei relativi incentivi:
finiti quelli l'azienda non ha più interesse a continuare la produzione; si è
acclarato che nei piani strategici della Severstal-Lucchini Trieste non c'è.
Proponiamo di rivedere alcuni passaggi dei ragionamenti che si fanno da molti
anni: le attività portuali che possono essere sviluppate sulla linea di costa
prospiciente la ferriera sono, in prospettiva altamente remunerative e
strategiche per l'azienda, se concordate in un piano generale di sviluppo del
porto Gli 800.000 mq prospicienti al mare che costituiscono il terreno della
Servola spa sono un patrimonio di grande rilievo se bonificato, la logistica
portuale e molte altre attività si potrebbero insediare in quel sito.
I costi delle bonifiche per una attività altamente inquinante come quella sono
costi certi, cioè la Ferriera dovrà affrontarli comunque per la vastità
dell'area, per la collocazione centrale nel complesso del porto, per l'invadenza
dell'impatto delle attività presenti, mantenere la ferriera costituisce il più
grosso tappo allo sviluppo economico della città Non conviene far conto su
aziende decotte per mantenere una percentuale di attività cittadine
nell'industria, conviene individuare come attrarre industrie strategiche e
innovative.
A nostro giudizio si tratta di dichiarare in modo irreversibile lo stato di
emergenza occupazionale/ambientale. I mezzi convenzionali non hanno funzionato
per troppo tempo e non sono in grado di costruire passaggi credibili di
soluzione. Tutti coloro che con varia intenzione e responsabilità stanno
cercando di mettere "una pezza" sull'emergenza sono i peggiori nemici del
benessere della città e dei suoi cittadini, anche di quelli che lavorano nello
stabilimento.
La Ferriera va chiusa perchè sono i conti economici che lo sanciscono. La
questione ambientale è impostata (non risolta) in modo adeguato, il sito di
interesse nazionale esiste e pur dopo molte difficoltà le emergenze, una ad una,
verranno affrontate. La questione del lavoro necessita di una soluzione che veda
lo stato direttamente coinvolto nella ricerca di soluzione straordinaria.
Nulla vieta di immaginare un accordo generale da costruire e perseguire
attraverso il concorso positivo di tutti gli attori locali e i ministeri
competenti: Lavoro, Ambiente, Sviluppo. La mole dei problemi e la vastità della
progettualità da mettere in atto prevedono uno sforzo di queste dimensioni, se
la città, compatta, lo chiedesse, si potrebbe finalmente iniziare un percorso
che potrebbe riscattare tutti da quel fallimento collettivo che alcuni giorni fa
veniva ammesso.
Non è il più il tempo della negazione o della testa sotto alla sabbia, non è mai
controproducente informare i cittadini e i lavoratori nascondendo i dati, anche
se allarmanti, ma è il tempo della decisione e delle scelte. Noi faremo la
nostra parte, speriamo che ognuno si assuma la responsabilità della propria.
Alessandro Metz - consigliere regionale dei Verdi
Vetreria, no
della Provincia di Gorizia - Gherghetta: bocciatura tecnica, non politica.
Pronto il parere dell’Azienda sanitaria |
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L’amministrazione isontina chiamata in causa per la laguna di
Grado e Marano. Metz: dopo il cementificio non va abbassata la guardia
Un parere,
prosegue il leader verde «che contiene tra l’altro la segnalazione di un
grave vizio di forma: la mancata notifica della valutazione di incidenza,
con conseguente richiesta di parere alla Commissione europea, necessaria su
un insediamento che impatta su un Sic, quello della laguna di Grado e
Marano».
IL NO DI GORIZIA Quello firmato dal responsabile della gestione
tecnico ambientale territoriale della Provincia di Gorizia Fabrizio Mores, e
invitato alla direzione regionale dell'Ambiente servizio Via, è un parere
“non favorevole”, a ribadire quello già espresso il 22 dicembre dell’anno
scorso da parte di un’amministrazione chiamata a esprimersi sulla vetreria
Sangalli di San Giorgio viste le possibili conseguenze ambientali sulla
laguna di Grado. Le integrazioni al primo parere non sono bastate: non solo,
si legge, «non risulta essere stato richiesto il parere alla Commissione
europea», ma ci sono pure problemi relativi agli aspetti paesaggistici,
«acuiti dalle modifiche progettuali proposte» (aumento delle altezze dei
capannoni e del camino), al rumore e alle emissioni in atmosfera: i tecnici
della Provincia rilevano una generale carenza di dati.
PARERE TECNICO Il presidente Gherghetta, tuttavia, non boccia la
vetreria. «Si tratta di un parere tecnico, non politico – precisa –. Sui
pareri di Via decidono infatti i tecnici, nel rispetto delle leggi. Se
dunque l’imprenditore che vuole quell'insediamento rispetterà le
prescrizioni citate nel documento non ci sarà alcun problema a procedere
secondo le normative vigenti. Altra cosa è stato il “no” politico al
rigassificatore davanti a Grado che contrastava lo sviluppo
economico-turistico del territorio».
ALTRI ENTI Nei giorni scorsi, si era registrata una frattura nel
fronte dei Comuni interessati, con Marano e Porpetto fermamente contrari,
San Giorgio, Torviscosa e Carlino favorevoli all’insediamento industriale e
Terzo che ha preferito, per il momento, sospendere il giudizio in attesa di
dati precisi e attendibili. Il sindaco Fulvio Tomasin, in particolare, ha
smentito in modo perentorio la tesi secondo cui la Bassa Friulana
rifiuterebbe qualunque progetto in modo aprioristico. Ha anzi sottolineato
l’esigenza di dotare il territorio, e in particolare la vasta area
industriale di San Giorgio, di un sistema di centraline che valutino il
livello di emissioni nell’atmosfera.
VERTICE INTESA Anche la politica, prima di esprimersi, attende dati
certi. A partire dal parere dell’Azienda sanitaria numero 5, atteso a
giorni, che altre fonti confermano essere favorevole. Anzi, secondo
indiscrezioni, sarebbe già stato firmato, e porrebbe un sì condizionato, con
prescrizioni, alla vetreria. Circostanza non confermata dall’assessore Ezio
Beltrame: «E’ di competenza dei tecnici, e non ho anticipazioni» sottolinea.
Intanto, Intesa democratica, su richiesta di Mauro Travanut, si riunirà alla
fine di questa, più probabilmente la prossima settimana per discutere del
nuovo caso ambientale nella Bassa friulana ed evitare preventivamente altre
pericolose spaccature in maggioranza. «E’ un incontro assolutamente
necessario – commenta Metz – perché non vorrei ci fossero appagamenti da
parte delle forze politiche o di singoli consiglieri dopo la vittoria del
cementificio. Sarebbe sbagliatissimo avallare la vetreria».
SOSPETTI Secondo il consigliere verde la mancata richiesta alla
Commissione europea «è già motivo sufficiente per impugnare un eventuale
parere positivo della giunta da parte di un cittadino, di un’associazione o
di un Comune».
Marco Ballico |
IL PICCOLO - MARTEDI' , 19
giugno 2007
Bonifiche,
la Cdl: no alla muraglia a mare - All’Ezit i parlamentari del
centrodestra bocciano la proposta del ministero dell’Ambiente
|
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Al cda straordinario hanno potuto partecipare solo i senatori
Antonione e Camber e l’on. Menia. Rosato, Budin e Cuperlo trattenuti a Roma
Una condanna
decisa della «muraglia» a mare prevista dal ministero dell’Ambiente per
contenere le acque inquinate. Ma anche un invito alla Regione e alle
istituzioni locali a far sentire la propria voce a Roma, assieme alla
proposta che vedrebbe la Provincia realizzare un censimento delle attività
produttive per capire quali effettivamente inquinano. |
Si sono
snodati su questi punti gli interventi dei tre parlamentari – i senatori
forzisti Antonione e Camber, e l’on. Menia (An) – che ieri hanno partecipato
al consiglio di amministrazione straordinario dell’Ezit, dedicato alla
scottante questione delle bonifiche. Gli altri parlamentari invitati – i
sottosegretari Budin e Rosato, e l’on. Cuperlo – sono stati trattenuti a
Roma da vari impegni. «Mi hanno chiamato personalmente – ha spiegato il
presidente dell’Ezit Azzarita al cda – scusandosi per l’assenza. Con loro
vedremo di fare un altro incontro già la prossima settimana».
L’incontro è stato aperto dal sen. Camber, che ha ricordato come il
ministero abbia più volte detto di non voler ricercare il soggetto
inquinatore, considerando tutte le imprese operanti nel Sito inquinato
nazionale (Sin) in posizione di pari responsabilità e proponendo, per la
messa in sicurezza dell’estesa area. la costruzione lungo la costa di una
barriera di 12 chilometri.
«In questa fase la soluzione – ha rilevato Camber – compete alla Provincia,
organo deputato alla vigilanza in materia ambientale, che dovrà farsi
promotore di una ricerca, se del caso con il supporto dell’Ezit e dalla
Camera di commercio, sul ciclo produttivo di ciascuna azienda operante nel
Sin. Così – ha aggiunto – si individueranno i nomi dei soggetti inquinatori,
che con ogni probabilità risulteranno circoscritti alle sole aziende non
artigianali. Si disporrà in tal modo di un elenco mirato e non equivoco,
tale da consentire far gravare tutti i costi delle opere di messa in
sicurezza del sito solo sui veri responsabili».
Affermando che la barriera proposta dal ministero è «demenziale sotto tutti
i punti di vista», il sen. Antonione ha sostenuto che, nel caso questa
barriera divenisse una minaccia concreta per le 350 aziende insediate, i
primi a dover porre attenzione a ciò sarebbero le istituzioni locali, con in
testa il peresidente della Regione.
«Illy vada a parlare con il ministro Pecoraro Scanio – ha proseguito
Antonione – vada dal presidente Prodi, faccia presente che queste proposte
non solo non sono irrealizzabili ma creano un danno irreversibile
all’attività economica della provincia e della regione. E le istituzioni
locali accompagnino il presidente in questa missione».
«Si sa che il progetto del ministero è oggettivamente irrealizzabile», gli
ha fatto eco l’on. Menia, che ha parlato di «un’interpretazione talebana
della vicenda ambiente, la cui tutela dev’essere un’opportunità e non un
ostacolo allo sviluppo».
Rilevando che realizzare la barriera per bloccare le acque di falda vorrebbe
dire creare a monte una palude, Menia ha poi precisato che «l’intepretazione
corretta della legge è che paga chi ha inquinato e non chi ha avuto la
ventura di trovarsi in un terreno già inquinato da altri» e che va
verificato il rischio reale a seconda delle attività che si vogliono
insediare. «Rilancio – ha concluso – una proposta che avevo già fatto: l’Ezit
faccia sì che il ministro Pecoraro Scanio venga a Trieste assieme al
direttore generale e ai suoi tecnici, in maniera che possa rendersi conto di
persona della situazione».
Giuseppe Palladini |
FERRIERA
SENZA RISPOSTE |
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I dati
diffusi dai Verdi e dall'Arpa sull'inquinamento a Trieste sono molto
allarmanti: sapevamo che la zona industriale è inquinata, ora sappiamo
quanto. Sapevamo anche che questa situazione affonda le radici in più di un
secolo di attività industriali.
E che l'inquinamento tuttora continua, a opera soprattutto della Ferriera e
della Siot. Nessuno si sogna di chiedere la chiusura della Siot,
l'approvvigionamento di petrolio è un interesse nazionale. E i traffici
complessivi del nostro porto ne verrebbero più che dimezzati. E dunque si
dovrà chiudere la Ferriera, prima o poi. Il sindacato è d'accordo, ma
vorremmo sapere quando e come. Una domanda a cui nessuno di quelli che
chiedono la chiusura ha mai provato a rispondere. Non risponde il sindaco
Dipiazza, non rispondono le associazioni ambientaliste, non rispondono i
Verdi, non rispondono le forze politiche.
La Regione, la Severstal-Lucchini e i sindacati si stanno arrabattando da
anni per trovare una soluzione. Avevamo 21 tavoli di confronto, adesso ne
abbiamo uno solo, in queste settimane con il nuovo amministratore delegato
della Ferriera si è ipotizzata una data: il 2015. Da quell'anno finiranno i
vantaggi del riutilizzo a fini energetici dei gas della produzione, da
quell'anno si potrà chiudere. Ma dove metteremo i lavoratori?
La zona industriale di Trieste, proprio perché è inquinata, non può ospitare
nuove iniziative. Quindi i posti di lavoro non ci sono e, nonostante tutti i
suoi sforzi, lo Sportello Lavoro della Provincia non può inventarli. Anche
dell'inquinamento della zona industriale e delle centinaia di milioni di
euro che servirebbero per bonificarla si parla troppo poco. Se si eccettua
l'azione meritoria di alcune istituzioni, le pressioni politiche sul governo
da parte del territorio sono assolutamente insufficienti. Anzi, molti si
adoperano per rafforzare o ampliare il perimetro del sito inquinato, salvo
non spiegare come faremo a pulirlo. Inoltre, la chiusura della Ferriera
diminuirà le emissioni nell'aria ma non le eliminerà, visto che esistono
altri impianti industriali, ma anche le caldaie per il riscaldamento delle
case e il traffico mostruoso che stringe la città in una morsa. Anche di
questo quasi nessuno parla.
Allora che fare? Azienda e sindacati stanno discutendo di alcune soluzioni
da proporre alla Regione. L'attività siderurgica potrà gradualmente essere
riconvertita puntando sulla logistica e sull'energia. Questo però significa
due cose: costruire la piattaforma logistica e impiantarvi attività
industriali; costruire il rigassificatore a terra e abbinare ad esso
un'altra centrale a turbo gas. Senza queste attività la Ferriera non
chiuderà, l'area su cui oggi si trova lo stabilimento non si potrà
bonificare, le oltre 500 persone che vi lavorano non potranno essere
ricollocate.
Al di là dei vantaggi fiscali o tariffari che può portare il
rigassificatore, si pone quindi un problema di scelte strategiche. Chiudere
la Ferriera e bonificare le aree inquinate è possibile solo se si trovano
investimenti alternativi. Oggi gli unici investimenti possibili sono quelli
nei campi dell'energia, della logistica e delle attività industriali ad esse
collegate. Sono attività pulite, molto più pulite di quelle che abbiamo
oggi.
Il Comune di Trieste e gli altri Comuni, le forze politiche e le
associazioni ambientaliste, sono disponibili ad un patto serio? Sono
disponibili ad una assunzione di responsabilità per assicurare ai cittadini
una riduzione dell'inquinamento che sia compatibile con lo sviluppo
economico e occupazionale? Vorremmo sentire un sì o un no come risposta a
questa domanda, non arrampicature sugli specchi o i soliti "scarica barile".
E se la risposta sarà no, pretendiamo che venga fornita ai lavoratori e ai
cittadini una seria alternativa, che non è certo il turismo o la pesca.
Nel frattempo, ovviamente, dovranno continuare le pressioni sull'azienda
perché riduca le emissioni inquinanti. Anche su questo, però, non vorremmo
più ritrovarci completamente soli, sindacati e Regione. Ci piacerebbe
sentire un contributo costruttivo anche da quelli che sanno solo inneggiare
alla chiusura.
Luca Visentini - (segretario generale Uil
Trieste) |
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Ferriera,
slitta l’accordo sulla ristrutturazione - L’avvocato della
Lucchini-Severstal: «La proprietà sta ancora discutendo con il pm» |
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Servono dieci milioni di euro per dimezzare le emissioni
diffuse dello stabilimento. La Cassazione aveva annullato l’ultimo
sequestroLa procura della Repubblica e i vertici dell’impianto cercano
un’intesa sugli interventi necessari a ridurre l’inquinamento
Dieci
milioni di euro per dimezzare le emissioni diffuse della Ferriera di
Servola.
Ne stanno discutendo da un paio di mesi la procura della Repubblica e i
vertici dello stabilimento siderurgico. Ma l’accordo sulla ristrutturazione
non è stato ancora raggiunto. «È tutto ancora prematuro anche se il discorso
è ben avviato e sviluppato» ha affermato ieri in serata l’avvocato Giovanni
Borgna, da anni storico legale del gruppo Lucchini-Severstal nelle infinite
battaglie e scaramucce con la magistratura triestina. «Non voglio dire
nulla, la proprietà sta ancora discutendo con il pm Federico Frezza, ma
l’accordo non c’è ancora e parlandone come se fosse già fatto, si rischiano
fughe in avanti e illusioni».
Diversa la posizione del pm che da anni sta combattendo una difficile
battaglia per ridurre le emissioni diffuse dello stabilimento.
La legge che il nostro Paese si è data, non gli offre strumenti molto
persuasivi. Anzi, dopo l’entrata in vigore del nuovo Codice sull’ambiente,
la procura si è vista annullare dalla Corte di Cassazione l’ultimo
sequestro. Ma formalmente è ancora in atto perché i giudici di legittimità
hanno «rinviato» il provvedimento al Tribunale del riesame di Trieste,
suggerendo autorevolmente i motivi della revoca.
L’udienza non è stata ancora fissata ma proprio attorno ad essa si sta
tessendo la trama dell’accordo, che se raggiunto e firmato, porterebbe alla
rinuncia all’udienza e al relativo dissequestro.
«Sto combattendo questa battaglia con una spada di latta» ha affermato più
volte nel corso degli anni il pm Federico Frezza. Ed ora, dopo la pronuncia
della Cassazione, la spada di latta è ancora più corta e spuntata.
L’accordo potrebbe giovare a entrambe le parti. La procura potrebbe
fregiarsi di un risultato storico dopo tanti anni di inchieste e sequestri:
il dimezzamento delle emissioni diffuse. E la proprietà non si troverebbe
ogni giorno con i propri dirigenti sul banco degli «indagati» a causa dei
fumi, dei vapori e delle polveri che fuoriescono dallo stabilimento.
Ma non basta. Alla conclusione dei lavori la qualità dell’aria dovrebbe
essere di gran lunga migliore a Servola come a Valmaura e allo stesso tempo
la città non perderebbe l’ultimo stabilimento industriale di queste
dimensioni. Vi lavorano direttamente o indirettamente quasi 1500 persone,
senza citare la quantità di energia elettrica che viene prodotta con i gas
di risulta dello stabilimento.
Ma sulla conclusione della trattativa e sulla ratifica dell’accordo, pesano
il clima di ostilità e di contrapposizione di queste settimane. In altri
termini un ripensamento è probabilmente in atto, perché pur non ammettendolo
mai, qualche dirigente della Ferriera e del gruppo siderurgico si sta
chiedendo: «Chi ce lo fa fare a spendere tanto denaro di fronte a una
contrapposizione che mette in forse il futuro stesso dello stabilimento?».
In altri termini la protesta generalizzata rischia di far rimandare e
persino sospendere la stipula dell’accordo tra procura e proprietà
sull'abbattimento del 48 per cento delle emissioni diffuse.
All’accordo non giovano nemmeno i non lontani appuntamenti elettorali della
prossima primavera e la diffusione - ad essi collegata - di dati
sull’inquinamento del mare nel vallone di Muggia e della zona industriale di
Zaule recentemente rilevati.
Discernere fra i vari dati e capire le origini delle diverse forme di
inquinamento, non è facile nemmeno per i tecnici più esperti.
c.e. |
Vetreria, verso il sì dell’Azienda sanitaria
- Allarme dei Comitati: è peggio del cementificio. Convocato un vertice di
maggioranza |
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Una nuova questione ambientale sul tavolo
della giunta. Moretton: finché non vedo le carte non posso commentare.
Predonzan (Wwf) critica il governatore
TRIESTE Un'altra questione ambientale
all'orizzonte. Secondo indiscrezioni, infatti, l’Azienda sanitaria della
Bassa friulana potrebbe dare il via libera alla vetreria Sangalli e
scatenare così una nuova reazione dei comitati, convinti che l’insediamento
previsto a San Giorgio di Nogaro possa essere potenzialmente più pericoloso
di quello di Torviscosa appena bocciato dalla giunta regionale. Impianto,
quest’ultimo, che alimenta ancora polemiche: Dario Predonzan, esponente del
Wwf-Fvg ed ex funzionario del servizio Via attacca duramente Riccardo Illy
in una lettera aperta.
IL PARERE DELL’ASS All’indiscrezione manca il crisma dell’ufficialità
ma, secondo quanto riferito da fonti autorevoli, l’Ass 5 sarebbe orientata a
esprimere un parere favorevole all’insediamento di San Giorgio. Il motivo
che potrebbe portare l’Azienda ad assumere una posizione diametralmente
opposta rispetto a quella presa sul cementificio sta nella differenza delle
emissioni prodotte nell’atmosfera: una fabbrica di cemento avrebbe
comportato un’impennata insostenibile di emissioni di Nox, gli ossidi di
azoto, mentre la vetreria produrrebbe SO2, biossido di zolfo, che il
territorio sarebbe in grado di sostenere.
LA REPLICA DEL COMITATO Di parere diverso è però Mareno Settimo,
portavoce del comitato “No al cementificio”, pronto a replicare la battaglia
vinta la scorsa settimana con lo stop della giunta all’insediamento di
Torviscosa (il cui consiglio comunale, giovedì sera, discuterà pure
dell’inceneritore di “fluff"). Secondo Settimo, infatti, le emissioni di
ossido di azoto sono più rilevanti nel progetto del cementificio (1700
contro 1400 tonnellate annue) ma la vetreria creerebbe maggiori problemi con
il biossido di zolfo (750 contro 300-350). «Nella sommatoria degli
inquinanti – spiega – la situazione risulterebbe peggiore con la vetreria».
Né si deve dimenticare, aggiunge Settimo, «che San Giorgio presenta una
situazione di inquinamento peggiore di quella di Torviscosa». In ogni caso
«anche noi dobbiamo studiare le carte prima di assumere eventuali forme di
protesta».
TAVOLO INTESA Sul fronte politico si registra prudenza. «Finché non
vedo le carte non posso commentare alcunché», precisa l’assessore
all’Ambiente Gianfranco Moretton. Già ieri, tuttavia, a margine
dell’incontro dei capigruppo sui costi della politica, Mauro Travanut ha
chiesto e ottenuto un tavolo di confronto in maggioranza sulla vetreria, da
riunirsi alla fine di questa o all’inizio della prossima settimana.
Respingendo le voci che lo vorrebbero in difficoltà perché a favore
dell’insediamento di San Giorgio, il capogruppo diessino sottolinea: «Non
sono né a favore né contro. Mi aspetto solo che la vicenda venga risolta
senza difficoltà seconde le procedure di legge. Per questo ho sollecitato il
tavolo».
PREDONZAN ATTACCA Infine, la polemica di Predonzan.
L’esponente del Wwf si toglie i sassolini e scrive a Illy: «La giunta ha
dovuto prendere atto, a malincuore, dell’impossibilità di esprimere un
giudizio favorevole sulla compatibilità ambientale del progetto Grigolin a
Torviscosa. Il giudizio negativo è esattamente la stessa conclusione alla
quale era arrivata l’istruttoria del servizio Via alla quale avevo
collaborato ai primi di febbraio. La giunta ha quindi fatto in questi giorni
ciò che avrebbe potuto fare quattro mesi fa, se solo si fossero lasciati
lavorare in pace gli uffici competenti, non si fosse fatta saltare con
pretesti la commissione Via convocata il 7 febbraio, non si fosse innescato
un polverone politico».
ATTO DOVUTO Predonzan attacca ancora sempre rivolto al presidente
della Regione: «Lei ha affermato che la Via deve solo verificare se il
progetto di un impianto industriale rispetta i limiti di legge, dopo di che
l’autorizzazione all’impianto è “un atto dovuto”, ma si rilegga l’articolo 2
della legge regionale 43/1990 e scoprirà che la Via è ben altro».
Contestando altre dichiarazioni di Illy, Predonzan conclude: «Il dietrofront
sul cementificio e il mezzo passo indietro sui rigassificatori non bastano
certo a prefigurare scelte consapevoli, meditate ed organiche, sulla base di
quell'approccio "olistico" all'ambiente da Lei tanto propugnato a parole in
interviste e libri, quanto disatteso nei fatti».
Marco Ballico
Giovanni Stocco |
IL PICCOLO - LUNEDI' , 18
giugno 2007
La Ferriera che divide: «Diamo un futuro a
Servola» - I residenti vorrebbero la chiusura, i lavoratori si sentono
strumentalizzati |
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Il quartiere continua a interrogarsi sullo
stabilimento. Un esercente: sono rassegnato. Un sindacalista: non è peggio
di una volta
«Ci avvelenano con fumi, polveri ed
emissioni, ma la gente non lo sa, oppure non se ne cura. E nulla mai cambia
veramente». È disilluso Daniele Ricatti, il titolare
della pizzeria «Bella Trieste», che dal 1974 si trova in via del Pane
Bianco, al civico 96. Perchè Servola, lui, la ama per davvero. Ne vede le
potenzialità enormi, il fascino di quelle strette, lunghe, vie -
striscioline di cemento che s’arrampicano sfidando la gravità - e il fascino
della gente rimasta sospesa in una dimesione antica, fatta di piccole
botteghe, cordialità, rapporti umani. Fascino svilito dalla polvere che la
Ferriera produce, senza posa. E così, anno dopo anno, la «cittadella dentro
la città» si consuma, si perde. «I davanzali si anneriscono, chi può fugge
via, le serrande si abbassano», spiega Ricatti, come prima di lui avevano
fatto, ieri, altri residenti, vedi la signora Liliana Davanzo, di via San
Lorenzo in Selva. «Certo, Servola non è mai stata un ”Eden” ma il paesino è
molto bello - prosegue Ricatti - e se solo non ci fosse lo stabilimento, noi
tutti staremmo molto meglio. Quando mi capita di stendere una tovaglia
bianca all’aperto, nel giro di un paio d’ore annerisce. Sono costretto a
preparare i tavoli in terrazza all’ultimo minuto per evitare che ciò accada.
A casa, mia moglie è costretta a pulire più e più volte i pavimenti per
impedire che il pulviscolo si depositi. La gente non capisce...Qui, bisogna
viverci».
Una parte di Servola vuole la chiusura dello stabilimento e Ricatti rientra
in questa parte. «Si dice che 500 persone, se la Ferriera chiudesse baracca
e burattini, resterebbero a spasso - commenta - ma non penso sia così: il
lavoro si troverebbe di sicuro. Un centinaio di operai, per esempio,
beneficerebbero del pre-pensionamento, mentre gli altri potrebbero trovare
impiego, negli anni successivi, attraverso la riconversione del complesso
siderurgico. E poi, diciamolo pure, quanti sono, realmente, i triestini
investiti dalla perdita del posto? Io vedo tanti croati, sloveni, serbi,
africani...Per carità, non mi ritengo una persona razzista, io stesso sono
nato in Svezia, però si dovrebbe aprire gli occhi sulla realtà della
Ferriera e vedere cosa lascia al territorio. Risiedo a Servola da quando
avevo solo otto anni e conosco bene il quartiere o la sua storia. I disagi
ci sono e si vedono, basta prendere il ”Delfino verde” e passare davanti
all’impianto: è il punto nero di Trieste». Trentanove anni, Daniele Ricatti
riconosce la complessità della situazione: «Comprendo il punto di vista di
chi ha un parente collocato entro l’impianto siderurgico, tuttavia mi sento
in dovere di dire che l’economia di Servola non può essere rappresentata
solo dalla Ferriera, né sono i sessanta caffè o le quaranta brioches al
giorno a salvare i negozi di qui».
Ma il punto di vista è ben diverso per chi, invece, vive grazie allo
stabilimento: «Sono nato a Servola, mia madre era di Servola e mio nonno
pure - esordisce Marco Relli, 38 anni, assistente tecnico di
manutenzione e componente Cgil della Rsu - e per giunta lui, come me,
lavorava alla Ferriera. Questa realtà, dunque, la conosco fino in fondo. È
un falso storico dire che le condizioni sono peggiorate: la Ferriera ha
ovviamente un suo impatto sull’ambiente, ma non scordiamo che prima c’erano
anche una fonderia e un’acciaieria, quindi non si stava tanto meglio. Certo,
quando si alza lo scirocco, l’odore si fa sentire e la polvere cade sulle
case, ma è anche per questo che noi lavoratori, per primi, sosteniamo che le
cose possano essere migliorate. Perchè, non dimentichiamolo, se la gente
fuori sopporta l’odore e la polvere, per gli operai le cose non stanno
meglio. Ma questi sono i risvolti comportati da qualsiasi realtà
siderurgica. È inevitabile: per non avere nemmeno un filo di fumo
bisognerebbe chiudere tutto. E allora, che ne facciamo dei 500 operai?
Indubbiamente, su tutta la questione, c’è stata una evidente
strumentalizzazione, anche politica: il sindaco ha mandato avanti due
campagne elettorali con la Ferriera, non scordiamolo. Anni addietro, erano
impiegate più persone e questi problemi non venivano mica sollevati: ci si
turava il naso e si andava avanti. Ora i governi sono diversi e si parla di
bonifiche: chi le dovrebbe fare? Con quali soldi? Poniamoci queste domande
prima di dire "Chiudiamo tutto"».
William Gombas, un residente, concorda: «Sono a Servola da sempre, abito
in via Pitacco: tutto sommato, non si sta così male: è una zona tranquilla.
Certo, i problemi sono noti. Ma non credo che serrare la Ferriera sia
utile».
Tiziana Carpinelli |
Assemblea al cinema Ariston sul rischio
cementificazione |
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WWF E ITALIA NOSTRA |
Un’assemblea pubblica per discutere del piano
regolatore comunale, raccogliere impressioni, opinioni, critiche e poi
parlarne insieme. Si tratta dell’iniziativa congiunta di Wwf, Italia Nostra,
quindici comitati e due associazioni, che hanno organizzato un incontro
aperto alla gente su ciò che, secondo i promotori, non funziona del piano
regolatore. All’incontro è stato invitato l’assessore all’urbanistica
Maurizio Bucci, che avrebbe confermato la presenza. Alla riunione si è
giunti dopo una raccolta firme, che finora ha toccato le tremila adesioni,
volta a modificare numerosi aspetti del piano, che vengono considerati
dannosi per il territorio, per i cittadini e per la qualità della vita.
«Sarà l’occasione di avviare un dibattito su moltissimi temi – racconta
Dario Predonzan, responsabile del settore territorio del Wwf Regionale – nel
quale si parlerà di tutte le zone messe in pericolo dall’espansione
residenziale, della tutela di alcune aree centrali della città, del
territorio periferico, con un occhio di riguardo al verde e alle zone
boschive, e di futuri progetti molto impattanti per il territorio sui quali
vorremmo che il piano regolatore cambiasse indirizzo». Nel dettaglio non
piace l’idea della costruzione di abitazioni in alcune parti della città,
palazzine che, in qualche caso, sono già state parzialmente edificate.
Indice puntato, racconta Predonzan, su determinati complessi di case sulla
costiera, altre previste al Cedas e analoghe strutture residenziali in via
del Pucino o salita di Contovello.
Per il centro invece si chiede una maggior attenzione alla salvaguardia del
panorama storico dell’urbanistica, affinchè, accanto a palazzi antichi o
case singorili, non vengano eretti grattacieli o costruzioni a forte impatto
visivo e non solo. Parte dell’incontro verterà anche su possibili rischi
dovuti a previsioni del piano regolatore che Wwf, Italia Nostra e gli altri
promotori dell’iniziativa temono si possano realizzare. Per citare alcuni
esempi Predonzan ricorda il mega centro commerciale previsto a pochi passi
dal Sincrotrone, o l’urbanizzazione annunciata nell’area vicino alla Sissa:
«Dopo che la Sissa ha deciso di cambiare sede, non ha avuto più bisogno dei
metri quadrati in più richiesti prima. Abbiamo scoperto però che quell’intervento
è ancora inserito nel piano regolatore». Domani l’incontro verrà
ufficialmente presentato nel corso di una conferenza stampa, mentre
l’assemblea pubblica si terrà giovedì al cinema Ariston alle 18.30. La
riunione è aperta a tutti i cittadini.
Micol Brusaferro |
Allarme Comitati: sulla vetreria il no dell’Ass
non è scontato - Beltrame: stiamo attendendo il nuovo parere, era meno
sfavorevole rispetto al cementificio |
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Polemica interna ai Ds, il vicecapogruppo
Petris a Travanut: parli chiaro su Tav e industria. La replica: Tav ok, ma
sugli insediamenti vedremo
TRIESTE Dopo il cementificio Grigolin, anche
sulla vetreria Sangalli è scontato il parere negativo dell'Ass? No di certo,
perchè le caratteristiche ambientali della zona dove andrebbe ad insediarsi
la vetreria sono diverse rispetto a Torviscosa. Lo sottolinea Mareno
Settimo, portavoce del Comitato contro la costruzione dell’impianto. E, come
ricorda l'assessore Ezio Beltrame, il parere dell'Azienda Sanitaria (su cui
era stata richiesta un'integrazione dalla giunta Fvg) «era meno sfavorevole
rispetto a quello per il cementificio». |
Mentre ancora si attendono i pareri di Ass e
Arpa, è arrivata l'integrazione chiesta all'azienda che prende come
riferimento un lavoro di Laguna 21 (l'Agenda 21 locale): «Le controdeduzioni
della Sangalli presentano alcuni elementi criticabili – sostiene Settimo –
in quanto si rifanno all'analisi di Laguna 21 che di fatto sostiene che la
qualità dell'ambiente della zona sia buona quando invece è certificato il
contrario». Secondo gli oppositori della vetreria, i presupposti per
ricalcare i no al cementificio ci sono tutti: «Il parere dell'Azienda
Sanitaria sul cementificio parte dall'assunto che l'area è già satura in
fatto di emissioni inquinanti – sostiene il consigliere regionale dei Verdi,
Alessandro Metz – senza contare che la vetreria andrebbe a sorgere in
un'area da bonificare. E poi la vetreria è come un cementificio e mezzo, le
emissioni inquinanti sono decisamente superiori». Inoltre, come aggiunge
Settimo, le cinque centraline che hanno certificato le criticità di
Torviscosa sono più che sufficienti per dare la stessa sentenza anche per
San Giorgio di Nogaro.
Intanto, botta e risposta tutto diessino sulla questione ambientale. Il
vicecapogruppo della Quercia, Renzo Petris, chiama in causa il capogruppo
Mauro Travanut chiedendo di esprimere «a gran voce la posizione del partito
e del gruppo regionale su Tav e insediamenti industriali. Travanut non può
aspettare caso per caso per esprimersi, - continua Petris – deve invece da
subito rimarcare quella che è oggi la posizione dei Democratici di Sinistra
e del Partito Democratico domani: un sì alla TAV e agli insediamenti
industriali. Per la coerenza con ambiente e salute saranno gli organi terzi
a esprimersi, caso per caso». Secondo il consigliere diessino, inoltre,
“l’aver sovraccaricato di significato la partita rappresenta una precisa
scelta di contrapposizione nei confronti di quanti vogliono le
infrastrutture (TAV per esempio) e gli insediamenti industriali compatibili
con la pianificazione dei Comuni; per intenderci l’Aussa Corno non l’ha
inventato Illy, o Sonego, o Moretton, e nemmeno, l’hanno inventata loro la
zona industriale di Torviscosa». La sollecitazione di Petris viene colta al
volo da Travanut: «Il gruppo regionale dei Ds – precisa il capogruppo – ha
sempre portato avanti la politica dell'ammodernamento della regione. É
indispensabile dire sì alle infrastrutture e mantenere la prua dritta verso
questa direzione». Travanut scomoda Heidegger («il linguaggio è la casa
dell'essere») e, «pur non essendo heideggeriano – puntualizza non senza
ironia – ritengo che nel linguaggio ci voglia precisione». Questo per dire
che una cosa sono le infrastrutture, e quindi Tav e Corridoio V, un'altra le
strutture come il cementificio o la vetreria, su cui ora si sposta
l'attenzione: «Siamo sempre stati favorevoli, senza una minima sbavatura,
alle opere di ammodernamento del Friuli Venezia Giulia e sarà mia cura
mantenere chiara e cristallina la nostra posizione» aggiunge Travanut. Il
suo no al cementificio dunque si sposta anche al progetto della vetreria
Sangalli? «Questa è una cosa che nulla ha a che vedere con le
infrastrutture. In questo caso la giunta agirà come ha saggiamente fatto per
il cementificio, valutando se le norme saranno rispettate. In tal caso la
vetreria potrà essere realizzata, altrimenti no». |
IL PICCOLO - DOMENICA , 17
giugno
2007
Siot inquinata: benzene 100 volte oltre i
limiti - Il comprensorio inserito dai ministeri dell’Ambiente e della
Salute nel sito nazionale da risanare |
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L’Arpa ha riscontrato nei terreni del parco
serbatoi e nella falda acquifera la presenza di idrocarburi pesanti,
manganese e altre sostanze
Il comprensorio della Siot, la società che
gestisce la tratta italiana e il terminal dell’oleodotto transalpino, è
stato incluso nel Sito inquinato di interesse nazionale (Sin), dopo che
l’Arpa ha riscontrato la presenza di pericolosi inquinanti nei terreni del
parco serbatoi e nelle acque di falda. Lo ha deciso la conferenza dei
servizi svoltasi il 18 maggio (ma lo si è appreso solo ieri) al ministero
dell’Ambiente, con la partecipazione del ministero della Salute. Assenti,
nonostante siano stati convocati, il ministero dello Sviluppo economico e la
Regione Friuli Venezia Giulia.
Il perimetro del Sin viene dunque esteso a tre aree: il parco serbatoi della
Siot (ad eccezione delle zone agricole di proprietà dell’azienda), la fascia
di passaggio delle condotte sotterranee che collegano il terminal a mare al
parco serbatoi, e un tratto del torrente Rosandra fino a 300 metri a monte
del parco serbatoi.
Le decisioni della conferenza dei servizi prevedono inoltre la richiesta
alla Siot per la messa in sicurezza di emergenza delle diverse aree del
comprensorio risultate contaminate.
La prima di queste aree è quella interessata dall’incendio causato
dall’attentato del 1972, in cui quattro campioni di terreno hanno
evidenziato la presenza di idrocarburi pesanti con un valore massimo di 2401
milligrammi per chilogrammo, rispetto al limite di 750.
Sempre il suolo del parco serbatoi è stato poi contaminato da due perdite di
greggio, tra l’agosto 2006 e il gennaio 2007, da tubazioni poste sotto
terra. In una delle due perdite, avvenuta il 16 agosto 2006, 75 metri cubi
di petrolio sono finiti nelle profondità del terreno contaminando così la
falda acquifera, in cui è stata rilevata la presenza di benzene (che le
norme Ue dichiarano cancerogeno), con una concentrazione cento volte
superiore al limite di legge, ma anche di etilbenzene, tricloroetilene e
manganese.
Le amministrazioni locali, ma in qualche misura anche l’Autorità portuale,
hanno però dato parere contrario all’inclusione del complesso Siot nel sito
inquinato, già nella conferenza dei servizi del 30 novembre 2006.
Regione, Provincia, e i Comuni di Trieste, Muggia e San Dorligo si sono
detti contrari con motivazioni diverse, mentre l’Arpa non ha dato alcun
parere riservandosi di fornire ogni informazione tecnica in suo possesso.
Nella stessa conferenza dei servizi la Regione ha consegnato la delibera di
giunta con il parere negativo, in cui si prende atto che la Siot «ha
evidenziato che le verifiche sinora effettuate sullo stato di contaminazione
delle matrici ambientali hanno evidenziato locali presenze di idrocarburi
nel suolo».
La vicenda è proseguita il 7 febbraio scorso, quando il ministero
dell’Ambiente ha chiesto a Regione, Provincia, Comune di San Dorligo e Arpa
di ricevere tutte le comunicazioni in tema di bonifiche inviate dalla Siot
alle amministrazioni ma non indirizzate al ministero stesso.
Dall’esame di questa documentazione è emersa la contaminazione delle acque
di falda nei pressi dell’area interessata dallo sversamento di greggio del
16 agosto 2006. I superamenti dei limiti degli inquinanti sono stati
rilevati dall’Arpa attraverso i piezometri posti a valle dell’area.
Non solo. Nel verbale della conferenza dei servizi del 18 maggio scorso si
legge che «i certificati analitici trasmessi dalla società Siot non hanno
mai evidenziato superamenti dei limiti per le concentrazioni degli
inquinanti ricercati nelle acque di falda, neanche nei campioni prelevati
dagli stessi piezometri e nelle stesse date dei campionamenti effettuati
dall’Arpa-Dipartimento di Trieste».
Giuseppe Palladini |
Bovenzi: «Metalli e veleni in mare, così
sono entrati anche nella catena alimentare» |
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«È una situazione di grave degrado
ambientale, al provato inquinamento dell’aria si sommano adesso questi
nuovi impressionanti dati sul suolo e sull’acqua alla Ferriera: il che
significa che benzene e metalli e le altre sostanze ormai entrano anche
nella catena alimentare, perché si diffondono nelle acque del golfo, si
concentrano in pesci e molluschi, vi è esposta tutta la popolazione».
Massimo Bovenzi, direttore dell’Istituto di Medicina del lavoro e
docente della materia, conferma che le sostanze tossiche e i metalli
trovati in così alta concentrazione a Servola, e il benzene rinvenuto
adesso anche ai serbatoi della Siot che è scivolato fin dentro il
torrente Rosandra tanto da far includere pure questa zona nel sito
inquinato di rilevanza nazionale, destano preoccupazione per la salute
pubblica.
«L’esposizione più importante - prosegue - è ovviamente quella dei
lavoratori, che è diretta e prolungata, per questo motivo il benzene è
stato escluso dalle produzioni industriali. Ai cittadini non è stato
evitato, perché fuoriesce come si sa dalla benzina verde, dove è andato
a sostituire il piombo, ed è notorio che è una delle più potenti cause
di leucemia. Gli idrocarburi policiclici aromatici (Ipa) sono
cancerogeni soprattutto per il polmone e per la cute. Dei metalli sono
già ben note le conseguenze. Certo fuori dalla fabbrica l’assorbimento è
minore, in compenso però riguarda una larga fascia di popolazione».
Bovenzi suggerisce che, per avere certezza sul fatto che i pesci e i
molluschi siano o meno intrisi di sostanze nocive (che non trasformano
con la digestione, ma trattengono e accumulano) bisognerebbe fare delle
analisi sanitarie specifiche: «Esistono agenzie specializzate e servizi
sia del ministero dell’Ambiente sia dell’assessorato alla Sanità in
grado di fare queste verifiche, questi test a campione, e se c’è una
preoccupazione importante per la salute dei cittadini sono test da
fare».
In più alcune di queste sostanze, a seconda dello stato chimico-fisico
in cui si trovano, hanno una alta capacità di evaporare, e quindi di
entrare in circolo anche nell’aria.
Non è ingegnere, Bovenzi, e quindi si esime dal dare una risposta sulla
reale possibilità di rendere «pulita» una fabbrica siderurgica come la
Ferriera: «Ci vorrebbero - dice solo - molti, molti soldi, e forti
competenze». Il problema, conclude, «è che a Servola ci sono i controlli
sanitari, si susseguono i provvedimenti, si stabiliscono azioni, ma
tutto poi si allunga terribilmente nel tempo, e alla fine si arriva,
come sostenuto l’altro giorno dai Verdi, al ”ricatto occupazionale”, del
resto come ignorare che l’azienda significa stipendi e pane quotidiano?
Poi ci sono i periodi elettorali, poi tutto riprende di nuovo come fosse
nuovo... È da 20 anni che sono a Trieste - afferma il professore - e
sento continuamente oggi come il primo giorno parlare del problema della
Ferriera. Qui c’è bisogno di serietà nelle azioni: bisogna darsi degli
obiettivi, delle scadenze, e saperle mantenere».
Gabriella Ziani |
Ezit: consiglio straordinario con i
parlamentari - Senatori e deputati triestini invitati a discutere domani
con il Cda sulle bonifiche |
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Le bonifiche ambientali nella nostra
provincia sono al centro della riunione del consiglio di amministrazione
dell’Ezit, convocato per domani pomeriggio. E non si tratterà di una
seduta come le altre, a prescindere dalle scottanti questioni emerse
negli ultimi giorni, bensì di una riunione straordinaria.
Il presidente Azzarita ha infatti invitato al tavolo del cda i
parlamentari triestini, indipendentemente dal collegio in cui sono stati
eletti. L’elenco dei destinatari dell’invito include infatti i senatori
Roberto Antonione, Willer Bordon e Giulio Camber, e i deputati Giovanni
Cuperlo, Roberto Menia, Milos Budin ed Ettore Rosato (questi ultimi due
rispettivamente sottosegretari al Commercio estero e agli Interni).
Lo scopo della riunione, decisa dallo stesso cda nell’ultima seduta, è
specificata nell’invito spedito da Azzarita: informare i parlamentari
sull’attività svolta dall’Ezit in tema di bonifiche, «ma soprattutto
individuare proposte alternative e più convenienti per il settore
imprenditoriale».
Quali possano essere queste proposte più convenienti è lo stesso
Azzarita a precisarlo: «L’accordo di programma di cui il ministero ci ha
inviato la bozza – spiega – deve prendere in considerazione il più
possibile le nostre richieste, fra cui quella di verificare se la
situazione si può risolvere con il metodo dell’analisi del rischio». E
con riguardo alla «progettazione partecipata» per la messa in sicurezza
della falda acquifera, che sta alla base della bozza dell’accordo, il
presidente dell’Ezit osserva: «Possiamo iniziare a progettare subito, ma
dobbiamo anche arrivare quanto prima ad accertare se le diverse aree
sono inquinate o meno».
Ricordando che l’Ezit, dal 2004 soggetto unico per le bonifiche in base
alle legge regionale 15, sta realizzando i primi interventi di bonifica
sui terreni di sua proprietà nella Valle delle Noghere, e che ha già
acquisito l’autorizzazione del ministero dell’Ambiente per le analisi
del suolo e della falda acquifera per l’intero Sito inquinato di
interesse nazionale, nella stessa lettera ai parlamentari Azzarita
sottolinea poi che «la complessità delle problematiche ambientali si
ripercuote sullo sviluppo del territorio e impedisce la crescita
economica delle oltre 300 aziende insediate nella provincia di Trieste».
L’invito ha quindi lo scopo, si legge sempre nella lettera firmata dal
presidente dell’Ezit, di «individuare un iter amministrativo diverso da
quello ipotizzato dagli uffici ministeriali», e per questo il
coinvolgimento dei parlamentari viene ritenuto dallo stesso Azzarita
«quanto mai opportuno a sostegno delle azioni già intraprese sia dalla
componente pubblica sia da quella privata».
gi. pa. |
FERRIERA - L’azienda: «Dati dell’aria
affissi all’albo» - Saranno consegnati ai sindacati i risultati delle
periodiche rilevazioni condotte dall’Arpa per il Comune |
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La Ferriera ha dato in questi giorni
comunicazione ai sindacati che verranno affissi all’albo, quindi a
disposizione di tutti, i dati sulle emissioni nell’aria che l’Arpa
verifica costantemente su incarico e per convenzione con il Comune. Una
convenzione in scadenza a giorni, ma che l’amministrazione ha affermato
di voler rinnovare. Nei giorni scorsi si sarebbe rilevato uno sforamento
significativo rispetto ai limiti, ma - sostiene l’azienda stessa - non
sono mai i singoli episodi a essere significativi, quanto la media
dell’andamento generale.
La stessa considerazione ha fatto il gruppo di studio universitario
incaricato di monitorare l’aria della Ferriera dalla magistratura: anche
qui si sa che sono stati rilevati alcuni parametri «preoccupanti», ma
non definitivi, proprio per il fatto che le analisi per essere probanti
vanno ripetute in un certo periodo di tempo.
Resta il fatto che tra le analisi ordinate dalla magistratura, quelle
fatte eseguire dal ministero dell’Ambiente, e le osservazioni dell’Arpa,
oltre ai periodici controlli di cui si occupa all’interno della fabbrica
il Dipartimento di prevenzione dell’Azienda sanitaria, non c’è luogo più
sotto controllo di questa industria.
Se fino a ieri la massima preoccupazione riguardava però l’inquinamento
all’interno e nell’aria, dopo l’esito del piano di caratterizzazione
ordinato dal ministero in quanto anche la Ferriera rientra nel sito di
rilevanza nazionale si ha certezza del grave inquinamento anche del
suolo e del mare antistante. |
An e Rc: «Azienda da chiudere» - Mentre i
Verdi contestano l’avvio della messa in sicurezza |
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I Verdi, che hanno diffuso i dati
sull’inquinamento del suolo e dell’acqua alla Ferriera, contestano la
risposta dell’azienda che afferma di aver dato avvio alla messa in
sicurezza d’emergenza con quattro pompe per il trattamento delle acque
di lavorazione: «Le quattro ’’pompette’’ tardivamente messe in funzione
non possono sicuramente bloccare il deflusso delle acque gravissimamente
inquinate verso il mare, inoltre dove va a finire l’acqua prelevata?
Trattandosi di rifiuto deve andare a smaltimento, o se reimpiegata
necessita di una deroga: a chi è stata fatta la richiesta visto che
nessun ufficio ne ha notizia?».
«Presenterò una mozione che impegni la giunta regionale a chiudere in
tempi certi, con un accordo di programma, la questione, la Ferriera va
chiusa entro il 2009». Lo afferma Sergio Dressi, consigliere regionale
di An, che con la prima e seconda commissione ha ricevuto in audizione i
comitati dei cittadini di Servola. «Il prudente e responsabile
atteggiamento della magistratura - prosegue Dressi - non può essere
preso a pretesto per procrastinare le soluzioni». Dressi afferma che
tutti gli enti coinvolti non si sono mai seduti a un tavolo comune, che
è «stato messo nel cassetto» lo studio Gambardella che doveva cercare
soluzioni per la prosecuzione dell’attività, «la Regione - dice -
rifiuta il coinvolgimento di Sviluppo Italia, società del ministero
delle Attività produttive che ha tutte le competenze per fare un piano
di riconversione». Dressi afferma che nel piano industriale 2007-2010 di
Severstal «non c’è traccia di investimenti per Servola», né si sa «se
spenderà 60 milioni per la copertura dei cumuli di carbone, e ulteriori
8 per nuove linee di caricamento dell’altoforno».
«La Severstal-Lucchini chiuderà la Ferriera - scrive Igor Kocijancic di
Rifondazione -, lo avevamo già detto dopo il piano industriale 2006-2008
dove le previsioni di spesa riguardavano solo il minimo necessario a
ottemperare alle prescrizioni della magistratura». Kocijancic aggiunge:
«Da qui può ripartire la mobilitazione per affrontare chiusura, garanzia
del reddito, ricollocazione dei lavoratori, bonifiche, risanamento
ambientale: alla fine usciamo tutti sconfitti dal confronto con chi è
riuscito per anni a sfruttare impianti, lavoratori e territorio». |
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«Cementificio battuto, ma resta il
rischio-vetreria» - I Comitati: ora è quello l’impianto da bloccare.
Travanut: evitato uno sfregio al territorio |
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Alcune centinaia di cittadini di
Torviscosa hanno festeggiato il no da parte della Regione. La Guerra: è
stato un successo trasversale TORVISCOSA Il mostro-cementificio è
battuto, ma ora una nuova battaglia si profila all’orizzonte, la vetreria,
che «rischia di essere ancora più pericolosa». Questo è quanto emerso ieri
sera a Torviscosa, dove trecento persone hanno preso parte alla festa
organizzata dai comitati ambientalisti per celebrare la bocciatura da parte
della giunta regionale del cementificio. La manifestazione è iniziata verso
le sette, quando l’intervento di Settimo Mareno ha di fatto avviato un
comizio durato poco più di un’ora; sono intervenuti l’assessore Roberto
Antonaz e i consiglieri Mauro Travanut, Alessandro Metz, Alessandra Guerra e
Giorgio Venier Romano. Hanno inoltre preso la parola alcuni referenti dei
comitati e delle associazioni ambientaliste, tra cui Paolo De Toni, il cui
discorso è stato sottolineato dagli applausi dei presenti. I cittadini hanno
applaudito ogni singolo intervento, ma gli interventi più apprezzati sono
stati senza dubbio quelli di Settimo Mareno e Paolo De Toni per i comitati,
e quelli di Mauro Travanut e Alessandro Metz tra i politici. Mareno Settimo
ha ribadito come «ci siamo battuti per difendere due diritti fondamentali:
il diritto al lavoro e alla salute. La Bassa Friulana non chiede un ritorno
al Medioevo industriale, ma industrie ad alto valore aggiunto con posti di
lavoro qualificati; chiede un uso corretto delle risorse agricole,
industriali e turistiche, un progresso economico e sociale cosciente e
condiviso dalla popolazione».
Quanto alla posizione di Travanut sulla vetreria, che ad alcuni era apparsa
incerta ma che lui stesso ha precisato voler essere di attesa del responso
dell’Ass, Settimo ha aggiunto: «Il capogruppo diessino mi ha spiegato che,
seguendo il mio suggerimento, studierà le carte e solo dopo prenderà
posizione. Ma, sin d’ora, la nostra denuncia è che la vetreria è un
insediamento peggiore del cementificio visto che, solo fermandoci all’ossido
di azoto, le emissioni sarebbero doppie di quelle del progetto Grigolin. Il
vetro sembra più pulito del cemento, in realtà è necessario, per produrlo,
bruciare sabbia».
Travanut, capogruppo regionale diessino e alfiere della crociata anti
cementificio, ha raccolto gli applausi dei presenti: «Archiviata
positivamente la pratica cementificio - ha sottolineato - ora è necessario
pianificare le linee guida per lo sviluppo futuro. E’ quindi importante
ricordare come questo territorio presenti delle preziosità assolutamente
uniche dal punto di vista naturalistico, e catalizzi per cinque mesi l’anno
un numero massiccio di turisti grazie a delle colonne portanti del settore
quali Lignano, Grado, Palmanova e Aquileia». «In un contesto in cui - ha
aggiunto - il turismo, l’agroalimentare, l’ambiente e la cultura sono gli
assi portanti del futuro sviluppo del territorio della Bassa Friulana, verrà
potenziato un settore industriale che sia compatibile con le vocazioni
principali, e che garantisca al contempo la massima tutela per la salute dei
cittadini. Il cementificio avrebbe rappresentato un sfregio per il
territorio».
L’assessore Antonaz ha invece evidenziato come la libertà di impresa trovi
un limite preciso quando mette in discussione il benessere dei cittadini e
ha sottolineato il peso di una grande vittoria, che lui stesso aveva sempre
auspicato.
Alessandra Guerra, consigliere regionale della Lega Nord, è intervenuta
indossando la maglietta “no cementificio”, celebrando quella che ritiene
essere stata una vittoria trasversale: «La vicenda si è conclusa
positivamente grazie al sostegno della gente. C’è stata una battaglia
politica vera in cui al termine hanno prevalso i consiglieri che davvero
avevano a cuore l’interesse del territorio. Si tratta di un successo
trasversale, ottenuto da chi come noi della Lega tiene alti i valori della
democrazia, della rappresentanza del territorio e dello sviluppo industriale
compatibile con la salute dei cittadini e l’ambiente». Venier Romano,
consigliere dell’Udc, ha enfatizzato l’aspetto politico: «E’ la serata del
buonsenso trasversale. Gli insediamenti industriali vanno operati con buon
senso, dove la logistica consente di non impattare contro l’ambiente e
contro la popolazione. Questo progetto sancisce una bocciatura per la giunta
regionale; è opinione condivisa che dal prossimo anno non sarà più Illy il
governatore».
Molto informale Alessandro Metz: «Intendo ringraziare i residenti di un
territorio che ha saputo accogliermi e farmi sentire a casa. Ci aspettano
nuove battaglie sui fronti vetreria, termovalorizzatori e Tav, ma oggi è
giusto festeggiare».
Giovanni Stocco
Marco Ballico |
Treni veloci da Trieste a Vienna: i nodi
aperti - Tempi lunghi per il nuovo tracciato tra Klagenfurt e Graz e
il tunnel del Semmering |
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Il piano di sviluppo delle infrastrutture del
governo austriaco che punta sui porti dell’Adriatico per rilanciare i
traffici marittimi VIENNA Non ci
sono dubbi: l'Austria punta sui porti dell'Adriatico per il suoi traffici
marittimi. E in questa prospettiva ha inserito il potenziamento della linea
ferroviaria Vienna-Trieste (parte dell'asse Baltico-Adriatico) tra le
priorità del programma di investimenti infrastrutturali del governo. Non è
un caso che proprio nel giorno in cui Rudolf Köller, responsabile della
gestione traffico delle Ferrovie austriache, interveniva a Trieste
all'annuale convegno dell'Istituto per lo studio dei trasporti
nell'integrazione economica europea, annunciando collegamenti su rotaia più
rapidi tra la capitale austriaca e Trieste (ne abbiamo riferito in questa
pagina), in quello stesso giorno il governatore della Carinzia Jörg Haider
ricevesse una lettera del cancelliere federale Alfred Gusenbauer, che gli
confermava ufficialmente l'intenzione di voler rispettare l'accordo
(stipulato dal precedente governo, di differente colore politico) per la
realizzazione della ferrovia della Koralm.
Il progetto della Koralm si aggiunge a quello del tunnel di base del
Semmering: sono i due "nodi" della linea ferroviaria Vienna-Trieste. Nel
primo caso si tratta di realizzare un tracciato ex novo tra Klagenfurt e
Graz, sottopassando con un tunnel di 32,8 chilometri la Koralpe, ossia
quell'allineamento di montagne che segna il confine tra Carinzia e Stiria.
Attualmente il treno è costretto ad aggirare a nord quei rilievi, con un
viaggio Klagenfurt-Graz di 2.40 ore: con il nuovo tracciato e il tunnel
basterà un'ora.
Il secondo nodo è dato dal collo di bottiglia del Semmering, dove la
ferrovia sale fino a 1000 metri di quota. Il tracciato fu costruito 150 anni
fa e da allora è sempre lo stesso. Un'opera di ingegneria ferroviaria molto
ardita per quell'epoca, con 16 viadotti e 15 gallerie, che nel 1998 l'Unesco
ha dichiarato "patrimonio dell'umanità", ma del tutto inadeguata alle
esigenze di oggi. Sugli storici viadotti la velocità massima consentita è di
40 chilometri all'ora, perché altrimenti le spinte centrifughe potrebbero
determinare cedimenti strutturali, e le gallerie hanno una luce
insufficiente per le sagome di container caricati su carri merci.
Se, dunque, sulla cosiddetta "volontà politica" di accorciare le distanze
tra il Danubio e l'Adriatico non ci piove, sorgono seri dubbi sui tempi
richiesti. Quelli indicati da Köller al convegno di Trieste (entro 10 anni)
appaiono eccessivamente ottimisti. Per entrambi i progetti si stanno appena
scavando i tunnel di sondaggio, che potrebbe riservare sorprese. Una volta
avviati i lavori veri e propri, i tempi tecnici di esecuzione delle opere
indicano una scadenza tra il 2018 e il 2020.
Ma non è detto che sia così. Sul Semmering pesa l'incognita del
comportamento del governatore della Bassa Austria, Joseph Pröll, da sempre
ostile all'opera per ragioni ambientali. Il progetto del Semmering era già
pronto 17 anni fa ed erano già stati spesi 93 milioni di allora per un
tunnel di sondaggio. Poi il Land Bassa Austria aveva bloccato tutto,
sollevando un contenzioso sulle competenze decisionali in uno Stato federale
qual è l'Austria che aveva coinvolto persino la Corte costituzionale. Ora si
lavora su un nuovo progetto con un tunnel di 29 chilometri e la storia
potrebbe ripetersi.
Accanto ai problemi tecnici, quelli finanziari. La spesa prevista per il
Semmering era due anni fa di 1,25 miliardi di euro, quella per la Koralpe di
4,2 miliardi: soldi di cui lo Stato austriaco al momento non dispone. Il che
significa che i tempi si allungheranno per trovare le risorse.
A meno che non intervenga l'Unione Europea con un contributo al 20% previsto
per i tracciati transeuropei (Ten). La linea Vienna-Trieste non è tra
questi, ma potrebbe beneficiare lo stesso dell'aiuto europeo. Se un
tracciato Ten incontra difficoltà nella sua realizzazione, ecco che il
finanziamento riservatogli dall'Ue potrebbe essere distolto e trasferito a
Vienna. Gli austriaci pensano, per esempio, alla Lione-Torino-Venezia: se i
comitati anti-Tav della val di Susa insistono ancora un po', il
finanziamento alla Vienna-Trieste è assicurato.
J.T. |
I progetti dei rigassificatori |
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Sul Piccolo di domenica 3 giugno nella pagina
Regione ho letto l’articolo inerente i progettati rigassificatori dove
l’assessore Lodovico Sonego sembrava che implorasse le Società proponenti a
«fare chiarezza e dare delle risposte ai quesiti posti, in modo esauriente.
Tutto questo già noto da anni, e chiesto più volte da chi si batte per la
non relizzazione dei sopraccitati rigassificatori.
A proposito di chiarezza seguo da principio questa vicenda e non mi è mai
capitato di vedere un progetto né sentito parlare del tracciato e del
collegamento alla rete gas dell’impianto previsto in città; si potrebbe
sapere qualcosa in proposito?
Leggo sul mensile Conrad di questo mese una bella intervista fatta al
presidente Illy il quale afferma che... «È intenzione della Regione
richiedere l’obbligo del prelievo e scarico delle acque al di fuori delle
dighe, questa è nuova, comunque per chi non lo sapesse fondali sempre di
18/20 metri.
Queste condotte sottomarine, minimo 2, sicuramente di notevole diametro
visto la portata d’acqua di cui ha bisogno l’impianto, non credo proprio che
si possa solo adagiarle sul fondale ma si dovrà eseguire degli scavi. Allora
come la mettiamo riguardo il sito inquinato di interesse nazionale che ci è
stato propinato, che abbraccia la zona industriale fino alle dighe? (però
non oltre la via Flavia). In detto sito le imprese insediate non possono
effettuare neanche un foro nel terreno per piantare un paletto.
Come può la regione esprimersi in modo imparziale quando già nel 2005
tramite la controllata Friulia detiene delle quote di Gas Natural? Ancora
una volta ci si chiede come mai non sono state interpellate la varie
Istituzioni tecnico/scientifiche cittadine vanto della nostra Regione per
quanto riguarda il fattore ambientale e non una società anonima di diritto
Lussemburghese con sede a Lugano? (Scritto sempre su Conrad). Mi associo
alla frase detta dal dott. Italico Stener su segnalazioni d.d. 5 giugno:
«Vogliamo finirla di farci prendere in giro?».
Sergio Burlin |
IL PICCOLO - SABATO , 16
giugno
2007
FERRIERA - Il Comune: Arpa continui i
controlli sull’aria - Prosegue in Regione l’esame dei documenti
dell’azienda per l’autorizzazione ambientale |
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I Verdi chiedono al ministero se sono
rispettati da parte della Servola Spa i tempi per la messa in sicurezza e
per la bonifica dell’area
Il Comune prorogherà la convenzione in corso
con l’Arpa per il monitoraggio delle emissioni della Ferriera nell’aria.
L’operazione, partita lo scorso gennaio per disporre di «dati certi e
aggiornati» sulle polveri sottili e sugli idrocarburi policiclici aromatici
(ipa), ha la durata di sei mesi. Avvicinandosi la scadenza, l’assessore
all’Ambiente Maurizio Bucci annuncia l’intenzione dell’amministrazione
comunale di rinnovare la convenzione.
«In questi mesi – commenta – le rilevazioni certificate dall’Arpa ci hanno
permesso, tutte le volte che si sono rilevate situazioni critiche per
l’inquinamento atmosferico – di segnalare gli sforamenti alla magistratura e
all’Azienda sanitaria».
I dati resi noti dai Verdi giovedì scorso, sull’inquinamento misurato nel
terreno della Ferriera e nelle acque davanti allo stabilimento, con
superamenti dei limiti anche di centinaia di volte, fanno rilevare a Bucci
che «adesso bisogna porsi anche il problema dell’inquinamento del golfo.
Cosa si aspetta a intervenire? Nei mesi scorsi l’inceneritore è stato chiuso
per molto meno. Il danno ambientale procurato al golfo è gravissimo –
aggiunge – e può essere paragonato a una grossa perdita di petrolio. E’ ora
che si apra un tavolo istituzionale per ricollocare i dipendenti della
Ferriera e poi si chiuda quello che è un vero cancro per la città. Non si
può continuare a pensare che un domani l’azienda metta a posto gli
impianti».
Gli uffici dell’assessorato regionale all’Ambiente proseguono intanto
l’esame della documentazione fornita dalla Severstal-Lucchini per ottenere
l’ «autorizzazione integrata ambientale», necessaria per legge al
proseguimento dell’attività.
E mentre il termine di fine giugno per la conclusione della procedura pare
essere slitato di qualche mese, una decina di giorni fa, nella prima
conferenza dei servizi relativa all’autorizzazione stessa, il Comune ha
posto il problema della titolarità della Regione a rilasciarla. «L’area
della Ferriera – sottolinea Bucci – rientra nel Sito inquinato di interesse
nazionale, per il quale le ordinanze e le prescrizioni le dà il ministero
dell’Ambiente. Nella conferenza dei servizi, il sindaco ed io abbiamo
chiesto se la Regione è legittimata a rilasciarla, essendoci la competenza
diretta del ministero. Siamo molto critici su questo punto. Alla nostra
richiesta formale, il funzionario regionale presente alla conferenza
dapprima è andato negli uffici per approfondire la questione, ma quando è
rientrato ha sospeso e rinviato la riunione».
Dell’autorizzazione integrata ambientale si sta occupando anche il Wwf, che
ha inviato le sue osservazioni alla Regione. «L’autorizzazione integrata –
spiega Fabio Gemiti, chimico ed esperto dell’associazione ambientalista – è
una condizione mecessaria ma non sufficiente per permettere l’attività dello
stabilimento. Dipende dal contesto. La vicinanza della Ferriera alla città –
osserva – è tale che forse neanche con le migliori tecnologie
anti-inquinamento le emissioni degli impianti soddisferebbero ai criteri per
la qualità dell’aria all’esterno dello stabilimento. Nella richiesta per
l’autorizzazione – conclude – l’azienda sostiene di essere in buona parte
allineata alle migliori tecnologie, ma noi dubitiamo che, anche se
l’autorizzazione verrà data, le cose cambieranno».
Intanto gli esponenti dei Verdi Alessandro Metz, Carla Melli e Alfredo
Racovelli, che giovedì hanno comunicato pubblicamente i dati
sull’inquinamento della Ferriera, replicano, con una nota, alle
dichiarazioni dell’azienda. «La Servola spa – si legge – da sempre ha tenuto
un comportamento sfuggente, disattendendo ogni impegno con le
amministrazioni locali e nazionali. A tale riguardo – annunciano – abbiamo
inoltrato formale richiesta al ministero per sapere se le modalità e i
tempi, previsti per le opere di messa in sicurezza e di bonifica concordate,
siano stati rispettati».
Giuseppe Palladini |
Metalli, benzene e idrocarburi: tutti
causano danni alla salute |
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Tra le sostanze di cui sono stati
ritrovati sforamenti eccezionali alla Ferriera rispetto ai limiti sul
suolo e nell’acqua, quali sono in modo accertato pericolosi per la
salute? Secondo la letteratura scientifica, è già ben noto che il
benzene (che si produce anche col traffico, o col fumo di sigaretta) è
cancerogeno di fronte a esposizioni di lunga durata. La sua dannosità è
provata. Tra le malattie che provoca c’è la leucemia. Sul suolo nel
perimetro dell’azienda sono stati trovati sforamenti fino a 2000 volte
superiori ai limiti.
Notoriamente molto tossici sono gli Idrocarburi policiclici aromatici (Ipa).
Si producono nel corso di combustioni incomplete di prodotti organici
(petrolio, carbone, gas, rifiuti urbani). Ne esistono più di cento tipi,
tutti quelli più pericolosi per la salute umana sono stati riscontrati a
Servola: Benzo(a)antracene (819 milligrammi per chilo contro un tetto di
10), Dibenzo(a,h)antracene (223 contro 10), Crisene (876 contro 50),
Pirene (1622 contro un limite di 50), Benzo(a)pirene (559 contro 10),
Indenopirene (468 contro 5), Benzo(b)fluorantene (712 contro 10), Benzo(k)fluorantene
(140 contro 10), Benzo(g,h,i)perilene (619 contro 10). L’effetto è
cancerogeno, specie in presenza di Benzo(a)pirene.
Tossici sono anche i metalli pesanti. Trovati sopra i limiti a Servola:
Arsenico, Berillio, Cadmio, Cromo, Piombo, Antimonio, Selenio, Vanadio,
Zinco. In particolare, Cadmio, Mercurio e Piombo dono i più tossici, si
accumulano nell’organismo, possono causare danni ai reni, al sistema
nervoso, al sistema immunitario, e avere effetti cancerogeni. Anche se
l’uomo può sopportare concentrazioni elevate di zinco, troppo zinco può
causare spasmi allo stomaco, irritazioni cutanee, vomito, nausea e
anemia. I livelli molto elevati di zinco possono causare danni al
pancreas, disturbare il metabolismo delle proteine e portare
arteriosclerosi.
Quanto al manganese, che è stato ritrovato in quantità eccedenti
rispetto alla norma nell’acqua antistante la Ferriera, i suoi effetti
nocivi si scaricano gravemente sul sistema nervoso, possono verificarsi
disturbi nello sviluppo cognitivo e nella coordinazione dei movimenti,
si possono avere malattie simili al morbo di Parkinson.
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In 25mila soffrono di malattie
respiratorie - Si muore ancora per broncopneumopatie croniche o asma
bronchiale |
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A Trieste si muore ancora di malattie
respiratorie come broncopneumopatia cronica o asma bronchiale. Il tutto
a causa dell’inquinamento, del tabagismo o di altri fattori ancora in
fase di studio nei laboratori di ricerca. Lo hanno ribadito ieri, nel
corso di una conferenza stampa, gli organizzatori del convegno «Scienza
e tecnologia in pneumologia - RespiroTrieste 2007», che da lunedì a
mercoledì riunirà alla Marittima oltre 450 esperti italiani e stranieri
nel settore.
«Parliamo di oltre 25 mila persone affette in città» ha spiegato Marco
Confalonieri, direttore della Struttura complessa Pneumologia
dell’Azienda ospedaliero-universitaria. «Sono patologie che portano con
sé numerose ripercussioni sia sociali che sull’attività lavorativa, in
quanto tendono progressivamente alla cronicizzazione». Confalonieri ha
espresso inoltre le sue preoccupazioni di quanti pazienti ed i loro
familiari a Trieste, in regione e complessivamente in Italia, sono
costretti a vivere quotidianamente con queste patologie e i disagi ad
esse correlate. «Tanto più - ha sottolineato - che ultimamente la
gravità è ulteriormente sottostimata, sempre più spesso diagnosticata
tardivamente».
Secondo Confalonieri il problema è che «purtroppo, queste malattie non
sono ben percepite nella loro importanza, pur causando morte e
disabilità nella popolazione generale». Sono affezioni croniche del
sistema respiratorio che progrediscono lentamente nel tempo e limitano
il flusso aereo in modo non completamente reversibile e compromettono
bronchi e polmoni. Confalonieri ha ricordato inoltre anche oltre alla
broncopneumopatia, il tumore polmonare colpisce sempre più spesso anche
i non fumatori. Complessivamente, l’ultimo rapporto sui tumori in Italia
realizzato dall’Associazione registri tumori pone infatti in luce il
fatto che l’incidenza dei tumori è in crescita in tutto il paese sia tra
gli uomini sia tra le donne, mentre la mortalità è in calo. «In
provincia di Trieste, alcuni dati parlano di circa 200 decessi dovuti al
tumore polmonare» ha notato Confalonieri.
g.p. |
Il Fai: «No al distributore di Barcola»
- Lettera aperta del direttore del Fondo per l’ambiente italiano al
sindaco: salvaguardate gli alberi |
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I surfisti ricavano la loro sede al posto
di una vecchia stazione di servizio |
«Non va realizzato il nuovo grande
distributore Tamoil in viale Miramare». Diventa un caso nazionale il
nuovo impianto di Barcola: a sollevarlo è il direttore generale
culturale del Fai (Fondo per l’ambiente italiano), Marco Magnifico. Ha
scritto una lettera aperta al sindaco Roberto Dipiazza: «Barcola è la
porta d’ingresso nobile a Trieste – scrive – il viale Miramare è un
luogo di grande identità per la città, per i suoi abitanti, per la sua
storia e per quanti amino Trieste; uno spazio che evoca una sensazione
di serenità e senso d'appartenenza. Ebbene proprio qui il Comune ha
autorizzato la costruzione di un nuovo, grande distributore di
carburante Tamoil. Per fargli posto, non solo saranno abbattuti molti
alberi secolari, ma verranno modificate pesantemente le caratteristiche
di una zona che a noi risulta essere un bene vincolato in quanto di alto
valore paesaggistico e ambientale».
Si legge ancora nella lettera: «Quello che è stato presentato ed
approvato come un progetto di ampliamento di un distributore esistente è
in realtà un enorme complesso completamente nuovo: infatti il vecchio
distributore copriva 110 mq (di cui solo 30 mq verranno riutilizzati)
mentre questo occuperà ben 1500 mq, andando a distruggere, con nuove
costruzioni e corsie asfaltate, i giardini alberati e i marciapiedi
verso Miramare. Ci chiediamo se davvero non vi sia altra localizzazione
possibile e come mai la Soprintendenza non contrasti e non si opponga
con forza a questo intervento».
Intanto cambia volto, oggi, l’ex stazione di servizio in viale Miramare:
diventa sede dei surfisti triestini. In tanti avevano puntato a ottenere
in affitto gli spazi dell'ultimo distributore rimasto attivo sul
lungomare, ma il Comune, proprietario del sito, ha deciso di affittarlo
a un’associazione sportiva. «Nel precedente piano delle opere - ha
spiegato l'assessore Franco Bandelli - quella struttura doveva diventare
un punto di appoggio, d’estate, per i vigili urbani. Ora, con la
realizzazione della nuova caserma, tutto questo non sarà più necessario.
Abbiamo deciso di dare spazio allo sport e, quindi, a un’associazione in
grado di proporre qualcosa di nuovo». Negli ultimi mesi, infatti, la
comunità dei surfisti - o meglio, dei windsurfisti - è andata
aumentando: complice l'inverno mite, ma con giornate di bora, nel Golfo
si è contato anche un centinaio di windsurfisti, la maggior parte dei
quali provenienti da Slovenia e Croazia. L'associazione sportiva ha
realizzato a proprie spese il restauro dell'ex distributore e ora vedrà
l'affitto abbassato grazie ai lavori svolti: «Con il gruppo - ha
spiegato l'assessore al Patrimonio Piero Tononi - abbiamo stipulato un
contratto di affitto agevolato, proprio in virtù del fatto che si tratta
di un’associazione sportiva e che l'attività da svolgere non sarà
commerciale». «La comunità dei windsurfisti - ha spiegato Alberto Salvi,
direttore della nuova sede del Surf team Trieste - a Trieste sta
decisamente crescendo. Sul lungomare di Barcola si notano molti nuovi
appassionati, parecchi sloveni e croati, per non parlare dei
monfalconesi e goriziani. Ora, grazie a questa sede puntiamo ad
aumentare anche i servizi a disposizione, con un rimessaggio di tavole e
vele accessibile ai soci». L'ex distributore avrà anche un piccolo bar,
dedicato ai soci del Surf team. Oggi alle 18 l'inaugurazione della
struttura, e poi, la settimana prossima, corsi gratuiti di avvicinamento
al winsfurf con tavole e vele di nuova generazione.
fr.c. |
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Gli esperti: pulite le acque del golfo ma la
temperatura è sempre più alta - Il monitoraggio dell’Osservatorio Alto
Adriatico. Ci sono meduse ma non urticanti |
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Mare al momento pulito e sotto controllo ma
sempre più caldo. Lo ribadiscono gli esperti dell’Osservatorio Alto
Adriatico–Osmer Arpa Fvg, che monitorizzano periodicamente il golfo, per
controllare la qualità delle acque di balneazione ed altri possibili rischi.
Al momento, gli esperimenti sono in pieno svolgimento ed i risultati
dettagliati delle osservazioni che riguardano i primi di giugno saranno
disponibili la settimana prossima.
Sulla base dei dati parziali, al momento si può affermare però che in
generale si nota una buona situazione delle condizioni ambientali del golfo.
«Il tutto rientra nei canoni classici di normalità» spiega Giorgio Mattassi
dell’Agenzia Regionale per la Protezione dell'Ambiente del Friuli Venezia
Giulia (Arpa), sottolineando inoltre che i campionamenti dipendono dalle
condizioni meteo, poichè la valutazione sulla qualità delle acque dovrebbe
rispecchiare le condizioni medie non quelle istantanee.
Per il momento però, dagli esperti nessuna segnalazione sulle presenza di
meduse urticanti o di mucillagini in quantità preoccupante.
Rimane però un fatto certo: un periodo lungo di sole, alte temperature e
poco vento potrebbe effettivamente favorire l'aggregazione delle
mucillagini. Gli scienziati del Dipartimento Oceanografia Biologica dell’
Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale OGS ricordano
comunque che le mucillagini non sono dannose per l'uomo, anche se la
sensazione, dopo il bagno, è sgradevole.
Il monitoraggio delle acque marino-costiere ha registrato un incremento
della temperatura media di 5.6°C alla fine dello scorso mese. Conseguenza
peraltro inevitabile: la media della temperatura dell’aria è stata di circa
2 gradi superiore a quella del mese di maggio relativo alla serie storica
(2002-2006) e ha presentato valori massimi di circa 24-25°C.
ed alcune variazioni della salinità media. L’Arpa ha notato inoltre che
nelle scorse settimane la concentrazione media di clorofilla da fluorescenza
indotta è risultata costante e che la colorazione dell’acqua è apparsa
normale all’inizio del mese ed anomala (giallastra) a fine maggio in alcune
zone, a causa delle acque provenienti dai fiumi Isonzo e Tagliamento.
Per quanto riguarda la presenza delle meduse in generale, si rileva un
decremento degli avvistamenti di una specie non tossica, la «Aurelia aurita»,
che si presenta però di grandi dimensioni (diametro 15 cm).
Gabriela Preda |
«Liberi dal mostro-cementificio, ma senza
rancori» - Oggi la festa in piazza. I Comitati: niente fischi, ma
applausi. Duz: non parteciperò |
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I cittadini della Bassa celebreranno a Torviscosa
la vittoria sancita dal «no» della giunta. Il gruppo Grigolin: «Ricorso? Prima
vediamo la delibera»
TRIESTE «Non vogliamo polemiche. Ci interessa
solo festeggiare». Mareno Settimo, il portavoce del comitato «No al
cementificio», ci ha sempre creduto. E, adesso che la Bassa friulana si è
liberata dal pericolo «mostro», non ha rancori da portare in piazza. Questa
sera, a Torviscosa, nel giorno della manifestazione che segue il «no» unanime
della giunta Illy al cementificio, «non vogliamo fischi ma applausi: è una festa
di popolo».
IN PIAZZA Il programma è appunto molto “popolare”. Ritrovo in piazza del
Popolo a partire dalle 18: «A seconda degli arrivi ci saranno gli interventi –
spiega Settimo –, non è prevista una scaletta». La gente, che era scesa in
piazza il 25 aprile e il primo maggio per contestare e stendere striscioni
contro il cementificio, potrà finalmente esultare: «Il “no” finale della giunta
ci consegna una vittoria netta, favorita anche dai clamorosi errori di chi, in
primis i vari Illy, Moretton, Sonego, Duz e Del Frate, ha sostenuto un progetto
sbagliato contro la volontà dei cittadini. Se la ricorderanno per un pezzo
questa sconfitta».
OBIETTIVI Oggi, si legge nel volantino che annuncia la manifestazione di
Torviscosa, si scende in piazza «per il diritto alla salute dei nostri figli e
dei nostri nipoti, per un lavoro che tuteli i diritti fondamentali della persona
sia all'interno che all'esterno della fabbrica, per un uso corretto delle
risorse agricole, industriali e turistiche della Bassa friulana, per uno
sviluppo che consenta di tutelare le conquiste sociali raggiunte, per un
progresso economico e sociale cosciente e condiviso dalla popolazione».
PRESENZE A partecipare alla serata di festa il comitato ha invitato pure
i consiglieri regionali Settimo cita Travanut (Ds), Metz (Verdi), Franzil (Rc),
Violino (Ln), Molinaro e Venier Romano (Udc), «ma sono invitati tutti», precisa
Settimo. Anche Illy? «Tutti – ribadisce –. Ma non vogliamo che un invito
personale possa sembrare una presa in giro e alimenti polemiche». Tra i presenti
sicuramente Travanut: «Sono invitato e ci vado. Del resto, se mi chiamano, vado
anche dove penso di ricevere critiche e l’altra sera, non a caso, ero a un
convegno “No Tav”, mentre io sono favorevole». Il capogruppo diessino, che si è
battuto fin dall’inizio della vicenda contro il cementificio, parla di “vittoria
del territorio con tutte le sue componenti. “Il risultato finale si deve alla
gente ma anche a chi si occupa di politica”.
ASSENZE Tra gli assenti, invece, il sindaco (del sì) di Torviscosa
Roberto Duz e quello (del no) di Cervignano Pietro Paviotti. «Non ci sarò –
spiega Duz – perché ho sempre cercato di separare le funzioni istituzionali
dalla piazza. Quello della giunta è un parere tecnico, nulla di straordinario,
di cui prendiamo atto e che accettiamo». Ma il cementificio sarebbe servito?
«Sì, con la premessa che avrebbe dovuto dare garanzie di sicurezza per persone e
ambiente». Niente piazza neppure per Paviotti: «Il messaggio è che in futuro si
dovranno condividere le scelte a livello territoriale e non mettere in
difficoltà i Comuni chiedendo loro pareri frettolosi. Ma non cambio idea: il
metodo utilizzato dai comitati, per quanto avessero la mia stessa opinione, non
mi è piaciuto. Quella del 1. maggio è stata una giornata triste, con violenze
verbali e psicologiche nei confronti di sindaci che, con l’espressione dei
consigli comunali, avevano seguito le regole delle democrazia».
RISCHIO RICORSO La collega di Porpetto Cecilia Schiff non nasconde invece
la soddisfazione: «Finalmente si è guardato alla base e alle sue richieste. Con
il cementificio non si sarebbero certo risolti problemi occupazionali, che in
questo momento non colpiscono quest’area, ma si sarebbero al contrario aggravate
questioni ambientali che gravano pesantemente sulla Bassa. Per una volta si è
tenuto conto delle esigenze della gente». Ma la partita è davvero chiusa? Il
gruppo Grigolin accetterà il verdetto della giunta o ricorrerà? Dall’azienda
veneta non giungono ancora prese di posizione: «Dobbiamo prima esaminare la
delibera di giunta».
Arrivasse il ricorso, Settimo è però pronto: «Risponderemo anche in quel caso
colpo su colpo».
Marco Ballico
Lauri: la giunta riveda la politica
sull’ambiente - Cdl: costretti al dietrofront |
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TRIESTE Dopo lo stop della giunta Illy al
cementificio continuano i commenti della politica. Parla l’opposizione di
centrodestra come anche la sinistra, con Rifondazione comunista che
interviene con una nota del suo segretario regionale. «Il no della Regione
alla realizzazione del cementificio – scrive Giulio Lauri – è innanzitutto
una vittoria della popolazione. Contrariamente a quanto si dice, il
conflitto sociale paga. Se è giustamente motivato, pacifico e determinato,
può produrre risultati anche quando è esercitato dalla minoranza della
popolazione: come la storia insegna, le maggioranze, soprattutto quelle
silenziose, non interpretano necessariamente l’interesse generale». Lauri
estende la questione: «La mobilitazione sul cementificio è importante anche
per la maggioranza di centrosinistra». Due gli insegnamenti per il futuro:
«Il primo è che l’ambiente non può più essere considerato un freno alla
crescita economica ma una risorsa su cui fare leva per ripensare un nuovo e
diverso modello di sviluppo. Il secondo è che la democrazia senza
partecipazione è uno strumento monco, che può allontanarsi drammaticamente
dall’interesse generale della popolazione, e che la partecipazione va
promossa e le richieste ascoltate». «Il no unanime della giunta – attacca
invece il capogruppo di An Luca Ciriani – contraddice clamorosamente quanto
detto da Illy solo un mese fa, quando affermava che l’autorizzazione era «un
atto dovuto. Questa retromarcia va ad aggiungersi a quella di poche
settimane fa sui rigassificatori, due chiari segnali di un governatore che
naviga a vista cercando in ogni modo di recuperare sul territorio i consensi
perduti». Marzio Strassoldo, presidente della provincia di Udine, sottolinea
la posizione «sempre contraria» dell'ente friulano. Una posizione «motivata
dallo studio realizzato dagli uffici provinciali, che hanno messo in
evidenza i rischio ambientali e infrastrutturali di un cementificio. In
particolare è stato rilevato come l’impianto sarebbe stato collocato in un
territorio già in forte sofferenza ambientale, soprattutto per quanto
riguarda la qualità dell’aria, e viaria, con una previsione di 356 nuovi
transiti giornalieri da e per l’impianto». «La giunta regionale - continua
Strassoldo - ha fatto bene a tornare sui suoi passi dopo aver dichiarato
pubblicamente di voler autorizzare il cementificio: è stata costretta a
rimangiarsi quanto detto».
m.b. |
Ma sulla vetreria i comuni si dividono
- Il sindaco di Marano: «A rischio la laguna e l’attività dei pescatori» |
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Solo San Giorgio, Carlino e Torviscosa
favorevoli al nuovo insediamento. «No» anche dalla Provincia di Gorizia
SAN GIORGIO Vetreria, si spacca il fronte dei
Comuni interessati. I consigli comunali di Marano, Porpetto, Carlino, Terzo
di Aquileia, San Giorgio e Torviscosa si sono pronunciati in merito
all’eventualità di realizzare l’impianto, e il verdetto ha sancito una
frattura netta tra le realtà territoriali coinvolte: Marano e Porpetto hanno
esternato la propria, assoluta, contrarietà al progetto, mentre Carlino,
Torviscosa e San Giorgio si sono espressi favorevolmente. Terzo di Aquileia
ha invece assunto un atteggiamento prudente, e fa sapere tramite il primo
cittadino Fulvio Tomasin di non avere dei dati precisi. Tomasin smentisce in
modo perentorio la tesi secondo cui la Bassa Friulana rifiuta qualunque
progetto in modo aprioristico, ma sottolinea l’esigenza di dotare il
territorio, e in particolare la vasta area industriale di San Giorgio, di un
sistema di centraline che valutino esattamente il livello di emissioni
nell’atmosfera.
Emblematico il caso di San Giorgio, dove il consiglio comunale all’unanimità
garantisce l’appoggio alla vetreria. Risulta quindi evidente che ci sia un
chiaro cambiamento di indirizzo da parte dei Comuni rispetto alla vicenda
cementificio. Quando era stato prospettato tale insediamento, si era
immediatamente registrata una levata di scudi da parte di tutti i comuni del
territorio, ad eccezione di Torviscosa e San Giorgio. La coesione e la
compattezza emersa precedentemente sembra dunque venir meno, e i referenti
dei comitati si sono già mossi per capire quali siano le motivazioni. A
rinforzare lo schieramento del «no» è arrivata la posizione della provincia
di Gorizia, direttamente coinvolta a causa delle ripercussioni che subirebbe
Grado a causa della vetreria. Graziano Pizzimenti, sindaco di Marano,
esprime senza esitazione il proprio punto di vista, e si fa portavoce di un
consiglio che ha bocciato all’unanimità il progetto: «L’aspetto forse più
significativo sta proprio nel fatto che anche la minoranza (composta da Ds,
Forza Italia e Margherita; la maggioranza è formata dalla Lega Nord e da
indipendenti) abbia espresso un parere negativo. L’insediamento verrebbe
collocato nei pressi della laguna, con i fumi di scarico che andrebbero a
danneggiarne pesantemente l’ambiente e le attività che vi si snodano. Ci
rimetterebbero soprattutto i pescatori, che vengono regolarmente considerati
l’ultimo anello della catena. Il nostro consiglio comunale auspica uno
sviluppo diverso per il territorio, che non contempli la presenza di
industrie pesanti». Pizzzimenti prosegue: «Per dare un’idea, la ciminiera
della vetreria sarebbe alta circa 80 metri, quando il nostro campanile
raggiunge a malapena i 30 metri. È quindi perfettamente evidente come
l’impianto risulterebbe impattante anche a livello visivo, oltre che dal
punto di vista ambientale. Il nostro indirizzo deve essere interpretato come
un chiaro segnale dato dal territorio». Roberto Duz e Pietro Del Frate, pur
confermando la propria posizione, non intendono, al momento, esporsi
apertamente. Nei giorni scorsi i comitati avevano rivolto un esplicito
appello a Mauro Travanut, affinché li sostenesse ancora come fatto con il
cementificio. Il consigliere diessino, da parte sua, ha reso noto che
asseconderà le direttive dell’Azienda Sanitaria come ha sempre fatto.
Secondo i comitati, l’attuazione della vetreria sarebbe un passaggio
deleterio per il territorio, con ripercussioni addirittura più gravi
rispetto a quelle derivanti dalla costruzione di un cementificio.
Giovanni Stocco |
IL PICCOLO - VENERDI' , 15
giugno 2007
Ferriera: benzene 2mila volte oltre i limiti
- In mare accertato un inquinamento da record.
Nel sottosuolo enormi sforamenti di zinco e piombo |
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Diffusi dai Verdi i dati delle analisi
disposte dal ministero dell’Ambiente. Metz e Pizzati: «Lo stabilimento va
chiuso anche prima del 2009»
C’è benzene in quantità quasi 2000 volte superiore ai limiti di legge nel
mare antistante la Ferriera di Servola. Di manganese ne navigano 1931
microgrammi per litro contro un limite di 50.
Nel suolo dello stabilimento servolano è stato trovato piombo per oltre 10
mila milligrammi per chilo dove la soglia è fissata a 1000. Così per lo
zinco: in certi punti la concentrazione è di 20.300 milligrammi per chilo a
fronte di un massimo consentito di 1500. Cifre esorbitanti per gli
idrocarburi pesanti: non si dovrebbero oltrepassare i 750 milligrammi per
chilo, se ne sono trovati 30 mila e passa.
Si tratta dei picchi di sforamento accertati nel corso di una indagine che
ha previsto 76 carotaggi fino a 10 metri di profondità e dieci riverifiche
con piezometro, da cui sono scaturiti questi dati ufficiali
sull’inquinamento dell’azienda siderurgica relativi a suolo e acque. Le
analisi sono state ordinate nell’ambito del piano di caratterizzazione
imposto dal ministero dell’Ambiente per il sito inquinato di rilevanza
nazionale, nel cui perimetro entra anche la Ferriera. Dati presentati a
febbraio alla conferenza dei servizi ministeriale, e ufficiali da metà
maggio.
Le cifre sono state rese pubbliche per la prima volta ieri dai Verdi di ogni
ordine e grado (il presidente regionale Gianni Pizzati, il consigliere
regionale Alessandro Metz, la consigliera provinciale Carla Melli, il
consigliere comunale Alfredo Racovelli, accompagnati dal medico del Lavoro
Maurizio Cannarozzo). Inaugurando un nuovo fronte oltre a quello già
caldissimo sulle emissioni nell’aria, hanno confermato che la Ferriera va
chiusa «anche prima del 2009», e nello stesso tempo chiamato a raccolta
tutta la città e i suoi amministratori affinché si pensi per prima cosa al
reddito dei lavoratori: «Il sindaco Dipiazza ha fatto la sua fortuna
elettorale promettendo la chiusura della fabbrica - ha detto Metz -, ma poi
la sorte dei dipendenti è sempre diventata materia di ricatto collettivo,
perciò è da qui che bisogna partire».
Trovare nuova occupazione, garantire uscite agevolate, usare il reddito di
cittadinanza di cui proprio la Regione sta per approvare il regolamento?
«Una di queste soluzioni o altre exit strategy, ma da individuare in
un tempo certo, ragionevolmente entro un anno». I dati sull’inquinamento
sono stati definiti gravissimi: «Chi ora non agisce sul serio - ha concluso
Metz - diventa complice del colpevole, cioé della Ferriera, che nonostante
iniziative della Procura, dei cittadini, dell’Azienda sanitaria, mai ha
risposto adeguatamente».
Pizzati ha sottolineato che la Teseco, che sta bonificando in area Ezit,
lava le ruote dei camion con cui porta via la terra sporca: «A Servola non
si fa, né si sono messi teli protettivi al suolo per proteggere i
lavoratori, e inoltre manca ancora l’analisi dell’area antistante il mare,
probabilmente costituita da materiale di riporto con cui nell’arco di 40
anni la Ferriera ha modificato la linea di costa, il ministero ha imposto 60
giorni di tempo per presentare le analisi».
«Sforamenti impressionanti - ha commentato Cannarozzo, come medico - ci sono
sostanze tossiche e anche cancerogene, tutti gli inquinanti trovati a mare
entrano nella catena alimentare attraverso il pesce: all’azienda è stato
imposto di avviare la messa in sicurezza d’emergenza entro 20 giorni dalla
conferenza dei servizi, ma lo ha fatto?».
Melli, consigliere provinciale, ha annunciato nuove strategie in
collaborazione con Muggia su cui volano le emissioni d’aria, e un consiglio
straordinario per il 9 luglio deciso concordemente da maggioranza e
opposizione. Racovelli ricordando le richieste di chiusura della Ferriera da
parte del sindaco ha ammonito: «Esca dalla fase mediatica, indichi un
percorso di dismissione, e noi lo sosterremo apertamente». I Verdi temono
che la proprietà possa vendere l’azienda per sfuggire a chiusure e bonifiche
«senza pagare il pegno».
Ma se Pizzati segnala che «la zona di Servola ha il più alto indice di
malattie polmonari d’Italia», il direttore dell’Azienda sanitaria Franco
Rotelli, che aveva promesso e ha realizzato indagini sullo stato di salute
della popolazione residente nel quartiere certifica risultati diversi,
ottenuti scrutando nella banca dati per scoprire per che cosa, quanto e
quando si sono curati gli abitanti di Servola: «Le nostre analisi non hanno
dato per ora segnali che vi sia un’incidenza di malattie superiore al resto
della città, neanche per le malattie polmonari, e lo stesso si rileva per i
lavoratori, ma purtroppo non è detto che una rilevazione datata oggi dia
certezza per sempre, certe malattie compaiono a distanza anche di molti
anni».
Gabriella Ziani |
FERRIERA - L’azienda: «Bonifica d’emergenza avviata già
da giorni» - L’acqua di lavorazione viene trattata |
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Quattro pompe che trattano l’acqua di
lavorazione prima che entri in mare. È la risposta della Ferriera alle
imposizioni del ministero dell’Ambiente sulla scorta dei pesanti dati
d’inquinamento usciti dal piano di caratterizzazione. Scadrà intanto questo
mese il tempo che le amministrazioni, dalla Regione al Comune e all’Autorità
portuale, hanno dato all’azienda nell’ambito della cosiddetta autorizzazione
ambientale integrata che prefigura una prosecuzione dell’attività anche
oltre il 2009 ma con una parziale ricoversione dell’attività, e comunque non
senza un miglioramento dell’impatto ambientale.
Nel frattempo sono arrivate le prescrizioni ministeriali. «Il ministero -
risponde Francesco Semino, responsabile delle relazioni esterne della
Ferriera - ci ha dato due possibilità: o una bonifica consortile, cioé a
condominio con le altre aziende, o una messa in sicurezza d’emergenza da
realizzare da soli. L’azienda ha scelto l’ultima soluzione. Ma se ci fossimo
messi nel gruppo saremmo stati al riparo da ogni controllo e domanda,
sarebbe stato più da furbi, basta immaginarsi i tempi lunghi di una bonifica
collettiva, magari 10 anni, in Italia ci sono ben 54 siti inquinati di
rilievo nazionale».
Dunque la Ferriera «si pulirà» da sola. Il ministero le ha dato 20 giorni
dalla data di ricevimento del verbale della conferenza dei servizi (10
maggio), per comunicare l’avviata messa in sicurezza. «E infatti - assicura
Semino - è stata avviata: un sistema di pompe che trattano l’acqua prima che
il sedimento arrivi a contatto con la falda, sistemate nei punti dove sono
state localizzate le aree problematiche». Sul lato mare sono 4 i punti,
distanziati di 100 metri, dove sono state installate le pompe. Ma per il
suolo che si fa? «Non ci sono profili di emergenza - risponde Semino -,
comunque sono fasi diverse».
Dalla Provincia commenta l’assessore all’Ambiente Ondina Barduzzi: «Dipiazza
non era d’accordo sull’autorizzazione ambientale per 5 anni poiché c’è un
protocollo firmato a Roma che prevede la chiusura della Ferriera nel 2009,
ma penso che se l’azienda chiede l’autorizzazione significa che intende
bonificare ed è ciò che conta».
g. z. |
FERRIERA - Presenti anche i cancerogeni idrocarburi
policiclici aromatici |
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Per chi non s’intende di chimica i numeri
allarmanti si accompagnano a parole misteriose, ma gli stessi documenti
ufficiali che riferiscono delle analisi nell’area della Ferriera per il
ministero dell’Ambiente ne danno una schematica descrizione. Così nel suolo
della fabbrica sono stati trovati per prima cosa i seguenti metalli:
Arsenico, Berillio, Cadmio, Cromo totale, piombo, Antimonio, Selenio,
Vanadio, Zinco, Benzene. Ci sono poi i pericolosi Idrocarburi policiclici
aromatici (Ipa), molto dannosi per la salute, di cui è dimostrata la
cancerogenità sia in laboratorio sia nelle popolazioni, e che sono derivati
dalla combustione (anche dei motori delle macchine): alla Ferriera si sono
trovati valori eccedenti di Pirene (1622 a fronte di un limite di 50, Benzo(a)antracene
(819 contro un limite di 10), Crisene (876 anziché 10), Benzo(a)fluorantene
(140 anziché 10), Benzo(a)pirene (559 anziché 10), Dibenzo(a,h)antracene
(223 anziché 10), Benzo(g,h,i)perilene (619 anziché 10), Indenopirene (468
anziché 5), per una sommatoria di «Ipa» pari a 6069 milligrammi per chilo a
fronte di un limite di 100. Nell’acqua: Manganese, Cromo esavalente,
Nitriti, Cianuri, Toluene, Para-xilene, Triclorometano, Dicloroetano,
Triclorofenolo. |
Rigassificatori, Gas Natural presenterà nuovi
studi |
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TRIESTE Gas Natural non molla la presa sul
Golfo di Trieste e rilancia la sua battaglia per l’insediamento del
rigassificatore nell’area ex Esso a Zaule. Dopo la fumata nera
dell’esecutivo regionale, che il 1.o giugno ha dato parere negativo ai due
progetti per la realizzazione di impianti Gnl (quello di Gas Natural e
quello di Endesa, off-shore), la società ha infatti annunciato di essere
pronta a presentare «tutte le documentazioni necessarie a chiarire e
sciogliere i dubbi residui sui temi sollevati dalla Regione».
Nessun passo indietro dunque da parte di Gas Natural, pronta all’«avanzata»
verso Roma, carte alla mano. La parola fine a una delle questioni più
discusse degli ultimi mesi, infatti, sarà solo il Ministero dell’ambiente a
poterla mettere, fornendo la valutazione d’impatto ambientale. Qualche
giorno fa la giunta Illy aveva detto no ai due rigassificatori a Trieste.
Pur esprimendo giudizio favorevole sotto il profilo socio-economico, la
Regione aveva sollevato obiezioni legate ai rischi potenziali sull’ambiente
e la salute. |
Gas Natural non molla: Trieste ci interessa - La società pronta a presentare ulteriori
documentazioni sul progetto del rigassificatore |
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La reazione degli spagnoli al parere negativo
espresso dalla Regione. Sonego e Dipiazza: «Adesso ci pensi Roma»
Gas Natural non molla la presa sul Golfo di Trieste e rilancia la sua
battaglia per l’insediamento del rigassificatore nell’area ex Esso a Zaule.
Dopo la fumata nera dell’esecutivo regionale, che il primo giugno ha dato
parere negativo ai due progetti per la realizzazione di impianti Gnl (quello
di Gas Natural e quello di Endesa, off-shore), la società ha infatti
annunciato di essere pronta a presentare «tutte le documentazioni necessarie
a chiarire e sciogliere i dubbi residui sui temi sollevati dalla Regione».
Nessun passo indietro, dunque, da parte di Gas Natural, pronta
all’«avanzata» verso Roma, carte alla mano. La parola fine a una delle
questioni più discusse degli ultimi mesi, infatti, sarà solo il ministero
dell’Ambiente a poterla mettere, fornendo la valutazione di impatto
ambientale.
Non più tardi di qualche giorno fa la giunta Illy aveva detto no ai due
rigassificatori a Trieste. Pur esprimendo un giudizio favorevole sotto il
profilo socio-economico, da piazza Oberdan erano state sollevate obiezioni
legate ai rischi potenziali sull’ambiente e sulla salute dei cittadini,
evidenziando che nella documentazione presentata da Gas Nautral e Endesa,
permanevano «carenze documentali e progettuali, che non dimostravano
l’assenza di pericoli». La Regione aveva però sottolineato la disponibilità
a ospitare un rigassificatore in Fvg, ma «solo a determinate condizioni»,
chiedendo che le società fornissero al ministero un quadro documentale che
consentisse di superare le perplessità. Tra le condizioni indicate
dall’esecutivo rientrava ad esempio, per il progetto nell’area di Zaule, un
prolungamento della condotta di scarico delle acque fredde oltre la diga
foranea.
Gas Natural ha risposto all’appello: «Vogliamo investire a Trieste e
realizzare il rigassificatore, che rappresenta un’importante infrastruttura
- spiega la società attraverso il suo portavoce - necessaria non solo per il
sistema energetico nazionale, ma anche per lo sviluppo economico del
territorio. La Regione ha richiesto maggiore chiarezza documentale e noi
stiamo preparando le carte da presentare al ministero, con cui risponderemo
a tutte le obiezioni sollevate. Il rigassificatore di Zaule sarebbe simile a
molti altri in esercizio a livello mondiale: impianti sicuri, puliti, con
una tecnologia consolidata in oltre 50 anni di esperienza - spiega ancora
Gas Natural -. Nella sola Spagna ce ne sono 6 in funzione e altri 3 in fase
di progettazione».
Sull’annuncio di Gas Natural, secco il commento di Lodovico Sonego,
assessore regionale a Infrastrutture ed energia: «La questione dei
rigassificatori non è più di dominio della Regione - spiega Sonego - ma ora
è di esclusiva competenza del ministero. In ogni caso prendo atto della
volontà di Gas Natural di non abbandonare il progetto. Se vogliono fare sul
serio non hanno che da rimboccarsi le maniche».
In attesa di «vedere quel che succede a Roma» resta il sindaco Dipiazza, che
ad oggi dichiara di non essersi spostato di un centimetro dalla posizione
iniziale: «Ribadisco ancora una volta che sono convinto che il
rigassificatore a Zaule potrebbe essere una grande opportunità economica per
Trieste - afferma Dipiazza -. Il piano dell’energia è un piano strategico
per il Paese. La Regione ha detto no, e credo che c’entri la questione del
cementificio. Non ho intenzione di fare le guerre puniche per i
rigassificarori. Vedremo cosa decide Roma».
Elisa Coloni |
Il biologo Roberto Odorico: «È una zona ricca
di biodiversità dove esiste anche un molo romano che testimonia dell’antica
linea di costa» |
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«Eco parco» transfrontaliero a Muggia - Dovrebbe interessare l’area compresa tra
Punta Sottile e Punta Grossa
Il sindaco Nesladek tiene i contatti con la
riserva di Miramare e con Capodistria per verificarne la fattibilità
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MUGGIA A Muggia si torna a parlare di
realizzare un parco marino transfrontaliero tra Punta Sottile e Punta
Grossa, alquanto rivisitato rispetto le iniziali intenzioni, e considerato
in un’ottica didattica, inserita nel contesto del Parco del mare, di cui si
discute invece a Trieste.
L’argomento è stato affrontato già tra il Comune di Muggia e quello di
Capodistria, e contatti tecnico-organizzativi ci sono stati anche con la
Riserva naturale marina di Miramare. Il sindaco Nesladek spiega: «Un parco
in cui conservare i pregi ambientali esistenti, sviluppando attività
scientifiche e didattiche legate al mare, potendo quindi attirare anche
quella parte di turismo dedicata al mondo subacqueo. Il parco, in questa
visione transfrontaliera, potrebbe anche godere di finanziamenti europei,
mentre potrebbe legarsi al Parco del mare di cui si parla a Trieste,
diventandone una sede distaccata ma ben collegata, magari con traghetti o
barche scuola. L’iniziativa dell’Aula blu, ad esempio, ben si inserirebbe in
questo progetto, mentre a Muggia potrebbero nascere le sedi logistiche,
ostelli, laboratori e centri visite, in edifici esistenti, come la scuola di
San Rocco, o in altri».
Nesladek preferisce non paragonare questo progetto di parco acquatico con
quello abbozzato negli anni scorsa dalla Provincia. «Le cose sono cambiate –
dice -. C’è una maggiore sensibilità ambientale, anche dall’altra parte del
confine. È anche migliorato il rapporto con Capodistria e la Slovenia, con
la quale stanno per cadere i confini. E si pensa ad un approccio molto più
didattico, una sorta di laboratorio dell’immaginario scientifico incentrato
sulle attività marine e costiere».
Non un parco chiuso, ben inteso, ma una zona di ricerca, in cui apprezzare e
valorizzare le specificità ambientali, di ampia fruizione da parte di
turisti, scuole, o cittadini. Da inserire in un «pacchetto»
turistico-ambientale che coinvolga tutto il golfo, e magari anche la parte a
terra, fino alla Val Rosandra.
Ma quali sono i pregi naturalistici di quell’area? Lo spiega Roberto
Odorico, biologo della Riserva di Miramare, che ha già affrontato
l’argomento con il sindaco Nesladek: «È una zona ricca di biodiversità.
Un’area fertile, dalla quale proviene ciò che poi popola o ripopola il resto
della costa. Il fondale è sabbioso o roccioso. È l’unica zona di flysch
sottomarino da queste parti, e c’è anche un molo romano che testimonia
dell’antica linea di costa. Il fondale è riccamente popolato, un serbatoio
di specie».
La nascita del parco naturale (denominato ora Eco parco) porterebbe anche a
rinsaldare o far nascere collaborazioni didattiche transfrontaliere, ad
esempio con il laboratorio marino di Pirano. Dopo anni che se ne parla, ora
in quanto tempo potrebbe sorgere questo Eco parco? Nesladek dice: «Fare il
parco non è difficile. Poi però bisogna gestirlo. L’ipotesi più percorribile
è di chiedere fondi Interreg assieme a Capodistria. Ma è necessaria anche la
compartecipazione con il Parco del mare di Trieste. Ne parlerò a breve nelle
sedi appropriate con i vicini colleghi».
Sergio Rebelli |
RIFIUTI: POLEMICA A SAN DORLIGO |
SAN DORLIGO Si continua a polemizzare a San
Dorligo in merito alla progettata raccolta differenziata dei rifiuti porta a
porta, il cui avvio è stato annunciato nei giorni scorsi.
Mercoledì c’è stato un primo incontro con la cittadinanza a Prebenico, per
illustrare il progetto che partirà a luglio. Forti dubbi sull’efficacia e
sul risparmio che deriverà ai cittadini da tale sistema sono stati avanzati
già ieri dai consiglieri di opposizione in consiglio.
Oggi, alla luce del primo incontro pubblico illustrativo, interviene il
consigliere Boris Gombac (Uniti nelle tradizioni): «È un modello di raccolta
“tutto casereccio”, visto che nessun’altra amministrazione della provincia
ha voluto aderire».
«All’assemblea pubblica – incalza Gombac – non ha partecipato moltissima
gente, e l’incontro si è concluso in quaranta minuti, senza alcun beneficio
per i partecipanti».
Gombac afferma anche che in sala, ai consiglieri di opposizione presenti non
è stato permesso di intervenire, e il dibattito è proseguito all’esterno
dopo la riunione.
«Lì i presenti hanno dialogato con noi – dice Gombac - per avere
informazioni in merito ad un sistema di raccolta differenziata che, come
imposto, si preannuncia di breve durata, ma con sperequazioni nel servizio
di raccolta rifiuti che andranno a colpire indistintamente i concittadini
che si sono visti aumentare negli ultimi anni le bollette del 60 per cento».
Ieri sera, c’è stato un incontro a Sant’Antonio. Oggi il medesimo
appuntamento si ripeterà a Caresana, alla casa comunale, a partire dalle 20.
s.re. |
Rifiuti, Ue multa l’Italia per Fvg, Lazio e
Puglia - La condanna perché Roma non ha varato i piani
di gestione e smaltimento delle 3 regioni |
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Il provvedimento può implicare sanzioni
salatissime e riguarda le scorie sia ordinarie sia speciali. E in Irpinia
Bertolaso viene aggredito
BRUXELLES Al termine di un procedimento
durato cinque anni, l’Italia e’ stata condannata ieri dalla Corte di
giustizia europea di Lussemburgo per avere violato le direttive dell’Unione
sui rifiuti comuni (75/442/Cee) e sui rifiuti pericolosi (91/689/Cee) non
avendo presentato alla Commissione europea i piani di gestione e smaltimento
delle regioni Friuli Venezia Giulia, Lazio, Puglia e delle province di
Bolzano Alto Adige e di Rimini.
La Corte ha condannato l’Italia dopo che le inadempienze erano state
rilevate dalla Commissione europea che ha aperto una procedura d’infrazione
nei confronti del nostro Paese nel 2002, procedura che dopo varie tappe è
approdata nelle aule di giustizia di Lussemburgo.
Nel corso del lungo braccio di ferro tra Roma e Bruxelles, la Corte ha
rilevato, l’Italia non ha mai colmato le proprie inadempienze.
Nel motivare la sentenza di condanna dell’Italia, i giudici di Lussemburgo
hanno confermato che i piani di gestione e smaltimento dei rifiuti comuni
sono obbligatori nell’Ue dal 1975 e dal 1991 sono obbligatori anche i piani
per lo smaltimento dei rifiuti pericolosi. I piani, una volta elaborati,
devono essere comunicati alla Commissione europea che ha il compito di
esaminarli, approvarli o respingerli.
Nell’elaborare le procedure di gestione e di smaltimento, le autorità
competenti devono indicare tipi, quantità e origine dei rifiuti da
recuperare o da smaltire, requisiti tecnici generali, tutte le disposizioni
per i rifiuti di tipo particolare, i luoghi o gli impianti adatti al loro
smaltimento. Nei piani devono anche essere indicate le persone fisiche o
giuridiche responsabili della gestione dei rifiuti, contenere la stima dei
costi di smaltimento e di recupero e prevedere le misure d’incoraggiamento
alla razionalizzazione della raccolta, della cernita e del trattamento della
spazzatura.
L’Italia è stata condannata a pagare anche le spese processuali e ora la
Commissione può intimare al governo italiano di dare immediata applicazione
alla sentenza. In caso contrario l’Italia corre il serio rischio di essere
condannata una seconda volta e allora l’esecutivo comunitario potrebbe
costringerla a pagare ingenti multe quotidiane per ogni giorno di permanenza
nello stato d’infrazione della legislazione comunitaria. Le multe potrebbero
essere detratte anche dai versamenti che Bruxelles annualmente assegna al
nostro Paese dai fondi strutturali, come quelli agricolo, regionale o
sociale.
L’Italia è, tra i Ventisette, il Paese con il più alto numero d’infrazioni e
condanne per violazione delle leggi comunitarie.
Intanto ieri è stata una nuova giornata difficile per il commissario
straordinario per l'emergenza rifiuti in Campania Guido Bertolaso,
destinatario delle proteste delle comunità che non vogliono ospitare le
discariche. Ma ieri ad Ariano Irpino (Avellino), la protesta si è
trasformata in aggressione: contro la sua auto calci, pugni, sputi. E c'è
stata poi la fuga precipitosa dal paese. Immediata e corale la solidarietà
del mondo politico e delle istituzioni a Bertolaso. Il commissario, dunque,
non ha potuto incontrare gli amministratori della comunità irpina, per
discutere la possibilità di riaprire la discarica di Difesa Grande. Ieri
mattina l'auto su cui viaggiava Bertolaso è stata circondata da centinaia di
persone e bloccata dai manifestanti, i quali hanno colpito la vettura con
calci e pugni. Ci sono stati momenti di altissima tensione. «Solidarietà
personale» è stata espressa dal presidente del Consiglio Romano Prodi al
commissario Bertolaso, «per l'incivile aggressione subita». Il presidente
del Consiglio ha telefonato a Bertolaso ribadendo l'impegno del governo per
affrontare l'emergenza rifiuti in Campania. |
I cambiamenti del clima preoccupano più del
terrorismo |
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ROMA I problemi ambientali? Preoccupano più
di terrorismo e droga. Il clima sta cambiando, la natura a volte si comporta
in modo inaspettato e così, anche grazie all'interesse dei media, la
percezione che i cittadini hanno del problema è diventata molto alta. Dopo
la disoccupazione, al secondo posto tra le paure degli italiani (prima
ancora di terrorismo e droga) compare l'inquinamento, seguito a non molta
distanza dall'effetto serra. A rivelarlo è la ricerca "Effetto ambiente:
come cambia il nostro stile di vita?" condotta da Lorien Consulting in
collaborazione con la rivista "Nuova ecologia", il quotidiano di
Legambiente, e presentata a Roma. Il dato principale della ricerca è che tre
cittadini su quattro ritengono "fondamentale" il rispetto delle norme ai
fini della tutela climatico-ambientale. Molto critica la valutazione, in
particolare, "verso l'inattività di enti locali e governo centrale, sia
globalmente che nel dettaglio dei singoli interventi a tutela dell’ambiente
in generale”. |
A4, ecco perché la terza corsia non si fa - Gli ostacoli che bloccano il progetto:
burocrazia infinita, leggi che cambiano, il nodo Tav |
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L’INCHIESTA La tormentata vicenda
dell’ampliamento dell’autostrada Trieste-Venezia dura ormai da 10 anni: ma
prima del 2014 non sarà pronta
TRIESTE Il «pacco», nella miglior tradizione italiana, arriva a ridosso del
Natale. Ma, quando la Regione e Autovie venete «scartano» la Finanziaria che
Romano Prodi e il suo governo portano in dono, non gioiscono: scoprono che
le commissioni di gara, ai tempi di Antonio Di Pietro, devono essere
nominate dal ministero alle Infrastrutture. E non più dalle concessionarie
autostradali.
Non è un dramma, ma in Italia lo diventa. Quella manciata di righe allunga
per legge i tempi già biblici della grande incompiuta nordestina: la terza
corsia che deve ridare un po’ di fiato all’ormai strozzata A4
Venezia-Trieste. «Perderemo, se va bene, 5 o 6 mesi» quantifica, sotto
l’albero, chi è del mestiere.
Non sbaglia, almeno non per eccesso. Autovie, già pronta ad affidare i
progetti di opere specialistiche collegate all’allargamento dell’A4 come i
sovrappassi o il ponte sul Tagliamento, inizia ai primi dell’anno il
pressing sul ministero. Ma solo il 24 aprile, dopo una calata in massa nella
capitale, con il presidente Riccardo Illy e l’assessore ai Trasporti
Lodovico Sonego a incalzare il ministro «amico», la spa di Palmanova ottiene
l’agognato risultato: Roma nomina quattro commissioni di gara per la terza
corsia. «Le prime in tutta Italia» ricorda Sonego. Un merito e una
consolazione, seppur magra. Ma, adesso, quanto ci metteranno a giudicare le
commissioni esterne che sfuggono a ogni controllo periferico?
Non è il primo «pacco» di Roma, quello contenuto nella Finanziaria 2007, e
nemmeno l’ultimo. Ma aiuta a spiegare l’inspiegabile: perché mai - mentre
l’A4 si ingolfa anno dopo anno, con più di 3.500 ore di coda e poco meno di
40 milioni di auto e camion contati nel solo 2006 - la terza corsia rimane
un fantasma. Il fantasma che nemmeno le promesse solenni, le volontà
condivise e gli sforzi reiterati riescono a materializzare. Sia chiaro, pur
in un Nordest che spara costantemente sullo Stato centrale e sulle sue
lungaggini burocratiche, i ritardi non vanno messi unicamente sul conto di
Roma. Non aiutano le beghe o le esitazioni periferiche, presenti o passate,
incluse quelle recentissime sul tracciato parallelo oppure no tra terza
corsia e Tav. Ma quanto possono alla fin fine incidere se, fatti due conti e
accertato che servono circa 24 mesi per mettere a gara il progetto integrato
della tratta Quarto d’Altino-San Donà, la più avanzata, Autovie ne può
governare appena 3 o 4?
LA STORIA Di sicuro, la spa autostradale controllata all’86%
dal Friuli Venezia Giulia inizia a ragionare sulla terza corsia almeno una
decina di anni fa. Nel ’99, sotto la presidenza dell’attuale amministratore
delegato Pietro Del Fabbro, raccoglie il primo significativo passo avanti:
l’Anas e il governo, approvando il piano finanziario della concessionaria
che non può realizzare l’opera senza l’assenso dei «proprietario»,
autorizzano l’allargamento dell’A4. Non di tutta l’A4, come chiedeva Autovie,
bensì della tratta Quarto d’Altino-San Donà.
IL PIANO BIS Meglio di niente. Ma il Friuli Venezia Giulia non si
accontenta e, con rinnovato slancio a partire dal 2003, quando si apre l’era
illyana, reclama l’allargamento sino a Villesse. «Abbiamo trovato i cassetti
vuoti, quando siamo entrati in carica, ma ci siamo rimboccati le maniche. E
abbiamo comunque, nella complessità del caso, fatto passi da gigante»
rivendica, punzecchiando la precedente giunta, Sonego. Serve un miliardo, o
giù di lì, per l’intera opera: Autovie si impegna ad autofinanziarla. Non
basta. Serve un nuovo piano finanziario approvato da Anas e ministero. Ma,
nonostante il «vecchio» sia scaduto già nel 2004, quel nuovo piano che
dovrebbe valere 1,6 miliardi ancora non c’è: Autovie stende la bozza, la
manda a Roma, ma le regole cambiano in corso d’opera, e allora deve
ricominciare. «Adesso, però, il nuovo piano è in dirittura d’arrivo. E sarà
pronto entro l’estate» assicura l’assessore ai Trasporti.
I PROGETTI Autovie, però, nonostante il piano sia la «condicio sine
qua non» per estendere la terza corsia da San Donà a Villesse, gioca
d’anticipo. E, assumendosi i suoi rischi, si porta avanti con i progetti:
realizza in casa il preliminare dell’intera tratta, strappa l’assenso ancora
ai tempi di Silvio Berlusconi, ma con una prescrizione. Quella che, nelle
scorse settimane, è ritornata prepotentemente d’attualità: la terza corsia,
sancisce il Cipe, deve affiancarsi alla futura Tav. Facile a dirsi, assai
meno a farsi: far correre «guancia a guancia» automobili, camion e treni
impone cavalcavia più alti e imponenti, con un costo aggiuntivo di almeno
310 milioni di euro. Ma chi li paga? Non c’è ancora risposta. E quella
risposta non è nemmeno la più urgente: come fa la terza corsia a rendersi
parallela alla Tav e cioé a qualcosa che non c’è, non ha ancora un progetto
«sicuro» e chissà quando ce l’avrà?
IL PARELLISMO Il Veneto risolve l’enigma a modo suo: stabilisce, con
due delibere successive, che sul suo territorio l’affiancamento non si farà
e la Tav devierà verso il litorale. Un’eresia? «L’alta velocità non ha né i
progetti né i soldi. Intanto, visto che è un’emergenza assoluta, facciamo la
terza corsia» spiega il presidente Giancarlo Galan. Il Friuli Venezia Giulia
non gradisce né accetta quella logica da «carpe diem», «perché fare i
cavalcavia ignorando la Tav e poi rifarli comporterebbe una spesa ben
superiore ai 310 milioni», e perciò sollecita Roma affinché risolva la
querelle. Non tanto sulla tratta iniziale, dove l’addio al parallelismo
appare acquisito (nonostante la delibera del Cipe ancora valida), quanto
almeno su quella da San Donà al Tagliamento.
I TEMPI In attesa della risposta capitolina, l’ennesima, Autovie
porta avanti il progetto definitivo della tratta da Quarto d’Altino a San
Donà, la sola già autorizzata, e conta di chiuderlo entro dicembre,
allegandovi quelle opere specialistiche ormai in mano alle commissioni
esterne. E dopo? Anas e Cipe devono dare l’ok. Quindi Autovie può fare la
gara per il progetto integrato che include l’esecutivo e i lavori.
Risultato: «Apertura dei cantieri entro la fine del 2010. E, da quel
momento, tre anni di lavori» quantifica, in un’intervista, Giorgio Santuz.
Ben che vada, il 2014. E il resto della tratta? Nemmeno il presidente della
spa, che da tempo grida all’emergenza, non azzarda pronostici sui tempi.
IL COMMISSARIO Troppe le incognite. Troppi i lacci e i lacciuoli romani.
Non a caso, nell’ultimo tentativo in ordine di tempo, il Nordest invoca una
terapia d’urto e chiede con voce sola, da Illy a Galan agli industriali, un
commissario straordinario «modello Passante di Mestre»: uno che abbia i
poteri necessari per tagliare i tempi della burocrazia e sveltire
l’ampliamento della «A4». Di Pietro non fa i salti di gioia, ma il Nordest
non molla. E la saga dell’«A4» continua.
Roberta Giani |
Cementificio, no unanime della giunta Illy - Moretton: ha pesato il parere dell’Ass 5.
Antonaz soddisfatto, dubbi di Bertossi e Sonego |
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L’esecutivo ha votato la delibera che mette
fine alla vicenda dell’impianto di Torviscosa. Ma non vengono esclusi
ricorsi da parte della Grigolin
TRIESTE Il cementificio di Torviscosa non si farà. Dopo mesi di dibattito
acceso in tutte le sedi politiche e istituzionali è arrivata la delibera
della giunta che boccia, in quanto incompatibile dal punto di vista
ambientale e dell’impatto sulla salute dei cittadini, l’insediamento il cui
progetto è stato presentato dalla Cementi Nord-est del gruppo veneto
Grigolin. La delibera è stata portata in giunta dall'assessore all'Ambiente
e Protezione civile, Gianfranco Moretton. Nei giorni scorsi il progetto di
cementificio era stato «bocciato» anche dall'Ass numero 5 che aveva messo in
risalto gli aspetti negativi per la salute della popolazione. L'Arpa,
invece, aveva dato parere favorevole, anche se il documento non era stato
sottoscritto dal direttore scientifico ma dal direttore generale.
«La giunta regionale ha deliberato all'unanimità di non autorizzare
l'impianto del cementificio di Torviscosa per il parere negativo espresso
dall'Azienda sanitaria Bassa friulana e per il motivo di precauzione» dice
il vicepresidente della giunta Gianfranco Moretton. «Abbiamo tenuto conto
del parere che avevamo chiesto all'Azienda sanitaria - precisa - il quale
conferma che l'impianto non può essere autorizzato per ragioni di carattere
ambientale connesse alle emissioni di atmosfera. L'esecutivo ha deciso in
piena autonomia pur tenendo in considerazione i pareri delle amministrazioni
locali interessate e anche quelli espressi da numerosi cittadini in modo
diretto».
La giunta ha dunque seguito il metodo che si era data anche in base alle
ultime indicazioni del presidente Illy: l’autorizzazione doveva passare
attraverso un approfondito esame degli ulteriori pareri tecnici richiesti
dalla giunta dopo il parere favorevole del Via.
«La valutazione di impatto dell’impianto sulla salute della popolazione -
sottolinea Moretton - è stato negativo anche alla luce dei parametri
europei, più rigidi rispetto a quelli attuali, che saranno in vigore dal
2010. Inoltre abbiamo ritenuto che l’insediamento non è compatibile anche
sulla base del principio di precauzione».
Ma ora la delibera potrebbe essere impugnata con un ricorso dalla Grigolin.
«Le azioni legali sono sempre possibili su qualunque delibera. Ma il nostro
lavoro e quello dei nostri uffici è stato approfondito anche su questo
aspetto» dice Moretton.
Ma in giunta, secondo indiscrezioni, nonostante la delibera sia stata
approvata all’unanimità, gli assessori Lodovico Sonego e Enrico Bertossi,
che hanno sempre espresso il loro favore alla costruzione dell’insediamento
industriale, non hanno nascosto i loro dubbi sulla bocciatura. Ma anche loro
hanno convenuto sull’impossibilità di procedere all’autorizzazione di fronte
a relazioni tecniche non equivocabili. «Davanti a un parere così chiaro
espresso dall'Azienda sanitaria - sottolinea Lodovico Sonego -, la giunta
non ha potuto che conformarsi ad esso».
Su eventuali timori di ricorso alla magistratura da parte della ditta
Grigolin, che ha presentato il progetto dell'impianto, Sonego ha commentato:
«qualsiasi nostra delibera può essere impugnata».
«Una decisione esclusivamente tecnica, che non ha alcun rapporto con altri
insediamenti» dice Enrico Bertossi. «La giunta ha preso la decisione -
aggiunge - basandosi esclusivamente sulle relazioni pervenute da Arpa e
Azienda Sanitaria della Bassa Friulana. La salvaguardia della salute dei
cittadini deve sempre prevalere».
Bertossi ha poi escluso che la giunta possa essere stata influenzata dalla
piazza. «Non è stato così - ha detto - perchè noi non possiamo farci
influenzare nelle scelte dai comitati che sorgono un pò ovunque». La
conclusione del caso-Torviscosa infine è accolto con soddisfazione da
Roberto Antonaz, unico assessore in giunta di Rifondazione comunista. «Il no
della giunta regionale al cementificio di Torviscosa - spiega Antonaz - è
innanzitutto una vittoria del territorio. È vero che la giunta ha deciso
sulla base di giudizi tecnici dell'Azienda sanitaria e dell'Arpa, ma è anche
vero che questi giudizi sono stati richiesti una seconda volta per la
pressione ricevuta dal territorio della Bassa friulana che non voleva questo
impianto».
Sulla questione di un possibile ricorso del gruppo Grigolin Antonaz
ribadisce di non ritenere possibile un’azione legale da parte della società
proponente.
«Certo - conclude - tutti possono ricorrere alla magistratura, ma nel
decidere per il no abbiamo valutato ogni possibile conseguenza».
Ciro Esposito |
CEMENTIFICIO - Travanut: «Vittoria della gente della Bassa»
- Gottardo: «Illy non può fare il sovrano». La
Guerra: «Successo della politica» |
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Soddisfazione dei politici che si sono da
sempre opposti alla costruzione dell’impianto. I Comitati: «Sabato festa in
piazza» |
Il presidente di Assindustria Valduga: «È
difficile esprimere un giudizio senza informazioni ma non ci sembra una
scelta molto brillante» |
TRIESTE Il gusto della vittoria sul
caso-cementificio ha un sapore bipartisan. Da una parte ci sono quelli che
si sono opposti alla sua costruzione dentro la maggioranza, nei consigli
comunali e in piazza. Dall’altra chi, nel centrodestra, ha condotto
un’opposizione politica e istituzionale.
Il primo a essersi speso, rischiando il suo presente e futuro politico
dentro i Ds, è stato Mauro Travanut. «A tutte le vicende c’è sempre una
fine, ma non è il sì o il no che conta - spiega il capogruppo diessino -.
Quello che conta è la vicenda umana che si consuma prima della decisione
finale. È stato decisivo l’aiuto dei cittadini e degli amministratori della
Bassa, oltre all’impregno della Margherita locale e di tutta Intesa. È stata
una bella pagina per il territorio e anche per la giunta regionale». « È
stata una vittoria della gente della Bassa friulana - sostiene il
responsbile del comitato dei cittadini Mareno Settimo -. Chi ha perso se lo
ricorderà per un pezzo. Sabato a Torviscosa faremo una grande festa in
piazza.». E mentre per il sindaco di San Giorgio Pietro Del Frate «ora è
importante non dimenticare l’importanza della riqualificazione dell’area» il
Verde Alessandro Metz «la decisione della giunta conferma quanto abbiamo
affermato negli ultimi mesi, nonostante qualche assessore abbia contestato
le nostre perplessità». Chi invece non ci sta, e non l’ha mai nascosto, è l’assindustria
regionale. «È difficile esprimere un giudizio senza disporre di tutte le
informazioni necessarie ma non ci sembra la scelta particolarmente brillante
- sostiene il presidente Adalberto Valduga -. Avremmo voluto un
approfondimento tecnico sui risultati di rilevazioni ambientali aggiornate
effettuate dall'Azienda sanitaria della Bassa friulana e dall'Arpa. Siamo
convinti da sempre - ha aggiunto - che le scelte di ogni amministrazione
debbano osservare le regole in modo trasparente ma in questo caso le
indicazioni non ci sembra siano state sempre coerenti».
Il centrodestra invece rivendica il ripristino del ruolo, grazie alla sua
azione, del Consiglio regionale e in generale della politica. «La decisione
della giunta - sostiene il coordinatore di Fi Isidoro Gottardo - ripristina
regole essenziali di democrazia, che stavano per essere gravemente violate.
Al dovere di governare del presidente della Giunta, costruito su certezze
che evidentemente non avevano fondamento, si è opposto il dovere di
controllo che l'opposizione ha esercitato, innanzitutto con una seduta
straordinaria del Consiglio». «Nulla è più come prima - conclude Gottardo -
Un presidente come Illy, che si sentiva un sovrano dovrà ora riconoscere che
i cittadini non sono sudditi». Per il capogruppo della Lega Nord Alessandra
Guerra invece «la maggior soddisfazione è data dal fatto che quando si
ascoltano le persone e si tengono in giusta considerazione i pareri tecnici
la politica funziona ancora. Da questa vicenda tutti devono ripartire,
indipendentemente dagli schieramenti, per dare alla nostra regione uno
sviluppo economico compatibile con il territorio».
«Il no al cementificio di Torviscosa - sottolinea il capogruppo di An Luca
Ciriani - contraddice clamorosamente quanto detto dal governatore Illy solo
un mese fa, quando affermava che l'autorizzazione era un atto dovuto. È il
segnale di un governatore che naviga a vista cercando in ogni modo di
recuperare sul territorio i consensi perduti».
ci.es. |
Energia solare, 2,5 mln alle imprese -
Sostegno della giunta alle fonti rinnovabili. Benzina meno cara dal 21
giugno |
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TRIESTE Continua il sostegno della giunta
regionale all’utilizzo di fonti energetiche alternative e meno costose per
chi fa impresa. La Giunta regionale ha approvato ieri, su proposta del
vicepresidente e assessore all'Ambiente Gianfranco Moretton, il regolamento
per la concessione alle imprese del Friuli Venezia Giulia di contributi in
conto capitale per l'installazione di impianti solari fotovoltaici. Si
tratta di un finaziamento complessivo di 2,5 milioni di euro e ciascun
progetto presentato avrà risorse per un tetto massimo di 200 mila euro.
Le domande di contributo, che potrà arrivare fino all'80 per cento della
spesa ammissibile, dovranno essere inoltrate al Servizio disciplina tecnica
edilizia e strutture a supporto residenza della direzione centrale Ambiente
e Lavori Pubblici della Regione. Potranno ottenere il finanziamento gli
impianti fotovoltaici connessi alla rete elettrica, la cui potenza nominale
risulti non inferiore a 10 kilowatt.
Scende il prezzo della benzina regionale. La giunta infatti ha deliberato un
aumento dello sconto, a partire dal 21 giugno, mentre resta invariato quello
sul gasolio per autotrazione. In relazione alla variazione della differenze
di prezzo in Italia e Slovenia, lo sconto al litro sulla benzina aumenterà
(e quindi il prezzo diminuirà in modo corrispondente), a seconda delle fasce
in cui è suddiviso il territorio regionale, tra 0,032 euro a 0,020 euro.
Infine su proposta dell’assessore alla cultura Roberto Antonaz ha dato il
via libera alla riduzione dall'1 gennaio 2007 del 10 per cento dei compensi
dei componenti di «organi collegiali» (comitati, commissioni, ecc.) istituti
nell'ambito delle attività della direzione centrale Istruzione, Cultura,
Sport e Politiche della Pace della Regione. |
Jakovcic: «Sì al rigassificatore a Fianona»
- Agli attacchi degli ambientalisti replica: «I
Verdi operano nell’interesse di qualche lobby» |
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Per il presidente della Regione Istria
Zagabria non può decidere da sola la privatizzazione del cantiere navale
polesano di «Scoglio Olivi»
POLA Alla consueta conferenza stampa mensile
di ieri il presidente della Regione istriana Ivan Nino Jakovcic ha ribadito
il suo desiderio che il terminale di gas naturale liquido sull'Alto
Adriatico venga collocato nel Golfo di Fianona, tra l'altro sacrificato
all'altare dell'industria visto che già vi sorgono due centrali
termoelettriche a carbone mentre una terza è in fase di progettazione.
E poi, sempre secondo il ragionamento di Jakovcic, un nuovo importante
impianto industriale darebbe un notevole impulso al rilancio economico della
zona, tra le più depresse dell'Istria.
A proposito delle aspre contestazioni che arrivano soprattutto dai Verdi,
Jakovcic si è detto non del tutto convinto della loro buona fede. «Mi sembra
di capire - ha detto - che gli ambientalisti vogliano portare l'acqua a
qualche altro mulino, ovvero che stiano operando per gli interessi di
determinate lobby del comparto, che si battono per portare altrove il
terminale».
Altro tema trattato all'incontro con i giornalisti, la privatizzazione del
cantiere navalmeccanico «Scoglio Olivi». Per Jakovcic il governo non può
decidere da solo in quanto il cantiere è la maggiore azienda istriana al
quale da sempre è legata l'esistenza di tante e tante famiglie.
«Pertanto - ha sostenuto il prsidente della Regione Istria - si può
procedere alla privatizzazione ma solo di comune accordo con la Regione e la
Municipalità alle quali lo «Scoglio olivi» è unito da infiniti legami».
Cambiando ancora argomento Jakovcic ha parlato del progetto Brioni Riviera
che ancora non riesce a decollare causa intoppi di varia natura, senza
contare le feroci contestazioni dell' opposizione politica che parla
apertamente di svendita della costa istriana. «Ebbene - ha annunciato - a
fine mese verrà bandito il concorso internazionale per il progetto
preliminare di sviluppo di 4 segmenti del progetto: la Pineta di Fasana, la
penisola di Musi, la zona di Santa Caterina e l'ex idrobase di Pontisella».
Infine Jakovcic ha lanciato frecciate all'ufficio istriano
dell'amministrazione statale causa gli inspiegabili ritardi nel rilascio
delle licenze di costruzione. «Non ci rimane che batterci per trasferire
queste competenze - ha detto - alle amministrazioni della regione, delle
città e dei comuni, che saranno sicuramente più veloci».
p. r. |
LA REPUBBLICA - GIOVEDI' , 14
giugno 2007
Il clima in testa alle paure degli italiani -
Preoccupa più di terrorismo e droga
Presentato il rapporto di Legambiente sulla
percezione dei problemi climatici - Tutti pronti a risparmiare, ma solo se non
s'intaccano le comodità quotidiane
ROMA - I problemi ambientali? Preoccupano
più di terrorismo e droga. Finalmente, soprattutto nell'ultimo anno, si registra
una forte attenzione dell'opinione pubblica nei confronti dei cambiamenti
climatici causati dal surriscaldamento del Pianeta e della situazione, grave, in
cui esso si trova. Una situazione che, se non si mettono in atto politiche atte
a contrastare l'inquinamento e l'emissione di sostanze nocive nell'ambiente,
potrebbe in un futuro non troppo lontano diventare irreparabile. Il clima sta
cambiando, la natura a volte si comporta in modo inaspettato e così, anche
grazie all'interesse dei media, la percezione che i cittadini hanno del problema
è diventata molto alta.
Dopo la disoccupazione, al secondo posto tra le paure degli italiani (prima
ancora di terrorismo e droga) compare l'inquinamento, seguito a non molta
distanza dall'effetto serra. Problemi temuti da quasi il sessanta per cento
della popolazione (che, però, come vedremo, spesso si tira indietro quando il
risparmio energetico intacca le comodità personali).
A rivelarlo è la ricerca "Effetto ambiente: come cambia il nostro stile di
vita?" condotta da Lorien Consulting in collaborazione con la rivista "Nuova
ecologia", il quotidiano di Legambiente, e presentata questa mattina a Roma
all'interno del forum "Qualenergia?", una giornata di dibattito per dare una
risposta agli interrogativi legati ai problemi energetici. Un rapporto che punta
l'attenzione sulla percezione che i cittadini hanno riguardo agli equilibri
climatico-ambientali, l'utilizzo di risorse naturali critiche (come ad esempio
l'acqua) e l'impegno di privati e istituzioni per preservare macroequilibri ad
oggi in serio rischio.
"È coscienza diffusa - spiegano i ricercatori -
che la risoluzione delle problematiche ambientali chiami in causa un insieme di
attori, come privati cittadini, istituzioni, agenzie di formazione, che sono
corresponsabili nel cercare di evitare ulteriori amplificazioni del problema.
Questo si accompagna, tuttavia, a un giudizio di bocciatura trasversale per
l'operato insufficiente di tali soggetti". La valutazione, in particolare, è
critica soprattutto "verso l'inattività di enti locali e governo centrale, sia
globalmente che nel dettaglio dei singoli interventi".
Il dato principale della ricerca è che tre cittadini su quattro ritengono
"fondamentale" il rispetto delle norme ai fini della tutela climatico-ambientale.
Tra questi, la metà crede che il livello di rispetto sia rimasto inalterato
rispetto al passato; l'altro cinquanta per cento, invece, è diviso in parti
uguali tra chi denuncia un minor rispetto della normativa e chi, invece,
considera tale livello aumentato. La metà degli italiani ritiene di possedere un
livello di conoscenza elevato della problematica ambientale (solo un venti per
cento ammette una conoscenza limitata del problema) e sono quasi tutti d'accordo
che la responsabilità della situazione attuale è da attribuire a fattori umani,
tra cui principalmente traffico, impianti industriali, riscaldamento domestico.
Secondo lo studio, gli italiani sarebbero "molto disposti" a mettere in pratica
alcune regole elementari per il risparmio energetico, a cominciare dalla
raccolta differenziata dei rifiuti, da un comportamento responsabile nei consumi
domestici e dall'installazione di lampadine a basso consumo. Alta, inoltre, la
disponibilità all'adozione di pratiche quotidiane volte a ridurre gli sprechi
d'acqua (la cui scarsità è un problema percepito dalla quasi totalità del
Belpaese).
La propensione a risparmiare, però, inizia a calare quando si deve mettere mano
al portamonete o si devono limitare le proprie comodità giornaliere: scende, ad
esempio, se si inizia a parlare di spostamenti con i mezzi pubblici, di utilizzo
di capi d'abbigliamento realizzati con fibre naturali e di abbassare la
temperatura del riscaldamento nelle abitazioni. Crollo di consensi, poi, nei
confronti della limitazione dell'uso dell'auto privata, la tassazione dei
parcheggi auto in proporzione alle emissioni inquinanti e, soprattutto, verso il
pagamento di un ticket per circolare nei centri cittadini.
In un momento di crisi della politica, anche la soddisfazione nei confronti
dell'operato dei governi in tema di ecologia non è molto alta, e si attesta
intorno al cinquanta per cento (rappresentando, in piccolo, la spaccatura
politica italiana). Pareri positivi si riscontrano soprattutto per l'uso di
fonti rinnovabili e verso gli incentivi e le detrazioni per l'acquisto di
elettrodomestici più efficienti, auto Euro 4 o Euro 5 e carburanti "verdi". Più
scetticismo, lo dicevamo, per un'elevata tassazione dei veicoli che inquinano di
più (come i Suv) e dei voli aerei.
DANIELE SEMERARO
IL PICCOLO - GIOVEDI' , 14
giugno 2007
Alta velocità, prima intesa con i Comuni
Fondi Ue anche per la Trieste-Divaccia |
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Dopo due anni di rinvii s’ipotizza il
potenziamento del tracciato esistente: è una vittoria degli Enti locali
ROMA Il governo manterrà la scadenza del 23
luglio entro la quale dovrà presentare all’Unione europea un nuovo tracciato
per la Tav Torino-Lione, ottenendo così parte dei finanziamenti (un miliardo
di euro) necessari alla realizzazione dell’Alta velocità. L'esecutivo
presenterà analoga richiesta anche per il Brennero e per la linea
Trieste-Divaccia.
Nel frattempo l’Osservatorio lavorerà a un nuovo schema di tracciato basato
su alcuni punti: l’abolizione del tunnel di Venaus, l’attestamento della
linea a Orbassano, fuori Torino, e l’utilizzo della linea esistente con un
suo parziale interramento.
La decisione è stata presa ieri al termine del tavolo tecnico convocato dal
sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Enrico Letta e che ha riunito
a palazzo Chigi, oltre al premier Romano Prodi, i ministri interessati
insieme ai sindaci della Val di Susa e Sangone, della cosiddetta gronda di
Torino e al presidente dell’Osservatorio Mario Virano. «La deadline verrà
rispettata» ha spiegato il sottosegretario al termine della riunione:
«L’Osservatorio lavorerà in questo senso nei tempi più rapidi possibili per
presentare alle parti il progetto per il confronto».
«Sono molto soddisfatto per l’esito» ha commentato alla fine Prodi.
All’inizio della riunione aveva sottolineato l’importanza di raggiungere un
accordo, per quanto piccolo. Il governo sembra dunque essere riuscito a
compiere un passo in vanti nella ricerca di una soluzione alla vicenda Tav.
Una possibile mediazione dovrebbe essere stata raggiunta con la decisione di
eliminare dal tracciato il mega-tunnel di Venaus ampliando notevolmente,
fino al triplo di quella attuale, la capacità di utilizzo della linea
ferroviaria già esistente. Una soluzione che, se confermata, potrebbe venire
incontro alle richieste avanzate fino a oggi dai comitati No Tav della Val
di Susa. Un risultato frutto anche del lavoro svolto fino a oggi
dall’Osservatorio guidato da Virano.
E proprio sulla vecchia linea ferroviaria, del resto, si era puntato fin
dall’inizio da parte dei sindaci della Val di Susa, convinti delle sue
potenzialità. Gli studi condotti con l’Osservatorio hanno infatti permesso
di stabilire che con pochi accorgimenti sull’attuale linea potrebbero
passare fino a 226 convogli al giorno contro gli attuali 76, con una
capacità di trasporto merci fino i 32 milioni di tonnellate l’anno contro
gli attuali 6,4 milioni. Dati che certo hanno avuto il loro peso
nell’incontro di ieri, tanto da risultare alla fine decisivi, fino a portare
il governo alla decisione di cancellare definitivamente il progetto
esistente. «Siamo moderatamente soddisfatti» commenta Antonio Ferrentino,
presidente della Comunità montana Bassa Val di Susa, da sempre tra i
protagonisti della battaglia No Tav: «Adesso il nuovo progetto verrà
discusso all’interno dell’Osservatorio, dove sono presenti le comunità
locali, e verrà accettato se soddisferà le esigenze dei territori». «Dopo
tanti anni le prime conclusioni danno ragione ai sindaci e agli Enti locali
che hanno detto che l’ipotesi Venaus era sbagliata» è stato il commento del
ministro dell’Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio, soddisfatto per il buon
esito dell’incontro.
E per una volta soddisfatto si è detto anche Antonio Di Pietro. «In primo
luogo dialogando con le popolazioni locali si possono fare le grandi opere,
si può evitare di creare danno al territorio e ai cittadini - ha detto il
ministro delle Infrastrutture -. In secondo luogo, assumendo gli impegni
internazionali, si possono mantenere con la collaborazione di tutti».
Carlo Rosso |
TAV - UN BUON PASSO AVANTI |
IL SINDACO CHIAMPARINO |
ROMA Mandato all'Osservatorio tecnico di
presentare, entro i tempi indicati dall’Unione europea, «uno schema di
progetto di tracciato» con cinque punti fermi: no al tunnel a Venaus,
attestamento della linea a Orbassano, corso Marche, a Torino, parte
integrante del progetto e utilizzo della linea storica con un parziale
interramento. Sono questi i punti dell'accordo presi a Palazzo Chigi dal
tavolo politico sulla Torino-Lione.
A riassumerli è il Comune di Torino. «È stato fatto un buon passo avanti» è
il commento del sindaco Chiamparino. «Finora non era mai stato discusso uno
schema di tracciato» aggiunge il primo cittadino. «Sono soddisfatta di come
sono andate le cose e della decisione di dare mandato all'Osservatorio per
la definizione di un progetto di tracciato che ci consenta di rispettare le
scadenze Ue» ha affermato il ministro per le Politiche comunitarie Emma
Bonino: «Mi auguro che questo si traduca positivamente nel lavoro delle
prossime settimane». |
Cementificio, oggi la delibera. No più vicino
|
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Moretton: visto il parere dell’Ass
l’orientamento è negativo. Antonaz: è il momento di dire stop
La giunta in seduta a Udine. Il verde Metz
teme un verdetto che lasci spazio ai ricorsi: «Serve un pronunciamento netto
per bloccare l’operazione»
TRIESTE «Penso che, visto il parere contrario
dell’Azienda sanitaria, l’orientamento sarà negativo». Gianfranco Moretton,
fino a sera, non conferma se la delibera sul cementificio sarà discussa oggi
nella riunione di giunta a Udine. Ma, sollecitato sulla linea che
presumibilmente terrà l’esecutivo, conferma le dichiarazioni seguite al
verdetto dell’Ass numero 5: il progetto del gruppo Grigolin si avvia verso
lo stop proprio per quanto scritto nella relazione dell’Azienda sanitaria
della Bassa friulana.
DELIBERA L’orientamento, dunque, è negativo. Resta il giallo su una
delibera che Moretton ha tenuto in sospeso per tutto il giorno – «Non so se
andrà in giunta già questa settimana oppure no» – ma che, stando ad alcune
indiscrezioni, dovrebbe far parte dei lavori odierni nella sede della
Regione a Udine. Chi non aveva dubbi, già ieri pomeriggio, è Roberto Antonaz:
la delibera andrà fuori sacco. «Ci sono tutte le condizioni per un voto
sfavorevole perché l’Ass ha già espresso parere contrario al cementificio
mentre l’Arpa ha confermato di non avere la possibilità di misurare le
ricadute per l’ambiente – sostiene l’assessore di Rifondazione comunista –.
Credo che, nel caso in cui ci sarà il no, come mi sembra ovvio, questo sarà
un successo del metodo partecipativo. E una dimostrazione che bisogna sempre
sentire popolazioni, enti locali, territorio».
RISCHIO RICORSO Più prudente, invece, il verde Alessandro Metz: «La
delibera potrebbe essere approvata con un “no” non adeguatamente motivato e,
dunque, diventare poi oggetto di un ricorso vincente da parte della ditta
che propone il progetto. L’auspicio, invece, è quello di uno stop secco e
ben argomentato. Ci sono tutti gli estremi per darlo». Metz ieri ha
nuovamente richiesto agli uffici il parere dell’Arpa ma si è visto rinviare
a oggi: «I dirigenti non c’erano perché impegnati a Paluzza con il direttore
generale – precisa il consigliere dei Verdi –, ma mi è stato assicurato che
quel documento mi sarà consegnato in mattinata».
IN PIAZZA Ieri è stato anche il giorno dell’annuncio da parte del
comitato “No al cementificio” di una nuova manifestazione in piazza che, a
seconda dell’esito dei lavori di giunta, diventerà motivo di festeggiamenti
o protesta. «Per la salute, per il lavoro e lo sviluppo della Bassa friulana
– si legge nel volantino di lancio della serata contro il cementificio in
programma sabato 16 giugno in piazza del Popolo a Torviscosa a partire dalle
18 –, per il diritto alla salute dei nostri figli e dei nostri nipoti, per
evitare un peggioramento della già critica situazione ambientale esistente,
per un lavoro che tuteli i diritti fondamentali della persona sia
all'interno che all'esterno della fabbrica, per un uso corretto delle
risorse agricole, industriali e turistiche della Bassa friulana, per uno
sviluppo che consenta di tutelare le conquiste sociali raggiunte, per un
progresso economico e sociale cosciente e condiviso dalla popolazione». E
ancora «contro l'arroganza politico-economica e il ritorno al medioevo
industriale e per sollecitare la giunta regionale a deliberare in tempi
brevi un esplicito e definitivo no al cementificio».
BONIFICA In un comunicato il comitato ripercorre i motivi della sua
contestazione al cementificio. In particolare quello della bonifica: «Si
sostiene che uno dei benefici di questo progetto è il disinquinamento del
canale Banduzzi, peraltro solo in parte a carico del gruppo Grigolin. Ma
siamo sicuri che questo avvenga? L’argomento era già stato utilizzato per la
realizzazione della centrale Edison, ma il canale è ancora nelle stesse
condizioni di allora. Riteniamo che se il canale deve essere bonificato, la
Regione o lo Stato devono trovare le risorse per farlo, senza ricorrere a
strani papocchi».
Marco Ballico |
CEMENTIFICIO - Lettera di Duz e Del Frate.
Nuovi appelli di Lauri e Strizzolo contro l’impianto di Torviscosa - I
sindaci a Illy: «Serve un tavolo sulla Bassa» |
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UDINE I due sindaci del «sì», Roberto Duz di
Torviscosa e Pietro Del Frate di San Giorgio di Nogaro, scrivono una lettera
aperta a Riccardo Illy e alla giunta regionale e lanciano un appello
«affinché siano affrontate in modo organico tutte le problematiche che, se
adeguatamente risolte, permetteranno non solo la sopravvivenza ma anche un
nuovo sviluppo di un area industriale strategica per la nostra regione». Duz
e Del Frate pensano al futuro della zona industriale Aussa-Corno (4 mila
occupati). E lanciano la proposta: «Proprio per garantire uno sviluppo
sostenibile che rispetti l’ambiente e la salute, in un’area dotata di
numerosi insediamenti industriali, è necessario un progetto di monitoraggio
dell'aria e dell'acqua esteso a tutta la Bassa per avere dati certi sulle
fonti di emissione e sulla loro evoluzione, con lo scopo di tutelare i
cittadini, in sintonia con le richieste formulate nelle delibere dei nostri
consigli comunali». I due sindaci chiedono la risoluzione del nodo viabilità
«in un'area fortemente penalizzata da infrastrutture di trasporto realizzate
negli anni Sessanta, con i canali che attendono di essere dragati e
bonificati» e avanzano la richiesta di un tavolo di confronto – Regione,
Provincia, Comuni, Consorzio industriale – sulle proposte degli assessori
regionali alla Viabilità e all’Ambiente. E ancora sottolineano «la necessità
di affrontare il problema occupazionale e, con la crescita delle attività
industriali, quello della casa, che non può essere delegato solo ai Comuni».
Sul caso cementificio interviene anche Giulio Lauri chiedendo alla giunta un
«no chiaro senza ambiguità»: «La previsione dell’impatto del cementificio
sull’ambiente non può dare luogo a un parere favorevole per molti motivi
come gli attuali livelli di inquinamento degli aereodispersi, che già ora
superano i livelli necessari a garantire la salute della popolazione. A
questo si aggiungono altre considerazioni di natura socioeconomica: la
presenza di un cementificio colliderebbe con il modello di sviluppo
economico e territoriale su cui stanno lavorando le amministrazioni della
Bassa e l’Università». Lauri, infine, avverte: «Il procedimento è unico,
fatto che renderebbe inaccettabile oltre che illegittima una eventuale
decisione di spezzettare il parere sul cementificio in diversi sub-pareri
che ne autorizzerebbero alcune parti respingendone altre».
Anche Ivano Strizzolo, vicecoordinatore regionale della Margherita, insiste
per una «decisione chiara»: «È auspicabile che la giunta possa decidere
responsabilmente, tenendo prioritariamente in considerazione la salute dei
cittadini e la salvaguardia dell'ambiente».
m.b. |
A4, limiti velocità più bassi e Tir su due
corsie - Da Quarto d’Altino a Venezia Est le auto non dovranno
superare i 100 km |
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Dal 1° luglio parte la sperimentazione sulla
tangenziale di Mestre: 60 all’ora per tutti i veicoli
Approvato il piano sicurezza di Autovie.
Santuz soddisfatto: un primo risultato per ridurre le code chilometriche e
il rischio di incidenti
TRIESTE L’autostrada A4 Trieste-Venezia
diventa un po’ più lenta, almeno nel tratto finale, ma un po’ più sicura. Lo
annuncia Autovie venete che, ieri a Mestre, raggiunge un primo obiettivo
nell’ambito dell’operazione che punta a ridurre gli incidenti: a partire da
luglio, lungo la tangenziale, i camion viaggeranno su due corsie. E a
cascata, nel segno della sicurezza, tutti i veicoli ridurranno la velocità:
le automobili non dovranno superare i 100 chilometri orari da Quarto d’Altino
a Venezia Est per poi scendere sino a 60 in tangenziale, mentre i tir non
dovranno superare i 70, per poi scendere sino a 50 chilometri.
IL VERTICE La decisione viene presa negli uffici del comando
provinciale dei Vigili del fuoco di Mestre dove si riuniscono, attorno a un
tavolo, anche i vertici della Polizia stradale, i tecnici di Autovie venete,
Venezia-Padova e Autostrade per l’Italia. All’ordine del giorno c’è il
«piano sicurezza» che proprio la spa di Palmanova ha varato con l’obiettivo
di ridurre i punti critici di un’autostrada messa a durissima prova
dall’aumento costante del traffico, soprattutto pesante.
LA DECISIONE Ebbene, il vertice di Mestre non solo approva la
sperimentazione dei camion su due corsie in tangenziale, suggerita appunto
da Autovie ma accolta con favore dagli autotrasportatori del Friuli Venezia
Giulia, ma stabilisce che debba partire senza ulteriori indugi. Pertando,
dopo l’ok della Prefettura di Venezia, la sperimentazione - con annesso il
monitoraggio - partirà dal 1. luglio. E interesserà un tratto di 4
chilometri di tangenziale, a partire da alcune centinaia di metri
dall’innesto dell’A27 sulla Trieste-Venezia fino all’uscita del Terraglio,
in direzione ovest, e cioé verso Milano. Lungo questo tratto sarà eliminato
il divieto di sorpasso e i mezzi pesanti potranno viaggiare sia sulla corsia
di destra sia su quella centrale.
I LIMITI Per mantenere il livello di sicurezza, però, Autovie chiede
di abbassare i limiti di velocità sul tratto interessato dalla
sperimentazione. Come? In carreggiata ovest, da Quarto d’Altino a Venezia
Est, le autovetture non dovranno superare i 100 chilometri orari e i camion
i 70 chilometri; da Quarto d’Altino a Marcon le autovetture non dovranno
superare gli 80 chilometri e i camion i 50 chilometri; da Marcon al
Terraglio, infine, le autovetture non dovranno superare i 60 chilometri e i
camion i 50 chilometri. Dall’innesto dell’A27 al Terraglio, infine, tanto le
autovetture quanto i camion non dovranno superare i 60 chilometri all’ora
sulla corsia di sorpasso e i 50 chilometri all’ora sulle corsie di marcia
veloce e di marcia lenta.
IL COMMENTO «Siamo soddisfatti di questo primo risultato – commenta
il presidente di Autovie Giorgio Santuz – perché, sebbene consapevoli che
non si tratta di un intervento risolutivo, siamo altrettanto certi che
contribuirà a ridurre le code chilometriche che ormai sono all’ordine del
giorno, nonché a rendere più scorrevole il traffico». |
Metz (Verdi): «Vogliamo la Ferriera chiusa
nel 2009» - Nuova campagna |
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I Verdi aprono oggi una battaglia riguardo la
Ferriera di Servola, con l’obiettivo di arrivare alla sua chisura dentro il
2009.
Ad affermarlo il consigliere regionale, Alessandro Metz: «Batteremo ogni
strada perseguibile per ottenere questa auspicata soluzione della vicenda.
La battaglia della Ferriera non sarà "una" battaglia: sarà "la" nostra
battaglia a Trieste. La nostra mobilitazione sarà, infatti, totale».
Dopo il cementificio di Torviscosa e lapolemica sui due progetti di
rigassificatori in provincia, i Verdi dunque si preparano a un braccio di
ferro sull’impianto di Servola.
«Dopo quanto rilevato nelle scorse settimane dai tecnici dell’Arpa - ha
proseguito Metz - e anche a seguito della Conferenza dei servizi della
scorsa settimana che ha confermato i dati preoccupanti sulle emissioni dallo
stabilimento la nostra posizione è irrevocabile. Abbiamo raccolto in un
dossier tutti i dati della situazione ambientale e dell’inquinamento, con
questo ci faremo ascoltare in ogni sede per ottenere la chiusura definitiva,
entro il 2009, dell’impianto».
Il consigliere regionale dei Verdi annuncia che la battaglia di Trieste sarà
per il suo schieramento «la madre delle battaglie». «Pigieremo tutti i tasti
necessari - conclude Metz - d’ora in poi sul fronte della Ferriera non siamo
internzionati a cedere». |
Prosecco-Barcola - Torrente Marinella: lavori
fino a settembre |
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Proseguono a tappe forzate i lavori di
risanamento del torrente Marinella, il progetto che si propone di rinnovare
totalmente il collegamento fognario dell'abitato di Prosecco e che
consentirà di allacciare alla fognatura anche zone precedentemente non
servite.
Lo rende noto AcegasAps, precisando che la realizzazione del progetto si
articola in due direttrici distinte e concomitanti: la posa di un nuovo
collettore nella Pineta di Barcola e la realizzazione della nuova condotta
fognaria lungo la Strada del Friuli.
Nell'ambito del cantiere allestito nella Pineta di Barcola sono state
utilizzate tecnologie di avanguardia che hanno consentito di effettuare la
perforazione del sottosuolo senza imponenti opere di scavo: ciò ha permesso
di limitare al minimo gli impatti per la posa del nuovo collettore fognario
che consentirà di collegare due stazioni di sollevamento a gravità e non
piu' in pompaggio. Tutte le lavorazioni sono state eseguite nel periodo
inverno-primavera e sospese lo scorso 18 maggio, come concordato con il
Comune di Trieste, per consentire di liberare l'area per la stagione
balneare prossima; tutti i vialetti e le aree manomesse sono stati
ripristinati in maniera provvisoria con la realizzazione di idrosemina e le
aiuole interessate ai lavori sono state ricostruite come da indicazione del
Servizio Verde Pubblico del Comune.
Nella seconda decade di settembre i lavori riprenderanno nelle zone
immediatamente circostanti le due stazioni di sollevamento, con la
realizzazione dei collegamenti elettrici, i rifacimenti degli impianti
tecnologici, il ripristino definitivo delle aree (vialetti in porfido, posa
terreno vegetale,idrosemina, piantumazione arbusti etc.)
Per quanto attiene alla posa della condotta in Strada del Friuli, è' stato
posato e collaudato un collettore fognario in pvc da 250 mm lungo tutta la
Strada del Friuli per una lunghezza di 920 metri; il percorso della
tubazione è successivamente proseguito lungo il sentiero CAI che collega
Strada del Friuli con la Salita di Contovello per una lunghezza 80 metri; in
quest'ultima è stato necessario interdire il passaggio al traffico
veicolare, concordando il provvedimento con il Comune di Trieste. Sono state
inoltre realizzate 10 predisposizioni per l'allacciamento per abitazioni che
non erano ancora allacciate alla fognatura; dall'analisi del progresso dei
lavori risulta che l'impresa ha uno stato di avanzamento medio giornaliero
considerato «finito» di 8 metri. Pertanto si prevede che i lavori di posa
della condotta e allacciamento alla rete esistente in prossimità del civico
47, si concluderanno nella seconda decade di agosto. |
San Dorligo, la differenziata dei rifiuti
parte tra le polemiche |
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SAN DORLIGO DELLA VALLE Parte con le
polemiche la raccolta differenziata porta a porta dei rifiuti a San Dorligo
della Valle. Le opposizioni contestano il metodo scelto, temono disservizi e
persino disagi, non si convincono degli annunciati vantaggi per la
cittadinanza, e propongono un referendum. La raccolta dei rifiuti porta a
porta partirà a luglio, e per il primo anno sarà pressoché sperimentale. Lo
scopo dell’iniziativa, pionieristica in provincia, è di abbattere i costi
dei rifiuti per i cittadini.
A tal fine, il Comune aveva già adottato anni fa la tariffa, e non più la
tassa sull’asporto, anticipando (rispetto altri centri urbani) le scadenze
dettate dal decreto Ronchi. La raccolta differenziata prevede l’uso di tre
cassonetti personali, di cui uno, in particolare, riservato alla raccolta di
tutto ciò che non è riciclabile, dotato di microchip, per il riconoscimento
e quindi il preciso addebito del dovuto. In questi giorni, il Comune sta
organizzando degli incontri pubblici con la popolazione delle varie
frazioni, per illustrare il nuovo servizio. Oggi a Sant’Antonio, alla casa
comunale. Domani a Caresana, alla casa comunale. Martedì 19 a Domio al
centro culturale Anton Ukmar-Miro. Mercoledì 20 a San Giuseppe alla «Babna
hiša». Giovedì 21 a Bagnoli al teatro Prešeren. Venerdì 22 a Grozzana alla
casa comunale. Lunedì 25 a Dolina nella sala del circolo Kd Vodnik. Sempre a
partire dalle ore 20.
Nel frattempo è partita la gara d’appalto per l’assegnazione della parte di
servizio relativa alla raccolta dei rifiuti indifferenziati. Gli altri
saranno asportati da addetti comunali, come ora. Ma fin da ora si levano
polemiche. Giorgio Jercog (capogruppo di Oltre il Polo) invita i cittadini a
partecipare alle assemblee pubbliche: «Siano i cittadini a decidere il
miglior sistema da adottare anche mediante la partecipazione ad un
referendum popolare».
Il consigliere precisa che tutti sono favorevoli alla raccolta differenziata
ma quella proposta dall’amministrazione non risulta adatta alla
conformazione del territorio. «Il sistema di riferimento preso dal Comune è
quello del Consorzio Priula composto da ben 26 comuni in un’area molto vasta
del Veneto. Non è paragonabile al nostro territorio dove si potrebbe partire
con una sperimentazione in una o più frazioni», dice Jercog. Secondo il
consigliere di opposizione, il nuovo sistema potrà solo creare maggiori
disagi e costi: «Il solo appalto esterno costerà 210 mila euro a fronte di
un costo annuo dell’inceneritore di 250 mila, che potrà forse essere ridotto
del 10%. Ma i costi alla fine saranno scaricati direttamente sull’utenza.
Qui si prevede di pagare circa due euro a svuotamento, ma in Veneto si
arriva già alla tariffa del 2006 di 9,87».
s. re. |
IL PICCOLO - MERCOLEDI' , 13
giugno 2007
Trieste, la ricerca al servizio delle
imprese: 350 milioni per migliorare i trasporti |
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Il presidente dell’Area Science Park
Michellone illustra il progetto per la «mobilità sostenibile»
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Gli industriali invitati a segnalare idee e
soluzioni su un sito internet |
Nicola Pangher: «Ora nuove sinergie tra
imprese locali e laboratori dell’Area» |
TRIESTE Entra nel vivo anche in Friuli
Venezia Giulia il «Progetto d’innovazione industriale per la mobilità
sostenibile» lanciato recentemente dal governo, che punta sulla creazione di
un legame stabile tra il mondo della ricerca e dell’imprenditoria.
Ieri la prima presentazione agli industriali di Trieste, con il presidente
del parco scientifico triestino Area Science Park, Giancarlo Michellone,
nominato recentemente a guidare lo staff di coordinamento del progetto dal
ministro dello Sviluppo economico Pierluigi Bersani.
«Questo programma – ha spiegato Michellone - si inserisce nel quadro
delineato dal documento programmatico “Industria 2015” sulle linee
strategiche del governo per lo sviluppo e la competitività del sistema
produttivo italiano del futuro».
«L’iniziativa – ha aggiunto il presidente di Area Science Park - ha
l’obiettivo di creare un sistema in grado di muovere persone e merci in modo
ecologico e sicuro, economico e tempestivo» .
Il pacchetto di incentivi, che può contare su una dotazione di 350 milioni
di euro, punta a finanziare il «lavoro di squadra» che valorizzi lo sviluppo
della ricerca a favore del tessuto imprenditoriale e grandi progetti
tecnologici per trasporti ecocompatibili, sistemi di intermodalità e
piattaforme logistiche, tecnologie per la mobilità urbana, per la sicurezza
di merci e persone, per decongestionare i trasporti marittimi e terrestri.
Secondo Michellone, si tratta quindi di «un’azione volta a decongestionare i
traffici, a favorire intermodalità e reti logistiche, a promuovere una
mobilità urbana sostenibile, a migliorare la sicurezza nei trasporti di
persone e merci, a rendere competitivi i sistemi di trasporto di superficie
e i relativi processi».
Terminato il lavoro di preparazione, le aziende saranno presto chiamate a
partecipare al bando, presentando proposte in grado di sviluppare nuovi
prodotti o servizi, che siano caratterizzati da un elevato livello di
innovazione tecnologica e da un impatto di sistema tra varie imprese o enti.
Entro l'estate sarà avviata la fase «call» con la possibilità per le aziende
di segnalare idee progettuali sul sito internet «www.industria2015.ipi.it».
Per il vicepresidente dell’Associazione industriali di Trieste, Nicola
Pangher, il progetto prevede un quadro d’incentivazione attraente per
l’attuazione di progetti innovativi, soprattutto in materia di mobilità
sostenibile, per i settori della logistica, dei trasporti terrestri e
navali. In più, secondo Pangher, «è proprio questo il momento di dimostrare
la validità degli investimenti pubblici nel settore della ricerca sul
territorio e di vedere come il sistema AREA, in sinergia con quello
industriale, sarà in grado di avviare un ciclo virtuoso in cui le imprese
locali potranno finanziare le attività dei laboratori e dei centri di
ricerca».
«In questo contesto, i dati del parco parlano da soli» ha commentato
Michellone che ha illustrato una panoramica delle attività dell’Area negli
ultimi cinque anni: 84 centri, società o istituti di ricerca ospitati
attualmente, 1.860 addetti impegnati in attività di ricerca, trasferimento
tecnologico e servizi qualificati, 1.039 interventi di «Business
intelligence» realizzati, 87 brevetti imprenditoriali e universitari
sostenuti, 1.194 interventi di innovazione aziendale effettuati, 40 spin-off
e start up avviati.
Per quanto riguarda le attività «new entry» sulla tabella di marcia Area,
secondo Michellone, si sta consolidando l’iniziativa «Domotica», lanciata
all’inizio dell’anno con l’obiettivo di trasformare la regione in un polo
d’eccellenza internazionale per quanto riguarda componenti e sistemi nel
settore (disciplina che si occupa di studiare le tecnologie, atte a
migliorare la qualità della vita in vari ambienti come la casa o il la
lavoro).
Al momento, «Domotica» sta procedendo con l’analisi della domanda del
mercato, la verifica della disponibilità e dei bisogni degli imprenditori,
l’attivazione delle connessioni con i centri di ricerca e le università.
Gabriela Preda |
Quercia verso il secondo round sul
cementificio. I comitati: «Si annulli la Via» - Ds friulani in difesa di Travanut |
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Dopo la richiesta di dimissioni del
capogruppo diplomazie al lavoro per ricucire la frattura in attesa della
delibera della giunta
TRIESTE Nel primo round del faccia a faccia sul caso Travanut tra tutti i
consiglieri diessini (assieme agli assessori), i pordenonesi hanno scoperto
le carte peraltro fino a quel momento neppure troppo nascoste. Hanno chiesto
a Mauro Travanut di fare un passo indietro dopo la sua gestione «politica»
del gruppo consigliare della vicenda del cementificio di Torviscosa.
L’assessore Lodovico Sonego e i consiglieri Paolo Pupulin sono stati
espliciti nella richiesta di dimissioni. I friulani invece sono rimasti alla
finestra, anzi sembrano i più impegnati a difendere l’incarico dell’ex
sindaco di Cervignano. E Bruno Zvech, consigliere ma soprattutto segretario
regionale, sta nel mezzo a garantire gli equilibri, nella consapevolezza che
sarebbe comunque opportuno evitare un terremoto a pochi mesi dalla fine
della legislatura. Ma sarà probabilmente il secondo round quello decisivo. I
diessini si sono dati infatti appuntamento per un ulteriore vertice quando
sarà approvata la delibera della giunta sul cementificio.
L’ACCUSA I diessini di Pordenone sono i più «sensibili» al fatto che
Travanut abbia «forzato» l’interpretazione del suo ruolo in Consiglio. Nella
riunione di lunedì infatti, è stato lo stesso Sonego, una volta ultimata la
discussione sul primo punto all’ordine del giorno, a chiedere che ci si
occupasse del caso-cementificio. Da qui la richiesta a Travanut di fare un
passo indietro. Richiesta rimasta tale perchè né il diretto interessato, né
gli altri hanno fatto ancora alcuna mossa.
I FRIULANI Pur non mancando le perplessità anche tra i colleghi
dell’Udinese sul comportamento di Travanut, sono proprio loro i suoi primi
difensori. O quantomeno i friulani possono essere i protagonisti della
mediazione. Il presidente del consiglio regionale Alessandro Tesini è stato
l’ispiratore della scelta dei diessini di nominare Travanut capogruppo
all’indomani dell’elezione di Zvech alla carica di segretario regionale. Ma
non è trascurabile anche l’importanza per Tesini di evitare perturbazioni in
Consiglio proprio nel suo partito. L’altra personalità di spicco vicina a
Travanut è il senatore ed ex segretario regionale Carlo Pegorer. Lui afferma
che «il gruppo consiliare ha la sua autonomia» ma un suo contributo alla
ricucitura della frattura potrebbe essere decisivo.
LA DELIBERA Il pronunciamento sulla delibera di autorizzazione al
progetto della Grigolin sarà decisivo. Travanut ha più volte ribadito che
deciderà di lasciare la carica «solo se il cementificio passerà con il voto
dei Ds» mentre «per il principio di simmetria qualcuno (Sonego ndr) in caso
di non autorizzazione al progetto dovrà mettere in discussione il suo ruolo
di capodelegazione dei Ds in giunta». Intanto il fatto che la delibera
approdi in giunta venerdì è ancora in forse. Gli uffici tecnici e legali
della Regione stanno analizzando a fondo i pareri e hanno la disposizione di
articolare una delibera inappuntabile, essendo questa l’unico atto
impugnabile. Quindi, nonostante tutti abbiano fretta di mettere la parola
fine al caso, un approfondimento di indagine anche sotto il profilo
giuridico potrebbe ritardare i tempi del pronunciamento da parte
dell’esecutivo.
I COMITATI Nonostante l’intenzione della giunta sul cementificio sia
orientata sempre più verso il «no», il comitato dei cittadini chiede
l’annullamento della procedura di Valutazione di impatto ambientale per
l’impianto di produzione di clinker proposto dalla Cementi Nord-Est. E lo fa
con un documento inviato a al presidente Illy, all’assessore Moretton, al
ministro dell’Ambiente Pecoraro Scanio, alla procura della Repubblica e al
prefetto di Udine, nonché a tutti i sindaci. L’esposto riguarda l’attuazione
della direttiva 96/82/Ce relativa al controllo dei pericoli derivanti da
incidenti connessi con determinate sostanze pericolose. Si tratta della
«legge Seveso» che va applicata in aree ad elevato sviluppo industriale con
possibilità di contaminazione per le persone e l’ecosistema. Questo
dispositivo riguarda l’area interessata alla costruzione del cementificio
«tenuto conto - si legge nel documento - che la produzione e la macinazione
del cemento avverrebbe in un impianto adiacente agli stabilimenti impiegati
per lo stoccaggio del cloro e per la produzione di cloroparaffine». La
legge, scrive il comitato contrario al cementificio, prevede che la
popolazione deve essere messa in grado di esprimere il proprio parere e che
la partecipazione dei cittadini alle procedure di Via costituisce un
requisito essenziale delle procedure. «Poichè la maggioranza della
popolazione della Bassa ha espresso in modo palese la sua contrarietà
all’insediamento, così come la stragrande maggioranza delle amministrazioni
comunali interessate - continua la lettera - si chiede l’annullamento della
procedura di Via relativa all’impianto o, in via subordinata, di prendere
atto che le popolazioni interessate sono contrarie all’industria il cui
progetto è stato proposto dal Gruppo Grigolin».
Ciro Esposito |
Risparmi energetici con le acque termali - Il progetto comunitario Innoref invita a
puntare sugli impianti geotermici. Marsilio: avanti tutta con il sistema a
biomasse |
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UDINE La zona costiera, da Lignano a Grado a
Monfalcone, è una miniera di energia geotermica, utile per riscaldare
abitazioni private e edifici pubblici, attraverso impianti che costano 10-12
mila euro in più rispetto alla norma, ma sono ammortizzabili nell’arco di un
quadriennio grazie a un risparmio energetico fino al 60%. È la novità emersa
ieri al convegno «L’autonomia energetica dei territori rurali, i
finanziamenti del programma Energia Intelligente Europa», svoltosi a Udine
Fiere per la presentazione dei risultati prodotti nel campo delle energie
rinnovabili dal progetto comunitario Innoref, «che ha interessato 116
comuni, 4 comunità montane e una comunità collinare della regione – ha
spiegato la project manager Lavinia Clarotto – per un investimento di 860
mila euro». L’esperto di geotermia Bruno Della Vedova dell’università di
Trieste, ha sottolineato come gli studi geologici e geofisici abbiano
confermato «che la regione è ricca di risorse idrotermali a bassa
temperatura, 50-60 gradi, a circa un chilometro di profondità, specie lungo
la fascia costiera tra Lignano a Monfalcone, la zona più promettente per
realizzare pozzi e impianti per lo scambio geotermico». In pratica, dopo una
perforazione, si preleva calore dal sottosuolo per riscaldare gli ambienti
durante l’inverno, mentre d’estate si trasferisce l’eccesso di calore sotto
terra, producendo un effetto raffrescamento. Le pompe di calore sono
applicabili ovunque, sia nella zona costiera, sia nella zona montana dove le
temperature sono inferiori, con un investimento iniziale per la costruzione
dei pozzi, riassorbibile in quattro anni, dopodiché sono in grado di
risparmiare energia fino al 60%. Gli impianti a geoscambio possono essere
utilizzati anche per centri commerciali ed edifici pubblici. Un progetto
pilota sarà realizzato a Malborghetto per Palazzo Veneziano. Al convegno è
intervenuto l’assessore Enzo Marsilio che ha fatto il punto sull’uso delle
energie rinnovabili. «Siamo a buon punto, visto che in Carnia sono quasi
operativi gli impianti a biomasse legnose di Sauris, Forni di Sopra e Arta
Terme, e altri progetti sono al via nel Tarcentino e nel Pordenonese. Entro
il 2008 dovremmo andare a regime con un numero congruo di impianti».
Alberto Rochira |
Cattinara, la rotatoria sulla Grande
viabilità: un chilometro con tornanti e seconda uscita
Secondo il progetto di fattibilità che
dettaglia anche il nuovo parco urbano di Montebello
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Una grande rotatoria, il riuso di un
sovrappasso esistente che attraversa la Grande viabilità in costruzione, un
chilometro e cento metri circa di strada a forma di doppia «U», cioé con due
grandi tornanti studiati per superare il dislivello, una uscita secondaria
su via Alpi Giulie che servirà anche da secondo ingresso, più cittadino,
agli ospedali: così sarà la nuova viabilità nella parte relativa al più
importante intervento previsto per incanalare l’aumento di traffico quando
la cittadella sanitaria conterrà anche il Burlo, nuovi spazi universitari,
Medicina molecolare e servizi.. Su via Forlanini-Marchesetti basterà una
rotatoria più capace di gestire il congestionato incrocio.
Il corposo intervento sulla Grande viabilità sarà pagato dalla Regione che
ha da tempo stanziato cinque milioni di euro. Via Forlanini sarà a carico
del Comune (500 mila euro). Se il progetto di fattibilità, l’unico ora
esistente (realizzato dallo studio dell’architetto Pietro Cordara) resterà
come ora previsto, saranno necessari espropri, ai quali per parte sua
l’Azienda ospedaliera ha già provveduto.
Tra le idee che il progetto ha inserito ci sono anche un «check point» come
punto informativo e l’istituzione di un bus navetta che i cittadini
potrebbero utilizzare per raggiungere la loro destinazione dopo aver
lasciato la macchina in uno dei tanti nuovi parcheggi.
Ma, già presentata pubblicamente anche dal Comune, la novità imprevista di
questo polo sanitario sarà nella riqualificazione del parco di Montebello (o
«Montbeau»), a soli 300 metri da Cattinara, di cui sono stati calcolati una
riqualificazione possibile con soli 370 mila euro e un costo di manutenzione
annuale di 30 mila.
L’idea, suggerita da Cordara all’Azienda ospedaliera come «regalo
compensatorio» alla città per il tanto nuovo cemento, è stata perfezionata
col biologo dell’Università di Trieste Fabrizio Martini, con Nicola Bressi,
conservatore del Museo di storia naturale, con un agronomo, Luigi Pravisani,
e un tecnico forestale, Giovanni Francois. «Il vantaggio - spiega Cordara -
sta nel fatto che questo bosco è di proprietà comunale, nel piano regolatore
è indicato come ’’parco urbano’’, il Cai già vi gestisce un campo di sci
d’erba e potrebbe così occuparsi anche del ristoro». Ci sono prati,
terrazzamenti, arriveranno due stagni: 20 ettari da godere in un prossimo
futuro.
g. z. |
IL PICCOLO - MARTEDI' , 12
giugno 2007
Inquinamento - Terrapieno di Barcola, i risultati a
fine mese |
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Il reale inquinamento del terrapieno di Barcola
dovrebbe essere chiaro entro la fine del mese. Da una decina di giorni,
infatti, l’Arpa sta procedendo alle verifiche sulla nuova serie di dati che
la società isontina Multiproject, che ha effettuato i test per conto
dell’Autorità portuale, ha consegnato all’inizio di giugno. Le
contro-analisi, svolte anche con l’ausilio dei vecchi campioni di terreno,
riguardano pure i dati relativi ai prelievi di acqua e del fondale marino
prospicente il terrapieno.
A fine mese l’esito delle nuove analisi dovrebbe quindi essere comunicato
dall’Arpa all’Autorità portuale e alla Regione, la quale a quel punto potrà
convocare la conferenza dei servizi che sarà chiamata a varare il piano di
caratterizzazione, ponendo così le basi per la bonifica.
I costi della bonifica si preannunciano molto elevati: tempo fa si era
parlato di 9 milioni di euro. Finanziamenti di cui l’Authority e il Comune,
la prima in quanto proprietaria dell’area e il secondo per aver gestito una
discarica sul terrapieno negli anni Settanta-Ottanta, devono appena andare
alla ricerca.
L’Autorità portuale ha intanto concluso la messa in sicurezza del
terrapieno, costata all’incirca 150 mila euro. La fascia che corre lungo il
mare è stata recintata, per impedire l’accesso. Alcune parti del tratto più
vicino alle società sportive sono state ricoperte con ghiaia e altre
asfaltate. Assieme all’Arpa, l’Ap ha inoltre verificato la «tenuta» degli
strati sottostanti delle zone a verde, per evitare dispersioni di eventuali
inquinanti. E nei punti in cui si è riscontrata la mancanza di una barriera
naturale, si è intervenuti deponendo strati di ghiaia.
gi. pa. |
Piano delle antenne, disco verde da Valmaura - Sono 35
gli impianti presenti nel territorio della circoscrizione |
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Sedici consiglieri su 18 votano a favore del nuovo
documento comunale che regola i criteri
E' stato votato pressoché all'unanimità dai
consiglieri della Settima circoscrizione, 16 su 18 presenti, lo scorso
giovedì in sede di consiglio il nuovo piano messo a punto dal Comune per
regolamentare l'installazione delle antenne per la telefonia mobile dei
gestori telefonici.
Nella Settima circoscrizione, che comprende i rioni di Valmaura, Chiarbola,
Servola e Borgo San Sergio, le antenne per la telefonia mobile sono ad oggi
35, la concentrazione più alta dopo la Quarta circoscrizione, anche se tutta
la città vedrà fiorire in tempi non lontani - si parla di duecento
installazioni - le nuove antenne per coprire il traffico della videofonia.
«La telefonia mobile è un fenomeno inarrestabile - dice Andrea Vatta,
presidente della Settima circoscrizione - e nessuno è disposto per primo a
farne a meno, però tutti vorrebbero che le antenne stessero da un'altra
parte, come se quest'altra parte non fosse a sua volta l'habitat di qualcun
altro».
Le linee guida del piano antenne comunale tendono alla protezione dei siti
sensibili, vale a dire asili, scuole, ospedali, ricreatori e zone densamente
popolate, così come dei luoghi a tutela paesaggistica. Il piano c'era già
nel 2004, ma era stato bocciato dal Tar su istanza delle compagnie
telefoniche; ora l'iter per la nuova versione, sostanzialmente simile alla
precedente, prevede ancora il passaggio in commissione urbanistica e poi in
consiglio comunale. Oltre all'impatto ambientale si cerca di scegliere
luoghi a distanza di sicurezza per l'uomo.
Il cimitero cittadino, che ricade territorialmente sotto la Settima
circoscrizione, è stato inserito tra i luoghi sottoposti a vincolo per
rispetto verso i defunti, anche se in linea di principio, dentro ai 200 mila
mq, le antenne presenterebbero il vantaggio di avere un basso impatto visivo
e di essere indubbiamente innocue. «Può sembrare una soluzione dissacratoria
- aggiunge Vatta - però pur ammettendo che emotivamente può creare disagio,
in cimitero non disturberebbero nessuno, mentre l'idea che stiano vicino ad
una scuola o a un asilo, dove i nostri figli trascorrono buona parte della
giornata, è sicuramente peggio».
Patrizia Piccione |
Telefonia mobile, ok anche dall’Altipiano Ovest |
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«Antenne e stazioni radio base? Se proprio si devono
costruire, utilizzate dei terreni pubblici, in modo da favorire le casse
degli enti locali per la riscossione di affitti e noli dovuti alla loro
collocazione». L’indicazione arriva dal consiglio circoscrizionale di
Altipiano Ovest, chiamato a esprimersi sul nuovo Piano comunale di settore
per la localizzazione degli impianti radio base di telefonia mobile. A tale
riguardo, maggioranza di centrosinistra e opposizione si sono trovate
d’accordo. L’assenso al Piano Comunale è stato unanime, a testimonianza
della necessità di favorire la rapida adozione di un corpo di normative
utile a regolamentare l’erezione di tralicci e antenne. «Accanto
all’indicazione positiva – spiega il presidente del parlamentino Bruno Rupel
– abbiamo aggiunto alcuni suggerimenti. A cominciare dall’utilizzo di
terreni pubblici per la costruzione dei nuovi impianti. Se le antenne devono
sorgere – spiega il presidente - sia il Comune o un altro ente pubblico a
incassare i proventi di tale esercizio, piuttosto che favorire le proprietà
private». Per evitare il proliferare dei tralicci in una stessa zona, va
seguita la modalità del «co siting», in modo da utilizzare un unico sito per
più impianti. Anche Rupel approva il fatto che nessuna stazione radio base
possa essere eretta nelle immediate vicinanze di scuole, case di cura,
ospedali e anche cimiteri. Attualmente sono circa sette i tralicci ospitati
nelle contrade territorialmente competenti al primo parlamentino: tre
nell’area di Borgo S. Nazario – Prosecco, tre nella frazione di S. Croce,
una in un’area situata a cavallo tra l’area di quest’ultima borgata e quella
di Grignano. Nessun impianto, al momento, risulterebbe collocato nel cuore
del pittoresco borgo di Contovello. «Una cura particolare – insiste il
presidente – deve essere riservata alla tutela del paesaggio. Anche per
questo, ci vuole particolare cura nel rilascio di concezioni edilizie».
m.l. |
Grizon: «Rigassificatori, assemblea tardiva» |
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MUGGIA «Ormai l’assemblea sui rigassificatori a Muggia
se si farà, sarà troppo tardi: ormai Illy ha deciso, pur di non rimanere
impantanato nell’opposizione interna dei Verdi e dei Rifondatori e di non
perdere ulteriori consensi, ha demandato la decisione a Prodi & Co». Il
consigliere di Forza Italia, Claudio Grizon, torna sul tema dei
rigassificatori e in particolare sulla lettera che i partiti di maggioranza
hanno inviato al sindaco Nesladek per chiedere la convocazione di
un’assemblea per spiegare i motivi del «no» muggesano ai rigassificatori.
«È incredibile – commenta Grizon –. Si incontrano in osteria, al bar, negli
agriturismi e nelle riunioni di maggioranza, ma per chiedere al sindaco
un’assemblea sul Gnl gli scrivono una lettera». «Prendiamo atto – conclude –
che la maggioranza ha “suonato la sveglia” al suo sindaco, e un altro
segnale al primo cittadino che dopo la politica degli annunci, una
maggioranza sfaldata, consigli saltati e delibere fatte male forse lo vuole
ricondurre ad un atteggiamento meno guascone».
s.re. |
San Dorligo, raccolta differenziata da luglio -
Previsti tre tipi di contenitori: su quello verde ci sarà un microchip che
identificherà il proprietario |
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SAN DORLIGO Partirà a luglio nel comune di San Dorligo
la raccolta differenziata dei rifiuti porta a porta. Un progetto che sarà
presentato nelle varie frazioni, ed è finalizzato ad una riduzione delle
spese alle famiglie, e ad un aumento della quantità di rifiuti riciclabili.
Per il progetto, la gestazione è stata lunga. Nei mesi scorsi, alle
famiglie, sono stati consegnati tre contenitori. Uno blu da 40 litri per la
carta. Uno giallo da 120 litri per vetro, plastica e lattina. Uno verde,
sempre da 120 litri, per tutto il resto. I cassonetti vanno tenuti in casa,
e portati all’esterno della proprietà nei giorni che saranno stabiliti per
la raccolta. I contenitori blu e gialli saranno svuotati ogni due settimane.
Quello verde due volte la settimana. Su quest’ultimo sarà applicato un
microchip, che identifica il proprietario e quindi permette il calcolo di
quanto dovuto.
Infatti, nel computo finale, la tariffa si calcolerà solo su ciò che non è
differenziato. Per questioni pratiche, il consiglio è di portare fuori il
contenitore verde solo quando è pieno, anche perché (per ora) il calcolo
viene fatto sulle volte in cui viene svuotato, non sul peso di ciò che è
stato smaltito. Così il sindaco Fulvia Premolin: «Al momento, con la
raccolta stradale, raggiungiamo già il 20 per cento di rifiuti
differenziati. Con questo nuovo sistema speriamo di raggiungere gli
obiettivi in pochi anni. In altri comuni, questo sistema ha portato anche a
superare il 50 per cento di rifiuti riciclabili».
Intanto è partita la gara d'appalto per il servizio. Nello specifico, la
raccolta dei rifiuti indifferenziati sarà data ad una ditta esterna, mentre
gli addetti del Comune raccoglieranno i rifiuti riciclabili. Da domani
inizieranno gli incontri pubblici di presentazione del progetto, nelle varie
frazioni. Domani a Prebenico alla casa comunale. Il 14 giugno a Sant’Antonio,
sempre alla casa comunale. Venerdì 16 a Caresana, alla casa comunale.
Martedì 19 a Domio al centro culturale Anton.Ukmar-Miro.
Mercoledì 20 a San Giuseppe alla «Babna hiša». Giovedì 21 a Bagnoli al
teatro Prešeren. Venerdì 22 a Grozzana alla casa comunale. Lunedì 25 a
Dolina nella sala del circolo Kd Vodnik Sempre a partire dalle 20.
s.re. |
Ronchi-Trieste, manca ancora il progetto - La Regione
dovrà siglare un nuovo accordo coi comuni del Monfalconese |
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Il ministro Di Pietro ha definito prioritaria la
tratta ferroviaria: adesso in tempi stretti va redatto un elaborato
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Incerte rimangono le prospettive del collegamento
verso Divaccia: in corso contatti tra i governi di Italia e Slovenia |
Per il ministero delle Infrastrutture e la Regione la
linea ferroviaria alta velocità/alta capacità Ronchi-Trieste è un’opera
prioritaria. Le risorse sono state previste, ora serve il progetto. Ma non è
l’elemento più semplice.
«Esiste un progetto preliminare – spiega l’assessore regionale alle
Infrastrutture, Lodovico Sonego – di Rete Ferroviaria Italiana, al quale la
Regione ha dato parere favorevole per quel che riguarda la localizzazione
delle opere, prescrivendo però l’accoglimento di tutte le indicazioni
previste dall’accordo siglato da Regione e comuni del monfalconese nel
2004».
Sonego aggiunge che esiste già «un pronunciamento della commissione Via del
ministero dell’Ambiente sulle quali sta lavorando Rfi per integrare il
progetto» e che la Regione «è prossima a siglare una seconda edizione
dell’accordo con i Comuni del Monfalconese».
Gli stessi Comuni non hanno ancora ricevuto un progetto vero e proprio da
esaminare, ma si sono confrontati con la Regione su dei
tracciati
e sono in attesa di ricevere risposte ad alcuni quesiti. Per capire meglio
la storia di questo tratto – 32 chilometri che costeranno (stando alle stime
iniziali) 1.930 milioni di euro – bisogna fare un passo indietro. La
precedente giunta regionale aveva commissionato un progetto alle Ferrovie,
presentato nel 2003, che però ha ricevuto pesanti prescrizioni dal ministero
dei Beni culturali e dalla Commissione Via del ministero dell’Ambiente. Per
questa ragione l’attuale giunta, a fine 2005, ha deciso di accantonare
quella ipotesi e di cercare nuove soluzioni.
Il problema maggiore, su cui oggi i Comuni attendono risposte concrete,
riguarda il tratto (24 chilometri) che dovrebbe attraversare il Carso con un
sistema di doppia galleria. L’escavazione comporterebbe l’estrazione di
quasi 8 milioni di metri cubi di roccia (roccia peraltro «protetta») e
soprattutto ad oggi non ci sarebbero garanzie sulla tenuta delle pareti dei
tunnel, proprio per la conformazione naturale del Carso.
Una delle proposte del primo progetto – ritenuta troppo impattante dai
tecnici ministeriali – era di creare un cunicolo esplorativo, una sorta di
«galleria di prova», per testare la fattibilità degli scavi. Vista la
delicatezza del problema e le troppe incognite, i progettisti di Rfi
avrebbero ricevuto indicazioni di cercare soluzioni alternative.
Un’ipotesi secondo alcuni potrebbe essere di far passare il «corridoio» per
Gorizia e la valle del Vipacco. L’altra alternativa – e proprio su questa
alcuni Comuni avrebbero chiesto maggiori delucidazioni – sarebbe di
potenziare l’attuale rete ferroviaria agendo quindi su un tracciato già
disponibile. I Comuni condividono comunque la necessità di arrivare a un
progetto quanto prima.
Ancora più incerte le prospettive della linea da Trieste verso Est. Per il
tratto che dovrebbe collegare la città al nodo ferroviario sloveno di
Divaccia, sono in corso contatti fra i governi di Italia e Slovenia, cui
partecipa anche la Regione, che dovrebbero portare alla definizione del
tracciato. Ma sui contenuti, come sui tempi di questo progetto, non c’è
ancora nulla di preciso.
Tornando al tratto Ronchi-Trieste, sulle possibilità di potenziare il
tracciato ferroviario esistente insiste il Wwf, che ricorda come il sistema
Tav non sia «una linea per far circolare le merci, bensì i passeggeri. Nei
paesi in cui l’alta velocità esiste, si pensi alla Francia o alla Spagna –
rileva l’associazione – le merci viaggiano su linee tradizionali».
m. mi. |
Vertice Ds, Sonego chiede le dimissioni di Travanut
- Acceso confronto sul caso Torviscosa. I pordenonesi invitano il capogruppo
a lasciare la carica |
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Riunione a porte chiuse e consegna del silenzio per i
consiglieri regionali della Quercia. In una nota espresso il pieno sostegno
al governo Illy
TRIESTE Nessuna decisione finale all’interno dei Ds
sul caso Travanut. Ma nella riunione di gruppo di ieri, a margine degli
altri punti all’ordine del giorno, la discussione sul comportamento del
capogruppo sulla vicenda del cementificio c’è stata. Anzi, alcuni
consiglieri hanno chiesto al capogruppo regionale di fare un passo indietro.
Ovvero di riflettere sull’opportunità di dare le dimissioni dall’incarico.
Ed è probabile che a farlo siano stati i pordenonesi guidati dall’assessore
Lodovico Sonego. Voci, soltanto voci, perché nessuno dei diessini ha violato
la consegna del silenzio evidentemente decisa collegialmente. Ma di atti
formali sul ruolo presente e futuro di Travanut nemmeno l’ombra. «Anche
perché sulla questione non c’era niente da decidere», come sottolinea ormai
da giorni il segretario Bruno Zvech. Già, perché se mai fosse necessaria una
decisione, è verosimile che venga lasciata proprio a Travanut stesso. Il
partito è unito sulle cose da fare da qui alla fine della legislatura,
ripetono i vertici che affidano il resoconto delle tre ore e passa di
discussione a un comunicato stampa. E proprio dietro a quel comunicato
stampa si trincerano tutti i diessini, anche quelli di solito meno
abbottonati, dal pordenonese Pupulin al triestino sloveno Dolenc, dai
parlamentari allo stesso Travanut.
LA DISCUSSIONE «Dirò quello che devo dire nella riunione di gruppo» era
stata l’unica affermazione strappata alla vigilia dell’incontro al
consigliere Paolo Pupulin. E un ragionamento anche vivace è stato fatto
attorno alla vicenda cementificio sulla quale Travanut, secondo i compagni
di partito, ha «forzato» il suo ruolo istituzionale. La maggioranza dei
consiglieri diessini la pensa così, e nemmeno il diretto interessato ha mai
negato di aver messo in parte tra parentesi il suo ruolo in consiglio, ma
solo «per una causa giusta». Ma non è un mistero che i pordenonesi (Pupulin,
Alzetta e l’assessore Sonego) abbiano finora manifestato con maggior forza e
determinazione la loro opposizione al metodo utilizzato dall’ex sindaco di
Cervignano. «Nel nostro partito si discute, ci si confronta e poi si trova
sempre una sintesi unitaria, non vedo cosa ci sia di tanto strano» ripete
Zvech. Solo nelle prossime settimane forse si paleserà dunque la soluzione
dell’enigma.
L’AMBIENTE La sintesi alla quale si riferisce Zvech si coglie nella seconda
parte del comunicato: sostegno dei Ds a Illy nell’accelerazione sulle
infrastrutture, fatte salve le verifiche di sostenibilità ambientale delle
opere. Nessun ripensamento dunque sull’operato della giunta e quindi
dell’assessore Sonego. «I Democratici di Sinistra - si legge nel documento -
intendono sostenere e valorizzare lo sviluppo produttivo e industriale, in
particolare iniziando dalla velocizzazione degli interventi indicati dal
Presidente Illy in ordine alle infrastrutture viarie, ferroviarie, portuali,
energetiche, informatiche, indispensabili per la nostra Regione. Percorso
che va sostenuto, come dalle dichiarazioni del Presidente in Aula,
perseguendo le condizioni di sostenibilità ambientale secondo quanto già
predisposto nel programma e attivato dalla Giunta, anche con il concorso di
Agenda 21, elemento di grande novità e interesse per tutta la Regione».
LA STRATEGIA Pieno appoggio anche al metodo politico utilizzato finora dal
governatore Riccardo Illy. «Il gruppo dei Democratici di sinistra ritiene
positiva la fase di confronto avviata dal Presidente Illy in maggioranza -
si legge nella nota -, sia per quanto riguarda la metodologia operativa per
l'assunzione delle decisioni, sia per quanto riguarda il lavoro attorno al
prossimo programma elettorale che inizierà ad ottobre, dopo il voto per la
costituente del Partito democratico».
IL BILANCIO Via libera infine su lavoro fatto dalla giunta sulla nuova legge
del bilancio pur nella distinzione dei ruoli tra Giunta e Consiglio. «Piena
condivisione del lavoro condotto per la costruzione della nuova legge di
bilancio che verrà discussa dal Consiglio regionale nella sedute del 27, 28,
29 giugno - conclude il documento. Il Gruppo valuta infine positivamente
anche la manovra perché corrispondente all'impostazione del programma e alle
necessità di sviluppo economico e sociale del Friuli Venezia Giulia».
Ciro Esposito |
Cementificio, delibera forse venerdì in giunta -
Si va verso la decisione finale sull’impianto della Bassa. Nella relazione
integrativa dati aggiornati sulla qualità dell’aria |
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In corso l’esame tecnico-legale.
Il parere Arpa non scioglie i dubbi sull’ecosistema
L’Agenzia conferma l’impossibilità di misurare
l’impatto sulla vegetazione e il rispetto dei parametri a tutela della
salute umana certificato dal ministero
TRIESTE La delibera più scottante, quella che deve
esprimere il verdetto definitivo sul cementificio di Torviscosa diventato
ormai un «tormentone» politico, potrebbe arrivare venerdì mattina in giunta.
Gli uffici della Regione, dopo aver acquisito i pareri integrativi
dell’Azienda sanitaria e dell’Arpa, stanno completando l’istruttoria:
un’istruttoria tecnica e legale che passa dalla direzione all’Ambiente
all’Avvocatura.
E così, in assenza di intoppi tecnico-legali, la delibera potrebbe essere
licenziata nell’arco di pochi giorni. La Regione, d’altronde, dispone ormai
di tutti i pareri. Incluso quello dell’Arpa, l’ultimo arrivato, il più
atteso. Ebbene, citando gli esiti della verifica ministeriale di fine 2006
sulla centrale Edison, l’Arpa ribadisce le garanzie per la tutela della
salute umana. Ma conferma l’inidoneità delle centraline a misurare le
ricadute sull’ecosistema e sulla vegetazione. Ratifica le «perplessità»
sull’impatto ambientale dovuto all’aumento di traffico su gomma. Ma non
boccia - come non ha fatto nel primo parere del 31 gennaio e nemmeno nella
commissione di Via del 28 marzo - l’impianto di clincker e calcestruzzo che
l’Azienda sanitaria della Bassa, invece, non approva.
LA FIRMA Il parere «bis» dell’Arpa è datato 8 giugno: il direttore
generale Giuliana Spogliarich firma e invia una lettera accompagnatoria di
poche righe a cui allega «la relazione integrativa qui trasmessa dal
direttore tecnico-scientifico» Gianni Menchini. Una relazione «trasmessa» ma
non firmata dal dirigente, in ferie, autore già del primo parere.
LA VIABILITÀ Da quanto trapela, la relazione sul cementificio
evidenzia l’assenza di novità su rumore e rischi di incidente, per poi
approfondire la questione viabilità. E se già a gennaio l’Arpa affermava le
sue perplessità «non risolvibili con le infrastrutture esistenti»
sull’impatto ambientale dell’aumento di traffico su gomma, adesso le
rilancia. E sottolinea come da trent’anni non si costruiscono nuove strade
nell’area del cementificio.
QUALITÀ DELL’ARIA Ma il parere integrativo si sofferma soprattutto
sulla qualità dell’aria, il tema più delicato, oggetto di mille polemiche.
Ebbene, se già a gennaio l’Agenzia segnalava sforamenti degli ossidi di
azoto (Nox) e delle polveri sottili (Pm10), ricordando i nuovi limiti
comunitari in vigore dal 2010, adesso aggiorna il suo «responso» con dati
più freschi. Prima, però, mette in evidenza le conclusioni cui è giunto il
ministero dell’Ambiente che, nella verifica sulla centrale Edison, ha
certificato il rispetto di tutti i limiti di legge per la tutela della
salute umane mentre ha riscontrato la violazione di quelli per il rispetto
della vegetazione, dichiarando tuttavia non significativa quella violazione,
a fronte del posizionamento non conforme al decreto ministeriale delle
centraline di raccolta dati.
CENTRALINE E in effetti, nella relazione integrativa, l’Arpa ritorna
sul posizionamento «inidoneo» che ha scatenato l’offensiva degli avversari
del cementificio. Ma, ribadendo quanto messo a verbale già nella commissione
di Via del 28 marzo, evidenzia l’impossibilità di rispettare il decreto
ministeriale approvato nel 2002, laddove impone punti di campionamento
ubicati a più di 20 chilometri dagli agglomerati e a più di 5 chilometri da
aree edificate diverse da quegli agglomerati o da impianti industriali o da
autostrade. Un’impossibilità, conclude l’Agenzia, che non riguarda solo
Torviscosa o il Friuli Venezia Giulia, ma molte regioni italiane.
POLVERI SOTTILI Ancora, soffermandosi sulla qualità dell’aria e
ricordando che la centrale termoelettrica è a regime ormai da dicembre,
l’Arpa inserisce nel parere «bis» i dati più freschi che arrivano sino a
maggio: il quadro è sostanzialmente omogeneo a quello degli ultimi quattro
anni, sentenzia l’Agenzia, con una sola eccezione. Quella delle polveri
sottili (Pm10) il cui valore medio è aumentato nel 2007, anche se un trend
analogo si registra nell’intera provincia di Udine, complici le condizioni
meteo. L’Arpa ricorda ancora una volta che, nel 2010, i valori limite delle
Pm10 saranno oggetto di revisione ma aggiunge che l’orientamento politico di
Bruxelles è quello di confermare gli attuali valori.
CONCLUSIONI Infine, dopo aver affermato nel primo parere che il
cementificio si poteva realizzare e gestire previo rispetto di prescrizioni,
l’Arpa adesso si limita ad alcune puntualizzazioni. Ricorda, ad esempio, che
l’impianto è soggetto all’autorizzazione integrata ambientale e si sofferma
sulla bonifica. Un «sì» vincolato, come aveva anticipato già giovedì scorso
Moretton, che non sembra tuttavia in grado di risollevare i destini del
cementificio, ormai appeso a un filo.
IL PRESSING Nel frattempo, come annunciato, il verde Sandro Metz
formalizza con un’interrogazione la richiesta di una riconvocazione della
commissione di Via, dopo i pareri integrativi di Arpa e Azienda sanitaria e
prima della delibera di giunta, affinché «possa integrare o modificare il
precedente parere, chiarendo i molti punti oscuri e contraddittori» e
scongiurando così il rischio di pericolosi ricorsi al Tar.
r.g. |
Progetto Innoref per lo sviluppo sostenibile: rapporto
a Udine sulle energie rinnovabili |
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UDINE Il progetto Innoref per lo sviluppo sostenibile
del territorio, che vede capofila la Regione Friuli Venezia Giulia ed è
finanziato nell'ambito dell'Iniziativa Comunitaria Interreg IIIC, sarà
illustrato oggi in un convegno a Udine. Si discuterà di autonomia energetica
dei territori rurali in particolare per quanto riguarda i finanziamenti del
programma Energia Intelligente Europa. La conferenza affronta il tema delle
energie rinnovabili energie rinnovabili, a livello sia locale che europeo.
L’uso della geotermia o la conversione energetica delle biomasse in palazzi
e abitazioni è una delle possibili applicazioni. Saranno anche presentati
ufficialmente i nuovi bandi del Programma Energia Intelligente Europa. Fra i
relatori: gli assessore regionali Enzo Marsilio e Franco Iacop e Oliver
Schafer, del European Renewable Energy Council, che illustrerà le strategie
dell'unione Europea nel campo dell'efficienza energetica e delle energie
rinnovabili. |
IL PICCOLO - LUNEDI' , 11
giugno 2007
TAV - Per la Ronchi-Trieste 1930 milioni
-Il ministro Di Pietro accelera sull’alta velocità e inserisce la tratta
regionale nel pacchetto delle opere prioritarie |
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Sonego: «Una svolta per sviluppare l’economia del Fvg
sui mercati dell’Est» |
TRIESTE Il ministro alle Infrastrutture Antonio Di
Pietro accelera sull’alta velocità e inserisce nel pacchetto delle grandi
opere prioritarie la tratta ferroviaria Ronchi-Trieste con un finanziamento
previsto di 1.930 milioni. Con la Ronchi-Trieste ci sono anche la
Brescia-Verona (3.218 milioni), la Treviglio-Brescia (2 miliardi) e la
Bari-Napoli (2.153 milioni). Manca il pezzo forte, la Torino-Lione, ormai
fuori dalla «legge obiettivo», che avrà però uno strumento finanziario ad
hoc. Di Pietro considera la Ronchi-Trieste un pezzo strategico nel disegno
progettuale della futura alta velocità.
A un anno dall’insediamento del governo Prodi arriva così il piano delle
grandi opere infrastrutturali dell’Unione che Di Pietro ha trasmesso qualche
settimana fa a Palazzo Chigi con una lettera formale destinata a essere
inserita nell’apposito allegato Infrastrutture del Dpef.
Il pacchetto delle grandi opere presentato dal ministro, e anticipato ieri
dal Sole 24 Ore, destina le risorse più importanti all’alta velocità,
accelerando i tempi sulla realizzazione di una tratta ferroviaria strategica
per il Fvg e il Nordest.
Le grandi opere e l’intervento sulla Ronchi-Trieste attualmente sono al
vaglio del Cipe che dovrà approvarlo perché diventi un piano di tutto il
governo. Di Pietro ha scelto di selezionare cinquanta opere ”di serie A”
rispetto alle 125 del primo piano Berlusconi-Lunardi. Le ”priorità di Di
Pietro mettono in campo 29.175 milioni da finanziare nel periodo 2007-2011.
«La proposta del ministro Di Pietro coincide perfettamente con le necessità
del Paese e con le indicazioni della Giunta regionale del Friui Venezia
Giulia»: ha detto l'assessore regionale ai Trasporti, Lodovico Sonego,
commentando il piano del ministro per le grandi opere infrastrutturali, fra
le quali è stata inserita la linea ferroviaria Av/Ac fra Ronchi Sud
(Gorizia) e Trieste.
«È molto positivo - ha detto l’assessore regionale Sonego- che il ministro
abbia scelto di finanziare completamente la tratta ferroviaria Ronchi
Sud-Trieste perchè serve a sbottigliare il porto di Trieste e a garantire
l'accesso dell'Italia nei mercati dell'Est. Tutto ciò - ha aggiunto - nel
quadro di un lavoro molto positivo che la Regione, il Governo e la
Repubblica di Slovenia stanno facendo per portare a termine l'individuazione
del punto di contatto fra la direttrice Trieste-Divaccia e
Capodistria-Divaccia (Slovenia). Le relazioni bilaterali Italia-Slovenia -
ha ricordato Sonego - avvengono nell'ambito del programma Interreg III
proposto e guidato dalla Regione».
Fra l’altro Slovenia, Governo Italiano e Regione Friuli Venezia Giulia si
incontreranno nei prossimi giorni per definire il punto di contatto tra i
tracciati della linea ad alta velocità tra Venezia, Trieste e Divaccia, su
cui entro il 20 luglio dovrà venire presentata la domanda per ottenere il
cofinanziamento europeo La riunione - ha spiegato Sonego - rientra nella
progettazione delle tratte transfrontaliere del Corridoio 5-progetto
prioritario 6 dell'Ue, per le quali all'Italia è stato assegnato un miliardo
di euro degli otto complessivi. Sarà «un'ultima spinta - ha sottolineato
l'assessore - che finirà per influenzare l'atteggiamento di chi, in questo
momento, non considera prioritario il progetto, grazie all'accelerazione che
la Slovenia sta imprimendo alla realizzazione della tratta di competenza».
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Padoa Schioppa: presto decisione sulla TAV
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ROMA «Sono convinto che la decisione sulla Tav sarà
presa a giugno e passerà al di qua delle Alpi». Lo ha detto il ministro
dell'Economia, Tommaso Padoa-Schioppa, nel corso di un'intervista a Speciale
Tg1. Sulla questione è intervenuto anche il ministro dei Trasporti,
Alessandro Bianchi, parlando a Lussemburgo del tavolo istituzionale
sull'alta velocità in programma il 13 giugno.
«A febbraio, al momento della crisi poi rientrata del governo, - ha
ricordato il ministro - è stato stilato un dodecalogo dei punti
programmatici, uno di questi era la realizzazione della Torino-Lione. Giorni
fa - ha aggiunto Bianchi - ho partecipato a un convegno di un gruppo dei
Verdi in cui il ministro Pecoraro Scanio ha fatto affermazioni abbastanza
precise su questo aspetto, dicendo che è cambiata sostanzialmente la
situazione locale nei rapporti con le popolazioni e le amministrazioni». Il
ministro, parlando in una pausa dei lavori del Consiglio Trasporti Ue, ha
aggiunto: «Avendo noi accettato l'idea che vada rispettata in maniera sacra
la procedura rispetto agli impatti, compresa la Vas (valutazione ambientale
strategica), qualunque progetto può essere portato avanti». Sulla scadenza
del 30 luglio per ottenere i fondi comunitari, il ministro ha osservato:
«Per quella data dovremo sia ribadire l'impegno, sia presentare elaborati di
carattere finanziario e programmatico che ci consentono di accedere a quei
fondi». |
I Verdi: cementificio, si riapra la procedura di
Via - Metz: «Non devono esserci appigli per il ricorso di Grigolin».
Caso Travanut: oggi la riunione dei Ds |
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Il partito ecologista chiede di riconvocare la
commissione tenica. Gottardo: «Non vorrei che la giunta esprimesse più
pareri sul progetto»
TRIESTE I Verdi, a sorpresa, riaprono tecnicamente il
«caso Torviscosa». O, almeno, ci provano: Alessandro Metz, adesso che i
pareri bis dell’Azienda sanitaria e dell’Arpa sono arrivati, chiede la
riconvocazione della commissione regionale di Via che ha espresso un sì al
cementificio, pur vincolato al rispetto di 37 prescrizioni. E la chiede,
quella riconvocazione, con un atto formale: «Domani presenterò
l’interrogazione consiliare».
L’obiettivo? Blindare la procedura amministrativa, chiudendo ogni possibile
falla, e scongiurare «pericolosi» ricorsi del gruppo Grigolin, proponente
dell’impianto di clincker e calcestruzzo, ormai appeso a un filo. «Perché è
evidente - afferma Metz - che, dopo il tempo speso in approfondimenti,
pareri legali, supplementi di istruttoria, la procedura dev’essere
inattaccabile. Ed è altrettanto evidente che, se la delibera finale dovesse
essere impugnata e l’esito del ricorso favorevole all’impresa, la giunta
dovrebbe dimettersi».
Meglio, molto meglio prevenire: Metz non ha dubbi. E allora, sebbene in
Regione ci sia chi ribadisca che il parere della commissione è consultivo e
che l’unico atto impugnabile è la delibera (non ancora pronta), insiste: «La
giunta, a fronte dei nuovi pareri di Azienda sanitaria e Arpa, non potrà che
dire no al cementificio. Ma a quel punto rimarrà il parere favorevole della
commissione di Via: un appiglio per un eventuale ricorso». Pertanto, incalza
il verde, la commissione tecnico-consultiva deve poter esaminare le «nuove e
rilevanti integrazioni» e, magari, aggiornare il suo verdetto. Quanto al
«mezzo sì» dell’Arpa, dopo aver definito «curiosa» l’assenza «causa ferie»
della firma del direttore scientifico Gianni Menchini sull’ultimo parere,
Metz attende di vedere le carte: «Ma, da quanto mi hanno detto, l’Agenzia
conferma il passaggio chiave del primo parere, ovvero l’inidoneità delle
centraline a misurare le ricadute del cementificio su ecosistema e
vegetazione». Tanto basta, conclude il verde, perché la giunta voti il niet
al cementificio.
L’«affaire Torviscosa», però, rimane aperto non solo tecnicamente, ma anche
politicamente: oggi alle 11 si riunisce il gruppo consigliare della Quercia.
Quello che, stando ai boatos interni, potrebbe riservare contestazioni al
capogruppo Mauro Travanut, artefice di una battaglia feroce contro il
cementificio. Non a caso, alla vigilia, Isidoro Gottardo ridacchia: «Siamo
riusciti a penetrare, per la prima volta, non solo in maggioranza ma tra le
guardie svizzere del presidente, i Ds». Lo smaliziato forzista, tuttavia,
non crede in un epilogo traumatico, men che meno in un cambio in corsa del
capogruppo diessino: «Non vorranno mica suicidarsi?».
Non è il solo a pensarlo, anzi: i più, a poche ore da una riunione che vede
iscritte all’ordine del giorno la relazione sull’incontro di maggioranza con
Riccardo Illy, la manovra estiva e la legge sul friulano, escludono conte o
sfiducie. «Non ci credo nemmeno un po’» sussurra un diessino di peso. Un
altro, però, avverte: «Dirò quello che penso, poi vedremo». E il diretto
interessato? Travanut si conferma «sereno» e si rimette alle «decisioni del
gruppo».
Comunque vada, l’opposizione canta sin d’ora vittoria: «Questa vicenda,
oltre ad aver aperto una crepa in maggioranza, sta dimostrando che il
presidente non è un orologio svizzero, puntuale e infallibile, come si tenta
di far credere. Ma questa vicenda - aggiunge Gottardo - sta confermando
anche che il nostro comportamento in aula, criticato da qualcuno, è stata
corretto perché il nostro ordine del giorno ha imposto alla giunta verifiche
e controlli a tutela dei cittadini». Sia chiaro, però: «Vigileremo sino in
fondo anche perché - conclude il forzista - non mi sento di escludere più
pareri non necessariamente omogenei della giunta sul progetto Grigolin che,
come detto, prevede tre impianti diversi a Torviscosa».
Roberta Giani |
I sindaci chiedono più poteri sulle scelte di
sviluppo: «Ma la bonifica è prioritaria» |
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TRIESTE Le procedure di partecipazione vanno cambiate
affinché i Comuni abbiano potere decisionale sulla scelta degli insediamenti
industriali. Lo chiedono i sindaci della Bassa friulana. E lo chiedono
indipendentemente da come finirà la vicenda cementificio perché, dopo
l’impianto di clinker, sarà la volta di vetreria, inceneritore, e così via.
In ballo c’è il futuro dell’area che, affermano i sindaci, «non può non
essere industriale». «Ma oggi non abbiamo le strutture tecniche per dare
pareri adeguati – dice il sindaco di Cervignano Pietro Paviotti – per cui il
rischio è adottare un approccio emotivo». Paviotti riconosce al contempo
che, per l’affaire Torviscosa, «i Comuni avrebbero dovuto raggiungere prima
una posizione concertata». E aggiunge che «sicuramente bisogna lavorare in
questa direzione anche per il futuro perché non possiamo prescindere da uno
sviluppo industriale del nostro territorio». Sia chiaro, peraltro, che
«seguire la piazza o i comitati è un errore».
Ma volere uno sviluppo industriale non basta, perché le aziende non fanno la
fila per insediarsi. Nonostante la posizione strategica c’è il problema di
bonificare un’area pesantemente segnata proprio da un certo tipo di sviluppo
industriale. «Sono stato eletto nel 2003 – dice Pietro Del Frate, sindaco di
San Giorgio di Nogaro – e non ho mai firmato una concessione edilizia per un
grande impianto industriale. In due anni sono uscite 160 persone dal ciclo
produttivo, persone che difficilmente si ricollocano e che chiedono aiuto al
sindaco, con grande dignità». Ecco perché i Comuni devono contare di più.
«Con la vicenda cementificio – dice Del Frate – è emersa la necessità di
dare maggior peso a Comuni e cittadini. Il percorso di Agenda 21 è
interessante ma da sperimentare e non può dare esiti a breve. Oggi i Comuni
si esprimono sulla base di una legge del ’90 che concede un parere
consultivo. Vanno dati loro strumenti e risorse per una vera
partecipazione». Il primo passo di questa nuova fase, propone Del Frate,
deve essere «l’installazione di centraline di monitoraggio lungo il
perimetro dell’area industriale che diano certezze sui dati raccolti». Nel
futuro industriale della Bassa, «che può diventare appetibile anche per
aziende dell’est Europa», crede pure il sindaco di Fiumicello Paolo Dean:
«Serve, però, una logica di recupero. I Comuni sono il primo baluardo per la
tutela della legge e quindi dobbiamo diventare parte attiva nelle scelte.
Gli strumenti di partecipazione vanno rivisti anche perché i cittadini si
rivolgono sempre, in prima istanza, ai Comuni». Sul coinvolgimento dei
sindaci concorda Mario Pischedda, sindaco di Villa Vicentina, in prima linea
sulla Tav: «Dobbiamo però ricordare che l’inquinamento della Bassa è di tipo
industriale per cui bisogna ripartire da qua, con la bonifica, e imparando
dal passato».
m.mi. |
IL PICCOLO - DOMENICA , 10
giugno
2007
Bonifiche, il ministero cambia rotta e chiama la città
- La contestata barriera a mare di 11 chilometri diventa ora solo una delle
possibili soluzioni |
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Gianni Pizzati, referente di Pecoraro Scanio: «Si
sceglierà fra una rosa di progetti elaborati assieme da enti e privati»
La barriera a mare di 11 chilometri, ipotizzata a suo
tempo dal ministero dell’Ambiente per arginare il Sito inquinato e che tante
opposizioni ha trovato in città, è solo una delle ipotesi per arrivare alla
messa in sicurezza e alla bonifica della falda freatica del sito stesso. Le
altre possibilità devono individuarle, studiandone la realizzazione, le
parti direttamente interessate, gli enti ma anche i privati. Solo alla fine,
davanti a una rosa di alternative, si deciderà di progettare e realizzare
l’intervento risultato maggiormente vantaggioso.
Assieme alla bozza dell’accordo di programma fra gli enti coinvolti nel Sito
inquinato, giunta qualche giorno fa sui tavoli di sindaci e presidenti, è
arrivato dal ministero dell’Ambiente anche un cambio di approccio alla
complessa questione, delineato in qualche modo nel vertice in prefettura il
21 maggio scorso.
Ed è per questo che qualche giorno fa si è riunito per la prima volta un
gruppo che dovrà elaborare uno studio di fattibilità della messa in
sicurezza della falda, composto per ora da tecnici della Provincia, dell’Ezit
e dell’Autorità portuale, ma allargabile a privati ed enti di ricerca.
«Il ministro – spiega Gianni Pizzati, presidente regionale dei Verdi e
braccio destro di Pecoraro Scanio per l’operazione triestina – chiede alla
città una rinnovata capacità di essere produttiva e concorrenziale, dando un
sostanziale aiuto, assieme al ministero, ai piccoli imprenditori e agli
artigiani in modo che non debbano sopportare ulteriori appesantimenti
dall’iter che verrà scelto per le bonifiche».
Non solo. Si vuole invertire la filosofia, finora percepita in città,
secondo cui chi ha acquistato senza colpa un terreno inquinato deve
partecipare lo stesso alle spese di messa in sicurezza e di bonifica. «Il
ministro vuole combattere questa filosofia — sottolinea Pizzati – e quindi
il principio, secondo cui chi non ha inquinato non paga, non si tocca. Le
bonifiche – aggiunge – devono essere un’occasione per la città. L’opera di
bonifica assieme alla realizzazione di nuovi spazi portuali dev’essere
oggetto di un progetto comune».
Il principio cardine della bozza di accordo di programma (ora allo studio
degli enti, che poi la rispediranno al ministero con le rispettive
osservazioni) sta appunto nel concordare la fase progettuale: tutte le parti
interessate alla questione hanno diritto, allo stesso titolo, di far valere
le loro idee sul progetto per la messa in sicurezza e la bonifica della
falda.
In sostanza, da adesso la progettazione spetta al territorio, mentre il
ministero avrà il compito di armonizzare questa progettazione con le norme
ambientali (e non solo). «L’università, ad esempio, deve entrare subito
nella progettazione – sottolinea Pizzati – con tutte le sue potenzialità e
competenze». Nella bozza di accordo, infatti, si parla anche di «supporto
all’introduzione di processi innovativi ed ecocompatibili».
Le novità dell’approccio alla «questione bonifiche» non si limitano però
all’aspetto tecnico e procedurale. Per permettere un’ampia discussione fra
soggetti istituzionali e imprenditori privati, in cui si chiariscano i
rispettivi diritti e doveri, entro luglio si terrà in città un convegno sui
diritti nelle bonifiche, patrocinato dal ministero dell’Ambiente e al quale
dovrebbe partecipare anche Percoraro Scanio. «Sarà l’occasione – osserva
Pizzati – per analizzare anche il testo unico sull’ambiente. Serve
un’approfondita discussione fra i vari attori per imboccare la strada
migliore che porti alla soluzione del problema».
Giuseppe Palladini |
Il «sì» Arpa senza la firma del direttore scientifico
- I vertici Ds si preparano a «processare» il capogruppo Travanut: domani la
resa dei conti |
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Caso cementificio. Perplessità sul parere: manca il
visto di Menchini , in ferie, ma è stato siglato dal direttore generale
Spogliarich
TRIESTE La sua campagna è cominciata il 14 aprile,
primo giorno del congresso regionale dei Ds. Ed è cominciata con un attacco
al governatore Riccardo Illy chiamando in causa la logica e le sue radici
aristoteliche. «Per il governatore quello di Torviscosa non è ”un”
cementificio, ma ”il” cementificio» gridò dal palco della sala congressi
della Fiera di Udine Mauro Travanut, capogruppo della Quercia in Consiglio
regionale. Come a dire che il «mostro» da un milione e passa di tonnellate
di clinker all’anno non si può fare se non nell’area, già contaminata, della
Bassa friulana. Aristotele e soprattutto il suo territorio: queste sono le
radici del due volte sindaco di Cervignano. E da queste caratteristiche è
nata la sua battaglia.
Una battaglia quasi vinta nel merito. L’ipotesi al momento più probabile
infatti è che il cementificio non si farà. Nonostante il parere non
sfavorevole dell’Arpa, quello negativo espresso dall’Ass non può non avere
un peso maggiore nella valutazione della giunta, tanto più che sul parere
bis dell’Arpa non mancano perplessità. La firma sul parere non è infatti
quella del direttore scientifico Gianni Menchini ma del direttore generale
Giuliana Spogliarich. Menchini era in ferie. Data l’importanza del parere,
un fatto che pare anomalo. E lo sottolinea lo stesso Travanut. «È strano
che, dopo mia sollecitazione, la relazione dell’Agenzia per l’ambiente -
afferma Travanut - non sia stata firmata dal direttore tecnico-scientifico
Menchini, in ferie fino al 14, ma dal direttore generale Spogliarich.
Comunque, aspetto di vedere l’atto». «Gli uffici devono analizzare a fondo
le relazioni e costruire una delibera tecnicamente ineccepibile - conferma,
intanto, il vicepresidente Moretton - e si prenderanno il tempo necessario».
Nell’attesa, però, Travanut deve vedersela con i colleghi di partito: in
questa vicenda, nel metodo, ha di fatto messo tra parentesi il ruolo
istituzionale di capogruppo. E questo non è stato digerito. Domani nella
riunione di gruppo Ds ci si aspetta la resa dei conti. La conflittualità con
l’assessore Sonego e con i pordenonesi Paolo Pupulin e Nevio Alzetta rischia
di fondersi con l’insoddisfazione degli altri per come Travanut ha gestito,
in modo poco omogeneo, il gruppo dei Ds. «So che sul cementificio, ma solo
in questo caso, posso essere mancato in parte nelle mie funzioni di
capogruppo» ha lasciato intendere in più occasioni l’ex sindaco di
Cervignano. Un fatto quantomeno irrituale per chi milita in un partito
cresciuto a pane e «centralismo democratico». E così domani in molti
potrebbero chiedere la testa di Travanut: «Sono sereno, dal punto di vista
morale non ho nulla da rimproverarmi. Accetterò tutte le decisioni che
saranno prese dai miei colleghi». Del resto è probabile che il capogruppo
abbia fatto i suoi calcoli: senza forzature non avrebbe vinto.
In mezzo alla frizione si collocano il presidente Alesandro Tesini e il
segretario regionale Bruno Zvech. Il primo ha sponsorizzato la nomina di
Travanut, nell’autunno scorso, a capogruppo. Il secondo, in quanto
segretario, ha il compito di garantire l’equilibrio del partito. Sullo
sfondo c’è il senso di responsabilità del partner più forte della
maggioranza che deve peraltro affrontare nel programma del 2008 in modo
chiaro il tema ambientale. E poi quali conseguenze potrebbe avere
un’eventuale rimozione del capogruppo a meno di un anno dalla fine della
legislatura? «All’ordine del giorno della riunione di gruppo non c’è la
questione Travanut» minimizza Bruno Zvech. Ma domani qualcosa succederà.
Perché nessuno intende sorvolare sul comportamento di Travanut, il
«capogruppo-aristotelico» che viene dal popolo. |
I comitati: il capogruppo ds ci aiuti a bloccare la
vetreria - «Qualità dell’aria compromessa. No a nuovi impianti»
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SAN GIORGIO DI NOGARO Un appello ai politici che li
hanno sostenuti, a partire da Mauro Travanut, perché la realizzazione della
vetreria sarebbe un passaggio deleterio per il territorio, con ripercussioni
più gravi rispetto a quelle derivanti dalla costruzione di un cementificio.
Paolo De Toni, referente dei comitati anti-cementificio, non ha dubbi. E,
durante l’affollata assemblea di venerdì con gli abitanti della Bassa,
ricorda che «le emissioni di biossido di zolfo di una vetreria sono quasi
doppie rispetto a quelle di un cementificio (750 tonnellate annue contro
450)». Nell’incontro di San Giorgio di Nogaro, «cui hanno presenziato 300
persone» ci tiene a sottolineare De Toni, tiene banco la criticità
dell’atmosfera della Bassa friulana, «area che necessita di un’urgente opera
di bonifica e non può certo rischiare di divenire un’autentica camera a
gas». L’esponente dei comitati prosegue: «Le nuove acquisizioni scientifiche
impongono l’installazione di centraline più sofisticate e precise, tali da
rilevare la presenza delle emissione di polveri ultrafini, dai PM2,5 in giù.
Per dare un’idea, una particella di materiale particolato PM10 equivale a 64
di PM2,5 o 1000 di PM1, ed è immediato intuire quanto queste siano più
pericolose. Gli standard europei impongono la presenza di centraline che
monitorino la presenza di polveri ultrafini, e Roberto Bertolli, direttore
del reperto salute e ambiente dell’Oms, ha confermato questa necessità. È
nostra intenzione opporci a qualunque impianto comporti un impatto
ambientale per la nostra area»».
De Toni focalizza poi la sua attenzione sulla posizione assunta dai
politici, e rivolge un preciso invito al consigliere regionale Mauro
Travanut: «La Regione deve seguire le direttive dell’Azienda Sanitaria, che
ha chiaramente lasciato intendere che questo territorio necessita di un
piano di bonifica. Ci aspettiamo che Travanut, in linea con l’Asl, prenda
posizione in modo forte e chiaro sulla vetreria e sugli altri impianti, come
ha fatto sul cementificio. Da parte nostra chiediamo che la Regione
pianifichi le strategie future, utilizzando il buon senso e rispettando
l’ambiente, e avviando un processo di sviluppo sostenibile, come ha
reiteratamente richiesto Alessandra Guerra. È chiaro a tutti che il parere
espresso dall’Azienda Sanitaria sia notevolmente più vincolante rispetto a
quello dell’Arpa, in quanto la prevenzione e la difesa della salute pubblica
spetta unicamente all’Asl». Venerdì sera, alla manifestazione, intanto,
nuovi striscioni di protesta: «No a una II Marghera», “No Illy, No
Cementificio”, «Torviscosa: i nobel Illy, Moretton e Duz inventano il
cementificio ecologico».
Giovanni Stocco |
Gli enti locali possono risparmiare energia
utilizzando il biogas - I piani formativi dell’Ape |
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UDINE Un risparmio dal 10 al 20% sui prezzi della
fornitura energetica per gli enti locali sarebbe possibile grazie
all’impiego del biogas prodotto da piccoli impianti realizzati su scala
consortile e gestiti da cooperative di produttori agricoli e allevatori. È
questa l’idea emersa dall’incontro formativo svoltosi a Udine sui temi del
trasferimento di funzioni in materia di energia agli enti locali e
sull’utilizzo dell’energia da biomasse, promosso dall’Ape, Agenzia
provinciale per l’Energia, associazione no-profit nata da un progetto
dell’Assessorato all’ambiente della Provincia di Udine, nel quadro del
programma «Intelligent energy for Europe», cofinanziato dalla Commissione
europea. Presieduta da Loreto Mestroni, l’agenzia opera come interlocutore
d’area in campo energetico su scala regionale, sviluppando partnership a
livello locale, nazionale ed europeo, per veicolare sul territorio gli
orientamenti europei e promuovere l’uso di fonti energetiche rinnovabili.
Rivolto a enti locali, associazioni di categoria, imprese, l’incontro è
stato proposto in collaborazione con la Provincia e la Federazione regionale
delle Banche di Credito cooperativo. «L’uso delle fonti rinnovabili è un
elemento decisivo per lo sviluppo della regione – ha detto il responsabile
marketing Bcc Lorenzo Kasperkovitz –, tanto che le Bcc hanno studiato linee
di finanziamento dedicate a interventi in questo settore, a condizioni di
favore». Matteo Mazzolini, direttore Ape, ha spiegato i vantaggi
dell’utilizzo del biogas soprattutto nei territori rurali dove sono
disponibili le materie prime, «cioè i liquami degli allevamenti zootecnici e
i sottoprodotti agricoli».
Dalla produzione del biogas, ottenuto tramite un processo di «digestione»
degli scarti, possono derivare il metano per il riscaldamento e l’energia
elettrica, o fanghi da utilizzare per i terreni agricoli, «che rilasciano
nel terreno meno azoto – ha detto Mazzolini –, diminuendo il rischio
d'inquinamento da nitrati». Affiancando gli impianti di produzione del
biogas ai complessi «energivori» come ospedali, impianti sportivi, sedi
delle amministrazioni comunali, scuole, «queste strutture si potrebbero
approvvigionare con energia pulita – ha proseguito Mazzolini –, tenendo
conto che con il biogas si guadagna il triplo dell’energia che si spende per
far funzionare l’impianto». Gestori degli impianti, a livello comunale,
potrebbero essere le cooperative dei produttori agricoli e degli allevatori,
«che producendo energia con i propri scarti – ha sottolineato il direttore
Ape – trarrebbero sicuri vantaggi in termini di reddito».
Da affrontare il problema delle autorizzazioni, «anche se per gli impianti
piccoli, sotto i 3 megawatt – ha detto Mazzolini –, il processo
autorizzativo per le emissioni in atmosfera non è necessario».
Alberto Rochira |
Spiagge da premio: ora le bandiere blu sventolano a
Umago Cittanova e Alberi - In Istria ce ne sono 53 |
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POLA Ancora un riconoscimento per le località balneari
istriane. Da ieri sulle spiagge del litorale sventolano altre tre bandiere
blu, simbolo internazionale del mare pulito e della sicurezza degli impianti
balneari.
Per la precisione sono state collocate al Residence Skipper ad Alberi,
nonchè sulle spiagge di Umago e Cittanova. Ma non basta: nei prossimi
giorni, come è stato anticipato, il numero complessivo delle bandiere blu
che sventoleranno nelle varie località istriane salirà a 53.
L’Istria si conferma così la regione adriatica con il maggior numero di
bandiere azzurre. Rimanendo nel campo turistico, va detto che i campeggi
istriani stanno registrando ottimi risultati. Infatti rispetto all'analogo
periodo di un anno fa il numero dei pernottamenti è aumentato in media del
25 percento. Hanno contribuito maggiormente all'incremento i vacanzieri
tedeschi. Intanto nonostante i capricci del tempo, non si assiste a grossi
esodi dai campeggi.
p.r. |
Piano del traffico |
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Sento dal giornale che c’è una continua conflittualità
tra destra e sinistra e destra con destra circa il nuovo piano del traffico
cittadino. Secondo me questi sono argomenti pretestuosi e nullafacenti. La
sinistra che non sa quali migliorie apportare, soffia sul fuoco delle
discordie e la destra si presta a questi colpi bassi per pura minchioneria!
Ma lasciamo parlare questi bla bla bla! Quale che sia il lavoro svolto dal
prof. Camus e quali che siano le idee avverse in circolazione resta comunque
il fatto che ben poco si riuscirà a fare dato il numero di auto e moto ora
circolanti in città. Corsie preferenziali? Non faranno che aumentare
l’ingorgo di auto e bus. Sbarrare certe strade? Certo, ma quelle vicine come
saranno se il traffico viene deviato?
La soluzione per me sarebbe di vietare il traffico privato in certe ore del
giorno (9-12 e 14-18). Ma va a sentire gli strilli degli autisti che sono
poi quelli che danno il voto a lorsignori della giunta! Però una cosa che
vorrei far notare a tutti è che si ignora completamente l’utilizzo delle
ferrovie cittadine da parte dei più. Fortunatamente non dalla Provincia e in
specie dall’assessore al traffico ing. Barduzzi, che si dà da fare per un
riutilizzo razionale della ferrovia metropolitana. L’uso di questa non può
farsi senza una rivoluzione (epocale) del traffico dei bus urbani.
Che dal centro verranno dirottati per lo più in periferia liberando così
tanto spazio al movimento privato in città. Senza tale riorganizzazione le
cose diventano allora peggio di prima. Perciò dico, lasciamo lavorare la
Barduzzi, che a questo ci pensa, e al piano del traffico complessivo
baderemo quando avremo un quadro completo del possibile utilizzo di strada e
rotaia. Ma un miglioramento immediato potrebbe venire dalla decisione or ora
presa di non lasciare passare il traffico urbano per il porto vecchio, una
volta ricostruito. Ecco allora che starebbe bene un cavalcavia ferroviario
con rampa d’inizio dall’attuale bagno ferroviario e con termine al fianco
del Silos, in piazza Santos. Eviteremmo che gran parte dei veicoli in
entrata vadano a fare slalom per la Centrale, liberando così il posto ai
pedoni, visto che ora è assai pericoloso! Perché poi dovremmo avere anche
tanti parcheggi per liberare le strade dalle macchine. Ma siccome questo
costa tanto e i soldi che noi spendiamo per le tasse auto/moto sono
dirottati su altri casi ( cultura... mostre... festivals... concerti..?) non
pensiamoci su e lasciamo litigare i perditempo di destra e sinistra. Che
altro avrebbero a dirsi se non avessero queste banalità per scontrarsi?
Sergio Callegari |
IL PICCOLO - SABATO , 9
giugno
2007
Dalle Rive ai rioni, tutti i nuovi parcheggi -
Dove sorgeranno le strutture, quasi tutte interrate,
previste dal piano approvato dalla giunta |
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I dati relativi ai diciotto contenitori che
ospiteranno in totale 5310 posti auto: altri due potranno sorgere a Barcola
e nelle ex Officine Holt
Una ventina di strutture in tutto, dislocate tanto in
pieno centro cittadino quanto in zone periferiche da Roiano a Largo Sonnino.
Un totale di 5310 posti auto già previsti ai quali se ne aggiungerà qualche
centinaio ancora grazie a due impianti ulteriori: sono quello di piazzale
Vittime dell’11 settembre a Barcola, e quello da ricavare nelle ex officine
Holt in via Gambini. Non rientrano a oggi nel piano, ma vi verranno inseriti
al termine dell’iter al quale la giunta ha dato avvio.
Sono questi i numeri del piano parcheggi che la giunta comunale ha approvato
nell’ultima seduta, e che ora andrà all’esame delle circoscrizioni alle
quali sarà illustrato - annuncia l’assessore Maurizio Bucci - nel corso di
una riunione da convocare a breve nella sede del Mib. Infine, il passaggio
al consiglio comunale che dovrà votare il via libera definitivo al
documento. L’iter, secondo Bucci, potrebbe dunque essere concluso «prima
della pausa estiva» portando così in vigore il documento che sancisce la
possibilità di costruire nelle localizzazioni previste.
Le diciotto strutture contemplate risultano per la quasi totalità
sotterranee, tranne in tre casi: i nuovi 150 posti auto del centro
commerciale Il Giulia (con entrata e uscita su via Pindemonte) saranno
situati a quota lastrico solare; previsti poi i tre piani fuori terra su
pastini nella struttura in via Tigor-via Cereria (ex carceri femminili) e i
sei fuori terra del parking programmato in via del Teatro Romano, tra il
teatro stesso e il palazzo Inail. Quanto ai posti auto, la struttura più
capiente risulta essere quella nel colle di San Giusto, con i suoi 724 posti
dislocati su cinque livelli interrati. I contenitori di dimensioni più
ridotte saranno quelli di via Tigor-Cereria (75 posti), di largo Sonnino (84
posti) e di largo Canal (91 posti).
Di particolare rilievo in vista dell’obiettivo già sottolineato da Bucci -
quello cioè di arrivare a liberare completamente le Rive dalle auto in sosta
- sono i tre parcheggi sotterranei previsti nell’area ex piscina Bianchi,
nell’area compresa tra Palazzo Carciotti e il teatro Verdi, e davanti alla
Stazione marittima. Proprio quello della Marittima è il cantiere sulle Rive
che dovrebbe partire per primo: la Saba Italia sta lavorando infatti al
progetto esecutivo del parking, il cui cantiere - secondo Bucci - potrebbe
essere aperto nel 2008.
I tempi. Quanto agli altri parcheggi, la loro realizzazione effettiva
dipenderà dagli esiti dei bandi di gara che, una volta entrato in vigore il
piano, il Comune lancerà in regime di project financing, strumento in base
al quale l’impresa si accolla l’onere della costruzione ottenendone in
cambio la gestione per un certo periodo. Di certo dunque ci vorrà qualche
anno per vedere diventare realtà almeno una prima parte del piano.
Barcola. Come si diceva, alle strutture già contemplate vanno
aggiunte quelle di Barcola e delle ex Officine Holt, proposte entrambe da An:
la giunta ha varato una delibera a parte per avviarne l’iter, perché
un’eventuale modifica del piano - ha ricordato il sindaco D |
PARCHEGGI - Una decina gli impianti cassati - Dalle
ipotesi originarie alle polemiche più recenti, il lungo iter del documento |
|
Un iter complesso, lungo anni e fatto di mille
polemiche, scontri politici, autorizzazioni mancate e progetti stracciati.
Questo il cammino del piano parcheggi, licenziato l’altro giorno dalla
giunta comunale, e che ora si prepara ad approdare nelle circoscrizioni e
poi in Consiglio comunale. Sono 18 i megaimpianti che andranno a dare
sollievo, in centro e in periferia, agli automobilisti in lotta da tempo per
il bramato posto auto. Ma altri 10, invece, sono quelli che negli ultimi
anni sono stati prima inseriti, e poi cancellati dall’ossatura del piano.
Già nel 2005, infatti, l’allora assessore all’Urbanistica Giorgio Rossi,
predecessore di Maurizio Bucci, aveva presentato uno studio preliminare per
la realizzazione di 28 park, cui la giunta aveva dato l’ok. Molte delle
strutture previste allora corrispondono a quelle contenute nel piano
attuale. Altre, invece, sono state stralciate dal documento. I due parcheggi
previsti in Porto Vecchio, ad esempio, eliminati perchè l’area rientra nella
piena competenza dell’Autorità portuale, e quello in piazzale De Gasperi,
che non si giustificherebbe più se la Fiera cambiasse sede. L’impianto tra
le vie Rigutti e Salem (zona Sonnino-D’Annunzio), e quello di piazza
Sansovino, scartato perchè non era stato possibile localizzare accessi
compatibili con l’assetto viario esistente.
E poi ancora: la struttura in prossimità del ricreatorio di via Padovan,
nella congestionata zona di via Conti-viale D’Annunzio, bocciata per il
timore che un garage e uno spazio che ospita giovani impegnati in attività
ludiche e sportive non fossero compatibili; quella nel mercato
ortofrutticolo e, ancora, quella tra le vie Ginnastica e Nordio, che si
sarebbe dovuta costruire in un edificio privato poi considerato troppo
piccolo. E infine i due park, rispettivamente in via Veronese (San Giacomo),
abbandonato perchè situato in un’area troppo «inflazionata» (con la
costruzione del parcheggio in campo San Giacomo) e tra le via Revoltella e
D’Angeli: un impianto considerato, in secondo momento, meno necessario del
previsto.
Queste, dunque, le ipotesi prese inizialmente in considerazione dalla scorsa
giunta Dipiazza, ma che non compaiono nel piano parcheggi oggi in corsa
verso il sì dei parlamentini e dei consiglieri comunali. Un progetto, quello
«partorito» da Bucci e dalla sua squadra di tecnici, che ha dovuto farsi
strada tra mille polemiche, scatenate in particolare dagli alleati di An e
Lista Dipiazza, che di recente non hanno perso occasione per tacciare
l’assessore all’Urbanistica di «immobilismo» ed «egocentrismo». Un braccio
di ferro poi risolto con l’intervento del «paciere» Dipiazza, che aveva
avuto origine con la richiesta dell’assessore Piero Tononi, inizialmente
messa in cassetto da Bucci, di aggiungere altri due siti (a Barcola e nelle
ex officine Holt in via Gambini) nel piano parcheggi. Uno scontro dai toni
più che accesi, culminato con la decisione di non far rientrare da subito i
due siti nel documento (per non bloccare l’iter del piano), ma di inserirli
- per certo - in un secondo momento.
Elisa Coloni |
Chiasso in Cittavecchia, raccolta di firme
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Cittadini sempre più esasperati per l’alto volume
della musica fino a ora tarda: aumenta nelle farmacie la vendita di
sonniferi
Ma intanto qualcuno si difende da sé buttando
secchiate di acqua sulla testa dei giovani
Stanchi di non poter dormire la notte e di dover fare
i conti quasi quotidianamente con confusione e schiamazzi notturni, ora un
gruppo di cittadini della zona di Cavana, Cittavecchia e piazza Unità
organizzano una raccolta firme, che partirà la prossima settimana, da
consegnare poi al sindaco Roberto Dipiazza.
L’obiettivo è di sensibilizzare ulteriormente il Comune, e di conseguenza le
forze dell’ordine, sulla necessità di avviare maggiori controlli, nei
confronti dei locali della zona che trasmettono musica, e nei confronti
delle persone che, a fine serata, stazionano nelle vie, spesso fino alla
prime ore del mattino. A manifestare preoccupazione, a fronte di numerose
segnalazioni dei residenti, anche la stessa circoscrizione, che qualche
settimana fa, sia da parte del centrodestra che da parte del centrosinistra,
aveva evidenziato come il problema, alle porte dell’estate, non avesse
trovato ancora una soluzione definitiva.
A conferma dello stato di «emergenza-sonno» della zona, alcuni consiglieri
circoscrizionali dell’opposizione avevano riportato un’indagine sulla salute
dei cittadini, che dimostrava come, nelle vie e nelle strade caratterizzate
dalla musica ad alto volume e dagli schiamazzi, fosse maggiore la richiesta
di medicinali e rimedi, per cercare di dormire serenamente, nelle farmacie
della zona. Se l’intervento di pulizia delle vie è costante e sul fronte
delle deiezioni si parla di nuovi servizi pubblici in arrivo, sul problema
della confusione la questione resta per ora aperta.
A partire dalla prossima settimana alcuni cittadini si faranno promotori
della raccolta, partendo dalla zona di Cavana, per dirigersi poi anche nei
palazzi fino a piazza Unità, dove le lamentele delle serate insonni sono
numerose. Gli organizzatori delle adesioni distribuiranno una lettera, nella
quale spiegano problematiche e conseguenti richieste, che i cittadini
intendono presentare al sindaco. Alla campagna di firme di protesta possono
aderire tutti, residenti, cittadini, lavoratori della zona, e in genere chi
sente l’esigenza di metter al più presto la parola fine agli schiamazzi e al
caos nelle ore serali e notturne, potenziando i controlli e le ronde delle
forze dell’ordine.
Negli ultimi giorni i residenti raccontano che alcuni locali continuano a
trasmettere musica ad alto volume anche oltre l’orario consentito. In
particolare i cittadini segnalano il problema ripetuto in via Punta del
forno e tra le vie Pescheria e Boccardi. Alla musica si aggiungono le soste
notturne dei tanti giovani che, abbandonati i locali dopo le bevute o dopo
la chiusura, si riversano nelle vie di Cittavecchia e Cavana, chiacchierando
fino a tarda ora sotto le finestre delle abitazioni.
Nella zona si racconta che, esasperati e distrutti dalle notti senza sonno,
alcuni cittadini abbiamo messo in atto già rimedi «fai da te», riversando
secchiate di acqua gelate sulla testa dei ragazzi fermi durante la notte a
bivaccare vicino alle palazzine.
Micol Brusaferro |
Sui bus in città 72 milioni di passeggeri all’anno -
Relazione di Uberto Fortuna Drossi al Circolo ufficiali sul futuro del
trasporto in regione |
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Con la riforma del Tpl, il trasporto pubblico locale,
il governo trasferisce alle regioni le competenze in materia di trasporto,
sia ferroviario sia gomma, ossia autobus e altri servizi pubblici su ruota.
La relazione di Uberto Fortuna Drossi - consigliere regionale e presidente
della IV Commissione della Regione - alla conviviale del Rotary Club Trieste
Nord al Circolo Ufficiali, ha tracciato il quadro della situazione dei
trasporti pubblici in regione, e le prospettive future in vista della
globale presa in carico nel 2008 del Tpl da parte della Regione. Nel 2005 le
aziende di trasporto locale del Fvg hanno ripartito il territorio a quattro
gestori: Saf Udine, Apt Gorizia, Trieste Trasporti e Atap Pordenone, che
tradotto in cifre significa 50 milioni di km e 108 milioni di passeggeri,
per un fatturato annuo pari a 154,2 milioni di euro, dei quali, 61,4 milioni
di euro sono gli introiti dell'azienda triestina, che trasporta all'anno
circa 72 milioni di passeggeri. Il Tpl su ferrovia in regione, invece, è
coperto quasi totalmente dalla rete di 442 km per 4,1 milioni di treni/km
l'anno di Trenitalia. «Gli standard qualitativi del servizio su rotaia sono
mediocri, anzi, tendenti al basso - ha detto Fortuna Drossi - e tenuto conto
che nel giro di tre anni è prevista la riorganizzazione del sistema
ferroviario e l'affidamento del servizio tramite bando di gara europeo, un
adeguamento agli standard europei». Un esempio per tutti, l'assenza di
vagoni passeggeri per il trasporto dei disabili, a cui però è consentito
viaggiare nello scompartimento per le biciclette. In regione si registra un
calo di passeggeri trasportati negli ultimi 5 anni dell'1,5%, nonostante il
prezzo dei biglietti sia basso.
pat.p. |
Il Wwf: «Sui rigassificatori Regione ipocrita» -
Gli ambientalisti chiedono la definitiva archiviazione dei progetti sul Gnl
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Gemiti: «Il non parere sull’impatto ambientale ci dà
ragione» |
Dopo il pilatesco «non parere» della giunta regionale
sull'impatto ambientale dei rigassificatori, l'unica conclusione ragionevole
è l'archiviazione dei progetti. Ne è persuaso il Wwf che ieri, alla
conferenza stampa indetta nella sede di via Rittmeyer, lo ha dichiarato
senza mezzi termini. E, soprattutto, senza lesinare critiche al presidente
del Fvg, Riccardo Illy, e ai suoi assessori. Annunciando l'intenzione di
scrivere al Ministero dell'Ambiente per chiedere l’ultimo giudizio negativo,
con cui porre la parola fine alla «telenovela dei rigassificatori». «Le
gravi carenze degli studi di impatto ambientale - ha esordito Fabio Gemiti,
esperto del settore inquinamenti per il Wwf - puntigliosamente elencate
nelle delibere regionali, coincidono con le critiche da noi avanzate fin dal
marzo 2006». Stando al Wwf, infatti, anche gli uffici regionali, tra le
varie osservazioni, hanno riconosciuto il mancato approfondimento degli
impatti legati allo scarico di ingenti quantità di acque fredde in bacini
con scarso ricambio idrico, quali appunto l'Alto Adriatico e la Baia di
Muggia. «Va rimarcato - ha proseguito - che queste carenze vengono
evidenziate dopo la consegna a dicembre, da parte delle due società
spagnole, di voluminose integrazioni degli studi e dei progetti presentati a
suo tempo. Le stesse integrazioni che oggi la Regione definisce del tutto
inadeguate». Secondo il Wwf, la «giunta regionale non se l'è sentita di
trarre logiche conseguenze». «Forse - ha aggiunto Gemiti - per non smentire
clamorosamente i suoi esponenti. Che, fino a ieri, negavano l'impatto
ambientale dei rigassificatori (Illy), additando i critici come i fautori di
un futuro di "freddo e miseria" per il Paese (Sonego)». «Ecco, quindi - ha
commentato Dario Predonzan, responsabile territoriale del Wwf - che la
giunta dichiara ipocritamente di non poter esprimere parere di compatibilità
ambientale sugli impianti, rinviando la palla al ministero dell'Ambiente e
suggerendo "eventuali integrazioni" ai proponenti. Si tratta di un patetico
escamotage: le integrazioni erano già state valutate. Altri prolungamenti
della procedura di Via non hanno alcun senso. È poi clamoroso considerare
quali "imprescindibili prescrizioni", studi e ricerche che invece dovrebbero
essere preliminari al giudizio stesso. Sulla stampa, Illy e Sonego
favoleggiano sullo spostamento fuori delle dighe foranee dello scarico delle
acque per il terminale di Zaule, nonostante nella delibera del 1° giugno non
vi sia traccia alcuna di ciò».
t. c. |
Cementificio: mezzo sì dall’Arpa dopo il no Ass
- Ora tocca alla giunta: Moretton non si sbilancia. Lunedì riunione dei Ds:
si apre il «caso Travanut» |
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Arrivati i due giudizi necessari per la delibera ma
l’assessore è prudente sui tempi. La Cdl: «Esecutivo inaffidabile». Intanto
Illy rassicura i sindaci sulla Tav
Il verdetto finale, il solo che conti davvero, ancora
non c’è: lo deve esprimere, con delibera, la giunta. Ma chi ha sempre
contrastato il cementificio confida ormai in una bocciatura, nonostante il
parere dell’Arpa sia favorevole. «L’Agenzia ha confermato ciò che aveva
illustrato in commissione Via – precisa l’assessore all’Ambiente, Gianfranco
Moretton - quando aveva espresso parere favorevole. Ha però arricchito
questa relazione, inviata agli uffici della direzione Ambiente, con
ulteriori periodi, citando dati che evidenziano il rispetto dei parametri di
legge». Ora la giunta ha tutto ciò che serve per prendere la decisione, ma
Moretton non si sbilancia ancora. «La delibera sarà discussa quando gli
uffici della direzione regionale all’Ambiente termineranno il loro lavoro.
La tempistica - aggiunge l’assessore - non è ancora quantificabile».
I temi dell’ambiente sono di stretta attualità per la giunta. Tra questi c’è
anche la Tav, sul cui tracciato la giunta intende «coinvolgere tutti i
sindaci interessati», come ha garantito ieri a Ruda Riccardo Illy,
aggiungendo che l’obiettivo è «giungere a percorso che renda minimo
l’impatto sul territorio di un’opera indispensabile». Ma, almeno per ora,
incombe il caso cementificio. Che non è chiuso neanche all’interno della
maggioranza, al punto che c’è chi non esclude che la riunione di gruppo di
lunedì dei Ds si trasformi in un «processo» al capogruppo Mauro Travanut,
tenace oppositore del progetto, o addirittura in una messa in discussione
del suo ruolo. Di sicuro, Travanut continua la sua battaglia: «Non è vero,
come detto da Moretton, che il primo parere dell’Ass non era chiaro. Gli
uffici regionali, in atti resi pubblici il 2 febbraio, avevano interpretato
come negativo il primo parere dell’Ass, salvo poi modificare quelle
affermazioni dopo la commissione Via del 28 marzo. Lo dico perché l’Ass ha
sempre mantenuto una linea». Una linea che però alla giunta non bastava
perché nel primo parere la contrarietà non era esplicita come nel documento
di giovedì. «Detto questo, e atteso di capire su quali elementi l’Arpa possa
aver dato parere favorevole, la giunta - afferma Travanut - ha gli elementi
per decidere. Mi auguro che non ricorra a una formula di parere favorevole
condizionato a prescrizioni, perché sarebbe una violenza. La contrarietà
dell’Ass vuol dire che la salute dei cittadini non è garantita dal
progetto». Il cittadino Uberto Fortuna Drossi, invita tutti a lasciarsi alle
spalle le polemiche e ragionare su come sviluppare quell’area, «dando
incentivi alle imprese ad emissione tendente a zero affinché bonifichino la
zona e si insedino». I Verdi, invece, guardano già a una nuova battaglia per
impedire l'insediamento della Vetreria Sangalli. Non perde occasione per
attaccare la Cdl: «La vicenda cementificio – punge Isidoro Gottardo (Fi) -
diventa ogni giorno di più la dimostrazione della inaffidabilità di questa
giunta regionale e anche del suo presidente». Per Luca Ciriani (An), il caso
Torviscosa «promuove il Consiglio e boccia l’arroganza della giunta che,
attraverso Illy, aveva parlato dell’autorizzazione al cementificio come di
un atto dovuto». Anche Alessandra Guerra (Ln), guarda con favore
all’evolversi della situazione «che dimostra come esista ancora una strada
istituzionale corretta e un’indipendenza della politica. È un successo anche
per la Lega che, seppur non da sola, ha portato avanti con coerenza la
contrarietà a questo progetto. Ora serve uno sviluppo industriale della
Bassa portato avanti con la testa».
Martina Milia |
Il comitato non molla: «La vittoria è vicina ma
dobbiamo ancora fermare la vetreria» - In duecento si sono ritrovati ieri
sera a San Giorgio. Nuova manifestazione il 16 |
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SAN GIORGIO DI NOGARO Piena soddisfazione sul fronte
cementificio, massima allerta su vetreria e inceneritore.
Il comitato della Bassa si riunisce a San Giorgio di Nogaro e, presenti
duecento cittadini e il consigliere regionale verde Sandro Metz, tra
striscioni e volantini, incassa con sollievo gli ultimi sviluppi che
sembrano portare alla definitiva archiviazione della pratica cementificio:
«Cominciamo a cantare vittoria, ma con cautela» annuncia Paolo De Toni,
attendendo la delibera ufficiale di giunta. Al contempo, non lesinando
frecciatine all’Arpa, mantengono alta la guardia anche in attesa di capire
l’orientamento regionale su altri due impianti ad alto impatto ambientale,
la vetreria e l’inceneritore.
I portavoce del comitato sottolineano come l’Azienda sanitaria si sia
pronunciata in modo eloquente sull’«esplicita criticità dell’atmosfera
dell’intero territorio» e, alla luce dei dati forniti dall’Ass, ritengono
assolutamente improponibile la realizzazione di impianti che possano
comportare un peggioramento delle emissioni atmosferiche. A questo
proposito, Mareno Settimo ammonisce circa i pericoli che la realizzazione di
una vetreria può implicare: «L’opinione pubblica percepisce la vetreria come
una struttura pulita, evidentemente meno dannosa di un cementificio.
Tengo a precisare come la realtà sia completamente diversa: infatti, le
emissioni di biossido di zolfo di una vetreria sono quasi doppie rispetto a
quelle di un cementificio (750 tonnellate annue contro 450). È quindi
evidente come sia necessario monitorare attentamente la situazione e seguire
i prossimi sviluppi». Secondo i dati ufficiali dell’Epa, l’agenzia di
protezione ambientale degli Stati Uniti, «il 53% delle emissioni di una
vetreria - afferma Mareno - sono costituite da polveri ultrasottili (Pm2,5),
che si insinuano direttamente nei polmoni e che costituiscono una minaccia
addirittura più nociva dei Pm10».
Alcuni Comuni del territorio, come Marano e Porpetto, hanno preventivamente
espresso contrarietà alla vetreria. Contemporaneamente, un secco «no» è
stato deliberato anche dalla provincia di Gorizia, il cui parere è reso
vincolante dalle conseguenze deleterie che l’impianto apporterebbe a Grado
in ottica turismo. «L’assessore Gianfranco Moretton - conclude Mareno - è
perfettamente consapevole del fatto che il parere dell’Arpa sè molto meno
rilevante rispetto quello dell’Azienda Sanitaria.
Il nostro ottimismo trae origine dalla considerazione che la giunta non
vorrà suicidarsi a meno di un anno dalle elezioni». Sul cementificio è meno
prudente di De Toni: «Siamo sicuri della vittoria. Il 16 indiremo una nuova
manifestazione a Torviscosa in cui auspichiamo di poter finalmente
festeggiare».
Giovanni Stocco |
Valduga: «Pareri schizofrenici» Adesso gli industriali
temono per l’intero sviluppo della Bassa - Assindustria di Udine contesta la
relazione dell’Ass |
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TRIESTE Le possibilità di insediare un cementificio a
Torviscosa si riducono, ma non i malumori. Anzi: il futuro dell’impianto di
clincker condiziona infatti il futuro dell’industria nella Bassa friulana.
Ne è convinta l’Assindustria guidata da Giovanni Fantoni, che, rispetto al
parere dell’azienda sanitaria, «si augura che si possa procedere a più
appropriate valutazioni senza dimenticare che il progetto del cementificio è
anche finalizzato ai necessari interventi di bonifica e di risanamento senza
i quali la qualità dell’ambiente dell’area non è destinata comunque a
migliorare». Forti perplessità arrivano anche dal presidente regionale di
Confindustria, Adalberto Valduga, che parla di «schizofrenia dei pareri». E
spiega: «L’Azienda per i servizi sanitari dice di no, l’Arpa emette parere
favorevole. Mi sembra che prima di tutto manchi una regia che gestisca le
informazioni e aiuti le persone a comprenderle. L’assessorato all’Ambiente
deve fare questo, non deve lasciare uscire voci che creano disorientamento».
La posta in gioco è alta. Perché, secondo gli industriali, dire oggi no al
cementificio ipoteca il futuro sviluppo della Bassa. «Tutte le industrie
hanno un impatto ambientale – dice Valduga –. Quando si parla di emissioni
non si può guardare solo alle fabbriche. Sappiamo che è sufficiente rilevare
i livelli di Pm 10 in strade trafficate per riscontrare notevoli
sforamenti».
E proprio le considerazioni fatte dall’Ass, sulla qualità dell’aria lasciano
più perplessi gli industriali. Stando al parere, scrive l’Assindustria di
Udine, «solo misure di risanamento dell’aria potrebbero consentire di
modificare l’impostazione negativa dell’azienda. Con la conclusione
paradossale e devastante che non solo non sarebbero possibili nuovi
investimenti industriali anche da parte di imprese insediate ma dovrebbe
essere impedita qualsiasi nuova attività antropica». Ad aumentare le riserve
della categoria, il fatto che la relazione dell’Ass non terrebbe conto della
mutata condizione ambientale dell’area: «La centrale a carbone di Torviscosa
è stata fermata il 14 maggio di quest’anno mentre la centrale a turbogas
della Edison opera a regime dalla fine di novembre dell’anno scorso. I dati
della stazione di Torviscosa dell’Arpa evidenziano come a partire dal 3
aprile di quest’anno non si siano registrati sforamenti dei limiti di soglia
per le particelle sottili mentre le emissioni di ozono per l’intero 2007
risultano mantenute all’interno dei limiti previsti. La valutazione della
qualità dell’aria andrebbe considerata, quindi, non solo in termini
storici».
m.mi |
ISTRIA: È STATO REVOCATO IL DIVIETO DI RACCOLTA DEI
FRUTTI DI MARE |
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POLA Ieri è stato revocato il divieto, imposto dieci
giorni fa, della raccolta e vendita dei frutti di mare lungo la costa
occidentale dell'Istria. Lo ha reso noto l'ispettrice veterinaria di Stato
Rajka Lesic. «Gli ultimi monitoraggi - ha precisato - indicano che nel mare
si è notevolmente abbassata la presenza del fitoplancton tossico per cui è
cessato il pericolo dell'assorbimento di biotossine nelle conchiglie bivalvi
e altri organismi simili. Da notare che per la durata del divieto non si è
registrato alun caso di intossicazione tra le persone. |
«Contro il traffico ferrovia subito» |
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Un lettore lamenta lentezza decisionale sulle scelte
per la città
Sento dal giornale che c’è una continua conflittualità
tra destra e sinistra e destra con destra circa il nuovo piano del traffico
cittadino. Secondo me questi sono argomenti pretestuosi e nullafacenti.
Quale che sia il lavoro svolto dal prof. Camus e quali che siano le idee
avverse in circolazione resta comunque il fatto che ben poco si riuscirà a
fare dato il numero di auto e moto ora circolanti in città. Corsie
preferenziali? Non faranno che aumentare l’ingorgo di auto e bus. Sbarrare
certe strade? Certo ma quelle vicine come saranno se il traffico viene
deviato? La soluzione per me sarebbe di vietare il traffico privato in certe
ore del giorno ( 9-12 e 14-18). Ma va a sentire gli strilli degli autisti
che sono poi quelli che danno il voto a lorsignori della giunta! Però una
cosa che vorrei far notare a tutti è che si ignora completamente l’utilizzo
delle ferrovie cittadine da parte dei più. Fortunatamente non dalla
Provincia e in specie dall’Assessore al traffico ing. Barduzzi, che si dà da
fare per un riutilizzo razionale della ferrovia metropolitana. L’uso di
questa non può farsi senza una rivoluzione (epocale) del traffico dei bus
urbani. Che dal centro verranno dirottati per lo più in periferia liberando
così tanto spazio al movimento privato in città. Senza tale riorganizzazione
le cose diventano allora peggio di prima. Perciò dico, lasciamo lavorare la
Barduzzi, che a questo ci pensa, e al piano del traffico complessivo
baderemo quando avremo un quadro completo del possibile utilizzo di strada e
rotaia.
Sergio Callegari |
Rigassificatori in Golfo |
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Ringrazio l’assessore regionale Sonego per aver
precisato che il presidente Illy aveva paragonato la baia di Tokyo a «quella
di Trieste» (intendendo golfo di Trieste).
Ciò non mi tranquillizza per due motivi: 1) perché la baia di Tokyo sfocia
su un mare aperto come l’oceano Pacifico che raggiunge rapidamente la
profondità di 8000 metri, mentre il golfo di Trieste si apre sull’Adriatico,
mare chiuso, la cui profondità è enormemente inferiore. 2) Perché scegliendo
la parte più interna della baia di Muggia, si è scelta la zona più
sfavorevole circa il ricircolo dell’acqua.
Ma per quanto riguarda questo aspetto inviterei la Regione a tener conto
delle osservazioni delle strutture scientifiche della nostra città che,
almeno da quanto risulta dai media, non sono mai state coinvolte (non riesco
a capire perché).
Per quanto riguarda l’affermazione dell’assessore secondo il quale nella
baia di Tokyo «il gas liquefatto arriva nella baia giapponese dal 1969,
senza che ci sia mai stato alcun serio incidente», vorrei ricordare che
anche prima del Vajont, prima di Seveso o prima di Chernobyl non ci furono
mai stati seri incidenti a impianti simili. Anche allora, come oggi, gli
amministratori pubblici assecondarono le imprese (nel caso del Vajont la
Soc. Sade), mentre i geologi, gli scienziati e i giornalisti che
denunciavano i pericoli ambientali furono ignorati, licenziati e denunciati
per diffusione di notizie false e tendenziose. Poi ci furono le catastrofi.
È bene ricordare che i vari studi commissionati a società indipendenti,
soprattutto negli Usa, sono concordi nel ritenere che un qualsiasi
incidente, causato da errore umano o atto terroristico, produrrebbe la
distruzione completa in un raggio che potrebbe andare fino a 1600 metri
circa, cioè sparirebbero Muggia e mezza Trieste. Proprio per il pericolo di
incidenti va ricordato che, negli Usa, le navi gasiere in avvicinamento sono
scortate dalla guardia costiera e il traffico marittimo viene bloccato in
una fascia di navigazione molto ampia. Per Trieste queste precauzioni sembra
non essere previste.
Se queste sono le prospettive non vedo perché dobbiamo sacrificare la
sicurezza e la salute dei cittadini a favore di benefici economici che, come
al solito, andrebbero ai soliti noti.
Ancora un inciso: come leggo sul «Piccolo» del 1.o giugno scorso, il
presidente Illy ha precisato «che quando il parere della giunta sarà
trasmesso al governo conterrà anche i rilievi di ordine paesaggistico
avanzati dal Comune di Grado...». Come si vede c’è grande attenzione agli
aspetti economici derivati dal turismo di Grado ma la sicurezza e la salute
dei cittadini di Trieste sembrano non esser degni di attenzione.
Sergio Baldassi |
IL PICCOLO - VENERDI' , 8
giugno 2007
Via al Piano parcheggi, c’è anche Barcola - La
giunta approva la variante per Porto Vecchio e la nuova viabilità di San
Vito |
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Licenziata la versione definitiva del documento con 22
strutture sicure e due proposte: piazzale 11 Settembre e via Gambini
Dal via libera al piano parcheggi fino all’ok per la
nuova biblioteca nell’ambito del Peep Ponzanino, passando per quella che ha
definito «la cosa più importante che ho realizzato per lo sviluppo della
città»: la variante del piano regolatore comunale per Porto Vecchio. La
quantità e la portata delle delibere che la giunta comunale ha approvato
ieri hanno indotto il sindaco Roberto Dipiazza a convocare una conferenza
stampa per illustrare i provvedimenti, presenti gli assessori Sandra Savino,
Franco Bandelli, Maurizio Bucci, Carlo Grilli e Paolo Rovis. Parte delle
delibere (in più casi oggetto di feroci polemiche interne alla maggioranza,
e in primo luogo tra il titolare dell’urbanistica Bucci da una parte e An e
Lista Dipiazza dall’altra) vengono analizzate in queste stesse ore dalla
commissione urbanistica per approdare la settimana prossima al consiglio
comunale che le dovrà varare a tappe forzate: l’entrata in vigore della
nuova legge regionale sull’urbanistica impone infatti la data-limite del 14
giugno, pena la decadenza degli iter.
PORTO VECCHIO La giunta ha detto sì alla «variante 93», quella che
crea le nuove possibilità di intervento sui 65 ettari dell’area che va dal
molo Quarto al terrapieno di Barcola. Alla base del via libera, quell’intesa
raggiunta tra il sindaco e l’Autorità portuale che elimina la possibilità di
iniziative residenziali ma apre le porte a marine, cantieri nautici, sedi
direzionali, foresterie. Il «sì» della Soprintendenza, ha detto Dipiazza, è
arrivato, sebbene «condizionato». Si tratta di prescrizioni sulla tutela
degli edifici storici, ha spiegato Bucci, ma anche sulla viabilità centrale
di scorrimento che resta contemplata nella variante «perché prevista sia nel
prg del Comune che in quello del Porto». La prossima settimana, l’ok
dell’aula. E «in futuro - ha aggiunto il sindaco - si potrà fare di tutto e
di più in quell'area perché a questa variante ne seguiranno delle altre in
corso d'opera».
PIANO PARCHEGGI Ecco la versione definitiva del piano cui la giunta
ha detto sì. Alle 22 strutture già previste per un totale di poco meno di
6500 posti auto, se ne aggiungeranno altre due che era stata An a proporre:
un parcheggio sotterraneo in piazzale Vittime dell’11 settembre, a Barcola,
e uno nelle ex officine Holt di via Gambini. Le due strutture però non
rientrano nel documento licenziato dalla giunta, che ha varato una delibera
ad hoc avviando l’iter per i progetti aggiunti. Inserire subito i due
ulteriori parcheggi nel piano, ha precisato Dipiazza, avrebbe comportato un
ritardo di altri mesi nell’approvazione definitiva del documento, che ha già
ottenuto anche l’approvazione della Regione. Dopo il via libera al piano, il
Comune potrà indire le gare per la realizzazione dei parcheggi in project
financing: «Ma per l’80% delle strutture previste - ha riportato Bucci - c’è
già un interesse del mercato».
SAN VITO Via libera al piano del traffico per il rione: contempla una
cospicua serie di sensi unici che «consentiranno uno scorrimento e dunque
una vivibilità migliore» della zona, ha detto Dipiazza. Quanto alle
polemiche tra alleati sugli ipotizzati sensi unici in via San Michele e
sulle inversioni dei sensi di marcia in via Diaz e Cadorna, le si è superate
decidendo di non cambiare nulla: la viabilità delle tre arterie resta per
ora la medesima. Novità invece per tutta una serie di altre vie: salita
Promontorio e via Belpoggio diverranno a senso unico, e non sarà più
permesso parcheggiarvi le auto. I motorini avranno nuovi stalli in via dei
Burlo, dove le auto non potranno più sostare: per le 4 ruote nuovi parcheggi
regolari saranno ricavati in via degli Argento. Bandelli ha annunciato
intanto il raggiunto accordo con la Soprintendenza su un aspetto di rilievo
del recupero di piazza Venezia: tanto l’area pedonale centrale quanto le due
corsie laterali saranno in masegno, costituendo così un corpo unico.
BORGATE CARSICHE La giunta ha cassato i piani particolareggiati che
prevedevano per Longera «una nuova Rozzol Melara a Timignano», pensando «a
una città da 450 mila abitanti», ha additato Dipiazza, ma anche riassetti
urbanistici a Basovizza e Trebiciano. I piani sono stati eliminati «nel
rispetto della volontà dei residenti», ha precisato il primo cittadino.
PEEP PONZANINO La delibera prevede una spesa di un milione 521 mila
euro per la realizzazione di una nuova biblioteca multimediale in un
edificio di proprietà del Comune nell’ambito del Peep Ponzanino. C’è un
altro aspetto dell’operazione: «Al Ponzanino - ha sottolineato Bandelli -
verrà trasferita la Biblioteca Quarantotti Gambini» di via del Rosario, cosa
che libererà parte del palazzo di via del Teatro Romano ex sede del Carli
che l’amministrazione intende ristrutturare.
MERCATI Proposte dall’assessore Paolo Rovis, la giunta ha approvato
le delibere che prevedono novità sul fronte dei mercati rionali. Ne verrà
istituito uno nell’area di via Pagano-via Costalunga; verrà ampliato il
mercato di Opicina; e sarà infine ricollocato in piazza tra i Rivi il
mercato di Roiano.
ACCORDI Sì infine allo schema di accordo di programma che porterà al
trasferimento dell’International School, oggi ubicata a Opicina, nell’area
del Sincrotrone. Un altro accordo di programma riguarda il nuovo polo
ospedaliero di Cattinara.
Paola Bolis |
Bucci: «Isola pedonale tra le piazze Goldoni, Borsa e
Sant’Antonio» - L’assessore risponde agli alleati che lo accusano di
«immobilismo» |
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Niente polemiche, «vorrei solo spiegare cosa sto
facendo». E allora via a snocciolare piani e delibere: «pronto», «fatta»,
«licenziato». «Alla faccia dell’immobilismo», ripete. Maurizio Bucci,
l’assessore più attaccato di piazza Unità, risponde così agli alleati -
Lista Dipiazza e An su tutti - pronti a tacciarlo di «ego smisuratissimo»
dai risultati nulli o quasi.
Partiamo dall’«immobilismo» di cui l’accusano?
Fare pianificazione territoriale significa valutare con equilibrio e
attenzione quale sarà il futuro della città: non lo si può fare con
superficialità solo per la voglia di buttare lì documenti alla cieca.
Dall’Udc ad An, insomma, sbagliano tutti?
Mi spiace che talune persone attacchino gli uffici, che non sono né di
destra né di sinistra e lavorano come possono, con grande professionalità:
farli oggetto di un attacco politico - si è detto che i progetti sono fermi
nei cassetti - mi pare di cattivo gusto.
Esercenti e commercianti lamentano lo stallo sul piano déhors. Dicono che
dal Comune nessuno si è fatto vivo.
Quand’ero assessore allo sviluppo economico ho condiviso sempre le
scelte con le categorie. I nostri referenti però oggi sono gli Ordini -
ingegneri, architetti, geologi, geometri e periti - con i quali, alla faccia
della mancata concertazione, abbiamo ricostruito un rapporto di
collaborazione. Abbiamo già licenziato quattro dei 25 punti del nuovo
regolamento edilizio che spero di chiudere entro l’anno: nessuno l’aveva
fatto, alla faccia del Bucci immobile.
Torniamo ai déhors?
La prima proposta di piano, elaborata da un professionista non triestino,
era inaccettabile sotto il profilo urbanistico e realizzativo: ve le vedete
le anfore pompeiane in via San Nicolò? Qui parliamo di verande che
invaderanno marciapiedi e zone pedonali. Se inidonee, potrebbero devastare
l’aspetto architettonico del centro storico. Per questo ho tirato fuori le
unghie. Avevo peraltro chiesto alle categorie suggerimenti che non ho avuto.
E il piano del traffico?
La proposta Camus è stata modificata dopo una lunga analisi effettuata
con tutti i tecnici, sulla base di una sensibilità mia condivisa con il mio
gruppo politico. È una proposta molto coraggiosa e innovativa, come tale può
creare preoccupazioni che diventano di carattere elettorale. Carattere che
bisognerebbe distinguere dal principio del rinnovo della città. Comunque il
piano è pronto: attendo di interfacciarmi, quanto la politica lo riterrà.
Ma i suoi alleati proprio questo chiedono, da tempo: di tirare fuori le
carte.
Chiedano formalmente al sindaco, cui io rispondo.
Cosa prevede il piano?
Una estrema pedonalizzazione del centro che garantisce però assi di
scorrimento preferenziali per i bus - non c’è modifica delle linee e i
servizi vengono mantenuti, cosa essenziale per una città con molti anziani -
senza incidere sulla circolazione delle auto.
Corso Italia pedonale?
Ogni anticipazione viene vista come narcisismo. Preferisco la
condivisione.
Ma quale sarebbe l’isola pedonale?
Un triangolo tra le piazze della Borsa, Sant’Antonio nuovo e Goldoni. Di
più non dico.
Verrà tutto bloccato fino a dopo le regionali del 2008, come accadde in
vista delle comunali 2006?
Non lo so. Io credo che qualsiasi persona di buon senso troverebbe
questo un bel piano, se illustrato per bene senza polemiche né tensioni.
Sono convinto anzi che anche sotto il profilo elettorale potrebbe essere un
valore aggiunto. Anche se alla fine penso che non verrà accettato, per tante
motivazioni.
Altro nodo: il nuovo piano regolatore che non c’è. Qui l’accusa anche
l’opposizione.
Posto che il tempo medio di maturazione di un piano è di dieci anni, la
prossima settimana partiremo con la variante sui vincoli decaduti - lo sono
da cinque anni, Bucci in dieci mesi lancia la variante - per poi dare le
direttive sulla variante in questione. E sto parlando di cose concrete, come
quelle già realizzate...
Cioè?
Gli ultimi lavori: l’iter per il canile municipale, il parco degli
animali, il regolamento della pubblicità su strada, il piano parcheggi
approvato con un’altra decina di delibere di mia competenza. E la variante
per Porto Vecchio, ferma per almeno due anni e poi licenziata in cinque
giorni dopo che l’ultimo ok ci è giunto mercoledì? Ci vuol coraggio a
parlare di immobilismo. Mi sto muovendo anche sul piano logistico, per
lasciare a fine mandato una struttura riorganizzata in maniera dignitosa
dopo che nel tempo è stata dimenticata e umiliata lasciando spazio ad altri.
E dire che ai tempi della Prima repubblica l’urbanistica, Cencelli alla
mano, di assessorati ne valeva tre...
Anche lei punta al 2008, come dicono?
Non cerco visibilità, lavoro: e chi lavora ottiene consensi e critiche.
Per me le regionali sono lontanissime.
p.b. |
Lettera a Nesladek: assemblea sui rigassificatori
- Muggia: proposta al sindaco l’organizzazione di un confronto pubblico per
illustrare le ragioni del no ai progetti |
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A chiederla sono i rappresentanti della maggioranza.
L’invito esteso a sloveni e croati |
MUGGIA Il centrosinistra muggesano chiede al sindaco
Nerio Nesladek di convocare un’assemblea pubblica per chiarire i motivi del
«no» muggesano ai rigassificatori, ampliando il dibattito anche alle
amministrazioni di oltreconfine, recentemente citate come possibili sedi per
tali impianti.
In una lettera inviata al sindaco, gli esponenti della maggioranza di Ds,
Margherita, Cittadini per Muggia, Verdi, Comunisti italiani, Unione slovena
e Rifondazione comunista, fanno riferimento al dibattito politico sui grandi
insediamenti industriali, la tutela ambientale e la salute della
popolazione. Ma dicono: «A seguito del recente parere non favorevole per
mancanza di documentazione rilasciato dalla Giunta Regionale, alle richieste
delle aziende Endesa e Gas Natural, per la costruzione di due
rigassificatori, (comunque però disponibile ad accettarne uno) riteniamo
opportuno e necessario che il sindaco chiarisca, in un pubblico incontro,
che la sua decisione di avversare questi progetti è la logica conseguenza di
una valutazione complessiva sullo sviluppo economico ed ecosostenibile del
territorio e non una conseguenza della mancanza di documentazione sulle
scelte tecniche previste o di carenza di informazione sulla sicurezza
ambientale».
I partiti del centrosinistra ritengono inoltre che con la caduta dei confini
ed in un’ottica di Euroregione, anche la gestione del territorio deve
diventare una scelta da condividere con i Paesi limitrofi. «In
considerazione del fatto che di insediamenti di rigassificatori si parla sia
a Capodistria che nell’Istria croata – così gli esponenti del centrosinistra
-, chiediamo al sindaco che all’incontro pubblico sul tema energetico siano
invitati come relatori gli amministratori interessati ai progetti dei Comuni
costieri limitrofi».
E nel dibattito politico muggesano, a seguito del «no» regionale agli
impianti, nei giorni scorsi c’è stato un battibecco a distanza tra sindaco e
forze di opposizioni (in particolare Forza Italia). Ora le forze di
centrosinistra rispondono: «Le affermazioni dei consiglieri di minoranza
sono strumentali e non corrispondenti alla verità. Come si accorgeranno a
loro spese le speranze dell’opposizione di uno sfaldamento della maggioranza
risulteranno vane. Per la maggioranza vale il voto del Consiglio che stato
unanimemente contrario ai rigassificatori».
s.re. |
Tondo e Popovic: «No ai rigassificatori» -
Impianti incompatibili, sia quello previsto a Trieste, sia quello progettato
sul Litorale sloveno |
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Serve un maggiore scambio di informazioni a livello
locale. «Non dimenticare il passato ma le divisioni vanno superate»
CAPODISTRIA Sì allo sviluppo del territorio, no ai
rigassificatori. Il sindaco di Capodistria Boris Popovic e il parlamentare
di Forza Italia in corsa per la candidatura a presidente del Friuli Venezia
Giulia, Renzo Tondo, hanno espresso ieri identità di vedute. |
Soprattutto sulla questione che ormai da mesi sta
surriscaldando gli animi in Regione e nel Litorale sloveno. Tondo,
accompagnato da Claudio Grizon, capogruppo di Forza italia in Provincia di
Trieste, ha incontrato a Capodistria il sindaco Popovic e il vicesindaco
italiano Alberto Scheriani nell'ambito di una serie di incontri promossi
dallo stesso Tondo – anche nella veste di componente della commissione per
gli Affari europei – per approfondire la conoscenza su temi di particolare
attualità.
Per quanto riguarda i progetti dei due terminal gas nel golfo di Trieste -
ma lo stesso discorso vale pure per un eventuale progetto analogo nel porto
di Capodistria – sono stati commessi errori, secondo Tondo, sia nella
sostanza che nel metodo, perché si tratta di impianti incompatibili con un
certo tipo di sviluppo e perché non è stata consultata la parte slovena.
«Si possono fare anche delle scelte non condivise dal territorio – ha
spiegato il parlamentare di Forza Italia – ma non si può non sentire il
parere del territorio prima di decidere».
In questo contesto, Tondo e Popovic hanno sottolineato l'importanza di
mantenere un dialogo costante su temi che interessano la realtà locale
intesa in senso più ampio, dialogo che i due, del resto, avevano già avviato
in passato, quando Tondo era ancora presidente della Regione Friuli Venezia
Giulia.
È stato proprio grazie a questo scambio di informazioni a livello locale, ha
spiegato Popovic, che è stato possibile, per esempio, raggiungere un'intesa
tra Lubiana e Roma sul Corridoio 5, formulata all'epoca dai ministri dei
Traporti Lunardi e Bozic.
Nel corso dei colloqui è stato affrontato pure il problema della storia, che
in queste terre continua ancora ad alimentare divisioni e spaccature. Il
passato non va dimenticato, così Tondo e Popovic, ma le divisioni vanno
superate, a beneficio delle nuove generazioni.
Nel corso della conferenza stampa, a fine incontro, i due hanno parlato
anche delle loro prospettive elettorali. Tondo ha ribadito di voler
ricandidarsi alla presidenza della Regione, aggiungendo che il suo partito
non ha ancora preso una decisione in merito, mentre Popovic ha annunciato
che quasi sicuramente si candiderà alle prossime politiche.
Il sindaco di Capodistria non ha escluso nemmeno la candidatura alla
presidenza della futura regione del Litorale, una volta che sarà completato
il processo di regionalizzazione della Slovenia.
Il parlamentare di Forza Italia ha invitato infine il sindaco di Capodistria
a intervenire come ospite a una delle prossime sedute della Commissione
Affari europei. |
L’Ass dà parere negativo: stop al cementificio -
Nel mirino i rischi per la qualità dell’aria. Moretton: credo che ci
atterremo al verdetto |
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In arrivo anche la relazione dell’Arpa sul contestato
impianto di Torviscosa. Emissioni nocive nell’area, in forse il progetto
della vetreria
UDINE «Il parere di questo dipartimento di prevenzione
non può essere favorevole». La terz’ultima riga della relazione dell’Azienda
sanitaria numero 5 Bassa friulana è, con ogni probabilità, il funerale del
cementificio. Parere in mano ma ancora in attesa di quello dell’Arpa – come
anticipato arriverà oggi negli uffici della Regione –, Gianfranco Moretton
non può dare certezze. Non prima che la giunta regionale deliberi. Ma, sin
d’ora, l’assessore all’Ambiente afferma: «Credo che ci atterremo al verdetto
dell’Ass».
LA RELAZIONE Questa volta, visto il «non favorevole», non ci sono
dubbi: il parere è negativo. Va però rilevato che il documento dell’Azienda
della Bassa, firmato dal direttore del dipartimento di prevenzione Clara
Pinna e dal responsabile del servizio igiene-tecnica Carlo Piani, non è
sostenuto da una bocciatura complessiva dell’insediamento. Non almeno sul
fronte della salute umana. Con riferimento ai documenti presentati
dall’Arpa, il dipartimento evidenzia infatti che «le centraline, così come
ubicate, rispondono a quanto previsto per il monitoraggio destinato alla
valutazione della qualità dell’aria per la protezione della salute umana e
confermano i dati pubblicati sul sito Internet dell’Arpa utilizzati per il
precedente parere».
EMISSIONI Se la salute umana non è in pericolo, polveri sottili ed
emissioni inquinanti, tenendo pure conto dei limiti più restrittivi previsti
a partire dal 2010, non sono tuttavia compatibili con l’obiettivo di una
migliore qualità dell’aria.
Su questa materia la relazione, in merito alle precisazioni e
raccomandazioni proposte dalla commissione Via nella seduta del 28 marzo,
aggiunge: «Esse risultano accettabili in termini generali ma generiche e non
puntuali sulle misure concrete che la ditta deve effettivamente porre in
essere».
IL PARERE E dunque «allo stato attuale, il parere del dipartimento
non può essere favorevole».
Tuttavia, «potrà essere rivalutato alla luce degli strumenti previsti dalla
vigente normativa di competenza della Regione, finalizzati al miglioramento
della qualità dell’aria del sito». In sostanza l’Ass indirizza la Regione a
predisporre il piano di risanamento dell’aria. Inoltre, dal arpporto,
emergerebbe l’esigenza di vietare gli insediamenti industriali con emissioni
per almeno due anni. Il che significa che anche la vetreria, l’altro grande
progetto ipotizzato, non potrebbe essere realizzata.
VERSO IL NO Moretton rileva che è la prima volta che il parere è
chiaramente non favorevole. E dichiara: «La Regione si atterrà
scrupolosamente al rispetto delle normative vigenti in materia. Diremo
dunque “sì” o “no” sulla base dei pareri di Ass e Arpa». Il cementificio non
si farà? «A questo punto – prosegue l’assessore all’Ambiente –, visto il
parere dell’Ass che, a differenza dei precedenti due, dice in maniera chiara
che non è favorevole all’impianto, penso che ci atterremo a questa
decisione. Fosse stato formulato un verdetto in questi termini anche in
precedenza, si sarebbero evitate tutte le situazioni emerse nell’ultimo
periodo».
ARPA Oggi è attesa la relazione dell’Arpa. Moretton conferma che
arriverà negli uffici della Regione, non in tempo però per predisporre una
delibera da inserire tra quelle discusse oggi nella seduta di giunta a Ruda.
Dopo il “niet” dell’Ass, però, quella dell’Agenzia regionale per la
protezione dell’ambiente potrebbe risultare una relazione ininfluente. O
almeno non in grado di ribaltare eventualmente il verdetto finale della
giunta. Anche perché l’Arpa non potrà non riprodurre le perplessità emerse
in sede di commissione Via sull’ubicazione delle centraline a Torviscosa e,
dunque, sull’inquinamento ambientale con problemi, se non per la salute
umana, sicuramente per la vegetazione. La questione formale – il primo
parere dell’Arpa porta la firma del direttore tecnico-scientifico Gianni
Menchini, il secondo, denuncia Mauro Travanut dei Ds, a quanto pare del
direttore generale Giuliana Spogliarich – dovrebbe perciò passare in secondo
piano.
Marco Ballico |
CEMENTIFICIO: Travanut: «Vicenda gestita male dalla
giunta» - Metz: «Ora la questione ambientale diventa centrale per il
futuro di Intesa democratica» |
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La soddisfazione di chi si è sempre schierato contro
la realizzazione della struttura. I Comitati: «Faremo una grande festa in
piazza»
TRIESTE Lo stop, ormai quasi certo, al cementificio di
Torviscosa rappresenta una vittoria per il diessino Mauro Travanut, per i
Verdi che hanno contestato da sempre la realizzazione della struttura e per
i comitati dei cittadini della Bassa che hanno manifestato la loro
contrarietà più volte in piazza e nell’aula del Consiglio regionale.
«Il parere non favorevole da parte dell’Azienda sanitaria - sottolinea il
capogruppo della Quercia Mauro Travanut - era già chiaro da almeno tre mesi.
La giunta avrebbe potuto quindi deliberare già il 10 maggio. La gestione
della vicenda è stata condotta malissimo soprattutto nel metodo. Non si
capisce infatti come i 12 punti negativi nell’arco di poco più di un mese si
siano trasformati in positivi. Già nella relazione del 2 febbraio l’azienda
sanitaria aveva espresso un orientamento contrario sulla base di dati
scientifici. Eppure si è tentato di scavalcare la scienza e di calpestare la
verità. Ora sembra che tutti siano d’accordo sull’inopportunità di dare il
via libera al progetto dell’azienda del Gruppo Grigolin ma non era così fino
a due settimane fa. È stata una pagina brutta. Spero che ci siamo liberati
da un mostro, soprattutto per la salute dei cittadini. Anche se è meglio
aspettare la delibera della giunta». Ma ci potranno essere delle conseguenze
politiche? «Nella maggioranza - conclude Travanut - non ci saranno
ripercussioni. È certo che i Verdi hanno vinto e anche in parte la sinistra.
Ma hanno vinto soprattutto i cittadini che si sono mobilitati con forza e
determinazione. È evidente poi che alcuni assessori dovrebbero riflettere
sulle posizioni espresse».
E a proposito dei comitati Mareno Settimo è prudente. «Se è vero che, dopo
il parere dell’Azienda sanitaria - sostiene il rappresentante dei cittadini
-, arriverà lo stop dalla giunta per gli abitanti della Bassa friulana sarà
un trionfo. Noi ci auguriamo che la delibera arrivi venerdì prossimo così
organizzeremo una grande festa in piazza».
Il consigliere dei Verdi Alessandro Metz punta il dito sulla cattiva
gestione della vicenda di parte della giunta. «L’incompatibilità
dell’impianto con l’ambiente era talmente evidente - dice il consigliere
regionale - che la delibera di contrarietà si poteva fare molto prima. Il
punto è che si sono giocate molte cose sopra e sotto al cemetificio e gli
unici a essere penalizzati sarebbero stati gli abitanti di quel territorio
già fortemente compromesso. Sono stati misurati dei rapporti di forza
all’interno della giunta, tra la giunta e il Consiglio, all’interno della
maggioranza. Finché a protestare erano soltanto i Verdi le indicazioni di
fare il cementificio erano decise. Poi quando il problema ha contaminato
altre forze, più pesanti di noi, si è pensato a una exit-strategy. Per
quanto riguarda il documento dell’Azienda sanitaria non c’è nulla di nuovo
rispetto a quanto è stato esposto in commissione e poi nella seduta
straordinaria del Consiglio. La vera novità è che per la prima volta è
emerso come le tematiche ambientali siano una priorità nelle richieste che i
cittadini fanno alla politica. Il problema deve essere affrontato con
serietà dalla maggioranza e anche Illy, se intende ricandidarsi a presidente
della Regione nel 2008, dovrà fare i conti con questo scenario».
Ciro Esposito |
G8: sul clima un compromesso tra i Grandi - Vince
la linea europea. Tagli sostanziali delle emissioni di gas serra. Bush evita
impegni vincolanti |
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Previsto un meccanismo volontario per una riduzione
del 50% entro il 2050 degli inquinanti. Prodi soddisfatto dell’accordo
raggiunto |
Ambientalisti delusi. Greenpeace: «È stato un
fallimento». I Verdi criticano la Merkel |
NEW YORK Sul clima vince la linea europea e passa in
secondo piano invece quella tedesca. Al G8 di Heiligendamm i leader delle
otto principali economie al mondo hanno raggiunto un compromesso sul bisogno
di tagliare le emissioni di gas «in modo sostanziale» al fine di arginare le
conseguenze disastrose dell’effetto serra.
Il governo di Berlino avrebbe voluto che si arrivasse a obiettivi
vincolanti, ma su questo c’è stata l’opposizione degli Stati Uniti che hanno
detto no a un impegno preciso di non fare aumentare oltre due gradi la
temperatura media in questo secolo. Era la proposta del cancelliere tedesco
Angela Merkel ma l’Europa insieme a Giappone e Canada ha preferito puntare
su un meccanismo volontario che porti entro il 2050 a ridurre del 50 per
cento i gas nocivi rispetto ai valori attuali.
L’accordo degli otto è diventato un documento che coinvolge anche i paesi
emergenti. I governi del G8 infatti hanno lanciato un appello affinchè anche
le economia in via di sviluppo si impegnino per ridurre in modo sostanziale
le emissioni di anidride carbonica.
L’incontro di Heiligendamm è stata anche un’occasione per definire l’impegno
che è necessario che emerga in sede Onu per definire quale sarà la strategia
attraverso cui combattere i cambiamenti climatici dopo che nel 2012 verrà a
decadere il protocollo di Kyoto. C’è convergenza di veduta sulla necessità
che la lotta all’effetto serra venga definita non più tardi del 2009 per
avere poi il tempo necessario per preparare il «dopo-Kyoto». La reazione
degli ambientalisti era prevedibile. Parlano di un fallimento e puntano il
dito contro lo stretto rapporto fra politica e industria perchè
«evidentemente si trae poco profitto a prevenire pericolosi cambiamenti
climatici».
È Greenpeace International in particolare che spara a zero sul documento del
G8 accusando i governi di avere fallito «nel non riconoscere quello che la
scienza ci indica come necessario». Anche i Verdi tedeschi si dicono delusi
accusando la cancelliera Merkel di «un volgare scambio di etichette» per
poter poi parlare di «un grande successo».
Più moderata la reazione del Wwf che guarda invece in avanti e spera che le
basi gettate a Heiligendamm servano per portare avanti negoziati positivi
sul clima il prossimo dicembre quando si terrà un’importante riunione su
questo tema a Bali. Ma il Wwf non fa mistero che sperava il G8 facesse di
più. «La forza dell’opinione pubblica, dei cittadini del mondo deve farsi
sentire ancora e più forte», si legge in un comunicato di Hans Verolme,
direttore della campagna per il clima del Wwf, lamentando la mancanza di un
target preciso come quello che proponeva la tedesca Merkel.
Il rischio che l’accordo del G8 rimanga a livello pratico lettera morta è
reale. Usa e Russia infatti si sono limitate a «prendere in considerazione»
un taglio del 50 per cento alle proprie emissioni di CO2 entro il 2050.
Un’adesione cauta dunque quella di Washington e Mosca che non si sbilanciano
ad abbracciare iniziative quali diversificare le fonti di energia,
migliorare l’efficienza energetica e impegnarsi per una politica che
rallenti la deforestazione.
Eppure George W. Bush ha parlato di «ruolo guida degli Stati Uniti»,
sostenendo che il suo governo si può fare portavoce con paesi come l’India e
la Cina della necessità di portare avanti una politica per la protezione del
clima.
Romano Prodi invece saluta il documento sui cambiamenti climatici del G8
come un «buon compromesso» che consente di agganciare anche gli Stati Uniti,
e in prospettiva anche Cina ed India, alla lotta per la riduzione delle
emissioni di gas inquinanti. È quindi «soddisfatto» il presidente del
Consiglio per come gli otto grandi siano riusciti a trovare, nell'arco di 24
ore, una soluzione accettabile per avviare una «azione più rapida e fortè,
con l'obiettivo di contrastare i cambiamenti climatici e «stabilizzare le
concentrazioni di gas serra ad un livello tale da prevenire interferenze
pericolose per la salute dell'uomo e, naturalmente, del clima».
Andrea Visconti |
L’effetto serra |
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Caro Direttore, si discute molto sul problema
dell’effetto serra, che coinvolge tutto il nostro pianeta, enfatizzando
l’aumento progressivo dell’anidride carbonica nell’atmosfera. Questo aumento
è da attribuire in buona parte alla combustione del petrolio, dei suoi
derivati e del metano. Una quantità enorme di metano viene oggi bruciata,
senza ricavarne nessun vantaggio economico. Mi riferisco al metano bruciato
all’uscita dei pozzi petroliferi quando si estrae il petrolio (vedi, un
esempio tipico, la Nigeria).
Concludo dicendo che, l’opposizione delle lobby delle imprese petrolifere
permettendolo, si dovrebbe arrivare a una legislazione mondiale che
obblighi, nel giro, diciamo, di cinque anni, a non bruciare più metano ai
pozzi ma a utilizzarlo, trasportandolo, dove possibile, via metanodotti o
con navi metaniere, oppure producendo energia elettrica con turbine a gas.
La mia idea è solo un’utpia? Lo sarà, ma il problema andrebbe comunque
posto, cercando di suscitare una partecipazione dell’opinione pubblica
mondiale per la sua risoluzione.
Alberto Savarè |
IL PICCOLO - GIOVEDI' , 7
giugno 2007
G8, stop di Bush a un accordo sul clima - Prove
di disgelo con Mosca sullo scudo spaziale. Il presidente Usa: «La Russia non
è una minaccia» |
|
Il presidente del Consiglio Prodi incontra il
cancelliere tedesco Angela Merkel. Il Professore promette 260 milioni di
euro al fondo per la lotta contro l’Aids
NEW YORK La riunione annuale del G8 ha preso il via
ufficialmente ieri a Heiligendamm, in Germania, e nella cittadina lungo il
Baltico sono arrivati sia i leader delle otto economie più importanti al
mondo che diecimila manifestanti. Una cena di lavoro al castello di Hohen
Luckow - padrona di casa il cancelliere tedesco Angela Merkel - è iniziata
puntualmente nonostante le proteste, ma a risentire del blocco delle strade
sono state le rispettive delegazioni i cui spostamenti sono stati rallentati
dai No global.
Molti i temi in discussione. Dall’Iraq allo scudo missilistico Usa in
Europa; dall’Aids agli aiuti all’Africa; dal nucleare nella Corea del Nord
al riscaldamento globale.
Ma a margine dei temi in programma tutti gli occhi ieri erano puntati su
Bush e Putin dopo il duro scambio di dichiarazioni del giorno precedente.
«Non c’è bisogno di una risposta militare perchè la Russia non è il nemico,
né la difesa missilistica di cui parliamo è una minaccia per la Russia», ha
detto George W. Bush cercando di smorzare i toni del giorno prima che
avevano portato a una serie di attacchi verbali da parte del Cremlino.
Mosca non aveva accolto con leggerezza le parole del presidente americano
che accusava la Russia di avere fatto passi indietro nel processo verso la
democrazia. Un portavoce di Putin aveva reagito suggerendo che Mosca non
apprezza l’imperialismo americano e che ai missili Usa in Europa la Russia
avrebbe risposto con suoi missili puntati verso il continente europeo.
È stato uno scambio di battute che sembrava gettare le basi per una mancanza
di dialogo da clima di Guerra Fredda.
Ma ieri sia Washington che Mosca hanno fatto marcia indietro ribadendo che
l’amicizia fra Bush e Putin è solida. Il capo del Cremlino intende parlare
chiaramente a Bush del suo controverso progetto di uno scudo spaziale ma
l’impressione è che ci siano i presupposti per un dialogo. Quanto sia reale
questa cordialità si potrà vedere solo oggi quando i due leader si
incontreranno per un colloquio privato a due.
Un meeting che a sua volta getta le basi per un summit previsto per i primi
di luglio nella villa del presidente americano nel Maine. In Germania a
smussare gli angoli fra Bush e Putin ci sarà anche Tony Blair che avrà un
incontro privato con il leader del Cremlino nel corso del quale parlerà di
«una serie di valori condivisi» spingendo con un dialogo diretto non
soltanto fra Gran Bretagna e Russia ma anche «fra Russia e Europa».
Tema principale in discussione in questa prima giornata di G8 è stato il
clima. Se il principale obiettivo del vertice era quello di arrivare ad
accordi concreti sul clima e sul taglio delle emissioni dei gas (contenere a
due gradi entro il 2050 il riscaldamento medio globale come deciso dalla Ue
e dall'Onu), questo target sembra ormai del tutto svaporato. I più ottimisti
restano aggrappati alle dichiarazioni della cancelliera Angela Merkel
rilasciate dopo il pranzo di lavoro con Bush, un'ora e mezzo di faccia a
faccia prima dell'apertura ufficiale del vertice. Bush ha espresso il «forte
desiderio» di lavorare insieme alla Germania, che ha la presidenza di turno
della Ue, «a un accordo post-Kyoto». «Ho il forte desiderio di lavorare con
lei - ha detto Bush - a un accordo post-Kyoto e su come raggiungere i
principali obiettivi. Uno di questo è la riduzione dei gas da effetto
serra».
Non può che mostrarsi sorridente Angela Merkel: «Abbiamo ottime chance di
raggiungere posizioni comuni, siamo d'accordo su moltissime questioni» anche
se, ha ammesso, «su alcuni punti dovremo ancora lavorare». Nel complesso,
comunque, «il colloquio è stato piuttosto buono. Spero che dal vertice si
avrà un segnale comune». In realtà, i due leader hanno voluto fare buon viso
a cattivo gioco. Da Heiligendamm non arriverà alcuna intesa concreta sul
clima. L'esito del vertice, al capitolo clima, lo aveva anticipato in
mattinata Jim Connaughton, responsabile per il clima nell'amministrazione
Bush: «Il documento finale non farà alcun riferimento a un obiettivo
concreto», e cioè all'impegno di contenere a due gradi entro il 2050 il
riscaldamento medio globale.
Un po' meglio è andato l'incontro Roma-Berlino. Il Professore e la
Cancelliera si sono impegnati per cercare, proprio in questi giorni di
vertice, di avvicinare le posizioni degli Usa e della Russia a quelle della
Ue. «Ammorbidire le posizioni degli Usa» è la parola d'ordine. «Ce la
dobbiamo fare perchè ne va della salute dei nostri figli» dice il premier
Prodi.
Se l'accordo sul clima resta congelato, va meglio sul fronte aiuti
all'Africa, il secondo capitolo chiave di questo G8 e in cui favore era
intervenuto in mattinata anche il Papa che alla fine dell'udienza generale
si è rivolto «ai leader riuniti a Heiligendamm, affinchè non vengano meno
alle promesse di aiuto in favore delle popolazioni più bisognose,
soprattutto quelle africane». Prodi ha incontrato nel pomeriggio Bob Geldof
e ha promesso che l'Italia, «già dal prossimo assestamento di bilancio»,
garantirà 260 milioni di euro al fondo globale per la lotta all'Aids, alla
tubercolosi e alla malaria.
la mappa delle emissioni
Andrea Visconti |
Travanut: cementificio, parere Arpa in ritardo
- Il capogruppo diessino: «Attendiamo da un mese». Moretton: «Arriverà
domani» |
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Dopo l’accordo in aula riprendono le
fibrillazioni dentro Intesa democratica. In arrivo il verdetto
dell’Azienda sanitaria |
L’assessore all’Ambiente esclude che la delibera
venga adottata venerdì: gli uffici tecnico-legali dovranno esaminare gli
atti integrativi richiesti |
TRIESTE Mauro Travanut denuncia «il ritardo del
parere dell’Arpa». Gianfranco Moretton ribatte: «Giungerà venerdì negli
uffici della Regione». I pareri di Ass e Arpa non arrivano, non ancora. E
la vicenda del cementificio ritorna a creare attrito dentro Intesa. Ma, se
il parere dell’Azienda sanitaria della Bassa sembrerebbe essere definitivo
– e contrario –, su quello dell’Agenzia per la protezione dell’ambiente
ecco la polemica. «Se fossi in Moretton prenderei la bicicletta e andrei
di corsa a chiedere un documento che attendiamo da un mese», attacca
Travanut. A provocare il capogruppo diessino è anche la notizia che Gianni
Menchini, direttore tecnico-scientifico dell’Arpa, è in ferie. «Mi sono
recato negli uffici dell’Agenzia – racconta Mareno Settimo, portavoce del
comitato “No al cementificio” – e non ho trovato né il direttore generale
Giuliana Spogliarich né Menchini, che mi dicono essere in ferie.
Sorprendente che lo sia mentre si aspetta un parere così importante». E
Travanut rincara la dose: «Esiste il diritto sacrosanto di sapere che cosa
l’Arpa pensa di questo progetto di Torviscosa, non credo sia accettabile
che, dopo aver allungato il termine ultimo dal 2 al 5 giugno, si sia
andati oltre. Menchini in ferie? Mi risulta che il direttore scientifico
abbia redatto e depositato la documentazione, solo Dio sa perché non sia
ancora stata consegnata in Regione».
Travanut fissa l’ultimatum: «Quel parere deve arrivare entro la mattinata
di domani (oggi per chi legge), lo vuole la gente. È già passato fin
troppo tempo – insiste il capogruppo diessino –, soprattutto tenendo conto
del fatto che l’Arpa non era chiamata a nuove indagini, ma doveva solo
esplicitare quanto era già diventato molto chiaro in commissione. Si
possono cambiare gli aggettivi, non la sostanza».
L’assessore all’Ambiente Moretton, confermando che la delibera sul
cementificio non andrà in giunta neppure questa settimana, spiega però che
si dovrà attendere ancora un giorno: «L’Arpa invierà il suo verdetto
venerdì. Che cosa mi aspetto? Nulla. Gli uffici prenderanno atto di quello
che l’Agenzia scriverà e poi faranno le valutazioni tecnico-scientifiche e
giuridiche necessarie a predisporre la delibera da sottoporre poi alla
giunta. Tutto ciò, come già detto, nel rispetto delle normative giventi».
E il parere dell’Ass, quello che pare essere contrario al cementificio?
«Non l’ho visto. Anche in questo caso lo esamineranno i tecnici», risponde
Moretton.
Travanut, dal canto suo, assolve l’Azienda sanitaria: «In questo caso il
lavoro sembra essere stato portato a termine, non vi sono ritardi». Le
indiscrezioni, oltre a dare per certo che il parere dell’Ass è negativo,
anticipano che questa mattina la documentazione partirà in direzione
Trieste.
m.b. |
«Lo sconto benzina frena l’utilizzo di metano e gpl» |
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TRIESTE Tremila cittadini del Friuli Venezia Giulia
hanno sottoscritto una petizione a favore della diffusione dei punti di
rifornimento per i carburanti a basso impatto ambientale, metano e gpl in
particolare. Ieri la quarta commissione consiliare ha sentito i
rappresentanti di Assopetroli, Consorzio Grandi Reti (rappresentata da
Distrigas), Unione petrolifera e Federmetano. In regione sono solo quattro
i distributori di metano (due a Udine e due a Pordenone), pochi rispetto
ad altre realtà che, come nel caso della Provincia di Bolzano, si sono
mosse anche a livello legislativo in questo senso. Le categorie ascoltate
ieri temono che la situazione rimanga immutata e puntano il dito contro
gli sconti sui prezzi di benzina e gasolio che hanno portato nel corso di
quest’anno all’acquisto di sole 57 vetture a metano contro 29 mila sul
territorio nazionale e di sole 42 a gas contro 35 mila. Il suggerimento
arrivato dai rappresentanti delle categorie è quello di obbligare i nuovi
distributori a dotarsi di almeno una colonna di erogazione di gpl o
metano, auspicando inoltre la creazione ragionata di una rete distributiva
di questi combustibili, l'adozione di politiche d'incentivazione alla
costruzione di pompe presso i distributori già esistenti, all'acquisto di
vetture a metano o gpl e una maggiore informazione. Secondo il presidente
della commissione, Uberto, Fortuna Drossi, quella dei combustibili
alternativi «è una strada obbligata».
r.u. |
Area protetta per i delfini nel mare di
Lussinpiccolo |
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LUSSINPICCOLO La notizia è ora ufficiale: il
ministero croato dell’Ambiente ha proclamato una parte del Quarnerolo
quale riserva dei delfini, decisione che sta alimentando polemiche a non
finire tra la popolazione di Lussino, Cherso, Arbe e Pago. L’area in
regime di tutela è incastonata fra le citate isole altoadriatiche, uno
specchio di mare che bagna dieci località, per un totale di 11 mila
abitanti.
Subito dopo la proclamazione, l’Assopescatori lussignana ha rivolto un
appello all’opinione pubblica, rilevando che la riserva mette a rischio
l’esistenza della categoria, degli operatori turistici e della popolazione
locale, in quanto destinata a limitare le principali attività economiche.
Ossia pesca e turismo. A sentirsi maggiormente minacciati sono gli
abitanti di Neresine, a Lussino, località che dista poche miglia dalla
riserva. Gli isolani temono quelle che potrebbero essere le conseguenze
dell’entrata in vigore della disposizione poiché finora da Zagabria non è
giunta alcuna precisazione sulle misure da adottare. La legge sulla
Salvaguardia ambientale è comunque chiara e contempla la proclamazione di
una riserva naturale nel suo articolo 12.
In esso scrive che non sono consentite attività in grado di minacciare
quelle specie animali per le quali la riserva è stata istituita.
Inoltre è possibile limitare o vietare, se ciò fosse necessario, il
transito in quest’area speciale. Insomma, teoricamente è possibile che
parte del Quarnerolo venga vietata alla pesca, alle traversate dei
diportisti, alla costruzione di immobili lungo la fascia costiera.
Secondo i pescatori lussignani, la riserva è null’altro che una mossa
sbagliata in quanto per tutelare i mammiferi marini si mette a repentaglio
l’esistenza di migliaia di isolani. Sì, nel Quarnerolo esiste una colonia
di delfini che comprende circa 200–250 esemplari, ma finora non ha
incontrato grossi problemi (tipo decessi per reti o eliche d’imbarcazioni)
e la sua coesistenza con l’uomo può dirsi normale. Si è dunque in attesa
di precise disposizioni da Zagabria per poi capire quale sarà l’impatto
sulla popolazione isolana e sulle sue attività economiche. Ricordiamo che
i mammiferi marini sono tutelati in special modo dall’ organizzazione
ambientalista Plavi cvijet (Fiore blu) di Lussinpiccolo, i cui programmi
di salvaguardia dei «Flipper» altoadriatici sono molto apprezzati e
ritenuti estremamente utili.
a. m. |
Fiume, inquinato il mare a Pecine |
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FIUME Le acque dell’ex albergo Park a Fiume non si
smentiscono: in base ai test effettuati dai competenti organismi, questo
specchio di mare antistante il rione di Pecine continua ad essere
fortemente inquinato. È noto che i problemi sono legati al cattivo
funzionamento della rete fognaria, per cui è dal 2005 che nello
stabilimento è presente una tabella che indica il divieto di balneazione.
Da rilevare che lungo le coste croate dell’Adriatico i punti di prelievo
sono 873 e i rilevamenti nella seconda metà di maggio hanno constatato un
moderato tasso di inquinamento in altri tre stabilimenti balneari: Fortica
a Portoré, Malinska (Veglia) e Stikovica a Ragusa. Le restanti 869 spiagge
presentano acque pulite o sufficientemente pulite. |
Opicina, spunta un’antenna telefonica davanti al
cimitero ed è subito polemica |
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L’impianto non realizzato in via dei Salici
riproposto in un nuovo sito ma la Circoscrizione è contraria E’ bufera
a Opicina sui lavori per la nuova stazione radio base nei pressi del
cimitero. A riaccendere subito la polemica é Paolo Milic, presidente del
Comitato per gli Usi civici. «La nuova costruzione – spiega in una lettera
spedita al Comune, in quanto proprietario del terreno, al Prefetto, alla
Corte dei Conti e alla Procura – è confinante col cimitero. Questa è una
situazione espressamente vietata dalla legge regionale che disciplina la
materia, perciò ho coinvolto le istituzioni competenti e la Magistratura,
auspicando un loro intervento che interrompa i lavori del cantiere».
Il Comitato di cui Milic é il principale rappresentante è titolare
dell’amministrazione del terreno. «Ho denunciato la violazione delle norme
perché siamo noi a dover tutelare quel terreno – aggiunge Milic – e la
costruzione di una stazione radio base addossata al muro del cimitero di
Opicina mi sembra un obbrobrio».
Il terreno vicino al cimitero era sembrato in un primo momento la migliore
alternativa, dopo che il sito scelto inizialmente, in via dei Salici, era
stato pesantemente contestato dalla popolazione residente. Si era creato
un gruppo di opinione, forte del sostegno della maggioranza del Consiglio
circoscrizionale dell’Altipiano Est e del consenso della Comunella, che si
era opposto alla costruzione dell’antenna in via dei Salici, giudicando il
sito troppo pericoloso per la gente, pretendendo che la compagnia
telefonica andasse altrove. Era così emersa la soluzione rappresentata dal
terreno vicino al cimitero.
Milic però aveva subito chiesto al Comune di Trieste la revoca della
concessione edilizia, rilasciata lo scorso 15 febbraio alla
Vodafone-Omnitel, per la costruzione di un’antenna radio base nel nuovo
sito. Non aveva però ottenuto il risultato sperato e così sono cominciati
i lavori. Per ribadire le loro ragioni, i firmatari del documento del
Comitato antenne, che si era opposto alla costruzione in via dei Salici,
avevano ricordato che «è la Comunella la proprietaria dell’area
individuata nei pressi del cimitero», aggiungendo che «il mandato di
qualcuno dei componenti del Comitato per gli Usi civici è scaduto da
anni», affermando anche che «al suo interno c’è una persona che, in merito
alle antenne, risulta avere interessi economici individuali, in conflitto
con quelli della collettività che rappresenta».
Milic aveva replicato, spiegando che «il Comitato per gli Usi civici opera
in regime di ‘prorogatio’, pertanto non è scaduto». Sul merito aveva
precisato che: «La richiesta di revoca della concessione edilizia per
l’antenna della Vodafone è motivata dal fatto che il Comune ha stranamente
rilasciato la stessa, senza possedere il necessario titolo di occupazione,
dato che il terreno in questione risulta in propria pertinenza
amministrativa degli Usi civici e la compagnia telefonica non ha
formalizzato alcuna richiesta, né tanto meno ottenuto alcun titolo
occupatorio, indispensabile, a norma di legge, per l’ottenimento della
concessione edilizia e per la realizzazione dell’opera. Siamo stati perciò
obbligati – aveva continuato Milic - a procedere in merito alle nostre
competenze».
Milic aveva anche spiegato che «l’amministrazione separata dei Beni civici
di Opicina non obietta l’installazione delle antenne telefoniche nelle
zone già segnalate al sindaco del Comune di Trieste, con una lettera del
settembre del 2006, ma non ritiene opportuna tale installazione – aveva
proseguito – nei pressi del cimitero monumentale di Opicina, perché si
andrebbe in netto contrasto con una legge regionale del 2004 che
disciplina la materia».
Infine il presidente degli Usi civici aveva rilevato che «il terreno
individuato per l’installazione risulta già parzialmente occupato da
un’attività di vendita di piante e fiori, insediatisi da oltre un decennio
e regolata da una concessione da noi emessa».
u. s. |
Pista ciclabile, ripresi i lavori a Ponziana - A
breve sarà riqualificata anche la porzione dell’ex linea ferroviaria di
proprietà del Burlo Garofolo |
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Sono partiti i lavori di completamento della pista
ciclabile che collegherà San Giacomo con Draga Sant’Elia. In questi giorni
il primo tratto del percorso è stato ripulito dalle sterpaglie, cresciute
dopo il blocco dei lavori, e alcuni materiali da costruzione sono stati
depositati accanto all’Infopoint.
A breve sarà quindi riqualificata e resa agibile per i ciclisti anche la
porzione dell’ex linea ferroviaria di proprietà dell’ospedale infantile
«Burlo Garofolo». Subito dopo inizieranno i lavori per la realizzazione
della passerella sopraelevata per l’attraversamento di via dell’Istria.
Una volta ultimata, la struttura sarà lunga quasi 160 metri e andrà a
sostituire l’attuale ponte metallico.
Terminati i primi 400 metri della pista, i lavori si concentreranno nel
rione di Sant’Anna, dove saranno collegati tra loro i vari tratti del
percorso realizzati fino ad ora. Il tutto, secondo la Provincia, sarà
completato nell’arco di sei o sette mesi.
I lavori sono iniziati nel 2000, con la costruzione della prima parte del
tracciato, tra San Giuseppe della Chiusa ed il confine. Due anni fa, poi,
sono stati costruiti il sottopassaggio della strada provinciale 11 «di
Prebenico» e il parcheggio, con annesso Infopoint, in via Gramsci.
A maggio del 2005 è stato infine sistemato il tratto urbano della pista,
ma subito dopo i lavori sono stati interrotti. Secondo il progetto,
infatti, una parte del percorso ciclabile si snoda attraverso il terreno
di proprietà del Burlo e due depositi privati.
L’interruzione dei lavori ha però preoccupato i residenti della zona, in
particolare di via Orlandini e via Ponziana, che hanno chiesto a gran voce
il completamento dell’opera.
Per sbloccare la situazione, la Provincia ha trasferito uno dei depositi
in un’altra sede e la scorsa settimana ha siglato una convenzione con
l’ospedale infantile per usufruire del suo tratto di pista.
«Poter riaprire il cantiere dopo lo stop è una grande soddisfazione -
dichiara Mauro Tommasini, assessore provinciale ai Lavori pubblici -.
Spero di poter presto superare l’ultimo ostacolo per il completamento del
progetto».
L’amministrazione provinciale deve, infatti, risolvere la questione legata
al deposito privato sul tracciato della pista, per il quale potrebbe
essere trovato un accordo entro luglio.
Soddisfatto dell’avvio dei lavori anche Francesco Battaglia, coordinatore
urbanistico della Quinta circoscrizione, che auspica però una maggiore
collaborazione tra il parlamentino e la Provincia: «La pista ciclabile è
un opera prevista da molto tempo, che speriamo sia completata prima
possibile - spiega -. Mi auguro che in futuro il coinvolgimento delle
realtà territoriali sia maggiore, soprattutto in caso di allungamenti dei
tempi dei lavori».
Mattia Assandri |
Incontro su parchi naturali e aree di pregio
ambientale |
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TRIESTE E’ in programma domani (in via Filzi 14,
inizio alle 10) un dibattito nell’ambito del ciclo intitolato «Incontro
sulla proprietà collettiva». Il tema affrontato domani sarà quello della
gestione dei parchi naturali e dell’individuazione di aree di particolare
pregio ambientale secondo le Direttive europee. In tale contesto si
parlerà anche della Rete europea Natura 2000.
L’incontro è organizzato dalla Comunanza, in collaborazione con la
Consulta nazionale della proprietà collettiva, il Centro studi e
documentazioni sui demani civici e le proprietà collettive dell’Università
di Trento, le Regole d’Ampezzo e la Regione.
Interverranno, tra gli altri, Marco Leghissa, presidente della Comunanza;
Cinzia Ghedina, presidente delle Regole d’Ampezzo e del Parco naturale
delle Dolomiti d’Ampezzo; Rolando Della Vedova, direttore del servizio
tutela ambienti naturali del Fvg; Irena Kodela Krasna, dell’Istituto
sloveno per la protezione della natura; Peter Mocnik, avvocato ed esperto
di diritti collettivi. |
IL PICCOLO - MERCOLEDI' , 6
giugno 2007
Grande viabilità a Cattinara, l’Anas darà i 9 milioni
di euro che mancavano - Annuncio del sottosegretario: sarà evitato il temuto
blocco dei lavori sulla superstrada |
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Il temuto blocco dei lavori nell’ultimo tratto della
Grande viabilità triestina (il collegamento Cattinara-Padriciano) è
definitivamente scampato.
«I 9 milioni di euro, che si dovevano reperire per l’adeguamento
dell’infrastruttura alle normative comunitarie in materia di sicurezza, sono
stati stanziati dal Governo, tramite l’Anas - ha affermato ieri il
sottosegretario agli Interni Ettore Rosato, durante un sopralluogo alla
bretella autostradale Lacotisce-Rabuiese -. Considerato il ruolo chiave di
quest’opera, non solo per Trieste, ma per tutto il Paese e per la vicina
Slovenia - ha aggiunto Rosato - era fondamentale trovare le risorse
necessarie in tempi brevi, per evitare interruzioni e rallentamenti dei
lavori».
L’allarme sul possibile stop ai lavori della Grande viabilità triestina era
stato lanciato alcuni giorni fa da Sergio Collini, titolare dell’omonima
impresa capofila nella realizzazione dell’infrastruttura, nel corso di un
sopralluogo congiunto del presidente della Regione Riccardo Illy e del
sindaco Roberto Dipiazza.
«Servono 9 milioni di euro per costruire gli impianti di ventilazione e
illuminazione, i sistemi di telecontrollo e rilevamento incendi - aveva
spiegato Collini -. Sono interventi necessari per adeguare l’opera alla più
recente normativa in materia approvata dall’Unione europea. Se non
arriveranno a breve - questo il monito di Collini - saremo costretti a
fermare operai e ruspe, con un ulteriore allungamento dei tempi».
Ora i fondi, a detta di Rosato, sono stati stanziati, scongiurando quindi
l’arresto dei lavori.
«La Grande viabilità è un’opera che il governo Prodi considera importante -
ha affermato il sottosegretario agli Interni - e quindi non avremmo mai
premesso che i cantieri subissero uno stop. È per questo motivo - ha
aggiunto - che non appena saputo del problema, ci siamo attivati per
risolverlo, senza lasciar passare troppo tempo. Sarà l’Anas a stanziare i 9
milioni di euro, quindi saranno finanziamenti pubblici».
e.c. |
Mare Adriatico sempre più caldo: a luglio l’invasione
delle meduse - In 120 anni la temperatura del Mediterraneo è salita di 1,5
gradi |
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Gli esperti prevedono temperature in rialzo nel giro
di una settimana. In agguato anche le mucillagini
ROMA La pioggia è caduta abbondante e l’insolita
ondata di freddo dei giorni scorsi ha mitigato il quadro. Ma il Mare Nostrum
continua ad avere la febbre. Nel giro di una settimana, il mar Ligure e il
bacino Adriatico torneranno infatti a essere più caldi della media
stagionale. Tra uno e due gradi in più, dicono le previsioni al 12 giugno,
realizzate dai ricercatori del gruppo di oceanografia dell’Istituto
nazionale di geofisica. Ma non solo: la presenza delle mucilaggini e
l’attesa invasione delle meduse a luglio sono tutti campanelli d’allarme per
l’ambiente. A Bologna, nella sede operativa del gruppo, i dati rilevati in
mare confluiscono con frequenza costante dando vita a cartine che variano
dal giallo al blu. «Dati che riguardano la temperatura della superficie, ma
anche le acque profonde», spiega la dottoressa Nadia Pinardi, coordinatrice
del piano di ricerca. Dati in base ai quali è possibile monitorare il
fenomeno nel tempo e stendere una vera e propria previsione per i dieci
giorni a venire.
Al momento, stando alle mappe, la situazione anomala riguarda in particolare
le acque liguri e quelle adriatiche, le sole in rialzo rispetto ai dati
climatologici. Il resto del Mediterrano ha invece risentito delle abbondanti
precipitazioni dei giorni scorsi e dell’insolito freddo che ha investito il
continente europeo. Non a caso, la temperatura sarà inferiore a quella delle
medie stagionali: un calo compreso fra uno e due gradi.
Le collezioni di dati in mano agli esperti dicono però che sul lungo termine
la temperatura del mare è salita costantemente. Abbastanza per parlare, in
termini scientifici, di un vero e proprio trend di surriscaldamento delle
acque. «Negli ultimi cinquant’anni - spiega ancora Nadia Pinardi - abbiamo
registrato un rialzo medio di mezzo grado sull’intera colonna d’acqua, dal
fondale alla superficie. Ma, al tempo stesso, dobbiamo ammettere che non
abbiamo una base di dati sufficientemente ampia da consentirci di parlare di
un fenomeno non naturale. Le serie temporali di dati a disposizione sulla
temperatura del mare vanno indietro di cinque decenni al massimo. Poi
dobbiamo affidarci alle ricostruzioni».
La ricerca che il gruppo sta portando avanti per contro della Eea (agenzia
europea per l’ambiente) dice per esempio che negli ultimi 25 anni la
temperatura delle acque superficiali del Mediterraneo è passata da 18,6 a
19,2 gradi, vale a dire che c’è stato un aumento costante di 0,02 gradi
l’anno. Un trend confermato anche dalle ricostruzioni realizzate dagli
esperti e secondo le quali tra il 1880 e il 2000 la temperatura di
superficie è aumentata di 1,5 gradi: con maggiore incidenza sul Mediterraneo
orientale e, per quanto riguarda la penisola italiana, sul bacino adriatico
(per ragioni prevalentemente legate a venti e correnti).
Gli esperti, ovviamente, non escludono che il fenomeno abbia anche delle
concause di origine antropica. «Parliamo delle stesse cause che determinano
il riscaldamento dell’atmosfera, una situazione che determina temperature
più alte e venti più intensi», aggiunge la dottoressa Pinardi senza
spingersi a indagare le possibili conseguenze primarie di questo stato.
A collegare il riscaldamento dei mari con altri fenomeni sempre più visibili
- la fioritura anticipata di alghe, l’invasione invernale delle mucillagini
e la comparsa di enormi banchi di meduse - è invece il dottor Silvio Greco,
coordinatore di ricerca all’Icram (Istituto di ricerca sul mare). «Sono
tutti segnali di sofferenza, segnali di alterazione dei primi livelli delle
reti trofiche», spiega imputando il fenomeno anche ad altre cause come il
ripetersi della siccità e il diminuito apporto di acqua dolce nel
Mediterraneo da parte di fiumi come il Rodano e il Po.
Il nuovo boom di meduse nelle acque italiane, avvisano gli esperti, è atteso
per l’inizio di luglio. Quanto alle mucillagini, le segnalazioni dei
pescatori si sprecano già da gennaio mentre sul fronte alghe la più temuta
resta la Ostreopsis ovata.
Natalia Andreani |
Un italiano su 5 muore per cause ambientali |
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ROMA Secondo l'Oms, il 20% della mortalità in Italia è
imputabile a cause ambientali prevenibili. Nella pianura Padana, invece, è
molto forte la concentrazione di polveri sottili (in particolare di Pm 2,5)
mentre in 13 grandi città italiane, tra il 2002 e il 2004, a causa del Pm 10
è stata stimata una media di 8.220 morti l'anno. Sono inoltre tra i 6,4 e
gli 8,6 milioni gli italiani (a seconda che si escludano o si includano i
comuni di Milano e Torino) che abitano nei 311 comuni di aree altamente
inquinate, quelle dei 54 siti di bonifica nazionale.
Questo il quadro emerso ieri nel corso della presentazione del Cnr sulla
sintesi delle attività svolte nelle aree a elevato rischio ambientale e
sanitario, nell'ambito dell'indagine conoscitiva della Commissione Ambiente
della Camera sulla valutazione delle conseguenze ambientali provocate da
inquinamento urbano, smaltimento dei rifiuti e aree ad alto rischio.
Oltre ai 54 siti di bonifica di interesse nazionale sono migliaia i siti
inquinati in Italia: circa 6mila di interesse regionale per le bonifiche, 58
siti con elevata contaminazione da amianto, 1.550 siti minerari quasi tutti
dismessi e 1.120 stabilimenti a rischio di incidente rilevante.
vedi tabella |
Porti, Austria divisa tra Trieste e Capodistria
- Il responsabile delle ferrovie d’Oltralpe Koeller: «Sceglieremo in base
alle nostre esigenze» |
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Le indicazioni strategiche di Vienna al convegno
annuale dell’Istituto per lo studio dei trasporti nell’integrazione
economica europea
«È in fase di progettazione il tunnel del Semmering,
che ridurrà di oltre mezz’ora il tratto tra Graz e Vienna»
TRIESTE «L’Austria vuole avvicinarsi all’Adriatico e
utilizzare pressoché esclusivamente i suoi porti. Poi però Trieste e
Capodistria dovranno vedersela tra di loro». È quanto ha affermato ieri a
Trieste Rudolf Koeller, responsabile della gestione traffico delle Ferrovie
austriache, all’annuale convegno dell’Istituto per lo studio dei trasporti
nell’integrazione economica europea. Gli obiettivi dell’Austria sono
supportati da piani già delineati. «È in fase di progettazione - ha
annunciato Koeller - il tunnel del Semmering, una galleria che sarà lunga 25
chilometri e consentirà tra dieci anni di ridurre di mezz’ora il tempo
necessario a percorrere il tratto ferroviario tra Vienna e Graz. Un’altra
mezz’ora potrà essere recuperata con un’altra galleria che verrà realizzata
nel tratto tra Graz e Villaco e che sarà transitabile tra nove anni». Per
andare da Villaco a Vienna le merci impiegheranno dunque un’ora di meno.
E la Slovenia farà partire contemporaneamente ai lavori del tratto tra
Divaccia e Capodistria anche quelli del tratto tra Divaccia e Trieste. E ciò
avverrà esattamente nel 2012. Quest’altro annuncio importante è stato fatto
ieri pomeriggio nell’ambito dello stesso convegno da Boris Zivec,
sottosegretario ai Trasporti della Repubblica di Slovenia. Di fronte al boom
dei traffici dell’Estremo Oriente, presto, secondo quanto ha affermato ieri
Koeller, all’Austria non converrà più servirsi dei porti del Nord Europa.
E a quel punto Vienna e gli operatori austriaci punteranno tutto su Trieste
o su Capodistria? Ha sorriso a lungo dopo questa domanda il responsabile del
traffico ferroviario austriaco. «Per noi Trieste è un porto e Capodistria è
un porto. Sta a voi competere o collaborare, noi sceglieremo in base alle
nostre esigenze».
Questione insidiosa e di scottante attualità dal momento che proprio lunedì
il ministro dei Trasporti austriaco Werner Faymann aveva visitato lo scalo
di Capodistria assieme al suo omologo sloveno Janez Bosic. E il presidente
di Luka Koper, Robert Casar, gli ha ribadito che l’Austria è il Paese più
importante per il porto di Capodistria che vorrebbe essere il primo porto
per la nazione transalpina, ruolo che oggi spetta a Rotterdam.
Il primo a denunciare qualche mese fa la clamorosa perdita di ruolo dello
scalo triestino era stato il console onorario dell’Austria a Trieste, nonché
spedizioniere di professione, Franco Gropaiz, ieri presente in sala e nel
frattempo chiamato a guidare Adriafer, la società che si occupa del
movimento dei carri merci in porto. Era così divenuto di dominio pubblico il
fatto che dopo 250 anni non solo Trieste non è più il porto dell’Austria, ma
è stata superata appunto anche da Capodistria, oltre che da Rotterdam e da
Amburgo.
«Il governo sloveno - ha dichiarato ieri Zivec - considera parimenti
importanti la Divaccia-Capodistria e la Divaccia-Trieste». E se i tempi
annunciati e cioè il 2012 per l’avvio dei lavori saranno rispettati, la
Slovenia che sta per ottenere dalla Deutsche Ban un cofinanziamento per il
raddoppio della Capodistria-Divaccia, rischia di far prima dell’Italia. «La
linea Alta velocità propriamente detta - ha annunciato Franco Marzioli,
direttore commerciale di Ferrovie italiane - non toccherà il Friuli Venezia
Giulia, ma con il sistema di rete anche questa regione avrà i suoi
benefici». In sostanza dunque i treni, ma in questo caso si parla di treni
passeggeri, viaggeranno a 250 chilometri all’ora soltanto fino a Mestre.
Le ferrovie hanno un ruolo decisivo nel rilancio dell’intero sistema
logistico adriatico, come ha rilevato nella prolusione al convegno, Giacomo
Borruso, presidente dell’Istituto. «Ma i traffici stanno privilegiando il
Tirreno e l’Adriatico è meno reattivo - ha affermato - per carenze
strutturali dei suoi porti e in particolare di Trieste». «Il ruolo delle
ferrovie per far ripartire lo scalo triestino è cruciale», ha recentemente
affermato il presidente dell’Autorità portuale Claudio Boniciolli,
insistendo anche sulla necessità che le Ferrovie italiane spingano per il
collegamento ferroviario tra i porti di Trieste e di Capodistria. «Confermo
che le ferrovie italiane intendono svolgere in futuro anche il ruolo di
operatore logistico all’interno del porto di Trieste», ha concluso Marzioli.
Silvio Maranzana |
La politica e l’ambiente |
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L’accavallarsi di vecchie e nuove questioni sui temi
ambientali, sulle quali si confrontano in modi anche aspri, nel Fvg i
cittadini, le pubbliche amministrazioni e le imprese, merita una riflessione
di carattere generale, che travalichi i singoli casi ormai noti alle
cronache giornalistiche. Ma insomma, quali sono i motivi profondi di un
simile stato di crisi che propone, quale soluzione dei problemi, non un
regolare e fisiologico rapporto dialettico fra i vari soggetti ma delle vere
e proprie esibizioni di forza a sostegno delle diverse tesi?
Non c'è dubbio che alla base di tutto quello che sta accadendo vi sia la
sostanziale assenza di una politica ambientale regionale, che da almeno
quindici anni sarebbe dovuta entrare nei primi punti di ogni serio programma
di governo della Regione.
Da quando cioè le tematiche ambientali non sono più riassumibili e
risolvibili in termini localistici e non è più accettata né a livello
statale né tantomeno a livello comunitario qualunque interpretazione delle
norme e dei procedimenti sostenuta da speciali situazioni regionali.
Nell'Unione Europea, cui il Friuli Venezia Giulia appartiene, alla tutela
dell'ambiente in tutte le sue forme è attribuita fortissima importanza,
nella consapevolezza che i beni naturali possiedono un valore
incommensurabile e che il loro sacrificio deve essere sempre giustificato da
analisi costi-benefici condotte con serietà e rigore. Le risorse naturali
hanno infatti assunto per i cittadini e per tutta la società civile, un
grande valore. Superata la logica dei beni pubblici come beni di tutti ma in
fondo di nessuno, oggi si chiede agli amministratori di valutare bene,
nell'amministrare, cioè nel contemperare i vari interessi, la perdita che
deriva alla collettività dal sacrificio di tali risorse.
Consapevoli che "ciò che non costa non vale" , i cittadini chiedono alla
politica di tener conto dei costi, appunto, ambientali, che ricadono
comunque sulla collettività, di farsi carico di gestire responsabilmente
anche nell'interesse delle generazioni future il territorio con le sue
necessità di sviluppo.
A livello comunitario, la tutela dell'ambiente trova sostegno indiretto
nella rigorosa normativa in materia di concorrenza, emanata anche allo scopo
di impedire ingiusti vantaggi a favore di imprese che potrebbero conseguirli
proprio con il mancato o insufficiente rispetto delle norme di tutela
ambientale.
A ben guardare, il tratto costante della azione di governo regionale di
fronte all'entrata in vigore di importanti, numerose e talvolta complesse
normative comunitarie quali Direttive e Regolamenti che introducono negli
ordinamenti principi cardine come "elevato livello di tutela", "sviluppo
sostenibile", "integrazione dell'ambiente nelle politiche di settore"
(industria, agricoltura, turismo), è stato quello di optare per soluzioni
low profile , piuttosto che affrontare in modo organico e complessivo tutta
la materia.
Questo atteggiamento, che possiamo definire tradizionale, rappresenta l'idea
che una risposta debole alle esigenze dell'ambiente e delle norme che lo
tutelano, possa tradursi in un maggiore grado di libertà per le imprese che
decidano di operare sul territorio, nel nome di uno sviluppo e di una
crescita continua.
Se tale impostazione poteva ancora reggere, entro certi limiti, ancora fino
agli anni '80, oggi si dimostra ovunque perdente non solamente di fronte al
nuovo sistema di rapporti fra le istituzioni pubbliche, ma anche per effetto
dell'irruzione sulla scena di nuovi attori in qualità di portatori di
interessi legittimi come i singoli cittadini, le associazioni, i comitati,
tutti soggetti che hanno messo in luce il profondo divario, soprattutto
culturale, fra il mondo della politica e le tematiche ambientali.
Occorre riflettere sul fatto che la carenza di una seria politica ambientale
si traduce in uno svantaggio competitivo anche e, forse soprattutto, per le
imprese.
Si badi bene che una politica ambientale non è limitata al cosiddetto "ambientalismo",
quello per intendersi tacciato, pur spesso ingiustamente, come l'opposizione
a qualsiasi progetto e iniziativa.
Una politica ambientale si compone infatti di una visione della società e
dello sviluppo equilibrati, che tenga conto dell'esauribilità di alcune
risorse, che valuti la molteplicità degli interessi in gioco ed abbia il
necessario rispetto per tutti, non solo per quelli "forti", che proponga
modelli di crescita e di valorizzazione delle peculiarità locali.
Sul piano giuridico ciò si traduce in un sistema organico e integrato, in
cui leggi e regolamenti, piani e programmi sono funzionali a dare risposte
il più possibile chiare e in tempi ragionevoli, sia ai cittadini che hanno a
cuore la propria salute e quella del proprio territorio, ma anche agli
imprenditori che intendono avviare iniziative produttive in questa regione.
La debolezza del quadro legislativo, l'eccessivo rimando a ulteriori atti
normativi e interpretativi, la mancanza di una valutazione completa delle
esigenze che giustificano le norme, i ritardi nel recepimento degli atti
comunitari, rappresentano fattori che inducono il mondo imprenditoriale a
rapportarsi con motivata diffidenza.
Se infatti la proposta di una nuova iniziativa imprenditoriale è ancora solo
potenzialmente dannosa per l'ambiente e la salute , l'impresa proponente
costretta ad operare in un quadro normativo e istituzionale incerto,
soggetto ad eccessiva discrezionalità, senza una netta separazione fra il
livello politico e quello amministrativo, può incontrare in breve danni
economici anche ingenti a causa di procedimenti interminabili, consulenze
continue, progettazioni successive, assistenza legale, e via dicendo.
Un'impresa seria e corretta, dunque, ha tutto l'interesse ad interloquire
con istituzioni e cittadini sulla base di normative chiare, semplificate e
basate sulla trasparenza di tutti gli atti e procedimenti.
Per quanto riguarda la pubblica amministrazione, allora, si pone il problema
assolutamente urgente di dotarsi nel campo ambientale di strutture capaci di
dare risposte prima di tutto basate sulla competenza tecnica, scientifica e
giuridica, obiettivo per il cui raggiungimento serve inequivocabilmente una
riforma dell'attuale assetto istituzionale. E' quindi sperabile che, proprio
nel nome di un interesse convergente dei cittadini e delle imprese a
dialogare sulla base di una condivisa e moderna politica ambientale della
nostra Regione, si possa conseguire il necessario effetto di spingere la
classe politica a riguadagnare al più presto quelle posizioni di avanguardia
che il Friuli Venezia Giulia vantava negli anni '70 proprio per l'illuminata
visione dei propri problemi territoriali.
Franco Musi - ex direttore regionale Parchi e foreste |
Rigassificatori: sono tanti i «no» che contano
Sulla pagina 7 del Piccolo del 28 maggio scorso, viene
riportata l’opinione del capogruppo della Margherita, Cristiano Degano e del
capogruppo dei Cittadini, Bruno Malattia, che ritengono «essere inutile un
referendum, quando la competenza spetta agli altri» (al Governo di Roma, secondo
Malattia). Molto più esaustivo il contributo del capogruppo Degano che,
rispondendo al senatore Antonione, gli ricorda che il problema è di natura
tecnico-scientifica e che occorre cioè verificare se c’è la compatibilità
ambientale che, allo stato: «sulla base della documentazione presentata,
compresa quella supplementare, non ci sono le condizioni per dare un parere, e
non vengono fugati i dubbi per una valutazione completa».
Precisazione: completamente condivisibile quanto è stato detto dal capogruppo
Degano, ma bisogna anche tenere conto che gli uffici della Regione preposti alla
valutazione di Via sono stati artatamente «saccheggiati», eliminando coloro che
verso i rigassificatori si erano espressi per il «no». E non dobbiamo
dimenticare a tal proposito, il voltafaccia avvenuto in quegli uffici dove, per
l’intervento «collaborativo» dell’assessore Moretton, il «no» espresso
precedentemente sul cementificio si è miracolosamente trasformato in «sì». Quale
e quanta affidabilità possono meritare? Il capogruppo dei Cittadino per il
Presidente, Bruno Malattia, è rimasto inadeguatamente vincolato «agli ordini di
scuderia» e, senza nemmeno immaginare che il Governo di Roma, dovrà essere il
semplice notaio di una situazione ambientale e legale che, nello specifico
esiste, perché è stata valutata scientificamente da chi, a Trieste, ha le
conoscenza scientifiche per poterlo fare, ritiene, clamorosamente sbagliando,
che il Governo di Roma (in particolare il ministro Bersani), possa viceversa
passare sopra la testa dei cittadini di Trieste, disconoscere tutti i «no» che
contano: dei comuni coinvolti, delle circoscrizioni cittadine, dei comitati
autonomi, delle associazioni ambientaliste, delle molteplici relazioni pubbliche
presentate dagli scienziati e, infine, dai cittadini della Slovenia. E non è
tutto: il capogruppo Malattia sicuramente non si è preso cura di leggersi i
contenuti di tutti i protocolli internazionali, né la legge Seveso, né la
Costituzione italiana: vi troverebbe che, prima, ripeto prima e non dopo le
regole del profitto, devono essere esercitati il diritto alla salute,
all’incolumità fisica, alla compatibilità ambientale del territorio in cui le
popolazioni vivono. Devono escludersi decisioni che siano in conflitto con bene
essenziale della cittadinanza, quando tali decisioni potrebbero svilupparsi in
territori ambientalmente più adatti a subire totalmente la mutazione della
destinazione d’uso. Non può quindi esserci una totale, estesa, capillare
disinformazione dei «grilli» industriali. Deve esserci, oltre l’informazione
capillare dei cittadini, non pochi confronti rappresentativi (quindi la prevista
partecipazione popolare) e, infine l’esplicita partecipazione decisionale. Le
regole non bastano per sconvolgere una città. Le regole hanno molteplici
significati, soprattutto di natura morale che non possono, tuttavia, prevaricare
le leggi o tentare di sottomettere a un’interpretazione di comodo che non ha
alcun valore giuridico (oltre al traguardo del profitto).
Arnaldo Scrocco - Comitato per la salvaguardia del Golfo di Trieste
Ferriera: problemi irrisolti |
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Care Segnalazioni mi chiedo se esistono ancora i
rappresentanti delle istituzioni, visto che nella zona prospicente lo
stabilimento della Ferriera di Servola: via Pitacco, via dei Giardini, via
San Lorenzo in Selva, via Ponticello ecc., giornalmente la Ferriera
continua a emettere polveri e odori nauseabondi, tanto da costringere la
popolazione a tenere chiuse le imposte per la maggior parte della
giornata, e ciò anche quando fa caldo. La gente è obbligata a pulire gli
ambienti interni ed esterni. Non esiste nessun rispetto per il prossimo;
se questa non è violenza!
Per quanto riguarda la via Pitacco, le aree verdi sono in completo
abbandono. Fronte al numero civico 37 gli abitanti che aspettano l’autobus
sono costretti a stare in mezzo alla strada perché non esiste un
marciapiede. Per tutti quelli che non credono a quello che ho scritto
invito a farsi un giretto con la linea 8 che transita vicino la Ferriera,
via Pitacco, via dei Giardini, via di Servola e via Carpineto.
Nevio Tul |
IL PICCOLO - MARTEDI' , 5
giugno 2007
Rozzol Melara, il 60% dei rifiuti sono differenziati - I risultati della
raccolta |
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Grazie all’iniziativa «differenzi-azione», il progetto sperimentale di
raccolta differenziata porta a porta, avviato dal 2004 ad oggi nel
comprensorio Ater di Rozzol-Melara, i residenti hanno raggiunto il 60% dei
rifiuti gettati negli appositi contenitori per carta, plastica,
vetro-lattine. È il risultato presentato ieri dal consorzio Interland, che
ha realizzato l’iniziativa nel comprensorio, insieme all’Ater, nell’ambito
del progetto europeo «equal-progetto nexus», per testare la percezione dei
cittadini sulla qualità del servizio fornito, ieri il consorzio e la propria
associata Querciambiente Società Cooperativa, ha illustrato il sondaggio
commissionato all’SWG tra gli abitanti delle case Ater di Melara. 160 i
residenti intervistati, che hanno raccontato impressioni e commenti sulla
raccolta. Dall’indagine emerge che la scelta di riciclare i rifiuti da parte
dei cittadini è partita proprio con il progetto di Interland, che ha creato
dei punti raccolta da hoc alla base degli edifici del comprensorio. I dati
evidenziano inoltre come la soddisfazione, riguardo al servizio, da parte
dei cittadini, raggiunge il voto di 8 punti, in una scala da 1 a 10. La
convinzione degli abitanti degli stabili è che la raccolta differenziata sia
effettivamente utile e fondamentale in primis per l’ambiente.
Sollecitato però, da parte della maggioranza degli intervistati, il
desiderio che, a fronte di un nuova abitudine in materia di riciclo, sia
possibile in futuro giungere ad una riduzione delle tasse, per i cittadini
che concretamente dividono in modo corretto i rifiuti da smaltire. «Vista
l’esperienza positiva di Melara – sottolinea il presidente del Consorzio
Dario Parigini – vorremmo estendere il progetto anche ad altre zone.
Fondamentale però che i costi vengano coperti dai contributi Conai,
realizzati per la vendita del materiale, e i risparmi ottenuti dal mancato
incenerimento del materiale raccolto. Per questo speriamo che il Comune
possa intervenire per rendere possibile l’incremento del servizio, che
potrebbe toccare anche gli abitati di San Giovanni, Valmaura, Borgo San
Sergio, Ponziana e Giarizzole». In merito a questi obiettivi nel 2006 e nei
primi mesi del 2007 il consorzio, in collaborazione con il Comune, l’Acegas-Aps,
la Provincia e l’Ater, ha avviato un tavolo di discussione, per valutare la
realizzazione di uno specifico studio di fattibilità.
mi.b. |
Grizon: «Gnl, Nesladek ci ha preso in giro» |
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Forza Italia replica alle critiche del sindaco: «La
maggioranza ha perso pezzi e non è in grado di garantirgli il numero legale»
MUGGIA «Nesladek pensi a se stesso e alla sua
maggioranza che ha già perso pezzi e non è in grado di garantirgli il numero
legale». Con queste parole Claudio Grizon, consigliere di Forza Italia a
Muggia, ribatte alle ironie del sindaco a proposito di un possibile
imbarazzo per i consiglieri di Forza Italia, dopo il parere contrario della
Regione sui progetti di Gnl, secondo lui sostenuti ormai solo da Dipiazza.
«Imbarazzato e paonazzo per la vergogna dovrebbe essere proprio Nesladek -
commenta Grizon - in quanto ha preso in giro il consiglio comunale, che sul
Gnl si è espresso contrario all’unanimità, e tutti i cittadini di Muggia, in
quanto gli impegni per promuovere un'adeguata informazione e lo svolgimento
di approfondimenti tecnici con l'ausilio delle istituzioni scientifiche
triestine li ha tutti disattesi».
«Per quanto ci riguarda - sottolineano Grizon, Santorelli, Carboni e Tarlao
- Forza Italia sul Gnl, e prima ancora sul Gpl, a Muggia, ha sempre
manifestato la sua contrarietà con chiarezza, assumendosi precisi impegni
con gli elettori anche con il programma elettorale».
«La sinistra in Regione invece - commentano i consiglieri di Forza Italia -
per non esplodere anzitempo, ha costretto il governatore Illy a rinunciare,
dopo mesi di liti interne, al Gnl e ai benefici economici di cui sperava di
beneficiare, lasciando in mano il cerino al traballante governo Prodi».
«Il sindaco ha perso un'occasione per tacere - rileva Grizon - invece di
farsi forte dell'unanimità che è riuscito a raccogliere su questo tema,
ironizza con noi». «Imbarazzato in realtà dovrebbe essere lui - conclude il
consigliere forzista - per le multe inutili, per le pulizie fatte sulle
strade anche se non serve, per l'erba alta lungo i marciapiedi della
periferia, per il ritorno dell'acqua alta in centro storico, per un centro
sinistra che ha perso a Duino e in gran parte d'Italia, per la paralisi
dell'attività amministrativa, per l'incapacità di trovare risorse, per le
delibere consiliari fatte male e per il suo populismo di periferia tanto
indisponente quanto inconcludente che sta riportando indietro Muggia di
dieci anni». |
È scontro Legambiente-Wwf sui rigassificatori -
Moretton: cementificio, attendiamo il parere Ass |
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Lettera di Sonego agli industriali: Endesa e Gas
Natural, persa un’occasione. Lupieri: sicurezza prioritaria
TRIESTE «La delibera sul Cementificio di Torviscosa
non sarà discussa dalla giunta venerdì prossimo»: lo afferma l'assessore
regionale all'Ambiente Gianfranco Moretton. L'assessore precisa che
l'esecutivo «sta aspettando i pareri richiesti all'Azienda Servizi Sanitari
5». Il parere è previsto fra una decina di giorni. Intanto su di un altro
nodo ambientale, i rigassificatori, si registra una disputa fra gli
ecologisti: non più di un rigassificatore nel golfo secondo Legambiente,
«neppure mezzo» secondo Wwf. Sul numero degli impianti che il golfo
triestino potrebbe accogliere si spacca il fronte degli ambientalisti,
felici della decisione della giunta di dare lo stop all’iter, decidendo per
una sola eventuale autorizzazione e rimandando tutto al ministero
dell’Ambiente. «Bravo Illy. Nell'area di Trieste, per motivi di sicurezza,
non va autorizzato più di un rigassificatore - afferma Roberto Della Seta,
presidente Nazionale di Legambiente - .È insensato, per l'ambiente e per la
sicurezza dei cittadini, realizzare due rigassificatori nel raggio di poche
decine di chilometri. Siamo soddisfatti che la Regione sia finalmente
arrivata alle nostre stesse conclusioni». Ma sulle parole del responsabile
di Legambiente insorge il Wwf, che ribatte: non solo nel golfo non vanno due
rigassificatori, bensì non ce ne deve essere neanche uno. «Non si mettono
”bombe in un catino” – afferma il responsabile regionale Vinicio Collavino –
quindi, con le premesse che abbiamo visto, nessuno dei due impianti è da
realizzare. E la nostra è una posizione motivata da tanti fattori: il golfo
triestino ha un basso fondale, senza ricambio d’acqua, porre anche un solo
rigassificatore comporterebbe dei danni irreparabili alla flora e alla fauna
nonché all’economia, andando a colpire ad esempio i pescatori di Grado e
Marano». Intanto, sulla vicenda interviene anche il consigliere della
Margherita Sergio Lupieri, che prevede comunque un esito negativo dell’iter
di autorizzazione. «Le società non sono state in grado fino ad ora di
fornire repliche sicure sulle criticità presentate – spiega - .e non sono
state fornite risposte convincenti sul quadro programmatico, progettuale ed
ambientale, per cui il “no” è inevitabile». E nella vicenda interviene anche
l’assessore regionale ai Trasporti Lodovico Sonego, che in una lettera
inviata al presidente della Confindustria regionale, Adalberto Valduga,
definisce “giusta”, la posizione di Confindustria sui rigassificatori, e
sottolinea come il governo del Fvg sia rammaricato del fatto che Endesa e
Gas Natural abbiano sprecato l'occasione loro offerta con le integrazioni al
progetto per ottenere un valutazione di impatto ambientale positiva già in
sede regionale.
e.o. |
Rigassificatori: non ce n’è bisogno |
|
I
cittadini italiani e, nel caso specifico dei rigassificatori triestini,
vengono considerati dei poveri «pirla» (uso questo termine meno
traumatizzante del nostro) a cui somministrare le notizie più
contraddittorie. Negli incontri televisivi, i vari politici ed esperti,
vedi «Porta a porta», «Ballarò» ecc., ci propinano le più svariate
statistiche, indagini, opinioni, dati Istat, senza che la povera «gleba»
possa avere la certezza della loro reale corrispondenza.
I nostri organi istituzionali romani costano ai cittadini quanto spendono
Francia, Germania e Spagna messe assieme? Se è vero, allora bisogna
cominciare a cambiare tutto, cominciando dall’alto. Il Presidente
Napolitano ha provveduto a risolvere a Napoli il problema della
spazzatura, ma anche questo, più che spreco «politico» è un prioritario
dovere di pulizia morale, soprattutto nella situazione economica in cui si
trova l’Italia.
Ritornando a Trieste, giorni fa su Raitre è stato fatto un interessante,
coraggioso servizio sui rigassificatori in Italia. Invito «Il Piccolo» a
riportare i dati emersi da questa indagine, che riassumo brevemente: in
Europa molti Stati hanno richiesto di installare rigassificatori in numero
di uno, o due al massimo; l’Italia ne ha richiesti sei! L’assurdo, per la
buona pace del cervello dei triestini, è che l’Italia, da quanto emerso da
questo servizio televisivo, non abbia alcun bisogno di rigassificatori,
perché il gas che importiamo da Tunisia, Algeria e Russia basta e avanza.
Vogliamo finirla di farci prendere in giro? Vogliamo la verità vera e non
notizie che sembrano sovvenzionate da grossi interessi finanziari.
Italico Stener |
Alta velocità, da oggi s’incontrano a Trieste i vertici delle ferrovie di
Italia, Austria e Slovenia |
|
TRIESTE Si incontreranno oggi a Trieste, in occasione della prima giornata
di lavori del 48.o corso dell’Istiee - l'Istituto universitario di economia
dei trasporti diretto dal prof. Giacomo Borruso - i vertici delle principali
aziende del sistema ferroviario italiano, austriaco e sloveno. Assieme per
discutere il futuro assetto delle linee ferroviarie europee, con particolare
riferimento all'Alta velocità. A partire da questa mattina (la prima
giornata del corso Istiee si tiene nell'aula magna della Scuola superiore
interpeti di via Filzi, a partire dalle 9.30) sono infatti previste le
relazioni dell'ing. Franco Marzioli, delle Ferrovie italiane, dell'ing.
Rudolf Koeller, dirigente delle ferrovie austriache, un rappresentante -
l'ing. Sonia Suadi - del Consorzio ferroviario "Lyon-Turin Ferroviarie",
nonché il sottosegretario al ministero dei Trasporti sloveno, Boris Zivec,
che tratteranno i temi generali dello sviluppo ferroviario nei territori di
pertinenza. Il corso Istiee proseguirà fino a giovedì. L'8 giugno, invece,
chiuderanno i lavori l'ing. Vincenzo Soprano, amministratore delegato di
Trenitalia e l'assessore regionale ai Trasporti Sonego. |
IL PICCOLO - LUNEDI' , 4
giugno 2007
Antenne a Muggia, indaga la Trasparenza - Convocata la
neonata commissione |
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Sarà la neonata commissione trasparenza ad occuparsi
venerdì delle presunte illegittimità nell’iter di nomina dei membri della
commissione che si occupa delle antenne per la telefonia a Muggia. A
convocare la riunione (la prima dopo quella di insediamento) è il presidente
della commissione Claudio Grizon (Fi). E proprio lui aveva sollevato in aula
(mercoledì scorso) dubbi sul procedimento adottato. La commissione in
questione è stata comunque nominata (col voto in aula solo della
maggioranza) e prevede la presenza di un rappresentante dell’Azienda
sanitaria, uno per i gestori di telefonia, uno per l’ordine degli ingegneri
e uno di Legambiente.
In aula si era, tra l’altro, discusso molto in merito alla scelta del
rappresentante ambientalista, sostituito a quello di «Ambiente e/è vita»,
designato nella commissione precedente. Ma Grizon aveva avanzato dubbi di
legittimità dell’iter seguito, e aveva citato la legge regionale che delinea
tale organismo comunale: «La norma prevede che la scelta sia fatta tra i
membri designati da tutti i soggetti portatori di interessi (associazioni
ambientaliste, ordini professionali). Qui invece si sono già decise le
categorie da rappresentare». Da qui la volontà di Grizon di convocare la
commissione trasparenza (che si occupa proprio, tra l’altro, della verifica
degli atti amministrativi). L’ordine del giorno infatti prevede la verifica
del rispetto della legge regionale 28/2004 e della legge 241/90.
s.re. |
Carburanti alternativi: i rischi del biodiesel |
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Nell'ambito della ricerca di fonti alternative di
energia, ciclicamente si torna a parlare di olio di semi per la trazione
automobilistica. È un'avventura iniziata molti anni fa e che fino ad ora non
ha dato i risultati sperati, anche se progressi sono stati fatti. Vi è anche
una certa confusione tra gli automobilisti. In molti non hanno capito che il
prodotto vegetale, in termine tecnico chiamato biodiesel, non è proprio
identico a quello che si compra nei supermercati. Chi ha voluto provare
l'olio del supermercato ha sicuramente passato dei guai. Al di là del
rischio venale, perché si tratta di una vera e propria evasione fiscale,
poichè non si paga la famosa accisa sui carburanti, l'olio di semi, in
particolare quello di colza, può essere considerato una vera «frana»
tecnica. Impiegato anche in quantità ridotte e mescolato al gasolio,
trafilando nella coppa, diluisce l'olio lubrificante che non riesce più a
svolgere il proprio compito di preservare le parti metalliche in reciproco
movimento, con rischio di grippaggio, specie della turbina (nei motori
sovralimentati), che ruotando a giri elevatissimi, è un organo
particolarmente sensibile.
La formazione di lacche e residui carboniosi, poi, rende problematica la
lubrificazione nel suo insieme, essendo i passaggi dell'olio costituiti da
condotti e fori anche piccolissimi, e quindi facilmente ostruibili. Senza
contare che soffrono anche le fasce elastiche, che, imbrattate dai depositi,
non arrivano più svolgere la loro azione. Anche le caratteristiche dei
motori degradano significativamente, salvo per la fumosità che in effetti
diminuisce, perché contemporaneamente diminuiscono le prestazioni ed aumenta
il consumo: un bilancio del tutto negativo, in definitiva, anche per
l'ambiente e per l'effetto serra. Tutto questo per mettere in guardia il
potenziale automobilista «fai da te» dal rischiare, per qualche manciata di
euro, di compromettere seriamente il motore il cui ripristino costerebbe
parecchie migliaio di euro.
Discorso diverso è per il biodiesel che, costituendo anch'esso una fonte
rinnovabile, essendo certamente un olio di semi, può avere un futuro anche
se vanno risolti ancora importanti problemi tecnici. Il più importante è
l'estensione sul territorio delle coltivazioni necessarie per produrlo in
quantità significative che secondo alcuni è incompatibile con l'ecosistema.
E ci risiamo.
Giorgio Cappel |
Rigassificatori: sì al referendum |
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Chiedere ai cittadini della Provincia di Triete se
sono d’accordo sulla costruzione di due rigassificatori sul territorio è un
dovere, oltre a una dimostrazione di civiltà, democrazia e giustizia e io
plaudo il senatore Roberto Antonione, con il quale sono pienamente
d’accordo, per la sua proposta di indire un referendum. Una scelta di tale
impatto ambientale non può essere fatta dalle sole istituzioni senza che la
popolazione possa esprimersi in merito.
È necessario fornire gli abitanti di una completa informazione sui pericoli
che comporterebbero l’esistenza di un deposito a terra, una piattaforma off
shore e un traffico sostenuto di navi per il trasporto del gas, perché
sarebbe inconcepibile solo pensare di costringere le navi gestire a fare
slalom tra le navi bianche e le petroliere. Autorizzare questo mostruoso
progetto costituirebbe la fine del nostro porto. La popolazione deve
decidere e se il risultato dei referendum sarà contrario di progetti, allora
che tutto finisca qui e non se ne parli più.
Primo Rovis |
IL PICCOLO - DOMENICA , 3
giugno
2007
Sonego: Endesa e Gas Natural facciano chiarezza -
L’assessore: rigassificatori, ora diano tutti i documenti a Roma oppure
rinuncino |
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Polemiche dopo lo stop della Regione. Fortuna Drossi a
Dipiazza: nessuna paura di decidere, piuttosto sia il Comune a pronunciarsi
|
Lauri (Rifondazione) deluso: era preferibile un no più
deciso da parte dell’esecutivo |
TRIESTE «Adesso la palla passa ai proponenti. Se
saranno reticenti, dimostreranno che non intendono realizzare l’impianto».
Lodovico Sonego, il giorno dopo la fumata nera sull’insediamento dei
rigassificatori nel golfo di Trieste, si rivolge a Gas Natural e Endesa, le
società che hanno presentato i progetti: «E’ del tutto evidente che è loro
interesse, se vogliono davvero procedere, rispondere allo Stato in maniera
più esauriente di quanto abbiano fatto rispetto alle richieste della
Regione». «La nostra è stata una decisione molto netta – spiega l’assessore
con delega all’energia rispondendo all’accusa di Isidoro Gottardo (Fi) su
una “scelta pilatesca dell’esecutivo –: il governo regionale è apertamente
favorevole alla realizzazione di un rigassificatore ma pone precise
condizioni ambientali allo scopo di tutelare le persone e l’ambiente. In
particolare, chiediamo che per il rigassificatore a terra lo Stato imponga
di prolungare la condotta di scarico delle acque fredde oltre la diga
foranea mentre, per quanto riguarda quello in mare, che si tenga conto delle
osservazioni paesaggistiche del Comune di Grado. Chi ragiona in questo modo
dimostra coi fatti di essere per la rigassificazione». Sonego, ribattendo in
questo caso al sindaco di Trieste Roberto Dipiazza, smentisce inoltre che la
decisione della giunta dipenda in qualche modo «dall’effetto cementificio».
«Dipiazza piuttosto – aggiunge l’assessore – precisi qual è la posizione
dell’amministrazione comunale». Al sindaco replica anche Uberto Fortuna
Drossi (Cittadini): «Da che pulpito: Dipiazza pensi prima a mantenere i suoi
tanti impegni: Ferriera, parcheggi, piano del traffico, problema
allagamenti, inquinamento. E, in tema di rigassificatori, si preoccupi del
parere del suo consiglio che ha votato contro». Fortuna, ricordati i pro e i
contro dei due impianti – «quello a mare risponde meglio agli aspetti della
sicurezza, quello a terra prospetta vantaggi economici» - approva l’operato
della giunta: «Non si è lavata le mani, ha solo seguito con puntualità una
procedura che assegna la Via al governo sentito il parere della Regione. Un
parere, il nostro, che non può essere definitivo». Se i Cittadini promuovono
la giunta e pure i Ds, con il capogruppo Mauro Travanut, parlano di
«decisione corretta», non altrettanto fa Rifondazione comunista. «La
decisione di venerdì – commenta il segretario regionale Giulio Lauri – tiene
conto di tutte le criticità evidenziate dal punto di vista
tecnico-ambientale e anche del fatto che una consistente parte della
popolazione di Trieste, Grado e del Monfalconese ha espresso grande
preoccupazione e sostanziale contrarietà all’impianto. Ma – aggiunge Lauri –
ho osservato anche una condivisibile non volontà di andare fino in fondo con
il ragionamento. Sarebbe stata preferibile una presa di posizione netta che
dicesse una parola definitiva sul “no” alla realizzazione dei due
rigassificatori».
Un “no” che, secondo Lauri, avrebbe potuto già arrivare «perché il fatto che
le due società proponenti non hanno risolto i nodi segnalati da mesi fa
evidentemente ritenere che non sia possibile risolverli. E allora perché
rilanciare la palla ancora al committente?».
Marco Ballico |
Governa (An): «Provincia, silenzio sui
rigassificatori» |
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I rigassificatori? Il dibattito ha imperversato, alla
fine la Regione ha deciso lo stop. Ma la Provincia ha continuato a tacere.
«Nonostante le svariate richieste che ripetutamente l’opposizione in
Provincia ha presentato, tace la sua giunta. E non può esprimersi un
consiglio a cui su questo argomento così delicato si continua a non dare
voce».
Questa l’accusa che all’esecutivo di Palazzo Galatti presieduto da Maria
Teresa Bassa Poropat lancia An con il suo consigliere Arturo Governa. Il
quale però definisce la posizione della Provincia «comprensibile», giacché
«su questo come su altri temi la già fragile maggioranza di centrosinistra
in Provincia teme di sfaldarsi. È altresì comprensibile che su questo come
su altri temi fondamentali questa amministrazione teme di dare un dispiacere
alla Regione. Crediamo opportuno però - continua Governa - che l’opinione
pubblica sia edotta sulla paralisi politica che colpisce per volontà di chi
la governa l’ente provinciale, e sulla totale assenza d’iniziativa di una
maggioranza che continua supinamente ad accettare questo status quo, che ha
ridotto a zero il peso politico della Provincia». |
Nesladek: «Sui rigassificatori condivise le nostre
posizioni» |
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MUGGIA «Siamo sollevati e contenti che la Regione
abbia condiviso le nostre posizioni in merito ai rigassificatori. La giunta
ha tenuto giustamente in considerazione le nostre istanze e, soprattutto, le
preoccupazioni dei cittadini. Si tratta di un comportamento responsabile e
corretto». Il sindaco di Muggia Nerio Nesladek si dichiara contento e
commenta così, a caldo, la notizia che la giunta regionale ha approvato una
delibera contraria ai rigassificatori.
La delibera evidenzia infatti «carenze documentali, e non dimostra l’assenza
di rischi ambientali» dei due impianti progettati, fermandone quindi l’iter.
Anche se ora la palla passa comunque a Roma e l’ultima parola spetterà al
ministero dell’Ambiente.
Una posizione analoga a quella espressa a Muggia nei mesi scorsi. Lo
sottolinea il sindaco: «La delibera regionale dimostra il buon lavoro che
abbiamo fatto: le motivazioni del no regionale sono le stesse che avevamo
espresso a Muggia. Noi abbiamo sempre tenuto la barra al centro, e chi ha
tuonato contro tutti ora dovrà ammettere che le persone ragionevoli sanno
capire la ragione degli altri».
Nel merito politico muggesano, il sindaco si rivolge in particolare ai
consiglieri di opposizione di Forza Italia: «Immagino l’imbarazzo della mia
opposizione in consiglio comunale, che si trova dalla stessa parte politica
dell’unica persona, ora (il sindaco di Trieste, ndr), che vuole quell’impianto,
ma per motivi solamente economici. Mentre la Regione si è allineata con le
preoccupazioni dei cittadini».
s.re. |
Torviscosa: il cementificio unica proposta di sviluppo |
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Caro papà,
ti scrivo d’oltreoceano i miei pensieri riguardo all’argomento che mi hai
proposto. Come sai bene, normalmente non mi interesso direttamente di
politica e per non smentirmi non lo farò nemmeno questa volta. Il mio punto
di vista resterà quello di una giovane donna educata dalla vita al buon
senso e sia chiaro che non penso che si tratti di una formazione finita, ma
semplicemente infinita quanto lo sono le sfaccettature dell’animo umano.
Sfruttando la reale distanza che si misura tra Torviscosa e New York mi
sembra di riuscire a considerarti nella veste di uno degli abitanti di
Cervignano del Friuli e a moderare la tua, a mioparere, «giovanilistica»
interpretazione dei fatti.
Parliamo della forse prossima nascita di un cementificio a Torviscosa.
Quella di Torviscosa è una realtà che io conosco abbastanza bene per una
serie di circostanze che si sono avvicendate negli anni. Brevemente lo
ricordo perché diventi un patrimonio comune.
Dapprima Torviscosa è stata per me il suo Bar Bianco. Mi ricordo infatti che
da piccolina (non ero ancora intollerante al latte e ai suoi derivati) è
capitato che durante le mie domeniche alterne a Cervignano si andasse in
quel luogo un po’ speciale per mangiare un gelato «fresco». Poi Torviscosa è
diventata un gruppo di sarcastici attori che producono spettacoli di
riflessione sulla lingua friulana. Alludo al Teatrino del Rifo e al loro
tentativo di coinvolgere il paese in attività potenzialmente produttive ma
in un senso meno materiale rispetto alle abitudini locali. Nello stesso
periodo (non ero ancora laureata) ho scoperto la fantastica piscina e il pub
sulla tangenziale. Poco dopo, un caro amico e colto architetto mi ha
presentato la Torviscosa utopica e fascista nella sua veste più romantica.
Ho scoperto i magnifici mobili che compongono il bar della fabbrica
(purtroppo il prezioso bancone originale è stato di recente sostituito con
uno più moderno e pratico), il teatro, il viale di rappresentanza, la
piazza, la zona residenziale, insomma, il progetto di vita insito nella
fabbrica della «città».
Dopo la laurea mi sono ritrovata in possesso delle categorie necessarie a
trattare l’argomento «paesaggio» e casualmente, ma si potrebbe anche
trattare di destino, il mio primo lavoro come dottore è stato quello di
creare l’Archivio Fotografico Storico del Consorzio di Bonifica della Bassa
Friulana. In tale circostanza, la problematica geografica (spazio) ha
trovato la sua spiegazione nell’ordine da imporre agli eventi storici
(tempo) e la città-fabbrica si è trasformata in pura immagine demagogica.
Infine, di recente ho conosciuto il Cid, la sua spettacolare finestra-occhio
che controlla il parcheggio davanti all’entrata della fabbrica e il suo
proposito di valorizzare la memoria del luogo.
Dopo questo breve excursus che non mi da alcun diritto né competenza
particolare, ma mi presenta come la persona che sono, vorrei aggiungere che
secondo me gli errori sono necessari alla crescita e all’evoluzione. Credo
infatti che nessuna azione possa essere fruttuosa se non deriva da una
sentita esigenza.
Inoltre devo aggiungere che l’idea di un cementificio a me non sarebbe mai
venuta in mente e che invece di recente ho proposto al Cid di organizzare
una mostra-concorso intitolata «Torviscosa al centro del mondo». Un concorso
di idee pensato per essere rivolto a diverse categorie di persone (bambini,
artisti, architetti, ingegneri, scrittori) come invito a immaginare le
potenzialità del luogo.
Concludo dicendo che sinceramente penso che se il cementificio di Torviscosa
troverà la forza di nascere è perché non ci sono altre proposte altrettanto
forti e interessanti, né economicamente. Per lo stesso motivo mi sembra
evidente che se qualcuno avesse considerato veramente importante lasciare il
bancone originale del bar della fabbrica al suo posto si sarebbe trovato il
modo di fare una raccolta di fondi per restaurarlo e renderlo efficiente
rispetto alle esigenze della nostra epoca pur mantenendo l’antica facciata.
Evidentemente non è una prerogativa del luogo quella di conservare una
memoria così integra, e perché fargliene una colpa, forse è il suo genuino
carattere!
Corinna Cadetto |
Cinque rigassificatori nella baia di Tokyo
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Il lettore Sergio Baldassi, in una lettera pubblicata
sul «Piccolo» del 27 maggio («Troppa imprecisione sui rigassificatori»),
critica il paragone tra la baia di Tokyo e il golfo di Trieste che il
presidente della Regione Riccardo Illy ha più volte indicato nella
discussione sui progetti di terminal di rigassificazione, che due diverse
società hanno proposto di realizzare in Friuli Venezia Giulia.
Va innanzi tutto precisato che in questi confronti si è sempre parlato del
golfo di Trieste, e non di quello di Muggia, di cui il lettore fornisce i
dati nella sua lettera. La baia di Tokyo è di grandezza doppia rispetto al
golfo di Trieste (1000 chilometri quadrati contro 550 circa, dalla laguna di
Grado a punta Salvore), con la stessa profondità media (16 metri).
Tuttavia, attorno alla baia di Tokyo c’è una delle più alte concentrazioni
urbane del mondo, dove vivono stabilmente 26 milioni di persone (la sola
Tokyo ne ha 12) su una superficie di soli 7500 chilometri quadrati, pari a
poco meno di quella dell’intera regione Friuli-Venezia Giulia, che ha un
milione e 200 mila abitanti. Nella baia di Tokyo ci sono 5 terminal di
rigassificazione, a cui attraccano 8 navi la settimana (oltre 400 all’anno).
Il gas liquefatto arriva nella baia giapponese dal 1969, senza che ci sia
mai stato alcun serio incidente. In questo senso, e solo in questo senso, si
è sostenuto che il golfo di Trieste può ragionevolmente ospitare uno dei due
impianti proposti.
Approfitto dell’occasione per ricordare che la decisione finale sui
rigassificatori nel golfo di Trieste spetta al Governo centrale. All’interno
di una procedura di Via (Valutazione di impatto ambientale) di carattere
nazionale, alla Regione spetta un parere motivato. Nel formulare questo
parere, saranno tenuti puntualmente in considerazione tutti gli aspetti
dell’impatto ambientale dei due impianti.
Lodovico Sonego - assessore regionale alla Pianificazione
territoriale e all’Energia |
IL PICCOLO - SABATO , 2
giugno
2007
Rigassificatori, stop della giunta ai due impianti -
Approvata la delibera: «Carenze documentali, non è dimostrata l’assenza di
rischi ambientali» |
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Ora tocca al governo decidere ma la Regione non
esclude in futuro l’ok a un solo progetto. Antonaz vota contro: chiedevo un
no più netto
TRIESTE Fumata nera sull’insediamento dei
rigassificatori nel golfo di Trieste. Questa è la decisione uscita ieri
mattina dall’esecutivo regionale. Non si tratta di un parere negativo tout
court, ma di una valutazione tecnica che comunque assume un’importante
sfumatura politica. Perché il Ministero dell’Ambiente, che ha la competenza
di dire l’ultima parola fornendo la valutazione di impatto ambientale ma è
probabile, non potrà non tenere conto dell’indicazione deliberata dalla
giunta. Le «zone d’ombra», individuate nelle relazioni presentate dalle due
società proponenti (Endesa e Gas Natural) con le relative integrazioni
richieste, hanno suggerito all’esecutivo prudenza e quindi una frenata sul
possibile insediamento degli impianti. Una deliberazione che non è stata
approvata da tutti gli assessori con l’eccezione di Roberto Antonaz che si
aspettava un’opzione negativa netta. La Giunta regionale infatti ha deciso
di non esprimere parere di compatibilità ambientale sui progetti di due
rigassificatori nel golfo di Trieste così come sono stati presentati da Gas
natural, uno, e da Endesa, l'altro. «Secondo la Giunta regionale - ha
spiegato l’assessore Michela Del Piero - non è dimostrata l'assenza di
pericoli per la salute umana e per l'ambiente».
«La Regione - aggiunge la Del Piero - ha pertanto deciso di segnalare le
carenze documentali e progettuali al Ministero dell'Ambiente e della tutela
del territorio e del mare cui compete la Valutazione di impatto ambientale
che compete allo Stato. Qualora il Ministero superasse le difficoltà di
ordine progettuale e ambientale abbiamo ritenuto, per il principio di
precauzione, di essere disponibile a dare l'intesa per un solo impianto».
Una soluzione che non ha convinto Roberto Antonaz per il quale nella seduta
di ieri sono stati evidenziati tutti gli elementi nella riunione di ieri per
dare un parere negativo. «Ho votato contro - spiega Antonaz - perché la
giunta regionale si è fermata un millimetro prima di dire esplicitamente e
chiaramente «no» ai due impianti. Rilanciando la palla al Governo e ai
ministeri dell'Ambiente e dei Beni culturali, la giunta non ha voluto
assumersi fino in fondo le responsabilità del no».
Antonaz ha espresso una valutazione positiva sui «grandi passi in avanti -
dice - di questa delibera rispetto ad alcune settimane fa. Essa - spiega
Antonaz - è stata il frutto di un approfondimento tecnico che ha fatto
pendere l'ago della bilancia nettamente a favore di un parere negativo ai
due impianti. Oltre ai pareri politici quindi - ha detto Antonaz - si sono
aggiunti questi pareri tecnici che dovevano far maturare una valutazione
diversa»
La posizione dell’assessore di Rifondazione non è stata condivisa dagli
altri membri di giunta. «Come sempre gli atti - spiega l’assessore Roberto
Cosolini - sono la migliore risposta se rigorosi, motivati e rispettosi
della norma. Questo è sempre stato il nostro metodo e lo abbiamo applicato
anche in questa circostanza. La nostra competenza in questa fase si limitava
a fornire a Roma un parere sull’incompatibilità ambientale».
La giunta e il presidente Riccardo Illy, che si erano sempre espressi in
modo favorevole ai rigassificatori dal punto di vista socio-economico
(scontrandosi con la sinistra radicale), si sono fermati davanti ai rischi
potenziali sull’ambiente e sulla salute dei cittadini. La Regione Friuli
Venezia Giulia - che ha provveduto in questi mesi di istruttoria ad
acquisire i pareri dei comuni interessati - già nel 2006 aveva chiesto al
competente ministero di acquisire integrazioni progettuali sui due impianti
«volte a risolvere le problematiche emerse».
«Pur tenendo conto di quanto fornito in aggiunta dalle due società -
conclude l'assessore Del Piero - il quadro documentale che ne deriva non ha
consentito di superare le perplessità sull'impatto ambientale degli
impianti».
«La richiesta al ministero dell'Ambiente e al ministero per i Beni e le
Attività culturali - ha aggiunto Del Piero - è stata avanzata anche in vista
di eventuali integrazioni agli studi presentati, ritenendo comunque di dover
prospettare al predetto ministero alcuni adempimenti e prescrizioni ritenute
imprescindibili relativamente allo scarico delle acque fredde e clorate, in
ordine agli indispensabili monitoraggi ambientali per ambedue gli impianti e
l'attenzione visiva per quanto riguarda il centro del golfo di Trieste ai
riflessi turistici soprattutto per la località di Grado».
Ciro Esposito |
Igor Kocijancic assieme a Legambiente
presenta una tecnologia studiata in Giappone
Il capogruppo: dibattito inutile, c’è una
soluzione più sicura e economica |
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Rc: meno problemi con il gas-ghiaccio |
TRIESTE «Esiste un’alternativa meno rischiosa
e più economica all’utilizzo del Gnl. La nuova tecnica sarà adottata in
tutti Paesi più avanzati del mondo entro 5 anni. Non si capisce dunque
perché continuiamo a fare battaglie politiche senza prima affidare degli
studi scientifici magari alle tante strutture presenti nell’area di
Trieste».
Per il capogruppo di Rifondazione comunista Igor Kocijancic (prima di
conoscere l’esito della riunione di giunta), il no ai rigassificatori non è
pregiudiziale e ideologico. Il trasporto del metano in forma di cubetti di
ghiaccio è l'alternativa «sicura» ed «economica» alla costruzione dei
rigassificatori per l'approvvigionamento del gas in Italia.
La tecnologia illustrata da Kocjiancic e Santoro è stata sviluppata da
un'azienda giapponese, e consiste nel miscelare metano e acqua e produrre
«cubetti» (pellets) di idrato di metano, che possono essere trasportati via
nave dal luogo di estrazione al Paese di utilizzo. «Si tratta - hanno
spiegato Kocijancic e Santoro - di trasportare i pellets a una temperatura
di 20 gradi sottozero, mentre il gas liquido viaggia a -160. Il volume
occupato dai pellets è 3-4 volte superiore rispetto a quello del gas
liquido, «quindi - ha specificato Kocjiancic - meno gas trasportabile, ma
meno problemi di conservazione dei pellets e di sicurezza rispetto alle navi
gasiere esistenti. Sarebbe oltremodo utile non attardarsi su un dibattito
sui rigassificatori, che oltre ad aumentare il livello di conflittualità
sociale in molti territori rischia - ha concluso - di essere vano perchè
obsoleto».
«Il futuro quindi non è del Gnl ma del metano idrato, cioè dell’Ngh - ha
sottolineato Santoro - è in tutto il mondo stanno studiando la soluzione da
10 anni. Solo in Italia c’è poca attenzione alla ricerca in questo settore.
I costi di produzione dell’idrato sono circa il 25% inferiori a quelli del
Gas liquefatto. Non sono necessari serbatoi per lo stoccaggio, serve solo un
impianto che, per innalzamento termico decompone i pellets in metano gassoso
e acqua».
Per Kocijancic infine «sarebbe meglio riflettere su questo aspetto piuttosto
che continuare ad aggrovigliarci attorno a un dibattito forse inutile sul
numero di rigassificatori da collocare da qualche in assenza di piani
energetici». |
Dalla vetreria alla Tav, tutti i nodi ambientali - I
veti di associazioni, comitati e della sinistra frenano le grandi opere
Sulla questione infrastrutture e sugli insediamenti industriali la maggioranza
sta incontrando le maggiori difficoltà
L’esecutivo regionale non si è ancora espresso sul cementificio e già affiorano
problemi per un’industria del vetro nell’area di Torviscosa
TRIESTE Il caso del cementificio di Torviscosa (sul quale la giunta sembra
orientata a dire no) ha fatto esplodere all’interno della maggioranza frizioni
latenti da tempo sulla questione ambientale. Da una parte la giunta è impegnata
a realizzare un modello di sviluppo economico del Friuli Venezia Giulia capace
di produrre quelle risorse da utilizzare per il welfare e la «coesione sociale».
Dall’altra, sempre all’interno della maggioranza, la sinistra «alternativa», pur
condividendo la linea inserita nel programma di Intesa democratica, chiede che
le scelte non possano essere superficiali nelle valutazioni di impatto
ambientale e soprattutto che le decisioni siano accompagnate da una maggior
collegialità e da una condivisione con il territorio. Sullo sfondo c’è la
difficoltà della politica di conciliare le esigenze della lobby
economico-industriale con la necessità di garantire la salvaguardia
dell’ambiente e della salute dei cittadini.
ELETTRODOTTI La partita si gioca su due fronti. I più importanti gruppi
industriali del Friuli Venezia Giulia hanno la necessità di garantirsi maggiori
approvigionamenti di energia a costi ridotti rispetto a quelli attuali (con un
risparmio di almeno il 30%). Pittini e Fantoni si sono mossi per importare
energia dall’Austria attraverso un elettrodotto. Il progetto di collegamentoi
Wurmlach-Somplago proposto dalle aziende Fantoni e Pittini è stato contestato
per l'impatto ambientale da Comuni, comitati dei cittadini e ambientalisti). In
fase più avanzata è il progetto di una altro impianto interrato proposto dalla
Burgo di Tolmezzo ma una riunione che si è svolta un paio di settimane fa
riunione a Roma tra Regione, Comuni e azienda si è conclusa con un nulla di
fatto.
LA VETRERIA È stata avviata la procedura di istruttoria per la Valutazione di
impatto ambientale per un impianto dell’impresa Veneta Sangalli sempre nell’area
industriale dell’Aussa Corno. Secondo gli ambientalisti le emissioni della
vetreria avrebbero un impatto superiore al famoso cementificio del gruppo
Grigolin.
TERMOVALORIZZATORE Non si conosce ancora dove si farà, quando si farà e neppure
se si farà. Si parla di un impianto di termovalorizzazione da insediare in
provincia di Udine (forse a Osoppo), del tipo «a griglia raffreddato ad acqua» e
alimentato da Cdr (frazione combustibile recuperata dal trattamento dei rifiuti
solidi urbani) e in parte da rifiuti assimilabili agli urbani, per una portata
complessiva di 120 mila tonnellate di rifiuti l’anno. L’impianto sarà pure in
grado di produrre energia elettrica per una potenza pari a 110 mila megawatt
all’anno, al netto degli autoconsumi, energia vendibile sul mercato.Il progetto
è stato presentato dall’Ardea, il Consorzio di imprese friulane che si propone
di investire tra gli 85 e i 100 milioni di euro per l’impianto.
CASSE DI ESPANSIONE Per evitare le eventuali esondazioni del Tagliamento nei
pressi di Latisana la giunta regionale, su proposta dell’assessore Gianfranco
Moretton, ha progettato la costruzione di 3 casse di espansione a sud della diga
di Pinzano. Progetto contestato da Wwf e ambientalisti che propongono come
alternativa la pulizia del letto del fiume che è l’unico in Europa a scorrere
ancora nella sua sede naturale.
AUTOSTRADA Un altro nodo della discordia è la costruzione del raccordo
autostradale Carnia-Cadore. Gli industriali del Veneto hanno già dato la
disponibilità a finanziare l’impresa (54 km da Cavazzo a Cortina con 30 di
gallerie). Anche gli industriali di Udine hanno manifestato un certo interesse
alla costruzione dell’arteria che favorirebbe i collegamenti con il tessuto
imprenditoriale dell’alto Veneto. Il progetto è fermo allo studio di fattibilità
che è stato inserito nel Piano territoriale regionale.
TAV La giunta regionale sta cercando di accelerare sull’Alta velocità
ferroviaria. Il primo progetto della tratta Ronchi Trieste è stato bocciato dal
Cipe. Entro agosto dovrebbe essere ripresentato il progetto. Sul tratto
Venezia-Ronchi alcune amministrazioni locali non hanno dato il via libera,
mentre sulla Trieste-Divaccia ci sono ancora resistenze da parte della Slovenia.
ci.es.
Dipiazza: paura di decidere dopo il caso cementificio -
Antonione: credo che Illy si sia basato più sui documenti che sulle pressioni
dell’opinione pubblica
Le reazioni dopo la delibera della giunta sui rigassificatori. Freddo il
commento del sindaco di Trieste. Il verde Metz: un’ottima notizia
TRIESTE «Ne prendo atto». La reazione del sindaco di Trieste, Roberto Dipiazza,
al doppio no della giunta regionale agli impianti di rigassificazione di Endesa
e Gas Natural è dapprima sorpresa, quindi fredda. Il primo cittadino analizza i
motivi che, a suo parere, sarebbero alle spalle di questa decisione
dell'esecutivo regionale: «Si sono arenati sulla questione cementificio e hanno
avuto paura di decidere – sostiene Dipiazza – scaricando il problema sul
governo. Ora vedremo cosa decideranno a Roma, intanto prendiamo atto di questo
gesto». Anche gli ambientalisti non intendono abbassare la guardia e, tramite il
responsabile del Comitato per la salvaguardia del Golfo, Giorgio Jercog, parlano
di una «scelta-non scelta» da parte della Regione: «Non festeggiamo anche se
rispetto alle dichiarazioni rilasciate a suo tempo dal governatore si è fatto un
passo avanti – afferma Jercog – ma manteniamo l'attenzione alta. La giunta
regionale ha voluto smorzare la tensione sul tema ma la questione non è
assolutamente finita».
La parola passa ora al ministero dell'Ambiente ma, sottolinea il capogruppo
della Margherita in Consiglio regionale, Cristiano Degano, «è stato espresso
chiaramente che senza i dovuti chiarimenti sulle questioni ambientali rimaste
ancora senza risposta non ci sarà l'intesa su nessuno dei due progetti».
Insomma, secondo Degano non si è voluto lasciare la patata bollente in mano al
governo centrale. «A leggere la documentazione – aggiunge l'esponente diellino –
non si vedeva un quadro completo, nemmeno dopo la richiesta di ulteriori
chiarimenti: la giunta ha riconosciuto questa realtà e noi condividiamo questo
atteggiamento». Si spinge più in là un altro rappresentante della Margherita, il
consigliere regionale Sergio Lupieri, secondo cui «se le due società non sono
state in grado di dare le necessarie risposte fino a questo punto, è difficile
che cambi lo stato delle cose in futuro». Quindi, secondo Lupieri, quello che
prima era un “sì condizionato”, ora è un «no condizionato da determinate
prescrizioni. Ma il sì – è convinto – non arriverà». Esultano i Verdi, tra i più
grandi oppositori dei rigassificatori; secondo il consigliere regionale
Alessandro Metz quella della Giunta è «un'ottima decisione. C'era il sentore che
gli uffici tecnici non avrebbero dato un avvallo in bianco. Questa scelta è un
ottimo segnale». Anche per Metz, come ipotizza anche il sindaco Dipiazza, la
decisione della giunta è in parte figlia delle ultime vicende che hanno creato
non poche fibrillazioni nella cittadinanza e in Intesa Democratica: «E' evidente
– sostiene il consigliere dei Verdi – che la questione cementificio ha portato
ad operare in maniera più rigorosa e questa volta la Giunta si è comportata come
tutti si aspettavano». Soddisfatto anche il senatore di Forza Italia, Roberto
Antonione: «Fa molto piacere che ci sia stata questa scelta da parte della
Regione. Ho sempre ritenuto che i rigassificatori potessero essere più dannosi
che utili pur nella convinzione che ci sia bisogno di fonti di
approvvigionamento alternative ma nelle localizzazioni più idonee». Secondo
Antonione «le prese di posizione precise e forti dell'opinione pubblica hanno
avuto il loro ruolo anche se, conoscendo il presidente Illy, credo si sia basato
soprattutto sui dati formali. Ma quello che importa è che sia arrivato un
risultato in linea con quello che speravo». Per il segretario regionale dei
Comunisti Italiani, Stojan Spetic, la giunta «ha dimostrato rispetto per le
procedure previste sulla tutela ambientale e sensibilità per le preoccupazioni
espresse dagli amministratori e dalle popolazioni che si affacciano sul Golfo».
Spetic sottolinea come questo atteggiamento «facilita sicuramente il dibattito
aperto nella maggioranza di centro-sinistra sul metodo democratico da seguire di
fronte ai progetti di forte impatto ambientale e sociale che le forze di
sinistra hanno chiesto con forza anche nei recenti incontri». Positiva anche la
reazione dell'Italia dei Valori attraverso il coordinatore regionale, Paolo
Bassi: «Gli impianti proposti nel golfo di Trieste non erano in grado di
garantire un adeguato livello di sicurezza per la popolazione. Ma – aggiunge
Bassi - ora la Regione dovrebbe attivarsi per la costruzione di centrali
alimentate da fonti rinnovabili».
Roberto Urizio
MUGGIA Contestata la rotazione - Commissione
antenne: entra Legambiente e si scatena la polemica |
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MUGGIA La surroga di un componente della commissione
per il piano per gli impianti di telefonia mobile, ma anche alcuni timori di
illegittimità nella procedura delle nomine, hanno diviso fortemente
maggioranza e opposizione in consiglio comunale a Muggia.
Nella nuova commissione, all’esponente di «Ambiente e/è vita» è stato
sostituito uno di Legambiente. Christian Gretti (An), già referente di
«Ambiente e/è vita», si è lamentato (in modo pacato) per tale decisione, non
condividendo l’addotta «maggiore rappresentatività» di Legambiente. Il
sindaco ha proposto di modificare tale dicitura, spiegando che si tratta di
rotazione fra associazioni. Ma l’opposizione ha parlato di possibili
«preferenze» tra le associazioni ambientaliste, ricordando che il sindaco
era presidente a Muggia di Legambiente. Il sindaco ha negato ogni addebito.
Ma a scaldare gli animi è stata una richiesta di Claudio Grizon (Fi):
«Perché in delibera c’è già il nome dell’associazione ambientalista e delle
categorie professionali per la commissione, se la legge regionale prevede
che si debbano dapprima vagliare le varie candidature? È stato avviato
l’iter?». Alla conferma che non c’è stato alcun iter del genere, come del
resto non c’era stato con la passata amministrazione (di centrodestra),
Grizon è sbottato: «Se i miei “colleghi” hanno sbagliato non vuol dire che
dobbiamo sbagliare ancora. Perché non ritirare la delibera?». Critiche anche
da Andra Mariucci (Cittadini). Ma poi la delibera è stata approvata.
Contrarie solo le opposizioni. La successiva uscita dall’aula della
minoranza (già fuori Mariucci, Leiter e Valentich) ha fatto poi mancare il
numero legale.
s. re. |
Il consigliere di An contesta il ventilato uso
nell’area della fitodepurazione - Gretti: Acquario, bonifica errata |
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MUGGIA L’ipotesi, allo studio, di usare la
fitodepurazione per bonificare il terrapieno di Acquario desta già qualche
perplessità a Muggia.
Ad esprimerla è il consigliere di An, Christian Gretti, dopo che il sindaco
Nesladek, tempo fa, aveva accennato al possibile uso della pianta «vetyver»,
per assorbire metalli ed idrocarburi dal terrapieno inquinato.
Un’ipotesi che non era rimasta lettera morta o studio è stato commissionato
all’ateneo triestino. Gretti non è convinto dell’efficacia, e riporta alcuni
dubbi già espressi dall’Aipin (che si occupa di ingegneria naturalistica).
«Si vogliono usare piante con radici tanto lunghe che raggiungeranno l’acqua
di mare? – chiede Gretti - Si è pensato alle conseguenze? Sopporteranno una
così marcata concentrazioni di sali?».
E aggiunge: «Si è valutato il possibile impatto infestante di una pianta
originaria della Malesia sulla vegetazione al di fuori dall’ area da
trattare? Ed esistono già in provincia o regione siti che utilizzano questo
tipo di trattamento, e con che risultati?».
Secondo il consigliere, si tratta di tecnologie ad alto costo, di lunga
durata e, in ultima analisi, ad alto rischio di insuccesso.
«La fitodepurazione – spiega – può essere vantaggiosa su estensioni
limitate, e per acque reflue. Qui ci sono molte variabili, come fattori
climatici e ambientali, che possono risultare importanti ai fini del
risultato finale dell’operazione».
Gretti conclude con una punta d’ironia: «Sembra qualcosa di miracoloso…
speriamo che sia vero, visto anche l’impegno di spesa previsto».
s.re. |
La Provincia coinvolge i Comuni sulla raccolta
differenziata Barduzzi: «Percentuali basse» - Per legge i volumi andrebbero
raddoppiati |
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L’ASSESSORE: Attualmente viene riciclato solo il 16-19
per cento dei rifiutimentre la legge prescrive di arrivare almeno al 35 per
cento entro il 2007 |
TRIESTE Sul territorio provinciale la raccolta
differenziata registra percentuali inferiori a quelle previste dalla legge.
Attualmente si riesce a differenziare appena il 16-19% del totale dei
rifiuti contro il 35%, obiettivo che secondo l'attuale normativa è da
raggiungere entro il 2007. Per affrontare il problema l'assessore
provinciale Ondina Barduzzi con delega all'Ambiente ha incontrato ieri i
rappresentanti di tutti i Comuni della provincia.
«Ho proposto la creazione di un tavolo tecnico tra esperti della Provincia e
dei Comuni per affrontare operativamente il problema - ha detto Ondina
Barduzzi - e dare attuazione al Piano provinciale sui rifiuti». «E'
necessario agire con tempestività - ha aggiunto - anche perché una nuova
legge, la 152/2006, impone un ulteriore innalzamento della percentuale di
differenziata e obbliga gli enti locali a raggiungere il 65% di
differenziata sul totale».
I sindaci e gli assessori presenti alla riunione hanno convenuto con
l'assessore Barduzzi di operare in sinergia e con tempestività impegnandosi
a dare vita a un tavolo tecnico per implementare in modo massiccio la
raccolta differenziata.
«Ho proposto un modello di raccolta differenziata capace di adattarsi alle
diverse caratteristiche del territorio - ha aggiunto Barduzzi -, dovremo
studiare un sistema misto che comprenda in alcune zone la raccolta porta a
porta e in altre più urbanizzate una raccolta con contenitori specifici,
campane e multimateriali».
La Provincia di Trieste convocherà il tavolo tecnico entro il 15 giugno. «E'
nostra intenzione premiare i Comuni virtuosi - afferma Barduzzi -
finanziando i migliori progetti, quelli cioè che offriranno la migliore
soluzione al problema». L'avvio del tavolo tecnico provinciale sulla
raccolta differenziata è solo il primo tassello di un più ampio progetto che
la Provincia di Trieste sta elaborando per migliorare il ciclo di raccolta
di rifiuti e recuperarli con evidenti vantaggi ambientali.
«Abbiamo intenzione di svolgere un'attività di sensibilizzazione presso gli
studenti delle scuole - ha concluso - e della cittadinanza, non trascurando
neppure le imprese del territorio che intendiamo coinvolgere in questa
operazione. Solo incentivando la raccolta differenziata di rifiuti - ha
concluso - potremo migliorare l'utilizzo dell'inceneritore. Avremo infatti
meno scorie da smaltire e più spazio per accogliere i rifiuti provenienti da
altri Comuni e anche da oltreconfine». |
Touring e Legambiente: in Toscana il mare migliore |
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ROMA
La Toscana con Capalbio conquista il primato del mare migliore d’Italia, ma
la Sardegna si aggiudica un premio speciale perché è la regione che
concentra il maggior numero di spiagge e località marine d’alto livello. E
mentre il Sud scala l’ambita classifica dove sventolano le cinque vele, le
amministrazioni locali partono dall’attuazione di politiche ambientali per
incrementare il turismo.
La Guida Blu, stilata dal Touring Club insieme a Legambiente, quest’anno
sfonda il tetto della top ten e annovera tra le migliori dell’estate in
arrivo ben undici città.
Il massimo delle vele, cioè cinque, sono state assegnate oltre a Capalbio
(la provincia di Grosseto è in testa con un punteggio che assegna il massimo
per ambiente, servizi, mare e spiaggia, servizi ai disabili e
sostenibilità), anche alle Cinque Terre (la Liguria perde così la leadership
dello scorso anno) e a Castiglione della Pescaia (ancora Grosseto). Dopo le
prime tre, seguono Pollica Acciaroli e Pioppi (Salerno), Domus De Maria
(Cagliari), Nardò (Lecce), e habitué della top ten come Villasimius e Bosa
(in provincia, rispettivamente, di Cagliari e Nuoro). Negli ultimi tre
posti, infine, Noto (Siracusa, premiata anche perché impegnata per
contrastare le trivellazioni petrolifere), Isola del Giglio e Santa Maria
Salina, nell’arcipelago delle Eolie.
E’ dunque il Tirreno ad avere nel complesso lo scettro di miglior mare, ma
Legambiente e Touring sottolineano che, oltre alla qualità delle acque,
l’assegnazione delle vele segue parametri precisi, come una corretta
gestione del territorio, interventi e politiche che rispettino l’ambiente e
buona funzionalità dei servizi.
«Puntare sulla qualità dell’ambiente contenendo un fenomeno grave come
quello della cementificazione delle coste - afferma il presidente
dell’associazione, Roberto Della Seta - paga in termini di turismo. Le
amministrazioni locali finalmente lo hanno capito. Mentre coloro che non
hanno fatto scelte a tutela del paesaggio faticano a reggere la
concorrenza». Commentando la lista delle undici città marine, Della Seta
evidenzia la «dominanza tirrenica» e la «presenza di ben sette località del
Sud e insulari» tra le migliori. «Dall’elenco delle prime classificate -
aggiunge il presidente - manca l’Adriatico, zone costiere dove il turismo
balneare ha fatto altre scelte, come quella della quantità e quindi della
cementificazione». |
IL PICCOLO - VENERDI' , 1
giugno 2007
Antenne, spunta l’ipotesi cimitero - Le
circoscrizioni: sistemiamo gli impianti nei camposanti |
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Marco Milcovich, presidente Altipiano Est:
«Camuffiamole da cipresso» |
L’antenna dei telefonini? Piantiamola in cimitero.
Magari, per salvare le apparenze, mascherata da cipresso. E’ questa la laica
opinione dei presidenti di circoscrizione che l’altro giorno hanno
partecipato (salvo talune assenze) alla pubblica presentazione del nuovo
piano redatto dal Comune, che in larga parte ricalca quello già bocciato dal
Tar su istanza delle compagnie telefoniche. Il documento che mappa l’intera
città ha protetto dalle antenne non solo asili, scuole, ospedali, strutture
per anziani, ricreatori, chiese, palazzi di pregio e vincolati, ciglioni
panoramici e costa e siti a tutela ambientale, ma anche appunto i cimiteri:
sacrale rispetto.
E invece no, «con rispetto parlando» le circoscrizioni dicono che è meglio
tutelare i vivi. Marco Milcovich (Margherita), presidente di
Altipiano Est, è vigoroso: «Errore madornale mettere un vincolo sui
cimiteri». L’idea del travestimento da cipresso è sua. Del resto l’assessore
Maurizio Bucci testimonia:tutta la città è piena di finti camini,
sono dei copriantenna.
Ma in senso generale i presidenti di quartiere, tutti appartenenti alla
maggioranza tranne Milkovich (che critica anche il mancato aggiornamento con
il rispetto delle nuove zone di tutela speciale) e Bruno Rupel di Altipiano
Ovest (Ds), accolgono con molto favore lo strumento normativo. San
Giovanni-Chiadino-Rozzol ha già votato parere positivo. Ma con alcune
richieste d’integrazione, come spiega Gianluigi Pesarino Bonazza (Fi):
«Che si proteggano anche gli oratori, che si ottenga la sistemazione di più
antenne su un palo solo offrendo minori oneri di concessione, che si
obblighino le aziende a installare sistemi a microcella, e che si proceda
con Slovenia e Croazia affinché adeguino il loro segnale, oggi troppo forte
e invasivo, che le antenne portino, come da legge, cartelli identificativi».
Da ultimo, che vadano appunto anche in cimitero.
Prima di questo piano i pareri sui nuovi impianti erano sempre negativi da
parte delle circoscrizioni. «Ora i buoi sono già scappati - nota Andrea
Vatta (Fi) di Servola-Chiarbola-Valmaura e Borgo San Sergio -, e
comunque meglio mettere antenne in cimitero dove non disturbano nessuno,
anche se emotivamente non è il massimo...». Per Alberto Polacco (An)
che presiede Citta nuova-Barriera nuova-San Vito e Cittavecchia «è
interessante che il piano documenti emissioni inferiori ai limiti di legge,
che ci sia una regolamentazione e che le aziende di telefonia possano essere
condizionate dal consiglio comunale». Sandro Menia (An) di
Roiano-Gretta-Barcola e Cologna-Scorcola dice: «Il cimitero è un po’ come
una chiesa, ma se devo scegliere tra questo e una civile abitazione...». E
così afferma anche Silvio Pahor (Fi) di San Giacomo-Barriera vecchia:
«Le antenne disturbano più i vivi che i morti». Del resto, apprezzamento per
tutti i siti tutelati, speranza che si possano concentrare gli impianti su
pali comuni. Bruno Rupel, invece, di Altipiano Ovest, si dispiace
perché «i 192 impianti già installati restano dove sono». Nessuno, se non
forse Vatta che parla di «sconsiderato uso di telefonini da parte della
gente, e dei ragazzini», muove però una critica all’abuso generale di
cellulari, che illogicamente poi va di pari passo con le proteste per le
antenne. E il futuro ne porterà una foresta, con la diffusione dei
videotelefoni. Criticata comunque la legge dell’ex ministro Gasparri: «Ha
equiparato le telefonia mobile al servizio pubblico, come se fosse il 118».
Gabriella Ziani |
ANTENNE - «Onde nocive? Non ci sono prove» |
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Fanno male o no le onde elettromagnetiche delle
antenne per cellulari? «Non ci sono prove - risponde Massimo Bovenzi,
direttore di Medicina del lavoro all’Azienda ospedaliero-universitaria e
titolare della cattedra in materia -, dati sperimentali o epidemiologici che
ne dimostrino la cancerogenità non esistono, in tutto il mondo si stanno
facendo studi, una risposta è attesa per il 2010». Ma aggiunge Bovenzi:
«Diversamente da quanto tutti pensano, è la normale corrente elettrica di
casa a essere pericolosa in modo certo, perciò per precauzione gli
elettrodotti vanno costruiti lontano dalle abitazioni e vanno evitate,
specie per i bambini, le termocoperte, mentre prendiamo più radiazioni col
normale phon per i capelli che non con le antenne, e viceversa possiamo
rassicurare sui computer: non emettono radiazione alcuna, questo può
tranquillizzare anche le donne in gravidanza».
Forti radiazioni emettono invece le Risonanze magnetiche in medicina,
bisogna fare attenzione con le radiofrequenze (radio e tv) che agiscono
sulla temperatura del corpo, e alle microonde (i noti fornetti). Vivendo in
una somma di emissioni diverse, è meglio dunque essere prudenti.
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Raccolta differenziata presto in tutti i rioni - Dopo
l’esperienza positiva a Rozzol Melara torna in consiglio comunale la
decisione di estendere la campagna |
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La decisione sull’avvio di una campagna per la
raccolta differenziata di rifiuti nei rioni torna in consiglio comunale.
Nata da una mozione presentata dal consigliere comunale Alfredo Racovelli
(Verdi per la pace), alla luce dell’esperienza positiva avviata dal
consorzio Interland nel rione di Rozzol, la discussione sulla campagna era
stata accolta positivamente dalla terza commissione consiliare, ma era stata
al centro di un ampio dibattito all’interno del consiglio comunale.
Un vivace scontro d’opinioni che ha portato ad un nuovo esame della mozione,
effettuato ieri mattina in commissione. «Abbiamo appena visto una fase di
emergenza rifiuti con la chiusura di parte dell’inceneritore da poco
riaperto a pieno regime - ricorda Racovelli – la differenziata a Trieste
raggiunge appena il 18%, contro il 35% disposto dal decreto Ronchi. Credo
che su questo fronte i cittadini si aspettano una risposta chiara. Ora si
torna in aula per discuterne. Ulteriori modifiche non le ho apportate alla
mozione, visto che il testo era già condiviso dalla commissione. Ricordo
però – conclude – che da un sondaggio commissionato dall’Interland all’SWG,
che sarà presentato a breve, emergono i dati positivi e le considerazioni
favorevoli degli abitanti di Rozzol nella prima fase sperimentata in quel
rione. Considerando i risultati bisogna proseguire su questa strada». Sulla
possibile estensione del servizio di raccolta differenziata nelle altre zone
di Trieste si esprime positivamente l’assessore comunale, competente in
materia, Paolo Rovis.
«La mozione era condivisa nel suo spirito – precisa Rovis – all’interno però
c’era un paragrafo in cui si chiedeva un impegno all’Acegas. Si può chiedere
un impegno al sindaco o all’assessore però, non ad un’azienda, quindi c’era
solo questo piccolo passaggio da correggere. L’esperienza di Rozzol ha
evidenziato molti aspetti positivi e inevitabilmente qualche problema.
Stiamo ora valutando, con gli uffici appositi, le modalità di
sperimentazione della raccolta differenziata anche in altri rioni. Peccato
ci sia stata una controversia a livello politico – conclude Rovis – si va a
svilire un argomento importante, una mozione che comunque era condivisa
dalla terza commissione consiliare».
mi.b. |
Muggia: più vincoli per installare le antenne -
Il Comune vara il piano di settore in assenza di un progetto di
localizzazione e dell’apposita commissione |
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Il nuovo indirizzo tiene conto anche dei valori
architettonici e paesaggistici |
Il Comune di Muggia aumenta i vincoli per le
concessioni di installazione di impianti per la telefonia mobile. I nuovi
indirizzi per il piano comunale di settore, ancora non predisposto, tiene
conto anche dei valori architettonici e paesaggistici. È dal 2004
(nonostante il regolamento sia dell’anno dopo) che la Regione delega ai
Comuni la disciplina della farraginosa materia. Tema caldo un po' ovunque,
che contrappone gli interessi degli operatori di telefonia e le lamentele
degli utenti quando «non c’è campo», e le preoccupazioni di cittadini che
temono per la loro salute quando si ritrovano davanti casa un palo con le
antenne.
Muggia - ma non è l’unico caso - non ha mai predisposto un piano per la
localizzazione degli impianti, nonostante la legge regionale lo preveda e
nonostante i primi indirizzi dati dal consiglio comunale per la sua
preparazione risalgano al novembre 2005. Non è stata mai nominata nemmeno la
relativa commissione consultiva, che ha il compito di vagliare le varie
domande dei gestori e verificare il rispetto delle norme. A Muggia al
momento ci sono nove impianti di telefonia, sparsi tra la zona industriale e
San Bartolomeo. Una situazione alquanto statica da tempo, con l’unica novità
dell’arrivo in città dei ripetitori per i videofonini, ma su pali già
esistenti. Per frenare un aumento selvaggio di tali impianti, il Comune
mette le mani avanti. Nel piano di settore saranno stabili, come da legge
nazionale, i divieti di installazione su edifici scolastici, attrezzature e
edifici per anziani, disabili, strutture di degenza. Ma ora si aggiungono
nuove direttive e limitazioni, approvate mercoledì dal consiglio comunale.
Non si possono installare antenne nemmeno su edifici di valore storico,
architettonico-ambientale e archeologico, ma neppure in aree di patrimonio
paesaggistico e ambientale, a meno che non venga dimostrata una mancanza di
alternative. In tal caso, l’impianto dovrà essere accuratamente mimetizzato,
e dovrà sottostare alle valutazioni della commissione edilizia e della
Soprintendenza.Un freno in più, dunque. Il regolamento e il piano potranno
comunque subire variazioni nel tempo. Il possibile avvento di nuove
tecnologie e metodologie di trasmissione (come le prospettate minori
emissioni degli impianti sopperite però da un maggior numero di antenne,
anche se di piccole dimensioni o l’avvento di altre reti di servizi senza
fili) potrebbe far rivedere il regolamento. |
Muggia: nomine nelle commissioni è polemica fra gli
ambientalisti - Proteste e critiche nel corso dell’ultimo consiglio
comunale |
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La surroga di un componente della commissione per il
piano per gli impianti di telefonia mobile, ma anche alcuni timori di
illegittimità nella procedura delle nomine, hanno diviso fortemente
maggioranza e opposizione, mercoledì in consiglio comunale a Muggia.
Nella nuova commissione, all’esponente di «Ambiente e/è vita» è stato
sostituito uno di Legambiente. Il consigliere Christian Gretti (An), già
referente di «Ambiente e/è vita», si è lamentato per tale decisione, non
condividendo l’addotta «maggiore rappresentatività» di Legambiente. Il
sindaco ha proposto di modificare tale dicitura, spiegando che si tratta di
una volontà di rotazione fra le associazioni ambientaliste. Ne è nata però
una discussione. I consiglieri di opposizione hanno, tra l’altro, parlato di
possibili «preferenze» tra le associazioni ambientaliste, ricordando che il
sindaco era presidente a Muggia di Legambiente. Il sindaco ha negato ogni
addebito. Ma a scaldare gli animi è stata una richiesta del consigliere
Claudio Grizon (Fi): «Perché in delibera c’è già il nome dell’associazione
ambientalista e delle categorie professionali per la commissione, se la
legge regionale prevede che si debbano dapprima vagliare le varie
candidature? È stato avviato l’iter?». Alla conferma che non c’è stato alcun
iter del genere, come del resto non c’era stato nemmeno alla precedente
nomina della passata amministrazione (di centrodestra), Grizon ha sbottato:
«Il fatto che i miei “colleghi” in passato abbiano sbagliato non vuol dire
che dobbiamo sbagliare ancora.
Perché non ritirare la delibera e ridiscuterne?». Critica anche da Andra
Mariucci (capogruppo dei Cittadini, in maggioranza): «Dire di voler rendere
partecipi i cittadini delle decisioni non deve essere un alibi per
presentare scelte già prese a priori. In questo caso, sarebbe stato meglio
mettere tutte le associazioni ambientaliste attorno ad un tavolo». Appelli
finiti nel vuoto. La delibera è stata approvata (anche da Mariucci).
Contrarie solo le opposizioni che hanno promesso verifiche. La successiva
uscita dall’aula della minoranza ha fatto mancare il numero legale.
L’assessore Edmondo Bussani, interrotto mentre illustrava la delibera sullo
Sportello unico per le attività produttive, ha commentato: «Mi auguro che
tale gesto non vanifichi gli sforzi di creare una struttura utile per lo
sviluppo di Muggia».
s.re. |
Lotta ai rumori e qualità dell’aria Passano le leggi
antinquinamento |
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TRIESTE Il Consiglio regionale ha approvato il
pacchetto di norme in tema di inquinamento. L’aula ha dapprima concluso
l’esame della legge sull’inquinamento luminoso che ha diviso maggioranza ed
opposizione. Il provvedimento indica l’obbligo, per i nuovi impianti di
illuminazione, di rispondere alle norme antinquinamento e di garantire un
ridotto consumo energetico, limitando dunque la potenza delle sorgenti
luminose e la dispersione verso il cielo. Gli impianti non a norma dovranno
essere adeguati in un arco di tempo che va dai cinque ai quindici anni a
seconda della potenza della sorgente di luce in questione. «È una delle
solite leggi che impone spese ai cittadini favorendo invece i produttori che
rivendono gli impianti che, da oggi, sono gli unici consentiti in Friuli
Venezia Giulia» affermano Roberto Asquini e Daniele Galasso. Forza Italia,
Lega e Udc hanno dato voto contrario mentre An si è espressa favorevolmente.
Fronte non comune anche nella maggioranza dove i Cittadini si sono astenuti:
«La legge si è trasformata nella solita legge burocratica e farraginosa –
sostiene Maurizio Paselli – e si è avventurata in una serie di
autorizzazioni pratiche, piani e sanzioni». Secondo il relatore di
maggioranza Giorgio Baiutti, al contrario, il testo «riduce gli sprechi e
salvaguarda il cielo notturno». Larga approvazione (esclusa l’astensione del
consigliere di An, Bruno Di Natale, e del forzista Roberto Asquini) per la
legge sull’inquinamento atmosferico e acustico. Per quanto concerne le
emissioni, oltre a indicare alcuni provvedimenti per gli insediamenti
produttivi, il traffico e gli impianti termici che saranno oggetto dei piani
di azione comunali, il provvedimento istituisce l’inventario regionale delle
emissioni in atmosfera. Si tratta di uno strumento gestito dall’Arpa che ha
il compito di rilevare le sorgenti più significative di emissioni inquinanti
per fornire informazioni finalizzate alla riduzione delle stesse. Per quanto
concerne l’inquinamento acustico, la legge indica l’obbligo di redazione di
un documento di impatto acustico per opere quali aeroporti, ferrovie,
strade, discoteche e impianti sportivi. Prevista inoltre la valutazione
previsionale del clima acustico per nuovi insediamenti residenziali, scuole,
asili, ospedali, case di riposo e di cura. La Regione, infine, si accollerà
il 50% della spesa per quanto riguarda la riparazione dei danni e le opere
di isolamento acustico degli edifici nei comuni di Aviano e Codroipo,
interessati dal sorvolo di mezzi militari. «Un provvedimento importante – ha
commentato l’assessore all’Ambiente, Gianfranco Moretton – che dà corso ad
un percorso di pianificazione per la salute e per l’ecosistema affidando
ulteriori competenze ai sindaci che gestiscono il territorio da vicino e
fornendo garanzie alle imprese ad ai cittadini».
Roberto Urizio |
Energia: Zagabria pronta ad offrire all’Italia il
progetto di un elettrodotto sottomarino |
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L’annuncio del vicepremier Polancec: inviata una
lettera di intenti. Commercializzata l’elettricità prodotta in Ucraina FIUME
Non solo collegamenti navali fra le coste croata ed italiana, ma anche un
elettrodotto sottomarino che possa risolvere gran parte dei problemi
dell’Italia riguardanti le forniture di corrente elettrica. E’ stato il
vicepresidente del governo croato, Damir Polancec, ad annunciare l’altro
giorno che i dirimpettai Paesi adriatici potrebbero essere collegati da un
cavo sottomarino, con l’energia elettrica che dalla Croazia verrebbe erogata
all’Italia. Polancec, presente a Zagabria alla presentazione delle 500
migliori imprese croate nel 2006, ha fatto presente che attualmente la
Croazia importa il 10 per cento del suo fabbisogno di energia elettrica, ma
che in capo ad un paio d’ anni potrebbe diventare un Paese esportatore in
questo comparto. «Si tratta di un progetto serio, quello del cavo
sottomarino che trasporterebbe corrente dal nostro Paese all’Italia – ha
dichiarato Polancec – il progetto potrebbe essere realizzato entro il 2012
ed è già stata sottoscritta la relativa lettera d’intenti».
Ad avviare il discorso di collaborazione erano stati i gestori delle fonti
di energia elettrica italiani in quanto la vicina Penisola deve importare
circa un quarto delle sue necessità elettroenergetiche. Secondo Polancec,
l’Italia potrebbe dirottare al suo sistema distributivo l’energia elettrica
prodotta dall’Ucraina oppure dalla Bulgaria, risolvendo così gli intoppi
legati agli elettrodotti che attraversano l’ Austria e la Slovenia. Si
tratta di impianti di capacità inferiori rispetto al fabbisogno dell’Italia,
i cui timori connessi ai rischi di black-out nella stagione estiva sono
ormai proverbiali.
Intanto gli esperti dell’ Istituto energetico Hrvoje Pozar di Zagabria
stanno formulando lo studio di fattibilità che dovrebbe essere pronto entro
la fine dell’anno. Da quanto si apprende, le prime analisi hanno evidenziato
che il progetto del cavo elettrico sottomarino sarebbe realizzabile, ovvero
non costituirebbe un problema per il sistema distributivo croato. Il costo?
Secondo stime alquanto attendibile, potrebbe aggirarsi sui 250 milioni di
euro. Gli investitori sarebbero italiani, ma non è da escludere che si
faccia avanti pure l’ Azienda elettrica di Stato, l’ Hep, che sarà comunque
titolare dell’ infrastruttura posata sui fondali croati. Infatti, in base
alle normative croate, agli stranieri non è permesso di essere proprietari
di sistemi di trasporto energetici nell’ ex repubblica jugoslava. La
soluzione sarebbe dunque rappresentata dalla concessione in affitto della
condotta, che garantirebbe all’ Hep un guadagno annuo di svariati milioni di
euro.
E il tracciato? Finora si è parlato di tre soluzioni: dalle coste istriane a
Venezia, da Ploce (Dalmazia) in direzione delle regioni meridionali italiane
e infine da Spalato verso l’ Italia centrale, percorso quest’ ultimo che
avrebbe le maggiori chance.
A. M. |
(Afv/Pe/Adnkronos) 01-GIU-07 13:06
-
ENERGIA: FRIULI VENEZIA GIULIA BOCCIA
PROGETTI DEI DUE RIGASSIFICATORI.
SE MINISTERO SUPERERA' DIFFICOLTA' SEGNALATE REGIONE
DIRA' SI' A UNO SOLO
Trieste, 1 giu. - (Adnkronos) - La Giunta
regionale del Friuli Venezia Giulia ha bocciato i progetti per i due
rigassificatori presentati da altrettante societa' spagnole, Endesa e
Gas Natural, da realizzarsi in provincia di Trieste, uno offshore, in
mezzo al Golfo, e l'altro sulla terraferma in comune di Muggia. Il
governo regionale ha detto no ai progetti cosi' come presentati dalle
societa', in quanto non consentirebbero di potersi esprimere sulla
compatibilita' ambientale. In pratica, secondo l'esecutivo i progetti
non dimostrerebbero che i rigassificatori non porterebbero pericoli
per l'*ambiente* e per la salute dei cittadini. La Giunta ha quindi
stabilito di segnalare le carenze dei progetti al ministero
dell'*ambiente*. Attraverso un comunicato, l'esecutivo rende noto che
qualora il ministero dell'*ambiente* superasse le difficolta' di
ordine progettuale e ambientale, la Giunta ritiene, per il principio
di precauzione, di essere disponibile a dare l'intesa comunque per un
solo impianto.
Rigassificatori, la Regione richiederà lo scarico
delle acque in mare aperto |
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Lo annuncia Illy agli ambientalisti di Konrad. I
sindaci: «Elettrodotti, il ddl sull’energia va cambiato»
TRIESTE Nell’inviare il parere sui rigassificatori al
governo, la Regione richiederà come prescrizione l’obbligo di prelievo e
scarico delle acque al di fuori delle dighe e trasmetterà i rilievi di
ordine paesaggistico del Comune di Grado. Lo assicura Riccardo Illy a «Konrad»,
rivista di riferimento per gli ambientalisti, rilasciando un’intervista in
cui parla di rigassificatori e cementificio.
Sui rigassificatori, in particolare, a fronte delle obiezioni su utilizzo
del cloro e processo di raffreddamento dell’acqua, Illy afferma che «il
cloro è presente anche nell’acqua di rubinetto che tutti beviamo e non è una
sostanza tossica». Poi, rispetto alla temperatura marina, il presidente
aggiunge che «è intenzione della Regione richiedere l’obbligo di prelievo e
scarico delle acque al di fuori delle dighe attraverso una condotta». E
ricorda che «la decisione finale viene presa dal governo italiano,
nell’ambito di una procedura di Via nazionale», che assegna potere solo
consultivo alla Regione. Non solo: Illy aggiunge che quando il parere della
giunta sarà trasmesso al governo conterrà anche «i rilievi di ordine
paesaggistico avanzati dal Comune di Grado che hanno un loro fondamento,
considerata la vocazione turistica gradese, una vocazione che ovviamente
intendiamo consolidare». Nessuno spazio, invece, per il parere del Comune di
Trieste che «non è sensato – si legge nell’intervista - o, meglio, è
inconferente», in quanto doveva esprimersi «sull’impatto ambientale
dell’insediamento e invece ha motivato il suo no con ragioni di tipo
economico». Intanto, in attesa che la Regione completi il suo iter, Igor
Kocijancic (Rc) e Lino Santoro (Legambiente) hanno indetto oggi una
conferenza stampa per parlare delle innovazioni tecnologiche che
supererebbero il bisogno di rigassificatori.
Anche l’iter sul cementificio di Torviscosa attende di essere completato. In
un’intervista alla Rai lo stesso presidente aveva ricordato che sono state
chieste integrazioni ai pareri dell’Ass e dell’Arpa e che dopo gli esiti,
«gli uffici proporranno la loro decisione» e «l’assessore porterà la
delibera in giunta e ritengo che la giunta l’approverà così come sarà
proposta». Gli ambientalisti di «Konrad», nell’attesa, propongono una
diversa composizione, tutta esterna, della commissione di Via per eliminare
sospetti di interferenze politiche. «La composizione – risponde Illy - è
regolata da norme europee e nazionali. Va anche sottolineato che già adesso
tutti i membri della commissione, anche i dipendenti della Regione, sono
responsabili personalmente del loro operato». E le accuse sulla stampa del
componente del Wwf Fabio Gemiti? «Ho provveduto ad inviargli una lettera
nella quale lo richiamo al suo dovere di denunciare alla magistratura
eventuali comportamenti penalmente rilevanti, ove li avesse riscontrati in
altri membri della commissione; oppure, se ciò non fosse, al suo obbligo di
non esprimere opinioni all'esterno, data la sua qualifica di pubblico
ufficiale quando opera come commissario. Altrimenti - conclude Illy - si
corre il rischio di diffamare». Una diffida che Gemiti conferma di aver
ricevuto e inteso. Contattato, assicura che d’ora in avanti si esprimerà
solo nelle sedi competenti. La via della magistratura, almeno per ora, non
sarà tra queste.
Intanto, un altro tema caldo tiene banco: quello degli elettrodotti. I
sindaci del Friuli Venezia Giulia, riunitisi ieri in un’assemblea
organizzata dell’Anci, chiedono di venire coinvolti nelle decisioni sulla
progettazione degli elettrodotti e delle opere di compensazione. E pertando
propongono una serie di modifiche al ddl sull’energia, che ha ricevuto
parere negativo. |
Rigassificatori: interrogativi |
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Ultimamente c’è stato un notevole calo di interesse da
parte della cittadinanza riguardo i due impianti di rigassificazione, uno di
questi da realizzare in città. Dico «in città», perché come la Ferriera,
anche l’impianto di rigassificazione potrebbe comportare, come tutti sanno
(ma taluni non vogliono toccare questo tema), disagi soprattutto alle
famiglie che risiedono nelle vicinanze del sito proposto. Questo modo pacato
e naturale con il quale la Regione e il Comune espongono al pubblico i loro
pareri politici senza approfondire in campo tecnico, economico e della
sicurezza, che invece il cittadino ha diritto di sapere, mi fa pensare che
il programma comunque sta andando avanti come vogliono loro, proteggendo
come al solito il particulare a scapito dell’interesse generale.
Voglio inoltre ricordare, a distanza di un anno dalla mia prima lettera
pubblicata il 24 maggio 2006, che nessuno ha risposto ai miei sette quesiti
tecnico-economici che riguardano in primo piano gli impianti in questione.
Erich Ferluga |
IL PICCOLO - GIOVEDI' , 31
maggio
2007
Basovizza, impianto ad energia solare per dare luce a Elettra - È stato
realizzato da AcegasAps |
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BASOVIZZA Sfruttare l'energia solare per produrre energia elettrica. Da
questo mese sarà possibile anche al Sincrotrone Elettra - il laboratorio
insediato nell’Area Science park di Basovizza - dove è stato inaugurato ieri
un nuovo impianto fotovoltaico realizzato da AcegasAps. La cerimonia - che
chiude un lungo iter iniziato nel 2005, con un accordo tra i due enti sulle
energie rinnovabili - ha visto la partecipazione di numerosi rappresentanti
di Elettra e AcegasAps, tra i quali il presidente del Sincrotrone Carlo
Rizzuto, l’amministratore delegato di AcegasAps Cesare Pillon e il direttore
generale dell’azienda Marina Monassi. L’impianto, che occupa la superficie
del tetto di due edifici del comprensorio di Basovizza, è costituito da 114
pannelli fotovoltaici da 175 Watt di picco. Il progetto - creato nell’ambito
del programma «tetti voltaici» del ministero dell’Ambiente - ha avuto un
costo complessivo di 145 mila euro di cui 108 mila provenienti da un
contributo della Regione. La produzione stimata si attesta sui 24 mila kWh
annui.
L’impianto è costituito da un insieme di apparecchiature che consentono di
trasformare direttamente l'energia solare in energia elettrica, e presenta
diversi vantaggi, tra i quali l’assenza di qualsiasi tipo di emissioni
inquinanti, il risparmio di combustibili fossili, affidabilità e costi
minimi di manutenzione. L’impianto è inoltre dotato di un convertitore di
segnale per sensori meteorologici installato sulla copertura, nei pressi di
un modulo fotovoltaico, elemento essenziale dell'impianto, che capta la
radiazione solare durante il giorno e la trasforma in corrente continua. In
più, tutti i dati esterni e di funzionamento dell’impianto vengono
trasferiti e registrati in un’attrezzatura speciale che, tramite un software
specifico, consente poi la rilevazione, la visualizzazione e il trattamento
dei dati.
Gabriela Preda |
Antonione: Sonego teme il referendum sui
rigassificatori - Lupieri: ma il Consiglio di Stato ha già bocciato
l’ipotesi, gli enti locali non possono decidere |
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Si riapre la polemica sugli impianti da costruire
nel golfo di Trieste. Predonzan (Wwf): deficit democratico della giunta
TRIESTE «La Commissione dei Garanti ha già dichiarato
nel merito ‘inammissibile’ la proposta di referendum consultivo comunale sui
rigassificatori, anche in seguito a quanto rilevato dal Consiglio di Stato».
Sergio Lupieri, consigliere regionale della Margherita, si affianca
all’assessore Lodovico Sonego contro l’ipotesi di referendum avanzata dai
Verdi e dal senatore di Forza Italia Roberto Antonione.
«Le dichiarazioni del senatore Antonione – aggiunge Lupieri – appaiono
quindi approssimative e tardive, se non riguardo alla necessità di fornire
ai cittadini tutti il massimo di informazione con la più totale
trasparenza». L’esponente azzurro, intanto, replica alle dichiarazioni
rilasciate ieri dall’assessore regionale che lo aveva accusato di
superficialità nell’affrontare la questione: «Non ho mai affermato che un
rigassificatore provocherebbe il riscaldamento dell’acqua marina – precisa
Antonione – né che un’alternativa per l’approvvigionamento energetico non
sia necessaria. Ma fa specie che l’assessore Sonego consideri totalmente
ininfluente il parere dei cittadini di Trieste sulla questione» aggiunge
l’ex presidente della Regione riferendosi alla contrarietà del membro della
giunta al referendum. «Sarebbe stato opportuno – aggiunge Antonione – che
invece di essere io ad organizzare un incontro sul tema, lo avesse fatto la
giunta regionale. Forse avrebbero scoperto che esiste una reale possibilità
di attentati e avrebbero capito che non è il caso di realizzare un impianto
di rigassificazione nelle vicinanze di un’area densamente abitata. Ma forse
Sonego non vuole capire perché ha interessi che non coincidono con quelli
dei cittadini e per questo teme il referendum». E sull’illazione di una
‘discesa in campo’ strumentale a preparare il terreno per una candidatura
alle prossime regionali, Antonione taglia corto: «Faccio il mio lavoro al
Senato e non sono candidato a nulla, fino a prova contraria». Chiamato in
causa dalle parole dell’assessore anche il consigliere dei Verdi, Alessandro
Metz, chiamato da Sonego ad essere “orgoglioso” per l’impostazione
ambientalista e partecipativa dell’azione regionale in tema di
pianificazione urbanistica ed energetica: «Sonego confonde i piani – replica
Metz – perché è stata fatta un’azione di concertazione con le parti
interessate e non quanto prevede Agenda 21, ovvero la partecipazione e
l’informazione dei cittadini». «La realtà – aggiunge Metz – parla di
un’indignazione e di proteste di comitati per scelte discutibili. Non lo
dicono i Verdi ma il proliferare di cave, insediamenti produttivi e
infrastrutture accelerate da leggi obiettivo». E la previsione di un
percorso partecipato all’interno di queste leggi è, secondo il consigliere
dei Verdi, «un atto di ignoranza o di malafede. Se questo è il metodo, dice
molto su come viene concepita la democrazia». Non basta a Metz ed agli
ambientalisti nemmeno il passo indietro del presidente Illy che ieri,
rispetto al cementificio di Torviscosa, ha dichiarato che la giunta non ha
deciso in attesa delle integrazioni ai pareri dell’Ass e dell’Arpa. «Illy ha
chiaramente espresso il suo favore all’impianto – sostiene Dario Predonzan (Wwf)
– indicandolo come fiore all’occhiello e come portatore di benefici
economici per la Regione. E’ legittimo e positivo che il presidente cambi
idea ma non faccia finta di non aver detto certe cose». Sulla stessa
lunghezza d’onda la questione rigassificatori. «La giunta - spiega Predonzan
- ha già dichiarato di essere favorevole ai due impianti su basi
socio-economiche». E se per Lupieri «il sì della Regione ai rigassificatori,
considerate le molte prescrizioni, equivale di fatto ad un no», il
responsabile per il territorio dell’associazione ambientaliste vede «un
atteggiamento ipocrita della giunta che, nonostante gli interrogativi non
chiariti dalla documentazione delle due aziende, dice sì agli impianti per
poi scaricare le responsabilità sul governo, senza tenere peraltro conto dei
pareri degli enti locali. Un chiaro segno del deficit culturale e
democratico di questa amministrazione».
r.u. |
Illuminazione pubblica incentivi per i risparmi - La
Regione concederà contributi anche ai privati per adeguare gli impianti
energetici |
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Oggi l’approvazione della legge
TRIESTE Slitta a questa mattina l’approvazione della
legge per il risparmio energetico ed il contenimento dell’inquinamento
luminoso. Ieri infatti il Consiglio regionale ha approvato dodici dei
quattordici articoli del provvedimento, accantonando le parti che riguardano
la regolamentazione delle sorgenti di luce e dell’utilizzazione di energia
elettrica da illuminazione esterna e le disposizioni sull’adeguamento degli
impianti esistenti. Il testo finora approvato prevede nuovi impianti di
illuminazione devono essere preceduti da un progetto illuminotecnica che
deve essere approvato dai Comuni; non necessitano di questo passaggio gli
impianti di modesta entità o temporanei come quelli di rifacimento di
impianti esistenti, le insegne pubblicitarie non dotate di illuminazione
propria e inferiori ai 6 metri quadrati, gli apparecchi di illuminazione
esterna delle vetrine (per non più di tre apparecchi per vetrina), le
installazioni per cantieri. La Regione concede contributi per la
predisposizione dei piani comunali di illuminazione e per l’adeguamento
degli impianti sia per enti pubblici che per i privati. La legge prevede
inoltre la tutela degli osservatori astronomici (professionali e non)
indicando una fascia di rispetto per le sorgenti luminose inquinanti che non
potranno sorgere a meno di 25 chilometri dall’unico osservatorio
professionale presente in Friuli Venezia Giulia (l’Osservatorio Astronomico
di Trieste a Basovizza) e a meno di 10 chilometri da quelli non
professionali che si trovano a Remanzacco, Montereale Valcellina, Talmassons,
Farra d’Isonzo, Basovizza, Gorizia, Rovereto in Piano, Zuglio e Savogna.
L’accensione di un impianto che violi le disposizioni contenute in questa
legge comporta una sanzione che va da 200 a 600 euro per ognuno dei punti
luce, oltre all’obbligo di mettere a norma gli impianti entro novanta
giorni. La sanzione può raddoppiare nel caso gli impianti non a norma
costituiscano una notevole fonte di inquinamento secondo le indicazioni dei
piani di adeguamento redatti dalle Province. |
Mosca vuole l’oleodotto Mar Caspio-Veglia - Il
progetto sarà rilanciato dallo stesso presidente Putin a giugno in visita a
Zagabria |
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Il collegamento viene fortemente avversato dagli
ambientalisti. Già due anni fa è stato bocciato lo studio di impatto
ambientale dell’opera
Il progetto, fin quando era in vita, prevedeva
l’arrivo al porto petroli vegliota di Castelmuschio (Omisalj) di circa 15
milioni di tonnellate di greggio russo all’ anno, provenienti – tramite
oleodotto – dalle regioni caspico–caucasiche.
Il capo dello Stato russo sarà a Zagabria il mese prossimo per partecipare
ad un summit energetico e, stando ai media nazionali, tornerà alla carica
per perorare la carica di Druzba Adria, un progetto che sta molto a cuore a
Mosca. Del resto le autorità russe – Putin in testa – non hanno mai digerito
il brusco arresto nella realizzazione di Druzba Adria che sembrava ormai ad
un passo dal venir concretato.
Ricordiamo che due anni fa, la competente commissione croata bocciò lo
studio di impatto ambientale di Druzba, commissionato dalla Janaf, l’azienda
statale che gestisce l’oleodotto croato. I componenti dell’organismo
rilevarono che il documento era incompleto in quanto non forniva risposte
esaurienti sui rischi ambientali dovuti al trasporto (via terra e via mare)
di milioni di tonnellate di petrolio.
Lo studio parlava inoltre solo della prima fase del progetto, che comportava
un aumento minimo dei quantitativi di greggio da far giungere a
Castelmuschio, isola di Veglia, per poi imbarcarli su superpetroliere e
venderli sui mercati occidentali.
In pratica, questo primo segmento del progetto prevedeva 5 milioni di
tonnellate annue in più rispetto all’attuale movimentazione, che è pure di 5
milioni di tonnellate all’anno.
Inoltre il documento non trattava altre voci, come ad esempio la stima dei
mancati guadagni per l’industria turistica quarnerina, oppure i danni che
deriverebbero dall’eventuale fuoriuscita di greggio in mare o sulla
terraferma.
Dopo il no a Druzba Adria, gli ecologisti quarnerini e istriani –
spalleggiati da quelli italiani e sloveni – manifestarono la loro
soddisfazione, dicendosi convinti che il piano non avrebbe più rivisto la
luce del sole.
E invece pare che sarà Putin a farlo resuscitare, chiedendo al governo di
centrodestra del premier Ivo Sanader di rimettere in moto l’iter di
realizzazione. Una cosa per nulla facile in quanto il 2007 è l’anno delle
elezioni politiche in Croazia e il primo ministro sa che il suo eventuale
placet a Druzba Adria potrebbe togliergli vagonate di voti.
Per quest’anno si prevede dunque un niet al progetto, per l’anno prossimo si
vedrà. Certo è che in questo momento Zagabria è più concentrata sul «caso
rigassificatore» nell’Adriatico settentrionale.
È stato confermato che a fine giugno saranno presentati i risultati dello
studio che definirà la località ospitante il terminal: in lizza
Castelmuschio, Fianona, Canal d’Arsa, Buccari e un terminal off–shore.
Resta il fatto che l’intera area dell’Alto Adriatico sta diventando sempre
più strategica per quanto riguarda le poltiche enrgetiche. Anche per la
presenza a Trieste dell’oleodotto transalpino che rappresenta sicuramente
una struttura «strategica» per il rifornimento di greggio per l’Europa
centrale.
La stessa Slovenia, dopo molte ritroise, ha accettato di far passare sul suo
teritorio un oleodotto che collegherà proprio il terminal treistino con i
poxxi della russia caucasica.
Andrea Marsanich |
Società rovignese costruirà in Cicceria una centrale eolica - A regime
produrrà 80 megawatt |
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LANISCHIE Il vento sarà imbrigliato sull’Altipiano dei Cicci, in Istria, per
essere trasformato in corrente elettrica. Una fonte di energia rinnovabile
che vedrà la rovignese Valalta investire in Cicceria, l’aspra ma fascinosa
regione settentrionale della Penisola, qualcosa come ottanta milioni di
euro. Dopo gli investimenti in Dalmazia, le centrali eoliche fanno capolino
anche in istria, per un progetto che contempla l’edificazione di 34
aerogeneratori per una potenza di 80 megawatt. I lavori, che riguarderanno
l’area da Terstenico a Racia, dovrebbero cominciare alla fine del 2007 o al
più tardi nei primi mesi dell’anno prossimo. Davorin Flego, capo
dell’ufficio sviluppo dell’azienda investitrice (la Valalta opera in
collaborazione con la tedesca Wallenborn Projektentwicklung), ha reso noto
alla stampa che in questo momento si sta redigendo lo studio di impatto
ambientale. «La maggiore attenzione è dedicata ai movimenti dei volatili, in
special modo dei grifoni o avvoltoi dalla testa bianca che vivono nell’Alto
Adriatico – così Flego – crediamo che il documento sarà pronto il prossimo
settembre, mentre la presenza di una centrale eolica in Cicceria è già
contenuta nei piani regolatori di Lanischie e della Regione istriana. Dopo
aver ottenuto il parere del ministero dell’Ambiente, depositeremo la
richiesta per il rilascio dei permessi di costruzione ed edile». |
PUNTO INFORMATICO - MERCOLEDI' , 30
maggio
2007
Milano - Ogni
watt consumato da un PC si trasforma mediamente in 27 watt di consumi a
livello di data center. Così IBM ieri ha voluto iniziare a raccontare quale
sia il rapporto, spesso funesto, tra consumi energetici e Information
TechnologyBig Blue è tra i grandi player del settore ad aver iniziato ad
affrontare il problema dei "consumi informatici", che
peraltro apre anche nuove opportunità di business per i costruttori,
soprattutto per i maggiori, anche grazie al
crescente interesse
delle istituzioni internazionali. E per questo l'azienda ha ieri organizzato
un evento (Business E3 - Energie, Efficienza, Economia) al
Museo della Scienza e della Tecnologia di Milano.
Un appuntamento che, per rimanere in tema con lo spirito della giornata, è
stato definito dagli organizzatori ad "impatto zero" sull'ambiente: IBM ha
quantificato i consumi riferiti a illuminazione, utilizzo di
apparecchiature informatiche e mezzi di trasporto utilizzati dai presenti e
sostiene di averli compensati impegnandosi a tutelare 1.933 metri quadri di
foresta in Costa Rica.
Il fronte italiano
"L'Italia contende al Messico il primato dei consumi energetici per macchina
tecnologica - ha spiegato a Punto Informatico Fabrizio Renzi,
technical director & Cita tech leader Stg-IBM - I nostri consumatori spendono,
infatti, 0,15 dollari per ciascun chilowattora, una cifra enorme se
moltiplicata per l'utilizzo che si fa dell'informatica in tutti i settori, da
business al tempo libero".
Stime altrettanto preoccupanti sui costi dei consumi energetici erano state
prodotte solo poche settimane fa da IDC, secondo la quale per ogni
euro speso nell'acquisto di apparecchiature informatiche conseguono 50
centesimi di consumo energetico, che diventeranno 71 nel 2010. "La vera sfida
per i prossimi anni è accrescere l'energia negativa, vale a dire la capacità
di ridurre i consumi attraverso il miglioramento delle tecnologie e l'efficientamento
delle infrastrutture", ha commentato a margine dell'evento Andrea Poggio, vice
direttore di
Legambiente presente
all'iniziativa. "Lo ha detto anche il presidente della Commissione Ue Manuel
Barroso, che non è certo un radicale: serve una rivoluzione dei comportamenti
che metta in cima alle priorità la riduzione dei consumi energetici e delle
emissioni inquinanti".
Cinque step per ridurre i consumi
"IBM destinerà al risparmio energetico un miliardo di dollari all'anno", ha
dichiarato Francesco Stronati, vice president Stg-IBM. "Prendendo ad esempio
un data center di 25mila metri quadri, prevediamo di abbattere del 42% i
consumi energetici. La stima dice che nei soli Stati Uniti questo dovrebbe
comportare un risparmio pari a 7,439 tonnellate di carbone all'anno. Inoltre,
nei prossimi tre anni prevediamo di raddoppiare la capacità informatica dei
nostri data center senza aumentare i consumi energetici, né il
carbon footprint".
L'iniziativa di IBM, denominata "Project Big Green", comprende un team di 850
professionisti in efficienza energetica. A spiegare i passaggi necessari per
raggiungere l'obiettivo è stato Daniele Berardi, vice president-global
technology services dell'azienda statunitense: "Il processo di miglioramento
dell'efficienza passa per cinque punti: diagnosi, pianificazione,
virtualizzazione, gestione e controllo".
La diagnosi, nelle intenzioni di IBM, consentirà a ciascun
utilizzatore di comprendere le caratteristiche delle proprie macchine, le
potenzialità, l'uso effettivo e i possibili fattori di criticità. In questo
modo sarà possibile individuare le aree ad alta densità di energia che
derivano da layout difettosi dei rack del server, da un'imperfetta
progettazione delle superfici e da una mescolanza indesiderata di aria calda e
fredda. Seguono la fase di pianificazione, che prevede la
progettazione di una serie di interventi da attuare nel medio termine, e
quella successiva della virtualizzazione: "Spesso il parco
macchine è fatto di sistemi che sono stati acquistati nel tempo e che
finiscono con il sovrapporsi, lavorando a meno della metà rispetto alle
proprie potenzialità", ha aggiunto Berardi. "Per questo è fondamentale
accorpare i server per incrementare l'efficienza e ridurre gli sprechi". Il
processo si completa con la fase della gestione, vale a dire
il monitoraggio continuo delle soluzioni adottate, per valutarne l'impatto, e
il controllo delle attività di raffreddamento.
Aria nei microchip per ridurre il surriscaldamento
Detto dei processi, come si ottiene una riduzione dei consumi sul versante
hardware? "I nostri ultimi prodotti contengono dei piccoli fori che consentono
all'aria di passare", ha spiegato a Punto Informatico Rienzi. "In
questo modo il sistema si raffredda da solo e si ottiene un risparmio dei
consumi fino all'80%". Il riferimento è alle nuove versioni del
microprocessore Power6
lanciato pochi giorni fa: un sistema che supera di molto la velocità rispetto
a Power 5 (da 3,5 a 4,7 Ghz), utilizzando la stessa quantità di energia
elettrica.
È un primo passo, forse, che si aggiunge a quelli che
stanno realizzando
altri colossi del settore, come Dell, e che, come accennato, trova nelle
istituzioni un referente
più attento di un tempo
al problema dei consumi informatici. Un problema esploso da anni, soprattutto
da quando in California hanno iniziato a verificarsi
black out legati ai consumi dei data center,
una situazione potenzialmente esplosiva per tutto il mondo ricco.
Luigi dell'Olio
IL PICCOLO - MERCOLEDI' , 30
maggio
2007
Piano delle antenne, ma senza mappa - Bucci: «Leggi e
mercato la impediscono, faremo comunque scelte mirate» |
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L’assessore ha illustrato alle circoscrizioni la bozza
che dovrà essere votata dal consiglio comunale
Il Comune ha pronto il nuovo piano per le antenne
della telefonia mobile dopo che due anni fa le compagnie vinsero un ricorso
al Tar contro un documento molto vincolante. E l’assessore all’Ambiente
Maurizio Bucci avverte: «La gente resterà delusa, si aspetta una mappatura
precisa: non è possibile, il libero mercato e le leggi ce lo impediscono, ma
abbiamo inserito una serie di procedure dissuasive in modo da portare,
discutendo e concordando, a una dislocazione degli impianti conforme a
questo piano che comunque stabilisce regole precise». Il piano (che dovrà
essere approvato dal consiglio comunale) non è retroattivo. I tecnici
assicurano: «Le 192 antenne esistenti a Trieste non risultano comunque fuori
norma». Solo cinque i casi «insopportabili». E sarà la giunta a contrattare
uno spostamento coi gestori.
Ieri nella grande sala riunioni del Mib al Ferdinandeo il Comune ha chiamato
tutte le circoscrizioni per la presentazione ufficiale e partecipata,
«secondo Agenda 21» ha specificato Bucci, di questo nuovo e complesso
documento. Ma preoccuparsi di affittare una sala grande si è rivelato
inutile, perché - con sconcerto dello stesso assessore sul cui tavolo
piovono le proteste del «territorio» - c’erano appena una trentina di
persone.
Il fattore dissuasivo, rispetto al potere che i gestori di telefonia mobile
si sono conquistati vista l’ingordigia di cellulari di quegli stessi che poi
s’indignano per l’antenna, sta in questo: le aree protette avranno una «zona
di rispetto» di 50 metri. Prima di riuscire a ottenere il permesso di
installazione in quelle aree le aziende dovranno dimostrare di non avere
scelta, e comunque l’eventuale permesso dovrà passare per tempi lunghi, fino
a un «sì» del consiglio comunale. Nel dettaglio: vietato mettere antenne
vicino ad asili nido, a tutte le scuole, a strutture dedicate a cure
materno-infantili e ricreatori, ad anziani e disabili, a ospedali e degenze.
Vietato su immobili che hanno vincolo monumentale, a cimiteri e sagrati di
chiese, su cigli panoramici (Carso, Barcola) con un’area di rispetto di 200
metri, in zone a tutela ambientale e in zone archeologiche. Sono indicate
nella mappa le zone «preferenziali», «pubbliche idonee» e «neutre». Nel
disegnare i vincoli il Comune (lo ha spiegato l’ingegner Tosolini della
Pianificazione) si è scontrato con la carenza di documentazione: non si sa
esattamente quanti palazzi siano «protetti». Fa fede comunque la
Soprintendenza.
Quanto alla principale questione, i volt diffusi nell’aria, nessun impianto
a Trieste - lo ha certificato anche Marzio Viola dell’Arpa - supera il
limite di 6 per metro, che è l’indice più basso esistente per la tutela
della salute. Anzi, si viaggia sui 2 volt. Bucci ha sottolineato: «C’è un
impatto percettivo, l’antenna davanti alla finestra sconvolge, anche se
sappiamo che non fa male, ma la città è piena di antenne camuffate da camini
e nessuno protesta». Proprio al Ferdinandeo ne è sorta una così. Il piano ne
cita una travestita da albero.
«E’ svilente ammettere che non possiamo obbligare i gestori - ha concluso
Bucci dopo alcune brevi osservazioni di Sasco (Udc), presidente della
commissione Urbanistica, di Lesa dei Cittadini, di Pahor, presidente della
quinta circoscrizione -, ma altresì sappiamo che in futuro, con la tv sul
cellulare, arriveremo a 400 antenne, più piccole, più sofisticate, ma
tante».
Gabriella Ziani
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I
gestori potranno spostarsi in aree migliori |
In
zona di vincolo ambientale risultano a tutt’oggi 49 antenne per cellulari,
un quarto sul totale. Se il nuovo piano comunale diventerà vigente, quando i
gestori chiederanno modifiche potranno essere «accompagnati» in zona
migliore. In area residenziale ce ne sono 106 (oltre la metà), in centro
storico 50 (il 26 per cento) e 44 in zone di pregio urbanistico (il 22,9 per
cento). Quanto a tipologia, 119 sono proprio «antenne», 52 si configurano
come pali metallici, 17 a traliccio, uno è un «finto pino», e solo uno è a
microcelle: il più moderno e sicuro, ma quello che al gestore costa di più.
Quanto all’ultima vibrante protesta, un’antenna nella scuola privata di
Villa Geiringer («perché ci ingannano facendo addirittura i lavori di
notte?»), la licenza edilizia è stata sospesa: «Tecnicamente non è in area
scolastica - ammette Bucci - e il gestore ha ragione». Questioni di
opportunità e scelte della scuola, certo. Ma il Comune non può dare il
«foglio di via» definitivo. |
Case di Cedassamare, l’impresa pone l’ultimatum al
Comune |
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I consiglieri comunali hanno trenta giorni per
valutare il via libera al progetto: se votassero no potrebbero essere
chiamati a rispondere in solido |
Votare sì, dando il via libera alla realizzazione di
un progetto edilizio sul quale le dure critiche degli ambientalisti - ma
anche dei residenti - si susseguono da anni. Oppure votare no, accollandosi
però il rischio di essere chiamati dall’impresa costruttrice a far fronte a
risarcimenti a sei zeri. In euro.
È il bivio di fronte al quale si trovano i consiglieri comunali che tra
qualche settimana dovranno esprimersi in aula sulla variante al piano
particolareggiato comunale di iniziativa privata che in salita di
Cedassamare, a Barcola, prevede la costruzione di un complesso di villette
in un’area boschiva, destinate ad aggiungersi ad altre due case già
edificate. Il caso ormai si trascina da qualche anno. Ma nell’ultima seduta
della commissione consiliare urbanistica, dedicata per l’ennesima volta a
discutere di Cedassamare, il presidente della commissione stessa Roberto
Sasco ha distribuito ai componenti le copie della diffida giunta
dall’impresa proprietaria dei fondi, la Costruzioni Meranesi srl. Firmato
dall’avvocato Daniela Paolini, il documento in buona sostanza ricorda come
sinora l’iter amministrativo sia proseguito del tutto in regola, ottenendo
tutta una serie di pareri positivi alla costruzione. Il Comune dunque dovrà
pronunciarsi «entro i trenta giorni dalla notifica» dell’atto in questione,
«con ogni riserva di richiesta risarcitoria in via solidale» e riservato
comunque il «ricorso alla Magistratura competente».
Il consigliere comunale Verde Alfredo Racovelli non ci sta, e chiede di
sapere in che modo tutti i «sì» dei tecnici si siano susseguiti, e domanda
comunque «come si giustifichi la distruzione della costiera triestina». Ma
intanto nei prossimi giorni i vari gruppi consiliari dovranno approfondire
la faccenda e capire quali margini di intervento abbiano in direzione di un
sì o di un no al progetto. Dalla commissione urbanistica Sasco ricorda come
«eventuali perplessità sarebbero dovute emergere all’inizio, non alla fine
di un lungo iter» che ha visto peraltro già l’impresa modificare una prima
volta il progetto in base alle prescrizioni della Regione, vedendosi poi
approvato il piano «con due voti a favore su 40», ricorda Racovelli.
Le opinioni comunque divergono. Sasco lo dice chiaro: in base al piano
regolatore vigente, e con tutte le procedure esperite, «dare un voto
contrario è estremamente difficile: bisogna motivarlo adeguatamente». E un
domani tutti i consiglieri che votassero no potrebbero poi essere chiamati a
rispondere in solido dei danni procurati così all’impresa. Ma
dall’opposizione il diessino Fabio Omero rovescia la prospettiva: «Io
ribadisco il mio no per un motivo politico, non tecnico. Perché in questo
modo io contesto la politica urbanistica del Comune, che finora non ha fatto
nulla per mettere in salvaguardia le zone di pregio come la costiera» e
modificare peraltro il prg vigente, approvato ai tempi della giunta Illy «e
sulla necessità di modificare il quale tutti concordiamo», chiude Omero. Ma
il forzista Piero Camber ribatte: «Qui la politica non c’entra, la vicenda è
tecnica. Siamo in uno Stato di diritto dove i diritti - anche quelli
acquisiti da chi ha comprato un terreno come edificabile - vanno
rispettati», se tutto è in regola naturalmente. E allora? Allora, Sasco - su
mozione di Camber - ha dilazionato l’arrivo in aula di qualche settimana,
così da dare a tutti il tempo di chiedere consiglio ai legali prima di
votare. |
Sonego:
rigassificatori, il referendum non serve - L’assessore boccia la
proposta di Antonione: è un’infrastruttura terribilmente necessaria al Paese |
Sviluppo e ambiente: i principali nodi in Friuli
Venezia Giulia |
Il
diessino: il senatore forzista affronta l’argomento in modo improvvisato,
forse vuole lanciare l’autocandidatura per le regionali 2008
TRIESTE
Roberto Antonione da una parte e Alessandro Metz dall’altra chiedono il
referendum sui rigassificatori nel Golfo di Trieste mentre ancora
riecheggiano i clamori sulla vicenda cementificio e aleggia la questione
legata alla Tav e al Corridoio V.
Ambiente e democrazia non hanno mai camminato così a braccetto e ad essere
tirato in causa, oltre al presidente Illy, è stato spesso Lodovico Sonego.
Ma il diretto interessato nega di avere tracciato un percorso decisionista e
anti-democratico e rilancia la necessità di infrastrutture per il Friuli
Venezia Giulia.
Assessore, il senatore Antonione ha riaperto il dibattito sulla
possibilità di un referendum sui rigassificatori. Ipotesi realizzabile?
Quando si parla di referendum bisogna metterne in relazione l’oggetto e la
platea di cittadini a cui si vuole chiedere di pronunciarsi. In questo caso
siamo di fronte ad un’infrastruttura di valenza strategica nazionale.
Occorre pensare se sia giusto e ragionevole chiamare a decidere una comunità
locale su un tema di interesse regionale e nazionale. E chiedo alla
leadership regionale di Forza Italia dove voglia portare il Friuli Venezia
Giulia che ha un grande bisogno di modernizzazione infrastrutturale.
Lo stesso Antonione ha indicato la necessità di un’informazione puntuale
verso i cittadini sulle grandi opere.
Condivido la necessità di fornire il massimo di informazione scientifica con
la più totale trasparenza. E’ encomiabile che il senatore convochi riunioni
pubbliche per una corretta informazione ma nel contempo mi ha colpito
l’improvvisazione con cui Antonione affronta l’argomento, affermando, ad
esempio, che i rigassificatori riscalderebbero l’acqua marina quando è vero
il contrario. Se questa è l’informazione da dare ai cittadini stiamo
freschi…
Come interpreta la ‘discesa in campo’ del senatore forzista su questo
argomento?
Forza Italia sta attraversando un periodo di grandi tensioni ed è cominciata
la corsa alla candidatura per la presidenza della Regione. Ambienti
triestini del partito di Berlusconi dicono che l’uscita del senatore sia il
primo passo per l’autocandidatura.
Intanto Metz propone un ‘referendum costiero’. Irrealizzabile anche
questo?
Perché costiero? Il gas non è solo per la costa. Sarebbe come fare un
referendum sul Corridoio V solo nei Comuni in cui passano i binari. Se negli
anni ’60 fosse stato chiesto ai cittadini di Roncobilaccio di esprimersi
sull’Autostrada del Sole, oggi andremo a Roma attraversando l’Appennino con
una mulattiera.
Rimanendo all’interno di Intesa Democratica, la Margherita sostiene che
la documentazione supplementare non fuga tutti i dubbi. E’ d’accordo?
Prima di pronunciarsi sull’istruttoria per la valutazione di impatto
ambientale occorre aspettare che sia terminata. A quel punto, dopo
un’attenta lettura di tutte le carte in nostro possesso, ci pronunceremo.
Ci sarà il coinvolgimento della Slovenia nel percorso decisionale?
Ognuno deve fare il proprio mestiere. La Regione deve fornire il suo parere
e lo farà con tutta la diligenza del caso. Se lo Stato riterrà di dover
ascoltare il governo sloveno, lo farà.
Il sindaco di Capodistria ha espresso perplessità sui progetti e i
comitati anti-rigassificatori hanno raccolto 45 mila firme tra Trieste e
Slovenia. Cosa si sente di dire loro?
Le autorità italiane stanno facendo il loro lavoro istruttorio con
attenzione e scrupolo. Se verranno realizzati i rigassificatori sarà perché
ci saranno tutte le garanzie di sicurezza possibili.
Perché l’Italia sostiene di avere bisogno di cinque rigassificatori e ci
sono richieste per 13 impianti mentre gli altri paesi europei ne richiedono
la massimo due?
C’è bisogno di diversificare l’approvvigionamento. La Spagna ha già cinque
rigassificatori, Francia e Germania hanno le centrali nucleari. L’Italia non
ha il nucleare ed i rigassificatori diventano terribilmente necessari per
uscire dalla dipendenza dalla Russia e dall’Algeria.
Sui rigassificatori, ma anche sul cementificio e la Tav, è stata
sollevata dall’opposizione, ma non solo, la ‘questione democratica’
chiamando spesso in causa anche il suo operato. Come replica?
Sono orgoglioso che il Friuli Venezia Giulia abbia formulato un piano
territoriale ed un piano energetico con il percorso di Agenda 21.
Metz però sostiene che si tratta di un’Agenda 21 impoverita.
Anche Metz dovrebbe essere orgoglioso. I piani che ho citato sono
l’esito di una cultura ambientalista nel governo regionale. Mi fa specie che
proprio Metz, che da consigliere dei Verdi dovrebbe essere portatore di
questa cultura, invece la svilisca.
Roberto Urizio |
Voto bipartisan sulla Tav, sinistra isolata -
Accordo tra una parte del centrosinistra e la Cdl. Metz: «Intesa non esiste
più» |
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Il consiglio ha approvato i documenti dell’opposizione
e di Ds, Dl e Cittadini. Travanut: «Non c’erano differenze» |
Molinaro: l’alta velocità conferma quanto emerso sul
cementificio. Non c’è più maggioranza Kocijancic: indispensabile un
chiarimento interno |
Succede, ancora una volta, in consiglio regionale
dove, nel pomeriggio di ieri, va in scena il confronto sull’alta velocità. A
innescarlo è una mozione del centrodestra che, presentata a febbraio,
impegna la giunta ad attivarsi nei confronti del governo affinché cofinanzi
la mega-opera nella misura massima; apra un tavolo tecnico con la Regione e,
infine, stanzi risorse adeguate già nella Finanziaria 2008 per la tratta
Ronchi sud-Trieste. «La mozione non è affatto superata, anzi. E i punti
interrogativi, a partire dalle risorse necessarie, non mancano» esordisce l’udc
Roberto Molinaro.
La maggioranza, o meglio quella parte che si batte «da quindici anni» per la
Tav e che include Ds, Margherita e Cittadini, concorda. E, con Degano, fa
una cronistoria puntale, ricordando l’impegno di Riccardo Illy, citando la
lettera a Romano Prodi del 19 febbraio, illustrando il proprio ordine del
giorno e suggerendo infine il voto bipartisan: «La mozione del centrodestra,
che riprende testualmente proprio alcuni passaggi di quella lettera, avrà il
nostro consenso. Auspichiamo che il centrodestra faccia altrettanto sul
nostro ordine del giorno che chiede di procedere celermente».
Rifondazione, Verdi e Comunisti italiani ascoltano e non gradiscono: sono i
firmatari di un ordine del giorno «autonomo» che, spiega Bruna Zorzini,
«impegna la nostra maggioranza a ricercare un consenso a tutto tondo». I tre
partiti, pertanto, contestano tecnicamente e politicamente l’intesa
trasversale che si va profilando: Igor Kocijancic si sofferma sui costi
italiani della Tav, di gran lunga superiori a quelli spagnoli o francesi,
contesta la legge obiettivo come «strumento inservibile», invoca attenzione
per ambiente e territorio. Sandro Metz, invece, segnala l’anomalia politica
«che fa il paio con il voto sul cementificio» e definisce «non irrilevante
che la Margherita chieda al centrodestra e non alla sinistra di Intesa di
appoggiare il proprio ordine del giorno». Ma è inutile. La Quercia dà il via
libera allo scambio di voti favorevoli: «Non c’è differenza tra la mozione e
il nostro ordine del giorno» sentenzia Travanut. E la giunta, con Lodovico
Sonego, ipotizza quasi un patto bipartisan sulle grandi opere: «È urgente
realizzare le opere del Corridoio V. La Tav è necessaria, sul piano
economico ed ambientale, in quanto serve a trasferire le merci dalla strada
alla rotaia. Eppoi, come già dimostrato, la Tav consente di ampliare settori
a basso impatto ambientale e sviluppare il trasporto via mare, che oggi
sconta proprio i colli di bottiglia del trasporto locale». Non basta:
l’assessore ai Trasporti, definendo «imprescindibile» la discussione con
sindaci e autonomie locali, conferma che la giunta lavora alla terza corsia
autostradale ma aggiunge che, senza i treni veloci, quella terza corsia
nasce già satura.
Si va al voto. E l’accordo bipartisan viene sancito: la mozione del
centrodestra passa con 27 sì e 5 no, i no della sinistra radicale, al pari
dell’ordine del giorno di Ds, Margherita e Cittadini. Quello della sinistra
radicale, invece, viene bocciato con 5 sì e 27 no: Intesa democratica, sulla
Tav come sul cementificio, si divide. «È la conferma che, su questioni
strategiche come le infrastrutture, Intesa democratica non c’è. La Tav
certifica, dopo quanto avvenuto sul cementificio, che la coalizione non
esiste. Non più» afferma, a voto consumato, Molinaro. Rincara e infierisce
il forzista Isidoro Gottardo: «Sulle grandi questioni di interesse generale
il centrodestra, anziché fermarsi a strumentalizzare le colpevoli divisioni
di una maggioranza che è causa dei tanti ritardi, pensa alle necessità della
comunità regionale e si assume piena responsabilità, pur dai banchi
dell’opposizione».
Intanto, mentre c’è chi insinua che Illy e il nascente Partito democratico
vogliano rompere con la sinistra radicale, Rifondazione, Verdi e Comunisti
italiani non lesinano critiche. E rilanciano la necessità di una verifica
politica: «Abbiamo spedito la bozza del nostro ordine del giorno più di un
mese fa a Travanut e Degano ma non abbiamo avuto risposte. Ci aspettavamo,
quindi, un voto negativo. Ma quanto successo in aula - afferma Kocijancic -
è una sorta di prova di larghe intese. E quindi chiediamo un immediato
chiarimento in maggioranza». Metz è più drastico: «Le amministrative
sanciscono la crisi della maggioranza e dimostrano che la sinistra è
fondamentale per vincere. Ma la risposta del Partito democratico qual è?
Quella di unirsi al centrodestra?». Le prime risposte, forse, nel vertice di
giovedì. |
IL PICCOLO - MARTEDI' , 29
maggio
2007
Pista ciclabile, parte il secondo lotto - Sarà
realizzato il collegamento lungo l’ex linea ferroviaria tra via Orlandini e
Sant’Anna |
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VALMAURA Firmata la convenzione tra Provincia di
Trieste e Burlo Garofolo che sblocca i cantieri del tratto urbano del
percorso
L’Istituto Burlo Garofolo e la Provincia di Trieste
hanno siglato ieri una convenzione che sblocca i lavori del secondo lotto
del percorso, dando corso alla sistemazione del tratto urbano
della pista e quindi all’apertura dell’intero
tracciato di 12 km. «Le opere che abbiamo previsto dovrebbero essere
eseguite nell’arco di circa 7 mesi – ha affermato Mauro Tommasini, assessore
provinciale ai Lavori pubblici – periodo di tempo nel quale verrà completato
il tratto compreso tra il punto di inizio della pista, in via Orlandini, e
il rione di Sant’Anna ad oggi eseguito solo a tratti proprio per la mancata
realizzazione della passerella in questione».
Concretamente i lavori consistono nella sistemazione di un tratto di area
dell’ex linea ferroviaria di proprietà del Burlo Garofolo, e nella
costruzione di una passerella della lunghezza complessiva di quasi 160 metri
destinata a consentire l’attraversamento in sopraelevazione del rimanente
tratto di terreno sempre di proprietà dell’Istituto e della via dell’Istria.
La passerella sostituirà l’attuale ponte metallico. Nella Convenzione
siglata tra i due enti figura anche la realizzazione di una serie di opere
di sistemazione dell’accesso e dei piazzali di sosta del comprensorio
ospedaliero adiacenti alle aree interessate dai lavori della pista.
Queste attività saranno eseguite in occasione dell’esecuzione degli stessi
lavori della pista per ridurre i possibili disagi per i pazienti del Burlo.
Costo totale dell’opera 800 mila Euro (su un totale di 3,2 milioni. L’iter
relativo alla realizzazione della pista ciclopedonale è iniziato nel 1997
con l’approvazione del progetto preliminare. La realizzazione del primo
lotto (San Giuseppe della Chiusa - Confine di Stato) è avvenuta
successivamente negli anni 2000-2001, con i finanziamenti del progetto
europeo Interreg II. Negli anni 2004-2005 sono stati poi realizzati il
sottopasso della Strada Provinciale n. 11 «di Prebenico» e completata la
sistemazione a parcheggio e ad area servizi della futura «partenza» della
pista in via Orlandini nel rione di San Giacomo (il cosiddetto terzo lotto
della pista).
Infine, con la firma di ieri della Convenzione tra Provincia di Trieste ed
il Burlo Garofolo si risolve uno degli ultimi ostacoli al completamento del
secondo lotto di lavori, per il quale i tecnici stavano aspettando una
risposta dal maggio 2005.
«Con la firma della convezione abbiamo finalmente risolto uno degli ultimi
ostacoli che si frapponevano al completamento di questa sezione di lavori»
ha commentato Tommasini, che sta già pensando a progetti collegati alla
futura pista, come per esempio un raduno ciclistico.
«La firma della Convenzione è avvenuta in un giorno con un significato
particolare per il Burlo Garofolo» ha commentato anche Mauro Delendi,
direttore generale dell'istituto, ricordando anche l’accordo di programma
sottoscritto ieri mattina dalla Regione, Comune e Provincia di Trieste,
Azienda ospedaliero-universitaria Ospedali Riuniti di Trieste, Anas e
dall’istituto. «Con questa intesa – ha aggiunto - tutte le parti si
impegnano a realizzare le strade attorno al polo ospedaliero integrato di
Cattinara, un progetto che prevede l'ampliamento delle strutture
dell'attuale ospedale, con nuovi edifici da destinare ad attività didattiche
e di ricerca, e il trasferimento nella stessa area del nostro istituto Burlo
Garofolo». «In altre parole – ha aggiunto Delendi- abbiamo adesso tutte le
carte in regola per poter dire che fra 7 anni circa avremo un polo sanitario
integrato a Cattinara». La stima degli interventi per la costruzione del
nuovo Burlo si aggira attorno a 36 milioni di euro, che saranno ricavati dal
ministero e dalla vendita dell’attuale edificio in Via dell’Istria.
Gabriela Preda |
Al via il Piano antenne - Oggi al Ferdinandeo il
documento sarà illustrato ai responsabili rionali - I parlamentini hanno 20
giorni per fornire i pareri |
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Il testo definirà soprattutto le aree «sensibili» come
scuole e ospedali dove non potranno più sorgere tralicci e indicherà quelli
da dismettere
Il Far West della telefonia mobile, con il proliferare
per tutta la città delle antenne cresciute ovunque come funghi, ha
probabilmente i giorni contati. Infatti, quest’oggi, seppure con un ritardo
di molti mesi e sull’onda della protesta dei comitati cittadini sorti in
funzione «anti antenne», verrà illustrato al Ferdinandeo il Piano cittadino
per la telefonia mobile, che dovrebbe riordinare la deregulation di un
settore divenuto centrale nella vita di ognuno di noi.
L’incontro illustrativo sarà rivolto soprattutto alle circoscrizioni, le
quali poi avranno al massimo 20 giorni per fornire i loro pareri. La palla
poi passerà al consiglio comunale per l’approvazione definitiva. Il
regolamento, che era già stato ultimato a dicembre e che a gennaio doveva
essere portato nelle circoscrizioni, aveva subito degli slittamenti nel suo
iter a causa di una serie di avvicendamenti negli uffici comunali, potrebbe
essere così approvato entro una trentina di giorni.
Ecco che cosa dice la rappresentante unica per le circoscrizioni nella
Commissione consultiva per le antenne, Elisabetta Sulli: «Il Piano, già
esaminato dalla Commissione speciale di cui faccio parte viene illustrato
purtroppo alle circoscrizioni con ben 5 mesi di ritardo, visto che mesi fa
in consiglio comunale era stata spiegata solo la bozza del regolamento.
Credo però che tutte le circoscrizioni intendano esprimersi sul regolamento
a tamburo battente, proprio per evitare altri tempi morti e lungaggini. La
sesta circoscrizione di cui sono vicepresidente, si esprimerà domani sera (ndr,
oggi) in seduta speciale subito dopo l’incontro al Ferdinandeo».
Il Piano comunale delle antenne, che recepisce delle direttive regionali,
definirà dal punto di vista normativo soprattutto le cosiddette aree
«sensibili», come scuole ed ospedali, dove non si potranno più erigere nuove
antenne. Il regolamento definirà anche quali saranno le strutture da
dismettere perché poste in aree non congrue e soprattutto i tempi di
dismissione che oggi risultano eterni, come anche rileva Enrico Lena,
rappresentante unico dei Comitati cittadini «Anti antenna», all’interno
della Commissione consultiva: «Il Piano predisposto non è male- dice-
purtroppo il ritardo è enorme, visto che si sarebbe dovuto ultimare entro il
2005».
Dal canto suo il medico pediatra Ingrid Rudoi Mason, che fa parte del
Comitato di Scorcola, rimarca: «Sono numerosi gli studi che dimostrano i
danni biologici sugli organismi in via di accrescimento, dovuti ai campi
elettromagnetici». Questo comitato ha anche redatto una sorta di
osservazioni critiche sull’operato delle compagnie telefoniche, ma anche su
chi dovrebbe svolgere i controlli.
Riguardano, ad esempio, la costruzione domenicale delle antenne per mettere
il cittadino davanti al fatto compiuto, il fatto che le misurazioni del
limite di emissione di onde elettromagnetiche per le pertinenze esterne
delle case (giardini e terrazzi) non verrebbero fatte nelle ore di massima
utenza , quando lo sforamento massimo dei valori previsti dalla legge,
sarebbe assicurato.
Daria Camillucci |
Ambientalisti: sui rigassificatori decida un
referendum regionale Rc critica il no della Margherita |
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«Aldilà della proposta di referendum comunale che
avevamo avanzato circa un anno fa – rilancia il consigliere dei Verdi,
Alessandro Metz – la Regione potrebbe anche indire una consultazione per la
fascia costiera, indicativamente da Muggia a Lignano». Metz si rifà al
programma elettorale del 2003 per richiamare il centro-sinistra al
«meccanismo della partecipazione nelle decisioni. C'è stato – incalza – un
impoverimento dei percorsi partecipativi: non si può fare il referendum?
Bene ma anche Agenda 21 è stata sostituita dal 'metodo Illy' che consiste
nel mandare avanti i Moretton o i Sonego di turno e prendere le decisioni 'manu
militari'».
E se Dl e Cittadini dicono no al referendum, il segretario regionale di
Rifondazione, Giulio Lauri, si dice «stupito per la presa di posizione del
Capogruppo della Margherita, Degano, e di quello dei Cittadini, Malattia. Si
tratta di progetti controversi, e se non ci fosse unanimità di giudizio fra
Regione ed enti locali la consultazione delle popolazioni interessate
sarebbe lo strumento più democratico per decidere, oltre ad essere una
scelta coerente con il programma di Intesa Democratica. Davvero non si
comprende – prosegue Lauri – perché forme di consultazione diretta della
popolazione, come le primarie, andrebbero bene per la scelta dei leader
delle coalizioni, e non vanno invece bene per fare decidere democraticamente
i cittadini e le cittadine su scelte che influiranno molto sulla qualità
della loro vita. E se il referendum non fosse veramente fattibile, che siano
le comunità ad attivare forme autorganizzate di consultazione della
popolazione».
Gli ambientalisti, attraverso il Comitato per la Salvaguardia del Golfo di
Trieste, incalzano nella loro contrarietà ai due progetti: «Illy continua a
considerarci quattro gatti – sono le parole del responsabile del Comitato,
Giorgio Jercog – ma tra Italia e Slovenia abbiamo raccolto 45 mila firme
contro i rigassificatori e ci fa piacere che anche il sindaco di Capodistria
si sia espresso contro gli impianti». Secondo Jercog «stanno facendo il
'giochetto' di prospettare due strutture per poi farci accettare una sola.
Ma gli enti locali sono stati chiari nell'esprimersi e la Regione ne deve
tenere conto». Intanto ieri sera il Circolo della Libertà presieduto dal
senatore Antonione ha organizzato un incontro proprio su questa tematica.
«In Europa solo la Spagna ha più di un rigassificatore – ha commentato
l'esponente forzista – e in quanto a richieste di nuovi impianti la Francia
ne vuole tre, Germani e Gran Bretagna uno, l'Italia tredici. Viene il
sospetto che ci sia qualcosa di diverso da una semplice necessità
energetica. Preoccupa – ha dichiarato Antonione – la superficialità con la
quale si pensa di inserire degli impianti di questo tipo nel golfo di
Trieste e la assoluta mancanza di una strategia».
Nell'incontro di ieri alla Stazione Marittima è emerso, secondo quanto detto
dall'operatore portuale Franco Napp, che l'impianto di Zaule non
comporterebbe intralci con gli attuali traffici del porto triestino, mentre
il presidente dell'Ogs, Iginio Marson, ha affermato come i rischi per
l'ambiente marino siano condizionati da molte variabili ancora non del tutto
chiarite. C'è invece, secondo il docente di termofluidodinamica
computazionale dell'Università di Trieste, Enrico Nobile, il rischio di
attentati: «Un rigassificatore può essere un obiettivo credibile – ha
dichiarato – soprattutto se posto nelle vicinanze di zone abitate. Non è
comunque il caso di suscitare eccessivi allarmi anche perchè gli effetti di
un'eventuale esplosione o di una fuoriuscita di gas non sono ancora del
tutto noti». I modelli finora conosciuti, tuttavia, sostengono che
un'esplosione di una nave gasiera comporta danni molto seri nel raggio di
1,6 chilometri.
Roberto Urizio |
I Verdi contro la legge sugli Ogm - Metz: no
alla deroga all’utilizzo a fini agricoli delle specie transgeniche
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TRIESTE Il consigliere regionale dei verdi Alessandro
Metz in una nota critica l’articolato presentato dalla Giunta regionale con
le disposizioni in materia di coltivazione e uso in agricoltura di organismi
geneticamente modificati: «C'è un movimento crescente ed inarrestabile
contro la coltivazione di organismi geneticamente modificati in Europa». Il
dispositivo della regione -ricorda Metz- vieta l'utilizzo, ai fini agricoli,
delle specie transgeniche almeno fino al 31 dicembre 2008; termine fissato
per la presentazione e l'adozione del cosiddetto piano di coesistenza tra le
colture transgeniche, appunto, e quelle convenzionali e biologiche. Metz
sottolinea che invece «in Commissione è stata apportata una gravissima
modifica che non solo antepone il termine di divieto di utilizzo di
organismi geneticamente modificati, portandolo al 31 dicembre 2007, ma anche
lo svincola dalla stesura del Piano di coesistenza, liberalizzando di fatto,
già dal 1 gennaio 2008, l'uso in agricoltura delle sementi modificate». Per
Metz «risulta di scarso valore l'istituzione di un Comitato tecnico
scientifico con compiti di approfondimento tematico se nel frattempo vengono
legittimate le pratiche di utilizzo Ogm sul nostro territorio». I Verdi
annunciano voto contrario al progetto legislativo se non verrà accolto un
emendamento che «ripristina i termini di pianificazione subordinandoli
all'eventuale piano di coesistenza». |
Fiume ribadisce: solo il tre per cento delle coste risulta non balneabile |
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Acque di mare pulite a Fiume e in tutta l’area del Quarnero. È quanto
rilevato ieri in sede di conferenza stampa dal vicezupano della Contea
litoraneo-montana Luka Denona e dal direttore dell’Istituto regionale per la
salute pubblica sede a Fiume Vladimir Micovic. Reso noto che i campionamenti
sono stati effettuati in 232 punti lungo la fascia costiera, dei quali solo
il 3 per cento sono risultati inquinati e quindi a rischio per la salute dei
bagnanti. Nel capoluogo quarnerino l’unico punto nero riguarda le acque
prospicienti l’ex albergo Park nel rione di Pecine dove il tasso
d’inquinamento è molto alto e la balneazione è vietata. È, invece, moderato
il tasso di inquinamento nelle acque che bagnano la zona dallo stadio di
Cantrida al centro ricreativo del cantiere navale Tre Maggio. Altrove a
Fiume le analisi hanno dato risultati piu’ che soddisfacenti. Gli altri
punti a rischio, sempre per quanto concerne la regione litoraneo-montana,
hanno riguardato Ika, Icici e Abbazia nonchè Kraljevica, poco a Est di
Fiume. Tutto a posto, invece, nei controlli effettuati nel resto dell’area
alto-adriatica, dove sono numerose le bandiere blu (l’attestato
internazionale) che sventolano nei principali stabilimenti balneari.
Rilevato inoltre che l’amministrazione regionale stanzia 400 mila kune
l’anno per i controlli della qualità del mare i cui risultati vengono
pubblicati sul sito internet dell’Istituto conteale per la salute pubblica,
i cui esperti analizzano da anni la qualità delle acque marine in quest’area
dell’Adriatico settentrionale. |
IL PICCOLO - LUNEDI' , 28
maggio
2007
Degano: rigassificatori, il referendum non serve Il
Wwf: preoccupa l’impatto sul sistema marino |
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Reazioni alla proposta del forzista Antonione che
chiede l’avvio di una consultazione popolare |
Malattia: «È un copione già visto. L’ultima parola
spetta sempre al governo nazionale, non vedo |